Potterborn

di marauder11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** James Sirius Potter ***
Capitolo 2: *** Albus Severus Potter, 30 Luglio 2006. ***
Capitolo 3: *** Lily Luna Potter, 3 aprile 2008. ***



Capitolo 1
*** James Sirius Potter ***


Potterborn


- James Sirius Potter –


Continuava a fare avanti indietro nell'ampia Sala d'aspetto del reparto maternità del San Mungo; i muri attorno erano tinti di una tonalità d'azzurro che avrebbe dovuto infondere tranquillità ai suoi ospiti, come sempre momentanei.

Harry aveva parecchi occhi ansiosi puntati addosso, tra cui quelli della sua migliore amica Hermione Granger - ora in Weasley. Ron, che affiancava Hermione sulla panca posta fuori dalla Sala Parto, non era certo d'aiuto per Harry.

Aveva gli occhi azzurri sbarrati, la fronte imperlata di sudore e continuava a ripetersi, mormorando ripetutamente più verso sé stesso che ad altri, che sarebbe andato tutto bene.

Hermione, di tanto in tanto, gli riservava delle occhiate rassicuranti, nonostante fosse più preoccupata per Harry, che sembrava come un vulcano di ansia pronto ad esplodere.

Erano le due del mattino, i tre erano in attesa di notizie di Ginny già da un paio d'ore dopo che Harry era arrivato lì con la moglie che urlava dal dolore, quando arrivò una trafelata Molly Weasley, e un ansioso – quasi quanto Ron – Arthur Weasley.

«Dov'è? Cos'è successo?» la signora Weasley sembrava invecchiata di un paio d'anni, tanto era preoccupata. Harry le rivolse un'occhiata altrettanto preoccupata, seppur stesse cercando di sforzarsi di mantenere la calma.


«Si è sentita male dopo che ci siamo messi a letto e... L'ho portata subito qui, poi ho avvertito Hermione e...» disse Harry, la voce tremante. Molly annuì lentamente, poi poggiò una mano sulla spalla del marito di sua figlia, come per tranquillizzarlo, anche se non disse niente, probabilmente perchè troppo preoccupata e ansiosa per conto suo.


«Ma... E' ancora troppo presto, non è vero?» chiese il signor Weasley, ansiosamente. Ron sembrò impallidire sotto il suo sguardo, mentre Harry annuiva stancamente.

Ginny, sua moglie Ginny, era in attesa del loro primo figlio, ma il dottore durante la visita di routine della settimana precedente aveva detto ai quasi-genitori che mancava ancora poco più di un mese alla nascita del loro bambino. Ginny però, quella sera, aveva avvertito dei dolori fortissimi, era svenuta persino tra le braccia di Harry mentre questo la portava in ospedale.


E se le cose non fossero andate per il verso giusto?

Si scompigliò i capelli, in un gesto nervoso, come a voler rimuovere quei brutti pensieri dalla sua mente.


La porta alle sue spalle si spalancò, ed una donna bassa e grassoccia uscì dopo quello che era sembrato un secolo, il viso stanco e l'espressione indecifrabile.

«Signor Potter?» chiese questa, con voce ferma e nitida.

«Sono io» rispose Harry, che sembrò riacquistare le forze che, negli ultimi momenti, aveva perduto.

La donna gli sorrise lievemente e gli fece cenno di seguirlo. Entrò in una piccola stanza, in cui vi era solamente un'altra porta. La donna tirò fuori dal camice una cuffietta per capelli, che porse subito ad Harry.


«Entri pure, sua moglie è dentro»

Harry annuì, deglutendo pesantemente prima di varcare la prossima soglia, quasi senza accorgersene. Aprì la porta, e vide una cascata di capelli rossi invadere il cuscino posto sull'unico letto all'interno della bianca stanza.


«Ginny!» urlò Harry, e subito si avvicinò alla moglie, che gli sorrise con le lacrime agli occhi, vinta dalla commozione del momento.

Prima che Harry potesse dirle altro, la donna abbassò gli enormi occhi castani, puntandoli su un fagotto azzurro che teneva stretto tra le braccia, che sembrava muoversi leggermente.

Harry si avvicinò ancora, e vide, avvolto tra la copertina azzurra, la creatura più bella che avesse mai visto, che piagnucolava piano.

Un ciuffo ribelle di capelli neri affiorava dalla copertina, che Harry scostò per poter vedere meglio la creatura avvolta in esso; il visino era piccolo e arrossato, il bambino sembrava muoversi convulsamente, come se stesse cercando qualcosa - o qualcuno.

«Hey... Ciao, piccolo. Sono io, il tuo papà»

L'ultima parola pronunciata da Harry fu quasi un sussurro, immediatamente la sua vista sembrò offuscarsi. Era stato vinto dalla commozione, così come la moglie che adesso sembrava versare silenziosamente lacrime di gioia.

Il piccolo sembrò riscuotersi udendo il suono della voce del padre, le sue labbra si contrassero in una smorfia molto simile ad un sorriso. Harry alzò gli occhi, e incrociò con il suo sguardo gli occhi lucidi della moglie.

«E'... E' bellissimo» disse Harry a Ginny, posandole un tenero bacio sulla fronte.


«E' uguale a te. Guarda, guarda i suoi capelli!» disse Ginny, ed Harry sorrise radioso. Il piccolo continuava a muovere le piccole manine, oltre che ad emettere dei versetti ogni volta che sentiva la voce di mamma o di papà. Ginny chiuse gli occhi per un attimo, in un gesto di stanchezza, poi li riaprì e sorrise, beandosi della vista del figlio e di suo padre, che sembrava studiare ogni centimetro del viso del suo piccolo.

