Disney High School di MagikaMemy (/viewuser.php?uid=33840)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO 1:
Jasmine restava a letto, sentendo le
palpebre che, ancora sporche di trucco della sera prima, faticavano
ad aprirsi.
Nonostante sapesse perfettamente di
doversi alzare, le gambe tendevano a restare ancorate al materasso, e
in fondo chi era lei per andare contro il volere dei suoi arti
corporali?
“Jas, non te lo ripeto più: o ti
sbrighi ad andare a scuola, oppure resti chiusa in casa per un mese e
ti scordi quella specie di carneficina adolescenziale alla
fine dell'anno.”
Finalmente riuscì ad aprire gli occhi
e a guardarsi attorno, spaesata. Quel tappetto di suo padre la
fissava da fuori la porta, battendo impaziente il minuscolo piedino
sul pavimento, segno che stava ufficialmente perdendo le staffe.
Lei, incurante della minaccia del suo
vecchio, alzò il busto e sbadigliò, guardandolo accigliata.
“Si chiama ballo scolastico,
pà. E per tua informazione,” pausa, altro sbadiglio, “non credo
di andarci comunque. E' roba da stupidi.”
Il padre sorrise, lasciando che la
figlia si svegliasse per bene, e si limitò a tornare sul corridoio
dicendo una cosa del tipo “Lo so che dici così solo perchè non
hai un ragazzo con cui andarci”, convinto che la figlia non
l'avesse sentito.
Questa gli lanciò dietro il cuscino,
senza riuscire a colpirlo, e gli gridò dietro con fervore: “Papà,
invece di interessarti alla mia (peraltro inesistente) vita amorosa,
limitati a farmi la ramanzina per il ritardo di ieri notte!” e si
mise a ridere, sentendo che lui faceva lo stesso.
Guardò distrattamente la sua stanza.
Cavolo, che casino. Forse avrebbe
dovuto dare una sistemata, nel pomeriggio.
Ci riflettè un attimo, considerando la
cosa.
… ok, forse poteva lasciarla così
per un'altra settimana. O forse due.
Facciamo un mese.
Afferrò il cellulare e, noncurante
dell'ora, andò direttamente sulla rubrica, dopodichè lo portò
all'orecchio.
Dall'altra parte, il suono di uno
squillo, e un sonoro: “Dove diavolo sei?!”
“Buongiorno anche a te, Ariel.”
esclamò, alzandosi del tutto e prendendo la biancheria dal cassetto.
La ragazza dall'altra parte
dell'apparecchio sembrava furiosa.
“Buongiorno un corno! Io qua ti sto
aspettando! Abbiamo il compito in prima ora, e se non ti sbrighi per
me e Rapy non c'è neanche la minima speranza di prendere una
sufficienza!”
Da lontano, la voce di un'altra ragazza
che si intrometteva con voce squillante: “Jassss, datti una mossa!”
Jasmine entrò nel bagno e si guardò
allo specchio: cos'era, un brufolo quello?
“Sentite ragazze, mi sistemo al volo
e arrivo. Non agitatevi. Il compito ve lo passo lo stesso.”
“Non ti azzardare a fare tar...”
“Sì ok ciao” disse lei, chiudendo
la telefonata in faccia all'amica e pregustandosi la faccia che
avrebbe fatto una volta arrivata a scuola.
Mamma mia, perchè Ariel era sempre
così agitata?! In fondo era soltanto un fottuto compito di
matematica, mica il giorno dell'Apocalisse. Se così fosse stato,
probabilmente l'avrebbero passato tutte insieme sedute in piscina a
bere cocktail. O, più probabilmente, in un bordello organizzato con
tutta la scuola. E invece le toccava lavarsi, vestirsi e rinchiudersi
in un'aula per otto ore, come tutti i giorni. Bella prospettiva del
cazzo.
Impregnò lo spazzolino di dentifricio
ed iniziò a sfregarselo sui denti, lasciando che i ricordi della
sera prima si schiarissero.
...bene, probabilmente era stata una
sbronza da far schifo.
“LA UCCIDO, LA UCCIDO, LA UCCIDO!”
“Ariel, tesoro, stai calma.” disse
Belle secca, guardando l'amica che, vicino alla sua macchina
parcheggiata davanti alla scuola, prendeva praticamente a calci tutto
ciò che era là attorno, arruffando i lunghi capelli rossi e
lasciando che le scarpe da ginnastica si sporcassero di terra.
Ariel si voltò verso di lei,
innervosendosi ancora di più vedendo quanto Belle riuscisse a
rimanere impassibile e a leggere uno dei suoi odiosissimi mattoni del
'900.
“Come... come fa a non darti sui
nervi?! E' assolutamente pessima! Lo sa bene che a matematica faccio
schifo, e per una volta che le chiedo una mano fa ritardo di venti
minuti!”
“Oh, andiamo Ariel, sai com'è
fatta...” Rapunzel provava a sorriderle, come suo solito, ma in un
momento del genere neanche un tacos gigante le avrebbe risollevato il
morale.
Ok, forse un tacos gigante sì, ma solo
se servito con un chilo di salsa guacamole.
Oh, quanto amava il messicano...
Belle e Rapunzel videro l'amica
cambiare espressione in un attimo, osservandola mentre guardava in
alto, distrattamente, con sguardo sognante e bava alla bocca (inutile
dire che la gente la fissava come se fosse impazzita).
“Ari, tesoro, non serve a nulla
agitarti così, credimi.” Rapunzel la riportò alla realtà con un
leggero schiaffetto sulla guancia, che la fece trasalire un poco e
tornare con i piedi per terra.
“Sai che non lo fa con cattiveria,
Jasmine è... è fatta così.” disse la biondina, trattenendo un
sospiro.
Ariel la guardò, arrendendosi.
“Sì, lo so questo. Ma le avevo
chiesto un favore.” fece una pausa, guardando verso il basso: “Sai
com'è fatto papà.”
“Ooooh, andiamo, il caro coach capirà
che di tanto in tanto non c'è nulla di male, in un'insufficienza.”
esordì Rapunzel, ottimista.
Belle, che aveva assistito alla scena
in silenzio, più presa dal suo libro che dalla conversazione, si
sentì una mano sulla spalla e voltandosi non potè fare a meno di
sorridere.
“...ce l'hai fatta, finalmente.”
La mora davanti a lei aveva il fiatone
e si appoggiò allo sportello della macchina di Ariel per non
collassare al suolo.
“LASCIAMO PERDERE! Stamattina c'è
stata una polemica con mia sorella...”
“Tanto per cambiare! Buongiorno Nani”
disse Ariel, avvicinandosi e guardandola storta mentre si accasciava
(letteralmente) sul suo cofano.
“Emh... vacci piano, è pulita.”
disse acida, guadagnandosi un'occhiataccia dell'amica.
“TU non sai neanche cosa vuol dire
discutere ogni sacrosanto minuto con una come Lilo. Credimi, non ne
hai la minima idea!” disse Nani, leggermente isterica.
Rapunzel sorrise: “Beh, tra tutte e
due non avete un carattere molto... come dire... facile, ecco.”
Nani le fece la linguaccia, senza avere
la forza di risponderle per le rime.
“Dico io, poteva almeno dirmelo che
aveva finito la benzina! MA NO! Ha preferito tacere, la signorina, e
ce la siamo fatta tutta di corsa, da casa fin qua!”
“Hai studiato per il compito su
Shakespeare?”
Nani guardò Belle come se avesse visto
un maiale ballare il tip-tap in tutù, e scoppiò a ridere: “Sei
sempre così simpatica, Belle!”
La ragazza cambiò espressione in un
attimo: “Io non ti passo niente, sappilo.” disse secca, e si
avviò verso l'ingresso con il libro tra le mani e la borsa pesante.
Nani iniziò a rincorrerla, ridendo,
mentre Ariel e Rapunzel, rimaste indietro, aspettavano l'arrivo di
Jasmine (la quale, a detta di Ariel, avrebbe fatto bene a godersi
quella mattinata perchè sarebbe stata l'ultima della sua vita).
“Eccola! La vedi?”
“...ti prego, non dirmi che è
quella.”
Due ragazze, entrambe bionde e
abbastanza bassine, parlottavano tra loro, nascoste dietro una porta
e studiando una tipetta castana e dallo sguardo vago che, davanti
agli armadietti, chiacchierava animatamente con un giovane alto e dai
folti capelli rossi.
“Ebbene sì. Rifatti gli occhi.”
“...Trilli, la Darling è un'oca.
Peter la lascerà dopo cinque minuti di conversazione, fidati.”
“EHY! Ancora non stanno insieme,
ok?!”
Alice la guardò torva: “Ok, ma stai
tranquilla... resta il fatto che se avessi agito come ti avevo
consigliato, ci staresti te adesso là a tubare con Peter, non
quella... quella...”
“Troietta finta puritana con indosso
una camicia da notte?” propose Trilli, senza staccare gli occhi
dalla scena.
Alice scosse i capelli biondi e
sorrise: “Sì, certo, io non l'avrei detta proprio così ma...”
Trilli sospirò e insieme si avviarono
sul corridoio.
“Sai cosa ti ci vorrebbe?” disse
Alice, dolcemente
Trilli continuava a fissarsi le scarpe.
“Il suicidio?”
“...no. Una cioccolata calda. Oggi
pomeriggio andiamo al Banbow e ne prendiamo una tazza gigante.”
Trilli stava per accettare, dicendo che
i brufoli in quel momento erano un problema secondario, quando una
voce femminile urlò uno “spostati, cazzo!” che le fece
trasalire.
“Ecco Lilo...” disse Alice senza
neanche voltarsi.
Trilli non fece neanche in tempo a
risponderle che qualcuno le diede una sonora ( e dolorosa) pacca
dietro il sedere.
“Ehy, bionde, buondì!”
“Ciao, Lilo... come mai sorridi?”
Lilo, una ragazza dalla pelle scura e
lunghi capelli neri, la guardò torva.
“Oggi mi gira bene! Contenta? Ah, ho
appena visto il tuo amichetto parlare con quella tipa...Wendy. Bella
figa. Si è rifatta le tette, che tu sappia?”
“Quella avrebbe bisogno di rifarsi il
cervello!” esclamò Alice, facendo sorridere Trilli.
Lilo sbuffò: “Beh, l'anno scorso le
aveva più piccole. Si stanno frequentando?”
“Sono..solo amici, credo” disse
Trilli, a bassa voce.
Alice le lanciò un'occhiataccia: “Con
le amiche non ci pomici dietro la palestra.”
Trilli arrossì d'un botto: “Non...
stavano pomiciando!”
Lilo rise: “Oh, certo che no. Si
guardavano intensamente negli occhi. Ma piantala!”
Trilli fece un'espressione offesa,
guadagnandosi una sberla da parte delle migliori amiche.
“Lo diciamo per il tuo bene Tri... e
poi io te lo avevo detto!” disse Alice, specchiandosi velocemente
nella vetrata dei premi sportivi vinti dagli studenti degli anni
passati “ Se tu avessi detto a Peter cosa provi, ora non se la
farebbe con quella...”
“Zoccola” concluse Lilo
semplicemente, guardandosi le unghie con aria distratta.
Trilli le squadrò entrambe.
“Che cosa avrei dovuto fare?! Andare
là e dirgli: Peter ci conosciamo da una vita e sai che c'è? Sono
innamorata di te!” sbuffò “Non potrei mai farlo, lo sapete.”
“Sì, e intanto quel cerebroleso se
la fa con ...”
“Buongiorno ragazze!”
Tutte e tre si voltarono rapide: Wendy
era lì, davanti a loro, il vestito azzurro che le lasciava scoperto
il seno ('ha ragione Lilo', pensò Trilli, 'sono rifatte') e gli
occhioni azzurri sbrilluccicanti.
Lilo sbottò a ridere: “Buongiorno,
Darling. Come butta?”
“Oh, benissimo, grazie.” disse
esitante, facendo un piccolo sospiro irritante e toccando
nervosamente i boccoli che le ricadevano sulla spalla. Volse lo
sguardo verso Trilli che, dal canto suo, cercava di zittire la vocina
che aveva in testa e che le suggeriva mille e uno modi per uccidere
quella...quella cretina.
“Trilli, volevo ringraziarti per
avermi dato il numero di Peter.” esclamò, arrossendo e guardandola
dritto negli occhi.
Lilo e Alice si voltarono
immediatamente verso di lei, entrambe con un'espressione
semplicemente sconvolta; Trilli pregò Dio che non commentassero. Ok,
ok, era stata una mossa idiota, ma cosa avrebbe dovuto fare? Wendy
glielo aveva chiesto, e in fondo lei sapeva perfettamente che non
avrebbe comunque potuto dire di no.
...o meglio, non... non ne avrebbe
avuto motivo. Peter era solo un amico, ed aveva sempre saputo che
quel momento sarebbe arrivato.
Il momento in cui qualcuna glielo
avrebbe portato via.
“Oh, di nulla” riuscì solo a dire,
più che altro per non restare zitta del tutto.
Wendy le sorrise e rapida si allontanò,
lasciando dietro di sé una scia di profumo.
“Che puzza di
merda” osservò Lilo apatica, per poi riconcentrarsi su Trilli e
guardarla, fulminea.
“Potrei cortesemente sapere cosa ti
ha detto il cervello, quando hai dato il numero di Peter a quella
specie di principessa del cazzo?”
“Lilo, dovresti seriamente
riconsiderare il tuo spropositato uso di parolacce.” disse Alice,
sospirando, ma Lilo la ignorò: “Sei la persona più stupida che
conosca, dico sul serio.”
Trilli alzò lo sguardo al cielo, ormai
abituata ai rimproveri dell'amica.
Lilo non era esattamente la persona più
comprensiva del mondo, ecco.
“Lilo, tesoro, si può sapere perchè
ogni sacro santa mattina ti sento urlare sin dall'ingresso come
un'oca starnazzante?”
Una giovane dai lunghi capelli biondi e
grandi occhi chiari si guadagnò un sonoro 'vaffanculo' da una Lilo
particolarmente nervosa.
“Lasciala stare Ailyn, oggi non è
giornata” disse Alice ridendo, e Trilly rincarò subito la dose con
un appena udibile “scommetto che non lo sarebbe stata neanche
domani, conoscendola.”
Ailyn sospirò divertita, aprendo il
suo armadietto ed estraendone un grande quaderno ad anelli color
lavanda.
“Ehy, Regina della Finezza, come va
la tua ricerca sulle Hawaii?” chiese, richiudendo con tanto di
combinazione.
Lilo si guardava le unghie
mangiucchiate, annoiata.
“Uno schifo. Odio la professoressa e
il suo vizio del cazzo di dare compiti a vanvera.” Cambiò il tono
di voce e lo rese acuto e insopportabile, imitando chiaramente la
voce della professoressa Giselle: “Oooh, Lilooo, visto che hai
origini Hawaiiane perchè non basi la tua ricerca di geografia
proprio sulle Hawaii? Sarebbe tremendamente deliziiiioso, non ti
pare?”
Alice e le altre risero, profondamente
colpite dall'inaspettato talento dell'amica, che subito tornò a
parlare per sé, chiudendo il discorso con: “Deve sempre trovare il
modo di rompere le palle, quella tipa. Sembra uscita da un cartone
animato.”
Nessuna fece in tempo a commentare che
la campanella suonò, interrompendo le conversazioni mattutine dei
gruppetti di studenti.
“Trilli, vieni, abbiamo matematica.”
sbuffò Alice, portandosi dietro l'amica che, apprendendo la notizia,
sgranò gli occhi e portò una mano sulla fronte, gesticolaìndo in
modo teatrale e avviandosi verso la classe urlando frasi come “Oooh,
quale incommensurabile doloreee!” per il corridoio.
Lilo gettò un utimo sguardo al
corridoio, sperando che Nani non si trovasse da quelle parti, poi, in
totale indiscrezione, si avviò nella parte opposta alle aule, le
mani nelle tasche dei jeans e un'espressione di sana sfrontatezza in
viso.
Pausa pranzo.
Un gruppetto di ragazzi del secondo
anno erano buttati sul prato che circondava l'istituto, lasciando che
il sole del primo pomeriggio gli accarezzasse i volti stanchi e
stressati dagli impegni scolastici degli ultimi giorni.
Prima finivano quegli stupidi test di
metà trimestre, prima si sarebbero concentrati sul ballo imminente.
“Basta così, giuro che è stata
l'ultima volta.” esclamò un giovane dai capelli vagamente
rossicci, un filo d'erba in bocca e un libro di geometria aperto sul
ventre.
“Taron, dici così tutte le sante
volte, poi la settimana dopo è la stessa storia. Ti metti su quel pc
e ci fai le quattro di mattina, in puro sitle nerd. Quei dannati
videogiochi medioevali ti distrugerrano la poca materia grigia che ti
è rimasta. ” rise un suo amico, giocando con la cerniera del
giacchetto di pelle che aveva abbandonato accanto a sé, tale era il
caldo.
Taron guardò Jim da capo a piedi, il
sole negli occhi che lo infastidiva non poco: “Non osare parlare
male dei miei amati giochi medioevali!” disse, alterato “In pochi
ne capiscono il fascino!”
“Tu e chi altri? Peter? Ahah, che
esercito di cervelloni!” rise Jim, indicando un terzo ragazzo che
smise all'istante di fare quello che stava facendo (e cioè, giocare
con la Psp).
“Perchè, dico io, perchè
dovete sempre mettermi in mezzo alle vostre discussioni? Qui sto
facendo una cosa importante!”
“Del tipo? Isolarti socialmente?”
lo schernì Jim, e stavolta neanche Taron potè fare a meno di
sogghignare con gli altri.
“No, battere il livello dodici!
Questo gioco è allucinante!” rispose ingenuamente Peter, non senza
aver colto un mezzo insulto nella battuta dell'amico (fattore che
decise di ignorare bellamente, per evitare discussioni inutili).
“Ragazzi, state calmi piuttosto e
cerchiamo di ripassare qualcosa” intervenne Mowgli, addentando un
panino dall'aria poco invitante per poi afferrare il libro sul ventre
di Taron (che ovviamente lo lasciò fare, fregandosene altamente del
compito delle ore successive) e girando le pagine, agitato.
“Mowgli, dov'è Shantii? Non l'ho
vista stamattina.” chiese Peter distrattamente, senza distogliere
gli occhi dalla piccola consolle.
Mowgli arrossì visibilmente, restando
in silenzio per un attimo, e gli altri scoppiarono in un'altra
fragorosa risata collettiva.
Che idioti, dovevano sempre tirarla in
ballo...
“Non lo so, forse era con la tua cara
Darling!” lo canzonò Mowgli
di rimando, e Peter sbuffò mentre il resto del gruppetto non
riusciva più a frenare le risa di scherno affettivo.
“Non
mi sono ancora ridotta a certi livelli, in realtà”.
Tutti
si azzittirono per un istante, voltandosi: davanti a loro, il
gruppetto delle ragazze sorrideva ammiccante, ad eccezione di una
Shantii apparentemente irritata e di una Trilly imbarazzata.
Mowgli
si sentì morire mentre tutti, stavolta proprio tutti, ragazze
comprese, ridevano della sua figura di merda.
Conosceva
Shantii, sapeva perfettamente che sentirlo parlare di lei con quella
noncuranza l'aveva infastidita, santo Dio, si frequentavano
dall'asilo!
“Ooooh,
parli del diavolo...” disse Jim, togliendo il giacchetto di pelle e
facendo spazio ad Alice, che gli si sedette accanto.
“Tutto
bene ragazze?” chiese Taron, senza scomporsi.
Shantii
lanciò un'occhiataccia a Mowgli, che fece altamente finta di non
vederla nemmeno.
“Alla
grande” disse sarcastica.
Jim si
accese una sigaretta, rilassato: “Com'è andato il compito di
arte?”
“Possiamo
per favore evitare l'argomento?” supplicò Ailyn, con il sorriso.
Taron
sembrò svegliarsi tutto d'un tratto, sollevando il busto e guardando
l'amica negli occhi.
“Qualcuno
ha di nuovo sbagliato gli argomenti da studiare?”
Ailyn
arrossì, assumendo un'espressione offesa: “No, era semplicemente
molto complicato, tutto qua. Ma so che per te la paura di un brutto
voto è un concetto difficile da assimilare, datesi che non te ne
frega niente.”
“Eddài
Ailyn, vivi un po'!” le disse Taron entusiasta: “Rilassati! La
vita non è solo bei voti, esiste anche altro.”
“Sì,
le botte di culo.” s'intromise Trilly apatica, e Peter mollò il
suo stupido videogioco per abbracciarla come al solito.
“Cos'è,
qualcuno oggi ha la luna storta?”
Trilly
sentì il battito del cuore accellerare, ma rimase tranquilla (o
almeno ci provò): “Diciamo che è un periodo abbastanza merdoso.”
“Ahahah,
cos'è, Lilo e il suo pessimismo ti hanno contagiata?” disse Alice,
legando i capelli in una coda per combattere il caldo.
Trilly
fece spallucce, evitando di dirle che, accidenti, sapeva benissimo
cosa non andava!
Tutti,
tutti sapevano
cosa c'era che la infastidiva, e ovviamente l'unico idiota
che non ci arrivava era il diretto interessato.
Cazzo,
quando si sarebbe svegliato Peter?!
Era
dall'epoca della materna
che lei gli sbavava dietro, ma lui noooo, era ancora tutto preso
dalla storia dei 'migliori amici'!
'Oh,
Trilly, dormiamo insieme!' 'Ehy, Trilly, mi stanno bene questo paio
di boxer?' 'Sai Try, adoro tenerti per mano.' 'Sei tutto per me Try,
sei la migliore amica del mondo!'
...no,
dico, ti ci vuole un cartellone?!
Cos'era,
doveva farsi fare una scritta coi lampeggianti e cantargli i Beatles
sotto la finestra per fargli capire quello che provava?!
Ok,
era disperata. Doveva... doveva...non so, trovare una soluzione.
Doveva
far capire a Peter quello che provava, doveva togliersi l'immagine di
'sorella acquisita' di dosso; ma soprattutto...soprattutto, doveva
far sparire quella troietta della Darling dalla vita del suo Peter,
prima che fosse troppo tardi.
“E a
voi com'è andata la mattinata? Ci sono novità?” chiese Alice,
giocando con il budino della mensa e autoconvincendosi di doverlo
almeno assaggiare.
“Il
proffessor Milo ha vomitato.” disse Jim “Di nuovo.” aggiunse,
secco.
Ailyn,
che schiaffeggiava le guance di Taron per dargli fastidio, alzò gli
occhi al cielo. “Mi chiedo come faccia quel povero uomo a stare
ancora qua. E' un tipo troppo emotivo.” osservò, con una punta di
tenerezza.
“Però
è bravo, a me piace come insegna. Ci mette passione, almeno...”
“Passione
un cazzo, Ali. Quelli come lui non dovrebbero insegnare nei licei, li
fanno neri”. Esclamò Lilo, arrivando in quel momento e sedendosi
tra loro.
“Sei
riemersa dall'Oltretomba?” chiese Peter, accarezzando
distrattamente i capelli di Trilly, con un sorriso.
Ailyn
inarcò un sopracciglio: “Dove sei stata? La professoressa Yzma ha
chiesto di te.”
“Ahah,
quella vecchiaccia non mi avrà mai. Il giorno in cui mi beccherà a
fumare nel bagno, gli ornitorinchi voleranno e Stitch cagherà dagli
occhi”.
“Mi
stupisce che il tuo cane ti ami così tanto, nonostante tu lo usi
sempre per certi paragoni schifosi.” rise Jim, con l'approvazione
degli altri.
Lilo
sorrise: “Ad ogni modo, avevo di meglio da fare che stare seduta a
un banco con quella megera incartapecorita che mi psicanalizza. Da
quando è diventata dirigente scolastico, le ha dato di volta il
cervello.”
“E
che cos'era quest'alternativa così meravigliosa? Non c'è molto da
fare, questa scuola è abbandonata nel culo del mondo...” chiese
Taron
Ailyn li guardò, sconvolta: “La vostra finezza mi
delizia, dico davvero.”
Lilo
la ignorò e fece l'occhiolino all'amico: “Mi spiace, è un
segreto.”
“Dobbiamo
preoccuparci?” domandò Alice, ridendo.
Lilo
mise le mani nello zaino di Jim, prese una sigaretta dal pacchetto e
se l'accese.
“Perchè,
piccola Alice” disse, guardando le nuvole, un po' divertita, “c'è
mai da preoccuparsi quando si tratta di me?”
“Non
fare quella faccia! NON FARE QUELLA FACCIA!”
“Niente
da fare, oggi le ha preso così, se non urla non è contenta.”
disse Rapunzel, bevendo tranquillamente il suo succo di frutta tra il
caos della mensa.
Belle
continuava a leggere il suo romanzo tedesco, particolarmente presa
dagli avvenimenti della vita della protagonista, quando qualcuno non
le baciò la guancia, risvegliandola dal suo sonno letterario.
“Ce
l'hai fatta!” disse al ragazzo, sorridente.
Adam
le sedette accanto, occupando la sedia riservatagli “Scusa, stavo
parlando della biblioteca scolastica con il professor Milo e ho
tardato.”
“Nessun
problema” lo tranquillizzò Belle, baciandogli le labbra.
“Ehm-ehm!
Scusate, la nostra Ariel sta mettendo in scena il melodramma del
secolo, non la disturbate per favore!” li interrupe Jasmine,
fingendosi offesa.
Gli
altri risero, mentre Ariel se la amngiò con gli occhi.
“Proprio
tu parli! E togliti quel ghigno soddisfatto dalla facciaaaa! Ti
odierò per tutta la vita!”
“Eddài
Ari, mica è colpa sua se i test erano divisi per file...” disse
Tiana, che per fortuna quella mattina era arrivata appena in tempo
per la verifica (come Jasmine, la puntualità ra il suo punto debole,
senza alcun dubbio).
“Te
la caverai benissimo all'interrogazione, e vedrai che recupererai
alla grande” esclamò Rapunzel, col solito entusiasmo, e Jasmine
fece segno di approvazione, senza minimamente badare alle minacce
dell'amica.
“Ahahah
ehy Ariel, le tue urla si sentono dal corridoio! Tutto bene?”
chiese un ragazzo, arrivando con altri due in quel momento.
Ariel
stava per rispondere, ma Jasmine scocciata l'anticipò.
“Dice
che è stata colpa mia se la prof ha assegnato i test divisi per
banchi. Bella maglietta, coglioncello.” sorrise, mentre Aladdin, il
suo migliore amico, vicino di casa, praticamente fratello le si
sedeva vicino e la baciava sulla fronte.
“Ciao,
Rapunzel!” disse Flynn, uno dei nuovi arrivati, con fin troppo
entusiasmo.
Rapunzel
tirò fuori un sorriso esageratamente
sentito, agitando la mano esuberante.
“Ciao
Flynn...emh...vuoi sederti?”
“Ecco,
io...”
“No,
spiacente tesoro, siamo impegnati.” si intromise Naveen, che si
guadagnò all'istante un'occhiataccia di Tiana.
“A
far cosa? Cogliere asparagi?” disse, senza scomporsi.
Tutti
risero, ad eccezione di Naveen, che ricambiò lo sguardo, cauto.
“Non
oggi carina, ma quando lo farò sarai la prima ad averli, va bene?
Così ci farai una delle tue adorate tortine rustiche.”
Tiana
si alzò di scatto, avvicinandoglisi pericolosamente, mentre il resto
del gruppo (anzi, tutta la mensa) già li guardava, aspettandosi di
tutto.
Gli
scontri tra quei due erano puro spettacolo per i pettegolezzi del
liceo, specie per Aurora e le altre cheerladers, che non perdevano
occasione di rompere le palle a Jasmine e le altre.
“Hai
qualcosa contro le mie creazioni gastronomiche? No, basta dirlo, così
magari ti faccio cambiare idea. Che so, ti preparò un muffin e ci
ficco un po' di cianuro, che ne pensi?” chiese Tiana, un riccio
ribelle che le ricadeva sulla fronte.
Naveen
lo vide e, sogghignando, lo prese tra le dita, tirandolo dietro
all'orecchio della ragazza, che trattenne il fiato.
“Era
una minaccia, piccola chef?”
“Chiamala
come ti pare, ma bada a come parli. Non devi prendermi in giro sulla
cucina, e lo sai.” disse lei, stavolta con una nota particolare
nella voce, come se il discorso fosse caduto nel personale Naveen
cambiò espressione, guardandola dritta negli occhi.
“Stavo
scherzando, Tia. Ad ogni modo” e abbassò la voce, di modo che solo
lei potesse sentirlo “io lo assaggerei, un tuo muffin. Basta che il
cianuro non lo metti davvero.”
Sorrise
e se ne andò, seguito da un Flynn imbarazzato (che fece in tempo a
lanciare un ultimo sguardo a Rapunzel) e lasciando nella mensa un
silenzio quasi sovrannaturale.
Jasmine
si gurdò intorno.
...oh,
bene, ancora una volta nessuno che si faceva i cazzi suoi, in quella
scuola.
Si
alzò e si guardò attorno, urlando: “Va bene gente, ora potete
anche tornare a ingozzarvi e a farvi gli affarracci vostri, grazie.”
La
mensa, come in un film, riprese la sua normale attività, mentre
Jasmine tornò a discutere con Ariel, per grande divertimento di
Aladdin, Belle e tutti gli altri.
Tiana,
che ora era seduta, guardava la torta di mele senza neanche toccarla.
...ok,
era carino.
Terribilmente
carino.
Ma lo
odiava.
Lo
odiava, lo detestava, lui e quel suo sorriso così...così... beh,
carino, non trovava un altro termine.
E poi
cosa c'era di divertente nel punzecchiarla così?! Sapeva benissimo
che a lei dava fastidio, e lui invece aveva sempre l'aria di
divertirsi un mondo.
Dannato
Naveen.
Note dell'autrice:
Buonasera a
tutiii! E' moltissimo che non scrivo qua sul sito...diciamo che
l'ispirazione era scemata da un po'. Ad ogni modo non ho mai scritto
in questa sezione, quindi molti di voi neanche mi conosceranno xD
beh, piacere!
La storia
sarà, almeno spero, una long-fic. L'idea mi balenava in testa già
da un po', perchè un giorno ho finito di vedere
non-ricordo-quale-classico-Disney e ho pensato: Sarebbe figo leggere
una storia in cui i vari protagonisti dei classici sono dei ragazzi
normali che vanno al liceo.
Datesi che ho
cercato una fanfiction di questo tipo ma non ne ho trovate, ho deciso
che ne avrei scritta una io, ed eccomi qua.
TUTTI i
personaggi inseriti (anche solo nominati) fanno parte di un cartone
Disney, comprese le comparse e gli animali. I protagonisti sono
parecchi, e cercherò di dare a tutti la stessa importanza, anche se
dubito che riuscirò nell'intento... (-__-')
Per
facilitarvi la cosa, vi dico subito che i personaggi principali si
suddividono in due gruppi: quello dei più grandi (Jasmine, Belle e
gli altri) che frequentano l'ultimo anno (il quarto) e la banda dei
più giovani (Lilo e compagni). Ovviamente,i personaggi che nei
classici sono bambini, come Lilo o Alice, qua vengono resi
adolescenti.
Dico subito
che porto un gran rispetto per i classici Disney, e non voglio
rovinarli o mancare di rispetto all'operato di zio Walt. Vorrei
semplicemente che vi divertiste leggendo, senza prenderla troppo sul
personale. IN caso dovesse accadere, vi chiedo scusa sin da ora, non
era mia intenzione :)
Detto,
questo, non so con quanta frequenza aggiornerò. Il 3 Luglio parto e
starò via fino a Settembre, e in quei due mesi non potrò
sicuramente scrivere. Cercherò comunque di creare un nuovo capitolo
prima della mia partenza.
Spero mi
lasciate un commento, o anche una critica, quello che volete.
Grazie per
aver letto <3
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO 2:
“Stitch, non guardarmi così. Hai mangiato metà del mio pranzo
oggi, quind dovresti essere a posto, no?”
Stitch, il pelo così scuro da sembrare quasi blu alla luce, guardava
Lilo con impazienza.
La ragazza, dal canto suo, si limitò a mostrargli la lingua e a
mettersi un'altra patatina in bocca, agitando a ritmo di musica le
dita dei piedi (bellamente poggiati sul tavolino, roba che se Nani
fosse stata lì le avrebbe come minimo tirato qualcosa addosso,
dicendole che era una cosa ineducata).
Diamine, quel cane non era mai sazio, Lilo giurava su Dio che a volte
non le sembrava neanche un semplice animale.
Non so, magari era una specie di alieno venuto da un altro mondo...
forse un esperimento genetico.
Lo guardò, il muso arricciato su sé stesso e le orecchie che
sembravano due parabole.
..ok, magari un esperimento genetico malriuscito, datesi che non era
neanche particolarmente carino.
Anzi, a voler essere buoni, era una specie di crocchetta pelosa, ma
in fondo gli voleva bene anche per questo.
Era così splendidamente fuori dalla norma...
Persa nelle sue elocubrazioni mentali, non si era neanche accorta che
il telefono squillava già da quasi un minuto.
Fortunatamente non dovette alzarsi, altrimenti l'interlocutore
sarebbe rimasto anonimo e sconosciuto (Lilo non amava particolarmente
qualsiasi tipo di attività fisica, tra le quali alzarsi una volta
seduta, portare a spasso il cane e tirare lo sciacquone).
“Seee, pronto?”
“Immagino che tu stessi studiando, dal tono di voce affaticato e
sofferente” rispose Ailyn, sarcastica, dall'altra parte della
cornetta.
Lilo fece spallucce, afferrando una matita a caso e iniziando ad
agitarla distrattamente.
“Certo, stavo giusto approfondendo le mie conoscenze sui rapporti
sessuali degli ornitorinchi con il libro di scienze a pagina
centoquaranta.” rispose apatica.
Ailyn sospirò e cambiò rapidamente discorso, tanto fare la morale a
Lilo era del tutto inutile.
“Oggi pomeriggio i ragazzi giocano contro quelli del quarto anno e
poi andiamo tutti al Bembow. Che fai, vieni?”
Lilo stava per rispondere che,una volta tanto, sarebbe venuta a fare
il tifo per Jim e gli altri, quando un rumore proveniente da fuori
catturò la sua attenzione.
Senza dire nulla, si alzò con il telefono in mano affacciandosi alla
finestra: una jeep verde aveva appena parcheggiato nel giardino di
terra battuta sotto casa.
Un ragazzo dai folti capelli neri e pelle abbronzata scese
dall'autovettura e si avvicinò alla porta.
Lilo rimase a fissarlo, il cuore che le batteva nel petto come uno di
quei tamburi africani che a Mowgli piacevano tanto.
“Lilo? Lilo, ci sei?!” chiese Ailyn, che, ancora in attesa di una
risposta, credette che l'amica fosse caduta nel cesso o cose simili.
Lilo sembrò riprendersi tutto d'un tratto e portò il telefono
all'orecchio.
“Scusa, stavo... stavo pensando... emh, a che ora ci vediamo?”
“Alle quattro e mezza al campo della scuola. E non fare tardi!”
“No, ci sarò. A dopo.”
Attaccò in fretta la cornetta e nello stesso istante suonarono alla
porta.
Stitch si precipitò al piano di sotto, seguito da una Lilo
improvvisamente agitata.
Raggiunse la porta e si diede un rapido sguardo allo specchio.
Forza, poteva farcela. Poteva affrontarlo... doveva almeno provarci.
Fece un bel respiro e aprì, assumendo un'espressione
imperscrutabile.
“Ciao, Lilo.” il ragazzo alla porta sorrise, visibilmente
agitato.
Lilo non si mosse, né si scostò per farlo entrare.
“Ciao David. Guarda che Nani non c'è, torna tra un paio d'ore. Le
dico che sei passato.”
Disse tutto molto in fretta e già stava chiudendo la porta, ma David
la fermò con un gesto rapido e calcolato.
“Lilo, non sono venuto per Nani.” disse, lentamente.
Lilo lo guardò accigliata e a stento trattenne un sospiro; gli
lanciò lo sguardo più truce del repertorio, mentre Stitch osservava
il tutto sul divano, senza apparentemente capire un granchè della
vicenda.
“E allora cosa vuoi?”
David si scostò la frangia dalla fronte e la fissò dritto negli
occhi, sostenendone lo sguardo.
“Sapevo che non c'era e sono venuto per parlare con te.” Fece una
pausa. “...non credi che sia arrivato il momento di chiarire?”
Lilo si voltò, dandogli le spalle e avviandosi in cucina.
“Non c'è niente da chiarire, David. E' successo e basta. Va bene
così.”
David la raggiunse e le afferrò un braccio,
trattenendola. “Lilo, non possiamo fingere che non sia successo
niente. Noi... non so, credo semplicemente che ci sia un significato,
dietro tutto questo.”
Lilo strinse le labbra in una smorfia e con rabbia sciolse la mano
dalla presa, per portarla accanto al petto.
“Non c'è nulla,” sussurrò, piena di ira, cercando di mantenere
la calma “assolutamente nulla, dietro quello che è successo. Non
ne voglio parlare. Hai avuto diverse occasioni per farlo, mi
sembra... e dopo tutto questo tempo mi chiedi di chiarire. Ormai è
tardi.”
David rimase in silenzio, a guardarla dall'alto.
La differenza di altezza era un dettaglio trascurabile, ma in quel
momento pensò che sembrava meravigliosamente azzeccato per un
paragone con la distanza che c'era tra loro.
Lui e Nani, invece, erano alti uguale.
“Sai Rapy, la crostata non ti verrebbe così dura se lavorassi un
po' di più sull'impasto.”
Rapunzel lanciò a Tiana uno sguardo di fuoco dal letto, mentre
l'amica, sul tappeto della stanza di Belle, le fece l'occhiolino in
segno di pace.
“Non rinfacciarmi queste cose, Tia, se da un mese ti chiedo di
aiutarmi a prepararla per mostrarmi come si fa! E poi non vale, tu
sei troppo critica verso i miei esperimenti gastronomici.”
“Tiana è ipercritica verso qualsiasi cosa respiri o abbia una
massa corporea” osservò Jasmine, ridendo e giocando come un'idiota
con la sedia girevole della scrivania (ignorando totalmente il libro
scolastico che aveva in grembo).
Belle richiamò l'attenzione generale con un fischio, ma ovviamente
le amiche continuavano a fare del tutto i cavoli loro
“Ragazze, vi ho invitate per studiare per il test di Giovedì, non
per darci al cazzeggio selvaggio collettivo.”
“ E' colpa di Rapy che ha portato la torta!” esclamò Tiana,
additando senza ritegno la migliore amica.
“Ah, quando fa comodo vedo che le mie carenti creazioni ti
stanno bene, eh?!”
“Era così, tanto per dire...”
“Non apprezzi mai niente di quello che faccio!” disse Rapunzel in
tono esageratamente drammatico, fingendo poi di svenire sul letto per
il dolore.
Tiana alzò lo sguardo al soffitto, chiedendosi perchè, tra tante
amiche, doveva esserle capitata proprio la più deficiente.
Jasmine, che girava su quella sedia da più di cinque minuti
ininterrotti, si fermò bruscamente e corse fuori dalla stanza,
probabilmente per lasciare che la torta, dopo tutti quei giri,
facesse il suo corso naturale nel verso opposto.
“Jas, possibile che tu debba sempre vomitare in casa mia?” urlò
Belle, restando perfettamente immobile nel caos generale.
Jasmine la mandò a quel paese dal bagno, e Belle ringraziò il cielo
che suo padre non fosse mai in casa durante le loro 'riunioni di
studio'.
“Tia, Ariel che fine ha fatto?” chiese Nani, sdraiata anche lei
sul tappeto e con la testa poggiata su una pila di libri della
letteratura settecentesca inglese (la camera di Belle era un campo
minato, c'erano volumi perfino sotto le lenzuola del letto, roba da
brividi).
“Ha detto che ci avrebbe raggiunte dopo gli allenamenti insieme ad
Aladdin e Flynn. Tornavano tutti assieme dalla palestra e venivano
qui.”
Rapunzel si alzò dal letto in un secondo e con una specie di
capriola, i lunghi capelli biondi spettinatissimi e la maglietta che
le lasciava scoperta una spalla.
“FLYNN VIENE QUI?!” urlò, senza il minimo pudore.
Jasmine, che era appena rientrata nella stanza cercando di mantenere
una certa dignità, le sorrise con scaltrezza
“Cos'è, Rapy, per caso la presenza di Rider ci agita un po'?”
Le ragazze si voltarono verso Rapunzel che ridacchiava nervosamente,
intrecciando agitata i capelli
“No, assolutamente no... voglio dire, non ce n'è motivo, no?”
“Ahahahah beh, se non calcoliamo che è un gran figo e che ti sbava
dietro sì, hai ragione, non ce n'è motivo.” osservò Nani
candidamente, trovando cenni di assenso in tutte le compagne, ad
eccezzione dell'interessata che arrossì in un istante.
“Flynn mi...mi sbava dietro?! Ma che dite...” disse, vagheggiando
con lo sguardo fuori della finestra.
Tiana storse le labbra in una smorfia di scetticismo: “Rapy,
tesoro, non sforzarti di far caso a queste cose, non ci arrivi con
la testolina, lo sappiamo.”
“Non è vero!” disse subito, offesa “è che non faccio molto
caso a questo tipo di cose, ecco tutto.”
“Ahahah, ci credo, hai la testa troppo in aria e i piedi poco saldi
in terra” esclamò Belle sorridendole dolcemente, sperando che
l'amica non la prendesse come un rimprovero.
Rapunzel ricambiò il sorriso, senza troppa convinzione.
Il fatto era che, quando si trattava di sentimenti, in particolar
modo di quelli di Flynn, lei non sapeva dove sbattere la testa. Aveva
paura di fraintendere, di farsi solo mille illusioni e poi,
inevitabilmente, rimanerne scottata.
Sua zia Gothel le aveva sempre insegnato a non fidarsi
particolarmente degli uomini, e lei aveva imparato la lezione fin
troppo bene. Ad ogni modo, aveva altre cose per la testa.
Flynn le piaceva da pazzi, certo, ma tra poco ci sarebbe stato il
concorso d'arte tra le scuole del paese, e lei era stata selezionata
per gareggiare. Non poteva assolutamente distrarsi proprio adesso,
specialmente per una cosa di cui non era neanche certa.
Non era convinta che ne valesse poi tanto la pena, anche se forse, in
cuor suo, sperava di sbagliarsi e che le altre avessero ragione.
Perchè dipingere la emozionava, la rendeva felice, ma Flynn... un
sorriso di Flynn valeva cento pennelli della miglior marca.
Una vasca.
Un'altra sola vasca e avrebbe finito.
Respira, Ariel.
E di nuovo giù, il volto in acqua, i capelli ben nascosti dalla
cuffia, legati così stretti da farle male.
Respira ed espira, Ariel.
Terminò anche l'ultima vasca, esausta, e si affrettò ad uscire
dalla piscina, tremante dal freddo e con gli occhialetti appesi al
collo.
“Ho finito per oggi, papà”.
Il coach era un uomo alto e robusto, dai capelli bianchi legati in un
codino e dei lunghi ed ordinati baffi grigi. I numerosi anni di
agonismo gli avevano donato una buona prestanza fisica, ma lo sguardo
e il volto erano quelli di un uomo ormai avanti con gli anni per una
carriera sportiva.
Ora insegnava nella palestra del liceo, dove teneva dei corsi, e
lavorava attivamente nella palestra di un quartiere là vicino.
Ariel nuotava da anni, e ormai aveva imparato a farsi amare gli
allenamenti, le competizioni, i dolori e la fatica.
In fondo le piaceva, ma avere il proprio padre come insegnante spesso
si rivelava piuttosto complicato.
Il coach la scrutò per un momento, vagamente pensieroso.
“Hai battuto il tuo record, oggi. Sei stata brava. Ora và, ma
torna per l'ora di cena.” fece una pausa. “Sai quanto tua sorella
ci tenga a mangiare tutti assieme.”
Ariel si tolse la cuffia e
l'elastico che le annodava i capelli, che le ricaddero pesantemente
sulla schiena, gocciolanti.
Schioccò un bacio sulla guancia del coach e rapida si incamminò
verso gli spogliatoi, senza perdere un minuti di tempo.
Belle le aveva promesso che oggi sarebbero riuscite a studiare senza
lasciarsi distrarre da Jas e le altre, e sperava proprio che fosse
vero, perchè quel test era di un' importanza vitale e non poteva
proprio sbagliarlo.
Si era data appuntamento con Flynn ed Aladdin tra mezz'ora davanti al
campo da basket della scuola, e ci teneva a presentarsi in maniera
decente perchè sapeva per certo che Eric avrebbe giocato lì contro
Jim Howkins e gli altri ragazzi del secondo anno (informazione che
le aveva dato Trilly in cambio di un aiuto con i compiti di storia).
Lo spogliatoio era deserto perchè era riuscita a dileguarsi con
dieci minuti di anticipo, e si tolse il costume di dosso sentendo il
freddo gelarle il sangue.
Doccia, capelli, vestiti asciutti (con l'aggiunta di un poco di
mascara, tanto per dare un tocco di decenza al viso stanco) e via,
verso il campo.
Erano due giorni che non incontrava Eric neanche a scuola, e aveva
una voglia matta di vederlo anche solo di sfuggita.
E poi, pensò, quando giocava a basket aveva un certo fascino.
“Ariel dovrebbe essere qua a momenti” disse Aladdin, guardando
l'orologio.
Flynn, appoggiato alla ringhiera, guardava Naveen e gli altri
agitarsi nel campo.
Le ragazze del secondo anno, sugli spalti, invece di fare il tifo
prendevano in giro Jim Howkins e gli altri (Pan era inaspettatamente
bravo, anche se un paio di tiri non gli erano riusciti).
Si sentiva nervoso e avrebbe volentieri fatto due tiri anche lui,
così, tanto per smorzare la tensione, ma il pensiero di vedere
Rapunzel di lì a un'ora gli faceva rigirare lo stomaco.
Non era colpa sua, ma quando si ritrovava davanti quei due occhi
verdi gli sembrava di non capirci più niente, di perdere totalmente
il contatto con la realtà.
Una volta si erano perfino incontrati da soli... cioè, non da soli
soli, ecco, diciamo che era stato un incontro casuale.
Lei era con la zia al supermercato, ed era bellissima nei suoi jeans
corti e con i capelli raccolti in una coda. Lui stava cercando delle
bottiglie di alcool con Aladdin in previsione della festa che avevano
organizzato David e Nani, e quando i loro sguardi si erano incontrati
e lei gli aveva sorriso lui era andato totalmente in tilt ( Aladdin,
per quel poco che si ricordava, gli aveva sbattutto la faccia addosso
al carrello, prendendolo in giro e dandogli del rincoglionito).
“A che cosa pensi, Rider?” chiese Aladdin, appoggiando anche lui
le bracia alla ringhiera.
Flynn continuava a guardare Naveen e gli altri giocare, passarsi la
palla con gesti rapidi e studiati, e per un attimo pensò di parlare
con Aladdin.
In fondo era un bravo ragazzo, e poi Jasmine era la sua migliore
amica, poteva essere un buon modo per avvicinarsi a Rapunzel e
scoprire cosa provava senza sporcarsi troppo le mani e perdere
dignità.
Ma aveva la sensazione che stavolta non poteva cavarsela con così
poco, che stavolta doveva mettersi in gioco se voleva ottenere
qualcosa.
“...nulla, lascia stare. Credi che Ariel arriverà puntuale?”
Aladdin stava per rispondere, quando la voce della ragazza gli giunse
alle spalle e se la ritrovarono davanti, ancora col fiatone perla
corsa fatta.
Si avviarono tutti e tre assieme, Aladdin e Ariel parlando tra di
loro, Flynn a poca distanza dietro, solo, con la sigaretta in mano e
mille pensieri che gli vagavano per la testa.
Ariel, nel contempo, chiacchierava con Aladdin, senza smettere di
guardarsi continuamente dietro, man mano che si allontanavano dal
campo.
...tutta quella fatica per arrivare puntuale, e non aveva neanche
incontrato Eric che, chissà per quale motivo, non era neanche in
campo.
Bella fregatura...
“Peter, sei stato grande!”
“Tsk,” esclamò il ragazzo, togliendo la canottiera verde con cui
aveva appena giocato, “ormai dovreste saperlo, io sono sempre
un grande.”
Jim gli lanciò addosso la maglietta sudata, ridendo e
sbeffeggiandolo.
“Soprattutto per quanto riguarda la modestia, eh Pan? Magari
potresti dare qualche lezione privata al povero Taron, invece di
perdere tempo a farti figo davanti a noi, povera gente comune!”
Tutti risero, mentre il povero Taron, ancora in stato di
rincoglionimento post-partita, gli lanciò uno sguardo truce, seduto
sulla panca dello spogliatoio e con la testa poggiata al muro.
“Parlate bene, voi. A me lo sport fa schifo.”
