Coming Up For Air // l.h. + a.i. || {Lashton} || (love in london)

di bullet_
(/viewuser.php?uid=735014)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0.1 ***
Capitolo 2: *** 0.2 ***
Capitolo 3: *** 0.3 ***
Capitolo 4: *** 0.4 ***
Capitolo 5: *** 0.5 ***
Capitolo 6: *** 0.6 ***
Capitolo 7: *** 0.7 ***
Capitolo 8: *** 0.8 ***
Capitolo 9: *** 0.9 ***
Capitolo 10: *** 1.0 ***
Capitolo 11: *** 1.1 ***
Capitolo 12: *** 1.2 ***
Capitolo 13: *** 1.3 ***
Capitolo 14: *** 1.4 ***
Capitolo 15: *** 1.5 ***
Capitolo 16: *** 1.6 ***
Capitolo 17: *** 1.7 ***
Capitolo 18: *** 1.8 ***
Capitolo 19: *** 1.9 ***
Capitolo 20: *** 2.0 ***
Capitolo 21: *** 2.1 ***
Capitolo 22: *** 2.2 ***
Capitolo 23: *** 2.3 ***
Capitolo 24: *** 2.4 ***
Capitolo 25: *** 2.5 ***
Capitolo 26: *** 2.6 ***
Capitolo 27: *** 2.7 ***
Capitolo 28: *** 2.8 ***
Capitolo 29: *** 2.9 ***
Capitolo 30: *** 3.0 ***



Capitolo 1
*** 0.1 ***


 
"Non c'è mai un tempo o un luogo per il vero amore. Accade per caso, in un baleno, in un unico lampeggiante, palpitante momento"
                                                                                                            
 
Drop a heart, break a name
We're always sleeping in
and sleeping for the wrong team.

-Fall Out Boy, 'Sugar, We're Going Down'
 
-Luke

"Arrivo!" urlò Luke dal retrobottega, passando le ultime pennellate di vernice sulla porta per poi sbatterla con un tonfo. Si guardò i jeans, era miracolosamente riuscito a non sporcarli con la pittura bianca che ricopriva nella maniera più uniforme possibile le pareti che una volta erano state gialle. 

"Cristo, Luke! Sono in pausa e c'è un cliente!" lo sgridò Dave, bussando. Luke roteò gli occhi e rientrò nel luminoso negozio. Il suo lavoro con la vernice sembrava ottimo, osservò. Davvero ottimo. Sorrise fra sé e sé e si avvicinò al registratore di cassa, spillandosi accuratamente la targhetta col nome sulla camicia. 

"Lavori qui?" chiese una voce proveniente dal lato destro del negozio. Luke si voltò.

"Uhm, sì. Come posso aiutarti?"

"Cerco un nuovo cajòn. Li vendete?" Un ragazzo, più o meno dell'età di Luke, stava in piedi di fianco alle batterie in esposizione. Aveva i capelli ricci e le fossette e uno di quei sorrisi contagiosi che ti ritrovi involontariamente ad imitare.

"Sì, ne abbiamo qualcuno in magazzino se ti va di dare un'occhiata. Non li teniamo fuori perché la gente li usa sempre per sedersi." Luke gli fece segno di venire con lui, aprendo la porta del retrobottega. Il ragazzo lo seguì, ma mentre cercava di passare tra il bancone e il muro-- 

"No!" Luke si sporse verso di lui un secondo troppo tardi. "No, no, no! Il mio muro!"

"La mia maglietta!" disse il malcapitato nello stesso momento, guardando la sua t-shirt tutta macchiata di vernice bianca come se stesse cerando di immaginare quale peggiore catastrofe potesse colpire un indumento nero. "Oh, merda."

"Adesso devo ridipingere da capo tutta quella parte." brontolò Luke. 

"La mia ragazza mi ucciderà." disse il ragazzo in preda allo sconforto. 

Luke ritornò sui suoi passi. Aveva un clienite e non voleva perdere il lavoro perché Dio solo sa quanto gli servivano i soldi. 

"Uhm..." disse per cercare di liberarsi del fastidio che sentiva alla gola. "Vuoi ancora guardare i cajòn?"

Il ragazzo fece no con la testa, aveva un'espressione imbronciata. "No, amico. Devo correre a casa e cambiarmi più in fretta che posso o farò tardi al mio appuntamento e la mia ragazza è già incazzata con me perch--scusa. Sto divagando."

"Okay." disse Luke, con il cuore in gola, visto che se quel ragazzo fosse andato via  a dieci minuti dalla chiusura questo avrebbe significato nessuna vendita per tutto il suo turno. E quella non sarebbe stata una buona cosa per il James & Brozz Music Co. o per il futuro del lavoro di Luke. Il ragazzo si voltò e si incamminò verso la porta.

"Hey, aspetta!" disse Luke d'impeto, carburato dalla disperazione e dal sandwich al tacchino che aveva mangiato a pranzo. "Io...avrei una maglietta che puoi prendere in prestito. Se darai un'occhiata ai cajòn."

"Mi vuoi corrompere?" disse il ragazzo con un sorriso beffardo dipinto sul volto. 

"No." disse Luke. "Ti sto solo proponendo un'alternativa."

Il ragazzo ridacchiò. "Okay. Dammi la maglia e darò un'occhiata a quello che avete."

Luke tirò un respiro di sollievo, frugando nel suo borsone per poi tirare fuori la maglietta dei Nirvana che aveva portato con sé quella mattina. Doveva indossarla dopo il lavoro, ma questo era più importante dell'essere figo mentre tornava a casa.

"Ottimi gusti musicali, vedo." Osservò il ragazzo con un ghigno, e ancora una volta Luke sorrise di rimando. 

"Ci puoi scommettere. Stavolta però ti prego di fare attenzione--la vernice è fresca." disse guardando il ragazzo che con molta cautela superava lo spazio fra il bancone e la parete.

"In mia difesa, non mi hai detto che non era asciutta."

"Giusto, colpa mia." Luke scrollò le spalle e gli porse la maglietta. "Dovresti riportarmela poi, okay?" 

"Certamente." Il ragazzo sorrise grato, sfilandosi la t-shirt rovinata per poi lasciarla cadere sul pavimento. "Mi chiamo Ashton, comunque."

"Luke." si presentò, notando quanto fosse liscia la pelle dell'addome scolpito di Ashton. Sembrava uno che fa un sacco di esercizio fisico. Si infilò la maglietta, inarcando la schiena in modo che scendesse del tutto. Gli stava un po' stretta, ma in un certo senso gli donava. Luke era alto, ma era piuttosto magro, e Ashton era decisamente più fornito nel reparto muscoli. 

"Okay, allora, i cajòn giusto? E poi devo andare altrimenti a Livvy esploderà la milza o qualcosa di simile." Luke gli rivolse uno sguardo stranito. "Diciamo che è un po' melodrammatica."

"Sembra di sì." disse Luke, e si apprestò a mostrare la piccola collezione di cajòn al suo impaziente cliente. 

"Senti, il fatto è che ho bisogno di provare come suonano e un paio di altre cose prima di comprarne uno, ma non ho proprio il tempo in questo momento. Ci sei domani?" disse Ashton, frugandosi nelle tasche alla ricerca del proprio cellulare. Lo tirò fuori per controllare l'ora. Luke lo vide impallidire e annuì. 

"Accidenti." mugugnò Ashton. "Okay, devo proprio andare. Ti riporto la maglietta domani e darò anche un'occhiata ai cajòn, d'accordo?"

Scavalcò il bancone senza alcun problema nonostate la mancanza di spazio, e in un lampo raggiunse la porta.

"Grazie, Luke. E' stato un piacere conoscerti. A domani!"

E poi se ne andò.

"Ciao." sussurrò Luke al negozio ormai deserto.

 
 


Translator's Corner

'Sup guys! Passate dalla splendida Wonderfulsause51 su Wattpad per l'originale, è davvero una geniaccia. Amatela.
Vi prometto che questa fanfiction è un vero e proprio capolavoro, diventa sempre più bella, capitolo dopo capitolo.
Ho riso, ho pianto, ho preso a morsi il mio cuscino...quindi preparatevi. Ci tengo a sottolineare che sono d'accordo con l'autrice di questa piccola meraviglia, le Lashton esistono semplicemente per il nostro diletto. Nessuno pensa che sia vera. Io voglio sposare Luke, in effetti. (cit.) quindi non prendetela seriamente, godete soltanto dei suoi effetti benefici uwu


Per l'originale: 
http://w.tt/1seeZpY
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 0.2 ***


You know that if you don't shut your mouth, she'll freak out
You better get your shit together, 'cause she's bringing you down

-Matchbox 20, 'She's so mean'

-Ashton
 
"Hey, Liv!" esclamò Ashton, correndo verso il tavolo della caffetteria dove la sua ragazza lo aspettava. Stavano insieme da cinque mesi. Lei non sollevò lo sguardo dal suo iPhone e rimase impassibile.

"Liv?" disse a bassa voce, sedendosi di fronte a lei. "Olivia Maria Elise J--?"

"Sei in ritardo." disse lei infastidita, sbattendo il cellulare sul tavolo. Alcune persone si voltarono per via del forte tonfo.

"No--cosa, di tipo un minuto? Due minuti? Sono venuto a piedi da casa mia, sai." Ashton cercava di parlare a bassa voce per non disturbare gli altri clienti, ma sentiva una sensazione spiacevole montargli nel petto.

"Avevi promesso che non avresti più fatto tardi." Lo guardava con sdegno e lui strinse i pugni in preda alla frustrazione.

"Ma non sono in ritardo e--Dio, è davvero così grave? Non possiamo semplicemente cenare in maniera tranquilla e civile e poi riparlarne?" E poi puoi sclerare, disse fra se.

"No, Ashton E' grave. Lo fai sempre, metti sempre qualcos'altro prima di me. Cos'era stavolta, eh? Passare dal negozio di dischi perché dovevi proprio prendere l'ultimo album dei Fall Out Boy in vinile? O toh, una maglietta nuova. Sei andato a fare shopping?" La voce squillante di Livvy ruppe il silenzio del ristorante. Una cameriera che reggeva diversi menù e dell'acqua rivolse loro uno sguardo preoccupato.

"Che? No, io--"

"Tu cosa? Dimmi la verità." Le sue guance si coprirono di orribili chiazze rosse e Ashton pensò per un attimo che era molto più carina prima che si ossigenasse i capelli.

"Mi sono fermato in un posto. Al negozio di musica, ma solo per guardare i cajòn perché me ne serviva uno nuovo. Grazie a te, potrei aggiungere." Ashton si pentì immediatamente dell'ultima parte.

"Grazie--grazie a me?! Che cazzo è un cajòn?!" gli urlò contro. La cameriera, che era in procinto di porgerle un menù, si bloccò. 

"Io, ehm--la scatola che si suona come un tamburo, ti ci sei seduta di traverso e l'hai sfondata--"

"Oh, quindi adesso mi dici anche che sono grassa?!" Si alzò di scatto facendo schiantare la sedia sul pavimento. "Credevo che i ragazzi australiani fossero dolci!"

"Non ho idea di cosa stia succedendo." disse Ashton senza rivolgersi a nessuno in particolare. 

"Non ci credo, Ashton, non ci credo!" Si voltò e lasciò il ristorante, per poi allontanarsi fra le luci del crepuscolo. Ashton si sistemò sulla sedia, incrociò le braccia e fece un respiro profondo.

"Carina, vero?" disse freddamente alla gente che lo guardava in preda allo shock. "Me ne vado."

-

"--e poi ha detto che pensavo fosse grassa e se n'è andata." concluse Ashton, sotto la pensilina della fermata dell'autobus in quella strada poco illuminata. Il cellulare all'orecchio, Ashton era avvolto in una giacca piuttosto pesante. Faceva freddo, e la maglietta leggera che aveva preso in prestito dal ragazzo del negozio di musica non era abbastanza per combattere quell'aria gelida. Londra era fredda in quel periodo dell'anno, e ad Ashton mancavano proprio i caldi inverni sub-equatoriali di Sydney.

"Beh, se ti fa sentire meglio, ho fatto quasi la stessa cosa con Louis, con la differenza che lui se l'era davvero meritato." borbottò Zayn dall'altra parte della linea, sembrava un po' brillo. "E che non mi ha detto che ero grasso."

"Non le ho detto che era grassa!" disse Ashton, a metà fra un un sussurro e un urlo, mentre con la coda dell'occhio scrutava i poveri malcapitati seduti alla fermata vicino a lui. "Ma mi dispiace per te e Louis. Che è successo?"

"Io, uhm." si interruppe. "E' piuttosto imbarazzante. Ascolta, ti va di venire da me a bere qualche alcolico da due soldi? Sono nel mio appartamento. Mikey e come-si-chiama hanno deciso di scopare da lei per stasera, quindi sono solo."

"Certo." disse Ashton. "Il bus è appena arrivato. Sarò da te fra una ventina di minuti."

"Io sarò qui al buio ad autocommiserarmi. A dopo."

"Sei la persona più deprimenti che io conosca. Ciao."

Il viaggio verso casa di Zayn fu breve ed Ashton bussò alla sua porta alle sei e mezza, più o meno dieci minuti dopo aver chiuso la telefonata. Non era una grande sorpresa che non ci fosse molta gente in giro il giovedì dopo Natale. 

"Entra!" sentì Zayn e aprì la porta, togliendosi la giacca. 

"Dannazione, sembra di stare in una sauna qua dentro." disse a Zayn, che portava solo dei boxer e una canotta e che se ne stava accoccolato ad una bottiglia di vino in un angolo del divano.

"Perché sei sempre così radioso e perfetto? E' una cosa degli australiani?" si lamentò in tono patetico. Ashton scrollò le spalle e aprì il frigo.

"Può darsi. Hai succo d'arancia?"

"No. Dove hai preso quella maglia? Mi piace."

"Me l'ha data un ragazzo al negozio di musica dopo che la mia si era tutta sporcata di vernice. Devo riportargliela domani." Ashton guardò pensieroso per qualche istante una bottiglia di nettare di pesca prima di aprire il tappo e prenderne un sorso. 

"Oh, ed era carino? Aspetta, domanda migliore: era gay? Mi servirebbe una distrazione dalla relazione-che-non-è-nemmeno-mai-iniziata." Zayn tracannò un lungo sorso di vino direttamente dalla bottiglia."

"Amico, prendi un bicchiere almeno. Un minimo di classe." Ashton aggrottò le sopracciglia. "Non saprei. Non credo."

"Va bene. Portami un bicchiere. O meglio ancora, una brocca. Abbiamo secchi da cinque galloni?" Zayn si lasciò cadere sul divano, la bottiglia perfettamente al sicuro fra le sue mani.

"Andiamo, amico. La mia ragazza ha appena fatto la stronza in un ristorante pieno di gente. Dovrei essere io quello che fra 36 ore si sveglierà dal coma etilico, non tu."  

"Oh, no, la bottiglia è vuota? Me ne serve ancora." borbottò Zayn, cercando di alzarsi. Rotolò giù dal divano contorcendosi. Sarebbe stata quasi una scena comica se non fosse stato per il cattivo umore in cui versava Ashton. "E comunque, lei non ti piaceva nemmeno poi così tanto."

"Sì invece." Ashton si avvicinò al divano e gli sfilò la bottiglia dalle mani. "Penso che dovresti sdraiarti un po'--di fianco, razza di idiota, non vorrei aver bisogno di rianimarti mentre soffochi nel tuo vomito. Ora dimmi di Louis."

"Perché ti piace stare con me?" sussurrò Zayn qualche ora dopo. Si era leggermente ripreso dalla sbornia, dopo diversi bicchieri d'acqua, qualche pezzo di pane e una visitina al bagno per rigettare anche le proprie interiora. 

"Perché mi trovo bene. Sei divertente. E di buona compagnia, tranne quando fai tutto il drammatico e lo strambo." disse Ashton. Zayn aveva la testa poggiata sulle sue gambe e stringeva un cuscino, mentre Ashton scorreva inutilmente i canali alla ricerca di qualcosa di decente da guardare.

"Ti trovi bene con me?" chiese Zayn, e Ashton annuì. "Mi...trovi attraente?" 

"Che razza di domanda è?" Ashton strizzò gli occhi per cercare i vedere il menù della TV. Non aveva portato gli occhiali, il che di solito non era un problema, finché non aveva bisogno di leggere. "Tu sei attraente. Tutti lo pensano."

"Ma tu lo pensi?"

"Beh," Ashton si raddrizzò, leggermente a disagio, e rivolse il suo sguardo verso il ragazzo che lo guardava con quei grandi occhi castani pieni di dubbi. "Uhm, certo. Per un ragazzo, voglio dire...sei alto...e, hai tipo, un'ottima struttura ossea. E dei bei tatuaggi. Cosa c'è di meglio?" 

"Grazie." Zayn abbozzò un sorriso. "Ma questa è stata la risposta più etero che potessi darmi." 

"Beh, è quello che succede ad essere etero." gli disse Ashton. "Dai risposte etero."

"Oh" Zayn affondò la testa nel cuscino. "Ti odio proprio."

"Ahi."

"Scherzo. Ti adoro." 

"Uhm, grazie."

Ci fu un lungo silenzio. Ashton finalmente decise per Rocky II, e fu durante la terza pausa pubblicitaria che Zayn si voltò in modo da guardarlo direttamente negli occhi.

"Hey Ashton?"

"Sì?" Rispose, rivolgendo lo sguardo verso il basso.

"Posso provare una cosa?"

"Dipende da cosa int--", ma fu interrotto dalle labbra di Zayn.



 

Translator's Corner

'Sup guys! Ecco che la storia comincia ad entrare nel vivo, vi giuro che non avete ancora visto nulla. Lo so che a qualcuno potrebbe dispiacere la presenza dei 1D nella storia, io stessa non sono una loro fan, ma è stata una scelta dell'autrice e io la rispetto perché è un'idola (mi ha anche seguita su instagram owo). Adorabile Liv, uhm? 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 0.3 ***


"Oh, pretty [boy]
I know that I just met you
but I might just dare to say

That I love you."
-NeverShoutNever, 'Sweet Perfection'
 

-Luke
 

"Luke?" disse Calum dalla loro minuscola cucina. "Sei tornato presto."

 

"Abbiamo chiuso un po' prima del solito e non mi sono fermato a prendere da mangiare." gli disse Luke, appendendo le chiavi al gancio vicino alla porta. Faceva ancora uno strano effetto entrare nel proprio appartamento invece che nella casa dei suoi genitori--faceva uno strano effetto essere salutato dal suo migliore amico invece che da sua madre. 

 

Luke scavalcò il bancone di granito ed  entrò in cucina, spostò la lavagna che i due coinquilini usavano per i promemoria e aprì il frigo. C'era un "67" circondato da alcuni post-it giallo brillante, e sotto c'era una qualche citazione motivazionale. 

 

"Non riesco ancora a credere di avercela fatta per due mesi." disse Calum, raggiungendo Luke per prendersi una soda. 

 

"Hai ragione, sono davvero orgoglioso di te." gli disse Luke con sincerità.

 

Calum e Luke erano stati migliori amici fin dal loro primo incontro quattro anni prima. Luke aveva 13 anni e si era appena trasferito dall'Australia per via della compagnia di suo padre. Era un metro e cinquanta di puro terrore quando entrò in classe il primo giorno di scuola indossando la maglia di un gruppo rock, perché non aveva ancora ricevuto la divisa. Tutti quanti lo guardavano come si guarderebbe un mostro a tre teste quando Calum, il quattordicenne assistente dell'insegnante, si fece avanti e si presentò a lui come l'ex unico-australiano-della-scuola.  Da allora, erano stati quasi inseparabili.

 

Quasi.

 

Circa dieci mesi fa, Calum aveva rotto con la ragazza con cui era stato per quasi un anno. Fu un casino e fu terribile e ci furono molte lacrime e poesie depresse e in qualche modo, proprio sotto il naso di Luke, Calum aveva iniziato a bere. A bere tanto, davvero davvero tanto--tanto, che una notte Luke dovette portarlo all'ospedale dopo averlo trovato svenuto sul pavimento del bagno. Quando si svegliò, Calum giurò che non avrebbe mai più bevuto, e Luke giurò che non gliel'avrebbe mai permesso. Quindi affittarono un appartamento insieme e spostarono le loro intere vite a 174 isolati dalla quasi-casa d'infanzia di Luke. Senza più guardarsi indietro.

 

"Abbiamo succo d'arancia?" chiese Luke.

 

"Perché hai ancora addosso la divisa del negozio?" chiese Calum, senza rispondere alla domanda di Luke.

 

"Ho dato la mia maglia ad un tizio perché ha strisciato contro il muro. Stavo dipingendo. E la pittura era fresca."

 

"Stranamente generoso da parte tua. E perché?" Calum se ne stava seduto sul bancone quando Luke si voltò reggendo un bicchiere di succo d'arancia con la mano destra.

 

"Sembrava disperato. E gentile. Aveva un appuntamento con una specie di fidanzata sclerata e non avevo voglia di perdere il mio lavoro. Me la riporta domani."

 

"Sai almeno come si chiama?"

 

"Ashton. Saprei identificarlo alla polizia se la mia maglietta scomparisse, se è quello che vuoi sapere." Luke ripensò a quel pomeriggio--Ashton aveva i capelli castano chiaro, un po' scarmigliati, e degli occhi tra il verde e il nocciola che gli ricordavano i temporali primaverili; fango ed erba appena tagliata e raggi di sole che penetrano tra le nuvole.

 

"Non è quello che intendevo, ma buono a sapersi." Calum addentò una mela verde. "Aeah ah deh ahoon?" 

 

"Eh?" rispose Luke, prendendo un pacchetto di ramen dallo sportello e mettendo una pentola sul fuoco.

 

Calum masticò ed inghiottì. "Ho detto, 'Aspetta, hai detto Ashton?' "

 

"Sì, proprio così."

 

"Per caso era australiano?"

 

"Uhm--veramente sì, penso. Non aveva accento. Perché?" Luke accese il fornello. "Ne vuoi un po'?"

 

"Certo. Chiedo perché sono piuttosto sicuro di aver fatto un corso di musica con lui al centro ricreativo quando avevo, tipo, quindici anni. Sai se suona la batteria?" Calum suonava praticamente da quando aveva lasciato il ventre di sua madre, ma sentiva ancora il bisogno di fare qualche corso o entrare in un club per mantenersi sempre in allenamento. Era un musicista dal talento naturale e gli aveva anche insegnato a suonare la chitarra. Anche se Luke non era nemmeno lontanamente bravo quanto lui. 

 

"Cercava un cajòn. Quindi, penso di sì."

 

"Cacchio non lo vedo da una vita. Siamo stati buoni amici fino a--beh, lo sai, circa un anno fa. Ho un po' perso la bussola."

 

"Lo so, Cal." disse Luke, guardando il suo migliore amico negli occhi. Era ancora difficile parlarne--era difficile per Luke ricordare quella sera, quando l'aveva trovato accasciato sul pavimento. A volta era difficile accettare che l'unica ragione per cui Luke viveva con Calum era controllarlo--assicurarsi che non ci ricadesse. Di sicuro non aveva una famiglia che lo facesse al posto suo;  lo avevano praticamente cacciato di casa quando aveva lasciato l'università per dedicarsi alla musica. Magari anche Luke pensava che non fosse la migliore delle idee, ma in ogni caso…non gli sembrava giusto. I tuoi genitori dovrebbero volerti bene, qualsiasi cosa tu decida di fare della tua vita.

 

"Io…non lo rifarei mai." mormorò Calum, con la voce spezzata. "Dio, Luke…non puoi capire quanto mi dispiace."

 

Luke gli sorrise, un po' di sbieco e con un po' di amarezza. "Ti voglio bene. Te ne vorrò sempre. E ti perdono. L'ho fatto nell'istante in cui hai riaperto gli occhi."

 

"Okay."

 

-

 

"Ashton, giusto?" Erano le quattro del pomeriggio seguente e il batterista era tornato, sembrava molto più sparuto di quando Luke l'aveva incontrato il giorno prima. Aveva un cappotto di lana che gli stringeva le spalle per combattere il freddo umido che tormentava le strade di Londra per tutto l'inverno, e i suoi ricci scombinati erano schiacciati sotto un berretto con un pompon in cima, aggiungendo qualcosa di adorabile al suo aspetto altrimenti piuttosto stoico. 

 

Adorabile. Era una parola che Luke non avrebbe mai pensato di usare per descrivere un ragazzo.

 

"Sì. E tu Luke. Ho una buona notizia ed una cattiva." disse Ashton, sorridendo un poco e sfilandosi il cappotto. Il negozio di musica era caldo, in una maniera quasi soffocante--Luke portava una canotta e un paio di skinny jeans e sentiva comunque un po' caldo. Il riscaldamento era sempre acceso.

 

"Oh, no. Hai candeggiato la mia maglietta, vero?" scherzò Luke, sperando che non fosse così.

 

"Ehm, no. L'ho solo dimenticata a casa." Ashton chiuse gli occhi per un istante, cercando di darsi un tono. "Nottata difficile. Giornata difficile in generale, veramente." 

 

"Mi dispiace." disse Luke, prendendo la giacca di Ashton e appendendola al gancio vicino alla porta. "Che è successo?"

 

"Io--uhm, è piuttosto…personale." disse Ashton, guardando il pavimento. Luke pensò alle sue parole per un attimo. 

 

"Potresti dirmelo comunque. Potrebbe essere utile." disse. "Sai--sono un completo sconosciuto, probabilmente nemmeno ti rivedrò più, e se succedesse sarebbe solo per qualcosa che riguarda la tua batteria. A volte fa bene togliersi un peso parlando con qualcuno che è estraneo a tutti i fatti. Ti aiuta a prendere delle decisioni."

 

"Wow." disse Ashton. "Davvero saggio. Sei australiano."

 

"Lo sono. Ma non ha niente a che vedere con la mia saggezza."

 

"No. Ma me ne sono appena reso conto. Okay, ti dirò tutto. Mentre mi fai vedere i cajòn."

 

"D'accordo."

 

-

 

"Beh," cominciò Ashton, "Non è una storia così lunga. In pratica, ieri dopo essermene andato, la mia ragazza mi ha fatto una ramanzina assurda perché ero in ritardo di un minuto al nostro appuntamento, così sono andato a casa del mio migliore amico. Anche lui usciva da una quasi-rottura con un tizio che vive vicino a dove lavora e quindi si stava sfondando di vino e abbiamo visto uno stupido film e cazzate del genere. È stato piuttosto…cupo."

 

"Si stava sfondando di vino?" disse Luke, trasalendo. "Non va bene. Per caso è…?"

 

"Alcolizzato? No, Zayn è solo un melodrammatico. Un ragazzo gay che adora il teatro, la poesia deprimente e la pelle nera, hai presente?" disse Ashton. Nonostante Ashton lo stesse prendendo in giro, Luke vedeva quanto tenesse a questo Zayn. 

 

"Oh, okay. Volevo esserne sicuro. C'è dell'altro?"

 

"Oh, sì. Si stava facendo tardi e stavo guardando un film--non ricordo nemmeno che cos'era--e mi ha baciato, cazzo. Io sono etero, Luke! Perché…l'ha fatto?" Ashton era rosso come un peperone, e teneva lo sguardo fisso sui cajòn mentre picchiettava a ritmo nervoso su quello su cui era seduto. 

 

"Beh…" disse Luke, cercando di pensare al modo migliore in cui dirlo, "voglio dire, sembra quasi che tu gli abbia fatto capire che poteva. Sai, senza offesa, ma sei un ragazzo piuttosto attraente che corre dal proprio migliore amico gay dopo che entrambi avete affrontato una rottura traumatica e lui è ubriaco e state guardando qualche stupido film romantico…se fosse stata una ragazza che ti piaceva, non avresti fatto esattamente la stessa cosa?"

 

"Uhm…" Ashton smise di picchiettare sul cajòn. "Credo di sì."

 

"Visto? È stata una cosa spiacevole, ma non puoi proprio dargli la colpa. Non lasciare che questo rovini la vostra amicizia…non ne vale la pena."

 

"Io…non lo farò. Voglio dire, ci proverò. È il mio migliore amico, capito? Sono praticamente tutto ciò che ha--la sua famiglia fa schifo ed è piuttosto solo. Ma in ogni caso, dopo che l'ha fatto, non sapevo come calmarlo perché era completamente fuori di sé. Allora ho chiamato il suo fidanzato-cosino per cui era così disperato, ed è venuto a parlargli. Louis, questo stronzo, ha portato il suo nuovo ragazzo, che sembrava proprio un tipo a posto. Sono andati in cucina e Louis ha lasciato Harry con me, e poi dopo un paio di minuti è tornato e ha detto a me e Zayn che voleva andarsene. Non gli parlo da allora." terminò Ashton, e poi fece un respiro profondo, le guance un po' arrossate, le pupille dilatate. Era chiaramente arrabbiato, ma sembrava comunque come se stesse sempre per sorridere. È strano, pensò Luke, ma in qualche modo, bello.

 

"Dagli un po' di tempo, amico. Sono passate, tipo, 18 ore?" disse Luke. 

La curva della bocca di Ashton era ipnotica; le sue labbra formavano una strana linea--come se una domanda, una risata e il verso di una poesia stessero facendo a gara per chi dovesse uscire prima.

 

Luke era piuttosto meravigliato da se stesso, perché non aveva mai pensato ad un ragazzo-- diamine, non aveva mai pensato a nessuno-- con tale minuzia di particolari come stava facendo con il ragazzo che gli stava di fronte. Qualcosa in Ashton lo faceva sentire come se non volesse mai smettere di guardarlo ed era strano e lo confondeva ma Luke decise di non pensarci troppo perché altrimenti si sarebbe incasinato il cervello.

 

"Sì…sì. Non lo so. Sono così confuso, Luke. Io…sono confuso." balbettò Ashton.

 

"Confuso?" disse Luke, distratto dal modo in cui Ashton si mordeva l'interno delle guance. Gli zigomi di Ashton sembravano quelli di una fata; alti e delicati, quasi a rendere il suo volto ancora più etereo. "Perché?"

 

"Io," iniziò Ashton, prendendo un respiro profondo e incrociando lo sguardo di Luke, "avrei voluto sentirmi come se fosse più...sbagliato."



 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 0.4 ***


Secrets I have held in my heart
Are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours."
-The Arctic Monkeys
, 'I Wanna Be Yours'

 

-Ashton

 

Luke lo guardava come se fosse un puzzle irrisolvibile e Ashton si sentiva terribilmente in imbarazzo sotto al suo sguardo.

 

“Che c'è?” Disse infine, sapendo di essere diventato paonazzo. “Merda. Non avrei dovuto dirtelo.”

 

Luke alzò un sopracciglio. “Perché no?”

 

“Perché adesso probabilmente pensi che io sia gay. Ascolta, devo andare. Me ne vado. Me ne sto andando proprio adesso...quindi ciao.” Ashton inciampò sulle sue stesse parole, rendendosi conto quando era già troppo tardi di aver detto la stessa cosa per ben tre volte. Cercò goffamente di scavalcare il bancone. “Prenderò il cajòn qualche altra volta. Sì. Okay.”

 

Luke non si era mosso e lo guardava con aria perplessa. “Perché te ne vai?”

 

“Perché tu...io ho detto...tu sei...Dio, smettila di guardarmi.” Ashton era piuttosto sicuro che gli occhi di Luke lo stessero facendo ubriacare ed era per questo che si comportava così. Erano penetranti e c'era qualcosa nella sfumatura di colore che avevano che lo destabilizzava e lo faceva sentire molto, molto a disagio.

 

“Uhm, perché?” Luke finalmente, finalmente si alzò e si avvicinò, ritrovandosi faccia a faccia con Ashton da dietro il bancone.

 

“È solo...i tuoi occhi sono blu.” rispose Ashton in tono patetico.

 

“Okay?” rise Luke. “È un problema?”

 

“Ehm...no...io...penso di essere in preda ad un attacco di panico.” disse Ashton, rendendosi conto che la fastidiosa sensazione che sentiva alla gola non dipendeva da Luke. Il suo cuore batteva così forte che tutti gli altri suoni intorno risultavano impercettibili. Iniziò a respirare sempre più veloce, sempre più veloce e aveva la nausea e gli girava la testa--

 

“Merda!” esclamò Luke, attraversando il bancone appena in tempo per afferrare Ashton quando stava per lasciarsi cadere sul pavimento. La vista di Ashton era sfocata, ma prima che il nero prendesse il sopravvento e il mondo diventasse muto, vide il biondo chinato su di lui.

 

 

-

 

“Oh, grazie a Dio!” disse una voce mentre Ashton riprendeva conoscenza. Strizzò gli occhi per la forte luce, chiedendosi dove fosse.

 

“Cosa...cos'è successo?” farfugliò strofinandosi gli occhi e osservando l'ambiente vagamente familiare.

 

“Significa che adesso posso abbassarti le gambe?” borbottò Luke parlando col proprio cellulare, “Stupido sito.”

 

“Eh?”

 

“Scusa! Uhm, sei svenuto circa tre minuti fa. Hai avuto un attacco di panico. Hai una qualche condizione medica preesistente tipo l'epilessia, oppure--”

 

“No. Solo attacchi d'ansia.” disse Ashton, sentendo l'imbarazzo tingergli le guance al ricordo dell'intera scena. “Cazzo, mi dispiace tantissimo.”

 

“Tranquillo. Non è colpa tua. Uhm, tieni, ti ho preso un bicchiere d'acqua...beh, in realtà avevo solo una tazza. Dovresti berla. Io mi siedo sul bancone, okay?”

 

“Luke, sto bene.” disse Ashton, abbassando le gambe dal supporto che Luke aveva improvvisato e cercando di rialzarsi.

 

“No, non ancora.” gli disse Luke con fermezza. “Questo sito dice che devi alzarti gradualmente, cominciando col sederti. E devi bere l'acqua che ti ho dato.

 

Luke lo spinse delicatamente in modo che la sua schiena poggiasse sul bancone. Ashton sentì una strana sensazione dove Luke l'aveva toccato. Gli vennero i brividi.

 

“Oh, no. Senti freddo? Ti serve una coperta? Non ho una coperta, ma potresti mettere la mia giacca. È sul retro. Dicono che potrebbe servirti una coperta perché a volte la gente--,”

 

“Luke,” lo interruppe Ashton, e senza pensare gli portò un dito sulle labbra. “Chiudi il becco. Sto bene.”

 

Luke lo guardò con i suoi grandi occhi blu ghiaccio, senza dire una parola. Rimasero fermi a guardarsi per una serie interminabile di attimi prima che Ashton si accorgesse che il suo dito era ancora sulle labbra di Luke e le mani di Luke erano ancora delicatamente poggiate sulla sua spalla. Si allontanarono simultaneamente e, nonostante Ashton sembrasse essere improvissamente interessato alle proprie unghia, sentiva che gli occhi di Luke erano ancora fissi su di lui. Si sentiva strano: aveva freddo e caldo e il prurito, come se stessa facendo una doccia calda usando un bagnoschiuma alla menta.

 

“Comunque, uhm...” disse Luke rauco, tossendo in prenda all'imbarazzo. “Devi restare in osservazione per le prossime tre ore. E devi mangiare. Posso portarti a casa? C'è qualcuno lì che possa badare a te?”

 

“Beh, no, ma sto bene. Mi è già successo. Posso cavarmela da solo. Di solito sono anche solo quando succede.” gli disse Ashton, cercando nuovamente di alzarsi. Luke lo fece rimanere seduto.

 

“Non ancora. Non va bene, non hai tipo un coinquilino?” disse Luke preoccupato.

 

“Nah. Ho la mia stanza al campus. Probabilmente ci sarà altra gente nell'edificio, se ti fa sentire più tranquillo.” cercò di scherzare Ashton sistemandosi e mettendosi a sedere più dritto. Luke era seduto accanto a lui, ma si alzò e guardò l'orologio. Si avvicinò alla vetrina e girò il cartello in modo che dicesse “Chiuso”.

 

“Sono le cinque. Abbiamo finito qui. Sistemo la cassa e poi andiamo a prendere qualcosa da mangiare. Ti riporto a casa. E puoi anche darmi la mia maglietta.”

 

Ashton sospirò. Non aveva molte altre scelte, se non dire sì.

 

Luke gli sorrise dall'alto.

 

“Rimani seduto finché non finisco. Ci metto un minuto. Cosa ti andrebbe? Nandos? Oppure che ne pensi di quel posto infondo alla strada...come si chiama? Leek?”

 

“Oh, Dio, non Leek. Non penso di poter mai più entrare là dentro.” disse Ashton.

 

“È lì che Liv ha fatto un casino”

 

“Liv? Si chiamava così la tua ragazza?” chiese Luke, contando banconote e scribacchiando qualcosa su un foglio.

