Perfectly imperfect.

di sbriashi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome back! ***
Capitolo 2: *** Kicking and screaming. ***
Capitolo 3: *** Who do you think you are? ***
Capitolo 4: *** What?! ***
Capitolo 5: *** Sitting near the fireplace. ***
Capitolo 6: *** Save me. ***
Capitolo 7: *** Let me kiss you. ***
Capitolo 8: *** I'd love to turn you on. ***
Capitolo 9: *** I should have known. ***
Capitolo 10: *** The mess I made. ***
Capitolo 11: *** Tell me why. ***
Capitolo 12: *** Don't say anything. ***
Capitolo 13: *** Can you keep a secret? ***
Capitolo 14: *** Jealous guy. ***
Capitolo 15: *** Secretly. ***
Capitolo 16: *** In spite of all the danger. ***
Capitolo 17: *** Your future was me. ***
Capitolo 18: *** Something's changing. ***



Capitolo 1
*** Welcome back! ***


Ripercorrevo quelle strade come se il tempo non fosse passato mai, come se non me ne fossi mai andata.  Quando mi ritrovai di fronte alla mia vecchia casa mille ricordi invasero di nuovo la mia mente facendomi tornare bambina. Il grande salice in giardino si reggeva ancora in piedi e il pezzo della staccionata che ruppe mio fratello giocando a pallone era rimasto tale. Tutto era proprio come l'avevo lasciato.
Esitai un po' prima di addentrarmi per il vialetto pensando che non ci fosse nessuno in casa ma subito dopo notai una macchina parcheggiata sul retro e mi feci avanti.
Bussai alla porta con un po' di timore scuotendo intanto l'ombrello bagnato e cercando di rendermi presentabile.
Era una tipica mattina piovosa di Settembre a Liverpool, proprio come mi aspettavo. Ormai era da più di un anno che non mettevo piede nella mia città natale, mi trasferii a Londra per cercare un lavoro ma le cose alla fine non andarono come avrei voluto. Ovviamente stavolta non sarei stata sola, c'era mio fratello Paul con me.
Finalmente la porta si aprì ed apparse proprio lui pronto ad accogliermi a braccia aperte. Alla sua vista iniziai a sorridere come un'ebete, mi era mancato tanto ed ora eravamo di nuovo insieme.
Paul era più grande di me solo di un anno, io avevo vent'anni e lui ventuno ma nonostante questo continuava a trattarmi come se fossi ancora una bambina.
«Mary! Sono davvero felice che tu sia qui!» esclamò tenendomi stretta a lui.
«Anche io, Paulie» da quanto tempo era che non lo chiamavo così.

«Com'è andato il viaggio? Ci sono stati problemi?»
Ci staccammo e mi aiutò a portare le valigie dentro la casa.
«No, tutto ok per fortuna»
Non feci in tempo ad aprire di nuovo bocca che mi ritrovai davanti altri due ragazzi. Entrambi avevo lo stesso taglio di capelli di Paul ma in quegli anni andava di moda, come non biasimarli? Erano davvero carini, quello a sinistra però aveva il naso un po' grande.
«Mary, so che non ti ho avvisato prima ma... Io vivo qui con tre miei amici. Non te l'ho detto per paura che poi non volessi più venire, mi dispiace» iniziò ad agitarsi Paul mentre io dovevo ancora rendermi conto della situazione in cui mi trovavo.
«Comunque io sono Ringo, è un piacere conoscerti sorella di Macca»mi scappò una risatina mentre quel Ringo faceva l'inchino fingendo di essere un gentiluomo.
«Io invece sono George, piacere»mi porse la mano e ci scambiammo un saluto, aveva una voce leggermente nasale.
«Allora non sei arrabbiata?»mi domandò Paul dato che non avevo ancora aperto bocca.
«Certo che no! Ho solo una domanda: hai detto di vivere con tre ragazzi, dov'è il terzo?»
Come se qualcuno lassù avesse ascoltato la mia domanda, alla mia destra apparve un altro ragazzo. Quando mi resi conto che indossava solo delle mutande sobbalzai ma cercai di nascondere il mio imbarazzo dato che lui sembrava non averne.
«Oh, John! Abbi la decenza di coprirti almeno davanti a mia sorella!»
Il ragazzo mi scrutò dalla testa ai piedi e si avvicinò per poi spostare lentamente lo sguardo su mio fratello.
«Quindi questa è la tua Mary?»si rivolse a Paul per poi tornare a fissarmi. Lo guardai dritto negli occhi come per fargli capire di abbassare la cresta ma non penso che funzionò.
«Per quale motivo non me l'hai mai presentata?»continuò ghignando e poi gli diede una leggera pacca sulla spalla. Paul lo guardò torvo e si sentì una risatina di Ringo in sottofondo. Dovevo intervenire in qualche modo.
«Scusa, saresti così gentile da dirmi almeno come ti chiami?»
«
Non sono affari tuoi, bambola»
No, fermi tutti... Bambola?!
Mio fratello sgranò gli occhi e prima che potesse dire qualcosa ripresi a parlare io.
«Invece direi che sono affari miei dato che da oggi in poi saremo coinquilini, bambolo»
«Woah, la sorellina di McCartney ha le palle!»
«John, smettila. E' appena arrivata e già le stai facendo saltare i nervi»intervenne George cercando di calmare la acque.
«Oh, quanto mi dispiace!» John alzò le mani facendo il finto pentito e poi se ne tornò da dove era venuto.
Mio fratello mi conosceva bene e sapeva perfettamente che il suo amico non avrebbe fatto vita facile con me in quella casa. Il nostro rapporto non era iniziato nel migliore dei modi ma ero quasi curiosa di sapere di come sarebbe andato a finire.
«Ah, comunque lui è John Lennon»aggiunse Paul.
«Pff, un nome come tanti»

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Capitolo 2
*** Kicking and screaming. ***


Salve! 
Prima di tutto vorrei ringraziare le due ragazze che hanno recensito il primo capitolo, mi fanno davvero piacere le recensioni!
Approfitto di questo "spazio autrice" per ricordarvi che questa fan fiction non si basa sulla storia vera dei Beatles e che quindi molte cose non combaciano con la realtà, tutto nasce nella mia fantasia.
Spero che vi piaccia, 
Buona lettura :)


Avevo finito di pranzare da poco e me ne stavo sdraiata sul mio letto a fissare il soffitto, non ci trovavo nulla d'interessate ma in qualche modo mi rilassava. La mia camera era rimasta proprio come l'avevo lasciata, sulla scrivania c'erano ancora i fogli con le mie prime canzoni. Già, amavo scrivere fin da quando ero piccola, Paul diceva che avevo un talento naturale e forse un po' aveva ragione. Quando mi accadeva qualcosa di nuovo, bello o brutto mi bastava prendere carta e penna e le parole uscivano istintivamente, non so come ci riuscivo. Spesso mi aiutavo con la chitarra che mi aveva insegnato a suonare mio fratello e dovevo ammettere che qualche canzone era davvero accettabile. Anche Paul scriveva canzoni con i suoi amici, insieme formavano una band chiamata i Beatles o qualcosa del genere. Non li avevo mai sentiti suonare ed ero troppo curiosa di farlo.
I miei pensieri si spostarono sul fatto che avrei dovuto abitare chissà per quanto tempo con altri tre ragazzi in casa mia. Ringo e George non mi preoccupavano, sembravano tranquilli, mentre quel John proprio non potevo vederlo. Ma chi si credeva di essere? Non m'importava un cavolo se tutte le ragazze di Liverpool gli cadevano ai piedi come gatte morte, io non ero e non volevo essere una di loro.
All'improvviso balzai in piedi spaventata da alcuni colpi sulla porta e dalla voce di Paul che mi chiamava così scesi di corsa al piano di sotto. Prima che potessi finire di scendere le scale notai una ragazza dai capelli scuri che se ne stava sulla porta d'ingresso e mi sorrideva a trentadue denti. Ci misi un nanosecondo a realizzare che si trattava di Anne, la mia vecchia migliore amica, e le saltai praticamente addosso. 
«Non puoi immaginarti neanche minimamente quanto mi sei mancata!» urlai mente la stavo soffocando nell'abbraccio. 
«Allora? Come stai? Quando sei tornata? Com'era Londra? Hai trovato qualche ragazzo carino?» mi bombardò di domande.
«Frena, frena! Adesso calmati e respira» ridemmo entrambe di gusto e poi continuai: «Comunque sto bene, sono tornata questa mattina, Londra è meravigliosa e sì, ci sono davvero tanti bei ragazzi là»
«E non me ne hai portato neanche uno?!» ridemmo ancora e poi Paul, che aveva assistito a tutta la nostra conversazione, trovò una scusa per andarsene per non parlare dell'argomento "ragazzi". Io e la mia amica rimanemmo lì a parlare per un altro po' e, dopo che le ebbi presentato gli altri ragazzi (tranne John, non era in casa) decidemmo di andare a fare una passeggiata.
L'aria di salsedine mi colpì in piena faccia e non ebbi timore di respirarla a pieni polmoni, infondo mi era mancata per tanto tempo. Mi sembrò di rivivere in vecchi momenti della mia infanzia e pre-adolescenza con Anne. Lei c'era sempre stata per me, la conoscevo fin da piccola e ne avevamo passate di tutti i colori insieme. Ricordo che era perennemente a casa mia perché aveva sempre avuto una cotta per mio fratello anche se non lo voleva ammettere. A volte ci appostavamo di fronte alla porta di camera sua e lo ascoltavamo suonare di nascosto, Anne si scioglieva ad ogni nota. 
«Sei molto fortunata a vivere con quei ragazzi» disse di punto in bianco. La guardai un po' confusa. «Sono molto popolari, suonano sempre al Cavern. Non te lo ha detto Paul?»
«Certo che me lo ha detto. Ma cosa intendi con "popolari"?»
«Che tutte le ragazze vorrebbero averli e tutti i ragazzi vorrebbero essere al posto loro» 
Pensai a Paul come uno popolare ma solo al pensiero trattenni una risatina. Ero sempre stata abituata a vederlo come il mio fratellone dolce e goffo, non come un playboy. Forse qualcosa stava per cambiare o forse ero io che non vedevo le cose come stavano.
«E perché io che sono la sorella di uno di loro non sono popolare? E' ingiusto!» scherzai.
«Se non mi sbaglio stasera dovrebbero suonare, perché non vieni a vederli?» mi chiese Anne già elettrizzata. 
«Scherzi? E' ovvio che vengo!» 
Ad un certo punto sentii delle risatine e degli schiamazzi ed in lontananza notai un gruppetto di ragazze di qualche anno in meno di me. Io e la mia amica ci guardammo con aria interrogativa e ci avvicinammo senza dare nell'occhio. Non mi sorpresi quando vidi che in mezzo a quelle ochette c'era niente meno che John Lennon. Lanciai una risata sonora mentre gli stavamo passando accanto e lui se ne accorse, mi guardò torvo alzando un sopracciglio ma io non smisi un secondo di ridere.
«Che gallina!» urlò appena fu alle mie spalle. Mi fermai decisa e prima che Anne potesse fermarmi gli puntai il dito medio.
«Cretino!»
«Cosa c'è piccola Mary? Hai perso il tuo agnellino?» tutte le ragazze iniziarono a ridere a prendermi in giro insieme al quell'idiota, non l'avrebbe passata liscia.
«Fottiti Lennon!» 
«L'invidia è una brutta bestia»
«No, tu sei una brutta bestia!»
«Ma se non vedi l'ora che io ti porti a letto!»
Prima che potessi sganciargli un bel cazzotto in faccia, Anne mi prese per un braccio e mi trascinò via di lì con la forza. Lo odiavo, lo odiavo, lo odiavo, lo odiavo. 
«Ma che ti è preso?!» mi domandò Anne urlandomi in faccia ancora scioccata per la scena di poco prima.
«Non lo so, lo odio
«Si può sapere almeno cosa ti ha fatto? Hai iniziato tu a ridergli in faccia!» Già, avevo cominciato io... Che stupida che ero stata, oddio.
«A casa mi aveva provocata e adesso ho avuto la mia vendetta» mi giustificai.
Ero appena arrivata e già mi ero creata dei casini, tipico di me. Quel John proprio non potevo vederlo, ma cosa ci trovavano tutte quelle oche in lui? Era solo un idiota arrogante e pieno di sé. Chissà quante se ne portava a letto, provavo davvero pena per quelle povere ragazze.
 Aveva avuto pure il coraggio di dire che io volevo andare a letto con lui. Gliel'avrei lanciato addosso un letto, io!
Anne si portò una mano sul viso sbuffando per poi dire: «Sei stata via per tanto tempo ma non sei cambiata per niente».
Sorrisi pensando che in effetti era vero, non era la prima volta che mi trovavo a fronteggiare un ragazzo. Mi ero sempre fatta rispettare, mi descrivevano come una tipa molto tosta.

Anne mi accompagnò a casa e appena entrai mi diressi dritta in camera mia ignorando Paul e la cena. Mio fratello rimase a guardarmi un po' confuso e poi mi raggiunse per capire il perché del mio strano comportamento.
«Non hai fame?»
«No» dissi seccata mentre mi passavo le mani sulla faccia. 
«Posso sapere perché?» Si sedette accanto a me ma lo ignorai.
«Lascia perdere» mugugnai voltandomi dall'altra parte.
Proprio in quel momento la porta d'ingresso si aprì e riconobbi la voce di John che urlava il nome di mio fratello. Cos'aveva adesso da rompere?
Irruppe nella mia stanza spalancando la porta facendo sobbalzare Paul.
«Dì a tua sorella di fare meno la stronzetta o la prossima volta mi incazzo sul serio»
Mio fratello sgranò gli occhi e prima che potesse dire qualcosa cominciai ad urlare per la rabbia.
«Tu hai iniziato ad offendermi!»
«Non è colpa mia se cerchi di fare la fighetta in mia presenza solo per essere portata a letto»
Ancora questa storia? Adesso basta, era troppo.
«John, vattene!» urlò mio fratello cercando di farlo uscire dalla mia stanza. 
Non riuscii a trattenere l'istinto e in men che non si dica mi ritrovai a tirare pugni e calci a Lennon mentre lui mi teneva stretti i polsi per impedire che lo colpissi. Paul tentava invano di dividerci ma io non mi fermavo e continuai a lottare. Appena John lasciò la presa iniziò a correre per il corridoio ed io non esitai ad inseguirlo con mio fratello a sua volta dietro di me. La scena era alquanto imbarazzante e divertente allo stesso tempo.
«Tanto non mi prendi!»
«Vaffanculo Lennon!»
Mentre lui lo trovava tutto come uno scherzo io ero l'unica ad essere incazzata seriamente. All'ultima rampa di scale non mi ressi più in piedi ed inciampai in uno scalino, per un attimo ebbi l'impressione che sarei morta ma invece mi ritrovai spaparanzata sopra il povero Ringo.
«Oh mio Dio, scusami tanto!» biascicai imbarazzata mentre mi rialzavo da terra. 
«Non fa niente, tranquilla» rispose lui mentre cercava di tornare in piedi.
Solo quando la testa smise di girarmi mi resi conto di quanto fossi stata ridicola e mi venne quasi da ridere se non fosse stato per Lennon che si stava godendo la sua vittoria guardandomi dall'alto in basso.
«Sei troppo lenta, mia cara» disse John avvicinandosi a me lentamente.
«E tu sei troppo cretino, siamo pari» ribattei avvicinandomi a mia volta.
«Ok, adesso basta! Vi conoscete da meno di un giorno e già fate a cazzotti? Non voglio immaginare cosa succederà dopo» si intromise Paul cercando di riportare l'ordine. «Mary, vai in camera tua e restaci per tutta la sera» aggiunse poi.
«Cosa?! Stasera suonate al Cavern, devo esserci anche io! E poi non prendo ordini da te, sono grande ormai!» esclamai con tono di protesta.
«E va bene ma se vuoi venire corri a prepararti» 
Senza farmelo ripetere due volte corsi in camera mia sperando che quella sera mi avrebbe fatto passare tutta la rabbia che avevo in corpo.

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Capitolo 3
*** Who do you think you are? ***


Quando uscii dal locale per prendere una boccata d'aria i ragazzi avevano già finito di suonare, erano stati spettacolari. Sapevo già che Paul suonava molto bene ma dopo che li ascoltai tutti insieme per la prima volta mi innamorai completamente del loro modo di suonare. Dovevo ammettere anche che John, per quanto fosse odioso, era molto discreto quando si trattata di dover suonare e cantare. Nel complesso tutti e quattro i ragazzi erano stati perfetti ed io ero fiera di loro.
Durante la loro esibizione la gente non aveva mai smesso un secondo di agitarsi ed urlare come fossero impazziti tutti all'improvviso. Non facevano altro che spintonarmi in qua e là e più volte sentii mancarmi il respiro, sembrava quasi di stare in una gabbia di matti.
A distrarmi dai miei pensieri fu Anne che arrivò con due boccali di birra in mano, uno di sicuro era per me.

«Ancora birra?!»
«La notte è ancora giovane, Mary mia!» esclamò agitando il suo bicchiere in aria. La fermai prima che si potesse versare tutta la birra addosso e gliela tolsi dalle mani.
«Questa la dai a me, ubriacona»
Rise un po' stridula e poi si appoggiò a me facendomi quasi perdere l'equilibrio. Era una situazione strana: di solito ero sempre io quella ubriaca marcia e lei quella che badava a me ma stavolta avevo deciso di contenermi dato che era la prima sera che passavo a Liverpool dopo il mio ritorno.
Mentre la mia migliore amica barcollava vidi arrivare Paul, George e Ringo verso di noi, anche loro non sembravano molto sobri.

«Ragazzeee!» urlarono quasi contemporaneamente. Li ignorai e dissi che era meglio tornare a casa ma ovviamente nessuno mi considerò. Era dura essere l'unica sobria!
Non feci in tempo a dire altro che trovai Anne incollata a mio fratello, anche lui ovviamente ci stava provando e prima che potesse succedere qualcosa strattonai via Paul e riuscii a riportare tutti a casa "sani" e salvi.
 
Accostai la porta della mia camera e mi buttai sul letto a mo' di sacco di patate. Era tardi ed ero stanchissima ma nonostante tutto avevo passato una bella serata.
Portare i ragazzi a casa era stata dura: George rideva ogni secondo e la sua risata contagiava pure gli altri due, Ringo ballava in mezzo alla strada e per poco non lo prendeva in pieno una macchina mentre Paul si limitava a salutare ogni singola persona che passava. Presto mi sarei vendicata per avermi fatto fare tutte quelle figure di merda.
Pensai che infondo mi ero divertita e che mio fratello mi era mancato da morire, anche più di quello che pensavo. Era passato tanto tempo ma il nostro rapporto non era cambiato di una virgola e questo mi faceva sentire felice.
Durante il nostro ritorno verso casa George aveva tentato di baciarmi e meno male che Paul non se ne era accorto, non so come avrebbe potuto reagire.
Non so perché ma al pensiero di quel bacio mancato sentii il mio stomaco agitarsi e rimasi a fissare il vuoto per un po', almeno finché quella strana sensazione non se ne andò.
A distrarmi dai miei pensieri fu il rumore improvviso della porta che si chiudeva, doveva essere John. Non era tornato a casa con noi, sinceramente non so che fine aveva fatto dopo l'esibizione.
Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini mentre si dirigeva nella sua camera che , guarda caso, si trovava proprio accanto alla mia. Non ci misi molto a capire che era in "buona" compagnia dopo aver sentito i ripetuti cigolii del suo letto.
Mi rannicchiai sotto le coperte ma non funzionò, sentivo ancora quel rumore del cavolo. Dopo un po' si aggiunsero pure le loro urla di godimento e iniziai a tirare calci al letto dal nervoso. Gli altri ovviamente non sentivano niente dato che si erano già addormentati ma io non riuscivo proprio a chiudere occhio.
Lennon del cazzo, sei per caso nato per rovinarmi la vita?
Aspettai un po' sperando che prima o poi si stancassero ma evidentemente avevo sottovalutato le qualità di prestazione di John dato che non smisero affatto.
Iniziai a tirare pugni al muro, uno più forte dell'altro, ma non funzionò lo stesso.
Ero straziata ed avevo sonno, tanto sonno. Non resistetti, mi alzai in piedi e chissà con quale coraggio bussai alla sua porta. Anche questo fu tutto inutile, stupido Lennon.
Non ci vidi più dalla rabbia e spalancai la porta dato che quel genio di John la teneva sempre aperta.
«JOHN! STO CERCANDO DI DORMIRE!» sbraitai non curandomi del fatto che avrei potuto svegliare gli altri.
La ragazza, completamente nuda e in preda alla vergogna, dopo aver preso i vestiti, non ci pensò due volte a darsela a gambe. John, che fino a quel momento era rimasto impietrito e nudo, si mise dei pantaloni giusto per darsi un'aria decente e poi venne diretto verso di me spintonandomi.
«Sei una stronza del cazzo!» mi urlò in faccia con fare aggressivo. Io risi soddisfatta e questo alimentò ancora di più la sua rabbia.
«Ops! Mi dispiace, Johnny» mi limitai a dire fingendomi dispiaciuta.
«Avresti pagato oro per essere al posto di quella, dì la verità-
Ancora con questa storia?!
«Ti piacerebbe!»
«Di certo non mi dispiacerebbe»
«Sei un porco!»
«Grazie»
«Vaffanculo!»
«Hai finito, piccola?»
«No, e non chiamarmi piccola!»
Lo spintonai e lui cercò di bloccarmi le braccia.
«Che cazzo fai?!» urlai mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa.
«Oh, dai! Non sai neanche picchiare, McCartney!»
Non me lo feci ripetere due volte e subito lanciai un calcio nelle parti intime di John che si piegò in due mentre io scoppiai a ridere.
«PUTTANA!»
«Cosa?!» esclamò Paul che era appena arrivato e dall'aspetto sembrava che si fosse anche appena svegliato.
«La tua cazzo di sorella mi ha dato un calcio nelle palle!» protestò mentre si rialzava da terra. A Paul scappò una risatina ma John fece finta di niente, penso che ne aveva avuto abbastanza.
«Stava scopando con una e non riuscivo a dormire così gli ho detto di smetterla» spiegai a mio fratello come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo.
«John! Ti avevo detto di non portare più ragazze a casa, lo sai che c'è Mary»
«E chi cazzo se ne fotte di Mary! Faccio quello che voglio»
«Possiamo parlarne domani mattina? Sto dormendo in piedi» intervenni mentre ormai stavo morendo di sonno.
«Va bene ma prima John deve chiederti scusa»
Lennon sgranò gli occhi ci sbattè la porta in faccia con una sonora risata.
Ma chi si credeva di essere?

