Questione di fiducia

di Astrid lover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


POV.ASTRID

Era una splendida giornata primaverile. Il sole splendeva e con i suoi caldi raggi mi avvolgeva in un gradevole abbraccio. Il cielo era completamente terso, non c’era nemmeno la minima ombra di una nuvola.
Io ed Hiccup stavamo volando, con il vento che ci scompigliava i capelli e la sensazione di libertà che ci rendeva adrenalinici al massimo. Noi amiamo librarci in aria con i nostri amati draghi ed è un’impagabile emozione scendere in picchiata per fare slalom fra gli alberi dei boschi e risalire rapidamente per ritrovarsi liberi nel cielo azzurro. Be’, io stavo volando in picchiata con la mia fida Tempestosa, quando la mia draghessa cominciò ad agitarsi e le sue pupille nere come la pece si assottigliarono, diventando una piccola fessura affusolata. Cessò di avanzare nell’aria e si fermò, volando la testa verso di me.
“Piccola, che cos’hai?” domandai, cercando di mantenere la calma. Per tranquillizzarla  cominciai a carezzarle la pelle squamosa, ma senza successo. Hiccup mi guardava stranito e preoccupato. D’un tratto la mia draghessa mi ruggì contro e mi disarcionò, ritrovandomi in caduta libera.
“ASTRID!” gridò Hiccup, che saltò da Sdentato azionando la tuta alare per cercare di afferrarmi. Ma io cadevo troppo precipitosamente e lui non riuscì a prendermi. Così battei la testa contro ad una roccia, perdendo i sensi.
Aprii gli occhi e mi trovai in una calda stanza, con Hiccup seduto vicino al letto dove giacevo .
“D-dove sono?” chiesi affaticata.
“Sei nella casa di Gothi. Hai preso una bella botta.” Mi rispose, indicandomi la testa. Mi affrettai a tastarmi nel punto segnalato, ma trovai solo una fasciatura inumidita. Speravo fosse solo acqua, ma invece era sangue. Sussultai.
“Cosa è successo?!” chiesi visibilmente preoccupata.
“Tempestosa ti ha disarcionato e tu sei caduta nel vuoto. Ho tentato di riprenderti ma precipitavi troppo velocemente ed hai sbattuto la testa su una roccia, perdendo successivamente i sensi.” Mi spiegò.
“Adesso ricordo... ma tu ….” Non finii la frase che una dolorosissima fitta mi prese la testa. Gridai dalla sofferenza e mi dimenai nervosamente, con la testa fra le mani.
“Astrid! Astrid calmati!” cercò di tranquillizzarmi Hiccup, ma senza successo. La testa doleva troppo e non riuscivo a controllare quel dolore che pareva interminabile. Mi fermai, con le lacrime agli occhi ed il respiro affannoso.
“E’… è passato il peggio…” sussurrai con voce flebile. “Aiutami ad alzarmi.” Ordinai ad Hiccup. Lui si avvicinò ulteriormente e mi prese sotto le braccia, mettendomi a sedere sul bordo del letto. Mi alzai ed Hiccup mi aiutò a mantenere l’equilibrio.
“Grazie Hiccup. Ora…” non finii la frase che caddi a terra perdendo nuovamente i sensi, sotto lo sguardo preoccupato di Hic.

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Mi risvegliai nuovamente in quel letto, ma Hiccup non era accanto a me.
“Hic… Hic…” lo chiamai con voce flebile. Sentii la porta aprirsi e la figura snella di Hiccup avvicinarsi a me.
“Astrid! Hai bisogno?” mi chiese, precipitandosi accanto a me.
“No, ma volevo solo la presenza del mio migliore amico vicino…” sussurrai accennando un tenero sorriso. Hiccup si sedette sulla sedia accanto al mio letto e mi prese la mano, cominciando ad accarezzarla rassicurante.
“Dov’è Tempestosa?” domandai.
“Non so. Dopo averti disarcionata non l’ho più vista… presumo sia volata via.” Rispose Hiccup. Sospirai. Cosa può averla ridotta così? Perché mi ha allontanata da sé?
“Astrid… non ti preoccupare… capiremo perché ha reagito così.” Mi rassicurò lui, vedendomi pensierosa. La collera cominciò a nascere dentro me, come un fuoco ardente. Quell’inutile rettile mi aveva ridotta così, con fitte lancinanti alla testa da non reggersi in piedi. Colei che amavo più di ogni altra cosa mi aveva ridotta così. Il primo volto che vedevo la mattina e l’ultimo la sera; l’anima che mi è sempre stata accanto; un dono del cielo. Ora però, in quel momento difficile, se n’era volata via, dimenticandosi di ciò che mi aveva fatto e di chi aveva tradito. Aveva tradito un cuore guerriero che ora è gonfio di rancore e dolore.
“Non mi interessa, Hiccup.” Risposi seria.
“Come no?” mi domandò incredulo.
“Non mi interessa, ho detto. Non voglio più rivederla.” Ribattei secca. 
“Ma Astrid, cosa stai dicendo?!” chiese sbalordito.
“Hiccup. Capisci o no che non mi interessa più niente vedere qual viso coperto di squame?!” urlai rabbiosa.
“Ok… e allora?” sussurrò.
“Allora lasciami in pace.” Dissi, mettendomi a sedere e cercando di alzarmi. Provai a mettermi in piedi, ma non riuscii a mantenere l’equilibrio. Per fortuna Hiccup mi prese.
“Astrid dove pensi di andare? In queste condizioni non puoi vagare per Berk autonomamente.” Suggerì.
“Sono una vichinga ed i vichinghi non si arrendono mai.” Risposi freddamente, staccandomi da lui e dirigendomi verso la porta. Venni fermata dal corpo di Stoik, che mi prese delicatamente per le spalle e mi domandò preoccupato:” Ragazza mia, tutto bene?”.
“Sì, capo Stoik. Solo una piccola caduta ed un’insignificante ferita alla testa. Posso benissimo cavarmela da sola.” Dissi, guardando i miei piedi. Vidi Stoik fissarmi la testa, tutta fasciata e sporca di sangue.
“Astrid, non stai bene. Non puoi riprendere ora da sola la vita a Berk. Per un po’ ti servirà l’aiuto di qualcuno.” Sentenziò chiaro.
“No… veramente… non si deve preoccupare. Sono una vichinga ed i vichinghi non si arrendono per… per una cosetta del genere!” risposi.
“Astrid. Lo so che tu sei una grande guerriera ma ora… stammi a sentire. Non è per nulla una cosetta da poco ciò che ti è accaduto. Le fitte alla testa da quanto mi ha detto Gothi non passeranno in breve tempo e tu hai bisogno di sostegno.”
“Testa Bruta andrà benissimo.” Mi affrettai a dire.
“Astrid. No i fratelli Thorston, ti supplico. Bruta non saprebbe come fare. Lo sai che lei ha spirito masochista e… sicuramente se ti vedesse perdere i sensi penserebbe subito che tu sia morta e… meglio non andare avanti.” Spiegò cercando di farmi capire.
“E allora chi?” domandai quasi infastidita.
“Mio figlio è sicuramente la persona giusta. Vero Hiccup?” disse con fare orgoglioso. Mi voltai verso di lui, in attesa di una risposta.
“Emm… certo papà! Come no! Io sono proooprio la persona giusta… sì sì…” sfarfugliò.
“Ebbene, è deciso. Hiccup accompagnala a casa e sta con lei. Prenditene cura, per favore.” Concluse, prima di salutare e chiudere la porta della camera alle sue spalle. Mi spostai a sedere sul letto, sconsolata.
“Che cosa vogliamo fare ancora qui? Forza, andiamo a casa.” Dissi stizzita. Hiccup si alzò e mi prese sottobraccio. Uscimmo dall’abitazione e ci dirigemmo verso la mia. Il cielo era tinto di caldi colori ed il sole ormai posava il suo volto infuocato sulla sconfinata distesa del mare.
“Ora puoi andare.” Dissi sedendomi sulla sedia mentre Hiccup chiudeva la porta.
“Perché Astrid? Non hai nemmeno l’aiuto di Tempestosa! Non puoi farcela da sola è…” Hic non finì la frase, poiché io lo fermai.
” Tu e il tuo stupidissimo trattato di pace con i draghi. Cosa pensavi, eh? Che quelle lucertole troppo cresciute si sarebbero prostrate ai piedi di un… di un singhiozzo?! Sei stato fin troppo bravo, i miei complimenti. Ma vedi, Hiccup. A volte le cose vanno come non dovrebbero andare. Un tangibile esempio è il mio. Guarda te quel rettile senz’anima cosa mi ha causato!” gridai, versando un’amara lacrima di dolore che mi rigò la guancia candida. Hiccup corse verso di me e mi abbracciò.
“Astrid… mi dispiace per ciò che ti è successo ma… i draghi sono draghi, no? Nessuno può cambiare la loro selvaggia natura, tantomeno se a provarci è un insignificante singhiozzo. Penso che Tempestosa non l’abbia fatto a posta… c’è qualcosa di più che dobbiamo scoprire.” Mi sussurrò, carezzandomi la guancia bagnata. Lo strinsi a me e mi lascai andare in un liberatorio pianto.

ANGOLO AUTORE
Un grosso saluto a voi. Avrei voluto pubblicare il capitolo ieri ma dovete scusarmi se non l’ho fatto. Sabato e domenica li ho passati in ospedale da mio nonno e appena tornata a casa non ero molto ispirata perciò… vi porgo le mie più sentite scuse.
Il capitolo non è granché, è corto e secondo me neanche bellissimo però… sta a voi giudicare recensendo.
Un bacione grosso.
Astrid

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


“Scusami… non volevo…” singhiozzai.
“Non preoccuparti. Pensa a guarire, intanto.” Mi rassicurò, carezzandomi le spalle.
“Grazie, per essere sempre accanto a me.” Sussurrai dolcemente, volgendo il mio volto verso il suo ed accennando un sorriso.
“Prego Astrid. Sei fredda… è meglio accendere un fuoco.” Suggerì, sentendo la mia candida pelle gelida. Hiccup fece cenno a Sdentato di accendere il fuoco e lui eseguì.
“Va molto meglio, grazie.” Dissi, staccandomi da lui e dirigendomi vicino al camino. Mi sedetti sul morbido tappeto e mi accucciai in me stessa. Due mani calde mi cinsero le spalle e successivamente due braccia mi avvolsero completamente. Mi sentii così protetta in quella stretta, così amata, così me stessa. Hiccup si sedette accanto a me e mi prese la mano.
“Secondo te cosa può essere successo?” gli domandai, sovrappensiero.
“Non lo so… quel comportamento non è da Tempestosa… c’è qualcosa di più che dobbiamo scoprire.” Disse.
“Ma che cosa?” chiesi, ancora una volta.
“Dobbiamo scoprirlo.” Rispose, alzandosi e dirigendosi in camera mia.
“Che fai?! Lo sai che io lì ci dormo e ci sono tutte le mie… cose…” dissi imbarazzata, abbassando la voce sulle ultime due parole.
“Tranquilla. Sono il cugino di Moccicoso ma non sono uguale a lui.” Sussurrò, facendomi l’occhiolino. Lo seguii, per capire che cosa stesse facendo. Aveva steso una mappa sulla mia scrivania ed in mano teneva un carboncino.
“Vedi, questa è la mappa di tutte le terre che io e Sdentato abbia esplorato. Nel momento in cui Tempestosa ti ha disarcionata, dove eravamo?” domandò.
“Eravamo qui, nella Valle di Frigg.” Risposi indicando sulla cartina il punto giusto.
“Ah sì, hai ragione. Domani mattina partirò con Sdentato e  il resto dei Cavalieri per la Valle di Frigg. Indagheremo sulle peculiarità del posto. Magari lì nascosta c’era una radice del drago…” riflesse lui.
“Prima cosa: se ci fosse stata la radice del drago allora anche Sdentato avrebbe reagito come Tempestosa. Seconda cosa: voi senza di me non andate da nessuna parte.” Dissi con tono superiore, puntando il dito indice sul suo petto.
“Ehm… Punto uno: hai ragione, niente radice del drago. Punto due: tu non puoi venire perché in queste condizioni non è sicuro. Rischieresti di peggiorare la situazione.” spiegò lui
“Allora non andate.”
“Ahhhh! E va bene Astrid. Ma se poi ti fai male… sono guai. Certo che sei proprio una vichinga, testarda e cocciuta come un cinghiale. Vai incontro al pericolo!” esclamò lui.
“E allora? Se non fossi così non sarei Astrid Hofferson.” Dissi con uno sguardo ammiccante prima di andare in bagno. Chiusi la porta e guardai il mio riflesso dalla tinozza che uso per lavarmi il viso. Il panno che mi avvolgeva la testa era tutto sporco di sangue e non c’era traccia di capelli, cosa che mi allarmò parecchio. E se fossi diventata calva? No, questo no?! Non potevo sopportare il peso di questi pensieri e decisi di togliere la fasciatura. Sussultai.
“I… i miei capelli!!” balbettai quasi con le lacrime agli occhi. “Non… non ci p-posso credere!!”. Hiccup udì il mio urlo e corse in bagno.
“Astrid! Che s… Oh Thor!” esclamò sgranando gli occhi.
“Hiccup… io sono…. Diventata mezza mora!” dissi con voce flebile interrotta da singhiozzii. I miei capelli erano biondi, ovviamente, ma con delle striature more vicino alla ferita.
“Che cosa mi è successo?!” chiesi allarmata.
“N-non ne ho la più pallida idea…” balbettò avvicinandosi a me. “Per fortuna la parte mora è minima, quasi impercettibile…”
“Non mi interessa se è quasi impercettibile!! Sta di fatto che ora i miei capelli non sono più tutti biondi per colpa di un inultissimo rettile!!” gridai correndo in camera. Affondai il viso nel cuscino, impregnandolo di lacrime amare e di dolore. Mi girai su un fianco, asciugandomi le guance bagnate, ma persi i sensi.

“D-dove sono?” chiesi con voce flebile. Mi stropicciai gli occhi azzurri e misi a fuoco ciò che mi circondava.
“Oh! Astrid, cara! Ti sei svegliata!” mi salutò una voce dietro le mie spalle. Mi voltai di scatto per vedere chi fosse.
“Che cosa vuoi, Alvin…”  ringhiai.
“Uh uh! Calma Astrid! Perché voi berkiani dovete sempre vedere gli Esiliati come nemici? Talvolta, possiamo anche essere amici…” disse con fare persuasivo.
“Ripeto, che. Cosa. Vuoi?”
“Vorrei che tu ti unissi a noi nella battaglia contro i draghi. Vedi cara che ti ha fatto il tuo amato drago?” mi disse, indicandomi i capelli rovinati.
“E quindi? So che non voleva farlo.” Mi affrettai a rispondere.
“Che sia. Allora se non vuoi unirti a noi Esiliati vai pure dal tuo drago. A tuo rischio e pericolo.” Proferì, indicandomi una cella. Corsi verso quelle sbarre ed incontrai il viso della mia draghessa.
“Piccola! Ciao Tempestosa!” esclamai felicemente. Le barre si alzarono e il rettile uscì, avanzando verso di me minacciosamente.
“Ehi…. T-tempestosa?!” balbettai preoccupata. Una risata da parte di Alvin giunse alle mie orecchie. Mi distrassi un momento per guardarlo e Tempestosa mi scagliò addosso una sfera infuocata che mi fece indietreggiare e sbattere nuovamente la testa al muro. Comincia a vedere sfuocato e l’imponente figura di Alvin avvicinarsi a me e dire:” Mai fidarsi dei draghi e del “Signore dei draghi”…..”.
Urlai ed aprii gli occhi.
“Astrid!” esclamò Hiccup che corse nel letto. “Che succede?!” domandò preoccupato.
“Niente, solo un sogno…” spiegai posandomi una mano sulla fronte. Guardai il cuscino: tutto sporco di sangue. Sussultai. “Hiccup…. Il cuscino….” Sussurrai preoccupata.
“Hai perso troppo sangue Astrid… che tipo di sogno hai fatto?” mi chiese.
“Ero in un posto non identificabile e… c’era Alvin. Mi ha fatto uno strano discorso: mi ha detto di allearmi con gli Esiliati nella caccia ad i draghi. Io non ho voluto e mi ha portato da Tempestosa. Ma lei avanzava minacciosamente verso di me e poi mi ha lanciato una sfera di fuoco addosso. Ho sbattuto contro il muro ed ho cominciato a vedere sfuocato. Prima di svegliarmi mi ha detto che non bisogna mai fidarsi dei draghi e… di te.” Spiegai.
“Ho capito… Astrid, non puoi venire con noi per la spedizione alla Valle di Frigg. Rischieresti di perdere i sensi…” mi disse lui.
“No Hiccup! Ti prego! Portatemi con voi!” esclamai disperata. Hiccup si avvicinò a me e mi posò una mano sulla guancia.
“Astrid… ho paura che tu possa peggiorare le cose. Lo sai che ti porterei con me volentieri ma in queste condizioni non puoi venire.” Mi spiegò dolcemente. Una lacrima percorse la mia candida guancia e lui me la asciugò.
“Non lasciarmi a casa da sola… potrei avere bisogno!” singhiozzai.
“Ok Astrid… puoi venire… ma io non ti toglierò gli occhi di dosso per un solo momento, intesi?!” rispose rassegnato. Sorrisi e lo abbracciai forte.
“Grazie mille Hiccup! Sei un vero amico!” esclamai stringendolo con più forza.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti ragazzi ed eccoci qui trovati al terzo capitolo di questa nuova storia! Non abituatevi troppo a questi veloci regimi…. Non aggiornerò moltissimo nei prossimi giorni causa: 2 verifiche incombenti e importantissime, concerto natalizio e vacanze!!! Spero che voi possiate passare al meglio queste settimane di totale relax e che servano a rigenerarvi.
Un bacione e RECENSITE.
Astrid

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Hiccup mi accompagnò fuori dalla casa e mi invitò a salire su Sdentato. Dopo un po’ di sistemazioni spiccammo il volo verso l’accademia, dove gli altri ci aspettavano.
“Ehy ragazzi! Forza, salite sui vostri draghi e dirigiamoci alla Valle di Frigg!” esclamò Hiccup quando arrivammo all’Arena, senza nemmeno scendere da Sdentato. Tutti si misero sopra le loro cavalcature e partimmo.
“Bene, eccoci arrivati. Allora. Gambe, tu perlustra la Valle a est. I gemelli a sud, Moccicoso a ovest. Io ed Astrid ci occuperemo della parte nord!” ordinò Hiccup. Tutti seguirono i suoi comandi. Non avrei mai pensato di dirlo ma Hiccup ha veramente un cuore da capo. E’ un leader nato, se ci penso a fondo.
“Astrid, tutto bene qui dietro?” domandò Hiccup, distogliendo la mia mente dai suoi ragionamenti.
“Sì tutto a posto, grazie… senti Hic…” la mia frase fu interrotta da lui che esclamò:” Astrid! Guarda laggiù!!”. Scendemmo a picco sul punto strano notato da Hiccup ed atterrammo. Con un balzo scese dalla sella e mi porse la mano per aiutarmi. La guardai e sorrisi, poi decisi di prenderla.
“Cos’hai notato di strano, Hic?” domandai.
“Ho visto la sagoma di un drago… sembrava Tempestosa perciò ho deciso di atterrare.” Spiegò. Il mio sguardo si fece più cupo e mi irrigidii.
“Hiccup. Penso di essere stata abbastanza chiara ieri. Non voglio più vederla. Intesi?!” esclamai.
“Astrid… sono sicuro che se ti capitasse l’occasione vorr…”
“HICCUP! PER ODINO! TI HO DETTO DI NOO!” gridai furibonda, prima di lasciargli un ceffone e dirigermi dentro la boscaglia.
“NO! Astrid aspetta! Non incamminarti da sola!! E’ pericoloso!!” cercò di fermarmi, ma senza successo. Continuavo ad avanzare verso l’interno della selva, determinata a trovare un piccolo angolo di pace, ma due mani mi strinsero i polsi e mi fecero voltare.
“Astrid. Ora. Ti. Devi. Calmare.” Mi disse con tono serio. I suoi occhi verdi mi fissavano intensamente, come volessero esprimersi con lo sguardo. Respirai profondamente poi mi decisi a parlare.
“Hiccup. Lasciami andare per favore.” Dissi, liberandomi dalla presa e fuggendo. Hiccup non mi seguì nemmeno: si era rassegnato, ormai. La mia determinazione non ha limiti e confini.

POV. HICCUP
Non la seguii ma dentro me crebbe rigogliosa la paura che le potesse succedere qualcosa.
“Astrid…” sussurrai. Abbassai lo sguardo sul mio stivale e mi voltai verso Sdentato. Salii in sella e raggiunsi gli altri.
“Trovato qualcosa di sospetto?” domandai con tono spento.
“No, nulla. Piuttosto… Astrid?” mi domandò Gambedipesce.
“Eh… Ehm… Astrid si è incamminata da sola nel bosco. Premetto, prima che voi possiate coprirmi con insulti o robe varie, che l’ho fermata, con le buone e con le cattive, ma non è servito a niente.” Spiegai.
“Ah ecco. Cominciavo a sospettare che tu fossi Tufo travestito da mio cugino. L’irresponsabilità fa parte del tuo carattere? Non è verro Testa di Tronco?” scherzò Moccicoso.
“Ahahaha!!! Aspetta… ehi!” rise il gemello, rendendosi conto dopo del vero significato della frase, come di consuetudine ormai.
“Dobbiamo andarla a cercare… potrebbe farsi del male…” cercai di dire.
“Hiccup! Prendi la vita con più serenità! Astrid se la caverà! È un’ottima guerriera, lo sai benissimo anche tu!” mi riprese mio cugino.
“Ma Moccicoso! Ti rendi conto che potrebbe perdere i sensi da un momento all’altro?! Prima di parlare pensa a quello che vuoi dire! Per Odino!!” gli gridai nervoso e virando nella direzione opposta, nella parte Nord della Valle per andare a cercare Astrid.

POV. ASTRID
Più mi addentravo in quella foresta, più mi rendevo conto a quante meraviglie andavo incontro. Così serena, pareva quasi rilassante stare lì, fuori da voci e sguardi indiscreti nella completa riservatezza. Eppure sentivo che qualcosa non andava. C’era un vuoto dentro me, come se in quel momento fossero riemerse tutte le ferite della mia vita. Il fatto di non conoscere né mia madre né mio padre mi ha sempre resa una ragazza fredda e dura apparentemente, ma se qualcuno imparasse a conoscermi meglio, capirebbe che Astrid Hofferson non è così. E non lo è mai stata. D’un tratto la mia vista si annebbiò e mi cominciai a preoccupare. D’istinto protesi le mie braccia dinanzi a me per continuare a camminare usando il tatto. Quel poco che vedevo sfuocato non mi permetteva di avanzare con sicurezza.
“Un albero…. Mi serve un albero…” sussurrai. “Con tanti tratti di piante in questa selva, mi doveva succedere questo proprio adesso!!” esclamai. Dovevo trovare un sostegno il prima possibile: in breve avrei perso i sensi. Finalmente mi parve di vedere il tronco di un albero. Mi affrettai a raggiungerlo, mi sedetti e poggiai la schiena sul fusto. In quel preciso istante svenni.

POV. HICCUP
Era già da tempo che volavo, ma di Astrid nemmeno l’ombra.
“Sdentato… mi duole dirlo ma devi rimanere da solo finché non torno con Astrid. In caso che succeda qualcosa userò il dragorichiamo. Capito bello?” domandai al mio drago, dandogli una dolce pacca sul collo. Il mio amico emise un suono gutturale quasi a dirmi “certo Hic. Conta su di me.” Sorrisi e mi addentrai nella foresta, non prima di averlo salutato e di aver ricevuto la solita leccata.
Durante il mio cammino notai varie piante, fiori e animali. Sembrava quasi uno di quei boschi delle fiabe che mi raccontava mia nonna quando ero piccolo.
“Astrid…!” sussurrai, quando la vidi appoggiata ad un tronco. Corsi vicino all’albero e mi chinai su di lei. La scossi lievemente ma lei sembrava non voler svegliarsi. “Astrid sveglia! Ti prego!!” ribadii impaurito. I suoi occhi si aprirono molto lentamente. Sospirai, rassicurato di vederla viva. Le poggiai una delicata carezza sul viso, ma lei si irrigidii.
“Chi mi tocca…?” domandò impaurita.
“Astrid sono io…” dissi
“Hiccup! Sono così contenta di veder…. Non proprio, sentirti.” Rispose.
“S-sentirmi?” chiesi stranito. “Come sentirmi e non… vedermi?”
“Perché io… non ci vedo.” Sussurrò. Sussultai.
“Non vedi?!!” esclamai spaventato.
“No, solo parzialmente. Vedo sfocato… mi è successo già prima. Non ti ho riconosciuto quando mi hai toccata, ho visto solo la tua sagoma e del verde che ti circondava.” Spiegò.
“Andiamo a Berk!” dissi prendendola in braccio e dirigendomi fuori dalla boscaglia.
“Calma Astrid, devi stare calma.” Dissi mentre correvo il più velocemente possibile.
“Hiccup… guarda che quello agitato sei tu! Io la sto prendendo molto più superficialmente!” mi rispose ridendo. Sbuffai. Mi faceva sentire bene sapere che lei non era preoccupata, ma allo stesso tempo sapevo che dentro lei qualcosa non andava e che il tutto non era visto così positivamente. Vidi Sdentato fermo a sonnecchiare.
“SDENTATO!” urlai. Al mio grido il drago si svegliò di soprassalto. Caricai velocemente Astrid su di lui e mi misi in sella anche io. Spronai il mio amico a spiccare il volo e dopo poco ci trovammo a librare nell’aria. Sentii le mani di Astrid che si stringevano ai miei fianchi e la sua testa appoggiarsi delicatamente sulla mia schiena.
“Hiccup…” sussurrò con la voce strozzata.
“Tutto bene Astrid?” domandai preoccupato.
“La testa… fa male…” disse con voce flebile, intrisa di sofferenza. Mi voltai tempestivamente verso di lei e la vidi tormentarsi come non mai: ansimava e aveva le lacrime agli occhi. Poggiai una mano sulla sua spalla e le carezzai la fronte.
“Calma Astrid. Respira, vedrai che passa.” La rassicurai. Ma il dolore pareva non voler darle tregua e più il tempo avanzava, più lei soffriva. D’un tratto gridò. Fu un grido straziante, che pure il resto dei Cavalieri sentì a chilometri di distanza. Ci raggiunsero dopo poco.
“Per il sacro Odino! Che succede?!” domandò Moccicoso.
“Astrid. Ha avuto una fitta lancinante alla testa.” Spiegai.
“Hic…” sussurrò lei.
“Dimmi.” Dissi, girandomi e prendendole una mano. “Come stai?”
“Bene… va meglio.” Rispose accennando un sorriso.
“Prima hai gridato. Sicura che sia tutto passato?” chiesi nuovamente.
“Sì, tutto a posto. Prima ho strillato perché c’è stata la fitta più forte e non potevo contenere il dolore.” Spiegò. Annuii e mi voltai verso gli altri, che aspettavano un mio ordine.
“Allora ragazzi. Ora torniamo a Berk. Non possiamo rimanere fuori un minuto di più: Astrid non è nelle condizioni adatte.” Proferii serio. Tutto ascoltarono e si misero alla guida dei loro draghi.
Atterrammo nella piazza del villaggio e mio padre mi corse incontro.
“Hiccup! Per Odino! Ma cosa ti è saltato in mente?!” gridò severo.
“Papà siamo solo andati nella Valle di Frigg per cercare il motivo dello strano comportamento di Tempestosa.” Spiegai. Lui si rivolse a me con sguardo furioso e poi tornò a casa, mentre io portai Astrid da Gothi. Entrammo nella casa della druida, che ci salutò cordialmente.
“Gothi, devi visitare Astrid urgentemente. Ora vede sfocato e continua ad avere fitte lancinanti alla testa.” Spiegai. Con dei segni sul terriccio mi rispose che le fitte erano abbastanza normali per una caduta di quel genere ma la vista annebbiata no. Invitò Astrid a sedersi sulla sedia e le guardò gli occhi cristallini. Dopo un po’ tornò da me e ricominciò a disegnare sul terreno. “Non capisce cosa tu abbia, ma da ciò che ha intuito è per una polvere che hai inalato da qualche parte. Dimmi Astrid, quando hai cominciato a vedere male?” dissi, interpretando i disegni.
“Ero nella foresta della Valle di Frigg. Dopo mezz’ora di cammino ho cominciato a vedere male ed ho perso i sensi.” Spiegò. L’anziana druida strabuzzò gli occhi e, frenetica, cominciò a tracciare dei segni.
“Dice che la foresta di quella valle ha un fiore carnivoro che emana una polvere pericolosa, che se inalata per troppo tempo può far annebbiare la vista alla vittima, così da rendere più semplice la caccia. Sei stata fortunata Astrid, se non mi fossi addentrato nella fo…. Un attimo. Anche io sono entrato nel bosco! Sarebbe dovuto succedere anche a me!!” dissi.
“No Hiccup, in quel momento la pianta aveva già trovato Astrid, perciò ha smesso di emettere la polvere, perché impegnata a cercare la ragazza con le radici.” Spiegò. “Devi starle accanto, perché la cosa può solo peggiorare, fino a farle calare la vista del tutto.” Continuò l’anziana.
“Così non potrò più vedere?!” esclamò Astrid.
“Vedrai solo molto poco, ma non potrai muoverti autonomamente, non avrai vista a sufficienza. Ai tuoi occhi il mondo risulterà come la tavolozza di un pittore, un miscuglio di colori messi a caso. Non potrai vedere le sagome di nessuno. Ci sono eccezioni però: se non hai inalato la polvere per più di un’ora, nel giro di pochi mesi tornerai a vedere. Comunque per sicurezza Hiccup starà con te.”  Spiegò. Ringraziammo  con un cenno ed uscimmo dalla casa. Era sera inoltrata e la luna splendeva meravigliosa nel cielo oscuro. Durante il cammino Astrid mi prese la mano e me la strinse. La guardai e mi accorsi che stava piangendo.
“Astrid… che c’è?” domandai dolcemente, fermandomi.
“Per due mesi non potrò vedere bene…” singhiozzò.
“Lo so Astrid… ma non ti lascerò sola. Non preoccuparti.” La rassicurai, asciugandole una lacrima. Lei mi sorrise e mi abbracciò forte.
“Grazie… sei l’amico migliore del mondo.” Mi sussurrò, stringendomi di più. Quella frase mi scaldò il cuore. Peccato che io sia per lei solo un amico.

