Walk like an Egyptian

di Alexiel Mihawk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bang, Bang, I shoot your down ***
Capitolo 2: *** Breaking the law ***
Capitolo 3: *** The future is a little bit fright'ning ***
Capitolo 4: *** Far from any road – Parte #1 ***
Capitolo 5: *** Far from any road – Parte #2 ***
Capitolo 6: *** Walk like an Egyptian ***
Capitolo 7: *** Wake me up, before you go-go ***



Capitolo 1
*** Bang, Bang, I shoot your down ***


Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Bang, Bang, I shoot you down
Fandom: One Piece
Personaggi: (in ordine di apparizione) Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Nico Robin, Franky, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, (hint) Rufy/Nami
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 6627 (senza testo canzoni)
Note: partecipa al Cow-T di maridichallenge.
Le coppie di questa storia saranno: Zoro/Nami, Franky/Robin, Bonney/Drake, Kidd/Law, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca. Non ci sarà porno because of reasons, ma ci saranno anche parecchi hint RuNami.
Il titolo è Walk like an Egyptian perché sì, perché amo quella canzona e perché "stike a pose on a Cadillac". Le canzoni citate sono: One way or another / Call me di Blondie, Bang Bang di Nancy Sinatra. Peach Springs esiste davvero, è un buco di culo una cittadina in Arizona, lungo la route 66; lo stesso vale per Supai e le Havasu falls.
Come da avvertimento, questa è una modern!AU che ha come punto centrale il trope del soulmate, che però ho voluto trattare in modo un pochino diverso, quindi gente a cui fregacazzi della propria anima gemella, gente che scopre che la sua anima gemella è del sesso opposto a quello che immaginava, gente la cui anima gemella ha in realtà un'altra anima gemella. Cose insomma. Il funzionamento del tatuaggio è un miscuglio: a 6/7 anni compare sul corpo un tatuaggio con la prima frase che verrà rivolta alla persona in questione dalla sua anima gemella, per evitare "fraintendimenti" soprattutto magari a persone che hanno come prima frse "Ciao", il tatuaggio si scalda fino a scottare quando a rivolgerci quella determinata frase è la persona del destino. Questo particolare tatuaggio in questa società viene definito Basher, una parola Yddish che significa "Destino". Viene utilizzato (in Yddish) per indicare l'anima gemella che viene chiamata Basherte (donna) o Basherter (uomo).
Per quanto riguarda Bonney, Kidd e Killer, li ho rappresentati come un trio molto unito, ma no, non ci sono implicazioni “romantiche” tra di loro, sono semplicemente una bella Brotp, quindi amateli come li amo io. Also, ho cercato di dare a ogni personaggio un modo di parlare particolare che lo distinguesse.
Nel mio headcanon i soprannomi di Bonney sono: Marshmellow, Jewls/Jewels; quelli di Kidd: Kiddo e insulti più o meno variabili; Cavendish è spesso chiamato Barbie.
Also, Kidd è gay, ma un sacchissimo gay; Bonney se ne sbatte di chi se la sbatte; Cavendish è dichiaratamente bi; Law come vedremo è parecchio confuso.
Ho sicuramente dimenticato note, tipo sulle citazioni che fanno i personaggi, ma #whocares. Le segnerò quando rileggo.
Doveva essere una One Shot, ma non ce la faccio, quindi avrà tipo 3 (o 4) capitoli a seconda di quanto mi vengono lunghi.
Potete trovare una playlist da mettere di sottofondo qui.
 



Walk like an Egyptian
1. Bang, Bang I shoot you down



La cromatura rossa della Cadillac Eldorado brilla sotto il caldo sole estivo; riflessi di luce si rifrangono sul parabrezza, spingendo il ragazzo alla guida a indossare gli occhiali da sole.
«Ciò, senti ciccio, mica è che mi cambi stazione? Qua passano solo musica schifa» si lamenta con voce annoiata una giovane dai capelli rosa stravaccata sul divanetto posteriore, proprio al centro della vettura, con la schiena appoggiata contro quella di un ragazzo dai capelli rossi sparati per aria e le gambe distese su quelle di un biondino dall’aria efebica.
«’Na merdata proprio. Dai Roronoa, metti un cazzo di cd» le dà man forte Kid, ciccando fuori dall’auto.
«Oi, gente, il linguaggio» li riprende Nami seduta sui sedili anteriori, di fianco a Zoro «Cosa vi metto su?»
«Io voto i Motley» propone Cavendish, allungando le gambe fino ad appoggiarle sul bordo della portiera, lasciando sporgere leggermente gli stivali fuori dal finestrino «Non ringrazierò mai tua madre per averci lasciato questo gioiellino di macchina».
«Potresti iniziare con il comportarti civilmente anche tu, ci hai pensato?» domanda Nami lanciandogli un’occhiata di disapprovazione «In ogni caso non è che ce l’ha lasciata, ti ricordo che è il regalo per mia sorella, noi la stiamo solo consegnando. E deve arrivare integra e pulita».
«Oh, ma io volevo Blondie» mormora Bonney ignorando completamente il discorso dell’amica e allungando una mano per raggiungere il sacchetto di marshmellow, semi sciolti dal sole, appoggiato per terra.
«Il guidatore appoggia Blondie» esclama Zoro sollevando un braccio con un pollice rivolto verso l’alto in segno di approvazione.
«Fottutti bastardi, io volevo i Judas Priest» borbotta Kidd accendendosi un’altra sigaretta.
«Non dire cazzate, che sai tutte le sue canzoni a memoria» lo prende in giro Cavendish facendosi passare l’accendino «Senza contare che lo sappiamo tutti che hai una passione segreta per Lady Gaga».
«Stai zitto tu che mi canti Walk like an Egyptian con lo stesso tono delle Bangles».
«Si chiama intonazione, sfigato pezzente».
Bonney si alza e si mette a sedere appoggiandosi in parte al bordo dello schiena e in parte al cofano, lasciando che sia Kid che Cavendish le afferrino saldamente una gamba per evitare che corra il rischio di ribaltarsi e finire fuori dall’auto; lancia un urletto entusiasta, mentre l’aria le scompiglia i capelli, quindi inizia a cantare la prima canzone dell’album a squarciagola.
Al loro fianco il paesaggio monotono dell’Arizona li accompagna: sparuti ciuffi di erba secca e terra tanto arida che ogni minimo movimento solleva ventate di polvere. È il loro primo road trip e, se riescono a non farsi arrestare, l’obiettivo sarebbe quello di arrivare fino in California.
Le note di Call Me vanno spegnendosi quando la rossa si gira verso si lei.
«Ché la prossima possiamo saltarla?» domanda Nami storcendo impercettibilmente il naso «Mi fa salire l’ansia».
Zoro sorride debolmente e le lancia un’occhiata in tralice da sotto gli occhiali; toglie la mano destra dal volante e stringe per pochi secondi la coscia bianca della ragazza. È un’azione tanto rapida quanto intima, e Nami coglie subito al volo il messaggio dietro a quel tenue gesto d’affetto: un tentativo di rassicurarla e dirle che va bene così.
«Oh, andiamo! Ancora con la storia dell’inquietudine da anima gemella? Che poi di che ti lamenti? La tua l’hai già trovata!» si lamenta Bonney, che quella canzone la adora.
«È innegabile» interviene Cavendish «Che siano tutte canzoni che sono state scritte da gente che era in disperata ricerca della propria metà».
«Una manica di sciroccati senza cervello che si sono dati alla scrittura di canzoni che sembrano frutto di anni di stalking» aggiunge Roronoa.
«Oi, non fare il frocio adesso, lasciaci cantare quel cazzo che vogliamo».
«Stai zitto Kid che l’unico che lo piglia in culo qui sei tu».
«Piantatela, imbecilli» Nami si mette gli occhiali da sole e si sfila la maglia, approfittando della calura del tardo pomeriggio per abbronzarsi senza rischiare ustioni; se sono bloccati in macchina tanto vale far fruttare il tempo «Ascoltate quel che volete».
Le prime note di One way or another iniziano ad uscire dallo stereo e tutti i passeggeri dell’auto, compresa una rossa apparentemente recalcitrante, iniziano a cantare in coro.

One way or another I'm gonna find ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha
One way or another I'm gonna win ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha
One way or another I'm gonna see ya
I'm gonna meetcha meetcha meetcha meetcha

Bonney agita il capo, e una cascata di capelli rosa si sposta da destra a sinistra a ritmo di musica. Vorrebbe capire che problema ha esattamente l’amica con quel tipo di canzoni che, sì, sono un po’ ossessive, ma, insomma, chi non sogna di incontrare la sua anima gemella? Nel loro mondo, un mondo in cui nasci sapendo che esiste qualcuno da qualche parte che è in grado di completarti al cento per cento, è solo normale desiderare di incontrarlo. Anche lei, che non è mai stata una romantica, ha sempre sentito l’esigenza di cercarla questa fantomatica anima gemella; ha sempre sentito una forza trascinarla verso l’esterno e per esterno intende il mondo intero, perché Bonney ne è sicura che lui sia ad aspettarla là fuori da qualche parte. Ed è consapevole che se rimarrà chiusa tra le quattro mura della sua casa non riuscirà mai a trovare nessuno, non riuscirà mai a sentirsi viva. E poi lei lo sa, la persona che sta cercando deve essere intraprendente almeno quanto lei, deve essere uno spirito libero, deve sentire dentro la stessa energia che ora la spinge a spostarsi per tutto il paese, senza meta e senza posa.
La cabriolet sfreccia veloce lungo la strada, mentre il sole tramonta lentamente all’orizzonte.
«Dovremo fermarci a dormire da qualche parte» borbotta Cavendish.
«Sei scemo? Sono solo 66 miglia e ok, siamo partiti tardi e mezza giornata l’abbiamo gettata nel cesso, ma con una tirata arriviamo tranquilli a Kingman. Cosa ci metteremo? Un’ora?»
«Un’ora da Peach Springs, che è l’unica tappa sensata se vogliamo fermarci, ma dubito ne valga la pena. Che poi avremmo potuto essere già arrivati, ma no. Fermiamoci tutti a vedere il Grand Canyon» si lamenta Nami che di geografia è l’unica a capirci qualcosa.
«Dai, ciccia, che è stato uno sballo!»
«Una cazzo di figata» aggiunge Kid.
«Prima di tutto il linguaggio, e comunque lo avete trovato figo solo perché eravate entrambi ancora sbronzi dall’ultima sera a Flagstaff. Già che passando dalla Route 66 ci si mette cinque e passa ore invece che due, figuriamoci se poi allunghiamo anche fermandoci a caso!»
«Guarda che ci abbiamo impiegato tutto questo tempo perché hai voluto a tutti i costi fare le strade senza pedaggio…» le fa notare Zoro, ricevendo per tutta risposta un dito medio e un grugnito.
«E poi mi avevi promesso che ci saremmo fermati e avremmo fatto la camminata fino a Supai, voglio vedere le cascate Havasu. Dai Nami, che cosa cambia tra un giorno in più e un giorno in meno?» Bonney torna a sedersi composta e la guarda con gli occhi più dolci di cui è capace.
«Oh, Supai. Ma –»
«”Ma” il cazzo. Io ho già avvisato gente che ci saremmo fermati lì, Cristo Santo!»
«Kid! Cazzo! Il linguaggio!» urla Nami, sull’orlo di una crisi isterica «Ok, ok, ci fermiamo lì. Tanto dovrebbero avere un albergo no?»
«Killer ha parlato di un motel o di una cosa simile, non è così Kiddo?»
«Il vostro amico si chiama Killer?» domanda Cavendish allibito.
«Soprannome» specifica il rosso sollevando le spalle con indifferenza.
«Un po’ come il tuo “faccia di merda”?» domanda il biondo con un sorrisino sul volto.
«Fottiti, Cavendish».
«Non incoraggiarmi che poi finisce riesco a trovarmi qualcuno da portarmi a letto anche a Peach Springs».
«Fammi il favore, sei così sfigato che la massima cosa che puoi trovare in quel buco di culo è una contadina del cazzo. E magari scoprire che è la tua anima gemella. E manco sa scrivere. Figa, cosa riderei».
«Ha parlato. Sai cosa farebbe ridere me? Arrivare in quel buco di culo e scoprire che c’è la tua di anima gemella e che non ti si fila manco per uno striscio di minchia».
«Linguaggio!»

One way or another I'm gonna lose ya
I'm gonna give you the slip, a slip of the lip or another
I'm gonna lose ya, I'm gonna trick ya
One way or another I'm gonna lose ya
I'm gonna trick ya trick ya trick ya trick ya
One way or another I'm gonna lose ya
I'm gonna give you the slip

Peach Springs è una cittadina fin troppo piccola per essere ricordata dal mondo. Ha poco più di mille abitanti, che per gli standard della zona equivale quasi a una metropoli, soprattutto considerando la quantità di città fantasma che si trovano nell’area.
Kid si alza in piedi, tenendosi con le mani al bordo dei sedili anteriori e inizia a dare indicazioni a Zoro, guidandolo verso quello che gli è stato riferito essere il punto di ritrovo. Killer è stato molto preciso e i ragazzi riescono miracolosamente a non perdersi e si evitano così imbarazzanti giri a vuoto (giri che si sono fatti fin troppo spesso ogni volta che Roronoa era alla guida e la sua rossa compagna non prestava attenzione, e con lui bastava distrarsi tipo mezzo secondo).
«Pezzente» borbotta Nami osservando il locale davanti al quale si sono fermati «Questo non è un Motel, è un pub. Ma possibile che ci porti sempre dove c’è l’alcool? Cos’hai? Un radar, cazzo?»
«Ma che minchia ne so io, sono solo la fottuta guida, ok? È stato Killer ha darmi le indicazioni, porca vacca!»
«Linguaggio!» esclama Nami, ma questa volta non è l’unica.
Un ragazzo dai lunghi capelli lunghi, che gli ricadono a coprirgli il viso in pesanti ciocche spettinate, guarda Kidd con aria di disapprovazione e malcelato affetto.
«Killer!» Bonney salta fuori dalla macchina e corre ad abbracciarlo stampandogli un bacio sulla guancia.
«Oi, stronzo, questo non è un fottuto Motel».
«Anche io sono felice di vederti» risponde il biondo accarezzando con gentilezza la testa di Bonney, ma senza mai staccare lo sguardo da Kid «Comunque no, non c’era fino a qualche anno fa, è un pub, ma affittano stanze ai turisti, i proprietari sono simpatici e se siete fortunati faranno la stessa cosa che hanno fatto con la mia moto e vi lasceranno parcheggiare la vostra in garage».
«Come ti pare» borbotta la ragazza trascinandolo verso la vettura dove ancora sono seduti tutti gli altri «Ecco mettiti qui appoggiato, Cavendish fatti più avanti, Kidd qua, Zoro smettila di fare quella faccia seccata. Nami ci sei?»
«Prontissima».
«Che cazzo stai –»
Kidd non riesce a finire la domanda che Bonney tira fuori dalla borsa un selfie stick rosa shocking con tanto di cellulare già attaccato e lo allunga al massimo.
«Sorridete e SELFIE!»
«Ne abbiamo già fatte almeno venticinque» mormora Zoro sconsolato, passandosi con rassegnazione una mano sulla faccia.
«E in tutte la tua espressione di sofferenza è oro puro» ghigna Nami, scendendo dall’auto «Vado a sentire dentro, quando avete fatto con quello che state facendo raggiungetemi pure».
Li lascia agitando una mano e gettandosi dietro un solo sguardo divertito, cogliendo con la coda dell’occhio, Bonney intenta a farsi una selfie di coppia con un Roronoa disperato.
Decisamente, pensa: la migliore vacanza di sempre.
O almeno, lo sarebbe se Nami non vivesse con la continua ansia di incontrare la sua anima gemella. Era iniziato tutto quando sua madre, anni prima, quando lei ne aveva forse sei o sette, le aveva finalmente spiegato il concetto di predestinazione e vero amore: «Nami» le aveva detto «Uno di questi giorni ti sveglierai e scoprirai che da qualche parte sul tuo corpo è comparso il tuo Bashert. Lo sai cosa significa, vero? È un tatuaggio che rappresenta la prima frase che la tua anima gemella ti rivolgerà e, quando la incontrerai e ti rivolgerà quelle esatte parole, lo sentirai riscaldarsi e scottare. Sarà così che saprai di avere incontrato il tuo vero amore».
La bambina l’aveva guarda con occhi colmi di paura e di disgusto: «Ma io voglio scegliere chi amare, Bellmer» aveva detto con rabbia «Perché deve essere già deciso? Vuol dire che non ho scelta?».
Bellmer aveva sorriso e le aveva accarezzato il capo con una mano.
«C’è sempre una scelta».
Due giorni dopo aveva trovato Nami nel bagno con un coltello da cucina, intenta a passarlo ripetutamente là dove quella notte era apparsa una scritta. Nemmeno aveva voluto leggerla.
Ancora adesso ci sono notti in cui si sveglia di colpo, sentendo la stessa fitta che aveva provato quel giorno, nel momento in cui il tatuaggio era affiorato sulla pelle; sogna parole sconnesse e colpi di calore e si sveglia ansimando, mentre la mano scorre sul lato opposto del letto, alla ricerca dell’uomo che da quasi tre anni a questa parte dorme con lei. E ogni volta Zoro apre un occhio, allunga un braccio e l’attira a sé; non dice mai niente, non fa domande, non sarebbe da lui; si limita a posarle un bacio leggero sulla cicatrice che domina la spalla destra, quindi la stringe a sé e riprende a dormire. A Nami basta questo.
No, ad entrambi basta questo, sapere che si sono scelti, che non ha importanza se non sono l’uno l’anima gemella dell’altro, perché la loro è stata una scelta.
Sospira, avvicinandosi al bancone, spera solo che quel viaggio non li porti a incontrare personaggi che non vorrebbe mai incrociassero la sua strada.
Intenta a lavare i bicchieri, in piedi con le spalle rivolte all’ingresso, una donna dai lunghi capelli neri canticchia una vecchia canzone di Nancy Sinatra.
«Bang, bang, he shoot me down. Bang, bang, I hit the ground».
«Buon pomeriggio, mi dicono che avete delle stanze libere» esordisce Nami sorridendo.
«Certo, ma dipende quanti siete; siamo inaspettatamente pieni di clienti in questi giorni» risponde con voce gentile la mora, girandosi verso la ragazza e regalandole un sorriso luminoso.
«Ci servirebbero quattro camere, ma possiamo accontentarci di due se fosse necessario, tanto non credo che ci fermeremo più di un paio di notti».
«Due notti eh?» la donna esce da dietro il bancone e si avvicina sinuosa a un mobile dal quale estrae un grosso volume dall’aria ingiallita «Non guardarlo con quell’aria scettica, è solo il log dei clienti, come vi segno? A che nome, intendo».
«Nami, Nami Kokoyashi».
«Mi serviranno i vostri documenti, ma si può fare più tardi, siete fortunati, sono le ultime quattro camere rimaste. Per ora benvenuta a Peach Spings, Nami. Io sono Robin e se posso aiutarti in qualche cosa non farti scrupoli a chiedere».
La ragazza le stringe la mano con un sorriso, ringraziandola.
«In effetti una cosa ci sarebbe, c’è un posto dove possiamo parcheggiare la macchina? So che siamo nel mezzo del nulla, ma è una vettura d’epoca e non vorrei mai che si rovinasse o, peggio, venisse rubata».
«Non sei una che si fida, eh? FRANKY! Non preoccuparti, non corre rischi. FRANKY! Anche se dubito che coguari e serpenti a sonagli siano interessati a rubarti la macchina» si gira di scatto verso la porta che dà sul retro «Oh, insomma Franky, si può sapere dove sei finito?»
«Scialla sorella, non c’ho mica i razzi nel cu– Oh, una cliente!» un uomo sulla trentina, dalla corporatura eccessivamente muscolosa e i capelli celesti, fa il suo ingresso dalla porta di servizio «Come posso aiutare?»
«Nami, questo è Franky, mio marito. Ti mostrerà dove mettere la macchina».
«Ganzo! Di che macchina stiamo parlando? Perché se si tratta di una macchina schifa la tieni fuori, io ti avviso» esclama incamminandosi verso la porta, tallonato da Nami che non sa se essere affascinata o turbata da quell’esemplare di individuo.
«È una Cadillac convertibile del 59, sedili in pelle, tutti i pezzi originali».
«Stai scherzando? ODDIO! Che sturbo!» urla quindi nel vederla.
Si precipita addosso all’auto ignorando gli sguardi perplessi e vagamente inquietati dei ragazzi a bordo e inizia ad accarezzarne la carrozzeria.
«Ma è un vero gioiellino! Posso parcheggiarla?»
«Manco se mi paghi» ribatte Nami «Oi, voi, fuori dalle palle. Prendete le valigie ed entriamo. Zoro ci pensi tu qui?»
«Come se avessi scelta».
«Zitto e ingrana la prima».

Il Poigne Griffe è l’unico locale di Peach Springs ed è il punto di ritrovo degli abitanti, non solo della cittadina, ma anche dei dintorni. Gente annoiata, giovani imprigionati tra quattro mura in un paese troppo piccolo e troppo isolato del mondo e adulti oramai rassegnati a vedere la loro vita concludersi in quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini.
Quella sera, però, forse per via delle vacanze estive, forse perché è un lunedì (e nessuno ha voglia di uscire di lunedì), il locale è inaspettatamente vuoto; i tavoli occupati sono solamente due, una coppietta seduta in quello più vicino alla porta, e quello in centro alla stanza occupato in tutta la sua larghezza dalle sei persone più casiniste dello stato. Il fatto che Franky si sia unito a loro con una pinta di birra non li aiuta di certo ad abbassare il tono della voce.
«E questa rincoglionita del cazzo sapete cos’ha fatto?» stava raccontando Kid agli uomini del gruppo «Ha preso la bamba e l’ha infilata nella borsa della signora che le stava a fianco!»
Quattro teste si girano contemporaneamente verso Bonney che solleva le spalle con nonchalance.
«Ah, beh, che dovevo fare, pasticcini? Farmi arrestare? No, grazie tante, ma di tornare dentro non c’ho proprio sbatti» fa scoppiare rumorosamente la bolla della gomma da masticare e sorride «E comunque quella tizia se lo meritava, stava con un palo in culo che manco Hina».
«Chi?» domanda Franky.
«Na squinzia con cui sono uscita un paio di volte, prima di scoprire che lavorava all’FBI».
«Jewl frega cazzi, sto raccontando un’altra cosa, sta’ zitta cazzo».
«Linguaggio!» esclamano Nami e Killer in coro, per poi lanciarsi un’occhiata di approvazione. Nessuno sa bene chi sia quel ragazzo biondo che si è unito al gruppo, o meglio Kid ne ha parlato fino alla nausea, definendolo il suo migliore amico (e loro erano abbastanza sicuri che prima di incontrarli fosse anche il suo unico amico oltre a Bonney); non parla molto, e ha sempre ciuffi di capelli tirati davanti agli occhi, tanto che in un intero pomeriggio nessuno di loro è riuscito davvero a capire di che colore siano o quali siano i veri lineamenti del suo viso.
«Zitti, bastardi, fatemi parlare. Fatto sta che sta tizia era una di quelle arricchite di merda, pelliccia di qualche animale in via d’estinzione, taccazzi da baldracca, capelli tinti e cotonati. Beh, arriva la pula coi cani e Jewl ha fatto a tempo anche a spostarsi dall’altra parte del grande magazzino; sti cazzo di cani l’annusano, ma non c’ha niente addosso e quindi non si fermano, tirano verso la signora e si mettono ad abbaiare come matti».
«E la squinzia era così oltraggiata che si è messa urlare “Tenga il suo cane! È aggressivo!”» aggiunge Bonney urlando a squarciagola nel mezzo del locale.
«Ma dilla una stronzata ai poliziotti, ogni tanto» scoppia a ridere Zoro, tirando verso di sé la pinta di birra e bevendone un lungo sorso.
«Taci, idiota, che l’ultima volta che ci hanno fermato chiedendoti i documenti tu hai risposto “Mi faccia vedere il suo e io le mostro il mio”, beccandoti una multa per oltraggio al pubblico ufficiale!» gli fa notare Nami.
«Sì, ma poi mi ha dato il suo numero di telefono» celia Zoro tutto tronfio.
«Un vero peccato che tu non sia frocio» lo prende in giro Kidd.
«Sei geloso? Lo vuoi tu? È ancora nel cruscotto della macchina se lo vuoi».
«Fottiti Roronoa».
«Testina di minchia» li interrompe Cavendish passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi «La finisci la storia o no?»
«Zitto Barbie, dov’ero rimasto? Ah, sì i cani» riprende «Fatto sta che sta deficiente si mette a urlare » Kid si mette in piedi sulla sedia e inizia a mimare «”Lasciatemi stare, lasciatemi stare!” finché non tira una borsata sul muso a uno dei cani, allora l’altro morde la cazzo di borsa e inizia a tirare finché questa non si sfracassa e BAM! Bamba ovunque, come se nevicasse».
Il tavolo scoppia a ridere.
«Ma non è finita qua, perché dalla borsa della signora esce tutto: cellulare, portafogli, chiavi, biglietti aerei, un vibratore rosa shocking di 30 centimetri».
Zoro e Franky si strozzano con la birra iniziando a ridere convulsamente, mentre il resto della comitiva si piega in due sul tavolo immaginando la scena.
«E a quel punto» mormora Bonney tra i singulti «La squinzia si è messa a urlare “Voi non sapete chi sono io”, e uno dei due poliziotti fa: “Cicciolina?”».
Dal bancone Robin li guarda ridacchiando, seduto di fronte a lei un ragazzo con i capelli scuro e lo sguardo scocciato sorseggia con aria annoiata il suo drink.
«Turisti… Li detesto tutti» borbotta.
«Oh, andiamo, ragazzino» lo riprende la donna con aria bonaria «Sei solo felice che portino un po’ di soldi in questo buco di posto. E ti ho visto ridere nell’ascoltare la loro storia».
«Stai insinuando che stessi origliando, Robin?»
«Io lo stavo facendo» risponde con nonchalance «E dall’espressione che avevi probabilmente ti sarebbe piaciuto essere lì. Se vuoi te li presento».
«No, grazie. Ho di meglio da fare, tipo pensare a cosa dire all’assemblea comunale di domani».
«Capisco, e pensi di trovare la risposta sul fondo di quel bicchiere di Martini semivuoto?»
«Mi aiuta a pensar-»
Non finisce di parlare che Franky, notandolo seduto al bancone (e notando l’occhiata perentoria di sua moglie), lancia un urlo che attraversa il locale.
«Oi! Law, vieni a bere con noi» gli è di fianco in pochi secondi e, appoggiatagli una gigantesca mano sulla spalla se lo trascina dietro «Vieni, vieni. Gente, vi presento Trafalgar Law, il membro più giovane del nostro consiglio comunale».
«’Sera».
«I ragazzi domani volevano andare a fare una gita a Supai, che ne dici, hai consigli da dare?»
Law solleva svogliatamente le spalle, non rompergli i coglioni?
«Mettete la crema solare e state attenti ai serpenti a sonagli? No, seriamente, cosa cazzo ci andate a fare? Sono tipo settanta miglia in macchina e otto a piedi».
«O su un mulo, ciccio» interviene Bonney «E io ho necessità di cavalcare un mulo nella mia vita».
«Cercati altro da cavalcare, Pinkie Pie» la prende in giro Cavendish scoppiando a ridere.
«In ogni caso vi va di culo, ogni primo martedì del mese c’è lo sceriffo che organizza la visita con partenza in pullman, si parte da davanti al comune e fa il giro completo fino a Supai».
«Ché, alle cascate ci porta? Perché io le voglio vedere, tipo troppo» continua la ragazza.
«Credo di sì».
«Ma over the top! Gente, propongo altra birra per festeggiare!»
«Jewl tu non bevi la cazzo di birra, bevi solo fottuto sherry» commenta Kid sollevando un sopracciglio.
«Vomitevole per altro» aggiunge Zoro.
«Te lo offro io uno sherry» sorride invece Law, vagamente divertito «Robin!»
«Oh, grazie allora, ma in realtà bevo qualsiasi cosa» sorride Bonney, ignorando lo scambio di sguardi a metà tra il divertito e il disgustato di Cavendish, Kidd e Zoro, fin troppo consapevoli di cosa stia cercando di fare Trafalgar.
Eustass, particolarmente protettivo nei confronti dell’amica si sporge verso di lei, prendendole una ciocca di capelli in una mano, e sussurrandole qualcosa all’orecchio; Law lo guarda con aria irritata e, girandosi verso di lui, gli rivolge le prime parole della serata.
«Non ti preoccupare, Rosso Malpelo dei poveri, non te la rubo».
Kid fa una smorfia, ritraendosi come se si fosse scottato, quindi si allontana dal tavolo tallonato da Killer. Nello sguardo di Bonney passa un lampo veloce di stupore, ma non dice nulla e continua a sorridere.
«Potresti venire anche tu domani con noi, che ne dici?»
«Dipende, tesoro, quanto tempo hai da dedicarmi?»
Davanti al bancone Eustass aspetta la sua birra, ha respinto, fino a quel momento, l’impulso impellente di toccarsi la schiena, là nel punto in cui il tatuaggio ha iniziato a scottare non appena Law gli ha rivolto quelle stesse parole che per anni si è domandato da quale bocca sarebbero uscite.
«Stai bene?» domanda sommessamente Killer, che, conoscendo il rosso da anni, è perfettamente consapevole della frase che rappresenta il suo Bashert.
«Perfettamente» risponde lapidario.
«Almeno è un uomo».
«Andiamo Killer, quello è uno di quelli che pensano di essere più eterosessuali di Brad Pitt».
«Cosa c’entra Brad Pitt adesso?»
«È una fottuta metafora, porca la –» si interrompe a metà «Lo so, il fottuto linguaggio».
«Io lo trovo carino…»
Gli occhi di Kidd mandano lampi; si porta il boccale al viso e di traverso lancia uno sguardo al moro seduto al tavolo, che continua a sorridere a Bonney.
«Le gambe. Le gambe non sono male. Ma finché non gli vedo il culo non puoi aspettarti un cazzo di parere realistico».
«La gente normale guarda la faccia, Kid» si lamenta l’amico facendosi versare due dita di amaro.
«Ed è per questo che siamo amici? Perché non ho mai fatto troppo caso alla tua di faccia?»
Killer solleva un sopracciglio e storce il naso.
«Quando ti piglia male sai essere un vero figlio di puttana» mormora tornando al tavolo.
Eustass impreca sommessamente, sa che Killer ha ragione e che fare insinuazioni sul suo viso è da perfetto bastardo, soprattutto quando l’amico ha passato anni a convivere con i complessi che le cicatrici che si porta in faccia gli hanno provocato.
Rimane qualche minuto bloccato al bancone, i suoi occhi passano veloci su tutte le persone della stanza, come a studiarle una per una, quindi si inchiodano su Law.
È vestito fin troppo bene per i suoi gusti e se non fosse per i tatuaggi, che spuntano da sotto la camicia bianca, l’avrebbe classificato come una di quelle persone estremamente noiose che trascorrono tutta la loro vita in un ufficio del cazzo. Ma no, Kidd i tatuaggi li ha notati subito, perché chi è il fesso che si fa scrivere sulle nocche delle dita? E quello sarebbe un membro del consiglio comunale? Devono proprio essere nella merda a Peach Springs per accontentarsi di persone così.
«È un chirurgo» gli sussurra Robin arrivandogli alle spalle e piazzandogli davanti un’altra birra.
«Cazzo me ne frega a me?»
«Oh, niente» sorride la donna enigmatica «Ma lo stavi osservando come se volessi ucciderlo, ma in fondo è una brava persona».
«Anche io lo sono. In fondo. Ma di scavare non c’ho cazzi» borbotta il rosso afferrando la sua birra e tornando al tavolo.
Si lascia cadere pesantemente sulla sedia e allunga le gambe fin sotto la seduta di Bonney, quindi appoggia con un tonfo il bicchiere sul tavolo.
«Cosa mi sono perso, stronzi?»
«Palate di eyesex» borbotta Roronoa tra i denti «Tutti univoche».
«Continua a dire stronzate» aggiunge Cavendish senza farsi sentire «Ha già rotto il cazzo»
Kidd si volta lentamente verso Trafalgar, che inizia veramente a dargli ai nervi.
«È il caso che faccia in modo che si levi dai coglioni» mastica piano all’indirizzo dei due amici.
«Niente risse» sibila Nami, tirandogli un calcio da sotto il tavolo e ricevendo in cambio una scrollata di capo e uno sguardo incredibilmente serio.
«Senti, gambe lunghe» comincia Kid rivolgendosi al moro «Quando hai finito di provarci con la nostra amica, che ne dici di venire a fare un giro con me?»
La sua voce trabocca di sarcasmo, ma a Killer (e in realtà nemmeno a Bonney che Eustass lo conosce fin troppo bene) non sfuggono la sottile ironia e l’implicito doppio senso celati dietro quella frase.
Trafalgar pare congelarsi sul posto; la sua testa si volta verso Kid quasi a rallentatore e l’occhiata che gli lancia è un misto di disgusto e disapprovazione.
«Che marea di stronzate» sibila tra i denti tirandosi in piedi.
«Oi, Law, che fai, vai?» domanda Franky senza cogliere appieno la situazione.
«Ho di meglio da fare» esordisce il ragazzo ignorando qualsiasi richiamo; si avvicina al bancone e dopo avere lasciato dieci dollari a Robin esce dalla porta, sbattendosela rumorosamente alle spalle.
Respira profondamente l’aria secca del deserto, quindi si appoggia al muro stringendo i pugni. La mano destra scivola inesorabilmente verso la clavicola per fermarsi nel punto esatto in cui sente ancora il calore ustionargli la pelle.
«Che marea di stronzate» sibila ancora tra i denti, mentre non riesce ad evitare di pensare alle parole di Kidd. Parole che sono anni che vede tatuate sulla sua pelle, ma che ha sempre immaginato gli sarebbero state rivolte da una bella donna e non da un uomo, soprattutto non da un arrogante turista del cazzo.
«Figlio di puttana» mormora allontanandosi, mentre rimane vivida, nella memoria, l’immagine degli occhi di Kidd e lo sguardo di sfida che gli ha lanciato con l’ultima frase, come a dirgli: Vediamo se hai coraggio, sfigato.
Law scopre che forse non ne ha.
Si allontana continuando a imprecare sommessamente, mentre dalla finestra del locale Eustass lo osserva allontanarsi con lo sguardo.
«Me ne vado a letto» sbotta il ragazzo scocciato, quindi si alza e scompare lungo le scale che conducono al piano superiore.
Franky fa spallucce e, dopo averli salutati, torna da Robin; non fa in tempo ad allontanarsi che Bonney si gira di scatto verso Killer, gli occhi sgranati e una domanda che attende di uscire.
«Era lui? Era lui vero?» domanda con trepidazione.
«Lui chi?» chiede Cavendish limandosi le unghie.
«E soprattutto cosa? Ma i soggetti voi mai, eh?» aggiunge Nami sbadigliando e allungando le gambe sulla sedia di Zoro.
«L’anima gemella di Kid, era lui vero? Quel Trafalgaw» continua Bonney ignorandoli completamente (e facendo anche loro cadere la mandibola).
«Secondo il suo Bashert, sì» conferma Killer con una smorfia.
«Cosa?» allibisce Nami, sopprimendo un brivido.
«Aveva tutta l’aria di uno a cui piacciono le donne» esordisce Zoro «Ti è saltato addosso come un pesce».
«Per la serie: Ciao, sono il tuo Bashert ed esisto per rovinarti la vita cambiando le tue preferenze sessuali».
«Nami, tu e il tuo disfattismo di merda sul concetto di anima gemella avete rotto, te lo dico» le dice Bonney, improvvisamente seria e la rossa si ammutolisce.
«Oh, beh» si intromette Cavendish «O ci viene a patti e si dà alla bisessualità come tutti –»
«Come te, vorrai dire» lo corregge Roronoa sollevando un sopracciglio.
Il biondo lo ignora.
«E si dà alla bisessualità come tutti, o si butta da un canyon. Tanto qui è pieno. E comunque a Kid è andata bene, no? Almeno è un uomo ed è carino».
«Com’è che non ti sfiora nemmeno la possibilità che magari Kid avesse come anima gemella una donna?» domanda Zoro ancora una volta.
Bonney, Killer e Cavendish lo guardando con lo stesso sguardo che si rivolgerebbe a un bambino che chiede alla mamma perché ha cinque dita e non sei.
«È un misogino bastardo» asserisce il biondo.
«A sei anni una bambina ha cercato di baciarlo e lui è scappato invocando Platinette. Dico: PLATINETTE. A sei anni» aggiunge Bonney.
«E ti ricordi quella volta che a dieci gli hanno chiesto chi gli piacesse nella classe e lui ha alzato il dito medio e ha detto “Mi piace il professore di matematica? E se non vi sta bene andatevene tutti affanculo”?» domanda Killer.
«Chi se lo scorda. Da quel momento ho iniziato a prendere a pugni chiunque osasse contestare il suo orientamento sessuale».
«Gay e fiero» commenta Zoro.
«Quasi peggio di un estremista mutante» borbotta Cavendish «Almeno quelli non ti pestano per una battuta».
«Solo perché non esistono imbecille».
Quando decidono di andare a dormire è oramai mezzanotte passata; imprecando per l’orario barbino a cui si devono alzare la mattina successiva per partecipare al tour verso Supai, si trascinano a letto.
Salite le scale, però, Bonney si ferma nel corridoio e, dopo avere aspettato che tutti siano entrati nelle loro stanze (perché alla fine c’era più posto di quanto pensassero), si intrufola in camera di Killer. Il ragazzo è fermo, seduto sul davanzale della finestra aperta, con aria assente osserva il cielo, le luci spente per riuscire a vedere meglio le stelle.
«Ehi» mormora Jewelry richiudendosi la porta alle spalle «Tutto bene? È da prima che sei strano».
Killer si gira verso di lei e sorride mestamente; anche se, nel buio della notte, non riesce a vedere la sua espressione, Bonney ne percepisce il vago tormento interiore.
Gli si avvicina e gli accarezza i capelli, scostandoli con dolcezza dal viso; gli passa con affetto una mano sulla guancia e con le dita sfiora le cicatrici che gli coprono il volto.
«Ha detto qualcosa di troppo, non è così?»
«Sai com’è fatto» cerca di difenderlo «Non pensa mai prima di parlare, soprattutto quando c’è qualcosa che lo turba».
Bonney gli posa un bacio leggero sulla fronte.
«Non è una scusa. Ora vado a dirgliene quattro».
Il ragazzo la afferra per la vita e appoggia il capo sul suo petto, stringendola leggermente a sé; rimangono così qualche minuto, finché la porta della stanza non si riapre e sulla soglia si taglia, in controluce, la figura di Eustass.
Kid entra nella stanza senza dire una parola, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle; si avvicina sotto lo sguardo attento degli amici per fermarsi a un passo da loro.
«Sono uno stronzo» borbotta senza guardarli.
«L’abbiamo sempre saputo» commenta Bonney, tirandogli un calcetto leggero su uno stinco.
«Mi dispiace» continua il giovane «Dico davvero».
Jewelry fa scoppiare una bolla di gomma da masticare, quindi lo afferra per un braccio e se lo spalma addosso, ritrovandosi con Kid da un lato e Killer dall’altro; il biondo allunga la sinistra e la sua mano va a spettinare i capelli già arruffati dell’amico, in un gesto di affetto a cui Eustass, nel corso degli anni, ha imparato ad abituarsi.
«Sei proprio una testa di minchia» mormora Killer, fregandosene, per una volta, del linguaggio.
«Un sbarbatello senza speranza» conviene Bonney.
«Una piaga sociale» prosegue il biondo.
«Una pigna in culo».
«Un –»
«Ho capito! Ho capito, avete ragione, sono un cazzone patentato, ok? Il concetto è chiaro, ora piantatela».
Bonney sbuffa, staccandosi dall’abbraccio: «Sì, ma Kiddo, così uccidi il divertimento. Mbé, già che siamo tutti qui lo facciamo un pigiama party?»
Nella stanza a fianco, nel frattempo, Nami si rotola sotto le lenzuola leggere del grande letto matrimoniale; inutile dire che il sonno non vuole saperne di arrivare e, oramai ha capito, che difficilmente riuscirà ad addormentarsi.
«Piantala di agitarti» borbotta Zoro.
Disteso prono sul letto con indosso solamente le mutande, il ragazzo cerca vanamente di addormentarsi; Nami osserva la sua schiena nuda e il suo sguardo si fissa sul tatuaggio che compare poco sopra l’elastico dei boxer. Cos’è hai paura di una ragazza? Dice la scritta. Reprime l’istinto di toccarla e si porta le mani al seno, stringendole a pugno.
Non ricorda esattamente quali siano state le prime parole che ha rivolto a Zoro quando si sono conosciuti, cinque anni prima, ma è cerca che suonassero più come un “Senti, buzzurro, spostati dalla strada”. No, lei e Zoro non sono mai stati anime gemelle e la cosa non è mai interessata a nessuno dei due.
«Ci pensi mai?» si sente domandare con voce sommessa.
«A cosa?»
«A lei, la tua Basherte» risponde senza staccare lo sguardo dalla base della sua schiena.
Zoro si gira verso di lei per poi rovesciandosi sulla schiena, solleva i cuscini e si appoggia meglio allo schienale del letto.
«Sì, ci penso spesso» ammette «Soprattutto di recente».
Nami si mordicchia un labbro, nervosa. Non ne hanno mai parlato e lei non gli ha mai chiesto niente, ma ci sono dei giorni – come quella sera – in cui pagherebbe per sapere la verità, per sapere cosa è successo e cosa passa nella testa di Roronoa quando la guarda con quegli occhi.
Zoro sospira, rendendosi conto del disagio della ragazza; le fa cenno di appoggiarsi a lui e come sente la testa di Nami appoggiarsi sul suo petto e i suoi capelli rossi solleticargli la pelle, inizia a parlare.
«Si chiamava Kuina» dice piano, mentre la sua mano va ad accarezzare la linea sinuosa del corpo di Nami, soffermandosi sulla vita sottile e sui fianchi morbidi «Siamo cresciuti nella stessa città, suo padre aveva una palestra e insegnava arti marziali e altri sport che parevano non interessare nessuno se non me, lei e due nostri amici: Johnny e Yusaku. Ero un bambino di merda, lo ammetto, ma la scherma mi piaceva e Dio! Quando prendevo in mano la spada mi sembrava di essere un’altra persona, di poter fare qualsiasi cosa».
Si interrompe un momento, ripensando a sé stesso da bambino, al sorriso innocente e arrogante che gli attraversava il volto e al suo modo di fare quasi indisponente.
«Il mio Basher comparve al compimento del mio sesto compleanno, all’epoca conoscevo Kuina solo di vista, ma non ci eravamo mai davvero parlati. Sapevo chi era e mi dava ai nervi. Fatto sta che una mattina, era piena estate, ce la ritrovammo davanti e Johnny e Yusaku iniziarono a prenderla in giro: li fece neri. Ma letteralmente. Poi si girò verso di me, che ero rimasto fermo a guardarla, e mi disse: “Cos’è hai paura di una ragazza?” Ricordo ancora il bruciore che provai in quel momento, sembrava che la schiena dovesse andarmi a fuoco. “No, semplicemente non mi interessi”. Credo di essere scoppiato a ridere subito dopo, perché diamine, certo che mi interessava. E doveva averlo capito anche lei, perché si era portata la mano al costato, che sono sicurissimo stesse scottando ed era scoppiata a ridere: “Bugiardo” mi aveva detto».
Nami sorride immaginandosi la scena e cercando di visualizzare nella sua testa questa ragazzina tronfia e sicura di sé, tanto orgogliosa da pararsi di fronte a una piccola versione di Zoro e sfidarlo.
«Non ti mentirò dicendoti che abbiamo sempre ignorato il Basher, Nami, perché non è stato così, ma, quando avevamo sedici anni, Kuina è stata investita da una macchina ed è morta. La polizia ci disse che era stato un pirata della strada, un ubriaco con ogni probabilità, che aveva avuto troppa paura per fermarsi ed era scappato» si interrompe nuovamente e si sistema meglio contro la testata del letto, mentre Nami si scosta da lui e si mette a sedere tra le coperte, fissandolo con intensità.
«Mi dispiace» mormora piano, stringendogli una mano con le sue.
«Anche a me» continua lui, senza notare il lampo di tristezza che attraversa gli occhi della rossa «Ma è successo anni fa e sono venuto a patti con la cosa. Senza contare che ho incontrato te».
«Cosa?» domanda spalancando gli occhi, perché Zoro non è quel genere di persona che ama parlare dei suoi sentimenti, tanto più con la diretta interessata; Nami può contare sulle dita di una mano il numero di volte in cui le ha detto di amarla e fino a quel momento non le è nemmeno mai interessato.
«Ho incontrato te» ripete piano «Quando Kuina è morta non è stato facile. Ci sono persone che dicono che quando la tua anima gemella muore il mondo diventa in bianco e nero, ovviamente è una stronzata, ma in quel momento mi sono sentito come se niente sarebbe mai stato come prima: non sarei mai più stato felice, non sarei mai più stato capito, accettato, amato, ma soprattutto non sarei mai più stato intero. Mi sbagliavo. L’ho capito quando ci siamo conosciuti. Questa cosa dell’anima gemella, del Basher, della predestinazione, è una condanna e un’auto-imposizione. Può renderti felice, ma se lasci che ti tormenti e condizioni la tua vita… Beh, ti condanni da solo all’infelicità».
La ragazza rimane a fissarlo senza sapere cosa dire; si sposta più vicina a lui e gli appoggia il capo sulla spalla, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
«Non sapevo fossi un filosofo Roronoa».
«Scema» borbotta lui, passandole una mano intorno alla vita «So che questa cosa di Kid ti ha turbato, ma è la norma. È solo normale che i nostri amici prima o poi incontrino la loro anima gemella, vedi di non lasciare che le tue paure influenzino il tuo comportamento nei loro confronti. È tutta una questione di scelte, Nami, non vederla come una maledizione».
La sente sbuffare e il suo alito fresco gli solletica il collo; con un gesto se la tira sulle gambe e la bacia, facendosi largo nella sua bocca e passandole una mano tra i capelli lunghi e mossi. Le accarezza la schiena e appoggia la fronte sulla sua.
«Forza, vieni qui» borbotta scivolando sotto il lenzuolo «O domani col cazzo che ci alziamo per l’escursione».
Nami si accoccola contro di lui, sorridendo. Forse, dopo tutto, riuscirà a dormire.



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Capitolo 2
*** Breaking the law ***


Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Breaking the law
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Nico Robin, Franky, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 5124
Note: allora prima di tutto grazie a tutte le persone che stanno seguendo la storia (risponderò a tutte le recensioni appena posso). Prima di cominciare con le note vere e proprie ci tengo a dire due cose sulla visione che ho dei personaggi, in particolare di Bonney e Kid che da Oda non hanno ricevuto lo stesso spazio di molti altri. Non so come siano ritratti dal fandom perché non entro in questa sezione da una vita, ma posso dire che nella mia testa ho preso questi due li ho immaginati come dei venticinquenni problematici. Bonney è sgrezza da paura, ma la sua è in parte solo una recita e spiego in questo capitolo perché, mentre Kidd, beh. Lui è un tamarro senza speranza di redenzione che vorrebbe fare il rockettaro, ma gli esce male.
Detto ciò, mi dispiace in questo capitolo c’è pochissimo, se non per niente, spazio dedicato a Zoro e Nami, ma mi rifarò.
Relativamente al capitolo (scusate, le solite seimila note). Le canzoni cantate sono: Hungry like the wolf, Duran Duran; Otherside, Red Hot; Breaking the Law, Judas Priest. Se le fate partire quando cantano rendono tipo il 200%. Ho deciso che Kidd è mezzo irlandese, per giustificare i suoi capelli rossi e la sua carnagione super pallida; Bonney, invece, in questo capitolo ha un sacco di spazio e ho deciso di darle un background che in qualche modo si ricollega ad un mio headcanon relativo alla serie. Per quanto riguarda Drake, io lo amo tantissimo e mi dispiace che sia così malcagato, perché secondo me è un personaggio stupendo. Nelle scene tra lui e Bonney ci sono un paio di rimandi a Bonnie & Clyde: Clyde chiamava Bonnie “Bambina dagli occhi blu” (Blue-Eyed Baby) e beh, erano famosi per essere due rapinatori di banche. So che in realtà il nome Bonney è legato ad Anne Bonney, la famosa pirata, ma mi piace pensare che Jewl giochi invece molto sull’assonanza con con Bonnie, soprattutto visto che lei si diverte a infrangere le regole (anche se no, non rapina banche). Poi, Bonney è alta 174 cm per Oda e Drake 233, per ovvie ragioni (tipo il realismo), qui Drake è alto tipo 1,98.
Tra le altre cose che nomino: Kiddo è un soprannome di Kidd che gioca sull’assonanza Kidd e Kid/Kiddo inteso come “bambino” in inglese; Ro’ è un’abbreviazione trucida di Roronoa (grazie Bonney per portare trucidume e big babol nella nostra vita, tvb).
La scena finale, con i mentecatti che camminano nel canyon, riprende la scena (più o meno iniziale) in cui aspettano il pullman, tanto che Kidd ripete gli stessi gesti e le stesse parole; volevo rendere l’idea di come si stiano fracassando i coglioni di come il tempo sembri non passare mai, soprattutto nel deserto, quando in realtà sono trascorse tipo cinque ore.
Preciso che i prezzi, il percorso con i cavalli o a piedi, la posizione super inculatissima di Supai e tutto ciò che la riguarda sono cose reali, quindi sappiate che se andate a visitare questo posto in cui, per inciso, la posta arriva ancora coi muli, dovete sborsare soldi. Invece ho inventato i tour del primo martedì del mese di Drake (perché di fatto a Supai c’è una mini stazione della polizia) e ho inventato bellamente la durata del percorso, perché a) non ho capito quale sia il tempo di percorrenza medio a piedi (ma so che sono 10 miglia/13 chilometri) b) non ho capito perché a cavallo ci si metta tipo 3 / 4 ore, ma ok. Also, i cartelli che indicano la strada ci sono davvero.  
Preciso inoltre che: Rebecca qui è bionda e non ha i capelli rosa, mentre quelli di Bonney, Zoro e Bartolomeo sono tinti.
Per i nomi: Rebecca Dold, dove Dold viene dalla seconda parte del nome di King Riku Dold III; Sakazuki Akainu è il nome completo di Akainu che poi è solo un mescolamento dei due nomi affibbiatigli nel manga.
Per chiudere, non lo so se un retroammiraglio che sbidona la marina può andare a fare lo sceriffo, ma mi andava, quindi fingiamo di sì (e fingiamo che “sbidona” sia italiano).
Avviso che: a) saranno più di 3 capitoli b) ho due esami da preparare, quindi il prossimo aggiornamento non so esattamente quando arriverà.
 
