Star-Shower

di Mikayla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A wishmaker never has to came. ***
Capitolo 2: *** A wish made everything go wrong. ***
Capitolo 3: *** A wishmaker couldn’t end a wish. ***



Capitolo 1
*** A wishmaker never has to came. ***


Star-Shower

1. A wishmaker never has to came.


Una pioggia di stelle cadenti illuminò il bel cielo nero e privo di nuvole. Quella notte la Luna perlacea non riusciva ad illuminare quel buio penetrante, ridotta com’era ad un piccolo ed effimero spicchio di falce appena visibile. Il giorno dopo ci sarebbe stata Luna nuova.
Ma per quella singola sera gli spettatori ringraziavano la mancanza del bell’astro: solo con la sua assenza potevano godere di quello spettacolo grandioso, preannunciato dagli astronomi. Si erano radunati sulle colline e la città stessa era stata spenta.
Senza le luci artificiali e quella della Luna, le stelle prendevano possesso della notte; solo così ognuno poteva esprimere tutti i desideri che voleva, naso all’insù e occhi vigili e attenti.
“Se potessimo vivere per sempre in questa casa…” pensò Haruka, seduta sul davanzale ad ammirare le stelle cadenti. Ce n’erano davvero tante, quella notte.
Da dietro di lei giungeva la melodia del violino di Michiru, e i dolci vagiti di Hotaru che se ne stava pigramente accoccolata tra le braccia di Setsuna.
Tenou stava davvero bene, così. La sua famiglia era felice e protetta, la Principessa e il Principe venivano costantemente vegliati dalle quattro guerriere e vivevano felicemente la loro vita. Non c’era nulla che andasse storto, niente.
Kaiou si avvicinò con eleganza alla compagna, senza mai smettere di suonare «Esprimi un desideri?» le sussurrò all’orecchio, come una dolce carezza.
Haruka si voltò verso di lei, con un lieve sorriso sulle labbra «Ho già tutto quello che desidero» le rispose con occhi seri.
La guerriera di Nettuno annuì piano, facendo vagare il proprio sguardo su Setsuna e la piccola Hotaru «Abbiamo la felicità» mormorò osservando la manina paffuta che cercava di afferrare una ciocca di capelli di Meiou «E la nostra Principessina riempie le nostre giornate…»
Un lampo di tristezza passò nelle iridi acquamarina «Haruka, vorrei davvero che tutto questo non finisse mai».
La compagna avvolse in un caldo abbraccio la musicista, le proprie braccia sulla vita di lei e il viso premuto con dolcezza tra le sue scapole «Temi qualcosa?»
La melodia cambiò tonalità, diventando più spigolosa e tesa. Hotaru se ne accorse subito, mettendosi a cercare con gli occhioni ametiste la propria mamma.
«Il mare… non so, sembra quieto, ma sembra pure in tempesta» confessò la ragazza, con la confusione dipinta negli occhi.
«Aah!» mugugnò in quel momento Tomoe, pretendendo che Setsuna la portasse dagli altri suoi genitori. La musica ora così inquieta si fermò, e Michiru posò il violino sul divano.
Tra le sue braccia venne posata Hotaru, mentre Setsuna scambiava velocemente uno sguardo preoccupato con Haruka. «Sei preoccupata anche tu, Neko-chan?» domandò dolcemente Michiru alla bambina, che con le manine esplorava il corpo della madre.
«Ou!» gracchiò lei tra uno sbadiglio e l’altro, tendendo una manina verso Haruka.
La ragazza accettò con delicatezza il gesto e si lasciò intrappolare l’indice tra le dita appiccicaticce dell’infante. Anche il mignolo di Meiou fu intrappolato da quelle dita paffutelle.
Le tre erano ora unite dalla loro Principessina, che le osservava a turno. Nei suoi occhi viola si poteva vedere fin troppo bene la paura, un terrore incontrollato; sembrava che temesse di venir lasciata sola.
Setsuna sospirò accarezzando la guanciotta con un dito «Vorrei potessimo restare così per sempre» desiderò esprimendo il pensiero delle due compagne. Tutte e tre speravano che niente di male accadesse.
Volevano una vita normale, una vita semplice, una vita come quella che Usagi desiderava per tutte le sue amiche. Niente più battaglie e nemici, niente più dolore e distruzione.
Vita. Vita, vita, vita.
Niente più morte per loro.
«Lo vorrei davvero».

°°°

Gli uccellini cinguettavano, al di fuori della bianca villa nascosta tra le colline. Nessuna delle tre guerriere aveva dormito tranquillamente, quella notte.
C’era qualcosa che non riuscivano ad afferrare, qualcosa che era davvero importante e che era davanti a loro, ma che tendendo la mano non raggiungevano; a nulla valevano i tentativi di sbracciarsi di più, di correre in avanti inseguendo quel qualcosa.
Niente.
«Buongiorno Haruka» Setsuna se ne stava seduta sul divano, tra le mani un libro di favole. Accanto a lei sedeva Hotaru.
Tenou osservò attentamente la figlia, spalancando gli occhi per lo stupore «Ma…!»
Michiru le raggiunse in quel momento e abbracciò da dietro la fidanzata, premendo la propria guancia sulla sua schiena «È cresciuta in una nottata, Ruka» le disse, cercando di abituarsi a vedere sua figlia più grande di parecchi mesi.
Hotaru sorrise tranquillamente «Tou!» esclamò gioiosa, per poi picchiare con i piccoli pugni sulle pagine del libro che Meiou aveva tra le mani «So-to-ia!»
Le tre ragazze sorrisero unanime alla bambina. Setsuna riprese a leggere la storia mentre Haruka e Michiru facevano una buona colazione.

°°°

«È cresciuta ancora» constatò spaventata Tenou, osservando Hotaru che ora sembrava avere almeno un anno e mezzo. Camminava da sola, adesso, inciampando spesso e cadendo sul proprio fondoschiena.
Ma ogni capitombolo non era seguito da un pianto disperato: la bambina rideva, si rialzava e riprendeva a provare mettendoci più impegno, costanza e forza.
Per l’ora di pranzo sembrava diventata una bambina di quasi tre anni.
Michiru la sollevò per le ascelle e la posò sulle proprie ginocchia per farla mangiare - poiché nel seggiolone non ci stava decisamente più.
«Dobbiamo andare a fare compere: gli abiti le vanno troppo stretti» disse imboccando la bambina, che non aveva voglia di tenere il cucchiaio con le proprie mani.
Setsuna piegò il viso di lato e sospirò «Temo che ci toccherà aspettare che diventi stabile prima di comprarle degli abiti: rischiano di diventarle subito piccoli».
La violinista annuì distratta, aspettando che Hotaru posasse il bicchiere che si era portata alle labbra per bere. Era sulle sue ginocchia da poco meno di un quarto d’ora, ma già le sembrava più grande di quando l’aveva posata là.
Tenou sbuffò e si alzò spostando rumorosamente la sedia.
Al brusco movimento Tomoe si spaventò, guardando con occhi liquidi il proprio padre. Haruka si sentì in colpa, ma non si chinò a rassicurare la figlia.
«Vado a fare un giro in macchina» decise all’improvviso. Non incrociò lo sguardo delle amiche e si voltò in tutta fretta, prendendo il proprio giubbotto e le chiavi. Una corsa in auto era quello che ci voleva, per schiarirsi le idee e accettare quello che stava succedendo.
In realtà aveva solo paura che quella crescita veloce fosse causata dall’imminente arrivo di un qualche nemico… se così fosse stato, la pace tanto agognata non sarebbe mai arrivata.
Solo la notte prima avevano desiderato tutte e tre di poter vivere in pace, e già adesso c’erano i segni di un possibile attacco.
Non era giusto.
Frustrata Haruka mise in moto e si lanciò in una pazza corsa fino a Tokyo. Il vento non le diceva nulla, né la rassicurava né l’allarmava: sembrava diventato improvvisamente muto. E la cosa la preoccupava, e la irritava.
In città rallentò, più per evitare una multa che per altro. Non aveva voglia di essere fermata per eccesso di velocità quando il suo più grande desiderio era solo quello di volare alla velocità del vento, senza alcuno sforzo.
Parcheggiò e si stiracchiò. Era davanti alla Juuban High School. Senza accorgersene era andata davanti alla scuola della Principessa.
Forse sarebbe bastato davvero un solo sorriso di quell’Odango Atama, per risollevare quella giornata; poco le importava di star infrangendo la promessa fatta alle sue due amiche, compagne e guerriere.
Haruka si diresse verso l’edificio, un passo dopo l’altro. Invano sperava che una brezza leggera le accarezzasse il viso e la rassicurasse. Si lasciò scivolare addosso gli sguardi curiosi degli studenti che incontrava: ricordava fin troppo bene che effetto faceva a chi le stava attorno.
Però Tenou non infranse la promessa, quel giorno: vagò per un’ora buona nell’edificio, ma non trovò Usagi da nessuna parte.
Provò a chiedere a qualche studente, ma nessuno sembrava in grado di risponderle. “Non c’è nessuno che si chiami Tsukino Usagi, che io sappia” si sentiva ripetere da tutti coloro a cui domandava.
Per nulla rassicurata, la guerriera di Urano tornò a casa, dove ad aspettarla c’era il tè delle cinque e una Hotaru di otto anni che si divertiva a suonare il piano.

