Arianna - Principessa di Creta

di heliodor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***
Capitolo 6: *** SEI ***
Capitolo 7: *** SETTE ***
Capitolo 8: *** OTTO ***



Capitolo 1
*** UNO ***


Tutto inizia con un blocco di pietra.
La roccia è dura e grezza, una lastra appena abbozzata piena di asperità e imperfezioni. Mani l'avvolgono tra le corde. Altre mani la issano al di sopra della buca in cui si trova. Altre ancora la adagiano su grandi rulli di legno.
Una coppia di tori per ogni lato viene legata all'imbracatura di corde agganciata alla slitta di legno posta tra la pietra e i rulli.
Nerbi di legno frustano l'aria, un coro di incitazione di alza dalla folla che si è riunita attorno alla cava. Voci e urla si mescolano al rombo sommesso dei tamburi e dei cembali che dettano il ritmo. Qualcuno intona una canzone, presto imitato dagli altri.
Uomini avvolti da tuniche color sabbia si inchinano al suo passaggio mentre scivola sui rulli e si fa strada tra basse colline color ocra. Il vento solleva mulinelli di polvere mentre una folla variopinta si apre al passaggio della lastra. Uomini e donne abbigliati con abiti sontuosi si inchinano al suo passaggio facendo tintinnare collane e braccialetti d'oro.
Accompagnata dai canti di donne vestite di bianco che spargono petali di fiori lungo la strada, la pietra passa sotto un arco alto come venti uomini adulti.
Oltre di esso si intravede uno scorcio della città. Templi si innalzano verso un cielo azzurro e terso. Edifici squadrati svettano per due o tre piani sulle strade strette e tortuose. Bambini vestiti con tuniche dai colori sgargianti giocano a rincorrersi nelle piazze e nei vialetti abbelliti da fontane che spillano acqua e aiole colme di fiori dai toni variopinti.
Un corteo di uomini, donne e anziani si snoda dietro la pietra come un lungo fiume che scorre attraverso la grande strada che porta al centro della città, alimentato da mille torrenti e rivoli di gente che si immette da ogni viuzza, vicolo o passaggio libero.
E infine la pietra giunge a un grande recinto, dove due file di soldati armati di lance e armature smaltate di oro e argento che luccicano sotto il sole, salutano il suo passaggio.
All'interno del recinto un toro grande il doppio del normale, un diavolo nero con corna lunghe tre palmi e affilate come sciabole, ne percorre la circonferenza sbuffando e scalciando.
La pietra e il corteo superano anche questa tappa e si dirigono verso un'ampia spianata che potrebbe accogliere diecimila persone. Un lato di questa è occupato dalla facciata di un edificio a gradoni che si innalza verso il cielo alto come cento uomini adulti. Sette piani formati da rocce via via più grandi, ognuna colorata in maniera diversa. Nera la base, poi porpora, ocra, azzurro, viola, verde e infine il bianco che riflette i raggi del sole.
Sulla cima, protetti da una tenda montata su quattro pali, due figure osservano ciò che accade nella spianata. Una di esse, barba nera e folta, occhi attenti e statura imponente, indossa una tunica bianca e rossa ricamata con motivi geometrici d'oro. Col braccio teso indica la roccia mentre viene posizionata davanti a un altare. ― A cosa pensi, Grodyon? ― domanda con voce profonda.
L'uomo che gli sta al fianco, un passo più indietro, arcua le folte sopracciglia, storce la bocca sottile e inclina la testa sormontata da capelli radi e chiari. Indossa una lunga veste colorata di azzurro con ricami verdi e neri. Rivolge un'occhiata severa all'altro. ― Penso che tu abbia perso il senno, Minosse. Se tuo padre fosse qui...
― Ma lui non è più tra di noi da dieci anni ― taglia corto Minosse. Si volta, l'espressione raggiante, un largo sorriso che mette in risalto la mascella squadrata. ― Possibile che tu non veda mai del buon in ciò che faccio?
Grodyon inarca il sopracciglio destro. ― Io vedo solo un uomo che ha smarrito il senso della misura.
Minosse gli rivolge un'occhiataccia. ― Attento a come parli. Sono pur sempre il tuo re. ― Scoppia in una fragorosa risata. ― Sto scherzando. ― Gli passa una mano sulle spalle. ― Sono troppo felice per prendermela. Oggi è un giorno di festa.
― Festa? Non mi sembra che oggi ci sia una particolare ricorrenza.
― Dovrai aggiornare il calendario. La mia sposa mi ha annunciato di aspettare un bambino.
Grodyon lo guarda perplesso. ― Dopo otto anni dal vostro matrimonio?
― Proprio così ― esclama Minosse felice. ― Avevamo quasi perso le speranze. Non è magnifico?
― Splendido ― risponde Grodyon senza cambiare espressione. ― Dovresti fare un sacrificio agli déi, invece di offenderli.
Minosse cammina fino al bordo della piramide. Gli scalpellini stanno lavorando attorno al blocco di pietra al centro della spianata. ― Mio padre ha proibito ogni sacrificio, lo sai bene.
― Puoi revocare quella legge quando vuoi. Tu sei il re.
Minosse si volta di scatto, lo sguardo severo. ― E tradire la memoria di mio padre? Mai.
― Non volevo. Perdonami ― dice Grodyon con tono sommesso. ― Ma con questa tua idea di consacrare il nuovo palazzo a un toro...
― È il simbolo della nostra terra.
― Un simbolo non è un dio. Attirerai la collera degli déi su di te. E Creta.
― Sciocche superstizioni ― dice Minosse agitando una mano nell'aria. ― Mio padre lottò a lungo contro di esse. Non renderò vana la sua battaglia.
― Eppure, da allora non abbiamo più vinto guerre né conquistato terre.
― Per il solo motivo che nessuno osa sfidare la nostra flotta. E non abbiamo bisogno di conquistare nuove terre. Abbiamo tutto ciò che ci serve proprio qui. ― Minosse allarga le braccia come a voler includere tutto ciò che lo circonda. ― I campi producono due raccolti l'anno, il mare è generoso con i nostri pescatori e i mercanti ci riforniscono di tutto ciò che non riusciamo a produrre da soli. Cos'altro possiamo desiderare?
Grodyon, lo sguardo cupo, fissa la spianata dove la folla sta iniziando a defluire in mille rigagnoli che si disperdono tra i vicoli della città. ― Non c'è niente che possa farti cambiare idea, mio re?
Minosse sta per rispondere, ma una voce squillante, femminile, lo anticipa. ― Sarebbe più facile per te cavalcare un toro per le corna.
Una donna sui trent'anni, lunghi capelli neri e lisci che le ricadono in piccole trecce annodate con nastri colorati, attende ai margini della tenda, un largo sorriso dipinto sul viso dai tratti regolari.
― Pasifae! ― Minosse la raggiunge e le prende le mani, baciandole. ― Perché ti sei alzata? Non devi affaticarti.
Grodyon si esibisce in un inchino. ― Mia regina. Il re mi ha appena messo al corrente della bella notizia.
Pasifae ricambia con un sorriso forzato. ― Parlavate di fare un sacrificio?
Grodyon si irrigidisce. ― Cercavo di convincere il re a non fare arrabbiare Poseidone.
― Ci sono otto templi solo in questa parte dell'isola ― taglia corto Minosse. ― Il padre dei mari non si arrabbierà se questo palazzo non gli sarà consacrato.
― Gli déi sono piuttosto gelosi ― dice Grodyon. ― Noi prendiamo tanto dal mare. È giusto restituire altrettanto.
Minosse scuote la testa. ― Sciocche superstizioni. La nostra forza si basa sulla solida pietra. A proposito, qualcuno di voi ha visto Dedalo? Doveva essere già qui per il suo resoconto quotidiano sui lavori.
― Sarà da qualche parte nel palazzo ― dice Pasifae.
― Non capisco perché non deleghi ad altri qualche compito. Gli ho assegnato venti assistenti.
― Lo sai com'è fatto. Gli piace dirigere di persona i lavori più delicati. Sarà qui molto presto. Abbi pazienza.
Minosse sbuffa e incrocia le braccia su petto. ― Scenderei a controllare di persona, ma il palazzo è così grande che rischierei di perdermi e vagare per giorni al suo interno. ― Ride. ― Non è una cosa meravigliosa?

ARIANNA
PRINCIPESSA DI CRETA

 
― Icaro. Dove sei figliolo? ― La voce risuona tra corridoi di pietra e sale di roccia color ocra.
― Icaro?
Un uomo in tunica bianca legata in vita da una fascia rossa, capelli scuri e radi e naso adunco, percorre il corridoio guardandosi attorno. ― Figliolo, sei qui? Sono tuo padre, Dedalo. Non aver paura. Esci fuori.
Un rumore di passi veloci lo fa voltare di scatto. Un'ombra attraversa rapida il corridoio e si infila in una sala.
Dedalo la segue di corsa. L'ambiente successivo è ampio e spoglio, un lungo rettangolo che termina con un altare sul cui piedistallo, altro quanto un uomo adulto, è stata sistemata la statua di un dio dalle corna simili a quelle di un toro.
Un bambino di due o tre anni la fissa a bocca aperta.
Dedalo si avvicina e lo afferra per le spalle. ― Preso! ― esclama costringendolo a voltarsi.
Il bambino si lascia trascinare via.
― Quante volte ti ho detto di non andartene in giro da solo? ― dice Dedalo accompagnando il bambino per un braccio. ― Il palazzo è immenso. Se ti perdi potresti non trovare più la strada per uscire.
Il bambino si volta verso la statua, gli occhi sgranati.
― Icaro, almeno mi stai ascoltando?
Icaro indica la statua col braccio teso. ― Chi è quello?
― È un dio.
― Come si chiama?
― Ha tanti nomi.
Icaro sgambetta fino a una sacca abbandonata sul pavimento. Quando la raccoglie, dal suo interno piovono matite colorate e un pupazzo di legno a forma di uccello.
Sulla parete di fronte una mano ha tracciato delle linee. Nella confusione si scorgono un ruscello e degli animali che vi si abbeverano.
Dedalo lo guarda con interesse. ― L'hai fatto tutto da solo?
Icaro annuisce.
Dedalo raccoglie l'uccello di legno. ― E questo dove l'hai trovato?
Icaro scrolla le spalle.
L'ala del giocattolo di legno si stacca con un suono secco. ― Te lo aggiusto io ― dice Dedalo soppesandolo nelle mani. ― Anzi, sai che ti dico? Te ne costruirò uno nuovo, con ali e zampe che si muovono. Che ne dici?
