L'ultima corrida

di MissKiddo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una famiglia alle strette ***
Capitolo 2: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 3: *** Torero non esagerare ***
Capitolo 4: *** Torero nel cuore ***
Capitolo 5: *** È giunto il momento ***
Capitolo 6: *** Le tue bugie ***
Capitolo 7: *** Dimmi di si ***
Capitolo 8: *** Non farmi male ***
Capitolo 9: *** Io ci sono, e tu? ***
Capitolo 10: *** C'è qualcosa nell'aria ***
Capitolo 11: *** Andrà tutto bene ***
Capitolo 12: *** Sorprese inaspettate ***
Capitolo 13: *** La gelosia e vecchi rancori ***
Capitolo 14: *** Incertezza ***
Capitolo 15: *** Matrimonio annullato ***
Capitolo 16: *** Dimmi che non vuoi morire ***
Capitolo 17: *** Matrimonio ***



Capitolo 1
*** Una famiglia alle strette ***


Capitolo 1

Famiglia alle strette

 

L'aria era fresca, l'autunno stava arrivando facendo appassire lentamente la vegetazione che, fino a pochi mesi prima, era rigogliosa. Le foglie ormai secche venivano trasportate dal vento lungo le strade. Era ancora buio, il sole non era sorto. In lontananza si potevano udire i passi delle persone mattiniere che andavano a fare jogging per tenersi in forma.
Isabel, a differenza di quelle persone, era ancora sotto le coperte, il tepore era dolce e confortevole. I capelli biondi erano legati malamente ed erano l'unica parte del suo corpo scoperta. La sua camera era in disordine, come al solito. L'armadio era aperto e si potevano intravedere i vestiti ripiegati alla bell'e meglio. La scrivania era ricoperta di ombretti, rossetti e altri oggetti che le servivano per truccarsi.
Quando compì vent'anni decise che sarebbe andata via di casa, lo desiderò con passione quando spense le candeline. Data la sua testardaggine dopo due mesi fece avverare il suo desiderio e andò ad abitare nel piccolo appartamento in cui stava dormendo. Ormai viveva lì da due anni e non poteva desiderare di meglio, aveva la sua indipendenza, il suo lavoro, che non le fruttava molto, ma almeno non doveva chiedere i soldi ai suoi genitori.
Stava ancora dormendo profondamente quando qualcosa balzò sul suo letto e iniziò a miagolare insistentemente. Aprì un occhio e vide che era Dalì, il suo gatto color fuliggine. Dalì la fissava con i suoi occhi luminosi, aveva sicuramente fame.
«Dalì, non potresti mangiare più tardi questa mattina? Lo sai che il sabato sera lavoro fino a tardi al pub» disse Isabel mentre si rannicchiava sotto al piumone con la voce ancora impastata per il sonno. L'altro si limitò a miagolare di nuovo, Dalì non accettava proteste, aveva fame e voleva il suo cibo, subito. Isabel si alzò per metà rimanendo seduta sul letto, fissò Dalì per alcuni secondi, lui sostenne il suo sguardo facendole capire che non avrebbe smesso di miagolare finché la sua ciotola non fosse stata riempita dai croccantini che amava tanta.
«E va bene, va bene, andiamo a prendere la tua pappa» disse infine Isabel alzando le braccia al cielo.
Una volta arrivati in cucina il cibo per gatti fu messo in una piccola ciotola. Dalì mangiò con voracità mentre la sua padrona l'accarezzava distrattamente sulla testa. Isabel sbadigliò mentre si preparava del caffè forte, erano appena le sei e mezza e lei era tornata dal pub alle quattro del mattino. Aprì la credenza e osservò le tazze che vi erano esposte, ne aveva almeno trenta. Le tazze erano una delle sue più grandi passioni. Le collezionava da quando aveva dieci anni, ma il resto della sua collezione era rimasta nella casa dove era cresciuta. Per quella mattina ne scelse una a forma di cupcake e la riempì di liquido scuro. Andò nel piccolo salotto e si sedette sul divano gustandosi il caffè. Chiuse gli occhi ascoltando i rumori che provenivano dalla strada, ricordò che era domenica e una smorfia le si dipinse sul viso. La domenica, in Spagna, si svolgeva la corrida. Anche quando era piccola non riusciva a capire come potesse piacere un gioco del genere, vedere morire un povero toro indifeso la faceva inorridire. E adesso che era cresciuta continuava a pensare che non doveva esistere un tale massacro insensato. Ma la cosa che le faceva più male era che suo padre, Diego Sanchez Torrès, fosse il torero più famoso di Spagna. Lei che odiava così tanto la corrida proveniva da una famiglia che per generazioni aveva ucciso tori. Si vergognava delle sue origini. E proprio per questo motivo aveva sempre avuto rapporti difficili con i suoi genitori, ogni domenica litigava con suo padre e lo supplicava di non andare, di lasciare quel lavoro così orrendo. Ma ovviamente non successe mai, e questo causò il lento allontanamento di padre e figlia. Sospirò e continuò a bere il caffè ma lo squillo del telefono la fece sobbalzare. Prese la cornetta e si chiese chi potesse mai essere a quell'ora del mattino.
«Si?»
«Isabel, sono la mamma. Scusa se ti ho svegliato» Amanda era calma, non chiamava sua figlia da quasi due mesi dopo l'ennesimo litigio.
«Ciao, mamma. Non preoccuparti ero già sveglia, Dalì voleva mangiare»
«Hai fatto di nuovo le ore piccole al pub? Lo sai che per te vorrei di meglio, non mi piace il posto in cui lavori» Isabel alzò gli occhi al cielo, aveva sentito quelle parole almeno un milione di volte.
«Lo so, e so anche che con i vostri soldi sporchi di sangue vorreste di meglio per me, ma preferisco guadagnare soldi puliti»
«Tuo padre fa un lavoro onesto. Lo dici come se uccidesse persone, o spacciasse droga» Amanda capì che se non si fosse calmata la chiamata sarebbe degenerata in una nuova litigata. Anche Isabel lo pensò, decise di cambiare discorso.
«Come mai mi hai chiamata?»
«Vorrei invitarti per pranzo, cosa ne dici?» le sembrò strano quell'invito ma accettò lo stesso, in fondo voleva bene ad entrambi i suoi genitori. Non le avevano mai fatto mancare niente, e le avevano sempre dimostrato grande affetto, anche se non condivideva le loro idee.
«Ci vediamo più tardi» rispose infine. Si salutarono e chiuse la chiamata. Dalì saltò sul divano, la ciotola era ormai vuota.
«Sentito? Sono stata invitata a pranzo nella magione Sanchez Torrès, che fortuna!» esclamò ironicamente Isabel mentre accarezzava il micio.

 

Il pub dove lavorava Isabel si chiamava “Cerveza pub”. Dopo la telefonata di sua madre si era lavata e vestita in fretta e aveva deciso di passare al pub. Parcheggiò la sua piccola auto poco lontano e corse verso la porta sul retro. Iago, il proprietario, stava lavando per terra. La sala era completamente vuota e le sedie erano state disposte sopra ai tavoli.
«Sei un capo efficiente!» esclamò Isabel. Iago alzò lo sguardo e sorrise, i lunghi capelli castani gli caddero sulla viso e con un soffio li fece tornare al loro posto.
«Magari avessi una barista efficiente quanto me»
«Ehi, io sono la migliore» Isabel si sedette sul bancone del bar fissandolo. Osservava le braccia muscolose lavorare lentamente.
Si erano conosciuti due anni prima, lei era in cerca di lavoro e dopo l'ennesimo buco nell'acqua aveva incontrato lui. Probabilmente l'aveva assunta solo per il suo aspetto fisico dato che, per un lungo periodo, lui le aveva manifestato il suo interesse. Ma dopo aver rifiutato molte volte di uscire con lui erano diventati buoni amici, e forse, adesso si pentiva di aver rifiutato i suoi inviti.
«Cosa ci fai sveglia a quest'ora chica?» chiese infine Iago.
«Dalì mi ha svegliata all'alba, forse avrei dovuto prendere un criceto, che dici? Ma comunque non è l'unica cosa che è successa. Mia madre, la signora Sanchez Torrès mi ha invitata per pranzo!» Iago fischiò e si fermò posando il suo sguardo su di lei.
«E non sei felice? Io mi chiedo come tu possa vivere in quello schifo di appartamento e lavorare in questo schifo di pub quando potresti avere tutto quello che vuoi con tutti i soldi che hanno i tuoi»
«Il mio appartamento potrà anche fare schifo, ma il pub... no. E lo sai. Comunque abbiamo affrontato questo discorso molte volte, non voglio essere comprata. Mio padre ha tutti quei soldi perchè uccide»
«Isa, non esagerare. Uccide tori non bambini innocenti»
«Più o meno è la stessa cosa» rispose lei con un gesto della mano. Iago scosse la testa, era inutile discutere con lei se si trattava dei suoi genitori.
«Ci vediamo stasera. Adesso devo andare, mi aspetta una bella giornata»
«Portami quelle cose che mangiano i ricchi» urlò lui vedendola andare via.
«Ti porterò una fetta di torta»
«Sei la chica migliore!»

 

Ogni volta che Isabel tornava nella casa in cui era cresciuta si stupiva di quanto fosse grande. Arrivò davanti al cancello dove qualcuno dietro ad un citofono con telecamera gracchiò qualcosa. Dopo pochi secondi il cancello si aprì lasciandola passare.
«Non sia mai che io sia una terrorista» disse sorridendo.
La strada saliva sulla collina dove vi era situata la villa. Ai lati si estendeva il giardino dove da piccola amava giocare. In cima alla collina lasciò la macchina davanti alla porta principale. Scese con calma ed osservò l'enorme fontana in cui da bambina vi era caduta. Ogni cosa in quel posto le riportava alla mente la sua infanzia, e ciò non le dispiaceva. La casa era ancora tutta bianca, e per i suoi gusti era ancora troppo appariscente. Se ne stava ferma ad osservare la finestra della sua vecchia camera quando la porta si aprì. Amanda era ancora una bella donna, non dimostrava affatto i suoi quarantotto anni. I lunghi capelli biondi, che Isabel aveva ereditato, erano legati in uno chignon perfetto. Indossava un completo totalmente bianco, sul collo portava un foulard, anch'esso bianco, che il vento faceva fluttuare nell'aria. Sugli occhi aveva dei grandi occhiali scuri. Tipico di mia madre.
«Isa! Cosa fai lì impalata vieni qui» disse Amanda abbracciando sua figlia.
«Buongiorno, mamma. Ti trovo in ottima forma, come sempre. Vedo che non hai cambiato i gusti, sempre troppo pacchiani» rispose Isabel sorridendo.
«Avanti, smettila di dire sciocchezze, mia cara. Entriamo, Consuelo ci ha preparato tante cose buone» le due entrarono. L'ingresso era luminoso e vi era un gradevole profumo floreale, probabilmente era gli stessi fiori del giardino. Andarono nella sala da pranzo, la tavola era apparecchiata minuziosamente. Consuelo entrò nella sala portando un vassoio pieno di tramezzini, Isabel le sorrise. Faceva la donna di servizio per i Torrès da almeno vent'anni.
«Signorina Isabel, che piacere vederla» disse baciandola sulla fronte, un gesto che faceva sempre quando lei era piccola. Isabel stava per rispondere quando suo padre entrò nella stanza. Non era molto alto ma emanava la sua autorità da tutti i pori. I capelli erano ormai brizzolati ma i suoi occhi verdi, gli stessi occhi verdi che aveva la figlia, erano luminosi e attenti. La bocca era contornata dai baffi anch'essi quasi bianchi. Sorrise vedendo sua figlia, lo sguardo si addolcì un poco.
«Non saluti tuo padre?»
«Hola papà. Come ti senti oggi?» Isabel si avvicinò e lo abbracciò. Ricordò di quando era piccola, di quando le veniva naturale abbracciare l'uomo che amava di più al mondo.
«Molto bene. Mi sento informa per affrontare la corrida di oggi pomeriggio» Isabel fece una smorfia.

 

La famiglia ormai al completo si accomodò sulle sedie intorno al tavolo. Consuelo portò il cibo e loro mangiarono in silenzio.
«E dimmi Isa... vivi ancora in quell'appartamento?» chiese Diego continuando a mangiare la sua carne.
«Si, e credo che rimarrò in quell'appartamento per molto tempo. Adesso che ho verniciato le pareti è molto carino, certo è un po' piccolo, ma non pretendo molto.»
«Incredibile, mia figlia che vive in quel buco sporco e ammuffito»
«Non esagerare, Diego. Non è male l'appartamento, e non voglio discussioni a questa tavola» Amanda non voleva che il pranzo venisse rovinato per l'ennesima volta.
«No, mamma. Fallo parlare, ormai sono abituata. So che voi per me avevate progettato molte cose, ma vorrei essere io a progettare il mio futuro. Se questo ancora non vi è chiaro non so come dirvelo»
«Progettare il tuo futuro significa lavorare in quel posto? Come si chiama... “Cerveza pub”? Mia figlia in una simile topaia. Disonori la nostra famiglia...» non riuscì a finire la frase. Isabel si alzò di scatto facendo cadere la sedia.
«Disonoro la famiglia? Solo perchè non voglio i tuoi soldi? Solo perchè voglio essere io a decidere della mia vita? Non siamo più negli anni cinquanta! E l'unico che disonora la famiglia sei tu e il tuo lavoro!» Diego la fissò negli occhi, non accettava un simile comportamento da sua figlia.
«Non ripeterlo mai più! Dicendo queste sciocchezze farai rivoltare tuo nonno nella tomba!»
«Adesso basta! Non potete litigare ogni santa volta!» Amanda alzò la voce, ma dopo pochi secondi si massaggiò le tempie doloranti. Vedere suo marito e sua figlia litigare in quel modo, le faceva venire mal di testa.
«Hai ragione. Allora non continuare ad invitarmi a questi pranzi inutili. Io vi voglio bene, ma dovete smetterla. E tu papà finirai ammazzato un giorno di questi...» Isabel si bloccò a metà.
«Potrebbe anche succedere, ma non smetterò mai di onorare questa tradizione così importante per noi» Diego aveva il respiro affannato, stava diventando troppo vecchio per questi litigi.
«Se finirai ammazzato darò ragione al toro!» Isabel prese la sua borsetta e corse verso la porta d'ingresso. Sul viso di Diego si dipinse una smorfia di tristezza, che si tramutò subito in rabbia.
«Non tornare mai più!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Poi si rivolse a sua moglie rimasta quasi paralizzata sulla sedia. «Hai sentito cosa ha detto?»
«E tu hai sentito cosa hai detto? Quando imparerai ad accettare le decisioni di tua figlia? È una ragazza intelligente e capace» Diego non rispose, rimase in silenzio fissando la sedia ormai vuota e rovesciata. Si stava facendo tardi e lui doveva prepararsi per la corrida. Non era il momento di pensare ai suoi problemi famigliari, la corrida veniva prima di tutto.


Isabel corse verso la macchina piangendo. Suo padre le aveva appena detto di non tornare mai più e così avrebbe fatto. Perché non poteva avere una famiglia come tutte le altre? Avere un padre amorevole e pieno di fiducia nella propria figlia? Non avrebbero mai smesso di litigare, questo lo sapeva bene. L'unico modo per andare d'accordo era non vederli più, almeno suo padre.
Accese la macchina e vide sua madre dallo specchietto retrovisore che si stava avvicinando, non aspettò. Partì lasciandosi alle spalle quella casa piena di ricordi ma anche piena di rabbia.
Guidò ripensando alle parole di suo padre, di tanto in tanto dovette fermarsi e asciugarsi le lacrime che non le permettevano di vedere. Arrivò al pub in orario, guardandosi allo specchio vide che i suoi occhi erano gonfi e rossi.
Iago stava sistemando le sedie e presto avrebbe aperto ai clienti. Il locale era sempre pieno la domenica, e per tutti quelli che non potevano andare a vedere la corrida dal vivo potevano vederla sulla grande TV attaccata alla parete del pub.
«Il pranzo non è andato bene?» chiese appena vide Isabel. Lei non rispose, andò dietro il bancone e indossò il grembiule blu che usava quando serviva ai tavoli.
«Se vuoi oggi non accenderò la TV» continuò lui sottovoce.
«Accendila pure! Che si fotta!» calde lacrime le solcarono di nuovo il viso, non poteva trattenersi. Iago andò verso di lei e l'abbracciò.
«Non c'è bisogno di piangere. Non prendertela ogni volta, sai come è fatto tuo padre, non si possono cambiare le persone» ed era vero, assolutamente vero.
«Io purtroppo lo spero ogni volta, io gli voglio bene...» iniziò di nuovo a singhiozzare.
«Devi imparare a volergli bene nonostante tutti i suoi difetti» si guardarono negli occhi, Isabel si rese conto di quanto Iago fosse importante per lei, era il suo unico vero amico. Si asciugò le lacrime e cercò di sorridere.
«Va bene, va bene... sono calma e pronta a lavorare. Almeno avrò la mente occupata»
«Così mi piaci chica!»

 

Presto il locale si riempì e Isabel faceva avanti e indietro nella grande sala. La loro birra era una tra le migliori e tutti volevano berla. La TV era accesa, tutti aspettavano l'inizio della corrida. Lei era l'unica che evitava di guardare in alto, non voleva vedere suo padre.
Appena iniziò gli uomini al bancone iniziarono ad urlare. Perché nessuno capiva quanto fosse stupida quell'usanza. Isabel sospirò lavando i bicchieri.
«Non pensarci» le disse Iago da dietro.
«Non ci sto pensando, è che non vorrei vederlo»
Appena Diego entrò nell'arena ci fu un boato, tutti sapevano che lui era il migliore nonostante la sua età. Dopo poco entrò anche il toro, era molto grande e nero, i muscoli ben definiti. Iniziò a sbuffare dal naso osservando il torero.
Isabel non resistette a quello spettacolo e si rifugiò nello stanzino del pub, non voleva neanche ascoltare tale stupidaggine. Rimase immobile, intorno a lei sentiva solo le urla degli uomini ormai ubriachi. Si posò le mani sulle orecchie e pregò che finisse presto.
Dopo pochi minuti sentì un silenzio assordante, le urla non c'erano più. Sentiva solo borbottare. Uscì dalla stanzino e tornò nella sala. Aveva un brutto presentimento, ma voleva esserne sicura. Le facce degli uomini non le piacquero, era successo sicuramente qualcosa. Iago cercò di impedirle di guardare la TV ma ormai lei stava vedendo. Suo padre era sdraiato nella sabbia dell'arena che ormai era diventata rossa. Il toro l'aveva ferito. Per un attimo le sembrò di svenire, gli occhi le si appannarono di lacrime. Era stata lei, era tutta colpa sua, le aveva augurato di morire! Rimase immobile per alcuni secondi, Iago stava parlando ma lei non sentiva più niente, nelle orecchie aveva solo un ronzio fastidioso. Senza dire niente uscì dal pub diretta alla macchina. Doveva andare da sua padre, non voleva perderlo.

 

Angolo autrice:
Salve a tutti! Cosa ve ne pare della mia nuova storia? Fatemelo sapere tramite una recensione, mi farebbe molto piacere. Vi aspetto al prossimo capitolo!
PS: 
I capitoli usciranno ogni Lunedì e Sabato.

Se ti va di leggere qulcos'altro scritto da me ti consiglio:  Alaska: il posto in cui trovai l'amore

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Capitolo 2
*** Un nuovo inizio ***


Capitolo 2

Un nuovo inizio

 

Isabel saltò sulla macchina e partì velocemente verso l'ospedale. Aveva gli occhi pieni di lacrime e continuava a ripetere a se stessa che era solo colpa sua, suo padre sarebbe morto per colpa sua. Il traffico non le permetteva di andare veloce e imprecò più volte suonando il clacson. Al semaforo per poco non investì una vecchietta che la mandò al diavolo.
«Mi scusi...» urlò dal finestrino della macchina.
Appena arrivò di fronte all'ospedale lasciò la macchina in doppia fila e chiamò sua madre, sicuramente lei era con suo padre. Non ricevette nessuna risposta e iniziò ad innervosirsi, si guardò intorno e dopo poco sentì le sirene di un ambulanza, doveva essere quella giusta. Si precipitò all'ingresso dell'ospedale e vide sua madre scendere dall'ambulanza.
«Mamma!» urlò lei andandole incontro. Amanda stava piangendo, il trucco tutto sbavato, gli occhi gonfi.
«Isa! Sei qui... hai visto cosa è successo?» singhiozzava rumorosamente.
Diego fu portato dentro, aveva perso i sensi ma era ancora vivo. Isabel lo vide sulla barella e iniziò di nuovo a piangere.
«È vivo! Mamma, ce la farà» le due donne si abbracciarono piangendo.


Le corna del toro avevano perforato l'addome di Diego, aveva perso molto sangue e durante l'operazione d'urgenza avevano dovuto asportare la milza, ma per fortuna era ancora vivo. Isabel e Amanda rimasero per tutto il tempo nella sala d'aspetto, pregando che l'operazione andasse bene. Il medico le rassicurò dicendo loro che Diego era ancora grave ma non era più in pericolo di vita. Tirarono un sospiro di sollievo e si abbracciarono di nuovo. Isabel pensò che stava davvero per perdere suo padre, un brivido le percorse la schiena.
«Mamma, se fosse morto? L'ultima cosa che gli ho detto è stata una cattiveria, non me lo sarei mai perdonato» disse Isabel asciugandosi le lacrime.
«Non importa, bambina mia. La cosa importante è che adesso sta bene. Si riprenderà, tuo padre è un uomo forte»
«Pensi che tornerà a gareggiare?» chiese Isabel sospirando.
«Non lo so, ma è da qualche mese che pensa di andare in pensione. Forse adesso prenderà una decisione definitiva» Isabel si girò verso sua madre e la fissò.
«Non pensavo che volesse andare in pensione, ha sempre detto che avrebbe continuato fino alla sua morte» Amanda si avvicinò alla figlia e le accarezzò la schiena dolcemente.
«Voleva stare vicino a te» che stupida che era stata. Lei le aveva augurato di morire quando lui voleva riavvicinarsi a lei. Avrebbe dovuto capire che le parole dette al pranzo di poche ore prima erano solo dettate dall'orgoglio di suo padre.
Uno dei medici si avvicinò alle due donne lentamente. «Potete entrare, ma una alla volta, è molto debole»
Isabel guardò sua madre e le chiese di poter andare per prima, l'altra accettò rimettendosi seduta nella sala d'attesa.
Diego era sdraiato sul lettino da ospedale con gli occhi chiusi. Molti tubicini uscivano dal suo corpo e si collegavano a vari macchinari. I continui “bip” rivelavano che il suo cuore e la sua pressione erano apposto. Isabel si avvicinò lentamente e si sedette accanto a suo padre. Le prese una mano e se la portò alla fronte, la strinse il più forte possibile.
«Papà... papà» riuscì solo a balbettare qualcosa. Poi Diego aprì gli occhi e si voltò verso di lei, una lacrima gli solcò il viso.
«Isa... sei qui. Non potrei chiedere di meglio» la sua voce era quasi un bisbiglio.
«Non ti lascerei mai solo nonostante le brutte cose che ti ho detto»
«Anch'io ho esagerato, io esagero sempre...» Isabel strinse ancora più forte la mano di suo padre e pianse di nuovo. Vederlo in quelle condizioni le faceva sentire il cuore racchiuso in una morsa. Quell'uomo era testardo come lei, e anche molto orgoglioso. Pensò che fossero proprio quelle le ragioni per cui non andavano sempre d'accordo. Mentre lo fissava dormire in quel letto, Isabel pensò che non voleva continuare così, voleva di nuovo l'affetto di suo padre. Ovviamente non avrebbe cambiato le sue idee solo per farlo contento, ma avrebbe cercato di mettere da parte il suo orgoglio per lui. Avrebbero avuto di nuovo un buon rapporto, magari avrebbero riso e scherzato nuovamente dopo tanti anni di silenzi e litigi.
Amanda ed Isabel rimasero in ospedale per alcune ore, volevano essere sicure che Diego fosse fuori pericolo. I medici dissero loro che potevano tornare a casa, non c'era nessun motivo di rimanere dato che le condizioni di Diego erano stabili. Isabel portò sua madre in macchina, aveva intenzione di portarla a casa.
«Che ne dici se andiamo a casa tua? Potrei dormire con te» disse Amanda posando la mano su quella di sua figlia. Isabel sorrise. Da quanto non passava un po' di tempo con sua madre?
«Per me va bene, sempre se ti va di dormire in un appartamento ammuffito» nella sua voce non vi era malizia. Amanda rise di gusto, dopo tutta quella tensione ci voleva una risata.
«Correrò gli rischio!» risero entrambe a partirono.


Dalì accolse Isabel miagolando, probabilmente aveva fame, in fondo aveva sempre fame. Si strofinò sulle gambe di Amanda che lo accarezzò dalla testa fino alla lunga coda.
L'appartamento era pulito e le pareti nuovamente bianche davano luminosità all'ambiente anche se ormai si era fatta notte. Amanda si guardò intorno curiosando in giro, sicuramente avrebbe cambiato molte cose, e lei non avrebbe mai vissuto in una casa così piccola però ammise che sua figlia aveva ottimi gusti per l'arredamento.
«Ci beviamo un tè?» chiese Isabel andando in cucina.
«Che ne dici se beviamo una cioccolata calda? Come quando eri piccola, ricordi?»
La cioccolata calda fumava nelle due tazze, era un ottimo rimedio per la tristezza. Dopo tutto quello che era successo quel giorno le avrebbe tirate su di morale. Si accomodarono sul divano e rimasero in silenzio sorseggiando la loro dolce bevanda.
«Sai, mamma... quando ho visto papà in quelle condizioni mi si è stretto il cuore. Dobbiamo smetterla di litigare per cose inutili. Io non condividerò mai il suo lavoro, ma è mio padre e devo accettarlo» Amanda ascoltò attentamente.
«Piccola mia. Tu e tuo padre siete molto simile ed è per questo che vi siete sempre scontrati. Avete due teste dure! Ma credo che non tutti i mali vengano per nuocere, forse l'incidente vi farà riavvicinare»
«Lo spero. Ma dimmi, mi stavi dicendo che vuole andare in pensione...»
«Si, lo dice da qualche mese. Pensava di correre troppi rischi per la sua età, ed aveva ragione. E poi c'è un nuovo ragazzo, pare che stia diventando sempre più bravo e famoso. Dice che è l'unico che potrebbe prendere il suo posto, vorrebbe allenarlo lui stesso»
«Adesso capisco, non vuole ritirarsi completamente. Tipico di papà» Isabel prese una coperta e la mise sulle sue gambe. Le era sembrato strano che suo padre volesse abbandonare del tutto la corrida ed infatti aveva ragione. Voleva diventare un mentore, come aveva fatto suo padre prima di lui. Però Diego non aveva un figlio maschio, aveva solo una figlia ribelle. E così aveva deciso di prendere sotto la sua ala un ragazzo promettente. Isabel rifletté a lungo in silenzio. Questo non avrebbe cambiato i suoi pensieri, era decisa, avrebbe messo fine ai litigi.
Isabel chiamò Iago spiegando quello che era successo e scusandosi per essere andata via senza dire niente, lui le rispose che capiva perfettamente e che per qualche giorno poteva rimanere a casa. Alla fine della telefonata guardò l'ora ed erano già le due passate. Le due donne erano stanche, dovevano riposarsi. Amanda si spogliò e prese uno dei pigiami della figlia, dormirono nello stesso letto come quando lei era una bambina di un anno. Aspirò avidamente il profumo di suo madre, era rilassante e la faceva sentire protetta. Amanda aveva ragione; non tutti i mali vengono per nuocere.

 

***

 

Diego Sanchez Torrès rimase in ospedale per tre giorni, l'operazione era andata bene e non vi erano state ricadute. I medici gli dissero di rimanere a riposo per almeno due settimane, cosa difficile per un uomo attivo come lui, però dovette accettare la realtà. Inoltre avrebbe dovuto prendere per tutta la vita dei medicinali per evitare infezioni. Ma tutto sommato avrebbe potuto continuare con la sua vita senza problemi, sarebbe tornato come nuovo nel giro di un paio di mesi.
Isabel si era trasferita di nuovo a casa dei suoi genitori insieme a Dalì, voleva stare vicino a suo padre. Quando Diego tornò a casa organizzarono una piccola festicciola, senza esagerare, non doveva affaticarsi.
Lo fecero adagiare sulla sua poltrona preferita, così avrebbe potuto leggere o guardare la TV nel grande salotto.
«Brindiamo» disse Isabel sollevando il suo bicchiere pieno di succo di frutto. Amanda e Consuelo fecero lo stesso.
«Al mio papà che è sopravvissuto, ha la pelle dura» risero tutti e sorseggiarono le loro bevande.
«Vorrei ringraziarvi. Ringrazio mia moglie, che mi è sempre stata vicina. Ringrazio mia figlia che pur essendo testarda come un mulo mi ha aiutato a guarire con il suo amore» Isabel lo abbracciò, finalmente dopo molti anni un abbraccio sincero.
La TV era accesa, il telegiornale stava parlando di Diego, stavano facendo rivedere le immagini dell'attacco del toro. Rimasero tutti in silenzio, rivedere quelle immagini fece rabbrividire tutti. Diego strinse forte i braccioli della poltrona.
«Spegni quel maledetto affare» disse infine con il viso contratto. Consuelo si affrettò a spegnarla. Erano rimasti immobili fissando quello schermo nero quando qualcuno suonò alla porta.
«Aspettavi visite? Non puoi affaticarti» disse Amanda. La governante andò ad aprire lasciandoli soli nel salotto.
«Spero non sia qualche giornalista» disse Isabel preoccupata. Avevano evitato in tutti modi di rilasciare interviste, i giornalisti erano degli avvoltoi.
Consuelo tornò nel soggiorno, accanto a lei c'era un ragazzo. Era molto alto. Sorrideva lasciando intravedere dei denti dritti e perfettamente bianchi. I capelli erano neri, li aveva pettinati all'indietro lasciando la fronte scoperta. Gli occhi, invece, contrastavano con il nero dei capelli, erano azzurri. Il viso era ovale, e mentre sorrideva sulla sua guancia sinistra apparve una fossetta. Isabel lo fissò a lungo, quel ragazzo sconosciuto la stava osservando da dentro, cercava di insinuarsi nella sua testa. I suoi occhi erano brillanti e vivaci, avrebbe potuto perdersi in quel mare blu.
«Ruben! Vieni qui, ragazzo mio!» esclamò Diego vedendolo. I due si abbracciarono, poi lo sguardo di Ruben si posò su di Amanda che ricambiò il saluto. Infine andò verso Isabel, fissandola dritta negli occhi.
«Tu devi essere Miss Isabel. Diego mi aveva detto di avere una bella figlia, ma non immaginavo che fossi così bella» lui le prese una mano e si inchinò leggermente sfiorando la pelle bianche e morbida di lei. Isabel arrossì a quel gesto inaspettato. Poi scosse leggermente la testa.
«E lei chi sarebbe?» disse infine cercando di non arrossire di nuovo.
«Io sono Ruben Rùiz Lopez, mia cara»
«Sei il nuovo torero che prenderà il posto di mio padre?» Isabel si stava riprendendo.
«Non potrei mai prendere il suo posto, sto solo cercando di fare del mio meglio per raggiungere il livello di bravura di tuo padre»
«Incredibile, ancora oggi ci sono uomini che amano uccidere. Non pensa che sia orribile quello che fate?» Ruben si voltò verso Diego, entrambi sorrisero.
«Cosa ti avevo detto...» disse Diego sottovoce. Poi lo sguardo di Ruben tornò negli occhi verdi di Isabel.
«Non lo penso affatto. Anzi il nostro è un lavoro antico e nobile, portiamo gioia tra la gente. E poi un toro che viene usato per la corrida vive più allungo e in modo più sano rispetto a quelli che vivono in allevamento» Isabel roteò gli occhi.
«Ma lo torturate e poi lo uccidete. Cosa cambia il come vive prima? Assolutamente nulla.»
«Ha proprio la testa dura» disse infine Ruben rivolto a Diego. I due uomini iniziarono a ridere lasciando Isabel interdetta.
«Come vedi per adesso non posso allenarti ma nel giro di qualche settimana potremo iniziare» disse Diego.
«Sarà l'onore più grande. Rimettiti presto» i due si strinsero la mano. Diego stava iniziando ad affaticarsi, doveva riposare.
«Isa... porta Ruben a fare il giro della villa, magari in giardino»
«Perché proprio io?» chiese lei innervosita. Poi ripensò alle promesse che si era fatta, non doveva litigare con suo padre per ogni minima sciocchezza.
«Te ne sarei grato, mia cara» continuò lui.
«Va bene, magari prenderemo un tè in giardino, oggi il sole splende»
«Che idea meravigliosa! Lo dico subito a Consuelo, voi intanto andate fuori!» Amanda era elettrizzata. Isabel sapeva bene cosa passava per la testa di sua madre. Lui era un ottimo partito, un matrimonio perfetto. Ma a lei le cose perfette non erano mai piaciute.

 

Il sole era alto nel cielo, l'aria non era particolarmente fredda nonostante l'autunno fosse imminente. I fiori stavano iniziando ad appassirsi e l'erba non era più verde come qualche mese prima. Il giardino sul retro era molto grande, la piccola la strada che lo percorreva arrivava sino alle stalle. Isabel camminava in silenzio, accanto a lei Ruben osservava tutto con interesse.
«Avete anche delle stalle? Fantastico! Io adoro i cavalli» disse Ruben all'improvviso.
«Uccidi tori e adori i cavalli, sei per caso razzista?» lui si fermò. Lei continuò a camminare senza voltarsi.
«Aspetta un attimo. Hai intenzione di tirare frecciatine per tutto il tempo in cui parleremo?»
«Non riesco a stare zitta quando si parla di corrida» disse lei voltandosi.
«Che ne dici se lasciamo perdere per qualche minuto questo argomento? Portami dai cavalli»
«Se proprio insisti» i due percorsero la strada per arrivare alle stalle. Per il decimo compleanno di Isabel suo padre le regalò un puledro di andaluso totalmente bianco. Adesso era grande e forte, e Isabel amava cavalcarlo. Entrarono nella stalla, i cavalli si voltarono per vedere chi fosse.
«Questo è Pedro, il mio cavallo. Non è bellissimo?» disse lei baciando il cavallo sulla testa. L'altro le risposte nitrendo.
«Un esemplare magnifico. Sai anche cavalcare?» chiese Ruben.
«Ovviamente, io amo tutti gli animali»
«Avevi detto di smetterla con le frecciatine»
«L'avevi detto tu» Ruben si avvicinò al cavallo, lo accarezzò sul muso. Le sue carezze erano gentili e premurose, Isabel vide negli occhi di lui un incredibile tenerezza. Come poteva comportarsi in quel modo con un cavallo e poi uccidere senza pietà un toro indifeso? Eppure i suoi gesti erano veri. Pedro non si allontanò da lui, anzi accettò di buon grado le sue carezze.
«Un cavallo bellissimo per una ragazza bellissima» disse Ruben interrompendo i pensieri di Isabel. Lei alzò lo sguardo e incontrò di nuovo quegli occhi color dell'oceano. Era occhi incredibilmente profondi, pieni di gioia e allegria. Sentì le guance scottare, era riuscito a farla arrossire due volte nel giro di pochi minuti.
«Scommetto che questo è il tuo metodo per rimorchiare tutte quelle ragazze che amano e venerano i toreri, non è così?» lui sorrise. La fossetta riapparve sul suo viso, ad Isabel venne voglia di toccarla ma si trattenne.
«Mi odi, eh? È più forte di te»
«Non condivido quello che fai come non condivido quello che fa mio padre. Non c'è rispetto per quei poveri tori. Ed anche pericoloso. Quando ero piccola ed arrivava la domenica avevo sempre mal di stomaco, pensavo sempre che quella sarebbe stata l'ultima volta che vedevo mio padre»
«Allora non è solo per amore degli animali, è anche l'amore per tuo padre. Sai anche tuo nonno era un torero, anche il padre di tuo nonno. Ogni ragazzino che ama la corrida conosce la tua famiglia. E io era tra questi ragazzini, non avrei saputo cosa altro fare da grande. Penso che sia l'unica cosa che rende immortale, il torero sfida la morte, l'affronta e la vince»
«Per me sono solo discorsi di altri tempi. Non penso che al giorno d'oggi debbano ancora esistere» Ruben stava per rispondere quando Consuelo li chiamò per dire che il tè era pronto.
Bevvero il tè insieme ad Amanda, parlarono del più e del meno, senza addentrarsi in discorsi sull'immortalità o sulla corrida. Isabel non voleva pensarci, e poi pensò che molto probabilmente non l'avrebbe più rivisto. Quando ebbero finito Ruben andò via, salutando anche Diego che stava leggendo un libro sulla sua poltrona.
«Non è un bel ragazzo? E poi è così educato!» disse Amanda appena chiuse la porta.
«Non iniziare, mamma. Non mi sposerò con lui»
«Magari non adesso, ma tra qualche anno...»
«Mamma! Sei sempre la solita» ma nonostante tutto sorrise e baciò sua madre sulla guancia. Ruben era davvero un bel ragazzo, e i suoi occhi l'attraevano come una calamita, ma non si lasciava abbindolare da un bel viso e qualche battuta da rimorchio sentita milioni di volte. Ma nel suo cuore, Isabel sperò di rivederlo almeno un'altra volta.

 

Spazio autrice:
Sorpresa! Avevo detto che avrei fatto uscire il secondo capitolo Mercoledì ma ho pensato che un'uscita a settimana fosse poco. Così ho deciso che farò uscire i capitoli il LUNEDI E IL SABATO.
Ma comunque ecco, finalmente, il secondo capitolo! Cosa ne pensate? Fatemelo sapere tramite una recensione. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e che leggeranno la mia storia, inoltre ringrazio tutti quelli che hanno inserito la mia storia nelle seguite, nelle preferite e nelle ricordate.
A Sabato con il nuovo capitolo, a presto! ^^

Se ti va di leggere qulcos'altro scritto da me ti consiglio:  Alaska: il posto in cui trovai l'amore

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Capitolo 3
*** Torero non esagerare ***


Capitolo 3

Torero non esagerare

 

Isabel passò la settimana seguente con suo padre. Diego si stava riprendendo in fretta ed ogni giorno passeggiavano in giardino. L'incidente l'aveva reso meno sicuro di sé, Isabel pensava che non si sentiva più invincibile e un po' le fece tenerezza.
Il mattino si svegliavano di buon'ora, facevano colazione insieme e poi leggevano qualche poesia. Dopo pranzo passeggiavano per almeno mezz'ora, faceva parte della riabilitazione.
«Ti ricordi quando ti portavo sulla schiena, Isa? Eri così piccola» disse Diego seduto sulla panchina per riposarsi.
«Ricordo bene. E tu ricordi quando, correndo, sono finita nella fontana con tutti i vestiti?» iniziarono a ridere entrambi.
«Eri come pulcino bagnato, povera piccola»
«La cosa più imbarazzante che mi sia mai successa» continuarono a ridere per alcuni minuti ricordando vecchie storie, ricordi felici. Diego smise di ridere, e il suo sguardo si fece pensieroso.
«Mi odi vero? E non è solo per la corrida, mi odi perchè ho sempre preferito il lavoro a te» il tono della sua voce era piatto. Isabel alzò un sopracciglio, e fissò a lungo suo padre. Rifletté sulla sua infanzia, su tutte le domeniche in cui tutti gli altri bambini andavano al parco con i genitori mentre lei rimaneva a casa con Consuelo.
«Non ti odio, non ti ho mai odiato. Devo ammettere che spesso ̶ molto spesso ̶ mi sono sentita sola, soprattutto la domenica. Ma ho dei bei ricordi insieme a te, sei stato fondamentale nella mia vita» Diego la guardò negli occhi, vide sua figlia come un'adulta per la prima volta. Fino al giorno prima guardandola vendeva ancora una bambina di cinque anni bagnata dalla testa ai piedi per essere caduta nella fontana.
«Quando ero piccolo mi sentivo solo anch'io. Tuo nonno, come sai, era un torero e molto spesso preferiva il lavoro alla famiglia. Da ragazzo mi ero ripromesso di non commettere lo stesso errore, pensavo che se avessi avuto dei figli li avrei riempiti di regali e tutto ciò che desideravano. Ma non avevo capito che ciò che mi mancava veramente erano solo le attenzioni di mio padre. E con te ho fatto lo stesso errore, ti ho sempre riempita di regali, vederti sorridere per una bambola nuova o addirittura un puledro mi scaldava il cuore, ma non capivo che in realtà a te sarebbe bastato un abbraccio in più» gli occhi di Isabel si riempirono di lacrime. Sentire suo padre dire quelle cose le fece capire che le era mancato davvero quando era piccola, che avrebbe voluto più abbracci da parte sua. Forse era anche per quel motivo che il loro rapporto era conflittuale, lei voleva fargli un dispetto.
«Papà... non torturarti. C'è sempre tempo per recuperare, giusto?» Diego sorrise. Si alzò in piedi e allungò le braccia al cielo.
«Avanti, pigrona! Dobbiamo camminare ancora un po'!»