°°°

Michiru osservò la porta sbattere per inerzia e strinse al proprio petto la figlioletta «Tranquilla, Neko-chan, tou-chan è solo un po’ nervosa» la rassicurò con voce dolce e carezzevole.
Setsuna annuì, quando gli occhi ametista le chiesero conferma di quelle parole; poi anche lei si alzò da tavola, il piatto con le pietanze ancora intatte.
«Vado a fare un controllino all’osservatorio» disse con voce gentile, regalando una carezza ai capelli corvini di Hotaru, che di riflesso chiuse gli occhi. Ma gli occhi bordeaux non avevano un’espressione dolce, anzi, erano davvero preoccupati e tristi.
Non vista dalla bambina Michiru concordò con l’idea di Setsuna.
Meiou scoccò un bacio sulla fronte della figlia e con la solita elegante pacatezza lasciò la stanza, chiudendo la porta con attenzione.
La guerriera di Plutone recuperò la propria borsa da lavoro e il pass per l’osservatorio; inforcò la bicicletta e cominciò il falsopiano che l’avrebbe condotta alla propria meta.
Ma in realtà quello che voleva raggiungere era il boschetto che nascondeva alla vista il bell’edificio bianco. Lì avrebbe avuto di sicuro delle risposte.
«Eccomi qui, nuovamente» sospirò quel saluto a delle porte bianche come la neve ed intarsiate di meravigliosi ed innumerevoli disegni.
Quelle porte erano antiche, ma non un solo graffio o un filo d’erba intaccava la loro perfezione. Non avevano niente a che fare con gli alberi attorno a sé, eppure non sembrava fuori luogo.
Setsuna s’inginocchiò con reverenza di fronte ai battenti «Porte dello Spazio e del Tempo, apritevi» chiese con tono imperioso ma delicato allo stesso tempo.
Attese qualche secondo, e quando quelle rimasero sigillate ed immobili si alzò.
Osservò attentamente la soglia dello Spazio-Tempo e sospirò «Potere di Plutone, vieni a me!» esclamò. Ma la trasformazione non avvenne.
Stupita e con l’ansia nel cuore la ragazza uscì subito dal boschetto e inforcò in velocità la bicicletta. Senza risparmiare fiato tornò indietro per la salita.
Raggiunse la loro casa con un groppo in gola, mentre il cuore mancava un battito su due.
Aprì la porta con uno slancio che la fece sbattere sul muro.
Ad accoglierla furono due occhioni ametiste di una Hotaru che aveva già sei anni e si esercitava al pianoforte. Esercizi non più da principiante, anche se non poteva usare i pedali poiché non ci arrivava.
Setsuna le corse vicino e le baciò la fronte «Come ti senti, Hotaru?»
La bambina le sorrise dolcissima e alzò le spalle «Sto benissimo, kaa-chan. Kaa-chan mi sta insegnando a suonare il piano! Sono brava, vero?»
«Sei bravissima, Neko-chan» la gratificò Michiru, facendo notare la propria presenza all’amica. Meiou carezzò i capelli di seta della bambina e incontrò gli occhi acquamarina.
Non trovò le parole adatte, e chinò il capo verso la figlia «Non ti va di giocare fuori?» le domandò. Lei non se lo fece ripetere due volte e lasciò la stanza per andare ad inseguire le farfalle in giardino.

°°°

Hotaru osservò attentamente Michiru, carpendo ogni singolo particolare di quel viso preoccupato. Con la manina sfiorò delicatamente le labbra della madre, che le rivolse immediatamente un bel sorriso.
La bambina batté allegramente tra loro le mani.
«Ora che siamo sole cosa vogliamo fare?»
Tomoe gorgogliò allegra. «Storia!» esclamò fiera di sé.
Sotto i propri occhi increduli Michiru si rese conto che la figlia sembrava avere già quattro anni. Ma per quanto si sforzasse di pensarci non riusciva a trovare un algoritmo che potesse prevedere la crescita della bambina.
E ciò la preoccupava. Tanto.
Da quella mattina la bambina aveva imparato a camminare, parlare, leggere qualcosina, scrivere il proprio nome e qualche altra parola, e ora insisteva perché le insegnasse a suonare il pianoforte.
Michiru la prese tra le braccia e la osservò profondamente «Hotaru, c’è qualche problema?» le domandò con tono serio. Il suo lato guerriero era affiorato, e ora chiedeva conferma alla propria compagna di ciò che stava avvenendo.
Solo quella piccola bambina poteva spiegare loro cosa succedeva; era tutto nelle mani di una bimba di appena quattro anni apparenti. In realtà aveva appena una settimana.
Tomoe inclinò leggermente il viso «Cosa succede, kaa-chan?» le chiese con voce dolce e acuta «Non ho rotto niente, questa volta!» si premurò di dirle allargando di più gli occhi.
Michiru tornò a sorriderle con fare materno e le baciò la fronte «Dai che t’insegno!»
Piccole e pallide note riempirono l’aria della stanza; scale traballanti, dita imprecise e tremule. Eppure ogni minuto diventavano più sicure; aperture, trilli e arpeggi. Le note scollegate divennero un’unica fluida armonia.
Kaiou osservava incredula i progressi della figlia. Era stata così attenta ai tasti bianchi e neri che sotto le esili, leggere e sicure dita di Hotaru davano vita alla sesta sinfonia di Beethoven da non notare che la bambina aveva già sei anni.

