The Winner Takes it All

di Evil_Queen2291
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Uhm..Ruby?”
 
“Si?”
 
“Non ho chiesto altro caffè…” Emma indicò con gli occhi la tazza, appena riempita, che la cameriera le aveva posato di fronte.
 
“No, tu no.” Fu la sola risposta che ottenne, accompagnata da un sorriso.
 
“Perché allora l’hai portata a me?”
 
“Perché voi due aveva bisogno di parlare, Emma. E subito.”
 
Emma non ebbe bisogno di voltarsi per sapere a chi si riferisse Ruby. Aveva visto Regina, seduta all’ultimo tavolo nella sala, non appena aveva messo piede nel locale. Non aveva incrociato i suoi occhi, ma succedeva di rado in quei giorni. Non perché Emma non ci provasse, ma Regina aveva deciso di ignorarla totalmente.
 
“Ruby, ne abbiamo già parlato… Non vuole parlarmi, non posso costringerla. Ci ho provato, davvero.”
 
“Ne sei sicura?”
 
Emma la guardò interrogativa, aggrottando le sopracciglia. “Certo che ne sono sicura! Neppure mi guarda e se ha bisogno di farmi sapere qualcosa per Henry, ne parla con SNOW!” cominciava a perdere la pazienza, perché lei ci aveva provato.
 
Ruby scosse la testa, posandole la mano sull’avambraccio. “Sai che non sono certo una sua grande fan, Emma, ma guardala…non l’ho più vista così da quando eravamo nella Foresta Incantata.”
 
“Cosa vuoi dire?”
 
“Portale il caffè, Emma. Parlale.” Ruby spinse verso di lei la tazza, incoraggiandola.
 
Emma prese un profondo respiro. Del resto, cosa aveva da perdere? Aveva passato due ore alla sua porta, bussando incessantemente: portare un caffè non era poi la fine del mondo.
 
Raggiunse il tavolo di Regina in pochi passi decisi, la tazza fermamente in mano. Si sedette di fronte alla bruna, protetta dal giornale. Le avvicinò la tazza, aspettando in silenzio.
 
“Sceriffo Swan, non sapevo stesse pensando ad un cambio di carriera.”
 
“Nessun cambio di carriera, Regina. Volevo parl…”
 
Regina non si preoccupò neppure di aspettare che finisse la frase. Poggiò una banconota sul tavolo, raccolse le sue cose e si diresse verso l’uscita. Accanto al bancone si voltò verso Ruby, come per dire qualcosa, ma si limitò a scuotere la testa ed uscire.
 
“Vai!!!”
 
Emma si alzò di scatto, inseguendola rapidamente.
 
“Regina, aspetta…” le afferrò un braccio, all’altezza del gomito, ma Regina si ritrasse di scatto, come se fosse stata toccata da qualcosa di bollente.
 
“Non provi a toccarmi!” ringhiò, a denti stretti. “Non provi neppure ad avvicinarsi. Non oggi, non domani, mai più!” la sua voce era poco più di sussurro ma aveva l’intensità di un urlo.
 
“Regina, ti prego…lasciami…”
 
“Cosa, Emma? Cosa?” era esasperata e stentava a mantenere il controllo, le mani che si stringevano ritmicamente a pungo.
 
“Lasciami spiegare…” la supplicò Emma, allungando una mano verso di lei, ma la regina fece un altro passo indietro, aumentando la distanza tra di loro.
 
“Non c’è nulla da dire. Nulla che voglia ascoltare. Ora, se non le dispiace, ho del lavoro da fare.” Le diede le spalle, allontanandosi di nuovo. Emma non vide la lacrima che le percorse, quasi invisibile, il viso.
 
 
 
“Ma?!?” la voce di Henry la strappò dai suoi pensieri.
 
“Cosa c’è, ragazzino?” gli fece cenno di sedersi accanto a lei sul divano, per poi spostargli i capelli dal viso. Ha decisamente bisogno di un taglio di capelli, devo chiedere a Regina…
 
“MA!” questa volta Henry la fece letteralmente sobbalzare, urlandole praticamente nelle orecchie. “È la terza volta che smetti di ascoltarmi!” si lamentò, cercando di ottenere la sua attenzione tenendole il braccio.
 
“Hai ragione, scusa… Cosa volevi dirmi?” Emma si costrinse a concentrarsi, girandosi di fianco sul divano e poggiando il gomito sulla spalliera, così da guardarlo negli occhi.
 
“Ho detto, per la terza volta, che non voglio andare con Hook oggi.”
 
Emma sbatté le palpebre, decisamente sorpresa. “Cosa vuol dire che non vuoi andare con Hook? Pensavo ti piacesse passare del tempo in mare.”
 
“Mi piaceva prima che recuperassi la memoria… Ora non fa altro che lamentarsi di come la sua barca faccia schifo e di quanto sia stato difficile per lui” Henry assunse l’espressione drammatica di Killian, imitandone perfettamente l’accento nostalgico “Abbandonare la sua amata Jolly Roger
 
Emma cercò di trattenere una risata. Henry, effettivamente, aveva ragione. Ultimamente era un argomento ricorrente, anche quando erano soli.
 
“Poi non mi piace come parla della mamma…” aggiunse, guardandosi le mani.
 
Ok, questo non va bene. “Di cosa stai parlando, Henry?”
 
Il ragazzino stava per dire qualcosa, ma si interruppe quando sentirono bussare alla porta. Piuttosto insistentemente. Henry abbracciò la madre di slancio, stringendole le braccia al collo. “Non voglio andarci, Ma. Per favore”
 
Emma lo rassicurò, accarezzandogli la schiena. “Va bene, Henry. Adesso gli dico che non ci vai, sta tranquillo. Hai già altri programmi?”
 
Il ragazzino annuì entusiasta, volando letteralmente verso la sua camera.
 
I colpi sulla porta non si erano fermati un attimo ed Emma aprì sbuffando. Di certo, il sorriso soddisfatto che esibiva Killian non fu d’aiuto.
 
“Che piacevole sorpresa, tesoro. Il marinaio è pronto?” aveva già un piede oltre la soglia quando Emma lo fermò, tenendolo a distanza.
 
“Oggi non viene, non sta bene…” Ok, non era esattamente la verità, ma non era dell’umore giusto per dargli spiegazioni sulle scelte di Henry. Del resto, non erano neppure fatti suoi.
 
“A me sembra stia piuttosto bene, invece” Hook indicò con l’uncino verso l’interno dell’appartamento, dove Henry si era materializzato, intento a metter qualcosa nello zaino, il cappotto già sulle spalle.
 
“Killian, ti ho detto che non viene. Ne riparliamo un’altra volta…”
 
“Quando, Swan?” fece un passo verso di lei, decisamente all’interno del suo spazio personale, mettendole una mano sul fianco. “Vuoi forse accompagnarmi tu in questa traversata?”
 
Emma lo spinse via con entrambe le mani. “Dannazione, Killian!” aveva alzato la voce abbastanza da attirare l’attenzione di Henry, che ora la guardava con espressione preoccupata. Gli fece cenno di star tranquillo con la mano, poi uscì sul pianerottolo, socchiudendosi la porta alle spalle.
 
“Devo prenderlo per un sì, Swan?” Killian fece per avvicinarsi di nuovo, ma questa volta era pronta.
 
“Fai un altro passo e giuro che ti mando giù per le scale senza pensarci, Hook
 
Il pirata sembrò ferito nel sentirle pronunciare il suo nome così minacciosa, ma ebbe il buon senso di non avvicinarsi oltre. “Qual è il problema, Swan? Sembrava andasse tutto bene tra noi ed il ragazzino…”
 
“Henry non vuole venire” lo interruppe, incrociando le braccia sul petto e lanciandogli un’occhiataccia. Degna di Regina, pensò involontariamente.
 
“Perché?”
 
“Non è affar tuo. Non vuole venire, tanto ti basti.”
 
“È per via della regina, non è vero?” l’espressione di Killian era passata dal ferito all’indignato in un attimo.
 
“Cosa c’entra Regina?”
 
“Oh, lei c’entra sempre. Il ragazzino ha un debole per lei…”
 
Emma prese un respiro profondo, poi contò fino a dieci. “Un debole? Killian, Regina è sua madre”
 
“Pensavo fossi tu sua madre”
 
“Lo siamo entrambe” ribatté, seccata dalla piega che la discussione stava prendendo. “E la cosa non ti riguarda”
 
“Mi riguarda se quella…donna gli riempie la testa contro di me”
 
“Abbassa la voce” Emma si avvicinò, minacciosa. “Regina è sua madre. Punto.”
 
“Quelle scariche non dovevano essere poi così forti…” mormorò a mezza voce, ma Emma non ebbe problemi a sentire esattamente le sue parole.
 
“Quali scariche?”
 
“Niente, tesoro…” il pirata cercò di avvicinarsi di nuovo, sorridendole. “Questo…”
 
“Non te lo chiedo un’altra volta. Quali scariche?”
 
Killian esitò alcuni istanti, guardandola negli occhi, ma si trovò di fronte un’espressione impenetrabile. “Mendell”
 
“E tu cosa ne sai?”
 
“Andiamo, Swan, adesso siamo andati avanti…”
 
Improvvisamente, qualcosa scattò nella mente di Emma. “Oddio, sei stato tu!” lo guardò disgustata, indietreggiando. “Sapevi cosa le avrebbero fatto e non hai mosso un dito!”
 
“Swan…”
 
“Vai via.”
 
“Emma…”
 
“Hook, fai un altro passo e giuro che non rispondo delle mie azioni. Vai via. Ora.”
 
Il pirata la guardò, indeciso su cosa fare. Parve valutare l’ipotesi di un ultimo tentativo, ma la postura rigida di Emma ed il suo sguardo furono sufficienti a farlo desistere. Senza dire altro, girò i tacchi, dileguandosi per le scale.
 
“Ma…?” Henry fece capolino sul pianerottolo. La Salvatrice gli sorrise, rientrando in casa.
 
“Allora, ragazzino” notò che era pronto: cappotto abbottonato, sciarpa e zaino in spalla. “Cosa vuoi fare oggi?”
 
Henry sembrò indeciso e cominciò a giocare con il bordo del cappotto. “Ecco, pensavo di andare da mamma. Mi ha detto che oggi non sarebbe stata in ufficio…”
 
Emma gli sorrise. Regina aveva fatto un ottimo lavoro con Henry. Gli accarezzò la guancia, facendogli sollevare gli occhi. “Andiamo allora, ti accompagno.”
 
“Ecco…” Henry esitò di nuovo. “C’è un problema…”
 
“Quale?”
 
“Le ho mandato qualche messaggio oggi, ma non mi ha risposto… Mentre parlavi con Hook ho anche provato a telefonarle, ma non risponde ed il cellulare è staccato…”
 
Emma aggrottò la fronte. Regina non ignorerebbe mai i messaggi di Henry. Quella mattina sembrava essere a posto, ma, dopotutto, erano a Storybrooke. Poteva esser successa qualsiasi cosa.
 
“OK, Henry…ho un’idea” si abbassò, raggiungendo i suoi occhi. “Che dici se ora ti porto da Granny mentre io controllo che Regina sia a casa? Appena sono lì ti chiamo, ok?”
 
Il ragazzino annuì, entusiasta, e si precipitò fuori dalla porta. Emma scosse la testa mentre prendeva le chiavi del Maggiolino ed il cappotto.
 
 
 
Il 108 sulla porta di legno bianco non le era mai sembrato tanto imponente. La Mercedes era nel vialetto, quindi Regina era a casa. Suonò il campanello, aspettando nel patio. Fece passare alcuni minuti, poi suonò di nuovo. Nulla. Optò per una telefonata, ma il cellulare era ancora staccato e la linea di casa suonava a vuoto.
 
