1981

di Nuel
(/viewuser.php?uid=442045)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quanto dura la notte [Bellatrix Lestrange] ***
Capitolo 2: *** Un felicissimo giorno [Remus Lupin] ***
Capitolo 3: *** Sogni da trenta denari [Peter Minus] ***



Capitolo 1
*** Quanto dura la notte [Bellatrix Lestrange] ***


Titolo: Quanto dura la notte
Personaggio scelto: Bellatrix Lestrange
Altri personaggi presenti: Mangiamorte (Rodolphus, Rabastan, Barty jr, Lucius e Narcissa)
Coppie presenti: Bellatrix/Rodolphus
Genere: Introspettivo
Rating: Giallo
Introduzione: La notte del 31 Ottobre 1981, Lord Voldemort lascia i suoi Mangiamorte per andare ad uccidere i Potter. Avrebbe dovuto essere una cosa da niente: li avrebbe uccisi e sarebbe tornato a villa Lestrange, dove i suoi accoliti festeggiavano Halloween. 
Il Signore Oscuro, però, non fa ritorno e, mentre trascorrono le ore, l’ansia scava solchi di paura ed incertezza nella mente di Bellatrix, la più devota servitrice di Voldemort.


Quanto dura la notte
 
31 Ottobre

L’aveva sentito come si sentono, a volte, le cose lontane: una sensazione, un tuffo al cuore, un dubbio, ma l’aveva scacciato in quel modo in cui sono brave a farlo le donne.
    Aveva accettato con sopportazione il bacio sulla guancia di Rodolphus e poi era uscita a prendere un po’ d’aria, ad aspettarlo.
    Lui sarebbe tornato presto.
    I Potter, in fondo, non erano un gran che: una patetica sanguesporco ed un traditore del sangue. Non sarebbe stata una profezia oscura a cambiare ciò che erano, a metterlo in pericolo.
Sospirò e si portò una mano al ventre, un nodo di apprensione le stringeva le viscere... e se...
No! 
    Bellatrix era felice ogni volta che il suo mantello la sfiorava. A volte avrebbe voluto non essere sposata, avrebbe voluto... ma non poteva. 
Ogni volta che suo marito l’amava, nel loro talamo, lei chiudeva gli occhi e immaginava. Al sopraggiungere dell’orgasmo doveva mordersi la lingua prima di gemere mio signore.
    A Rodolphus piaceva. 
    Rodolphus non era particolarmente perspicace.
    Non poteva essere niente quella sensazione. 
    Allora perché non tornava?
    Erano passate due ore, ormai; il cielo era punteggiato di stelle e dall’ampia porta finestra che dava sul giardino di villa Lestrange usciva la musica della festa in corso: era Halloween.
I maghi festeggiavano e i Babbani li imitavano coi loro costumi grotteschi, coi loro scherzetti che nulla avevano da spartire con la magia. Irritanti, ecco cos’erano.
    Bellatrix cercava di ingannare il tempo pensando a tutto e a niente. Quanto era passato, intanto? Un’ora? Forse un minuto. L’ansia era più brava di lei nell’arte dell’inganno: dilatava il tempo e ampliava la voce silenziosa della sua incertezza.
    Quando torna? Si chiedeva stropicciandosi le mani, mentre Rodolphus le diceva di rientrare a brindare con gli ospiti.
    « Ancora un momento » rispose senza nemmeno girarsi a guardarlo. Ancora un momento. Brinderemo quando sarà tornato, avrebbe voluto dire, ma nominarlo avrebbe dato voce all’ansia, avrebbe significato che qualcosa fosse accaduto. 
    Una mano delicata le sfiorò il braccio e, per un istante, Bellatrix guardò gli occhi della sorella senza riconoscerla. Attese la frazione di un attimo, trattenendo il fiato, che Narcissa le dicesse che il Signore Oscuro era arrivato e l’attendeva nel salone.
    « Bella, Lucius e io torniamo a casa... sai, non mi piace lasciare troppo a lungo Draco con gli elfi domestici » disse, invece.
    Le palpebre pesanti si sollevarono di colpo nello sgranare degli occhi: parole senza senso, che faticava a comprendere. Draco, suo nipote, il figlio di sua sorella... un bambino della stessa età del figlio dei Potter.
    Serrò le labbra, rifiutandosi ostinatamente di mostrarsi preoccupata e, senza rispondere si girò verso la villa, rientrando per raggiunse Rodolphus, mettendosi al suo fianco, mezzo passo in dietro, anche se avrebbe potuto stargli un passo avanti.
    Lucius Malfoy si stava già accomiatando, le rivolse un cenno cortese e offrì il braccio a Narcissa. Rodolphus le fece il baciamano e scambiò un sorriso affilato col cognato. 
    « I bambini sono una vera scocciatura! » sogghignò Rodolphus, ma Lucius lo guardò con un misto di commiserazione e divertimento che sembrava dire come se non lo sapessi quanto vorresti un erede, mentre sospirava un laconico « Ognuno ha quel che si merita, Lestrange » e stringeva appena il braccio della moglie al fianco, come a sottolineare che lui meritava il meglio.