«Posso prenderlo in braccio?» chiese Harry

«Oh, ma certo! Ecco, fa piano...» rispose lei, porgendo delicatamente il piccolo fagotto ad Harry, che prese in braccio il bambino quasi come se avesse paura di romperlo, tanto era piccolo e indifeso.

Harry constatò che quel bambino era tanto minuscolo quanto incredibilmente leggero.

Tra le sue braccia aveva smesso di divincolarsi, quasi come se non avesse aspettato altro che stare tra le braccia del padre. Harry si ritrovò ad accarezzargli il viso tracciandone i lineamenti con un dito, mentre facevano il loro ingresso nella stanza due commossi e felicissimi signori Weasley, neo nonni di quella piccola creaturina tra le braccia del loro genero.

«Possiamo entrare?»

Harry, per la prima volta dopo un bel po' di minuti, staccò lo sguardo da suo figlio per volgerlo verso la porta, che si era leggermente aperta; vide dietro di essa Hermione, che teneva per mano Ron, visibilmente scosso.

«Certo, entrate pure... » disse Ginny, felice di vedere la sua amica e suo fratello lì con loro.

Harry si avvicinò a questi, con un sorriso splendente stampato sul viso mentre mostrava ai due migliori amici suo figlio.

«Oh, Harry, Ginny... E' bellissimo» disse Hermione, trattenendo a fatica le lacrime di commozione mentre guardava il piccolo Potter dai capelli sparati, uguali a quelli del padre.

Ron spalancò la bocca alla vista del piccolo, come sempre in momenti di grande gioia ed emozione era incapace di esprimere alcuna parola.

Ron guardò un attimo Harry, dritto negli occhi, mentre il secondo si avvicinava con il piccolo verso di lui che aveva la mano stretta a quella della sua sorella minore, adesso divenuta mamma.

«Vorresti tenerlo, Ron?» gli chiese Harry.

Ron lo guardò un attimo, prima che potesse accogliere tra le braccia il piccolo.

Ron rise, gioioso, mentre il piccolo sembrava emettere dinuovo dei versetti, quasi come se si stesse lamentando, o stesse facendo i suoi primi capricci. Harry si scambiò un'amorevole e fugace occhiata con la moglie, prima di volgere il suo sguardo ad Hermione, che si avvicinava a Ron e al piccolo a lenti passi, mentre il suo sguardo era carico di significato.

«Hermione... Hermione, guardalo... E' così piccolo» disse Ron, Ginny notò che la sua voce si era fatta rauca, e tremava per l'emozione.

Harry si avvicinò alla moglie, che gli annuì sorridente, mentre il piccolo stringeva con la sua manina il dito di Hermione; quest'ultima e Ron ridevano.


«Ron, Hermione... Vorreste essere il padrino e la madrina di...»

Ginny sorrise al marito che si era d'improvviso interrotto.

Harry adesso lasciava vagare lo sguardo incerto nella stanza, in cerca di quello della moglie: il loro piccolo non aveva ancora un nome.

Ne avevano parlato a lungo, ma nessuno dei due aveva trovato un nome che soddisfacesse entrambi, durante quei mesi di attesa.


«...Vorreste essere il padrino e la madrina di James Sirius Potter?» concluse la rossa per Harry, scandendo bene il nome del bambino, il quale sentì il suo cuore esplodere di gioia pura. Ginny guardò il marito in cerca di una conferma per la scelta del nome, che arrivò quando questo si avvicinò alla moglie e lasciò, tra i suoi capelli vermigli, un tenero bacio pieno d'amore.

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Capitolo 2
*** Albus Severus Potter, 30 Luglio 2006. ***