Dannazione, Regina. Rispondi!
 
Un rumore al secondo piano attirò la sua attenzione. Ok, Henry le aveva dato la chiave in caso di emergenza e quella era decisamente un’emergenza. La infilò nella serratura, entrando nella villa.
 
“Regina!” la chiamò dall’ingresso, sperando che le rispondesse. Cercò velocemente in cucina ed in sala, ma erano entrambe vuote. Le chiavi dell’auto erano sul mobile all’ingresso ed il suo cappotto era all’appendiabiti. Non aveva dubbi sul fatto che fosse in casa.
 
Si avviò verso lo studio, cauta. “Regina…” spinse la porta lentamente, esaminando l’interno della stanza. Era sul punto di richiuderla quando un riflesso attirò la sua attenzione. Una scarpa. Un decolté perfettamente lucido era gettato distrattamente a terra, accanto al divano. Emma avanzò lentamente. Sul tavolino era poggiata una bottiglia, praticamente vuota. Sidro di mele.
 
“Regina!” Emma avrebbe voluto urlare, ma la donna sembrava profondamente addormentata. Sicuramente il sidro le ha dato una mano. Si accostò al divano, accovacciandosi. Emma esitò un istante, prima di svegliarla. La gonna le era salita fino a metà coscia, esponendo parte di una giarrettiera, mentre la camicia era stropicciata e semiaperta. Non l’aveva mai vista così…scomposta, ma si fece coraggio e le appoggiò lentamente una mano sulla spalla.
 
“Regina…” la chiamò a bassa voce, scuotendola appena. “Regina…”
 
La donna sbatté le palpebre alcune volte, richiudendole immediatamente al primo accenno di luce. Si massaggiò gli occhi, cercando di scacciar via il sonno e, probabilmente, alleviare la tensione per il mal di testa che le martellava le tempie.
 
Emma non insistette, aspettando che recuperasse un po’ di lucidità. Quando, poi, aprì gli occhi e mise a fuoco il viso della bionda, cercò di mettersi a sedere di scatto, ma venne trattenuta da un’ondata di nausea.
 
“Piano, tigre” Emma le sorrise, avvicinandosi ed aiutandola a tirarsi su.
 
“Cosa diavolo ci fai qui?” Regina le allontanò le mani, ma la sua vista era ancora sfocata ed i movimenti decisamente incerti.
 
“Henry ti ha cercata ed era preoccupato…” la bionda tornò a distanza di sicurezza, lasciandole lo spazio per ricomporsi da sola.
 
“Henry è sulla nave di quel pirata, non ha motivo di cercarmi” Emma notò come le sue parole fosse leggermente biascicate. A quanto pare non abbiamo smaltito il carico, sua maestà.
 
“No, Henry non è con Hook e non credo si vedranno a breve.”
 
Anche se sotto gli effetti dell’alcool, Regina riuscì ad inarcare perfettamente un sopracciglio. Emma non trattenne un sorriso: come facesse quella donna ad essere così regale anche da ubriaca, non sarebbe mai riuscita a spiegarselo.
 
“Che dici se ti aiuto ad andare di sopra? Fai una doccia, prendi qualcosa e porto qui Henry quando sei pronta?”
 
Regina sbatté le palpebre, sinceramente spiazzata. Poi corrugò la fronte. “Così puoi passare la serata con il tuo fidanzato senza mano?”
 
Per un attimo Emma non rispose. Era il solito sarcasmo di Regina o c’era una nota diversa? Gelosia, forse? Ma per favore!
 
“Non è il mio fidanzato, non lo è mai stato e non lo sarà mai. Ora alzati, dai.”
 
Regina si lasciò sfuggire un suono tra la risata e lo sbuffo, decisamente poco elegante, senza dar segno di volersi muovere. “Non ho bisogno del tuo aiuto, non ne ho mai avuto bisogno e non ne avrò mai bisogno.” Imitò le sue parole, senza batter ciglio.
 
Ok, forse non è poi così ubriaca.
 
“Regina, non so davvero come dirtelo…Mi dispiace per Robin, non sapevo che…”
 
“Avresti fatto la stessa cosa” il tono di Regina era piatto, quasi clinico. Fece per alzarsi, oscillando appena, incerta sulla sua capacità di rimanere in equilibrio. Emma osservò ogni suo movimento, pronta a scattare al minimo cenno di caduta.
 
“Anche se avessi saputo che quella donna era Marian, avresti fatto la stessa cosa.” Insistette Regina. “È quello che fate voi eroi” riuscì, in qualche modo, a farlo sembrare davvero un insulto. “Voi eroi salvate le persone da noi cattivi.”
 
Accennò qualche passo, le braccia leggermente rivolte all’esterno per mantenersi stabile. Emma si sollevò, seguendola.
 
“Regina, lascia solo che…”
 
 “Cosa? Che mi aiuti? Non credo proprio…” continuò a camminare, senza neppure girarsi. “Se ora non le dispiace, signorina Swan, gradirei che lasciasse casa mia. Henry può esser qui per cena, se vuole.”
 
“Sai una cosa, Regina? Hai ragione” Emma la sorpassò, guardandola dritto negli occhi. “Se lo avessi saputo, l’avrei salvata lo stesso, perché non meritava di morire. Non sarebbe stato giusto.”
 
“La vita non è giusta, sceriffo” Regina sfidò il suo sguardo, anche se i suoi occhi erano velati. “Neppure Daniel meritava di morire, eppure eccoci qui” si lasciò andare ad una piccola risata amara. “Ora, se non le dispiace…”
 
“Regina…Io…” Emma allungò un braccio per trattenerla, ma la bruna si scostò rapidamente, vacillando.
 
“Tu cosa? Ancora una volta la tua famiglia mi ha strappato la possibilità di avere il mio lieto fine…”
 
“Andiamo, Regina… Ho parlato con Snow, ha detto che tu e Robin vi sopportavate appena nella Foresta Incantata e tutto d’un tratto ora è diventato il tuo lieto fine?” si pentì delle sue parole nel momento stesso in cui le uscirono di bocca. Fantastico, Emma, davvero. Bel colpo.
 
Regina non le rispose neppure, scuotendo la testa, dirigendosi verso la scalinata.
 
“No, aspetta, mi dispiace… Io non intendevo…”
 
“È questo il suo problema, signorina Swan. Non pensa mai alle conseguenze… Avevo la possibilità di scegliere” la voce di Regina s’incrinò leggermente, ma trattenne testardamente le lacrime. “Per una volta nella mia vita, avevo la possibilità di scegliere. Così come avevo scelto di fuggire con Daniel prima che tua madre me lo portasse via…”
 
“Non…”


Regina alzò una mano, minacciosa, imponendole il silenzio. “Voleva parlare, signorina Swan? Bene, parliamo. Tutta la mia vita sono stata costretta a prendere scelte che non mi appartenevano” si avvicinò, fino ad essere ad un passo dal suo viso. “Ho passato la mia vita pagando le conseguenze di scelte non mie e con Robin avevo scelto di provarci. Io avevo scelto di provarci. Sarebbe stato il mio lieto fine? Non lo so, ma ora, grazie a te, non lo saprò mai.”
 
Emma si morse il labbro inferiore, cercando disperatamente qualcosa da dire, ma l’onestà di Regina l’aveva lasciata senza parole.
 
“Bene” la bruna annuì, soddisfatta. “Vedo che siamo arrivate al punto in cui ha finito gli argomenti. Ora, se non le dispiace, ho una cena da preparare per Henry. Gli dica pure di farmi sapere se vuole rimanere anche stanotte.”
 
Senza aggiungere altro, tornò a dirigersi verso le scale, senza voltarsi indietro.
 
Questa volta, Emma non cercò di fermarla.  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Regina prese a giocare distrattamente con la penna che aveva tra le dita, talvolta tracciando qualche forma abbozzata sul blocco che, teoricamente, avrebbe dovuto contenere note e promemoria. Di certo questo aspetto della sua vita a Storybrooke non le era mancato: le adunanze pubbliche sembravano interminabile e le lamentele infinite.
 
E stupide. Profondamente stupide. Uno dei vantaggi della monarchia era stata sicuramente la possibilità di liquidare queste situazioni con un semplice schiocco di dita, delegando a qualcuno dei suoi consiglieri l'ingrato compito di ascoltare le più disparate richieste dei suoi sudditi.
 
'Cittadini' si corresse mentalmente.
 
Come sindaco, purtroppo, aveva il dubbio privilegio di poter assistere a tutti i consigli comunali. Normalmente avrebbe reagito alla situazione al massimo con fastidio, ma le ultime settimane erano state un autentico supplizio.
 
Gli uomini della compagnia di Robin erano sicuramente i peggiori. Uno di loro in quel momento cercava di spiegare il motivo per cui sarebbe stato necessario impiantare una riserva di caccia per tacchini. Come se ci fossero abbastanza tacchini a Storybrooke da avere una riserva dedicata espressamente a loro.
 
Cercò di ricordare il nome dell'uomo, ma senza successo. Non aveva passato abbastanza tempo con Robin per ricordarli tutti. Del resto, la maggior parte del tempo che avevano passato insieme erano stati da soli, o con il piccolo Roland.
 
Il solo pensiero del bambino le fece stringere il cuore. Se doveva essere onesta con se stessa, Roland le mancava più di quanto le mancasse Robin e non riuscì a non sentirsi colpevole. Non era di certo un’esperta in relazioni, ma era piuttosto sicura che non avrebbe dovuto sentire la mancanza di Roland più di quanto le mancasse Robin. Era lui la sua anima gemella, non il bambino.
 
Avrebbe voluto sbuffare con se stessa, ma si trattenne.
 
Apparenze, Regina. Apparenze.
 
Si rimproverò mentalmente. E, per un momento, ebbe la sensazione di sentire la voce di sua madre nella testa.
 
Non aveva senso immergersi in quel tipo di pensieri. Non avevano più importanza. Robin non aveva più importanza.
 
Grazie ad Emma Swan.
 
Regina sentì distintamente la bile ribollirle nel sangue e lasciarle un odioso sapore amaro in bocca. Sapore al quale era fin troppo abituata. Non riuscì a controllarsi dall'alzare gli occhi e cercare lo sceriffo di fronte a sé.
 
Si era assicurata, fin da quando la bionda era stata eletta, di fare in modo che le fossero assegnate tutte le mansioni più noiose possibili. I consigli comunali pubblici erano stati n cima alla lista.
 
Emma sembrava intenta a fissare qualcosa di particolarmente interessante sul foglio (evidentemente vuoto, Regina riusciva a vederlo anche a distanza) che aveva di fronte.
 
Almeno non sta giocando con il cellulare.
 
Improvvisamente, quasi avesse sentito il suo sguardo o il suo commento mentale, Emma alzò gli occhi, incrociando quelli di Regina.
 
Le sorrise, quel sorriso amaro e colpevole che le rivolgeva da quando aveva riportato Marian in vita.
 
La donna si impose di mantenere un'espressione neutrale: si era già mostrata fin troppo vulnerabile di fronte ad Emma Swan e non aveva intenzione di ripetere lo stesso errore, facendole capire che quell’espressione da cucciolo bastonato riusciva, in qualche modo, a stemperare la sua rabbia.
 
Emma Swan sembrava capace di avere sempre un qualche effetto su di lei. Che fosse il senso di sfida che le aveva fatto provare appena arrivata in città, o l’incerta amicizia che avevano sperimentato grazie al viaggio sull’Isola che Non C’È, o, ancora, la rabbia profonda degli ultimi giorni.
 
Eppure vederla così…sofferente per quello che era successo insinuava un fastidioso senso di dubbio che Regina riusciva a stento a tenere a bada.
 
Sono io quella che sta soffrendo! Lei è la causa di tutto questo!
 