    Vicino al camino, Rabastan e il giovane Barty reggevano i calici ormai vuoti, conversando amabilmente, mascherando il nervosismo che, di quando in quando, faceva loro volgere lo sguardo attorno, quasi temessero di non accorgersi del ritorno del loro signore.
    Bellatrix scorse rapidamente i volti degli invitati. « Dov’è Severus? » chiese interrompendo l’ennesimo scambio di stoccate maligne tra Rodolphus e Lucius, mentre Narcissa stirava le labbra al colmo della sopportazione, riuscendo a sembrare quasi una bambola dall’aria imbronciata.
    « Se ne è andato poco dopo il nostro signore » le rispose Lucius. « Lo sai com’è: non ama le feste e, senza il Signore Oscuro, ha ritenuto tutti noi indegni della sua compagnia! » rise della propria battuta e Rodolphus lo seguì a ruota, ma Bellatrix si sentì ancora più inquieta. Tornò a guardare verso l’esterno, oltre al porta finestra ora chiusa.
    Pazienta, si disse, Lui tornerà.
    Si sforzò di elargire sorrisi fasulli, incastrata nel ruolo di padrona di casa che la stritolava come un bustino di stecche di balena dalla forma insolita del braccio di suo marito intorno ai fianchi. Se Rodolphus l’avesse ripudiata perché non riusciva a dargli un figlio? Qualche volta si crogiolava nel pensiero di essere di nuovo una Black, nessun marito a cui fingere obbedienza, ma poi?, si chiedeva. Libera di servire il mio Signore, si rispondeva e per qualche istante la mente indugiava sui piccoli segreti oscuri, sulle fiale di sostanze rare e preziose, sugli oggetti dalla sinistra malia che non dà scampo.
    Solo brevi attimi per distrarsi da un’attesa che sembrava non finire. Un sospiro lasciò le labbra dalla piega altera, gli angoli curvati verso il basso, come se disprezzasse tutto e tutti quelli che sfilavano davanti al suo sguardo, il mento regalmente sollevato. Una Black ripudiata e sterile non avrebbe dato alcun lustro al suo signore, così ingoiava il boccone amaro, perché se lui non l’avesse più voluta, poi, non sarebbe rimasto più nulla di lei.
    « Si sta facendo tardi » commentò Barty, dopo aver raggiunto i padroni di casa assieme a Rabastan e la domanda aleggiò inespressa: perché non è ancora tornato?
    « Gli invitati se ne stanno andando » constatò Rabastan, gli occhi che si spostavano rapidamente a destra ed a sinistra, guardingo come un animale braccato, nervoso, come sempre incapace di controllarsi fino in fondo.
    « Sono sicura che sta per arrivare! » sbottò allora, la lingua schioccò come una frusta e Bellatrix desiderò che, come una frusta, potesse sferzarli e lacerare loro la pelle.
    Era tutto, fuorché sicura. Quella sensazione non se ne andava, le stringeva le viscere e la rendeva inquieta. Se non tornasse? Si chiedeva, ma poi si diceva che non c’erano ragioni al mondo che potessero allontanarlo da loro, da lei. Allora perché? Non sapeva darsi risposta. Era così assurdo pensare che qualcuno potesse avergli fatto del male che il sorriso le fiorì sulle labbra, simile ad una bella di notte, che si risveglia solo dopo il crepuscolo.
    Una donna, però, certe cose le sente, una strega anche di più, e il sorriso si allargava sul suo volto come una ferita cosparsa di sale. Non era il tipo di donna che piange, Bellatrix Lestrange, così il suo pianto sfociò in una risata folle e incontrollata, mentre si spostava da una finestra all’altra, scrutando la notte, all’esterno. Non si diceva più che il suo signore sarebbe arrivato, non si diceva più nulla.
    Come una fiera in una gabbia di mattoni e cristallo, che aveva perso la direzione della propria esistenza, percorreva il perimetro della sala, indifferente ai tre uomini rimasti, anche dopo che l’ultimo ospite se ne era andato.
    Quanto dura la notte? Si chiese poi, fermandosi col fiato corto, come se avesse corso.
   Fino all’alba, si sarebbe risposta, in un altro momento, quando ecco che il primo raggio di sole spuntò dietro le sagome scure degli alberi, ad oriente. Rimase a fissarlo, stupita che la notte si fosse conclusa e che, mentre il cielo rischiarava, le tenebre non si sollevassero dal suo cuore, il silenzio perdurasse nella sua mente. 
    Piano, come la ballerina di un carillon, si girò verso i tre uomini che la fissavano, sgomenti, in attesa, e li guardò a propria volta. Non sarebbe stato Rodolphus a fare qualcosa e non poteva aspettarsi che la facesse Rabastan. Barty, poi, era ancora un ragazzo. 
    Sollevò il mento, guardando oltre le loro spalle, e indossò la dignità di una vedova che attende di vedere il feretro prima di sciogliersi in lacrime, mentre, ancora, si dice che la bara è vuota, anche se il terreno le sta già franando sotto i piedi.
    « Io vado a cercarlo! »