 
 
 
Walk like an Egyptian
2. Breaking the law
 
 
 
«Ancora cinque minuti» borbotta il ragazzo infilando la testa sotto al cuscino, nel vano tentativo di bloccare i raggi di luce che entrano dalla finestra.
Nami sbuffa, fissando il suo riflesso nello specchio e legando i lunghi capelli aranciati in una coda alta; gli lancia un’occhiata di rimprovero, quindi inizia a smanettare con il telefono, finché non trova la canzone giusta.
Esce silenziosamente dalla porta e bussa a quella di Bonney. Nessuna risposta. Riprova, questa volta chiamando ad alta voce l’amica.
«Oi, Marshmellow, ci sei?»
«Che c’è?» borbotta la ragazza apparendo alle sue spalle.
Nami fissa l’uscio della stanza da cui è uscita, che decisamente non è la sua, quindi sposta lo sguardo sull’amica.
«Oh, è la camera di Killer» esclama con nonchalance Bonney.
«Jewls che cazzo vuole la super oca?»
«Anche Kidd?» domanda Nami allibendo «Avete dormito tutti lì? Nella stanza di Killer?»
«No, no. Aspetta, ciccia, non è come pensi, non è successo –»
«E mi avete fatto pagare una singola a testa? Maledetti bastardi!!» esclama la rossa inferocita, entrando a larghe falcate nella camera «Ora tutti fuori, almeno imparate a rendervi utili per qualcosa, approfittatori senza vergogna!»
«Guarda che il budget è comune» le fa notare Cavendish mettendo il naso fuori dalla sua stanza, attirato da tutto quel trambusto.
«Zitti e datemi una mano a svegliare Roronoa» si lamenta ancora la rossa trascinandoli tutti quanti con sé dentro la camera da letto matrimoniale in cui Zoro riposa sdraiato a stella marina sul materasso.
«Cosa cantiamo stamattina?» domanda Bonney «Io voto Edge of the Blade».
«Col cazzo che canto i Journey di prima mattina» borbotta Cavendish «Che ne dite delle –»
«Non cantiamo le cazzo di Bangles, Barbie. Che ne dite di Girls, girls, girls
«Dico che sei fissato coi Motley, ecco cosa dico» borbotta Nami «E comunque lo sapete che non dovete propormi roba gli piace o non si sveglia. La canzone di oggi è…»
Fa partire la musica sul cellulare e Bonney trattiene a malapena un gridolino: «La adoro!»
Si avvicinano al letto, proprio nel momento in cui partono le parole e Kidd e Cavendish attaccano con la prima strofa.
«Darken the city, night is a wire» comincia il biondo.
«Steam in the subway, earth is a afire» continua Eustass iniziando ad ancheggiare a ritmo e scatenando un movimento sincronizzato in tutti i presenti.
Quindi attaccano Nami e Bonney: «Dododo dododo dododo dododo dodo».
«Woman, you want me, give me a sign» riprende Cavendish, facendo schioccare le dita a ritmo di musica
«And catch my breathing even closer behind» lo segue Kidd.
«Dododo dododo dododo dododo dodo».
«Tutti insieme ora!» grida il rosso, sulla buona strada per l’esaltazione mattutina.
«In touch with the ground, I'm on the hunt I'm after you. Smell like I sound, I'm lost in a crowd, And I'm hungry like the wolf. Straddle the line in discord and rhyme, I'm on the hunt I'm after you. Mouth is alive with juices like wine, And I'm hungry like the wolf».
«Cristo Santo! I Duran Duran no, brutti bastardi!» Borbotta Zoro tirandosi a sedere di scatto e cadendo dal letto nella foga di allontanare quel manipolo di mentecatti dal suo capezzale «Sono sveglio, sono sveglio! Soddisfatti ora?».
«Oh, peccato Ro’, sarei andata avanti a cantarla tutta!» si lamenta Bonney, prima di venire cacciata fuori a calci assieme agli altri.
«Le fate spesso queste cose?» domanda Killer osservandoli con aria divertita.
«Tutte le mattine o quel buzzurro non si alza dal letto» borbotta Nami, scendendo a fare colazione «E vedi di muoverti che io il caffè non te lo porto, pezzente!» urla all’indirizzo di Zoro prima di sparire al piano di sotto.
 
«Qualcuno mi ripete cosa cazzo ci facciamo qui?» borbotta Kidd seccato piazzandosi gli occhiali da sole sul naso.
«Siamo qui» ruggisce Nami, ferma insieme agli altri al punto di ritrovo dell’escursione «Perché tu e quest’altra sbarellata ci avete fracassato i coglioni per ore. Tra l’altro mi spieghi cosa diamine ci fai con la chitarra sulla schiena?»
Il rosso solleva le spalle prima di rispondere: «Mi andava, magari ci gira di cantare davanti alle cascate o cose così…»
Nami si volta verso Killer con aria indagatrice scrutando lo zaino che sia lui che Roronoa hanno sulle spalle.
«Mi assicuri che non sono sbronzi? E che non c’è niente di illegale là dentro?»
«Quante storie, ciccia, va’ che è arrivato il pullman e credo che quello sia lo sceriffo» la interrompe Bonney prevenendo qualsiasi risposta e, soprattutto, cecando di evitare che l’amica si metta ad indagare sul contenuto degli zaini.
«Ecco, facciamo che state zitti voi due, così non vi arrestano subito, eh» interviene Killer prendendoli per la collottola.
Un uomo dai capelli aranciati, sui trentacinque anni, si avvicina alla fermata del pullman; ha un sorriso sottile stampato sul volto, una cicatrice sul mento e sul petto brilla una stella a cinque punte.
«Signori, il mio nome è Drake e sono lo sceriffo di questo schifo di buco. Siete qui per il tour?» domanda educatamente «Tutti e otto?» chiede nuovamente inquadrando anche la coppietta alle spalle del gruppo, la stessa coppietta che si è dovuta sorbire gli scleri del tutto inappropriati di quel branco di menteccati la sera precedente.
Ad un cenno affermativo, l’uomo fa aprire la porta del bus e lascia che tutti si accomodino all’interno; le ferma poco prima che si richiudano e infila la testa di fuori con espressione perplessa.
«Vieni anche tu? Non l’avrei mai detto, non avevi una riunione?»
«Sti cazzi» borbotta in risposta una voce che a Nami sembra di riconoscere.
Law fa il suo ingresso e si siede nella prima fila, ignorando completamente chiunque altro; lo sceriffo si siede al suo fianco lanciandogli un’occhiata in tralice.
«Non saranno felici in comune» gli dice sistemandosi il cappello sugli occhi e facendo cenno all’autista di partire.
 «Capirai, non sono mai felici di un cazzo».
Seduto nell’ultima fila, Kidd trattiene una bestemmia; non sa se essere divertito o irritato dall’ingombrante presenza di quell’individuo. L’unica cosa di cui è certo è che gli dà ai nervi e che questa avrebbe dovuto essere una giornata rilassante e invece si è appena trasformata in uno schifo.
«Che due maroni. E manco sono sbronzo» borbotta sdraiandosi sui sedili in fondo e appoggiando la testa sulle gambe di Killer.
Nami si gira verso di lui con aria di rimprovero: «Forse se non avessi sempre questo approccio così del cazzo con chiunque incontri per la prima volta, potresti provare a parlarci».
Eustass si blocca, passando lo sguardo prima su Bonney e poi su Killer.
«Voi due stronzi parlate troppo».
«E tu sei un libro aperto, Kiddo» gli fa notare Jewelry facendo scoppiare la bolla della gomma da masticare «E in ogni caso Nami ha ragione, potresti provare a parlarci, magari senza saltargli al collo o minacciarlo come fosse tipo la tua arcisuper nemesi».
«I cazzi vostri voi mai? E comunque l’avete visto? Non ha nessuna fottuta intenzione di parlarmi né di attaccare bottone. Gli roderà ancora il culo per la sua eterosessualità tradita».
«Eterocosa?» domanda Zoro con una smorfia «Cristo, ma ti senti quando parli?»
«Probabilmente no» interviene Cavendish «O ci avrebbe da tempo liberato della sua schizofrenica presenza, magari gettandosi da uno di questi canyon del cazzo. Che ne dici, faccetta di culo, ce li facciamo un duecento metri in caduta libera?»
«Fottiti Barbie, o l’unico che farà un volo qui sarai tu. Fuori dal finestrino».
«Prima di tutto» sibila Nami «Linguaggio! Vediamo di non farci riconoscere subito e- Oddio. BONNEY! Metti subito via quella roba!»
L’amica la guarda con aria perplessa, mentre in tutta tranquillità continua a rollarsi una canna.
«Guarda che non la fumo mica adesso, è per quando sarò sul pony».
«C’è lo sceriffo in prima fila, mentecatta!»
«Oh, beh, scialla. Mica mi faccio problemi, io la roba la condivido, se vuole un tiro basta chiedere!»
«Ti prego» borbotta Roronoa girandosi verso di lei «Basta con le cazzate».
«Vi divertite tutti a segarmi le gambe, almeno qualcuno può chiedere all’autista di accendere la radio?»
Nami sbuffa, ma si alza lo stesso, salvo poi rivolgere uno sguardo perentorio a tutti loro: «Sappiate che alla prossima idiozia vi ammazzo e lascio il vostro cadavere a marcire nel deserto. E vale per tutti, tranne per Zoro».
«Oh, che dolci» esclama Bonney.
«Tu mi servi come autista».
«Come no, questa sprizza amore da tutti i pori» borbotta Roronoa guardandola allontanarsi.
La rossa si avvicina alla parte anteriore del pullman, incurante delle proteste che sente giungere dal fondo; si china verso l’autista e gli domanda con fare educato se sia possibile far partire della musica.
«Non sarebbe male. Qui mi sto fracassando i coglioni» si lamenta una voce alle sue spalle.
Nami si gira con un sorriso beffardo sul volto e un sopracciglio sollevato.
«Allora farse saresti dovuto rimanere a casa, non credi?»
«Nessuno ha chiesto il tuo parere, rossa» borbotta il medico, ricevendo immediatamente uno scappellotto dall’uomo seduto al suo fianco.
«Chiedi scusa alla signorina e piantala di comportarti come un moccioso» lo redarguisce lo sceriffo.
«Cosa sei? Mio padre?»
«Oh, non sono necessarie le scuse, sceriffo» si schernisce Nami godendosi la scena e pensando che, vista la comitiva di mentecatti che si trascina dietro, sia sempre meglio allisciarsi l’unica forza dell’ordine presente «Piuttosto» si appoggia al sedile dal lato opposto del corridoio e inizia a conversare amabilmente «Ci raccontava Trafalgar ieri sera che è una gita che organizza spesso, come mai tutto questo interesse verso Supai?»
«Oi, chi ha detto che puoi chiamarmi per nome?»
«Law, piantala o ti butto fuori dal pullman in corsa» borbotta Drake.
«Bell’esempio che dai! Forze dell’ordine il cazzo».
Questa volta viene ignorato, mentre l’uomo al suo fianco si rivolge a Nami con un  sorriso educato: «Normalmente sono gli abitanti a scendere fino a Peach Springs, ma una volta al mese vado io su a controllare che tutto sia a posto, che non ci siano problemi e che, fondamentalmente, non abbiano bisogno di qualcosa di particolare. In quel caso chiamiamo a Kingman e mandano un elicottero con il necessario».
«Non deve essere semplice abitare lassù».
«Forse non sarà semplice» interviene Law «Ma male non se la passano di certo, 30 dollari a persona per entrare nella riserva, 70 per salire coi muli, per non parlare di chi fa andata e ritorno in elicottero. Ovviamente senza contare le tariffe per dormire in quella specie di albergo, quanto vengono a notte?»
«Sui 135 dollari, mi sembra» risponde Drake togliendo della polvere dal cappello con una manata.
Nami sbianca, sentendo tutto il sangue defluirle dal viso.
«Vogliate scusarmi» borbotta piano, catapultandosi verso il fondo del pullman «Brutti bastardi! Perché nessuno di voi mi ha detto che costava così tanto venire qui? Tutto per vedere una cazzo di riserva indiana?»
Zoro e Cavendish si scambiano un’occhiata da “noi non vogliamo saperne niente, è tutta colpa loro”, mentre Bonney si fa piccola, piccola contro il sedile a fianco a Kidd.
«Beh ecco…» azzarda sotto lo sguardo di fuoco della rossa, pronta, al minimo accenno di risposta sbagliata, a scaraventarla fuori dal bus.
«Sì?» domanda con tono minaccioso.
«Ho pensato che una notte di campeggio potesse essere piace–»
«Ah! Ecco cos’erano quegli zaini! Non mi fiderò mai più di quello che mi dite! Mai più!»
«Eddai, Nami» cerca di rabbonirla Zoro «Che ti costa, non è che ci sveniamo eh».
«Stai zitto, buzzurro. Vuoi forse pagare per me?»
«No, no!» interviene Bonney «Pago tutto io! Cioè sono i soldi di mia madre, ma ci teneva che ci fermassimo tutti qui almeno una notte. Eh, ha insistito così tanto! Continuava a dire “Jewelry se non dormi a Supai mi offenderò tipo super tantissimo”, vero Kiddo?»
Il ragazzo si gira verso di lei con la stessa espressione terrorizzata di uno che è appena stato scoperto a fare qualcosa di profondamente sbagliato.
«Non voglio saperne niente» alita piano «Non tiratemi in mezzo».
«Ti prego?»
Eustass salta in piedi, capendo che l’unico modo per uscirne risiede in quel tizio con la faccia da schiaffi. Persino una come Nami potrebbe lasciarlo andare, senza prima spellarlo vivo e appenderlo a un palo, davanti al richiamo dell’anima gemella.
«Oh, quello stronzo tatuato del cazzo mi sta chiamando, decisamente vuole parlare con me. Vado a sentire cosa vuole, eh» borbotta liberando il braccio dalla morsa dell’amica, che gli si è attaccata come una cozza allo scoglio, nel vano tentativo di salvarsi dalla furia della rossa.
Si allontana senza pensare troppo alle conseguenze delle sue parole, finendo con l’andare realmente ad accomodarsi nel sedile dietro a quello di Law, che, fingendo di non vederlo, si trattiene dal voltarsi e domandargli che diamine voglia.
Eustass non lo degna di uno sguardo, continuando a fissare i suoi amici seduti sul fondo del bus, mentre canticchia svogliatamente le parole della canzone trasmessa dalla radio. Fa così tanto anni novanta che quasi gli dispiace di essersi spostato per non poter coinvolgere gli altri in un coro.
« Centuries are what it meant to me, a cemetery where I marry the sea».
Lo sceriffo si volta di tre quarti verso di lui, sollevando un sopracciglio.
« Stranger things could never change my mind, I've got to take it on the otherside. Take it on the otherside» continua senza accorgersene.
«Canti bene» nota Drake, con tono di ammirazione «È raro trovare giovani così intonati, hai studiato in conservatorio?»
«Le sembro uno che studia, sceriffo?» borbotta Kidd, sorridendo appena.
«Decisamente no» mormora Law a voce bassa, anche se non a sufficienza per non farsi sentire.
«Faccio parte di una band, quindi cantare è una delle poche cose che so fare» continua ignorando completamente il moro «Anche se di solito mi limito suonare la chitarra».
«Ah, sì?» continua Drake interessato «E chi è il vostro vocalist? Fate tutti parte dello stesso gruppo? Quindi forse la rossa piena di grinta che è passata prima?»
«Decisamente no, sceriffo; oh, questo pezzo! Pour my life into a paper cup, the ashtray's full and I'm spillin' my guts. She wants to know am I still a slut-»
«Certo che lo sei Kiddo» gli urla Bonney dal fondo del Pullman «E se per caso decidiamo di fare tappa in Messico sia mai che riusciamo a venderti a qualche frocio del Cartello!»
Il ragazzo solleva elegantemente il dito medio, sventolandolo senza problemi sotto lo sguardo divertito dello sceriffo e quello annoiato di Trafalgar.
«Ecco, quella, la psicopatica con i capelli rosa. È lei la nostra vocalist» borbotta quindi rimettendosi a sedere.
«Ma non mi dire» mormora Trafalgar con un mezzo sorrisino «In effetti ha una gran bella voce. Soprattutto quando urla».
«Oh, non lo immagini nemmeno, sfigato».
«E cosa suonate?» domanda Drake, cercando di cambiare argomento.
«Quello che capita, siamo un gruppo rock/metal/grunge che reinterpreta classici, ma ci divertiamo anche con il folk nord europeo e irlandese» celia il rosso tutto tronfio.
«Come no» commenta Trafalgar sarcastico «Poi fate il caffè, vi esibite in spettacoli di country e ballate la polka».
«Ma stai zitto, coglione».
«Ma fammi tu il favore! Come diamine fate ad essere un gruppo sia metal che rock che grunge?! Per l’amor del cielo, o siete una cosa o siete l’altra!»
Eustass storce il naso sporgendosi tra i sedili e fissandolo con aria truce.
«Capisco che fossi troppo impegnato a studiare medicina per interessarti di musica, cazzone» esordisce «Ma ti informo dell’esistenza di una cosa chiamata sottogenere».
«Ma non mi dire» ironizza Law sollevando gli occhi al cielo «Ed è per questo che fate, cos’era? Folk nord europeo?»
«No, faccia di cazzo, lo facciamo perché sono irlandese».
«Ed è ora di scendere» li interrompe lo sceriffo appoggiando una mano sulla testa di Trafalgar «Forza bambini, senza litigare».
«Vaffanculo pure tu, Drake!» si lamenta Law, scostandogli il braccio con un movimento brusco e scendendo piccato dal pullman.
 
«Come sarebbe a dire che hai intenzione di prendere il mulo?» domanda Nami sgranando gli occhi.
«Beh, ciccia, non è tutta sta cosa da capire. Mi tira il culo a fare tredici chilometri a piedi, quindi vado a cavallo» risponde Bonney legandosi i capelli rosa in cima alla nuca in una fluente coda.
«Costa settanta dollari, settanta!»
«Su, scialla. Sono soldi di mio padre, e ho tutta intenzione di spenderne quanti più possibile. E poi così ci lasciano usare un mulo per portare i bagagli».
«Dai Nami, se ci tiene» Zoro la prende per il polso, calandosi in testa un capello a visiera che per i gusti della rossa fa davvero troppo Backstreet boys agli albori.
«Ci vediamo su» si intromette Killer accarezzando il capo dell’amica «Mi raccomando non fare niente che possa attirare l’attenzione».
«Soprattutto niente di illegale» sibila Nami sistemandosi le scarpe da trekking.
Bonney agita la mano, senza rispondere, mentre il gruppo di cavalli si allontana dalla strada inerpicandosi sul sentiero che conduce a Supai.
«Sceriffo quanto tempo ci vorrà, più o meno, per raggiungere la cima?» chiede educatamente una giovane bionda, che, a quanto Bonney è riuscita a capire, si chiama Rebecca. Il suo ragazzo, che dalla sera precedente continua a lanciare loro occhiate torve, annuisce con convinzione, come ad evidenziare l’importanza di quella domanda.
«Se seguite la guida, facendo il giro turistico, circa tre ore, signorina Dold» risponde l’uomo con un sorriso «Se seguite me, circa un’ora e mezza».
«Bartolomeo, possiamo fare… Ecco, vorrei fare il tour con la guida» mormora la ragazza sorridendo e strappando un sorriso anche al suo accompagnatore.
«Come preferisci tu, per me è identico, sai?!»
Bonney solleva le spalle, smettendo di prestare loro attenzione, quindi sprona il cavallo e va ad accostarsi allo sceriffo.
«Oh capitano, mio capitano» esclama con un sorriso «Io vengo con te, fino alla fine! Beh, della strada almeno».
Drake la osserva sollevando un sopracciglio, quindi scoppia a ridere; si toglie il capello di dosso e lo appoggia in testa alla ragazza.
«Sei davvero un capitano?» continua lei, senza lasciargli il tempo di parlare e sfiorando con le lunghe dita sottili le spillette che troneggiano sulla sua divisa.
«E tu hai davvero i capelli rosa?» domanda di rimando lui prendendole la mano con la propria e riportandola gentilmente verso le redini del cavallo.
Bonney scoppia a ridere, mentre con la sinistra scende a massaggiarsi un punto sopra l’inguine, la dove la pelvi incontra l’anca.
«Se vuoi puoi controllare» gli sussurra piegandosi verso di lui, con un ghigno malizioso dipinto in viso.
L’uomo scuote il capo e aumenta l’andatura del cavallo, mettendo distanza tra loro e il gruppo guidato; Bonney lo segue sorridendo, sentendo che la giornata ha preso una piega inaspettatamente insolita.
«Brucia ancora?» le domanda senza girarsi.
«Pizzica e basta, e il tuo?»
«Ero troppo impegnato a cercare di ricordarmi il tuo nome per farci caso» ammette Darke passandosi una mano tra i capelli aranciati.
«Mi chiamo Bonney» esclama lei sorridendo «Ma puoi chiamarmi Bambina dagli occhi blu, se preferisci».
Drake scoppia a ridere, ignorando la sua espressione civettuola: «Francis Drake, e non ti accompagnerò a rapinare banche».
«Peccato, perché: there I was completely wasting, out of work and down, all inside it's so frustrating as I drift from town to town».
Drake fa schioccare la lingua sul palate, gettandole un’occhiata di sbieco; la voce di Bonney invade il canyon e per qualche istante si sente solo l’eco delle sue parole e degli zoccoli dei cavalli sui ciottoli.
«Feel as though nobody cares if I live or die, so I might as well begin to put some action in my life».
«Non stai seriamente cantando Breaking the law a uno sceriffo, vero?» domanda voltando il viso verso di lei, sollevando un sopracciglio e accogliendo l’aria di sfida della giovane «Immagino dovessi aspettarmelo, dopo tutto tuo padre ti ha sempre definita una “piantagrane”».
Bonney sente le parole successive della canzone morirle in gola, ferma il cavallo e rimane a guardare Drake con occhi contratti, il sorriso trasformato in una smorfia e il labbro inferiore leggermente tremante. Lo sceriffo si volta verso di lei, con lo scopo di chiederle se abbia intenzione di fermarsi lì tutto il giorno, rimanendo però interdetto nel notare come lo sguardo negli occhi della ragazza sia completamente diverso, carico di una freddezza di cui non l’avrebbe mai creduta capace. Quando riprende a parlare, avvicinandoglisi nuovamente, il tono è privo di qualsiasi nota allegra e il suo lessico scevro di quei termini gergali che Nami tanto detesta.
«Così sei davvero un capitano, ma non mi dire» mormora piano.
«A dire la verità sarei retro ammiraglio. O meglio ero retro ammiraglio, flotta del pacifico, forze sottomarine, ma non che abbia molta importanza adesso».
«Affascinante» commenta Bonney, ma il suo tono riflette tutto tranne che interesse.
«Questo dovrei dirlo io» continua l’uomo «Non mi sarei mai aspettato di trovare la figlia di Sakazuki Akainu in questo posto dimenticato da Dio».
«Ti stupisce quello, o il fatto che io sia tutto fuorché la quadrata figlia dell’Ammiraglio della flotta degli Stati Uniti?»
Drake scoppia a ridere, avvicinando il viso a quello della ragazza.
«Tuo padre è un –»
«Un figlio di puttana che non ha idea di cosa siano l’onore e l’integrità?» sibila lei.
«Stavo per dire un ostinato bastardo senza scrupoli, ma la tua definizione va benissimo».
Bonney sorride appena, calandosi il cappello sul viso e aumentando l’andatura per rimanere al suo fianco.
«E com’è che ora sei qui a fare lo sceriffo? Non che a Peach Springs ci sia molto…»
«Puoi dirlo, non mi offendo. So che questa cittadina è un postaccio dimenticato da tutti, ma che vuoi farci. È la vita. Diciamo solo che io e le alte sfere abbiamo avuto una divergenza di opinioni».
«Mi piace questa visione: divergenza di opinioni. Sembra il riassunto della relazione con mio padre».
«Questo spiega i capelli rosa e beh… Tutto il resto» esordisce scrutando il suo abbigliamento dai toni sgargianti.
Bonney sorride appena: «Oh, no. Questi vestiti mi piacciono davvero, cioè all’inizio mi sono resa conto che più colori indossavo, più ero scoperta e più gli dava fastidio. Ma alla fine ci ho preso gusto, dovresti vedere il mio armadio».
«Tra una decina d’anni magari, eh» ride Drake, fermando un attimo il cavallo e smontando.
«Per quanto riguarda i capelli invece» Bonney lo imita e, dopo essere scesa, si avvicina all’uomo intento ad aprire la sacca di uno dei pony della comitiva per prendere una bottiglia d’acqua «Beh, li tingo da quando avevo dodici anni ed è colpa tua».
Francis si gira lanciandole un’occhiata sorpresa, sorpresa che si trasforma in allarme nel vedere che la ragazza sta slacciandosi il bottone dei già fin troppo corti shorts, risvoltandone la cima.
«Cosa diavolo!»
«Guarda» risponde perentoria, mostrandogli un lembo di pelle proprio sopra il filo degli slip, là dove spicca, in nero, il suo Basher.
E tu hai davvero i capelli rosa?
Sorride, avvicinandosi, mentre la ragazza si ricompone.
«Ora che ci penso, non mi hai risposto».
«No» risponde Bonney afferrando la sua cravatta e, tiratolo verso il basso, quasi irritata dal fatto che lui sia così tanto più alto di lei, gli sussurra all’orecchio «Ma ti ho invitato a controllare».
Quindi si stacca, rimontando sul cavallo e dandogli la schiena.
«Dubito sopravvivrò abbastanza a lungo per scoprirlo» borbotta Drake tra sé, salendo nuovamente in sella e riprendendo la marcia.
«Oh, andiamo, sceriffo» lo prende in giro «Non mi dire che ti ho lasciato senza parole».
«Ne hai di strada da fare prima di riuscirci, bambina».
«Dagli occhi blu?»
«Oddio. Che ho fatto di male?» geme aumentando l’andatura.
«Non lo so, ma so io come farti tornare il buon umore. Aspetta» armeggia qualche secondo con la sacca sul fianco dell’animale e ne estrae un busta.
«Bonney, no».
È la prima volta che la chiama per nome e la ragazza reprime un leggero brivido, senza però riuscire a evitarsi di sorridere. È una sensazione strana, come se avesse appena ufficializzato il legame che li unisce, seppur solo virtualmente; è così che ci si sente quindi, pensa la ragazza fissandolo negli occhi e reprimendo una risatina.
«Drake?» lo chiama a mezza voce.
«Cosa?»
«Posso farmi una canna?»
«Per l’amor del cielo! No! Ma cosa ti salta in mente di chiedermelo!»
«Guarda che possiamo dividerla, mica me la fumo tutta da sola».
L’uomo ruota il cavallo nella sua direzione, avvicinandosi con aria minacciosa; piega il viso verso di lei, dandole modo di osservare i suoi lineamenti marcati e la cicatrice a forma di X sul mento.
«Sono lo sceriffo» sibila piano scandendo ogni parola «Ed è illegale».
«Anche quando nessuno ti vede?» domanda fingendo innocenza.
«Dio. Sei… Sei… Sei così irritante che, gh!»
«Lo prendo come un sì» continua imperterrita, spronando il cavallo e superandolo.
«Giuro che se non la passi ti arresto direttamente» borbotta raggiungendola.
«Oh, siamo già alle manette?»
 
«Ricordatemi perché non siamo saliti tutti sui fottuti pony del cazzo» ripete Kidd nascondendo lo sguardo dietro gli spessi occhiali da sole e rovesciandosi parte della bottiglietta d’acqua in testa.
«Costava troppo» borbotta Nami, troppo accaldata e stanca per ricordargli di moderare il linguaggio.
Zoro solleva a malapena il capo dalla pietra contro cui è appoggiato, osservando quel branco di debosciati dei suoi amici intendi a riposarsi.
«Ok» interviene Cavendish «Posso capirlo, ma perché questo qui è con noi?»
L’indice affusolato della mano destra va a posarsi a pochi centimetri dal petto di Law, che, perfettamente a suo agio anche sotto il sole cocente, si limita a osservarlo con aria schifata.
«Preferivi perderti?» gli domanda.
«Non dubito delle tue buone intenzioni» borbotta Nami «Ma ci sono i cartelli».
Accenna a un grosso segnale arrugginito appoggiato a un sasso che reca la dicitura “Supai, siete a meta strada!”.
Roronoa grugnisce, rimettendosi in piedi e guardandoli tutti con lo stesso sguardo che si rivolgerebbe a una manica di scansafatiche colti a cazzeggiare in piena giornata di lavoro.
«Sono tredici chilometri, gente. Tredici. Non posso credere che siamo ancora qui. Se fossi stato da solo li avrei fatti in due ore!»
«Se fossi stato da solo» gli fa presente Kidd «Ti saresti perso nel fottuto deserto»
«E ora saremmo tutti a cercarti come dei deficienti» aggiunge Cavendish legandosi i capelli in una specie di nido in cima alla testa.
«Però sarebbe saggio riprendere a camminare» interviene Killer, l’unico la cui folta chioma ricade ancora sulle spalle, incurante della temperatura che sembra solo aumentare «Non vorremo essere ancora qui quando sarà ora di pranzo, rischieremmo di prenderci un’insolazione e, detto tra noi, Kidd non regge bene il caldo».
«Grazie, eh. Bell’amico di merda» borbotta il rosso, saltando in piedi e tirando un calcio a un sasso.
«Devi ammettere» interviene Nami rimettendosi in marcia «Che con una carnagione pallida come la tua ustionarsi è un attimo».
«Hai messo la crema solare?» domanda Trafalgar in tono neutro e sono le prime parole che gli rivolge direttamente da che sono partiti.
«Cinquanta più» risponde Killer al suo posto «Ma riesce a scottarsi lo stesso».
«La volete piantare, cazzo! Non ho dodici anni e tu vuoi legarti quei fottuti capelli? Mi fai caldo solo a vederti».
«Veramente!» alita Cavendish «E poi non ti si appiccicano tutti sul collo?»
Killer abbassa lo sguardo e aumenta il passo, strappando a Eustass uno sbuffo di irritazione; si avvicina in poche falcate all’amico e gli sibila con un tono sufficientemente basso perché solo lui possa udirlo: «Nessuno ti giudicherà per qualcosa che non è nemmeno dipeso da te, quindi legati quegli stracazzo di capelli che abbiamo ancora cinque miglia da percorrere e non voglio portarti a spalla perché svieni per il caldo».
Quindi lo supera e raggiunge Zoro in testa al gruppo, sincerandosi che la direzione sia quella corretta e che l’amico non stia guidandoli verso un crepaccio, un burrone o morte certa.
«Avete un altro elastico?» domanda invece Killer cercando di non far trapelare ansia dal tono della domanda.
«Quanti ne vuoi, aspetta. Siediti su quel sasso».
Nami gli scompiglia i capelli, passando le dita tra le ciocche bionde, quindi li tira all’indietro, pettinandoli alla bell’e meglio e annodandoli, con un elastico scuro, in una coda in cima al capo.
«Che ne dici?»
Sta per risponderle, quando si accorge che la rossa non sta parlando con lui, ma con Cavendish che lo fissa con occhio attento.
«Ancora troppi, fai un altro mezzo giro di elastico e lasciali penzolare».
«Ringrazio solo che sono abituata a sentirti parlare o non avrei capito niente».
Si allontana per ammirare il suo operato e Killer nota, non senza sollievo, che nessuno dei due pare soffermarsi sulle cicatrici che gli attraversano il viso: profondi solchi più chiari che gli incidono la fronte, le tempie e parte della palpebra destra.
«Trafalgar, vieni qui» chiama la rossa, per poi chinarsi al suo orecchio e iniziare a bisbigliare frasi sconnesse, indicando a gesti prima Killer e quindi Cavendish.
Entrambi spostano ripetutamente lo sguardo da uno all’altro per poi fissarlo definitivamente sul ragazzo ancora seduto.
«Con quei capelli e quegli occhi così azzurri…» borbotta Law aggrottando la fronte.
«Potreste benissimo essere fratelli» conclude Nami, per poi girarsi verso Cavendish con aria teatrale «Peccato che tu però abbia barattato il tuo senso estetico per una fornitura a vita di crema idratante».
«Oh, ma piantala! È solo che non capisci il mio stile, fino ad ora nessuno si è mai lamentato»
«Avete finito di fare salotto? Fa un caldo fottuto, ho fame e sto sudando come una cazzo di nutria. Vi muovete?»
Quando raggiungono, finalmente, Supai sono oramai le due del pomeriggio e ad aspettarli c’è una Bonney fresca come una rosa, con un panino in una mano e una birra nell’altra.
«Oh, stavo per iniziare a preoccuparmi!» borbotta «C’avete messo strasuper tanto!»
Il suo tono di voce è così allegro da essere quasi irritante e nel vederla sorridere a quel modo Kidd trattiene l’impulso di mandarla a cagare, perché lui si sente sporco, appiccicoso e a dirla tutta vorrebbe solo lasciarsi cadere a terra e dormire, ma ovunque lì intorno ci sono solo arida terra rossastra e fottute merde di cavallo.
«Francis sta parlando con un suo collega, un tizio che sta qua tipo sempre a scassarsi le palle, ma m’ha lasciato il numero e m’ha detto che se c’ha cazzi ci raggiunge».
«Ci diavolo è Francis?» chiede Zoro perplesso.
«Ah, Killer, ma stai una favola, ciccio! Era una vita che non ti vedevo senza ciuffi davanti alla faccia» continua la ragazza ignorando bellamente Roronoa.
«Drake» borbotta Trafalgar al suo posto, bevendo a canna da una bottiglietta di plastica «Lo sceriffo».
Eustass, senza farci troppo caso, gliela ruba di mano e ne beve un paio di sorsate prima di ridargliela e fissare Bonney con aria scettica.
«Hai corrotto lo sceriffo?»
«Più che altro, perché ci hai anche solo parlato?» esclama Nami esasperata «Oddio, dimmi che non hai fatto niente di illegale».
Jewelry sembra pensarci un attimo, quindi sorride e risponde: «Non ho fatto niente che a lui non andasse di fare… Più o meno».
«Fantastico. Siamo fottuti».





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Capitolo 3
*** The future is a little bit fright'ning ***


Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: The future is a little bit fright'ning
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 7638
Note: eccoci, ci siamo. Ho ritardato troppo con questo capitolo, ma ora prometto che i seguenti arriveranno a ritmi piuttosto rigidi perché voglio chiudere la storia prima di giugno e alla fine credo che in tutto i capitoli saranno cinque.
In questo terzo vediamo la storia che va avanti e ovviamente, essendo che il tutto si dipana in tre giorni soltanto, le cose accadono parecchio in fretta. Non voglio però annoiarvi eccessivamente con le mie solite chilometriche note, quindi farò un elenco veloce dei punti salienti.
- Non andate a Supai senza prenotare, qui non ne ho parlato, ma Bonney ha prenotato alle spalle di tutti; per chi non prenota c’è una sovrattassa. In ogni caso più mi informo su questo posto, più sembra un postaccio.
- Ace e Bonney si conoscono, spiegherò nel prossimo capitolo come, ma non aspettatevi grandi rivelazioni, è una stronzata.
- Le canzoni di questo capitolo sono solo tre: Every breath you take – the Police; Behind blue eyes – the Who; Kung fu Fighting – Kung fu Panda.
- non l’ho detto nelle note al capitolo precedente quindi lo dico qui, X Drake qui si chiama Francis perché non potevo non dargli un nome e di conseguenza mi sono ispirata al nome del pirata omonimo (a cui per altro si è ispirato pure Oda).
- Kendra Willer (e Matt), personaggio che viene nominato in relazione a Sanji, è un personaggio inventato e creato da Axia, nelle sue fic RuNami (Verso il Re, The Eight Kings e Le Cronache del Re) oramai da tempo non più in rete; siccome trovo che la sua storia sia uno dei masterpiece delle fic di one piece, non ho potuto esimermi – col suo consenso – dal far fare questo cameo a Kendra. A voi che sapete di che parlo, so che anche voi non riuscite a vedere Sanji con nessun’altra.
- “superoca” è invece una reference del “Superoca” / “Megafessa” con cui si chiamano sempre Cloe e Beatrix nella Saga di Kysa (questa la trovate su EFP, fandom Harry Potter).
 

 

Walk like an Egyptian
3. The future is a little bit fright'ning

 

 
Il ragazzo si getta nel bacino d’acqua con un grido, sollevando onde azzurre che vanno allargandosi fino a toccare la riva e schizzare i passanti; Rebecca sorride, mentre le lunghe gambe sottili godono del refrigerio delle cascate Havasu. Osserva con occhio divertito Bartolomeo mentre cerca di proteggerla dagli schiamazzi molesti di quella comitiva, fin troppo allegra, che dalla sera precedente sembra seguirli ovunque vadano. Sono così spensierati, apparentemente felici e privi di ogni preoccupazione che non riesce a fare a meno di provare una strana fitta ogni volta che li guarda; le ci è voluto un po’ per capire che quel sentimento che le stringe lo stomaco è invidia. Sospira piano, attirando involontariamente l’attenzione di Bartolomeo che si piega su di lei con aria preoccupata e le appoggia una mano sul capo.
«Stai bene? Hai bisogno di qualcosa?»
Gli sorride con dolcezza; vorrebbe fargli capire che tutte quelle attenzioni non sono davvero necessarie e che sta bene anche così, ma il ragazzo è già balzato fuori dall’acqua e si è allontanato dicendo: «È meglio se non stai troppo al sole, vado al villaggio a prenderti qualcosa da bere».
«Non lascia molto spazio per sé stessi una relazione con uno così, non trovi?» domanda con tono pacato una voce alle sue spalle, non appena Bartolomeo sparisce in lontananza.
La ragazza dai capelli rossi, che sembra fare da guida alla comitiva, la osserva con aria neutra, immersa fino alla vita nell’acqua azzurra del lago.
Rebecca sorride debolmente, mentre la giovane si lascia scivolare al suo fianco.
«Non è come credi» si schernisce debolmente, senza però sentirsi infastidita dal commento «Cerca solo di dimostrami la sua presenza, anche se non si rende conto a volte di essere un po' opprimente».
Nami sbuffa, storcendo il naso, nella piena consapevolezza che quel genere di relazioni così morbose non fanno proprio al caso suo.
«Non volevo suonare come se ti stessi giudicando, comunque io sono Nami».
«Rebecca, e no, davvero, non preoccuparti, è una cosa che mi hanno fatto notare spesso, ma se fosse tutto così semplice non sarei ancora qui».
«Every breath you take and every move you make, every bond you break, every step you take, I'll be watching you» canticchia qualcuno alle loro spalle «Ciccia, hai fatto scappare il tizio strano super protettivo?»
«E la spostata che parla per pezzi di canzoni è Bonney. Non hai un minimo di pudore? Statti zitta ogni tanto».
Jewelry alza le spalle, salta nell’acqua a fianco a loro e schizza l'amica.
«Sei tu quella che ha cominciato a farsi i cazzi altrui, sorella, mica io; predica come razzoli, o poi ci sta tutto che Kiddo ti dia della gallina!»
Rebecca scoppia a ridere; un rapporto simile con qualcuno lei non l'ha mai avuto. La famiglia di sua madre era troppo in vista e troppo importante perché le ragazze della sua età si sentissero legittimate ad avvicinarsi con naturalezza. Quelle poche che si erano approcciate a lei lo avevano fatto semplicemente per comodità e convenienza, perché essere amiche della famiglia Dold non poteva che portare privilegi e vantaggi. Certo qualcosa era cambiato quando aveva incontrato Bartolomeo, ma la verità rimaneva che Rebecca non aveva amiche e che un rapporto simile a quello di Nami e Bonney era qualcosa che invidiava e allo stesso tempo desiderava con tutta sé stessa.
«A proposito, devo dirti una cosa da sturbo» prosegue Jewelry facendo una bolla con la gomma da masticare.
«Hai deciso di riprendere a parlare come tutta la gente normale?»
«Divertente, ciccia, ma no è qualcosa che ti sparaflasherà il cervello».
Rebecca si sistema leggermente, aggiustando la posizione in cui è seduta e mostrando segno di un lieve disagio.
«Uhm, ecco, se volete me ne vado».
«No, no, scialla, rimani pure. Siete pronte? Ecco: io e lo sceriffo siamo Bonnie e Clyde, gli ho cantato Breaking the Law venendo in qua».
Nami si passa le mani sulla faccia con fare disperato e l’aria di chi oramai ha perso ogni speranza.
«Dimmi che non l'hai molestato, io la cauzione non te la pago e uno di questi giorni tuo padre ti lascerà dentro a marcire, ne sei consapevole, sì?»
«E non credo che lo sceriffo sia tipo da rapinare banche» mormora debolmente Rebecca, ancora incerta se sia legittimo o meno per lei inserirsi nella conversazione.
«No, ciccie, non avete capito, vi sto dicendo che è la mia anima gemella. Tipo che mi ha parlato e BOOM, il tatuaggio ha preso a scottare, tipo peggio di quella volta che per sbaglio mi sono data fuoco alle sopracciglia».
Nami quasi si soffoca con la saliva e spalanca lo sguardo. Oramai aveva iniziato a pensare che la metà della mela di Bonney fosse un essere mitologico a metà tra un essere umano e un alieno, dopotutto l'amica non aveva una personalità facile da gestire e non si faceva alcun problema a infrangere la legge e a cacciarsi nelle situazioni peggiori.
«Stai scherzando? E sì che sembrava così normale!»
«Beh, è un bell'uomo, congratulazioni» le sorride Rebecca.
«Oh, sì, Jewl, congratulazioni. Ora anche tu e Kidd potrete sperimentare l'ebrezza di un legame imposto da qualcun altro, non sei felice?» ironizza Nami storcendo il naso.
«Io sì, e tu potresti almeno fare finta di esserlo per me» replica l'amica, che a questo giro ne ha basta degli sbalzi d'umore della rossa ogni volta che si parla di anime gemelle.
Nami la osserva allontanarsi con la consapevolezza di avere esagerato, stringe le dita sottili a formare un pugno e impreca sommessamente; se fosse semplice per lei parlare del problema l'avrebbe già fatto, perché Bonney è la sua migliore amica e meriterebbe di sapere la verità.
«Sai» la voce di Rebecca le arriva da lontano e si ricorda improvvisamente della sua presenza «Non per tutti è un male, anche se spesso è molto meno semplice di quanto si pensi».
«Per voi due, però, sembra molto semplice» borbotta con un sorriso mesto.
«Oh, beh, le apparenze ingannano, sai? Ho trovato Bartolomeo grazie a un'agenzia investigativa che si dedica alla ricerca del vero amore “Trova il tuo per sempre felice e contento” diceva il loro flyer. Ho compilato dei moduli, un questionario, fatto foto al mio tatuaggio e stillato una lista di gusti personali sia a livello fisico che caratteriale e loro mi hanno presentato Bartolomeo. E sai la cosa incredibile? Era quello giusto. Quando mi ha rivolto la parola balbettando, più imbarazzato di me, il mio tatuaggio ha iniziato a scottare».
«Affascinante» Nami schiocca la lingua sul palato, per poi voltarsi spalancando lo sguardo nell’udire le parole successive.
«Ma non il suo. È rimasto lì a guardarmi mentre i miei occhi si illuminavano prima di gioia e poi si riempivano di lacrime. Mi ha abbracciata sussurrandomi parole di conforto, così diverse dalle parole d’amore che mi ero preparata a sentire».
«Mi dispiace» borbotta la rossa imbarazzata «Non sapevo fosse possibile».
«Nemmeno io. Ma ora lo so e, fidati, avrei preferito non scoprirlo. In ogni caso, ecco, magari per te non è importante, magari per te tutta questa cosa è un peso, come a volte temo lo sia per lui, ma ci sono persone che lo aspettano per tutta la vita. Ci sono persone che vivono nell’attesa del momento in cui scopriranno chi è la loro anima gemella, ci sono persone che pagherebbero oro per avere quello che hai tu».
«Tch, bella roba…»
«Per lei, evidentemente, lo è. Forse dovresti parlarle, sai e cercare di capire».
 
«Devo rifarmi le sopracciglia» borbotta Cavendish specchiandosi nella vetrina polverosa dell’unico emporio di Supai.
Nessuno gli presta molta attenzione, in quel villaggio dimenticato da Dio e dalle piogge oramai sono abituati ai turisti, soprattutto a quelli eccentrici come lui e la sua comitiva. Si passa una mano tra i capelli biondi, più preoccupato che possano seccarsi per via del clima ostile di quella zona che per altro; non appena arriveranno a Las Vegas si infilerà nel primo parrucchiere che incontra. Gli han detto che il nuovo salone di bellezza del Bellagio è impareggiabile, ma non è sicuro di voler tradire così il Jerry Lambert. Chissà, magari se Nami si prende bene nei casinò farà in tempo a passare da entrambi.
È così perso nei suoi pensieri, e nella sua immagine riflessa e offuscata dalla polvere rossiccia che si solleva a ogni folata di vento, che non si accorge del giovane che di tutta fretta esce correndo dall’emporio, andando brutalmente a sbattergli addosso e facendolo cadere a terra.
Batte il sedere sul selciato, macchiandosi i pantaloni e masticando un’imprecazione tra i denti, quindi solleva lo sguardo per posare gli occhi sul ragazzo più antiestetico e disarmonico che abbia mai visto. I capelli, tinti di un verde sgradevole prossimo a scolorirsi, fanno a botte con la camicia bordeaux aperta sul petto a rivelare un tatuaggio grosso e apparentemente informe; come se non bastasse il pessimo gusto nel vestire, il viso già sgraziato è del tutto privo di sopracciglia e decorato con un mostruoso septum dorato al naso.
Lo sente a malapena borbottare qualcosa, ma non coglie il significato delle parole, preso com’è a scrutarlo con occhio indagatore. A rivelargli ciò che gli è stato appena detto è una fastidiosa sensazione di bruciore sul lato sinistro del costato e, anche se non ha sentito niente, nella testa di Cavendish rimbombano ripetutamente le stesse parole “Ti sei fatto male, biondino?”.
Si rimette in piedi, allontanando la mano che gli viene porta, ignorando la presentazione dell’altro, che apparentemente si chiama Bartolomeo – incidentalmente un nome di merda. Gli lancia uno sguardo freddo e sillaba, scandendo con cattiveria ogni parola: «Se avessi saputo cosa mi aspettava mi sarei suicidato da piccolo».
Bartolomeo si zittisce e impercettibilmente la bocca si piega in una smorfia; non è il fatto che di fronte a lui ci sia un uomo a turbarlo, né sono quelle parole pronunciate con così tanta cattiveria (ha sempre portato su di sé il peso di quella frase e si è oramai abituato al disprezzo che cela), solo non avrebbe mai creduto che udire una cosa simile dalla persona che dovrebbe essere la tua anima gemella fosse così spiacevole.
«Cosa c’è, un gatto ti ha mangiato la lingua? Ti puoi spostare? Sei così brutto che guardarti mi disturba».
Bartolomeo stringe i pugni e si trattiene dal tirare la lattina di tè freddo in faccia allo sconosciuto, quindi sorprendendo anche sé stesso scoppia a ridere.
«Hai ragione, faccio spesso paura alla gente per il mio aspetto! Ma che vuoi farci, io sarò anche brutto, ma almeno riesco a guardarmi allo specchio senza sentirmi una merda, tu puoi dire lo stesso?» borbotta allontanandosi a grandi passi, senza dargli il tempo di rispondere.
Cavendish rimane interdetto e rimane a osservare quella schiena e quei capelli verdastri mentre si allontanano in direzione delle cascate; bestemmia malamente e apre la porta dell’emporio con uno scatto violento, mandandola a sbattere contro il muro e facendo tremare pericolosamente i cardini.
«Figlio di puttana» mormora tra sé e sé girando tra gli scaffali e infilando tutto ciò di cui pensa possano avere bisogno quella sera in un logoro cesto per la spesa «Chi si crede di essere?!»
Allunga la mano con astio verso gli alcolici senza nemmeno fare troppo caso a quello che infila nel carrello.
No one knows what it's like, to feel these feelings, like I do. And I blame you.
«Io guardarmi allo specchio. Io una merda. Dico io! Si è mai visto lui? Senza nemmeno le sopracciglia, da dove è scappato? American Horror Story Freak Show?»
Si avvicina alla cassa con la cesta piena, sotto lo sguardo vagamente turbato del commesso, che inizia a passare gli articoli canticchiando sommessamente la canzone che da qualche minuto sta passando alla radio.
«When my fist clenches, crack it open, before I use it and lose my cool. When I smile, tell me some bad news, before I laugh and act like a fool».
«Tch. Se ha finito di fare il solista – e per inciso sta cannando tutte le note – mi dice il totale?» borbotta il ragazzo sempre più irritato.
«Woha. Ha ragione il tuo amico, fratello. Sei davvero uno stronzo. Sono 58 dollari e 30 centesimi».
Cavendish gli passa il denaro, quindi, dopo avere raccattato la busta della spesa, si allontana sventolando un dito medio, masticando insulti poco fini rivolti ai locali e alla sua sfortuna cronica.
 