Ma per quante volte lo ripetesse a se stessa, anche la Regina Cattiva riusciva a capire che salvare una vita era un istinto cui difficilmente i Charming potrebbero resistere, la cosa giusta. Ed Emma era indubitabilmente una Charming, pregi e difetti inclusi.
 
Forse una versione migliorata, pensò, lasciandosi sfuggire un microscopico accenno di sorriso per la stupidità di quel pensiero. Immediatamente, però, si sforzò per riportare le sue labbra ad un’espressione meno compromettente. Ma il luccichio che vide immediatamente dopo negli occhi di Emma fu abbastanza per confermarle di esser stata scoperta.
 
Le porte della sala del Consiglio si spalancarono all’improvviso, portando all’interno quell’odioso di un nano ubriacone. Regina si alzò in piedi, pronta a sbatterlo fuori, ma venne trattenuta dalla sua espressione di terrore.
 
“C’è una tempesta di neve!” urlò pieni polmoni. “Una tempesta che sta congelando e distruggendo la zona nord, a confine con i boschi”
 
Regina sbiancò. Henry era al parco giochi quel pomeriggio. L’idea del suo bambino in pericolo per una tempesta di neve (che difficilmente a Storybrooke poteva essere solo una tempesta di neve), mise in moto il suo istinto materno e si ritrovò vicino ad Emma Swan prima ancora di concepire razionalmente il pensiero di muoversi.
 
L’afferrò per un braccio “Henry è al parco giochi” fu la sola spiegazione che le diede, prima di trasportare entrambe in una nuvola di fumo viola. 
 
Si ritrovarono nel pieno di una tempesta di neve violenta ed intensa. Istintivamente Regina rafforzò la presa sul braccio di Emma, avvicinandola a sé. Non riusciva a vedere a più di due metri di distanza ed il vento che si era sollevato rendeva difficile parlare.
 
“Cerca Henry” le urlò “Io provo a fermare questo disastro”.
 
Con una rotazione del polso fece apparire una delle sciarpe del ragazzo, lanciando velocemente un incantesimo di localizzazione. Immediatamente apparve una linea luminosa blu. “Portalo al sicuro”
 
Non le diede il tempo di aggiungere altro, lanciandosi verso quello che, da quel poco che riusciva a vedere, sembrava essere l’epicentro della tempesta.
 
Tempesta magica, pensò, percependo sempre più distintamente una sorgente di energia completamente fuori controllo.
 
Continuò ad avanzare a stento controvento, cercando di schermarsi il più possibile dalle raffiche di neve e cristalli di ghiaccio che vorticavano tutt’intorno. Fortunatamente, l’incantesimo di localizzazione che aveva lanciato per Henry aveva puntato nella direzione opposta. Tirò un sospiro di sollievo, confidando nel fatto che Emma sarebbe stata in grado di trovare il suo piccolo principe.
 
Si sforzò di mettere da parte la sua preoccupazione di madre, concentrandosi sulla magia che stava affrontando. Non poteva che appartenere a qualcuno di estremamente potente, ma non era in grado di riconoscere l’impronta magica.
 
“NON FARE UN ALTRO PASSO!”
 
Regina si fermò, voltandosi a destra. Dovette sforzarsi prima di riuscire ad intravedere una figura in piedi, al centro di un vortice di neve, una mano sollevata verso di lei, pronta ad attaccare.
 
“NON VOGLIO FARTI DEL MALE!” urlò Regina, sollevando le mani in segno di resa, ma senza abbassare la guardia. Il suo istinto le diceva che quella donna non era pericolosa, ma di certo non aveva intenzione di correre rischi inutili.
 
“CHI SEI?” le chiese, avvicinandosi impercettibilmente.
 
“ELSA, REGINA DI ARENDELLE”
 
Regina non aveva mai sentito quel nome, ma conosceva il regno di Arendelle. Ricordava vagamente di un accordo commerciale e di un abito bianco che, una volta, re Leopold l’aveva costretta ad indossare.
 
“IO SONO REGINA, LA SOVRANA DELLA FORESTA INCATATA.”
 
“SIAMO NELLA FORESTA INCATATA?”
 
“NO, MA SE FERMI QUESTA TEMPESTA POSSO SPIEGARTI TUTTO!” Regina si avvicinò ancora. Adesso riusciva quasi a distinguere i tratti del suo viso. Era giovane, troppo per essere una regina, ed era visibilmente terrorizzata.
 
“IO NON…CI RIESCO”
 
La bruna riconobbe quell’indecisione, quella paura. La paura di chi sa di avere un potere immenso e nessuna idea su come controllarlo. Si fece avanti, orami era a pochi passi di distanza.
 
“PRENDI LA MIA MANO, ELSA…POSSO AIUTARTI SE ME LO PERMETTI”
 
Una raffica più intensa la prese alla sprovvista e per poco non perse l’equilibrio. Allungò una mano verso Elsa, che continuava a guardarla con sospetto.
 
“NON VOGLIO FARTI DEL MALE, ELSA” tentò di rassicurarla. “VOGLIO SOLO FERMARE QUESTA TEMPESTA! C’È MIO FIGLIO QUA FUORI E POTREBBE FARSI DEL MALE!”
 
Elsa sgranò gli occhi, poi annuì e si fece avanti. Regina le porse di nuovo la mano e questa volta la ragazza la prese, afferrandola saldamente.
 
“STO PER PRENDERE IL CONTROLLO DELLA TUA MAGIA. NON TI FARÒ DEL MALE, MA POTREBBE ESSERE SPIACEVOLE. CERCA DI NON OSTACOLARMI”
 
Non era esattamente molto rassicurante come spiegazione, ma era la migliore descrizione di quello che stava per fare. Strinse la mano di Elsa tra le sue, chiudendo gli occhi. Non ebbe bisogno di fare molta fatica per entrare in contatto con il suo flusso di potere dal momento che la ragazza non aveva eretto alcuna difesa.
 
Probabilmente non ne conosce nessuna. Rumple, invece, era stato particolarmente insistente nell’inculcarle tutti i modi per controllare la magia altrui.
 
Il più dolcemente possibile, Regina prese il controllo dell’energia magica che fluiva. Fu più difficile dal previsto riuscire ad incanalare e domare quel potere: poteva sentire distintamente il pulsare rapido del suo cuore che alimentava involontariamente l’intensità, amplificando la portata di quello che stava accadendo.
 
Fu solo quando sentì Elsa trasalire che si rese conto di avercela fatta. Aprì gli occhi e, nonostante fossero ancora circondate da ghiaccio e neve, la tempesta era finita.
 
“Come…?”
 
Regina guardò la ragazza negli occhi per la prima volta: era ancora visibilmente spaventata, ma ora il terrore che aveva percepito prima sembrava notevolmente attenuato, sostituito da un intenso senso di sollievo. Le sorrise, stringendole delicatamente la mano che Elsa non aveva liberato dalla sua presa. E non sembrava volerlo fare a breve.  
 
“L’ho imparato tempo fa” rispose dolcemente. “Immagino che tu non abbia mai avuto modo di imparare a controllare i tuoi poteri”
 
Elsa fece cenno di no con la testa, distogliendo lo sguardo. “Di solito mia sorella riesce ad aiutarmi a controllarli, ma…”
 
“Ma ora non è qui” completò Regina. Elsa scosse nuovamente la testa e due lacrime si fecero strada sul suo viso, silenziosamente.
 
Regina sollevò la mano libera per confortarla, ma fu presa totalmente alla sprovvista quando la ragazza l’abbracciò, gettandosi letteralmente tra le sue braccia in lacrime. La stretta che aveva sul suo collo era quasi soffocante, ma non ebbe il coraggio di dir nulla, lasciando che si liberasse di tutte quelle emozioni. Gentilmente prese ad accarezzarle la schiena, nel tentativo di fornirle un po’ di conforto.
 
“Allontanati immediatamente da lei!” la voce di Emma fece sobbalzare entrambe. “Non farmelo ripetere un’altra volta: alza le mani dove posso vederle ed allontanati da Regina! ORA!”
 
La bruna si voltò, vedendo lo Sceriffo che avanzava con la pistola in mano. Immediatamente attorno a loro cominciò a sollevarsi una parete circolare di ghiaccio. Regina reagì rapidamente, bloccando nuovamente i poteri di Elsa con i suoi.
 
“Sceriffo, sto benissimo. Ora metta giù la pistola!”
 
“Non fino a quando non sarai al sicuro!”
 
“Sono al sicuro! Elsa non è un pericolo! Metta giù la pistola!”
 
Emma sembrò indecisa, ma Regina le lanciò una delle sue occhiate, facendole capire che quello non era il momento di insistere. Senza staccare gli occhi dalle due, Emma abbassò la pistola, ma continuò a tenerla in mano.
 
“Henry?”
 
“Al sicuro. Lui e gli altri bambini si erano già allontanati quando è cominciato…”
 
Regina annuì, tornando a voltarsi verso Elsa. Gentilmente la allontanò da sé. “Elsa, lei è Emma Swan. È lo sceriffo di questa città. Non è una minaccia”
 
Elsa annuì, sciogliendosi totalmente dall’abbraccio. Sembrava aver recuperato un discreto controllo dei suoi poteri ed il ghiaccio era progressivamente sparito.
 
“Mi spiace aver creato tutto questo trambusto” disse, giocando nervosamente con le mani.
 
“Non era tua intenzione, Elsa. Non preoccuparti.”
 
“Perché sei qui a Storybrooke?” intervenne Emma, bruscamente.
 
“Io non…non lo so…”
 
“Cosa vuol dire che non lo sai?” premette lo sceriffo.
 
“Signorina Swan, forse questo non è il momento adatto per un interrogatorio, non crede?” il suo tono lasciava poco spazio a contestazioni, ma Emma non sembrava intenzionata a far marcia indietro.
 
“Regina, non mi interessa se questo è il momento adatto, abbiamo bisogno di sapere che diavolo ci fa qui!”
 
“Moderi il suo linguaggio, Sceriffo. Elsa è la sovrana di un regno non molto distante dalla Foresta Incantata”
 
Emma sbuffò, ottenendo una nuova occhiata del sindaco. “Come se avessimo bisogno di un altro dannato monarca in giro… Non cambia il fatto che non sappiamo perché è qui e cosa diamine vuole!”
 
“Benissimo, Sceriffo. Dal momento che insiste tanto per interrogarla, potrà farlo quando avrà un legale mandato!”
 
“Regina, spero tu stia scherzando!”
 
“No, sono perfettamente seria. Fino ad allora, sarò più che felice di assumermi la piena responsabilità della situazione”
 
Emma sbatté le palpebre, completamente spiazzata.
 
“Elsa, hai mai usato il trasporto con la magia?” il tono di Regina era rassicurante, molto simile a quello che usava con Henry.
 
Elsa scosse la testa.
 
“Può essere un po’ brusco le prime volte, ma nulla di terribile” le sorrise, prima di rivolgersi ad Emma. “Signorina Swan, si assicuri che Henry mi telefoni il prima possibile.”
 
Sparirono entrambe nella caratteristica nuvola viola.
 
 
 
Era passata una settimana dall’ultima volta che Emma era riuscita a parlare con Regina per qualcosa che non riguardasse l’ufficio dello Sceriffo. Ed anche il quelle circostanze Regina era stata estremamente sintetica, troncando immediatamente qualsiasi tentativo di conversazione relativo a quella sera.
 
Per non parlare di tutto il ‘casino Elsa’, come aveva cominciato a chiamarlo nella sua testa. Davvero, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era avere a che fare con la ricerca disperata della sorella di questa Elsa Regina di Arendelle, ma a quanto pare suo padre l’aveva conosciuta in passato ed era in debito con lei. O qualcosa del genere.
 