Quella sera Isabel decise che era ora di tornare a lavoro, Iago era stato molto comprensivo ma sicuramente per lui il lavoro era stato molto pesante in quei giorni senza di lei.
Il cielo era grigio e una leggera pioggia stava iniziando a bagnare le strade, il vento si faceva sempre più freddo. Isabel scese dalla macchina correndo per evitare di bagnarsi e corse verso il pub che presto avrebbe aperto.
Iago stavo pulendo dei bicchieri dietro il bancone e accolse la sua barista preferita con un sorriso. I due si abbracciarono.
«¡Hola chico! » urlò Isabel stringendolo ancora più forte.
«Vedo che sei di ottimo umore, a casa Sanchez Torrès le cose vanno bene» Iago si staccò lentamente da lei e la osservò, non l'aveva mai vista così allegra.
«Dici bene, credo non siano mai andate meglio! Mio padre sta bene e riprende le forze ogni giorno di più»
«Sono felice per te, Isa. E devo ammettere che mi sei mancata...»
«Immagino che sia stata dura per te, senza di me il pub andrebbe in rovina» si divertiva a punzecchiarlo.
«Ehi, questo è il mio pub» sorrisero entrambi.
Isabel prese il grembiule e iniziò ad aiutare Iago. Pulirono la sala e sistemarono i tavoli rotondi ai loro soliti posti.
Il pub iniziò a riempirsi, arrivarono alcuni clienti abituali che salutarono Isabel e chiesero notizie su suo padre. Arrivarono anche altri clienti nuovi che volevano provare la famosa birra del “Cerveza pub”. Isabel non stava ferma un attimo, andava nella sala con dei vassoi pieno di birre e poi tornava dietro il bancone per ricominciare tutto da capo. Le era mancato lavorare anche se era molto stancante.
«Isa, portami una birra!» esclamò un uomo seduto al bancone. Era basso e tarchiato, Isabel non era mai riuscita a capire quanti anni avesse ma ormai era un cliente abituale e a lei stava simpatico. Non creava mai problemi, ordinava sempre una birra e poi tornava a casa, non lo aveva mai visto ubriaco.
«Certo Juan, arriva subito» rispose lei passandosi un braccio sulla fronte per asciugare la sottile patina di sudore. Prese un boccale e lo riempì di birra portandolo a Juan.
«Ho sentito di tuo padre. Sta meglio, vero?» la voce di Juan era roca, fumava almeno tre pacchetti di sigarette al giorno.
«Sta molto meglio, grazie»
«Tornerà a gareggiare? Non ho mai visto un torero come tuo padre, sarebbe una grave perdita per la corrida» Juan prese un grande sorso di birra.
«Ancora non lo so. Diciamo che... vorrebbe insegnare» l'altro alzò un sopracciglio.
«Che mi venga un colpo! Allora è vero! Girava questa voce da mesi, vuole quel torero giovane... Rùiz qualcosa...» Isabel sentendo quel nome ebbe un sussulto, non aveva più pensato a Ruben, ma ripensando ai suoi occhi il suo cuore accelerò un po' i battiti.
«Ruben Rùiz Lopez, quello spocchioso!» Juan rise di gusto, per poco non si strozzò con la birra.
«Esatto, è l'aggettivo giusto per lui. Anche se tuo padre è il migliore non credo che quel Ruben possa fare molta strada»
«Beh, che rimanga fra noi, ma io lo spero. Scusa, Juan, ma devo servire altri tavoli» Isabel prese il vassoio e si allontanò.
«Spocchioso» sussurrò Juan, iniziò a ridere di nuovo e continuò a bere la sua birra.
Isabel continuò a pensare a quel ragazzo dagli occhi azzurri, perchè continuava a farlo? Non voleva pensarci. Ma più cercava di scacciare quel pensiero dalla mente più rivedeva quegli occhi che l'avevano tanto colpita.

 

Le ore passarono velocemente, alle due di notte vi erano molti meno clienti. Isabel e Iago erano dietro il bancone stavano riposandosi quando la porta si aprì. Isabel non credeva ai propri occhi, non poteva essere lui. Il ragazzo si avvicinò al bancone e si sedette su uno degli sgabelli sorridendo.
«Una birra, grazie» Isabel si avvicinò e lo fissò con un'espressione contrariata. Era Ruben, era proprio lui.
«Cosa ci fai qui?»
«Vorrei una birra, come ho già detto» Iago alzò un sopracciglio, era incuriosita da quella scena. Isabel prese un bicchiere, lo riempì di birra e lo passò a Ruben.
«Chi ti ha detto che lavoro qui?» chiese lei vedendolo bere.
«E chi ti dice che io sia venuto qui per te?»
«Non credo che uno come te frequenti questo genere di pub» disse Isabel mettendosi le mani sui fianchi.
«Cosa ne sai di che tipo sono? Credo che tu ti sia fatta un'idea sbagliata» rimasero in silenzio per alcuni secondi.
«È stata mia madre, vero?»
«Forse. Stasera sei ancora più bella...» Ruben si sporse dal bancone per guardarla meglio. E lei arrossì di nuovo, odiava l'effetto che le faceva quel ragazzo.
«Solite battute da rimorchio»
«Quando finisci di lavorare? Vorrei portarti in un posto» rispose lui come niente fosse. Isabel sentì il cuore che le batteva più forte.
«Non sono affari tuoi» disse bruscamente Isabel.
«Ti aspetterò qui fuori, ci tengo molto» Iago aveva ascoltato la conversazione e così si avvicinò ai due.
«Problemi?» chiese ad Isabel.
«Nessun problema, il ragazzo stava per andarsene» Iago lo fissò truce, non gli piaceva il modo in cui la guardava.
«Sarò qui fuori» Ruben si alzò ed uscì senza aggiungere altro.
«Chi è quel cretino?» chiese Iago una volta che la porta fu chiusa.
«Il pupillo di mio padre. È un torero anche lui» Iago non rispose, continuava a fissare la porta con un espressione corrucciata.

 

Per l'ora di chiusura la pioggia era sparita, ma il vento era ancora più gelido. Isabel si strinse nel suo cappotto ed uscì salutando Iago. Lui le aveva proposto di accompagnarla alla macchina ma lei aveva rifiutato. Non pensava che Ruben la stesse aspettando ancora, erano le tre passate e faceva troppo freddo. Ma quando raggiunse la macchina vide una figura appoggiata al cofano.
«Ancora tu!» disse Isabel riconoscendo Ruben.
«Te l'avevo promesso. Vieni con me, per favore» i suoi occhi erano gentili. «E dove vorresti portarmi?»
«Lo vedrai quando saremo arrivati. Hai per caso paura? Non sono un serial killer» sorrise. Quel sorriso perfetto. Isabel accettò, non seppe neanche lei il motivo per il quale accettò quella proposta ma lo fece. Lui la prese per mano, camminarono per almeno mezz'ora senza aprire bocca.
«Mi vuoi dire dove stiamo andando? Sono le quattro del mattino, cristo!» disse Isabel puntando i piedi sull'asfalto.
«Siamo quasi arrivati, fidati, ti piacerà» continuarono a camminare per almeno cinque minuti quando arrivarono in un piccolo prato. L'erba era bagnata per colpa dell'umidità e l'aria era fredda. Dalla bocca di Isabel usciva una nebbiolina bianca.
«Vieni più avanti» disse Ruben spingendola delicatamente. Isabel finalmente capì, erano in cima ad una collina. Da quell'altezza potevano vedere tutta la città. C'erano poche luci accese a quell'ora, però si vedevano le case. Ma la cosa più bella erano le stelle. Non aveva mai visto le stelle così vicini e luminose. La luna era coperta leggermente dalle ultime nuvole che avevano portato la pioggia.
«Come conosci questo posto?» chiese Isabel con il viso alzato verso il cielo.
«Mio padre mi portava qui quando ero piccolo»
«Anche tuo padre era un torero?» non era una frecciatina questa volta, era semplicemente curiosa.
«No, era un insegnante. Adesso non c'è più, è morto quando avevo dieci anni, colpa di un tumore» parlò sottovoce, guardando l'erba del prato.
«Oh... mi dispiace»
«Prima era una ferita aperta e faceva più male, ma adesso è solo una grande cicatrice che con il mal tempo da fastidio. Non sparirà mai. Mia madre invece fa la cuoca, dopo la morte di mio padre non si è mai più risposata. Mi ha fatto studiare, e alla fine mi sono laureato» Isabel ascoltò con attenzione. Ripensò al fatto che anche lei stava per perdere suo padre, ringraziò di nuovo il fato per averle risparmiato quel dolore.
«Non pensavo fossi laureato... Come mai, alla fine, hai scelto di diventare torero?» Ruben sorrise.
«Mio padre mi portava sempre a vedere la corrida, e io gli avevo promesso che sarei diventato il torero migliore del mondo»
«Sai... forse avevi ragione, mi ero fatta un'idea sbagliata su di te» Isabel teneva le mani in tasca e stava tremando.
«Te l'avevo detto!» esclamò lui. Poi vedendola tremare prese la sua giacca e la poggiò delicatamente sulle spalle di lei. «Grazie. Ma penso che sia arrivata l'ora di andare»
«Sei sempre così?»
«Così come?»
«Non ti lasci mai andare?»
«Di solito sono più simpatica con le persone che non uccidono tori indifesi!»
«Ecco, ci risiamo! Di nuovo a parlare dei tori innocenti e blabla» Isabel si voltò verso di lui contrariata.
«Non farmi cambiare di nuovo idea su di te!» disse roteando gli occhi.
«Va bene, va bene. Non parliamo dei tori o della corrida, magari scopriamo di avere qualcosa in comune. Non so... ti piace leggere?» Isabel era ancora un po' nervosa, ma a quella domanda si stupì, in effetti lei amava leggere.
«Molto. Passerei ore con un libro, una cioccolata calda e una coperta sulle gambe»
«Vedi? Anch'io amo leggere. Il tuo scrittore preferito?»
«Stephen King... non dirmi che è anche il tuo scrittore preferito perchè non ci crederei» Ruben rise di gusto, la sua risata risuonò nel silenzio della notte.
«It è un libro straordinario. Non ti facevo una “fan di King”, insomma tutti quei fantasmi, killer e sangue ovunque...»
«A quanto pare anche tu ti sei fatto un'idea sbagliata su di me» si fissarono l'uno con l'altra. Isabel scoprì di voler sapere cosa stesse pensando Ruben. Cosa pensava veramente di lei?
«Credo che sia meglio tornare indietro, starai congelando» disse infine Ruben.
Ripercorsero la strada a ritroso, stavolta camminarono vicini. Isabel si strinse nella giacca di Ruben e sentì il suo profumo. Lo aspirò e lo fece suo, non aveva mai sentito un profumo così gradevole. Cosa mi sta succedendo! Pensò proseguendo la camminata.
Arrivati alla macchina dovettero salutarsi, ormai era quasi l'alba ed era molto stanca, voleva solo dormire sotto le coperte calde.
«Grazie per il bel posto» disse lei salendo sulla piccola auto.
«Spero di rivederti»
«Sarai spesso con mio padre, quindi ci rivedremo sicuramente» Ruben scosse debolmente la testa e sorrise scoprendo i denti.
«Spero di rivederti da sola, o meglio, tu ed io» Isabel alzò gli occhi verso di lui.
«Buona notte, Ruben» non aggiunse altro e partì lasciandolo da solo sulla strada. Ruben rise da solo nel silenzio più assoluto. Quella ragazza lo faceva impazzire.

 

Il mattino seguente Isabel era sfinita, ripensò a Ruben e lo odiò, per colpa sua no aveva riposato abbastanza. Gli occhi cerchiati di nero erano il simbolo del suo mancato sonno. E ovviamente Dalì l'aveva svegliata presto, come al solito.
«Giuro che ti rimpiazzerò con un criceto!» disse scendendo le scale per andare al piano inferiore. Dalì la osservò e miagolò, a lui interessava il cibo.
Arrivata in cucina trovò Consuelo intenta a preparare la colazione. Il gatto le si strofinò attorno alle caviglie.
«Consuelo, dammi del caffè! Iniettamelo direttamente nelle vene» l'altra rise. Poi prese una tazza, la preferita di Isabel, e gliela porse.
«Che occhiaie! Devi dormire di più» disse infine Consuelo.
«Tutta colpa del gatto!» esclamò piagnucolando. Lo faceva sempre quando era piccola e non aveva perso l'abitudine.
«Buongiorno piccolo fiorellino di campo» Amanda era di buon umore, e questo innervosì ancora di più Isabel.
«Buongiorno un corno! Sei stato tu a dire a quel citrullo di Ruben dove lavoro?»
«Mi è sfuggito...» sorrise, poi continuò più curiosa che mai « quindi è venuto a trovarti? Che dolce!» Isabel rimase seria, ma non era veramente arrabbiata.
«Si, mi ha portata in un posto. La prossima volta vedi di non farti scappare altro»
«Sei sempre la solita guasta feste! È un ragazzo così galante, bello e soprattutto intelligente. Non è vero Consuelo?»
«E perchè non lo sposa lei?» disse la domestica mentre le porgeva una tazza di caffè. Amanda rise, e prese un sorso.
«Siete sempre contro di me! Dico solo che dovresti pensarci, devi trovarti un uomo»
«E chi lo dice che una donna ha bisogno necessariamente di un uomo? Non voglio sposarmi per forza, potrei stare bene anche vecchia e zitella»
«Sciocchezze, sciocchezze! Vado a svegliare Diego» Amanda si strinse nella vestaglia – totalmente rosa – e si diresse al piano superiore.
Isabel si voltò verso Consuelo che stava ancora sorridendo. «Loca» disse infine roteando il dito indice vicino alla tempia.
Consuelo prese la colazione per Diego e la portò di sopra. Isabel rimase da sola in cucina, era seduta su uno degli sgabelli. Osservò la tazza colma di caffè e se la rigirò tra le mani. Stava pensando alla sera precedente, pensava a Ruben e al suo sorriso, alla fossetta che si creava sulla guancia sinistra, alla naturalezza con cui si passava una mano tra i capelli per tenerli all'indietro. Sospirò, inclinò il busto e appoggiò il viso sulla sua mano. Sbadigliò. Poi si ricordò una cosa, aveva ancora la sua giacca in camera!
«Fato, vuoi che io lo riveda non è così? Non sfidarmi!» esclamò nel silenzio della stanza completamente vuota.

 

Angolo autrice:
Niente, non riesco a rispettare le scadenze, è più forte di me! Ricambio idea: diciamo che caricherò i capitoli quando ho tempo. Scusate la mia infinta indecisione ahah
Ma comunque ecco a voi il nuovo capitolo! Cosa ne pensate? Ditemi tutto ciò che pensate della storia e degli ultimi avvenimenti. Isabel-Ruben? Iago-Isabel? Fatemelo sapere tramite una recensione. Ringrazio tutti quelli che hanno letto e che leggeranno la storia. PS: vi avverto, dal prossimo capitolo le cose si faranno ancora più interessanti!

 

 

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Capitolo 4
*** Torero nel cuore ***


Capitolo 4

Torero nel cuore

 

Diego aveva recuperato quasi del tutto le forze. Aveva eseguito alla lettera tutto ciò che il medico aveva consigliato e così poté iniziare gli allenamenti di Ruben. Stimava molto quel ragazzo, amava la corrida e in lui aveva scorto del grande potenziale. Era come creta da modellare sotto le sue mani, lo avrebbe fatto diventare il migliore.
Diego era in piedi nella piccola arena che aveva fatto costruire dietro la sua casa, da giovane e fino a poco tempo fa la usava lui, ma non pensava che sarebbe tornato a gareggiare, ormai era deciso.
«Avanti, ragazzo. Non c'è tempo da perdere!» disse Diego appena vide Ruben entrare nell'arena. Il ragazzo si avvicinò al suo maestro e lo salutò con un cenno del capo.
«Sono pronto» il suo tono era pacato, ma voglioso di iniziare.
«Come ben sai un torero deve essere flessibile, leggero, concentrato, ma soprattutto deve avere resistenza fisica e capacità polmonare. Quindi inizieremo da questo, da oggi, ogni mattina dovrai correre per almeno un'ora. Forza, iniziamo» Ruben ascoltò con attenzione. Si tolse la maglia, fece un po' di esercizi per allungare i muscoli e poi iniziò a correre.
«Corri! Ti servirà tutta la resistenza possibile quando dovrai domare un toro da cinquecento chili! Ricorda che la corrida non è come tutti gli altri sport, si tratta della lotta contro la bestia, dell'intelligenza contro la forza e e tu dovrai rimanere sempre concentrato» urlò Diego mentre Ruben continuava a correre.

 

Isabel era nel giardino, stava leggendo un libro e ogni tanto sentiva le urla di suo padre. Scosse la testa e sorrise. Da quel giorno al pub non aveva più visto Ruben e non era sicura di volerlo rivedere. Poi ripensò alla sua giacca, all'odore che emanava nonostante fosse passato qualche giorno. Entrò in casa e salì in camera sua, la giacca era appoggiata ad una sedia. La prese tra le mani, si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno, poi con titubanza avvicinò il viso alla stoffa. Quel profumo la faceva impazzire, era il suo odore.
Isabel vide suo padre seduto su una sedia in mezzo all'arena, Ruben era accanto a lui, era sudato e il suo respiro era affannato.
«Vedo che l'hai fatto faticare! Spero rinunci a questa storia» disse Isabel avvicinandosi ai due.
«Isa, non dire sciocchezze. E non dovresti interrompere gli allenamenti» rispose Diego alzandosi dalla sedia. Ruben vedendola si asciugò il sudore dalla fronte e le sorrise.
«Non volevo disturbare, volevo solo restituire la giacca a Ruben» dicendo questo gliela porse. Lui la prese e la osservò. «Grazie» fu l'unica cosa che riuscì a dire, aveva il fiatone. Diego guardò prima sua figlia e poi Ruben.
«Adesso vai, dobbiamo lavorare» Isabel tornò indietro e quando finalmente era fuori dall'arena Diego si voltò verso Ruben, lo fissò dritto negli occhi.
«So che mia figlia è una bella ragazza, è anche molto testarda. Ma non devi avere distrazioni in questo periodo, non voglio che tu la inviti di nuovo ad uscire con te» il suo tono era calmo.
«Non posso prometterlo» Ruben era contrariato.
«Ragazzo, le donne sono distrazioni e mia figlia lo è ancora di più! Non voglio che ti metta in testa strane idee»
«Possiamo continuare? Inizio ad avere freddo» Diego lo osservò per alcuni secondi senza dire niente, non era sicuro che l'avesse convito a rinunciare a sua figlia, ma per adesso non era un problema. Così iniziò di nuovo ad impartire ordini.
Gli allenamenti durarono per quasi tutto il giorno, Ruben era ormai stremato. Il sole era quasi del tutto tramontato e finalmente Diego disse che per quel giorno poteva bastare. Aggiunse anche che ogni giorno avrebbe dovuto allenarsi per almeno otto ore.

 

Isabel era appena tornata dal pub, quando scese dalla macchina vide Ruben che stava per andare via.
«Ehi, ancora convinto di voler fare il torero?» chiese lei sorridendo. Lui alzò lo sguardo e le fece una linguaccia.
«Convinto più che mai» rispose infine avvicinandosi a lei.
«Allora hai qualche rotella fuori posto»
«Almeno quanto te. Sai sulla mia giacca ho trovato tracce di rossetto, non l'avrai mica baciata?» Isabel sgranò gli occhi. Era stata una stupida.
«Come dicevo, hai qualche rotella fuori posto. Io non ho baciato niente» sperò che il rossore che aveva sulle guance non tradisse la sua bugia. Ruben rise, e come al solito la fossetta che aveva sulla guancia attrasse l'attenzione di Isabel. Senza riuscire a controllare il suo corpo alzò lentamente una mano e avvicinò il dito indice, piccolo e candido, verso la fossetta. Ruben rimase in silenzio. Era quasi riuscita a toccarla quando lui le prese la mano e la bloccò.
«Non è una fossetta, è una cicatrice» disse lui quasi sottovoce. Lei al suono di quelle parole ritornò in sé ed abbassò la mano.
«Una cicatrice?» chiese incuriosita.
«Forse un giorno ti dirò come me la sono procurata» rispose lui avvicinandosi a lei. Isabel si sentì in imbarazzo e si allontanò di qualche passo. In lontananza sentirono Pedro nitrire, entrambi si voltarono verso quel suono.
«Credo che Pedro abbia fame, devo andare da lui»
«Ti accompagno»
Isabel diede da mangiare a Pedro. Lo accarezzò dolcemente sulla schiena. Ruben la osservava poco lontano, gli piaceva guardarla, guardare i suoi capelli ondeggiare ad ogni minimo movimento del suo corpo sinuoso.
«Che ne dici se cavalchiamo?» chiese all'improvviso Ruben. Isabel parve sorpresa da quella richiesta. Sorrise, un sorriso malizioso. Pedro era un buon cavallo ma non si lasciava montare da altri, era curiosa di vedere la reazione di quel ragazzo tanto sicuro di sé.
«Va bene, aiutami con la sella» prepararono Pedro e lo portarono fuori. Ruben lo accarezzò sul collo muscoloso e il cavallo rispose scalciando lievemente.
«Buono» gli sussurrò lui all'orecchio. Con una mossa decisa saltò sulla schiena di Pedro. Inizialmente sembrava nervoso ma Ruben continuò a sussurrare all'orecchio a punta del suo nuovo amico. Isabel osservò la scena inebetita, Pedro non si era mai lasciato montare da nessun altro, come era possibile?
«Ma come hai...» non riuscì a finire la frase. Aveva quasi la bocca aperta. Poi le venne in mente una cosa, gli animali riescono a capire l'animo delle persone meglio di chiunque altro. E se Pedro si fidava di Ruben poteva farlo anche lei, anche se rimaneva il fatto che lui era un matador senza rimorsi.
«Sali anche tu. Andiamo a fare un giro» Isabel si avvicinò e montò a cavallo.
«Andiamo verso la collina» disse lei cercando di rimanere il più lontano possibile da lui, non voleva toccarlo, non voleva sentire di nuovo il suo profumo.
«Reggiti forte!» urlò Ruben mandando al galoppo il cavallo. L'improvviso movimento fece spaventare Isabel che strinse forte la vita di lui. E di nuovo quel profumo invase il suo naso, la sua mente. Galopparono per alcuni minuti, il sole era sparito sotto l'orizzonte ma il cielo era di un color rosso vermiglio. L'aria era colma di odori. Isabel che, inizialmente, era titubante si lasciò andare a respirò a pieni polmoni quegli odori inebrianti. La vista era mozzafiato, da quella parte della collina non si scorgevano case, sembrava di essere in un altro tempo, quando ancora la natura regnava sovrana.

 

Ruben legò le redini di Pedro al ramo di un albero vicino ad uno specchio d'acqua. Isabel si accasciò sull'erba nonostante l'aria non fosse molto calda. Ruben si accomodò vicino a lei ed entrambi fissarono il cielo divenire sempre più scuro.
«Non trovi che sia stupendo?» chiese lei sottovoce.
«Mai quanto te» disse Ruben prendendo tra le mani il viso perfettamente ovale di Isabel.
«Smettila con queste cazzate!» disse lei dimenando il viso.
«Non sono cazzate, tu sei bellissima»
«Ti prego, smettila. Non è questo il punto»
«E qual è il punto?»
«Il punto è che non voglio tutti questi complimenti. Insomma... sono sicura che lo fai con tutte. E io non sono una ragazzina stupida che cede ai primi complimenti di un ragazzo che sa di piacere» Ruben rimase in silenzio.
«Non lo dico a tutti, per chi mi hai preso?» Isabel rimase in silenzio, continuava a fissare l'orizzonte. Aveva il viso pensieroso. In realtà ogni volta che le faceva un complimento si sentiva in imbarazzo. Forse perchè, in fondo, ma proprio in fondo, lei lo trovava attraente. O forse perchè mai nessuno aveva avuto il potere di farla arrossire. Anche Iago aveva provato molte volte a colpirla ma non era mai riuscito nel suo intento. Cristo! È un torero! Pensò. Poi scosse la testa e si volto verso di lui.
«Non stare in silenzio. Piuttosto raccontami la storia di quella fossetta/cicatrice»
«Quando avevo otto anni io e i miei genitori avevamo un cane, si chiamava Roy. Passavamo molte ore insieme, era il mio migliore amico. Non ci staccavamo mai, potevo contare su di lui. Un giorno andammo nel bosco vicino casa, come facevamo ogni giorno, andavo in cerca di tesori nascosti e lui controllava che non mi facessi male» Ruben prese un sassolino e lo lanciò nel laghetto creando delle piccole onde. Isabel rimase in silenzio. Poi continuò con la storia.
«Quel giorno trovai un albero molto grande, non l'avevo mai notato prima di allora, e non feci caso neanche al fatto che dentro era completamente marcio. Io mi avvicinai e lo osservai cercando di capire come potessi scalarlo. Roy iniziò ad abbaiare insistentemente, come se non volesse che mi avvicinassi. Io non lo ascoltai e rimasi impalato come un'idiota. Inizialmente sentii degli scricchiolii innocui, poi mi accorsi che l'albero stava crollando. Roy mi balzò addosso facendomi cadere di lato, in modo da evitare l'albero. Solo che una scheggia raggiunse la mia guancia. Roy mi ha salvato la vita, credo che non avrò mai più un amico come lui...» il suo viso si fece scuro. Isabel aveva ascoltato con attenzione e curiosità.
«Un cane coraggioso! È ancora vivo?» chiese lei speranzosa.
«Purtroppo no, era già vecchio quando ero piccolo, morì pochi anni dopo. Non lo dimenticherò mai. Ho questa cicatrice a ricordarmelo. Mi portarono anche in ospedale, dovettero mettermi due punti» Isabel sorrise.
«Sono sicura che anche lui non si dimenticherà mai di te. E poi dai, quella cicatrice non è affatto male...» Ruben sembrò rianimarsi e si alzò in piedi.
«Attenzione! Attenzione! La signorina Sanchez Torrès ha detto che non sono male» risero entrambi.
«Ehi, non esagerare! Ho solo detto che la cicatrice non è male» continuarono a ridere. Ormai era completamente buio ma a loro non importava.

 

Ritornarono alla villa cavalcando Pedro, la luna li guidò facendo vedere loro la strada. Riportarono il cavallo alla stalla. Isabel era di buon umore, doveva ammettere che le piaceva parlare con lui ma il suo animo era combattuto.
Ruben andò via con la sua macchina, sarebbe tornato il giorno dopo per continuare gli allenamenti estenuanti che gli impartiva il suo nuovo allenatore.
Isabel entrò in casa, Dalì la raggiunse e le balzò in braccio. Lo accarezzò mentre lui faceva le fusa. Ripensò alla storia di Roy.
«Anche tu mi salveresti?» chiese lei sorridendo. Dalì miagolò e si lasciò baciare sulla piccola testa.
«Isa, vieni in biblioteca» era Diego. Isabel ubbidì, lasciò andare il gatto, che corse verso il piano di sopra, e lei andò nella biblioteca della villa. Suo padre era seduto su una poltrona con un libro in grembo, per leggere portava dei piccolo occhiali da vista, che lui odiava, non li avrebbe mai messi in pubblico.
«Dimmi, papà» Diego si tolse gli occhiali e la guardò dritta negli occhi.
«Avevo chiesto a Ruben di starti alla larga, non voglio distrazioni per lui. Ma a quanto pare non ha recepito il messaggio»
«Non credo di essere una distrazione» Isabel si sentiva a disagio.
«Io credo di si. Non hai notato come ti guarda? Credo si sia preso una cotta per te, e non è il momento»
«Ti sbagli, conosco i tipi come lui, probabilmente si comporta così con ogni ragazza che vede. Tranquillo, papà, non ho nessuna intenzione di interferire con i suoi allenamenti. Ti ricordo che è un torero e a me non stanno molto simpatici» Diego sorrise debolmente. Aveva notato il modo in cui Ruben la guardava, ma aveva anche visto il modo in cui sua figlia guardava lui.
«Io ti sto simpatico?» chiese infine alzando un sopracciglio. Isabel rise e si avvicinò a suo padre, quando fu abbastanza vicina gli diede un bacio sulla guancia che produsse un grande schiocco.
«Sei l'unico torero che mi sta simpatico, non sempre, ma spesso»
«Mi accontento. Adesso vai, tra poco sarà pronta la cena» Isabel tornò indietro e quando fu sulla porta si voltò di nuovo verso suo padre che stava per rimettersi gli occhiali.
«Credi davvero che abbia una cotta per me?» lo chiese cercando di nascondere il suo interesse.
«Ti interessa?»
«No, certo che no. Ma se così fosse dovrei mettere in chiaro le cose con Ruben» il rossore sulle sue guance la tradì di nuovo.
«Ci penserò io, adesso vai» Isabel andò in camera sua, voleva farsi una doccia e mettersi comoda. Rimase immobile sotto il getto dell'acqua calda. Quel giorno aveva lavorato molto ma ancora non sentiva la stanchezza, la cavalcata l'aveva fatta rianimare.
Cercò di reprimere quel pensiero che si affacciava nella sua mente, Ruben aveva una cotta per lei, ma non riusciva a pensare ad altro. Smettila, Isa, ti caccerai in guai che non vorresti avere.

 

***

 

Il giorno dopo Ruben tornò alla villa per allenarsi. E così fece per molti giorni, i giorni diventarono settimane che poi diventarono mesi. Si allenava otto ore al giorno, prima correva, faceva esercizi per i muscoli e provava le mosse principali che ogni matador deve saper svolgere con agilità.
Diego lo osservava sempre con molta cura, ogni giorno vedeva crescere quel ragazzo che metteva tutto l'impegno possibile in quello che faceva. Stava diventando abile, aveva molta passione. Presto sarebbe arrivato il momento della sua prima corrida.
Isabel lo attendeva ogni giorno, e appena lo vedeva arrivare il suo cuore accelerava i battiti. Dopo gli allenamenti continuarono a vedersi. Diego faceva finta di non sapere, ma in realtà li aveva visti molte volte. Rimaneva in silenzio solo perchè era stata Amanda a chiederglielo.
Quasi ogni sera, Isabel e Ruben, prendevano Pedro e cavalcavano sulla collina, ormai era diventata un abitudine. Potevano passare anche ore a parlare, non si stancavano mai. Isabel amava ascoltarlo, ogni giorno aveva qualcosa da raccontare, presto impararono molto l'una dell'altro.

 

Isabel era al pub. Quella sera lei e Ruben non avrebbero potuto vedersi, doveva lavorare fino a tardi. La grande sala era piena, come ogni sabato. Isabel era di buon umore, lo era sempre da quando aveva iniziato a conoscere Ruben e Iago lo aveva capito.
La serata passò tranquilla, i clienti erano soddisfatti e non ci furono problemi. Iago ed Isabel erano intenti ad asciugare i bicchieri dietro il bancone, entrambi in silenzio. Isabel aveva notato un cambiamento in lui, le parlava poco, era come se avesse innalzato un muro tra di loro. A lei questo non piaceva, erano sempre stati buoni amici.
«C'è qualcosa che non va?» chiese infine esasperata da quel silenzio. Iago alzò lo sguardo per un secondo, e sbuffò.
«Niente» rispose secco.
«Avanti Iago, dimmi cos'hai! Insomma sembra che stai cercando di evitarmi»
«Non vorrei rovinare la tua felicità» Isabel alzò un sopracciglio, non capiva cosa stesse dicendo.
«Cosa stai farneticando?»
«Da quando conosci quel torero sei sempre allegra. L'ho capito sai... so che vi vedete»
«Ci vediamo perchè è sempre a casa mia» quella conversazione iniziava ad innervosirla.
«Vi state frequentando. A me hai sempre detto che non era il momento per una relazione, e dio solo sa quanto tu mi piaccia» Isabel rimase immobile, quelle parole la stupirono. Pensava che Iago si fosse reso conto che tra di loro poteva esserci solo amicizia, era stata chiara con lui. Ma evidentemente lui aveva sempre sperato che le cose cambiassero.
«Io e Ruben non ci frequentiamo come pensi tu. E non è questo il problema. Io e te siamo amici, penso che tu sia il mio unico vero amico. Pensavo fosse chiaro» Iago si avvicinò a lei, pericolosamente vicino. Le prese il viso tra le mani e la fissò negli occhi.
«Isa...» la sua voce era quasi un sussurrò. Lei rimase ferma, doveva chiarire subito. A lei non piaceva Iago, almeno non in quel senso e adesso ne era più sicura di prima.
«Iago, non potrà mai...» non riuscì a finire la frase, lui la stava baciando.
Isabel non si rese conto della porta che si stava aprendo con un tonfo. Si divincolò e si staccò da Iago. Entrambi guardarono verso la porta, Ruben era lì.
«Toglile le mani di dosso!» urlò.
«Il pub è chiuso non puoi stare qui, vattene!» Iago si era avvicinato a Ruben, Isabel guardò prima l'uno e poi l'altro non sapeva cosa fare.
«State calmi! Ruben esci, ti prego. Ti raggiungo tra poco» Isabel cercava di rimanere calma.
«Io non vado da nessuna parte senza di te»
«Sta lavorando, e adesso esci» Iago si avvicinò ancora di più a Ruben i due potevano quasi sfiorarsi con la fronte.
Ruben sentendo il respiro dell'altro sul viso lo spinse facendole indietreggiare di qualche centimetro.
«No!» urlò Isabel raggiungendo i due. Non fece in tempo a fermali. Iago diede un pugno dritto sul viso di Ruben, il sangue iniziò a colare dallo zigomo che era appena stato colpito.
«Bastardo!» Ruben gli saltò addosso facendolo cadere. Gli stava tirando pugni sul viso, sul petto e sullo stomaco. Iago urlò per il dolore. Isabel osservava la scena, le mancava il respiro. Tirò Ruben dalla maglia e lui si alzò.
«Smettetela, smettetela!» era esasperata da tutta quella violenza. I due uomini si alzarono guardandosi in cagnesco. Iago aveva un taglio sul labbro, sanguinava anche lui.
«Andate via, tutti e due!» urlò infine. Isabel lo guardò per l'ultima volta, provava rabbia verso di lui ma anche dispiacere, non doveva andare così. Ruben la prese per mano e la portò fuori, riuscirono ad arrivare alla macchina anche se il suo zigomo continuava a gocciolare sangue.
«Quell'idiota mi ha spaccato la faccia!»
«Siete due idioti! Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?» disse Isabel facendolo sedere sul sedile della macchina.
«Quel coglione ti stava baciando e non credo che tu ne fossi felice»
«A te non deve interessare!» Isabel salì sull'auto, mise in moto e partirono.

 

Isabel guidò in silenzio, era ancora sotto shock. Era stata forse una scenata di gelosia? Non le piaceva la violenza, ma cosa doveva aspettarsi da una persona che uccide a sangue freddo.
Arrivarono alla villa in poco tempo, Isabel aveva pigiato sull'acceleratore. Pensò che Consuelo era anche un infermiera, l'avevano assunta anche per questo motivo, così invece di andare in ospedale lo portò alla villa.
Consuelo era ancora per metà addormentata, era notte fonda e l'avevano disturbata. Esaminò la ferita con cura e disse che non c'era bisogno di punti. Disinfettò il taglio e mise un cerotto. Sicuramente l'occhio sarebbe diventato nero.
«Ti sta bene» disse Isabel. Ruben non rispose, prese un antidolorifico e cercò di alzarsi per tornare a casa, ma dei passi attirarono la loro attenzione.
«Cosa succede?» chiese Diego entrando in cucina, era in pigiama e la sua voce era impastata. «Niente, papà» rispose prontamente sua figlia, cercando di nascondere Ruben.
«Niente? E questo ti sembra niente? Chi ti ha ferito?» indicò la ferita del ragazzo.
«Nessuno, è stato un incidente» Ruben era imbarazzato.
«Ve lo avevo detto che non dovevate vedervi! Sai cosa significa? Se ti metti in mezzo a delle risse finirai sui giornali e la tua carriera ne risentirà. Mi avete deluso entrambi» i ragazzi abbassarono lo sguardo.
«Il proprietario del pub in cui lavora Isa... le stava dando fastidio» biascicò Ruben.
«Non dovete vedervi più. Basta, adesso è un ordine. Se vuoi ancora essere allenato da me questa storia deve finire. Avete capito? E adesso torna a casa, non ti farò riposare domani» Diego tornò sulle scale e sparì al piano superiore.
«Hai visto cosa hai fatto? Non potevi comportarti in modo civile?» una lacrima solcò il volto di Isabel.
«Ero geloso, ok? Quando ho visto che ti stava baciando...»
«Hai rovinato tutto!» urlò Isabel salendo le scale. Ruben rimase nella cucina per alcuni minuti, sperò che Isabel tornasse indietro ma non lo fece. Uscì dalla villa e tornò a casa imprecando.

 

Spazio autrice:
Salve a tutti! Cosa ve ne pare del quarto capitolo? Come al solito fatemelo sapere tramite una recensione! Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia, e tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti. Grazie di cuore ^^
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** È giunto il momento ***


Capitolo 5

È giunto il momento

 

Isabel era in camera sua, un raggio di sole illuminava pigramente la sua stanza. Se ne stava sdraiata sul letto con Dalì al fianco, era pensierosa. Era passata una settimana dall'ultima volta che aveva visto Ruben. Suo padre era deciso più che mai, non dovevano vedersi più. Inoltre Diego aveva deciso che non era più il caso di allenarsi alla villa, avrebbero continuato il lavoro all'arena ufficiale. I pensieri di Isabel furono interrotti da un rumore, qualcuno stava bussando alla sua porta. «Isa, sono la mamma»
«Entra» rispose Isabel distrattamente. Amanda aprì la porta ed entrò, aveva il viso corrucciato. Si avvicinò al letto della figlia e si sedette accanto a lei.
«Tesoro, so che sei triste ma non puoi rimanere tutto il giorno in camera tua»
«Si che posso! Papà è stato troppo duro, in fondo io e Ruben siamo solo buoni amici. E poi non ho più neanche un lavoro, non voglio tornare al pub dopo quello che è successo»
«Sei sicura che tu e Ruben siete solo buoni amici? Io e tuo padre ci siamo accorti che forse c'è qualcosa di più...» Isabel guardò sua madre dritto negli occhi. Non voleva parlare, e soprattutto non con lei, aveva troppi pensieri per la testa. Il suo animo era ancora combattuto, provava sentimenti contrastanti.
«Sono sicura. E poi non sono affari vostri. Ruben ha sbagliato, e dio solo sa quanto mi faccia innervosire il suo comportamento, ha rovinato tutto» Amanda sospirò. Sua figlia era ancora testarda, fin da quando era piccola non era mai riuscita a farla ragionare. Quando prendeva una decisione rimaneva tale.
«Che ne dici di vederlo? Potreste parlare e chiarire» Isabel alzò un sopracciglio. «E come faccio a vederlo? Papà lo verrebbe a sapere...»
«Lo dirò io a Ruben, potreste vedervi al lago dietro la collina» disse Amanda con sguardo malizioso.
«Lo faresti davvero? Non pensavo che fossi un genio del male» sorrise per la prima volta in quella settimana.
«Non sono una genio del male ma sono esperta in queste cose, non sai cosa abbiamo passato io e tuo padre da giovani. Tuo nonno non voleva che ci vedessimo, si preoccupava del fatto che la mia presenza lo distraesse» Isabel pensò a suo padre, a quanto pareva stava continuando a commettere gli stessi errori del nonno.
«Allora d'accordo. Dirai a Ruben di aspettarmi stasera al lago» gli occhi di Isabel ripresero la vivacità di un tempo. Il solo pensiero di rivederlo la rendeva eccitata, avrebbe di nuovo rivisto i suoi occhi blu.