“E allora perchè ti ostini a giocare?” chiese Peter mordace, e
Taron si limitò a lanciargli un sonoro 'vaffanculo'.
“Oh, andiamo, lasciatelo stare” s'intromise Mowgli da sotto la
doccia, “non tutti possiamo essere alla pari dei grandi Pan e
Howkins!”
Jim e Peter risero, nonostante fosse evidente il tono di beffa
dell'amico, e veloci continuarono a togliersi gli abiti di dosso per
raggiungere anch'essi le doccie, un po' stanchi ma contenti della
vittoria.
“Naveen è parecchio bravo” esordì poi Mowgli, cambiando
discorso.
Jim, nel suo box doccia, litigava con il getto d' acqua per renderla
calda (anche se ovviamente usciva gelida come ghiaccio, dannati fondi
scolastici) “Sì, e si è anche offerto di pagare il campo.”
“E' fidanzato con Tiana, giusto? La ragazza di colore che sta
sempre con la biondina...” chiese Taron, anche lui raggiungendo le
doccie.
Peter si intromise nel discorso: “Quella sì che è una gran
fica...” osservò, senza troppa malizia.
Mowgli aprì la porta del suo box e guardò quello chiuso di Peter,
sorridendo incredulo: “Ehy, Pan, non ci bastano più la Darling e
le sue enormi tette? Te ne serve anche un'altra, adesso?”
Gli altri risero, Peter compreso, quando un ragazzo dalla pelle
mulatta e due grandi occhi scuri e profondi diede un pugno, ridendo,
alla porta di Peter.
“Pan, stai attento a quel che fai” lo schernì, mostrando i denti
bianchissimi, “Rider potrebbe ucciderti, se ti sentisse dire una
cosa del genere.”
Peter si affacciò sorridendo, “Stavo
scherzando, Naveen. E poi sono già impegnato.”
“Sì, con miss Boccolo d'Oro- Gambe Aperte” disse Taron,
guadagnandosi un insulto di Peter che uscì, un asciugamano verde
stretto in vita (in effetti, i tre quarti del guardaroba di Peter
erano capi verdi. Quel colore era una specie di mania).
“Voi non la conoscete. E comunque, cambiando discorso.. gli altri
dove sono finiti, Naveen?”
“Shang e Hercules sono andati via direttamente, hanno gli
allenamenti in palestra... Eric me lo sono perso per strada, sarà a
caccia di gabbiani, non so. E come se non bastasse, è pure arrivato
in ritardo.” rispose vago, cominciando a svestirsi anche lui.
Gli altri uscirono quasi simultaneamente, tutti con i capelli bagnati
e le parti intime comperte (Taron una volta aveva fatto il grave
errore di dimenticarsi l'asciugamano nella borsa ed era uscito nudo
dai box, causando grasse risate al resto del gruppo e procurandosi
nomignoli poco piacevoli).
“E tu? Tu stai con Tiana, vero?” chiese Mowgli, tamponandosi i
capelli scuri con un asciugamano.
“E' molto carina anche lei”.
“Non stiamo insieme.” si affrettò Naveen, sorseggiando una
bibita in bottiglia, “Siamo...non so, forse neanche amici.
Litighiamo e basta, in realtà. A volte è insopportabile.”
“Oh. Beh, sareste una bella coppia” esclamò Peter, ingenuamente,
e Jim gli diede una gomitata “Pan, non credo sia un argomento che
lo faccia impazzire, dall'espressione. Cambiamo discorso, vi va?”
Naveen sorrise e Jim strizzò un occhio con fare complice.
Howkins era furbo, sveglio e incredibilmente pazzo, ma sapeva anch
capire le persone al volo.
Shang era sempre stato un ragazzo con la testa sulle spalle.
Allenamenti su allenamenti, sport, competizioni, poche distrazioni e
tanta passione.
Anche lo studio passava in secondo piano, nonostante ci fosse sempre
un po' di tempo per cazzeggiare con Herc, suo migliore amico dai
tempi dell'asilo (ragazzo un po' troppo convinto, ma brava persona
anche lui).
Frequentava il dojo del signor Fa da quando aveva cinque anni, e né
lui né nessun altro erano mai riusciti a sconfiggere lei, Mulan,
l'unica figlia del sempai.
Le arti marziali erano spesso considerata roba da uomini, ma Mulan...
Mulan era qualcosa di meraviglioso, quando combatteva. Sembrava una
guerriera del passato, con lo sguardo fiero, i capelli lunghi legati
in alto da un elastico, sempre lo stesso, su cui era cucito un finto
fiore di loto (donatole, si vociferava, dal padre stesso dopo la sua
prima vittoria).
Durante gli allenamenti in coppia nessuno, neanche lui (Il migliore
del corso) riusciva a batterla.
E anche stavolta, nonostante fosse stato lui a lanciarle la sfida,
lei gli aveva letteralmente...come dire...fatto il culo.
Tra l'altro, a momenti si rompeva una costola per quello stupido
calcio.
Quella ragazza era una furia, ma combatteva con una grazia da
farfalla.
“Anche per oggi abbiamo finito.” disse in il signor Fa, una volta
eseguito il saluto, “ci rivediamo Venerdì. Vi auguro una buona
settimana.”
Shang si affrettò ad afferrare il borsone e a raggiungere gli
spogliatoi (dopo la partita di basket con i ragazzi non aveva trovato
il tempo di farsi una doccia, e ora non vedeva l'ora di buttarsi
sotto l'acqua), quando una mano sottile gli si posò sulla spalla.
Si voltò di scatto: Mulan era lì, di fronte a lui, le gaunce
arrossate e la coda spettinata.
“Li, spero tu non ti sia fatto troppo male.” disse, per
schernirlo.
Shang sorrise, stando al gioco: “Oh, che carina, prima mi riempi di
lividi e poi ti preoccupi per me. Adorabile.”
Mulan rise, inarcando un sopracciglio “Mi dispiace sempre quando
colpisco l'avversario troppo forte” disse, marcando sulle
ultime due parole.
Li la guardò, improvvisamente serio: “Esci con me?”
Mulan si sentiva dire quella frase almeno quattro volte a settimana.
Rise di cuore: “Te l'ho già detto, Shang. Tu prima battimi”
disse a bassa voce, avvicinando il viso al suo a pochi centimetri di
distanza, “...e poi usciamo assieme. Fino a quel giorno, puoi
scordartelo.” fece una pausa, Li sentiva il cuore battergli a
mille. “...mi piacciono i ragazzi che mi tengono testa” disse
dolcemente, per poi sciogliere i capelli, sorridere e andarsene,
lasciandolo là come un'idiota.
“Ti rendi conto?! Sono anni che provo a vincere un incontro con
lei, non ci sono mai riuscito e non ci riuscirò mai!” Li fece una
pausa, la testa tra le mani. “...non ci uscirò mai.”
“Shang,
se ti ha detto così è perchè ci sta, dammi retta”.
Li guardò l'amico, carico di sconforto. Hercules era un bel ragazzo,
abituato ad avere tutte ai suoi piedi (anche se lui era fedelissimo a
Meg, migliore amica di Mulan e bellissima, famosa per il suo
carattere pessimo e il culo, che in molti consideravano il migliore
di tutta la scuola).
“E poi, scusa se te lo dico, non mi sembra ci sia molto
concorrenza, anche se devo ammettere che è carina.” Hercules
continuava a premere i tasti del joistick, senza troppa convinzione
di riuscire a battere Li, che quel pomeriggio sembrava in forma.
Nel frattempo, le macchine correvano sullo schermo della
televiosione, cosa che fece riflettere Li, colto da un lampo di genio
improvviso.
“HO TROVATO!” gridò, gettando all'aria il joistick e saltando
sul letto.
Hercules sbuffò, irritato dalle continue interruzioni dell'amico, e
lo guardò con scarso interesse.
“Dimmi tutto” disse, totalmente privo di entusiasmo.
Li ignorò la faccia scettica del ragazzo e assunse una posa
vincente, con i pugni verso l'alto.
“Devo prendere la patente! Scommetto che Mulan adora i tipi con
belle macchine, sai, a lei piacciono queste cose da maschi.”
“Se intendi dire che uscirebbe con te, dubito che anche una Ferrari
sarebbe sufficiente. E' chiaro che vuole metterti alla prova, alle
ragazze piacciono queste cose.” osservò Hercules, continuando a
giocare e superando ovviamente la macchina di Li, che nel frattempo
aveva preso in pieno un albero virtuale.
Li gli lanciò un'occhiataccia.
Ok, magari non era un'idea così meravigliosa, ma almeno poteva
provarci...senza contare che una macchina gli avrebbe fatto comodo,
non poteva continuare a scroccare passaggi a Naveen e Aladdin per
tutta la vita.
Si ripromise che il giorno dopo si sarebbe informato su qualche
scuola guida, mentre Hercules, ormai abbandonata la partita, premeva
tasti a caso.
Sapeva che Li era nel bel pieno di una delle sue seghe mentali, ma
forse poteva dargli una mano.
Megara era la migliore amica di Mulan, e si sa, questo agevolava la
cosa.
Approfittò di quando Li, dieci minuti dopo, andò in bagno e afferrò
il telefono, digitando frenetico un messaggio.
Meg,
domani devo parlarti di una cosa urgente! Riguarda Li e Mulan, ho in
mente un piano...ti spiego poi. Ti amo
Cinque minuti dopo, il telefono squillò energico.
Stavo
dormendo! Grazie per avermi svegliata, spero per te che non sia una
delle tue cazzate!
Sospirò, privo di speranze.
Lui sì che aveva una ragazza dolce e tenera...
“Su, ammettilo! AMMETTILO!”
“Io non ammetto un bel niente.”
“Trilli, tesoro, ti prego, dagli questa soddisfazione sennò non
chiude bocca per tutto il resto della giornata.”
Trilli, sbuffando, decise di ascoltare le suppliche di Ailyn e
sorrise, fingendo straripante ammirazione e utilizzando una vocetta
stridula e caricaturale: “Ooooh, Pan, sei stato davvero bravissimo!
Tu sì che sei un campione dello sport!” tutti risero, e lei tornò
in un nanosecondo alla sua voce ed espressione naturale e priva di
entusiasmo. “Andava bene, così?”
Peter mise il broncio e bisbigliò un 'ti odio' tra le risa generale,
quando un Jim pimpante li raggiunse al tavolo, restando in piedi e
con un taccuino in mano.
“Cosa posso portare a questo gruppo di figaccioni?” chiese,
tenendo la penna ben stretta in mano e sorridendo.
Anche se non riusciva a dimostrarlo (si sa, non era un tipo...come
dire... molto espansivo), adorava i ragazzi.
Peter, Alice e gli altri sapevano che il locale suo e di sua madre
aveva bisogno di personale, ma, non potendo permetterselo, a lui
toccava lavorare lì praticamente tutti i pomeriggi (da quando
Amelia, cameriera dalle sembianze feline e grande amica di famiglia
era incinta, al Banbow lavoravano solo lui, sua madre e Ben, oltre al
cuoco).
Di conseguenza, i ragazzi accettavano di buon grado di passare quei
pomeriggi con Jim lì, al locale, pur di tenergli compagnia ( e
perchè no, schernirlo mentre lavorava, senza mai sfociare
nell'umiliazione, il tutto in maniera totalmente affettiva).
Jim insisteva continuamente che loro uscissero e frequentassero
altri posti, ma Mowgli, che di solito si faceva portavoce per questo
genere di cose, bocciava ogni tipo di proposta dicendo che stavano
bene lì.
Lui li ringraziava, in silenzio, della loro amicizia.
Come poteva non adorarli? I suoi stupendi, meravigliosamente
deficienti amici.
Note dell'Autrice:
Ehy ehy ehy, ciao a tutti XD Perdonatemi il ritardo SCANDALOSO
dell'aggiornamento. Sono cambiate molte cose nella mia vita in questi
mesi, e sicneramente non ero in vena di scrivere. Ma ora sono
tornata, muahahaha (tono malefico). Bene, vi aspetto al prossimo
capitolo! Intanto, rispondo alle recensioni. Un bacio a tutti :D
La Mutaforma: Non temere, riuscirò a trovare una parte
anche per Esmeralda. In realtà spero di riuscire a far fare almeno
una piccola apparizione a più personaggi possibili, animali
compresi. Felice di averti fatta ridere, la Darling ancora non sa
cosa la aspetta... spero continuerai a seguirmi :)
MrsMalikLoves:
Ciao :) Non preoccuparti per la tua Aurora, ora Jasmine la pensa
così, ma nei prossimi capitoli ci saranno delle sorprese, anche se
prima che la biondina entri definitivamente in scena ci vuole ancora
un po'. Per risponderti: Giselle è la protagonista del film 'Come
d'incanto', Milo di 'Atlantis, l'impero perduto'. Se hai altre
domande nei prossimi capitoli, chiedi pure. Ciao ciao :)
Madama Pigna:
felicissima che il mio 'esperimento' ti piaccia :). In realtà per il
personaggio di Lilo ho sempre avuto ben chiara la psicologia. Nel
cartone originale è una bimba particolare, cinica, un po' asociale,
poi pian piano si scopre il suo lato tenero. Quindi ho sempre pensato
che da grande avrebbe nascosto la sua dolcezza sotto uno strato di
apparente forza. E, non lo nego, è il personaggio di cui mi piace
più scrivere. Nel corso della storia si scoprirà molto, di
lei...ora si sa poco, siamo ancora agli inizi. Per il linguaggio...
beh, lo scopo era gettare i personaggi un'ambientazione realistica,
quindi parlando di ragazzi di una certa età credo sia normale che
usino un linguaggio simile XD (o almeno, io e i miei amici parliamo
così...forse siamo noi ad essere schifosamente volgari?! Ahahhahah
^__^'')
BriciolaElisa:
spero che anche questo capitolo ti abbia entusiasmata e che
continuerai a seguirmi, nonostante il ritardo dell'aggiornamento.
Alla prossima :D
CIAO
A TUTTI! Yeah <3
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Alice non era mai stata una ragazza
particolarmente interessante, o almeno cosi aveva sempre pensato.
Sin da quando era bambina le piaceva
rinchiudersi, di tanto in tanto, nel suo piccolo mondo di fantasie e
sogni; negli anni, quindi, aveva preso la comoda abitudine di
estraniarsi a volte dal gruppo di amici, datesi che Peter, Lilo e gli
altri erano decisamente chiassosi, e uscire da sola per qualche ora,
magari passeggiando nel parco.
Certo, Ailyn non le risparmiava le
battute intrise di ironia degne di una Lilo col peggiore degli umori,
ma sapeva che era tutta una scena, uno spettacolino montato per il
rimpianto di non riuscir a capirla.
Lei e Ailyn erano amiche dai tempi
dell'asilo, assieme a Trilli. Shanti e Lilo erano arrivate dopo,
rispettivamente in prima e in terza media.
In tutti quegli anni, Ailyn aveva
tentato inutilmente di entrare nel suo mondo, molto più di quanto
avesse mai provato Trilly, che di carattere tendeva ad assomigliarle
di più e quindi capiva più facilmente il suo bisogno di solitudine.
Oh, si badi bene, non che le
dispiacesse avere un gruppo simile, ma a volte a furia di divertirsi
e cazzeggiare le sembrva di perdere il controllo su sé stessa, lei,
che di per sé non riusciva già di suo a controllare nulla della sua
vita.
Se solo fosse riuscita a mettersi un
pochino più in mostra... ma forse le stava bene così, perchè
sapeva che essere al centro dell'attenzione per più di cinque minuti
le avrebbe causato rossori improvvisi in stile principessina, più
altri venti minuti di vomito in pubblico (che di principesco,
diciamocelo, avrebbe avuto ben poco ).
“Ehi, bionda!”
Alice ebbe un fremito, tornando con i
piedi per terra in un attimo.
Ecco, di nuovo, era caduta in una
sottospecie di trance... si voltò di scatto ma non ce ne fu bisogno,
perchè Jim già le si era sdraiato accanto, rotolando sull'erba come
un cucciolo.
“Ciao, Jim. Vedo che come al solito
approfitti delle ore di assenza dei prof per metterti in pari con il
programma.” gli disse sarcastica.
Jim la guardò sorridendo, poi si voltò
verso il sole.
“Con una giornata del genere mi
rifiuto di mettermi a studiare. E poi ho poco tempo, tra un'ora io e
Mowgli abbiamo lezione con il prof Potter.”
“Oh, adoro quel tipo.” esclamò
Alice, con disinteressato candore, “ mi sarebbe piaciuto
frequentare i suoi corsi. Dicono che sua figlia Jane sia una ragazza
deliziosa.”
Jim la lasciò parlare e si soffermò a
guardarla per qualche istante.
Alice non era mai stata il suo tipo di
ragazza, anche se erano sempre andati molto d'accordo, cosa che lo
costringeva da anni a sopportare le battute di Peter e Taron, che
ogni santa volta insistevano su quella storia.
Ma certo, lei aveva fama di essere una
delle ragazze più carine del loro anno, e lui non negava di capire
perfettamente il perchè.
Quel giorno, ad esempio, aveva i
capelli biondissimi e soffici legati in una lunga treccia laterale,
nella quale c'era l'evidente segno di Rapunzel, quella ragazza
carinissima dell'ultimo anno con cui sapeva Alice era abbastanza in
confidenza; i pantaloni stretti sulle caviglie e la semplice
canottiera bianca con le spalline in pizzo bastavano a darle un'aria
splendida e luminosa.
Quella ragazza sprizzava classe ed
eleganza da tutti i pori, e anche dai modi di fare.
Ma, del resto, era di buona famiglia.
“Jim... Jim! Oh santo cielo, e poi
sono io quella sempre tra le nuvole.”
Il ragazzo sbattè le palpebre,
perplesso,per poi rendersi conto che si era incantato a guardarla
senza neanche starla a sentire. Ecco, ci mancava la figura
dell'idiota del giorno. Meraviglioso.
“Scusami, io stavo.. uh... stavo
pensando. Ti sta bene, il bianco.”
Alice lo guardò per un istante senza
rendersi conto di ciò che aveva sentito.
Ok, Jim le aveva... le aveva fatto un
complimento, no?
Voglio dire, sì, aveva... aveva
proprio l'aria di un complimento.
Non sapendo se ringraziare o meno si
limitò ad arrossire vistosamente e a sorridere.
“Oh, beh... non... non lo metto
spesso.”
“Beh, dovresti” disse Jim
esuberante, capendo che la sua uscita da perfetto imbecille era
miracolosamente passata come una cosa carina da dire ad una ragazza.
E Alice era una ragazza che di frasi
carine se ne sarebbe meritate a iosa.
Alice cercò qualcosa di decente con
cui rispondere che non sembrasse una specie di rantolo di un qualche
animale in via di estinzione, quando qualcuno le piombò alle spalle
facendola cadere di pancia sull'erba morbida.
“Indovina chi è?!” esclamò la
simpaticona di turno, sedendole sulla schiena, e Alice con la faccia
immersa tra i fili di prato riusciò a bisbigliare un patetico
“Ailyn, alzati o svengo.”
L'amica obbedì, ridendo, aiutando poi
Alice ad alzarsi e dandole dei colpetti sul petto per togliere del
terriccio attacatosi.
“Come mai voi due stavate qua da soli
a deprimervi? Guardate che gli altri stanno seduti davanti alla
statua dell'ingresso. Li hoi visti mentre venivo.”
“E tu dove stavi andando? Qua si va
per l'uscita.” le chiese Jim, tirando fuori dalla borsa a tracolla
un sandwich ricoperto con della carta stagnola.
Ailyn cambiò espressione nell'arco di
trenta secondi. “Quell'idiota di Taron mi ha chiesto di pranzare
assieme, così lo aiuto con i compiti di fisica. In cambio mi faccio
offrire un frappè.”
“Ottima idea, tu sì che sai come
fare dei favori sinceri e disinteressati agli amici.” disse Alice
alzandosi, poi si voltò verso Jim.
“Beh, uomo ribelle, che fai? Vieni
con me? Devo dare un quaderno a Lilo.”
Jim annuì, il sandwich già tra i
denti, e lasciò l'aiuola con Alice, salutando Ailyn e lasciando che
i suoi anfibi segnassero l'erba con la sua orma dei piedi.
Ailyn li guardò alontanarsi assieme,
scambiandosi qualche battuta imbarazzata.
“...oh, ma prima o poi vi faccio
finire insieme. Caschi il mondo.”
“Bella quella. Ti farà sembrare la
puttana più carina ed elegante che si sia mai vista in tutta la
città.”
“Al, sei simpatico come
un'indigestione di cioccolata.”
“A te non piace la cioccolata.”
“Così come non mi piaci te!”
Aladdin subì la linguaccia dell'amica
senza ribellarsi, continuando a guardarla sdraiato sul letto dalle
lenzuola azurre mentre lei, lì davanti, tirava fuori tutti i vestiti
che aveva in quel dannato armadio.
“Ehy, guarda qua cosa c'è!”
esclamò lei, metà busto ficcato in quella specie di caverna oscura.
Al sbadigliò e sorrise.
“Non mi dire, hai ritrovato il tuo
primo reggiseno?! Fantastico, puoi usarlo ancora!”
“Fottiti.” ribattè Jasmine, senza
neanche voltarsi, per poi uscire del tutto dall'armadio e mostrare
l'oggetto all'amico.
“Ta-daan!”
Aladdin cambiò espressione; un sorriso
dolce, pieno di affetto e interesse. Si alzò e le andò incontro,
senza riuscire a smettere di sorridere.
“Ma dài... ce l'avevamo uguale, ti
ricordi? Io poi l'ho persa durante il trasloco.”
“La maglietta con la nostra foto
insieme... ce le aveva regalate lo zio Genio quando eravamo piccoli.”
La maglietta, ora in mano ad Aladdin,
era incredibilmente piccola, ed entrambi tra sé e sé non riuscirono
a non chiedersi se fossero appartenute davvero loro, se davvero il
loro corpo era stato così minuscolo.
“...sono passati tanti anni.”
“Ahahah già, e questa foto è
orribile! Guarda le tue sopracciglia!”
Jasmine gli diede un pugnetto
affettuoso sulla spalla “Io almeno negli anni ho imparato il
significato della parola 'estetista'. Le tue sono rimaste identiche, e
nella foto abbiamo cinque anni! Non te le fai da allora, secondo
me.”
Scoppiarono entrambi a ridere, e
Jasmine diede un altro pugno sulla spalla dell'amico, poi si voltò e
continuò a buttare vestiti per aria, non senza prima aver ripiegato
accuratamente la magliettina e averla messa in un angolo a parte,
sotto la foto di lei e Nani.
Aladdin le guardò le spalle, i capelli
corivini e leggermente odnulati ricaderle sulle spalle che la canotta
le lasciava scoperte, e non potè trattenere un impeto di silenzioso
affetto.
Jasmine era la sua migliore amica, e
nel corso degli anni non era mai cambiata.
Sin da piccola non le piacevano le
regole, e questo era sempre stato uno dei pochi elementi che avessero
avuto in comune; tuttavia, lei era sempre stata più impetuosa di
lui, più schietta.
Per quanto lo riguardava, tendeva
spesso ad avere ripensamenti sulle cose...m Jas no, lei... non so,
era come se la gente si innamorasse di lei, per poi detestarla un
minuto dopo.
Già, per sopportare i suoi sbalzi
d'umore e alcune parti del suo caratteraccio ci voleva una grande
energia... ma sapeva come prenderla ormai, avrebbe saputo gestirla
anche circondati dalle fiamme.
“Hai finito di guardarmi il culo?”
Jasmine si era voltata, l'espressione
contrariata. “Hai una faccia da rincoglionito. Da quant'è che non
scopi?”
Aladdin rivolse gli occhi al cielo “Sei
sempre così femminile, Jas.”
“Fa parte dei miei pregi.” disse
lei, alzando le spalle.
Aladdin si avviò verso la porta “Non
oso immaginare i difetti, allora. Lo vuoi un panino?”
“Sì, se non mi ci metti il cianuro.”
Aladdin le mandò un bacio e si avvià
verso le scale, guardandosi attorno.
La casa di Jasmine e dell'ambasciatore
era tra le più grandi della città, ma lui non si abituava mai a
tutto quel lusso, nonstante ci andasse da anni.
Prima che lo zio Genio lo prendesse con
sé aveva vissuto nell'orfanotrofio della quindicesima strada,
assieme a Peter, l'amico di Howkins, e Trilli, la biondina che girava
sempre con la sorella di Nani.
Ma per quanto ne sapeva, perfino loro
due abitavano ancora lì; lui era stato l'unico ad aver trovato una
casa, e si considerava già fortunato così.
Lui e Jasmine andavano all'asilo
assieme, e si frequentavano da allora; il padre, l'ambasciatore
indiano, era anche il proprietario del Neverland, l'orfanotrofio, e
aveva aiutato lo zio a trovare una casa in zona che permettesse di
adottarlo, all'età di undici anni.
Jasmine lo andava a trovare spesso,
durante le visite del padre, e sin da allora lui non riusciva ad
esserle indifferente.
E la cosa negli anni non era cambiata;
non c'era volta in cui si guardassero negli occhi e non sentisse una
leggera scossa al cuore, ma ormai era più che abituato ad ignorarla.
Jasmine era diventata una parte
importantissima della sua vita, la persona che meglio lo conosceva al
mondo, il ponte che lo aiutava a non tradire il sé stesso di una
volta, quello cresciuto tra l'umiltà e la speranza di costruirsi, un
giorno, una famiglia da amare.
Sospirò, arrivando in cucina e aprendo
il frigo.
Sicuramente, la madre dei suoi fgli non
sarebbe mai, per alcuna ragione al mondo, stata Jasmine.
Shanti guardava il display del
telefono, notando che erano passati già dieci minuti dall'ultima
volta che aveva controllato.
Un'ora e mezza.
Un'ora e mezza di ritardo.
Un'ora e mezza che stava seduta su
quella stupida panchina, aspettando in silenzio che quello stupido
sbucasse dal vialetto, correndole incontro, i capelli (finalmente)
corti dopo che per anni lo aveva pregato di levarsi quell'orribile
caschetto.
Sospirò, rassegnata; ormai non si
stupiva più dei ritardi, delle frasi lasciate a mezz'aria, delle
giornate passate a guardare la casella mail o il telefono, aspettando
un suo cenno di vita.
Con Mowgli era così, l'aveva sempre
saputo: un continuo sbalzo d'umore, un continuo sentirsi amate e
rifiutate, un continuo 'ti voglio – non ti voglio'.
Forse avrebbe dovuto semplicemente
seguire il consiglio di Lilo e rinunciare, perchè tanto no, lui non
sarebbe certo cambiato per lei, e neanche lei voleva che lo facesse,
in fondo.
Voleva bene a Mowgli per quella sua
ingenuità, quel broncio che si portava sempre appresso nelle
giornate no, quel suo lato selvaggio che spesso lo faceva diventare
cocciuto, impulsivo e insofferente alle regole.
Da quel che ricordava, poi, erano
sempre stati l'uno nella vita dell'altro; entrambi di origini
indiane, vicini di casa, i loro genitori erano amici d'infanzia,
tutti e quattro.
Un giorno il padre e la madre di Mowgli
partirono per un viaggio, un safari nella giungla o qualcosa del
genere, e lasciarono il piccolo allo zio Bagheera; nessuno seppe mai
che fine fecero, ma non tornarono più.
Shantii ricordava di quando lesse, sul
giornale del padre, delle carcasse di due esploratori trovate nella
grotta dove vivevano dei lupi, più o meno nella zona dove la coppia
si era recata.
Che fossero loro o meno, Shantii non
l'aveva mai scoperto; ma da quel momento seppe per certo che Mowgli
non li avrebbe visti mai più, e fu così.
Lo zio Bagheera, un uomo delizioso
anche se taciturno con cui lei era sempre stata molto in confidenza,
si trasferì nella casa del fratello, per accudire il nipotino.
Shantii ricorda ancora lei e Mowgli, a
otto anni, gettare la palla da una finestra all'altra quando uno dei
due era in punizione.
Tra di loro non c'era mai stata una
promessa vera e propria; si piacevano senza ombra di dubbio, ma
entrambi consideravano che la cosa fosse talmente scontata da non
meritare neanche una vera e propria dichiarazione... tuttavia, doveva
ammetterlo, a lei sarebbe piaciuto, se non proprio ufficializzare,
almeno mettere in chiaro come stavano le cose.
Sospirò, rassegnata all'idea che lui
non sarebbe arrivato, troppo preso a fare chissà quale idiozia.
Si alzò, infilando il telefono in
borsa, e, sistemata la lunga gonna rosa da cui poteva vedere i
sandali di cuoio sbucare, si portò la borsa a tracolla sulla spalla
e si avviò fuori del parco, guardando i bambini che giocavano a
pallone e i cani che mangiavano indisturbati i fili d'erba, lontani
dagli sguardi severi dei padroni che leggevano il giornale lì
vicino.
Da lontano scorse Ailyn e Taron che, su
un muretto che si ergeva tra l'erba, discutevano vivacemente davanti
a dei libri aperti.
Per un momento pensò di raggiungerli,
ma poi, presa dalla timidezza e dalla paura di essere di troppo,
proseguì nella direzione inversa.
Non se la sentiva proprio di sentire
Ailyn che inveiva contro Mowgli...sapeva che quel ragazzo era
irrecuperabile.
E allora, pensò... perchè avrebbe
dovuto cambiare per lei?
“Eric, ti prego, piantala di suonare
quel coso. Mi urta il sistema nervoso.”
Eric rise e ripose nello zaino il
piccolo flauto, poi si voltò verso Flynn che, assieme a Naveen,
camminava a passo sicuro.
La sala mensa era sempre affollata
appena suonava l'ora di pausa, ma bastava aspettare dieci minuti per
trovare i tavoli semivuoti; i ragazzi della Disney High preferivano
mangiare di fretta e assopirsi al sole del cortile, o farsi un giro
in skate fintanto che la temperatura lo permetteva.
“Flynn, siamo nervosetti o cosa
ultimamente? Devi trovarti una ragazza, mi sa.”
Flynn finse di non sentirlo, e riprese
a masticare il suo sandwich lentamente, senza troppa convinzione.
...ok, forse era un po' stressato, in
effetti.
Ma non era colpa sua... voglio dire,
guardare Rapunzel tutto il giorno senza riuscire mai a trovare il
coraggio di dichiararsi era stressante!
Senza contare che non trovava mai la
giusta occasione per farlo... se non si contavano le dieci volte
nelle quali l'aveva beccata da sola negli ultimi tre giorni, certo...
Il fatto era che Rapunzel aveva un
animo da artista (racchiuso in un corpo stupendo e un viso da
creatura divina, ma questo era ovviamente solo un dettaglio altamente
trascurabile...più o meno), e quindi lui doveva trovare il modo per
colpirla nel profondo, fare breccia nel suo cuore, entrare nei suoi
pensieri... sì, insomma, trovare un modo per far sì che lei lo
cagasse almeno di striscio, ecco.
Dunque, dunque, innanzittutto bisognava
stilare una lista dei suoi interessi.
Beh, le piaceva disegnare, e questo era
risaputo.
Ricordava ancora quando aveva vinto il
concorso di Natale dell'anno precedente, e il suo dipinto era rimasto
affisso all'ingresso fino alla fine dell'anno scolastico.
Faceva anche parte del club di arte, un
corso che secondo lui era stra-noioso e solo per gente strana...
Un momento...eccola, l'idea geniale!
“RAGAZZI! Mi è venuta in mente una
grandissima trovata!”
“...radersi le basette?”
“Sì!NO! Volevo dire...certo che no!
E poi, Eric,basta con le battute sulle mie basette!”
“Altrimenti?” chiese il ragazzo,
mostrando un sorrisone a trentadue denti.
Flynn lo guardò, bieco.
“... meglio che non ti dica dove ti
ficcherò quel maledetto flauto.”
Naveen fischiò, e Eric si limitò a un
“Oh.” fin troppo evasivo.
Naveen, tra le risate, diede una pacca
sulla schiena dell'amico: “Beh, allora? Questa 'grandissima
trovata', quale sarebbe?”
Flynn sorrise raggiante: “Credo di
aver trovato il modo perfetto per mostrare a Rapunzel tutto il mio
charme” fece una breve pausa, guardando la sua immagine riflessa
nella vetrina dove erano esposti i sandwich “...in fondo, è già
risaputo che il mio è un fascino innegabile! Devo solo mostrarle che
oltre ad avere una bellezza smisurata...” altra occhiata
all'espositore, con tanto di occhiolino rivolto a sé stesso (e qua
Eric e Naveen non seppero per un istante se fargli sbattere la testa
su quella vetrata o limitarsi a sospirare) “...possiedo anche un
talento innato per ciò che più le piace: l'arte!”
Concluse la frase con fare raggiante,
portando su le braccia in segno di vittoria e facendo in modo
ovviamente che tutti gli studenti si fermassero a guardarlo.
Eric e Naveen si scambiarono uno
sguardo scettico, poi Naveen sorrise: “E, emh, Uomo Dei
Sogni...perdona la mia ignoranza, ma... da quando tu avresti talento
per l'arte?”
Flynn si limitò ad alzare le spalle e
fare (di nuovo!) l'occhiolino, stavolta rivolto agli amici.
“Mio caro, io sono PERFETTO. E il mio
piano è infallibile.”
Stavolta i due non fecero in tempo a
ribattere che Flynn già raggiunto il secchio della spazzatura con il
vassoio in mano; si scambiarono un'occhiata di preoccupata intesa.
C'era puzza di guai, decisamente...
Belle chiuse il libro, con un gran
sospiro.
Ariel, lì accanto, la osservò
spostare i capelli dalla fronte rosea e alzarsi di scatto, alla
ricerca già di un altro volume.
“Belle, tesoro, io capisco la tua
sete di conoscenza... ma sto morendo di fame! Non possiamo fare una
pausa e riprendere dopo la scuola?”
Belle, dandole le spalle, si mise in
punta di piedi per prendere un libro sullo scaffale, e ignorò i
rumori che provenivano dal suo stomaco.
“Dài, aspetta due minuti. Oggi
pomeriggio la biblioteca chiude, e voglio finire la ricerca entro
oggi.”
Ariel, ormai rassegnata, cercava di
tenere in equilibrio una matita tra il naso e il labbro superiore,
che cadde rovinosamente dopo mezzo secondo, rovinandole ancora di più
l'umore...per di più, Belle non si fece problemi a ricordarle che la
sua, di ricerca, non aveva ancora neanche un titolo.
“E chi se ne frega?! Dobbiamo
consegnarla Martedì prossimo, ho tutta la settimana davanti!”
Belle subito si voltò, scandalizzata.
“APPUNTO! Devo assolutamente finirla
entro oggi, ho mille impegni questa settimana, e oltretutto se non
prendo una A neanche questa volta giuro che uccido il professor
Cornelius.”
“Tsk, Belle, dài, quello è un mezzo
caprone... lui e le sue lezioni di storia medioevale mi fanno salire
il voltastomaco.”
Belle ignorò le parole di Ariel, che
dal canto suo decise che tanto valeva buttare la testa sul banco e
mettersi a fare un pisolino, vista anche la totale assenza di un
qualsiasi altro essere umano in quella biblioteca umida e puzzolente
di naftalina.
La ragazza tornò a concentrarsi sul
suo libro, sperando di riuscire a trovare quella stupida data da
inserire nella ricerca, controvoglia.
Sapeva che Ariel e le altre la vedevano
spesso come una persona perennemente attaccata ai libri, ma non era
così.
Le piaceva semplicemente leggere,
studiare, concentrarsi su ciò che la rendeva più felice di
qualsiasi altra cosa: imparare, scoprire cose nuove, fantasticare su
informazioni che, una volta conosciute, le riempivano lo stomaco di
soddisfazione e la testa di nozioni fino ad allora sconosciute.
Adam spesso la rimproverava di avere la
testa eccessivamente sulle nuvole e poco i piedi per terra, ma lei si
limitava a sorridergli senza ribattere, perchè sapeva che era
proprio questo uno dei motivi per cui si era innamorato di lei.
Stavano assieme da tre anni, e lui le
aveva fatto la proposta in una biblioteca fuori città, citando uno
dei suoi autori preferiti e conquistandola definitivamente.
Era uno dei suoi ricordi più belli,
tuttavia anche adesso, dopo così tanto tempo assieme, si trovava
sempre impreparata ai sentimenti.
Non che non riuscisse a esprimerli, ma
a volte credeva che avesse detto le cose semplicemente nel modo
sbagliato, senza riuscire a spiegarsi del tutto, lasciando le cose
più importanti a vagare nella gola senza che potessero venir fuori.
Adam, neanche a dirlo, sapeva anche
questo, e ormai lei sentiva che lui, in un modo o nell'altro,
l'avrebbe sempre capita, senza neanche il bisogno che dicesse niente.
E questo, Belle lo sapeva, non era come
l'amore che si trovava nei libri o nelle poesie...questo era amore
reale, e anche se un po' più complicato... era decisamente migliore.
Megara camminava per i corridoi,
lentamente, come se non fosse seriamente intenzionata ad entrare.
Quella mattina le cheerlader della
scuola le avevano chiesto per l'ennesima volta di entrare nella loro
squadra, in vista dei tornei nazionali che si sarebbero svolti
quest'anno, ma lei si era nettamente rifiutata.
Mulan, accanto a lei, era tutta intenta
a leggere uno di quei manga che le piacevano tanto, noncurante che
stava vistosamente sprecando i pochi minuti di pausa tra una lezione
e un'altra.
Aprì l'armadietto e ci infilò dentro
il quadernone di matematica per prendere il libro di filosofia,
l'unica vera materia di cui le interessasse effettivamente qualcosa,
poi gettò un altro sguardo all'amica, che sentendosi osservata alzò
lo sguardo dal volumetto.
“Beh? Ho qualcosa in faccia?”
“Sì, un'alienazione innegabile.”
rispose Meg secca, alchè Mulan sbuffò e posò il manga nel suo
armadietto, lì accanto, che aveva lasciato aperto.
“Non sai neanche di cosa parla.”
Meg le sorrise: “No, hai ragione, ma
so che preferisco godermi quel poco che mi resta di tempo libero in
mattinata piuttosto che chiudermi in un'apassionata lettura di
fumetti. Oggi pomeriggio che programi hai?”
Mulan la guardò come se la risposta
fosse ovvia, e Megara sospirò vistosamente, mentre due ragazzine
bionde del secondo anno le passavano accanto guardandola ammirate.
“Arriverà mai un giorno in cui non
passerai il pomeriggio ad allenarti?”
“Quest'anno ci sono le nazionali. E
poi guarda, sei l'ultima che può farmi la predica, almeno io non
passo il tempo libero rinchiusa in una sala pesi.”
Megara ammiccò, agitando la lunga
chioma scura e arricciando le labbra marchiate di rossetto in un
sorrisetto sarcastico.
“Ehy, ho il culo più bello della
scuola, in un modo o nell'altro devo pur tenerlo in forma!”
L'amica inarcò un sopracciglio, il
solito fiore tra i capelli illuminato dalla luce che filtrava nel
corridoio della scuola.
“Ma se hai una media di quindi frozen
yogurt a settimana. Mi chiedo dove tu le vada a ficcare, tutte le
calorie che assumi! Te e i tuoi dannati aperivi!”
“Mi piacciono gli aperitivi, mica è
un reato. Hercules si allena in orari troppo scomodi per andare a
cena assieme, e non riusciamo mai a coordinare gli impegni.”
Mulan mostrò un sorriso sornione,
mentre la campanella del cambio dell'ora trillava invano.
“Oooh, il campione di lancio del
giavellotto della scuola, nonché nuovo membro della squadra di
football... ci credo che Aurora ti vuole in squadra, deve seguire il
perfetto stereotipo delle ragazze pompon fidanzate coi campioni delle
squadre sportive della scuola!” e poi sbottò a ridere,
immaginandosi la sua migliore amica sculettare in minognna e cantando
uno stupido coro da stadio, flemmatica, mentre Hercules la guardava
dal campo di gioco.
Megara, non volendolo, non riuscì a
trattenersi dal ridere, e quando per entrambe le risa si furono
placate ricordò una cosa importante di cui avrebbe dovuto parlarle.
“Beh, anche tu dovresti davvero
trovarti un ragazzo...Shang, per esempio.”
Mulan smise all'istante di ridere e la
guardò, palesemente scocciata.
“Qualcosa mi dice che hai fatto un
nome a caso, eh.” osservò apatica, e neanche Megara poteva essere
così sciocca da non intercettare il tono sarcastico.
Le sorrise e le diede uhn buffetto
sulla guancia, mentre la preside Maleficient si avvicinava a loro a
passo sicuro, dal fondo del corridoio ormai vuoto.
“Lo so, lo so, lo vuoi conquistare
con la faccenda della sfida eccetera... ma credimi, poverino, è
cotto di te da anni...”
“Lo dici solo perchè è il migliore
amico di Herc” esclamò Mulan, sorridente.
Mergara intravide la preside, ormai
sempre più vicina, e prese l'amica sottobraccio per andarsene in
classe.
“Non ti dico di decidere subito... ma
almeno prendi in considerazione la cosa, va bene? Ah, e oggi
pomeriggio niente allenamento: frappè e chiacchiere tra donne. E non
ribattere!”
Mulan, sostenendo il passo di Meg, la
guardò e sbottò a ridere, senza il coraggio di ribellarsi; appoggiò
anzi la testa sulla sua spalla e insieme si avvicinarono all'aula di
filosofia.
Aurora non era solo il capo delle
cheerlader, ma una vera e proria principessa, la regina di quella
scuola, la ragazza di cui nessuno poteva fare a meno di parlare.
O almeno, questo era quello che pensava
mentre si specchiava nel bagno delle ragazze, sistemando i capelli
biondi che soffici le ricadevano lungo le spalle scoperte.
Le ciglia, messe in evidenza dal
mascara, davano ai suoi occhi e quindi all'intero viso una luce
splendida e avvolgente, che riusciva a conquistare chiunque
incrociasse il suo sguardo, e questo era un dato di fatto.
Rapprensentate degli studenti,
organizzatrice degli eventi studenteschi assieme a Cenere e Bianca,
sue due migliori amiche da moltissimi anni e grandi confidenti (a
loro volta cheerlader, naturalmente).
Cenere, lì accanto, si lavava le mani
con fare isterico, passandosi ben bene il sapone portato da casa tra
le dita e risciacquando con cura.
Aurora e Bianaceneve si guardarono
dallo specchio, senza profrire parola, entrambe a conoscenza della
segreta ossessione della ragazza per germi e batteri.
“Dicono che stasera ci sarà un falò
sulla spiaggia. Credo lo abbia organizzato David Kawena.” esordì
Biancaneve, timidamente, guardando nel frattempo in che stato era il
suo rossetto rosso.
“Io credo che ci andrò, non serve
l'invito e mezza scuola sarà lì.”
Aurora si voltò verso di lei e sorrise
raggiante.
“Oh, brava Bianca! C'era qualcosa che
dovevo dirvi ma proprio non me ne ricordavo... sono sicura che ci
sarà anche Aladdin...”
Cenerentola, accanto a lei, osservò
accigliata: “Sì, ok, ma... non ci sarà anche Filippo? Non sarebbe
carino nei suoi confronti mettersi lì a pavoneggiarsi con
Aladdin...”
Aurora le lanciò uno sguardo di fuoco.
“Non sono ancora così stronza da
pomicare con Aladdin sotto i suoi occhi, se è questo che intendi.”
fece una breve pausa, guardandosi allo specchio: “...anche se
sarebbe il minimo, dopo avermi mollata per la quindicesima volta.”
“La colpa è tua, che ancora cedi al
suo sorriso perfetto!” la schernì Bianca, cingendole le spalle con
un braccio e facendola sorridere. “...in fondo, cosa c'è di più
sexy di un uomo dal sorriso splendente e i bicipiti scolpiti?”
“Uno con il cervello, sicuramente.”
rispose Aurora, su di morale, mentre Cenere si univa al'abbraccio
collettivo e spettinava i capelli appena ravvivati della biondina,
che sembrò non farci molto caso.
“In fondo, siamo le ragazze più
carine e popolari della scuola...” Aurora le guardò, complice.
“...non possiamo certo mancare, non credete?
Cenere sembrava sopra pensiero, per poi
tirar fuori la voce: “...ci sarà anche Jasmine, però. Devi
trovare un modo per separarla da Al, quei due sono incollati l'uno
all'altra.”
Bianca le diede ragione con un energico
cenno della testa, ma Aurora si limitò a esclamare con convinzione:
“Questo è l'ultimo dei miei problemi”, prima di sparire oltre
l'ingresso dei bagni e tuffarsi nella folla del corridoio.
“...posso sapere qual'è il motivo di
questa riunione straordinaria?”
Lilo, sul letto, bottiglia di birra
alla mano e pantaloncini talmente corti da mettere in bella vista
l'inguine, si mise la mano tra i capelli e sorrise.
“Non c'è un motivo particolare, mia
sorella sta aiutando per il falò di stasera e avevo la casa libera.”
Alice, seduta sulla sedia della
scrivania, coccolava Stich che, in braccio a lei, ronfava
felicemente, lasciandosi accarezzare come se non ci fosse un domani.
Ailyn e Shantii, entrambe sdraiate sul
tappeto, guardavano il soffito, entrambe prese dal discorso del
giorno: il falò di David.
In realtà la notizia era trapelata
solo quella mattina: David aveva deciso di organizzare un falò
intimo sulla spiaggia per festeggiare il nuovo anno scolastico...ma,
come al solito, la notizia aveva fatto in pochissimo il giro della
scuola e tutti si erano felicemente autoinvitati.
Non che la cosa lo avese ifastidito,
comunque, dato che durante l'intervallo era salito su un tavolo della
mensa e, con un megafono preso chissà dove, aveva detto a tutti
l'ora dell'appuntamento.
Automaticamente, loro e i ragazzi si
erano decisi ad andare, non solo perchè era Venerdì ma anche per
passare una serata nella quale il programma non prevedesse sempre il
Banbow.
Perfino Jim, infatti, per puro caso
quella sera non doveva lavorare (Sarah, sua mamma, aveva trovato per
il week-end una certa Amelia, una donna sulla trentina dalle
sembianze vagamente feline che la aiutava in sala e cucina), quindi
aveva dato totale disponibilità, notizia che Alice sembrava aver
particolarmente apprezzato.
Mentre Lilo parlava di 'ubriacarsi fino
allo sfinimento', evidentemente fregandosene che ci sarebbe stata
anche Nani, la porta della stanza di spalancò e comprave una Trilli
con il fiatone e i capelli che sembravano reduci da uno scontro con i
cavi della corrente.
“Ti ha messo sotto un auto?” chiese
Ailyn, mentre le altre la guardavano senza commentare.
Trilli sbuffò e si sedette sul
tappeto, poggiando la borsa al suo fianco.
“Ho dovuto accompagnare Peter a
comprare un costume da bagno per stasera, ma OVVIAMENTE si era
dimenticato il portafogli, quindi siamo dovuti tornare al Neverland a
recuperarlo, per poi passare DUE ORE davanti a due costumi
assolutamente identici tra loro, ma lui no, non riusciva a decidere!”
Sembrava avesse finito il monologo, e Shantii già stava per
chiederle ulterioir spiegazioni, ma non ce ne fu bisogno perchè
continuò imperterrita.
“Dopodichè siamo arrivati alla
cassa, Peter apre il portafogli ma si accorge che era vuoto! VUOTO! E
com'è finita ovviamente?!”
Alice tratteneva a stento le risate:
“...che glieli hai dovuti prestare tu?”
“ESATTO!” sbottò la ragazza,
esasperata, specificando inoltre che quei soldi le servivano per
l'autobus per arrivare sin lì, e quindi dal centro era dovuta
arrivare a piedi, con un caldo asfissiante e senza la benchè minima
idea di cosa indossare per quella sera.
Dopo questa estenuante sintesi crollò
a terra, riprendendo fiato sotto il movimento delle pale del
ventilatore a soffitto, e ci sarebbero state molte cose da poter dire
in quel momento.
Lilo, naturalmente, incarò la dose
dicendo la peggiore.
“Tsk, perchè non si è fatto
accompagnare da quella zoccoletta della Darling? Cos'è, lei era
troppo impegnata a cucire un paracadute per coprirsi quelle enormi
tette stasera?”
Probabilmente doveva essere un
tentativo di tirarle su il morale, pensò Trilli, ma quando Lilo
chiese alle altre se secondo loro esisteva un costume per coprire
quelle due cose enormi si
limitò a considerare quella come la perfetta giornata di merda, e
accasciandosi ancoradi più al suolo, tra le risa delle altre, pensò
a godersi il fresco del ventilatore mentre Stitch, svegliatosi, la
raggiungeva sul tappeto e le leccava la faccia.