Icaro gli rivolge un sorriso.
Dedalo prende per mano il bambino e lo guida fuori dalla sala. ― Però devi promettermi che non verrai mai più da solo nel palazzo. Mai.
― Promesso.
Dedalo sospira. ― E ora andiamo da re Minosse. Scommetto che si starà chiedendo che fine ho fatto.
***
Il buio cala sulle strade della città. Un grande colonnato rettangolare raccoglie lo spiazzo davanti al palazzo di Minosse. Le finestre che da ogni livello affacciano verso l'interno sono illuminate. Una folla di uomini e donne in abiti sontuosi sosta davanti all'arco che fa da entrata al palazzo. I visi sono preoccupati.
Dall'interno giunge un grido di dolore soffocato.
un cocchio trainato da due cavalli attraversa al galoppo lo spiazzo e si ferma davanti all'entrata. Minosse salta giù accompagnato dall'auriga e marcia deciso tra la folla che si divide al suo passaggio.
Sulla soglia lo attende Grodyon che lo saluta inchinandosi.
― Pasifae? ― chiede il re preoccupato.
― Ha iniziato il travaglio questa mattina.
I due superano l'entrata e si inoltrano nei meandri del palazzo. Le pareti ocra e porpora sembrano ingoiarli mentre le attraversano scortate da due soldati che sorreggono una torcia ciascuno.
― È in anticipo di una luna sul suo tempo ― osserva Minosse, l'ombra che si allunga sulla parete del corridoio.
― Non c'è alcun dubbio che il tuo erede stia per vedere la luce ― dice Grodyon impassibile. ― Sarà un parto complicato.
― Non più del mio ― dice Minosse con voce incrinata. ― Mia madre mi partorì mentre era su di una nave.
― La regina era di tempra solida come la roccia.
― Anche Pasifae lo è ― risponde Minosse sicuro.
Grodyon si limita a inarcare un sopracciglio.
I due giungono a una porta ad arco presidiata da due soldati armati di lancia. Oltre di essa si apre un'ampia sala che termina con un balcone nascosto da un velo di colore azzurro così sottile che si intravedono il balcone e la città oltre di esso.
Al centro un letto a baldacchino attorniato da una dozzina di uomini vestiti di tuniche bianche e grigie. Su di esso è adagiata Pasifae, la testa sostenuta da cuscini di morbida stoffa color banco latte.
Il viso è pallido e madido di sudore, l'espressione sofferente.
Minosse si fa largo tra i presenti e si china sulla moglie dopo averle preso la mano. ― Mia amata.
― Minosse ― esclama lei con voce sottile. ― Credevo non arrivassi più.
― Ero dall'altra parte dell'isola ― si giustifica lui. ― Ho fatto prima che potessi.
Pasifae abbozza un timido sorriso. ― Non poteva nascere senza che tu fossi presente.
― Ora sono qui e tutto andrà per il meglio. ― Si volta, cerca qualcuno tra la folla con lo sguardo. ― Dedalo.
Un uomo nascosto in seconda fila si fa avanti. ― Maestà ― risponde con un inchino.
― Cosa ne pensi?
Dedalo si guarda attorno, gli sguardi severi degli altri presenti che lo squadrano dall'alto in basso. ― Mi chiedi un parere in un campo che non è il mio. I signori qui presenti sono tutti più esperti di me e ti potranno consigliare per il meglio.
Minosse fa un gesto stizzito con la mano. ― Non fare il modesto. Sei l'uomo più intelligente del mondo conosciuto. Scommetto che ne sai molto più di tutti loro messi insieme su come nasce un bambino.
Dedalo arrossisce. ― Non posso negare di essermi dedicato allo studio di questo argomento quando ero giovane...
― Vedi che ho ragione io? ― dice Minosse sorridendo. ― Guarda tu stesso.
Le sue parole sono accolte da teste che scrollano e sussurri infastiditi.
Dedalo si avvicina e con gesti lenti e cauti scopre il ventre di Pasifae, che emette un debole lamento. ― I bambini nasceranno prematuri.
― Bambini? ― domanda Minosse stupito.
Dedalo annuisce. ― Guarda la forma e l'ampiezza del ventre. Non c'è alcun dubbio che sia un parto gemellare. E credo che stia per avvenire proprio adesso.
― Ora? Fate venire le levatrici, presto ― ordina Minosse.
Una dozzina di donne di tutte le età fanno irruzione nella stanza. ― Dovete uscire ― ordina la più anziana.
Fuori dalla sala, Minosse prende da parte Dedalo. ― Credi che andrà tutto bene?
― È un parto prematuro. C'è sempre qualche rischio a venire al mondo prima del tempo.
Minosse annuisce.
Grodyon si avvicina quasi in punta di piedi. ― Vuoi che sacrifichi un vitello per rendere gli déi propizi?
― Non ci sarà bisogno di alcun sacrificio ― risponde Minosse seccato.
― Come desideri. Cosa posso fare per rendermi utile?
Dalla sala giunge il vagito di un neonato. Minosse si precipita dentro mentre una delle levatrici sta avvolgendo tra le bende un corpicino minuscolo che si agita tra le sue braccia.
Minosse si avvicina sorridendo. ― È lui?
― È una bambina ― dice la donna.
Minosse scopre le bende. Un faccino paffuto, le guance rosee e i pugni stretti che si agitano nell'aria sono racchiusi in un fagottino grande poco più delle mani che lo racchiudono.
Pasifae si lamenta sul letto. Le levatrici sono subito attorno a lei. La neonata viene adagiata sul fasciatoio mentre Minosse si avvicina al letto. ― Sta per nascere ― dice con voce rotta dall'emozione. ― L'erede che ho tanto atteso sta per venire al mondo.
Dedalo, ritto sulla soglia, osserva le levatrici che si accalcano attorno al letto e bisbigliano tra loro. Una di esse solleva qualcosa con le mani. Si sente il vagito di un neonato. Sui volti delle donne passa un'ombra di sgomento, una di esse chiude gli occhi e mormora delle parole sottovoce, un'atra distoglie lo sguardo.
Minosse si avvicina a quella che ha preso in braccio il neonato. ― Fammelo vedere ― dice con voce rotta dall'emozione. ― Voglio essere il primo a... ― Le parole si spengono nella gola non appena guarda il fagotto che la levatrice regge tra le braccia. Il viso diventa pallido come un cencio. Scuote la testa. ― Non può essere. Deve essere un errore. Non è possibile.
Una delle donne passa accanto a Dedalo e scuote la testa. ― Mostro ― sussurra uscendo dalla sala.
Minosse fa un passo indietro, si volta di scatto e corre fuori dalla sala.
Grodyon lo guarda allontanarsi, si avvicina al fagotto che è stato appoggiato sul fasciatoio accanto alla sorellina e gli lancia una lunga occhiata gelida. ― Come temevo ― dice scuotendo la testa. Si volta e attraversa la sala con grandi falcate. Mentre esce lancia un'occhiata gelida a Dedalo.
***
Minosse, il viso sconvolto e pallido, il petto che si alza e abbassa rapido, si appoggia a una colonna.
Dietro di lui, Grodyon si avvicina con passi felpati. ― Io ti avevo avvertito.
Minosse si volta di scatto. ― Sei venuto per prenderti la tua rivincita?
Grodyon alza le mani come in segno di resa. ― Sono qui come tuo amico, maestà. Ho servito fedelmente prima tuo padre e poi te.
Minosse torna a fissare il vuoto. ― E un giorno forse servirai un mostro. Non cogli l'ironia della sorte?
― Colgo solo la grande tristezza che deve attanagliare il tuo cuore in questo momento.
― La mia è più rabbia. Abbiamo tanto atteso un erede... perché è successo questo proprio a noi?
― Gli déi sono adirati.
Minosse agita un pungo verso il cielo stellato. ― Se è con me che sono adirati, perché non infliggere solo a me questa punizione? Perché farla ricadere sulla mia famiglia?
Grodyon gli passa una mano sulla spalla. ― Per loro non c'è alcuna differenza tra te e la tua famiglia. Gli déi ti hanno inviato un messaggio. Questa è una prova, mio re e tu sei chiamato a superarla per riscattarti ai loro occhi.
― Prova?
Grodyon annuisce. ― Ti viene richiesto un atto di fede. Un sacrificio che solo tu puoi compiere. Gli déi hanno designato la vittima ideale. Un essere di sangue reale, ma purtroppo segnato da una maledizione. Tu puoi spezzare questa maledizione che incombe sulla tua famiglia e rimettere a posto le cose.
Minosse si batte il pugno sul petto. ― Se vogliono il mio sangue, lo avranno.
― Non il tuo, Minosse. ― Grodyon guarda in direzione del palazzo. ― Non il tuo.
***
Minosse marcia deciso all'interno della sala, si avvicina al fasciatoio e prende tra le braccia uno dei fagotti.
Quelli che sono presenti e le levatrici lo fissano stupiti. Sulla soglio, Grodyon assiste con espressione compiaciuta.
Minosse si volta, esita, soppesa tra le braccia il fagotto di tessuti in cui è avvolto il neonato.
― È l'unica cosa da fare ― dice Grodyon con un cenno della testa.
Dal suo letto Pasifae, pallida e madida di sudore, una smorfia di sofferenza dipinta sul viso, solleva la testa. ― Minosse. Aspetta.
Il re si ferma, guarda la moglie, distoglie lo sguardo.
― Portalo qui ― dice Pasifae.
― Non voglio che tu veda ― dice Minosse con voce rotta.
Pasifae allunga le braccia verso di lui. ― Fammelo vedere un'ultima volta. Ti prego.
Grodyon scuote la testa. ― Mio re...
Minosse si muove verso il letto, si inginocchia al fianco della moglie e le mostra il fagotto e ciò che c'è dentro.
L'espressione di Pasifae si addolcisce. ― È un bambino.
― Lui non è... ― dice Minosse, ma le parole gli muoiono in gola.
― È l'erede che abbiamo sempre voluto.
― Grodyon dice...
― Lui non sa quanto l'abbiamo desiderato.
Minosse si piega sulle ginocchia. Le lacrime gli rigano le guance.
Pasifae gli passa una mano tra i capelli, scompigliandoli. ― Si chiamerà Asterione. come tuo padre.
Minosse abbozza un timido sorriso. ― Il mio gigante.
I due si abbracciano.
Grodyon sibila qualcosa tra le labbra e lascia la sala.
