Origami

di Chrystal_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 - Tocco e ferita ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 - Pioggia e confessioni ***
Capitolo 3: *** Cap. 3A: Primo appuntamento e Rose ***
Capitolo 4: *** Cap. 3B: Primo appuntamento e Rose ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 - Tocco e ferita ***


Origami

 

Cap. 1: Tocco - Ferita


Mondo delle favole

“Siete di buon umore?”

Belle era seduta nella carrozza, con le mani in grembo, di fronte a Rumplestiltskin. Aveva guardato il paesaggio che correva via per tutto il tragitto di andata, ma ora che stavano tornando al castello non poté fare a meno di sbirciare l'Oscuro.

Sperava che lui non se ne accorgesse, e così gli dedicava un'occhiata furtiva senza girare la testa o ne approfittava quando si guardava le mani intrecciate e annoiate per la mancanza di qualche pagina da girare.

Lui sorrise, gongolando un po'. “Lo sono sempre quando ho stretto un patto.”

Continuò a fissarla col suo sorriso indecifrabile e gli occhi socchiusi, con un'aria così curiosa che Belle non poté fare a meno di arrossire, ridere e coprirsi la bocca.

“Mi trovi forse buffo, dearie?”

Belle strinse le labbra facendole sporgere in avanti, e, con l'allegria di prima ancora negli occhi, cercò di ricomporsi. “No. È solo che voi non sorridete spesso. Sembra che non vi concediate mai un momento di gioia spontanea, che nascondiate questo lato di voi.”

A quelle parole il folletto si rabbuiò.

Belle lo notò e si affrettò subito a dire: “Io non volevo...”

Tuttavia lui la bloccò, non permettendole di finire la frase. “Annoiarmi? Infastidirmi con le tue inutili ciance?”

Belle si sentì come se qualcuno le avesse dato un pizzicotto. “Non intendevo offendervi. Volevo solo fare due chiacchiere per rompere un po' questo silenzio.”

Lo sguardo di Rumplestiltskin era diventato più duro e ogni traccia del divertimento di prima era scomparsa.

“Non ho bisogno che rompi il silenzio. Lo fai già abbastanza al castello, persino quando stai zitta.” disse acido lui.

Belle incrociò le braccia sul petto. “E allora perché mi avete portata con voi?”

“Hai troppa lingua, dearie.”

L'espressione accigliatta di Belle si addolcì e le labbra si curvarono all'insù, in un sorriso di trionfante vittoria. Forse persino lei aveva paura di ammetterlo, ma sembrava che la sua presenza, per quanto fastidiosa lui potesse definirla, non gli dispiacesse poi così tanto.

Altrimenti perché portarla con lui in quel lungo viaggio?

Rumplestiltskin stava per aprire la bocca e ribattere ancora, quando la ragazza urlò tanto forte e inaspettatamente da farlo sussultare.

“Che c'è?!”

“Fermate i cavalli!”

“Ma cosa...”
“Fermate i cavalli vi dico!”

Lui fece come diceva e, alzando la mano, fermò la carrozza. Non appena poté, Belle balzò giù e corse pochi metri più avanti.

Anche il folletto scese e la raggiunse, dubbioso e irritato per quella fermata non prevista.

“Belle, cosa...”

Lei si girò verso di lui e, sorridendo, gli indicò un giardino pieno zeppo di rose. Ce n'erano di molti tipi e colori, rampicanti e nei cespugli. Il profumo che si percepiva era così intenso che attirò la ragazza e la fece avanzare in quello spettacolare parco fiorito.

Non aveva mai visto così tante rose nello stesso posto. Nemmeno nel giardino reale di suo padre si poteva trovare un numero così elevato e variopinto di quel tipo di fiore.

Avanzò ancora per raggiungere una piccola casetta di legno che era quasi del tutto ricoperta dalle rose rampicanti.

“Dove stai andando? Non abbiamo tempo...”

Belle, senza fermarsi, si girò verso l'uomo, camminando quasi all'indietro.

“Non vorrete perdervi un posto del genere?”

Rumplestiltskin avanzò verso di lei, con l'aria esterreffata.

“Andiamo, così starò zitta per tutto il resto del...”

La ragazza non fece in tempo a finire la frase che incespicò nel terreno e perse l'equilibrio. Prima che potesse cadere, però, il folletto balzò in avanti e la prese tra le braccia.

Finirono a terra tutti e due, ma col suo corpo risparmiò alla domestica una rovinosa caduta.

Belle si ritrovò seduta sopra Rumplestitskin, così vicina a lui che per un attimo i loro occhi si persero a fissarsi. Poi arrossì e si profuse in una serie di infinite e un po' balbettanti scuse.

“Io non volevo...”

“Non fa niente. Dovevo aspettarmelo.” disse lui. Prima che Belle si potesse alzare notò nel volto del folletto un'espressione di dolore.

“State bene?” gli chiese. Poi, notando che aveva una manica della camicia strappata, gli prese il braccio e tirò su l'indumento. Le spine delle rose non avevano lacerato solo la stoffa, ma anche la pelle era escoriata quel tanto da fargli uscire qualche goccia di sangue.

“Voi siete ferito.” sussurrò, stupita. Prima d'ora non aveva mai visto, né pensato che il suo padrone potesse graffiarsi o farsi male.

“Mi dispiace, è tutta colpa mia! Rimedio subito.” disse, strappandosi un pezzo del vestito e allungando la mano verso la ferita.

Rumplestiltskin, ancora intrappolato sotto il peso della ragazza, non aveva detto niente; tuttavia, non appena sentì il tocco della ragazza sulla propria pelle, proprio sul braccio dove nessuno, da molto tempo, lo aveva più sfiorato, percepì una scossa piena di calore insinuarsi sotto la pelle.

Era qualcosa di strano, inaspettato e... piacevole. Così piacevole che all'inizio ne fu confuso, poi, quando gli piacque, dovette scuotersi per non permettere a se stesso di lasciarsi annebbiare.

Così si alzò di scatto, non permettendo a Belle di toccarlo. Dopo essersi assicurato che la donna fosse dritta in piedi e fuori pericolo da possibili e ulteriori cadute, fece un passo indietro, lontano dalla mano che era ancora protesa verso la sua ferita.

“Lasciate che vi guarisca.”

“Non ho bisogno che nessuno mi guarisca. Non mi serve l'aiuto di nessuno.” rispose lui, scostante.

Belle aprì la bocca e la richiuse. Gonfiò le guance, arrabbiata.

“Non potreste semplicemente stare fermo e lasciare che, per una volta, io vi aiuti? A volte basta solo un tocco per guarire una ferita.”

“Mi hai già aiutato abbastanza, cadendo.”

Belle scosse la testa. “Non è stata tutta colpa mia!” urlò lei, mentre lui si passava una mano sulla ferita e la guariva con la magia. “Se non mi aveste chiamata, io non mi sarei girata!”

“E se tu non fossi scesa dalla carrozza, non sarebbe successo nulla di tutto questo, dearie.” la canzonò lui.

Belle strinse le dita nel pugno. “E se voi non mi aveste risposto così male, non avrei dovuto interrompervi così repentinamente e saltare già dalla carrozza!”

Il folletto inspirò forte e alzò le mani, in segno di resa. “D'accordo, dearie. Ora andiamocene, ne ho avuto abbastanza.”

Passò la mano anche sulla manica della camicia che ritornò come nuova. Oltrepassò la ragazza e, a un metro da lei, si girò e le porse la mano.

Belle lo guardò con aria interrogativa.

“Non voglio che tu cada di nuovo.”

“Siete preoccupato per me, ora?” chiese lei, con un dolce e timido sorriso.

Lui aggrottò la fronte e ritirò la mano. “Certo che no. Ero preoccupato per me. E ora andiamocene, sta per piovere.” disse, girandosi per andarsene.