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Capitolo 4
*** What?! ***


Un mese era volato via in un batter d'occhio da quando ero tornata a Liverpool, ormai eravamo in pieno autunno ed il freddo si faceva sentire. Le strade erano colme di foglie secche che davano un aspetto quasi magico alla città.
Quella mattina mi ero svegliata di buon umore senza motivo, scesi al piano terra a fare colazione e trovai Paul e George intenti a mangiare. Avevano tutta l'aria di due che si erano appena svegliati ed infatti mi sa che era proprio così.
«Buongiorno!»esclamai raggiante sedendomi e prendendo il mio tè.
«Buongiorno Mary»ricambiò George facendomi uno di quei suoi bellissimi sorrisi.
«Ehi tu! Non ti mangio mica se mi rivolgi la parola!»rimproverai Paul che fino a quel momento se ne era stato a mangiare i suoi biscotti in silenzio.
«Scusami, non ho chiuso occhio l'altra notte»rispose stropicciandosi gli occhi per la stanchezza.
«E come mai?»chiedemmo all'unisono io e George.
«Ho cercato di scrivere una nuova canzone ma devo ancora perfezionarla»rispose lui.
Io scossi la testa e mi ritrovai persa nei ricordi senza neanche volerlo. Mi vennero in mente tutte le volte in cui mi sedevo per terra con la schiena poggiata alla porta della camera di Paul e lo ascoltavo cantare e suonare. Mi rilassavo tantissimo, adoravo quella melodia che, appena chiudevo gli occhi, mi portava in altri luoghi bellissimi e inaspettati. Forse è stato proprio mio fratello a farmi apprezzare davvero la musica e gliene sarò per sempre grata.
 
Di solito nel periodo dell'autunno, la mattina era l'unica parte della giornata in cui potevamo avere a disposizione i raggi del sole e come sempre mi venne voglia di andare a fare una passeggiata lungo il porto. Corsi in camera a prepararmi per uscire ma un attimo prima che varcassi la porta mi ricordai che Anne era dovuta andare da sua nonna.
«Ma che cavolo!»urlai scocciata.
«Qualche problema, Mary?»domandò George alzandosi dalla sedia e venendo verso di me.
«Oh, no tranquillo. Volevo uscire ma Anne non c'è, me n'ero scordata» feci per tornare in camera mia ma lui mi prese un braccio.
«Se vuoi ti accompagno io»
Come potevo rifiutare uno di quei suoi sorrisi?
Ci incamminammo verso il porto e l'aria di salsedine mi colpì in piena faccia facendomi sentire veramente a casa. Lanciai un'occhiata fugace a George ma lui continuò a guardare in basso così gli diedi un colpetto con il gomito per attirare la sua attenzione.
George era diverso dagli altri, non saprei spiegare bene il perché ma lo era e basta. Sicuramente era il più tranquillo del gruppo e forse anche il più serio. Ammesso che ci fosse qualcuno veramente serio tra di loro!
Fatto sta che a me quel ragazzo ispirava fiducia e sicurezza, mi sentivo bene quando ero con lui.
Ci scambiammo uno sguardo d'intesa e poi scoppiammo a ridere forse un po' imbarazzati.
Era la prima volta che uscivo da sola con un ragazzo che non fosse mio fratello dopo tanto tempo, da quanto ero tornata non avevo visto nessun tipo che mi potesse interessare.
Qualche anno fa non avrei esitato un attimo a piombarmi sulle labbra di George ma ero cambiata, ero cresciuta. Volevo trovare un ragazzo per bene, uno con cui avrei potuto sentirmi felice davvero.
«Non ti manca Londra?» mi chiese mentre eravamo seduti su una panchina a guardare il mare all'orizzonte.
«Un po' sì ma qua sto bene. Liverpool è la mia casa»
«Ti capisco, io dico sempre di volermene andare ma poi so che mi mancherebbe troppo»
«A me piacerebbe vedere il mondo, non tutto ovviamente... Ma sarebbe bello»pensai ad alta voce.
«Sai che io ti conoscevo già?»cambiò argomento. Lo guardai con aria interrogativa, cosa voleva dire?
«E perché io non ti conoscevo? Mi sono persa qualcosa?»
«Ti vedevo sempre al Cavern ma non penso che tu mi abbia mai notato. Oh, non devi sentirti in colpa, non mi sono mai presentato» si grattò la testa, molto probabilmente era imbarazzato. In effetti potevo averlo visto un sacco di volte là dentro ma aveva ragione lui, non ci avevo mai fatto caso.
«Beh, adesso ci conosciamo»lui sorrise ed io mi sciolsi un po'.
«Come hai fatto ad entrare nella band?»
«Grazie a tuo fratello, lo conoscevo già da un po' e mi chiese di far parte di questo gruppo così accettai. E' stata la cosa più giusta che potessi fare»
Parlava come una persona saggia a vissuta e la cosa mi affascinava.
«Posso chiederti una cosa?»lui annuì curioso «Come fai ad essere amico di Lennon?»
George scoppiò a ridere e molto probabilmente pensò che da me una domanda del genere avrebbe dovuto aspettarsela.
«Se impari a conoscerlo non è poi così male come credi»
Alzai un sopracciglio come per dire "Come scusa?!" e gli provocai un'altra risata.
«Dico davvero, dovresti dargli una possibilità»
«Neanche morta!» esclamai facendo l'adirata. George rimase a fissarmi divertito come per farmi capire che mi stavo comportando da immatura ma io scoppiai a ridere e, prendendolo per mano, mi alzai dalla panchina e continuammo la nostra passeggiata.
 
Era buio, tanto buio. Non riuscivo a vedere nulla ed il silenzio era più forte di qualsiasi altro rumore. Intorno a me c'era il nulla, mi sentivo sola, abbandonata, messa da parte. Il cuore batteva all'impazzata e non aveva alcuna intenzione di smettere mentre ormai la tensione saliva sempre più. Avrei voluto urlare ma c'era come un nodo alla mia gola che non me lo permetteva. Avrei voluto scappare via ma i miei piedi erano come incollati al pavimento.
Sentivo freddo, non riuscivo quasi più a sentirmi le mani da quanto erano congelate. Mi sforzavo di piangere ma non usciva neanche una lacrima dai miei occhi, ero del tutto impotente e debole. Com'ero finita lì? Perché mi sentivo così male?
Ero morta? Ero andata all'inferno? Dovevo sapere.
Iniziò a mancarmi l'aria, l'ossigeno se ne stava andando e con esso anche la mia anima. Ero andata nel panico quando apparve una luce improvvisa di fronte a me. Tirai un sospiro di sollievo perché ricominciai a respirare anche se ero spaventata a morte non sapendo che cosa mi avrebbe aspettato.
Poi una voce, chiamava il mio nome. Quella voce così familiare ma che in quel momento non avrei mai potuto riconoscere. Mi chiamava, mi diceva che ero salva, che sarebbe andato tutto bene. Vidi un volto, era sfocato ma quegli occhi così profondi si impadronirono dei miei. Chi sei?
 
«Mary! Svegliati!»Paul urlava e mi scuoteva, mi ero appena svegliata, era stato solo un brutto sogno.
«Paul, che succede?»chiesi con un filo di voce.
«Stavi urlando nel sonno e mi sono preoccupato»
Mi passò una mano fra i capelli cercando di farmi tranquillizzare ed io poggiai di nuovo la testa sul cuscino ma senza chiudere gli occhi, avevo paura di ritrovarmi in quell'orrenda situazione.
«Sta tremando, secondo me ha la febbre» ipotizzò John che era seduto infondo al mio letto. Al suono della sua voce iniziai ad innervosirmi ma ero troppo spaventata ed agitata per mettermi a litigare con lui.
«Guardatela, sta malissimo»disse Ringo mentre mi osservava appoggiato allo stipite della porta. Vedevo tutto sfocato come se fossi ancora dentro quell'incubo e avevo paura che non fosse ancora finito nonostante fossi sveglia.
«Mary, vuoi rimanere un po' sola?»come per rispondergli mi attaccai al braccio di Paul e delle lacrime calde iniziarono a rigarmi il viso.
«Ho avuto tanta paura, Paul»singhiozzai nel panico.
«Di cosa, tesoro?»
«Di morire»
A quelle mie ultime parole calò il silenzio nella stanza, si sentiva solo il rumore del mio respiro affannato e dei miei singhiozzi.
Sentii il peso del corpo di George che si sedeva sul letto ed incominciò ad accarezzarmi il viso asciugandomi le lacrime. Mi staccai da mio fratello e mi tirai su con la schiena in modo da poterlo guardare in faccia.
«Grazie ragazzi» abbozzai un sorriso e tutti tirarono un sospiro di sollievo.
«La principessa si sente meglio adesso?»domandò John facendomi ridere.
«Sì, grazie Lennon»lui fece spallucce e per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti parlammo senza scannarci. Rimasi sorpresa dal fatto che non aveva ancora cercato di prendermi in giro ma forse dipendeva dal fatto che nessun ragazzo sopportava di dover vedere una ragazza piangere.
Quel pomeriggio decisi di andare da Anne, dovevo assolutamente sfogarmi sull'accaduto con qualcuno ma non volevo far stare in pensiero i ragazzi.
 
«Hai qualche idea su chi possa essere il tuo "salvatore"?»mi chiese la mia amica dopo che le ebbi raccontato tutto quanto il sogno della sera prima.
«No! Eppure era così familiare, non capisco»
«
Forse non era nessuno, te lo sei inventata»
«Impossibile, ti dico che lo conoscevo!»
Quella voce risuonava ancora nella mia mente e riuscivo ancora a vedere quegli occhi riflessi nei miei.
«Beh, alla fine è solo un sogno»sentenziò Anne cercando di non farmi preoccupare.
«Forse hai ragione tu»mi arresi, mi stavo facendo solo troppe paranoie.
Perché allora era stato così reale? Perché ero convinta che non era stato solo un sogno? C'era qualcosa di più, me lo sentivo.
Guardai l'ora e si era fatto tardi, dovevo essere a casa in tempo per preparare la cena così salutai Anne ed uscii.
Gli ultimi raggi del sole se ne stavano andando per far spazio al chiarore della luna, il cielo era di un colore caldo e il sole bruciava di rosso mentre stava sparendo all'orizzonte. Adoravo il fatto che tutti gli elementi della natura erano in sintonia fra di loro, i colori dell'autunno erano ovunque.
«Ehi McCartney!»una voce dietro di me mi chiamò e mi girai di scatto, vidi niente meno che John Lennon che stava correndo per raggiungermi.
«Ciao John»
«Stai meglio?»mi chiese ancora con il fiatone per via della corsa.
«Da quando ti importa di me?»non volevo metterlo in difficoltà ma quella domanda mi venne spontanea e non avevo neanche tutti i torti.
«Scusa se mi interesso alla tua salute! Se una volta dovessi trovarti moribonda in mezzo alla strada ti lascio morire»mi ero giocata anche l'unica possibilità di poter parlare civilmente con John.
«Tanto mi lasceresti morire in ogni caso»
Rise di gusto per poi incamminarsi verso casa ed io lo seguii a ruota. In qualche modo ammiravo il suo modo di essere indifferente e menefreghista riguardo tutto e tutti, si era costruito una corazza che non avrebbe mai abbattuto per nulla al mondo.
«John, puoi rallentare un attimo?! Non riesco a starti dietro!»urlai mentre camminavo spedita verso di lui.
«Sei troppo lenta, mia cara»ghignò divertito.
Una volta che lo ebbi raggiunto lui non si mosse. Aspettai che riprendesse a camminare ma rimase lì con lo sguardo perso nel vuoto.
«Lennon? Ci sei?»gli sventolai una mano davanti alla faccia ma lui me la bloccò e in meno di un attimo mi ritrovai le sue labbra incollate alle mie. Per un momento la terra smise di girare e mi mancò il respiro ma ero ancora cosciente per riuscire a scostarlo da me.
Lo guardai a bocca aperta ancora scioccata per quello che era appena successo, era qualcosa che neanche tra milioni di anni avrei pensato che potesse accadere. Lui era John Lennon ed io ero Mary McCartney, la sorellina del suo migliore amico. Lui era uno stronzo che mi rendeva la vita impossibile ed io forse ero solo una delle sue tante ragazze usa e getta. Ma per chi mi aveva preso? Non ero la sua puttanella.
«John..»biascicai impietrita di fronte a lui che aveva ancora quello sguardo perso.
«JOHN!»urlai per attirare la sua attenzione e stavolta riuscì a guardarmi negli occhi.
«Perché mi hai baciata?!»
«Mi andava di farlo»
Ecco, di nuovo quel suo atteggiamento menefreghista da stronzo del cazzo. Pensava davvero che poteva baciarmi quando gli faceva comodo come se non significasse nulla?!
«Vaffanculo» me ne andai via senza voltarmi, non volevo guardarlo in faccia, non volevo guardarlo e basta.

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okay, eccomi qua!
abbiate pietà di me ma questo capitolo è stato un po' sforzato cwc
beh, avete visto il nostro John? eheh, fa troppo il furbo.
ringrazio tutti quelli che hanno recensito e che recensiranno :)
mi fa taaanto piacere che almeno qualcuno segue la mia storia perché a me non piace moltissimo..
beh, grazie di aver letto!
al prossimo capitolo.

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Capitolo 5
*** Sitting near the fireplace. ***


Feci sbattere la porta della mia camera più forte che potevo ed il rumore rimbombò in tutta la stanza. Mi buttai a peso morto sul letto, mi portai le mani sulla faccia ed urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Non sapevo cosa pensare, cosa fare. Tutto intorno a me non aveva un senso o almeno ero io che non riuscivo a trovarlo. Ero furiosa, nervosa, confusa e agitata. Quello stronzo di Lennon non l'avrebbe passata liscia. Ma come si era permesso di usarmi in quel modo come se fossi la sua sgualdrina? Non aveva ancora capito con chi aveva a che fare.
Mi alzai dal letto e dopo aver fatto qualche respiro profondo per calmarmi andai in cucina per preparare la cena.
 
Mentre eravamo seduti a tavola c'era il silenzio totale, io non avevo intenzione di proferire parola e John lo stesso. Gli altri si guardavano un po' straniti dato che era sempre Lennon ad animare i nostri pasti ma quella sera era stranamente muto.
Che codardo, pensai. Mi ha baciata, ha pensato di potermi conquistare e poi invece ha fatto solo la figura dello scemo. Forse finalmente aveva capito che non tutte le ragazze gli cadevano ai piedi.
Ad un certo punto si alzò di scatto sbattendo le posate sul tavolino e facendo sussultare tutti i presenti. Rimase qualche secondo in piedi a fissare il vuoto, dopodiché prese il cappotto e uscì dalla casa senza dire niente.
«Ma che gli è preso?»domandò Ringo sbigottito.
Paul mi guardò alzando un sopracciglio con fare sospettoso ed io mi coprii la faccia con un tovagliolo come per dirgli che non c'entravo niente ma ovviamente nessuno ci cascò.
«Mary, non è che devi dirci qualcosa?»insinuò mio fratello.

«Ehm, io? Cosa dovrei dirti?»feci un sorrisino da angioletto ma tutti continuavano a guardarmi storto così mi arresi.
«E va bene! Credo che abbia reagito in quel modo perché oggi mi ha baciata»
George sputò il pollo che stavo mangiando ed iniziò a tossire, Paul era rimasto a bocca aperta e Ringo iniziò a ridere. Una scena alquanto insolita, direi.
«Cosa ha fatto?!»mio fratello iniziò a gridare maledicendo John ed io volevo solo sotterrarmi.
«E tu ci sei stata?!»mi chiese allarmato George.
«Ma certo che no! L'ho mandato a quel paese»risposi quasi con tono fiero. Harrison tirò un sospiro di sollievo. «Meno male»aggiunse poi sottovoce.
«Adesso quell'idiota mi sente!»Paul non riusciva a calmarsi.
«Paul, lascialo perdere! Non ne vale la pena»non so perché ma iniziai a sentirmi un po' in colpa nei confronti di John.
«Ma ti ha baciata! John sa benissimo che deve stare alla larga da te»
Si passò una mano fra i capelli e sbuffò ancora innervosito dall'accaduto.
«Adesso mi chiedo perché abbia provato a baciarmi se ha tutte le ragazze ai suoi piedi»pensai tra me e me. In effetti era vero, si poteva portare a letto ogni ragazza di Liverpool ed aveva baciato me, la ragazza con cui litiga tutti i giorni e di cui non sopporta neanche la vista. L'aveva forse fatto per appacificarsi con me? Impossibile, non sarebbe stato proprio da lui. Forse perché ero l'unica che non gli sbavava dietro o perché gli mancava una con la lettera M da baciare. Cosa alquanto improbabile visto la moltitudine di ragazze con cui era andato prima di me.
«Neanche io lo so ma dovrà darmi una ragione più che valida»detto questo, Paul si alzò dalla sedia e si diresse in camera sua. Non l'avevo mai visto così seriamente arrabbiato.

Era una di quelle sere d’autunno inoltrato in cui fuori piove senza tregua e tu non hai alcuna voglia di uscire.
Ero seduta per terra a gambe incrociate davanti al camino persa nei miei pensieri. Pensavo a quel cretino di John e alla reazione di mio fratello. Se me ne ero rimasta a Londra forse non sarebbe successo tutto quel casino. Ma alla fine era questa la città per me, quella a cui sentivo di appartenere.
Per quanto l’altra poteva essere bella, grande e moderna non sarebbe mai stata la mia vera casa. Nessuna città poteva essere paragonata a Liverpool per me.
Il tepore del fuoco mi scaldava le mani che avevo perennemente gelide e mi sentivo bene in quel momento. Il rumore della legna che bruciava e quel calore mi rilassavano così tanto che chiusi gli occhi e cercai di non pensare a niente, di rimuovere per un po’ tutti i miei problemi.
«Mary?»mi chiamò sottovoce George che si era appena seduto accanto a me. Voleva controllare che fossi sveglia.
«Hey, Geo»lo salutai sbadigliando un po’, mi ero rilassata un po’ troppo direi.
«Dormivi?»
«Oh, no! Avevo chiuso gli occhi per un attimo»mentii e lui sembrò crederci. Si passò una mano sulla faccia e poi spostò lo sguardo sul fuoco acceso.
«Mi piace starmene seduto di fronte al camino»ammise.
«Già, soprattutto quando sei stanco è un’ottima cura»aggiunsi cercando di catturare il suo sguardo.
«O quando si è nervosi»centrò il punto.
«Sei nervoso?»
Lui finalmente si girò verso di me e mi guardò ammiccante.
«Veramente mi riferivo a te»rispose accarezzandomi un po’ i capelli.
«John è un cretino, non so che farci»iniziai a sfogarmi. «Non capisco per quale motivo mi abbia dovuto baciare»sbuffai tirai un altro legnetto nel fuoco.
«Non ne ho idea»disse George con fare pensoso.
Non volevo parlare di John ma nella mia testa frullava ancora il bacio di quel giorno. Perché l’aveva fatto? Forse non l’avrei mai capito.
«Non volevo far arrabbiare Paul»
«Mary, non è mica colpa tua se Lennon ti ha baciata»mi strinse a sé cercando di tirarmi un po’ su di morale ma senza riuscirci.
«Era meglio se me ne stavo a Londra»
«No! Non dirlo neanche!»esclamò agitato mentre mi fissava con gli occhi strabuzzati.
«Perché?»chiesi un po’ confusa dalla sua reazione.
«Perché io non ti avrei mai conosciuta»mi sorrise, era sincero. Lo guardai contenta, era bello l’affetto che mi stava regalando quel ragazzo, mi faceva stare bene.
«Sei gentile, George»
«Dico la verità, mia cara»detto ciò appoggiai la testa sulla sua spalla e lui inizio ad accarezzarmi una guancia. Era una persona fantastica, riusciva a farmi sentire felice anche quando avrei voluto solo piangere.

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Capitolo 6
*** Save me. ***


Adoravo il Natale, era la mia festa preferita. Non capivo come certe persone potevano odiarlo, era il momento dell’anno in cui tutto sembrava avere un senso per la prima volta. C’erano luci colorate dappertutto che avrebbero potuto far tornare felice pure un depresso, in giro c’era aria di amore e serenità. Era tutto così magico e meraviglioso. Forse ero io che ero rimasta bambina nonostante fossero passati un po’ di anni ma il Natale aveva sempre avuto questo effetto su di me.
Quel pomeriggio ero uscita con Anne per le strade del centro, eravamo entrate in tantissimi negozi ma non avevo trovato niente che mi piacesse tranne un maglione color crema da aggiungere alla mia collezione.
Fuori era molto freddo e probabilmente fra qualche giorno avrebbe anche iniziato a nevicare. Ogni cinque minuti dovevo strofinarmi le mani perché erano diventate due ghiaccioli e in quel momento mi maledissi per aver dimenticato il cappello a casa.
«Per la Vigilia di Natale sono a cena da te, giusto?»mi fece ricordare Anne mentre osservavamo dei vestiti in una vetrina.
«Certo, te l’ho già detto»risposi sorridendole. Ero felice di poter passare il Natale sia con mio fratello che con la mia migliore amica.
«Secondo me prima di quella sera George si sarà già dichiarato»rise un po’ e mi fece l’occhiolino. Ci risiamo! Pensai. Era convinta che Harrison avesse una cotta per me ma si sbagliava, eravamo solo amici, che cavolo. Sì, aveva provato a baciarmi una volta ma era completamente ubriaco quindi non contava.
«Smettila!»la rimproverai cercando di sembrare seria ma mi faceva ridere con le sue frecciatine e non riuscivo a trattenermi.
«Ammetti che piace pure a te ed io la smetterò»
«E tu invece ammetti una volta per tutte che ti piace Paul!»lei sgranò gli occhi e cercò subito di negare ma la conoscevo benissimo e stava iniziando a diventare tutta rossa.
«Tuo fratello? Pff! Ma non dire stupidaggini, Mary!»la sua continua negazione mi provocò una risata e lei, fingendo di essersi offesa, mi voltò le spalle avviandosi verso la fermata dell’autobus senza di me.
«Sei sempre la solita permalosa!» urlai. Lei si girò verso e mi fece la linguaccia, sapevo che non era capace ad arrabbiarsi con me.
Finalmente la raggiunsi, avremmo dovuto aspettare ancora per qualche minuto e poi saremmo potute tornare a casa.
«Ma John si è deciso a parlarti?»mi domandò Anne, ricordandosi appunto che John, dal giorno in cui mi aveva baciata, non si era più degnato di dirmi una parola. Non sapevo se era colpa dell’imbarazzo o perché voleva evitare di litigare di nuovo con Paul. Fatto sta che se prima mi odiava, adesso ero proprio diventata invisibile per lui.
«No»sospirai, forse un po’ mi dispiaceva infondo. 
«Oggi mi ha mandata a quel paese, io gli ho dato uno spintone e lui sai cosa ha fatto?»
«Cosa?!»mi chiese la mia amica presa dal mio racconto.
«Assolutamente nulla, mi ha voltato le spalle e se n’è andato lasciandomi lì come un’idiota»
Abbassai la testa, in effetti mi sentivo davvero un’idiota ripensandoci.
«E’ pur sempre John Lennon, non sai mai cosa gli frulla in testa»
«Perché mi sento in colpa verso di lui?»
«Lo fa apposta, Mary. Non dargli peso, sai che è un cretino»
Sì, John era un cretino, un coglione, un bastardo e chissà quante altre cose poteva essere ma c’era una parte dentro di me che stava male per il suo comportamento nei miei confronti.
«Ci proverò»dissi non molto convincente.
«Ma non era quello che volevi? Che ti lasciasse in pace?»
 