 
________________________________________

Note d’Autore:
  1. la Bella di notte è un fiore notturno dal profumo dolce. Era credenza che avesse proprietà afrodisiache, ma, per certo, si sa che i semi sono tossici se ingeriti; sono neri, con superficie rugosa, delle dimensioni di un grano di pepe e provocano dolori addominali, nausea e vomito; a volte sono associati a sintomi neurologici come confusione mentale, delirio, dilatazione delle pupille.  
  2. Questa ff si è classificata prima e si è aggiudicata il Premio Giuria al contest "I mille volti dell'insicurezza", indetto da RosmaryEFP sul forum di EFP
  3. Come sempre, per anticipazioni e chiacchiere, vi aspetto sulla mia pagina FB! ^^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un felicissimo giorno [Remus Lupin] ***


Titolo: Un felicissimo giorno
Personaggio scelto: Remus Lupin
Altri personaggi presenti: Albus Silente
Genere: Introspettivo
Rating: Giallo

Introduzione: Primo Novembre 1981, Remus Lupin riceve la notizia della morte di James e Lily. Silente ritiene siano stati traditi, ma il loro Custode Segreto era Sirius Black, che sembra scomparso... Per Remus diventa fondamentale trovarlo.


Un felicissimo giorno
1 Novembre
 

C’era un rumore, da qualche parte, oltre gli strati di nebbia del sonno, un “tap tap” che esigeva la sua attenzione, ma il sonno era più forte, le coperte erano calde e soffici e Remus Lupin si girò dall’altro lato. La sera prima era andato a letto tardi: era Halloween e maghi e streghe, in altri anni, avrebbero festeggiato degnamente, ma non era un bel periodo. Tirava vento di guerra, la gente spariva, bastava un’ombra lungo la strada a terrorizzarli.
     Anche i Babbani erano presi di mira, ma loro non sapevano cosa stava succedendo. Non avevano idea di chi fosse Lord Voldemort e, qualche volta, Remus Lupin li invidiava. Non c’era mago o strega che non conoscesse qualcuno che era morto o scomparso o che fosse in pericolo. Lui era in pericolo, Sirius Black era in pericolo, James e Lily Potter erano in pericolo. Remus Lupin preferiva di gran lunga continuare a dormire.
     “Tap tap” risuonò ancora. “Tap tap”. Il licantropo borbottò contro il cuscino, sbadigliò e strizzò gli occhi: la stanza era inondata di luce che entrava dai vetri della finestra. Si era dimenticato di chiudere gli scuri, ma era tornato a casa tardi, dopo aver consumato i suoi ultimi galeoni per un piatto di pasticcio della Cornovaglia e della burrobirra. Era giù buio, quando era rincasato. Non era prudente restare fuori dopo il tramonto, ma, al diavolo la prudenza! Aveva pensato per tutta la sera come raggranellare un po’ di soldi, si vergognava di dover chiedere un altro prestito a James, ma il mese era praticamente finito e, quello successivo, avrebbe dovuto pagare l’affitto o andare a vivere sotto un ponte. Avrebbe davvero voluto continuare a dormire.
     Quando fu sufficientemente sveglio da riconoscere il rumore che lo aveva strappato dalla beata incoscienza del sonno, si stiracchiò e guardò verso la finestra: un gufo dall’aria spazientita lo guardava con gli occhi tondi carichi di rimprovero.
     « Arrivo » gli disse mettendosi in piedi e rabbrividendo per l’aria fredda della stanza. Aprì la finestra e fece entrare il gufo che gli elargì un paio di beccate alla mano prima di lasciargli prendere la lettera e andarsene, indignato.
     « Quanta fretta! » borbottò, guardando la busta e sentendo lo stomaco annodarsi. La lasciò cadere sul comodino. Poteva essere importante, anzi, lo era di sicuro, ma non poteva reggere altre brutte notizie prima di una tazza di tè.
     Raggiunse la cucina e mise l’acqua nel bollitore. Il caminetto era spento, ma con un colpo di bacchetta lo accese e ringraziò Merlino per il calore che cominciò subito a diffondersi nella stanza. Ovviamente, aveva dimenticato di chiudere gli scuri anche lì; si avvicinò alla finestra, guardando fuori, verso quel cielo uggioso che sembrava gravare sul mondo, minacciando di schiacciarlo e di porre fine all’umanità intera. C’era qualcosa di strano, però: gufi in pieno giorno.
     Remus si accigliò e spostò lo sguardo più in basso, dove una piccola parte di umanità attirò la sua attenzione: un capannello di uomini e donne dall’aria concitata. Indossavano mantelli dai colori sgargianti e copricapi a punta e bisbigliavano tra loro, mentre qualche Babbano, sull’altro lato della strada, li guardava perplesso. Forse pensava che fossero reduci da una festa protrattasi fino a tarda ora, ma lui sapeva bene che quelli non erano Babbani mascherati e sentì il cuore perdere qualche battito. Si inumidì le labbra e corse in camera a recuperare la lettera contrassegnata da tre lettere: “Pfr”. La aprì, senza prestare attenzione a non rompere la busta e ne trasse la pergamena vergata dalla grafia elegante ed allungata di Albus Silente.
     Lesse l’unica riga senza capirne il senso, anche se aveva letto quello stesso messaggio altre volte, nei mesi precedenti.


 

 

Lily e James non sono più con noi.”