Angolino dell'autrice
Ciao a tutti! Finalmente sono
riuscita ad aggiornare, anche se mi rendo conto del ritardo
spaventoso. Purtroppo mi sono allontanata dalla scrittura per un
periodo, tra gli esami di maturità e...altre faccendo che, diciamo,
mi hanno distratta ahah XD. Da adesso in poi sicuramente aggiornerò
più spesso, o comunque vi assicuro che ci proverò.
Purtroppo non ho tempo di
rispondere alle recensioni, vi dico solo che la storia è appena
entrata nel vivo e cercherò di restare fedele all'idea che mi sono
fatta dei personaggi vari.
Vi ringrazio come sempre per la
pazienza, per i complimenti e per avermi letta.
Al prossimo capitolo! Se vi va,
lasciatemi una recensione. Ciao ciaoooo
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
CAPITOLO
4
“...non la capisco.”
Fu dicendo queste parole che Mowgli si
tuffò nella poltrona del salotto in penombra, lasciando che il caldo
di fine settembre gli entrasse nelle vene, e in attesa che lo zio
Baloo liberasse la doccia per potersi lavare prima della festa (che
poi era assurdo lavarsi i capelli prima di una serata all'insegna dei
bagni notturni, ma al contrario di ciò che pensavano i suoi amici
lui era uno che ci teneva paecchio ad avere sempre un buon profumo
addosso).
Bagheera, suo zio, alzò gli occhi dal
giornale che stava leggendo con interesse sulla poltrona lì accanto
e sorrise, gli occhi gialli ridenti.
“..devo supporre che il Cucciolo
D'Uomo è scontento, oggi?”
Mowlgi sbuffò sentendo il solito
nomignolo (lo zio glielo aveva affibbiato quando lui, da piccolo, gli
faceva costantemente notare la sua somiglianza con il mondo felino),
e abbassò lo sguardo, frastornato dal caldo.
Sotto lo sguardo inquisitore di zio
Bagheera era più difficile ragionare a mente lucida, ma sapeva che
non poteva rimandare a lungo e che prima o poi avrebbe dovuto
affrontare il problema e cercare di capire per quale diavolo di
motivo Shantii non gli rivolgeva la parola da giorni.
Eppure gli era sembrato di essere stato
più carino del solito: le aveva proposto di portarle i libri fino
all'aula di musica (la professoressa Pocaonthas li aveva costretti a
comprare un macigno di 500 pagine... per una materia che, a suo
parere, era totalmente inutile dal punto di vista didattico. Insomma,
insegnava già scienze politiche, a che diavolo serviva spendere
altre ore per uno stupidissimo corso di musica?!), le aveva comprato
il dessert migliore che la mensa scolastica potesse offrire, e si era
perfino lasciato scappare che, quella sera, sarebbe stata la ragazza
in costume più carina di tutta la scuola.
Shantii, dal canto suo, si era limitata
a trattarlo con poca velata diffidenza, ignorarlo o rispondergli
male, per poi allontanarsi puntualmente a passo serrato lungo i
corridoi.
...insomma, che cosa doveva fare?!
Non sapeva neanche di cosa dovesse
farsi perdonare... non ricordava nulla che avesse potuto in qualche
modo offenderla o ferirla.
Forse perchè ultimamente non si
vedevano spesso? Sì, intendo, da soli.
… si fermò per un istante, mentre
improvvisamente una vocina nel cervello si faceva prepotentemente
largo tra i suoi pensieri.
...l'appuntamento di martedì.
OH.PORCA.TROIA.
L'appuntamento di martedì!
L'APPUNTAMENTO DI MARTEDI'!
No, no, no... non era
possibile...come...come cazzo aveva fatto a dimenticarsene?!
COME?!
“Ti stai strozzando con la saliva,
per caso?” chiese Bagheera, innaturalmente calmo, osservando il
ragazzo che si era fatto paonazzo e annaspava come dopo una corsa di
10 km.
Mowgli lo guardò, disperato.
“Zio... sono un'idiota!”
Bagheera inarcò un sopracciglio:
“Sapevo che Baloo ti avrebbe fatto quest'effetto, prima o poi.”
“Lo zio Baloo non centra!” esclamò
il ragazzo, nel panico, saltando sulla poltrona e sporgendosi verso
quella dello zio, il sedere all'infuori e le mani poggiate sul
bracciolo.
“Ho...ho totalmente dimenticato un
appuntamento con Shantii, e ora lei non mi parla!”
“Beh, cosa ti aspettavi? Un trofeo?”
Mowgli lo guardò, accigliato.
“Zio, ti sto chiedendo una mano, non
un metodo per peggiorarmi l'umore.”
Bagheera alzò gli occhi al cielo e si
rassegnò a mettere da parte il quotidiano per guardare il nipote.
“...quella ragazza farebbe qualsiasi
cosa per te, ma te sembri appena uscito da un cartone animato per
bambini. Non pensi...” lanciò uno sguardo arrabbiato a Mowgli, che
sembrava non aver apprezzato la battuta “che lei potrebbe volere un
segno di interesse da parte tua? Cioè, è pur sempre la tua
ragazza.”
Mowgli lo osservò, onestamente
sorpreso.
“Lei non è la mia ragazza.”
Stavolta fu Bagheera a restare
contrariato: “Come no?!” disse, con il tono di voce che si usa
quando si parla di qualcosa di ovvio.
Mowgli fece un cenno di dissenso con la
testa, e Bagheera si risistemò sulla poltrona, guardando altrove.
“Beh, allora ci credo che è
arrabbiata. Vi piacete, no?”
“Sì, certo. Voglio dire... usciamo,
ci teniamo per mano e tutto il resto.”rispose Mowgli, a mezza bocca
e arrossendo un poco.
Una terza voce si instromise nel
discorso.
“Avete già fatto sesso, vero?”
Entrambi guardarono l'uomo altissimo e
corpulento davanti a loro, con indosso un accappatoio verde che lo
faceva sembrare un gigantesco baobab.
Bagheera gli lanciò uno sguardo di
fuoco.
“Baloo, sei pregato di non fare certe
domande volgari al ragazzo.”
“Cosa c'è di volgare in una
scopata?” chiese quello, ingenuamente e prendendo posto sul divano
accanto alla finestra.
Mowgli non parlava: si limitava ad
arrossire in totale imbarazzo e a prendere nota di non fare mai, mai
più il grosso errore di coinvolgere gli zii nei suoi problemi
sentimentali.
“Intanto il termine 'scopare' non mi
sembra positivo, dopo anni che diciamo a Mowgli che 'certe cose'”
sottolineò la frase storcendo il naso “si fanno solo con qualcuno
verso cui si provano dei forti, fortissimi”e
qua guardò Mowgli con cipiglio, per poi rivolgersi di nuovo verso
l'altro “sentimenti”.
Baloo si limitò a sbuffare, e sembrò
più interessato a rivolgersi direttamente al nipote, ormai tutt'uno
con la poltrona rosso cremisi.
“Allora, quanta esperienza hai fatto
con Shantii?” chiese con il sorriso.
Mowgli lo guardò cauto: “Zio, per
favore... il problema è un altro! Insomma, io e Shantii siamo sempre
stati così... non credevo servisse una proposta ufficiale...”
“Mica dovete sposarvi!” sbottò
Baloo, ridendo : “Santo cielo, queste nuove generazioni non sanno
proprio farci. Ai nostri tempi era tutto così spontaneo e naturale,
eh Baghi?”
“Se l'argomento si sposta sui tuoi
ricordi di gioventù dimmelo subito che me ne vado.” disse quello,
apatico.
Baloo rise ancora, i capelli ispidi
ancora bagnati, e si sporse un po' verso Mowgli.
“Dice così perchè gli somigli.”
Mowgli sembrò illuminarsi di orgoglio:
“Davvero?” chiese, sinceramente interessato.
Bagheera afferrò il suo giornale e,
borbottando qualcosa simile ad un 'forse è meglio che me ne torni a
leggere' se ne andò al piano di sopra, non senza che Mowgli avesse
fatto in tempo a notare il suo improvviso arrossire.
Baloo lo guardò con interesse, poi
tornò a concentrarsi sul nipote con aria sognante.
“Sai, anche noi ci siamo conosciuti
quando eravamo molto giovani. Io ero un pazzo, beh, ti immagini,
sempre in giro con Luigi a fare casino, con le moto e il resto... tuo
zio invece era un pezzo di legno, timido e serio. Come te, non era
molto esperto nelle, emh... questioni di cuore.”
Mowgli ascoltava coinvolto, contento di
sapere qualcosa di più sul passato di suo zio... prima che lui
arrivasse nella sua vita, cambiasse casa eccetera.
Baloo proseguì, ormai perso nei
ricordi: “Ci siamo incontrati fuori a un cinema. Io gli sono andato
addosso con tutti i popcorn e gli ho versato la birra sulla camicia.”
“Sul serio?!” chise Mowgli,
divertito, ed entrambi risero sotto i baffi, Balloo divertito più
che mai.
“Sul serio. Luigi e tuo padre sono
scoppiati a ridere, ma lui mi guardava così in cagnesco che io non
riuscivo proprio a parlare, neanche per scusarmi. Gli ho detto che mi
dispiaceva, che se voleva potevo ridargli i soldi della camicia, e
così ho fatto. Gli dissi che quella sera non aveva nulla in tasca,
ma che se voleva potevamo rivederci lì il giorno dopo per ripagarlo
del danno, e lui accettò.”
Il suo sguardò si fece limpido,
visibilmente emozionato, ed abbassò la voce.
“..sai, in realtà avevo mentito.
Avevo i soldi con me quella sera stessa. Me lo sono inventato per
poterlo rivedere ancora. Mi sono innamorato di lui appena l'ho
visto.”
Mowgli non riusciva a credere che anche
una storia tra uomini potesse avere dei risvolti romantici, e restò
a fissare incredulo lo zio.
“Uscimmo parecchie volte, ma io aveva
sempre la sensazione di essere solo un amico per lui...tuttavia,
sentivo che dovevo fare qualcosa per mettere in chiaro la situazione,
e l'ho affrontata.”
“E come?” chiese il nipote, ormai
quasi dimentico della sua, di storia.
Baloo sorrise, battendosi un pugno sul
petto: “Gli ho chiesto di vederci e, una volta faccia a faccia, gli
ho aperto il mio cuore, Gli ho confessato che mi ero innamorato, che
volevo iniziare qualcosa con lui, non da amici, ma da amanti. E così
è stato.”
Ci fu un attimo di silenzio, dopo il
quale Baloo sembrò ridestarsi da un sogno ad occhi aperti.
Mowgli ora fissava il vuoto, in preda a
una sorte di trance.
“... mi piace Shantii. Mi è sempre
piaciuta.”
“Beh, questo mi sembra ovvio” esclamò Baloo,
dolcemente. Gli sorrise con tenerezza: “Forse io sono di parte, sai
quanto la adoro... ma ricordati sempre questo, Mowgli: per quanto
sentirai raccontare di amore dagli altri, non sarà mai uguale a come
lo vivrai tu. L'amore è diverso per ciascuno di noi... e, di
conseguenza, nonostante ora pensi di sapere cosa aspettarti, ti
renderai conto da te di quanto sia bello amare qualcuno, ed essere
amato di conseguenza.”
Mowgli non riusciva a formulare una
frase di senso compiuto neanche nella sua testa, figurarsi esprimersi
a voce.
Era confuso ed stremamente
preoccupoato: sapeva che voleva stare con Shantii... ma lui non era
mai stato, come dire, un tipo da dichiarazione.
...ma era anche vero che il solo
immaginare una vita senza di lei gli sembrava assurdo e
impossibile.
Lei era rimasta al suo fianco, sempre.
Anche con tutti i suoi difetti, le sue
stupide fisse, la sua sbadataggine, le battutine stupide quando era
in compagnia di Taron.
Shantii c'era, con i suoi capelli scuri
e il segno sulla fronte, con le sue critiche costruttive e gli
sguardi pieni di rimprovero quando combinava qualcuno dei suoi
disastri.
Quando le teneva la mano, lui non era
più un orfanello imbranato nelle questioni amorose; si sentiva vivo,
ma vivo davvero, perchè era come se la scuola, e il ricordo dei suoi
genitori e la paura di non essere abbastanza (mai, mai abbastanza)
svanivano come in una nuvola di fumo dentro gli occhi scuri di lei,
che lo guardavano come se non esistesse nient'altro.
E capì in quel momento che queste
erano cose che aveva sempre saputo, e allora perchè non ci aveva mai
pensato?
Davvero voleva che restasse tutto così?
Che qualcuno potesse comparire da un giorno all'altro (perchè
l'aveva visto come il biondino del corso di scienze la guardava a
lezione, e si scambiavano sorrisi che lo facevano arrossire mentre
lui rischiava di lanciargli uno scarafaggio stecchito addosso) e
portarsela via?
Dieci minuti dopo era già fuori casa,
in sella alla sua bicicletta amabilmente denominata da lui stesso
'jungle', perchè quando pedalava si sentiva libero e selvaggio come
una giungla e perchè sì, il nome in inglese faceva decisamente figo
(o almeno, così pensava a dodici anni).
Era passato a casa di Shantii cinque
minuti prima, a piedi ovviamente, ma la madre gli aveva detto che era
andata a casa di Lilo che, naturalmente, era dalla parte
opposta della città.
Quindi adesso si ritrovava a pedalare,
cercando nel frattempo di prepararsi psicologicamente al discorso più
importante che avesse mai dovuto affrontare.
“Sei stata grandiosa.”
Era raro che il coach facesse
complimenti di qualsiasi genere, perchè in tutta la città era
famoso per il suo carattere ai limiti del turbolento e irrascibile.
Quando i suoi ragazzi si impegnavano
quotidianamente, tuttavia, egli era solito ammorbidirsi nei loro
confronti ed arrivare addirittura a offrire generosamente pacche
sulle spalle dei nuotatori, che sorridevano cercando di non mettersi
a urlare per il colpo ricevuto da un uomo iper muscoloso dopo tre ore
e mezza di allenamento.
Ma ancora più raro era che i
complimenti fossero per Ariel, sua figlia decisamente affabile e
devota allo sport, che in quel momento era in camera a cercare un
costume normale per la festa di quella sera.
Era appena tornata dagli allenamenti,
ed era stanca come non mai, per non parlare dello stato disastroso in
cui si trovavano i suoi capelli.
Ma quella festa era un'occasione
perfetta per avere finalmente l'occasione di far colpo su Eric, sua
cotta da anni e motivo di innumerevoli sospiri.
Tritone, ancora appoggiato allo stipite
della porta, guardava sua figlia raggiante, ma cambiò espressione
all'improvviso.
“Cosa.. cosa stai facendo?”
Ariel lo guardò di sbieco, ancora
davanti allo specchio: “Mi sto preparando papà. Ricordi la festa
di cui ti ho parlato?”
Lo sguardo del padre si rabbuiò
improvvisamente, facendosi severo.
“Non mi sembrava di averti dato il
permesso di andarci.”
“E invece sì!” lo imbeccò la
ragazza, agitando i lunghi capelli rossi “Mi avevi promesso che, se
l'allenamento fosse andato bene, sarei potuta andare. E oggi ho
battuto il mio record. Credo di meritare un po' di divertimento, non
credi?”
“Non hai l'età per divertirti a un
falò di gente mezza nuda e ubriaca” fu la pronta risposta del
coach, visibilmente dimentico di aver mai promesso una cosa del
genere.
Ariel stavolta si girò verso di lui,
accigliata.
“Papà, non faccio altro che studiare
ed allenarmi. Ho diritto ad andare ad una stupida festa, non pensi? E
poi sarà una cosa intima, tranquilla, tra amici” mentì, sperando
di essere il più convincente possibile.
Conoscendo Aladdin e gli altri, sapeva
per certo che David si era lasciato convincere a comprare alcol a
fiumi, ma in fondo suo padre non avrebbe mai potuto saperlo.
Tritone ora aveva la schiena ben dritta
e gli occhi puntati sulla figlia.
“Tu non ci vai. Domattina hai gli
allenamenti.”
“Non tornerò tardi.” esclamò
Ariel, stavolta senza sorridere, ma con voce ferma.
Si scambiarono uno sguardo lungo ed
intenso, carico di tensione.
“Non ci siamo capiti Ariel. Hai le
gare tra un mese. Non ho intenzione di vederti sprecar tempo per
sculettare con quello stupido moretto che ti piace tanto...”
Ariel si fece livida tutto un tratto,
sbarrando gli occhi e arrossendo.
“Come... come ti permetti?! Non lo
conosci neanche!!”sbottò, alzando il tono di voce di parecchio.
Suo padre reagì alzandola a sua volta,
furioso.
“Non provare a rispondermi in questo
modo! Tu stasera resti a casa e basta, e domani andrai agli
allenamenti come sempre!”
Ariel rimase in silenzio, per un
attimo, ma riprese presto a parlare.
“..no.”
Tritone, ora dentro la stanza, iniziò
a tremare dalla rabbia.
“..che cosa hai detto?”
“Hai sentito benissimo, papà. Passo
le mie giornate ad allenarmi, e sai quanto sia importante il nuoto
per me... ma non posso rinunciare alla mia vita a soli diciotto
anni.”
Tritone stava per rispondere, ma Ariel
uscì dalla stanza senza neanche voltarsi a guardarlo, facendosi
largo tra le sue sorelle che, nel sentire le grida, erano accorse
davanti la sua stanza per intervenire in caso di bisogno (non sarebbe
stata una novità, quei due erano famosi per le loro continue
discussioni).
Tritone rimase basito mentre sentiva la
porta del bagno chiudersi alle spalle di sua figlia.
Si massaggiò le tempie, con aria
stanca, e preso dai suoi pensieri si recò anche lui nella sua
stanza, mentre le sue altre figlie si scambiavano sguardi
preoccupati.
La festa era cominciata da poco più di
un'ora, precisamente attorno alle venti e trenta.
Inutile dirlo, Nani già si ritrovava
sommersa da lattine di birra vuote e collane di fiori che lei aveva
diligentemente confezionato per gli ospiti quello stesso pomeriggio,
e che ora giacevano a terra, probabilmente balzate dal collo degli
invitati scatenatesi durante i balli (che tutt'ora si susseguivano
senza sosta, anche grazie a Naveen, autoelettesi dj della serata con
sommo disaccordo di Tiana).
Ok, David le aveva detto di non
stressarsi durante la festa con la faccenda della sapzzatura e
godersela, con tanto di promessa di risistemare la spiaggia non
appena la festa si fosse conclusa... ma Nani, nonostante fosse
disordinatissima, non riusciva proprio ad accettare la visione della
sua amata spiaggia in quelle pessime (per non dire catastrofiche)
condizioni.
“Nani, invece di fracassarti le palle
con l'ecologia potresti provare a rimandare la salvezza del nostro
ambiente naturale al post- festa e limitarti a ballare con noi?” le
chiese proprio inquel momento Jasmine, mentre tutto il resto del
gruppo assisteva ad un'apassionante gara di bevute tra Rapunzel e
Megara (Hercules la guardava senza avere più la forza di calmarla,
mentre Flynn guardava la biondina come se fosse l'ultimo modello di
xbox.)
Nani sospirò, ma non fece in tempo a
ribattere che l'amica le aveva già afferrato un polso portandola
dritta tra la folla di studenti alle prese con i balli.
Tiana, con Belle e Adam al suo fianco,
la fece roteare su sé stessa, e Nani decise che forse poteva davvero
concentrarsi solo sul divertirsi, una volta tanto.
Sua sorella chissà dov'era, quindi
sarebbe stato anche inutile andare a cercarla... aveva visto
aggirarsi accanto al buffet Trilli e Howkins, quindi probabilmente
era da quelle parti.
Ma David...
“Jas, hai... hai visto David?”
“COSA?!” le gridò Jasmine nelle
orecchie, visibilmente ubriaca e intontita dal volume della musica.
Nani alzò gli occhi al cielo.
Ok, Jasmine in momenti del genere era
perfettamente inutile.
Per sua immensa fortuna Aladdin (che
in quel momento stava porgendo una bottiglia di birra a Jasmine, come
se ne avesse bisogno) le rispose dolcemente dicendole che lo aveva
intravisto accanto alle fiaccole poco distanti.
Nani si fece largo tra la folla e lo
vide, immerso in una chiacchierata con Eric. Accanto, una Ariel
sognante e rossa come i suoi capelli, timidamente appoggiata ad un
masso e totalmente a disagio.
Captando l'infallibile segnale di
emergenza che, si sa, le vere amiche hanno nel dna, li raggiunse con
eccessivo entusiasmo.
E, con il termine eccessivo, intendo
dire che corse contro a David per abbracciarlo, prendendo ovviamente
male le distanze e sfracellandosi al suolo, uscendone comunque
piuttosto bene, tralasciando l'orgoglio ferito e il ginocchio
sbucciato.
Bene, Nani, promemoria: la prossima
volta che vuoi fare la disinvolta, cortesemente, RIPENSACI.
“Tutto bene Nani? Accidenti che
botta...” Ariel la fece sedere sul masso dove lei stessa era
appoggiata pochi secondi prima, spostandole amorevolmente una ciocca
di capelli dietro le orecchie.
Nani sorrise, impacciata.
“Oh, certo, tutto a posto..
piuttosto, scusate se vi ho interrotti! Parlavate di qualcosa in
particolare?”
Oh, tesoro, sei una grande... avrai
anche fatto una figura di merda, ma hai recuperato stupendamente!
David la osservò spaesato: “Emh...
no, solo della prossima stagione sportiva. Ariel ci stava dicendo che
è stata selezionata per le gare regionali.”
Nani non capiva il senso di una
conversazione così pallosa in un contesto come quello, tuttavia
decise di ricambiare finalmente l'enorme numero di favori che aveva
collezionato con Ariel nel corso degli anni (se non fosse stato per
lei sarebbe stata già picchiata dal coach per le sue scarse doti
sportive, per non parlare poi di quando il pesce rosso dell'amica era
misteriosamente scomparso dopo che lei, con Stitch a seguito, le
aveva fatto visita... il cane aveva vomitato per una settimana, Nani
non aveva dormito per giorni sognando il povero Nemo che allegramente
galleggiava nello stomaco di quel dinosauro in miniatura).
Si alzò e prese David per mano,
portandolo via con la scusa di una passeggiatina romantica e
lasciando soli Ariel ed Eric.
Il ragazzo sorseggiò la sua birra
seguendo David e Nani con lo sguardo, poi si voltò verso Ariel, che
dal canto suo stava palesemente rischiando un collasso emotivo.
“Ora che ci penso,ultimamente ti ho
vista pochissimo in giro. E' per via degli allenamenti?” chiese il
ragazzo, dolcemente.
Ariel arrossì ancor più visibilmente,
ma capì all'istante che probabilmente l'occasione di avere una
conversazione a due con Eric non si sarebbe ripresentata molto presto
e colse la palla al balzo.
Sorrise calorosamente e cercò di darsi
una calmata... in fondo, era solo un ragazzo.
Uno splendido, dolcissimo, meraviglioso
ragazzo, nonché suo futuro marito.
...ok, questa era solo una fantasia, ma
era famosa per essere una ragazza con la testa tra le nuvole.
“... esatto. Tra le lezioni e il
nuoto non ho quasi tempo libero neanche per vedere le ragazze. E te
invece? Continui a non voler fare parte di nessuna squadra
sportiva?”
“I miei unici amori restano il mare e il surf.”
esclamò lui, avvicinandosi e togliendole una ciocca di capelli
cadutole davanti gi agli occhi.
Nonostante il rumore attorno a loro,
Ariel non si era mai sentita così accerchiata dal silenzio in tutta
la sua vita, come se si trovasse all'interno di una gigantesca bolla
di sapone con Eric.
“...sai, è strano vedere Jasmine e
le altre in giro senza di te. E' tanto che non ci facciamo una
chiacchierata.”
Eric aveva detto quella frase con tutta
l'innocenza del mondo, ma quando Ariel ricambiò il suo sguardo e i
loro occhi si incontrarono sentì una fitta allo stomaco e per un
attimo gli venne a mancare il respiro.
Certo, Ariel era sempre stata una delle
ragazze con cui aveva più confidenza... forse per la loro passione
in comune per il mare, restava il fatto che negli anni precedenti non
erano mancate occasioni in cui si era ritrovato piacevolmente in sua
compagnia, anche da soli, a ridere.
Era una ragazza molto intelligente e
matura, piena di aspirazioni e con un talento straordinario per il
nuoto, e questo lo aveva sempre saputo.
...ma da quando era anche così
dannatamente carina?
Peter non era mai stato un barlume di
intelligenza, e ne era totalmente consapevole.
Eppure, pensò, perfino lui riusciva a
capire l'ovvio motivo che aveva spinto Wendy Darling a mettere un
bikini di almeno due taglie più piccole.
Per carità, non che la cosa gli
dispiacesse, solo che forse stavolta aveva davvero esagerato; non per
nulla, tutti gli individui di sesso maschile della Disney High
presenti in quel momento sembrava avessero fatto delle sue tette il
fulcro centrale della serata.
E mentre Wendy sorseggiava una birra
con eccessivo trasporto lì davanti a lui, e si appoggiava al suo
petto fingendo di essere sbronza (o forse un po' lo era davvero,
Peter non avrebbe saputo dirlo con precisione) , lui riusciva
soltanto a sentirsi combattuto tra l'imbarazzo e le sue solite manie
di grandezza.
Beh, Wendy era una delle più carine di
tutta la scuola, famosa tra l'altro per essere anche una gran troia,
ma lui aveva deciso tempo fa di passare sopra a questo piccolo
dettaglio.
La ragazza si era fissata con lui
quell'anno, era stato la sua 'vittima designata' come lo chiamavano
scherzosamente Jim e gli altri.
Quella sera, sotto le stelle e la luce
della luna e con la brezza del mare che gli solleticava la pelle nuda
del petto e delle gambe, Peter non poteva fare a meno di sentirsi
attratto ancora più del solito da lei.
Sapeva quel che gli altri pensavano di
lui: che era un bambino in un corpo troppo cresciuto, uno sciocco
farfallone privo di qualsivoglia talento, uno sbruffone e
presuntuoso... tuttavia, con il tempo aveva capito che l'essere così
com'era non lo faceva sentire inferiore agli altri.
Certo, si rendeva conto di quanto fosse
incredibilmente tonto, alle volte... ma Trilli una volta scherzando
gli aveva perfino detto, tra le risate, che quella caratteristica lo
rendeva anche estremamente carino.
“...insomma, credi che dovrei?”
“Eh? Cosa?”
Wendy aveva parlato per una ventina di
minuti senza interruzione alcuna (comprese quelle per la
respirazione), e solo adesso Peter si era reso conto di non aver
capito assolutamente nulla della conversazione, troppo preso dalle
sue elocubrazioni mentali per darle retta.
Non che la visione delle sue tette gli
rendesse poi facile la cosa, sia ben chiaro.
Wendy gli diede uno schiaffetto
affettuoso sulla guancia e Trilli, poco distante, più tardi avrebbe
giurato a Lilo che quella che era seguita, più che ad una risata,
era stata simile al nitrito di un cavallo.
“Oooh, Peter... perchè non mi
ascolti mai, quando parlo?”
Peter avrebbe voluto tanto risponderle
che lo avrebbe anche fatto, se solo lei si fosse ricordata di
comprare un costume della grandezza giusta, ma si limitò a
sorriderle: “Scusami, hai ragione, io... mi ero distratto.”
Wendy si alzò sulla punta dei piedi e
avvicinò il volto al suo, tanto da sfiorargli il naso, sbattendo le
ciglia con una certa eloquenza.
“...cosa ti distraeva?” gli chiese
con voce bassa e seducente, e Peter non riuscì più a controllarsi:
la prese per il mento, baciandola senza il minimo pudore.
A poca distanza da loro, Lilo e il
resto del gruppo li guardava privi di coinvolgimento emotivo, ad
eccezione di una Trilli misteriosamente scomparsa verso il bagno
(seguita a ruota da Shantii, già pronta con i fazzoletti in mano) e
Lilo, che gli urlò sgraziatamente dietro: “Peter, tu e quel cesso
ambulante trovatevi un parcheggio e pomiciate lì. Non ci tengo a
vomitare.”
Peter la mandò a quel paese e si
allontanò verso il campo di beach volley deserto, ben distante dal
caos della festa.
Wendy, che camminava a braccetto con
lui, di tanto in tanto pretendeva di fermarsi per un altro bacio, ma
Peter voleva allontanarsi dagli sguardi indiscreti degli altri.
Sapeva – oh cielo, sapeva benissimo-
che Jim e Taron lo avrebbero fatto a pezzi per quella storia, ma
Wendy aveva su di lui lo stesso effetto di un pacchetto di caramelle
su un bambino.
Era così attraente da essere
invadente; invadente perchè ormai si ritrovava in balìa dei
pensieri rivolti a lei, dei suoi messaggi, del suo essere
incessantemente nella sua testa.
..sapeva di non essere innamorato,
quello no.
L'amore, ne era certo, era ben altro.
Ma Wendy era carne: era il seno, il
profumo della pelle, i gemiti quando la baciava. Non si era mai
sentito così adulto come quando stava con lei.
Lo trattava come se tutta la vita fosse
fatta per vivere quei momenti di intensità, di desiderio.
Arrivarono al campo, completamente
deserto e avvolto dal buio; in lontananza si sentiva la musica
pompare dalle casse, un misto tra melodie hawaiiane e disco, frutto
del talento di Naveen.
Peter cercava di combattere l'ansia che
lo stava invadendo tutto un tratto, perchè certe cose si sentono a
pelle ancor prima che accadano.
E sapeva cosa stava per succedere, e
forse non era pronto... o forse sì?
Avrebbe voluto prepararsi meglio,
aspettare, rifletterci.
Ma poi Wendy lo baciò con passione, e
un attimo dopo lui sembrò dimenticarsi di tutte le sue paure.
Quella ragazza era stupida come un
tacchino, ma sapeva muovere la lingua come fosse sotto l'effetto di
un incantesimo.
Peter ripensò in un istante a tutte le
volte che Jim e gli altri lo avevano preso in giro dandogli del
bambino, o che Lilo lo aveva definito immaturo.
Perfino Trilli, la sua Trilli,
quando litigavano concludeva la discussione con un “cresci, Peter.”
Beh... Peter Pan, quella sera, sarebbe
diventato un uomo. E sarebbe stato il primo.
Forte di questa convinzione, strinse
Wendy a sé e approfondì il bacio, rendendolo ancora più intimo.
Lei si scostò un attimo, sciolse i
boccoli dorati e gettò l'elastico da qualche parte tra la sabbia.
Poi sorrise e lo prese per le spalle,
facendolo sdraiare sulla sabbia gelida e scura della notte.
“... ti voglio, Peter.”
Peter in tutta risposta la baciò con
trasporto, lasciando che il freddo pungente della notte diventasse
l'ultimo dei suoi pensieri.
Jasmine era ubriaca.
Non che fosse una novità in occasioni
simili, ma questa volta si era ridotta proprio male.
Rapunzel cercava, assieme a Belle,
Tiana e Adam di portarla verso la riva a prendere un po' d'aria
fresca, ma quella si era incantata a guardare Jim e David che
disputavano la finale della gara di surf notturno indetta da David
stesso ( e fonte di grande entusiasmo da parte degli invitati),
continuando a dire: “io ADOOOOORO il mare di notte... è... coooosì
romantico!”
Aladdin si era recato al buffet per
prenderle un bicchiere d'acqua una quindicina di minuti fa, ma quando
Rapunzel e gli altri si voltarono verso le bevande videro il ragazzo
completamente avvolto dalle
braccia di Aurora, anch'ella visibilmente brilla e bellissima come
non mai.
Biancaneve
e Cenere avevano ben pensato di lasciare l'amica sola in quelle
condizioni per ballare spassionatamente al centro esatto della folla,
e Tiana notò con incredulità le occhiate e i baci che entrambe
mandavano a Naveen da sotto il palco, mentre lui muoveva
freneticamente le braccia a ritmo di musica e sorrideva ammiccando.
Aurora
accarezzava languidamente gli addominali di Aladdin che, visibilmente
imbarazzato, abbozzava un sorriso forzato.
“Cosa...
cosa fa quella troia?”
Rapunzel
alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perchè Jasmine dovesse usare
un gergo così elegante anche
da ubriaca, e Belle non fece in tempo a rimproverarla che Jasmine si
liberò dalla stretta della sua mano e si avviciò al tavolo del
buffet a passo di marcia.
Ok,
tutti sapevano che Aurora e Jasmine non erano mai, mai andate
d'accordo.
Diciamo
che entrambe amavano rovinare la vita dell'altra... ma il fatto che
adesso ci fosse di mezzo anche Aladdin (grande motivo di gelosia da
sempre per Jasmine) non lasciava prevedere nulla di buono.
Consapevoli
di ciò, Tiana e le altre erano già alle calcagna di Jasmine, che
ora si ritrovava a pochissima distanza tra i due.
“Al...
muoio dalla voglia di baciarti, sai?”
Aurora
avvicinava il proprio volto a quello di Aladdin con insistenza, ma
lui la prese per i gomiti e le sorrise languido.
“Ne
abbiamo già parlato... sei bellissima, dico davvero. Ma non sono
interessato.”
Aurora
mise il broncio, le labbra lucide e profumate, così rosee da
sembrare ricoperte di glassa alla fragola.
Mise
una mano dietro il collo di Aladdin, facendo pressione per incontrare
le sue labbra.
Il
ragazzo, dal canto suo, sembrava stesse lentamente perdendo quel poco
di lucidità rimastagli (non per nulla, era famoso per essere il
compagno di sbronze per eccellenza di Jasmine) e socchiuse gli occhi.
...Aurora
era dannatamente bella.
“...non
ti piaccio proprio?”
Aladdin
distolse lo sguardo, ma non si allontanò, lasciando il viso a pochi
centimetri da quello della ragazza: “... Filippo... è un mio
compagno di squadra. Sarei una merda.”
“Ma
lui stasera non è qui... lo sai, vero, che ha la febbre alta?”
chiese Aurora, sospirante. “Poverino. Si è perso la festa. Ma
noi...siamo qui.” Guardò Aladdin dritto negli occhi.
Erano
mesi che aspettava questo momento.
“...la
notte è nostra.”
Aladdin
non fece in tempo a voltarsi e andarsene che Aurora lo baciò senza
pensare; il ragazzo ricambò per un istante, ma il suo buon senso si
fece largo nella mente e lo costrinse a distogliersi, lasciando la
ragazza con le labbra ancora protese.
“...no!
Io... non provo niente per te..” biascicò qualcos'altro, poi si
arrese alla certezza di essere molto più brillo di quanto non avesse
voluto.
Ciò
che accadde nei cinque minuti successivi al bacio fu un caleidoscopio
di azioni dettate dal casino, dalla birra e dall'idiozia di quello
stupido di Aladdin, che guardò inerme e sconvolto (con tanto di
bocca aperta fino a terra e occhi fuori dalle orbite) Jasmine che
tirava un destro dritto in faccia ad Aurora.
La
cheerlader accusò il colpo, voltando la testa da un lato e
reggendosi la guancia con una mano.
Le
reazioni alla scena furono varie: Rapunzel aveva lanciato un
gridolino isterico, saltando su sé stessa; Tiana mostrava un sorriso
a denti stretti e sguardo vuoto, in pieno stile di una paralisi
facciale tipica di chi ha un grave disturbo psicologico (in questo
caso, la povera ragazza era semplicemente arrivata al suo massimo di
sopportazione, datesi che spesso e volentieri si dimostrava l'unica
sana di mente in quella gabbia di matti); Belle aveva stretto il
braccio di Adam nervosamente, affondandoci le unghi senza pudore (e
procurando al fidanzato un dolore non indifferente).
La
folla di studenti attorno a loro si era di colpo bloccata alla vista
della scena, così come la musica.
Per un
istante si era sentito il chiaro rumore dei cd che si fermano e
Naveen che gridava: “Oh cazzo” al microfono, dimenticandosi per
un istante di essere ben udibile da tutti.
Finn
aveva addirittura sputato il suo cocktail in faccia al povero Shang,
mentre Hercule e Megara avevano interrotto la pomiciata serale per
fare una scommessa di cinque dollari sulla reazione di Aurora.
Biancaneve
e Cenere provavano a farsi largo tra la folla, ma prima che Aurora
potesse avere un qualsiasi tipo di reazione Aladdin afferrò Jasmine
per un polso e la condusse via.
Si
affrettò a recuperarne la borsa e raggiunse il parcheggio,
lasciandosi alle spalle la spiaggia, gli amici, la festa e Aurora con
la sua guancia livida.
Lilo
non era una grande sentimentalista, e le cose che riuscivano a
trasmetterle una vera emozione si potevano contare sulle dita di una
mano.
Era
sempre stato così, sin da bambina: nonostante prima di raggiungere
la pubertà fosse una ragazzina dolce, era spesso imbronciata e un
po' apatica.
Non le
piaceva granchè la compagnia, né le interessava risultare
antipatica; era semplicemente fatta così, e non se ne vergognava.
Ma la
vista dell'oceano, delle onde infrangersi contro gli scogli, riusciva
sempre a rasserenarla.
Sin da
piccola i suoi genitori la portavano con Nani a fare surf, e assieme
alla danza era una delle poche passioni che la legavano all'infanzia.
A
quando c'erano ancora mamma e papà.
“...
cosa ci fai qui?”
Aveva
i piedi affondati nella sabbia, seduta con le ginocchia strette al
petto, e non cambiò posizione,
Sapeva
a chi apparteneva la voce alle sue spalle, e cercò di reprimere la
sensazione del cuore che le saliva alla gola.
“Ti
prego, non farmi rispondere con una roba come 'potrei farti la stessa
domanda'. Certe merdate possono dirle giusto nei telefilm, ma nella
vita reale fanno cagare.”
David
rise e le chiese se poteva sedersi accanto a lei; Lilo in tutta
risposta sbuffò, ma lui fece comunque di testa sua, prendendo posto
alla sua sinistra e sedendosi scompostamente.
“...mi
sembrava strano che ancora non ti fossi estraniata. Sei stata in
mezzo alla gente per quasi tre ore, non hai avuto nessuna reazione
allergica?” scherzò lui.
Lilo,
suo malgrado, sorrise.
“Effettivamente
stavo architettando un piano di fuga, ma la scenetta che ha messo su
Jasmine con quella troietta di Aurora ha dato una svolta alla mia
serata.”
David
la guardò sorridere e non resistette all'impulso di sfiorarle una
spalla; Lilo cambiò immediatamente umore e si sottrasse al suo
tocco, scostante.
Il
ragazzo rimase con la mano nel vuoto e la osservò, incupendosi.
“...sono
arrivato al punto da farti paura?”
Lilo
sospirò e si ricompose: “David... dov'è mia sorella?”
“Sta
ballando con le altre. Io... avevo voglia di stare con te.”
Lilo
lo guardò tremante.
Una
vita intera a cercare di combattere le sue emozioni, e ora ogni sua
certezza si sgretolava come gesso quando guardava quello stupido
negli occhi.
Magnifico,
Lilo, bel lavoro.
Sedici
anni di convinzioni buttati nel cesso dell'amarezza. Uao.
Si
voltò dalla parte opposta, imponendosi di non guardarlo, anche se
ogni particella del suo corpo avrebbe voluto stringerlo a sé,
accarezzarlo, fare di nuovo l'amore, come quel pomeriggio di
primavera.
Era
successo così, nato dal nulla: una svolta inaspettata di quello che
sembrava un percorso delineato sin dall'infanzia, quando lui e Nani
si erano giurati amore eterno a quattro anni nella loro cucina e Lilo
li aveva spiati dalla porticina per il cane, piangendo e scappando
via.
Quel
giorno si erano ritrovati a casa di David da soli; lei gli aveva
chiesto di ospitarla dopoun litigio furioso con Nani, poco prima che
arrivassero Rapunzel e le altre per una sessione di studio.
Nani
l'aveva praticamente cacciata di casa per le quattordici ore
successive, e lei si era ritrovata a piangere (ebbene sì, a
piangere) sul divano
di David, l'unico con cui poteva trovarsi d'accordo sul caratteraccio
della sorella.
E
David non aveva mai visto Lilo così umana, così adulta, ora che
piangeva invece come una bambina
Gli
sembrava di aver perso la condizione del tempo, e senza capire
neanche lui cosa lo spingesse a farlo, l'aveva baciata.
Un
bacio soffice, appena percettibile, ma che era bastato per
risvegliare in Lilo i sentimenti di una vita.
Si tratta solo di questo, aveva
detto lei, nuda sotto di lui.
E' solo sesso. Solo oggi. Non dovrà
significare niente.
E
David non aveva mai capito se lo stesse dicendo a lui o a sé stessa;
successe quel che doveva succedere, e Lilo se ne andò così come era
arrivata, portandosi dietro i suoi capelli scuri e il vento
dell'irrequietezza che l'aveva sempre contraddistinta.
Adesso,
a mesi e mesi di distanza, David si ritrovava ancora qui, al suo
fianco, cercando di aprire la finestra per sentire di nuovo quel
vento, che gli aveva cambiato la vita così improvvisamente.
Era
ancora innamorato di Nani, sul serio.
Ma
Lilo era il tassello di sé che aveva sempre cercato.
Era
possibile amare due persone contemporaneamente? Era eticamente giusto
pensare a due sorelle?
“...non
ripetermi che non provi niente per me, perchè so che non è vero.
Lilo, guardami.”
David
le sfiorò una guancia e lei si voltò, mostrando il viso in lacrime.
“Non
posso fare questo a Nani. E neanche tu. E' mia sorella, e la amo.”
David
le accarezzò una guancia, e per un istante si godettero il suono
delle onde del mare e della musica distante.
Lilo
non riusciva a non pensare che Nani era l', da qualche parte,
inconsapevole di quanto marcio ci fosse nella sua vita, ballando come
era giusto che facesse.
David
poi la guardò dritta egli occhi, lo sguardo velato da un tremore
dettato dall'emozione: “La amo anche io. Ma...”fece una pausa,
sospirò e si avvicinò al suo viso.
“Perdonami,
ma amo anche te. Non so se sia possibile amare due persone nello
stesso momento... ma sento che è questo quello che provo. E ti amo,
Lilo.”
Lilo
avrebbe voluto avere la forza di alzarsi e andarsene, di mandarlo a
quel paese, di lasciarsi alle spalle tutta quella storia una volta
per tutte.
Ma
quando David posò le labbra sulle sue, non riuscì a distoglierle, e
si concesse almeno quello, almeno un bacio, uno solo.
Nella
speranza che fosse l'ultimo.
“Non
ci credo... l'hai baciata.”
Come
se sopportarla in macchina, sorreggerla mentre apriva la casa con la
propria copia delle chiavi (l'ambasciatore era fuori per il fine
settimana) e trascinarla sulle scale non fosse stato abbastanza, ora
Aladdin doveva sorbire Jasmine perfino mentre lei continuava a
riempirlo di insulti.
Senza
farsi troppo problemi le tolse di dosso i vestiti, lasciandola in
costume da bagno, e aprì l'acqua ghiacciata della doccia del bagno
megagalattico al secondo piano.
Le
sciolse i capelli mentre lei riprendeva fiato tra una polemica e
l'altra, ancora in preda agli effetti dell'alcool (lui era tornato
lucido dopo lo shock del pugno).
“Ti
senti bene?” le chiese dolcemente, mentre l'acqua scrosciante
aumentava e comincava a farla avvicinare.
Lei
gli lanciò uno sguardo pieno di cattiveria: “...hai baciato
Aurora. Sei una merda!”
“Jas,
è stata lei a baciare me.” esclamò spazientito. Poi la guardò
rapido: “E comunque, anche se fosse, non capisco dove sia il
problema. Non è una cosa che ti riguarda.”
Jasmine
sembrò non interessarsi minimamente all'ultima frase, e in un attimo
cambiò espressione, rabbuiandosi.
“...lei
ti piace?”
Glielo
chiese senza preamboli, guardandolo dritto negli occhi, appoggiata al
pannello della doccia, il costume azzuro che le lasciava leggermente
scoperto un seno.
L'atmosferà
sembrava essere cambiata nell'arco di un istante, e Aladdin cercava
di fare chiarezza.
Optò
per una risposta sincera ma vaga.
Domani
non si sarebbe ricordata un bel niente, ma al momento era importante
non farla arrabbiare.
“...non
ho intenzione di farci nulla. Lei mi ha baciato, io l'ho baciata. E'
stato solo un attimo.”
“Quindi
non ti piace?” chiese lei, insistendo.
Sospirò:
“Non è il mio tipo, diciamo. E ora, sotto la doccia! Ti ci vuole.”
Le
aprì l'anta e lei fece per entrare, poi si bloccò, mentre l'acqua
le bagnava una parte della testa.
“Cosa
c'è?” le chiese Aladdin, stravolto.
Jasmine
si avvicinò pericolosamente.
“...se
baci anche le ragazze che non ti piacciono, perchè non baci anche
me?”
Aladdin
sussultò, ed entrambi si guardarono in silenzio.
...no,
lei era ubriaca.
Non...
non doveva cascarci. Non poteva approfittarne. Le voleva bene, erano
migliori amici.
“...perchè
ti voglio bene.”
“Ma
non ti piaccio, no?” chiese lei immediatamente.
Aladdin
le guardò le labbra e, santo cielo, quanto avrebbe voluto poterla
baciare, ma no, no, idiota, non poteva farlo, sarebbe stato un totale
disastro.
Era
l'alcool.
Lo
pensava solo perchè era ancora sotto il flusso dell'alcool. Solo per
questo.
Non
provava più niente per Jasmine da anni, ormai.
Ora
erano solo amici, quasi come fratello e sorella, cugino e cugina...
sì insomma, roba tra parenti.
“No,
non mi piaci.” rispose lui, spingendola nella doccia con
delicatezza e lasciandola sotto il fullo dell'acqua calda.
Jasmine,
tuttavia, lo prese per il colletto della maglietta e ridendo lo mise
sotto il getto, bagnandolo da capo a piedi.
Aladdin
avrebbe voluto arrabbiarsi, e per un momento lo fece, ma poi vide
Jasmine ridere e sembrò destarsi da un sogno, e non sentì più
l'acqua scorrergli lungo il corpo e bagnargli i vestiti.
Jasmine
smise di ridere quando vide che lui la osservava e ricambiò lo
sguardo, seria.
“...hai
baciato Aurora, anche se lei non ti piace. Hai detto che non ti
piaccio... quindi, bacia anche me Al.”
Aladdin
pensò che Jasmine fosse sbronza a livelli veramente apocalittici,
perchè mai erano arrivati a un punto simile.
La
fissò per un istante, poi si chinò e i loro nasi si sfiorarono.
Immagimò
che da un punto di vista esterno la scena fosse alquanto bizzarra, in
due sotto una doccia enorme, lui ancora con le infradito ai piedi e i
vestiti indosso, lei il trucco colato e il costume.
Ma era
così bella.
E capì
che lei non avrebbe ricordato comunque nulla.
Poteva
farlo e tenerlo per sé, per vedere cosa succedeva, cosa avrebbe
provato.
Magari,
una volta tolto lo sfizio, sarebbe riuscito a dimenticarsi di lei
come donna una volta per tutte.
Le
voleva bene, era sua amica... oh mio dio, era così bella.
“Promettimi
che te ne dimenticherai.” disse lui, piano.
Lei
non rispose, confusa e frastornata.
Sentiva
solo il cuore esplodergli nel petto e la testa pulsare.
E poi
le labbra di Aladdin sulle sue.
Nella tana dell'autrice.
Giuro, vi do il permesso di uccidermi. Sfortunatamente, con gli
aggiornamenti sono un disastro, e con l'ispirazione ancora peggio...
mi dispiace davvero. Questo capitolo è stato un PARTO. La parte di
Mowgli era pronta da due mesi, e per settimane non ho fatto che
scrivere del falò e cancellare, per poi ricominciare tutto da
capo... e insomma, ho fatto un pasticcio, ma spero il risultato sia
valso l'attesa. Per farmi perdonare, ho scritto un capitolo ancora
più lungo del solito (12 pagine, perchè anche se non sembra vi
voglio tanto bene).
In più, ho trovato un lavoro che mi tiene impegnata per circa 8
ore al giorno ad orari alterni, perciò ho dovuto incastrare un po'
tutto. Mi auguro davvero che il capitolo non vi abbia delusi...la
parte di Aladdin e Jasmine era programmata sin dall'inizio, un giorno
mi stavo passando lo shampoo e ho pensato che sarebbe stata una
figata una scena sotto la doccia, così eccola. Lo so, è totalmente
idiota, ma in realtà lo è tutta la fanfiction, quindi non pensateci
:3.
Peter perde la verginità! Ahahahahahah, è talmente poco
credibile da essere adorabile. Wendy mi sta profondamente sul cazzo,
non me ne vogliano le sue fan. Comunque anche lei avrà un suo
spessore psicologico nei prossimi capitoli.
A tal proposito... mi sono fatta un'idea della storia nella sua
interezza, e penso che conterà una ventina di capitoli, forse anche
qualcosina in più. Non so, devo vedere come starò messa ad
ispirazione, ma trattandosi di vita quotidiana (e di un numero
SPROPOSITATO di personaggi) non sarà difficile, ho già mille idee.