°°°

Rimaste sole, i due genitori si osservarono attentamente.
«Novità?» chiese Michiru, con la speranza nella voce.
Speranza che fu troppo in fretta spezzata. «Le Porte dello Spazio e del Tempo si rifiutano di aprirsi».
Occhi acquamarina si spalancarono increduli. «Non è possibile».
Setsuna si sedette pesantemente sul bel divano della stanza e scosse piano il capo «Mi hanno impedito volutamente di entrare: non vogliono che interferiamo» riferì con voce atona «Sembrerebbe che fosse successo qualcosa di grave…»
«Ma non sappiamo cosa» concluse per lei Michiru, con un sospiro. Era insopportabile per lei starsene ancora ferma, ancora impossibilitata ad agire.
Ma quella volta sarebbe stato diverso. «Potere di Nettuno, vieni a me!» esclamò alzando la mano sopra la testa.
Nemmeno lei si trasformò.
Cadde a terra, in ginocchio, tenendosi le mani stette al petto. Gli occhi chiusi a ricacciare indietro le lacrime che le salivano agli occhi, impigliate nelle belle ciglia.
«Non di nuovo» sussurrò «Non di nuovo!» singhiozzò. Non una sola lacrima, però, solcò il suo bel viso.
Setsuna si strinse nelle spalle «Ci escludono di nuovo» bisbigliò.
E il gelo calava nella stanza. All’improvviso era pieno inverno, e il freddo penetrava a fondo nell’animo delle guerriere, che presagivano un futuro come spettatrici davanti ad una guerra che qualcuno aveva decretato non essere la loro.
Kaiou si alzò tremando, le braccia ancora strette a sé «Il mare… è come se non fossi più in sintonia con lui…»
Meiou annuì lentamente «Dovevamo immaginarlo: non possiamo andare contro al destino». Parole amare, dette con il fiele sulle labbra. Sputarle fuori fu più doloroso e difficile di inghiottirle e sopportarle tacitamente.
«Kaa-chan! Kaa-chan!», la voce di Hotaru fendette quella cortina di freddo con la sua innocenza e dolcezza.
Era tornata la primavera.
«Neko-chan, cosa succede?» le domandò con voce ridente Michiru, voltandosi verso lei con un bel sorriso sul viso. Non c’era motivo per far preoccupare la loro Principessina.
Hotaru avanzò con leggerezza e regalò un mazzolino di fiori di campo alle proprie mamme, scoccando un sonoro bacio sulla guancia ad entrambe.
«Così siete felici!» sentenziò allegramente, prendendo nuovamente posto al piano.
Nuove note gioiose riempirono il salottino, attorniando le due donne basite: quella piccola peste continuava a sorprenderle, e non solo per la crescita affrettata del corpo e della mente.
Ben presto, però, la musica terminò. Una Tomoe di sette anni stava in piedi accanto al pianoforte, con i pugni sui fianchi.
«Kaa-chan, mi insegni?» domandò con voce lamentosa «Avevi promesso di insegnarmi tutto quello che sapevi!» insistette, mettendo su un dolcissimo broncio.
Setsuna ridacchiò, alzandosi dal comodo divano «Sì, sì, tranquilla Hotaru» la placò.
Il tavolo del salotto si riempì di libri vari, e con pazienza Setsuna insegnò alla bambina tutto ciò che poteva insegnarle. Sotto lo sguardo attendo delle due donne Hotaru imparò velocemente a leggere e scrivere, a far di conto e le diverse lingue. Appendeva con una facilità che aveva davvero dell’incredibile.
Nel giro di un’ora aveva appreso più di quanto normalmente una bambina della sua età faceva in due anni.
«Facciamo il tè?» chiese Michiru stiracchiandosi, interrompendo gli studi di Setsuna e Hotaru. Le era sembrato che avessero studiato a sufficienza, per quel giorno; senza nulla togliere al fatto che ora Hotaru aveva all’incirca otto anni e Kaiou temeva non si nutrisse a sufficienza per avere una crescita così rapida.
Meiou scompigliò affettuosamente i capelli alla figlia e chiuse con un leggero tonfo il libro su cui avevano studiato «Ti va di suonarmi qualcosa?» le chiese con un sorriso. Aveva davvero bisogno di rilassarsi.
Annuendo felice Tomoe si arrampicò sul seggiolino e prese a suonare il brano preferito di Setsuna, trasportando la giovane in un mondo incantato e perfetto.
«Sono tornata» informò in quel mentre Haruka.
Gli occhi azzurri della donna si spalancarono davanti alla crescita improvvisa di Hotaru, ma non lo fece notare quando questa si alzò con uno scatto e le corse incontro, abbracciandola alla vita.

°°°

«Cosa diamine sta succedendo?» chiese Haruka, quando la figlia fu finalmente a dormire, in camera sua.
Dal tè fino alle dieci di sera era cresciuta altri tre anni, inspiegabilmente. Ma ora era il tempo di spiegare quell’evento.
Setsuna e Michiru scossero il capo rassegnate «Non lo sappiamo» confessò Kaiou stringendosi alla compagna e affondando il viso nel suo petto.
Meiou annuì mesta «Sembra che non ci permetteranno di combattere: le Porte non si aprono e non possiamo trasformarci» la informò velocemente.
«Il mare non mi parla» le confermò con voce strozzata Michiru. Le lacrime erano tornate a inumidirle gli occhi ma ancora non venivano versate.
Tenou annuì soprapensiero. «Anche il vento si rifiuta di dirmi alcunché».
Il silenzio calò tetro su quella villa.
Fino al giorno prima c’era solo la gioia tra quelle pareti, mentre ora dominavano la preoccupazione e l’incertezza. Il timore di perdere tutto ciò che amavano, tutti coloro che amavano, opprimeva il cuore e la mente.
Era un pensiero pulsante che martoriava le tempie, martellando senza sosta le loro menti.
Haruka sospirò piano, passando il palmo aperto sulla schiena della compagna «Alla Juuban nessuno sa niente di Usagi» confessò con voce bassa.
Setsuna spalancò i propri occhi bordeaux «La Principessa…?»
«Non lo so» scosse il capo la bionda «Ma non credo che le sia successo qualcosa: lo avremmo saputo, no?»
Michiru sospirò pesantemente, strofinando il naso contro la maglia leggera di Haruka, in cerca di calore e conforto.
«Ma cosa sta succedendo?»




Note.
Una storia un po’ particolare, questa, che ho in mente da un tempo indefinito di tempo e che non ho mai scritto prima per mancanza di tempo.
È la prima volta che mi cimento in uno stile così frammentato, ogni parte è praticamente un mini-capitolo, lasciato in sospeso nel punto culminante. Spero che sia venuto bene, comunque!
Altro da dire… beh, che ringrazio tantissimo Hotaru, Haruka, Michiru e Setsuna per aver preso parte alla storia, la mia mamma tongola Dra per l’aiuto datomi con la storia -e le auguro di tornare presto a vedere :**. Inoltre vi informo che la storia è composta da tre capitoli -dovevano essere due, ma mi sono dilungata come al solito, maledetta graforrea!
Il prossimo aggiornamento tra una settimana!
Liz aka Mikayla

A chi vuole e crede nella redenzione, a chi spera che alla fine tutto si aggiusti, a chi pensa fermamente che il bene trionferà… questa storia farà perdere la speranza. Ma siete davvero sicuri che non possa esserci un lieto fine anche in tutto questo?


Ringrazio di cuore chi ha recensito Attimi. Grazie ellephedre, chichilina, Sadako87, jaj984, maryusa, luisina, ISA1983, romanticgirl, luciadom, ho apprezzato moltissimo i commenti, i complimenti e le osservazioni che avete fatto.

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Capitolo 2
*** A wish made everything go wrong. ***


Star-Shower

2. A wish made everything go wrong.


Quella notte ci sarebbe dovuta essere una pioggia di stelle cadenti.
Hotaru aveva finto di andare a dormire, ma invece si era messa ad osservare il cielo alla ricerca di una stella cadente che esprimesse un suo desiderio. Ma quello non era un cielo da stelle cadenti: una miriade di nuvole scure e sfilacciate invadeva il cielo, la Luna piena con il suo bel pancione illuminava quasi a giorno la sera. Le stelle sembravano letteralmente soffocate dalla splendida e brillante luce del satellite.
“Una stella, una stella sola!” chiedeva con dolcezza la bambina di dodici anni, stringendo le mani in una preghiera mentre le labbra schiuse alla sera articolavano quelle parole.
Ma quella sera non c’era spettacolo per gli spettatori. Se ne stavano tutti rintanati in casa, temendo la pioggia e prevedendo l’impossibilità di scovare una singola stella in quel mare di nuvole e luce lunare.
La città era completamente accesa ed era inutile starsene con il naso all’insù con occhi vigili e attenti. Eppure Hotaru continuava a fissare quegli sprazzi di cielo grigio perla, nella speranza di vedere il proprio desiderio esaudito.
Attraverso il muro sottile sentiva le voci dei genitori che parlavano tra loro, e nel suo cuore sperava che potessero trovare un po’ di felicità. E di pace.
«Ti prego, Stella Cadente, rendi felice kaa-chan, kaa-chan e tou-chan!» supplicò, senza staccare gli occhi dai lembi di cielo liberi da impedimenti.
Poi Morfeo accolse tra le sue morbide e soffici braccia la piccola scrutatrice, addormentata sul davanzale aperto e la coperta leggera avvolta attorno al suo corpo acerbo.