     Non poteva avere senso perché Lily e James erano protetti da un Incanto Fidelius. Il loro Custode Segreto era Sirius... Sirius... Remus tornò a leggere il breve messaggio: non diceva nulla di Sirius Black, quindi non era morto. Remus si rese conto che gli tremavano le mani: cosa poteva essere successo? Poi si avvide di un’altra cosa: la lettera non menzionava Harry, il piccolo Harry, il figlio di James e Lily. No, non poteva essere vero, doveva esserci stato uno sbaglio. Quella lettera doveva essere una specie di scherzo di cattivo gusto.
     Si vestì in fretta e furia, uscendo di casa lasciando la porta aperta, per dirigersi alla più vicina area di smaterializzazione. Il gruppetto di maghi cianciava ancora, appena oltre la ringhiera della sua abitazione e, non appena ebbe aperto il cancelletto, un omuncolo con un grosso naso rosso e le guance cadenti come quelle di un cane gli sorrise allegro. « Felice giorno, giovanotto! Anzi, felicissimo! »
     Remus lo guardò con gli occhi sgranati: non si rendevano conto del pericolo? Cosa festeggiavano?
     L’uomo ridacchiò. « Non ha sentito la novità, giovanotto? Lei-sa-chi se ne è andato! »
     « Cosa? » soffiò Remus, accigliandosi.
     « Ma sì! Ieri notte! Lei-sa-chi è svanito! » l’ometto fece un gesto con le mani, allargando di colpo le dita davanti al volto, imitando l’esplodere di un fuoco d’artificio. « Dicono che abbia attaccato i Potter e sia svanito! »
     « I Potter? » Remus si mostrò subito più interessato e la voce gli uscì alta e stridula.
     « Sì, poveretti! » si intromise una strega alta col mento sfuggente e una quantità di pelle ballonzolante sul collo lungo e sottile come quello di un tacchino. « Pare sia sopravvissuto solo il bambino... »
     « Harry?! » chiese esterrefatto e ansioso il licantropo.
     « Ah! Ecco come si chiama! Harry! Harry Potter! Il Bambino Sopravvissuto! »
     Un piccolo coro di “Evviva Harry Potter” si alzò dal gruppo eterogeneo e chiassoso, mentre Remus tremava dalla testa ai piedi. Corse. Prese a correre come se stesse scappando, raggiungendo il punto di smaterializzazione.
     “Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto” gli ronzava sinistro nella mente. Non sapeva come avesse fatto a non spaccarsi.
     Quando si trovò davanti alla casa sicura che fungeva da sede per l’Ordine della Fenice, si precipitò all’interno, salendo le scale di legno scricchiolante e graffiato fino alla sala buia e polverosa in cui l’Ordine si riuniva e lì si fermò, a corto di fiato. Vide il busto piegato di Albus Silente nella semi oscurità della stanza, teneva la testa dentro il caminetto e impartiva ordini concitati a qualcuno.
     Pochi momenti dopo, il preside di Hogwarts riemerse dalle fiamme verdi e si girò versò di lui. Aveva il viso tirato e stanco. « Oh! Eccoti qui, Remus! » Gli andò vicino, la falcata ampia ed affrettata, e gli mise le mani sulle spalle. « Mi dispiace. Mi dispiace tanto » gli disse con voce bassa, mentre lui scuoteva la testa.
     « Come è possibile? Dov’è Sirius? »
     Gli occhi azzurri del preside si indurirono dietro le lenti a mezzaluna « Lo stiamo cercando » disse con voce grave. « James e Lily sono stati traditi ».
     Il fiato gli si mozzò in gola. « Sirius? » Chiese in un sussurro, facendo un passo in dietro, sottraendosi al contatto di quelle mani che sembravano incapaci di vacillare, e scosse di nuovo la testa. « No! Non è possibile! Sirius non l’avrebbe mai fatto! »
     Lo sguardo del preside si fece compassionevole e stanco. « Dobbiamo trovarlo » disse con tono mesto, improvvisamente gli anni sembravano pesargli.
     « Lo troverò! » disse allora, uscendo di corsa, mentre Silente lo chiamava, ma Remus Lupin voleva trovare Sirius prima che lo facesse qualcun altro. Doveva essere lui a trovarlo: non poteva credere che Sirius li avesse traditi. Non lui!