Belle però lo prese per mano, fermandolo. Rumplestiltskin provò un'altra scossa al tocco della pelle vellutata della giovane sulla sua.

Si girò verso di lei con l'aria sorpresa, gli occhi spalancati, un po' confusi e le labbra schiuse.

“Vi prego, ancora un po'.” Gli occhi di Belle lo stavano supplicando dolcemente. “Non ho mai visto un posto più bello e straordinario di questo. Solo un altro po'.”

Inavvertitamente le dita di Belle strinsero la mano del folletto che, inebriato dalla sensazione che quel tocco gli stava scatenando, non seppe protestare e si fermò a fissare il sorriso felice e trionfante della splendida donna che aveva di fronte.




Storybrooke

“Andiamo...”

Belle cercò di capire cosa non andasse. Si era impegnata così tanto ad adattarsi a quel nuovo mondo ma, nonostante tutte le lezioni che Rumple le aveva dato -oscillando tra l'esasperazione, la paura e la pazienza-, non riusciva ancora a capire l'uso della frizione nella macchina del marito.

Lui le diceva che bastava soltanto fare un po' di pratica, ma lei si era convinta che con quella macchina bisognava sicuramente avere il tocco magico per farla filare liscia.

Quella mattina, visto che piovigginava e che lei aveva insistito per tenere aperta la biblioteca per mezza giornata, Gold le aveva prestato l'automobile, cosicché non prendesse freddo o scivolasse lungo il tragitto.

“Andiamo, perchè fai questo rumore?” tenendo stretto il volante, guardò in giù, verso i pedali, per vedere cosa stesse sbagliando.

Nel farlo, però, non si accorse che stava andando a sbattere contro una piccola insegna di ferro segnalata da alcuni cartelli che aveva, ovviamente, evitato di guardare.

Sentì solo uno strano rumore seguito da un sorta di piccola esplosione. Frenò di colpo e, per un attimo, rimase immobile, spaventata per quello che poteva aver causato all'auto.

Gold non ne sarebbe stato contento, per di più proprio in quel giorno. Altro che festeggiamenti tra petali di rose e cioccolatini.

Scese e vide che, a parte un piccolo segno (secondo la sua interpretazione ottimistica) sul lato sinistro del veicolo, non sembrava avesse fatto altri danni. In realtà pareva un graffio di media lunghezza sulla carrozzeria, ma Belle sperò che fosse la situazione del momento a farlo apparire così grave. Probabilmente non era niente di così grave, in fin dei conti.

Emise un sospiro di sollievo, quando notò che c'era un altro danno: una ruota era a terra.

Si prese la testa tra le mani e tornò dentro l'abitacolo, mentre piccole gocce di pioggia picchiettavano sui vetri.

Abbandonò la testa sul volante e, chiudendo gli occhi, si disse che quel giorno -che sarebbe dovuto iniziare all'insegna dell'amore- stava prendendo davvero una brutta piega.

Quando sentì il suono di alcuni clacson farsi sempre più pressanti, tornò ad abbandonarsi con la schiena contro il sedile e, dopo un bel respiro profondo, decise che, invece di abbattersi, non si sarebbe data per vinta.

Così, incurante della pioggia e dei clacson, tolse il freno a mano, uscì dall'auto e cominciò a spingerla per parcheggiarla al lato della strada.

Ci mise ben venti minuti a compiere quell'operazione e, quando finalmente vi riuscì, aveva tutti i vestiti inzuppati della pioggerella che, piano piano, stava aumentando.

Salì sul marciapiede con gli arti doloranti, pronta a osservare il danno che, con buone probabilità, avrebbe fatto arrabbiare suo marito.

Sospirò. Non poteva più farci niente, se non ripromettersi di farsi dare nuove lezioni di guida o, per lo meno, considerare di comprare un'altra auto più gestibile e possibilmente infrangibile.

Dopo un ultimo sguardo, si avviò verso la biblioteca da dove avrebbe chiamato il meccanico, sperando di poter risolvere tutto in breve tempo.






Note dell'Autrice
Non potevo non ringraziare una bellissima puntata come SkinDeep. Per farla breve, questa è una minilong, ogni capitolo è suddiviso in una prima parte nel mondo delle favole e in un uno a Storybrooke. Inoltre ogni capitolo sviluppa due prompt segnalati con il capitolo, ed ognuno di essi può anche essere letto indipendentemente (almeno ho cercato di renderlo possibile, rendendomi conto che leggere una fan fiction, anche se minilong, è un impegno).
In questo primo capitolo sono sviluppati i prompt tocco e ferita e, senza annoiarvi oltre -anche perché l'avrete già notato-, li ho trattati parallelamente nei due mondi, con dei riferimenti a "La Bella e la Bestia" disneyani. 
Detto questo, non mi dilungo oltre. Grazie per la pazienza e per aver letto. 

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Capitolo 2
*** Cap. 2 - Pioggia e confessioni ***


Origami

 

Cap. 2: Pioggia - Confessioni
 

Mondo delle favole

Belle aveva trascinato Rumplestiltskin presso ogni cespuglio di rose che la colpiva in quell'immenso giardino fiorito e colorato in cui si erano fermati durante il viaggio di ritorno.

“Guardate queste! E questa, e quella lì!” strillava lei tutta contenta, mentre stringeva ancora il polso del folletto. Quest'ultimo, sorpreso e assuefatto dal calore di quel contatto con la giovane, non fece niente per protestare e, per almeno cinque minuti, camminò in uno stato di trance, senza nemmeno riuscire a prestare attenzione a tutte le osservazioni della donna.

Belle, dal canto suo, era entusiasta come una bambina; gli occhi azzurri le brillavano dalla gioia e il sorriso era intervallato solo dalla curvatura a O che le sue labbra assumevano per la sorpresa della bellezza dei fiori.

A un certo punto la ragazza lasciò la presa e fece qualche passo in avanti.

Rumplestiltskin rimase fermo sul posto, scioccato dall'interruzione repentina di quel tocco. Si sentiva confuso, talmente confuso che faceva fatica a percepire la terra sotto i propri piedi.

“Rumplestiltskin?” lo chiamò Belle. Il folletto si riscosse, sbattendo un paio di volte le palpebre.

La ragazza lo stava fissando, mezza voltata verso di lui.

“Non venite?” chiese lei, sorridendo timidamente.

“Che cosa?”

“Vi ho chiesto se volevate venire qui. C'è una rosa bellissima.”

Rumplestiltskin si avvicinò alla giovane e si fermò alle sue spalle. Sbirciò oltre la spalla di Belle e vide che si trovava di fronte a un cespuglio pieno di rose rosse dal quale ne ergeva una quasi alla loro altezza. Era rossa come il sangue e i petali sembravano fatti di raso, tanto invitanti che il solo guardarla senza poterla toccare sembrava una tortura. Una sensazione molto simile a quando, a volte -come ora- si ritrovava a osservare le labbra rosse di Belle incurvarsi in un sorriso.

“E' straordinario.” sussurrò lei. “Non trovate?”

Belle si girò verso di lui e così si ritrovarono a pochi centimetri dai rispettivi volti.

“E' solo un fiore.” ribattè lui, cercando di stemperare quella strana sensazione che gli stava risalendo le vene.

Belle strinse le labbra, alzò un sopracciglio e scosse la testa, allo stesso tempo divertita ed esasperata, come se volesse rimproverarlo.

“Non è solo un fiore. È molto di più. Guardatelo meglio.”

Lui aggrottò la fronte, senza capire cosa lei volesse dire.

“Questo è molto più di un semplice fiore. E' la prova che una cosa così bella, come questa rosa, nasca dal terreno, dal basso e sia ricoperta di spine. Così tante spine che potrebbero ferire solo sfiorandola; eppure queste si diramano e lasciano spazio a un bocciolo bellissimo e delicato.”

“Che cosa vuoi dire, dearie?”