ANGOLO AUTORE
Buongiorno a tutti. Eccoci qui al quarto capitolo. Come vi sembra la storia? Ditemelo nelle recensioni. Ce la faranno i nostri eroi a trovare il motivo dello strano comportamento di Tempestosa? Cosa ne pensate? Ditemelo nelle recensioni. Qualunque cosa ditemela nelle recensioni. In poche parole recensite numerosissimi. Mi serve a migliorare, così potrete leggere capitoli più interessanti o scritti meglio. ;)
Un bacione
Astrid

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


POV. ASTRID

Arrivammo a casa e mi precipitai a sedere di fianco al camino. Intanto Hiccup mi preparava una medicina che Gothi si era raccomandata di darmi per guarire più rapidamente. Il fuoco scoppiettava e mi regalava una sensazione magnifica e avvolgente. D’un tratto sentii dei passi avvicinarsi a me e subito dopo due mani sul collo.
“Astrid, ho finito la medicina. Tieni.” Mi disse, porgendomi una ciotola in legno contenente un balsamico liquido. Lo bevvi, esitando un po’, infine restituii ad Hiccup la scodella vuota, mentre sul mio viso si disegnò una smorfia di ribrezzo.
“Hiccup! Che… che schifo, ma cos’è?!” chiesi tirando fuori la lingua.
“E’ un miscuglio alle erbe. Lo so, non è il massimo ma lo devi prendere se vuoi guarire prima…” mi riprese lui, lavando la ciotola. Un brivido di disgusto mi pervase, ma poi decisi di concentrarmi sul fuoco e sul suo dolce cullare. Dopo un po’ Hiccup mi raggiunse e si sedette accanto a me. Sdentato seguì l’esempio del suo Cavaliere e si avvicinò a noi. Io mi irrigidii ed Hiccup lo notò.
“Astrid… che succede?” mi domandò. Sospirai e mi decisi a parlare.
“Hiccup… io ho paura dei draghi.” Gli dissi. Il suo sguardo era incredulo e la bocca spalancata.
“Hai paura dei draghi?” sussurrò. Annuii ed una strana sensazione cominciò a pervadermi. Una stretta allo stomaco e gli occhi lucidi. Continuavo a fissare la calda danza del fuoco, quando una lacrima solcò il mio viso. Lui me la asciugò dolcemente.
“Che c’è Astrid?” domandò. “Perché piangi?”
“Perché non posso immaginare di essere io. Non posso immaginare di essere così. Avete sempre conosciuto un Astrid sicura e fredda. Ma in questi mesi ti renderai conto a quante bugie avete creduto.” Singhiozzai senza distogliere lo sguardo dal fuoco.
“Astrid… tu sei la mia migliore amica e ti conosco bene. Tu hai un carattere bellissimo, degno di una vichinga.” Spiegò.
“Ma vedi, forse io non sono una vichinga. I vichinghi non piangono per queste sciocchezze e non si disperano se parte dei loro capelli ha cambiato colore grazie ad uno stupido rettile! E cosa più importante, i vichinghi non si lamentano se perdono qualcosa. Vedi, io ho perso parzialmente la vista e mi sto lagnando. Tu hai perso parte della gamba sinistra e mai ti sei lamentato. Io… io ti ho sempre criticato dicendo che sei un buono annulla. In verità sei più vichingo ti di tutti noi!” chiarii. Hiccup mi carezzò le punte dei capelli che erano sciolti e mi strinse a sé. Mi allontanò delicatamente e mi lasciò un tenero bacio sulla fronte.
“Astrid! Hai la febbre!!” esclamò.
“No, sto be…” non terminai la frase che svenni.

POV. HICCUP
Svenne tra le mie braccia. Era calda come il sole, stava male e toccava a me curarla, il che non mi dispiacque, perché stavo assistendo la ragazza dei miei sogni. Mi soffermai a guardarla. Meravigliosa nella sua semplicità. Non aveva un filo di trucco, eppure è la ragazza più desiderata di tutta Berk. Sorrisi e la presi in braccio, portandola sul soppalco e mettendola a letto. Intinsi con l’acqua una pezza e gliela posizionai sulla fronte, infine mi misi a letto anche io.
Era mattino ed i miei occhi si aprirono pigramente. Una luce grigiognola filtrava dalla finestra: era una delle solite giornate piovose che invogliano a restare imbucati in casa dinanzi al camino. Ma con Astrid non fu semplice. Dopo poco aprì i suoi meravigliosi occhi e si voltò verso di me, accennando un tenero sorriso e posizionando un braccio sul mio petto.
“Buongiorno Astrid.” Sussurrai spostandole una ciocca del ciuffo dal viso.
“Giorno Hic.” mi rispose. Mi girai su un fianco e le baciai la fronte.
“Hic! Ma che fai?!” mi domandò arrossendo.
“Ho sentito se hai la febbre. Ti è passata fortunatamente.” Risposi ridendo. Lei mi guardò con sguardo incantato e poi si alzò dal letto.
“Vedo che ti stai riprendendo rapidamente!” constatai felicemente. Lei si girò verso di me e mi sorrise dolcemente, facendomi notare ed ammirare la sua bellezza. Questo momento di gioia fu interrotto brutalmente da una dolorosa fitta che la face cadere a terra in ginocchio ed urlare sofferente. Mi chinai rapidamente su di lei e la presi in braccio, facendola stendere delicatamente sul letto e stringendole la mano. Lei respirava profondamente per calmarsi e corrugava la fronte dolorante. Dopo qualche minuto tutto finì.
“Scusami Astrid, non volevo portare sfortuna. È che mi piacerebbe tanto rivederti attiva come una volta…” dissi.
“Non ti preoccupare… anche io ho il tuo stesso desiderio…” mi rispose assorta nei suoi pensieri.

POV. ASTRID
Stavo meditando. Sì, meditavo su me stessa. Guardatemi, sono ridotta ad uno straccio. Non riesco a stare in piedi per più di un minuto che già mi sento mancare, le fitte mi colgono di sorpresa e… ho paura. Non solo dei draghi,  ho paura di tutto. Di come sarà il mio futuro, di che morte dovrò morire, con chi passerò il resto della mia esistenza, se riuscirò a superare la paura dei draghi, se mai riuscirò a dirglielo e se mai riuscirò ad accettarlo. Sì, forse questa è la cosa che più mi intimorisce. Ho paura di essere innamorata. Astrid Hofferson ha paura dell’amore. Io… io non sono quella ragazza che fin da bambina sognava il principe azzurro che ti salvava dalla torre a cavallo di un bel destriero bianco. No. Io non ho mai creduto nell’amore. Sono sempre stata occupata a fantasticare sul diventare una valorosa guerriera vichinga. Ecco le mie fantasie, la guerra. Sì, volevo diventare la miglior guerriera vichinga cha Berk avesse mai conosciuto. Quella guerriera che adesso ha paura di una lucertola troppo cresciuta. La collera cominciò a crescere e crescere impetuosa e come un’onda s’infrange sulla spiaggia, la mia rabbia culminò assumendo forma di gocce che cominciarono a scorrere lungo la mia guancia.
“Astrid… che hai?” domandò Hiccup preoccupato.
“Sono i miei soliti sbalzi d’umore che ho in questo periodo.” Mentii. Lui mi guardò interrogativo.
“No Astrid. Adesso devi dirmi tutto ciò che ti passa per la testa, TUTTO. Dovrò passare con te il resto dei mesi; se non ti confidi con me, con chi pensi di farlo?” mi domandò. Effettivamente aveva ragione: lui è il mio migliore amico ed è giusto che ognuno di noi confidi i propri segreti l’un l’altra. Sospirai.
“Hiccup… ti sembrerà strano, molto strano ma… ho paura.” Dissi.
“Hai paura? Sì lo so hai paura dei draghi ma non….” Non finì la frase che gli chiusi la bocca con un dito.
“Non ho paura solo dei draghi, quello è il minimo.  Ho paura del mio futuro, ho timore della morte, ho paura di non passare il resto della mia vita con l’uomo che amo ma soprattutto…. Ho paura di innamorarmi.” Spiegai. Hiccup alzò un sopracciglio.
“D’avv-vero? Balbettò. Feci cenno con la testa poi mi avvicinai a lui e ci guardammo. Ammirai incantata quegli occhi color smeraldo e poi chiusi i miei, avvicinandomi ancora al suo viso. A pochi millimetri di distanza stavo per coronare quel momento con un bacio ma lui mi fermò, allontanandomi leggermente.
“Hiccup?”
“Astrid… ti prego. Hai detto che hai paura dell’amore, no? Per favore, non innamorarti di me.” Mi disse. Ebbi un tuffo al cuore. Come non innamorarti di me?
“Io… io non capisco. Cosa vorresti dire?” domandai sconcertata.
“Vorrei che tu passasti la vita al meglio e con a fianco un uomo degno di te… non come me.” Spiegò.
“No Hiccup. Tu… tu non capisci proprio. Tu non sei sbagliato no, per niente!” cercai di farlo ragionare. Lui scosse nuovamente la testa. Altre lacrime cominciarono a lucidarmi gli occhi cristallini.
“Hiccup!! Per favore! Come puoi dire questo?!” singhiozzai. Si avvicinò a me e mi fece una carezza, sorridendo.
“Astrid, tu sei perfetta. Non puoi avere un ragazzo a fianco a te imperfetto. L’amore completa, non rovina.” Mi sussurrò dolcemente. Tolsi bruscamente la sua mano dal mio viso e mi girai dalla parte opposta, mentre le lacrime cominciarono a scendere e scendere come fiumi, ignorando la mia forza che si imponeva su di loro. Libere, scorrevano spensierate ignare del fatto del mio desiderio di terminare. Ma no, loro sono libere.
“Se… se la pensi così… la porta è aperta. Non ho bisogno di te.” Dissi.
“Astrid… cerca di ragion…”
“HO. DETTO. VAI.” Proferii chiara. Lui si alzò a testa bassa e scese le scale. Sentii dei movimenti che raccoglievano la tuta alare e poi passi che si dirigevano verso la porta. Un leggero tonfo ed il silenzio, interrotto dal delicato rumore della danza della pioggia che si stava svolgendo sul tetto di casa mia. Mi abbandonai alla tristezza, affondando il mio viso in lacrime nel cuscino. L’amore è come la guerra… non la senti arrivare, ma quando se ne va lascia i segni.

POV. HICCUP
E lei è fragile, proprio come una rosa. Ma mette tante spine attorno a sé per evitare che qualcuno ne venga a conoscenza. Lei non può amare me, perché io sono solo un singhiozzo.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti ragazzi e benvenuti a questo nuovo vid.... capitolo. ;)
Come vi sembra? A Natale siamo tutti più buoni, perciò recensiteeeeeeeeeeeeeeee!!!!! Taaantoooo!!!
Un bacio e buona antiviglilia, vigilia e Natale.
Astrid

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


POV. ASTRID
Per mesi mi rintanai in casa, la sofferenza sia fisica che morale mi stava uccidendo. Le fitte alla testa si impadronivano di me e della mia debolezza spesso ed io non avevo accanto nessuno ad aiutarmi, a stringermi la mano, a donarmi una carezza. Hiccup non si era fatto più vedere ed io ne soffrivo.
Era già arrivato l’inverno, più precisamente era il giorno dello Snoggheldhon, il giorno più felice di tutto l’anno. Un momento: sarebbe dovuto essere il più felice. Infatti io inizialmente non lo passai affatto bene. Le uniche cose a farmi compagnia erano le fitte alla testa, il silenzio e le lacrime. Mentre ero in cucina a cercare a tastoni da mangiare, sentii qualcuno bussare. Sbuffai e mi diressi alla porta, che in pochi secondi aprii. Sussultai.
“Hic…. Hiccup.” Sussurrai sorpresa. Sorrisi timidamente e mi avvicinai a lui con l’intenzione di abbracciarlo ma… gli tirai un ceffone.
“E… e questo?!” mi domandò carezzandosi la guancia colpita.
“Questo per non esserti fatto vedere per sei mesi! Non sai quanto ne ho sofferto!!!” spiegai. Il suo sguardo scese fino agli stivali e si fece triste. Provai un po’ di compassione, perciò gli feci una carezza sulla gota rossa dal mio schiaffo e vi regalai anche un bacio. Mi guardò: aveva gli occhi che sorridevano e la sua mano raggiunse la mia. Osservai le nostre mani intrecciate e arrossii.
“Entra pure.” Dissi, trascinandomelo dietro. Lasciai la sua mano, così lui varcò la soglia e camminò verso la cucina. Chiusi la porta e lo guardai mentre si voltava. Sorrisi e gli corsi incontro, finendo tra le sue braccia. Lui mi strinse forte a sé e mi baciò la fronte.
“Hiccup… sono felice di riabbracciarti.” Sussurrai dolcemente. Lui mi alzò il viso con un dito e lo rivolse al suo, guardandomi intensamente.
“Astrid… scusami per… per tutto…” mi disse, stringendomi ancora di più, come se mi volesse tutta per sé. “Fa che la voglia di amare sia più forte della paura di soffrire ancora…” mi sussurrò dolcemente. Io lo guardai, presi la sua testa fra le mani e, dopo qualche secondo lo baciai. Lui non oppose resistenza anzi, ricambiò subito e mi cinse i fianchi con le mani. Il bacio fu lungo e passionale e quando ci staccammo Hiccup mi sorrise teneramente, donandomi una leggera carezza sulle labbra.
“Hiccup… tu sei perfetto…” dissi sorridendo e guardandolo incantata.
“No Astrid, non è vero. Vedi… ho sbagliato… non dovevo baciarti… in questo modo ti ho fatto capire…” Hiccup non finì la frase che io gli bloccai la bocca con un dolce bacio. “Che ti amo.” Terminò quando ci staccammo.
“Anche io Hiccup. Io ti amo alla follia.” Risposi carezzandogli i capelli. Lui sorrise e mi coinvolse in un abbraccio pieno d’amore.
“Ti va di andare in piazza e festeggiare lo Snoggheldhon con gli altri?” mi propose. Io annuii. “Bene, allora adesso vado a cambiarmi. Ci vediamo dopo che vengo a prenderti.” Mi disse. Sciogliemmo quell’abbraccio e lui si diresse verso la porta e la aprì, ma io lo fermai per un braccio, tirandolo a me e coinvolgendolo in un leggero bacio. Mi sorrise e se ne andò. A fatica raggiunsi il soppalco per andare a cambiarmi ed ancora più difficile fu la scelta “al buio” dei vestiti. Per fortuna con la memoria e le chiazze di colore sfuocate che riuscivo a vedere decisi cosa mettermi. Indossai una maglietta smanicata nera ed una gonna bianca di tulle che arrivava poco sopra alle ginocchia. Dei leggins neri mi coprivano le gambe ed una pelliccia bianca mi cingeva le spalle. Gli stivali erano bianchi e misi in testa una piccola coroncina che mi regalò mia mamma alla nascita. Ero quasi pronta e mentre mi dirigevo allo specchio per guardarmi, notai sulla toletta un braccialetto marrone. Cercai con tutte le mie forze di metterlo a fuoco ma non ci riuscii. Sentivo dentro me che aveva qualche valore affettivo, perciò decisi di indossarlo. Sentii bussare alla porta: Hiccup era venuto a prendermi. Corsi da lui, ma nel tentativo inciampai. “Stupida vista…” sussurrai. Mi rialzai e mi diressi cautamente alla porta. La aprii e vi trovai un’affascinante Hiccup. Indossava il solito modello della tuta ma senza la membrana alare, il coltello e le varie rondelle. Un prototipo più sobrio ed elegante.

POV. HICCUP
Per Odino! Astrid era bellissima, con quella gonna diversa dal solito, quel corpetto nero e le leggins dello stesso colore. I miei occhi si illuminarono come quelli di un bambino che trova nell’elmetto un regalo lasciato da Odino il giorno dello Snoggheldhon.
“A-Astrid… sei… sei bellissima…” balbettai arrossendo.
“A-anche t-tu Hic…” mi rispose farfugliando imbarazzata.
“Milady… mi concede questa passeggiata?” proposi, porgendole la mia mano. Lei la guardò e mi sorrise, poi la afferrò. Cominciammo a camminare e, passo dopo passo, lei si avvicinava sempre di più al mio fianco. La guardai: oh dei, quant’era bella. Bellissima, meravigliosa. Questa rarità della natura mi aveva donato per tre volte le sue calde labbra. Scesi a guardarla e mi soffermai ad osservare la mano che era intrecciata con la mia.
“Astrid! Hai indossato il mio braccialetto!” esclamai felice.
“Lo dicevo che c’era un qualcosa di affettivo con questo bracciale!” mi rispose contenta. Le sorrisi e le posai un bacio sui capelli. Lei aveva indossato il braccialetto che le regalai quattro anni fa, in occasione del suo sedicesimo compleanno. C’erano incise le nostre iniziali e la sigla “BFF”.
“Vieni Astrid. Devo mostrati una cosa…” dissi. Lei mi guardò interrogativa ed io cominciai a correre, trascinandomela dietro. Dopo qualche minuto di corsa giungemmo sulla scogliera. Il panorama era fantastico. Gli alberi innevati, il suolo candido ed il mare calmo.
“Eccoci arrivati…” dissi, respirando affannosamente per via dell’andatura veloce.
“Hic… lo sai che non vedo niente….” Mi sussurrò sconsolata.
“Beh… non volevo proprio farti vedere qualcosa. Ma volevo che tu mi ascoltassi.” Le dissi, senza mollarle le mani. Lei mi guardò interrogativa e la faci sedere su una panchina per spiegarmi meglio e con più tranquillità.
“Allora Astrid. Io ho sempre avuto paura di rovinare la nostra amicizia, sempre. Per questo motivo non ti ho mai svelato il mio più grosso segreto: che sono innamorato di te. Per me sei come l’ossigeno, senza di esso non si vive e io senza di te morirei. . Tu sei il mio sogno più bello. Tu per me sei vita. Come farei senza i tuoi sorrisi, la tua voce, i tuoi occhi cristallini, il tuo sostegno… come farei senza te…? Ho sempre temuto che mostrandoti l’amore che provo per te avrei potuto compromettere la nostra splendida amicizia…” confessai. Lei sorrise ed allungò una mano verso di me, posandola sulla mia guancia.
“Hic… non avresti dovuto aver paura perché quell’amore che provavi e provi per me è ed era ricambiato. Forse non da subito ma… da quando mi hai portato a fare quel romantico volo su Sdentato la prima volta…. Hai occupato il mio cuore a tempo pieno.” Ammise. Sorrisi e la abbracciai forte. La sentii così vicina a me… così mia. La allontanai cautamente da me e le ripresi la mano.
“Astrid Hofferson… v-vuoi diventare la mia ragazza?” le chiesi. La vidi spalancare gli occhi e sbiancare. La risposta si fece attendere per molti minuti, lasciando che la paura mi divorasse senza pietà.

POV. ASTRID
Persi un battito. Hiccup mi aveva appena chiesto di diventare la sua ragazza?! La felicità crebbe impetuosa dentro me. Dopo qualche minuto di attesa, tempo che rese Hiccup sempre più nervoso, presi la sua testa tra le mie mani e la avvicinai al mio viso, coinvolgendolo in un dolce bacio che gli trasmetteva tutto l’amore che provavo per lui. Quando ci staccammo appoggia delicatamente la mia fronte sulla sua e incorniciai il suo bellissimo volto con le mie mani.
“Sì Hiccup, l’ho sempre sognato.” Sussurrai, vedendolo sorridere.
“Temevo che non volessi…” mi disse lui.
“Certo! Io mi faccio scappare l’amore della mia vita?! Nossignore!” esclamai, tirandogli un leggero pugno sulla spalla, uno dei miei soliti. Mi stesi ed appoggia la mia testa sulle sue gambe, mentre lui mi guardava con sguardo innamorato e mi carezzava i capelli. Dopo un po’ i miei occhi cristallini smisero di sprizzare gioia e vitalità e si coprirono con un velo di tristezza. Il mio ragazzo se ne accorse.
“Astrid… tutto bene?” domandò.
“Sono passati sei lunghi mesi dalla caduta e Gothi aveva detto che per riacquisire la vista avrei impiegato circa due mesi… comincio a sospettare che non potrò più vedere…” spiegai. Lui mi carezzò la gota.
“Astrid, tesoro mio. Vedrai che tornerai a vedere. Me lo sento.” Mi disse rassicurante. Sorrisi e mi avvicinai a lui, posandogli un bacio a fior di labbra.
Dopo qualche ora di coccole fra innamorati tornammo al villaggio per festeggiare lo Snoggheldhon insieme agli altri. Arrivammo in piazza tenendoci per mano, cosa che risultò strana agli occhi dei nostri amici.
“A-Astrid… che stai facendo?” domandò Moccicoso terrorizzato.
“Tengo per mano Hiccup… che c’è di male?” chiesi quasi infastidita.
“Nulla è che… non è il massimo stringere la mano di mio cugino… stringi la mano di un vero uomo!” disse Moccicoso porgendomi la mano. Lo guardai con sguardo ammiccante e tirai a me Hiccup, baciandolo passionalmente. Quando ci staccammo tornai a prendere la sua mano e a guardare Moccicoso. Non riuscivo a vedere il suo viso nei minimi dettagli, potevo solo immaginarlo guardarci con sguardo basito.
“Allora Moccio? Che c’è di tanto strano nel tenere la mano del proprio ragazzo?” domandai.
“Hicc-cup è il tuo ra-ragazzo?!” balbettò.
“Sì e non potevo desiderare di meglio. Sai, dovresti imparare da tuo cugino come conquistare le donne.” Dissi.
“Allora ragazzi. Perché non cominciamo a festeggiare lo Snoggheldhon?” propose Hiccup. Tutti acconsentirono felici ed incominciammo i festeggiamenti che, come tradizioni vichinghe tengono, andarono avanti fino a notte inoltrata danzando, cantando, mangiando e bevendo idromele senza sosta. Nella Grande Sala c’era profumo di festa e gioia. D’un tratto avvistai Stoick avvicinarsi a me ed Hiccup con sguardo serio. Tirai il braccio del mio ragazzo per attirare la sua attenzione e si girò verso di me.
“Che c’è Astrid?” domandò.
“T-tuo padre si sta dirigendo verso di noi con aria non tanto felice…” sussurrai indicando l’uomo timidamente. Lui percorse il mio dito ed incontrò lo sguardo smeraldino e severo del genitore. 
“Papà! Ma che bello vederti!” disse con una mezza risatina nervosa.
“Astrid. Figlio.” Ripose l’omone per salutarci.
“C-che è successo?” domandò Hiccup preoccupato.
“Nulla figliolo. Vedo che siete tornati amici.” Proferì indicando le nostre mani intrecciate.
“Non proprio…” replicò Hiccup grattandosi la nuca imbarazzato.
“Come no?! Ma vi state tenendo per mano!”
“Capo Stoick… Hiccup è diventato il mio ragazzo…” svelai infine.
“D-davvero?” balbettò incredulo. Io ed Hic ci guardammo ed annuimmo.
“Sì è il mio ragazzo e non avrei mai potuto desiderare di meglio.” Esclamai ricevendo un bacio sui capelli da Hic ed una risata felice da Stoick che successivamente mi poggiò una mano sulla spalla e mi sussurrò:” Sono fiero che mio figlio abbia scelto una giovane donna splendida come te.”. Sorrisi e mi strinsi ad Hiccup. D’un tratto cominciai a sentirmi male: la testa cominciò a pulsarmi e ciò non mi piacque.
“Hiccup…. vado fuori…” sussurrai facendo una smorfia dolorante e tenendomi il capo tra le mani. Lui capì subito che era qualcosa dovuto alla testa e lì, in mezzo a quel baccano, nulla poteva aiutarmi.
“Ti accompagno.” Disse prendendomi per mano e cominciando a correre fuori dalla Grande Sala. Quando riuscimmo ad uscire feci un lungo respiro per cercare di soffocare il dolore.
“Tutto ok Astrid?” mi domandò preoccupato Hiccup. Sorrisi debolmente e poggiai una mano sulla sua gota.
“Certo… se sto con te.” Risposi. Sorrise e mi abbracciò forte.
“Ti amo.” Disse accarezzandomi i capelli.
“Anche io Hiccup…. Non abbandonarmi mai.” Sussurrai prima di perdere i sensi tra le sue braccia.
 