     Si smaterializzò in fretta e poi lo fece ancora, ancora. Non si aspettava di trovare Sirius a casa sua, ma forse avrebbe potuto trovare qualche traccia che gli suggerisse dove fosse andato, e poi pensò di cercare Peter, ma anche lui sembrava sparito, e poi ancora, ancora. C’erano tanti posti in cui erano stati loro quattro assieme, luoghi che Sirius amava e poi nascondigli, teatri delle loro bravate da ragazzi. C’erano cento, mille posti in cui cercare.
     Remus avrebbe voluto che il tempo si fermasse, che il giorno non volgesse al termine, che ci fosse ancora tempo per trovarlo e avere la certezza che lui non avesse tradito James e Lily.
     Non si era fermato un istante, da quando era fuggito dalla sede dell’Ordine, coi suoi tappeti polverosi e le tende stinte, ed era esausto, ma non era disposto a rinunciare: Sirius non poteva essere scomparso nel nulla e non voleva pensare che l’avesse già trovato qualcun altro.
     Stava scendendo la sera e c’era un solo posto in cui non era ancora andato: Godric’s Hollow. Si era inconsapevolmente tenuto a distanza dal villaggio dove abitavano... dove avevano abitato James e Lily, ma non poteva tergiversare ancora. Quando si decise a materializzarsi sulla strada buia che, dal centro, conduceva verso la periferia, era già l’imbrunire e un venticello freddo soffiava spostando le nuvole in cielo.
     Remus avanzò rimanendo dall’altra parte della strada, sul marciapiede finché non la vide: una villetta simile alle altre, il cancello lasciato aperto, la bassa siepe di ligustro ben potata, l’edera che copriva la facciata, quasi interamente integra, ma che, in quel momento, somigliava ad volto ferito, attraversato da una rete di crepe simili a vene scure. Al primo piano, dove c’era la camera di Harry, si spalancava uno squarcio sui mobili divelti tra i muri frastagliati, i detriti precipitati sull’erba tagliata. Si lasciò scivolare a terra, gli occhi arrossati puntati su una giostrina per la culla miracolosamente rimasta intatta che oscillava silenziosa al vento che si insinuava, senza pietà, nella casa.
     Avevano entrambi l’aria trasandata: lui di uno che non si era riposato un attimo da troppe ore, la casa di un campo di battaglia dove si era consumata la resa dei conti tra due acerrimi nemici. Se non fosse stato che sembravano esattamente quello che erano, Remus ci avrebbe riso sopra, ma non poteva.
     I Babbani non vedevano la casa, così, quei pochi che passavano di lì, occhieggiavano nella sua direzione, prima di passare oltre, evitandolo, forse scambiandolo per un ubriaco che non si reggeva più in piedi, ma a lui non importava: James e Lily non c’erano più e lui non aveva nemmeno chiesto a Silente del piccolo Harry, il bambino sopravvissuto.
     Soltanto Sirius poteva aver rivelato la posizione della casa, per questo non si faceva trovare e lui doveva farsene una ragione: se non era morto, Sirius li aveva traditi.
     C’era stato un tempo, quando Remus era solo un bambino, in cui zanne crudeli gli avevano lacerato la carne, provocandogli un dolore indescrivibile, diffondendo in lui il contagio di un morbo da cui non sarebbe mai guarito. Col passare degli anni, si era rassegnato a vivere in solitudine, ai margini della società, ma poi era successa una cosa senza precedenti: aveva conosciuto James, Sirius e Peter e la sua vita era cambiata.
     In quel momento, davanti a quella casa, la sua vita cambiò di nuovo: altre zanne, invisibili, ma non meno crudeli, dilaniarono la sua anima perché Remus si rese conto, senza possibilità di errore, che quegli anni erano definitivamente finiti e che lui era di nuovo solo.