Belle ora si girò completamente verso di lui e i due si ritrovarono l'uno di fronte all'altra, coi corpi a pochi centimetri. Gli occhi di Belle erano fissi su quelli di Rumplestiltskin e in essi si leggeva una speranza così profonda da mozzare il fiato.

“Il guscio non è lo specchio di ciò che siamo dentro. A volte le cose più... brutte, all'interno sono le più belle e sorprendenti.”

Rumplestiltskin trattenne il respiro, continuando a tenere gli occhi fissi sulla ragazza. Che stesse parlando di lui? Che gli stesse dicendo che, per lei, lui non era un mostro?

Senza nemmeno rendersene conto i loro volti si stavano avvicinando inesorabilmente, millimetro dopo millimetro.

Prima di arrivare a un punto critico di non ritorno, però, furono interrotti da un'improvviso acquazzone che li colse di sorpresa.

Rumplestiltskin fu il più rapido a muoversi e, prendendola per un braccio, trascinò la domestica sotto la casetta di legno, ormai quasi interamente ricoperta dai rampicanti delle rose.

Rimasero sotto il cornicione del tetto senza parlare, osservando la pioggia che scendeva imperterrita e che riempiva il silenzio.

“Sembra che non smetterà tanto presto.” fece a un certo punto Belle, senza girarsi verso di lui, per paura che fosse arrabbiato con lei. In fin dei conti era stata lei a insistere per rimanere e, se non si fosse impuntata, ora sarebbero stati al sicuro dentro la carrozza, diretti verso il castello.

Non sentendo alcuna risposta, dopo un po' si decise a girarsi e notò che Rumplestiltskin aveva lo sguardo perso, quasi malinconico.

Non sembrava nemmeno averla sentita, visto che era completamente assorbito dall'incessante flusso di acqua che scendeva dal cielo.

Belle rimase a osservarlo, con le labbra schiuse per la sorpresa. Si aspettava qualche battuta, qualche rimprovero, e invece era lì, fermo e quasi triste.

Si avvicinò e gli chiese timidamente: “Rumplestiltskin... State bene? Mi dispiace, non pensavo che la pioggia sarebbe sopraggiunta così presto e...”

“Lui adorava la pioggia.” la interruppe. “Non gli permettevo di uscire, ma quando finiva saltellava nelle pozzanghere ed era così felice...”

Belle rimase stupefatta. Non si era mai aperto così con lei, forse soltanto una volta, quando gli aveva chiesto il perchè filasse di continuo.

Era curiosa di sapere di chi stava parlando, ma decise che non gliel'avrebbe chiesto per non rischiare di rovinare quel momento. Conoscendolo, sapeva che non le avrebbe mai risposto, ma avrebbe virato su una battuta.

Così sorrise e, inaspettatamente, uscì dal loro piccolo riparo per mettersi a saltellare sotto la pioggia.

“Belle!” si riscosse Rumplestiltskin. “Che stai facendo?” strillò.

“Salto nelle pozzanghere!” rispose lei, piombando su una piccola pozzanghera.

“Ti prenderai un raffreddore! Torna subito qui.” ordinò lui, con gli occhi sbarrati.

Lei però non lo stette a sentire e continuò a saltellare nelle pozzanghere che trovava. Le sembrava quasi di giocare a campana, come quand'era piccola e si annoiava.

Sapeva benissimo perché lo stava facendo e, di sicuro, non avrebbe smesso prima di convincerlo a raggiungerla e imitarla. Voleva togliergli quell'espressione triste dalla faccia e, a costo di farlo arrabbiare, si sarebbe impuntata anche questa volta.

“Venite, è fantastico!” esultò lei, allontanandosi sempre di più dal riparo.

Quando fu a molti metri di distanza, si chiese se ciò che stava facendo fosse inutile. Di fianco a lei non c'era traccia del folletto.

Si fermò, lasciando che la pioggia l'avvolgesse. Quando ormai si era fermata, qualcosa la schizzò. Si girò e vide Rumplestiltskin che era appena atterrato in una pozzanghera accanto a lei. Aveva tutti i capelli bagnali e la pelle verdastra riluceva grazie alle gocce di pioggia che la solcavano.

I suoi occhi si spalancarono brillando, e non potè fare a meno di sorridere. Forse ce l'aveva fatta.

“Vi ho convinto?” chiese lei.

Lui sorrise beffardo. “Certo che no, dearie. Sono solo preoccupato che la mia domestica si ammali.”

“Andiamo, non siete venuto per questo.” disse lei, incalzandolo.

Lui strinse le labbra e scosse una mano.

“Mi hai detto che basta un tocco per guarire una ferita, ma ora non ti serve niente del genere.” Poi, sul corpo della ragazza comparse un mantello asciutto e caldo. “Hai bisogno di un mantello che ti scaldi. Non ho bisogno di cameriere ammalate e inutili.”

Belle, che cominciava a sentire i primi brividi, si strinse nel mantello e lo ringraziò. Lui si avvicinò e, toccandole un braccio, li fece avvolgere da una nube che li trasportò dentro la carrozza.

Alzò una mano e fece partire i cavalli. Belle starnutì, mentre i brividi si facevano sempre più numerosi.

“E' meglio se ci affrettiamo.” disse Rumplestitlskin.

Belle non poté fare altro che girarsi per dare un ultimo sguardo a quello splendido giardino di rose che era riuscito a svelare un nuovo lato del Signore Oscuro, un lato meno spinoso e molto più dolce, proprio come il bocciolo della rosa che si era fermata a osservare con il suo corpo a pochi centimetri da quello di lui.

 

 

Storybrooke

“Capisco, oggi è sabato ma... Non si potrebbe fare un po' prima?”

Era quasi mezzogiorno e, dopo aver cercato di distrarsi inutilmente riordinando alcuni libri, aveva richiamato il meccanico per sapere quanto ci sarebbe voluto per mettere a posto il danno che aveva causato alla macchina del marito mentre si recava al lavoro.

Era andata a sbattere e, non solo aveva bucato, ma aveva anche graffiato la carrozzeria dalla parte destra. Sapeva quanto il suo Rumple tenesse a quell'auto e aveva sperato di risolvere il tutto in poco tempo. Ma, ancora una volta, si era rivelata completamente ignara di alcune faccende della moderna tecnologia. A quanto pare era quasi più veloce aggiustare la ruota di una carrozza.

“Va bene, allora per giovedì prossimo.” sospirò, chiudendo la chiamata.

Sconsolata prese la giacca ancora umida, la borsa e l'ombrello di emergenza che teneva in biblioteca. Dopo essere uscita e averla chiusa, si incamminò per strada. La pioggia ora batteva forte e, per di più, si era alzato un gran vento. Avrebbe voluto fermarsi da Granny per un tè caldo ma preferì tornare a casa, sapendo che il marito la stava aspettando e che, in fin dei conti, non aveva voglia di vedere altre coppiette festeggiare un giorno così romantico che per lei invece era stato, fin'ora, disastroso.

Cercò di coprirsi come meglio poteva, ma il vento le sferzava i vestiti ancora umidi per la pioggia presa mentre spingeva sul lato della strada la macchina.

Starnutì e, proprio in quel momento, una folata di vento la investì e le fece piegare l'ombrello, che si ruppe.

“No!” esclamò lei, tentando invano di rimetterlo a posto.

Così, con l'ombrello fuori uso e la pioggia sempre più battente, si diresse verso casa.

Quando aprì la porta di casa, si tolse i tacchi in malo modo e appoggiò le chiavi e la borsa su un tavolino.

“Belle!” esclamò il marito. Appena la vide però l'espressione felice mutò.

“Belle, ma cosa ti è successo?”

La raggiunse in un attimo e le tolse la giacca. “Ma tu sei fradicia! Vieni.” Le mise la propria giacca sulle spalle e la fece sedere sul divano. Poi, accedendo con un cenno di mano il camino, corse via per ritornare poco dopo con degli asciugamani e una coperta pesante.