E lei era rimasta incastrata. Ok, forse non era la cosa peggiore del mondo. Del resto trovare le persone era un po’ la specialità della sua famiglia.
 
Solo che normalmente le persone dovevo cercarle in questo mondo, non chissà dove nell’universo!
 
Mary-Margaret le stava dicendo qualcosa, probabilmente in relazione a quell’assurda idea di accompagnarla a comprare qualcosa per Neal (quanto odiava dover chiamare suo fratello in quel modo), ma Emma faceva davvero fatica a seguirla. A dirla tutta, non ci stava neppure provando. Aveva visto la Mercedes di Regina parcheggiata fuori dal ‘centro commerciale’ (o meglio, dalla versione che Storybrooke aveva di un centro commerciale) e da allora non aveva fatto che scandagliare le persone attorno a loro.
 
Per evitare Regina, si disse. Ma era più che consapevole che voleva tutt’altro che evitare di incontrarla. In parte sperava che la presenza di Snow e del bambino fosse abbastanza per trattenerla alcuni secondi. Non le serviva molto di più per capire se stesse davvero bene.
 
Henry sembrava meno preoccupato di recente, soprattutto dopo che Regina aveva deciso di offrire ad Elsa una delle sue camere per gli ospiti. A casa sua.
 
Ok, forse l’astio di Emma era un po’ esagerato, ma cosa sapevano davvero di questa regina di Arendelle? A parte il fatto che le piaceva sguinzagliare mostri di neve per la città, ovviamente. Mostri di neve che facevano un sacco di danni e che avevano trasformato la sua settimana in un inferno di lamentele e scartoffie.
 
Regina sembrava crederle. Il minimo che Emma potesse fare era concederle il beneficio del dubbio. Anche se la cosa non le piaceva. Neanche un po’.
 
“EMMA!”
 
“Che c’è?” sbottò la bionda, pentendosi immediatamente del suo tono brusco quando vide l’espressione spiazzata di sua madre. “Scusa, ero distratta…”
 
“Questo l’avevo notato” Snow sembrò addolcirsi di fronte al suo atteggiamento colpevole. “C’è qualcosa che non va?”
 
Emma era ad un passo dal riderle in faccia. “A parte il fatto che Regina sta ospitando in casa sua una possibile minaccia e si rifiuta ancora di parlarmi? No, assolutamente nulla che non va”
 
“Emma, Regina è perfettamente in grado di difendersi e, onestamente, mi fido del suo giudizio. Del resto fino ad ora Elsa non ha fatto nulla di pericoloso…”
 
“Scusami ma non mi fido esattamente del tuo istinto in materia… Devo ricordarti che avevi scelto Zelena come levatrice?”
 
“Infatti non ti sto chiedendo di fidarti del mio giudizio, ma di quello di Regina”
 
Emma alzò le mani in segno di resa. Almeno per ora avrebbe lasciato correre: discutere con Snow ed il suo ottimismo poteva essere davvero estenuante. “Ok, va bene. Non eravamo qui per fare compere?”
 
Snow annuì entusiasta, trascinandola letteralmente per un polso in un negozio. Emma si guardò intorno, corrugando la fronte: sembrava più il tipo di negozio in cui Regina avrebbe potuto comprare qualcosa, non di certo Mary-Margaret…
 
Emma si voltò riconoscendo immediatamente la risata del sindaco. Era sul punto di chiedere ulteriori spiegazioni a sua madre, dal momento che quella situazione le sembrava tutt’altro che una coincidenza, ma Snow era già sparita, Neal addormentato tra le braccia, in direzione dei camerini e ad Emma non rimase che seguirla.
 
Di tutte le cose che si sarebbe aspettata di vedere, Regina in versione personal shopper era l’ultima della sua lista. Snow squittì qualcosa in direzione della persona nel camerino, mentre Regina osservava la scena con il suo caratteristico sorriso di soddisfazione. Probabilmente era ancora in abiti ‘da ufficio’, ma doveva aver tolto la giaccia, dal momento che indossava una camicia bianca, impeccabilmente modellata sul suo corpo, con le maniche accuratamente arrotolate di poco sopra i gomiti, una gonna a tubino nera, appena sopra il ginocchio, ed i suoi caratteristici tacchi a spillo. Louboutin, a giudicare dalla suola rossa.
 
Da quando te ne intendi di queste cose? Mah…
 
“Elsa, sei davvero splendida!” la voce di sua madre la distrasse, facendola voltare verso la ragazza, appena uscita dal camerino.
 
Elsa si inchinò leggermente, sistemando i polsini della camicia che indossava, anche se erano già perfettamente a posto.
 
“Aspetta, lascia che ti aiuti” Regina le si avvicinò, facendola voltare ed eliminò alcune pieghe di tessuto bianco che fuoriuscivano in modo scomposto dal bordo dei pantaloni. La regina si abbassò leggermente, sussurrandole qualcosa all’orecchio. Qualcosa che Emma non riuscì a sentire.
 
“Stai benissimo, non è vero Emma?”
 
Lo Sceriffo si voltò verso Mary-Margaret, sorridendole, anche se la sua attenzione era ancora prevalentemente concentrata sulle mani di Regina, protettivamente poggiate sui fianchi di Elsa.
 
“Certo…” si costrinse a rispondere. Effettivamente Elsa era decisamente splendida in quel completo blu. Sicuramente molto più comodo del mantello, si disse.
 
“Grazie, Emma. Non sono ancora molto a mio agio con questi abiti…”
 
“Sciocchezze, Elsa” intervenne Regina, sollevandole il viso verso lo specchio del camerino. “Guarda tu stessa”
 
Il sorriso che la donna stava regalando ad una perfetta sconosciuta con tanta naturalezza fece fremere di rabbia la salvatrice.
 
Non ha mai sorriso così per me…
 
Scosse la testa, cercando di tenere a bada quei pensieri. Non era il momento di avere stupide crisi di gelosia.
 
Gelosia?
 
Era gelosa di Regina? Non essere stupida, Emma. Non sei gelosa di Regina.
 
Sei gelosa di Elsa.
 
Emma sgranò gli occhi. Era gelosa di Elsa.
 
Senza dire nulla, si voltò a grandi passi, uscendo dal negozio.
 
Sono gelosa.
 
Dannazione.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


A.N. In super-ritardo rispetto alla tabella di lavoro che avevo prestabilito, ma meglio tardi che mai...giusto? ;) 

“Emma” la voce di David interruppe i pensieri della salvatrice risuonando dall’altoparlante della radio nell’auto di pattuglia. Emma attivò il vivavoce velocemente.
 
“Mary Margaret ha finito di nuovo i pannolini?” David l’aveva chiamata almeno quattro volte quella settimana, ogni volta per un’emergenza diversa: pannolini, talco, crema…. Era arrivata al punto in cui star lontana dall’appartamento e dal bambino sembrava davvero impossibile.
 
“No, Emma, non ti ho chiamato per quello. C’è stata una segnalazione”
 
“Segnalazione? Per cosa?”
 
Ci fu un attimo di silenzio. “Magia. Dalla fattoria di Zelena”
 
Emma corrugò la fronte. Quella casa era disabitata da tempo e non riusciva a pensare a nessuno che potesse avere il coraggio di impossessarsene. Possibile che…?
 
“Chi lo ha segnalato?”
 
“Uno degli uomini di Robin. Era a caccia nei boschi ed ha visto qualcosa di strano.”

“Vado a controllare. Ti tengo aggiornato.” Emma non attesa la risposta, chiudendo la comunicazione, spingendo il piede con decisione sull’acceleratore. Si augurò vivamente che fosse solo un falso allarme e non dovesse avere a che fare con l’ennesima follia. Era stata una settimana fin troppo impegnativa con l’arrivo di Elsa. Poi c’era sempre la situazione con Regina, che era tutt’altro che risolta.
 
Dannazione….
 
 
 
“Rimani concentrata, Elsa” Regina mantenne un tono di voce pacato, sebbene avesse notato i primi fiocchi di neve attorno a loro. Non erano intensi come l’ultima volta, ma erano abbastanza da metterla in allarme.
 
“Chiudi gli occhi e segui la mia voce” osservò la ragazza eseguire i suoi comandi prima di ricominciare. “Bene. Il fuoco non è molto diverso dal ghiaccio: è magia elementale, puoi controllarli perfettamente entrambi”
 
Elsa annuì, mantenendo gli occhi chiusi e Regina notò con soddisfazione come la ‘nevicata personale’ cominciasse a diradarsi. Portò i palmi davanti a sé, generando una sfera di fuoco.
 
“Non aprire gli occhi. Devi percepire il fuoco, vederlo con la magia, non con gli occhi”
 
La ragazza prese un profondo respiro, sollevando appena le mani. Regina colse immediatamente il cambiamento non appena i poteri di Elsa cominciarono ad incontrare i suoi. Avevano un tocco leggero, delicato, esitante. Era evidente che nessuno si era mai preso la briga di spiegarle come gestire la magia senza esserne completamente terrorizzata. Quanto aveva fatto fino ad ora era stato puro istinto e paura, con conseguenze tutt’altro che piacevoli, per lei quanto per gli altri.
 
Regina attese che acquisisse un po’ di sicurezza in più e trattenne un sorriso quando cominciò a vedere delle venature azzurre tra le fiamme.
 
“Perfetto, Elsa. Ora voglio che tu estingua il fuoco” Non appena terminò la frase, sentì la magia di Elsa tornare a farsi incerta, fino ad arretrare. Regina corrugò la fronte, ma non disse nulla, lasciando che la ragazza gestisse la cosa da sé.
 
Elsa si sforzò di mantenere gli occhi chiusi, ma era terribilmente difficile. Certo, aveva percepito il fuoco ed era stato divertente ‘sentirlo’ con la magia, ma spegnerlo? No, non era affatto sicura di poterlo fare. Del resto Regina praticava la magia da anni ed era incredibilmente potente, sicuramente non sarebbe mai riuscita a spegnere le sue fiamme. No, non poteva farcela… Ma non voleva neppure deluderla. Cercò di calmarsi, respirando più lentamente.
 
Fino ad allora Regina non aveva fatto altro che aiutarla ed il minimo che potesse fare era riuscire a spegnere quelle fiamme. Non poteva fallire… Non di nuovo… La sua magia aveva causato fin troppi problemi. Aveva scatenato un mostro di neve l’ultima volta, cosa le garantiva che ora non sarebbe successo lo stesso? Si sforzò di respirare lentamente, ma i dubbi cominciarono ad assalirla velocemente, troppo velocemente…
 
“Elsa, è fondamentale che tu riesca a controllare i tuoi poteri” Regina cercò di farle mantenere la concentrazione, ma dopo pochi minuti la neve copriva il terreno attorno a loro per diversi metri, mentre fiamme continuavano a guizzare, indisturbate.
 
“Non ce la faccio” la regina di Arendelle sembrava poco più che una bambina in preda ad un capriccio terribile. Ma, forse, pensò Regina, era davvero solo una bambina. Probabilmente troppo giovane per regnare e sicuramente troppo giovane per dover gestire un potere come quello.
 
“Elsa, ascoltami…” le si avvicinò lentamente, dopo aver estinto le fiamme, portandole entrambe le mani sulle spalle. “Guardami” attese che aprisse gli occhi prima di cominciare “Devi controllare il tuo potere se vuoi davvero essere in grado di utilizzarlo al meglio”
 
Elsa distolse lo sguardo, sebbene il suo corpo si spinse automaticamente verso Regina, cercando conforto il quel minimo contatto. Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, ma si morse il labbro per trattenerle.
 
“A cosa serve il mio potere se non sono in grado di proteggere le persone che amo? Fino ad ora è servito solo a fare del male…” Pensò ai suoi genitori, ad Anna, a quello che era successo ad Arendelle… La neve prese a scendere copiosa, depositandosi fitta sempre più lontano.
 