Albus Severus Potter 
 
 
Mi svegliai di soprassalto, il sudore in gocce attraversava il mio viso ormai maturo, marchiato di troppe cicatrici invisibili dei dolori passati.
La mia mano si posò inevitabilmente e inaspettatamente sulla mia fronte, precisamente sulla cicatrice che aveva provocato più dolori dopo molto tempo rispetto a quando era stata inferta. Non bruciava più da anni, ormai.
Afferrai gli occhiali alla mia destra, poggiati sul tavolino del liso salotto di casa mia.
«Harry, va tutto bene?»
Il viso piuttosto tondo e stanco di mia moglie faceva capolino dall'uscio che portava alla cucina di Grimmauld Place.
«Mi ero solo appisolato...» dico semplicemente, e vedo Ginny sorridermi, un po' più tranquilla.
Era domenica pomeriggio, io e mia moglie quella mattina avevamo discusso perché voleva a tutti i costi organizzare una festa di compleanno per me, che avrei compiuto gli anni l'indomani, senza l'aiuto di nessuno dato che Hermione, come Ginny, era quasi al termine della sua gravidanza; Fleur, che avrebbe dato volentieri una mano, si trovava con la figlia e il marito Bill in Francia, in vacanza dai suoi genitori, mentre Audrey, moglie di Percy, aveva dato alla luce la loro secondogenita il mese scorso, Lucy, che non faceva che strillare di notte e dormire beata di giorno, portando quasi alla pazzia il povero padre che da sempre aveva amato la calma.
Angelina, d'altro canto, era ancora alle prese con i ciucci e i biberon della piccola Roxanne, nata alla fine dell'anno precedente, e nel tempo libero che le restava dava una mano al marito George in negozio, tenendo il piccolo Fred Jr. Fuori dai guai.
«Ho pensato di appendere qua qualche palloncino...» emerse Ginny, riportandomi alla realtà.
Stava ritta davanti a me, con uno strofinaccio da cucina in mano che sembrava quasi un'arma invincibile, il pancione che sembrava traboccare dal suo esile corpo, le guancie rosee e gli occhi illuminati di felicità, forse come mai lo erano stati.
Sospirai, scuotendo la testa sconfitto.
«No Gin, non voglio che ti affatichi inutilmente... E' solo uno stupido compleanno» dissi io, cercando di risultare decisivo. Mia moglie alzò un sopracciglio, ciò mi fece intendere che il mio tono non aveva sortito l'agognato effetto.
«Guarda che non è un problema preparare una torta e gonfiare qualche palloncino, davvero... Dirò a mia madre di tenere James, così non dovrò correre dietro a lui e alla scopa giocattolo di Ronald»
Un sorriso illuminò automaticamente il mio viso, pensando al mio primogenito dai capelli sparati che scorrazzava per casa con la sua scopa a giocattolo, regalo di Ron, suo padrino assieme ad Hermione, per il suo primo compleanno.
«A proposito... Quando dovrò andarlo a prendere?»
«Papà lo porterà qui non appena gli avrà mostrato la sua nuova scoperta nel mondo babbano» concluse Ginny, stancamente, lasciandosi andare sul divano accanto a me.
«Di che si tratta, stavolta?» chiesi, divertito, pensando alla passione di mio suocero per i manufatti babbani che lo ossessiona fin da quando ne ho memoria, che aveva deciso di trasmettere ad uno dei suoi nipoti, per l'appunto James, dato che era l'unico che sembrava osservare con meraviglia e stupore ogni cosa che il nonno gli mostrava.
«Un aggeggio che riproduce musica, o qualcosa del genere...» dice Ginny, sorridendo vedendomi sorriderle così ampiamente.
La guardo per un po', incantato dalla sua tenera bellezza e allo stesso tempo preoccupato, perché a breve accoglieremo in casa un nuovo piccolo Potter, e non so come riusciremo a gestire due bambini così piccoli, tra il lavoro e le altre cose.
«Non guardarmi così...»
«Così come?» chiedo, sbigottito.
«Come se avessi paura di me...».
Sghignazzai un po', prima di zittirmi per l'occhiataccia lanciatami dalla mia Ginny.
«Io ho sempre avuto paura di te...»
Mi scaglia un pugno all'addome, che mi zittisce all'istante.
Passo un braccio attraverso le spalle di mia moglie, poi la fisso.
«E' solo che non voglio che tu faccia sforzi inutili... Sei al nono mese di gravidanza, Gin, devi rendertene conto!»
Al mio tono canzonatorio Ginny stacca immediatamente il mio braccio dalle sue spalle, alzandosi di scatto dal divano con un'espressione furibonda stampata in viso.
«Harry, non... AAAAAARGHHHH»
Lo strillo di Ginny mentre si accascia pian piano a terra mi congelò sul divano per un misero istante, poi mi alzai di scatto dal divano mentre la reggevo per le braccia, cercando di aiutarla ad alzarsi.
«Ginny, che cos'hai? Che succede?»
Ginny guarda il suo vestito a fiori, che risalta tutte le sue morbide forme, poi alza lentamente la testa verso di me e fissa i suoi occhi sui miei, terrorizzata.
«Credo che si siano rotte le acque...» dice solo, con voce tremante.
«Polvere volante?» dico, dato che non penso che Ginny sia in grado di smaterializzarsi, adesso. La mia rossa annuisce immediatamente, subito dopo inizio a reggerla per le spalle mentre emette dei gridolini di dolore.
Il camino è davanti a noi, quando afferro una manciata di polvere volante con la mano libera.
«San Mungo!» urlo, chiaramente, mentre Ginny accanto a me emette un rantolo di dolore più deciso.
 