 

“Olivia, sì.”

 

“Mmm,” fu l'unico suono che emise Luke, e per un attimo calò il silenzio. “Che ne pensi di quel posto ad un paio di isolati da qui? Butterflower? Hanno degli ottimi sandwich ed è vicino al tuo campus, credo. Certo, se vai alla London University. E presumo di sì, giusto?”

 

Ashton sorrise per la goffaggine di Luke, assicurandosi che non se ne accorgesse.

 

“Sì, giusto.Va bene.”

 

“Okay. Penso chiudano alle sei, quindi dobbiamo sbrigarci, ma non troppo in fretta. Cavolo, forse non dovremmo andare lì. È una passeggiata piuttosto lunga. Non voglio che ti stanchi troppo. Come ti senti? Ti gira la testa? Il sito diceva che è normale. Hai finito l'acqua? Pensi di doverne bere ancora--”

 

“Luke,” lo interruppe Ashton, alzandosi in piedi. “Sono grande e forte. Sto bene.”

 

Luke arrossì visibilmente, mordendosi l'anello che aveva al labbro. “Okay. Scusa.”

 

“Però voglio mangiare. Quindi andiamo.”

 

Luke annuì, chiuse il registratore di cassa e prese le chiavi.

 

“Okay. Vado un attimo a prendere le mie cose.”


Translator's corner

Che dire? Anch'io voglio far svenire la gente con lo sguardo. Grazie a chi ha recensito e a chi sta seguendo la storia! xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 0.5 ***


It started out with a kiss
How did it end up like this?
It was only a kiss
-The Killers, 'Mr. Brightside'

 

-Luke

 

Luke non riusciva a smettere di guardare Ashton mentre i due camminavano verso la pasticceria. Faceva freddo e Ashton teneva le mani nelle tasche della giacca, la testa bassa per difendersi dal vento pungente che gli aveva già colorato di rosso la punta del naso e le guance. Luke si disse che lo stava guardando soltanto per assicurarsi che non si sentisse ancora male, ma non era proprio sicuro che quella fosse la verità.

(Okay...sapeva che non lo era.)

 

“Perché salti le crepe?” gli chiese Ashton d'improvviso, quando erano ormai a quasi un isolato dalla loro destinazione.

“Eh?” esclamò Luke e subito si sentì stupido, preso alla sprovvista dal brusco infrangersi di quel piacevole silenzio.

“Le crepe. Del marciapiede. Le salti. Perché?” Ashton continuava a guardare in basso e Luke ne fu grato, perché era sicuro di essere diventato più rosso del semaforo che aveva di fronte.

“Uhm—,” Luke balbettò, improvvisamente agitato perché perché si sentiva così? Non aveva senso.

“Non lo so. Mia madre lo faceva sempre, quindi credo di averlo...preso da lei. Io—sì.”

 

“Oh” disse semplicemente Ashton. “Okay.”

Luke si sentì come se qualcosa dentro di lui fosse sottosopra e non riusciva a smettere di sorridere.

 

-

 

La pasticceria era poco illuminata e profumava di caffè, il che andava benissimo a Luke. Sembrava un posto confortevole e pieno di vita—proprio diverso dal banale ordine organizzato del negozio di musica. C'era un ragazzo dietro al bancone che gli sembrò familiare, ma Luke non era sicuro di dove l'avesse visto—occhi verdi, ma diversi da quelli di Ashton, e capelli ricci un po' lunghi. Gli ricadevano sulla fronte in un ciuffo scombinato e il ragazzo li soffiò via dagli occhi mentre i due si avvicinavano. Sul suo viso comparve un'espressione amichevole da ci-sono-dei-clienti, Luke conosceva molto bene quel tipo di sorriso. I suoi occhi si spostarono su Luke, era sicuro di riconoscerlo.

 

“Hey! Io penso...lavori in quel posto...penso di conoscerti...sembri molto...ehm, mi hai venduto una chitarra?”

 

Luke sapeva di averlo riconosciuto. Sorrise un po' in imbarazzo. “Penso di sì. Harry, giusto?”

 

“Sì! E tu sei...Luke?” Il ragazzo, Harry, sorrise, e il suo volto si accese come una lampadina.

 

“Sì.” Luke annuì. “Questo è Ashton.”

 

“Ciao Ash--! Oh, aspetta. Conosco anche te.” disse Harry, molto meno entusiasta. “Uhm...ciao. Come...va?”

 

“Benissimo.” Ashton si sentiva a disagio e rivolse lo sguardo verso Luke. “Questo è uno dei ragazzi di cui ti ho parlato. Da Zayn.”

 

Luke fece due più due. Harry doveva essere il nuovo ragazzo dell'ex fidanzato-cosino di Zayn. Sembrava un bravo ragazzo, pensò Luke. E aveva ottimi gusti in fatto di chitarre.

 

“Oh.” Fu tutto quello che Luke si sentì di dire, non sapendo come reagire.

 

“Allora...hai parlato con Zayn?” disse Harry, mordendosi il labbro. “O Louis?”

 

“Perché avrei dovuto parlare con Louis?” Ashton sembrava quasi disgustato. “È colpa sua se mi ritrovo in questo casino.”

 

“Oh. Allora suppongo che tu non abbia ancora parlato con Zayn.” disse Harry, sembrava che non fosse sicuro di dover dire quello che stava per dire. “Per quanto riguarda Zayn...uhm, per farla breve, non eri esattamente la sua consolazione per non poter avere Louis. Diciamo il contrario.”

 

Ashton corrucciò le sopracciglia. “Scusami?”

 

“Sì.” disse Harry. “Louis gli ha parlato a lungo l'altra sera e...sì.”

 

“Ma non siamo nemmeno mai stati insieme!” disse Ashton nervoso. “E io sono etero!”

 

“Beh, se la metti così, nemmeno Louis e Zayn sono veramente mai stati insieme.” disse Harry facendo spallucce. “E tutti i ragazzi gay che hanno una cotta per un ragazzo etero pensano di poter riuscire a farlo passare dall'altra sponda. Al nostro primo incontro, pensavo che Louis fosse etero e passavo la notte in bianco cercando di pensare ad un modo per piacergli.”

 

Harry stava arrossendo e sorrideva come un cucciolotto felice, e Luke non poté far altro che sorridere leggermente notando l'ovvia adorazione del ragazzo nei confronti di Louis.

 

“Ha funzionato?” gli chiese Luke d'improvviso, interrompendo Ashton prima che dicesse qualsiasi cosa stesse per dire.

 

“In un certo senso. Insomma, non era affatto etero e penso avesse già una cotta per me...ma adesso gli piaccio.” disse Harry, il suo sguardo si rabbuiò. “O almeno, penso di piacergli ancora.”

 

“Cos'è succ—,” cercò di chiedere Luke, ma Ashton lo interruppe.

 

“Pensi...che sia una buona idea parlare con Zayn?” si morse il labbro e il cuore di Luke fece una capriola. “Insomma...dei suoi sentimenti?”

 

“Penso che dovresti parlare con—,” iniziò a dire Harry, ma fu interrotto dallo spalancarsi della porta del negozio.

 

Louis.” finì di dire d'un fiato.

 

“Harry,” rispose una voce rotta e Luke si voltò per vedere il ragazzo immobile davanti alla porta, con i capelli scarmigliati dal vento. “Harry, mi dispiace tanto.”

 

“Anche a me. Io—non avrei dovuto ascoltare e adesso mi sento in colpa, Louis, e ho sbagliato perché era troppo personale e—” fu interrotto quando il ragazzo gli si avvicino, poggiando le proprie labbra sulle sue.

 

Luke guardò Ashton, che si guardava già intorno imbarazzato. Guardarli era invadente ed inappropriato, come se stessero assistendo a qualcosa di intimo e privato, nonostante si fosse trattato di un bacio di pochi secondi.

 

“Un bel secondo bacio?” sussurrò Louis staccandosi, sorridendo ed arrossendo mentre poggiava sul bancone.

 

“Il migliore.” disse Harry, ricambiando il suo sorriso.

 

Ashton e Luke si guardarono, sguardi incatenati mentre comunicavano in lingue diverse. Luke studiò ancora una volta gli occhi di Ashton. C'era qualcosa, in quegli occhi, che faceva sentire Luke come se stesse annegando nello sciroppo, e quando li sbatteva dava inizio ad un'esplosione di fuochi d'artificio verdi dietro le sue palpebre.

 

Luke continuava a guardarlo.

 

La tensione cresceva.

 

Anche Ashton non distoglieva lo sguardo.

 

Oh, cielo.

 

Oh cielo, continuava a guardarlo e Luke stava

 

annegando.

 

E poi l'universo si riscosse e l'incantesimo si ruppe. Ma a Luke andava bene così, perché aveva proprio bisogno di un attimo per riprendere fiato e capire perché diavolo Ashton, che conosceva da un giorno, avesse messo degli uccellini in gabbia nel suo petto e li avesse lasciati lì a fluttuare.

 

“Louis, non vorrei rovinarti il momento, ma Harry ha detto che forse dovrei parlarti per quanto riguarda la storia di Zayn.” disse Ashton, le guance rosse. Luke si domandò se la causa fosse stata il loro scambio di sguardi, ma cercò di non pensarci troppo. (Okay, moriva dalla voglia di saperlo.)

 

“Sì, penso sia una buona idea.” Louis aveva l'aspetto di uno che era appena uscito da una lavatrice in piena centrifuga, ma Harry lo guardava come se fosse tutto fatto d'oro. Era una cosa tenera ed in un certo senso adorabile, anche se leggermente stucchevole. Luke voleva quasi scappare via da quella situazione, ma non lo fece. Non poteva lasciare Ashton, se fosse svenuto di nuovo? Quindi ecco. Doveva proprio aspettare.

 

Ashton e Louis si spostarono dall'altra parte del negozio, parlavano a bassa voce, i loro volti sembravano fatti di pietra. Harry poggiava sul bancone accanto a Luke, sorridendo a Louis.

 

“Cosa posso portarti—,”

 

“Come hai fatto a capire di essere gay?” Luke interruppe Harry, senza riflettere troppo.

 

“Un giorno ho incontrato un ragazzo e volevo baciarlo.” rispose Harry, con un'espressione serena. “Non mi era mai piaciuta nessuna ragazza, quindi pensai che avesse senso.”

 

“Oh.” rispose Luke, felice che Harry non volesse sapere perché gliel'aveva chiesto. Nemmeno Luke stesso ne era sicuro. Lasciarono che le loro ultime parole restassero sospese nell'aria mentre, in silenzio, Luke guardava il menù ed Harry aspettava che ordinasse. Luke stava per chiedere un sandwich con prosciutto e formaggio quando fu interrotto dalla voce di Louis.

 

“È una stronzata, Ash. Dagli un po' di respiro, cazzo!”

 

“L'ho fatto. Ma ho bisogno di chiarire!” rispose Ashton, a voce altrettanto alta.

 

“È passato un giorno! È gay, non un supereroe. Ha bisogno di tempo per riprendersi!

 

“Da cosa?” disse Ashton, fremendo. “Da me? Io non ho fatto un bel niente!”

 

“È innamorato di te, stronzo! È innamorato di te e tu gli hai appena spezzato il cuore in un milione di pezzettini e io ci sono passato, Ash. Non è divertente.” disse Louis, come se stesse parlando ad un bambino di cinque anni, mentre il volto di Ashton diventava sempre più rosso e sempre più arrabbiato.

 

“Ma io rivoglio il mio migliore amico! Che—che cosa ho fatto per meritarmi questo?”

 

“Dio, riesci a pensare solo a te stesso?” sputò Louis. “Se davvero ti importa di quello che prova, non rivolgergli mai più la parola. Sarebbe—.”

 

“Hey!” disse Luke all'improvviso, separando i due ragazzi che si guardavano in cagnesco, ormai quasi petto contro petto. “Allontanati, Louis.”

 

“Luke—” cercò di dire Ashton, ma Louis lo interruppe.

 

“Tu non sai cosa significhi amare qualcuno quando non c'è nemmeno la minima possibilità che quella persona ti riami! Non sai quante cazzo di ingiustizie devono subire quelli come me! Non ne sai nulla, Ashton! Quindi quando ti dico che non dovresti mai più parlare con il tuo cazzo di migliore amico, faresti bene a prendermi sul serio!”

 

“Louis.” disse piano Luke. “Ashton ha già avuto un attacco di panico oggi e se dovesse averne un altro per colpa tua giuro su Dio che ti prenderò a pugni così forte che non capirai nemmeno più dove ti trovi. Togliti dalle palle.”

 

“Luke--” cercò ancora una volta di dire Ashton.

 

“Forza, Ashton. Credo che sia meglio andare.” disse Luke, rivolgendo a Louis un'ultima espressione disgustata, mentre quest'ultimo stava praticamente per implodere. Luke scosse la testa, fece un cenno di saluto ad Harry che era rimasto a bocca aperta, e condusse Ashton fuori dalla porta.

 

Translator's corner

Quante di voi adorano Luke quando fa il protettivo? Io di sicuro!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 0.6 ***


Home, let me come home,
Home is wherever I'm with you
Our home, yes, I am home,
Home is when I'm alone with you”
-Edward Sharpe and the Magnetic Zeros, 'Home'


 

-Ashton


“Ma che cavolo?!” disse Ashton ad alta voce quando furono fuori dalla caffetteria. “Che ti è preso?”

Luke fece spallucce. “Si stava comportando in maniera ridicola e mi ha fatto incazzare. Non volevo doverti rianimare due volte in un giorno.”

“Però la prossima volta lascia che sia io a combattere le mie battaglie, okay?” disse Ashton al biondo, fumante di rabbia. Luke non lo conosceva; non era nessuno per decidere quanto Ashton fosse in grado di sopportare. Ashton strinse i pugni.

“Okay!” invece di reagire, Luke sorrise e alzò le mani in segno di resa, senza nemmeno sembrare infastidito dal comportamento di Ashton. Ashton pensava si stesse proprio comportando da stronzo— perché non reagiva?

“Mi dispiace. Non pensavo fosse così grave.” disse Luke, alzando le spalle e sorridendo, mostrando le fossette. Ashton non riusciva a distogliere lo sguardo dalla piccola depressione che si era formata sulla sua guancia e all'improvviso stava allungando un dito per carezzarla delicatamente.

Luke lo guardò dall'alto in basso, con un mezzo sorriso, senza nemmeno sussultare a quel tocco.

Ashton si irrigidì non appena si rese conto di quello che stava facendo, scrutò Luke con sguardo colpevole, ritraendo la mano.

“Io—scusa.”

“Tranquillo.” disse Luke. “Anche a me piacciono le tue fossette.”

“Non per quello—cioè, sì anche per quello. Ma scusa se mi sono arrabbiato e...sì. Io—sì.” balbettò Ashton, fissando il suolo.

“Non ti preoccupare. Ho esagerato. Solo che non mi piace quando la gente ti pa— quando la gente parla in quel modo ad altra gente.” disse Luke, ed Ashton lo guardò accorgendosi di quanto fosse arrossito.

“Ah...okay.” disse Ashton. “Ora però andiamo al campus.”
 

-

 

Luke rimase silenzioso mentre camminava leggermente dietro Ashton verso il campus ed Ashton ne fu grato, perché aveva proprio bisogno di un po' di tempo per pensare. C'era qualcosa nella voce di Luke che faceva in modo che il suo cervello se ne andasse temporaneamente in vacanza e non poteva permetterselo. Non adesso.

 

Le parole di Louis gli risuonavano nelle orecchie, continuavano a rimbombare ancora e ancora e ancora e con dieci volte più cattiveria di quanta non ne portassero in origine. Si odiava perché sapeva, sapeva che Louis aveva ragione. Non sapeva cosa significasse amare qualcuno in quel modo—Dio, non sapeva cosa significasse amare in generale. E non sapeva—non poteva sapere come ci si sentisse ad essere gay, quell'ulteriore livello di complicazione al già intricato mondo dei sentimenti.

“Tutto bene?” chiese Luke a voce bassa, la sua voce affannataprofondagutturalemusicaledelicatafortesexyrocasuadenteinnocentedolcepeccaminosa candeggiò i pensieri arancioni di Ashton per quello che sembrò quasi il tempo di un respiro.

“Penso...di sì.” disse Ashton ricomponendosi mentalmente. Ed era vero. Era vero, perché nonostante si sentisse come se fosse sull'orlo di un precipizio, andava tutto bene perché Luke camminava a poco più di un metro dietro di lui. In qualche modo questo bastava a far sembrare tutto quanto un po' perfetto.

Anche se il suo migliore amico non gli parlava.

Anche se l'università non andava poi così bene.

Anche se la sua ragazza l'aveva lasciato.

Anche se la sua famiglia non si trovava nemmeno nel suo stesso emisfero.

Anche se non aveva nessuna idea di cosa fare della sua vita.

In un certo senso, Luke gli faceva dimenticare tutte queste cose, ed era bello sentirsi leggeri anche se per poco.

“Giuri?” disse Luke ed Ashton vagava in una foresta metaforica, era perso.

“In che senso?”

“Giuri che stai bene?” disse Luke e Ashton poteva sentire il calore del suo corpo che si avvicinava.

“No.” disse Ashton, rallentando e spostandosi di poco sulla destra in modo che Luke potesse camminare di fianco a lui. “Ma giuro di pensare che sto bene.”

“Okay.” disse Luke, e Dio, c'era qualcosa di angelico nella parte destra del suo viso quando sorrideva. Le fossette non dovrebbero avere il potere di pugnalarti il cuore.

 

-

 

Ashton non voleva che Luke entrasse nella sua stanza. Era disordinata ed impersonale e non era una parte della sua vita che voleva condividere con qualcuno perché non era davvero sua e non era davvero lui. Ma non voleva spiegare tutto questo a Luke, quindi lo fece entrare, arricciando il naso alla vista dei vestiti sul pavimento e delle pareti bianche e vuote.

“La tua maglietta.” disse Ashton, avvicinandosi alla piccola cassettiera posta all'angolo della stanza e prendendo la maglia nera fresca di pulito dal primo cassetto. “Scusa se l'ho dimenticata.”

“No problem.” disse Luke con un sorriso appena accennato, come se Ashton fosse stato un cucciolo che non voleva spaventare. “Mi piace la tua stanza.”

Ashton rise amaramente e scosse la testa. “Grazie. Io non la sopporto.”

Non appena pronunciò queste parole se ne pentì. Luke distolse lo sguardo e Ashton sapeva, sapeva di aver rivelato troppo.

“Perché?” chiese Luke e Ashton voleva saltare giù dalla finestra perché gli occhi di Luke erano così blu e le sue labbra...santo cielo, perché stava pensando alle labbra di un ragazzo?

“Ah—um—,” balbettò Ashton. “È solo che...mi fa sentire un po' solo. Pensavo che mi sarebbe piaciuto non avere un compagno di stanza ma—già. Non così tanto.”

“Oh.” Luke annuì, in qualche modo aveva capito qualcosa che nemmeno Ashton stesso riusciva ancora a comprendere. “Okay.”

“Già.” disse Ashton.

Restarono lì in piedi per un attimo a guardarsi e Ashton si abbandonò all'osservazione del modo in cui i capelli di Luke ricadevano più sul lato destro della sua testa, e di come mordicchiava l'anellino che aveva al labbro quando era nervoso, e di come le sue bionde ciglia erano lunghe chilometri, e di come gli carezzavano le guance quando sbatteva le palpebre, e—

“Forse ora dovresti andare.” disse Ashton in un sussulto, in preda all'imbarazzo.

“Okay.” disse Luke ancora una volta, e prima che Ashton potesse muoversi o respirare o fare qualsiasi altra cosa, Luke si abbassò e l'abbracciò. Fu veloce, come se Luke avesse avuto paura della sua reazione. Subito si precipitò fuori dalla porta prima che Ashton potesse salutarlo.

Ashton rimase lì in piedi per qualche secondo, a respirare a sbattere le palpebre a pensare.

Perché era stato davvero, davvero bello stare fra le sue braccia, e in quell'istante, in quel breve sfiorarsi di stoffa e pelle, Ashton si era sentito a casa.

Ashton non si sentiva a casa da tantissimo tempo.
 

 

Translator's corner

Scusate per il ritardo, spero che il capitolo vi piaccia e che mi perdoniate!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 0.7 ***


'Cause you are the piece of me I wish I didn't need
Chasing relentlessly, still fight and I don't know why”
-Zedd, 'Clarity'

 

-Luke

 

Non appena la porta si chiuse alle sue spalle, Luke dovette trattenersi dal prendere a pugni una parete. L'unica cosa che lo trattenne fu la possibilità che Ashton lo sentisse. E non poteva proprio affrontarlo in quel momento.
Perché
Perché
Perché aveva dovuto abbracciarlo e dire che gli piacevano le sue fossette e comportarsi in maniera così bizzarra ed imbarazzante e Dio, sono proprio stupido. Luke stava percorrendo il corridoio, maledicendosi e domandandosi perché gli importasse così tanto e poi sentì un rumore alle sue spalle e si voltò e oh, guarda, c'è Ashton. Chissà se mi odia.

“Luke!” lo chiamò Ashton, anche se Luke lo stava già guardando con i suoi grandi occhi blu oceano. Si schiarì la voce e disse ancora “Um, Luke?”

“Sì?” disse Luke, con una voce fin troppo spezzata e piuttosto aspra e decisamente allarmata. Era come se le sue scarpe fossero incollate al pavimento in legno che puzzava di colonia e piedi, come se del velcro e il modo in cui Ashton fissava le sue mani gli impedissero di muoversi.

“Io...” cominciò a dire Ashton. “Ti ringrazio.”

“Per cosa?” chiese Luke, sentendosi confuso e come se una bolla di calore gli si stesse formando nel petto. C'era qualcosa in Ashton che gli dava una sensazione di elettricità nelle punte delle dita. Non capiva cosa non andasse nel suo cervello negli ultimi tempi, ma quando c'era Ashton si sentiva come se stesse fluttuando.

 

“Per...avermi fatto compagnia. Per avermi parlato. Per avermi fatto calmare. Per avermi portato a prendere da mangiare. Semplicemente...per esserci stato, credo. È stato bello. È stato davvero bello.” Ashton non lo stava esattamente guardando, ma non stava nemmeno guardando altrove. Era uno strano mix fra un momento piacevole e l'orlo di un precipizio e nonostante tutto Luke non riusciva a fare a meno di sorridere alle sue parole.

“Figurati. Quando vuoi,” disse, cercando di controllare che il suo sorriso non risultasse esagerato. “È stato bello stare un po' con qualcun altro oltre ai miei colleghi e al mio coinquilino.”

Finalmente, Ashton si lasciò sfuggire un ghigno e Luke lo ricambiò.

Continuarono a sorridersi, Luke si accorse di averlo fissato un po' troppo a lungo e cercava di fingere che gli importasse ma non era vero, non era vero, non era vero.

A quanto pareva, però, ad Ashton importava, visto che tagliò i lacci che si erano formati fra i loro occhi con un affilato sguardo verso il soffitto.

“Già. Beh, nemmeno io ho molti amici...a parte Zayn. Quindi sì. È stata una cosa carina.” disse Ashton, con le mani in tasca. “Già.

“Ah, sì?” disse Luke punzecchiandolo. Se ne pentì immediatamente, perché Ashton era diventato paonazzo e si era messo a guardare di nuovo il pavimento. “Cioè, ah, . Anche io la penso alla stessa maniera.”

Ashton annuì e non disse niente e Luke rimase lì in piedi a dondolarsi per quello che sembrarono diciassette ore prima di rendersi conto che avrebbe fatto meglio ad andare via.

“Penso che dovrei—,” provò a dire Luke.

“Posso avere il tuo numero?” disse Ashton nello stesso momento, interrompendolo e diventando rosso ciliegia. Luke rimase in silenzio per un istante, prima di potersi ricomporre abbastanza da poter rispondere. È difficile concentrarsi quando ti trovi di fronte alla definizione di adorabile.

 

Aspetta, che?

 

“Voglio dire così possiamo uscire di nuovo cioè se non vuoi non c'è problema va benissimo insomma lo capisco me ne vado nella mia stanza ci vediamo presto anzi probabilmente no ma okay insomma—”

“No!” lo fermò Luke nel bel mezzo del suo monologo, rendendosi conto di essere rimasto a fissarlo senza dire una parola per un tempo decisamente imbarazzante.

“No, darò il mio numero. Cioè, ti darò, voglio dire. Lo darò a chi lo chiede. E tu l'hai chiesto e...sì, mi passi il tuo telefono?”

Luke prese il cellulare che Ashton gli porse e digitò il suo numero così velocemente che per un attimo temette di aver sbagliato. Controllò, giusto per essere sicuro, non voleva che Ashton non riuscisse a contattarlo. Poi gli restituì il telefono e Ashton chiuse la porta e finalmente Luke si ritrovò a pensare che forse avrebbe dovuto cominciare a chiedersi perché entrambi fossero arrossiti così tanto.
 

X

 

Sconosciuto: hey
10:55pm

Sconosciuto: sono ashton. forse avrei dovuto scriverlo nel messaggio prima.
10:55pm

Sconosciuto: scusa
11:03pm

Tu: Hey! Scusa...stavo facendo la doccia. Ho appena salvato il tuo numero.
11:06pm

Ashton: okay
11:07pm

Tu: Allora, com'è andata la tua giornata?
11:07pm

Ashton: beh dovresti saperlo, ci sei stato anche tu praticamente tutto il tempo.
11:08pm

Ashton: lol
11:08pm

Tu: Giusto. Allora, com'è andato il RESTO della tua giornata?
11:09pm

Ashton: mi sono rilassato un po' nella mia stanza quindi non così male. pittore noioso
11:10pm

Ashton: *piuttosto
11:10pm

Tu: Per me è stato lo stesso. Il mio coinquilino non era in casa. Sono le undici e undici...esprimi un desiderio!
11:11pm

Ashton: fatto.
11:12pm

Ashton: tu?
11:12pm

Tu: Sì. Che hai desiderato?
11:12pm

Ashton: un unicorno.
11:13pm

Tu: Non ci credo. Anch'io.
11:13pm

Ashton: sul serio?
11:14pm

Tu: No.
11:14pm

Tu: Cos'hai desiderato in realtà?
11:14pm

Ashton: non posso dirtelo altrimenti non si avvera:)
11:15pm

Tu: Oh.
11:16pm

Ashton: eh già
11:16pm

Tu: Allooooora....
11:17pm

Ashton: non so di cosa parlare
11:19pm

Tu: Nemmeno io.
11:20pm

Tu: So che è tardi, ma non ti andrebbe di fare qualcosa?
11:23pm

Tu: Mi annoio a morte.
11:25pm

Tu: Fa niente...buonanotte.
11:29pm

Ashton: no scusa ho dovuto rimproverare quelli della stanza accanto. sì va bene. ci vediamo al bridge park fra venti minuti?
11:30pm

 

Translator's Corner

Non sapete quanto mi fa felice leggere le vostre recensioni. Ho deciso di aggiornare anche oggi, visto che ci sono un bel po' di capitoli e la fanfiction vi sta piacendo molto c: Non sono dei piccoli cupcake? xx

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 0.8 ***


My head's under water
But I'm breathing fine
You're crazy and I'm out of my mind”
-John Legend, 'All of Me'
 

Ashton-
 

'Rispondi, rispondi, rispondi,' implorò silenziosamente Ashton mentre reggeva il cellulare con le dita gelate. Mezzanotte, Londra, nel bel mezzo dell'inverno. Non erano esattamente le condizioni ideali per starsene all'aperto. Eppure lui era lì, a percorrere cinque isolati a piedi verso il Bridge Park dove avrebbe incontrato Luke.

Luke.

“Pronto?” rispose una voce impastata dall'altra parte della linea.

“Niall!” esclamò Ashton, in un tono più alto del necessario. “Niall, penso ci sia qualcosa che non va in me.”

“Te lo dico da anni. Che succede?” bofonchiò Niall assonnato e Ashton sentì dei rumori in sottofondo. “Scusa, mi sono dovuto alzare dal letto. Non volevo...ehm.”

“Aspetta,” Ashton dimenticò per un attimo il suo problema. “Stai dormendo con qualcuno?”

“Beh—”

“Sei andato a letto con qualcuno?” Ashton stava praticamente strillando. “Niall! Che? Chi? Come?”

“Sei proprio una ragazzina.” si lamentò Niall. “Si chiama Grace. E abbiamo dormito insieme. Dormito. Okay? Solo questo. E sai che voglio aspettare fino al matrimonio.”

“Bello.” gli disse Ashton. “Ti rispetto.”

“Mm” mugugnò Niall, lasciando trascorrere un breve attimo di silenzio prima di chiedere, “Allora, perché mi chiami alle undici e mezza? Solo per prendermi per il culo?”

“No, no. Ho bisogno di un consiglio e tu sei l'unica persona che mi sia venuta in mente.” gli disse Ashton. Gli mancavano circa quattro isolati, quindi decise di rallentare un po'.

“Wow, grazie.” disse Niall sarcastico. “E il tuo amico? Z...Ze...”

“Zayn?” quel nome aveva un sapore amaro nella sua bocca. “Um...in realtà...non ci parliamo in questo momento.”

“Oh.” rispose Niall, rendendosi conto che non era il caso di girare il coltello nella piaga. “Okay, allora che consiglio ti serve?”

“Dunque,” Ashton fece un respiro profondo. “C'è questa...persona. E quando sono con...questa persona, non so come comportarmi. Perché mi rende...nervoso? Dovremmo incontrarci fra quindici minuti e mi sento come se il mio stomaco fosse pieno di insetti e non so proprio cosa dirò o come mi comporterò.”

“Beh,” disse Niall, “Innanzitutto lascerei perdere la cosa degli insetti.”

Grazie mille.

“Ma a parte questo, se sei così nervoso, significa che lei ti piace. Da quant'è che non ti piace sul serio una ragazza, Ash? E che fine ha fatto Liv, comunque?”

“Mi ha fatto una scenata in un ristorante un paio di giorni fa.” gli disse Ashton. “E poi se n'è andata. Quindi è finita.”

“Non sembri troppo disperato.”

“Non lo sono.”

“Ottimo,” disse Niall. “Non era alla tua altezza. Sono sicuro che questa nuova ragazza sarà fantastica. Se ti piace, deve avere qualcosa di speciale perché hai degli standard impossibili.”

“Niall...” Ashton sentì una voce di sottofondo. “Parla a voce un po' più alta. Non è che sto cercando di dormire.”

Cazzo.” disse Niall. “Scusa, Gracie! Ascolta, amico. Devo andare. Divertiti al tuo appuntamento. Se va tutto bene, poi fammela conoscere.”

“Okay, presentami Grace qualche volta.” disse Ashton. “Adesso vado.”

“Buonanotte e buona fortuna.” Niall attaccò e Ashton si chiese cosa avrebbe detto il suo amico se avesse saputo che la sua “ragazza” era un alto, muscoloso e biondo ragazzo dagli occhi blu.
 

x


Luke era già lì quando Ashton gli venne incontro ai piedi del ponte. Il Bridge Park si trovava in una zona piuttosto paludosa di Londra, ed era pieno di piccoli torrenti e laghetti che ricamavano la superficie del terreno come una mappa stradale. Per questa ragione, erano stati costruiti diversi sentieri rialzati e ponti di legno. Ad Ashton piaceva parecchio quel parco; poca gente sapeva della sua esistenza e il rumore dell'acqua copriva quello della città, lasciandolo solo con il suo respiro e i suoi pensieri.

Si fermò a guardare la silhouette di Luke nel buio del parco. Non l'aveva ancora visto ed era poggiato alla base della struttura in legno. Guardava verso il centro del parco, dove le luci natalizie rimaste appese sui salici piangenti davano l'impressione di essere lacrime della luna.

Il buio squarciava gli zigomi di Luke e ne contornava gli occhi e la sua immagine sembrava quasi una fotografia e per un attimo Ashton non riuscì a respirare perché quella scena era immobile e silenziosa e stupenda e

Luke
era
bellissimo.

(Un piede poi l'altro cammina vai ricordati di parlare continua a camminare di' ciao Ashton continua a respirare)

“Ciao.” disse Ashton, la sua voce era spezzata da qualcosa che non sapeva come nascondere. Luke si voltò verso di lui, un sorriso gli illuminò il volto e oh, le sue labbra e i suoi denti e Ashton non faceva altro che pensare alle parole di Niall, come se gli bucassero i timpani (significa che lei ti piace significa che lei ti piace significa che lei ti piace).

Lui.

“Hey!” disse Luke, e Ashton pensò distrattamente che non era possibile sentire un sorriso, fisicamente convertito in onde sonore, martellare e accelerare e poi infine esplodere nella sua gabbia toracica.

“Fa freddo.” disse Ashton, giusto per ricordare a se stesso di parlare e di non starsene impalato troppo a lungo perché in quel modo avrebbe potuto spaventare Luke e oh Dio, che sta succedendo dentro alla mia testa?

“Avresti dovuto portare una giacca migliore.” Luke rise, e gli fece cenno di avvicinarsi. “Tieni, prendi la mia. Io ho caldo.”

Ashton andò verso Luke, sentendo il calore del suo corpo aumentare man mano che si avvicinava.

“Sei sicuro?” disse rabbrividendo. “Ci sono tipo due gradi sottozero.”

“Sì, tranquillo. Il freddo non mi infastidisce più. Ho fatto il pieno d'estate in Australia.” disse Luke, sfilandosi la giacca e porgendola ad Ashton. “Questo parco è davvero bello. Non c'ero mai stato. Ho dovuto usare il gps del mio cellulare.”

“È il mio posto preferito qui a Londra.” disse Ashton. “Condannato a vivere nell'ombra di Hyde e Regent Park, ma se ciò significa che c'è meno gente, tanto meglio.”

“Giusto.” disse Luke. Lasciarono che un piacevole silenzio li avvolgesse mentre guardavano gli alberi. Ashton lasciò che la sua vista andasse fuori fuoco, così che le lucine gli ferissero gli occhi e dipingessero delle perle bianche all'interno delle sue palpebre.

“A che stai pensando?” gli chiese Luke, rompendo il silenzio con la delicatezza della sua dolcissima voce.

“Te.” disse Ashton. Quando realizzò ciò che aveva appena detto sentì un desiderio bruciante di tagliarsi via la lingua. “Cioè—al perché tu sia voluto uscire a fare un giro con me stasera. Pensavo a questo.”

“Oh.” disse Luke, e Ashton lo guardò per un attimo, notando il rossore sulle sue guance. Forse era il freddo oppure, forse—, “Beh...è strano...? Insomma, ci siamo conosciuti soltanto ieri, ma in un certo senso mi mancavi? Credo. Non lo so. Okay, è strano. Lascia stare.”

“No!” disse Ashton, senza nemmeno pensare. “No, lo capisco. Io...sì. Capisco che intendi.”

“Sul serio?” la voce scura di Luke diventò per un attimo brillante.

“Sì. Sì. Non ho mai...Io—” Ashton balbettò, insicuro su che altro la sua bocca si sarebbe involontariamente fatta scappare. “Quando mi sono arrabbiato tu e—e ho urlato—tu non ti sei nemmeno innervosito e questo mi ha confuso perché tutti si arrabbiano sempre con me anche quando non voglio ferirli e io stavo cercando di farti incazzare, Luke, perché mi piace allontanare le persone perché sono una testa di cazzo ma tu non me l'hai permesso e ti importava sul serio, Luke. Ti importava. Tu—alla mia stessa famiglia non frega un cazzo. A gente che conosco da anni non frega un cazzo. Ma tu mi hai sorriso. Sai...sai che...non ho mai parlato così prima d'ora—merda, scusa, mi dispiace—,”

Ashton non capiva cosa stesse succedendo ma sentì le lacrime colmargli gli occhi ed era così confuso, così ferito, così perso e stava scendendo dal ponte per dirigersi verso quella che sperava fosse casa ma non poteva più muoversi perché qualcuno lo teneva per un braccio.

“Ashton.” disse Luke, i suoi occhi (blu blu blu) come stelle polari in un cielo estivo. “Non andare.”

Perché?” sussurrò Ashton, senza capire perché si stesse frantumando.

“Perché mi piace quando parli.” disse Luke, mentre delle fiamme azzurre danzavano nei suoi occhi e Ashton pensava di poter svenire o esplodere. “E mi piace ascoltarti e mi piace stare con te e non so perché ma c'è qualcosa in te che mi fa sentire...mi fa sentire...caldo.”

Non hai bisogno di me per quello, pensò Ashton incrociando il suo sguardo e gli mancò il respiro perché pensava che un giorno sarebbe annegato in tutto quel blu, ne era sicuro.