Regina rimase in silenzio. Si era posta la stessa domanda fin troppe volte. Daniel, Henry, persino Cora…quante persone aveva amato senza poter far nulla per proteggerle, nonostante la sua magia? Quante persone aveva distrutto per colpa della sua magia? Forse non era totalmente responsabile della morte di Daniel, ma era sicuramente potente abbastanza da impedire che Henry venisse rapito e avrebbe dovuto capire che Snow…. E poi Emma… E Robin… E Marian…
 
Scosse la testa, prima che quei pensieri prendessero totalmente il controllo della sua testa. Non aveva intenzione di lasciarsi sopraffare, non di nuovo. Elsa notò come lo sguardo della regina si fosse oscurato ben oltre il normale velo di tristezza che sembrava sempre coprire i suoi occhi… Era la prima volta che riusciva ad osservarli così da vicino e, nella luce del tardo pomeriggio, avevano assunto una tonalità particolare, una sfumatura così intensa di nocciola da essere ipnotizzante.
 
Non conosceva la sua storia, non del tutto almeno, ma non poté fare a meno di sentirsi in colpa: era evidente come le sue parole avessero risvegliato qualcosa di profondamente doloroso…
 
Posò una mano su quella più scura di Regina, ancora posata sulla sua spalla, cercando istintivamente di confortarla, senza sapere bene da cosa.
 
La donna le parve lontana chilometri in quel momento, persa nei suoi pensieri, ed Elsa sapeva fin troppo bene di non esser in grado di gestire le emozioni, tanto le sue quanto quelle altrui.
 
“Regina?” la chiamò timidamente, sorridendo quando gli occhi della donna tornarono a focalizzarsi su di lei. “Mi dispiace se ho detto qualcosa di sbagliato” esitò, cercando nuovamente il suo sguardo. “Non era mia intenzione…”
 
Regina sorrise, anche se non senza sforzo. Elsa aveva visto altre volte quel sorriso tirato, al limite del doloroso, così diverso da quello che invece riservava ad Henry.
 
“Non hai nulla di cui scusarti, Elsa. Non hai detto nulla di sbagliato…”
 
Regina spostò la mano in modo da stringere la sua, palmo a palmo.
 
“So bene cosa significa combattere con qualcosa che è dentro di te e che ti sembra impossibile da controllare” strinse appena più forte, in parte per rassicurare la ragazza, in parte per tenere se stessa ancorata a quel momento.
 
“E so anche cosa significa sentirsi impotenti, nonostante la magia” sollevò l’altro palmo, scostando una ciocca di capelli biondi, bloccandogliela dietro l’orecchio. “Ma se lasci che sia il tuo potere a controllare te, non ti servirà a nulla.” Il suo tocco si fece appena più coraggioso, arrivando ad accarezzarle pienamente la guancia.
 
“Non ti farà smettere di soffrire” Se Regina si accorse che Elsa si stava progressivamente avvicinando, non fece nulla per impedirlo. “Né potrai usarlo per chi ami.”
 
Elsa era così vicina da poter sentire il suo profumo e, forse, anche il calore del suo respiro. Tremava, ma non per il freddo, nonostante ora la neve le circondasse per diversi metri.
 
Regina le sorrise un po’ meno forzatamente questa volta “Sarai solo schiava di te stessa e della paura…” le accarezzò lo zigomo con il pollice ed Elsa non poté fare a meno che socchiudere leggermente gli occhi, poggiandosi in quel contatto. “Troveremo Anna, non preoccuparti…”
 
Elsa tornò a guardarla, sorridendo appena. Regina ricambiò il suo sorriso e lei non poté fare a meno di avvicinarsi ancora. Abbastanza, questa volta, da sentire distintamente il respiro della donna sulle sue labbra “Regina…”
 
“Che sta succedendo qui?” la voce di Emma fece voltare Elsa di scatto, allontanandosi da Regina come se si fosse bruciata.
 
“Sceriffo Swan, come sempre è un piacere… A cosa devo questa sua interruzione?” le chiese Regina, girandosi verso di lei, quasi facendo ad Elsa da scudo con il suo corpo.
 
Emma si avvicinò, guardando scetticamente la neve sul terreno, costringendosi ad ignorare quello a cui aveva quasi assistito. “Neve, davvero?”
 
Regina prese un respiro profondo, cercando di mantenere la calma. “C’è una ragione per questa sua visita, sceriffo, o semplicemente ha deciso di sprecare i fondi comunali importunandomi?”
 
“Ho avuto una chiamata che mi ha avvertita di attività magiche vicino la fattoria di Zelena…Ho pensato fosse meglio controllare”
 
“Controllare cosa? Che mia sorella non fosse tornata dalla tomba? O forse sperava di ritrovare il suo quasi-marito nonché scimmia volante? In entrambi i casi, temo che sarà delusa”
 
Elsa guardò la guerra di sguardi tra le due, cercando di fare un passo indietro, accorgendosi solo allora che Regina non le aveva lasciato la mano, mantenendo, invece, una stretta salda e protettiva, abbastanza da rassicurarla senza, però, costringerla a rimaner ferma.
 
Emma sbuffò. “Devi essere necessariamente così…”
 
“Così come, sceriffo? Onesta?”
 
“Acida”
 
Regina sollevò un sopracciglio. “Non riesce a fare di meglio, sceriffo? Non c’è bisogno di trovare eufemismi. Non è la prima volta che rende nota la sua idea di me”
 
“Andiamo, Regina, sai cosa volevo dire…”
 
Regina alzò la mano libera, bloccandola immediatamente. “Lasci perdere… In ogni caso, come può vedere da sola, non c’è nessuna attività magica potenzialmente ‘malvagia’ in corso. Elsa le potrà confermare che stavo semplicemente cercando di insegnarle a gestire i suoi poteri.”
 
“Ma davvero? A me sembrava altro…” Emma non riuscì a tenere a freno le sue parole e, a giudicare dal sorriso divertito di Regina, neppure un leggero sottotono di gelosia.
 
“No, Emma… Ti assicuro che stavamo solo cercando di controllare la mia magia. Non voglio scatenare un altro mostro di neve per la città” intervenne Elsa, ma nessuna delle due donne si voltò nella sua direzione. Sbatté le palpebre, muovendo lo sguardo tra le due, cercando di capire cosa stesse effettivamente accadendo.
 
“Sentito, sceriffo? Solo lezioni di magia”
 
“Le ricordavo un po’ diverse, Regina…”
 
“Forse perché ora ho una studentessa migliore”
 
Elsa non poté fare a meno di arrossire leggermente. Regina le aveva raramente fatto dei complimenti ed era sempre…piacevole. “Davvero? Non sapevo avessi insegnato anche ad altre persone…” le chiese immediatamente, prima che Emma potesse rispondere.
 
Regina si voltò verso la fanciulla, guardandola con sincera dolcezza. “Assolutamente, Elsa. La mia esperienza non è particolarmente vasta, ma credo di essere in grado di dare il giusto valore ed apprezzamento ad un talento come il tuo”
 
Il sorriso di Elsa fu talmente radioso da contagiare Regina, nonostante Emma fosse ancora lì. Per un attimo, anzi, entrambe sembrarono dimenticare la sua presenza, almeno fino a quando lo sceriffo non si schiarì la gola per attirare la loro attenzione.
 
“Perfetto, per quanto romantico sia questo quadretto” Emma incrociò le braccia, nella sua tipica posizione di difesa “Credo che sarebbe meglio se le vostre ‘lezioni di magia’ proseguissero in un luogo più…privato”
 
“Ah sì? Suggerisce forse il mio giardino?”
 
“Paura che la tua pupilla rovini le tue rose, Regina?”
 
“Assolutamente no. Ma, a differenza sua, sceriffo, preferisco evitare di portare una tempesta di neve o qualsiasi altro incidente dovesse verificarsi nel pieno della mia città, dove potrebbe facilmente, nella migliore delle ipotesi, creare una crisi di panico collettiva”
 
Emma si morse il labbro, rimanendo in silenzio. Effettivamente, Regina aveva ragione… Tanto per cambiare.
 
“Bene, sceriffo. Ora, se ha finito di importunarci con le sue accuse, avremmo qualcosa da portare a termine.” Regina si voltò verso Elsa. “Preferisci proseguire o vuoi riprendere domani?”
 
Emma osservò attentamente le due donne di fronte a lei. Normalmente avrebbe considerato l’atteggiamento di Regina essenzialmente materno, ma c’era decisamente poco di materno quando era arrivata. Ed Elsa era innegabilmente attraente in quei vestiti ‘moderni’. Era evidente che Regina aveva avuto una certa influenza nella scelta a giudicare dal taglio raffinato dei suoi pantaloni blu e del soprabito, ma, del resto, anche Elsa era una regina, probabilmente abituata all’eleganza.
 
Proprio come Regina.
 
“Forse sarebbe meglio riprendere domani. Si sta facendo buio e mi avevi detto che volevi esser a casa presto per preparare ad Henry quella cosa…” Elsa cercò di ricordare la parola esatta che Regina aveva usato, senza però riuscirci, e la bruna non riuscì a far a meno di trovare adorabile il modo in cui aveva corrugato la fronte per concentrarsi.
 
“Lasagne” le disse, facendole l’occhiolino. “Avevo promesso ad Henry le lasagne. Spero che ti piaccia un tocco leggermente piccante a tavola” aggiunse, facendo sparire la neve attorno a loro con un gesto fluido del polso.
 
“Sceriffo, la sua presenza non è più necessaria, dal momento che stiamo per tornare a casa” disse poi rivolta ad Emma, incamminandosi verso la Mercedes, Elsa prontamente accanto a lei.
 
“Ciao Emma” la salutò la ragazza, sollevando elegantemente la mano, e la bionda si limitò a rispondere con un cenno della testa.
 
Le osservò allontanarsi, senza dire una parola. Non si trattenne, però, dallo sbuffare quando vide Regina aprire la portiera del passeggero e richiuderla dopo essersi assicurata che Elsa avesse allacciato la sua cintura.
 
La Mercedes si allontanò velocemente, sparendo lungo la strada diretta alla città, lasciando Emma sola con una strana amarezza, che, nonostante i suoi sforzi, non riusciva né a comprendere né a scacciare.
 
Mentre ritornava all’auto di pattuglia, non poté fare a meno di immaginare Regina in cucina, il grembiule allacciato saldamente in vita, intenta a preparare le sue famose lasagne (che, detto onestamente, erano una delle cose più buone che avesse mai mangiato), mentre Henry preparava la tavola.
 
Immaginò anche Elsa, con i suoi occhioni da cucciolo, intenta ad osservare la bruna, con quell’espressione di assoluta meraviglia che assumeva ogni volta che Regina…respirava! Ok, Regina sapeva esser straordinaria in qualsiasi cosa, ma quella ragazza davvero doveva darsi una regolata…
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Signorina Swan?”

Regina non aveva idea di cosa potesse essere accaduto per portare Emma Swan alla sua porta. All’una del mattino!

“Posso entrare?” l’espressione dello Sceriffo era mortalmente seria e Regina si spostò, lasciandole libero lo spazio necessario per superare l’ingresso.

“La Regina delle Nevi è qui?”

“Elsa è la Regina di Arendelle, non…”

“È qui?” insistette Emma, il cui tono si stava facendo velocemente astioso.

Regina corrugò la fronte. “Non vedo come la cosa possa riguardarla, signorina Swan. Questa era ancora casa mia l’ultima volta che ho controllato. E sì, Elsa è qui” incrociò le braccia al petto, difensiva.