 

__________________________________

 

Note:

  1.  “Pfr”: Post Fata Resurgo” è il motto della Fenice. L’attribuzione di queste parole all’Ordine della Fenice è mia: immagino che, durante il periodo di massimo potere di Voldemort non fosse facile comunicare nei modi tradizionali (ricordiamo come, durante la seconda ascesa, molti camini fossero controllati), quindi doveva essersi reso necessario l’uso di un sistema di comunicazione che non destasse sospetti.
  2. Ovviamente non Grimmauld Place: Walburga Black, la madre di Sirius, muore nel 1985, quindi quattro anni dopo la scomparsa di Voldemort, la morte dei coniugi Potter e la carcerazione di suo figlio Sirius. La sede del primo Ordine della Fenice doveva, per forza di cose, essere un’altra.
  3. La scomparsa di Sirius è dovuta all’inseguimento di Peter Minus, che si concluderà con l’accusa di omicidio per cui Sirius verrà imprigionato ad Azkaban.
  4. Questa ff si è classificata seconda, aggiudicandosi anche il premio speciale "Pagine perdute" al contest "Pagine perdute" indetto da L@dyRiddle sul forum di EFP.
Come sempre, per anticipazioni e chiacchiere, vi aspetto sulla mia pagina FB! ^^


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sogni da trenta denari [Peter Minus] ***


Titolo: Sogni da trenta denari
Personaggio scelto: Peter Minus
Genere: Introspettivo
Rating: Giallo
Prompt: Potere
Introduzione: Peter Minus ha tradito i suoi migliori amici, vendendo i Potter a Lord Voldemort. La sua scelta, per certi versi incomprensibile, ha radici profonde, nasce da sentimenti corrosivi e da sogni che conducono, ineluttabili, al tradimento.

 
 