ANGOLO AUTORE
Buon pomeriggio a tutti. Questo è il mio sesto capitolo e spero vi piaccia. E’ molto dolce rispetto agli altri. Di fatti è il mio preferito per ora. Vi chiedo scusa in anticipo per gli eventuali errori grammaticali o di battitura. Spero di non averne fatti e spero che la storia vi piaccia.
Un bacione immenso.
Astrid

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


POV. HICCUP
La stavo stringendo tra le mie braccia, quando sentii che allentò la presa e la sua testa si posò delicatamente sulla mia spalla. Le sue gambe si fecero molli e mi preoccupai molto.
“Astrid…?” la chiamai sorreggendola. Niente risposta: aveva perso i sensi nuovamente. La portai in casa sua e la stesi sul letto. Accesi il camino per riscaldarci e mi misi a dormire accanto a lei.
“Buona notte vita mia.” Sussurrai posandole un bacio sulla fronte. Dopodiché mi concessi al sonno.
Aprii gli occhi e mi girai verso Astrid e notai che durante la notte si era svegliata. Come l’ho capito? Aveva cambiato posizione da quando l’avevo messa io nel letto. I suoi lunghi capelli biondi scendevano lungo le spalle e una mano stringeva la mia. In quel momento si mosse ed aprì gli occhi cristallini. Si voltò verso di me senza lasciare la mia mano.
“Buongiorno amor mio…” sussurrò lei.
“Buongiorno fonte di vita.” Le risposi. Oh, quanto l’amavo. Lei sorrise e mi posò un dolce bacio sulle labbra.
“Oggi che si fa?” mi chiese.
“Mmm… non so. La mia ragione di vita cosa vuole fare?” domandai scostandole delicatamente il ciuffo che le oscurava l’occhio meraviglioso.
“La tua ragione di vita vuole fare un bel volo su Sdentato.” Propose.
“Astrid… non vorrei privarti della sensazione di libertà che ti dona il volo ma… tu non ci vedi e non vorrei ti capitassero altre disgrazie…” risposi.
“Hic… vedrai che non succederà nulla.” Mi rassicurò. L’indecisione mi pervase: da un lato volevo renderla felice, vederla gioiosa è ciò che appaga di più, ma dall’altro il fidanzato premuroso che c’è in me non vuole far del male ad una rarità del genere.
“E va bene. Ma solo perché ti amo e voglio renderti la donna più felice dell’universo.” Dissi. Lei sorrise e prese il mio capo tra le mani e mi baciò.
“Ti amo.” Mi sussurrò quando ci staccammo. Si alzò e, con passo abbastanza sicuro, si incamminò verso la seda dove erano posizionati i suoi vestiti.
“Astrid è… è tutto a posto?” chiesi vedendola rattristire.
“Sì è che… Tempestosa… comincio ad essere seriamente preoccupata…” mi rivelò. Mi alzai dal letto e mi diressi verso di lei, poi la presi per i fianchi e la tirai a me.
“Oggi faremo un volo con tutti i cavalieri ed andremo alla ricerca del tuo drago. Va bene?” domandai carezzandole la guancia. Deglutì ed annuì. Scrissi in un foglietto la comunicazione di trovarci tutti all’accademia e lo mandai tramite la posta volante a mio cugino, che avrebbe poi fatto passaparola a tutti i Cavalieri dei draghi. In poco ci ritrovammo tutti all’Arena.
“Ragazzi, oggi faremo un volo per cercare il drago di Astrid. Ormai sono sei mesi che non fa ritorno ed Astrid è molto preoccupata.” Annunciai.  Tutti annuirono e, senza dire una parola, salirono sui loro draghi e spiccammo il volo. Sorvolammo il mare del Nord. L’aria era gelida ed avevo molta paura per Astrid.
“Ehi Astrid… tutto bene qui dietro?” domandai.
“Sì Hic, per ora nulla di strano.” Mi rispose. Tirai un sospiro di sollievo: se c’era una cosa che proprio non sopportavo era  vedere Astrid soffrire. Le carezzai dolcemente la mano che era poggiata sulla mia spalla e nel momento in cui stavo per darle un bacio, la mia attenzione si rivolse altrove.
“Che c’è Hiccup?” mi domandò Astrid, resasi conto di un mio repentino irrigidimento.
“Ho sentito delle voci. Ragazzi! Fermatevi qui e controllateci dall’alto. Se vi renderete conto che abbiamo bisogno d’aiuto non esitate ad intervenire. Intesi?” ordinai.
“Affermativo Capo!” disse Testa di Tufo. Io, Astrid e Sdentato ci dirigemmo verso le voci da me sentite e ci trovammo davanti una grande nave.
“Cosa…?” sussurrai io, cercando di capire meglio le parole.
“Hic…. Hic dobbiamo nasconderci! Sospesi in aria ci troveranno!” mi consigliò Astrid.
“Sì, hai ragione.”. Trovai una piccola grotta vicina alla nave, grotta nella quale le voci giungevano a noi più chiare.
“S-sono c-cacciatori di draghi…” balbettò Astrid. La guardai ed annui sconsolato.
“Drago Blu che?! Lavorano per questa persona? Devo dirlo a mio padre.” Dissi sconcertato. Mi alzai e mi diressi da Sdentato, seguito da Astrid. Salimmo e spiccammo il volo verso gli altri Cavalieri.
“Allora Capo Hiccup?” domandò ironicamente mio cugino.
“Non c’è assolutamente niente da scherzare, Moccicoso.” Sentenziai chiaro e severo. “Sono cacciatori di draghi che lavorano per un certo… Drago Blu qualcosa, non abbiamo capito bene.”
“Dobbiamo dirlo a zio Stoick, allora.” Ribadì Moccicoso.
“Mocciolo tu chiami Capo Stoick… zio?” chiese Testa di Tufo ridendo.
“Perché no scusami, Testa di yak? Se è mio zio è mio zio.”
“Sembri un poppante!!” lo derise Testa di Tufo.
“Basta ragazzi per favore!!” urlai. “E’ una cosa seria lo volete capire?! Forza, voliamo a Berk e non voglio sentire un solo “ma”! ammonii innervosito.
“Ma…” balbettò Tufo per mettere alla prova la mia pazienza. Mi girai verso di lui e con sguardo glaciale lo zittii all’istante.
Il viaggio per Berk filò liscio, ero stato molto chiaro con i ragazzi. Così chiaro che quasi incutevo paura. Ma ero teso, molto testo: qualcosa di mi diceva che sarebbe successa una catastrofe.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti ragazzi!! Eccomi qui ad aggiornare la mia FF. E’ un capitolo più corto rispetto agli altri. In realtà un po’ molto più corto (lunga vita alla grammatica italiana) rispetto agli altri. Non pensate che mi sia venuto un vuoto immenso e la fantasia se ne sia andata a fare un viaggio per l’ultimo dell’anno. No. Volevo solo lasciare un po’ di suspense. Ah giusto: ho colto l’occasione per augurarvi un felice 2015 e di passare una bella serata e notte.
Un bacione e recensite numerosissimi.
Astrid

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***



POV. ASTRID
Atterrammo nella piazza del villaggio dopo mezz’ora di volo. Fu un tragitto alquanto silenzioso: questa volta Hiccup era realmente teso e si vedeva.
“Astrid, se vuoi tu va a casa. Io devo parlare con mio padre.” Mi disse aiutandomi a scendere da Sdentato porgendomi la mano.
“Non preoccuparti, vengo anche io. Potrei darti una mano.” Risposi. Mi sorrise e mi strinse al suo fianco, passeggiando abbracciati verso casa di suo padre.
“Papà siamo noi.” Disse Hiccup bussando. Stoick ci aprì e ci accolse con un caldo sorriso.
“Entrate pure, ragazzi.” Disse. Varcammo la soglia e ci sedemmo su una delle panche attorno al tavolo. Hi era molto nervoso, perciò gli presi la mano e cominciai a carezzargliela per calmarlo.
“Allora, figlio mio, a cosa devo questa tua visita?” domandò il Capo.
“Papà, oggi noi Cavalieri siamo andati a cercare il drago di Astrid non essendo ancora tornato passati sei mesi. Ecco… sorvolando il mare abbiamo incontrato dei cacciatori di draghi che lavorano per un cerco Drago Blu… Blu di vista o qualcosa del genere….” Spiegò Hic. Il nostro sguardo si posò su Stoick, il quale aveva sgranato gli occhi e ci aveva sorpreso sbattendo un pugno sul tavolo in legno.
“Drago Bludvist!” esclamò.
“Sì ecco. Drago Bludvist. Ma lo conosci papà?” domandò Hiccup.
“Certo che lo conosco. Quel Bludvist è un pazzo pericoloso senza coscienza nè pietà col quale, figlio mio, non è possibile ragionare a cambiarlo. I tuoi metodi non serviranno null’altro che mettervi in pericolo. Perciò vi chiedo di non avvicinarvi mai più per nessun motivo a quella nave, men che meno a quell’uomo!” spiegò con terrore. Hiccup mi strinse la mano più forte e sul suo volto si disegnò un’espressione arrabbiata.
“Io non mi arrenderò papà, costi quel che costi. Voglio ritrovare il drago di Astrid.” Dichiarò.
“Per favore Hiccup! Per una volta nella tua vita potresti per piacere ascoltarmi?! Lo dico per il tuo bene figlio! Non voglio che succeda nulla né a te né ad Astrid come al resto dei Cavalieri intesi?!”
Hiccup lo guardò con sguardo di disapprovazione ed uscì trascinandomi dietro di sé.
“Hiccup, tuo padre ha ragione. Non possiamo rischiare la vita per ritrovare Tempestosa!” dissi, cercando di farlo ragionare.
“Astrid, almeno tu appoggiami! Non mi rende sereno il fatto che ci siano cacciatori di draghi in giro. Potrebbero venire a Berk e prendere i nostri!” spiegò.
“In un certo senso hai ragione. Ed ora cosa pensi di fare?” chiesi preoccupata.
“Mi farò catturare dai cacciatori per portarmi da Bludvist.” Appianò. Sussultai e le lacrime cominciarono a bagnare i miei occhi.
“No Hic! Per favore non provare per nessuna ragione al mondo a fare una cosa simile!” urlai sbattendo la porta di casa alle mie spalle. Giunti all’interno della mia abitazione tutto si sarebbe risolto meglio e lontano da sguardi indiscreti.
“Perché Astrid?!”
“Perché io ti amo e non voglio perderti! Sei la cosa più preziosa che mi resta! Non voglio perdere anche te!!” urlai disperata, rimasta in balia delle lacrime. Lui mi guardò e mi abbracciò forte.
“Neanche io voglio perderti, Astrid. Ti amo come non ho mai amato nessuno, ti amo più della mia stessa vita e l’idea di perderti mi ucciderebbe.” Mi sussurrò dolcemente. Quelle parole mi scaldarono il cuore, tant’è che gli presi il viso tra le mani e lo baciai con passione, trasmettendogli tutto l’amore che provavo per lui. Durante il bacio lui mi asciugò le ultime lacrime che mi bagnavano il viso con i pollici ed io insinuai una delle mie piccole mani sotto la camicia che portava al posto della tuta alare. Mano che rapidamente venne fermata e  tolta delicatamente dallo stesso Hiccup.
“Astrid…. La sai la legge…. fuori dal matrimonio non si potrebbe….” Mi ricordò Hiccup.
“Lo so ma potrebbe essere l’ultima volta che ti vedo e… vorrei avere almeno un tuo ricordo.” Sussurrai con voce flebile e strozzata dalla tristezza. Non posso pensare ad un universo senza lui. Io morirei. Sospirò e mi guardò per pochi secondi. Dopodiché riprese a baciarmi e quando insinuai la mia mano sotto la maglia non oppose resistenza e ci portammo nel letto.
Era mattino quando i miei occhi si aprirono pigramente, trovandomi stretta tra le braccia di Hiccup che dormiva con un piccolo sorriso sulle labbra. Hic aprì lentamente i suoi occhi verdi e mi guardò assonnato.
“Astrid! Cosa abbiamo fatto!” esclamò. “C-ci s-siamo….” Disse senza completare la frase.
“Hiccup. Se dovesse nascerne un bambino da questa unione, sappi che nascerà la creatura più bella dell’universo perché il padre è l’uomo più bello che esista.” Sussurrai. Lui mi guardò sorridente e mi carezzò il viso.
“Ti sei dimenticata di dire che la madre è una rarità della natura.” Aggiunse.
Lo amo troppo per perderlo. La mia vita senza di lui non sarebbe nulla.

ANGOLO AUTORE
Non mi dilungo troppo. Volevo solo dirvi: AUGURONIIIIIIIIIIII. UN BUON 2015 PER TUTTI VOI.
Un bacio
Astrid

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


POV. HICCUP
Uscimmo di casa e ci trovammo tutti all’Accademia. Ero molto teso, poiché oggi avrei messo in atto il mio piano del tutto azzardato.
“Ragazzi. Oggi… oggi io troverò Tempestosa.” Dichiarai. Astrid si girò verso di me allarmata.
“No Hic… ti prego no. Ne abbiamo già parlato, è fuori discussione. Non puoi rischiare la vita per… per trovare un rettile che mi ha ridotto ad usare solo tatto, gusto, olfatto e udito e mi ha rovinato i capelli!!” esclamò.
“Astrid, io te la devo trovare. E poi voglio sapere cosa stanno tramando quei cacciatori con quel Blu… non ha importanza!” chiarii.
“Sì che ha importanza. Bludvist potrebbe farti del male ed io non voglio perderti. Hiccup… prima che sia troppo tardi pensaci! Quello che vuoi fare è una pazzia!” gridò Astrid, con le lacrime agli occhi.
“Hiccup ma… cosa pensi di fare?” domandò mio cugino confuso.
“Mi farò catturare dai cacciatori di draghi per portarmi da Bludvist.” Spiegai.
“Almeno hai capito come si chiama…” sussurrò Astrid infastidita. La guardai seccato e tornai su mio cugino.
“E chi è questo Bludvist?” chiese nuovamente Moccicoso.
“Mio padre lo conosce e ha detto che è un pazzo pericoloso e che… sarebbe meglio starci alla larga…” spiegai rimanendo vago.
“Hiccup. Tuo padre ha detto che non dobbiamo più avvicinarci a quella nave, non che sarebbe meglio non farlo.” Mi corresse Astrid.
“Eh ehm. Così non mi aiuti!” sussurrai.
“E non intendo appoggiarti in un impresa del genere, Hiccup. Sai che ti ho sempre sostenuto, ma oggi no e non lo farei nemmeno sotto tortura.” Aggiunse.
“Si dai! Torturiamola! Che tipo di tortura preferisce signorina Hofferson?” chiese Tufo. Tutti noi, eccetto la sorella che era estasiata dai discorsi del fratello, lo guardammo con sguardo seccato.
“Per Odino! Come siete poco predisposti al divertimento! Tortura…” non finì la frase che io lo misi a tacere.
“Tufo per piacere! Evita di tirare fuori i tuoi discorsi poco normali in questo momento!” urlai. 
“Tornando a noi… Ma sei completamente andato fuori di te! Riprenditi scemo!” esclamò Moccicoso scuotendomi.
“Sono perfettamente in me, Moccicoso.”
“Ed è questo il problema, che sei in te! Pensa se non lo fossi!” disse Astrid
“Sì, sì avete ragione.” Ammisi. La mia ragazza sospirò e mi corse incontro, abbracciandomi.
“Cominciavo a pensare che non fossi tu. Non voglio perderti Hic!” mi disse.
“Mai e poi mai mi separerò da te…” sussurrai posandole un bacio sui capelli e subito dopo carezzandoglieli.
“Ma devo scoprire cos’hanno in mente quei cacciatori… non posso permettere che succeda qualcosa ai nostri draghi e soprattutto voglio scoprire cosa ha indotto Tempestosa ad un comportamento del genere.” Dichiarai.
“Si vede che sei un vichingo. Cocciuto e testardo, eh?” notò Astrid.
“Fiero di esserlo.” Risposi.
“E allora, sentiamo “signor se non rischio non c’è vita”, cosa intende fare per capire tutto ciò?” domandò Moccicoso.
“Ehmm… non so…”
“Hic, non c’è bisogno di rischiare la vita per trovare il mio drago… ne addestrerò un altro, se il problema è non riuscire a volare con indipendenza. E poi non avrebbe comunque senso, col fatto che non ci vedo.” Chiarì Astrid.
“Ma la vista prima o poi ti ritornerà…” dissi.
“Non lo so tesoro, comincio a dubitare passati sei mesi.” Rispose malinconica. Mi avvicinai a lei e le presi il viso tra le mani, donandogli una carezza.
“Sii fiduciosa. Vedrai che tornerai a vedere.” Sussurrai dolcemente. Lei accennò un sorriso e mi regalò un bacio a fior di labbra.
“Ehmm… non vorrei interrompere il vostro bel momentino romantico ma… se mi permettete non siete a casa vostra dove potete fare quello che vi pare ma siamo all’Accademia.” Precisò Tufo. Feci spallucce e mi rivolsi al resto della squadra.
“E quindi? Cosa importa se siamo a casa nostra o all’Accademia? Astrid è la mia ragazza e non mancherò mai di coccolarla, in qualsiasi posto ci troveremo.” Dissi chiaramente. Astrid mi abbracciò teneramente.
“Ragazzi, prendete esempio dal vostro Capo su come si conquistano le donne.” Esclamò divertita.
“Da chi?! Da Hiccup! Ma per piacere! Non ho nulla da invidiare a quella lischetta di mio cugino!” derise Moccicoso. Astrid lo guardò infastidita, si avvicinò a lui e gli tirò un bel pugno assestato nello stomaco.
“Uh, era da un po’ che non tiravo i miei soliti pugni. Devo riprenderci la mano, sono un po’ arrugginita..” disse guardandosi fieramente la mano che aveva appena colpito mio cugino.
“E’ vero Astrid, non mi hai fatto abbastanza male, direi.” Rispose sarcasticamente Moccicoso. Questa ironia non fu colta da Astrid o meglio… forse non l’ha voluta cogliere… e così gli tirò un ennesimo pugno.
“Questo era migliore?” domandò.
“Si…” replicò con la voce strozzata dal dolore mio cugino.
“Tanto meglio.” Esclamò una sorridente e soddisfatta Astrid che mi affiancò battendo le mani per pulirsele.
“Grazie mille Astrid per questa importante lezione di vita.” ringraziai ridendo.
“E’ stato un piacere, Capo Hiccup.”.
“Allora! Sono stanco di aspettare e vedervi discutere. Per favore, cosa vogliamo fare oggi?!” domandò adirato Gambedipesce, che fino ad adesso aveva assistito in silenzio senza dire una parola da un angolino.
“Oggi ci divideremo i compiti. Gambedipesce, tu andrai nella Grande Sala e cercherai nelle varie dragopedie notizie sugli Uncinati Mortali. Moccicoso e i gemelli invece ritorneranno nella Valle di Frigg e perlustrerete tutto il luogo ma… statemi bene a sentire. Non entrate per nessun motivo nella foresta, potrebbe succedervi la stessa cosa che è capitata ad Astrid. Non voglio un altro infortunato nella squadra.” Precisai.
“Agli ordini capo.” Risposero tutti all’unisono, precipitandosi nei posti da me indicati per rispettare i comandi da me dati.
“E noi? Che facciamo?” domandò Astrid.
“Noi oggi faremo qualsiasi cosa la mia bellissima dea desidererà fare.” Risposi dolcemente.
“Oggi la tua dea desidera…” Astrid non finì la frase che la nostra attenzioni ricadde su una voce più che familiare che chiamava impaziente ed impetuosa il mio nome.
“Hiccup!” di nuovo quella voce. Sbuffai e mi decisi a rispondere.
“Sì papà! Dimmi sono nell’Arena.”
“Oh! Eccoti figlio mio. Buongiorno mia bellissima Astrid. Ho bisogno di parlarti Hiccup” rivelò mio padre.
“Può venire anche lei?” domandai.
“Ma certamente. E’ una cosa importante, è di dovere che la tua ragazza assista.”
“Ok, andiamo a casa.” Dissi prendendo per mano Astrid e dirigendoci verso la mia abitazione. Arrivammo e papà chiuse la porta, invitandoci a sederci sulle panche.
“Bene. Eccoci qui. Figlio mio, ora hai vent’anni. Sei bello, forte ed hai spirito da leader. Ormai io comincio ad essere vecchio e per questo ho deciso di ritirarmi e passare il comando del villaggio a te.” Spiegò. Sgranai gli occhi e presi la mano di Astrid, stringendogliela.
“C-cosa?! V-vuoi ritirarti?! Papà io non sarò un bravo capo come te! Non saprò organizzare il villaggio come hai fatto tu!” esclamai in preda ala panico.
“Non è vero Hic. Tu sei sempre stato un eccezionale leader.” Aggiunse Astrid guardandomi dolcemente.
“La tua ragazza ha ragione, Hic. Prima o poi comunque capo dovrai diventarlo. Se non adesso, in futuro senza dubbio.” Chiarì. Sospirai profondamente. Mio padre mi aveva appena detto di prendere le redini del villaggio. IO non sono ancora in grado, ho tanto da imparare ed il lavoro dell’Accademia da portare avanti. La paura di sbagliare, di mandare alla deriva il villaggio non è poca, così mi alzai dalla panca ed uscii fuori di casa, lasciando Astrid e mio padre da soli.

POV. ASTRID
“Che cosa posso fare con lui? E’ un ragazzo testardo e cocciuto, determinato ed ha lo stesso carattere di sua madre.” Disse Stoick pensieroso.
“Capo Stoick… sua moglie doveva essere una grande donna.” Sussurrai.
“E lo era, ragazza mia. Una donna stupenda, colei che riuscii a sciogliere il mio cuore di ghiaccio.” Mi rispose malinconico, versando una lacrima.
“Ma lei non ha un cuore di ghiaccio, Capo. Lei ha un cuore caldo ed avvolgente, un cuore da padre, un cuore da amico e da marito ed un perfetto cuore da capo.” Dissi dolcemente. Lui mi guardò, accennando un sorriso, poi mi prese le mani e le strinse fra le sue.
“Astrid, ragazza mia… grazie. Ora però Hiccup dove lo andiamo a pescare? Chissà dov’è andato…”
“Lo cercherò io, capo. Non si deve preoccupare.” Dissi alzandomi e dirigendomi alla porta.
“Astrid… non darmi del “lei” e non chiamarmi capo, chiamami pure “papà”.” Suggerì ridendo.
“Ok ca… papà!” mi corressi chiudendo la porta dietro di me. Mi diressi a fatica a casa e quando vi entrai trovai Hiccup riposare sul letto.
“Ehi Hic…” sussurrai dolcemente carezzandogli i capelli. Aprì lentamente gli occhi e con il suo meraviglioso sguardo smeraldino mi guardò.
“Ciao piccola.” rispose sorridendomi e carezzandomi la guancia.
“Hai fame? Preparo la cena.” Dissi andando in cucina ma mi fermò.
“E’ tardi Astrid. Vieni a riposarti, non ho fame. Se poi tu vuoi mangiare fallo pure ma non cucinare per me.” Chiarì. Annuii e mi spogliai e dopo pochi minuti mi trovai affianco a lui.
“Buona notte amore.” Dissi baciandolo.
“Buona notte bellissima.”.
Mi svegliai ma non era ancora mattina, anzi. La luna torneggiava nel blu notte del cielo e controllava lo splendere delle sue stelle luminose. Mi girai assonnata verso Hiccup ma non lo trovai.
“Oh no! No Hiccup!” gridai intuendo l’accaduto. Mi vestii rapidamente e mi diressi a casa di Moccicoso.
“Moccicoso sono Astrid!” sussurrai bussando impetuosamente. “Avanti Moccicoso! Apri!” esclamai alzando la voce e continuando a bussare. Non ricevendo risposta sfondai con un calcio la porta, trovando Moccicoso un po’ insonnolito davanti a me.
“Mi spieghi cosa ci fai alle due di notte a casa mia?” mi riprese prendendo lucidità.
“Non stare a cincischiare! Si tratta di Hiccup! Mi sono svegliata e non l’ho trovato più a fianco a me!” spiegai nervosa.
“Ok. Sapevo che siete fidanzati ma… dormire pure insieme mi sembra eccessivo!” constatò.
“Senti Moccicoso! Non ho tempo per spiegarti il perché sono mesi che dorme con me. Ora dobbiamo pensare a trovarlo!”
“Ma mi interessa sapere perché!” replicò. Strinsi i pugni e gli tirai un ceffone, poi uscii di casa e mi diressi da Zannacurva e salii in sella.
“Ma che fai?!” domandò allarmato Moccicoso.
“Vado a cercare il mio ragazzo.” Risposi spiccando il volo. Sapevo che era una pazzia, perché vedevo poco e niente, ma per Hiccup avrei rischiato anche la mia stessa vita.
“Ehi bella. Riusciresti a localizzare l’odore di Hiccup?” chiesi carezzando le squame di Zannacurva. La dragonessa emise un verso gutturale, quasi a rispondermi e si mise a cercare con l’olfatto. Era già un’ora che volavamo e il tragitto proseguiva tranquillo. Abbastanza tranquillo, perché ci eravamo appena imbattute in una cappa di nubi. Cercavo di aguzzare la vista ma senza successo. D’un tratto, un drago gigantesco sbucò dalle nuvole e ci sorprese. Era cavalcato da un cavaliere, che sul volto aveva calato una maschera così da non svelarne l’identità. Il cavaliere misterioso comunicò un ordine al suo drago e dopodiché il rettile mi prese per le spalle e mi portò con sé.
“Zannacurva!” urlai. Ma il drago, impaurito, volò via. Mi dimenai tra le possenti zampe dell’animale ma senza successo. Dopo pochi minuti ci ritrovammo in una caverna buia.
“Ehi…” dissi, sentendo il mio eco. D’un tratto una torcia si accese ed l’anonimo cavaliere si avvicinò a me, analizzandomi silenziosamente.
“Non è possibile…” sussurrò quel cavaliere, rivelandosi una donna. Indietreggiavo paurosamente, finchè il muro non mi tradì, bloccandomi la via d’uscita.
“C-chi sei… perché non ti fai vedere?” chiesi impaurita. La donna si tolse la maschera, così la guardai bene. Aveva capelli castani e due splendidi occhi verdi. Sussultai a tale vista.
“Non può essere…. T-tu tu sei…” cominciai a dire.
“Sono Valka, un cavaliere dei draghi.” Disse.
“Tu sei la madre di Hiccup!” esclamai incredula.
“Hiccup… come sta mio figlio?!” chiese preoccupata.
“Hic-cup sta bene.” Risposi.
“Dimmi, ragazza, che ci facevi tutta sola a quest’ora della notte, tra le braccia di Njörðr*?”
“Io… stavo cercando suo figlio.”
“Hiccup? Perché?” domandò allarmata.
“Perché sta notte mi sono svegliata e non l’ho più trovato accanto a me… e penso di aver capito dove possa essere andato…” svelai. La donna sussultò.
“Ti aiuterò a cercarlo… e da troppo tempo che non lo vedo ed avrò molto da farmi perdonare. Questo è il minimo.” Disse con le lacrime agli occhi.

ANGOLO AUTORE
Buonasera a tutti! Eccovi il nono capitolo. Vorrei ringraziare Nightfury99 che mi ha dato alcuni consigli per migliorare la mia storia e spero vi piaccia.
Un bacio e recensite
Astrid
 

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


POV. HICCUP
Era da ore che volavo ed ormai i colori caldi ed avvolgenti della prima alba cominciarono a troneggiare fieri nel cielo. Non ero per nulla stanco, ma dentro me avevo troppi sensi di colpa: avevo lasciato Astrid sola a dormire e si sarebbe spaventata molto non vedendomi più accanto a lei. Ma io sono un vichingo e quello che prometto di fare lo faccio. Sorvolavo il terso e limpido mare. Potevo scorgere i primi Scalderoni nuotare liberi e i Tamburo furente volteggiare tra acqua e cielo. Avrei voluto volare e compiere le solite acrobazie anche io, ma il dovere mi attendeva.
“Lo faremo un’altra volta, bello” sussurrai a Sdentato carezzandolo, siccome aveva emesso un mugolio triste. D’un tratto sentii delle voci familiari provenire da non tanto lontano da noi e mi misi sull’attenti. Ed ecco il mio obiettivo davanti ai miei occhi: la nave dei cacciatori.
“Allora Sdentato. Ora sorvoleremo quell’imbarcazione. Fai attenzione perché ci sono dei cacciatori di draghi a bordo… ricorda di mantenere sempre la calma.” Ordinai al mio amico. Con un ruggito che subito riconobbero attirammo la loro attenzione ed in un batter d’occhio ci ritrovammo a schivare frecce e reti. Dopo un po’ dovetti cedere e mi feci catturare.
“Oh… qui abbiamo un ragazzino ed…. un Furia Buia! Per Odino, questo è il nostro giorno fortunato! Drago sarà contento di vedere un rettile leggendario!!” esclamò un ragazzo davanti a me.
“Chi sei?” chiesi affaticato.
“Io mi chiamo Eret e lavoro per Drago Bludvist.” Rispose.
“Parlami un po’ di questo Drago…” invitai.
“E’ un uomo grande e grosso che ci ordina di catturare quanti più rettili sputafuoco possibile per comporre un esercito di draghi.” Spiegò con leggerezza, come se fosse la cosa più semplice e normale del mondo.
“Per quale motivo?”
“Per combattere il Cavaliere dei Draghi. Colui che ogni qualvolta che proviamo a catturare dei rettili… ci ostacola!” esclamò adirato.
“E per voi questa è una cosa intelligente?! Quel cavaliere ha ragione! I draghi non sono altro che creature meravigliose e maestose che se sapute gestire possono diventare addirittura alleati. Vedete per esempio me ed il Furia Buia. Vi pregherei di liberarlo per farvi vedere…”
“Ahaha! E tu pensi che ci caschi! Eh no moretto! Portiamolo da Bludvist, lui saprà che farne.” Disse Eret prendendomi di peso e sbattendomi in una cella con Sdentato.