***
Una bambina sui cinque anni trotterella fuori dalla stanza, inseguita da una donna dai capelli raccolti in un'unica treccia che ondeggia nell'aria. ― Arianna. Principessa ― grida la donna mentre cerca di tenere il passo della bambina.
Arianna si volta e ridacchia. Il viso paffuto contrasta con il corpo sottile come un giunco e le gambe che si muovono veloci sul corridoio di pietra. Giunta a un incrocio svolta a destra.
La donna la segue, ma quando gira l'angolo la bambina è sparita. ― Arianna? Dove siete, principessina? Venite fuori o vostro padre si arrabbierà moltissimo.
Arianna, aggrappata a una sporgenza del muro, ondeggia a mezz'aria sopra la testa della donna che la supera e scompare dietro un angolo. Con un gesto agile si lascia scivolare sulle rocce fino a toccare il pavimento, dove atterra sugli arti, rimbalza come se fosse di gomma e si raddrizza.
Dall'altra parte del corridoio, una figura piegata a metà batte il pavimento con i palmi delle mani e saltella. Il corpo è ricoperto di peli bruni dalla cintola in su, le braccia muscolose e il torace ampio sono proporzionati a una testa enorme, sormontata da due escrescenze ossee poste poco sopra le tempie, dove i capelli fulvi non crescono, mettendole in risalto.
Arianna corre verso la figura accovacciata in un angolo. ― Asterione ― esclama con voce da bambina. ― Facciamo il gioco del tu mi prendi?
― Prendi ― dice Asterione articolando a fatica la parola con le labbra che sporgono in maniera esagerata da un viso schiacciato in cui il mento e il naso somigliano a quelli di un animale.
Arianna lo prende per mano e lo fa rialzare. Asterione la segue nel corridoio.
***
Pasifae siede all'ombra della tenda, il corpo abbandonato sulla lettiga. Accanto a lei, in piedi dinanzi a un tavolo, Minosse sta riempiendo un bicchiere con un liquido ambrato versato da una caraffa.
― Ti ho fatto preparare l'infuso che ti piace tanto ― dice porgendo il bicchiere alla moglie.
Pasifae gli rivolge un debole sorriso. È magra, lo sguardo spento e sofferente. Le mani tremano quando si porta alla bocca il bicchiere. Sorseggia un paio di volte, poi appoggia il bicchiere al lato della lettiga.
Minosse la guarda preoccupato. ― Devi berlo tutto.
― Lo berrò con calma. Tanto non scappa via.
Minosse sospira. ― Dedalo è in ritardo. Come al solito.
Un uomo scivola alle sue spalle. ― Stavolta, solo di poco, mio re.
― Tuo figlio ti sta dando ancora problemi?
― L'ho mandato in una bottega a fare esperienza ― sospira Dedalo triste. ― Ma sono più le volte che trova una scusa per starsene a casa a dipingere, che i giorni che passa a imparare un mestiere.
― I figli sono così.
Dedalo annuisce grave.
― Non restartene lì impalato. Vieni. ― Minosse si volta di scatto e con un gesto della mano lo invita ad avanzare. ― Come vanno le cose al porto?
Dedalo avanza strascicando i piedi. ― Male. Anche per questa luna non avremo abbastanza cibo per sfamare la popolazione.
Minosse distoglie lo sguardo. ― E le navi che dovevano arrivare da Atene?
― Si rifiutano di attraccare ai nostri moli. Dicono che l'isola è maledetta, che un mostro orribile affondi le navi che osano avvicinarsi.
― Sciocche superstizioni ― sibila Minosse.
― È la collera degli déi. ― Grodyon emerge dall'ombra. ― Tu li hai sfidati e ora ci stanno punendo tutti.
Minosse si acciglia. ― Ti ho già detto di non parlarmi in questo modo.
― Ti parlo da amico ― dice Grodyon fermandosi a qualche passo di distanza. ― La nostra bella isola sta morendo, Minosse. I campi si sono inariditi, il pesce è sparito dai mari, la pioggia non cade da intere lune e quando succede piante e frutti marciscono.
― È tutta colpa della montagna che è esplosa ― dice Minosse. ― Spiegaglielo tu, Dedalo.
Dedalo si schiarisce la voce. ― Gli inverni sono più lunghi e freddi del normale, le estati fresche ma secche. La nube prodotta dalla montagna ha oscurato il sole...
― Che mucchio di sciocchezze ― taglia corto Grodyon. ― Poi accusi me di inventare fandonie per spaventarti. Quando mai si è vista una nuvola in grado di seccare i campi e impedire alla pioggia di cadere.
― Eppure ― dice Dedalo. ― Le coincidenze sono molte. Tutto è iniziato con quel disastro.
― Non voglio sentire ― dice Grodyon tappandosi le orecchie. ― È chiaro che non avete ben capito a cosa stiamo andando incontro. Sarà sempre peggio. ― Punta un minaccioso un dito contro Minosse. ― Restaura l'antico culto dei sacrifici, consacra questo palazzo a Poseidone e forse gli déi avranno misericordia di noi e ci perdoneranno.
― Mai ― dice Minosse a denti stretti. ― E ora vattene.
Grodyon fa un leggero inchino. ― Come vuoi, ma io ti ho avvertito. ― Si volta e lascia la sala.
Pasifae emette un leggero lamento. Minosse si inginocchia al suo fianco. ― Che cosa c'è?
La regina mostra un sorriso forzato. ― Sei sempre il solito testardo. Sembri un toro che carica.
Minosse sorride.
― Hai fatto bene a non dargli ascolto ― dice Pasifae. ― Come quel giorno... ah. ― Chiude gli occhi, un brivido che le percorre il corpo.
― Non ti affaticare ― dice Minosse rialzandosi. A bassa voce, dice a Dedalo: ― Possibile che non ci sia niente che possiamo fare? È dal giorno del parto che diventa sempre più debole.
― La regina è sempre stata di salute cagionevole ― spiega Dedalo. ― Dovete starle accanto il più a lungo possibile.
Minosse annuisce. ― Se almeno ci fosse il modo di liberarci da questa maledizione...
***
Aggrappata alle mani di Asterione, Arianna si dondola sospesa a mezz'aria sopra la balaustra. Sotto di lei si apre un baratro così profondo che i soldati di guardia sul fondo sembrano minuscoli.
― È bellissimo ― esclama la bambina.
Sopra di lei, Asterione ride ed emette dei suoni gutturali facendo schioccare le labbra spesse e carnose.
― Ancora ― lo incita Arianna.
Asterione la fa dondolare come se si trovasse su di un'altalena.
― Sto volando ― esclama felice Arianna.
Grodyon cammina con passo veloce, si ferma a guardare Asterione e con sguardo severo punta verso di lui.
― Tu ― grida rabbioso puntandogli contro il dito.
Asterione sobbalza, una mano perde la presa su Arianna ma la recupera un istante dopo.
― Tu sei la causa di tutti i nostri problemi ― prosegue Grodyon gettandosi contro Asterione, che indietreggia e oscilla con un piede oltre il baratro.
― Se non fossi nati, la nostra amata isola sarebbe ancora florida ― grida Grodyon. ― Sei una maledizione, una sciagura che si è abbattuta su di noi a causa della stupidità di tuo padre e di tuo nonno.
Asterione risponde con un grugnito.
Grodyon ride. ― Sai fare solo dei versi come un animale. Il recinto dei tori dovrebbe essere il tuo posto, non le stanze di questo palazzo.
Asterione lo guarda con aria di sfida.
― Quando ti rivolgi a me devi farlo con rispetto, bestia. ― Grodyon colpisce Asterione al petto.
Il bambino scivola oltre il bordo. Prima di precipitare si afferra con una mano alla balaustra, mentre con l'altra regge Arianna, che ora ha smesso di ridere e guarda spaventata il pavimento.
― Asterione ― esclama la bambina guardando in alto.
Da sopra la balaustra il viso di Grodyon fa capolino, l'espressione disgustata. ― Che cosa stai facendo, mostro? Lasciala subito. ― La punta del bastone affonda nel fianco di Asterione, che grugnisce e stringe i denti.
― Lasciala ora ― grida Grodyon con voce stridula. Un secondo colpo affondo nel fianco di Asterione, che perde la presa e precipita verso il basso. La mano con la quale tiene Arianna si apre e la bambina precipita nel baratro.
Un tonfo sordo fa sobbalzare Asterione. Aiutandosi con le mani e i piedi si cala giù per la colonna che sostiene la balaustra di pietra.
Il corpo di Arianna giace riverso al suolo, i capelli scompigliati sparsi attorno alla sua testa.
Asterione le scuote un braccio. ― Arianna? ― riesce a dire masticando ogni sillaba.
Le guardie accorrono.
― È stato il mostro ― grida Grodyon da sopra la balaustra. ― Prendetelo. Avvertite il re.
***
Minosse e Dedalo arrivano di corsa. Pasifae, poco dietro, si trascina su gambe malferme. Quando vede il corpo di Arianna riverso a terra, scoppia in lacrime e si inginocchia.
Minosse strappa la figlia dalle mani di una guardia e la stringe al petto. ― Cos'è successo?
Le guardie si scambiano un'occhiata perplessa.
Grodyon, scendendo da una scala, si precipita come una furia contro Asterione, rannicchiato in un angolo. ― L'ha scaraventata giù dalla balaustra ― dice puntandogli contro l'indice. ― L'ho visto io. E anche le guardie.
Minosse si rivolge ai due soldati.
― Giocavano come al solito ― dice uno dei due. ― Non potevamo immaginare che...
Arianna tossisce e si lamenta.
Minosse la adagia sul pavimento. Dedalo si china su di lei.
― Ho male ― dice la bambina con un filo di voce.
― Dov'è che senti dolore? ― le domanda Dedalo.
Arianna si tocca la gamba destra.
Dedalo le passa una mano sull'arto, stringe, lo gira con delicatezza. Arianna emette un lamento. ― È rotta ― dice raddrizzandosi. ― Bisogna steccarla e fasciarla. Non è niente di grave.
Minosse emette un sospiro e stringe la figlia al petto.
Una delle guardie indica un punto alle spalle del re. ― La regina.
Quando si volta, Minosse sgrana gli occhi. Pasifae giace riversa al suolo.
***
Il petto della regina di alza e abbassa a fatica, le labbra si muovono formando parole silenziose. In ginocchio al suo fianco, Minosse le tiene la mano stretta tra le sue.
Dall'altra parte del letto, Dedalo si raddrizza e scuote la testa. ― Non posso fare altro. I guaritori saranno qui tra un giorno o due.