°°°

La calma e la quiete accolsero il risveglio delle tre donne. Haruka e Michiru si scambiarono un tenero bacio del mattino, ancora avvolte nelle lenzuola stropicciate dalla notte passata.
Setsuna, nella propria stanza, si stiracchiava aprendo il balcone per potersi godere la fresca brezza primaverile sul viso.
Per tutte e tre, quella notte, aveva portato via le preoccupazioni del giorno precedente.
«Buongiorno» si salutarono quando, in vestaglia, si trovarono in corridoio.
Setsuna osservò un attimo Kaiou e poi scosse il capo.
«Che succede?» le domando la ragazza, spalancando i begl’occhi acquamarina.
La guerriera di Plutone sorrise «Ero convinta che fossi in cucina: c’è un buon profumo nel corridoio».
Haruka inspirò a fondo e annuì «Il profumo c’è» disse con calma, facendo un altro passo per il corridoio, scrutando con attenzione la porta della cucina che si poteva vedere anche da lì «Ma non è stata Michiru a cucinare».
Setsuna si strinse nelle spalle «Chi…?» chiese, cercando nella propria memoria un’immagine di lei che chiudeva a chiave la casa come ogni sera. Quando la trovò rabbrividì e sperò che quel buon profumo di biscotti non significasse qualcosa di brutto.
Poteva una guerra avere una fragranza di pastafrolla?
«C’è solo un modo per scoprirlo» disse pragmatica la guerriera del vento. Un altro paio di passi lunghi e ben distesi la portarono proprio davanti all’uscio, che spinse con delicatezza.
Le due amiche la raggiunsero un istante dopo, e rimasero anch’esse ferme davanti alla porta aperta.
«Buongiorno!» le salutò allegra la voce di Hotaru. Eppure tutte e tre stentavano a riconoscere la loro bambina in quella ragazza che, con un coloratissimo grembiule, si adoperava con grande energia sui fornelli. Una ragazza dai capelli neri a caschetto, gli occhi ametista e della loro stessa età.
Il grande sorriso di Hotaru si spense davanti alle espressioni dei genitori; immediatamente spense il fuoco e appoggiò sul lavabo il cucchiaio, si diresse verso di loro sfregando energicamente le mani sul grembiule.
«State bene?» domandò preoccupata, prendendo Setsuna e Michiru per mano, accompagnandole a sedere attorno al tavolo.
Alzò nuovamente lo sguardo sul padre e inclinò leggermente il capo di lato «Haruka-chan, non vieni?»
Tenou fece un passo poi si fermò. Osservò meglio la figlia e strinse il pugno «Non tou-chan?» le domandò con tono tranquillo, colloquiale.
La ragazza ridacchiò «Ora che ho la vostra età non ci crederebbe nessuno che sono vostra figlia!» esclamò allegra, immaginandosi nella mente una scena in cui spiegava che era figlia di tre donne, due delle quali sue coetanee. «E sono almeno cinque anni che non ti chiamo più così».
Michiru spalancò gli occhi guardando meglio la figlia, mentre Setsuna si sforzava di restare calma.
«Cinque anni?» chiese con voce tremula Kaiou.
Tomoe si voltò verso la madre con gli occhi spalancati e annuì «Oggi siete più strane del solito» constatò portando lo sguardo preoccupato dall’una all’altra genitrice «Lo so che i vostri corpi restano sempre uguali, ma non è che la mente è invecchiata?» domandò d’un fiato, senza però attendere una risposta «Lo so che siete delle guerriere Sailor e che per questo non invecchiate, come so che d’ora in poi pure la mia crescita si fermerà, però… però sono anni che vi comportate in modo strano: perché continuate a dirmi che sembra solo ieri che portavo il pannolino?»
Il silenzio calò nella stanza. Il gelo dell’inverno era tornato, e questa volta era stata Hotaru a portarlo.
Lo spezzò il canto di un uccellino.
«Perché tu ieri lo portavi, il pannolino» mormorò angosciata Haruka, muovendosi finalmente da dove si trovava. Raggiunse la figlia e la circondò con le braccia, incredula dell’altezza che questa aveva raggiunto nel giro di una notte.
Anche le altre due donne si erano alzate, avvicinandosi al resto della loro famiglia.
«Cosa sta succedendo? »

°°°

Hotaru si torturava le mani sul grembo, seduta sulla poltrona davanti al pianoforte. I tre genitori la osservavano ancora in piedi.
«Perché non vi sedete?» bisbigliò in un sussurro, indicando con la mano il divano.
«Prima raccontaci» le chiese pragmatica Tenou. La mano di Hotaru cadde come morta.
La ragazza inspirò profondamente, e non ebbe il coraggio di guardarle negli occhi «Temo… credo che siate rimaste nel passato» mormorò più a se stessa che a loro.
Davvero non riusciva a sostenere quella conversazione, così assurda ma che spiegava il comportamento delle tre donne.
Hotaru aveva mille ricordi di quei diciassette anni vissuti con le tre, ricordava perfettamente ogni singolo evento; le sembrava fosse passata un’eternità da quando Michiru le aveva insegnato a suonare il pianoforte, da quando Setsuna studiava con lei fino a notte fonda, da quando giocava con Haruka che le insegnava ad andare in bicicletta; da quando loro tre le avevano rivelato chi fossero e chi fosse lei, da quando le avevano mostrato quell’album di foto con la Principessa il Principe e le altre guerriere…
«Michiru-chan, dov’è il nostro album di fotografie?» chiese illuminandosi la guerriera del silenzio.
La ragazza ci pensò un attimo su «Camera nostra, credo» le disse cogitabonda. Poi sbirciò la figlia «Ma è vuoto: dato che sei cresciuta in fretta non abbiamo mai scattato delle foto».
Hotaru scosse il capo con decisione «Lo puoi andare a prendere, per favore?»
Con un sospiro e un’alzata di spalle annuì, sicura che quello potesse provare che Hotaru era in torto. Non poteva credere che davvero per loro tre fossero passati in due giorni ben diciassette anni.
Rimaste da sole, Haruka, Setsuna e Hotaru evitavano ognuna lo sguardo dell’altra. La guerriera del vento rifletteva e chiedeva incessantemente al proprio elemento notizie, ricevendo in risposta solo il silenzio.
La guerriera del tempo, invece, rifletteva velocemente sulle complicazioni dovute alla veridicità di quell’implicazione: se davvero si era creato una distorsione temporale che impedisse a loro tre di crescere e vivere il loro tempo doveva esserci in atto più di una forza, e più potente di quanto lo fossero mai stati i nemici precedenti.
La guerriera del silenzio si contorceva le mani. Non osava alzare lo sguardo, chiedendosi perché all’improvviso la sua famiglia fosse così fredda e distante. Ricordava che solo la mattina prima si erano alzate con un bel sorriso e le avevano fatto i complimenti per la colazione, e stentava a credere che tutto potesse cambiare così da un giorno all’altro.
Facendosi coraggio alzò lo sguardo verso Setsuna. La trovò che le sorrideva dolcemente, come aveva sempre fatto.
Fu immediato sorriderle di rimando.
«Hotaru, da quando ricordi siamo mai uscite di casa?» domandò pacatamente alla figlia, che spalancò gli occhi per la strana domanda postale.
Ci rifletté qualche secondo, sentendo su di sé lo sguardo curioso del padre. Annuì «Haruka uscì una sola volta, e anche tu. Michiru invece non è mai uscita» rispose tranquillamente «Mi avete sempre detto che non potevate andare in giro, dato che non invecchiate mai. Avete detto che qualcuno si sarebbe insospettito, soprattutto perché Michiru e Haruka sono famose…»
All’improvviso si fece più guardinga, ed abbassò il tono della voce. Era come se avesse paura che qualcuno la potesse sentire, come se fosse spiata da vicino «…e poi ci sono le Veneranti…» Le espressioni stupite delle due donne scioccò la ragazza. “È impossibile che l’abbiamo scordato” si disse, ricordandosi perfettamente che erano state loro a parlarle della vera identità delle Veneranti e a metterla in guardia da loro.
«Chi sono queste Veneranti?» le chiese Haruka, confermando i suoi dubbi.
Hotaru deglutì rumorosamente ed inspirò a fondo «Voi mi diceste che sono delle Sailor come noi, guerriere di luoghi remoti della nostra galassia. Rispondono solo e direttamente agli ordini della Regina Galaxia» spiegò in un soffio, mantenendo un tono di voce bassissimo, quasi inudibile.
Nuovamente quella spiegazione spiazzò le due guerriere, ma questa volta la domanda che premeva sulle loro labbra fu rimpiazzata dall’ingresso trionfante di Michiru nella stanza «Trovato!» esclamò con un sorriso, tenendo tra le mani il tomo.
Era tale e quale ai due giorni precedenti, e la guerriera di Nettuno era certa sarebbe stato vuoto come due giorni prima.
Si lasciò scivolare a sedere accanto alla figlia e aprì le pagine dell’album.
Centinaia di foto riempivano le pagine bianche, e qualche foto era stata inserita senza venir sistemata e catalogata. C’era la foto dei primi passi di Hotaru, quella del primo natale, del primo compleanno, del secondo, del terzo, del diciassettesimo; la foto del primo giorno di scuola delle elementari, le foto delle gite della bambina, le foto del diploma. Foto, foto, foto.
Quello che doveva essere un album completamente vuoto e impossibilitato a riempirsi era in realtà colmo di fotografie e non aveva più spazio per delle altre.
E non c’era solo Hotaru in quelle foto, ma spesso e volentieri era accompagnata da una dei tre genitori oppure tutti e tre assieme. Ed era una verità inconfutabile che la bambina cresceva normalmente mentre loro tre restavano sempre uguali a loro stesse.
«Posso?» domandò Haruka spezzando il silenzio che era calato mentre erano tutte e tre prese a guardare le foto. Kaiou le diede con mani tremanti l’album di foto.
La guerriera di Urano scorse le pagine velocemente, senza soffermarsi su una qualche foto in particolare. Lo sguardo scivolava rapido sulle immagini, ed era evidente che stesse cercando qualcosa. Quando poi chiuse l’album con un tonfo ovattato fu ovvio che non l’aveva trovato.
Gli occhi chiari della ragazza si incrociarono con quelli ametiste «Non ci sono le altre» affermò con disarmante semplicità «Dove sono la Principessa, il Principe e le Inner Senshi?»
Il vivido viola delle iridi di Tomoe si spense all’improvviso. Aveva scosso appena il capo, reclinandolo di lato.
Sembrava che dovesse scoppiare in lacrime, ma invece non lo fece.
«Sono tutti morti».