POV. ASTRID
Passò la notte e mi risvegliai su un manto di erba fresca e soffice. Sbadigliai e trovai Valka a preparare la colazione.
“Buongiorno cara…” mi disse cordialmente.
“Buongiorno a lei, Valka.” Salutai.
“Accomodati pure…. Qual è il tuo nome?” domandò mentre posava sul tavolo una brocca di latte e delle focacce.
“Astrid, il mio nome è Astrid.” Dissi.
“As… T-tu sei la figlia di Hoffer e Ingrid? Tu sei Astrid Hofferson?” domandò osservandomi bene.
“Sì, sono Astrid Hofferson, la figlia di Hoffer e Ingrid.” Risposi sorridendo.
“Ragazza mia. Come va a Berk?” chiese ponendomi le mani sulle guance.
“A Berk va tutto bene. Suo marito sente molto la sua mancanza e… anche Hic.” riposi.
“Stoick… Hiccup… i miei due uomini che ho l-lasciato 15 anni fa… come ho potuto…” sussurrò piangendo.
“Valka non si deve preoccupare. L’importante è che dopo tanto tempo si ricongiunga a loro.” La consolai prendendo le sue mani.
“Grazie Astrid, sei una ragazza d’oro.” Mi ringraziò sorridendo. Dopodiché ci sedemmo a tavola e cominciammo a mangiare. Vidi Valka sorridere pensierosa.
“Sai Astrid. Io e Stoick avevamo ottimi rapporti con la tua famiglia. Infatti, quando te ed Hiccup nasceste passavamo interi pomeriggi e serate a casa gli uni degli altri a darci sostegno a vicenda. Ricordo con gioia quando una gelida sera d’inverno andammo a casa dei tuoi genitori e mettemmo Hiccup nella tua culla a riposare. Lo guardavi incantata con quei tuoi bellissimi occhioni  cristallini e ad un certo punto, avendo freddo, ti sei avvicinata a lui e l’hai abbracciato in cerca di calore. Mio figlio era sorpreso e guardava la tua piccola testina bionda amorevolmente, ricambiando quegli abbracci che gli donavi.” Raccontò lei. “E poi un’altra volta. Un bel giorno di primavera vi portammo sul Capo Corvo, avevate quattro anni. Avevate deciso di giocare a nascondino e tu dovevi contare. Hiccup si era nascosto così bene che non lo riuscivi a trovare e cominciasti a piangere per paura di non vederlo più. Lui ti sentì singhiozzare ed uscì dal nascondiglio per venirti a consolare. Quanto sentisti la sua mano poggiarsi sulla tua spalla ti girasti verso di lui e lo abbracciasti forte, pregandolo di non fare più una cosa simile e di non abbandonarti mai.” Continuò. Davvero fin da piccola ero così legata ad Hiccup? Davvero per me era la cosa più importante? Arrossii pesantemente.
“Astrid… tutto bene?” domandò.
“Certo, ceeertamente.” Dissi ricomponendomi. Lei si mise a ridere ed io cercai una sedia per sedermi. Purtroppo non vedevo niente e protesi le mani dinanzi a me per camminare e non inciampare. “A-Astrid? Che cosa stai facendo?”
“Valka… la verità è che non ci vedo…”  rivelai continuando a cercare a tastoni. La sua mano mi fermò delicatamente.
“Cara perché non me l’hai detto subito? Ma prima, dimmi, come hai perso la vista?” domandò dolcemente.
“Ehmm… avevo appena litigato con suo figlio e presa dalla rabbia mi sono addentrata nel bosco della Valle di Frigg. Gothi ha detto che mi si è annebbiata la vista perché ho inalato per mezz’ora una strana polvere che rilascia una pianta carnivora per cacciare. Teoricamente avrei dovuto riacquisire la vista in due mesi. Ne sono passati sei e la faccenda non fa altro che peggiorare.” Spiegai desolata.
“Ho capito. Polvere di Aldrovanda viola. Vive solo nella foresta di Frigg.” Disse mentre preparava una poltiglia miscelando varie erbe. “Ma non preoccuparti Astrid. Se bevi questo, in pochi giorni tutto andrà via.” Continuò, porgendomi una ciotola con dentro il contenuto verde.
“Ehmm… la ringrazio tanto per la sua gentilezza ma… Hiccup me l’ha già preparata questa sostanza senza consistenza e… non era affatto buona…” sussurrai schifata.
“Orsù niente paura. Questa ha un buon sapore. Prova.” Mi incitò. Deglutii rumorosamente e portai la ciotola alla bocca, bevendone il balsamico succo.
“Wow… Valka è buonissimo!” dissi assaporando bene.
“Visto? Nulla di verde fa schifo a questo mondo!” esclamò lavando la ciotola. “E dimmi… cosa ti aveva portato a litigare con mio figlio? È un bravo ragazzo, vero?” domandò incuriosita.
“Oh sì che è un bravo ragazzo. Il migliore di tutta Berk a mio parere. Beh… non mi ascolti, io sono di parte.” Dissi spavalda.
“Di parte?” chiese stranita.
“Certo! Le fidanzate proteggono sempre il proprio ragazzo!” risposi con semplicità, arrossendo solo dopo aver analizzato bene la frase appena detta e  tappandomi la bocca imbarazzata. La donna sorrise.
“C-cosa? Per Odino sei la ragazza di mio figlio?!” domandò eccitata.
“S-si…” annuii timidamente ed accennando un introverso sorriso.
“Sacri dei! Come sono felice cara!” esclamò abbracciandomi.
“Anche io. Hiccup è la persona più bella dell’universo. Sa sempre rendermi la ragazza più felice che esista donandomi carezze, baci, dolci parole, rassicurandomi o magari solo guardandomi con i suoi stupendi occhi verdi.” Spiegai senza paure. “Hiccup è sostegno; Hiccup è forza; Hiccup è intelligenza; Hiccup è amore vero; Hiccup è amicizia; Hiccup sa ascoltare; Hiccup ti rende felice; Hiccup ti fa sentire te stessa; Hiccup è sincerità; Hiccup è dolcezza; Hiccup è rassicurante; Hiccup è bellezza… Hiccup è vita.” Continuai. Valka sorrise teneramente e mi incorniciò il viso con le mani.
“Mio figlio è davvero tutto questo per te?” domandò lei con gli occhi lucidi.
“Si… lui è anche di più. Io lo amo con tutta me stessa, non ho mai amato nessuno così.” Dissi annuendo e versando una lacrima che solcò il mio viso, morendo tra i pollici della castana.
“Perché piangi Astrid?” chiese preoccupata.
“Perché mi manca e sono preoccupata per lui..” singhiozzai. “Si è preso cura di me fino ad adesso per la mia invalidità aiutandomi in tutto, rispettandomi come un uomo degno di essere tale sa fare ma soprattutto amandomi come mai nessuno ha fatto. Stanotte mi sono svegliata e non l’ho trovato accanto a me. So dov’è andato e sto rischiando di non vederlo mai più!” continuai accasciandomi sulle ginocchia.
“Dove pensi sia andato?” domandò con tono preoccupato chinandosi su di me.
“E’ andato dai cacciatori dei draghi per farsi catturare ed essere portato da Bludvist.” Spiegai disperata.
“Oh no! Eret lo porterà da Bludvist?! Quel pazzo lo ucciderà!” esclamò terrorizzata. Sussultai e mi alzai di scatto, dirigendomi verso il muro.
“Hic! Perché vuoi farti uccidere per un drago?! Io ti amo non puoi morire così, per un rettile che mi ha ridotto in questo modo!” urlai singhiozzando e sbattendo il mio pugno sulla parete di roccia. “Valka dobbiamo andare subito da lui. Non voglio perdere anche l’amore della mia vita.” Dissi chiara. La castana annuì e mi fece salire sopra ad un Tagliapioggia. Quando anche lei salì sul suo fido Saltanuvole spiccammo il volo.

POV. HICCUP
La cella era buia e fredda. Per fortuna Sdentato era con me e mi facevo un po’ di caldo. Cominciavo a pensare che quell’impresa fosse stata mal progettata e azzardata, forse la cosa peggiore di tutta la mia vita. Intanto sentivo i ruggiti dei draghi che venivano catturati e le esclamazioni di Eret che si pavoneggiava felice e dava ordini poco cortesi ai marinai. D’un tratto qualcosa urtò la nave e andai a sbattere contro la parete di legno e nuovamente le urla di Eret che ordinava senza pietà di uccidere.
“Uccidete quel Cavaliere una volta per tutte! Ed uccidete anche la ragazza bionda al suo fianco!” urlò adirato il moro. Mi affaccia subito dalle sbarre per controllare e davanti ai miei occhi trovai un gigantesco Tagliatempeste e un Tagliapioggia che facevano fuoco a pelo dell’acqua. Non riuscivo ad identificare i cavalieri, ma dopo poco furono catturati.
“Oggi 3 al prezzo di uno!” esclamò soddisfatto Eret. “E tu, Cavaliere dei draghi, non azzardarti mai più ad ostacolarci quando cacciamo. Intesi?” minacciò, legando i polsi al presunto cavaliere dei draghi e alla ragazza che lo accompagnava. Strattonò la bionda e la tirò a sé.
“E tu, bella biondina, se provi solo a sostenere questo Cavaliere dei draghi dovrai diventare la mia ragazza. Beh, non è tanto una pena per me perché avrò un bellezza del genere a fianco ma per te… non lo so, sai?” disse con sguardo ammiccante prima di baciarla.
“Non azzardati mai più a toccarmi! Hai capito? Se no ti farò incenerire dal Tagliatempeste! Hai capito?!” urlò adirata. Eret si limitò a ridere ed a sbatterle nella cella accanto alla mia.
“Niente da fare Valka. Voglio trovare Hiccup… mi manca troppo per stare solo un’altra ora lontano da lui.” Disse una voce inconfondibile dall’altra parte del muro.
“Astrid!” gridai felice.
“Hiccup! Sei proprio tu?!” domandò lei incredula.
“Sì tesoro mio!” risposi felice. “Adesso provo a sfondare la parete. Non posso stare lontano da te!” continuai. Ordinai a Sdentato di prendere le pietre che c’erano nella cella e di sbatterle sul muro, cosa che lo sfondò. Trovai Astrid ed un’altra persona sedute nell’angolo legate. Corsi verso di lei e la slegai, aiutando anche l'altra donna, poi l'abbracciai.


POV. ASTRID
“Hiccup non farlo mai più! Non lasciarmi mai!” gridai stringendolo a me. Mi vennero alla mente i racconti di Valka e ricordai le parole che dissi da piccola: le stesse identiche di quelle di adesso. Ci staccammo e presi il suo viso tra le mani, annullando la distanza tra le nostre labbra. Fu un bacio lungo pieno di amore e paura di perdersi. Scesero dai miei occhi delle lacrime che si adagiarono lentamente sui pollici si Hiccup che intanto mi stava incorniciando il viso con le sue mani. La donna ci guardava intenerita e sorrise dolcemente. Quando ci staccammo Hic sussurrò un flebile “Ti amo” che bastò a farmi tornare la sicurezza e la calma. Lui portò lo sguardo sulla donna che si avvicinava a lui.
“C-chi sei?” domandò impaurito. “Ti ho mai conosciuta?” chiese. Valka sorrise amaramente.
“Si piccolo mio, mi hai conosciuta.” Rispose la castana. Hiccup sussultò capendo le sue parole.
“Non è possibile. M-mamma…?” sussurrò quasi non volendo pronunciare quella parola.
“Sì figlio mio. Sono tua madre.” Rispose correndo verso di lui e abbracciandolo.
“Perché sei andata via? Perché hai lasciato la mia mente priva di tuoi ricordi per così tanto tempo?” chiese Hiccup versando una lacrima.
“E’ una lunga storia figlio mio. La cosa importante è che ti ho incontrato.” Sussurrò Valka accarezzandogli i capelli. Guardai dolcemente quel quadro madre-figlio fin quando la porta non si aprì di colpo e Eret si diresse verso di me minacciosamente seguito dai suoi uomini.
“Allora la biondina conosce questo ragazzo…” disse. “Ti avevo scongiurato di non aiutarlo per nessun motivo, sennò le conseguenze non sarebbero state delle migliori….” Continuò prendendomi per i fianchi.
“Non azzardarti a toccarmi.” Esclamai chiara.
“Io qui faccio quello che voglio mia cara, sono il capo.” Rispose ridendo.
“Lasciala subito Eret! Non ti permetto di toccare la mia ragazza!” gridò Hiccup.
“La tua cosa?! Questa diventerà la mia ragazza.”
“Scordatelo Eret! O ti farò incenerire dal Furia Buia!” minacciò.
“E sia. Non ti ruberò la ragazza… tentativo fallito.” Si arrese. Il moro si sedette a terra e mandò via gli atri uomini. “Scusate se faccio tanto il duro e impongo minacce ma… mi manca l’amore della mia vita, Asgered. Lei è stata uccisa da Drago cinque anni fa perché si era ribellata a lui e da allora non sono più l’uomo felice di una volta. Sono in cerca disperatamente dell’anima gemella che non trovo per via del mio carattere bugiardo. Vi prego di scusarmi.” Rivelò prendendosi il capo tra le mani. Sorrisi e mi sedetti accanto a lui.
“E allora perché lavori ancora per lui?” domandai con tono calmo.
“Perché ho paura di lui. Sì lo so, sono un codardo!” esclamò.
“Perciò tu non sei con Drago.” Disse Hiccup.
“No. Teoricamente no. Lavoro per lui ma se potessi seguirei l’esempio di Asgered. Se dovesse uccidermi almeno mi ricongiungerei nel Valhalla con lei.” Singhiozzò.
“Senti Eret… io ho un’amica a Berk che cerca l’anima gemella come te… Dovresti conoscerla, almeno con lei c’è sempre una risata.” Proposi. Hiccup mi guardò con gli occhi sbarrati.
“A-Astrid? Ti riferisci a Testa Bruta?” domandò con faccia schifata. Io annuii ridendo e a lui per poco non mancò l’aria. Quella prigionia non stava andando proprio male: abbiamo fatto una nuova insolita amicizia e forse un nuovo amore sboccerà. Beh, non fraintendete: io Hiccup non lo cambierei per nulla al mondo, lo amo troppo.

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


POV. HICCUP 
“Eret… tu da quanto lavori per Drago?” domandai.
“Da sei anni moretto.” Rispose. Quell’ultimo nomignolo mi irritò assai ma rubò una risata alle mie due donne.
“Ehmm… comunque il mio nome è Hiccup ma sono dettagli insignificanti, vero?” domandai con una certa ironia che non passò inosservata ad Astrid. Infatti lei si avvicinò a me e mi cinse le spalle.
“No singhiozzo, non sono dettagli insignificanti.” Rispose maliziosamente. La guardai ammiccante e la baciai con passione. Quando ci staccammo rivolgemmo lo sguardo su Eret che ci guardava con occhi coperti da un velo di tristezza. Ci ricomponemmo in fretta.
“Eh ehm. Perciò conoscerai bene Drago. Dico male?” domandai.
“Sì, alla perfezione, in ogni suo dettaglio più ricercato.” Rispose gesticolando.
“Perfetto. Allora descrivimelo.”
“Moretto… cioè… Hiccup, io non potrei parlare del mio Capo ad estranei…” esitò.
“Eret… vuoi tenere alta la battaglia della tua amata?” chiesi allora. Il suo sguardo si fece serio ed un piccolissimo sorriso quasi impercettibile si disegnò sul suo viso.
“Si. Si voglio ricordarla ed onorarla sempre e comunque.” Rispose chiaro e determinato. Io e Astrid ci guardammo sorridenti e speranzosi.
“Perfetto Eret. Mi porterai da Bludvist e proverò a fargli cambiare idea.” Dichiarai chiaro.
“Hiccup… è meglio di no… lo sai cos’ha detto tuo padre… Drago non cambierà idea facilmente lo sai e le tue parole non serviranno.” Mi avvertì Astrid.
“Io ci proverò comunque.” Risposi. Astrid deglutì rumorosamente ed io mi avvicinai a lei, posandole una mano sulla guancia.
“Non ti preoccupare piccola…” la rassicurai.
“Hic… io non voglio perderti… non rischiare ti prego!” mi supplicò. Un mano si posò sulla mia spalla e mi voltai verso il proprietario.
“Hiccup… è la stessa situazione che nacque tra me e Asgered. Lei non mi ascoltò e fece di testa sua… alla fine ci abbiamo rimesso entrambi. Per amor di Astrid non farlo.” Mi suggerì.
“Che altro modo mi proporresti, sentiamo. Si accettano suggerimenti da parte di tutti.” Incitai seccato. Eret non fece in tempo a cominciare di parlare che uno scossone percosse la nave ed uno dei suoi uomini gridò:” Capo Eret! Siamo arrivati!”. Grido che fece tremare Astrid di paura e la fece avvicinare a me. Posò il suo capo sulla mia spalla e mi strinse a sé forte, come se fosse l’ultima volta che avrebbe potuto vedermi.
“Hiccup… preferirei non ripeterlo un’altra volta: ti prego, non rischiare.” Mi pregò prendendomi le mani.
“Astrid non rischierò, non preoccuparti.” Sussurrai dolcemente aumentando la presa. Eret aprì la porta e ci indicò dove andare, poi ci seguì. Effettivamente ero molto teso: le parole di mio padre, di Eret, della stessa Astrid e di mia madre mi rimbombavano sorde nella testa. Avevo paura di fare la fine di Asgered, di non poter vivere con la persona che amavo di più al mondo e di non poter vedere il viso felice di mio padre alla sola vista di mia madre. Feci un lungo e profondo respiro e cominciai a guardare quella che per un po’ sarebbe dovuta essere la mia prigione: aveva l’aspetto di un cumulo informe di ghiaccio costellato da lance qua e là, stalattiti e stalagmiti che raccontavano lunghe storie solo a guardarle ed un lungo corridoio buio che sembrava essere la porta per l’oblio. Appena imboccammo questo viottolo Astrid mi strinse paurosamente la mano e si avvicinò a me, ritrovandoci a camminare abbracciati osservati da mia madre che camminava dietro di noi. Ancora non mi sembrava vero poterla chiamare “mamma” e vedermela davanti, dopo così tanto tempo.
Il piccolo corridoio buio si aprì improvvisamente in un ampio salone dai colori azzurrini e glaciali. La luce del sole non filtrava molto: sembrava il regno oscuro. Il mio sguardo si soffermò su una figura imponente al centro della sala. Un uomo dai lunghi capelli neri raccolti in piccole trecce troneggiava solennemente su tutti noi. Un piccolo sorriso su dipinse sul suo volto vedendo il guadagno del giorno.
“Eret! Mi hai stupito questa volta! Un Tagliatempeste, un Tagliapioggia e… per Odino! Un Furia Buia!” esclamò euforico.
“Mio signore, anche i corrispettivi Cavalieri.” Disse inchinandosi al suo cospetto.
“Bene bene Eret. Puoi andare, a questi Cavalieri ci penserò io.” invitò l’uomo. Il moro tornò alla nave, lasciandoci soli con Bludvist.
“Bene, chi siete voi?” domandò. Il silenzio regnò nella sala. “Non abbiate paura… avanti, ditemi i vostri nomi.” Continuò.
“Sono dettagli che non dovrebbero interessarti, Bludvist.” Esclamò con astio la mia ragazza.
“Calma biondina… se non volete dirmelo voi allora lo scoprirò da solo.” Disse con semplicità, afferrando uno scettro argentato con in cima una sfera verde smeraldo. Quest’ultima cominciò a cambiare colore, dapprima azzurra, poi rosa ed infine nuovamente verde.
“Allora. Qui davanti ho Astrid Hofferson, Valka Haddock e Hiccup Horrendous Haddock III. Bene ragazzi, tre berkiani. Mi chiedo allora dove sia l’Immenso, siccome ha figlio e moglie lontano da lui.” Proferì.
“Che vuoi da noi?” domandai ostile, sentendo la mano di Astrid stringere tremante la mia.
“Oh niente… non sono certo io quello che deve pensare a cosa farne di voi. Bensì il mio amato fratello. E’ per lui che lavoriamo tutti. Ed è  lui che vuole dichiarare guerra a Berk.” Sussurrò sorridendo divertito. Io, Astrid e mia mamma ci guardammo impauriti: questo dettaglio Eret non ce l’aveva detto. Si alzò dal trono e si avvicinò a me.
“Hiccup… non ti ricordavo così forte, alto, bello… Sicuro di essere davvero tu?” domandò guardandomi bene. Stavo per controbattere con una delle mie solite frasette sarcastiche ma qualcosa, o meglio qualcuno, mi passò sopra.
“Ma come si permette?!” chiese rabbiosa Astrid.
“Calmati biondina non intendevo offendere il tuo amichetto!”
“Noto che il suo potente scettro non può vedere tutto, Bludvist. Comunque sì, non si deve più permettere di offendere il mio amico.” Continuò. Drago rise fragorosamente e tornò al trono.
“E va bene Astrid. Forza, quelle sono le celle. Entrateci e non fate storie. Ovviamente uno diviso dall’altro.” Ordinò. Astrid lo guardò con sguardo truce ed impugnò l’ascia in segno di avvertimento.
“E va bene. Tu biondina vai con Hiccup. Valka invece andrà da sola e niente storie.” Concesse. Mise a posto l’ascia e senza smettere di guardarlo male si diresse nella cella. Quando anche io vi entrai e chiudemmo il cancello, Astrid si buttò tra le mie braccia, singhiozzando silenziosamente. La coccolai baciandola e stringendola a me.
“Non volevo finissi in questo disastro…” sussurrò Astrid. “Non volevo finisse così!” continuò lei. Le carezzai la fronte e poi posai un bacio su di essa.
“Non preoccuparti, se ho te al mio fianco nulla è un disastro.” La rassicurai. Alzò il capo verso il mio e sorrise dolcemente, con gli occhi ancor pieni di lacrime.
“Grazie Hic. Ti amo.” Disse con voce flebile, donandomi una carezza sulla guancia. D’un tratto la vidi impallidire, correre verso uno degli angoli della cella e vomitare. Mi diressi preoccupato verso di lei e mi chinai posandole una mano sulla spalla.
“Per Odino! Tutto bene Astrid?” domandai.
“Si… tutto… ok…” disse ansimando. Mi sedetti di fianco a lei e la abbracciai.
“Sicura?” chiesi ancora.
“Certo, sicurissima. Ho solo mal di testa, niente di che.” Disse sorridendo.

2 MESI DOPO
I mesi passarono e Astrid vomitava continuamente, accusando sempre forti mal di testa e stanchezza. Cominciai a preoccuparmi seriamente: d’altronde una cella non è poi così pulita e lei potrebbe aver preso una qualche malattia.
“Astrid. Nulla è apposto. Tu stai male ed adesso chiedo a Drago di far entrare mia madre un attimo per visitarti.” Dissi.
“No Hic. Non preoccuparti per me.” Mi fermò con voce flebile. Non la ascoltai e chiamai Bludvist, il quale non si fece attendere.
“Drago, per favore. Vorrei far entrare un secondo mia madre per farle visitare Astrid. Sta male e da due mesi vomita continuamente.” Pregai. Lui acconsentì e la cella di mia mamma fu aperta.
“Figlio mio!” esclamò abbracciandomi.
“Mamma devi visitare Astrid. Non sta bene.” Spiegai. Si diresse velocemente da lei e le prese il capo tra le mani.
“Astrid… sono Valka. Devo visitarti.” Disse a lei, la quale aveva chiuso gli occhi a causa della stanchezza. La mia ragazza aprì gli occhi debolmente ed accennò un piccolo sorriso.
“Cos’hai detto che ha?” mi domandò mia mamma.
“Vomita, è stanca ed ha mal di testa.” Dissi. Mia madre sbiancò e si rivolse  a me.
“Tesoro mio, penso di aver capito cosa può essere ma… preferisco controllare, per esserne sicura.” Sussurrò. Posò una mano sul ventre di Astrid e chiuse gli occhi. Dopo un po’ li riaprì e si alzò, rivolgendosi a me.
“Come avevo capito…. Astrid è incinta.” Rivelò. Sbiancai a mia volta ed un piccolo sorriso nacque sul mio viso.
“Astrid, amore mio.” Dissi chinandomi su di lei e prendendole le mani.
“Dimmi tesoro.” Rispose flebilmente.
“Stiamo per diventare genitori…. Te ne rendi conto?!” esclamai euforico. Lei sorrise e si alzò.
“Sì Hiccup. Non potevo desiderare di meglio.” Disse baciandomi con passione. Sembrava essersi ripresa e questo non poteva che rendermi felice. Una domanda sorse spontanea ad entrambi.
“Da quanto?” domandammo all’unisono. Mia madre sorrise e ci rispose.
“Da due mesi e mezzo.”
Io e Astrid ci sorridemmo e abbracciammo. Col fatto che eravamo tutti e tre lì colsi l’attimo per spiegare il mio piano.
“Allora. Ora che sono passati due mesi e abbiamo mostrato a Drago che siamo persone apparentemente tranquille e che non cercano di fuggire, domani andremo da lui e lo distrarremo in qualche modo ed io libererò Sdentato, Saltanuvole e il Tagliapioggia. Scapperemo in volo e torneremo a Berk.” Dissi.
“Ok figliolo.” Rispose mia mamma sorridendo. Non facemmo in tempo ad abbracciarci che Drago comparì davanti a noi.
“Forza Valka. Torna in cella.” Ordinò. Mi madre si diresse nel vano oscuro a testa bassa. Da quel momento mi dedicai a coccolare Astrid. La misi spalle al muro e mi sedetti accanto a lei, toccandole le pancia.
“Non ci posso ancora credere, Astrid. Tu… qui… c’è il nostro bambino, il nostro futuro, la nostra unione, la tangibile prova del nostro amore.” Sussurrai.
“Lo so tesoro mio.” Rispose lei sorridendo. Misi la mia fronte contro la sua e chiudemmo entrambi gli occhi, dipingendo l’uno sulla faccia dell’altra un tenero sorriso.
“Ti amo.” Sussurrò dolcemente lei versando una lacrima. Gliela asciugai.
“Anche io ti amo Astrid ma… perché piangi?”
“Sono lacrime di commozione, amore mio.” Disse ponendo una mano sul mio viso. Coprii la sua con la mia e gliela carezzai teneramente. Nulla mia avrebbe portato via da lei e da mio figlio. Nulla. Solo pochi minuti che so che sto per diventare padre e già quella piccola creatura meravigliosa che sta crescendo nel ventre della mia amata ha preso posto nel mio cuore, riempendolo di amore per lui o lei e ovviamente per la bellissima madre.