«Avresti potuto comprare una sottomarca» si lamenta Nami irritata, rigirandosi tra le mani la bottiglia di Tancari.
«Nessuno qui beve merda» esclama Cavendish lasciando andare con aria ugualmente scocciata le buste della spesa.
«Linguaggio!»
«Sai dove te lo puoi infilare oggi il tuo linguaggio del cazzo?» borbotta il biondo cercando di accendersi con frustrazione crescente una delle sigarette di quel pacchetto comune che così raramente viene toccato.
Nami solleva un sopracciglio, si volta verso di lui, appoggiandosi con la spalla a uno degli alberi della radura, e lo fissa con sguardo interrogativo.
«Va tutto bene, Barbie?»
«No, cazzo, non va bene una sega, prima ce ne andiamo da questo posto di merda, meglio è per tutti».
«Vuoi parlarne?»
Cavendish sospira, espirando una nuvola di fumo grigio che si sposta leggera nella direzione della ragazza per poi dissolversi in aria.
«Dubito che tu abbia voglia di ascoltarmi, quando si parla di anime gemelle sembra di avere di fronte un’estranea, non un’amica».
Non sa da dove gli esca tutta quell’acidità ed è quasi tentato di girarsi e andarsene, perché in quel momento tutto quello di cui avrebbe bisogno è starsene solo per i cazzi suoi, quando il sorriso mesto sul volto di Nami lo congela sul posto.
Insensibile testa di cazzo, pensa tra sé cercando le parole per scusarsi.
«No, ecco, io –»
«Non ci posso credere» Nami si avvicina a grandi falcate e lo afferra per il bavero della maglietta «Prima Kidd, poi Bonney, ora anche tu! Questo posto di merda è maledetto!»
«Cosa? Bonney? Aspetta, non tirare, guarda che la maglietta è dell’Hard Rock!»
La ragazza lo trascina fino a una sgangherata sedia da campeggio, le gambe traballanti e la stoffa stinta in più punti, lo costringe a sedervisi sopra, ignorando le lamentele sul fatto che sembri poco igienico, quindi si piega su di lui con fare minaccioso.
«Cosa diavolo hai combinato?»
«Io?! E pensare che mi stavo anche sentendo in colp–»
«Dacci un taglio e dimmi che hai combinato. Subito!» esclama Nami perdendo del tutto la pazienza.
«Ma niente» esordisce Cavendish con tono lamentoso «Ero lì che passeggiavo e sto sfigato mi arriva addosso e il tatuaggio inizia a bruciare. E la parte peggiore è che bruttissimo, come gli dicevo se l’avessi saputo mi sarei suicidato da piccolo».
«Tu cosa? Gli hai seriamente detto così?!» storce il naso, celando a fatica la sua disapprovazione «Di chi si tratta?»
«Quel ragazzo trucido, senza sopracciglia, con un septum di merda e i capelli verdi. Quello che era sul pullman con noi».
«Bartolomeo?»
«Non lo so come si chiama, Nami. Non parlo ai cessi! Perché tu lo sai, piuttosto?»
«Perché è il ragazzo di Rebecca, pezzentone che non sei altro!»
«Chi? Da quando parli con le persone?!»
«Già, Nami» la voce sarcastica di Bonney la blocca prima che possa rispondere «Da quando parli con le persone? Di solito ti limiti a giudicarle e a sbuffare, fornendo suggerimenti non richiesti su come allontanare la felicità».
Cavendish spalanca la bocca e la richiude, ammutolito; in tanti anni che le conosce non ha mai visto Nami e Bonney litigare, mai, nemmeno una volta. Nemmeno in situazioni che lo avrebbero richiesto e ora, a vederle squadrarsi in quel modo, come due cani ai lati opposti di una gabbia, non sa che pesci pigliare.
«Fammi il favore, Jewls. Saprò anche comportarmi da stronza alle volte, ma giudicarti? Quando mai!»
«Allora non ti sarà troppo difficile guardarmi negli occhi e ascoltare me come hai ascoltato Cav, no? Ah, aspetta, giusto, c’è una differenza sostanziale. Io sono felice, mentre lui ha decisamente l’aria di uno che l’ha appena pigliato in culo senza vaselina».
«Ehi» protesta il ragazzo debolmente, ancora indeciso se sia il caso o meno di intromettersi nella conversazione, ben consapevole che potrebbe uscirne in un sacco nero per cadaveri.
«Vuoi che ti dica che una balla? Vuoi che gioisca per qualcosa che sai disprezzo con tutta me stessa?» la voce di Nami trabocca di sarcasmo «Se tu sei felice, sono felice anche io, Jewls, ma non chiedermi di trovarla una bella cosa, perché non lo è. Qualcuno ha appena deciso per te che la tua anima gemella è un tizio sconosciuto incontrato in mezzo al deserto, non sai niente di lui, ma sei disposta a lasciare che influenzi la tua vita? È qualcosa che è stato scelto per te da qualcun altro!»
Bonney scoppia una bolla fatta con la gomma rosa che sta masticando, e si avvicina di un passo.
«E allora? Mi vuoi spiegare che problema hai? Cristo santo! È la normalità, la gente aspetta tutta la vita per incontrare la propria anima gemella, la società non fa che promuoverne l’incontro, i miei genitori si sono conosciuti così, i tuoi anche, quelli di Barbie pure. Minchia schifa, che problema di merda hai? Sono secoli che la gente si sposa e si innamora della propria anima gemella, è la normalità, non puoi essere felice perché finalmente i tuoi amici riescono a inserirsi normalmente nella società?»
«Parla civilmente, per l’amor del cielo!» ringhia Nami «Se la società fa schifo, non significa che dobbiamo tutti uniformarci ad essa. Oh, sì, promuove la ricerca dell’anima gemella e il libero arbitrio? Cosa ottiene chi si innamora di qualcuno che non c’entra niente? Cosa ottiene chi sceglie? Te lo dico io! Niente! Non puoi sposarti se il tuo partner non è la tua anima gemella, lo sapevi questo? Non esiste nessuna forma di tutela per le coppie non gemellate, la società non le riconosce, ma a te non interessa, perché nel momento in cui siamo tutti accoppiati con il primo sconosciuto che passa allora va bene vero? Anche se magari, dopo avere aspettato qualcuno per tutta la vita, ti trovi davanti uno stronzo come Barbie che ti dice che sarebbe stato meglio suicidarsi piuttosto che incontrarti, o uno come Law che nemmeno ti guarda in faccia perché il tuo sesso è sbagliato. Oh sì, Bonney, raccontami ancora di quanto sia meraviglioso trovare l’anima gemella, l’unica che puoi sposare, l’unica che puoi amare legalmente!»
Oramai entrambe stanno urlando e le vaghe proteste di Cavendish si perdono nel vuoto, mentre il giovane cerca di far notare come lui abbia tutti i diritti di respingere qualcuno che lo disturba a livello estetico. Attirati dal trambusto iniziano ad avvicinarsi i primi curiosi, e se gli sconosciuti vengono scoraggiati dallo sguardo di fuoco della rossa, che sembra pronta ad ammazzare il primo ignaro passante a morsi per sfogare la sua rabbia, rimane invece attenta l’attenzione di chi le conosce bene.
«Cosa diavolo…» Kidd compare alle spalle di Cavendish, mentre dall’angolo opposto, da dietro le tende, si avvicinano Rebecca e Bartolomeo.
«Oh, è arrivata la santa protettrice delle coppie senza diritti. Non fare la finta innocente Nami, da quando ti interessano queste cose? Non passare per l’attivista dei diritti sociali adesso, non lo sei e non lo sei mai stata».
«Il fatto che non scenda in piazza non significa che non lo pensi!»
«Fammi il favore, ok? Tu e Zoro siete sempre assieme, sempre appiccicati! È tanto facile per te parlare così, tanto Ro’ ti è sempre stato vicino, no? Ti è sempre stato accanto! Che ti fotte dei problemi degli altri? Tanto la tua anima gemella l’hai trovata, da anni. E sai cosa mi fa rabbia? Che stai assieme a Zoro da una vita, ma ogni singola volta che si parla di soulmate scatti come una molla e ti metti a masticare insulti, ecco cosa mi sta in culo. Perché tu puoi essere felice, ma non appena ci provano gli altri allora giù di critiche!»
«Per l’amor del cielo, ma ti senti quando parli?»
«Mi sento io? Sono anni che mi dai, anzi, ci dai il tormento su sta cosa e ora tutto quello che vorrei è sentirmi dire dalla mia migliore amica che è felice per me, ma no, tu non riesci a esserlo. Finché eravate l’unica coppia andava bene, ma nel momento in cui anche gli altri trovano l’anima gemel–»
«ZORO NON È LA MIA ANIMA GEMELLA! Va bene? Sei contenta ora?».
Bonney ammutolisce di colpo e tutto il sangue le defluisce dal viso.
«Cosa?» domanda a mezza voce, all’unisono con Cavendish e Kidd.
«Zoro non è la mia anima gemella» ripete Nami, questa volta senza urlare; i suoi occhi rimangono saldamente piantati sul terreno e si rifiuta di guardare in faccia l’amica.
«Non me l’hai mai detto» mormora Bonney, avvicinandosi. Tutta la rabbia di prima sembra sparita nel nulla alla luce di quella rivelazione, che finalmente va a spiegare molti dei comportamenti di Nami degli ultimi anni.
«E come avrei potuto? Quando io e Zoro vi abbiamo finalmente detto che stavamo assieme avete tutti dato per scontato che lo fossimo e non vi è nemmeno passato per la testa che potessimo semplicemente essere due tizi che si erano innamorati e così è stato più facile per me non dire niente».
Abbassa lo sguardo e sospira, non avrebbe mai voluto dirglielo così, i suoi migliori amici si meritavano qualcosa di meglio di una sfuriata nel mezzo del deserto. La mano gentile di Kidd le accarezza il capo, mentre Bonney si avvicina con gli occhi lucidi e l’abbraccia di slancio.
«Che fai, Marshmallow, piangi adesso?» domanda la rossa cercando di sdrammatizzare.
«Ti piacerebbe, superoca» borbotta l’amica, per poi girarsi verso Cavendish, ancora comodamente seduto sulla sedia da campeggio e guardarlo con aria disgustata «Sei il peggiore, figa se sei il peggiore».
«Ma che ho fatto! Voglio dire, oltre a trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato».
«Non ti sei suicidato da piccolo?» domanda con ironia Bartolomeo, ricordando a tutti la sua presenza lì e strappando un sorriso ai più. Rebecca alza gli occhi al cielo, tra il divertito e l’irritato e si avvicina a Nami; non sa nemmeno bene dove riesca a trovare il coraggio per parlarle, ma si rende perfettamente conto che sia inutile fingere di non aver sentito niente.
«Non so se possa farti sentire meglio, ma può funzionare. Ecco, per me e Bartolomeo funziona, ha funzionato, cioè sì, insomma sta funzionando. Scusami, non è che volessi farmi i fatti tuoi, ma ho stavate urlando e si sentiva tutto e –»
Nami agita una mano, Bonney è ancora ancorata alla sua vita e non pare volerla mollare, mentre Kidd si accende senza farsi problemi una delle sigarette della vergogna, come le chiama Roronoa.
«Non preoccuparti» esordisce la rossa «Stavamo dando spettacolo. Tu, invece? Dico a te, belli capelli. Stai bene?»
Bartolomeo si guarda attorno, non proprio sicuro che sia a lui che la ragazza si stia riferendo.
«Perché diavolo lo chiedi a lui? Io ho subito un trauma!» esclama Cavendish oltraggiato saltando in piedi.
«Tu sei uno stronzo, Barbie» borbotta Kidd espirando il fumo.
«Stai zitto, finocchio!»
«Visto? Sei proprio acido come una vera Barbie, maronne Dish, cerca di stare sul pezzo».
Kidd annuisce con aria convinta, lasciandosi cadere a sedere in terra; si guarda in torno aspettandosi l’ennesimo intervento di qualcuno che non c’entra niente, per poi accorgersi che no, non erano affatto tutti lì.
«Scusate, ma parlando di gente che non ce la fa nella vita, dove minchia è finito quel cazzone di Roronoa?»
 
Zoro che da sempre era solito farsi i cazzi suoi, non aveva minimamente prestato attenzione alla graduale sparizione dei suoi amici, che erano andati dileguandosi uno dopo l’altro, come attirati da una calamita che li richiamava a sé.
È abbastanza sicuro di non essersi perso, non ancora almeno; in fondo si è limitato a fare quello che gli ha ordinato Nami, rimanere in vista della cascata.
Il punto è che la sua ragazza non ha ben specificato quale cascata e ora Roronoa non è troppo certo di trovarsi ancora nei pressi di quella giusta.
È in procinto di arrendersi all’evidenza, quando una mano si posa sulla sua spalla e lo costringe a girarsi.
«Zoro? Lo sapevo che eri tu! Ti ho riconosciuto da lontano, ma il tuo profilo è impossibile da confondere!» esclama con voce gioviale un ragazzo con i capelli scuri e un sorriso allegro sul volto.
«Rufy?! Ma cosa- Che ci fai qui? Non ci posso credere!»
«Sono con Ace, Sabo e Sanji. Stiamo andando a Los Angeles, Sanji si sposa tra due settimane».
Zoro spalanca la bocca, rimanendo senza parole.
«Mi stai dicendo che alla fine Kendra ha accettato? Non posso crederci! E il suo ex come l’ha presa? Sai, Matt intendo».
«Non bene, ma Sanji è stato irremovibile o lei o nessun’altra. E sai anche tu cosa questo voglia dire, soprattutto conoscendo Sanji».
«Oi! Rufy!» un ragazzo dalla carnagione abbronzata e un cappello arancione sul capo li raggiunge correndo «La pianti di molestare la gente? Che poi finisce ti perdi, razza di – Oh, ciao Roronoa!»
«Ciao Ace»
«Che ci fai qui?» domanda il moro scompigliandogli i capelli nel medesimo gesto di affetto che è solido dedicare ai suoi fratelli minori «Non dovresti essere a New York? O era Boston?»
«Sto facendo un coast to coast con degli amici e la mia ragazza. Avete presente i tizi con cui vi ho detto aver messo su una band?»
«Che scherzi?» continua Ace con gli occhi che brillano di eccitazione, come quelli di un bambino «C’è anche Bonney?»
«Mi pare chiaro, è la nostra solista che dovevamo fare lasciarla a casa?»
Rufy scoppia a ridere e inizia a spingere entrambi verso l’area del campeggio dove, seduti su un paio di sbilenche sedie di plastica bianche, Sabo e Sanji sorseggiano tranquillamente una birra.
«Sanji! Sanji! Guarda chi ho trovato» urla con entusiasmo il giovane precipitandosi in mezzo ai due amici, senza badare agli zaini travolti dalla sua foga.
«Ho saputo che ti sposi, stronzo, congratulazioni».
«Roronoa? Brutto bastardo, sei ancora vivo!?» Sanji scatta in piedi, per una volta, però, quello che arriva a Zoro non è un calcio in faccia, ma una mano da stringere. La mano di un amico che non vede da anni, proprio come Rufy.
«Che ci fate tutti a Supai?» domanda sedendosi accanto a loro.
«Yo» lo saluta Sabo, smollandogli una pacca sulla schiena. Una di quelle pacche che Zoro aveva creduto non avrebbe più ricevuto e che riportano alla mente pomeriggi interi trascorsi a casa di Rufy a giocare alla play station (e all’epoca erano ancora bambini e c’era ancora la uno e loro giocavano a Spyro e Rufy metteva il muso ogni volta che perdeva una vita), giornate trascorse a studiare su libri che né lui, né il suo compagno di merende sembravano in grado di memorizzare, serate passate a guardare i fuochi d’artificio, nella notte del quattro luglio, mentre Ace e Sabo erano fuori con qualche ragazza e Sanji lanciava loro occhiate sconsolate, perché non avrebbero mai capito.
«Credimi Roronoa, nessuno di noi vorrebbe essere qui» borbotta Ace.
«Già» biascica Rufy addentando un panino al prosciutto tirato fuori da uno degli zaini rovesciati in precedenza «È shtata la ragassha di Shabo».
«Parla a bocca vuota, troglodita!» lo redarguisce il biondo prendendo le redini del discorso «La mia ragazza, ti ricordi di lei? Koala. Ecco, ha dei parenti da queste parti, non proprio dei parenti, un’amica di famiglia che vive in zona e niente, noi eravamo di passaggio e ci ha incaricato di portarle della roba e, quando siamo arrivati, Robin ci ha consigliato di venire qui, che era un posto figo».
«Invece di divagare, stronzo, si può sapere perché non hai mai risposto all’invito del matrimonio?»
«Sei tu che non mi hai invitato, merdone!» si lamenta Zoro a cui in realtà di queste cose non è che sia mai importato più di tanto «Nemmeno uno sfigatissimo messaggio su WhatsApp».
«Punto primo ti abbiamo spedito l’invito a casa due mesi fa, punto secondo… da quando leggi il cellulare, marimo?»
«Due mesi fa? Ma non è arrivato nulla. Forse dovrei chiedere a Nami, è lei che legge la posta».
Ace si illumina nuovamente e torna a intromettersi nella conversazione.
«Nami è la tua ragazza, giusto?» domanda con aria indagatrice.
«Non posso credere che questo buzzurro abbia davvero trovato una che se l’è filato per più di dieci minuti».
«E io non posso credere che Kendra ti sposi, come l’hai costretta, l’hai messa incinta?»
«Fottiti, stronzo!»
«Io l’ho vista questa Nami, mi ha mandato delle foto» interviene Rufy, nel vano tentativo di placare gli animi «È carina, vero Zoro che è carina?»
Per la prima volta che lo conoscono posso dire di vederlo imbarazzato; Roronoa si porta la mano alla bocca e distoglie lo sguardo, sbuffando indispettito, forse quasi scocciato, per quella definizione. Perché Nami non è carina, Nami è bella. Sono belli i suoi capelli rossi, belle le cicatrici che si porta sul corpo e sul cuore, belli i suoi occhi nocciola e il suo carattere da strega. Certo prima di dirlo a qualcuno, prima di ammetterlo ad alta voce, Zoro si taglierebbe un braccio.
«Molto» borbotta piano «Rufy, se vuoi te la presento».
«COME SAREBBE A DIRE RUFY?» salta su Sanji oltraggiato «E noi chi siamo? I figli della serva?»
«Stai zitto pezzente, tra tre settimane ti sposi!» esclama Ace piazzandosi davanti a tutti «Nessuno ci pensa mai a me? Povero, piccolo Ace, solo e ramingo!»
«Anche Rufy è single, ma non mi sembra si stia lamentando» gli fa notare Sabo ridacchiando.
«Ti ho già detto che è la mia ragazza, vero?» calca bene Roronoa, cercando di far entrare il concetto in testa a quei quattro cerebrolesi.
«Condivisione, fratello. Condivisione».
 
Il caffè del villaggio, come tutti gli altri edifici di Supai, è una struttura prefabbricata di basse dimensioni; impolverata e sporca, la facciata una volta bianca ha assunto quella tonalità rossiccia e opaca che con il tempo ricopre ogni cosa in quel deserto. Sulla veranda, a cercare riparo dalla calura estiva, cani randagi (o forse semplicemente liberi di girare in uno dei pochi luoghi in cui non circolano macchine) riposano tranquilli, mentre al suo interno uomini accaldati cercano un po’ di frescura in una birra fredda.
«Almeno è una donna» si lamenta sconsolato Law, cercando la verità rivelata sul fondo del suo boccale oramai vuoto.
«Non lamentarti, poteva andare peggio. Come fai a sapere che non ti interessa se non provi nemmeno a dargli una chance?» ribatte Drake stirandosi svogliatamente e facendo un cenno di saluto ad alcuni nativi.
«Te lo dico io cos’è» continua Trafalgar imperterrito, senza prestargli attenzione «È una maledizione. Da che siamo arrivati a Peach Springs cosa mai ci è accaduto di buono? Te lo dico di nuovo io. Niente!»
«Sei troppo drastico, prima di iniziare con le scenate da regina del melodramma potresti, anzi no, dovresti per lo meno rivolgergli la parola. E quando dico parlare, non intendo ringhiare insulti».
Lo sceriffo si alza e appoggia dieci dollari sul tavolo, quindi si allontana lanciando un’ultima occhiata perentoria al giovane medico, che risponde con una smorfia schifata. Smorfia che si acuisce ancora di più quando la sedia di fronte a lui viene occupata da una delle persone che meno vorrebbe avere davanti in quel momento.
«Sai, non è una cattiva persona».
«Mi stai dicendo di seguire i consigli dello sceriffo? Non mi dire, non me lo sarei mai aspettato» borbotta Law con tono sarcastico, mentre i suoi occhi vanno a osservare nel dettaglio il ragazzo seduto di fronte a lui.
«Killer, nel caso ti fosse sfuggito il nome».
«I tuoi genitori dovevano odiarti parecchio» commenta con tono vago, senza guardarlo in faccia, mentre con un gesto deciso ordina una seconda birra.
«Mia madre è morta di parto e mio padre non me l’ha mai perdonato».
La pacatezza con cui pronuncia questa frase è quasi inquietante e Trafalgar si ritrova a sopprimere un brivido. Non gli interessa la vita privata della gente, non vuole conoscere gli scheletri dell’armadio delle persone e con tempo ha imparato che fare domande porta solo a inutili complicazioni, non aveva calcolato, però, che quel ragazzo dai capelli lunghi e lo sguardo malinconico potesse effettivamente voler parlare con lui di qualcosa che non fosse il culo del suo amico. Certo, avrebbe potuto risparmiarsi quella battutina di merda e tutto sarebbe andato liscio come l’olio, ma no, Law, continua pure a fare sarcasmo sulle persone. Si manda al diavolo, per quanto possa qualcuno mandarcisi da solo, mentre lancia un’occhiata interrogativa a Killer che a quanto pare ha intenzione di continuare il suo piccolo raccontino di infanzia infelice.
«Avevo dieci anni quando, tornato a casa dopo scuola un pomeriggio di giugno, mio padre, più ubriaco del solito, mi spinse contro la porta a vetri della cucina. A pensarci ora sento ancora la presa della sua mano sulla nuca e la sensazione del vetro che mi perfora la carne – il rumore che fa è piuttosto insolito, ma immagino che tu ne abbia un’idea essendo un medico. I vicini sentirono il rumore e chiamarono la polizia, se non fossero arrivati non so cosa sarebbe successo, ho perso più sangue in quell’occasione che in qualunque altra».
Trafalgar non si muove e la sua espressione non cambia, si limita a portarsi lentamente il boccale ricolmo di liquido ambrato al viso e rimane in attesa. In attesa che il suo interlocutore arrivi al punto, perché immagina che non si sia messo a raccontargli un aneddoto simile per hobby.
«Fu in quel periodo che venni mandato in una casa famiglia. Come puoi immaginare non era esattamente l’ambiente migliore per un ragazzino dal viso coperto di bende e la faccia attraversata da cicatrici; gli altri bambini avevano paura di me e cercavano di starmi lontano, quelli più grandi invece mi vedevano come bersaglio perfetto. Questo finché non conobbi Kidd. Era più piccolo di quattro anni, ma già all’epoca il suo carattere era tutto meno che tranquillo e se io venivo evitato perché i bambini avevano paura della mia faccia, lui veniva evitato perché avevano paura di prenderle».
«In pratica mi stai dicendo di dare un’opportunità al tuo amico perché non gli dà fastidio la tua faccia?»
«No. Ti sto dicendo che dietro l’apparenza c’è altro, oltre la mia, oltre quella di Kidd. Può sembrare una persona impulsiva e a tratti irruenta e non dico che non lo sia, ma sa essere gentile e altruista e delicato. E non sarà la donna che ti aspettavi di trovare, ma è pur sempre una brava persona e ha diritto a una possibilità».
«Tsk» Law storce il naso e trattiene un’imprecazione «E poi dicono che la regina del melodramma sia io».
Si alza con stridore dalla sedia, facendo ruotare più di una testa nel locale a fissarlo, e si dirige verso la cassa; solo prima di uscire si volta nuovamente a osservare il biondo, i cui occhi azzurri non si sono mai allontanati da lui.
«Una possibilità» borbotta aprendo la porta «Una soltanto».
Killer sorride debolmente, fisando il profilo dell’uscio che si chiude alle spalle di Trafalgar.
«Come se avesse bisogno di altro».
 
«Everybody is Kung Fu Fighting, your mind becomes fast as lightning, although the future is a little bit fright'ning, it's the book of your life that you're writing».
«Mio dio, sei pure stonato!» si lamenta Cavendish con un sospiro, guardando sconsolato Bartolomeo mentre dà loro una dimostrazione della sua canzone preferita.
«Più che altro» interviene Nami «Le parole non erano diverse? O sono io che mi ricordo male la canzone di Carl Douglas?»
«Infatti dovrebbe fare tipo: Everybody was Kung Fu Fighting, those kicks were fast as lightning, in fact, it was a little bit frightening, but they fought with expert timing. Una cosa del genere, no?» aggiunge Kidd spegnendo l’ennesima sigaretta.
«No, no, no. Non capite!» esclama Bartolomeo, mentre la sua ragazza si passa una mano sugli occhi «È la colonna sonora di Kung fu Panda! Ecco, aspe’ che te la faccio sentire su YouTube!»
«Barto… Ecco, non credo sia necessario» azzarda debolmente Rebecca, ovviamente invano perché il giovane ha già fatto partire la canzone a tutto volume e sta cantando a squarciagola nel mezzo del campeggio.
«È sempre così?» domanda Cavendish esasperato «Sono sinceramente dispiaciuto per te».
«Perché? È buono e gentile, onesto e leale; so che non è perfetto, ma mi va bene così. E poi non sei esattamente nella mia stessa situazione?»
Il ragazzo abbassa lo sguardo, stava cercando di rimuovere la cosa, ma come può riuscirci se tutti continuano a ricordargli che quel coso è la sua anima gemella?
«Non che l’abbia scelto io».
«Oh, beh, come dice Nami è una scelta imposta, ma questo non significa necessariamente che sia una scelta sbagliata, non credi?»
«Nemmeno che sia giusta, voglio dire lo hai visto bene? È brutto, non ha nemmeno le sopracciglia, i suoi tatuaggi sono orrendi ed è stonato come una campana».
«Non credere che mi sia innamorata di lui perché qualcuno ha deciso così; non ho deciso di seguirlo nel momento stesso in cui ho scoperto chi fosse, anche se non nego di averlo cercato a lungo. Viviamo in una società che pensa che l’anima gemella sia qualcuno che ci completa appieno, l’altra metà della mela, ed è quello che alla fine cerchiamo tutti. Ma quando ho incontrato Bartolomeo ho capito che mi sbagliavo perché non si tratta tanto di trovare qualcuno che ci completi, quanto più qualcuno che ci mostri tutto ciò che stiamo trattenendo dentro, i nostri sentimenti, le nostre paure, perfino quelle cose che non abbiamo mai osato fare; credo che l’anima gemella sia quella persona che riesce a far uscire il meglio di te, portando alla luce parti del tuo carattere che nemmeno credevi esistessero e accettandole completamente. E a quel punto non importa se non ha le sopracciglia o se i suoi tatuaggi sono brutti, perché l’amore che prova nei tuoi confronti supera anche i difetti fisici. E tu sei fortunato Cavendish, perché, anche se ha vissuto tutta la vita con una frase orribile tatuata sul corpo, Bartolomeo ha sempre aspettato il momento in cui ti avrebbe incontrato; e non solo per quello, i vostri tatuaggi, al contrario del mio, sono speculari, potenzialmente potresti essere corrisposto in modi che io non sono sicura vivrò mai».
You are a natural
Why is it so hard to see
Maybe it's just because
You keep on looking at me
The journey's a lonely one
So much more than we know
But sometimes you've got to go
Go on and be your own hero
«Non per contraddirti, biondina» nessuno di loro ha sentito arrivare Trafalgar, che si siede lentamente a fianco di Rebecca, lanciando solo un’occhiata di sbieco a Eustass «Ma a volte è solo una gran seccatura. Si può sapere che sta facendo quel tizio?»
Bartolomeo, ancora in fase di esaltazione, coglie solo appena l’ultima frase e giratosi verso di loro allarga le braccia con aria esasperata.
«Kung Fu Panda, fratello! Ma dove vivete!? È tipo il miglior film di animazione della Dreamworks, le scene di battaglia sono animate così bene da mettere i brividi, per non parlare del doppiaggio. Jack Black, gente, Jack Black! E la colonna sonora? Oooh! La colonna sonora!»
«Minchia, è un cartone animato, statti calmo» borbotta Kidd con tono più divertito che irritato.
«No, fratello, è cinema, capisci? Cinema!»
«Deduco che hai una passione per i film, o sbaglio?» domanda Nami con indulgenza, accettando la bottiglia di birra che Bonney le porge.
«Come hai fatto a capirlo?! Sei proprio sveglia!»
«Oh, vi prego, uccidetemi» sibila Cavendish lasciandosi cadere sdraiato a terra e rovesciando il capo all’indietro «Oh, Roronoa!»
«Che cazzo stai facendo, Cavendish? Ti sei rincoglionito del tutto?»
«Linguaggio!»
«Ecco, ascolta la rossa ogni tanto e non fracassare i maroni, dove sei stato? A caccia di barboni? Perché ogni volta che sparisci poi torni con ventordicimila persone? Non mi dire… Ti eri perso e loro ti hanno ritrovato e riportato qui? Nami ti ha messo finalmente una medaglietta come i cani?»
«Vuoi morire?» sbraita Zoro tirandogli un cazzotto sul capo e alzando il dito medio in direzione di Sanji tutto intendo a ridere di lui – perché anche dopo anni evidentemente il senso dell’orientamento di Zoro non è migliorato per niente.
«Gente, che cazzo fate? Mi allontano due ore e vi ritrovo a cantare Carl Douglas?»
«No, Zoro» celia Rufy dietro di lui «Quello era Kung Fu Panda! Come fai a non riconoscerlo? Dai! Everybody is Kung Fu Fighting, your mind becomes fast as lightning, although the future is a little bit fright'ning, it's the book of your life that you're writing».
«Rufy, no» lo richiamano in coro i suoi fratelli.
«Rufy, sì!» esclama il ragazzo agitandosi a ritmo sincopato di una musica che nessuno ha fatto partire.
«Oddio! Tu hai capito tutto!» lo incita Bartolomeo unendosi a lui in preda alla gioia, perché finalmente qualcuno lo capisce.
«Ro’, ma ché ora ti trascini dietro gli stramboidi?» domanda Bonney avvicinandosi e facendogli scoppiare la bolla della gomma da masticare un po’ troppo vicino alla faccia «Oddio, Ace!»
Sposta Zoro con una manata e corre ad abbracciare l’amico che l’accoglie con un sorriso a trentadue denti.
«Questi sono i miei amici di infanzia. Ace, Sabo, lo stronzo che ride è Sanji e quello che sta cantando è Rufy».
«Volete, per piacere, parlare decentemente?» sbraita Nami infine avvicinandosi a grandi passi «Ti eri perso?»
«No, io –»
«Sì che si era perso, dolce angelo. Ti ha mai detto nessuno che sei la creatura più affascinante che abbia mai appoggiato piede in questa riserva? Per non parlare di te, con questi magnifici capelli rosa, sembri una fata!»
«Sanji, levati dalle palle» sbraita Ace facendosi avanti con Bonney attaccata al collo «Ti ricordo che sei già impegnato!»
«Beh, anche lei lo è» borbotta Zoro con fare piccato, passando un braccio lungo la vita di Nami e attirandola più vicino. Non è tipo da gesti plateali, Roronoa, ma con Nami fatica sempre a trattenere l’impulso di tirarsela accanto ogni volta che qualcuno la guarda; non è mancanza di fiducia e lei lo sa, è il suo modo di dimostrarle la sua presenza, è il suo modo di dirle che ci tiene.
«Non. Ci. Credo. Tu sei Nami?» domanda Sanji sconvolto «Non posso credere che una ragazza carina come te stia con un troglodita come lui!»
«E io non posso credere che ti sposi Kendra» ribatte l’amico sbuffando leggermente «A proposito Nami, questo pezzo di cretino sostiene di avermi mandato l’invito al matrimonio, ma non abbiamo ricevuto niente e –»
«Certo che lo abbiamo ricevuto» borbotta Nami divincolandosi dalla sua presa e guardandolo con un sopracciglio alzato, come se gli stesse ricordando qualcosa di ovvio che non avrebbe mai dovuto dimenticarsi «Secondo te dove stiamo andando?»
«Cos– Ma io non ne sapevo niente!»
«Kendra mi ha detto di non dirtelo. Temeva avresti preso il primo volo per andare a prendere a calci Sanji» si volta verso l’interessato «Scusami, se glielo abbiamo tenuto nascosto, ma si sarebbe sicuramente perso».
«Qualsiasi cosa fiorellino!»
«Fiorellino le mie palle, Nami! Ma poi come minchia fai a conoscere Kendra, me lo spieghi?»
«Il numero di telefono era sull’invito, così l’ho chiamata e quando ha capito chi fossi mi ha chiesto di tenere la cosa, come dire… nascosta?»
«Siete due stronze! Due grandissime stronze!»
«Modera il linguaggio, Roronoa»
«Già, modera il linguaggio, pezzentone!»
«Non ti ci mettere anche tu, cazzone!»
«Perché sennò che fai? Mi prendi a pugni?»
«Finitela, deficienti» sibila la rossa allontanandosi a grandi passi e massaggiandosi le tempie «Dimmi che hai qualcosa per il mal di testa» borbotta quindi lasciandosi cadere a sedere a fianco di Trafalgar.
«Sono un medico, carina, non una farmacia».
«Vuoi una canna? Te ne rollo una se ti può aiutare con la situa» celia Bonney piegandosi verso di lei.
«Ti prego, sparisci».
«Come ti pare, chi si fa una canna con me? Ace?»
«Come diavolo si conoscono quei due?» domanda Cavendish poco lontano.
«E io come faccio a saperlo? Ci saranno dei raduni apposta per cerebrolesi, chiedi se ti invitano la prossima volta».
Nami si lascia andare a sedere, appoggiandosi al tronco d’albero che, proprio dietro di lei, svetta alto verso il cielo; osserva con aria esasperata e, in fondo, divertita il gruppo di spostati riuniti attorno alle tende e sorride.
Quando sente Zoro sedersi di fianco a lei piega dolcemente il capo fino ad appoggiarlo sulla sua spalla, beandosi di quel leggero contatto; la sua mano si sposta fino a sfiorare quella del ragazzo e rimane così qualche istante, finché non lo sente parlare.
«Potevi dirmelo».
«Ti saresti perso».
«Io non –»
«E credo che la tua amica volesse farti una sorpresa. Sembra simpatica».
«Sareste grandi amiche» borbotta poi, ma non c’è traccia di irritazione nella sua voce «Sono contento finalmente di avere l’opportunità di farteli conoscere».
«Ah, Roronoa, non fai altro che parlarne, oramai li conosco quasi quanto te. E quello là con il cappello di paglia che ancora canta è il famoso Rufy?»
«La persona migliore che conosco» annuisce Zoro.
«E il tuo migliore amico».
«Se devi darci un’etichetta per forza, allora sì, il mio migliore amico» sorride, quindi, alzando il tono della voce, richiama il ragazzo «Ehi, Rufy, vieni un momento qui».
«Sì, Rufy, vai lì e chiudi quella bocca del cazzo che sei stonato come la morte!» borbotta Kidd esasperato.
«L’educazione prima di tutto, eh» celia Law sollevando un sopracciglio e ricevendo per tutta risposta un dito medio alzato.
«Non dargli retta» esclama Nami sorridendo al giovane con i capelli neri e il cappello di paglia «Fa sempre così».
Rufy si blocca a metà strada e le rivolge un sorriso a trentadue denti, un sorriso simile a quelli che fanno i bambini quando scoprono che possono avere una doppia razione di gelato per cena.
«Meglio così, mi piacciono le persone eccentriche!»
Nami non fa in tempo a smettere di sorridere e Zoro non fa in tempo a staccarsi da lei; ed è con esasperante lentezza, come se il mondo si fosse fermato, che sollevano lo sguardo a guardarsi negli occhi. Perché questa volta il calore bruciante che parte dalla spalla di Nami, sotto la sua girandola, l’hanno sentito entrambi.



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Capitolo 4
*** Far from any road – Parte #1 ***


Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Far from any road – Parte #1
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami, implied!Sabo/Koala
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 6473, senza testi delle canzoni.
Note: vi ricordate quando ho detto che questo sarebbe stato il penultimo capitolo? Ecco forse ho mentito, perché è venuto così lungo che ho dovuto tagliarlo a metà, quindi ora la smetto di dirvi quanti capitoli saranno visto che ogni volta cambio idea.
Qualche nota veloce prima di cominciare.
Mi dispiace che non ci sia tanto spazio per la coppia che volevate, non ho idea di quale sia, still credo valga per tutte, ma siccome la storia si dipana su tre giorni cerco di approfondirle tutte in modo più o meno uniforme, cercando allo stesso tempo di mantenere le cose credibili. Quindi non aspettatevi pornazzi (al massimo, l’unica che potrebbe allungare le mani è Bonney), non aspettatevi promesse di amore eterno, non aspettatevi grandi happy ending da vissero tutti felici e contenti: non è lo scopo della storia.
Quello che sto cercando di fare è di capire come possano avvicinarsi tra loro persone che non si sono mai conosciute e che si sentono imporre una cosa grande come “il vero amore”. Nella fattispecie in questo capitolo ho provato a parlar di poliamory, ovvero una relazione sentimentale tra più di due persone (no, non un orgia, una relazione romantica, romantica!!).
Ora, note più tecniche:
- la frase finale del pezzo ZoNami è volutamente messa senza specificazioni, così che siate voi a potervi immaginare chi la dice.
- quando si parla di famiglia mafiosa in relazione a Trafalgar, ovviamente mi riferisco a Donquijote.
- La Cittadella Rossa è un pub inventato di sana pianta, nonché una traduzione molto inventata di “Rogue Town”.
- Kendra è sempre proprietà di Axia.
- le canzoni di questo capitolo sono: The angry river, The Hat; Everybody’s changing, Keane; The rising of the moon, The Dubliners; Far from any road, The Handsome Family; The skye boat song, Outlander opening. Ho anche fatto una playlist, per il momento è su spotify (click), ma la sostuirò prima possibile con quella di 8traks perché mi scoccia che spotify sia linkato al mio facebook.
 
 
 
 
Walk like an Egyptian
4. Far from any road – Parte #1
 
 
 
La melodia leggera percorre tutto il canyon.
Kidd pizzica le corde con dita esperte e l’aria concentrata di qualcuno che sta impegnandosi a fare qualcosa che ama; la musica sembra accarezzarli tutti, mentre la voce di Bonney accompagna le prime note.
«The emptiness that we confess, in the dimmest hour of day. In Automatown they make a sound, Like the low sad moan of prey».
Nami chiude gli occhi, stringendosi a Zoro e cercando di non pensare; da qualche parte, nel cerchio che si è venuto a formare di fronte alla loro tenda, Bartolomeo scoppia a ridere e la voce stranamente delicata di Killer si unisce a quella di Bonney.
«The bitter taste, the hidden face of the lost forgotten child, the darkest need the slowest speed, the debt unreconciled. These photographs mean nothing to the poison that they take, before a moment’s glory the light begins to fade».
Law è seduto su una pietra accanto a Eustass, non ha detto una parola da quando è arrivato, ma è rimasto ad ascoltare con aria intenta, la sigaretta tra le dita sottili ha iniziato a consumarsi da sola, sotto la leggera carezza del vento della prima sera.
Mentre il sole tramonta, l’ombra del fuoco si solleva e il crepitio delle fiamme accompagna il ritmo delle parole.
«The awful cost of all we lost as we looked the other way, we’ve paid the price of this cruel device till we’ve nothing left to pay. The river goes where the current flows, the light we must destroy. Events conspire to set afire the methods we employ».
Seduto al fianco opposto di Roronoa, Rufy canticchia sommessamente, inventando le parole di una canzone che non conosce; Ace e Sabo lo osservano ridacchiando, mentre Sanji li costringe a dargli una mano con la griglia da campo.
«These dead men walk on water, cold blood runs through their veins. The angry river rises as we step into the rain».
Bonney è così impegnata a cantare che non si accorge della figura che si avvicina al campo, fermandosi a osservarla in piedi accanto al tronco sbilenco di un albero; Drake la guarda con aria seria, cercando di imprimersi bene in mente quella scena. Jewelry è diversa quando canta: dalla sua voce e dai suoi movimenti traspare tutta l’eleganza e la grazia che sono proprie di chi ha ricevuto un’educazione di alto livello.
Quando finalmente la canzone finisce, Bonney scoppia in una risata, lasciandosi cadere all’indietro; le fiamme di quel falò, che tecnicamente nemmeno avrebbero potuto accendere, le illuminano il viso arrossato e Francis trova il coraggio di avvicinarsi. Nel vederlo la giovane gli sorride e si sposta di lato, facendogli cenno di sedersi al suo fianco.
«Non immaginavo fossi così brava».
«Con la musica è tutt’altra storia, cioè, pure a cantare da sola non sono male. Poi, vabbé, le nostre voci sono studiate per i duetti, mica canto con chi stona».
Drake sospira nel sentirla tornare a parlare come un’analfabeta sbronzo, ma non si sposta e le allunga, invece, un sacchetto di marshmellow che la ragazza ha lasciato per terra.
«Oi! Bonney passa qua che li arrostiamo!» esclama Ace tutto giulivo catapultandosi verso di lei e prendendoglieli molto poco delicatamente dalle mani.
«E com’è, esattamente, che vi conoscete voi due?» domanda Kidd osservando tutte le libertà che quel tizio di prende con la sua amica.
Jewelry scrolla le spalle e nicchia, borbottando qualcosa di incomprensibile.
«Oh Cristo!» si schifa Kidd «Ci sei andata a letto! Ecco, grazie, cazzo, ora ho in testa un’immagine trucida».
«VAFFANCULO, KIDDO! No!».
Ace scoppia a ridere a quella reazione.
«No, certo che no. Ci siamo conosciuti a San Diego, diciamo che le circostanze sono piuttosto controverse».
«Cosa c’è di controverso nell’incontrarsi durante il pestaggio di uno spacciatore?» domanda Roronoa con tono sarcastico.
«La moralità probabilmente» ride Sabo.
«Ve lo dico io qual era l’unica cosa immorale di quella situazione» sbotta Ace stappandosi una birra «Puoi vendere ai tuoi clienti dell’erba così schifa? Non lo so io, dammi quella del giardino già che ci sei!»
«Appunto! Che poi mica ci eravamo organizzati, tipo ci siamo incontrati là e lo abbiamo pestato assieme. Come si chiamava?»
«Chi cazzo si ricorda! Maresciallo, no, aspetta, Marshall, credo. Comunque nella zona lo chiamavano il Barbanera, per via… Beh, ok, della sua barba da roncione schifo».
Persino Nami si riscuote dal suo mutismo per guardare con aria di commiserazione l’amica.
«Non posso crederci, vi hanno arrestato immagino».
«No, macché! Ci han dato una medaglia per avere ripulito le strade della città, certo che ci hanno arrestati, superoca!»
«Sono sempre più dispiaciuta per lei» borbotta Nami lanciando un’occhiata di commiserazione a Drake che solleva le spalle per tutta risposta.
«In compenso, proprio quando avevamo fatto amicizia» continua Ace ignorando tutti quanti «È arrivato suo padre a tirarla fuori. Vi giuro, quasi me la facevo sotto, mi ha tirato un cazzottone che pensavo volesse uccidermi!»
«Nessuno vuole avere a che fare con mio padre. Nemmeno mia madre vuole avere a che fare con mio padre, e lei lo ha sposato!»
«Dici così» borbotta Ace «Ma intanto è venuto a tirarti fuori! Mio nonno mi ha lasciato in cella una settimana! Un’intera settimana! Alla fine è dovuto venire a recuperarmi Marco!»
Zoro scoppia a ridere, portandosi le mani alla pancia per trattenere gli spasmi.
«Garp è proprio uno stronzo!»
«Oi, il linguaggio» borbotta Nami al suo fianco fissando un punto imprecisato del terreno e il suo tono non sembra convinto nemmeno un po’.
«Garp come Monkey D. Garp?» domanda Drake spalancando solo leggermente lo sguardo «Il Vice Ammiraglio? Quello distaccato alla sede di addestramento?»
«Oh, fico!» esclama Rufy o in piedi e avvicinandosi all’uomo «Lo conosci?»
«Ho fatto l’addestramento con lui».
«Ma fatemi il favore» sibila Nami tra i denti, a voce così bassa che a malapena Zoro, seduto al suo fianco, riesce a sentirla. La rossa si alza in piedi e sfila dalla tasca della camicia di Kidd il pacchetto di sigarette, rubandogliene una, quindi si allontana senza prestare troppa attenzione allo sguardo preoccupato del suo ragazzo.
Si avvicina alla cascata, sedendosi sul bordo della pozza d’acqua; il riverbero del fuoco che hanno acceso le arriva da lontano e se non fosse per la luna che ha iniziato a splendere probabilmente non vedrebbe a un palmo dal naso. Il rimbombo dell’acqua è sufficientemente forte da coprire la voce dei suoi amici – soprattutto quella di Rufy: non vuole udirla, non vuole sentirlo parlare, tantomeno ridere – ma non abbastanza da impedire alle note delicate della chitarra di Kidd di arrivare fino al suo orecchio.
«You're gone from here and soon you will disappear, fading into beautiful light, cause everybody's changing and I don't feel right».
La fiamma si sprigiona dall’accendino con un click, illuminando la sigaretta e le sue mani arrossate dal sole.
«Ne vuoi parlare?»
Zoro emerge dalle ombre alle sue spalle, non lo ha nemmeno sentito arrivare e nell’udire la sua voce Nami sobbalza leggermente.
«Mi piace questa canzone» nicchia, sviando il discorso.
«Non dire stronzate, hai sempre detto che Cavendish non sa rendere per niente i contenuti».
«Dico un sacco di cose» borbotta Nami ispirando il fumo e lasciando che il sapore acro della sigaretta le penetri nei polmoni.
«Lo so, avevi detto anche che non avresti più fumato» replica il ragazzo sedendosi al suo fianco e storcendo il naso.
«Mi puoi biasimare?» ringhia la rossa girandosi di scatto verso di lui «Sono due giorni che mi domando per quale stupidissimo motivo non siamo andati tutti in aereo».
«So little time, try to understand that I'm trying to make a move just to stay in the game, I try to stay awake and remember my name».
«Se non ricordo male quando lo avete proposto tu e Bonney lo avrete presentato come “il viaggio di una vita”» replica Zoro, immobile al suo fianco «Quasi profetica come cosa».
«Non dire puttanate. Non abbiamo fatto altro che abbronzarci, sbronzarci e sborsare soldi, sai quanti soldi abbiamo speso? E poi arriviamo in questo merdosissimo posto e la prendiamo tutti nel culo!»
«Disse colei che non faceva altro che redarguire il prossimo per il linguaggio scurrile…»
«Oh, vai a cagare Roronoa» borbotta espirando una boccata di fumo e avvicinandosi le ginocchia al petto.
Zoro sbuffa e allunga la mano a rubarle la sigaretta dalle dita, se la porta alle labbra e sotto lo sguardo allibito di Nami inizia a fumare. La rossa lo osserva senza parole, ben consapevole delle manie di salutismo del suo partner che tra i vizi accetta davvero solo il sesso e il bere. Probabilmente questa storia ha sconvolto anche lui, molto di più di quanto non voglia dare a vedere e improvvisamente Nami si sente in colpa; se non riesce a giustificare a sé stessa di essersi chiusa a riccio con i suoi migliori amici come può giustificare il suo mutismo nei confronti della persona che ama?
«Forse era destino davvero» lo sente mormorare, lo sguardo perso verso la cascata «Pensaci: è Rufy. È sempre stato Rufy e io lo conosco da tutta la vita. Non ricordo la faccia di mia madre, ma non riesco a rammentare un periodo in cui lui non ci fosse. Ed era solo questione di tempo prima che tu lo conoscessi».
C’è una nota stonata nella voce di Zoro, un’incrinatura sottile, un principio di rottura; non è mai stato facile per lui vedere Nami a pezzi, la donna di cui si è innamorato ha un animo di ferro e il cuore di un usuraio, è dispotica e spesso arrogante e non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno. Ma questa volta, solo per questa volta, Zoro sente di capirla. Vede scivolargli dalle mani ciò che ama di più, vede la sua realtà disfarsi e traballare, e la colpa non è di nessuno. Ciò non toglie che per un intero minuto, prima, quando quella cicatrice ha iniziato a scottare, ha provato invidia per la prima volta, ha desiderato che un’altra persona non esistesse. E come puoi sentirti quando la persona in questione è il tuo migliore amico? Colui che per te è un compagno, un fratello, un membro della tua famiglia? Che essere umano diventi?
«Puoi scappare quanto vuoi, ma puoi scappare da questo?» le domanda espirando debolmente.
«Io non ci credo» borbotta Nami, girandosi verso di lui e cercando il suo sguardo «Mi rifiuto di accettarlo. Io ho scelto te e non mi interessa chi sia questo sconosciuto, non mi importa che sia il tuo migliore amico o che sia l’uomo migliore del mondo. Non lo conosco, Zoro. Io ho scelto te».
Roronoa sorride debolmente, attirandola a sé con un braccio e affondando il viso nei suoi capelli come a perdervisi.
«Il punto non è chi hai scelto prima, Nami. Prima la vita era facile, prima la scelta era facile. Quello che conta, quello che cambia tutto è chi sceglierai adesso».
«I try to stay awake and remember my name, but everybody's changing and I don't feel the same».
«Ti amo, lo sai vero?»
 
