Dettato dal destino

di gateship
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passi ***
Capitolo 2: *** La mia River Song ***
Capitolo 3: *** Famiglie ***
Capitolo 4: *** Un diario senza tempo ***
Capitolo 5: *** Un uomo impossibile ***



Capitolo 1
*** Passi ***


N/A: Lo so, lo so, no davvero, non guardatemi così, lo so! Sisi, ho visto anche io quella puntata, si lo so che si sono detti addio e che il futuro della Professoressa Song è molto incerto, però cercate di comprendere, sono fissata a trovare un modo per rimetterli insieme... nel futuro, non nel passato. Non ne cambierei una virgola! Quindi è nata questa piccola fanfiction, ambientata dopo il 7x13 e che non prende gli episodi e i film seguenti in considerazione (perchè a me l'undicesimo piace troppissimo e perchè non ho ancora finito l'ottava stagione, me cattiva!!). Cosa succederebbe se il Dottore, dopo aver rincontrato River a Trenzalore, avesse deciso di farle visita di nuovo, e riportarla indietro?
Buone feste a tutti!

 

 

I suoi passi rimbombarono sul pavimento, preannunciando la sua presenza. I corridoi, meno opprimenti di quando c'era stato l'ultima volta, erano silenziosi come tanti anni prima. Passò per la saletta a fianco al negozio, dove la aveva incontrata per la prima, e sotto certi aspetti l'ultima, volta. Scese le scale, e infine attraversò il vortice dimensionale che portava al nucleo centrale, la sua dimora, per così dire. Era un po' egocentrico, un po' strano, farlo. Ma non riusciva a rassegnarsi alla sua morte, aveva persino imparato ad accettare la cancellazione della memoria di Donna, l'addio di Martha, Rose, e la fine di Amy, almeno un po'.

Così tanti si erano sacrificati per lui, persona dopo persona, River però era diversa, lui l'amava. L'amava come non aveva amato nessun altro. E faceva troppo male non poter battibeccare con lei, non poterle parlare, non poter condividere con lei le straordinarie esperienze che faceva.

Non poteva.

Se ne accorse quando la spia dell'enorme computer diventò verde. Quanto aveva sofferto Donna, quando era stata strappata via dal suo mondo immaginario? Non avrebbe consigliato quel calvario quasi a nessuno, meno che mai a sua moglie. Doveva essere sicuro che River volesse tornare. Con lui, con il suo TARDIS, con le sue stranezze e le sue avventure. E per la prima volta, guardando quella spia verde lampeggiare, non lo era. Premette velocemente un'altra serie di comandi e dopo neanche un battito di ciglia, si ritrovò su un prato verde e illuminato dal sole. I corti steli d'erba risplendevano vividamente in quella luce e il vento, leggero ma presente, li scuoteva con fare gentile. Sembrava il paradiso, e, in certo senso, lo era. Si incammino verso la casa che vedeva più avanti, ampia, con i muri di legno bianco. Probabilmente la casa di River, era entrato nella sua simulazione, dopo tutto.

Si fermò difronte al portone, guardando il campanello. “Song”. Ancora una volta, non poteva credere di essere lì, così vicino che solo premendo un pulsante avrebbe potuto rivederla. Era surreale.

Bussò. In qualche modo era meno evasivo. Sentì dei passi veloci scendere una scala e dirigersi verso la porta di ingresso. Aspettò che il rumore si avvicinasse e, quando sentì il portone aprirsi dall'interno, chiuse gli occhi, incapace di vederla.

“Dottore.”

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Capitolo 2
*** La mia River Song ***


N/A: Sigh... sono andata a vedere la fine de Lo Hobbit qualche giorno fa... che bello!!! Per non parlare delle ultime scene, ma... spoilers!! E poi non c'entra molto! Comunque, allora, ecco qui il prossimo capitolo, spero di essere riuscita a rimanere IC! Neanche questo c'entra molto: voglio River nella prossima stagione!!

 

 

“Dottore.” Quella voce. Non pensava che l'avrebbe più sentita. Aprì gli occhi. River Song era di fronte a lui. Identica all'ultimo giorno in cui l'aveva vista, gli stessi occhi, gli stessi dolci lineamenti, lo stesso sguardo. Solo i capelli erano diversi, di un arancione splendente, lo stesso di Amelia Pond.