La bionda corrugò la fronte, come se stesse considerando le sue possibilità. “Non dovresti tenere una sconosciuta in casa, Regina…”

“Per l’amor del cielo, Swan!” sbottò l’altra donna. “Elsa è qui da quasi due mesi e non ha fatto del male a nessuno!”

“Ma potrebbe…”

“NO” la interruppe Regina, avvicinandosi. “Non le permetto di parlare in questi termini di una persona che non ha fatto nulla per meritarlo. Ora, se non ha altro da dirmi, può anche andare via!”

La bruna le diede le spalle, avviandosi verso l’interno della casa senza aggiungere altro.

Trattenne a stento un sobbalzo quando si sentì afferrare il braccio, nell’incavo del gomito. Si ritrasse di scatto alla sua presa ed il movimento brusco fece barcollare leggermente Emma.

È ubriaca? Il pensiero la sfiorò per un istante, ma, ubriaca o no, non aveva intenzione di soprassedere.

“Regina, io…”

“Tu cosa, Emma? Illuminami, perché davvero non ho idea di cosa tu voglia ottenere ora!” le sibilò contro, attenta a non alzare la voce per non svegliare Elsa. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era spiegarle perché lo Sceriffo si era presentata ubriaca a casa sua in piena notte.

“Dovrei proteggerti…” mormorò, l’immagine della carta con il cavaliere a cavallo ben definita davanti agli occhi.

Regina si lasciò andare ad una risata piena, ma con un terribile retrogusto amaro che neppure Emma riuscì ad ignorare.

“Proteggermi?” la canzonò, facendo un passo avanti. “Non sai, Salvatrice, che le Regine Cattive non hanno bisogno di protezione?”

Era abbastanza vicina da poter sentire il suo respiro. Alcol, decisamente. “O sei solo troppo ubriaca per ricordarlo?”

Emma si morse il labbro. “Non parlare così…”

“No?” la voce della bruna grondava sarcasmo. “In che modo dovrei parlare, allora?”

Non dovresti parlare affatto, disse a se stessa. Trasportala a casa sua e falla finita con questa sceneggiata. Ma non lo fece.

“Non ho bisogno della tua pietà, Swan” aggiunse dopo diversi momenti di silenzio, in cui la bionda sembrò assorta nei suoi pensieri, guardando un punto indefinito del pavimento. “Non sono una tua responsabilità, né il tuo nuovo caso disperato da risolvere.”

Emma alzò gli occhi, con un’espressione che Regina non le aveva mai visto. E, per un attimo, ne rimase affascinata e terrorizzata.

“Non sei un caso disperato…” lo sceriffo fece un altro passo avanti, senza interrompere il contatto visivo. “Sei Regina. Il Sindaco di Storybrooke, la madre di Henry”

Per un attimo Regina sentì un nodo formarsi nella gola, ma si costrinse ad ignorarlo, mentre Emma si faceva sempre più vicina. Poteva distintamente distinguere le sfumature azzurre nei suoi occhi verdi, resi vivi da un qualcosa che ancora non riusciva a trovare il coraggio di definire.

“Sei la donna a cui devo dieci anni di ricordi meravigliosi” la voce di Emma era quasi un sussurro ora, basso e delicato. Sollevò appena una mano, sfiorando con esitazione una ciocca di capelli, senza, però, avvicinarsi davvero al viso.

“Sei il mio ricordo più bello” le confessò, muovendo in avanti il palmo, fino a sfiorarle la guancia. “Sei il primo viso che ho visto dopo aver bevuto la pozione a New York…”

Regina si ritrasse, sconcertata dalle sue parole. Per un attimo si concesse il lusso di lasciarcisi cullare, ma la sua parte razionale fu veloce a ricordarle che quella era Emma Swan, la Salvatrice. E che per quanto, inconsciamente, quelle parole fossero riuscite ad incrinare il muro di difese che aveva eretto, non poteva permettersi di concederle neppure il beneficio del dubbio.

“Vada via, signorina Swan” le disse, portandosi a distanza i sicurezza, anche fisicamente, da quello che stava succedendo.

“Regina…”

“Regina ‘niente’. Per una volta nella tua vita, Emma, fa quel che ti dico!”

Emma cercò di avvicinarsi di nuovo. “Ti prego…” I suoi occhi si erano coperti di un velo di lacrime e Regina esitò un istante, ma per l’altra donna fu abbastanza.
Le prese il viso tra le mani, premendo le labbra sulle su quelle della bruna.


 
Prima, quella sera…

“Sai, da come guardi quella birra sembra che ti abbia ucciso il gatto”

“Non stasera, Ruby. Non stasera” Emma aveva tutta l’intenzione di godersi quella dannata birra da sola ed il sorriso smagliante di Ruby la infastidiva. Perché c’era poco da sorridere.

La ragazza le si sedette di fronte, per nulla intimidita dal suo atteggiamento.

“Avanti, sputa il rospo”

Emma le lanciò un’occhiataccia, prima di prendere un altro sorso di birra.

“Vuoi farti pregare? Va bene…” Ruby sollevò il braccio, indicando al barman di portare loro da bere.

“Ruby, non ho intenzione di tornare a casa ubriaca…”

“Hook ti aspetta?” la bruna le lanciò un’occhiata suggestiva ed Emma non trattenne una smorfia, in parte di disgusto.

Il lupo mannaro incrociò le braccia, poggiandosi con la schiena alla poltrona dello stallo in cui erano sedute. “Tu mi preoccupi, sai?”

Lo sceriffo si passò le mani tra i capelli, evitando il contratto visivo.

“Ehi…” Ruby le posò una mano sull’avambraccio. “Stavo scherzando su Hook, sai?” le sorrise. “Se non vuoi parlare, mi sta bene. Ma per qualsiasi cosa, sai che io ci sono”.

“Lo so, Rubs. Lo so…”

Rimasero in silenzio, fino a quando una cameriera non portò loro una serie di shot dal contenuto rosso scuro.

Emma non trattenne un sorriso. “Blood shot, Ruby? Davvero?”

La donna le fece l’occhiolino, svuotando il primo bicchiere in un colpo solo. “Sono un lupo mannaro, mia cara”.

 
Ruby stava ridendo per qualcosa che, per quanto si sforzasse, Emma non riusciva a ricordare. Lo Sceriffo sembrò contemplare l’ipotesi di chiudere la serata prima che potesse fare qualcosa di stupido, ma, probabilmente, era già troppo tardi.

“Sai cosa non mi spiego, Rubs?” chiese, interrompendo la risata della ragazza, che tornò seria ed attenta in meno di una frazione di secondo. “Non mi spiego perché non voglia capire…”

“Emma, tesoro, devi essere un po’ più chiara di così”

“Regina”

Fu sufficiente il nome dell’ex sovrana perché Ruby cominciasse a collegare tutti gli indizi. Ecco svelato il dramma “Cosa vuoi dire?”  

“Come potevo sapere che quella prigioniera fosse Lady-Dannata-Marian!” urlò la bionda.

“Emma, abbassa un po’ la voce…”

“Tra tutte le persone che avrei potuto incontrare in quel fottuto sotterraneo, dovevo beccare la moglie-non-ancora-morta della sua ‘anima gemella’? Quali erano le possibilità che succedesse?”

Lo sceriffo la guardò negli occhi, in silenzio.

“Oh, vuoi davvero una risposta” Forse hai esagerato stasera anche tu, Ruby, si disse. “Emma, quando c’è di mezzo il destino le probabilità non contano. Regina ha la pelle dura, se ne farà una ragione”.

“Lo ha già fatto. Con Elsa”

“COSA?” per poco la bruna non saltò su dalla sedia.

“Andiamo, non le hai viste stasera farsi gli occhi dolci da Granny’s?”

Ruby scosse la testa.

“Ed Henry era al settimo cielo quando la Regina delle Nevi gli ha fatto nevicare sulla testa… E sai cosa ha fatto Regina?” Emma prese una pausa, il tempo necessario per buttar giù un altro shot. “Ha riso, Ruby! Se avessi fatto una cosa del genere, mi avrebbe lanciato una serie di palle di fuoco” sbatté il pugno sul tavolo, facendo tintinnare i bicchieri vuoti.

Ruby si illuminò all’improvviso. “Sai di cosa hai bisogno?”

“Rubs, ma mi stai ascoltando?”

“Sì, Emma, ma sono settimane che ti lamenti di Regina. Prima per Marian, poi per i suoi commenti non troppo gentili su Hook ed ora Elsa. Tu” le puntò il dito tra gli occhi “hai bisogno di distrarti! Ti leggerò il futuro!”

Emma sollevò il sopracciglio e Ruby si meravigliò di quanto simile fosse all’espressione di Regina. “Ho fatto un corso online” cominciò a frugare nella borsa, tirando fuori un plico di carte da divinazione.

“Ruby, davvero…”

“Silenzio, signorina Swan” la blocco la bruna, imitando il tono basso e roco della Regina Cattiva.

Emma si zittì immediatamente, quasi in automatico, e Ruby le scoppiò a ridere in faccia.

“Non sei divertente…” le lanciò l’ennesima occhiataccia. Anche questa volta, senza alcun risultato.

“Avresti dovuto vedere la tua faccia, Emma” prendendo qualche respiro profondo, la bruna cominciò a disporre le carte in gruppi da tre. Si prese anche la briga di spiegare allo Sceriffo il significato di ogni singolo gruppo, ma la soglia di attenzione della donna era andata persa dopo il sesto bicchiere. E ne ho bevuti almeno altrettanti dopo.

“Oh, Gli amanti!” l’esclamazione di Ruby la sottrasse ai suoi pensieri. “Ci sono novità per te in amore, cara la mia principessa”

“Odio quando mi chiami così”

Ruby fece spallucce, scoprendo un’altra carta. “Il Cavaliere, banale. Dovevo aspettarmelo che venisse fuori questo. Del resto, sei il Cavaliere Bianco…”

Emma annuì, facendo finta di capire a cosa si riferisse.

“E l’ultima carta è la persona che il tuo cuore desidera davvero”

La Regina.

Emma sbatté le palpebre, fissando l’immagine.

La Regina.

“Devo andare”

Emma si alzò di scatto, afferrando la carta della regina, ed uscì dal locale.


 
Sentire la bocca di Emma muoversi sulla sua era l’ultima cosa che Regina si sarebbe aspettata. Per un istante, si lasciò travolgere dall’impeto della donna, accettando quel bacio. Ricambiandolo.

Non appena, però, prese consapevolezza che Emma Swan la stava baciando, la spinse via da sé con forza, usando entrambe le mani.

“Come ti permetti?” le sibilò contro, avvicinandosi minacciosa.

“Regina…”

“Non ti ho dato il permesso di parlare!”

Emma indietreggiò istintivamente,

“Come ti permetti di venire a casa mia, ubriaca ed in piena notte, e di baciarmi!” la voce della sovrana sia era fatta carica di rabbia ed i suoi occhi lanciavano fiamme.

“Tu, fra tutti, avresti dovuto essere diversa!”

La bionda la guardò, in parte spaventata, senza riuscire a capire di cosa Regina stesse parlando. La donna sembrava esser entrata in un universo parallelo ed Emma ebbe la sensazione di essere di nuovo al cospetto della Regina Cattiva. Il solo pensiero le mandò un brivido gelido lungo la schiena.

“Non è stata Snow a crescerti, ma questo non le ha impedito di trasmetterti i suoi tratti migliori!”

“Regina…”

“NON INTERROMPERMI!” con un gesto del polso, Emma venne scagliata al muro e bloccata alla parente, come incatenata.

“È questo che fate voi Charming, non è vero?” Regina si avvicinò, minacciosa. “Decidete quello che vi piace e lo prendete, non è così?”

Emma sgranò gli occhi: l’espressione della regina era al limite della follia.