«Così alla fine siete tutti in grado di cantare, o sbaglio?» domanda Traflagar seguendo con occhi attenti le dita di Kidd che si muovono sulla chitarra.
«Dipende dal testo, dalla voce che ci si sposa meglio, ma sì. In realtà perfino la figlia di Satana sa cantare, semplicemente non ama farlo, devi prenderla in buona. Quindi finisce che lo fa quasi sempre Bonney».
«Il biondo però non è male» continua Law guardando prima Killer e poi Cavendish «Nessuno dei due».
«Cosa pensavi, che mettessimo su una band di cazzoni incompetenti? Sembrerò anche uno scappato di casa, ma non sono un idiota» borbotta il rosso senza alzare lo sguardo.
«E sul resto? Lo sei?»
Eustass aggrotta le sopracciglia, interdetto, cercando di seguire sia la voce di Cavendish che canta Keane, sia il filo dei pensieri del moro.
«Cosa?»
«Uno scappato di casa, intendo» Law si allunga sul terreno, appoggiandosi con la schiena a un albero e socchiude gli occhi, come a indicare che la risposta gli interessa, sì, ma non abbastanza da sporgersi verso di lui.
«Forse» la voce di Kidd è meno dura di quanto si aspettasse e c’è in essa una vena di malinconia malcelata «Ma con il tempo ho capito che una casa non è qualcosa con pareti di pietra e finestre di vetro».
È la frase più lunga che Trafalgar gli abbia sentito pronunciare senza parolacce o bestemmie e deve trattenersi dal chiedergli se si senta bene; segue invece lo sguardo del ragazzo, che si posa sui membri di quella comitiva sgangherata, fissando ognuno dei suoi compagni con malcelato affetto.
«Siete veramente un gruppo del cazzo, sembrate assemblati assieme con il vinavil e dello scotch di carta da un ubriaco sotto anfetamine».
Kidd lo ignora e alza le spalle.
«Dì, quel cazzo che ti pare, ma almeno noi siamo assieme».
«Oh, dovrei commuovermi? Perché siete una famiglia che non è legata da legami di sangue? Bella merda, Eustass-ya. L’ultima “famiglia” di questo genere mi ha quasi ammazzato, letteralmente».
«Non mi dire» borbotta Kidd girandosi verso di lui e appoggiando la chitarra a terra a canzone finita «Se frequenti dei fottuti mafiosi non è colpa mia, stronzo».
«Sarà bello il tuo di passato» ringhia Law, seccato per essersi esposto un po’ troppo con quel tizio che ancora non lo convince per niente. Cristo quelle unghie laccate di nero sono inguardabili.
Il silenzio tra loro si fa più pesante e per qualche istante è così pesante che potrebbero tranquillamente tagliarlo con il coltello e servirlo per cena, almeno finché Law, sbuffando come una locomotiva a vapore, non si gira verso Kidd, fissandolo finalmente negli occhi.
«Non hai detto che cantate anche roba irlandese?» domanda prendendolo completamente in contropiede.
«Cos- Sì, l’ho detto» replica il giovane, che in realtà si aspettava l’ennesimo tentativo passivo aggressivo di rissa.
«Mi fai sentire qualcosa?»
«Cristo, sei strano forte tu» borbotta Eustass divertito, per poi riprendere in mano lo strumento e piegare la bocca in un ghigno divertito «Ricorda, stronzetto, me lo hai chiesto tu. Oi, Killer!» urla girandosi verso l’amico, impegnato a sistemare una tavola di fortuna.
«Che vuoi, Kiddo?»
« Oh! then tell me, Shawn O'Ferrall, tell me why you hurry so?».
Segue qualche secondo di silenzio, quando parte della comitiva si zittisce girandosi verso di lui, perplessa per quella domanda posta con un nome che chiaramente non è di nessuno, poi Bonney scoppia a ridere ed estrae da uno degli zaini un’armonica a bocca, iniziando a suonarla.
Killer attacca con la prima strofa, sorridendo; erano anni che non cantavano quella canzone tutti insieme, lui, Kidd e Bonney. Sembra passata una vita da quando, dopo essersi incontrati per la prima volta, avevano deciso di mettere su una band e per distinguersi da tutti gli altri avevano cominciato a cantare canzoni improponibili e folkloristiche provenienti dall’Irlanda e dalla cara vecchia Europa.
«Hush ma bouchal, hush and listen, And his cheeks were all a-glow. I bear orders from the captain, get you ready quick and soon, for the pikes must be together at the risin' of the moon". At the risin' of the moon, at the risin' of the moon, for the pikes must be together at the risin' of the moon».
Già a partire dalla seconda strofa, alla voce armoniosa di Killer si uniscono quelle di Kidd e Cavendish, mentre Rufy, presi Bartolomeo e Sabo per un braccio, si lancia vicino a falò, iniziando a ballare con un ritmo e delle movenze completamente inventate.
«Oh! then tell me, Shawn O'Ferrall, where the gatherin' is to be? In the ould spot by the river, right well known to you and me. One word more—for signal token whistle up the marchin' tune, with your pike upon your shoulder, By the risin' of the moon. By the risin' of the moon, by the risin' of the moon, with your pike upon your shoulder, by the risin' of the moon».
Quando Killer si è trasferito, Kidd e Bonney hanno fatto di tutto affinché il gruppo che avevano creato non si perdesse nel nulla; poi Jewelry aveva conosciuto Nami ed era stata lei la ruota motrice di tutto quanto. Aveva assemblato i pezzi di quel puzzle dalla forma strana, portandoli a combaciare, flettendoli e plasmandoli affinché riuscissero a fissarsi. Aveva trovato le voci, le location, gli sponsor e soprattutto aveva trovato gli altri membri.  Bonney ricordava ancora la fredda sera invernale in cui si erano conosciute, nevicava a Boston e ogni cosa era sommersa da una spessa coltre bianca.
«Se continui a fare quella faccia, come se ti fosse morto il gatto, non ti si filerà mai nessuno» le aveva detto, sedendosi al suo tavolo con due pezzi di pizza al trancio.
«Out from many a mudwall cabin eyes were watching thro' that night, many a manly chest was throbbing for the blessed warning light. Murmurs passed along the valleys like the banshee's lonely croon, and a thousand blades were flashing at the risin' of the moon. At the risin' of the moon, at the risin' of the moon, and a thousand blades were flashing at the risin' of the moon».
Tutti cantano, chi inventando le parole, chi seguendo perfettamente il ritmo; Kidd sorride, perché lui lo sa. C’è qualcosa di magico in quella canzone e nel ritmo flautato delle melodie della sua terra; riescono a mettere a suo agio anche il peggiore degli stronzi, basta vedere il sorriso rilassato che increspa le labbra di Law, i movimenti sincopati (che dovrebbero rappresentare un ballo) dell’amico di Zoro, le risate della biondina seduta accanto a Cavendish, o, ancora meglio, il fatto che finalmente Nami e Zoro siano tornati nel gruppo. Non sfugge a Eustass l’occhio lucido dell’amica, così come non gli sfugge la stretta serrata della mano di Zoro attorno alla sua vita; non sono mai stati una coppia da palesi gesti d’affetto in pubblico, ma qualsiasi domanda possa farsi, si dissolve nel nulla quando la voce delicata di Nami si unisce al coro.
«There beside the singing river that dark mass of men was seen, far above the shining weapons hung their own beloved green. Death to ev'ry foe and traitor! Forward! strike the marchin' tune, and hurrah, my boys, for freedom! 'Tis the risin' of the moon. 'Tis the risin' of the moon, 'Tis the risin' of the moon, and hurrah my boys for freedom! 'Tis the risin' of the moon».
Zoro, Nami, Kidd, Killer, Eustass, Cavendish e per quell’ultima strofa persino Bonney smette di suonare l’armonica e si unisce al coro, mentre le fiamme del falò si riverberano sui loro visi e la risata felice di Rufy e Ace rimbomba nella valle. Lo sguardo attento e divertito di Sabo, quello rilassato di Drake, le mani strette di Rebecca e Bartolomeo, il canticchiare sommesso di Sanji ai fornelli, persino il sorriso tranquillo sul volto di Trafalgar, ogni cosa in quel momento trasmette calore e il tempo sembra fermarsi per un istante.
«Well they fought for poor old Ireland, and full bitter was their fate (Oh! what glorious pride and sorrow fill the name of Ninety-Eight). Yet, thank God, e'en still are beating hearts in manhood's burning noon, who would follow in their footsteps, at the risin' of the moon! At the rising of the moon, at the risin' of the moon, who would follow in their footsteps, at the risin' of the moon».
«Non sapevo sapessi cantare, troglodita» ride Sanji portando sulla tavola improvvisata piatti ricolmi di carne alla griglia «Rufy non ci provare, fai servire tutti o ti trancio le mani».
«Uffa».
«So fare un sacco di cose, coglionazzo».
«Certo, amore» celia Nami sedendosi a tavola tra Ace e Trafalgar «E quella che ti riesce meglio è perderti».
«Vaffanculo pure tu, cazzo!»
«Linguaggio!».
«Minchia, ‘Ro, ma pure te cerca di controllarti quando parli, no?» esclama Bonney accomodandosi a fianco a Drake.
«Disse la voce della verità».
«Stai zitto, Kiddo».
«Già sta zitto, Kiddo» rincara la dose Killer piazzandogli davanti al naso una salsiccia arrostita «Sei sempre il primo quando si tratta di linguaggio scurrile. Infilati ‘sta salsiccia in bocca e taci».
«Così? Davanti a tutti?»
«Fottiti, Kidd» borbotta Killer tra i denti, cercando di nascondere un sorriso.
«Grazie, più tardi lo farò di sicuro!»
Non si curano troppo del casino che stanno facendo, né che tra loro ci siano persone che hanno appena incontrato o che una di queste sia uno sceriffo; in quel momento sono solo un gruppo di persone lontane dal mondo che si divertono assieme, e questo è abbastanza per tutti.
«Siete sempre così…» Sabo si interrompe per cercare il termine appropriato «Vivaci?»
«Credo si stiano tutti dando un contegno per via degli sconosciuti al tavolo» mormora Nami lanciando un’occhiata di disgusto a quelle capre dei suoi amici «Di solito sono molto peggio».
«A me piacciono!» esclama Ace giulivo, affondando i denti in un cosciotto d’agnello per poi utilizzarlo per indicare Bonney «Mi aveva accennato al fatto che sareste venuti sulla costa est, ma non immaginavo che veniste al matrimonio di Sanji».
«Oh, no tranquillo, solo io e Zoro parteciperemo, gli altri beh, il giorno del matrimonio saranno la band, ma per il resto si arrangeranno, mica devo fargli la balia tutti i giorni».
«Sei davvero sicura di non voler fare da balia a Bonney?» domanda Ace con un sopracciglio alzato.
«Se la mettono dentro di nuovo, questa volta chiama suo padre».
«O potremmo sempre mandare Ace» propone Sabo, battendo una passa sulla spalla del fratello «A quanto pare si è fatto qualcuno del distretto e adesso i poliziotti lo evitano, non ci arrivano nemmeno più le multe».
«Non mi sono fatto nessuno» borbotta il ragazzo imbronciato «E poi perché lo dici solo a me? Nemmeno a Koala arrivano le multe».
«Sì, ma lei non ne prende» ride Sabo, girandosi poi verso Nami «Koala è la mia ragazza! Ti faccio vedere, guarda!»
«Ehrr, non è necessario, davvero».
«No, no, insisto. È troppo carina, tutti devono vederla» esclama il giovane estraendo lo smartphone e piazzando una foto sotto il naso della rossa.
«Non è un amore?» domanda arrossendo leggermente, e Ace sospira sconsolato perché suo fratello, quando si parla di Koala, è un caso perso.
«Un giorno o l’altro scoprirà che vai in giro a mostrare la sua foto a chiunque incontri e ti prenderà a pedate, lo sai vero?» domanda Ace agitandogli la forchetta sotto il naso con fare saccente.
«Piantala con queste arie da fratello maggiore, prima di tutto il maggiore sono io! E secondo, pensa per te, che passi di persona in persona, manco fossi un’ape».
«Si fa quel che si può» replica il moro con aria di chi sta facendo un gran sacrificio.
«Tu fai anche troppo!».
«Finitela» borbotta Sanji sedendosi accanto a loro «Non vorrete mica che la dolce Nami si spaventi e non venga al mio matrimonio? Questo sì che mi spezzerebbe il cuore a metà!»
«L’unico cuore che si spezzerà al tuo matrimonio sarà quello di Kendra, minchione» ruggisce Roronoa dall’altro capo della tavolata.
«Stai zitto, caprone! Seriamente, mi chiedo come una donna meravigliosa come te possa rimanere con un troglodita come lui!»
«Ti ho sentito! Sappi che pagherò Matt per ucciderti!»
«E lui lo farà gratis» sussurra Sabo nell’orecchio di suo fratello ridacchiando, ricevendo un dito medio per risposta «Minchia, quando si tratta si insulti ci sentite tutti benissimo».
Nami sorride, trattenendosi dallo scoppiare a ridere in faccia a tutti quanti.
«No, seriamente, come fai?» domanda ancora Sanji guardandola esasperato.
«Sono curiosa pure io» esclama Bonney allungandosi sulla tavola e piazzando il suo didietro quasi in faccia a Drake, che deve trattenersi dall’allungare le mani per rimetterla seduta.
«Ma siete seri?» borbotta la rossa arrossendo di colpo «Fatevi i fattacci vostri!»
«A me non sembra strano» la voce di Rufy zittisce tutti per un attimo, anche Nami, soprattutto Nami «Beh, Zoro è gentile e simpatico e attento alle necessità degli amici» conclude iniziando a scaccolarsi.
«E poi vi ricordate quella volta che mi ha salvato quando quella balena voleva schiacciarmi?»
«Non era una balena, era una donna grassa» borbotta Sanji.
«E non voleva schiacciarti, Rufy, Alvida voleva solo abbracciarti».
«È stato orribile» celia il ragazzo accasciandosi sul tavolo e allungando le braccia fino all’altra estremità «Ho pensato che sarei morto. Ora ho paura delle balene!»
«NON ERA UNA BALENA!» ringhiano in coro i suoi amici.
«Beh, allora quella volta che è venuto alla Cittadella Rossa, che per chi non lo sapesse è un Pub, e mi ha aiutato quando avevo bisogno?»
«Rufy» Zoro si passa una mano sugli occhi con l’aria di chi preferirebbe tanto che quella storia non venisse tirata fuori.
«Oh, ricordo!» esclama Sabo, mentre al suo fianco Sanji si strozza col fumo della sigaretta «È stato quella volta che ti sei imbattuto in quel tizio che lavora al circo?»
«E gli hai accidentalmente fatto notare quanto fosse grosso e rosso il suo naso» continua Ace iniziando a ridere «E pensando che fosse ancora un naso finto hai iniziato a tirarlo!»
«E ha scatenato una rissa» mugugna Zoro.
«Nella quale siamo finiti in mezzo anche noi» aggiunge Sanji.
«Kendra non era molto felice in effetti» celia Rufy sorseggiando un succo di frutta.
«Certo che non era felice, mentecatto!» gli ringhiano gli amici «L’hai sollevata per la vita e l’hai lanciata addosso a quel Buggy, urlando “Per arrivare a me dovrete prima superare la gemma viola!”»
Rufy fa una smorfia dispiaciuta e gonfia le guance, avvicinandosi a Zoro,  e fissandolo negli occhi con aria da cucciolo.
«Ma Kendra sa difendersi e poi ha davvero i capelli viola!»
«NON È QUELLO IL PUNTO, PIRLA!»
«Come siete noiosi, quel tizio mi aveva fatto bere dell’alcool».
«Non mi sembra una valida ragione per lanciare i tuoi amici come se fossero fatti di gomma!» esclama Sanji ciccando per terra.
«Anche perché è finita con voi due che le avete prese da Kendra e siete stati arrestati dalla polizia per disturbo della quiete pubblica» ridacchia Sabo.
«Già» mugugna Roronoa «E voi stronzi ci avete lasciato dentro per tutta la notte! E due ore dopo che siamo entrati hanno portato dentro l’intero giro di mignotte del giro di travestiti di Ivankov!»
«Tutta vita, bello mio» balbetta Ace tra i singulti di riso.
L’intera tavolata scoppia in un riso convulso; per l’euforia, Cavendish si sbilancia e cade dalla sedia, facendo aumentare ancora di più il livello generale di isteria. Bonney si lascia scivolare all’indietro, finendo per ritrovarsi seduta sulle ginocchia di Drake.
«Sei comoda?» le domanda con una vena sarcastica nella voce.
«Parecchio» Jewls sorride facendo scorre le sue gambe su quelle dell’uomo, mentre lo sguardo rimane fisso a osservare Bartolomeo e Rebecca che aiutano Barbie a rialzarsi.
«Quindi quante volte sei stata dentro?» domanda lo sceriffo allungando il braccio verso il tavolo per prendersi il suo bicchiere.
«Qualcuna» borbotta lei, versandogli della birra «Ma mai per motivi seri».
«Tipo?» il suo viso è così vicino che può sentire il soffio leggero delle sue parole sulla cima del capo, ma non si sposta, anzi continua a sorridere e si sistema meglio sulle sue gambe.
«Tipo… Oh, beh, un paio di volte per rissa, schiamazzi, possessione di stupefacenti – ma ti assicuro che era erba e in quantità legale – oltraggio al pudore e oltraggio a pubblico ufficiale. O e turpiloquio».
«Chissà perché non sono stupito, soprattutto per l’ultima».
«E non hai ancora visto niente» sussurra Bonney piegando la testa all’indietro e chinandosi sul suo orecchio «Dovresti sentire cosa posso dire a letto».
Drake quasi si strozza con la birra e inizia a tossire convulsamente, spostandola di lato.
«Vado a fare due passi» borbotta.
«Vuoi che venga con –»
«No! PER l’AMOR DEL CIELO! Resta lì».
«Ti ha liquidata?» domanda gentilmente Nami sedendosi di fianco all’amica.
«Forse ho esagerato con le provocazioni» ammette pacatamente Bonney sollevando le spalle e appoggiando la testa sulla spalla dell’amica «Nami…»
«Che c’è?»
«Mi canti qualcosa?»
«Sai che non –»
È la testa mora di Rufy quella che le compare davanti e che con occhi da bambino le sorride; Nami non si aspettava una persona simile, non qualcuno con un cuore così puro e un sorriso così gentile, sbuffa, mentre il ragazzo non smette di fissarla.
«Anche io vorrei sentirti cantare».
Si sente arrossire leggermente e si dà della cretina, perché quando mai lei arrossisce?
«Va bene» borbotta «Ma solo se Zoro canta con me».
«Una in coppia e una da sola?» cerca di intercedere Bonney.
«Ma così canterei due volte! La mia voce non è mica qui perché possiate tutti bearvene! Cos’è mi pagate?! Vi addebiterò dieci dollari a testa!» borbotta avvicinandosi a grandi passi a Roronoa e piegandosi sul suo orecchio.
«Strozzina merdosa» sibila Kidd tra i denti, ricevendo un accendino dritto in mezzo agli occhi «PSICOTICA!»
«Sai Kidd» borbotta Killer fissandolo con aria di commiserazione mentre gli prende la chitarra dalle mani e attacca con una melodia ben nota «A volte mi chiedo se tu non sia un po’ masochista nel profondo»
Il rosso gli sventola il dito medio in faccia e va ad accasciarsi per terra, appoggiandosi a un albero e accendendosi una sigaretta, mentre la voce di Roronoa inizia a sillabare le prime parole.
«From the dusty mesa, her looming shadow grows, hidden in the branches of the poison creosote».
«Pff, non è nemmeno una vera canzone» sibila tra i denti ispirando.
«Ma gli Handsome Family sono un vero gruppo» replica Law.
Eustass non saprebbe dire quando sia arrivato, né capisce davvero cosa voglia da lui, ma solleva le spalle senza replicare e gli allunga il pacchetto di sigarette oramai semivuoto.
«She twines her spines up slowly towards the boiling sun, and when I touched her skin, my fingers ran with blood».
«No, grazie, non ne fumo mai più di tre al giorno».
«Peggio per te».
«Non credo. Quella roba ti ucciderà Eustass-ya».
«Piantala» borbotta il ragazzo, sbuffando, mentre Nami attacca a cantare.
«In the hushing dusk, under a swollen silver moon, I came walking with the wind to watch the cactus bloom».
«Di fare cosa?» le dita di Law sono lunghe e affusolate e gli rubano la sigaretta di mano ancora prima che se ne accorga, come a contraddire ciò che gli ha appena detto.
«Di chiamarmi così».
«È per il “ya”? È solo una vecchia abitudine, o è il tuo nome nella mia bocca a infastidirti, Eustass?» aspira piano e gli ripassa la sigaretta mentre volute di fumo sottile si sollevano verso l’alto.
«A strange hunger haunted me; the looming shadows danced. I fell down to the thorny brush and felt a trembling hand».
Kidd storce il naso e si gira verso di lui.
«Anche se mi chiami per nome non riesci a nascondere il velo di disgusto che provi nel guardarmi; fai un favore a entrambi Law, non chiamarmi proprio».
Fa per alzarsi, ma Trafalgar allunga il braccio e lo afferra per il polso ritirandolo a terra; ignora il ringhio che si forma sulle labbra semi aperte del ragazzo e prende a parlare.
«Ti sbagli. Non è disgusto».
«Allora cos’è? Commiserazione? Pietà? Anche peggio, direi».
«Dammi tregua, Eustass-ya».
«When the last light warms the rocks and the rattlesnakes unfold» la voce di Zoro e quella di Nami si mescolano nelle loro orecchie, ma i due giovani non paiono accorgersene «Mountain cats will come to drag away your bones».
«Ero davvero convinto di essere etero fino a ieri, non ti guardo con disgusto, sono solo curioso».
«Fattela passare, non sono un paziente. Non devi studiarmi».
«E io che pensavo che giocare al dottore potesse piacerti» le sue labbra si stirano in un sogghigno divertito, perché ha appena scoperto che prendere in giro Kidd è molto più appagante che guardarlo da lontano e lanciargli contro madonne.
«Vaffanculo, Tafalgar» sbotta il giovane alzandosi in piedi e questa volta allontanandosi per davvero.
«Ti piacerebbe» mormora Law, quando oramai Eustass è troppo distante per sentirlo.
«And rise with me forever across the silent sand, and the stars will be your eyes and the wind will be my hands».
«Hai stonato una volta» sbotta Kidd sedendosi al tavolo e lanciando un’occhiataccia a Zoro, come se avere stonato comportasse l’inizio di una qualche impellente catastrofe.
«Tu di stonato hai solo il cervello, pirla».
«Oh, ma la finite, che Nami è in buona e magari ci fa un solo?» borbotta Bonney prendendoli a calci negli stinchi, mentre la rossa scoppia a ridere e attacca nuovamente. Questa volta la voce è più sommessa e più pacata; Nami non è abituata a cantare a lungo, non ha la stessa potenza canora di Bonney, né il timbro marcato dei suoi amici, ma non è male e ogni tanto riscopre il piacere di far uscire con la musica le emozioni che le attanagliano il cuore.
«Meh, ma questa è solo un’altra cazzo di sigla» borbotta Kidd attaccandosi al collo della bottiglia di gin.
«Stai zitto, Kiddo, e rilassati».
 
«Sing me a song of a lass that is gone
Say, could that lass be I?
Merry of soul she sailed on a day
Over the sea to Skye
Billow and breeze, islands and seas
Mountains of rain and sun
All that was good, all that was fair
All that was me is gone
Sing me a song of a lass that is gone
Say, could that lass be I?
Merry of soul she sailed on a day
Over the sea to Skye»
 
«Non sono sicuro che sia una buona idea».
«Fantastico, grazie per avere condiviso il tuo pensiero, ora continua a camminare».
«E se Rebecca dovesse cadere?»
«Non cadrò, non preoccuparti».
«Sentito? Non cadrà, muoviti».
«Piantala di darmi, anzi darci, tutta questa confidenza. Non ti sei nemmeno scusato per oggi».
«Cosa vuoi farci, la carta da lettere l’ho finita».
«La piantate? Già non vedo niente, se poi mi distraete pure ci perdiamo sicuro!»
«Scusa».
Hanno superato da qualche minuto l’area illuminata di Supai e si sono lasciati il campeggio alle spalle; la luna illumina il cammino, facendo capolino tra le fronde degli alberi, mentre alle loro spalle il chiacchierio allegro dei loro amici e degli abitanti del villaggio va facendosi sempre più vago.
Non sanno bene di chi sia stata l’idea, chi l’abbia proposta la prima volta; forse è partito tutto da un desiderio di Rebecca, o dalla volontà di Cavendish di non mandare tutto a madonne ancora una volta (perché anche se non tutti lo sanno, in realtà è un esperto nel mandare a monte relazioni), o forse, ancora, dal tentativo di Bartolomeo di fare qualcosa di diverso, di piacevole, qualcosa di unico.
Così continuano a camminare, a tratti uno di fianco all’altro, a tratti in fila indiana, alla ricerca di uno spiazzo adatto su cui sdraiarsi e guardare le stelle; la spessa coperta che Bartolomeo porta sulle spalle pare stranamente leggera e la brezza che li investe sembra invitarli a proseguire.
«Non li trovo…»
«Beh, tu cerca meglio, sono qui da qualche parte».
«Scusate, ma se facessi luce col cellulare?»
«Sei impazzita? Vuoi che ci scoprano!?»
«Senza contare che un vero uomo non ha bisogno di alcun aiuto, ti ricordi quell’episodio di –»
«NO. Non l’ho visto. Non lo voglio vedere. Cerca. Le. Scale».
«Se avete finito, le ho trovate».
«Sei fantastica, Rebecca».
«Se le saliamo anche, anzi, fermi tutti. Vado avanti io. La mia brillante presenza non può che illuminarvi il cammino».
«Ouch!»
«Muoviti!»
«Volete fare piano?! Se ci scoprono ci multano di sicuro!»
«Oddio, sono morto. Nami mi affoga nel lago…»
«No, se cammini e stai zitto».
«Zitto tu, gallinaccio!»
«Silenzio!»
Ci mettono qualche minuto a risalire tutte quelle scale, sono umide e sconnesse e richiedono una buona dose di attenzione, soprattutto al buio. Quando raggiungono la cima, si trovano sulla mesa, l’altopiano roccioso che circonda Supai come in un abbraccio; hanno le mani escoriate e sono di nuovo sporchi di terra, ma a nessuno di loro importa davvero, perché da lassù ogni cosa è illuminata dalla luce della luna, e le stelle brillano alte nel cielo, più visibili che mai.
Rebecca si fa passare la coperta da Bartolomeo e con cura la stende per terra, allontanandosi sapientemente dal bordo del precipizio; il terreno è sconnesso, brullo e pieno di sassi, e tutti e tre sono consapevoli che si fracasseranno la schiena, ma ne vale la pena.
Rebecca si sdraia nel mezzo, Bartolomeo alla sua destra, Cavendish alla sinistra, sono sdraiati quasi in cerchio e le loro teste si incontrano al centro della coperta; è una sensazione strana la sua, si sente in equilibrio, come appesa a un filo, sente che sta camminando sul limite e che alla minima folata di vento potrebbe cadere e vedere tutti i suoi sogni e le sue speranze per il futuro infrangersi. Allunga una mano a cercare la stretta calda e rassicurante di Bartolomeo, ma non osa girarsi, non osa guardarlo negli occhi per timore di vederci riflessa una verità a cui sono ore che cerca di non pensare.
«Qualcuno di voi conosce le stelle?» domanda Cavendish con voce vagamente perplessa.
«Certo, ho visto tutti gli episodi dei Cavalieri dello Zodiaco! Sono espertissimo!» esclama Bartolomeo, forse un po’ troppo esaltato, strappando una risata ad entrambi i presenti.
«Sentiamo l’esperto» ironizza il biondo sorridendo.
«Allora vedi quella roba là? Quella che tipo sembra un carretto? Ecco quella lì è l’orsa minore, quella indica il nord, anche se quella figa nell’anime è l’orsa maggiore, che è il carro grosso di fianco, perché ci sono tipo i cavalieri di Asgard che rappresentano le stelle».
«Oh. Cristo».
«Sei una piaga, biondino, Rebecca mi ascolta sempre senza lamentarsi!» borbotta Bartolomeo stringendo leggermente la mano della sua ragazza «Vero?»
«Certo, ma non è che Cavendish abbia proprio, proprio torto…» mormora lei trattenendo un sorriso.
«Vi siete coalizzati contro di me? Oh, beh, allora ammirate quelle là. Guardate si vedono anche l’Ofiuco e l’Aquario!»
«Quelle là quali?!»
«Quelle lì, che girano e tipo fanno un quadrato e l’altra fa una retta e tipo, oh, insomma! Non le vedete?»
«NO!» esclama Cavendish «Ti esprimi come un australopiteco sbronzo, cazzo!»
«Scusa tanto, signorino perfezione, cercatele da solo se sei tanto bravo!»
«Bambini, finitela, non potete semplicemente ammirare le stelle e basta? È stata una giornata impegnativa per tutti, non credete?» li interrompe Rebecca stringendo la mano di Bartolomeo e allungando la sinistra ad afferrare quella di Cavendish.
Il biondo trattiene un moto di sorpresa nel ritrovarsi improvvisamente con quella piccola mano nella sua, è un gesto inaspettato e gentile eppure lo colpisce come un pugno nello stomaco, perché per la prima volta il ragazzo si rende conto che non si tratta solo di lui e Bartolomeo. In quella storia è coinvolta anche Rebecca, col suo sorriso gentile e i suoi occhi pieni di amore; e per la prima volta quel giorno, Cavendish si domanda come possa sentirsi lei e si dà mentalmente dell’idiota.
«Mi dispiace» borbotta seccamente.
«Cos-? Ti stai scusando? Per cosa?» domanda Bartolomeo cadendo dalle nuvole.
«Stai zitto, imbecille, fammi parlare. Mi dispiace per avervi rovinato la vacanza, ecco».
«Credimi, biondino, ho sempre saputo che saresti stato un bastardo, me ne ero fatto una ragione».
«No» borbotta Rebecca, lasciandoli senza parole. Lascia le loro mani e si mette a sedere, girandosi verso di loro, che si rialzano quel tanto che basta per guardarla in faccia con gli occhi spalancati.
«Come, scusa?»
«Ho detto “no”. Nel senso, non è colpa tua – cioè sì, essere uno stronzo è colpa tua! Come puoi pensare che stia davvero bene a qualcuno sentirsi dire una cosa simile?! – ma non è colpa tua se vi siete incontrati. Non sei tu a scegliere il tuo Basher, è il Basher che sceglie te».
Cavendish sospira, lanciando un’occhiata di traverso a Bartolomeo, che lo guarda scuotendo il capo come a dire “E ora che facciamo?”. E non sa cosa lo irriti di più, se il fatto che riescano a capirsi pur non conoscendosi affatto, o che nessuno dei due sappia come consolare Rebecca, perché le parole non sempre sono facili da trovare quando in gioco che la felicità di qualcuno.
«Rebecca» comincia il biondo fissandola negli occhi «Ci credi davvero? Io sono convinto che Nami abbia ragione, è una questione di scelte, anche quando sembra che tutto sia già predestinato. C’è sempre una scelta, l’importante è cercare di fare quella giusta».
Le appoggia una mano sul capo, in una carezza gentile, mentre Bartolomeo tira su col naso e l’attira verso di sé, in un abbraccio.
«Non voglio che tu te ne vada» piagnucola, affondando il viso nel suo collo e strappandole un sorriso «Non mi importa del tatuaggio, voglio stare con te».
Continua a piagnucolare per qualche minuto, come un bambino che stringe a sé il suo tesoro, nel momento in cui vede che potrebbe venirgli strappato dalle mani; e non importa se è il contrario di quanto potrebbe accadere in quel momento, Rebecca è tutto e non vuole vederla andare via. Rebecca c’era quando guardandosi allo specchio Bartolomeo non vedeva altro che un mostro sproporzionato, c’era quando si sentiva depresso e non riusciva a fare a meno di pensare a quelle parole tatuate sulla sua pelle, c’era quando nel cuore della notte si svegliava per un incubo; Rebecca c’è, c’è sempre stata e lo ha sempre accettato per la persona che è, arrivando a innamorarsi di lui nonostante tutto.
No, Bartolomeo non vuole lasciarla andare, non importa quanto sia attratto da Cavendish, non importa quanto il ragazzo lo incuriosisca (e non può negare di esserne affascinato, perché sarebbe una menzogna), Rebecca viene prima di tutto il resto.
Il biondo si alza in piedi e sospira con aria teatrale, dopotutto era solo logico che non sarebbe andato tutto bene, quando mai le sue relazioni andavano bene?
«Credimi, Rebecca» borbotta portandosi una mano alla fronte «Fa più male a me che a te, ma tutto questo non può funzionare! Adios, mis amigos!»
Bartolomeo e Rebecca lo fissano in silenzio per qualche istante, quindi si guardano negli occhi e scoppiano a ridere entrambi; non che gli dispiaccia sapere che il suo gesto è apprezzato, ma vederli ridere? E lui che si stava impegnando per fare qualcosa per qualcun altro. Fanculo l’altruismo!
Si gira piccato e fa per incamminarsi verso la scala, pregando silenziosamente di non cadere di sotto, quando la voce di entrambi lo richiama indietro.
«Cavendish, aspetta!»
«Cosa?» borbotta girandosi, per poi spalancare gli occhi alla vista di due mani tese verso di lui.
«Resta» dice semplicemente Rebecca sorridendo, mentre Bartolomeo lo fissa con aria vagamente imbronciata, una mano verso di lui, l’altra stretta intorno alla vita della ragazza, come a dire che c’è spazio per entrambi.
Si sente scoppiare a ridere, mentre le sue dita si intrecciano a quelle di due persone diverse; ed è una sensazione insolita e strana, ma va bene così, si dice avvicinandosi, per la prima volta va bene così.






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Capitolo 5
*** Far from any road – Parte #2 ***


Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Far from any road – Parte #2
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami, implied!Sabo/Koala
Rating: vagamente nsfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 7088, senza testi delle canzoni.
Note: ora mi diverto con un’altra sfilza lunghissima di note! Allora, prima di tutto grazie a Kuruccha per avere betato il capitolo che mi ha fatto pensare non poco. Nel complesso sono soddisfatta e spero che possiate apprezzarlo anche voi. Poi, Crì, tesoro, la storia è una ZoNami, giuro. Giuro che va a parare lì, ma gli audio con la Rem li ho apprezzati tanto lo stesso. Sul piano tecnico, anche se so dimenticherò roba:
- Le canzoni di questo capitolo sono: Welcome to Tijuana, Manu Chao; Principe Alì, Aladdin; Space Oddity, David Bowie; Hooked on a feeling, Blue Swede.
- C’è una pseudo citazione di “A qualcuno piace caldo” nella scena con Bonney e Drake, se non avete visto il film si tratta di questa scena.
- Nullius in Verba significa “Non dare fiducia alle parole di nessuno”; E pluribus unum, significa “Da molti, uno soltanto” (ma la battuta sull’ano è chiaramente una reference di Community); Semper Fidelis, è il motto dei marines; Nomen Omen, significa “Il nome è un presagio” o “Un nome un destino”, “Il destino nel nome” insomma avete capito il concetto.
- Se avete domande sulla parte del museo e sui personaggi storici citati, non fatevi problemi e chiedetemi. Allo stesso modo se non siete sicuri di chi siano i personaggi a cui faccio allusioni (anche se si dovrebbe capire dalle descrizioni) domandate!
- Le zebre a Tijuana ci sono davvero, almeno secondo i turisti; inoltre vi sconsiglio di avventurarvi nella Zona Norte da soli, perché è il quartiere a luci rosse, anche se rimane l’unico posto dove vi vendono una birra dopo le 18.
- Zoro/Nami o Rufy/Nami? Come dicevo, la storia è una Zoro/Nami e si concluderà con questo pairing, MA per tutte le fan della RuNami che leggono, se ci sono, credo che vi piacerà comunque dove voglio andare a parare con il loro rapporto.

- ATTENZIONE! Ho deciso di mantenere il rating della storia arancione perché il sesso non è assolutamente il punto di tutto questo, però in questa scena c’è una piccola scena nsfw tra Bonney e Drake, è brevissima, e a malapena descritta, ma io ve lo dico. Also, non incide sulla trama, se vi sconvolge potete saltarla.
- Ho cercato di approfondire ancora un po’ l’ambito sociale evidenziando un po’ come questa società veda le anime gemelle e palle varie. Non mi ci sono dilungata troppo, ma credo che in futuro tornerò sull’argomento matrimoni.
- Come in futuro? Il prossimo è l’ultimo capitolo! OMG DI GIA’?! Non ce la posso fare!
 
 
 
Walk like an Egyptian
5. Far from any road #2
 
 

Non ricorda come si siano conosciuti lui e Rufy.

A detta di Ace, che all’epoca di anni ne aveva sei, avevano fatto a cazzotti per chi dovesse salire sullo scivolo per primo; quando, però, erano stati interrotti da un certo Hermeppo, di poco più grande di loro, che li aveva spintonati via per salire, avevano deciso di fare una tregua per poterlo picchiare. Ace gli aveva raccontato che dopo era dovuto scappare trascinandoseli dietro, inseguito dalle urla rancorose del padre del bambino, un tale Morgan, un tizio del tutto poco raccomandabile.
Da quel momento Zoro era sempre stato con loro, ogni momento della giornata; suo padre si lamentava spesso che tornasse a casa solo per mangiare e dormire, ma non gliene aveva mai fatto una colpa, né aveva mai posto restrizioni alla sua libertà. Così il piccolo Roronoa era cresciuto facendo a botte con gli altri ragazzini, frequentando la palestra con Johnny e Yusaku, e trascorrendo tutto il resto del suo tempo assieme a Rufy, a incitare Sabo ed Ace che si facevano belli di fronte a loro o attaccato alle console a giocare. E il tempo era passato, era arrivato Sanji e il duo era diventato un trio, ben distinto da quelli che erano gli amici della palestra.
Prima che se ne rendessero conto avevano compiuto sei anni e i loro tatuaggi si erano materializzati, ognuno in un posto diverso, su quei corpi ancora acerbi da bambini; ricordava fin troppo bene il giorno in cui si era svegliato con quel fastidio alla schiena. Era corso da Rufy ansioso di dimostrargli che finalmente era diventato grande – perché, come diceva sempre Ace per prenderli in giro, senza Basher non erano che dei mocciosi senza speranza – e aveva trovato il suo amico intento a osservarsi il polso con aria stupita. Rufy lo aveva guardato e gli aveva chiesto: «Secondo te va via?»
Erano scoppiati a ridere entrambi, mentre con curiosità esploravano le rispettive scritte, fissando quel carattere asettico che caratterizzava i tatuaggi di tutti, ammirando le parole e facendo ipotesi sul loro significato. Poi si era unito Sanji, mostrando con orgoglio la sottile scritta alla base del collo, “Levati di mezzo” diceva e per qualche tempo i suoi amici non avevano fatto altro che dirglielo, prendendolo in giro. All’epoca erano solo bambini, non avevano idea di quanto quelle semplici frasi avrebbero influito sulle loro vite.
In fondo era solo normale, no? Non era così per tutti?
La gente si cercava per tutta la vita, si incontrava e si sposava guidata da quel segno sulla pelle, i genitori dicevano ai figli di cercare la loro anima gemella, cercando di limitare il più possibile che uscissero con le persone sbagliate, che in molti caso erano davvero considerate sbagliate dall’intera società perché non erano la metà giusta, non era destino; gli insegnanti incentivavano gli studenti a comunicare tra di loro, a conoscersi, non solo tra membri della stessa classe; i comuni organizzavano veri e propri incontri “Trova il tuo soulmate”, per incentivare le probabilità di scoprire chi fosse, e lo stesso facevano le aziende, le università, gli uffici.
Non che le famiglie Monkey e Roronoa facessero troppa attenzione a queste cose; il padre di Zoro era rimasto vedovo che il figlio era ancora molto piccolo e non si era mai preoccupato delle possibili conseguenze della solitudine: «In fondo» diceva spesso «Sono stato fortunato. Ci sono persone che non incontrano mai la loro anima gemella e rimangono sole e disperate per tutta la vita. Io almeno ho avuto tua madre».
Garp, allo stesso modo, non sembrava per nulla interessato alla faccenda, ripetendo spesso ai nipoti che non era affar suo chi frequentassero, che lui non voleva saperne niente e che, se anche fossero rimasti feriti da una relazione andata male, beh, era tutta salute. Ciò che non ti uccide ti fortifica e sei ti uccide sei tu che sei un cretino per esserti fatto mettere sotto.
Poi era arrivata Kuina ed era cambiato tutto. O meglio, era stato un cambiamento graduale, ma Zoro aveva iniziato ad attendere i giorni dell’allenamento almeno quanto attendeva i suoi pomeriggi con Rufy, aveva imparato a capirla con uno sguardo e a sentirsi capito con un solo cenno. Era stato bello ed era stato appagante. Ricordava lo sguardo geloso di Rufy i primi tempi: sporgeva le labbra verso l’esterno e si lamentava che Zoro trascorresse troppo tempo con quella ragazza e poco con lui. Erano ancora gli anni delle elementari, ma era stato proprio in quel periodo che il loro universo aveva preso forma, che i loro legami si erano stretti ed erano diventati indissolubili.
Prima c’erano stati solo lui e Rufy, poi a loro si era unito Sanji. E quindi era arrivata Kuina. Ma Kuina non era come le altre bambine, non aveva mai cercato di intromettersi nelle loro dinamiche di gruppo e non aveva nemmeno mai cercato di farne parte. Non le interessavano gli altri, il tempo che passava con Zoro in palestra per lei era sufficiente, perché quelle ore erano loro e basta.
Così la vita di Zoro era trascorsa come divisa in due, metà dedicata ai suoi amici, l’altra metà dedicata agli allenamenti e alla scoperta di quel sentimento che gli adulti chiamavano amore. Kuina era stata una presenza costante nelle sue giornate, e gli bastava un suo sguardo, una sua parola perché anche il più nero dei malumori si placasse un poco; era stata il suo primo bacio, le sue prime carezze goffe sotto la maglietta a sfiorare dei seni ancora acerbi, la sua prima erezione silenziosa sotto la stoffa dei pantaloni. Era stata il suo primo tutto.
Quando avevano fatto l’amore, pur senza avere alcuna esperienza, era stato come tornare completi di nuovo, e non aveva importanza quanto fosse stato difficile arrivare a quel punto o che problemi avessero avuto ad aprire quel maledetto preservativo, o ancora che all’inizio non sapessero bene da che parte girarsi. Era stato bello ed era stato come essere travolti finalmente dalla consapevolezza di non essere soli, mai. Zoro, che all’epoca, a soli quindici anni, ancora non conosceva bene il sesso, non aveva avuto bisogno di esplorare quel corpo steso sotto il suo, perché istintivamente sapeva dove andare ad accarezzarla, dove appoggiare le labbra e quali punti sfiorare perché la ragazza potesse provare piacere. Non era intuito, era il Basher, ma all’epoca lui non ne aveva idea e pensava fosse la normalità.
Quando, a sedici anni, un pirata della strada travolse Kuina, per Zoro fu come se il tempo si fosse fermato. I suoi amici lo videro rinchiudersi e sfiorire e mentre Sanji usciva e iniziava a frequentare qualunque ragazza fosse disposta a dargli una chance, Zoro rimaneva con Rufy in casa, a giocare ai videogiochi, a guardare telefilm, a sfogliare svogliatamente le pagine di libri per cui non provava interesse alcuno. Arrivò Kendra e per un po’ le cose parvero migliorare, e alla fine, dopo un paio di anni, sembrò che il ragazzo si fosse ripreso, ma Sanji, Rufy e chiunque lo conoscesse da sempre avevano continuato a percepire l’ombra che leggera lo accompagnava costantemente.
 