 

Amanda raggiunse Diego all'arena. Gli uomini erano tutti presi dagli allenamenti, presto per Ruben sarebbe arrivato il suo debutto. «Mia cara, che sorpresa! Cosa ci fai qui?» chiese Diego baciando sulla guancia sua moglie. «Ti ho portato le pillole che ti ha prescritto il medico. Ti dimentichi sempre qualcosa»
«Grazie, iniziavo a sentirmi debole» Diego si sedette su una sedia e prese una delle pastiglie.
«Tua figlia è infelice, Diego. Vuole vedere quel ragazzo, la fa sentire bene» disse Amanda guardandolo negli occhi.
«Lo so, è dura anche per me vederla in quel modo. Ma così rischiamo di vanificare tutti gli sforzi fatti in questi due mesi di allenamenti»
«Diego, ricordi tuo padre? Stai facendo lo stesso errore. Avevi promesso ad Isabel di comportarti diversamente»
«Le darò il permesso di vederlo solo dopo la sua prima corrida» Diego sospirò rumorosamente, non riusciva mai a discutere con sua moglie e in fondo aveva ragione.
«Così va meglio, saggia decisione» Amanda baciò di nuovo suo marito e andò alla ricerca di Ruben.
Lo incontrò sulle scale che portavano agli spalti, avevo lo stesso sguardo pensieroso di sua figlia. Gli riferì messaggio di Isabel. Lui le sorrise emozionato, finalmente avrebbe rivisto Isabel, la ragazza più bella che avesse mai conosciuto.
«Ma stai attento, Diego è molto furbo»
«Farò il possibile. Grazie!» esclamò lui elettrizzato. I due si allontanarono, ma prima di andare, Amanda lo chiamò facendolo voltare.
«Non farle del male, ha già sofferto abbastanza» il suo tono era serio. Senza aggiungere altro andò via, lasciando il ragazzo solo con i suoi pensieri.


Isabel rimase in trepidante attesa per tutto il giorno. I suoi pensieri erano solo rivolti a Ruben e al momento in cui l'avrebbe rivisto. Le erano mancate così tanto le loro infinite chiacchierata. Il modo in cui lui la guardava, il modo in cui lui sorrideva. Si rese conto di non aver mai visto un sorriso così bello.
Arrivata l'ora di cena mangiò in fretta, senza gustare niente, la sua pazienza stava per esaurirsi, voleva vederlo. Attese che tutti furono nei loro letti, aspettò per qualche minuto e uscì dalla sua camera. Scese le scale in silenzio, fece attenzione ad ogni minimo rumore. Corse alla porta sul retro ed uscì all'aria aperta, il vento le sferzò il viso. Si mise il cappuccio sulla testa e si incamminò sulla collina.
Quando arrivò al lago non vide nessuno, e per un momento pensò che lui non sarebbe arrivato. La luna illuminava la superficie del piccolo lago, lo faceva sembrare lastricato d'argento. Sentì dei passi dietro di lei e voltandosi lo vide.
«Signorina Torrès cosa ci fa fuori casa a quest'ora?» disse Ruben sorridendo. Quel sorriso scaldò il cuore di Isabel che improvvisamente non ebbe più freddo. Lo fissò senza dire niente riuscì solo a lanciarsi verso di lui abbracciandolo. Ruben le passò una mano tra i capelli morbidi.
«Per colpa tua non ci siamo potuti vedere, sei un disastro!» iniziò a piangere senza capirne il motivo.
«Non fare così. Mi sei mancata anche tu» rimasero in quella posizione per un tempo infinito. Non voleva parlare, le bastava sentire il suo profumo.
«Tra due giorno disputerò la mia prima corrida» Ruben parlò velocemente, come per togliersi un peso. Lei alzò la testa e indietreggiò da lui. Per un attimo si era dimenticata del suo lavoro, si era dimenticata che era un matador, ma purtroppo la realtà dei fatti era quella.
«Non andare, non farlo!» le parole le uscirono quasi contro la sua volontà.
«Sai che non posso. Io devo andare, e soprattutto voglio andare. È la mia grande occasione»
«Perché? Mi chiedo solo questo. Sai, mi ero quasi dimenticata di quello che fai, perchè tu non sei una persona malvagia, non credo sia possibile che tu riesca a fare certe cose» la voce di Isabel era rotta dal pianto.
«Ogni persona ha dentro di sé molte sfaccettature, e non tutte sono belle. Tu pensi che io sia solo un torero ma sono anche molto altro» Isabel si asciugò gli occhi, e si voltò a guardare la luna. Perché le stava succedendo questo? Perché sentiva il cuore scoppiare di fronte a lui?
«Adesso torna a casa prima di congelarti» Ruben le accarezzò una spalla. «E quando ci rivedremo?» chiese lei a disagio. «Dopo la corrida, promettimi che sarai lì» la fece voltare verso di lui per guardarla in faccia.
«Non puoi chiedermi questo, non puoi»
«È inutile girarci attorno. Tu mi piaci e io piaccio a te, l'ho capito dal primo momento in cui ti ho vista. So che tu sei combattuta per il lavoro che faccio, ma lo sai anche tu che sei attratta da me. Devi prendere una decisione e devi farlo in fretta. Se tra due giorni ti vedrò continueremo a vederci, in caso contrario... non ci vedremo mai più» gli occhi di Ruben la fissarono, cercavano di scavare dentro la sua anima. Isabel era confusa, quello che aveva detto era tutto vero. Cazzo se è vero! Ma non era così facile, non puoi tenere a bada i sentimenti.
«Devo pensarci» disse infine Isabel più confusa di prima.
«Pensaci bene, e adesso vai» lei si voltò e ripercorse la strada che aveva fatto qualche ora prima. Lui la osservò andar via.
Quando tornò alla villa si sentiva svuotata, il suo cuore era impazzito e la sua testa era confusa. Non voleva pensare a niente, decise che avrebbe dormito e il giorno dopo avrebbe preso una decisione. Appena si sdraiò sul letto pensò che non avrebbe dormito, invece, entro pochi minuti, si addormentò.

 

***

 

In Spagna la corrida de toros è una tradizione radicata dall'800 d.C. Per gli spagnoli è un momento di festa e di raccoglimento, non vi trovano nulla di strano nel vedere uccidere un toro.
Diego e Ruben erano concentrati, la preparazione di un torero è un vero è proprio rito che va osservato scrupolosamente. Erano entrambi raccolti in preghiera nella cappella dell'arena, Ruben fissava il sole che filtrava dalla vetrate della chiesa.
«Ogni volta che ti prepari per una corrida ricorda che potrebbe essere l'ultima, devi dare sempre il meglio» Diego stava sussurrando. Ruben ascoltò in silenzio e fece un cenno di assenso con la testa, capiva perfettamente cosa stava dicendo il suo mentore.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, erano preoccupati ma anche molto emozionati. Quel giorno avrebbe segnato la vita di Ruben. Sarebbe potuto diventare il migliore, ma se avesse sbagliato qualcosa il pubblico deluso avrebbe fischiato senza problemi.
«Vieni Ruben, devi vestirti, manca poco» Ruben alzò lo sguardo. Si rese conto che era giunto il momento e un brivido gli percorse la schiena.

 

La mattina della corrida Isabel si svegliò confusa, aveva pensato molto su cosa fare ma ancora non era giunta ad una conclusione. La domanda era solo una: preferiva mantenere i suoi principi senza di Ruben, oppure preferiva abbassare la testa ma continuare a vederlo? Si alzò sbadigliando e andò in camera dei suoi genitori. Diego non c'era ma Amanda stava finendo di vestirsi.
«Cosa devo fare?» chiese Isabel appoggiandosi allo stipite della porta. Amanda si voltò, sapeva a cosa si stesse riferendo, non aveva bisogno di spiegazioni.
«Devi fare quello che senti. Ascolta il tuo cuore, bambina mia»
«Se verrò i miei principi verranno a mancare, è giusto rinunciare a qualcosa per un uomo?» sospirò.
«Non hai bisogno di rinunciare ai tuoi principi, non devi fare la spettatrice. Ti basterà essere lì per dimostrare che tieni a lui»
«Sono così confusa!» rispose Isabel sedendosi sul letto di sua madre. Si sentiva scoraggiata.

 

Ruben iniziò a vestirsi, aiutato dal suo mozo de espadas, l'aiutante che ogni torero deve avere per la preparazione.
Il vestito, detto “Traje de Luces” era color oro e rosso granato rivestito con paillettes di mille colori. Una volta vestito si guardò allo specchio, sentiva il suo cuore battere all'impazzata. Finalmente il suo sogno si sarebbe avverato. Infine prese la montera, il classico cappello da torero, e si aggiustò la giacca. In lontananza sentiva rumori delle persone che si affrettavano ad entrare sugli spalti. La tensione stava salendo alle stelle, ma lui chiuse gli occhi e pensò a suo padre. Pensò a quanto sarebbe stato fiero di lui in quel momento. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla, per un momento pensò che suo padre fosse dietro di lui, ma voltandosi vide che era Diego, stava sorridendo. «Stai tranquillo, sono sicuro che farai tutto con cura»
«Sono sicuro anch'io. In fondo ho avuto come allenatore il torero migliore della Spagna» i due si guardarono negli occhi e si abbracciarono. Era il primo segno di affetto che si dimostravano, ma entrambi sapevano che tra loro si era creato un legame molto forte.
«Isabel, verrà?» chiese Ruben staccandosi dall'abbraccio. Gli occhi speranzosi.
«Non è mai venuta a vedere me... ma la speranza è l'ultima a morire, quella ragazza è piena di sorprese»

 

Isabel guardò sua madre scendere al piano inferiore, presto avrebbe preso la macchina e quella sarebbe stata l'ultima opportunità di arrivare all'arena. Si vestì contro voglia, la sua testa era piena zeppa di domande e poche risposte. Si guardò allo specchio. Che devo fare, che devo fare?
«Isabel, io sto per uscire» urlò sua madre in fondo alle scale. Isabel scese le scale correndo, si avvicinò a sua madre con il respiro affannato.
«Se io vado... non farò un torto ai miei principi, giusto? Se lo vedrò uccidere un toro e comunque avrò voglia di rivederlo significa che c'è qualcosa, e io devo scoprirlo» Amanda sorrise.
«Bene, prendi il cappotto, è ora di andare»
Isabel e Amanda arrivarono all'arena, non potevano vedere Ruben, era vietato. Così presero posto sugli spalti riservati ai famigliari dei toreri. Gli spalti erano gremiti di persone, erano tutti in trepidante attese, lo si poteva sentire nell'aria.
Diego vide Amanda sugli spalti e la raggiunse, voleva godersi lo spettacolo. Si sedette vicino ad Amanda, ma il suo sguardo era per sua figlia. Alzò un sopracciglio e sorrise.
«Per me non sei ma venuta» disse con voce severa.
«Sarà la prima e ultima volta, non farci l'abitudine» rispose Isabel rivolgendo gli occhi al cielo. «Ruben sta bene? È pronto?» chiese Amanda curiosa.
«Prontissimo, lo vedrai tu stessa»
Gli altoparlanti disposti nell'arena iniziarono a gracchiare. Una voce squillante annunciò che la corrida stava per iniziare. La folla iniziò ad urlare e a ridere, presto sarebbe iniziato il divertimento che tutti stavano aspettando.
I cancelli si aprirono, Isabel si alzò in piedi per vedere meglio. Ruben entrando con passo lento e la testa alta provocò un boato tra la folla. Il cuore di Isabel iniziò a battere velocemente, vederlo vestito da torero le causò una fitta di dolore ma anche tenerezza.
Ruben arrivò al centro dell'arena. Come da tradizione il torero doveva lanciare il cappello in aria, da come questo sarebbe caduto sulla sabbia ne avrebbe dedotto l'andamento della corrida. Ruben preso la montera tra le mani e la lanciò in alto. Il pubblico trattenne il fiato. Ruben osservò il cappello volteggiare in aria. Quando toccò terra vide che era atterrato dritto: la corrida sarebbe andata bene. Il pubblico esplose in un ennesimo boato. Ruben sospirò di sollievo ed anche Isabel.
«Andrà bene» le disse sua madre all'orecchio vedendola così nervosa.
La corrida iniziò tra le ovazioni degli spettatori. Il toro era entrato nell'arena, era un insieme di muscoli e forza bruta, la pelle nera era lucente. Ruben con la muleta, il classico drappo rosso, tra le mani osservò il toro. Cercò di prevedere ogni sua mossa.
Era concentrato e rilassato nonostante la folla intorno a lui. Sapeva esattamente cosa fare, ripassava nella mente tutti gli accorgimenti che Diego gli aveva ripetuto nei mesi in cui si era allenato.
Il toro corse verso di lui sbuffando dal naso, aveva l'aria minacciosa anche se il suo unico scopo era quello di uscire da lì. Ruben lo schivò con maestria, il pubblico esultò alzandosi in piedi.


Isabel osservava la scena in silenzio, il suo pensiero andò al povero toro spaventato. Non si rese conto delle voci che provenivano dalle sue spalle, pensò che fossero dei semplici spettatori ma non era così. Si voltò e vide due donne. Una era più giovane, non era molto alta. I lunghi capelli castani le arrivavano a metà schiena e gli occhi erano di un color ambrato quasi raro. L'altra donna, invece, doveva avere l'età di sua madre. Le due si avvicinarono a Diego, la donna più grande sembrava conoscerlo.
«Dolores! Che piacere, pensavo che non saresti arrivata» disse Diego stringendo la mano della donna. «Siamo in ritardo, lo so. Scusateci» Dolores aveva un'aria gentile, serena.
«Vi presento Dolores, la madre di Ruben» Diego si rivolse alla moglie e alla figlia. Isabel sorrise alla donna, in effetti notava qualche somiglianza con Ruben, avevano lo stesso sorriso.
«Che belle signore! Piacere di conoscervi» disse Amanda mentre stringeva le loro mani.
Un rumore improvviso fece voltare tutti verso l'arena. Ruben stava facendo stancare il toro, ma era scivolato all'ultimo momento, per poco non cadde,il pubblico sospirò all'unisono. Per fortuna Ruben riprese l'equilibro. Il pubblico applaudì e le urla ripresero.
«Chi è la signorina con te? Non mi sembra di conoscerla» disse Diego riprendendo la conversazione.
«Che sciocca, non vi ho ancora presentati. Lei è Marisol, la fidanzata di Ruben» Isabel non comprese subito quelle parole, o forse non voleva capire. La fidanzata di Ruben? Lui era fidanzato? Era perplessa e delusa. Non che ci fosse qualcosa di veramente sbagliato, in fondo tra lei e Ruben vi era solo amicizia, ma nonostante questo provò una fitta di gelosia nella pancia. Amanda osservò sua figlia, improvvisamente era diventata pallida e anche lei era perplessa da quell'affermazione.
«Piacere di conoscervi. Ruben è molto grato per quello che avete fatto per lui» disse Marisol sorridendo. È anche bella! Pensò Isabel senza lasciar trapelare il suo nervosismo. Le due donne si sedettero poco distante dalla famiglia Sanchez Torrès. Isabel continuava a torturarsi le mani. «Non ne sapevamo niente» le disse Amanda ad un orecchio.
«Neanch'io, non sarei qui» rispose lei a denti stretti. Cercò di trattenere le lacrime il più possibile, non voleva piangere in pubblico.

 

Finalmente la corrida era giunta alla terza ed ultima parte: “Tercio de muleta”. Ruben stava sudando, aveva perso molte forze per tenera a bada il toro. Per fortuna le corse mattutine avevano aumentato la sua capacità polmonare. Il toro era sfinito, presto sarebbe arrivata la sua ora. Ruben prese la spada, fissava gli occhi del toro, provava rispetto per l'animale. Si era battuto con orgoglio e forza, ma doveva ucciderlo. Con uno scatto fulmineo saltò e conficcò la spada tra le scapole del toro. Doveva raggiungere il cuore così sarebbe morto al primo colpo, e così fu. Il pubblicò si alzò in piedi, esaltato da quella corrida perfetta. Ruben si voltò verso gli spalti e salutò tutti gli spettatori che urlarono ancora più forte. All'improvviso molti di loro iniziarono a sventolare fazzoletti bianchi, era tradizione farlo quando la corrida era stata eseguita in modo perfetto e per dimostrare calore al torero. Ruben si inchinò, e con lo sguardo cercò Diego. Si guardarono e si scambiarono un cenno con la testa, era andato tutto come previsto. Poi pensò ad Isabel, non la vedeva.

 

Isabel guardò tristemente l'uccisione del toro, il suo cuore batteva all'impazzata, in poco tempo aveva appreso troppe notizie, troppe emozioni. Era triste, una tristezza infinita che la lasciava quasi in uno stato di trans. I rumori sugli spalti le sembrarono lontani. Sua madre accanto a lei le sembrò lontana anni luce. Era delusa, e non era pronta a questo. Fissava Ruben, vide il cenno che si scambiò con suo padre, ma le sembrava di guardare dagli occhi di qualcun altro, lei era sospesa per aria. Vide Ruben cercare qualcuno con lo sguardo, capì che stava cercando lei. Quando i loro occhi si incontrarono lei provo una vibrazione in tutto il corpo, tra loro c'era elettricità.
Ruben capì subito che c'era qualcosa che non andava. Alzando lo sguardo vide Marisol, e capì cosa aveva turbato Isabel.
Isabel si alzò in piedi, afferrò la ringhiera davanti a lei e scosse lievemente la testa, sempre tenendo fissi i suoi occhi su quelli di lui. Non riuscì più a trattenere le lacrime, pianse a dirotto, non le importava più delle altre persone. Sua madre le prese una mano ma lei la spinse via, voleva andare, voleva tornare a casa e scordarsi quel giorno. Corse verso l'uscita con le mani sul viso.

 

Spazio autrice:
Ciao ragazzi, ecco a voi il quinto capitolo! Finalmente il sogno di Ruben si è avverato. Ma un nuovo personaggio si affaccia nella storia: Marisol. Cosa ne pensate? Fatemelo sapere tramite una recensione!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e tutti quelli che hanno recensito i precedenti capitoli! Grazie davvero ^^
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Le tue bugie ***


Capitolo 6

Le tue bugie

 

Isabel uscì dall'arena in lacrime, tutte quelle emozioni le avevano fatto scoppiare il cuore. Si era lasciata ingannare da un sorriso e da una fossetta. Che stupida!
Quando arrivò alla macchina si accorse che non aveva le chiavi, e di certo non poteva tornare a piedi. Maledì quel giorno e maledì il giorno in cui aveva conosciuto Ruben. Anzi pensandoci bene, maledì il giorno in cui suo padre si era lasciato trafiggere dalle corna di quel toro. Se non fosse stato per lui non avrebbe mai incontrato quello sporco bugiardo. In fondo lei stava bene prima dell'incidente. Aveva il suo lavoro e un amico, e adesso non aveva più nessuna della due cose.
Si appoggiò alla macchina e diede un pugno sul cofano, nel parcheggio non vi era nessuno. Erano ancora tutti nell'arena, poteva sentire le ovazioni del pubblico.
Decise che avrebbe chiamato un taxi e sarebbe tornata a casa, poi si sarebbe immersa nella vasca da bagno piena di acqua calda e sarebbe rimasta immobile per tutto il giorno. Le sembrò una buona idea. Prese il cellulare con mani tremanti e chiese di avere un taxi all'operatrice cordiale. Non dovette aspettare molto, entro dieci minuti era diretta verso la villa.

 

La vasca totalmente bianca era colma di acqua, il vapore si innalzava pigramente verso il soffitto. Isabel si spogliò e si immerse. L'acqua calda sul corpo la faceva sentire meglio, le piaceva quella sensazione. Sospirò e chiuse gli occhi. Il silenzio della casa era assoluto, non voleva essere disturbata da nessuno.
Nella mente ripassò tutti gli accadimenti di quella giornata. Ripensò al toro stordito, a Ruben che si muoveva con destrezza. Poi quando le si formò davanti agli occhi l'immagine di Marisol le venne una nuova fitta al cuore. Poteva ancora sentire le parole di Dolores. È la fidanzata di Ruben. Perché non le aveva mai parlato di lei? Si sentì una stupida. Pensò che in realtà si era immaginata tutto, Ruben non aveva una cotta per lei, voleva solo amicizia e lei aveva frainteso, come aveva fatto Iago.
Aprendo gli occhi improvvisamente si rese conto di una cosa; l'unica ad avere una cotta era lei. A quel pensiero riniziò a piangere. Com'è che cantavano gli Aerosmith? Love is sweet misery!
Quando ebbe pianto tutte le sue lacrime e quando ormai l'acqua era divenuta fredda, si alzò dalla vasca e prese l'accappatoio. Guardandosi allo specchio osservò gli occhi gonfi e arrossati. Come poteva biasimare Ruben? Marisol era una splendida ragazza, invece lei non lo era affatto. Era così presa da quei pensieri da adolescente alle prime armi che le urla di sua madre la fecero sobbalzare.
«Isa! Sei a casa?» Amanda corse verso il piano superiore ed entrò come una furia in camera di sua figlia, era spaventata e aveva il respiro affannato.
«Sono qui, mamma» rispose lei uscendo dal bagno in accappatoio.
«Oh, Isa. Vieni qui» si avvicinò ad Isabel a l'abbracciò il più forte possibile. Aveva capito da tempo che sua figlia aveva preso una cotta. E anche lei era rimasta sorpresa dalle parole di Dolores. Aveva sempre pensato che Ruben fosse un bravo ragazzo, l'aveva anche avvertito di non farla soffrire ma, tristemente, pensò che non ci si poteva fidare di nessuno.
«Me lo merito! Avevo immaginato tutto. Come poteva provare qualcosa per me se ha già una bellissima fidanzata?» disse Isabel staccandosi dall'abbraccio di sua madre.
«Non è vero! Non hai immaginato tutto. Gli uomini, molto spesso, possono essere crudeli. Ma sai cosa ti dico? Non devi essere triste per lui, non lo merita» Isabel fece un cenno di assenso con il capo. Sua madre aveva ragione. «Esatto, non lo merita. Non gli darò la soddisfazione di vedermi triste»
«Brava, piccola. Tu sei bellissima e prima o poi troverai qualcuno che ti meriti davvero. Fidati di me» Amanda era decisa e sicura. Quelle parole tirarono su di morale Isabel, dopo anni di litigi e silenzi finalmente sua madre era dalla sua parte. «Dov'è papà?» chiese infine.
«Con Ruben e la sua... famiglia. La corrida è stata un successo, tutti vogliono parlare con il nuovo promettente torero»
«Spero di non vederlo mai più» disse infine Isabel decisa.

 

Ruben era ancora emozionato per come era andata la sua prima corrida, ma allo stesso tempo era nervoso e preoccupato. Isabel aveva messo da parte il suo orgoglio e lui l'aveva fatto del male. Come era venuto in mente, a Marisol, di partecipare alla corrida? Era stato chiaro con lei: tra di loro era tutto finito. Quando si liberò dai giornalisti e dalla folla riuscì a tornare nel suo camerino. Ad attenderlo vi erano Dolores e Marisol.
«Ruben, finalmente hai realizzato il tuo sogno!» sua madre aveva le lacrime agli occhi, lo abbracciò. «Grazie, mamma, senza il tuo appoggio non ce l'avrei mai fatta» Marisol rimase in silenzio ed osservò la scena. Quando i due si staccarono dall'abbraccio, Ruben era scuro in viso. Chiese a sua madre di uscire, doveva parlare in privato con Marisol. Dolores era un po' confusa ma ubbidì senza protestare. Una volta soli Ruben si voltò verso di lei. «Come ti è saltato in mente? Lo vuoi capire che non provo più niente per te?» Marisol abbassò il viso, sapeva perfettamente che lui non provava più niente per lei, l'aveva capito da molto tempo. Ma lei non voleva rinunciare a lui. Si erano conosciuti quattro anni prima, erano entrambi studenti universitari. Ruben era stato sempre molto gentile e non poté far altro che innamorarsi perdutamente di lui. Si innamorò del suo sguardo, e del modo in cui riusciva a tirarle su il morale anche quando era a pezzi. Dopo un anno di amicizia, Marisol decise di fare il primo passo e negli ultimi tre anni erano stati inseparabili. «Non può finire così. Non puoi buttare all'aria tre anni di relazione! Pensa a tua madre, ne sarebbe distrutta» Ruben rifletté su quelle parole. In effetti Dolores era molto affezionata a Marisol, ormai pensava che si sarebbero sposati. «Non posso stare con te solo perchè mia madre ne risentirebbe, anche lei capirà» Marisol si avvicinò a lui. Gli accarezzò il viso. «Non voglio che finisca, io ti amo.» Ruben si allontanò, era stanco, doveva essere il momento più felice della sua vita e invece si era trasformato in un incubo. «Appena ne avrò l'occasione lo dirò a mia madre, e tu dovrai fartene una ragione» Marisol non aggiunse altro e lasciò la stanza.

 

Dopo la sua prima, ed eccezionale corrida, Ruben venne intervistato da molti giornalisti, la sua faccia era spesso alla TV. Tutti dicevano che era una nuova rivelazione, che non si vedeva un torero così bravo dai tempi in cui Diego Sanchez Torrès era giovane. Isabel passò quei giorni in casa, non aveva voglia di uscire. Ogni volta che vedeva Ruben sui giornali o in TV cambiava stanza, non voleva vederlo e non voleva sentir parlare di lui.
Passava le notti a leggere, sembrava che il sonno l'avesse abbandonata. Era sul divano insieme a Dalì e una coperta sulle gambe. Sentì dei passi provenire dalle scale, alzando lo sguardo vide suo padre. In quei giorni non avevano parlato molto, le sembrò di tornare alle vecchie abitudini. Aveva mandato all'aria tutte le sue promesse.
«Isa, è molto tardi. Perché non riposi?» disse Diego sedendosi vicino alla figlia. «Non ho sonno, preferisco leggere» rispose lei bruscamente. Diego sospirò e le accarezzò il viso. «Non devi prendertela. Nessuno sapeva di questo fidanzamento, credi che ti avrei lasciato venire alla corrida se lo avessi saputo?» Isabel lo guardò negli occhi, era sincero.
«Lo so, non è colpa tua. Se devo dare la colpa a qualcuno, devo incolpare solo me stessa, sono stata una stupida. Insomma... come ho potuto pensare che lui provasse qualcosa per me»
«Non sei stupida! Erano chiari a tutti i sentimenti di Ruben, però non capisco perchè si sia comportato in questo modo» Isabel appoggiò la testa sulle spalla di suo padre. Se non poteva avere Ruben, almeno poteva godere dell'affetto del padre. «Senti, che ne dici se smettiamo di parlare di lui?» Diego si morse il labbro superiore, di solito lo faceva quando si sentiva nervoso.
«Devo darti una notizia che, forse, non ti piacerà» Isabel sospirò, ormai era abituata alle brutte notizie. «Sentiamo...»
«Domani sera Ruben e la sua famiglia verranno a cena da noi» la voce di Diego era titubante. Isabel si alzò in piedi di scatto. Il movimento improvviso svegliò Dalì che sbadigliò osservando la sua padrona un po' confuso.
«Cosa? Verranno qui? Papà!» Diego la prese per un braccio e la fece sedere. «Dovevo farlo! È tradizione»
«Basta con le tradizioni! Io non voglio vederlo» Isabel alzò il tono della voce.
«Silenzio! Vuoi svegliare tutti? Tu non dovrai per forza parlarci...» Isabel sbuffò dal naso. Si lasciò cadere sul divano con le braccia conserte sul seno.
«E va bene, lo ignorerò. Lo faccio solo per te, papà. E non darò la soddisfazione a quel bastardo di vedermi stare male. Sarò la persona più felice dell'universo» Diego sorrise debolmente. «Sei uguale a tua madre» disse infine ridendo. Isabel sorrise a sua volta.
Diego tornò in camera da letto lasciando Isabel da sola nel grande soggiorno. Lei rimase a fissare il vuoto per alcuni minuti. Pensò che avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco. Durante la cena avrebbe fatto finta di stare benissimo, che quella notizia non l'aveva toccata minimamente. Non voleva passare da stupida davanti a Ruben, non gli avrebbe fatto vedere che lei aveva frainteso quello che c'era stato tra di loro.

 

Il giorno seguente Isabel si svegliò di buon umore. Durante la notte aveva pensato molto, in fondo quello che le era successo non era una tragedia. Succedeva spesso, e adesso era toccato a lei. Ma si sarebbe rialzata e avrebbe cercato di non pensarci più.
Il suo nuovo obbiettivo era quello di trovare un nuovo lavoro. Non sarebbe mai tornata a lavorare al pub. Però pensò che un giorno sarebbe tornata a parlare con Iago, dopo tutti quegli anni di amicizia non poteva ignorarlo per sempre.
Si vestì in fretta e scese di corsa le scale, voleva mangiare qualcosa velocemente e poi scappare in città. Consuelo le porse la sua solita tazza di caffè, e le diede un bacio sulla guancia.
«Buenos Dìas, Consuelo! Oggi è una giornata magnifica» l'altra continuò a preparare la colazione. Dopo poco entrò in cucina Amanda.
«Piccola mia, ti sei svegliata presto» disse rivolta a sua figlia. «Andrò in città, vorrei trovare un lavoro» rispose Isabel sorseggiando il caffè.
«Oh, bene! Vedo che il tuo umore è migliorato. Tuo padre ti ha detto della cena di stasera, vero?»
«Si, mi ha detto tutto. E non preoccuparti, sono tranquilla» sperò che fosse davvero la realtà.
«Meno male, era così in pensiero...» Amanda tirò un sospirò di sollievo, poi si rivolse a Consuelo. «Mi raccomando, per stasera deve essere tutto perfetto!»
«Certo signora Torrès, mi occuperò di tutto» le due donne continuarono a parlare di come sistemare la sala da pranzo, e di cosa avrebbero servito. Isabel non le stava ad ascoltare, per un attimo le ritornò alla mente il profumo di Ruben, scosse immediatamente il viso e si costrinse a non pensarci.

 

Il sole era alto nel cielo, il suo calore veniva mitigato dal vento autunnale, ma Isabel si fermò per qualche istante a crogiolarsi in quel tepore. Era in città da qualche ora, si era fermata in molti bar per chiedere un lavoro ma nessuno ne aveva bisogno. Si sentiva scoraggiata, il lavoro le serviva, non voleva chiedere i soldi ai suoi genitori. E poi con il lavoro non avrebbe avuto tempo per pensare ai suoi problemi.
Camminando si concentrò sulle vetrine dei negozi, si rese conto che non faceva shopping da molto tempo, e come diceva sempre sua madre: “lo shopping cura ogni male!”. Pensò che aveva assolutamente bisogno di un vestito nuovo, ne avrebbe comprato uno e lo avrebbe messo per la cena, aveva intenzione di far pentire Ruben.

 

La sala da pranzo era perfettamente in ordine. Il tavolo ovale era apparecchiato con cura. Per l'occasione avevano usato le porcellane più preziose. Amanda stava controllando la stanza, per lei organizzare cene era una vera e proprio passione, voleva controllare che tutto fosse in ordine. Aveva indossato un abito lungo e nero. Al collo portava una collana d'oro che le aveva regalato Diego quando erano giovani. Mentre accendeva le candele, che erano state messe in mezzo al tavolo, sentì suo marito entrare nella stanza.
«Puoi annodarmi la cravatta? Non ne sono mai stato capace» disse lui avvicinandosi alla moglie. Amanda sorrise, quante volte glielo aveva chiesto?
«Certo, vieni qui» annodò la cravatta con cura. Poi notò qualcosa nello sguardo di Diego. «Stai tranquillo, Diego. Non sentirti in colpa, vedrai che Isa se la caverà alla grande» Diego sospirò.
«Lo spero, non voglio che soffra» mentre finiva di parlare sentirono suonare il campanello. Gli ospiti erano finalmente arrivati.
Amanda andò ad aprire accogliendo gli ospiti con un sorriso sgargiante. Dolores e Marisol avevano dei classici abiti da cocktail, mentre Ruben indossava uno smoking.
«Entrate pure! Sono così felice di vedervi» Ruben aveva l'aria pensierosa. Attaccata al suo braccio Marisol sembrava non volesse staccarsi da lui.
«Sei bellissima, Amanda. Diego è un uomo fortunato» Dolores aveva sempre parole buone per tutti. Quando furono tutti dentro, Diego li raggiunse e salutò con calore.
«Isabel? Non c'è?» chiese Dolores curiosa. Proprio mentre finiva la frase, Ruben alzò gli occhi verso le scale, gli altri lo imitarono. Isabel era immobile in cima al primo scalino. I capelli erano acconciati in uno chignon perfetto. Portava degli orecchini con perle e il collo era avvolto da una collana d'argento. Il vestito era lungo, di un color rosso vermiglio. Aveva le spalle scoperte, lasciando vedere la profonda scollatura. Le scarpe erano alte e color oro, decorate con brillanti. Ruben rimase senza fiato, aveva sempre pensato che Isabel fosse una bella ragazza, ma vederla vestita in quel modo gli fece pensare ad una diva del cinema. Amanda sorrise, capì subito che il vestito era un modo per provocare Ruben.
«Buona sera, che piacere avervi qui con noi!» esclamò Isabel scendendo le scale. Marisol si accorse dello sguardo di Ruben, provò una fitta di gelosia. Quella ragazza era bellissima.
«Ma sei stupenda! Ottima scelta per quanto riguarda il vestito» disse Dolores prendendo una mano di Isabel.
«Signori, vogliamo andare nell'altra stanza?» disse Amanda per rompere il ghiaccio. Amanda, Diego e Dolores si avviarono verso la sala da pranzo. Marisol rimase attaccata al braccio di Ruben. Isabel li osservò entrambi, il suo cuore batteva forte. Provava molte emozioni, rabbia, gelosia, tristezza.
«Avanti, non state li impalati, venite anche voi» disse Isabel simulando un sorriso. Marisol lasciò il braccio di Ruben e si allontanò un poco, tenendo comunque d'occhio i due. «Isa, devo parlarti» Ruben stava bisbigliando.
«Non c'è bisogno. Adesso andiamo a mangiare» la voce di Isabel era estremamente calma. Si allontanò anche lei raggiungendo gli altri. Ruben sospirò, doveva assolutamente chiarire.

 

La cena era partita bene, i piatti cucinati da Consuelo erano squisiti. Tutti mangiarono con gusto e brindarono al successo di Ruben. Isabel rideva ed intratteneva conversazioni in modo naturale. Ruben teneva fissi gli occhi su di lei, nonostante quella facciata apparentemente calma lui sapeva che non era tranquilla.
Quando arrivò il momento del dessert, Marisol si avvicinò a Ruben e lo baciò. Isabel fissò la scena, impassibile fuori ma, dentro, stava esplodendo. Vedere quel gesto le fece aprire una voragine nello stomaco. Si alzò dalla sedia alla svelta. «Cosa c'è, Isa?» chiese Amanda che smise di parlare con Dolores.
«Niente. Vorrei solo andare in bagno» rispose allontanandosi dalla tavola. Quando non poterono più vederla iniziò a correre verso il piano superiore. Una volta arrivata in camera da letto si appoggiò al muro bianco del bagno. Aveva il respiro affannato, il cuore che le batteva all'impazzata. Improvvisamente la maschera che si era costruita per la cena si sgretolò e iniziò a piangere. Pensò a quanto le mancava Ruben, a quanto quel bacio l'avesse fatta sentire insicura e debole.
«Isa, sei qui?» Ruben l'aveva seguita e la raggiunse nella camera. Si avvicinò alla porta del bagno e la trovò rannicchiata contro il muro. Il trucco che poco prima era perfetto, adesso era tutto sbavato. «Vattene! Adesso!» urlò lei.
«Aspetta, devo spiegarti. Puoi ascoltarmi?» Isabel si alzò e gli andò incontro. Era furiosa, non poteva venire da lei come se niente fosse. Iniziò a tirare pugni sul petto di lui. Ruben le afferrò i polsi e la bloccò. «Fammi spiegare, ti chiedo solo questo!» nonostante il suo tono fosse calmo era anche molto deciso. Si guardarono negli occhi, di nuovo quegli occhi blu. Isabel si calmò e rimase in silenzio. Era riuscita a rimanere calma per tutto la sera e adesso aveva vanificato tutti i suoi sforzi.
«Non credo ci sia molto da spiegare. A quanto pare tu hai una fidanzata. E in fondo cosa c'è di male? Siamo solo amici, no?» disse lei tirando su con il naso.
«Non stiamo più insieme...» Ruben non riuscì a finire la frase. Una nuova ondata di ira prese possesso di Isabel, stava continuando a prenderla in giro. «Smettila di dire cazzate! Mi credi davvero così stupida?»
«Non l'ho mai pensato. Mia madre non sa che io e Marisol non stiamo più insieme. Sarebbe un duro colpo per lei» Isabel alzò un sopracciglio. «E a me non hai pensato?»
«Non pensavo che avrebbe portato anche lei alla corrida» rimasero in silenzio per alcuni secondi. Isabel non credeva alle sue parole, se quello che aveva detto era vero non l'avrebbe portata alla cena.
«Cerco di capire le tue motivazioni, ma non riesco» disse infine lei esasperata. «Non sto mentendo, e non l'ho fatto neanche prima. Io e Marisol non stiamo più insieme, anche se lei vorrebbe che fosse il contrario. Sistemerò tutto, te lo prometto»
«Non devi sistemare niente, preferirei non vederti mai più» Ruben pensò a quanto la voleva, a quanto volesse abbracciarla e tenerla con lui per sempre.
«Prima quando hai detto che siamo solo buoni amici... ti sbagliavi. Lo sai anche tu che tra di noi c'è molto di più» Isabel non rispose, il suo corpo non aveva più le forze per parlare. «Io tengo molto a te. Parlerò con Marisol e mia madre. Tutto tornerà come prima»
«Non potrà mai tornare come prima» la voce di Isabel era piatta. Ruben continuò a fissarla ma lei non ricambiò. Sapeva che gli occhi di lui le facevano un strano effetto. «Io ci riuscirò, farò tornare tutto come prima. Vieni con me, torniamo dagli altri» lui le porse la mano ma lei la scansò. Tornarono indietro senza aggiungere altro.

 

Quando tornarono in sala da pranzo, tutti gli osservarono in silenzio. Videro gli occhi gonfi di pianto di Isabel e lo sguardo corrucciato di Ruben. «Qualcosa non va?» chiese Dolores a sua figlio.
«In effetti, si. C'è qualcosa che non va. Io e Marisol avremmo dovuto parlarti già da tempo, non stiamo più insieme» Marisol trattenne il respiro era evidente che non si aspettava una dichiarazione del genere, fino a quel giorno aveva ancora sperato di tornare con lui. Dolores era perplessa, non capiva il motivo per il quale non le avessero detto niente.
«Ma... non sapevo niente. Avresti potuto dirmelo» Diego ed Amanda si sentirono in imbarazzo, quelle erano cose private, non erano certe cose da dire ad una cena in presenza di altre persone.
Dopo la confessione di Ruben, nessuno aveva avuto il coraggio di aprire bocca. Marisol era nervosa, e Dolores era ancora perplessa. Isabel osservò la scena ed ascoltò ogni parola di Ruben. Questo non le fece cambiare idea su di lui, ma almeno apprezzò il gesto.
Dopo pochi minuti Dolores decise di andare via insieme a suo figlio e Marisol, ne avrebbero discusso una volta arrivati a casa. Diego ed Amanda accompagnarono i loro ospiti alla porta e li salutarono dicendo loro di stare tranquilli, che tutto si sarebbe sistemato.


Spazio autrice:
¡Hola! Cosa ve ne pare del sesto capitolo? Abbiamo scoperto qualcosa in più su di Marisol e il motivo per il quale Ruben non aveva detto niente ad Isabel, voi gli credete? Ed Isabel riuscirà a perdonarlo? Lo vedremo nel prossimo capitolo. Mi raccomando fatemi sapere le vostre opinioni tramite una recensione.
PS: per questa settimana non caricherò altri capitoli a causa dello studio e un esame imminente. Quindi ci vedremo la prossima settimana!