Allora forse non era quello che volevo.
 
Scacciai subito dalla mente questo pensiero e finsi un sorriso, forse mi stavo facendo troppe paranoie.
 
Scesi dall’autobus e salutai la mia amica che sarebbe scesa a qualche fermata dopo la mia. Mi sistemai i capelli scompigliati dal vento e mi avviai verso la strada di casa, avevo bisogno di parlare con George, dovevo sfogarmi con lui.
Non mi spiegavo per quale stupido motivo dovessi sentirmi in pena per John quando era stato lui a creare tutto questo casino. E poi Anne, con i suoi discorsi, aveva peggiorato la situazione pur non volendo e quindi mi stavo scervellando ancora di più.
Forse sarei impazzita, che cavolo.
Il freddo di Dicembre mi pungeva il viso e non sentivo più il mio povero naso che ormai era diventato completamente rosso. Avrei potuto fare concorrenza alla renna di Babbo Natale!
Le strade in quel quartiere erano sempre isolate e mi dava un senso di tristezza e allo stesso tempo mi metteva un po’ di paura perché era già buio.
Sentii un rumore brusco provenire dalla mia sinistra e mi girai di scatto ma molto probabilmente era stato solo il vento che aveva fatto sbattere una finestra. Strinsi i pugni e cominciai a camminare a passo più svelto. Non vedevo l’ora di arrivare a casa.
Qualcosa all’improvviso mi toccò la gamba e lanciai un urlo saltando indietro dallo spavento. Mi resi conto di quanto ero stato ridicola quando realizzai che era stato solamente un gatto. Tirai un sospiro di sollievo e mi accucciai per riprendere la borsa che era finita a terra.
Stavo rimettendo il maglione dentro la busta quando mi sentii strattonare per un braccio, una mano mi tappò la bocca prima che potessi urlare di nuovo e qualcuno o qualcosa mi trascinò via dalla strada. Io, che non ci stavo capendo nulla, iniziai a divincolarmi non appena capii che quell’essere non aveva buone intenzioni. Cercavo di urlare ma era tutto inutile, eravamo lontani dalle abitazioni e nessuno avrebbe potuto sentire i miei mugolii.
Fui scaraventata per terra, così, senza cura. Cercai di rialzarmi ma un uomo si posizionò sopra di me, mi teneva le braccia contro il suolo e un ginocchio piantato nello stomaco.
Non riuscivo a parlare o addirittura a respirare, la paura si stava impossessando di me. Ero debole, potevo essere spezzata solo con uno sguardo. Chiusi gli occhi, non volevo vedere, non volevo sentire. Non volevo esistere.
Sapevo cosa stava per succedere, lo capivo dalle sue mani fredde che toccavano il mio corpo ma io non avevo la forza di reagire. Ero inerme stesa a terra, non riuscivo neanche a piangere, le lacrime non riuscivano ad uscire.
Ad un certo punto capii, tutto tornò nella mia mente come un flashback: il mio incubo.
Non sentivo più il battito del mio cuore, non c’era più. Ero morta?
Se ne stava andando anche la capacità di pensare, non riuscivo più a percepire niente. Sentivo solo la paura che si addentrava dentro di me, mi faceva sua schiava.
Era la fine, lo sapevo. Me ne sarei andata. Da lì a poco il mio respiro sarebbe cessato. Da una parte lo desideravo tanto così non avrei più sentito tutto quel dolore e quella sofferenza che mi stava lacerando l’anima.
Sì, volevo morire.
 
Dio, portami con te, ti prego. Portami via da qui.
 
Calò il silenzio, non sentivo più. Ecco, mancava poco, me lo sentivo. Non riuscivo più a fare niente, ero totalmente impotente.
Paul, dove sei? Paul, Paul, Paul. C’era solo il suo nome nella mia testa in quel momento.
Avevo bisogno di lui, dov’era? Perché non era con me? Aveva detto che ci sarebbe sempre stato ma non c’era. Perché mi aveva fatto questo? Perché?
Troppe domande e nessuna risposta.
 
Voglio morire, adesso.
 
All’improvviso, quando ogni speranza mi aveva abbandonata mi sentii più leggera, come se quel peso che avevo addosso fino a poco fa se ne fosse andato via.
Il mio cuore batteva, lo sentivo. Oddio, ero ancora viva. Sentivo il rumore del vento che faceva scuotere gli alberi, lo sentivo pizzicare sulla mia pelle. I miei respiri si fecero sempre più grandi, ero libera. Cos’era successo? Ero in Paradiso?
Sentivo la terra sotto le mie mani ed iniziai a sentirmi meglio anche se ancora non riuscivo ad aprire gli occhi.
Qualcosa mi sfiorò la guancia ed emisi un gemito.
 
Cosa vuoi ancora? Lasciami in pace.
 
Sentivo che una mano mi stava accarezzando il viso ma era calda e gentile, in qualche strano modo mi rassicurava.
Scoppiai a piangere, finalmente. I singhiozzi si fecero sempre più forti man mano che tiravo fuori tutte le mie emozioni.
Avevo pensato davvero che sarei morta.
Le lacrime calde mi rigavano il viso e mi svuotavano da quell’orribile paura che mi stava lasciando andare.
«Va tutto bene, adesso ci sono io qui»una voce mi sussurrò vicino all’orecchio.
Il mio sogno era reale, stava accadendo davvero.
Non riuscivo ancora a parlare e mi limitai a balbettare qualcosa tra i singhiozzi.
«Non piangere, ti prego»
«Paul»sussurrai con un filo di voce.
«Non sono Paul»
Aprii lentamente gli occhi che erano rossi e pieni di lacrime. Vedevo tutto sfocato, ma quegli occhi che si rispecchiavano nei miei li avrei riconosciuti ovunque. Mi facevano sentire a casa, mi stavano dando sicurezza. Avevo bisogno di stare ancora dentro quegli occhi, non riuscivo a smettere di fissarli.
«Che ci fai qui?»
«Sono venuto a salvarti»

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Capitolo 7
*** Let me kiss you. ***


A volte le cose non vanno proprio come avevi immaginato o come speravi. Spesso accadono fatti che non ti saresti mai aspettato e non puoi far altro che accettarli e prenderli così come ti vengono dati.
La vita non guarda mai in faccia nessuno, è crudele e sleale. E' pronta a distruggerti quando meno te lo aspetti, anche alle spalle.
Altre volte, invece, ti fa vivere un momento oscuro, uno di quelli dove pensi veramente che non ne uscirai e subito dopo te ne dona uno bello, uno che ti fa mancare il fiato, uno di quelli in cui senti le famose farfalle nello stomaco.
 
Era successo a me, avevano cercato di violentarmi. Mi venivano i brividi solo a pensarci, non riuscivo a credere che potevano esistere certe persone al mondo. Che schifo.
Quel giorno ringraziai Dio almeno un miliardo di volte per non avermi fatto cadere in quell'abisso da dove non ne sarei più uscita. Ringraziai Dio per avermi mandato un miracolo al momento giusto, per salvarmi.
Però Dio, perché hai mandato proprio lui? Aveva un senso oppure era stata solo una coincidenza? Non riuscivo a capire.
All'inizio mi parve di sognare, era solo un brutto sogno che sarebbe finito presto.
Poi sentii che mi prese in braccio, riuscii a sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle ed un brivido mi percorse tutta la schiena. Ero sveglia.
Mi tenevo stretta al suo corpo come fosse la mia ancora di salvezza. Beh, in un certo senso lo era.
Sentivo i suoi sospiri mentre camminava forse un po' goffo perché doveva portare anche il mio peso e in quel momento chiusi di nuovo gli occhi ed affondai il viso nel suo petto lasciandomi totalmente andare.
 
Quando finalmente riaprii gli occhi mi trovavo in camera mia, che fosse stato davvero un sogno?
Mi voltai e notai con mia gioia che Paul giaceva sul letto accanto a me dormendo. Non avrei voluto svegliarlo ma avevo bisogno di spiegazioni così lo scossi un po'.
«Paul, che è successo?»
Si stropicciò gli occhi e poi mi guardò sorridendo, sembrava felice di vedermi sveglia.
«Non è successo niente di che, stai tranquilla»
Sapevo che stava mentendo, ero cosciente di quello che avevo passato.
«Dimmi la verità»
Deglutì abbassando lo sguardo. Sapevo che era una brutta situazione, non era facile dire a tua sorella che era stata quasi stuprata.
«Qualcuno ha cercato di farti del male»
«Lo so»
Una lacrima mi scese lungo la guancia, non riuscii a trattenerla.
«Però non c'è riuscito, grazie al cielo»
Mi strinse a sé e lo abbracciai forte.
«E' stato John, vero? E' stato lui a portarmi via»
Guardai Paul dritto negli occhi per vedere la sua reazione e stava sorridendo. Sospirò un attimo e poi annuì aspettando di sentire cosa avrei detto io.
«Dov'è adesso?»
«In camera sua, perché?»
Mi guardò un po' confuso ma non ci feci caso e mi alzai veloce dal letto.
«Mary»mi chiamò prima che varcassi la porta.
«Dimmi»
«Ti voglio bene, non immagini quanto sono felice che tu sia sana e salva»
 
Bussai alla porta tremando, avevo paura. Non so come avrebbe reagito nel vedermi, era ancora arrabbiato con me?
Infondo volevo solo ringraziarlo, niente di più.
Finalmente la porta si aprì e si affacciò un John stanco e un po' sorpreso.
«Ciao»biascicai imbarazzata cercando di evitare il suo sguardo.
«Ehi, come stai?»
Aveva un tono gentile, diverso dalle altre volte.
«Bene»risposi abbozzando un sorriso.
«Sicura?»
«No»confessai.
Mi prese per mano e mi fece entrare in camera sua per poi chiudere la porta alle nostre spalle.
«Grazie»dissi decisa in modo che mi sentisse chiaramente.
Si voltò verso di me e mi scrutò per un po' fino a che non me lo trovai a due centimetri dal mio viso.
«Non devi ringraziarmi, dovevo farlo»
«Avevi detto che se un giorno mi avessi trovata mezza morta per la strada non mi avresti aiutata»
Lui rise ed il suono della sua risata mandò a fuoco le mie guancie.
«Beh, mentivo»
Si mise seduto sul letto e poi iniziò a strimpellare qualcosa con la chitarra. Mi sedetti accanto a lui e restai ad ascoltare la sua melodia in silenzio.
Non saprei descrivere quel momento, era tutto un po' strano e sfocato. Era come se fossimo fuggiti per un po' dalla realtà e fossimo caduti in un altro mondo.
Osservai il modo in cui le sue dita scorrevano fra le corde dello strumento e desiderai che scorressero nello stesso modo sulla mia pelle. Un attimo dopo ricacciai subito indietro quel pensiero, mi sentii una vera idiota.
«Sei bravissimo»mi complimentai quando ebbe finito di suonare.
«Lo so, bambola»
Stavolta mi limitai a ridere, non so perché ma non m'irritava che mi chiamasse così.
«Bambolo»dissi ricordando il nostro primo scontro e ridemmo ancora più forte. Mi appoggiai al suo braccio e continuammo a ridere per un tempo che sembrò infinito.
E ancora non ci eravamo scannati a vicenda.
Bussarono alla porta, era George. Quando lo vidi gli andai incontro abbracciandolo e lui ricambiò stringendomi forte.
«Grazie a Dio stai bene»disse con un filo di voce preso dalla gioia di rivedermi.
«Anche grazie a John»lo corressi.
Lui scrutò John alle mie spalle e poi tornò a guardarmi negli occhi.
«Adesso come stai?»
«Devo ancora riprendermi ma starò bene»gli sorrisi per farlo tranquillizzare.
«Meno male, sono felice»sorrise anche lui per poi stamparmi un bacio sulla guancia.
«Esco a fare la spesa, torno fra un po'»aggiunse poi prima di sparire dietro la porta.
Io e John lo salutammo entrambi e poi mi girai verso di lui. Aveva lo sguardo assorto nel nulla e faceva finta di niente. Chissà cosa gli stava passando per la testa.
Non so perché lo feci ma fu un attimo, non me ne accorsi neanche. Cancellai la distanza fra i nostri corpi e lo baciai. Fu un bacio leggero, delicato, quasi dolce. Premetti le mie labbra sulle sue e sentì il calore invadermi tutto il viso. Non si mosse, non disse nulla. Rimase lì a fissare la mia bocca che ormai si era staccata dalla sua.
Con altrettanta velocità uscii da quella stanza in silenzio con mille dubbi che mi stavano divorando la mente.
Stavo provando davvero qualcosa per John Lennon?

---


salve bellissimi!
questo capitolo è corto, lo so, ma è di passaggio quindi vi anticipo che posterò presto il prossimo!
beh, Mary prova qualcosa per John, ormai mi sembra ovvio u.u
ma il nostro caro Lennon... ricambierà? *tantantantan*
MISTERO!
okay, smetto di fare la stupida lol
grazie a chi segue la storia, a chi recensisce e a chi la legge silenziosamente (?) 
un bacione, 

-M

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Capitolo 8
*** I'd love to turn you on. ***


Mentre fuggivo via dalla camera di John mi resi conto che non avevo dove andare. Non volevo tornare fuori dopo quello che mi era successo ma non volevo neanche restare in quella casa un attimo di più. Mi sentivo scoppiare e tutto si faceva sempre più sfocato, avevo troppi pensieri dentro la testa che non volevano lasciarmi in pace.
Senza pensarci due volte tornai al piano di sopra e mi diressi in bagno, forse una bella doccia calda mi avrebbe schiarito le idee.
 
La luce era soffusa e nell’aria c’era quel profumo di vaniglia che adoravo. Me ne stavo sdraiata nella vasca da bagno, coperta solo dalla schiuma.
Chiusi gli occhi e subito pensai a lui.
Perché l’avevo baciato? Io lo odiavo. Lui era John Lennon, quel ragazzo presuntuoso e donnaiolo. Però era anche quel ragazzo che fino a pochi minuti prima mi aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco.
Sarei impazzita da lì o poco, lo sapevo.
Mi trovavo a dover percorrere un pendio infido o un sentiero spericolato, le mie speranze erano infondate ed i miei sogni pericolosi. Eppure mi piaceva.
No, non poteva piacermi John Lennon. Non ero più la ragazzina stronza spezza cuori di una volta, avevo smesso di prendere in giro le persone. Non potevo divertirmi con John per una sera e basta, non era ciò che volevo.
Affondai la testa sott’acqua e per un po’ smisi di respirare. Avrei voluto che quell’acqua portasse via tutti quei pensieri su John, che non ne lasciasse neanche uno.
Quando tornai su tirai un grande respiro per riprendere fiato ed uscii finalmente dalla vasca. Alla fine il bagno rilassante non era servito a niente, solo a rendermi ancora più confusa.
 
Indossai l’accappatoio e lasciai cadere i capelli bagnati sulle spalle mentre i miei occhi verdi brillavano nello specchio di fronte a me.
Non potevo lamentarmi del mio aspetto fisico, non ero una brutta ragazza. Ma purtroppo odiavo il mio carattere. Ero una stronza egoista che faceva sempre a modo suo. Molto probabilmente l’unico modo per cambiare sarebbe stato innamorarmi, cosa che ancora non mi era mai successa.
 
La porta si aprì all’improvviso ed io emisi un urlo. Dallo specchio vidi spuntare la testa di John e in quel momento sarei voluta morire.
«Chiudi quella porta!»gli ordinai cercando di farmi vedere calma.
«Come vuoi»chiuse la porta ma in compenso entrò in bagno.
Mentre mi tenevo stretta l’accappatoio mi diressi verso John e puntandogli il dito contro gli ordinai di uscire da lì ma non mi diede ascolto e si mise seduto al bordo della vasca.
«Fai come se io non ci fossi»disse tutto tranquillo.
«Oh, ma certo!»gli urlai con tono sarcastico.
«Io da qui non mi muovo»mi sorrise astuto consapevole del fatto che mi stava provocando.
Mi arresi sbuffando e cercando di non notarlo tornai di fronte allo specchio a pettinarmi i capelli. Mentre lo osservavo tramite il suo riflesso sentii le guancie andarmi a fuoco e mi maledii con tutta me stessa.
Aveva dei pantaloni di stoffa grigi, sembravano morbidi, ed una semplice maglietta nera a manica corta che lo rendeva estremamente attraente.
A distrarmi dai miei pensieri fu l’immagine di John allo specchio che si trovava proprio dietro di me. Deglutii ma non aprii bocca, avevo la gola prosciugata.
In un attimo sentii le sue mani sulle mie spalle che mi accarezzavano delicatamente. Il suo respiro caldo sulla pelle mi fece rabbrividire ed emisi un gemito. John se ne accorse e, ancora più divertito, iniziò a bagnarmi il collo con dei baci. Mi lasciai andare e chiusi gli occhi. Per quanto odiassi quel ragazzo, in quel momento mi piaceva da morire.
 
Mi voltai verso di lui e, dopo che mi ebbe passato dolcemente una mano sulla guancia, si avvicinò alle mie labbra fino ad eliminare la distanza.
Non fu come il bacio dell’ultima volta, fu un bacio vero, puro, ricambiato.
Le nostre mani si cercavano a vicenda e, senza che me ne accorgessi, l’accappatoio scivolò per terra ed io rimasi completamente nuda.
John sorrise malizioso mentre io ero ancora persa in quel bacio. La mia lingua cercava la sua, ne aveva bisogno. Ed io avevo bisogno di lui.
Gli tolsi lentamente la maglietta ed iniziai a baciare il suo petto, il profumo della sua pelle invase le mie narici e lo respirai a fondo. Risalii su fino ad arrivare di nuovo alla sua bocca. Lo baciai ancora, ancora e ancora. Non era mai abbastanza, volevo sempre di più.
 
Non so come ma mi ritrovai sdraiata nella vasca da bagno con John sopra di me, ormai nudo anche lui, mentre stavamo facendo l’amore. Amavo il modo in cui il suo corpo si univa al mio, era quasi romantico. Si vedeva che ci sapeva fare ma per la prima volta non m’importò di tutte le altre che si era portate a letto prima di me. In quel momento c’ero io con lui, era questo ciò che contava.
Le sue mani scorrevano sul mio corpo come se lo stessero esplorando ed io ansimavo sempre più forte. Era una sensazione bellissima.
Lo lasciavo fare, ormai ero sua e non c’era cosa che potessi desiderare di più.
 
Il tempo che passò fu indeterminato, non riuscirei mai a dire quanti minuti od ore fossimo stati lì dentro. John adesso aveva ancora il suo corpo sopra di me ed aveva appoggiato la sua testa nell’incavo della mia spalla. Sentivo il suo respiro che mi sfiorava la pelle, mi rilassava, mentre io tenevo gli occhi chiusi e mi perdevo in quel momento.
Ero arrabbiata con me stessa, mi stavo odiando. Mi ero promessa cento volte di non fare la fine di una di quelle oche che si portava a letto John ma alla fine avevo ceduto e mi sentii debole ma allo stesso tempo anche un po’ felice.
E se John mi aveva usata solo perché ero l’unica che non cadeva ai suoi piedi? E se l’aveva fatto solo perché voleva averla vinta? Questi e mille altri dubbi non volevano andarsene dalla mia mente. Poi guardai lui, guardai il suo viso che in quel momento mi sembrava così perfetto. Aveva gli occhi chiusi ma non ero sicura che stesse dormendo. Sembrava quasi innocuo in quello stato, invece da sveglio era quello sempre pronto a tutto pur di darti fastidio o provocarti. Sì, era un vero stronzo ma in quel momento stranamente non riuscivo a vederlo in nessun modo negativo.
Eravamo io e lui, solo noi due.
Io e John, insieme.
Chi l’avrebbe mai detto?

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aloha (?)
ok, so che il capitolo è corto ma ha un bell'impatto nella storia, no? lol
siate gentili nelle recensioni, è la prima volta che descrivo questo tipo di scena hahah
abbiate pietà di me :(
bhe, che posso aggiungere?
ringrazio di cuore tutti quelli che hanno messo la mia storia nelle seguite, chi recensisce e chi legge soltanto :)
al prossimo capitolo!
baci,
-M

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Capitolo 9
*** I should have known. ***


Quella mattina era successo un miracolo: era tornato il sole. Mi aveva svegliata colpendomi in piena faccia con i suoi raggi e mi aveva messa di buon umore.
Il primo pensiero che mi venne in mente fu John ed il fatto che il giorno prima avevo fatto l'amore con lui. Sorrisi rannicchiata nel letto e mi nascosi sotto le coperte quasi come per nascondere il fatto che lui mi piaceva.
Era successo e basta, non l'aveva deciso nessuno. Avevo smesso con tutti i miei dubbi e le mie paranoie, dovevo vivere alla giornata senza crearmi troppi problemi.
 