A distanza di dieci anni, ora, Zoro osserva il suo riflesso nell’acqua azzurra del lago, increspata unicamente dal flusso continuo che si riversa al suo interno dall’alto della cascata.
«Non è che proprio mi piace quando mi tieni il muso» borbotta Rufy sedendosi di fianco a lui senza chiedere permesso, stringendo il cartone di un succo di frutta al mirtillo e osservando l’amico con una smorfia.
Roronoa scoppia a ridere, bevendo un sorso di birra, quindi gira il volto verso di lui e sogghigna leggermente.
«Non ce l’ho con te, demente! È solo che non me lo aspettavo».
«Figurati io, perché non mi hai mai detto che brucia?!» si lamenta Rufy lasciandosi cadere sulla schiena e portando le mani dietro la testa.
«Non è che ci abbia fatto troppo caso all’epoca. A sei anni non facevamo altro che fare a botte, ricordi?» risponde Zoro appoggiandosi contro un albero, in modo tale da rivolgere il viso verso l’amico.
«E chi se lo scorda. Non so se ne abbiamo prese di più da quelli del gruppo di Ace o da mio nonno».
«Decisamente da tuo nonno» borbotta Roronoa massaggiandosi il capo al solo pensiero «Quel vecchiaccio si divertiva a prenderci a cazzotti, te lo dico io!»
«Ti ricordi quando ha promesso di portarci in campeggio e ci ha lasciati da soli una settimana?»
«Ricordo perfettamente che dopo due giorni eri pronto a darti al cannibalismo, ma non avevi il coraggio di uccidere un coniglio».
«Ma erano carini e bianchi» borbotta Rufy «E poi abbiamo risolto quando Ace è andato a derubare i turisti».
Zoro scoppia a ridere, ripensando alla fuga nel bosco inseguiti da villeggianti in camper piuttosto incazzati, armati di rastrello; sposta lo sguardo sulla cascata e sospira impercettibilmente.
«Non ho intenzione di portartela via» mormora piano il moro calandosi sugli occhi il cappello di paglia che porta sempre con sé.
«Credo che la scelta sia anche sua, Rufy» Zoro sorride mestamente.
«Lo sai che Sabo si è unito a quelli del Nullius in Verba –»
«Che c’entra?! Ma tra l’altro perché? Lui e Koala sono anime gemelle, no? Il Nullius in Verba non è mica quel partito che promuove le coppie non destinate?»
«Dice che tutti dovrebbe avere una scelta e che quelli là degli ani dicono solo cazzate».
Zoro scoppia a ridere, correggendo l’amico «E pluribus unum, Rufy. Come fai a confonderti? È il motto nazionale degli stati uniti d’America, tuo nonno lo ha stampato insieme a Semper Fidelis e lo ha appeso nella vostra camera da letto!»
«È la stessa cosa» borbotta il giovane «Io comunque credo che abbia ragione».
Roronoa non risponde, in attesa che l’amico continui. Non capita sempre che faccia discorsi lunghi, o peggio, profondi, ma le rare volte in cui accade bisogna lasciarlo parlare, dargli tempo, perché per Rufy trovare le parole giuste è sempre stato importante e difficile.
«Non ti vedevo così rilassato da anni, da quando Kuina era viva» mormora Rufy, senza farsi problemi a pronunciare quel nome «E non so quanto effettivamente cambi non essendo Nami la tua anima gemella, ma io ti vedo felice. Sinceramente mi basta».
«È diverso»  borbotta Zoro fissando il fondo della bottiglia ormai vuota «Con Kuina non c’era bisogno di parlare, lei sapeva e basta; con Nami è l’opposto, a volte non capisco a cosa stia pensando e non riesco a tirarglielo fuori nemmeno con le pinze, mi fa salire il nervoso e spesso si diverte a prendermi in giro. La nostra storia è tutt’altro che perfetta».
Questa volta è Rufy a non replicare, consapevole di quanto sia difficile per Zoro essere onesto sui suoi sentimenti.
«Però è per questo che la amo» borbotta portandosi una mano al viso e coprendo parzialmente la bocca «Ho scoperto il corpo di Nami poco a poco, ho imparato a conoscerla, ho dovuto capire da solo il significato dei suoi gesti e delle sue occhiatacce. Ho accettato i suoi difetti e lei ha accettato i miei, compensandoli con tutti quei pregi che non sempre gli sconosciuti riescono a vedere. Stare con Nami è una scoperta, Rufy. Qualcosa che non avrei mai creduto possibile e non sono sicuro di volerci rinunciare».
«Ma dipende da lei, giusto?»
«Sì. Non ho intenzione di impedirle di fare niente, così come non ho intenzione di impedirlo a te. Sei il mio migliore amico, Rufy, quale che sia la decisione che prenderete sono sicuro che sarà quella giusta».
Rimangono in silenzio per qualche istante, finché dal riverbero del falò si avvicina Nami, il passo deciso e l’aria di chi non ne può già più.
«Roronoa, io te lo dico, sto per ammazzare qualcuno» sibila irritata  lasciandosi a cadere a sedere «Lo sceriffo e Bonney sono spariti e sinceramente non voglio sapere dove siano finiti e Kidd continua a litigare con quell’altro mentecatto!»
Zoro si alza appoggiandole una mano sul capo.
«Ho capito, ci penso io. Tu controlla che Rufy non si getti in acqua che non sa nuotare».
«Hey! Non è vero!» borbotta l’amico guardandolo allontanarsi «Ci tocco qui!»
Nami lo guarda con la stessa aria che si rivolgerebbe al proprio cane ritardato mentre si sloga la coda dopo avere scodinzolato troppo forte e maledice quel punto, quella situazione, tutti i suoi amici e soprattutto Bonney.
Si fissano in silenzio per qualche minuto finché Rufy, che si era messo a sedere e la osservava con interesse da una manciata di secondi, non domanda con aria perplessa: «Scusa, ma tu la fai la cacca?»
Nami rimane interdetta, i suoi occhi spalancati, chiude lentamente le palpebre e si passa le mani sulle tempie.
«Io me ne vado» sibila piano facendo per rialzarsi.
Il ragazzo però la blocca per un polso, arricciando le labbra e guardandola come un cucciolo che sta per essere abbandonato.
«Eddai, scherzavo, non andare via! Se poi Zoro torna e non ti trova? Finisce che mi pesta pensando che ti abbia rapito!»
«Sempre che riesca a tornare qui senza perdersi» borbotta la rossa sadicissima, rimettendosi suo malgrado a sedere «Mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere fino ad oggi!»
«Oh beh, ha un ottimo istinto di sopravvivenza. E a dirla tutta difficilmente lo abbiamo mai lasciato andare in giro da solo, non dopo quello che è successo in Messico».
«Cos’è successo in Messico?» domanda Nami improvvisamente interessata.
«Non so se posso dirtelo. Cioè a Zoro non piace che se ne parli» mormora Rufy, soppesando le parole «Però ora Zoro non c’è, oh beh! Tanto prima o poi l’avresti scoperto».
«Scoperto cosa!?»
«Quando avevamo diciott’anni io, Zoro e Sanji, abbiamo deciso di andare in Messico. Così siamo scappati di casa per un weekend, abbiamo preso la macchina di Ace e siamo arrivati a Tijuana».
«Welcome to Tijuana, tequila, sexo y marijuana» canticchia la rossa con un sorriso.
«Sì, beh, arriveremo anche a quello» ridacchia Rufy, cercando di trattenersi dal raccontare solo la parte divertente «Beh, comunque, passiamo il confine, dopo una serie infinita di controlli e decidiamo di darci alla pazza gioia visto che in Messico l’età minima per bere sono i diciotto; così iniziamo a girare. Non nego che all’inizio siamo rimasti un po’ perplessi, con tutte quelle zebre e nessuna scimmia».
«Immagino la delusione» ironizza la ragazza.
«Tantissima!! Hai idea di che figata sono le scimmie che ballano? Hai mai visto Aladdin?! Io mi immaginavo già Alì, principe Alì, Ali Ababua! Le sue scimmie son cento e son bianche! Che belle scimmie! Che belle scimmie!»
Ok, se l’è giocato, pensa Nami, sorridendo suo malgrado; certo che tra tutti gli spostati che poteva incontrare sul suo cammino…
«Rufy, ti prego, non perdere il filo» mormora, stupendosi di quanto le riesca facile chiamarlo per nome, nonostante tutto.
«Sì, giusto… Allora, dicevo, c’erano le zebre; ci facciamo questo giro per la città, ma ci accorgiamo che dopo le sei non servono più birra da nessuna parte, così un tizio del tutto affidabile – e giuro, Nami era davvero affidabile, cioè perché giudicare qualcuno dall’aspetto solo perché ha le braccia tatuate ed è truccato da donna? Comunque questo tizio si presenta, e ci dice di chiamarsi Von Clay e che conosce il posto perfetto per passare la serata migliore della nostra vita».
La rossa comincia a capire dove il giovane stia per andare a parare e si sistema contro il tronco dell’albero, preparandosi a qualcosa di divertente.
«Camminiamo fino alla Zona Norte e finiamo a fare il giro dei locali, per la gioia di Zoro, che deve aver provato qualcosa come una decina di birre diverse, e anche di Sanji visto che apparentemente era anche la zona dei locali a luci rosse ed era pieno di donne. Solo che alla fine questo tizio ci convince ad entrare nel locale “di un suo amico”, un uomo con una cicatrice che gli percorre tutta la faccia in orizzontale».
Si interrompe un secondo per prendere fiato.
«Beh, cosa mai potrà andare storto? Mi dico, peccato che il locale fosse una copertura per un cartello mafioso e dopo dieci minuti che siamo dentro. Dieci minuti. Arrivano dei tizi armati fino ai denti che si mettono a litigare con gli individui dietro al bancone. Sanji si sente chiamato in causa, visto che la barista è una donna, peccato che i due iniziano a scocciarsi e cacciano fuori una pistola, così, onde evitare di finire impallinati ce la diamo a gambe. Senza pagare. Dimenticandoci Zoro addormentato su una sedia».
Nami scoppia a ridere.
«Beh, fatto sta che Zoro si sveglia dopo mezz’ora e per niente preoccupato di non vederci più si ordina un’altra birra, la paga ed esce incamminandosi per i fatti suoi “verso la macchina”» racconta Rufy mimando delle virgolette con le dita «Peccato che la macchina l’avessimo già presa noi e quella in cui si infila decisamente non era la nostra, ma ehi, le chiavi erano nel quadro. Prende e sparisce».
«E di chi era la macchina alla fine?»
«Di uno dei membri del cartello, un messicano rasato dall’aria seria. Zoro ci ha chiamato dopo circa sei ore. Da Rosarito. Da Rosarito! Capisci? È a 24 chilometri da Tijuana, verso sud!»
Nami continua a sbellicarsi dalle risate, trattenendosi a stento la pancia.
«Pensi che finisca qui? Ci chiama da Rosarito, e la sua voce è un po’ strana “Credo di avere rubato una macchina per errore” ci dice “e mi sono perso” e fin qui tutto nella norma. Poi il colpo di genio “Ci sono dieci chili di eroina messicana nel bagagliaio. Mi sa che sono morto”».
«Beh deduco che alla fine si sia risolto tutto» ribatte Nami tra i singulti di riso, immaginandosi la scena.
«Sì, siamo andati a riprenderlo, lo abbiamo pestato e con molta nonchalance abbiamo riportato la macchina indietro, lanciandola tipo a due isolati dal locale e siamo scappati. Da quel momento non lasciamo più andare Zoro in giro da solo».
La ragazza si riprende dopo qualche minuto e gli sorride, finalmente Rufy riesce a vedere il primo sorriso sincero della serata, il primo sorriso che non nasconde un’ombra e che lo porta a piegare a sua volta le labbra verso l’alto. Nami è bella, sono belli i suoi capelli mossi che ricadono delicati sulle spalle, sono belli i suoi occhi scuri, anche quando sono velati di tristezza, e Rufy capisce cosa ci abbia visto Zoro; non prova invidia, né gelosia, semplicemente capisce e forse ci riesce perché quella rossa dal cuore ribelle è la sua anima gemella, forse semplicemente perché conosce Roronoa da una vita e oramai riesce da a comprendere da solo cosa possa averlo smosso.
«Sai» le dice togliendosi il cappello dal capo e utilizzandolo per farsi aria «Credo di capire ora».
«Cosa?» domanda Nami con aria confusa, non riuscendo a seguire il ragionamento del ragazzo.
«Mio nonno mi ha sempre detto di non fidarmi delle apparenze. Quando avevo dieci anni mi ha portato al museo, sai quello lì del Nomen Omen».
«Il museo sulla storia del soulbonding a Miami? Ma è sulla costa est!»
«Sì, beh, cattò su me, Ace e Sabo e partimmo. Fu un viaggio terribile» si lamenta il ragazzo, rabbrividendo vagamente al pensiero «Quando arrivammo ci costrinse a passare tre ore in quel posto. Non so se si capisce, ma non sono proprio, proprio un fan dei musei, cioè, alcune cose mi piacciono, ma mio fratello dice che ho l’aria nella testa e mi distraggo subito e queste cose non fanno per me».
Nami sorride appena, trattenendo una risata di fronte a quell’ammissione fatta con così tanto candore.
«C’erano un sacco di cose strambe, tipo arte dei tizi delle caverne, un sacco di mani e disegni brutti; c’era un video sulla disperazione dovuta al rifiuto, come quel tale, Van Gogh, che si era tagliato l’orecchio quando la sua anima gemella l’aveva lasciato indietro per andarsene in Polinesia. E poi c’erano poesie, scritte, foto di tatuaggi e altre cose noiose. Però mi ricordo che ci eravamo fermati di fronte a una sezione particolare e mio nonno era partito in quarta parlando del rapporto di Ottaviano, sai quell’imperatore romano, e del suo amico, Grappa –»
«Agrippa» lo corregge brevemente Nami.
«Quello che ho detto io. E si era dilungato un sacco, tipo dicendo che l’imperatore era stato sposato per tutta la vita con sua moglie, che apparentemente non era la sua anima gemella e alla fine ci aveva detto che a volte le apparenze sono infami come la carezza di una donna».
«Temo di essermi persa» interviene la rossa, che non riesce davvero a capire dove voglia andare a parare Rufy, né perché si senta improvvisamente in dovere di raccontarle episodi di vita vissuta.
«Nicola Tesla e Thomas Edison erano anime gemelle –»
«Tesla ed Edison si odiavano…»
«Ma l’ha detto la signorina al museo, quindi deve essere vero; ci disse anche che non potevano stare più di due minuti nella stessa stanza senza cercare di prendersi a parole».
«Rufy» Nami comincia a perdere la pazienza «Il punto».
«Come sei noiosa» borbotta il ragazzo, gonfiando le guance per il disappunto «Ora ci arrivo. Qualche ora più tardi, di fronte a un gelato, mio nonno ci rivelò che la sua anima gemella era un tizio di nome Roger. Un tale che aveva cercato di arrestare per tutta la vita e che alla fine era stato condannato a morte per spionaggio, tradimento della patria e altra roba che non mi ricordo. Ricordo, però, che la cosa che più mi colpì di quel discorso fu che ci disse che lui, quel tale, non l’aveva mai amato, non c’era mai stato amore tra loro; rivalità, senso di prevalsa, il brivido della caccia e la determinazione nell’arrestarlo, ma amore? Quello mai».
Nami si sistema meglio, iniziando ad essere più interessata che a disagio, nonostante il discorso tocchi un argomento che di solito evita come la peste.
«Io non credo che essere l’anima gemella di qualcuno significhi per forza doverlo amare. Mio nonno rispettava Roger, lo ammirava e aveva stima di lui, ma non c’è mai stato spazio per l’amore. Ecco, quello che voglio dire» borbotta Rufy tirandosi in piedi e avvicinandosi alla ragazza con aria imbarazzata «È che Zoro è il mio migliore amico e con te è felice, e io non so bene cosa stia accadendo e cosa succederà adesso. Cioè Zoro dice che devi decidere tu e a me va bene, non so bene decidere cosa, però. E anche se non ti conosco e ti ho appena incontrato, ci sono arrivato da solo a capire che sei importante per tutti, e per Zoro più degli altri, quindi ho preso una decisione».
«E sarebbe?» questa volta non c’è sarcasmo nella sua voce, solo sincera curiosità.
Rufy le cala in testa il suo capello di paglia, sorridendo allegro.
«Ho deciso che ti voglio nel mio gruppo di amici».
 
Roronoa si avvicina al falò con aria disinvolta, andando a prendere posto al fianco di Sanji, intento a osservare le volute di fumo che si sollevano verso l’alto.
«Ground Control to Major Tom - Commencing countdown, engines on. Check ignition and may God's love be with you» la voce calda di Killer risuona ancora per il canyon, mentre le mani esperte del ragazzo si muovono leggere sulla chitarra che Kidd ha lasciato da parte.
Il rosso dal canto suo è ancora seduto a terra, la schiena appoggiata contro un albero, una sigaretta che pare fumarsi da sola e gli occhi socchiusi; nessuno, da quella posizione, nota come in realtà segua con attenzione tutti i movimenti di Trafalgar. Il modo in cui le sue dita sottili si chiudono attorno al cellulare, lo sguardo che gli lancia ogni tanto di sottecchi, il linguaggio del suo corpo, che pare volersi isolare da tutti quelli che lo circondano. Ogni suo movimento parla a Eustass, raccontandogli qualcosa della persona che ha di fronte.
«No, vi dico che non ho un contatto segreto alla stazione di polizia» borbotta Ace nel frattempo.
«Fammi il favore» lo redarguisce Sabo con aria da fratello maggiore «Non sei mai stato capace di dire bugie!»
«Se si tratta di una bella donna e non me l’hai presentata giuro che ti uccido!» ringhia Sanji.
«Quale parti di “Stai per sposarti” non ti è chiara, cazzone?» sibila Roronoa pensando a quella povera santa che se lo dovrà ciucciare per il resto della sua vita.
«This is Major Tom to Ground Control - I'm stepping through the door and I'm floating in a most peculiar way. And the stars look very different today».
«Vi ha mai insegnato nessuno a farvi un padellino di cazzi vostri?!»
«Quindi c’è qualcuno!» esclama Sabo trionfante.
«Giuro su Dio, domandatemelo di nuovo e mi do fuoco!»
«Come siamo suscettibili» lo prende ancora in giro Roronoa, allungando una mano lungo il tavolo e afferrando, non senza esitazione, il pacchetto della vergogna e portandosi una sigaretta alla bocca sotto lo sguardo allibito di Sanji.
«Sei fatto?»
«Non dire stronzate, imbecille».
«Cos’è la notizia del mio matrimonio ti ha sconvolto a tal punto?»
«Senti, biondino, non te lo volevo dire così, ma il mio mondo non gira tutto intorno a te».
«E meno male, sfigato. Sarebbe inquietante!»
«Though I'm past one hundred thousand miles I'm feeling very still and I think my spaceship knows which way to go. Tell my wife I love her very much, she knows. Ground Control to Major Tom - Your circuit's dead, there's something wrong. Can you hear me, Major Tom?»
Kidd si solleva lentamente, stufo di seguire quel battibecco che non sembra andare da nessuna parte; sparisce in direzione dei bagni e ritorna dopo pochi minuti, infilando la testa nella sua tenda e sdraiandosi a pancia all’aria con le mani dietro la testa.
Finalmente un po’ di quiete. Non che lui sia un tipo tranquillo, per carità, è il primo a farsi tirare in mezzo quando si tratta di fare casino, ma quella giornata è stata più stancante del previsto. A dirla tutta sono state le ultime ventiquattr’ore ad essere state deleterie per la sua psiche, per la precisione dal momento in cui quello spostato di Trafalgar ha messo piede nella sua vita per la prima volta.
Eustass vorrebbe poter dire che non gli interessa, o che non ha atteso – come tutti – il momento in cui avrebbe incontrato la sua anima gemella, ma mentirebbe, e se c’è qualcosa che Kidd detesta è chi mente a sé stesso. La verità è che Trafalgar gli interessa, ciò che più di tutto lo irrita, però, è che non capisce se gli interessi per una ragione valida (ed effettivamente il culo di Law è un ottimo argomento) o se sia solo per via del legame che pare esserci tra loro.
Impreca sommessamente, trattenendosi dall’accendere l’ennesima sigaretta. Quando la cerniera della tenda si apre con un ronzio sottile, il giovane dà per scontato che sarà Killer a entrare, ma le sue aspettative vengono smontate completamente nel vedere che la testa che si infila all’interno è mora e non bionda.
«Che cazzo fai?» ringhia, mettendosi a sedere.
«Secondo te?» sibila Law per tutta risposta, troppo stanco per sostenere l’ennesimo scambio di insulti con Kidd, ne ha già avuto abbastanza per quella sera.
«Trovati la tua tenda e non fracassarmi i coglioni!»
«Killer ha detto che posso dormire qui, tanto il vostro amico biondo è sparito con una coperta e dubito tornerà prima di domattina».
«Cavendish? Ma cosa!?»
«Ho la faccia di uno a cui frega qualcosa? Non rompermi le palle e lasciami dormire» borbotta Trafalgar sedendosi su uno dei materassini da campeggio.
«No, Trafalgar, non ti è chiaro. Leva il tuo culo da questa tenda e spostalo nell’altra. È più fresca, è più grande e ci sono le stanze separate. Così che non debba vedere la tua faccia tutta notte».
«Di notte dormi, mentecatto. E mi dicono che sia la tenda delle ragazze».
«Fotte sega, esci Bonney e mandamela qui, poi prendi il suo posto».
«Uscire non è transitivo. Buona notte, Eustass-ya».
Kidd rimane interdetto e continua a fissarlo per qualche istante, mentre Law si toglie la maglietta e le scarpe e gli dà la schiena; osserva senza saper bene cosa dire tutti quei tatuaggi che gli segnano il corpo, domandandosi chi sia lo psicotico che ha assunto uno del genere a lavorare in ospedale.
«È un teschio?» domanda sfiorando appena con la punta delle dita, la figura inchiostrata sulla schiena nuda del moro.
Trafalgar si scosta con uno scatto leggero.
«Non toccare e dormi, Kidd» sibila rimpiangendo di essere entrato nella tenda.
«Sei uno spostato, Law, spero che almeno tu ne sia consapevole».
«Preferirei che a dirmelo non fosse uno con le unghie laccate e il rossetto. Vai in giro più truccato di Nami-ya, non lasci mai tutta quella roba sul cuscino quando dormi?»
«Fatti i cazzi tuoi, stronzo».
«E finalmente ci sei arrivato. Ora dormi e finiscila di trivellarmi i coglioni».
Kidd si sdraia a sua volta, sente il calore del corpo di Law troppo vicino alla sua schiena e mastica tra i denti l’ennesima bestemmia; è proprio vero, pensa cercando di prendere sonno, che la vita è una puttana.
«Secondo me si ammazzano» mormora Zoro, ancora seduto attorno al falò.
«Scommetto dieci dollari che si fanno» rilancia Ace sorridendo.
«Venti che non succede niente» si unisce Killer, riscuotendo un cenno di approvazione di Roronoa.
«Venti che si pestano».
«Il romanticismo voi non sapete nemmeno dove stia di casa, eh» Sanji getta loro un’occhiata di sbieco «Ok, al diavolo dieci che il vostro amico attacca il mingherlino al muro».
«Oi, Sabo» lo chiama il fratello «Tieni tu le scommesse?»
«Ma dov’è Bonney quando c’è da giocarsi soldi sulla vita sessuale di Kiddo?» domanda Zoro perplesso.
«Ah, boh, è sparita da almeno mezz’ora».
E, in effetti, circa una mezz’ora prima, Bonney si era stufata di sentire tutte quelle chiacchiere inutili intorno al fuoco, aveva tirato leggermente Drake per una manica e si era diretta con lui verso le abitazioni.
Ora, dopo la terza birra bevuta al bancone di quello squallido bar nel mezzo del nulla, Francis ha qualche problema a respingere le avances, molto poco velate, della ragazza che ha di fianco.
«Bonney, finiscila» sibila scostando per l’ennesima volta la sua mano dalla coscia.
«Che palle, Drake, potresti almeno chiamarmi per nome, no?»
«Per nom- Aspetta, io pensavo che Bonney fosse una specie di soprannome, non è Akainu il tuo cognome?»
La ragazza si sposta improvvisamente, facendo una smorfia.
«No. Io ho preso il cognome di mia madre. Non voglio avere niente a che fare con quell’uomo».
«Non mi dire, problemi con il paparino? Non ti ha mai viziato da piccola?» la prende in giro ancora, trovano quasi affascinante la smorfia seccata che le si dipinge sul viso.
Non ha previsto, però, che la reazione della giovane al sentir nominare suo padre possa essere un po’ più incisiva di una semplice smorfia, così ci rimane quasi male quando la vede alzarsi di botto e mollare dieci dollari sul bancone.
«Me ne vado» sibila piano.
«Aspetta» si alza senza fretta, seguendola pacatamente fuori dal bar «Bonney, aspetta».
«Mi chiamo Jewelry» borbotta senza guardarlo.
Drake le si avvicina e le accarezza piano i capelli.
«D’accordo, Jewelry, basta parlare di tuo padre, scusami se ti ho preso in giro».
La ragazza scoppia a ridere, tornando a sorridere.
«Dillo di nuovo» miagola attaccandosi alla sua camicia e sbattendo le palpebre.
«Ehr, cosa?»
«Il mio nome» sussurra mettendosi in punta di piedi e soffiando nel suo orecchio.
«Cristo, Jewelry, la finisci di provarci a questo modo?»
«No» risponde, afferrandolo per una manica e tirandoselo dietro, fino a raggiungere un luogo più appartato, in un viottolo polveroso tra due edifici.
Non presta troppa attenzione a dove lo abbia condotto, tutto quello che riesce a sentire in quel momento è il vento che soffia leggero nella notte estiva e il respiro vagamente accelerato di Drake a pochi centimetri dal suo viso.
«I can't stop this feeling, deep inside of me. Girl, you just don't realize what you do to me» la musica, nemmeno troppo bassa, invade leggera le vie di Supai, partendo probabilmente dagli alloggi dei turisti, che, come al solito, non si preoccupano minimamente di poter causare disagio agli abitanti.
«Ho dieci anni più di te» sibila l’uomo cercando di staccarsela di dosso.
«Ho sempre trovato eccitanti gli uomini più maturi».
«Per l’amor del cielo! Finirei con l’arrestarti sempre».
«Oh, quindi davvero non vedi l’ora di mettermi in manette» ridacchia Bonney.
«No, senti» borbotta cercando di scollarsela di dosso, mentre la lingua della ragazza li lambisce l’orecchio «Sono gay».
« When you hold me, in your arms so tight, you let me know everything's all right».
«Non credo che il tuo uccello sia d’accordo» risponde la ragazza appoggiandogli una mano sul cavallo dei pantaloni.
«Magari mi vedo con qualcuna!»
«Non ti preoccupare, Francis, non sono gelosa. E se stai per dirmi che sei una donna, sappi che sono stata a letto con gente di qualsiasi sesso, non mi faccio problemi».
Drake sospira, passandosi una mano sulla fronte.
« I'm hooked on a feeling, I'm high on believing that you're in love with me».
«Oh, al diavolo» impreca quindi afferrandole saldamente le cosce con le mani e tirandosela addosso. Bonney sorride sulle sue labbra mentre avvolge le gambe tornite attorno alla sua vita e gli infila le mani nei capelli; non le dà fastidio ritrovarsi improvvisamente contro la parete, né la turba la foga con cui Drake si dedica alle sue labbra. È consapevole di averlo provocato fin troppo quella sera, anzi è quasi ammirata di quanto sia riuscito a resistere.
«Lips as sweet as candy, its taste is on my mind. Girl, you got me thirsty for another cup o' wine».
Gli mordicchia le labbra e struscia il bacino contro la sua erezione, strappandogli un gemito sommesso; rimane a baciarlo ancora per qualche istante, poi si lascia scivolare di nuovo in piedi e gli infila le mani sotto la camicia spessa della divisa, senza curarsi di sbottonarla.
«Che stai -»
«Shush» lo zittisce, armeggiando con la sua cintura e riuscendo finalmente ad aprirgli i pantaloni.
«Got a bug from you girl, but I don't need no cure. I'll just stay a victim, if I can for sure».
«Jewelry, no!» sibila Drake, nel sentire le dita della ragazza avvolgersi attorno al suo membro semieretto e iniziare ad accarezzarlo.
«Non sai quanto mi piace quando pronunci il mio nome».
«Cristo, siamo dietro la chies- Merda!»
Le labbra carnose di Bonney si chiudono sul suo uccello in un bacio che non ha niente di romantico, mentre la sua lingua va a lambire la pelle sensibile del glande.
«Il che rende tutto più eccitante, non trovi?»
«All the good love when we're all alone, keep it up girl, yeah, you turn me on».
«Bonn- Cazzo. Qui ci arrestano per atti osceni in luogo pubblico».
«No, se stai zitto e mi lasci fare» mormora la ragazza, senza nemmeno guardarlo.
Drake le passa le mani tra i capelli, accarezzandoli leggermente e trattenendo l’ennesima imprecazione; sia maledetto il momento in cui ha pensato che seguirla lontano dal falò fosse una buona idea.
Non ha idea di quanto rimangano in quella posizione, con l’ansia che qualcuno si sporga dalla canonica e li veda, appoggiati a quel campanile in mattoni, a fare cose che decisamente il parroco non approverebbe.
Quando Bonney si rialza ha lo sguardo soddisfatto di chi è appena riuscito a farla franca un’altra volta e Drake è senza fiato.
«Beh?» domanda la ragazza sedendosi sul muretto di pietra a lato dell’edificio, in attesa che lui si ricomponga e finisca di riallacciarsi i pantaloni.
«Cosa?»
«Com’è stato?» domanda agitando le gambe, in attesa.
«Bonney, mi hai appena fatto un pompino contro il muro della chiesa» sibila l’uomo abbassando la voce.
«Appunto, com’è stato?»
«Parecchio eccitante» si arrende finalmente Drake, strappandole un “Ah!” di vittoria.
Sorride suo malgrado e si china sulle sue labbra, lasciando che la ragazza gli passi le braccia attorno al collo.
«Non oso immaginare cosa avresti fatto se ci fosse stato un letto».
«Lo scoprirai» risponde placidamente, cominciando a tirarlo verso le tende.
 
«La ritroveremo domattina, capita spesso» sbadiglia Rorona alzandosi.
«Capita spesso? Che sparisca con uomini appena conosciuti?» domanda Sanji.
«Non chiedere, pervertito di merda».
«Cristo, mi sto per sposare! Ce la puoi fare nella vita, idiota?»
«Stavate scommettendo sulla mia vita sessuale?» domanda improvvisamente Bonney comparendo tra gli alberi, Drake alle sue spalle.
Ace annuisce.
«Abbiamo appena raccolto le scommesse su quella di Kidd e poi siamo passati alla tua» dichiara Killer senza cambiare espressione.
«Beh, probabilmente ha vinto Nami, come suo solito» borbotta Jewelry, lasciandosi cadere seduta su una sedia «Dov’è a proposito?»
«Laggiù con Rufy, ora vado a raccattarli».
Zoro si alza e si dirige verso il greto del fiume, in tempo per vedere il suo migliore amico piazzare il cappello di paglia sul capo della rossa; sorride, sinceramente colpito, avvicinandosi fino a raggiungerli.
Nel momento esatto in cui Nami si accorge della sua presenza, un sorriso leggero si allarga sul suo viso; si rialza in piedi, allungando entrambe le braccia verso di lui gli fa segno di raggiungerla.
«Bienvenido mi amor, bienvenido a Tijuana, bienvenido a tu pena, bienvenido a la cena sopita de camaron. Bienvenido a Tijuana. Bienvenido a mi suerte, bienvenido a la muerte».
Zoro si blocca a metà, nel momento preciso in cui connette le parole con un preciso evento della sua esistenza di imbecille.
«Rufy, cazzo! Sei un bastardo!»
«Non te la prendere amore» esclama Nami ridendo «Era solo questione di tempo prima che lo scoprissi».
«Certe cose dovrebbero rimanere sepolte, proprio! Dovremmo fingere di dimenticarle!»
«Dieci chili di eroina messicana, Zoro» ride Rufy «Non credo sia possibile da dimenticare!»
Roronoa impreca quindi mostra loro un dito medio, mentre tutti insieme tornano verso il falò che sta morendo.
«Persino Kendra è rimasta colpita quella volta» continua Rufy  tra i singulti.
«Di che parlate?» chiede Sanji gettando il mozzicone della sigaretta tra le fiamme.
«Oh, niente di che» Nami si sposta i capelli «Di Zoro che si inimica tutto il cartello Messicano».
«Complimenti, Ro’ e poi mi fai storie per una canna!» borbotta Jewelry spostandosi sulla panca accanto a Drake e appoggiandosi con la schiena contro la sua spalla.
Sanji scoppia in singulti indistinti, cercando di non soffocare e allo stesso tempo di evitare un calcio da parte di Zoro.
«Si può sapere che hai fatto?» domanda Killer incuriosito.
«Ha rubato dieci chili di eroina a una banda di Tijuana».
«Ah, la faccenda della Baroque Works» scoppia a ridere Ace.
Drake allarga gli occhi e si porta le mani alle tempie, fingendo di non sentire.
«È stato un incidente! Un incidente! Pensavo fosse la nostra macchina!»
«Certo amore, e poi ti sei perso» ridacchia Nami sadicissima, dandogli leggeri colpetti di conforto sul capo e facendolo incazzare ancora di più.
«Siete tutti dei bastardi! Io me ne vado a letto!»
«Aspetta! Io dormo con Marshmellow stanotte» esclama Nami trattenendolo per una manica.
«Cosa?!» Bonney quasi si ribalta dalla panca, e se non fosse per il braccio di Francis stretto attorno alla sua vita, probabilmente cadrebbe col culo per terra.
«Io e te dormiamo assieme» ripete Nami, scandendo bene le parole, come se si stesse rivolgendo a un bambino con problemi di comprensione.
«Ma perché?! Eddai, superoca! Cioè pensavo che la situa fosse più chiara ora!»
«La tua “situa” è chiarissima, la mia molto meno» sibila avvicinandosi e abbassando la voce, per poi bloccarsi all’improvviso e osservarla da capo a piedi «Hai fatto sesso? Anzi no, quasi. Dio, ma non ce l’avete un po’ di contegno voi due? Voglio dire, da Jewls potevo aspettarmelo, ma da lei?!»
Lo sceriffo si passa stancamente una mano sugli occhi, forse se li uccide tutti quanti e scappa nessuno se ne accorgerà, e se lo dovessero beccare è abbastanza sicuro di poterle ottenere, le attenuanti.
«Avete scommesso e non mi avete chiamato?» sibila rivolta a Zoro più che agli altri.
«Beh, ecco, a dirla tutta siamo partiti scommettendo su Kidd…»
«Oh, venti dollari che non combina niente» interviene Nami «Beh comunque dormi con lui e Cavendish, non mi interessa se c’è anche Torao, basta che non si trasformi in un’orgia».
«Veramente Cavendish è sparito» fa notare Killer pacatamente «Con quei due, come si chiamavano?»
«Rebecca e Bartolomeo? Ma seriamente?»
«Sono spariti poco dopo che Jewls si è data alla macchia e che tu ti sei allontanata» aggiunge Ace sbadigliando «Io me ne vado a letto».
«Andiamo» mormora Sabo assonnato pure lui, afferrando Rufy per un braccio.
Nessuno sembra fare troppo caso alla rossa che con un gesto del tutto normale si sfila il cappello dal capo e lo passa con gentilezza al moro, sorridendogli appena prima di salutarlo.
«Quindi?» domanda Roronoa perplesso.
«Quindi io dormo con Bonney, restano due post in tenda con Kidd e Law e due nell’altra stanza della nostra tenda».
«Senti, ciccia, sono onorata, davvero, ma-»
Nami le si avvicina velocemente, piegandosi verso di lei oltre il tavolo da campeggio.
«Senti» sibila piano «Mi dispiace se non siete riusciti a trombare, puoi sempre rifarti domani. Al momento ho dei seri, serissimi problemi e se non ne parlo con te finisco con il buttarmi dalla cascata domattina e non ho nemmeno l’assicurazione sulla vita. Capisci il mio dramma, vero?»
Jewelry la osserva in un misto di pietà e rassegnazione, quindi sospira sconsolata.
«Come ti pare» borbotta.
Si gira verso Drake e gli appoggia un leggero bacio sulle labbra, sorridendo sorniona.
«Nella nostra tenda c’è un’altra stanza se vuoi».
«Ugh» geme Zoro «Credo dormirò con Kidd, che dici Killer?»
«Dico che preferisco sopportare quei due piuttosto che Bonney quando mette gli occhi su qualcuno».
«Oh, tutta invidia, belli miei» ribatte la ragazza scomparendo nella sua tenda e varcando l’area che reca la dicitura “Nami” sul telo di ingresso.
La rossa dal canto suo si premura di spegnere il fuoco, poi sorridere allo sceriffo, rimasto da solo a fumare sulla panca oramai vuota, al buio, ed entra anche lei nella tenda.
«Si può sapere che è successo di così importante?» domanda Jewelry seduta un materasso gonfiabile matrimoniale.
Nami sospira e si siede al suo fianco, appoggiando il capo sulla spalla dell’amica.
«Hai presente quello che ti ho detto oggi?»
«Di te e Zoro? Che non siete anime gemelle? Senti Nami, per me non cambia niente, non sarò socialmente molto attiva, ma per me la vostra relazione è valida come qualsiasi altra» la rassicura l’amica, cercando di mantenere il torno più serio possibile.
«Non è quello, ma grazie».
«E allora di che si tratta?»
«Quel suo amico, quello col cappello di paglia, hai presente?»
«Il fratello di Ace, il piccoletto?»
«Sì, lui. È lui, megafessa. È la mia anima gemella».
Bonney si blocca per qualche secondo, interdetta, rimane così immobile a fissarla che Nami si chiede se non le sia venuta una sincope improvvisa; quindi spalanca lo sguardo e alita piano.
«Siamo maledetti!»
«Come, prego?»
«È tutto chiaro: è una maledizione! Prima Kiddo, poi io, quindi Cavendish e infine tu! Pensaci, Nami! Quante possibilità c’erano che accadesse a tutti nello stesso posto nel giro di due giorni? QUANTE?!» la prende per le spalle scuotendola appena e Nami deve convenire sul fatto che sì, la cosa è strana, quasi assurda, ma le teorie complottiste di Bonney raramente hanno basi reali.
«Beh, secondo alcuni studi scientifici» mormora Nami allontanandosi impercettibilmente «I gruppi di persone che trascorrono molto tempo insieme sono più propensi a trovare il proprio Basher nello stesso periodo, o comunque a breve distanza l’uno dall’altro. I membri delle gang sono uno degli esempi più palesi».
«Noi siamo una gang, Nami. E credi davvero sia solo una coincidenza?»
«Non credo nel destino, se è quello che stai insinuando».
«E allora come spieghi tutto questo?» borbotta Bonney sdraiandosi.
«Sfiga?»
«È un pochino riduttivo».
«Questo lo dici tu» mormora Nami lasciandosi cadere sul materassino al suo fianco «Per come la vedo io ora sono in un mare di merda».
L’amica le passa un braccio oltre la vita, attirandosela vicino e stringendola.
«Vedrai che andrà tutto bene».
La rossa sospira, lasciandosi cullare da quell’abbraccio fraterno e pregando che il sonno porti consiglio.



 

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Capitolo 6
*** Walk like an Egyptian ***


Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Walk like an Egyptian
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Rufy/Nami, implied!Sabo/Koala
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 5873 (senza testo canzoni)
Note: velocementissimo, perché ho poco tempo ed è tipo super tardi. Ho scoperto che i Cavendish sono una secolare famiglia nobile della Gran Bretagna, ho deciso di riprendere questa cosa e trasformare Cavendish in un membro, mi piaceva l’idea. Così ecco che Cavendish in realtà si chiama William (surprise) ed è “Sir” – e giuro i Cavendish esistono davvero, googlateli! Le canzoni di questo capitolo sono: Home sweet home, Motley Crue; Manic Monday, The Bangles; Walk like an Egyptian, The Bangles.
Per chi fosse interessato potetete farmi domande sul profilo di Ask o aggiungermi in giro, trovate i vari link nel profilo autore.
Il capitolo non è riletto, quindi se trovate errori segnalatemeli - also Kendra è di Axia. Ed è probabile che allungherò le note dopo una rilettura di controllo, ma ora sono stanchissima.

Ho anche una SORPRESA, ma ve la lascio a fine capitolo

 

 
Walk like an Egyptian
6. Walk like an Egyptian
 
 


È con immensa fatica che Bonney si solleva dal materasso il mattino dopo; il sole è già alto nel cielo e batte sulla tenda che, nonostante le numerose prese d’aria per la traspirazione, si sta già trasformando in un piccolo forno. Nami non si vede da nessuna parte, ma è sempre stata molto mattiniera e la ragazza non si stupisce della sua assenza, così come non si stupisce di vedere quella che di solito è la sua parte di tenda aperta, il materasso leggermente sgonfio e una giacca scura in un angolo. Le fa intimamente piacere sapere che Drake abbia effettivamente dormito nel suo letto, sempre che quel coso possa definirsi tale; le trasmette una sensazione di condivisione e appartenenza, qualcosa che non ha mai provato prima.
Si stiracchia, uscendo finalmente all’aperto e allungando le braccia verso l’alto, mentre il sole del mattino le riscalda il viso.
«Alla buon ora!» la prende in giro Zoro masticando una ciambella.
«Dove sono tutti?» domanda andando a prendersi un succo di frutta dalla borsa frigo che si sono portati dietro.
«Nami sta pagando gli indiani con i tuoi soldi; Kidd e Killer sono in acqua; Law è sparito mezz’ora fa; Cavendish è tornato prima e ora è nella tenda di quei due (non mi chiedere a fare cosa, non lo voglio sapere); il tuo sceriffo è in paese e Rufy, Ace, Sanji e Sabo stanno smontando la loro tenda».
«Oh, giusto, oggi sbaracchiamo. Adios, Supai» Bonney si siede di fianco all’amico e buca con aria distratta la confezione.
«Dispiaciuta?» domanda Zoro accarezzandole gentilmente il capo.
La ragazza solleva le spalle e china il capo di lato.
«Credi che se gli chiedessi il permesso di tornare…»
«Credo sinceramente che si annoi da morire a fare lo sceriffo in questo posto di schifo e che sarebbe molto più felice se potesse fare quello che vuole».
«Stava tipo in marina con mio padre, non è che sembri proprio, proprio quel genere di persona che  lascia quello che sta facendo e si dà alla vita».
«Gliel’hai chiesto?»
«Che sei tutto scemo? Ti pare cosa? Ma ti parrebbe normale domandare a uno “Ehi, ciao, come la mettiamo ora, hai mai pensato di mollare tutto?»
«Mah, cose di questo genere sono all’ordine del giorno, Jewls; la gente trova la sua anima gemella e sconvolge tutta la sua vita per stare con lei».
«Sì, ma non mi garba».
«Non ti garba l’idea di stare qui a Peach Springs tutta la vita a frantumarti le balle? E vorrei vedere!»
«No, mentecatto, non mi piace l’idea di imporre la mia volontà a qualcuno!»
«Strano ti facevo quel genere di donna a cui piace stare sopra» ridacchia Zoro evitando per un pelo uno scappellotto «Dai, sbaracca la tua roba che smonto la tenda».
«Sbaraccati il cervello, idiota!» sibila una voce nota e questa volta il pugno sul capo Roronoa non riesce a evitarlo.
«Oh, buongiorno Nami!» esclama Bonney sorridendo come un’oca giuliva «Dormito bene?»
«Mi hai tirato calci tutta notte, hai provato a sgattaiolare dallo sceriffo due volte e quando ti ho ripreso hai anche osato dirmi che ti avevo svegliato! Ce l’hai un po’ di pudore, tu?!»
«No. Significa no in spagnolo» ribatte la ragazza lanciando il cartone vuoto del succo di frutta in un cestino dei rifiuti poco distante e centrandolo in pieno.
«Ti odio».
«Non è mai vero» le risponde ancora Bonney, dopo essersi rialzata e avere iniziato a raccogliere le sue cose.
Poco distante da lì, Cavendish sospira sconsolato, osservando con orrore i suoi bei pantaloni bianchi oramai del tutto rovinati.
«Secondo te andrà via?» domanda girandosi verso Rebecca e indicando le vaste macchie rosse che percorrono le gambe.
«Diciamo che forse scivolare sulla strada lungo la cascata non è stata un’idea geniale, però alla fine sono fango e terra quindi credo di sì… Non lo so, ok? A casa abbiamo la governante» ammette quindi con un tono vagamente sconfitto.
«Una vera principessina, almeno sai fare la lavatrice o devo aspettarmi bucati rosa e centrifughe rotte?»
La ragazza nicchia leggermente, spostando lo sguardo su Bartolomeo.
«Se ne occupa lui di solito».
«Fatemi capire un secondo» domanda Cavendish che fino a quel momento non si è ancora posto domande fondamentali come “chi diavolo sei”? «Ma voi due cosa fate nella vita».
«Io sono tecnico informatico» borbotta Bartolomeo, impegnato a piegare ordinatamente i vestiti e a rinfilarli negli zaini.
«E tu?»
«Ecco, io sono amministratore delegato della Dressrosa Corporation» mormora piano la ragazza che non ama mai rivelare agli altri quale sia il suo lavoro, consapevole di quanto i suoi soldi attraggano gli sconosciuti.
«Stai scherzando, vero?» esclama Cavendish, senza fare una piega.
«No, ecco –»
«E non sai fare una lavatrice? Siamo a cavallo» continua imperterrito, fregandosene della sua posizione di prestigio «Dimmi almeno che sai cucinare!»
«So fare la pasta».
«Stirare?»
«Bartolomeo».
«Lavare i piatti?»
«La lavapiatti».
«Cosa sai fare, esattamente?»
«Amministrare un’azienda, scusa se è poco» ribatte piccata la giovane «Cosa sai fare tu, piuttosto?!»
«Tutte queste cose, ma di solito evito di farle, detesto che mi si rovini la manicure. Anche se cucinare mi piace, quando non mi faccio portare il cibo già pronto, chiaramente».
«Cos’è che hai detto che fai tu, invece?» domanda a questo punto Bartolomeo, fissandolo in modo strano.
«Il mantenuto» dichiara l’altro in tutta tranquillità, per poi correggersi nel vedere i loro occhi sgranarsi «Non il vostro, pezzentoni. E non faccio nemmeno il gigolò se è quello che state pensando. Faccio il mantenuto della mia famiglia».
«Ma è una cosa orribile!!» esclama Rebecca.
«Già!» le dà man forte il suo ragazzo «Non ti vergogni di pesare così sui tuoi genitori?»
«Oh. Beh, ogni tanto aiuto mio cugino con il suo studio di fotografia, ma non torno spesso a casa».
«Mantenuto e ingrato! Sei una persona orribile!»
«Si può sapere che volete dalla mia vita? Non è mica come se per colpa mia tutti i Cavendish dovessero estinguersi!»
«È comunque ingiusto! Pensi che i soldi crescano sugli alberi?» continua Rebecca.
«Non mi sfrangiate le palle!» borbotta alla fine esasperato «La mia famiglia possiede tutto il Devonshire!»
Momento di silenzio.
«Sei inglese?»
«Non lo avevi capito dall’accento?»
«Becca, scusa, ti pare il problema principale? Ha appena detto che possiede il qualcosashire! Tipo, quanti soldi ha la tua famiglia?!»
«Secondo il Sunday Times del 2014 qualcosa come 800 milioni di sterline».
«Che in dollari sono tipo?» domanda Bartolomeo dimenticandosi come si fa a respirare.
«Boh, credo un miliardo e duecentosettanta milioni di dollari americani».
Silenzio.
«Mio nonno è il Duca del Devonshire, ma non vi preoccupate, non chiedo mai ai miei amici di chiamarmi Sir».
«Credo che sverrò» alita debolmente il ragazzo dietro di lui prima di svenire per davvero.
 
«Non mi sembra un’idea brillante» borbotta Killer, osservando Eustass nello modo in cui si guardano i deficienti.
Il rosso dal canto suo gli agita la mano di fronte al viso, come a intimargli di stare zitto, mentre continua ad armeggiare col cellulare.
«Davvero, Kiddo, finiscila e fatti i cazzi tuoi!»
«Segui il tuo stesso suggerimento e fatteli te, i tuoi cazzi!» replica il rosso ignorandolo bellamente.
«Sei un coglione. E poi mi dici come hai scoperto il suo nome completo?»
«Stanotte ho frugato nella sua roba e gli ho guardato nel portafoglio».
Killer si passa due dita sulle tempie, consapevole che quella sarà una giornata molto lunga, quindi si avvicina al suo amico sibilando.
«È violazione della privacy, non potevi semplicemente chiedere?»
«Sei ubriaco?» è la placida risposta, ringhiata da Kidd «Ciao, scusa mi diresti il tuo nome completo? Ho un amico nelle forze dell’ordine a cui voglio far fare un controllo incrociato per capire se sei un mafioso?»
«Potevi dirgli che volevi aggiungerlo su matebook!»
Eustass si blocca a metà messaggio, con un leggero “oh!” e volta il viso verso l’amico.
«Non ci avevo pensato».
«Sei senza speranze, siine consapevole».
Non fa in tempo a rispondergli, lamentandosi della cattiveria gratuita, per quanto reale, che la voce di Nami richiama la loro attenzione, invitandoli a tornare a riva perché è ora di levarsi dalle palle.
Ignorando il linguaggio stranamente poco raffinato dell’amica, Kidd raggiunge l’estremità della pozza d’acqua ed emerge di fronte alla rossa, scuotendosi come un cane bagnato.
«Sei uno stronzo» sibila Nami tentando vanamente di non infradiciarsi.
«Progenie di Satana, sorella».
«Finiscila di parlare come Bonney e sparisci dalla mia vista prima che ti prenda a calci».
«Progenie degli imbecilli» le dà man forte Killer, uscendo a sua volta e porgendole l’asciugamano che ha lasciato sulla riva.
«A volte mi chiedo come possiate essere amici» borbotta Nami.
«Non me lo dire, guarda» ribatte il biondo avvicinandosi alle tende assieme a lei «Avete già smontato tutto?»
«Avete un paio di palle! Ho fatto tutto io!»
«Minchia, statti calmo, Ro’, così ti parte un embolo» celia Bonney, impegnatissima a controllarsi le doppie punte.
«L’unica cosa che mi parte è l’omicidio».
«Sta ceppa, oramai sono protetta dalla legge».
«Vi prego» sibila Nami lasciandosi cadere sulla panca «Finitela!»
«Non scassare le balle, Oca. Che tanto Cavendish è ancora disperso».
«Senti un po’, troglodita. Impara a parlare! E per quanto riguarda Barbie» ribatte alzando la voce per farsi sentire anche da lontano «Giuro che se non è qui tra dieci minuti lo mollo nel deserto!»
«Sei sempre un amore» ridacchia Bonney, alzandosi finalmente per andare a controllare che il suo zaino sia chiuso.
Non finisce di parlare che la testa bionda di Cavendish fa capolino tra gli alberi, sbadigliando e con l’aria stanca di chi chiaramente non ha dormito.
«Credo che potremmo partire con qualche minuto di ritardo» annuncia raccattando le sue cose.
«Cosa diavolo hai fatto? Anzi, no. Non lo voglio sapere» Nami si passa una mano sugli occhi con fare sconsolato.
«Visto? Avreste dovuto scommettere sulla sua di vita sessuale, non sulla mia» celia Jewelry.
«Non ho fatto niente, deficienti! Semplicemente Bartolomeo non ha gestito molto bene la mia situazione famigliare».
«L’avrebbe gestita meglio se avesse saputo che razza di spilorcio slavato sei!»
«Fottiti Roronoa».
«Oi, Nami» la voce di Law interrompe la rissa sul nascere «Andiamo, Drake ci aspetta davanti all’ufficio postale».
«Arriviamo. Ci siete tutti?»
«Come se ti dispiacesse davvero perderci per strada» sibila Kidd fissandosi la chitarra sulle spalle.
«Te di sicuro no, Zoro forse sì».
«Grazie per la considerazione, amore».
«Figurati, prendi anche la mia roba, vero?» è la placida risposta, accompagnata da un bacio volante prima che Nami si dilegui a velocità imbarazzante dietro Trafalgar.
«Un giorno la mollo in mezzo a una strada» sibila Roronoa già carico come un mulo.
«Bravo, genio. Così ti perdi».
«Vaffanculo, Kidd».
 