― È troppo.
― Mi dispiace. ― Dedalo si volta. ― Vi lascio soli.
***
Fuori dalla stanza, solo un velo separa Grodyon e le guardie dal re. Dedalo scosta il velo e si ritrova di fronte il sacerdote, che gli rivolge un'occhiata ostile.
― Come al solito le tue arti magiche si rivelano utili quando ce n'è più bisogno ― dice Grodyon aspro.
― Non è magia ― dice Dedalo calmo. ― Se un giorno ti degnerai di passare dalla mia bottega, potrei dimostrartelo.
― La tua bottega? ― Grodyon gli rivolge un ghigno di sfida.
Minosse emerge dalla stanza con l'espressione cupa. ― Andiamo da lui ― dice alle guardie.
***
La porta si apre su una cella minuscola, senza giaciglio e uno sgabello su cui sedersi.
Minosse è il primo a entrare, seguito da Grodyon e un soldato.
― Era qui ― dice indicando la cella vuota. ― L'ho rinchiuso di persona.
Grodyon guarda in alto, dove una finestrella quadrata si apre nella roccia. ― È passato di lì.
― Non andrà lontano ― dice Minosse uscendo.
Fuori dalla cella una dozzina di soldati sono in attesa.
― Setacciate tutto il palazzo ― ordina Minosse. ― Guardate sotto ogni pietra, se necessario.
Le guardie escono una a una. Solo quando l'ultima ha lasciato la stanza, Grodyon si avvicina a Minosse. ― Cosa farai quando l'avranno trovato?
Minosse trae un profondo sospiro. ― Lo rinchiuderò in una cella e lì lo lascerò finché non avrò deciso che cosa fare di lui.
― È una buona cosa, ma posso suggerirti un finale diverso?
Minosse lo fissa minaccioso.
― So che non sei d'accordo, ma alla luce di quanto è accaduto, non sarebbe il caso di fare un'accezione, almeno in questo caso? Quella creatura...
― Asterione.
― Quell'essere, ha portato una maledizione sulla nostra isola.
― È mio figlio.
― Ha cercato di uccidere Arianna, quella dolce e docile bambina che tutti noi amiamo. Non è sufficiente a farti capire che deve essere eliminato per il bene di tutti noi? Lasciamo che la sua vita plachi la collera degli déi. Essi sapranno cosa fare con la sua anima. Non è escluso che dall'altra parte si trovi meglio che qui, dove è un essere infelice.
Minosse distoglie lo sguardo. ― Ne riparleremo quando l'avremo preso.
***
Il soldato si avvicina con un'espressione cupa dipinta sul volto.
Minosse, in piedi sul balcone, fissa con sguardo vuoto la piazza dove la statua di un toro alta quanto trenta uomini adulti domina come un gigante. ― L'avete preso?
― Mio re ― dice il soldato. ― Non riusciamo a trovarlo da nessuna parte.
― Per gli dèi ― sbotta Grodyon. ― È soltanto un bambino. Possibile che riesca sfuggire a cinquanta soldati?
― Forse proprio perché è un bambino riesce a nascondersi più facilmente.
Minosse inspira una boccata d'aria. ― Sicuri che non sia scappato?
― Tutte le uscite sono sorvegliate ― risponde il soldato. ― Non è passato di lì.
― Manda altri uomini a cercarlo ― suggerisce Grodyon.
Minosse si volta di scatto. ― Ho un'idea migliore.
***
Minosse passa davanti a una coppia di soldati che stanno inchiodando delle assi su di un portone di legno. Poco più avanti, degli operai preparano la malta mentre un altro gruppo usa delle pietre per chiudere un passaggio a forma di arco.
Le ombre della sera si allungano lungo le strade e i vicoli che circondano il palazzo. Una folla di curiosi si è assiepata tra un edificio e l'altro. Guardano con un misto di timore e curiosità il re che passa in rassegna soldati e manovali che stanno sigillando tutte le entrate al palazzo, mentre da quelle ancora aperte altri uomini portano via a spalla suppellettili e altri oggetti.
Dedalo sopraggiunge di corsa. ― Minosse. Mio re ― dice col fiato corto. ― Sei sicuro che sia questa la cosa giusta da fare?
― Tu hai un'altra idea?
― Potrebbe essere stato un incidente.
Grodyon emerge dall'ombra. ― L'ha fatto di proposito. Io l'ho visto.
― Forse hai visto male ― lo ammonisce Dedalo.
― Perché difendi quella creatura? ― domanda Grodyon accigliandosi. ― Ha per caso a che fare con quello che combini nella tua bottega? Forse accetterò il tuo invito e mi presenterò con una dozzina di soldati per dare un'occhiata in giro.
― Sarete i benvenuti ― dice Dedalo calmo. ― Non hai risposto alla mia domanda ― prosegue rivolto a Minosse. ― Era davvero necessario tutto questo? ― domanda allargando le braccia.
Minosse fissa il palazzo che si erge sopra di loro svettando come un gigante tra gli altri edifici. ― Resterà sigillato per sempre nel palazzo ― dice con voce neutra. ― Come mio erede, gli ho concesso l'onore di scegliersi la propria prigione. Vuole restare nascosto lì dentro? Faccia pure, ma non potrà uscirne mai più fino alla fine dei suoi giorni. Questa è la mia volontà.

 

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Capitolo 2
*** DUE ***


Una colonna di soldati percorre le vie della città. Affiancati due a due marciano attraverso vie sulle quali affacciano palazzi con le finestre e le porte sbarrate.
Una fila di mendicanti seduti ai lati della strada tendono mani scheletriche verso i soldati, che li ignorano e proseguono dritti.
Una folla di uomini e donne si accalca davanti a una fontana. La vasca è vuota, un solo rivolo d'acqua spilla da una testa di marmo a forma di pesce.
Il rumore di passi fa tremare le bancarelle di un venditore ambulante che guarda con mestizia la frutta e verdura striminzita esposte sul ripiano.
Una madre afferra un bambino che sgambetta per le strade e lo trascina dentro casa. Occhi si affacciano dalle finestre. Sguardi timorosi seguono il passaggio dei soldati.
Il primo della fila, un omaccione con una barba lunga e folta, alza un braccio. La colonna si arresta, i soldati si scambiano occhiate perplesse.
L'omaccione si avvicina a una porta sgangherata e bussa due volte. Passano alcuni secondi. Bussa di nuovo.
― Dedalo, non costringermi a buttare giù la porta. Lo so che sei in casa.
La porta si apre cigolando sui cardini. Dallo spiraglio si affaccia il viso di un ragazzo sui venti anni, capelli ricci e arruffati. Indossa una tunica azzurra legata in vita da una fascia bianca e sandali aperti. ― Che volete? Mio padre non è in casa.
Il soldato mugugna qualcosa. ― Tu sei Icaro, il figlio sfaccendato di Dedalo?
Il ragazzo deglutisce a vuoto. ― Sono io ― dice a denti stretti.
― Di' a tuo padre di portare a palazzo le anfore che gli sono state richieste. Non domani, non oggi. Subito ― dice il soldato con tono minaccioso. ― Ordini del re.
― Riferirò. ― Icaro gli sbatte la porta in faccia.
***
Quando si volta, Icaro rivolge un'occhiata severa al padre. ― Questa storia non può andare avanti così. Devi affrontare la questione con re Minosse.
Dedalo, seduto a un lungo bancone di legno su cui sono allineati ingranaggi, leve e fogli di carta sparsi alla rinfusa, si volta verso il figlio. ― Il re non vuole starmi a sentire.
Icaro apre la finestra. La luce del sole invade la casa. Sulle pareti si intravedono i segni tracciati da una mano abile. Tra le linee si intravedono scene di pastori che portano pecore al pascolo, animali che si rincorrono e un toro che li osserva minacciosi dall'alto di una rupe. In un angolo una piramide di rotoli di carte getta la propria ombra su due scheletri di legno che riproducono altrettante ali d'uccello. Sopra di esse un disegno tracciato con matita nera raffigura un uomo con le ali legate alla schiena che si libra al di sopra di una baia racchiusa da due promontori.
― Tu dagli solo quello che vuole ― dice Icaro avvicinandosi a uno dei dipinti sul muro. Da un secchiello tira fuori un pennello e lo intinge in un secchio pieno di liquido color porpora. ― Sono mesi che quelle anfore sono pronte. Perché non gliele consegni e basta?
― Perché poi mi imporrà di fare un altro lavoro noioso e inutile.
― Quel lavoro ci da' da mangiare ― protesta Icaro.
― Se tu ti dessi da fare nella bottega, non avrei bisogno di costruire anfore per sfamarci.
Icaro sbuffa. ― Io sono un artista, padre. ― Col pennello traccia una linea lungo la parete, dividendo in due il dipinto. ― Non mi interesso di scultura o fabbricazione di anfore. Quello è compito tuo.
Dedalo si volta. ― E il tuo compito quale sarebbe?
Icaro scrolla le spalle. ― Non lo so ancora. ― Guarda gli scheletri delle ali. ― Non ci starebbero bene delle piume su quelle lì?
Dedalo sospira rassegnato. ― Piume. Non sai pensare a qualcosa di più concreto? Sei intelligente quanto me, forse anche di più. Potresti superarmi facilmente e portare a termine tutti i miei progetti incompiuti.
― Come quella vite infinita che hai cominciato e messo da parte?
― Devo ancora perfezionarla, ma quando lo farò funzionerà a dovere.
― E quell'automa gigante che tieni in cantina?
― Ha un problema qui, al tallone ― Dedalo si indica il piede.
― E il...
― Ho capito, ho capito ― dice Dedalo. ― Lasciamo perdere.
Icaro butta il pennello nel secchio. ― Niente affatto. Sai che ti dico? Porto io le anfore al palazzo.
― Tu? ― Dedalo lo guarda sorpreso.
― Sì, perché?
― Sono anni che non ti avvicini al palazzo reale.
― Carico le anfore sul carro ― dice avviandosi alla porta.
Dedalo sospira e torna a rivolgere la sua attenzione al banco di lavoro.
***
Icaro assicura le anfore con una corda e si issa sul carro. ― Fulmine, Saetta ― dice facendo schioccare le redini. ― Al galoppo.
I due buoi attaccati con un giogo al carretto lanciano un muggito sommesso e si mettono in marcia.
Icaro sospira vedendo i palazzi sfilare ai lati della strada con lentezza esasperante. ― Ragazzi ― dice rivolto ai due animali. ― Almeno voi metteteci un po' più di entusiasmo, o sarò costretto a vendervi al mercato.