L’altra donna le afferrò il mento, non curandosi del fatto che la forza della sua stretta avrebbe certamente lasciato il segno. Le si avvicinò al punto di sfiorarle le labbra.

“La tua famiglia ha già preso troppo da me, Emma Swan, ma mi ero illusa che tu fossi diversa”

Ogni movimento della bocca di Regina si rifletteva sulle labbra di Emma, che dovette combattere l’istinto di cercare un contatto più profondo.

Dannazione, Swan, datti una regolata!

“Per anni ho giocato il ruolo della moglie perfetta di quell’uomo perché la dolce Snow si era scelta una nuova madre. Ma sai una cosa, Swan? Non ero che un trofeo da sfoggiare ed usare a suo piacimento”

Strinse ancora le dita, assicurandosi che Emma non potesse spostare la testa.

“Non sono stata abbastanza per salvare l’uomo che amavo e non sono stata abbastanza neppure per l’uomo che sono stata costretta a sposare. Non sono stata abbastanza per uccidere tua madre. Ed ora, grazie a te, non sono abbastanza da meritare una seconda possibilità”

Regina si allontanò improvvisamente e lo Sceriffo lasciò andare il respiro che non si era accorta di trattenere.

“Tu, fra tutti, avresti dovuto capire cosa significa” la voce della donna si incrinò leggermente, ma il suo volto rimase una maschera di collera. “Invece vieni qui e pretendi la tua parte del bottino…”

Tra le due scese un silenzio gelido.

Regina cercava di trattenere la tempesta che le stava scoppiando nel petto ed Emma non aveva la forza di dire nulla. La paura e l’alcol le impedivano di pensare con lucidità. Aprì la bocca diverse volte, ma non riuscì a sussurrare neppure una parola.

L’improvvisa libertà la prese alla sprovvista. Regina aveva sciolto le catene invisibili che la trattenevano ed ora le dava le spalle.

“Per amore di Henry, vai via. Adesso”

Emma sapeva che doveva dire qualcosa. Scusarsi. Implorare perdono. Diamine, qualsiasi cosa. Sollevò una mano verso la sagoma della donna, la cui posa rigida era innaturalmente calma.

Non disse nulla, ma si voltò ed andò via.

Solo quando Regina sentì la porta d’ingresso chiudersi, crollò su se stessa.
 
 

N.d.A. Scusate la lunga assenza, non ci sono scuse J spero l’aggiornamento valga l’attesa. Ad ogni modo, per la lettura delle carte ho fatto riferimento ad alcune notizie trovate online. Non sono un’esperta e non ho idea di come funzioni davvero la divinazione con i tarocchi (o la divinazione in generale, a dirla tutta). Perdonatemi eventuali imprecisioni, errori, et similia: sono in assoluta buona fede.
A presto, spero. 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


N.d.A. Aggiornamento più breve del solito, ma spero altrettanto gradito ;) avevo bisogno di mettere un po' di cose in ordine, prima del prossimo capitolo, così da chiarire alcuni punti e da non far accavallare le cose;) 

“Regina?”
 
Elsa scese la scalinata velocemente, dopo essersi svegliata di soprassalto. Non era sicura di aver sentito qualcosa, ma qualcosa continuava a dirle che era meglio controllare.
 
“Regina?” tentò ancora. Quando non ottenne risposta neppure la seconda volta, cominciò a preoccuparsi. Durante il tempo che aveva trascorso con Regina, aveva scoperto che la donna aveva un sonno leggerissimo, quando non soffriva di insonnia. Le possibilità che fosse addormentata al punto di non risponderle erano pressoché pari a zero.
 
“REGINA!” si precipitò, letteralmente saltando gli ultimi gradini, quando riconobbe la figura della donna rannicchiata in un angolo della parete che costeggiava l’ingresso. Si lasciò andare ad un brevissimo sospiro di sollievo quando vide che i suoi occhi erano aperti, ma non ebbe il tempo di rasserenarsi. Regina sembrava persa in un modo diverso, lo sguardo fisso nel vuoto.
 
“Regina…” le si inginocchiò accanto, prendendole il volto tra le mani. Le sue lacrime le bagnarono immediatamente i palmi ed Elsa sentì il proprio cuore incrinarsi un po’. Non disse nulla, spostandosi accanto a lei e cercando dolcemente di abbracciarla.
 
Non appena le sue braccia circondarono le spalle di Regina, sentì il suo corpo irrigidirsi, fino a tremare. “Regina, parlami...” Cercò di accarezzarle i capelli, nel tentativo di rassicurarla. “Va tutto bene, Regina. Adesso sei al sicuro”
 
Elsa non aveva idea di quanto tempo avessero trascorso così e quasi sobbalzò nel sentirsi afferrare il polso. Cercò gli occhi della donna, ma il suo sguardo sembrava ancora sfocato, poco presente.
 
“Regina…?” tentò, portandole nuovamente una mano sul viso. Notò, con sollievo, che le lacrime si erano fermate. Le accarezzò dolcemente la guancia, intenta a non spaventarla ulteriormente.
 
Regina sbatté le palpebre. Dove…? Riusciva a sentire una piacevole sensazione di calore sul viso, ma tutto il resto era ancora confuso. La testa le pulsava dolorosamente, quasi fosse stata colpita. Si costrinse a prendere un respiro profondo, prima di aprire gli occhi di nuovo.
 
Elsa? Aveva riconosciuto la voce della ragazza mentre chiamava il suo nome, ma non riusciva a capire da dove provenisse. Lentamente la sensazione sul suo viso si fece più definita, fino ad assumere la dimensione di una carezza leggera. Qualcuno le stava accarezzando il viso.
 
Sbatté gli occhi con più forza, questa volta scuotendo la testa, come a voler spostare il banco di nebbia che rendeva indistinguibile qualsiasi cosa.
 
“Elsa?” chiese, meravigliandosi di quanto roca fosse la propria voce. Sentiva la gola graffiata, quasi avesse urlato, ma non riusciva a ricordare di aver fatto nulla del genere.
 
“Grazie al cielo, Regina…” la ragazza la strinse più forte tra le braccia. “Ero terrorizzata” le sorrise, un po’ timida, mentre si ritraeva dello spazio necessario per poterla guardare negli occhi.
 
“Cosa…” si passò la lingua sulle labbra, sentendole incredibilmente secche. Il leggero sapore di vodka e mirtilli la sorprese per un istante. Poi la sensazione delle labbra di Emma Swan premute sulle sue ritornò prepotentemente nella sua memoria.
 
Cercò di calmarsi, mentre la rabbia saliva a fiotti dal profondo del ventre, incontenibile. Farai esplodere qualcosa, CALMATI!
 
“Regina, ti prego, non sparire di nuovo…”
 
La voce di Elsa riuscì a strapparla dal vortice nel quale era sul punto di cadere di nuovo. Focalizzò lo sguardo su di lei, sforzandosi, questa volta, di sorridere. Quando la ragazza ricambiò il sorriso sentì qualcosa dentro di se assestarsi appena. Si concentrò su quella sensazione e, qualche secondo dopo, fu abbastanza sicura di poter controllare la propria magia.
 
“Ti dispiace aiutarmi a rimettermi i piedi?” chiese e la ragazza si affrettò immediatamente a sorreggerla.
 
“Certo!” non appena fu in piedi, Elsa le mise un braccio sotto le spalle, ma regina la fermò delicatamente con una mano.
 
“Grazie, Elsa, ma credo di potercela fare da sola adesso”
 
“Sicura?” la ragazza non sembrava affatto convinta, ma si trattenne dall’insistere oltre. Regina annuì, incamminandosi, con più cautela del solito, verso la cucina. La ragazza la seguì, stringendosi istintivamente nella vestaglia da camera bianca che indossava.
 
Regina era intenta a miscelare alcune erbe prima di metterle in infusione quando entrò in cucina. Si morse il labbro, indecisa su cosa fare.
 
“Cos’è successo?”
 
La bruna irrigidì le spalle per un istante, prima di voltarsi e sorriderle. “Nulla, Elsa. Solo una visita spiacevole…”
 
La bionda le si avvicinò, prendendole una mano tra le sue. “Regina, ti ho trovata in lacrime nel corridoio… Non mentirmi”
 
Per qualche ignota ragione, di fronte a quell’espressione di così sincera preoccupazione, Regina non riuscì a dire nulla. Per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare una scusa decente. O forse non vuoi mentirle davvero.
 
“Emma.” Disse dopo un lungo silenzio, girandosi per spegnere il fornello e versare il contenuto nel bollitore nella tazza.
 
“Emma?” Elsa non capiva, cosa poteva aver fatto Emma Swan di così terribile da ridurre Regina in quello stato? Certo, non conosceva la donna da molto, ma di certo non era una persona che si faceva intimidire facilmente.
 
Regina bevve un sorso, lentamente. Continua ad avere un sapore orribile, pensò, mentre la sua mente ritornava alla prima volta che una delle sue dame le aveva dato da bere quel particolare infuso.
 
La aiuterà a dormire, sua Maestà, le aveva detto con una premura cui Regina non era mai stata abituata. L’avrebbe definita materna se, in quella fase della sua vita, avesse davvero avuto idea di cosa volesse dire.
 
La aiuterà a dormire, sua Maestà. Allevierà il dolore, le aveva detto alcune notti dopo, con la stessa premura negli occhi. Questa volta accompagnata da qualcosa di diverso. All’epoca non aveva capito, ma presto le era diventato ben chiaro. Quella donna aveva pietà di lei.
 
La aiuterà a dormire, sua Maestà. Domattina sarà tutto finito. La mattina dopo non era finito affatto: i lividi non erano scomparsi, né gli altri segni sul suo corpo. Così come non era andato via l’orribile odore di alcol che lui le aveva lasciato addosso.
 
La aiuterà a dormire, sua Maestà. Quella fu la prima notte in cui, davvero, era riuscita a dormire. Consapevole che quell’uomo non respirava più.
 
Elsa non disse nulla, osservando come il velo di tristezza che copriva pressoché costantemente gli occhi castani della sovrana si venasse di una rabbia disperata. Tentò di cercare il contatto con il suo sguardo, ma Regina continuava ad evitarlo.
 
“OH…” la bruna allontanò la tazza dalla bocca velocemente, respirando attraverso le labbra per alleviare leggermente la scottatura che si era procurata sulla lingua. Elsa non trattenne una risata leggera. Si avvicinò, forse con più cautela di quanto avrebbe normalmente fatto, poggiando una mano sul bordo della tazza. Solo quando le loro dita si toccarono, riuscì ad incrociare il suo sguardo.
 
“Ecco…” Le disse, lasciando fluire il suo potere per raffreddare il contenuto della tazza. Regina non accennò a muoversi, limitandosi a guardarla negli occhi, con gratitudine.
 
“So che è tardi…” la bruna si schiarì la voce di proseguire, notando come la sua gola fosse ancora terribilmente dolente. “Ma pensavo di guardare un po’ di tv”
 
“Assolutamente…” Elsa le fece cenno di avviarsi, seguendola, poi, nel salotto.
 
“Preferenze?” chiese Regina, sedendosi sul divano. La ragazza scosse la testa, prendendo posto accanto a lei.
 
“Forse una di quei racconti sulla storia di questo mondo?” accennò, mentre Regina passava velocemente tra i canali. Si girò verso di lei, annuendo, per poi fermarsi su History Channel.
 
 Elsa le poggiò la testa sulla spalla, cercando di percepire la sua reazione. Dapprima sentì la donna irrigidirsi, poi, delicatamente, la tensione prese a scemare. La ragazza sollevò le gambe, piegandole sotto di sé per potersi avvicinare di più. Avrebbe voluto dirle che le era accanto, che avrebbe ascoltato, ma il suo istinto la spinse ad optare per un approccio diverso. Era più facile confortare che lasciarsi confortare, così si rannicchiò il più possibile al suo fianco.
 