«Per l’ennesima volta, Rufy» borbotta Sanji accendendo una sigaretta «Non me ne frega niente di quante volte ha fatto la cacca il tuo cavallo mentre venivate in qua!»
«Come sei noioso! Oh, ciao, Zoro!» celia il moro ritrovando il sorriso nel giro di mezzo secondo nel vedere il suo migliore amico e il suo gruppo avvicinarsi a cavallo della seconda ondata di muli.
«Nami, luce dei miei occhi! Bonney, fiorellino di campo! Rebecca, angelo biondo! Avete fatto un buon viaggio? Non vi siete stressate, vero? Spero che non abbiate fatto loro portare pesi, animali!»
«L’unico peso qui l’hanno portato i cavalli che le hanno caricate» borbotta Roronoa facendo pesantemente cadere a terra gli zaini ed evitando per un pelo la scarpa che Nami gli tira.
La piazzola di sosta è deserta e bollente, il calore si rifrange sull’asfalto salendo in lente ondate verso il cielo e dando l’impressione che il paesaggio stesso stia per sciogliersi.
«Tra quanto passa l’autobus per Peach Springs?» chiede Sabo, facendosi aria con le mani sudate.
«Dieci minuti» risponde lo sceriffo.
«Stai scherzando? Non c’è manco un po’ d’ombra!» si lamenta Bonney, lasciandosi cadere per terra.
Drake sorride, si sfila il cappello e glielo posa delicatamente sul capo, senza dire una parola.
«Jewl pensi di farcela a stare dieci minuti senza lamentarti?»
«Fottiti, Kiddo».
«La piantate di dirmelo tutti quanti? Cos’è? La nuova moda? Manda anche tu Eustass a cagare e vinci un viaggio di sola andata a Las Vegas?»
«Eustass-ya, sei quello che si lamenta più di tutti. Facci il piacere e trovati qualcosa da fare mentre aspettiamo».
Kidd digrigna i denti, piegandosi verso il moro, seduto a gambe distese contro una roccia.
«Se vieni dietro quelle macchine te lo faccio vedere io cosa possiamo fare mentre aspettiamo».
«Fottiti».
«Finitela o vi arresto per atti osceni in luogo pubblico» sibila Drake lanciando un’occhiata all’orologio.
«Da che pulpito» commenta Nami alle sue spalle.
«Take me to your heart, feel me in your bones, just one more night and I'm comin' off this long and winding road».
Killer inizia a canticchiare a mezza voce, mentre le sue mani vanno a legare i lunghi capelli biondi in una treccia morbida che gli ricade sulle spalle fino a sfiorargli la vita; non c’è la musica questa volta, ma le note risuonano leggere e limpide nel mezzo del battibecco continuo.
Nami, alla sua destra, continua a lanciare battutine a Bonney e a Drake, distraendo Kidd e Law da una probabile rissa; alla sua sinistra Cavendish fissa con aria truce Sanji che continua imperterrito a fare il filo a una Rebecca piuttosto imbarazzata, mentre Bartolomeo si distrae con Rufy a parlare dell’ultimo fichissimo film con i dinosauri. Zoro poco distante lo guarda con la stessa aria con cui si guardano i mentecatti commentando ad alta voce e scatenando l’ilarità di Sabo e Ace.
«You know that I've seen too many romantic dreams up in lights, fallin' off the silver screen».
Il bus sgangherato si avvicina lentamente, avanzando con fare tranquillo nell’aria calda della tarda mattinata, forse per alcuni sarebbe primo pomeriggio, ma poco importa; osservano tutti il non poi così potente mezzo di trasporto mentre si ferma e si aprono le porte. Nessuno di loro ha mangiato, hanno caldo e sono sudati. Killer li osserva con un sorriso mentre, sotto lo sguardo rassegnato dello sceriffo, si catapultano verso il deposito dei bagagli e poi sulla scaletta di accesso; la sola idea che tra poco saranno di nuovo in albergo li risolleva tutti quanti: c’è chi non fa altro che pensare alla doccia fredda che finalmente potrà farsi in albergo, chi pensa al cibo che lo aspetta e chi è solo contento di potersi finalmente chiudere in camera per riposare in pace.
«My heart's like an open book for the whole world to read. Sometimes nothing keeps me together at the seams. I'm on my way, I'm on my way, home sweet home... Tonight, tonight, I'm on my way, just set me free, home sweet home...»
«Se non me li canti tu i Motley, non li sento mai» Kidd gli allunga la mano aiutandolo a montare sul bus, mentre alle sue spalle le porte si chiudono dolcemente e la vettura parte con un sobbalzo leggero.
«Non sono un Jukebox, ragazzino» ride, scompigliandogli i capelli e andandosi a sedere nel primo posto libero.
«Dici così solo perché non sai ancora quanto siamo disposti a pagarti».
«Io non pago nessuno, sia ben chiaro» celia Nami dal fondo del bus.
«Io manco, tipo che già mi sono svenata sti giorni, vi sembro una banca?»
«No, Jewls, tu sei palesemente una spostata, di sicuro non una banca».
«Ma poi jukeboxe cosa che sappiamo cantare tutti?!» le dà manforte Cavendish.
«Oh, William mi canti qualcosa allora?» domanda Rebecca con un sorriso ingenuo, senza accorgersi che il biondo pare essersi congelato sul posto.
«Oh, sì, Willie. Cantale qualcosa!» esclama Eustass con un sorriso sadico sul viso.
«Ti prego Sir William, non vorrai deludere in questo modo una fanciulla, vero?» Zoro non ci pensa due volte a rincarare la dose.
«Vi odio, bastardi!» sibila il giovane che proprio non sopporta di essere chiamato per nome, un nome che gli fa ricordare delle radici scomode che lo pongono (a dire di suo nonno) al di sopra della gente comune «Sappiate, però, che ve la siete cercata voi!»
«Six o'clock already I was just in the middle of a dream. I was kissin' Valentino by a crystal blue Italian stream».
«Oddio no!» si lamenta Nami con un gemito strozzato.
«Capirai, ciccia, era prevedibile che sarebbe andato a parare lì».
«Cazzo, Barbie! Non le cazzo di Bangles!»
«A me piacciono le Bangles» mormora timidamente Rebecca, ricevendo in cambio un sorriso realizzato. Se le piacciono le Bangles non può che essere vero amore, pensa.
«It's just another manic Monday I wish it were Sunday, 'Cause that's my fun day, my I don't have to run day. It's just another manic Monday».
«È giovedì pezzentone!» gli urla Nami.
«Have to catch an early train, got to be to work by nine and if I had an aeroplane I still couldn't make it on time. 'Cause it takes me so long just to figure out what I'm gonna wear, blame it on the train, but the boss is already there».
«Facciamo così!» sbotta Rorona alzandosi in piedi e avvicinandosi «Io ti pago e tu stai zitto».
Cavendish si interrompe e lo guarda con aria di commiserazione: «Non derubo i barboni, Zoro».
Quello che si ritrova piantato in mezzo agli occhi è un dito medio sollevato, mentre, qualche sedile più avanti, Sanji esordisce con: «Mi fa sempre piacere come i tuoi amici abbiano capito tutto di te».
«Vuoi volare fuori dal finestrino, cuoco di merda?»
«Come se ne fossi in grado, sfigato».
«Se non la finite vi butto entrambi fuori dalla porta e vi lascio qui, così che possiate perdervi e morire di caldo mentre vi riempite di insulti» sibila Nami avvicinandosi con aria minacciosa e spingendo Zoro a sedere.
«Il tuo amore per me mi riempie sempre di gioia».
«Ti riempirà anche di pugni se non stai zitto».
«E voi due vi siete messi insieme come?» domanda Law sollevando un sopracciglio con aria scettica.
«Non sono affari tu–»
«L’ho raccolto in mezzo a una strada e l’ho portato al centro sociale di Bonney» risponde Nami osservandosi le unghie.
Improvvisamente chiunque non conosca la storia si sporge verso di lei, interessato a quello che sembra l’ennesimo aneddoto divertente.
«Era inverno, nevicava e stavo andando ad a un appuntamento con un tizio noioso, quando sono quasi inciampata su questo ragazzo seduto in mezzo alla strada. Stavo attraversando un vicolo stretto e lui lo occupava completamente, così credo di avergli detto qualcosa tipo “Levati di mezzo” e –»
«Le tue parole esatte sono state “Senti, buzzurro, spostati dalla strada”» continua per lei Zoro, strappandole un sorriso leggero di compiacimento nel rendersi conto che ancora ricorda l’esatta frase che gli ha rivolto, anche se no, quella non ce l’ha tatuata addosso «Mi ha anche tirato un calcio per farmi spostare, questa stronza!»
«Attento a come parli di Nami!» borbotta Sanji offesissimo.
«Nemmeno la conosci, imbecille. Comunque, mi tira un calcio, mi fa spostare e prosegue per la sua strada, non fa in tempo a fare tre metri che si ferma e torna indietro. Si china di fronte a me e mi dice: “Da quanto tempo non dormi in un letto?”»
«E sapete cosa mi ha risposto?»
«Sparisci, ragazzina, non ho un soldo».
«Ed era vero, non aveva un soldo. Gli ho rubato il portafoglio mentre lo portavo al centro sociale».
«Tu gli hai cosa?» domanda Rufy con aria svagata «E non te ne sei accorto?»
«Certo che no! Per chi mi hai preso?! Comunque da lì abbiamo iniziato a vederci spesso, anche perché non ci è voluto molto perché questo troglodita stringesse amicizia con i peggiori deficienti del centro».
«Mi sento tirata in ballo, tu no, Kiddo?»
«Io sono consapevole di essere un mentecatto, sorella».
«Vedi che te lo dici da solo, Eustass-ya?»
«Sta zitto».
«E quindi?» domanda Sabo sporgendosi verso di loro «Escludo che Zoro ti abbia invitata a cena».
«Oh, cazzo. Ma che ne sapete! Magari sono la persona più romantica qui dentro, magari le ho anche regalato dei fiori e la sono passata a prendere in macchina!»
«Non ho mai visto dei fiori in cinque anni» gli ricorda Nami in tono pragmatico.
«E la tua macchina è un catorcio schiacciato col freno a mano che non funziona» gli ricorda Cavendish.
«Mai capito perché non te ne pigli una col cambio automatico, Ro’».
«Ve l’ho già spiegato, no? Le vere auto sono quelle che devi imparare a guidare, mano sul cambio e piede sulla frizione, le senti mentre ti parlano e ti dicono cosa fare».
«L’uomo che sussurrava alle auto» lo prende in giro Ace.
«Sentite “Uomini che sussurravano agli idioti”» li interrompe Nami «Guardate che siamo arrivati».
Appoggiata allo stipite esterno della porta del pub, Robin osserva l’allegra comitiva che si avvicina; sono partiti a gruppi nei giorni precedenti e tornano tutti insieme, come se fossero amici da una vita. È incredibile cosa possa fare quel posto a chi si apre anche solo un po’ alla possibilità del cambiamento.
«Bentornati» dice con voce calda.
Il primo a risponderle è Sabo, che la abbraccia con affetto e la ringrazia per aver loro suggerito di salire fino a Supai.
«Avevi ragione, sai!? È stata un’esperienza fantastica!»
«La prossima volta dovresti portarci Koala» gli suggerisce la donna, mentre saluta Ace e Rufy con un abbraccio.
«Koala! Posso chiamarla?»
«Fai pure, sai dov’è il telefono».
«Robin» la saluta lo sceriffo superandola con un cenno del capo.
«Oh, sceriffo, pensavo non bevessi in servizio».
«Sono qui per pranzare, per pranzare».
«Più o meno» aggiunge Bonney seguendolo all’interno.
«Anche tu Law? Sei qui per pranzare?» domanda con aria divertita andando a piazzarsi dietro al bancone «Ti hanno cercato quelli del consiglio comunale, sei sparito nel giorno di assemblea».
«Che si fottano».
«E io mi chiedo ancora come minchia fai ad avere un cazzo di lavoro».
«Linguaggio!» borbottano Nami e Killer all’unisono.
«Io invece non sono per niente stupito del fatto che tu sia disoccupato, Eustass-ya».
«Non sono disoccupato» borbotta il ragazzo con aria oltraggiata.
«Davvero?» questa volta è Law ad essere seriamente sorpreso «E cosa fai?»
«Faccio il meccanico».
«Questa notizia mi turba, ma allo stesso tempo mi sembra plausibile».
«Certo che è plausibile, cazzone! È la verità!»
«Robin!» l’ululato di Rufy, che allunga a dismisura le vocali del nome, copre qualsiasi altro rumore nel salone «Ho fame!»
«Stiamo morendo di fame!» aggiunge Ace lasciandosi cadere con aria tragica su una sedia.
«Già! Non ci vedo più!» continua Rufy accasciandosi contro uno dei tavolini e allungando le mani fino all’estremità opposta «Così tanta fame che potrei mangiare un bisonte! Anzi una balena! No meglio di no, ho paura delle balene».
Nami scoppia a ridere, lasciandosi sedere accanto a loro.
«Nessuno di noi ha ancora mangiato niente oggi, credo che pranzeremmo tutti volentieri».
«Sante parole, Rossa! È sempre ora per del super cibo!» esclama il marito spostato della proprietaria, comparendo dalla porta che dà sul retro «La tua super macchina è a posto! E anche la tua moto, Killer».
«Vorrei ben vedere!» borbotta Nami, facendo spazio a Zoro al suo fianco «Con quello che ho pagato per lasciarla qui!»
«Che macchina hai?» domanda Ace, più per fare conversazione che per reale interesse.
«Una Cadillac convertibile del 59» risponde la ragazza cercando di riaccendere il cellulare e controllando che ora prenda di nuovo.
«Scusa cosa?» chiede Drake quasi ribaltandosi dalla sedia «Ma è una macchina d’epoca!»
«Duh. Non mi dire genio, è un regalo per mia sorella, abita a San Diego, sarà l’ultima tappa del viaggio».
«E avresti cuore di separarti da un gioiellino simile?» Ace rimane con la bocca spalancata per lo stupore (e anche un po’ lo sdegno).
«È una Cadillac!» rincara la dose Sanji.
«Lo so, grazie. Sedili in pelle, tutti i pezzi originali».
«Oh, mio padre ne aveva una simile, quando ancora poteva guidare» esclama Rebecca unendosi alla conversazione «Ma non so esattamente che modello fosse».
«Poteva?» Cavendish alza un sopracciglio, perplesso.
«Sì, purtroppo una decina di anni fa lui e mia madre hanno fatto un’incidente in auto, e gli hanno amputato la gamba sinistra all’altezza della coscia. Mia madre è morta e da quel momento lui non ha più guidato, non che l’avrebbe fatto, anche se avesse potuto».
«Mi spiace» mormora il biondo passandole delicatamente una mano sul capo.
Rebecca sorride e solleva le spalle, come a dire che è successo tempo fa e che comunque ha tirato lei fuori l’argomento.
«Vi prego, però» borbotta Ace «Prima che quella stra-figata di macchina sparisca, facciamoci una selfie».
«Vuoi farti una selfie sulla mia macchina?»
«Ma selfie non era maschile?» domanda Killer.
«Tesoro, tipo chissenefrega. Io comunque ho il selfie stick» replica Bonney, estraendo dallo zaino un orrido bastone bislungo color rosa shocking.
«Beh, intanto che aspettiamo il cazzo di pranzo…»
«Come vi pare» borbotta Nami dopo qualche esitazione «Ma ve lo dico, io tra al massimo due ore voglio partire!»
«Di già?» Cavendish sembra contrariato.
«Che c’è Barbie, vuoi unirti alla riserva?»
«No, ecco… È solo che- Lasciamo perdere».
«Vi siete tutti bevuti il cervello» sibila la rossa seguendo quella fiumana di spostati nel garage, un grosso edificio aperto su un lato al cui interno si trovano cinque vetture.
«Aspettate che la sposto fuori» esordisce Roronoa infilandosi al posto di guida.
«E tu ti fidi di fargliela guidare?» chiede Sanji più invidioso che scandalizzato.
«Se non stai zitto vedi anche come ti metto sotto!»
«Zoro è un fanatico del cambio manuale, se non mi fidassi di farla guidare a lui a chi dovrei farla guidare? Bonney?»
«Meglio di no, eh» interviene Killer ripensando con dolore alla sua prima macchina.
«Ho fatto più incidenti io di tutte le ultime tre generazioni della tua famiglia» si vanta la ragazza, sollevando in alto mento, come se fosse qualcosa di cui andare fieri.
«Io sto in centro!» esclama Rufy, non appena la macchina di ferma sotto il sole «Nami, Zoro! Venite qui!»
C’è un’ingenuità infantile nel tono con cui li richiama a sé e nessuno dei due ha il coraggio di tirarsi indietro, mentre il moro passa le braccia attorno alle spalle di entrambi e li avvicina leggermente con un sorriso. Sanji si siede davanti alla rossa, ma viene allontanato con un calcio da Roronoa, che se lo trova ben presto attaccato alla al fianco, con le gambe che penzolano da un lato, pronto a tirarlo giù dal cruscotto. Bonney è in piedi dietro al parabrezza, accanto a lei c’è Drake con l’espressione di qualcuno che preferirebbe essere in qualsiasi altro posto tranne che lì; al loro fianco si piazza Ace, raggiunto poco dopo da Sabo (che arriva urlando di aspettarlo, perché non è carino farsi le selfie quando non ci sono tutti). È Rebecca che, scuotendo il capo, capisce per prima che non ci staranno mai in una selfie, così rientra e va a chiedere, con molta gentilezza, se Robin può uscire a far loro una foto.
Lei, Cavendish e Bartolomeo si sdraiano davanti a Rufy e agli altri, in una posa così anni ottanta che quasi si vergognerebbe se non fosse che l’intera scena è fin troppo divertente; Kidd, Killer e un Law piuttosto contrariato si accucciano davanti al parafango, mentre Robin controlla di riuscire a prenderli tutti.
«Sorridete».
Il cellulare scatta un paio di volte, e continua a scattare anche quando Sanji afferra Zoro per una gamba e lo trascina in terra, quando Cavendish spinge Bartolomeo giù dal croscotto, facendolo rotolare addosso a Kidd con somma nonchalance, quando Nami scoppia a ridere convulsamente arrivando quasi a strozzarsi con la sua stessa saliva e Rufy si trova costretto a batterle delicatamente la schiena per evitare che si strozzi, quando Ace inciampa accidentalmente in suo fratello minore (che forse però è maggiore) nel tentativo di scendere dalla macchina e quando Bonney toglie il cappello allo sceriffo e ci si nasconde dietro mentre gli si avvicina per baciarlo.
Quando il pranzo viene servito, la grande sala interna del Pub è in subbuglio, tra risate, schiamazzi e una vitalità di quelle che è raro vedere in un posto isolato come Peach Spings. Zoro ha già caricato tutto in macchina e ora riposa appoggiato a una parete; in realtà dire tutto non è esatto, mancano ancora le cose di Bonney e Cavendish, ma a Nami non l’ha detto per evitare di metterle pressione. Sa bene che la ragazza vuole solo allontanarsi in fretta da lì, ha bisogno di pensare, di allontanarsi dal problema per trovare la soluzione. Con gli occhi socchiusi segue i movimenti di tutti, origliando frammenti di discorsi e fingendo di dormire.
«Quindi credo che tra un po’ partiremo» mormora Bonney, giocando con una lattina fredda di Red Bull.
«Così sembra» risponde Drake, senza girarsi.
«Non mi chiedi di restare?» gli domanda finalmente la ragazza, senza sapere nemmeno lei dove trovi il coraggio.
«No» Francis si gira verso di lei e la fissa per un breve istante «No, odieresti questo posto. Sarebbe come spegnerti poco a poco».
«Ma è casa tua».
«È solo il posto dove vivo, non è casa mia. E questo» dice indicando la spilla dorata sul suo petto «È solo un lavoro come un altro».
Bonney non sa bene come replicare, in tutti quegli anni non ha mai avuto una relazione che fosse durata più di tre mesi e non ha idea di come di come ci si comporti in una situazione simile.
«E comunque» continua l’uomo «Ho sempre pensato che prima o poi me ne sarei andato».
«Prima o poi non significa adesso».
«No, disastro, non significa adesso. Ma adesso tu sei viaggio, no? E al ritorno passerai ancora di qua».
«Forse» sorride Bonney con un lamo di divertimento negli occhi «Magari incontro qualcuno al matrimonio del biondo e decido di scappare oltre la frontiera».
«Non ti illudere, ho conoscenze anche nell’interpol».
Dall’esterno del locale, Kidd osserva l’amica al bancone; la sua è una fitta di gelosia leggera, quasi impalpabile, ma la sente ed è amara quanto il fumo della sigaretta che sta fumando.
«Cosa c’è Eustass-ya, tu non hai intenzione di farmi promesse in grande stile?»
«L’unica cosa che ti prometto è un pugno su quella tua cazzo di faccia se non chiudi quella bocca di merda».
«Come siamo volgari, e io che pensavo che ci tenessi a rivedermi».
«Oi Trafalgar» sibila Kidd irritato «Piantala di prendermi in giro».
«Non ti stavo prendendo in giro, Eustass-ya»
«Non mi dire» ironizza il rosso con tono di scherno «Che ti troverei ancora qui se tornassi tra qualche mese».
«Ci vivo qui, imbecille. Dove vuoi che vada?»
«Non lo so dimmelo tu… Me lo diresti? Dove trovarti?»
«Per essere costretto a rivedere la tua faccia da schiaffi?»
«Vedi? Il tuo entusiasmo è quasi pari al mio».
«Non è entusiasmo, Eustass-ya».
«Lo so, cazzone» risponde Kidd agitando una mano avanti e indietro, quindi, dopo avergli voltato le spalle, rientra nel locale.
«E quando siete arrivati in cima alla strada, prendete lo sterrato sulla destra e –»
«Sanji senti, ma non è meglio mandargli qualcuno a prenderli?» domanda Ace perplesso.
«No, no, tranquillo, me la cavo benissimo con le cartine e le indicazioni stradali» borbotta Nami mentre prende appunti su un blocchetto di carta «Vai avanti».
«Ecco, molto meglio. Anche perché dovrei mandargli Whisper e scappano ancora prima di arrivare. In ogni caso, prendete lo sterrato sulla destra e andate dritti fino al cancello che vi trovate. Lì ci sarà qualcuno che controllerà se siete sulla lista degli invitati, ma non preoccupatevi se hanno l’aria losca, è normale. È colpa dei, come dire, precedenti di Kendra».
«Voglio sapere? No, aspetta, non voglio proprio sapere».
«Meglio così, fidati» borbotta Sabo sconsolato.
«In ogni caso, ci vedremo anche nei giorni precedenti, sempre che Kendra non mi uccida».
«A me non uccide di sicuro, quindi posso portarli al mare» celia Rufy sorridendo «Lo sai che ogni tanto sulla costa ovest ci sono le foche?»
«Le cosa?»
«Sì, e sono bellissime! Ma nessuno vuole cucinarmele».
«Ma sei scemo?» ringhia la ragazza «Ti mangeresti un cucciolo di foca? Cosa sei un orso?»
«Anche un orso dev’essere buono, ma credo sia un po’ grasso».
«Io non… Zoro! Ti prego, andiamo».
«Ti sei già arresa?» domanda il ragazzo avvicinandosi con un sorriso.
«Non posso battere tutta questa idiozia da sola. Sono in minoranza e no, tu non sei di alcun aiuto».
«Ti ricordo che guido io».
Nami si alza e gli si avvicina con aria melliflua, piegandosi sul suo orecchio.
«E ti ricordo che io ho qualcosa che ti interessa» mormora con voce seducente, per poi allontanarsi e girarsi quando oramai è a metà strada verso al porta «E per qualcosa intendo il tuo portafoglio, boccalone!» esclama sventolandoglielo davanti.
 
Si è tolta la maglietta, e il pezzo sopra del bikini risalta sulla sua pelle abbronzata; seduta sul posto del passeggero, Nami scorre i messaggi di Whatsapp, rispondendo a sua sorella e avvisando sua madre che è ancora viva. Cavendish le si avvicina piano, appoggiandosi alla portiera e sporgendosi verso di lei, spiando leggermente lo schermo del telefono.
«Che vuoi, Barbie?»
«Nami, quanto vi fermate a Las Vegas?»
«Ci fermiamo una settimana, ho intenzione di svaligiare tutti i casinò finché mi lasciano entrare… Aspetta, “vi”?»
«Ecco stavo pensando... Cioè, Bartolomeo e Rebecca mi hanno chiesto se voglio continuare con loro, sai, fino a Los Angeles. Tanto stanno facendo lo stesso viaggio che stiamo facendo noi e una macchina in più o una in meno non cambia molto, no?»
«Pensavo non ti piacesse» mormora la ragazza, sollevando gli occhiali da sole sul capo per osservare meglio l’amico.
«Forse ho cambiato idea, vorrei solo cercare di capirlo meglio».
«E la tua roba?»
«La infilerò nella loro macchina; l’ho già detto anche a Killer, e magari potrebbe prendere lui il mio posto».
«Killer è venuto in moto».
«Potrebbe anche lasciarla qui, non credi? Tanto Kiddo vorrà sicuramente tornare indietro, anche solo per infastidire quel tizio. E se non lui Bonney».
Nami sospira.
«Improvvisamente tutti avete le idee chiare. Fate come volete».
«Sei un tesoro, grazie!» esclama l’amico, baciandole il capo.
«Mi devi comunque fare da spalla a Las Vegas. Hai capito? Questi trogloditi non saprebbero distinguere un black jack da una roulette!»
«Dubiti di me? Partiremo domani però».
«Come ti pare ho detto, ora sciò. Tanto non te lo do un bacio di addio».
«Serpe».
Killer sospira, gettando nel bagagliaio non troppo spazioso della Cadillad il suo modesto zaino.
«Stai tranquillo, fratello. Ci penso io alla tua bambina».
«Guarda che ci tengo davvero».
«Te la riporto sana e salva!»
«Oi! Killer, spicciati» gli urla Kidd dalla macchina «Non abbiamo tutto il giorno».
Il biondo sospira, allontanandosi con un cenno; Robin li osserva dalla porta, mentre Zoro si dilunga ancora un istante a salutare i suoi amici, amici che in ogni caso rivedrà a breve. Trafalgar, appoggiato al muro del pub, con una sigaretta a penzolargli tra le labbra, solleva lentamente il dito medio all’insegna di Kidd, che gli risponde con un sorriso molto poco rassicurante e un dito ugualmente sollevato.
«Coglione» borbotta il rosso, calandosi gli occhiali da sole sul viso.
Bonney si stacca dalle labbra di Drake con gli occhi chiusi, sta sperimentando una sensazione che non ha mai provato prima: la melanconia del distacco. È una sensazione fastidiosa, ma allo stesso tempo eccitante, perché è come se ogni cellula del suo corpo le urlasse che a questa persona lei ci tiene e non le è mai capitato prima.
Si allontana con un sorriso, mentre la mano di Francis le dà una leggera pacca sul sedere, accompagnandola verso la macchina; come sale sull’auto, si sporge verso di lei, chinandosi sul suo orecchio.
«Non mi chiedi di seguirti?»
Bonney scoppia a ridere: «Pensavo avessi detto “Non adesso”».
«Non pensare troppo» sono le ultime parole che le rivolge prima di allontanarsi, salutando gli altri con un cenno della mano.
 
La chiave gira nell’accensione, il motore romba una volta, poi due; si accende la radio.
«All the old paintings on the tombs they do the sand dance don't you know, if they move too quick (oh whey oh) they're falling down like a domino. All the bazaar men by the Nile they got the money on a bet, gold crocodiles (oh whey oh) they snap their teeth on your cigarette. Foreign types with the hookah pipes say: Ay oh whey oh, ay oh whey oh, Walk like an Egyptian».
«Non ci posso credere» scoppia a ridere Bonney.
«Forse è davvero una maledizione» dice Nami ridendo anche lei.
«O magari è destino, Ciccia».
«Blonde waitresses take their trays they spin around and they cross the floor, they've got the moves (oh whey oh) you drop your drink then they bring you more».
«Ma siete seri?» si lamenta Cavendish dietro di loro.
«Karma, Cavenbitch!» gli urla dalla macchina Kidd mentre si allontanano lentamente.
«All the school kids so sick of books they like the punk and the metal band. When the buzzer rings (oh whey oh) They're walking like an Egyptian. All the kids in the marketplace say: Ay oh whey oh, ay oh whey oh Walk like an Egyptian».
«Siete dei bastardi!» urla inseguendo l’auto «Degli stronzi veri!»
«Linguaggio!»
È l’ultima cosa che riesce a sentire prima che Zoro ingrani la quarta e la macchina sparisca definitivamente, lasciando dietro di sé una scia di polvere giallastra e le parole echeggianti una canzone nota.
«Non posso crederci».
«Si può sapere qual è il problema?» domanda Bartolomeo.
«Non si ascoltano le Bangles senza di me» borbotta ancora, rientrando nel locale, mentre le ultime note della canzone si perdono lungo la route 66.
«All the cops in the donut shop say: Ay oh whey oh, ay oh whey oh Walk like an Egyptian. Walk like an Egyptian».
 
 
 
 
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
 
Manco per il cazzo.
 

Perché questa storia non riesco proprio a lasciarla andare e mentre scrivevo lo scorso capitolo pensavo “Beh, ma non riuscirò mai a chiudere tutto nel prossimo, anche se è nel prossimo che se ne vanno da qui”. E quindi niente, chiacchierando con Akemi e Kuruccha ho deciso di fare un capitolo Bonus. Consideriamolo una sorta di Spin Off, more like six seasons and a movie. Dove questo è il movie.
E quindi sì, SORPRESA anche perché, nonostante le 5k e passa parole, mi sembra non sia successo nulla in questo capitolo e alla fine ero tutta "OK MA QUINDI?". Quindi tranquilli che non vi mollo così, perché odio le storie che non si chiudono.
Ho deciso di non metterla come conclusa e inserire la storia bonus come settimo capitolo invece che come one shot a parte, anche perché così è più facile per voi ritrovarlo.
Il capitolo sarà ambientato tre settimane dopo gli eventi di questa storia, al matrimonio di Sanji e ‘sta Kendra, che come sempre non è mia, ma è proprietà di Axia. Chissà come faranno a ritrovarsi tutti lì, io non ve lo dico, ma vi anticipo che probabilmente sarà un po’ più lungo del solito perché è pensato come One shot e sarà risolutivo per tutte le relazioni.
E niente.


 

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Capitolo 7
*** Wake me up, before you go-go ***


Autore: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Wake me up, before you go-go
Fandom: One Piece
Personaggi: Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy, Portoguese D. Ace, Sabo, Sanji, Doflamingo Donquijiote, Rocinante Donquijote (CC, Monet, Vinsmoke), troppa gente.
Pairing: Zoro/Nami, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, implied!Sabo/Koala, Sanji/Kendra, implied!Ace/Marco
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Prompt: Dinastia
Parole: 18267 con le canzoni – 17533 senza canzoni
Note: questo capitolo è stato un parto. È stato scritto per il Cow-T e di conseguenza, come ogni cosa che viene scritta per questa challenge, è stato una corsa contro il tempo. Alle 22 era praticamente concluso, ma si è imballato il pc e ho perso 2mila parole e ho dovuto riscrivere tutto il finale; non so, forse ho anche dimenticato dei pezzi nella riscrittura. Certo è che questa storia non è riletta, ma abbiate pietà, lo farò prima possibile. Ora passo alle note vere e proprie.
- Le canzoni di questo capitolo sono: California, Phantom Planet ; Wake me up, Avicii ; City Kids, Motorhead ; Dead man tell no tales, Motorhead ; In the air tonight, Phil Collins ; I bet my life, Imagine Dragons ; Route 66, John Mayer ; A thousand years, Christina Perri ; Baby got back, Sir Mix-a-lot ; Wake me up before you go-go, Wham!
- I seguenti personaggi: Matt Fastor, Brad Fastor, Slade Fastor, Blake Fastor, Whisper, Kendra Willer, la nominata Vic, Sheera e Adelaide, sono proprietà intellettuale di Axia, che li ha creati nel lontano 2003 nella sua fanfiction Verso il Re (sorry non più on line) e la loro presenza qui è una gentile concessione dell'autrice, non che una pesante strizzata d'occhio alla vecchia guardia.
- I parrucchieri nominati esistono davvero; il distretto di polizia si trova davvero all'indirizzo da me nominato, ma non so proprio come siano fatte le celle; per quanto riguarda l'area in cui si trova villa Fastor, beh ho preso qualche libertà, ma insomma ha poca importanza.
- Dof non è cattivo come nel fumetto, Roci non è morto e a dirla tutta Dof ha dei seri problemi, mi spiace se lui è ooc.
- Ho deciso, in seguito agli ultimi capitoli di far comparire la famiglia di Sanji, ATTENZIONE SPOILER DEGLI ULTIMI CAPITOLI - in realtà non si sa niente di loro se non che Sanji è il terzogenito, così per questa storia ho adottato l'headcanon di Tumblr per il quale ha due fratelli maggiori che si chiamano Ichiji e Niji (Ichi, Ni, San - Uno, due, tre in Giapponese). Ovviamente non è detto che rimanga la stessa cosa anche in futuro perché apprezzo anche l'idea che abbia due sorelle.
- Probabilmente non è come avreste voluto, le coppie non sono come le avreste volute, non ho scritto nemmeno la metà di quanto avrei voluto io, ma alla fine è andata così e lo sappiamo entrambi, se questo capitolo esiste è solo perché non ce la facevo a staccarmi da questa storia; quindi sì, scusatemi perché ci sono dei personaggi che sono finiti sullo sfondo e alcuni personaggi che non conoscete hanno preso troppo spazio sulo schermo, ma il tempo era quello che era e la storia alla fine non sarebbe potuta cambiare più di tanto, dopo tutto, non potevo obbligarli a comportarsi diversamente, non li avreste voluti ooc e nemmeno io.

Questa è la fine, ma, per chi sa cogliere i segnali, forse la fine non arriva mai davvero.

Una volta, un uomo che stimo moltissimo scrisse sette lunghi libri che parlavano di un viaggio e di una ricerca e lasciò il finale in un piccolo epilogo a parte, alla fine del settimo libro. In questo epilogo, proprio prima di rivelare cosa sarebbe accaduto al suo protagonista, scrisse:
Un finale è una porta chiusa che nessun uomo può aprire
e aggiunse anche:
Se dovessi andare avanti resteresti senz'altro deluso, forse ne avresti addirittura il cuore spezzato. […] Quella cosa che chiamiamo lieto fine non esiste. Non ne ho mai trovato uno che fosse alla pari di C'era una volta. I finali sono senza cuore. Finale è solo un sinonimo di addio.
Aveva capito, meglio di chiunque altro, che la cosa davvero importante non era la meta, ma il viaggio e il nostro viaggio si è concluso alla fine del capitolo sesto, con una Cadillac che sparisce tra la polvere (o forse questa è solo un'ennesima strizzata d'occhio a chi riesce a cogliere i miei segnali). Quindi ecco, io vi dico, quella era la fine, e se avete paura che questo capitolo in più possa rovinarla, allora non leggetelo, non mi offenderò; se invece siete pronti ad andare avanti, beh, che si cominci, dopo tutto io non sono Stephen King e qui non c'è nessuna Torre Nera.



Walk like an Egyptian
7. Wake me up, before you go-go



Se ne vanno da Las Vegas solo nel momento in cui a Nami viene proibito l’ingresso al Bellagio.
«Barbari» borbotta la ragazza, stringendosi al petto l’ennesimo assegno.
«Hai svaligiato il fottuto casinò, demente»
«Linguaggio, Kidd. E svaligiato è il termine sbagliato. Ho vinto onestamente partecipando ad attività ludiche il cui buon esito è dettato unicamente dal caso».
«Non se conti le carte» sibila Bonney, mascherando il suo commento dietro ad un fintissimo colpo di tosse.
«Non è barare, e almeno io non mi faccio i croupier» sibila Nami, avvicinandosi alla macchina.
«Ehi! Io non mi sono fatta nessuno!»
«Potrebbe o non potrebbe essere che stesse parlando di me» interviene Killer avvicinandosi e lasciandosi uno sguardo vago alla punta delle scarpe.
«Beh, non è grave» interviene Zoro mentre passa una mano oltre la spalla di Nami e l’avvicina leggermente a sé «Tanto hai vinto abbastanza soldi da comprarti altre sei Cadillac».
«Il punto non è quanto ho vinto, pezzentone, ma quanto avrei potuto vincere ancora! Questo è il motivo per cui sei sempre senza soldi, Roronoa».
«Pensavo fosse perché mi pagano una miseria».
«Amore, fai un cosa carina, non pensare proprio».
«Quando avete finito di flirtare come due deficienti, possiamo cavarci dal cazzo?»
«Kiddo, sei consapevole che ogni volta che parli un linguista muore, ve’?»
«Il bue che dà del cornuto all’asino» celia Killer, passando con fare affettuoso una mano sul capo di Bonney.
«Prima di “cavarci dal cazzo”, qualcuno mi vuole dire dove diamine è andato a cacciarsi Cavendish?» domanda Nami, affatto sclerata «Ci sarò a darti una mano, ovviamente non mancherò. Il cazzo! Ecco cosa, lui e le sue promesse da inglese senza spina dorsale! Scommetto che si sarà chiuso da qualche parte a farsi fare le unghie!»
«Fidati, ciccia, quello mira solo ai parrucchieri» le fa notare Jewelry «Se non ricordo male ieri ha passato l'intera mattina da Jerry Lambert».
«Quando lo vedo lo strozzo» sibila la rossa, maledicendo quella testa vuota di una Barbie senza cervello.
«Prima di tutto calma» la previene Cavendish comparendole alle spalle «Seconda cosa, i miei capelli sono sempre una priorità, dovresti saperlo, visto che tutti i prodotti di bellezza te li consiglio io, terzo-»
Si blocca leggermente, addolcendo il tono di fronte allo sguardo omicida dell'amica, e nota solo in quel momento che tutti, ma proprio tutti, si sono fatti due passi più indietro, evitando accuratamente ogni forma di contatto visivo.
«Dicevo, e terzo, non sono mica venuto via a mani vuote» celia, sventolando sotto il naso di Nami una valigia piuttosto ingombrante, scatenando in lei un moto di affetto improvviso.
«Nami, dovresti staccarti dal collo di Cavendish» le fa notare Killer con gentilezza.
«Non dire corbellerie, bisogna sempre dimostrare gratitudine»
«Sì, ma credo che tu lo stia strozzando» puntualizza Rebecca, ridacchiando.
«Dov'è che vi eravate cacc- Cioè, no, spè, Barto è nuova la tinta? Stra mega figa!» esclama Jewelry, toccando la cresta verde del ragazzo con ammirazione, osservando il colore finalmente definito.
«Ci tenevo a provare la nuova Spa del Bellagio, una meraviglia, e già che c'erano ho chiesto se potessero fare qualcosa per i suoi capelli, non che non mi piaccia il verde, ma quello di prima era color topo morto sbiadito».
«E dopo ci ha portato al casinò vero e proprio e io non ero mai stata in un posto del genere prima e non so come, ma continuava a vincere! È stato molto esaltante!»
«Signorina Dold, non dovrebbe dire ad alta voce che avete vinto o qualche malintenzionato potrebbe avvicinarsi troppo» le dice un uomo in piedi dietro di lei.
«Avete finito con questi salamelecchi di merda? Dobbiamo restare qui tutto il fottuto pomeriggio a complimentarci con voi per le dimensioni del vostro culo?» si lamenta Kidd «E poi chi cazzo è quel tizio?»
Bartolomeo si gira a fissare l'energumeno al suo fianco e solleva le spalle in un gesto di indifferenza, ricevendo una gomitata da Rebecca.
«Si chiama Blue Gilly, è la guardia che il casinò ci ha assegnato perché ci scortasse alla macchina».
«Come fosse necessario, a me fai onestamente più paura tu» borbotta il suo ragazzo, fissando male l'uomo in completo scuro.
«E comunque non è carino far sapere a tutti che sono in grado di difendermi da sola, non si sposa bene con la mia immagine, ne abbiamo già parlato».
«Signori è solo il mio lavoro».
«È solo il suo lavoro, hai sentito?»
«E ora è finito, sciò. Su, su, smammare» risponde Nami, agitando le mani e ignorando completamente i richiami di Zoro.
«Forza amico, non hai sentito la rossa? Cavati dalle palle che così possiamo andare pure noi».
«Linguaggio»
«Stai zitto, Killer, che qua ci stiamo mettendo le radici in 'sto posto del cazzo. Almeno a Supai potevo girare come mi pareva, qui devo infilarmi la fottuta camicia per entrare nei casinò, senza contare le mante che fa l'Oca ogni volta!»
«Lo perdoni» si scusa Nami con lo sconosciuto «È cresciuto tra le scimmie».
«Vaffanculo pure tu!»
«Più tardi magari. Però su una cosa hai ragione, dobbiamo darci una mossa, forza, sono già le dieci del mattino e se vogliamo essere a Los Angeles per pranzo conviene partire. E già che sei qui» si interrompe tornando a rivolgersi a Blue Gilly «Sai mica dirmi quanto costa il pedaggio autostradale fino a Los Angeles?»
L'uomo scuote il capo, mentre persino Bonney si trova a roteare gli occhi.
«Gnè, pure inutile, che sfaso»
Montano in macchina, preparandosi alla tappa più importante del loro viaggio; oltre le montagne c'è la California e, per alcuni di loro, quella che potrebbero tranquillamente definire casa.
«Non vedo l'ora di vedere Kendra» esclama Zoro, sogghignando come un bastardo «Le proporrò di uccidere Sanji e finirà malissimo».
«Vedo che andate sempre molto d'accordo».
«In realtà saresti stupito di quanto a lungo ci siamo sopportati senza farci fuori davvero, dopo tutto anche tu non sopporti Kidd».
«Ro', nessuno sopporta Kiddo».
«Sparatevi, stronzi! E tu sei il peggio stronzo di tutti, Roronoa, torni a casa e non pensi manco ad andare a trovare quel povero sfigato di tuo padre, no, andiamo ad ammazzare i nostri amici» borbotta il giovane «Mi chiedo perché io vi parli ancora».
«Giusto» trasalisce Nami, armeggiando distrattamente con la radio «Avevo completamente rimosso, tuo padre e tua sorella magari avrebbero piacere di vederti…»
La radio gracchia, cercando una frequenza il cui segnale non sia traballante; non è cosa facile in quella parte di Nevada, a meno che non si vogliano ascoltare macabre notizie date dai giornali locali.
«Finalmente» mormora infine Nami.
We've been on the run, driving in the sun, looking out for number one. California here we come, right back where we started from.
«Ma voi i cazzi vostri non ve li fate mai?» domanda Roronoa, leggermente piccato «E anche tu, pensavo che vedere mio padre ti mettesse ansia!»
«No, perché? Mikki è una persona adorabile, anzi, sai cosa? Quasi avviso tua sorella che stiamo arrivando».
«Ma che, sei serio? Io mica lo sapevo che c'avevi una sorella».
«Già, sfigato, mica ce lo avevi mai detto. È topa?»
«Nami, ti proibisco di rispondere a qualunque di queste domande».
On the stereo, listen as we go, nothing's gonna stop me now.
La giovane ghigna appena, passando il suo telefono agli amici comodamente svaccati sui sedili posteriori.
«È molto bella» conferma Killer.
«Porca vacca, probabilmente ha preso lei tutta l'intelligenza, la bellezza e a te, pezzentone, è rimasto solo il senso dell'orientamento… Ah, no scusa».
«Fottiti, Kidd»
 California here we come, right back where we started from.
«Eddai, come se non sapessi che mi piace il cazzo, Zoro».
«Non mi interessa cosa ti piace, non fare commenti su mia sorella!»
«Noioso. Noiosissimo. Poi cioè, ha un colore di capelli stra mega figo, a me piace, che la posso portare fuori con me una sera?»
«Non credo sia una buona idea, Jewls» si intromette Nami recuperando il cellulare «Nessuno dovrebbe uscire con te, mai. Ci porti sempre in posti assurdi e finisce sempre male».
«Dici così adesso, ma l'ultimo Rave a cui siamo andate assieme ti ha parecchio divertita».
Pedal to the floor, thinkin' of the roar, gotta get us to the show. California here we come, right back where we started from.
La città compare appena superate le montagne, davanti ai loro occhi si riflette un oceano di asfalto che a prima vista ha lo stesso effetto stordente di una bottiglia di vino; ma chi ci è abituato non si lascia ingannare. I suoi grattacieli salgono verso l'alto in un vortice in impennata verso il cielo e i raggi del sole si rifrangono sulle immense vetrate spingendo anche i più ostinati a distogliere lo sguardo.
Su un lato delle colline spicca la famosa scritta “Holliwood” che ricorda a tutti che Los Angeles non è solo la città degli angeli, ma anche la terra del cinema, dei vip, degli Oscar e grandi star.
«Tira dritto verso santa Monica» Nami allunga una mano a indicare un cartello, evitando così che Zoro vada a cacciarsi dalla parte opposta.
«Oddio, ma di là andiamo dove ci stanno i ricconi. Beverly Hills è uno sfaso!»
«Non farti strane idee» la redarguisce Killer, venendo prontamente ignorato.
«Guardate laggiù! Chissà che meraviglia!»
«In realtà il matrimonio sarà su a Bel Air, o lì in zona, se non sbaglio i Fastor possiedono tutta la collina».
«Chi?»
«Bonney tirati giù prima che ci diano una multa» si lamenta Nami.
«Come no, superoca e tu rimettiti la maglietta».
«Siamo a Los Angeles, e ho il costume da bagno, senza contare che lo sanno tutti che queste» esclama Nami incrociando le braccia sotto il seno «Sono un patrimonio dell'umanità. Il mondo dovrebbe essermi grato di poterle ammirare».
«Ro' non mi sembra proprio proprio felice della cosa, eh» le fa notare Jewelry facendo scoppiare rumorosamente una bolla più rosa dei suoi capelli.
«Oh, scusa, amore ti dà fastidio?»
«Sì un po' sì» ammette Zoro con la fronte corrugata, tutto intento a non perdersi.
«Beh, attaccati al tram e fattela passare» sibila Nami inforcando gli occhiali da sole e battendo il cinque a Kidd «Le tette sono mie e prendono tutto il sole che decido io».
«Sto sempre guidando e faccio a tempo ad andare a sbattere da qualche parte facendovi fuori tutti, bastardi».
«Figurati, non faresti mai volontariamente del male a questa macchina».
«Cos'era che avevi detto quando ti si era parlato di cambio manuale?» domanda Killer prendendolo velatamente in giro «Sentire il motore che ti parla mentre scali le marce?»
«Vi odio tutti»
«Mentre continui ad odiarci gira a destra e poi a sinistra subito al semaforo» gli fa notare Nami.
«Oi, Oca, io e Killer possiamo scendere prima? Tanto al cazzo di albergo sappiamo arrivarci anche da soli».
«Linguaggio, Kiddo. Anche se in effetti ha ragione, l'unica che non è mai stata a Los Angeles prima sei, se non sbaglio?»
Nami sbuffa e annuisce, forse avrebbe fatto meglio a continuare a non vederla proprio la città degli angeli vista la piega presa da quel viaggio.
«Vi ricordo che il matrimonio è domani alle tre e voi dovete suonare. Sono stata chiara?»
«Cristallina, Ciccia».
«Perché rispondi tu?»
«Vado a farmi un girello pur'io, che mica posso venire con voi dai Fastor per cena? Che poi io c'ho le pare lo sai, sento Ace e vedo se alcuni del vecchio giro fanno roba».
«Le tue uniche pare sono quelli che alimentano i tuoi scompensi mentali, lo sai vero?» domanda Zoro, accostandosi al marciapiede.
«Domani alle tre. NON. METTEVI. NEI. GUAI» sibila Nami fissandoli tutti «E non so che 'roba' tu voglia fare, ma niente di illegale, non voglio che vi ficchiate nei casini proprio oggi».
«Siamo mica sordi, cazzo. Abbiamo capito, niente bordello e niente casini. Ti sembriamo così deficienti?»
«Sì» è la placida risposta di Nami, prima che la macchina ripartz sgommando leggermente e lasciando le note finali di una canzone di Madonna nell'aria.
«Che donna di poca fede» sibila Kidd.
«Non so proprio come possa non fidarsi così di noi» celia Bonney, controllando il cellulare e sgranchendosi le gambe «Bon, ci si vede sfigati».
Killer si passa una mano sul viso e sospira, già chissà proprio come mai Nami non si fida.
«Spero davvero che vada tutto bene» borbotta tra sé, seguendo Kidd in una via mai vista prima.
Ovviamente non fu così.