°°°

La vita stessa si spezzò a quelle parole.
Di colpo tutti e diciassette quegli anni gravarono sulle spalle delle tre guerriere e l’incantesimo della stella cadente si ruppe, il loro desiderio si spezzò.
«Morti?» ripeté con voce spenta la guerriera di Nettuno.
Tomoe scosse lentamente il capo e sospirò «Non sono propriamente morti, ma sono stati privati del loro Starseed, e quindi non esistono più, qui. Le Veneranti, loro danno la caccia ai cristalli Sailor per la Regina Galaxia. Vennero pure qui, a reclamare i nostri».
Quel giorno, ricordò la ragazza dai capelli corvini, la villa sembrava tremare per la sola presenza delle Veneranti davanti alla porta. Neppure lei sapeva con precisione come erano riuscite a scappare a quel crudele destino che s’era abbattuto sulle loro amiche, ma era certa che il merito non andasse imputato al suo scudo.
Probabilmente le aveva distratte qualche altra guerriera venuta da un angolo remoto della Galassia, per ribellarsi all’oscura Regina dall’armatura dorata che dominava col pugno di ferro l’universo intero.
«E questi cristalli…» continuò Haruka, strappando così Hotaru ai ricordi dolorosi che fino ad allora aveva volutamente ignorato, circondata com’era dall’affetto dei genitori.
Però fu Setsuna a prendere la parola e a dipanare i dubbi inespressi che si leggevano sui volti delle due guerriere «Se recuperassimo gli Starseed le riavremmo indietro» disse con sicurezza. Nessuno meglio di lei conosceva quei cavilli a cui aggrapparsi, lei che custodiva le porte del Tempo dall’epoca della Regina Selene e che avrebbe continuato per altrettanti anni.
Hotaru scattò in piedi e scosse violentemente il capo, gli occhi ametiste inondati di lacrime represse «No!» gridò con quanto più fiato aveva in gola. C’era angoscia in quel divieto, una preoccupazione profonda che rivelava il malessere interno della ragazza.
I tre genitori la guardarono attentamente, e Setsuna la strinse tra le proprie braccia in un gesto materno e familiare, maledicendo di non ricordarsi quante altre volte prima di allora aveva consolato così quel corpicino scosso dalle lacrime.
«Andrà tutto bene, Neko-chan» le sussurrò delicatamente all’orecchio, portandole indietro i capelli corvini «Siamo guerriere, e abbiamo una missione».
«Troppo tempo, troppi anni siamo state ingannate e rinchiuse in quest’illusione» aggiunse Tenou aiutando con la mano Michiru ad alzarsi.
Kaiou annuì «Andremo a sistemare ogni cosa, perché è così che sarebbe dovuta andare».
Ma tutte le parole dolci e le coccole affettuose non potevano consolare Morte; ma avrebbe comunque impedito con ogni fibra del proprio essere che le Veneranti o Galaxia torcessero anche un solo e singolo capello ai propri genitori.
Con il cuore in gola e la mano di Setsuna a stringere la propria Hotaru annuì, e le quattro guerriere del sistema solare esterno tornarono a splendere su quella Terra ormai inghiottita dal buio. Una notte senza Luna faceva più paura di una vita di tenebre.

°°°

Le vie di Tokyo erano silenziose.
Non una sola persona aveva il coraggio di uscire di casa, nessuno disubbidiva al coprifuoco imposto dalle Veneranti, per il terrore di venir scoperti. E venivano scoperti.
Ne erano le testimonianze gli Starseed opachi e scialbi lasciati nelle piazze principali, a monito per coloro che fossero interessati a infrangere le leggi della Regina. Quei lumicini che non avevano la forza di brillare rendevano l’atmosfera ancora più cupa, e la vetta di cristallo che sovrastava maestosa la città non aiutava a risollevare il morale.
«Crystal Tokyo» si lasciò sfuggire Michiru, ammirando quello che, un tempo, aveva conosciuto come il Palazzo di Cristallo della Regina Serenity.
Hotaru rabbrividì inconsciamente davanti alla torre «Quella è la Torre di Cristallo» informò con voce piatta, quasi spenta «Da lì Galaxia governa la Terra e l’Universo». Puntò il dito alla base del grande cristallo e sospirò «Lì, invece, è dove vivono le Veneranti: per raggiungere Galaxia dobbiamo sconfiggere loro».
Era un duello impari. Le quattro guerriere non avevano alcuna speranza di sconfiggerle tutte: Tin Nyanko, Lead Crow, Aluminum Siren, Iron Mouse, Phi, Chi, Lethe, Mnemosyne, Haevy Metal Papillon… le Veneranti erano state troppo forti perfino per la loro Principessa dal cuore d’argento, come potevano, loro, sperare di sconfiggerle?
Le loro fila non si erano ingrossate solamente perché Galaxia non permetteva a chiunque di servirla: preferiva vedere le guerriere distrutte e godere del lucente brillio dei loro Starseed piuttosto che averle come sottoposte.
Eppure nemmeno Hotaru poteva essere certa che qualche altra guerriera fosse entrata a fare parte delle Veneranti… «Dobbiamo restare vigili e cercare di evitare lo scontro» disse fermandosi all’improvviso così da far voltare verso di sé le tre donne «Non abbiamo speranza in quattro contro nove: non riusciremmo neppure a vedere Galaxia».
Parole dure e fredde, calcolatrici. Un brivido percorse le schiene delle tre guerriere, riconoscendo davanti a loro la stessa Sailor Saturn che conobbero anni prima, alla Mugen. Ma almeno gli occhi non avevano la stessa inespressività, quei frammenti viola palesavano l’umanità della ragazza e la sua fragilità.
Haruka annuì e le posò una mano sulla spalla «Noi vinceremo», la rassicurò con tono deciso. Non c’era possibilità di replica: loro dovevano vincere. Per la Principessa e il Principe, per la Terra, per l’Universo. La loro vittoria avrebbe segnato il corso della storia, il destino di tutti.
Un accenno timido, poi Saturn inspirò «Non è detto che le Veneranti non siano aumentate, ma una cosa è certa: per arrivare da Galaxia le uniche due che dobbiamo per forza affrontare e sconfiggere sono Phi e Chi, dato che sono le guardiane delle sue stanze».
Pluto osservò attentamente il cristallo «Unite daremo nell’occhio» riferì, pronta ad organizzare un piano «Dovremo muoverci singolarmente, e incontrarci davanti alle porte».
Concordarono tutte e quattro, e in un battito di ciglia già si erano separate e correvano verso la loro meta, verso la libertà.