Lei lo guardò.

Lui la guardò.

“River.” rispose, la gola improvvisamente secca.

“Dottore.”

“Eh... sono a casa.” iniziò imbarazzato.

“Sì? Ti pare questa l'ora per tornare?” chiese con un piccolo sorriso.

“Mi aspettavi prima?”

“Sei in ritardo.”

“Mi aspettavi?”

“No, direi di no. Hai messo in chiaro le cose l'ultima volta.”

“Mi dispiace.”

“Ho pensato che...” si interruppe, abbassando lo sguardo.

“Che?” L'incoraggiò, sollevandole dolcemente il mento.

“... che il dolore fosse troppo.” disse con gli occhi verdi traboccanti di lacrime. Odiava vedere piangere la gente, odiava vedere piangere i bambini, ma più di ogni altra cosa odiava vedere piangere River Song, la sua River Song.

“River...”

“Questa non è casa tua Dottore, non lo è mai stata.” disse amaramente.
“Scusa.”

“Sono solo un'eco, Dottore, solo un'eco come lo era Clara tanto, tanto tempo fa.”

“River- aspetta. Tanto tempo quanto?”

Sorrise. Non il suo solito, giocoso, sorriso. Qualcosa che il Dottore aveva visto di rado sul volto di River. Un sorriso triste. “Una vita intera Dottore.”

“River, quanto tempo fa?”

“Vent'anni. Dopo così tanto tempo, dolcezza, la speranza scompare.” Vent'anni. Per l'amor del cielo vent'anni, vent'anni in un mondo virtuale. Vent'anni da quando lo aveva visto l'ultima volta e lui le aveva detto, chiaro e tondo, addio.

“Mi dispiace, River, tu non sai quanto mi dispiace. Il TARDIS deve aver sbagliato data, si sta ancora...”

“Perché sei venuto? Lo hai detto tu, sono un'eco, sono morta. Perché sei qui Dottore?”

“River... - disse prendendole le mani – io... io tengo a te più di qualsiasi altra persona al mondo, e finché ci sarà anche una sola, minuscola possibilità di potere passare con te anche un singolo minuto io la coglierò al volo. Ho riflettuto su quanto mi hai detto a Trenzalore. “Ero in collegamento mentale con Clara, se fosse morta allora, come farei ad essere qui?”, River, tu non intendevi solo comunicarmi che Clara era viva, troppo banale, lo avrei saputo lo stesso, stavo per andare, anche senza che tu me lo dicessi. Tu volevi dire qualcos'altro, River Song, ti conosco, conosco bene l'enigmatica professoressa Song. Quello “Spoilers” non era per Clara, era per te. Tu non sei un'eco, non sei una copia, sei qualcosa di più, lo sei sempre stata e sempre lo sarai. Non so come sia possibile o se le leggi della fisica concordino, ma tu sei River Song, la mia River Song. C'è un tempo per vivere e un tempo per morire, ma il tuo non è ancora arrivato.”

Lei scosse la testa, mentre silenziose lacrime le rigavano il viso. “Ti odio quando fai questi discorsi.”

“No, no, non è vero. - lui sorrise, il primo vero sorriso dopo giorni. - Mi sei mancata River” disse abbracciandola.

“Anche tu.” Le sue braccia lo strinsero, protettive, come quelle di una madre con un figlio. Restarono così per quella che sembrò un eternità, stretti, l'uno bisognoso del conforto dell'altra. Perché in quel momento, il Dottore, quell'essere che aveva un migliaio di anni, era davvero quel dodicenne spaventato, ferito, che River voleva proteggere dal dolore.

“Dottore... stai piangendo.” ruppe con delicatezza l'abbraccio, asciugandogli le lacrime. Lui non ribattè, continuando a guardarla negli occhi, come se avesse paura che, se avesse distolto lo sguardo, lei sarebbe sparita.

“Mi è finito qualcosa nell'occhio.”

“Certo – ribattè lei, consapevole del fatto che il marito non voleva esternare ciò che provava -, magari un moscerino. Meglio entrare, no?” River si fece da parte, permettendo al Dottore di entrare in casa.