Scesi al piano di sotto, già lavata e già vestita, c'era solo Paul seduto sulla poltrona.
«Buongiorno Paulie!»esclamai allegra dirigendomi verso di lui per poi schioccargli un bacio sulla guancia.
Mi guardò confuso ed alzò il sopracciglio come faceva sempre.
«Perché così felice oggi?»
Mi portai le mani sui fianchi e gli scompigliai un po' i capelli, cosa che lui odiava da morire.
«Non posso esserlo?»sbuffai fingendomi offesa e poi scoppiai a ridere appena mi prese in braccio ed iniziò a farmi il solletico.
A volte mi chiedevo come avrei fatto se non ci fosse stato mio fratello. Era il mio angelo custode.
«Gli altri dove sono?»chiesi titubante. In realtà m'interessava soprattutto sapere dov'era uno in particolare.
«George è in cucina, Ringo e John sono usciti»
«Usciamo anche noi!»
Presi Paul per un braccio e, dopo che mi misi il cappotto, lo trascinai fuori dalla porta.
Nonostante ci fosse il sole faceva un freddo micidiale, dopotutto mancavano pochissimi giorni a Natale. Speravo con tutto il mio cuore che nevicasse presto.
 
Camminammo fino ad arrivare al parco di Greenbank, non lontano da Penny Lane.
Ci sdraiammo sull'erba verde a pancia in su e osservavamo il cielo perennemente scuro, sarebbe piovuto da un momento all'altro.
Pensavo a John come un'adolescente s'innamora per la prima volta. Eppure non ero innamorata di lui... Non ancora.
«Guarda quella nuvola! Sembra un coniglio»mi fece notare Paul.
La nuvola di mio fratello non era neanche vicina ad un coniglio ma annuii e feci finta di niente.
Chissà dov'era, cosa faceva, con chi era. Mi stava pensando? Perché io lo stavo pensando ed anche tanto.
Sbuffai e mi girai verso Paul, sembravo una ragazzina con gli ormoni alle stelle. Dovevo darci un taglio, ero grande e vaccinata per questo tipo di cose.
«Era da una vita che non venivo in questo posto»disse Paul tra sé e sé facendo un tiro alla sigaretta che si era appena acceso.
«Ti ricordi quando ci venivamo con la mamma? Era tutto più bello»
Paul si ammutolì all'improvviso ed io deglutii per il silenzio imbarazzante che si era creato. In realtà nessuno sapeva cosa dire perché non c'era niente da aggiungere. Ogni volta che nominavamo nostra madre non riuscivamo a parlare, eravamo entrambi bloccati e spesso ci ritrovavamo a piangere.
Mi era stata portata via dal cancro, se n'era andata quando avevo solo tredici anni e i suoi ricordi mi facevano soffrire più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Avrebbe dato tutto pur di poterci vedere crescere ma purtroppo non poté farlo. Ricordo che l'inverno prima della sua morte, nonostante sapesse di essere malata, si ostinava ad andare a lavorare. Tutte le mattine mi svegliavo di nascosto e la osservavo andare via in bicicletta dalla finestra della cucina. Mi mancavano questi momenti, mi mancava tutto di lei.
Forse se ero così scontrosa con tutti era anche perché ero furiosa con la vita che mi aveva privato della persona più speciale che potessi avere.
Appoggiai la testa sulla spalla di Paul che ancora non aveva smesso un attimo di osservare il cielo. Aveva uno sguardo pensoso e molto probabilmente stava navigando tra i ricordi anche lui.
«Facciamo un giro?»
Mi alzai e gli porsi la mano aspettando una sua risposta.
«Va bene»Mi sorrise, era un sorriso vero, sincero. Ci prendemmo per mano e camminammo un po' per il parco. Mi strinsi forte a mio fratello e trattenni una lacrima ripensando a mia madre. Sapevo che in qualche modo mi stava guardando da lassù e sarebbe stata fiera di noi due, ne ero certa.
 
Ad un certo punto, Paul si portò una mano sulla bocca soffocando una risata e si accucciò per terra. Lo guardai confusa e, prima che potessi dire qualsiasi cosa, mi tirò per una manica del cappotto facendo abbassare anche me.
«Che ti è preso?!»sussurrai sbigottita.
«Guarda là! Ci sono due dietro quel cespuglio che ci stanno dando dentro»
Mi indicò con l'indice il punto in cui aveva visto quelle due persone ed infatti era proprio così. Si intravedeva una testa di un ragazzo e quella di una ragazza, dai rumori che provenivano non stavano di certo giocando a carte.
Anche io soffocai una risata divertita e Paul mi fece cenno di stare zitta.
Ma con che coraggio si va a scopare tra i cespugli? Certa gente proprio non la capisco.
«Che ne dici di fargli prendere un bello spavento?»
«Cioè?»
«Al mio tre urliamo e poi scappiamo»
Scoppiai a ridere per il piano sciocco di mio fratello ma era troppo divertente così accettai.
Era una cosa alquanto infantile e ridicola, ero la prima ad ammetterlo, ma smerdare le persone era una delle cose che adoravo fare di più.
Purtroppo, prima che Paul potesse dare l'ordine di iniziare il piano, vidi la ragazza uscire dal cespuglio mentre si stava aggiustando i capelli.
La osservai meglio e pensai di averla già vista da qualche parte, aveva un viso familiare. Alla fine ricordai che era nel branco delle oche che erano con John al porto il giorno in cui tornai a Liverpool.
«Che puttana»sibilai tra i denti.
Quando se ne fu andata, avvistai il ragazzo che si stava sistemando i pantaloni e intanto si fumava una sigaretta ma era ancora di spalle. Anche lui aveva un'aria familiare!
Paul non si trattenne più e, come colto di sorpresa, attaccò a ridere come un matto non curante del fatto che l'altro avrebbe potuto sentirlo.
Lo guardai con aria interrogativa e lui mi scambiò una sguardo divertito.
Che stava succedendo?
«Perché stai ridendo?»
«Ma non lo vedi? E' John!»mio fratello urlò attirando la sua attenzione.
John.
Era John.
Quel ragazzo era John.
Mentre Paul si era alzato andandogli incontro io non avevo trovato la forza di alzarmi ed ero rimasta accucciata per terra.
Perché ero così delusa? Me lo sarei dovuta aspettare, che cretina.
Deglutii trattenendo le lacrime e prima che potesse vedermi corsi via. Non volevo essere vista, non volevo parlare con nessuno, volevo stare sola e basta.
Ero solo una puttana, ero come quella ragazza, ero una bambolina usa e getta.
Camminavo a passo svelto come se niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi, ero infuriata.
Avevo davvero pensato che John volesse qualcosa di più che solo sesso? Mi pentii di averlo fatto. Ero stata sconfitta, aveva vinto lui.
Oh sì, stavolta me l'avrebbe pagata cara.
 
Arrivai a casa con la rabbia che mi ribolliva dalla testa ai piedi e sembrava non voler cessare. Feci sbattere la porta fortissimo ed il rumore rimbombò in tutta l'abitazione. Nella mia testa echeggiavano solo parole come stronzo, cretino, puttaniere e vaffanculo.
Sapevo che John mi avrebbe portato solo guai ma nonostante questo ero stata una sciocca e mi ero "fidata" di lui.
Mentre salivo le scale diretta al piano di sopra mi scontrai con George e, prima che potessi cadere a terra come un sacco di patate, mi bloccò fra le sue braccia.
«Ehi, dove vai così di fretta?»
Mi guardò con aria divertita, sembrava felice di vedermi ma io avevo solo voglia di stare sola e magari anche di spaccare qualcosa.
«Da nessuna parte»risposi fredda.
George mi guardò storto, capì subito che c'era qualcosa che non andava.
«E' successo qualcosa?»
Sospirai e poi, senza pensarci troppo, lo presi per mano e lo trascinai con me nella mia camera. Forse parlarne con qualcuno mi avrebbe fatto stare meglio, almeno lo speravo.
Lo feci sedere sul letto ed io mi misi accanto a lui. Subito mi passò una mano sulla schiena e me l'accarezzò. Era una delle persone più gentili e premurose che avessi mai conosciuto. Gli bastava un semplice gesto per farmi stare meglio.
«Perché mi hai portato qua?» mi chiese con aria confusa.
«Ho fatto una cosa che non dovevo fare, George»feci una pausa e lui fece un'espressione preoccupata. «Se lo scopre mio fratello è la fine, lo sto dicendo a te perché so che mi posso fidare»
«Sai che puoi dirmi tutto, avanti»
Tirai l'ennesimo sospiro.
«Io.. Sono andata a letto con John»
Non ci credevo neanche io a quelle parole e pronunciarle fu una sensazione ancora più strana.
Lo sguardo di George era perso nel nulla, non riusciva a pensare, a reagire, lo percepivo dal suo respiro irregolare come se fosse stato sull'orlo di una crisi di nervi.
Continuai a fissarlo per un po' ma ancora non apriva bocca, forse l'avevo sconvolto abbastanza.
Gli sventolai una mano davanti la faccia e finalmente si risvegliò dal suo stato di trance.
«Oh, scu-scusami ma è che proprio non me l'aspettavo, no-non è da te»
Non l'avevo mai visto così scosso da qualcosa. Avevo fatto una cosa così brutta?
«Lo so! Ma non l'ho deciso io, è successo e basta»
Affondai il viso nel cuscino e soffocai un urlo.
«E adesso?»
«Adesso niente! Mi ha usata per portarmi a letto e basta, quello stronzo idiota!»
Lanciai il cuscino contro la porta e George mi poggiò le mani sulle spalle per farmi segno di calmarmi.
«Lascialo perdere, ti farà solo soffrire. Scappa da lui finché sei in tempo»
Lo abbracciai forte e affondai il viso nel suo petto. Le sue braccia mi stringevano e mi riscaldavano, sarei voluta rimanere in quel momento per sempre. Mi sentivo protetta, sapevo che George non avrebbe mai potuto farmi del male. E poi aveva ragione: dovevo stare lontana da John.
Beh, prima ovviamente mi sarei dovuta vendicare come si deve.




---

Ehilà, sono tornata! Vi ero mancata, vero?
Ok, so che questo capitolo non è un granché (a me personalmente non piace molto ma dovevo scriverlo) ma spero lo stesso che sia di vostro gradimento :)
Ringrazio le cinque persone che hanno recensito il capitolo precendente, chi segue la storia e chi la legge silenziosamente.
Beh, approfitto di questo spazietto per ringraziarvi davvero di cuore, vi amo tutti quanti! *attacchi di dolcezza improvvisi*


Vi saluto e...
Buon Natale!
Un bacio :)
-M

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Capitolo 10
*** The mess I made. ***


Era notte fonda e in casa regnava la calma più assoluta. Tutti gli altri stavano dormendo ed io forse ero l'unica ad essere ancora sveglia.
Con tutto quello che era successo quel giorno non riuscivo a chiudere occhio. Non mi era mai capitato di stare così male per un ragazzo ma quel Lennon era proprio impossibile.
Mi alzai dal letto e mi diressi verso la finestra, esposta ai lievi raggi del lampione sulla strada. Osservai il cielo ma riuscivo solo a vedere grandi nuvole grigie che si confondevano nel buio della notte.
Ripensai alle parole di George, al fatto che avrei dovuto lasciar perdere John. Mi rimbombavano in testa di continuo e non volevano lasciarmi in pace. Forse avrei dovuto ascoltarle meglio, avrei dovuto fare ciò che mi dicevano.
 
Dopo essere stata alla finestra per un po', andai in cucina a bere un bicchiere d'acqua. Non avevo particolarmente sete ma dato che non riuscivo a dormire mi serviva qualcosa per far passare il tempo.
Quando arrivai al piano di sotto notai che la porta della stanza era accostata e proveniva un po' di luce dall'interno. C'era sicuramente qualcuno oppure uno dei ragazzi doveva averla lasciata accesa.
Mi dimenticai completamente di bussare ed entrai con nonchalance ma subito sussultai notando Ringo seduto sul tavolo da pranzo.
«Oh, scusa non pensavo fossi qui»
Indietreggiai pensando che volesse stare da solo.
«No, tranquilla. Non riuscivo a dormire e sono venuto qua. Tu che scusa hai?»
Sorseggiò un po' di latte dalla sua tazza e poi tornò a guardarmi.
«Avevo sete» risposi un po' fredda appoggiandomi al bancone della cucina.
Lui mi rivolse uno sguardo non molto convinto ed io mi arresi.
«Va bene, non riuscivo a dormire neanche io» confessai.
Sorrise trionfante e poi si alzò dalla sedia per mettersi accanto a me.
«Posso chiederti perché?»
Sospirai e scossi la testa in segno di negazione.
«Mi dispiace, è un po' complicato»
«Oh» si limitò a guardare in basso forse un po' deluso.
«Non capiresti» aggiunsi.
«Questo lo dici tu!»
Si posizionò di fronte a me in segno di sfida ed io risi spontaneamente.
«Andiamo fuori a fare due passi, ti va?» mi invitò porgendomi la mano.
Per la prima volta guardando i suoi occhi illuminati dalla luce notai quanto erano stupendi.
Sorrisi ed afferrai la sua mano, una passeggiata non mi avrebbe fatto male.
 
Fuori faceva freddissimo ma Ringo sembrava non curarlo affatto. Avevo la sciarpa che mi arrivava al naso e sentivo l'aria gelida pizzicarmi le guancie che ormai erano diventate viola.
I lampioni ai lati della strada illuminavano le vie di Liverpool in un modo quasi magico, era un po' surreale. Fuori non c'era anima viva ma stavolta non ero sola ed ero più sicura.
«Come ti trovi a vivere con quattro ragazzi?» mi chiese una volta che ci sedemmo su una panchina.
«Bene! Infondo pensavo peggio» cercai di sorridere ma mi sforzai un po' troppo.
«Con John si sono calmate le acque?»
Ecco, non sopportavo quando mi chiedevano sempre di John. Al suono di quel nome mi si gelò il sangue e sobbalzai.
Annuii seccata e Ringo mi guardò torvo, si accorse che avevo qualcosa che non andava.
«Sicura?»
All'improvviso le lacrime che avevo cercato di reprimere arrivarono agli occhi ed iniziarono a rigarmi le guancie, mi affrettai subito ad asciugarle ma l'altro mi precedette.
Lo guardai e sorrisi, stavolta era un sorriso sincero.
«Non volevo farti piangere»
«Non è colpa tua»
Poggiai una mano sul suo braccio e lui me la strinse, fu un gesto dolcissimo da parte sua. Continuai a fissare il vuoto di fronte a me e non capivo perché stessi male in quel modo, non mi era mai successo. Ero sempre stata io quella che faceva soffrire i ragazzi, ero io la tipa tosta che non aveva paura di nessuno. Perché allora con John era diverso?
«Ehi, vuoi dirmi che succede?»
Ringo mi accarezzò il mento con l'indice e mi girò delicatamente la testa verso di lui in modo che potessi guardarlo in faccia. Sospirai e, sapendo a che cosa sarei andata incontro, gli raccontai quello che era successo.
Quando finii di parlare, Ringo rimase ad occhi spalancati per un po' di tempo ancora incredulo di quello che aveva appena udito.
Nessuno in casa si aspettava che io e John finissimo a letto insieme, io compresa. Non mi sarebbe mai saltato per la mente il pensiero di me e lui insieme ma forse adesso si stava facendo sempre più nitido.
«Wow, i-io... Non so cosa dire, d-davvero» si grattò la nuca come se fosse imbarazzato e capii che lo era dal suo tono di voce un po' tremulo.
«Non c'è niente da dire a parte il fatto che sono una cretina!»
Mi portai le mani sulla faccia e sbuffai rumorosamente. Non so neanche perché avevo raccontato a Ringo tutta la storia, non so cosa mi era preso.
«A parte me c'è qualcun altro che sa di voi due?»
«Sì, George»
Ad un tratto strabuzzò gli occhi ed emise una risatina strana, quasi finta. A mia volta assunsi un'espressione interrogativa ma lui mi fece cenno con la testa di lasciar perdere. Ma che gli era preso?
«Paul lo sa?»
Al suono di quel nome nel mio cervello partì come un allarme che mi fece scattare su in piedi. Ringo mi osservò stranito mentre io iniziavo ad accumulare sempre più ansia e mi guardavo intorno spaesata.
«Devo dirglielo perché ha diritto a saperlo ma ho tanta paura»
Sembravo una senza speranze, forse in quel momento mi stavo facendo solo troppe paranoie come al solito eppure non riuscivo a calmarmi.
«E di cosa, Mary? E' tuo fratello» si alzò in piedi anche lui e mi accarezzò un braccio.
«Ho paura perché so che lo deluderò e sicuramente si arrabbierà con John e litigheranno di nuovo per colpa mia»
Sospirai e poi guardai Ringo con uno sguardo triste come se volessi fargli capire quanto ero disperata e lui mi abbracciò. Affondai il viso nella sua giacca morbida e per un momento tutto il freddo che sentivo fino ad un attimo prima sparì mentre ero fra le sue braccia.
«Vedrai che si sistemerà tutto, forse all'inizio non ci rimarrà molto bene ma è tuo fratello e sappiamo entrambi che non è capace di arrabbiarsi veramente con te»
«Grazie mille per aver sprecato il tuo tempo ad ascoltare i miei stupidi problemi» dissi mentre mi staccavo dall'abbraccio. Lui si limitò a sorridere e a fare spallucce.
«L'ho fatto volentieri, gli amici servono a questo»
Io risi e scherzando gli abbassai il cappello che andò a coprirgli gli occhi.
«Ehi! Ma guarda questa!» esclamò fingendosi offeso per poi scoppiare a ridere insieme a me.
«Così ti dona!»
«Oh, sì! Immagino»
Ridemmo ancora come due ebeti e dopo ci incamminammo di nuovo verso casa.
 
L'indomani fu il giorno in cui avrei dovuto dire a Paul la verità su me e John. Non volevo alzarmi dal letto e rimasi lì sdraiata a fissare il soffitto per due ore cercando di elaborare un discorso di senso compiuto. Quando realizzai che in realtà non riuscivo a cavare niente di buono dalla mia testa, mi alzai dal letto e decisa mi diressi verso la camera di mio fratello.
Bussai alla porta e lo vidi arrivare raggiante ed ancora ignaro di quello che stavo per dirgli.
«Buongiorno, signorina! Si accomodi pure» si inchinò e mi fece segno di entrare come fosse un galantuomo. Adoravo quando scherzava con me.
Mi sedetti sul letto, lui si mise accanto a me con la chitarra ed iniziò a strimpellare qualcosa. Iniziai a torturarmi le mani che ormai stavano sudando e mi schiarii la voce con un colpo di tosse.
«Paul, devo dirti una cosa importante»
Lui si girò verso di me ancora con quello sguardo tranquillo che io sapevo sarebbe cambiato da lì a poco.
«Dimmi, sono tutto orecchie»
Feci un lungo respiro e poi mi decisi, dovevo dirglielo.
«Ho pensato tutta la notte ad un modo giusto per dirtelo e non l'ho trovato, quindi l'unica maniera è dirtelo senza giri di parole»
Mi fermai per deglutire e Paul, intuendo che non era una cosa da niente, ripose la sua chitarra e si concentrò su di me aspettando che continuassi a parlare.
«Io e John ieri abbiamo fatto, ehm... Sì, hai capito!» prima che potesse dire qualcosa gli tappai la bocca con una mano e continuai il mio racconto. «E' per questo che stamattina quando lo abbiamo visto con quella ragazza io sono scappata via, mi sono sentita ferita e presa in giro. Certo, non mi aspettavo grandi cose da uno come lui ma mi ha fatta sentire vuota dentro, come se non valessi nulla. Mi dispiace Paul, so di averti deluso ma è stato più forte di me, neanche io so perché l'ho fatto!»
Ad un certo punto, presa dall'emozione, iniziai a singhiozzare. Mio fratello non si era mosso di un millimetro, se ne stava lì con lo sguardo assente e pensieroso.
«Ti rendi conto di cosa hai fatto, vero? Ti sei fatta mettere i piedi in testa da Lennon! Santo cielo, Mary ma cosa ti è saltato in mente? Questa non sei tu!»
Era spaesato, non ci stava capendo più niente. Da lì a poco sarebbe andato su tutte le furie, lo sapevo.
«Non lo so» fu l'unica cosa che riuscii a sussurrare tra i singhiozzi.
«Dicevi di odiarlo e poi ti sei fatta scopare da lui? Ma complimenti, bella mia!»
Rimasi in silenzio senza saper cose dire, avevo paura che qualsiasi cosa dicessi poteva essere sbagliata. Lui si alzò di scatto ed iniziò a camminare su e giù per la stanza.
«Ma poi perché me la sto prendendo con te? Dov'è quello stronzo?»
«Non dirgli niente ti prego, non voglio che litighiate per colpa mia»
Mi alzai in piedi e mi diressi verso di lui per cercare di farlo calmare ma mi ignorò totalmente.
«Tranquilla che ci penso io al tuo trombamico, adesso vattene!»
Lo guardai impietrita con il volto rigato dalle lacrime, possibile che non provava neanche un po' di pena per me? Alla fine che avevo fatto di così sbagliato?
Mi aprì la porta ed aspettò che me ne andassi dalla camera. Mi si spezzò il cuore, non l'avevo mai visto così in tutti questi anni, ero stata una stupida.
Arrivata in camera mia mi buttai sul letto sbuffando, pensando che se fossi rimasta a Londra sarebbe stato meglio per tutti. Sapevo quanto John fosse importante per Paul e viceversa ed io ero riuscita a rovinare tutto in pochi mesi.
Chiusi gli occhi e le lacrime cessarono di cadere mentre il battito del mio cuore stava riprendendo il suo ritmo naturale.
"Si sistemerà tutto" aveva detto Ringo.
Oh, ci speravo eccome.