Si guardarono per sempre e un giorno, e poi Ashton si accorse di stare piangendo.

“Stai bene?” gli chiese Luke, poggiando una mano sul suo gomito. Ashton annuì, asciugandosi il viso dalle lacrime.

“Giuri?” mormorò Luke stringendolo al petto mentre tremava.

“Giuro di pensare che sto bene.” sussurrò Ashton mentre i salici piangevano silenziosamente. 


 

Translator's corner

bEH INSOMMA, cose belle. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 0.9 ***


I want to have control
I want a perfect body
I want a perfect soul
I want you to notice when I'm not around
You're so fucking special
I wish I was special”
-Radiohead, 'Creep'

 

-Luke

 

“Luke?” mormorò Ashton contro la stoffa morbida della sua giacca.

“Mh?” rispose Luke. Ashton non stava più piangendo ma nessuno dei due voleva interrompere quel contatto.

“Grazie. Per...esserci stato. Di nuovo.”

“Quando vuoi.” gli disse Luke, nascondendo un significato diverso dietro alle proprie parole, sperando che Ashton leggesse fra le righe. “Quando avrai bisogno di me, io ci sarò.”

Dopo due soli giorni, Luke sentiva una specie di legame magnetico con Ashton. Simile a quello che aveva con Calum, ma diverso. Più tagliente, più delicato, più tenero e con un'intensità diversa. Di una diversa tonalità di rosso.

Faceva piuttosto paura.

Era piuttosto meraviglioso.

(Luke pensò distrattamente di essere andato fuori di testa. Ma stranamente, non era un problema.

Perché, Dio, ci si sentiva così bene ad essere fuori di testa quando Ashton poggiava sul suo petto.)

“Ashton?” disse Luke dopo un per sempre e mezzo. “Adesso ho un po' di freddo.”

“Oh!” esclamò Ashton e in un attimo si allontanò per cercare goffamente di sfilarsi la giacca di Luke, fin troppo grande per lui. Le sue guance avevano il colore dei petali di rosa. “Oh. Puoi—tieni, prendi la giacca—,”

“O magari potremmo andare a casa.” disse Luke. “È un po' tardi.”

Il volto di Ashton si incupì mentre reggeva la giacca di Luke come se fosse la prova di un crimine. “Oh. Okay. Io...è stato un piacere rivederti. Penso che—”

“Volevo dire, potresti venire a casa mia.” disse Luke, sforzandosi di parlare e sperando in una risposta che non era sicuro avrebbe dovuto volere. “Beh...è tardi ed è pericoloso andarsene in giro da soli e poi ho la sensazione che tu non voglia stare da solo e abbiamo un divano e poi penso che Calum non sia in casa oggi quindi magari potresti prendere il suo letto o io potrei dormire sul divano. Non ha importanza, però...insomma. Abbiamo della cioccolata calda. Se ti piace. O del tè. Potremmo preparare il tè. Dico per dire. Sai, se vuoi.”

Ashton lo fissò per 17.000 anni.

“Lascia—”

“Okay.” lo interruppe Ashton. “Okay, va bene. Insomma...la cioccolata calda mi sembra un'ottima idea. E anche i divani— voglio dire, non i divani. Quello che succede sui divani— merda! Dormire sui divani. Nient'altro di ciò che può succedere su un divano. Non che quella non sia una bella idea—aspetta. Lascia perdere. Io—niente. Sono stanco.”

Luke sorrise come il sole quando sorge mentre camminavano verso casa sotto la pioggia.

 

-

 

“Allora, tu vivi con...Calum?” disse Ashton, mentre attraversavano l'oscurità a passo veloce.

“Esatto.” gli disse Luke. “È il mio migliore amico da quando mi sono trasferito qui a tredici anni.”

“Lo conosco.” disse Ashton. “Credo. È Kiwi, giusto? Di Sydney?”

“Proprio lui.” rispose Luke. “Calum Hood. Un metro e ottantacinque di talento musicale e muscoli.”

“Mi sembra una descrizione accurata, da quel che mi ricordo.” Ashton rise leggermente e il petto di Luke era in fiamme perché adorava il suono della sua risata. “Abbiamo fatto un corso di musica insieme quando avevo tipo...sedici anni? Penso. Era piuttosto bravo con la chitarra, e ha anche una bellissima voce.”

Calum aveva già raccontato a Luke del corso di musica, ma non gli andava di ammettere di essere già corso a casa a raccontare di Ashton a tutti i suoi amici.

Annuì, avvicinandosi alla porta del suo appartamento e tirando fuori una chiave dalla tasca posteriore dei jeans.

“Eccoci qua.”

“Wow,” disse Ashton, sollevando la testa per osservare la struttura. “Sembra grande.”

“È una townhouse.” Luke sorrise, facendo cenno ad Ashton di accomodarsi. “Non è molto grande, in realtà. Abbiamo due stanze ed un guardaroba in cui abbiamo messo un materasso. È piuttosto piccola, ma ci piace così. È di sicuro meglio di qualsiasi cosa potessimo permetterci da soli.”

Ashton annuì guardandosi intorno. “Mi piace. Mi sa di...casa.”

“Grazie.” disse Luke con un sorriso, allungando una mano per prendere la giacca fradicia che Ashton si era sfilato non appena era entrato in casa. La sua maglietta era un po' bagnata sul colletto e l'acqua gli gocciolava lungo il busto e Luke non capiva cosa stesse facendo la sua testa ma non riusciva a non guardarlo perché le linee disegnate sotto alla maglia erano così...perfette.

Oh.

Vuoi...voglio dire, dovremmo preparare qualcosa? Tipo del cibo o—cosa?” Luke iniziò a frugare in giro per la cucina, infine prese del latte e la busta per la cioccolata calda. “La vuoi ancora giusto? Oppure abbiamo, tipo, dei noodles o cose del genere. Sia io che Cal siamo delle frane in cucina, ma—”

“Noodles e cioccolata calda andrà benissimo, Luke.” disse piano Ashton mentre si guardava intorno e Luke rimase incantato dal modo in cui le sue labbra avevano trasformato il suo nome in una poesia.

Luke cercò di tenersi impegnato scaldando il latte sul fornello e versandolo nelle tazze una volta raggiunta l'ebollizione. Poi versò il preparato per la cioccolata e mise una ciotola di ramen nel microonde.

“La sua cena è servita.” disse Luke in maniera teatrale, porgendo la cioccolata ed i noodles ad Ashton.

“Mi piace che ci hai messo la cannella sopra. Molto raffinato. Molto francese.”

“Ah sì?” Luke ghignò, bevendo un sorso dalla sua tazza.

“Non lo so. Probabilmente no.” gli rispose Ashton prima di continuare timidamente. “Grazie per la cena. E per avermi invitato. E per essermi amico.”

“Mmm, non ricordo di aver acconsentito ad essere tuo amico.” Luke si morse il labbro nel vano tentativo di trattenere un sorriso.

“Troppo tardi. Adesso non puoi più liberarti di me.” Ashton sorrideva, con gli occhi accesi e vivi e Luke non aveva mai visto niente di più bello e non riusciva più nemmeno a negare a se stesso l'evidenza, non poteva ignorare come il suo stomaco facesse le capriole e come il suo cuore battesse al doppio della velocità e come tutto nell'universo sembrasse ruotare attorno al modo in cui Ashton arricciava il naso quando rideva.

“Non credo ci sia qualcuno al mondo di cui vorrei liberarmi meno di te.” disse Luke, senza bisbigliare. Lo disse a voce alta e con coraggio, salvo poi rendersi conto del significato di quelle parole. Quelle parole che avevano ormai raggiunto le orecchie di Ashton.

Era come se tutto stesse

cadendo.

Il suono era impostato su muto. I respiri sospesi. Il sorriso di Ashton si trasformò in un'espressione vuota.

“Davvero?” chiese Ashton in un sussurro, come se avesse avuto paura di risvegliare qualcosa. Si stavano fissando e Dio, gli occhi di Ashton avevano il colore di tutte le cose più belle che questo pianeta avesse mai visto e Luke non poteva nemmeno mentire.

“Sì.” Merda Luke smettila di parlare—, “Sì, penso.”

Tutto quanto era immobile

e trepidante

e silenzioso

e bloccato

e

“Io—,” cominciò a dire Ashton e poi si interruppe e inspirò ed espirò. “Io...”

“Ho dei film!” esclamò Luke, sentendosi come se qualcosa lo stesse lacerando da dentro per via della non-risposta di Ashton alla sua non-domanda. “Ti piace la Disney? O forse i film d'azione? Sei il tipo da Avengers?”

Ecco bravo Luke fai finta che non sia successo niente se ne dimenticherà e tutto andrà bene cielo vorrei che Calum fosse a casa.

“Va bene qualsiasi cosa, quello che vuoi.” gli disse Ashton, guardandolo troppo e mordendosi l'interno delle guance. Luke cercò di allontanare lo sguardo dalla linea dei suoi zigomi ma era quasi impossibile perché, da quel che aveva avuto modo di appurare, Ashton era il magnete più potente al mondo, il peggior tipo di droga, assuefacente ed esilarante, ed era tutto ciò che Luke cercava disperatamente di non volere.

“Perché mi guardi?” chiese Ashton senza mezzi termini, senza nemmeno arrossire come faceva ogni volta che Luke lo guardava. Luke impallidì e sbatté le palpebre, mentre la paura ed il coraggio si arrampicavano lungo la sua cassa toracica come su una scala.

“Ch—che?”

“Mi guardi come...come se...lo sai.” Adesso Ashton stava arrossendo. “Era—era solo una cosa che mi chiedevo. Solo—lascia stare.”

“Che cosa ti chiedevi?” chiese Luke con più sicurezza, perché era così terrorizzato che gli mancavano la paura ed il respiro. “Ti guardo come...cosa?”

“Mi guardi come se fossi qualcosa—qualcuno.” Ashton era come Marte, caldo e rosso e senza un'atmosfera dietro a cui nascondere le sue emozioni.

“Tu sei qualcuno.” disse Luke seccamente, perché lui era Venere e aveva fin troppa atmosfera dietro a cui nascondersi ed era tossica e asfissiante e lo stava soffocando soffocando soffocando. “Io credo che tu sia qualcuno.”

“Anche io credo che tu sia qualcuno.” Ashton trasse un respiro profondo e i loro sguardi si incontrarono e Luke pensò che se le loro iridi fossero state acrilici avrebbero potuto dipingere una perfetta mattinata primaverile.

 

“Oh,” disse Luke, ormai incapace di formulare un pensiero coerente e comunque quand'era che Ashton aveva acquisito tutto quel potere su di lui? E perché? Luke si ritrovò a pensare ad una parola che iniziava con la lettera 'g', ma non rimase troppo sorpreso, perché se ne era accorto nell'istante in cui Ashton era entrato nel negozio di musica.

Gesù, era davvero passato soltanto un giorno?

“Penso...” cominciò a parlare Ashton, distogliendo lo sguardo per poi dirigerlo verso il pavimento. “Uhm...per caso hai Frozen? Non l'ho visto.”

Luke deglutì, cercando di ridarsi un tono. “Non—non è ancora uscito. Però se vuoi possiamo guardarlo su Megashare.”

“Okay.”

 

-

 

“Ash?” mormorò Luke assonnato. “Il film è finito.”

 

“Asfcadszzo” borbottò Ash. “Mi sono addormentato...la fine.”

Luke ridacchiò. Erano stesi uno di fianco all'altro sul pavimento, il computer al centro e entrambi avevano un cuscino sotto al mento. “Peccato. La fine è molto bella.”

“Uffaahhm” sbadigliò Ashton.

“Dovremmo andare a dormire.” Luke riusciva a malapena a tenere aperti gli occhi. Si stiracchiò.

“Mh-mh” rispose Ashton. “Cal?”

“Calum? È ad un concerto a Manchester. Perché?” gli disse Luke, ripensando alla foto che Calum gli aveva inviato. Lui insieme ad uno dei membri dei McFly, entrambi super sorridenti.

“Boh.” Ashton si accoccolò al cuscino. “Si sono sposati Anna e Kristoff?”

“Non proprio, ma sono per sempre felici e contenti.” gli disse Luke, spegnendo il computer e chiudendolo.

“Yay.” disse Ashton, con la voce impastata.

“Già.” Luke si alzò ma Ashton sollevò la mano e afferrò la sua caviglia prima che potesse andarsene.

“Luke?”

“Mh?” disse Luke, felice che Ashton non potesse vedere quanto fosse diventato rosso il suo volto.

“Resta con me.” Ashton si girò e il suo sorriso trasformò il cuore di Luke in un tamburo, mentre la luce dell'orologio della TV si rifletteva sul suo viso. “Ho paura del buio.”

Luke si morse il labbro e fece un respiro profondo.

“Okay, ma vieni a letto. Il pavimento è scomodo.”

“Okay.” Ashton sollevò le braccia in modo che Luke lo aiutasse ad alzarsi, era esausto e barcollava in maniera adorabile. “Sonno...”

“Si vede.” Luke rise, lo afferrò per il polso e lo condusse verso il caos della sua stanza.

“È un periodo un po' così.” mormorò Ashton. “Tu sei gentile. Tutti gli altri no.”

“Ti ringrazio.” Luke sorrise nel buio. “Ho bisogno di cambiarmi un attimo. Non riesco a dormire con i jeans.”

“Nemmeno io.” Luke si voltò mentre entrambi si sfilavano i pantaloni. Poi sentì il suono che fecero le lenzuola quando Ashton si infilò nel suo letto.

“Posso dormire sul pavimento—,”

“Nah,” lo interruppe Ashton. “Il pavimento fa schifo. Vieni. Non c'è problema.”

“Okay.” disse Luke cautamente, scivolando fra le coperte e sentendo le gambe di Ashton sfiorare lievemente contro le sue.

“Hai i piedi freddi.” ridacchiò Ashton. “'Notte.”

Luke sospirò, sentendosi felice e combattuto e desiderando qualcosa di più pur essendo incredibilmente soddisfatto.

“Buonanotte.”

 

-

 

Il mattino seguente il sole era accecante e Luke si risvegliò stringendo la mano di qualcuno. Aprì gli occhi per vedere Ashton disteso alla sua destra. Nessun altra parte dei loro corpi era a contatto —Ashton aveva dormito di schiena e Luke su un lato— fatta eccezione per le loro dita intrecciate.

Luke studiò il modo in cui la maglia leggermente sollevata di Ashton mostrava una parte del suo addome, proprio sopra al fianco. La pelle lì era sottile e Luke riusciva a vedere un delicato intrecciarsi di vene blu che sembravano quasi dipinte e dava l'impressione di essere così vulnerabile e assolutamente perfetta che Luke dovette cercare con tutte le sue forze di resistere all'impulso di poggiarvi le labbra.

“Lo stai facendo di nuovo.” la voce di Ashton appena sveglio era bassa e grave e oh, santo cielo, datti un contegno.

“Cosa?” disse Luke, la voce spezzata in un milione di pezzi perché riusciva a concentrarsi su poche cose in una volta sola e apparentemente cercare di parlare come se la semplice presenza del ragazzo sdraiato accanto a lui non lo distruggesse non era una di queste.

“Mi guardi come se fossi qualcuno.” gli occhi castani di Ashton erano mezzi aperti mentre sorrideva assonnato fra le lenzuola blu, senza accennare a ritrarre la sua mano.

“Ma lo sei.” disse Luke sentendosi stranamente coraggioso, avvolto dalla luce bianca del mattino.

“Nemmeno mi conosci. Come fai a saperlo?” Ashton si mise sdraiato su di un lato, guardando Luke con curiosità. Aveva i capelli arruffati, i ricci scarmigliati ed era così perfetto da essere quasi troppo.

Più o meno ti conosco.” rispose Luke, sentendo il sangue affluire al suo viso. “Ma non avrei comunque avuto bisogno di conoscerti per saperlo. Tutti quanti sono qualcuno. Solo che per qualche combinazione tu sei un tipo migliore di qualcuno.”

“Credi?” Ashton sorrise di sbieco e oh, signore, strinse la mano di Luke. “Perché io credo che tu sia il miglior tipo di qualcuno che io abbia mai incontrato in tutta la mia vita.”

“I—io...” Luke aprì la bocca, cercando di pensare a qualcosa da dire. Qualcosa che fosse anche solo lontanamente al livello di quello che Ashton aveva appena ammesso senza troppi problemi. E non ci riusciva perché Ashton gli rubava tutti i pensieri e allora continuò a guardare e guardare e poi

“Posso provare una cosa?” chiese Luke.

“L'ultima volta che qualcuno mi ha fatto questa domanda, sono stato baciato.” Ashton non distolse mai lo sguardo da quello di Luke e Luke cercò di inspirare mentre si muoveva piano piano piano—

“Allora immagino saprai cosa sto per fare.”

 




 

Translator's Corner

AHHHH allora. Voglio ringraziare tutti quelli che recensiscono, che mettono la storia fra le seguite e fra i preferiti e anche quelli che leggono e basta. Vorrei potermi prendere il merito per questa ff ma ovviamente non posso, anche se sono superfelice che vi stia piacendo e che apprezziate la mia traduzione. Cerco di rendere al massimo l'intento originale dell'autrice, spero che il risultato sia soddisfacente. Ma tornaando al capitolo. Wow, cioè. È un capitolo lunghissimo e pure uno dei miei preferiti, perché sono troppotroppotroppo belli e fluffosi. Anche io voglio un Luke che mi guardi come se fossi qualcuno aw

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 1.0 ***


The bottom line is that we never fall for the person we're supposed to.”
-Jodi Picoult

 

Don't try to sleep through the end of the world
And bury me alive
'Cause I won't give up without a fight.”
Panic! At the Disco, This is Gospel
 

-Ashton

Ashton non riusciva a muoversi mentre le labbra di Luke si avvicinavano lentamente alle sue, esitando un attimo prima di sfiorare l'angolo sinistro della suo bocca per poi staccarsi subito dopo. Luke rimase immobile, i loro volti così vicini che stavano ancora respirando la stessa aria, mentre le stesse particelle di luce li illuminavano. Ed i suoi occhi blu erano ancora chiusi, ma non come se si aspettasse qualcosa di più. Non si muoveva, e per un secondo tutto fu meravigliosamente statico.

“Com'era?” disse il biondo senza respiro, la sua voce come una sinfonia di cristalli che si infrangono.

“Non lo so.” rispose sincero Ashton, senza allontanarsi e senza avvicinarsi.

“Io―,” Luke aprì finalmente gli occhi, e il loro colore blu divenne più scuro e profondo. E Ashton sentì una lama incandescente trafiggergli il petto, mentre si domandava se avessero quell'aspetto a causa sua. “Scusa.”

Luke si alzò dal letto e Ashton non potè fare a meno di notare che indossava soltanto un paio di shorts da ginnastica lunghi fino al ginocchio. Mentre se ne stava lì in piedi, gli occhi di Ashton tracciarono il contorno della sua schiena illuminata dal sole, osservando i suoi muscoli in tensione. Ed era bellissimo e sexy era arte era perfezione.

“Luke,” sussurrò Ashton mentre Luke stava per uscire dalla stanza. Si bloccò sulla porta e Ashton si alzò, sentendosi per un attimo in imbarazzo, ricordando di avere addosso solo una maglietta e un paio di boxer neri. Lo prese per il braccio e lo attirò a sé in modo che fossero l'uno di fronte all'altro e wow, Luke era altissimo.

Si guardarono per quella che sembrò una serie di piccole eternità. Ashton era affascinato dal modo in cui Luke lo studiava limpidamente, e questo gli diede il coraggio di cercare di memorizzare ogni singolo dettaglio del volto di Luke.

“Luke?” disse di nuovo Ashton. Questa volta era una domanda, questa volta era più coraggioso.

“Sì?” rispose Luke, gli occhi come miniere incandescenti di zaffiro, luce e buio e vuoti e pieni di tutto.

Ashton allungò la mano ed esitò prima di toccare le labbra di Luke, per poi carezzargli delicatamente il viso. Luke rabbrividì e oh, era lui il motivo per cui stava rabbrividendo.

“Di nuovo,” gli disse, sentendo la pelle morbida contro la sua mano. “Prova di nuovo.”

Luke se ne stava lì a fissarlo. Il cuore di Ashton gli rimbalzava nel petto e pensò che forse Luke aveva sbagliato, Dio, non voleva baciarlo. No, no―

e poi Ashton smise di pensare perché le labbre di Luke erano sulle sue
e

Oh.

Le sue labbra erano morbide, la pelle così delicata e meravigliosa e fragile e oh, cielo qualunque cosa stesse succedendo al cuore di Ashton doveva essere terribile perché batteva così forte da lacerargli il petto.

All'inizio, Ashton non sapeva come comportarsi perché c'era qualcosa di strano in quel bacio, qualcosa di estraneo. Eppure si sentiva come se fosse fatto di gelatina.

Luke era incerto, le labbra poggiate su quelle di Ashton, mentre con la punta calda del naso sfiorava il suo zigomo. Dopo un secondo che sembrò durare più di un secondo, Luke fece per staccarsi, ma Ashton prese il suo viso fra le mani e inclinò la testa per approfondire il bacio e oh, le mani di Luke stavano esplorando i suoi fianchi e la vita e lo attiravano più vicino, più stretto e Ashton non riusciva a respirare

Entrambi si staccarono, col fiatone e rossi come l'alba. Il battito di Luke era veloce ed irregolare, come se avesse appena corso la maratona di New York, e mordicchiava di nuovo il suo anellino e Ashton aveva capito che lo faceva quando era nervoso e non era forse stato poggiato contro le sue labbra fino a un momento prima?

“Ash?” disse Luke, la sua voce limpida ora leggermente impastata. “E questo com'era?”

Ashton ci pensò su un attimo, mentre le sue ginocchia recuperavano la loro normale stabilità.

“Bello.” Disse, sentendosi arrossire mentre guardava in basso.

“Molto bello. Troppo bello.”

“Troppo?” chiese Luke, e Ashton sentì il suo respiro sul viso, delicato e tiepido come un soffione in estate.

“È solo che―” balbettò Ashton mentre la realtà lo colpiva come un'onda, un pugno allo stomaco, una pugnalata al petto. “È solo che...tu sei un ragazzo.”

Si aspettava una risposta sarcastica, una risposta che anche Zayn avrebbe potuto dargli. Cattiva e amara e formulata in modo da farlo sentire un rifiuto.

“È proprio quello il problema, vero?” disse Luke, guardandosi le braccia. “Pensavo la stessa cosa.”

Gli occhi di Ashton incontrarono quelli di Luke, mentre entrambi cercavano di determinare la profondita delle loro iridi. Gli occhi di Luke avevano delle striature blu notte, ma erano per lo più del colore del cielo, infranto da un blu così chiaro da sembrare quasi argento. La pupilla era circondata da una corona grigia e indaco. Erano bellissimi. Tutto in Luke era bello. Ashton non lo aveva mai pensato di un ragazzo―beh, non lo aveva mai pensato di nessuno, in realtà.

“Non so cos'è questa cosa che sento.” ammise Ashton.

“Tranquillo.” gli disse Luke, serrando le labbra. “Non c'è problema.”

Sul serio?” chiese Ashton, sorpreso dalla reazone placida di Luke alla sua incertezza.

“Sì. Non posso pretendere che tu lo sappia. Ci conosciamo da due giorni, e non ho mai―insomma...” Luke si fermò.

“Baciato un ragazzo?” chiese Ashton, sorridendo leggermente. Luke annuì, mentre le sue dita poggiavano ancora sui suoi fianchi. “Nemmeno io.”

Tecnicamente falso.” disse Luke sorridendo amaramente.

“Non ho mai voluto baciare un ragazzo prima d'ora.” Ashton si corresse prima di rendersi conto di quello che aveva appena detto. Cercò di guardare qualsiasi cosa, fatta eccezione per Luke.

“Volevi baciarmi?” disse Luke, speranzoso. Ashton alzò lo sguardo e vide che cercava di non ridere, con quella fossetta sulla guancia metre si mordeva il labbro e oh, Dio, era così adorabile.

“Beh,” Ashton iniziò a parlare e si fermò e balbettò e ricominciò dall'inizio. “beh, sì.”

“Meno male. Credevo di averti messo paura.” Luke sembrava così felice.

“All'inizio sì. Un po'. Ma solo perché mi hai sopreso.” Ashton sentiva i capelli di Luke strofinare contro le sue mani. “Ma, Luke?”

“Mh?”

“Io non...” cominciò Ashton. “Non so cosa mi stia succedendo. Sono sempre stato con ragazze, sono sempre voluto stare solo con ragazze, e non...non so come dovrei sentirmi perché tu sei...tu sei...”

“Un ragazzo?” chiese Luke come se stesse camminando sul vetro.

“Sì.”

“Lo so. Siamo più o meno sulla stessa barca.” gli disse Luke e Ashton si rese conto che si stavano ancora abbracciando.

“È solo...” disse Ashton, perché non voleva che Luke se ne andasse. “Non mi piacciono i ragazzi. Ma mi piaci tu. Ha senso?”

“No.” gli disse Luke, stringendolo a sé e poggiando il mento sulla sua spalla.

“Bene.” disse Ashton, permettendosi di provare le sensazioni che desiderava provare da un po' di tempo e reggendosi a Luke come se fosse un salvagente.

 


 

Translator's corner

Beh ragazzi, scusate il ritardo ma sono a Londra! C: Comunque adesso sto cominciando a raccapezzarmi, quindi cercherò di essere più produttiva ahah (ceerto), magari mi trovo Ashton e Luke che se ne vanno a zonzo. Comunque questo capitolo...troppi feels. Troppi. Ma non potevo andare a zappare invece di leggere queste cose? Boh.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 1.1 ***


Cause I'd rather waste my life pretending
than have to forget you for one whole minute
they taped over your mouth
scribbled out the truth with their lies”
Paramore, crushcrushcrush
 

-Luke

Ashton se ne andò alle 9:42. Luke se lo ricordava perché aveva guardato il cellulare, già domandandosi quanto tempo avrebbe dovuto aspettare prima che chiamarlo risultasse socialmente accettabile.

Per un attimo, i due rimasero sulla soglia. A guardarsi dai lati opposti della cornice.

“Hai il mio numero, giusto?” chiese Luke in imbarazzo.

“Sì. Tu?”

“Sì, ce l'ho.”

“Perfetto.” disse Ashton, dondolando leggermente. “Ascolta—riguardo a prima—,”

“Non ci pensare.” lo interruppe Luke, sentendosi affondare il cuore nel petto. “Io—eravamo stanchi.”

“Ah—oh. Già.” disse Ashton, gli occhi spenti. “Okay allora...ci vediamo in giro?”

“Certo.” gli disse Luke.

Nessuno dei due si mosse.

Nessuno dei due disse una parola.

Si stavano di nuovo scrutando.

Molte ore passarono veloci in dodici battiti di ciglia.

“Ho lezione—,”

“Sì e io devo lavorare—,”

“È stato carino—,”

“Sì, è vero,”

“Devo proprio—,”

“Penso che andrò—,“

“Sì anch'io—,”

“Già—,”

“Ciao.”

“A dopo.”

Sbam.

Luke si lasciò cadere sul divano in preda alla frustrazione.

A dopo?

 

-

 

Tu: Hey
10.42am

Tu: Ehi amico, so che sei a scuola in questo momento ma ho preso un giorno libero dal lavoro oggi e ho davvero, davvero bisogno di parlarti.
10.57am

Tu: So di essermi arrabbiato e mi dispiace ma ho davvero bisogno di te. Siamo amici da un sacco di tempo e sai che io non chiedo mai niente ma adesso sì. Potrei anche implorare. Sono confuso e non credo che riuscirò a venirne a capo da solo.
10.59am

Tu: Ti prego. Farò qualsiasi cosa.
11:06am

Louis: Mi prepareresti i cake pops?
11.07am

Tu: Tutto quello che vuoi. Anche se è una richiesta un po' bizzarra.
11.07am

Tu: Okay. Ci vediamo al Bell tra venti minuti?
11.09am

Tu: Un pub? Di mattina?
11.10am

Louis: C'è soltanto Gracie al bancone. Non ci giudicherà.
11.13am

Tu: Ne sei sicuro...?
11.14am

Louis: Vuoi parlarmi o no?
11.16am

Tu: Ci vediamo fra 15 minuti.
11.17am

-

 

“Dunque, hai una cotta per quella faccia di culo?” chiese Louis non appena Luke entrò nel pub. Il Bell era ovviamente deserto, fatta eccezione per la barista minuta alle prese con tavoli e sedie.

“I—eh?! Come...come lo—?”

“Calma.” Louis ridacchiò, lanciandogli una lattina di soda. Luke non riuscì ad afferrarla, un po' perché era in preda allo shock, un po' perché non era per nulla coordinato. La Coca Cola cadde sul pavimento e si aprì.

“Bravo.” disse Louis. “Siediti.”

“O-okay.” Luke si accomodò accanto a lui, felice di notare che avesse soltanto una lattina di Sprite e una fetta di crostata.

“Hey, che gusto—,”

“Pesca. Paghi tu perché sono ancora arrabbiato.” lo informò Louis. “E dico per dire, ma la prossima volta che cerchi di essere etero non farmi scenate alla Jacob Black perché sto urlando contro al tuo ragazzo.”

“Che? Chi è Jacob Black?”

Louis lo guardò disgustato. “Sei sicuro di essere gay?”

“No!” Luke si passò una mano fra i capelli. “No, è per questo che avevo bisogno di parlarti. Ho bisogno che mi aiuti a capire un po' di cose.”

“Non ti farò da cavia. Ho un ragazzo e—,”

“Dio, Lou, no. Cioè, no.” Luke si sentì nauseato dall'idea di —quello— con Louis. “Volevo solo chiederti un po' di cose. Sei il mio unico amico che non è etero.”

“Non-etero? Si dice così adesso?” Louis lo guardò di sbieco e addentò la crostata. “Chi la prepara, Miss Heredia? È buonissima.”

“Gay. Okay. Sei il mio unico amico gay.” disse Luke in preda alla frustrazione.

“Sul serio? Non posso essere il tuo unico amico gay. È praticamente impossibile. Quanta gente conosci? Perché statisticamente parlando, se conosci 10 persone—,”

“Puoi smetterla di dire cazzate e fare il serio per tipo tre secondi?!” disse Luke, sbattendo il pugno sul bancone. “Ho bisogno di parlare con qualcuno e tu sei l'unica persona che mi sia venuta in mente e mi fido di te, Lou, sul serio e sai quanto è difficile per me in questo momento, quindi che ne diresti di ascoltare?”

L'atmosfera del pub, già immerso nel silenzio, divenne sempre più ovattata mentre la piccola bartender lucidava i bicchieri e Louis osservava intensamente la sua crostata e Luke cercava di calmarsi respirando e contando e

1...

2...

3...

4...

5...

6...

 

“Harry!” disse Louis tutto ad un tratto con aria trionfante. “Hai incontrato Harry! Quindi conosci due ragazzi gay. Sapevo che le statistiche non mentono.”

Luke scattò in piedi e fece cadere lo sgabello su cui era seduto mentre con la mascella in tensione si avviava verso l'uscita.

Vaffanculo.” Borbottò Luke sbattendo la porta.

 

“Buona giornata—ma che, Grace, che cavolo?!”

 

“Faresti meglio ad andargli dietro, Louis. Ricordi cos'è successo a Niall?”

“Per favore, tu—,”

“Guardami, stronzo. Un asciugamano arrotolato può anche fare molto male.”

 

-

 

Luke era seduto su una rampa di scale desolata quando Louis lo raggiunse, le mani in tasca mentre faceva su e giù per il marciapiede. Luke era arrabbiato. No, anzi—Luke era furioso. Era così furioso che non riusciva a pensare e non riusciva a vedere bene e stava per farsi investire da un'auto e non gli importava nemmeno perché si sentiva come se il contorno dei suoi occhi fosse sbiadito e si chiedeva perché si fosse fatto trattare così da Louis. Sapeva che sarebbe stato così, lo sapeva, ma per qualche ragione aveva pensato che—

“È qui che Harry mi ha trovato dopo che Niall si è preso la libertà di dirgli che ero gay.” disse piano Louis, poggiandosi al muro.

Luke non disse una parola.

“Ero arrabbiato. Ero davvero, davvero arrabbiato. Ricordo di aver pensato che Niall aveva distrutto qualsiasi possibilità avessi potuto avere con Harry.” Louis rise. “È buffo. È buffo pensare che se Niall non gliel'avesse detto non avrei avuto nessuna possibilità. Non l'ho mai ringraziato.”

Luke era ancora piuttosto nervoso, ma non poté fare a meno di addolcirsi notando come Louis si stesse lasciando scappare dalla bocca un po' di sé.

“Eravamo entrambi troppo spaventati—o almeno, io lo ero. E credo che anche Harry lo fosse.

Eravamo ossessionati dall'idea di incasinare tutto quello che avevamo, quando avremmo dovuto capire subito che non ha senso torturarsi e rimuginare. Hai una sola vita, e per quanto possa sembrarti cliché, è così breve che non puoi lasciarti scappare la persona che potrebbe renderla degna di essere vissuta solo perché hai paura.” Louis si avvicinò e si sedette su un gradino. Vedeva la strada ma non la stava realmente guardando. “Quando Harry mi rincorse fin qui, mi trovò a piangere in posizione fetale. Mi portò a casa e mi preparò il tè e io gli dissi di andare via perché avevo paura di quello che provavo. Ho sofferto in passato, sai? Non è stato tutto fiori e arcobaleni. Non sono forte come mi piace pensare di essere.” Luke guardava gli occhi assenti di Louis. Sembrava un po' triste, ma anche sollevato, come se si fosse tolto un peso dal petto.

“E poi ho baciato un altro ragazzo e cazzo, Luke, è stato orribile ma mi sono detto che era la cosa giusta da fare perché era più facile non sentire perché i sentimenti fanno male e complicano tutto. Il processo dell'innamorarsi non è mai piacevole, ma il risultato finale—,” Louis sorrise e lo guardò. “—il risultato finale vale ogni secondo di sofferenza.”

Luke annuì, non sapendo cosa dire.

“Ora, ho due persone da ringraziare per la mia relazione con Harry; Niall e un vecchio omofobo di nome David che ha detto ad Harry che io lo guardavo come se fosse un raggio di sole. Penso sia una descrizione piuttosto accurata di quello che provo per lui.” Luke lo scrutò dall'altro in basso. Louis si alzò in piedi. “Ma Cristo, Luke. Se io guardo Harry come se fosse un raggio di sole allora tu guardi Ashton come se fosse ossigeno.”

“Sul serio?” disse infine Luke, sentendo un misto di bile e consapevolezza montargli nel petto.

“Sono stato al buio per tantissimo tempo. Non lasciarti annegare perché hai troppa paura di tornare a galla per riprendere fiato.” gli disse Louis, rivolgendogli un ultimo sguardo prima di voltarsi e camminare verso il pub. Luke stava già camminando nella direzione opposta.



 

 

Translator's corner

Hi ya, scusate per il ritardo scandaloso ma come vi ho già detto sono a Londra c: questo capitolo è piuttoosto importante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 1.2 ***


Romeo, save me, they're trying to tell me how to feel,
This love is difficult but it's real”
-Taylor Swift, 'Love Story'

 

-Ashton

 

“Pronto?” Ashton rispose senza nemmeno controllare chi fosse. Si sentiva un po' come il color malva; inzaccherato e confuso.

“Affacciati alla finestra.” disse la voce familiare dall'altra parte della linea.

Ashton si affacciò, cercando di placare quella sensazione che sentiva montargli dentro, forse era il suo cuore?

E anche se ovviamente sapeva che Luke sarebbe stato lì, era davvero lì, sul serio, ed era scioccante e meraviglioso e Ashton duellava contro se stesso per non sorridere troppo e Luke era così vero e così presente e così (bello?)

“Ciao.” disse Luke, sorridendo.

“La mia finestra non si apre.” gli disse Ashton attraverso il microfono, interruppe il suo duello interiore e sorrise, sorrise, senza metafore perché certe cose sono e basta.

“Okay.” disse Luke, sempre lì in strada, sempre guardandolo, sempre stupendo alla luce sbiadita del giorno. “Volevo fare una scena in stile Shakespeare.”

“Adattamento moderno?” suggerì Ashton, poggiando una mano sul vetro e pressando il cellulare contro l'orecchio in modo da essere sicuro di non perdersi nulla. Luke annuì e trasse un respiro profondo.

“Ash...la verità è che, ti ho mentito stamattina.” disse Luke, guardando Ashton con quegli occhi color ghiaccio che avevano però la capacità di portare calore. E Dio, era il più bell'ossimoro che potesse venirgli in mente. “Ho detto di averlo fatto perché ero stanco...ed è una stronzata colossale. Proprio una cazzata. Non penso di riuscire nemmeno a descrivere la quantità di stronzate contenute in quell'affermazione.”