“Wow! È bella!” disse il Signore del Tempo guardandosi attorno.

“Grazie, vuoi qualcosa?” gli chiese indicandogli una poltrona sulla quale sedersi.

“No.”

“Bene. - rispose accomodandosi vicino a lui. - allora Dottore, perchè sei qui?”

“A Trenzalore... sembravi triste quando hai detto a Clara che ti avevo lasciato come un libro su uno scaffale.”

“Non sembravo, lo ero.”

“Sei la figlia dei miei migliori amici River.”

“Già.”

Lui la guardò. “Vieni con me, ritorna nel mondo reale.”

Lei sorrise. “Sarebbe bello, ma sappiamo entrambi che non è possibile, il mio corpo è stato distrutto, e poi cosa ci sarebbe da riportare?”

“River...”

“No Dottore. - disse alzandosi di scatto - Ci siamo già detti addio, sono un'eco, non la coscienza di River Song. Perchè ci stai facendo questo? Perchè ci fai male, a me, e anche a te? Perchè ora rendi le cose più difficili? Eri riuscito a dirmi addio.”

“Non del tutto.”

“Non puoi vivere senza il dolore, Dottore, senza la paura e la perdita, sono parte dell'esistenza stessa. Devi accettarlo, come hai accettato la morte delle persone prima e dopo di me.”

“E tu? Tu sei riuscita a dirmi addio?”

“Io non c'entro.”

“Tu c'entri eccome River, c'entri sempre. Siamo in due in questa equazione, non solo tu, e certamente non solo io.”

“Tu continui a correre Dottore, lo fai da mille anni, da quando ne avevi otto e hai guardato in quel vortice che ti ha cambiato la vita. Da che cosa scappi Dottore? Dalla solitudine, dalla paura, dalla morte, dal rimorso, dalla colpa? Non lo sai neanche tu. Ora smetti di correre, soltanto per un attimo, e ascoltami. Smetti di scappare dai lutti, dalle perdite, da quello che ti impedisce di andare avanti, Gallifrey, Rose, Donna... i miei genitori. Smetti di scappare da me.”

“Ma tu non sei morta.”

“A quanto pare si.”

“Ho sbagliato. Ora voglio solo rimediare.”

“No, vuoi aprire una ferita ormai chiusa.”

“River, vieni qui.” la prese per le spalle, portandola di fronte allo specchio nell'ingresso. “Guardati. Tu sei la donna che amo, la donna che ho deciso di sposare. Nei gesti, nelle parole, in quello che provi e in quello che pensi c'è River Song, la mia pazza, impossibile River Song.”

“Come fai a saperlo?”

“L'hai detto tu, 25 anni fa nel tuo tempo, credo... sarebbe arrivato un momento in cui mi sarei fidato di te, completamente. È arrivato.” Lei lo fissò attraverso lo specchio, come scrutandogli l'anima.
“Bene, d'accordo, mettiamo che tu mi abbia convinta Dottore, non posso ritornare tra voi esseri di carne ed ossa, non ho un corpo.”

“Ma un modo c'è River. La Pandorica.”

Lei scosse la testa scioccata. “Dottore... le ripercussioni sarebbero gravissime.”

“No, l'ho già fatto, ne hai vista qualcuna? Sono stato attento. Ho chiesto a Rory, Rory del passato, le specifiche del suo periodo come cyberman, poi ho utilizzato la tecnologia della Pandorica, ho chiesto aiuto ai Seletis, alieni gentili di piccolo aspetto, sono tutti cloni, mi dovevano un favore.”

“Hai clonato il mio corpo?!”

“A partire dal tuo DNA, sì.”

“Ma come...? Certo. Il TARDIS. Ci ho vissuto. Ogni cosa che ho toccato, ogni corrimano, ogni porta, dalla mia spazzola ai miei vestiti, tutto. Tutto ha impresso il mio DNA.”

“Esatto.” lei scosse la testa, accennando il suo solito malizioso sorriso.

“Dottore, tu sei impossibile.”

“Me lo dicono spesso. Allora vieni?”

Lei gli voltò la schiena. “Non è così facile. Sono passati venti anni da quando sono uscita da qui, alcune cose sono cambiate.”

“Sì, ma solo nel server, al di fuori il tempo per noi non ha....”