**
 
«Harry, Harry!!!»
«Pa – pà!»
Sobbalzo dalla sedia della Sala d'aspetto del San Mungo, la stessa sedia su cui stavo seduto quasi due anni fa, attendendo la nascita del bambino dalla chioma corvina e scompigliata che adesso corre quasi inciampando ad ogni tratto verso di me.
«James, campione! Molly! Perché l'hai portato qui?»
Stringo lievemente le spalle di Molly, che mi guarda con tono di scuse, senza lasciar andare del tutto l'espressione preoccupata del suo viso.
«Charlie è uscito e quindi non potevo lasciare James da solo, dovevo assolutamente venire...» annuisco velocemente, rassicurante.
«Ginny è là dentro...» esclamo d’improvviso, senza aggiungere alcuna parola. Molly mi sorride emozionata e mi stringe lievemente, come solo una madre potrebbe, mentre James continua a saltellare accanto a me, stringendo la mia mano, sentendosi al sicuro come ci si può sentire solo – immagino – accanto al proprio padre.
«Ma... Mam-mma... ma!»
abbasso gli occhi, e vedo il mio piccolo bambino che mi guarda, con i suoi occhioni nocciola vispi e curiosi che si fanno un tratto preoccupati, mentre mi chiede dov'è la sua mamma. Mi abbasso sulle ginocchia, ponendomi alla stessa altezza di Jamie, che sembra avere occhi solo per me, adesso.
«Mamma è di là, adesso arriva con il tuo fratellino o la tua sorellina, va bene?» dico cercando di risultare calmo e chiaro, e lui dopo qualche istante sembra capire perché annuisce lievemente, poi mi regala uno dei suoi splendidi sorrisi, di quelli che non puoi far a meno di ricambiare con la stessa intensità.
Sento una mano poggiarsi sulla mia spalla.
E’ quella della mia migliore amica, Hermione.
Nonostante la stanchezza causata dalla sua gravidanza giunta al termine è qui, con Ron, che si sforza di sorridermi nonostante sia teso quasi quanto me.
«Harry, non pensavo sarebbe arrivato il giorno prima del tuo compleanno...» sorride rassicurante Hermione; ha l'aria malaticcia e il pancione enorme che sembra pesare su di lei come un macigno.
«Già...» dico, prendendo in braccio James che subito salta tra le braccia di Ron, che lo accoglie festante schioccandogli un tenero bacio tra i capelli. Vedo il mio bambino ridere felice, all’improvviso una voce mi riporta alla realtà.
«Signor Potter?»
Mi volto verso l'ingresso della Sala Parto, e vedo la stessa signora paffuta che aveva annunciato la nascita di James.
«Congratulazioni, è un bambino bellissimo. Può entrare adesso!»
Dopo un attimo di sbigottimento, sento Hermione sussurrarmi concitata di entrare nella stanza e vedere il nuovo arrivato, un maschio, un nuovo piccolo Potter. Volgo un ultimo sguardo a Ron, che sorride felice e James che batte le manine, contento di avere un fratellino che possa fargli compagnia.
Lascio alle mie spalle i miei amici e mia suocera che piange lacrime di gioia tra le braccia del marito, mentre mi precipito verso la Sala Parto.
«Ehi piccolo, tra poco ti presenterò il tuo papà... Si, proprio il tuo papà! Che ti amerà così tanto, proprio quanto me...»
La stanza era illuminata di una luce bianca e pura, che filtrava dalla finestra. Non mi ero reso conto di quanto fosse bello il cielo, quel giorno. Era di un blu intenso, come avveniva di rado in Gran Bretagna persino d’estate.
E la bellezza di Ginny non era di certo da meno: anche con il suo viso sciupato e imperlato di lacrime, era meravigliosa. I suoi lunghi capelli rossi formavano una cascata e sembravano brillare al sole di luce propria.
La mia attenzione però, un istante dopo, si rivolge del tutto alle sue braccia, che stringono al petto un piccolo fagottino che sembra divincolarsi leggermente mentre emette dei versetti.
«Ginny...» dico, in quello che sembra meno di un sussurro. Ginny riesce a sentirmi, e sposta per la prima volta lo sguardo dal piccolo a me.
Vedo i suoi occhi, i suoi splendidi occhi marroni che sembrano quasi dorati, tanto sono grondanti di lacrime.
«Tesoro, guarda...» dice, e mi accorgo che piange a dirotto quando mi precipito subito al suo fianco, impaurito, la mia mente formula subito il sospetto che potesse esserci qualcosa che non andava in quel bambino che era appena venuto al mondo.
Ero abituato alle brutte notizie, alle brutte giornate e ad una vita difficile, travagliata, fin dalla mia più tenera età, e quando ne hai passate davvero così tante, vi giuro che è difficile non pensare a certe cose.
Per fortuna, quella volta, il mio presentimento non poteva essere più sbagliato.
Mi avvicino al fagotto di coperte che si muove lievemente, quando Ginny d’improvviso mi guarda, e sposta la coperta dal viso del piccolo.
Ha i miei capelli e i capelli di James, tutti sparati in mille direzioni. Sono nerissimi e abbastanza folti, come quelli di un adulto.
Il suo naso è piccolo, così dolce, e la sua bocca è minuscola ma carnosa. Ha le labbra rosse e la pelle bianca, come quella di Ginny.
Fiotti di lacrime corrono lungo il mio viso e me ne accorgo solo quando Hermione fa il suo ingresso nella stanza assieme a Ron e non riesco a vedere i loro visi ma distinguo solamente le loro figure, dato che la mia vista era piuttosto offuscata.
«Harry, va...?» mi chiede, incerta, la mia migliore amica.
«Guardalo... I suoi occhi… Sono spalancati e…» dico, e il piccolo dai capelli corvini, stretto tra le mie braccia, che sembra sorridere udendo le mie parole.
Il mio bambino aveva i miei occhi, i miei stessi occhi verde smeraldo.
Gli occhi di mia madre. Erano piccoli e leggermente a mandorla, ma brillavano e sembravano sorridermi.
«Mamma!» La voce di James invade la mia stanza, prontamente asciugo le mie lacrime e mi volto in sua direzione. Sembra preoccupato per sua madre, non vede me e il suo fratellino che stringo tra le braccia, così si arrampica con i suoi piedini e le sue manine sul letto, e scocca un bacio sulla guancia di sua madre.
«James, guarda. Questo è il tuo fratellino...» dico, avvicinandomi a lui e a Ginny.
Gli occhi di James si fanno incredibilmente grandi, mentre guarda alternativamente me e suo fratello, in cerca di conferma; in pochi secondi, il suo viso si distende in un tenero sorriso che emana pura gioia.
Tutti i parenti escono poco dopo dalla stanza, dopo che l'infermiera ha poggiato sul comodino accanto al letto di Ginny un opuscolo da compilare in cui va inserito il nome del nuovo nascituro.
«Allora?» dico a Ginny, mentre indico l'opuscolo con gli occhi e il piccolo dorme beato nella cullina dell'ospedale, e noto intenerendomi che James si è addormentato con la manina che stringe quella del suo fratellino.
«Sai già qual è la scelta giusta, Harry James Potter» dice lei, sorridendomi, riferendosi alla sera in cui avevamo parlato del nome che avremmo dovuto dare al nostro piccolo se fosse stato un maschio.
Incido sul foglio una "A", e le lacrime sembrano risalire ai miei occhi, pensando al peso che graverà sulle spalle di quel bambino, portando dei nomi così importanti ed impegnativi, dei due uomini più coraggiosi che io abbia mai conosciuto. Mi chiedo, forse per la prima volta, se è giusto che il mio bambino si assuma – inconsapevolmente – la responsabilità di portare quell'unico nome. Poi il ricordo di un attimo prima del verde smeraldo dei suoi occhi invade la mia vista, e con un ultimo sorriso scaccio a mente quei pensieri; dopo tutto, Albus Severus Potter ha già, oltre al suo nome, gli occhi della donna più coraggiosa che sia mai esistita, che grazie all'amore per il suo unico figlio ha salvato il Mondo Magico, donandogli anni ed anni di pace.
Scrivo il nome per intero e, soddisfatto, lo poggio dinuovo sul comodino. Mi siedo accanto a Ginny, che mi osserva di sottecchi come se avesse intuito ogni mio pensiero. Le sorrido, cercando di rassicurarla e lei mi sorride di rimando.
«Oggi è il compleanno di Neville...» esclamai, d'improvviso.
«Credo sia dai suoi genitori, come ogni anno...» disse triste Ginny.
«E se…»
Strinsi la mano di mia moglie, che mi guardò intensamente ed annuì. Con il suo tacito permesso uscì dalla sua stanza al San Mungo per raggiungere il reparto in cui erano ricoverati i lungo degenti Frank e Alice Paciock.
Salii le scale, sapendo già perfettamente dove dovevo andare.
Vidi un’infermiera che sembrava avere piuttosto fretta, con numerose cartelle in mano. Mi avvicinai subito a lei, rivolgendole una breve domanda, chiara.
«Il signor Neville Paciock è in visita?»
«Si, è nella...»
Annuì in segno di ringraziamento all'infermiera, che stava per dirmi ciò che già sapevo, ovvero che Neville era nella stanza dei suoi genitori, come sempre da quando ne aveva praticamente memoria.
Superai l'indicazione che mi diceva che c'ero, ero a qualche passo dal mio amico che aveva condiviso parte del mio crudele destino pochi anni prima, e sorrisi tristemente non appena lo vidi attraverso la porta di vetro seduto, di fronte al letto dei suoi genitori che, silenziosamente, sembravano dormire.
«Harry...» lo vidi mimare con le labbra, prima di aprire la porta e correre verso di lui.
«Neville, buon compleanno!» dissi, forse un po' troppo energicamente, dato che sembrò impaurirsi un po' per l'espressione di folle gioia sul mio viso.
«Oh, Grazie amico, ma...»
«Albus Severus Potter, il mio secondo figlio, è nato appena un'ora fa...» dissi lentamente, fissando i miei occhi su quelli del mio amico, che sembrò digerire pian piano le mie parole, poi sorrise radioso.
«E’ un bellissimo nome, Harry»
La sua voce era tremante, sapeva quanto me il peso che avevano quei due nomi, quanto avrebbero potuto gravare sulle spalle di mio figlio. Gli avevo raccontato tutto, finita la guerra. Avevo raccontato a tutte le persone a me vicine in quegli anni ciò che Albus Silente e persino Severus Piton avevano fatto per me e per il mondo magico. Dovevo render loro giustizia, potevo solamente farlo attraverso la memoria. Nessuno, nessuno avrebbe dovuto dimenticare.
Strinsi con la mia mano la spalla del mio amico, entrambi eravamo commossi e nessuna parola avrebbe potuto esprimere tutto.
«E naturalmente congratulazioni, papà. È fantastico! Oh, e come sta Ginny?»
«Neville, vuoi essere il suo padrino?» chiesi di getto, speranzoso.
Un barlume di gioia pura attraversò gli occhi del mio amico davanti a me, che reprimendo un singhiozzo, mi avvolse tra le sue braccia, stringendomi goffamente.
«Lo stai chiedendo a me? Oh… Harry, ma certo... Certo che voglio... Io... Oh, padrino! Che cosa fa un padrino?»