Muggito annoiato.
― Come non detto.
Il carro attraversa una piazza di forma ottagonale e imbocca la via che costeggia il lungo rettangolo che racchiude il palazzo di Minosse. I pochi pedoni passeggiano tutti sul lato di strada opposto alle mura, gli sguardi bassi e preoccupati.
Icaro rivolge un'occhiata alle feritoie sbarrate dalle assi di legno, agli ingressi murati sui quali è ancora visibile la calce usata per tenere insieme le pietre. Due guardie passeggiano nelle vicinanze del muro, ma nessuna delle due lo degna di uno sguardo.
― Certo che è davvero tetro ― dice Icaro a bassa voce.
Un ruggito squarcia l'aria. Le testa dei passanti e dei soldati scattano verso il palazzo, l'espressione sgomenta.
― Il mostro ― dice un uomo coprendosi le orecchie.
― Deve essere affamato ― dice una donna stringendo il figlio al petto.
― Andiamo via ― dice una ragazza. ― È stato un errore passare di qui.
I due buoi si agitano, Icaro fa fatica a tenerli per le redini. ― Buoni voi due, non è niente.
Un secondo ruggito gli fa rizzare i capelli.
I buoi scalciano, tentano di liberarsi dal giogo. In un istante Icaro perde il controllo e si ritrova trascinato per la via insieme al carretto.
I due soldati si mettono in mezzo alla strada, le lance spianate, ma si gettano di lato quando i due buoi si lanciano verso di loro a tutta velocità.
― Scusate ― grida Icaro superandoli.
Il carro irrompe in una piazza esagonale, rovescia delle bancarelle spargendo cocci di vasellame in ogni direzione. Due donne si rifugiano in un portone e agitano minacciose i pugni verso Icaro, che si volta e si stringe nelle spalle. ― Scusate. Sto imparando.
Alla svolta successiva il carro imbocca un lungo viale che conduce a un palazzo di forma quadrata. Davanti a esso un picchetto di dodici guardie armate di lancia sorvegliano l'entrata sostenuta da colonne di marmo che brillano sotto il sole.
Icaro tira le redini, i buoi lanciano un lamento e si gettano di corsa verso il palazzo. ― Ma come si ferma questo affare?
È arrivato a metà del viale quando una figura si getta verso i buoi, ne afferra uno per il giogo e si issa sulla schiena dell'animale. Quando si volta, gli occhi di Icaro incontrano quelli di una ragazza sui sedici anni, capelli neri raccolti in una treccia elaborata in cui sono intrecciate perline colorate. Indossa una tunica bianca legata in vita da una cintura rosso porpora e sandali aperti.
― Che stai facendo? ― grida Icaro. ― Scendi di lì, è pericoloso.
― L'unico pericolo qui sei tu ― risponde la ragazza. Prende il bue per le corna e lo costringe a voltare la testa di lato. L'animale lancia un grugnito di protesta. I buoi rallentano l'andatura e si fermano poco dopo a una decina di passi di distanza dalle guardie.
Una di esse è il comandante che si è presentato poco prima a casa di Icaro.
Il ragazzo salta giù dal carro e indica il carico sul retro. ― Ho portato le anfore. ― Sotto il velo che le copre ci sono solo pezzi mescolati alla rinfusa.
Il comandante rivolge un'occhiata perplessa ai cocci. ― Portale dentro. Ti pagheremo solo per quelle ancora intere.
Icaro tira uno dei buoi. ― Guarda che guaio avete combinato. Sarete contenti, spero.
La ragazza accarezza l'altro animale. ― Come sei carino.
Il bue ricambia con una leccata alle dita.
Icaro la guarda di traverso. ― Grazie per l'aiuto.
La ragazza si stringe nelle spalle. ― Di niente. Tu devi essere Icaro, vero?
― Mi conosci? ― chiede lui stupito.
― Solo di fama ― risponde lei ridacchiando. ― In città non si parla d'altro che delle tue... creazioni. ― Lei si volta e si infila nel palazzo.
Icaro fa per seguirla, ma una guardia gli sbarra il passo. ― Tu non puoi passare da qui. Usa l'entrata del magazzino.
― Ma lei è entrata ― protesta Icaro.
― Quella ― risponde il soldato. ― È la principessa Arianna.
***
― Mia sorella Metrodea dice sempre che non c'è niente meglio di un bel pasto per far passare la tristezza. ― La donna è una florida matrona agghindata con una tunica bianca e un fazzoletto che le nasconde i capelli. Con movimenti rapidi delle braccia riempie un vassoio con carne e verdure prelevate da scodelle allineate sul bancone di legno.
Dietro di lei, una ragazza più giovane l'ascolta con aria annoiata. ― È solo la centesima volta che me lo dici, Agathe.
La donna le scocca un'occhiataccia. ― Prendi, va' ― dice porgendole il vassoio. ― Portalo alla principessa Arianna.
La ragazza fissa incredula le dieci fette di carne allineate sul piatto insieme ai due pezzi di pane e alle uova. ― Mangia tutta questa roba? ― domanda ad Agathe. ― E la carne... cruda?
― A volte anche di più. Eppure è così magra... beata lei che non mette su nemmeno un po' di ciccia. ― Si tocca il ventre come a volerlo misurare. ― Tu sei nuova, vero?
La ragazza annuisce.
― Ti abituerai alle stranezze della principessa. Lo sai che è l'unica ragazza di Creta che riesce a cavalcare un toro? Il re glielo ha proibito, ma lei si allena di nascosto. Tutti lo sanno ovviamente, ma se Minosse lo venisse a sapere. ― Rabbrividisce. ― Meglio non pensarci.
Arianna irrompe all'improvviso e getta a terra una sacca. ― È il mio pranzo quello? ― domanda indicando il vassoio.
Agathe e la ragazza annuiscono.
Arianna allarga il sacco. ― Butta tutto qui dentro.
La ragazza lancia un'occhiata ad Agathe, che annuisce bonaria, e versa il contenuto del vassoio nella sacca.
Arianna la raccoglie e sbuffando se la getta sulle spalle. ― Mangerò con calma dopo ― dice trottando allegra fuori dalla cucina.
***
Icaro deposita l'anfora ai piedi di un uomo che lo squadra severo. Si volta verso il carro. Il pianale è vuoto.
Quando torna a voltarsi verso l'uomo, questi gli allunga un sacchetto.
Icaro conta le monete all'interno. ― Sono solo dodici ― protesta.
― È quanto avevamo pattuito con tuo padre ― risponde l'altro.
― Ma io ho portato trenta anfore.
L'uomo indica le anfore ai suoi piedi, poi i cocci ammucchiati in un angolo. ― Ti pago solo quelle intere. E ringrazia che non ti faccio pulire questo macello. E ora vai prima che ci ripensi.
Icaro sbuffa e si infila in tasca il sacchetto.
Fulmine e Saetta lanciano un mugugno sommesso quando fa schioccare le redini. ― Andiamo voi due. Vi dimezzerò la razione.
Muggito di protesta.
Icaro guida il carretto fuori dal magazzino e poi in una stradina che costeggia il palazzo. La strada lo porta fino a una piazza con il piedistallo di una statua che svetta sopra le case dalle finestre sbarrate e le porte sprangate.
Un paio di vecchi gli lanciano un'occhiata svogliata e poi rivolgono la loro attenzione altrove. Icaro sospira.
Un'ombra attraversa la strada di corsa facendolo sobbalzare.
Icaro tira le redini facendo arrestare i buoi. ― Guarda dove vai ― grida all'indirizzo della ragazza. ― Ma io ti conosco.
Arianna raggiunge il lato opposto della strada, il sacco sulle spalle che ondeggia a ogni passo. Si guarda attorno con fare furtivo e poi si infila in un vicolo.
Icaro salta giù dal carro. ― Aspetta ― le grida. ― Devo ancora ringraziarti per oggi. ― Si volta verso i due animali. ― Voi non muovetevi. E cercate di non combinare guai.
I due buoi lo guardano mentre imbocca di corsa lo stesso vicolo in cui è sparita la ragazza.
***
Arianna si ferma davanti a un cancello arrugginito. Una catena chiusa da un lucchetto grande quanto una mano lo blocca da chissà quanto tempo.
La ragazza si guarda attorno, poi in alto. Facendo leva con le gambe getta la sacca oltre il cancello. Il fagotto atterra dall'altra parte con un tonfo sordo.
Icaro sbuca da dietro un angolo. ― Arianna. Principessa ― grida.
La ragazza, con già un piede sul cancello, si blocca e lo guarda con occhi sbarrati.
Icaro la raggiunge. ― Scusa, non volevo spaventarti. Che stavi facendo?
Arianna stacca le mani dal cancello. ― Io? Niente, lo giuro. ― Gli occhi saettano da un lato all'altro. ― Sei solo? Qualcuno ti ha seguito?
Icaro si guarda le spalle. ― Credo di no. Perché?
Arianna apre la bocca, ma l'eco di un lamento gliela fa richiudere subito.
Icaro guarda in alto e spalanca gli occhi. Sopra le loro testa svettano i gradoni del palazzo abbandonato, le finestre murate e le entrate sbarrate da cancelli e rinforzate da assi di legno inchiodate di traverso. ― Tu vuoi andare lì dentro? ― domanda allarmato.
― Non urlare ― dice Arianna con un sussurro. ― Vuoi che ti sentano tutti?
― È pericoloso ― protesta il ragazzo.
― No, non lo è. Fidati. E ora andiamo.
― Andiamo?
― Sì. Ora che sei qui mi accompagnerai.
Icaro incrocia le braccia sul petto. ― Non ci penso proprio. Io non entro nel palazzo del mostro.
― Non è un mostro.
― Ah, no?
― Lui è mio... ― Arianna si blocca. ― Lasceresti andare nell'antro di un mostro brutto e cattivo una povera ragazza indifesa tutta da sola? ― domanda con tono supplice.
― Io non... ― Icaro allarga le braccia. ― Questo non è leale.
Arianna si aggrappa alle sbarre. ― E allora andiamo. Così ti dimostrerò che non c'è nessun pericolo.
***
I due ragazzi camminano sul bordo di un balcone. Icaro porta il sacco sulle spalle.
Arianna indica un punto in cui la roccia è franata. ― Attento a dove metti i piedi.
Icaro guarda giù. Da quell'altezza la città sembra un modellino. ― Ci vieni spesso qui sopra?
― Una volta ogni due o tre giorni ― spiega Arianna.