A presto,
MissKiddo

 

 

 

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Capitolo 7
*** Dimmi di si ***


Capitolo 7

Dimmi di si

 

Ruben guidò in silenzio, voleva solo tornare a casa e mettere fine a quella serata. Rivedere Isabel aveva acceso in lui qualcosa, qualcosa di molto più profondo. Dolores e Marisol stavano immobili sui sedili posteriori, nessuno aveva voglia di discutere.
Arrivati a casa, Dolores chiese ai ragazzi delle spiegazioni, era rimasta molto offesa da quello che aveva fatto Ruben, aveva messo tutti in imbarazzo.
«Cosa ti è saltato in mente? Mi hai fatto fare la figura della cretina» urlò Marisol. Ruben strinse i pugni, doveva cercare di rimanere calmo.
«Potevi pensarci prima. Sapevi benissimo che non stavamo più insieme, perchè non hai confermato?» Dolores si massaggiò le tempie. «Ragazzi! Fate silenzio. Perché non me ne avete parlato prima?»
«Avevo paura di farti stare male, so quanto vuoi bene a Marisol, per te è come una figlia. Ma, ormai, non c'è più niente tra di noi» Marisol iniziò a piangere. Lei era ancora innamorata di Ruben, era stato il suo primo amore, non poteva di certo dimenticarlo da un giorno all'altro.
«Mi vuoi lasciare per quella troietta!» esclamò Marisol continuando a singhiozzare. Ruben si voltò verso di lei, era furioso. «Non ti azzardare! Sai benissimo che quando ho conosciuto Isabel era già finita tra di noi» Dolores osservò prima l'uno e poi l'altra. «Adesso basta! Cos'è questa storia? Hai una relazione con la figlia di Diego?»
«No... non proprio. Lei ha rovinato tutto!» sbottò Ruben indicando Marisol. Dolores si alzò in piedi, era indispettita. «Non parlare in questo modo con lei»
«Tranquilla, Dolores. Non c'è bisogno. Me ne andrò stasera stessa. Ma sappi, che non è finita qui» Ruben cercò di calmarsi, in fondo gli dispiaceva per Marisol, ma non poteva continuare a fingere. «Credo che sarebbe la scelta migliore. Troverai qualcun altro e sarai felice»
«No, non lo farò. Starò da sola, non sono come te. Eri tu la mia felicità» Marisol andò in camera da letto e prese qualche vestito. Il resto lo avrebbe preso il giorno dopo, adesso voleva solo andare via. Abbracciò Dolores, e la baciò dolcemente. Poi senza salutare Ruben uscì dall'appartamento.
«Sai che condivido sempre le tue scelte, se non provi più niente per lei è inutile prenderla in giro. Hai fatto la cosa giusta, non avresti dovuto pensare alla mia reazione» disse Dolores prendendo sua figlio per mano. Ruben sospirò, avrebbe tanto voluto dimenticare quella serata. «Ho rovinato tutto con Isabel, come farò a riconquistare la sua fiducia?»
«Dovevi parlarmene. Adesso capisco il motivo per cui è scappata dalla corrida. Povera ragazza. Ma vedrai che le cose si sistemeranno. Tieni molto a lei, vero?»
«Si... più di qualsiasi altra cosa»

 

Isabel aiutò Consuelo a sparecchiare la tavola, voleva fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di non pensare a Ruben. Quando tutto fu pulito andò in camera sua, osservandosi allo specchio pensò di essere ridicola. Si spogliò e gettò tutto per terra. Prese il suo pigiama preferito, si sentiva più a suo agio vestita in quel modo.
«Non è andata poi così male, non credi?» disse Amanda entrando nella stanza. Isabel si voltò verso di lei sospirando. «Dici? Io penso che sia stata la cena peggiore dell'ultimo secolo» Amanda abbozzò un sorriso.
«Tu non credi a quella storia? Insomma potrebbe benissimo essere così. Le donne a volte non recepiscono bene i messaggi»
«Non gli credo. Potrebbe benissimo aver mentito. Cristo! Si sono baciati davanti a me» Isabel si lanciò sul letto aprendo le braccia. Era sfinita. «Io penso sia stato sincero. Dovresti dargli una seconda opportunità»
«Mamma, non capisci. Ha picchiato il mio migliore amico facendomi perdere la sua amicizia e il lavoro. Mi ha fatto andare ad una corrida, una corrida! Ti rendi conto? Per me è finita così» sua madre andò verso il letto e le rimboccò le coperte, come faceva quando era piccola.
«E non trovi sia strano? Voglio dire... dopo tutti questi anni hai partecipato ad una corrida, e l'hai fatto solo per lui, quindi per te è importante, molto importante. Pensaci bene, Isa» Isabel prese un cuscino e lo poggiò sul suo viso. «Voglio solo dormire adesso» Amanda si alzò e si diresse verso la porta. «Buona notte, piccola mia»
«Notte...» quando sua madre chiuse la porta, Isabel si tolse il cuscino dalla faccia. Doveva credere a Ruben? Forse sua madre aveva ragione, ma lui l'aveva ferita e lei non era solita dare seconde opportunità. Rimase a fissare il soffitto e poco dopo si addormentò.


La stanza era poco illuminata. Dalla finestra si poteva vedere la luna. Isabel non capiva cosa le stesse succedendo, non riconosceva quel posto. Sentì un rumore accanto a lei, si rese conto di non essere sola nel letto. Si voltò di scatto. Quello che vide la lasciò a bocca aperta, accanto a lei c'era Ruben. Si rese conto di essere completamente nuda, arrossì e prese le lenzuola per coprirsi i seni. Ruben aprì lentamente gli occhi e le passò un braccio intorno alla vita. «Ma che...» la voce di Isabel era debole e non riuscì a finire la frase. Ruben si sporse verso di lei fissandola negli occhi. «Ti voglio tutta per me, Isa» disse lui annegando il suo viso nei capelli di lei. Poi un rumore attrasse l'attenzione di Isabel, sembrava...


Una sveglia. La sveglia stava suonando. Isabel si svegliò di soprassalto, controllò alla sua destra e non vide nessuno. Un sogno, era soltanto un sogno. Sbadigliò rumorosamente e arrossì. Adesso faccio anche sogni erotici! Pensò esasperata. Seduta sul letto ripensò al contatto delle mani di Ruben sulla sua pelle nuda. Doveva ammettere che non era tanto male il suo sogno.
Quando si alzò la casa era completamente vuota, sul frigorifero vi era attaccato un biglietto, lo prese tra le mani e lesse:


“Io e tuo padre siamo in città, vorrei cambiare l'arredamento del salotto! Non pensi che sia ora di farlo? Beh io si. Consuelo ha il giorno libero, quindi dovrai cavartela da sola per la colazione. Torniamo nel pomeriggio. Baci, mamma!”

 

Isabel sorrise. Nella sua famiglia erano cambiate molte cose, ma sua madre rimaneva sempre la stessa spendacciona. Pensò che un po' di solitudine le facesse bene. Aprì il frigo e si preparò qualcosa da mangiare. Dalì salì sul tavolo, implorando il suo cibo. Isabel lo accontentò e poi andò in soggiorno. Avrebbe letto e bevuto la sua spremuta d'arancia. Si preannunciava una giornata fantastica.
Quando arrivò al salotto il campanello la distrasse da sui impegni. «Ma chi è a quest'ora!?» disse sotto voce. Forse aveva tirato le conclusioni troppo in fretta. Prima di arrivare alla porta d'ingresso si guardò allo specchio, era ancora in pigiama. Il campanello suonò di nuovo e finalmente lei arrivò alla porta. Aprì lentamente e sporse la testa. Quando la vide rimase senza parole. Dolores stava sorridendo, tra le mani aveva una busta con dentro dei pasticcini. Isabel si schiarì la voce e spalancò la porta. «Buongiorno, Dolores. I miei genitori non sono in casa» quella frase le sembrò fin troppo bambinesca, si sentì stupida, di nuovo.
«Perfetto! Non voglio parlare con i tuoi genitori, cercavo proprio te!» Isabel era perplessa, cosa voleva da lei? Invitò Dolores ad entrare ed andarono in cucina. «Hai già fatto colazione? Ho pensato di portarti qualche pasticcino»
«Ne ho davvero bisogno, ne mangio volentieri. Desideri del tè?» Dolores accettò l'offerta ed Isabel si mese al lavoro. Entro mezz'ora erano seduto in salotto, entrambe con una tazza di tè e dei pasticcini davanti. «Di cosa volevi parlarmi?» chiese Isabel curiosa. Dolores afferrò un bignè e lo mangiò, gustandone il sapore. Lei continuò a fissarla, era davvero curiosa. Quando finì di masticare prese un sorso di tè. «Mi dispiace per quello che è successo ieri sera. In effetti ero sorpresa anch'io, non sapevo assolutamente niente. Immagino che tu ci sia rimasta molto male» Isabel si sentì a disagio. Quando sapeva di lei e Ruben?
«Non deve scusarsi. Tra me e Ruben si era instaurata una bella amicizia...» Dolores la zittì con una cenno della mano. «Io credo sia qualcosa di più. Isabel, guardami negli occhi» lei ubbidì. «mio figlio tiene molto a te. È distrutto per quello che è successo, devi credere alle sue parole. Non mi avevano detto niente per non farmi rimanere male, e si sono comportati da sciocchi. Ma ti prego di ripensare alle tue scelte» Isabel ascoltò attentamente. Dolores parlava a cuore aperto, l'aveva capito sin dall'inizio. Ma poteva benissimo parlare in quel modo per difendere suo figlio. «Signora Dolores...»
«Solo Dolores, per favore» disse la donna scuotendo le mani.
«Va bene. Dolores, io le credo. Ma ho già messo da parte una volta il mio orgoglio, e non intendo farlo di nuovo. Ma le prometto che ci penserò» Dolores annuì. Pensò a quanto fosse bella e gentile quella ragazza, adesso capiva il motivo per il quale suo figlio ne era così attratto. Trascorsero almeno un'altra ora a parlare, non parlarono più di Ruben e di quello che era accaduto. Quando ebbero finito il tè e i pasticcini, Dolores andò via lasciando da sola Isabel. Era rimasta sorpresa dall'arrivo inaspettato di Dolores. Era una brava donna, lo si poteva vedere dallo sguardo. Ma, purtroppo, non poteva dire lo stesso di suo figlio.

 

Isabel decise di fare una doccia, andò in camera sua ed aprì lo porta del bagno. Un oggetto sul pavimento attirò la sua attenzione. Si abbassò e raccogliendolo si accorse che era un orologio, era sicuramente di Ruben. Doveva essergli caduto la sera precedente durante il litigio. Isabel sospirò, ormai si sentiva rapita dal destino. Forse era un segno? Lei non credeva alle coincidenze. Si lavò e si vestì in fretta, era decisa, sarebbe andata a casa di Ruben. In fondo lei meritava delle spiegazioni, voleva guardarlo negli occhi e farsi dire tutta la verità. Prese la macchina e si diresse verso la casa di Ruben.

 

Marisol era a casa di Ruben, era tornata per prendere il resto dei suoi vestiti. Stava prendendo le cose dall'armadio rimanendo in silenzio. Ruben era rimasto in salotto. Quando finalmente riempì due valigie si diresse nell'altra stanza. «Mi lasci andare così?» chiese lei trattenendo le lacrime. L'indifferenza di lui la faceva sentire inutile. «Si, ti lascio andare. È finita, Marisol, è finita!» Ruben non voleva ripetere sempre la stessa cosa. «E tutti gli anni che abbiamo passato insieme? Tutti i bei momenti...» Marisol non riuscì più a trattenere le lacrime. «Adesso basta. Non c'è bisogno di piangere. È vero, abbiamo passato bei momenti, e non li dimenticherò mai, ma adesso non sono più innamorato di te. E non voglio prenderti in giro, dovrei fare finta di amarti?»
«Si, preferirei sapere che fai finta piuttosto che non averti più!» urlò disperata. Ruben scosse la testa, non riusciva a capire come potesse dire certe cose. «Non sai quello che dici. Vedrai che con il tempo capirai, e non soffrirai più» Marisol prese le valigie e si diresse alla porta. Era inutile parlare con lui. «Divertiti con la tua troietta!» disse infine uscendo dall'appartamento. Ruben sospirò, non le disse niente, sapeva che parlava in quel modo solo per colpa del dolore. In fondo si sentiva in colpa, era solo colpa sua se Marisol stava male, ed era colpa sua se Isabel stava male. Si sentiva uno schifo, voleva solo rimanere da solo con i suoi pensieri.

 

Isabel guidò per circa mezz'ora e finalmente trovò la via giusta. Parcheggiò poco lontano e si diresse verso il portone del palazzo che stava cercando. Mentre si trovava di fronte all'enorme porta sentì qualcuno scendere le scale, si fece da parte e poco dopo il portone si aprì con violenza. Era Marisol, aveva due valige in mano e aveva gli occhi gonfi. Isabel sperò che non si accorgesse di lei ma proprio mentre stava pensando di nascondersi, Marisol si voltò verso di lei. I suoi occhi la squadrarono da cima a fondo. Isabel rimase immobile, non sapeva cosa fare e tanto meno non sapeva cosa dire. «Vedo che non hai aspettato molto per perdonarlo» disse Marisol con una punta di rabbia nella voce.
«Sono qui per restituirgli l'orologio. Adesso se vuoi scusarmi...» Isabel cercò di entrare nel ingresso ma Marisol la bloccò. «Devi stare attenta. Credi davvero a quello che ti ha detto? È tipico di Ruben, a lui piace divertirsi con lei donne» Isabel iniziò ad innervosirsi. Come si permetteva di bloccarla e di dire certe cose? Provò anche gelosia, pensò che quelle mani che la stavano toccando avevano toccato Ruben in posti dove lei non avrebbe mai potuto. Si voltò lentamente verso Marisol, e la guardò negli occhi. «Grazie per avermi avvertito, ma so cavarmela da sola»
«Sei una stupida! Farà la stessa cosa che ha fatto a me!» Marisol stava quasi urlando. Nella sua voce si poteva sentire la disperazione. «Almeno io non lo ricatterò per farlo rimanere con me. Adesso devo andare» Isabel si liberò dalla stretta di Marisol con uno strattone. L'altra sentendo quelle parole rimase di stucco. Odiava quella ragazza, odiava Ruben e tutta quella situazione. «Ma certo, vai pure! Ti sta solo usando» Isabel non voleva più ascoltare e non le interessava rispondere. Non voleva far notare a Marisol la sua incertezza. Salì le scale in silenzio, sentendo solo il rumore dei suoi passi. Marisol rimase per qualche secondo sulla soglia del portone, serrava i pungi così forte da farsi diventare le nocche bianche. Poi si allontanò e prese un taxi.
Isabel arrivò alla porta, lesse il cognome sul campanello. Non si stupì nel vedere che l'appartamento di Ruben era il numero dieci, era il suo numero preferito. Di nuovo un'altra coincidenza. Rimase a fissare il numero sulla porta. Si rigirava tra le mani l'orologio di Ruben. Cosa doveva fare? Ripensò alle parole di Marisol e una fitta di dolore le attraversò lo stomaco. Se lei avesse avuto ragione si stava cacciando in un brutto guaio, non voleva soffrire ancora. Poi però pensò alle parole di Dolores, quella donna le era sembrata sincera. Scosse la testa e bussò lievemente. Trattenne il respiro, quando sentì dei passi dietro la porta il suo cuore iniziò a battere forte. Quando finalmente Ruben aprì, Isabel rimase impalata a fissarlo. «Isa...» Ruben non riuscì a dire altro. «Non farti strane idee, sono venuta solo per ridarti l'orologio» Isabel glielo porse distrattamente. Ruben lo afferrò alzando un sopracciglio. «Ti sei fatta tutta questa strada solo per ridarmi questo?» disse lui indicando l'orologio. «Si, adesso me ne vado» si allontanò dalla porta.
«Aspetta, Isa. Ti prego, entra. Possiamo parlare» Isabel rifletté per qualche secondo, doveva fidarsi di lui, doveva fidarsi del suo cuore o della sua testa? Poi le parole uscirono da sole. «Solo cinque minuti» Ruben la fece entrare.
L'appartamento non era molto grande, però era molto luminoso e ordinato. «Accomodati pure, vuoi qualcosa da bere?» disse Ruben indicando il divano. Isabel si sedette e osservò la stanza. «Ruben, non è una visita di piacere. Se vuoi parlare, io ti ascolterò, ma non chiedermi di essere gentile» rispose lei brusca. Ruben si avvicinò a lei. «Non mi credi, vero?» disse lui quasi sottovoce. «E come potrei? Avresti dovuto dirmelo»
«Non c'era motivo di parlartene. Io e Marisol non stiamo insieme da mesi» Isabel si alzò e andò verso la finestra. «Avresti dovuto parlarmene lo stesso. Sai, stamattina è venuta a trovarmi tua madre»
«Cosa? Perché?» chiese Ruben raggiungendo Isabel alla finestra. «Mi ha detto la stessa cosa che mi hai detto tu. Io le credo, sembrava sincera» Ruben fece voltare Isabel delicatamente. Le poggiò una mano sul mento e lo sollevò, adesso poteva guardarla dritta negli occhi. «Non avrei mai immaginato di farti del male. Non era mia intenzione. So che per te è stato un grande sacrificio venire alla corrida, quando ti ho vista il mio cuore stava per scoppiare. Era felice, pensavo che avremmo potuto costruire qualcosa di importante, e lo penso ancora. Dammi solo una possibilità» Isabel mosse il viso e si liberò dalla mano sul mento. Non riusciva a guardarlo negli occhi, sapeva che non poteva pensare lucidamente guardando quegli occhi. «Se ascolto il mio cuore so che tu sei sincero. Penso di essere abbastanza adulta da capire quando una persona sta mentendo. Ma ormai credo che non possa più esserci niente. Però non voglio perdere la tua amicizia» Ruben si lasciò cadere sul divano. Si mise una mano tra i capelli e li spostò all'indietro. «Vuoi questa? Ne sei sicura?» chiese lui esasperato. Stava andando tutto a rotoli e lui non poteva farci niente. «Si, credo sia la cosa migliore» rispose Isabel voltandosi di nuovo verso la finestra.
«Non lo capisco, ma lo accetto. Non posso e non voglio obbligarti, ma sappi che non potrai ignorare quello che c'è tra di noi»
«Lo farò, e tu dovrai fare lo stesso. Ma sappi che non dovrai mai più mentire» Isabel si diresse verso la porta. Ruben rimase immobile sul divano. «Questo è sicuro, non farò di nuovo lo stesso sbaglio. Ma non posso prometterti di riuscire a reprimere quello che provo per te»
«Adesso vado, ci vediamo» Ruben si alzò di scatto dal divano e andò verso di lei. La prese tra le braccia e la strinse forte. Sentì il suo profumo e i capelli morbidi di lei sul viso. Voleva averla a tutti i costi, non si sarebbe arreso tanto facilmente. Isabel non alzò le braccia. «Isa... io tengo molto a te» sussurrò lui all'orecchio di lei. Sentendo quelle parole, Isabel lo abbracciò, si strinsero forte per alcuni minuti. Poi lei si staccò da quella presa. Non voleva ripensare alla sua decisione e non avrebbe cambiato idea. Voleva bene a Ruben, ma l'aveva delusa. E forse, in fondo, era meglio così, aveva comunque un amico. Isabel aprì la porta ed uscì, non si voltò. Pensava che se si fosse voltata lo avrebbe baciato e se ne sarebbe fregata del suo orgoglio e del suo amor proprio. «Non andare, Isa! Stai con me!» urlò Ruben. Ma lei non lo ascoltò, corse giù per le scale. Calde lacrime iniziarono a bagnarle le guance, amare era davvero così doloroso?

 

Spazio autrice:
Ciao ragazzi! Scusatemi per il ritardo ma l'università mi ha preso molto tempo in questi giorni. Probabilmente questo non è uno dei miei capitoli migliori. Sono quei capitolo di passaggio noiosi ma necessari. Detto questo: cosa ne pensate? Fatemelo sapere tramite una recensione. Vi ringrazio di cuore, per me siete molto importanti! Un abbraccio.
A presto,
MissKiddo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Non farmi male ***


Capitolo 8

Non farmi male

 

Isabel stava ancora piangendo, era seduta sul sedile della sua macchina. Appoggiò la fronte sul volante e sospirò. Si rese conto di non poter continuare in quel modo, doveva farsene una ragione: lei e Ruben sarebbe rimasti sempre e solo amici. Non era poi così male come prospettiva, non lo avrebbe perso del tutto. Ma il suo cuore era incrinato, era sicura che si sarebbe spezzato molto presto. Nello stomaco sentiva una voragine, un senso di vuoto che non sentiva da molto tempo. Rimase in macchina per almeno un'ora, non aveva il coraggio di muoversi. Poi il suono del cellulare la fece sobbalzare. Guardando lo schermo illuminato vide che era sua madre. Cercò di simulare uno stato d'animo migliore e rispose. «Mamma? Ciao, come è andato lo shopping?» sapeva mentire bene. «Bene, molto bene. Entro una settimana avremo un nuovo soggiorno, non male, eh? Ma tu dove sei? Mi sono preoccupata quando non ti ho vista a casa. Stai bene?» chiese Amanda insospettita.
«Sto benissimo, era uscita per fare una passeggiata. Credo che tornerò al pub da Iago, magari è disposto a darmi di nuovo il lavoro» era un'idea che le era venuta dal nulla, ma riflettendoci non era una cattiva idea. «Oh... bene. Beh fammi sapere come va»
«Certo, mamma. E... ti voglio bene» Amanda rimase in silenzio per qualche secondo. Erano anni che sua figlia non le dimostrava palesemente il suo affetto. «Anch'io, piccola mia. Ci sentiamo più tardi» Isabel chiuse le chiamata. Si guardò intorno e sistemò il trucco che era colato durante la sua crisi di pianto. Era sicura, sarebbe tornata da Iago, gli avrebbe chiesto scusa e magari avrebbe ritrovato il suo vecchio amico. Le mancava il pub e le mancava lavorare.


Il pub era chiuso, ma Isabel sapeva che sicuramente Iago era già dentro per pulire. Scese dalla macchina e attraversò la strada. Sbirciò dalla porta ma non vide nessuno. Andò verso la porta del retro e la trovò aperta, come al solito. Entrò lentamente, non immaginava come potesse reagire Iago. Si era comportata da vigliacca, non era più andata da lui. La sala grande era poco illuminata, ma sentiva delle voci provenire da quella direzione, doveva essere la TV. «Iago?» chiamò Isabel arrivata davanti al bancone. «Isa? Sei tu?» disse Iago uscendo dalla dispensa. Isabel non sapeva cosa dire. Però vedendo il sorriso sul viso di Iago riuscì a sciogliersi un poco.
«Lo so, mi sono comportata da stronza» disse lei posizionando le mani in segno di resa. Iago sorrise di nuovo, evidentemente non ce l'aveva con lei. «Non posso tenere il broncio alla mia chica preferita! Vieni qui e abbracciami» i due si abbracciarono come ai vecchi tempi. Isabel si sentì subito meglio. «Scusa ancora, ti chiedo scusa anche da parte di Ruben»
«Tranquilla, è passato. Anche se potrei prendere a calci quello stronzo...» Isabel lo interruppe con un gesto della mano. «Non dirlo a me» rispose lei alzando gli occhi al cielo. Iago la fece sedere su uno sgabello e lui andò dietro il bancone. «Avanti, racconta cosa hai combinato in queste settimane» Isabel sospirò e ripensò a tutto quello che era accaduto in quelle settimane, le sembrava che fosse successo tutto troppo in fretta. Raccontò tutto d'un fiato quello che era successo con Ruben, subito dopo si sentì meglio, era come se si fosse tolta un peso dallo stomaco. Iago ascoltò attentamente, annuendo ogni tanto. «Beh, l'ho sempre saputo che quello era uno stronzo! E sai che io ho sempre ragione» disse infine lui. «Forse l'ho sempre sospettato anch'io. Succede sempre così, no?» Iago posò sul bancone il bicchiere che stava asciugando e la fissò negli occhi.
«Sai, Isa... volevo scusarmi per quella sera. Anch'io non mi sono comportato bene, è anche colpa mia» Isabel provò tenerezza per lui, come aveva potuto pensare che fosse una persona cattiva? Era sempre il solito dolce Iago. «Non preoccuparti, io ti voglio bene e te ne vorrò sempre» Iago sorrise compiaciuto. Prese una bottiglia da sotto il bancone e la porse ad Isabel. «Sai cosa ti dico? Dobbiamo festeggiare, che ne dici?»
«Ci sto, mi sembra un'ottima idea» Iago prese due bicchieri e iniziò a versare il vino. I due bevvero quasi tutta la bottiglia. Isabel non era abituata a bere alcool, le arrivò subito alla testa. Si sentiva leggera, stava fluttuando per aria, e non le importava più di niente.
«Iago, per fortuna che ci sei tu, questo vino è la cosa più buona del mondo» Iago sorrise, sapeva che Isabel era ubriaca, ma una sbronza per dimenticare poteva tornare
utile una volta ogni tanto. E lei ne aveva disperatamente bisogno.

 

Erano ormai le nove e il pub doveva aprire. Isabel rimase seduta sul suo sgabello e continuò a bere, aveva persino ignorato le mille telefonate di sua madre. Voleva solo bere e godersi, per almeno una volta nella vita, una serata al pub. Proprio mentre stava pensando a quanto le piacesse quel vino, qualcosa si mosse nel suo stomaco, e stavolta non era dovuto alla gelosia. Il vino le stava tornando su molto in fretta, doveva sbrigarsi ad uscire prima di imbrattare di vomito il bancone. «Iago... esco... un attimo» Iago era impegnato con i clienti, da quando era solo doveva lavorare molto di più. Così non si accorse che la sua amica ritrovata stava uscendo da sola.
Isabel arrivò alla porta sul retro. Uscì nel vicolo buio, le girava la testa. Si avvicinò traballando al muro per non cadere. Poco più lontano c'erano dei cassonetti per l'immondizia, vi si avvicinò e vomitò, non riusciva più a trattenersi.

 

Ruben era a casa, non aveva fatto niente per tutto il giorno. Aveva anche saltato gli allenamenti giornalieri. Questo non avrebbe giovato alla sua prossima, imminente, corrida. La sua testa pensava solo ad Isabel, pensava a quanto fosse bella, pensava a quanto gli piacesse il profumo dei suoi capelli. Pensava anche a quanto si fosse comportato da idiota, l'aveva persa. E non poteva dare colpe a nessuno se non a sé stesso. Era seduto sul divano quando sentì squillare il cellulare, pensò che fosse Isabel, ma sentire Amanda dall'altra parte del telefono lo stupì ancora di più. «Amanda?» chiese titubante. «Si, sono io. Scusa se ti disturbo ma...» Ruben non la lasciò finire. Il suo sesto senso gli diceva che si trattava di Isabel. «Isabel sta bene?» chiese immediatamente. «Si, credo di si. Ma non riesco a rintracciarla. L'ho sentita nel pomeriggio, ma da qualche ora non risponde al cellulare» Ruben guardò l'orologio, era tardi. Dove poteva essere a quell'ora? Quando era andata via dal suo appartamento era sconvolta, non voleva che facesse qualcosa di sconsiderato. «Dov'era oggi pomeriggio? Vado a cercarla» la sua voce era allarmata.
«Mi aveva detto che sarebbe andata al pub, ma forse è ancora lì, sicuramente non è successo niente» anche Amanda era preoccupata, ma non voleva entrare nel panico. Ruben rispose che sarebbe andato a controllare e che le avrebbe fatto sapere. Riattaccò velocemente e corse verso la sua macchina, sperò che Isabel stesse bene.

 

La puzza nauseante dell'immondizia causò un nuovo conato ad Isabel. Sentiva la testa pulsare, non era abituata a bere, maledì se stessa per quell'idea malsana. Quando ebbe finito di vomitare si diresse di nuovo verso la porta sul retro ma qualcuno parlò alle sua spalle. «Serve aiuto signorina?» Isabel si voltò lentamente, aveva la vista annebbiata ma vide una figura. Era molto alto e aveva delle spalle larghe. Sui bicipiti aveva dei tatuaggi. Il volte truce era ricoperto da una strato di barba incolta. «No, grazie. Sto bene» rispose lei biascicando. L'uomo rimase in silenzio e prima che lei potesse afferrare la maniglia della porta lui la prese per il polso. «Non così in fretta. Se vuoi posso portarti a casa mia, che ne dici? Posso darti da bere» Isabel iniziava a spaventarsi, il modo in cui l'uomo la teneva stretta le stava facendo male al braccio. Cercò di dimenarsi ma il suo polso rimase nelle grinfie dell'altro. «Lasciami andare! Non voglio bere, voglio solo tornare dentro»
«Ah, sei capricciosa! Mi piace. Guarda che bel visino» rispose lui toccandole i capelli. Isabel era andata totalmente nel panico. Immaginava già cosa le sarebbe successo, immaginava i titoli dei giornali. “Figlia del torero più famoso di Spagna stuprata in un vicolo” pensando a quelle parole iniziò a piangere. «Ti prego, lasciami andare» disse quasi sottovoce. Ma quell'uomo viscido non ne voleva sapere, la teneva stretta. Le si avvicinò e lei poté sentire la puzza di birra che usciva da quella bocca piena di denti marci. «Lasciami andare!» stavolta stava urlando.
«Ehi, figlio di puttana! Lasciala stare!» l'uomo udì le parole dietro di se. Grugnì e si voltò di scatto, non voleva essere disturbato. Isabel riconobbe immediatamente quella voce. «Ruben!» urlò lei tra le lacrime. «Ti ho detto di lasciarla stare» ripeté Ruben truce. «Gira a largo, io e la signorina stavamo solo parlando» rispose l'altro stringendo ancora di più il polso di Isabel. Ruben si avvicinò all'uomo e lo fece voltare con tutta la forza che aveva. «Te lo ripeto per l'ultima volta, lasciala andare o ti spacco la faccia!» l'energumeno lasciò lentamente il polso di Isabel. Una volta libera andò verso Ruben e si nascose dietro la sua schiena. «Stavamo solo parlando, amico. Tranquillo» rispose balbettando.
«A me non sembrava. Adesso vattene prima che cambi idea» Ruben che fino a pochi secondi prima lo stava tenendo per la giacca lo spinse via facendolo cadere a terra. L'altro si alzò lentamente e indietreggiò, poi iniziò a correre. «Stai bene?» chiese Ruben preoccupato. «Credo di si, mi sento scoppiare la testa. Portami a casa» rispose lei tenendosi stretta al braccio di lui.

 

Ruben la fece sedere sulla sua macchina e le controllò il polso. Era rosso, sicuramente il giorno dopo le sarebbe venuto un livido. Vedendolo si pentì di non aver tirato un pugno a quel bastardo. «Non preoccuparti, passerà» disse lei vedendo lo sguardo nervoso di lui.
Ruben salì in macchina e partì, l'avrebbe portata alla villa. Le strade erano deserte, ormai era molto tardi. Guidò in silenzio, ma era ancora molto nervoso. Isabel lo guardò, provò una somma gratitudine. Sorrise debolmente. «Cos'hai da ridere? Poteva farti del male, e io non me lo sarei mai perdonato. Non avresti dovuto bere così tanto»
«Stavo pensando che mi hai salvato per la seconda volta. Grazie...» mentre parlava poggiò una mano su quella di lui. Ruben sorrise, il tocco leggero della mano di lei gli fece venire voglia di tenerla stretta e difenderla da ogni problema. «Beh, credo che tu abbia un'innata abilità nel cacciarti nei guai» rispose lui divertito. Isabel sorrise di nuovo e spostò la mano. «Ho un'innata abilità nel fare cazzate! Quel vino mi ha messo K.O»
«Tranquilla, una bella dormita sistemerà le cose» poi ad Isabel venne in mente una cosa. «Come facevi a sapere dov'ero? Mi stavi seguendo?» lo sguardo preoccupato di lei fece ridere Ruben. «Non sono pazzo, pensavo che ormai l'avessi capito. Tua madre era preoccupata, mi ha detto che eri al pub e ho pensato di cercarti lì»
«Sempre colpa di mia madre!»
«Dovresti ringraziarla, se non fossi arrivato in tempo...» Ruben non osava neanche dire cosa poteva succederle. «Lasciamo stare. Anzi, non dire niente ai miei»

 

Arrivati alla villa, Ruben aiutò Isabel a raggiungere la porta. Il suo passo era traballante, se non si fosse appoggiata a lui sarebbe sicuramente caduta. Amanda corse loro
incontro, era preoccupata, ma nel vedere sua figlia sana e salva, trasse un sospiro di sollievo. «Sto bene, sto bene» disse Isabel cercando di non far trapelare la sua sbronza. «Dal tuo alito non si direbbe, si sente la puzza da un chilometro» rispose Amanda con una punta di rabbia. «Ho solo festeggiato...»
«Non aggiungere altro. Per fortuna che tuo padre stasera non c'è, se ti avesse vista in questo stato si sarebbe infuriato...» poi si rivolse a Ruben. «Grazie, caro.»
«Non c'è di che. Ma credo che abbia bisogno di dormire, l'accompagno di sopra» rispose Ruben. Amanda li guardò salire le scale. Scosse lievemente la testa e sorrise. Quei due erano una coppia strana.

 

«Adesso puoi andare, sto bene» disse Isabel una volta arrivati in camera sua. Ruben rimase immobile, voleva essere sicuro che stesse bene. Isabel iniziò a spogliarsi come se niente fosse. Quando rimase con solo le culotte e il reggiseno si voltò verso di lui. «Te l'avevo detto di andare, non ho tempo per essere pudica, voglio sdraiarmi» Ruben sorrise, era davvero sbronza. L'altra scostò le coperte e si sdraiò sul letto. «Dormi bene, Isa» disse lui avvicinandosi a lei.
«Mmmh» lei stava già iniziando ad addormentarsi. Ruben le diede un bacio sulla guancia e si avviò alla porta, proprio mentre stava per uscire, Isabel biascicò qualcosa: «sono innamorata di te». Ruben si voltò di scatto. «Cosa hai detto?» Isabel non rispose, stava già dormendo. Ruben sorrise, forse non era andato tutta a rotoli, forse le cose potevano essere sistemate. Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Quando tornò al piano inferiore aveva stampato sul viso un sorriso allegro. Amanda lo stava aspettando in fondo alle scale. «Sta dormendo?» chiese curiosa.
«Si, credo che fosse la sua prima sbornia»
«Lo credo anch'io» Ruben raggiunse Amanda. Era ancora imbarazzato per quello che era successo alla cena. «Scusa per l'altra sera, ero sotto stress» Amanda sorrise, e poggiò una mano sulla spalla di lui. «Non devi scusarti. E poi non riuscivo a capacitarmi, sapevo che non avevi mentito» Ruben sentendo quelle parole fu felice, aveva paura del giudizio della madre di Isabel. «Adesso devo andare, passerò domani per vedere come sta»
«Va bene. E cosa aspettate a dichiararvi? Voglio dire... è così palese» Amanda la sapeva lunga su certe cose. Ma conosceva anche la testardaggine di sua figlia. «Io sto solo aspettando che Isabel si decida. Ci vediamo domani, buona notte»
«Buona notte» Ruben uscì dalla villa e si diresse di nuovo verso la macchina. Tornò a casa in poco tempo. Si rese conto di essere molto stanco. Si sdraiò sul letto ma non riuscì ad addormentarsi subito. Ripensò alla pelle nuda di Isabel, al suo seno sodo. Ripensò a ciò che aveva detto lei prima che lui se ne andasse. L'aveva detto solo perchè era sbronza o perchè lo pensava davvero? Ripensò a lei per molto tempo, alla fine si addormentò felice.

 

Isabel si svegliò di soprassalto. La luce improvvisa, che entrava dalla finestra di camera sua, le fece chiudere gli occhi. La testa le pulsava e in bocca aveva un saporaccio metallico. Aprì lentamente gli occhi per farli abituare alla luce. Quando fu seduta sul letto vide il livido viola che aveva sul polso, d'un tratto le tornò in mente tutto ciò che era successo la sera precedente. Si era comportata da stupida, e aveva rischiato grosso. Poi ripensò a Ruben, quel ragazzo sapeva sempre cosa fare.
Si alzò e si diresse verso il bagno dove fece una lunga doccia calda, ne aveva disperatamente bisogno. Quando arrivò in cucina fu accolta da un aroma di caffè. Consuelo era voltata di spalle, ma quando sentì i passi si voltò e le sorrise. «Stamattina ti servirà un caffè doppio» disse con un sorriso malizioso. Isabel sospirò, sua madre le aveva raccontato tutto. «Magari anche triplo, mi sento la testa come un pallone!» prese la sua tazza e vi versò del caffè. Lo bevve e ne assaporò il sapore forte. Quello che dicevano in giro era vero, il caffè aiuta dopo una sbronza colossale. «Isabel!» urlò Amanda dalla porta. «Non urlare! Mi scoppia la testa!» esclamò Isabel voltandosi. «Ti sta bene. Cos'è questa nuova moda? Ti sei data al bere?»
«No, penso che non toccherò più vino fino alla fine dei miei giorni. E volevo scusarmi per ieri, sai anche tu che non è da me» era mortificata. Amanda sorrise e le accarezzò i capelli. «Lo so. È solo per questo motivo che non mi sono arrabbiata. Sei sempre stata una brava ragazza, Isa» proprio mentre stavano parlando Diego entrò nella cucina. «Buongiorno signore! Ho ottime notizie, Ruben parteciperà ad una nuova corrida molto presto, e credo che parteciperà anche il re in persona!» le tre donne si voltarono verso di lui. «Dici davvero? Addirittura il re?» chiese Isabel a bocca aperta. «Si, tesoro. Non è fantastico? Fare l'allenatore è quasi più gratificante di fare il torero!» disse sorridendo. Era davvero di buon umore, almeno non vide le occhiaie di Isabel. «Avete parlato di questo ieri sera a cena?» chiese Amanda. «Esatto. Con tutti i miei soci, sono tutti entusiasti di Ruben e delle sue capacità. E io ne ero sicuro sin dall'inizio»
«Ma che fortuna!» esclamò Isabel ironicamente. Diego si voltò verso di lei e la guardò di traverso. «E tu dov'eri ieri sera? So che tua madre ti stava cercando» Isabel per poco non si strozzò con il caffè. Per fortuna che Amanda prese la parola. «Era al pub, e indovina? Si è rotta la macchina, è per questo che è ancora lì. Per fortuna che Ruben le ha dato un passaggio» Isabel pensò che sua madre era davvero una brava mentitrice. «Quindi voi due continuate a sentirvi?» chiese Diego rivolto a sua figlia. «Siamo amici, papà. Solo amici» rispose lei in modo seccato. «Già...» disse Amanda facendo roteare gli occhi. «Beh, si è fatto tardi. Io devo andare in città per sistemare alcune cose. Ruben si allenerà nel pomeriggio. Buona giornata signore» prima di andare baciò Amanda e sua figlia. Da quando aveva conosciuto Ruben, Diego era sempre di ottimo umore, voleva davvero bene a quel ragazzo. Isabel credeva che quell'affetto derivava dal fatto che suo padre si rivedeva in Ruben.
Quando Diego uscì di casa, Isabel si voltò verso sua madre e iniziò a ridere. «Ogni volta mi stupisci, sei brava con le bugie!» Amanda rise a sua volta. «Diciamo che so improvvisare» stavolta iniziò a ridere anche Consuelo.

 

Isabel finì il suo caffè, iniziava a sentirsi meglio. Sua madre era uscita per delle commissioni e lei era andata nella biblioteca, voleva leggere un libro in santa pace. Stava ancora scegliendo cosa leggere quando il campanello suonò. Isabel non si mosse, sarebbe andata ad aprire Consuelo. Rimase in ascolto per capire chi potesse essere. «Isabel, ci sono ospiti!» urlò Consuelo dall'ingresso. Isabel si guardò allo specchio, aveva delle profonde occhiaie scure e i capelli in disordine ma andò comunque nell'altra stanza. Non si sorprese nel vedere Ruben. «Ciao...» disse lei cercando di sistemare i capelli. «Sei bellissima anche dopo una sbornia» rispose lui sorridendo. «Dai, vieni di la» Isabel percorse il lungo corridoio e andò di nuovo nella biblioteca, Ruben la seguì. Quando entrambi si sedettero si osservarono, quel silenzio era imbarazzante. «Ti ho portato un regalo» disse Ruben rompendo il silenzio. Isabel guardò il pacco regalo con curiosità, quando si trattava di regali si trasformava immediatamente in una bambina di cinque anni. Lo scartò e vide che era un libro, l'ultimo libro di Stephen King. «Ma è bellissimo! Grazie! Inizierò a leggerlo oggi stesso» quel regalo l'aveva colpita.
«Sapevo che ti sarebbe piaciuto, ma non puoi iniziare a leggerlo oggi. Dobbiamo uscire» rispose Ruben prendendola per mano. «Ma ho mal di testa e dovrei prepararmi... dov'è che vorresti andare?»
«Sarà una sorpresa. Ti darò tutto il tempo che vuoi per vestirti» Ruben sorrise. E gli occhi blu erano luminosi come non mai. Isabel lo stava fissando come se fosse in trans. Ogni volta si stupiva, pensò che avrebbe fatto qualsiasi cosa le avesse chiesto. «E va bene, vado a vestirmi. Però ti odio! Approfitti della mia curiosità!» disse lei mettendosi le mani sui fianchi. «Sei tu che ci caschi ogni volta» lui le fece una linguaccia.
Isabel corse al piano superiore e si vestì in fretta. Scelse dei vestiti comodi. Poi cercò di nascondere quelle brutte occhiaie, non riuscì del tutto nel suo intento, ma almeno adesso era presentabile.