Ashton si sentiva perso e confuso e lasciò che lo shock riempisse ogni parte del suo corpo mentre Luke si preparava a continuare.

“Ho mentito perché avevo...paura...di non piacerti nel modo in cui...tu mi piaci. Perché è così. Mi piaci. Tipo, un sacco. È questa la verità. Stamattina ti ho baciato perché ho pensato di morire se non lo facevo, e vorrei tanto fosse un'esagerazione ma non lo è, quindi non ridere di me perché sono già abbastanza impedito.” Luke era arrossito e fissava il pavimento e il silenzio li avvolse entrambi per un istante.

“Non riderei mai di te, Luke.” disse piano Ashton e Luke alzò lo sguardo, mordendosi il piercing.

“Okay.” sussurrò Luke, la suo voce piena di stagno e diamanti attraverso la linea suonò come un'alba all'orecchio di Ashton. “Mi piace quando dici il mio nome.”

Ashton trattenne una risata.

“Luke.”

Luke sorrise.

“Luke.”

Luke rise.

Luuuuke.

Luke arrossì. “Ho detto quando dici il mio nome, ma non così.”

Ashton considerò l'idea di continuare solo per rivedere le fossette di Luke.

“Perché ti piace quando dico il tuo nome?” gli chiese invece, la sua mano sinistra contro la finestra come se volesse allungare un braccio per prendere Luke, cosa che in realtà voleva proprio fare.

“Perché lo fai suonare come se valesse la pena di dirlo.” disse Luke, mostrando la sua anima senza farsi troppi problemi. “Luke è un nome noioso ma tu lo rendi...meno noioso.”

“Molto poetico.” Ashton si morse il labbro e rise.

“Te l'ho detto che sono impedito. Sono terribile in queste cose.”

“Ti credo. Quando arriva la parte terribile?”

“Ce l'hai con me?” chiese Luke, dipingendo la domanda con il colore dei suoi occhi e Ashton era quasi troppo impegnato a sciogliersi per rispondere.

“Perché dovrei?”

“Perché stamattina sono stato uno stronzo?” Luke guardava in basso, una mano nella tasca della felpa.

“Oh.” disse Ashton, “Ah, giusto.”

Il silenziò calò per un lungo istante e un qualunque osservatore avrebbe detto che la conversazione era finita, se i due ragazzi non avessero avuto ancora i cellulari alle orecchie.

“Va tutto bene, comunque.” esclamò Ashton, separando i pezzi del puzzle di imbarazzo che si era formato e cercando di ricombinarli in modo da poterci lavorare su.

“Sul serio?” Luke guardò attraverso il vetro ghiacciato della finestra al quarto piano.

“Certo. Se vieni su a chiedermi scusa.” Ashton serrò le labbra, sperando e pregando e—

“Okay.”

Luke agganciò e sparì e Ashton restò alla finestra per un istante che sembrò breve ma probabilmente non lo fu perché all'improvviso qualcuno bussava alla porta.

La aprì e anche se ovviamente sapeva che Luke sarebbe stato lì, era davvero lì, sul serio, ed era scioccante e meraviglioso e Ashton sorrideva perché Luke era così vero e così presente e così bello.

“Ciao.” Luke aveva il fiatone.

“Hey.” Ashton era senza fiato.

“Ho corso.” ammise Luke.

“Ne sono felice.” rispose Ashton.

“Sul serio?”

“Sì.”

“Perché?”

“Perché—” Ashton deglutì, pensò, scosse le spalle e decise di dire la verità. “—mi mancavi.”

Luke si illuminò e Ashton realizzò che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vedere il suo sorriso.

“Anche tu mi mancavi.” disse Luke. “Lo so che è strano perché ci conosciamo tipo da tre giorni e so che lo dico sempre ma mi fa ancora così strano che tu mi piaccia così tanto perché la somma delle ore da quando ci conosciamo non è nemmeno un numero a tre cifre e oh Dio non posso credere di averlo detto—,”

“Luke,” lo interruppe Ashton, ricordando che gli piace sentirgli dire il suo nome. “Che fanno Romeo e Giulietta dopo la scena del balcone?”

“Uh—,” balbettò Luke, “Vanno a dormire credo. Perché?”

“Cazzo, speravo si baciassero.” Ashton non riuscì nemmeno a trattenere il sorriso che si stava dipingendo sulle sue labbra.

“Perché?” sussurrò Luke, avanzando impercettibilmente finché le sue braccia non sfioravano quelle di Ashton.

Il cuore di Ashton si fermò e poi ripartì al doppio della velocità.

“Perché vorrei proprio baciarti, ma se stiamo ancora facendo quell'adattamento moderno—,”

“Oh, no, no. Non lo stiamo più facendo.” disse Luke prima di avvicinare il viso a quello di Ashton e unire le loro labbra. E non era affatto come gli altri baci che si erano dati perché era umido e disperato e affamato e le mani di Luke erano sulle braccia di Ashton e poi sui suoi fianchi e lo attiravano a sé, più vicino, più vicino più vicino e

Dio, è qui che voglio passare il resto della mia vita.

Luke lo spinse lievemente, una mano contro la sua schiena mentre entrava nella stanza del dormitorio e chiudeva la porta con un calcio. Le mani di Ashton stringevano la stoffa della giacca di Luke. Ashton esitò prima di abbassare la cerniera e Luke separò le loro labbra per togliersela, senza fiato e sorpreso e spettinato e terribilmente felice. Ashton sorrise e Luke sorrise di rimando e poi si baciarono ancora, i loro cuori impazziti separati soltanto dalla stoffa sottile delle loro maglie e tutto era perfetto.

Luke spinse Ashton all'indietro e i due caddero sul letto in un groviglio di braccia e gambe e parole non dette da labbra che si sfiorano. Ashton sentiva il battito del suo cuore e il respiro affannoso di Luke e il mondo sembrava essere interamente fatto di maglie sbiadite dei Ramones e pelle dorata e le labbra di Luke erano da tutte le parti, sul suo viso e sul suo collo e le sue mani scivolavano sulla sua schiena sotto alla maglietta. Luke baciò le sue clavicole e Ashton rise e alzò lo sguardo e stava quasi per baciarlo di nuovo quando—

Oh, we go where nobody knows, we've got guns hidden under our petticoats—

“Ma che—,” Luke saltò dalla sorpresa, mentre stava seduto su Ashton e aveva un'espressione piuttosto confusa. “Chocolate?”

“Cazzo, scusa, il cellulare. È il mio cellulare.” Ashton si mise seduto e Luke si spostò per permettergli di recuperarlo dalle tasche.

“I 1975. Bella suoneria, Ash.” Luke sogghignò e Ashton contemplò l'idea di dimenticarsi del cellulare ma non poteva proprio perché—

Trovò il cellulare e il suo viso, che Luke aveva dipinto di rosso, divenne improvvisamente pallido.

“È Zayn.”

 

Translator's corner

AWWW AWW AWW 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 1.3 ***


Where'd you go?
I miss you so,
Seems like it's been forever,
That you've been gone,
Please come back home...”
-Fort Minor, 'Where'd You Go'

 

-Luke

 

“Non rispondi?” chiese Luke a voce bassa. “Me ne vado se non vuoi che senta.”

“No, va bene. Io—rispondo, solo—non andare via.” disse Ashton, spaventato e sorpreso. Luke annuì poggiando la schiena contro il muro.

“Metto...il vivavoce. Non parlare. Avrò bisogno del tuo aiuto dopo. Cioè, magari non del tuo ma di qualcuno e penso che—,”

“Ash, rispondi.” sussurrò Luke, mentre i lati della sua bocca si piegavano verso il basso come foglie che cadono. Era difficile vedere Ashton di nuovo così nervoso quando era appena riuscito a smontare a malapena uno dei muri che lo circondavano.

Ashton trasse un respiro profondo e annuì e sbatté le palpebre e strinse i pugni e

“Pronto?” disse, sorprendentemente calmo, e Luke realizzò all'improvviso che non era Zayn a rendere Ashton nervoso. Non era Louis a renderlo nervoso. Non era Harry a renderlo nervoso, o la sua ex di cui parlava come se non significasse niente—era Luke. Ashton balbettava ed arrossiva ed inciampava e non sapeva cosa dire solo quando c'era lui. E Luke si rese conto che era sia una cosa bella che una cosa brutta e magari non conosceva nemmeno Ashton e anche questa era sia una cosa bella che una cosa brutta. Inoltre si rese conto del fatto che non poteva conoscere Ashton perché...insomma, tre giorni.

Solo tre giorni.

“Hey,” rispose Zayn, abbattuto. “Come va?”

“Sto bene.” rispose Ashton, avvicinandosi al telefono poggiato sul letto vicino alle loro gambe. “Sto bene. Tu?”

“Ha,” rise amaramente Zayn, “Mai stato meglio.”

“Zayn...” iniziò a dire Ashton.

“No, devo dire una cosa prima. Voglio dire una cosa prima.” lo interruppe Zayn. “Mi dispiace. Mi dispiace di essermi ubriacato e di aver pianto eccetera. Mi dispiace perché lo so che sei etero. Cazzo, sei così etero che pensavo fosse una specie di copertura perché so come reagirebbe la tua famiglia se non lo fossi e allora ho tratto delle conclusioni affrettate. Mi dispiace di essermela presa con te per i miei problemi ma Ash, non mi pento di quel bacio perché anche se tu non l'hai voluto e anche se è stato un errore è stato il miglior bacio della mia vita e non posso scusarmi per essermi innamorato del mio migliore amico, perché non mi dispiace per quello. Non può dispiacermi.”

Luke guardava il volto di Ashton con gli occhi sbarrati mentre diventata di un colore grigiastro.

“Okay.” disse piano Ashton.

“E...e lo so che è un po' bizzarro ma ho bisogno che tu mi dica una cosa. Puoi dirmi una cosa?” Zayn sembrava leggermente frantumato ed estremamente freddo, come se nel pronunciare quelle parole gli si fosse aperta l'anima in due.

“Quello che vuoi.” rispose Ashton, e poi un po' più ad alta voce. “Quello che vuoi.”

“Dimmi che...che se non fossi etero, io sarei il primo. Che staresti con me. Ho bisogno di sentirlo. Ho bisogno che tu lo dica. Per favore.

Ashton impallidì e guardò Luke e Luke lo guardò di rimando.

“Che faccio?” sussurrò Ashton. Luke scrollò le spalle. Roteò gli occhi. Sentì il dolore arrampicarsi lungo il suo torace come un ragno.

Ashton sembrava così indeciso che Luke pensò di sentire quasi un dolore fisico, ma non c'era niente che potesse fare. Niente che potesse dire. Uno di loro—Luke o Zayn—sarebbe rimasto ferito e Luke stava egoisticamente sperando, pregando, implorando—

“Certo, Zayn. Con te. Starei con te.”

Il mondo attorno a Luke divenne improvvisamente muto. Scivolò giù dal letto il più silenziosamente possibile, spinse via Ashton quando cercò di farlo restare e se ne andò, cercando di togliersi dallo stomaco il pugnale di parole con cui l'aveva trafitto.

-

“Cal.” disse Luke non appena attraversò la porta di casa. “Sei a casa.”

Come al solito, Calum era seduto sul bancone della cucina, a guardare la tv mangiando cibo precotto.

“Sì, sono arrivato tipo...cazzo, Luke, che hai?” Calum balzò giù e lo guardò con un'espressione talmente preoccupata che Luke pensò per un attimo di avere una qualche ferita visibile perché Ashton aveva detto a Zayn che avrebbe...scelto...lui...per primo. Ebbe l'impulso di controllare.

“Io—,” Luke iniziò e si fermò e respirò e cercò di fingere che tutto quanto intorno a lui fosse di un rilassante colore blu notte. “Tante cose.”

“Ho tutto il tempo del mondo. Dimmi.” disse Calum, dandogli un abbraccio veloce.

“Vorrei che mia madre fosse qui.” ammise Luke, con la voce spezzata.

“Cristo. Siediti. Preparo il tè. Così parliamo. Ok?” chiese Calum e Luke annuì, sapendo che anche sua madre avrebbe fatto il tè.

Calum ritornò subito con due tazze fumanti e una busta di zucchero. “Scusa. Andavo di fretta e non l'ho messo in un barattolo.”

“Va bene, Cal.” Luke sorrise di sbieco e prese lo zucchero. “Ne metterò tipo la metà in ogni caso.”

Rimasero entrambi in silenzio per un attimo e Luke si rese conto che il suo migliore amico lo conosceva così bene da aver riempito la sua tazza solo fino a metà, in modo che lui potesse metterci abbastanza zucchero da riempirla.

“Allora, che succede?” chiese cauto Calum. “Dovrei...è così...devo chiamare—?”

“No!” disse Luke velocemente. “Dio, no. Non chiamare mio padre. Solo...mi manca a volte, sai? Vorrei solo che...non se ne fosse andata.”

“Lo so.” gli disse Calum. “Lo so. Manca anche a me. Non come a te, ma...dopo che i miei genitori mi hanno sbattuto fuori di casa la tua famiglia era tutto ciò che avevo. La tua mamma...è solo che...è difficile. È così difficile.”

“E fa malissimo, cazzo.” disse Luke dopo un attimo di silenzio, ora che la rabbia stava iniziando ad uscire fuori dopo undici mesi. “Fa malissimo che se ne sia andata così. Ha lasciato papà, okay, quella è una sua scelta. Ma non puoi...dimenticarti di tuo figlio. Non puoi abbandonare tuo figlio. Non funziona così.”

“Lo so.” rispose tristemente Calum. “Non dovrebbe funzionare così.”

“Che cazzo ho fatto io comunque?!” chiese Luke al mondo, la sua voce che si infrangeva in un milione di pezzetti. “Al diavolo, che cazzo abbiamo fatto noi? Papà, io, tu -perché so che voleva bene anche a te-, e Jack e Ben? Solo perché non sono qui non significa che non li logori dentro non sapere.

“Lo so, Luke. Lo so. Sei stato costretto a crescere troppo in fretta ed è colpa sua ed anche colpa mia e di tuo padre e dei tuoi fratelli, perché potrebbero essere qui se lo volessero ma niente—niente di tutto questo è colpa tua quindi non osare chiederti che cosa hai fatto perché non hai fatto niente, Luke. Non hai fatto niente.”

Luke voleva controbattere e dire a Calum che non era stata colpa sua, ma in realtà, il problema di Calum con l'alcool era la ragione per cui non viveva con suo padre—quello e il fatto che suo padre avesse arbitrariamente deciso di trasferirsi in America otto mesi dopo che sua madre se ne era andata. Alla scomparsa di sua madre, tutta la famiglia aveva lasciato la città così come vi si era trasferita; Jack si era trasferito più a nord, a Manchester; Ben, a cui era sempre stato molto legato, era tornato in Australia, e Luke, appena diciassettenne era stato lasciato da solo, a prendersi cura del suo migliore amico alcolizzato in un appartamento da due soldi e a mantenersi con un lavoro sottopagato e l'occasionale assegno mandato da suo padre. Avrebbe potuto trasferirsi con suo padre di America, pensò, ma non poteva lasciare Calum e non riusciva a lasciare andare quell'ultimo filo di speranza a cui era rimasto aggrappato negli ultimi undici mesi che forse, forse, forse

sarebbe ritornata.

(Luke aveva iniziato a pregare da quando sua madre se ne era andata. Ma devi crederci davvero perché le preghiere funzionino, ed era alquanto difficile per lui crederci.)

“Cal,” disse Luke vedendo il senso di colpa sul volto del suo amico, “Cal, lo rifarei. Sceglierei sempre te.”

“Lo so.” disse Calum accennando un sorriso. “Lo so. Non so perché, ma so che per qualche ragione hai scelto di prenderti cura di me e Dio, Luke, sei la persona migliore che io abbia mai incontrato in tutta la mia vita. Lo sai? È la verità. Sei così buono e a volte non credo che tu te ne renda conto.”

 

Luke strinse i pugni per impedire alle lacrime di uscir fuori, sperando che il dolore pulsante nelle sua mani lo avrebbe distratto dal dolore nel suo petto.

“Già,” fu tutto quello che riuscì a dire, guardando in basso per evitare gli occhi di Calum.

Ci fu un lungo silenzio e i due ragazzi rimasero seduti ad ascoltare i loro respiri

dentro
e
fuori
e
dentro
e

“Cos'altro c'è che non va, Luke?” chiese sottovoce Calum. “C'è qualcos'altro no? Non è solo tua madre?”

Luke annuì rigido. Calum aspettò che dicesse qualcosa mentre l'aria fra di loro diventava tersa di domande.

“Allora?” chiese di nuovo Calum, con delicatezza e bisbigliando come se stesse parlando ad un animale selvatico e Luke non voleva che qualcuno si sentisse come se stesse camminando sui cristalli quando parlava col lui, quindi strappò via il dente il più velocemente possibile.

“Ho baciato un ragazzo. Mi piace un ragazzo.”

Cominciò a piangere e piangere e piangere e tutto quello che Calum poteva fare era stringerlo più forte che poteva.

 



 

Translator's corner

Mi scuso per il ritardo

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 1.4 ***


No escape from the truth and the weight of it all
I am caught in the web of a lie”
-All Time Low, 'Love Like War'

 

-Ashton
 

“Rispondi, rispondi, rispondi, Niall...merda.” esclamò Ashton mentre la segreteria di Niall partiva per la quinta volta di fila. Non aveva idea del perché Niall non rispondesse, ma era disperato, aveva bisogno di un consiglio. Perché Luke era scappato via e il cuore di Ashton batteva fortissimo e si rese conto che tutto ciò di cui aveva bisogno per respirare era la sua mano attorno a quella di Luke, perché anche se Luke era più alto le mani di Ashton erano un po' più grandi.

“Merda...” mugugnò, stringendosi le ginocchia al petto. Non riusciva a pensare perché era come se il suo cervello stesse pulsando e ogni volta che cominciava a formulare un pensiero coerente un fulmine nero lo risucchiava, rispedendolo punto e a capo. Al buio, perso e spaventato. Zayn lo odiava. Luke lo odiava. Niall non rispondeva al telefono. Chi altri poteva aiutarlo a fare ordine nel caos della sua mente? Chi...?

Oh.
Già.
C'era lui.

 

X

 

“Non mi piace Londra. C'è troppo freddo,” brontolò il ragazzo pallido in piedi di fronte ad Ashton, le labbra rosa in contrasto col caffè Starbucks che aveva comprato per difendersi dal freddo invernale.

“Dovresti uscire un po' di più, Mikey. Il mondo esterno non è così male quando ti abitui.” disse Ashton. Michael era il coinquilino di Zayn e uno degli amici che Ashton aveva conosciuto al college. Aveva i capelli neri e la pelle biancabiancabianca come la nebbia londinese di una mattina acquarellata.

“No, passo. Di solito. Anche se per qualche ragione sono seduto ad un tavolo in un parco con l'ex migliore amico del mio coinquilino mentre attorno a noi si dipingono scene romantiche tipo quella signora e il suo labrador laggiù sul sentiero lastricato. Wow, Ashton, certo che tu sai proprio come trattare bene un ragazzo. Dev'essere qui che porti tutte le ragazze che usi per fare sesso e che poi sbatti in faccia al mio povero coinquilino omosessuale e pazzo di te. Oh aspetta, forse ho capito male. Questo non è un appuntamento, giusto? Cazzo, ho lasciato Natalia per te inutilmente e adesso non ho nemmeno la possibilità di—perché non dici niente? Di solito a questo punto la gente mi interrompe, ma devo ammettere di essere bravo coi monologhi. Ashton?”

“Michael, ho fatto una cazzata.” disse piano Ashton, le mani nelle tasche del cappotto.

“Ma non mi dire, Sherlock. A Zayn sono cresciute le ovaie dopo che ha parlato al telefono con te. Che cazzo gli hai detto?” Michael roteò gli occhi verdi, spazzando via un po' di neve dal tavolo.

Ashton chinò il capo e respirò e si odiò a morte e poi decise di spogliarsi (metaforicamente) e di dire a Michael di Luke.

 

X

 

“E poi se n'è andato. È scappato via e mi sento una persona orribile e non so cosa fare e non so cosa provo che cazzo succede cosa c'è di sbagliato in me mi piace un ragazzo un ragazzo sono gay, vero?! Cazzo, cazzo, la mia famiglia, la mia famiglia mi—no, Dio no ti prego non può essere—,” Ashton parlava senza nemmeno respirare e sembrava quasi viola quando Michael lo interruppe.

“Ashton William Irwin, devi darti una cazzo di calmata.”

“Il mio secondo nome non è William.” gli disse Ashton.

“Luther?”

“No.”

“James?”

“No.”

“Jude? Wolfgang? Laquisha?”

Che? No.”

“Comunque.” Michael scosse la testa. “Il punto è, devi smetterla di sclerare. Uno, perché questo Luke sembra abbastanza a posto da non assassinarti nel sonno per aver detto di poter ipoteticamente amare qualcuno, quindi è già qualcosa, no?”

Ashton lo guardò inespressivo.

“Non è un buon momento per scherzare, okay. Stavo per dire che la seconda ragione per cui dovresti smetterla di sclerare è che la tua famiglia è a rompere il cazzo in Australia, quindi non devi preoccuparti che vengano a disinfettarti la bocca con l'acqua santa. E poi, non sappiamo se sei gay. E se fosse tutto un incubo assurdo? E se ti avessero drogato? E se questo fosse Matrix e presto ti svegliassi in un universo parallelo? Quello sì che sarebbe figo—,”

“Non è un incubo. Non sono stato drogato, e Matrix è un film terribile.” disse Ashton. “E non sei per niente d'aiuto. Non sono dell'umore giusto.”

“Beh, io non sono dell'umore giusto per smacchiare il pavimento del bagno dalle cervella del mio coinquilino dopo che avrà scoperto che vuoi scoparti un altro ragazzo, ma a quanto pare entrambi dovremo avere a che fare con cose con cui non vogliamo avere a che fare, eh?” Michael si era improvvisamente fatto serio, improvvisamente arrabbiato. Il suo buonumore era evaporato come pioggia estiva sull'asfalto incandescente. Si alzò e sbatté la sedia contro il tavolo, così tanto che colpi il ginocchio di Ashton.

“Adesso me ne vado perché sei un lunatico e mi fai incazzare.” disse il ragazzo dai capelli neri. “Ma perché tu lo sappia, farai meglio a dire la verità a Zayn. O lo farò io. E credimi se ti dico che il modo in cui lo dirò io non sarà molto carino.”

Si voltò per andarsene ma Ashton era già in piedi, e lo teneva per una spalla.

“Mikey—,”

“Che vuoi?!” gli urlò contro Michael, respingendo la sua mano e mettendo le braccia come se volesse pestarlo. Ashton impallidì e fece un passo indietro, le mani in alto nella speranza che Michael non l'avrebbe sul serio preso a pugni.

“Io—non volevo ferire Zayn. Non volevo ferire nessuno.” disse nell'aria gelida, con dei fiocchi di neve tra le ciglia e delle lacrime congelate prima che potessero scendergli lungo le guance.

“Sì? Beh, l'hai fatto. E adesso devi rimettere insieme i pezzi.” gli disse Michael disgustato. Si voltò e iniziò ad allontanarsi, ma sì fermò e lo guardò, questa volta sembrava teso e un po' deluso.

“Mi piacevi prima, Ashton. Sembravi un bravo ragazzo. Ma poi hai dovuto rovinare tutto. Che tipo di persona fa quello che hai fatto tu? Non è solo Zayn, anche se basterebbe. Ma quel ragazzo, Luke? Lo conosco. Andavo a scuola con lui. Non mi piaceva perché ero geloso di lui, Ashton. Sai perché? È un cazzo di angelo. È intelligente e gentile e pieno di talento e ne ha passate tante fino ad un anno fa, ma è andato avanti, non si è fatto buttare giù, perché è più forte di quanto tu o io possiamo anche solo aspirare ad essere. E tu gli piaci, Ashton, e non te lo meriti, e non si meritava quello che hai fatto. Quindi faresti meglio a darti un contegno e mettere le cose a posto, se vuoi che io ti rispetti di nuovo.”

Si guardarono per circa due secondi, anche se sembrarono due anni.

“E tanto per la cronaca, Matrix è una trilogia.”

Michael se ne andò e Ashton rimase nello stesso punto, a sentirsi come la più brutta sfumatura di blu che potesse venirgli in mente.

Rimase lì in piedi a lungo, sul sentiero lastricato accanto al café con la neve e le lacrime fra le ciglia, ma non piangeva più. Non si dispiaceva più per se stesso. Pensava.

Pensava
Pensava

E poi sapeva cosa avrebbe fatto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 1.5 ***


Don't fuck with my love
That heart is so cold
All over my arm
I don't wanna know that babe”
-Ed Sheeran, 'Don't'


 

-Luke

 

“Starai bene. Supereremo anche questo.” fu la prima che Calum disse quando Luke finì di parlare. Gli aveva raccontato tutto, l'intera storia, dal momento in cui aveva conosciuto Ashton fino al momento in cui era corso via dal suo appartamento quella mattina. Tre giorni sembrarono improvvisamente lunghissimi.

“Ah, ricordo di aver già detto questa frase una volta.” disse Luke con la voce rotta. Era accoccolato sul divano, le ginocchia sotto il mento e il braccio di Calum attorno alle sue spalle. Luke aveva l'abitudine di farsi piccolo piccolo quando era triste o spaventato, e in quel momento era un orribile combinazione delle due cose.

“Sì. E avevi ragione.” disse Calum, stringendo il braccio attorno a lui. “Sei stato qui per me, e io sarò qui per te.”

“Okay.” Luke annuì, e aspettò che Calum dicesse quello che pensava veramente.

“Dunque,” disse finalmente il moro, “Capisco che tu ci sia rimasto male, ma forse hai avuto una reazione un tantino esagerata.”

“Già.” Luke annuì di nuovo. “Lo so. Ma mi sento comunque—non so, tradito? Non lo conosco da molto, però—,”

“Però niente. Non lo conosci da molto. Quindi, quando si è trovato nella situazione di dover scegliere tra te e il suo migliore amico, a cui aveva praticamente spezzato il cuore, ha scelto il suo migliore amico. È quello che avresti fatto anche tu, o almeno spero. No?”

Luke si fermò un attimo a pensarci. Se fosse stato nei panni di Ashton e Calum fosse stato innamorato di lui...

Sì, gli avrebbe mentito senza pensarci due volte pur di farlo felice.

“Okay. Hai ragione.” ammise Luke. “E adesso mi sento davvero stupido.”

“Non sentirti stupido, L.” gli disse Calum. Si alzò e gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi. “Andiamo fuori a pranzo, perché sto morendo di fame e non abbiamo cibo. Che ne dici di...Bernadette's?”

“Perfetto.” disse Luke. Si sentiva smorto, come un perdente. Sapeva che probabilmente Ashton avrebbe pensato che fosse la persona più melodrammatica, egoista, orribile, apatica, idiota, imbarazzante, spregevole—

Il suo cellulare vibrò.

Ashton: scusami. possiamo parlare
11:47am

Ashton: *?
11:47am

Luke rivolse lo sguardo verso Calum. I loro occhi si incrociarono e dopo un secondo Calum annuì comprensivo.

“Me la caverò, vai.”

“Io—okay. Solo che...okay. Va bene.” disse Luke, inciampando su se stesso nel tentativo di alzarsi in piedi, prima di rendersi conto che non sapeva dove andare.

Me: Dove e quando?
11:47am

Ashton: sai il bell and whistle? lì. prima possibile.
11:48am

Me: Ok.
11:48am

“Cazzo, Luke! Gli hai seriamente appena scritto 'ok.'?! Con il p u n t o?” Calum ridacchiò leggendo la conversazione da dietro la spalla di Luke.

“Non pensavo che...dovrei correggermi? Posso mettere l'asterisco e—,”

“No, no. Va bene. Sei ancora arrabbiato, ricordi? Anche se non lo sei, lo sei. O almeno sei moderatamente seccato. Devi giocartela bene, Luke. Capito?”

“E credevo di essere io il migliore amico gay.” Luke rise, punzecchiando Calum.

“Allora lo sei per certo?” chiese Calum, improvvisamente serio.

“Cosa? Il tuo migliore amico?”

Calum roteò gli occhi. “Sì, esattamente. No, gay. Sei sicuro?”

Luke si fermò un attimo a riflettere mentre si infilava la giacca. “Io—uhm—,”

Calum lo guardò, e Luke lo guardò di rimando, e rimasero in silenzio per due attimi, entrambi avvolti in un doppio strato di cellophane e messi in forno a sciogliersi. Luke sentiva caldo e Calum era arrossito e tutto sembrò distendersi e contrarsi e poi tornarono sul pianeta Terra. Luke fece un passo avanti.

“Cal?” chiese a bassa voce.

“Sì?” rispose Calum.

“Tu non mi piaci. Sei il mio migliore amico. Te lo giuro. Ma ho bisogno di provare una cosa.” disse Luke mentre la paura e l'imbarazzo navigavano come vascelli nelle sue vene.

“L'avevo capito.” Calum annuì, fece anche lui un passo avanti finché i loro nasi non furono a pochi millimetri l'uno dall'altro, respirando la stessa aria. “E farei qualsiasi cosa per aiutarti. Baciami, se è ciò di cui hai bisogno.”

“Okay.” mormorò Luke. Era imbarazzante, ma si sentiva confuso e tutto attorno a lui sembrava di un color arancio spento quindi posò le mani sul viso di Calum e poggiò le labbra sulle sue e
wow
era decisamente gay

Quindi lui
lui
lui
(era un po' confuso)

si allontanò e fece un passo indietro, rivolgendo uno sguardo cauto verso Calum che sembrava altrettanto confuso.

“Allora...” disse Calum imbarazzato. “Com'era?”

“Beh...meglio di quella volta che ti ho fatto la respirazione bocca a bocca mentre stavi per soffocare nel tuo stesso vomito.” disse Luke pensoso.

“Pessimo termine di paragone.”

“Giusto. Molto meglio.”

“I baci sono sempre meglio quando non sono inclusi vomito ed alcool.”

“Ho una buona notizia e una cattiva notizia.” gli disse Luke con un ghigno. “La buona notizia è che sono sicuro al 100% di essere gay. La cattiva notizia è che sono sicuro al 100% che non mi piaci.”

“Merda, sono così terribile a baciare?” Calum sembrava sollevato ed offeso insieme.

“No, vai benissimo. Solo che ho aperto gli occhi e un orribile senso di delusione mi ha pervaso quando non c'era Ashton lì a guardarmi.” gli disse Luke sincero, prendendo il portafogli dal bancone.

“Ahi, grazie al cielo. Sono un amante delle donne, non un amante-donna.”

Wow, Cal.” rise Luke. “Adesso vado. Sempre se non hai problemi col mangiare da solo.”

“Tranquillo.” annuì Calum, e Luke si voltò per andarsene, ma Calum lo chiamò appena prima che raggiungesse la porta. “Hey!”

“Sì?” disse Luke, girandosi.

“Non farti male.”
 

x
 

“Luke, sono qui!”

Luke era appena entrato nel pub poco illuminato quando vide tre persone seduta ad un tavolo all'angolo. Riconobbe subito i ricci chiari di Ashton, ma gli altri due ragazzi gli erano totalmente sconosciuti.

“Hey...” disse Luke, avvicinandosi e lasciando che il suo imbarazzo brillasse come un faro nello spazio cosmico. La ragazza dietro il bancone, che era piccolina e aveva i capelli rossi e una targhetta con su scritto 'Grace', alzò un pollice e sorrise e lo condusse al tavolo. Luke alzò un sopracciglio, cercando di chiederle qualche informazione su cosa stesse succedendo, ma lei sorrise di nuovo e continuò a pulire i bicchieri.

“Hey, Luke.” lo salutò Ashton, guardandolo e non guardandolo e dondolando un po' verso di lui e un po' lontano da lui. “Dunque, questo è Zayn.”

Indicò il ragazzo alla destra di Luke, che si rese conto per la seconda volta in un giorno di quanto fosse gay.

Perché cazzo, questo Zayn era,
beh,

(capelli neri, mascella scolpita, occhi di qualcuno che ha sopportato ogni tipo di tradimento e cuore spezzato e ha pure scritto una poesia, e tatuaggi a gogo. Belle labbra. Probabilmente un ottimo baciatore. Ashton ne saprà qualcosa.)

praticamente perfetto. E Luke lo odiava. Perché lui era

(biondo e pallido e aveva ancora un po' la faccia da bimbo, e non era abbastanza grande per farsi un tatuaggio senza il permesso dei suoi genitori, e i suoi occhi blu lo facevano sembrare l'opposto di Zayn il tenebroso. E voleva, voleva, voleva—)

imperfetto. E probabilmente a questo punto Ashton aveva già fatto il paragone ed il primo posto era più che ovvio.

“Ciao.” disse Luke.

“Hey.” L'incarnazione di un dio greco rispose.

(Inserisci silenzio imbarazzante.)

“E questo è Liam, un osservatore imparziale che, per pura casualità, era il mio compagno di stanza l'anno scorso.” disse Ashton, pugnalando a morte il silenzio con la presentazione di un altro ragazzo piuttosto attraente.

“Ciao.” Liam sorrise, facendo un cenno di saluto a Luke. Sembrava più grande, troppo grande per il college, e somigliava vagamente a David Beckham.

“Ho bisogno di parlare con voi due.” cominciò a dire Ashton.

“E perché lui è qui?” chiese ostile Zayn, facendo riferimento a Liam.

“Ho bisogno che ci sia qualcuno nel caso in cui le cose...vadano male.” spiegò Ashton.

“Perché lui?” disse Zayn, sempre aggressivo e diretto e diventando meno bello man mano che un tono crudelemeschinotagliente cominciava ad abitare la sua voce.

“Perché no?”

“Non siamo esattamente in buoni rapporti.” disse Zayn, guardando Liam con occhi pieni di odio, mentre l'altro ragazzo distolse lo sguardo.

“Non ti ho fatto niente, Zayn.” disse cercando di chiudere il discorso.

“Sì, beh, quando vai a letto con la ragazza del mio coinquilino e io vi becco, di certo non puoi aspettarti di piacermi. È una dei miei strani capricci. Perdona l'ostilità, Ashy. È solo che sono un po' protettivo con i miei amici traditi.” Guardò i tre ragazzi negli occhi, per poi rivolgersi ad Ashton. “Io so come ci si sente ad essere feriti.”

Passò un istante in cui tutti erano troppo scioccati o troppo terrorizzati per dire qualsiasi cosa, poi Zayn parlò.

“Ora per favore possiamo concludere questa cosa così posso andare ad ubriacarmi e magari soffocare nel mio vomito?”

Luke si alzò di scatto e

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 1.6 ***


Come on make it easy, say I never mattered
Run it up the flagpole”
-Fall Out Boy, 'Young Volcanos'

 

-Ashton
 

e Ashton posò la sua mano su quella di Luke, e quando si sfiorarono una scossa elettrica percorse tutto il suo corpo.

“Luke—”

“Non puoi dire una cosa del genere!”

“Cazzo, amico, scherzo.” disse Zayn mentre il suo sguardo si posava su dove le mani di Luke ed Ashton erano ancora l'una contro l'altra. “Dammi tregua. Ho passato una brutta settimana.”

“Sì, beh, e io ho avuto un anno abbastanza merdoso, ma non me ne vado in giro a dire queste cose, ti pare?” sputò Luke, spostando la sua mano da quella di Ashton e guardando ovunque tranne che in quegli occhi castani che eppure cercavano il suo sguardo. “Ash, perché sono qui?”

Il suo tono sgarbato prese Ashton di sorpresa. Era abituato ad un Luke gentile, che lo guardava come se fosse qualcuno. Non sapeva chi fosse questo Luke, ricoperto di filo spinato e bottiglie rotte.

“Io—uh, volevo parlarti. Ma forse—,”

“Un'altra volta? Già.” Luke rivolse un ultimo sguardo assassino a Zayn e nemmeno si preoccupò di guardare Ashton prima di voltarsi e andarsene, sbattendo la porta.

E silenziosamente
Ashton
s i f r a n t u m ò.

“In mia difesa, non mi aveva ancora detto di stare con Mikey quando abbiamo fatto sesso.” disse Liam a bassa voce. “Non avrei mai voluto fargli del male. E questo lo sai, Zayn.”