“Ecco, vado a prepararti il tè.” disse, mettendole attorno le spalle un asciugamano. “Togliti i vestiti, te ne porto di nuovi.”

“Rumple...” tentò di chiamarlo lei, senza gran successo.

Visto che il marito era sparito, si tolse i vestiti e si avvolse nella coperta. Quando lui le porse quelli asciutti, scomparve di nuovo per andare a preparare il tè in cucina.

“Brutta giornata, tesoro?”

“Sì, mi si è rotto l'ombrello.”

“Potevi chiamarmi, ti sarei venuto a prendere.” disse lui, portandole del tè.

Prese i vestiti bagnati, pronto per portarli via, quando Belle lo prese per mano.

“Aspetta, devo dirti una cosa.”

Lui la guardò, preoccupato.

“Devi scaldarti prima o...” ma la donna aveva già cominciato a starnutire.

Le porse un fazzoletto e le si sedette a fianco, coprendola di più con la coperta.

“Rumple, ho combinato un guaio. Un grosso guaio.”

Gold la guardò perplesso.

Belle sospirò e, dopo aver tossito due volte, prese il coraggio a due mani e disse tutto d'un fiato: “Ho rotto la tua auto.”

Alzò la testa per vedere la reazione del marito e ,quando vide che stava per aprire bocca, ricominciò a parlare. “Non l'ho fatto apposta. Mi sono distratta un attimo e sono andata a sbattere. Poi si è bucata anche una ruota. Comunque il meccanico ha detto che ci metterà una settimana e la carrozzeria dovrebbe tornare come prima.”

Gold tentò di nuovo di aprire bocca, ma lei continuò a parlare raccontandogli tutto l'accaduto in maniera frenetica.

“Lo so cosa stai per dire, proprio oggi dovevo rompere l'auto. Avrei dovuto regalarti una torta e non farti una sorpresa del genere, ma non l'ho fatto apposta. Mi occuperò io delle spese e ti prometto che mi farò dare altre lezioni, o che non la userò più. Oh Rumple, sono così mortificata. Farei qualunque cosa per...”

“Belle.” disse lui, prendendole le mani in grembo. “Belle, fermati un attimo. Non m'importa niente della macchina, è solo un'auto. Mi importa solo che tu stia bene e che non ti sia fatta male.”

Belle alzò la testa e lo guardò. Era seriamente preoccupato per lei e non c'era la minima traccia di rabbia sul suo volto.

“Sì... Io non mi sono fatta niente.” disse prima di starnutire ancora.

“Proprio niente non direi.” l'attirò verso di sé e la strinse contro il petto. “Ma perché non mi hai chiamato? Non ti saresti presa tutta quella pioggia, e ora non saresti così raffreddata.”

“Avevo paura che tu ti saresti arrabbiato...” disse Belle, strofinando una guancia contro il gilet del marito.

Gold scoppiò a ridere. “Amore mio, non mi sono arrabbiato tutte le volte in cui sei caduta travolgendomi o hai fatto bagnare anche a me, come potrei arrabbiarmi ora?”

Belle sorrise, stringendosi ancora di più all'uomo. Forse la giornata non era poi così brutta e lei non era riuscita a rovinare del tutto quel giorno di festa.

“E poi te l'ho detto, è solo una macchina. E a me importa unicamente di te.”

Belle starnutì ancora e Gold le sistemò addosso la coperta.

“Ora perché non ti riposi un po'? Penserò io a svegliarti.”

Belle, con le palpebre sempre più pesanti, mugugnò: “Ma la nostra serata romantica? Non vorrei aver rovinato tutto...”

Gold sorrise, accarezzando i capelli della moglie che intanto si era adagiata sulle sue ginocchia, completamente rannicchiata contro di lui sul divano.

“Non hai rovinato niente. Ho mia moglie stretta a me e mi ritengo molto fortunato. E poi è appena l'una, abbiamo tutto il tempo. Pensa solo a riposarti ora.”

Continuò ad accarezzarle i capelli e, prima che lei sprofondasse nel mondo dei sogni, le sussurrò: “Sembra che tu abbia proprio un debole per la pioggia. Ed è uno dei tanti motivi per cui ti amo, Belle.”





Note dell'Autrice
Eccoci al secondo capitolo. Per chi ha letto il primo, spero che apprezzere anche questo e per chi si accinge a leggere solo questo dovrebbe tranquillamente riuscirci, se sono stata brava nell'architettura un po' insolita di questa minilong. I prompt sviluppati sono pioggia e confessioni, trattati sia nel mondo delle favole che a Storybrooke.
Il prossimo capitolo dovrebbe essere l'ultimo ma, essendo molto lungo, è stato diviso in due. Quindi troverete la parte del mondo delle favole domani, mentre la parte di Storybrooke domenica. 
Anche in questo capitolo ci sono riferimenti alla puntata 1x12 e a "La Bella e la Bestia" disneyana (nel battibecco tra i due in cui si cerca di dar la colpa all'altro, proprio come quando la Bestia si ferisce e Belle tenta di curarlo).
Un grazie a ButterflySeven e Nimel17 per aver commentato il capitolo precedente, e a B e l l e, BeaSnape, ButterflySeven e Linsday Blackrose per aver aggiunta questa rumbelle alle seguite. Un grazie a tutti i lettori silenziosi.

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Capitolo 3
*** Cap. 3A: Primo appuntamento e Rose ***


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Cap. 3A: Primo appuntamento - Rose

Belle continuava a starnutire, anche se era accoccolata su un divanetto con una tazza fumante di tè.

Dopo la scampagnata nel giardino di rose infinite, e la sua performance saltellante sotto la pioggia, aveva cominciato a sentire il freddo penetrarle nelle ossa, tanto che, in carrozza, Rumplestiltskin dovette far apparire un altro mantello e lasciare che la giovane le si sedesse accanto, per avere un po' più di calore.

Quella vicinanza, quel tocco, l'aveva sconvolto e confuso ma, visto che non era la prima volta in quella giornata che aveva la ragazza così vicina a sé, la strana sensazione si era presto trasformata in un sottile piacere. Cosa che, ovviamente, non avrebbe ammesso nemmeno con se stesso, attribuendo infatti quella piccola scossa piacevole al fatto di aver stretto un altro patto succoso.

Quand'erano tornati al castello, Belle aveva tentato di fare qualche faccenda, ma era molto lenta e tremava sempre di più.

Quando poi si era messa a preparare la cena, non faceva altro che tossire e starnutire, cosicché fu Rumplestiltskin stesso a obbligarla a mettersi comoda sul divanetto dove soleva leggere.

L'aveva coperta con una coperta pesante e l'aveva circondata di tante candele, in modo tale che il calore le arrivasse da varie direzioni, avvolgendola.

Belle, di rimando, era rimasta a osservarlo mentre le portava del tè -borbottando- e mentre scompariva di nuovo nelle cucine.

Non si accorse nemmeno di essersi assopita quando un odore delizioso le riempì le narici, facendole aprire gli occhi.

“Voi... voi avete cucinato,” disse lei, osservando un vassoio posato sul lungo tavolo di legno.

“Pensavi che morissi di fame prima del tuo arrivo?”

Le porse una ciotola di brodo fumante. Belle lasciò che la coperta le scorresse un po' sulle spalle, così da permetterle di maneggiare stoviglie e cucchiaio.

Prese una prima cucchiaiata e notò che il sapore della pietanza era sorprendentemente migliore del suo profumo.

“E' molto buona. Grazie.” disse lei, sorridendo al folletto.

Lui per un attimo sorrise, poi, per non perdere la sua aria burbera, si girò e si diresse all'arcolaio.

“Ma come, voi non l'assaggiate nemmeno?”