Non è facile gestire così tanti protagonisti, ma l'intento è
quello di distrarvi dagli impegni quotidiani e farvi divertire, e
spero di riuscirci. <3
Spero che lastoria di David e Lilo non vi scandalizzi troppo. Lo
so, sono sadica. E pensare che nella vita reale ho conosciuto gente
che tra sorelle si scambia i partner... e che volete farci, ognuno ha
i suoi hobby. Voglio dire, io canto le canzoni di Glee al karaoke e
getto patatine fritte addosso ai colleghi e mi diverto un mondo così.
Magari la pazza sono io XD
Come sempre, grazie per il sostegno e l'amore che avete nel
seguirmi,per le recensioni, i complimenti o anche solo la lettura
della storia. Ogni singola attenzione mi fa piacere, pian piano
risponderò a tutte le recensioni. IL prossimo capitolo arriverà
prima, promesso.
Vi auguro, con la scusa, buone feste <3 E mi raccomando, a
Capodanno UBRIACATEVI. Siamo giovani, è giusto che sia così. Ma con
moderazione :) CIAO <3
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
CAPITOLO 5
Sapeva che sarebbe finita
così.
Alice aprì gli occhi,
lentamente, ritrovandosi davanti una Trilli ancora nel mondo dei
sogni, gli occhi chiusi e gonfi e le guance arrossate.
La luce della mattina
filtrava nella stanza di Lilo (chissà perchè si ritrovavano sempre
a dormire lì dentro, per un motivo o un altro), e Stitch, nel letto,
leccava svogliatamente la bambola d'infanzia di Lilo, che russava
sonoramente.
Si alzò dal cumulo di
lenzuola colorate dove si era rifugiata qualche ora prima, rischiando
per un momento di inciampare su Ailyn, e attraversò la stanza per
raggiungere il cellulare, abbandonato a se stesso sulla scrivania
disordinata dell'amica.
Alice si concesse un istante
per guardarsi attorno.
La stanza di Lilo era sempre
stata grande e curiosa, con quella sua forma circolare e buffa; sua
madre, tuttavia, sarebbe impallidita davanti a un disordine simile.
Ovunque c'erano oggetti
abbandonati sul pavimento-fogli dei compiti, scarpe e calzini
spagliati, animali di pezza, ma soprattutto fotografie, fotografie
dappertutto: sul tappeto, appese a dei fili colorati che pendevano
dal soffitto, sulla porta di ingresso, lungo i muri.
Lilo aveva questa specie di
ossessione per le fotografie che la faceva uscire di testa, se la
portava dietro (insieme a Stitch) sin da quando era piccola, con
quella sua Polaroid vecchio modello che scattava istantanee ad ogni
ora del giorno.
Non c'era nulla di meglio,
per lei, che scattare foto su foto, che fossero fuori al cinema o al
parco dietro la scuola.
Un pò come la pittura per
lei, anche se non era proprio una passione, ecco.
Le piaceva semplicemente
prendere il pennello e i colori e lasciarsi andare sulla tela come se
fosse un'amica; certo la rilassava, ma in realtà a volte le sembrava
che anche questo non fosse altro che un inutile hobby.
Lanciò un'occhiata
assonnata a Shantii e le altre, ancora dormienti, e di nuovo la
assalì quel senso di inadeguatezza cui ormai era quasi abituata.
... ognuna di loro aveva un
interesse, una caratteristica, un qualcosa che le rendeva uniche e
speciali.
Ma lei?
Cosa aveva, lei?
Oltre quel faccino tondo e i
capelli biondi e i vestiti con i nastri e i fiori disegnati, cosa
c'era a renderla speciale?
Se lo chiedeva davvero
troppo spesso, e perennemente restava a fissare la sua immagine allo
specchio per ore, così vuota, così insulsa, così... perennemente
inadeguata.
A volte avrebbe voluto
strapparsi quel corpo di dosso e lasciare che la sua anima se ne
volasse in giro, indisturbata.
Entrare nel cuore delle
persone e capirne i pensieri, le frustrazioni (anche se si rendeva
conto che era più un discorso da psicologa del cazzo che da
adolescente in crisi, ma si sa, lei era una tipa artistica, e gli
artisti hanno il diritto di essere fuori come cocomeri).
La suoneria del suo
cellulare la distolse dai pensieri e rapida lo acchiappò, per
evitare che le altre si svegliassero – prima regola del gruppo:
mai, per nessuna ragione al mondo, svegliare Trilli prima delle nove
di mattina di sabato.
Stitch la seguì
scodinzolante mentre lasciava la stanza di Lilo e si avventava sulle
scale; si sedette sui gradini di legno e rispose, affannata, senza
neanche leggere il nome sul display, dando per scontato che fosse
quella gran rompiscatole della madre.
E chi altri sarebbe
potuto essere?
"Mamma,
ti avevo già detto ieri che sarei tornata per l'ora di pranzo."
esclamò acida, senza dare all'interlocutore neanche il tempo di dire
'Pronto?'.
La voce
dall'altra parte dell'apparecchio ridacchiò, un pò a disagio.
"Qualcosa
mi dice che stavi dormendo."
...oh
merda.
Quella
non era decisamente la voce di sua madre.
Incredula
allontanò il telefono dall'orecchio per leggere il nome sullo
schermo.
Jim.
Jim
Howkins.
... un
attimo... JIM?!
"Oh
Jim, ti prego sc...scusami!" quasi urlò, imbarazzata, le guance
rossissime per la figuraccia.
La
risata di Jim le arrivò sin dentro lo stomaco tanto era limpida e
sinceramente divertita, e per un istante cercò di dimenticare quanto
il cuore, la sera prima, aveva aumentato il suo ritmo quando lo aveva
visto sulla tavola da surf – come diavolo faceva a essere sempre
così carino?
"...volevo
semplicemente chiedere a Trilli se aveva visto Pan da qualche parte,
ma penso di essere stato un pò troppo mattiniero."
Alice
restò ad ascoltarlo mentre farneticava sull'essersi alzato presto
per non-aveva-capito-quale-impegno-per-il-locale, cercando qualcosa
da dire che non la facesse sembrare una cogliona totale.
Optò
per dei versi interessati, fino a quando Jim, con apparente
disinvoltura, non le chiese allegro: "...quindi beh, ho aiutato
Amelia con gli ordini per il Banbow e ho finito, così credo di
essere libero oggi pomeriggio. Pensavo di andare tutti insieme al
Luna Park vicino alla baia."
Alice
sospirò: "Jim, io non so... ma ad ogni modo, non dovresti
studiare per il compito di Lunedì?! O te ne sei dimenticato?"
E Jim
rise di nuovo, scuotendo il capo: "Prima pensiamo alle cose
importanti! Ma ti prometto che domani mi metto a studiare!"
Alice
avrebbe voluto ribattere (Jim era famoso per essere un amante del
rischio, ok, ma come diamine faceva tutti gli anni a non avere un
filo di ansia nel trovarsi a rischio di bocciatura? Doveva seriamente
avere qualcosa di strano nel cervello...non so, probabilmente
segatura); Jim però le mando un bacio dicendole di 'mettersi carina'
e avvisare le altre di farsi trovare a scuola per le quindici per poi
andare assieme.
Arrossì
di botto, rientrò nella stanza e posò il telefono sulla scrivania
di Lilo (o meglio, sugli unici cinque centimetri liberi da
cianfrusaglie) per poi voltarsi e osservare Trilli che dormiva, gli
occhi chiusi ma visibilmente gonfi.
...
sapeva cosa aveva fatto Peter la sera prima, o meglio, lo sapevano
tutti.
Non che
ci volesse un genio per capirlo, ci era arrivato perfino Taron (che
non avrebbe scoperto cos'è la malizia neanche se lo avesse morso sul
naso); Trilli era rimasta a piangere per buona parte della serata,
mentre Shantii, che era sempre la più adatta a questo genere di
cose, aveva rinunciato alla sua prima notte come Ragazza Ufficiale Di
Mowgli (dopo quindici anni, beh, complimenti) per reggerle la testa
mentre quella poveraccia, per il nervoso, sembrava si vomitasse
perfino le orbite- detto alla maniera di Lilo.
Già,
Lilo: lei si era messa a cercare Peter in mezzo agli invitati,
rinunciando a ballare, ma fortunatamente non lo aveva trovavo.
Tuttavia,
era sparita per delle ore, e Alice lì per lì non aveva voluto
approfondire la questione, ma ora che ci pensava... che diamine stava
combinando?
Voglio
dire, Lilo non era mai stata la ragazza esemplare, ma ultimamente
sembrava appena uscita da un romanzo sulla crisi adolescenziale:
bestemmiava spassionatamente, bigiava le lezioni, picchiava i ragazzi
che ci provavano e qualche giorno prima l'aveva perfino vista
sgridare Stitch, salvo poi voltarsi dopo dieci secondi e
abbracciarlo, stritolandolo come se non ci fosse un domani.
...che
cosa stava succedendo?
Rapunzel
adorava vedersi da sola con Tiana, sul serio.
Cioè,
non che non volesse bene a Jasmine e le altre, ma... beh, Tiana era
Tiana, era tipo la sua Sorella Perduta o qualcosa del genere,
nonostante le loro differenze fossero piuttosto visibili -e non solo
per il colore della pelle.
Tiana
era così autoritaria e sagace, con i piedi ben saldi in terra e le
idee chiare su ciò che voleva e cosa no. Sapeva sempre come
risolvere ogni cosa, uscire dalle situazioni senza farsi prendere dal
panico, pragmatica tanto da far paura.
Lei,
invece, era tutto l'opposto; non che ci fosse qualcosa di male,
nell'essere emotivamente instabili (talvolta Tia le aveva parlato di
una cosa definita 'bipolarismo', ma a lei le etichette non
piacevano... anche se forse non aveva tutti i torti).
Solo che
a volte avrebbe voluto essere risoluta e non sempre con la testa fra
le nuvole – ma in fondo era fatta così, un pò scema forse, ma era
a conoscenza dei suoi pregi.
Uno di
questi era sicuramente la sincerità.
Ora,
questo sarebbe stato sicuramente un ottimo discorso da fare in un
contesto come quello... peccato che, tra i suoi difetti, ci fosse
anche il suo famoso pessimo tempismo.
E così,
mentre Tiana parlava della festa della sera prima come se fosse
appena uscita da un'orgia, e mentre giocherellavano entrambe con la
colazione (il bar vicino la scuola era sempre vuoto a quell'ora di
Sabato, probabilmente per l'interruzione delle lezioni) lei disse con
molta delicatezza, sorridendo: "Tia, tesoro, smettila di rompere
le scatole su quanto la festa ti abbia fatto cagare. Dillo che ti
rodeva a vedere Bianca e Cenere sculettare davanti a Naveen."
Tiana
sbarrò gli occhi, manco fosse un cartone animato, e si voltò verso
la finestra accanto a loro, profondamente offesa: "... mi
rifiuto anche solo di rispondere a una simile affermazione."
Rapunzel
sorrise sgargiante, dando un morso al suo muffin al cioccolato: "E
perchè mai?! Coscienza sporca?"
"ASSOLUTAMENTE
NO." disse di rimando l'amica, secca. "E poi facessero ciò
che vogliono, non è colpa loro se hanno il cervello delle dimensioni
di un acaro della polvere. Anzi, guarda, le compatisco!" e fece
un gesto teatrale per enfatizzare la sua noncuranza, addentando con
foga una forchettata di macedonia.
Rapunzel
inarcò un sopracciglio, scettica, gli occhioni verdi colti da un
insolito cipiglio: "Tia, mi sembri tutto fuorchè colta da
compassione, se posso essere sincera."
"Oooh,
taci. Naveen è solo un povero coglione, può fare ciò che vuole,
figurati. Non me ne frega proprio nulla! Ciò che mi infastidisce è
che quanto tutti si ostinino a dire il contrario."
"Forse
perchè tu gli dai modo di pensarlo, tesoro. Le tue reazioni non sono
molto... come dire..." Tiana le lanciò uno sguardo di fuoco
"...beh, diciamo che non sembri poi così poco interessata."
Sbattè
la forchetta di plastica e la guardo con durezza: "Naveen è il
tipo di ragazzo peggiore che esista! E' un egocentrico e vanesio
esemepio della stupidità maschile, così accecato da se stesso da
non far caso neanche al quoziente intellettivo delle tipe che si
scopa!" Rapunzel provò timidamente ad interromperla, ma ormai
Tiana era partita in quarta (e in questo caso sì che sarebbe stato
pericoloso), così si limitò ad ascoltare quel discorso sentito
altre mille volte, mentre gli altri clienti le guardavano con occhi
discretamente interessati.
"...
e poi voglio dire, le tipe che gli sbavavno dietro COSA CI VEDRANNO
MAI? Ce ne sono a decine, a scuola, più carini di lui, e non pososno
insistere ancora con quella faccenda del 'fascino', perchè NON NE
HA. Con quelle sue moine, quei sorrisi, e poi...con quella... quella
cazzo di chitarra! Santo Cielo, arriverà il giorno in cui gliela
spaccherò in testa."
Rapunzel
soffiò sul cappuccino e ne bevve qualche sorsata, mentre l'amica
riprendeva fiato; poi si scambiarono uno sguardo di intesa e le
sorrise.
"...sei
libera di pensare ciò che vuoi. Ma ti dico una cosa, Tia: Naveen si
farebbe castrare pur di passare una notte da solo con te."
Tiana
arrossì di botto, ma poi si mise a ridere (in modo anche un pò
malefico, a dirla tutta): "...Rapy, a forza di guardare il culo
di Flynn sei totalmente uscita di testa."
Rapunzel
sussultò e mise il broncio, profondamente offesa: "... e va
bene, allora scommettiamo."
Lo
sguardo di Tiana si accese di un inatesso e profondo interesse: "...
Naveen non riuscirà mai a legarsi ad una sola ragazza, la monogamia
non ce l'ha proprio nel DNA. E poi per quale motivo credi che io sia
diversa da tutte le altre ragazze?"
"Perchè
sei l'unica che non gli ronza attorno come un calabrone." spiegò
l'amica semplicemente, e Tiana si mise a ridere di nuovo.
E fu in
quel momento che successe una cosa assurda – o meglio, in realtà
non era poi così assurda, ma per Rapunzel, che non era mai stata...
come dire, la più sveglia del gruppo era una cosa da scrivere nel
diario.
Le era
balenata nella sua testolina bionda un'idea... moooolto
interessante...
In
fondo, cosa poteva succedere di male?
Aveva
sempre pensato che Naveen provasse qualcosa per Tiana, bastava vedere
gli sguardi che le lanciava, il modo in cui litigavano... era chiaro
come il sole, ma Tiana era troppo orgogliosa per starla a sentire.
Perchè
non portare questa cosa a suo vantaggio? Tiana non era tipa da
tirarsi indietro, al contrario...
Sorrise
mestamente e alzò le spalle, consapevole di avere tutti gli astri a
favore per intraprendere un simile piano (ebbene sì, era fissata con
l'oroscopo... no, non ne andava fiera).
"Beh,
se non ti va di scommettere lo capisco, in fondo il ballo è tra
breve e sappiamo entrambe che Naveen proverà ad invitarti, così
come sappiamo che tu cederai e..."
"Aspetta
un momento!" Tiana la interruppe, imbarazzata: "Io non...
non ho la minima intenzione di cadere tra le braccia di quel playboy
da strapazzo, sempre che mi inviti... ma è una stronzata Rapi, e tu
lo sai."
"Io
so che hai una fifa blu di perdere, perchè non vuoi ammettere che in
realtà vi piacete da pazzi." disse con semplicità.
Tiana
non ci vide più: si alzò e sbattè le mani sul tavolo, mentre
l'amica, indifferente, la osservava divertita.
RimaseRo
a fissarsi per qualche istante, poi Tiana le offrì la mano.
Rapunzel
senza scomporsi, le gambe ancora accavvallate sotto il tavolo e la
guancia poggiata su una mano, strinse la mano dell'amica senza
mollarla.
"...
quando vincerò ti farò tagliare tutti i capelli." disse Tiana,
sperando di spaventarla, ma Rapunzel non fece una piega: al
contrario, saldò ancora di più la presa.
"...quando
vincerò, tesoro, dovrai tatuarti una padella sulla schiena."
Tiana
esitò per un istante, poi sorrise: "... andata." ed
entrambe lasciarono la presa.
Tiana si
risedette, in silenzio, ed entrambe restarono a fissarsi per qualche
minuto.
Poi
Rapunzel sorrise di nuovo, raggiante.
"Oh,
Tia, ti voglio taaaanto bene anche io."
Tiana
sorrise, chiedendosi perchè, tra tante migliori amiche, doveva
esserle capitata proprio la più matta.
"...
prepara le forbici, Rapy."
"...sono
una merda."
"Dài
Al, in fondo non è successo niente di... ok, come non detto"
esclamò Adam imbarazzato, cogliendo l'occhiata di Aladdin come una
pericolosa minaccia.
Il moro,
circondato dai suoi amici che lo stavano deliziosamente prendendo per
il culo da una buona ventina di minuti, diede un tiro dalla sigaretta
di Naveen e si sistemò il cappello sulla testa, gesto che come
sempre tradiva il suo nervosismo.
Eric, il
suo fedele skate appoggiato al muretto, cercava come sempre di
smorzare la situazione (era di solito l'unico, insieme ad Adam, ad
astenersi dalle prese per il culo collettive tipiche del gruppo) e
sorrise ingenuo: "Al, Jas era ubriaca. Non verrà mai a saperlo,
tu non glielo dirai e fine della storia. Non serve a niente
arrovellarsi il cervello per una cosa del genere."
"Beh,
sinceramente sei stato fin troppo bravo. Insomma, ti sei limitato a
pomiciarci quando potevi andare fino in fondo. Amico, sei il mio
eroe." ammise sincero Naveen, guadagnandosi un sonoro
'vaffanculo' di Aladdin.
Flynn
sospirò e, dopo aver accennato vagamente alla somiglianza della
sensibilità di Naveen con quella di un bidet diede una sonora pacca
sulla spalla al povero Aladdin: "Al, Eric ha ragione. Non hai
fatto niente di così irreparabile..."
"Sì
invece, accidenti!" sbottò di rimando l'altro, alzandosi in
piedi e sporcando di terra le sneakers. "Ragazzi, Jasmine è la
mia migliore amica.. cioè, è tipo... tipo una sorella! E' un
INCESTO!" gridò, facendo voltare verso di loro tutte le
famigliole felici e i padroni dei cani che gironzolavano blandamente
per il parco in quel Sabato pomeriggio terribilmente caldo e
soleggiato.
Gli
altri si scambiarono fugaci occhiate ironiche, alchè David
vagheggiò: "Emh... sì Al, ok, ma devi capire che voi non
siete davvero fratelli. Cioè, questa faccenda dell'amicizia è
bellissima, davvero, ma..."
"E'
un discorso che poteva funzionare fino a, non so, quando avevate
dieci anni." si intromise Flynn.
Aladdin
li guardò sconvolto, come se il suo povero cervello non cogliesse
assolutamente il punto della situazione – il che era probabile,
pensarono gli altri.
"Che...
che vorresti dire?" chiese senza rabbia, come un bambino quando
chiede alla mamma un aiuto per dei compiti che non riesce a svolgere.
I
ragazzi alzarono gli occhi al cielo, ma a rispondere fu Adam che, da
degno compare di Belle, sembrava essere l'unico in certe occasioni a
dimostrare un minimo di maturità.
"...Al,
stiamo solo dicendo che quando si inizia a crescere è ovvio che si
perda molta dell'ingenuità tipica dei rapporti come il vostro.
Voglio dire, subentrano altre cose... fattori che non puoi
controllare. Mi segui?"
Ma
dall'enorme punto interrogativo praticamente stampato sulla fronte
del povero Aladdin capì che no, il concetto non gli era ancora del
tutto chiaro.
"...Al,
a un certo punto ti sarai pur fatto qualche sega su Jas, no?"
"...
Naveen, cristo santo, sei un porco." Si voltò verso Flynn,
esasperato: "Ti prego, dimmi che posso picchiarlo!" disse
indicandolo, sconcertato.
Flynn
scosse la testa: "Amico, credimi, avresti tutta la mia stima, ma
sfortunatamente rischieresti di rovinargli quel bel faccino e... beh,
essendo la sua unica compensazione per quell'unico neurone rimasto
equivalrebbe al destinarlo ad una vita di solitudine."
I
ragazzi risero di cuore, Naveen emise un ghigno di scherno: "Rider,
non ti conviene fare il figo con certi paroloni. Tanto lo sappiamo
che sei solo un povero coglione."
"Il
povero coglione sei tu Naveen, che non riusciresti a dare consigli
romantici neppure a una tartaruga nel periodo dell'accoppiamento."
"Ragazzi,
ragazzi, qui stiamo cercando soluzioni per un problema serio!"disse
ridendo Adam, sottolineando con foga l'ultima parola, ma Naveen lo
guardò imbronciato: "E perchè, il pessimo senso dell'umorismo
di Rider non lo è abbastanza?"
"Voi
siete pazzi." disse Aladdin, letteralmente con le mani nei
capelli guardandosi attorno alla disperata ricerca di un ramo cui
impiccarsi ed elaborando un piano per quella stessa notte.
Sì, in
fondo non aveva molte alternative... sarebbe bastata una corda e
boom! Finita, addio a Genio, ai suoi 'amici' e soprattutto a Jasmine
e alle sue labbra fantastiche...
COSA?!
No, no,
no! Sei un coglione Al, uno stramaledetto coglione firendzonato!
Mentre
il ragazzo, colto da una sorta di attacco isterico in stile scimmia
ubriaca, si dimenava contro se stesso e i suoi impulsi sessuali (il
fatto che fosse una cosa normalissima per un diciottenne sembrava non
volergli proprio entrare in testa), David decise di proporre un
hamburger per placare la fame e, soprattutto, le acque.
Gli
altri, tra una battuta e l'altra, si alzarono e salirono in sella
agli skate, chiamando Aladdin per il viale- il ragazzo non si era
neanche praticamente accorto di essere rimasto lì da solo come un
perfetto coglione
"Al,
amico, invece di farti le seghe mentali vieni a mangiare!" lo
chiamò Eric, e solo allora Aladdin, scoraggiato, si arrese a salire
sul suo skate e a raggiungerli, conscio di avere dei migliori amici
molto sensibili, più interessati alla carne di manzo che ai suoi
problemi di cuore.
Trilli
avrebbe giurato, se fosse riuscita a parlare, che il suo stomaco
sembrava invaso da mille calabroni isterici.
Certo,
per non parlare poi di quanto ultimamente il suo destino sembrasse
orribilmente segnato dai bagni pubblici...
"Te
lo avevo detto di non mangiare tutti quegli hot dog, Tri..."
"Peter,
ti prego, dacci un taglio! Abbi pietà della mia povera anima"
disse teatrale, fingendo uno svenimento.
Peter
inarcò un sopracciglio, lasciandola rovinosamente cadere al suolo
tra le risate generali.
"...
se stai male non dovresti manco stare qui in fila per le montagne
russe con tre giri della morte..."
Trilli
si voltò verso di lui, con occhioni da cucciolo incompreso: "Ma...
ma io AMO le montagne russe, Peter... sniff... non puoi levarmi
questo diritto!"
Peter la
guardò duramente, poi si sciolse letteralmente come un ghiacciolo al
sole (tra lo shock generale del gruppo per così poca resistenza) e
abbracciò l'amica con fare compassionevole.
"Oh, Tri, no,
NON POTREI MAI! Dopo ti porto anche sulla Torre della Morte!"gridò
praticamente tra lacrime di commozione, ed entrambi si abbracciarono
urlando frasi come se fossero in un film sui pirati.
Tutte le
persone in fila li guardavano basiti, ma Taron e gli altri
parlottavano ormai tra loro, fingendo di non conoscerli.
Alice,
terrorizzata, stringeva tra le mani la borsa in cuoio marrone come se
dentro ci fosse un miliardo di dollari e guardava il vuoto, con tanto
di occhio vitreo e fantasmino che le usciva dalla bocca in perfetto
stile manga giapponese.
Ailyn,
da brava amica qual'era, piuttosto che consolarla amorevolmente
preferiva ovviamente ridere sguaiatamente e prenderla per il culo.
"Ali,
tesoro, sei bianca come un cadavere! Ahahahahah ma perchè non sei
rimasta ad aspettare fuori, invece di entrare?"
Alice
sembrò uscire dal suo coma emotivo per guardarla in cagnesco.
"...
perchè tu mi hai costretta." disse secca, e Lilo sbottò a
ridere, agitando i lunghi capelli neri praticamente in faccia al
povero Taron.
"Ailyn,
accidenti, quanto sei cattiva!" disse cantilenante, ovviamente
per sfottere Alice (nel frattempo, per ingannare l'attesa, Jim aveva
afferrato una ciocca di capelli di Lilo e li aveva messi sotto il
naso di Taron a mò di baffo, mentre un Mowgli esagitato si
affrettava a scattare una fotografia al cellulare prima che Lilo se
ne accorgesse e li sbranasse vivi.)
La
povera Alice tremava come una foglia, cercando supporto morale in
Trilli che alternava momenti di suprema idiozia assieme a Peter con
attimi di lucidità mentale in cui si ricordava di stare per salire
sulle montagne russe con la nausea.
... che
razza di idioti frequentava?!
Purtroppo
sapeva di essere troppo in ritardo per cambiare giro di amici, ed
essendo visibilmente l'unica persona normale in quel gruppo di scemi
potè giurare di vedere le persone in fila con loro lanciarle sguardi
compassionevoli.
Mentre
cercava di capire che cosa avesse fatto di male nella sua vita
precedente per meritarsi una simile compagnia, la fila si spinse in
avanti, facendo in modo che poco più di venti persone la dividessero
dall'ingresso per l'attrazione.
"...
mi viene da vomitare."
"Siamo
in due" esclamò Trilli, che tuttavia non avrebbe rinunciato a
un giro sulle montagne russe neanche per una A in matematica... ok,
no, pensandoci bene forse per un A in matematica sì.
Sussultò
quando Jim le si avvicinò (mentre Lilo picchiava Taron sulla testa e
Ailyn stava praticamente sdraiata a terra per le risate).
"...
ti consiglio vivamente di non chiudere gli occhi, altrimenti sarà
peggio."
"Non...
non avevo alcuna intenzione di farlo. Rischierei di vomitare addosso
a chi mi sta accanto... "
Jim
sorrise e le sussurrò in in un orecchio: "... se vuoi posso
sedermi vicino a te."
Alice
arrossì di botto e Jim, guardandola, rise di gusto: "Ahahahah,
ma dài, ti faccio addirittura arrossire? Che carina!"
Alice
rise, improvvisamente dimentica delle montagne russe: "Jim
Howkins, sei un dannato playboy!" e gli diede un pugnetto sulla
spalla abbronzata, dandosi della sciocca.
"Beh,
modestamente non mi lamento delle mie doti seduttive... ma ero
serio." La guardò penetrante e le sorrise pieno di dolcezza:
"Oh, milady, potrei avere l'onore e il privilegio di sedervi
accanto durante il viaggio verso il mondo del vomito?" e fece un
leggero inchino, scatenando in Alice un raro attacco di risate.
"...e come potrei dire di no?"
"Guardali!
GUARDALI! Oddio non sono un amore?!" Ailyn stringeva tanto forte
il braccio di Taron da rischiare di bloccargli la circolazione,
mentre con Shantii indicava Alice e Jim che, poco davanti a loro,
ridevano complici.
Taron
inarcò un sopracciglio, confuso: "... Aily, che cosa stai
complottando?!" chiese, terrorizzato dagli attacchi da fangirl
dell'amica, che gli fece l'occhiolino, entusiasta.
"Chi?
IOOO?! Proprio niente, figurati!"
"...
ho paura." disse solo Taron, che prese a parlare con Mowgli, ed
Ailyn stava per rispondergli ma la vibrazione del suo cellulare la
interruppe.
Senza
staccarsi dal braccio di Taron, tirò fuori il telefono dalla atsca
dei jeans e guardò lo schermo, poi arrossì moooolto lievemente e
sorrise tra sè e sè.
Shantii,
accanto a lei, sussultò sorpresa: "Eeeehy, biondina, come mai
quel sorriso? Chi è?"
Ailyn
fece un piccolo saltello su sè stessa, mentre Taron si voltò rapido
verso di lei.
"Oh,
non è nessuno... solo Artù." disse lei, vaga, con
un'espressione da totale ebete.
Shantii
e Trilli emisero un gridolino agitato, Taron avvampò: "Artù
chi, il coglione del club di scherma?" e sorrise con Mowgli,
mentre Peter guardava distrattamente la mappa del parco, totalmente
disinteressato a simili discorsi.
Ailyn
arrossì di botto e si staccò dal braccio dell'amico, imbarazzata:
"Non è un coglione! E' il presidente del club, e per tua
informazione ha vinto le gare nazionali dello scorso anno..."
"Uao,
questo sì che ne accresce il fascino" la prese in giro Taron,
ridendo nervosamente (Lilo era l'unica a guardare la scena in
silenzio, con un sorrisetto divertito) e continuò imperterrito:
"Quelli del club di scherma sono dei montati."
"Tsk,
lo dici solo perchè tu volevi entrarci ma ti hanno bocciato alle
selezioni."
"Questo...
questo non è vero! La scherma è da sfigati!"
"Non
la pensavi così quando hai preso a calci il muro della palestra per
la rabbia davanti a me!"
Taron
finalmente ammutolì, guardando Ailyn con un misto di rabbia ed
imbarazzo.
"Beh,
ad ogni modo col tempo ho capito che non faceva proprio per me..."
biascicò, voltando lo sguardo altrove.
Shantii
poso le mani sulla schiena di Ailyn abbracciandola da dietro,
raggiante: "E così.. Mister Armatura Splendente da quando ti
manda dei messaggi?"
"Da
quando abbiamo scoperto di far parte dello stesso forum di gdr
medioevale." disse Ailyn contenta.
Seguì
un minuto di silenzio, nel quale tutti si guardarono tra di loro,
ammutoliti.
Ailyn li
guardò basita: "Beh? Che c'è?!"
"Aily,
santo cielo, quanto sei nerd." sbottò Lilo, con tono scherzoso,
e Shantii le scompigliò i capelli cantilenandola.
"Ma
da quanto vi state sentendo?" chiese Mowgli, cercando di calmare
Shantii con uno sguardo eloquente e ignorando Taron che, lì accanto,
borbottava qualcosa di incomprensibile.
Ailyn
alzò le spalle, soffiando per sollevare la frangetta bionda che le
copriva gli occhi: "Non so esattamente, più o meno una
settimana."
"Hai
intenzione di uscirci?" chiese Lilo, guardando Taron negli
occhi, cosa che Ailyn ignorò.
"Non
so... non so neanche se gli piaccio" disse, timidamente e
abbassando lo sguardo "...e non se se lui piace a me. Cioè, è
carino, ma... boh, lo conosco ancora poco per essere obbiettiva."
"Mmmmh,
in effetti non è male, anche se un pò troppo magro..." disse
vagamente Shantii, ma un "EHY!" di Mowgli alle sue spalle
la destò dal discorso per voltarsi verso di lui e bisbigliare uno
"Scusa, Insetto Stecco", accompagnato da un leggero bacio
sulle labbra.
"Ha
parlato la ragazza del palestrato" disse Ailyn, facendo ridere
il resto del gruppo e riuscendo a cambiare discorso.
Taron le
diede un leggero colpetto sulla spalla e disse che erano i prossimi a
salire sulla vettura, poi senza aggiungere una parola fu il primo con
Alice e Jim ad avvicinarsi alla sbarra per l'ingresso ai vagoni.
Ailyn
resto a fissare per un attimo la sua schiena magrolina nascosta sotto
la camicia a quadri e i folti capelli rossicci, mentre il pensiero di
Artù (che lei tuttavia preferiva chiamare con il suo soprannome,
Semola) si allontanava dalla sua testa.
Prese
posto accanto a Taron e, mentre Alice dal sedile della fila davanti
cercava un supporto morale da un allegro Jim, fece appena in tempo a
guardare l'espressione tesa di Taron.
Poi la
vettura partì, e pensò che quel giro di montagne russe non se lo
sarebbe goduto proprio per niente.
Aurora
cercava sempre di non pensare.
Di non
pensare alle conseguenze delle sue azioni, ai problemi, alla
vergogna, ai sentimenti degli altri.
Aurora
voleva solo vivere, divertirsi, respirare tutta l'aria e l'avventura
possibile e ballare fino all'alba.
Voleva
essere guardata perchè meritava di essere guardata, e voleva essere
amata perchè diamine, era giusto che lo fosse.
Era
invidiata, era desiderata, era il sogno pudico dei ragazzi e
l'esempio dell'ossessione di bellezza delle ragazze.
Era
tutto ciò che si poteva desiderare di essere e, al contempo, tutto
ciò che non si dovrebbe mai ottenere; era fastidiosamente completa.
Perfino
i suoi difetti risultavano così veri, così giusti da
renderla anche tremendamente umana, e questo era un bene, perchè la
gente la ammirava ancora di più.
Filippo,
dalla foto nell'anta dell'armadio, la guardava sorridendo, un sorriso
fermo nel tempo, incoerente con la realtà.
Chiuse
l'armadio con forza e si buttò a capofitto sul letto, attendendo che
anche quel pomeriggio passasse, esattamente come tutti gli altri, in
attesa della sera – una nuova sera, in fondo, significava una nuova
festa, ed era ancora stanca da quella appena trascorsa ma le stava
bene così, non voleva vivere in altro modo.
...non
avrebbe rivisto Aladdin fino al Lunedì, ma a chi importava?
Lo aveva
baciato, aveva ottenuto ciò che voleva, e si sentiva già sazia di
lui- se fosse stato un altro ragazzo, probabilmente avrebbe insistito
fino al portarselo a letto, ma Aladdin non era di sua proprietà;
perchè, e lo sapeva, Aladdin in fondo era roba di Jasmine, e Jasmine
era la sua più grande nemica.
L'unica
a metterle i bastoni tra le ruote, a non temerla, a non inviadrle
neppure un'unghia- ed era proprio questo, per la mente contorta di
Aurora, a renderla degna del suo rispetto.
Una
rivale al suo stesso livello era ciò che le serviva per rendersi più
competitiva, per vedere fino a che punto poteva spingere se stessa
per ottenere quello che voleva ottenere.
Jasmine
era il suo specchio, la sua parte riflessa, ciò che la metteva al
corrente dei suoi limiti e che la spingeva a conoscerli e a lottare
per superarli.
E sì,
certo, Aladdin era carino da morire, e mio dio se era sexy... ma non
si sarebbe mai abbassata a un livello simile solo per un dispetto, e
pensandoci bene in fondo ce n'erano mille come lui, dolci e
affettuosi ragazzi fissati con lo skate.
E non
era neanche il suo tipo, se volevamo prorpio dirla tutta- cioè, non
era un gran patito di sport, e neanche particolarmente apprezzato
dalle altre studentesse, il che lo rendeva poco interessante dalla
sua prospettiva.
Lei
aveva bisogno di un altro tipo di ragazzo al suo fianco, un uomo,
qualcuno che non fosse solo dolce e romantico e principesco, ma anche
audace, e sprezzante, e un pò stronzo – mai più di lei
ovviamente, un tipo che potesse tenerle testa senza farla incazzare.
...Filippo,
di nuovo, si fece insistentemente largo tra i suoi pensieri, ma lo
ricacciò via con decisione, abituata alle sue invasioni improvvise.
Erano
passati più di sei mesi, che senso aveva stare ancora lì a frignare
come una perfetta idiota?
Lui
aveva fatto la sua scelta, la scelta definitiva, ed era stato
perfettamente chiaro al riguardo.
"...io
ti amo, ma non ce la faccio più. Finiamoli qui."
"...vaffanculo."
Lo disse ad alta voce, nonostante fosse sola in casa (le zie erano
uscite per andare al negozio, lavoravano come party planners) e
guardò fuori della finestra, mentre il telefono squillava.
Vide il nome di Bianca sul display e, scocciata, lo lasciò trillare.
Probabilmente voleva solo mettersi d'accordo per l'orario della festa
di quella sera, ma non riusciva proprio ad interessarsene; si lasciò
cullare dalla brezza del primo pomeriggio che entrava placidamente
dalla finestra aperta, e lentamente si addormentò, mentre il ricordo
di Filippo si affievoliva, lasciando dietro di sè una scia di
lacrime e male al petto.
Belle sapeva sempre come mantenere un segreto, e su questo ci si
poteva mettere la mano sul fuoco.
Era silenziosa come una lapide, affidabile e comprensiva, e se
giurava di non dire a nessuno ciò che le era stato rilevato potevi
star certo che mai, mai ti avrebbe tradito.
E di questo certo, andava piuttosto fiera... ma quel segreto era più
che altro uno scoop grosso quanto l'ego di Naveen, e riguardava la
sua migliore amica... ok, lei era muta come un pesce, ma saperlo non
le avrebbe reso le cose più facili
Quando Adam, gliene aveva parlato aveva giurato ovviamente, ma ora
che Jasmine era lì, davanti a lei, completamente imbradipita sul
suo enorme letto sfatto, avrebbe solo voluto spifferare tutto ai
quattro venti – non per niente, Jas sembrava totalmente
rincoglionita.
"...la mia teeeeeestaaaaaa..."
"Sei davvero scema, Jas" disse pazientemente Nani,
premendole un fazzoletto bagnato sulla fronte e sedendosi accanto a
lei, di fronte ad Ariel "Ieri sera sembravi colta da una specie di
crisi adolescenziale."
"Io non mi ricordo un cazzooooo" si lagnò, splmandosi una
mano in faccia e sbuffando.
Arile sospirò e sorrise teneramente: "Te lo abbiamo già detto,
tesoro. Ti sei bevuta metà tavolo degli alcolici da sola, hai
mollato un cazzotto ad Aurora e Aladdin ha salvato quel poco di
dignità che ti era rimasta riportandoti a casa."
Belle cercava di non entrare nella conversazione, continuando a
vagheggiare guardando fuori della finestra e a infilare il dito nel
vasetto della cioccolata (gli eventuali brufoli, in quel momento,
erano per lei un problema secondario).
Jasmine si alzò di un poco, appoggiandosi allo schienale del letto e
guardando il soffitto, gli occhi spenti.
"Non nominatemi Al! Sono troppo arrabbiata con lui... poteva
almeno dirmelo che gli piaceva quella troiona ambulante..."
"Jas, ti prego, mi basta una Lilo nella mia vita... non metterti
anche tu a usare certe parole poco da 'signorina'" la rimproverò
Nani, che negli anni aveva coltivato una sottile allergia alle
parolacce-probabilmente proprio a causa della sorella.
Jasmine la ignorò e guardò Belle, indispettita: "Adam era con
lui e i ragazzi oggi pomeriggio?"
"Erano al parco, sì" ammie Belle fingendo noncuranza, "
Non so cosa abbiano intenzione di fare nel pomeriggio, l'ho sentito
un'ora fa ed erano a pranzo."
"David deve fare una lezione alle sei" si intromise Nani,
"stasera dovremmo uscire, ma credo che non ci sia niente di
particolarmente esaltante nel programma..."
"Il fatto è che in questa cazzo di città non c'è mai niente
da fare" disse Jasmine "Ho una voglia di andarmene che non
mi fa dormire la notte."
Belle le sorrise "Dopo il liceo potrai volare via come una
colomba, Jas, ma per ora non puoi farlo e lo sai."
Jasmine
stava per ribattere, ma il caos che creò Ariel quando si alzò in un
secondo dal letto la fece desistere, ritrovandosi un lenzuolo in
faccia.
"Ari, ma che diavolo..."
"SONO IN RITARDO! IN RITARDO, IN RITARDOOOOOOOOOOOOOO!"
gridò la ragazza, raccogliendo le sue cose in giro per la stanza e
infilandosi di corsa le scarpe abbandonate sul tappeto.
Le altre non fecero neanche in tempo a salutarla che la ragazza si
era già fiondata in strada, il borsone della piscina in spalla e una
fetta di pane con del burro d'arachidi in bocca, mentre si legava i
lunghi capelli rossi distrattamente.
Si voltò per vedere se nel frattempo arrivasse un autobus che
potesse portarla a scuola più in fretta quando, per un motivo
sconosciuto, cadde rovinosamente a terra.
Rimase con il culo sul marciapiede deserto, dolorante, e si guardò
intorno, per poi arrossire di botto.
Eric, davanti a lei, anch'egli spalmato sull'asfalto, la guardava
sorpreso, lo skate di fianco a lui, con le ruote che ancora giravano
vertiginosamente.
"Ariel! Che cosa ci fai qui? Cioè, ti... ti sei fatta male?"
chiese impacciato, sollevandosi e porgendole una mano per aiutarla ad
alzarsi.
Ariel accettò l'aiuto e sentì una leggera scossa toccarle ogni
singolo nervo del corpo quando le loro dita si incrociarono, ma si
ritrovo presto in piedi e fu tutto talmente breve che non fece
neanche in tempo a godersi quel contatto.
"Io.. sì, emh, sto bene. E' stata colpa mia, non ti ho proprio
visto, ero girata e..."
"No no, colpa mia! Ero girato anche io, credevo di aver
calpestato un escremento con lo skate e... beh, ho le ruote nuove,
quindi..."
Ariel assunse un'espressione disorientata: "Oh. Capisco. Beh,
sì, non deve essere carino."
"Già.. comunque no, voglio dire, ahahah è tutto a posto".
Si guardarono imbarazzati, entrambi visibilmente a disagio, poi Eric
le sorrise timidamente: "...spero davvero che tu stia bene, non
vorrei averti ferita."
"Oh, no, sto benissimo!" disse lei, raggiante.
Restarono in silenzio per qualche istante, poi Ariel prese coraggio e
cercò di iniziare una sorta di... conversazione.
Cioè, non che non ne avessero avuta una, ma incontrare Eric come in
un film romantico per poi parlare di cacche di cane e sederi a terra
non rientrava proprio nelle sue fantasie, ecco.
"Allora, ti è... ti è piaciuta la festa, ieri sera?"
Eric sussultò, cacciando immediatamente via il pensiero di Aladdin e
Jasmine
Stai zitto Eric... per una volta nella tua vita, non fare figure di
merda, non tradire un amico e non sembrare il solito coglione...sii
tranquillo...
Deglutì e guardò Ariel vago: "Sì sì, anche se c'era
decisamente troppa gente per i miei gusti... non mi piacciono molto,
le feste."
"Oh, no! Neanche a me, figurati." si affrettò a dire
Ariel, che poi sbuffò: "Ok, no, cioè, mi piacciono ma...
preferisco quelle più tranquille, chessò, qualcosa di più
rilassante, magari non dove tre persone su quattro vomitano a fine
serata e cerco il mio pareo per tutta la sera, per poi trovarlo
intorno alla vita di un tipo a mò di mutanda..."
"Non è colpa di Ryder, credimi. Non lo sto giustificando, ma
quando c'è Rapy non ci capisce più niente... e Naveen lo ha fatto
bere come un cammello...." Eric smise di accampare scuse assurde
per aria (per cercare di salvare la faccia a quei due coglioni)
quando vide Ariel che rideva, la mano a nascondere le labbra,
timidamente.
"Scherzavo, Eric! Devo dire che il verde acqua gli dona."
disse, continuando a ridere, e Eric restò imbabolato a guardarla.
...uao.
Ariel smise improvvismanete di ridere e sgranò gli occhi,
terrorizzata.
"Verde acqua... ACQUA! CAZZO, DEVO ANDARE!"
Eric la guardò correre via con foga mentre lei lo salutava
distrattamente con un biscicato "Ci...ci vediamo".
...era davvero una tipa strana.
Sorrise a vuoto, lanciò uno sguardo trasognato al cielo azzurro e,
guardandola un'ultima volta mentre lei correva lontano, si allontanò
per il viale.
"Andiamo, Mulan... non ti sto chiedendo nulla di esagerato!"
Mulan ride e scansò gentilmente Hercules con un tocco delicato della
mano, spostandolo quel tanto che bastava per farsi largo e passare,
uscendo dal locale.
"Herc, Meg, vi ringrazio per il caffè... ma non ho intenzione
di uscire proprio con nessuno, se prima Shang non mi batte."
"Ma..." provò a polemizzare Megara, ma Mulan le mise due
dita sulle labbra, zittendola, camminando all'indietro come i gamberi
per guardare la coppia negli occhi.
Il pomeriggio era caldo e l'aria leggermente umida, e Mulan si guardò
attorno, incantata.
Poi si concentrò di nuovo sull'amica, dolcemente: " Shang sa le
regole. Quindi, invece di passare il tempo a lamentarsi, dovrebbe
concentrarsi ed allenarsi di più."
Hercules stava per ribattere, ma Mulan corse via con la scusa
dell'ennesimo allenamento, lasciando gli amici come due amebi.
"...sei una stronza!" le gridò Megara ridendo, e Mulan di
spalle, già lontana, fece un cenno annoiato con la mano per poi
svoltare l'angolo.
Hercules sembrava contrariato: "Non sopporto più Shang e i suoi
lamenti da bradipo in calore. Dovremmo intervenire."
"Tu non avevi ideato uno dei tuoi piani geniali?"
Hercules le cinse un fianco, addolcendosi: "Oh, quello...sì,
diciamo che ci sto lavorando. In realtà speravo che bastasse una
chiacchierata con te per farle cambiare idea."
"Mulan non è proprio il tipo che si fa raggirare con qualche
chiacchierata, e dovresti saperlo."
Herc sospirò sovrappensiero: "... sì, ma non possiamo lasciare
le cose così come stanno."
Megara non voleva impicciarsi, ma vedendo Hercules così in pensiero
la rese eccessivamente sentimentale (troppo, per i suoi gusti) e
decise di dargli il suo appoggio.
Gli bacio il collo e lo prese per mano.
"Ci faremo venire in
mente qualcosa, promesso."
Hercules sembrò rasserenarsi, e per mano si avviarono verso il
parco, mentre il sole cominciava lentamente a calare.
NELL'ANGOLINO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Vi sono mancata?!
*evita a colpi di karate i pomodori che le stanno lanciando i
lettori*
Sì, lo so, avrei dovuto aggiornare entro Pasqua (o almeno, questi
erano i piani). Vi prego di perdonarmi, il fatto è che... questi
sono stati mesi molto difficili per me, e la scrittura non era in
cima alla lista delle mie priorità. Voglio essere sincera...
purtroppo la malattia di una persona a me molto cara è
vertiginosamente peggiorata fino a... beh, avete capito. Insomma,
questa persona è venuta a mancare, di conseguenza non ho avuto
davvero la testa per scrivere, Perdonatemi. Ad ogni modo, mi auguro
che il capitolo vi sia piaciuto!
Alice mi fa una gran pena, poverina (oddio, mica tanto, considerando
la vicinanza di Jim...) circondata da Lilo e gli altri.
Taron e Ailyn... ooooh, Ailyn <3 Per quanto non sia un personaggio
famoso, io LA ADORO. Mi piace molto scrivere di lei e Taron, di cui
credo di essere stata innamorata da bambina.. non ricordo molto bene,
avevo la cotta facile. E da qui parte un sondaggio: qual'era il
vostro cartone Disney preferito, e quale quello attuale?
Inizio col rispondere io (Non ce ne frega niente! Nd Tutti) (Tsk, mi
sento in vena di chiacchiere sul passato, va bene? Nd Memy): da
piccola mi sembra che andassi PAZZA per la Carica dei 101 e La
Sirenetta. Ad oggi, in cima alla mia lista c'è Bambi, seguito subito
da Il Re Leone e...beh, dicimao che fissi ci sono loro, dalla terza
posizione in poi vado a periodi XD. Ah, La Sirenetta mi piaceva per
TUTTI i personaggi tranne Ariel, che tuttora non sopporto. Strano eh?
Sto scrivendo una storia di principesse e sin da piccola mi facevano
cagare... (sospiro). Ho sempre apprezzato di più i cartoni sugli
animali (vedi anche Robin Hood, Gli Aristogatti). Ma in generale
direi che i Disney mi piacciono tutti (tranne il sequel della
Sirenetta, santo cielo Melody è quasi più scassapalle di Ariel
ahahah).
So che probabilmente molti di voi avranno pensato che il mio
preferito fosse Aladdin... la verità è che era il favorito di mia
sorella, quindi alla fine credo sia diventato per forza di cose anche
uno di quelli che apprezzo di più.
Aspetto quindi le vostre opinioni sul capitolo, sui personaggi e la
trama e una risposta al primo sondaggio lanciato :D Ho deciso di fare
una domandina per ogni capitolo, sarebbe bello conoscervi un pò
meglio.
Ringrazio tantissimo tutti voi che recensite (ma anche i lettori in
generale) per il vostro supporto, il vostro incoraggiamento ed
entusiasmo. La paura di deludervi è sempre molto grande, ma spero di
essere all'altezza delle vostre aspettative.