°°°

«Ferme! Non potete oltrepassare queste porte»
Il comando dato all’unisono dalle due guerriere Sailor bloccò l’avanzata della guerriera. Hotaru si guardò attorno e tremò «Phi, Chi, io vi sfido» asserì con voce glaciale.
Lungo la sua strada si era imbattuta in Haevy Metal Papillon, ma era riuscita a scappare evitando lo scontro. Sperava che come c’era riuscita lei anche i suoi genitori fossero arrivate incolumi o quasi alle stanze della Regina; eppure era da sola, lì, ad affrontare le due guerriere guardiane.
Un gemello ghigno attraversò il viso delle due guerriere «Da sola, guerriera della Morte e della Rinascita, non riuscirai neppure a sfiorarci».
«Non è sola!»
L’alta e maestosa figura della guerriera di Plutone apparve in quel momento poco più a destra della figlia. Lo scontro con Iron Mouse e Tin Nyanko le aveva lasciato palesi lesioni su tutto il corpo, ma non sarebbe stata una divisa strappata e un po’ di dolore ad impedirle di combattere e vincere.
«Galactica! Plants Blizzard!» attaccò all’improvviso Sailor Phi. «Silent Wall!» si protesse Hotaru, dedicando tutta se stessa alla battaglia in corso.
«Ricordati che siamo in due, bambina» le sussurrò Chi comparendole alle spalle pronta a colpirla con il proprio scettro.
«Space Turbolence!» la colpì Haruka, stringendo con forza la Space Sword «E tu non scordare che noi siamo in quattro
La guerriera di Urano si asciugò un rivolo di sangue che le scendeva dall’angolo della bocca -regalo di Lead Crow. I suoi occhi chiari brillavano di decisione e forza. Un’occhiata a Hotaru e Setsuna, poi si lanciò a spada sguainata contro Phi «Space Sword Blast!»
Prima che l’attacco potesse andare a segno lo scettro di Chi si scontrò con il talismano di Haruka; un nuovo ghigno sul suo volto «Quattro?» le chiese sarcastica «A me sembrate in tre, o mi sbaglio, Phi?»
L’altra guardiana annuì e si voltò verso la propria sinistra. «Penso che si riferissero a Sailor Neptune» rispose per lei Aluminium Siren.
Gli occhi azzurri si dilatarono e una raffica di vento si abbatté contro le tre guerriere «Cosa le avete fatto?» pretese di sapere la guerriera di Urano, mentre uno World Shaking si caricava di tutta la sua potenza e scuoteva la Torre di Cristallo dalle fondamenta.
«Silence Glaive, Surprise!»
«Chronos Typhoon!»
I due potenti e inaspettati attacchi si unirono come tornadi all’attacco di Uranus, abbattendosi con tutta la loro furia contro le tre guerriere. Nessuna delle tre fece in tempo a reagire, e di loro rimase solo un poco di polvere di stelle.




Note.
Che scema!!! Perdonatemi!!! ^///^’’ mi sono dimenticata di dire che la storia è una variante della quinta serie!! Parlando del manga, all’inizio della quinta seria c’è una pioggia di stelle cadenti (star-shower in inglese) e si vede Haruka che guarda il cielo con un paio d’occhi stupendi *_* e ho immaginato che esprimesse quel desiderio… da lì la mia curiosità: se davvero qualcuno ci permettesse di esprimere un desiderio, come cambierebbe la nostra storia? È una cosa che mi sono sempre chiesta - avete presente nei test che vi chiedono cosa fareste se aveste una bacchetta magica e/o tre desideri? Ecco, pensate a quello e uniteci un po’ del cinismo di Yuko di xxxHolic e… e ritrovate questa storia! XD
Note in particolare su questo capitolo non ne ho, a dire il vero. Ma forse invece è meglio fare un poco di chiarezza: il desiderio di Hrauka, Michiru e Setsuna è stato avverato ma in modo decisamente singolare. Quindi loro tre hanno vissuto quei diciassette anni come un unico istante felice. Hotaru ne è immune non tanto perché non ha espresso lo stesso desiderio, ma perché il potere della Morte non può essere fermato da una stella cadente: da quei l’incompletezza del desiderio, ovvero se Hotaru ne fosse stata coinvolta nessuno si sarebbe mai accorto di nulla e avrebbero vissuto davvero felici quei giorni tutti uguali… anche se non avrebbero mai saputo la verità…
Così ora tentano di rimediare e… e che ne è stato di Michiru? Come finirà con Galaxia? Vinceranno davvero?
Vi lascio con questi quesiti, ma tranquille: tra una settimana arriverà l’ultimo e conclusivo capitolo! ^___^
Liz aka Mikayla

A chi vuole e crede nella redenzione, a chi spera che alla fine tutto si aggiusti, a chi pensa fermamente che il bene trionferà… questa storia farà perdere la speranza. Ma siete davvero sicuri che non possa esserci un lieto fine anche in tutto questo?


mononoke: grazie per i complimenti! ^///^a dirti il vero scrivo praticamente sempre delle outer XD -in particolare Hotaru, la mia preferita! Sono felice che la storia ti abbia incuriosita, e che lo stile particolare ti sia piaciuto ^__^ alla prossima!
kalos: sono sempre state le mie preferite -anche se Hotaru da sola batte sempre e comunque chiunque altro XD hemmmmm *deglutisce* non far soffrire Haruka…?? Ops… mi sa che dovevi chiedermelo prima che la storia iniziasse… e la mia testolina ha partorito qualcosa di assurdo ancora una volta XD dovrebbe mettersi a pensare seriamente alla matematica, invece! xD Comunque sono felice che questo stile ti sia piaciuto *__* come al solito sperimentavo… e così è venuta! Un bacio!
milena87: eccoti accontentata! Il capitolo centrale è arrivato, e tra una settimana potrei leggere anche l’ultimo! Spero che ti sia piaciuto!
luisina: ciao! Tranquilla, qui nessuno è mai in ritardo ^___^ una recensione è sempre cosa gradita, che arrivi il giorno stesso in cui si pubblica o che arrivi un anno dopo! ^___^ Sono contenta che lo stile e la storia siano di tuo gradimento, grazie per il sostegno =) e il finale… tra una settimana! Bacio!

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Capitolo 3
*** A wishmaker couldn’t end a wish. ***


Star-Shower

3. A wishmaker couldn’t end a wish.


Haruka cadde in ginocchio, e non vide i tre brillanti Starseed volare via, richiamati dal potere della loro ingiusta Regina.
La furia ed il potere erano svaniti dai suoi occhi penetranti, ed erano stati sostituiti solo dal dolore. Un dolore intenso e soffocante, un dolore così distruttivo da impedirle perfino di respirare.
«Michiru» sussurrò a se stessa, stringendo impotente i pugni; talmente forte da farsi sbiancare le nocche. Avrebbe tanto desiderato piangere, in quel momento, ma doveva andare avanti. Doveva vincere. Lo doveva per lei, lo doveva per se stessa, lo doveva per il futuro. Lo doveva perché c’era ancora la possibilità di avverare il desiderio di tutte: vivere felici.
Tremante si alzò in piedi, e scansò con malagrazia la mano tesa e preoccupata della figlia. Hotaru non si fece ferire da quel gesto, potendo solo minimamente capire il dolore e la pena che attanagliavano il cuore della guerriera del Vento. In quel momento avrebbe voluto potersi gettare tra le sue braccia e piangere, lasciarsi andare e far vedere ai genitori che era ancora una semplice diciassettenne.
«Prima che arrivino altre guerriere, andiamo a vincere questa guerra» disse Uranus varcando le porte ora incustodite. Mai la parola vittoria aveva più il sapore di fiele e morte invece che di pace e libertà.
Tomoe strinse la mano a Meiou, e assieme seguirono la loro compagna, cercando di trattenere in fondo nel cuore il desiderio e la voglia di piangere.