Rumplestiltskin cominciò a far girare la ruota e a filare. “Non ha particolarmente fame. Dopo tutti i tuoi starnuti...”

Belle protese le labbra in avanti, gonfiando un po' le guance da finta offesa.

“Non l'ho fatto apposta.”

“E' vero, non l'hai fatto apposta. Ma ti sei ammalata apposta! Te l'avevo detto, dearie, che non mi serviva una cameriera malata.” disse lui, senza smettere di filare.

“Mi dispiace, volevo solo tirarvi su di morale. E poi quel giardino era bellissimo...”

“Be' allora spero che lo spettacolo sia valso la pena del raffreddore che ti sei presa.” disse lui, accigliato.

Belle sorrise, soffiando un po' sul brodo. “Rumplestiltskin, siete forse preoccupato per me?”

Lui alzò la testa, colto in fallo. “No, certo che no.” si affrettò a dire.

Belle sorrise ancora di più. “In ogni caso siete stato molto gentile.”

Il folletto questa volta la guardò con un sorriso molto strano sulle labbra. “Oh, dearie, non pensare che tutto questo sia gratuito. Dovrai lavorare il doppio quando ti rimetterai.” disse, ridacchiando soddisfatto.

Belle alzò gli occhi al cielo. “Avevate intenzioni di farmi lavorare persino la sera di Valentino?”

“E' forse un'altra festività che tenti di propinarmi per non fare le faccende, dearie?”

“Lo sapete bene di cosa sto parlando! Ve ne ho accennato proprio l'altro giorno. Di solito gli innamorati si scambiano i doni e...”

Lui si alzò in piedi e, con una risata isterica, la interruppe. “Qui però non ci sono innamorati. Quindi sì, non ti avrei sollevata da nessun compito.”

Belle sbuffò, questa volta esasperata. “Siete il solito. Fate un così bel gesto e poi rovinate tutto.”

Rumplestiltskin tornò a sedersi e, con un sorrisetto, disse: “Che cosa ti aspettavi da una bestia, dearie?”

Belle voleva tanto controbattere, ma si sentiva sempre più stanca e sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Così, finì il brodo che il folletto le aveva preparato e poi si riavvolse di nuovo nella coperta. Rimase a osservare le fiammelle danzanti delle candele mentre, di tanto in tanto, guardava il proprio padrone filare tutto concentrato.

Ben presto si assopì di nuovo, tornando mentalmente in quel meraviglioso giardino ricolmo di rose.

Lì però c'era qualcosa di diverso. Rumplestiltskin era di fronte a lei ma continuava a fuggire dietro a una piccola figura lontana che saltellava sulle pozzanghere. Lei lo inseguiva ma non riusciva mai a raggiungerlo, ostacolata da una sempre più fitta pioggia battente.

Intanto fuori dal mondo dei sogni, Rumplestiltskin aveva notato che il sonno della ragazza era diventato agitato e che aveva le guance sempre più rosse. Smise di filare e le si avvicinò. Doveva avere la febbre. Per accertarsene avrebbe dovuto toccarla, ma una parte di sé aveva paura di farlo. Aveva paura di riprovare le stesse sensazioni che l'avevano tanto confuso in quel lungo pomeriggio passato assieme.

Prima di rendersene conto vide il proprio indice sulla guancia della fanciulla. Scottava. Anche le altre dita aderirono sulla morbida e calda pelle della giovane, constatando che effettivamente doveva aver la febbre. Gli si velò lo sguardo di una genuina preoccupazione, ma non fece in tempo ad accorgersene perché, proprio in quel momento, Belle aprì gli occhi.

“Rumpl...” mormorò, vedendolo di fronte a sé.

Lui sbarrò gli occhi e fece due passi indietro, come se il contatto l'avesse scottato.

“Io... io... Aspetta qui.” disse e scomparve alla vista della giovane.

Torno con una tazza ripiena di uno strano e puzzolente liquido grigio-verdastro.

“Bevi, ti farà star meglio.”

Belle prese la tazza tra le mani e lui fu costretto ad aiutarla a reggerla, perché continuava a tremare.

L'avvicinò al volto e storse subito il naso, sentendo che non aveva un buon odore.

“Ma sembra disgustosa.”

“Ogni cosa ha un prezzo, Belle. E se vuoi stare meglio, devi pagare questa piccola tassa.”

Belle lo guardò negli occhi e, facendosi coraggio, ingollò tutto l'intruglio.

“Oddio...” mormorò con la voce roca, dopo aver ingerito anche l'ultima disgustosa goccia.

“Molto bene.” disse lui, sorridendo. Quel sorriso così spontaneo ebbe il potere di ipnotizzare e sorprendere Belle, quel tanto che bastava da farle dimenticare il saporaccio di quella strana bevanda.

Quando però Rumplestiltskin si allontanò, il sapore di ciò che aveva appena bevuto tornò a farsi prepotente. Aveva quasi i conati.

“Non so se riuscirò a sopportarla.” mormorò Belle, nauseata.

Il folletto, che era tornato a sedersi al suo arcolaio, la schernì. “Quanti capricci, dearie. Si vede proprio che sei una principessa.”

Belle lo fissò irata. “Be' mi dareste ragione se l'aveste assaggiata anche voi! Era tremenda!”

“Peggio del tortino bruciato che mi hai rifilato l'altro giorno?”

Belle aprì la bocca, offesa, e urlò: “Ho solo sbagliato le dosi del sale! Se non vi sta bene, potreste...”

“D'accordo, d'accordo.” disse lui, esasperato. Poi agitò le mani e una nube si materializzò di fronte a Belle, che si ritrovò in mano un libro dalla copertina turchese e di pelle.

“E questo che cos'è? Un regalo per il giorno di Valentino?” disse lei con gli occhi che già le brillavano per la misteriosa storia che non vedeva l'ora di leggere.

“Ma certo che no!” strillò lui. “Così ti distrarrai un po' e la smetterai di lamentarti. Non posso filare se non c'è tranquillità.”

Belle alzò gli occhi al cielo, ma non ribattè. Aprì il libro e si immerse nella lettura.

C'era una volta, in un regno molto lontano, un principe molto cattivo e avido. I suoi cittadini morivano di fame e lui non faceva niente per migliorare la situazione, anzi, puniva chiunque osasse lamentarsi persino a bassa voce e addirittura se si trattava di un bambino. Un bel giorno al portone del suo castello bussò un vecchio incappucciato. Aveva la pelle talmente rugosa che ricordava un terreno pieno di solchi. Il principe fu disgustato da quella vista e, non appena il vecchio gli chiese un bicchiere di acqua e un pezzo di pane per sfamarsi dopo quel lungo viaggio, lui lo apostrofò in malo modo e lo caccio spingendolo via e dandogli un calcio. Il vecchio si rialzò a fatica e, senza batter ciglio gli porse una rosa rossa. Il principe gli schiaffeggiò la mano e buttò il fiore a terra. Poi calpestò il bocciolo rosso e rise sonoramente. Il vecchio gli disse che quel gesto gli si sarebbe ritorto contro e che, fin quando il suo animo non si sarebbe trasformato da rovo di spine a un cespuglio di rose, nessuno l'avrebbe potuto salvare. Poi si girò e se ne andò. Il giovane principe impaurito dalle parole dello straniera prese la rosa da terra per lanciargliela addosso. Tuttavia, quando la prese, le spine lo ferirono e, non appena una goccia di sangue toccò il suolo, sentì la pelle prudergli e bruciargli.

Provava un tale dolore che nemmeno il soffio gelido del vento alleviava quel caldo che lo stava divorando. Tornò dentro, sbattendo il portone, furioso. Quando passò di fianco a uno specchio non prese paura. Di fronte a sé c'era un essere con la pelle solcata da ferite rosse, segni neri e sembrava che si fosse ustionato.