Spero che anche stavolta mi farete sapere la vostra opinione (ma
alnche eventuali consigli o critiche, sono aperta a tutto) tramite
recensione, sperando anche di conoscere qualche timidone che magari
legge ma preferisce non recensire. Ehy, dico a te! Dài, voglio
conoscerti, fatti sentire, siamo tutti un unico grande gruppo di
pazzi/e ^__^ (Ok, non è incoraggiante).
Ancora grazie a tutti, e vista l'ora... beh, buonanotte XD Un
abbraccio, Memy
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
CAPITOLO
6
Flynn vide il sangue che, lentamente,
sgorgava sul lavandino immacolato e si lasciò andare ad
un'imprecazione.
Naveen si affacciò alla porta del
bagno, ancora in mutande e con in mano la maglietta del giorno.
“Rider, preferirei che tu evitassi di
bestemmiare di primo mattino quando sei ospite in casa di altri.”
“I tuoi genitori neanche ci sono,
Maldon. Non rompere le palle!”
Naveen alzò gli occhi al cielo,
spazientito: “Quando imparerai che l'abbreviazione 'Maldon' mi fa
cagare?! Almeno chiamami con il cognome completo!”
Flynn abbandono il rasoio e gli sorrise
dallo specchio, il taglietto sulla guancia sempre più rosso.
“Davvero? Ne sei sicuro, Naveen
Maldonia?”
Naveen gli lanciò un'occhiata
truculenta e sbuffò, abbandonandolo a sé stesso e gridandogli
dietro un convinto “Fottiti, Rider.”
Flynn sorrise e si tolse la schiuma da
barba restante, poi ammirò la sua immagine riflessa, cercando di
mostrarsi sicuro di sé.
Oggi era il gran giorno.
Al pensiero del pomeriggio che lo
aspettava (più una mattina costellata di interrogazioni, ma ciò si
sarebbe risolto con estrema facilità fingendosi malato e
rinchiudendosi ermeticamente in infermiera... e, ovviamente, con la
scusa schiacciare un pisolino da record) sentiva il cuore
martellargli nel petto e le viscere contorcersi, ma decise di provare
a non badarci.
...doveva farlo.
Voglio dire, erano giorni che ripassava
il piano e le battute da dire per far colpo su Rapunzel, che cosa mai
sarebbe potuto andare storto?
...e poi, in fondo, era o non era il
mitico Flynn Rider?
Si sistemò i capelli convinto, con la
consapevolezza che, nonostante fosse terrorizzato, il suo fasicno lo
avrebbe certamente aiutato.
Sentiva che poteva essere l'occasione
per averla e farla sua- o, almeno, avere una conversazione che non
terminasse con lei che sorride imbarazzata e lui che si sente un
totale idiota come le ultime volte.
Strinse i pugni con fare vittorioso,
mentre il sorriso da pubblicità di dentifricio che era solito
sfoggiare gli illuminava il viso.
Niente poteva andare storto.
Tiana sbadigliò sonoramente, sbattendo
la porta dell'armadietto con pigrizia e guadagnandosi un'occhiata
truce di Rapunzel lì accanto.
“Hai lavorato fino a tardi anche ieri
sera?”
“I soldi non crescono sugli alberi.”
osservò di rimando, preparandosi alla ramanzina che difatti non
tardò ad arrivare.
“Tia, dovresti davvero lasciare il
lavoro al pub e trovare qualcosa di meno faticoso.”
Tiana stava per risponderle ma Nani si
intromise, giungendo alle loro spalle: “Non per dire nulla, ma il
lavoro deve esserlo, Rapi.”
“Visto?” disse Tiana eloquente, per
poi avviarsi lungo i corridoi affollati verso l'aula di chimica.
Rapunzel sbottò, arrossendo: “Dico
solo che quel posto è orribile! La trattano come una schiava e la
paga fa schifo. Come diavolo fai a sopportarlo?!”
Tiana sapeva che Rapunzel era ormai
partita in quarta e la zittì, portandosi rapidamente davanti a lei e
mettendole un dito davanti le labbra, sorridendo.
“...sto bene, Rapi. Non durerà per
sempre, e Belle mi aiuta con lo studio se rimango indietro. Non
preoccuparti.”
Raunzel avrebbe voluto ribattere, ma
Tiana si allontanò, le mani dietro la schiena e gli occhi che
brillavano.
“Ancora sei mesi di lavoro e avrò
abbastanza soldi. Avrò il mio ristorante!” gridò, entusiasta, per
poi stringere il pugno in aria con fare vittorioso e disperdersi tra
la folla.
Rapunzel sospirò, quando Belle spuntò
praticamente dal nulla (come sempre, dannazione a lei e alla sua
discrezione!) e le mise una mano sulla spalla, tranquilla.
“Sa quel che fa. Non andarle contro,
fidati di lei e dalle il tuo appoggio. E' in gamba, e lo sai.”
Rapunzel sorrise, un po' rincuorata,
poi si arrese a lasciar correre la questione per l'ennesima volta,
mentre accanto a lei Nani e Belle discutevano animatamente dei
progetti per quel pomeriggio.
Sapeva di poter sembrare esagerata, ma
la faccenda del lavoro di Tiana l'aveva sempre lasciata un po'
interdetta.
Voglio dire, sapeva quanto l'amica
tenesse a comprare quel vecchio ristorante e l'aveva sempre
sostenuta, ma... aveva solo diciotto anni, e sembrava che avesse
completamente messo da parte il presente per concentrarsi unicamente
sul futuro.
E per quanto questo fosse nobile e
maturo temeva che, una volta ottenuto ciò che da sempre desiderava,
si sarebbe guardata indietro e avrebbe pensato a quante esperienze
aveva rinunciato.
Si meritava molto di più di qualche
uscita con le amiche e un orario di lavoro pesante...meritava
l'amore, e per quanto lei stessa fosse inesperta in materia era
chiaro quanto il sole che Tiana aveva un disperato bisogno di
qualcuno al suo fianco.
“Ehilà, ragazze! Che aria tira?”
“Ora che sei qui, Naveen, sicuramente
migliore” scherzò Belle sarcastica, mentre Adam le cingeva la vita
e le baciava amorevolmente una guancia.
Rapunzel si destò dai suoi pensieri
che, ancora una volta, l'avevano completamente estraniata dalla
realtà.
David, la mano che stringeva saldamente
quella di Nani, diede a Naveen una sonora pacca sulla spalla e gli
lanciò uno sguardo pieno di rammarico.
“Siamo arrivati tardi, mio caro. Mi
sa che la tua principessa se n'è appena andata.”
“Non ho idea di cosa tu stia
farneticando, Kawena, ma ti assicuro che di principesse ne ho a
dozzine. Dovresti specificare il nome...”
Rapunzel lo squadrò, acida: “Naveen,
non ce ne frega nulla di quelle squallide troiette che ti girano
attorno...”
Nani si esibì in un perfetto facepalm,
scambiando occhiate di intesa con David: “...sono io ad essere
diventata particolarmente elegante o è il resto del mondo che ha
assorbito il linguaggio di mia sorella?”
“Dev'essere una sorta di virus”
rispose Adam facendole l'occhiolino, ma Rapunzel ribattè
prontamento, diminuendo il passo.
“Non
è colpa mia se il vostro
amico ha la maturità emotiva di un wafer.” esclamò
concitata, mentre Naveen e gli altri scoppiavano a ridere.
“Si può sapere
cos'ha oggi la nostra biondina? Che c'è Rapi, non mi vuoi più
bene?” e la strinse da dietro con affetto sincero, al che Rapunzel
si sciolse un po' controvoglia.
“...
sme...smettila di fare il ruffiano, scemo!” gli disse imbarazzata,
spingendolo via e ridendo.
La campanella
interruppe la conversazione del gruppetto che si congedò, ognuno
diretto alla propria tortura (citando testualmente David), ma prima
che se ne andasse Rapunzel strinse la maglietta di Naveen, che si
fermò all'istante.
“Si
può sapere cos'hai oggi? Non mi va giù
vederti così.” disse lui, dolcemente, una volta rimasti soli.
Rapunzel sospirò,
poi lo guardò con gli occhioni verdi spalancati (Naveen pensò che,
se Rider fosse stato lì in quel momento, probabilmente lo avrebbe
odiato).
“... ho bisogno di
parlare con te di una faccenda un po'...come dire...”
“Audace?” chiese
lui, con malizia.
Rapunzel cambiò
immediatamente espressione, guardandolo in cagnesco.
“...Nav, sei un
idiota.” disse solo, sconvolta da tanta idiozia.
Naveen si arrese ad
abbandonare la sua facciata (splendida, come sempre) per diventare
improvvisamente molto serio: “Va bene, biondina, dimmi tutto.”
“Mica intendevo
adesso!” disse lei, imbarazzata “se qualcuno ci vedesse potrebbe
fraintendere.”
Naveen stava per
rispondere con una delle sue battutine al vetriolo, ma Rapunzel era
ovviamente zona proibita essendo l'Unico Grande Amore di Flynn;
inoltre, si sa, lui aveva un debole per le ragazze un po' più
pepate.
Non che Rapunzel non
fosse splendida, ma... era sua amica da anni, e le tipe dolci e
ingenue non rientravano proprio nel suo tipo di donna, ecco.
Senza
contare che è la migliore amica di Tiana.
La vocina nella
testa che si faceva (mooooooolto) raramente viva sembrò rimbombargli
nel cervello come un'eco, e prima che potesse chiedersi perchè il
solo pensiero lo facesse star male tornò a concentrarsi su Rapunzel.
In
fondo, cosa centrava
Tiana?!
“Dimmi dove e
quando vederci.”
Taron
cercava davvero
di seguire quella stupida lezione di matematica.
Sul serio, ci stava
provando da circa venti minuti- non come Peter che, lì accanto,
sonnecchiava beatamente; né come Mowgli, che sembrava aver
concentrato tutte le sue capacità logistiche nel disegnino di un
orso che ballava quando sfogliava il libro, disegnando un movimento
nell'angolo di ogni pagina.
La
cosa peggiore di matematica (che era comunque la materia più inutile
sulla faccia della terra, e ciò era risaputo) era che consisteva in
uno dei pochissimi corsi obbligatori, motivo che spiegava il perchè
i suoi amici fossero tutti rinchiusi in quell'aula a fare la muffa,
costretti ad ascoltare il
povero professor Milo e i suoi sproloqui sul teorema di Pitagora.
Nel primo banco
davanti la cattedra, Alice era in visibile difficoltà (le materie
scientifiche non erano assolutamente il suo forte), mentre Trilli
scriveva istericamente sperando di non perdere neanche un passaggio.
Cercò
di evitare che il suo sguardo cadesse nel banco accanto guardando
Lilo che disegnava una ballerina di hula sul banco e Jim che, entrato
appena cinque minuti prima, aveva già deposto la sua concentrazione
sul finto tatuaggio che si stava facendo con la biro sul braccio (una
specie di teschio, ennesima dimostrazione della sua ossessione
per il mondo piratesco).
Alla fine cedette e
guardò Ailyn che, accanto a lui, fissava la lavagna visibilmente
concentrata.
Stava per chiamarla,
ma qualcosa lo trattenne e lo costrinse a voltarsi dalla parte
opposta, spostando lo sguardo verso la finestra.
Una sensazione
completamente nuova, cui non era abituato e che lo lasciava confuso e
stordito.
Da quando c'era
tutto questo imbarazzo tra loro?
Insomma, è vero che
Ailyn stava solo reagendo con ovvia freddezza a ciò che era successo
al Luna Park ma... dài, come poteva prendersela sul serio?!
Non le aveva mica
detto chissà cosa... ci era semplicemente rimasto un po' male, cioè,
perchè non gli aveva raccontato di Artù?
Loro erano migliori
amici, no?!
Questo gli
dava...non so, una sorta di diritto a sapere quando si frequentava
con qualcuno, giusto?!
Cioè, ok, non aveva
mai firmato un contratto o qualcosa di simile, ma era sicurissimo che
se ciò fosse avventuo ci sarebbe stata una clausola specifica
secondo la quale lei doveva presentargli i tipi con cui usciva...
...un momento...
Sentì una terribile
sensazione di puro panico, mentre potè chiaramente vedere l'omino
della sua coscienza che sogghignava perfido dicendogli qualcosa del
tipo 'stupido, davvero non ci avevi mai pensato?'.
...Artù era il
primo ragazzo per cui Ailyn provava interesse? O ce n'erano stati
altri?!
Ma soprattutto...
COS'ERA QUESTO ORRIBILE SENSO DI NAUSEA?
Jim potè assistere
alla scena da esterno, mantenendo perfettamente la calma e godendosi
la meravigliosa visione di un Taron che, occhi vitrei e mani tra i
capelli, si controceva sul banco come un serpente in evidente crisi
emotiva e si alzava di scatto come un pupazzo a molla.
“Prof,
non mi sento bene! Devo uscire!” gridò, guadagnandosi ovviamente
l'attenzione di tutti e correndo fuori dall'aula senza neanche
aspettare la risposta, lasciando dietro di sé una nuvoletta di fumo.
Il professor Milo
guardò allibito la porta e poi si voltò verso i suoi alunni,
sistemandosi gli occhiali sul naso adunco.
“...qualcuno sa
dirmi cosa è successo? Me lo sono immaginato o Caer ha appena
lasciato l'aula volando?!”
Ci fu un borbottio
indistinto: Ailyn tentò di non incrociare lo sguardo di nessuno dei
suoi amici, ma tutti le stavano laciando sguardi amareggiati che
manco un cucciolo abbandonato sotto la pioggia.
Lilo agrottò la
fronte e Ailyn si arrese, sospirando e alzandosi.
“Vado a
recuperarlo io prof” disse uscendo, senza il minimo entusiasmo,
mentre il professore le gridava dietro di accompagnarlo, se
necessario, in infermeria.
Ailyn, irritata, si
chiuse la porta alle spalle e si avviò lungo il corridoio deserto,
battendo i piedi sul pavimento con rabbia.
...fantastico,
adesso era anche la cattiva della situazione!
Che diavolo gli era
preso, a quell'idiota?!
Non... non avevano
neanche litigato davvero! E poi non c'era motivo che facesse quelle
stupide scenate, non era certo colpa sua se lui si era innervosito
dopo aver scoperto la faccenda di Artù.
...che poi, in
realtà, non c'era granchè da sapere- ed era proprio questo il
motivo per il quale non gliene aveva ancora parlato.
...in fondo, non era
il suo ragazzo né lo era mai stato.
Taron era... beh,
era semplicemente Taron, presente nella sua vita sin da quando ne
aveva memoria.
Erano diventati
amici alle elementari e non si erano più lasciati.
Si erano trovati, si
erano scelti – o forse erano solo destinati a incontrarsi.
Vivevano in
simbiosi, un'anima divisa in due corpi diversi, un legame così
stretto da non poter neanche essere definito con precisione; il
tutto, però poteva essere riassunto in un unico, limpido concetto:
lei non resisteva neanche tre giorni senza vedere Taron, parlargli,
respirare l'aria che respirava lui.
E sarebbe stato da
stupide e da bugiarde ignorare i sentimenti che si erano affacciati
timidamente nel corso degli anni, perchè poteva mentire a chiunque
ma non a sé stessa.
… ma... cosa
avrebbe dovuto fare?
Loro non erano come
Shantii e Mowgli, i quali sentimenti erano stati chiari sin
dall'infanzia, sin da quando si rincorrevano nel giardino di casa
scambiandosi coroncine di fiori.
Lei e Taron erano
tutta un'altra faccenda, due rami di un albero per cui sembrava non
esistesse fioritura, ma solo un eterno e pigro autunno.
Si era rassegnata a
questo molto tempo fa, a convivere con lui in quello stupido limbo
che non era amicizia, era di più, troppo di più – ma che non era
amore effettivo, non era desiderio.
Era un affetto
indefinito che sembrava toglierle il fiato ogni giorno di più fino a
solo poche settimane fa.
… ma poi, era
arrivato Artù.
Era stato così
carino con lei, scrivendole in chat e chiedendole cosa ne pensasse
delle nuove regole del gdr ai quali entrambi partecipavano, per poi
rivelarle qualche sera dopo che gli capitava spesso di vederla a
scuola e di volerla incontrare di persona.
Lei, ovviamente,
aveva accettato; non solo perchè Artù era il campione del club di
scherma del loro anno, ma anche per i loro mille interessi in comune.
Si
erano timidamente scambiati il numero
appena fuori della palestra, poi lui era tornato di corsa agli
allenamenti e lei si era incantata a guardarlo.
Era rimasta
affascinata dalla sua bravura, dai suoi movimenti fluidi e leggeri ma
grazie ai quali incassava colpi precisi e calcolati senza il minimo
sforzo apparente.
Ma,
oltre a
questo, c'era qualcosa che l'aveva colpita- qualcosa nei suoi
messaggi, nel tono della voce quando si parlavano, nel
modo in cui lui la guardava.
Artù
voleva
conoscerla, voleva stringere un legame con lei, voleva creare
qualcosa.
Taron cosa voleva,
oltre a un'amica da coccolare e con cui vedere le sue stupide serie
tv in dvd?
Cosa
pensava quando erano sdraiati sul divano e si guardavano? Aveva mai
avuto la voglia di baciarla?
O meglio...lo
avrebbe mai voluto?
Lo vide
all'improvviso seduto a terra, accanto gli armadietti delle
cheerladers, la testa a tra le braccia che stringevano le gambe.
Le venne in mente la
sua immagine da bambino durante le notti di temporale, quando Dalbert
era in negozio e loro restavano da soli, e si abbracciavano perchè
entrambi avevano paura dei tuoni.
Sentì la rabbia
sgonfiarsi come un palloncino e lo raggiunse, poi gli si sedette
accanto, ma lui sembrò non essersi neanche accorto della sua
presenza- ma Ailyn sapeva che lui la sentiva, così come lei sentiva
lui.
Si sentivano
sempre, e non solo quando si raggiungevano a vicenda; a volte le
capitava di sentire uno strano cerchio alla testa e lo stomaco che le
doleva, e capiva che Taron aveva bisogno di lei.
Ed aveva sempre
ragione, senza che lui le avesse neanche mandato un messaggio.
“...deduco che se
stai così sia colpa mia?”
Avrebbe voluto
dirglielo con durezza, ma la voce risultò dolce e Taron sollevò il
capo.
Se fino a qualche
minuto prima sembrava il personaggio di un fumetto comico, ora non
era altro che un ragazzo triste.
Lui la guardò per
un istante, poi si voltò verso il ferro degli armadietti, il
silenzio che vibrava mentre le voci degli insegnanti si disperdevano
nel corridoio.
“...non... non
dovevi uscire. Sto bene.” disse, testardo, ma non ebbe il coraggio
di guardarla negli occhi.
Lei sospirò e gli
diede un leggero colpetto sulla spalla con la testa, poi si mise a
ridacchiare delicatamente, la mano che cercava la sua.
“...sembri un
folletto arrabbiato, con questa assurda camicia addosso.” gli
disse, scherzando sul vestiario verde del giorno- e Taron, suo
malgrado, sorrise senza mostrarsi.
Sentì le dita di
Ailyn che intrecciavano le sue e provò ad ignorare il colpo al petto
che sentì, poi si decise a voltarsi verso di lei, che aveva il mento
poggiato sulla sua spalla.
Per quanto potesse
sembrare una situazione alquanto strana, entrambi non sentivano il
minimo disagio, né timidezza.
Erano...semplicemente
loro.
“Mi dispiace.”
disse alla fine lei, rompendo il silenzio.
Taron sussultò e
Ailyn rise alla sua espressione da scemo, con un enorme punto
interrogativo stampato sulla fronte.
Tornò seria,
abbassando lo sguardo, le mani ancora unite: “...non avrei dovuto
tenerti all'oscuro di Artù, ma... la verità è che non c'è ancora
nulla.”
“Io avrei voluto...non lo so, ci sono rimasto di
merda.” concluse lui sbrigativamente, senza distogliere lo sguardo:
“...perchè non me ne hai parlato?”
“Perchè...”
rispose, ma il resto della frase le morì in gola.
Perchè
non volevo coinvolgerti. Perchè sapevo che avresti reagito così e
io mi sarei chiesta il motivo, senza trovarlo. Perchè
mi sarei illusa che ti importasse qualcosa delle persone che
frequento all'infuori di te, per poi non sapere cosa dire. Perchè
non capisco cosa siamo, e perchè
devo smetterla di far ricondurre a te ogni singolo minuto della mia
vita.
Lo pensò solo,
ovviamente, ma poi lasciò che quelle parole gli morissero dentro.
Le venne l'istinto
di piangere, ma si limitò a sorridere e alzò le spalle.
“Ti ho sempre
raccontato tutto, di me. Stavolta volevo... semplicemente parlartene
con calma, in un momento più adatto.”
“Non devi
giustificarti, io... io lo capisco. Solo che...”
Si guardarono per un
istante, mentre le mani continuavano a stringersi, ma sembrava che
fosse l'unico punto di contatto.
“... avrei
voluto... non so, che ti confidassi. Che mi chiedessi un consiglio.”
“Un consiglio in
fatto di uomini?” chiese lei, ridendo, ed entrambi si rilassarono.
Taron
poggiò le spalle contro il muro, ridendo: “...mi fa male sapere
che tu voglia avere dei segreti con me.”
“Non ce ne saranno
più.” disse lei, facendo una pausa. Cacciò indietro le lacrime e
prese il respiro prima di dire quelle ultime parole, che le costarono
più di quanto avesse pensato.
“Te lo prometto.”
Taron la osservò
attento, poi le sorrise e l'abbracciò, stringendola a sé con forza.
Ailyn si lasciò
andare alla stretta, mentre una parte di sé la abbandonava.
Disse
addio ai sospiri, alle speranze, ai sogni fatti su di
loro.
Non c'era più posto
per le illusioni, e la Ailyn sopìta dentro di lei sembrò lasciarla
come si lascia andare un ricordo, con tanto dolore e una patetica
rassegnazione.
Capiva come si
sentiva Trilli, che era costretta a vedere Peter tutti i giorni con
Wendy e poi dormire assieme quando lui glielo chiedeva.
Ma anche quello era
un amore diverso, perchè non corrisposto; perchè Trilli aveva
sempre saputo che Peter non provava nulla per lei, ed era stato una
continua rassegnazione, un continuo calpestare speranze.
Però lei e Taron
non avevano un amore a senso unico.
Perchè erano tutto-
ma, allo stesso tempo, non erano assolutamente niente.
Jasmine camminava
distratta, leccando avidamente il gelato e fregandosene dei patetici
discorsi di Ariel sulla dieta- poverina, era comprensibile, gli
allenamenti appena conclusi dovevano averla stremata.
Cercava di gustare
semplicemente la merenda, tuttavia aveva addosso una strana
sensazione da giorni e non riusciva proprio a levarsela di dosso,
come fosse un enorme koala sulla schiena.
Ok, non era
esattamente un modo poetico per descrivere il proprio stato d'animo,
e forse era semplicemente nervosa.
Tuttavia, le
sembrava chiaro che non potesse essere solo colpa della fase
premestruale e si voltò brusca verso Ariel, che fu costretta a
interrompere la sua discussione con Esmeralda per darle retta.
“Mi sento strana
da qualche giorno.”
Le amiche la
guardarono scettiche, Esmeralda spalancò gli occhi chiari, la voce
sensuale e profonda che la scherniva: “Jas, tesoro, hai il ciclo?”
“Sono in
premestruo, ma non è di questo che sto parlando.” ribattè secca,
mentre le luci dei negozi del centro commerciale le risplendevano sul
viso.
Ariel si morse il
labbro inferiore, chiaro segno che si stava concentrando per trovare
una plausibile soluzione.
“Da quanto hai
questa...emh...sensazione?” chiese, ma lei e Esmeralda risero.
Jasmine le guardò
torva: “Sono seria! E' da questo weekend che mi sembra... non so,
di non ricordare qualcosa. Non è che ho rubato una macchina o
qualcosa del genere?”
“Lo escluderei.
Considerando le condizioni in cui eri, dubito saresti riuscito anche
solo a guidare un triciclo.” disse Esmeralda, mentre della
cioccolata fuorisciva dalla sua crepes e le colava sulla dita.
Ariel scoppiò a
ridere e Jasmine spalancò la bocca, sconvolta.
“Tu...tu come fai
a saperlo?! Studi a tre ore di distanza da qui!”
Esmeralda si limitò
a sogghignare: “Tesoro, le voci girano. La mia accademia non è
fuori dal mondo.”
Ariel fischiettò
guardando in aria, e Jasmine le sporcò il naso con il proprio
gelato.
“Nooooo, ti prego!
Così mi fai venir voglia, e lo sai che sono a dieta!!” gridò,
affrettandosi a pulirsi, ma Jasmine le mostrò la lingua.
“Ti meriteresti
anche di peggio! Sei una stronza” esclamò ridendo, e Ariel alzò
le mani in segno di resa.
“Ehy, non sono stata io! Esme,
diglielo anche tu!”
“I miei
informatori devono restare anonimi, altrimenti non potrei farmi i
cazzi vostri e rimanere aggiornata sugli ultimi gossip.” abbassò
lo sguardo, malinconica: “...per me è difficile sapervi tutte qui
ed essere lontana. Mi mancate.”
Jasmine e Ariel
smisero di camminare, si guardarono e la abbracciarono calorosamente,
mentre i capelli folti e corvini dell'amica solleticavano loro il
naso.
“Ci manchi anche
tu. Ma siamo fiere di te.” Jasmine sciolse l'abbraccio per
sorriderle: “Non ci racconti mai nulla. Come sono i corsi?”
“Siamo ancora alla
fase iniziale, stiamo ricominciando dalle basi. Le ragazze che sono
al primo anno con me non sono...beh, non sembrano interessate a
stringere amicizia.”
“Esme, sei stata
ammessa all'Accademia di danza più prestigiosa del paese. Le
amicizie verranno col tempo, per ora devi concentrarti solo sui tuoi
obbiettivi.” disse Ariel dolcemente, Jasmine alzò giocosamente gli
occhi al cielo.
“Rieccola che
parte in quarta! Miss Ambizione ha sfornato la sua perla di saggezza!
Ari, sul serio, dovresti fare un convegno sul training autogeno.
Andrebbe alla grande.”
“Magari mi
assicurerebbe un futuro migliore del nuoto. Voglio dire, almeno ci
guadagnerei qualcosa.” rispose Ariel, sorridendo amareggiata.
“Le cose in
piscina non vanno bene?” chiese Esmeralda, aprendo la porta che
dava alla terrazza e accendendosi una sigaretta con Jasmine dopo aver
gettato l'involucro della crepe.
Ariel guardò
distrattamente due bambini passare lì accanto con i propri genitori
e sospirò: “Non lo so, ragazze. Mio padre è diventato impossibile
da gestire, e una volta amavo il nuoto, ma ora... è come se fosse
distante anni luce da ciò che voglio.”
Jasmine ed Esmeralda
si guardarono preoccupate, poi Jasmine le diede una sonora (e molto
poco femminile) pacca sulla spalla e le fece l'occhiolino.
“Ari, tesoro, tu
hai solo bisogno di scopare.”
Ci fu un attimo di
silenzio, poi tutte e tre iniziarono a ridere talmente forte da
sentire dolore alla pancia, mentre le persone sulla terrazza
lanciavano loro sguardi confusi.
Il discorso si perse
quindi tra le risate, e Jasmine non perse occasione di domandare ad
Esmeralda della sue relazione con Febo, intavolando una nuova
conversazione.
Ariel tese le
orecchie, aspettando qualche incredibile sconvolgimento nella vitta
di coppia dell'amica, mentre lo stomaco le suggeriva di mettere da
parte quegli assurdi pensieri almeno per il momento.
Di pensarci,
tuttavia, credeva suo malgrado avrebbe avuto tutto il tempo del
mondo.
Rapunzel si muoveva
tra i banchi, sovraeccitata come un lemure sotto effetto di caffeina
– o almeno, questo era stato il paragone fatto da Jane,
presidentessa del club di arte e con una vera e propria ossessione
per la fauna selvatica e i ritratti naturalistici di uomini e
animali.
Alcuni studenti
erano già all'opera davanti alle tele, ma due o tre ragazze
mancavano all'appello e le loro postazioni erano vuote.
Sedette su uno degli
sgabelli sgombri e osservò la tela incompleta di Alice Liddle,
l'amica di Lilo timida e che se ne stava quasi sempre zitta- o almeno
durante il corso.
Osservò il disegno
con attenzione, le linee di colore leggere ma vivaci come aquiloni di
sfumature sgargianti; il soggetto del dipinto era una sorta di strano
ometto con un gigantesco cilindro verde seduto su un'enorme tazzina
da te; accanto a lui, un coniglio (o una lepre, difficile dirlo con
certezza) con il frack che parlava con...cos'era, una carta da gioco
umanizzata quella?!
Stropicciò gli
occhi, basìta, ma Jane dietro di lei sorrise nel vedere la sua
espressione confusa.
“...Alice è molto
prometttente, vero? Anche se devo ammettere che non è propriamente
il mio stile preferito... ma il surrealismo mi affascina.”
Rapunzel non
toglieva lo sguardo dal dipinto, insistendo nel soffermarsi sui
dettagli delle curve e delle espressioni, nette e ben delineate.
“... deve
assolutamente vincere il concorso degli esordienti di quest anno. E'
splendido.” disse, poi ebbe un'illuminazione e si voltò verso
Jane, piagnucolante.
“Jaaaaaneeee....
io non sono così brava!” disse, per poi farsi prendere da una
specie di attacco di pianto isterico in pieno stile 'bimba di quattro
anni cui hanno appena rubato il gelato'.
Jane, sorridendo
imbarazzata, le carezzava la testa mentre la biondina la abbracciava
disperata, farfugliando parole a caso e ignorando il fatto che tutti
gli studenti del corso le stessero guardando.
“...
presidentessa, va tutto bene?” chiese una studentessa, e Jane si
sbrigò a scollarsi di dosso Rapunzel che, con un tonfo, cadde
rovinosamente a terra.
Fu proprio in quel
momento che qualcuno bussò alla porta dell'aula, distogliendo
l'attenzione da Rapunzel e dalla sua scenata melodrammatica.
“...emh... si
può?”
Jane abbozzò un
sorriso, ma Rapunzel impiegò all'incirca venti secondi per:
1: capire di chi era
quella voce – e questo, ovviamente, lo aveva capito. Benissimo.
Purtroppo.
2: voltarsi sperando
di mostrarsi affascinante e disinteressata, magari agitando ad arte i
suoi splendidi capelli (forse aveva ragione la zia, quando le diceva
che tagliarli non era una buona idea e nemmeno il tingerli, perchè
le bionde fanno sempre un certo effetto).
3: provare a
svolgere la sua manovra calcolata, immaginandosi già come un
concentrato di charme, per poi inciampare su un pennello abbandonato
a terra e cadere rovinosamente con la faccia in avanti, assumendo
sicuramente un'espressione simile a quella di un babbuino durante
un'attacco di vomito e centrando l'unica tavolozza sul
tavolino davanti con il viso.
Ci fu un istante di
silenzio, poi tutti i ragazzi scoppiarono fragorosamente a ridere.
Jane ebbe l'ottima
idea di provare a salvare la dignità dell'amica -o meglio, quel
briciolo che le era rimasto- raggiungendo Flynn sulla soglia, il
quale nel frattempo guardava Rapunzel tra l'intenerito e il
'noncistocapendouncazzoperòèstatacomunqueunafiguradimerda'.
“Rider, come mai
da queste parti?” chiese Jane, a braccia conserte e sospettosa.
Flynn distolse lo
sguardo da Rapunzel (che nel frattempo non aveva ancora trovato il
coraggio per alzarsi e guardare Flynn in faccia, quindi era
giustamente rimasta con la faccia sulla tavolozza e iniziava a
sentire che i colori le pizzicavano le guance) e le sorrise, con fare
ammaliatore.
“Ciao, Potter. Bel
rossetto. Hai cambiato tonalità? Giuro, hai fatto qualcosa di
diverso, non so...tagliato i capelli? Hai usato una nuova marca di
ombretto?... no, aspetta, ci sono: hai una taglia in più di
reggiseno!” disse, raggiante, mentre Jane lo osservava
imperturbabile, un sopracciglio inarcato.
“ Flynn, ti prego,
dimmi solo cosa sei venuto a fare. Dubito che tu sia qui per caso,
l'uscita è dalla parte opposta dell'edificio.”
“Ti sono
venuto a trovare, Jane. E' molto che non ti vedo in giro...”
“A-ah.” rispose
lei monosillabe, si guardarono negli occhi per qualche secondo poi
Flynn sbottò.
“E VA BENE! Devo
fare una ricerca per sociologia e ho pensato di venire a dare
un'occhiata.”
“Che tipo di
ricerca è così importante da far avvicniare il grande Flynn Rider a
una cosa noiosa come l'arte?” chiese Jane, sorridente, ma Flynn
lanciò una breve occhiata alle sue spalle e si allarmò.
“Emh.... pensi che
stia bene? Non è che è svenuta?” e inidicò Rapunzel, che proprio
allora si rialzò e sorrise, provando a sembrare raggiante sotto
almeno sei strati di colore a tempera che le coprivano la faccia.
“Scusate,
ahahahah.... questi stupidi pennelli non sono mai dove
dovrebbero essere...” e diede un calcio al pennello colpevole,
anche se probabilmente se avesse potuto lo avrebbe raccolto da terra
e spezzato in due.
Flynn lanciò uno
sguardo d'intesa a Jane: “... voglio parlare di come l'arte
influenzi la vita dei giovani e le loro idee, ma non so da che parte
cominciare. Pensavo che venire qui e assistere a una delle vostre
lezioni mi avrebbe...” guardò brevemente Rapunzel, poi di nuovo
Jane “...ispirato.”
Jane rimase
leggermente allibita, si voltò rapidamente a guardare Rapunzel e,
con un sorrisetto divertito, si rivoltò verso l'amico.
“...tutto, pur di
vederti uscire da questa maledetta scuola con almeno il minimo
indispensabile. Ma, ti prego, non disturbare i ragazzi. Stanno
lavorando a dei dipinti per il concorso.”
“Ricevuto! Non
fiaterò” disse, levandosi la tracolla ed entrando in aula.
Gli altri ragazzi
erano tornati già da un po' a concentrarsi sulle loro tele, e Jane
andò alla cattedra, sfogliando distrattamente il giornale della
scuola e sbirciando Rider che, intanto, si era avvicinato a Rapunzel.
La ragazza, dal
canto suo, si augurò di non essere conciata tanto male-ma sentiva i
colori bruciargli sulla pelle irritandola, e questo le fece
aspettare il peggio.
Fynn posò la borsa
accanto a lei, poi la guardò.
“...posso...?”
le bisbigliò piano, per poi tirarle indietro una ciocca di capelli.
Rapunzel sentì il
cuore martellargli violentemente nel petto, tuttavia non era doloroso
né sgradevole – al contrario, una strana euforia sembrava essersi
impossessata di lei ed ebbe la netta sensazione che tutto il suo
corpo fosse addormentato, ad eccezione dell'orecchio che Flynn le
aveva sfiorato con le dita.
Sorrise, sperando di
non sembrare patetica.
Lui ricambiò il
sorriso e le si accostò ad un orecchio, sperando che lei non
captasse l'emozione della sua voce: “Raramente mi pronuncio su
certe cose, specie se si tratta di complimenti. Ma devo dire che
l'arcobaleno ti dona.”
Non seppe con quale
coraggio era riuscito a tirar fuori una frase del genere, ma ogni
volta la visione di Rapunzel gli faceva perdere la concezione di
'giusto' e 'sbagliato' e finiva col fare delle cose che mai si
sarebbe aspettato.
Era una delle cose
che più gli piaceva di lei, scoprire lati di sé stesso che non
conosceva prima di averla incontrata e sognata.
Alla ragazza si
mozzò il fiato, ma poi Flynn si allontanò, arrossendo e tornando
lucido, e girando per le postazioni a guardare i lavori degli altri
studenti.
Lei guardò la
schiena e le spalle larghe, e pensò solo a quanto tutto il resto
del mondo sparisse quando lo vedeva.
Jim Howkins non era
esattaemente quel che si definirebbe 'un bravo ragazzo'.
Non che fosse
proprio cattivo – o almeno, non era così che lui si vedeva.
E poi preferiva di
gran lunga mostrarsi come un duro figlio di puttana per evitare che
qualcuno gli rompesse le palle (come successo quando era bambino).
Strinse un po' di
più il grembiule attorno alla vita e sbucò in cucina, dove sua
madre e Silver, il loro cuoco, si destreggiavano tra le padelle e i
fumi.
“Jim, dovevi
essere qui quindici minuti fa!” disse Sarah, prendendo alla svelta
alcuni piatti dal pass e avvicinandoglisi accigliata.
Jim osservò quel
volto così familiare, così simile al suo da sembrare un riflesso, e
provò a levarsi quell'espressione sfacciata che sapeva di avere
involontariamente.
“Calmati mà, ho
fatto il prima possibile.” si voltò, fece una piroetta su sé
stesso e in un unico gesto riuscì a vedere gli ordini dei tavoli e
prendere alcuni piatti già pronti per la sala, ancora caldi; poi le
scoccò un bacio sulla guancia: “Dimentichi che il tuo figliolo va
ancora al liceo.”
“Tsk, così lo
chiamate quel buco di gioventù e ormoni impazziti?!” gridò
Silver, ridendo sguaiatamente e agitando il corpo massiccio mentre
Ben, il ventenne suo assistente magro come uno spillo, cercava di
saltare alcune verdure in una padella.
“John, ti prego
non ricominciare! Sappiamo tutti quanto sia forte il tuo odio verso
le istituzioni scolastiche.” esclamò imrpovvisamente Amelia, la
nuova resopansibile di sala che lanciò uno sguardo gelido a Jim.
“Invece di star
qui a chiacchierare pensiamo a mandar avanti il servizio!”
“Ha ragione”
disse Sarah sbrigativa, uscendo in sala e iniziando a servire ai
tavoli con un largo sorriso.
Jim fece per
seguirla, ma Amelia lo bloccò con quei suoi stupidi occhi da
gattaccio e lui sbuffò: “Qualcosa non va, micetta?”
“Tieni questi
appellativi per le tue amichette, Jim. Non servono con me. E la
prossima volta che arrivi in ritardo sono guai!”
“Sissignora”
disse lui, imbronciandosi e mandandola mentalmente a quel paese, per
poi iniziare ufficialmente il suo turno come
cameriere-aiutocuoco-facchino-tuttofare.
Provò a sorridere
ome sua madre quando servì ai tavoli, il che si rivelò facile
quando consegno le insalate a due splendide ragazze che, vedendolo,
arrossirono e ringraziarono ridacchianti.
Jim non ci fece
comunque molto caso, e non perchè quel lavoro necessitasse di chissà
quale coinvolgimento emotivo: semplicemente, per lui le ragazze non
erano un chiodo fisso.
Cioè,
intendiamoci... erano bellissime e fantastiche, ma fino ad allora si
era sì e no scambiato qualche bacetto con una o due di loro, e aveva
molta meno esperienza di quanta non pensassero i suoi amici che lo
avevano eletto come “l'esperto”.
La verità era che
non aveva poi molta fiducia nell'amore, anche se credeva nella sua
esistenza e tutta quella roba sdolcinata che a Trilli piaceva tanto.
Ma lui non era
proprio il tipo da avere una relazione, forse perchè il suo esempio
di storia d'amore era riscontrabile in ciò che era successo ai suoi
genitori.
Che si erano
incontrati e innamorati, e sposati in chiesa con gli uccellini
cinguettanti e sua madre già con il pancione gonfio come una
mongolfiera.
Erano stati
sicuramente molto felici, fino a quando suo padre una mattina aveva
perso la testa e si era avviato lungo il pontile, imbarcandosi per
chissà quale stupida e infantile avventura.
Jim, che all'epoca
era solo un moccioso con i denti sporgenti e il pigiama intero con i
bottoni, lo aveva rincorso per tutto il molo, sbatacchiando di qua e
di là il peluche di un alieno che portava sempre con sé.
Sua madre aveva
provato a fermarlo, tra le lacrime, e Jim ricordava soltanto di aver
pensato che stesse piangendo per lui, spaventata all'idea che si
potesse far male.
Solo parecchi anni
più tardi aveva capito, da solo e senza che ci fosse il bisogno di
spiegazioni esterne, che Sarah piangeva perchè suo padre li stava
abbandonando.
E in quel momento si
rese conto che erano davvero rimasti da soli – lui e lei, con una
locanda da mandare avanti e un groppone in gola.
Erano passati gli
anni, certo, e lui era cresciuta; ma mentre sua madre diventava più
vecchia e bella, lui più cercava di aiutarla più si sentiva
appartenente a un altro universo.
Si trattava forse di
insicurezza o stupidità, ma stava di fatto che tra il lavoro, le
uscite con gli amici e la scuola non aveva proprio la testa per una
ragazza.
“Ehilà, Howkins!
Guarda che bravi, siamo passati a trovarti.” gridò qualcuno alle
sue spalle, e fu felice di vedere che Lilo, Alice e Mowgli erano
appena entrati al locale.
Jim sorrise e si
sistemò i capelli tirandoli indietro, scoprendo la fronte lievemente
sudata: “Bella la vita da disoccupato, eh?”
“Jim, non fare la
vittima. Tua amdre ti paga, no?” disse Lilo, sedendo malamente su
un tavolo libero e guardando pigramente il menù
Jim sbattè le mani
sul tavolo e sghignazzò, levandole il foglio da davanti e
guadagnandosi la sua attenzione.
“Mia madre mi dà
una miseria, Lilo. Infatti, le mance sono ben gradite!”
eslcamò entusiasta, ma Alice seduta davanti a Lilo, il viso poggiato
ad una mano, guardò l'amica in cagnesco.
“Parla con Lilo,
tanto oggi offre lei.” disse acida, al che Mogli sbottò a ridere
mentre Lilo la mandava a quel paese.
“Cosa mi sono
perso?” chiese Jim a Mowgli, che sembrava l'unico disposto a dare
qualche spiegazioni, e infatti lo accontentò divertito: “Stamattina
la prof Giselle ha messo in punizione Lilo, perchè questa scema non
ha svolto la ricerca sulle Hawaii. Lilo si è incazzata e ha dato un
calcio al banco di Alice, che stava disegnando qualcosadi nascosto.
La prof se n'è accorta e le ha chiesto di vedere, Lilo è scoppiata
a ridere dicendole che era una scema e Alice l'ha mandata a quel
paese.”
“O meglio, ' a
fanculo'” precisò Lilo divertita, lasciando di stucco Jim che
guardò Alice sorpreso.
“Comecosacome?!
Hai mandato qualcuno a fanculo? Le brave bambine non usano certe
parole, lo sai?” la cantilenò, e Alice non ebbe neanche la forza
di commentare, iniziando a dare delle botte sul tavolo con la testa.
“...ho saltato la
lezione del club per stare in punizione con questa... questa...”
“Attenta a quel
che dici, Ali. Le parolacce non ti donano.” la punzecchiò Lilo.
Alice si fermò un
attimo per poi guardarla brevemente in cagnesco, poi tornò a colpire
il tavolo con la fronte, e sbiascicò: “... comunque io voglio una
fetta di torta alla cannella e del thè. Al limone.”
“Ricevuto,
principessa!”
Alice fu grata di
avere il viso nascosto, altrimenti sarebbe stato facile accorgersi
delle sue guance divenute paonazze.
Lilo ordinò
sgraziatamente una porzione di cipolle fritte e una coca alla spina
(Jim le fece i complimenti per i gusti sofisticati), Mowgli si limitò
a chiedere una macedonia.
Dopo qualche minuto
di attesa, tempo durante il quale Lilo e Alice si scambiarono
battutine (l'una divertita, l'altra profondamente irritata), Jim
portò loro le ordinazioni e guardò alcune sedie vuote lì accanto.
“...ma come mai
questa desolazione? Gli altri che fine hanno fatto?”
“Shantii è andata
a trovare una zia e Taron doveva aiutare Dalbert in negozio.” disse
Mowgli avventandosi sulla macedonia.
Lilo mordicchiò la
cannuccia della sua bibita (aveva questa strana abitudine di usare la
cannuccia per qualsiasi cosa stesse bevendo) e guardò
distrattamente il telefono: “Trilli non risponde alle chiamate, ma
credo sia andata a pattinare al parco.”
“E Pan?” chiese
Jim, ma Lilo sorrise: “Probabilmente sta annegando nelle tette
della Darling chiuso in qualche cesso pubblico.”
“Lilo!” la
richiamò Alice, ma Lilo mise il broncio: “E dài, che ho detto di
male?! Peter si è bevuto il cervello da quando la frequenta. E'
proprio vero, tira più un pelo di...”
“OK, basta,
abbiamo capito cosa intendi!” la interruppe Jim coprendole la bocca
con una mano, per poi guardare l'orologio della sala.
“...devo tornare
in cucina, tra poco Ben stacca e gli do il cambio. Devo rimanere fino
alle sette, ma poi sono libero. Per voi va bene?”
“Io...io devo
tornare a casa, per la cena.” disse Alice timidamente, evitando lo
sguardo di Jim.
Perfetto, a casa per
le otto come una bambina... ma sapeva che sua madre le avrebbe rotto
le scatole a vita, se non avesse rispettato il coprifuoco – di
solito riusciva a tergiversare sull'orario di rientro, ma quella sera
sua sorella avrebbe mangiato da loro e la aspettava una serata
all'insegna del taglio di vene.
Jim le carezzò una
guancia, con tenerezza: “Tranquilla, possiamo organizzare per
un'altra serata. Comunque se volete restare fino alle sette, quando
finisco il turno ti dò uno strappo.”
Alice stava per
rifiutare cortesemente, ma Lilo (che intanto si era gustata la scena)
si mise una mano sulla fronte con fare teatrale.
“Ooooooh,
accidenti... stasera avevo promesso a Jumba di provare il suo
monopattino a motore! Tra massimo un'ora devo scappare...” disse,
platealmente bugiarda.
Alice alzò gli
occhi al cielo quando perfino Mowgli disse che, in effetti, Shantii
per quell'ora sarebbe stata a casa e voleva aprofittarne per proporle
un cinema serale.
Ora, tralasciando
quanto sospetto fosse questo improvviso romanticismo da parte di uno
che prima ti dice che ti cucina qualcosa 'con le sue manine' e poi ti
piazza davanti una vaschetta già pronta di gelato alla banana
(...ebbene sì, è una storia vera. Shantii gli aveva tenuto il
broncio per giorni) Alice pensò che ci fosse decisamente qualcosa di
strano nel comportamento dei suoi cosiddetti 'amici'.
Tuttavia, una volta
che Jim si fu allontanato con la promessa di riportarla a casa, non
fece in tempo a chiedere chiarimenti sulla faccenda che entrambi
stavano già affrontando il discorso 'Peter'.
Alice si tormentò
le punte dei capelli con le dita, e al pensiero di restare sola con
Jim le tremavano le gambe.
...ok, Jim era solo
un amico.
Lo era sempre stato,
perchè adesso sarebbe dovuto essere diverso?
Provò a immaginare
il motivo per il quale tutti ultimamente si comportavano in maniera
così strana, e l'ovvia risposta fu che gli altri si erano
sicuramente messi qualche strana idea in testa.
Evidentemente il
fatto che si fossero avvicinati aveva creato dei sospetti- ma erano
solo chiacchiere inutili, perchè Jim non provava sicuramente il
minimo interesse per lei, che era così banale e scialba e timida da
sembrare quasi invisibile.
Con questa
convinzione assaggiò il primo pezzetto della sua fetta di torta,
sorridendo qandò notò che Jim le aveva sistemato sul piatto un
ciuffo di panna montata per cui, lui sapeva, aveva un debole.
Arrossì un poco,
sperando che Lilo e Mowgli non lo notassero, ma erano troppo presi
dal loro discorso per ricordarsi della sua presenza e così si
godette la torta in pace, nel suo angolino tranquillo di sogni.
Nani abbandonò la
tavola accanto a sé, gettandosi sulla sabbia e lasciando che i
granelli le si infilasser dappertutto: nonostante la maggior parte
delle persone lo trovasse insopportabile, lei lo adorava.
David la raggiunse
correndo, i capelli gocciolanti e il fisico atletico, e si sedette al
suo fianco per poi baciarla appassionatamente.
Lei ricambiò, poi
si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno e
approfondì il bacio, un po' incerta.
David, notandolo, si
allontanò appena per guardarla negli occhi. “Va tutto bene?”
chiese dolcemente, e Nani guardò lui, poi il mare e di nuovo David.
“... non so cosa
mi inventerò alla fine dell'anno, David. Non... non posso andarmene
al college e abandonare questa città.”
David le tirò su il
mento mentre lei tentava di tergiversare osservando la scogliera, e
le baciò una guancia piano.
