Of Black and Blue

di artemisia la fee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Two different colours ***
Capitolo 2: *** All the space ***
Capitolo 3: *** Dark sides ***
Capitolo 4: *** Of Black and Blue ***
Capitolo 5: *** Bigger on the inside ***
Capitolo 6: *** Haunted Holmes House ***
Capitolo 7: *** Every rose has its thorn ***
Capitolo 8: *** Fix something broken ***
Capitolo 9: *** The moon of a burning planet ***
Capitolo 10: *** What a wonderful world - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Two different colours ***


“Dov'è? Dov'è sparito? Dove accidenti l’ho messo?” si chiese rovistando nella borsa a tracolla stracolma di libri, fogli accartocciati, quaderni e penne, che aveva ai piedi.
“Eppure sono sicura di averlo portato” disse ancora cercando tra le pagine del libro che teneva in grembo.
Cercò tra le pieghe del cappotto blu e sui gradini della scalinata su cui ormai era seduta da ore a studiare, eppure del suo block notes nessuna traccia.
Non poteva averlo perso, era troppo importante. Tra due giorni avrebbe avuto un esame a cui si stava preparando da settimane. Un esame essenziale, difficile, ma nulla che la potesse spaventare.
Non avrebbe permesso che il suo essere tremendamente disordinata la ostacolasse. Amava studiare e circondarsi dei suoi libri e dei suoi appunti stracolmi di formule ed equazioni.
Non poteva aver perso il suo block notes, era la sua ancora di salvezza quando studiava.
“Ehi, scusami!” chiese una voce all'improvviso.
Di colpo alzò gli occhi e i raggi del sole la accecarono, impedendole di vedere la figura davanti a se. Si schermò gli occhi con la mano e fu in grado di vedere chi ci fosse davanti a lei.
Era un ragazzo alto, forse di un paio d’anni più grande di lei, con le spalle larghe e la vita stretta. I capelli erano neri, corti e spettinati, anche se merito del gel.
Quando si chinò verso di lei, lo vide più chiaramente.
Aveva un bel viso con gli zigomi alti e le labbra sollevate in un mezzo sorriso. Occhi cangianti, che quando venivano colpiti dal sole apparivano dorati, abbaglianti come i fanali di una macchina nel bel mezzo della notte.
Indossava una giacca di pelle nera, un’attillata canottiera nera e un paio di scoloriti e logori jeans, anch'essi neri, infilati in stivali incrostati di fango, ovviamente neri.
“Come scusa?” chiese confusa, dimenticandosi per un attimo del block notes perduto.
Era stata così concentrata a guardarlo, che non aveva sentito una sola parola di quello che aveva detto.
“Ho detto che mi si è rotta la macchina” disse indicando alle sue spalle “Ho il cellulare morto, puoi prestarmi il tuo per chiamare il carro attrezzi?”
“Ehm…” balbettò, senza trovare nulla di meglio da dire.
Forse qualcun altro avrebbe risposto di si senza riflettere. Ma lei non era qualcun altro. Non era quel tipo di ragazza che da confidenza a degli sconosciuti solo perché sono carini. 
A dire la verità non dava confidenza neanche a persone conosciute, se non a quei due amici fidati, belle o brutte che fossero. Quindi perché mai avrebbe dovuto prestare il suo cellulare ad un estraneo in mezzo alla strada?
Quindi si limitò a fissarlo diffidente.
“Giuro sulla mia macchina che non sono un ladro, ne un maniaco” disse portandosi la mano sul cuore “E non dire che non ce l’hai perché l’ho visto nella borsa”
Lei abbassò lo sguardo ed effettivamente vide il suo cellulare, dentro la borsa sopra ad un mucchio di libri. Colpita in pieno, avvicinò la borsa a se e la chiuse.
Lui la guardò aggrottando la fronte e alzando le mani in segno di resa.
Rendendosi conto che forse era stata troppo prevenuta, distolse lo sguardo imbarazzata e si sistemò una ciocca di capelli blu dietro l’orecchio.
Infondo, pensò, forse ha veramente bisogno d’aiuto e lei per quanto solitaria, lunatica, permalosa e diffidente fosse, era sempre pronta ad aiutare chi ne aveva bisogno.
“Mi posso fidare?” chiese “Chi me lo dice che hai veramente la macchina fuori uso?”
“Io” rispose “La mia macchina è quella nera” disse, indicando il marciapiede.
Effettivamente a pochi metri di distanza da loro c’era una macchina, nera e lucente, sembrava appena uscita da un vecchio film in bianco e nero pieno di mafiosi.
Rimase un attimo a fissarla e poi fisso' lui, che ancora sorrideva. Quindi allungo' la mano verso la borsa prese il cellulare e glielo consegno'.
“Ti avverto” disse senza lasciargli prendere del tutto il cellulare “So correre molto veloce”
“Non vado da nessuna parte” rispose, prendendo il cellulare.
Le diede le spalle, compose un numero e si portò il cellulare all'orecchio.
“Ehi Bobby” disse “Sono io. Come chi? Si. No, ho chiesto un cellulare in prestito il mio è morto. Senti ho la macchina in panne, davanti all'Università mi passi a prendere? Si. Certo. No, non puoi arrivare prima? E io che faccio? Ok, va bene. Si, si. A dopo, ciao”
Quando ebbe finito le porse il telefono e ringraziò.
A quel punto lei credette che la storia si fosse conclusa, che lui si sarebbe allontanato e avrebbe aspettato il suo amico da qualche parte, lontano da lei. Invece si sedette li accanto sui gradini.
"Con questo traffico ci metterà almeno venti minuti ad arrivare" disse e con un gesto fluido si tolse la giacca di pelle, appoggiandola accanto a se "Fa caldo oggi!" esclamò.
Lei rimase a fissarlo, senza sapere cosa fare. Se si fosse alzata e si fosse allontanata, sarebbe risultata scortese. Se gli avesse chiesto di andarsene, sarebbe risultata antipatica. 
Entrambe le situazioni avrebbero dato lei come la cattiva e non lui, l'intruso che la importunava togliendole preziose ore di studio.
Quindi, alla fine, decise che la soluzione migliore fosse quella di ignorarlo.
Gli lanciò un'ultima occhiata e notò che anche lui la stava guardando. Abbassò lo sguardo, imbarazzata e quello che i suoi occhi incontrarono fu il braccio di lui, con i muscoli messi ancora più in risalto dal sole e dalla canottiera attillata.
Fu' in quel momento che notò i tatuaggi, fino a quel momento rimasti nascosti dalla giacca. Ne vide due, un'enorme 67 sul bicipite del braccio sinistro e le lettere D.W. e S.W. sull'avambraccio, tatuate come se fossero state incise direttamente sulla sua pelle.
Si domandò cosa significassero, si chiese se ne avesse altri, dove fossero e non appena si rese conto che li stava cercando con gli occhi lungo il suo corpo, distolse lo sguardo imbarazzata.
Anche lei aveva un tatuaggio, ma non lo aveva mai mostrato a nessuno.
Si chinò a prendere qualcosa da una tasca interna della giacca e ne estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino.
"Posso?" chiese infilandosi una sigaretta tra le labbra.
"Prego" rispose lei "I polmoni sono i tuoi"
Lui si limitò a ridere e a tirare boccate dalla sigaretta.
"Comunque mi chiamo Chevy" disse lui all'improvviso, porgendole la mano "Chevrolet Impala. Per gli amici Impala o Chevy oppure Baby, ma quello solo in privato" concluse ammiccando.
"Piacere" disse stringendogli la mano, più per cortesia che per vero piacere.
Ormai aveva rinunciato al suo tranquillo pomeriggio di studio, aveva capito che lui non se ne sarebbe andato.
"E tu ce l'hai un nome?" chiese giocherellando con la collana di mattoncini colorati che aveva al collo "O devo chiamarti ragazza dagli occhi blu, dal cappotto blu, dalla borsa blu" disse indicandola "Per caso ti piace il blu?" concluse sarcastico.
Lei lo fissò punta in viso. Non era il tipo di ragazza che apprezzava il sarcasmo o le battute.
"E a te per caso piace il nero?" ribatté forse un po troppo bruscamente.
Lui la guardò e si limitò a ridere di gusto, soffiando fumo dalle labbra.
"Allora ce l'hai un nome?" chiese ancora.
"Certo che ho un nome"
"E quale sarebbe?" insistette, vedendo che lei non sembrava essere intenzionata a proseguire oltre la conversazione.
Non aveva voglia di rivelargli il proprio nome, non perché non le piacesse o se ne vergognasse. Semplicemente era strano e le persone reagiscono sempre in maniera diversa e inaspettata ai nomi strani. Quindi dopo aver subito risate e commenti sarcastici, aveva preso la decisione di non rivelare il proprio nome se non in caso di necessità.
E quello non era un caso di necessità, eppure....
"Prometti di non ridere?" chiese lei cauta. Lui si portò ancora la mano sul cuore.
"Time And Relative Dimension In Space" disse tutto d'un fiato, fissando il cielo.
Lui rimase in silenzio a fissarla, senza esprimere la minima emozione, con la sigaretta ormai ridotta al minimo in bilico sulle labbra.
"Bè allora?" disse alla fine, non tollerando il suo silenzio "Non dici nulla?"
"Gli amici ti chiamano così oppure hai un soprannome?" disse, appoggiando il gomito sul ginocchio per sorreggersi il mento con la mano.
"No, non mi chiamano così. Gli amici mi chiamano TARDIS"
"TARDIS" disse lui, soppesando le parole "Bè TARDIS molto piacere di conoscerti" e allungò ancora la mano, ma lei non la strinse. Scosse la testa e rise.
Forse, quello sconosciuto sbucato dal nulla, non era poi così male come pensasse.
"Che stai facendo con tutti questi libri? Studi qui all'Università?" le chiese all'improvviso, lanciando il mozzicone della sigaretta e centrando perfettamente il tombino.
In quel momento si ricordò di cosa stesse succedendo prima che Impala apparisse e la distraesse dai suoi obbiettivi.
Era sulle scale a studiare ed era alla disperata ricerca del suo block notes.
"Ah!" urlò all'improvviso presa dal panico e si rituffò nella ricerca.
"Cosa stai cercando?" chiese guardandola, con lo sguardo che di solito si riserva ai pazzi.
"Il mio block notes, ci sono degli appunti importantissimi" disse senza degnarlo di uno sguardo, con il naso sprofondato nella borsa.
"E' per caso blu, a spirali e con dei pianeti sulla copertina?" chiese.
"Si" urlò lei alzando la testa di scatto e guardandolo interrogativa.
Poi lo vide allungare la mano verso di lei e sparire dietro la sua schiena. TARDIS spalancò gli occhi e si allontanò da lui con uno scatto
"Cosa stai...?" urlò.
"Trovato" disse trionfante e nella sua mano c'era il block notes.
Lei lo guardò con la bocca semi aperta e stupita, spostando lo sguardo da lui alla sua mano.
"Ci eri seduta sopra" disse porgendoglielo.
"Grazie, grazie, grazie" urlò afferrandolo e stringendolo al petto come un orsacchiotto di peluches.
"Figurati, è cosa di tutti i giorni per me aiutare donzelle a trovare i loro appunti" disse gonfiando il petto orgoglioso "Occasionalmente uccido anche qualche mostro, sai le solite cose; demoni, fantasmi e vampiri. Ma niente draghi"
TARDIS scoppiò a ridere. Forse quella giornata non stava andando così male come temeva, pensò.
"Tornando a noi" disse "Studi qui all'Università?"
"Si" rispose sfogliando i suoi appunti per appurare che ci fossero tutti.
"E a quanto vedo studi anche cose parecchio complicate" disse guardando i fogli e aggrottando le sopracciglia "Che roba è?"
"Sono i miei appunti di fisica" rispose orgogliosa.
"Oltre che bella anche intelligente" esclamò Impala "Combinazione perfetta"
Lei abbasso lo sguardo, imbarazzata. Non era abituata a tutte quelle attenzioni e sicuramente non da parte di un ragazzo così bello.
"Studi anche storia?" chiese dopo un attimo.
"Eh?" balbettò lei guardandolo confusa "No, perché?"
"Quel libro" disse, indicando ai suoi piedi un libro sul Rinascimento.
"Ah quello. No, è solo un hobby"
"Un hobby?"
"Si un hobby. Mi piace la storia."
"Ok"
"Qualche problema se mi piace la storia?"
Lui scosse la testa.
"Sai non a tutte le ragazze piace fare shopping, guardare film strappalacrime e mettersi lo smalto parlando dei propri sentimenti"
"Mi piacciono le ragazze diverse" disse e la guardò, dritto negli occhi blu.
Il suo sguardo sembrò trapassarla, scrutarla fino in fondo all'anima. Lui non riusciva a staccarsi da lei, non capiva cosa lo attirasse così tanto. Forse era proprio questo, lei era diversa e anche lui si era sempre sentito diverso.
TARDIS continuò a fissarlo, a ricambiare quegli occhi cangianti e ardenti, sentendosi pervadere da una nuova frenesia. 
Pensò che forse era arrivato il momento di muoversi, di dire e fare qualcosa. Ma perché? Perché interrompere quel meraviglioso momento? Ma non poteva restare a fissarlo per tutto quel tempo.
"E a te" gli chiese TARDIS con la voce bassa e titubante "Hai qualche hobby?"
"Si" rispose lui accennando un sorriso "Mi piace..."
Il rumore di un clacson li distolse bruscamente dai loro pensieri e li fece voltare in simultanea.
In mezzo alla strada c'era un camion con rimorchio e al volante un uomo un po tarchiato, con barba e cappellino con visiera in testa.
"Ehi Chevy" urlò.
"Bobby" urlò Impala salutandolo con la mano.
"Muoviti principessina, non ho tutto il giorno" urlò brusco.
Impala si alzò lentamente e controvoglia, o almeno fu questa l'impressione che diede a TARDIS, perché non voleva che si alzasse, non voleva che se ne andasse.
Avrebbe studiato un altro giorno, le piaceva parlare con lui seduti uno accanto all'altro sotto il sole.
"Devo andare" disse rimettendosi la giacca "Meglio non farlo arrabbiare. Quando si arrabbia non basta scappare, conviene cambiare Stato"
"Allora ciao" disse lei stringendosi nelle spalle "E' stato un piacere conoscerti"
"Anche a me ha fatto piacere" rispose lui "E grazie ancora per la telefonata"
"Figurati"
"Allora ciao"
"Ciao"
Impala si voltò, alzando il colletto della giacca e fece per avviarsi lungo il marciapiede. Ma non appena ebbe fatto un paio di passi, si voltò e tornò verso di lei. Le prese il block notes dalle mani e con la matita infilata nella spirale scrisse qualcosa, poi glielo riconsegnò.
Si chinò verso di lei e con il sorriso più seducente che lei avesse mai visto le disse "Se mai ti venisse voglia di scoprire quali sono i miei hobby"
Alla fine si voltò e corse verso il camion, urlando qualcosa. Qualcosa che TARDIS non sentì, perché era troppo concentrata a guardare un numero di telefono scritto nel bel mezzo di uno schema sullo spazio-tempo.
"TARDIS" urlò una voce.
Lei alzò la testa di scatto, credendo che lui fosse tornato indietro. Invece erano solo i suoi amici John e Donna che correvano verso di lei tenendosi la mano e trascinandosi l'uno con l'altro.
Arrivarono davanti a lei, rossi in volto e con il fiatone.
"Dottore" salutò notando il camice bianco da medico con la targhetta "J. Smith" sotto la giacca.
"Devi aiutarci" disse lui sistemandosi gli occhiali sul naso e il ciuffo di capelli castani sempre in disordine.
"Ci serve un passaggio" intervenne Donna scostandosi una ciocca di capelli rossi dalla faccia.
"Un passaggio?" chiese lei.
"Hai la macchina?" le chiese John.
"Quella vecchia scatola blu? Si è parcheggiata dietro l'angolo"
"Perfetto, puoi darci un passaggio?"
"Si certo, tanto non credo di riuscire a studiare oggi"
Guardò per un attimo il numero scritto sul block notes, poi lo richiuse e lo mise nella borsa, insieme a tutti gli altri quaderni e libri. 
Lo avrebbe richiamato? si chiese. Per ora non voleva pensarci, si sentiva la mente affollata da troppi pensieri.
John, TARDIS e Donna, si avviarono lungo il marciapiede. Lanciò una rapida occhiata alla strada e si accorse che la lucida macchina nera e il camion rimorchio erano spariti.
"Ehi TARDIS" disse Donna all'improvviso "Chi era quel ragazzo che parlava con te?"
"Chi?" disse presa alla sprovvista.
"Prima sulle scale. C'era un bel ragazzo vestito di nero"
"Ah, lui. Nessuno, mi ha solo chiesto un'informazione" disse, liquidando l'argomento.
Si chiese perché non avesse detto la verità. Si chiese ancora se avrebbe chiamato. Si chiese cosa avrebbe fatto e detto una volta chiamato.
Arrivarono alla macchina, salirono e inserì la chiave. Dopo qualche rumore di protesta, la macchina si accese e partirono.

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Capitolo 2
*** All the space ***


Nella stanza sembrava fosse appena esplosa una bomba. Una bomba fatta di vestiti, scarpe e collane. Anche se a dir la verità, in quella stanza sembrava sempre fosse esplosa una bomba.

Sia che TARDIS fosse sotto esami e riempisse la casa di libri e fogli, sia che non lo fosse. Sia che Donna avesse un nuovo colloquio di lavoro e non sapesse cosa indossare, sia che fosse in casa a far nulla. Il caos regnava sovrano.
"Questo come mi sta?" chiese Donna provando un nuovo abbinamento per un vestito e una giacca.
TARDIS sistemò il cuscino su cui era sdraiata a pancia in giù e allungò i piedi sul letto.
"No, troppo elegante. Stai andando ad un colloquio non ad un matrimonio" commentò storcendo il naso.
Donna si voltò e sbuffando scomparve di nuovo nell'armadio, lanciando il vestito che andò ad accumularsi sulla sedia insieme agli altri.
TARDIS si girò sulla schiena stringendo al petto il cuscino blu e guardò la stanza attorno a lei. Libri, fogli e quaderni erano accatastati ovunque sul pavimento. Aveva dato un esame il giorno prima, dopo aver studiato per settimane e ora poteva prendersi un po di tempo per se stessa. Non era preoccupata per l'esito, sapeva di essere andata bene. 
I giorni dopo gli esami erano sempre dolci e rilassanti, in cui poteva per un attimo riprendere il contatto con il mondo che la circondava e rimettere i piedi per terra.
Anche se lei non li metteva mai del tutto i piedi per terra.
Si tirò su a sedere sul letto e guardò l'enorme poster appeso dietro alla testata. Raffigurava quasi interamente tutte le costellazioni e le stelle, con i rispettivi nomi scritti accanto.
Le fissò intensamente per qualche secondo, poi si sdraiò ancora sul letto sospirando. Allungò la mano oltre il bordo del letto per prendere il libro che stava leggendo. Ma quando ritirò la mano, si ritrovò a fissare il suo block notes, quello blu a spirale, con i pianeti sulla copertina.
I ricordi le esplosero nel cervello come fuochi d'artificio a capodanno. Si ricordò di Impala, dei suoi occhi magnetici, della curva delle sue labbra quando le aveva sorriso con la sigaretta accesa, si ricordò dei tatuaggi che disseminavano la sua pelle, si ricordò della sua voce che la salutava e si ricordò del numero che aveva scritto proprio tra quelle pagine.
Sfogliò il block notes, come impazzita, temendo che lo avesse cancellato per sbaglio o che avesse strappato la pagina. Invece no, era ancora li. Al centro di uno schema sullo spazio-tempo. Tirò un lungo sospiro di sollievo e si portò il block notes al petto.
"TARDIS va tutto bene?"
Lei alzò di scatto la testa e si rimise a sedere. Donna, in piedi al centro della stanza con in mano un vasto assortimento di gonne e pantaloni, la stava guardando come se fosse un alieno appena atterrato sulla Terra.
"Eh?" fece lei "Si certo, tutto bene"
TARDIS guardò il numero scritto sul foglio. Era passata quasi una settimana dall'incontro e non è che lei si fosse dimenticata di lui, ma tra lo studio, l'esame e il lavoro, si era dimenticata di chiamarlo.
Ma dopo tutto quel tempo, quante possibilità ci fossero che lui si ricordasse anche lontanamente di lei. Era un bel ragazzo, affascinante e carismatico, probabilmente lasciava il suo numero a qualsiasi ragazza incontrasse. 
Guardò ancora il numero scritto sul foglio, poi lo allontanò da se avvilita.
"Ehi che succede?" le chiese Donna avvicinandosi.
"Ti ricordi quando, quasi una settimana fa, tu e John mi avete chiesto un passaggio?" le chiese.
"Certo"
"E ti ricordi anche quel ragazzo che mi ha chiesto un'informazione?"
"Si..." disse interrogativa.
"Bé, in realtà non mi ha chiesto un'informazione. Gli ho prestato il cellulare, abbiamo parlato per quasi venti minuti e mi ha lasciato il suo numero"
"Cosa?" urlò Donna precipitandosi sul letto "E l'hai chiamato?"
"No" rispose lapidaria.
"No? TARDIS non si accetta il numero di un ragazzo così carino e non lo si chiama"
"Ma ho dovuto prepararmi per l'esame e non ho avuto tempo di pensare a lui"
"Chiamalo" disse con un tono che non accettava repliche.
"Non posso chiamarlo, è passata una settimana si sarà dimenticato"
"E noi glielo facciamo ricordare" disse prendendo il telefono e lanciandoglielo in mano.
"No" ribatté TARDIS restituendogli il telefono.
"Chiamalo"
"No"
"Allora lo chiamo io" urlò prendendo il block notes dalle mani, correndo in bagno e chiudendosi dentro.
"Donna" urlò tempestando di pugni la porta "Donna, non farlo"
"Troppo tardi" disse aprendo di colpo la porta e mettendole il telefono all'orecchio.
TARDIS lo prese e proprio in quel momento sentì una voce dall'altra parte.
"Pronto?" disse.
Rimase bloccata senza la più pallida idea di cosa dire. Era la sua voce, la voce di Impala.
"Ehm" balbettò "Pr...Pronto?"
"Chi parla?" rispose.
"No, non ce la faccio" urlò e riattaccò il telefono.
"Oh TARDIS" urlò Donna "Quanto sei stupida"
"Non sapevo cosa dire" si scusò.
"Richiamalo e digli che è caduta la line"
"No" protestò.
E proprio in quel momento il telefono squillò. Stava richiamando.
"E' lui, che faccio?"
"Rispondi"
Schiacciò il pulsante verde e portò il telefono all'orecchio.
"Pronto?" disse titubante.
"TARDIS?" disse Impala all'altro capo del telefono "Sei tu?"
"Si" rispose. Si ricordava, si ricordava di lei. Era talmente felice che sentì le gambe cederle e dovette sedersi sul letto.
"Stavo iniziando a pensare che ti fossi dimenticata di me" disse.
"Pensavo la stessa cosa" disse.
"Oh, sei la mia salvatrice come potrei dimenticarmi di te"
"Anche tu mi hai salvato"
"E' vero, il block notes. Come è andato l'esame?"
"Benissimo" 
"Quindi mi hai chiamato perché vuoi ancora sapere quali sono i miei hobby?"
"Si, immagino di si"
"Perfetto, quando ci vediamo?"
"Vederci?"
"Si vederci, o preferisci che te li elenchi al telefono?"
"No, no va benissimo vederci"
"Dove e quando?"
"Non lo so scegli tu"
"No, scegli tu. Mi fido del tuo buon gusto"
"Non saprei" disse.
Si guardò per la stanza in cerca di un'idea. Scandagliò ogni angolo e ogni superficie con gli occhi. Guardò le librerie cariche di libri, la scrivania con il mappamondo carica di fogli e quaderni.
Infine il suo sguardo si posò sul poster di Betelgeuse, la seconda stella più luminosa della costellazione Orione. Accanto al poster aveva attaccato un depliant  dell'Osservatorio Astronomico.
"L'Osservatorio Astronomico" disse, quasi senza pensarci.
"L'Osservatorio?" chiese.
"Si, sempre se ti piace"
"Certo, va benissimo. Quando ti passo a prendere?"
"Ehm, domani sera alle sette?" disse.
"E domani sera alle sette sia" ripeté.
"Ok, allora ci vediamo domani"
"A domani"
Stava per riattaccare, quando la voce di lui la raggiunse per l'ultima volta "Sono felice che tu mi abbia chiamato" disse, poi chiuse la conversazione.
TARDIS posò il telefono accanto a se e sollevò lo sguardo, incontrando gli occhi di Donna che la fissavano in attesa.
"Domani sera andiamo all'Osservatorio" disse trattenendo il respiro, non riuscendo a credere che quello che avesse detto fosse reale.
Donna esplose in urla di giubilo e l'abbracciò saltando sul letto. Poi la trascinò giù e la portò in bagno.
"Donna cosa stai facendo?" chiese senza riuscire a fermarla.
"Devi prepararti" urlò afferrando una spazzola come se fosse un'arma.
"Prepararmi? Ma ci vediamo domani c'è ancora tempo"
"Oh zitta! Il tempo scorre e ci sono troppe cose da fare"
"Ma stavamo scegliendo i tuoi vestiti"
"Chi se ne frega dei miei. Tanto non mi assumeranno neanche questa volta"
TARDIS cercò di opporsi ancora, ma tutto fu vano. Alla fine dovette cedere e lasciò che Donna la trasformasse, con un giorno d'anticipo.