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Eccomi qua con il decimo capitolo!
Non avrei mai immaginato di arrivare fino a questo punto ma sono felice che la storia è seguita da tante persone :)
Questo è il mio primo capitolo del 2013, woo hoo! (?)
Come sempre ringrazio chi recensisce, chi l'ha messa nelle seguite/preferite e anche chi legge silenziosamente. ♥
La storia si sta facendo un po' tesa ma vi avviso che siamo solo all'inizio, questa Fan Fiction mi sa che verrà un po' lunghetta!
Beh, meglio così, no? 
Ok, la smetto di dire cavolate e vi saluto :D
Un bacio, 
-M

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Capitolo 11
*** Tell me why. ***


Ormai era da un pezzo che Paul e John discutevano ad alta voce e potevo udirli dalla mia camera mentre me ne stavo sdraiata sul letto cercando di pensare ad altro.
Mi alzai cautamente cercando di non provocare rumore quindi mi tolsi le scarpe e mi diressi verso la camera di mio fratello. Mi appoggiai al muro accanto alla porta e mi concentrai ascoltando quello che si stavano dicendo.
«Hai fatto passare mia sorella per una sgualdrina! Lo capisci questo, sì?!»
Deglutii e riuscii a percepire la tensione che regnava dentro la stanza.
«E' così difficile tenerlo dentro i pantaloni, John? Non potevi trovarti una puttanella? Perché proprio lei?»
Paul era veramente adirato, non l'avevo mai visto così. John ancora stava in silenzio mentre l'altro continuava con il suo monologo.
«Ti avevo detto mille volte di lasciarla in pace! Pensavi davvero che non sarei venuto a saperlo prima o poi?»
«Ho capito, ho sbagliato, cazzo! Smettila di trattarmi così! Non ho ucciso nessuno»
Finalmente John si ribellò e sbatté un piede a terra in segno di protesta.
«Dimmi almeno perché!»
Mio fratello urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Già, perché? Perché John mi aveva portata a letto? Perché mi aveva fatta sentire speciale per poi buttarmi via?
«Mary?»
Sobbalzai alla vista di George di fronte a me che, dubbioso, si stava chiedendo che cavolo ci stavo facendo davanti la stanza di mio fratello.
Lo trascinai via facendogli segno di stare zitto o ci avrebbero sentiti, dopodiché scendemmo al piano di sotto.
«Vuoi dirmi che succede?»mi domandò sedendosi accanto a me sul divano.
«Paul sa di me e John e adesso stanno litigando per colpa mia»sospirai e abbassai lo sguardo.
«Tuo fratello tiene molto a te ed è logico che reagisca così»
Sentivo i suoi occhi puntati su di me ma io non avevo intenzione di rivolgere lo sguardo verso di lui, ero troppo presa dai miei pensieri.
«E' fuori di sé, non capisce che sta esagerando. Sono grande e vaccinata per fare le mie scelte»
«Mary, lo fa per proteggerti. Hai ragione, stavolta forse ha un po' esagerato ma scommetto che ti ha già perdonata»
Sorrisi ripensando alle parole di George e appoggiai la testa sulla sua spalla mentre lui iniziò ad accarezzarmi i capelli come faceva sempre.
In quel momento passò Ringo davanti a noi che, mentre si stava mettendo il cappotto, ci chiese se volevamo uscire un po' con lui. Io e George ci scambiammo uno sguardo d'intesa e ci unimmo a lui.
Fuori faceva veramente freddo, sarebbe piovuto da un momento all'altro ma era tipico di questo posto e tutti ci eravamo abituati.
 
«Com'è la situazione?»mi domandò Ringo mentre stavamo passeggiando nelle vicinanze del porto.
«Non delle migliori, spero che a mio fratello torni presto la ragione»
Risi per sdrammatizzare un po' ma dentro di me l'ansia pulsava continuamente e non voleva smettere.
«Ehi, cosa ti avevo detto? Andrà tutto bene, fidati»
Mi abbracciò e mi persi dentro quell'abbraccio che sembrò durare un'eternità.
«Ragazzi, non vorrei rovinare il vostro momento di tenerezza ma ci sarei anche io qua»
Sollevai lo sguardo e notai il povero George con le mani nelle tasche dei pantaloni che ci osservava in disparte.
«Vieni qua»gli feci segno di unirsi all'abbraccio e ci ritrovammo tutti appiccicati in mezzo alla strada come tre idioti.
Avete presente quando ti senti giù e all'improvviso ritrovi quella speranza che cercavi tanto? Ecco, in quel momento arrivò. La sentii entrarmi dentro tramite una risata che lasciai andare e che mi provocò brividi in tutto il resto del corpo.
Ringo e George mi guardarono un po' confusi ma divertiti allo stesso tempo ed iniziarono a ridere insieme a me. Adesso eravamo tre idioti abbracciati in mezzo alla strada che ridevano a crepapelle senza nessun motivo.
 
«Ehi Mary, stasera ci sarai al Cavern, vero?»mi domandò Ringo.
«Certo, vi esibite?»
Lui annuì e salì su un piccolo muretto di mattoni cercando di tenersi in equilibrio camminando. Lo guardai divertita mentre metteva un piede davanti all'altro cercando di non cadere.
«Guarda che se cadi mi metto a ridere»scherzò George notando che il suo amico era in difficoltà e traballava un po' troppo.
«Oh, sempre gentile Harrison!» Ringo gli fece una linguaccia e poi si decise a scendere al muro tornando a camminare insieme a noi due.
Adoravo davvero quei ragazzi, ogni giorno che passava mi convincevo di quanto fossero straordinari. Forse sì, erano i miei migliori amici.
 
Ad un certo punto notai in lontananza una sagoma di una persona che non avrei mai potuto non riconoscere.
«Oh merda»esclamai in preda al panico.
Gli altri due mi guardarono confusi e poi, una volta che si accorsero della presenza di John, compresero il mio stato d'ansia.
Più si avvicinava più sentivo che stavo per esplodere, le mani iniziarono a sudarmi e non riuscivo a pensare. Oh cazzo, che cosa mi stava prendendo?
In quel momento, mentre camminava con le mani nelle tasche dei pantaloni e aspirava boccate di fumo dalla sigaretta lasciandosi intanto scompigliare i capelli dal vento, pensai che non ci fosse niente di più di perfetto.
Subito però le immagini di lui al parco con quella ragazza si fecero sempre più nitide. Era tutto chiaro nella mia mente e il mio cuore batteva forte come un martello dentro il mio petto. Mi aveva ingannata, umiliata. Mi aveva fatta volare per poi lasciarmi cadere a terra ed in quel momento era come se giacessi distesa al suolo.
Sentii la rabbia scorrermi dentro le vene, volevo vendicarmi e fu in quel momento che lo feci. Mi fiondai sulle labbra di Ringo come se fosse la cosa che avevo sempre sognato e solo quando mi staccai mi resi conto di ciò che avevo appena fatto.
Gli altri due mi guardavano sbigottiti mentre io ero rimasta a bocca aperta cercando di ragionare. Diedi uno sguardo alla strada e John era sparito, non c'era più. Mi voltai indietro e lo vidi, camminava ancora disinvolto come prima e chissà cosa aveva pensato vedendomi con il suo amico. Ero arrivata al limite, che cosa avevo fatto? No, non era possibile.
«Perché?!»esclamò Ringo guardandomi con gli occhi strabuzzati.
«Io non...»
«Tu cosa?! Ti rendi conto che mi hai baciato?!»
Era davvero sconvolto ed io volevo solo sotterrarmi.
«Mi dispiace Ringo! L'ho fatto per John, sono un'idiota»
Lui sospirò e sembrò percepire il mio senso di colpa.
«Ti perdono solo perché sei una buona baciatrice!»
Tirai un sospiro di sollievo e lo abbracciai ringraziandolo per non essersela presa più di tanto. Nel frattempo, George, che era stato zitto fino a quel momento si posizionò di fronte a me con le braccia incrociate guardandomi molto male.
«Come ti è saltato in mente?!»mi sgridò.
«Non ne ho idea! Ho reagito d'istinto»cercai di giustificarmi.
«Tu sei pazza»
«Lo so, non sei il primo che me lo dice»
Sorrisi e George come al solito si sciolse. Sbuffò perché come sempre non riusciva ad essere arrabbiato con me ed io lo baciai sulla guancia facendolo arrossire.
 
Arrivai a casa ancora un po' scossa dall'accaduto e pregai Ringo e George di non dire niente a mio fratello o stavolta mi avrebbe uccisa veramente.
Posai il cappotto all'appendiabiti nell'ingresso e mi diressi in camera mia sperando di non incontrare nessuno per le scale.
Aprii la porta e quando mi girai emisi un urlo vedendo che John era proprio seduto sul mio letto. Rimasi a fissarlo immobile e impietrita come una statua. Non sapevo cosa dire, cosa fare... Ero impaurita.
Lui si alzò, si mise di fronte a me guardandomi dritta negli occhi e per poco non svenivo.
Se non fosse stato per il fatto che ero spaventata, gli sarei subito saltata addosso senza neanche pensarci ma dovevo darmi un contegno.
Ad un certo punto appoggiò una mano sulla mia spalla e parlò.
«Mary, ti devo dire una cosa...»

---

salve a tutti!
PERDONATEMI, so che è da tanto che non aggiornavo :(
ho avuto davvero troppo da studiare e poi c'è stato il mio compleanno (yay!) e ho avuto pochissimo tempo per scrivere.
ok, questo capitolo è una cagata, lo so. #dontkillme
è solo un capitolo di passaggio ma spero che vi piaccia lo stesso.
grazie ancora a chi recensisce e chi segue la storia, i love you
un bacione,
-M

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Capitolo 12
*** Don't say anything. ***


Più lo guardavo più sentivo le mie gambe che pian piano cedevano. Lui mi faceva quest'effetto, non riuscivo a controllarmi.
La sua mano era poggiata appena sulla mia spalla ma io percepivo il suo contatto così intensamente che il collo mi andava a fuoco.
John però ancora non riusciva a spiccicare una parola, se ne stava lì immobile a fissarmi con la bocca semiaperta e mi stavo chiedendo che cosa volesse da me. Non ci eravamo più parlati da quando l'avevamo fatto e trovarmelo così di fronte senza preavviso era come una doccia fredda. Riuscivo a vedere la mia immagine dei suoi occhi color nocciola ed in quel momento pregai che quel silenzio imbarazzante cessasse all'istante.
Non so cosa mi prese ma all'improvviso tutta la rabbia repressa riuscì ad emergere e raccolsi il mio orgoglio.
«Allora? Che vuoi?»
John esitò un po' prima di rispondere.
«Molto probabilmente ti chiederai cosa ci faccio in camera tua ma credimi, faresti bene ad ascoltarmi»
Deglutii continuando a guardarlo negli occhi. Sembrava serio veramente. Annuii leggermente e lo lasciai continuare sempre facendo finta di essere scocciata.
«Ecco, vedi... Io mi sento veramente attratto da te»
Il mio cuore fece una capriola. No, non dovevo cedere alle parole che usava con tutte le ragazze che si portava a letto.
«Io passo da una ragazza ad un'altra, questo ovviamente lo sai ed è il motivo per cui mi odi. Ma lasciami spiegare una cosa... Ehm, dopo essere stato con te non riuscivo a smettere di pensarti. Wow,non avevo mai detto una cosa del genere prima d'ora!»
Emise una risatina nervosa, era molto teso ed io stavo quasi per credergli.
«E perché ti sei fatto un'altra? Spiegami questo!»
John sbuffò ed abbassò la testa per evitare il mio sguardo. Adesso ero io ad avere il controllo della situazione.
«Pensavo che farmi un'altra ragazza mi avrebbe tolto te dalla testa ma invece mi sbagliavo. Questo ha solo aumentato il desiderio che ho ed è per questo che sono qui adesso, Mary. Sei la sorella del mio migliore amico e sei una ragazza fantastica, vorrei solo trattarti come meriti»
Stavo tremando come una foglia e stavolta mi sembrava sincero. Non penso che John avesse mai detto queste parole a qualche ragazza in vita sua e forse, se le aveva dette a me, un motivo c'era. Ma io lo odiavo, giusto? Non potevo cadere fra le sue braccia solo per qualche parola dolce. Però mi piaceva, eccome se mi piaceva.
«John, io...»
Mi poggiò il pollice sulle labbra e mi fece cenno di stare zitta.
«Non devi dire niente. Non ti garantisco che sarò perfetto ma cercherò di darti il mio meglio»
Non riuscivo a capire. La mia mente era completamente offuscata dalle immagini di John che mi baciava, che faceva l'amore con me, e un attimo dopo apparivano quelle di lui insieme all'altra sgualdrina. Tutto questo era troppo, stavo scoppiando.
Mi portai i palmi delle mani sugli occhi cercando di spazzare via tutta quella confusione ma non ci riuscii.
«Non posso»
Scossi la testa e John tirò un lungo sospiro. Non avevo mai sentito un silenzio così forte da spezzare persino i nostri pensieri.
«Allora guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per me. Fallo e ti lascerò in pace»
Si avvicinò pian piano verso di me, ormai solo pochi centimetri separavano i nostri nasi e sentii il petto andare a fuoco sentendo il suo respiro sulla mia faccia.
Alzai lo sguardo e appena incrociai i suoi occhi non riuscii a frenare l'istinto, con le mani strinsi il suo viso più forte che potevo ma comunque in modo dolce e appoggiai le mie labbra sulle sue assaporando quel momento con tutta me stessa. Quando mi staccai John mi guardò sorpreso e confuso allo stesso tempo, io accennai un leggero sorriso che cercai di nascondere portandomi una mano sulla bocca.
Poco prima che potesse dire qualcos'altro lo bloccai e portai lentamente le mie braccia intorno al suo collo facendolo rabbrividire.
«Non devi dire niente»
E ancora una volta ci perdemmo in un altro di quei baci di cui ormai non potevo più fare a meno. Sentivo le sue mani dappertutto mentre io facevo passare le mie dita fra i suoi capelli un po' crespi e sorridevo fra un bacio e l'altro.
Mentre pensavo che non ci potesse essere un momento più perfetto di quello, dentro di me continuavo a credere che John fosse ancora lo stronzo di sempre che odiavo ed avevo una grande paura di quello che sarebbe successo in seguito.
Ma per il momento misi da parte quei pensieri, mi lasciai andare ai movimenti lenti di John che mi ipnotizzavano e sembravano non lasciarmi altra scelta se non quella di rimanere stretta a lui, anche per sempre.

--

Buonasera a tutti! Vi prego, non odiatemi.
Ho aggiornato MOLTO tardi perché sono stata molto impegnata con la scuola e altri problemi ma finalmente sono tornata e stavolta non me ne vado più :D
Se seguite ancora la mia storia vorrei chiedervi di recensire, almeno vedo quante persone sono ancora interessate.
Grazie in anticipo! E scusate ancora l'assenza :(
So che il capitolo non è un granché ma già che ci siete perdonatemi pure questo ahahahah!
Comunque volevo dirvi che martedì sono andata a Verona a vedere il nostro caro Macca ed ho pianto come una cretina per tutto il tempo!
A parte questo, Paul è stato PERFETTO come sempre. Una delle esperienze più belle della mia vita :)
Chi è andato di voi? Fatemelo sapere!

Un bacio, al prossimo capitolo!
-M

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Capitolo 13
*** Can you keep a secret? ***


Accostai delicatamente la porta della mia camera cercando di fare il minimo rumore e pian piano scesi le scale sempre cautamente e accertandomi che non ci fosse nessuno al piano di sotto che potesse vedermi.
Dopotutto erano le sei del mattino ed i ragazzi non si svegliavano mai prima delle dieci. Presi il cappotto e poi mi fermai un secondo di fronte allo specchio appeso al muro. Osservai i miei capelli castani, un po' più chiari sulle punte, che mi ricadevano sulle spalle e spostai la frangia un po' ai lati perché stava diventando sempre più lunga e quasi mi copriva gli occhi che avevo dello stesso colore di mio fratello.
Feci un lungo respiro e mi lasciai scappare un sorriso.
 
Stai calma, andrà tutto bene. Non è la tua prima uscita con un ragazzo.
 
Uscii di casa e mi guardai intorno per vedere se c'era qualcuno che potesse conoscermi. Ma infondo erano solo le sei del mattino e la gente della mia età a quell'ora aveva di meglio da fare, tipo dormire. Così, con le mani in tasca e la mia camminata da "non sto nascondendo niente, sono innocente", mi avviai al parco vicino Penny Lane.
La mattina era sempre tutto tranquillo per le strade e questo mi fece calmare un po'. Avevo il cuore che mi faceva quasi scoppiare il petto da quanto batteva forte. Anche la paura però faceva la sua parte, si era impadronita dei miei pensieri da un bel po' e non mi lasciava tregua.
Ecco. Ero arrivata di fronte al cancello di Greenbank Park, rimasi lì immobile a fissare chissà cosa di fronte a me e poi finalmente entrai decisa. L'ultima volta che ci ero venuta avevo visto John che se la faceva con un'altra e subito mi sentii così arrabbiata che avrei potuto pure voltarmi ed andarmene. Ma non lo feci.
Trovai una panchina libera in un punto un po' più isolato del parco e mi sedetti. Mi guardai intorno e ancora nulla, ero praticamente sola. Mi chiesi perché diavolo fossi andata là, perché avevo dato un'altra possibilità a John?
La sera prima mi aveva chiesto di vederci lì la mattina presto almeno nessuno ci avrebbe potuto vedere ed io avevo accettato. Mi faceva strano uscire con John Lennon, il ragazzo che mi aveva offesa ed umiliata e che mi aveva fatta sentire come se non valessi nulla. Ma era anche quel ragazzo che mi aveva salvato la vita, che mi aveva baciata all'improvviso e con cui avevo fatto l'amore. E poi un'altra possibilità se la meritano tutti.
 
«Ma chi è questa bella signorina?»
Sobbalzai non appena sentii due mani che, da dietro, si posarono sopra i miei occhi ed udii una voce un po' stridula ma che avrei potuto riconoscere ovunque.
«Da quando in qua mi fai i complimenti, Lennon?»gli domandai ridacchiando mentre poggiavo le mie mani sulle sue.
«Beh, se vuoi non te li faccio più»
Rise anche lui e si sedette accanto a me. Lo guardai in faccia e per un attimo mi mancò il fiato.
«Ti ha vista qualcuno in casa?»mi chiese mentre tirò fuori una sigaretta.
«No, gli altri stavano dormendo. Tu piuttosto quando ti decidi a tornare?»
Da quando aveva litigato con mio fratello, John era andato a stare da Stuart, un suo vecchio amico di scuola, per evitare altri casini con Paul o con me.
«Ancora non ne ho idea ma è meglio così. Questa cosa tra noi deve rimanere segreta e non so quanto potrei contenermi sapendo che la tua stanza è proprio accanto alla mia»
Scossi la testa e scoppiai a ridere mentre lui mi strinse fra le sue braccia.
«Sei sempre il solito pervertito»
Mi fece l'occhiolino e ghignò divertito. Io in tutta risposta gli diedi un leggero schiaffetto su una guancia così lui abbassò il suo sguardo verso di me e sorrise. Era uno di quei sorrisi che ti scaldano il cuore, così potenti che ti scuotono anche l'anima in un secondo e neanche te ne accorgi. A mia volta sorrisi anche io sfoggiando il sorriso più sincero che potessi avere.
«Occhio ai sorrisi, che fanno innamorare»mi sussurrò all'orecchio avvicinandosi sempre di più a me. Feci scontrare delicatamente il mio naso con il suo ed in un batter d'occhio sentii le sue labbra poggiarsi sulle mie. Era uno di quei baci piccoli ma pieni d'emozione. Uno di quelli in cui si allontana piano, ci si guarda negli occhi e scoppia l'amore.
 
Ci allontanammo dal parco e camminammo per tantissimo tempo, un tempo che sembrò davvero infinito. Arrivammo fino ad una strada in piena campagna dove John mi disse che ci veniva spesso quando saltava scuola ed era tipo il suo posto segreto.
Si sdraiò sull'erba verde e si accese l'ennesima sigaretta. Dio quanto era bello quando fumava, aveva qualcosa di troppo attraente e quasi provocante. Ero sempre stata affascinata dai cattivi ragazzi ma lui forse era diverso, o almeno lo speravo.
«Mi piace questo posto, è lontano da tutto» dissi osservando il cielo e le nuvole che si spostavano lentamente.
«E' dove vengo a scrivere le canzoni, trovo sempre ispirazione qua»
Subito mi immaginai un John seduto per terra con la sua chitarra intento a creare accordi e a cantare parole che mi avrebbero fatta impazzire. Solo lui e la musica.
«Ehi ma stasera suonate al Cavern!»esclamai tutta entusiasta. Me l'ero totalmente dimenticato.
«Eh già, tu vieni?»
Annuii e poggiai la testa sul suo petto mentre lui mi passò il braccio sopra le mie spalle.
Ma come avremmo fatto quella sera con gli altri? Non potevamo certo baciarci davanti a tutti o atteggiarci come fidanzatini. In realtà visti i miei usuali rapporti con John avremmo dovuto scannarci a vicenda per non dare nell'occhio.
«Hai pensato a come comportarci quando saremo con i ragazzi?»
Lui esitò un po' a rispondere, a quanto pare non ci aveva pensato.
Per me non era un problema, assolutamente. Avrei mantenuto il nostro segreto ad ogni costo perché in quel momento era l'unica cosa che mi faceva stare bene. L'unica cosa che mi preoccupava era la costante paura di deludere mio fratello, ero stanca di vedere Paul sempre agitato od arrabbiato solo per colpa mia.
«Facciamo finta di niente, vedrai che non sospetteranno nulla. Fidati di me»
Fidarmi di lui. Avrei dovuto farlo? Avevo per caso un'altra scelta? Forse era giusto così, dovevo buttarmi o non avrei mai potuto sapere se ne sarebbe valsa la pena.