“Non puoi mollare
i tuoi progetti così. So che hai paura...” e Nani lo ascoltò, le
lacrime che già sgorgavano rapide e sfacciate sulle guance.
David gliele baciò
piano e la strinse a sé, e lei lo lasciò fare nonostante fosse di
natura timida e un po' fredda – forse le uniche caratteristiche che
condivideva con Lilo, in effetti.
Si rifugiò sul suo
petto bagnato, sperando che almeno le sue parole riuscissero a lenire
un po' del dolore che, al solo pensiero di ciò che sarebbe successo,
le dava la sensazione di avere la pancia piena di spine.
“... devi
continuare a studiare, Nani. Lo sappiamo tu ed io, e lo sa anche
Lilo.”
Quando sentì il
nome di sua sorella, Nani si scostò dal suo corpo irrigidendosi.
“Ma come faccio,
David?! Come... come posso abbandonarla qui? Dopo tutto quello che
abbiamo passato...”
“E' proprio per
questo che ti meriti un po' di felicità, così come la merita lei.
Finirà gli studi e, come te, prenderà la decisione più giusta...
ma sappiamo entrambi che, per il momento, l'unica a dover scegliere
sei tu.”
Ci fu un attimo di
silenzio, in cui entrambi si scambiarono un lungo sguardo carico di
affetto e supporto: poi Nani poggiò la fronte a quella del ragazzo e
sospirò.
“... Lilo sa che
voglio andare via, e mi ha detto più volte che lei se la caverà. Ma
ho paura.”
David le diede un
buffetto sulla guancia e sorrise, comprensivo: “Nani...hai paura
che non ce la farà senza di te... o che tu non ce la farai, senza di
lei?”
E fu allora che Nani
iniziò a piangere, ma a piangere sul serio, con foga, sulla sua
spalla.
David la abbracciò,
cauto, il cuore spaccato in due da una profonda tristezza,
un'ineguagliabile senso di impotenza e un vergognoso senso di colpa
che lo lacerava da dentro.
“Oh, adoro le
stelle!”
Flynn guardò
Rapunzel volteggiare per il cortile deserto della scuola, i capelli
biondi al vento e lo sguardo verso il cielo stellato.
Restò incantato e
si appoggiò con tutto sé stesso alla panchina su cui erano rimasti
a chiacchierare fino a quell'ora.
In realtà non era
nel piano passare tutto questo tempo assieme a Rapunzel il primo
giorno, ma dopo le attività del club lui le aveva offerto una bibita
al distributore e, senza pensarci, se ne erano andati in cortile
sorseggiando aranciata in lattina e lasciandosi andare a chiacchiere
stranamente (e splendidamente) disinvolte.
Aveva immaginato
mille volte di parlare con lei del più e del meno, e diciamo che si
aspettava qualcosa di grandioso.
Beh, parlare da solo
con Rapunzel non era grandioso – era straordinario.
Le piaceva parlare
di sé con auto ironia, e rideva quando descriveva i suoi stessi
difetti: si era perfino cimentata in una perfetta auto imitazione di
uno dei suoi momenti di bipolarismo e insicurezza, ad esempio quando
lottava contro sé stessa per resistere alle torte di Tiana
nonostante cercasse di mantenere un fisico per lo meno accettabile.
E Flynn, inutile
negarlo, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, ma anche
volendo non avrebbe potuto perchè Rapunzel era così luminosa da
sembrare una lucciola sfavillante.
Rapunzel smise di
canticchiare per voltarsi e sorridergli.
“Cosa c'è?”
chiese, arrossendo.
Lei stessa era
stupita della naturalezza con la quale era riuscita tutto il
pomeriggio a tenere una conversazione (una VERA conversazione!) con
Flynn, senza fare figuracce né agitarsi.
Flynn la agitava ma,
allo stesso tempo, una volta rimasta sola con lui (per la prima volta
da quando si conoscevano) si era sentita splendidamente a suo agio.
Aveva scoperto un
sacco di cose di lui che non avrbebe mai immaginato – ok, sì, era
un dongiovanni quasi (quasi) ai livelli di Naveen, e
spesso e volentieri saltava le lezioni.
E sì, inutile
negarlo, non era esattamente il tipo di ragazzo che sua zia avrebbe
approvato.
Ma era, in realtà,
anche un ragazzo insicuro e pieno di ricordi interessanti.
Rapunzel, ad
esempio, non sapeva che vivesse con un padre adottivo, un tale di
nome Maximus che faceva il poliziotto e aveva, a detta di Flynn, una
strana fissa per i cavalli.
Lui le aveva
raccontato parecchie cose della sua infanzia, vissuta tra un
affidamento sbagliato e l'altro, e lei era rimasta ad ascoltarlo per
ore, spostandosi continuamente tra la panchina e il prato, a seconda
di dove battevano i raggi di sole.
Poi era stato il suo
turno di raccontare qualcosa, perchè lui glielo aveva chiesto
con un sorriso; la ragazza aveva quindi cominciato a parlare della
sua stramba famiglia e di quanto a volte fosse eccessivamente
protettiva.
Gli confidò perfino
di un suo sogno ricorrente, durante il quale lei era rinchiusa in
quella che sembrava essere un'enorme e altissima torre sperduta in
una specie di radura, da sola, che gridava aiuto.
Era sempre stato un
sogno che la inquietava, ma chissà perchè in quel frangente lo
trovò un po' ridicolo e ne rise di gusto, per poi condividere le
risate con Flynn.
Ovviamente tralasciò
il dettaglio di lui che, ogni volta, appariva magicamente da un
armadio (sì, esatto: un armadio. Forse aveva ragione Jas, quando le
consigliava di rivolgersi a uno psichiatra) e la salvava, prendendola
in braccio e calandosi dalla torre con un lenzuolo bianco come un
principe delle favole.
Ora, specifichiamo:
Rapunzel non aveva un'indole particolarmente romantica, anche se non
poteva negare che su di lei i film sentimentali e i romanzi d'amore
riscuotessero un certo fascino – tuttavia non aveva mai mostrato
particolare interesse per baci, coccole o, peggio, abiti da sposa.
Ma non poteva negare
che, quando Flynn aveva raccolto una margherita e gliel'aveva
poggiata tra i capelli, appena sopra l'orecchio, le era sfuggito un
sospiro languido da ragazzina pateticamente cotta come una patata.
Flynn si alzò e
stirò un po' la schiena, contro voglia.
“Beh, si è fatto
tardi. Dài, ti do uno strappo con la macchina.” propose avviandosi
verso il parcheggio, ma Rapunzel portò le mani in avanti, sorridendo
imbarazzata.
“Oh no, io... io
ho la bici proprio qui. Non devi accompagnarmi, ci metto dieci
minuti.”
“Puoi sempre
lascarla qui e farti dare un passaggio” ribattè il ragazzo,
smaliziato.
Lei stava per
rifiutare, ma quando Flynn le sfiorò il dorso della mano con le dita
e le gettò uno dei suoi 'sguardi da conquista' scoppiò a ridere.
“Flynn Rider,
riasparmiami certe espressioni! Con me non attaccano” disse tra le
risate, poi gli diede un pugnetto sulla spalla e raccolse lo zaino da
terra.
“...però il
passaggio lo accetto. Anche se domani mattina mi toccherà venire a
piedi!” esclamò, e lui si inchinò con una moina.
“La signorina
Light mi ha così reso onore nell'accettare il mio invito che si è
appena assicurata un passaggio a scuola anche per domani mattina”
disse solenne, per poi offrirle il braccio e dirigersi verso il
parcheggio assieme.
E, giurò, mai aveva
incontrato una ragazza che lo facesse ridere così.
Jim fermò il
motorino e saltò giù dal sellino, la maglietta bianca svolazzante.
“Ecco fatto!
Libero dalla tua presa ferrea, finalmente!”
“Non è colpa mia
se corri come se dovessi gareggiare contro un giaguaro” notò
Alice, senza torvare il coraggio né di togliersi il casco né di
scendere.
Jim alzò gli occhi
al cielo, divertito, e le porse una mano per poggiarsi che lei
accettò, scendendo con quella grazia un po' impicciata che la
contraddistingueva.
Jim le tolse il
casco e le alzò un po' il mento, carezzandolo piano.
Fu un gesto breve,
di un secondo, ma non potè fare a meno di avere l'istinto di
buttarsi negli occhi azzurri della ragazza come se si gettasse da una
scogliera.
Alice trattenne il
respiro mentre Jim si avvicinava con il viso.
Lentamente.
Molto lentamente.
Troppo.
Chiuse gli occhi
istintivamente quando i loro nasi si sfiorarono, senza sapere cosa
aspettarsi; ma in tutta risposta sentì una risata, e quando aprì
gli occhi Jim la guardava con estremo divertimento.
“Leopardo.”
Alice sgranò gli
occhi, confusa.
“..eh?!”
Jim si avvicinò
ancora e le sussurrò sulle labbra chiare: “L'animale più veloce.
Non è il giaguaro, è il leopardo.”
E continuando a
ridere si scostò, avviandosi verso il marciapiede.
Alice rimase
immobile per qualche frazione di secondo, poi si rabbuiò tutto d'un
tratto, irata.
“Jim Howkins,
sei... sei un idiota!”
“Perchè?” gli
chiese lui, fingendo indifferenza, ma entrambi sapevano quanto stesse
visibilmente trovando divertente tutta questa faccenda.
Oh, certo, figurati
se perdeva l'occasione per farla passare da ingenua...
Alzò il mento con
fare altezzoso e gli passo davanti, stringendo la tracolla di cuoio e
fermandosi davanti al cancello della villetta.
Jim osservò
l'abitazione dell'amica, ammirandola come sempre: una perfetta villa
in stile inglese, bianca e a tre piani, con le finestre colorate (e
qualche luce accesa) e il giardino piccolo e ben curato.
Alice si guardò
attorno, agitata, poi si voltò verso il suo accompagnatore, offesa.
“Beh, grazie.”
“Tutto qui?”
Alice stavolta perse
davvero le staffe, ma il suo famoso pudore ebbe la meglio come sempre
e tentò di trattenersi senza nascondere una certa insofferenza.
“Che intendi? Sei
tu che ti sei offerto di accompagnarmi, io potevo benissimo tornare
da sola.”
Jim rise ancora, e
Alice arrossì senza tuttavia togliere il broncio.
Era ovvio che
trovava la situazione molto esilarante, per chissà quale assurdo
motivo.
Jim si avvicinò, le
mani in tasca, e si grattò il mento per poi guardarla negli occhi:
“...non sia mai che una signorina di buona famiglia non ritrovi la
strada di casa e si perda nel buio.”
Una pausa, ed era di
nuovo vicino.
Alice aderì con la
schiena lungo il cancelletto bianco, improvvisamente nervosa.
Jim era
incomprensibile, e odiava quando la trattava come una bambina
viziata.
Però...
Le cinse la vita con
le braccia e i loro volti furono di nuovo pericolosamente a una
distanza minima di sicurezza, il che la fece rabbrividire un poco.
Non che fosse
propriamente spiacevole, ma...
Sentiva le voci dei
suoi genitori da dentro casa, il chiarrieccio misto al rumore di
posate, e capì che sua sorella doveva essere già arrivata e
probabilmente Edgar, il maggiordomo, stava già apparecchiando per la
cena.
Trovò curioso come,
in una situazione del genere, l'unica immagine su cui riusciva a
concentrarsi fosse il servizio buono di sua madre comprato a Londra,
ma Jim che si toccava rapido le labbra la fece tornare alla realtà.
“... un
riconoscimento sarebbe gradito.”
Cominciava a sentire
un certo freddo, eppure sentiva che il suo corpo si stava scaldando
senza un'apparente ragione e questo la fece disorientare.
Sorrise, cercando di
mostrarsi comprensiva.
E'
soltanto Jim Alice. Che cosa ti prende?
“In...infatti ti
ho detto 'grazie'. Vuoi entrare per... non so, hai... hai fame?”
chiese, ma con evidente poca convinzione.
Jim infatti lanciò
uno sguardo alle spalle della ragazza e sospirò, senza perdere il
sorriso (che tuttavia, notò Alice, divenne pian piano un segno di
lampante imbarazzo): “... non penso che sarei un ospite gradito, ma
apprezzo lo sforzo.”
Il tono di voce era
abbattutto ma leggero, e la ragazza sperò che non avesse frainteso.
Le sarebbe piaciuto
davvero poter portare Jim in casa, ma entrambi sapevano che i suoi
genitori non avrebbero fatto i salti di gioia vedendo i suoi vestiti
larghi e i capelli legati in un codino, così l'aria si fece
improvvisamente molto imbarazzante.
Alice abbassò lo
sguardo, dispiaciuta.
“... non volevo
offenderti. Comunque...” e stavolta sorrise riconoscente:
“...grazie, Jim.”
Jim sghignazzò:
“... speravo in una dimostrazione di gratitudine più fisica,
sinceramente.”
Alice colse la palla
al balzo per prenderlo in giro e fingere di non aver capito e lo
abbracciò.
Jim, sorpreso, esitò
per un attimo. Poi, titubante, ricambiò la stretta.
Non era un ragazzo
molto affettuoso, e questo Alice lo sapeva, e questo non fece che
renderle un gesto così semplice ancora più... speciale.
Sciolserò
l'abbracciò e lei, timidamente, si voltò verso la porticina del
cancelletto; Jim stava per avviarsi verso la moto, ma senza neanche
accorgersene le scoccò un baciò sulla guancia mentre era di spalle.
Alice arrossì e,
presa alla sprovvista, si girò per guardarlo – ma lui si stava già
infilando il casco e, in un minuto, era salito in sella lasciandosi
il viale alle spalle.
Lilo guardò la sua
immagine riflessa, contando i secondi.
Sembrava che il
tempo si fosse fermato, e studiava lo specchio, incerta, sperando di
captare quali fossero le sue emozioni in quel momento- ma non
riusciva a sentire nulla, se non una vaga eco di voci che le
sussurravano di stare tranquilla, di mantenere la calma.
Stitch, placidamente
seduto sul tappetino del bagno, la guardava cauto e Lilo sorrise, più
per tranquillizzare sé stessa che lui.
Sapeva che stava
perdendo il suo tempo... era una cazzata.
Non poteva essere
vero.
Eppure i fatti
parlavano chiaro...
Il timer che aveva
impostato sul cellulare la allarmò, cogliendola di sorpresa, e si
affrettò a spegnerlo.
...fece un respiro
profondo, poi guardo quello stupido aggeggio.
Via il dente, via il
dolore no?!
Chiuse gli occhi un
istante, poi guardò il risultato.
Restò in silenzio,
mentre il terreno sotto di lei sembrava mancare.
Sentì le lacrime
che, piano, iniziavano a scorrere sulle guance arrossate per
l'agitazione.
… cazzo.
Fu stupita dalla
calma con cui stava affrontando questa faccenda assurda, ma
guardandosi di nuovo allo specchio non potè fare a meno di sentirsi
una cretina.
Si mise una mano
sulla pancia, continuando a piangere, mentre la mente si svuotava e
Stitch le leccava una gamba, comprensivo.
Nell'angolino
dell'autrice:
Buona sera, buona
sera bella gente :3 Come procedono le vacanze? Dunque, lo so che ci
ho messo (come sempre) un po' per sfornare il nuovo capitolo, ma
sapete che mi piace farvi aspettare... ok no, in realtà sono alla
disperata ricerca di un lavoro e non ho avuto molta testa per la
scrittura. Solo che mi sono iscritta a due contest e devo consegnare
i lavori entro il 27 di questo mese, così ho preferito dare la
precedenza a questa storia per potermi concentrare sulle competizioni
senza avere l'ansia di
'oddiomemydeviaggiornaredisneyhighschoolsantocielostaiperdendotuttiilettoripoitilamenticheperdirecensori'.
DETTO QUESTO.
E' stato un capitolo
con dei nuovi arrivi *__* wiiiii, sono felice di aver inserito
Esmeralda e Jane (la mia preferita XD) , anche se il loro ruolo sarà
come comparse.
Che dire del
capitolo? La parte di Ailyne e Taron è l'unica a soddisfarmi
davvero, per il resto sono andata a istinto- diciamo che è stato un
capitolo un po' verso il genere romantico, ma che volete farci, sono
una sentimentale XD.
Tutti: ma non è
vero!
Memy: suvvia, fate
pensare ai lettori che lo sia, così nascondo il mio sadismo...
-brividi-
Ad ogni modo, ho
dato un po' più di spazio ad acune ship che stavo un po' lasciando
in disparte.
I poveri Rapunzel e
Flynn mi stavano supplicando di dargli un po' di attenzioni, e
pensare che sono anche la mia coppia preferita... che vergogna.
Ah, non so se
l'avete notato, ma Edgar (il maggiordomo di Alice) è quello de 'Gli
Aristogatti' XD.
Dunque, ci tenevo a
fare una piccola parentesi sui cognomi che ho introdotto da questo
capitolo e a cui non avevo mai neanche accennato: per la maggior
parte dei personaggi ho dovuto ovviamente usare la fantasia.
Eccovi quindi la
lista di TUTTI i cognomi dei protagonisti con motivo annesso
(escludendo ovviamente Pan e coloro che ne hanno già uno nell'opera
originale. Ah, per la cronaca: Pelekai è il vero cognome di Lilo e
Nani. Non è adorabile?).
E' stato abbastanza
complicato per alcuni di loro, e in alcuni casi ho fatto molte
ricerche anche sulle storie da cui ha origine il personaggio (non
solo quindi al cartone Disney). Spero davvero che vi piacciano.
-Naveen Maldonia:
questo è abbastanza ovvio... comunque, è il nome del Regno di cui
Naveen è principe nel cartone originale.
- Adam Beast: anche
questo è scontato dài XD
-Aladdin Street:
essendo Aladdin, nell'opera originale, cresciuto per strada. E' un
omaggio all'Aladdin povero del lungometraggio, che quando canta la
sua canzoncina e mette a letto Abù mi fa sempre piangere. Avrei
voluto dargli un cognome arabo come quello di Jasmine, ma essendo
cresciuto in un orfanotrofio (il Neverland) sin da quando era in
fasce ho preferito che ne avesse uno americano, perchè
effettivamente non si hanno certezze sulle sue origini. Il nome era
scritto su un foglio quando è stato lasciato davanti la porta del
Neverland.
- Taron Caer: nel
libro da cui è stato tratto il film (il primo, se non vado errata,
di una vera e propria saga fantasy) Taron vive per l'appunto nella
fattoria di Dallben (che qui è il suo tutore), denonimata appunto
Caer Dallben.
- Mowgli Kipling: è
un omaggio all'autore dei libri su cui si basa Il Libro Della
Giungla. Non potevo non metterlo in mezzo, suvvia, gli dona anche
abbastanza XD
- Belle Andersen:
Belle ama la lettura, di conseguenza il suo cognome è quello di uno
dei più grandi autori di fiabe che siano mai esistiti.
-
Jasmine Budur: è tratto dal nome della storia originale cui Aladdin
si ispira, dove la principessa si
chiamava appunto
Badr
al-budur (che significa Lunalba).
-Tiana Green: beh,
sappiamo che Tia nel film rimane una rana per più di metà pellicola
XD
-Rapunzel Light: non
so che qualcuno è in fissa, come me, con i film in lingua originale.
La splendida canzone che canta assieme a Flynn sulla barca si
intitola in inglese 'I see the light', che vuol dire appunto luce.
Rapunzel sembra illuminare sempre chi le sta attorno con il suo
entusiasmo e la sua energia, per questo lo trovo molto azzeccato.
- Aurora Wood:
'wood' in inglese significa 'bosco'. E' quindi una citazione del
titolo.
- Alice Liddle: è
il nome originale dell'Alice di Carrol.
- Shantii Kaberi:
Kaberi è un cognome indiano che significa 'piena di acqua'. L'ho
scelto perchè, nel lungometraggio, Shantii e Mowgli si incontrano
proprio quando lei va a raccogliere l'acqua per la sua famiglia,
conducendo così Mowgli al villaggio e, quindi, tra i suoi simili.
-Tinkerbell
Dust: ebbene sì, anche qui in realtà Trilli si chiama Tinkerbell,
anche se ovviamente nessuno usa mai il suo nome completo. Dust in
inglese significa 'polvere', e mi sono ispirata ovviamente alla
polvere di fata di 'Peter Pan'.
-Ailyn Sheridan: è
il cognome che doppia il personaggio in lingua originale. Mi piaceva
semplicemente come le stava. E' un motivo futile ahahah
Ok, l'elenco (per
ora) finisce qui.
Ah, non fatemi
domande sull'ultima parte, io non spoilero un bel niente ahahah XD
Sì, lo so, mi state odiando. O forse no e non ve ne frega niente
(molto più probabile ndTutti) (Oh, mamma mia come siete acidi
ndMemy) (Acidi? ACIDI? Dico, ti rendi conto di cosa mi stai facendo
passare? Sei una vera mer... nd Lilo) (Sì sì, abbiamo capito
ndMemy).
Beh, ok, la chiudo
qui XD Ma prima, il sondaggio di questo capitolo: la vostra canzone
Disney preferita? Sì, lo so, scegliere è una tortura, ma
impegnatevi :3 Io non ho una vera e propria classifica, ma in linea
di massima direi che è Son of Man di Tarzan. Mi ha fatto maturare
davvero.
Come al solito, vi
ringrazio per il vostro affetto e supporto! Se vi va, lasciatemi una
recensione- non mordo, lo giuro! - lancia biscotti-
Al prossimo
capitolo, e buone vacanze! Fate i bravi eh <3
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
“Peter, sei ….
sei davvero sicuro che vada bene così?”
Peter fece un ghigno
e si mise una mano tra i folti capelli rossi, scuotendoli con
nonchalance e dando mostra di tutta la sua inesauribile vanità.
“Tsk, tu mi
sottovaluti! Sono un pasticcere formidabile, biondina.”
Trilli continuava a
guardare la torta malridotta in cottura, chinata davanti al forno con
il grembiule e i guantoni di stoffa che spuntavano dalla tasca dei
jeans.
Cercava, più che
altro, di ripassare a mente il tipo di comportamento da avere in caso
l'intero edificio andasse a fuoco.
Peter le si
avvicinò, imbronciato: “Smettila di fissarla con quella faccia!”
“Io non sto
facendo alcuna faccia!” si affrettò a spiegare, tranquilla,
rialzandosi e iniziando a ripulire il tavolo dell'enorme cucina “è
solo che credevo l'avremmo comprata, la torta.”
“Ma... ma le cose
fatte a mano e con amore sono le migliori!” esclamò Peter,
incredulo che l'amica non si esaltasse come lui per una cosa del
genere.
Trilli sorrise,
arrendevole, e senza continuare il discorso afferrò lo zucchero a
velo per riporlo al suo posto.
Mentre si avvicinava
alla mensola, tuttavia, sentì qualcosa sotto il piede e fu un
attimo: scivolando in avanti, si ritrovò tra le braccia di Peter
(che era riuscito ad afferrarlo al volo).
Ovviamente, è
inutile specificare che lo zucchero le era sfuggito dalle mani,
volando in aria come per magia e ricoprendoli entrambi dalla
testa in giù, fin sulla punta delle scarpe, per poi finire
rovinosamente a terra, sparso ovunque.
Peter la teneva per
i gomiti, e dopo un istante di sincera sorpresa sbottò in una
fragorosa risata.
Trilli, dal canto
suo, si affrettò a rialzarsi e a guardarsi attorno: la cucina era un
disastro, lo zucchero ricopriva metà del pavimento, loro sembravano
due pupazzi di neve e i Bimbi Sperduti sarebbero tornati a breve
dalla passeggiata nel parco, compresi i gemelli – cui la torta era
destinata.
“Peter, smettila
di ridere come una iena e diamoci una mossa! Bianca, Bernie e i Bimbi
saranno qui tra poco.”
Peter smise
lentamente di ridere, senza riuscire a tornare serio del tutto, e le
si avvicinò piano; Trilli, ferma davanti al frigorifero, cercava di
togliersi lo zucchero dai capelli ma si bloccò quando si ritrovò
l'amico a pochissima distanza.
Le mancò il fiato
per un istante, Peter le sfiorò la punta del naso col dito e se lo
mise in bocca, poi le mostrò la lingua divertito: “io adoro lo
zucchero a volo!”
Sentendosi come
sempre una perfetta cretina, alzò lo sguardo al cielo e gli diede un
buffetto sulla guancia, poi insieme iniziarono a mettere tutto in
ordine.
Come previsto, i
Bimbi tornarono alle sei e trenta – ma loro fecero miracolosamente
in tempo a mettere tutto in ordine e a finire di sistemare la sala
per la festa.
Quando gli orfani
rientrarono, però, non solo si stupirono per i festoni e i
palloncini.
Aprirono la porta e,
dopo essersi guardati attorno, ancora con i jeans sporchi di fango e
i capellini in testa, videro Trilli spuntare da un angolo e gridare:
“Ecco qui i miei Bimbi Sperduti!”
“Trilliiiiiiiiiiiiiiiiiiii!”
I Bimbi le corsero
incontro con enfasi, tenendole una specie di affettuoso agguato e
stendendola letteralmente a terra.
Peter, Bianca e
Bernie osservavano la scena sorridenti, mentre Trilli e i piccoli
ridevano con entusiasmo.
Pennino, che le si
era avvinghiato, le lasciò un ultimo, umido bacio sulla guancia
per poi lanciarle uno sguardo pieno di amore sincero.
“Ci sei mancata
tanto, Trilli.”
“Oh, piccoli
miei...” li guardò commossa, mentre si rimetteva seduta sul
tappeto e loro continuavano ad abbracciarla e a farle le feste come
una cucciolata “... mi dispiace di non essere riuscita a venire,
negli ultimi mesi. Tra il lavoretto estivo e l'inizio della scuola
non ne ho avuto il tempo...”
I gemelli la
interruppero, e uno dei due le mise una mano tra i capelli: “sei
venuta per la nostra festa?”
“Ma certo!”
disse Trilli con entusiasmo “non avete visto com'è bello il
salone? Chi pensate ci abbia pensato, ad addobbarlo così?”
“Di sicuro non
Peter!” rispose l'altro gemello prontamente.
“Ehi, tu!”
protestò Peter, prendendolo in braccio tra le risate generali “Ma
guarda cosa mi tocca sentire … cos'è, pensi che io non sia in
grado di gonfiare due stupidi palloncini?” domandò, e senza
attendere risposta lo portò sul divano dove iniziò a fargli il
solletico.
Trilli, mentre i
bambini si alzavano e iniziavano i festeggiamenti, osservò la scena
restando seduta.
Peter, non
accorgendosi di essere l'oggetto delle attenzioni di qualcuno, fu
attaccato di spalle dall'altro gemello, e prontamente lo ribaltò su
un cuscino fingendo di morderlo, per poi alzarsi di tanto in tanto e
far finta di masticare, esclamando con enfasi: “mmmh... questo
bambino ha davvero un buon sapore!”
I gemelli,
ovviamente, ridevano con le lacrime agli occhi, e lei non potò
ignorare la sensazione che le riempiva lo stomaco.
Tutti i loro amici
giudicavano Peter uno sciocco infantile, e probabilmente avevano
anche ragione.
Ma, pensò, se
avessero potuto vederlo in quel momento … se solo qualcuno avesse
visto come si prendeva cura di quei bambini, di come era pronto a
difenderli, amarli … a morire per loro.
Nonostante fosse
legalmente possibile, per lui, comprare un appartamento per conto
suo, si era rifiutato mesi fa.
“Bianca e
Bernie hanno bisogno di me” aveva detto, sdraiati sul letto di
lei, un tiepido pomeriggio del passato Aprile “... i bimbi hanno
bisogno di me. Non posso abbandonarli.”
Trilli, però,
sapeva la verità.
Non erano i Bimbi
Sperduti ad aver bisogno di Peter … era lui a non poter immaginare
la sua vita senza di loro.
Il Neverland era
stata la loro casa, in fondo -e anche Trilli, se avesse potuto,
sarebbe rimasta lì sin dall'infanzia.
Poi Turchina l'aveva
adottata, e nonostante fosse stata felice di avere una madre il suo
cuore non aveva mai abbandonato quel luogo.
Non aveva mai
abbandonato i Bimbi Sperduti (arrivati qualche anno dopo, quando lei
era ormai solo un'amata visitatrice e non più una Sperduta) e,
soprattutto, non aveva mai, mai abbandonato Peter.
Erano cresciuti in
letti vicini, tenendosi la mano prima di dormire e facendo il bagno
assieme, nella piscina gonfiabile durante le estati afose della loro
infanzia; Bianca aveva ricoperto i loro sederini di borotalco,
aiutata da un piccolo Aladdin (il ragazzo che andava nel loro stesso
liceo ma con cui, ironicamente, lo stesso Peter non aveva mai
praticamente parlato).
Avevano imparato a
condividere i giocattoli e i biscotti, rubandoli quando Bernie era
distratto, e quei giorni non avrebbero mai abbandonato le loro
memorie.
Poi, però, i
compleanni erano aumentati.
Dopo dieci anni –
dieci anni di simbiosi, di fratellanza, di carezze e coccole
innocenti- Trilli aveva abbandonato il Neverland.
E mentre, in
cortile, Bianca Bernie e gli altri orfani agitavano la mano,
salutandola con gioia e invidia, Trilli stringeva al petto il
coccodrillo di pezza che Peter le aveva regalato e lo aveva cercato
con lo sguardo, prima di salire in macchina.
Lui era lontano,
nascosto dietro un albero, ma Trilli lo aveva visto lo stesso.
E piangeva.
Piangeva piano, il
viso per metà coperto dal tronco, senza riuscire a smettere di
guardarla.
Lei avrebbe voluto
andare là e stringerlo, ma a dieci anni si inizia ad avere una
strana comprensione mista a saggezza, tramite la quale iniziamo a
capire i sentimenti delle persone che amiamo.
E Trilli capì in
quel momento di non poterlo raggiungere, perchè era giusto così:
era giusto che finisse senza parole inutili, senza addii drammatici.
Capì questo e capì
di amarlo.
Certo era solo una
bambina, ma talvolta ancora si stupiva di quanto quel sentimento
fosse sempre esistito.
Amava Peter da tutta
la vita, di quell'amore nascosto e disperato che non tutti conoscono
– ma, per ironia, era l'unico amore che lei potesse accettare di
provare.
Sapeva di non
poterlo avere.
Lo aveva sempre
saputo, e in un qual senso questo la consolava, perchè le lasciava
la strada libera per aprirsi a nuovi sentimenti.
Tuttavia, era in lei
forte la consapevolezza che non avrebbe mai amato nessuno come amava
lui.
Peter si voltò
verso di lei all'improvviso, e le sorrise dolcemente.
E lei ricambiò, per
poi alzarsi di scatto, in pieno panico, mentre Bianca gridava
qualcosa a proposito di 'uno strano odore di bruciato'.
*
Un altro colpo, più
forte del precedente.
Ed un calcio, ben
assestato, con la gamba ben tesa.
Mulan sentiva le
gocce di sudore scorrerle lungo la schiena, mentre il judoji aderiva
alla pelle umida, limitandole quasi i movimenti.
Il silenzio del dojo
la rilassava, permettendole di concentrarsi.
Il sacco davanti a
lei oscillava, cigolando, sotto la pressione dei colpi- ed era da una
decina di minuti che proseguiva così, a quel ritmo, ignorando la
stanchezza.
Poi si fermò un
istante, per riprendere fiato.
Si avvicinò al suo
armadietto, togliendosi la cintura nera e la casacca bianca, e
rimasta in canottiera strofinò l'asciugamano sulle spalle, i
capelli neri e lisci raccolti quel giorno in una cipolla disordinata
– ma, ovviamente, il fermaglio del signor Fa era sempre lì, come
tutte le volte.
Ne approfittò per
bere un sorso d'acqua e dare un'occhiata al suo cellulare.
Un messaggio di Meg
su un'uscita serale improvvisata con Rapunzel e Belle, qualche mails
di inutile e insopportabile spam, un 'like' di sua nonna sotto la
foto fatta la sera della festa con Naveen, Nani e Herc.
Alzò gli occhi al
cielo, ripromettendosi di non iniziare mai più la signora Fa ai
social network, che da quando li aveva scoperti passava giornate
intere a commentare le foto dei suoi amici (rigorosamente maschi)
con cuoricini e frasi altamente censurabili.
Loro ci ridevano su,
ma la cosa stava diventando decisamente imbarazzante e...
“... Mulan?”
Si voltò di scatto,
facendo cadere l'asciugamano sul tatami.
Rimase a fissare
Shang e il suo sguardo incuriosito per qualche istante, poi si chinò
per raccogliere il panno con un'espressione indecifrabile.
“Shang.” disse
soltanto, e lui sentì una morsa al cuore nel provare ad ignorare il
tono di voce con cui gli si era rivolta.
“Che... che cosa
ci fai qui?” chiese, timidamente.
Inaspettatamente,
Mulan rilasso i muscoli del viso e sorrise flebilmente: “...questo
è il mio dojo, Shang.” rispose, rendendosi conto di doversi almeno
sforzare di essere gentile.
Voglio dire, in
fondo non c'era motivo plausibile per cui dovesse avercela con lui...
sì beh, ok, si sentiva tremendamente a disagio quando lui le
chiedeva di uscire con insistenza davanti a tutti gli altri atleti
della palestra, e questo era appurato.
Ma, a parte quel suo
lato da spaccone fissato con il ninjutsu, spesso si dimostrava un
ragazzo molto tranquillo – un po' troppo permaloso, forse, e
lievemente vittima di manie di protagonismo.
Però le era
capitato spesso di incontrarlo anche fuori dai corridoio della scuola
(destino crudele che aveva fatto innamorare i loro rispettivi
migliori amici come cerbiatti in primavera!), più che altro nelle
uscite di gruppo – e doveva ammettere che, quando non c'erano di
mezzo le arti marziali e il suo spirito competitivo, diventava un
ragazzo estremamente gentile, ed anche un po' impacciato.
Sembrava perdere
completamente la sicurezza che aveva in palestra e diventava...
...insomma,
a suo modo era... tenero.
Lui si grattò la
nuca, visibilmente imbarazzato: “Sì, beh, io ho dimenticato i
guantoni e...” guardò di sfuggita il sacco ancora ciondolante e
le lanciò un'occhiata maliziosa.
“Ah, ecco come fai
ad essere così brava. Lo spacci per talento naturale, e invece ti
rinchiudi qui dentro ad allenarti...”
Mulan inarcò un
sopracciglio, divertita dalla sua idiozia: “Non bastano il talento
e la passione, Li. Ci vuole il duro lavoro” e, sottolineando le
ultime parole, torno al suo sacco, riprendendo con i pugni.
Stava per sganciare
il sesto colpo, ma qualcosa le afferrò il gomito da dietro
bloccandone il movimento, e si ritrovò un Li decisamente compiaciuto
dalla buffa circostanza.
Mulan emise una
sorta di ringhio, funesta: “Che diavolo fai?! Potevo colpirti!”
Li mollò la presa
e, senza dire nulla, le cinse la vita con il braccio muscoloso.
Mulan, dopo un breve
istante di sorpresa, non si mosse: si limitò a guardarlo dal basso
della sua statura, con una calma che nascondeva visibile
irrequietezza.
“Sei scorretta,
Fa. Scommetto che vieni qui tutte le sante sere, a prendere questo
povero salsicciotto a pugni finchè non crolli dalla stanchezza.”
disse lui, con un fil di voce, accorciando le distanze tra loro.
La ragazza soffiò
come un felino, ma mostrò una smorfia di scherno: “Quel che
faccio, Li, non è decisamente affar tuo.”
Li le si avvicinò
ancora di più, chinato verso le sue labbra- e Mulan potè
distintamente guardare le pagliuzze scure nei suoi occhi e le labbra
carnose farsi tremendamente vicini.
“... se continui
ad allenarti così, non ho proprio speranze di batterti eh?”
“...qual'è il
problema, Shang? Non sopporti più di perdere coontro una donna?”
“...no, se perdere
contro di lei significa non avere chances nel prendermela.”
La risposta era
stata inaspettata per entrambi- sì, anche per Shang, che si sarebbe
chiesto probabilmente tutta la vita cosa diavolo gli era saltato in
testa per dire una cosa simile con quel tono strafottente.
Probabilmente
sarà il livello massimo di virilità che raggiungerai nella vita,
amico. Goditi il momento. O, in alternativa, scappa.
Mulan sentiva il
petto stringersi contro quello del ragazzo, ma potè giurare che non
fu per quello che le mancò il fiato, e per la prima volta in vita
sua si trovò seriamente in difficoltà davanti a un ragazzo.
Senza sapere
assolutamente quale fosse la cosa giusta da dire-sempre che ce ne
fosse una, distolse lo sguardo dagli occhi del ragazzo per
abbassarli, seriamente in preda alla confusione.
Dopo qualche
istante, finalmente riuscì a parlare, la voce appena percettibile.
“... devo pensare
a studiare, Li. E ad allenarmi. Non ho tempo per.. per una cosa come
i ragazzi” ma improvvisamente, la convinzione che aveva sempre
ostentato ora stava vacillando.
Tuttavia la cosa non
la stupì, perchè sapeva che prima o poi sarebbe successo- sapeva
che prima o poi Shang avrebbe seriamente provato a mettere in chiaro
quella stupida faccenda, e che lei non avrebbe avuto altre scuse per
scappare.
Lui sembrò capire
l'antifona, e non faceva che guardarle il viso, ammirato.
Lei era là.
Mulan era... era
proprio lì, tra le sue braccia, e... era così fottutamente bella.
Anzi, poteva giurare
di non averla mai vista bella come quella sera – anche se era
sudata, con i capelli spettinati e gli occhi stanchi.
Era troppo, troppo
più bella di qualsiasi ragazza avesse mai anche solo guardato di
sfuggita.
E la voleva, la
voleva davvero, e per la prima volta sentiva che anche lei voleva
lui.
Allora,
improvvisamente, capì che per tutto quel tempo lei non aveva fatto
altro che fuggire per la paura, sì, semplice, sciocca paura di
mostrare debolezza, ed era così tipicamente da lei un simile
ragionamento che si stupì di non esserci mai arrivato.
“... baciami.”
bisbigliò.
Lei sussultò,
immobile, e sentì mancarle il fiato.
“Shang, sei scemo?
Non hai sentito quello...”
“Ho sentito.”
rispose lui, senza neanche lasciarle finire la frase “Ma so che sei
ancora qui, quando avresti potuto benissimo liberarti dalla mia
stretta e andartene, lasciandomi qui.”
Lei, profondamente
spaventata, aveva un'espressione corrucciata, ma lievemente più
rilassata di pochi secondi prima.
“... sei più
forte di quanto pensassi” ammise, arrossendo.
Shang pensò che,
tanto, peggio di così non poteva andare- ma c'era da ammettere che
anche il fatto che lei non fosse fuggita stamapndogli un ceffone era
ben al di là di ogni sua prospettiva per il pomeriggio (che, nei
piani originali di quella mattina, doveva semplicemente consistere in
una corsa al parco con le cuffie nelle orecchie e un patetico tuffo
nell'autocommiserazione).
E poi c'era ancora
in ballo il piano geniale dell'auto super sportiva con cui
farla rimanere a bocca aperta all'uscita di scuola (ebbene sì, non
lo aveva dimenticato).
Conscio di essere
ormai in una situazione estrema, provò ad avvicinarsi ancora,
lentamente.
Le carezzò una
guancia, e ad entrambi mancò il respiro.
“... allora...
devo ancora batterti per avere un appuntamento?”
Mulan non ebbe il
coraggio di guardarlo: chiuse gli occhi e, con un rapido, piccolo
salto, annullò la distanza tra loro, baciandolo con foga.
E Li, al contrario
di ciò che aveva sempre pensato, non sentì stupide campane o
musiche romantiche in sottofondo.
Al contrario, si
concetrò sull'assoluto niente intorno a loro, e forse si
addiceva di più ad entrambi.
Un silenzio tanto
sconcertante quanto accogliente.
Dopo un sentimento
così intenso, fu deludente tornare alla realtà quando Mulan si
scostò e gli sorrise, distaccandosi anche con il corpo e
carezzandogli un braccio muscoloso.
“... sì, Shang.”
disse solo, divertita.
Li, in piena
confusione, troppo felice per ragionare in maniera razionale, la
guardò allontanarsi verso la porta confuso più che mai.
“Mulan, che... che
diavolo vuol dire?”
Lei raccolse la
borsa e sciolse i capelli; poi si fermò sull'uscio e lo guardò
profondamente compiaciuta.
“... che il patto
è ancora valido, Shang. Tu battimi, ed io esco con te.”
Shang, ora, stava
praticamente perdendo fumo dalle orecchie e la osservava, tra lo
sconvolto e il disperato.
“Ma.. ma
io...tu...” balbettò, ma Mulan, senza cattiveria sorrise
intenerita.
“..diciamo che era
un incentivo.”
E detto questo, gli
fece un cenno con la mano e sparì nel corridoio, mentre Li, fermo
come una statua di sale, fissò la porta per qualcosa come venti
minuti, per poi arrendersi alla sfiga che lo perseguitava e
andarsene, gridando epiteti poco gradevoli a una divinità cinese.
*
Jasmine masticava la
penna, in preda a quello che sembrava un vero e proprio attacco
isterico.
E, giurò, stavolta
non era colpa del ciclo- bensì di quella cazzo di odiosa, irritante,
perfettamente inutile invenzione quale la chimica.
Al, intento a
scrivere qualcosa sul suo quaderno degli esercizi, una mano ferma sul
libro della tavola degli elementi, sembrava essere meravigliosamente
a suo agio nel mondo di provette e liquidi dagli strani colori, e
questo non faceva che irritarla ancora di più.
Seduta all'altro
capo del tavolo, sbuffò e gli dedicò un'occhiata gelida.
“Ti odio, Street.
Te e la nonchalance con cui svolgi questa … questa roba.”
Aladdin neanche
sollevò lo sgaurdo dal quaderno, confrontando il risultato degli
esercizi teorici con quelli del libro, e sorrise senza degnarla di
un'occhiata: “Perchè non provi semplicemente a stare attenta
durante la spiegazione?”
Jasmine avrebbe
voluto mettere a tacere quel suo tono irritante colpendolo con il
trinciapollo, ma si limitò a posizionare le braccia conserte come
una bambina e a incenerirlo con gli occhi.
“Non è colpa mia
se la prof Yzma, durante le lezioni, ha l'enfasi di un bradipo
investito da un furgone."
Aladdin alzò gli
occhi al cielo, evitando di guardare quegli occhi scuri e perdercisi.
Jasmine aveva
provato diverse volte a fare domande inerenti alla serata della
festa, e negli ultimi giorni i era stupito di come riuscise ogni
volta ad inventare una scusa fantasiosa con cui cambiare argomento.
A forza di
frequentare Flynn, aveva imparato a dire un acco di frottole- cosa
che Adam gli aveva fatto prontamente notare, ma lui aveva
accuratamente evitato di starlo a sentire.
Ora, però, averla
davanti a è era estremamente complicato; lui stesso, per natura, non
era mai stato molto a suo agio a mentire, e nascondere una cosa tanto
importante a Jasmine gli sembrava come ... non so, fingere di
lanciare una palla ad un cane solo per vederlo annaspare.
Jasmine gli agitò
una mano davanti agli occhi, seria: "Al! A cosa cavolo stai
pensando?! Sembri sotto effetto di... beh, di roba strana."
"Non... non mi
sono fatto alcuna canna, Jas!" ribattè lui, abbandonando la
riflesione e concentrandoi su di lei.
Jasmine ridacchiò e
si alzò, avviandosi verso la cucina e uscendone poco dopo con due
lattine di birra.
Si sedette sul
tavolo e gliene offrì una, poi stappò la sua.
Aladdin guardava i
suoi gesti come si osserva una tigre in gabbia-perchè,
sinteticamente, di questo si trattava.
Jasmine aveva una
casa splendida, ma sembrava starle stretta da tutta la vita, il che
dal suo punto di vista era inconcepibile.
Non che ad Aladdin
non andasse bene il suo appartamento con Genio (era la prima vera
'casa' che avesse potuto considerare tale), ma spesso immaginava
Jasmine nei suoi attacchi isterici in cui usciva, sbattendo la porta
e lasciandosi quel lusso alle spalle, e davvero non comprendeva coa
le passase per la testa in quei momenti.
"... sei
preoccupato per Genio?" gli chiese lei, d'un tratto, con
dolcezza.
Aladdin deglutì,
colto di sorpresa, e decise di cogliere la palla al balzo: "Un
pò." ammise, sorseggiando la birra fresca e sentendo mentre
scorreva giù per la gola "...sembrava davvero molto scosso."
"I funerali non
sono esattamente eventi che la gente definisce 'gradevoli'."
disse lei, guardando il vuoto, sovrappensiero.
Poi si voltò
nuovamente verso di lui e prese a giocare con la sua mano,
distrattamente.
"...lui e
questo...Robin... erano molto amici?"
Aladdin provò a
ignorare i brividi lungo la schiena, ma non poteva negare che quelle
dita sembravano comprimere tutta l'energia del suo corpo in quel
contatto.
Scosse la testa,
pensando a Genio che, in quel momento, stava assistendo a una
cerimonia funebre, probabilmente all'ultima fila, per non farsi
notare, e sorrise amaramente.
"... sembra che
si fossero persi di vista negli anni, ma che per un periodo siano
stati...aspetta...com'è che ha detto..." pensò un istante alle
parole con cui Genio gli aveva parlato di quel suo amico e le ricordo
all'improvviso: " ...l'uno la voce dell'altra."
Jasmine fece una
smorfia che doveva essere un sorriso, ma non gli si avvicinava
minimamente: "... un pò come noi."
Lo guardava
intensamente, e Aladdin non resistette più e ricambiò lo sguardo,
profondamente.
...avrebbe voluto
smetterla di sentirla così tanto.
Sentirla nella
carne, nelle vene che pulsavano, nel vuoto del silenzio prima di
addormentarsi, quando attorno a lui c'era solo il buio e gli bastava
pensare ai momenti insieme per essere acciecato dal desiderio.
E avrebbe voluto non
averla mai baciata, così adesso le starebbe semplicemente stringendo
la mano – e non ci sarebbe niente, dietro quel gesto, solo semplice
e puro affetto.
Ma si rende conto, a
malincuore, che vorrebbe solo tirarla verso di sè, farla sedere su
di lui e baciarla, stringerla, respirare nella sua bocca, perdersi
nel profumo dei suoi capelli e fare l'amore.
Fare l'amore sul
tavolo, in cucina, sul pavimento – e sentirsi vivi, insieme,
perchè ogni momento in cui non è con lei si sente vuoto e morto, un
corpo privo di stimoli e aria.
Jasmine gli strinse
la mano, e per un istante sentì qualcosa muoversi nel petto – non
lo avrebbe necessariamente chiamato 'batticuore', anche perchè
l'utilizzo di termini così romantici non era da lei.
E poi, non c'era
motivo di essere romantiche- non con Al, comunque.
Che la stava
guardando, ora, con un'espressione di taciuta ammirazione.
Le si gonfiava il
petto di orgoglio al solo pensiero, perchè lui poteva davvero dire
di conoscerla; e, nonostante questo, sembrava riuscire a non
giudicarla mai, neanche quando commetteva uno dei suoi stupidi
errori.
A volte avrebbe
voluto concedersi pensieri diversi su loro due: stupide fantasie in
cui non erano solo amici, ma qualcosa di più.
Tuttavia, non se
l'era mai permesso, perchè Aladdin la amava come solo gli amici
possono amarti, con le loro buffe considerazioni e il loro cieco
appoggio, e Jasmine lo amava nello stesso modo.
Solo, c'erano giorni
in cui perfino una ragazza come lei -tutta d'un pezzo, orgogliosa e
decisamente poco femminile- sentiva uno strano calore nel petto
quando lui le lanciava sguardi maliziosi e battute lievemente
ambigue.
Era un gioco,
ovviamente, e lei sapeva che ne erano a conoscenza entrambi, perchè
entrambi erano bravi a giocare in quel modo.
Era divertente
fingere davanti agli altri, mostrarsi complici per instaurare il
dubbio nei loro amici riguardo le basi reali del loro rapporto, e con
Aladdin ridevano dei loro sguardi incuriositi.
Ma poi, quandoe rano
soli e giocavano a farsi il solletico o, semplicemente, stavano sul
letto a parlare, lei a volte non riusciva a non farsi una semplice,
stupidissima domanda.
... dove finiva il
gioco e iniziava la verità?
*
Aurora premette il
rossetto sulle labbra, guardando la ua immagine riflessa allo
specchio, mentre Bianca e Cenere chiacchieravano animatamente del
campionato di football che sarebbe iniziato a Novembre.
Sistemò una ciocca
di capelli e, finalmente soddisfatta, chiuse l'armadietto, il libro
di inglese stretto al petto.
"Si sa già
quali college offrono le borse di studio quest anno?" chiese,
unendosi alla conversazione delle amiche.