Quella notte TARDIS dormì profondamente. Nonostante l'agitazione e le farfalle nello stomaco le fecero pensare che non avrebbe chiuso occhio, si addormentò con il sorriso sulle labbra.
La mattina dopo si svegliò presto andò in Università a seguire le lezioni del giorno, mangiò un panino al volo chiusa in biblioteca. Al pomeriggio tornò a casa, perché quel giorno non lavorava, cercò di sistemare la stanza e studiò un altro poco.
Con tranquillità si fece la doccia, mangiò un'insalata leggendo un libro e quando mancava solo un'ora alle sette, si fece prendere dal panico.
"Donna" urlò dal bagno "Donna, dove sono le scarpe?"
"Quali scarpe?" rispose.
"Quelle blu"
"Le hai tutte blu!"
Allora corse fuori dal bagno con le mani che tremavano e non riuscivano ad allacciare i bottoni della camicia. 
"Queste scarpe" disse, raccogliendo da terra un paio di stivaletti con il tacco, bassi e blu.
"Cosa stai facendo?" le urlò Donna non appena entrò nella stanza.
TARDIS si guardò intorno confusa e rispose "Mi vesto"
"Ti stai vestendo troppo" urlò e avvicinatasi le slacciò un paio di bottoni della camicia.
"Donna, ma che fai?" cercò di protestare.
"Metto in mostra le tue qualità" rispose.
In quel momento suonarono il campanello.
"E' arrivato" urlò saltando in piedi.
"Niente panico, tu finisci di prepararti io vado alla porta"
Donna sparì in corridoio. TARDIS finì di allacciarsi le scarpe, intanto sentì la porta aprirsi e la sua voce in lontananza.
Si guardò allo specchio e pensò che tutto sommato, non era male. Aveva indossato una camicia blu, saggiamente sbottonata da Donna, e una gonna corta e a vita alta. Si era truccata, cosa che di solito faceva di rado e reso ancora più lisci i suoi capelli neri, anche se ormai avevano talmente tante ciocche blu, che il nero era quasi del tutto scomparso.
Fece un respiro profondo, prese la borsa e la giacca e si avviò lungo il corridoio.
Lui era li, a pochi metri da lei ad attenderla davanti alla porta. Donna era appoggiata allo stipite e parlava con lui. Ma TARDIS non sentiva quello che si dicevano, perché aveva tutta l'attenzione concentrata su Impala.
Era bellissimo, splendente come il sole nonostante i vestiti scuri. Perché a parte la canottiera sostituita con una più elegante camicia, era esattamente vestito come l'ultima volta in cui lo aveva visto.
Quando Impala la vide, smise di parlare e guardandola, lentamente si disegnò un sorriso sulle sue labbra.
"Wow" disse.
TARDIS si sentì arrossire e abbassò lo sguardo. "Ciao" disse ritrovando la concentrazione perduta.
"Bene" intervenne Donna "Allora divertitevi" e presa TARDIS per le spalle la spinse letteralmente fuori dalla porta, che chiuse bruscamente. 
"Pronta?" le chiese porgendole la mano.
"Pronta" rispose prendendola.
Impala la condusse alla sua macchina, quel nero veicolo con un bagagliaio talmente grande che avrebbe potuto contenere un cadavere.
TARDIS gli diede l'indirizzo dell'Osservatorio Astronomico e partirono. Durante il viaggio non parlarono, non esattamente.
Impala accese la radio e la sintonizzò su una stazione che dava vecchi pezzi di musica rock. Lei non era una grande esperta di musica, ascoltava un po di tutto, ma alcune di quelle canzoni le conosceva. Quindi superato l'imbarazzo iniziale, cantarono insieme e a volte abbassava la voce per sentire solo lui cantare, a squarciagola con una sigaretta accesa tra le labbra. 
Non era intonato, anzi al contrario. Però ci metteva così tanta passione ed energia che sarebbe riuscito ad ipnotizzare una platea intera.
Arrivarono all'Osservatorio che il sole era già tramontato, il cielo era quasi senza una nuvola e tirava un leggero venticello che portava aria d'estate.
Impala le prese la mano, lei si augurò che la sua non fosse troppo sudata per l'agitazione e camminarono verso l'ingresso.
L'Osservatorio Astronomico visto da fuori sembrava soltanto un vecchio edificio sormontato da una cupola di vetro, mentre dentro, si trasformava in un posto magico e ultraterreno.
"Buonasera TARDIS" disse qualcuno. Lei si voltò e dietro ad un banco che fungeva da reception era seduto un vecchietto con un cappellino rosso in testa.
"Buonasera Wilfred" lo salutò lei avvicinandosi.
"Era da un po che non ti vedevamo"
"Lo so, sono stata molto impegnata con lo studio"
"Solo lo studio?" l'apostrofò lanciando un'occhiata ad Impala.
Guardò Impala e gli sorrise. "Wilfred ti presento Impala" disse indicandoli "Impala, Wilfred"
"Molto piacere di conoscerla" disse lui stringendogli la mano.
"Piacere mio, giovanotto. Ora non vi disturbo oltre, godetevi il giro. Vi chiederei se volete una guida, ma la nostra TARDIS è più che qualificata"
Il salone principale al piano terra dell'Osservatorio, consisteva in un immenso salone con una riproduzione del sistema solare, che ruotava su se stesso in tempo reale. 
Impala si avvicinò lentamente osservando da vicino ogni pianeta.
"E' una cosa meravigliosa" disse.
"Già è meraviglioso e noi siamo li" disse TARDIS indicando la piccola sfera della Terra "A 149.500.000 km da quella grande sfera infuocata" concluse indicando il sole che splendeva al centro di tutto.
"Mi fa sentire piccolo tutto questo" disse Impala con gli occhi fissi al sole.
"Perché lo siamo" continuò TARDIS sorridendo.
Lei lo guardò, e osservò il modo in cui la luce del sole e dei pianeti gli illuminavano gli occhi e il profilo. Si sentì il cuore leggero e felice, perché lui era li con lei, nel suo mondo fatto di stelle e spazi infiniti. Non scappava, non la guardava come se fosse pazza, anzi ne era affascinato anche lui.
"Quella è la luna" esclamò all'improvviso, indicando una piccola sferetta che ruotava accanto alla terra "Non pensavo fosse così piccola"
"Sembra grande vista da qui" gli rispose.
"Immagino che anche noi sembriamo piccoli visti da, come si chiama questo?" disse indicando una grossa sfera dal colore grigio striato di ocra.
"Quello è Giove"
"Ecco, da Giove. Comunque grazie per farmi sentire così stupido" concluse.
TARDIS lo fissò e tutta la felicità provata fino ad allora svanì in un battito di ciglia.
"Scusami tanto se so più cose di te" ribatté offesa, si voltò e fece per allontanarsi.
"Ehi, TARDIS aspetta" disse lui raggiungendola "Stavo scherzando, scusami"
Lei lo guardò per un attimo, scrutandolo in quegli occhi dorati e sinceri.
"Scusami" ripeté "Non mi fai sentire stupido e anche se lo fosse non mi importerebbe. Sei intelligente e ami tutte queste cose, quindi parlane quanto vuoi perché starei le ore ad ascoltarti"
"Davvero?" chiese titubante.
"Si, anche se probabilmente non capirei una parola"
Lei scoppiò a ridere. "Scusami, tendo ad essere permalosa e suscettibile sull'argomento"
Impala le scostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio e disse sorridendole "Non potevi essere perfetta" poi la sorpassò e si diresse verso il muro.
"Ehi quello so cos'è" disse indicando un enorme poster "E' la Via Lattea"
TARDIS gli corse incontro e gli si affiancò, perdendosi nel mare di stelle.
"Certo che la conosci è la nostra galassia" 
"Non la conosco solo per quello, ne ho letto poco tempo fa in un libro sul Giappone"
TARDIS lo guardò, quasi sconvolta.
"Che c'è, anche se non sembra leggo anch'io" commentò.
"Scusami" disse lei "Parlamene, sbaglio o ci siamo visti perché dovevi raccontarmi i tuoi hobby"
"Giusto" fece lui "Mi piace la vecchia musica rock e le vecchie macchine, ma questo mi sembra tu lo abbia già capito. Poi mi piace il sovrannaturale, la mitologia, le leggende, l'esoterismo e tutto quello che ne consegue"
"E io che pensavo di essere quella strana" commentò.
Impala scoppio a ridere "A quanto pare no"
"Quindi credi nei fantasmi?" gli chiese.
"Si" rispose "Lo so cosa stai pensando. Sei una donna di scienza, non credi in queste cose. Io sono solo un pagano superstizioso"
"No, non lo penso. Non credo nei fantasmi ma non penso che tu sia un pagano superstizioso. Però se devo confessarti una cosa, credo negli alieni"
"Alieni? No, gli alieni non esistono"
"Certo che esistono"
"No, non esistono"
"I fantasmi invece si?" concluse sarcastica.
Si fissarono per un attimo, infine scoppiarono a ridere talmente forte che i pochi visitatori notturni si girarono a guardarli.
"Vieni" disse lei prendendolo per mano " C'è una cosa che voglio farti vedere"
 Salirono per una scala a chiocciola che portava al piano superiore, dove sotto una cupola di vetro si apriva il cielo stellato con tanti telescopi puntati verso l'alto.
TARDIS portò Impala davanti ad una teca di vetro piena di oggetti.
"Non sono meravigliosi?" disse guardandoli con il naso a pochi centimetri dal vetro.
"Cosa sono?" chiese lui avvicinandosi per guardarli meglio.
"Sono antichi telescopi in ottone, poi ci sono lenti e cannocchiali, quelli invece sono strumenti che usavano per calcolare lo spostamento delle stelle e dei pianeti. Alcuni di questi oggetti hanno duecento anni o più. Non è meraviglioso?"
"Ti piacciono proprio le cose vecchie. Dovrei iniziare a farmi crescere la barba?" commentò sarcastico.
"Anche a te piacciono le cose vecchie" gli fece notare.
"Colpito e affondato" disse colpevole.
"Però guardali" continuò TARDIS "Loro sono ancora qui, dopo duecento anni ci sono ancora. Mentre noi tra duecento anni non saremo che polvere sotto terra"
"Sempre se non diventiamo fantasmi"
"Ma dato che non lo diventeremo, saremo solo polvere dimenticata. E' per questo che mi piacciono le cose vecchie"
"Non l'avevo mai vista sotto questo aspetto" 
"L'unico aspetto triste è che non si possono usare. O almeno si potrebbe se non fossero delicati e rinchiusi in una teca di vetro"
"Quelli si possono usare?" chiese, indicando i grandi e moderni telescopi.
"Certo. Ti piacerebbe provarne uno?"
"Certo" rispose.
Trovarono un telescopio libero e iniziarono ad esplorare il cielo. TARDIS si divertì a spiegare ogni singola cosa che vedevano, ogni stella e ogni centimetro di cielo.
Impala, per quanto capisse una parola su cinque, si divertì e si meravigliò del cielo. Ma ancora di più rimase affascinato dal sorriso e dalla gioia che pervadeva TARDIS, nel parlare di quel cielo.
"Sai Impala" disse ad un certo punto "Guardare il cielo da un telescopio è bellissimo, ma c'è un modo ancora più bello per apprezzarlo"
"E quale?" chiese lui togliendo l'occhio dall'obbiettivo.
"Vieni" disse lei, prendendolo per mano.
Lo condusse su per un'altra piccola scala e lo portò fuori all'aria aperta, fresca e frizzante della sera, con il vento che le scompigliava i capelli.
Si sedettero su una panchina lungo il balcone che circondava l'Osservatorio, a parte loro e una coppia di anziani con un bambino non c'era nessuno.
Per fortuna l'Osservatorio era in una zona al centro di un parco, così che le luci della città non nascondevano la luminosità del cielo, che con il suo mare di stelle, perse in un'oceano nero e blu, li sovrastava.
"E' questo il modo migliore" disse con lo sguardo perso verso l'alto.
"E' bellissimo" disse Impala, ma non era concentrato sul cielo. Era concentrato su di lei, sui suoi occhi blu che brillavano, sulle labbra rosse che sorridevano.
Le prese il mento con le dita e la voltò verso di se, si guardarono solo per un secondo poi, si baciarono.
Assaporarono l'uno le labbra dell'altra, con il vento che solleticava le guance smorzando il calore che sentivano salire.
Quando si separarono si guardarono negli occhi. TARDIS si perse in quell'oro liquido che la notte aveva reso scuro. Impala si perse nel blu, un blu talmente intenso che mancavano solo le stelle per farlo assomigliare a quello sopra di loro.
Lei abbassò lo sguardo, ridacchiando e appoggiò la guancia sulla sua spalla.
"Cosa c'è?" le chiese.
"Niente, mi è piaciuto" rispose, sentendo ancora il suo sapore sulle labbra.
"Perfetto" rispose ridacchiando anche lui "Forse dobbiamo ripetere" disse e prendendole ancora il mento la baciò un'altra volta, solo con più lentezza e dolcezza.
Impala le circondò le spalle abbracciandola. Inizialmente si sentì in trappola, non era abituata a stare così vicino ad un'altra persona. Ma quando lo guardò negli occhi e sentì la sicurezza e il calore del suo corpo si lasciò trasportare.
"Ti dispiace?" lo sentì chiedere, sventolando nell'aria il pacchetto delle sigarette.
"I polmoni sono tuoi" disse e lo guardò aprire il pacchetto, estrarre la sigaretta e accenderla.
Non amava particolarmente i fumatori ne il fumo. Eppure quando guardava Impala compiere quei semplici gesti, che in qualche modo risultavano magici e sensuali, non poteva fare a meno di apprezzarlo. Perché le piaceva vedere le sue dita che facevano scattare lo zippo argentato, il modo in cui la fiamma gli illuminava fugacemente il viso e il modo in cui la sigaretta pendeva dalle sue labbra, sembrava dover cadere da un momento all'altro eppure non succedeva mai.
"Cosa c'è?" le chiese quando si accorse del suo sguardo.
"Sei...bello" gli disse semplicemente.
Se non fosse stato troppo buio, avrebbe giurato di averlo visto arrossire. "Grazie" disse semplicemente "In teoria dovrei dirti anche io che sei bella?"
"Solo se lo pensi davvero" rispose stringendosi nelle spalle.
"Be allora tu non sei solo bella" disse, poi le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio "Sei sexy"
Il respiro le si spezzò in gola, le guance e le orecchie le avvamparono.
"Quando torno a casa ricordami di ammazzare Donna" disse riacquistato il controllo.
"Perché?" chiese.
"La camicia è opera sua"
"Ricordami di mandarle un mazzo di fiori" ribatté ridendo. "Allora, donna dello spazio" continuò "Come mai ti piace così tanto il cielo?"
"Non lo so, è difficile da spiegare" disse guardando la volta piena di stelle "Quando ero piccola le altre bambine volevano diventare delle principesse o delle veterinarie. Io volevo diventare un'astronauta che viaggiava nel tempo"
"E che male c'è?" ribatté "Io volevo diventare un cowboy"
"Non c'è nulla di male" continuò ridendo "Solo che mi faceva sentire diversa dalle altre bambine. Mi è sempre piaciuto il cielo, mi ha sempre affascinato e quando ho scoperto che è più grande, più vasto di quello che vediamo ho desiderato con tutta me stessa studiarlo ed esplorarlo.
E' immenso e meraviglioso, nonostante mi faccia sentire piccola e insignificante, la magia è talmente tanta che non mi importa, perché sono felice e grata di poter ammirare tutto questo. Sono parte di qualcosa, per quanto piccola e invisibile"
"Wow" esclamò Impala "Saresti capace di far sembrare meraviglioso anche un sasso in mezzo alla strada"
"Lo prendo come un complimento" disse sorridendogli.
Rimasero ancora un poco a guardare il cielo. Lei gli indicò le costellazioni, lui si stupì del fatto che riuscisse a distinguerle.
Alla fine arrivò Wilfred a chiamarli per comunicare che l'Osservatorio stava per chiudere.
Il viaggio di ritorno in macchina fu silenzioso, Impala accese la radio ma non cantarono. C'era tensione nell'aria, tensione tra loro due. Sentivano la vicinanza dell'altro come un formicolio sulla pelle.
Erano state dette cose ed erano successe cose quella sera e sentivano che qualcosa era cambiato. Non erano più due sconosciuti che si erano incontrati per caso sui gradini dell'Università. Erano qualcosa di più.
Quando arrivarono a casa di TARDIS e lei scese, Impala la seguì davanti alla porta.
Lei salì un paio di gradini e si voltò a guardarlo. 
"Mi sono trovata bene questa sera" disse.
"Anche io, donna dello spazio" rispose.
"E' diventato il mio soprannome?" chiese sorridendo.
"Credo proprio di si"
"Allora dovrò trovartene uno anche io"
"Non vedo l'ora"
Rimasero un attimo a fissarsi, poi TARDIS lo afferrò per il colletto della giacca attirandolo a se e lo baciò. Fu un bacio lungo e appassionante. Fece scorrere le dita tra i suoi capelli, sentendo sulle labbra la sua lingua e il pungente odore del tabacco. Impala la prese per i fianchi accarezzandole la vita e la tenne stretta a se.
Quando furono senza fiato, si separarono.
"Buonanotte, Baby" gli sussurrò all'orecchio, poi si voltò salì gli ultimi gradini e scomparve dietro la porta.
Impala rimase fermo ancora un attimo, per riassaporare quel momento. Quella notte tornò a casa cantando a squarciagola le canzoni alla radio, con il finestrino abbassato nonostante il freddo della notte.
Si addormentarono entrambi con il sorriso sulle labbra, pensando che infondo tanto diversi non erano.
 




 

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Capitolo 3
*** Dark sides ***


Le persone normali prima di andare a dormire contano le pecore. TARDIS invece, contava le stelle o per essere più precisi ripeteva a memoria i nomi delle stelle. Era arrivata a cinquanta ma ancora nulla, il sonno sembrava non voler arrivare.
La giornata era stata più o meno come le altre. Qualche lezione all'Università, al pomeriggio era andata a lavorare al Museo della Scienza cercando di spiegare qualche fondamento ad una classe di bambini di dieci anni. Poi aveva accompagnato da qualche parte John e Donna, loro si erano lamentati perché aveva fatto una strada diversa da quella che volevano loro, infine aveva visto Impala.
Continuava a sembrarle strano come si fosse abituata a lui, con tanta naturalezza. Come fosse normale svegliarsi e leggere il suo messaggio di buongiorno e addormentarsi allo stesso modo.
In fondo si vedevano solo da un paio di settimane, eppure era come se lui ci fosse sempre stato.
TARDIS continuava a domandarsi cosa ci trovasse un ragazzo come lui, in una come lei. Stessa cosa si domandava lui.
Cercavano di passare più tempo possibile insieme, ma non erano quel tipo di coppia che sta sempre con il fiato sul collo all'altro.
Impala la passava a trovare all'Università, bevevano qualcosa insieme al bar, lui un caffè lei un tè freddo, infine Impala si limitava a guardarla studiare e arrabbiarsi su quella selva di numeri e formule incomprensibili, fino a quando non doveva tornare a lavorare all'officina.
Ad Impala piaceva guardarla studiare, con le sopracciglia aggrottate, i capelli blu raccolti alla rinfusa, le dita che correvano veloci tra le pagine dei libri, persa in un mondo che solo lei sembrava abitare.
Era in quei momenti che amava sorprenderla con un bacio e sentirla sciogliere tra le sue labbra.
Altre volte invece era lei a passare a trovare lui in officina. Appariva carica di libri, in un vestito blu impeccabile in quell'inferno di motori e olio per le macchine.
A TARDIS piaceva guardarlo lavorare, con la canottiera nera attillata, i muscoli che si gonfiavano mentre sollevava una ruota e il sudore sulla sua fronte, che cercava di asciugare con la mano sporcandosi di grasso.
Ma non le importava molto, gli si gettava tra le braccia e lo baciava fino a quando non aveva più fiato.
L'estate era alle porte e il caldo iniziò a farsi sempre più insistente. Passavano le serate all'aria aperta, passeggiando per le vie del centro o chiudendosi nelle sale fresche di un cinema.
In quelle due settimane conobbero lentamente cose l'uno dell'altro, impararono a conoscersi di più e più si conoscevano più si piacevano.
TARDIS gli parlò della sua famiglia, di suo padre che faceva il poliziotto e di sua madre che insegnava storia. Gli raccontò di John, che conosceva da quando era piccola e di Donna, che da semplice coinquilina era diventata la sua migliore amica.
Anche Impala gli parlò della sua famiglia, ma la storia non fu altrettanto felice. I suoi genitori erano morti in un incidente d'auto quando era un bambino, da allora era sempre stato con Bobby il burbero che lavorava con lui all'officina.
Lei si sentì malissimo per avergli ricordato quella storia, ma Impala fu in grado di ridarle il sorriso.
Le cose andavano benissimo, ma nonostante questo, tutto non poteva essere perfetto. Inaugurarono la loro prima litigata di coppia.
Il preludio fu un pomeriggio di sole, TARDIS stava uscendo dall'Università con i libri in bilico tra le braccia come al solito, mentre Impala la aspettava appoggiato al cofano della macchina fermo lungo il marciapiede fumando una sigaretta.
Improvvisamente qualcuno la urtò per le spalle facendola inciampare e rovesciando tutti i libri sulle scale. Quando alzò gli occhi vide davanti a se le facce sorridenti di Missy e Harold Saxon.
"Guarda dove metti i piedi, sfigata. Non sai neanche camminare" l'apostrofarono.
"Ehi" sentì urlare e vide Impala salire di corsa le scale e fronteggiare Harold e Missy "Che cazzo fate?"
"Noi non abbiamo fatto niente" rispose lui con un sorriso sardonico e la voce calma.
Impala aiutò TARDIS a raccogliere i libri e la allontanò da loro. "Vai alla macchina" le disse "Arrivo subito"
"Vi ho visto piccoli stronzi, l'avete spinta" disse con la voce che ribolliva dalla rabbia. TARDIS rimase li.
"E anche se fosse?" disse Missy alzando un sopracciglio "Che ti importa, non sei il suo ragazzo"
"Si da il caso che lo si invece" rispose Impala fronteggiandola.
"Cosa?" urlarono insieme, poi scoppiarono a ridere.
"Ehi, quanto lo hai pagato?" le chiese Harold, ma non fece in tempo a dire altro che Impala gli fu addosso.
"Chiedile scusa" gli urlò afferrandolo per la maglietta.
"Impala, lascialo" urlò TARDIS ma invano "Fermati"
"Non chiedo scusa agli sfigati" urlò Harold che essendo più basso e meno muscoloso di Impala non poteva fare molto.
Lui rispose prontamente tirandogli un pugno sotto l'occhio, che lo mandò a terra. "Chiedile scusa" urlò ancora Impala con il pugno alzato.
"Fermati" urlò TARDIS.
"Che sta succedendo qui?" tuonò una voce imperiosa sopra le loro teste.
Alzarono gli occhi e in piedi davanti a loro c'era un uomo vestito in una giacca rossa, con i capelli bianchi e lo sguardo severo.
"Professor Rassilon" disse TARDIS presa dal panico.
Impala era rimasto con il pugno alzato e una mano stretta intorno al colletto della maglia di Harold.
"Cosa sta succedendo?" ripeté il professore.
"Professore" intervenne TARDIS "Nulla, ci dispiace è solo un'equivoco. Ce ne andiamo, ci dispiace. Impala" chiamò lei.
"Ma, non è vero" provò a protestare.
"Impala, andiamo via" disse di nuovo, questa volta a voce più alta.
Lui lasciò andare Harold che fu soccorso da Missy. TARDIS si scusò ancora con il professore e si allontanarono. Salirono in macchina e partirono, non si dissero una parola.
"Accosta la macchina" disse TARDIS ad un certo punto rompendo il silenzio.
"Cosa?" chiese lui.
"Ti ho detto di accostare la macchina" urlò.
"Va bene, va bene"
Parcheggiò a lato della strada, all'ombra di una fila di alberi, poco distanti un parco dove giocavano un gruppo di bambini.
"Cos'era quello?" tuonò lei voltandosi sul sedile.
"Quello cosa?" rispose calmo, avendo capito dove il discorso sarebbe arrivato.
"Quella rissa. Perché?"
"Perché?" urlò lui fronteggiandola "Hai visto cosa ti hanno fatto?"
"Lo so cosa mi hanno fatto, non sono così stupida. Fanno così da quando andavamo insieme alle elementari. All'inizio John era loro amico, poi hanno litigato. Mi prendono in giro da sempre, mi fanno scherzi, mi trattano male e mi insultano da sempre"
"E ti sta bene?"
"No, no non mi sta bene"
"E non pensi che dovresti fare qualcosa? Non puoi lasciare che la gente ti tratti così TARDIS"
"Cosa dovrei fare?" urlò e questa volta sentì le lacrime pizzicarle gli occhi "Dovrei picchiarli come hai fatto tu? Dovrei scatenare una rissa ogni giorno? Io sono così, Impala. I bulli se la prendono con le secchione, è la legge della giungla. Ma questo non ti da il diritto di picchiare la gente. Non mi piace la violenza, non mi piacciono le risse"
"Cosa cazzo dovevo fare? Restare a guardare mentre quello trattava così la mia ragazza?"
"La tua ragazza? La tua ragazza? Io non sono di nessuno, non sono un'oggetto"
"Non è questo che intendevo"
"A no? E cosa intendevi?"
Impala la fissò per un attimo senza trovare nulla da dire. "Merda" urlò infine tirando un pugno al volante e facendo suonare il clacson.
Rimasero in silenzio qualche minuto sbollendo la rabbia, ascoltando solo il cinguettio degli uccellini e le urla dei bambini al parco.
"TARDIS, mi dispiace" intervenne Impala spezzando il silenzio.
"Impala" disse lei cercando di zittirlo.
"No, ascoltami. Mi dispiace, scusa. Sono un coglione"
"Impala" ripeté a voce più alta "Mi fa piacere che tu ti preoccupi così per me, ma questo non ti da il diritto di picchiare la gente. Ci sono altri modi per risolvere le cose e la violenza non è uno di questi"
"Scusami" ripeté "Quando ho visto quello che ti hanno fanno non ho capito più nulla"
TARDIS lo prese per il mento e lo voltò verso di se e gli disse "Promettimi che non lo farai più".
"Promesso" rispose, poi le si avvicinò e la strinse a se abbracciandola e baciandola.
"Ora sarà meglio andare" gli disse lei allontanandolo "Oppure Donna e John mi faranno una scenata se arriviamo in ritardo"
"Ma quei due non ce l'hanno una macchina?" commentò, mettendo in modo.
"No"


