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Per le ampie distese di campi verdi, risuona incantato il mio canto, avanzando mano a mano con il vento, che spazza via i languidi sospiri.
Le scie brune del morente giorno, ricoprendo le guglie del cielo, obbediscono silenziose al mio canto. La pallida Sera zittisce il creato, attorno alla cima invisibile del sogno comune, ammantando la notte del suo sudario.
O canto mio che pari ad eco vai, porta la tua nenia oltre la fragile materia, oltre ciò che è sacro inviolabile. Sino alle porte del sublime “Amore”.
Dormiva il mondo, cullato dal vento, sotto lo splendido sguardo del firmamento; e tutto intorno, con passo greve, scorreva la notte sui campi di neve.
Il vento sferzava il candido manto, all’avanzar del gelido pianto; e tutto intorno la notte moriva, portando con sé un sogno alla riva.
Risplendevano fieri i tuoi occhi alla luna, scorgendo la pace dalla bianca duna; e tutto intorno sul raggio di un fuoco fatuo, moriva il nudo ciel, ormai vacuo.
Luccicavano debolmente i flebili astri, inchinandosi umili ai tuoi dorati nastri; di chioma raccolta, o dama incantata, Che sia questa la salvezza, mia amata?
Al primo attimo di abbandono
mi cingo dei respiri in cui vivi,
quando lieve svanisce il livore
e si accendono le mie mancanze:
mi avvalgo dei sognanti anfratti,
ove il tuo spirito mi ha condotto,
chissà come, vicino la finestra
della tua camera, o amor mio!
Le disperse litanie risuonano,
lungo la limpida e colorita strada,
quando vivida si muove la speranza,
allo schiocco delle tue rosse labbra;
nasce la vita, come canto di colibrì,
dal cuor mio, o mia adorata,
e tale tintinnio è destinato un giorno,
mosso d'amor, a morir sul volto tuo.