― Si può sapere che c'è qui dentro?
― Carne, insalata, delle uova. Pane e formaggio, anche.
― E mangi tutto tu?
Arianna ride. Alla fine di uno stretto passaggio il balcone termina con una scala che arriva al livello successivo.
Arianna si ferma sul bordo e si guarda attorno. ― Due passi a sinistra. Sette dritto. Tre a destra. Cinque a sinistra. Ruota verso destra. ― Esegue i movimenti fino a trovarsi al centro del camminamento.
Icaro la osserva incuriosito. ― È una specie di danza?
Arianna si china e passa le dita sopra una pietra. Le da' un leggero colpetto e questa si solleva. Sbuffando e faticando la solleva e la sposta. ― Vieni qui.
Icaro si avvicina e guarda nell'apertura. La luce illumina un corridoio in leggera pendenza.
Arianna si infila nel buco.
― Un momento, un momento ― dice Icaro allarmato.
― Che c'è? ― domanda Arianna seccata.
― Non si era parlato di entrare lì dentro.
― Non avrai paura? Mi era sembrato di capire che sei una specie di eroe.
― Eroe, io? Sono un artista. E lì dentro non ci entro.
― Hai paura?
― C'è il mostro. L'hai dimenticato?
― A quest'ora dorme. Non mi lascerai andare da sola, spero. ― Arianna sparisce oltre l'apertura.
Icaro si guarda attorno, poi si china e si infila a sua volta all'interno.

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Capitolo 3
*** TRE ***


Icaro e Arianna avanzano chinati in due per non urtare il soffitto di pietra.
― Questo condotto serviva a far passare l'aria ― spiega la ragazza.
― Lo so ― risponde Icaro.
― Come?
― Mio padre ― dice il ragazzo ammiccando. ― Ha progettato lui il palazzo. A casa abbiamo ancora tutti i rotoli che ha usato per...
Il viso di Arianna si illumina. ― Ma certo! Dedalo. Mio padre non ne parla spesso, ma ogni tanto qualcosa gli sfugge. Tu sei suo figlio?
Icaro annuisce.
― Cosa si prova a essere il figlio di un genio?
Icaro scrolla le spalle. ― È molto noioso, credimi. Lui vorrebbe che seguissi le sue orme. Ed essere la figlia di un re?
Arianna fa una smorfia. ― Se fosse per lui non dovrei mai uscire dal palazzo. Pericoli qui, pericoli lì. Lui vede solo le cose brutte del mondo. ― Sospira rassegnata.
― In fondo vuole solo proteggerti.
Il corridoio termina allargandosi in un passaggio più ampio che contente ai due ragazzi di camminare eretti.
Arianna si guarda attorno come alla ricerca di qualcosa. Quando l'occhio gli cade su di un punto, lo raggiunge di corsa.
Icaro la vede sparire nel buio. ― Dove vai? Qui non si vede niente ― esclama guardandosi attorno.
Arianna torna di corsa. Tra le mani stringe una corda.
― Dove l'hai presa? ― domanda Icaro.
― La uso per segnare la strada. Così non mi perdo.
― Semplice e ingegnoso. A mio padre piacerebbe di sicuro.
Arianna sorride. ― Grazie. L'ultima volta sono andata di lì ― dice indicando una scolta appena visibile nella penombra. ― Ma era un vicolo cieco. Proviamo dall'altra parte.
Imboccano il corridoio opposto inoltrandosi nella semioscurità.
― Parlami del mostro ― dice Icaro. L'eco della sua voce riverbera sulle pareti mischiandosi al rumore dei passi. ― L'hai mai visto?
― No ― risponde Arianna con espressione concentrata. ― Ma l'ho sentito.
― Secondo te è davvero così brutto?
― No.
― Ma tutti dicono che è enorme e ha delle corna mostruose e se ti sorprende di notte...
― Senti. ― Arianna lo fronteggia a muso duro. ― Niente di quello che hai sentito è vero, capito? Lui non è un mostro. Le voci che girano sono tutte sciocche superstizioni. ― Si tocca la fronte con le dita. ― Ecco, ora parlo come mio padre. Sei contento?
― Scusa ― risponde Icaro imbarazzato.
― Scusami tu ― dice la ragazza con tono dispiaciuto. ― Non volevo aggredirti.
― Tu lo conosci bene, vero?
Arianna si stringe nelle spalle.
― Quella roba è per lui?
― Tu vedi delle bancarelle qui attorno? O un fornaio? O un fruttivendolo? O...
― Ho capito, ho capito ― risponde Icaro. ― Non ti arrabbiare di nuovo. Stavo solo dicendo che...
Un ululato li fa sobbalzare.
― Questo era lui? ― sussurra Icaro.
Arianna annuisce e gli fa cenno di fare silenzio.
Un secondo ululato e poi un terzo, più forte.
Arianna getta a terra la sacca e si volta. ― Andiamo.
― Così? Non vuoi vederlo?
― No ― risponde lei seguendo la corda tesa attraverso il corridoio.
Icaro l'affianca. ― Non sei neanche un po' curiosa di sapere com'è fatto?
― No.
Un rumore di passi dal fondo del corridoio li fa voltare di scatto. Poi tessuto che viene lacerato e oggetti che vengono sparsi in giro.
― È sempre così? ― domanda Icaro.
Arianna scuote la testa. ― Non mi sono mai spinta così lontano dall'entrata.
Il silenzio piomba su di loro improvviso.
Icaro si tende per ascoltare. ― Secondo te gli è piaciuto?
Un grugnito squarcia l'aria l'eco che si riverbera sulle pareti di roccia. Il rumore aumenta d'intensità e volume col passare degli attimi.
― Sta venendo qui ― esclama Icaro.
Arianna gli afferra un braccio e lo tira. ― Andiamo.
― Cos'è andato storto?
― Non lo so. Forse non gli piace il formaggio. O è di cattivo umore.
Icaro si china in avanti e si aiuta con le mano nell'ultimo tratto di salita nel condotto. Dietro di loro un'ombra si staglia contro il fondo del passaggio. Un urlo rimbomba nel corridoio.
Arianna salta fuori dal buco e aiuta Icaro a issarsi oltre il bordo. Un attimo dopo sposta la pietra nella sua posizione iniziale e vi si siede sopra.
I due si scambiano un'occhiata lunga qualche istante, poi Icaro scoppia a ridere.
Arianna lo guarda sorpresa, poi inizia a ridere anche lei.
― È stato divertente ― dice Icaro singhiozzando.
Arianna annuisce. ― È vero. Che ne diresti di andare? Direi che per oggi è abbastanza, no?
***
Icaro si lascia cadere giù dal cancello.
Arianna atterra a un passo di distanza e si piega su di un ginocchio. Quando si rialza il viso è pallido e la bocca atteggiata in una smorfia di dolore.
― Ti sei fatta male? ― le domanda Icaro.
La ragazza si tocca la gamba. ― È una vecchia ferita. Da piccola mi sono rotta una gamba.
Insieme tornano sulla strada principale, dove Fulmine e Saetta attendono con aria annoiata.
― Io devo tornare a casa ― dice Icaro. ― Mio padre si starà chiedendo dove sono finito.
― Anche il mio ― risponde Arianna.
Icaro esita, indica il palazzo con un cenno della testa. ― Se decidi di andarci di nuovo e vuoi un po' di compagnia, fammelo sapere.
Arianna annuisce.
― Dico sul serio. Non sono un eroe ― Icaro gonfia i muscoli. ― Ma posso fare da esca.
Lei ride. ― Lo terrò presente. Sul serio.
Icaro si avvicina ai buoi e salta sul carro.
Arianna lo saluta con la mano alzata e si incammina nella direzione opposta.
***
La foschia aleggia sulle onde, un velo latteo di consistenza impalpabile che sembra ondeggiare al tempo con la brezza che spira e increspa la superficie del mare.
La punta di una nave emerge dal biancore latteo, seguita da remi che affondano nell'acqua seguendo un ritmo preciso. Su di un solo albero svetta una vela bianca ridotta a brandelli.
Un ragazzo dallo sguardo fiero, il petto gonfio di orgoglio, scruta l'orizzonte con occhi attenti. I capelli, biondi e fluenti, ondeggiando nella brezza leggera.
― Teseo ― grida una voce persa tra la foschia che confonde i particolari della nave. ― Dove sei finito, razza di scansafatiche?
Dalla nebbia lattiginosa emerge la figura sgraziata ed enorme di un omaccione sulla quarantina, muscoli potenti che si intravedono sotto il corpetto di cuoio che lo riveste dal collo alla cintola. ― Devi ancora finire di lucidare il ponte. Lisimaco ha rimesso la colazione e... per gli dèi, sei qui a perdere tempo mentre la nave va' alla deriva?
Il ragazzo si volta di scatto, un sorriso beffardo stampato sul viso. ― Gioisci, Piritoo. Tra poco mi acclamerete come il più grande eroe della nostra epoca.
Piritoo sbuffa contrariato. ― Prima che ciò accada dovrai far risplendere le vecchie assi di questo relitto come uno specchio. Comunque, solo per curiosità, cos'hai visto di così importante?
Teseo indica l'orizzonte. ― Guarda tu stesso.
Piritoo si sporge. ― Io non vedo niente.
― Lì, al di sopra della foschia, dove si intravede uno spicchio di cielo. Ci sei? Si vede il profilo delle montagne.
Piritoo sbuffa. ― Terra. Credevo che non l'avremmo più vista. Hai buon occhio, ragazzo. ― Rifila a Teseo una pacca sulla schiena così forte che il ragazzo deve aggrapparsi alla murata per non essere sbalzato in mare. ― Per una volta ti dimostri utile. ― Si volta verso i rematori. ― Uomini, c'è un approdo sicuro che ci attende. E che gli déi ci siano favorevoli. ― Afferra Teseo per la collottola e lo trascina via. ― Nel frattempo, datti da fare con secchio e ramazza.
Teseo spazza il ponte con la scopa. ― Un giorno diventerò un grande eroe, Piritoo. Sarò ricco e famoso e decine di ragazze ai miei piedi.
― Certo, certo ― risponde l'omaccione afferrando il timone della nave. ― Tutti i grandi eroi hanno iniziato dal basso. Sai quale fu il primo lavoro di Ercole? Consegnava sacchi di letame ai contadini. E di Ulisse? Oh, quello ti farà morire dal ridere. Prima di essere ricco e famoso avrai consumato questo ponte spazzandolo, te lo assicuro.
Teseo sbuffa e rivolge gli occhi al cielo.