"Dove mi stai portando?" chiese TARDIS lasciando che il vento entrasse dal finestrino aperto e le scompigliasse i capelli.
"E' un segreto" disse Impala sfoggiando un'orgoglioso sorriso, tamburellando le dita sul volante al ritmo degli Iron Maiden che suonavano alla radio.
"Comunque" continuò "Quel vestito ti sta una favola. Devo mandare un'altro mazzo di fiori a Donna?"
"Grazie" rispose arrossendo "No, questa volta è stata un'idea mia"
Impala la guardò e la mangiò con gli occhi.
"Guarda la strada" lo rimproverò girandogli la testa.
All'inizio TARDIS non era molto convinta di mettersi quel vestito, troppo audace per i suoi gusti. Lo aveva comprato perché le piaceva, ma lo aveva messo solo una volta.
Era blu notte, molto corto e molto stretto, senza maniche e con il colletto e l'allacciatura che ricordavano un abito cinese. Aveva persino azzardato ad indossare un paio di tacchi alti.
Poco dopo Impala parcheggiò la macchina in un'ampio spazio pieno di altre auto. Scesero e lui la portò all'ingresso di quello che sembrava un ristorante. Sopra di loro capeggiava una grande scritta rossa "Harvelle's Roadhouse".
"Mi porti fuori a cena" disse lei stringendosi a lui.
"Non proprio" rispose circondandole le spalle con un braccio. Indossava solo una camicia con le maniche arrotolate fino al gomito e sentì la sua pelle calda contro la propria.
"In che senso?" chiese.
"Le proprietarie sono vecchie amiche di famiglia, vogliono tutti conoscerti e poi qui fanno gli hamburger più buoni che io abbia mai mangiato"
Il locale era piuttosto rustico, interamente di legno e con una soffusa musica country-rock in sottofondo. C'era un lunghissimo bancone bar, un tavolo da biliardo, tavolini rotondi e alcune persone ballavano su una pista improvvisata. Alle pareti vecchie foto in bianco e nero, slogan e targhe automobilistiche.
La prima cosa che pensò TARDIS quando entrò, fu che quel posto rispecchiava Impala quanto l'Osservatorio Astronomico rispecchiava lei.
"Impala" sentì qualcuno gridare. Si voltarono e vide una ragazza con lunghi capelli biondi e un sorriso smagliante.
"Jo" urlò lui abbracciandola.
"E' da un po che non ti si vede. Bobby ti tiene in ostaggio in quell'officina?"
Lui scoppiò a ridere. "Jo, ti presento TARDIS" disse avvicinandola.
"Finalmente ti conosciamo" disse stringendole la mano "Venite vi cerco un tavolo"
Jo li portò ad un tavolino, posò tovagliette, bicchieri e posate, poi tirò fuori dal grembiule un blocchetto e una matita.
"Allora ragazzi cosa vi porto? Il solito Chevy?" chiese.
"Si, portaci il solito"
"Arrivo subito" disse scrivendo qualcosa sul blocchetto, poi si voltò e scomparve.
"Che ne pensi?" le chiese dopo che Jo se ne fu andata.
"Di cosa?" chiese lei.
"Di questo posto?"
"Mi piace, è molto rustico, accogliente, con della bella musica. Tanti tipi grossi, muscolosi e tatuati che fumano e bevono birra. E' un posto molto da te"
"Puoi dirlo forte. Vengo in questo posto da che ho memoria. Un'estate Jo è riuscita a rubare una cassa di birra e ce la siamo bevuta tutta sul retro, io, lei, Dean e Sam. Poi Bobby e Ellen, la madre di Jo, ci hanno scoperti e per tutta l'estate ci hanno fatto pulire i tavoli per ripagarle. Però, cazzo quanto ci siamo divertiti"
"Puoi dirlo forte. La parte che però non racconta mai è di come siamo stati male dopo aver bevuto tutte quelle birre" disse una voce alle sue spalle.
Impala si voltò e accanto a lui si trovò due ragazzi.
"Sam, Dean" urlò alzandosi e abbracciandoli "Che cazzo ci fate qui?"
"Quel cazzo che ci fai tu" rispose uno dei due, quello più basso.
"Ragazzi, lei è TARDIS. TARDIS, loro sono Sam e Dean Winchester"
"Finalmente ti conosciamo" disse l'altro.
Lei, imbarazzata da tutte quelle attenzioni si limitò a salutare con la mano e a mormorare un "Ciao"
Sam era il più alto dei due fratelli, sebbene fosse il più giovane, aveva i capelli castano scuro e piuttosto lunghi. Dean invece, il maggiore, era più basso e con i capelli più chiari. Entrambi indossavano camicie a scacchi.
"C'è anche Castiel" disse Dean, indicando un ragazzo dai capelli neri, con indosso un trench beige e una camicia bianca. Era seduto ad un tavolo e parlava con una bionda, dalle tette enormi e con indosso un vestito che faceva sembrare lei coperta.
"Mi sembra piuttosto occupato" commentò TARDIS sarcastica.
"Non farti illusioni" disse Dean "In realtà sta cercando di riportarla sulla retta via"
TARDIS li guardò aggrottando le sopracciglia, senza capire se la stessero prendendo in giro o dicessero la verità.
"E' un tipo molto religioso" spiegò Sam.
"Bé, Baby è stato un piacere vederti" disse Dean rivolto ad Impala "E un piacere conoscerti" disse poi a TARDIS "Ora è meglio che io e Sammy vi lasciamo soli"
Si salutarono dandosi pacche sulle spalla da veri uomini, poi quando Dean credette che lei non lo stesse osservando guardò Impala, gli fece l'occhiolino e con i pollici in su bisbigliò "Ok", coronato da espressioni d'apprezzamento.
TARDIS per poco non sprofondò con il naso nel tavolo.
"Alla fine hai conosciuto anche i miei amici" le disse Impala.
"Molto simpatici" commentò. Poi l'occhio le cadde sul suo avambraccio dove spiccavano tatuate le lettere D.W. e S.W.. TARDIS allungò il braccio e le sfiorò con le dita.
"Sono loro?" chiese.
Impala annuì, con lo sguardo basso fisso sulla tovaglietta, perso in chissà quali pensieri. Prese la mano di TARDIS e la strinse nella sua.
"Conosco Dean e Sam da quando ero piccolo, siamo praticamente cresciuti insieme. Sono come fratelli per me. Anche loro hanno perso i genitori e quindi immagino ci siamo sempre capiti a vicenda. Ne abbiamo passate tante insieme, da quando giocavamo agli acchiappa-fantasmi nelle case abbandonate a quando be, siamo cresciuti e ne abbiamo combinate di peggiori" concluse ridendo.
"Mi racconterai mai qualcuna di queste storie?"
"Se lo facessi poi dovresti entrare come minimo in un programma di protezione testimoni"
Scoppiarono a ridere insieme. In quel momento tornò Jo e posò in mezzo al tavolo due boccali di birra, e due piatti colmi di patatine fritte grosse come salsicce e un panino con hamburger, ripieno di talmente tanti ingredienti che sembrava esplodere.
TARDIS lo assaggiò, mandandolo giù con un lungo sorso di birra.
"Accidenti" esclamò "E' fantastico"
"Che ti avevo detto" commentò addentando il suo panino.
La serata continuò serenamente, parlarono, mangiarono, bevvero birra e chiunque li dentro sembrava conoscere Impala e voler conoscere lei.
Impala la invitò persino a ballare. Lei non ballava, non era una di quelle ragazze che si lanciano in pista e ballano sfrenatamente. Ma Impala la prese per un braccio e la strinse a se cullandola sulle note di una canzone che non conosceva, ma che lui canticchiava sottovoce.
Il mondo diventava più bello quando lo sentiva vicino, prendeva una piega migliore. C'erano solo lei e lui, tutti gli altri sparivano.
Impala la abbracciò da dietro, circondandole la vita con le braccia. Iniziarono a muoversi all'unisono, dondolando leggermente. Le dita di Impala le accarezzavano le braccia, il suo respiro le solleticava il collo.
"Non sono brava a ballare" si scusò lei imbarazzata.
"Non dire stupidaggini" disse, poi le prese la mano e la fece girare su se stessa, infine l'attirò di nuovo verso di se e TARDIS si ritrovò con il viso schiacciato contro il suo petto.
"Sei bellissima" aggiunse e le diede un leggero bacio sulle labbra.
TARDIS si sentì avvampare e solo le sue mani che la tenevano per i fianchi, le impedirono di cadere, o di correre via urlando oppure di saltare e urlare dalla gioia.
Gli circondò il collo con le braccia, lo attirò a se e sollevandosi sulla punta dei piedi lo baciò. Si sentiva strana quando lo baciava così, trasportata dalle emozioni e senza pensarci, come se quella persona che assaporava le sue labbra e lasciasse che la sua lingua si insinuasse nella sua bocca, non fosse lei ma un'altra ragazza. Una ragazza nuova, capace di far arrossire un ragazzo come Impala, capace di fargli dimenticare chi fosse e dove si trovasse. La disorientava questa nuova sensazione eppure le piaceva.
Impala la guardò con gli occhi socchiusi, con le labbra ancora vicine alle sue accarezzandole il collo con le dita.
"Adoro quando mi baci così" le disse quasi senza fiato.
TARDIS avvampò di nuovo, sentendosi di colpo le guance calde e la gola secca. "Vado a prendere qualcosa da bere" disse, accarezzandogli le labbra "Tu aspettami al tavolo"
"Ok" rispose lui sedendosi.
TARDIS si voltò e barcollando camminò verso il bancone del bar, dove le cameriere erano indaffarate a servire i clienti. Appoggiò le mani sul ripiano di legno bagnato e appiccicoso da tutti i drink che erano passati di li durante la serata. Fece un respiro profondo e sentì il proprio cuore battere forte nel petto, come se dovesse scappare da un momento all'altro. Voleva prendere un po d'aria, ma forse per il momento era meglio bere qualcosa, qualcosa di forte.
Alzò gli occhi per cercare la cameriera, quando accanto a lei apparvero due uomini. Quello a destra era più giovane e con i capelli lunghi, quello a sinistra più vecchio, calvo e con la barba incolta. Puzzavano tutti e due.
"Ehi bellezza" l'apostrofò quello più giovane.
"Tutta sola?" domandò l'altro.
TARDIS li guardò inizialmente terrorizzata, poi distolse lo sguardo e tornò a cercare la cameriera.
"Ignorali TARDIS, ignorali e se ne andranno" continuava a ripetersi.
"Possiamo farti compagnia?" chiese quello più vecchio.
"Non è bello stare da sola" continuò l'amico.
"Ignorali, ignorali" cantilenava nella sua mente.
La cameriera era troppo lontana e intenta a servire un gruppo di ragazzi. Impala non poteva vederla da li, perché proprio davanti al loro tavolo c'era una colonna.
"Vieni con noi, bambolina?" chiese quello più vecchio e con un brivido di repulsione sentì le sue dita accarezzarle il braccio. Si ritirò di scatto e questo la fece finire quasi tra le braccia dell'altro.
"Sono qui con il mio ragazzo" urlò TARDIS, credendo che questo li avrebbe allontanati "Vi conviene lasciarmi stare" poi si voltò e si incamminò di nuovo verso il tavolo.
Quello che successe dopo accadde tutto velocemente.
Vide Impala seduto al tavolo e quando la scorse si alzò in piedi, ma proprio in quel momento sentì una mano sul suo corpo che le toccava il fondoschiena e salì a stringerle i fianchi.
Impala sgranò gli occhi, il suo viso si trasformò in una maschera di rabbia e con le dita strette in un pugno scattò in avanti, facendo cadere il tavolo nella corsa.
In un battito di ciglia vide Impala scagliarsi contro l'uomo più giovane, inchiodarlo contro il bancone del bar e tempestarlo di pugni.
Scoppiò l'Inferno. Altra gente si unì alla rissa, chi per cercare di fermare tutto, chi per dare man forte a una delle due parti.
"Impala" urlò "Fermati, Impala" cercò di avvicinarsi ma qualcuno la fermò. Era Castiel che la teneva ferma per le braccia.
"Lasciami" urlò "Devo fermarlo"
"Non puoi, è pericoloso" disse, senza mollare la presa.
"Impala" urlò ancora, ma la sua voce venne inghiottita dalle urla.
In quel momento vide che anche Sam e Dean si erano uniti alla lite, cercando di aiutare Impala. Poi qualcuno colpì Dean, mandandolo a sbattere contro un tavolo.
"Dean" urlò Castiel che lasciò la presa per correre da lui.
TARDIS si ritrovò da sola in quel caos. Impala non la sentiva, non poteva fare nulla. Sentì che avevano iniziato a scorrere le lacrime calde lungo le guance. Si voltò e corse fuori dal locale.
L'aria della sera le fece venire la pelle d'oca e le gelò le guance bagnate. Iniziò a camminare nel parcheggio, maledicendosi perchè si era messa i tacchi, verso la città.
"TARDIS" sentì urlare ad un certo punto. Ignorò le urla e continuò a camminare.
"TARDIS ti prego aspetta" urlò ancora. Si voltò e vide Impala correre lungo il marciapiede, lo ignorò di nuovo e continuò a camminare.
"TARDIS, fermati" urlò, questa volta la sua voce era più vicina e sentì i suoi passi dietro di se.
"TARDIS" urlò e Impala entrò nel suo campo visivo, parandosi di fronte a lei.
Era ridotto uno straccio, aveva un labbro spaccato e una ferita che gli sanguinava sulla fronte. Per un attimo fu tentata di abbracciarlo e chiederli come stesse, poi ci ripensò.
"TARDIS" disse ancora, toccandole il braccio.
Lei si divincolo dalla sua presa e rincominciò a camminare.
"Non dici nulla questa volta?" urlò e nella sua voce si sentiva rabbia e risentimento "Non hai niente da dire? Nessuna lezione morale su quanto sia sbagliata la violenza, su quanto le risse non risolvono nulla?"
TARDIS si fermò, con il sangue che pulsava nelle vene, con le lacrime che ripresero a scorrere.
Impala le si parò ancora davanti e questa volta la guardò con occhi gelidi, senza l'oro che amava. 
"Non dici nulla perché non hai nulla da dire" disse "Sai che ho ragione, sai che ho fatto bene e non vuoi ammetterlo"
"Impala" disse con la voce strozzata distogliendo lo sguardo "Avevi promesso"
"Guardami" urlò.
Lei lo guardò e vide i suoi occhi lucidi, colmi di lacrime ma con un'ombra ad offuscarli.
"Tornerei li dentro e li picchierei altre cento volte" urlò "Li picchierei ancora e lo farei con gioia e sai perché? Perché quello che hanno fatto, quello che ti hanno fatto è disgustoso. Non meritano altro. Perché ti hanno mancato di rispetto e alle donne non si manca di rispetto. Ma non l'ho fatto solo per quello, l'ho fatto perché mi sto innamorando di te e nessuno si deve permettere di trattarti così, nessuno deve osare metterti le mani addosso, nessuno"
Le lacrime scorrevano sul volto di Impala, mischiandosi al sangue della ferita. Le sue urla risuonavano ancora nella notte e risuonavano ancora nelle orecchie di TARDIS. 
Lo aveva detto? Aveva detto sul serio che si stava innamorando? Sentiva la testa sul punto di scoppiare.
Guardò Impala, con il fiato corto per le urla e le lacrime agli occhi, con i pugni chiusi lungo i fianchi e le nocche sanguinanti.
"Non riesci ad ammetterlo, vero?" disse sconsolato "E' più forte di te" poi sbuffo e fece un passo indietro.
"Impala" lo fermò lei appoggiandogli una mano sul petto "Io ... io non cambio la mia idea, penso ancora che la violenza non risolve nulla. Però ti ringrazio, per quello che hai fatto. Se non ci fossi stato tu, non so cosa avrei fatto. Grazie" poi lo guardò e si lanciò fra le sue braccia affondando il viso nel suo petto "Ho avuto paura" sussurrò.
Lui ricambiò l'abbracciò e le accarezzò la testa con un bacio.
"Mi dispiace di essere così" le disse "Mi dispiace se ti faccio soffrire. Potessi farlo, cambierei"
"No" disse lei alzando lo sguardo "Non cambiare"
Impala si chinò e la baciò, dolcemente e stringendola a se.
"Ti riaccompagno a casa" disse incamminandosi lungo il marciapiede.
"Neanche per sogno" protestò lei "Non ti lascio guidare in queste condizioni, potresti svenire alla guida e finiremmo ammazzati giù da un ponte"
"Sto bene, TARDIS. Sono solo un po ammaccato" si lamentò
"Niente storie, ti accompagno io"
Impala sbuffò e alla fine accettò. TARDIS guidò fino al suo appartamento e lo aiutò a salire le scale.
Quando Impala aprì la porta e la fece entrare, lei rimase immobile sulla soglia con un unico pensiero in testa. Quella era la prima volta che entrava in casa sua e quella era la prima volta che erano totalmente da soli.

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Capitolo 4
*** Of Black and Blue ***




L'appartamento di Impala era esattamento come si immaginava che fosse. Un'unica stanza comprendeva il soggiorno, con un divano nero e un televisore enorme, sulla sinistra una moderna cucina in acciaio. Le pareti bianche erano ricoperte di poster di film horror e macchine, librerie colme di libri, dischi e DVD. Sul muro dietro al divano c'era una teca con dentro quelle che le sembrarono armi. Mentre il pavimento era ricoperto da riviste, lattine di birra, un cartone della pizza e un paio di bilancieri.
Sulla destra si intravvedeva un corridoio con una stanza e l'angolo di un letto con le lenzuola aggrovogliate.
"Allora?" disse Impala, distogliendola dai suoi pensieri "Non sei un vampiro, non devi essere invitata per entrare"
"Cosa?" balbettò TARDIS.
"Entra" continuò indicandole la stanza "mi casa es tu casa"
Rendendosi conto di essere ancora ferma sulla soglie, si decise ad entrare, con le farfalle che si contorcevano nello stomaco.
Impala si tolse le scarpe che gettò in un angolo, poi si diresse in cucina e cercò di sistemare il tavolo invaso da carta e bottiglie vuote, poi provò a nascondere qualche piatto sporco nel lavandino.
"E io che pensavo di essere la persona più disordinata sulla faccia della terra" disse TARDIS, seguengo il suo esempio, togliendosi i tacchi che ormai le stavano dando il tormento.
Impala la guardò e le fece un sorriso, poi tornò a nascondere le posate nel lavandino.
A TARDIS continuò a sembrare spavaldo e sicuro di se come al solito. Ma Impala non si sentiva per niente così, sapeva mascherarlo bene, ma anche lui aveva la sua buona dose di farfalle nello stomaco. E non era solo perchè si trovasse da solo con lei, ma per quello che era successo prima e per quello che le aveva detto. Non aveva riflettuto mentre diceva quelle parole, preso dalla rabbia, ma le pensava sul serio.
Impala aprì il frigorifero e tirò fuori una bottiglia d'acqua e iniziò a bere a grandi sorsi.
"Vuoi qualcosa?" le chiese.
Lei scosse la testa. Rimise la bottiglia in frigorifero e dal frizer tirò fuori una confezione di bistecche congelate e ne appoggiò una sull'occhio, tirando un sospiro di solievo e beatitudine.
TARDIS gli si avvicinò, lui la guardò con l'occhio sano, poi gli tolse le bistecche dall'occhio e gli controllò il livido che già iniziava a gonfiarsi.
"Domani sarai ridotto uno straccio, lo sai vero?" gli disse togliendogli una ciocca di capelli dalla fronte, che si era bagnata dal ghiaccio sciolto delle bistecche e dal sangue che era colato dalla ferita.
"Si lo so" rispose colpevole.
"Hai un kit del pronto soccorso? Devo sistemarti quella ferita" disse.
"In bagno sotto al lavandino" rispose.
TARDIS fece per voltarsi, ma lui la fermò e attirandola a se la baciò, poi la lasciò andare.
Trovò la valigietta sotto al lavandino dove lui aveva detto, controllò che ci fosse il necessario e uscì dal bagno. Quando ricomparve in cucina, rimase di nuovo immobilizzata, come congelata a pochi metri da lui, con le dite che stringevano confulsamente la valigetta.
Impala era appoggiato al tavolo, nudo dalla vita in su, con la bistecca congelata appoggiata sullo stomaco. La sua camicia giaceva spiegazzata sul tavolo.
Impala era bello, questo lo sapeva ma vederlo a petto nudo le fece pensare che era anche maledettamente sexy. Le sue braccia erano muscolose, le aveva già viste, ma anche il resto lo era. Pettorali ben disegnati, addominali scolpiti e spalle larghe. Eppure non sembrava massiccio, non sembrava uno di quei culturisti californiani, c'era grazie e armonia nel suo corpo.
Infine notò i tatuaggi, ne aveva altri, lo sapeva.
"TARDIS?" la chiamò lui, facendola di nuovo precipitare sul pianeta terra.
"Trovato" disse trionfante, ma non senza un leggero tremolio. La appoggiò sul tavolo e la aprì, estraendo cerotti, cotone e disinfettante.
"Perchè" chiese titubante "Perchè ti sei tolto la maglietta?"
"Lividi, sulle costole" rispose come se fosse la cosa più ovvia.
TARDIS lo guardò e quando si accorse di fissarlo un po troppo intensamente, distolse lo sguardo imbarazzata.
Bagnò un batuffolo di cotone e iniziò a ripulirlo dal sangue sulla fronte.
"Impala, poteva andarti peggio" disse accusatoria "Potevi farti male sul serio"
"Nah" rispose lui "Ho la carrozzeria resistente" poi la sollevò per la vita e la fece sedere sul tavolo, ma lo sforzo lo fece imprecare dal dolore.
"Dicevi?" disse canzonatoria.
"Oh, sta zitta" ridacchiò.
TARDIS gli disinfettò la ferita sulla fronte, non sembrava così brutta. Aveva temuto che ci sarebbe stato il bisogno di punti, ma una volta ripulita e coperta da un cerotto, la cosa preoccupante rimase l'occhio nero.
"Domani vado in farmacia e ti compro qualcosa per l'occhio" gli disse.
Impala la guardò e prendendole delicatamente il viso, la baciò. TARDIS ricambiò il bacio e con le dita gli accarezzò delicatamente il viso dove si stava formando il livido, poi si fermò sul collo e scese fino al petto, dove sentì la sua pelle calda sotto le dita.
"Vogliamo parlarne?" le chiese, fissandola intensamente negli occhi.
"Di cosa?" chiese, giocando con la sua collana di mattoncini colorati.
"Di quello che è successo questa sera" rispose.
"Non mi va di parlarne, Impala. Ci siamo già detti tutto quello che dovevamo dirci"
"Non voglio parlare della rissa" disse aggrottando le sopracciglia "Voglio parlare di quello che ti ho detto dopo. Che mi sto innamorando di te"
"Ah" riuscì soltanto a dire.
Impala appoggiò le mani sulle cosce e aprendole leggermente le gambe, le si avvicinò. Seduta sul tavolo, riusciva a guardarlo perfettamente negli occhi.
"Cosa vorresti dirmi?" disse, con le guance che le andavano a fuoco.
"Voglio dirti che lo penso sul serio, che non è stato solo perchè stavamo litigando e ho mandato tutto a puttane con la rissa. Mi sto innamorando di te e questa cosa mi ..."
"Fa impazzire?" completò per lui TARDIS.
"Si" disse ridendo e abbassando lo sguardo.
"Fa impazzire anche me" continuò lei circondandogli il collo con le braccia "Perchè, mi sto innamorando anche io"
Impala la guardò, con tutta la dolcezza che un uomo grande, grosso, tatuato e con un occhio nero potesse avere.
TARDIS gli accarezzò il petto, passando le dita su un tatuaggio, poi gli si avvicinò e gli sussurrò all'orecchio: "Comunque lo sapevo"
"Cosa?" chiese lui.
"Che avevi altri tatuaggi" rispose. Impala scoppiò a ridere. 
L'atmosfera non era più tesa come prima, o almeno non c'era lo stesso tipo di tensione. Ora si sentivano più liberi, solo loro due e nessun altro. Si sentivano più vicini, più uniti e più simili. Era come se fossero sulla stessa lunghezza d'onda, sintonizzati sullo stesso canale.
TARDIS girò Impala di schiena e iniziò ad accarezzargli il collo, poi le spalle e sfiorò il primo tatuaggio. Erano un paio di grosse ali da angelo, che partivano dal centro e si dispiegavano sulle spalle, sotto di esse c'era una strana scritta.
"Questo cos'è?" chiese, sempre scorrendo le dita sulla sua pelle.
"Sono ali d'angelo, mentre la scritta è enochiano che è la lingua degli angeli vuol dire "Libero arbitrio""
"Concetto molto profondo" commentò "Quest'altro invece?" chiese poi toccandone un altro, più in basso sulla vita e sul fianco destro.
"Quella è la targa della mia macchina" disse con una risata "KANSAS KAZ 2Y5"
"Perchè l'hai tatuata?"
"Ci sono molto affezionato" rispose con un sorriso. Impala le prese la mano e si voltò a guardarla.
"Qui sul braccio c'è il soldato" continuò lei.
"Tecnicamente è un soldatino giocattolo" corresse.
"Questo invece?" chiese e le dita sfiorarono un pentacolo circondato da strani simboli, che svettava sul suo pettorale sinistro.
"Questa è la trappola del diavolo" rispose tenendole la mano ferma sul tatuaggio "Serve ad intrappolare i demoni"
"Inquietante" commentò.
"Però" continuo' Impala "Questo non è il mio tatuaggio preferito"
"E qual'è il tuo tatuaggio preferito?" 
"Questo"
Le prese la mano e fece scrorrere le dita verso il basso. TARDIS sentì i muscoli passarle uno per volta sotto i polpastrelli e la mano, in quella calda di Impala, continuava a scendere e si domando' per quanto ancora sarebbe scesa.
"Questo è il mio preferito" disse e fermò la mano; accanto, sulla parte sinistra sulle ossa del bacino e pericolosamente vicino all'orlo dei jeans, c'era una pistola.
"Cos'è?" chiese, con le dita che lo accarezzavano. Anche se dopo un po si disinteressarono del tatuaggio e si dedicarono solo alla pelle di Impala.
"E' una Colt" rispose con le labbra vicino alle sue "Secondo la leggenda i suoi proiettili sono in grado di uccidere qualsiasi creatura"
Impala la guardò e lei vide che aveva una luce nuova negli occhi dorati. Una luce cosparsa di ombre che la fecero arrossire ed eccitare allo stesso tempo.
"Impala" sussurrò "C'è una cosa che non ti ho mai detto"
"Cosa?" chiese lui accennando un sorriso.
"Ho un tatuaggio anche io"
"Davvero?" chiese stupito "Dove?"
TARDIS prese un respiro profondo, perchè si domandò quando ancora sarebbe stata in grado di respirare correttamente dopo quello che stava per fare.
Spinse delicatamente Impala e scese da tavolo, poi si voltò e gli diede la schiena.
"Tira ... Tira giù la cerniera" disse, con il cuore che batteva e gli occhi chiusi.
Impala rimase per un attimo a fissarle i lungi capelli blu, chiedendosi cosa fare. Infine con mani tremanti le scostò i capelli e lentamente fece scorrere la cerniera del vestito.
TARDIS lo tenne con le mani, in modo tale da non farlo cadere del tutto ma lasciando scoperte le spalle. Non indossava il reggiseno, per cui il tatuaggio fu ben visibile.
Al centro della schiena, svettava un orologio. Era un orologio vecchio a pendolo ma senza custodia e attorno ad esso volteggiava la galassia, con le sue stelle e i suoi pianeti, che si dispiegavano lungo la spina dorsale.
TARDIS sentì le dita di Impala che lo accarezzavano, lentamente, quasi con timore. Sentì un brivido scorrerle lungo la schiena. Le piaceva quel contatto, le piaceva come nonostante fosse grande e grosso, avesse un tocco così lieve e delicato.
Improvvisamente sentì il respiro di Impala sulla sua guancia e voltata leggermente la testa, si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal suo. La guardava con occhi luminosi e un sorriso dolce e appena accennato sulle labbra.
"E' bellissimo" le sussurrò all'orecchio.
"Grazie" balbettò abbassando gli occhi.
"Perchè non mi hai mai detto che hai un tatuaggio?" le chiese.
"Non lo so, non è una cosa che dico spesso. Sono poche le persone che lo sanno. Sai, di solito le ragazze come me non hanno tatuaggi"
"Le ragazze come te? Ancora con questi stereotipi?"
Poi le circondò le spalle con le braccia e fece aderire il proprio corpo contro il suo. TARDIS sentì la sua pelle calda sulla schiena.
"Sei bellissima, TARDIS" le sussurrò baciandole il collo "Sei meravigliosa e mi piaci proprio per questo, perchè non sei come le altre"
Lei si strinse nelle spalle, deglutì forse un po troppo rumorosamente e cercò di dire qualcosa, di fare qualcosa. Ma sembrava che le parole non volessero uscire, che i polmoni non volessero farla respirare, che il cuore volesse scapparle dal petto.
"TARDIS, ti voglio" le disse, in un sussurro seducente, mentre la stringeva ancora di più.
Rimase immobile, fissando un punto indefinito di fronte a se.
"Ti voglio" ripetè.
Non sapeva cosa rispondere, si sentiva disorientata. Non riusciva a concentrarsi, sentiva solo la sua presenza dietro di se. E le piaceva sentirlo vicino, le piaceva quel turbinio di emozioni differenti che le procurava.
Ma lei? Lei, lo voleva? Continuava a domandarselo. 
Si frequentavano ormai da poco più di due settimane, lo conosceva bene o almeno così credeva. Gli piaceva tanto, così tanto da innamorarsene quasi. Ma lo voleva?
Era bello, e mai in tutta la sua vita si sarebbe aspettata che un ragazzo così si sarebbe interessato a lei, eppure era successo.
Ma più di tutto, le piaceva quella maniera nuova in cui la faceva sentire. Spesso si era sentita inadeguata, diversa, strana e le persone glielo facevano notare costantemente. Impala, non la faceva sentire così. Impala la faceva sentire fiera e orgogliosa di essere quella persona strana e diversa.
Quindi la risposta era si. Lo voleva.
Lentamente si voltò fra le sue braccia, stringendosi il vestito perchè non cadesse, non ancora.
"Impala" sussurrò con il fiato corto, ma senza guardarlo negli occhi. Sentiva che se lo avesse guardato avrebbe ceduto prima del tempo.
Appoggiò la fronte sul suo petto e ascoltò il proprio respiro tornare regolare. Poi Impala le sollevò il mento e i loro occhi si incrociarono.
"Sei calda" le disse accarezzadole la guancia.
"Chissà perchè" ribattè cercando di essere ironica, ma risultò solo nervosa.
"TARDIS, se....se non vuoi, posso capire..." balbettò.
"Shush" disse posandogli un dito sulle labbra.
Poi lentamente lasciò che il vestito le scivolasse lungo il corpo e cadesse a terra per raccogliersi ai suoi piedi.
Gli occhi di Impala percorsero il suo corpo, centimetro dopo centimetro, mentre sulle labbra andava lentamente a formarsi un sorriso che le fece avvampare le guance.
TARDIS gli posò le mani sul petto e lo spinse lentamente indietro, fino a quando i loro corpi incontrarono il tavolo, che barcollo sotto il loro peso.
Fece scivolare le dita lungo gli addominali di Impala, sentendolo sussultare, ogni volta che incontrava un livido. Le mani salirono, accarezzandogli il collo e affondando nei suoi capelli. Lo attirò a se e lo bacio' con passione, assaporando ogni angolo della sua bocca. E come sempre ormai le capitava, quella nuova TARDIS prese il sopravvento.
Impala la avvicino a se facendo aderire i loro corpi, le accarezzo la vita e il seno, procurandole brividi lungo tutta la schiena. Poi le sollevo' la coscia e la porto' sul suo fianco.
"Impala" gli sussurro' mentre con i pollici percorreva il tatuaggio della Colt e finiva per slacciargli la cintura "Vuoi ... Vuoi farlo qui in cucina?"
"No" le sussurra contro le labbra "Vieni"
La sollevò con estrema facilita e lei si aggrappò a lui con le gambe intorno alla sua vita. Camminò verso il corridoio e nel tragitto inciamparono in una sedia e in una pila di vecchi giornali, ma si fermarono ancora prima di arrivare alla camera da letto.
Impala la appoggiò contro il muro baciandole il collo e le spalle. La posò a terra e lentamente la condusse dentro la stanza. Il letto era sfatto, le lenzuola aggrovigliate sul fondo e i cuscino stropicciati.
"Scusami" le disse "Non ho avuto tempo per sistemare"
"Non importa" gli rispose "Tanto le avremmo sfatte comunque"
TARDIS si sedette sul letto e guardò Impala in piedi di fronte a lei, con un misto di timidezza ed eccitazione negli occhi.
Gli si avvicinò lentamente e gli baciò il ventre, i lividi sulle costole, con la lingua giocò con i suoi capezzoli e il tatuaggio. TARDIS gli tolse i pantaloni e in quel momento scoprì che aveva altri tatuaggi, vide mostri urlanti  che venivano divorati dalle fiamme, croci, armi e arcani simboli. Ma non fu la prima cosa che notò e attirò la sua attenzione. Impala era eccitato, il suo membro premeva contro il cotone nero dei boxer.
Si guardarono negli occhi per un solo istante, poi TARDIS lo prese per un braccio e lo attirò sul letto con lei. Impala la fece sedere sulle sue gambe e la tenne per la vita, baciandola intensamente.
"Impala" gli disse all'improvviso, mentre la lingua di lui tracciava disegni sulla sua pelle, le labbra le baciavano il seno e le mani le accarezzavano la schiena "Hai un preservativo?". Impala la fisso' dal basso interrompendo la scia di baci.
"Eh?" chiese un attimo confuso, poi quando comprese le sue parole "Si, certo. Ma non c'è fretta" continuò, e con una strana dolcezza nella voce aggiunse "Abbiamo tutto il tempo..."
"E lo spazio" continuò finendo la frase per lui.
"Voglio godermi ogni attimo con te e voglio farti godete" aggiunse con un sorriso che la fece sciogliere come burro.
Impala la sdraiò lentamente sotto di se e la baciò, sfiorandole il collo con le dita. Le aprì le gambe e si insinuò tra di esse, poi lentamente le baciò il ventre afferrandole il seno con una mano, mentre con l'altra le toglieva gli slip.
La sensazione del suo membro contro di lei, nonostante la stoffa, le fece mancare il respiro. Allora fece scorrere le mani lungo i muscoli della sua schiena e gli tolse i boxer e il membro libero premette contro il ventre.
"Impala" gli disse poi fissandolo nei suoi occhi ardenti, una volta che ebbe ritrovato l'uso della parola "Ti voglio, adesso"
Lui la guardò, per quella che sembrò l'eternità. La stanza era talmente silenziosa, a parte il loro respiro affannato, che avrebbero potuto ascoltare l'uno il cuore dell'altro battere all'impazzata.
"Si, credo tu abbia ragione" disse con una risata nervosa ma eccitata, poi si alzò "Torno subito, non scappare" aggiunse tra un bacio e l'altro.
Scese dal letto e iniziò a rovistare in un cassetto. Ne estrasse un quadratino argentato, lo aprì e si mise il preservativo. Intanto TARDIS cercò di sistemarsi i capelli, per quello che sarebbe servito.
Impala riapparve sul letto accanto a lei. Si stese sul suo corpo e il suo peso fu confortante, poi mentre la baciava, fece scendere una mano tra le sue gambe e la toccò.
Impala entro' dentro di lei, con impeto e frenesia. Il respiro le mancò, avrebbe voluto dire qualcosa ma tutto quello che uscì dalle sue labbra fu un gemito di piacere.
Fino a quel momento il mondo per lei era stato vasto, sconfinato e infinito, ma in quel momento, iniziava e finiva con Impala e quel letto.
Iniziava dal suo bacino che premeva contro di lei con movimenti sempre più rapidi e seducenti. Continuava per le sue braccia e le spalle forti, che la facevano sentire protetta e al sicuro, mentre la circondavano. Finiva sulle sue labbra che la baciavano e che, tra un sospiro e un gemito di piacere, le dicevano quanto fosse bella, quanto fosse meravigliosa, unica e lo facesse impazzire.
Impala assaporò e scoprì quel corpo nuovo e bellissimo, apparentemente fragile ma che fu in grado di tenergli testa e scombussolargli il cervello.
TARDIS gli circondò la vita con le gambe e spinse il bacino verso l'alto. Impala ansimò contro il suo collo e le prese i polsi che portò sopra la sua testa. I loro corpi si mossero all'unisono legati da qualcosa che non poteva essere visto ma solo percepito.
TARDIS gli baciò le dita delle mani e il polso, poi lasciò che le accarezzassero il seno e la spina dorsale. Quel contatto le fece inarcare la schiena e gemere. 
Impala le tracciò un arco con la lingua che dalle scapole andava fino al mento. TARDIS gettò la testa all'indietro e si ritrovò a fissare il soffitto.
Impala spinse dentro di lei un'ultima volta, quasi con disperazione. Sentì l'orgasmo arrivare, si aggrappo alla sua schiena sudata con le unghie e urlò. Nel medesimo istante Impala urlò il suo nome contro il suo collo.
Lentamente il suo corpo si rilasso, la tensione scomparve e giacque ansimando su di lei. Cercò di tenersi sollevato ma le braccia cedettero.
TARDIS lo tenne stretto a se, quasi cullandolo e sentendo il peso ormai familiare del suo corpo e il respiro che lentamente tornava regolare.
Impala scivolò fuori da lei, rotolò su un fianco e si tolse il preservativo, che gettò nel cestino. Poi prese una sigaretta dal comodino, la accese e tirò due lunghe boccate, infine la lasciò nel posacenere.
TARDIS gli si avvicinò e gli accarezzò il petto sudato, lui le prese il mento e la baciò. Fu un bacio, lento e dolce, per nulla simile a tutti quelli che si erano dati quella notte.
Impala le scostò i capelli blu dalla fronte sudata e la strinse fra le braccia.
"Cazzo" sbottò all'improvviso "Che notte"
TARDIS scoppiò a ridere e lui la imitò, poi improvvisamente si fece serio.
"TARDIS" disse sollevandole il mento "Io..."
"Ti amo" lo intercettò.
"Si" continuò sorridendole "Se ieri era un forse, adesso e' una certezza"
"Ci voleva il sesso per convincerti" disse sarcastica.
"No" balbettò "Diciamo che ha contribuito" concluse accarezzandole la spalla.
Si guardarono ancora negli occhi, poi Impala prese le lenzuole e li coprì entrambi, strinse TARDIS  se e si accoccolò contro di lei.
"Buonanotte Baby" gli sussurrò lei.
"Buonanotte donna dello spazio" rispose.
Poco dopo si addormentarono.