“Oh, quindi pensavi che Nat fosse nel nostro appartamento, così, tanto per? E tutte le volte che Mikey parlava di lei, tutte le loro cazzo di foto, e—”

“È stata la mia ragazza prima, Zayn!” disse Liam all'improvviso. “Era la mia ragazza e credevo che fossero amici. Credevo fossero amici perché non ci parlavamo da quando ci eravamo lasciati e allora sono venuto a casa vostra per vedere se c'era Mikey e lei era lì e non mi ha detto niente e non ho capito cosa stava succedendo finché non sei entrato e ci hai beccati e hai fatto una scenata—”

“Ti aspettavi che rimanessi calmo? 'No ma vai tranquillo e scopati la ragazza del mio coinquilino in casa sua'—”

“Lei mi ha tradito con Mikey, Zayn! Ci hai pensato?” lo interruppe Liam. Rimase in silenzio per qualche istante e poi si alzò, spostando delicatamente la sedia.

“Mi ha tradito con lui.” ripeté. Poi se ne andò.

L'elettrocardiogramma della discussione rimase piatto per un po'. Ashton aveva la nausea e Zayn se ne stava lì immobile.

“Beh,” disse finalmente Zayn, “Ora sì che ho incasinato tutto.”

“Zayn—,”

“Mi dispiace.” lo interruppe Zayn, fissando il tavolo. “Non volevo.”

“Va tutto bene.” disse Ashton, sentendosi come se stesse camminando nel mezzo della giungla.

Zayn rimase in silenzio per tre secondi.

“Perché quel Luke era qui?” chiese infine, e Ashton sapeva che anche se la verità avrebbe fatto sanguinare Zayn, doveva dirgliela.

“Mi piace Luke.” disse con le scarpe incollate al pavimento.

“...ti piace?” chiese Zayn, come se la sua domanda fosse fatta di piombo— rapida e dura, come se fosse letale.

“Sì.” disse Ashton, e poi decise di dargli un po' di contesto, perché Zayn era il suo migliore amico e si meritava tutta la verità, anche se faceva male.

“Mi piace, mi piace davvero, Zayn. E non vorrei mai, mai farti soffrire, ma i sentimenti che provo per lui sono come se...mi fanno sentire come se stessi fluttuando.” Disse Ashton tutto d'un fiato. “Ti voglio bene, e lo sai, ma sei il mio migliore amico. E non vorrei mai perdere la tua amicizia ma—”

“Peccato che sia troppo tardi.” Lo interruppe Zayn. Si alzò e spinse la sedia.

“Non chiamarmi. Ho bisogno di smettere di amarti.”

Ashton era fatto di ghiaccio e acciaio mentre guardava Zayn che se ne andava.

E ci fu una
pausa.

E poi una voce ruppe il silenzio.

“Puoi seguirne solo uno, sai.” lo informò Grace, la bartender.

“Ma quale?” chiese Ashton e la sua voce era rotta dal pianto della mattina.

“Quello di cui ti importa di più.” disse lei e scrollò le spalle, come se prendere quella decisione fosse facile come decidere quale drink ordinare.

“Non è così facile.” disse Ashton.

“Non deve esserlo.” rispose Grace.

Okay.

Beh.

Sapeva quale dei due avrebbe seguito.

“Grazie, Grace.” disse, lasciando alcune banconote sul bancone. “Salutami Niall.”
 

x

 

“Luke!” Ashton lasciò che la disperazione degli ultimi 45 minuti trascorsi a vagare per Londra trasparisse dalla sua voce. “Ti ho trovato!”

“Congratulazioni.” la voce arrivò ovattata alle sue orecchie. Stava seduto con la testa fra le mani sui gradini di una chiesa abbandonata, le ginocchia al petto e la schiena curva. Piccolo piccolo.

Ashton si fermò un istante e lo guardò, perché qualcosa in Luke gli toglieva tutta l'aria dai polmoni, ogni volta che i suoi occhi si posavano sulle sue spalle o sulla linea dei suoi zigomi. I suoi capelli biondi erano incendiati dalla luce del giorno e brillavano come un'aureola. Aveva l'aspetto di un angelo quando alzò lo sguardo e guardò Ashton con i suoi occhi del colore di un cielo d'estate.

“Ciao.” disse Ashton.

“Ciao.” disse Luke come se avesse percorso mille miglia a piedi.

“Ce l'hai con me?” chiese Ashton.

“Non direi.” rispose Luke. “Ce l'ho a morte col tuo amico, però.”

“Zayn? Già. Lui—già.”

“Non può scherzare su quelle cose.” Luke stringeva e rilassava i pugni.

“Lo fa sempre. Le battute sull'alcool sono il suo forte.” Ashton scosse le spalle, sedendosi ad un metro da Luke. “Poi ti abitui.”

“Io non mi abituo.” disse Luke a bassa voce. “L'alcolismo non è uno scherzo.”

Ashton si ricordò la sua discussione con Mikey, quando Mikey gli aveva detto che Luke aveva avuto un anno difficile. Voleva dire che...?

“Eri alcolizzato?” chiese Ashton, in equilibrio su settanta gusci d'uovo.

Luke fece no con la testa e raccolse i pensieri per poter rispondere.

“No. Il mio migliore amico lo era. E credimi, la rianimazione è ancora meno divertente quando l'unica persona che sia mai stata lì per te sta soffocando nel suo vomito. Succede sul serio, sai? Non è una battuta. Non è una battuta.” Non guardava Ashton negli occhi, ma Ashton ne era felice perché il suo cuore stava andando in pezzi per tutto quello che questo ragazzo meraviglioso aveva dovuto sopportare.

“Oh, Luke...” fu tutto ciò che riuscì a dire.

Luke (finalmentefinalmentefinalmente) lo guardò dall'altra parte degli scalini e i suoi occhi erano oceani; blu e pieni d'acqua.

Ashton si avvicinò e strinse la mano di Luke, e Luke cercò di trattenere le lacrime perché odiava piangere. E poi rimasero lì per un po', ad esistere insieme.  

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 1.7 ***


If your heart was full of love
Could you give it up?
'
Cause what about, what about angels?
They will come, they will go, make us special”
-Birdy, 'Not About Angels'

 

-Luke

 

“Ho freddo.” disse Luke dopo ore. (Minuti, in realtà. Ma il tempo è relativo.)

“Anch'io.” rispose Ashton.

Nessuno dei due si mosse.

“Ti chiedo scusa.” sussurrò Ashton.

“Anche io.”

“Tu non hai nulla di cui scusarti.”

Luke rise amaramente. “Ho tutto di cui scusarmi.”

“Non ti credo.” Ashton guardò Luke con i suoi bellissimi occhi castani che sapevano di primavera.

“Come vuoi.” Luke scosse la spalle e non guardò Ashton con i suoi occhi incredibilmente mediocri che somigliavano al liquido per lavare gli specchi.

“Vorrei sapere.” gli disse piano Ashton.

“Sapere cosa?” chiese cauto Luke.

“Tutto.”

“Definisci tutto.”

“Tu.”

x

 

Stavano seduti a gambe incrociate sul pavimento della stanza di Ashton, l'uno di fronte all'altro.

(Una delle ginocchia di Ashton poggiava contro quella di Luke e il contatto mandava scosse elettriche per tutto il suo corpo.)

“Band preferita?” chiese Luke cercando di manovrare le sua voce perché riuscisse a superare il calore nel suo petto.

“Non puoi. È una domanda impossibile.” sbuffò Ashton. Sembrava 170 volte più a suo agio con Luke e Luke non sapeva perché ma gli piaceva.

“Siamo nella stessa situazione allora. Ottimo.” Luke sorrise e Ashton strinse le labbra come se stesse trattenendo un sorriso dei suoi.

“Giornata ideale?” Ashton chiese a Luke. Stavano giocando a quel gioco in cui ci si chiedono 20 domande a testa, ma con domande infinite. Era molto più liberatorio. Niente limiti. Niente fine. A Luke non piaceva sapere che tutto avesse una fine.

“Uhm, mi piace passare del tempo in casa. Tipo, guardando film. Non so.” Luke rise un po'. “Sono molto noioso. Soprattutto con questo brutto tempo.”

“Lo terrò a mente.” Ashton ghignò. “Anche a me piace. Ma mi piacciono anche...i parchi. Stare all'aria aperta e cose così. Non mi piacciono le escursioni però, solo l'aria e il sole.”

“Bello.” Luke sorrise.

“Sì.” Ashton annuì.

“Okay.” Luke pensò per un attimo. “Cibo preferito?”

“Spaghetti. Il tuo?”

“Dolci. Mi piace il gelato. E le caramelle. E i biscotti.” Luke si fermò un attimo e si morse il labbro, arrossendo. “Mi piacciono anche i croissants al cioccolato.”

“Sei mai stato a Parigi? Non è lì che si comprano i croissants?” chiese Ashton pensieroso.

“Mai stato. È questa la tua domanda?”

“No, però dovremmo andarci un giorno.” Ashton sorrideva e guardava il pavimento e Luke gli sorrideva di rimando e la stanza scoppiava di qualcosa che era soffocante e rigenerante insieme.

“Okay.” disse Luke e poté quasi sentire quanto fossero diventate rosse le sue guance. Ashton deglutì rumorosamente.

“Io—um—uh, chi è la tua persona preferita?” Ashton era un insieme di rosso e fossette.

“Calum. Senza dubbio.” disse Luke, sorridendo al pensiero di quanto fosse fantastico il suo migliore amico.

“Davvero? Molta gente direbbe un membro della propria famiglia.” disse Ashton spostandosi un po'. Quando le loro ginocchia si sfiorarono di nuovo Luke si sentì formicolare dappertutto.

“La mia famiglia...non è il massimo.” disse Luke. Ashton annuì.

“Anche la mia. Mia madre non è così male e adoro i miei fratelli più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma i miei nonni fanno schifo. Di solito.”

“E tuo padre?” chiese Luke, studiando l'espressione di Ashton.

“Non ce l'ho. Insomma, ovviamente qualcuno mi ha generato. Ma non ho un padre.”

“Mm” disse Luke. “Mi dispiace.”

“Tranquillo.” disse Ashton. Non sembrava particolarmente infastidito. “Non l'ho mai veramente conosciuto. Non è rimasto molto a lungo e da quel che ricordo era una persona orribile. Non lo vedo da più di dieci anni.”

“Oh.” disse Luke. “Capisco.”

(Ghiaccio sottile.)

“Che ha la tua famiglia?” chiese Ashton, sorridendo di sbieco. “Ti ho raccontato tutti i miei problemi ma tu non mi hai raccontato i tuoi.”

(Ghiaccio ancora più sottile.)

“Sono...beh, per dirne una, i miei fratelli sono gli stronzi più egoisti ed egocentrici che abbia mai conosciuto. Ho diciassette anni, sai, e mai una volta che si siano curati di chiamarmi e controllare che fossi ancora vivo. In teoria non dovrei nemmeno vivere da solo a quest'età e vivo con Cal da dopo il mio compleanno.” gli disse Luke, decidendo di raccontargli le sue frustrazioni piuttosto che i suoi problemi.

“Diciassette?” gli chiese Ashton, “E vivi con Calum? Senza genitori? Come fate a pagare l'affitto?”

“Beh, mio padre manda un po' di soldi, ma non molto spesso. Quindi sia io che Cal lavoriamo. La famiglia di Cal non fa niente per lui, ma ha 18 anni, quindi non si sentono in obbligo.”

“E tua madre? Mia madre non mi avrebbe mai permesso di vivere da solo a 17 anni. Ho cercato di scappare a 14 anni e mi ha tenuto a casa da scuola per tipo—,”

“Mia madre è via.” disse Luke.

“In viaggio?” chiese ingenuamente Ashton.

“Sì. Qual è il tuo colore preferito?” Luke non lo guardò, ma dalla coda dell'occhio vide che Ashton si era fermato ad osservarlo, valutando la situazione.

“Il rosso.” disse lentamente Ashton, come se temesse di poter tagliare in due Luke con il suono della sua voce. “Mi piace il rosso. A te, Luke?”

Luke sorrise quando Ashton pronunciò il suo nome.

“Non lo so. Mi piace tutto, credo.”

“Definisci tutto.” disse Ashton facendogli il verso, mentre il suo sorriso accendeva la primavera nei suoi begli occhi.

“Tu.”

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 1.8 ***


"When I was at church they taught me something else
If you preach hate at the service those words aren't arointed
That holy water that you soak in has been poisoned."

-Macklemore & Ryan Lewis, 'Same Love'


-Ashton

"Forse dovrei andare a casa." disse Luke a bassa voce. Avevano finito le domande e cominciava a fare buio. Ashton si accorse di quanto fosse stanco Luke, ed in effetti anche lui lo era. E poi si sentiva un po' come un confuso groviglio di lacci e gli serviva un po' di tempo da solo per districarsi. 

"Okay." disse Ashton. Poggiavano contro il bordo del suo letto, Luke aveva le ginocchia al petto.

Luke lo guardò e sorrise di un sorriso allo sciroppo, dolce e denso. Ashton sentì immediatamente sollevarsi gli angoli della bocca, come se fosse nato con una specie di reazione istantanea di cui non conosceva l'esistenza fino a quando non aveva incontrato Luke.

Luke si alzò e Ashton fece lo stesso e per un secondo si guardarono e basta, così vicini che i loro petti si toccavano quando respiravano. Dei brividi percorsero la spina dorsale di Ashton.

Luke aveva dei meravigliosi occhi color cielo d'estate, pensò Ashton attraverso la nube di adorazione color confetto che avvolgeva la sua mente. 
Ashton allungò una mano e la fece scorrere fra i capelli di Luke. E lo abbassò, e lo abbassò, e lo abbassò

"Ash--Io--," Luke si fermò e allontanò delicatamente la mano di Ashton, un millisecondo prima che le loro labbra si incontrassero. 
Ashton era tutto fatto di imbarazzo da capo a piedi.

"Scusa. Scusa. Pensavo--che tu--" Ashton mormorò e balbettò e desiderò di poter sparire.

"Volessi baciarti? Sì che lo voglio, Ash. Sono stato io a baciarti per primo, ricordi? Ma--pensavo solo che forse dovremmo capire un po' di cose prima di andare oltre." disse Luke. Ashton era un tantino sollevato, visto che Luke stava arrossendo e gli teneva ancora la mano. 

"Okay." Ashton guardò il pavimento. "Capisco che intendi."

Luke lo strinse fra le sue braccia e Ashton si aggrappò alla camicia di Luke e Luke seppellì il volto nell'incavo del collo di Ashton e Ashton lo stringeva come se la sua vita dipendesse da quello perché il suo intero universo sembrava consistere di Luke.

Quel momento era avvolto da una strana e distorta perfezione. 

Era bellissimo.

Rimasero l'uno fra le braccia dell'altro per vite intere o per un battito di ciglia, Ashton non ne era sicuro. Quando si staccarono, Luke lo guardava dall'alto con i suoi bellissimibellissimi occhi. Ashton annegava in un mare caldo ed avvolgente.

"Adesso vado, okay?" disse Luke.

Perché mi sento come se ti conoscessi da tutta la vita? Non disse Ashton.

"Okay." rispose invece. "Ci rivedremo, vero?"

"Certo. Dio, certo." gli disse Luke. 

"Giuri?" gli chiese Ashton. 

"Non posso giurartelo. E se mi investe un autobus?" chiese Luke, ridendo e giocherellando con uno dei riccioli chiari di Ashton. 

"Non farti investire da un autobus. Sarebbe orribile." disse Ashton, trattenendo un sorriso. "Giuramelo lo stesso."

"Giuro che lo spero." gli disse. "Giuro che farò di tutto per vederti ancora. Giuro che ti scriverò e ci vedremo in un parco a caso a mezzanotte e giuro che non mi arrabbierò poi tanto la prossima volta che proteggerai il tuo migliore amico dalla verità."

Ashton era un sorriso con le gambe. Ecco cos'era. Tutta l'energia del suo corpo convergeva nell'inequivocabile gioia che traspariva dal suo volto. 

"L'ho detto a Zayn. Gli ho detto cosa provo per te, cioè, gli ho detto la verità. " disse Ashton, e nonostante fosse felice di averlo fatto, sentiva comunque un peso nel petto perché gli importava di Zayn e rivoleva il suo migliore amico.

Luke sembrò capire cosa gli stesse passando per la testa perché non gli fece pressioni, annuì e gli strinse la mano.

"Okay." disse, "Ci vediamo presto."

"Ciao." disse Ashton, sentendosi già un po' vuoto.

"Buonanotte, Ash." disse Luke, poi si abbassò leggermente e posò un bacio sulla guancia di Ashton. 

Lo aveva appena sfiorato, eppure era bastato ad accendere il mondo di Ashton mentre Luke usciva dalla porta.

x

Ashton si sentiva piuttosto stordito. Era appoggiato contro alla porta e fissava la finestra. Luke se ne era andato da circa mezz'ora e adesso fuori era completamente buio, erano quasi le dieci. Non riusciva a vedere le stelle perché le luci di Londra risucchiavano tutto il loro splendore dal cielo, e per qualche ragione questo pensiero lo rese terribilmente triste. Sarebbe stata una bellissima notte. 

Continuava a ripercorrere la giornata appena trascorsa--Luke, solo, Luke, solo, Zayn, Luke, Luke, solo.

Luke.

Solo.

Luke.

Aveva baciato Luke.

Aveva voluto baciare Luke.

Ashton era fatto di sole e grandine, ed era così felice e triste che pensò di poter perdere la vista. Le emozioni erano dure, dure come diamanti.

We go where nobody knows, with guns--

"Pronto?" rispose senza pensarci, la voce piatta e senza controllare chi fosse.

"Ciao piccolino, come stai?"

Ashton impallidì e trattenne un lamento e gli venne la nausea e voleva piangere e contemplò l'idea di lanciare il cellulare contro la parete prima di rispondere. 
"Hey nonna, sto bene."

"Come va la scuola? I voti? Le ragazze? Stai ancora con quella ragazza di cui mi dicevi l'altra volta--Olivia, no?" La nonna di Ashton aveva settant'anni e nonostante la bassa statura, era una monumentale impicciona. Aveva la voce roca di un'ex fumatrice e i suoi occhi ingialliti erano davvero terrificanti. Con le sue lunghissime unghia dipinte e i suoi cortissimi capelli bianchi era probabilmente la persona più spaventosa sulla faccia della terra.

"Con la scuola tutto bene. Ho preso dei buoni voti, ma il trimestre è appena iniziato quindi non so molto. E..." Ashton ci pensò e soffocò un sospiro mentre mentiva, "Sì. Olivia ed io andiamo alla grande." 

"Fantastico, piccolo. Vai sempre a messa ogni Domenica? E hai fondato un gruppo scout da co-dirigere? Lo adoravi quand'eri qui. Quei ragazzi mi chiedono sempre di te."

Ashton rabbrividì al pensiero. Non entrava in una chiesa da quando era tornato dalle vacanze estive 5 mesi prima.

"Sì, vado sempre a messa. E non ho fondato un gruppo scout , ma la mia parrocchia ha organizzato un progetto musicale e io sto dando una mano con le percussioni. Abbiamo una specie di gruppo della chiesa." 

Questo era parzialmente vero--una volta a settimana andava in una comunità ad insegnare musica ai bambini con difficoltà economiche, ma di sicuro non aveva niente a che vedere con la chiesa.

"Mh" mugugnò la nonna di Ashton in segno di disapprovazione. "Non mi sembra una cosa molto cattolica. Sicuro che non sia una chiesa battista?"

"Sì, nonna, sono sicuro."

"Bene. Non dovresti frequentare quel tipo di persone." disse sua nonna.

"Chi? Quelli che hanno convinzioni diverse dalle nostre?" chiese ingenuamente Ashton esasperato.

"Ho sentito che stanno pensando di accettare i gay nelle loro chiese! Pensa un po'! Tanto vale maledire l'intera congregazione!"

Ashton pensò sul serio di vomitare.

"Anche il cattolicesimo permette ai gay di frequentare la chiesa, nonna. Lo sai, vero?" Disse lui, cercando di rimanere calmo.

"Oh, piccolino. Solo in teoria. Siamo più forti, noi. Non gliela faremo mai passare liscia." Ashton voleva scomprarire. 

"Devo andare. Ciao."

"A pres--," Ashton attaccò prima che avesse la possibilità di finire e non si mosse per il resto della serata. 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 1.9 ***


E allora, non sarà facile. Anzi sarà sicuramente molto difficile, e dovremo lavorarci ogni giorno. Ma io voglio farlo, perché io voglio te. Io voglio tutto di te, per sempre.”
-Nicholas Sparks


But you're like the net under the ledge
When I go flying off the edge
You go flying off as well.”
-OneRepublic'Something I need'

 

-Luke

 

Quando Luke tornò a casa era mezzanotte e Calum era ancora sveglio.

“Cal?” chiese entrando, lasciando le chiavi sul bancone della cucina. “Ci sono due possibili opzioni: la prima è che tu ti sia improvvisamente appassionato alle repliche di Doctor Who e la seconda è che è successo qualcosa e non riesci a dormire. Che è successo?”

“Mi ha chiamato tuo padre.” disse Calum.

“Perché ha chiamato te?” chiese Luke, sedendosi sul divano di fianco a Calum. “Perché non ha chiamato me? Ha il mio numero—,”

“Non vuole più che io viva con te.” disse Calum, lo sguardo fisso sulla tv. “Vuole che vada via entro Martedì.”

Luke si sentì come una stoffa sintetica immersa nella candeggina; come se si stessa strappando e dissolvendo nel veleno.

Che?” chiese Luke, anche se non era una vera e propria domanda, più come un'affermazione privata di ogni sentimento. “Perché?"

“Presumo abbia chiamato mia madre. Allora lei gli avrà detto che ho lasciato l'università, poi ha guardato i tuoi registri e ha visto che quest'anno non stai facendo gli A levels.” disse Calum, “E per completare il quadretto, era appena ritornato al suo appartamento a New York dove aveva trovato l'avviso dall'ospedale di quando hanno dovuto metterti quei punti sul gomito. Ha telefonato per sapere cosa fosse successo e gli hanno detto che avevi portato in braccio il tuo amico che rischiava il coma etilico e che avevi sbattuto il braccio contro la barella quando l'avevi messo giù. Sembravano esserne molto felici. Gli hanno detto che hai salvato una vita.”

Calum rise amaramente e Luke cercò di non affogare.

“Io—,” Luke si bloccò e respirò profondamente.

“Già. E mi incolpa di tutto. Dice che sono una cattiva influenza. E non vuole più che tu viva con me.”

Il silenzio nella stanza divenne opprimente.

“Beh,” disse Luke dopo qualche secondo. “Può andare a farsi fottere.”

“Ha ragione, però.” disse Calum, la voce rotta e la schiena piegata in avanti come se non avesse la forza di tirarsi su e questo spezzò il cuore di Luke a metà. “Probabilmente saresti riuscito a fare gli A levels avanzati se non avessi dovuto lavorare, e non ne avresti avuto bisogno se avessi avuto un appartamento più piccolo che avresti potuto permetterti con i soldi che ti manda tuo padre. E Luke, ti ho fatto passare le pene dell'inferno con la storia dell'alcolismo, e Dio solo sa quanto ho sbagliato a lasciare l'università. Non è che io abbia ottenuto granché con la musica, no? Un pub infondo alla strada? Non è esattamente il Madison Square Garden.”

“Non voglio stare senza di te.” gli disse Luke candidamente. “E non lo farò.”

“Dovresti.”

“Sei la sola persona che sia sempre stata lì per me, Calum.” gli disse Luke. “Me ne fotto di quello che dice mio padre. Facciamo le valigie ed entro martedì saremo entrambi fuori di qui.”

Calum iniziò a piangere, seppur sorridendo.

 

X

Impacchettarono tutto, che non era un granché, in realtà. Per la maggior parte erano vesititi, più qualche chitarra, una tastiera, le coperte, il cuscino preferito di Luke e il loro divano. Sabato sera, Calum restò sveglio fino alle 4:30 del mattino alla ricerca di un appartamento e ne trovarono uno piuttosto piccolo, ma che sarebbe andato bene. Era sopra ad una pasticceria ed aveva una piccola stanza con un magazzino che avrebbero potuto usare come seconda stanza.

Domenica trasportarono le loro cose ed incontrarono la padrona di casa, Martha, una signora bionda sulla cinquantina che parlava svelta e aveva un fiocco giallo nei capelli, perché era appena tornata dalla chiesa.

“Duecentosettanta sterline al mese ragazzi e non pagate in ritardo non mi piacciono i ritardatari mi bastano i miei impiegati voglio che siate puliti e poco rumorosi e rispetterò la vostra privacy quindi non verrò a curiosare tra le vostre cose ecco le chiavi andate all'università?” disse la donna senza riprendere fiato.

“Farò alcune materie il prossimo semestre.” annunciò Calum e Luke lo guardò a bocca aperta per un istante. Calum scosse le spalle ed arrossì.

“Ed io inizierò gli A levels avanzati.” disse Luke. “Se me lo permetteranno.”

Martha annuì. “Bene ragazzi fatelo non è bene non avere un'istruzione adesso vado questo è il mio numero se doveste avere bisogno di me non esitate a chiamarmi. Buona giornata.”

“Anche a lei.” disse Luke e Calum la salutò con un cenno mentre se ne andava.

“Università?” Luke chiese a Calum.

“A Levels?” chiese Calum di rimando.

Luke sorrise. “Non è bene non avere un'istruzione, sai. E tu? Pensavo odiassi l'università.”

“Ci andrò perché l'ho deciso io, non perché qualcuno me l'ha imposto.” gli disse Calum. “E comunque non è che mi laureerò, voglio solo seguire qualche lezione.”

Luke annuì e si sentì felice come non si sentiva da tanto.

 

X

“Vado a fare la spesa, vuoi qualcosa?” gli chiese Calum la domenica sera. Luke scosse la testa.

“No grazie. Prendi qualcosa per la colazione, però.”

“D'accordo, a dopo.”

“A dopo.”

Luke rimase seduto al buio dell'appartamento. Non avevano lampadari, quindi la luce proveniva soltanto dalle lampade che avevano comprato. Non era male, però. Era rassicurante.

Luke sentiva la mancanza di Ashton. Non lo vedeva da quasi 24 ore, e per quanto potesse sembrare patetico, la cosa lo stava distruggendo.”

Quindi lo chiamò.

“Pronto?” Aveva la voce impastata, forse stava dormendo. Luke lasciò che il suono lo avvolgesse, perché era grave e lenta e oh, Dio, non gli sarebbe dispiaciuto svegliarsi col suono della sua voce per il resto della sua vita. Eh?

“Hey. Sono Luke.” disse Luke, sorridendo.

“Ciao, Luke.” disse Ashton, la voce un po' più limpida. “Mi sono addormentato alle sette e mezza.”

“Che razza di universitario sei?” gli chiese Luke fingendosi disgustato. “Non dovresti essere da qualche parte a far festa?”

“Non di domenica sera. E poi io non faccio festa.” Luke sentì dei rumori dall'altra parte della linea. Rumore di lenzuola. Luke ritornò con la memoria a tre sere prima, quando Ashton aveva passato la notte nel suo letto.

“Novità?” chiese Ashton quando il rumore cessò.

“Ho traslocato.” gli disse Luke, guardandosi intorno. “Vuoi venire a vedere il nostro nuovo appartamento?”

“Sempre con Calum? Certo.” rispose Ashton. “Dove?”

“A circa quattro isolati da te, a dire il vero. Sopra quella pasticceria dove siamo andati...ButterFlower?”

“Davvero?” Ashton sembrava piuttosto entusiasta. “Okay. So esattamente dov'è. Sarò lì in circa quindici minuti. Devo vestirmi.”

“Okay.” Luke sorrise.

“Ciao.” Ashton non attaccò.

“A presto.” disse Luke.

“Okay.” Ashton ridacchiò.

Ridacchiò.

Luke pensò di morire.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 2.0 ***


You've got a tendency in taking all your clothes off
Oh man hot damn you've got a body like ohh
You've got a part of me addicted to the moment
Oh man hot damn I've fallen hard like ohh
I like it.”
-We The Kings, 'I Like It'

 

-Ashton

“Scusa il ritardo, ho portato del cibo cinese.” Ashton aveva il volto arrossato per il freddo e per la felicità quando si sfilò la giacca nel corridoio del nuovo appartamento di Luke.

“Cibo? .” Luke sorrideva e guardava Ashton ed all'improvviso Ashton sentì molto caldo.

“Dunque...” disse Luke, guardandosi intorno, “Ecco qui. Più piccolo. Ma è carino e profuma sempre di caffè.”

“Il caffè ha un buon odore. Mi piace qui,” gli disse Ashton. Luke aveva dei pantaloncini da basket rossi che gli cadevano bassi sulla vita. Ashton cercò di distogliere lo sguardo. (Non poteva.)

Luke, fortunatamente, non ci fece caso. Stava mangiando pollo Kung Pow al bancone della cucina con le gambe a penzoloni. Era così adorabile da togliere il fiato e Ashton voleva più o meno saltargli addosso ma Luke voleva andarci piano, quindi Ashton sorrisesorrisesorrise perché Luke era la sua idea di perfezione.

“Yay. Dovresti venire spesso. Cioè—aspetta. Sì.” Luke arrossì leggermente. “Vorrei che tu...”

“Vorresti che io...cosa?” Ashton ghignò mentre si sedeva sul bancone accanto a Luke e prendeva un paio di bacchette dalla scatola.

“Vorrei che tu avessi voglia di passare del tempo con me. Credo.” disse piano Luke, come se fosse spaventato.

“Io voglio.” gli disse piano Ashton, perché era spaventato. Non da Luke, ma da altre persone come sua nonna, e altre cose come il fatto che lei gli stesse pagando l'università.

“Yay.” Luke sorrise e Ashton stava nuotando in un oceano che era dell'esatta tonalità di blu degli occhi di Luke quand'era felice.

Mangiarono in silenzio per un po'. Ogni tanto Luke si ritrovava a canticchiare qualcosa, mentre Ashton batteva un ritmo con il piede, e il silenzio era piacevole finché non fu spezzato dall'apertura della porta d'ingresso.

“Lucas! Vieni e aiutami con la spesa!” disse Calum. Ashton riusciva a vedere solo la sua schiena, visto che aveva aperto la porta con il gomito.

“Cazzo Calum, sicuro di aver comprato abbastanza cibo?” Luke rise e corse da lui, prendendo qualche busta.

“Vuoi la cena o no?”

“No.”

Wow. Stavo per prepararti quella cosa con il riso che ti piace tanto, ma a quanto pare non mi apprezzi abbastanza da meritarlo.” Calum fece il broncio e si voltò “Oh, ciao. Ashton?”

“Sembrate una coppia spostata.” Fece notare Ashton. “Ciao.”

“Abbiamo già la cena. L'ha portata Ash.” disse Luke, riponendo un cartone di latte nel frigo. “Cos'è quella cosa con il riso che mi piace?”

“Quella cosa spagnola: non lo so. Magari siamo spostati, Ashton. Sei geloso?” Calum sorrise ammiccante e prese un paio di bacchette e Ashton si sentiva al posto giusto.

“Cal, non fare il cattivo. Ashton mi piace.” disse Luke da dietro allo sportello, seppellito da dieci diversi tipi di pasta.

Ashton sorrise. Gli piaceva.

“Chiudi il becco, Luke. Lo stai facendo arrossire.” Calum sorrise quasi solennemente ad Ashton, che arrossì ancora e guardò in basso. E poi alzò il dito medio.

“Ma lo sai,” cominciò a dire Luke, spuntando da dietro al bancone, “cosa sarebbe meraviglioso?”

“Hm?” chiese Calum cercando di rubare del riso dalla scatola di Ashton.

“Se te ne andassi.” disse Luke, afferrando Calum per le spalle e spingendolo verso la porta.

“Perché? Perché? E' una serata romantica? La serata romantica del piccolo Lukey?” Calum rise mentre Luke gli lanciava addosso la giacca e lo spingeva verso il pianerottolo. “Romantica romantica romantica romantica romantica?”

“Sta' zitto. Vai a pomiciare con Niall o qualsiasi cosa facciate in quel buco del suo appartamento.” anche Luke rideva e Ashton vide chiaramente quanto si volessero bene dal modo in cui Calum diede un buffetto affettuoso a Luke.

“Non siamo tutti gay, Luke. Ciao, Ash! E' stato un piacere riv—,” Calum fu interrotto quando Luke gli sbatté la porta in faccia. Si voltò e guardò Ashton, ancora sorridendo, e anche Ashton stava sorridendo, e per un po' apprezzarono in silenzio i loro sorrisi.

“E così...quello era Calum.” disse infine Luke.

“Piccolo Lukey?”

“Se mi chiami così ti distruggo.”

“E' una serata romantica?” chiese Ashton.

Luke si dondolò un po' a disagio. “Insomma, non doveva esserlo, ma...cioè, se tu...se, lo sai, se vuoi che lo sia...allora, forse?”

Luke, pensò Ashton, era l'unica persona al mondo che riuscisse ad essere sexy con le guance dello stesso colore dei suoi pantaloni da basket.

“Okay.” disse Ashton. “Ho un'altra domanda.”

“Spara.” disse Luke, facendo un paio di passi avanti. Ashton sentì un formicolio nelle ginocchia per la non-esattamente-vicinanza di Luke.

“Siamo...gay?” chiese Ashton, la voce leggermente strozzata. “O tipo, bisessuali? O non so cosa.”

“Beh...” iniziò a dire Luke, deglutendo. “Insomma, io ti piaccio? Tipo, piaccio piaccio?”

“Sì.” disse Ashton senza esitare, perché era piuttosto sicuro che fosse ovvio.

“Sicuro?”

“Sì.”

“Come fai a saperlo?” Luke sembrava spaventato. Ashton si sentiva coraggioso.

“Perché fai andare il mio cuore fuori tempo, e mi piace. E quando mi tocchi mi sento come se stessi fluttuando e mi stessi frantumando. E a volte voglio baciarti così tanto che penso che potrei spezzarmi in due, e anche se sembra che io mi stia frantumando, mi sto frantumando per te e quindi va bene. Voglio frantumarmi per te.”

Ashton trasse un respiro profondo e guardò Luke che aveva l'aspetto di uno che aveva appena assistito alla seconda venuta di Cristo.

Silenzio

Totale

“Quindi...ecco come faccio a sapere che mi piaci.”

“Stupendo. Tu sei stupendo.” disse Luke, lontano un metro e mezzo da lui.

Ashton sorrise.

“La gente non mi dice cose del genere.” disse Luke, lontano un metro da lui.

“Dovrebbero.”

“Anche tu mi piaci. Un sacco.” disse Luke, lontano mezzo metro da lui.

“Bene. Altrimenti sarebbe stato un po' imbarazzante.”

“Frantumiamoci insieme.” sussurrò Luke, lontano nessun metro da lui.

Ashton annuì.

Luke lo baciò.

Luke lo baciò.

Luke lo baciò e fu gentile forte bello. Ashton si sporse in avanti, attirando Luke a sé in modo che fosse pressato contro al bancone su cui era seduto Ashton. Le mani di Ashton gli carezzavano il volto, tracciando la linea dei suoi zigomi con il pollice mentre le loro labbra si scontravano disordinatamente perché la tecnica non era qualcosa su cui avevano avuto l'opportunità di lavorare.

Lingue. Ashton non aveva mai pensato a quanto fossero sottovalutate le lingue finché non conobbe quella di Luke che adesso stava sfiorando la sua. Le lingue erano probabilmente la ragione per cui esistevano gli esseri umani. Probabilmente qualcuno aveva inventato le persone solo perché potessero avere delle lingue, perché le lingue erano davvero davvero davvero fantastiche e

Oh

Dio

Luke stava mordendo il labbro inferiore di Ashton e stava facendo scorrere le mani lungo i suoi fianchi e lo attirava vicinovicinovicino e Ashton strinse le gambe attorno a Luke e Luke Luke Luke

gemette.

La vista di Ashton si appannò

E aveva caldo.

Ashton tracciò una scia di baci sul collo di Luke ed esplorò i suoi fianchi e morse leggermente le sue clavicole.

Luke scattò in avanti quando i denti di Ashton incontrarono le sue clavicole e le sue mani si irrigidirono sulla sua schiena. Erano vicini. I loro corpi erano l'uno contro l'altro ed Ashton non sapeva più dove finisse Luke e cominciasse lui.

“La maglia—,” Luke sobbalzò, guardandolo con gli occhi accesi e il volto arrossato. “Posso toglierti la maglia?”

Ashton annuì e rise un po' della formalità di Luke, ma la sua risata si trasformò in qualcos'altro quando Luke disegnò delle figure astratte lungo il suo addome, prima di sollevargli le braccia e sfilargli la maglietta. Lo guardò per un attimo, gli occhi blu pieni di passione e le labbra rosse, prima di abbassarsi e baciare le spalle di Ashton.