Il principe, spaventato, corse fuori per richiamare il vecchio ma non lo trovò. Prese addirittura il cavallo e andò a cercarlo nei dintorni, sicuro che non si potesse essere allontanato molto vista l'età e il vento e la pioggia che imperversavano. Eppure del vecchio non c'era traccia.

Quando tornò nel suo castello era già mattina e alcuni domestici, non appena lo videro, cominciarono a urlare o a fare cadere le cose che aveva tra le mani.

Una giovane cameriera, assunta da poco, non si accorse che il padrone le stava venendo incontro e così i due si scontrarono. Dalle mani le cadde un grande vaso di terracotta finemente decorato, che finì a terra, rompendosi in mille pezzi.

Il principe, dopo un attimo di confusione, si chinò a terra, per aiutarla a raccogliere i cocci. Stranamente e, inaspettatamente, la giovane non si ritrasse ma lo guardò curiosa, senza più paura negli occhi.

Il principe rimase a bocca aperta ma, appena vide a terra, assieme ai cocci del vaso, delle rose, urlò di dolore e corse via.

I mesi a seguire furono per lui un vero tormento. Non solo la pelle gli bruciala, ma la gola gli ardeva come se avesse un'insaziabile sete e, nonostante tutte le più appetitose pietanze che i cuochi gli preparavano non riusciva a far tacere la propria fame.

Ogni notte si ritrovava a urlare di dolore e a graffiarsi, come a volersi togliere la pelle di dosso.

Una notte però non aveva più lacrime in corpo e la gola gli doleva talmente tanto che persino sussurrare gli risultata difficile. Così uscì fuori dalla propria camera, pronto a inoltrarsi in quella gelida notte di febbraio, speranzoso di trovare un po' di sollievo nella neve che da qualche giorno aveva dipinto di bianco il paesaggio.

Stava per oltrepassare il salone quando vide una luce fare capolino dalla porta semichiusa. La spinse un po' e vide il camino acceso e un'ombra che si stagliava oltre la poltrona. Si avvicinò piano e sorprese una giovane -la stessa giovane bibliotecaria che era stata l'unica a guardarlo con curiosità- intenta a leggere un libro.

Cercò di dire qualcosa ma dalla gola gli uscì solo un rantolo. La ragazza sobbalzò e si spaventò, ma quando vide che si trattava del principe sorrise, sollevata. Lui aprì la bocca, ottenendo solo una smorfia. La giovane però sembrò capirlo e chiuse il libro, mostrandogli la copertina.

Si alzò e fece per congedarsi quando il principe la fermò e la invitò a sedersi di nuovo. Non potendo conversare di nulla, la ragazza ebbe un'idea e cominciò a leggere il libro.

Lo fece anche le sere seguenti e così per molte altre notti. Piano piano fu il principe a proporre libri e, anche se non potevano discutere, gli occhi e le parole delle storie lo facevano per loro.

Intanto il villaggio continuava a soffrire la fame, anche se il principe non si faceva più vedere di giorno. Il suo regno però si era inasprito a tal punto che, per orrore della rosa che l'aveva ridotto come un mostro inguardabile, aveva estirpato ogni fiore del genere e aveva vietato a chiunque, pena la morte, di piantarne di nuove.

Una povera vecchina che abitava in una sgangherata casetta di legno si era vista espropriare dell'unica cosa che riusciva a darle gioia: il profumo delle rose. Essendo cieca da ormai molti anni, non poteva più bearsi della visione di quegli splendidi fiori. Il loro profumo tuttavia riusciva a riportarle in mente tutti i ricordi felici.

Così ora non solo viveva di stenti a causa delle neve che le aveva sepolto il piccolo orticello che coltivava per sopravvivere, ma non poteva nemmeno tirarsi su con il profumo delle rose.

Ben presto però la maledizione che aveva colpito il giovane si spezzò. La giovane cameriera e il principe si erano avvicinati molto in quelle serate passate a leggere, tanto che, una notte, il principe si ritrovò a pochi centimetri da lei e bastò una sguardo a far convergere le loro labbra le une sulle altre.

Di colpo il principe sentì come le pelle si muovesse, tirandosi fino all'inverosimile. Sentiva un gran fuoco avvolgerlo, cosicchè, in preda al dolore, corse fuori nella neve, pronto a esalare il suo ultimo respiro.

La cameriera lo inseguì e, quando lo vide, lo trovò riverso per terra, incosciente. Lo spostò a pancia in su e notò che sotto di lui c'era una rosa un po' appassita, come se fosse stata calpestata ma il gelo comunque l'avesse conservata.

Cercò di scuotere il principe ma lui non si muoveva. Così si accasciò sul suo petto, e cominciò a pregare e singhiozzare. Mentre il sole portava via le tenebre della notte, una lacrima scivolò sul petto dell'uomo, e, piano piano, la giovane percepì una strana onda avvolggerli.

Prima che potesse accorgersene il principe si era svegliato e la sua pelle era tornata normale, come prima delle loro lunghe serate passate a leggere, quando lei era soltanto l'ultima -e maldestra- arrivata.

Per un attimo fu pervasa dalla paura che lui potesse respingerla, ora che era tornato il principe di sempre. Forse, addirittura, non solo aveva riacquistato il proprio aspetto, ma anche la crudeltà che non aveva mai notato nelle loro serate segrete.

Il principe si alzò e si mise a sedere. Era molto confuso e si guardò in giro, non capendo cosa fosse successo. Vide la giovane di fronte a sé e tutto gli fu più chiaro. Aveva sconfitto la maledizione ed era stato solo meriti del vero amore che l'aveva liberato dalle tenebre e dalla malvagità che l'avevano reso schiavo tanto tempo prima.

Prima che i dubbi sommergessero la giovane, lui la strinse a sé e la baciò. Quando si staccarono, dopo essersi confidati di essere innamorati, si abbracciarono e fu allora che lui notò la rosa. Sorrise e, senza staccarsi dall'amata, la prese in mano. Questa volta però nessuna spina lo punse.

Da quel momento le cose cambiarono. Il regno tornò a prosperare e tutti erano impazienti di prendere parte alle nozze del principe e della giovane cameriera. Tutti i sudditi fecero loro visita, lieti di vedere un nuovo principe come sovrano.

Solo una donna non si recò a corte. La vecchina cieca infatti non aveva ricevuto alcuna notizia che la maledizione si era spezzata e così era rimasta rintanata nella casupola di legno.

Quando il principe lo venne a sapere, s'informò di più e si ricordò che lui stesso aveva ordinato che il giardino della donna fosse raso al suolo, nonostante le suppliche e le lacrime di quest'ultima. Si sentì così in colpa che quel dolore che l'aveva attanagliato durante la maledizione tornò a tormentarlo. La futura principessa però lo prese per mano e quel solo tocco bastò a rassicurarlo e fargli capire cos'avrebbe dovuto fare.

Così, durante la notte, andò dalla vecchina con una squadra di giardinieri e, senza farsi scoprire, trasformarono i dintorni in un giardino popolato da migliaia di rose.

Quando il sole salì in cielo, l'anziana si svegliò come suo solito e si preparò ad affrontare un'altra triste giornata di stenti. Quando mise piede nella piccola cucina però un odore inconfondibile la investì. Uscì di corsa e fu stupefatta di riconoscere l'odore di mille rose invadere il suo giardino.

Il giovane principe le strinse le mani e si scusò innumerevoli volte, arrivando persino a inginocchiarsi e a bagnarla con le proprie lacrime.

La vecchina sorrise e lo ringraziò, perdonandolo e augurando ogni bene a lui e alla sua sposa, un bene immenso tanto quanto quel giardino di rose che era tornato a rallegrarle la vita. Da quel giorno la vita di ogni suddito del reame migliore e la felicità non abbanndonò mai quel luogo, nemmeno dopo anni e anni. Come simbolo di ciò e monito per chiunque passasse di lì, rimasero le rose che resistevano agli inverni più gelidi e aveva la forza di rifiorire più splendide, forti e profumate di prima, proprio come aveva fatto l'amore della giovane cameriera con la vita del principe.