Cenere le levò un
pelucchio dalla spalla, storcendo il naso, e sorrise entusiasta:
"Non si sa ancora nulla, ma dobbiamo sbrigarci a proporci per il
comitato se vogliamo organizzare la giornata di orientamento. Non
voglio mandare le lettere all'ultimo minuto..."
Biancaneve le diede
un pugnetto affettuoso sulla testa, divertita: "...te e le tue
dannate ansie mi fate venire il mal di testa!"
"No, tesoro.
Quello è perchè ti sta crescendo il dente del giudizio e non vuoi
andare a farlo controllare." la rimbeccò Aurora, e tutte e tre
si avviarono verso il cortile, perse tra le risate e il
chiacchiericcio.
Cenere iniziò un
noioso discorso sull'importanza dell'igiene, e mentre svoltavano
verso il lato dell'aula del club di teatro Aurora colpì qualcuno in
pieno.
Cadde rovinosamente
a terra, il libro di inglese aperto sul pavimento.
Il ragazzo contro
cui si era scontrata era ancora in piedi, ma dalla stazza era
plausibile: Aurora, ancora a terra, stava per mandarlo a quel paese
ma si era fermata non appena aveva visto le scarpe da ginnastica del
tipo.
Cenere e Bianca
erano ammutolite, avvampando, e Aurora si rialzò rapida,
raccogliendo di fretta il libro e abbassando lo sguardo.
"Scusa, non ti
avevo visto." disse, secca, per poi trascinare Bianca e Cenere
per un braccio, superando il ragazzo.
Questi la bloccò
però per un gomito, e lei fu costretta a voltarsi e a ritrovarcisi
faccia a faccia.
Filippo le guardava
il viso, in silenzio, poi allentò la presa.
"...ciao."
riuscì solo a dire, mentre accanto a lui un fino ad allora nascosto
Eric si guardava attorno, imbarazzato.
Aurora arrossì suo
malgrado e, con un gesto rapido, allontanò il gomito: "Quanta
eloquenza." disse, sogghignando, per poi fare per voltarsi, ma
Filippo la prese per una spalla, la voce spezzata.
"...non... non
sembri contenta di rivedermi."
Aurora rise con
cattiveria: "Ma no Filippo, cosa dici?! Ho sognato per settimane
questo momento. Anzi, probabilmente stanotte non dormirò per
l'emozione, ripensando a ogni singolo istante di questa
conversazione." esclamò, ironica.
Filippo stava per
risponderle, ma Aurora non gliene diede il tempo: fece un cenno di
saluto a Eric e, dopo averlo guardato con freddezza un'ultima volta,
chiuse il dialogo e gli diede le spalle, avviandosi verso il cortile.
Bianca e Cenere
lanciarono un'ultima occhiata a Filippo e poi la seguirono, mentre il
rumore dei tacchi rimbombava per il corridoio.
Lì accanto, Tiana
si era avvicinata e sorrise imbarazzata.
"Ciao, Fil! Sei
tornato, finalmente."
"Almeno
qualcuno è contento di rivedermi..." disse il ragazzo, lo
sguardo perso nel vuoto, per poi andarsene verso i bagni e lasciare
soli Tiana ed Eric a lanciarsi sguardi preoccupati.
Aurora aprì la
porta del cortile sul retro e respirò forte l'aria, senza muovere un
passo.
Si limitò a
prendere una sigaretta dal pacchetto in tasca ed accenderla con
fretta, quasi rabbia, per poi aspirare a pieni polmoni quella
splendida merda e cacciare indietro la sensazione di... totale
disagio che le inondava lo stomaco.
...andiamo, doveva
smetterla di fare la stupida.
In fondo, cosa cazzo
si aspettava?!
Un pò di febbre e
un viaggio in California per la visita a un college non potevano
trattenerlo via per sempre.
Diede un'altra
boccata e fu tentata di sedersi sull'erba, sdraiarcisi fino a
sprofondare tra i fili e con il sole sulla pelle.
Ma poi si diede
della stupida, perchè lei non poteva farlo- lei era Aurora Wood e,
santo cielo, non poteva macchiarsi d'erba la gonna.
Si ravvivò i
capelli con un gesto sicuro e, ostentando tranquillità, prese posto
sulla panchina sotto la statua del signor Mouse (primo preside del
liceo pericolosamente somigliante a un topo, ma grande uomo) e si
guardò attorno.
Cenere e Bianca non
dissero una parola, e lei sorrise apertamente: "...cosa sono
quelle facce?! Invece di pensare a queste stronzate, concentriamoci
su cose importanti." fece una pausa, ma non per aspettare una
risposta.
Le amiche
continuavano a guardarla, silenziose, un'espressione indecifrabile.
Lei finì la
sigaretta e accavvallò le gambe, arricciando le labbra: "...stavo
proprio pensando di farmi Eric. Voglio dire... ok, è timido e tutto
quello che vi pare, ma... dài, fa vela al club dove va anche mio
padre. Dico, l'avete mai vito in costume?" chiese con enfasi, ma
continuò di nuovo senza alsciarle parlare: "...ad ogni modo,
oggi pomeriggio voglio andare a fare shopping. Fanculo gli
allenamenti, giusto? Tanto le reclute di quest anno fanno schifo
comunque, non saprebbero cosa sono dei pon pon neanche se gli
uscissero dal buco del culo di ognuna..."
Bianca le prese la
mano all'improvviso e lei si zittì.
Stava per continuare
il discorso, ma l'amica le sorrise: si voltò verso Cenere, che le
spostò la frangia da davanti gli occhi e le sorrise lieve a sua
volta, incoraggiante.
Aurora allora
abbassò la testa e, piano, in silenzio, ricambiò la stretta.
Le sue mani
tremavano, e non ci fu bisogno di parlare di altre stupidaggini:
rimasero così, all'ombra della statua, mentre il giardino era
deserto e le sue guance si rigavano di lacrime.
*
Naveen entrò
nell'aula vuota, guardandosi attorno spaesato.
Venire a scuola la
sera era sempre stato uno dei suoi Sogni Da Adolescente, sì, ma
certo se l'era sempre immaginata come un'esperienza diversa e
divertente – o comunque più trasgressiva di quanto si fosse
effettivamente rivelata.
Il laboratorio di
cucina, poi, non era effettivamente dentro la scuola ma si
trovava all'esterno, a pochi passi dalla palestra e dal campo di
footbal; in più, era venuto sotto invito di un insegnante, e questo
rendeva tutta la faccenda così tranquilla da sembrare quasi
patetica.
"Maldonia, se
hai finito di guardarti attorno con aria circospetta come fossi il
protagonista di un film inglese di spionaggio puoi anche entrare. Non
mordo."
Naveen trovò il
professor Remì seduto su uno dei banconi, intento a smangiucchiare
un piatto di uova calde e a lanciargli occhiate contrariate.
Il ragazzo sorrise
timidamente e fece un breve cenno con la mano, poi si chiuse la porta
alle spalle e si avvicinò all'insegnante.
Il professor Remy
era uno dei migliori insegnanti della scuola, nonostante fosse lì
solo per insegnare Economia Domestica e per coordinare il club di
cucina; di origini francesi, bassino e con un volto da roditore che
stonava con le sue epressioni spesso dolci e pacate.
Amava i suoi
studenti come fossero figli e passava per lo più il suo tempo a
barcamenarsi tra le padelle e i fumi del laboratorio e i compiti in
classe degli allievi.
Tuttavia, Naveen era
a conoscenza di essere uno dei pochi alunni a non essersi mai
guadagnato la sua simpatia: probabilmente perchè marinava sempre le
sue lezioni come se non ci fosse un domani e una vota aveva dato
fuoco a un mucchio di grembiuli, mettendoci in mezzo anche i guantoni
da forno.
Beh, era stato un
incidente ma non poteva negare di essersi divertito- e tutt'ora,
quando ripensava a quella faccenda rideva con Flynn fino alle
lacrime.
"Grazie per
avermi permesso di incontrarci, professore."
"Dacci un
taglio, ragazzo. Ho acconsentito solo perchè mi hai detto che era
qualcosa di importante per una delle mie allieve."
Il viso si ammorbidì
impercettibilmente, tuttavia Naveen se ne accorse e rimase di sasso
quando l'uomo gli chiese: "...hai già cenato' Vuoi che ti
prepari qualcosa?"
Naveen arrossì di
botto e sorrise imbarazzato: "No prof, io ... la ringrazio, ma
non ho molta fame." si schiarì la gola e prese coraggio: "Sono
qui per parlarle di Tiana."
Il volto del
professor Remì cambiò radicalmente espressioni, facendosi
improvvisamente paonazzo.
"...cosa le è
successo? E' in qualche pasticcio?" domandò, con un fil di
voce.
Naveen si affrettò
a tranquillizzarlo (Tiana era la sua pupilla, e l'insegnante aveva
ammesso più volte che gli sarebbe piaciuto vederla nella cucina di
un famoso ristorante francese, in futuro), avvicinandoglisi e
agitando le mani.
"No no,
assolutamente! Però... ecco, sono..." farneticò, per poi
tossicchiare nervoso e ammettere: ".. sono preoccupato per lei.
Il lavoro le porta via tempo ed energie, e..."
Il professor Remy lo
guardava incuriosito, poi non potè fare a meno di sorridere: "...
non sapevo ci fosse del tenero tra voi."
"NO!" si
affrettò a gridare Naveen, impulsivo, per poi ridacchiare nervoso:
"No no, mi ha frainteso! Io.. ho solo paura che trascuri la
scuola, o le amicizie ... è troppo giovane per tutte quelle ore di
lavoro."
Naveen si era
preparato per giorni quel discorso, ma ora sembrava avesse le labbra
di burro.
L'insegnante
abbandonò il bancone e scattò in piedi, ergendosi in tutta la sua
modesta altezza, e sospirò, avvicinando il piatto al lavabo ed
azionando il getto dell'acqua.
" Il corpo
docenti è al corrente della situazione, ma sono solo lavori
part-time, il che rende la cosa legale. Non possiamo fare nulla per
lei..."
Naveen strinse la
tracola con forza e guardò il professore: "...io sì, però."
Remy lanciò
un'occhita incuriosita a lui e la sua borsa, e il ragazzo si affretto
a tirar fuori un portafogli rigonfio fino all'inverosimile.
Remy stava per
chiedergli spiegazioni, ma Naveen tirò fuori un indicibile numero di
banconote e le posò con foga sul bancone, poi guardò il suo
insegnante dritto negli occhi.
"Questa è la
cifra che serve a Tiana per terminare il pagamento e affittare il
locale. La cifra esatta."
Remy sentiva il peso
del silenzio, e continuava ad avere un enorme punto interrogativo
stampato sulla fronte.
Naveen si affrettò
a spiegare la sua idea, sperando che il professore accettase – cosa
che comunque era altamente probabile, se significava risparmiare a
Tiana ore di lavoro in luridi pub.
"Sappiamo che
Tiana non li accetterebbe mai, men che meno da me."
"Non ho
intenzione di farmi coinvolgere in queste stupidaggini da adolescenti
orgogliosi, mio ragazzo." esclamò il professore, sereno e con
voce ferma, e fece per voltarsi.
Naveen gli posò
incerto una mano sulla spalla e lo pregò di ascoltarlo, nervoso.
"... lei non
deve fare nulla, professore. Solo proporre a Tiana di farle da
assistente ai corsi e di aiutarla nelle pulizie dell'aula per un
compenso."
Remy si voltò di
scatto e lo guardò fisso negli occhi con gelo; poi si raddolcì e si
guardò attorno, vago, controllando che non ci fosse nessuno – ma
dalle finestre si intraveva il buio, e a quell'ora nessuno studente
si aggirava nè per la scuola nè per i campi sportivi.
Poi parlò, il tono
curioso e docile ma autoritario.
"...Tiana è la
mia studentessa preferita, e lo sai bene. Ma se gli altri
inseganti..."
"Non lo saprà
nessuno." lo interruppe Naveen, chiarendo la cosa. "Lei non
la pagherà con i suoi soldi, ma con questi."
"...e dove li
avresti presi?" chiese l'insegnante.
Nonostante sapesse
che Naveen era di nobile famiglia (i suoi discendevano dalla famiglia
reale di nonricordavaqualepaese), quei soldi erano troppi per stare
tra le mani di un adolescente scapestrato come lui.
Ma il ragazzo
rispose, la voce carica di agitazione: "Sono soldi puliti,
professore. Glielo garantisco."
L'insegnante
continuava a studiare Naveen, che dal canto suo sentiva il respiro
farsi affannoso, in attesa di una risposta.
... quella era una
parte dei fondi per il college che teneva da parte, ma non gli
importava.
I suoi genitori
glielo avrebbero pagato comunque, ignari delle sue scorte segrete, e
lui avrebbe rinunciato volentieri alle serate di divertimento e svago
pur di vedere Tiana felice.
Ma questo, lei non
doveva saperlo – lei e nessun altro.
Nessuno era
conoscenza del suo segreto, e ora il suo unico eventuale complice se
ne stava lì, a guardarlo ansimare.
L'omino restò
titubante ancora per qualche minuto, poi sospirò e gli porse la
mano, abbastanza convinto.
"Non so perchè
lo fai, ragazzo, ma ti fa onore."
"Professore...
non dovrà saperlo nessuno, chiaro?! Se Tiana lo scoprisse..."
"Non succederà"
rispose solo il professore, sereno, e Naveen sentì il peso che aveva
percepito nello stomaco scioglieri come neve.
Immaginò Tiana che,
entusiasta, correva dai venditori per pagare finalmente quel locale e
ristrutturarlo; la immaginò pitturare le pareti e studiare la
disposizione dei mobili.
Già la vedeva lì,
in cucina, con la divisa immacolata e le padelle sul fuoco, e il suo
staff che coordinava il lavoro e creava piatti splendidi e deliziosi.
...era quello, il
suo segreto.
Sognare la vita di
Tiana come se fosse la sua, sperare che tutto ciò per cui
aveva lottato negli anni si sarebbe avverato – e sapeva di averlo
nascosto bene, sin dal loro primo incontro.
Lei non gli aveva
mai mostrato qualcosa che si allontanasse dall'odio profondo,
comunque, e di conseguenza non si era mai neanche sognato di esporsi
e ...non so, invitarla ad uscire.
Ma quando litigavano
per il corridoio, o si lanciavano occhiate e frecciatine, sentiva i
passi amplificarsi verso di lei e cadere in un baratro di silenziosa
adorazione.
Lei rispondeva a
tono, lo insultava velatamente, lo prendeva in giro – ma lo
guardava, e lui questo lo aveva notato.
Faceva tutto parte
del suo piano non programmato, della sua lotta per la conquista di
quella ragazza straordinaria: e quello che stava facendo era il passo
definitivo.
Certo lei non lo
avrebbe mai saputo, ma cosa importava?
Se la sarebbe presa,
perchè Tiana era sempre stata sua così come lui non era mai stato
davvero di nessun'altra.
*
...le fischiavano le
orecchie.
Sì, beh, se ci
fosse stata sua madre adesso le avrebbe detto che 'qualcuno la stava
pensando', per poi farle l'occhiolino e sorriderle sorniona.
Ma Tiana era molto,
molto diversa dalla signora Green- il che non era necessariamente un
male, per quanto la adorasse.
L'autobus arrivò e
finalmente ci si potè fiondare sopra, abbandonando le forze sul
primo sedile disponibile.
L'autista Taddeo
(che Jasmine definiva sempre incredibilmente simile a un rospo e
fissato con la velocità) ripartì a tutta birra verso casa, e Tiana
guardò distrattamente fuori dal finestrino.
Quella città era
decisamente troppo piccola, eppure non l'avrebbe lasciata per nulla
al mondo- tutto, lì, sembrava ancorarla al passato e ai ricordi di
suo padre, e non aveva alcun desiderio di viaggiare.
La luna, alta e
piena, sembrava guardarla accigliata e sentì improvvisamente la
pancia gorgogliare.
...fantastico, si
era dimenticata di mettere qualcosa sotto i denti.
Di nuovo.
Frugò nella borsa
alla ricerca di qualche snack perduto – ma tutto quel che trovò
furono le chiavi di casa, il telefono, l'abbonamento dell'autobus e
il libro di biologia che si era portata dietro.
Sbadigliò e pensò
che tanto valeva mettersi a studiare per il compito che ci sarebbe
stato tra un paio di giorni- l'unico che capiva qualcosa di questa
roba era Aladdin, ma sinceramente non aveva davvero il tempo per una
sessione di studio pomeridiana neanche di venti minuti.
Il movimento
dell'autobus la cullava, e abbandonò dopo pochi minuti il suo
pateticop tentativo di studio per socchiudere gli occhi e dedicarsi
pochi minuti di riposo.
... cominciava ad
essere stanca.
Sua madre e Rapi
avevano ragione, quando la rimproveravano; i caffè non bastavano più
a tenerla sveglia, e nonostante perdesse allo specchio dieci minuti
ogni mattina quelle occhiaie erano sempre lì, in agguato, incuranti
del trucco e altre tattiche di camuffamento.
A volte pensava sul
serio di mollare, lasciare il lavoro e fare una vita .... beh, una
vita normale.
Ma poi... nelle
orecchie sentiva quella canzone.
Suo padre che
fischiettava la Domenica mattina lo stesso motivetto – la canzone
sua e di sua madre, che iniziava a cantare sottovoce mentre
cucinavano il pranzo assieme e Tiana fingeva di essere in camera sua
a giocare.
Le piaceva
sgattaiolare giù per le scale e nascondersi dietro lo stipite della
porta della cucina, restando a piedi nudi a guardarli; loro non la
notavano, ma si guardavano a vicenda e pian piano continuavano a
cantare piano, quasi sussurrando, affettando verdure e baciandosi le
spalle e il collo con tenerezza.
Tiana li guardava e
sorrideva, senza trovare mai il coraggio di andare lì tra loro e,
come tutti gli altri giorni, cucinare assieme.
Mamma e papà, in
quei momenti, erano così felici da irradiare la stanza di luce.
...ma poi, suo padre
si era ammalato e se n'era andato.
Portandosi via il
sogno di aprire quel ristorante e cucinare con amore assieme alla sua
famiglia, fischiettando quel motivetto e guardando sua madre mentre
cucinava i suoi meravigliosi dolci.
E lei non aveva mai
voluto altro che realizzare quel sogno, rincorrerlo costruendo le
radici con le sue stesse mani.
...spesso ricordava
quei momenti e sentiva un estremo bisogno di avere anche lei,
qualcuno con cui fischiettare in cucina la Domenica mattina.
Ma poi, ogni volta,
tornava a concentrarsi su ciò che stava facendo – c'era il lavoro,
la scuola, il tempo da organizzare ... era già un miracolo che
riuscisse a frequentare il corso del professr Remy.
E poi, francamente,
non aveva poi questa gran voglia di frequentare qualcuno.
Lei aveva bisogno di
qualcuno con cui poter essere sè stessa, perdersi nelle risate e che
cucinasse al suo fianco.
Da qualche parte,
probabilmente, c'era davvero qualcuno fatto per lei: ma non era del
tutto sicura di volersi far trovare.
*
Adam avrebbe fatto
di tutto, per lei.
Gaurdò Belle che,
lentamente, apriva gli occhi nella luce del primo mattino e
sbadigliava tra le lenzuola di pizzo – e avrebbe voluto fotografare
quel momento, quell'intera scena, per essere sicuro di non
dimenticarla mai.
Belle, finalmente,
si svegliò e pensò di stare ancora sognando.
Adam le sorrise e
lei ricambiò, dolcemente, biascicando un 'buongiorno' confuso e
nascondendo il volto tra le mani, imbarazzata.
Adam gliele scansò
delicatamente e le fece la linguaccia, per poi soffermarsi sui suoi
occhi.
Le scansò
dolcemente una ciocca di capelli, sistemandola dietro l'orecchio, e
le prese il volto tra le mani.
"Ma come ho
fatto ad essere così fortunato?"
Belle arrossì
lieve: "... ci siamo alzati con spirito romantico?"
Adam
le carezzo una spalla e le sfiorò le labbra, godendosi per un
istante il silenzio dell'alba.
Poi alzò le spalle
e rise: "...ogni tanto ho il diritto di esserlo anche io, non
credi?"
Fece una pausa e
sospirò.
"...ti amo da
impazzire, Belle. Io ... so che dovrei dirtelo più spesso, ma..."
Belle gli posò una
mano sulle labbra, piano, e gli baciò la punta del naso.
"...non ho
bisogno di sentirmelo dire. So che mi ami. Io... lo capisco da come
mi guardi."
Levò la mano e
nascose le dita tra i capelli lunghi di lui, soffici e fini come
paglia.
Lui gliela afferrò
e gliela baciò, facendogli sopra una pernacchia e condividendo una
risata, poi sospirò.
..era arrivato il
momento.
Non era previsto che
fosse così presto, ma quando entrò un pò di vento dalla finestra
aperta e la luce dietro Belle si fece più limpida sentì di non
poter aspettare.
Le strinse la mano,
le dita incrociate e solide tra loro come fossero parte di un solo
arto, di un solo corpo.
"...non ci sono
altre mani che voglio stringere, se non le tue."
Belle sorrise, una
strana sensazione al petto.
Adam aveva una luce,
negli occhi... qualcosa che non gli aveva mai visto, o che forse
stava nascendo in quell'esatto momento.
Una luce che
sembrava illuminarlo come stava facendo ora il sole.
"E non riesco a
pensare di dividere la mia vita con qualcuno che non sia tu. Mi hai
portato via da... da tutto il buio in cui ero caduto. Mi hai
trascinato in superficie e mi hai salvato come fossi ferito, senza
mai farmelo pesare."
Adam aspettò un
istante prima di continuare, ma Belle lo studiava silenziosa e pensò
di continuare, di seguire il cuore e aprirsi come uno scrigno.
"... mi hai
portato alla luce come fossi un fiore. Ero solo un seme e sono nato
con te, e... voglio continuare a crescere con te, e morire con te.
Voglio svegliarmi accanto a te la mattina, e... non so, litigare per
chi debba accompagnare i bambini a scuola e chiederti scusa la sera,
tornando a casa e portandoti un mazzo di rose. Io..."
Belle sentiva
mancarle il respiro, ma quando Adam si sedette e si voltò verso il
cassetto rimase letteralmente senza fiato e temette di svenire, per
un istante.
Il ragazzo si voltò
di nuovo verso di lei, visibilmente emozionato e con gli occhi
lucidi.
Lei anche si
sedette, coprendo il corpo nudo con le lenzuola come se ci si volesse
nascondere dentro.
"..allunga una
mano." esclamò lui emozionato, e lei obbedì mentre il tempo
sembrava essersi fermato.
Un uccellino fuori
dalla finestra aveva iniziato a cantare, ma nessuno dei due sembrò
farci caso.
Belle chiuse gli
occhi, ma quando sentì qualcosa di freddo caderle sul palmo li
riaprì, sorpresa.
Un mazzo di pesanti
chiavi di ottone troneggiava sulla mano candida.
Guardò Adam
interrogativa e lui le sorrise.
"...Adam,
cosa..."
Lui le chiuse la
mano e le sorrise dolcemente.
"...sono le
chiavi della biblioteca al centro. Ho iniziato i lavori di
ristrutturazione questa estate."
Belle spalancò gli
occhi, totalmente confusa.
Prima che potesse
fare domande, Adam si affrettò a spiegarsi: "... è per te. Se
la desideri, dopo il diploma sarà tua. E anche tutti i libri al suo
interno. Potrai... " la voce spezzata dall'emozione e la
timidezza, "...potrai leggere tutto il giorno, tutto ciò che
vorrai. "
Non capendo le
emozioni della ragazza, si affrettò ad aggiungere: "...sempre
se vuoi, ovviamente."
Belle restò in
silenzio, incredula.
Boccheggiò per
qualche minuto, pensando a cosa dire – ma erano... così tante le
frasi che le roteavano nella mente.
Smise di guardarsi
la mano e alzò il viso verso quello di Adam, che si torturava le
mani, visibilmente agitatissimo.
"... beh, ho
pensato che... tu non vuoi andare al college per non lasciare da solo
tuo padre, no? Beh io... posso fare un corso per corrispondenza alla
Animation University, e andare in sede solo per gli esami. Studierei
a casa e resterei qui con te, e tu lavorerai giù alla biblioteca."
Belle continuava a
non parlare, ed Adam era ormai ufficialmente nel panico.
Non che si
aspettasse grida di gioia (non aveva avuto la forza di farsi speranze
così rosee), ma almeno di assistere a una qualsiasi reazione.
"Belle, "
disse alla fine, tutto d'un fiato, "... queste chiavi... ecco,
dopo i lavori alla libreria non mi erano rimasti abbastanza soldi
per..." fece una pausa, prese fiato e la guardò dritta negli
occhi, paonazzo: "...per un anello."
Belle sussultò
impercettibilmente.
...un momento...
"A-Adam... mi
stai chiedendo di..."
Adam le prese le
mani, le sorrise ancora e...pregò con tutto sè stesso che lei
rispondesse ciò che sperava.
"Belle, vuoi
sposarmi?"
La ragazza sentì
venir meno il respiro, e la sua espressione tradiva uno smarrimento
mai provato.
Doveva rispondere,
ma... non... santo cielo, non ci stava capendo nulla.
Adam al vide
guardare il vuoto per un istante, e abbassò lo sguardo.
Ma quando lo rialzò,
vide gli occhi castani di Belle lucidi e colmi di lacrime.
Preoccupato le prese
il volto tra le mani, ma quando la vide sorridere sentì il cuore
battere come un tamburo.
Belle stava
piangendo di gioia.
Sorrideva, e
piangeva, e... e si sentiva una perfetta idiota, ma al diavolo!
Era un sogno?
Probabilmente stava
ancora dormendo, non era possibile... gli accarezzò una guancia e
quando sentì la pelle di Adam sotto le dita scoppiò a ridere e a
piangere contemporaneamente.
Lo abbracciò, ed
iniziò a gridare "Lo voglio! Lo voglio!" al culmine della
gioia.
Restarono lì,
abbracciati e a ridere e a baciarsi e piangere come due bambini,
guardandosi negli occhi e sperando che quello fosse solo il primo
momento perfetto di una lunga serie.
Nella
tana dell'autrice:
Lo so, questo
capitolo contiene una dose di romanticismo tale da far invidia a un
film con Julia Roberts – ma ehi, ho pensato che ogni tanto devo
conderveli capitoli del genere.
Questa volta non
c'è stata molta azione, lo so, ma ho preferito concentrarmi di più
sulle emozioni dei vari personaggi.
Stavolta non ci
sono state scene del gruppo dei 'piccoli', ad eccezione della prima
dedicata a Trilli e Peter (e a una aprte del loro passato).
Aggiungo inoltre
che questo capitolo non mi convince AFFATTO, ma ci stavo lavorando da
un sacco e ho semplicemente capito che tra il caldo, la
disoccupazione e le uscite con gli amici (più il mio nuovo kindle <3
) non ho avuto testa per la scrittura – comunque, ci tenevo a
pubblicarlo i primi di Settembre, e comunquetrovo sia scritto in
maniera sufficentemente dignitosa.
Almeno spero.
COMUNQUE. Com'è
andata la vostra estate? Avete fatto i bravi? Io sono rimasta a Roma
ad ammuffire, quindi deduco l'abbiate comunque passata meglio di me.
Parliamo un pò
di alcuni passaggi del capitolo: la scena finale era presente sin dal
progetto iniziale, ed è una delle poche cose che ho lasciato. Adam e
Belle sono una coppia solida, e anche se non è specificato nella
storia stanno insieme da cinque anni (ebbene sì, Belle è stata la
prima tra le sue amiche a... beh, avete capito. Furba, eh?). La cosa
della biblioteca mi piaceva molto e alla fine l'ho inserita, anche se
solo ora mi accorgo di quanto sia sfacciatamente simile a ciò che
accade a Belle di Once Upon A Time (serie tv che mi auguro voi
conosciate. In caso contrario, RIMEDIATE).
Naveen e Tiana
sono due personaggi un pò contorti, secondo me; tuttavia, lei tra le
principesse è quella che mi rispecchia di più, decisamente.
Il ritorno di
Filippo è appena accennato, ma non pensate che la reazione di Aurora
sia esagerata: rivedere la persona che ci ha feriti, ritrovarsela
faccia a faccia, è sempre qualcosa di estremamente doloroso.
Mi spiace tanto
di non aver potuto inserire Jim e gli altri, e so che la loro assenza
come personaggi si sente tantissimo.
Probabilmente è
per questo che il capitolo non mi ha convinta, ma dovevo dare spazio
anche ai 'grandi', che ultimamente avevo un pò trascurato (voglio
dire, ci ho messo SETTE capitoli a dedicare una scena a Belle ed
Adam...).
Il problema delle
fanfiction crossover è questo: personalmente, non mi pento di avere
tutti questi protagonisti, solo che ovviamente gestirli in egual
misura non è facile e alcuni prendono inevitabilmente un pò di
rilievo in confronto agli altri.
Ma io li amo
tutti, eh!
Allora, concludo
dicendovi che... HO UNA MIA PAGINA SU FACEBOOK! YEEEEEE!
Ovviamente è una
fanpage, ma sarei felicissima se voleste mettere un mi piace. L'ho
aperta appositamente per interagire con voi lettori, aggiornarvi sui
tempi di aggiornamento, chiacchierare, conoscervi e rispondere a
tutti le vostre curiosità sulle storie e i personaggi!
Potete chiedermi
a che punto sono con il nuovo capitolo o anche semplicemente cose del
tipo "A quali personaggi della tua ff piace Harry Potter?"
"Rapunzel è allergica a qualcosa?" "A che club sono
iscritti Jim e gli altri?" e cose del genere XD Ma anche su di
me... insomma, l'indirizzo è questo:
https://www.facebook.com/magikamemyfanwriter
Spero davvero di
conoscervi! Non vedo l'ora. Invito quindi tutti a mipiacciare, se vi
va! :3
Il sondaggio di
questa volta è: cosa ne pensate dei famosi Big Four? (Merida,
Hiccup,Jake Frost e Rapunzel)? Vi piacciono o, come, li trovate
carini ma vi sono abbastanza indifferenti? E pensate che Disney sia
l'unica casa di produzione valida, riguardo i lungometragi animati?
Io, per esempio, non ho mai apprezzato molto i Dreamworks ma alcuni
loro lavori sono SPLENDIDI (Dragon Trainer 1 e 2 sono sensazionali).
Ovviamente, amo i Ghibli! E voi?
Ringrazio
moltissimi tutti coloro che seguono la storia, la recensiscono, la
aggiungono tra i preferiti o, in generale, apprezzano ciò che scrivo
e mi seguono! Le vostre parole mi rendono sempre indescrivibilmente
felice, e spero di riuscire a non deludervi nè ora nè nei prossimi
capitoli/storie.
Spero di
conoscervi su facebook, e grazie per aver letto! Buon rientro a
scuola/lavoro a tutti <3
Un abbraccio,
alla prossima, Memy.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Angolino:
Vorrei dedicare
questo capitolo alla mia Beta Frozen, che ha compiuto gli anni ieri e
a cui ho già spoilerato la fine della storia. Sappiate, lettori, che
lei si ribella pesantemente al mio sadismo con i personaggi- ma lo so
che mi ami, Frozen. Mi incoraggi, mi convinci a non mollare e credi
in me più di quanto faccia io, e questo per me significa TANTO. Quindi
questo capitolo, soprattutto la prima parte, è tutta per te.
Fangirla pure, e fallo come si deve. Shippali come se non ci fosse un
domani...insomma, goditi il momento. Potrebbe non durare (risata
malefica). E ricorda: Tebaldo e Mercuzio sono SHIPPABILISSIMI. (Sì,
lettori, avete capito bene. Shippo random nelle opere Shakespeariane.
AIUTATEMI.) E amami! Auguri ancora <3.
Capitolo
8
Eric l'aveva sentita.
L'aveva sentita
distintamente, come i marinai delle storie che gli raccontava sempre
suo padre da bambino- quelle storie in cui le sirene cantavano,
attirando i poveracci nelle loro grinfie.
Il fatto che le sirene in
questione fossero cannibali nell'ottanta per cento dei racconti era
ovviamente irrilevante: come tutto ciò che riguardava storie e
leggende, Eric ne era affascinato, quasi assefuatto.
Aladdin gli lanciò
un'occhiata contrariata vedendolo lì, mollemente abbandonato contro
l'armadietto e lo sguardo perso nel vuoto, e ci mancò poco che gli
desse il libro di filosofia in testa per risvegliarlo dal suo sonno
ad occhi aperti.
"Qualcuno ha fatto le
ore piccole, ieri sera" osservò ammiccante, armeggiando con i
quaderni.
Eric si voltò verso di lui,
gli occhi azzurri che brillavano alla luce del primo pomeriggio.
"...ieri sera ho
incontrato un angelo, Al."
L'amico ammutolì, cercando
di capire quanto fosse serio (e considerando per un attimo che avesse
subìto un trauma cranico); tuttavia ignorò l'istinto di chiedergli
quando avesse sbattuto la testa e sorrise con poca convinzione.
"Sembra interessante.
Io ho incontrato il professor Facilier dal fruttivendolo sabato.
Sapevi che è allergico alle banane?"
"Sono serio."
riuscì solo a rispondere Eric, prima di tornare a fissare il vuoto.
Aladdin sospirò e, chiuso
l'armadietto, gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla chiedendogli
dolcemente se volesse parlarne.
Eric prese fiato e sorrise
al niente: " Ieri sera sono rimasto da solo a finire di
allenarmi. Insomma.. sai quanto mi piace avere la piscina interna
tutta per me" ammise, arrossendo, e Aladdin annuì intenerito.
La pallanuoto era sempre
stato un interesse di Eric – uno dei pochi, in effetti, che si
trascinava dietro sin dalla tenera età.
Suo padre, sergente della
marina, gli aveva innescato qualcosa nel cervello (simile ad una vera
e propria ossesione) per il mare, l'oceano, l'acqua e... beh,
le vongole e i fritti misti.
Ad ogni modo, Aladdin volle
rimanere serio mentre l'amico, mostrando la solita timidezza,
raccontava che, mentre ordinava le tavolette prima di andare nello
spogliatoio, aveva sentito qualcuno cantare dal giardino interno.
"Al, io... non ho mai
sentito nulla del genere. Era..." guardò il soffitto, agitando
le mani come se ciò potesse aiutarlo a trovare il giusto paragone
"... era una voce fatata. Sembrava un sogno."
"E' la stessa cosa che
hai detto al compleanno di Hercules lo scorso Luglio, quando Naveen
ha cantato al karaoke e ti eri appena fumato una canna." scherzò
Aladdin, per poi passargli una mano tra i capelli e sorridergli.
Eric sbuffò, amareggiato e
con un apparente voglia di scherzare pari a zero (non che andasse
comunque fiero delle sue figure di merda quelle due volte che aveva
fumato in tutta la sua vita, ma evidentemente il karma non esisteva
se aveva deciso di punirlo così nonostante fosse sempre stato un
bravo ragazzo).
"Dico sul serio, Al. Se
solo avessi sentito, mi capiresti..."
Aladdin tornò serio e
studiò il suo sguardo rapito, il tono di voce ridotto a un sussurro
e l'espressione tra il meravigliato e il disperato.
"Sai chi è?"
chiese, ma Eric rispose che no, non ne aveva la minima idea, perchè
la ragazza che cantava era scappata non appena lui si era avvicinato
alla porta a vetri.
"Con il buio non sono
riuscito neanche a vederne l'ombra" ammise, visibilmente
rammaricato.
Aladdin riflettè ad alta
voce: "Se è rimasta fino a trada ora, sarà qualcuna del club
di nuoto. O comunque, fa parte di un club sportivo. La palestra e la
piscina hanno il cortile interno in comune."
Eric sembrò pensarci su un
istante, poi emise un sospiro e abbassò lo sguardo, le guance
arrossate e l'espressione apparentemente dura.
"Ad ogni modo, è una
cazzata" disse, osservandosi le scarpe e grattandosi il collo
nervosamente " quindi... beh, lasciamo stare."
Aladdin
colse il segnale che l'amico gli stava lanciando e gli circondò le
spalle con un braccio, entusiasta.
"Troveremo il tuo
angioletto, Moby Dick " gli disse, arruffandogli i capelli
corvini "ci puoi giurare".
Eric non potè trattenere un
sorriso e frenò l'istinto di abbracciarlo.
Rimasero sul virile
scambiandosi mascoline (e poco credibili) pacchettine sulle spalle,
poi gli lanciò un'occhiata mentre chiudevano gli armadietti.
...Aladdin non era tipo da
confidenze, ma in fondo sembrava il momento adatto per chiederglielo.
"Al, come procede con
Jas?"
Aladdin sbattè lo sportello
dell'armadietto così forte, gli occhi larghi come cocomeri, che fece
trasalire la professoressa Magò-che ovviamente, pazza com'era, non
si fece problemi a mandarlo in un posto in cui solitamente gli
insegnanti non dovrebbero mandare gli studenti.
Si affrettò a recuperare il
libro caduto a terra e sorrise senza la minima convinzione.
"Alla grande."
"Lo dici come se avessi
appena scoperto la tua data di morte." non potè fare a meno di
osservare l'amico.
Aladin sbuffò: "Lei
non ha la minima idea di cosa è successo dopo la festa, e
fortunatamente sembra che nessuna delle ragazze abbia ancora scucito
la bocca..."
"Beh, l'unica a saperlo
è Belle, voglio dire, è la più affidabile. Dubito che glielo
direbbe." osservò Eric, e Aladdin si mostrò sollevato mentre
passavano davanti al distributore automatico e Ariel li salutava con
un timido cenno della mano.
"Ciao ragazzi.
Volete...umh...volete un caffè?" chiese, mentre Nani si chinava
per prendere la sua cioccolata e li salutava calorosamente.
"No ragazze, spiacente,
io sono in ritardo per filosofia" disse Al, ma prima che Eric
potesse parlare gli diede un colpettino dietro la schiena e sorrise
languido.
"Ma tu sei libero, no?
Mica devi scortarmi fino in aula."
"No, ho due ore buche
ma volevo andare in biblioteca."
Ariel guardò Nani (che le
lanciò un'occhiata di minaccia abbastanza eloquente, se non si fosse
decisa a fare qualcosa di sensato) e disse con insolito entusiasmo:
"Oh, tranquillo, anche io devo andare ad allenarmi. Tempo di un
caffè e corro in piscina."
Ci fu un istante di silenzio
in cui Aladdin e Nani si scambiarono occhiate complici e Ariel si
guardava le punte delle scarpe.
Eric sembrò pensarci un
istante, poi assunse un'espressione rilassata: "...effettivamente,
mi sa che di caffè non me ne basterebbero due con il sonno che ho.
Se non mi metto a studiare per letteratura francese..."
"Non me ne parlare!
Quello stupido libro è ostrogoto puro, per me." rispose Ariel
senza pensarci, e Eric rise di gusto mentre prendeva il portafogli
dalla tasca.
Nani e Aladdin erano in
visibilio, e si sarebbero abbracciati e dati il cinque sventolando
bandierine con la faccia di Ariel se avessero potuto, ma entrambi si
limitarono a dileguarsi con nonchalance e l'espressione da
'finalmente ti stai dando una mossa!'
Eric infilò le monetine e
la guardò dolcemente.
"Come lo vuoi, il
caffè?"
Non arrossire.
NON ARROSSIRE.
NON.
ARROSSIRE.
"Macchiato
caldo, doppio zucchero." disse, e sbuffò sollevando la
frangetta mentre lui cercava i tasti giusti.
Se solo
avesse saputo che sarebbe finita così si sarebbe risparmiata di
girare senza neanche un filo di trucco, con i capelli disastrati che
manco dopo un atterraggio col paracadute e la maglietta macchiata di
penna da un lato.
Eric
però sembrava non averci fatto caso- oh, ma insomma, non era
stupido...
Probabilmente
fingeva di non aver notato le sue condizioni indecenti per pura
cortesia.
Le porse
il bicchiere di carta e lei arrossì -ovviamente.
"Emh...
grazie. Ma la prossima volta offro io".
Eric le
sorrise e selezionò un caffè amaro: "Naaaah, sei o non sei una
fanciulla? E' il cavaliere a dover offrire!" disse con
convinzione.
Ariel si
tirò indietro i capelli e pensò che quella era l'occasione giusta
per dire qualcosa che non la facesse sembrare una perfetta cretina.
E fu a
questo che pensò anche dopo che lui le chiese di andare in giardino
e si furono seduti su una delle panchine in pietra.
Poco
lontane, Aurora e Bianca discutevano animatamente di qualcosa – i
ponpon poggiati a terra, tra la polvere, status simbol di un'immagine
che in quel momento non dovevano dare a nessuno perchè tutti a
lezione o in aula studio.
"Hai
già pensato a quale college fare domanda?" le chiese lui,
sorseggiando il caffè bollente.
Ariel
strinse la tracolla della borsa e sospirò.
"Veramente
sto aspettando per le borse di studio, ma mi piacerebbe frequentarne
una che mi permetta di studiare anche per il restauro dei beni
culturali."
Lo disse
senza pensare, ma un istante dopo se ne era già pentita.
Tuttavia
Eric la guardò con ammirazione: "Vuoi fare la restauratrice?!"
"Non
dirlo a mio padre! Anzi, ti prego, non... non dirlo a nessuno."
"E
perchè? E' una cosa fantastica" esclamò lui, ed era sincero.
Ariel
arrossì di nuovo e guardò il bicchiere, sovrappensiero.
"...sin
da quando sono bambina mi piace collezionare oggetti di tutti i tipi,
custodirli come tesori e...aggiustarli, riparlarli, dargli una vita
tutta nuova. Mi piace l'idea di poter creare qualcosa di diverso
senza cambiare la natura di nulla, una... mutazione sufficiente a
ridare dignità a un quadro, o a uno scrigno. Una seconda
possibilità, con la consapevolezza di ciò che sono stati in
passato."
Eric
accolse quel piccolo discorso in silenzio, capendone in qualche modo
l'importanza e vedendolo come un qualcosa di... non so, prezioso.
Ariel si
affrettò a smorzare la tensione e si diede della stupida.
Da
quando riusciva ad esporsi così?
"Lo
so, è una stupidaggine vero? Ahahah" rise senza la minima
convinzione.
Eric si
affrettò a dirle di no, e nonostante volesse aggiungere altro al
momento non gli sembrava di riuscire a cavar fuori niente di
abbastanza intelligente da quella stupida bocca.
"E
tu? Non hai progetti?"chiese Ariel, che ormai sperava di
riuscire a distogliere il discorso da lei.
Eric
alzò le spalle con leggerezza: "Vorrei, sai, arruolarmi in
marina. Come mio padre. Ma diciamo che, se proprio non dovessi
riuscirci, potrei sempre vivere da eremita sulla spiaggia e vendere
collane di conchiglie ai passanti!"
Ariel
rise di cuore: "Sì, beh, sarebbe un'attivita interessante.
Potrebbe attirare i turisti..."lo schernì, e Eric mise un finto
broncio.
"Tsk,
tu sottovaluti il mio talento negli affari, sirenetta!"
Ariel
inarcò un sopracciglio, divertita: "...sirenetta?! Ahahah, ma
dài, e questa da dove l'hai presa? Fa tanto telefilm anni
ottanta..."
Eric si
fece un pò più serio e le si avvicinò, togliendole il respiro: le
diede una bussatina sul naso lasciandola confusa, poi si alzò in
silenzio.
Ariel lo
guardava interrogativa, sentiva le guance in fiamme.
Eric
gettò il bicchiere vuoto nel cestino e, ormai in piedi, le mostrò
un altro sorriso.
"Sirenetta,
perchè prima di oggi non ti avevo mai vista a tuo agio fuori
dall'acqua. Come se ti mancasse il respiro sulla terraferma."
Si voltò
e fece per andarsene, poi la guardò un'ultima volta.
"Ah,
avevi del caffè sul naso, comunque."
Ariel
potè giurare di vederlo arrossire un istante, ma prima che potesse
riattivare il cervello lui era già rientrato dalla porta a vetri,
lasciandola lì con il suo imbarazzo e le sue stupide guance
arrossate.
**
Chiuse il libro di
matematica, tentando invano di ignorare il caos che proveniva dal
salone affollato – sentiva distintamente le grida spazientite di
Bianca contro Bernie e chissàqualesperduto che avevano,
citando testualmente, imbrattato la moquette di gelato alla
vaniglia.
Sorrise a vuoto al pensiero
di aver finalmente finito i compiti e si concesse dieci minuti sul
letto, concentrato sul dolce far nulla, prima di scendere al piano
terra e dare una mano per la cena.
La sua stanza era ovviamente
piccina – nonostante fosse l'unico a godere del lusso di una camera
singola; quando aveva annunciato, anni prima, a Bianca il desiderio
di restare lei aveva subito esclamato: "Non vorrai mica restare
con i piccoli! Devi avere una stanza tutta tua. Sai, per quando
comincerai ad, emh, uscire con le ragazze..."
Sì, certo.
La cosa
divertente era che, all'epoca, Peter si era tutto inorgoglito
immaginandosi chiuso a chiave in stanza, con musica rock in
sottofondo e una ragazza sul letto.
Inutile
specificare quanto tale aspettativa si fosse rivelata con il tempo
non solo infondata, ma quasi ridicola.
Sì
perchè ad eccezione di Trilli – che ovviamente non era da
considerarsi una Ragazza, se non in termini prettamente tecnici- e
Lilo – che di femminile aveva solo gli organi riproduttivi- nessuna
fanciulla si era mai avventurata in quella casa di pazzi.
Sia
chiaro, lui non si vergognava della sua situazione; sì, sapeva che
da un punto di vista esterno poteva risultare alquanto bizzarra, con
nove fratellini e due genitori acquisiti (anche se, ufficialmente,
Bianca e Bernie erano dei semplici tutori, ma questo era solo un
dettaglio)... ma c'era da dire che per lui quello era un ambiente del
tutto naturale.
Sbuffò,
sollevando la frangetta rossa che gli ricadeva sugli occhi, e senza
un motivo preciso l'immagine di Wendy gli lampeggiò nel cervello.
Dopo
quello che era successo alla festa sulla spiaggia, il loro rapporto
era diventato – cosa che riteneva impossibile- ancora più strano.
Sì,
beh, era successo altre volte.
E sì,
il sesso non era solo la cosa più fantastica che esistesse, ma era
molto molto di più.
Pensò a
quanto fosse bello sentirsi parte di un mondo adulto, altro,
completamente diverso da come se lo era aspettato.
C'era
qualcosa, in quella ragazza; qualcosa che gli aveva innescato nel
cervello il desiderio di abbandonare tutto ciò che fino a pochi mesi
prima gli sembrava di massima importanza.
Fumetti,
cinema, videogiochi ... perfino cose come lo studio e gli amici
avevano perso lentamente colore nella sua testa, diventando di un
grigio insipido e informe.
Non che
si fosse allontanato, ma gli sembrava che ormai tra di lui e gli
altri ci fosse una sottilissima linea che li rendeva, in qualche
modo, diversi.
Ma Wendy
non era altro che semplice, puro, magnifico sesso.
Un sesso
di cui non conosceva altro che il ritmo basilare, con gesti e
movimenti impacciati, freddi, un pò meccanici.
Non era
uno stupido, sapeva che l'amore era ben diverso da quello.
Per di
più, intendiamoci, sapeva che Wendy non era esattamente la pallina
più luminosa dell'albero: era una ragazza bella quanto tremendamente
banale.
Discorsi
di ore intere basati sul puro nulla, risatine sciocche, ogni tanto
qualche sguardo ammiccante, capricci sui luoghi dell'appuntamento, i
regalini, le telefonate frammentate da insulsi baci in lontananza.
E il
tutto non era dettato da un vero e proprio interesse, Peter sapeva
quanto Wendy fosse semplicemente ancorata all'unico idiota che
era riuscita ad accalappiare.
Ma gli
piaceva.
Gli
piaceva come lo toccava, come sapeva farlo andare in estasi con un
singolo gesto (non che fosse difficile mandar in estasi un
diciassettenne in piena tempesta ormonale, ma lei sapeva farlo
ottimamente), come renderlo succube di quello che non sarebbe mai
stato fare l'amore.
Lo
faceva sentire un uomo, dopo essersi sentito un bambino per tutta la
vita; gli dava importanza e lo guardava con passione, come fosse
tutto ciò che aveva sempre voluto.
Forse si
trattava semplicemente di coccolare il proprio ego, ma Peter pensò
che non aveva mai negato di essere un irrimediabile vanitoso.
In
fondo, lui era il meglio che c'è – o almeno, questa era l'immagine
di sè che gli piaceva dare.
Wendy lo
aiutava in questo, non solo gli porgeva la maschera della sicurezza e
della strafottenza, ma con un semplice gesto sembrava fargliela
indossare e cacciare tutti i suoi fantasmi (quelle paure, quelle
insicurezze, quei vuoti).