“Merda, sei perfetto.” mormorò. Ashton attirò Luke dalla maglia, che andò presto a fare compagnia a quella di Ashton sul pavimento. Allora Ashton decise di depositare un bacio sul cuore di Luke prima di poggiare il petto ed altre cose contro di lui.

La pelle di Luke era morbida.

Mentre le loro labbra si univano nuovamente, Ashton lasciò scorrere le sue mani lungo la schiena di Luke e Luke rabbrividì e ad Ashton piaceva tantotantotanto.

Le mani di Luke, che prima erano state sulle spalle di Ashton, si spostarono sui suoi fianchi, per poi scorrere lungo il bordo dei suoi jeans. Senza che se ne rendesse conto, il corpo di Ashton sobbalzò in avanti e contro Luke e per un attimo smisero di respirare perché quel contatto era paradisiaco.

“Cazzo,” gemette Ashton contro il collo di Luke.

“Dio, Ashton, mi stai già frantumando.” sussurrò Luke fra i capelli di Ashton.

“Anche tu. Baciami.” Ashton lasciò una scia di baci umidi lungo il collo di Luke.

“Okay.” Luke si mosse contro Ashton e lo attirò a sé e il loro tutto fu tantotantotanto a contatto e lo baciò e lo baciò e lo baciò finché entrambi non ebbero il respiro affannato e tutto era leggermente fuori controllo e Ash ricordò vagamente di avere un test alle sette e mezza della mattina seguente.

“Merda.” gemette ancora mentre Luke si muoveva contro di lui, solo quattro strati di stoffa a separarli. E poi, “Merda!”

“Non...mi sembra un buon segno.” Luke cercò di riprendere fiato mentre guardava Ashton, i suoi occhi pieni di confusione ed eccitazione insieme. “Ho fatto qualcosa di male?”

“No.” Ashton sbuffò e scosse la testa, cercando di liberare la mente. Ma era piuttosto difficile con Luke in piedi in mezzo alle sue gambe, il sesso in persona, e che parlava con la voce affannata e il volto paonazzo. “Devo solo— devo alzarmi prestissimo domani e si sta facendo tardi e non voglio andarmene perché—,”

“Oh.” disse Luke dopo un secondo. “Okay. Devi andare a casa?”

“Sì.” disse Ashton, delusione color caffè nella sua voce. “Sì. Penso sia meglio.”

“Okay.” Luke ghignò e gli si avvicinò, poi posò un bacio alla base del suo collo. “Hai delle belle spalle. Andiamo, ti accompagno.”

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 2.1 ***


Wendy, run away with me
I know I sound crazy
Don't you see what you do to me?
I want to be your lost boy
Your last chance
A better reality”
-All Time Low, 'Somewhere in Neverland'

 

-Luke

 

Ciò di cui Luke aveva bisogno era una bella doccia fredda per darsi una calmata, ma ciò che Luke voleva era accompagnare Ashton al campus, quindi si mise addosso dei vestiti più pesanti e cercò di pensare a delle tette cadenti e a dei vecchietti col catarro.

Quando tornò nel salotto, Ashton si stava mettendo la giacca. Aveva i capelli scombinati e le guance ancora arrossate, e a Luke non veniva in mente qualcosa di più perfetto di così.

“Pronto?” gli chiese, sorridendo e indossando un berretto. Ashton annuì.

“Sì, sì. And—non devi accompagnarmi per forza, Luke.”

“Non devo. Voglio, però.” Luke scosse le spalle. “Adesso andiamo, così potrai prendere un bel voto domani.”

Ashton disse qualcosa sottovoce mentre si avviavano verso la porta.

“Che hai detto?” chiese Luke.

“Niente.”

“Dai, Ash.”

“Ho detto, 'improbabile'.” gli disse Ashton, con un pizzico d'amarezza.

“Cosa? Prendere un bel voto?”

“Sì.”

Luke fece una smorfia. “Che materia è?”

“Storia. Storia della musica, in realtà. È assurdo, perché nonostante io sappia suonare praticamente ogni strumento esistente, non è abbastanza per laurearsi in musica. Devi conoscere tutti questi compositori e le note di apertura delle loro opere e non fa proprio per me. Io non— non ci riesco.” Balbettò Ashton, frustrato.

Luke allungò una mano e nel buio afferrò la sua, intrecciando le dita con quelle di Ashton, che gli rivolse un sorriso sbilenco.

“Posso aiutarti a studiare.” disse Luke a bassa voce. “Posso aiutarti. Possiamo preparare, tipo, dei promemoria.”

“Luke, no.”

“Perché no?”

“Non devi.” gli disse Ashton. Erano circa a metà strada, e il freddo si era insinuato nella giacca di Luke. Rabbrividì ed aumentò il passo.

“Non devo fare niente, Ash. Io voglio. Voglio aiutarti perché così posso passare un altro po' di tempo con te, ed è l'unica cosa di cui mi importa.” gli disse Luke, e riuscì a vedere il bianco argenteo del sorriso di Ashton che spezzava il buio.

“Sul serio?” chiese Ashton a bassa voce, il sorriso ancora sulle labbra.

“Già.” gli disse Luke. “Sul serio.”

 

-

 

“Okay, di chi è il Canone?”

“Di Pachelbel.” rispose Ashton esausto.

“In?”

“Notoriamente ed originariamente in Re, poi trasposto in tutte le cazzo di tonalità del mondo.”

“Esatto!” esclamò Luke. “Eviterei l'ultima parte, però. Che ore sono?”

“Sono...” Ashton tirò fuori il cellulare dalla tasca e gli occhi di Luke scivolarono sui fianchi di Ashton, dove erano state le sue mani solo qualche ora prima e oh, Dio, Ashton lo faceva sentire come un temporale estivo, caldo ed elettrico e fuori controllo.

“L'una.”

“Eh?” Luke era avvolto dai suoi pensieri.

“L'ora. Mi hai chiesto l'ora.” gli disse Ashton.

“Oh—oh già.” disse Luke e poi si stiracchiò e cercò di sembrare meno distratto possibile. Ma era difficile con Ashton seduto di fronte a lui, assonnato e tenero e vulnerabile.

“Sono pronto per la nanna. Credo di saperne di più sullo stile di Tchaikovsky e di Frédéric Chopin di quanto non sappia su me stesso.”

“Adoro quando mi parli così.” Luke rise ed Ashton ghignò e si morse il labbro.

“Chiudi il becco. Grazie.”

“Quando vuoi, tesoro.”

“E se la smettessi?”

“E se dormissimo?”

“Sì.” disse Ashton. “Purtroppo il mio letto non è molto grande e tu sei piuttosto alto e c'è a malapena posto per uno—,”

“Non c'è problema, vado a casa.” gli disse Luke, cominciando ad alzarsi.

“Assolutamente no. C'è buio. Potresti essere stuprato da un barbone.”

Luke impallidì e rise. “Sono alto un metro e novanta, Ash. Non penso che un vecchietto malnutrito sarebbe capace di immobilizzarmi e strapparmi i vestiti.”

Ashton si bloccò per un attimo, prima di tossire e riprendere a parlare.

“Ti perderai.”

“Ci sono le indicazioni.”

“Avrai freddo.”

“Correrò.” promise Luke.

“Okay. Sì. No. Smettila.” disse Ashton, che poi si alzò e afferrò la mano di Luke prima che potesse raggiungere la porta.

“Cercavo di farti rimanere, ma a quanto pare dovrò chiederti sfacciatamente di passare la notte con me perché sei troppo stupido per vedere quanto io abbia bisogno che non mi lasci.” Ashton sembrò frustrato ed infastidito, ma Luke sorrise e sorrise e sorrise.

“Non voglio lasciarti. Resto.” disse Luke, sfilandosi la giacca e allontanandosi dalla porta. “Resto finché vuoi.”

“Io—sul serio? D'accordo.”

“Ti sorprende?”

“Insomma, no—io—sì, credo che—beh, no—le altre persone non—aspetta. Um Non so?” Ashton si sentì sollevato e Luke era un collage di coperte calde e matite nuove ed erba fresca ed altre cose belle.

“Sei adorabile.” disse Luke velocemente, come se avesse avuto paura di non dirlo se ci avesse pensato troppo.

Ashton arrossì.

Ashton aveva le fossette.

Ashton era stupendo.

(Stupendo?)

“Grazie per essere rimasto.” disse Ashton.

“Non vorrei essere da nessun altra parte.” Luke sorrise. “Adesso devi proprio andare a dormire. Hai un test domani e se non prendi almeno una B sarò piuttosto irritato.”

“Anche io. Puoi prender il letto.” Ashton stava ancora arrossendo e Luke non riusciva distogliere lo sguardo dalle sue guance abbastanza a lungo per concentrarsi su qualsiasi altra cosa nell'universo.

“No. No. Hai bisogno di dormire. Dormo sul pavimento.” disse Luke, prendendo un cuscino dal letto di Ashton. “Posso prendere in prestito i tuoi vestiti per dormire?”

“Uh, certo. Sì. Potrebbero starti un po'...grandi. Scusa.”

“Va benissimo. Sei—grazie.” Luke stava improvvisamente balbettando ed era arrossito, perché Ashton lo guardava e i suoi occhi erano pieni di scintille.

“Ecco.” Ashton gli passò dei pantaloncini da basket grigi. “Vado giù al bagno a cambiarmi. Tu puoi cambiarti qui.”

“O-okay.” Luke sorrise ad Ashton ed Ashton sorrise di rimando e poi Ashton se ne andò e Luke si cambiò ed improvvisamente si sentiva davvero, davvero stanco per tutto quel camminare e tutto quello stress e tutto quel baciarebaciarebaciare Ashton.

Luke era sul pavimento della stanza di Ashton quando la porta si aprì piano e Luke sentì dei passi leggeri. Le luci si spensero e il letto cigolò e Luke ascoltò il respiro di Ashton per qualche minuto.

Gli occhi di Luke si chiusero. L'aria era immobile. Ashton era a meno di un metro e mezzo da lui ed era felice e scomodo sul pavimento freddo e voleva che questo momento non finisse mai. Il suo cuore era giallo; felice e tiepido, e il suo corpo era pervaso da una sensazione sconosciuta.

Luke non sapeva quanto tempo fosse passato, quando sentì Ashton rigirarsi nel letto.

“Io,” Ashton sussurrò nella voce più leggera che Luke avesse mai sentito, “lo so che dormi, dolcezza. Non voglio svegliarti, ma vengo a sdraiarmi accanto a te, se ti va bene.”

Luke non si mosse. Luke non respirò. Luke era una foto incorniciata. Luke sentì il rumore delle lenzuola e il suo cuore batteva come un fuoco d'artificio mentre fremeva in attesa del tocco di Ashton.

Il pavimento scricchiolò appena quando Ashton si distese sul tappeto dietro a Luke. Tutto rimase immobile per una lunga serie di istanti e Luke non si era mai sentito così teso eppure così rilassato nello stesso momento.

Poi ci fu un braccio che attirò Luke contro un corpo caldo—il corpo di Ashton, e nessuno dei due indossava una maglietta e oh Dio—ed il palmo di una mano sul suo petto. Il respiro caldo di Ashton si scontrò con il suo collo come un vento estivo ed un sospiro gli sfiorò la pelle.

“Non riesco a dormire da solo al buio, Luke.” sussurrò Ashton come se la sua voce fosse fatta di petali di rossa secchi. “Ho tanta paura.”

Il cuore di Luke si spezzò.

“Ma tu mi fai passare la paura.”

Il cuore di Luke si fermò.

Un paio di labbra sfiorarono leggermente la sua spalla e Luke cercò di non rabbrividire.

“Anche tu hai delle belle spalle. Buonanotte, Luke.”

Il cuore di Luke esplose.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 2.2 ***


Oh give it a rest, I could persuade you
I'm not your typical stoned 18 year old
Give me a night I'll make you
I know you're looking for salvation in the secular age,
but girl I'm not your savior.”
-The 1975, 'Girls'

 

-Ashton

 

Ashton fu svegliato da Tighten Up dei The Black Keys. Le sette di mattina— troppo presto perché potesse apprezzare la canzone che usava come sveglia. Sollevò il cellulare e selezionò “spegni”, cercando di muoversi lentamente così da non disturbare Luke.

“Sveglia. Sveglia.” Luke sbadigliò assonnato e si girò verso Ashton, in modo che fossero petto contro petto respiro contro respiro vicini vicini vicini.

“Ciao.” disse Luke con gli occhi semichiusi e un sorriso adorabile e una mano poggiata sul fianco di Ashton. Aveva i capelli appiattiti su un lato della testa e il segno del cuscino sulla guancia ed era semplicemente stupendo.

E

e

all'improvviso, Ashton si stava innamorando di lui.

E successe velocemente e sorprendentemente e nel modo più ovvio e delicato, come se dello zucchero filato gli avesse pian piano riempito la cassa toracica e poi il cuore. Il petto di Ashton era come strappato, aperto e caldo e confuso e si rese gradualmente conto di quanto innamorarsi fosse in un certo senso doloroso.

“Hey,” rispose Ashton dopo troppi secondi.

“Hai gli occhi più belli del mondo.” Luke allungò una mano e gli carezzò la guancia. “Non so se lo sai, ma è vero. Sanno di primavera e felicità.” Ashton si beò del tocco delicato di Luke e si sentì magenta.

“Voglio baciarti.” disse al posto di grazie, e poi si avvicinò alla bocca di Luke e piano piano cercò di dirgli quello che aveva appena realizzato senza dire una parola.

Tutto quanto sembrò di cristallo per alcuni secondi, finché Luke si allontanò appena, sorridendo e scuotendo la testa.

Mm. Ha un test da superare, signor Irwin. Non possiamo mica lasciare che tutto quello studio vada sprecato.”

Ashton roteò gli occhi e si mise a sedere, e cercò di andarsene, ci provò sul serio, ma il suo sguardo era incatenato su Luke e gli ci volle un minuto intero a tirarlo via.

“Che c'è?” chiese Luke, tutto occhi blu e pelle chiara e labbra perfette perfette perfette.

“Niente. Solo che sei perfetto.”

 

X

 

Ashton si vestì ed uscì, dopo aver dato un bacio sulla mascella a Luke, perché aveva troppa fretta per prendere la mira. Andò all'università e fece il suo test e pensò al metallo freddo del piercing di Luke contro la sua spalla e rabbrividì.

Quando Ashton tornò al campus la sua stanza era vuota, proprio come si aspettava che fosse. Luke era di turno al negozio di musica ed erano già le 11:32. Si sedette ed ascoltò il silenzio e l'aura di Luke finché il suo cellulare non squillò.

“Pronto?”

“Io— wow. Non pensavo che avresti sul serio risposto.”

Ashton sbiancò.

“Liv?”

“A meno che tu non abbia altre ex stronze che devono chiederti scusa, sì. Sono io.” La sua voce era più delicata al telefono. Ashton rise leggermente.

“Ehm, ciao. Perché mi telefoni? Scusa, è solo che...”

“No. No, scusami. Pensi che—pensi che potremmo parlare? Magari? Ho delle cose da dirti e preferirei dirtele di persona.” Ashton riuscì ad immaginarsela che si mordeva le unghia come faceva sempre quand'era nervosa.

“Uh...non saprei—,”

“Ti prego, Ashton. Mi dispiace tantissimo.”

“Uhm.” Ashton ci pensò su un momento. “Okay.”

 

x

 

“Sì. Il—il biondo mi faceva sembrare un bebè prematuro. Quindi ecco, sono ritornata al mio colore.” Olivia gli rivolse un sorriso che Ashton ricambiò. Liv era bella -lo era sempre stata- con quegli occhi verdi leggermente a mandorla e la pelle liscia e dorata, ed era anche intelligente -aveva una borsa di studio per una qualche università privata al centro di Londra. Quando l'aveva incontrata aveva pensato che fosse perfetta.

Da allora, comunque, Ashton aveva ridefinito la sua idea di perfezione.

“Mm, allora, di cosa volevi parlarmi?” Ashton si sedette dal lato opposto della panchina, lasciando un metro di distanza tra lui ed Olivia.

“Sono stata una stronza.”

“Già.” ammise Ashton.

“E mi dispiace. È solo che—mh. Ti sembrerà orribile ma tu sei sempre stato una persona migliore rispetto a me, quindi spero che tu capisca. Okay?”

“Ci provo.” le disse Ashton.

“Okay. Okay. È che—,” Olivia stava balbettando. Ashton non l'aveva mai vista così, nei pochi mesi passati insieme. “Io sono...io pretendo molto. Okay? Sono abituata ad avere quello che voglio, quando lo voglio, senza discussioni. Sono stata viziata e questo aspetto del mio carattere ha preso il sopravvento sulla nostra relazione. Perché non mi davi quello che volevo. Volevo che mi volessi come io ti volevo ma non era così e non riuscivo a capire perché perché cercavo di in tutti i modi di essere esattamente quello che volevi e poi quel giorno non ce l'ho fatta più ed ero umiliata e frustrata e arrabbiata e ferita e sono andata fuori di testa e mi dispiace perché non era colpa tua, era colpa mia e—,”

“Wow, Liv, respira. Va bene. Ho capito, non c'è problema.” Ashton le sorrise appena e lei annuì, sembrava che volesse piangere. “Mi dispiace che tu abbia sentito il bisogno di cambiare per me.”

“È solo che—mi sentivo male per com'era finita e volevo chiarire. Perché sei un ragazzo fantastico, Ashton. Probabilmente il miglior ragazzo che io abbia mai avuto e lo davo per scontato perché per qualche ragione avevo bisogno di qualcosa di più. Non ho bisogno di qualcosa di più, Ashton. Non più. E se, se magari—,”

“Liv. Penso che tu sia meravigliosa, ma non torneremo insieme.” le disse chiaro e tondo Ashton, impedendole di dire qualsiasi cosa stesse per dire.

Olivia aveva l'aspetto di qualcuno a cui è appena stato dato un pugno nello stomaco. “Okay. Scusami. Mi dispiace.”

“No, Liv—non fare così, basta. Non è colpa tua. Giuro. Tornerei con te se—se—,”

“Se non avessi trovato qualcun altro?” chiese in una voce monotona, tirando fuori il cellulare per controllare che il trucco fosse apposto. Era appena sbavato agli angoli degli occhi.

“Beh...sì.” rispose Ashton, giocherellando con uno strappo nei suoi jeans. “Mi dispiace.”

Olivia lo guardò con un'espressione triste. “Va benissimo. Se lei ti rende felice...io—scusa. Voglio che tu sia felice.”

“Uh—beh, non è una lei, in realtà.” disse Ashton arrossendo leggermente.

“Oh. Oh.” Olivia strabuzzò gli occhi. “Allora tu e Zayn finalmente—?”

“Che? Io—no. No. No.” Ashton sbiancò e deglutì per liberarsi da quella sensazione di fastidio alla gola. Com'era possibile che tutti se ne fossero accorti tranne lui?

Olivia avvampò. “Scusa. Pensavo solo—pensavo solo che, visto come si comportava quando c'eri tu e il modo in cui ti guardava e poi eravate sempre insieme e lui mi odiava, anche prima che lo conoscessi—,”

Ashton scosse la testa e la interruppe. “Già. C'era una strana...uhm, sai una cosa? Lascia stare. Si chiama Luke.”

Olivia rimase in silenzio per un attimo e studiò la sua espressione.

“Ti piace davvero?”

“Sì.” disse Ashton convinto.

“Si vede.” disse Olivia, che poi sorrise e si alzò. “Sono felice per te. Sul serio. Se avessi bisogno di qualcosa, chiamami.”

“Ciao, Liv.”

“Ciao, Ashton.”

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 2.3 ***


"I'm so sick
Infected with where I live
Let me live without this
Empty bliss
Selfishness."
-Flyleaf, 'I'm So Sick'

 

-Luke


 

"Luke! Sei--sei a casa!" balbettò Calum, affannato e rosso in volto quando Luke entrò nell'appartamento. 

"Non essere così sorpreso. Vivo qui, ricordi?" Luke era ancora raggiante perché Ashton, Ashton l'aveva toccato e l'aveva baciato e nonostante fosse passata un'ora dall'ultima volta che si erano sfiorati, Luke non era ancora riuscito a diluire la felicità che gli nuotava nelle vene. 

"Io--Sì, lo so. Dove sei stato?" gli chiese. Ora che Luke lo osservava meglio, Calum aveva proprio una pessima cera. 

"Ho dormito da Ashton. Ti senti bene? Non sembri molto in forma." disse Luke, una preoccupazione azzurra nella voce.

"Sto bene. Benissimo. Da Ashton? Andate come un treno, eh?" Era chiaro che Calum non avesse dormito, a giudicare dalle occhiaie scure che davano l'impressione che avesse fatto a pugni con qualcuno.

"Okay, mamma." Luke roteò gli occhi, cercando di alleggerire l'atmosfera tempestosa che sembrava tormentare Calum. Al posto del sorriso che Luke si aspettava di ricevere, Calum impallidì.

"Luke--,"

"Penso che dovresti saltare il lavoro e dormire un po' oggi. Stai da schifo, senza offesa." disse Luke, mentre la preoccupazione gli scavava delle linee sulla fronte. "Ci penso io a coprirti."

"Mi sento uno schifo, in effetti. Luke, devo--," iniziò a dire Calum, ma Luke scosse la testa e lo interruppe.

"Qualsiasi cosa tu debba dirmi può aspettare. Devo prepararmi per andare al lavoro, e tu devi andare a dormire. Vai a sdraiarti, io mando un messaggio a Sonja per dirle di dire al capo che stai male." 

Calum sembrava voler controbattere, ma annuì e andò nella sua stanza, i pugni stretti attorno ai lembi della sua maglia, qualcosa che faceva sempre durante i temporali o sulle montagne russe o in altri momenti in cui era terrorizzato.

Terrorizzato da cosa? Si chiese Luke mentre entrava nella doccia.

x

Il negozio di musica era vuoto e Luke ebbe molto tempo per preoccuparsi per Calum e pensare ad Ashton e sperare di riuscire a fare gli A levels avanzati. Giocherellava con uno strappo dei suoi jeans, desiderando che il suo cellulare non fosse scarico. 

C'era anche la storia di suo padre.

Non gli parlava da circa un mese, non gli aveva nemmeno detto di aver traslocato. Luke non pensava se lo meritasse. Suo padre si era allontanato da tanto tempo, ma cercare di portargli via Calum era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

L'anno prima in quel periodo erano felici-- lui e la sua famiglia. Suo padre era il direttore generale di una grande catena di negozi e sua madre insegnava matematica alla scuola secondaria che lui stesso frequentava e Calum si era appena trasferito da loro e vivevano in una grande casa chiassosa con Ben e Jack che viveva a soli tre isolati di distanza e c'erano sempre risate e musica e tutto era...normale.

Ovviamente, non era tutto rose e fiori: Calum si era dovuto trasferire da loro dopo essere stato cacciato di casa, ma la famiglia di Luke lo adorava e aveva lasciato che prendesse la vecchia stanza di Jack. E Ben, che avrebbe dovuto avere una vita sua, era ancora a casa perché aveva messo incinta la sua ragazza quando avevano 17 anni e poteva a malapena permettersi il mantenimento. E poi c'erano le pressioni dei superiori del padre di Luke, che volevano che si trasferisse a New York per potersi occupare meglio della compagnia.

Ma andava comunque bene. Erano comunque felici. Erano ancora una famiglia.

E poi, il 19 Febbraio 2013, la madre di Luke era andata al supermercato e non era più ritornata.

Si era comportata in maniera strana per tutta la settimana, Luke se lo ricordava. Aveva cucinato lo stesso piatto per tre sere di seguito -bistecca, che non aveva mai preparato- e se ne andava in giro come se fosse sottacqua; di soppiatto e a rallenty e fermandosi per riprendere fiato.

E dormiva tanto. Dio, dormiva davvero tanto, era quasi arrivata in ritardo al lavoro due volte.

Luke se la ricordava, la mattina in cui la sua mamma se n'era andata: era un sabato ed era rimasta sveglia fino a tardi la sera prima, a correggere compiti. Essendo un venerdì, Luke lo aveva trovato strano. Quando era arrivata a casa alle undici, lei gli aveva detto che voleva farlo subito così da poter passare un po' di tempo con la sua famiglia nel fine settimana. 

E lui aveva sorriso e l'aveva abbracciata, le aveva detto che andava bene, che non c'era nessun problema, che capivano.

Merda.

Tre ore prima di andarsene, aveva svegliato Luke alle sette e mezza e gli aveva detto di scendere ed aiutarla a preparare la colazione. Insieme avevano fatto i pancakes e le uova e il bacon, e il padre di Luke era sceso in cucina alle otto e aveva fatto colazione e le aveva dato un bacio sulle labbra prima di uscire per andare a fare una corsa. 

Alle nove, avevano dato una pulita alla cucina.

Alle nove e mezza, avevano guardato i cartoni animati con Ben e Calum.

Alle dieci, Jack era passato a lasciare il suo Yorkshire perché se ne prendessero cura, visto che sarebbe partito per un weekend romantico con Suzu, la sua ragazza dell'epoca.

Alle dieci e un quarto, la madre di Luke gli aveva chiesto come si chiamassero i brownies con il cioccolato bianco. Lui le aveva detto che si chiamavano blondies. Lei aveva sorriso e aveva cercato la ricetta su Google. 

Alle dieci e mezza, era uscita a fare la spesa per comprare gli ingredienti, gli aveva dato un bacio sulla guancia e l'aveva salutato. 

Non era più ritornata.

Fu dopo tre ore che tutti cominciarono a disperarsi, ma dovettero aspettarne otto prima di poter denunciare la scomparsa. E quando finalmente lo fecero, dopo ore ed ore di attesa, una voce al telefono annunciò che Elizabeth Hemmings non era scomparsa, era al sicuro ed era tutto ciò che potevano dire. 

Tutti quanti piansero.

Luke pianse fino a star male per una settimana, mentre Calum cercava di tenerlo insieme nonostante lui stesso stesse cadendo a pezzi e tutti tutti tutti si frantumarono e si spaccarono e non riuscivano a smettere di chiedersi perché

La casa fu muta per tanto tempo.

Poi Jack si trasferì.

Poi Ben si trasferì.

E poi erano passati sette mesi e Calum era all'ospedale a fare una lavanda gastrica e il padre di Luke era troppo distrutto e ferito per dire addio mentre se ne andava da quella che un tempo era stata una casa felice, la valigia in una mano e una busta piena di sterline per Luke nell'altra.

E Luke era rimasto da solo con un alcolizzato in preda alla depressione ed un appartamento nuovo di zecca da riempire con una vita che non aveva. Onestamente, aveva desiderato di morire, ma non poteva fare questo a Calum. Non l'avrebbe fatto. 

Non aveva mai detto a nessuno di quella sera, con le pillole, seduto nella vasca da bagno vuota. Non aveva mai detto a nessuno di aver tolto il tappo e di essersene  versate diciassette sul palmo della mano. 

Non aveva mai detto a nessuno di quanto si fosse avvicinato all'oblìo.

Ma poi Calum l'aveva chiamato dalla cucina e gli aveva detto che stava cercando di preparare una zuppa e che il brodo era finito tutto per terra e che per favore potresti aiutarmi a pulire?

E Luke aveva sorriso. Perché non era poi tutto così terribile. 

Allora le aveva rimesse a posto e si era sciacquato la faccia ed era andato ad aiutare il suo migliore amico, che l'aveva guardato da capo a piedi e l'aveva abbracciato, lasciando che piangesse contro il suo petto.

Tutti sapevano che Luke aveva salvato la vita di Calum, ma nessuno sapeva che anche Calum aveva savato Luke.

Ed è per questo che quando il padre di Luke si era ricordato della sua esistenza dal suo sfarzoso ufficio new yorkese, dove probabilmente stava cercando di dimenticare quello che era successo intrattenendosi con donne più giovani e ingurgitando antidepressivi, Luke non aveva riflettuto un attimo prima di decidere se deludere le sue aspettative o abbandonare il suo migliore amico. Perché suo padre non era la sua famiglia, non più. Non da undici mesi a questa parte. Calum era tutto ciò a cui potesse aggrapparsi. L'unico pezzo rimasto di quello che c'era prima.

E gli stava bene. Non gli serviva altro. Era andato avanti, o almeno ci stava provando, ed era felice perché aveva dei buoni amici e aveva Ashton e sarebbe tornato a scuola e sarebbe andato tutto bene.

Sarebbe andato tutto bene.

x

"Ti senti meglio?" aveva chiesto Luke quand'era tornato a casa. Calum scattò sul divano, come se fosse sorpreso. Si voltò e lo guardò con gli occhi spalancati.

"Luke! Uh--ciao."

"Ti comporti in maniera strana, Cal. Stai bene? Vuoi andare dal dottore? Hai riposato oggi?" gli chiese Luke, studiando l'espressione sul suo volto.

"Luke, non sono malato. Devo dirti una cosa. Il fatto è che-- ieri sera, quando eri da Ashton, sono andato al supermercato e ho-- ho visto,"

"Hai visto?" 

"Tu--Luke, tua--,"

Calum fu interrotto dallo spalancarsi della porta del bagno. Una donna entrò nella stanza, tutta capelli biondi e occhi blu e i suoi stessi zigomi e

e l'aria abbandonò i polmoni di Luke che stava soffocando soffocando soffocando--

"Mamma?"

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 2.4 ***


They say before you start a war,

you better know what you're fighting for.

Well baby, you are all that I adore,

if love is what you need, a soldier I will be.”

-The Cab, 'Angel with a shotgun'

 

 

-Ashton

 

“Hey, sono Michael. Visto che non ti ho risposto, probabilmente mi stai sul cazzo e/o sei la mia ex. Se sei la mia ex, spero tu abbia una malattia allo stadio terminale. Se invece sei qualcun altro, sappi che ascolterò il tuo messaggio solo per liberarmi di quell'odiosissimo simboletto rosso sul mio cellulare.”

Ci fu un beep e Ashton riagganciò, reclinando la testa leggermente mentre sedeva in un café. Aveva cercato di contattare Zayn almeno quattro volte perché potessero incontrarsi, ma non aveva ricevuto alcuna risposta. Allora aveva deciso di chiamare Michael, nella vana speranza che forse magari Zayn avesse il cellulare rotto oppure scarico.

Guardò di fronte a sé, guardò il caffè che aveva ordinato per Zayn. Stava diventando freddo. E poi guardò di nuovo e vide una mano pallida e affusolata che sollevava la tazza.

Ecco che finalmente torni sulla terra, ciao. Zayn non vuole vederti. Dice che non è arrabbiato ma che fa troppo male. Quindi smettila di riempirlo di messaggi.” gli disse Michael, bevendo un sorso di caffè per poi fare una smorfia. “Che schifo.”

“Io—uhm, da quanto tempo sei lì?” Ashton era ancora sorpreso dopo l'improvvisa apparizione di Michael, che lo stava fissando con quei suoi occhi maledettamente verdi mentre beveva un altro sorso di caffè.

“Circa quaranta secondi—comunque da troppo perché tu non ti accorgessi della mia presenza. Che hai per la testa? Stai già fantasticando su come sarebbe Luke—,”

“Gesù, chiudi la bocca. Dio. No. Ti ho chiamato appena prima che arrivassi.” disse Ashton, cercando di formulare pensieri bianchi in modo che il sangue che gli era affluito alle guance se ne ritornasse da dov'era venuto.

“Lo so. Ma ti avevo già visto da lontano quindi ho pensato, perché rispondere? E poi tu mi stai sul cazzo, quindi dovevo rimanere fedele al mio messaggio di segreteria. Mi ha aiutato Zayn a scriverlo, sai? Ci sa proprio fare con le parole. Dovresti vedere tutte le poesie attaccate sul frigo, le ha scritte nelle ultime 72 ore. Sono disgustosamente—beh, belle, ma per lo più solo disgustose. Parlano tutte di cuori spezzati e metafore sanguinolente e vene scoppiate e roba simile—,”

“Michael.” sbuffò Ashton, coprendosi il volto con le mani.

“Qualunque cosa tu debba dirmi conservala per Luke. Io non sono di quella sponda e anche se lo fossi di certo non starei mai con te perché a me importa dei sentimenti di Zayn e sono certo che se dovesse soffrire ancora di più di così probabilmente gli verrebbe un infarto. Questo caffè è terribile.”

“Smetti di berlo, allora.” disse Ashton, improvvisamente esausto e stufo di Michael. Stufo di tutti quelli che giudicavano senza sapere. Louis e Michael e sua nonna perché lui stava facendo del suo meglio per non distruggere tutto, ma continuava a succedere.

“Preferisco continuare a lamentarmi. Sai, bere un caffè amaro è un po' come amare qualcuno che non ti ricambierà mai. Oh, aspetta, quella non è la mia vita, è quella di Zayn—,”

“Sai cosa, Michael?” disse Ashton all'improvviso e ad alta voce e senza paura nel café deserto. “Quella è la tua vita. Già, e il caffè non è amaro, tu lo sei. Perché la tua ragazza ti ha tradito e tu sei il solito ragazzino ricco, così abituato ad ottenere tutto ciò che vuoi che adesso che non sei riuscito ad avere lei mi stai usando come punching ball per le tue frustrazioni.”

“Io non sono amaro—,” cercò di dire Michael, le guance dello stesso colore delle pesche mature.

“Sì, invece. Lo sei, e sei anche falso perché non te n'è mai fottuto un cazzo di Zayn finché la tua ragazza non è andata a letto con Liam. Non c'eri mai in quell'appartamento e quando c'eri o dormivi o facevi sesso e nemmeno vi parlavate e gli rispondevi sempre male quando c'ero io e ora—,” Ashton fece una pausa, praticamente fremendo dalla rabbia, “Ora hai anche il coraggio di far finta di essere una specie di Madre Teresa? No. Non posso accettarlo.”

“Non gli ho mai risposto male!” cercò di controbattere Michael, ma Ashton scosse la testa, mentre il disgusto e la rabbia si facevano strada dentro di lui, offuscando gli angoli del suo campo visivo.

“Stai usando i sentimenti di Zayn come una maschera dei tuoi. Perché vuoi essere così forte ed invincibile ed intoccabile, non quello che è stato ferito e tradito. Beh, sai una cosa? Lei ti piaceva ma tu non le piacevi poi così tanto. Succede. Fa schifo. Vai avanti. Lo superi. Zayn lo farà. Per quanto io possa sentirmi in colpa per la storia di Zayn, so che è abbastanza forte da potercela fare. Andrà avanti. Forse è il momento che lo faccia anche tu.” disse Ashton, fermandosi solo due volte per riprendere fiato. Aveva la sensazione che le vene del collo gli stessero per scoppiare ma non gliene importava nulla perché era stufo delle persone che cercavano di farlo sembrare quello che non era.

E

forse per la prima volta in tutta la sua vita

Michael era senza parole.

Ashton, comunque, non era affatto senza parole.

Ashton non aveva finito, nemmeno lontanamente.

“Lo stai usando perché sei ancora infelice e non vorresti esserlo. Ed è normale. La negazione. Ma non usare il mio migliore amico come scudo. Non sfruttare la sua sofferenza fingendo che non sia anche la tua! Lo stai incoraggiando ad avvicinarsi all'abisso in cui hai già costruito il tuo piccolo triste nido ma io, io so cosa stai facendo. Io so che non vuoi rimanere da solo quando alla fine tutti saranno andati avanti tranne te. Ma sarà colpa tua, Michael, non mia. Quindi smettila. di. incolparmi.”

Michael deglutì. Non era più rosso, era piuttosto pallido e smorto, ma Ashton aveva ancora un altro piccolo peso da togliersi dal petto per poter tornare a respirare.

“E vorrei che la smettessi di prendere in giro il mio rapporto con Luke. Smettila di ridicolizzarlo e trattarlo come una barzelletta gay a sfondo sessuale. Non farlo sembrare una stupida ripassatina in un bagno pubblico, perché non lo è. Non lo è. Lui mi piace, Michael. Mi piace e quello che hai detto è vero—è un angelo, è perfetto, è tutto ciò che vorrei essere e non sarò mai e non si merita che tu abbia questo atteggiamento nei suoi confronti perché è la persona migliore che io abbia mai incontrato in tutta la vita e penso di essere—,”

Ashton si bloccò, accorgendosi di quello che stava per dire e accorgendosi che forse Michael non stava respirando.

Nessuno dei due parlò

e tutto fu

muto

ed

immobile

ed erano entrambi così

f r a g i l i

“Mi dispiace.” sussurrò Michael, spezzando il silenzio cacofonico.

“Anche a me.” rispose Ashton.

“Io—,” iniziò a dire Michael, ma fu interrotto dal cellulare di Ashton.