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Capitolo 3
*** Lily Luna Potter, 3 aprile 2008. ***


Lily Luna Potter

 

 

Passai davanti alla grande finestra che si affacciava sul giardino che sembrava più di molte altre volte così immerso nel buio, quella sera.

Ero incredibilmente felice, come ogni bambino che aspetta con ansia, da parecchi mesi e ogni anno con la stessa eccitazione, il giorno del suo compleanno.

Ero felice non solo perché avrei spacchettato numerosi regali, perché avrebbero organizzato una festa tutta per me e avrebbero cantato una canzone, seppur stonata, per invitarmi a soffiare le candeline dell'enorme torta che la mia madrina mi avrebbe preparato con gioia e tanta cura, come sempre da quando ne avessi memoria...

No!

Ero felice perché come ogni anno, il giorno prima del mio compleanno, la mia nonna tanto severa quanto buona e di parola, manteneva la promessa di lasciarmi dormire nella casa del mio adorato padrino.

Osservai strizzando gli occhi per lo sforzo la mia stanza, un po' piccola e semibuia che ospitava il mio letto e qualche mobile, nel penultimo piano dell'enorme casa di Grimmauld Place.

Scostai con cura la tenda semitrasparente che sembrava brillare nel buio, illuminata di una luce fioca.

Vidi il cielo, di un blu così intenso, costellato di stelle e poi vidi lei, la luna.

Era così grande, quella sera, che mi rapì come ogni volta in cui mi soffermavo a guardarla.

Mi ero sempre chiesto di cosa fosse fatta; poteva essere di formaggio, a giudicare da quei buchini visibili, oppure poteva essere di zucchero.

Ridacchiai nel silenzio, pensando che probabilmente ogni mia supposizione era sbagliata.

Ma cosa, cosa la rendeva così luminosa? Cosa la rendeva così attraente, ai miei occhi?

«Tesoro, ti ho disturbato?»

Sobbalzò visibilmente dal davanzale su cui era appollaiato, mentre le sue manine intrecciate tenevano ferme le ginocchia, strette al petto, e il naso leggermente all'insù rendeva dolce il profilo del piccolo viso del bambino.

Mi voltai di scatto verso l'ingresso della camera, e il luccichìo argentato della montatura degli occhiali del mio padrino attirarono la mia attenzione.

Camminò verso di me, e i suoi occhi così verdi mi osservavano con aria preoccupata, notai.