ANGOLO AUTRICE
Buonasera! Come va la scuola? Vi siete ripresi bene dalle vacanze?
Eccovi questo dolcissimo capitolo. Spero vivamente sia di vostro gradimento e, per favore, recensite.
Un bacio grosso grosso ed un abbraccio.
Astrid

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


POV. ASTRID
Ci addormentammo abbracciati, con la sua mano sul mio ventre con fare protettivo, la mia testa sulla sua spalla e le mie braccia ad avvolgerlo. Mi svegliai e guardai fuori dalla fessura che avrebbe dovuto fungere da finestra: il cielo era completamente coperto da una pesante cappa di nuvole tetre e quest’ultime ci facevano dono delle loro lacrime. Il mio sguardo si ripose sulla mano di Hiccup sulla mia pancia e poi sul suo viso sereno. Sorrisi e lo baciai. Sentii che ricambiava, muovendo lentamente le mani e portandole sul mio viso.
“Buongiorno milady.” Disse Hic quando ci staccammo.
“Buongiorno…. papà!” risposi scherzando. Hiccup rise e si abbassò all’altezza del mio ventre.
“Buongiorno piccolo mio.” Salutò carezzandolo. Intrecciai le mie mani tra i suoi capelli e lui si tirò su.
“Come sta la mia bellissima mamma?” domandò.
“Bene amore. Il piccolo non sembra dare fastidi.” Risposi sorridendo. Hiccup si alzò e mi aiutò a mettermi in piedi.
“Bene Astrid. Oggi torneremo a Berk.” Disse chiaro. Io annuii. Anche se non sembrava era mattina presto e nella fortezza di ghiaccio tutti dormivano, Drago compreso. Riuscimmo ad uscire dalla nostra cella e ci dirigemmo da quella di Valka.
“Mamma…. Mamma sveglia!” sussurrò Hic. La donna si destò e ci raggiunse. “Adesso ti tireremo fuori. Abbiamo le chiavi.” Aggiunse il mio ragazzo. Aprimmo la cella e ci avviammo verso i vani dei draghi.
“Quella è la gabbia di Sdentato!” dissi. Hiccup annuii e fece uscire pure lui. Dopodiché fu liberato Saltanuvole e il Tagliapioggia. Stranamente filò tutto liscio nonostante i nostri dubbi e riuscimmo ad uscire dalla fortezza senza problemi.
“Finalmente liberi!” esclamò Valka quando fummo a debita distanza dal cumulo di ghiaccio. Sospirammo felici ed avvistammo la nave di Eret.
“Ehi Hiccup!” ci salutò. Atterrammo ed il ragazzo ancorò la barca. “Ci siete riusciti! Incredibile! Drago è uno che non si fa sfuggire nulla! Siete stati bravissimi.” esclamò euforico.
“ Guarda Eret, è stato più clemente di quanto pensassimo. Ci ha lasciato ben o male decidere a noi con chi stare nelle celle… ovviamente dopo un’aperta minaccia da parte di Astrid. Non è vero tesoro mio?” chiese Hic tirandomi a sé.
“Naturalmente sì. Ci sono però alcuni dettagli Eret che non ci hai detto. Bludvist possiede uno scettro magico che gli può rivelare di tutto… beh… non proprio tutto. Vedi, lo scettro gli avrà pur rivelato i nostri nomi ma non ha visto che io ed Hiccup siamo fidanzati e che io… aspetto un bambino da lui.” Spiegai. Eret sbiancò completamente.
“T-tu…. Sei…. Da lui?” domandò scioccato. Io annuii fieramente.
“E un’altra cosa. Tu sai che non stai lavorando per Bludvist?” chiesi.
“Io sto lavorando per Drago!!! Astrid mi stai mandando in tilt il cervello!!!”    
“Come il cervello? Tu hai un cervello?” dissi facendo ridere sia Hiccup che Valka. Il moro mi guardò male e mise il muso.
“Certo che ho un cervello. Che ti credi? Comunque… spiegati meglio.” Rispose stizzito.
“Tu non stai lavorando per Bludvist… o meglio, gli stai alleggerendo il lavoro.” Dissi. Eret mi guardò interrogativo. “Insomma possibile che non ci arrivi?! Eret, tu lavori per Drago, fornendogli quanti più rettili sputafuoco possibile. Bludvist a sua volta manda il carico di draghi a suo fratello che vuole dichiarare guerra a Berk!! In realtà tu lavori per suo fratello! Ora è tutto più chiaro?!” gridai nervosa. Ecco uno dei difetti della gravidanza: gli sbalzi d’umore repentini. Hiccup mi fece una carezza sulla guancia calmandomi. Solo lui riesce a tranquillizzarmi. Lo guardai e gli sorrisi e poi rivolsi lo sguardo su Eret.
“Sì Astrid. Tutto più chiaro. È chiaro anche che sei incinta.” Rispose sarcastico. Mi avvicinai a lui e con estrema facilità gli feci dono del mio destro sullo stomaco. Malgrado la mia gravidanza che in poco mi risucchiava le energie, gli feci abbastanza male per restare piegato su se stesso in posizione fetale sul pavimento della nave.
“Ti ho fatto abbastanza male?” chiesi sorridendo.
“Certo biondina… malissimo…” disse con la voce soffocata dal dolore. Raggiunsi Hiccup e gli presi la mano.
“Ehmm… Eret tu eri al corrente di tutte queste cose?” domandò Hic.
“No, della gravidanza di Astrid e della sua innata abilità a sferrare pugni micidiali no!” gridò tirandosi su.
“Idiota non intendeva questo!” esclamai innervosita.
“Intendevo dello scettro di Blusvist e di suo fratello!” spiegò Hic.
“No… pensavo di sapere tutto invece no….” Disse grattandosi la nuca.
“Sicuro?” domandò il mio ragazzo.
“Si sicurissimo!” rispose.
“Ok… se sei sicuro tu… Ci aiuterai a combattere per la nostra gente?” chiesi supplicante.
“Sì Astrid, vi aiuterò.” Aggiunse.
“Oh grazie mille!!! In cambio ti farò conoscere Testa Bruta, la ragazza in cerca dell’anima gemella!!!” esclamai euforica saltellando qua e là. Hiccup sbiancò e mi guardò con sguardo schifato.
“Ehm… amore non penso che Testa Bruta sia… Aio! Astrid fai male!” gridò Hiccup in seguito ad un mio calcio nei suoi stinchi per zittirlo.
“Non preoccuparti Eret. Testa Bruta soddisferà ogni tuo desiderio… non è vero, tesoro?” domandai con sguardo minaccioso.
“Certo amore…” annuì forzatamente.
“Va bene ragazzi. Ora dobbiamo raggiungere Berk. Un saluto, Eret, e vieni a Berk a dirci come stanno le cose, così ci prepariamo alla battaglia.” Si congedò la castana, salendo sul suo fido Saltanuvole. In poco spiccammo il volo. Dopo un po’ cominciai a sentirmi male.
“Hiccup… mi sa che…” non finì la frase che persi i sensi.

POV. HICCUP
Vidi Astrid accasciarsi sul collo del Tagliapioggia e poi cadere nel vuoto.
“Per Odino no! Non un’altra volta!!” gridai buttandomi da Sdentato per prenderla. Non poteva morire mio figlio. Lei non poteva morire adesso. Le lacrime presero posto nei miei occhi verdi ma, per fortuna, riuscii a prendere Astrid a pochi metri da terra e a salire in groppa a Sdentato, che nel frattempo mi aveva affiancato in caduta libera.
“Per Odino!” gridai sollevato guardando Astrid tra le mie braccia.
“Hiccup!” gridò mia madre affiancandomi. “Come sta Astrid? Si è fatta qualcosa?!” chiese preoccupata.
“No, sono riuscito a prenderla.” Risposi cercando di fermare il mio cuore che ancora batteva forte per lo spavento e la paura di poter perderla. Di poterli perdere. Di poter perdere le uniche ragioni della mia vita. Continuammo a volare verso casa e, quando arrivammo, atterrati nella piazza, Astrid aprì lentamente gli occhi.
“Hiccup… che è successo? Lui sta bene?” chiese riferendosi al bambino.
“Si, lui sta bene. Tu amore mio?” domandai preoccupato.
“Sì, sto bene… è la stanchezza, non preoccuparti.” Mi rassicurò sorridendomi e posando una mano sulla mia guancia. Coprii la sua con la mia e ricambiai il sorriso. Scendemmo da Sdentato, quando mio padre corse verso di noi, iracondo.
“Per Odino?! Che cosa avete fatto per due mesi lontano da qui?! E…” non finì di gridare quando il suo sguardo si ripose su mia madre. Ecco, il momento che aspettavo era arrivato: volevo vedere la reazione di mio padre e mia madre. Entrambi si guardavano con uno sguardo intenso di tristezza e stupore.
“Val…” sussurrò mio padre avvicinandosi a lei.
“Stoick…” rispose mia mamma con gli occhi turchesi inondati di lacrime. Dopo un po’ di esitazione si abbracciarono, trasmettendosi tutto l’amore che provavano l’uno per l’altra.
“Temevo non ti avrei più rivista… soprattutto credevo che fossi morta…” disse mio padre singhiozzando.
“Ma no… Saltanuvole non voleva farci del male…” spiegò mia mamma stringendolo a sé.
“Sono così felice di rivederti, Val.” disse mio padre baciandola con passione. Fu un bacio colmo di amore, felicità e dolcezza. Io e Astrid ci guardammo e ci sorridemmo, poi li imitammo. I miei si separarono e rivolsero lo sguardo su di noi, inteneriti dalla scena.
“Presumo che questo sia un bacio di addio…” sussurrai triste. Astrid mi carezzò i capelli e si rivolse a mio padre.
“Capo Stoick… io aspetto un bambino.” Dichiarò lei sotto lo sguardo felice di mio padre.
“Oh… sono molto contento per te Astrid ma… chi è il padre? Giusto per sapere.” Disse curioso. Risi mentalmente: chissà che faccia avrebbe fatto sapendo che quello che Astrid portava in grembo era mio figlio.
“Il padre è Hiccup.” Svelò lei, prendendomi per mano. Lo sguardo felice di mio padre si tramutò in uno torvo e deluso.
“Mio figlio è il padre della creatura che porti in grembo?” tuonò.
“Sì… sono suo padre.” Mi intromisi.
“Figlio! Lo sai che hai contravvenuto alla regola più importante della tribù?! Dovete sposarvi prima della nascita del bambino! Sennò verrà dichiarato illegittimo!” gridò lui.
“E anche se fosse?! Papà, anche se mio figlio fosse illegittimo lo amerei come se non lo fosse. L’amore non si basa se un figlio è illegittimo o meno!” esclamai adirato.
“Comunque dovete sposarvi, amore più amore meno! Vostro figlio rimane sempre illegittimo!!” ringhiò lui. Lo guardai con sguardo deluso e corsi verso casa di Astrid.
“Hic!!” gridò lei.

POV. ASTRID
Guardai la famiglia di Hiccup con sguardo perso.
“Vado a farlo ragionare.” Dissi con voce flebile.
“Grazie mille cara.” Rispose la mamma di Hic salutandomi.
“Non correre! Potresti farti male!!” gridò lei quando mi allontanai. Ma non mi interessava di farmi male: io dovevo andare da Hic. Giunsi difronte alla porta e delicatamente la aprii. Entrai e la chiusi alle mie spalle, udendo dei lievi singhiozzii. Con passi leggeri raggiunsi il suono e trovai Hiccup con i gomiti alla finestra a fissare la ormai luna troneggiante nel cielo scuro. Arrivato a lui gli misi una mano sulla guancia e lo voltai verso di me, lasciandomi abbracciare. Gli carezzai i capelli per consolarlo e poggiai la mia testa sulla sua.
“Non può trattare così mio figlio…” singhiozzò stringendomi.
“Non l’ha detto per cattiveria, ma per il nostro bene…” sussurrai dolcemente. “Sai che tuo padre ti vuole un bene dell’anima e non ti farebbe mai del male…” continuai.
“Invece me l’ha fatto… mio figlio è parte di me! Anche se dovesse essere illegittimo io gli darò lo stesso amore che gli spetta! Che questo mio padre se lo ficchi dentro quella testa troppo severa e rigida circa le regole!” esclamò adirato. Una cosa che di Hiccup adoro è che è protettivo: darebbe l’anima per il figlio che sta crescendo dentro me, anche se ancora fisicamente non lo conosce, lo ama follemente.
“Su tesoro… ora non pensiamoci più e mettiamoci a dormire. Sono stati mesi pesanti per tutti ed è meglio riposare.” Suggerii carezzandogli la guancia. Lui mi sorrise e chiuse gli occhi.
“Sì.. sì hai ragione Astrid.” Disse. Lo abbracciai e lo baciai con passione, poi ci portammo al letto, coccolandoci ed addormentandoci l’una tra le braccia dell’altro.

ANGOLO AUTORE
Buonasera a tutti! Eccovi il dodicesimo capitolo di questa grande avventura romantica. La storia fra qualche capitolo terminerà. Non so ancora dirvi il numero esatto perché… io mi trovo a dilungarmi in dettagli che magari allungano la storia. Perciò aspettatevi che da un momento all’altro nell’”Angolo autore” vi scriva che quello corrente è l’ultimo capitolo. E quindi ditemi recensendo cosa ne pensate… se sono noiosa, se la dolcezza di questi due innamorati vi fa venire la nausea o altro.
Un bacione enormemente enorme.
Astrid

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


POV. HICCUP
Era mattina e mi svegliai destato dalla lieve luce grigiognola che filtrava dalle tende. Astrid dormiva accanto a me, con la mano sopra la pancia che cominciava a farsi vedere. Sorrisi a tale vista. Ancora non riuscivo ad immaginare che in poco tempo sarei diventato padre. Cercai di alzarmi senza farla svegliare ma purtroppo non riuscii nell’impresa.
“Buongiorno signor Haddock.” Bofonchiò lei con la voce impastata dal sonno.
“Buongiorno signorina Hofferson.” Sussurrai carezzandole il viso.
“Hiccup… non credo che signorina Hofferson vada ancora bene…” mi corresse.
“E perché no, scusami? Comunque Hofferson è il tuo cognome e anche se stai per diventare la madre di mio figlio lo stesso  Hofferson rimarrai.”
“E va bene… signor so tutto io!” disse ridendo e toccandomi con il dito la punta del naso. La baciai e la strinsi a me, poi ci vestimmo ed uscimmo di casa. Una cosa era certa: dovevo far capire a mio padre certe cosette e nel frattempo avrei mandato Astrid in un altro luogo.
“Senti amore… dovrei sbrigare alcune faccende da solo…” dissi io.
“Che cosa?” mi chiese sospettosa
“Ehmm… una cosa.”
“Nulla del quale io non possa sapere. O no, Haddock?” continuò lei con fare fintamente minaccioso.
“Uff… devo parlare a mio padre.” Risposi sospirando.
“E va bene… allora verrò anche io. Proprio il fatto del figlio illegittimo non ti va giù…”
“Sì, non mi va giù. E questo il futuro nonno lo deve capire.” Dichiarai chiaro. La presi dolcemente per mano e ci dirigemmo a casa Haddock. Arrivati davanti alla soglia sospirai nervoso e bussai.
“Oh. Figliolo.” Disse mio padre quando aprì.
“Papà, dovreeei parlar-rti.” Balbettai.
“Entrate, ragazzi.” Ci invitò mio padre. Varcammo la soglia e ci sedemmo sulle panche.
“Bene. Ditemi tutto.”
“Aaallora… ehmm… devi sapere che il discorso fatto ieri sera non mi è piaciuto affatto. Devi capire che noi abbiamo i nostri tempi e non voglio obbligare Astrid ad accelerarli. Perciò il bambino nascerà quando nascerà, illegittimo o meno, l’amore che gli sarà dato sarà lo stesso. Vorrei chiarirlo, perché questo discorso mi da fastidio. Intesi?” spiegai stringendo la mano di Astrid.
“Sì… devi scusarmi figlio mio. È che ieri sera l’incontro con tua madre ed infine questa notizia meravigliosa mi hanno scombussolato. Non mi aspettavo nulla di ciò. Quello che vorrei farvi capire è che io sono al settimo cielo. Sono felicissimo di sapere che in poco diventerò nonno di una creatura creata dai ragazzi più belli che esistano, legati da un amore incomparabile. Perciò, per favore, scusatemi tanto, non volevo risultare deluso.” Disse lui costernato. “Comunque sia dovrete per forza sposarvi.” Aggiunse ridacchiando, ricevendo però un’occhiata raggelante da parte di mia mamma che lo fece ricomporre.
“Non bisogna preoccuparsi per questo perché… se la mia bellissima milady è d’accordo il matrimonio sarà fissato per quest’estate.” Dissi prendendo dalla mia tasca un anello forgiato da me stesso e porgendolo ad Astrid.

POV. ASTRID
Hiccup si inginocchiò, prendendomi la mano destra tra le sue e frugando nella tasca della tuta alare. Ne uscì con uno stupendo anello argentato nel quale spiccavano troneggianti uno smeraldo ed uno zaffiro incastonati vicini. Ammirai il piccolo e prezioso oggetto con aria sognante poi mi soffermai sugli occhi meravigliosi di Hiccup.
“L’hai f-fatto tu?” domandai sorpresa.
“Certo, per la mia signora.” Rispose. Sorrisi e riportai lo sguardo sull’anello.
“E’… è bellissimo.” Sussurrai commossa.
“Queste due pietre siamo noi: lo zaffiro sei tu, perché è il colore dei tuoi splendidi occhi celesti e rappresenta il tuo carattere forte e guerriero ma estremamente dolce, affascinate. Mentre lo smeraldo sono io, colore dei miei occhi verde prato e del mio carattere calmo, timido e per nulla guerriero.” Spiegò. Quasi le lacrime di gioia cominciarono a scendere dai miei occhi, che per ora erano bagnati da un velo di felicità incontenibile. Gli sguardi di Stoick e Valka si fecero dolci ed inteneriti e si abbracciarono.
“E’ veramente stupendo Hiccup… i-io non so cosa dire…”
“Solo una cosa dovresti dirmi: mi vuoi sposare?” chiese guardandomi con sguardo immensamente dolce. Io sorrisi e questa volta le lacrime non poterono fermarsi, sgorgando felici come una cascata in un bosco fatato.
“Sì! Sì lo voglio!! Non potrei desiderare di meglio!” esclamai fiondandomi tra le sue braccia. Hiccup mi mise l’anello che continuavo a guardare con meraviglia, poi lo bacia con tuta la passione che tenevo in corpo e anche di più, per coronare quel momento che da anni aspettavo.

ANGOLO AUTORE
E buon pomeriggio!!! Avrei alcune cosette da dire:
la prima è che mi devo scusare se questo capitolo è corto ma ci tenevo a fare uno “speciale” sulla proposta di matrimonio.
La seconda è che, ovviamente, non avendo calcolato questo capitolo, questa avventura continuerà per un altro po’ ancora, anche se non per moltissimo.
Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto malgrado la sua ridotta lunghezza. Volevo puntare sulla dolcezza delle due coppie, Valka e Stoick e i nostri amatissimi Hiccup e Astrid. Spero di essere riuscita nel mio obbiettivo.
Un salutone enorme e recensite
Astrid
 

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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


POV. ASTRID
Tornammo a casa abbracciati.
“Hiccup… io non so cosa dire… i sogni sui quali  da anni fantasticavo si… stanno avverando!” esclamai quando fummo dentro l’abitazione. Lui avanzò verso di me e mi tirò a sé prendendomi per i fianchi.
“E… mi dica, milady, quali sarebbero questi sogni dei quali lei parla e che tanto desidera?” chiese sorridendo.
“Um… non so. Forse diventare sua moglie e poter avere un bambino con lei?” dissi ironica. Lui rise e mi baciò passionalmente.
“Sai, Astrid… io sognavo da molto più tempo di te un tuo sguardo. Sognavo che almeno mi notassi perché io quasi mi ammalavo per amore. Tu eri e sei per me la mia fonte di vita. Come farei anche solo senza un tuo sguardo o sorriso? E non parliamo dei tuo baci, delle tue carezze e delle tue dolci parole…” sussurrò quando ci separammo.
“Beh… effettivamente all’età di quindici anni nel periodo dell’allenamento anti-drago non eri il mio primo pensiero… sinceramente. Ma da quando mi portasti a fare quel voletto romantico su Sdentato la prima volta… per la barba di Thor! Mi conquistasti tutta! Eri così carismatico, rassicurante, affettuoso e caparbio. Al mio primo “no” non ti fermasti e… hai fatto di certo bene, se siamo qua che sto aspettando un bambino da te e sto per diventare tua moglie.” Dissi sorridendogli.
“Pensa che appena ti conobbi io mi innamorai di te… e, come dici tu, se siamo qui, vuol dire che tu hai conquistato moolto bene il mio cuore. O no, mia signora?” domandò.
“Se non lo sai tu non posso risponderti, amor mio.” Dissi io toccandogli con l’indice la punta del naso.
“Ma ti piace il mio naso? È già due giorni che me lo tocchi!” mi fece notare.
“Ma che domande fai?! Di te tutto mi piace!” esclamai toccandogli il petto. Cominciò a ridere ed io mi unii a lui in una lieta risata felice e… innamorata. Preparai il pranzo e quando fummo a tavola cominciai a parlare.
“Hic… io ho conosciuto tua madre due mesi e mezzo fa, un giorno prima di ritrovarti nella cella della nave di Eret. È… è una donna meravigliosa. Mi ha raccontato due episodi del passato che con gioia ricorda. Quando i miei e i tuoi erano giovani si trovavano spesso a casa gli uni degli altri per aiutarsi a vicenda con noi piccoli e stare insieme. Una gelida sera d’inverno veniste a casa mia e dei miei genitori e ti misero nella culla con me. Avevo freddo e ti ho abbracciato forte in cerca di calore. Quando i tuoi genitori se ne accorsero raggiunsero la culla per guardarci: eravamo bellissimi insieme. Te che con i tuoi stupendi occhioni verdi guardavi incantato la mia piccola testina bionda appoggiata sulla tua spalla e ricambiavi gli abbracci. Ed un’altra cosa! Avevamo quattro anni e ci portarono al Capo Corvo. Incominciammo a giocare a nascondino ed io facevo la conta. Non riuscivo a trovarti e mi misi a piangere per paura di averti perso per sempre. Tu uscisti dal tuo nascondiglio e mi poggiasti una mano sulla spalla, consolandomi. Appena sentii il tuo tocco mi girai verso di te e ti abbracciai forte, pregandoti di non abbandonarmi mai e di non fare mai più una cosa del genere…” raccontai tenendomi una mano sulla pancia.
“I-io… io ricordo alcune cose…” balbettò sorridendo e poggiando il cucchiaio di legno dentro la ciotola.
“Racconta… sono curiosa!” esclamai.
“Va bene. Allora… ah giusto! Eravamo in spiaggia ed era un bellissimo giorno d’estate. Il sole stava tramontando e tingeva cielo e nuvole con i suoi caldissimi colori avvolgenti. Avevamo sei anni… mia mamma era già scomparsa e i tuoi non c’erano più. Mio padre ci aveva lasciato andare da soli e stavamo giocando a rincorrerci, con la sensazione brulicante della sabbia sotto i piedi, la lieve brezza marina che ci inondava con il suo profumo salmastro e il rilassante rumore delle onde che andavano a morire increspandosi sul bagnasciuga. Mi stavi prendendo ma inciampasti in una conchiglia buttandoti su di me e cadendo trascinandomi. Mi ero steso sulla sabbia e tu eri, a tua volta, distesa sopra di me, sorretta solo dai gomiti. I nostri visi erano a millimetri di distanza. Ad un tratto tu chiudesti i tuoi splendidi occhi e misi su un piccolo sorriso, disancorasti i gomiti dalla sabbia e ti buttasti di peso su di me, ritrovandoti tra le mie braccia. Ci abbracciammo a lungo mentre ti carezzavo i tuoi capelli eccezionalmente sciolti. Quando arrivò il momento di alzarci mi donasti ciò che per me fu la cosa più bella della mia vita… per ora: un bacio sulla guancia.” Raccontò.
“Ma che dolci… già ci amavamo da piccini!” esclamai intenerita.
“Te l’ho detto che io ti amavo già da subito!” ribadì. Risi e lo incitai a raccontare un nuovo ricordo.
“Questo invece è più recente. Molto recente. Avevamo diciassette anni, perciò tu eri già innamorata di me anche se non lo ammettevi. Eravamo nella conca dove conobbi Sdentato. Era primavera e quel posto in questo periodo dell’anno diventa uno dei più belli dell’arcipelago. Ebbene, eravamo distesi sul morbidissimo letto di erba folta e giovane a guardare le nuvole. In un primo momento eravamo lontani ma poi tu ti girasti su un fianco e cominciasti a guardarmi. Non me ne accorsi finche non sentii le tue braccia avvolgere il mio sinistro e la tua testa poggiarsi su quella spalla. Girai il volto verso il tuo e trovai i tuoi occhi color cielo fissarmi incantati. Anche lì la distanza fra noi era minima ma poi, senza mollarmi il braccio, ti stendersi nella posizione iniziale. D’un tratto passò una nuvola con una forma particolare e mi dicesti di osservarla bene. Non trovavo assolutamente nessun particolare ed allora tu mi zittisti mettendomi un dito sulle labbra e cominciasti a dire che aveva la forma del tuo cuore, quel cuore che batteva per me. A quella frase spalancai gli occhi e girai il mio viso verso il tuo, con sguardo interrogativo. Cominciasti a ridere per via della mia espressione e mi dicesti di non preoccuparmi e che erano solo dettagli. Poi ti mettesti sopra di me ed io ti presi i fianchi. Cominciasti a giocherellare con le ciocche dei miei capelli e poi ti fermasti. Stavi pensando a qualcosa e nella mia testa tanti pensieri frullavano liberi. Avvicinasti ulteriormente il tuo viso al mio, nonostante la distanza non fosse elevatissima già di suo ed accostasti la tua fronte alla mia. In quel momento ci guardavamo fissi negli occhi, ognuno si perdeva in quelli dell’altro. Poi sussurrasti un flebile grazie prima di baciarmi passionalmente per la prima volta. Oh che sogno fu quello per me, ma ora non chiedo nulla di più, adesso che quei tuoi baci non sono più una rarità ma un’abitudine!” spiegò incantato.
“Sacri dei! Ma… davvero è successo?” chiesi stupefatta.
“Sì amore, è successo.” Annuii dolcemente.
“Oh Thor! Ma che bei momenti! Vorrei io avere tanti ricordi quanti ne hai tu… peccato che non ne…” non finii la frase che una fitta alla testa, dopo quasi un anno dalla caduta, mi prese violentemente.  Hiccup si alzò di scatto dalla sua sedia e mi raggiunse tempestivamente. Urlai per un’ultima fitta, la più dolorosa, poi tornò tutto normale, tranne per una cosa non poco importante.
“Hiccup… Hiccup non ci credo! I-io c-ci vedo!!” esclamai gioiosa.
“Ma questo è fantastico! Ora vedi nitidamente?” domandò per accertarsi.
“Mai visto meglio. Ora posso finalmente vederti bene come prima e non guardare una chiazza informe di colore! Vedo la mia casa con le travi a capriata sul soffitto E… e la mia pancia contenente la creatura più bella dell’universo… a pari merito con te Hiccup. Non credere che ti abbia scordato per un secondo!” dissi euforica. Hiccup rise soddisfatto e mi prese per i fianchi sollevandomi da terra e facendomi girare in aria. Era bellissimo sentirsi fra le braccia della persona che più ami al mondo e volteggiare ancora una volta nell’aria. Mi mise giù a terra e mi baciò.
“E’ una notizia bellissima Astrid! Dobbiamo…” Hiccup non finì di dire ciò che pensava che qualcuno bussò alla porta. Aprimmo ed era Capo Stoick… ehmm… papà.
“Ciao papà!” esclamò Hic.
“Ciao figliolo… cos’è tutta questa felicità?” domandò stranito.
“Astrid! Astrid ci vede ora!!” disse lui eccitato.
“Ma è bellissimo! Allora, facciamo una cosa. Siccome ero venuto qua per dirvi di preparavi per andare nella Grande Sala per fare un annuncio, cioè quello della gravidanza di Astrid, ne faremo un altro. Forza! Vestitevi a festa!!” rispose Stoick. Io ed Hic annuimmo e lo salutammo, poi ci vestimmo. Hiccup, stranamente, mise un prototipo di tua alare di colore nero, tutto nero, con le rifiniture in argento. Mentre io… sfoggiai uno dei miei completi migliori: questa volta non usai la mia solita divisa composta da corpetto, gonna, leggins e stivali, bensì un vestito. Un abito  in seta turchese che si adagiava morbido sul mio corpo e terminava all’altezza ginocchio , con una scollatura dolce e modesta per nulla pretenziosa. Sulla vita portavo una fascia argentata delicata per non costringere la pancia. Sotto al vestito portavo dei leggins bianchi ed i soliti stivali. La cosa più importante che completava l’outfit era l’anello che portavo al dito, quello stesso anello che aveva forgiato con amore Hiccup. Più lo guardavo più mi innamoravo di quel prezioso oggetto d’amore.
Uscii dal bagno, mostrandomi così ad Hiccup. Appena si voltò i suoi occhi si sgranarono e la bocca si aprì leggermente. Io avanzai verso di lui e con un aggraziato movimento della mano gliela richiusi.
“Questa reazione la devo prendere per un “Ehi amore! Sei uno schianto!”?” domandai ridendo.
“Oh… certo Astrid. S-sei… s-sei una.. dea! Sei bellissima, incantevole, meravigliosa, stupenda… tutti gli aggettivi di “bello” presenti nel vocabolario vichingo!!” esclamò continuando a guardarmi.
“Non posso dire il contrario di te… mio dolce Hiccup.” Dissi io. Gli presi la mano e ci avviammo per le vie di Berk, che erano già in fermento e in festa. La Grande Sala in poco si addobbò e riempì di botti di idromele ed ogni più succulenta prelibatezza. Quando vi giungemmo, i ragazzi dell’Arena stavano dando una mano e sentimmo le loro voci dialogare.
“Zio Stoick non ci ha detto il perché di una festa così all’improvviso. Voi sapete qualcosa?” domandò Moccicoso.
“Mocciolo ancora a chiamare il Capo “zio Stoick”? Ma come sei messo? Fai tanto il gradasso e prendi in giro tuo cugino che è molto più uomo di te e poi chiami il Capo “zio Stoick”?! Pappa molla!!!” derise Testa di Tufo.
“E tu smettila di schernirmi, Testa di cozza!” gridò l’altro attaccando un festone. Dopo una risata entrammo in scena mano nella mano, mentre la sala poco a poco si riempiva.
“Ed ecco che arriva Hiccup!!” esclamò Tufo.
“Ehi ehi ehi ehi ehi! Ohu calma! Cosa sono quelle mani intrecciate e… per Odino! A-astrid… cos’è quella cosa che hai nel dito?” chiese con orrore. Guardai Hiccup e gli sorrisi, poi fieramente parlai.
“E’ un anello di matrimonio.” Spiegai altezzosa.
“C-cosa? T-tu e quel… quel coso di mio cugino vi… vi sposate?!” domandò terrorizzato.
“Si, ovvio.”
“Ecco allora la spiegazione di questa festa improvvisa!” urlò Moccicoso.
“Ehmmm…. Non è proprio per questo… la verità è che…” non finii la frase che il cugino del mio ragazzo fece una faccia sbalordita e mi indicò la pancia.
“Vuoi dire che il motivo di questa festa è che sei incinta?” domandò Gambedipesce. Io annuii e Moccicoso per poco non svenne.
“Ma voi due, signorinelli, non vi sembra di correre un po’ troppo i tempi?!”
“Assolutissimamente no.” Risposi dirigendomi da Stoick.
“Oh! Astrid! Siete arrivati!” esclamò abbracciandomi. “Siamo pronti per l’annuncio, allora.” Continuò.
“Popolo di Berk, ho un annuncio importante da farvi! Mio figlio Hiccup e Astrid Hofferson stanno per diventare genitori! E non è tutto! Quest’estate… si sposeranno!” annunciò solennemente il padre di Hiccup. Il mio ragazzo mi raggiunse e mi tirò delicatamente a sé, mentre il nostro popolo ci acclamava benedicendo il nascituro e la nostra vita insieme. Tutto stava procedendo per il meglio, nulla mia avrebbe portata via dal mio futuro marito e da mio figlio, NIENTE e NESSUNO.