 

Spazio autrice:
Ciao a tutti! Ecco a voi l'ottavo capitolo. Ancora non ci credo che sono arrivata fino a questo punto. Senza il vostro sostegno non credo che avrei continuato, sono sempre tanto insicura su quello che scrivo! Ma veniamo a noi: questo capitolo e il prossimo si incentreranno quasi esclusivamente sul rapporto tra Ruben ed Isabel. Credo che sia ora di far accendere questa benedetta scintilla :D
Grazie di tutto ragazzi/e, un bacio.
A presto,
MissKiddo

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Capitolo 9
*** Io ci sono, e tu? ***


Capitolo 9

Io ci sono, e tu?


La giornata era fredda ma il cielo era limpido e privo di nuvole. Il sole era alto e scaldava debolmente il viso di Isabel. Lei e Ruben erano in viaggio da almeno un'ora. Si stava chiedendo dove la stesse portando, lui insisteva nel dire che sarebbe stata una sorpresa. Isabel guardava fuori dal finestrino distrattamente. Teneva il viso appoggiato alla mano e ogni tanto sbuffava per la noia. «Sei sicuro di non voler dire niente? Sono curiosa!» disse Isabel per l'ennesima volta. «Lo vedrai quando arriveremo» rispose Ruben sorridendo. «Sei odioso!» sbottò lei incrociando le braccia sul seno. Ruben rimase in silenzio e continuò a guidare, doveva ammettere che gli piaceva stuzzicarla in quel modo.
Si lasciarono alle spalle la città, intorno a loro, adesso, vi era solo vegetazione. Isabel osservava tutto con molta attenzione, il verde tutto attorno a lei la faceva tornare bambina. Suo padre la portava spesso nei boschi vicini per fare dei picnic. Ma Ruben non era intenzionato a fermarsi in quel punto. Viaggiarono per un'altra ora. La pazienza di Isabel stava per finire, voleva sapere dove la stava portando. «Allora siamo arrivati?» chiese lei impaziente. Ruben fermò di colpo la macchina, per poco non fece sbattere la testa ad Isabel. «Si, siamo arrivati» disse Ruben imitando la sua compagna di viaggio. Isabel si voltò verso di lui e lo guardò in malo modo. Poi si guardò intorno, i boschi avevano lasciato il posto al profumo del mare. Da quella distanza poteva sentire il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli. «Mi hai portato al mare?» chiese sbigottita. «È la giornata ideale. Forza, scendi e andiamo» Isabel ubbidì e seguì Ruben. Respirò a pieni polmoni quell'aria salmastra.
Camminarono per alcuni minuti e finalmente giunsero sulla spiaggia. Il mare era leggermente mosso, ma era di un verde smeraldo strepitoso. Alcuni gabbiani stavano volando nel cielo, le loro urla giunsero sino a loro, probabilmente stavano mangiando del pesce. «Che ne dici se ci sediamo qui?» chiese Ruben poggiando la cesta che stava portando da quando erano scesi dalla macchina. Isabel si sedette sulla sabbia calda ed osservò il mare. «Non dirmi che hai anche preparato il pranzo»
«Forse non lo sai, ma oltre ad essere bello ed intelligente, sono anche un ottimo cuoco»
«E modesto, giusto?» aggiunse Isabel sorridendo. Ruben iniziò a tirare fuori dal cesto dei tramezzini al tonno e qualche panino imbottito. I due mangiarono con gusto, l'aria di mare mette appetito.

 

Isabel continuava a guardare il mare, era affascinata da quel moto ondoso perpetuo. I capelli le ondeggiavano nella brezza leggera. L'acqua non sta mai ferma, è sempre in continuo movimento. Pensò ai cambiamenti della sua vita nell'ultimo periodo, poi si voltò verso Ruben, sorrisero entrambi. «Ti piace?» chiese lui avvicinandosi a lei.
«Molto, è rilassante. Potrei stare qui per ore» mentre parlava si guardò il polso, adesso era diventato di un giallo/verde poco gradevole. Ruben lo vide e sul viso gli si dipinse una smorfia. «Avrei dovuto prenderlo a pugni» disse infine sprezzante. Isabel appoggiò la testa sulla sua spalla, aveva estremamente bisogno di quel contatto. «Non prendertela, è passato» rispose lei quasi sottovoce. Rimasero in quella posizione per alcuni minuti. Di fronte a loro un pesce saltò dall'acqua, la pelle azzurra luccicò sotto il sole, e subito dopo scomparve di nuovo nelle profondità del mare. «Volevo parlare di quello che mi hai detto ieri...» esordì Ruben.
«Precisamente, riguardo cosa?» Isabel voleva rimanere sul vago. Non le andava di discutere nuovamente, ormai lei aveva preso la sua decisione. «Penso che tu stia sbagliando. Insomma... non credo che potremmo rimanere amici molto a lungo, non si possono reprimere certe emozioni» Ruben aveva una voce dolce ma parlò con fermezza. «Credo che non c'entri la storia di Marisol, o il fatto che mi hai mentito. Penso di avere paura, ho molta paura, Ruben. Non mi era mai capitato niente di simile»
«E preferiresti perderti tutto questo solo perchè hai paura? Devi rischiare se vuoi essere felice. E c'è anche un altra cosa... ieri sera, quando ti ho lasciato in camera, hai detto una cosa» Isabel ebbe un'illuminazione, aveva completamente dimenticato di aver detto quella cosa a Ruben, arrossì vistosamente. «Ricordo cosa ho detto» rispose timidamente. Ruben le prese il viso tra le mani, contemplò quegli occhi verdi che lo affascinavano tanto. Poi inaspettatamente baciò il piccolo naso di lei. «Io sono innamorato di te, Isa» lo disse con naturalezza. Per alcuni secondi Isabel rimase ammutolita, non aveva la forza di parlare. Quella dichiarazione le aveva tolto il fiato. Ruben continuò: «io ci sono, dimmi che ci sei anche tu. Perdonami e amami alla luce del sole. Non serve aver paura. Non puoi continuare a vivere con la paura di provare emozioni, lasciati andare, io cercherò di non deluderti» la sua voce era quasi un sussurro, le loro fronti si stava sfiorando. Isabel ascoltò ogni parola, assaporò ogni lettera di quelle frasi. Ruben aveva ragione, non poteva continuare a vivere senza emozioni. «Ci sono, Ruben. Ma promettimi che non soffrirò, che sarà tutto bellissimo...» una lacrima le cadde dall'occhio destro. Ruben l'asciugò con un gesto della mano. «Te lo prometto» disse infine. Si guardarono negli occhi, capirono che riuscivano a completarsi l'uno con l'altra. Lentamente, Ruben, si avvicinò alle labbra di lei. Si baciarono, fu un bacio intenso. Isabel sentì il cuore battere velocemente, pensò che sarebbe scoppiato, era colmo di felicità. Provò un senso di completezza, un senso di abbandono piacevole. Si pentì di non averlo fatto prima, quel gesto non era un semplice bacio ma un unione di due anime che si erano sfiorate per tanto tempo e che adesso si stringevano in un abbraccio che sarebbe durato per sempre.
Intanto intorno a loro il sole iniziò a scendere verso l'orizzonte. Il cielo era di un rosso vermiglio incandescente. Rimasero sulla spiaggia per ore, continuarono a baciarsi senza dire nulla, non c'era più niente da aggiungere, adesso era il momento di amarsi.

 

La spiaggia era ormai buia e iniziava a far freddo. Isabel e Ruben erano abbracciati, avevano osservato il sole scomparire centimetro dopo centimetro. «È meglio se andiamo prima che ti prendi un raffreddore» disse Ruben stringendola a se. Isabel si alzò di mala voglia, avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre. «Va bene, andiamo» si incamminarono verso la macchina e il cellulare di Isabel iniziò a suonare. «Non ho bevuto stavolta, sono con Ruben» disse immediatamente lei quando sentì sua madre.
«Bene, tornerai a casa?» la voce di Amanda era maliziosa.
Isabel rifletté su quelle parole e sorrise. «Credo di no» disse infine decisa. «Tuo padre è nervoso, Ruben ha saltato di nuovo l'allenamento» rispose Amanda. «Ci penserà domani, chiedi scusa a papà da parte nostra» sua madre sospirò e non aggiunse altro. Isabel chiuse la chiamata e guardò speranzosa Ruben che la stava osservando. «Ti porto a casa con me» rispose lui dandole un bacio leggero sulle labbra.

 

Quando arrivarono all'appartamento di Ruben era ormai notte. Isabel si sentiva a disagio, stava davvero facendo la cosa giusta? Ruben le si avvicinò, sembrò capire i pensieri che stavano passando nella testa di lei. «Andrà tutto bene» le sussurrò all'orecchio. Isabel sorrise e lo abbracciò. «Quindi... io e te siamo una coppia?» si sentì stupida nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, ma dopo la batosta di Marisol, voleva essere sicura di aver capito. Ruben la guardò serio. «Certo che no» Isabel si pentì di aver detto quelle cose, e si sentì un'idiota. Poi Ruben parlò di nuovo, stavolta stava ridendo. «Stavo scherzando! Non fare quella faccia» Isabel alzò un sopracciglio e subito dopo diede uno schiaffetto alla spalla di lui. «Vuoi per caso farmi venire un infarto?» disse lei sorridendo a sua volta.
«Non oserei mai, piccola mia» si baciarono. Ogni bacio sembrava il primo, il sapore delle labbra di Ruben era perfetto, non desiderava altro.
Continuarono a baciarsi fino a quando Ruben la prese in braccio, lei incrociò le sue gambe sul corpo sodo di lui. Fare il torero aveva reso i suoi muscoli potenti al tatto. Si spostarono in camera, dove lui l'adagiò dolcemente sul letto. «Sei sicura?» chiese Ruben per l'ultima volta. Isabel lo guardò negli occhi e stavolta era pienamente consapevole di quello che stava facendo, lo voleva con tutte le sue forze. «Sicurissima» rispose in un sussurrò. Fare l'amore per la prima volta con Ruben, fu come scoprire cosa davvero fosse il sesso e il piacere. Isabel pensò di non aver mai provato niente di simile, tutto era perfetto, non poteva chiedere di meglio.
Quando arrivarono al culmine di quel piacere mozza fiato, i due si guardarono negli occhi tremati di eccitazione. «Tienimi per sempre con te» sussurrò Isabel avvinghiandosi al corpo caldo di lui. «Non ti lascerei mai scappare»

 

Isabel era sdraiata sul letto, accanto a lei c'era Ruben. Stava ripercorrendo con la mente ogni singolo momento di piacere. Si crogiolò nel pensiero che quella non sarebbe di certo stata l'ultima volta, sorrise nel buio della stanza. «Sei ancora sveglia?» chiese Ruben con voce impastata per il sonno. «Si, stavo pensando» Isabel si avvicinò a lui e lo strinse da dietro, voleva sentire il contatto della pelle nuda sui seni. Alzò una mano e accarezzò i capelli morbidi di lui. Poi scese sulla guancia, dove vi era la cicatrice. Finalmente dopo tutto quel tempo posò il suo dito indice in quella piccola fossetta. «Erano mesi che volevo farlo» disse lei sorridendo. «Quindi questo era tutta una finta? In realtà volevi fare solo questo?»
«Smettila di prendermi in giro! Sei odioso!» ma Isabel continuò a sorridere e lo strinse ancora più forte a se. Ruben prese la mano di lei e la tenne stretta. «Buona notte, piccola» disse infine. Era molto stanco ma felice. «'Notte» si addormentarono abbracciati. I loro cuori battevano all'unisono, un suono perfetto che conciliò i loro sonni.

 

 

***

 


Dopo quella notte, Ruben ed Isabel, passarono ogni momento possibile insieme. Ruben era impegnato con gli allenamenti, ma ogni notte, si ritrovavano nell'appartamento di lui. Amanda e Diego approvarono la scelta della loro figlia e anche Dolores ne fu felice. Era passato circa un mese e la seconda corrida di Ruben sarebbe avvenuta entro pochi giorni. Si era allenato duramente, sapeva che non poteva deludere il pubblico. Con la sua prima corrida era riuscito ad avere successo e a mettere da parte un bel gruzzolo. Ma sarebbe stata la seconda prova a fornirgli la celebrità indiscussa. Sapeva che il re avrebbe partecipato, e questo lo emozionava ancora di più.
La sera precedente alla corrida lui ed Isabel passarono la notte insieme, come al solito avevano fatto l'amore, e si ritrovarono abbracciati nel letto. «Sei nervoso?» chiese Isabel stampandogli un bacio sulla guancia. «Direi di si. Non è da tutti avere il re allo spettacolo»
«Andrà tutto bene, io sarò con te» Ruben si voltò verso di lei e la squadrò. «Cosa? Pensavo non saresti venuta, non voglio obbligarti» Isabel sorrise debolmente. In quei giorni aveva riflettuto a lungo. Lei accettava ogni sfaccettatura del carattere di Ruben e questo significava accettare la sua professione. «Non condividerò mai ciò che fai. Ma adesso siamo una coppia e tu hai bisogno che io ti stia vicino» Ruben la prese tra le braccia e la baciò. Non si sbagliava su di lei, aveva scelto la donna migliore che avesse mai conosciuto. «Grazie, per me è molto importante. E sappi che rispetto ciò che pensi, lo farò sempre» Poi Isabel diventò seria. «Cerca di non farti uccidere...»
«E perdermi il resto della mia vita con te? Non lo permetterei mai» rispose Ruben accarezzando il piccolo viso ovale di lei. Isabel ritrovò il sorriso, e lo baciò sulla fossetta che lei amava tanto. «Sai magari potresti anche evitare di uccidere il toro, non credi? È possibile, giusto?» Ruben alzò gli occhi al cielo. Sapeva che lei stava cercando di sforzarsi ma i suoi ideali rimanevano sempre gli stessi. «Si, è possibile. Se il toro si comporterà bene e il pubblico decide di salvarlo, potrei. Ma non posso prometterti niente»
«Questo mi basta. Ma adesso che ne dici se facciamo un bis?» disse Isabel con tono malizioso. Si sporse in avanti e salì sopra di lui. «E me lo chiedi?»

 


Isabel si svegliò all'alba, aveva ancora gli occhi chiusi e con la mano destra cercò Ruben, ma trovò solo le lenzuola. Era già andato via. Sospirò e guardò il cuscino, sopra di esso vi era un biglietto.

 

“Ti ho già detto che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata? Ci vediamo all'arena, se sei con me tutto andrò bene”

 

Leggendo quelle parole, Isabel sorrise. Era innamorata, pazzamente innamorata di lui. Ormai non ne poteva più fare a meno.
Si alzò dal letto e si vestì. Voleva tornare alla villa così sarebbe stata con sua madre e poi sarebbero andate insieme all'arena. Ancora le sembrava strano pensare quelle cose, pensare che sarebbe andata ad una corrida in tranquillità, ma in fondo, per amore si fanno molte cose.
Quando arrivò alla villa, Amanda la strinse forte a se. Da quando stava con Ruben sua madre sembrava più felice che mai. «Ecco la mia piccolina!»
«Mamma, così mi soffochi» disse Isabel sorridendo. Amanda la lasciò andare e la zittì con un gesto della mano. «Sei sempre la solita. Ma dimmi... come vanno le cose con Ruben?»
«Molto bene. Non potrei chiedere di meglio» Amanda scorse negli occhi di sua figlia una luce che non aveva mai visto prima di allora. Era felice per lei. «Dovreste cercavi una casa più grande e magari pensare al matrimonio e poi...»
«Mamma! Santo cielo, stiamo insieme da un mese. Non farti strane idee» Amanda sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Lasciami sognare, Isa!»

 

Diego era seduto in camerino, Ruben stava finendo di vestirsi. Indossò lo stesso abito della sua prima corrida. I due si guardarono, entrambi erano molto nervosi. Questa volta c'era in ballo qualcosa di molto più importante. Fare bella figura con il re significava assicurarsi un futuro e Ruben, voleva assolutamente prendersi quel futuro che aveva sognato da quando era piccolo. «Ruben, non ti agitare. Sappiamo entrambi che è una cosa molto importante, ma non ne fare un dramma. Andrà tutto bene» disse Diego. «Farò tutto il possibile, voglio stupire il pubblico come la prima volta»
«Ci riuscirai, mi fido di te.» Diego strinse forte le spalle dell'altro e poi si congedò. Doveva raggiungere le tribune.

 

Isabel e Amanda erano giunte fuori dall'arena, si erano date appuntamento con Dolores. Quando si incontrarono si abbracciarono e condivisero il loro nervosismo, ma anche la loro eccitazione. Salire sugli spalti dedicati alle persone più importanti. L'arena era gremita nuovamente, forse vi erano ancora più persone dell'ultima volta. Alcune persone avevano preparato degli striscioni dedicati a Ruben. Isabel, vedendoli sorrise. Quando furono sedute tutte e tre, si guardarono intorno. «Quando arriverà il re?» chiese Isabel, il suo tono era alto, doveva sovrastare il frastuono che producevano gli altri. «Arriverà tra poco» rispose Amanda. Poco dopo, Diego le raggiunse. Salutò tutte e si sedette accanto a sua moglie, la prese per mano e le diede un bacio sulla guancia. «È una mia impressione, o stavolta ci sono molte più persone?» chiese lui stupito.
«Cosa ti aspettavi, ci sarà il re!» rispose Amanda stringendo la mano di suo marito. Proprio mentre finiva la frase, il pubblico si ammutolì. Un altoparlante annunciò l'arrivò del re. Tutti si alzarono in piedi, Isabel e gli altri fecero lo stesso. Il re apparve sugli spalti e raggiunse il posto d'onore che era stato riservato per lui. Quando si accomodò, fece un gesto con la mano, come per far sapere agli altri che potevano sedersi. La folla ubbidì a quel gesto e tornarono a sedere. Il rumore tornò poco alla volta, le urla iniziarono dopo pochi minuti.


Ruben era dietro alla porta che portava dentro l'arena. Chiuse gli occhi e pensò a sua padre, subito dopo ad Isabel. Poi sospirando, fece un po' di riscaldamento. Dopo pochi minuti un uomo gli disse che erano pronti, poteva entrare.
Le porte si aprirono e Ruben entrò nell'arena a passo lento. La folla era impazzita, le ovazioni lo raggiunsero con una potenza inaudita. Salutò tutti e fece un inchino. Si guardò attorno e cercò Isabel con lo sguardo. Quando la vide le fece un segno impercettibile con la testa che lei capì al volo. Dopo aver salutato gli spettatori, andò vicino al posto del re e lo salutò con un nuovo inchino. Il re ricambiò con un gesto della mano.
Ruben si portò al centro dell'arena e prese il cappello, doveva svolgere il solito rito propiziatorio. Tutti rimasero con il fiato sospeso, ma anche stavolta, il capello cadde dalla parte giusta. La corrida sarebbe andata bene.


Finalmente il toro uscì all'aperto, inizialmente non capì dove si trovasse e cercò una via di fuga. Isabel guardò quella scena con rabbia, quel toro voleva solo scappare. «Mi sto già pentendo di essere venuta» disse quasi sottovoce. Dolores la sentì e le sfiorò una mano. «Neanche a me piace. Ma lo facciamo per Ruben, giusto?» Isabel annuì con il capo.
Quando il toro capì che non vi erano vie di fuga, iniziò ad attaccare il torero. Ruben lo schivò con destrezza e velocità. Il re iniziò ad applaudire e tutto il pubblicò schiamazzò a gran voce.
Isabel lo osservò con attenzione, vedeva le piccole gocce di sudore che gli scendevano dalla fronte, i capelli che gli cadevano sugli occhi. Provò tenerezza per lui e sperò che tutto andasse bene. Se si fosse ferito sarebbe morta di paura.

 

La corrida prevede di uccidere il toro entro i primi dieci minuti, ne erano già passati cinque e Ruben doveva sbrigarsi. Prese la spada ed aspettò che il toro gli si avvicinasse. Aveva detto ad Isabel che avrebbe cercato di non ucciderlo, ma sapeva che se lo avesse fatto il pubblico non avrebbe apprezzato fino in fondo. Il toro corse verso di lui, stava proprio per prenderlo quando Ruben balzò in alto e conficcò la spada dritta in mezzo alle spalle dell'animale. L'altro sbuffò e cadde a terra inerme, era morto. Il boato del pubblico fece sobbalzare Isabel che guardava impietrita la scena.
Ruben ce l'aveva fatta, il re era soddisfatto e anche il pubblico. Il suo futuro ne avrebbe sicuramente giovato. Era diventato ufficialmente uno dei toreri migliori della Spagna.

 

Spazio autrice:
Ciao a tutti! Cosa ve ne pare di questo capitolo? Siete felici per Isabel e Ruben? Io si u.u
Come al solito ringrazio tutti quelli che hanno recensito i precedenti capitoli e anche chi ha messo la mia storia tra le seguite/ricordate/preferite. Anzi, mi rivolgo proprio a chi segue la storia ma non ha mai recensito. Fatelo anche voi, voglio sapere i vostri pareri!

A presto,
MissKiddo

 

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Capitolo 10
*** C'è qualcosa nell'aria ***


Capitolo 10

C'è qualcosa nell'aria

 

Dopo l'ultima corrida di Ruben, in Spagna, non si parlava d'altro. Ogni giornale riportava la sua foto in prima pagina e in TV non si faceva altro che vedere le immagini dell'uccisione del toro. Anche il re era rimasto molto soddisfatto. Dopo la corrida era sceso nei camerini e si era complimentato personalmente con Ruben. Per lui tutto questo era ancora incredibile, era famoso davvero. Era riuscito nel suo intento e non poteva non pensare a sua padre. Sperò che anche lui fosse orgoglioso, ovunque si trovasse.
Negli ultimi tre mesi la sua vita era cambiata in molte cose, aveva rilasciato interviste e aveva partecipato a vari programmi televisivi. L'unica cosa che, negli ultimi due mesi, rimase immutata fu il suo rapporto con Isabel. In verità il loro legame si era rafforzato, lei cercava di stargli accanto il più possibile. Lo seguiva in tutti i suoi spostamenti e non gliel'aveva mai fatto pesare. Ogni giorno si convinceva sempre di più del fatto che lei era la donna giusta per lui.
Quel giorno, Ruben era a casa. Ormai era inverno, e di solito le corride venivano sospese per alcune settimane. E poi voleva passare più tempo insieme ad Isabel. Era seduto sul divano e la stava fissando. Osservò il modo in cui lei posava i piatti nella lavastoviglie, un gesto semplice, ma il modo in cui lo faceva lei era speciale. Ripensò alla prima volta che la vide, ricordava perfettamente ogni singolo particolare. Ripensò alle cavalcate sulla collina e alle loro chiacchierate. L'aveva amata dal primo momento, ne era certo.
«Isa, puoi venire qui un secondo?» Isabel alzò lo sguardo e lo raggiunse in salotto. Si lanciò sopra di lui e lo abbracciò forte. «Cosa c'è, tesoro?» chiese lei con un sorriso luminoso.
«Ci sto pensando da qualche tempo, e credo che sia arrivato il momento. Che ne dici se andiamo a cercare una casa tutta per noi? L'appartamento inizia a starmi stretto» Isabel non credeva alle proprio orecchie, le stava davvero proponendo di avere una casa tutta per loro? «Scherzi? No dico... dici sul serio?» rispose lei rubandogli un bacio sulle labbra. «Dico sul serio, ma se non vuoi, fa lo stesso»
«Fai il serio! È ovvio che voglio, sarebbe fantastico!» i suoi occhi erano piena di felicità. Per Ruben vederla felice era l'unica cosa che contava. «Bene, inizieremo oggi. Vai a vestirti, signorina!» Isabel si alzò in tutta fretta. «Sissignore! Sarò più veloce della luce!»

 

Faceva freddo e la città era scossa da un vento molto forte, ma il clima ostile non fermò Ruben ed Isabel, erano decisi più che mai a trovare una casa. Avevano chiamato
un agenzia immobiliare e, quando capirono chi era Ruben, mandarono in tutta fretta la loro migliore agente. Si incontrarono in un bar del centro. La donna si chiamava Pilar Garcìa. Era molto alta e robusta, Isabel dovette alzare la testa per guardarla in viso. Li accolse con un sorriso e offrì da bere. «Signor Ruìz Lopez, mi lasci dire che la stimo molto. Ed è per questo che cercherò di offrirvi il meglio, riusciremo a trovare una splendida casa per voi due!» aveva un tono di voce stridulo, ma non era fastidioso, anzi, metteva allegria. «Lo spero bene, dovrà mostrarci solo le case migliori, non badiamo a spese» disse Ruben convinto. Isabel si voltò verso di lui e sorrise, da quando non badava a spese? Quell'idea la rese eccitata, solo in quel momento pensò che Ruben, il suo ragazzo, adesso era ricco. «Bene. È proprio ciò che volevo sentirvi dire. Adesso iniziamo con il giro, prenderemo la mia macchina» rispose Pilar alzandosi dal tavolo. Gli altri la seguirono, poco prima di entrare nell'auto, Isabel si avvicinò a Ruben. «Non baderai a spese?» chiese lei sussurrando. «Puoi dirlo forte, voglio il meglio per te e per noi» Isabel sorrise e lo baciò sulla guancia. Entrarono in macchina e partirono per il primo giro.

 

Quella mattina visitarono molte case, quasi tutte erano nella parte alta della città e quasi tutte erano ville. Passarono anche vicino alla casa dei genitori di Isabel, e lei disse che non voleva abitare vicino ai suoi genitori. La frase scaturì una risata generale.
Dopo quasi tutta la giornata passata a visitare abitazioni, Ruben ed Isabel erano sfiniti, nessuna di quelle case era quella giusta. Stavano quasi per perdere le speranze, quando Pilar parlò all'improvviso. «Ci sarebbe un ultima casa da visitare, ma quella è veramente grande e il prezzo...» Ruben la zittì con un gesto della mano. «Ci porti a vederla, come le ho già detto, i soldi non sono un problema» Pilar mise in moto la macchina e partirono. Durante il viaggio, Isabel rimase in silenzio, si sentiva strana. «Ti senti bene, amore?» chiese Ruben preoccupato. «Penso sia la stanchezza, e il panino che abbiamo mangiato a pranzo, ho un bruciore allo stomaco» disse lei aprendo il finestrino dell'auto. «Oh, si, quei panini non sono molto salutari» disse Pilar continuando a guidare. «Vuoi che torniamo a casa? Potremmo sempre vedere l'altra casa domani...»
«Assolutamente no. Sono sicura che questa è quella giusta!» Isabel aveva lo sguardo deciso. Ruben sorrise, aveva imparato che il sesto senso della sua ragazza era molto sviluppato.
Quando arrivarono, Pilar li condusse nel giardino della casa. Era ben curato ed Isabel si immaginò quanto potesse essere bello in primavera. La casa era disposta su due piani, più la soffitta. Al piano inferiore vi erano una cucina, un salone molte grande, due bagni e una stanza che poteva diventare uno studio. Al piano superiore vi erano tre camere da letto e un altro bagno. I muri erano stati ridipinti da poco, e tutto era nuovo, la casa era stata ristrutturata da poco. Ruben ed Isabel osservarono tutto con meraviglia, quella casa era davvero stupenda.
«Cosa ne dite, ragazzi?» chiese Pilar quando finirono il giro. «Penso che sia fantastica! È proprio quello che stavamo cercando!» esclamò Isabel felice. Ruben ispezionò nuovamente il salotto e guardò fuori, anche la vista era magnifica.
«Credo che Isabel abbia ragione, questa casa è perfetta per noi» Isabel si avvicinò a lui e lo strinse a se. «La prendiamo? Ti prego!» Pilar rise e scosse la testa. Quei due ragazzi sembravano fatti l'uno per l'altra, e anche lei pensava che quella casa facesse per loro. «Si, diventerà la nostra casa» disse infine Ruben baciando la sua ragazza.

 

Il trasloco fu faticoso e stressante. Isabel dovette svuotare il suo appartamento che ormai non usava più, e si rese conto di aver racimolato tante cianfrusaglie. Molte cose vennero buttate e altre vennero portate nella loro nuova casa.
Dopo due settimane di continui andirivieni tutte gli scatoloni furono svuotati e quasi ogni cosa era al proprio posto. Ruben aveva aiutato in quelle settimane ma gli ultimi ritocchi sarebbero toccati ad Isabel, e dato che, non aveva molto esperienza nel campo, chiese aiuto a sua madre.
«Credo che quel lampadario sia perfetto per il salone, non credi?» disse Amanda osservando il soffitto. Isabel era seduta sul divano, negli ultimi giorni si sentiva spesso stanca. Non ascoltò le parole di sua madre, era impegnata a reprimere la nausea che la opprimeva dalla mattina. Amanda notò il viso improvvisamente pallido di sua figlia e si avvicinò a lei. «Ti senti bene, cara? Hai una brutta cera» Isabel cercò di sorridere.
«Questo trasloco mi ha sfinita, ma sto bene. La casa è perfetta e non so... mi sento bene, mi sento viva»
«Lo vedo dai tuoi occhi. Sono molto felice per voi due» le due donne si abbracciarono. «Adesso cerchiamo di attaccare quel lampadario!» esclamò Isabel alzandosi troppo in fretta dal divano. Quel gesto improvviso le causò un giramento di testa che la costrinse a sedersi nuovamente. «Isa, santo cielo! Sei sicura di sentirti bene?» Amanda iniziava a preoccuparsi. «Credo di dover andare in ba...» non riuscì a finire la frase. Corse verso il bagno e vomitò la colazione.
Amanda si affacciò alla porta, pensò che tutto quello stress avesse causato quei malesseri, ma non era del tutto convinta, c'era qualcos'altro sotto. «Isa...penso che dovresti sdraiarti»
Isabel si avviò verso la camera da letto, che era ormai pronta. Si sdraiò e respirò profondamente, aveva bisogno di aria.

 

Amanda rimase con sua figlia per tutto il pomeriggio, non voleva lasciarla sola. Verso sera, finalmente Ruben tornò. Le trovò entrambe in camera da letto, Isabel sdraiata e sua madre intenta a leggere un libro. Alzò un sopracciglio. Notò le profonde occhiaie di Isabel e improvvisamente si preoccupò. «Tesoro, ti senti bene?» chiese con voce allarmata. Le due donne si voltarono verso di lui, e sorrisero.
«Si, tranquillo. Mi sono affaticata troppo con il trasloco, ma adesso sto meglio» Ruben le diede una bacio leggero sulle labbra e guardò Amanda per chiedere conferma. «Sarà sicuramente la stanchezza...» esitò, ma non volle aggiungere altro. «Domani non farai niente, penserò a tutto io» disse infine Ruben.
Amanda non voleva disturbare più del dovuto, andò via salutando entrambi con un abbraccio. Disse ad Isabel di rimettersi presto e che l'aspettava il giorno dopo.
Quando furono da soli, Ruben si voltò verso di lei. «Sicura di star bene? Mi hai fatto preoccupare»
«Se mi dai un altro bacio starò ancora meglio!» rispose lei stringendolo. Si baciarono per alcuni minuti. Stare lontani, anche se per poche ore, le causava sempre molto nostalgia.
Finto il momento di intimità scesero in cucina, volevano prepararsi qualcosa da mangiare. Ma al solo pensiero lo stomaco di Isabel mandò dei segnali di burrasca.
«Credo che non mangerò, ho ancora lo stomaco sottosopra» disse lei sedendosi su uno degli sgabelli. «Sei sicura? Ti preparo una camomilla, ti farà bene»
«Quella potrebbe essere utile!» Ruben iniziò a preparare la cena e la camomilla. Isabel lo osservò afferrare le cose nella cucina con estrema abilità, si capiva che in cucina sapeva sentirsi a proprio agio. Ecco un'altra cosa che amo di te. Pensò lei sospirando.
«Per la signorina una bella bevanda calda, per me del pollo alla griglia» disse Ruben poggiando la tazza di fronte ad Isabel. «Potresti fare il cuoco, amore» rispose Isabel sorridendo. Dopo aver sorseggiando la camomilla iniziò a sentirsi meglio, per fortuna non era nulla di grave.
«Il tuo colorito ha un aspetto migliore, sei sicura di non aver fatto finta di stare male solo per rimandare gli ultimi ritocchi?» esordì Ruben facendole l'occhiolino.
«Non dire sciocchezze! Sai quanto tengo alla casa, ho solo esagerato» Quando ebbe finito di bere si accorse di essere molto stanca, voleva andare in camera e dormire. Si alzò dallo sgabello e posò la tazza nel lavandino. Ruben stava ancora mangiando. «Domani sera voglio portarti in un posto speciale, sempre se starai meglio» disse infine lui. Isabel sorrise, quell'uomo era pieno di sorprese. «Starò sicuramente meglio, i tuoi posti speciali mi piacciono» si avvicinò a lui e lo baciò dolcemente. «Adesso vai a dormire, piccola»

 

Il mattino seguente, Isabel si svegliò con un tremendo mal di stomaco. La nausea era tornata e dovette correre in bagno per evitare di sporcare il letto. Per fortuna Ruben non c'era, si era svegliato di buon ora per andare agli allenamenti. Dopo essersi lavata i denti, si sentì un po' meglio, pensò che avesse preso l'influenza. Poi però, un dubbio si insinuò nella sua mente. Si ricordò di quando era piccola e sua zia aveva delle terribili nausee mattutine, ricordò anche che dopo nove mesi nacque sua cugina. Quel pensiero le attraversò il corpo per alcuni secondi, poi scosse il capo. Non poteva essere possibile, aveva solo l'influenza. Decise che quel ricordo poteva tornare indietro, lei non aspettava nessun bambino.
Si vestì in fretta e andò verso la macchina, doveva andare a casa dei suoi genitori per prendere Dalì. Adesso che la casa era pronta poteva portarlo con sé. Mentre guidava si ripensò alla nausea, quel pensiero era ormai come un tarlo che si era insinuato nella sua mente. Si fermò ad un semaforo e osservò il suo ventre, era piatto come al solito. Non pensare a queste cavolate, non può essere. Il semaforo tornò verde ma lei rimase ferma, continuava a fissarsi la pancia. Poi un clacson la fece tornare alla realtà.

 

Quando arrivò alla villa sua madre la stava aspettando. Aveva il viso preoccupato, abbracciò sua figlia con più forza del solito. Isabel non capiva da dove derivasse tale preoccupazione. «Come ti senti oggi?» chiese Amanda. «Meglio, ma tu non sembri in forma. Anche tu con l'influenza?»
«No, no. Era solo preoccupata per te...» Isabel alzò un sopracciglio. Tutta quell'ansia per un po' di nausea? Le sembrava esagerato. «Avevo solo un po' di influenza, ma adesso sto meglio» insistette Isabel. Amanda si sedette su una delle poltrone del soggiorno, guardò fuori ed osservò il cielo per alcuni secondi. «Quando tu e Ruben... insomma, quando avete rapporti, usate protezioni?» la voce di Amanda era tesa. Isabel si sentì arrossire dalla testa ai piedi. Come le veniva in mente di fare certe domande inopportune? «Mamma! Non ho più quindici anni, non mi servono i discorsi sul sesso»
«Si ma vedi, la nausea, i giramenti di testa, sono sintomi... strani, ecco» Isabel si rese conto che sua madre aveva avuto la sua stessa intuizione. «Cosa intendi con “strani”? Non girarci attorno, mamma» iniziava a preoccuparsi sul serio. «Sei incinta?» chiese infine Amanda tutto d'un fiato. Voleva liberarsi da quel peso che la opprimeva dal giorno precedente. Isabel rimase a bocca aperta. Sentendo quella domanda fatta a voce alta si rese conto che poteva essere vero, poteva essere incinta. «No! Non lo so» disse quasi urlando. Amanda si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla figlia, vide che ne suoi occhi vi era preoccupazione e sgomento. Forse era stata troppo brusca con lei, era riuscita a spaventarla. «Tranquilla, tesoro. Magari hai ragione tu ed è solo influenza. Ma io vorrei esserne sicura»
«Stamattina avevo di nuovo la nausea. Mamma...» Isabel non riuscì a trattenere la lacrime. Appoggiò la fronte sulla spalla di sua madre e pianse. «Isa, non c'è bisogno di piangere. Ci stiamo preoccupando per niente, non siamo ancora sicure» Isabel non rispose, ma Amanda aveva ragione. Dovevano essere sicura prima di pensare a cose del genere. Alzò il viso e si asciugò le lacrime. «Devo fare un test?» chiese con voce tremante.
«Si, direi di si. Ieri sera prima di tornare a casa sono passata in farmacia e ho preso un test di gravidanza. Avevo intuito che c'era qualcosa» Isabel sorrise debolmente, sua madre la stupiva ogni giorno di più. «Pensi proprio a tutto, eh?» Amanda le prese una mano e la strinse.

 

Isabel era in bagno, stava seduta sul bordo della vasca. Si era legata i capelli in una coda morbida, cosa che faceva ogni volta che doveva fare qualcosa di importante. Il test di gravidanza era poggiato sul lavandino, doveva aspettare almeno cinque minuti e la cosa la stava facendo impazzire. Era appena passato un solo minuto e già non aveva più pazienza per aspettare. Aiuto!Aiuto!Aiuto!. Il suo cervello riusciva a pensare solo a questo. Cercò di pensare a come sarebbe cambiata la sua vita se quel test le avesse rivelato una gravidanza. Per prima cosa avrebbe dovuto parlare con Ruben, e come avrebbe reagito? Si sarebbe arrabbiato? Sarebbe scappato in Messico? Non poteva saperlo. Ma se anche lui non avesse reagito male, lei come avrebbe reagito? Non si sentiva pronta per una tale responsabilità. Non metteva in dubbio l'amore che provava per Ruben. In futuro sicuramente avrebbe pensato ad una famiglia con lui, ma non adesso. Continuava a ripetersi che era troppo presto, che era successo tutto troppo in fretta. Poi il bussare improvviso la fece sobbalzare. «Isa, sono passati cinque minuti» disse Amanda dall'altra parte della porta.
«Si» rispose secca Isabel. Si alzò lentamente dalla vasca e si avvicinò al lavandino, si sentiva come un condannato a morte che si avvicinava alla sedia elettrica. Prese il piccolo aggeggio bianco tra le mani senza guardarlo. Chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente. Quando si sentì pronta, o almeno credeva di esserlo, aprì gli occhi. Quello che vide la lasciò sbalordita: il test era positivo. Calde lacrime iniziarono a scorrerle sul viso. Era incinta, era incinta sul serio. D'un tratto pensò di essere in un incubo, ma purtroppo quella era la realtà.
Amanda chiamò sua figlia molte volte ma lei non rispose, così entrò senza fare troppo complimenti. «Allora?» chiese. Isabel non ebbe bisogno di parlare, quando si voltò verso sua madre, l'altra capì tutto. Sarebbe diventata nonna.

 

Dopo i primi minuti di panico totale e pianto isterico, Isabel si calmò. Doveva reagire, non era poi la fine del mondo. E poi vi erano altre soluzioni, come l'aborto. Già, l'aborto, avrebbe mai avuto quel coraggio? Doveva assolutamente parlare con Ruben. «Cosa pensi di fare, Isa?» chiese Amanda continuando a stringere sua figlia. «Non ne ho la più pallida idea. Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Ho paura che rovinerò tutto, Ruben se la prenderà con me e ci lasceremo»
«No, Isa. Ruben non è quel genere di uomo, non ti lascerà. Ti starà vicino, come farò io. Qualunque decisione prenderai sappi che io ci sarò» Isabel continuò a piangere, voleva sfogare tutto quello stress accumulato nei minuti precedenti all'esito del test.
«Stasera, glielo dirò stasera» disse Isabel quando fu calma. «Va bene, cerca di trovare le parole giuste»
«E, mamma... non dirlo a papà. Vorrei farlo io dopo averlo detto a Ruben» Amanda baciò sua figlia e le asciugò qualche lacrima. «D'accordo»

 

Spazio autrice:
Salve a tutti! Eccomi con il decimo capitolo. Scusate per il ritardo ma con le vacanze non ho avuto proprio tempo. Anzi, vi faccio gli auguri per pasqua, anche se in ritardo <.<
Ma comunque, grande novità, non trovate? Chissà cosa decideranno di fare Isabel e Ruben. Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione.
A presto,
MissKiddo.