Sogni da trenta denari



1 Novembre



Il sole di mezzodì aveva ridotto le ombre sotto i loro piedi e l'unica rana dello stagno gracidava a più non posso le proprie argomentazioni. Nessun altro segno di vita turbava l'immobilità afosa di quel giorno.
    Settembre era appena iniziato, ma si trascinava dietro un Agosto che non voleva passare: un'ondata di caldo eccezionale stava regalando all'Inghilterra qualche giorno di sole extra ed era imbarazzante come le camicie si macchiassero ancora di sudore sotto le ascelle. A Peter Minus pareva di avere un grande riflettore puntato addosso, se ne restava seduto sulla panchina ad ascoltare la rana cercando di non pensare alle ascelle sudate ed ai palmi delle mani umidicci, di non fare nessun rumore, di non muovere nemmeno un muscolo, di diventare invisibile o, meglio ancora, di smettere di esistere.
    In fondo, non era mai esistito veramente, aveva sempre riflesso la luce altrui e, ora che gli era stata offerta un'occasione per diventare qualcuno, esitava. Bramava con tutto se stesso il ruolo del protagonista, si sarebbe accontentato di una piccola avventura, qualcosa di cui poter essere fiero, da raccontare alla sua famiglia e di cui vantarsi con gli amici. Almeno una volta, una soltanto, avrebbe voluto che James, Sirius e Remus lo guardassero con ammirazione, come lui era solito guardare loro.
    Per tutti gli anni di Hogwarts aveva sognato di trovarsi al posto loro, prendere il boccino durante la partita finale del campionato scolastico di Quidditch o vantare di discendere da una illustre e ricca famiglia o, persino, averli tutti attorno, preoccupati, perché era stato male. Ironia della sorte, però, l'unica cosa in cui eccelleva era la sua salute di ferro: non aveva mai preso nemmeno un raffreddore, nemmeno un mal di pancia dopo aver razziato le cucine del castello.
    Era sempre stato così anonimo e così banale, così privo di talento o di fascino che, da quando era finita la scuola, si era chiesto cosa ancora lo legasse ai suoi vecchi compagni.
    Odiava l'idea che loro lo cercassero per una sorta di compassione nei suoi confronti o di abitudine alla sua presenza, che pensassero che, da solo, non potesse fare nulla di buono.
    Odiava che James si fosse sposato con quella Evans e avesse avuto addirittura un figlio: non era più come prima da quando era arrivata lei.
    Odiava il sole che non gli dava una scusa per indossare un mantello pesante e nascondere la pelle bianchiccia delle proprie braccia. Non aveva importanza quanto sole prendesse: non si abbronzava mai, al massimo diventava di un ridicolo rosso aragosta, prima di spellarsi e di tornare a quell'incarnato, anonimo come ogni altro aspetto della sua esistenza.
    Odiava anche, anzi, specialmente, quell'uomo che se ne stava seduto accanto a lui, con gli occhi puntati verso lo stagno, oltre la sua superficie. Guardava lontano ed era perfettamente calmo, a proprio agio, il suo respiro era regolare, la sua veste perfettamente stirata non aveva una macchia di sudore e Peter lo invidiava. Invidiava la sua sicurezza e la sua pazienza, l'eleganza che la sua figura ostentava con naturalezza nonostante vi fosse, in lui, qualcosa di inquietante.
    Peter odiava persino il potere che emanava, con la stessa forza con cui lo desiderava: il potere solitamente attrae chi non ne ha e, così, lo aveva seguito contro ogni logica, come i topi avevano seguito il Pifferaio Magico. Sentiva che, standogli accanto, avrebbe potuto brillare di luce riflessa.
    Rimasero seduti lì, in silenzio, per almeno un'ora, forse anche di più e Peter aveva bisogno di muoversi. Dentro le scarpe, arricciava nervosamente le dita, ma non osava fare altro, sperando che l'uomo, si alzasse e lo lasciasse solo, anziché attendere la sua risposta.
    Sapeva chi era, non glielo aveva nascosto; quando gli aveva chiesto dove fossero i Potter si era presentato come Lord Voldemort e Peter aveva squittito di paura, cadendo all'indietro, il grosso sedere che picchiava a terra e le mani che sprofondavano nel muschio morbido dietro la schiena. L'ammirazione si era trasformata in paura, tanta paura che la bacchetta gli era scivolata tra le dita tozze fino a cadere, che non era riuscito ad alzarsi da terra, che aveva rimpianto la vita che non avrebbe vissuto.
    La morte, tuttavia, non era arrivata quel giorno.
    Quel giorno era arrivata una comprensione nuova, simile ad un paio di occhiali che rende tutto più nitido: Lord Voldemort aveva avuto fiducia in lui parlandogli del suo disegno. Silente, invece, affidava incarichi ad altri e a lui raccomandava di restare accanto alla madre malata; mandava Sirius in missione, e inviava Remus a parlare coi licantropi e, di Remus, avrebbe anche potuto capirlo, ma non capiva perché nascondere James e Lily.
    Ogni giorno si sentiva di qualcuno che era sparito, un cadavere non trovato non era una consolazione: c'era di peggio della morte. A volte, la vita era peggio della morte...
    Sembrava che tutti fossero sacrificabili, tranne i suoi pupilli e quel loro bambino.
    Lui di certo lo era, ma, peggio ancora, era così insignificante che nemmeno la sua morte avrebbe avuto senso. Per questo Silente non gli affidava alcun incarico: non gli serviva la sua vita; non gli serviva la sua morte.
    La misura della delusione di Peter era colma.
    Il desiderio di rivalsa si era accumulato fino a diventare quella montagna che, proverbialmente, partorisce un topolino.    
    Lui era un topo, aveva desideri da topo e paure da topo.
    «Si nascondono a Godric's Hollow» aveva detto allora, raccogliendo quel po' di coraggio che aveva fatto di lui un Grifondoro, tutta la dignità che poteva tirare fuori al cospetto del nemico a cui si era venduto e sfruttò quel piccolo potere che era solo suo, la sola conoscenza che all'altro servisse.
    Lord Voldemort aveva annuito e l'aveva guardato. «Sapevo di potermi fidare di te» gli aveva detto, riempiendo il suo cuore d'orgoglio.
    Ogni elemento della sua vita era andato in quel momento al posto giusto, aveva visto le cose in una prospettiva diversa: Silente era un intrigante, mentre la visione del mondo del Signore Oscuro era ordinata secondo rigidi e chiari schemi. Il suo padrone aveva il potere per compiere quella visione, per renderla reale, e, attraverso le sue parole ispirate, Peter sentiva che quel mondo stava già nascendo, anche grazie a lui.
    Quando il nuovo mondo fosse sorto sulle ceneri di quello vecchio e caotico, anche gli altri avrebbero capito, persino Silente avrebbe lodato la sua lungimiranza.
    Aveva atteso pazientemente, Settembre, Ottobre… fino a quella notte di esplosioni e pianti, case sventrate e Babbani caduti, fino a quando Sirius l'aveva scovato e inseguito e aveva duellato con lui.