“È...Luke. Forse dovrei—,”

“Sì, sì. Tranquillo.” Michael annuì, guardando le proprie mani che avvolgevano la tazza di porcellana.

“Pronto?” rispose Ashton.

“Ashton? Sono Calum. Scusa, ho il cellulare di Luke.” Calum sembrava nervoso e Ashton scattò sull'attenti.

“Calum? Che succede?” La voce di Ashton era piena di bandiere rosse e segnali di pericolo.

“Ho bisogno che tu venga qui immediatamente. Dove sei?”

“Sono al Bernadette's con Michael. Perché? Calum, che succede?” chiese di nuovo Ashton. Michael lo guardava con dei punti interrogativi incisi sugli occhi.

“Luke ti ha mai raccontato di sua madre?” chiese Calum. Ashton sentiva dei clacson, come se Calum fosse per strada.

“No. No, non mi ha raccontato.”

“Beh, in pratica è sparita per un anno. Ma adesso è tornata ed è a casa nostra e mi ha praticamente buttato fuori perché doveva parlare con Luke e adesso sono per strada e Dio, qualcuno dovrà essere qui per raccogliere i cocci ma non credo di potercela fare da solo e tu gli piaci davvero tanto—,”

“Calum. Calum. Respira. Arrivo il prima possibile, solo—devo trovare un taxi—,” Ashton si era già alzato e stava lasciando delle monetine sul tavolo per il caffè di Michael. Il suo corpo era elettrificato da nervi e preoccupazione e da una specie di meccanismo di protezione che non pensava di avere fino a quando non aveva conosciuto Luke.

“Ho una macchina. Ti porto io. Ovunque tu debba andare.” disse Michael e Ashton gli rivolse un sorriso.

“Okay, mi accompagna Michael. Arrivo tra—,”

“Porta anche Louis. Per favore.” disse Calum in tono disperato.

“Louis? Perché?” lo stomaco di Ashton fece una capriola al pensiero del ragazzo che gli aveva urlato contro qualche giorno prima nella caffetteria sotto all'appartamento di Luke.

“È una cosa loro. Storia lunga. Ti prego. Sarà a Lane Street, vicino al negozio di tatuaggi. Per favore.” Calum lo stava implorando e sembrava così disperato e spaventato che Ashton decise di mettere da parte il disprezzo che provava nei confronti di Louis e annuì.

“Okay. Arriviamo.” Ashton confermò mentre entravano nella Porsche nera di Michael, il suo regalo di Natale. La sua famiglia aveva molti soldi, per usare un eufemismo.

“Merda!” disse Calum dall'altra parte della linea. “Hanno spaccato qualcosa là sopra. Non dimenticatevi Lane Street. Louis.”

“Tranquillo.” promise Ashton. “Andiamo a Lane Street, Mikey.”

Michael annuì mentre usciva dal parcheggio.

“Ashton? Ti prego, sbrigati.”

Ashton pensò che il suo cuore potesse scoppiare.

 

X

 

Tadaa buon anno e grazie di tutto. Essendo un capitolo piuttosto corto penso che potrei aggiornare di nuovo più tardi. Sì, probabile. 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 2.5 ***


"Speak slowly, I can't hear you

My mind keeps spinning closer and closer

To the rain on the roof

And the rain in my head"

-She & Him, 'Black Hole'

 

-Luke

 

Luke non riusciva a respirare e a pensare e ad esistere e non sentiva nulla se non una sensazione di freddo e dolore e stasi mentre lei lo guardava con quest'espressione disgustosa di speranza sul volto e tutto ad un tratto Luke pensò di poter vomitare.

"Lucas. Luke. Sono tornata."

Gli occhi di lei blu e proprio come i suoi e Luke contemplò l'idea di strapparseli via dalle orbite.

"Liz--Signora Hemmings--," Calum cercò di dire da vicino alla porta, ma lei lo interruppe.

"Calum, forse dovresti andare. Ho bisogno di parlare con mio figlio. In privato."

Luke si guardò le mani, che aveva involontariamente chiuso in due pugni. Aveva le sue stesse mani-- dita lunghe, unghia squadrate. Le odiava.

"Non penso sia una buona idea."

"Vai."

Nella testa di Luke c'era un uragano che riecheggiò per ore dopo che Calum aveva chiuso piano la porta.

Davvero anticlimatico.

Non avrebbero dovuto esserci delle urla?

Luke non avrebbe dovuto disgregarsi?

La stanza non sarebbe dovuta esplodere?

Non

Non

Non avrebbe dovuto esserci qualcos'altro oltre

al nulla?

Sì?

Sì.

. Ecco--ecco--ecco, stava arrivando, si stava avvicinando, stava investendo Luke e lo stava soffocando soffocando soffocando fino a trasformarlo in lava incandescente ed era come un vulcano rosso e caotico e

"Non osare dire alla mia famiglia di andarsene. Non ne hai alcun diritto, cazzo." Arrabbiata, affilata, seghettata--la voce di Luke era fatta di lame e coltelli.

Lei strabuzzò gli occhi.

"Luke, so che sei arrabbiato, ma sono sempre tua madre. Sono sempre la tua famiglia. Il mio posto è qui--voglio che il mio posto sia qui. Con te."

Luke non riusciva nemmeno a guardarla senza sentire del ghiaccio riempirgli la gabbia toracica e i polmoni e il cuore, quindi guardò gli sporteli alle sue spalle.

"Tu sei mia madre. Non la mia famigliaVattene." le disse Luke, senza preoccuparsi della freddezza con cui le stava parlando, perché lei non meritava che si sforzasse. 

"Luke--,"

"Vattene!" Urlò, sbattendo un pugno sul bancone e sentendendo la rabbia infettargli la voce come veleno. "Il tuo posto non è qui e non lo sarà mai più e non lo è dal giorno in cui hai deciso di abbandonare la tua cazzo di famiglia per qualsiasi merda tu abbia deciso valesse più di noi!"

"Luke, posso--,"

"Spiegare?" disse, e la sua voce si ruppe sulla seconda sillaba. "No, lascia fare. Fammi spiegare come hai fatto a pezzi la nostra famiglia. Fammi spiegare come Ben non riesca nemmeno a vivere in questa maledetta città e come Jack abbia levato le tende perché non riuscivano a sopportare l'idea che questo, che noi, non fossimo abbastanza per te."

"Luke--,"

"Fammi spiegare come hai ucciso mio padre--letteralmente, da morto sarebbe meglio del mostro in cui tu l'hai trasformato. Fammi spiegare come io abbia mandato a puttane il mio futuro, perché magari non sai che ho dovuto abbandonare la scuola per trovarmi un lavoro perché papà se n'è andato e Ben se n'è andato e Jack se n'è andato e tu, tu te ne sei andata più di tutti e tutti mi hanno abbandonato, cazzo. Fammi spiegare quanto sia meraviglioso svegliarsi la mattina sapendo di valere così poco che tua madre ti ha abbandonato prima del diploma. Fammi spiegare, Elizabeth, perché non credo che tu capisca."

Da qualche parte durante il suo sfogo, Luke aveva fatto cadere un piatto dal bancone, che era poi precipitato sul pavimento. Nel silenziò che riempì la stanza, Luke guardò i pezzi di ceramica sparsi per terra. Era una bella metafora della sua vita, pensò distrattamente; spaccata e distrutta e abbastanza affilata da far sanguinare qualcuno. 

"Luke," disse lei, e Luke sentì della lacrime bagnargli le guance, "Luke, mi dispiace da morire. Ma...ci sono delle cose che devo dirti, e vorrei che tu mi ascoltassi."

"Io non--,"

"Ti prego," la sua voce era bianca e lo stava implorando e le arterie di Luke gli si annodarono nel petto, col doppio nodo. "Ti prego."

Lui non disse nulla, il che diceva qualcosa.

E poi lei stava di nuovo parlando e le sue parole rotolavano ed inciampavano dalla sua bocca come la danza sgraziata di una cascata.

"Luke, voglio che mi ascolti perché quello che sto per dirti mi spezza il cuore ed è colpa mia e mi dispiace tanto, tantissimo. Tienilo a mente, okay? Ricordatelo. Io non-- Ho agito senza pensare e tuo padre e i tuoi fratelli e tu non dovevate soffrire--"

"Non mi interessa." disse Luke, la sua voce svuotate da ogni sentimento. Lui sembravasisentivaera morto e vuoto e lacerato. "Dimmi quello che devi dirmi."

"Io--ah--okay." Sembrava che anche lei stesse un po' soffocando, ma si schiarì la gola e ricominciò. "Okay. Io--beh, ti ho mentito. Quando dicevo che dovevo rimanere a scuola fino a tardi per lavorare. Insomma, dovevo lavorare, ma c'erano anche delle...altre--,"

"Scopavi con il professor Kassidy." disse Luke apatico. Non era sorpreso--erano entrambi nello stesso corridoio e ovviamente, ovviamente era il suo professore preferito.

Lei sobbalzò e lui la sfidò silenziosamente a rimproverarlo per il modo in cui parlava. 

"Sì." disse, come se la sillaba le pungesse la lingua. "Avevo...avevo una relazione con Chauncey. Io--noi--non avevamo pianificato niente. Non volevamo che succedesse niente, ma una cosa tira l'altra...e un'altra cosa ne tira un'altra ancora, e...oh, mi viene quasi da vomitare. Non ce la faccio--,"

"Farai meglio a dirmi la verità; tutta la schifosissima, deviata, disgustosa verità o giuro che me ne andrò da quest'appartamento e mi trasferirò così lontano che non sarai mai più in grado di rovinarmi la vita." le disse Luke minaccioso.

"Sono rimasta incinta, Luke." disse lei, svuotando i polmoni di entrambi per un secondo. 

"Sono rimasta incinta lo scorso Dicembre, e volevo dirlo a tuo padre e raccontargli tutto e lasciare che tutto andasse comunque sarebbe dovuto andare. Ma quando sono andata a fare i primi controlli hanno trovato--hanno trovato qualcosa di strano nel modo in cui il feto si stava sviluppando." Stava piangendo, e Luke la stava guardando, e lui era incollato al pavimento perché--perché--

"E poi sono andata a fare un altro controllo, il 18 Febbraio, e mi hanno detto che il mio bambino sarebbe nato con una forma molto grave di spina bifida. Perché le donne non dovrebbero rimanere incinta a 46 anni. Perché io ero stata così--così irresponsabile, Luke, Dio. E non potevo-- non potevo  farti questo e non potevo fare questo alla nostra famiglia, perché un tradimento è una cosa, avere un bambino è un'altra, ma avere un bambino che ha il 7% di possibilità di sopravvivere fino al primo compleanno? Non potevo--non potevo--,"

Luke rimase in silenzio e lasciò che sua madre piangesse. Non perché voleva che lei soffrisse. Solo non riusciva ad elaborare quello che gli aveva appena detto ed era come se del titanio gli stesse paralizzando le ossa. 

"Allora sono scappata. Sono stata da mia cugina a Nottingham e ho detto alla polizia dov'ero e che stavo bene e che non volevo che vi preoccupaste ma non volevo essere cercata. E Dio, Luke, non hai idea di quello--,"

"Maschio o femmina?" chiese Luke, rendendosi conto di stare piangendo.

"Uh--," sua madre deglutì e si asciugò le lacrime. "Femmina, Luke. Peyton Alice. Era così bella."

Era.

Era.

"Avevo una sorella?" Luke guardò in alto, pensando a qualsiasi cosa ci fosse sopra le nuvole e parlò come lacrime appese alla punta delle ciglia. 

Sua madre cercò di dire qualcosa, ma lui scosse la testa, sordo e cieco. 

"Vattene vattene vattene vattene ora come hai potuto come hai potuto anche solo pensare che questo sarebbe stato meglio come hai potuto vattene vattene vattene!" Luke stava urlando e lei stava tremando, le braccia attorno a se stessa.

"Luke--,"

"Vattene! Vattene! Non riesco nemmeno a guardarti vai vai esci vattene!" Era fuori di sé, era disperato.

Lei se ne andò.

Se ne andò e.

Se ne andò e Luke collassò al suolo e pianse pianse pianse e tutto fu vuoto e bianco per un po' e poi

"Luke, Luke, che stai facendo? Ti stai tagliando le mani." disse una voce che Luke conosceva  e poi ci furono delle mani sulle sue braccia e 

"Mi dispiace io non volevo romperlo ora lo pulisco mi dispiace un sacco." Luke stava piangendo e singhiozzando.

"Luke, shh. Va tutto bene. E' solo un piatto." degli occhi blu lo guardarono e Louis gli prese gentilmente le mani, facendogli lasciare la presa dai pezzi di ceramica che stava stringendo. 

Cose rotte ed insanguinate caddero sul pavimento.

Luke si guardò le mani.

"Fa tutto male." mormorò.

"Luke?" Un'altra voce--più calda, più profonda, più morbida.

"Ashton--," Luke sobbalzò e sentì degli occhi castani che tracciavano il contorno del suo volto.

"Luke, dolcezza. Sei tutto insanguinato. Che posso fare?" Ashton aveva la voce spezzata e Luke pensò di poter collassare.

"Stringimi. Non mi lasciare mai. Sarò perfetto, lo prometto, ma non mi lasciare. Ti prego." 

Luke piangeva e piangeva e delle braccia lo avvolsero ed Ashton lo attirò a sé e lui lo strinse ed entrambi si sorressero a vicenda. 

"Lo sei lo sei non lo farò non potrei mai e poi mai lasciarti." la parole di Ashton scorrevano come acqua. 

"Giuri?" Luke sapeva cosa avrebbe detto Ashton, sul giurare che pensava di sì. Sull'incertezza del futuro.

"Oddio, Luke. Certo. Giuro. Mai."

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** 2.6 ***


Now I'm hoping just a little bit stronger
Hold me up just a little bit longer
I'll be fine, I swear
I'm just gone beyond repair.”
-Mayday Parade, 'Jersey'

 

-Ashton

 

Luke era tutto fatto di lacrime opache e acqua salata e stava annegando, seppur tentasse di riprendere fiato. E Ashton gli accarezzava la schiena e gli baciava la tempia e desiderava di poter brutalmente sgozzare chiunque avesse mai reso Luke infelice. Voleva tanto che ci fosse qualcosa, qualcosa che potesse fare, un modo per riportare indietro l'orologio e sconfiggere i suoi demoni prima che potessero entrare nella vita di Luke e fare a pezzi tutto quanto.

“Ash? Ash, ho bisogno di parlare un attimo con Louis. Torno presto, ti prego non andartene.” mormorò Luke contro la spalla di Ashton, alzandosi in piedi.

“Non vado da nessuna parte, Luke.” promise di nuovo Ashton. Voleva che Luke gli credesse, ma sapeva che gli ci sarebbe voluto ancora un po' di tempo.

Luke annuì e trascinò Louis nel corridoio, chiudendosi la porta alle spalle. Il silenzio regnò sulla stanza per un istante interminabile.

“Grazie.” disse Calum, la voce piena di cicatrici, e Ashton si accorse per la prima volta che aveva tre lacrime che gli rigavano il viso, una a sinistra e due a destra. “Non avrei potuto—farlo da solo.”

“Stai bene?” chiese Ashton invece di rispondere.

“Sì...” disse Calum, ma poi scosse la testa. “In realtà no. No. Era un po' come se fosse anche mia madre, da quando i miei mi avevano sbattuto fuori. Fa...fa male sapere che non a due, ma a ben quattro genitori non fregava un cazzo. Insomma, non so perché se ne sia andata, ma...”

“Dev'essere qualcosa di brutto. Da come stava Luke...” disse Ashton, giocherellando con il bordo del cappotto. “Sono certo che gli importi, Calum. Ai tuoi.”

Calum rise amaramente e aprì la bocca, ma prima che potesse dire qualcosa, la porta si riaprì lentamente e Luke entrò, pallido e distrutto e Ashton si sentì spaccare a metà.

Luke rimase in piedi e distante, le braccia attorno a se stesso, e Louis entrò nella stanza e gli bisbigliò qualcosa che Ashton non riuscì a sentire. Luke annuì e Louis rivolse un cenno di saluto ad Ashton e Calum prima di andarsene via dall'appartamento.

Il silenzio gli tolse il fiato per un momento...

ed un altro

ed un altro

ed un al—

“Mia madre è ritornata.” disse Luke, la sua voce spezzata da una tristezza statica.

“Già.” mormorarono Ashton e Calum all'unisono, studiando l'espressione di Luke alla ricerca di qualche segno che potesse indicare una sua prossima implosione.

“Già.” disse Luke, fece una pausa e respirò e deglutì e si passò una mano fra i capelli. “Già. Se n'era andata. Viveva da sua cugina.”

Tutti erano maledettamente immobili.

“Perché?” Calum camminava sul filo di ciò che Luke avrebbe preferito non ricordare.

“Aveva una relazione.” disse brevemente Luke, stringendo ancora di più le braccia attorno a se stesso, come se stesse fisicamente cercando di tenersi insieme. “Ed è rimasta incinta. Ha avuto una bambina. E poi la bambina è morta. E poi è venuta a cercarmi perché per qualche ragione ha pensato che io la rivolessi nella mia vita dopo tutto quello che abbiamo passato per colpa sua.”

Oh, pensò Ashton nella tristezza assordante, non riesco a pensare a nulla in tutto l'universo che sia peggio di questo.

Luke stava di nuovo piangendo e Calum lo strinse fra le sue braccia, sebbene anche lui stesse soffocando, ed entrambi furono avvolti da una nube di strazio e dolore, e in quel momento Ashton si sentì un intruso. Rimase lì in piedi. Da una parte voleva solo stringere Luke e non lasciarlo mai, dall'altra voleva andarsene e permettere ai due migliori amici di salvarsi a vicenda.

Molto presto Calum si alzò in piedi, il volto ancora bagnato dalle lacrime.

“Ho bisogno di...prendere un po' d'aria. Vado a fare una passeggiata. Ho bisogno di stare un po' da solo. Se non è un problema.” Calum camminava nervosamente avanti e indietro per l'appartamento, sembrava un animale in gabbia, immerso nei suoi pensieri. Prese una felpa dal gancio vicino alla porta. “Ash, ti prego, prenditi cura di—,”

“Certo.” Ashton annuì. Luke guardò Calum, una preoccupazione vellutata nei suoi occhi blu, e gli afferrò il polso prima che potesse uscire dalla porta.

“Calum? So che fa male, ma ti prego—ti prego promettimelo—ti prego ricordati—,”

“Non lo farò, Luke. Te lo prometto. Non lo farò.” Calum sorrise debolmente e strinse Luke per un attimo prima di lasciare il piccolo appartamento.

Luke poggiò le mani contro la porta chiusa, pressando la fronte contro il legno scuro e traendo un respiro profondo.

“Hey, Ash.”

“Oh, Luke.” mormorò Ashton, avvicinandosi ed abbracciando Luke da dietro, il mento sulla sua spalla.

Luke era immobile, e poi pian piano si voltò, in modo che fossero l'uno di fronte all'altro. Avvolse le spalle di Ashton con le sue braccia e lo attirò contro al suo petto. Ashton sentì le labbra di Luke sul suo collo—non era un bacio, solo un contatto. I respiri stropicciati di Luke erano caldi e freddi e si insinuavano sotto alla maglietta di Ashton e lungo la sua schiena.

Rimasero così per una piccola eternità, respirandosi a vicenda.

“Mi piace quando mi chiami dolcezza.” disse piano Luke contro alla sua pelle.

“Okay. Okay, dolcezza.” Ashton si mosse piano in modo da poter sussurrare nel suo orecchio. “Non voglio che tu sia triste.”

Luke rise e la sua risata aveva il suono di un treno che deraglia. “Beh, non c'è molto da fare a riguardo.”

“Lo so. Solo—vorrei—,”

“Tranquillo, Ash. Non devi fare niente.” gli disse Luke, staccandosi e guardando in basso con quei suoi occhi color dell'oceano e Ashton voleva soltanto che tutta quell'acqua salata che gli bagnava le guance se ne tornasse nel mare.

Ashton lo baciò.

All'iniziò fu leggero e delicato. Si allontanò per un attimo e guardò Luke per assicurarsi che andasse tutto bene, ma le pupille di Luke erano già esplose in migliaia di fuochi d'artificio ed in un attimo Luke stava già rimodellando la bocca di Ashton con la sua, mordendogli il labbro inferiore e facendolo gemere.

Luke lo attirò a sé dalla vita, e li condusse entrambi verso il divano situato al centro della stanza. Le loro labbra erano ancora connesse quando il retro delle gambe di Ashton colpì il bordo del sofà. Ashton ricadde sui cuscini, con Luke proprio sopra di lui.

I capelli e la pelle di Luke erano morbidi e Ashton fece scorrere la lingua sull'anellino che circondava il labbro di Luke. Lo mordicchiò, tirandolo leggermente e ottenendo un “Merda, Ash,” dal ragazzo sopra di lui.

Ashton spostò le labbra dalla bocca di Luke per lasciare una scia di baci lungo la sua guancia e la sua mascella e il suo collo. Luke gli morse leggermente la clavicola e Ashton non poté fare a meno di contorcersi e mordersi le labbra. E poi Luke gli stava rivolgendo delle domande senza nemmeno parlare, solo con gli occhi, e Ashton mormorava “Sì, sì” e poi la sua maglia finì sul pavimento e così anche quella di Luke e furono solo pelle e labbra e respiri affannosi e vicinanza.

Ashton fece scorrere le dita lungo la schiena di Luke, che si inarcò in avanti. Luke sussultò e s'irrigidì quando le mani di Ashton cominciarono ad andare giù e giù e giù, da tutte le parti, fino a quando non raggiunsero il retro delle sue ginocchia e lo portarono sempre più vicino e più vicino.

Anche le mani di Luke erano da tutte le parti, sulle sue spalle e poi sul suo petto e sull'addome e i suoi fianchi e wow, okay, Ashton stava andando fuori di testa. Delle dita lunghe iniziarono a giocherellare con il bordo dei suoi jeans e i fianchi di Ashton scattarono in avanti, contro Luke.

“Dio, Luke. Cazzo.” farfugliò Ashton. E poi lo baciò. E fu disperato ed affannato ed Ashton aveva caldo e non riusciva a respirare e gli sembrò che i jeans fossero improvvisamente diventati un po' più stretti.

“Ash, io—,” Luke non riuscì a terminare la frase perché un mugolio gli sfuggì dalle labbra quando mosse inavvertitamente i fianchi, disegnando delle forme indefinite contro Ashton e oh, merda, l'attrito di quel contatto e la consapevolezza di cosa ci fosse , di quello che lui era riuscito a fare a Luke era un altro modo per dire 'paradiso'.

Ashton si mosse alla ricerca disperata di quel contatto, e lasciò che le sue mani scivolassero lungo l'addome di Luke e poi giù, giù, fino ai suoi jeans. Sfiorò il bottone con la punta delle dita e poi pianopianopiano lo aprì.

Luke gemette ancora, strofinandosi contro Ashton e facendo scorrere le mani lungo la sua spina dorsale, per poi farle scivolare nelle tasche posteriori dei suoi jeans, in modo da attirare i fianchi di Ashton contro i suoi. Ashton pensò di poter evaporare.

E abbassò la cerniera di Luke.

“Ash—,” mormorò Luke.

“Luke, santo cielo.” Ashton sentì la mano di Luke che lo accarezzava da attraverso la stoffa, lo toccava, tracciando il contorno del—

“Ash—Ash, non possiamo.” disse Luke, ritraendo le mani e prendendo quelle di Ashton fra le sue.

“Mh—,” Ashton era annebbiato dal desiderio. “Perché no?”

“Perché non...non voglio che tu sia una distrazione. Tu—tu significhi di più di così.” disse Luke, guardando in basso. Era semplicemente meraviglioso, con i capelli scarmigliati e le guance arrossate e a petto nudo e con ancora qualche traccia di pianto sul volto. E dopo un attimo, Ashton sospirò e si avvicinò per lasciargli un bacio sulla guancia.

“Okay.” disse piano.

“Mi dispiace.” disse Luke, guardandolo con aria così solenne che Ashton non poté fare a meno di sorridere.

“Sei perfetto.” gli disse, baciandolo. “Non c'è problema.”

“Mi piaci davvero, Ash. E voglio che le cose che facciamo significhino qualcosa, capito? Insomma, dovremmo aspettare finché io non...beh.”

“Va tutto bene, Luke.” lo rassicurò Ashton, stringendogli le mani.

“Non è che non ti voglio—beh, è abbastanza ovvio che ti voglio.” Luke si morse il labbro e guardò in basso, alla zip aperta dei suoi jeans e non poté fare a meno di arrossire. “Solo che...”

“Luke.” disse ancora Ashton, “Va bene. Ho capito. E sono felice, molto felice di piacerti e che tu voglia che qualsiasi cosa faremo in futuro abbia un significato, perché anche tu mi piaci e voglio aspettare il momento giusto. Quando saremo entrambi pronti.”

Luke sorrise, un sorriso vero. “Okay. Bene.”

“Già.” disse Ashton, e poi arrossì leggermente. “Non per essere scortese, ma pensi che potresti, um...spostarti da sopra di me? Dovrei prendermi cura di, ehm—,”

“Oh. Oddio, giusto. Io—scusa. Anche io. Il bagno è infondo al corridoio a sinistra. Puoi...insomma.” Luke era del colore delle ciliegie ed Ashton era del colore di un tramonto del Sahara quando si separarono. E fu comunque bello quando Luke posò le labbra su quelle di Ashton prima che Ashton si avviasse verso il bagno e Luke si dirigesse verso la sua camera.

E poi si pensarono ancora per un po'.  

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** 2.7 ***


"So make the best of this test, and don't ask why 
It's not a question, but a lesson learned in time." 
-Green Day, 'Good Riddance'

-Luke

Quando Ashton entrò in cucina con i capelli bagnati e i piedi scalzi, Luke stava versando degli spaghetti in una pentola d'acqua bollente.

"Ho fatto una doccia. Spero non sia un problema."  disse, con quel suo tono che faceva girare la testa a Luke.

"Va bene. Sto preparando gli spaghetti." gli disse Luke, leggendo il retro della scatola.

"Adoro gli spaghetti."

"Lo so."

"Sono il mio piatto preferito."

"Me l'avevi detto." Luke sorrise ad Ashton, che ricambiò.

"Grazie." Ashton arrossì leggermente e si avvicinò a Luke. Poi guardò per un attimo il contenuto della pentola.

"Grazie a te." disse Luke invece di dire 'Prego', e lo spinse scherzosamente.

"Per cosa?"

"Per essere rimasto. Perché mi rendi felice. Perché sei gentile. Perché sei tu." Luke disse l'ultima parte sottovoce, ma Ashton lo sentì e anche se Luke aveva paura di guardarlo, quando lo fece fu felice di averlo detto, perché il sorriso di Ashton era 3000 Watt di bellezza.

"Ma certo che sono rimasto. Tu hai fatto lo stesso per me, in un certo senso. Quando ero triste, al parco. Tu eri lì." Il sorriso di Ashton si ammorbidì mentre si guardavano. Non si stavano toccando, ma in un certo senso la connessione dei loro occhi era l'unica connessione che gli serviva in quel momento.

"Già." sussurrò Luke, dopo quattro battiti del suo cuore pieni del suono della pioggia che cade e dell'acqua che bolle.

Rimasero in silenzio per un altro po', Luke che controllava la pasta ed Ashton che lasciava che il vapore della pentola gli scivolasse tra le dita, perché gli piaceva la sensazione di calore contro al suo palmo. E l'atmosfera era così calma e normale e domestica e Luke si ritrovò improvvisamente a pensare che forse, forse quella sarebbe potuta essere la sua vita un giorno.

Lui ed Ashton in un piccolo appartamento a baciarsi e preparare pasta e gli sembrò proprio perfetto, onestamente.

"Non ti ho mai chiesto perché." disse Luke senza pensare, perché il rumore della vita lo aveva distratto troppo per pensare a tenere la bocca chiusa.

"Perché cosa?" chiese distrattamente Ashton, facendo vorteggiare del succo d'arancia attorno al fondo di un bicchiere di carta come se fosse un vino pregiato che ha bisogno d'aria.

"Perché eri triste. Al parco. Hai iniziato a piangere e non ti ho mai chiesto il perché." Luke decise di esternare i suoi pensieri, il nascondino non gli aveva mai portato niente di buono.

"Oh." disse Ashton, appoggiando il bicchiere e pensandoci su. "No. Non me l'hai mai chiesto."

Luke aspettò che continuasse.

Non lo fece.

"Beh? Me lo dici?" disse finalmente, mettendo il coperchio alla pentola. Ci volevano ancora un paio di minuti.

"Sì." disse monotono, ma sembrava piuttosto che stesse pensando. "Lo farò."

"Okay."

Ashton respirò per qualche istante, e poi aprì la bocca per parlare.

"È solo che...okay. Probabilmente ti sembrerà patetico perché tu sei così forte e coraggioso e disposto a perdonare e diciamo, perfetto—,"

"Non è v—,"

"Sì, lo è." gli disse Ashton serio. "Davvero, lo sei. Ma io no, Luke, e so che tu hai dei problemi familiari ben più gravi. Lo so. Okay?"

"Ash, non è una gara a chi ha la famiglia più di merda." disse piano Luke, prendendo la mano di Ashton e stringendola per un secondo. "Hai tutto il diritto di stare male. Non ti giudicherò."

Ashton annuì. Prese un respiro profondo. Iniziò.

"Beh, mio padre se n'è andato quando avevo sette anni. Ma stavo bene, poi però abbiamo dovuto traslocare dai miei nonni perché non avevamo soldi. Ma anche questo andava bene. Erano molto buoni con noi— non hanno mai fatto mancare niente né a me né ai miei fratelli e si prendevano cura di noi quando mia madre lavorava. E andava tutto bene. Benissimo. Andava...andava bene."

"Okay." lo incalzò Luke, dopo che Ashton era rimasto in silenzio per quasi un minuto. "Ma...?"

Ashton lo guardò come se stesse per vomitare.

"Ti ho mentito. Quella mattina. Quando ti ho detto di non aver mai voluto baciare un ragazzo prima. Era una bugia e mi dispiace ma in un certo senso ho mentito anche a me stesso anche se questo non mi giustifica e fammi spiegare e ti prego, ti prego, ti prego non odiarmi." Ashton inciampava sulle sue stesse parole e Luke si chiese cosa potesse aver fatto Ashton, cosa potesse essere così terribile da riempirgli gli occhi di lacrime.

Luke aspettò, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Ashton.

"I— ho— mi era già successo di voler baciare un ragazzo, Luke. Mi dispiace lo so ti ho mentito ma avevo paura e ho ancora paura ed è una cosa che— che non si—,"

"Respira, Ash. Non sono arrabbiato." disse piano Luke, accarezzando il palmo della sua mano con il pollice.

Ashton respirò profondamente e chiuse gli occhi per un attimo prima di continuare.

"C'era questo ragazzo. Questo ragazzo di nome Elias. Frequentava la mia parrocchia e quando avevo quindici anni passavamo i pomeriggi insieme. Mi ero preso una cotta per lui e non sapevo cosa fare e così gliel'ho detto. Gliel'ho detto. E lui l'ha detto a mia nonna." Ashton non guardava Luke negli occhi, ma a Luke non importava. Continuò semplicemente a tenergli la mano.

"Mia nonna è molto, molto religiosa, Luke. Non era—a lei non— è peccato che mi piacciano i ragazzi, Luke. Lo sai? È grave. È grave. E lei era così— così arrabbiata con me. Dio, Luke, era furiosa. Allora mi ha mandato a questa specie di campeggio cattolico qui a Londra, perché mi curassero, perché mi aggiustassero. E pensai che avesse funzionato perché non mi piacevano più i ragazzi. Non mi piaceva più nessuno, in realtà." Ashton sembrava distrutto.

"Okay." disse sommessamente Luke. Voleva stringerlo, ma non sapeva come avrebbe reagito, quindi rimase fermo.

"E poi ho incontrato te." disse Ashton, la voce spezzata. "E tu mi piaci davvero. Ma se qualcuno lo scoprisse— se lei lo scoprisse— smetterebbe di pagarmi il college e non avrei dove vivere e la mia famiglia mi odierebbe e...io non—non posso permettere che succeda ma—ma—tu sei—tu rendi tutto più difficile perché sei perfetto e Dio, ti voglio come non ho mai voluto nessuno in tutta la vita, Luke—,"

Luke non riuscì più a resistere e lo strinse fra le braccia, sussurrandogli fra i capelli che era tutto okay, di respirare, che sarebbe andato tutto bene e si respirarono per un po', appesi l'uno all'altro per un po', aggrappati a qualunque cosa fossero per un altro po'.

Dopo circa 136 secondi si separarono. Ashton non stava piangendo, e anche se Luke pensò di poter piangere, aveva finito le lacrime qualche ora prima.

"Andrà tutto bene, Ash." Luke promise e Ashton annuì, sorridendo appena e accarezzandogli la guancia.

"Ho paura, Luke. Perché da quando so che esisti non ce la faccio a stare senza di te. Ho paura." disse Ashton, e Luke annuì solenne.

Poi sentì una strana sensazione, come un pugno allo stomaco e cercò di respirare quando si ricordò qualcosa che non riusciva a credere di aver dimenticato.

"Dov'è Calum?"

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** 2.8 ***


"You piercemysoulam half agonyhalf hope."
-JaneAusten

Wolvesinourownskin
We'resavages
Weactsoprimitive
We'resavages
Dotheraindance
Likeyou'reonfire
-BreatheCarolina'Savages'

-Ashton

"È uscito, no? A fare una passeggiata?" disse Ashton, ricordandosi quando il moro era uscito dall'appartamento, tutto lacrime smezzate e vestiti sgualciti.

"È stato quasi due ore fa." disse Luke, sentendosi bruciare gli occhi di disperazione mentre si allontanava dai fornelli e si dirigeva verso la porta, infilandosi un paio di Converse e una giacca di lana nera.

"Oh—ohmerda. Credi che—insomma, non lo farebbe. No?" Ashton sentì un brivido di freddo percorrergli la spina dorsale quando capì perché Luke fosse un uragano impazzito.

"Non lo so. Nonloso." disse Luke, senza nemmeno far caso alle parole che gli uscivano dalla bocca. Aveva già preso il cellulare, e le sue dita avevano già composto quello che, pensò Ashton, non poteva che essere il numero di Calum.

Luke stava per andarsene, quando il corpo di Ashton si mise finalmente in contatto con il suo cervello. Prese un berretto rosso appeso vicino alla porta e se lo mise in testa. Senza nemmeno preoccuparsi di mettere dei calzini si rimise le scarpe e seguì Luke fuori dalla porta.

Luke si rimise il cellulare in tasca, sbraitando in preda alla frustrazione. Percorsero il corridoio che portava alla porta sul retro, che a sua volta portava ad un piccolo vicolo.

"Cazzo. Ha la segreteria. Merda. Merda."

Il cuore di Ashton batteva all'impazzata, ma cercò di mantenere la calma per non far preoccupare Luke ancora di più. La felpa che aveva afferrato in fretta e furia era enorme per lui, e il cappuccio continuava a ricadergli sugli occhi. Lo spinse indietro, scoprendo un ciuffo di capelli bagnati.

"Sono sicuro che stia bene, Luke. Ha detto che—,"

"Stava male e l'ho lasciato andare! Non avrei dovuto farlo! E se adesso ricominciasse a bere sarebbe colpa mia, tutta colpa mia. Merda." Luke interruppe le rassicurazioni di Ashton.

"Luke, respira. PensaProbabilmente sarà in fondo alla strada, tipo al parco."

"Al parco? Dov'è il parco? Pensi che sia lì?" Luke si voltò verso Ashton, con il volto arrossato e il vento fra i capelli e il terrore negli occhi, e Ashton si sentì male per lui perché nessuno si meritava di vivere così, nel terrore, pensando che il proprio migliore amico sia una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere.

"È—è in fondo alla strada. A destra. A tipo tre isolati. Ma Luke, non penso—," Ashton, in effetti, non era di grande conforto. Ma ci stava provando, per Luke. Stava cercando di essere calmo e lucido e utile e invece Luke continuava a spezzargli le frasi e a spezzarlo in due.

"Tu non pensiTu non saiCazzo, Calum è tutto ciò che ho. Non posso—no. No." Luke aveva la voce spezzata.

Haimevoleva dire Ashton.

Ma non lo fece.

"Andrà tutto bene, Luke." disse piano Ashton mentre percorrevano la strada inondata dall'oscurità, illuminata solo da qualche lampada che li accecava come se fosse un sole in gabbia.

"Non se ha ricominciato. Non andrà tutto bene."