°°°

«Siete arrivate fino a me, guerriere» le accolse seduta dal suo trono la Regina Galaxia, usurpatrice del regno di Serenity e Endymion.
Gli occhi di un azzurro così chiaro da sembrare ghiaccio scivolarono disinteressati sulle tre guerriere al suo cospetto. Per lei non erano altro che pulci, minuscoli e inutili e fastidiosi insetti che non potevano competere con lei in nulla.
Lei era la guerriera più potente dell’Universo, era la guerriera della stella Zero del Sagittario, ed era colei che possedeva lo Starseed più potente esistente: il Silver Moon Crystal.
«Come osate presentarvi senza invito davanti alla Regina dell’Universo?» domandò annoiata, giocando distrattamente con i propri capelli.
Un sorriso sghembo e per nulla gioioso si formò sul viso di Haruka «Io non vedo alcuna Regina, qui» la provocò sfacciatamente «Non trovi, Setsuna?»
La guerriera del Tempo annuì, stingendo maggiormente la mano della figlia nella sua, mentre l’altra sbiancava per via della presa alla chiave del tempo «Vedo solo una guerriera vestita da pagliaccio».
«COME OSATE!» gridò fuori di sé Galaxia, lanciando sguardi di fuoco alle tre «Voi dovete rispetto alla Regina dell’Universo!»
Ad un cenno della sua mano un raggio dorato si abbatté con violenza sulle guerriere, che non ne uscirono illese.
Uranus sputò sangue ai piedi della Regina «Dove sono gli Starseed?»
«Non osare rivolgerti a me, guerriera del Vento! Galactica Superstring!» un nuovo attacco si abbatté su Haruka, che volò per una decina di metri indietro sbattendo la schiena sul freddo pavimento. Un nuovo fiotto di sangue fuoriuscì dalle sue labbra assieme a un gemito.
«Non siete nulla» affermò con decisione Galaxia, tornata improvvisamente calma. I suoi occhi si fermarono su Hotaru e fece comparire un paio di splendidi bracciali «Mi farebbe comodo avere la guerriera della Morte al mio servizio» le offrì sorridendo «Non desideri diventare più potente, piccola lucciola?»
«Dead Scream!» attaccò in risposta Pluto, spingendo la figlia dietro di sé per poterla difendere. Il potentissimo attacco si dissolse prima di poter anche solo sfiorare la Regina. «Non parlavo con te» la rimproverò bonariamente, come una madre che rimprovera il proprio figlio prediletto «Ma anche la custode delle porte dello Spazio e del Tempo mi farebbe comodo».
Un altro paio di bracciali d’oro comparvero in uno scintillio di luce «Con me potrete avere tutto ciò che desiderate» rise bonariamente, come se stesse offrendo loro il dono più prezioso che si potesse fare «Sarei la vostra stella cadente, pronta ad esprimere i vostri desideri».
Il Silence Glave brillò minaccioso, e con un passo la guerriera avanzò verso la Regina «Puoi davvero avverare ogni mio desiderio?» le chiese con tono lascivo, allettato.
Gli occhi di sua madre e di suo padre erano puntati su di lei, e vacillarono. La loro sicurezza, e l’affetto non poté non vacillare per qualche istante davanti a quel tradimento.
Galaxia sorrise, ghignando «Certo, piccola lucciola» le assicurò.
Hotaru sorrise «Allora esperirmi il mio desiderio: muori!» da così vicina la guerriera non dovette fare altro che alzare la falce e abbatterla su Galaxia «Death Ribbon Revolution!»
L’attacco finale avvolse tutto e tutti. Hotaru stessa non ne fu immune e venne scaraventata addosso a Setsuna, trascinandola con sé lontana dal trono.
Anche Haruka fu avvolta dall’attacco, e una scheggia si conficcò nel suo braccio sinistro, facendola sanguinare copiosamente.
Non c’era più speranza, per loro, come non c’era la forza di proteggersi con una barriera.
«Sciocca» la sbeffeggiò Galaxia, quando fu evidente che non era stata colpita dall’attacco.
Davanti alla Regina, a farle da scudo con il proprio corpo, c’era Usagi.
«Principessa!» esclamò stupita Pluto. Ma non ci volle tanto per capire che lei non era davvero la loro Usagi: gli occhi erano spenti e il sorriso cattivo. Due bracciali d’oro facevano mostra di sé sui suoi polsi.

°°°

«Usa-chan, cara, potreste eliminarle per me?» domandò affabile la Regina.
Due occhi color del cielo, ormai spenti e annebbiati dal potere, si voltarono verso il trono. Sailor Cosmos, la più potente delle guerriere, si inchinò devota davanti a Galaxia; con reverenza le baciò una mano e gli stivali dorati.
Con il cuore spezzato e gonfio di lacrime non versate miste a rabbia repressa, le tre guerriere si rialzarono con lo sguardo fisso su quella scena.
Desideravano solo correre verso la loro Principessa e strapparla dalle mani di quella strega usurpatrice del trono della Terra.
Con un gesto veloce e preciso Haruka si estrasse la scheggia dal braccio; fermò l’emorragia alla bell’e meglio con la mano. Avanzò con passo incerto raggiungendo le proprie compagne.
«Haruka-chan» mormorò Hotaru con la voce incrinata.
Mentre curava con amorevole cura la ferita del genitore la guerriera della Morte e della Rinascita pregava in silenzio che fosse tutto uno scherzo, che stesse ancora dormendo, che quella mattina non fosse mai successa. Chiudendo gli occhi si immaginava avvolta dal profumo di pastrafolla, con il grembiule ben allacciato per proteggere i propri vestiti; immaginava i genitori entrare con un dolce sorriso sulle labbra e sedersi a tavola; immaginava che fosse stato un giorno come un altro, né più né meno allegro.
«Hotaru, basta così». La voce di Tenou la riscosse da quel sogno e la ragazza fu di nuovo proiettata nella crudele e fredda realtà.
La pelle fine di Tenou sembrava una patina inconsistente; per quanto non fosse laureata in medicina pure la ragazza sapeva che al minimo sforzo si sarebbe spezzata e avrebbe ricominciato a sanguinare copiosamente.
Tomoe alzò lo sguardo incontrando gli occhi del padre e deglutì: quella fiera determinazione che leggeva chiaramente nel limpido azzurro non era altro che la dimostrazione di ciò che Haruka era pronta a sacrificare per far tornare tutto come sarebbe dovuto essere. La vita.
Certe volte era davvero ingiusto che i desideri non si avverassero.

°°°

«Chronos Typhoon!»
«World Shaking!»
Hotaru si sentì spinta indietro con rudezza, mentre i due potenti attacchi si scagliavano con inaudita forza contro quell’involucro vuoto che Galaxia aveva creato. Ne erano certe: quella non solo non era Usagi, ma neppure ne rappresentava in qualche modo l’essenza.
Ma scontrarsi con la guerriera più potente della Galassia intera, assoggettata all’aureo potere di Galaxia, era una battaglia persa in partenza: nessun attacco arrivò a segno.
In compenso Sailor Cosmos infieriva senza alcun sentimento sulle tre ex-compagne. Attaccava e infliggeva il maggior danno possibile, senza venire minimamente scalfita.
«Ferma» la bloccò la voce autoritaria di Galaxia.
Usagi si ricompose e tornò al fianco della Regina, in attesa di un altro ordine, di un qualsiasi altro ordine.
Gli occhi color dell’oro scrutarono per un singolo istante le tre guerriere. Poi le labbra della Regina si arricciarono in una smorfia disgustata «Perché combattete contro di me?»
Haruka sputò il proprio sangue in terra, in segno di disprezzo «Rivogliamo la nostra Principessa, la vera Regina della Terra».
Galaxia chinò appena il capo di lato «Spiacente, non posso aiutarvi» disse loro con estrema calma e compassione; fingere di essere davvero dispiaciuta per la propria mancanza conferiva maggiore sadismo a quegli occhi impassibili.
«Uccidile» ordinò secca a Sailor Cosmos «E portami i loro StarSeed».
«Starlight Honeymoon Therapy Kiss!» una voce fredda e metallica si diffuse; un immenso potere rosa-dorato si sprigionò e avvolse tutto con la sua tiepida carezza. Poi, tra le mani di Usagi comparve uno StarSeed di un giallo ocra abbagliante.
«TOU-CHAN!»

°°°

Saturn cadde a caproni. Nella retina degli occhi aveva ancora impressa l’immagine di Uranus che si volatilizzava lasciando solo il suo splendente StarSeed.
Grandi lacrime salate scivolarono sulle sue guance, e più le scacciava con forza con il pugno chiuso più esse scendevano.
La mano ferma e materna di Setsuna si posò sulle sue spalle scosse dai singhiozzi. «Andrà tutto bene, Hotaru-chan» la rassicurò con voce dolce, mentre gli occhi bordeaux dardeggiavano in direzione della Regina.
La ragazza alzò mestamente il capo e la guardò con una domanda negli occhi «Se recuperiamo gli StarSeed tornerà tutto come doveva essere» le rispose immediatamente Pluto.
Con nuova forza, le due guerriere fronteggiarono la loro avversaria. Non potevano perdere la fiducia e la speranza, non dopo tutto quello che avevano vissuto, non dopo che Usagi l’aveva restituita loro con un dolcissimo sorriso illuminato dai tiepidi raggi di Luna.
«Illuse» proferì con tono rabbioso Galaxia. La sua pazienza e la sua compassione stavano giungendo al termine. Non avrebbe ammesso altri oltraggi alla sua persona. «Arrendetevi, sciocche guerriere: sono la guerriera più potente della Galassia, e sono la sola e vera Regina» guardò con disprezzo Usagi «La vostra Principessa mi supplicò di risparmiarla, quando la sconfissi: non merita la vostra devozione!»
Setsuna non abbassò il capo a quelle parole «Non puoi infangare il nome della nostra Principessa, Galaxia, perché noi crediamo in lei».
Il fuoco avvampò negli occhi d’oro «Allora distruggerò ogni vostra misera speranza, vi calpesterò e distruggerò tutto ciò in cui credete. Sarete voi, dopo, a supplicarmi di uccidervi; magnanima poi mi prenderò le vostre vite e i vostri poteri. Sarò incoronata sovrana del Tempo e della Morte!»
Setsuna e Hotaru rabbrividirono, ma la loro speranza non vacillò davanti a quelle parole. Mai si sarebbero aspettate che Galaxia mettesse in atto quelle minacce in quello stesso istante: non fecero neppure in tempo a capire cosa stesse succedendo che la figura di Usagi cadde dietro al trono laccato. La stella più brillante si era fusa nel Calderoun sotto i loro sguardi impotenti.
Era infranta anche quell’ultima luce, in un bagliore bianco. Usagi non sarebbe mai più tornata.
«Ora affronterete me, sciocche ragazzine».
Galaxia si era alzata dal proprio trono, indifferente a quello che era accaduto. Una spada color della pece era stretta nel suo pugno e brillava di una luce sinistra; agognava il sangue, e lo avrebbe ottenuto.
«Sarai la prima, Morte» profetizzò la Regina, preparandosi al combattimento.
«MAI!» gridò Setsuna frapponendosi tra la figlia e la nemica. Non avrebbe permesso a nessuno di toccare la sua creatura. «Dark Dome Close, Time Stop!»