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Capitolo 5
*** Bigger on the inside ***



Un soldato le puntava un fucile, a pochi centimetri dalla faccia.
Sbattè le palpebre confusa e assonnata. Guardò di nuovo il soldato e si rese conto che altro non era se non un tatuaggio. Un tatuaggio sul braccio di qualcuno.
Sbattè di nuovo le palpebre assonnata e si coprì gli occhi con una mano per proteggersi dai raggi del sole che entravano da uno spiraglio della finestra.
Si sollevò a sedere, con gli arti intorpiditi e le dita della mano che formicolavano. Doveva aver dormito storta, pensò.
Districò un piede rimasto attorcigliato nelle lenzuola e guardò la figura distesa accanto a se.
I ricordi della notte precedente le riempirono la mente, e li riassaporò come fossero il più buono dei dolci. Le guance le avvamparono all'istante.
Impala giaceva accanto a lei, ancora profondamente addormentato. Sembrava un bambino, un bambino grande, grosso e con i tatuaggi. 
La stanza era silenziosa, anche il mondo fuori era silenzioso. Sentiva solo il suo lento e regolare respiro.
Era sdraiato sulla pancia, il braccio con il soldato rivolto verso di lei, mentre l'altro era nascosto sotto il cuscino. Le ali tatuate sulla schiena si aprivano e davano l'impressione di essere reali. Aveva una gamba attorcigliata intorno al lenzuolo, mentre l'altra penzolava quasi del tutto fuori dal letto.
TARDIS sorrise e si prese un attimo solo per lei, per ammirarlo e osservarlo indisturbata, cosa che la sera prima non era stata in grado di fare per ovvi motivi.
Guardò come un raggio di sole gli accarezzasse i capelli neri che sembravano risplendere. Guardò come i muscoli guizzassero sotto la pelle abbronzata da tante giornate passate sotto il sole caldo dell'officina. Fissò intensamente le sue labbra e si ricordò di quanto fossero morbide. Guardò l'occhio, cerchiato da quel brutto livido nero e scosse la testa con disappunto, ma non senza una punta di tenerezza. Poi si concesse un poco di malizia e lasciò che i suoi occhi vagassero sulle parti rimaste nude del suo corpo. Con le orecchie in fiamme osservò ogni centimetro di pelle, soffermandosi particolarmente sul suo fondoschiena.
"Hai un culo che e' una meraviglia, Impala" pensò, poi se ne vergognò per un attimo di quel pensiero. Pensiero che scacciò immediatamente quando realizzò che "Ehi, è il mio ragazzo, posso farli questi pensieri". Si coprì la bocca con la mano, per sopprimere una risata.
Avrebbe voluto chinarsi verso di lui e baciarlo, accarezzarlo o abbracciarlo, ma temeva di svegliarlo.
Si passò una mano fra i capelli arruffati e osservò la stanza. Non aveva la più pallida idea di che aspetto avesse. Non aveva esattamente avuto occasione di guardarla, tra il fatto che fosse notte e che, bhe Impala la distraeva abbastanza.
Le pareti erano bianche come tutto il resto della casa, con gli immancabili poster di film horror e stampe di città sparse per il mondo. Sul fondo c'era una armadio nero e un televisore. In un angolo, un tapis roulant sostava ricoperto da una quantità esorbitante di vestiti. Sotto la finestra invece c'era una scrivania, con un computer portatile, libri, cianfrusaglie e un'intera collezione di coltelli, da quelli in stile Rambo fino ai coltellini svizzeri, chiusi in una teca di vetro.
"Accidenti" pensò "Se dovessero entrare i ladri scapperebbero pensando di essere nella casa di un serial killer"
Un orologio a forma di pneumatico appeso alla parete, le fece notare che erano le 9.00 del mattino di un caldo e soleggiato sabato mattina.
Lentamente scese dal letto cercando di fare meno rumore possibile. Recuperò da un angolo del pavimento i suoi slip, poi cercò il suo vestito ma si ricordò che era rimasto sul pavimento della cucina, quindi optò per una maglia degli Iron Maiden con la stampa di uno zombie che suona la chitarra. Le andava talmente grande che le arrivava fino a metà coscia.

Scalza e in punta di piedi, camminò verso il bagno. Socchiuse la porta e si guardò allo specchio.
Si era aspettata di vedere un viso orribile, eppure, nonostante i capelli blu arruffati e il trucco sbavato, aveva un aspetto raggiante e le guance leggermente arrossate.
Si lavo' la faccia con l'acqua fresca e cercò di sistemarsi i capelli. Quando fu soddisfatta del risultato, andò verso la cucina. Impala dormiva ancora.
La cucina era un caos, ma non più del solito. Sul tavolo c'era la valigetta del pronto soccorso ancora aperta, con cerotti e cotone sparpagliati. Rimise tutto dentro e la chiuse.
Dal pavimento raccolse il suo vestito e la camicia di Impala dal tavolo, li piegò e appoggiò sulla sedia.
In un angolo giaceva la bistecca, ormai scongelata,  che aveva usato per il livido. Era immersa in una pozza d'acqua e un paio di mosche e formiche ci camminavano sopra. La prese arricciando il naso dal disgusto e la gettò nella spazzatura.
Si voltò e guardò la casa silenziosa. Iniziò a curiosare in giro, ispezionando i poster e le teche con le armi. Sfoglio' riviste automobilistiche e di caccia, impilate sul tavolino. Sotto di esse trovò anche una rivista chiamata "Hot Cowgirl & Motorcycle". La fissò per qualche secondo imbarazzata, senza sapere cosa farne. Alla fine decise di lasciarla nascosta dove l'aveva trovata.
Curioso' tra le file di DVD, conosceva e aveva visto meno della metà di tutti quei film, di videogiochi e di CD di gruppi musicali.
Impala aveva tanti libri stipati sugli scaffali, quasi quanti ne aveva lei, ma a parte qualche romanzo erano di tutt'altro genere.
C'erano romanzi horror e libri sulle auto. Antologie sulla caccia e le armi, più una quantità esponenziale di guide turistiche. Infine trovò i libri più strani della sua intera collezione.
Vide libri di esoterismo, magia e religioni, libri su misteri, città abbandonate e leggende metropolitane.
Sfoglio' pagine piene di simboli antichi e sconosciuti, che svelavano i misteri di sette dimenticate dai rituali raccapriccianti. Lesse profezie e leggende, vide immagini di mostri e fantasmi. Trovò libri in cui si spiegava come uccidere vampiri, licantropi e streghe. Rituali per esorcizzare demoni e richiamare gli spiriti dei morti.
Sentì un brivido gelido correrle lungo la schiena e rise nervosamente. Per un attimo si domandò se non fosse finita veramente nella casa di un pazzo psicopatico. Poi però, ripensò a quanto fossero delicate le mani di Impala sul suo corpo, a quanto i suoi occhi la guardassero con dolcezza, a quanto le sue labbra la baciassero come se fosse un fiore delicato.
Impala poteva anche essere un ragazzo dall'aspetto poco raccomandabile, ricoperto di tatuaggi e vestiti di pelle, avere una casa da brivido. Ma lei sapeva che sotto quell'involucro, c'era un gran cuore, un'anima dolce, leale, forte e gentile. Si diede della stupida, scosse le spalle e decise di dedicarsi ad altro.
Passò un dito sullo scaffale, lasciando una scia più scura dove il suo dito tolse un sottile strato di polvere. Passò accanto ad un impianto stereo e a modellini di automobili.
Una serie di foto incorniciate, catturarono la sua attenzione. Si avvicinò e le guardò con più attenzione.
La prima era in bianco e nero e rappresentava una giovane coppia appena sposata. L'uomo assomigliava in maniera inquietante ad Impala. Erano i suoi genitori.
La foto accanto mostrava la stessa coppia ma con un bambino piccolo, di circa tre anni, attaccato alle gambe della madre. Aveva i capelli neri, le guance rotonde e indossava una  giacca da motociclista fomato bambino.
"Impala" sospirò TARDIS "Che carino che eri. Avevi già il destino segnato con quella giacca" commentò.
Le foto accanto facevano un salto nel tempo di parecchi anni. In una era all'"Harvelle's Roadhouse", circondato  da Dean, Sam, Castiel, Bobby e Jo, più un sacco di altra gente e tutti brindavano a qualcosa con una bottiglia di birra.
In un'altra Bobby e Impala, erano seduti sul cofano di una vecchia macchina, in officina. Un'altra ritraeva lui e Dean sdraiati sul tettuccio della sua macchina mentre prendevano il sole a torso nudo.
L'ultima foto invece, era stata scattata in una foresta, Impala, Dean, Sam e Bobby imbracciavano fucili sorridendo all'obbiettivo.
Guardare quelle foto le fecero uno strano effetto. La fecero sentire come se fosse un'intrusa, un'estranea nella vita di Impala. Si domandò se un giorno ci sarebbe stata anche lei su quella mensola. Scosse un'altra volta la testa e scacciò ancora quei brutti pensieri che la assalivano.
La mensola con le foto era vuota, vuota tranne che per un libro, solitario e abbandonato. La incuriosì parecchio e lasciando che la curiosità prevalesse, lo prese.
Non era un libro come aveva pensato inizialmente, era un quaderno o un'agenda. Era di pelle nera, vecchio, consunto e rovinato. Lo rigirò più volte tra le mani, domandandosi cosa fosse, perchè avesse una posizione di rilievo sulla mensola delle foto e sopratutto si domandò se potesse aprirlo.
Pensò che se fosse stato qualcosa che Impala voleva tener nascosto, non lo avrebbe lasciato in bella vista sulla mensola del salotto.
Lanciò un'occhiata al corridoio per sicurezza, sentendosi una ladra e lasciò che la sua curiosità prendesse ancora il sopravvento.
Sembrava un diario, perchè in alto su ogni pagina era segnata una data, alcune risalivano ad almeno dieci anni prima. Ma non vi lesse quello che ci si sarebbe aspettati di leggere in qualsiasi diario.
Trovò elenchi di città sparse per tutto il mondo, descrizioni di esse, ubicazioni di monumenti, strade, ristoranti, spiagge e qualsiasi posto un essere umano potesse visitare.
C'erano annotazioni scritte con inchiostro nero, pensieri legati a luoghi che sembravano magici grazie a quelle parole. Vide immagini di boschi e città, vide disegni di paesaggi scarabocchiati a matita. Vide una mappa cosparsa di puntini e linee rosse.
"Buongiorno"
Si voltò di scatto, con il cuore che le saltò in gola e il quaderno le cadde dalle mani.
Impala stava attraversando la stanza diretto verso la cucina. Era completamente nudo e stringeva tra le labbra una sigaretta.
Lo guardò raggelando, presa dal panico perchè era stata colta con le mani nel sacco.
Impala camminò tranquillamente verso il frigorifero, lo aprì ed  estrasse un cartone di aranciata, bevve a grandi sorsi, poi si voltò e scomparve di nuovo in corridoio. Riapparve poco dopo, indossando un paio di pantaloni neri, con l'immancabile sigaretta.
TARDIS era rimasta immobile come l'aveva lasciata, con il quaderno aperto ai piedi.
Impala la fissò con un sopracciglio alzato e la sigaretta che si consumava tra le labbra. Poi spostò lo sguardo da lei, al quaderno ai suoi piedi, infine di nuovo su di lei.
"Stai frugando tra le mie cose?" le chiese avvicinandosi e spegnendo la sigaretta in un posacenere.
"No, no" cercò di giustificarsi "Stavo guardando ingiro e, ehm si, insomma sono inciampata e io, ehm....io". Poi si chinò per raccogliere il quaderno, ma Impala fu più veloce di lei.
"Scusami" si affrettò a dire con aria colpevole.
"Tranquilla" le rispose con un sorriso "Non sono segreti di stato, è solo un diario"
TARDIS abbassò la testa e una ciocca di capelli blu le scivolò sugli occhi. Impala gliela spostò dietro l'orecchio, poi la avvicinò a se.
"Buongiorno, donna dello spazio" le sussurrò baciandole dolcemente le labbra.
"Buongiorno, Baby" rispose ricambiando il bacio, e accarezzandogli la guancia, vicino al livido scuro sull'occhio, con la barba del primo mattino che le pungeva i polpastrelli.
"Ehi" disse Impala all'improvviso indicandola "Questa è la mia maglietta"
"Ah si, non avevo nulla da mettermi, così ..." disse.
"Bhè" continuò alzandno u sopracciglio "Eddie non è mai stato così sexy"
"Chi è Eddie?" chiese confusa.
"Lui" rispose indicando lo zombie sulla maglietta.  Ma la sua mano, invece che posarsi sullo zombie, le accarezzò il seno.
TARDIS rise nervosa di quel contatto. Poi gli accarezzò il petto, mentre con una mano affondava nei suoi capelli e lo attirò a se per baciarlo con più passione.
"Wow" esclamò Impala mordendosi il labbro, una volta che lei lo ebbe lasciato libero di tornare a respirare "Un giorno mi uccideranno i tuoi baci"
TARDIS rise più forte e affondò il viso nel petto di Impala.
"C'è troppo silenzio in questa casa" disse improvvisamente lui, poi si avvicinò allo stereo e fece partire la musica.
Nell'aria si diffusero il suono di chitarre, basso e batteria, di una canzone che ovviamente non conosceva.
Ma Impala sembrava conoscerla molto bene. Le si avvicinò lentamente muovendo la testa a ritmo, poi la prese per mano e la attirò al centro della stanza stringendola a se, poi iniziò a cantare. Con la sua voce un po roca e stonata, ma calda e vibrante.
"Home in the valley. Home in the city. Home isn't pretty ain't no home for me" cantò facendola dondolare sulle note. Il corpo di Impala che ballava a petto nudo contro di lei fu irresistibile.
"Non la conosco questa canzone" disse lei.
"Blue Oyster Cult "Burnig for you"" rispose smettendo un attimo di cantare, per poi riprendere un secondo dopo senza la minima intenzione di lasciare TARDIS, che ormai si era lasciata ipnotizzare.
"Burn out the day. Burn out the night. I can't see no reason to put up a fight"
Con questa ultima frase, "Non riesco a vedere alcun motivo per mettere su una lotta" TARDIS lo guardò alzando un sopracciglio.
"Dovresti dare ascolto alle canzoni che canti" gli disse "Dicono cose sagge"
Impala rise "Si, forse hai ragione" disse, poi la attirò a se e le prese il viso fra le mai e cantò, con più dolcezza nella voce di quanta ne richiedesse la canzone. "And I'm burning, I'm burning, I'm burning for you"
"Ehi, Impala" disse TARDIS guardandolo intensamente negli occhi "Mi stai per caso dedicando una canzone?"
Lui le sorrise, poi la fece ruotare su se stessa e la circondò con le braccia, appoggiando la sua schiena contro il proprio petto.
"Ti piacerebbe?" le sussurrò all'orecchio, con il suo respiro che le solleticava il collo "Ti piacerebbe, se ti dedicassi una canzone?"
TARDIS annuì, con le dita cercò la mano  di Impala e quando la trovò la strinse.
"Impala" disse guardandolo "Lo pensi ancora quello che mi hai detto ieri sera?"
"Cosa?" chiese.
"Che mi ami" rispose lei.
"Certo che lo penso ancora. Credevi sul serio che te lo avessi detto solo perchè abbiamo fatto sesso?"
TARDIS si strinse nelle spalle e non disse nulla. Non disse nulla perchè temeva veramente che le cose sarebbero potute cambiare nel giro di una notte. Aveva visto tante persone cambiare e andarsene, sapeva che poteva succederle ancora. 
Ma non voleva, voleva che questa volta con Impala fosse tutto diverso. Voleva credere che lui la amasse sul serio, perchè anche lei lo amava.
"Ehi, hai fame?" le chiese all'improvviso Impala, smorzando la tensione "Perchè io ho fame"
"Si, da morire" rispose lei sorridendogli.
"Ti piacciono i pancake?" le chiese prendendola per mano e trascinandola in cucina.
"Certo che mi piacciono, con cioccolato e panna montata"
Impala tirò fuori da una credenza un preparato, poi prese padella, ciotola, piatti, posate e li posò sul ripiano accanto ai fornelli. Infine dal frigorifero prese latte, uova, Nutella e panna montata.
TARDIS si sedette sul tavolo e lo guardò destreggiarsi tra i fornelli, cantando le canzoni che continuavano a suonare in sottofondo. Ogni tanto le passava accanto e la baciava di sfuggita.
Decisero che nel pomeriggio sarebbero andati in farmacia per comprare una pomata per il suo occhio e i lividi. 
Decisero anche che TARDIS si sarebbe fermata a casa sua per tutto il resto del week-end. C'erano forti segnali che le fecero capire che, probabilmente, non sarebbero usciti di li se non fino a domenica sera.
Poco dopo i pancake furono pronti. Impala ne mise tre a testa in un piatto, con strati di cioccolato e riccioli di panna. Andarono a mangiarli seduti sul divano. Impala stese le gambe sul tavolino davanti a lui, mentre TARDIS si rannicchiò contro il suo petto.
I pancake furono divini, con il cioccolato e la panna che si scioglievano in bocca. In sottofondo suonava una di quelle band rock che tanto piacevano ad Impala, ma che lei non conosceva ma stava iniziado ad apprezzare. Il sole entrava dalla finestra, l'aria era calda ma sopportabile.
Era tutto assolutamente perfetto.
Impala appoggiò i piatti sul tavolo e si girò verso TARDIS. Le prese il mento con le dita e la baciò, mordendole delicatamente le labbra.
"TARDIS" le disse serio, senza lasciarle il mento, in modo che i loro occhi non potessero lasciarsi "Ti andrebbe di sapere cos'è quel diario?"
"Mi farebbe piacere" rispose con un sorriso.
Impala si alzò, andò alla libreria e prese il quaderno dalla mensola, poi tornò a sedersi accanto a lei.
"Mi piacciono tanto quelle foto" gli disse TARDIS "Assomigli tanto a tuo padre". Impala le sorrise con un filo di imbarazzo.
"Tu mi hai raccontato di quello che è per te il cielo e lo spazio" le disse Impala aprendo il diario "Mi hai raccontato dei tuoi sogni e di come un giorno andrai nello spazio a scoprire nuovi pianeti e farai amicizia con gli alieni. Ora voglio raccontarti i miei di desideri. 
Ho iniziato a scrivere questo  diario quando ero un'adolescente, orfano, che viveva accanto ad un'officina con un burbero come Bobby. 
Come tutti gli adolescenti, arriva un momento in cui vogliono andarsene dalla città in cui sono nati e cresciuti. Perchè le va stretta e perchè vogliono sentirsi liberi ed indipendenti.
Sam e Dean hanno viaggiato tanto e per questo li ho sempre invidiati. Io al massimo andavo nei boschi a caccia, a fare escursioni in montagna o al mare. Ma mai più lontano di così.
Bobby non me lo permetteva, ero senza genitori e avevo solo lui. L' ho odiato per tanto di quel tempo, che quasi me ne vergogno.
Così ho iniziato a sognare, sognare di diventare grande, fare i bagagli, salire in macchina e partire senza una meta. Visitare tutte quelle città di cui avevo solo sentito parlare, vedere tutti quei luoghi misteriosi di cui avevo solo letto. Ed è così che ho iniziato a scrivere questo" disse alzando il diario e girando le pagine.
"Non potevo vivere quelle esperienze, ma potevo sognarle e scriverle" continuò "Qui dentro ci sono talmente tante cose, che non mi basterebbe una vita sola per viverle tutte"
"Sei mai riuscito a fare qualcosa che hai scritto qui?" gli chiese lei.
"Qualcosa, ma una parte piccola, anzi piccolissima. Città facilmente raggiungibili e vicine. Alcune delle cose che ci sono scritte qui, sono irrealizzabili secondo me" aggiunse con amarezza.
"Mai dire mai e lo dice quella che vuole andare nello spazio e provare l'esistenza degli alieni" disse con una punta di sarcasmo.
"Mi piace il tuo ottimismo" le disse.
"Impala, ora sei adulto e hai un lavoro. Perchè non lo realizzi uno dei tuoi sogni? Sono certa che Bobby qualche settimana di ferie te le lascia"
"Una volta stavo per farlo. Avevo appena rotto con una ragazza e litigato con Bobby. Ho fatto le valigie nel cuore della notte sono salito in macchina e sono partito. Sono arrivato poco fuori città e sono tornato indietro"
"Perchè ti  sei fermato?"
"Perchè ho avuto paura. Ho sentito che se fossi partito, non sarei più stato in grado di tornare. Qui ho gli amici, Bobby e l'officia, il ricordo dei miei genitori. Ora ci sei anche tu"
"Mi dispiace di essere un ostacolo"
"No, no, no" si affrettò a dire, chiudendo il diario sul tavolino e prendendole le mani "Tu sei un qualcosa di bellissimo e al diavolo tutti i sogni, per ora mi basta saperti qui" concluse accarezzandole la guancia.
"Sai, Impala" gli disse TARDIS "Quando ci siamo conosciuti non credevo saremmo mai stati in grado di arrivare a questo. Eravamo troppo diversi. Continuavo a domandarmi cosa centrassi io con te"
"Ma noi siamo due persone diverse, TARDIS"
"Non così tanto come credi. Lo siamo solo all'esterno. Riflettici, io voglio viaggiare tra le stelle con un'astronave, tu tra le città su una macchina vecchio stampo. Sono viaggi e sogni, di diverso tipo, ma pure sempre viaggi e sogni.
Entrambi veniamo giudicati solo per quello che siamo fuori. Quando le persone ti guardano vedono solo tatuaggi e vestiti neri, quando guardano me vedono solo capelli blu e libri sotto il braccio. Vedi? Tanto diversi non siamo"
Impala rimase a fissarla, con gli occhi cangianti e seri, ma velati di dolcezza.
"Sei meravigliosa" le disse accarezzandole la guancia e le labbra con le dita, poi la prese per la vita e la attirò a se. TARDIS si sedette a cavalcioni sulle sue gambe e appoggiò le mani sul suo petto caldo.
"Sei meravigliosa" ripetè "Sei.....Non riesco a  trovare le parole. E' come se tu fossi, non so. E' comese tu fossi ... più grande, ecco. Tu sei più grande all'interno"
"Più grande all'interno?" chiese, guardandolo come se fosse impazzito.
"Si, sei più grande all'interno. Perchè fuori sei una strana, pazza e permalosa secchiona con i capelli blu e il naso sempre fra i libri. Quando ti ho conosciuto pensavo tu fossi una di quelle solite saputelle asociali. Invece" continuò stringendole le mani "Dentro sei, sei come un vortice infuocato. Sei un intero pianeta che brucia. E' come se tu fossi in grado di accendere e spegnere un iterruttore, che ti fa ardere. Cazzo, se sapevo che tutte le secchione erano così, sarei andato anche io all'Università.
Comunque, quello che vogli odire è che tu sei passionale e non l'avrei mai detto. Sei timida e riservata e schiva, ma quando accendi quell'interruttore, sei fuoco. Non ne ho conosciute tante di ragazze che fossero in grado di farmi girare la testa anche solo con un bacio. In teoria il blu è un colore freddo, ma da quando ti conosco sto iniziando a pensare che sia il più caldo"
TARDIS rimase a fissarlo, senza trovare nulla da dire. "Imp....Impala" balbettò con gli occhi lucidi "Nessuno mi aveva mai detto qualcosa di simile". Impala alzò le spalle, sorridendo con aria compiaciuta.
"Credi che tutte le persone siano così?" gli chiese TARDIS.
"Così come?" 
"Più grandi all'interno"
"Si, credo di si"
"Quindi anche tu sei più grande all'interno" disse accarezzandogli il tatuaggio sul petto "Fuori le persone,  e anche io all'inizio, vedono solo tatuaggi, vestiti neri e sigaretta. Vedono un ragazzo probabilmente arrogante, pieno di se, senza paura. Vedono un duro che scatena risse nei bar, che probabilmente cambia ragazza ogni settimana"
"Dentro cosa c'è?" le chiese lui.
"Dentro" rispose posandogli una mano sul petto e sul cuore "Dentro c'è questo meraviglioso uomo, dolce e sensibile. Che nonostate i muscoli e i tatuaggi e l'aria da cattivo ragazzo, sa accarezzarti come il più delicato dei fiori.
C'è un uomo intelligente, che riesce a tirar fuori parole così belle e profonde. C'è un grande cuore, leale e forte, che ha paura, che ha dei sogni. Sei la luna di questo pianeta che brucia" concluse indicado se stessa.
Impala la attirò a se e a pochi centimetri dalle sue labbra, le sussurrò "Nessuno aveva mai detto neanche a me qualcosa del genere", rise nervosamente.
TARDIS lo spinse all'indietro, con le mani appoggiate sul petto, contro lo schienale del divano. Gli prese le mani e le appoggiò sui propri fianchi, sotto la maglietta.
Lo baciò, prima sul petto, poi sul collo, infine sulle labbra. Lasciò che la sua lingua esplorasse la sua bocca, che sapeva ancora di cioccolato, ed era calda e morbida.
Intanto le dita di Impala si facero strada sotto la maglietta, tracciando disegni sulla sua pelle fino a che non le accarezzarono il seno.
TARDIS ansimò contro le sue labbra e lo strinse ancora di più a se, tenendolo per la nuca.
"Ehi" gli disse "Non ero io quella che faceva perdere il respiro a te?"
Impala rise, con una risata bassa e seducente. Poi TARDIS improvvisamente si alzò e fece qualche passo lontano dal divano, poi gli diede le spalle.
"Ehi dove vai?" urlò confuso.
"Vado a farmi la doccia" rispose traquilla.
"Ah" disse Impala, rimasto attonito sul divano.
"Impala" continuò lei "Era un modo per dirti "Vieni con me"".
"Ah" disse ancora, poi riflettè un attimo e disse di nuovo con convinzione "Ah!"
Si alzò di scatto e corse verso di lei e la prese in braccio, caricandola su una spalla come se non pesasse nulla.
La portò in bagno, aprì la porta scorrevole della doccia e la mise dentro, poi aprì l'acqua.
Un getto gelido investì in pieno TARDIS. I capelli le si inzupparono d'acqua e la maglietta le si attaccò alla pelle.
Corse fuori dalla doccia imprecando sotto voce. Impala la guardò e scoppiò a ridere, allora lei lo prese per  un braccio e lo fece finire sotto l'acqua.
"Cazzo è fredda" imprecò stringendosi le baccia al petto.
"Te l'ho detto" ribattè lei scoppiando a ridere e in quel momento Impala la prese e la trascinò di nuovo sotto l'acqua.
Girò il rubinetto e lentamente divenne calda, si tolsero i vestiti ormai zuppi e pesanti.
Impala chiuse la porta scorrevole e si isolarono dal mondo. La abbracciò, poggiando la schiena di TARDIS contro il proprio petto e si lasciarono cullare dall'acqua.
TARDIS si fece ipnotizzare dalle  gocce che scorrevano sul suo corpo e quando lo baciava, sul petto o sul collo, le beveva come  acqua dalla fonte.
Si amarono sotto quella nube di vapore che profumava di zucchero e ciò che prima era stato solo di nero e blu, divene un unico colore.
Il pomeriggio andarono in farmacia e comprarono una pomata, presero due pizze che mangiarono sul divano mentre Impala le faceva vedere uno di quei film horror che lei non conosceva.
Cenarono insieme e dormirono insieme. Il giorno dopo andò esattamento come quello precedente, se non ancora meglio.
Alla fine, la domenica sera, Impala a malincuore dovette riaccompagnarla a casa.
Appena parcheggiò davanti alla porta di casa, non fecero in tempo a scendere che Donna apparve sulla soglia, con gli occhi che dicevano "Ora mi racconterai dettagliatamente tutto quello che avete fatto. Non puoi sfuggirmi"
TARDIS guardò Impala cercando conforto, ma lo vide solo cercare di trattenere una risata.
"Credi che sopravvivrai al Donna-Iterrogatorio?" le chiese.
"Lo spero" rispose "Se entro ventiquattrore non rispondo, manda i soccorsi"
"Ok" ribattè ridendo, poi le si avvicinò e la baciò dolcemente "Ci sentiamo, donna dello spazio"
"A dopo, Baby"
TARDIS scese dall'auto e lo salutò dalla porta, imitata da una maliziosa Donna che, non appena Impala scomparve dietro l'angolo, la trascinò in casa.
Il terzo grado durò più o meno un'ora e riuscì a sottrarsi solo con la scusa dello studio, anche se tanto una scusa non era dato che doveva studiare sul serio.
Sdraiata al buio della sua camera, con i poster delle stelle e dei pianeti attorno a lei, riflettè su quello che era successo.
All'inizio si domandò se Impala non l'avesse cambiata, ma capì che non era così. Lei era sempre la stessa, la stessa TARDIS. Lui l'aveva solo aiutata a scoprire una nuova parte di se.
Anche Impala era sdraiato nel letto a casa sua e sul cuscino accanto a se, dove TARDIS aveva dormito, c'era il suo diario.
Tutti coscevano quel diario e alcune persone lo avevano anche visto. Non era un segreto, non lo nascondeva. Ma TARDIS era stata l'unica persona con cui ne aveva parlato apertamente.
Perchè come aveva detto lei, erano più simili di quanto pensassero.
La luna di quel pianeta che brucia.