"Luke, te lo ha promesso—,"

"Le persone infrangono le promesse, Ashton. Dovresti saperlo. È per questo che tu non ne fai mai, no?" disse crudo Luke, mentre giravano l'angolo verso il parco. Non si voltò nemmeno per guardare Ashton dopo averlo detto, ma se l'avesse fatto, avrebbe visto il dolore dipinto sul suo volto, come se qualcuno gli avesse appena rotto le costole con una mazza da baseball.

Tenehofattaunaperòpensò Ashton, l'hofatta.

L'aveva fatta.

Calum non era da nessuna parte nel piccolo parco, Luke andava di qua e di là e poi iniziò a prendere a calci un muro di mattoni e ad urlare.

"Cazzo!" urlò. "Cazzo! Che stupido! Che testa di cazzo! Mi sono fatto distrarre da te, Dio, mi odio a morte. Se potessi tornare indietro non lo farei mai, maiuscire da quella cazzo di porta cazzo, cazzo, cazzo!"

Ashton era distrutto, ma cercò di fingere che non lo fosse.

"Dov'è il pub più vicino?" chiese Luke disperato, gli occhi rossi e i capelli scompigliati. "Tu conosci la zona. Vivi qua vicino. Portami dove potrebbe essere andato. Ashton, tiprego!"

Luke lo stava implorando e Ashton si stava frantumando, ma annuì e annuì e annuì e guidò Luke fuori dal piccolo parco.

Wegowherenobodyknowswithguns—

"Pronto?" sussurrò Ashton nel microfono, distogliendo lo sguardo dall'alta figura che gli camminava accanto nella penombra. Non voleva che pensasse che non gli interessava la ricerca di Calum, ma aspettava una chiamata importante da—

"Ash? Sono Mikey. Sono da Louis, con Calum. Lou gli sta parlando nella stanza accanto, e io sono con Niall. Pensavo—,"

"Luke!" disse Ashton sollevato. "Luke, Calum è da Louis. Con Mikey e Niall."

Luke strabuzzò gli occhi e si bloccò. "Come sta? È—,"

"Sta piangendo. L'ho fatto salire in macchina appena l'ho visto uscire di casa— stavo aspettando fuori, nel caso avessi bisogno di un passaggio. E non sapevo cosa fare con lui perché non sono molto bravo con tutta quella cosa dell'essere 'gentili', quindi l'ho portato da Louis perché lo conosco e so che è un bravo ragazzo e ho pensato, sai, che gli servisse qualcuno che conosceva e—," Michael non smetteva di parlare, ma tutto ciò che arrivò all'orecchio di Ashton fu—

"Sta bene, Luke. Michael l'ha preso appena è uscito di casa."

Luke sembrava

Luke sembrava

Luke

Luke balzò in avanti, come una marionetta a cui sono stati tagliati tutti i fili e Ashton attaccò dopo aver detto a Michael che sarebbero arrivati presto a casa di Louis.

Luke se ne stava al centro del marciapiede, a respirare affannosamente e a ripetere "GrazieaDioGrazieaDioGrazieaDio." con le mani sul volto. Ashton gli si avvicinò, senza sapere cosa fare.

Rimasero entrambi in silenzio per circa 42 secondi. (Non che Ashton stesse contando. Okay, magari sì. Lo faceva quand'era nervoso. Lo aiutava con l'ansia. Lo distraeva, in un certo senso.)

"Mi dispiace di aver detto quelle cattiverie." disse finalmente Luke, fissando una crepa nel marciapiede come se fosse in trance.

"Tranquillo. Non erano cosìcattive." disse Ashton, cercando di fingere che le parole di Luke non lo avessero spaccato in due quando avevano colpito i suoi timpani.

"Tu haipromessoche non te ne saresti andato. E non l'hai fatto. Nonl'haifatto. Grazie." Luke continuava a non guardarlo, ma Ashton lo stava guardando abbastanza per entrambi perche nonriusciva a smettere di guardare Luke. Era questa specie di splendido enigma, che nel giro di una settimana aveva ottenuto il potere di spezzare tutte le ossa di Ashton con un paio di frasi.

"Già." sussurrò Ashton, e Luke finalmente, finalmentesmise di guardare il pavimento e guardò Ashton con i suoi occhi che erano davvero la più bella sfumatura di blu del mondo.

"Non tornerei indietro. Non cambierei nulla. Ho detto una cosa orribile." disse Luke, e sembrava così triste e distrutto e disgustato da sé stesso che Ashton si dimenticò di tutte le cose che aveva detto per ricordarsi del modo in cui Luke faceva sembrare le sillabe delle canzoni.

"Va tutto bene." Ashton annuì, annuì, annuì, per convincere Luke e altre persone.

"Però tu davveromi distrai, eh." disse Luke come ceramica, delicato e brillante e con l'angolo della bocca appena sollevato. Ashton sorrise e perse l'abilità di parlare, così si avvicinò a Luke e lo baciò sulla fronte.

"Andiamo, Luke. Andiamo da Louis."

Le loro dita si sfiorarono e si toccarono ed esitarono prima di connettersi. Luke strinse la mano di Ashton mentre i due camminavano lungo Lane Street.

"Lo saiche mi piace quando mi chiami dolcezza." disse Luke, quasi come se fosse una domanda, come se stesse chiedendo se qualunque cosa avessero— qualunque cosa fossero—andasse bene. Se fossero ancora...qualcosa.

Ashton si sentì in fiamme.

"Dolcezza. Andiamo allora, dolcezza."

x

Ashton arrivò da Louis pensando di trovare una scena da soap opera con Calum che piange, Michael che si dispera, Louis che urla e Niall che fa...cose da Niall. Quello che non si aspettava, comunque, era...beh, quello che stava realmente accadendo.

"Volete unirvi al nostro cerchio? Abbiamo tè e sentimenti." chiese Louis da dove era seduto, sul pavimento del suo appartamento.

Cinque ragazzi—Louis, Niall, Michael, Calum e, strano a dirsi, perfino Zayn, erano seduti a gambe incrociate su un vecchio tappeto che un tempo doveva essere stato color crema ma che adesso sfoggiava un'inquietante tinta marroncino grigiastra. Una ragazza —piccola e con i capelli rossi— stava seduta accanto a Niall con indosso uno dei suoi pantaloncini e un reggiseno sportivo—abbigliamento bizzarro considerato che Niall era in giacca e cravatta. Tutti quanti avevano una tazza di tè con latte e al centro del cerchio c'era un piccolo orsetto che sembrava un giocattolo per gatti. Oltre al fatto che fossero sul pavimento, Ashton notò la presenza di alcune candele spente posizionate sul pavimento accanto a ciascuno dei membri del circolo. Zayn aveva in mano alcuni fiammiferi.

"Ehm—," iniziò a dire Ashton, voltandosi verso Luke che lo ricambiò con un'espressione di stupore e confusione. Ashton sapeva di avere lo stesso sguardo.

"Mh" disse Luke, voltandosi verso il gruppo. "Certo."

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** 2.9 ***


Oh, it's alright

I guess it's alright

I've got nothing left

Inside of my chest

But it's alright.”

-Fun. , 'All Alright'

-Luke

Ashton prese il suo tè senza latte e con un cucchiaino di zucchero e si sedette sul pavimento vicino a Luke. Luke studiò il suo volto con la coda dell'occhio e notò tre cose:

1. Ashton aveva una leggera traccia di barba sul mento e per qualche ragione questo gli fece rimbalzare il cuore nel petto.

2. Quando il volto di Ashton era rilassato gli angoli della sua bocca si piegavano verso il basso, il che gli sembrò strano, perché anche quando era triste o arrabbiato sembrava sempre che fosse sul punto di sorridere.

3. Ashton aveva addosso la sua felpa e gli stava enorme (anche se in realtà stava grande anche a Luke) ed era adorabile.

Voleva tenergli la mano così tanto che resistere gli bruciava le ossa, ma Luke sapeva che sarebbe stato troppo, troppo presto, con Zayn lì e Louis lì e tutti lì, tutti che guardavano, vedevano, sapevano.

Luke distolse cautamente lo sguardo dal modo in cui Ashton stava soffiando via il vapore dal suo tè, e cercò di concentrarsi su Louis che si stava preparando a parlare.

“Penso di non sbagliarmi quando dico che abbiamo tutti avuto una serata di merda. Beh, io no, ma voi sì e per qualche ragione avete prediletto il mio appartamento come vostro luogo di rifugio e conforto.” Iniziò a dire Louis ed era ovvio che fosse laureato in cinema e teatro.

Louis pensò Luke, era il tipo di persona su cui ricadeva lo sguardo di tutte le persone in una stanza. C'era qualcosa in lui, qualcosa di detestabile eppure magico e magnetico, che richiedeva attenzione. Non doveva fare niente di particolare; gli bastava starsene lì a ciondolare e alla fine tutti quanti, chi per interesse e chi per disgusto, volevano sapere chi fosse, cosa fosse, perché fosse com'era. Era un particolare talento di cui Louis non sembrava essere consapevole.

Luke sì, invece—aveva notato che quando Louis si era preparato a parlare, tutti gli sguardi si erano inspiegabilmente rivolti verso di lui.

“Quindi credo che, per sistemare qualsiasi piccolo dramma sembri esserci fra voi, e sto proprio parlando con te, Zayn, dovremmo discuterne apertamente e alla luce del sole. Per toglierci i rispettivi pesi dal petto. Tutto insieme, senza interruzioni.” Louis si guardò intorno e bevve un lungo sorso di tè, assaporando l'immobilità programmata della sua pausa drammatica.

“Chiunque abbia in mano Roberta avrà il diritto di parlare. Nessun altro, tranne me perché questo è il mio appartamento e siete sotto dittatura, signore e signori. Tutto chiaro? Domande?”

“Chi è Roberta?” chiese la rossa seduta accanto a Niall. Luke la riconobbe, ma non riusciva a ricordarsi chi fosse.

“L'orsetto.” disse Louis, come se non riuscisse a credere che non lo sapesse. “Altre domande?”

“Perché ci sono delle candele?” chiese ancora, e wow aveva un accento americano davvero marcato, quel tipo di accento che impasta le vocali e assottiglia le consonanti.

“Non devo spiegarti il mio modo di essere. Altre domande?”

“Perché non devi spiegarci il tuo modo di essere quando noi dobbiamo parlarti dei nostri problemi?” chiese ancora lei, guardandolo con sguardo torvo. Louis sbiancò perché, come Luke ben sapeva, non era abituato ad essere contraddetto.

“Perché io sono il dittatore. Altre domande?”

“Tutti odiano un dittatore stronzo.” disse lei con enfasi, facendo ridacchiare Michael.

Louis chiuse gli occhi, scosse la testa, e le passò l'orso.

“Prego, comincia tu. Dicci la tua storia, bimba dai capelli rossi.”

“Ciao, mi chiamo Grace e sono dipendente da—,”

“Questo Circolo dei Sentimenti è una cosa seria, rossa senz'anima assassina di cuccioli.” la interruppe Louis.

“Sono una rossa tinta!” disse Grace in sua difesa. Luke si ricordò dove l'aveva vista—era la barista al Bell and Whistle, il pub dove aveva incontrato Louis qualche giorno prima.

“Sei comunque un'assassina di cuccioli senz'anima.” borbottò Niall da accanto a lei.

“Okay.” disse Grace come un coltello. “Niall mi ha invitata a cena, ed io ho detto di sì, e visto che sono una testa di cazzo ho messo un vestito bianco. E il cameriere mi ha rovesciato mezza bottiglia di vino addosso, allora Niall ed io ce ne siamo andati e siamo andati a casa sua e mi sono messa addosso questi pantaloncini, ma non avevo il reggiseno con quel vestito quindi l'ho fatto andare al negozio per comprare un reggiseno sportivo, e quando è tornato aveva quella cazzo di rivista e—,” Grace si bloccò e trasse un respiro profondo.

“In pratica, ha scoperto che io...gli ho mentito—beh, non gli ho detto tutta la verità—su alcune cose e abbiamo litigato ed io me ne sono andata, sono uscita al freddo vestita così. E Niall, visto che non è del tutto stronzo, è uscito a cercarmi. E avevo molto freddo e il tuo era l'appartamento più vicino, Louis. Quindi siamo finiti qua.”

“Mentire è sbagliato.” disse Louis. “Su cosa hai mentito, Grace?”

“Delle cose. Non erano cose importanti.”

“Mi prendi per il culo—,” disse arrabbiato Niall.

“Niall.” lo rimproverò Louis, zittendolo. “Su cosa hai mentito, Grace? Siamo in un Circolo dei Sentimenti. Si dice la verità ai Circoli dei Sentimenti.”

“Non ha più importanza.” insistette Grace. “Non più. E' il passato. Non conta.

“Sì che conta quando la tua faccia è sulla copertina di una cazzo di rivista scandalistica americana!” sputò Niall, e questa volta Louis non lo interruppe. “Conta se i tuoi capelli sono diversi e il tuo nome è diverso e mi hai mentito sulla tua identità per un anno intero!” Il silenzio avvolse la stanza mentre tutti quanti digerivano la frase appena pronunciata dal biondo.

“Per qualcuno che infrange le regole del Circolo, per giunta già più volte esplicitate,” disse Louis, dopo un momento trascorso in slow-motion, “ha delle argomentazioni piuttosto valide.”

Grace si guardò intorno, con l'espressione di un animale in gabbia dipinta sul volto, e anche se a Luke stava simpatico Niall, non poté fare a meno di intenerirsi per la ragazza con gli occhi pieni di sconforto.

“Allora. Grace è il mio nome—il mio secondo nome, ma comunque il mio nome. E sì, ero io sulla copertina di quella rivista—com'ero prima. Forse dovrei presentarmi. Ciao.” disse guardandosi intorno. “Mi chiamo November Grace Rivera, e sì, sono sua figlia.”

Luke, Ashton, Michael e Calum si guardarono confusi, mentre Louis guardava Grace -November- a bocca aperta.

“Sei la figlia di Leo Rivera? Quel Leo Rivera? Il—,”

“Musicista, stilista, governatore della California, retore—già, lui. E Colleen è mia madre, nel caso in cui vi steste chiedendo da dove arrivino i capelli biondi.” disse sconfitta Grace.

“Perché te ne sei andata?” disse Niall, non era arrabbiato, più confuso e ferito. “E perché non me l'hai detto?”

Grace sembrava nauseata, come se non avesse voglia di dire quello che stava per dire. Louis respirò profondamente, guardandoli entrambi.

“Grace, se non vuoi dirglielo lo capisco. Ci sono cose—,”

Lei scosse la testa e fece spallucce.

“Me ne sono andata, Niall, perché tutti sapevano chi fossi, ovunque fossi, e per il pubblico adorante di mio padre sono sempre stata la ragazzina problematica che è dovuta andare in riabilitazione due volte per anoressia. Si ricordavano sempre dei miei momenti peggiori, impedendomi di andare avanti. Quindi me ne sono andata, Niall, e sono venutà qui e mi sono tinta i capelli e ho smesso di essere November Rivera per diventare Grace Heredia, e stavo benissimo ed ero felice. Ed era bello sentirsi normali, per una volta. Era bello essere anonimi e passare inosservati. Ecco perché ti ho mentito, Niall, e mi dispiace, ma non puoi dirmi che sarebbe stato lo stesso se ti avessi detto la verità. Se avessi saputo il mio vero nome e il mio vero passato.” Grace si morse l'interno delle guance.

Sì invece.” disse Niall e Grace sbiancò e si morse il labbro. “Cazzo, Grace. Non sono così vuoto.”

Grace rimase senza parole e Luke si sentì orgoglioso, perché Niall era tutto ciò che un essere umano poteva aspirare ad essere.

“Mi piaci tanto, Grace. Ma ho bisogno che mi parli.” disse piano Niall e il lato omosessuale di Luke (da poco ritrovato) sospirò per il modo in cui Niall guardava Grace. “E devo fare lo stesso. Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutte quelle cose ma ti prego, raccontami tutto o mi verrà un ictus.”

“Okay.” disse piano Grace mentre Niall le prendeva la mano. “Mi dispiace.”

Niall annuì e Louis li guardò come se fosse un padre fiero.

“Cavoli. Sono così bravo in tutto. Se non mi va bene con la recitazione posso diventare un terapista.” disse Louis sorridendo.

“Vorrei solo dire che non c'è motivo per cui io mi trovi qui.” disse Michael, seduto fra Calum e Zayn.

“Chiudi il becco e bevi il tuo tè.” rispose Louis. “Ashton, tocca a te.”

“Tu non mi piaci.” disse Ashton.

“Bene.” rispose indifferente Louis. “Dimmi cosa senti.”

“Mi hai detto delle cose orribili,” cominciò Ashton, e Luke si ricordò del giorno dopo quello in cui aveva conosciuto Ashton, le parole di Louis e gli attacchi di panico, e si sentì di nuovo protettivo come quel giorno.

“Vero.” disse Louis.

“Mi dispiace, Zayn.” disse Ashton, voltandosi verso il ragazzo dai capelli scuri. “Mi dispiace di non ricambiare i tuoi sentimenti. Vorrei...non so. Che tutto fosse diverso e non così complicato e che tu non mi odiassi, ma non posso fingere che non...che non mi piaccia Luke. Non posso.”

Ashton aveva la voce rotta, rotta come l'esistenza di Luke che voleva solo stringerlo e giurargli che lo ricambiava e tutto sarebbe andato per il verso giusto.

“Lo so.” disse Zayn dopo una lunga pausa, guardando Ashton. E Luke pensò di nuovo che Ashton avrebbe potuto avere lui, Zayn, tutto zigomi e ciglia lunghe e capelli scuri, e per qualche ragione aveva scelto Luke che non aveva niente di tutto questo.

“E' difficile. Ma starò bene, credo.” anche la voce di Zayn era più bella di quella di Luke, pensò il biondo che si fece piccolo piccolo. Era più profonda e più ruvida e più sexy. Voleva scomparire. “Non ti odio.”

“Sei sempre il mio migliore amico.” disse Ashton e Luke cercò di pensare ad una ragione per cui Ashton avrebbe dovuto scegliere lui e non Zayn. (Non gliene venne in mente nessuna.)

“Dammi un po' di tempo. Louis mi sta aiutando.” disse Zayn con una smorfia e Luke pensò che fosse ¼ di sorriso, il che era già un progresso.

“E' per questo che ero qui, stasera. Gli stavo parlando e poi siete arrivati voi.”

Ashton annuì e deglutì. Guardò l'orsetto fra le sue dita lunghe, prima di passarlo a Luke. Le loro mani si sfiorarono e Luke dovette sopprimere il brivido pronto a percorrergli tutto il corpo.

“Um,” cominciò Luke, guardandosi intorno e sentendosi tutti gli occhi addosso. “Stai bene, Cal?”

“Tu?” chiese Calum con una voce che Luke non gli riconosceva.

“In realtà,” disse Luke, guardando Louis, a cui importava così tanto degli altri che si era quasi trasformato in pietra, e Michael, che conosceva Luke così poco eppure aveva salvato ciò che per lui contava di più. Guardò Zayn, bello ed imbronciato, un soldato che combatte i suoi stessi sentimenti e che si rifiuta di arrendersi. Guardò Niall e Grace che si tenevano per mano. Guardò Calum, che lo guardò, e poi finalmente, finalmente guardò Ashton.

Guardò Ashton.

Guardò Ashton, e sorrise.

“In realtà, sì. Sto bene.” disse Luke, e in quel momento, tutto gli sembrò essere in equilibrio. Era triste, ma non ferito. Era perso, ma andava bene.

“Anche io.” disse Calum, e si guardarono per un secondo prolungato, scegliendo cosa ricordare e cosa dimenticare, e andava tutto bene nel miglior senso negativo.

Calum ruppe il silenzio quando disse piano, “Devi cominciare a fidarti di me, però. Te l'ho promesso.”

“Eh?” disse Luke.

“So che stavi sclerando quando non mi trovavi perché credevi che avessi ricominciato a bere. E quello che voglio dire è che devi fidarti di me. Non lo farò.

“Puoi biasimarmi?” gli chiese Luke, cercando di non suonare teso e affranto.

“No. Sì. Non lo so.” ammise Calum. “Te l'ho promesso.”

“Le persone hanno infranto tante promesse che mi avevano fatto, Cal. Più di—sì.” Luke si morse la lingua quando si rese conto di quello che stava per dire. Guardò Louis in preda al panico.

“E' solo che...” concluse Calum, guardando il pavimento e le sue scarpe e le sue unghia e tutto tranne Luke. “Non lo so. Mi manca...”

Dopo un lungo silenzio, Luke sospirò.

“Anche a me.”

x

Quando entrarono nell'appartamento di Luke, l'allarme antincendio stava suonando. Luke si bloccò, ma Ashton corse verso la cucina come un pompiere.

“Gli spaghetti! Non abbiamo spento il fuoco!” Luke guardò Calum che lo ricambiò con uno sguardo divertito.

“Sei un coglione.” disse con affetto.

“Lo so.” disse Luke, e sapeva di essere stato perdonato.

“Questo Ashton—,” disse sottovoce Calum, “Non...è perfetto per te, Luke. Devi fidarti anche di lui. Devi fidarti di noi perché ci importa di te e non ti feriremmo mai.”

Luke annuì.

“Un giorno devi dirmi cos'è successo.” disse Calum, e Luke vide la sofferenza nei suoi occhi. Nessuno sapeva tranne Louis, e Luke...beh, nemmeno lui avrebbe voluto che Louis lo sapesse, ma era inevitabile.

“Lo farò.”

“A lui l'hai detto?”

“Non è ancora una cosa così seria.” disse Luke, sentendo il magone montargli nello stomaco.

Ancora,” fu tutto ciò che disse Calum, e poi si avviò verso la cucina per aiutare Ashton a sistemare il disastro che Luke aveva combinato.  

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** 3.0 ***


I wanted you to know

That I am ready to go

My heartbeat, my heartbeat

I wanted you to know

Whenever you are around

I can't speak, I can't speak.”

-Childish Gambino, 'Heartbeat'

-Ashton

“Vuoi uscire con me? Tipo, un appuntamento.” disse Luke all'improvviso rompendo il silenzio. Erano passate poco meno di due settimane dalla sera nell'appartamento di Louis, e Ashton stava passando una tranquilla domenica pomeriggio da Luke, a studiare mentre Luke compilava dei moduli per cominciare gli A-levels.

Ashton guardò Luke e gli venne quasi da ridere perché per qualche ragione, Luke sembrava nervoso, come se pensasse seriamente che Ashton potesse dire di no. Invece di ridere, comunque, Ashton sorrise.

“Certo che sì.”

Luke sembrò sollevato e Ashton pensò che fosse assolutamente adorabile, quindi abbandonò i libri per un momento per avvicinarsi a lui e baciarlo.

Calum, che per tutto il tempo era stato seduto in un angolino a scribacchiare qualcosa su un quaderno nero, fece finta di vomitare, facendo ridere Luke contro le labbra di Ashton.

“Siete delle zoccole a baciarvi prima del primo appuntamento.” Calum scosse la testa in segno di sdegno e Luke alzò il dito medio.

“Già, e allora la ragazza che ti sei portato in camera ieri? Chi era? La conosco? Dovrei conoscerla?” chiese Luke prendendolo in giro. Calum arrossì—per quanto qualcuno con la sua carnagione potesse arrossire.

“Sì—ah, no. No. Lei è—già.” balbettò Calum guardando il pavimento. Luke alzò le sopracciglia e guardò Ashton, che dovette mordersi l'interno delle guance per non ridere.

“Sembra fantastica. Mi piacerebbe incontrarla, ovviamente, se è capace di dire qualcos'altro oltre a—,” Luke fece una voce acuta e stridula, una di quelle voci che nascevano con lo scopo di imitare una ragazza ma che finivano per non somigliare affatto alla voce della ragazza in questione, “Più veloce, Calum, più—,”

Me ne vado! Me ne vado. Vado da Niall. Ciao.” Calum interruppe Luke e scattò in piedi, precipitandosi fuori dalla porta il più velocemente possibile. Luke ghignò soddisfatto.

“Questa cosa,” disse Ashton dopo un momento, “è stata esilarante.”

“Lo so.” Luke annuì. “Prendere per il culo Calum è sempre esilarante.”

Ashton annuì. Aveva passato molto tempo con Luke negli ultimi tredici giorni, e di conseguenza aveva passato molto tempo con Calum. Martedì e mercoledì, i due giorni dopo la serata da Louis (o “Maledetto Lunedì”, come era stato definitivamente rinominato da Luke) i due migliori amici erano piuttosto abbattuti ed Ashton era rimasto con loro.

Aveva passato un sacco di tempo nell'appartamento di Luke, aveva fatto un sacco di tè, e gli era stato detto un sacco di volte che non sapeva fare il tè. (“L'acqua deve bollire, Ashton. Non puoi prendere l'acqua calda del rubinetto.” gli aveva detto gentilmente Luke dopo che Calum aveva (non altrettanto gentilmente) buttato il suo 'tè' tiepido nel lavandino.)

Ashton doveva andare a lezione, quindi veniva a trovarli ogni volta che poteva. Calum e Luke dovevano lavorare, quindi a volte gli capitava di trovare soltanto Luke, o soltanto Calum, o entrambi o nessuno dei due. Luke gli aveva fatto vedere dove tenevano la chiave di scorta, quindi Ashton poteva entrare quando non c'era nessuno ad aprirgli la porta. Quando Luke e Calum tornavano a casa, di solito Ashton aveva già preparato la cena (anche se le sue doti nel preparare il tè lasciavano molto a desiderare, Ashton era abbastanza bravo a preparare dei pasti semplici) o si era arreso e aveva ordinato qualcosa (perché non era così bravo.)

In quelle due settimane, Ashton aveva dormito da Luke soltanto una volta –sul divano, perché aveva avuto troppa paura di chiedere a Luke di dormire con lui. Durante la notte, comunque, Luke era uscito dalla sua stanza e si era messo a dormire accanto ad Ashton, che si era poi svegliato accoccolato contro al suo petto. A parte questo, però, il contatto fisico tra loro era stato minimo—un leggero bacio sulle labbra quando Ashton doveva andarsene, un abbraccio da dietro mentre Ashton cucinava, delle mani intrecciate quando l'aria era della giusta sfumatura di rosa. Ma niente di più.

E stranamente, ad Ashton non serviva altro. Perché Luke, solo Luke, la sua sola presenza nella vita di AshtonIl solo fatto che esistesse e che respirasse e che gli rubasse le cuffie ogni volta che ne aveva l'occasione, quello era già abbastanza perché Ashton fosse più felice di quanto non ricordava di essere mai stato.

“Sembri pensieroso.” disse Luke, interropendo il monologo interiore di Ashton con un sorriso. Luke si morse il piercing e Ashton pensò che avrebbe tanto voluto essere lui a morderglielo. “A cosa pensi?”

“Cose.” rispose Ashton.

“Che genere di cose?”

“Cose mie. Cose di Ashton.”

“E cosa sarebbero queste cose di Ashton esattamente?” disse Luke, tutto bolle di sapone.

“Tè. Cuffie. Tu.” Ashton non riuscì a contenere il sorriso che gli si dipinse in faccia quando gli occhi di Luke si accesero come lucciole, perché per quanto il biondo fosse bravo a mascherare la tristezza non riusciva proprio a nascondere la felicità.

“Io? Sono una delle tue cose?” disse e Dio, Ashton lasciò che la luce di Luke lo avvolgesse come uno tsunami di tutte le cose a cui sperava di potersi aggrappare per sempre.

“Mm, sì.”

“Mi ritengo offeso. Non trattarmi da oggetto.

“Sì, sembri super offeso.” disse Ashton, sorridendo a Luke che lo ricambiò. Rimasero in silenzio per un po'.

“Scherzavo.” disse Luke con il volto arrossato quasi come se fosse ubriaco. E dava proprio l'impressione di un diciassettenne felice.

“Lo so.” disse Ashton con il volto arrossato quasi come se fosse ubriaco. E dava proprio l'impressione di un diciannovenne felice innamorato di un diciassettenne felice.

X

Innamorato.

Ashton rimuginò su quella parola mentre camminava verso il campus per prepararsi per l'appuntamento con Luke, perché Luke voleva fare le cose “alla vecchia maniera”. (Ashton gli aveva fatto notare che erano gay e che si erano baciati diverse volte e che pensare di fare qualsiasi cosa alla vecchia maniera era un po' bizzarro, ma Luke aveva insistito spingendolo fuori dalla porta e gli aveva detto che sarebbe passato a prenderlo alle sette.)

Ma torniamo all'amore. Ashton era innamorato di Luke. Era tremendamente ovvio per lui, e per Michael, evidentemente, visto che lo aveva torturato ininterrottamente dal Maledetto Lunedì. E con Michael, tortura ininterrotta significava veramenteletteralmenteseriamenteperpetuamente ininterrotta. Sin dal mattino successivo, Ashton si era svegliato ritrovandosi una decina di messaggi da parte di Michael.

Michael: hey ashton

Michael: toc toc

Michael: toc toc

Michael: toc toc

Ashton: gesù cristo michael sono le sette e mezza di mattina

Michael: toc toc

Ashton: cazzo chi è

Michael: luke

Ashton: 

Michael: luke

Michael: luke

Ashton: porco cane luke chi

Michael: COSA NON SAI IL NOME DEL TUO FUTURO MARITO OH NO #CARRIEUNDERWOOD

Ashton: spero tu muoia

E continuava. Michael sembrava essere passato dal non avere una vita a peggio di non avere una vita. Sulla scala dell'avere una vita, Michael era nella fascia negativa. Se le persone con una vita fossero state gialle, Michael sarebbe stato...qualunque sia l'opposto del giallo. Viola. Michael sarebbe stato viola. Ashton gliel'aveva detto il Mercoledì. Giovedì Michael si era tinto i capelli di viola.

Michael: hey ashton

Michael: sai chi mi ricordi

Michael: sai chi mi ricordi

Michael: sai chi mi ricordi

Ashton: ti odio fammi dormire

Michael: sai chi mi ricordi

Ashton: chi

Michael: edward cullen

Ashton: oh no. Perché

Michael: perché luke è il tuo sole

Michael: e i tuoi occhi brillano

Ashton: smettila

Michael: quando vedi il tuo sole

Ashton: mi fai odiare l'umanità

Ashton: non fai nemmeno delle banana battute

Michael: posso fare battute sulle banane se vuoi

Ashton: *belle. Non fai nemmeno delle belle battute

Michael: hey. non è colpa mia se sei disperatamente innamorato di lui.

Il fatto è che, Ashton non era disperatamente innamorato di Luke, perché questo lo faceva sembrare disperato e non c'era niente di disperato nel modo in cui si sentiva Ashton. Non era profondamente innamorato di lui, perché quell'espressione gli aveva sempre fatto venire la claustrofobia. E non era completamente innamorato di lui, perché non è possibile dedicare tutto il proprio cuore ad una persona sola, e comunque Luke non avrebbe preteso che lo facesse. Non che gliene avesse parlato.

In pratica, comunque, Ashton si rifiutava di ridursi ad una frase in un romanzetto rosa, il che non gli risultava difficile visto che non pensava che la sua vita fosse in effetti un romanzetto rosa. Ciò che sentiva per Luke non poteva essere detto a parole, non parole che avevano un senso se messe insieme; confortante eppure terrificante, delicato eppure tagliente, un'equazione che includeva occhi blu e una voce viola e altre cose che, se messe insieme, creavano una cosa meravigliosa e viva e Luke. Ashton non credeva che l'amore fosse qualcosa che si può descrivere, quindi non si scervellò.

Era innamorato di Luke?

Sì.

Ne era sicuro?

Assolutamente.

Era successo troppo in fretta?

Il suo cuore batteva troppo in fretta?

Come promesso, Luke si presentò al dormitorio alle sette in punto. Bussò due volte, e Ashton si guardò allo specchio un'ultima volta—jeans neri, giacca nera, maglia di Blink 182—e aprì la porta.

E.

E Luke.

E Luke era.

E Luke era, come sempre, assolutamente perfetto. Ashton non riusciva a respirare perchéperchéperché

Prima di quel momento, Ashton aveva sempre visto Luke dopo il lavoro, o in momenti di forte emozione, o quando si era appena svegliato. E anche in quei momenti era bello come l'estate, anche in quei momenti, quand'era stanco o piangeva o era stressato. Ma Ashton non era preparato a vedere Luke quando cercava di essere bello.

E Dio.

Avrebbe dovuto prepararsi.

(Tipo procurandosi una tanica di ossigeno. Magari anche qualcuno che fosse bravo nella rianimazione. Quel tipo di preparazione.)

Jeans neri, come Ashton, ma i suoi avevano un buco nel ginocchio ed erano più stretti e per un attimo tutto l'universo di Ashton girò attorno alle gambe di Luke, al modo in cui le sue ginocchia si piegavano creando una leggera forma ad x. E aveva anche una maglia, ovviamente (purtroppo) di qualche band che gli piaceva ma Ashton non riuscì nemmeno a capire quale perché era bianca stretta attorno alle sue spalle e wow, Ashton non aveva mai notato quanto fossero larghe. Ecco perché si sentiva così al sicuro fra le sue braccia. E Dio, i capelli di Luke, il suo ciuffo spettinato come al solito ma diverso, diverso, diverso, e le sue labbra e e i suoi occhi e e e i suoi denti e e e e il suo sorriso il suo naso. Come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse da infarto il suo naso e—

“Stai benissimo.” riuscì finalmente a dire Ashton. Luke sorrise e si morse il labbro.

“Anche tu.” anche Luke lo stava fissando.

“Grazie.”

Silenzio.

E poi Luke, disse, “Forse è meglio se andiamo, perché ho prenotato per le sette e mezza e se continuo a guardare quanto sei bello sapendo che c'è un letto proprio lì potremmo non arrivare più.”

Ashton diventì paonazzo e annuì, chiudendosi la porta alle spalle.

(Segretamente desiderando che Luke avesse—beh.)

x

“Sono le dieci e mezza.” disse distrattamente Luke. Erano andati al ristorante, era un bel posto, italiano. Avevano mangiato così tanto che avevano deciso di fare una passeggiata prima di tornare a casa. Era stata una bella serata, e anche se avevano ricevuto qualche occhiataccia da alcune coppie di anziani, Luke se n'era fregato così candidamente che aveva convinto Ashton a non pensarci.

“Già.” disse Ashton, giocherellando con una foglia che aveva raccolto da terra. Erano in un parco, un parco piccolo in una delle zone meno turistiche di Londra. Era una sera fresca e limpida, e riuscivano addirittura a vedere qualche stella che brillava nonostante lo smog dell'enorme città.

“Qual è,” cominciò a dire Luke, “un film che odi?”

“Rocky 2.” rispose subito Ashton.

“Perché?”

“Perché Zayn mi ha baciato durante quel film. E poi non capisco cosa ci trovi la gente.”

“Giusto.” disse Luke, scrollando le spalle e sdraiandosi sul prato accanto a lui.

Ashton continuò. “Qual è l'album che ti piace di meno al mondo?”

Luke rimase in silenzio per un attimo.

“Probabilmente Hear Me Now dei Secondhand Serenade. A Twist in My Story è bella, ma triste, e poi c'è un limite a quante volte puoi raccontare la stessa delusione d'amore. Ero emozionatissimo quand'è uscito, ne avevo addirittura comprate due copie. Quindi, insomma.”

“Interessante.” disse Ashton.

“Qual è il tuo colore preferito?” chiese Luke, variando un po' le domande, proprio come facevano sempre. Cose che odi cose che ami. Rendeva il gioco più interessante, guardare sia le cose positive che quelle negative.

“Il rosso.” disse Ashton.

“Oh.” disse Luke nella luce fioca. “Odio il rosso.”

Ashton annuì, non che fosse grave. Ci pensò su per un attimo, arrovellandosi sulle parole odio il rosso.

“Perché?” chiese infine.

“Perché odio il rosso? Non lo s—,”

“No, voglio dire, che senso ha? Odiare il rosso, dico. Non—il rosso non andrà via, sai? Se lo odi.” Ashton guardò Luke, che guardava il cielo.

“Certo.”

“Voglio dire—,” disse Ashton, cercando le parole giuste. “Per quanto tu possa odiare il rosso, continuerai a vedere le cabine telefoniche rosse e ci saranno sempre gli autobus rossi a due piani e continuerai a sanguinare rosso quando ti taglierai con la carta e il cielo diventerà comunque rosso quando il sole tramonterà. Non puoi sfuggire al rosso, quindi che senso ha odiarlo?”

“Nessuno.” disse Luke dopo essere rimasto a guardare in su per un po'.

“Allora, perché odiarlo?” chiese Ashton. Doveva essere una domanda retorica, ma Luke rispose comunque dopo qualche minuto di silenzio.

“Non tutto ha un senso.”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2760132