***
Arianna si affaccia sulla porta. ― Padre?
Minosse è in piedi sul balcone, lo sguardo perso nel vuoto.
Arianna fa un passo oltre la soglia. ― Padre? Posso disturbarti o hai da fare?
Minosse sobbalza e si volta. ― Sei tu ― dice abbozzando un sorriso. ― Non mi disturbi affatto. Entra pure.
Arianna lo raggiunge sul balcone. Da quel punto è possibile vedere il porto con i moli che si protendono verso il mare. I marinai annodano le reti su di un paio di pescherecci ancorati ai pontili.
― Cosa stavi facendo?
Minosse scrolla le spalle. ― Ricordavo. Questo vecchio palazzo è pieno di ricordi. Ogni pietra, ogni corridoio mi riporta alla mente il mio passato. È stata la reggia di mio padre e dei miei antenati per molti secoli.
― Ho studiato anche io la storia.
― Ma qui è stata vissuta ― risponde Minosse indicando la città ai loro piedi. ― Pensavo di poter dare alla mia dinastia una reggia più sontuosa, ma ho fallito. ― L'espressione diventa triste.
Arianna si schiarisce la voce. ― Senti, volevo sapere che cosa hai deciso in merito a quella piccola questione.
― Quale questione?
― Non ti ricordi? Ne abbiamo parlato un paio di mesi fa.
― Davvero?
Arianna cammina con le mani dietro la schiena. ― Parlammo di quel viaggio che mi avevi promesso.
― Non ricordo di averti promesso alcun viaggio.
― Io ti chiesi un regalo per il mio compleanno e tu rispondesti che potevo chiederti qualsiasi cosa.
― Questo lo rammendo. Ma un viaggio...
― È quello che voglio ― esclama Arianna con le mani giunte in preghiera. ― Tu prego ti prego ti prego.
Minosse scuote la testa e le volta le spalle. ― No, non se ne parla. Nessun viaggio. Mai.
― Io voglio vedere il mondo.
― Il mondo è un posto troppo pericoloso per una ragazza dolce e ingenua come te ― dice Minosse deciso. ― Non ti lascerò andare.
― Io non sono così stupida e indifesa. So cavalcare un toro come e meglio di qualsiasi altro maschio dell'isola. Sono agile e veloce e...
― Cavalcare un toro non basta ― dice Minosse alzando la voce. ― Ti rendi conto che lì fuori ci sono pericoli sconosciuti, luoghi inesplorati e chissà quante e quali creature mostruose?
― Sì ― esclama Arianna felice. ― È proprio questo il bello, padre.
― Bello?
― Scoprire i posti. Viaggiare. Combattere contro creature mostruose ― mima un affondo con la spada. ― C'è questo libro che ho letto. È di un certo Omero e parla di viaggi verso terre sconosciute e...
― Che sciocchezze ― taglia corto Minosse.
― Ci sono eroi famosi che combattono una lunga guerra che...
― Basta così, ragazzina ― grida Minosse.
Arianna lo fissa stupita.
― Non andrai da nessuna parte. Il tuo posto è qui ― prosegue Minosse puntando l'indice verso il basso. ― Creta è l'unico posto sicuro per te. Su di noi pende una maledizione, lo hai dimenticato? Se tu lasciassi l'isola io non potrei difenderti dalla collera degli déi.
Arianna scuote la testa. ― Non è giusto.
― Giusto o sbagliato che sia, questa è la verità. Rassegnati.
― Ma cosa c'è per me qui a Creta? Tutti i giovani sono partiti in cerca di fortuna. Ci sono solo vecchi che raccontano sempre le stesse storie. Io non ne posso più. Sono stanca di vivere qui.
Minosse chiude gli occhi e trae un profondo respiro. Quando li riapre, col braccio teso indica il grande palazzo che occupa il centro della città. ― Una volta ero come te. Credevo di avere il mondo nelle mie mani. Ero sicuro che avrei fatto grandi cose. Guarda dove mi ha portato tutto questo. L'impero creato dai miei antenati è distrutto, l'isola che abitiamo è in ginocchio e la mia dinastia si estinguerà con me. Non mi rimane più niente... tranne te. Se ti perdo, il mio fallimento sarà completo. È questo quello che vuoi?
Arianna china la testa.
― Rispondi ― la incalza Minosse.
― No ― dice Arianna con un filo di voce.
― La questione è chiusa. Chiedi ciò che vuoi in regalo, ma non questo.
Arianna rialza la testa, apre la bocca ma poi la richiude.
― Volevi dire qualcosa?
La ragazza scuote la testa. Con gli occhi rivolti al pavimento fa per lasciare la balconata. Grodyon sembra apparire dal nulla e quasi la investe. Arianna si fa da parte, ma lui la segue con sguardo severo.
L'alto sacerdote veste una tunica viola ricamata con simboli floreali d'oro e d'argento. In una mano regge un bastone di legno ricurvo con la punta rinforzata col metallo.
Arianna lascia la stanza quasi in punta di piedi voltandosi una sola volta.
Grodyon esce sul balcone. ― Tua figlia è venuta a chiederti di nuovo di poter lasciare l'isola?
Minosse scuote la testa sconsolato. ― Ormai non pensa ad altro. E in fondo la capisco. Chiunque ne abbia la possibilità vorrebbe andarsene da questa isola maledetta.
Grodyon guarda il palazzo abbandonato. ― Basterebbe un tuo ordine. Una tua parola.
― No ― dice Minosse stringendo i pugni. ― Ne abbiamo già parlato.
― Minosse, mio re ― inizia Grodyon col tono di chi tiene una lezione. ― Ti sono stato accanto negli anni migliori del tuo regno e poi in quelli più bui, quando tutti quelli che una volta si reputavano tuoi amici, come quel Dedalo, ti hanno voltato le spalle. Sono qui oggi per parlarti come alto sacerdote, consigliere e soprattutto come amico. Il nostro regno è in ginocchio e solo tu puoi fare qualcosa. Per una volta, ascolta il mio sincero consiglio e acconsenti a...
― Ho detto di no ― risponde Minosse a denti stretti.
― Ti prego di riflettere...
― L'ho già fatto e non cambierò idea.
― Neanche davanti alla minaccia di una guerra?
Minosse gli rivolge un'occhiata stupita.
― Girano voci ― prosegue Grodyon. ― Di eserciti nemici che si preparerebbero a invaderci. Una vasta coalizione di popoli barbari pronto a sbarcare in massa sulle nostre coste e saccheggiare le nostre città... o ciò che ne resta. Ci sono ancora molti tesori che farebbero gola a certi pirati senza scrupoli.
Minosse si aggrappa alla balaustra. ― Non può essere...
― Tu sai che era solo questione di tempo ― sussurra Grodyon. ― Siamo deboli e impreparati. E gli déi non ci sono favorevoli. I nostri avversari lo sanno. Le nostre città non hanno mura.
― Sono le navi della flotta le nostre mura.
― E quali marinai le governeranno? La maggior parte dei vascelli giace nei porti o è affondata. Siamo senza difese, mio re.
Minosse vacilla. ― Che cosa posso fare, Grodyon?
― Lascia ch sia io a occuparmene. Tu non dovrai muovere un dito né dare un ordine. Chiedimi solo di salvare Creta e io lo farò. ― Grodyon si tocca il petto con il palmo della mano e si inchina.
Minosse sta per dire qualcosa, ma il suono di un corno gli fa morire in gola le parole. Un secondo suono gli fa sgranare gli occhi. ― Una nave ― dice voltandosi in direzione del mare. ― Sta arrivando una nave.
***
Al primo suono del corno Arianna si ferma in mezzo alla scala, il piede sospeso a mezz'aria. Al secondo richiamo scende i gradini a due a due, attraversa la sala del trono addobbate con le insegne del toro e della Grande Madre e raggiunge il cortile, dove le guardie si scambiano occhiate perplesse.
― Il corno ha suonato due volte ― dice un soldato incredulo.
― Nave in arrivo. ― Il comandante sembra un mastino che fiuta l'aria. Guarda Arianna. ― Principessa. Fareste bene a rientrare.
La ragazza annuisce e rientra nella sala, si infila in un corridoio laterale e lo percorre di corsa fino a una porticina di legno. Si guarda in torno e la apre, infilandosi nel passaggio. La stanza successiva è un magazzino dove sono ammucchiate spade e lance in grandi barili e armature e scudi rugginosi giacciono in un angolo.
Arianna ne sposta una sollevando una nuvola di polvere. Dietro di essa c'è un foro circolare che affonda nel muro. Senza esitare vi si infila dentro.
***
Il muro corre lungo la strada che fiancheggia il palazzo reale. Da un foro rettangolare posto a metà altezza sbuca Arianna sbuffando e aiutandosi con le mani.
Usando le pietre sporgenti, feritoie e sporgenze si cala verso la strada, dove atterra con un gesto agile. I pochi passanti sono rivolti verso il porto.
― È una nave? ― domanda un bambino alla madre?
La donna lo prende per mano e lo trascina via.
― Sono anni che non si vedono degli stranieri ― dice un vecchio.
― Chissà che cosa vogliono da noi.
Arianna si spolvera la tunica e si avvia con passo veloce lungo la strada. In lontananza si intravede la sagoma di una nave che sta attraccando a un molo.
***
Icaro ferma il carro davanti alla porta di casa. Dedalo lo sta aspettando sull'uscio, le braccia incrociate sul petto.
― Lo so, lo so ― dice il ragazzo saltando giù. ― Ma stavolta non è stata colpa mia. Non indovinerai mai dove sono stato oggi.
Il sono del corno li fa sobbalzare.
Dedalo e il figlio guardano nella stessa direzione di tutti quelli che sono in strada.
― È una nave? ― domanda Icaro.
― Sì ― risponde Dedalo cupo. ― E speriamo che non siano guai.


 

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Capitolo 4
*** QUATTRO ***


Minosse e Grodyon raggiungono il cortile.
Il comandante delle guardie gli va subito incontro. ― Mio re ― dice piegandosi su un ginocchio. ― Devo dare l'ordine di sbarrare le porte del palazzo?
Minosse guarda Grodyon, che solleva un sopracciglio. ― Posso consigliare una certa prudenza? Si tratta pur sempre di stranieri che giungono senza farsi annunciare.
― Si tratta pur sempre di ospiti ― dice il re facendogli eco. ― Prendi una dozzina di soldati e portali qui ― aggiunge rivolto al comandante. ― Voglio vederli di persona.