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Capitolo 6
*** Haunted Holmes House ***



TARDIS sentì arrivare Impala, prima ancora che la sua auto fosse visibile dalla finestra della sua stanza. Prima sentì "Highway to Hell" degli AC/DC sparata a tutto volume, poi sentì il rombo del motore, infine l'auto nera e lucente sotto i caldi raggi del sole estivo, parcheggiò davati a casa.
Andò ad aprire di corsa la porta e non appena lui entrò, la accolse con un lungo bacio. Aveva lavorato tutta la mattina e sulla pelle aveva ancora l'odore dell'officina. TARDIS, invece, era stata in Università con il naso fra i libri.
Donna non era in casa e dato che etrambi avevano il pomeriggio libero, avevano deciso di vedersi da lei. TARDIS doveva studiare, ma a lui non importava molto, gli bastava stare in sua compagnia.
L'estate era arrivata di colpo, sorprendendoli con un caldo insopportabile, che li costringeva a vivere all'ombra e a bere litri d'acqua.
"Cazzo che caldo" esclamò Impala riparandosi dentro casa.
Si appese gli occhiali da sole alla maglietta e si sventolò la faccia con il colletto. Aveva le guance arrossate e la fronte sudata.
"Sembra di stare in un forno la fuori" continuò, arrotolandosi i pantaloni fino al ginocchio.
"Se può consolarti sembra di stare in un forno anche qui dentro" ribattè TARDIS incamminandosi verso la sua camera.
"Che cazzo succede qui?" urlò Impala non appena fu entrato.
La stanza era un caos come al solito, ma questa volta c'era qualcosa in più. Sul pavimento davanti al letto erano posati due computer portatili, attorno ai quali erano sparpagliati fogli e libri aperti. Un unico cerchio libero, con una bottiglia di te freddo, era la prova di dove TARDIS fosse seduta.
"Oh nulla" rispose, scavalcando i libri e prendendo posto davanti ai computer "Ho iniziato un nuovo progetto"
"Programmi un'invasione aliena?" chiese sarcastico.
"No" rispose ridendo "Sto calcolando la posizione delle stelle e l'allineamento dei pianeti in determinati momenti del passato"
"Momenti del passato?"
"Si, i cosidetti Punti Fissi"
"Punti Fissi? Preferivo l'invasione aliena" chiese, sempre più confuso.
"Sono determinati avvenimenti che non possono essere cambiati"
"E perchè?"
"Perchè cambierebbe il futuro. Immagina di avere una macchina del tempo e non so, impedire che scoppi la Rivoluzione Francese o salvare Pompei o addirittura non far scoprire l'America a Colombo. Il futuro cambierebbe drasticamente, sono Punti Fissi che non possono cambiare. Capito?"
"Si ho capito" rispose, rimanendo comunque confuso. "Perchè lo fai?" chiese dopo un attimo di silenzio.
"Ehm, ehm" balbettò TARDIS, scrivendo qualcosa su un quaderno "Non lo so"
"Non lo sai?" 
"Non c'è un motivo. Le cose che faccio non devono per forza avere un senso. Era un progetto che volevo iniziare da tempo e mi ha sempre incuriosito. Poi chissà, magari alla fine scoprirò qualcosa di utile"
"Ok, se lo dici tu" concluse Impala. "Vabbè io vado a farmi una doccia veloce, tu divertiti con i tuoi Punti Fermi"
"Fissi" lo corresse.
"Quello che sono" e si chiuse la porta alle spalle.
TARDIS si immerse nel suo progetto, con il suono dolce dell'acqua fresca che scorreva sul corpo di Impala.
Dieci minuti dopo uscì dal bagno, con i pantaloni arrotolati fino alle ginocchia, senza maglietta e con i capelli bagnati.
"Mi domando perchè mi sono fatto la doccia" esclamò scavalcando un libro e sedendosi sul letto dietro a TARDIS "Sono più sudato di prima"
"Si chiama estate" rispose lei senza distogliere lo sguardo dallo schermo del pc, poi allungò la mano e prese la bottiglia di te freddo. "Bevi" disse passandogliela.
Impala bevve a lughi sorsi, poi la riappoggiò sul pavimento e si sporse verso TARDIS.
"Donna dello spazio" sussurrò malizioso accarezzandole la spalla "Hai finito?"
"Impala" rispose, ignorandolo completamete "Mi passeresti quel libro con la copertina rossa?" 
Lui alzò gli occhi al cielo, poi si sporse dal letto e lo prese, infine scivolò giù e si sedette dietro la schiena di TARDIS.
"Grazie" disse aprendolo e sfogliandolo.
Impala le circondò la vita con le braccia, nonostante il caldo e le sussurrò all'orecchio "Perchè non fai una pausa?"
TARDIS questa volta fu costretta a distrarsi. Chiuse il libro e voltando leggermente la testa, guardò Impala. "Dammi un buon motivo" rispose maliziosa.
Impala rispose baciandola, come se non volesse che le sue labbra si allontanassero e la strinse ancora di più a se. TARDIS affondò una mano nei suoi capelli ancora umidi e lo tenne fermo contro le proprie labbra.
"Ti sembra un buon motivo?" le sussurò scostandole i capelli sudati dal collo.
"Si, mi sembra un buon motivo" concordò sfiorandogli la guancia con la punta del naso.
"Facciamo un patto" continuò "Inserisco solo gli ultimi dati e aspetto che finisca di scaricarsi il file" disse indicando il computer, dove una barra, che lentamente diventava verde, segnava 76%.
"Ok. Io che faccio intanto?"
"Ho una camera piena di cose, divertiti" disse, agitando la mano, per poi tornare al suo progetto.
Impala si alzò ridendo e sbuffando al tempo stesso. Iniziò a vagare per la stanza. La scrivania era invasa di libri, persino il mappamondo sembrava soffocare sotto quelle colonne di carta. Si appoggiò al ripiano e guardò la bacheca, dove stavano attaccati con delle piccole calamite post-it e volantini.
Accanto c'era un quadretto con una targa per il "Primo Premio al Concorso di Scienze", una piccola TARDIS di dieci anni, sorrideva nel suo vestito blu.
Di seguito c'era una foto in cui abbracciava John e Donna.  L'ultima foto era stata aggiunta di recente, c'erano lui e TARDIS.
L'avevano scattata a casa sua, lei indossava una maglietta spiegazzata dei Pink Floyd e lo abbracciava sdraiata sul letto. Avevano appena fatto l'amore, ricordò sorridendo.
Si appoggiò alla libreria, che sembrava stesse per crollare sotto il peso dei libri. Lui era convinto di averne tanti, ma si sbagliava.
Erano libri che non avrebbe mai letto. C'erano una quantità industriale di noiosissimi libri storici, trattati, biografie e diari. Ma i peggiori erano altri. I libri di scienze, di fisica, di matematica e di astronomia. Erano enormi tomi da mille e più pagine, vecchi e nuovi, pieni di note a matita scritte nella calligrafia tutta cerchi di TARDIS. Ne prese uno e lo aprì, solo per richiuderlo subito dopo con un brivdo. Scritte microscopiche e numeri, tantissimi numeri.
Alla fine si sedette sul pavimento e osservò una libreria più piccola dell'altra. Un titolo catturò la sua attenzione e lo fece ridere. Si chiamava "Mio padre è un alieno". Lo prese e le pagine si aprirono da sole, per fermarsi in un punto preciso nel mezzo.
Impala si ritrovò a guardare un volantino, uno che conoceva bene, perchè ne aveva uno identico a casa nel suo diario. Era il volantino della "Haunted Holmes House". 
La "Haunted Holmes House" era una vecchia villa risalente alla metà dell'ottocento. Secondo la leggenda Mr. Holmes, il proprietario, una notte aveva brutalmente ucciso a sangue freddo la moglie, i loro tre figli piccoli e i due domestici, per poi impiccarsi nel portico.
La casa, dopo l'orribile fatto, era rimasta disabitata. Nel corso degli anni solo altre due famiglie vi avevano abitato. La prima famiglia era rimasta solo per una settimana, perchè il marito aveva cercato di uccidere la moglie. Quando la polizia aveva interrogato la donna in stato di shock, lei era stata in grado solo di sussurrare due parole "Mr. Holmes".
Da quel giorno tutti ebbero la certezza e la conferma che la casa fosse infestata dagli spiriti di Mr. Holmes e della sua famiglia.
L'ultimo compratore e attuale proprietario, era un ricco imprenditore che sfruttando la fama che aleggiava attorno alla casa, l'aveva comprata e ristrutturata per farne un hotel da brivido.
Impala prese il volantino e lo aprì. Dentro vi trovò la prenotazione per due persone, della durata di una notte.
"TARDIS" chiamò, con la voce che gli tremava.
"96%" si limitò a rispodere.
"TARDIS" continuò lui "Perchè hai una prenotazione per la "Haunted Holmes House"?"
"Cosa?" chiese, alzando per la prima volta gli occhi dai computer.
Non appena vide Impala e quello che aveva in mano, il panico si dipinse sul suo volto.
"No, no, no" urlò scattando in piedi.
Cercò di prendere il foglio ma Impala si rimise in piedi e tenne il volantino in alto sulla testa, fuori dalla sua portata. TARDIS saltò e gli afferrò il braccio, ma lui era troppo alto e forte per lei.
"Impala, dammi quel volatino" disse infine, sconfitta ma senza demordere.
"Prima mi spieghi perchè" disse senza abbassare il braccio.
"Perchè cosa?"
"Perchè hai una prenotazione per la "Haunted Holmes House""
"No, ora dammi quel foglio" disse, allungando la mano.
Scrutò il viso di Impala. Non sembrava arrabbiato, più che altro sembrava divertito.
"TARDIS" continuò lui, alzando un sopracciglio.
"Oh, accidenti" urlò lei "Come hai fatto a trovarlo? Lo avevo nascosto"
"Ti sembrava un buon nascondiglio "Mio padre è un alieno"?"
"Si, non pensavo che qualcuno si sarebbe messo a sfogliarlo"
"Ora mi dici perchè hai questa prenotazione?". La voce si addolcì e abbasso il braccio.
TARDIS prese il volantino e lo appoggiò sulla scrivania, poi fece un respiro profondo e guardò Impala.
"Doveva essere una sorpresa" disse sforzando un sorriso "Tra un paio di settimane facciamo tre mesi e volevo organizzare qualcosa di speciale. Ho trovato il volantino nel tuo diario e ho pensato ti sarebbe piaciuto"
Impala le accarezzò la guancia e la attirò lentamente a se, stringendola fra le braccia e baciandola dolcemente.
"Mi dispiace aver rovinato la sorpresa" disse.
"Prima o poi lo avresti scoperto" ribattè sorridendo "Certo che anche tu, fra tutti i miei libri "Mio padre è un alieno" dovevi prendere?"
"Aveva un titolo buffo e strano" si giustificò "Mi sono incuriosito"
TARDIS scosse la testa e scoppiò a ridere. In quel momento dal computer, provenne un bip. Il file aveva finito di scaricarsi.
Alzò gli occhi verso Impala e gli sussurrò "100%. Ora posso prendermi una pausa"
Lo prese per mano e lo portò lentamente verso il letto, scavalcando i libri e i fogli sparpagliati sul pavimento"
TARDIS si tolse la canottiera e Impala, afferrandola per i fianchi, la sdraiò sul materasso sotto di se. Le lenzuola si appiccicarono alla schiena sudata. Impala le accarezzò il ventre con le labbra, salendo lentamente verso il seno e il collo, con una scia di baci.
"Grazie, Donna dello spazio" le sussurrò "Era da tanto tempo che volevo visitare la casa, ma non ne ho mai avuto l'occasione. Hai realizzato un mio sogno. Grazie"
Nei suoi occhi vi lesse tanta gioia e gratitudine. Si strinse nelle spalle senza sapere cosa dire.
"Ora" continuò lui accarezzandole i fianchi "Sarà meglio che ti ringrazi come si deve"
Poi il caldo opprimente dell'estate, fu l'ultimo dei loro pensieri.