“Non ho paura di quello che incontrerò se uscirò mai da qui Dottore, ma ci sono stati degli sviluppi.”

“Quali?” chiese incuriosito.

River sorrise. “Ho una famiglia.”

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Capitolo 3
*** Famiglie ***


N/A: Hola gente!! Allora per prima cosa consiglierei di leggere queste 432 parole con codesta musica: https://www.youtube.com/watch?v=LNnxCqwhEOc.

Secondly: Let's kill... no... Let's talk about River! (il mio parlare in inglese finisce qui...) Allora, ho sempre pensato che come il dottore la Dottoressa Song abbia delle regole, ma se la prima regola del nostro signore del tempo è che il dottore mente, la prima regola di River fosse non mostrare mai il danno. In situazioni difficili tutti infrangiamo le regole, e mi sembrava giusto che per una volta River potesse piangere apertamente sul Dottore, perchè non si può essere sempre persone forti. Avrei voluto inserirlo nel testo ma non ce l'ho fatta.

Recensionina?

 

 

 

Una famiglia. Fu come se una lama lo trafiggesse da parte a parte. Una famiglia. Un'immagine gli attraversò la mente. Una famiglia. Una foto di River che abbracciava un uomo. Un uomo che non era lui. Una foto di River con dei figli. Figli che non erano suoi.

“Non è come pensi.” disse leggendogli nel pensiero.

“No?”

“No. Non mi sono risposata Dottore, non lo farei mai.”

“Ah.”

“Sai, - comincio River dolcemente – all'inizio c'erano altri. C'era l'altro David, Anita, e Evangelista. C'erano tre bambini, due femmine e un maschio, Clara, Sophie e Mark. Nomi terrestri, i miei... i miei bambini,” disse sorridendo tristemente, nascondendogli una lacrima.

“C'erano?”

“I loro programmi sono stati cancellati. Dopo il salvataggio della biblioteca si è pensato di resettare tutto. David, Anita, Envanglista... tutti andati. E poi è stata la volta di Sophie, e poi di Mark. Sono spariti tutti sotto i miei occhi.” disse mentre iniziavano a scenderle delle lacrime dal viso. “E nessuno... nessuno li ricordava, nessuno a parte me. Era come se fossero stati tutti...” si cinse le braccia al petto.

“E Clara?” chiese lui avvicinandosi dietro di lei, abbracciandola dolcemente.

“È ancora qui. È ancora nel sistema, ma la sua illusione corporea è sparita, è soltanto un softwer tra gli altri. Pensavano fosse troppo pericolosa. Io mi sono salvata grazie a te. Il cacciavite mi ha protetta. Gli altri erano morti, erano illusioni, così come Sophie e Mark... ma non per questo erano meno veri, l'amore era reale.” Lui non si offese. Non parlava di quel tipo di amore che condividevano loro, parlava di quello tra madre e figlio, quello tra sorella e fratello.

“Mi dispiace River, mi dispiace così tanto.” E in cuor suo sapeva di non poter fare nient'altro. Si ricordava quando aveva perso suo figlio, e Jenny. Era stata la cosa peggiore della sua vita. Perdere i suoi figli. I genitori non devono sopravvivere ai loro figli, neanche un Signore del Tempo, neanche lui.

“Voglio andarmene da qui,” sussurrò tra le braccia del marito.

“Quando?”

“Ora.” lui la guardò, aveva lo sguardo fisso, appannato, devastato, come se avesse appena rivissuto l'esperienza più dolorosa della sua vita. Oh River, mia dolce River, hai perso così tanto, e non ero neanche qui a tenerti per mano.

“Va bene. Andiamo a casa.” disse asciugandole una lacrima, mentre lei singhiozzava, come spezzata in due, uccisa dentro. Nessuno deve sopravvivere ai suoi figli.

 

E capì. River aveva una famiglia, un'altra oltre a quella dei Pond e del Dottore, quella di Mark, Clara e Sophie, sempre nel suo cuore, sempre. Sempre e per sempre. Non c'era amore più grande di quello tra un genitore e un figlio, nemmeno il suo.