Belle finì di leggere la storia e solo allora si accorse che stava trattenendo il fiato. Non ci poteva credere, quel giardino era talmente familiare che un'idea le balenò in testa.

“Rumplestiltskin, ma il giardino di cui parla questa favola è...?”

Il folletto alzò gli occhi sulla domestica e sorrise, dolcemente e gentilmente, in un modo talmente spontaneo che non fu necessaria nessuna risposta.

Belle fu talmente sorpresa e felice, che strinse al petto il volume turchese e, sorridendo a Rumplestiltskin, arrossì, pensando che nessuno le aveva fatto un regalo migliore in tutta la sua vita.

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Note dell'Autrice
Come già detto ieri, questa è la prima parte dell'ultimo che capitolo che, essendo troppo lungo, ho dovuto dividere a metà. Per cui spero vi siate goduti questa parte nel Castello Oscuro. Per quanto riguarda i prompt volevo precisare che 'primo appuntamento' può sembrare che non c'entri nulla. In realtà è molto sottile; primo appuntamento si riferisce al fatto che la serata di San Valentino, grazie al raffreddore di Belle, si è trasformato in una sorta di primo appuntamento implicito (alla fine il libro era un vero e proprio regalo, solo che Rumplestiltskin non lo ammeterebbe mai). Tuttavia, questo prompt si riferisce molto di più alla favola, dove il primo appuntamento è il primo incontro di lettura notturna tra il principe sfigurato dall'incantesimo e la giovane cameriera, che sfrutta il tempo libero dalle faccende immergendosi in un buon libro.
Le rose sono un elemento che avevo inserito già nel capitolo scorso, ma torneranno anche a Storybrooke, in maniera molto più calzante.
Vorrei ringraziare B e l l e per aver recensito il capitolo precedente, tutti coloro che seguono questa minilong e i lettori silenziosi. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, e che la favola non sia una 'schifezza'.
Buona San Valentino a voi e, ovviamente, ai Rumbelle!



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Capitolo 4
*** Cap. 3B: Primo appuntamento e Rose ***


Origami



Cap. 3B: Primo appuntamento - Rose
 

Storybrooke

Non sapeva perché, ma stava correndo. Prima camminava semplicemente, poi aveva allungato il passo, ma neanche allora era riuscita a stare dietro a Rumplestiltskin.

Aveva la sensazione che il luogo prima le piacesse, tuttavia la pioggia era talmente fitta che non riusciva a distinguere che puntini e macchie di colore sparse qua e là. Erano fiori? Di sicuro c'era tanto fango, talmente tanto che più correva e più le sembrava di sprofondare.

Man mano che avanzava, la distanza tra lei e il folletto si faceva sempre più grande, finché le grosse pozzanghere di fango le arrivarono fino alle caviglie e poi sempre più su, come sabbie mobili.

“Belle.” la chiamò una voce. “Belle, tesoro, svegliati.”

La donna spalancò gli occhi di colpo e, con sua grande sorpresa -e con immenso sollievo-, vide il volto preoccupato di suo marito.

“Rumple...” mormorò lei.

“Ti è salita la febbre.” le disse, togliendole un fazzoletto bagnato dalla fronte.

Belle si tirò su a sedere e guardò l'orologio a muro. Erano le sette e un quarto di sera. Aveva dormito tutto il pomeriggio, proprio quel pomeriggio.

Aprì la bocca, mortificata. “Ho passato tutto il pomeriggio qui?” chiese.

Gold annuì. “Volevo portarti di sopra, ma non volevo svegliarti.”
“Oh Rumple, scusami, avremmo dovuto passare questo giorno assieme e invece...”

Gold la zittì e le poggiò una mano sulla coscia per non farla alzare. “Davvero, non è importante. Ti ho preparato una minestra speciale.”

Si alzò e, in meno di tre minuti, apparecchiò il piccolo tavolino del salotto di fronte al divano dove Belle era accoccolata.

Le porse un piatto e un cucchiaio. “Non sarà il massimo del romanticismo, ma ti farà bene.” disse lui, sorridendo e servendosi delle minestra.

Belle abbassò gli occhi, dispiaciuta. “Ho rovinato tutto. È il primo San Valentino che potevamo festeggiare da soli da quando ci siamo sposati, e invece ho fatto un guaio dietro l'altro. Ti ho rotto l'auto, mi sono ammalata e non ti ho nemmeno preparato gli hamburger speciali a forma di cuore che ti avevo promesso...”

Gold, che fino a quel momento l'aveva fissata dolcemente, scoppiò a ridere.

Scosse la testa, divertito, e le disse: “Belle, amore mio, non hai affatto rovinato tutto. Sono insieme a mia moglie e stiamo cenando senza che nessuno ci interrompa... A parte qualche tuo starnuto.” disse, dopo che Belle si era soffiata il naso. “Non potrei volere niente di più.”

“Ma la macchina...”

Gold alzò gli occhi al cielo. “E' solo una macchina, non m'importa. L'importante è che tu non ti sia fatta male e che ora mangi la minestra prima che si raffreddi.”

Belle guardò con diffidenza il piatto.

“Ehi, l'ho preparata con tanto amore.”

Belle però non sembrava convinta. “Dì la verità, ci hai messo dentro una medicina?”

Gold si schiarì la voce. “Certo che no.” e tornò a immergersi nel piatto.

La donna sorrise e affondò il cucchiaio nella minestra. Non si fidava ancora e così tirò su una cucchiaiata e si fermò a osservarla, cercando qualche traccia di medicinali strani e maleodoranti.

Invece non trovò nulla di ciò, anzi. Non solo la minestra aveva un odore invitante, ma la pastina era a forma di cuore.

“Ma... Rumple?” chiese lei, sorpresa.

Belle alzò gli occhi, appena in tempo per vedere il marito sporgersi oltre il tavolino e posarle un dolce bacio sul naso.

“Buon San Valentino, amore mio.”

Belle sorrise, arrossendo. “Grazie, buon San Valentino anche a te.”

Finirono la cena e, con sorpresa ancora maggiore della donna, Gold aveva preparato un dolce al cioccolato, dolce che lei stessa aveva progettato di cucinare per il marito.

“E' molto buona. Lei è davvero un buon partito, signor Gold.”

“Lo so.” gongolò lui. “Lo dirò a mia moglie.”

Belle, stando al gioco, aggiunse: “Deve essere una donna fortunata.”

Gold, dopo aver portato via i piatti, tornò e si sedette vicino a lei. La avvolse con un braccio e la fece sedere su di sé, ancora avvolta in tutta la coperta. “Lo spero davvero. In realtà sono io ad essere fortunato.”

La fissò per alcuni istanti negli occhi e si avvicinò per baciarla.

Belle però lo fermò, posandogli l'indice sulle labbra.

“Ma sua moglie non sarà gelosa?”

Gold sorrise sornione. “Non credo. Le ho preparato una sorpresa.”

Belle aprì la bocca, meravigliata, e prima di potersene accorgere, il marito l'aveva presa in braccio come un fagotto e stava salendo le scale.

“Ce la fai? Posso anche camminare...” chiese lei, prima di starnutire.

Lui sorrise, scuotendo la testa.

“Eccoci.” disse, una volta arrivati davanti alla porta della loro camera da letto.

Belle per un attimo dimenticò di essere raffreddata e si sentì come una bambina di fronte a un regalo da scartare.

Guardò il marito con gli occhi pieni di speranza e lui annuì, dandole il permesso di aprire.

Quando aprì la porta si ritrovò di fronte a uno spettacolo che non avrebbe mai immaginato di vedere.

Gold la mise giù e le aggiustò la coperta sulle spalle.