Qualche settimana dopo, Impala passò in macchina a prenderla sotto casa. TARDIS se l'era immaginata diversamente la cosa, quando aveva deciso di prenotare la stanza.
Aveva pensato di invitare Impala a casa per un normalissimo pranzo, per poi inaspettatamente fargli la sorpresa e dirgli che quella sera sarebbero andati alla "Haunted Holmes House".
Ma dato che lui aveva rovinato tutto scoprendolo prima, si era dovuta accontentare di un "Ti passo a prendere alle otto", scritto via messaggio.
Arrivarono alla villa al tramonto.
TARDIS non credeva nei fantasmi, non credeva che la casa fosse stregata. A guardarla le sembrava solo una serie di porte e finestre.
Impala invece, che hai fantasmi ci credeva, guardava quelle porte e quelle finestre come se fossero d'oro.
La villa era stata ristrutturata, ma in maniera tale che sembrasse ugualmente vecchia e trascurata. Vernice bianca alle pareti di legno, agli infissi e alle persiane, ma il tutto accuratamente scrostato. Al tetto mancava qualche tegola e nel giardino crescevano arbusti, appositamente secchi e inquietanti.
A TARDIS sembrò di trovarsi nell'attrazione di un Luna Park. Per Impala, nel cuore dell'oscurità umana.
Camminarono verso una casetta dove si trovava il custode e la reception. Li salutò un uomo basso, con i capelli scuri e un sorriso, che sembrava perenne, sul volto.
"Benvenuti alla "Haunted Holmes House"" esclamò con enfasi "Io sono Gabriel, avete la vostra prenotazione?"
"Certo" rispose TARDIS porgendogli il foglio.
"Perfetto" continuò una volta controllato su un computer e inserito i loro dati "Questa è la chiave della vostra stanza" disse.
Impala la prese, poi lo guardò e gli chiese "Ci sono altri clienti?"
"No, nessuno. Solo voi e ovviamente gli spiriti che la abitano" concluse abbassando il tono della voce e strizzando l'occhio a TARDIS, che sbuffò.
"Non credete ai fantasmi?" le chiese. 
"No, non credo ai fantasmi" rispose con serietà.
"Dovreste"
TARDIS sbuffò ancora e prese la propria borsa, poi con Impala camminarono verso il portico d'ingresso.
L'interno della casa era esattamente come l'esterno. Tutto aveva l'aria vecchia e mal ridotta, come se lo sfarzo si stesse lentamente spegnendo. Ma come l'esterno, tutto era stato architettato da mani esperte. I mobili sembravano vecchi, ma non lo erano. I tavoli e le mensole erano ricoperti di centrini e suppelletili. Alle pareti quadri e vecchie foto ingiallite. La carta da parati e i tappeti erano orrendi.
"E' meraviglioso" esclamò Impala estasiato guardandosi intorno.
TARDIS lo guardò incredula. "Si, meraviglioso" disse cercando di essere il più convincente possibile.
"Ehi, c'è il buffet" disse entrando nel soggiorno.
Lei lo seguì verso un tavolo imbandito di pizzette, tramezzini e bevande. Impala prese un panino e iniziò a mangiarlo guardandosi intorno. TARDIS si accontentò di bere del te freddo.
"Allora quando arrivano i fantasmi?" chiese, cercando di essere il meno sarcastica possibile.
"TARDIS" la rimproverò lui "I fantasmi sono entità tormentate, che vivono su un piano diverso dal nostro. Non compaiono a comando. Non la senti?" chiese infine.
"Cosa?" domandò.
"L'energia che c'è in questa casa" rispose strofinandosi le braccia come se sentisse freddo.
"Io non sento nulla"
Impala sbuffò e si diresse verso una credenza in legno dove, riparati dietro un vetro, stavano una serie di vecchie fotografie in bianco e nero e una serie di brutti soprammobili.
"Di quello che c'era nella casa ai tempi di Mr. Holmes" disse Impala "Non è rimasto quasi nulla. Gli unici oggetti che si sono salvati sono qui. Questo è lui con la sua famiglia" disse indicando una foto. Era in bianco e nero, tutta roviata, ma si riuscivano ugualmete a distinguere i personaggi. 
Una donna dai capelli scuri, vestita di pizzi e fiocchi, sedeva ad una poltrona con in braccio un neonato. Accanto a lei c'erano due bambini più grandi, un maschio e una femmina. Dietro di loro stava in piedi un uomo. Aveva i capelli scuri, un paio di folti basettoni e stava ritto e fiero nel suo completo scuro.
Nella foto non sorrideva nessuno, erano inespressivi, come se fossero finti. Sembrava di guardare una serie di manichini in posa.
"Che famiglia felice" esclamò TARDIS con sarcasmo.
"Questa foto venne scattata quattro mesi prima del massacro" disse, con un tono alquanto lugubre.
"Ah" fu l'unica cosa che fu in grado di dire.
"Vieni" disse all'improvviso prendendola per la mano "Voglio vedere una cosa"
Attraversarono una porta ed entrarono in un piccolo salottino. Impala si fermò davanti alle porte della finestra che dava sul portico. "Qui è dove Mr. Holmes si è suicidato dopo il massacro" disse aprendo la finestra.
L'aria era fresca, tipica delle sere d'estate. Il sole era quasi calato del tutto, rimaneva solo una scia rossiccia oltre le cime degli alberi.
"Guarda" disse Impala, indicado una trave sopra i gradini d'ingresso "Si vedono ancora i segni dove la corda ha inciso il legno sotto il suo peso"
TARDIS guardò ed effettivamente vide i solchi nel legno. Il portico era spoglio e invaso da qualche rametto secco, c'era un dondolo poco distante e alcuni vasi di fiori appesi alle travi. Quando il vento si alzava, cigolavano.
"Alcune persone dicono di averlo visto aggirarsi qui la notte" disse Impala scrutando il prato davati a loro.
"E speri di vederlo anche tu?" chiese.
"Non lo so, credo di si" rispose stringendosi nelle spalle.
TARDIS rise  e scosse la testa. "Perchè non andiamo a vedere la nostra sanza?" propose.
"Ottima idea" concordò.
Rientrarono in casa e tornarono all'ingresso, dove avevano lasciato le borse.  Non appena arrivarono, TARDIS si bloccò, la porta era aperta.
"Impala, ti sei dimenticato di chiudere la porta" lo rimproverò.
"Io l'ho chiusa la porta" rispose.
"E allora perchè è aperta?"
Impala la guardò, poi con un sorrisino maliziosi disse: "Forse sono stati i fantasmi"
"Oh, sta zitto" urlò prendendo la borsa e salendo le scale, che scricchiolavano terribilmente.
"Qual'è la nostra stanza?" chiese accendendo la luce del corridoio. Un corridoio lungo pieno di porte, con quadri alle pareti e la solita orribile carta da parati.
"Quella in fondo" rispose "Ma prima voglio vedere una cosa"
"Cosa?"
"Le stanze dove Mr. Holmes ha ucciso la famiglia"
Aprì la prima delle staze. Al centro c'erano due lettini, mentre in un angolo una culla. Tutto era bianco, dalle pareti, alle lenzuola, alle tende, mentre il pavimento era cosparso di vecchi giocattoli in legno, bambole, trenini e soldatini.
TARDIS guardò la stanza e per la prima volta sentì un brivido correrle lungo la schiena.
Alzò gli occhi e notò una teca, posta sopra alla culla. Dentro c'era un completino bianco da neonato completo di scarpine e cuffia.
"Qui è dove" chiese a fatica "I bambini?"
"Si" rispose "Tutti e tre, nei loro letti mentre dormivano"
"Andiamo via" disse mentre chiudeva la porta "Non mi piace questa stanza"
"Non vuoi vedere le altre?" le chiese titubante.
"Qual'è la prossima?"
"Quella dove ha ucciso la mogllie"
" Ok, vediamola" dissi prendendogli la mano "Tanto io ai fantasmi non ci credo"
Impala aprì la porta. La camera matrimoniale era grande, con un letto a baldacchino circondato da tende bianche. Dalle pareti fissavano severi una serie infinita di ritratti.
"Lei è morta li" disse Impala indicando il letto.
TARDIS esplorò la stanza, guardando la cassettiera di fronte a lei, dove stava un enorme porta gioie.
"Hai presente che a quel tempo era usanza fotografare i morti come se fossero vivi?" le chiese Impala avvicinandosi a lei.
"Si" rispose mentre gli prendeva la mano.
"Con gli Holmes non fu possibile, i loro corpi erano ridotti troppo male"
SBAM
In quel momento una finestra si aprì e andò a sbattere contro il muro. Impala e TARDIS spaventati, arretrarono e urtarono la cassettiera, che fece aprire il portagioie, che si rivelò essere un carillon. La musica iniziò a suonare e la ballerina a girare. TARDIS si portò una mano al cuore che batteva all'impazzata.
"Che cazzo" urlò Impala "Mi sono spaventato"
"Non dirlo a me" disse cercando di controllare il respiro.
Impala camminò verso la finestra e la richiuse, poi chiuse anche il carrillon e il silenzio tornò.
"Ora possiamo andare nella nostra stanza?" chiese lei imboccando il corridoio.
"Si" rispose seguendola.
La loro stanza era una versione più piccola e sobria di quella padronale, anche se aveva lo stesso letto a baldacchino bianco, i quadri alle pareti e i vecchi soprammobili.
"Qui c'e morto qualcuno?" chiese TARDIS posando la borsa su una sedia.
"No, qui nessuno" rispose sedendosi sul letto.
"Allora speriamo che nessun fantasma ci disturbi" disse avviciandosi a lui e circondandogli il collo con le braccia.
"Finalmente soli" disse accarezzandole i fianchi.
TARDIS si chinò a baciarlo, Impala ricambiò perdendosi nelle sue morbide labbra.
"Vado un attimo in bagno e torno, ok?" disse lei riprendendo la borsa.
"Ok" ripose "TARDIS, aspetta un attimo" la fermò poi in tempo per un braccio "Volevo ringraziarti ancora per questo e scusarmi"
"Scusarti? Per cosa?"
"Perchè una casa infestata dove sono morti bambini non è il posto più romantico in cui trascorrere l'anniversario con la propria ragazza"
"Impala, non mi importa del romanticismo. Ho scelto io questo posto perchè a te piace. Ci sei tu e questo mi importa, fantasmi o non fantasmi". Impala la guardò sorridendo e lei ricambiò.
"Ora aspetta qui" disse sfiorandogli le labbra con le dita.
TARDIS andò in bagno, si lavò i denti e cercò di sistemarsi i capelli, poi dalla borsa tirò fuori un completo che aveva comprato proprio per quell'occasione.
Era composto da reggiseno e slip, più un babydoll trasparente. Erano blu notte. Lei non era il tipo di ragazza che indossava quel genere di cose, ma quando gli aveva visti, aveva pensato che ad Impala sarebbero piaciuti, così lo aveva comprato.
Si guardò un'ultima volta allo specchio, poi si voltò e qualcosa alle sue spalle scricchiolò.
Si girò, e vide lo sportello del mobiletto sopra al lavandino, aperto. Lei non lo aveva aperto. Improvvisamente sentì freddo. Scosse la testa e chiuse di scatto l'antina.
"Non esistono i fantasmi" si disse, poi prese coraggio e tornò da Impala come se non fosse successo nulla.
"Ehi, finalmente" disse voltandosi verso di lei e quando la vide "Cazzo" esclamò squadrandola da capo a piedi.
"Ti piace?" gli chiese.
Impala continuò a fissarla senza dire nulla. Poi la prese e la attirò a se, portandola davanti allo specchio sopra al comodino.
Si guardarono entrambi riflessi alla debole luce della lampada. Impala le scostò i capelli dalla spalla e le accarezzò il collo con le labbra.
"Devo tenerti stretta questa sera" sussurrò facendo scorrere la mano sotto il babydoll "Oppure ogni fantasma della zona verrà a cercarti"
TARDIS rise e lasciò che le mani di Impala la accarezzassero e le sue labbra le baciassero le spalle.
"Sai, dicono che Mr. Holmes avesse gusti piuttosto strani" continuò Impala "Dicono che fosse un sadico. Che una volta sua moglie si presentò dal medico con dei segni rossi intorno al collo e ai polsi. Raccontò che suo marito l'aveva legata al letto con delle catene. Chissà se sono ancora da qualche parte, potremmo cercarle e ..."
Le parole rimasero sospese nell'aria, cariche di sottintesi. TARDIS riuscì a sentire solo le sue dita che le accarezzavano il collo e scendevano verso il seno.
Guardò i loro riflessi allo specchio e lo sguardo che Impala le rivolse le fece infiammare le guance e allo stesso tempo, rabbrividire.
Impala si tolse la maglietta e i pantaloni, la sua pelle a contatto con quella di TARDIS era fredda, sembrava che l'intera stanza si fosse raffreddata.
"Il completo è molto sexy" le sussurrò stringendola a se "Tu sei molto sexy, ma senza sei molto meglio". Impala le sfilò il babydoll e le voltò la testa per baciarla.
"Perchè fa così freddo?" gli sussurrò, mentre affondava le dita nei suoi capelli.
"Sono i fantasmi" rispose "Ma ci sono io qui a scaldarti"
La abbracciò tenendola stretta a se. Camminarono verso il letto e Impala la sdraiò tra le lenzuola bianche.
Si chinò sopra di lei e le scostò i capelli dalla schiena, tenendole i polsi sotto di se. Le baciò il tatuaggio tra le spalle, facendo scorrere le labbra lungo la spina dorsale.
Sdraiato sopra di lei Impala le slacciò il reggiseno. TARDIS gli prese la mano e la portò sul proprio seno. Poi tutto quello che sentì fu lui che le toglieva gli slip e la faceva sua.
Fecero l'amore su quel brande letto bianco, con il vento che fuori faceva sbattere un ramo contro il vetro della finestra. In quella grade casa inquietante, dove tante cose brutte erano successe, riuscirono a tirarne fuori qualcosa di bello.


Qualcosa svegliò TARDIS nel cuore della notte. Aprì gli occhi e guardò la stanza buia attorno a se.
Tutto sembrava tranquillo, la stanza era fredda e il vento continuava a sibilare fuori dalle finestre. Impala le dormiva accanto, il suo respiro per un attimo si condensò in una nuvoletta. Stava per sdraiarsi ancora, quando uno scricchiolio la rimise in allarme.
Sembrava provenire dal corridoio ed era continuo. Per un attimo le vennero in mente le scale che, quando erano saliti, avevano scricchiolato.
"Non è niente" si disse "Stai immaginando tutto. Ora torna a dormire". 
Ma lo scricchiolio persisteva.
"Impala" sussurrò toccandogli una spalla "Impala"
Lui aggrottò le sopracciglia e a fatica aprì gli occhi.
"TARDIS" sussurrò "Che c'è?"
"Io ... ehm....." balbettò. Ma Impala capì, perchè anche lui sentì lo scricchiolio provenire dal corridoio.
Si voltò a guardarla e sul suo volto passarono allo stesso tempo, spavento ed eccitazione. Accese la lampada accanto e lentamente scese dal letto, cercò i vestiti e camminò verso la porta.
"Impala" sussurrò TARDIS imitandolo "Che fai?"
"Shush. Voglio vedere"
"Impala, non sono i fantasmi". E in quel mometo la luce tremò, accendendosi e spegnendosi in continuazione.
Si voltarono spaventati e si guardarono intorno. Impala si posò un dito sulle labbra e le prese la mano. Aprì la porta e accese la luce del corridoio. Anche quella si mise a tremare.
"Che cazzo sta succedendo?" chiese TARDIS.
"E' la casa" sussurrò lui.
"Non essere stupido" continuò.
Avanzarono lungo il corridoio verso le scale, con la luce che contiuava a spegnersi e riaccendersi. La mano di Impala era sudata.
Ad un certo punto, quando TARDIS era quasi giunta al primo gradino, si voltò e tra il lampeggiare delle lampadine, vide qualcosa.
Durò un attimo, giusto un battito di ciglia, ma le sembrò che in fondo al corridoio ci fosse qualcuno.
Una sagoma vestita di bianco. Una sagoma che era troppo piccola per essere un adulto, assomigliava di più ad un bambino. Sbattè le palpebre confusa e quando guardò di nuovo, era sparita.
Si aggrappò al braccio di Impala e lo spinse giù per le scale.
"Andiamo fuori" gli disse nervosa.
"Cosa?" le chiese.
"Ho visto qualcosa. Fammi uscire di qui" insistette.
Corsero giù per le scale e spalancarono la porta uscendo dalla casa, sorpresi da una raffica di vento e dalla notte.
Si fermarono, mezzi svestiti, al centro del viale d'ingresso. Con il fiato corto, si guardarono intorno.
Nella notte qualcuno rise.
Si voltarono di colpo, con il cuore che batteva a mille e davanti a loro...
"Dean?" disse Impala confuso "Sam?"
I fratelli Winchester avanzavano verso di loro, senza smettere di ridere.
"Cosa cazzo ci fate qui?" urlò, stringendo a se TARDIS e nascondendola dietro di se, dato che a parte il completino e il babydoll non indossava nulla.
"Piaciuto lo scherzo?" disse Dean con un sorriso sprezzante.
"Cosa?" risposero all'unisono.
"Era uno scherzo" intervenne Sam.
"Cosa era uno scherzo?" continuò Impala.
"Le luci, gli scricchiolii, il freddo" elencò Dean.
"Ma siete impazziti?" urlò Impala scagliandosi contro di lui e afferrandolo per il colletto della camicia a quadri.
"Ehi andiamo, era solo uno scherzo" intervenne Sam separandoli.
"Come...come cazzo avete fatto?"
"Gabriel" disse Dean "E' un amico di Cas, ci ha aiutato lui. E' bastato regolare i condizionatori, giocare con l'impianto elettrico, registrare qualche suono e scricchiolio"
Impala e TARDIS li fissarono sconcertati e increduli, senza sapere cosa dire.
"Complimenti coglioni" gli urlò lui "Avete rovinato un'ottima serata"
"Oh andiamo Baby" disse Dean "Vi siete divertiti ammettetelo"
"Molto maturi" intervenne TARDIS "Bravi. Qualche scricchiolio, un po di luci tremolanti. E per il bambino in corridoio, come avete fatto?"
"Bambino in corridoio?" chiese Sam.
"Quale bambino?" continuò Dean.
"Quello che ...." cercò di dire TARDIS, poi si bloccò.
"Non abbiamo fatto nulla noi"
TARDIS rimase a fissarli, senza sapere se credergli o no.
"Oh andate a quel paese" urlò voltandosi e tornando verso la casa "I fantasmi non esistono"
"TARDIS, aspetta" urlò Impala "Con voi due faccio i conti domani" e la seguì in casa.


Sdraiati entrami nel letto, stretti l'uno all'altro, riflettevano su quello che era appena successo.
La casa era tornata tranquilla. Niente luci tremolanti, aria fredda e scricchiolii.
"Me la pagano quei due" disse Impala accarezzandole la guancia "Stai tranquilla"
"Lasciali stare. Alla fine hanno movimentato un po la serata" 
"Anche troppo" continuò sorridendo "Però non capisco una cosa"
"Cosa?"
"Hai sul serio visto un bambino?"
Stava per rispondere di si, ma cambiò idea.
"No, sarà stata un'allucinazione. Ero suggestionata, con le luci tremolanti e le tue storie sui fantasmi. Ho visto un ombra e l'ho scambiata per un bambino"
"Quindi continui a non credere ai fantasmi?"
"Esatto" rispose, anche se la sua voce le sembrò un poco incerta.
"Sicura?" le chiese.
"Impala, stai zitto" disse, per poi chiudergli la bocca con un bacio.



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Capitolo 7
*** Every rose has its thorn ***


In questo capitolo trovere una canzone, mi piacerebbe tanto che la ascoltaste nella lettura.
Un bacio e buona lettura, artemisia la fee
 


Impala non riuscì a chiudere occhio quella notte. Non era riuscito a dormire neanche quella precedente e quella prima ancora.
Si rigirò sul materasso e cercò di districarsi dal lenzuolo. Faceva un gran caldo e la sua pelle sembrava voler diventare un tutt'uno con il letto.
L'estate era ormai passata, anche se visto il clima, sembrava voler durare ancora.
Ma Impala sapeva che la sua insonnia non era dovuta al caldo. Erano cambiate tante cose durante quei mesi. TARDIS era entrata nella sua vita.
Prima di lei ce n'erano state tante di donne, ma nessuna gli era entrata nel cuore come quella strana ragazza dai capelli blu.
TARDIS lo faceva sentire completo, lo faceva sentire migliore di quanto fosse. Lei era riuscita a tirar fuori una parte di lui che non pensava di avere. Era riuscita a dargli di nuovo speranza, a fargli capire e credere che i suoi sogni potevano ancora essere realizzati e non rimanere per sempre chiusi in un diario.
Si passò una mano sui capelli sudati e poi la fece scorrere sulle labbra. Quel semplice tocco gli fece ricordare quelle di TARDIS che si scioglievano come fuoco liquido sulle sue.
Impala si rigirò ancora nel letto e fissò il soffitto. Ma tutto quello che vedeva erano TARDIS e i suoi occhi blu.
Era stata un'estate memorabile. Non molto diversa da tante altre che aveva vissuto. Era memorabile solo per il fatto che ci fosse lei.
Lui era stato in officina, lei all'Università. Nei week-end andavano in piscina, al parco o semplicemente stavano insieme ad amarsi per ore.
Quando l'Università era finita TARDIS aveva iniziato a dare ripetizioni a studenti più giovani e quando lui aveva avuto una settimana di ferie, erano andati insieme al mare. Ora tutto stava tornando alla normalità.
Si passò ancora la mano tra i capelli sudati e scese dal letto rassegnato. Camminò lentamente verso il bagno e si tolse i pantaloni. Nella semi ocurità, entrò nella doccia e aprì l'acqua. Il getto freddo lo colpì sulla schiena e subito si sentì meglio. 
Appoggiò i palmi delle mani e la fronte contro le piastrelle, le gocce d'acqua gli caddero sugli occhi impedendogli la vista. Chiuse gli occhi e ripensò a TARDIS.
Ripensò a quello che era successo in quella doccia e in quel corridoio. Ripensò alle sue dita e alle sue labbra che cercavano i tatuaggi sparsi per il suo corpo.
La sua pelle si ere fatta fredda e sulle braccia i peli erano dritti. Rabbrividì e chiuse il rubietto. Uscì dalla doccia e si asciugò i capelli, poi si avvolse un asciugamano in vita e camminò verso la cucina.
Bevve del succo d'arancia direttamente dal cartone, poi andò a sdraiarsi sul divano. Alcune gocce caddero ad inzuppare i cuscini.
Accanto a lui, sul tavolino c'era il suo diario. Lo prese e iniziò a sfogliarlo e sfogliarlo e sfogliarlo, perdendosi nei ricordi e nelle sensazioni che gli riportavano alla memoria. Fino a che improvvisamente il sonno lo colse alla sprovvista.
Si svegliò la mattina dopo, ancora sul divano con l'asciugamano intorno alla vita e il cuscino umido sotto la testa. Il diario giaceva sul pavimento accanto a lui.
Si passò una mano sugli occhi e lo raccolse mettendosi a sedere. In quel momento, qualcosa si accese nella sua mente. Dallo sfondo del suo cellulare TARDIS sorrideva. Si alzò e con il sorriso sulle labbra, seppe cosa fare.



TARDIS si svegliò presto quella mattina, per correre in Università. La lezione del giorno le interessava molto e non voleva far tardi.
Il pomeriggio sarebbe stata a casa, doveva studiare e sistemare un sacco di appunti e sapeva bene che l'ordine non era il suo forte.
Mentre entrava in aula, ricevette un messaggio da Impala.
 

"Ti amo, ti amo, ti amo.
Sento che oggi sarà un giorno meraviglioso!!!"

TARDIS lo guardò senza capire il motivo di quel messaggio e si limitò a rispondere con un "Speriamo anche per me"
Impala lavorò in officina tutta la mattina e il pomeriggio, con un sorriso stampato in faccia, cantando e fischiettando.
Bobby gli chiese cosa avesse e lui si limitò a rispondere che era una bella giornata. Quando finì il turno saltò in macchina e guidò dritto fino a casa di TARDIS.
Lei venne ad aprirgli con un fascio di fogli in mano e non fece in tempo a dire nulla, che Impala la prese per il braccio e la portò nella sua stanza.
"Impala ma che fai?" gli chiese mentre lasciava cadere i fogli sul pavimento.
Impala la guardò, con un sorriso che andava da una parte all'altra e gli occhi accesi dall'emozione. Le accarezzò le spalle e la tenne di fronte a se. Si chinò verso di lei e la baciò. 
La baciò con passione, come se fosse la prima volta, come se non volesse lasciarla mai andare.
"Impala. Baby. Vuoi dirmi che succede?" chiese sorridendo imbarazzata da quel bacio inaspettato.
"TARDIS" disse lui prendendole le mani "Ti amo"
"Si, ti amo anche io" rispose, sempre più confusa.
"Sono giorni e giorni che non dormo. Penso solo a te e a quanto mi hai cambiato la vita. Mi sveglio ogni notte, con la tua immagine in testa, e mi metto a sfogliare il mio diario. Penso, penso al mio sogno, penso a tutto quello che mi hai detto e ho capito"
"Capito cosa?"
"Che devo seguirlo, con te. Fai le valigie, partiamo" concluse sempre stringendole le mani.
TARDSI rimase a fissarlo, incredula. Non sapeva cosa dire, poi sentì una risata salirgli alle labbra.
"Impala, sei impazzito?" disse senza riuscire a trattenere le risate.
"No, non sono mai stato più sano di mente come in questo momento"
"Io credo che tu sia impazzito" continuò lei lasciandogli le mani e rimettendosi a sistemare i libri.
"TARDIS, sono serio" ribattè fermandola e costringendola a guardarlo "Ho già fatto le valigie e ho lasciato una lettera a Bobby. Devi solo fare i bagagli e possiamo partire"
"Perchè?" chiese senza riuscire a celare il sarcasmo.
"Perchè ti amo e ho capito che è questo che voglio fare. Partire con te, lasciarmi tutto alle spalle e seguire il mio sogno. Sei tu che mi hai fatto capire quanto fosse importante"
TARDIS non poteva crederci, stava sul serio dicendo la verità. Voleva lasciare tutto e partire così su due piedi, con lei.
"Impala" disse appoggiandogli una mano sulla spalla e tornando seria "Non posso partire con te"
"Certo che puoi" disse senza perdere l'entusiasmo.
"No, non posso" ribattè decisa.
"Perchè?" chiese e questa volta capì che faceva sul serio "Non vuoi venire con me?"
"Mi piacerebbe tanto, ma come faccio? Ho l'Università. Non posso abbandonarla di punto in bianco"
"Tu mi hai detto di seguire il mio sogno. Tu mi hai detto che posso realizzarlo"
"Quelle erano solo belle parole, Impala" disse con un gesto della mano, liquidando la cosa.
"Quindi non credi a tutto quello che mi hai detto?" urlò punto in viso.
"Non ho detto questo" ribattè.
"Anche tu hai un sgno, TARDIS" esclamò.
"Il mio sogno è diverso dal tuo" urlò "A te basta prendere una macchina e mettere in moto. Il mio sogno richiede dedizione, anni di studio e sacrifici"
"Stai dicendo che il tuo sogno è più importate del mio?" urlò anche lui.
"Non mettermi in bocca parole che non ho detto" disse puntandogli il dito contro.
"Non ti facevo così egoista" sbottò.
"Egoista? E io non ti credevo così infantile. Pensavi sul serio che sarei partita con te?"
"Si, lo credevo sul serio" sbraitò disperato.
"Allora forse non mi conosci così bene" urlò.
"Forse hai ragione. Siamo troppo diversi lo abbiamo sempre saputo. Cosa ci fa uno come me con una come te"
"Vorrei saperlo anche io"
Si fronteggiarono, guardandosi l'uno negli occhi dell'altro. Sembrava che tutto l'amore e il calore avessero lasciato la stanza.
"L'ho sempre saputo" sbottò Impala con gli occhi lucidi "Non sei altro che una materialista, che sa dire solo belle parole senza conoscerne il significato. Una pazza, dai capelli blu che vive solo per i suoi libri"
Lo schiaffò arrivò sonoro e inaspettato, colpendo Impala sulla guancia. Lui le fermò il braccio e alzò la mano, come per colpirla a sua volta.
"Fallo" lo esortò "Colpiscimi, se ne hai il coraggio. Infondo è quello che ti riesce meglio. Sei solo un pallone gonfiato che non concluderà mai nulla nella sua vita"
Impala le lasciò il braccio e arretrò.
"Vaffanculo" sibilò.
"Fuori da questa casa" ribattè gelida.
Impala non si mosse, rimase a fissarla.
"Vattene" urlò lei infine.
Impala si voltò e uscì dalla stanza. TARDIS sentì la porta chiudersi con un tonfo. Le gambe le cedettero e nel silenzio della casa, si lasciò cadere sul letto. 
Si massaggiò il braccio dove Impala le aveva lasciato dei segni rossi dove le sue dita avevano stretto. Non poteva credere a quello che era appena successo.
Improvvisamente la vista le si annebbiò e toccandosi le guance si rese conto che stava piangendo. Scacciò una lacrima dalla guancia con rabbia e si alzò in piedi, ma inciampò nei libri sparsi sul pavimento.Gli diede un calciò con rabbia. "Stupido" sussurrò tremando. Si guardò intorno e tutto le ricordò lui.
Uscì di corsa di casa e salì in macchina. Iniziò a guidare senza una meta, andando avanti senza importarle dove fosse diretta e cosa avrebbe fatto. Ogni tanto scacciava una lacrima dalla guancia e urlava, tirando un pugno contro il cruscotto.
Alla fine stremata si fermò in un prato in mezzo al nulla. Si sdraiò sui sedili posteriori e fissò il tettuccio rovinato della sua vecchia macchina blu, con le lacrime che sembravano non voler aver fine.
Accese la radio, perchè quel silenzio la stava per fare impazzire. La stazione era quella preferita di Impala e proprio in quel momento iniziò una canzone: "Every rose has its thorn" dei Poison.
Le note si alzarono calde in quella macchina silenziosa.


"We both lie silently still                                                                                                  "Stiamo entrambi stesi in silenzio e immobili
in the dead of the night                                                                                                                                              nel cuore della notte
Althrough we both lie close together                                                                                                           Sebbene siamo stesi vicini
We feel miles apart inside"                                                                                                      Dentro ci sentiamo lontani delle miglia"



A chilometri di distanza, a bordo della sua auto, Impala guidava. Con le mani strette intorno al volante  e lo sguardo fisso oltre l'orizzonte. Guidava senza una meta, senza obbiettivo. Voleva solo lasciarsi tutto alle spalle.
Accese la radio, la sua stazione preferita e prese la bottiglia di vodka dal sedile accanto al suo.
Iniziò a cantare a squarciagola con il vento che entrava dal finestrino.