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Capitolo 4
*** Un diario senza tempo ***


“Mi hai ringiovanito di un paio d'anni.” fu la prima cosa che constatò River appena entrata nel suo nuovo corpo, quasi identico a quello precedente. “Non ti andava bene com'ero prima?”

“Ti ho sempre preferito bionda, dolcezza.”

“Potrei tingermi di nuovo.”

“Tu provaci.” disse con un sorriso saltando nel tunnel dimensionale.

“Oh, fammi provare.” rispose provocante quando entrambi uscirono dal flusso azzurro, il suo volto a pochi centimetri dal suo.

“Allora – iniziò lui indietreggando di qualche passo. - come va questo nuovo corpo?”

“Bene direi, se vuoi posso provare subito il polso.” disse alzando la mano per schiaffeggiarlo come aveva fatto prima tante altre volte.

“Sono serio River.”

“Oh, amo quando lo sei.” rispose scendendo le scale che davano all'enorme balconata. Insipirò profondamente, guardando l'enorme biblioteca estendersi davanti a lei, le persone in piazza a chiacchierare sottovoce per non disturbare i lettori, tutta quella vitalità che non aveva visto per anni.

“Mi mancava il profumo di aria fresca.”

“Sei romantica” le disse ad un orecchio. Mentre sorrideva, lo sguardo di River si abbassò, incontrando un piccolo libretto blu dall'aria malandata.

“È il mio diario.” sussurrò stupefatta. “Non credevo che l'avessi lasciato qui.”

“Non potevo tenerlo, spoilers, e di buttarlo non se ne è neanche parlato. Mi dispiace che sia...”

“Grazie.” disse prendendolo in mano come una lacrima le solcava il viso, non pensava che lei avrebbe potuto esserci così attaccata, ma riflettendoci... era ciò che River aveva protetto e cullata per tanto, tanto tempo, era una storia, la loro storia, una storia senza tempo.

Guardò di nuovo sua moglie, che ora reggeva un cacciavite, lo stesso che le aveva dato prima di Deillium.

“Tieni.” glielo porse, accorgendosi del suo sguardo su di lei.

“È tuo. Te lo avevo dato ricordi?” spalancò gli occhi sorpresa.

“Dottore...”

“Sei un Signore del Tempo, sei mia moglie, lo sai usare meglio di me.”

“Un solo Dottore, un solo cacciavite. È la regola.”

“Quale? Non è mia.”
“Forse è mia.”

“Tu non hai regole, River.” sorrise allegro, felice di averla davanti, felice di poter filtrare con lei come se l'avesse incontrata per la prima volta.

“E tu come lo sai?”

“Il TARDIS è d'accordo, sai?” disse cambiando argomento.

“Sexy è d'accordo?” ripetè.

“D'accordissimo, c'è voluto un po', ma sai com'è lei...”

“Beh, in questo caso... - sorrise con gratitudine mettendo l'oggetto in tasca. - Un giorno dovremo dirci addio Dottore, sai? - affermò poi accarezzando la copertina del diario color TARDIS, togliendo il velo di polvere che ora lo avvolgeva - senza più biblioteche, realtà parallele o sotterfugi. E ho paura che non manchi tanto.”

“Forse, tu non puoi saperlo.”

“Alla fine tutti muoiono amore mio, io, e persino tu.”

“River...”

“Non ti piacciono i finali, lo so. Ma a tutto c'è un finale, e vicino o lontano che sia un giorno arriverà.”

“Perchè ora sei tu quella seria?”

“Perchè mi piace infrangere le regole.”*

“Ma fino ad allora? Fino al finale di cui parli? Dovremmo continuare come se nulla fosse? Ognuno per conto suo e poi insieme quando l'universo è un pericolo? Sei mia moglie River.”

“Forse è dettato dal destino, dolcezza. Forse è la nostra storia, incontrarci sempre nel punto sbagliato, quando ognuno di noi prova sentimenti che l'altro non nutre, sempre correndo, una volta a caccia di dalek, una volta in una biblioteca perduta, un'altra contro il tempo. Il momento in cui tu mi hai conosciuto non è lo stesso nel quale io ti ho incontrato. Ti ho amato, quando tu mi guardavi ancora con diffidenza; tu mi hai salvato la vita, mentre tentavo di ucciderti. Forse è il nostro destino, amarci in un tempo e in un luogo, dove non ci è dato amare. Forse è destino, non ritrovarci mai nello stesso punto, siamo signori del tempo... più o meno. - continuò dolcemente - Io viaggio da una parte, tu viaggi da un'altra. Non sono fatta per scorrazzare tra lo spazio e il tempo in compagnia, non sempre almeno, mentre tu... lasciatelo dire tesoro, da solo sei inconsolabile. Amy ha ragione, non restare da solo, ti farebbe troppo male.”