---

Ehilà! 
Perdonate il capitolo corto ma ho proprio l'ispirazione sotto i piedi :(
Spero che la ritrovi presto!
Beh, grazie a tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente. IO VI AMO, sappiatelo :)
Baci,
-M

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Capitolo 14
*** Jealous guy. ***


«Questo come ti sembra? Io lo adoro!» esclamò Anne dopo aver indossato un vestito blu elettrico senza maniche che le arrivava appena sopra il ginocchio. In effetti sembrava davvero perfetto per lei, le metteva in risalto i suoi capelli corvini.
«Perfetto!» feci un piccolo applauso per approvare il vestito della mia amica e poi lei tornò a cambiarsi tutta entusiasta.
Voltai lo sguardo e mi fermai ad osservare quello che sarebbe stato il mio vestito per quella sera. Anche questo, come quello di Anne, era lungo fin sopra le ginocchia, era di un bianco panna e alla fine era stretto con un nastro azzurro che gli dava un piccolo tocco di eleganza.
I ragazzi avrebbero suonato al Cavern ed ovviamente sarei andata a vederli. La cosa che mi metteva paura era il fatto che ogni volta stormi di ragazzine impazzite si fiondavano su John come fosse una preda e la maggior parte delle volte il caro Lennon si portava a letto almeno una di loro.
Dovevo davvero credere che era cambiato? Infondo io cosa avevo in più di loro? Forse prima ero l'unica che non cadeva ai suoi piedi ma adesso le cose erano un po' cambiate.
«C'è qualcosa che non va?»
Sobbalzai alla domanda della mia amica che non avevo visto rientrare nella stanza.
«No, è tutto apposto» mentii scuotendo più volte la testa, lei esitò per un attimo ma poi fece spallucce e si sedette sul letto accanto a me.
Neanche a lei avevo detto di John ma morivo dalla voglia di farlo perché io ed Anne non avevamo mai avuto segreti così grandi. Mi sentii un po' in colpa ma poi capii che era meglio così. Avevo fatto una promessa ed intendevo mantenerla.
«Mary, sai chi mi ha chiesto di te l'altro giorno?»
La guardai con aria interrogativa e lei scoppiò in una risatina.
«Pete Best!»
Sbarrai gli occhi e la risata di Anne si fece sempre più forte. Presi un cuscino e ci affondai il viso mugolando parole senza senso e per poco non ridevo anche io.
Pete Best era un amico di mio fratello che non vedevo da una vita e che per il quale avevo una cotta da sempre.
C'era stato qualcosa tra di noi un bel po' di anni fa, per la festa di compleanno di Paul...
 
Salgo le scale più veloce che posso fino ad arrivare in camera mia e mi chiude dentro a chiave. Non ho intenzione di tornare al piano di sotto per nessun motivo al mondo.
Quella stronza di Dot è andata da Pete e non curante del fatto che io ero proprio di fronte a loro, gli ha detto che sono persa di lui e che potrebbe usarmi come puttanella personale.
Mio fratello è su tutte le furie, lo sento urlare fin dalla mia camera.
Spero proprio che questa sia la volta buona in cui la lascia!
Subito scatto all'improvviso sentendo due colpi alla porta. Esito un po' perché sinceramente ora come ora non voglio vedere nessuno ma alla fine mi alzo e vado lo stesso ad aprire.
«Ehi»
Oh merda, è Pete.
«Cia-ciao» balbetto ancora più rossa in viso.
«Speravo che fossi qui»
Sforzo un sorriso un po' confusa e imbarazzata.
«Hai bisogno di qualcosa?» gli chiedo cercando una spiegazione valida per cui fosse venuto in camera mia.
«Posso entrare?»
«Oh, certo vieni pure»
Non faccio in tempo a chiudere la porta che subito sento le sue braccia intorno alla vita e le sue mani che mi stringono il viso.
Il mio respiro diventa sempre più irregolare mentre quel bacio sta crescendo e diventa ancora più intenso.
L'ho desiderato da troppo tempo e finalmente sta succedendo. Poggio le mie braccia intorno al suo collo e mi lascio trasportare da quelle sensazioni così belle ed inaspettate.
Pete sembra molto preso ed infatti sta iniziando a respirare in modo affannoso, cosa che mi fa eccitare un po'.
Dopo qualche minuto mi prende e ci spostiamo sul letto, lui sopra ed io sotto. Subito l'ansia mi entra dentro e mi divora i pensieri. Rimango come bloccata, incapace di fare qualsiasi cosa.
Non ero pronta, non con lui. Mi piace tantissimo ma la prima volta voglio che sia con una persona che amo, non con un ragazzo di cui conosco solo il nome.
All'improvviso mi stacco dal bacio e Pete mi guarda con un'espressione confusa.
«Scusa, non posso farlo»
Rimane a fissarmi per qualche secondo e poi scende dal letto a testa bassa scusandosi per poi uscire dalla camera.
 
Deglutii mentre i pensieri di quella sera mi giravano ancora per la testa ma fu Anne a riportarmi alla realtà.
«Allora sei sicura che posso rimanere a cena?»
«Certo! Come ogni sabato sera, no?»
Lei sorrise ed io ricambiai.
«In questo caso però sarà meglio andare a preparare da mangiare perché scommetto che i ragazzi hanno già fame!» aggiunsi poi ridendo.
«Ma John si è più fatto vedere?»
«No, no!» risposi alla svelta, forse anche un po' troppo perché per un momento pensai che Anne avesse capito che stavo nascondendo qualcosa.
«Beh, meglio così! Ti creava solo guai, dammi retta. Adesso che abita da Stu sarà felice di potersi portare a letto tutte le ragazze che vuole senza problemi!»
Rimasi immobile a fissarla ancora spaventata per ciò che aveva appena detto. Se non fosse stato per il fatto che era la mia migliore amica e che ovviamente non poteva sapere che io e John ci frequentavano, l'avrei già presa a schiaffi.
 
Quella sera al Cavern c'era davvero tantissima gente e ancora dovevano iniziare a suonare. Ogni ragazzina che passava non faceva altro che parlare di quanto fossero belli e sexy John, Paul, Ringo e George. Io invece morivo dalla voglia di urlare in faccia ad una di loro una cosa tipo "Intanto John Lennon me lo porto io a letto!" ma si sarebbero accanite contro di me ed avrei sprecato solo fiato.
Alcune addirittura mi riconoscevano sapendo che ero la sorella di Paul e venivano da me cercando di essere mie amiche. Una cosa alquanto squallida a mio parere.
«Anne tu entra se vuoi, io vado a fare una cosa e torno subito»
La mia amica annuì e poi mi osservò fino a che non svoltai l'angolo. Mi diressi verso dei giardini vicino al locale, sapevo che John andava sempre lì prima di ogni esibizione a fumarsi in pace la sua sigaretta. Infatti appena varcai il piccolo cancello lo vidi subito, seduto in una delle ultime panchina sulla destra.
Mi avvicinai nel modo più silenzioso possibile ma calpestai un mucchio di foglie secche e subito il ragazzo si girò di scatto per vedere cosa fosse stato.
Per qualche secondo rimanemmo a fissarci nel buio, ci dividevano solo alcuni metri ma ancora forse non era convinto che fossi io. Mi avvicinai un po' di più e, ancora con il suo sguardo addosso, mi sedetti accanto a lui.
«Che ci fai qui?» mi chiese passando una mano sulla mia gamba.
«Volevo venire a salutarti, non potevo?»
Lo spintonai un po' con il gomito cercando di scioglierlo un po'.
«Oh, tu puoi tutto dolcezza»
Scoppiai a ridere e lui mi poggiò il suo braccio sulle mie spalle schioccandomi un bacio sulle labbra. Lo guardai negli occhi e sorrisi involontariamente, era davvero bellissimo ed era ancora più bello il fatto che ad un mio sorriso corrispondeva il suo.
«Gli altri sanno che sei qui?» mi domandò alzando un sopracciglio.
«Secondo te? Non sono così stupida da dirglielo» risposi mentre mi mettevo a gambe incrociate sulla panchina girata verso di lui.
Mi mise una mano sulla guancia, accarezzandola, dopodiché fece un ultimo tiro alla sigaretta che stava fumando e mi baciò di nuovo, stavolta in modo molto più intenso.
Feci passare la mia mano fra i suoi capelli mentre le nostre lingue iniziarono a cercarsi quasi intrecciandosi fra di loro. Sentii dei brividi lungo la schiena e all'improvviso mi sembrò di star andando a fuoco.
«John, se continuiamo così finisce male»
Lui rise ed iniziò allora a darmi tanti piccoli baci svelti senza neanche lasciarmi il tempo di ricambiarli. Iniziai a ridere anche io e lui mi strinse in un abbraccio, sentii tutto il suo profumo inondarmi le narici e mi fece desiderarlo ancora di più.
«Finirà male in ogni caso se tu vai in giro vestita così»
Mi accigliai per un attimo e lo guardai confusa.
«Così come?»
«Beh, con questo vestito ti salterebbe addosso anche un cieco!»
«Come fa un cieco a vedere che vestito ho?!»
«Non so, chiediglielo»
Gli diedi un piccolo schiaffetto sulla guancia e gli feci la linguaccia.
«Tu sei tutto scemo!»
«Pensa quanto sei scema tu che ti confondi con me»
«Oh, ma io sono consapevole della cazzata che sto facendo»
John mi lanciò un'occhiataccia e si finse offeso. In realtà ero stata sincera, dentro di me sapevo che con uno come lui l'amore deve far rima per forza con dolore.
«...E non potrei fare cosa più giusta» aggiunsi sussurrando a qualche millimetro dalla sua bocca. Lui rise divertito e mi baciò per poi strofinare il suo naso contro il mio.
In quel momento mi sentii strana. Ero quasi... felice.
 
I ragazzi avevano appena finito di suonare e, a parte qualche livido qua e là per colpa di quelle ochette che si agitavano come trottole, mi sentivo davvero bene.
Presi per mano Anne e come sempre ci dirigemmo sul retro per congratularci con i ragazzi.
In quel posto non si riusciva mai a respirare, era tutto un ammasso di gente mezza ubriaca e puzzolente. Finalmente, spintonando qualcuno, riuscimmo ad uscire e con mia grande gioia respirai aria pulita.
Prima che potessi svoltare l'angolo qualcuno mi prese per il polso ed io mi girai sbarrando gli occhi.
«Mary! Che sorpresa!»
Io ed Anne ci guardammo quasi scandalizzate: era Pete Best.
«Ehi, Pete» lo salutai un po' fredda.
Lui disse qualcosa a dei ragazzi che dovevano essere suoi amici e poi si avvicinò a me.
«Come stai? E' da una vita che non ti vedo!»
Mostrò il più bel sorriso che poteva offrire ed io per poco non ci cascavo di nuovo.
«Io sto bene, non mi lamento... E tu? Come stai?»
«Tutto apposto per il momento ma la situazione potrebbe sempre migliorare»
Mi fece l'occhiolino e udii una risatina di Anne in sottofondo. Io ero completamente rimasta di sasso e sinceramente non sapevo proprio cosa rispondergli.
«Ehi, McCartney!»
Sentii una voce chiamarmi e chi poteva essere se non John Lennon?
«Lennon, che c'è?» finsi di fare la scocciata.
«Ti cercava tuo fratello, è meglio che vai da lui»
Si accese una sigaretta e poi rimase lì immobile fino a che non ebbi salutato Pete.
«E' stato un piacere rivederti, tesoro
A quelle parole pronunciate da Best potetti notare lo sguardo di John farsi sempre più freddo e provocatorio. Avrebbe potuto scannarlo da un momento all'altro.
L'altro forse se ne accorse perché una volta che diede un'occhiata veloce a Lennon non esitò ad andare via.
Fermi tutti: John Lennon era geloso?


---

ehilà :) sono tornata!
come state carissimi? e come sta procedendo la vostra estate? 
perdonate il ritardo!
comunque questo capitolo mi piace particolarmente, non so neanche perché D:
beh, spero che piaccia anche a voi :)
ah, se voleste contattarmi vi lascio qualche link qua sotto ♥

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Capitolo 15
*** Secretly. ***


Appena passai accanto John mi sentii strattonare un braccio e avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò:«Io e te dobbiamo parlare». Deglutii a fatica e lasciando la presa me ne andai dagli altri. Che cosa voleva adesso? Era già finita qui? Decisi di non stressarmi e fare finta di niente, comunque non avrebbe risolto la situazione.
«Mary! Allora? Com'è andata secondo te?» mi domandò George ancora emozionato dalla loro esibizione. Sorrisi e lo abbracciai anche se era abbastanza sudato.
«È andata benissimo! Non fate che migliorare»
George mi guardò contento e mi chiese di accompagnarlo un po' fuori. Ovviamente accettai dato che stavo morendo di caldo dentro quella stanza minuscola piena di persone ubriache.
Mentre lui si stava accendendo una sigaretta, io ne approfittai per cercare John con lo sguardo tra la folla ma sembrava sparito. Di solito era sempre l'ultimo ad andarsene, adorava questo posto.
«Ti vedo un po' strana» affermò George.
Io lo guardai con aria colpevole ma subito scossi la testa e lo rassicurai di stare bene. Per quanto io volessi bene a quel ragazzo non potevo ancora raccontargli di me e John. Era il nostro segreto.
«Hai conquistato qualche ragazza stasera?» gli chiesi spintonandolo con il gomito e con sguardo ammiccante. George sbuffò e rise.
«Fin troppe direi»
Risi anche io.
«E con quante sei andato?»
Mi fissò per un secondo e poi spostò il suo sguardo verso l'alto.
«E dai! Non mi scandalizzo mica»
Finalmente tornò a guardarmi.
«Con nessuna»
Sgranai gli occhi gli scompigliai i capelli in modo scherzoso.
«Harrison, datti una svegliata! Hai tutte le ragazze ai tuoi piedi, lo capisci?»
Lui si mise in ordine i capelli passandoseli fra le dita e poi si avvicinò sempre di più a me.
«Non proprio tutte»
Prima che potessimo dire un'altra parola vedemmo uscire dal locale il resto del gruppo e ci raggiunsero in un secondo. Mio fratello come sempre era ubriaco fradicio ed Anne doveva fargli da tutrice.
Ringo mi venne incontro abbracciandomi ma almeno lui era sobrio. Restammo sul retro del locale per circa altri venti minuti parlando del più e del meno e poi decidemmo di ritornare a casa. L'indomani sarebbe stata domenica e John avrebbe partecipato al nostro pranzo di "famiglia".
 
Quella mattina mi sveglia con l'ansia che mi torturava lentamente e in modo assai doloroso. Non facevo altro che ripetermi di stare tranquilla, che sarebbe andato tutto come doveva andare e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Ma perché più ci cercavo di non pensarci e più rischiavo di impazzire?
Andai in bagno, chiusi la porta e mi diressi verso la doccia per lavarmi. Ogni volta era difficile non pensare che lì io e John l'avevamo fatto per la prima volta. Un sorrisino da ebete mi si dipinse sul volto e guardandomi allo specchio cominciai ad arrossire. Finalmente entrai dentro la vasca da bagno e sentii tutti i muscoli del mio corpo rilassarsi, cosa che iniziò a fare anche la mia mente. Chiusi gli occhi e non pensai più a niente.
 
Una volta che fui pronta scesi al piano di sotto ed andai in cucina dagli altri, sperando che fossero già svegli o avrei dovuto provvedere io stessa a fargli alzare il culo da quel letto.
Trovai George e Ringo ai fornelli mentre Paul se ne stava seduto su una sedia ad osservarli come se niente fosse. Il solito sfaticato!
«Buondì! Che profumino!» esclamai salutando tutti i presenti con aria allegra.
«Buongiorno, Mary» risposero tutti e tre all'unisono.
«Vi serve una mano?» chiesi rivolgendomi a George e Ringo.
«No, ce la caviamo abbastanza bene. Grazie lo stesso!» mi risponde il batterista. Feci spallucce e mi sedetti sulle ginocchia di mio fratello.
«Tu non fai niente come al solito?» gli domandai alzando un sopracciglio.
«Ho troppo sonno» si giustificò mentre stava sbadigliando. Alzai gli occhi al cielo e pensai che se dopo la morte di nostra madre non ci fossi stata io, lui e mio padre probabilmente sarebbero morti di fame.
All'improvviso il suono del campanello mi fece sobbalzare e mi alzai in piedi alla svelta dirigendomi verso l'ingresso. Quando aprii la porta mi si presentò davanti un John con i capelli curati, il viso pulito, vestiti abbinati perfettamente ed un sorriso così bello e contagioso che non potei far altro che sorridere a mia volta.
«Ehi» fu tutto ciò che riuscii a dire in quel momento.
«Mary» fu tutto ciò che riuscì a dire lui.
Dopo qualche secondo che me ne stavo lì in piedi davanti alla porta, John simulò un colpo di tosse e capii che gli stavo intralciando il passaggio. Mi scusai e lo invitai ad entrare con gentilezza ma non troppa per non cercare di creare sospetti. Gli altri ragazzi a dir la verità erano ancora convinti che io lo odiassi e che non potessi vederlo quindi era meglio andarci piano. Non osavo immaginare come avrebbe potuto reagire Paul se lo avesse saputo. Questa volta mi avrebbe davvero cacciato fuori da quella casa.
 
Quando Lennon entrò in cucina venne accolto dagli altri tre con schiamazzi e risate di divertimento. In quel momento mi sentii così in colpa di essere quella che li aveva fatti allontanare, erano sempre stati così amici... ed io ero riuscita a rovinare tutto in poco tempo. Poi entrando nella stanza vidi come erano ancora tutti uniti fra di loro, che nonostante tutto la band era più importante di tutti gli altri problemi e tirai un grande sospiro di sollievo.
«Il pranzo è pronto!» annunciò Ringo fiero del suo lavoro da cuoco. Tutti esultammo e ci spostammo dalla cucina alla sala da pranzo pronti per mangiare.
Mi sedetti capotavola, Paul si trovava alla mia sinistra e George alla mia destra. Per tutto il tempo cercai di non guardare John ma era più forte di me, era passato un po' di tempo dall'ultima volta in cui era stato a casa ed in quel momento fui felice di riaverlo finalmente con me. Non era più il solito chiacchierone, ma percepivo la contentezza nei suoi occhi. Forse si sentiva ancora in colpa verso mio fratello e questo lo metteva un po' a disagio. Comunque era davvero bello rivederli tutti e quattro così uniti.
 
«C'è ancora un po' di pollo per caso?» chiese George quasi alla fine del pranzo. Si era abbuffato come un maiale, come faceva ad avere ancora fame?!
«Uhm, no... te lo sei mangiato tutto tu!» risposi sorridendogli. Lui fece una smorfia e poi andò in cucina in cerca di altro cibo.
«Ragazzi, secondo voi dovremmo nascondere il dolce?» sussurrò Ringo portandosi una mano vicino alla bocca per non farsi sentire da Harrison. John ghignò divertito e ad un certo punto lo vidi tirar fuori da sotto il tavolo un piccolo vassoio con sopra una cheesecake.
«John! Sei un genio» esclamai.
«Modestamente» mi provocò lui con sguardo ammiccante. Mi limitai ad alzare gli occhi al cielo senza destare troppi sospetti. 
Ci dividemmo la torta lasciando anche una parte per George il quale iniziò ad urlare come un pazzo appena tornò in sala da pranzo e scoprì che stavamo mangiando senza di lui.
Poco dopo John si alzò in piedi e salutando tutti quanti uscì. I ragazzi si diedero appuntamento alle cinque del pomeriggio per le prove della band ed io mi autoinvitai come spettatrice.
 
Dopo aver sparecchiato e lavato i piatti sapevo benissimo cosa avrei dovuto fare. Andai nella mia stanza cercando di trovare qualche vestito carino e scelsi uno blu a pois bianchi non troppo corto, mi stava veramente bene addosso, dopodiché indossai il mio cappotto ed uscii salutando gli altri. Ormai io e John ci vedevamo sempre alle tre del pomeriggio a casa di Stu, l'unico posto in cui potevamo essere soli senza essere visti da nessuno. Durante il tragitto a piedi avevo sempre l'ansia di incontrare qualcuno, tipo i miei coinquilini, ma per il momento non era ancora successo niente di simile.
Bussai alla porta titubante e pochi secondi dopo vidi spuntare il mio ragazzo. Entrai alla svelta e John non esitò un attimo a fiondarsi sulle mie labbra.
«Oggi siamo soltanto io e te. Stu è uscito e non tornerà prima delle sei di pomeriggio» di nuovo mi rivolse quello sguardo ammiccante ed io mi morsi il labbro inferiore contenendo l'enorme voglia di baciarlo.
«Quindi abbiamo la casa tutta per noi?» domandai provocandolo.
Lui sorrise e appoggiando le sue mani sui miei fianchi mi spinse contro di lui fino ad eliminare ogni distanza. Iniziammo a baciarci lentamente per poi far diventare il bacio sempre più intenso e profondo. Sentivo le mani di John che mi accarezzavano la schiena ed i fianchi mentre io mi tenevo aggrappata ai suoi capelli. Mentre i nostri respiri si facevano sempre più pesanti decidemmo di spostarci sul letto ed io mi buttai sopra di lui. Iniziai a bagnargli il collo con tanti piccoli baci ed intanto cercavo di slacciare i suoi pantaloni. Ad un certo punto mi prese e mi fece scivolare sotto di lui in un batter d'occhio rivoltando la situazione.
«Sei uno stronzo, Lennon»
«Lo so, per questo ti piaccio così tanto»
Mi uscì soltanto un "vaffanculo" soffocato come replica perché aveva cominciato a baciarmi con più passione e stavo perdendo la capacità di dire qualsiasi cosa, desideravo soltanto essere trasportata via da tutto quel piacere.
Le sensazioni che mi faceva provare quel ragazzo erano qualcosa di spettacolare, non mi ero mai sentita così in tutta la mia vita. Era capace di farmi sentire le farfalle nello stomaco soltanto sfiorandomi e riusciva a farmi arrossire con un semplice sorriso. Mi resi conto che se la nostra relazione fosse andata avanti io mi sarei ritrovata innamorata persa di lui.
Un attimo prima che John potesse levarmi la maglia sentimmo che qualcuno stava bussando alla porta. Io smisi di baciarlo aspettando che andasse ad aprire ma non lo fece.
«John, hanno bussato» gli dissi pensando che non avesse sentito.
«E allora? Io sono occupato, non vedi?» ridacchiai insieme a lui e cercai di rilassarmi ma purtroppo il tizio o  la tizia lì fuori stava insistendo. Finalmente Lennon si alzò in piedi sbuffando e scocciato si diresse verso la porta indossando solo le mutande ed una canottiera.
«Ehi, John!» quella voce lontana mi raggiunse e mi fece gelare il sangue in un nanosecondo. Spalancai la bocca e mi domandai almeno un milione di volte che diavolo fosse venuto a fare a quest'ora mio fratello a casa di Stu. Forse mi aveva seguita e adesso voleva farci vuotare il sacco una volta per tutte. Mi accostai delicatamente alla porta cercando di non far rumore per sentire ciò che si stavano dicendo John e Paul.
«Paul, amico! Che ci fai qui?» chiese Lennon titubante.
«Sono passato per dirti che l'orario delle prove è cambiato, ci troviamo mezz'ora prima perché George non può fare tardi. A te va bene lo stesso?»
L'altro deglutii cercando di sembrare il meno colpevole possibile.
«Certo, va bene!»
«Perfetto allora! Ci vediamo dopo»
John salutò mio fratello e appena sentii la porta chiudersi tirai un grande sospiro di sollievo pensando che anche per stavolta era andata. Il mio ragazzo si appoggiò allo stipite della porta della camera ed io mi voltai ad osservarlo mentre lui faceva lo stesso con me. Ci guardammo per un secondo che sembrò infinito e poi entrambi scoppiammo a ridere a crepapelle per poi riprendere da dove eravamo rimasti.


okay, so che vorrete uccidermi in mille modi possibili ma vi prego PERDONATEMI.
era da una vita che non aggiornavo e non voglio trovare scuse: avevo l'ispirazione sotto terra. 
non vi nascondo che ho già tutta la storia impostata ovvero so già come si svolgerà e come finirà ma non riuscivo più ad andare avanti :(
poi qualche sera fa, per il compleanno di John, ho visto un servizio che avevano fatto per lui ed è scattato qualcosa che mi ha fatto tornare a scrivere.
poi sono innamorata anche io di questa fanfic e non posso permettermi di lasciarla incompiuta, ho in mente grandi cose!
stavolta spero di riuscire ad aggiornare velocemente e penso proprio che ce la farò :)
io vi chiedo soltanto un piccolo favore: 
se ancora seguite la storia o siete comunque interessati potreste lasciarmi una recensione per dirmelo? 
è passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento ed ho bisogno di sapere quanti ancora la seguono.
grazie mille in anticipo!
e vi prego... SCUSATEMI
-M

 

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Capitolo 16
*** In spite of all the danger. ***


Camminavo al suo fianco mentre il sole tramontava all'orizzonte. Il cielo aveva lo stesso colore delle foglie che cadevano dagli alberi e tutto sembrava avere un'atmosfera magica. Guardai John per un attimo e potei scorgere un sorriso farsi spazio sul suo volto. Un'altra settimana era passata e nessuno era venuto a conoscenza della nostra relazione. Spesso era scomodo dover incontrarsi in posti isolati o ad ore inconcepibili ma per il momento era l'unica soluzione per restare insieme. Mi sentivo così innamorata di lui, anche se sapevo che non eravamo fatti per stare insieme. Il sentimento che provavo era molto complicato da spiegare, ma penso che tutti noi prima o poi nella vita incontriamo quella persona che nonostante ci abbia fatto soffrire, nonostante ci abbia spezzato il cuore e, nonostante abbiamo la consapevolezza che non sia quella giusta per noi, non riusciamo a smettere di amare.
 