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Capitolo 11
*** Andrà tutto bene ***


Capitolo 11

Andrà tutto bene

 

Isabel era a casa, se ne stava seduta in cucina. Dalì le sfiorò le gambe e lei lo accarezzò distrattamente, aveva fin troppi pensieri per la testa. Ruben l'aveva chiamata nel pomeriggio e le aveva detto di vestirsi in modo elegante, l'avrebbe portata in un ristorante speciale. Voleva essere felice per quella sorpresa ma non riusciva, pensava solo al fatto che dentro di lei stava crescendo una vita. La cosa che temeva di più era la reazione di Ruben, e se l'avesse lasciata? Non era da lui, ma non poteva esserne sicura, in fondo, stavano insieme da così poco tempo. Sbuffò nel silenzio della casa e si diresse verso la camera da letto, Dalì la seguì.
Indossò un tubino nero e si guardò allo specchio. Si mise di profilo per vedere se ci fossero delle differenze, per adesso non era aumentata di peso. Si accarezzò il ventre. «Mi rovinerai la vita?» sussurrò alla sua stessa pancia. Scosse la testa, si stava comportando da sciocca. Nel caso in cui Ruben avesse reagito in modo strano avrebbero pensato all'aborto. Ma proprio mentre stava riflettendo su quell'eventualità il suo cuore iniziò ad accelerare i battiti. Abortire doveva essere doloroso, sia fisicamente che mentalmente. Ne avrebbe mai avuto il coraggio? Non lo sapeva. Quell'esserino che, in quel momento si trovava dentro di lei, non doveva essere più grande di un fagiolo, ma era vivo. I suoi pensieri furono scacciati dal rumore della porta d'ingresso, Ruben doveva essere tornato a casa. «Tesoro? Sei in casa?» urlò lui dal piano inferiore. Isabel uscì dalla camera e andò sulle scale. «Sono di sopra!» esclamò. Ruben la raggiunse e le diede un bacio. «Non sei ancora pronta? Questo vestito ti sta da dio» disse lui sorridendo. Isabel osservò quel sorriso perfetto, lo stesso sorriso che l'aveva fatto innamorare. Il suo umore migliorò un poco. «Dici davvero? Ho messo la prima cosa che ho trovato nell'armadio»
«Sei perfetta. Adesso metti scarpe, finisci col trucco e i capelli. Io ti aspetterò di sotto» rispose lui. Ruben percorse il corridoio e si diresse verso le scale. Isabel sospirò e tornò in camera. Prese delle decollettè nere e poi si dedicò al makeup e ai capelli. Quando fu soddisfatta, prese il cappotto e raggiunse Ruben. «Sei bellissima» disse lui vedendola. Isabel aveva raccolto i capelli in uno chignon e aveva le labbra di un rosso scarlatto. Sentendo i complimenti di lui arrossì. «Ancora non sono abituata a tutti questi complimenti» cinguettò lei.
«Dovresti. E io dovrei stare attento, potrebbero portarti via da me»
«Non riuscirebbero mai. Io sono tua» si avvicinarono l'uno all'altra e si baciarono intensamente. Per poco Isabel si dimenticò del test, e della sua gravidanza. Ma ogni volta che cercava di scacciare quel pensiero, pensava al fagiolino nella sua pancia. «Avanti, andiamo» disse infine Ruben prendendola per mano.
Uscirono nel freddo della sera e presero la macchina.

 

Arrivati al ristorante, Isabel fu accolta da un signore che le porse delle rose rosse. «Da parte del suo compagno, signorina» disse l'uomo in smoking. Isabel sorrise, nessuno le aveva mai regalato delle rose. Si voltò verso di Ruben e lo baciò. «Grazie, sono bellissima!» esclamò emozionata. «Non c'è di che, piccola mia» rispose lui stringendola all'altezza della vita.
Il signore che li aveva accolti li accompagnò al loro tavolo. Era vicino alla finestra panoramica, vi era anche un separé per avere più privacy. Quel posto doveva essere molto caro. Ruben spostò la sedia ed Isabel si sedette incantata da tutto ciò che la circondava.
Quando entrambi furono seduti, Isabel prese la mano di lui e la strinse. «Questo posto è stupendo, ma costerà un occhio della testa!» disse sorridendo.
«Possiamo permettercelo, cara» rispose lui sicuro. Lei fece un cenno con la testa ed osservò la grande finestra, poteva vedere tutto da quel punto. Le luci delle case sembravano tante piccole lucciole che volteggiavano nell'aria.
Il cameriere arrivò dopo pochi minuti, Ruben volle ordinare dello champagne, aveva intenzione di festeggiare come si deve. Isabel, presa da tutti quegli eventi, si sentiva come in un sogno. Era così felice di aver incontrato l'uomo della sua vita, sognava di stare insieme a lui per sempre.

 

Quando ebbero finito di mangiare, Isabel si sentì pienamente soddisfatta. Il cibo era squisito e il personale era gentilissimo. Quella sensazione di trovarsi in un sogno perdurava, si era dimenticata anche della gravidanza. Poi Ruben si alzò dalla sedia e la prese per mano. «Vieni con me» sussurrò lui. Lei si alzò e lo seguì, lo avrebbe seguito ovunque.
Salirono delle scale e si ritrovarono su una terrazza coperta. Da quell'altezza si poteva vedere addirittura il mare. Isabel sgranò gli occhi per la sorpresa, era tutto perfetto. Si avvicinarono alla ringhiera ed osservarono il panorama. Poi, Isabel si voltò verso di lui, lo guardò dritto negli occhi. «Penso che tu sia l'uomo migliore del mondo» Ruben rise. Amava vederla felice, e dalla luce che vide negli occhi di lei capì che lo era. «Non so se sono il migliore, ma per te farei qualsiasi cosa. Ti amo, Isa» lei sentì il suo cuore colmo di gioia.
Stavano insieme da qualche mese ma ancora lui non le aveva mai detto quelle parole. Poi le tornò alla mente la gravidanza. Chissà se mi amerai anche dopo. Ma in quel momento non voleva pensare a niente. «Ti amo anch'io» si baciarono a lungo di fronte a quella spettacolare vista.
Quando si staccarono da quell'abbraccio, Ruben iniziò a cercare qualcosa nella tasca del suo completo. «Cosa cerchi?» chiese lei curiosa.
Lui non rispose, continuò a cercare e finalmente tolse dalla tasca una piccola scatola quadrata. Isabel iniziò a sudare, cos'era quella? No, non può essere.
«Cercavo questa, spero che ti piaccia» disse lui porgendole la scatolina. Isabel la prese con mani tremanti, non poteva credere a quello che stava vedendo. Dentro vi era un anello, un anello con un diamante. Alzò il viso e guardò Ruben, era perplesso. «Lo so, forse sto correndo troppo. Ma voglio fidarmi del mio istinto e del mio cuore...» Isabel lo interruppe.
«Cosa stai cercando di dirmi?» nella sua voce si poteva sentire del nervosismo.
«Sto cercando di dire che... insomma. Vuoi sposarmi?» Isabel rimase a bocca aperta, le aveva chiesto davvero di sposarla? All'improvviso un ronzio le catturò le orecchie, sentiva come se il mondo intorno a lei fosse ovattato. Non poteva essere vero, a meno che... Un pensiero le balenò in testa. Sua madre, sua madre aveva chiamato Ruben e le aveva detto della gravidanza e così lui voleva sposarla. Non c'era altra spiegazione, nessuno a quell'età chiede ad una ragazza si sposarlo. Mentre lei rifletteva, Ruben la fissava, stava aspettando una risposta. «Te l'ha detto mia madre?» chiese lei. Ruben parve sorpreso, non capiva. «Cosa? Cosa avrebbe dovuto dirmi tua madre?»
«Non fare il vago. Deve essere per forza così. Mi madre ti ha detto tutto...» Isabel iniziò a piangere. Il misto di emozioni e ormoni erano un cocktail micidiale. Ruben era confuso, l'abbracciò. «Isa, non capisco. Cosa doveva dirmi? E poi cosa c'entra adesso? Forse sono stato troppo affrettato con la mia proposta...» Isabel rimase in silenzio. Forse era diventata fin troppo paranoica. Sua madre aveva promesso di non dire niente. Forse Ruben, voleva sposarla sul serio, anche non sapendo della gravidanza. Si sentì in imbarazzo, aveva rovinato tutto, e lo avrebbe fatto ancora. «No, non è per questo. Ruben, io... io non so cosa mi succede» disse lei singhiozzando.
«Adesso calmati. Dimmi cosa c'è che non va» Isabel sospirò, ormai doveva dirglielo, avrebbe dovuto dirglielo in ogni caso.
«Sai che in questi giorni sono stata poco bene. I giramenti di testa, la nausea... stamattina sono passata da mia madre e ne abbiamo parlato. Entrambe sapevamo che quei sintomi potevano significare che stavo aspettando» Ruben stava ascoltando ma non riusciva a cogliere il significato di quelle parole. «Aspettando? Nel senso di una gravidanza?»
«Si, e quindi abbiamo deciso che era il caso di fare un test. Beh l'ho fatto, Ruben» Isabel lo guardò negli occhi. Vi lesse paura e stupore, era sicura che sarebbe scappato. Lui rimase in silenzio per alcuni secondi, guardava Isabel cercando di trovare una risposta. «Era positivo? È così?» chiese lui stringendo le spalle di lei. «Si, sono incinta. Ma tranquillo, possiamo porvi rimedio, possiamo...» iniziò a piangere di nuovo. Ruben era immobile, gli occhi spalancanti. Isabel era incinta, nel suo grembo stava crescendo suo figlio. Non era pronto, no non si sentiva affatto pronto. Ma vedendola in quello stato l'abbracciò, la strinse forte. Non osava immaginare cosa avesse passato una volta scoperto il risultato del test. «Dovevi dirmelo subito!» esclamò lui.
«Avevo paura della tua reazione... ho ancora paura» rispose lei evitando di guardarlo negli occhi. Lui le prese il viso tra le mani. «Isa, non devi. Pensi che io sia un uomo che non si prende le proprie responsabilità? Io ti amo, lo sai. Ti ho chiesto anche di sposarmi, pensi che un figlio mi renda triste o arrabbiato? È il frutto del nostro amore!» Isabel sentiva il cuore palpitare forte, aveva paura che le sarebbe uscito dal petto. Come aveva potuto dubitare di lui? Non avrebbe dovuto farlo neanche per un secondo. «Vorresti tenerlo? Credi che potremmo farlo?» chiese lei balbettando.
«Certo, non lascerei morire mio figlio solo perchè siamo egoisti» Ruben era sicuro di sé, non aveva il minimo dubbio.
«Non so se sono pronta per una cosa simile. Ci amiamo, ma un figlio è una cosa importante, e anche il matrimonio. Sono così confusa...» Ruben la baciò sulla fronte e la prese per mano. Voleva portarla a casa e farla risposare. Erano successe troppe cose e troppo in fretta. «Andiamo a casa» arrivarono alla macchina e il viaggio fu silenzioso, nessuno dei due aveva il coraggio di parlare.

 

Arrivati a casa, Isabel si diresse velocemente verso la loro camera. Ruben chiuse la porta e sospirò, quella doveva essere una serata speciale.
Isabel andò in bagno, si struccò velocemente e si cambiò. Aveva il viso gonfio di lacrime, si sentiva come se un camion l'avesse investita. Aveva rovinato la proposta di Ruben e non sapeva cosa fare con la gravidanza. «Posso entrare?» chiese gentilmente Ruben dall'altro lato della porta. «Si» rispose lei tristemente. Ruben entrò e si avvicinò a lei. «Isa, ascoltami. Non c'è bisogno di torturarsi in quel modo. Dovremmo essere felici, ci amiamo, stiamo bene insieme...»
«Ma io ho rovinato tutto!» urlò lei. «Non hai rovinato niente» disse lui abbracciandola. Isabel lo strinse, voleva sentire il suo profumo. «Perdonami, amore» sussurrò lei. Si baciarono, poi lei si allontanò un po' e lo fissò. «Fammi rivedere quell'anello» sorrideva. Ruben riprese la scatolina e ne estrasse l'anello, poi prese la mano di Isabel e lo infilò al dito indice. Lei lo avvicinò al viso e lo mirò con attenzione. «Ti piace?» chiese lui.
«Stupendo, ma ancora non ti ho dato una risposta» Ruben rimase in silenzio. Non aveva più niente da aggiungere, doveva decidere lei. «Si, Ruben Ruìz Lopez. Si, voglio sposarti» Ruben sorrise, non desiderava altro. Si baciarono di nuovo e questa volta più a lungo. Fecero l'amore, e non pensarono a niente, volevano solo amarsi.

 

Quando ebbero finito era notte fonda, stavano sdraiati sul loro letto stretti l'uno nell'altra. «Come faremo?» chiese Isabel accarezzando i capelli di lui. «Con il bambino? Lo cresceremo ovviamente»
«Sei così sicuro? E poi magari sarà una bambina...» Ruben sorrise. «Una bambina bellissima. Ci sposeremo, avremo un figlio e saremo felici, cosa c'è che non va?» Isabel guardò il soffitto pensierosa. Quello che diceva Ruben era vero, e sembrava tutto perfetto. Il vero problema è che lei aveva sempre avuto paura della perfezione, come aveva avuto paura di soffrire per colpa di Ruben. Le cose troppo perfette la spaventavano perchè potevano finire, e la sofferenza era assicurata. «Felici, saremo felici» disse lei a sé stessa.
«Lo saremo. E adesso dormi, piccola mia» Ruben si avvicinò alla pancia di lei e la baciò dolcemente. «E buona notte, piccolo mio» Isabel rise.

 

Il mattino seguente Isabel fu svegliata dal miagolio di Dalì che supplicava il cibo. Guardò il letto e Ruben non c'era. Scese al piano di sotto e un profumo delizioso le invase il naso, Ruben stava cucinando. Entrò in cucina e vide dei pancake sul tavolo e delle spremute d'arancia. «Buongiorno, tesoro. Ho preparato la colazione, da adesso dovrai mangiare per due!» esclamò Ruben sorridendo. Isabel si sfiorò istintivamente il ventre. Doveva ammettere che si stava affezionando a quell'esserino. «Ottimo, ho una fame tremenda!» Isabel baciò Ruben e poi diede da mangiare a Dalì, che l'aveva seguita.
Si sedettero entrambi a tavola, ed Isabel iniziò a divorare letteralmente i pancake. Ruben la guardò stupito. «Avevi proprio fame» risero entrambi. «La bambina ha fame» rispose lei masticando.
«O il bambino... ma comunque, ho chiamato mia madre e i tuoi genitori. Ho chiesto di aspettarci a casa dei tuoi, dobbiamo annunciare le novità» Isabel era d'accordo. Ma il pensiero di suo padre la spaventò. Cosa ne avrebbe pensato di tutto questo? Sicuramente si sarebbe infuriato, deglutì rumorosamente. «Spero che vada tutto bene» disse infine.
«Andrà tutto bene, puoi starne certa»

 

Quando arrivarono alla villa era quasi ora di pranzo, sarebbero sicuramente rimasti a mangiare, così avrebbero anche festeggiato, sempre se la notizia non avesse scaldato gli animi.
Amanda accolse i due ragazzi abbracciandoli, lei era l'unica che sapeva. «Mi raccomando ragazzi» sussurrò lei.
Si avviarono verso il salotto dove, seduti sul divano, vi erano Dolores e Diego, sembravano entrambi preoccupati. «Ragazzi, cosa succede?» chiese Diego appena li vide entrare.
Ruben rimase in piedi, mentre Isabel si sedette su una delle poltrone. «Avanti, parlate!» esclamò Dolores in attesa. Ruben rimase in silenzio fino a quando anche Amanda si sedette accanto agli altri. «Io ed Isabel volevamo parlarvi, sono successe delle cose... dei cambiamenti» Diego parve ancora più preoccupato, non riusciva a capire. «Parla chiaro, Ruben» disse infine cambiando posizione sul divano.
Isabel sospirò, e guardò i suoi genitori e Dolores. «Io e Ruben abbiamo deciso alcune cose sul nostro futuro, abbiamo pensato di sposarci» il viso di Dolores si illuminò, si alzò velocemente e abbracciò prima suo figlio e poi Isabel. «Ragazzi, è magnifico! Una notizia magnifica!» Amanda non si aspettava il matrimonio, sapeva della gravidanza ma non di quella novità. Ma non era dispiaciuta, anzi. Aveva sognato questo momento da tanto tempo, sua figlia sposata con un brav'uomo e dei nipoti. «Santo cielo! Dolores ha ragione, è una notizia fantastica! Dobbiamo iniziare subito ad organizzare...» Isabel la interruppe con un gesto della mano. «No, mamma. Niente cose pacchiane al nostro matrimonio» disse sorridendo.
L'unico che era rimasto seduto sul divano era Diego. Stava con le braccia conserte e lo sguardo perso nel vuoto. «Papà? Cosa ne pensi?» chiese lei timorosa. Diego alzò lo sguardo, prima su Ruben e poi verso sua figlia. Alzò un sopracciglio e poi sorrise. «Vi do la mia benedizione. Sono felice per entrambi» si alzò anche lui e baciò entrambi. Tutti ormai stavano parlando animatamente: Amanda stava già dicendo come avrebbe organizzato tutto, e Dolores parlava di quanto le piacesse ciò che pensava l'altra. Isabel osservò Ruben e le fece un cenno con la testa, ancora non avevano finito con le notizie. «Sedetevi di nuovo, per favore. Dobbiamo dirvi un'altra cosa» disse Ruben. Gli altri ubbidirono e si sedettero. «Cosa altro c'è? Spero sia una bella notizia» disse Dolores con un lieve tremolio nella voce.
«Decisamente. Isabel aspetta un bambino» disse infine buttando fuori le parole tutte d'un fiato. Dolores iniziò improvvisamente a piangere, e abbracciò Isabel tanto forte da farle mancare il fiato. «Diventerò nonna? Volete per caso farmi venire un infarto, oggi?» Ruben sorrise e baciò sua madre sulla guancia. «Spero che per voi non sia un problema, per noi non lo è» disse Isabel rivolta soprattutto a suo padre. «Ragazzi, l'avete fatta grossa! Posso accettare il matrimonio, ma un figlio! Non siete pronti per crescere un bambino» Diego aveva alzato la voce.

«Non dire assurdità, Diego!» lo rimproverò Amanda. «Non sono assurdità! Avere un figlio è una grossa responsabilità»
«Papà, anch'io era preoccupata per questo. Ma so di amare Ruben, e già sto amando il piccolo esserino che vive dentro di me. È arrivato per caso, o forse no, ma ormai è qui. È tuo nipote!» disse Isabel prendendo la mano di suo padre. Diego la fissò a lungo. Gli tornò alla mente il momento in cui era nata: era così piccola e rosea, era perfetta. Ma adesso era cresciuta, e lei stessa stava per diventare madre. Pensò che il tempo passa troppo in fretta. «Isa, ho stima per entrambi, lo sapete. Ma non pensate che sia troppo presto?» chiese lui. «Forse hai ragione. Ma ormai non possiamo farci niente. Non intendiamo optare per l'aborto» rispose Ruben avvicinandosi a Diego. «E poi sono dei ragazzi responsabili. Si amano e hanno intenzione di crearsi un futuro e una famiglia» disse Amanda con veemenza. «Quindi... diventerò nonno?» Diego era stupefatto. Isabel sorrise e lo abbracciò. «Esatto, lo sarai»
«Se è un maschio seguirà le orme di suo nonno e di suo padre» Isabel alzò un sopracciglio. «Papà, non sarai mai un torero. Potrai viziarlo, coccolarlo e portarlo dove vuoi, ma non farà mai il torero» Isabel era diventata così seria e non aveva capito che suo padre era ironico. Così gli altri che la stavano osservando risero di gusto. «Tranquilla, Isa. Sarà una femmina! E diventerà una dottoressa» esclamò Amanda alzandosi in piedi. Si alzarono tutti e la confusione prese di nuovo il sopravvento, non si parlava d'altro che del matrimonio e del futuro nipote.
Ruben si avvicinò ad Isabel a la strinse, era possibile che fosse più bella del solito? «Tesoro, credo che d'ora in poi esisterà solo nostro figlio per loro» disse Ruben indicando sua madre e i genitori di Isabel. «Penso proprio di si. Sarà il bambino più viziato del mondo!» sorrise dolcemente.
Pranzarono tutti insieme e non si parlava d'altro che del matrimonio e del futuro nipote. Amanda disse ad Isabel che avrebbe dovuto prendere appuntamento dal ginecologo il prima possibile, la prima visita era molto importante.
Quando, nel pomeriggio, tornarono a casa, Isabel chiamò la sua ginecologa e prese appuntamento per il giorno seguente. Ruben sarebbe andata con lei.
Per quella sera rimasero abbracciati sul divano per tutto il tempo, alla fine si addormentarono sereni, tutto era andato per il meglio.

 

Spazio autrice:
Ciao ragazze! Come va? Ecco a voi l'undicesimo capitolo, cosa ne pensate? Pare che vada tutto bene, ma non si sa mai u.u ( lo so, sono cattiva)
Recensite e fatami sapere i vostri pareri, ve ne sarò eternamente grata!
A presto,
MissKiddo

 

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Capitolo 12
*** Sorprese inaspettate ***


Capitolo 12

Sorprese inaspettate

 

Isabel e Ruben si trovavano nello studio della dottoressa Lisa Gòmez. Era una donna alta e slanciata. Portava i capelli corti che erano di un nero corvino. Aveva un'aria allegra e accolse i due con un sorriso compiaciuto.
«Prego, sedetevi pure e spiegatemi il motivo della visita» disse la dottoressa. I due ubbidirono e si sedettero. Erano entrambi emozionati. «Salve dottoressa Gòmez. Sono venuta qui... siamo venuti qui perchè ho fatto un test di gravidanza ed è risultato positivo» rispose Isabel con un lieve rossore sulle gote.
«Benissimo! Fa sempre piacere ricevere queste belle notizie. Si sdrai sul lettino, faremo la prima ecografia» Isabel si alzò dalla sedia e si sdraiò scoprendosi il ventre ancora piatto. Ruben la raggiunse e si posizionò vicino a lei. La dottoressa Gòmez prese il gel per le ecografie e lo fece cadere sulla pancia di Isabel che rabbrividì. «Vediamo cosa abbiamo qui» disse la dottoressa prendendo la sonda. Inizialmente non si vedeva molto, solo nero. Poi osservando meglio si poté vedere un piccolo pallino bianco. Quello era il bambino, adesso non c'erano più dubbi. «Eccolo! Il vostro bambino adesso ha le dimensioni di un fagiolo, ma c'è. Complimenti ragazzi» disse la dottoressa con un sorriso. Isabel guardava il monitor con sorpresa, il suo bambino stava crescendo dentro di lei. «È bellissimo!» esclamò dopo poco. Ruben osservò la scena come se fosse in un sogno. «Si, è bellissimo. Ma sta bene?» chiese un po' preoccupato.
«Sta benissimo, adesso proviamo a sentire il cuore» rispose Lisa. Dopo pochi secondi un rumore forte e costante riempì le orecchie dei due neo genitori. Quel cuoricino così piccolo lavorava perfettamente.

 

La dottoressa prescrisse ad Isabel delle analisi di routine e degli integratori molto utili durante una gravidanza.
Isabel e Ruben uscirono dallo studio sorridendo, si sentivano al settimo cielo. Non avevano dubbi sul test di gravidanza ma sentirselo dire da un medico e vedere il loro bambino in un monitor li fece sentire dei veri e proprio genitori. «Pensi che sarà maschio o femmina?» chiese Isabel quando furono in macchina. Ruben ci pensò per alcuni secondi. «Penso che lo amerò in entrambi i casi!» esclamò infine. Isabel sorrise e scosse lievemente la testa. «Lo credo anch'io. Ma non hai neanche un'idea o una preferenza? Io si»
«Ah si? Dimmi cosa pensi» rispose lui mettendo in moto la macchina. «Penso che sia una femmina, non so perchè ma lo sento» Ruben sorrise. «Sarà una bambina bellissima»
«Ovviamente, perchè somiglierà a me!» disse Isabel ridendo.

 

 

***

 

 

I primi tre mesi di gravidanza passarono molto velocemente. Isabel continuò ad avere nausee al mattino, ma niente di preoccupante. Si sentiva bene e piena di energie, e soprattutto era felice. Non era mai stata così felice in vita sua.
Nei tre mesi passati lei e sua madre iniziarono i preparativi per le nozze. Isabel era decisa a sposarsi prima dell'arrivo di suo figlio. Le piaceva organizzare il giorno più importante della sua vita, voleva che tutto fosse perfetto e indimenticabile.


«Penso che il color lavanda sia perfetto per il matrimonio» disse Amanda bevendo il suo tè. Lei e sua figlia erano in giardino. Isabel aveva deciso di sposarsi a casa dei suo genitori. Il giardino era molto grande e la cerimonia si sarebbe svolta lì. «Te lo immagini? Tra un mese mi sposerò. Ancora non ci credo» disse Isabel passandosi una mano sul ventre che ormai stava crescendo.
«Ah, mi ero quasi dimenticata di dirtelo! Ieri sono stati spediti gli inviti, non ci resta che aspettare le conferme» alla fine, dopo molte discussioni, avevano deciso quante persone invitare e il numero lasciava ancora sbigottita Isabel; duecento invitati erano troppi per lei, ma sua madre aveva insistito. «Non credi siano troppi?» chiese Isabel per l'ennesima volta. «Sono tutte persone di famiglia e amici stretti, non potevano non invitarli, stai tranquilla, cara» rispose Amanda.
«Domani ho la seconda visita, per controllare che tutto proceda bene, e sai che Ruben non può accompagnarmi, ha un impegno importante, potresti venire con me?» Ruben doveva incontrarsi con delle persone per preparare le date delle sue future corride, ormai il suo lavoro lo impegnava a tempo pieno. Amanda sorrise e accettò molto volentieri, voleva vedere suo nipote.

 

Isabel tornò a casa nel pomeriggio, aveva bisogno di riposarsi e stendere le gambe. Ruben non sarebbe tornato prima di sera e pensò che avrebbe preparato una cenetta per lui. Anche se negli ultimi mesi era quasi sempre fuori casa per il lavoro, lei sapeva che lo faceva solo per dare un futuro a suo figlio. Si soffermò a pensare a quanto lo amasse e a quanto fosse stata fortunata.
Andò al piano di sopra e prima di andare in camera sua si fermò a guardare la stanza che sarebbe diventata la cameretta di suo figlio. Era vuota e ancora non avevano dipinto le pareti, volevano aspettare di scoprire il sesso del bambino. Sperò che nella visita del giorno dopo si vedesse qualcosa, non vedeva l'ora di arredare quella stanza. «Sarai un bambino fortunato!» esclamò nel silenzio della casa. Andò verso la sua camera e si cambiò, voleva stare comoda. Poi andò in cucina e iniziò a cucinare, anche se avrebbe preferito sdraiarsi sul letto, ma per Ruben avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Quando ebbe finito di cucinare guardò l'orologio e vide che erano passate le otto, così decise di apparecchiare la tavola. Voleva stupire l'uomo che sarebbe diventato suo marito. Apparecchiò con cura, prese anche una candela per rendere tutto più romantico.
Tutto era sistemato, non rimaneva che aspettare Ruben. Ma improvvisamente si sentì stanca, forse aveva esagerato, e così si sedette sul divano. Dalì la raggiunse e si accoccolò vicino a lei. «Piccolo micio! Non dobbiamo dormire, dobbiamo aspettare Ruben» sussurrò lei accarezzando il gatto sulla testa. Dopo cinque minuti non riuscì più a tenere gli occhi aperti, si addormentò.

 

Il sole era alto nel cielo, il profumo dell'aria primaverile inondava le narici di Isabel. Non riusciva a capire dove si trovasse, era tutto molto strano. Poi si rese conto di trovarsi in una arena, ma non era la solita dove si esibiva Ruben. Si rese conto che gli spalti erano vuoti e il silenzio era assordante. Aveva una brutta sensazione. Guardò in basso e vide Ruben, si trovava al centro dell'arena. Era immobile e teneva gli occhi fissi su qualcosa. Isabel guardò nella stessa direzione e vide che vi era un toro enorme, non ne aveva mai visti di così grandi. «Scappa, Ruben! Scappa!» urlò Isabel con quanto fiato aveva in gola. Non capiva perchè sentisse la necessita di urlare ma lo fece, era più forte di lei. Proprio mentre lei stava urlando il toro si mosse e iniziò a correre verso Ruben, che erano ancora immobile. Il panico si impossessò di Isabel, voleva correre verso di lui ma aveva le gambe pesanti come macigni. «Ruben! Vattene, scappa!» ma lui non si mosse. Il toro era sempre più vicino. Gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ti prego, Ruben!» Il toro non si fermò, lo colpì in pieno...

 

Isabel si svegliò di soprassalto. Aveva gli occhi bagnati dalle lacrime. Sospirò rumorosamente e fu grata di vedere il suo soggiorno, aveva solo sognato. Era un sogno strano e l'aveva terrorizzata ma poi le tornò in mente che aveva preparato la cena e la tavola, sicuramente Ruben era già tornato a casa. Che stupida! Pensò. Guardò l'ora e vide che erano da poco passate le dieci, si alzò dal divano e andò in cucina, tutto era come lo aveva lasciato. Andò al piano di sopra e non c'era nessuno, Ruben non era tornato. Iniziò a preoccuparsi nuovamente, gli era forse successo qualcosa? Scese le scale di corsa, voleva chiamare Ruben e assicurarsi che stesse bene. Ma non appena prese il telefono tra le mani, sentì la porta di casa aprirsi. «Ruben, sei tu?» chiese lei con voce tremante. Ruben entrò in casa e si diresse nella cucina, il tono di voce di Isabel lo fece preoccupare. «Sono io, tutto bene?» chiese abbracciandola. «Si, sto bene. Mi ero addormentata sul divano e... e mi sono svegliata solo ora. Non ti ho visto e pensavo ti fosse successo qualcosa» non voleva raccontargli il sogno che aveva fatto. Ruben la baciò sulle labbra. «Scusami, la riunione si è protratta troppo a lungo e non potevo andare via. Abbiamo discusso di molte cose» poi voltandosi vide le pentole piene e la tavola apparecchiata. «Avevi preparato la cena? Scusami di nuovo» disse infine sentendosi in colpa. Isabel inizialmente si sentì sollevata, ma vedendo la cena ormai fredda e immangiabile e ripensando al sogno, si sentì invadere dalla rabbia. Ruben sicuramente lavorava molto per lei e per il bambino ma non c'era quasi mai. Solo adesso si rese conto che iniziava ad essere assente. Le ricordò suo padre quando era bambina.
«Si avevo preparato la cena, e tu sei tornato solo ora! E domani avrò la visita dalla ginecologa e tu non ci sarai. Mi manchi, Ruben. Non pensi di essere fin troppo assente?» chiese lei con voce stridula.
Ruben alzò un sopracciglio, non capiva perchè lo stesse attaccando il quel modo. Poi pensò che gli ormoni della gravidanza potevano causare cambi repentini dell'umore, così cerco di rimanere calmo. «Amore, cerca di calmarti, non fa bene al bambino. Forse hai ragione, ho lavorato molto, ma sai anche tu che lo sto facendo per il nostro futuro, per noi tre insieme» si avvicinò ad Isabel e la prese tra le braccia, le vi si abbandonò completamente. «Lo so, ma il matrimonio, la gravidanza e tutto il resto... sono solo stanca» disse infine lei quasi sussurrando.
«Devi solo riposarti un po', devi pensare che non puoi più affaticarti molto, devi cercare di rimanere calma, piccola mia»
«E tu mi prometti che ci sarai sempre? Non ti stai stancando di me, vero?» Ruben sorrise dolcemente. «Come ti viene in mente? Io ti amo, Isa. Presto saremo marito e moglie, ma soprattutto saremo genitori. Non desidero niente di meglio» Isabel si sentì improvvisamente sciocca. Come aveva potuto pensare cose simili?
«Ti amo, Ruben» disse infine Isabel.
Ruben la accompagnò in camera da letto e la fece sdraiare. Le rimboccò le coperte e le diede un bacio sulle labbra. Isabel rimase per alcuni secondi a fissare il soffitto, le tornò in mente il sogno e rabbrividì sotto le coperte. Cercò di scacciare quel pensiero ma non ci riuscì, si addormentò rivedendo l'immagine del toro che colpiva in pieno Ruben.

 

Amanda stava aspettando Isabel, era arrivata in ospedale da ormai dieci minuti. Era emozionata e impaziente, non vedeva l'ora di vedere suo nipote. Stava per chiamare sua figlia quando la vide arrivare. «Isa, sei in ritardo!» disse Amanda dandole un bacio sulla guancia. «Scusa, ieri sera ho dormito poco e male» Amanda la guardò meglio e notò delle profonde occhiaie scuse sotto gli occhi di Isabel. «Sicura di sentirti bene, tesoro?»
«Sto bene. Adesso cosa ne dici di entrare?» Isabel cercando di non pensare alla notte precedente. Amanda la osservò per alcuni secondi e poi annuì.
Isabel era di nuovo sdraiata sul lettino della dottoressa Gòmez. Le stava facendo di nuovo un ecografia, la sonda scivolava sicura sulla sua pancia. Amanda era accanto a sua figlia e fissava il monitor con un sorriso enorme stampato sul viso. Isabel notò che la dottoressa si fermò su un punto preciso e continuava a fissarlo con uno sguardo preoccupato. «C'è qualcosa che non va?» chiese infine. Anche Amanda iniziò ad allarmarsi. La dottoressa alzò lo sguardo e fissò le due donne. «No, non c'è niente di preoccupante, va tutto bene. Ma credo...» si voltò di nuovo verso il monitor. «Crede cosa?» disse Amanda impaziente.
«Isabel non aspetta solo un bambino... ne aspetta due! Sono gemelli. Di solito nelle prime ecografie non si nota, è molto difficile, ma adesso si vede benissimo» Isabel si sentì la testa leggera. Non credeva alle proprie orecchie. Lei aspettava due gemelli? Non lo avrebbe mai neanche immaginato. Per lei era già stato difficile accettare un figlio e adesso ne avrebbe avuto due. Non riuscì a trattenere le lacrime. «Non piangere, Isa! Questa è una notizia fantastica, due piccoli miracoli» disse Amanda abbracciando sua figlia. «Tua madre ha ragione. E poi i bambini sono entrambi sani» continuò la dottoressa Gòmez.
«Non piango perchè sono triste, piango perchè sono felice e perchè... non lo so» Amanda e la dottoressa iniziarono a ridere. Entrambe sapevano come ci si sentisse durante una gravidanza.

 

Amanda ed Isabel tornarono a casa senza parlare. Erano entrambe confuse ma felici. Due bambini in un colpo solo erano una bella responsabilità. «Credi che sarò in grado di crescere due gemelli?» chiese Isabel a sua madre. «Io non lo credo, ne sono convinta! Sarai una mamma fantastica. E poi ci sarò io e anche Ruben, ti aiuteremo se ne avrai bisogno»
«Non so ancora come dirglielo!» esclamò sedendosi sul divano. «Cosa ne dici di aspettare il matrimonio? Potrebbe essere una bellissima sorpresa» Isabel ci pensò per alcuni secondi. In effetti dare l'annuncio il giorno del matrimonio poteva essere divertente. «Hai ragione, ma non pensi sia troppo?»
«Secondo me sarebbe davvero carino e romantico. Non lo dirò neanche a tuo padre, gli verrà un colpo!» esclamò Amanda ridendo. Anche Isabel iniziò a ridere. «Sarete nonni due volte!» Amanda ed Isabel si abbracciarono.
Isabel pensò che sarebbe stato difficile mantenere il segreto con Ruben, era una notizia troppo emozionante. Ma doveva riuscirci, quella notizia avrebbe reso ancora più indimenticabile il giorno del loro matrimonio.

 

Era passata una settimana da quando Isabel aveva ricevuto la notizia dei gemelli e continuava a mantenere il segreto. Il matrimonio si avvicinava sempre di più e lei voleva sistemare tutti gli ultimi dettagli il più in fretta possibile.
Il suo compagno non sapeva quasi niente di ciò che aveva organizzato, aveva dato completamente carta bianca ad Isabel, si fidava dei suoi gusti. Quel giorno Isabel si era recata in una pasticceria per confermare la torta a cinque piani che aveva progettato.
Mentre, Ruben si trovava in aeroporto. Stava aspettando i suoi due migliori amici con i quali era cresciuto. Erano stati invitati per il matrimonio, ma avevano deciso di arrivare qualche giorno prima per stare insieme, non si vedevano da almeno due anni. Armando si era trasferito in Francia da qualche anno per i suoi studi in medicina, e finalmente l'anno precedente si era laureato. Salvador, invece, viveva negli USA da pochi mesi. Sin da piccolo aveva sempre avuto la passione per la tecnologia, e adesso lavorava per un'azienda di computer. Ruben vide atterrare l'aereo che arrivava direttamente dalla Francia, non vedeva l'ora di abbracciare i suoi amici. Si avvicinò al gate dove sarebbe uscito Armando e aspetto. Dopo pochi minuti lo vide. Era sempre il solito ma con una barba lunga che gli ricopriva il viso. Gli occhi erano marroni e luminosi, mettevano allegria. I capelli, che un tempo erano lunghi fino alle spalle, adesso erano corti e ordinati. I loro sguardi si incrociarono e si corsero incontro. «Ruben! Ecco qui il mio migliore amico! Anzi adesso dovrei chiamarti “Torero”»
«E tu invece ormai sei il dottor Armando! Ancora non ci credo che un attaccabrighe come te sia un medico» entrambi risero. «Che vuoi farci, anche i migliori sbagliano ogni tanto» disse Armando dando una pacca sulla spalla di Ruben.
«Sono contento di vederti» rispose Ruben. «Andiamo a berci qualcosa. Salvador non arriverà prima di un'ora e io voglio sapere tutto!»
I due ragazzi presero posto in un bar e ordinarono del caffè. Ruben pensò a quando erano ragazzi, e a tutte le cose strambe che avevano combinato, non riusciva a smettere di sorridere. «Avanti, Ben, parlami di Isabel. Voglio sapere tutto sulla donna che è riuscita ad accalappiare il mio amico» disse Armando. «È fantastica, ma lo vedrai da te quando vi conoscerete. Non penso che avrei mai potuto trovare di meglio»
«Sei proprio innamorato. Non ti ho mai visto così, sono contento per te» rimasero seduti al bar per un'ora. Avevano molte cose di cui parlare, molte cose da ricordare. Ma la cosa più importante era che risero, risero di gusto ricordando pezzi delle loro vite che avevano quasi dimenticato.
Dopo poco sentirono una voce annunciare che l'aereo del loro amico Salvador stava per arrivare. Si alzarono e corsero al gate giusto. «Sarà sempre il solito secchione?» chiese Armando sorridendo. «Credo proprio di si» rispose Ruben tenendo fissi gli occhi sull'uscita. Dopo poco anche Salvador entrò nell'aeroporto. Portava ancora gli occhiali da vista che nascondevano i suoi grandi occhi verdi. Era alto e magro e il viso era sempre quello di un sedicenne. Ruben alzò un braccio per farsi notare e finalmente Salvador li vide. Corse loro incontro e tutti e tre si abbracciarono. «Ragazzi! È passato troppo tempo dall'ultima volta che ci siamo visti. Voglio dire... Ruben si sposa e diventerà padre!»
«Invece tu sei sempre il solito, vecchio mio» disse Armando prendendo il collo del suo amico nell'incavo del braccio. «Avanti andiamo! Dobbiamo fare molte cose. E poi dovete conoscere Isabel» disse Ruben aiutandoli con le valigie. «E non ti dimenticare che dobbiamo organizzare l'addio al celibato!» disse Armando con voce maliziosa. «Come al solito Armando pensa alle donne!» Salvador gli diede una gomitata sul fianco. «Ma è tradizione! Vedrai, Ruben, ti divertirai molto!»
«Vedremo, adesso andiamo» rispose Ruben alzando un sopracciglio. I tre ragazzi uscirono dall'aeroporto e salirono sulla macchina del loro amico ritrovato.