Così, sorrisi.

«Oh, no... Solo che non ti ho sentito entrare...»

Harry si avvicinò cautamente al suo figlioccio.

Con uno sventolio di bacchetta evocò uno sgabello, e si sedette su di esso dopo essersi avvicinato al davanzale su cui stava ancora seduto Teddy.

Rivolse il suo sguardo al cielo, per cercare di capire cosa avesse potuto attirare l'attenzione del bambino; sembrò trovare subito la soluzione e, per questo, sorrise.

Ma a Teddy quello del suo padrino non sembrò un sorriso felice, piuttosto un sorriso malinconico; poi si volse lentamente a guardarlo, continuando a sorridere.

Schiuse le labbra facendole schioccare, poi le richiuse, come se avesse formulato un pensiero e gli avesse subito impedito di uscire attraverso le parole che non avrebbe potuto pronunciare.

Non adesso, non a quel bambino che era così piccolo e innocente.

«E' proprio bella, questa sera... Vero, Ted?» chiese Harry, stendendo leggermente le spalle, l'aria adesso stanca.

Teddy sorrise radioso, e tornò a guardare fuori dalla finestra.

«Già...»

Sentì la mano di Harry poggiarsi sulla sua spalla per poi stringerla, e poggiò la manina sulla sua in un gesto d'affetto.

«Sei emozionato per il tuo compleanno? Compirai dieci anni domani, stai proprio diventando grande... Anzi, è quasi mezzanotte! Il tuo compleanno sarà tra qualche minuto, sai?» disse Harry orgoglioso.

«Spero di ricevere qualche libro sulla luna... Quello che mi avete regalato l'anno scorso l'ho già letto...»

«Solo una volta?» chiese Harry, divertito, sapendo quanto il figlioccio amasse leggere e quanto adorasse in particolare quel libro.

Teddy arrossì, imbarazzato.

«Più o meno, diciamo... Una decina di volte...»

Le risate di entrambi riecheggiarono nel silenzio della stanza, mentre la luna saliva sempre più in alto in cielo e sembrava rimpicciolirsi, senza però smettere di illuminare ogni cosa sulla terra.

«Magari riceverai qualche nuovo libro sull'astronomia, allora...» affermò Harry misterioso.

Fece una strizzatina d'occhi, così che Teddy sgranò i suoi che divennero in quel momento inspiegabilmente colorati d'ambra, e un brivido percorse la schiena di Harry che ricordava ancora in maniera nitida a chi fossero appartenute, molto tempo prima, quelle iridi.

«Il mio papà... o forse mamma... Anche a loro piaceva la luna, le stelle o... i pianeti, il cielo?» chiese Teddy sottovoce, incerto, come ogni volta in cui poneva a nonna Andromeda o a Harry una domanda sui suoi genitori.

Era così curioso di sapere ogni cosa che li riguardasse, ma evitava sempre di far loro delle domande perché notava che, per quanto facesse a loro piacere parlare di Remus o Ninfadora, la sua mamma, diventavano tutti un po' più tristi pensando a loro.

Teddy era convinto che i suoi genitori dovevano essere davvero tanto amati se Harry o nonna diventavano tristi parlando di loro.

«Oh, so per certo che il tuo papà aveva un rapporto davvero particolare con la luna...»

«Davvero?»

Lo stupore dipinto sul viso di Teddy fece perdere un battito ad Harry.

Il suo Teddy stava per compiere dieci anni, era troppo piccolo per sapere tutta la verità...

Remus era stato una figura paterna per Harry, un mago talentuoso e un grande uomo, ma non era sicuro che quello fosse il momento giusto per dire a Teddy di quanto quella luna, che lui adorava così tanto in maniera così involontaria e viscerale, avesse inferto al padre invece tante sofferenze.

Harry sorrise lievemente, annuendo, voltandosi ancora una volta a fissare quell'enorme palla d'argento che brillava su in cielo.

«E anche lui amava i libri, adorava leggere... Proprio come te. Era un uomo saggio, un mago coi fiocchi! Così come lo sarai tu»

Harry avvolse con un braccio il bambino, con gli occhi d'ambra sgranati e ora lucidi per l'emozione di sentire delle così belle parole sul suo papà che avrebbe tanto voluto conoscere ma che aveva visto solamente tramite delle foto...

I due rimasero in silenzio per un po', stretti in quell'abbraccio che legava i loro pensieri così come i loro cuori, che sembravano battere all'unisono per quell'amore per quelle persone che, su quella terra, non c'erano più.

Un rumore secco e improvviso fece scattare entrambi; Harry si alzò, la mano in tasca stringeva la bacchetta, mentre con l'altra mano teneva saldamente la manina di Teddy, allarmato forse più dell'uomo.

«Vieni, Ted. Fai silenzio»

Entrambi si riversarono sul pianerottolo del secondo piano di casa Potter, che sembrava immerso in un silenzio che pareva assordante.

Harry abbassò la maniglia della camera da letto più vicina, quella di James e Albus.

I due bambini, immersi nei più profondi dei sogni, dormivano con respiri regolari dentro le loro culline, ignari del rumore che prima aveva riscosso Harry e Teddy dai loro pensieri.

«Forse veniva dalla cucina... Guarda, Harry. C'è la luce accesa» sussurrò Teddy, rimasto sull'uscio, mentre con un dito indicava una luce fioca che sembrò proprio provenire dal piano terra.

Harry scese cautamente le scale, mentre sentiva in maniera sempre più chiara via via che si avvicinavano al piano terra dei lamenti.

«Ginny, tesoro... Sei tu? Ginny!»

Harry spalancò la porta della cucina, e subito si precipitò verso l'enorme fagotto tremante per terra, vicino all'ampia finestra spalancata.