«John, sai, pensavo... Tu conosci mio fratello, giusto?» gli chiesi mentre ero immersa nei miei pensieri.
Lui annuì e si girò a guardarmi aspettando che dicessi qualcos'altro.
«Io non conosco nessuno della tua famiglia. Non voglio metterti fretta o ansia, so che non sei un tipo da relazioni serie e che io sono l'unica eccezione, ma... non so, ecco... vorrei sapere qualcosa di più magari»
John si ammutolì e dalla sua bocca uscì soltanto un "ah" di imbarazzo. Sembrava molto a disagio e mi pentii subito di avergli fatto quella domanda.
«Guarda che non sei costretto, è solo che mi avrebbe fatto piacere sapere da dove viene il mio ragazzo»
Ad un tratto mi prese per mano e mi costrinse a seguirlo, passammo da un cancello ed entrammo in un vecchio parco. Camminammo per un altro po' fino a che non arrivammo ad una panchina e ci sedemmo lì. John lasciò la presa dalla mia mano ed io aspettai paziente ciò che aveva da dirmi.
«Non c'è molto da sapere su di me» iniziò con tono molto serio e anche un po' triste.
«Sono stato cresciuto da mia zia, i miei genitori non hanno mai voluto occuparsi di me, hanno preferito lasciarmi a qualcun'altro. Non so più neanche che faccia abbia mio padre, non lo vedo da quando avevo quattro anni»
Mi si spezzò il cuore in un secondo. Non avrei mai pensato che dietro quella corazza da duro si nascondesse un anima così fragile. Soltanto in quel momento mi resi conto di quanto John fingesse ogni giorno di essere un'altra persona. Il ragazzo che avevo conosciuto io non era il vero John, era la sua maschera. E quella maschera lo aiutava a proteggersi, ad andare avanti e a darsi la forza per non arrendersi mai. Gli dava sicurezza in qualche modo nonostante lui fosse la persona più insicura su tutta la terra.
«Qualche anno fa ho avuto la brillante idea di cercare mia madre, per poterla vedere di nuovo e magari per stabilire un vero rapporto con lei. All'iniziò sembrò funzionare, è stato uno dei periodi più belli della mia vita. Lei era di nuovo con me ed io ero quasi riuscito a perdonarla»
Deglutii a fatica e gli strinsi una mano. John non osava guardarmi, teneva il suo sguardo puntato verso il basso.
«E poi... è successo l'imprevedibile. Un figlio di puttana ubriaco l'ha investita con la macchina e lei è morta sul colpo»
Mi portai una mano sulla bocca dallo stupore. Non riuscivo a credere a ciò che stavo ascoltando. Non potevo pensare che John avesse dovuto sopportare tutto quel dolore. Subito iniziai a pensare a mia madre, al cancro che l'aveva portata via da me ed in quel momento non potei far altro che scoppiare a piangere.
John finalmente mi guardò e con sguardo sconvolto mi abbracciò forte. Sentii il suo profumo entrarmi fin dentro le narici e mi fece calmare un po'. Riuscivo a capire la sua perdita, quando ti viene portata via la persona che per te vale più di ogni cosa al mondo e l'unica cosa che tu puoi fare è stare a guardare.
«John, io... mi dispiace, non volevo piangere così. Scusami, mi sento uno schifo» mi scusai singhiozzando e cercare di asciugarmi le lacrime con la manica del maglione.
«Cosa? Non devi scusarti di niente, Mary. So cosa è successo a tua madre e per questo ho avuto il coraggio di raccontarti queste cose, perché so che tu puoi capirmi»
Lo guardai negli occhi ed il suo sguardo mi entrò dentro provocandomi una sensazione stupefacente. Sentii tutto il mio corpo andare a fuoco e pensai di scoppiare ad un momento all'altro.
«Grazie, John. Sai, ho anche il suo stesso nome» mi confidai.
«È una cosa bellissima. Scommetto che adesso sarebbe molto fiera della donna che sei diventata. È una delle solite frase convenzionali che dicono per farti stare meglio ma se adesso lo dico è perché ci credo»
Mi fece sorridere e lo abbracciai più forte che potevo.
«Avrei voluto fartela conoscere. Forse le saresti piaciuto»
«Sei sempre in tempo a farmi conoscere tuo padre»
Risi solo all'idea di mio padre, James, che conosceva John. Lo avrebbe odiato, poco ma sicuro.
«Meglio di no!» esclamai. Anche John scoppiò a ridere.
Subito dopo notai che i suoi occhi si illuminarono, come se all'improvviso gli fosse venuto un colpo di genio.
«Forse non potrai conoscere mia madre, ma ho voglia di farti conoscere qualcuno!» esclamò un secondo prima di prendermi per la manica del mio cappotto e trascinarmi con lui.
«John! Dove stiamo andando?» gli chiesi sperando in una sua risposta.
«Lo vedrai»
 
Salimmo sulla mia macchina ma lasciai guidare lui, me lo chiedeva ogni santissima volta ed io lo lasciavo fare.
John mise in moto la macchina e partì per poi imboccare una strada che non avevo mai percorso prima d'allora.
«John Winston Lennon, mi spieghi dove cavolo mi stai portando?»
Lui non tolse neanche per un attimo gli occhi dalla strada e si limitò a ridacchiare lasciandomi senza una risposta. A questo punto sbuffai e rimasi voltata a guardare il finestrino per tutto il resto del viaggio.
Dopo circa una ventina di minuti John rallentò e parcheggiò la macchina lungo la strada. Non ero mai stata in quella zona e non riuscivo a capire dove mi avesse portata. L'unico parente della famiglia che gli era rimasto era sua zia Mimi, almeno questo era ciò che mi aveva detto Paul.
«Scusa per l'attesa, siamo arrivati» si scusò guardandomi con degli occhi da cucciolo. Lo ignorai e mi finsi ancora arrabbiata con lui.
Mi prese per mano ed io lo seguii, varcammo un piccolo cancello e camminammo lungo il vialetto che portava ad una casetta molto carina. Il mio ragazzo suonò disinvolto il campanello e poi mi disse di aspettare. Ad aprire la porta fu uomo molto alto e robusto con addosso soltanto una canottiera.
«Ehi, Bobby! Possiamo entrare?» domandò John. L'altro uomo mi scrutò e poi tornò a guardare il mio ragazzo facendomi cenno di entrare in casa.
«Come mai da queste parti?» gli chiese l'uomo misterioso.
«Sono passato a salutare le ragazze. Sono in casa?»
Le ragazze? Quali ragazze?!
«Sì, sono al piano di sopra»
Salimmo al piano superiore ed entrammo in una piccola stanza con un letto a castello. Ai piedi del letto c'erano due bambine che alla vista di John non esitarono a correre verso di lui abbracciandolo. Io sorrisi perché erano davvero tenere ma mi trovavo ancora in uno stato confusionale.
«Mary, ti presento le mie sorelle: Julia e Jackie» annunciò con voce fiera.
Spalancai la bocca incredula: sorelle?! John non mi aveva mai accennato di avere due sorelle!
Le bambine mi guardarono allegre e corsero ad abbracciare anche me. Sicuramente non avevano preso nulla dal carattere scontroso di Lennon.
«Wow, adoro la tua sciarpa!» esclamò Julia. Le sorrisi e mi tolsi la sciarpa.
«Tieni, se vuoi puoi provartela» gliela porsi e lei iniziò a salterellare dalla gioia.
John rideva in disparte mentre io socializzavo con le bambine. Ad un certo punto Julia mi prese per mano e mi mostrò la sua cameretta facendomi l'elenco di ogni suo giocattolo preferito e voltandomi notai che John parlava e scherzava con Jackie tramite una bambola di pezza. Sorrisi al pensiero che un giorno quel ragazzo di fronte a me sarebbe potuto diventare padre, ero sicura che sarebbe stato un ottimo genitore.
«Ti adorano» sussurrò John al mio orecchio. Arrossii contenta di aver fatto colpo sulle sue sorelline. In realtà non ci sapevo fare neanche un po' con i bambini quindi mi ritenevo piuttosto soddisfatta.
 
Restammo circa un'ora ad intrattenere le bambine, poi quando notammo che fuori stava iniziando a farsi buio salutammo tutti e ce ne andammo.
«Allora, sei stata bene?» mi domandò John mentre era intento a guidare per tornare a casa.
«Benissimo. Non sapevo tu avessi delle sorelle!»
«Scusami, non parlo mai volentieri della mia famiglia»
Mi sporsi verso di lui e gli schioccai un bacio sulla guancia facendolo arrossire.
«Cavolo! Ho lasciato la mia sciarpa a Julia» mi ricordai improvvisamente.
«Oh, tranquilla. Domani passerò a prendertela» mi rassicurò. Risi al pensiero della sorella di John tutta felice appena aveva visto la mia sciarpa, era tenerissima.
 
Ormai era da mezz'ora che eravamo in auto e ancora non eravamo arrivati a casa. Iniziai a chiedermi se il mio ragazzo sapeva dove stesse andando.
«Quanto manca?» chiesi vedendo lo sguardo preoccupato di John.
«Ehm, poco... credo»
Lo guardai con occhi sbigottiti ma lui sembrò ignorarmi.
«John, non è che ti sei perso?»
Si limitò a grattarsi la nuca e restò zitto. A quel punto era chiaro: ci eravamo persi.
Molto probabilmente si aspettava che io iniziassi ad urlare e ad offenderlo invece scoppiai a ridere, divertita dal fatto di essermi persa in macchina proprio insieme a lui.
«Che hai da ridere tu?» mi chiese Lennon guardandomi con espressione confusa. A quel punto non resistetti ed iniziai a cantare In Spite Of All The Danger, una delle sue canzoni.
 
«In spite of all the danger
In spite of all that may be
I'll do anything for you
Anything you want me to

If you'll be true to me»
 
«Wow! Non pensavo che la conoscessi!» esclamò John divertito.
«Sto sempre attenta durante le vostre prove, è ovvio che la conosco» dissi soddisfatta. Lui ridacchiò e continuò a cantare al posto mio.
 
«In spite of all the heartache
That you may cause me
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me
»
 
Gli feci un applauso e lui fece apparire quello sguardo da egocentrico sul suo viso.
«Anche se tu fossi più brava di me a cantare non lo ammetterò mai» disse facendo il finto serio.
«L'hai appena ammesso!» replicai io. John per tutta risposta iniziò a scompigliarmi i capelli strofinando un pugno sulla mia testa mentre io lo stavo maledicendo.  
Un secondo dopo mi ritrovai a pensare alle parole della canzone e realizzai che non potevano essere più azzeccate. Nonostante tutti rischi e tutto il tormento che John avrebbe potuto procurarmi, io avrei fatto qualsiasi cosa per lui.
«Ho trovato la strada! Fra cinque minuti saremo a casa» esclamò John esultando.
Tirai un sospiro di sollievo, anche se avrei voluto rimanere in quella macchina con lui per tutta la vita. 


ehilàààà! sono tornata carissimi :)
ho avuto un sacco di impegni ma ce l'ho fatta!
che ne pensate?
comunque siete team George o team John? ahahah
il nostro Lennon può anche essere dolce, quando vuole.
ho già tutti i prossimi capitoli programmati e quindi aggiornerò molto presto d'ora in poi :)
grazie mille a chi continua seguire questa ff anche dopo ben DUE anni! VI ADORO!
un abbraccio,
-M

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Capitolo 17
*** Your future was me. ***




Mi alzai svogliatamente dal letto e cercai le pantofole. Una volta in piedi mi diressi in cucina, pronta per fare colazione. Aprii il frigo e la mia mascella cadde praticamente a terra: era completamente vuoto. Non mi misi ad urlare soltanto perché avevamo dei vicini ed era ancora presto. Il giorno prima i ragazzi erano stati per tutto il tempo in casa e non se n’erano accorti? Forse semplicemente non avevano avuto voglia di fare la spesa così sarebbe toccato farla a me. Perché diamine ero capitata in una casa dove vivevano tre uomini uno più pigro dell’altro? Sbuffai ed ovviamente uscii per comprare rifornimenti. 

 

Nonostante fosse primavera inoltrata faceva un bel po’ di freddo la mattina a Liverpool, cosa che stava contribuendo a peggiorare il mio umore. 

Arrivai ad un incrocio e poi svoltai a sinistra ma dovetti fermarmi subito perché davanti a me si presentò la figura di un ragazzo abbastanza alto, moro e con il tipico giacchetto di pelle: Pete Best. Ripresi fiato e continuai a camminare, tanto ormai mi aveva vista e non potevo fingere. Appena fui abbastanza vicina mi chiamò ed io sorrisi timidamente. 

«Mary! Che sorpresa, come mai già fuori a quest’ora?» 

Diede un tiro alla sua sigaretta e poi si appoggiò al muro con un gomito. 

«Uhm, stavo andando a fare la spesa. Tu invece che fai da queste parti?» 

Era strano trovare Pete nel mio quartiere infatti, visto che lui abitava quasi dall’altra parte della città.

«In effetti stavo proprio venendo a casa tua, cioè da Lennon, ma poi mi sono ricordato che adesso abita dal quel suo amico, come si chiama?»

Cosa diamine voleva da John?

«Si chiama Stuart Sutcliffe» 

Lui fece un cenno con il capo come per farmi capire che aveva capito di chi stavo parlando. 

«Perché cercavi John?» gli chiesi incuriosita. 

«Non te lo hanno detto? Ho un’audizione per entrare nella band» 

Sbarrai gli occhi e rimasi a fissarlo quasi scioccata per almeno dieci secondi. Pete si limitò a ridacchiare e capì che non ne sapevo assolutamente niente.

«Ti ho rovinato la sorpresa per caso?» mi domandò divertito.

«Wow, è fantastico» mentii, ovviamente. «Beh, spero che ti prenderanno»

«Lo faranno per forza, non possono rifiutarmi» 

Sorrisi un po’ disgustata dal suo atteggiamento, si sentiva superiore a qualsiasi altra persona sulla terra. Ma che cosa ci avevo mai trovato in lui? 

«Uhm, io adesso devo andare. Ciao! Mi ha fatto piacere incontrarti»

Non feci in tempo a fare quattro passi che mi sentii strattonare per un braccio.

«Se ti ha fatto piacere potremmo farlo più spesso, che ne dici?»

Ok. No. Stava decisamente superando il limite.

«Scusami ma devo scappare» gli dissi tutto d’un fiato.

Me ne andai quasi correndo cercando di sfuggire alle grinfie di Pete Best e non so come ma ci riuscii. 

 

Una volta comprate gli alimenti mancanti me ne tornai a casa pregando di non dover fare altri incontri imbarazzanti. 

Aprii la porta e mi trovai davanti l’unico ed il solo John Lennon. Deglutii ma cercai di rimanere calma appena notai che c’erano anche tutti gli altri ragazzi. 

«Bentornata!» esclamò Ringo venendomi incontro per abbracciarmi. Quel ragazzo era sempre così dolce ed affettuoso, avrei potuto strapazzarlo dalla mattina alla sera. Ovviamente però non mancò lo sguardo d’ira di John.

«Ti prego, dimmi che hai fatto la spesa!» 

Lanciai a George un’occhiataccia e, senza rispondergli, andai in cucina a mettere apposto gli alimenti che avevo comprato. 

«Che ti ho fatto?!» mi domandò irritato il chitarrista.

«Harrison, ti rendi conto che avresti potuto farla te ieri?»

Lui mi guardò un po’ sconsolato e mi chiese scusa. Invece io mi finsi ancora arrabbiata con lui e ignorandolo raggiunsi gli altri in sala da pranzo. 

John si era fermato soltanto per poco, giusto il tempo di decidere con gli altri se prendere o no Pete nella band. Con mia grande fortuna scelsero di scartarlo e tirai un sospiro di sollievo. Non desideravo avere altri problemi. 

 

Il giorno dopo verso le tre del pomeriggio mi diressi verso casa di Stu come facevo praticamente tutti i giorni, sempre nella speranza di non dover incontrare qualche viso a me conosciuto. 

Ad aprirmi la porta fu proprio il padrone di casa, Stuart.

«Oh, Mary! John non è in casa ma mi ha detto di lasciarti questo biglietto» mi disse il moro sulla soglia di casa. Dalla mia bocca uscì soltanto un “oh” di sorpresa e presi il piccolo foglio spiegazzato che mi porse Stu. 

Dopo averlo ringraziato e salutato aprii il foglietto e vi lessi un indirizzo. Che diamine aveva in mente Lennon? Se era uno scherzo dei suoi giuro che stavolta lo avrei preso a cazzotti. La via non mi era nuova e più o meno sapevo dove si trovasse, non era molto lontana dalla casa di Sutcliffe, così mi incamminai verso la mia nuova meta. 

 

Arrivai davanti ad una casa molto carina, con un bel giardinetto curato intorno circondato da un muretto. Che cosa dovevo fare? Dovevo forse entrare? Stavo quasi per tornarmene indietro ma all’improvviso notai qualcuno che mi salutava con una mano dalla finestra. Era John. 

Aprii delicatamente il cancello e mi diressi verso la porta, non dovetti aspettare molto prima che il mio ragazzo venne ad accogliermi. 

«Ehi, sei venuta allora» mi disse sorpreso mentre mi abbracciava. 

«Perché diavolo mi hai portata qui?» sbottai invece io un po’ alterata. 

Lennon non fece in tempo a rispondermi che una signora entrò nella stanza. Non l’avevo mai vista in vita mia. 

«Tu quindi devi essere la ragazza di cui mio nipote mi ha parlato tanto?» 

Suo nipote? Eh? Stavo iniziando a non capirci più niente.

«Mary, ti presento mia zia Mimi. Praticamente è lei che mi ha cresciuto e ci tenevo molto a fartela incontrare»

A quel punto mi commossi quasi perché non era proprio da John fare cose del genere. Stavo

iniziando a capire quanto lui tenesse a me e questo non faceva altro che rendermi felice. 

«Piacere di conoscerla, signora. Anche John mi ha parlato di lei» le dissi cercando di tirar fuori tutto il mio lato gentile. Lei mi strinse la mano ed iniziò a farmi tanti complimenti, sembrava davvero una persona per bene. Anche benestante avrei aggiunto, vista la casa in cui abitava. 

Dopo le presentazioni ci sedemmo in sala da pranzo per un bel tè caldo, Mimi aveva preso alcune foto di quando John era piccolo e mi raccontava tanti piccoli aneddoti sulla sua infanzia. Lennon sbuffava in continuazione per la vergogna e spesso punzecchiava sua zia che però non gli lasciava mai l’ultima parola. 

Pensai che tra loro ci fosse un rapporto di amore/odio, un po’ come il nostro forse. Uno di quei rapporti che in realtà l’odio non è odio, è amore nascosto. 

 

Tornai a casa più tardi quel pomeriggio ma gli altri tre coinquilini non sembrarono farci caso. 

Andai in bagno a farmi un bel bagno rilassante e poi preparai la cena, ero davvero di ottimo umore quel giorno. 

«Ehi, vuoi che ti aiuto?» mi domandò George mentre ero intenta a cuocere il pollo. 

«Magari se tu iniziassi a tagliare le carote mi faresti un favore» 

Lui tutto contento prese le verdure ed iniziò ad aiutarmi. 

«Sai, è da un bel po’ di tempo che non parliamo io e te» affermò il mio amico. 