 

Spazio autrice:
Lo so, lo so. Sono sicura che mi insulterete per il ritardo immenso con cui ho pubblicato questo capitolo. Sono succese molte cose, che non voglio stare qui a raccontare. Tra l'altro non ho avuto neanche un pc per alcune settimane. Mi scuso con chi ha sempre segutio la storia ed aspettava un nuovo capitolo. Ma adesso eccomi di nuovo. Vi ho sempre detto che porterò a termine questa storia e lo farò.
Ma pensiamo al capitolo. Cosa ne pensate? Come al solito ditemi tutto ciò che vi è passato per la mente. Ruben ed Isabel avranno due gemelli? Vi piace l'idea? Abbiamo anche visto due nuovi personaggi: Armando e Salvador, nel prossimo capitolo parlaremo meglio dei due amici di infanzia di Ruben. Vi informo anche che siamo quasi alla fine della storia, quindi godetevi gli ultimi capitoli.
A presto,
MissKiddo

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Capitolo 13
*** La gelosia e vecchi rancori ***


Capitolo 13

La gelosia e vecchi rancori

 

Isabel stava aspettando Ruben in giardino. L'aveva chiamata pochi attimi prima dicendole che sarebbe arrivato presto insieme ai suoi amici. Isabel era emozionata, finalmente avrebbe conosciuto i migliori amici del suo futuro marito. Sicuramente le avrebbero raccontato cose di lui che ancora non sapeva, era davvero curiosa. Si passò la mano sopra la pancia pensando ai suoi due piccoli bambini, ancora non si era abituata all'idea, ma il suo amore si era già duplicato.
Guardò la strada e finalmente vide la macchina di Ruben risalire il viale d'ingresso. Si fermò davanti alla porta e scesero tutti insieme.
«Ma sei diventato davvero così ricco?» chiese Armando osservando la villa. «Più o meno» rispose Ruben sorridendo. Isabel si avvicinò lentamente e salutò Ruben con un bacio sulla guancia. «Armando, Salvador, lei è Isabel, la donna dei miei sogni» Armando la osservò per alcuni secondi e Salvador fece lo stesso, entrambi pensarono che fosse una bellissima ragazza. «Piacere di conoscervi» disse Isabel porgendo loro la mano. I due ragazzi la strinsero e si presentarono. «Scommetto che voi due conoscete molti fatti imbarazzati che riguardano Ruben» esortò Isabel mentre stavano entrando in casa. «Puoi scommetterci, mia cara» rispose Armando compiaciuto.

 

Ruben ed Isabel fecero vedere la loro casa ai due nuovi arrivati e poi si sistemarono in salotto per bere qualcosa. «E così tu saresti la figlia del celeberrimo Diego "El torero"» disse Salvador sedendosi sul divano. Isabel sorrise e versò del succo di frutta nei bicchieri. «Già, è così. Non ne vado particolarmente fiera»
«Non ne vai fiera? Scherzi? È il miglior torero di sempre! Da ragazzi io, Ruben e Salvador lo adoravamo» aggiunse Armando. «Isabel non ama la corrida, diciamo pure che la detesta» Ruben la strinse accanto a se sull'altro divano. «Però stai per sposarti una torero! Questo dimostra quanto siete innamorati» Isabel rimase in silenzio, non aveva particolarmente voglia di parlare delle corride. Armando e Salvador vedendo l'imbarazzo della ragazza decisero di cambiare argomento.
«Vedo che la pancia sta crescendo, sapete già se sarà un maschio o una femmina?» chiese Salvador sinceramente incuriosito. Isabel si rilassò di nuovo. «Ancora non sappiamo niente, è troppo presto. Ma ditemi di voi, come è andato il viaggio?» Armando e Salvador raccontarono di come i loro viaggi erano stati abbastanza tranquilli. Dissero anche che avevano già prenotato due stanze in un albergo vicino. Ruben insistette per farli rimanere nella loro casa ma loro non accettarono, non volevano disturbare. Dopo un paio d'ore di conversazione tranquilla decisero di andare via, volevano riposarsi un po'. «È stato un piacere conoscerti, Isabel. Sono contento per entrambi, siete una bella coppia» disse Armando sulla porta d'ingresso. «Il piacere è tutto mio. Ma aspettate un attimo, vado a prendere i vostri inviti per il matrimonio» Isabel andò al piano di sopra lasciando i tre uomini da soli.
«Ruben, c'è una cosa che non mi è chiara. Come è andata a finire con Marisol? Insomma... eravate innamorati» chiese Armando quasi sottovoce. Ruben non pensava a Marisol da mesi, e non era un ricordo piacevole. «Te lo racconterò quando saremo da soli» rispose sbrigativo. Armando capì che non era il momento giusto per parlarne.
Isabel scese di nuovo le scale e porse gli inviti a Salvador ed Armando. «So che verrete, però mi faceva piacere darveli, è pur sempre un ricordo»
«Hai fatto bene, sono bellissimi! Ricordati che tra qualche giorno organizzeremo l'addio al celibato di Ruben, non credo sia un problema per te, vero?» disse Armando sorridendo. Isabel guardò Ruben e scosse la testa. «Non è necessario...» rispose Ruben imbarazzato, ma non riuscì a finire la frase.
«Ma certo che è necessario, non mi da alcun fastidio! Anzi! Fate pure, ragazzi. Ma non esagerate» Isabel non voleva impedire a Ruben di festeggiare, in fondo non vedeva i suoi amici da anni.
Armando e Salvador salutarono entrambi ed uscirono di casa dove c'era un taxi che li aspettava, partirono verso il loro albergo.
Quando chiusero la porta di casa, Ruben chiese ad Isabel dei pareri sui suoi amici. «Penso che siano veramente simpatici e gentili! Anche se vogliono portarti dalle spogliarelliste» sorrisero entrambi. Ruben si avvicinò a lei e l'abbracciò baciandola sulle labbra. «Non andremo dalle spogliarelliste. E poi io amo solo te»

 

Armando arrivò nella sua camera d'albergo alle nove di sera. Era stanco per il viaggio ma felice di essere tornato in Spagna. Il giorno dopo sarebbe andato a trovare i suoi genitori e sua sorella, che non vedeva da molto tempo. Gli studi lo avevano lasciato per molto tempo fuori casa, ma era fiero di essersi finalmente laureato. Finalmente sarebbe diventato un medico, il suo sogno di bambino.
Si sdraiò sul letto perfettamente pulito e osservò il soffitto pensando a Ruben. Lo aveva trovato sereno e felice, anche lui aveva realizzato il suo sogno e aveva anche trovato una ragazza perfetta. Ancora non credeva al fatto che si sarebbe sposato e che presto sarebbe diventato padre. Stava pensando a tutto questo quando sentì squillare il suo cellulare, pensò che fosse sua madre ma quando guardò lo schermo vide che era un numero a lui sconosciuto. Quando rispose, la voce che sentì lo lasciò sorpreso. «Armando? Sono Marisol, so che sei tornato in Spagna finalmente!» Marisol aveva una voce allegra, ma quella telefonata lasciava perplesso Armando, cosa voleva da lui? «Ehi, Marisol. Si sono in Spagna, tu come stai?»
«Direi bene. Ruben sta per sposarsi e avevo pensato che sicuramente avrebbe invitato anche te e Salvador così ho pensato di chiamarti» Armando ripensò all'espressione di Ruben quando gli aveva parlato di Marisol, ma sentendola così allegra pensò che fosse tutto passato, pensò che fossero in buoni rapporti. In fondo dopo tanti anni di fidanzamento è normale rimanere amici. «Già, ancora non ci credo! Tu verrai al matrimonio?»
«Certo, io e Ruben siamo amici ormai» Armando trasse un respiro di sollievo, evidentemente era tutto apposto. «Bene, sono felice, non c'è ragione di serbare rancore. Io e Salvador abbiamo intenzione di organizzare un addio al celibato, ci sarà da ridere» Marisol strinse ancora più forte il suo cellulare. Ovviamente lei sapeva di non essere stata invitata al matrimonio. Quando aveva ricevuto la notizia le si era quasi spezzato il cuore. Ma cercò di simulare allegria e disinvoltura, la notizia dell'addio al celibato poteva rivelarsi utile. «Oh, bene! Senti, so che di solito ci sono sempre e solo uomini all'addio al celibato, ma cosa ne dici se vengo anch'io?» Armando rimase in silenzio per alcuni secondi, quella richiesta era strana. «Se proprio ci tieni, ti terrò informata» rispose infine.
«Si, sarebbe fantastico. Ma non dire niente a Ruben, voglio che sia una sorpresa»
«D'accordo. Ti richiamerò io appena avremo organizzato» i due si salutarono. Armando era ancora perplesso ma era troppo stanco per pensarci. Si cambiò i vestiti e sprofondò in un sonno ristoratore.
Marisol, invece, sorrise nel silenzio della sua camera, aveva in mente qualcosa di molto divertente.

 

Il matrimonio era sempre più vicino, mancava poco più di una settimana. Isabel era sempre molto indaffarata e lavorava senza sosto per far si che tutto fosse perfetto. Amanda e Dolores l'aiutavano in tutto per cercare di non farla affaticare, nelle sue condizione doveva pensare al riposo.
«Isa! Scendi da quelle scale, potresti cadere!» esclamò Dolores vedendo Isabel arrampicarsi per cercare di sistemare l'arco dove si sarebbe sposata. «Tranquilla, non succederà» rispose lei attaccando un fiocchi color lavanda. Amanda che si trovava poco distante sentì quelle parole e si avvicino alle due. «Isabel Sanchez Torrès, scendi subito da lì!» non voleva che sua figlia si facesse male.
«E va bene, va bene! Scendo, non posso discutere con voi due insieme!» rispose Isabel scendendo dalle scale. «Così va meglio» disse Amanda soddisfatta. «Ma sappiate che sono solo incinta, non sono invalida, sapete?» le due donne risero.
«Ma devi fare attenzione al nostro nipotino» disse Dolores con voce dolce. Anche lei era stata infettata dal virus della “nonnite”. «Stasera sarai da sola a casa, vero? Vuoi dormire da me?» chiese Amanda. Isabel pensò all'addio al celibato, lo aveva quasi dimenticato. «No, non c'è bisogno, posso rimanere da sola per una notte»
«Addio al celibato! Assurdo, mio figlio è un incosciente» esclamò Dolores. Amanda sorrise e la prese per un braccio stringendolo. «Avanti, Dolores! Sono ragazzi, lascia che si divertano, tuo figlio è fin troppo responsabile»
«Forse hai ragione, ma ha una ragazza incinta a cui badare»
«Io starò benissimo, ho insistito io per farlo festeggiare, mi fa solo piacere. E poi io e i bambini...» solo dopo aver parlato Isabel si rese conto di aver detto “bambini”, il suo segreto era stato quasi svelato. Dolores era perplessa. «Bambini? Perché usi il plurale?» Isabel e Amanda si fissarono e poi scoppiarono a ridere. «Non sai tenere un segreto! Ma penso che possiamo dirlo a Dolores» disse Amanda divertita. Isabel raccontò a Dolores della visita e dei gemelli. Sua suocera per poco non svenne. «Santo cielo! Gemelli! Sarò nonna di due bambini!»
«Si, ma per favore, non dire niente a Ruben. Deve essere un segreto!» la pregò Isabel. «Terrò la bocca chiusa, promesso»

 

Isabel stava osservando Ruben. Erano in camera da letto e lui si stava preparando per uscire, provò un po' di gelosia, ma cercò di scacciarla, Ruben non avrebbe mai fatto niente di male. «Sei sicura? Posso sempre rimandare» disse Ruben per l'ennesima volta. «Ti ho detto che per me va benissimo! Non preoccuparti per me, amore» lui la raggiunse e la baciò sulla fronte. «Ma se hai anche un minimo problema, o cambi idea, basta una telefonata e ti raggiungerò» Isabel sorrise. «Non ci sarà bisogno, pensa solo a divertirti» si baciarono. «E sai cosa è successo a mia madre? Oggi mi ha chiamato ed era più allegra del solito, cosa state combinando per il matrimonio?» Isabel sapeva a cosa era dovuta la felicità di Dolores, ma non disse niente, cercò di tenersi sul vago. «Ok, sicuramente state tramando qualcosa, ma non voglio indagare. Anche perchè manca solo una settimana»
«Tra una settimana sarai mio marito!» i due si baciarono di nuovo, stavolta più a lungo. Ma il suono del clacson che giunse dal giardino li fece allontanare. «Sono arrivati i ragazzi. Ricordati di chiamarmi se succede qualcosa, va bene?»
«Promesso, ma adesso vai. A domani» si baciarono lievemente e Ruben corse al piano inferiore. Isabel rimase sola nella stanza, scosse la testa e sorrise.

 

Quando Ruben uscì di casa non si aspettava di trovare una limousine. Era enorme e completamente nera. Anche solo affittarla per una sera doveva essere costato un occhio delle testa. Non voleva che i suoi amici spendessero così tanto per lui.
La osservò per alcuni secondi e poi si avvicinò aprendo la portiera. Dentro vi erano Armando e Salvador con i mano due bicchieri di champagne. L'interno della limousine era di colore blu ed era molto elegante, vi erano almeno dieci posti. «Ecco il futuro sposo! Vogliamo brindare?» Armando stava quasi urlando. Ruben che era rimasto ancora in piedi fuori, entrò e si sedette vicino ai suoi compagni che gli passarono un bicchiere. «Brindiamo allo sposo!» esclamò Salvador tenendo in alto il suo calice. I tre ragazzi fecero tintinnare i loro bicchieri. «Ragazzi, voi siete pazzi! Avevate promesso di non esagerare» disse Ruben imbarazzato. «Sciocchezze, tu cerca di goderti la serata» rispose prontamente Armando. Ruben fece cenno con la testa e continuarono a bere. «Partiamo, autista. La notte è tutta per noi» urlò Salvador. La limousine partì lentamente e i ragazzi continuarono a bere il loro champagne.

 

Marisol si stava preparando per la serata. Quella stessa mattina Armando l'aveva chiamata e le aveva detto il nome del locale dove avrebbero festeggiato. Era decisa: non avrebbe fatto sposare quella sgualdrina con il suo Ruben. Quella sera avrebbe cercato di farlo ragionare, l'avrebbe convinto che era lei la donna della sua vita, lo era sempre stata. Lei era sicura che Ruben stesse insieme ad Isabel solo perchè suo padre era un torero famoso, non c'erano dubbi. Ma adesso che anche lui aveva iniziato la sua carriera sarebbe tornato sui suoi passi, sarebbe tornato. Mentre pensava a cosa dirgli si truccò velocemente e si vestì in modo provocante, voleva colpirlo. Indossò una minigonna e dei tacchi vertiginosi. Sto arrivando, Ruben. Sarai mio. Pensò mentre usciva di casa.

 

Il locale che avevano scelto per l'addio al celibato era un pub molto famoso per la bellezza delle ballerine che vi lavoravano. Ruben guardò l'insegna e alzò un sopracciglio. «Avevate detto niente spogliarelliste!» esclamò contrariato. «Tu farai il bravo, io e Salvador non dobbiamo sposarci»
«Esatto, magari anch'io e Armando troveremo la donna dei nostri sogni» aggiunse Salvador sorridendo. «E va bene, entriamo» i tre ragazzi entrarono e furono accolti da una musica ad alto volume. Dovevano quasi urlare per sentirsi. Armando andò dalla signorina dell'accoglienza e le disse che avevano già prenotato un tavolo. La ragazza sorrise e li accompagnò in un punto un po' appartato del locale.
Al centro della sala vi erano molti uomini ubriachi che ballavano insieme ad altre ragazze in abiti succinti. Vi era puzza di fumo e di alcool. Sulla destra, invece, c'era un piccolo palco dove due ragazze quasi nude ballavano intorno ad un palo. «Non è magnifico?» urlò Armando all'orecchio di Ruben. «Magnifico non è l'aggettivo giusto!» obbiettò lui.
Arrivati al tavolo un'altra ragazza dai capelli biondi e mossi li accolse con un sorriso. Aveva i seni nudi, solo i capezzoli erano coperti da due stelline. Nella parte inferiore indossava soltanto un perizoma e un grembiulino da cameriera. «Buonasera ragazzi, benvenuti al “Loco Pub”. Io sono Cecilia e per questa sera sarò la vostra cameriera personale, farò tutto quello che volete!» disse la ragazza svestita. Armando la fissò da capo a piedi. «Tutto quello che vogliamo, eh? Iniziamo con qualcosa da bere, bella signorina» disse Salvador sedendosi su una delle sedie. Anche gli altri due lo imitarono. Cecilia andò verso il bar per prendere altro champagne. «Non male! Abbiamo scelto bene» disse Armando sorridendo. Ruben era un po' in imbarazzo, se Isabel avesse visto quella ragazza l'avrebbe ucciso probabilmente. «Dai, Ben. Non pensare troppo, vedrai che tra un paio di bicchieri riuscirai a rilassarti»
«Spero non troppo...» i tre ragazzi iniziarono a ridere. Ruben pensò che quella serata sarebbe stata molto lunga.

 

Isabel era sdraiata sul letto insieme a Dalì che faceva le fusa. Ruben era uscito ormai da quasi tre ore e lei sentiva la sua mancanza. Scacciò quel pensiero pensando che sicuramente si stava divertendo. «Pensi che abbiano chiamato delle spogliarelliste?» chiese Isabel a Dalì. Il gatto si voltò verso di lei e miagolò debolmente. «Si, forse hai ragione, non dovrei preoccuparmi. Non mi tradirebbe mai!» cercò di non pensarci e accese la TV. L'avrebbe distratta, anche perchè non aveva per niente sonno. L'avrebbe aspettato sveglia, così si sarebbero addormentati insieme.
Mentre guardava un film, una fitta alla pancia la fece sobbalzare. Fece finta di niente e continuò a fissare lo schermo. Ma poco dopo un'altra fitta le percorse il ventre. Si alzò in piedi e andò verso il bagno, aveva la nausea. Era più forte degli altri giorni ma quello che la preoccupava erano quelle fitte dolorose. Cercò di rilassarsi e non allarmare nessuno, probabilmente sarebbe passato tutto in pochi minuti. Si sdraiò nuovamente sul letto, ma le fitte non passarono.

 

Ruben e i suoi amici si erano ormai scolati tre bottiglie di champagne e adesso erano passati a qualcosa di più forte: tequila. Erano tutti e tre ubriachi e Ruben ormai si trovava a suo agio dentro quel locale. Non aveva la minima idea che Isabel stesse molto male. «Sai, Ruben, io ti voglio bene» biascicò Armando. «Anch'io te ne voglio» rispose Ruben stringendolo a sé. «Doveva essere una sorpresa ma voglio dirtelo... mi ha chiamato Marisol e sono contento che siete rimasti amici» proseguì Armando. Ruben sentendo quelle parole rimase perplesso. «Cosa? Ma sei mi odia!» esclamò.
«L'hai invitata anche al matrimonio...» un singhiozzo non gli permise di proseguire. «Non è vero! È una bugiarda» proprio mentre stava finendo la frase Marisol li raggiunse al tavolo. «Chi è una bugiarda?» chiese con voce civettuola. Ruben alzò lo sguardo e la fissò dritta negli occhi. «Tu sei bugiarda! Cosa ci fai qui?»
«Volevo festeggiare inseme a te» rispose lei afferrandolo per un braccio. Ruben si voltò verso Armando con uno sguardo truce. «Hai combinato un casino!» stava urlando. «Io non sapevo niente, lei... lei mi ha detto che eravate in buoni rapporti»
«Bella festa! Proprio uno schifo» Ruben si alzò dal tavolo e cercò di scrollarsi di dosso Marisol. «Non dare la colpa ad Armando, è colpa mia. Volevo solo parlarti e sistemare le cose, cosa ne dici di uscire?» chiese lei. «Non abbiamo niente di cui parlare, Marisol, torna a casa»
«Solo due minuti, per favore!» Ruben rimase in silenzio e osservò i suoi due amici che guardavano la scena con uno sguardo imbambolato da ubriachi. «Due minuti e poi andrò via, e spero che tu abbia una buona scusa per questo macello» rispose lui avviandosi verso l'uscita.
«L'hai combinata grossa, Armando» disse Salvador rivolto al suo amico.

 

Isabel stava soffrendo ormai da alcuni minuti, quelle fitte dolorose la stavano preoccupando, non voleva perdere i suoi bambini. Guardò l'ora e vide che era passata da poco mezzanotte. Non resisteva più, avrebbe chiamato Ruben. Prese il cellulare e compose il numero. «Rispondi, rispondi...» ma dall'altra capo del telefono nessuno rispose. Isabel non sapeva che Ruben uscendo dal locale, con Marisol, aveva dimenticato la giacca con il cellulare sulla sedia.

 

Ruben e Marisol erano usciti dal locale. Ruben era nervoso, la serata era rovinata. Non voleva dare la colpa ad Armando, in fondo lui non sapeva niente. Era tutta colpa di quella ragazza che adesso era davanti a lui. «Dimmi perchè hai mentito» disse lui osservandola con disprezzo. «Volevo solo mettere apposto le cose, Ruben. Non ti sei comportato bene con me» rispose lei abbassando lo sguardo. «E ho fatto bene! Prima cercavi di minacciarmi, poi queste bugie! Non abbiamo più niente da dirci, fatti una vita!»
«Ma io voglio vivere con te! Sei l'unica cosa che voglio, perchè non capisci? Lo so che in fondo mi ami ancora!» Ruben non riusciva a capacitarsi. Come poteva pensare quelle cose dopo tutti quei mesi?
«Senti, io sto per sposarmi e avrò presto un figlio. Sono innamorato di Isabel e lo sarò sempre, lo vuoi capire?» Marisol iniziò a piangere. «Ma almeno possiamo rimanere amici, possiamo avere qualche tipo di rapporto... insomma quei tre anni insieme li hai dimenticati?» Ruben guardandola piangere si sentì un po' in colpa. «Non piangere. Non ho dimenticato niente, ma è finita, finita per sempre, devi capirlo.» Marisol non rispose e si aggrappò a lui, lo strinse forte. Ruben rimase immobile, non aveva intenzione di abbracciarla. Poi lei alzò la testa e lo fissò negli occhi, non vide niente. Questo le provocò un moto di gelosia nello stomaco, Ruben non provava più niente per lei. Ma avrebbe fatto qualcosa per rovinare il rapporto che aveva con quella Isabel. Si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò sulle labbra. Ruben si allontanò immediatamente da lei. «Vattene! Vattene subito!» urlò lui pieno di rabbia.

 

Isabel sentendo che Ruben non aveva intenzione di rispondere al telefono si innervosì. Le aveva promesso che sarebbe tornato immediatamente se ci fosse stato qualche problema. E adesso lei stava male ma lui non rispondeva. Il dolore stava aumentando e anche la sua paura. Avrebbe chiamato sua madre e un'ambulanza.

 

Spazio autrice:
Eccoci qui al nostro tredicesimo capitolo! Cosa ne pensate? Chissà come starà Isabel e cosa ne penserà del bacio rubato. Ditemi la vostra con una recensione! Grazie a tutti.
A presto,
MissKiddo

 

Se volete leggere qualcos'altro scritto da me vi consiglio:Alaska:il posto in cui trovai l'amore

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Capitolo 14
*** Incertezza ***


Capitolo 14

Incertezza

 

Isabel era ancora sdraiata sul letto, il dolore lancinante che si irradiava dalla pancia fino alla schiena le toglieva il respiro. Aveva chiamato sua madre da pochi minuti e le aveva chiesto di avvertire un'ambulanza. Dopo poco sentì aprire la porta d'ingresso al piano inferiore, pensò che fosse Ruben ma era Amanda, che corse le scale velocemente. «Isa, come ti senti? L'ambulanza sarà qui tra pochi minuti, piccola mia» disse Amanda entrando come una furia in camera da letto.
Isabel aveva il respiro affannato. «Fa malissimo, pensi che siano contrazioni? È ancora troppo presto, non voglio perdere i bambini» iniziò a piangere. Amanda si avvicinò alla figlia e la strinse. «Non li perderai. Hai chiamato Ruben?»
«Si, ho provato molte volte ma non risponde. Forse è successo qualcosa...» un altra fitta dolorosa non le permise di continuare.
In lontananza sentirono le sirene dell'ambulanza che si stava avvicinando. Amanda cercò di mettere in piedi Isabel e scesero le scale molto lentamente. I paramedici entrarono in casa e chiesero cosa fosse successo. Amanda spiegò ogni cosa, dopo di che Isabel venne prese immediatamente dai due uomini. «Di quante settimane è?» chiese uno dei medici. «Sedici settimane...» rispose Amanda.
«Un po' presto per partorire, non credi? Vedrai che si sistemerà tutto» presero Isabel e la condussero sull'ambulanza, Amanda andò con lei. Partirono verso l'ospedale il più in fretta possibile.

 

Ruben si trovava fuori al pub, era nervoso e la sbornia non era passata del tutto. Marisol rimase immobile a fissarlo, non aveva intenzione di andare via. «Non farti più vedere, non voglio vederti mai più, Marisol» disse Ruben a denti stretti. Non aspettò una risposta, si voltò dandole le spalle e si incamminò verso una meta sconosciuta. Aveva bisogno di camminare e non pensare a niente. Quella serata si era tramutata in un incubo, non avrebbe dovuto accettare l'addio al celibato.
Marisol era ancora ferma sul marciapiede. «Aspetta, Ruben!» urlò. Stava quasi per seguirlo quando una mano l'afferrò per un braccio. «Lascialo in pace, non pensi di aver combinato abbastanza casini per stasera?» disse Armando che era appena uscito dal locale. Lei lo guardò con disprezzo. «Lasciami stare. Me ne torno a casa, siete tutti dei bastardi!» Armando la lasciò andare.
«Che stronza! Una rovina famiglie, ma ci pensi?» Salvador aveva raggiunto l'amico fuori. Armando scosse la testa. «Una stronza maligna! Ma Ruben dove sta andando? Ha anche dimenticato la giacca»
«Lascialo sbollire. Credo che abbia bisogno di rimanere da solo» rispose Salvador poggiando una mano sulla spalla dell'amico.

 

L'ambulanza arrivò in ospedale in quindici minuti. Isabel fu portata in ginecologia d'urgenza, ormai il panico aveva totalmente preso il sopravvento su di lei.
Amanda rimase nella sala d'aspetto, i secondi sembravano durare anni. Ancora i medici non le avevano detto niente e aveva paura che sua figlia avesse avuto un aborto spontaneo.
Dopo poco un medico uscì nella sala d'attesa e si diresse verso Amanda. «La signora Torrès?»
«Si! Mi dica dottore, è grave?» l'altro scosse la testa e sorrise. «Sta bene. Negli ultimi giorni ha fatto molti sforzi? O sta vivendo un momento di stress?» Amanda ripensò a tutti i preparativi del matrimonio, di sicuro era stato un periodo stressante per tutti. «Si, purtroppo si. Stiamo organizzando un matrimonio»
«Come immaginavo. Erano solo contrazioni dovute allo stress e agli sforzi. Dovrà dire a sua figlia di rallentare». Amanda trasse un respiro di sollievo, per fortuna non era niente di grave. Ne avrebbe dette quattro a quella sconsiderata di sua figlia.


Isabel era sdraiata sul letto d'ospedale e si sentiva in imbarazzo, aveva fatto una tragedia per niente ma quelle contrazioni l'avevano davvero spaventata.
Dopo dieci minuti vide sua madre entrare nella stanza e le sorrise. «Ok, ok. Da oggi starò più calma e lascerò fare a te!» disse tutto d'un fiato. «Sarà meglio per te! Ma adesso fatti abbracciare» si strinsero ma poi Isabel ripensò a Ruben. «Hai provato a richiamarlo?»
«Ho provato molto volte ma non risponde. Ma penso che sia normale, forse hanno bevuto» Isabel contrasse la mascella. «Aveva detto che potevo chiamarlo!»
«Devi stare tranquilla e non prendertela con lui, me lo prometti?» disse Amanda stringendo le mani di sua figlia. «Ci proverò» rispose Isabel sbuffando.

 

Armando e Salvador presero la limousine e andarono a cercare Ruben, lo trovarono poco distante seduto su una panchina. «Ruben, torniamo a casa» urlò Salvador dal finestrino. Ruben attraversò la strada e salì in macchina.
L'atmosfera era tesa, e Armando si sentiva terribilmente in colpa. «Ruben volevo scus...» fu interrotto. «Non devi! È solo colpa di quella stronza!». Salvador annuì con la testa. «Dirai ad Isabel quello che è successo?» Ruben ci pensò su e poi sospirò frustato. «Devo. Non potrei più guardarla negli occhi se non lo facessi»
«Andrà tutto bene, siete innamorati e questo è quello che conta» aggiunse Armando dando una pacca sulla spalla dell'amico.
Ruben scese dalla macchina e salutò i suoi due amici dicendo che gli dispiaceva di aver rovinato tutto. Entrando in casa capì immediatamente che c'era qualcosa che non andava. Dalì camminava nervosamente nel salotto. Quando lo vide salì in fretta le scale e quando entrò in camera ebbe un tuffo al cuore, era completamente vuota. Prese il cellulare tra le mani e si accorse solo in quel momento delle tante chiamate di Isabel e di Amanda, c'era decisamente qualcosa che non andava.
Con il cuore che batteva all'impazzata lesse anche uno dei messaggi di sua suocera in cui gli diceva di andare subito all'ospedale, senza pensarci troppo prese la macchina e schiacciò sull'acceleratore.


In ospedale spiegò la situazione ed un infermiera lo indirizzò verso la camera in cui era ricoverata Isabel. Entrando velocemente nella stanza vide Isabel seduta sul letto ed Amanda che l'aiutava a vestirsi. «Isa... come stai?» chiese lui con la voce strozzata. Lei lo guardò torva. «Sto bene. Erano solo contrazioni dovute allo stress» rispose bruscamente. Ruben si avvicinò e la prese tra le braccia ma lei non ricambiò l'abbraccio. «Per fortuna che non era niente di grave, ma se lo fosse stato? Mi hai lasciato completamente sola!»
«Non ho sentito il cellulare, ero con gli amici» Isabel si voltò dandogli le spalle. «Lo so, ma avresti dovuto farci attenzione»
«Isa, sai che devi stare tranquilla» aggiunse Amanda. «Forse è meglio se ci lasci da soli» rispose Isabel. Amanda uscì dalla stanza mal volentieri ma sapeva che quei due avevano un gran bisogno di parlare.
«Senti, devi stare calma. Mi stava quasi per venire un infarto quando ho visto che non eri a casa»
«Pensa come stavo io!» Ruben le mise le mani sulle spalle. «Non toccarmi»
«Ti prego, ascoltami. Devo e voglio essere sincero, stasera c'era anche Marisol...» Isabel si voltò verso di lui guardandolo con disprezzo. «Cosa ci faceva quella vipera con te?» stava quasi urlando. «Armando pensava che io e Marisol fossimo in buoni rapporti e quindi lei si è fatta invitare, io non lo sapevo neanche»
«Cosa è successo? È per questo motivo che non rispondevi?»
«Io le ho detto di andarsene ma lei insisteva per parlare e quindi l'ho accontenta» Ruben si passò una mano nei capelli sentendosi terribilmente frustato. Sapeva che Isabel doveva rimanere calma ma se non glielo avesse detto adesso non lo avrebbe fatto mai più. «E dopo?» chiese Isabel temendo la risposta. «Mi ha baciato, ma io l'ho allontanata subito. Isa io...» Isabel iniziò a piangere. Come aveva potuto farle questo? Dopo tutto quello che avevano passato e nelle sue condizioni. «Vattene. Subito.» la sua voce era ferma nonostante il pianto.
Ruben indietreggiò guardandola con occhi affranti. «Io amo te, lei non è niente»
«VATTENE!» urlò di nuovo lei più furiosa che mai. Amanda sentendo le urla entrò nella stanza, vide sua figlia con le lacrime agli occhi. «Mamma, andiamocene. Dormirò da voi stanotte» Amanda non capiva ma aiutò sua figlia a vestirsi. Ruben era rimasto immobile, si sentiva inebetito, stava rovinando la cosa più bella della sua vita.
Quando Isabel fu pronta raggiunse la porta ma prima di uscire si voltò verso Ruben. «Sono gemelli, per la precisione gemelle» detto questo prese sua madre per mano ed uscì in tutta fretta.

 

Spazio autrice:
Lo so, lo so. Non ci sono scuse, sono sparita lasciando a metà la storia ma adesso sono tornata. So anche che il capitolo è molto breve ma volevo tornare il più in fretta possibile. Per iniziare, o meglio, ringraziare accontentatevi di questo mini capitolo. Dal prossimo torneremo al regime normale.
Stavolta non prometto niente ma vi dico che farò del mio meglio.

PS: vorrei ringraziare:
Fantasy25
Rose6
Eleos99
allemari
Grazie perchè le vostre recensioni sono state preziose e dopo tutto questo tempo spero che non vi siate dimenticate di Isabel e Ruben.

A presto,
MissKiddo

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Capitolo 15
*** Matrimonio annullato ***


Capitolo 15

Matrimonio annullato

Isabel non vedeva e non sentiva Ruben da una settimana, la settimana più brutta della sua vita. Pensò a lui ogni singolo giorno, e molto spesso le venne voglia di chiamarlo ma resistette a quell'impulso. Anche se era tutta colpa di Marisol lei lo considerava comunque un tradimento.
Stava bevendo un succo di frutta nel grande salotto dei suoi genitori e si accarezzava distrattamente la pancia che giorno dopo giorno cresceva sempre di più. «Isa, come ti senti?» chiese Amanda sedendosi accanto a lei. «Uno schifo! Quel bastardo mi ha tradita!» esclamò lei irritata.
Amanda sospirò, in quella settimana Ruben aveva chiamato molte volte e si era presentato nella loro casa il giorno precedente ma Isabel non aveva nessuna intenzione di vederlo. «Forse dovreste parlare, in fondo è tutta colpa di quella ragazza, lui non c'entra niente. Non mi sembra il caso di buttare tutto all'aria nelle condizioni in cui sei...» Isabel si alzò dal divano indispettita. «Dovrei stare con lui solo perchè sono incinta? Te l'ha detto papà, vero? Una ragazza madre porterebbe vergogna per la famiglia...» proprio mentre finiva di parlare, Diego entrò nella stanza. «Calmati, Isa. Farai stare male le bambine» lei ubbidì e si sedette. «Voglio parare con Isabel, puoi lasciarci da soli?» chiese Diego rivolgendosi a sua moglie. Amanda annuì e li lasciò soli. «Come ti viene in mente di dire certe cose? Non mi importa niente di quello che potrebbe dire la gente, io voglio solo il tuo bene. Se vorrai lasciarlo, io ci sarò e mi prenderò cura di te e delle mie nipotine, ma devi esserne certa. Non credo che tu abbia smesso di amarlo» Isabel iniziò a piangere, le parole di suo padre la fecero commuovere. Lo abbracciò stringendolo forte, fino a fargli perdere il fiato. «Ti voglio bene, papà» disse lei tra le lacrime. «Anch'io piccola. Ma dimmi, cosa pensi di fare?»
«Non lo so, sono sicura di una cosa soltanto; il matrimonio è annullato» Diego rimase in silenzio ed annuì. «Ma dovrai dirglielo di persona, almeno questo, se lo merita».

 

Ruben visse quella lunga settimana come un incubo ad occhi aperti. Cercò di chiamare Isabel molte volte e ogni suo rifiuto lo esasperava tanto da lanciare il cellulare sul muro.
La sua vita era totalmente distrutta; non mangiava più, non si lavava e la barba iniziava a crescergli sul viso. La grande casa che aveva comprato con Isabel, adesso gli sembrava troppo grande e troppo silenziosa. Aveva combinato un bel casino, aveva perso la donna che amava e anche le piccole bambine che stavano crescendo dentro di lei. Quando Isabel gli aveva detto che erano due gemelle il suo cuore sembrò fermarsi, ma il miscuglio di emozioni non gli permise di dire niente.
Camminava avanti e indietro per la stanza, sembrava uno dei molti tori che lui soleva uccidere durante la corrida. «Dannazione!» urlò alla stanza vuota dando un pugno sul muro. Se in quel momento avesse avuto tra le mani Marisol l'avrebbe sicuramente strozzata. Proprio mentre stava per dare un altro pugno al muro sentì il campanello suonare. Corse le scale velocemente pensando che potesse essere Isabel, ma quando arrivò alla porta vide che era sua madre. «Posso entrare?» chiese lei notando le profonde occhiaie di suo figlio. «Certo, vieni».
Dolores vide lo stato di trascuratezza della casa e di Ruben stesso, sospirò guardandosi intorno. «Sei uno stupido! Non vedrò mai i miei nipotini!» Ruben abbassò il viso, si vergognava di se stesso. «Io non c'entro niente, lo vuoi capire?» urlò lui. Improvvisamente non riuscì più a trattenersi, iniziò a piangere. Si sentiva ridicolo ma era bello poter sfogarsi.
Dolores vedendo suo figlio così addolorato lasciò perdere e andò ad abbracciarlo. «Tesoro, troveremo una soluzione. Hai provato a parlare con lei?»
«Si, ma non vuole. Dio, mi manca tantissimo». Rimasero abbracciati per alcuni minuti, e sua madre gli accarezzò amorevolmente i capelli.
Quando Ruben ebbe pianto tutte le sue lacrime, Dolores lo esortò a farsi una doccia corroborante. «Io sistemerò casa e ti preparo qualcosa da mangiare» aggiunse poi mettendo i piatti nella lavastoviglie. Ruben ubbidì e si diresse al piano di sopra.



Isabel era immobile sul letto già da mezz'ora, osservava il telefono. Avrebbe dovuto chiamarlo, ma aveva paura di risentire la sua voce. Avrebbe sicuramente ceduta, lei lo amava ancora. Sbuffò e si sdraiò sul suo vecchio letto. “La mia vita è finita”, pensò.
Dopo qualche minuti si alzò dal letto e tirò su con il naso, doveva assolutamente fare quella telefonata. Prese il cellulare, compose il numero e lo portò all'orecchio. Secondo dopo secondo sentì il cuore che le scalpitava nel petto. «ISABEL!» urlò Ruben dall'altra parte del telefono. «Ciao, Ruben» disse lei con un filo di voce. «Come stai? Le bambine?»
«Stiamo bene, ma dobbiamo parlare. Che ne dici se vieni da miei oggi pomeriggio?» lo disse tutto d'un fiato. «Certo, verrò sicuramente. Ma ti prego di creder...» Ruben non riuscì a finire, Isabel aveva già chiuso la chiamata.

 

Ruben corse velocemente verso sua madre, non poteva crederci, Isabel l'aveva chiamato. Quando arrivò in cucina raccontò tutto a Dolores. «Non essere troppo felice, sicuramente non ti darà buone notizie» disse lei. «Beh, almeno mi ha chiamato. Le farò cambiare idea».
Prima di uscire bevve velocemente un caffè. Non vedeva l'ora di rivedere gli occhi verdi di Isabel, di rivedere le sue labbra carnose. In quel momento sentì di amarla più della sua stessa vita.


Amanda aspettava vicino alla porta, presto sarebbe arrivato Ruben. Era così nervosa, vedeva sua figlia immensamente triste e sapeva che tutto sarebbe andato a rotoli. Sentì il suono del campanello e quando aprì si stupì di quanto fosse ridotto male Ruben. Le occhiaie la dicevano lunga su quanto avesse dormito in quella settimana. «Vieni pure, Isabel ti aspetta in biblioteca» Ruben entrò ma prima di avviarsi prese le mani di Amanda nelle sue. «Perdonami, Amanda. Mi sono comportato male ma sappi che io non c'entro niente» la donna lo fissò intensamente, nei suoi occhi vide che c'era onestà. Sorrise dolcemente. «Lo so, ti credo. Adesso vai, ti sta aspettando» Ruben non se lo fece ripetere due volte, si voltò e andò verso la biblioteca.
Quando entrò la trovò seduta su una poltrona, vide subito la pancia più grande e il suo cuore gemette. Lì dentro c'erano le sue bambine, le loro bambine.
Isabel alzò gli occhi e anche lei sobbalzò nel vederlo ridotto in quello stato. Ma si proibì di farsi impietosire. «Siediti pure» disse lei bruscamente. Ruben non l'ascoltò, andò dritto verso di lei. «Isabel, sei bellissima» disse con un filo di voce. «Non mi interessano i tuoi complimenti, Ruben.» rispose lei cercando di assumere un atteggiamento distaccato, ma dentro di sé si sentiva morire. Ruben si allontanò esasperato. «Dimmi di cosa volevi parlarmi»
«Come avrai immaginato, il matrimonio è annullato» Ruben chiuse gli occhi. «Diciamo che lo rimandiamo, okay? Cerchiamo di rimettere apposto le cose»
«No, per me è finita così. Io stavo male, temevo di aver perso le bambine e tu te la stavi spassando con quella sciacquetta!»
«Non me la stavo spassando. Mi ha dato un bacio ingannandomi!» Ruben stava iniziando ad urlare. Isabel si alzò dalla poltrona e lo fissò negli occhi. «È finita» disse lei. Una lacrima iniziò a rigarle il volto. «Io ti amo,ti amo davvero» rispose lui cercando di afferrarla. Isabel indietreggiò. «Va, via, ti prego».
Ruben rimase in silenzio per alcuni secondi, la fissò intensamente e avrebbe voluto abbracciarla e baciarla. Ma non voleva farla innervosire, ne andava della salute delle sue figlie. Così si voltò e andò verso la porta. Uscì senza aggiungere altro.
Isabel lo seguì senza farsi vedere e lo vide uscire. Iniziò a piangere, era combattuta, era davvero una scelta saggia? Sarebbe davvero riuscita a crescere due bambine da sola? Non lo sapeva ma in quel momento le sembrava la cosa più giusta da fare. Amanda andò verso di lei ma Isabel la fermò con un gesto della mano, voleva rimanere da sola.