Non potè
trattenersi dal sorridere pensando a quanto Trilli si sarebbe
arrabbiata, se avesse ascoltato un ragionamento simile: lei, che lo
aveva sempre incoraggiato a mostrarsi per come era davvero.
Che
aveva sempre insistito (e, ne era convinto, sempre lo avrebbe fatto)
su quanto lui fosse perfetto senza fingere presunzione, spacconeria,
forza.
Le
debolezze sono ciò che ci rendono amabili, gli aveva detto una
volta.
Lui
l'aveva abbracciata, ma ovviamente non poteva dare effettivamente
peso a ciò che Trilli gli suggeriva; non perchè non desse buoni
consigli, ma era ovviamente poco obiettiva.
Insomma,
era la sua migliore amica e gli voleva un gran bene da tutta la vita
– avrebbe potuto presentarsi da lei con una buccia di banane in
testa e un vestito da tartaruga ballando la conga ubriaco e lei lo
avrebbe trovato comunque fantastico.
La
suoneria del telefono lo distrasse dia suoi pensieri, e vide sul
display il nome di Taron.
"Ssssssì?"rispose
con enfasi, e Taron si affrettò a rispondere seccamente: "Dì,
non ti avrò mica disturbato mentre chiavavi allegramente?"
Alzò
gli occhi al cielo, divertito: "Per tua fortuna no, ero sdraiato
sul letto."
La voce
di Jim, sbucata dal nulla, si intromise (dai suoni riuscì a capire
che aveva tolto il telefono dalla mano del proprietario): "Spiacente
interrompere la tua sega pomeridiana, Pan, ma stasera andiamo a
giocare a bowling. Ci vediamo lì davanti per le nove. Chiama
Trilli."
"Ma...
non ho soldi per fare telefonate!" provò a lamentarsi, ma Jim
aveva già attaccato.
Perfetto,
gli ultimi dieci centesimi di credito sprecati!
Ora non
avrebbe potuto chiamare Wendy...
...si
fermò un istante, quando lo sguardo gli cadde su una foto di lui e
Trilli in spiaggia, da bambini.
La vide
lì, piccola, bionda e spettinata, mentre lo abbracciava contenta, un
secchiello rosa accanto.
...beh,
in realtà non gli sembrava poi chissà quale spreco.
Meglio
chiamare Trilli che Wendy, no?
**
Ailyn tese una mano fuori
della finestra, il vento freddo che le carezzò le dita per un
istante.
Ritirò il braccio
immediatamente e pensò che, sì, era il caso di portare un
giacchetto.
Incredibile, che stesse
finalmente arrivando l'inverno?
Insomma, erano ormai a metà
ottobre e sembrava fino a poche ore prima di essere in Maggio... non
che fosse una fan dei mesi invernali, ma la cosa stava iniziando ad
essere irritante.
Chiuse la finestra e lanciò
un rapido sguardo allo specchio accanto l'armadio.
...fantastico, sembrava un
incrocio tra un folletto drogato e una principessina medievale.
Il fisico era decisamente
troppo magro, gli occhi troppo scuri, la
pelle troppo chiara e
i capelli... dio, i capelli.
Paglia
che le incorniciava il volto senza un minimo di grazia, o eleganza...
sì, beh, c'era anche chi stava messo peggio di lei – insomma,
bastava vedere la chioma di Rapunzel per considerare il suo come un
taglio corto, ma lei era decisamente più bella di lei.
Con quel
sorriso, gli occhi verdi guizzanti di gioia ed entusiasmo, i pennelli
tra i capelli e le guance rosee... era esattamente così, che le
sarebbe piaciuto essere.
E invece
cosa c'era allo specchio? Un gremlins con la parrucca bionda ed
evidenti problemi di gestione emotiva.
Meraviglioso.
"Aily,
posso entrare?"
La
ragazza sorrise ad una Trilli esitante dietro la porta semiaperta,
invitandola.
"Sono
quasi pronta, lo giuro. Sei venuta in bici?" chiese all'amica,
senza togliere lo sguardo dallo specchio (ora tentava invano di
lottare contro la frangetta che insisteva a caderle sugli occhi).
"No,
ho usato la polvere fatata che fa volare" disse Trilli ironica,
gettandosi sul letto di Ailyn e giocando con il famoso maialino di
peluche regalatole da Taron.
Guardò
Ailyn e non potè fare a meno di sorridere: "...Ailyn, è una
serata al bowling. Non il ballo delle debuttanti".
"Con
questa faccia potrei andare al massimo ad un concorso canino"
ribattè, mandando mentalmente lo specchio a quel paese e gettandosi
sul letto, accanto a Trilli.
L'amica
la abbracciò e le diede un buffetto sulla guancia, delicatamente:
"Tu sei bellissima, Ay. E questo è un dato di fatto. So che ora
non ci credi, ma sei una ragazza splendida, e non solo
esteriormente."
Ailyn
avrebbe voluto dirle di smetterla, che non era certo una bambina, e
che non aveva bisogno delle sue parole gentili- ma Trilli aveva
questo suo modo adorabile di farti i complimenti che non potè
non abbracciarla.
"...e
comunque, per chi ti stai facendo bella? Non avrai invitato Artù,
per caso?" la schernì l'amica, e Ailyn arrossì alzandosi di
scatto e avvicinandosi al beauty case.
"Assolutamente
no" rispose, senza guardarla e cercando il mascara con un pò
troppo vigore, mentre Trilli ridacchiò e si sciolse i capelli,
levandosi la maglietta e lottando contro i ganci del reggiseno.
"Questo
dannato coso..." farfugliò, per poi vedere Ailyn che fissava lo
specchio senza guardarlo davvero.
Sospirò
(con una bretella del reggiseno abbandonata sulla spalla e un seno
praticamente di fuori, ma del resto Trilli non era una tipa pudica) e
le lanciò un bottone trovato sul letto, che Ailyn ricevette subito
dietro la testa e la fece voltare verso l'amica.
"A
cosa stavi pensando? Lo specchio si stava sciogliendo sotto il peso
della tua autocommiserazione"
"Quanto
sei sagace!" le rispose di rimando Ailyn, ironica, per poi
lanciare un'occhiata al cellulare abbandonato sul cuscino.
"...sai,
pensavo di... non so, chiedergli di uscire. Ad Artù, intendo."
Trilli
non si mostrò sorpresa, ma volse la testa da un lato come fanno i
cagnolini quando non capiscono qualcosa.
"E
perchè non lo fai? So che sarebbe la fine del mondo per te, ma non
viviamo nel Medioevo. Anche le ragazze possono invitare i maschietti
ad uscire, qualche volta."
"Non
so che scusa usare! Non posso chiederglielo in maniera troppo
diretta... magari, con la carta delle ripetizioni..."
"Sì,
è una buona idea" disse Trilli alla svelta, tornando a
concentrarsi sul suo reggiseno, lieta che in fondo Ailyn non avesse
un problema particolarmente serio "E poi, cos'hai da perdere?
Voglio dire, non stai rinunciando all'uomo della tua vita per uno
qualsiasi. Se con Artù dovesse andar male, puoi sempre puntare ad
altro." si interruppe un istante, lanciandole uno strano
sguardo.
"...sei
libera come l'aria, no?" le chiese, sperando che Ailyn cogliesse
il tono di sfida.
Ma
l'amica era troppo presa dai suoi stupidi pensieri per capire il
messaggio di Trilli, e quando eslcamò con entusiasmo "Sì, gli
scriverò domani!" lei si limitò a scuotere le spalle, mentre
fuori cominciava a farsi sera e riusciva finalmente ad allacciare
quel dannato reggiseno.
**
"...
spero tu stia scherzando."
Jim rise
mentre saliva sul motorino, il casco ben chiuso, e porgeva il secondo
a Lilo che a braccia conserte lanciava occhiate a quel... quel
inutile trabiccolo che sembrava sarebbe crollato al primo
soffio di vento.
"Coraggio,
Lilo. Gli altri ci stanno aspettando."
"Io
su quel coso non ci salgo" fu la ferma risposta. "Piuttosto
vengo coi pattini."
"Siamo
dall'altra parte della città, ma se vuoi impiegarci due ore e mezza
e correre sul marciapiede con il rischio di investire qualche povero
disgraziato..."
"...preferirei
mettere sotto una povera vecchina che torna dalla spesa serale e
scontare gli anni di prigione previsti, piuttosto che stringerti come
nei film romantici mentre corri come un pazzo su quella specie di
triciclo evoluto."
Jim
inarcò un sopracciglio, esasperato.
"Lilo,
qual'è il cazzo di problema?! E' il mio motorino! Ci sei salita
decine di volte!"
Lilo non
rispose e abbassò lo sguardo.
"...
non importa, non devo dare spiegazioni a nessuno. Non ci salgo, su
quel coso. Punto."
Fece per
voltarsi e rientrare in casa, dove Nani probabilmente era già
davanti alla tv con Stitch, il take away del ristorante cinese e la
nuova puntata della sua serie tv del giovedì; ma fu costretta a
voltarsi quando Jim le trattenne un braccio.
Si
guardarono negli occhi e lei si allontanò frettolosa, ma senza
rientrare in casa.
Jim le
tirò dietro le orecchie una ciocca di capelli e le lanciò uno
sguardo paziente.
Lilo era
la sua migliore amica.
E sapeva
di non essere il prototipo di perfetto best friend, ma...al
diavolo, era davvero importante?
Lilo non
era esattamente il tipo di ragazza a cui serve un migliore amico che
le metta lo smalto e le dica quanto le sta male il nuovo vestito, nè
che sia disposto a farsi svegliare alle tre di notte da una ragazza
in lacrime per colpa dello stronzo di turno, costringendolo a dirle
frasi come ' non ti merita'.
No, Lilo
non era decisamente quel genere di ragazza- ma con gli anni aveva
imparato a riconoscere le sue debolezze, limarle senza che lei glielo
chiedesse, nei limiti di quanto gli concedeva, fino a quando non
diceva 'basta', fino a quando non piangeva e gli diceva di fottersi,
che non aveva bisogno di essere compatita.
Perchè
Lilo odiava sentirsi sguardi di comprensione addosso, e forse era per
questo che andavano così d'accordo: Jim non chiedeva alle persone di
lasciarlo in pace, glielo faceva capire a suon di pugni, il più
delle volte.
Non
erano cattivi ragazzi, ma erano anime profondamente sole, entrambi
nuotatori nelle ombre del loro passato- così opprimenti, così reali
da invadere ogni più rosea (quanto rara) visione di un futuro che
era ancora troppo lontano.
Lilo,
gli occhi neri come la pece nascosti dai capelli lunghi davanti il
viso, gli lanciò uno sguardo vacuo e lo abbracciò senza dire una
parola.
Jim
ricambiò la stretta, perchè gli abbracci di Lilo erano così rari
da sembrare quasi irreali quando arrivavano.
"...mi
fa male la pancia." disse solo lei, scostandosi per guardarlo in
viso (nonostante guardasse tutto fuorchè lui).
Jim
tacque, perchè sapeva che lei non aveva ancora finito, e difatti
prese fiato e continuò.
"Ho
fatto un test di gravidanza. Due settimane fa."
Ecco.
Aveva
lanciato la bomba.
Si morse
le labbra, pentendosi all'istante di averlo detto a qualcuno (anche
se quel qualcuno era Jim), e tremò quando Jim le rivolse la parola,
un minuto dopo, interrompendo il silenzio e nascondendo in malo modo
l'espressione di panico che gli regnava sul viso.
"Io...
cioè, cosa..."
"E'
risultato negativo." lo interruppe subito lei, stroncando
quell'imbarazzo che le causava non poco disagio. Lui sembrò
rilassarsi per un attimo – e per un istante, assurdamente, trovò
la reazione di Jim estremamente buffa, come se il padre potesse
essere lui.
"Per
questo mi fa male la pancia" spiegò ancora, senza il coraggio
di guardarlo "mi è arrivato in ritardo di due settimane. Sto
uno schifo, e... insomma" tirò su con il naso, mentre gli occhi
le si facevano improvvisament lucidi "...non ci salgo, su quel
coso." ripetè, come se fosse una conclusione sensata.
Jim
finse di non accorgersi che stava iniziando a piangere, e si appoggiò
al motorino spento.
Cercò
qualcosa di giusto da dire, ma gli anni di solitudine con sua madre
gli avevano insegnato solo a rispettare gli spazi delle donne, quando
esse vogliono il silenzio.
Lilo in
quel momento, però, aveva bisogno di parlare.
Lo
capiva da come tremava, dal movimento spasmodico dei pugni chiusi
nelle tasche dei jeans, nel disagio con cui nascondeva il proprio
viso sotto i capelli neri.
"...chi
pensavi che..."
Non potè
finire la frase che Lilo scoppiò in singhiozzi, cadendo a terra con
un tonfo sordo. Jim fece per avvicinarsi, ma lei gridò "Non mi
toccare!", il viso nascosto tra le mani, la voce tremante.
Jim
rimase fermo dov'era, in piedi di fronte a lei, osservandola piangere
come osservava sua madre dalla serratura da bambino, guardandola in
lacrime nella sua camera, dopo che suo padre li aveva abbandonati.
"Lilo."
disse poi, sottovoce ma con tono fermo; Lilo sollevò lo sguardo e
lui le si mise davanti, poggiando un ginocchio a terra e tirandole su
il mento.
Ora la
vedeva bene: il trucco nero che le era colato dagli occhi lungo tutte
le guance, il naso arrossato, i capelli attaccati alle gote a causa
delle lacrime.
Non era
Lilo, era il fantasma di quello che la torturava- e potè giurare di
non averla mai vista in quello stato.
"Chiunque
sia, mi sembra evidente che non sei felice con lui."
"Non
chiedermi chi è." lo supplicò, tremando. "...ti prego."
Jim si
limitò a togliersi il giaccone di pelle e poggiarglielo sulle
spalle, poi la strinse di nuovo- ma stavolta Lilo non si sarebbe
scostata.
**
"Professore,
sta... sta scherzando?"
Tiana
era lì davanti, allibita, i capelli raccolti in uno chignon
disordinato.
Il
giovedì era il giorno della settimana che preferiva – non solo
perchè era il suo unico giorno di riposo, ma perchè questo
significava poter rimanere quanto voleva nell'aula del club di
economia domestica.
Non era
raro che restasse per ultima con il prof Remì, e lui si divertiva a
mostrarle tecniche nuove e troppo difficili per gli altri studenti-
tecniche in cui lei riusciva senza problemi.
E anche
oggi era successo lo stesso, con la differenza che il prof le era
sembrato molto serio quando le aveva chiesto di restare dopo che gli
altri se ne erano andati a casa.
E così
le aveva proposto di aiutarlo nei corsi, per tutte e tre le lezioni
settimanali più i corsi per gli esterni che teneva il Venerdì sera
all'Accademia gastronomica in centro.
Tiana,
la scopa ancora in mano e la divisa sporca indosso, non riusciva a
non balbettare.
Remì,
alto poco meno di lei, sorrideva incerto.
"Tiana,
mia cara, te lo ripeto: solo se vuoi. Non è un obbligo. Ma..."
e fece una pausa brevissima "...ho davvero bisogno di
qualcuno che mi dia una mano per la gestione degli ordini, o che mi
sostituisca quando devo assentarmi al corso per l'Accademia. E
sinceramente, non lascerei il mio posto a nessun altro" beh,
almeno l'ultima frase era vera.
Tiana
deglutì e lasciò che la parte razionale del suo cervello frenasse
l'entusiasmo.
"Professore,
non sono in grado di insegnare a nessuno un bel niente!"
"E'
un corso base, Tiana. Tagli e metodi di conservazione, molta
teoria... e non è detto che dovrai fare lezione per forza. Per ora
mi serve solo una persona fidata che mi aiuti a gestire gli impegni.
La paga..."
"Professore,
la paga... la paga è perfetta. Davvero, solo che..."
Era
esitante, e Remì si sentì una persona orribile a mentirle così- ma
sapeva che era per il suo bene, e preferiva che quei soldi venissero
dalle tasche di quello spaccone di Maldonia piuttosto che da quelle
del rozzo barista per cui era solita spaccarsi la schiena.
"Tiana...
te lo chiedo come favore. Voglio che lavori per me e voglio vederti
comprare quel ristorante. Te lo meriti, e ho davvero bisogno di te.
Ti pagherò esattamente come vieni pagata ora, e per metà del
lavoro. Sei la mia alunna preferita, e non voglio che rinunci allo
studio, nè alle amicizie. Questo è quello che ti offro, e ti
insegnerò tutto ciò che so. Ci stai?"
Tiana
guardò la mano tesa del professore, titubante; poi, non senza un
pizzico di timore, la strinse, e lo abbracciò con calore.
"...grazie."
sussurrò, e Remì finse di non accorgersi che stava piangendo mentre
lo abbracciava.
**
“...Semola, cos'è quella
faccia?”
Artù rimase imbambolato a
fissare lo schermo del cellulare per dieci secondi buoni, poi si
decise a metterlo in tasca, senza tuttavia riuscire a levarsi quel
sorriso da scoiattolo che ha appena trovato la più grossa ghianda
del mondo.
“Nulla, davvero, solo...
uh, bella giornata eh?”
Ok, sapeva di non poter
nascondere nulla a Robin – non per niente, tutta la scuola
conosceva la sua astuzia degna di una volpe.
Guardò prima il suo
migliore amico, che senza guardarlo continuava a scoccare frecce
mentre la presidentessa del club di tiro con l'arco, Merida, gli
urlava da lontano: “Hood, smettila di sprecare le frecce
degli atri e và a raccogliere le tue!”
Robin la ignorò e si
concentrò di nuovo su Artù, facendogli l'occhiolino.
“...è raro vederti
sorridere per qualcosa che non riguardi i giochi online, Camelot.
Allora?”
Artù arrossì e balbettò
qualcosa di confuso, per poi afferrare il proprio arco senza troppa
convinzione e fingere di raccogliere qualche freccia dalla balestra
che aveva sulla schiena da un quarto d'ora.
Non che il tiro con l'arco
non gli piacesse, certo, ma diciamo che quel club non era esattamente
il più adatto a lui- se non si
contava quello di scherma, certo, ma ehy, sarebbe ricominciato non
prima di Novembre. Doveva pur fare qualcosa per tenersi in
allenamento, no?
“SEMOLA,
vuoi smetterla di mostrarti interessato a quello stupido arco e
rispondermi?” chiese Robin ridendo, mentre Merida gli lanciava da
lontano sguardi truci.
Artù
finalmente lo guardò negli occhi, imbarazzato.
“...era
Ailyn. Credo che ci vedremo, sai, nel pomeriggio. Le serve una mano
in biologia e...”
“E da
quando sei un esperto in biologia?” chiese Robin, sogghignando.
Artù
gli diede un colpetto sulla spalla, assumendo un'espressione
crucciata: “Merlino mi ha insegnato un sacco di cose, quando ero
piccolo! Per questo ora ho dei voti così alti... finalmente quelle
ore passate a sentirlo sproloquiare su
rane e pesci serviranno a qualcosa!” concluse, ottimista.
“...ficcarle
la lingua in bocca è così difficile?” chiese qualcuno alle sue
spalle, facendoli trasalire entrambi.
Robin
scoppiò a ridere con il nuovo arrivato e Semola sospirò,
noncurante.
“Non
siamo tutte bestie come te,
Little John.”
John,
che aveva la mole di un orso e la delicatezza di un t-rex, si sistemò
nella postazione alla loro sinistra e afferrò l'arco a terra, poi
sistemò la freccia e chiuse un occhio, senza concentrarsi troppo
sulla mira e ridacchiando: “Sei proprio un coglione, Camelot.”
“Via,
via, Little John! Semola, qui, conosce le buone maniere di cui tener
conto quando c'è una signora” si intromise Robin, sorseggiando un
po' della sua bevanda energetica: “Se usassimo tutti i tuoi
parametri di romanticismo, a quest'ora ci saremmo beccati due o tre
denunce per stalking e linguaggio volgare.”
“..non
è colpa mia se Cocca mi lancia quelle occhiate, durante la lezione
di scienze.” fece John, mettendosi una mano sul petto in segno di
difesa.
Artù
rise, lanciando gli occhi al cielo.
“Probabilmente
sono espressioni di disgusto nel ritrovarsi tra te e la rana morta.”
Robin
scoppiò in una fragorosa risata, abbandonando l'arco tra l'erba e
rotolandosi sul prato del campo sportivo.
Artù
lo seguì a ruota ed entrambi si ritrovarono sporchi di fango e a
reggersi la pancia che gli doleva per il troppo ridere, mentre Merida
li raggiungeva e cominciava a sgridarli sulla 'manutenzione
degli articoli sportivi'.
“Se
non vi rialzate immediatamente e non ricominciate ad allenarvi sul
serio, giuro che vi strappo le palle e me le gioco ai dadi con i miei
fratelli! Camelot, vale anche per te! Non pensare che il fatto che tu
partecipi a tempo perso non significa...”
Robin si
alzò e, fattosi improvvisamente serio, le prese una mano tra le sue,
mostrandole il Sorriso Affasicnante migliore del suo repertorio.
Merida
rimase a fissarlo allibita, mentre Robin la coinvolgeva in uan sorta
di casquet che manco alle gare di tango.
“Oh,
Merida...ti ho mai detto quanto io ami i tuoi splendidi capelli
rossi?!”
Merida
assunse un espressione di totale apatia, ancora piegata tra le sue
braccia.
“Hood,
anche i tuoi sono rossi. Il tuo narcisismo mi disgusta, e il fatto
che tu abbia già una ragazza ti rende desiderabile ai miei occhi
quanto l'haggis di mia madre.”
Artù e
John non poterono non ridere di nuovo, e Robin lasciò andare la
ragazza lanciandole un bacio che lei ignorò.
“Ordunque,
mio fedele amico!” esclamò Robin dopo qualche minuto, proprio
mentre tutti ricominciavano a riordinare le proprie postazioni “sei
emozionato per questo intenso pomeriggio di studi con la tua dama?”
e gettò un rapido sguardo a Merida mentre lei passava loro accanto,
ignorandoli.
“Sono
solo ripetizioni, Robin. Non è nulla di eclatante.” rispose,
avvicinandosi ai bersagli per spostarli dal centro campo.
Robin
alzò gli occhi al cielo, ma non gli disse nulla.
E
tuttavia Artù si ritrovà di nuovo a sorridere come un ebete,
sperando, pregando di riuscire ad avere il coraggio di dirle
qualcosa che non fosse solo legato alla fauna delle paludi o cose
simili.
...non
era colpa sua, davvero.
Ok, era
sempre stato abbastanza – cosa, abbastanza? Decisamente timido
con le ragazze, ed Ailyn gli piaceva sul serio.
Anche se
si erano visti una volta e incontrati spesso per i corridoi perfino
un perdente come lui sapeva che non significava un bel niente, e non
se la sarebbe presa se avesse scoperto che lei frequentava altri- non
troppo, comunque.
Sta di
fatto che c'era un pensiero fisso che lo torturava quando pensava a
lei, ed era quel... quel Taron.
Premettendo
che contro di lui non aveva nulla- sapeva che erano amici da
parecchio tempo, cresciuti insieme e bla bla bla... ma quanto poteva
essere disinteressato, un rapporto così?
A volte
gli capitava di vederli, lui e Ailyn nei corridoi, ed entrambi
irradiavano luce quando si trovavano assieme.
Non
avrebbe saputo spiegare il perchè, ma quei due erano palesemente
dipendenti l'uno dall'altra.
E
sospettava che chiunque, lui compreso, sarebbe stato sempre un terzo
indesiderato.
**
"Siete
una massa di stronze!"
"Jas,
tra due settimane c'è la festa di Halloween. Lasciaci studiare
questi giorni, ti prego."
Jasmine
tirò a Nani un libro in testa, mentre Jane e Rapunzel (appena
tornate dal club di arte) mangiavano le loro patatine e lanciavano
all'amica sguardi contrariati.
"Ormai
sono circondata da false amiche, che non sono neanche disposte a
concedermi una serata libera dagli impegni per starmi vicino, in
questo tragico momento della mia adole..." cantilenò in tono e
posa a dir poco tragiche, con tanto di mano sulla fronte e
occhi chiusi, ma fu interrotta da Megara che sbiascicò un convinto:
"Falla finita o ti prendo a mazzate sui denti."
Jasmine
le lanciò un'occhiata glaciale.
"IO
STO SOFFRENDO!
"Il
mal di pancia da ciclo e la depressione conseguente al tuo stato di
singletudine non possono essere considerate causa di chissà quale
sofferenza, altrimenti Tia starebbe peggio di te." esclamò
Nani, e Tiana le mostrò la lingua.
"Oggi
neanche le tue frecciatine riescono a farmi venire il malumore!"
Rapunzel
la strinse dalle spalle, seduta dietro di lei sull'erba del cortile:
"La nostra piccola cuoca ha ufficialmente dato le
dimissioni ieri sera, vero?" chiese entusiasta, e Tiana sorrise
raggiante.
"Da
domani sera sarò l'ombra del professor Remì, e avrò anche e il
Sabato sera libero. E soprattutto potrò avere il mio ristorante!"
gridò, estasiata, e le ragazze la abbracciarono, sinceramente felici
per l'amica.
"Ehi
ehi ehi, allora questo Sabato festeggiamo! Viene anche Esmeralda per
il week-end!" propose subito Jasmine, ma Belle sbucò alle loro
spalle e si intromise nel discorso dopo un caloroso saluto generale.
"Questo
week-end non posso, lo zio di Adam viene in città e Sabato abbiamo
un pranzo, ma non so quanto ci vorrà..." disse in tono vago,
sedendosi sulla panchina accanto a Jasmine e abbandonando accanto a
sè la borsa a tracolla.
Rapunzel
si strinse nel maglioncino viola e sbuffò, i capelli biondi legati
disordinatamente attorno a un pennello pieno di macchie di pittura:
"E quanto dovrete mangiare?! La sera non puoi liberarti?"
Belle
evitò le occhiate languide delle amiche, la mano sinistra ben
nascosta in tasca.
"Dobbiamo...dobbiamo
parlare di alcuni affari di famiglia, non faremo tardi..." ma
quando le arrivò un messaggio e levò dalla tasca il cellulare
mostrò la mano, completamente sovrappensiero.
Per sua
sfortuna, a Jasmine non sfuggiva MAI NIENTE.
"Emh,
Belle... quello è..."
L'espressione
di Belle mutò in un istante, e arrossì senza poter fare a meno di
sorridere.
"Giuro
che ve lo avrei detto. Cioè..."
Ma non
fece in tempo neanche a finire la frase che le grida generali del
gruppo avevano invaso il cortile, e tutte le erano letteralmente
saltate addosso (Rapunzel era completamente in lacrime per la
felicità).
Belle
riuscì a sciogliere l'abbraccio con un pò di dispiacere, ma il suo
sorriso era raggiante.
Non si
era mai sentita così bella in tutta la sua vita.
**
Erano
sporche.
Erano
ancora dannatamente sporche.
Sfregò
con più rabbia, ma sentiva distintamente i germi muoversi tra le
dita insaponate, appropriarsi della sua pelle come una nuova tana.
Cenere
iniziò a tremare e continuò a lavarsi le mani, fino a quando
l'acqua che scorreva sul lavandino dopo il risciacquo non fu
completamente e perfettamente limpida come se sgorgasse da una
sorgente.
Il
respirò tornò regolare e le asciugò con il suo panno personale
(azzurro, of course); poi infilò il guanto usa e getta in
lattice che aveva già preparato e si avvicinò alla porta.
Ne
osservò la maniglia lucida, le sagome delle orme digitali di
perfette sconosciute visibili a occhio nudo – gente che veniva
chissà da dove, che probabilmente non si era neanche pulita per bene
le mani dopo essere andata al bagno.
Cercò
di ignorare il tremore alla mano e il conato di vomito e la toccò
con la mano coperta dal guanto, poi aprì e si ritrovò in corridoio.
Sospirò
forte e immediatamente raggiunse la spazzatura, dove si affrettò a
gettare il guanto ormai inutilizzabile.
La
giornata di studio era finita, ma tutti erano ai rispettivi club e
lei doveva sbrigarsi ad andare al campo di footbal per gli
allenamenti delle cheerladers.
Passò
davanti al proprio armadietto, la divisa corta e pulita già indosso,
e camminò per i corridoi deserti fino ad arrivare davanti al proprio
armadietto-dove ad aspettarla c'era Bianca.
"Pensavo
fossi già agli allenamenti." disse, e Bianca sorrise.
"Uao,
sei sopravvissuta anche oggi ai bagni scolastici? Sei proprio una
principessina coraggiosa" e le si avvicinò, guardandosi attorno
e in allerta.
"Piantala"
le disse Cenere, e l'altra le sfiorò il dorso della mano,
vicinissima.
"...
è presto per gli allenamenti, non credi?"
"Mi
piace essere puntuale, lo sai" rispose atona Cenere, i capelli
biondi legati in una treccia e gli occhi fissi sulle labbra di
Bianca, che le si avvicinò di più.
"Vieni
con me. Non ti faccio fare tardi."
"E dove mi porti?"
chiese in tono sarcastico, fingendo ingenuità.
Biancaneve
sorrise e la prese per mano, dopo aver controllato che per il
corridoio non ci fosse nessuno; camminarono per un breve pezzo di
corridoio e in fretta aprì la porta dello sgabuzzino delle scope.
Entrò e
la condusse dentro, chiudendosi la porta alle spalle.
Biancaneve
si appoggiò alla porta e guardò l'amica con gli occhi lucidi- poi
si baciarono in fretta, mentre le divise di entrambe cadevano
silenziosamente a terra.
**
Naveen
era profondamente contento per Adam, ma allo stesso tempo non
riusciva davvero a credere come avesse trovato il coraggio di fare
una proposta di matrimonio a diciannove anni.
Sul
serio, era degno di stima e tutto ma... come cavolo poteva accettare
di rinunciare al rimorchio selvaggio per una sola donna?!
Intendiamoci,
non che Belle fosse una tipetta da niente- non solo era una gran
gnocca (e, sul serio, lo diceva con tutto l'affetto possibile), ma
era anche una delle ragazze più intelligenti che conoscesse, e anche
inconfondibilmente matura.
Solo
che...beh, diciamo che lui non avrebbe mai, mai rinunciato ad
avere tutte le donne che voleva per scambiarle con una sola.
...anche se forse, per
una lo farei.
"Naveen,
perchè non mi dài uno strappo a casa invece di guardare il nulla?
So che per te è sicuramente più interessante il prato di un esame
di coscienza, ma oggi sono a piedi."
Naveen
si ridestò dai suoi pensieri e lanciò a Flynn un'occhiata severa.
"Rider,
ho di meglio da fare che improvvisarmi tassista per i cazzi tuoi."
"Le
seghe in macchina non contano."
"Non
ho bisogno di masturbarmi, io" rispose tranquillo,
appoggiato allo sportello della sua macchina. "Di solito riesco
a trovare qualcuna che faccia il lavoro per me".
Flynn
rise: "E allora cosa ci fai tutto solo, alle otto di sera, con
una faccia da lutto tipica di chi ha appena perso il criceto? Non fai
neanche parte di un club, che diavolo..."
Naveen
cambiò espressione diventando improvvisamente gelido.
"Io,
uh... sto aspettando una persona, ok?"
Flynn
rimase serio un istante, poi sogghignò poco convinto.
"Beh,
deve essere una tipa importante se stai qui ad aspettarla. Chi è?"
Ma il
silenzio che si creò subito fece sentire Flynn decisamente a
disagio: "...non vuoi dirmelo? Andiamo, sono il tuo migliore
amico!"
Naveen
sorrise e gli scompigliò i capelli, dicendogli qualcosa su quanto
fosse troppo lunga la sua barba, poi senza dare risposte concrete si
avviò verso l'ingresso.
Flynn
gli gridò dietro: "Va bene, fai lo stronzo! Ma questa me la
paghi, Maldonia!" e se ne andò ridendo verso la fermata
dell'autobus.
Naveen
stava per varcare la soglia dell'ingresso dell'edificio principale
quando qualcuno gli venne addosso ed entrambi caddero a terra.
Davanti
a lui, Tiana – spettinatissima e con la borsa dei libri a terra- lo
guardava irritata.
"Naveen.
Meraviglioso, la giornata era stata troppo bella, doveva succedere
qualcosa che la rendesse schifosa."
"Sempre
questo tono seccato, Green" osservò lui, aiutandola ad alzarsi
"so che sei contenta di vedermi."
"Tiana
alzò gli occhi al cielo: "Come se fossi tu un'eruzione
vulcanica e io un tizio con il gonnellino di paglia" esclamò, e
gli passò davanti.
Naveen
non fece in tempo a chiedersi cosa stesse facendo – non che non se
lo fosse chiesto, nelle ultime tre ore- che la afferrò per un polso
e lei fu costretta a voltarsi, il visino contrariato.
"Cosa
vuoi?! Perdo il bus" disse scontrosa, ma Naveen sembrava
imbarazzato e lei si pentì di aver usato un tono così... aspro?
Un
momento... perchè Naveen faceva un'espressione imbarazzata?!
Fanculo,
lui non poteva essere così carino! Era Naveen, accidenti!
"Beh,
io..." sii tosto, Naveen. SII UOMO. "Sono rimasto in
biblioteca fino a poco fa, e oggi Rapunzel mi ha raccontato del tuo
nuovo lavoro con il prof. Così ho pensato che...beh, magari potevo
aspettarti dieci minuti, insomma... comincia a farsi buio, e casa tua
non è vicina."
Tiana
sembrava studiarlo come fosse un animale raro – non ripugnante, o
disgustoso... un animale che non aveva mai visto prima d'allora.
"...tu
vuoi darmi un passaggio?" chiese lei titubante, il tono di voce
leggermente alterato (positivamente o negativamente, difficile
dirlo).
Naveen
fece cenno di sì con la testa e lei lo guardò ancora un pò,
reggendo la tensione.
"E
perchè? Cosa vuoi in cambio? Scommetto che hai puntato una tipa di
economia domestica e vuoi informazioni..." esclamò, divertita.
Naveen
rimase a fissarla esterrefatto, mentre lei rideva e lo prendeva in
giro su quanto fosse opportunista.
... sei un idiota,
Naveen.
"...d'accordo,
fai come cazzo ti pare Tia. Me ne vado a casa, allora." disse
adirato, e Tiana smise di ridere all'istante mentre lui faceva
qualche passo in avanti.
...ma
che diavolo...?
"Naveen!
Dài, non fare lo scemo... guarda che ti dò davvero una mano, se
vuoi informazioni su qualcuna. Non devi ricorrere a queste tattiche
per..."
"VOLEVO
SOLO ESSERE GENTILE!" gridò, e Tiana arrestò il passo
spaventata.
Rimasero
a guardarsi per un istante, poi lei divenne furente: "Beh, non è
colpa mia se questo è il primo gesto carino verso di me dopo tre
anni..."
"O
magari" ribattè lui, più calmo ma ancora arrabbiato "sei
tu che hai un'idea completamente sbagliata di me, e non vedi quando
cerco di fare qualcosa per te..."
"Come
cosa, ad esempio?! Prendermi in giro per la mia fissazione per le
rane?!" esclamò lei, gettando in un impeto di rabbia la borsa a
terra.
Naveen
sospirò: "Tiana, è stato due anni fa e...beh, non puoi
biasimarmi, insomma, è ridicolo!"
Fece una
pausa: "...ci sono molti lati che non conosci di me."
Si voltò
e fece per andarsene, ma la voce di Tiana, bassa e triste, lo fece
fermare.
"E
allora mostrameli."
Si voltò
e si guardarono, entrambi confusi.
Cominciava
a far buio, e Tiana si strinse un pò nel cappotto autunnale.
"Ti
prometto" disse, sforzandosi di restare calma "che proverò
a non avere pregiudizi, su di te. Basta con l'idea che sei un
insensibile, un fannullone, un cazzone e..."
"Ok,
ho capito" la interruppe lui, avvicinandosi e sorridendole.
"...tregua?"
le chiese semplicemente, porgendole la mano.
Tiana
rimase indecisa un istante, poi sorrise lievemente e gliela strinse
con la sua con convinzione.
"Tregua!"
confermò, e le suonò il cellulare.
Lo
prese, imbarazzata per un motivo che non colse neanche lei, e guardò
lo schermo rabbuiandosi.
"Cavolo,
è mia madre! Mi chiede di sbrigarmi ad andare a casa prima che sia
troppo buio. Grandiso. Se scopre che sono ancora qui a
scuola..."
Naveen
non le fece finire la frase che Tiana si ritrovò tra le sue braccia,
sollevata.
"Che...che
diavolo fai?! Sei scemo?" ghiese, irritata, ma Naveen raccolse
la sua borsa e si avvicinò alla macchina
"Direi
che è un buon inizio per la tregua, no? Una bella passeggiata in
auto fino a casa tua! Giuro che non ti faccio pagare la benzina".
Esclamò, con tono cavalleresco, riposandola in terra e aprendole la
portiera.
Tiana
sorrise e scosse la testa, poi entrò.
...no,
un momento.
Si era
fatta prendere in braccio da Naveen?
SUL
SERIO?!
"...devo
essere impazzita" pensò, mentre il ragazzo metteva in moto e si
avviava lungo la strada.
**
"La
sera del trentuno ottobre, ragazzi! Iniziamo alle dieci!"
Aurora
distribuiva i volantini con enfasi (e tre centimetri di gonna in meno
di quanto permesso dal regolamento scolastico, per la gioia degli
studenti), ma quando ne porse uno a Jasmine e Mulan fece un
ghgino.
"Coraggio, Jasmine." esclamò "così
possiamo prenderci a pugni un'altra volta."
"Oh,
credimi, per quello possiamo trovare sempre un pò di tempo."
rispose l'altra, apatica e leggendo il volantino con aria
disinteressata.
"Ma
davvero? Un falò? Originale per un liceo americano" osservò
sarcastica, mentre Mulan osservava le tette di Bianca lì accanto e
guardava le sue, amareggiata.
Aurora
le mise un braccio attorno alle spalle in un gesto di finta amicizia
e le pizzicò una guancia, ferendola con le unghie fresche di
manicure.
"Andiamo
Jas" le bisbigliò in un orecchio, "so quanto ti piacciono
questo genere di cose. Magari stavolta riesci a portarti a letto
Aladdin, che dici?"
Jasmine
si allontanò dalla presa, furente.
"Non
ti azzardare a mettere in mezzo Aladdin, Wood. Non riusciresti a
vederne il pene neanche in cartolina, fattene una ragione."
"La
cosa vale anche per te." esclamò Cenere, spalleggiando l'amica,
e Aurora sorrise.
Jasmine
fece una smorfia contrariata: "E questo cosa vorrebbe dire?
Aladdin è..."
"Il
tuo migliore amico, sì, lo sappiamo. Tutta la scuola lo sa"
disse Aurora, girandole attorno con aria assorta "...peccato che
in realtà non vedete l'ora di saltarvi addosso. Scommetto che vi
toccate, quando siete da soli..."
Jasmine
stava per assestarle un colpo, ma Mulan la prese per un gomito.
"No,
Jas. Non ne vale la pena."
Jasmine
la guardò arrabbiata, ma acconsentì con un cenno del capo senza
rinunciare a guardarla furiosa.
Aurora
ridacchiò: "Sì, Jas, da brava. Dà retta al tuo amichetto
cinese."
Mulan si
fermò un istante, gli occhi ridotti a due fessure.
"Ce
l'hai con me, per caso?"
"Non
vedo altri ragazzi coinvolti nella conversazione, Fa."
Mulan
fece per voltarsi, ma Jasmine rimase dov'era.
"Non
riusciresti ad avere la grazia di Mulan neanche se la otterresti in
cambio di tutte le volte che hai aperto le gambe, sottospecie di
principessa in calore."
Aurora
rise di gusto e le si avvicinò pericolosamente, ma una voce alle
loro spalle tuonò.
"COSA
DIAMINE SUCCEDE QUI?!"
Il
gruppetto di ragazze si voltò, ritrovandosi davanti la preside
Malefica, in tutta la sua severa bellezza.
"Dovreste
essere in classe! Le lezioni sono cominciate da cinque minuti!"
"Stavamo
distribuendo i volantini, professoressa. Ma queste due sono venute a
cercare la rissa." spiegò Aurora prontamente, continuando a
guardare Jasmine negli occhi.
Jasmine
si voltò verso la preside.
"Ha
insultato Mulan! Lo fa sempre, questa lurida..."
"MI
AVETE SCOCCIATO. Tutte e due. Sono stanca di questa eterna lotta tra
voi due, ragazzine impertinenti." disse la donna, stringendo la
valigetta a sè: "Vi voglio nel mio ufficio tra dieci minuti.
Entrambe. E per cortesia" guardò la gonna di Aurora e inorridì,
" abbia un pò di pudore, Wood, e si copra almeno le mutande."
Aurora
non reagì, e la preside si avviò rapida verso il suo ufficio.
Si voltò
verso Jasmine palesemente irritata.
"Spero
che nel frattempo il tuo amichetto cinese diventi cannibale e ti
mangi la testa" sentenziò, per poi stringere i volantini al
petto ed andarsene.
Jasmine
le gridò dietro parole irripetibili, mentre Mulan sospirava lì
accanto.
"Non
devi preoccuparti, Jas, ci sono abituata." disse convinta, ma
Jasmine fece un gesto con la mano come se scacciasse una mosca
molesta: "Non me ne frega un cazzo, non si deve azzardare. Ce
l'ha con te e le altre solo a causa mia, quella ninfomane. Hai...hai
visto come ha tirato in ballo Al?!" esplose, e Mulan sogghignò.
"Oooh,
allora è questo il problema!" disse, mordendosi le labbra per
non ridere, ma Jasmine la guardò in cagnesco e per un attimo sembro
che i canini si allungassero come i vampiri dei cartoni animati.
"NON
METTERTICI ANCHE TU!" sibillò come un serpente, e si avviò
verso la presidenza offesa.
Mulan le
corse dietro, divertita: "Jas, guarda che ad Aladdin non
interessa quella..."
"Lo
so, LO SO! Non fanno che dirlo tutti, come se ne me importasse
qualcosa di Al e delle sue scopamicizie!" sbottò, e Mulan si
fermò bruscamente a guardarla da dietro e godersi lo spettacolo del
suo passo fermo e del suo borbottio.
**
Quegli
occhi.
Aveva
provato a disegnarli mille volte, eppure c'era una sfumatura
che non riusciva a cogliere- qualcosa di troppo particolare per
essere notato a una tale distanza, eppure lei la vedeva distintamente
tutte le sante volte.
Il
taccuino sulle gambe, provò ancora una volta a cogliere quel
dettaglio-ma non sapeva neanche cosa fosse, e questo le faceva
seriamente credere di avere qualche rotella fuori posto.
Aveva
ragione Belle, quando le suggeriva di prendere coraggio e andare lì.
Insomma,
da quando era così timida?
Niente
di complicato, bastava limitarsi a raggiungerlo e presentarsi.
...sì,
certo Jane. Come no.
Aladdin
era l'unico che lo conoscesse- sapeva solo che si chiamava Tarzan, ma
dal cognome in poi era puro mistero, eppure da come gliene aveva
parlato sembrava si incontrassero spesso nella parte del parco per
gli skaters e chiacchierassero, perfino; sempre discorsi futili,
generali.
Quando
Jane una volta li aveva visti scambiarsi un saluto, durante un picnic
in agosto proprio al parco, appena Tarzan aveva ripreso a fare skate
e si era allontanato era corsa (anzi, diciamo che aveva teso un
agguato) ad Al, chiedendogli se davvero lo conoscesse.
Non che
Al gli avesse fornito grandi informazioni, ma calcolando che era un
anno che lo stalkerava cercando (inutilmente) di ritrarlo era
riuscita a sapere più di quanto sperasse.
Era
all'ultimo anno della Pictures Academy, il college della città, e
studiava scienze ambientali-ergo, aveva almeno un paio di anni in
più, ma questo era un inutile e trascurabilissimo dettaglio.
Tarzan
si voltò di scatto verso di lei, ancora sdraiato sull'erba e con il
libro tra le mani, e Jane fu costretta a buttare la testa e a fingere
di disegnare.
Alzò
lievemente lo sguardo, ma lui era già tornato al suo libro.
Impiegò
dieci minuti per autoconvincersi ad alzare il culo e avvicinarglisi,
ma proprio quando stava per alzarsi lui guardò l'orologio da polso e
rimise il libro nello zaino, per poi risalire sullo skate e dirigersi
verso l'uscita del parco.
Jane
sbuffò, i capelli disordinatissimi e il sole che iniziava a calare.
Note dell'autrice:
Innanzitutto, voglio scusarmi con voi che avete recensito lo
scorso capitolo e non avete ricevuto risposta. VI PREGO, PERDONATEMI.
Non entravo nell'account da un secolo, e solo IERI mi sono accorta
di non avervi degnato di una risposta. SCUSATEMI, ERO CONVINTISSIMA
DI AVERLO FATTO! Vi chiedo sinceramente perdono, sono le vostre
recensioni a farmi sognare ad occhi aperti, ad invogliarmi, a non
farmi mollare, e vi assicuro che non succederà più. Come sempre, vi
ringrazio inifinitamente per i complimenti-e ringrazio tutti voi che
mi leggete o anche solo seguite. Sento costantemente il vostro
sostegno, quindi GRAZIE. Non smetterò mai di dirlo!
Vorrei anche scusami (come al solito) per il ritardo mostruoso. Vi
ho fatto aspettare per mesi, e mi dispiace da morire- ma purtroppo
conoscete i miei tempi di aggiornamento. L'impegno universitario mi
ha tenuta occupata tra lezioni/Studio/preparazione esami ed esoneri
vari, più alcune questioni personali che non sto ad elencarvi.
Detto questo... beh, ho inserito altri PoV perchè i personaggi
non erano ancora abbastanza, lol. Lo so, sono una brutta persona.
Jane è una delle mie fanciulle Disney preferite (e Robin il mio
Grande Amore tra i 5 e i 7 anni. Roba che guardavo il film e odiavo
Marian. Poi beh, è arrivato OUAT e ho capito che il mio è un amore
motivato), e la sua versione umana è shippabilissima con Merida.
A proposito di lei: avevo in mente di inserirla già da un pò
perchè anche se avevo detto che mi sarei fermata a Rapunzel era
troppo fAiga per non farle fare neanche una comparsata.
Ok, ora mettiamo in mezzo lo scoop del capitolo...so che non
vedete l'ora di parlarne: sì, BIANCANEVE E CENERENTOLA. Sì, era
programmato. No, non vi siete sbagliati: ufficialmente, sono etero.
Diciamo che si divertono, ecco. NO, GIURO, NON MI SONO BASATA SU
GLEE. Lo so che le cheerladers lesbiche vengono associate a Santana e
Brittanny (i gleeks sanno di quale meravigliosa ship sto parlando),
ma posso assicurarvi che la cosa non è pensata per quello. Penso che
sia una faccenda nuova, e sinceramente morivo dalla voglia di
inserire una coppia lesbo dopo quella di Baloo e Bagheera
(ammettetelo, dopo aver letto la mia ff non siete più riusciti a
vedere Il Libro Della Giungla con gli stessi occhi...o probabilmente
sì, perchè non siete malati come voi). Loro mi sembrano PERFETTE
assieme- e vedremo come procederà la cosa nei prossimi capitoli.
Volevo rassicurarvi sul raiting, che nonostante io scriva di pg
che muoiono dalla voglia di saltarsi addosso a vicenda e tette in
bella mostra (Trilli, tesoro, perdonami, ma un'immagine soft erotica
ci va ogni tanto) rimarrà comunque arancione.
COME DICO SIN DAI MIEI ESORDI: io il porno lo leggo, non lo
scrivo. Per pura incapacità, perchè ogni volta che ci provo inizio
a ridere -ma questi sono dettagli.
Penso di aver detto tutto ciò che dovevo dire- ossia, una marea
di cazzate.
Vi ricordo che se volete seguire i diversi aggiornamenti o farmi
delle domande-o anche solo conoscermi- ho aperto una fanpage su fb a
questo
indirizzo.https://www.facebook.com/magikamemyfanwriter?fref=ts.
Spero davvero che metterete un like, sono curiosa di conoscerviii
*lancia biscotti Oreo*.
Anche questa volta ho un sondaggio per voi, ossia: qual'è,
secondo voi, il principe Disney che potrebbe rendervi felice?
Per quanto mi riguarda la risposta è sicuramente Flynn- non si
prende sul serio e ha la faccia da spaccone, ma poi quando guarda
Rapy si scioglie. BELLO DE CASA.
Grazie nuovamente a tutti, e vi assicuro che stavolta risponderò
alle recensioni e proverò ad aggiornare prima (fino al 18 febbraio
son off per un esame, ma poi ho qualche mese di stacco). Intanto vi
mando tanti bacini virtuali :3
Un abbraccio, Memy. AH, dimenticavo, buon anno nuovo! (...siamo a
Febbraio...vabbè.)
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