6 MESI DOPO
Era luglio ed io ero arrivata al mio ottavo mese e mezzo di gravidanza. Eret non si era fatto più vedere, il che era un buon segno. Bludvist non avrebbe attaccato, altrimenti il moro ci avrebbe detto qualcosa. Quel girono fu il più bello della mia vita: il mio matrimonio. Il cielo era completamente terso e azzurrino, il sole che splendente vegliava su di noi, i terribili terrori che intonavano canzoni ed i fiori che adornavano gli alberi donavano a quel giorno un tocco di romanticismo in più di quanto già di suo non lo fosse.
Ero in fermento, non stavo più nella pelle. Valka, Bruta che in quei sei mesi si era fidanzata con Moccicoso, Ingrid e Freya, le corrispettive fidanzate di Tufo e Gambedipesce, facevano parte del mio seguito, che quella mattina era in agitazione quanto me.
“Allora cara: Bruta, Ingrid e Freya si occuperanno della tua acconciatura mentre io mi appurerò che tutto vada per il meglio. Ah! E ti darò consigli sulla vita matrimoniale!” esclamò Valka porgendomi l’abito che aveva pazientemente cucito lei da quando Hiccup mi aveva fatto la proposta di matrimonio. Ero curiosa di vedere il vestito, tant’è che lo liberai dalla pellicola protettiva e del fiocco dorato che lo cingeva. Appena lo stesi sul letto i miei occhi si bagnarono di lacrime di commozione: un bellissimo abito bianco di seta rivestito da un sottile ed elegante strato di pizzo dello stesso colore si presentava dinanzi a me. Il corpetto non aveva una scollatura particolare ma un dettaglio molto grazioso: le spalle erano scoperte ed una breve parte dell’avambraccio  era rivestito da una piccolissima striscia di pizzo che continuava comprendo il corpetto ed arrivando fino all’altro braccio. In vita una sottile fascia azzurrina terminava sulla schiena con un tenero fiocco. E la gonna. Che dire di quella vaporosa gonna che inizialmente mi incorniciava i fianchi sottili e si allargava non eccessivamente andando a morire ai miei piedi. Mi girai verso Valka e le sorrisi, poi la abbracciai.
“Grazie… non so cosa dirle se non grazie infinite.” Sussurrai ricevendo delle dolci carezze sulla schiena.
“Non preoccuparti cara. Io l’ho fatto più che volentieri! E… non darmi del “lei”, tesoro, chiamami mamma.” Invitò la donna. Annuii ed indossai l’abito che mi calzava a pennello.
“Amica mia sei bellissima!” dissero in coro Bruta, Ingrid e Freya. Ringraziai con un cenno e mi sedetti sulla toletta per l’acconciatura. Le tre ragazze si consultarono sul da farsi e poi cominciarono a “giocare” con i miei angelici capelli. Terminato il lavoro mi guardai allo specchio: l’acconciatura era semplice ma bellissima. I capelli erano raccolti in un elegante chignon dal quale alcune ciocche scendevano raffinatamente. Il viso era incorniciato da due di esse. Il concio era chiuso da un fermaglio gioiello di acquamarina. Mi girai verso la mia futura suocera che mi guardava commossa.
“Non ci sono parole per descriverti ragazza mia: sei meravigliosa. Sono fiera che mio figlio abbia scelto te come sua compagna di vita.” Disse sorridendo.
“Grazie mamma. Ed io sono la donna più felice del mondo ad avere a fianco tuo figlio.” Risposi abbracciandola.
“Su, forza. Ora sei pronta. Andiamo, Hiccup ti aspetta.” Invitò allegra. Uscimmo dalla porta e salii sull’Uncinato Mortale di Freya.

POV. HICCUP
Ero agitato. Molto agitato. Quel girono sarebbe stato la realizzazione di un sogno. Del sogno più bello e desiderato. Camminavo nervosamente avanti e indietro all’altare, con la folla che mi guardava commossa e compassionevole, soprattutto le persone che già quel grande giorno l’avevano affrontato da anni e potevano ben capire il mio stato d’animo. D’un tratto un richiamo fin troppo familiare giunse alle mie orecchie, facendo voltare me ed il resto del popolo verso l’Uncinato che si stava precipitosamente dirigendo verso di noi. Dal rettile scese la giovane donna più bella dell’universo: Astrid. Un attimo, la mia Astrid. Le ragazze del suo seguito la aiutarono a scendere dal drago e le diedero il bouquet di rose e calle. Mio cugino la prese sotto braccio e la portò verso di me. Finalmente il suo meraviglioso sguardo zaffirino incrociò il mio ed un sorriso nacque sul suo angelico volto. Mi guardava emozionata ed avanzava elegantemente con quello stupendo abito bianco che la rendeva ancora più bella di quanto non lo fosse già di suo. Arrivò a me ed io le presi la mano, sorridendo.
“Eccoci qui riuniti per celebrare il matrimonio fra mio figlio, Hiccup Horrendous Haddock III e questa splendida ragazza, Astrid Hofferson. Sotto richiesta degli sposi, il rito sarà breve. Allora, c’è qualcuno che si oppone a questo matrimonio? Chi si contrappone lo dica adesso o mai più.” chiese mio padre. Ci guardammo attorno ed una mano timida emerse dal mare di gente. E chi poteva essere se non Moccicoso? Quel Moccicoso che si beccò un bel calcio negli stinchi dalla fidanzata. Mio padre sbuffò e si rivolse a noi.
“Siccome tuo cugino non fa testo possiamo andare avanti senza problemi.” Continuò lui. Gambedipesce si avvicinò con un cuscino di raso verde smeraldo con sopra gli anelli.
“Hiccup Horrendous Haddock III, desideri prendere la qui presente Astrid Hofferson, come tua legittima sposa?” domandò mio padre.
“Sì, lo voglio.”
“E tu, Astrid Hofferson, desideri prendere mio figlio, Hiccup Horrendous Haddock III, come tuo legittimo sposo?” chiese ancora una volta.
“Sì, lo voglio.” Rispose sorridendo. Presi l’anello destinato ad Astrid ed afferrai delicatamente la sua candida mano.
“Io, Hiccup Horrendous Haddock III, prendo te, mia bellissima Astrid Hofferson come mia legittima sposa. Prometto di amarti e onorarti, in salute e in malattia, in ricchezza ed in povertà. Perché tu, tesoro mio, sei la mia salute. Tu, sei la mia ricchezza. Come sei mesi fa ti raccontai, io ti ho sempre amato dal primo sguardo. E ciò che più mi faceva male era essere ignorato da te. Ora, ancora stento a credere che questa sia la realtà, perché un singhiozzo che all’età di quindici anni non poteva scorrazzare per la città senza causare un minimo danno… è strano vederlo con la perfezione in persona. E’ strano vederlo con la Dea che ha ceduto il suo posto al tavolo dei divini per venirci ad allietare con la sua semplice grande bellezza. E’ strano vedermi con te, Astrid. Ho… paura di svegliarmi di soprassalto ed accorgermi che questo era solo un sogno. Il migliore dei sogni. Poterti avere accanto per la vita, poterti dichiarare mia sposa davanti agli dei, è il sogno più bello della mia vita.” Dissi mettendole la fede. Astrid se la guardò fiera e commossa e poi prese l’altro anello e la mia mano.
“Io, Astrid Hofferson, prendo te, mio dolcissimo Hiccup Horrendous Haddock III come mio legittimo sposo. Prometto di amarti ed onorarti, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà. Sì Hiccup, ti voglio come mio legittimo sposo!! Tu che sei il mio ieri, il mio oggi ed il mio domani. Il mio passato, il mio presente ed il mio futuro. Tu che per me sei il mio audacissimo eroe che non cambierei mai al mondo, nemmeno sotto tortura. Vero Tufo?” domandò facendo ridere me e la folla. Il gemello annuì timidamente ed Astrid si rivolse nuovamente a me, schiarendosi la voce. “Tu che all’età di quindici anni credevo non potessi arrivare fino qui, a porgermi l’anello di matrimonio vestiti elegantemente con l’abito bianco. Ma… se ci ripenso mi sbagliavo di grosso. Anzi, commettevo un errore madornale. L’errore più grosso della mia vita. In questi anni mi sono resa conto del fantastico uomo che sei, così bello, dolce, intelligente, affascinante, eroico… tu sei il mio perfettissimo Hiccup, al quale ora sono felicissima di donare questo bellissimo anello che credo abbia forgiato tu. Non è vero amore mio?” disse lei infilandomi la fede.
“Ovviamente sì.” Risposi.
“So riconoscere la mano d’opera del mio fidanza… ehmm…. Di mio marito.” Si corresse. Una risata contagiò il popolo, me e mio padre.
“Bene. Ora non mi resta che dire, puoi baciare…” mio padre non finì la frase che una voce conosciuta chiamò disperatamente il mio nome: Eret.

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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


POV. ASTRID
“Hiccup!” urlò Eret. Corremmo tutti verso di lui, che arrancava sul bagnasciuga sfinito.
“Scusate se ho… interrotto il vostro matrimonio ma c’è una cosa importantissima che dovrei comunicarvi…” disse lui.
“Drago…” sussurrai prendendo la mano di mio marito.
“Esatto. Fra poche ore sarà qui.” Aggiunse. Per poco non mi mancò l’aria.
“Come sarà qui?! E tu dircelo prima?!” esclamò Hic.
“Mi dispiace. Sono scappato di corsa. Drago con lo scettro è venuto a sapere che io vi avrei aiutato e mi ha richiuso in cella, sorvegliato da guardie di turno e non potevo fuggire. Ma ora ci sono riuscito ed eccomi qui.” Spiegò. Hiccup sospirò e mise la mano libera sulla sua fronte, chiudendo gli occhi.
“Ed ora cosa possiamo fare? Come combatteremo Drago?!” domandai preoccupata toccandomi la pancia. Poteva essere un pericolo per tutti: per Hiccup, per Stoick, Valka, il popolo, Moccio, Gambe, Bruta e Tufo, per me e… per il bambino.
“So come potreste combatterlo. L’ho sentito parlare con suo fratello, lui è la vera minaccia. Sono in possesso di un drago leggendario, grosso ma soprattutto potente: hanno l’Alfa. Quel drago controlla la mente degli altri, imponendo loro ordini che se fossero lucidi mai eseguirebbero. Bisognerebbe avere un altro drago Alfa che possa contrastarlo.” Disse.
“Ma noi non abbiamo draghi Alfa. Raderanno al suolo Berk!” s’intromise Moccicoso visibilmente preoccupato per la sua “principessa” che nel frattempo aveva preso per mano.
“Ehm… due semplici parole per descrivere la vostra situazione: siete fregati.”
“Siamo Eret, siamo. Anche tu combatterai per noi.” Ordinò Hic severo.
“Ah giusto, siamo.” Si corresse sorridendo nervosamente.  
“E in quanto sarà qua?” chiese Gambedipesce.
“Non so dirvi l’ora precisa, vi ripeto. Dovrete tenervi pronti, potrebbe arrivare da un momento all’altro.” Rispose.
“Ok. Popolo di Berk! Una minaccia incombe sulla nostra isola. Ora, andate a casa e prendete le armi, dovrete stare pronti per combattere. Preparate i vostri draghi, uno di loro della specie Alfa comandato da Bludvist e suo fratello sta giungendo qui e noi dovremo contrastare il loro attacco. Non sarà semplice, poiché questo rettile controlla la mente ed ordina cose improponibili ai nostri compagni. Dovremo solo giocare d’astuzia e… che Odino ci protegga.” annunciò solennemente Hiccup. Corremmo tutti a casa a cambiarci. Entrai in camera ed in fretta mi sfilai l’abito nuziale che misi sul letto. Prima di riporlo nell’armadio lo guardai un’ultima volta, sorrisi e lo misi nel posto al sicuro. Non potevo pensare che il mio matrimonio era stato interrotto per via dell’allarme di una incombete e paurosa catastrofe. Io non ero ancora effettivamente la moglie dell’uomo che più amo al mondo, non ancora davanti agli dei, almeno. Si dice che le divinità accolgano la nuova coppia solo dopo che lo sposo abbia baciato la sposa, cosa che era stata interrotta. Mi infilai in fretta e furia la divisa che mi stava un po’ stretta per via della pancia, ma non feci né domande né mi lamentai e brandii la mia ascia. Stavo per uscire di casa quando Hic mi fermò delicatamente per il braccio.
“Astrid non posso farti combattere…” sussurrò nervoso.
“Ma io voglio aiutarti Hic!” risposi.
“No, non ora tesoro. Non posso mettere a repentaglio la vostra vita.” Disse toccandomi dolcemente il pacione.
“Ma io non voglio perdere la tua.” Sussurrai.
“Devo combattere non posso tirarmi indietro è per…” gli bloccai la bocca con un bacio.
“Allora io combatterò al tuo fianco. Io sarò sempre al tuo fianco.” Dissi quando ci separammo accarezzandogli i capelli.
“Ok… promettimi  però che nulla andrà storto.” Rispose. Io annuii ed uscimmo di casa, prendendoci per mano. Il tempo per radunare tutti, draghi e vichinghi,  nella piazza e spiegare il piano che ad un certo punto sentimmo un terremoto.
“E’ l’ora.” Disse Stoick preoccupato. Io caddi tra le braccia di Hiccup: un capogiro mi aveva presa e non ero molto stabile.
“Tutto bene amore?” domandò sorreggendoci entrambi per la scossa duratura.
“Si, non preoccuparti.” Dissi rimettendomi in piedi. Il suolo smise di tremare, ma nessun Drago parve all’orizzonte.
“Dov’è?” chiese mio “suocero”.
“Queste scosse preannunciano un suo arrivo. Ciò vuol dire che a minuti sarà qui. E’ l’Alfa che muove le acque e fa tremare la terra.” Spiegò Eret. Ecco, la nostra risorsa utile? Eret, che aveva convissuto con quella persona per anni ed ora poteva aiutarci. Respirai profondamente: la paura quasi nulla, il credersi capaci di contrastarlo senza problemi fu completamente spodestato dal trono che è la mia mente dal terrore. Terrore di non poter vedere mio figlio crescere o poter baciare ancora una volta il mio quasi marito che amo più della mia stessa vita. Ma ora basta. Ora devo combattere per la pace della mia famiglia, ora devo combattere per Berk.

POV. HICCUP
Eravamo pronti a tutto ormai. Astrid era agitata e si vedeva benissimo: si girava e rigirava l’ascia tra le mani spazientita e nervosa; voleva chiudere questa faccenda.  L’unica cosa che giocava a nostro sfavore erano… gli stessi draghi. Purtroppo l’Alfa li avrebbe senza problemi controllati, che noi lo volessimo o no. Io per questo potevo fare ben poco. Guardai la mia compagna, i Cavalieri, il mio popolo ed infine i miei genitori, uniti come un tempo. Sorrisi e mi avvicinai ad Astrid, tirandola delicatamente a me.
“Ti amo, Astrid, e ti amerò sempre. Qualsiasi cosa succeda ricordami per l’uomo che sono stato e per l’amore che ho sempre provato per te.” Sussurrai facendomi rigare la guancia da una lacrima che morì degnamente sul pollice della mia dea.
“Anch’io ti amo Hiccup. Se dovesse succedere qualcosa a me ricorda che ti amo e che… anche lui ti vuole bene.” Disse indicandosi la pancia.
“C-come fai a sapere che lui mi vuole bene?” chiesi sbalordito.
“Me l’ha detto tua madre, attraverso alcuni suoi movimenti ha capito che ama sia me che te.” Rispose sorridendo.
“Per Odino. Che bello.” Dissi baciandola. Il bacio fu interrotto da una nuova scossa, più forte e da un urlo di Eret.
“Ora!” gridò il moro. Ci staccammo velocemente e ci rivolgemmo all’enorme onda che si era presentata davanti a noi. Appena Sdentato vide che la grossa massa d’acqua si stava dirigendo su me ed Astrid, si buttò letteralmente su di noi, proteggendoci con il suo corpo, proprio come quando siamo in volo. L’onda s’infranse sull’isola e noi ne uscimmo indenni. Fortunatamente tutti gli abitanti riuscirono a venirne tutti fuori sani e salvi da quel primo fenomeno. Si ricompattarono tutti ed aspettammo una sua nuova mossa. D’un tratto un enorme drago spuntò fuori dall’acqua.
“Per lo spirito del possente Odino!” urlò Moccicoso.
“Quello è un drago di classe 10! Di classe 10!!!” continuava a gridare Gambedipesce sfogliando le sue cartine di draghi.
“Ecco l’Alfa!” disse Eret avvicinandosi a me.
“E adesso sta bestia come la combattiamo?! È pur peggio della Morte Rossa!” constatai io.
“Ma quella è…” disse Astrid inquadrando un drago. “Per la barba di Thor! È Tempestosa!!” gridò lei eccitata correndole incontro.
“Astrid no!!” urlai fermandola. “Non andare! È dalla parte dell’Alfa! Potrebbe ucciderti!!” dissi. Lei annuii e rimase al mio fianco.

POV. STOICK
“L’Immenso! Eccoci qui amico mio!” gridò Bludvist.
“Che vuoi Drago?! Perché sei venuto qui?!” chiesi rabbioso.
“Oh… ma non preoccuparti. Ero solo venuto a dirti che sei mesi fa il tuo amato figlioletto, la tua adoratissima moglie e una insulsa biondina sono venuti a farmi visita e pensa! Sono stati perfino così gentili da stare con me per due mesi e mezzo!!” esclamò felice.
“Non permetterti di chiamare così mia moglie!!” sbottò Hiccup adirato.
“Ah. È pure tua moglie? Vedo anche che aspettate un bambino…” disse indicando la pancia di Astrid.
“Sì, è così. Non ti permetterò di toccare nessuno dei due o te ne pentirai amaramente.” Chiarì seriamente mio figlio. Eh sì, lo devo ammettere. Quando si tocca Astrid o suo figlio, Hic diventa proprio una furia. E anche buia. Ok, non fa ridere.
“E cosa pensi di farmi, singhiozzo? Ok, ti ho detto che sei diventato alto e bello, ma non crederti tanto forte da fare male a Bludvist…” lo provocò. Mio figlio strinse i pugni e cercò di mantenere la calma, ma a parlare per lui ci pensò un’altra persona.
“Ora basta!” gridò quella persona. E chi poteva gridare così per il suo amore se non Astrid? “Se tu non la smetti di trattare così mio marito giurò che ti stacco la testa con un colpo d’ascia e ti copro la faccia di pugni! Intesi?!” urlò visibilmente arrabbiata fortemente.
“Ehmm… Drago non ti consiglio di continuare a provocarlo… lei fa davvero male… troppo molto.” Consigliò Eret.
“E tu impara la grammatica, marinaio!” concluse lei prima di abbracciare forte mio figlio. Il moro alzò le mani con un espressione alquanto spaventata.
“E comunque, tornando a noi. Volevo presentare a Berk il mio amato fratello. Vi presento, Aron Bludvist!” tuonò quel pazzo. Dal dorso di quella bestia enorme comparì una persona simile a Drago, ma  magro, alto, con i capelli corti e castani e gli occhi chiari. Era anche un bel ragazzo, esteriormente. Ma se solo provavo a pensare come sarebbe dovuto essere dentro, avrei certamente ordinato a Sdentato di incenerirlo sul momento.
“Popolo di Berk! Ma che grande onore conoscere la gente dell’amico di mio fratello!!” esclamò Aron.
“Io non sono amico di Drago!!” gridai stizzito.
“Ok ok… calma… non sarai amico di mio fratello adesso ma prima certo che sì, Stoick.” Sentenziò con aria da superiore.
“Non rigirarti nelle tue stesse parole Aron! Dimmi perché sei venuto qui!”
“Oh oh oh! Ma tu lo sai benissimo caro mio! Sei in grado di ricordare…? Se non lo sei, lo farò con la forza.” Disse malizioso. Lo guardai diffidente, ma non sapevo cosa sarebbe successo in quel momento.

POV. HICCUP
Mio padre cercò di scavare nella memoria. D’un tratto Aron prese lo scettro dalle mani del fratello e lo puntò su mio padre, scendendo dall’enorme drago e dirigendosi verso di noi. La sfera verde smeraldo diventò nera ed era attraversata da fulmini violacei. Ad un certo punto mio padre si piegò dolorante a terra, con la testa fra le mani, di punto in bianco.
“Papà!!” gridai correndogli incontro per aiutarlo.
“Stoick!” urlò mia mamma.
“Che stai facendo Aron! Metti giù quello scettro!” ordinai. Il ragazzo assottigliò lo sguardo e mio padre si lamentò più intensamente. Mi avvicinai di soppiatto ad Aron e, con un pugno, gli feci volare dalle mani lo scettro, prendendolo io in mano. Mio padre cessò di lamentarsi e corsi verso di lui per aiutarlo ad alzarsi, con mia madre alle spalle. Guardai l’oggetto magico che avevo fra le mani e poi lo feci cadere energicamente a terra, distruggendolo sotto lo sguardo scioccato dei due fratelli Bludvist.
“Il mio scettro!!” gridò il maggiore. Dai pezzi frantumati della sfera fuoriuscì una polvere violacea che si dissolse nell’aria come se nulla fosse. Guardai Astrid e la vidi terrorizzata, che si stringeva a Bruta, impaurita quanto lei. Riportai lo sguardo, serio e arrabbiato, verso i fratelli invasori. Il castano si girò verso la bestia che subito cominciò ad assottigliare le pupille, proprio come un anno fa successe a Tempestosa e emise un suono. Gli altri draghi eseguirono ciò che l’Alfa aveva “ordinato” attraverso quel verso e si schierarono in fila perfetta davanti a Berk.
“Eccovi il mio esercito di draghi!!” annunciò ridendo diabolicamente. L’Alfa emise un ennesimo suono e gli altri rettili eseguirono l’ordine impartito. Cominciarono a fare fuoco su Berk e il drago “madre” invece trasformava la nostra isola in un cumulo di ghiaccio, come la reggia di Bludvist. L’Alfa emise un altro suono, quello stesso suono che cominciò a stordire i nostri draghi. 
“Sdentato… c-che ti prende?” chiesi al mio amico che aveva assottigliato le pupille e si stava dirigendo minacciosamente verso di me. Mi ruggì incontro e poi se ne andò verso Drago. Lo stesso fecero Zannacurva, Muscolone, Rutto e Vomito, Spaccateschi e Saltanuvole verso i corrispettivi cavalieri. D’un tratto, Tempestosa atterrò e si diresse verso la mia amata.
“Ehi piccola… ciao Tempestosa…” sussurrò lei con la draghetta davanti. Come gli altri draghi, tempestosa ruggì ed avanzò minacciosamente ulteriormente verso Astrid.
“No Astrid!!” urlai mentre lei indietreggiava impaurita. Tempestosa si preparò per fare fuoco e allora io cominciai a correre verso di lei.
“Hiccup no! Che pensi di fare?!” gridò mio padre seguendomi velocemente. Un’aurea luminosa comparve dai capelli di Astrid e la avvolse facendola brillare. La parte mora nei suoi capelli svanì completamente e la ferita nella testa si richiuse senza lasciare minima traccia. Tutti rimanemmo sbalorditi da tale fenomeno ma io non mi lasciai distrarre e continuai a correre verso di lei. Una cosa aspettata successe: invece che fare fuoco, Tempestosa lanciò i suoi aculei, colpendo in pieno me e mio padre accorsi per proteggere Astrid.

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


POV. ASTRID
Brillavo e sembravo protetta da una sorta di bolla dorata. Ma avevo chiuso gli occhi per non vedere la mia fine, attaccata dagli aculei della mia draghessa come un corpo senz’anima al ghiaccio che c’era dietro di me. Ma io non avevo sentito niente, se non un dolore immenso quando ho aperto gli occhi ed ho visto ciò che era accaduto quando io, come una semplice codarda, avevo smesso di guardare in faccia alla realtà per un secondo. Una morsa al cuore e quasi cadevo a terra dalla disperazione. Vedevo solo polvere grigia e due sagome inermi al suolo, una più magra ed alta ed una più grossa ed imponente. “Non può essere vero” ho pensato correndo verso quei due corpi. E quando fui ai loro piedi, non potei fare a meno che accasciarmi sul quello più magro e stringerlo a me piangendo.
“Ti prego… né adesso né mai… Non puoi lasciarmi sola… no non puoi!” singhiozzai stringendo il suo forte corpo al mio. Hiccup giaceva inerme tra le mie braccia, con il viso sporcato da un impercettibile strato di fuliggine e sangue ed un aculeo di Tempestosa conficcato nello stomaco. Gli carezzai tremante la parte colpita e poggiai le mie labbra sulle sue un’ultima volta. Erano fredde e mi spezzò il cuore non sentirlo ricambiare ed avvolgermi con le sue braccia in un abbraccio dove mi facevo così piccola che mi sentivo veramente sua. Mi staccai e lo guardai mentre le lacrime bagnavano inesorabili il mio volto. Carezzai il suo e gli scostai i suoi capelli color cioccolato dai suoi occhi che ora erano chiusi. Quegli stessi occhi verde prato che lo rendevano più bello di quanto già di suo non lo fosse. E di nuovo travolta da un turbinio di tristezza mi accasciai sul suo petto a piangere la sua morte. Quella stessa morte che mai avrei augurato a lui. Perché sul punto di sposarci? Perché sul punto di veder crescere una creatura? Perché Hiccup?!
“Ehi amore mio… non te ne andare… ti prego non farlo… io ti amo, lui ti ama, il tuo popolo ti ama! Non puoi lasciarmi adesso, che ancora non sono divenuta tua moglie, che ancora il nostro bambino non è nato e cresciuto… che ancora speravo in un tuo bacio, o carezza, o stretta di mano… io che ti volevo sempre accanto a me. Tu che mai saresti dovuto morire… Hiccup… io sono sempre stata una stupida! Come ho potuto sprecare tanto tempo a pensare ai ragazzi più belli di Berk se il migliore l’avevo davanti a me?! Ma io avevo gli occhi chiusi e la mente offuscata… e così tanto tempo che potevo passare insieme a te l’ho completamente buttato via barricata nella mia stupidissima camera a piangere la morte dei miei genitori e a sognare un futuro con Blaise, quel biondo con gli occhi azzurri, il ragazzo più desiderato dalle fanciulle… ma il più stupido sulla faccia della terra. Ed ora sono qui! A piangere la tua di morte e a maledirmi!! Perché proprio a noi?!” continuavo a dire piangendo disperatamente.
“Oh no… Capo Stoick…” sussurrai notando anche lui accasciato di fianco al corpo del mio amato. Mi alzai e mi diressi verso di lui e poggiai un orecchio sul suo petto per sentire il battito del suo cuore. Quello stesso muscolo che si era fermato. Le lacrime aumentarono ed i miei singhiozzii furono uditi dal resto del gruppo.
“Astrid tutto bene?” chiese Valka cercandomi nella nebbia. Non risposi presa a piangere. La donna finalmente mi trovò e corse verso di me. Alzai il capo bagnato verso di lei: aveva un’espressione scioccata e disperata. Si accasciò tra il corpo del marito e quello del figlio.
“No…” sussurrò facendosi rigare la guancia da una lacrima. La abbracciai e ci unimmo ad un pianto disperato. Gli uomini che più amavano ci avevano lasciato per sempre. Si erano seduti al tavolo dei re, perché loro erano dei re e lo rimarranno per sempre.
“Astrid! Zia Val! Dove siete?!” gridò Moccicoso. Questa volta Tufo non commentò: forse aveva capito che qualcosa di brutto era successo. Osservammo la sagoma di Moccicoso avvicinarsi arrancando nella nebbia e quando ci focalizzò corse verso di noi.
“Che… è successo?” chiese tranquillo respirando affannosamente per via dell’andatura veloce. Non riposi, irritata dalla domanda. “Davvero?!” domandò preoccupato. Si chinò sul cugino e gli ascoltò il cuore. Per la prima volta vidi Moccicoso piangere… per giunta per Hiccup.
“Astrid… è m-morto…” singhiozzò. Mi venne d’istinto abbracciarlo, entrambi soffrivamo per un grande uomo, il mio. Mi accarezzò i capelli e mi strinse le mani. Poi si staccò da me e lo lasciammo solo con lui. Io e Valka ci dirigemmo verso il resto della banda per dare la brutta notizia.