"Was it something I said or something                                                                                     "E' stato qualcosa che ho detto o che
I did                                                                                                                                                                                                      ho fatto
Did the words not come out right                                                                                               Le parole non sono uscite fuori bene
Though I tried not to hurt you                                                                                                        Sebbene abbia provato a non ferirti
Though I tried                                                                                                                                                         Sebbene abbia provato
But I guess that's why they say"                                                                                                 Ma penso sia per questo che si dice"



TARDIS si raggomitolò sul sedile e scacciò dalle guance le lacrime, che continuavano a scorrere come un fiume in piena.
Il mondo fuori da quella macchina sembrava un paradiso, eppure dentro di se sentiva solo milioni di spade che le trafiggevano  il cuore.


"Every rose has its thorn                                                                                                                                   Ogni rosa ha le sue spine
Just like every night has its dawn"                                                                                        Proprio come ogni notte ha la sua alba"



Impala sorpassò una macchina e poi un'altra ancora, con il piede premuto sull'accelleratore. Lasciò cadere la bottiglia di vodka vuota e ne prese una di birra dalla confezione.
Si sentiva così stupido e arrabbiato, voleva solo che tutto si annebbiasse e sparisse.Voleva solo che l'immagie di TARDIS sparisse dalla sua mente, perchè faceva troppo male.
Urlò e premette con più forza il piede sull'accelleratore.


"Just like every cowboy sings his sad,                                                                   "Proprio come ogni cowboy canta la sua triste, 
sad song                                                                                                                                                                                  triste canzone
 Every rose has its thorn"                                                                                                                                Ogni rosa ha le sue spine"



Per un attimo, solo per un attimo TARDIS si domandò dove fosse Impala. Si chiese se anche lui si sentisse dilaniato come lei. Era strano come le cose potessero cambiare e distruggersi, in un battito di ciglia.
Si sentì così stupida e in colpa per quello che aveva fatto. Desiderò avere il potere di tornare indietro nel tempo, per cambiare quello che aveva fatto, ma non poteva.
Poteva solo stare rannicchiata sul sedile posteriore della sua auto, con le guance bagnate di lacrime, ad ascoltare una canzone alla radio che sembrava parlare di loro.


"I listen to our favourite song                                                                                                        "Ascolto la nostra canzone preferita
playing on the radio                                                                                                                       che stanno strasmettendo alla radio
Hear the DJ say loves a game                                                                                          Sento il DJ dire che l'amore è un gioco che
of easy come and easy go                                                                                                          facilmente arriva e facilmente finisce
But I wonder does he know                                                                                                                                        Ma mi chiedo se sa
Has he ever felt like this ..."                                                                                                                             Se si è mai sentito così..."



TARDIS spense la radio con rabbia. Non riuscì più ad ascoltarla quella canzone, le portò troppi ricordi alla memoria.
Si sdraiò fissando il cielo e le nuvole fuori dal finestrino. Il suo sogno le sembrò irreale, in quel momento. Tutti i sogni le sembrarono irrealizzabili.
Erano solo esseri umani.
Allungò la mano e prese il cellulare. Impala le sorrideva dallo schermo. Lo spense con rabbia e lo lasciò cadere sul tappetino.
Poco dopo si addormentò.


Qualche ora più tardi si svegliò, con il braccio e il collo indolenziti per aver dormito in quella scomoda posizione. Si domandò cosa ci facesse i macchina nel bel mezzo del nulla. Quado si ricordò il perchè, desiderò non essersi mai svegliata.
Cercò il telefono dal tappetino e lo accese. C'erano dieci chiamate perse di Donna, cinque di John e persino Dean l'aveva chiamata.
La sua amica rispose al primo squillo.
"TARDIS" urlò "Dove sei?"
"Sono al ...." cercò di dire.
"Devi venire subito in ospedale, Impala ha avuto un incidente"
Il telefono le cadde dalle mani e dal sedile continuò a salire la voce di Donna, che la chiamava a gran voce.
 

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Capitolo 8
*** Fix something broken ***



"TARDIS" urlava la voce di Donna dal telefono abbandonato sul sedile "TARDIS!"
Improvvisamente si riscosse e lo afferrò, con le mani che tremavano e lo portò all'orecchio.
"Co ... Cosa?" balbettò.
"Ho detto che Impala ha avuto un incidente. Vieni subito all'ospedale" urlò l'amica al telefono.
"Si, si arrivo" disse chiudendo la chiamata e lanciandosi al volante.
Per tutto il tragitto fino all'ospedale, non riuscì a pensare con lucidità, sbagliando anche un paio di volte la strada.
Nella sua mente i pensieri si affollarono e contorsero, come serpeti in una buca. Non sapeva se Impala stesse bene o male, quanto fosse grave e che tipo di incidente avesse avuto. 
Donna non le aveva detto nulla. Per quel che ne sapeva poteva anche essere in fin di vita e il solo pensiero la fece inorridire.
Si sentì in colpa, per quello che era successo. Se solo non avessero litigato, Impala starebbe ancora bene. Probabilmente sarebbero stati già in viaggio verso mete sconosciute.
Se solo lei non fosse stata così cinica e materialista. Impala aveva ragione, era una persona orribile e questo era il prezzo che stava pagando.
Parcheggiò di fretta davanti all'ospedale, con le ruote sul marciapiede, senza preoccuparsi dell'eventualità di una multa. Corse all'ingresso e prese l'ascensore, quando le porte si aprirono sull'atrio del reparto in cui era ricoverato Impala, la prima cosa che vide furono Dean e Castiel davanti ai distributori automatici.
"Dean, Cas" urlò precipitandosi verso di loro.
"TARDIS" disse Dean voltandosi di scatto.
"Do ... Dov'è?" chiese con voce tremante.
"Lo hanno appena fatto uscire dalla sala operatoria" rispose.
"Come sta?" chiese portadosi una mano alla bocca e sentendosi gli occhi lucidi.
"Non lo sappiamo, stiamo aspettando i medici"
"TARDIS" intervenne Castiel "Forse è meglio che ti siedi. Vieni, di qua ci sono gli altri"
Camminarono lungo il corridoio bianco, fino ad una piccola sala d'attesa, dove seduti su sedie e divanetti c'erano Donna, Sam, Bobby, Helen e Jo. Non appena arrivò, tutti alzarono la testa per fissarla.
"Ciao" balbettò a disagio.
"Ciao?" urlò Donna avvicinadosi "Ciao? Ti sembra questo il modo di fare? Il tuo ragazzo rischia la vita e tu sparisci, per ricomparire dicendo "Ciao"!?"
"Scu...Scusa" balbettò abbassando gli occhi con le lacrime che iniziarono a scorrerle sulle guance.
"Oh, TARDIS" sussurrò Donna, accogliendola poi in un caldo abbraccio.
"E' colpa mia" iniziò a singhiozzare sulla sua spalla "E' solo colpa mia"
"No, no, tesoro tu non c'entri nulla"
"Invece si" urlò allontanandosi.
"TARDIS" intervenne Dean "Io e Donna dobbiamo parlarti"
Tornarono davanti ai distributori automatici e con un te caldo in mano, parlarono.
"Cos'è successo?" le chiese Dean in tono brusco.
"Ehi" lo fermò Donna "Vacci piano raggio di sole, non vedi quanto è scossa?"
"Voglio  solo sapere cosa è successo al mio amico. Conosco Impala da anni, è un poco fuori di testa a volte, ma è un guidatore eccezionale e non si metterebbe mai alla guida ubriaco"
"Ubriaco?" chiese TARDIS sollevando la testa dal suo bicchiere caldo.
"Nella macchina hanno trovato un sacco di bottiglie vuote, birra, vodka, whiskey e altra merda. Si è schiantato sull'asfalto ubriaco fradicio e io voglio sapere perchè"
"E' colpa mia" disse cercando di asciugarsi le lacrime.
"Tesoro, perchè dici questo?" le chiese Donna.
"Imp....Impala, oggi è venuto a trovarmi e abbiamo litigato" iniziò a raccontare "Mi ha proposto di partire con lui, aveva già fatto le valigie e voleva adarsene con me"
"Andare dove?" chiese Donna.
"Ovunque, senza una meta"
"E tu cosa gli hai risposto?" chiese Dean.
"Gli ho detto che è impazzito, che non posso fare una cosa del genere. Lasciare l'Università e tutto, così su due piedi. Abbiamo litigato e ci siamo detti tante cose brutte. L'ho cacciato di casa e poi me ne sono andata anche io, spegnendo il telefono. Per questo, Donna, non sei riuscita a trovarmi. E' tutta colpa mia"
"Figlio di puttana" imprecò Dean sottovoce.
"Non immaginavo che avrebbe fatto qualcosa di così stupido. Se solo ... Se solo...." ma non riuscì a continuare, perchè riprese a piangere sulla spalla di Donna.
Qualche minuto dopo, in fondo al corridoio apparve John Smith, con il camice bianco da dottore e gli occhiali sul naso. Si abbracciarono e comunicò che ora potevano vedere Impala. Tutti concordarono che doveva essere TARDIS la prima a vederlo.
"E' ancora un poco intontito dagli antidolorifici" le disse davanti alla porta della stanza "Ma è in grado di parlare"
"Cosa gli è successo?" chiese temendo la risposta.
"E' uscito fuori strada con la macchina ad una curva" rispose a disagio arruffandosi i capelli "E si è schiantato contro un muretto. L'urto lo ha scagliato fuori dal parabrezza ed è finito metri più avanti. Per fortuna è atterrato su un prato o credo le conseguenze sarebbero state più gravi. Ha picchiato forte la testa, ma per fortuna le lastre non mostrano fratture, anche se dovrà portare il collare per il colpo subito al collo. Ha parecchie abrasioni e tagli, sul viso e sul torso, dovuti sopratutto all'impatto col suolo e ai vetri. Infine ha il braccio sinistro e la gamba destra fratturati"
TARDIS rimase a fissare l'amico, senza trovare nulla da dire. Le sembrava di trovarsi all'interno di un incubo da cui non riusciva a svegliarsi.
"Mi dispiace TARDIS" disse abbracciandola.
"John" sussurrò "Non posso. Non posso vederlo"
"Perchè?"
"Abbiamo litigato, prima dell'incidente. E' colpa mia se è su quel letto. Non vorrà vedermi"
"TARDIS" le disse prendendole il mento "Non lasciarlo solo. Non in un momento come questo. Io e te sappiamo bene cosa vuol dire essere soli e sappiamo quanto fa male. Vai da lui, stagli vicino"
"Grazie, John" singhiozzò abbracciandolo, poi si voltò e aprì la porta.
La stanza era bianca, con quadri dipinti a fiori alle pareti e tende azzurre. Al centro c'era il letto, bianco anch'esso e sotto le lenzuola, Impala. Tutto era immerso nella penombra e nel silenzio, interrotto solo dal lento respirare e dal ticchettio di un macchinario. TARDIS prese coraggio e lentamente si avvicinò.
La fronte era fasciata, la pelle del viso era livida e cosparsa di tagli. Attorno al collo, portava un collare. Il braccio ingessato era appeso con una fascia, mentre la gamba ingessata anch'essa era sospesa con un gancio.
Sentì il cuore stringersi in una morsa.
Lentamente si avvicinò al letto, senza sapere cosa fare. Una parte di lei voleva voltarsi e scappare, un'altra voleva prendergli la mano cosparsa di cerotti e stringerla.
"TA....TARDIS?" disse la flebile voce di Impala, voltandosi leggermente verso di lei.
Per un attimo i loro occhi si incontrarono, quelli blu di lei in quelli cangianti e dorati di lui.
"TARDIS" esclamò Impala, cercando di alzare il tono della voce.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime e si voltò di scatto per tornare verso la porta. "Scusami" sussurrò "Non ce la faccio"
"No" cercò di urlare "Resta".
TARDIS si bloccò, con gli occhi fissi alla maniglia della porta, pieni di lacrime.
"Resta" disse ancora.
Cercò di cacciare via le lacrime e si voltò, tornando verso il letto.
"Siediti" continuò lui.
TARDIS prese una sedia e la avvicinò. Non sapeva cosa dire, se alzava gli occhi vedeva tutte quelle bende e cerotti e faceva male. Ma se alzava ancora di più lo sguardo, incontrava i suoi occhi e quelli erano peggio.
Perchè non l'accusavano, non la odiavano. Erano solo tristi.
"Fuori" disse fissando il lenzuolo "Ci sono tutti. Se vuoi vado a chiamarli, sono ansiosi di vederti"
"Dopo" rispose "Ora voglio te"
"Come stai?" chiese, anche se le sembrò la domanda più stupida da fare.
"Sono vivo" 
"Impala....io...." balbettò ma non riuscì a dire altro.
Riprese a piangere e si odiò talmente tanto per quelle lacrime, che cercò di scacciarle come se le guancie le stessero andando a fuoco.
"Mi dispiace" singhiozzò "Mi dispiace tanto. E' colpa mia, solo colpa mia"
"No" sussurrò Impala cercando di alzare la mano verso di lei "Non è colpa tua. Sono io che ho deciso di ubriacarmi e correre in macchina"
"Ma, ti ho detto tante cose brutte"
"Te ne ho dette anche io. Non dovevo prendere decisioni per te"
"Ti ho riso in faccia, Impala" disse disperata.
Lui non seppe cosa rispondere, perchè quella era una cosa che gli aveva fatto veramete male, forse più di tutte le parole. Voltò la testa e fissò le tende azzurre, che smorzavano la luce del sole.
"Mi dispiace" sussurrò TARDIS.
"Non piangere. Asciugati le lacrime e resta" disse continuando a fissare le tende.
TARDIS abbozzò un sorriso e gli prese la mano. Impala la strinse quel tanto che i cerotti consentirono.
Poi lentamente si alzò e si chinò sopra di lui, con i lunghi capelli che gli sfiorarono il viso. Impala si voltò, proprio nel momento in cui lei gli posò un leggero bacio sulle labbra. Impala ricambiò, per quello che gli permisero le ferite.
"Ci perdoniamo a vicenda, Donna dello Spazio?" le sussurrò.
"Certo, Baby" rispose.
Qualche minuto più tardi arrivarono anche gli altri e quella stanza di ospedale, fino a qualche minuto prima tetra e silenziosa, si animò di voci e di risate.


Impala rimase in ospedale per due settimane. Durante le quali le cose tornarono lentamente alla normalità.
TARDIS restò al suo fianco ogni minuto possibile. Se non lavorava o non era all'Università, stava seduta su una scomoda sedia d'ospedale, fino a quando John non veniva a portarla via.
Impala, si trovò a disagio circondato da tutte quelle cure e attenzioni ma, anche se non lo avrebbe mai ammesso, gli fece piacere vedere TARDIS così premurosa.
Lei, da parte sua, continuò a sentirsi in colpa per quello che era successo, e l'unico modo che trovò per rimediare fu quello di stargli vicino.
Quando alla fine Impala tornò a casa, TARDIS decise che si sarebbe trasferita da lui fino a che non fosse guarito. Impala cercò di protestare, ma lei non accettò un no come risposta.



TARDIS entrò nella camera di Impala con la valigetta del pronto soccorso in mano. Lui era seduto sul letto, con il braccio appeso al collo e la gamba ingessata su una pila di cuscini. Non appena la vide entrare le rivolse uno sguardo pieno di rimorso e scuse, poi tornò a fissare la mano con le nocche sbucciate.
"Mi dispiace" le disse mentre TARDIS si sedeva sul letto accanto a lui. "Ancora" aggiunse.
"Ti avevo detto di non alzarti" lo rimproverò. 
Perchè era quello che era successo. Con la sua testa dura aveva creduto di essere in grado di camminare, invece aveva perso l'equilibrio ed era caduto, riaprendo una ferita alla mano.
"Se ti serve qualcosa chiamami. Non fare l'eroe" gli disse disinfettando la ferita e applicando un cerotto.
"Stai facendo troppo per me" gli disse.
"Non fare lo stupido. Non puoi muoverti e qualcuno deve aiutarti. Qualcuno deve aiutarti a lavarti e andare i bagno, deve prepararti da magiare e pulire la casa"
"Esatto, qualcuno. Non per forza tu. Possono venire Dean o Sam"
"No" disse seria posandogli un dito sulle labbra "Voglio farlo io"
"Perchè? E non dirmi che è perchè ti senti in colpa"
"Perchè ti amo, stai male e voglio starti vicino". Poi gli si avvicinò lentamente, accarezzandogli la guancia e lo baciò dolcemente, premendo sulle sue labbra morbide e sfiorandogli il collo con le dita.
"Promettimi una cosa" gli disse Impala dopo che si furono allontanati "Non stancarti troppo. Non voglio che per colpa mia, tu rimanga indietro con lo studio o che ti faccia venire un esaurimento" concluse con una risata.
"Prometto" 
Si guardarono intensamete negli occhi e si baciarono ancora, questa volta con più passione che dolcezza.
TARDIS gli accarezzò il petto nudo e continuò a baciarlo. Impala le accarezzò la spalla, con la mano ricoperta di cerotti e libera dall'ingessatura.
Lentamente TARDIS, continuando a baciarlo e accarezzandogli i capelli, si spostò sopra di lui. Ma il movimento gli fece cadere la gamba dai cuscini e imprecare dal dolore, per un livido sulle costole.
"Scusami" sussurrò scostandosi e risistemandogli la gamba. "Forse non dovremmo..." disse allotanandosi, ma Impala la fermò predendole il braccio e attirandola di nuovo a se.
"Sei ancora debole" sussurrò.
"TARDIS" disse Impala "Sto bene"
"E se ti faccio male?"
"Sei leggera come una piuma cosa pensi di farmi?"
"Ma, non riesci neanche a muoverti"
"TARDIS" continuò Impala "Ho solo la gamba rotta, tutto il resto funziona" aggiunse ammiccando.
TARDIS scoppiò a ridere e gli si avvicinò di nuovo, con i lunghi capelli blu che accarezzarono le spalle di Impala.
"Sono tutto per te" aggiunse. Poi a TARDIS, venne in mente un'idea.
"Aspetta un attimo" disse baciandolo velocemete "Torno subito"
Uscì dalla stanza e andò in cucina. Sul tavolo c'era un sacchetto della lavanderia, dentro una divisa da poliziotto.
Si tolse la maglietta, rimanendo in intimo, e si mise il cappello blu, con una grande scritta bianca "Police" sul davanti, poi tornò in camera.
Quando Impala la vide, si illuminò e non appena notò il cappello e la scritta esclamò un "Oh" di meraviglia.
TARDIS si avvicinò al letto e cercando di non fargli male si sedette a cavalcioni sulle sue gambe.
"Dove l'hai preso quello?" le chiese indicando il cappello.
"E' di mio padre" rispose "Oggi sono passata in lavanderia a ritirare la divisa"
"E tu la usi per sedurmi. Non ne sarà contento"
"Non deve saperlo" concluse circondandogli il collo con le braccia.
"Sono in arresto?" chiese alzando un sopracciglio. TARDIS rise e annuì, chinandosi su di lui.
Iniziarono a baciarsi, prima lentamente poi con sempre più insistenza, fino a che le labbra sembrarono ardere. Impala le accarezzò la schiena, con i cerotti alle dita che le solleticarono la pelle.
TARDIS scese a baciargli il mento e il collo, infine il petto fin dove la fasciatura che gli sosteneva il braccio permise. Poi si allontanò e si slacciò il reggiseno.
Impala percorse con gli occhi ogni centimetro della sua pelle, desiderandola con occhi ardenti. TARDIS gli prese la mano e la portò sul proprio seno, inclinò la testa all'indietro e lasciò che le dita di Impala giocassero intorno al capezzolo.
Intanto gli accarezzò il ventre e fece scorrere le mani sul tatuaggio della Colt, per poi abbassargli i pantaloni e infilando la mano sotto di essi. Trovò il suo membro e iniziò a massaggiarlo. Impala ansimò appoggiandosi sul cuscino dietro di lui e tolse gli slip a TARDIS, accarezzandole le cosce.
Lo accolse dentro di se, stringendolo al proprio petto e baciadogli le labbra, lasciando che la sua lingua la assaporasse.
Dopo il litigio e le settimane in ospedale, fu ancora più bello del solito.


Le promesse sono difficili da mantenere. Si cerca di portarle a termine, al meglio delle proprie capacità e forze. Ma a volte non si riesce. Gli eventi ci sfuggono di mano, il destino sceglie strade diverse da quelle che avremmo pensato.
TARDIS, per quanto ci avesse provato, non fu in grado di mantenere la propria.
Aveva promesso ad Impala che l'aiutarlo durante la convalescenza, non l'avrebbe ostacolata nello studio o nella vita, che non l'avrebbe stancata.
Non ci era riuscita.
Prima di Impala la sua vita era stata movimentata, ma lineare. Correre avati e indietro per l'Università, trasportare John e Donna da una parte all'altra della città, studiare e perdersi con il naso verso il cielo all'Osservatorio Astronomico.
Ora invece doveva fare i conti con lui, lo amava, ma doveva trovargli posto nella sua routine e ce l'aveva fatta, riusciva a vederlo e continuare lo stesso con i suoi libri, le sue stelle e i suoi pianeti. Ma ora.....
Ora doveva correre a casa sua, sistemargli la casa, aiutarlo in qualsiasi semplice movimento, fargli da mangiare e portarlo dal medico per i controlli. E in tutto questo doveva trovare tempo per quello che già c'era.
Si sentiva in trappola. Si sentiva diversa, come se avesse smarrito se stessa.


Impala si svegliò di colpo, sbattendo gli occhi alla luce che entrava dalla finestra. Si sentiva gli arti intorpiditi e formicolanti, sopratutto quelli imprigionati nel gesso.
Nonostante fossero ormai passate delle settimane dall'incidente, non era ancora riuscito ad abituarsi a quelle posizioni scomode per dormire, alle stampelle e al non potersi muovere.
Gli mancava guidare. Può sembrare strano detto da qualcuno che aveva appena avuto un incidete che gli sarebbe potuto costare la vita. Ma Impala amava la sua auto. Amava sedersi al volante, con la musica ad alto volume e l'aria fresca che entrava dai finestrini. Gli macava l'odore dei sedili di pelle ormai impregnati della pungente fragranza del tabacco. Gli macava sentire il volante stretto intorno alle sue dita e il rombo del motore nelle orecchie. Ma più di ogni altra cosa, gli macava la sensazione di libertà che guidare gli dava.
Appoggiò la testa sul cuscino e fissando il soffitto, ascoltò i rumori di casa.
Sapeva che TARDIS c'era, perchè poco prima di addormentarsi l'aveva vista passare con un cesto pieno di vestiti da lavare.
Ora non si sentiva nulla, se non un suono di sottofondo. Si fece più attento e lo ascoltò per capire cosa fosse e da dove provenisse. Sembrava un lamento, come se qualcuno stesse piangendo. Aggrottò le sopracciglia e si sollevò. Voleva scendere da quel letto, voleva scoprire se fosse TARDIS e se stesse bene.
Si protese per prendere la stampella appoggiata al comodino e si sollevò lentamente con la gamba sana. A fatica riuscì a raggiungere il corridoio e il soggiorno. Si appoggiò contro il muro e guardò la stanza di fronte a se.
TARDIS era seduta sul divano, davanti a se il tavolino era ingombro dei suoi libri e dei quaderni. Sul tavolo della cucina attendeva un cesto pieno di lenzuola da piegare e per terra un secchio peno d'acqua e una scopa.
TARDIS piangeva, con il viso nascosto dalle mani, piangeva.
"TARDIS" sussurrò Impala.
Lei alzò gli occhi di colpo, colta alla sprovvista e non appena lo vide, si alzò di fretta dal divano e cercò di asciugarsi le lacrime.
"Impala" urlò presa dal panico "Cosa ci fai in piedi?"
"TARDIS, perchè piangi?" le chiese.
"Non sto piangendo" si lamentò con un singhiozzo.
"TARDIS, cosa c'è?" disse avanzando verso di lei "Va tutto bene?"
"Benissimo" balbettò aiutandolo a sedersi sul divano.
"TARDIS" insistette lui.
"Ti ho detto che va tutto bene" urlò voltandosi, ma Impala la fermò. "Lasciami" urlò ancora divincolandosi, con le lacrime che rincominciarono a scorrere.
"TARDIS" urlò Impala, questa volta in tono autoritario. Lei lo guardò e cadde accanto a lui sul divano, tornando a nascondere il viso tra le mani.
"E' tutto.....E' tutto sbagliato" singhiozzò "Io non sono così"
"TARDIS" la rassicurò Impala, stringedola in un abbraccio "Va tutto bene. Cosa...Cosa c'è di sbagliato?"
"Io" disse piangendo sul suo petto.
"Tu non hai nulla di sbagliato"
"Invece si" urlò "Oggi avevo un esame, uno importante e ... e me ne sono dimenticata. Ero così presa da ... da te, che me ne sono dimenticata"
"TARDIS" disse con la voce improvvisamente triste, perchè sapeva quanto questo fosse importante per lei e sapere che la colpa era sua ....
"Può capitare a tutti" continuò, cercado di consolarla.
"No, non a me" urlò dura "Io sono quella che a sette anni è andata a scuola per un compito con quaranta di febbre e sai cosa?"
"Cosa?"
"Ho preso il voto più alto dell'intera classe"
"Puoi sempre chiedere al professore se te lo fa ripetere, gli spieghi la situazione e sono certo che capirà"
"L'ho già fatto. Il professor Rassilon ha detto che posso ripeterlo settimana prossima. Ma non è questo il punto"
"E qual'è il punto?"
"Il punto è che questa non sono io, non è da me. Non mi riconosco più"
"Te lo avevo detto che non dovevi lavorare troppo per me, tralasciando te stessa"
"Scusami" sussurrò cercado di arrestare le lacrime.
"Ora basta piangere" le disse "Asciugati le lacrime, che hai tutte le guance sporche di trucco"
"Ecco" sbuffo "Vedi? Io non sono così. Prima di conoscerti non mi truccavo e non indossavo neanche questi scomodissimi reggiseni di pizzo. Questa non sono io"
"TARDIS, non devi fare queste cose per me. Non mi importa. Tu mi piaci comunque, così come sei"
Lei lo guardò e singhiozzò ancora una volta, poi si asciugò una lacrima e si avvicinò per baciarlo. Impala le prese il viso e ricambiò il suo bacio, poi la stinse in un abbraccio. TARDIS si lasciò cullare, e con il suono del suo cuore che batteva e del suo lento respiro, si calmò.
"Vai a casa" le disse.
"E qui chi ti aiuterà?" gli chiese alzando gli occhi.
"Verranno Sam, Dean o Cas, dato che vuole sempre aiutare il prossimo"
"Ma...."
"Nessun ma" disse poggiandole un dito sulle labbra " Vai a casa" continuò facendolo scorrere sulla guancia, portando via le ultime lacrime "Fatti una lunga dormita e preparati per i tuoi esami. Ogni tanto verrai a trovarmi, ci faremo le coccole sul letto e poi tornerai a casa. Non voglio sentirmi in colpa"
TARDIS deglutì e prese un respiro profondo, poi guardò Impala e gli sorrise al meglio che potè.
"Ti amo" le sussurrò lui.
"Ti amo anch'io" rispose.
"Ora vai" la incalzò.
"Ok" disse nervosa alzandosi e raccogliendo le sue cose "Se hai bisogno di aiuto chiamami. Intanto la lavatrice ha quasi finito e in frigorifero c'è qualcosa di già pronto da mangiare se ti viene fame"
"Grazie" le disse dolcemente tenedole la mano.
"Ok allora vado" continuò torcendosi le mani dall'ansia.
"Ciao, scrivimi quando sei a casa"
Si baciarono un'ultima volta, poi TARDIS si voltò e uscì.
Quando arrivò a casa, finalmente si sdraiò sul letto e caddè addormentata nel giro di pochi minuti. 