“Ma ora tutto questo può cambiare, non abbiamo più “spoilers”, niente più anticipazioni, ora può essere tutto più semplice.” disse lui avvicinandosi a River, mentre questa saliva sul cornicione dell'edificio, tenendo gli occhi su di lui.

“E lo sarà. Sicuramente. Senza più Stormcage e con meno intoppi temporali. Ma non correremo insieme. Uno psicopatico per TARDIS, ricordi?”

“Non sono psicopatico.”** lei lo guardò con un sopracciglio alzato.

“Ci vediamo presto dolcezza.” disse con un occhiolino, prima di saltare nel cielo ormai buio.

E il Dottore, con un briciolo di tristezza, sorrise, River Song, la donna che pur di non uccidere l'uomo che amava aveva sconvolto l'universo, la psicopatica, la figlia del TARDIS, della ragazza che aveva aspettato e dell'ultimo centurione, la donna che ha ucciso il Dottore, la donna che ha sposato il Dottore, era tornata.

 

 

*River si riverisce ad una regola del Dottore, “Mai essere seri, non intenzionalmente.”

** Qui invece mi riferisco al 7x05, ma anche a una scena tagliata di quello stesso episodio nella quale il Dottore dice all'angelo che perseguiterà tutti quelli della sua razza, prima che River lo riporti dentro e gli dica appunto “uno psicopatico per TARDIS”.

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Capitolo 5
*** Un uomo impossibile ***


“Clara, apri la porta che da sulla piscina.” Il Dottore spalancò la porta del TARDIS, precipitandosi all'interno.

“Hai una piscina?” Clara lo guardò stupita.

“Si, è grande, spaziosa, e mia moglie ama tuffarvicisi dentro.” disse lui toccando frettolosamente i comandi.

“Tua moglie? È per questo che siamo venuti qui, giusto?”

“Sì. Ora apri la porta Clara, ora!” La ragazza premette velocemente il pulsante indicato dal dottore e, dopo aver sentito un tonfo attutito dall'acqua, si ritrovò improvvisamente coperta di schizzi.

“Ehiii! Non avevi detto di allontanarmi!”

“Invece si che lo avevo fatto.” si difese lui chiudendo la porta del TARDIS con un altro comando e precipitandosi sul bordo della piscina.

“No, non lo avevi fatto!” Lui annuì, non prestandole più ascolto e lo sguardo di Clara volò verso la vasca. River Song ne stava emergendo, completamente vestita e con in mano un asciugamani.

“Professoressa Song? Dottore, ma io pensavo che...” poi li guardò, River ora era completamente uscita e fissava il marito, che a sua volta manteneva uno sguardo felice ed incredulo su di lei.

“Io vado ad asciugarmi... okay? Se mi volete sono... di là, ma a pensarci bene credo che non vi serviró per un bel po'.” Clara sorrise, indicando vagamente un corridoio e i coniugi annuirono debolmente, sempre guardandosi negli occhi.

“Pensavo che volessi andare per la tua strada.” cominciò lui avvicinandosi a lei, radioso e dubbioso allo stesso tempo.

“E chi ha detto che non lo farò? Ti assicuro dolcezza, non ho intenzione di trasferirmi in pianta stabile qui. Ne farò di escursioni, di viaggi da sola avanti e indietro nel tempo, in cerca di manufatti, sconfiggendo alieni e salvando pianeti. Non ora però, ora corriamo insieme.” sorrise.

“Oh, ti amo River Song.”

Lei si bloccò. “Non me lo avevi mai detto.”

Sorrise. “Mi ci è voluto un po'.”

“Quanti secoli?”

“Solo tre dal primo bacio.”

“Stai migliorando.” fece ironica.

“Tu non sai neanche quanto.” disse con un bacio.

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