La camera era illuminata da candele profumate alla rosa ed era disseminata di strani origami di tanti colori differenti.

Si avvicinò a un mobile e vide che erano tutti a forma di rosa.

“Visto che sei raffreddata ho pensato che delle rose vere avrebbero potuto farti starnutire di più. E così...”

“E così hai fatto decine e decine di origami?”

“Si avvicinano di più alle centinaia, ma... Sì.”

Belle era a bocca aperta. Lui le si avvicinò alle spalle e la avvolse con le braccia.

“Un buon filatore deve saper tenere allenate le mani. E poi non è stato così difficile. Ho avuto un intero pomeriggio per prepararle. Ti piacciono?”

“Rumple, sono bellissime! Sembra un giardino di rose. Ma dove hai trovato tutti questi fogli?”

Gold affondò il viso nell'incavo del collo della moglie. “Diciamo che la tipografia ha avuto molto da fare oggi.”

Belle aggrottò la fronte. La tipografia? Non bastava andare al supermarket per un plico di fogli?

“Guarda meglio.” le sussurrò lui all'orecchio.

La donna allora prese in mano una rosa di carta gialla e notò che c'erano delle scritte. La girò tentando di leggere una frase intera.

All'iniziò riuscì a intravedere solo poche parole, come 'Rochester', 'brutto', 'occhi', ma poi riuscì a completare tutta la frase che diceva: “E il signor Rochester era sempre brutto ai miei occhi? No; la gratitudine, e molti sentimenti analoghi, tutti piacevoli e caldi, facevano del suo viso l'oggetto che più amavo vedere; la sua presenza, in una stanza, illuminava più del fuoco più ardente.

Belle rimase a bocca aperta. Le mani le tremavano e non riusciva a credere che fosse vero. Non aveva mai ricevuto un regalo del genere, e nemmeno lei aveva mai pensato a una cosa così bella.

Rumple non solo le aveva preparato la cena, si era preso cura di lei e non si era arrabbiato dopo tutto quello che gli aveva combinato, ma aveva anche trasformato la loro camera in un giardino di rose di carta.

“Prendine un'altra.” la invitò lui.

Belle obbedì e stavolta ne presa una blu. Ripetè l'operazione di poco prima e stavolta lesse: “Ho lottato invano. Non c'è rimedio. Non sono in grado di reprimere i miei sentimenti. Lasciate che vi dica con quanto ardore io vi ammiri e vi ami.

“Ma sono tutte frasi diverse?”

“Ma certo. Vai avanti.”

Belle prese un'altra rosa, una rossa, che recitava: “E’ una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. [...] Per ogni fine c’è un nuovo inizio.

Poi passò a una rosa verde: “Sono fermamente convinta che se l’amore può far male, l’amore può anche guarire.”

“Rumple...” disse lei con le lacrime agli occhi. “Sono le frasi di tutti i libri che ho letto e che mi sono tanto piaciuti.”

Ora, che erano uno di fronte all'altra, lui le accarezzò i capelli, sistemandole una ciocca dietro l'orecchio.

“E non solo. Vieni.”

La prese per mano e la portò vicino al letto che era ricoperto da decine e decine di origami colorati a forma di rosa.

Gliene porse una bianca che lei prontamente lesse ad alta voce: “A volte il libro migliore ha la copertina più polverosa e, a volte, la tazzina migliore è quella sbeccata.

“Non sono solo le frasi dei tuoi libri preferiti. Sono le frasi che meglio ci descrivono, che meglio esprimono la tua forza, la mia paura e il nostro amore. E, anche se sono tutte molto belle, quest'ultima è quella a cui sono più affezionato. Talmente tanto che...”

“Che l'hai scritta tu stesso a penna.” lo interruppe. ”Oh, Rumple...” mormorò lei, prima di slanciarsi verso il marito e baciarlo appassionatamente.

Abbracciati l'uno all'altra finirono a letto, sempre più stretti. Rimasero così vicini a coccolarsi per almeno mezz'ora, prima di staccarsi di pochi centimetri.

“E' stato meraviglioso. Grazie Rumple, ti amo così tanto. Mi dispiace di non aver fatto niente di speciale oggi...”

“L'hai appena fatto. Anzi, l'hai appena detto.” disse lui, prima di stringerla di nuovo. “E ti amo anche io.” sussurrò, baciandole la nuca.

Belle sorrise e rimase stretta tra le braccia del marito, beandosi del profumo delle candele e di quel giardino di rose letterarie che aveva invaso la loro camera da letto.

Prima che gli occhi le si chiudessero del tutto, prese un'altra rosa di carta color turchese e ne lesse la frase: “Come simbolo di ciò e monito per chiunque passasse di lì, rimasero le rose che resistevano agli inverni più gelidi e avevano la forza di rifiorire più splendide, forti e profumate di prima, proprio come aveva fatto l'amore della giovane cameriera con la vita del principe.”

“Non ci posso credere. Dopo tutto questo tempo...” disse Belle, riconoscendo la frase dalla favola che, tanto tempo prima, Rumple le aveva regalato al castello, proprio durante la sera di San Valentino in cui, come ora, si era ammalata a causa della pioggia.

“Ho una buona memoria per le cose a cui tengo.”

Belle sorrise e si strinse ancora di più all'uomo, appoggiando la testa al suo torace. “Ti amo tanto Rumple. Grazie per il bellissimo San Valentino; hai superato ogni mia più romantica fantasia. In realtà la superi ogni giorno solo con la tua presenza...” disse lei, sorridendo un po' maliziosa. “Vorrei che questa serata non finisse mai...” Poi, senza nemmeno accorgersene, si addormentò sul petto del marito.

“Stai tranquilla, amore mio. Questo è solo il primo San Valentino di molti altri, tanti quanti le infinite rose del giardino della vecchina della favola.”

Gold la strinse a sé e la cullò per il resto della notte, addormentandosi sorridente, con il profumo della moglie che l'avvolgeva e un “ti amo” sulle labbra.






Note dell'Autrice
Con questa seconda parte del terzo capitolo si conclude questa minilong. Non so se vi sia venuta voglia di lanciarmi qualcosa addosso -materiale o non- o se, semplicemente, avete rinunciato a leggere, ma spero, per quei pochi superstiti che hanno letto, di non essere stata proprio così terribile.
Mi sembrava strano che nessuno si chiedesse il perchè del titolo Origami che, fino ad ora, non c'entrava un granché con la storia. Ecco svelato il mistero, se così possiamo definirlo. Il prompt rose penso salti subito agli occhi, mentre primo appuntamenti  si riferisce a questo San Valentino che, nella storia, è il loro primo appuntamento (appunto di San Valentino, non in assoluto essendo sposati). 
Le rose sono fatte con carta stampata che riporta delle frasi che ho ritenuto romantiche e calzanti per la loro storia. Pardon, mi correggo: che Gold ha ritenuto calzanti per la loro storia. Ecco qui da dove le ha prese (anche se so che le saprete già tutte):

  • E il signor Rochester era sempre brutto ai miei occhi?...” Jane Eyre di Emily Bronte.
  • Ho lottato invano. Non c'è rimedio. [...]” Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen
  • E’ una follia odiare tutte le rose...” Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry
  • Sono fermamente convinta che se l’amore può far male...” Vicino a te di Nicholas Sparks
  • A volte il libro migliore ha la copertina più polverosa e...” Once Upon a Time 3x22
  • Come simbolo di ciò e monito per chiunque passasse di lì, rimasero le rose...” Favola di Christal_93 (capitolo 3A)
Vorrei ringraziare tutti i lettori che hanno seguito questa piccola avventura Rumbelle, tra cui B e l l e per aver recensito lo scorso capitolo, oltre a tutti i lettori silenziosi. Un grosso grazie anche a chi ha inserito la storia tra le seguite. Spero che quest'ultima parte conclusiva vi sia piaciuta.
Grazie mille. 

 


 

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