Sorrise, senza voltarsi, quando sentì un braccio di Regina posarsi sulle sue spalle. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


A/N: So che l'assenza è stata lunga ed imperdonabile, ma eccomi qui :) so che non è moltissimo, ma sapevo sarebbe stato difficile trovare del tempo in questo periodo (che, si spera, sarà meno incasinato a breve) ed ho preferito postare quanto avevo di già pronto :) 
Prometto che la prossima pausa sarà meno lunga, davvero :)

p.s. è stata solo una mia sensazione o davvero nell'ultima puntata Regina sembrava uscita da una ff (e di qualità anche ;) )?!?



Emma continuava a fissare la tazza di caffè, semivuota. Come ho fatto ad essere così idiota? Dannazione!
 
Istintivamente si passò la lingua sulle labbra e, se non fosse stata disperatamente immersa nel tentativo di risolvere e contemporaneamente dimenticare il casino della sera precedente, avrebbe giurato di poter sentire ancora la sensazione delle labbra di Regina. Forse anche il loro aroma leggero di mele…
 
Chiuse gli occhi, sospirando. Era decisamente nei guai, ben più del solito. E non aveva idea di cosa potesse fare. Non aveva bisogno di conferme per sapere che Regina era ben più che furiosa. La donna era stata fin troppo chiara quando l’aveva sbattuta fuori casa.
 
E ne aveva tutto il diritto… Ma cosa diavolo ti è venuto in mente?
 
Bevve un altro sorso di caffè, sollevata nel sentire il mal di testa post sbornia allentare la morsa sul suo cervello.
 
“Swan…”
 
Emma chiuse gli occhi. Se lo ignoro magari scompare…
 
“Finalmente” Hook le si sedette accanto, fortunatamente senza entrare troppo nel suo spazio personale. Meno del solito, almeno. “Possiamo parlare?”
 
Lo sceriffo prese un profondo respiro, girandosi verso di lui. “Di cosa, Hook?”
 
“Di noi, tesoro” le portò la mano sull’avambraccio, in quella che avrebbe voluto essere una carezza. Emma serrò la mascella, ma non si sottrasse immediatamente al contatto.
 
“Senti, Hook, forse dovremmo star lontani per un po’…”
 
“Perché?” Per un momento Emma si sentì in colpa. L’espressione ferita del pirata sembrava sincera. “Pensavo che ci fosse un legame tra noi, Swan…”
 
Era sul punto di rispondergli con un suggerimento piuttosto colorito su quale uso dovesse fare di questo dannato legame, quando la sua attenzione fu deviata dall’aprirsi della porta. I suoi occhi incontrarono quelli di Regina ed Emma dovette costringersi ad ingoiare il nodo che le si era fermato in gola: nonostante il make-up perfetto, Regina non era riuscita a nascondere i segni del pianto.
 
 
Elsa si fermò all’improvviso, accorgendosi all’ultimo momento che Regina non accennava ad avanzare oltre nel locale. Non dovette aspettare molto prima di vedere che Emma Swan era seduta a pochi passi da loro.
 
Dannazione. Forse non è stata un’idea geniale. Aveva impiegato forse più di venti minuti per convincere Regina che sarebbe stato meglio far colazione fuori e, sebbene la donna non fosse particolarmente entusiasta, aveva ceduto. Era riuscita anche a strapparle un sorriso un po’ più convinto quando le aveva assicurato che i suoi pancake alle mele sarebbero stati la sua colazione preferita, indipendentemente da quali leccornie Granny avrebbe preparato.
 
 
Regina si costrinse a mantenere un’espressione stoica. Non darle questa soddisfazione, ora. Si voltò leggermente, incrociando lo sguardo preoccupato di Elsa e si sforzò di sorriderle, sebbene non volesse far altro che girare i tacchi ed andar più lontano possibile da lì. Da Emma Swan. E da quello schifoso pirata che vive alle sue calcagna.
 
“Cara, ti spiace prender posto mentre ordino?”
 
“Sei sicura? Possiamo anche prender tutto da portar via ed andare…”
 
Regina scosse la testa, stringendole leggermente la mano per rassicurarla. “TI ho promesso che avremmo fatto colazione qui” alzò gli occhi, incrociando quelli di Emma. “Ed io mantengo sempre la mia parola.”
 
Elsa annuì, non sicura di sapere cosa stesse succedendo, ma più che sicura di non voler montare una scenata in pubblico. Si diresse con passo sicuro verso un tavolo libero oltre il bancone, evitando di incrociare gli occhi di Emma, il cui saluto rimase sospeso a mezz’aria.
 
 
“Regina, possiamo parlare?” non appena Elsa l’aveva sorpassata senza degnarla di uno sguardo (Non che mi importi di quello che pensa di me la Regina delle Nevi, ovviamente. Probabilmente è solo gelosa del fatto che ho baciato Regina…) si avvicinò al bancone, dove la bruna stava ordinando la colazione.
 
“No”
 
“Per favore, è importante…”
 
Regina non si voltò neppure nella sua direzione. “Riguarda Henry?”
 
“No, ma…”
 
“Allora non mi interessa, miss Swan” le rivolse uno di quei sorrisi che avrebbero gelato l’inferno. “Ora, se non le dispiace, sono qui per far colazione” fece per sorpassarla e raggiungere Elsa, ma Emma istintivamente la trattenne per il braccio.
 
Regina non ebbe neppure il tempo di reagire: un’ondata di aria gelida la sorpassò, colpendo Emma con forza sufficiente da sbilanciarla e farla cadere.
 
“MA SEI IMPAZZITA?” lo Sceriffo cercò di alzarsi, ma si ritrovò le mani bloccate dal ghiaccio. “LASCIAMI ANDARE, PAZZA PSICOPATICA!”
 
Elsa le fu accanto in meno di un istante. “Prova di nuovo a sfiorarla anche solo con un dito…”
 
“Elsa, lasciala andare…” la ragazza si voltò verso Regina, notando la sua espressione di preoccupazione. Solo allora si accorse di avere la balestra di Granny puntata contro.
 
“Ragazzina, ti consiglio di fare quello che dice. Non so come funzionano le cose nel tuo mondo, ma qui non si attacca la gente senza motivo”
 
Elsa era sul punto di replicare, ma lo sguardo di Regina sembrava implorarla di non dire un’altra parola. Si girò nuovamente verso Emma, ruotando il polso nella sua direzione e riassorbendo il ghiaccio che la tratteneva.
 
Lo sceriffo si alzò, massaggiandosi le mani infreddolite, e marciò dritta nella sua direzione, intenzionata a non fargliela passare liscia, ma Regina si interpose fisicamente tra le due.
 
“Emma, no”
 
La bionda sbatté le palpebre. Emma? Mi ha…
 
“Granny, se non ti dispiace, preferiremmo avere la colazione da portar via…” la bruna si rivolse al lupo mannaro, che grugnì qualcosa in risposta, ma non staccò gli occhi da quelli di Emma.
 
“Regina, io…” la rabbia era svanita, lasciandola confusa, persa nelle sfumature nocciola degli occhi della donna. “Non volevo…ieri...”
 
Regina la interruppe, sollevando una mano in un gesto secco, che non ammetteva repliche. “Questo non è il momento adatto”
 
“Ma…”
 
Non le diede il tempo di aggiungere altro. Prese per mano Elsa, facendo sparire entrambe in una nuvola di magia viola.
 
Ha dimenticato la colazione, fu l’unica cosa che Emma riuscì a pensare.
 
“Non credo che lei valga la pena, Swan…” Hook la guardava con un’espressione di orgoglio ferito che non lasciava molto spazio all’interpretazione.
 
Non posso avere a che fare anche con questo adesso. Afferrò la colazione di Regina ed uscì dal locale a grandi falcate, al diavolo Hook e tutto il resto.
 
 
 
“Adesso mi spieghi cosa ti è passato per la testa?”
 
Regina avrebbe voluto mantenere la calma. Ci aveva provato, davvero. Ma l’ultima cosa di cui aveva bisogno era doverla proteggere da una folla inferocita perché aveva deciso di attaccare la Salvatrice.
 
“Non lo so…” Elsa continuava a giocare nervosamente con le mani, seduta nel salottino di pelle dell’ufficio di Regina. “Non ho idea… Quando l’ho vista afferrarti… Regina, io…”
 
Nella stanza cominciò a cadere una neve leggera.
 
La bruna prese un respiro profondo, sentendo un’emicrania farsi sempre più vicina. “Elsa, contieni il tuo potere. Non ho bisogno di una nevicata personale” le parole vennero fuori più dure di quanto aveva immaginato e l’espressione della ragazza non aiutò il suo senso di colpa.
 
Regina le si sedette accanto, prendendole una mano tra le sue. “Ricorda quello che ti ho insegnato, Elsa” la guardò negli occhi, accennando ad un sorriso meno tirato. “Pensi di farcela? Per me?” le strinse la mano tra le sue, tirando un sospiro di sollievo quando la sua stretta venne ricambiata.
 
Pochi secondi e la neve scomparve.
 
“Bene. Ora ti spiacerebbe spiegarmi cosa è successo?” le chiese, più delicatamente. Erano simili, lei ed Elsa. E per esperienza personale sapeva perfettamente che, aggredendola, l’avrebbe portata a chiudersi ancora di più.
 
“Io…” Elsa esitò, confusa dalle sue stesse sensazioni. Cosa era successo? Aveva visto Emma afferrare Regina, il resto era stata un reazione istintiva. Non aveva davvero pensato a cosa stesse facendo. “Volevo…insomma, proteggerti…” abbassò gli occhi, riprendendo a tormentarsi le mani.
 
Regina delicatamente le sollevò il viso. “Elsa, non ho bisogno che tu mi protegga. Lo Sceriffo Swan non è una minaccia…”
 
La Regina di Arendelle si morse il labbro. “Non è una minaccia? Regina, ieri sera eri…” non aveva idea di quale parola usare. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, trattenendole a stento. “Non volevo ti accadesse di nuovo…”
 
“Vieni qui…” Regina l’abbracciò, lasciando che le stringesse il colletto della camicia mentre l’attirava a sé.
 
 
 
“Emma, cosa diamine è successo?”
 
“David, ti prego… Non ho voglia di parlarne…” Emma non rallentò il passo, dirigendosi verso il Municipio.
 
“Emma!”
 
“COSA VUOI?” si voltò, incrociando le braccia e aspettando che il padre la raggiungesse. “Forsa, qual è il tuo problema adesso?”
 
“È vero? Sei stata attaccata?” gli occhi di David la analizzarono velocemente, quasi si aspettasse di trovare ferite mortali.
 
“Elsa ha perso il controllo dei suoi poteri, nulla di grave”. Negare quello che era successo le avrebbe risparmiato un sacco di domande. Almeno spero.
 
“Non è quello che ha detto Leroy...”
 
“Leroy è un ubriacone che non sa quel che vede! E stamattina non era neppure lì quando è successo, non vedo perché ti debba fidare più della sua parola che della mia!”
 
“Emma…” David le si avvicinò, cercando di calmarla. “Io e tua madre siamo solo preoccupati che possa…”
 
“NO!” lo Sceriffo lo interruppe. “Ho detto che sto bene! Puoi smettere di preoccuparti adesso?”
 
L’uomo serrò la mascella, trattenendosi dall’aggiungere altro. Annuì, anche se con poca convinzione.
 
“Bene” Emma era sicura che sarebbe corso da Granny per un resoconto completo, ma per ora aveva guadagnato un po’ di tregua. “Ora, se non ti dispiace, ho da fare!”
 
David non disse nulla, osservandola allontanarsi a passi decisi. 
 

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