°°°

Hotaru si risvegliò nel proprio letto.
Aprì gli occhi di scatto, e ci mise qualche secondo per mettere a fuoco la stanza. Dalle tende tirate entrava una luce fioca, e attorno a sé non sentiva alcun rumore. Tutto era fermo, immobile. Ogni cosa era esattamente uguale a com’era il giorno prima, com’era quella mattina.
«Che fosse un sogno?» si chiese rilasciando il fiato che le sembrava di trattenere da un’eternità.
Osservò la sveglia e sorrise. “Le sette del mattino: era tutto un sogno” pensò la ragazza mentre un fardello pesantissimo si tolse dalle sue spalle.
«Un sogno» ripeté a voce alta, per rendere concrete quelle parole, quel concetto. Ne era così felice che l’avrebbe gridato al mondo, se non fosse stato che così facendo avrebbe svegliato i genitori -e Haruka era una vipera se veniva svegliata prima del necessario!
Ridacchiando al pensiero del genitore inviperito si alzò e si vestì.
Aveva in mente di preparare una bella colazione per le tre, e magari le avrebbe convinte a fare una passeggiata in giardino dato che si prospettava una bella giornata di sole… era tanto che loro tre non si dedicavano ad una spensierata camminata.
Con il sorriso sulle labbra e quella bella prospettiva nel cuore Hotaru varcò la porta della sala da pranzo.
Immediatamente ammutolì e cadde a terra. La mano premuta sulle labbra, gli occhi spalancati e persi. Il respiro accelerò e il cuore le batté con forza maggiore, quasi volesse scappare dal suo petto.
Davanti a lei, disteso sul divano, c’era il corpo esanime della madre.
Nessuno può far finire un desiderio; puoi solo conviverci.



FINE…





Hotaru strinse al petto la chiave dello Spazio e del Tempo. Le dita affusolate aderivano perfettamente al freddo metallo, la loro presa era salda.
Osservò in alto il cielo limpido pieno di stelle. Il cuore le batteva all’impazzata, e si domandava se nel buio più assoluto sarebbe davvero riuscita a individuare la stella cadente che aveva avverato il loro desiderio.
Ma non fu difficile trovarla: un bagliore accecante scese dal cielo a qualche metro di distanza dalla guerriera del Silenzio.
Con passo furtivo la ragazza si avvicinò al luogo di atterraggio della stella cadente, e rimase sorpresa di vedere non una, ma tre ragazze all’intero del piccolo cratere.
«Siete delle stelle cadenti?» domandò comparendo all’improvviso, e facendo così spaventare le tre ragazze.
Quella bassa e dai lunghi capelli argentati annuì piano, mentre quella dai capelli neri faceva un passo verso Hotaru «Siamo le Starlight» disse con voce pacata «Sono Star Fighter».
La ragazza più alta dai capelli castani imitò la compagna, portandosi una mano al petto «Io sono Star Maker, e lei è Star Healer» presentò, per poi rivolgersi a lei «E il tuo nome?»
Tomoe scosse il capo. Gli occhi erano tristi, le ametiste sembravano volersi liquefare in mille lacrime perlate «Siete qui per realizzare un desiderio?» chiese in un bisbiglio, sperando di sbagliarsi.
Healer storse il naso a quelle parole, ma Fighter le fece con la mano gesto di stare ferma «Sì» rispose semplicemente.
Il Silence Glave brillò alla luce delle stelle «Devo impedirvi di realizzarlo» affermò sicura di sé Hotaru. “Se posso impedire che tutto ciò accada, lo farò. Mi costasse la vita”.
Maker s’irrigidì, prendendo posto accanto alla compagna. Fighter invece rimase in avanti, ma ben’allerta «Perché?»
Una lacrima scivolò sulla guancia della giovane guerriera. Quella piccola traccia commosse le tre guerriere, ma non avevano possibilità di desistere dal loro intento: loro dovevano ritrovare la Principessa Kakyuu!
«Dalla realizzazione di quel desiderio, verrà solo il male» spiegò pacata Saturn, ostentando una calma e una freddezza che in realtà non possedeva «Galaxia diventerà Regina e l’Universo intero verrà invaso dall’odio».
Un silenzio teso e preoccupato scese tra loro. “Com’è possibile che il nostro desiderio di ricostruire Kinmoku implichi una simile catastrofe?” si chiese angosciata Fighter, stentando a credere a quello che la guerriera le aveva appena detto.
«Mi dispiace» scandì con sincerità Hotaru.
Poi alzò la falce.
«Death Reborn Revolution!»




FINE









Note.
*me si mette i tappi alle orecchie e apre un ombrello per difendersi dalla pioggia di pomodori e insulti*
Ebbene, quante ora vogliono uccidermi? Hem… non siete un pochine troppe?
*me cogita sulla possibilità di rifugiarsi in Alaska… poi si ricorda che è troppo freddolosa e rinuncia*
Vi avevo avvertite >.< l’avevo detto che questa fic non era per chi voleva un lieto fine! >.<
Direi che la fic si spiega da sola, non ha bisogno di miei eventuali interventi. Il doppio finale non è una presa in giro ma è voluto: chi vuole può fermarsi al primo “fine”, e sapere che non c’è più speranza; chi vuole può arrivare al secondo, e sperare che la storia possa cambiare senza la presenza delle Sarlight; infine, chi ha più fantasia, può immaginarsi un terzo “fine” come più preferisce, magari un lieto fine. Ho lasciato il tutto aperto proprio per questo.
Per quanto mi riguarda io amo il secondo, e lì mi fermo; benché sia conscia che è triste.
Ma basta cianciare!
Mi inchino a chi mi ha seguita e sostenuta, grazie. Au revoir!

Liz aka Mikayla

A chi vuole e crede nella redenzione, a chi spera che alla fine tutto si aggiusti, a chi pensa fermamente che il bene trionferà… questa storia farà perdere la speranza. Ma siete davvero sicuri che non possa esserci un lieto fine anche in tutto questo?


mononoke: sono felice che sia travolgente! Il mio scopo era proprio quello: immergere il lettore nella storia e non farlo andare via finché non si è conclusa… e lascio a te decidere qual è la fine, come ho detto prima. Sperando che apprezzerai anche la “mia” fine ^___^
chiarucciapuccia: effettivamente inquietante è il termine più adatto… e come ho scritto prima, a te decidere se alla fine è andato tutto bene o meno ^__^ ma spero che ti sia piaciuta anche come ho deciso di finirla io.
milena87: grazie a te per i complimenti ^////^ sono vergognosamente arrossita! Spero che la fine sia valsa l’attesa… me lo auguro ^__^
sailormoon81: ma ciao Kla, che piacere risentirti! Ogni volta con le tue recensioni mi rendi felice e imbarazzata, sei capace di darmi un po’ di autostima… e per questo ti ringrazio sempre. A dirti il vero temevo che la crescita repentina di Hotaru fosse troppo superficiale, e sapere che la trovi ben caratterizzata mi ha tranquillizzata! Adoro cercare di “colmare” i “buchi” che Naoko ha creato nella serie: d’altra parte non avrebbe potuto analizzare tutti gli aspetti dei vari personaggi… così posso farlo io! *__* Un bacione!

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