«Sei nervosa?»
«Figurati» borbotta Nami mentendo spudoratamente.
Zoro scoppia a ridere e le dà una mano ad allacciare il girocollo sottile, scostandole con dolcezza i capelli dal collo.
«Andrà benissimo, vedrai. Non so nemmeno di cosa ti preoccupi, alla fine Sanji e Rufy già li conosci, no? E ti posso assicurare che Kendra è adorabile, ha il cuore di ghiaccio e la lingua più sferzante di una frusta».
«Non sono preoccupata» ribadisce la ragazza.
«Come no».
«Ci vuoi arrivare vivo a fine serata?»
Salgono in macchina senza dire niente e Nami sbuffa, senza essere davvero arrabbiata, nel vedere il sorriso ironico sul volto del compagno; certo che è in ansia, ovviamente è in ansia, sta per entrare a tutti gli effetti nella compagnia di amici storici di Zoro, sta per conoscerli e per di più in un contesto importante come un matrimonio.
«Dimmi che sono carina» si lamenta improvvisamente, piegandosi verso di lui e accarezzandogli un braccio.
«Sei molto carina» azzarda Zoro, consapevole che quando la sua ragazza fa certe richieste bisogna sempre darle ragione, soprattutto quando è vero, ma pretende lo stesso conferme.
«Non mi sembri convinto…» lo sguardo che gli lancia non è dei migliori, mentre le sue mani si allungano sulla sua giacca in una presa poco rassicurante.
«Sei davvero molto carina».
«E tu sei uno zotico, impegnati che puoi fare di meglio».
«Nami sei bellissima… Mi hai rubato, di nuovo, il portafogli non è così?»
Storce il naso, scocciata.
«Non te ne saresti dovuto accorgere, sto perdendo la mano» si lamenta.
«No, è solo che oramai ho capito quando cerchi di palparmi e quando cerchi di derubarmi… A pensarci bene, stasera potresti anche divertirti, i padroni di casa sono, come dire, piuttosto particolari sotto questo punto di vista».
La rossa lo fissa scettica, con l'oramai tragica consapevolezza che nessuno dei loro amici è normali; non possono essere peggio delle persone che già frequentano, senza contare che lei di gente strana ne ha vista nella sua vita e dubita di potersi stupire ancora più di tanto.
Capisce di essersi sbagliata nel momento stesso in cui la Cadillac entra nell'immenso giardino della tenuta Fastor, superando un cancello scuro dall'aria inquietante, controllato da due guardie e da un po' troppe telecamere.
«Manco fosse una fortezza» ironizza.
«Non che ti sbagli poi così tanto».
La vera sorpresa, però, quella che la fa sobbalzare e parzialmente morire di infarto, è la villa. Villa Fastor è l'edificio più grande e sontuoso che Nami abbia mai visto, le luci della festa sono abbaglianti e colorate e il festone che invita a celebrare con gioia l'unione di Sanji e Kendra accoglie gli invitati a quella cena famigliare.
«Zoro» alita la ragazza «Non mi avevi detto che sono schifosamente ricchi».
«Sì, i Fastor stanno parecchio bene e anche la famiglia di Sanji in realtà. Senza farlo apposta questo matrimonio soddisfa tutti».
«Ho sbagliato partito. Ho così tanto sbagliato partito che mi viene da piangere».
«Grazie, sono sempre qui».
«Stai zitto, quanti sono? Qualcuno di loro è single? Ho bisogno di saperlo!» si lamenta Nami, scrollandolo per le spalle senza alcun riguardo.
«Scordati Brad, biondino, aria per bene, ogni volta che qualcuno dei suoi gli parla sembra prossimo al suicidio. Le valide alternative sono Matt, il tizio che mi sta cercando con l'aria di chi vuole commettere un omicidio, e Slade, capelli neri, sguardo assassino, in grado di far saltare i nervi a chiunque».
La ragazza che le ha parlato è leggermente più bassa di Nami, e, sebbene non l'abbia mai vista prima, la rossa la riconosce subito.
«Kendra!» esclama Zoro, abbracciandola e sollevandola appena.
«Piacere, devi essere Nami» borbotta la giovane svicolando dall'abbraccio con l'aria di chi non è troppo entusiasta del contatto fisico.
«Piacere mio» sorride, stringendo la mano che le viene tesa «Su quale hai detto che è meglio puntare?»
«KENDRA» questa volta il nome viene ruggito e la ragazza viene afferrata da un energumeno dai capelli castani e l'espressione incazzata «Finiscila di scappare, è il tuo matrimonio!»
«Tecnicamente quello è domani, Matt, amore» gli fa notare la giovane, sottraendo i lunghi capelli viola alla presa fastidiosa del suo ex.
«In ogni caso, non mi pare un buon motivo per sparire e lasciarmi in balia di tuo suocero. Oh, Roronoa, sei ancora vivo».
«Fastor, vorrei poter dire che è un piacere».
«Figurati per me, e immagino che questa meraviglia al tuo fianco sia Nami» celia Matt, sorridendo come un beota, con il chiaro intento di infastidire Zoro e ottenendo solo che la ragazza gli si appiccichi addosso con aria da gatta «Kendra mi ha parlato un sacco di te».
«Ma se ti ho solo detto che esisteva!?»
«Oh, sai, anche a me hanno parlato molto di te» ridacchia Nami, sorridendo sorniona, per poi sentirsi sollevare da Zoro e spostare due metri più in là .
«Scusa tanto, Fastor, ma mi serve intera per ora».
Kendra scoppia a ridere divertita, sorpassando l'amico e afferrando la giovane per il polso.
«Sai cosa, Roronoa? Hai ragione, mentre voi due vi divertite a ricordare i bei vecchi tempi io la porto a fare un giro» non ascolta nemmeno la risposta, iniziando a trascinarsela dietro, oltre la villa, verso il giardino sul retro dove c'è la festa.
«Quindi?» le chiede bloccandosi di colpo, poco prima che raggiungano la folla degli invitati.
Nami fa scivolare una mano sotto il vestito ed estrae un portafoglio di pelle nera.
«L'ho capito subito che saremmo andate d'accordo» celia, entusiasta come un'oca giuliva.
«Non ci posso credere» sbotta però Nami aprendolo «Questo marcione ha solo pezzi da venti! Guarda qui?!»
Kendra schiocca la lingua, altrettanto delusa.
«Il primogenito dei Fastor è sempre stato un pezzente. Ogni tanto mi chiedo perché io abbia firmato un contratto prematrimoniale prima di sposarlo, se penso che avrei potuto portargli via anche le mutande!»
«Sposarlo?»
«Come pensi che sia diventata parte di questo gruppo di spostati?» domanda Kendra, gettandosi alle spalle il portafoglio vuoto di Matt «A sedici anni ho incontrato Matt e l'ho convinto a sposarmi, in realtà non è che fossimo innamorati solo che mi serviva un tutore per poter fare quel cazzo che volevo dopo essermene andata di casa, così siamo andati in Canada, perché figurati trovare qualcuno che sposi due persone che non sono anime gemelle in quest'unione di stati di merda, e l'ho incastrato. Ma è stato un matrimonio di comodo, e poi ho conosciuto Sanji».
«E ti ha convinta a sposarti davvero» conclude Nami.
«Quello stronzo mi ha costretta» sibila Kendra ignorando lo sguardo divertito di alcuni ospiti.
«Così mi spezzi il cuore» esclama il diretto interessato comparendo alle sue spalle «Nami, meraviglia del mondo, sei qui, la tua presenza illumina l'intero giardino!»
Sanji si avvicina e si china di fronte a lei, facendole il baciamano sotto lo sguardo schifato della sua futura moglie.
«Fatti curare, Hijunar».
«Vinsmoke» la corregge un uomo alle sue spalle, che assomiglia in modo incredibile a Sanji, ad eccezione della forma delle sopracciglia che invece di essere arrotondate risultano più spigolose nelle curve.
«Sì, sì, Hijunar è il cognome di Zeff, lo so» borbotta Kendra, seccata «Avreste potuto pensarci prima di farlo crescere con lui».
«Kin» la voce di Sanji è gentile, ma la ragazza intuisce una sfumatura di ammonimento e sbuffa «Nami, questo è il maggiore dei miei fratelli, Ichiji».
«Incantato».
«Aspetta un secondo» borbotta Nami, sbiancando leggermente sotto il blush «Vinsmoke, come quei Vinsmoke? Vinsmoke dei Vinsmoke della Louisiana?»
Ichiji sorride sornione, indicandosi con un gesto delle mani.
«Vedi tutto questo?» domanda, sotto lo sguardo perplesso dei presenti e quello rassegnato di suo fratello «Puro manzo di New Orleans, rossa. Cento per cento Vinsmoke, semino terrore e riscuoto a tutte le ore».
«Uccidetemi ora» sibila un altro uomo arrivando al suo fianco «Se sento un'altra delle tue battute del cazzo, giuro su Dio che ti verserò del cianuro nel bicchiere. E finiscila di bere il mio Martini!»
«Veramente, Slade, quello è il mio bicchiere».
«Nami, ti presto Slade e Brad Fastor» esclama Kendra «Brad è quello simpatico, ma è eccessivamente squattrinato, Ichiji non si ricorda nemmeno dove abbia la testa, figurati il portafoglio».
«Nami? Nami e poi?»
«Fatti i cazzi tuoi Fastor, non si fanno certe domande a una donna».
Nami sventola la mani davanti alla faccia di Sanji come a fargli capire che non ha importanza – con tutti soldi che ha quello può dirle qualsiasi cosa, purché si lasci derubare.
«Puoi chiamarmi come ti pare» risponde con un sorriso, appiccicandosi al suo braccio «Purché tu mi offra da bere».
Kendra trattiene a stento un sorrisino, beandosi dell'espressione schifata di Brad.
«Dimmi che non sta davvero cercando di concupire mio fratello» le sussurra all'orecchio.
«Dipende…»
«Da cosa?»
«Le dimensioni del suo portafoglio».
In quel momento, finalmente, fa il suo ingresso Roronoa, che, dopo essere stato mollato in balia di Matt, è riuscito a perdersi solo tre volte prima di ritrovarli; fissa i suoi amici, poi la sua ragazza, che attaccata al braccio di Slade Fastor si avvicina al banco degli alcolici.
«Avete lasciato la pazza a piede libero? Brad, Ichiji».
«La pazza sarebbe la sua ragazza» specifica Kendra.
«Stai seriamente dicendo che quella bomba in ambito da sera ti si fila? Per più di dieci minuti? Prima mio fratello si sposa, poi tu con questa gnocca atomica… Il mondo sta andando alla rovescia» si lamenta il primogenito dei Vinsmoke.
«Ti sei mai chiesto come mai nessuno ti si fila?» domanda Brad sarcastico «Perché io di risposte ne avrei non poche».
Sanji gli batte amichevolmente una mano sulla spalla, e con affetto gli dice:
«Cerca di vedere il lato positivo, anche Niji è single. Tu e lui siete un po' come Matt e Slade, senza speranza».
«Ti ho sentito, stronzo!» urla da qualche parte, perso nella folla un ragazzo dai capelli biondi, facendosi avanti a gomitate e mandando a gambe all'aria un individuo di dubbio gusto dai capelli tirati in aria con del gel glitterato.
«Niji, certo che quando si tratta di insulti ci senti benissimo» si lamenta suo fratello minore.
«Taci, ingrato! Dovresti essere solo felice che in tutto questo tempo non ho mai cercato di portarti via Kendra».
«Figurati, è troppo intelligente per te» sibila Ichiji.
«Ha parlato il genio».
«Finitela, non avrebbe mai pisciato nessuno di voi due, stronzi».
«Prego, continuate pure a parlare di me come se non ci fossi».
«Finitela, coglioni, e qualcuno di voi mi dica perché avete lasciato Nami da sola con Slade!» sbraita Zoro, dimostrando la sua capacità di passare da tranquillo a “iena rabbiosa” in meno di tre microsecondi.
«A quanto dice Kendra» azzarda Brad accendendosi una sigaretta «La tua ragazza sta cercando un partito più ricco di te».
«Che non è una cosa molto difficile, visto che sei uno squattrinato» calca la dose Sanji.
«Nami. E Slade» borbotta ancora Zoro, gesticolando come un dannato.
«Ok, ok, abbiamo capito, ora calmati che ti viene l'infarto, Roronoa».
«No, non avete capito un cazzo, qui ci scappa il morto!»

They tell me I'm too young to understand, they say I'm caught up in a dream, well life will pass me by if I don't open up my eyes, well that's fine by me.
«Amo questa canzone!» urla Bonney a tutto volume nell'orecchio di Kidd.
Non saprebbero nemmeno dire come sia possibile, ma sono riusciti a ritrovarsi nello stessa discoteca – e non è cosa da poco considerando le dimensioni di Los Angeles e la quantità pressoché immensa di locali.
«Cosa?» urla il ragazzo di rimando.
Jewls scuote la testa, come a dire che non è importante, e si mette a cantare a squarciagola, seguita da un paio di sconosciuti che ballano a ritmo sincopato al suo fianco.
Né Kidd, né Killer (oramai prossimo al suicidio) li hanno mai visti, ma deducono dal modo di comunicare a grugniti della loro amica, che almeno lei li conosca; si lanciano uno sguardo di intesa, in cui un attento conoscitore dell'animo umano potrebbe intravedere un briciolo di preoccupazione, ma alla fine Eustass scuote la testa e fa cenno verso il privé.
Bonney nemmeno si accorge che siano spariti, troppo impegnata a finire in un sorso il suo drink, farsene offrire un altro e tornare a cantare.
I tried carrying the weight of the world, but I only have two hands. Hope I get the chance to travel the world, but I don't have any plans. Wish that I could stay forever this young, not afraid to close my eyes, life's a game made for everyone and love is the prize.
Non si era mai resa conto che il casino frastornante di quella città le fosse mancato così tanto, i vicoli stretti in cui uscire a fumare una sigaretta, la gente che non ti calcola e ti ignora perché a Los Angeles nessuno è importante, nemmeno la ragazzina che viene molestata da gente più grossa di lei.
Bonney caccia una bestemmia poco fine, stropicciandosi gli occhi per capire se la scena stia veramente accadendo o se la stia solo immaginando, ma davanti a lei c'è davvero una giovane sulla ventina che sta venendo importunata da tre energumeni dall'aspetto del tutto poco raccomandabile (che poi lei sia sbronza marcia e ne veda sei, beh, quello è un altro paio di maniche).
«Scusate» e non sa nemmeno perché si stia tirando, nel momento stesso in cui afferra il più alto dei tre per la camicia e lo tira all'indietro, sbilanciandosi leggermente «Non è proprio che state facendo cose illegali, cioè, tu» si blocca e allunga il dito verso la ragazza di fronte a sé «Stai bene?»
«Senti bella, levati dalle palle, stavamo solo parlando» le fa notare l'energumeno alla sua destra, con grassone con un viso porcino e un nasone rotondo.
«Senti, Piggly Wiggly, stai sciallo, che mo' che parlo con» si gira a fissare la ragazza per qualche istante per poi annuire convinta «Mia sorella e poi boh, facciamo cose, tipo a botte, tipo che picchio duro».
La giovane al suo fianco solleva un sopracciglio, apparentemente non molto intimorita dalla scena e le si avvicina con aria diffidente.
«Grazie, ma sto bene, davvero».
«No, no» si schernisce Bonney, con un sorriso, ispirando l'aria fresca della sera e mettendo meglio a fuoco la situazione «Ci conosciamo?»
«Non credo?»
«Oh, oh, OH!» esclama improvvisamente la ragazza, realizzando qualcosa «Aspetta, aspetta, aspetta, facciamoci un selfie!»
La sconosciuta davanti a lei non ha nemmeno il tempo di protestare che Jewelry ha già tirato fuori il telefono e le ha passato un braccio lungo la spalla, scattando una serie di foto in sequenza.
Si interrompe solo quando il più alto della comitiva le strattona una spalla, sbilanciandola in avanti e facendola cadere sulle ginocchia.
«Porca Eva ladra, si è rigata la cover!»
Non fanno nemmeno in tempo a commentare che Bonney si rialza e nel voltarsi carica un pugno che va a schiantarsi contro il naso a patata dello smilzo ancora in piedi alle sue spalle.
«Era un cazzo di regalo, brutto fetente, prima te la prendi con le ragazzine e poi rompi ti metti a rompere la roba degli altri? Sai ora cosa ti rompo io? Le ossa!» è così inferocita che si dimentica persino di parlare da trucida. E non è nemmeno per il telefono ad essere onesta, ma se c'è qualcosa che Bonney non tollera è la gente che tocca gli altri senza permesso.
«Ma se sei tu che ti sei mezza in mezzo, che minchia vuoi?» blatera l'uomo reggendosi il naso sanguinante.
«Attenta!» urla la giovane alle sue spalle.
Bonney si abbassa appena in tempo, evitando il gancio sinistro diretto verso il suo viso e con un calcio ben piazzato sul ginocchio butta a terra il grassone col naso da maiale, non fa in tempo però a; non fa in tempo a girarsi che arriva il buttafuori del locale, correndo e intimando loro di smettere subito, che ha chiamato le forze dell'ordine e che non è il caso di dare spettacolo se non vogliono essere portati dentro.
«Merda, la polizia!» esclama lo smilzo, tirandosi in piedi e correndo verso l'uscita del vicolo.
E se uno di loro rimane a terra, tenendosi la gamba con fare melodrammatico, nel tentativo di impietosire qualche ufficiale di buon cuore, il terzo getta il suo bicchiere di vetro addosso a Jewelry e segue il suo capo arrancando a fatica sulle gambe tozze.
«Torna all'interno» mormora Bonney rivolgendosi alla ragazzina alle sue spalle «O finiranno col portare dentro anche te e non è davvero il caso».
«Non… Non è giusto, perché mai dovrebbero? Mi hai solo difeso!»
«Ciccia, se il mondo fosse gusto non sarebbe una roba schifa, ma c'è che va così e quindi ciaone. Su, su, muoviti, che ci penso io, c'ho amici in alto».
Come no, si dice nel vederla sparire, ancora un po' titubante, dietro la porta del locale, disperdendosi tra la gente proprio nel momento in cui gli agenti entrano nella via. Questa volta l'ha fatta grossa e non ci sono proprio santi che terranno, né con Nami, né con suo padre.
Si tiene il braccio con una mano, fissando il bicchiere frantumato a terra e il taglio leggero che le ha lasciato sulla spalla scoperta, quindi, individuato quello che le sembra l'anello debole della pattuglia, si avvicina con le lacrime agli occhi.
«Agente, ho avuto così tanta paura!» si mette a frignare, cercando di fare in modo che l'uomo noti la prorompenza del suo seno.
«Quella stronza mi ha rotto la gamba!» urla l'uomo sdraiato a terra.
«Sono solo scivolata e l'ho colpito accidentalmente» continua lei «Stavano molestando una ragazzina e io volevo solo aiutarla e-»
Si interrompe con tono drammatico, scoppiando a piangere e facendo vedere la ferita sulla spalla; l'agente di fronte a lei, un tale sulla cui divisa riesce a leggere il nome “Fullbody”, deglutisce leggermente, facendo per allungare una mano verso di lei, salvo poi venire bruscamente interrotto dalla voce del suo collega.
«Come no» mormora un tizio che a Bonney sembra di avere già visto «Ascolteremo le vostri tristi storie alla centrale».
Merda, quello è Jango, lo riconosce la ragazza, da quando era entrato in polizia?
«Risparmiami la sceneggiata e monta in macchina» le borbotta tirandola verso la vettura, senza però riservarle la stessa durezza nel trattamento che il suo collega dedica al ciccione a terra.
«Che giornata di merda».

«Non ce la posso fare a passare un minuto di più in questo schifo di buco di culo».
«Minchia oh, dici sempre a me di controllare il linguaggio, poi ogni tanto te ne esci con sta roba!»
«Hai passato metà giornata a trascinarmi da un capo all'altro della città facendo domande su Trafalgar, senza minimamente preoccuparti che a qualcuno potesse dare fastidio!»
«E allora? Hai vsto quello stronzetto che aria truce ha? Mica posso fidarmi di clui così, e se scopro che ammazza la gente e tiene i loro cadaveri in cantina?»
«Abita nel deserto, Kidd, dovrebbe tenerli nel frigorifero»
«Anche peggio».
«Ti prego, finiscila» esclama Killer, esasperato «E usciamo da questa discoteca di merda! Non ho più l'età, né il fisico, né i timpani!»
«Ma Jewls…»
«Bonney è adulta e vaccinata, e sa cavarsela da sola. Per di più sta solo ballando, che cosa vuoi che succeda?»
«Minchia oh, che preso male, non ti scaldare, cazzo».
«Kidd…»
«Va bene, va bene, ce ne andiamo, ma c'è ancora un posto che non abbiamo controllato, e il tizio che gestisce la discoteca mi ha detto che possiamo provare a chiedere lì».
«O certo, perché questo Bellamy mi sembra un tipo del tutto affidabile».
«Figa non ti sopporto».
«E parla decentemente!»
Del tutto ignari di cosa stia accadendo nel locale che si sono appena lasciati alle spalle, Kidd e il suo degno compare seguono le indicazioni ricevute fino a raggiungere quella che sembra essere una vecchia casa dall'aria dimessa e affatto losca.
«Stasera ci sparano» borbotta Killer «Io me lo sento».
«Ok, quando hai finito di fare il veggente del cazzo, possiamo entrare?»
L'interno è ancora più squallido che l'esterno, c'è odore di muffa e di marcio e l'intonaco si stacca dalle pareti sgretolandosi in polvere; la musica sommessa li guida fino alla porta di uno scantinato fuori dalla quale un energumeno dall'aria non molto astuta è seduto a leggere un fumetto.
«Parola d'ordine?» domanda fissandoli male.
«SAD SMILE» scandisce bene Kidd.
Lo sconosciuto solleva spalle, poco interessato a sapere chi siano – e in fondo la parola d'ordine di quel posto è segretezza e sarebbe scortese farsi i fatti dei clienti – e apre loro la porta.
Don't care who we meet, we're orphans here on Easy Street and we feel real mean.
«Ma sono i Motorhead?»
«Ti pare la cosa più importante? Guardati attorno, questa è una bisca clandestina, Kidd».
«Sì, ma sono i Motorhead, cazzo!»
Killer respira profondamente e cerca di trovare dieci buoni motivi per cui non mollare Eustass in quel luogo come un balengo ed andarsene in albergo a dormire.
«Quale di questi secondo te è Cesar Clown?»
«Ti sembra che possa saperlo? Non ho nemmeno idea di che faccia abbia questo tizio!» si lamenta Killer, passandosi con disperazione una mano sulla faccia.
«Porco il clero quanto cazzo sei inutile».
We won't turn your pay down, city Kids don't lay down, we don't call so, better get some more of that, city Kids we don't give that to you, oh no.
«Posso aiutarvi?» domanda una ragazza comparendo dal nulla alla loro sinistra «È la prima volta che venite qui, non è così?»
«Sì, sì, puoi» borbotta Killer decidendo di sbattersene delle conseguenze e di trovare il modo per andarsene da lì il prima possibile «Cerchiamo CC, sai dove possiamo trovarlo?»
Da dietro la spessa montatura degli occhiali pare che gli occhi della ragazza luccichino appena, mentre un sorriso sornione le affiora alle labbra.
«Come no, è là al bancone, avete bisogno di chiedergli qualcosa?»
«Se ho bisogno?» borbotta Kidd «Ho bisogno che mica qualcosa di quel rottinculo di Law che per stasera mi sono già abbastanza girate le balle».
Si allontana a grandi passi avvicinandosi a un uomo sulla quarantina, con i capelli scuri e un orribile capello a cilindro troppo grosso per il suo capo.
«Sei Caesar Clown?»
«Dipende… Sei un creditore?»
«No».
«Sei del fisco?»
«Ho la faccia di uno del fisco?»
«Sei un cliente insoddisfatto?»
«Porca troia, no! Sei o non sei Caesar Clown?» esclama il ragazzo sbattendo il pugno sul bancone e perdendo parzialmente la calma.
«Forse…»
Finalmente Kidd si siede e dopo avergli lanciato una lunga occhiata indagatrice, come a voler soppesare la persona che ha di fronte, domanda:
«In che senso un cliente insoddisfatto scusa? Mica barerete qui!»
«No, no, certo che no» l'uomo agita le mani davanti al viso un po' troppo velocemente e Eustass si appunta mentalmente di non scommettere in quel posto (Killer prende nota di non tornarci mai più) «Diciamo che vendo cose, ti serve forse convincere qualcuno che è la tua anima gemella? Per questo hai… quel sorriso triste?»
Se è un messaggio in codice Kidd non lo coglie e scuote il capo.
«No, bello mio. Ho un problema un po' diverso, la mia l'ho già trovata, ma non ho ben capito che cazzo di tipo sia, se ne sta tutto il tempo sulle sue, con quella sua cazzo di eterosessualità repressa, poi mi lancia segnali del cazzo che – detto tra noi – non so interpretare e per finire mi mette il muso manco gli avessi ammazzato la famiglia. Ah e non posso parlare di famiglia davanti alla sua faccia o se la prende anche di più».
CC annuisce, come comprendendo la portata del dilemma interiore di Kidd, sorseggia la bevanda biancastra nel suo bicchiere quindi si rigira verso l'interlocutore molesto.
«Non ho capito cosa vuoi però».
«Chi cazzo è Law Trafalgar Law? E soprattutto perché ovunque chieda di lui spunta questo cazzo di nome accostato al suo: Donqualcosa Doflamingo? Che minchia c'entrano i fottuti fenicotteri ora?»
Caesar Clow sputa tutto l'alcolico che stava sorseggiando sopra al bancone, iniziando a tossire furiosamente e agitando le mani in direzione di Eustass, che per tutta risposta lo fissa come se fosse deficiente.
«Che. Problemi. Hai?»
«SEI SCEMO? Cosa ti salta in mente di dire quel nome qui?»
Lo sguardo da triglia lessa di Kidd è più che eloquente e fa capire al proprietario del locale che il suo interlocutore non abbia la benché minima idea di cosa – anzi di chi – stiano parlando.
«Forse è meglio se vieni con me nel retro» bisbiglia piano «Giusto sei secondi, poi te lo riporto».
Killer solleva le spalle, rassegnato; ha questa sensazione alla bocca della stomaco che gli urla “Ciao sfigatone, sappi che se qualcosa può andare male lo farà” e lui non sa proprio come reprimerla, anche perché di solito il suo istinto ha sempre ragione, soprattutto quando di mezzo c'è Kidd.
Rimane a fissare la porta, in piedi assieme alla ragazza che li ha accolti poco prima, mentre dalle casse parte una nuova canzone.
Breaking up or breaking through, breaking something's all we ever do, shoot straight, travel far, stone crazy's all we ever are.
«Oh, sai, questa canzone è molto carina» celia la donna al suo fianco, senza smettere un attimo di scrivere al cellulare.
«Già» borbotta Killer, vagamente distratto.
«Sai come si chiama?»
L'uomo scuote il capo, senza nemmeno ascoltare le parole e sobbalza leggermente quando la sconosciuta si attacca al suo braccio e, dopo aver fatto una leggera pressione col seno, gli sussurra all'orecchio.
«Dead men tell no tales».
But I don't care for lies, and I won't tell you twice, because when all else fails, dead Men Tell No Tales.
Killer trattiene il fiato, osservandola allontanarsi; questa volta la sensazione di preoccupazione si fa più pressante, perché, anche se mai prima era capitato che fosse una donna così carina a farlo, è già stato minacciato prima e sa distinguere un'intimidazione da un semplice flirt.
Ci vuole qualche minuto prima che Kidd, pallido come un cencio, emerga dalla stanza; la sua attitudine è completamente cambiata rispetto a prima e pare aver perso tutta la sua sicurezza.
«Leviamoci dal cazzo» borbotta.
«È la prima cosa sensata che dici da quando siamo arrivati a Los Angeles».
La porta si chiude alle loro spalle, mentre a inseguirli pare esserci solo la eco della canzone, le cui note vanno perdendosi in lontananza.
Shooting up away and back, a bit of guts is all that you lack, far behind the stable door, I know you've met that horse before.

Quando la voce calda e ben nota di Phil Collins riempie il giardino, Slade, sotto gli occhi attoniti di tutti i presenti, invita Nami a ballare.
I can feel it coming in the air tonight, oh Lord and I've been waiting for this moment for all my life, Oh Lord.
«Che cosa sto guardando?» borbotta Zoro, stroppicciandosi gli occhi.
«Il diabete di Slade che sale alle stelle, probabilmente» riecheggia Brad.
«Io gli rubo l'insulina, si merita solo quello».
«Credo di essere d'accordo con te, e la cosa mi fa stare fisicamente male» si lamenta Sanji guardandoli.
«Io li trovo carini» celia Kendra, pensando a quanti soldi potrebbero fare se Nami riuscisse davvero a derubarlo.
Lancia appena un urletto sorpreso nel sentirsi abbracciare alle spalle, ma quando, girandosi, riconosce il profilo di Rufy, sorride come una bambina.
«Sei arrivato, finalmente!»
«Non sarei mai potuto mancare! Ciao Zoro, ciao Sanji, ciao Brad, ciao a tutti».
«Rufy, Ace, Sabo» Roronoa ha la faccia di uno a cui hanno appena ucciso il gatto e la cosa contribuisce a divertire immensamente la giovane dai capelli viola.
«Dov'è Nami?»
Brad solleva il braccio, indicando la pista da ballo e giovane che ride nel mezzo.
«Sto per vomitare, dov'è Daphne quando serve?»
«Il mio fratellino sente la mancanza della sua mogliettina preferita?» celia Matt comparendogli alle spalle e scompigliandogli i capelli «Non essere troppo geloso di Slade, sta facendo quello che vorremmo fare tutti: rompere il cazzo a Roronoa».
«Matt, amore» gli fa notare Kendra, grondando sarcasmo da ogni poro «Slade non sta facendo proprio niente. Piuttosto… dov'è il tuo portafoglio?»
Matt si porta la mano al petto battendoci sopra un paio di volte, quindi impallidisce, comincia a frugare nelle tasche con aria di crescente irritazione, per poi bestemmiare in modo molto poco fine.
«Io ve l'avevo detto: quelli si ammazzano» commenta Zoro, che oramai nemmeno si stupisce più di niente.
L'intero gruppo, tra il perplesso e il divertito (ma soprattutto divertito, perché si sa che alle feste dei Fastor non viene mai invitata gente normale), solleva il capo, fissando la strana coppia e iniziando a domandarsi di cosa stiano davvero parlando quei due.
Well, if you told me you were drowning I would not lend a hand.
«Non cercare di fare il furbo con me, Fastor»
«Stai cercando di negoziare? Sei veramente irritante!»
«Irritante? Io? Io sono un dono del cielo, zotico».
«Un dono che non sa quando tacere» sibila Slade, stringendo leggermente la presa sulla vita della donna.
I've seen your face before my friend, but I don't know if you know who I am.
«Provaci e ti nascondo l'insulina».
«Porca- Ma come diavolo?»
«Le punture sul dito».
«Avrebbe potuto essere qualsiasi cosa»
«Avrebbe potuto, ma non ho forse indovinato?»
«Ti ha mai detto nessuno che sei la moglie di Satana?»
«Solo quando vogliono farmi un complimento».
«Non sia mai».
Well, I was there and I saw what you did I saw it with my own two eyes. So you can wipe off that grin, I know where you've been, it's all been a pack of lies.
«Facciamo così, Slade. Io ti offro il 15% e tu chiudi un occhio».
«Sei impazzita? Ti sembra accettabile?»
«No, per nulla, ma le regole di mercato non le faccio io, bello mio».
«Le hai letteralmente appena fatte».
«Non ti soffermare sui particolari».
«Cinquanta».
Nami si stacca da lui, fermandosi nel bel mezzo della pista e sgranando gli occhi.
«Ti sei bevuto il cervello?»
«Cinquanta e un giro sulla tua macchina».
«Scordatelo, nemmeno tra un milione di anni. Venti».
«In un universo dove non so contare, forse, quarantacinque».
«Ora, dimmi una cosa, Fastor, ti sembro deficiente? Non so con quali inetti tu sia solito lavorare, ma scordati che ci caschi».
«Non mi dire» celia l'uomo avvicinandosi nuovamente al banco degli alcolici per riempirsi nuovamente il bicchiere di Martini «Sono seriamente sorpreso che nessuno abbia ancora provato ad avvelenarti».
«Strozzatici con quel martini».
«Roronoa per esempio».
Nami si avvicina, prendendogli con aria da gatta il drink dalle mani e sorridendo sorniona.
«Slade, la tua insulina è appena sparita».
How could I ever forget, It's the first time, the last time we ever met.
Rufy si vede arrivare Nami davanti all'improvviso.
La ragazza gli scivola alle spalle, facendogli segno di rimanere zitto e si nasconde prontamente tra lui, un albero e le spalle larghe di uno sconosciuto.
«Monkey!» Slade arriva, e più che camminare sembra che stia marciando «Hai visto la rossa? Nami?»
«La ragazza di Zoro?» domanda angelicamente Rufy, sorseggiando un succo al mirtillo.
«È la ragazza di Zoro? Non importa, l'hai vista o no?»
«Certo che l'ho vista! Settimana scorsa a Peach Springs, è davvero carina, mi ha spiegato la differenza tra le persone grasse e le balene, per esempio, prendi tuo nonno -»
«Non iniziare con la storia delle capre, o a Blake viene un infarto. Anzi, sai cosa? L'ho visto laggiù, vai e liberaci della sua ingombrante presenza, mentre io cerco Satana!»
Scompare a passi larghi e non appena si è allontanato a sufficienza Nami esce dal suo nascondiglio e alza la mano aperta per battere il cinque a Rufy.
«Che hai fatto a Slade?»
«Gli ho rubato il portafoglio» esclama Nami, come se fosse ovvio, quindi fa cenno a Kendra di raggiungerla «E anche l'insulina».
«Allora?» domanda la giovane avvicinandosi assieme a Brad, Zoro e Sanji.
«Tu dovresti essere rinchiusa, sei un pericolo pubblico».
«Zoro, amore, non andresti a prendermi qualcosa da bere?»
«Ma vacci da sola!»
«Non era una richiesta» sibila la sua sempre gentile compagna.
«Si perderà di sicuro» fa notare Sanji osservandolo mentre si allontana.
«Forse dovresti raggiungerlo» celia Kendra «Non vorrai mica che molesti qualche poveretta nel tentativo di capire dove sia il tavolo degli alcolici?»
Sanji sparisce che Kendra non ha ancora finito di parlare.
«Sei sicura di volerti sposare?» domanda Nami sollevando un sopracciglio.
«Kin fa sempre così, ma si voglio un gran bene e poi sono davvero perfetti per assieme assieme» esclama Rufy facendo arrossi l'amica.
«Ti sei bevuto il cervello?» ringhia distogliendo lo sguardo.
«Sì, Kin, dicci quanto gli vuoi ben» la prende in giro Brad «La gemma viola e la sua anima gemella, com'è che era “Io non cascherò mai in queste stronzate da diabetici”?»
«Fottiti, pulcino!»
«Mi dispiace interrompere il teatrino» si ferma Nami, agitando le mani per riportarli alla realtà «Ma possiamo parlare di cose importanti ora?»
«Giusto, il portafoglio di Slade! Lo hai preso?»
«Questo chi è? Ha una faccia da Fastor».
«Eh porca miseria! Mica ho scritto 'criminale' a caratteri cubitali sulla fronte».
«Tranquilla, è Brad, il fratello minore di Matt e Slade, quello sano di mente».
Nami scrolla le spalle, ed estrae l'oggetto incriminato dalla scollatura, emettendo un gridolino estasiato nell'aprirlo.
«Oddio, sento che potrei svenire».
«Hai la bava alla bocca» fa notare Brad «Anche tu, Kendra un po' di contegno».
«Tò» sbotta Nami zittendolo e piazzandogli qualcosa in mano.
«Che roba è?»
«L'insulina di tuo fratello».
«Hai rubato l'insulina a Slade?»
«Certo perché è uno stronzo!»
«Non trovo le parole per ribattere»
«Beh, dai, Slade non è così male» celia Rufy, senza capire niente di quello che sta accadendo davanti a lui – o forse solo fingendo di ignorare quei tre che si spartiscono davanti ai suoi occhi i soldi del portafoglio del secondogenito dei Fastor «A me è simpatico».
«Rufy, tu sei troppo buono» fa notare Kendra.
«Già, secondo te sono tutti simpatici, tranne forse mio cugino».
«Whisper è a posto… immagino» borbotta Rufy, aggrottando leggermente la fronte sotto lo sguardo divertito di Nami.
«Non hai l'aria di uno molto convinto».
«Oh, non lo è per niente» scoppia a ridere Kendra.
«Devi sapere» comincia Brad, trattenendo un singulto a fatica «Che qualche anno fa mio cugino ha avuto un periodo di passione per i boa».
«I serpenti?»
«No, i boa di piume» ride Kendra.
«E per qualche mese non ha fatto altro che indossare slippini aderenti e boa coordinati, e niente altro. No, forse aveva le infradito argentate».
«Già e Rufy è rimasto leggermente turbato».
«Sono rimasto turbato quando ha pensato fosse opportuno venire a sedersi sopra di me sulla sdraio, lasciandomi il boa attorno al collo come regalo di addio. ADDIO PER QUALE MOTIVO POI?»
«E da quel momento è sempre rimasto inquietato da mio cugino, ma solo da lui».
«Non che la cosa mi stupisca» ride Nami, immaginando la scena «Piuttosto, che fine hanno fatto Sanji e Zoro?»
«Non preoccuparti, non c'è possibilità che perdano davvero, qua è pieno di gente che li conosce: vedi quelli là? Tutti Vinsmoke, il tizio con le stampelle è lo zio di Sanji, l'uomo che l'ha cresciuto; quelli sulla destra sono tutti Fastor, li riconosci perché hanno l'aria di chi nasconde qualcosa (e probabilmente è un cadavere); l'oca bionda laggiù è la mia testimone di nozze e quello di fianco a lei è il suo ex ragazzo e -»
Si interrompe improvvisamente.
«Oh, no» geme piano.
«Cosa?» domanda Brad voltandosi a sua volta «Oh, merda».
«Che succede?»
«Vedi la tipa in completo blu scuro e l'aria di chi ha un palo nel culo grosso come un pilone della luce? È Sheera, l'avvocato di Slade, e lui non sarà felice di vederla».
«Deduco che non vadano d'accordo».
«Nami, nessuno va d'accordo con Sheera, nemmeno Sheera va d'accordo con Sheera!» spiega Kendra «Ma chi l'ha invitata?»
Sotto lo sguardo agghiacciato delle futura sposa Brad solleva un braccio a indicare suo fratello maggiore, con una mano tesa verso la donna a offrirle un bicchiere di vino, sorridendo. L'imperatore del Drago, il più temuto sicario della famiglia Fastor, sorrideva all'avvocato di suo fratello.
«Matt si è bevuto il cervello».
«Non ti saresti mai dovuta sposare, presto cancella il matrimonio!» celia Brad con una smorfia sul viso.
«Beh, mentre continuate a disperarvi, vado a raccattare quel cerebroleso di Roronoa».
«Ti ho detto di non preoccuparti, davvero tranquilla» borbotta Kendra agitando una mano.
«Non sono preoccupata, deve guidare fino a casa».
Trova Zoro attaccato a una bottiglia di birra, seduto in un angolo accanto a una delle casse; il ragazzo la fissa vagamente accigliato e Nami capisce che le sta tenendo il muso.
«Cosa c'è?» domanda, vagamente divertita.
«Hai finito di derubare persone a caso?»
«Mi sta dicendo che vorresti rubassi solo il tuo portafoglio? Zoro, non hai mai soldi…»
«Non intendevo quello» borbotta, immusonendosi ancora di più.
«Oh, andiamo, non sarai mica geloso?» ride Nami, avvicinandosi e allungando una mano a sfiorargli il viso.
«Hai persino ballato con Fastor! Con Fastor!!»
«E gli ho rubato il portafogli, e anche questa» celia, tutta felice estraendo quella che sembra una strana chiave.
«Nami…»
«E dai, Zoro» sussurra lei, prendendogli la birra e appoggiandola sul tavolo lì accanto «Vieni a ballare».
«Non è quello il punto».
«Non mettermi il muso, Roronoa» borbotta Nami, perdendo la pazienza e sollevandolo quasi di peso «E abbracciami un po' in mezzo alla pista da ballo».
Zoro borbotta ancora un po', ma non ci vuole molto perché la ragazza lo convinca a cedere, avvinghiandosi a lui e appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Un giorno finirai con il cacciarti nei guai» le mormora all'orecchio cercando invano di non pestarle i piedi.
Nami ride, non protesta, consapevole che delle scarse doti di ballo del suo partner, piuttosto apprezza lo sforzo.
«Per questo ci sei tu, no? Per evitare che accada».
«Andiamo a casa».
La prende per mano e agitando leggermente la mano in segno di saluto all'indirizzo di Rufy se la trascina verso la macchina.
«Ma quello non era Ace?» domanda Nami, salendo sulla Cadillac.
«Sì, perché?»
«Non sarebbe dovuto essere con Bonney?»
«Non ne ho idea, piuttosto, la chiave dell'albergo ce l'hai tu vero?» chiede Zoro, mettendo in moto e ingranando la prima.
Nami annuisce, palpeggiandosi un fianco.
«Sì, è qui, proprio accanto al mio portafogli…»
L'urlo beduino che lancia dopo è l'ultima cosa che gli invitati al party sentono prima che la macchina si allontani del tutto. Per alcuni suona come “Fastor”, altri sostengono che sia il grido di morte di un noto uccello che vive solo in quei boschi, per il vecchio Blake è l'eco di antiche grida di antenati torturati che una volta abitavano la magione sotto forma di fantasmi.
Nel suo studio, nonostante la noiosa presenza del suo avvocato, Slade Fastor sorride soddisfatto.

Nel frattempo dall'altra parte della città, in uno degli innumerevoli distretti di polizia di Los Angeles, qualcuno sta vivendo un vero e proprio dramma. Dopo avere insistito che non voleva essere messa nella stessa cella di quello psicopatico grassone che l'aveva aggredita e dei suoi degni compari, a detta della giovane troppo 'ciula' per riuscire a darsela a gambe, Bonney è stata sbattuta in una cella mista, piena di individui di dubbio gusto, mentre il trio di sbandati si è conquistato quella singola.
Non che a lei importi, il vero problema è come uscire da lì.
Di chiamare Ace non se ne parla, è alla festa del pre matrimonio e lo stesso vale per Nami e Zoro; Kidd e Killer sa il cielo dove siano andati a ficcarsi e Cavendish… Beh, chiamare Cavendish sarebbe come chiedere di utilizzare la propria telefonata per chiamare un unicorno sbronzo. Più sbronzo di lei, sia chiaro.
Si mordicchia un'unghia, indecisa su cosa fare della sua vita e parzialmente in ansia, con la consapevolezza che questa volta l'ha davvero, davvero fatta grossa.
«Nami mi ucciderà» mormora a bassa voce.
Si avvicina al telefono con la stessa faccia di chi sa di stare per andare al patibolo e sospira, non è che le resti molta scelta, anche se avrebbe preferito qualsiasi cosa piuttosto che quello.
Ispira profondamente, cercando di far sì che l'alcool non le vada al cervello, impastandole la lingua; odia stare attenta a parlare bene, di solito le viene naturale, così naturale che è quasi più studiato il suo analfabetismo. Digita il numero che conosce a memoria e si accorge, mentre il telefono squilla a vuoto, di stare trattenendo il fiato.
«Dannazione» mormora, allontanando la cornetta con la chiara intenzione di riattaccare, mentre l'agente di polizia alle sue spalle accende la radiolina portatile.
«Pronto? Pronto?» la voce che emerge dall'altra parte del filo, però, sembra richiamarla alla realtà.
I know I took the path that you would never want for me, I know I let you down, didn't I?
«Ciao, mamma».
«Jewelry? Jewelry sei tu?» la sente tirare leggermente su col naso e dal rumore di fondo immagina che si stia sedendo sulla poltrona accanto al tavolino del telefono «Tesoro, come stai? Sai che ore sono?»
Bonney si maledice mentalmente, facendo un rapido calcolo per capire che ore siano sulla costa est.
«Qui è tardi, tanto… Mamma, stai piangendo? Ti ho svegliata? Sono… Oddio, sono le sette e mezza, pensavo fosse più tardi».
So many sleepless nights where you were waiting up on me, well I'm just a slave unto the night.
«No, no, ero sveglia».
«A quest'ora?» sua madre non è mai stata particolarmente mattiniera, tanto più che da quando lei se ne è andata di casa ha tutto il tempo del mondo per prendersela comoda «Sei sicura di stare bene?»
L'agente al suo fianco ruota gli occhi verso l'alto, facendole segno di muoversi, indica prima l'orologio, poi la radio, facendole chiaramente capire che non avrebbe avuto più del tempo della canzone.
«Jewelry, io…» pausa «Ho litigato con tuo padre».
«Non che sia una novità, conoscendolo» ironizza, rendendosi però conto che qualcosa non va, sua madre non lo sta difendendo.
«Abbiamo litigato tutta la notte» si blocca di nuovo «L'ho lasciato».
Now remember when I told you that's the last you'll see of me, remember when I broke you down to tears.
«Oddio, mamma stai bene? Non ti ha fatto niente, vero? Non ti ha picchiata?»
L'agente pare drizzare leggermente l'orecchio, ma torna a distrarsi subito dopo nel vedere la ragazza tornare più tranquilla.
«Oggi impacchetterò le mie cose e appena avrò finito mi cercherò un posto dove andare».
«Ma la nonna…»
«Sai che io e lei non parliamo più da quando mi sono sposata».
«Mamma…»
«Starò bene, amore, non preoccuparti».
I've been around the world and never in my wildest dreams would I come running home to you. I've told a million lies but now I tell a single truth, there's you in everything I do.
Bonney si morde il labbro e guarda sguardo implorante la guardia, che fa roteare gli occhi e le fa cenno che le può concedere al massimo altri due minuti.
«Mamma, vai in camera mia, nel mio armadio c'è… C'è il carrion che mi hai regalato quando avevo dieci anni e volevo fare la ballerina, aprilo e rovescialo a terra, c'è un fondo segreto e sotto ci sono dei soldi».
«Jewelry non è necessario».
«Sì che lo è. Fallo e vai a Boston, so che non è come New York, so che non è casa tua, ma dovresti ricordarti dove abito…»
Don't tell me that I'm wrong, I've walked that road before and left you on your own.
«Jewelry, io -»
«Ti prego, lasciami finire. La mia vicina di casa ha una copia delle chiavi e anche Hina, quindi puoi stare da me».
«Ma non è il caso».
«Mamma, so che è sporca e piccola e disordinata, ma è meglio di niente».
«Non è per quello. Non voglio… sai, interferire con la tua vita» la sua voce è incrinata e Bonney ricorda le parole che le ha vomitato contro quando se ne è andata da quella casa, cinque anni prima, e per la prima volta capisce di avere davvero esagerato.
And please believe them when they say that it's left for yesterday and the records that I've played, please forgive me for all I've done.
«Per favore, mamma, lo voglio io. Fallo per me».
«Io… Va bene, Jewelry. Grazie».
«Sarò a casa presto, te lo prometto. Al più tardi una settimana».
«Ti aspetterò, amore» dice sua madre dall'altra parte del filo e Bonney la sente tirare su col naso, ma la conosce e capisce che sta sorridendo.
Forse Drake dovrà aspettare un po'.
L'agente di turno batte il manganello sul piano a cui è appoggiato e si avvicina, così la ragazza sospira e si affretta a chiudere con la consapevolezza di non avere risolto niente.
«Mamma, devo andare ora. Ci sentiamo presto».
«Certo, tesoro. Ti voglio bene».
«Anche io ti voglio bene» mormora piano, prima di appoggiare il telefono sul ricevitore.
Erano cinque anni che non diceva a sua madre una cosa simile e improvvisamente si sente un nodo alla gola e il magone la coglie, forse complice anche l'alcool. Rientra in cella, ignorando i rimbrotti della guardia che le dà dell'idiota e si siede in un angolo, sul pavimento sporco.
Non si rende nemmeno conto di avere cominciato a piangere, finché nel suo campo visivo non compare un fazzoletto rosa, bordato di pizzo e decorato con adorabili cuoricini bianchi.
«Non piangere biscottina» le dice con voce roca una figura che a Bonney risulta appannata da dietro il velo di lacrime.
Si pulisce gli occhi, senza curarsi del trucco che cola e delle ciglia finte che si staccano; tira su col naso e finalmente riesce a mettere a fuoco la persona che ha di fronte.
«Sono Tiffany, cara, e tu come ti chiami?» domanda la donna – ma forse è un uomo – di fronte a lei.
La ragazza lo fissa, i suoi abiti rosa sono un po' troppo succinti e il trucco decisamente troppo pesante, indossa una parrucca bionda che scende a onde sulle spalle a circondare uno sgraziato viso maschile il cui proprietario si è dimenticato di rasarsi negli ultimi giorni.
«Jewelry» dice tirando sul con il naso «Scusa se ti ho sporcato il fazzoletto».
Alle spalle di Tiffany si leva un coro di “Awww” e di “Non preoccuparti” e solo in quel momento Bonney si rende conto che il travestito non è solo, ma che sono un gruppo di almeno venti persone.
«Non preoccuparti, gioiellino, sono le mie bomboniere, mie e di Caroline».
«Per piacere, Tiffany, sono le bomboniere di Iva, lo sai bene».
«Le bomboniere?» domanda Bonney perplessa, tirando su col naso.
«Certo, gioiellino, non conosci il Kamabakka? Il locale di Ivankov?»
«Oh» si illumina leggermente la ragazza «Siete i travestiti di Ivankov!»
«Hai sentito, Tiffany?» celia Caroline, ravvivandosi i capelli rossicci «Siamo famose!»
«Che gioia, cara!»
«Ora dimmi, gioiellino» continua il travestito sollevandola e facendola sedere sulla panca della cella «Dì a zia Caroline perché piangevi».
Bonney abbassa lo sguardo e si porta le ginocchia al petto.
«Su, su tesoro, puoi dirlo a noi, siamo qui per questo» una ventina di teste si muovono avanti e indietro, all'unisono, in segno di approvazione.
«Veramente siete dentro per adescamento, prostituzione e atti osceni in luogo pubblico» fa notare uno degli agenti, passando fuori dalla cella proprio in quel momento.
«E ne vado fiera ogni secondo!» urla qualcuno di indefinito.
«Non avrei mai dovuto farmi arrestare» mormora Bonney a bassa voce.
«È quello che dice sempre Inazuma, ma così è la vita, gioiellino».
«Domani c'è il matrimonio e io non so proprio come fare se sono dentro, a partecipare, dovrei anche cantare. Oddio, Nami sarà così delusa da me, si era tanto raccomandata» sente le lacrime salirle di nuovo al viso e stringe gli occhi, ottenendo solo un allegro effetto panda.
«Non hai nessuno da chiamare? Per farti uscire di qui?» chiede Caroline, accarezzandole con gentilezza i capelli.
«Ho chiamato mia madre» continua la ragazza, cercando di non scoppiare a piangere «E l'ho sentita così giù che per la prima volta in non so quanto tempo mi sono fermata a chiederle come stesse, e lei mi ha detto di aver lasciato mio padre».
Si interrompe e nel vedere i volti dispiaciuti dei travestiti di fronte a lei, si affretta a specificare.
«No, no, sono contenta, cioè, va bene così. Mio padre è uno stronzo ed è una persona orribile, e non ho avuto cuore di darle un'ennesima delusione dicendole che mi avevano sbattuta dentro. Di nuovo».
«Su, su, tesoro» Tiffany le prende una mano e inizia a darle piccole pacche di consolazione sul dorso «Sono sicura che per tua madre sia stato meglio così, le hai dato conforto e le sei stata vicina, no?»
«Per la prima volta nella mia vita mi sono resa conto di avere di fronte una persona e non un essere perfetto e, Dio, ora mi sento così stupida. Sono proprio una bambina».
«Gioiellino, non darti colpe che non hai. È normale vedere i propri genitori come esseri perfetti, sai? Succede a tutti, solo crescendo ti rendi conto che non sono poi così diversi da te, solo hanno qualche anno in più».
«Già, Carol ha ragione, pasticcina. Siamo tutti così presi dalla nostra vita e dai nostri problemi che spesso non ci accorgiamo di quelli degli altri, ma questo non ti rende una persona peggiore, nossignore! E poi, non è del tutto colpa tua, spesso i genitori fanno di tutto per alimentare questo distacco e per mantenere un aria di perfezione, ma è una perfezione illusoria».
«Non avrò mai dei figli» borbotta la giovane «È una cosa così egoista! Non voglio sembrare perfetta agli occhi di nessuno, odio le cose perfette. C'è qualcosa di sbagliato quando tutto è perfetto in un mondo come questo».
«Avere figli non significa essere egoisti, gioiellina» le fa notare Caroline, sedendosi al suo fianco «Significa amare così tanto qualcuno da voler costruire una famiglia».
«Significa rinunciare all'ultima fetta di torta per loro, perché il sorriso che ti rivolgono è più soddisfacente di qualsiasi altra cosa al mondo» aggiunge un altro travestito.
«Significa dare calore e affetto a una creature che dipende totalmente da te e che diventa la tua prima priorità, perché niente è più importante della sua felicità».
«Ma la stessa idea di volere dei figli è egoista, non possono scegliersi i genitori. E se non dovessi piacergli? E se non fossi capace di sceglierli? E se dovessero venire su pigna in culo ed ingrati bastardi come me? No, grazie, niente figli per me».
«E se dovessi incontrare la persona giusta con cui farli?» domanda Tiffany «Ci hai pensato?»
Bonney scuote il capo.
«Non ha molta importanza, i miei avrebbero dovuto essere anime gemelle, eppure guardate com'è finita. E comunque non ci ho pensato, nemmeno dopo che ho incontrato Drake».
«Chi è Drake?» sussurra qualcuno.
«Sarà il suo basher» risponde qualcun altro.
«E poi non credo che incontrare l'anima gemella cambi qualcosa, no?»
«Dipende, per te è cambiato?» chiede Caroline «Per me è cambiato tutto, mi sono scoperta una persona nuova, non è così Tiffany, cara?»
Tiffany sorride e le accarezza gentilmente una mano.
«Non lo so proprio. Non ho mai vogluto figli e continuo a non volerne, però l'anno scorso ho congelato gli ovuli».
«Come scusa?» Caroline quasi cade dalla panca.
Bonney si soffia il naso, parlare l'ha portata a smettere di piangere e ora sente sta leggermente riprendendosi.
«Ho congelato gli ovuli lo scorso anno, ho pensato… Beh, ho pensato che non si poteva mai sapere, cioè, metti caso che, non so cosa voglio oggi, figurati tra anni e quindi ne ho congelato qualcuno. Ho speso tipo tremila dollari».
«Oh, non ha fatto male?»
«Non ho sentito niente e comunque non so, era per tenere aperta una porta, anche se sono abbastanza sicura di non volere figli».
Tiffany le accarezza una spalla.
«E va bene così, cara, mica tutti devono averne, ognuno ha le sue priorità, non significa che quelle degli altri non siano importanti. Quali sono le tue?»
Bonney pare pensarci un attimo, si mordicchia l'unghia del pollice e solleva il capo.
«Cantare al matrimonio, domani. Quindi uscire di qui» non ci vuole che un secondo perché ricada nello sconforto «Oh, no. Non posso nemmeno chiamare Drake, ho già usato la mia chiamata».
«Ma io no» si fa avanti qualcuno.
«Già, manco io!»
«E io neppure!»
«Sì, ma chi cavolo è sto Drake?»
«Hai visto biscottina? È pieno di chiamate che puoi fare» celia Caroline, battendo le mani estasiata «Fammi chiamare l'agente, quello con quel bel culetto sodo».
Jewelry è convinta di essere estremamente brava nel convincere la gente a fare cose, ma si rende conto in quel momento che ha ancora davvero un sacco da imparare; non sa nemmeno come facciano, ma sia Caroline che Tiffany sono così persuasive e così convincenti – senza dover nemmeno ricorrere ad approcci fisici – che in pochi minuti si trova di nuovo davanti al telefono con l'agente che prima era rimasto a fissarla con aria severa tutto intento a darle le spalle, fingendo di non vedere.
Sorride appena, sentendosi per la prima volta quando è lì, inaspettatamente sobria; il telefono squilla (e non sa nemmeno lei se si sia ricordata il numero giusto, ma negli ultimi giorni ha osservato quelle cifre così tante volte che è davvero improbabile che abbia sbagliato) e si ritrova a pregare dall'altra parte qualcuno risponda.