«Harry... Harry... Io avevo dimenticato la finestra aperta e così sono scesa ma... Sono scivolata...»

Il viso imperlato di sudore e lacrime di Ginny fu accarezzato con amore da Harry, che si voltò immediatamente verso la porta d'ingresso della cucina.

Teddy, immobile, era terrorizzato dalla vista di Ginny lì, per terra, e fissava precisamente un punto del pavimento a cui Harry non aveva rivolto la sua attenzione.

Sangue, c'era del sangue...

Harry vide Teddy poi muoversi immediatamente, nel suo pigiamino giallo, verso il camino.

Il bambino prese una manciata di polvere volante e, prima che Harry potesse dire o fare alcunché, pronunciò forte e chiaro l'indirizzo della Tana, la casa della “signora” Molly che da anni lo supplicava di chiamarla “nonna”, perché quel bimbo per lei era a tutti gli effetti uno dei suoi nipoti.

I visi pallidi di Molly e Arthur Weasley sembrarono sbiadirsi ancora di più non appena uscirono fuori dal camino, poco dopo, mentre Harry si affaccendava attorno a Ginny con cuscini e asciugamani.

«Dovremmo portarla al San Mungo...» urlò quasi Harry, in preda al panico.

«Non c'è tempo! Le si sono rotte le acque e ha perso sangue, io... Credo che dovrà nascere qui, Harry caro»

Molly strinse leggermente la spalla di Harry, che annuì terrorizzato, mentre Ginny emetteva l'ennesimo urlo di dolore e Teddy si stringeva nel suo pigiama, forse più terrorizzato di chiunque altro in quella stanza dal malessere della donna a cui era tanto affezionato.

Arthur, l'unico capace di pensare in quel momento allo stato in cui riversava il bambino, lo accompagnò di sopra, nella stanza di James e Albus ed evocò una brandina su cui il bambino si sarebbe dovuto sdraiare per riposare.

La porta si richiuse dietro le spalle di Arthur Weasley, e la stanza fu quasi immersa nel buio. Il solo suono che avvolgeva la stanza era provocato dal respiro profondo dei piccoli Potter che dormivano nelle loro culline, così tranquilli e ignari di cosa stesse accadendo in quel momento alla loro mamma, che sembrava stare così male.

Senza che Teddy se ne rendesse conto, fissandoli, ebbe d'un tratto i capelli corvini sparati in tutte le direzioni.

Era un metamorfomagus, proprio come la sua mamma – o almeno così gli avevano sempre fieramente ripetuto – e per questo si sentiva un po' speciale, anche se fin da piccolo non era molto bravo a padroneggiare bene questa sua capacità di cambiare aspetto in qualsiasi momento.

Lo aveva sempre fatto quasi senza rendersene conto, ma gli avevano detto che quando avrebbe cominciato i suoi studi ad Hogwarts avrebbe imparato tutto quello che c'era da sapere sul suo dono più unico che raro.

Il bambino guardò teneramente Jamie e Al accarezzandoli quasi meccanicamente, con fare protettivo, prima di girarsi per l'ennesima volta quella sera verso la finestra della stanza, attraverso cui rivide lei, che quasi con prepotenza sembrava voler catturare la sua attenzione... La luna.

Gli tornarono in un baleno in mente le parole del suo padrino; sentì delle voci provenire dal piano di sotto, gli parse di sentire la voce di zia Hermione: cosa ci faceva lì anche lei? perché continuava a sentire i lamenti e le urla di Ginny?

Fu scosso da un brivido di paura, ma cercò di scacciare via dalla mente i brutti pensieri quando si rivolse definitivamente, inspiegabilmente e dinuovo a lei.

«Luna, ti prego. Aiutala» sussurrò, poi singhiozzò piano, senza quasi rendersene conto.

Scacciò indietro le lacrime, e vide dinuovo nitida la luna che sembrava fissarlo di rimando.

«Papà... Proteggi Ginny, per favore. Mamma... Anche tu, aiutatela. Io ho bisogno di lei e di Harry... Sono la sola famiglia che mi è rimasta...»

Con il viso bagnato di lacrime, poco dopo, Harry entrò nella stanza.

Accese la lampada con le stelle colorate dipinte accanto alle culline, e udì i singhiozzi di Teddy prima che potesse vederlo rannicchiato accanto alla finestra.

Il viso del bambino era rivolto alla luna, quella stessa luna a cui il suo papà – così diceva Harry – era tanto legato.

«Tesoro... Ginny sta bene» sussurrò Harry, in tono consolatorio.

Le labbra strette che avevano impedito orgogliosamente a Teddy di piangere si schiusero, mentre Harry accoglieva il bambino singhiozzante tra le sue braccia e lo stringeva a sé con affetto.

«Io stavo pregando alla luna, stavo chiedendo a papà di aiutarci...»

Il viso di Harry tornò a bagnarsi di nuove lacrime, mentre affondava le narici sui capelli di Teddy, che accarezzava piano.

«E il tuo papà ci ha aiutati, tesoro... Grazie, grazie per avergli chiesto aiuto... Vuoi seguirmi, adesso?»

Harry si staccò dall'abbraccio e asciugò le lacrime sul viso di Teddy.

L'uomo prese in braccio il bambino, e si diresse verso la camera da letto sua e di sua moglie.

Hermione, sul pianerottolo, sorrise ampiamente a Teddy, che la salutò sventolando una manina, mentre Molly e Arthur gli sorrisero meno intensamente. Sembravano così stanchi, ma decisamente meno preoccupati di prima.

«Pronto?»

Harry sorrise, vedendo il bimbo annuire, e aprì la porta della camera da letto.

Ginny dormiva con in braccio un piccolo fagotto che sembrava emettere dei risolini.