POV. MOCCICOSO
Ero davanti al corpo inerme di mio cugino. È proprio vero, ti rendi conto di amare una persona solo quando se ne va. “Eccomi cugino mio, sono qui, dinanzi a te. So che le mie parole non saranno credibili dette da me ma… invece vengono dal cuore. Tu sei il mio cuginetto, il mio adorato cuginetto. Anche se quando eravamo piccoli io ti ho sempre preso in giro, non ti ho mai  ascoltato… ero invidioso di te, della tua bellezza, delle tue capacità, della tua intelligenza e… perché avevi Astrid. Mi dispiace immensamente che tu te ne sia andato proprio quando stavi pe realizzare il sogno di una vita, due sogni. Quello più bello non si è ancora avverato, ma non si avvererà mai, di questo passo. Odino ti ha voluto a sé troppo presto.” Singhiozzai. Gli guardai lo stomaco trafitto e sanguinante. Preso da un attacco di rabbia tolsi l’aculeo con la forza e gridai, fatto questo. “Non puoi lasciarci in questo momento, non puoi lasciare la tua amata Astrid e il tuo bambino… ma cosa sto parlando a fare… ormai il tuo cuore si è spento…” sussurrai abbracciandolo e versando lacrime amare. Anche se non sembra io voglio un bene dell’anima a mio cugino. Non vorrei mai gli accadesse qualcosa di brutto ma… ormai è successo. Posai lo sguardo su mio zio. Mi alzai e mi diressi da lui, non prima di aver carezzato il palmo aperto di Hic. “Ed ora anche tu sei partito con tuo figlio… spero che voi possiate vivere serenamente nel Valhalla e che… almeno lì persone degne di voi possano ascoltarvi ed onorarvi. Io non sono mai stato né un cugino né tantomeno un nipote desiderabile. Ovvio, zio, per te ho sempre portato un certo rispetto, anche se sempre poco, ma per Hiccup…” mi fermai, preso da un singhiozzio. “Eh ehm… per Hiccup invece no. Sono stato un cugino, un amico pessimo!! PESSIMO!! Ed ora sono qui, a piangere per voi che ormai non ci siete più…” continuai asciugandomi le lacrime con la manica. Mi alzai e li salutai con un cenno della mano ed un sorriso amaro, poi mi diressi verso il resto dei miei compagni. Giunto fra loro, la mia principessa era appoggiata ad una roccia insieme al fratello, abbracciati a piangere la morte di due grandi uomini, zia Val era consolata da Skarakkio, nonostante anche lui avrebbe avuto bisogno di conforto. Gambedipesce si copriva il volto con le mani per nascondere il viso paonazzo dalle lacrime, ma si potevano udire benissimo i suoi soffocati singhiozzii. E poi c’era Astrid. Quella bellissima donna che ora stava peggio di tutti, insieme a zia Val. Era seduta su una roccia, isolata da tutta tranne che dal dolore. Una mano era poggiata sul pancione e lo carezzava, sorridendogli saltuariamente e l’altra reggeva la testa completamente bagnata. Le guance rosse come il sangue coloravano il suo viso bellissimo disperato. Mi avvicinai a lei e le carezzai la treccia.
“Credi… credi che sia veramente… m-morto?” domandò asciugandosi le lacrime. Sospirai ed appoggiai una mano sulla sua spalla. La risposta che stavo per darle non credo le avrebbe fatto piacere e avrei dovuto usare del tatto ma… io sono riconosciuto come la persona che non lo sa usare.
“Credo di sì… Ho sentito il suo cuore e… non batte più…” sussurrai ricominciando a piangere. Astrid si alzò lentamente e chiuse gli occhi. Quelle palpebre si bagnarono e da quella sorgente d’acqua nacque un piccolo rivolo che cominciò a scorrere per la sua guancia. La abbracciai: mai l’avevo vista e sentita piena di dolore in quel modo. Ciò voleva dire che amava mio cugino con tutta sé stessa ed anche di più. “Mi dispiace Astrid…” mugolai. Da quel pianto trattenuto e silenzioso si lasciò andare completamente, interrompendo quel silenzio con i suoi singhiozzii. Io le carezzai i capelli e le posai un bacio su di essi. Non pensate che io in quel momento abbia marciato sul fatto che l’avevo per la prima volta fra le braccia e provavamo dolore per i due morti in battaglia. Quelle carezze e quel bacio erano di conforto. Sapevo quanto la bionda stesse male. Sciogliemmo quell’abbraccio ed Astrid si diresse dal resto dei ragazzi.
“ Ed ora che facciamo?” domandò nervosa con la voce ancora intrisa di dolore. “Io giuro che ammazzo Drago e suo fratello!! Mi hanno tolto l’unica mia ragione di vita, la cosa che completava il mio carattere incompleto!! MIO MARITO!!” tuonò lei rabbiosa.
“Ok, calma Astrid. Sappiamo tutti quanto dolore tu provi e anche noi stiamo molto male ma…” cercò di dire Gambedipesce che però venne interrotto da Astrid.
“Non mi interessa Gambe!! Io voglio rivendicare mio marito, che tu lo voglia o no.” Dichiarò seria brandendo la sua fedele ascia.
“Astrid, cara, per quanto riguarda quello che dobbiamo fare adesso… il funerale.” Sussurrò Skarakkio. Astrid annuì e tutti seguimmo Skarakkio verso la riva, dove due barche erano casualmente lì.

POV. ASTRID
Quella era l’ora di lasciare per sempre mio marito e suo padre. Nonostante le mie forze indebolite per via della gravidanza io chiesi esplicitamente di poterlo scortare fino alla spiaggia. I ragazzi dissentirono ma io li minacciai di colpirli con l’ascia alla testa ed allora mi lasciarono fare tutto quello che volevo. Giunti sulla spiaggia, quella stessa spiaggia che calpestammo con i nostri teneri piedini io e lui quattordici anni fa, lo misi a terra delicatamente e gli carezzai la gota.
“Astrid, è il momento.” Mi disse Skarakkio porgendomi arco e freccia.
“No, lasciatemi ancora un secondo con lui.” Pregai. Lui acconsentì e si schierò in fila a qualche metro di distanza da noi. Mi chinai su di lui, gli presi la mano sinistra tra la mia e la poggiai al mio petto. “Hic… amore mio… ecco, ora ti devo dire addio per sempre… ma prima vorrei che anche lui ti salutasse e vorrei dirti che ti ama tanto e anche se tu non potrai essere presente durante la sua crescita, gli ricorderò di te sempre.” Disse portando la mano sul pancione. La feci strusciare un po’ e poi la riportai al petto. “Ecco, ora va bene. Ricorda che ti amo e che ti amerò per sempre… addio, tesoro…” dissi piangendo e chiudendo gli occhi. Dopo un po’ sentii una mano poggiarsi sulla mia guancia e asciugarmi le lacrime. Una mano che assolutamente riconoscerei fra mille. Fu allora che aprii gli occhi e mi trovai davanti lo sguardo un po’ dolorante più bello del mondo. 

ANGOLO AUTORE
Buonasera a tutti voi lettori. Eccovi il mio sedicesimo capitolo. Francamente, parlando da scrittrice a lettori, io ho pianto un sacco quando ho scritto questo capitolo. Ma ora, ora che avete terminato di leggere il capitolo e quindi un po' (ma non molto naturalmente) posso spoilerare, alla fine ho sorriso. Sì, ho sorriso perchè mi immagino Astrid che disperata passa la mano del quasi marito sul suo bel pancione e si sente toccare da una mano inconfondibile. Starà sognando? Sarà tutto un sogno dovuto alla gravidanza? Chi lo sa, più che sogno bisogna chiamarlo incubo.
Tutti i dubbi saranno svelati nel prossimo capitolo ;)
Un bacio
Astrid

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Capitolo 17
*** Cap. 17 ***


POV. ASTRID
Un’ultima lacrime rigò la mia guancia ed andò a posarsi leggiadra sulla sua tuta alare.
“Anch’io ti amo, milady…” sussurrò con voce flebile e dolorante sorridendomi debolmente.
“Hic… per Odino…” dissi soffocando altre lacrime. “T-tu s-sei…. Vivo!” continuai. Lui annuì ed io allora sorrisi gioiosamente e lo abbracciai.
“Che cos’è successo Astrid?” domandò.
“Tu mi hai salvata da morte certa. Tempestosa aveva scagliato i suoi aculei contro di me e tu… ti sei tuffato per proteggermi.” Spiegai. “Hai rischiato la vita per me, Hiccup!!! Non dovevi!! Io che ti ho sempre…” non finii la frase che lui mi chiuse la bocca con un dito.
“Non dovevo cosa, scusa? Tu sei la mia amata moglie! Io ti proteggerò sempre ed ovunque, mia signora.” Sussurrò carezzandomi la guancia.
“Odino ci protegga. Hic, mi sono calata in un baratro di disperazione!! Stavo diventando matta, il solo pensiero di averti perso mi ha mandata fuori di me. Ho pianto sul tuo corpo per ore, ti ho abbracciato e baciato un’ultima volta… ho pregato gli dei per riaverti e… mi hanno ascoltata…” sussurrai felice. “Ti fa ancora male qui?” chiesi sfiorando delicatamente la ferita. Al mio tocco lui sussultò. “Scusami amore!! Scusami veramente non volevo…” mi bloccò la bocca baciandomi. Prolungai il bacio che durò a lungo.
“Scuse accettate.” Disse quando ci separammo. Sorrisi e lo aiutai a mettersi in piedi. Raggiungemmo il resto della squadra la quale, alla nostra vista, sbiancò.

POV. MOCCICOSO
Vidi tra la nebbia due persone avanzare verso di noi. Una era Astrid, non c’erano dubbi, ma l’altra? Una persona alta e snella camminava al suo fianco aiutata dalla bionda. Attirai l’attenzione degli altri ragazzi su quella coppia che ci stava raggiungendo. Quando furono più vicini riuscii a vedere che Astrid stava aiutando un ragazzo castano, con la tuta alare e… “Per Odino…” pensai quando vidi la gamba di ferro.
“Ragazzi… ma quello è mio figlio!” esclamò zia Val.
“Sì è Hiccup!!” esultò Tufo.
“Ragazzi, ma non è che abbiamo le visoni? Hic non è morto?” domandai con aria ovvia.
“A quanto pare sono sopravvissuto.” Rispose Hic affaticato quando ci raggiunse.
“Oh per gli dei!! Hic!!” disse zia Val abbracciando mio cugino. Lui sussultò dal dolore.
“Mamma… ho male allo stomaco… lo sai che…” proferì indicandosi la parte rossa.
“Scusa tesoro!” si scagionò la donna.
“Non preoccuparti, in poco passerà.”
“Amore cosa facciamo adesso?” chiese Astrid accarezzando la mano di mio cugino che era tra la sua.
“Adesso vendicheremo Berk. Attaccheremo Drago e…” Hic venne fermato da Skarakkio.
“Giovanotto io prima mi dedicherei alla cosa più dolorosa.” disse indicando il corpo di zio Stoick. Mio cugino sgranò gli occhi e, “velocemente”, si diresse da lui seguito da Astrid e la zia.
“Oh Thor… papà…” sussurrò sedendosi a terra accanto a lui. “No… non è vero… lui non è morto. Anche lui si è salvato…” le parole gli morirono in gola quando vide l’aculeo di Tempestosa conficcato all’altezza del cuore. Fu lì che incominciò a piangere disperato. Aveva paura di togliere quella spina dal corpo del padre, aveva paura di vedere la morte di zio Stoick. “Papà… scusa se mi sono cacciato come di consuetudine nei guai… invece che semplificare le cose… le ho solo complicate e adesso… adesso sono qui, accanto a te, alla mia amata moglie, a tuo nipote che non potrai veder crescere… papà, sappi che ti ho sempre voluto bene anche se mai ti ho ascoltato, come tutti possono ben ricordare e vedere…” singhiozzò per poi poggiare il capo sul petto del padre. Astrid poggiò la sua testa sulla spalla di Hic: anche lei stava piangendo, perché Stoick per lei è sempre stato come un padre e lei lo considerava tale.
“Hic…” disse Skarakkio porgendogli arco e freccia.
“Che le Valkirie possano accoglierti degnamente e condurti al cospetto del grande Odino. Che egli ti conceda di sedere al tavolo dei re. Tu che eri e rimarrai sempre nei nostri cuori ormai gonfi di dolore un buon padre, marito, un perfetto capo, un leale amico e… un suocero ed un nonno speciale…” disse Astrid, facendosi rigare la guancia da una lacrima a quelle ultime parole.
“Ci hai dimostrato come si resite e si combatte e tu… tu eri nella pioggia uno squarcio di gioia fra le nuvole… nella scintilla di felicità che in cuor tuo crebbe vedevi me come un capo… tu ora, che sei come una cometa che illumina il cielo notturno, sei andato via troppo presto… oppure come un arcobaleno, che sparisce in un batter d’occhio. Perdere te, papà, è come perdere un prezioso e caldo raggio di sole in un pomeriggio nuvoloso. Come il tramonto, che si spegne con l’arrivo della luna, ora, tu, troneggi nell’immenso.” Aggiunse mio cugino con voce strozzata dal dolore, quello stesso dolore che lo stava completamente divorando dentro.
Accesi un fuoco ed Hic vi passò sopra la punta della freccia. Il corpo dello zio fu posato all’interno della barca e coperto con un velo di lino. Sopra di esso vi posammo il suo elmo e circondammo il tutto con la paglia presa dai fienili. Hic versò una lacrima prima di scoccare la freccia che, come guidata da una divinità, si conficcò perfettamente nel legno dell’imbarcazione. Anche noi scoccammo le nostre, che si unirono a quella di Hic, incendiando la barca dello zio che si stava dirigendo in mare aperto.
“Sapete… ho sempre pensato di essere un buono a nulla e credevo che un giorno passato al comando di Berk, avrei mandato a scatafascio l’isola. Quel giorno è purtroppo arrivato nel peggiore dei modi… non doveva certo presentarsi così, con la morte di uno dei migliori capi di Berk… invece Odino ha voluto così… non mi tirerò certo indietro… io sono certamente un singhiozzo e lo rimarrò per sempre ma… un capo protegge la sua gente, ed io farò esattamente così.” Disse deciso Hiccup, girandosi verso di noi.

POV. ASTRID
Tutti esultarono alla dichiarazione di Hic ed io accennai un tenero e comprensivo sorriso: potevo capirlo alla perfezione, perdere i genitori non è affatto piacevole. Camminai verso di lui, lo circondai con le mie braccia e appoggiai il mio viso sulla sua spalla, mentre entrambi guardavamo con gli occhi ancor bagnati da lacrime di dolore, quella barca ormai invisibile circondata dalle fiamme che donava a quella cappa pesante di nebbia un tocco di spettacolo, che però non valeva niente in quel momento di tristezza.
“Hic mi dispiace tanto…” sussurrai sprofondando il mio capo nel suo petto. Lui prese a carezzarmi i capelli, con la mano un po’ tremante.
“Non preoccuparti… ora pensiamo a rivendicare mio padre.” Disse scostandomi delicatamente da sé per guardarmi negli occhi e accarezzarmi la guancia. Io annuii e gli presi la mano.
“Ora ragazzi non ci resta che tornare da Drago e combattere con tutte le nostre forze. Siete con me?!” gridò lui incoraggiando la squadra. Un “sì!” collettivo ravvivò le nostre anime, decise a difendere con le unghie e con i denti il nostro popolo e le nostre famiglie. Ritornammo al centro di Berk e una cosa alquanto inaspettata si presentò dinanzi a noi: i due fratelli Bludvist chinati a terra intenti a ricostruire lo scettro. Certamente al nostro ritorno ci aspettavamo la distruzione totale ed il terrore dentro ognuno dei berkiani, mentre invece una cosa più strana e tra l’altro migliore ci accolse. Ci fermammo a guardarli e dopo un po’ Hiccup di avviò verso di loro.
“Hic! Che vuoi fare?!” sussurrai fermandolo per un braccio.
“Non preoccuparti Astrid.” Mi rassicurò dandomi un bacio sulla guancia. Arrivò al “cospetto” della imponente schiena di Drago ed Hic ci picchiettò sopra con un dito. “Ma guarda chi si rivede! I fratelli Bludvist intenti a ricostruire quello stupidissimo scettro che IO, un singhiozzo come te, Drago, mi definisci, ho rotto. Cos’ha di tanto importante quella palla di vetro?” lo provocò. Bludvist si alzò e si rivolse a mio marito, scrocchiandosi il collo.
“Cos’ha di importante? Semplice, è il nostro grosso vantaggio oltre all’Alfa. Non potete combatterci, se questo enorme drago è dalla nostra parte voi siete completamente sottomessi a noi.” Rispose vago ma diretto.
“Ok, voi non avete lo scettro, noi non abbiamo difese. Mi sembra un combattimento ABBASTANZA, dico abbastanza perché mai sarà alla pari.” Disse Hic.
“Affare fatto moretto.” Affermò Bludvist con un malizioso sorriso che mi incuteva un terrore immenso. Avrei tanto voluto correre da Hiccup e fermarlo, ma qualcosa mi diceva di non farlo: Hic sa sempre cosa fare. Drago salì sull’Alfa, pronto per cominciare a combattere. Hiccup tornò da noi, strinse i pugni e fece un lungo respiro.
“Non dovremo fare altro che cercare di riacquisire la fiducia dei nostri draghi. Avuta quella, allora saremo pronti per contrattaccare.” Sussurrò Hiccup alla squadra con tono serio, molto serio. Non l’ho mai sentito più autorevole di così: il fatto di aver perso papà lo deve aver reso più sicuro nella sua insicurezza e più deciso a rivendicare quel grande uomo che era Stoick. Mi avvicinai ulteriormente a lui e gli presi la mano, tanto che lui si girò verso di me e mi sorrise.
“Sono fiera di te, amore mio…” dissi baciandolo. “Sicuro di stare bene? Non vuoi nemmeno medicare un secondo la ferita?” chiesi quando ci separammo.
“No, non preoccuparti piccola… sai, mi sono salvato grazie ad un nuovo prototipo di tuta alare che ho costruito in occasione di questa battaglia: è più spessa e a prova di aculeo e fuoco. Per questo non ho perso la vita, grazie alla protezione che mi ha fornito questa tuta.” Spiegò carezzandomi i capelli. Sorrisi e gli poggiai una mano sulla guancia.
“Ehmm… ragazzi vi sembra il momento giusto di scambiarsi dolci effusioni?!” ci rimproverò Moccicoso. Noi lo ignorammo e ci ricomponemmo. Furtivamente ci dirigemmo alle stalle, dove dei cuccioli di una nuova specie importata dal Santuario di mia madre erano nati. I cuccioli, si sa, non danno mai retta a nessuno, perciò non si sarebbero nemmeno sottomessi al controllo dell’Alfa… e a noi. Ci vollero cinque minuti buoni per farli calmare, ma con la sua serietà carismatica Hic ce la fece. Ognuno di noi si mise sul dorso di questi animali ed uscimmo dalle stalle in volo. Un po’ ribelli all’inizio (quasi incavalcabili) ma docili dopo. Ci alzammo verso il volto del possente Alfa. Nel mentre Drago si era impossessato di Sdentato ed il fratello, Aron, era salito come lui su Tempestosa.

POV. HICCUP
“Certo che tu, Hiccup, sei un ragazzo caparbio, eh?” disse sarcasticamente Bludvist vedendomi avvicinarmi al volto del mio drago. Non riconoscevo più il mio Sdentato: quel cucciolo con quegli occhioni dolci, no. In quel momento era un bestia selvaggia con le pupille aperte a fessura. Chissà cosa pensava. Ignorai le sue parole e feci avvicinare ancor di più il cucciolo al mio drago. Protesi la mano davanti a me e cercai di appoggiarla al suo muso.
“Ehi Sdentato… sono io bello. Non ascoltare ciò che ti dice l’Alfa, ribellati amico mio. So che tu lo puoi fare… ti prego bello… Tu sei il mio migliore amico, non mi abbandoneresti mai…” sussurrai con le lacrime agli occhi. Più avvicinavo il mio palmo al muso di Sdentato, più le pupille si riallargavano, come per magia. “Sì! Così, bravo bello!!” esultai toccandolo definitivamente. Il mio drago riacquisì il controllo di sé stesso. Sdentato disarcionò Drago ed io ritornai a cavalcarlo. Poi, successe una cosa inaspettata: anche l’Alfa acquistò nuovamente il controllo di sé ed ordinò al resto dei draghi di eliminare i due fratelli Bludvist. Ma quei due si difendevano lo stesso, pur non avendo il mega dragone ai loro piedi. D’un tratto Sdentato cominciò a dimenarsi e a emettere versi gutturali.
“Ehi… calma bello… che hai?” domandai facendogli delle carezze. Niente, sembrava non volersi placare. Prese a brillare di una luce carica, viva. Una luce zaffirina, come gli occhi della mia splendida Astrid. Tutta la schiena, la testa e perfino le narici brillavano di quella luce. Cominciò a fare fuoco verso Drago e Aron e li imprigionò in una specie di bolla, stessa bolla che fece scoppiare, lanciando una delle più micidiali sfere al plasma. Dei due fratelli invasori non rimase che polvere. Tutti i draghi compreso l’Alfa, la regina delle regine, si inchinarono a Sdentato. Eh sì, il mio piccolo, grande Sdentato era diventato il drago Alfa, il protettore della sua specie. Astrid e gli altri corsero verso di me, esultanti. Mia moglie si gettò fra le mie braccia e mi strinse forte a sé.
“Thor onnipotente! Hic ce l’hai fatta!!” gridò felice Astrid, baciandomi.
“L’ho fatto per te, amore mio. Non potevo permettere che qualcuno ti facesse del male.” Dissi carezzandole i capelli. Lei sorrise e riprese ad abbracciarmi.
“Per gli dei, Hiccup. Bravo cugino mio.” Si congratulò Moccicoso, dandomi una fraterna pacca sulla spalla.
“Moccicoso, senti… grazie di tutto… tu mi hai salvato la vita.” Lo ringraziai.
“C-come dici?”
“Sì, mi hai salvato la vita. Se tu non avessi tolto l’aculeo di Tempestosa dal mio stomaco… probabilmente non sarei qui.”
“Che gli dei ci proteggano. Davvero?! Tu… tu non sai quanto sono stato male nel vederti steso a terra… tutto sporco di sangue senza vita… sono veramente felice che tu ora sia qui… Sono stato un cugino pessimo, Hic. Solo quando ti ho visto “morto” mi sono reso conto di quanto bene ti voglia…. Potrai mai perdonarmi p-per tutto?” domandò con gli occhi lucidi.
“Ma certo, amico mio.” Esclamai io, scostando delicatamente Astrid da me. Moccicoso mi abbracciò sotto l’incredulo sguardo di mia madre, Skarakkio, l’intera squadra e il popolo, che acclamava felice la liberazione dell’isola. Gothi picchiettò con il suo bastone la mia gamba e mi invitò ad inginocchiarmi. Intinse il dito dentro una ciotola contenente un liquido nero e poi disegnò sulla mia fronte un segno appartenente ad una runa. Ecco, in quel momento ero diventato il Capo dell’isola.
“Salutate il nuovo capo!!!” esclamò Skarakkio. Un “lunga vita al novo Capo” si fece strada tra gli abitanti ed io accennai uno spento sorriso, che però si rianimò sotto lo sguardo meraviglioso della mia bellissima donna che si stava dirigendo verso di me.
“A proposito di Tempestosa…” esordii. Feci un fischio e la draghessa della mia amata comparve alle mie spalle. Gli occhi di Astrid si illuminarono d’immenso. Corse verso l’Uncinato e la abbracciò forte. La draghessa fece subito le fusa: quello che un anno fa successe era dovuto all’Alfa, non l’ha voluto lei, sappiamo tutti quanto Tempestosa voglia bene ad Astrid e viceversa.
“Ora non manca altro che dichiararci marito e moglie davanti agli dei.” Disse lei avvicinandosi a me toccandosi il pancione. “Fra un po’, questo scriciolino, lascerà la pancia della sua mamma. Non è vero, amore mio?” chiese al bambino che evidentemente si stava muovendo. Sorrisi e la baciai: quella era la notizia più bella che mi potesse dare.