 

Ruben prese la macchina e vagò per la città senza una meta, affondò il piede sull'acceleratore. Non gli importava di schiantarsi da qualche parte, anzi, forse sarebbe stato meglio così. Gli venne improvvisamente voglia di bere. Si avrebbe bevuto finché non gli si fosse annebbiata la mente, non avrebbe pensato a niente. Scrisse a sua madre dicendo che non sarebbe tornato a casa e poco dopo si fermò in un pub.

 

Il cielo era coperto, di sicuro avrebbe piovuto per tutto il giorno. Dolores osservava le nuvole grigie colme di acqua e la sua paura divenne panico. La sera precedente aveva ricevuto il messaggio di Ruben, e non se ne preoccupò, in fondo aveva bisogno di pensare, ma quando quella mattina non lo trovò a casa il suo sesto senso le disse che c'era qualcosa che non andava. Aveva provato a chiamarlo molte volte ma senza risultato. Adesso che erano da poco passate le due decise di fare qualcosa.
Prese il telefono e chiamò Diego, voleva assolutamente sapere dove fosse suo figlio. «Dolores, dimmi» rispose Diego. «Hai visto Ruben? Ieri sera non è tornato a casa e non l'ho più visto!» la sua voce fece trapelare il panico. «So che è stato a casa mia nel pomeriggio, ma è andato via dopo poco» disse lui iniziando a preoccuparsi a sua volta. «Ti prego, aiutami a cercarlo» Dolores iniziò a piangere. Diego sospirò. «Certamente. Prova a chiamare i suoi amici, io ho una mezza idea di dove possa essere»
«Grazie, Diego. Mi dispiace per tutto questo...»
«Non c'è bisogno di scusarsi, sappiamo tutti come sono andate le cose nessuno ha colpe» dopo pochi secondo chiusero la chiamata.
Diego uscì di casa senza dire niente a sua moglie e a sua figlia. La notte precedente aveva sentito una macchina sfrecciare a tutta forza di fronte casa sua e pensò subito che potesse essere Ruben. Percorse il sentiero sul retro che portava al piccolo laghetto, sperò che il ragazzo fosse lì, sapeva che per lui e sua figlia quel posto era molto importante.

 

Ruben era sdraiato sull'erba umida. La testa gli doleva e la sua bocca era completamente secca. Non riusciva neanche ad aprire gli occhi, la luce gli dava fastidio. Quella notte dopo essersi ubriacato era tornato in quel posto, lo stesso posto in cui era stato con Isabel. Ricordava perfettamente quella cavalcata, il tramonto e i profumi inebrianti.
Non trovi che sia stupendo?”
Mai quanto te”
Riviveva quei momenti, quelle parole e l'immagine del suo viso perfettamente ovale e illuminato dalla poca luce. Ruben iniziò ad urlare, stava impazzendo. «Ruben...» Diego era appena arrivato al lago e scoprì che i suoi timori erano fondati.
Ruben si voltò e vedendo Diego si accasciò nuovamente sull'erba. «Vuoi picchiarmi? Fallo pure» disse lui con voce impastata.
Diego scosse la testa e si avvicinò al ragazzo, sedendosi vicino a lui. «Mi sei sempre piaciuto, ragazzo. Ti stimo come torero, e mi sarebbe piaciuto averti come genero, sei in gamba.» Ruben si alzò di poco per poterlo vedere meglio. «Mi sento come una merda»
«Per forza, quanto hai bevuto?»
«Non ricordo!» Diego si alzò e cercò di tirare su Ruben. «Andiamo pezzo di scemo, ti riporto a casa» Ruben si mosse goffamente, aveva male ovunque. «Non dirlo ad Isa» disse mentre saliva in macchina nel posto del passeggero. «Non lo dirò a nessuno».

 

Spazio autrice:
Ed eccomi qui! Aggiornamento veloce ma, come si suol dire, è meglio battere il ferro finché a caldo. Ecco a voi il quattordicesimo capitolo. Cosa ne pensate? Vi dispiace per Isa e Ruben? Fatemelo sapere tramite una recensione! Come al solito ringrazio tutto per le recensioni e per chi segue la storia!

A presto,
MissKiddo

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Capitolo 16
*** Dimmi che non vuoi morire ***


Si, siamo arrivati alla fine. Questo sarà l'ultimo capitolo de “L'Ultima corrida”. Sono felice di aver portato a termine questo progetto, ma sono anche triste. Mi sono affezionata molto ai nostri due protagonisti e mi dispiacerà non scrivere più le loro vite. Ciò non toglie che potrei pensare ad un sequel, voi cosa ne pensate? Ma adesso vi lascio al capitolo, ci vediamo in fondo per i ringraziamenti...

 

 

Capitolo 16

Dimmi che non vuoi morire


Erano passati due mesi, due lunghissimi mesi. Isabel non sentiva e non vedeva Ruben dall'ultima volta che era stato a casa sua. Non credeva che stare male per amore fosse così struggente, certo, nei romanzi ne parlano e anche in TV ma viverlo è molto diverso.
Passava le giornate come se fosse in un sogno, le sembrava di vivere la vita di un'altra persona. L'unica cosa che le tirava su il morale era la gravidanza. Ormai era arrivata al quinto mese e le gemelle iniziavano a farsi sentire, tiravano calci e a volte faceva male ma sentirle era un'emozione grandissima. Ogni volta che una delle due si faceva sentire Isabel pensava a Ruben e tutto quello che si stava perdendo. Avrebbero potuto vivere quell'esperienza insieme, essere uniti più che mai e invece stavano diventando due perfetti sconosciuti.
Quel mattino si era svegliata tardi, non era riuscita a dormire, ma non era una novità, non riusciva a dormire da ormai due mesi. Stava bevendo un tè in cucina e guardando fuori vide che era una splendida giornata, sarebbe dovuta uscire a fare due passi ma scacciò subito quell'idea. Non aveva voglia di fare niente. Sospirò e chiuse gli occhi. “Passerà mai questo dolore?”, pensò tristemente.
Il suono del campanello le fece aprire gli occhi, in casa non c'era nessuno a parte lei quindi si alzò e andò alla porta. Quando vide Armando sulla soglia si innervosì. «Che ci fai qui?» Armando si schiarì la voce, era in imbarazzo. «Sono venuto in pace, volevo soltanto parlarti» Isabel rifletté. In fondo non c'era niente di male nel parlare con lui. «Vieni pure». Si diressero verso la cucina, così lei poté finire la sua colazione. Armando rifiutò il tè ma prese uno dei pasticcini. «La pancia è cresciuta molto, ho saputo che sono due gemelline»
«Già. Ma non prenderla alla larga, dimmi il motivo per cui sei venuto qui» rispose lei bruscamente. Armando sorrise. «Si, hai ragione. Volevo solo dirti che è stata tutta colpa mia. Non sapevo che Marisol odiasse così tanto Ruben, mancavo da qui da molto tempo, lo sai anche tu. Se avessi saputo la verità non le avrei mai detto niente» Isabel rise, una risata amara. «Infatti non ce l'ho con te! Tu non hai obbligato Ruben a baciarla»
«Ma è stata lei a baciarlo, lui l'ha allontana immediatamente. Era un po' brillo per l'addio al celibato ed è andata così. Vi amate, io lo so. Da quanto non vedi Ruben?»
«Da almeno due mesi...»
«Beh, dovresti vederlo adesso. Non lo chiamano più per le corride perchè è sempre ubriaco, va in giro di notte e crea risse per tutta la città. Ieri gli hanno spaccato il labbro...» Isabel lo interruppe. «E sta bene adesso?» chiese sinceramente preoccupata. Le faceva male sapere quelle cose. «Si, sta bene. Ma per quanto tempo potrà andare avanti così?»
«Non lo so, ma sappi che neanche per me è una passeggiata! Sto portando avanti una gravidanza da sola e dopo che avrò partorito sarà ancora peggio»
«Io non voglio obbligarti, ma dovresti pensare molto seriamente a tutta questa faccenda» Isabel annuì con la testa. «Ci penserò, te lo prometto».
Isabel accompagnò Armando alla porta, era arrivato il momento di salutarsi. «Armando, cerca di proteggere Ruben...» disse lei con un filo di voce. «L'ho sempre fatto e lo farò anche adesso, stai tranquilla». Dopo essersi salutati Armando tornò alla sua macchina e partì.

 

Ruben era seduto in un bar. Portava degli occhiali scuri e un cappello con visiera per non farsi riconoscere. Il labbro inferiore gli faceva male, ma era sopportabile. Stava bevendo un caffè e presto avrebbe preso qualcosa per quel terribile mal di testa.
Non ricordava molto degli ultimi due mesi, la maggior parte del tempo era ubriaco. Ma sapeva molto bene che la sua vita stava andando a rotoli. Il grande torero era diventato un ubriacone, da quanto tempo non lavorava? Sospirò e continuò a bere il suo caffè.
Poco dopo entrò nel bar un ragazzo sulla ventina, andò verso il bancone e Ruben sentì cosa diceva. «Ehi, ma quello non è Ruben Ruiz Lopez? Il torero?» il barista si voltò verso Ruben e lo fissò. «Bah, non lavora da mesi. A dire la verità non mi è mai piaciuto...».
Ruben sentì tutta la conversazione, e iniziò ad infuriarsi. Si alzò di scatto e andò verso quei due idioti. Quando se li ritrovò di fronte, guardò prima l'uno e poi l'altro. Non ne valeva la pena, meglio lasciar perdere. Pagò in contanti e uscì all'aria aperta.
Camminò per ore senza una meta, stava fuggendo da se stesso. «Ehi, Ruben! Sono qui!». Quella voce gli era familiare, alzò lo sguardo e vide Diego. Negli ultimi mesi aveva parlato con lui molte volte, era l'unica persona che gli era rimasta accanto. «Diego, buongiorno...» Diego lo guardò dalla testa ai piedi. «Di nuovo una rissa?» chiese preoccupato. «Se ti dico che sono caduto dalle scale non mi crederesti...»
«Infatti, non ci credo»
«Aiutami, Diego. Devo fare assolutamente qualcosa... come sta Isa?» Diego alzò gli occhi al cielo. «Sta bene e anche le bambine. Santo cielo Ruben! Ti stai rovinando la vita! Adesso vieni con me». Diego si voltò e Ruben lo seguì.

 

Ruben non faceva palestra da mesi, e adesso che si trovava sopra quel tapis roulant si sentiva molto meglio. Diego l'aveva portato in palestra ma lui non ne capiva il motivo. «Avanti, corri! Butta giù tutto quell'alcool che hai ingerito» urlò Diego nell'orecchio del ragazzo. «Perché mi sta facendo correre?» chiese Ruben con il fiato corto. «Perché presto affronterai una corrida». Ruben sgranò gli occhi, gli sarebbe piaciuto da matti tornare nell'arena. «E come?»
«Ho parlato con alcuni organizzatori, sono riuscito a farti ottenere un ingaggio. Ma ti avverto, ti hanno preso solo perchè hanno rispetto per me. Inoltre vogliono darti il toro più grande che hanno e dovrai vedertela da solo, niente aiutanti, niente difese. Pensi di farcela?» Ruben rimase in silenzio, sapeva che era pericoloso ma a nessuno sarebbe importato se fosse morto. Finalmente aveva un scopo per andare avanti. «Non ti deluderò» disse correndo ancora più velocemente.

 

Quella sera Diego tornò molto tardi a casa, pensò che sua moglie e sua figlia stessero dormendo ma quando entrò nel salotto vide Isabel seduta sul divano con un libro tra le mani. «Ancora sveglia?» Isabel sorrise. «Le bambine non mi lasciano dormire. Ma tu perchè sei tornato a casa così tardi?» Diego si tolse la giacca e raggiunse sua figlia. «Ho incontrato Ruben...»
«È messo male? Questa mattina è venuto a trovarmi Armando, mi ha detto tutto» Diego confermò ciò che aveva detto Armando. «Non voglio che si rovini la vita» disse infine Isabel. «Beh, l'ho convinto a tornare sull'arena, presto potrà partecipare ad una nuova corrida» Isabel strinse i denti. «Bene, finalmente farà l'unica cosa a cui tiene! Incredibile!»
«Almeno smetterà di bere e finirà con le risse. Non hai detto anche tu che non vuoi che si rovini la vita?» Isabel rimase in silenzio, suo padre aveva ragione. Per la prima volta pensò che forse si era comportata troppo duramente con lui. «Voglio incontrarlo» Diego rimase stupito da quell'affermazione, poi sorrise. «Da oggi sarà tutti i giorni in palestra».

 

Isabel si svegliò molto presto, suo padre le aveva detto che Ruben sarebbe andato in palestra alle sei del mattino. Prese la macchina e facendosi coraggio arrivò alla
palestra.

Rimase in macchina per almeno un'ora, tamburellava le dita sul volante. Era molto tesa, che effetto le avrebbe fatto rivederlo dopo due mesi? Forse era meglio tornare a casa e non disturbarlo. E se l'avesse offesa? Quella situazione la stava facendo impazzire. “O la va, o la spacca”. Scese velocemente dalla macchina e si diresse verso l'ingresso della palestra.
Mentre saliva le scale che portavano al piano di sopra il suo cuore accollerò e il suo respiro si fece affannoso. Un misto di emozioni presero possesso di lei. Aveva voglia di rivedere quegli occhi azzurri che l'avevano fatta innamorare ma ne aveva anche paura. Poi finalmente lo vide, stava saltando la corda. Era molto sudato e i capelli gli aderivano alla testa. Goccioline di sudore gli scendevano lungo gli avambracci muscolosi. Per un momento pensò che non era abituato a vederla con quel pancione scomodo e ne fu imbarazzata. «Ciao» gracchiò Isabel.
Ruben si voltò verso di lei, rimase impietrito. Rivederla gli faceva male ma era un dolore piacevole. La osservò nei minimi particolari, ma i suoi occhi si fermarono sulla pancia ormai grande. Isabel notò dove stessero guardando i suoi occhi e arrossì. «Ciao, Isa» rispose lui fermandosi e andandole incontro. «Incredibile! Le bambine sono cresciute!» Ruben si abbassò e posò l'orecchio sul pancione. Isabel si irrigidì ma lo lasciò fare, quelle erano anche figlie sue. «Sono il vostro papà!» esclamò di nuovo lui. «Ti trovo bene, pensavo peggio» disse lei guardandolo negli occhi. «Solo per merito di tuo padre»
«E per merito di mio padre rinizierai a fare il torero»
«Già. La corrida più pericolosa di tutte!» esclamò lui emozionato. Isabel non capiva, a cosa si stava riferendo? Suo padre non le aveva detto niente. Chiese spiegazioni e quando Ruben le disse come stavano le cose iniziò a girarle la testa. Come poteva suo padre mandarlo incontro a quel pericolo? Poteva morire. Quella considerazione la lasciò senza fiato. Chi voleva prendere in giro, lei lo amava ancora, lo amava come il primo giorno. «Ruben, non farlo!»
«Perché non dovrei? In fondo non ho niente da perdere» Isabel capì che era una frecciatina nei suoi confronti. «Smettila. Vuoi farti ammazzare? Pensaci bene». Ruben si voltò e le diede le spalle. «Anch'io ti avevo chiesto di pensarci bene eppure tu hai deciso di darci un taglio» Isabel si innervosì. «Non c'entra niente, è un'altra cosa!»
«Quindi se ti chiedessi di tornare con me accetteresti?» Isabel sospirò. «Non puoi chiedermi questo! È un ricatto»
«Beh allora puoi anche andare, io farò quella corrida che ti piaccia oppure no» Ruben aveva alzato la voce e lei strinse i pugni. Ruben non poteva chiedergli questo. «Bene, anzi, benissimo. Fatti pure ammazzare!» urlò lei scendendo le scale per tornare alla macchina.

 

Isabel scese le scale in tutta fretta, quando raggiunse la macchina aveva il fiatone. Si sedette al posto di guida e strinse il volante tanto forte da farsi diventare le nocche delle mani bianche. “Stronzo, stronzo, stronzo”. Non riusciva crederci, si sarebbe fatto ammazzare a lei sarebbe rimasta sola. Pensò alle sue bambine che forse non avrebbero mai conosciuto il loro padre.
Rimase seduta per un'ora, non le sembrava opportuno guidare in quello stato d'animo. Quando si fu ripresa mise in moto e tornò a casa.

 

Nei giorni successi Isabel pensò solo ed esclusivamente a Ruben. Mancava solo un giorno alla corrida e lui non aveva intenzione di tirarsi insieme. Sapeva che era testardo, già all'inizio della loro relazione lei lo aveva pregato di smettere ma lui non aveva mai voluto ascoltarla. Ma adesso era diverso, era ancor più pericoloso e adesso lei stava aspettando due bambine. «Piccole mie» disse lei rivolta verso il pancione. Quando alzò gli occhi vide suo padre sulla porta. «Non ti tormentare in questo modo»
«Papà, devi dissuaderlo!» esclamò lei tremante. «Non posso, se non può avere te almeno gli rimarrà la sua passione» Diego sapeva che stava facendo del male a sua figlia ma non voleva che Ruben si lasciasse andare in quel modo. «Mi state facendo passare per carnefice, quando sono io la vittima!»
«Siete entrambi delle vittime, vittime di Marisol, ma non lo capisci?» Isabel rifletté su quelle parole, suo padre aveva ragione, ma il suo orgoglio le urlava di non ascoltarlo. «Non so che fare!» urlò Isabel. Diego l'abbracciò, la tenne stretta. «Domani verrai con me alla corrida»
«Per vederlo morire?»
«Non accadrà niente, mi fido di lui. Vederti lo renderà ancora più forte» Isabel annuì tra le lacrime. «Okay, verrò con te. Ma se succede qualcosa a Ruben non te lo perdonerà mai».

 

La mattina della corrida Ruben era molto nervoso, aveva una brutta sensazione ma pensò che fosse soltanto la tensione. Si trovava negli spogliatoi ed era già vestito per l'occasione. Guardò l'orologio e vide che mancava ancora un'ora e mezza. Sbuffò e prese un bicchiere d'acqua. Mentre stava bevendo vide la porta aprirsi ed apparve Diego. «Tutto bene?» chiese lui alzando un sopracciglio. «Ho i nervi a fior di pelle»
«Immagino. Senti c'è una persona che vuole vederti...» Diego si spostò e alle sue spalle vi era Isabel. Ruben sorrise, era venuta per assistere alla corrida. «Ciao, Ruben. Sei ancora in tempo per tirarti indietro» disse lei tutto d'un fiato. «Tu tornerai con me?» chiese lui con calma. Isabel indietreggiò di qualche passo, quell'uomo era incredibilmente stupido. «Buona fortuna...» rispose infine lei uscendo dal camerino. Ruben si schiarì la voce e poi si rivolse a Diego. «Non morirò»
«Certo che non morirai. Sei il miglior torero in circolazione» Ruben andò verso di lui e lo strinse. Si era affezionato a quel vecchio burbero. Diego ricambiò l'abbraccio e poi dopo avergli messo le mani sulle spalle gli diede un bacio sulla guancia. «Andrà tutto bene, io alla tua età ho fatto la stessa corrida e dopo la mia carriera è riuscita a decollare»
«Spero che funzioni anche con me! Adesso vai sugli spalti, ci siamo quasi» Diego uscì e si diresse all'esterno.

 

Gli spalti erano gremiti di persone, molti erano lì perchè sapevano che quella era tra le corride più pericolose ma soprattutto erano lì per vedere il comportamento di Ruben. Tutti sapevano che negli ultimi mesi si era dato al bere e quello era uno spettacolo che non volevano perdersi.
Isabel era con suo padre e sua madre sugli spalti dedicati alle persone più in vista. Era così nervosa da tormentarsi le mani, sperava con tutto il cuore che non succedesse niente a Ruben. «Tranquilla» disse Amanda all'orecchio della figlia. «Non riesco, quello è il padre delle mie figlie». Amanda sorrise. «Allora non è vero che non ti importa più niente»
«Lo odio ma non fino a volerlo morto!» esclamò Isabel indignata.

 

Quando Ruben entrò nell'arena le persone sulle gradinate iniziarono ad alzarsi e a rumoreggiare. Molti lo applaudivano ma altri fischiarono contro di lui. Arrivò lentamente al centro dell'arena, si guardò intorno per vedere gli spettatori. Era felice di essere di nuovo lì ma stavolta non facevano il tifo per lui.
Si tolse la “montera” e la lanciò in aria per il solito rito superstizioso. Il pubblico trattenne il respiro guardando il cappello che volteggiava in aria. Quando atterrò non era dritto, e tutti sapevano che non era un buon iniziò. Il cuore di Ruben sembrò fermarsi e anche quello di Isabel.
Gli spettatori rimasero in silenzio per alcuni secondi, quel silenzio totale fu inquietante. Ruben dopo l'iniziale disorientamento riprese il cappello e lo rimise sulla testa. In fondo quelle erano solo stupide superstizioni.

 

Ruben si voltò verso il cancello del toro e aspettò. Un goccia si sudore gli scese lungo il viso, doveva trovare tutto il suo coraggio. Quando il cancello si aprì il pubblico esplose in un boato. Il toro pesava almeno sette tonnellate, e il manto completamente nero luccicava al sole. Era una bestia stupenda ma anche molto pericolosa e arrabbiata.
Ruben lo studiò per qualche secondo, poi lentamente iniziò a muoversi intorno a lui. L'animale inferocito iniziò a sbattere la zampe anteriore sul terreno. Ruben e il toro si fissarono negli occhi. Uomo e animale divennero una cosa sola, e Ruben si rese conto che poteva davvero morire, che non avrebbe mai visto le sue bambine, non avrebbe mai più rivisto Isabel e che l'avrebbe lasciata da sola. Non poteva lasciare che accadesse, improvvisamente si rese conto che non doveva trovarsi lì. Iniziò a respirare faticosamente, mille immagini li si affilarono nella testa.
Lui ed Isabel.
Isabel con il suo pancione.
La pelle nuda di lei contro la sua.
«Non posso...» disse sottovoce. Gli aiutanti di Ruben che si trovavano nelle vicinanze si guardarono non capendo cosa stesse succedendo. Dagli spalti le persone iniziarono a rumoreggiare. «NON POSSO!» urlò Ruben verso gli spettatori.

 

Isabel stava osservando la scena e, come gli altri, non capiva cosa stesse succedendo. «Cosa sta facendo?» chiese rivolta a suo padre. «Non lo so, ma c'è qualcosa che non va». Isabel si alzò in piedi per vedere meglio. Il viso di Ruben era contratto e spaventato, questo contribuì a farla cadere nel panico. Quando sentì che Ruben urlava di non poterlo fare il suo cuore iniziò a battere all'impazzata.


Il toro fu fatto entrare di nuovo nel cancello e questo mandò su tutte le furie il pubblico che iniziò a lanciare del cibo sull'arena. Ruben era ancora confuso ma tentò di riprendersi, chiese ad uno dei suoi aiutanti un microfono. Dopo pochi fu accontentato e con voce tremante si scusò. «So che volevate vedere del sangue, ma oggi non succederà. Mi ritiro». Il pubblico iniziò a fischiare, mille voci iniziarono ad urlare e sbraitare.

 

Isabel era ancora in piedi, le parole di Ruben l'avevano impietrita. «Si ritira?» disse a suo padre. «Ma cosa diavolo sta combinando!» esclamò Diego. «Scendiamo, voglio sentire meglio» Diego annuì e si diressero nella parte inferiore dell'arena.

 

Ruben era sommerso di insulti, ma non gli importava. Aveva molte cose da dire e non si sarebbe fermato fino a che non avesse sfogato tutto quello che aveva dentro. «Sapete cos'è l'amore?» chiese rivolto al pubblico. Le persone, confuse, iniziarono a tacere poco alla volta. «Sapete cos'è l'amore?» ripeté Ruben. «No, forse solo pochi di voi conoscono il vero amore. Nella mia vita pensavo di aver provato questo sentimento molte volte, ma solo adesso so davvero cos'è l'amore. So cosa significa morire per amore, e oggi, ho capito che l'unica cosa che conto nella mia vita è Isabel, Isabel e le mie bambine. Mi scuso di nuovo con tutti voi, ma ho fatto la mia scelta. La mia scelta sei tu...» Ruben incontrò lo sguardo di Isabel e la indicò con il dito.
Isabel iniziò a piangere, stava rinunciando alla passione più grande per lei. Se questo non era un gesto d'amore non poteva immaginare niente di meglio.
«Ti amo, Isa» urlò Ruben nel microfono. Isabel corse verso di lui, anche lei lo amava, lo amava ogni giorno di più. Ruben la prese tra le braccia e l'alzò da terra.
Il pubblico iniziò ad applaudire e fece il tifo per quella coppia stramba ma emozionante.
«Ti amo anch'io!» disse Isabel. «Per sempre?» Isabel rifletté per qualche secondo. «Per sempre!».

 

Epilogo

 

Quattro mesi dopo

Ruben camminava avanti e indietro nella sala d'aspetto. Isabel era dentro da almeno quattro ore e lui iniziava a preoccuparsi, forse le bambine non stavano bene. Proprio mentre stava per perdere la pazienza, Amanda uscì dalla porta della sala parto. «Sono bellissime!» esclamò con le lacrime agli occhi. Abbracciò suo genero con forza. «Stanno bene?» chiese lui. «Benissimo, adesso puoi entrare».
Ruben sospirò ed entrò nella stanza. Isabel stava piangendo e le sue guance erano rosse per lo sforzo. Tra le braccia teneva due bambine identiche. I loro faccini rotondi e paffuti fecero tremare il cuore di Ruben, quelle bambine erano sue e già le stava amando. «Isa...» disse lui avvicinandosi. «Non sono la cosa più bella che tu abbia mai visto?» rispose lei sorridendo nonostante fosse stremata. «Si, lo sono». Ruben le baciò entrambe sulla fronte e poi baciò sulle labbra la donna che amava. «Prendile» Isabel gliele diede in braccio e lui scoprì di essere ufficialmente un padre. Quei due esserini erano suoi, completamente suoi. «Come le chiamiamo?»
«Sophia e Savannah» rispose Isabel accarezzando le loro testoline. «Sono perfette»
«Vediamo quando inizieranno a piangere se saranno ancora perfette!» Isabel rise di gusto. Ruben si voltò e la fissò. Era così meravigliosamente bella. «Ti amo, piccola mia»
«Anch'io, ma ti amerò di più quando ci sposeremo». Ruben sorrise. «Tra un mese, giusto?»
«Io ci sarò». Ruben la baciò sulle labbra ed entrambi fissarono le loro due creaturine perfette.

 

 

Spazio autrice:
Eccoci, ci siamo, questa è la fine! Spero che anche l'ultimo capitolo vi sia piaciuto, attendo le vostre recensioni. Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, tutti quelli che l'hanno recensita e tutti quelli che l'hanno messa tra le preferite/ricordate/seguite. Mi è piaciuto scrivere questa storia e adesso ho un po' di malinconia, ma come ho detto all'inizio non escludo un sequel o magari una one-shot per descrivere il matrimonio.
Che dire, ci sentiamo!

 

Vi ringrazio di cuore,
MissKiddo

 

 

 

Se ti va di leggere qulcos'altro scritto da me ti consiglio:  Alaska: il posto in cui trovai l'amore

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Capitolo 17
*** Matrimonio ***


Ebbene, sono tornata. Questo il è seguito de “L'ultima Corrida” ho caricato il prologo qui per annunciarvi il mio ritorno, ma troverete la storia vera e propria qui: L'ultima Corrida: Parte II  
Spero vi piaccia!

 

L'ultima Corrida: Parte II

Prologo

Isabel si stava agitando sulle sedia, aveva dormito malissimo e le occhiaie che aveva sotto agli occhi ne erano la prova. La parrucchiera si stava occupando dei capelli, li avrebbe acconciati in uno chignon ricoperto di swarovski. Guardandosi allo specchio si sentì a disagio, sarebbe stata abbastanza bella per Ruben? «Avresti dovuto dormire» disse Amanda alzando gli occhi dal giornale che stava leggendo. Sembrava che l'avesse letta nel pensiero. «Sembra facile, ma tra l'emozione e le bambine stava impazzendo» Amanda si voltò ed osservò le due neonate che stavano dormendo in un lettino poco distante. «Quanto sono tenere!» esclamò la nonna. Isabel alzò un sopracciglio. «Non sono poi così tenere quando, durante la notte, ti svegliano ogni mezz'ora...» rispose lei con finta serietà.
Poco dopo arrivò anche la makeup artist che iniziò a fare del suo meglio per coprire le occhiaie. Isabel ebbe il tempo di riflettere su tutto quello che stava accadendo, era arrivato il grande giorno, finalmente lei e Ruben si sarebbero sposati. Ormai lo aveva perdonato completamente, anzi, si pentiva di non averlo fatto subito, ma gli ormoni della gravidanza la rendevano molto volubile. Però quello che davvero contava era che tutto era tornato come prima, che erano felici e sempre più innamorati di quei due fagottini rosa.
Quando il trucco e i capelli furono sistemati, Amanda iniziò ad aiutare la figlia con il vestito. Isabel si guardò allo specchio e sorrise: quell'abito era perfetto. Lo scollo a cuore faceva risaltare il suo viso, mentre la parte inferiore era formata da vari strati di tulle, ovviamente, bianco. Era semplice ma elegante, proprio come avrebbe voluto lei. Amanda si asciugò le lacrime che le colavano lungo il viso, aveva lo sguardo colmo d'amore e di orgoglio. «Bambina mia, stai per sposarti!»
«Mamma, ti prego. Hai pianto per le bambine e adesso per questo, stai diventando una di quelle signore anziane piagnucolone?» Amanda sentendosi definire “anziana” fece una smorfia. «Non dire sciocchezze, sono ancora giovane!» mentre stavano parlando, sentirono bussare alla porta. Diego voleva salutare sua figlia. Quando la vide con il vestito si emozionò anche lui. Si abbracciarono e da quel momento ebbe la conferma che sua figlia era ormai una donna. «Sei bellissima, Isa. Ma dove sono le mie nipotine?» Isabel alzò gli occhi al cielo. Da quando le gemelle erano nate i suoi genitori sembravano impazziti. «Sono nella culla, ma stanno dormendo. Per oggi ve ne occuperete voi due, siamo d'accordo?»
«Certo, non c'è nessun problema» rispose Diego andando a sbirciare dentro la culla. Amanda si alzò e raggiunse il marito, entrambi rimasero imbambolati guardando le due bambine addormentate.
Isabel decise di scendere al piano di sotto, per quel giorno Ruben aveva il divieto d'accesso nella loro casa. Quando arrivò in cucina trovò fiori e altri regali che i suoi parenti le avevano spedito quella mattina. Aprì il frigo e prese un bicchiere d'acqua, sentiva il cuore che le batteva all'impazzata. Mentre beveva con calma, sentì il suono del campanello. «È arrivata!» esclamò alla stanza vuota.
Aprendo la porta un sorriso le illuminò il volto, da quanti anni non la vedeva? «Che schianto!» disse la ragazza ancora in piedi sulla porta. «Alma! Sei proprio tu!» Isabel le si lanciò al collo, le due ragazze si abbracciarono. Isabel non vedeva Alma Vargas da circa sette anni. Si conoscevano da quando erano piccole, avevano frequentato le scuole insieme ma poi Alma si trasferì in Canada insieme ai suoi genitori. Si sentivano spesso per telefono o per e-mail, ma vederla dal vivo era tutta un'altra cosa. «Non pensavo che ce l'avresti fatta» disse Isabel ancora incredula. «Credevi che mi sarei persa il tuo matrimonio? Non avrei mai potuto. Sono o non sono la damigella d'onore?» rispose Alma sistemandosi i capelli corti e neri. «Ma ieri hai perso l'aereo, e io avevo perso le speranze». L'altra sorrise. «Alma trova sempre una soluzione! Avanti fammi entrare voglio vedere le gemelle!»

 

Ruben si stava guardando allo specchio, si sentiva a suo agio in quell'abito blu scuro. Quella notte aveva dormito da sua madre, ma gli erano mancate le sue ragazze. Da quando era diventato padre i suoi pensieri erano sempre rivolti ad Isabel e alle sue bambine. «Un figurino!» esclamò Armando dietro di lui. «Non esagerare!» i due si abbracciarono. «E alla fine ti sposi, ancora non ci credo!»
«Beh, io ci crederò quando vedrò Isabel camminare lungo la navata...»
«Sono felice che le cose siano andate per il verso giusto, te lo meritavi. Ma non ti manca la corrida? Avevi ottime possibilità» disse Armando sedendosi su una poltroncina. «Mentirei se ti dicessi che per me è stata una scelta facile, ma sono innamorato. Non potrei mai abbandonare Isabel e le gemelle»
«Capisco, l'amore fa brutti scherzi. Spero di non innamorarmi mai!» Ruben rise. «Lo spero per te!» i due bevvero un bicchiere di vino. Ruben cercava di allontanare la tensione, ma sembrava che niente facesse al caso suo.
Sapeva che stava facendo la cosa giusta, non avrebbe mai cambiato idea. «Ehi, ma dov'è l'altro testimone?» chiese Armando guardando fuori. «Sarà già sbronzo» commentò Ruben sistemando i gemelli d'ora ai polsini della camicia color avorio. «Infatti, lo vedo. Forse è meglio se vado a fargli compagnia, non voglio che dica cose senza senso durante la cerimonia, voglio che le risparmi per la festa!» Armando scese al piano di sotto. Ruben sospirò e prese un altro sorso di vino, il momento era sempre più vicino. «Nervoso?» chiese Dolores entrando nella stanza nel suo splendido abito borgogna. «Molto. Ma dimmi, come ti sembro?»
«Sei perfetto» Dolores si avvicinò al figlio e sistemò le ultime cose. «Sono felice per te, mi hai reso nonna e hai trovato una moglie stupenda»
«Vorrei che papà fosse qui...» Ruben abbassò il viso, non voleva piangere. «Anch'io lo vorrei, ma lui ci sta guardando da lassù e sono sicura che è fiero di te» Ruben trattenne a stento le lacrime, sentiva un nodo alla gola. «Sarà arrabbiato per via della mia decisione?» Dolores sorrise. «Non dire sciocchezze, figliolo! Adesso guarda, prendi questo regalo» disse lei porgendogli una piccola scatola. Ruben la rigirò tra le mani e con sguardo incerto la aprì. All'interno della scatola vi era un orologio da taschino completamente d'oro. L'aveva visto molto spesso, era di suo padre. «Mamma...» biascicò Ruben emozionato. Non riuscì più a trattenersi, una lacrime gli rigò il volto. Dolores accarezzò la guancia del figlio amorevolmente, come solo una madre sa fare. «È tuo adesso» 
«Ti voglio bene, mamma» rispose lui abbracciando sua madre. «Anch'io figliolo, te ne vorrò sempre».

 

La chiesa era gremita di persone, tutti stavano attendendo la sposa. Ruben teneva le mani strette, era impaziente e stava iniziando a sudare. Salvador e Armando erano accanto a lui, ogni tanto gli sorridevano o facevano battute sciocche solo per tirarlo su di morale. «Dici che sviene?» chiese Salvador a bassa voce. «Non so, ma tu tieniti pronto» rispose Armando sorridendo agli invitati.

 

Isabel era appena arrivata di fronte alla chiesa, in macchina con lei vi erano sua madre, suo padre ed Alma. «Ho paura» sussurrò lei guardandosi intorno. «Sciocchezze! Io sarò sempre accanto a te» rispose Diego prendendo per mano sua figlia. Scesero tutti dalla macchina cercando di non stropicciare l'abito. Isabel guardò la chiesa, l'entrata era ricoperta di fiori. Tutto stava prendendo un piega di verità, non era più un sogno, si stava sposando davvero. «Vai, Isa. Deve essere il giorno più bello della tua vita!» esclamò Alma dandole un bacio sulla guancia. «Infatti lo è, sono pronta. Ma prima voglio parlare con mio padre» Diego la prese per un braccio e si allontanarono un poco. «Papà, voglio chiederti scusa per tutte le volte che ti ho trattato male e per tutte le volte che non ho voluto darti ascolto. Io ti voglio bene, ti adoro! E l'ho sempre fatto» Diego era commosso. «Non devi scusarti, anch'io ho le mie colpe. Ma adesso siamo di nuovo uniti e niente ci potrà separare, Isa» Isabel sorrise e abbracciò Diego. «Adesso andiamo, non facciamo preoccupare Ruben!»
Alma entrò per prima, dietro di lei vi erano Isabel e Diego, che si tenevano per mano. Mentre Amanda, dietro di loro, cercava di sistemare il velo in modo che non andasse in mezzo ai piedi della figlia.

 

Quando la marcia nuziale iniziò, Ruben respirò a fondo. Le porte della chiesa si aprirono, la prima persona che vide fu una ragazza con i capelli tagliati a caschetto, gli occhi castani e un viso da bambina. Ruben capì chi era, Isabel gliene aveva parlato ma non c'era stato tempo per le presentazioni, dato che il giorno seguente la sua amica aveva perso l'aereo.
La ragazza gli sorrise e poco dopo, finalmente, la vide. Isabel era magnifica, sapeva che era bella, ma quel giorno aveva superato se stessa. Ad un tratto gli tornò alla mente la prima volta che l'aveva vista, nel salotto di casa sua. Adesso sapeva perfettamente che il suo era stato un colpo di fulmine, se ne era innamorato immediatamente. Diego la stava accompagnando all'altare, una lacrime gli rigò il volto, ma lui cercò di non far trapelare la sua emozione.
«Chi è quello schianto con i capelli neri?» chiese sussurrando Armando. «Un'amica di Isa, devo dire che non è niente male» rispose Salvador sporgendosi per guardarla meglio. Ruben fissò i suoi due testimoni, capirono che dovevano tacere.
Isabel raggiunse Ruben, vederlo vestito in quel modo, con i suoi soliti occhi azzurri le fece venir voglia di abbracciarlo e baciarlo. Quando arrivarono all'altare suo padre la salutò con un bacio sulla fronte. «Ti voglio bene, piccola»
«Anch'io, papà!»
I due sposi si fissarono negli occhi, in quel momento capirono che non avrebbero mai potuto stare l'uno senza l'altra, erano una cosa sola e lo sarebbero stati per sempre. La cerimonia si svolse in modo veloce, con il rito classico. I due sposi continuavano a voltarsi per guardarsi e sorridere. Isabel pianse per l'emozione e quando arrivò il momento del fatidico “si” rispose con voce tremante. «Lo voglio...» disse lei prendendo per mano Ruben. A Ruben fu rivolta la stessa domanda. «Lo voglio» rispose sicuro di se. «Potete baciare la sposa» disse il prete. I due si baciarono, finalmente erano sposati, avevano suggellato il loro amore in quel patto eterno. Nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, finché morte non ci separi.

 

Spazio autrice:
Come vi ho detto all'inizio questo è il continuo de “L'ultima corrida”. Come potete vedere questo è soltanto il prologo e l'ho pubblicato qui per farvi sapere che ci sono ancora e che potete trovare “L'ultima corrida: parte II” in questa sezione.
I fatti che avete appena letto si svolgono esattamente un mese dopo la nascita delle gemelle, mentre nella storia vera e propria c'è un salto temporale di quattro anni.

Vi aspetto ne “L'ultima corrida: parte II”
A presto,
MissKiddo

 

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