La bocca di Teddy formò una “o” per lo stupore, i suoi occhi brillavano di gioia, mentre Harry si avvicinava piano a Ginny, che si svegliò.

«Tesoro... Tesoro, c'è Teddy... Vuole vederla...»

Ginny sorrise lievemente a Teddy, prima di annuire e riaddormentarsi poco dopo.

Il suo viso era pallido come un cencio, ma Harry prontamente rassicurò il bambino.

Era solamente stanca, non era stata una notte facile per nessuno in casa, quella.

Harry prese il fagotto rosa tra le braccia, e si abbassò sulle ginocchia fino all'altezza di Teddy.

«Ti presento la nuova arrivata...»

A Teddy sembrò la cosa più piccola che avesse mai visto. Avvicinò la sua manina a quella minuscola e rosa della bambina, che con il suo piccolo pugno strinse il dito di Teddy che sembrava enorme a confronto.

«Ma... Non ha i capelli?»

Harry ridacchiò leggermente, prima di rispondere.

«Oh, si che ce li ha! Guarda...»

E Teddy notò che una leggera peluria sembrava avvolgere la testa della piccola, che teneva gli occhi chiusi ma sembrava sorridere ed emettere dei piccoli versetti tra le braccia del padre.

«Ha i capelli rosso Weasley

La voce di Teddy, cristallina e dolce come solo quella di un bambino può essere, raggiunse le orecchie di Ginny che si svegliò e tirò su leggermente.

«Rosso Weasley... o rosso Evans, chi lo sa ancora... Ma sono decisamente rossi, si»

Harry sorrise sornione alla moglie, che lo ricambiò intensamente in un gioco di sguardi che semplificava e rendeva giustizia alle parole che nessuno aveva osato pronunciare in quella stanza ma che trasmettevano quel calore e l'immenso amore che solo in una famiglia potevano esistere.

Harry poggiò la piccola tra le braccia delicate di Teddy, e nel momento in cui il bambino la prese lei emise un risolino che lo fece sorridere sornione.

La osservò per qualche istante, poi rivolse nuovamente il suo sguardo fuori dalla finestra.

«Grazie, papà...» sussurrò impercettibilmente il piccolo, anche se un istante dopo gli occhi di Harry e Ginny si fecero lucidi, e il bambino pensò che forse entrambi lo avevano udito.

«Come si chiama?» chiese Teddy ai due, cercando di scacciare via la tristezza.

«Lily... Lily Potter» disse Ginny, incerta, fissando Harry.

L'uomo si chinò all'altezza di Teddy e fissò i suoi occhi verdi su quelli ambrati del bambino. Lo guardò così intensamente che Teddy sentì quasi il suo stomaco rimbalzare.

«Lily Luna Potter... Che ne dici?»

«Luna? Oh, per me?»

Teddy spalancò gli enormi occhi, mentre i suoi capelli da corvini divennero dorati, e l'uomo occhialuto quasi trattenne il respiro alla vista di quel viso che gli ricordava così tanto Remus.

Ginny sorrise, e prima che potesse rispondere per il marito, Harry la precedette.

«Per il tuo papà e per la luna, così legati tra loro... Per ricordarci sempre di lui, perché è sempre qui, con noi... Per ricordarci della luna che stanotte ti ha ascoltato e ci ha aiutati, ha aiutato lei a nascere e a venire qui da noi...»

Teddy sembrò convincersi di quelle parole, anche se non tutto sapeva spiegarsi perfettamente.

Aveva la sensazione, da sempre, di percepire la presenza del padre quando fissava la luna, ma non sapeva spiegarsi effettivamente il perché di quel legame.

«Mi piace. Ciao piccola Lily Luna, io sono Teddy...»

Il viso angelico di Lily sembrò rassenerarsi tra le braccia di Teddy, che era così fiero del nome che avevano scelto per quella bimba.

Le volle immediatamente così bene che si promise e ripromise che avrebbe per sempre ricordato quel momento come uno dei momenti più belli della sua vita, e Lily Luna fu il miglior regalo di compleanno che potesse mai desiderare.



Siamo alla fine di questa breve storia, che a me ha regalato delle emozioni davvero intense. 
Devo dire che scrivere quest'ultima parte per me è stata abbastanza dura, ma diciamo che mi sono complicata la vita da sola per la mia stramba idea di voler a tutti i costi dare al secondo nome di Lily quel senso... Volevo che fosse legato a Remus. 
So che molti di voi probabilmente non approveranno la mia scelta, che può essere giudicata come folle ed errata sotto diversi punti di vista... Soprattutto considerando l'aspetto linguistico, molti di voi sapranno che in realtà "Lunastorta" potrebbe essere riconducibile al nome "Luna" solamente nella traduzione italiana dei libri, perché in inglese il soprannome del malandrino è "Moony".
Chiaramente, se i due nomi fossero stati legati in maniera logica, il nome completo di Lily sarebbe stato "Lily Moony Potter" o qualcosa del genere, perciò... Però, beh, potrebbe anch'essere che la Rowling abbia pensato all'origine latina di Moony, e a questo punto tutto sarebbe spiegato ma, vabbè.
Sto divagando, e anche piuttosto inutilmente!
Spero abbiate avuto modo di apprezzare ciò che avete letto, vi ringrazio se avete speso il vostro prezioso tempo per leggere queste righe e... Vi sarei lieta se qualcuno di voi fosse così gentile da farmi sapere cosa ne pensa. 
Credo che la storia sia conclusa così, ma non potrei giurarci.
Potrei alzarmi un giorno e decidere di aggiungere una one shot sulla nascita di...
Non sarebbe giusto rovinarvi la sorpresa, quindi non dico nulla!
G r a z i e.
Vostra, Marauder11. 

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