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Capitolo 18
*** Cap. 18 ***


POV. ASTRID
L’indomani ci svegliammo tutti di buon’ora per celebrare finalmente il nostro matrimonio senza alcuna interruzione di ogni genere. Ormai la minaccia Bludvist era terminata grazie a Hiccup e Sdentato, come al solito nostri eroi e nessuna catastrofe si sarebbe abbattuta su di noi e la nostra isola. Aprii lentamente i miei occhi, accarezzai il pancione e mi girai verso il mio amato che stava ancora dormendo, stanco e ancora addolorato da quella ferita allo stomaco e… al cuore. Presi a guardarlo e gli scostai alcune ciocche dal viso. Gli baciai poi la fronte e mi alzai dal letto per andare a preparare la colazione. Ero così elettrizzata, forse di più del giorno del matrimonio stesso. Ora sì che potevo chiamarmi “Astrid Hofferson-Haddok”. Sentii dei movimenti nella pancia. Abbassai lo sguardo e sorrisi, mettendo una mano sul pancione.
“Buongiorno, piccolo mio.” sussurrai dolcemente. “Stamattina siamo un po’ agitati?” domandai sentendo un tenero calcio. Poi i miei fianchi furono circondati da due mani calde ed il mio collo fu baciato dalla persona più bella del mondo.
“Che ci fai qui tutta sola soletta quando il sole è appena sorto?” chiese dolcemente.
“Volevo preparare una colazione speciale ad un marito speciale…” dissi.
“Ah sì? Aspetta a chiamarmi marito! Potrei cambiare idea una volta all’altare!” esclamò sarcasticamente.
“Davvero cambieresti idea? E quale fortunata ragazza ti ha stravolto la vita?” domandai con tono malizioso.
“Fammici pensare… te la descrivo, non so se la conosci. Capelli biondi sempre raccolti con una treccia che si adagia leggiadramente sulla sua spalla sinistra, occhi meravigliosi azzurro cielo, alta, magra e in questo momento ha un bel pancione dentro al quale da otto mesi e mezzo sta crescendo la creatura più bella dell’universo… Aspetta, più bella dell’universo a pari merito con lei, naturalmente.” Descrisse ridendo e successivamente baciandomi.
“Ah… noto una certa somiglianza con me… sarà un caso che abbiamo concepito il bambino nello stesso momento?” chiesi ironicamente.
“Mi sa proprio che la ragazza che mi ha stravolto la vita sia proprio tu, mia signora.” Confessò prendendomi le mani.
“Fiera di esserlo, mio signore.” Risposi abbracciandolo. “Penso che oggi sia una giornata bella frenetica ma allo stesso tempo meravigliosa. Meglio fare presto… o non è vero?”
“Giusto ma… Astrid, è appena l’alba… tesoro, è meglio riposarsi un po’, proprio perché la giornata sarà impegnativa… ora che sta arrivando il momento per il piccolo tu perderai molte più forze… è meglio riposarsi e fare le cose con calma.” Disse accarezzandomi i capelli. Io annuii e tornammo a letto. Ma io non riuscii a chiudere nemmeno un occhio: qualcosa non andava ed il piccolo si stava agitando più che mai.
“Hic… il bambino… si sta muovendo un po’ troppo…” accennai facendo delle piccolissime smorfiette di dolore. Hiccup sgranò gli occhi e si voltò tempestivamente verso di me. Mise delicatamente la mano sul pancione e lo carezzò.
“Ehi tesoro… che fai? Vuoi uscire e mostrare la tua bellezza al mondo?” chiese sorridendo lui. “E tu? Tutto bene Astrid? Ti fa molto male?” domandò continuando a massaggiare.
“No, non preoccuparti…” risposi con un piccolo sorriso. Poggiai la mia mano sulla sua e lo fermai. Cominciai a carezzargliela e poi mi misi più vicina a lui ed appoggiai la mia testa sulla sua spalla.
“Sicura di star bene? Se vuoi rimandiamo la data del matrimonio…” sussurrò accarezzandomi i capelli. Io scossi la testa.
“Voglio diventare tua moglie oggi. Ho aspettato troppo ed ho pure rischiato di perderti…” dissi sorridendo e guardandolo con i miei occhioni azzurri.
“E come si fa a dire di no ad un viso così bello che solo con lo sguardo ti prega di accettare?” domandò baciandomi.
“Dai, vestiamoci che è già tardi.” Dissi alzandomi lentamente. Hiccup rise e mi aiutò.
“Per gli dei! Hai una gran foga di darmi quel fatidico bacio!” scherzò.
“No, non ho foga di darti quel fatidico bacio, perché io ti riempio sempre di baci. Ho foga di portare la fede nuziale al dito e di poterti chiamare “marito”.” Spiegai prendendo l’abito dall’armadio. Lo guardai attentamente prima di indossarlo: mi vennero alla mente i ricordi dei giorni prima, passati a combattere e a piangere. Per fortuna tutto è finito, non certamente nel migliore dei modi, perdendo una persona cara sia a me che al mio amato Hiccup. Ed ora invece siamo qui, a prepararci per il giorno più bello della mia vita.
“Hic…” chiamai prima di svestirmi. Aprì la porta della camera e vi entrò, chiudendosela delicatamente alle spalle.
“Dimmi tesoro.”
“Lo sai cosa devi fare, adesso. Moccicoso ti aspetta alla bottega di Skarakkio.” Dissi dolcemente.
“No… come farò a stare senza di te…” bofonchiò prendendo il mio viso tra le mani.
“Per lo meno non dovrai sentirmi sbraitare per la casa dicendo che il vestito mi sta troppo stretto o che non mi va bene niente o che…” non finì la frase che urlai.
“Astrid! Tutto a posto?” domandò preoccupato.
“S-sì… ah! Il bambino…. Calcia…..” accennai tendendo una mano sul pancione.
“No, io non andrò da loro. Tu hai bisogno di me.” Dichiarò.
“Non ti preoccupare, c’è tua… cioè… c’è la mamma ad aiutarmi.” Lo rassicurai prima di baciarlo. Annuii e mi salutò, poi uscì di casa, insicuro. Rivolsi un ultimo sguardo all’abito poi, come mi ricordasse qualcosa, o qualcuno, gli sorrisi e felice lo indossai. Intanto il mio seguito composto da Valka, Ingrid e Freya erano giunte a casa mia per assistermi. Come la volta scorsa le ultime due mi fecero l’acconciatura e la mamma coordinò il tutto abilmente. Tutto era finalmente pronto, nulla poteva fermarci. Partii sopra la mia piccola Tempestosa verso la conca dove Hic e Sdentato si conobbero: sì, avevamo cambiato la location.

POV. HICCUP
Ero nella conca da mezz’ora: mio cugino e Skarakkio mi avevano rassicurato che questa volta sarebbe andato tutto bene, mi avevano aiutato in tutto. Quel posto era diventato una meraviglia: c’erano nastri verdi e azzurri in ogni dove ed un piccolo gazebo romantico sotto al quale c’era l’altare si innalzava vicino al laghetto. Tutto il popolo si era seduto sulle panche difronte ad esso. Ero agitatissimo, forse più della volta precedente. Camminavo attorno alla struttura circolare del gazebo, mettendomi apposto i capelli in modo maniacale. Astrid ci metteva troppo ed il fatto del bambino mi preoccupava molto. Che le fosse successo qualcosa durante la preparazione? Stavo per andare da lei quando si sentì un applauso del popolo. Corsi davanti all’altare ed eccola. La mia bellissima Astrid avanzare verso di me con una mano poggiata sul pancione e l’altra che teneva il bouquet. Arrivò a me e le presi delicatamente la mano, posandovi un bacio sopra. Lei sorrise dolcemente e ci rivolgemmo a Skarakkio, che faceva le veci di mio padre.
“Oggi, siamo qui finalmente riuniti per celebrare il matrimonio del nostro Capo e della bellissima Astrid Hofferson.” Annunciò solennemente Skarakkio. Io e lei ci guardammo emozionati.
“Beh, passiamo subito alle promesse, anche se le avete già fatte l’altra volta. Forza, Gambe, porta gli anelli.” Invitò l’uomo. Gambedipesce corse verso di noi con il cuscinetto portante le fedi. Partii io. Presi l’anello destinato ad Astrid e lo presi, poi afferrai delicatamente la sua mano.
“Io, Hiccup Horrednous Haddock III, prendo te, mia bellissima Astrid come mia sposa, per amarti ed onorarti, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà e per… crescere con amore e insieme questa stupenda creatura che fra poco nascerà… io… ero perso, perso in un mondo di estranei che dicevano di me un disastro ambulante, ma poi sei arrivata tu. Prima era tutto nuvoloso ma ora, con te, è così chiaro… hai portato via da me la paura e mi hai riportato in vita. Tu per me sei come il sole e mi fai brillare più delle stelle. Tu sei la luna che splendi nel mio cuore. Ogni giorno mi sveglio con questo sorriso e non ci sono più lacrime né dolore, perché tu mi ami e mi hai aiutato a capire che l’amore è la risposta a tutto ciò che sono. Ed ora io sono un uomo migliore, me lo hai insegnato condividendo la tua vita. Mi hai dato forza quando non ero forte, mi hai dato speranza quando tutta la speranza era persa, mi hai aperto gli occhi quando non riuscivo a vedere. Per questo io sono felicissimo di prenderti come mia sposa e presentarti come mia compagna di vita davanti agli dei.” Dissi emozionato mettendole l’anello. Una lacrima solcò la sua guancia e mi sorrise, prendendo la mia mano e l’anello.
“Io, Astrid Hofferson, prendo te, Hiccup che sei la mia fonte di vita come mio sposo, per amarti ed onorarti, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà… Oh, andiamo! Mi date un pizzicotto?!” domandò commossa al popolo che rise divertito. Sospirò e proseguì. “Io non ci credo! No, non ci credo proprio! Il sogno di una vita si sta… realizzando! Ho temuto di perderti, amore mio, ho temuto di non poter vedere questo anello al dito e di poterti chiamare “marito”. Ho temuto di non poter più baciare le tue labbra e di non poter essere più avvolta dalle tue braccia. Ma ora che è tutto finito… siamo qui, al cospetto degli dei, cosicché loro possano accoglierci come marito e moglie. Perché è questo il mio sogno, essere tua moglie. Quando ti guardo i miei dubbi svaniscono nel nulla… quando ti guardo il tempo si ferma e penso a che uomo meraviglioso tu sia. Non lascerò che nulla ti porti via da me perché ogni giorno senza di te morivo aspettandoti. Io ti amo e per sempre ti amerò, Hiccup. Per sempre.” Concluse versando una lacrima ed infilando l’anello al mio dito. Anche se non avrei potuto l’abbracciai e la baciai in fronte. Mi strinse forte e poi mi lasciò andare, sorridendomi. Ci rivolgemmo nuovamente a Skarakkio.
“Senza ulteriori indugi, io vi dichiaro, con la presenza di tutti i nostri divini, marito e moglie. Hiccup, ora puoi finalmente baciare la sposa.” Disse sorridendo il biondo. Tutti si alzarono in piedi ed io guardai in quegli occhi oceano cristallini e sorrisi. Avvicinai Astrid delicatamente a me e la baciai con tutta la passione che provavo in corpo. Quando ci separammo mia moglie rise e mi saltò al collo.
“Sììì! Hic, ora io sono tua moglie, sono tua moglie!!!” esclamò facendoci cadere a terra. Tutti e due ci unimmo in una lieta risata, alimentata anche dalla gioia dei compaesani. Ci alzammo e la presi in braccio, poi la caricai su Sdentato e salutammo il popolo. Tornammo a casa in volo, con Astrid che mi riempiva di baci gioiosa. Entrammo nell’abitazione coniugale e, chiusa la porta, si gettò nuovamente tra le mie braccia.
“Non ci credo, non ci credo!!” sussurrò stringendomi.
“Nemmeno io, amore mio. Ora… ora tu sei mia moglie!!”
“Non è fantastico?”
“Non devi nemmeno chiedermelo, milady.” Dissi baciandola. In quel momento eravamo uniti da un legame indistruttibile: il matrimonio. Nessuno mi avrebbe portato via né da lei né da mio figlio.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti ragazzi e benvenuti a questo nuovo capitolo. Premetto che mi scuso veramente tantissimo perchè il ritardo di pubblicazione è davvero troppo. Sto preparando insieme alla fantastica cricrina01 una nuova FF, un crossover, per l'appunto. Siccome io non so come si faccia a creare un account condiviso, probabilmente sarò io a pubblicare i capitoli, ma ricordatevi che la storia è scritta a quattro mani, non solo da due. Comunque se qualcuno sa come si crea un account condiviso, gli sarei infinitamente grata se potesse gentilmente riferirmi come si fa. E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi avviso che la storia a breve finirà.
Un bacio
Astrid

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


POV. ASTRID
Era passato un mese dal nostro matrimonio e ormai io ero completamente impossibilitata nei movimenti dai miei generosi nove mesi di gravidanza. Il pancione era ben visibile e il piccolo era alquanto agitato. Tirava teneri calcetti e si muoveva continuamente. Era sera ed io ero seduta sulla sedia difronte al camino, con una coperta che mi avvolgeva tutta ed una mano sul pancione. D’un tratto un piedino del bambino calciò la pancia ed io risi.
“Hic… vieni.” Lo invitai, sorridendo. Mio marito si avvicinò e gli presi delicatamente una mano, poggiandola vicino alla mia.
“O Thor! Il bambino… sta calciando e anche forte!” esclamò baciandomi. Io annuì e mi rivolsi a mio figlio.
“Ehi piccolo… è tanto che sei dentro la mamma…. Vuoi uscire, eh? Ti capisco, fa caldo qui dentro…” sussurrai accarezzandomi la pancia. Hic sorrise e mi carezzò la guancia, per poi tornare in cucina, per preparare la cena. Quando ebbe finito mangiammo.
“Come lo vogliamo chiamare?” domandò ad un certo punto.
“Non so… se fosse maschio lo chiamerei Stoick e se fosse femmina… che ne dici di Valka?” proposi. Arricciò il naso e scosse la testa.
“No… non i nomi dei miei genitori….” Disse.
“Ok… allora… Arnora per lei e Eric per lui.” Ribattei.
“Altro? Magari Olaf per lui.”
“Hiccup! Olaf?! Ma dai, è un nome da pupazzo di neve!”
“Ehi, attenta a come parla, signorina. Guardi che i miei genitori volevano chiamarmi così!” esclamò ridendo. Mi unii a lui in una lieta risata.
“Ok… starò più attenta ma… per favore, Olaf no!” dissi gesticolando. Lui annuì.
“Che ne dici di… Ingrid per lei e… Alexander per lui?” propose balzando dal tavolo.
“Ingrid mi piace ma… Alexander… è bello ma è un nome abbastanza impegnativo…” constatai.
“Beh… Alexander il grande, il successore al trono di Berk. È… è potente.” Spiegò solennemente. Io, risi. Le sue espressioni sono sempre fantastiche.
“Ok… ho afferrato il concetto. Possiamo dire che il caso è chiuso.” Dissi continuando a mangiare con gusto. Terminato di cenare, ci dirigemmo in camera da letto e ci addormentammo, l’uno abbracciata all’altro. O almeno, lui si addormentò, perché io rimasi a guardarlo incantata e a pensare. Quanto amavo Hiccup: i suoi occhi sconfinatamente meravigliosi, il suo sorriso, il suo gesticolare e alzare le spalle, il suo balbettare quando era in difficoltà o imbarazzato, la sua protettività, il suo affetto… il suo tutto. Non c’era nemmeno una briciola, nemmeno una cellula, nemmeno un atomo di Hiccup che io non amassi. Nemmeno il più piccolo e nascosto dei quark del suo corpo. Io amavo tutto di Hiccup, alla follia. E anche se lo negavo, fin da bambina, anche in quella fascia di preadolescenza che mi ha portato a deriderlo io, sotto sotto, in fondo al mio cuore che era completamente ghiacciato, lo amavo. Ed io mi ritrovavo lì, completamente stretta nelle sue possenti braccia, baciata dalle sue dolci labbra e amata dalla sua perfetta anima. Aspettavo un bambino da lui, quello stesso bambino che sarebbe stato il neonato più fortunato del mondo ad avere come padre il grande Hiccup Horrendous Haddock III, Capo di Berk, un’isoletta abitata da vichinghi testardi che cavalcano draghi senza paura. Quegli stessi draghi che sono creature amorevoli e che lui, il mio Hiccup, ci fece conoscere. Gli donai un ultimo sguardo, un sorriso ed un bacio, poi mi accucciai vicina a lui e chiusi gli occhi. Ma non riuscii a dormire per nulla: il bambino si girava e rigirava dentro me e mi faceva male il ventre. Volevo chiedere aiuto ad Hiccup ma allo stesso tempo non volevo svegliarlo. Perciò strinsi i denti e cercai di pensare ad altro. Ma niente. Impaziente, cercavo speranza nel vedere scomparire la luna, le stelle e il nero troneggiante ed essere dolcemente carezzata dai primi caldi raggi del sole e rimanere incantata dai toni caldi ed avvolgenti dell’alba. Passò molto, prima che il mio desiderio si avverasse. Sbuffavo, carezzavo la pancia per fare calmare mio figlio, mi giravo, mi rigiravo, mi alzavo a fatica e gironzolavo per casa. Scesi in cucina e scaldai un po’ di latte di yak, poi presi un barattolo di miele ne mangiai un cucchiaio. Quando il latte fu caldo lo bevvi ed appoggiai pensierosa i gomiti sul cornicione della finestra. Finalmente la notte stava facendo spazio al giorno ed io non potevo che esserne felice. “Grazie Thor…” sussurrai sorridendo. Finii di bere la mia bevanda e lavai la tazza, poi tornai a letto. Inaspettatamente riuscii a dormire.

POV. HICCUP
Aprii gli occhi e mi girai verso Astrid. Aveva la bocca sporca di latte e i capelli tutti arruffati. Mi avvicinai a lei e glieli misi dolcemente apposto, finché anche i suoi cristallini occhi non si dischiusero.
“Buongiorno milady.” Dissi baciandola. Le sue labbra avevano un sapore dolce, un sapore di miele. “Astrid…. Hai mangiato del miele e…” esordii. Misi un dito in bocca e lo intinsi di saliva, poi lo passai sul contorno della sua bocca. “… hai bevuto latte?” chiesi quando ebbi finito di pulirla.
“Wow, Hiccup. Ci hai proprio beccato!” esclamò lei ridendo. Sorrisi e le posai una mano sulla guancia.
“Non sapevo che facessi lo spuntino di mezzanotte.” Scherzai.
“No… solitamente non lo faccio mai ma… stanotte il piccolo mi ha dato fastidio, molto fastidio, è poco che dormo.” Spiegò.
“Davvero?” chiesi. Lei annuì e allora le toccai la pancia. “Allora, piccolino. Hai dato fastidio alla mamma sta notte?” domandai chinandomi sul pancione. Lei lo carezzò.
“Sì e anche tanto… calciava e si muoveva senza contegno…” sospirò. La baciai e mi alzai per preparare la colazione. Scesi in cucina e scaldai del latte e misi sul tavolo dei biscotti che avevo preparato ieri. Tornai su dalla mia amata e la aiutai a scendere. Mangiammo e mi apprestai ad uscire.
“Dove vai?” mi domandò lei.
“Devo andare a fare il giro di ronda…” spiegai.
“Dai… mi vesto e vengo anche io.” Disse raggiungendo le scale. La fermai delicatamente per un braccio e scossi la testa.
“No, amore. Tu stai a casa e ti riposi. Non hai dormito e non è sicuro per te volare, adesso. Ti prometto che quando il bambino sarà nato e tu ti sarai ripresa dal parto faremo tanti voli insieme.” Spiegai chiaro. Lei mi guardò supplicante ma poi sospirò.
“E va bene…”
“Ci vediamo dopo, tesoro.” Sussurrai baciandola e subito dopo uscendo di casa.

POV. ASTRID
Hiccup uscì di casa e lo guardai dalla finestra montare su Sdentato. Prima di spiccare il volo mi mandò un bacio volante. Tornai a letto ma… si sa, quando io m sveglio non riesco più a dormire, perciò misi apposto le coperte e presi a cucinare la zuppa di legumi che Hic tanto adora. Se lo merita: non ho mai conosciuto una persona più disponibile di lui, così affettuosa… lo amo. Lo amo, lo amo! Non si era capito, vero? Comunque, decisi di andare a trovare Valka, è da tanto che non la vedo in giro per Berk. Mi vestii ed uscii di casa.
“Valka?” domandai bussando. Dopo un po’ aprii e mi trovai dinanzi a me un viso felice.
“Oh tesoro!!” esclamò abbracciandomi. “Entra pure.” Disse poi. Varcai la soglia e lei chiuse la porta. “Come va, Astrid?”
“Mah, va bene, tutto sommato. Anche se ho notato che il piccolo è un bel po’ vivace…” risposi toccandomi la pancia. La donna rise e si sedette sulla poltrona vicino al camino.
“Vedi, anche Hiccup si muoveva molto nella pancia era… sempre agitato. Calciava continuamente ma era sempre una gioia vedere la forma di quel tenero piedino che sbatteva contro la mia pancia… Ricordo che Stoick si commuoveva sempre, quando vedeva manine o piedini di Hic.” raccontò con aria sognante.
“Ohh…. Che dolce!!” dissi intenerita.
“E ricordo anche che quando nacque era un piccolo e tenero fagottino che pareva essere indifeso… Io ero svenuta e quando mi svegliai avevo mio figlio poggiato sul letto che mi fissava con i suoi occhioni verdi… era bellissimo…” continuò. Sorrisi e carezzai nuovamente il pancione.
“Sono veramente contenta di star per diventare nonna…” disse. Il mio sorriso si spense all’istante e si tramutò in una smorfia di stupore. I miei occhi azzurri erano fuori dalle orbite e con un cenno leggero del capo, portai il mio sguardo sconvolto verso Valka.
“O-o-o-ok…. O mi sono fatta la pipì addosso o mi si sono rotte le acque…” dissi cercando di mantenere la calma… invano. La castana si alzò di scatto e mi raggiunse.
“Dov’è Hiccup?” chiese.
“E’ andato a fare il giro di ronda…” dissi tra un respiro e l’altro.
“Non c’è tempo da perdere…” rispose aiutandomi ad alzarmi e portandomi in fretta e furia da Gothi. Per fortuna la druida abita a poco di distanza da mia suocera, perciò non feci molta fatica a raggiungerla. Entrammo nella casa e senza esitare mi distesi nel letto, mentre Valka andava a chiamare Bruta e Hiccup. Infatti dopo poco il suono di un corno risuonò tuonante nell’aria. Testa Bruta accorse immediatamente, proprio quando io stavo cominciando a perdere la lucidità.

POV. HICCUP
Avevo sentito il suono del corno e allora feci virare Sdentato e ci dirigemmo il più in fretta possibile al villaggio. Ero preoccupato e continuavo a farmi domande nella testa sul motivo di questo richiamo. Ma trovai risposta alle mie domande quando, sorvolando il villaggio, vidi tante persone ammucchiate davanti alla casa di Gothi e delle urla strazianti impregnavano l’aria. Urla che io riconobbi all’istante.
“Astrid…” sussurrai preoccupato atterrando all’istante. Mi feci strada tra la folla ed aspettai fuori dalla casa. Sapevo che quello era il momento del parto, perciò non potevo entrare nella casa. Mi sedetti sulla panchina affianco a mio cugino che mi diede una pacca sulla spalla.
“Vedrai… andrà tutto bene.” Mi rassicurò. Feci un falso sorriso, un sorriso che mascherava la paura che provavo ma anche l’emozione e la felicità di poter vedere mio figlio. Passarono minuti che per me erano interminabili, momenti di terrore che mi stavano completamente divorando dentro, finché non si sentì un ultimo urlo, il più forte, il più raggelante, quello che proprio mi trapassò l’anima. Balzai in piedi, tenuto fermo da mio cugino che lottava per farmi rimanere immobile. Mi rilassai parzialmente quando udii un tenero pianto di neonato: ciò significava che il piccolo stava bene ma… Astrid? Non ci vidi più, mi liberai dalla stretta di mio cugino ed entrai nella casa.
“Oh gli dei…” sussurrai. Bruta, mia madre e Gothi erano attorno al letto dove giaceva mia moglie e il piccolo venne messo tra le braccia di mia mamma che tremava. Si voltò verso di me e mi raggiunse.
“Hiccup… è bellissima…” singhiozzò lei dandomela in braccio. La bimba era tutta coperta da un panno tutto sporco di sangue. La scoprii delicatamente, così da poterla vedere e… lacrime.
“O santissimi dei… Thor onnipotente… ma è bellissima…” dissi facendomi rigare una guancia da una lacrima. Tra le mie braccia tenevo una bellissima neonata con i capelli castani e dei bellissimi occhioni verde prato, come i miei. In lei vedevo me stesso: così piccola e gracile, così tenera… la piccola prese il mio dito indice tra le manine e lo strinse forte. Sentii dei lamenti e corsi verso Astrid, che si era svegliata. La guardai e le carezzai la fronte.
“Amore…” sussurrò aprendo gli occhi lentamente.
“Astrid… è bellissima… è stupenda…” risposi baciandola. Lei sorrise e le mise sul petto la bambina.
“Hiccup…. Sembri tu… per forza è stupenda!” esclamò guardandola meglio. Bruta accorse ed abbracciò Astrid.
“Allora, come la vogliamo chiamare?” domandò lei entusiasta. Io e mia moglie ci guardammo.
“Ingrid. Ingrid Hofferson Haddock.” Rispose Astrid, accarezzando le guance della bimba. Dopo un po’ uscimmo dalla casa della druida.
“Signore e signori… ecco a voi Ingrid Hofferson Haddock!!” annunciai felice, mostrando al popolo la mia bambina. Tornammo a casa e Astrid mi saltò addosso.
“Sono così felice… ora abbiamo anche la nostra bambina…” sussurrò contenta.
“Le sorprese non sono ancora finite, mia cara…” dissi prendendo due oggetti coperti. “Milady… a lei lo “scartaggio” dei regali.” Invitai baciandole la mano. Privò del telo il primo mio dono.
“Oh santissimi dei! Hiccup è stupenda!!” esclamò abbracciandomi. Avevo creato una culla di legno bianco con incisioni e pitture floreali. Non so perché, ma sapevo sarebbe stata femmina. In caso contrario avevo creato lo stesso una culla con caratteri più maschili. Astrid si mise a togliere il telo anche al secondo dono.
“Oh Thor… Hiccup ma… non dovevi hai fatto così tanto…” disse baciandomi e guardando felice quel passeggino che aveva dinanzi a sé. Posizionammo la culla nella nostra stanza e vi mettemmo Ingrid, intenta a sonnecchiare. La guardammo inteneriti e poi ci baciammo, felici di essere diventato genitori di una creatura così bella.

15 ANNI DOPO
NARRATORE ESTERNO
Era una calda giornata di estate quando Eric Jorgenson e Ingrid Haddock tornarono da un bel volo con i corrispettivi draghi. È si, la nostra piccola Ingrid era diventata una bella quindicenne dai bellissimi lunghi e lisci capelli castani con due bellissimi occhi verdi smeraldo. La ragazzina faceva stragi di cuori, come la sua mamma alla sua età, del resto. I lineamenti del viso riprendevano molto quelli della madre, ma il nasino, gli occhi e i capelli erano del padre, il trentacinquenne Hiccup.
“Sono tornata!” disse a gran voce la ragazza varcando la soglia di casa. Non fece tanti passi che venne assalita da Valka, la sorellina di tre anni, Alexander, il fratellino di dodici e da Stoick, il più piccolo dei quattro, che aveva solo un anno.
“Ok, bambini. Fate respirare la povera Ingrid!” disse tra una risata e l’altra Astrid, che raggiunse la figlia maggiore per liberarla dalla affettuosa presa dei fratelli. “Com’è andata con Eric?” chiese la madre quando le acque si placarono. Ingrid sbuffò e rivolse un occhiata di supplica alla madre.
“Mamma… lo sai com’è Eric… è identico a zio Moccicoso…. È troppo esuberante e ci prova continuamente con me… non lo sopporto.” Disse Ingrid scocciata.
“Tesoro… anche io ero corteggiata da Moccicoso ma… vedi ora, sono sposata con tuo padre e non potrei chiedere di meglio… lascia perdere Eric… cioè, ovviamente sii sua amica ma rispondigli a dovere se necessario.” Consigliò Astrid appoggiando una mano sulla spalla della figlia, che sorrise. “Oh… guarda chi c’è!” esclamò la bionda che vide il marito entrare.
“Eccomi!” esclamò Hiccup.
“Papà!!!” gridò Valka correndogli addosso.
“E’ arrivato il migliore papà del mondo!” esclamò Alexander camminando fieramente verso il padre. Astrid si alzò e si diresse verso il marito, posandogli un leggero bacio a fior di labbra.
“Ben tornato, amore mio.” Sussurrò quando si separarono. Lui sorrise e le posò una dolce carezza sulla guancia.
“Allora, Ingrid, fatto progressi con Eric?” domandò Hiccup alla figlia.
“Ma ce l’avete con me?! Basta parlare di Eric, non lo sopporto!!” sbottò lei andando in camera.
“Mi scusi, signorina…” disse Hiccup quando si sentì la porta della camera della ragazza sbattere forte.
“Nessun Eric potrà mai batterti, o mio Darren, nessuno…” sussurrò la ragazza sospirando innamorata. La nostra Ingrid si era follemente innamorata di questo Darren, un ragazzo alto, magro e della sua stessa età. Aveva gli occhi azzurri come il mare e i capelli castani, come i suoi. I due si fidanzeranno? L’amore è corrisposto? Andiamo con calma, quella è tutta un’altra storia.

ANGOLO AUTORE
Bella a tutti, ragazzi! Ed eccoci qui giunti al termine di questa avventura. Mi scuso con tutto il cuore per il ritardo esageratamente esagerato, ma ho avuto impegni enormi, poi la neve, poi tutto. Spero vivamente che la storia vi sia piaciuta, perché ci ho messo l’anima a scriverla, l’anima. È stato bellissimo scrivere questa ff perché veramente, mi trovavo lì, con loro. Attraverso i miei viaggi con la fantasia riuscivo a vederli in tutto. Ed è stato bello, penso che la scrittura serva a questo, ad incantare. Perciò vi chiedo di recensire numerosissimi e di dirmi se avete provato le stesse mie emozioni.
Un bacione
Astrid

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