 

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Capitolo 9
*** The moon of a burning planet ***


Ciao a tutti,
dopo una piccola pausa causa impegni, blocco dello scrittore e altre FF, 
sono tornata, con quello che è il penultimo capitolo!!!
Buona lettura <3

 




TARDIS era sdraiata sul suo letto quella sera, con le gambe sotto le coperte e un libro aperto sulla pancia. Rispetto all'anno prima, faceva ancora freddo, come se l'estate fosse restia ad arrivare.
Un anno, pensò con un misto di dolcezza e malinconia. Era già passato un anno da quando un bel ragazzo alto e tatuato le aveva chiesto il cellulare in prestito. Un anno, ripetè con un sorriso e sprofondando tra le coperte, stringendosi il libro al petto.
E in quell'anno erano successe tante cose. Alcune meno piacevoli delle altre, ma i momenti di gioia erano riusciti a spazzarli via tutti. Quell'anno con Impala era stato magico.
Un anno, ripensò, senza riuscire a credere alle sue parole. Perchè mai si sarebbe immaginata che qualcosa del genere sarebbe mai potuta accadere a lei, la strana e solitaria secchiona dai capelli blu. Eppure Impala era li, nella sua vita, anche se più di una volta aveva rischiato di sparire.
Lui era riuscito a cambiarla. No, non cambiarla, lei era sempre la stessa. Era riuscito a farla riscoprire, portando alla luce lati di lei che non sapeva di avere.
Si voltò ancora sotto le coperte e prese il cellulare dal comodino. Aveva fatto un sonnellino al volo, per la troppa stanchezza. Era sommersa dallo studio fino al collo, come mai prima d'ora. Ancora qualche mese e si sarebbe finalmete laureata. L'ansia l'attanagliava. Quindi ogni volta che riusciva a trovare un po di tempo per riposare o svagarsi, ne approfittava.
Erano le quattro del pomeriggio, Impala sarebbe passato a prenderla verso le sette, per festeggiare il loro  primo anno, aveva ben tre ore per prepararsi.
Non sapeva dove l'avrebbe portata o cosa avrebbero fatto. Sapeva solo che Impala le aveva organizzato una sorpresa, che l'avrebbe lasciata senza parole.
Scese dal letto, lasciando il tepore delle coperte e andò in bagno a farsi la doccia. Quando infine arrivò il momento della scelta dell'abito, rimase a fissare il suo armadio per almeno cinque minuti, senza trovare nulla da mettersi.
Iniziò a rovistare sotto i cumuli di vestiti, buttando tutto all'aria; magliette, pantaloni e gonne e nulla sembrava piacerle. Quando ad un certo punto, cercando tra i vestiti appesi, le dita ne toccarono uno e subito i ricordi riaffiorarono nitidi.
Lo tirò giù dalla gruccia e lo guardò. Era il vestito blu notte che aveva indossato quella sera in cui Impala l'aveva portata all'Harvelle's Roadhouse. Quella stessa sera in cui avevano litigato in mezzo alla strada perchè lui aveva dato inizio ad una rissa. Ma era anche la sera in cui era stata a casa sua e avevano fatto l'amore per la prima volta. TARDIS strinse a se il vestito e si lasciò andare per un attimo ai ricordi.
Allora il corpo di Impala, la sua voce, il suo carattere, gli erano nuovi e sconosciuti, un mondo nuovo tutto da scoprire. Ora lo conosceva perfettamente. Il suo corpo non gli era più estraneo, le sembrava di conoscerlo da sempre.
Lo amava così come si ama l'aria che si respira, come la Terra ama la Luna. Era la Luna di quel pianeta che brucia, lei.
Decise di indossare quel vestito, perchè oltre a piacerle e starle bene, era perfetto per festeggiare il loro primo anno insieme.
Impala arrivò alle sette spaccate, perfettamente puntuale. Era lei quella che arrivava sempre tardi, perchè aveva un pessimo senso dell'orientamento e tendeva a perdersi. Indossava una camicia nera e gli immancabili jeans neri, infilati dentro gli stivali neri, sulle spalle teneva la giacca di pelle.
"Buonasera" disse entrando e salutando distrattamente Donna che guardava la TV sdraiata sul divano.
"Ciao" rispose TARDIS stringendolo in un abbraccio e affondando il viso nel suo petto.
"Buon anniversario" le sussurrò all'orecchio.
"Buon anniversario" ripetè alzando lo sguardo per guardarlo e si perse nell'oro caldo dei suoi occhi. Gli accarezzò il viso, facendo scivolare le dita sulla guancia e salendo verso la fronte, dove una piccola cicatrice era tutto ciò che restava a ricordarle l'incidente in cui Impala aveva quasi perso la vita.
Avvicinarono meccanicamente le labbra l'uno all'altro e si baciarono, a lungo e lentamente. Anche dopo un anno, baciarlo la faceva emozioare.
"Sei pronta?" le chiese con un sorriso.
"Pronta" ribattè, prendendo la giacca dall'appendiabiti del corridoio.
"Ehi, ehi, ehi" la fermò Impala mentre cercava di infilare le braccia nella giacca "Questo vestito lo conosco"
"Te lo ricordi?" chiese stupita.
"Se me lo ricordo?" disse alzando un sopracciglio e avvicinandola a se prendendola per la vita "Mi ricordo ogni istante di quel giorno". TARDIS abbassò gli occhi imbarazzata. Riusciva ancora a farla arrossire.
"Ora sarà meglio che andiamo" disse baciandole la guancia dolcemente.
"Ciao, Donna" urlò finendo  di mettersi la giacca.
"Ciao, Donna" urlò Impala a sua volta.
"Ciao, divertitevi e buon anniversario" urlò dal divano e l'unica cosa che videro fu la sua mano che spuntava da sopra un cuscino.
***

"Non vuoi dirmi dove stiamo andando, vero?" chiese TARDIS guardando Impala, che guidava con lo sguardo fisso davanti a se dietro gli occhiali da sole dalle lenti scure.
"No, è una sorpresa" rispose con un sorrisetto sulle labbra. TARDIS buffò e continuò a guardare il sole, che lentamente colorava di rosso il cielo, dietro le cime degli alberi.
Passarono ancora una decina di minuti, poi improvvisamente Impala si fermò parcheggiando di fronte ad un comunissimo condominio.
TARDIS si voltò a guardarlo interrogativa. Si era aspettata qualcos'altro, non sapeva bene cosa, ma sicuramente qualcosa di più romantico di un comunissimo condominio.
"Siamo arrivati?" chiese dubbiosa.
"Si" rispose lui, sempre con un sorrisetto sulle labbra.
Poi si tolse gli occhiali da sole e prese qualcosa dalla tasca interna della giacca. Ne estrasse un foulard nero, che iniziò a piegare.
"Devo bendarti" le disse alzando il foulard.
"Perchè?" chiese, sempre più sospettosa.
"Perchè è una sospresa" rispose, come se fosse la cosa più ovvia al mondo. TARDIS si voltò e lasciò che Impala la bendasse. Il mondo sprofondò nell'oscurità.
Sentì Impala aprire la portiera e scendere dalla macchina, l'attimo dopo aprì quella dalla sua parte e la aiutò a scendere.
"Ora cammina" le sussurrò all'orecchio "Ti guido io"
"Devo preoccuparmi?" gli chiese, sentendo troppo  nervosismo nella propria voce.
"Solo se non ti fidi di me" rispose baciandole dolcemente la guancia.
TARDIS iniziò a camminare, guidata da Impala che la teneva per la vita. Salì scale e camminò lungo corridoi, sempre nella più totale oscurità. Fino a che non si fermarono.
"Siamo arrivati" annunciò "Ti dico io quando toglierti la benda". TARDIS lo sentì trafficare con delle chiavi e infine udì una porta cigolare ed aprirsi. Lui la spinse gentilmente dentro e richiuse la porta alle loro spalle.
Sentì Impala respirare nervosamente sulla sua spalla, poi le sue dita scivolarono a sciogliere il nodo della benda e TARDIS si ritrovò nello spazio.
Non si ritrovò letteralmente nello spazio, ma ad un primo sguardo le sembrò così.
Con gli occhi colmi di meraviglia, come una bambina davanti alle luci di un albero di Natale, guardò la stanza.
Una stanza grande e dal soffitto alto, immersa nel buio. Ma nonostante le lampadine fossero spente, c'era luce. Perchè per tutto il soffitto e il pavimento, minuscole lucine componeva quella che, lo capì al primo sguardo, era la Via Lattea.
Ma non fu solo quello a stupirla, perchè per tutto il resto della stanza volteggiavano appesi al soffitto i pianeti. Grandi, piccoli, caldi, freddi, la circondavano da ogni lato.
Mentre al centro della stanza, sopra un tavolino apparecchiato attorniato da enormi cuscini, una lampada a forma di sole lo illuminava.
TARDIS fu talmente stupefatta e colpita da tutto ciò, che non fece neanche caso al fatto che i pianeti fossero allineati male e che a qualche costellazione mancava una stella.
Si voltò verso Impala, rimasto in piedi dietro di lei, con gli occhi che le pizzicavano come se fosse vicina alle lacrime da un momento all'altro
"Imp.....Impala" balbettò, sfiorandogli la camicia con le dita, quasi avesse timore di toccarlo per paura che tutto quello fosse solo un sogno e potesse svanire da un momento all'altro.
"Tu....Come?" continuò a balbettare.
"Per la stanza ho chiesto a Bobby. Ha un amico, un certo Crowley, che ha un'agenzia immobiliare e mi ha prestato la stanza che al momento è sfitta. Per tutto il resto, ho chiesto aiuto a Wilfred dell'Osservatorio Astronomico, oltre a Donna e John. Aveva questi pianeti in magazzino e....". Non riuscì a finire la frase che TARDIS si lanciò fra le sue braccia, affondando il viso nel suo petto.
"Ti piace?" le chiese speranzoso.
TARDIS alzò il viso verso di lui. "Se mi piace?" disse, ancora sopraffatta dall'emozione "Impala, è la cosa più bella che abbia mai visto". Lui abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzato, cosa rara per lui.
"Come ti è venuta in mente una cosa simile?" gli chiese.
"Quando tu mi hai portato alla "Haunted Holmes House"" disse stringendola in un abbraccio "Hai realizzato un mio sogno. Così ho pensato. "Perchè non realizzare il suo?". L'unico problema era che non possedevo un'astronave per portarti nello spazio. Mi sono arrovellato il cervello per giorni, per trovare una soluzione. Poi un giorno l'illuminazione e  mi sono detto, "Se non posso portare lei nello spazio,  porterò lo spazio da lei. Perchè non ricrearlo?"" concluse indicando la stanza piena di luci. TARDIS scosse la testa ancora incredula che Impala avesse fatto tutto questo per lei.
"Sono contento che ti piaccia, Donna dello Spazio" sussurrò. Si scambiarono un lungo e dolce bacio, poi Impala la prese per mano e la portò verso il tavolino sotto il sole.
"Hai fame?" le chiese mentre si sedevano sui grandi cuscini.
"Si un po" rispose sistemandosi la gonna, cercando di celare un leggero e immotivato nervosismo.
Il tavolino era apparecchiato con una tovaglia blu, che sembrava luccicare alla luce del sole e delle stelle. Sopra, due grandi vassoi erano coperti e circondati da calici alti ed eleganti. Dentro ad un secchio pieno di ghiaccio, c'erano due bottiglie di vino.
TARDIS guardò tutto quello stupita. Impala non era un tipo romantico e neanche lei. In passato avevano cenato fuori in qualche ristorate elegante o mangiato a lume di candela, ma mai nulla era stato come quello che aveva davanti.
"Vino?" chiese guardandolo "Chi sei tu e che ne hai fatto di Impala?"
Lui si limitò a ridere abbassando la testa, poi prese la prima bottiglia, un vino bianco dall'aria raffinata e iniziò ad aprirla. Il  tappo saltò con uno schiocco e per poco non colpì uno degli anelli di Saturno.
"Sono sempre qui" le disse "Di vini non ci capisco nulla. Io sono un tipo da birra. Questi me li ha consigliati Ellen"
Riempì due calici e gliene porse uno, poi lo sollevò in alto tra di loro. "A noi" esclamò.
"A noi" disse TARDIS imitandolo.
"Ellen me lo ha consigliato  perchè si accompagna alla perfezione con" e dopo una pausa enfatica, sollevò il coperchio di uno  dei vassoi.
"Sushi" urlò lei, che già iniziava ad avere l'acquolina in bocca. Impala scoppiò a ridere.
Mangiarono sushi, bevendo vino, circondati dai pianeti e dalle stelle. TARDIS non poteva essere più felice di così.
Lei e Impala parlarono della loro giornata. Di come TARDIS avesse rischiato di perdersi per i corridoi dell'Università e di come Impala avesse rischiato di fare a pugni con un cliente dell'officina, perchè secondo quest'ultimo il conto era troppo alto. Poi, tra un discorso e l'altro, tra un boccone di sushi e una sorso di vino, finirono sdraiati sui cuscini a parlare di quando si erano conosciuti.
"Pensi mai a cosa sarebbe successo se non ti fossi fermato a chiedermi il cellulare?" gli chiese TARDIS appoggiando la guancia sulla sua spalla.
Impala ci riflettè un attimo, poi escamò "No e non mi importa, l'ho fatto e questo mi basta. Secondo me noi siamo uno di quei punti fermi o fissi, che ti piacciono tanto"
TARDIS lo guardò, con gli occhi spalancati. "Impala, è una cosa dolcissima quella che mi hai detto" disse.
Lui si limitò ad un'alzata di spalle come a dire "Che ci vuoi fare se sono meraviglioso". Poi guardò il suo bicchiere vuoto e la bottiglia vuota, visibilmente deluso.
"Abbiamo finito un'intera bottiglia" esclamò.
"Già" ribattè TARDIS "Ne sento già l'effetto" continuò massaggiandosi la tempia.
"Per fortuna abbiamo l'altra" disse allungandosi verso il tavolo, ma TARDIS lo trattenne per il colletto della camicia e lo attirò a se.
"L'altra lasciamola per dopo" disse fissandolo negli occhi, senza lasciarlo andare.
"Dopo? Dopo cosa?"
"Dopo questo" sussurrò facendo scorrere le dita lungo la sua schiena "La luna di un pianeta che brucia. Fallo ardere" concluse avvicinando le labbra alle sue.
Impala e TARDIS si baciarono, con passione, quasi con disperazione. Le loro labbra danzarono l'una sull'altra, interrompendosi solo per riprendere fiato.
Impala fece scorrere le dita sotto la schiena di lei, facendola inarcare contro il proprio corpo e lentamente tirò giù la cerniera del vestito. Glielo sfilò scendendo con una serie di baci lungo tutto il corpo, dal collo fino alle cosce.
TARDIS gli accarezzò il petto e iniziò a slacciare uno per uno i bottoni della camicia. La lasciò cadere sul pavimento.
Le dita di Impala le accarezzarono il seno e sentì i capezzoli indurirsi  sotto il suo tocco. Ma sentì anche altro di duro. Il membro di Impala premeva contro la sua coscia e desiderò soltanto sentirlo più vicino a lei.
Gli accarezzò i capelli, guardandolo negli occhi come se fosse in grado di leggergli l'anima. Lasciò che le dita scivolassero lungo tutto il suo corpo, sentendo i muscoli reagire al suo passaggio e quando arrivarono al bordo dei pantaloni, li tolse portando con se anche i boxer.
Impala si chinò su di lei e le sfilò gli slip, poi affondò il viso nel suo collo e lo baciò, mordendolo con le labbra. Intando le dita, seguendo le curve del corpo, la accarezzarono tra le gambe.
TARDIS gli circondò la vita con le gambe e lo  tenne stretto a se, mentre scossa dal piacere che gli procurava, chiuse gli occhi e a labbra dischiuse e umide dai baci, piegò la testa all'indietro.
Quando Impala  entrò dentro di lei, spalancò  gli occhi e con il suo corpo che spingeva, le sue labbra che le baciavano il collo, si lasciò andare a  quel turbine di emozioni e si perse in quel mare di stelle e pianeti luminosi che la sovrastavano.

***

"Sei calda" le sussurrò Impala con la mano premuta contro la sua guancia.
"Sono un pianeta che brucia"  ribattè maliziosa. Impala la strinse a se e TARDIS appoggiò la guancia sul suo petto, sentendolo caldo anch'esso.
"Apriamo l'altra bottiglia?" le chiese, lei annuì. Impala la stappò e questa volta rischiò di colpire Venere. Riempì altri due calici e li sollevarono.
"Alla donna migliore che potessi desiderare" disse Impala, sorridendole dolcemente e con gli occhi illuminati dal sole sopra le loro teste.
"All'uomo migliore che potessi desiderare" disse subito dopo TARDIS.
Impala la abbracciò da dietro, circondandole le spalle con le braccia e cullandola, con la sua testa contro il proprio petto.
TARDIS rimase in silenzio, sentendo solo il suo lento respiro e guardò lo spazio fittizio che Impala aveva creato per lei. Guardò lo spazio che sognava di visitare fin da quando era bambina. E quel dubbio, quella paura che aveva sempre avuto, ma che negli ultimi tempi era tornata a farsi risentire, riaffiorò e tra le braccia di Impala gliene parlò.
"E se questo fosse l'unico spazio che mi sarà mai concesso di vedere?" 
"Cosa intendi?" le chiese.
"Ho paura di non farcela, temo che non riuscirò mai a realizzare il mio sogno e che queste siano le uniche stelle e gli unici pianeti a me concessi, mentre quelli lassù non riuscirò mai a vederli. E' un sogno troppo grande, Impala"
"TARDIS" le disse prendendole il mento e costringendola a guardarlo negli occhi "Non dirlo, non pensarlo, non rinunciarci. Sei più grande all'interno, ricordi? Nulla sarà mai troppo grande per te". TARDIS sorrise, rincuorata da quelle parole e lo guardò dal basso accarezzandogli il collo.
"Promettimi che neanche tu ci rinuncerai" gli disse.
"Promesso" rispose.
"Ti amo, Baby" gli sussurrò infine.
"Ti amo,  Donna dello spazio" e la baciò con tutto l'amore che poteva darle.  



 

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Capitolo 10
*** What a wonderful world - Epilogo ***


Ciao a tutti,
eccoci giunti all'ultimo capitolo.
Grazie a chiunque mi ha letto, anche solo una volta.
Buona lettura e alla prossima!!!
P.S. La canzone che si sente alla fine è "What a wonderful world" la versione di Joey Ramone

 




Il sole era alto nel cielo in quella calda giornata estiva e tutti cercavo riparo dai suoi raggi di mezzogiorno. Tutti tranne TARDIS.
TARDIS era scappata, era scappata dalle persone, dai sorrisi e dalle strette di mano. Si era rifugiata lontano da tutti e seduta sulla scalinata d'ingresso dell'Università, fissava le macchine che sfrecciavano di fronte a lei. Quando c'era un attimo di silenzio, riusciva a sentirle, le risate provenienti dal cortile interno dove si era appena conclusa la Cerimonia di Laurea.
Gli invitati erano tutti ben vestiti, con enormi sorrisi stampati in faccia, con freschi cocktail alla frutta in mano, cercando riparo dal sole sotto i gazebo davanti al palco.
TARDIS abbassò lo sguardo su quel pezzo di carta arrotolato che aveva appoggiato sulla gonna blu. Quel pezzo di carta per cui aveva tanto sudato e si era impegnata per anni. Aveva paura a toccarlo, temeva che le mani sudate lo potessero rovinare.
Si voltò verso l'ingresso, con il sole che le picchiava sulla nuca e vide alcuni professori camminare sotto un portico. Si erano tutti congratulati con lei, sopratutto dopo che, essendo la migliore del suo corso, aveva tenuto il discorso d'apertura.
Erano venuti a vederla anche i suoi amici, oltre che la famiglia; Donna, John e anche gli amici di Impala, che ormai considerava anche amici suoi. E ovviamente era venuto anche Impala, sfidando la sua avversione per la scuola e le cerimonie.
Ma dopo un po non ce l'aveva fatta più, schiacciata da quella pressione, ed era scappata e i suoi piedi l'avevano condotto su quella scalinata, dove l'anno prima grazie al caso o al Destino,  aveva incontrato Impala.
Continuò a fissare la sua Laurea, con un misto di orgoglio, paura, insicurezza e malinconia.
Un capitolo della sua vita si era concluso e si domandò che ne sarebbe stato ora di lei. Fin da bambina sapeva cosa avrebbe fatto da grande, ma ora che era grande tutti i dubbi e le paure sul futuro l'assalivano.
Sapeva che avrebbe continuato a studiare, studiare per raggiungere il suo sogno, che mai avrebbe abbandonato. Eppure c'era un pensiero che la fermava e capì quale fosse, quando un ombra si stagliò sopra di lei e la riparò dal sole e  come la prima volta che lo aveva visto si riparò gli occhi dai raggi con la mano.
"Dovevo immginare che ti avrei trovata qui" esordì Impala sedendosi accanto a lei.
"Come mai?" gli chiese.
"Perchè è qui che ci siamo conosciuti"
"Egocentrico, non penso così spesso a te" disse con un sorriso e appoggiando la fronte sulla sua spalla.
Impala rise e le cinse le spalle con un braccio. "In realtà ti stavo cercando e ti ho visto mentre passavo sotto i portici"  disse dopo un attimo di pausa.
"Però hai ragione" disse TARDIS sospirando "Queste scale hanno tanti ricordi, sarà per questo che mi sono ritrovata qui"
Impala rimase a fissarla, intuendo che qualcosa non andava. Le prese il mento con le dita e la baciò delicatamente.
"Cosa c'è che non va?" le sussurrò "Perchè sei scappata?"
TARDIS alzò la testa e guardò gli occhi dorati di Impala, poi il cielo azzurro sopra di lei e sospirò.
"Se non vuoi parlarmene..." tentò di dire Impala, ma lei lo azzittì.
"Io ho sempre saputo cosa avrei fatto nella mia vita, ma adesso non ne sono più sicura"
"Ne abbiamo già parlato" intervenne Impala "Io non riuncio al mio sogno, se tu non rinunci al tuo"
"Non sto dicendo che ci rinuncio, sto dicendo che voglio prendermi una pausa"
"Una pausa?" chiese Impala confuso.
"E' come se io all'età di sei anni mi fossi stampata delle coordinate in testa e fino ad ora non ho fatto altro che viaggiare in quell'unica direzione. Ma è arrivato il momento di cambiare rotta, per un po almeno. Sento che devo girare a destra anche se il navigatore dice sinistra, perchè sento che è quella la strada giusta e non mi importa se finirò in un posto sbagliato, non esistono posti sbagliati, perchè quello sarà il posto giusto dove dovrò essere in quel momento. Voglio viaggiare Impala, voglio viaggiare con te, seguendo l'istinto e non una stupida mappa"
Di colpo  smise di parlare per riprendere fiato. Aveva detto tutto di fretta e senza rifletterci, con l'emozione e la consapevolezza di essere libera.
Guardò Impala, con il fiato corto, il cuore che le batteva forte nel petto, i capelli appiccicati alla fronte dal caldo, ma una nuova luce le illuminava gli occhi.
Lui se ne rese conto e sorridendole le chiese incredulo "Mi stai sul serio chiedendo di partire con te?" 
TARDIS urlò dalla gioia e si lanciò tra le sue braccia baciandolo con passione.
"Lo prendo come un si" disse non appena si furono separati.
TARDIS e Impala tornarono alla festa e lei riprese a sorridere e a stringere la mano a chiunque, accogliendo i complimenti. Ormai si sentiva una persona nuova.
Quando quella sera tornò a casa, incorniciò la Laurea e la appese al muro, poi sfiorò con le dita i suoi libri, il mappamondo e i poster con le costellazioni, ma non gli disse addio, li salutò e basta certa che sarebbe tornata, infine iniziò a fare i bagagli.
Non era un addio, era un arrivederci.

***

La macchina risplendeva nera e lucente sotto i raggi del sole, correndo lungo la strada circondata da campi e alberi. Per fortuna quel giorno tirava un leggero vento rendendo il caldo più sopportabile.
Impala era seduto accanto a lei e tamburellava le dita sul volante, ogni tanto si voltava verso di lei e le sorrideva, così con naturalezza e senza un motivo.
Erano partiti presto, con tutto quello che gli serviva, le valige sul sedile posteriore e il diario di Impala sul cruscotto.
Gli amici e la famiglia per fortuna non avevano avuto nulla da ridire su quella loro folle scelta, anzi al contrario credevano che avrebbe fatto bene ad entrambi.
TARDIS voltò la testa fuori dal finestrino, con l'aria che le scompigliava i capelli blu e guardò il cielo limpido sopra la sua testa, il sole che giocava tra i rami degli alberi e i fiori che crescevano rigogliosi. 
Sempre troppo concentrata a guardare le stelle, si era quasi dimenticata di quanto fosse bella la Terra in cui abitava.
Si chinò verso la radio e mise un CD, cercò e infine trovò la canzone che faceva al caso loro.
Le note si alzarono nell'aria, Impala la guardò e sorrise, poi TARDIS iniziò a cantare.

"I see trees of green, red roses too
I see them bloom  for me and you
And I think to myself, what a wonderful world"


Impala scoppiò a ridere e seguendo il suo esempio, iniziò a cantare a squarciagola.

"I see skies of blue and clouds of white
Bright sunny days, dark secrets nights
And I think to myself, what a wonderful world"


Impala lasciò il volante, guidando solo con una mano e prese quella di TARDIS nella propria.
"Ti amo" urlò, sovrastando la musica e il rombo del motore.
"Ti amo" urlò TARDIS.
La macchina continuò a correre lungo la strada dritta, senza una meta e senza un'obbiettivo.
Quando si erano conosciuti, non avevano fatto a meno di pensare a quanto fossero diversi. Impala era Terra, TARDIS era Cielo. Lui era nero, lei era blu.
Eppure erano stati in grado di trovare qualcosa che gli accumunava, rendendoli più simili di quanto pensassero; il viaggio e la libertà, di essere se stessi e inseguire i propri sogni.

E ciò che fino ad allora era stato solo di nero e blu, 
ora era senza sfumature e distinzioni, 
amalgamato in un solo e unico 
sentimento.

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