 
Boom!
 

Finiva così, con uno scoppio, un piccolo sacrificio e una corsa a rompicollo dentro uno scarico a bordo strada, prima che arrivassero gli Auror, prima che Sirius potesse inseguirlo ancora. S'era fatta notte mentre scappava, una brezza leggera spostava le nuvole in cielo, oscurando a tratti la luna, ma nelle fogne non aveva importanza che fosse notte oppure giorno. Nelle fogne tutto è buio, silenzio e tanfo, fino a quando non ti abitui: allora puoi scorgere l'ombra delle tue paure contro la parete delle tenebre e puoi sentire il bisbiglio di chi parla alle tue spalle. Puoi sentire la puzza del tradimento.
    Nelle tenebre, i mostri non portano maschere. Finalmente era tutto chiaro.
    Era caduto nel momento in cui avrebbe dovuto sorgere, nel momento del trionfo aveva trovato la sconfitta e Peter, che delle sue parole si era abbeverato, che nel suo disegno aveva creduto, scappava braccato. L'orgoglio bruciava più ancora della ferita alla mano: un dito era ben poca cosa, un sacrificio accettabile, un'unghia mangiucchiata e tre falangi di cui avrebbe potuto fare a meno.
    Del potere che aveva accarezzato, invece, era più difficile fare a meno.
    I desideri hanno il brutto vizio di accumularsi.
    Le delusioni pure.
    Peter era stato pieno di sogni, allora, sotto il sole di un Settembre che si fingeva Agosto, sogni che adesso avevano la consistenza del fango tra cui si muoveva rapido e che spazzava con la coda spessa e liscia.
    La vita è questo, in fondo: una scheggia di luce che finisce nella notte, e nella notte non servono maschere perché il buio nasconde i volti.
    Peter tendette le orecchie vibranti a captare ogni suono, ogni mormorio di topo per inseguire i suoi sogni, perché nel buio vedeva bene, meglio che alla luce, e sapeva che, prima o poi, lui sarebbe tornato.


 
_______________________



Note:
- "La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte." - Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte, 1932
- Questa ff si è classificata settima al contest "Come to the Dark Side... Second Edition!" indetto da Elisaherm sul forum di EFP.

Spero che la storia vi sia piaciuta: è la prima volta che uso Codaliscia e il caldo non è stato d'aiuto per scrivere questo missing momenti. In più Lord Voldemort non ha voluto collaborare, offeso, probabilmente, dal ruolo di semplice comparsa.
In questo periodo non sono per nulla soddisfatta di quello che sto scrivendo, quindi, fatemi sapere se farei meglio a prendermi una vacanza! >.<
Potete farlo qui, tramite i commenti, oppure sulla mia pagina FB!
A presto! ^^

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3044158