«Ma che dici? Parliamo tutti i giorni» 

«Sì, la mattina ci diamo il buongiorno e la sera la buonanotte» 

Potevo notare dal tono della sua voce che era molto triste per via di questa situazione. 

«Scusami, ultimamente ho bisogno di distrarmi e non sono mai a casa» mentii per non fargli venire alcun sospetto. 

«Ho capito che la storia con John ti ha distrutta ma devi reagire, vorrei che tu mi permettessi di aiutarti» 

Era sincero e il suo sorriso mi metteva sempre tanta allegria. Infondo era il mio migliore amico, dovevo cercare di essere più presente nella sua vita o lo avrei perso. 

Lo guardai e gli sorrisi, i suoi occhi scuri si persero nei miei verdi e per un attimo sembrò incantato. 

«George, sai che ti dico? Hai ragione. Domani ti va di uscire insieme? Come facevamo prima» 

Lo vidi finalmente contento ed ovviamente accettò la mia proposta.

 

Erano circa le undici di sera e tutti i ragazzi erano usciti, io ero l’unica che era rimasta a casa quella sera. Poco prima avevo provato a chiamare a casa di Stu ma non mi aveva risposto nessuno ed avevo iniziato a preoccuparmi. John era uscito e non mi aveva detto assolutamente nulla, bene. Mi sedetti sulla poltrona ed iniziai a leggere un vecchio libro che avevo trovato in uno dei miei cassetti. Cercavo inutilmente di calmarmi ma non ci riuscivo, la paura che John poteva tradirmi di nuovo era più forte di qualsiasi cosa. 

All’improvviso bussarono alla porta e mi affrettai ad aprire. Davanti a me si presentò un ragazzo con un sorriso a trentadue denti ed uno sguardo che poteva farmi sciogliere da un momento all’altro. Era niente meno che John Lennon. 

«John! Ma… che ci fai qui?» gli chiesi non riuscendo a levarmi dalla faccia quell’espressione sorpresa.

«Sono passato a trovarti» rispose semplicemente. 

«E come facevi a sapere che ero sola in casa?»

Lui rise e poi abbassò la testa.

«Non lo sapevo. Non m’importava se dovevo affrontare tuo fratello, avevo bisogno di vederti»

Non esitai un secondo a fondarmi sulle sue labbra e a baciarlo con tutto l’amore che avevo dentro di me. Lui mi prese per i fianchi e mi attrasse verso di lui, dopodiché iniziò ad accarezzarmi la schiena provocandomi dei brividi di piacere.

Ci allontanammo l’uno dall’altra appena finì il bacio e ci rendemmo conto di essere ancora fuori casa al freddo. 

«Vieni, entra. Ti preparo qualcosa se vuoi» 

«No, non scomodarti» 

Io andai comunque in cucina per farmi del latte caldo e John mi seguì.

«Sai che sei bellissima?» 

Mi voltai con un ghignò sulla faccia verso il mio ragazzo e feci un inchino, lasciandolo a bocca aperta. 

«Un grazie sarebbe stato più gradito» disse lui fingendosi offeso. 

Io ridacchiai e non appena mi portai la tazza di latte vicino alla bocca, John me la prese e la mise via. 

«Ma che fai?!» 

Lui mi fece segno di stare zitta e, prendendomi le mani, mi portò al centro della stanza e spense le luci. 

«John?!» 

Ad un certo punto iniziò a muoversi ed io capii soltanto dopo che aveva iniziato a ballare un lento. Aveva deciso di farmi morire quel giorno? 

 

Mentre ballavamo insieme senza che nessuna musica suonasse, ci scambiavamo qualche piccolo bacio e mille sguardi da innamorati. Sì, esatto: io ero innamorata di lui. Non c’era più via di scampo ormai. 

«Sai che eri molto carino da piccolo?» 

«Ti riferisci alle foto che ti ha fatto vedere mia zia?»

«Sì. Eri molto più dolce di adesso»

Ridacchiò, e la sua risata si sparse in tutta la stanza.

«Non tanto dolce come credi. Mi piaceva picchiare i bambini più piccoli»

Lo guardai sconcertata e con sguardo di rimprovero. 

«Sai, purtroppo non posso cambiare il mio passato. Ma sono ancora in tempo per decidere il mio futuro» fece una pausa sospirando e poi ricominciò a parlare. «il mio futuro sei tu, Mary»

Spalancai la bocca e deglutii a fatica. Ero rimasta senza parole. Da una parte avrei voluto dirgli quello che provavo ma avevo troppa paura di rovinare tutto quanto. Non volevo più fare la figura della stupida, non con lui. 

Ad un certo punto presi il coraggio a due mani e mi buttai senza pensare alle conseguenze.

«Ti amo» 

John, che prima teneva la testa bassa, la alzò e mi guardò dritta negli occhi. 

«Anche io ti amo, Anche io ti amo» mi ripeté commosso. 

Scoppiai a piangere come una bambina e lui mi abbracciò più forte che poteva. 

Io lo amavo, io amavo John Lennon
 



salve a tutti :D sono tornata! yeeee lol
finalmente si sono dichiarati :') era da tanto che desideravo scrivere questa scena
presto posterò il prossimo capitolo e vi avviso già da adesso che sarà abbastanza movimentato ahah
grazie a chi legge/segue e recensisce questa storia anche dopo due anni che ci lavoro. 
GRAZIE!
un abbraccio,
-M

 

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Capitolo 18
*** Something's changing. ***



John Lennon mi fissava da ormai un minuto ed io non riuscivo a togliere il mio sguardo dai suoi occhi. Erano bellissimi, immensi, due grandi sfere marroni in cui avrei potuto perdermi per sempre. Passai le dita fra i suoi capelli e lui sorrise. Per me il suo sorriso voleva dire tante cose, tutte belle. 
Si strinse ancora di più a me e mi avvolse in un abbraccio, mi sentii viva forse per la prima volta. Intorno a noi soltanto lenzuola bianche che profumavano di pulito e quelle pareti spoglie che ormai avevo imparato a conoscere a memoria. 
«Vorrei poter dormire con te per sempre» mi sussurrò, ancora mezzo addormentato. Mi colse completamente di sorpresa ed io non potei far altro che sorridere senza dire nulla. Stavo lì ferma ad ammirare il viso della persona che ormai era diventata una parte di me, la parte migliore. Non potevo più fare a meno di lui, sembrava che tutto quell’odio che un tempo provavamo l’uno per l’altra era svanito per far posto a questo amore così strano e allo stesso tempo magico. 
Mentre ero ancora immersa nei miei pensieri, John si alzò e si rivestì raccogliendo i vestiti da terra. 
«Oggi che intenzioni hai? Vai in giro con Stu?» gli domandai. 
«Sì, gli avevo promesso che lo avrei accompagnato in un posto. Tu che farai invece?»
Mi alzai dal letto e presi anche io i miei vestiti. 
«Ho un appuntamento con Anne fra poco, dopo andiamo a casa mia. Ovviamente devo rendere credibile la scusa che ho inventato per restare da te» 
Il giorno prima avevo detto a mio fratello Paul che sarei rimasta a dormire da Anne, invece ero andata a casa di Stu con John. Ovviamente alla mia amica le avevo raccontato che avevo passato la notte con un ragazzo che non era John, o mi avrebbe uccisa. 
«Mi sembra ovvio» rispose lui ridacchiando. 
All’improvviso qualcuno bussò alla porta della camera ed io sussultai. 
«Avanti!» urlò Lennon. 
La porta si aprì ed entro dentro la stanza un ragazzo non molto alto, moro, con gli occhiali e un look molto alla James Dean. Era Stuart Sutcliffe. 
«Johnny, mi dispiace interromperti ma ti vogliono al telefono» 
L’amico di John sembrava molto turbato ma non si dimenticò di salutarmi. 
«Non m’importa, sono occupato» 
«Ma John…»
«No! Ho detto che sono occupato, non rompermi» 
Stu abbassò la testa e se ne andò, capendo che forse avrebbe fatto meglio a stare zitto. Io rimasi allibita a fissare il mio ragazzo, sapevo benissimo che John purtroppo era così: aggrediva qualsiasi persona gli capitasse a tiro. Ma cavolo, odiavo quando trattava di merda i suoi migliori amici.
«Ma sei idiota? Che ti è preso?» sbottai io. 
«Non ti intromettere, non è il momento» 
«John Winston Lennon, adesso tu mi dici che cazzo hai!» 
Lo odiavo quando faceva così, lo odiavo davvero. Anzi, odiavo il suo atteggiamento da finto duro che ovviamente con me non funzionava perché ormai lo conoscevo meglio di chiunque altro. Perché doveva trattare male anche me?
«Non rompermi i coglioni e stai zitta!» 
Gli andai incontro e gli diedi una spinta al petto facendolo barcollare. Non ero particolarmente forzuta ma sapevo come trattare con Lennon.
«Perché devi trattarmi così?!» 
Non ero triste, non mi uscivano lacrime. Ero furiosa perché il John che avevo di fronte a me non era lo stesso con cui avevo dormito la sera prima. 
Era come se quella chiamata lo avesse fatto cambiare da un momento all’altro. 
«Perché mi hai rotto i coglioni!» mi ripeté urlando. 
Stavolta mi arresi e, dopo averlo fissato negli occhi per un po’, cercando un suo segnale di resa, decisi di andarmene. 
«Vaffanculo, Lennon» 

 

Quel giorno John non si era fatto vivo per tutto il pomeriggio ed io ero rimasta in casa con Anne. La cosa che più mi faceva arrabbiare era il fatto che non si era degnato neanche di chiedermi scusa per avermi aggredita in quel modo. Sembrava che non gliene importasse nulla di come mi sentivo in quel momento. Ed ero a pezzi, lo ammetto. Anche se cercavo in tutti i modi di non pensarci, di essere quella forte, mi rendevo conto in realtà di quanto fossi fragile. 
Stare con John Lennon era come stare sulle montagne russe, non potevi mai sapere cosa sarebbe successo. Ogni volta che litigavamo c’era una fastidiosa voce nella mia testa che mi diceva: “questa volta è finita davvero”, invece sembrava non finisse mai. 
«L’altro giorno una ragazza mi ha fermata per strada per chiedermi se stessi andando a casa tua, cioè dei Beatles, e mi ha chiesto se poteva venire con me» mi raccontava Anne mentre io ero ancora immersa nei miei pensieri. «Cioè, ma ti rendi conto?! Non l’avevo mai vista in vita mia! La gente sta impazzendo» 
Io ridacchiai per darle un po’ di soddisfazione ma non ero molto interessata ai suoi discorsi su quanto stavamo diventando popolari anche noi due grazie a mio fratello e gli altri tre. Tuttavia decisi di stuzzicarla come facevo sempre.
«Sei gelosa perché pensavi potesse rubarti Paul?» 
Alla mia domanda vidi i suoi occhi spalancarsi e assunse un espressione offesa, dopodiché prese un cuscino e me lo tirò dritto in faccia. 
«Smettila con questa storia! Piuttosto tu mettiti con George così finalmente sarà soddisfatto» 
Sbuffai rumorosamente e mi girai verso di lei. 
«Allora, io e George siamo migliori amici. Intendi?» 
Anne scoppiò in una fragorosa risata ed io la guardai infastidita. 
«Sei tu a pensarla così, lui pensa tutt’altra cosa di te»
«Adesso basta! Tu vorresti che ci mettessimo insieme ma a me non piace in quel senso e sono sicura che anche George non vorrebbe mai rovinare la nostra amicizia» 
La mia amica uscì dalla stanza con un sorrisetto malizioso dipinto sul viso per farmi intendere che non credeva ad una sola parola di ciò che avevo appena detto. 

 

Quando Anne se ne tornò a casa realizzai che ero rimasta completamente sola. Paul era uscito da poco e sarebbe tornato tardi, Ringo era andato dai suoi per qualche giorno e di George non c’era traccia. Mi sdraiai sul divano per riposarmi un po’ ma non feci in tempo e chiudere gli occhi che la porta si spalancò e spuntò fuori un George Harrison tremendamente infreddolito e bagnato. 
«Georgie! Ma sei matto ad uscire a piedi con questo tempo?!» lo sgridai preoccupata. Lui non riuscì neanche a dire una parola da quanto tremava. Lo aiutai a levarsi il cappotto completamente fradicio e gli portai una coperta asciutta. 
«Grazie Mary, non dovevi» 
Gli sorrisi per rassicurarlo e lui ricambi. 
«Che eri andato a fare in giro?» 
Si strofinò i capelli cercando di asciugarli ma ottenne soltanto un aspetto buffissimo che mi provocò una risatina. 
«Ero a casa di un mio amico, quando sono uscito è iniziato a piovere ed ora eccomi qua» 
Mi faceva un po’ pena il povero chitarrista, aveva un’aria da cane bastonato. Senza pensarci lo abbracciai e poggiai la mia faccia nell’incavo delle sue spalle. Non so bene perché lo feci, forse perché avevo bisogno di affetto, cosa che John ultimamente si era dimenticato di darmi. 
«Sarà meglio che tu vada a cambiarti o prenderai qualcosa» dissi un po’ imbarazzata appena mi staccai da lui.  George annuì e andò in camera sua. 
Ero troppo tentata di dirgli ciò che stava accadendo, non riuscivo a tenere a lungo un segreto con i miei migliori amici e lui era sicuramente uno di essi. Avrei voluto raccontargli ogni cosa e confessargli quanto fossi combattuta, quanto odiassi John per trattarmi male e quanto lo amassi per qualsiasi cosa diceva o faceva. In realtà ogni volta che me ne andavo nel bel mezzo di un litigio, ignorando tutte le offese che mi urlava, quando io gli dicevo che era finita, desideravo soltanto che lui mi inseguisse e che guardandomi negli occhi mi dicesse “Mary, sono innamorato di te e questo non cambierà mai”. 

 

Appena Harrison si fu cambiato mi raggiunse in sala da pranzo, dove io ero pronta ad aspettarlo con una tazza di cioccolata calda. 
«Ma quella è per me?» mi domandò con un sorriso. Io mi limitai ad annuire e gli porsi la bevanda. Ovviamente si fiondò sulla tazza e nel giro di pochi minuti la finì tutta. 
«Grazie per la cioccolata, era molto buona» mi ringraziò mentre con una mano si puliva la bocca. Era sempre il solito ingordo che non ingrassava neanche di un kilo nonostante mangiasse in quantità esagerata. 
«Figurati, non è la prima volta che lo faccio» 
Lo vedevo nervoso quella sera, più strano del solito. Mi chiedevo se ci fosse qualcosa che lo turbasse. Normalmente George con me era molto tranquillo e spensierato, non come era in quel momento. 
«Senti, ti va di fare una passeggiata prima di andare a dormire?» mi chiese ad un certo punto tenendo lo sguardo puntato verso il basso come per paura di una mia reazione negativa. 
«Volentieri, ha smesso di piovere?» 
Si alzò dirigendosi verso la finestra di cucina e, dopo aver scostato la tenda, tornò con un sorrisetto soddisfatto sul viso. 
«Non piove più, possiamo andare!» esclamò contento. Ridacchiai e pensai che non avrei mai trovato nessuno al mondo come lui. 

 

Iniziammo a camminare per le vie poco illuminate di Liverpool fianco a fianco e mi sentii veramente rilassata e tranquilla, non dovevo preoccuparmi di niente e di nessuno in quel momento. John era chissà dove ma per uno strano motivo riuscivo a non pensarci. O meglio, ci pensavo ma non gli davo molto peso. Infondo era il suo solito, no? Ubriacarsi e portarsi a letto una ragazza a caso. Pregai dentro di me con tutto il cuore che fosse cambiato e nel profondo sapevo che nonostante tutti i nostri litigi non sarebbe mai riuscito a fare una cosa del genere. 
«Era da tanto tempo che non parlavamo» mi fece notare George. Misi il broncio e lui ridendo appoggiò il braccio sulle mie spalle. Avvertii uno strano brivido salirmi lungo la schiena e rimasi quasi spaventata da quel gesto.
«Infatti sono felice di essere qui con te adesso» gli sussurrai stringendomi a lui. 
«Ti vedo molto impegnata in questi giorni, scappi via tutti i pomeriggi» 
Deglutii a fatica cercando di non fargli capire che ero in soggezione. Speravo non sospettasse di me e John. 
«Uhm, sì, ho tante cose da fare» mentii, cosa che ormai mi riusciva bene con chiunque. Però mentire al mio migliore amico non mi faceva stare molto bene. 
«E tu? Che hai di bello da raccontarmi?» gli chiesi cambiando argomento. 
«Vorrei dirti che la mia vita è emozionante ma sarebbe una grande bugia. Se questa band non funziona, mio padre ha già deciso la mia carriera da elettricista» mi confessò con aria turbata. 
«Funzionerà! Hai visto quanto successo state già guadagnando? Dì a tuo padre che può farlo lui l’elettricista, tu sarai un musicista di successo e non dovrai stare agli ordini di nessuno!» lo incoraggiai. 
Desideravo soltanto il meglio per lui e per i ragazzi ed avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarli od anche per dargli la forza di non arrendersi mai. 
Lo vidi sorridere come se fossi riuscita a dargli un po’ di speranza in più, cosa che mi rendeva veramente felice. 
Continuammo a camminare per un bel po' di tempo e parlammo di un sacco di cose. Mi raccontò di quanto fosse difficile essere il più calmo e tranquillo del gruppo, di quanto a volte si sentisse isolato e scoraggiato. Ma poi la sera dopo gli bastava salire sul palco, dare il meglio di sé e capire che tutto il suo sforzo non era stato invano. Mi confessò in oltre che era ancora vergine (cosa difficile da credere vista la sua popolarità fra il pubblico femminile ma, ahimè, era la verità), stava semplicemente aspettando quella giusta. 
«Quindi se una ragazza ti saltasse addosso e ti spogliasse, tu la respingeresti?
» gli domandai con sguardo ammiccante. Lui rise e mi rispose: «Se non è quella giusta? Ovvio, non faccio sconti per nessuna» 
Lo guardai ammirata, era quasi impossibile trovare un ragazzo della sua età che la pensasse come lui. Quella sera mi convinsi sempre più di quanto George fosse speciale e diverso, in senso buono ovviamente. 

 

Appena arrivammo sul nostro viale avvertii subito qualcosa di strano, come se ci fosse qualcosa che non tornava. Mi precipitai verso la porta d’ingresso ed era aperta. Lì mi prese il panico.
«George! Sono entrati dei ladri! Sono sicura di averla chiusa quando siamo usciti» gli dissi sottovoce cercando di fare il meno rumore possibile. 
«No, è impossibile: non ci sono segni di effrazione. L’avrai sicuramente accostata e con il vento si è aperta» cercò di tranquillizzarmi ma senza risultati dato che pochi secondi dopo sentimmo dei rumori molesti provenire dall’interno. 
Mi batteva il cuore all’impazzata e mi strinsi forte al mio amico dalla paura. E se fossero stati armati? Ci avrebbero ucciso? Dovevamo entrare o aspettare fuori per non rischiare?
Mi voltai verso il parcheggio sperando di trovare la macchina di mio fratello ma non c’era, adesso anche la speranza che potesse essere lui se n’era andata.
«Adesso mi dai la mano ed entriamo insieme, okay? Vado avanti io, tu seguimi» mi ordinò mentre mi accarezzava il viso per calmarmi. Feci un respiro profondo e lo presi per mano, come mi aveva chiesto di fare, dopodiché entrammo in casa in punta di piedi per non essere scoperti. Chiudemmo la porta alle nostre spalle e George accese finalmente la luce. La casa era deserta, almeno così era il piano terra. 
«Non c’è nessuno» affermai un attimo prima di sentire dei passi scendere le scale. Terrorizzata abbracciai George che mi strinse a sua volta. All’improvviso una figura apparve da dietro il muro ed io tirai un sospiro di sollievo ma rimasi comunque incredula a fissarlo. 
«John?!» lo chiamò George, sorpreso quanto me di vederlo lì. 
Lennon era in delle condizioni veramente pessime, con i capelli arruffati, la camicia mezza sbottonata ed una birra in mano. Era chiaramente ubriaco. Rimase a fissarci per un tempo che sembrò interminabile e poi si fiondò su George prendendolo a spintoni. 
«Che cazzo pensavi di fare?! EH?! Stronzo!» iniziò a far volare offese qua e là, come di suo solito ed io cercai in tutti i modi di dividerli. 
«John, smettila subito!» urlavo mentre lo strattonavo per un braccio. Il povero George cercava di difendersi e rimaneva in silenzio subendo le botte che gli infliggeva l’altro.
«L’hai baciata? Dimmelo! Devi stare lontano da lei, bastardo!» 
Cercava in tutti i modi di ferirlo ma non ci riusciva viste le sue condizioni. Appena si avvicinava, George si scansava ed evitava il cazzotto di John mentre lui continuava ad insultarlo. 
«Cazzo, falla finita! George non ti ha fatto niente!» 
A queste mie parole, John si fermò e spostò il suo sguardo su di me.
«Ah, quindi è così? Stai cercando di difenderlo? Ti piace Harrison, non è vero? Puttana!» 
L’unica cosa che ricordo dopo quelle parole fu un rumore assordante, proprio sulla mia faccia. Il suo schiaffo mi fece barcollare ed un calore improvviso mi invase dentro. Delle lacrime calde iniziarono a scorrere lungo le mie guance e fu in quel momento che John tornò in sé. 
«Vattene, adesso» gli ordinò George. 
Mi guardò a bocca aperta, con lo sguardo disorientato e smarrito, come se non si stesse rendendo conto di ciò che era appena successo, come se fosse cambiato da un momento all’altro. 
«Vattene!» gli ripeté l’altro, e così lui fece. Uscì dalla casa senza dire nulla e poi sparì nel buio.

 



bentornatiii :D
se c'è qualche errore di scrittura perdonatemi ma ho il pc nuovo e anche se lo riguardo sono sicura che qualcosa ho dimenticato di correggere D:
sappiate che c'è un motivo preciso per cui John si comporta in questo modo ma non posso fare spoilers ahahah
se non fosse stato per Lennon ubriaco, il povero George avrebbe voluto dichiararsi :( 
ti prego Georgie non mi odiare (?)
comunque grazie mille a chi legge, recensisce e mette la storia nelle seguite/preferite :)
al prossimo capitolo! 
un abbraccio,
-M

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