Quando il suo telefono suona, Drake è fermo a un incrocio deserto e sta giocando distrattamente con i fari della jeep.
«Chi minchia è ti chiama alle cinque del mattino?» sbraita Law sdraiato al suo fianco a fumare.
«Sarà l'ufficio» borbotta l'uomo, ignorando il cellulare appoggiato sul cruscotto «Come se non fosse abbastanza da stronzi farmi fare il turno di notte in questo posto di merda».
«Veramente è un numero sconosciuto» nota Law sporgendosi «Non rispondi?»
«No».
«Mi chiedo come non ti abbiano ancora licenziato» borbotta il chirurgo afferrando il telefono e schiacciando il verde «Pronto? Avete chiamato lo sceriffo più coglione dell'intera Arizona, al momento sto facendo altro, probabilmente pensando ai cazzi miei o cazziando qualcuno per qualche stronzata, lasciate pure un messaggio dopo -»
«Trafalgar, sei tu?» lo interrompe la voce dall'altra parte del filo.
«Bonney?»
«Come sarebbe a dire Bonney?» esclama Drake, strappandogli il telefono di mano «Pronto?»
«Drake? Oh, grazie al cielo».
«Stai bene? Sai che diavolo di ore sono?» sbraita l'uomo, irritato più con sé stesso per non avere risposto immediatamente che con lei.
«Sì, beh, scusami» borbotta la ragazza, credendoci davvero e preoccupando ancora di più il suo interlocutore «È che non sapevo chi altro chiamare».
La voce di Bonney è così leggera e così dannatamente composta che a Drake si stringe il cuore e non glielo deve nemmeno domandare di nuovo per capire che qualcosa davvero non va.
«Cosa succede?»
«Ti prego, vienimi a prendere…» non era quello che aveva progettato dirgli, pensa nel momento esatto in cui pronuncia le parole, avrebbe dovuto chiedergli se poteva intercedere per lei con qualcuno, magari facendo sì che la lasciassero andare, ma si rende conto che era quello che voleva.
«Dove sei?» stringe più forte il telefono, senza che gli passi per la testa, nemmeno per un secondo, l'idea di non farlo.
«Nel distretto ovest di polizia di Los Angeles» borbotta Jewelry, accorgendosi di arrossire nel dirlo «Ti prego, non dirlo a Nami».
«E come vuoi che faccia a dirglielo?» sbraita l'uomo, accendendo il motore.
«Oi, Drake, cazzo stai facendo?»
«Stai zitto, Law».
«Credo sia l'area Pacifico, l'indirizzo è 12312 Culver Boulevard».
«Sto arrivando» risponde prima di chiudere la chiamata e lanciare di malagrazia il telefono sul sedile posteriore sotto lo sguardo allibito e scocciato di Law.
«Stai arrivando dove? Ti sei completamente rincoglionito?»
«Stai zitto e accendi la sirena, andiamo in California».
«Fammi scendere» sbraita il chirurgo, allacciandosi di fretta la cintura nel vederlo aumentare le marce di fretta «Cosa vorresti fare, partire alle cinque del mattino senza avvisare un cazzo di nessuno?»
«Sai quanto mi importa?»
«Io ci lavoro qui! E pure tu! Cristo, l'incrocio! L'incrocio!»
«Come se ci fosse qualcuno per la strada» borbotta Drake accendendo la radio per aiutarsi a stare sveglio – non che le urla vagamente isteriche di Law non siano di aiuto.
Well it winds from Chicago to LA, more than two thousands miles all the way, get your kicks on Route 66.
Trafalgar respira profondamente, capendo improvvisamente che Drake non ha alcuna intenzione di fermarsi e realizzando che dopo anni di fuga – da sé stesso, dalla sua famiglia, da qualunque cosa lo tenesse lontano – sta per tornare a Los Angeles.
«Francis. Ferma questa fottuta macchina e fammi scendere, voglio tornare a Peach Spings».
«Sai una cosa, Law? Vaffanculo Peach Springs».
You'll see Amarillo, Gallup, New Mexico, Flagstaff, Arizona, don't forget Wynonna, Kingman, Barstow, San Bernardino. Won't you get hip to this kindly tip dnd go take that California trip. Get your kicks on Route 66.

«Dove porca merda è finita Marshmellow?»
È la prima domanda che viene posta il mattino successivo da una Nami piuttosto irritata. Ha già cercato nella sua stanza e non le è servito molto tempo per capire che Bonney non è proprio tornata a dormire; qualcosa le dice che la risposta è molto più spiacevole di quello che vorrebbe sentire, ma la ragazza non risponde al cellulare e alla Stazione Centrale di Polizia non c'è nessuno con il suo nome.
«Sono già le dieci, miseria ladra!» sbraita la ragazza uscendo dalla stanza e dirigendosi a passi rapidi verso Kidd e Killer.
«Vuoi che chiami qualcuno?»
«Chi vuoi chiamare, Killer? Chi? Siete la band, dovreste già essere lì e-» si interrompe e sospira sollevata nel vedere arrivare la macchina bianca di Rebecca «Barbie! Sei qui! Hai visto Bonney?»
«No, ma sono stato dall'estetista, si vede? Ci ha fatto un impacco favoloso!»
«Chi. Se. Ne. Frega! Jewels non si trova!»
«E te ne accorgi solo ora?»
«Scusa tanto se prima dormivo, ti ricordo che ieri c’è stata la festa dai Fastor e per di più non ci vogliono proprio due minuti per prepararsi!»
«Capisco, non a caso ieri sono andato a dormire alle undici, sai che se non faccio otto ore di sonno la mia pelle non si riposa. Poi alle sette sveglia, corsetta sulla spiaggia, parrucchiere. E vedo che anche tu ci hai fatto un salto».
«Credici» borbotta Zoro caricando gli strumenti in macchina «Nami usa -»
«Non uso una sega, sono naturali così. Perfetti».
«Beh, mi fa piacere per te, io spero solo che a suonare non mi si rovini la manicure e in ogni caso non ho la più pallida idea di dove sia andata a cacciarsi Bonney».
«Magari ci raggiungerà al matrimonio» azzarda Rebecca, timidamente.
Nami ignora quel 'ci', non che avesse dubbi sul fatto che Cavendish se li sarebbe portati dietro, fa sempre quello che vuole; in ogni caso la cosa potrebbe essere positiva, magari Rebecca sa cantare, magari la loro presenza potrebbe infastidire Slade.
«Non è che per caso sai cantare, vero?»
Bartolomeo ridacchia, divertito, cercando malamente di mascherare la sua ilarità dietro a dei fintissimi colpi di tosse.
«È stonata come una campana, una cosa imbarazzante» risponde Cavendish per lei, senza farsi minimamente problemi.
«Siamo fottuti».
«Oi, vedi di rilassarti, Oca, si farà viva. Sai che Jewls è una stordita del cazzo, ma sa quello che fa».
«Nami» Zoro la prende per la vita, conducendola con gentilezza fino alla macchina «Dobbiamo proprio andare»
La ragazza borbotta una mezza bestemmia, facendo strabuzzare più di uno sguardo, quindi annuisce e monta in auto.
Davanti al cancello di ingresso dei Fastor aspetta un uomo dall'aria singolare, e Nami riconosce l'individuo dai capelli glitterati della sera precedente; li ferma con un gesto della mano e Zoro rotea gli occhi verso l'alto, già esasperato ancora prima di iniziare a parlare.
«Ciao, Whisper».
«Ciao Roronoa, ti trovo in forma, sei ancora più carino».
«Mi fa piacere, possiamo passare, noi e la macchina dietro».
«Tesoro bello, non lo so. Siete sulla lista?»
«Secondo te?»
«Non lo so, dovrei chiamare Matt…»
«Dovresti farti sparare» ringhia Roronoa «Mi conosci da anni, non rompere e facci entrare».
«Ok, e se faccio entrare te chi garantisce che gli altri sono sulla lista?»
«Io! Garantisco io!» ruggisce il ragazzo perdendo del tutto le staffe.
«Zoro, Amore, stai calmo che ti parte un embolo, ci penso io» mormora Nami sorridendo sorniona e facendo cenno a Whisper di spostarsi dal suo lato «Senti carino, garantisce Slade per tutti».
Estrae dal cruscotto un documento a caso tirato fuori dal portafoglio di Fastor la sera prima e glielo piazza in mano.
«Ah, beh allora!»
Zoro trattiene una risatina, quindi si gira verso la sua ragazza e le sorride.
«Slade ti ucciderà».
«Non se lo faccio prima io».
Il giardino, che la sera prima era stato sistemato per accogliere gli ospiti della cena è ora stato completamente riorganizzato, tanto che Nami si domanda se i Fastor abbiano una schiera di giardinieri al loro servizio o se siano semplicemente avvezzi a tale tipo di modifiche.
«Carino questo posto» commenta Bartolomeo, osservando il riflesso della luce sulle unghie e lasciando che sia Bartolomeo a scaricare il suo strumento.
«Sì, non è male» concorda Rebecca.
«Voi due siete troppo ricchi» replica Zoro guardandoli male.
«Fate schifo» concorda Kidd «Questo pozzo è una cazzo di reggia».
«Nami! Zoro!» Rufy corre verso di loro, quasi pigolando di gioia, non appena li vede, Sabo, Ace e una ragazza dall'aria carina e i capelli arancioni lo rincorrono col fiatone, come a indicare che da quando sono arrivati lì non è stato fermo un secondo.
«Buon giorno» borbottano, già stanchi ancora prima dell'inizio della cerimonia.
«Rufy non dovresti correre in giro, sai che Kendra ti sta cercando!» gli fa notare con gentilezza la ragazza, che Sabo presenta subito a tutti come la sua “adorabile fidanzata con il viso di un angelo”, Koala, riuscendo ad evitare un cazzotto quasi per miracolo.
«Perché Kendra ti cerca?» domanda Nami, chiedendosi cosa possa volere la sposa da quel beota di Rufy.
«Non lo sai?» chiede Zoro deliziato «Mi stai dicendo che c'è qualcosa di questa cerimonia che io so e tu no?»
«Roronoa…»
«No, aspetta un secondo, devo godermi questo momento. Aspetta, aspetta, aspetta. Ok, ci sono».
«E quindi?»
«Rufy deve officiare il rito».
«Rufy?»
«Lui?» chiede anche Kidd infilandosi nella conversazione e scoppiando a ridere senza ritegno.
«Che c'è?» borbotta l'interessato, gonfiando le guance con aria offesa.
«Già, secondo me è geniale, e poi Rufy è ganzo!» gli dà man forte Bartolomeo, alle cui parole riecheggia un “Non avevo dubbi” di un biondo a caso.
«Ti dico solo» comincia Ace «Che abbiamo dovuto compilare noi la richiesta al comune, richiedere i permessi al suo posto e quando questa cerimonia sarà finita toccherà sempre a noi compilare il certificato di matrimonio. Sempre se vogliamo che sia leggibile».
«Sono già partite le scommesse su come potrebbe rovinare la cosa?» sussurra Nami cercando di non farsi sentire.
«Sì e le tiene Kendra, ma stai attenta che non lo sappia Sanji o finisce per avere un infarto, è già abbastanza terrorizzato di quello che potrebbe fare Rufy. E pensare che è stata un'idea sua».
«È tutto così bello che potrei commuovermi» ridacchia la ragazza.
«Piuttosto, ragazzi» interviene Sabo, interrompendo i loro discorsi poco pacifici «Se venite con me vi accompagno al palco e alla zona riservata alla band, così potete montare tutto».
«Ma senti» borbotta Nami estraendo la scaletta dal reggiseno e fissandola appena «Non è che avete visto Bonney? Non riusciamo a trovarla».
Ace geme, lamentandosi e scuotendo il capo.
«Oh no, lo sapevo che sarei dovuto uscire con lei ieri sera».
«Io sapevo che avrei dovuto chiuderla a chiave in camera e gettare la chiave».
«Magari arriverà» risponde Sabo, sollevando le spalle.
«E se non dovesse arrivare? Chi canterebbe al suo posto?» si lamenta Nami «Vi ricordo che deve iniziare da subito, accompagna il passaggio della sposa fino all'altare!»
«Beh» esordisce Killer, scambiandosi uno sguardo con gli altri.
«Già» conviene Cavendish.
«Potresti anche farlo te, mica ti consumi, cazzo».
«No» Nami indietreggia scuotendo le mani, come a dire che non ne vuole sapere niente «Scordatevelo».
«Molto bene» esclama qualcuno alle sue spalle «Allora è deciso, se questa Bonney non dovesse arrivare canterà Nami. Vado a dirlo ad Adelaide».
«FASTOR!»
La giovane non fa, però, in tempo a saltargli al collo e a iniziare a stringere che viene trascinata via da un tornado in bianco, mentre Slade, ancora sorridente, si mescola agli ospiti, lasciando il gravoso compito di guidarli ai loro posti a qualcun altro – sia mai che debba faticare in un giorno di festa.
«Kendra ti droghi?» sbraita Nami, ritrovandosi dietro il muro della casa.
«Ok, prima di tutto, bel vestito» celia la sposa, fissando il vestito rosso della ragazza «Ora, passando alle cose importanti, sii onesta con me, sembro incinta?»
«Sei incinta?»
«Lo sembro?»
«No, ma lo sei?»
«No, ma Matt dice che lo sembro».
Silenzio.
«Non gli hai sparato?»
«Non l'ho preso» si lamenta Kendra «Ok, ok. Allora, seconda cosa, ho il tuo portafoglio, l'ho rubato stamattina a Slade prima che rientrasse nel suo ufficio».
«Sei una persona meravigliosa, anche io devo dirti una cosa, abbiamo perso la cantante».
«Merda!»
«Mi dispiace, Kendra, ma… » sospira rassegnata «Posso cantare io».
«Non è per quello, ma con Vic, la mia testimone, abbiamo messo su un giro di scommesse su tutto ciò che potrebbe andare male: lei ha scommesso sulla band, il cattering e su eventuali risse tra Vinsmoke e Fastor, io su Rufy (e spero davvero che non mi deluda, ho grande fiducia nelle sue capacità di incasinare le cose), su quante volte si perderà Zoro, sul suicidio di Slade e sulle scarse abilità motorie di alcuni degli invitati».
«Nessun fattore esterno?»
«Chi vuoi che si presenti a rovinare un matrimonio a casa dei Fastor?»
«In effetti è improbabile; in ogni caso potrebbe sempre essere che Slade lo avveleni io».
«Non preoccuparti, ho già pagato Matt e se le cose dovessero mettersi male mi ha promesso di sparargli».
«Amore fraterno».
Il primogenito dei Fastor starnutisce, senza pensare che quel fastidioso fischio che sente nelle orecchie potrebbe essere qualcuno che sta parlando lui – che poi è normale, tutti dovrebbero parlare di lui, è una meraviglia della natura. Scuote il capo, scacciando il pensiero e torna a dedicarsi all'interessante conversazione che sta tenendo con uno degli amici di Roronoa e il primogenito dei Vinsmoke.
«Certo che i Vinsmoke sono la famiglia più antica degli Stati Uniti» si vanta Ichiji, sollevando il capo e sorseggiando un bicchiere di vino, ignorando il fatto che siano solo le dieci e quaranta del mattino e a cerimonia debba iniziare di lì a pochi minuti «Abbiamo origini in Francia e sinceramente non saprei nemmeno io fino a quanto risalgano, ma sono antiche».
«Come no» lo canzona Matt «I Fastor non sono da meno, non ti credere; non è solo una questione di potere, ma anche di influenza politica».
«Questo mi pare ovvio» interviene William «Ma non mi sembra lo stesso che nessuna delle vostre famiglie possa essere definita una dinastia, per definizione fanno parte delle Dinastie le famiglie reali, i Borboni sono una dinastia, i Windsor, gli Stuart, non i Vinsmoke. Non dubito che siate parte di generazioni e generazioni di esponenti una stirpe di arricchiti che sono riusciti a ottenere prestigio nella vita, ma-»
«Come sarebbe a dire 'arricchiti'?» si lamentano entrambi i suoi interlocutori.
«Senza contare che le vostre sono 'Famiglie' nel senso più colloquiale della parola e per colloquiale intendo famiglie criminali, non potete venirmi a parlare di dinastia. Cosa siete, eredi di Bach? Di Mozart? Dei Rockfeller?»
«Prima di tutto» borbotta Ichiji «Ringrazia che non ti spari. Poi, non serve avere una banca per avere influenza politica, pensi che le minacce di un casato come il nostro non riscuotano gli effetti desiderati? In quello che viene definito dai più “Underground” le nostre famiglie sono due delle più in vista».
«Ok, ma nella vita di tutti i giorni? Vi potreste definire una dinastia criminale, ma nessuno saprebbe chi di voi è un Vinsmoke e chi un Fastor, tecnicamente le vostre famiglie non esistono, né negli archivi storici, né da nessuna altra parte. Provate a fare una ricerca su internet e non troverete che il vuoto, perché è così che si mantiene l'anonimato».
«Che è fondamentale per il nostro lavoro» fa notare Matt.
«Ma essenziale per una dinastia, vi concedo al massimo di essere un casato, sebbene sono quasi del tutto sicuro che non abbiate nemmeno un briciolo di sangue blu».
«Molto interessante, detto da un pezzente» sbotta Ichiji, perdendo la pazienza.
«Come ti pare, sfigato ossigenato, ma se googli Cavendish qualcosa lo trovi».
Matt non se lo fa ripetere due volte e tira fuori il cellulare, sotto lo sguardo interessato del primogenito dei Vinsmoke, in piedi al suo fianco, e quello annoiato di Cavendish, che in realtà si sta divertendo un mondo a giocare, ancora una volta, al ricco ereditiere.
«Porca puttana» alita Fastor.
«William Cavendish, come i Cavendish dei Cavendish, Suffolk; la mia dinastia» racconta, calcando bene sull'ultima parola, come ad evidenziare la sua superiorità «Può essere fatta risalire con assoluta certezza al 1300, ma le sue origini sono certamente precedenti, non che abbiano molta importanza alla fine, quando sei Duca di tre contee diverse. Ho già detto che sono Sir».
«Ho già detto vaffanculo?»
«E com'è che Sir belli capelli è invitato al matrimonio di mio fratello?» domanda Ichiji.
«Suono nella band» replica Cavendish agitando la manina e indicando il palco con gli strumenti su cui Kidd e Killer, già pronti, lo aspettano fulminandolo con lo sguardo «Mi annoiavo in Inghilterra».
«Con tutti quei soldi doveva essere proprio una vita triste» interviene Nami, intromettendosi nella discussione «Muoviti e fila sul palco. Fastor, Vinsmoke, vi conviene sedervi a meno che non abbiate intenzione di accogliere la sposa in piedi».
«Puttana vacca» sbotta Matt, ricordandosi improvvisamente che il compito di accompagnare Kendra all'altare spetta a lui «Mi muovo».

L'altare non è un vero altare, in fondo nessuno di loro è particolarmente religioso.
Su suggerimento di Eve, la madre di Brad, Rufy è in piedi dietro a un palchetto bianco, decorato con pochi fiori bianchi e qualche nastro rosa pastello – Kendra si è molto raccomandata perché tutto fosse estremamente semplice e ha boicottato tutte le idee di Sanji e Sheera, eccessivamente piene di fiori, eccessivamente smielate.
Sanji aspetta trepidante, in piedi su un piccolo palchetto montato quella mattina, alle sue spalle c'è Zoro, che – pur non essendo lui a doversi sposare – si sente in ansia tanto quanto il suo amico.
«Magari è scappata» borbotta a bassa voce.
«Roronoa, taci o ti pesto».
Non che ci creda davvero. Kendra è sfuggita dalle sue mani per anni, trincerandosi dietro muri di incertezze e di no accuratamente impilati uno sopra l'altro, ma alla fine Sanji è riuscito a convincerla e ora pretende che niente rovini quel momento, nemmeno i suoi migliori amici.
Quando la voce elegante e delicata di Nami attacca, assieme alle prime note della canzone, il giovane sente il respiro venirgli meno, mentre, alla base corridoio tra le file di sedie, proprio dove comincia il tappeto rosso che ha insistito ad ogni costo per stendere, compare Kendra, saldamente attaccata al braccio di Matt.
Heart beats fast, colors and promises, how to be brave? How can I love when I'm afraid to fall? But watching you stand alone, bll of my doubt suddenly goes away somehow.
Kendra ha trattenuto il fiato fino a quel momento e non sa proprio come abbia fatto e non scappare a nascondersi in qualche angolo introvabile del giardino o magari nelle segrete della magione. La sola idea del matrimonio la terrorizza come niente prima, e sì che lavora coi Fastor e non dovrebbe avere quel genere di problemi.
One step closer.
Il viso trepidante di Sanji, però, è sufficiente a riportarle il sorriso e mentre percorre la strada che la separa dall'altare improvvisato, sente il cuore tornare a battere a un ritmo regolare.
Dopo tutto non sarebbe potuta andare in nessun altro modo se non così.
I have died every day waiting for you, darling, don't be afraid I have loved you for a thousand years, I'll I like big butts and I can not lie, you other brothers can't deny that when a girl walks in with an itty bitty waist and a round thing in your face you get sprung.
Le teste di tutti gli invitati alla cerimonia si girano verso la musica, sparata a tutto volume, che decisamente non è quella che stanno suonando Kidd e gli altri e Nami smette di cantare, irritata.
Alle note che vanno avanti segue un immenso boato, poi un urlo, quindi da dietro la villa dei Fostar compare una spropositata limousine decapottabile rosa vivo; in cima al cofano troneggia la statuetta dorata di un fenicottero e spalmato sopra c'è Whisper con quello che sembra un vistoso trauma cranico.
«Ho provato a fermarlo» tenta di dire, ma le sue parole vengono coperte dal suono del clacson, una trombetta che ricorda il suono delle trombe da parata.
La macchina si ferma proprio in fondo alla navata improvvisata e dalla portiera del passeggero emerge un uomo incredibilmente alto, dai capelli un po' troppo ossigenati, con indosso una vistosa giacca di pelo rosa e un paio di occhiali da sole a forma di cuore.
«CHI È CHE NON MI HA INVITATO AL SUO MATRIMONIO?»
Slade si passa una mano sulla faccia e si lascia scivolare lungo la sedia, gemendo disperato.
«Oh no».
Nami osserva la scena con aria irritata, senza avere la benché minima idea di chi sia il soggetto imbarazzante in questione, in compenso dalla sua posizione privilegiata sul palco della band riesce a notare il variare delle espressioni facciali di tutti gli astanti.
Zoro impallidisce, Sanji ha un travaso di bile, Rufy agita una manina come un imbecille in segno di saluto, Kendra bestemmia scambiandosi uno sguardo di intesa con la sua testimone – entrambe consapevoli di non avere scommesso sull'unico evento effettivamente accaduto, Brad si strozza col martini, Matt lascia andare il braccio della sposa e inizia ad armeggiare nella tasca della giacca estraendo una pistola, Sheera caccia un urlo nel vedere la pistola di Matt, Blake le tira in testa il bastone, Killer deglutisce e sussurra qualcosa a Kidd che aggrotta la fronte e annuisce.
È tutto così esilarante che per poco non le sfugge il succo del loro discorso che suona più o meno come: «Ehi, quella non è la tipa con gli occhiali che c'era ieri alla bisca clandestina?», Killer potrebbe anche avere detto 'biscia intestina', ma Nami ne dubita fortemente.
«State zitti o finisce male» sibila piano, mentre davanti ai suoi occhi si consuma un doppio dramma famigliare.
Da un lato Matt, dopo avere messo via la pistola, corre verso Sheera, soccorrendola sotto lo sguardo disgustato di suo fratello («Nonno, la bastonata era davvero necessaria?» «La prossima volta sceglietene una sana di mente, nipote!»); dall'altro Ichiji Vinsmoke certa di impedire a suo fratello Niji si spararsi in testa dopo avere visto il nuovo arrivato – non che Nami sia a conoscenza dei loro rapporti, ma deduce non siano dei migliori. Ad essere onesti, nessuno deve essere in grandi rapporti con quel tizio.
«SLADE!»
«Uccidetemi vi prego…» mormora fissando Nami con una preghiera negli occhi, ma la rossa si limita fargli il dito medio «Doflamingo, vorrei dire che è un piacere».
«Ma non lo è» conclude per lui Donquijote, togliendosi teatralmente gli occhiali da sole e agitandoli davanti al naso del suo interlocutore «Ovvio che non lo è! Un matrimonio, capisci? Un matrimonio! E io non sono stato invitato? Perché non sono stato invitato?»
«Perché ti odio» è la placida risposta di Kendra, che senza minimamente scomporsi gli arriva alle spalle e lo fissa con aria seccata.
«Oh, la gemma viola! Aspetta, è il tuo matrimonio?! LA GEMMA VIOLA SI SPOSA E NESSUNO MI HA DETTO NIENTE? ROCI? MONET? BABY… BABY FIVE!»
Le teste di tutti gli astanti si spostano nuovamente nella direzione dello sguardo di Doflamingo, esattamente nel punto in cui un'avvenente ragazza mora dalle curve prosperose sta abbracciando, senza farsi scrupolo alcuno, Ace.
Slade non lo vede nemmeno spostarsi, ma Portoguese se lo trova di fronte in pochi secondi con una pistola in mano e lo sguardo minaccioso.
«Che cosa succede qui?» domanda il mafioso con aria decisamente poco gentile.
«Oh! Non sei felice per me?» domanda la ragazza «Mi ha detto che ho un bel portamento!»
«E quindi?» il suo tono è glaciale ed Ace sente un brivido lungo la schiena.
«Era solo un complimento, non intendevo certo mancare di rispetto a nessuno».
«E quindi ho deciso di sposarlo!»
«Scusa, cosa?» domandano all'unisono i due uomini.
«C'è anche già l'officiante!»
«Non mi pare una buona idea» mormora Ace facendo un passo indietro e cercando con lo sguardo qualcuno «Ci conosciamo appena».
Doflamingo annuisce, gli sembra un ragazzo sveglio, forse potrebbe non ucciderlo.
«Cosa c'è da sapere? È chiaramente amore! I nostri tatuaggi ci stanno mettendo solo un pochino a funzionare».
«È possibile?» domanda con discrezione Doflamingo a suo fratello.
Rocinante scuote la testa, senza dire una parola.
«Ma io-»
«Tu cosa?» ruggisce il mafioso «Vorrai mica sedurla e abbandonarla!»
«Ma io sono gay!» pigola infine Ace, riuscendo a dire, finalmente, quello che gli passa per la testa da oramai un po'.
Nami si strofina le mani e va a prendere posto accanto a Slade, ridendo come una sadica.
«Sai cosa mancano, Fastor?»
«Ti prego, non infierire».
«I pop corn».
«E ti aspetti che ti creda» sta urlando in quel momento Doflamingo con la pistola alzata e il cappotto che svolazza ad ogni movimento.
«Mi sa mi conviene fermarlo prima che ci scappi il morto» si lamenta Slade allungando una mano verso suo fratello per farsi passare del martini.
«Pensa al tuo diabete» sibila Brad.
«E tu pensa ai cazzi tuoi» risponde il maggiore, il cui tentativo di alzarsi viene però bloccato da Nami che lo ritira a sedere tirandolo per la giacca.
«Aspetta, guarda là!»
Tra gli invitati si è alzato un ragazzo con un ciuffo biondo in cima alla testa, vestito in un orribile completo violetto; senza bene capire dove abbia trovato il coraggio, la folla lo osserva mentre si avvicina a Doflamingo, gli picchietta leggermente la spalla e si china a sussurrargli qualcosa all'orecchio
«Oh, ma se mi avessi detto subito che eri culo, mica la tiravo fuori la pistola!!» esclama quindi Donquijote, tendendo ad Ace una mano e scuotendo la testa verso Baby Five che scoppia a piangere.
«Ma io, veramente, l'ho fatto…»
«Dof, per la grazia di Iddio» borbotta Slade, avvicinandosi disperato «Si può sapere che minchia ci sei venuto a fare qui?»
«C'è un matrimonio e non mi avete invitato! Sono il re dei matrimoni, partecipo sempre ai matrimoni!»
«Matt sparagli».
«Ok, ok» celia l'uomo «Quanto siete suscettibili. Qualcuno è venuto a fare domande nella mia zona».
«E tu hai pensato bene di venire qui a dirmelo? Sappi che non me ne frega un cazzo».
«No, no, hanno fatto domande su di me e soprattutto su un membro della mia famiglia che non vediamo da qualche anno. Monet?»
La giovane si fa avanti e senza esitare indica il palco della band.
«Il biondo e il seghino che gli sta di fianco, facevano domande su Law».
«Su chi?» domanda Slade al limite della sopportazione «Anzi, sapete cosa? Non mi interessa nemmeno, vedetevela tra di voi. Io me ne lavo le mani. Non sporcate il giardino di sangue».
«Io volevo solo sposarmi» piange nel frattempo Sanji attaccato al palchetto, mentre Rufy gli dà delle amichevoli pacche di conforto sulla schiena.
«Quindi fammi capire, Doflamingo conosce Law?» domanda Zoro girandosi vero i suoi amici.
«Ne so quanto te, ma sento la mancanza dei popcorn» celia il suo migliore amico, osservando la situazione divertito.
Kidd nel frattempo osserva perplesso la scena, senza sapere bene come reagire a quella rivelazione; di gente poco raccomandabile ne ha incontrata tanta nella vita, lui stesso non si definirebbe un tipo raccomandabile, ma mai nessuno ai livello di Doflamingo.
«Sono morto» mormora a mezza voce.
«Io ti ho voluto bene» sussurra Killer «Ma me ne tiro fuori».
«Io nemmeno il primo punto, e sinceramente non ti offendere se mi sposto, ma non vorrei mai si sporcassero le scarpe di sangue» celia Cavendish allontandosi e fermandosi di fianco a Doflamingo per commentare «Oh, che bel Vivianne Westwood!»
«Grazie carino, dopo se lo faccio ammirare, sperando che non si sporchi di sangue».
«Già, le macchie sono terribili da levare».
Kidd indietreggia, maledicendo i suoi amici di merda e il loro inutile supporto, non sa bene come reagire ed è anche consapevole di non avere nessun posto in cui scappare; non fa in tempo ad allontanarsi che Donquijote gli è di fronte e lo fissa con aria accigliata, suo fratello, Rocinante, un uomo noto per i suoi silenzi e i suoi modo poco aggraziati più che per le sue doti di mafioso, è in piedi di fianco a lui e osserva Kidd con sguardo ugualmente truce.
«Fai troppe domande» dice solo, stupendo vagamente anche suo fratello.
«Io volevo solo-»
«Non so cosa volessi e non mi importa» sibila Doflamingo «Ma non mi piace che la gente faccia domande».
«Volevo solo sapere chi fosse Law».
Rocinante lo prende per il bavero della camicia e forse gli tirerebbe anche un cazzotto se in quel momento l'attenzione dell'intera folla non venisse attirata da un urlo ben noto e dallo sgommare di un'altra macchina che entra nel vialetto di accesso e si ferma subito di fianco a quella di Doflamingo.
«Ehi, gente! Sono arrivata!» urla Bonney, scendendo con un salto dalla Jeep polverosa e sbracciandosi verso tutti gli altri, senza rendersi conto che, se il matrimonio non fosse già stato mandato a gambe all'aria da Donquijote e i suoi, il suo arrivo in stile Papessa dei poveri non avrebbe di certo contribuito a far filare dritta la cerimonia.
«Jewls!» urla qualcuno.
«Oh, no» geme Law, scivolando più in basso nel sedile posteriore «Doflamingo».
«Vi prego, ditemi che siete qui per portarlo via o per uccidermi» domanda Slade avvicinandosi «Oddio, sei tu Francis».
«Anche per me è un piacere, Fastor».
«Ciao Slade» celia Bonney, felice come un'oca giuliva «Ciao Nami, bella giornata!»
«Bella giornata un cazzo! Dov'eri finita?»
Non che Bonney riesca a rispondere visto che Doflamingo, nello scorgere il viso noto di Trfalgar dentro la Jeep, afferra suo fratello per una manica (incurante del fatto ch'egli stia ancora saldamente stringendo il colletto di Kidd) e se lo trascina dietro urlando di gioia.
«LAW!»
«Voglio morire» geme Trafalgare, osservando l'uragano di pelo rosa che si avvicina.
«Non dirlo a me» gli fa eco Slade «Nami, ti imploro, avvelenami l'insulina».
«Non tentarmi Fastor».
«Perché cazzo Doflamingo è qui?» chiede il chirurgo, scendendo di malavoglia dall'auto per affrontare il suo peggiore incubo.
«Chiediglielo tu, io non ne voglio sapere niente» sibila Slade, spostandosi di lato per far passare Donquijote.
«Roci, Dof, Eustass-ya» saluta Law, molto poco entusiasta di trovarsi in quel luogo.
«Eustass-ya il cazzo» sbotta Kidd che ne ha fin sopra i capelli di quella storia, avrebbe dovuto rimanere single a vita, a vita, altro che anime gemelle, Basher, cazzi e mazzi, niente più cazzi per lui «Dì a questo tizio di mettermi giù».
«Lo conosci?» domanda Rocinante senza fare un plissé.
«Chi se ne frega!» esclama suo fratello «Dov'eri sparito? Perché sei andato via? Sei mancato tanto a papino!»
«Papino?» la faccia di Kidd è vagamente disgustata.
«Papino il cazzo!K sbraita Law inferocito «Hai cercato di uccidermi e poi, quando non ci sei riuscito, hai tentato di vendermi al cartello Messicano».
«Ero confuso» si lamenta l'uomo con tono fintamente addolorato «Avevo tante cose per la testa, tipo, come fare entrare l'eroina nel paese senza farmi beccare?»
«Oddio» si lamenta Drake, che vorrebbe essere ovunque tranne che lì e comincia un po' a pentirsi del suo colpo di testa.
«Ha cercato cosa? Cazzo, Trafalgar, sei meno noioso di quanto pensassi, e questo spiega anche i tuoi tatuaggi di merda!»
«Stai zitto, Eustass-ya, vuoi?» sibila Law «E cosa cazzo ci fate qui? Non eravate in pessimi rapporti coi Fastor?»
«Infatti lo sono» urla Matt da di fianco al palco.
«E stanno rovinano il mio matrimonio» grida di rimando Sanji, disperato.
«Già» urla Niji «E i Vinsmoke non perdoneranno questo affronto!»
«Oh, beh, ma guarda che se ce l'hai ancora con me per quella cosa di Monet, potresti parlarle e risolverla, eh» celia Doflamingo.
«Davvero, posso?»
«Certo, certo, fai pure. Su, Monet, sii gentile!»
«La finisci di fare l'imbecille?» sbraita Law «Che cazzo ci fate qui?»
«Eh, va là, guarda che ti agiti così ti parte un cazzo di embolo».
«Stai zitto, Eustass!»
«Non ha mica torto eh» prosegue Doflamingo «E comunque è colpa del tuo amichetto qui, nel senso, se ne è andato in giro per tutta la serata, ieri, a fare domande del cazzo su di te e poi anche su di me. È persino andato a fare domande a CC».
«Sei andato a fare domande a CC?»
«Chi cazzo è CC?» chiede Kidd, sinceramente confuso.
«Credo si tratti di quel tizio, Caesar, sai il gestore della bisca in cui mi hai trascinato» interviene Killer, titubante.
«Ah, lui».
«Ah lui? AH LUI? Che cazzo sei andato a fare da CC?» sbraita Law, incazzato come una biscia.
«Guarda che è colpa tua! Che cazzo ne so di chi sei, mica è colpa mia se tu non dici mai un cazzo. Ci vediamo, ci vediamo sto paio di palle! Scusa tanto se voglio essere sicuro che la mia anima gemella non nasconda cadaveri nel frigorifero!»
«La mia cosa?» chiede Roci.
«Io li butto a mare» concorda Dof, annuendo con convinzione.
«Poi porco il clero, te ne stai sempre tutto il cazzo di tempo con quel muso lungo di merda e uno non si deve fare pare? Certo che me ne sono fatte, che cazzo ne sapevo io che avrei attirato dei fottuti mafiosi? E che ne sapevo che ti saresti arrivato qui?»
Law rotea gli occhi verso l'alto e gli tira un pugno sul naso.
«Anima gemella?» chiede ancora Roci e al cenno affermativo di Law inizia anche lui a pestare il povero Kidd.
«Non ho niente contro di te, sai?» celia Doflamingo fissando la scena «Ma mi dispiace sempre non partecipare».
Conclude unendosi allegramente al pestaggio e se non fosse per l'intervento di Killer e Nami, mossi a pietà, Kidd si ritroverebbe seriamente a rimpiangere di non aver mai fatto testamento.
«Stai qui e vedi di non muoverti» gli sibila Nami, facendolo sedere sul palco, proprio di fianco a Sanji che piange come un disperato per l'occasione della sua vita gettata al vento «Io vado a finire di risolvere le cose laggiù».
«Capisco che 'sto fesso sia la tua anima gemella» sbraita Rocinante, evitando di inciampare nei suoi piedi per un pelo «Ma come mai sei tornato? Dopo tutta la fatica che ho fatto per farti andare via di nascosto!»
Silenzio.
Doflamingo sbatte un paio di volte le palpebre, quindi si volta molto lentamente verso sua fratello: «Scusa, cosa?»
Roci si guarda in giro, cercando una scusa per giustificare quello che si è appena lasciato scappare di bocca.
«Ho lasciato il gas acceso…»
«QUOQUE TU, FRATELLO MII!»
«Quoque il cazzo, a parte che non è nemmeno latino» borbotta Law «Ma non è colpa mia, è stato Drake, e lascia che te lo dica ora. Sei il peggior sceriffo che nella storia degli sceriffi».
«Un poliziotto? PRESTO SPARATEGLI!» urla Doflamingo, facendo un salto all'indietro e fissando Drake come se avesse il colera.
«Non è necessario eh» interviene Slade «Garantisco io per lui. E comunque definirlo “poliziotto” è eccessivo, al massimo può fare il controllore alla fermata del treno».
«Vaffanculo, Fastor».
«Beh comunque è colpa sua».
«Colpa mia? Ma se è stata Bonney!»
Nami fissa l'amica che per tutto il tempo non ha, stranamente, detto una parola, rimanendo ferma e buona in un angolino.
«Già… Bonney. Dove caspita ti eri cacciata? Sai quanto ti abbiamo cercata questa mattina?» domanda la rossa, avvicinandosi con aria inquisitoria e attirando sull'amica l'attenzione di tutti.
«Ora che me lo fai notare è una storia divertente, vero?»
«Ma manco per il cazzo» borbotta Law.
«Allora?»
«Beh, stavo tutta per i cazzi miei ieri sera quando per nessun motivo mi hanno portata dentro».
«In prigione?» sbraita Nami «Di nuovo?»
«E perché non hai chiamato?» domanda Matt «Avremmo potuto pagare la cauzione, o comprare qualcuno, o corrompere l'intero distretto».
«Beh, ho chiamato mia madre, ma poi sono successi dei cazzi e quindi mi sono depressa, ma dei travestiti stra simpa mi hanno dato una mano e allora ho chiamato Drake lui ci ha messo un po' ad arrivare, tipo che nel frattempo ho convinto i travestiti a congelare gli ovuli, cioè non credo che abbiano gli ovuli, ma se li avessero li congelerebbero».
«Arriva al punto» sibila Nami.
«Sì, ecco. Drake è arrivato e c'era Law con lui perché tipo è partito che era in macchina e non l'ha mollato lì, ma io dico lì dove? Nel cazzo di deserto? È stato meglo così»
«Beh, non ha torto» celia Dof, giulivo.
«E quindi sono arrivati e Law era tutto “No che schifo LA” e Drake era tutto “Io al matrimonio non ci vengo” e allora io gli ho detto che era una questione di vita o di morte perché dovevo cantare, così ho preso la Jeep e ho guidato fino a qui. E potrei avere infranto qualche regola del codice della strada -»
«Sei» specifica Drake.
«E potrei avere preso qualche autovelox e avere fatto una strada tutta in contromano, ma non ho investito nessuno e il cancello di ingresso stava già a pezzi e non sono stata io, ci tengo a specificarlo».
«Ti prego» la blocca Nami «Non parlare più, sparisci dalla mia vista e leva quella macchina da qui e Kendra si deve sposare».
«Sempre se vi va, eh» borbotta la Gemma Viola, giocherellando con una pistola.
«Che palle, Willer, secondo me dovresti venire a lavorare per me, ti divertiresti di più» le suggerisce Doflamingo, evitando per un pelo un cazzotto.
«Fai sparire quell'obbrobrio da qui davanti, c'è il parcheggio dietro la villa se proprio non vuoi andartene».
Dof schiocca le duta, senza spostarsi di mezzo centimetro e Roci – senza nemmeno roteare gli occhi al cielo, perché si sente in colpa per avere mentito a suo fratello per anni – si incammina verso l'auto.
«Devi spiegarmi come fai» interviene Cavendish, comparendo al suo fianco «Vorrei riuscire a farlo anche io».
«Bell'aspetto e regime del terrore».
«Già avevo notato, che crema idratante usi? La tua pelle sembra così liscia!»
«Oh, solo prodotti coreani! Mai sentito parlare di Tony Moly?»
«Oh, impazzisco per la loro crema di lumaca!»
«Io preferisco quella alla banana» Doflamingo scuote il capo «Trovo che idrati meglio».
«Sì, ma il mattino successivo sembra di avere del das in faccia, meglio di no. Dovrei provare la Holika Holika».
«Dovresti provare ad avere un cervello» sibila Nami apparendo alle sue spalle e tirandolo per un orecchio «E lei fili a sedersi! Non si vergogna? Guardi lo sposo che aria affranta che ha».
«Siete tutte davvero noiose».
«Stia zitto. E tu, Cavendish, datti una mossa, che abbiamo un matrimonio da celebrare».

Kendra respira profondamente, sono in ritardo sul programma di circa un'ora, ma la verità è che non le interessa assolutamente; Sanji è lì che la aspetta, nonostante tutto quello che poteva andare storto quel giorno lo sia andato. E, in fondo, va bene così, non avrebbe mai voluto un matrimonio noioso. Ora sente che è il momento giusto, che è la volta buona. Nami inizia a cantare e lei si stringe al braccio di Matt mentre comincia a camminare verso l'altare.
«Time stands still, beauty in all she is. I will be brave, I will not let anything take away what's standing in front of- Ouch! Bonney, ti sei bevuta il cervello?»
Il microfono gracchia e stride tra le mani di Jewelry, mentre questa tira una potente culata a Nami, gettandola giù dal palco, proprio in braccio a Slade, provocando così un attacco di orticaria ad entrambi (e facendo ridere non poco sia Zoro che Brad).
«Scusate tutti. Il mio nome è Bonney e sono la cantante designata per questo matrimonio. Ora, dopo innumerevoli sfide e indicibili peripezie sono arrivata e non ho intenzione di rendere questa giornata niente di meno che memorabile! Quindi cosa stiamo aspettando?»
Batte il piede a terra: e uno, e due, e un, due, tre. Attacca e come parte la musica, Kendra scoppia a ridere, perché è davvero perfetta, molto meglio dell'altra!
«You take the grey skies out of my way, you make the sun shine brighter than Doris Day, turned a bright spark into a flame, my beats per minute never been the same»
La sposa arriva davanti all'altare e sorride e a Sanji quasi non sembra vero, perché Kendra è lì e sta per diventare tutto vero e per un attimo ha paura di dimenticarsi come si faccia a respirare.
«'Cause you're my lady, I'm your fool, it makes me crazy when you act so cruel. Come on, baby, let's not fight, we'll go dancing, everything will be all right. Wake me up before you go-go».
La musica si abbassa lentamente, fino a svanire e Rufy, dopo avere fatto un enorme respiro, prende finalmente la parola, sapendo che niente potrebbe essere più adatto di ciò che sta per dire.
«Salve a tutti» comincia e la sua voce ingenua e traballante strappa più di un sorriso «Siamo qui oggi per il matrimonio di Kendra Willer e Sanji Hijun- Vinsmoke (che palli, ma quanti nomi, non potevate avere meno nomi?)»
Qualcuno ride.
«Conosco Sanji da tipo una vita ed è una persona meravigliosa e anche Kendra lo è; una volta l'ho usata come arma impropria e lei non mi ha ucciso, deduco che questo voglia dire che mi vuole davvero bene e penso anche che renda molto bene il nostro rapporto. Sono qui a fare questa cosa perché penso che non esistano proprio due persone migliori e più adatte a stare insieme e sapere che finalmente Kin ha ceduto al matrimonio mi riempie di gioia. Io non ne so molto dell'amore, non sono sicuro di cosa si dovrebbe provare o di come debbano andare le cose, in questo mondo si parla sempre di anima gemella e nonostante tutto, credo, ancora oggi, di capire di questa faccenda meno quando ero bambino. Cos'è un anima gemella? Una persona che ci completa? Un suggerimento del destino? Non lo so. Non ne ho davvero idea. Però di una cosa sono sicuro. Non è per un tatuaggio che siamo qui adesso, con o senza Basher, Sanji e Kendra sono fatti per stare assieme. Io lo so. Li ho visti assieme fin dal primo istante e da quel momento niente è più stato come prima. Non è stato un tatuaggio ad avvicinarvi, non è stato il destino, io credo, anzi sono convinto che in qualsiasi vita, in qualsiasi universo vi foste incontrati vi sareste amati lo stesso. Perché siete Sanji e Kendra e non può esistere uno senza l'altra».
Si interrompe e sembra non accorgersi che in mezzo alla folla c'è più di un occhio inumidito.
«Quindi ecco, se tu Sanji vuoi prendere Kendra come tue legi- lego- lettera? Zoro come si legge questa parola? Oh, oh. Sanji vuoi prendere Kendra come tua legittima sposa? Per amarla, onorarla, prepararla da mangiare se non vuoi che avveleni i vostri figli, non romperle le palle quando uscirà a lavorare – chi ha scritto queste promesse? Matt? Immaginavo. Beh, Sanji la vuoi o la regaliamo?»
«Certo che la voglio, la voglio da sempre».
«E vuoi tu, Kendra, prendere quest'uomo come tuo legittimo sposo per-»
In fondo alla platea si sente un leggero mormorio, qualcuno si fa avanti piano.
«Per amarlo, onorarlo, e boh, poi le solite cose della richezza e della malattia, che poi non so chi di voi abbia più soldi, fate schifo entrambi» celia Rufy gonfiando le guance «Quindi, ti vuoi prendere Sanji?»
«Sì, sì, lo voglio» ride Kendra, considerando che non ci poteva essere idea migliore che scegliere Rufy come officiante.
«Bene, allora in base ai poteri conferitemi in qualche modo da non si sa chi, io vi dichiaro -»
«In arresto!» urla un omino, saltando fuori da in mezzo alla folla e sventolando un foglio di carta.
«Come scusa?» domanda Sanji.
Kendra, impallidisce e fa un passo indietro, mormorando un “oh, no” tra le labbra.
«Sono del fisco e vorrei dire giusto due cos-»
«Fate qualcosa! La sposa è svenuta!»

«Sai?» ride Nami, scavalcando il corpo dell'esattore delle tasse, ricoperto di sangue dopo essere stato pestato da Sanji e Matt in contemporanea «Sapevo che ci saremmo divertiti, ma su una cosa avevi ragione tu».
«Cosa?» domanda Zoro, stringendola a sé sulla sedia, mentre entrambi seguono con lo sguardo il primo ballo di Sanji e Kendra, finalmente marito e moglie.
«È stato davvero il miglio matrimonio della storia».
«Anche tu avevi ragione su una cosa» le dice, baciandole piano una tempia.
«Ovvero?»
Solleva il dito e le indica Law che, senza smettere mai di sbuffare, rimette a posto le ossa rotte di Kidd, che non sembra essere poi così dispiaciuto dalla situazione; poco lontano Bonney ride, mentre trascina in mezzo alla pista un non troppo reticente Drake; Cavendish seduto al tavolo della band tiene la mano a Rebecca, mentre con l'altra è impegnato a pulire qualcosa dal viso di Bartolomeo.
«Era davvero il viaggio di una vita».



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