Il comandante si rialza. ― Ai vostri ordini. ― Si volta e indica un drappello di soldati sull'attenti. ― Voi con me. Gli altri restino a difesa del palazzo.
Grodyon rivolge uno sguardo severo a Minosse.
***
La nave si avvicina al molo sotto lo sguardo attento di marinai, pescatori e curiosi che si accalcano sulla banchina.
Delle cime vengono lanciate e la nave legata alla pietra del molo prima che una passerella venga tesa.
Il primo a scende a terra è Piritoo, che si guarda attorno con sguardo baldanzoso. ― Sembra un posto decente ― dice con voce profonda.
Dietro di lui, sei uomini di stazza enorme si allineano sul molo di pietra.
L'ultimo a sbarcare è Teseo. ― Niente male ― dice con tono allegro. ― C'è persino un vero porto.
― E magari si mangia anche del vero cibo ― dice uno dei guerrieri.
― Chissà se hanno le arance ― dice un altro guerriero con voce stridula. ― È così difficile trovarle in questa stagione. Sarebbe meraviglioso se le avessero, dico bene amici?
Gli altri guerrieri annuiscono.
― Issione, Ceneo ― sbraita Piritoo facendoli sobbalzare. ― Vi ho forse dato il permesso di parlare? E anche tu, pulce ― dice rivolto a Teseo. ― Un'altra parola e ti lego a quella gomena per tutto il tempo in cui resteremo qui. ― Si volta verso la folla. ― Allora, villici ― grida con voce sguaiata. ― Qualcuno di voi parla la mia lingua? In che posto siamo capitati? Chi è che comanda qui?
I presenti si scambiano sguardi pieni di timore. Un vecchio si fa avanti su gambe malferme. ― Voi siete a Creta, stranieri. Questo è il regno di re Minosse.
― Creta? ― Piritoo si passa una mano sul viso irsuto. ― Creta ― esclama. Prende Teseo per la collottola e lo sbatacchia. ― Ragazzo, ci hai fatto attraccare in un'isola maledetta.
Teseo allarga le braccia. ― Come potevo saperlo?
― Che vuol dire maledetta? ― domanda Issione.
― Vuol dire che non troveremo niente di buono ― Dice Ceneo tremante. ― La maledizione ricadrà anche su di noi e vagheremo per sempre nel Tartaro cercando una via d'uscita.
― Io non voglio vagare nel Tartaro ― si lamenta Issione.
Piritoo lascia Teseo e afferra Issione per il collo. ― Nessuno vagherà per il Tartaro se io non glielo ordinerò, capito?
― Che facciamo allora? ― chiede Ceneo.
Piritoo si volta e risale la passerella. ― Per il momento torniamo sulla nave. Devo riflettere.
I guerrieri lo seguono sul vascello, tranne Teseo che si attarda sul molo.
Arianna si fa strada a spintoni tra i curiosi. Quando riesce a passare si ritrova quasi faccia a faccia con Teseo. ― Salve ― dice imbarazzata.
Teseo la fissa sornione. ― Salve a te.
― Siete ― Arianna indica la nave. ― Siete appena sbarcati?
Teseo annuisce.
― E ripartite subito?
― Non lo so. C'è qualcosa da vedere qui?
― Non molto in verità. Voi siete mercanti?
― Posso essere tutto quello che vuoi ― risponde Teseo languido.
Arianna saltella. ― Eroi? Ti prego, dimmi che siete degli eroi.
― Eroi? ― esclama Teseo. ― Ma certo che lo siamo. I più famosi della Grecia e del mondo conosciuto.
― Davvero? ― squittisce Arianna. ― E come vi fate chiamare?
Teseo si morde il labbro. ― La... ciurma di Teseo. Che sarei io ― conclude toccandosi il petto.
― Davvero? ― Arianna lo guarda perplesso. ― Non ho mai sentito parlare di voi. E tu mi sembri troppo giovane per essere un eroe già così famoso.
― Scherzi? ― Teseo le cinge le spalle col braccio. ― Achille era già famoso a tre anni e Ulisse a tredici aveva già compiuto sette delle sue dodici fatiche...
― Ulisse? ― Arianna si acciglia. ― Non erano le fatiche di Ercole?
― Guarda che io ero presente a ben due di quelle imprese. ― Ride sicuro. ― Ricordo quella volta che Perseo...
― Non era Ulisse?
― C'era anche lui.
― Ulisse?
― No, Ercole.
― Ma ― protesta Arianna.
― Ora ti spiego...
Soldati armati di lancia disperdono la folla e puntano minacciosi verso la nave.
Teseo sgrana gli occhi, lascia Arianna e si volta di scatto.
― Dove vai? ― domanda la ragazza.
― Ho dimenticato la spada sulla nave ― dice Teseo senza voltarsi. ― Vado a prenderla e torno. ― Accelera il passo mano a mano che si avvicina alla passerella, che sale di corsa.
Arianna lo guarda interdetta. I soldati la sorpassano diretti all'imbarcazione. Il comandante si ferma sul molo di pietra. ― Voi della nave. Re Minosse desidera avervi come ospiti a corte.
Piritoo, Ceneo, Issione e gli altri guerrieri li osservano da sopra la murata della nave,
― È Teseo il loro capo ― sussurra Arianna al comandante. ― Quella è la sua ciurma.
L'uomo fa una smorfia. ― Ciurma di Teseo, sbarcate o sarò costretto a usare la forza.
I guerrieri si voltano verso Teseo, che mostra un sorriso imbarazzato. ― Stavo scherzando.
Piritoo lo afferra e lo spinge sulla passerella. ― Tu parlamenterai per noi con Re Minosse ― sussurra alle sue spalle. ― E cerca di essere convincente se non vuoi perdere la testa. Qui non sono teneri con i bugiardi.
Teseo si ferma davanti alle lance spianate e deglutisce a vuoto. ― Portatemi dal re ― dice ai soldati.
***
― Così tu sei il famoso Teseo ― dice Minosse. Seduto sul trono di pietra, le gambe accavallate, osserva con occhi attenti Teseo ritto a qualche passo di distanza.
Il ragazzo si guarda attorno spaesato.
Nella sala cala il silenzio. Qualcuno tossisce.
Arianna cammina fino a Teseo. ― È uno dei più grandi eroi del mondo, padre ― dice entusiasta. ― Ha compiuto molte imprese.
Teseo si schiarisce la voce. ― In verità, per essere esatti, sono stato testimone di alcune imprese. E di molte altre ho sentito solo parlare.
― È lo stesso ― fa Arianna.
― No, no, no ― dice Teseo. ― C'è una gran differenza.
― E cosa vi ha spinti fino alla mia isola? ― domanda Minosse.
Teseo si schiarisce la gola. ― Subito dopo aver lasciato Atene siamo incappati in una tempesta. E poi ci siamo persi nella nebbia.
Arianna lo guarda delusa.
― Quindi ― prosegue Minosse. ― Non siete qui per compiere qualche grande impresa.
― Grandi imprese? Ma certo. Sono il nostro pane, in un certo senso ― Teseo tossisce. ― Il fatto è che veniamo da una serie di imprese e siamo un tantino stanchi. Sa, fare a pezzi mostri e altre creature infernali è un lavoraccio. Stavamo giusto facendo rotta verso casa prima di sbarcare sulla vostra isola.
― Potete restare tutto il tempo che volete. ― Minosse si alza. ― Da questo momento, dichiaro che l'eroe Teseo e tutti i suoi compagni sono i benvenuti ― dichiara con tono solenne.
― Noi in verità vorremmo solo tornare a casa, maestà ― dice il ragazzo.
― Non prima di aver cenato con me ― risponde Minosse. ― Vai a dire ai tuoi compagni eroi che stasera sarete miei ospiti.
― Ti consiglio di non contraddirlo ― sussurra Arianna a Teseo. ― A mio padre non piace essere contraddetto.
― Tuo padre? Il re è tuo padre?
Arianna annuisce.
― Potevi dirmelo prima che eri una principessa ― dice Teseo offeso.
Arianna si stringe nelle spalle. ― Scusa. Ero distratta.
Minosse lascia la sala seguito da Grodyon. Prima di sparire dietro una porta l'alto sacerdote lancia un'occhiata severa a Teseo.
Arianna segue il ragazzo fuori dalla sala del trono fino al cortile, dove un picchetto di soldati attende sull'attenti.
― La vostra scorta ― dice il comandante delle guardie.
― Vi assicuro che non ce n'è bisogno ― dice Teseo alzando le mani. Il comandante lo squadra severo. ― Ho capito. Andiamo. ― Prima di andarsene lancia un'occhiata ad Arianna. ― Ci vediamo a cena. Forse.
Arianna lo saluta agitando la mano, poi corre via ed entra nel palazzo.
***
Grodyon cammina al fianco di Minosse, l'espressione corrucciata. ― Maestà ― dice con voce solenne. ― È sicuro ospitare questi sedicenti guerrieri? Potrebbero essere solo l'avanguardia degli invasori di cui vi parlavo prima.
― E se invece fossero un segno degli dèi?
L'alto sacerdote inarca un sopracciglio. ― Che genere di segno?
― Magari è il loro modo di dirmi che mi hanno perdonato. Che la maledizione è stata rimossa. Insomma, erano anni che una nave straniera non attraccava ai nostri moli e ora all'improvviso, eccone una piena di nobili guerrieri.
― Non mi sembrano molto nobili. A dire la verità quel Teseo mi convince poco. Mi sembra troppo giovane per essere famoso.
― Ad ogni modo, ormai ho preso la mia decisione. Aspettiamo stasera per emettere un giudizio.
Grodyon china la testa. ― Come volete.
***
Teseo entra nella sala seguito da Piritoo, Ceneo e gli altri in fila. I guerrieri indossano tuniche dalle maniche larghe e sandali aperti. Nessuno di essi è armato.
Piritoo si guarda attorno. Alle pareti di pietra sono appesi stendardi che oscillano al tocco di una leggera brezza. Torce e candelabri corrono lungo la parete dove sono allineate armi e scudi dall'aspetto rugginoso e dimesso in bella mostra.
― Non mi sembra che se la passino molto bene ― sussurra Piritoo a Teseo.
― Ricordati che è un luogo maledetto ― dice Ceneo.
― Ci chiederanno di compiere qualche impresa pericolosa, lo so ― dice uno dei guerrieri.
― Io non vedo né oro né oggetti preziosi ― dice Issione. ― Come faranno a pagarci?
― Ci hai messi in un bel guaio ― aggiunge Piritoo a Teseo. ― Spero che tu sappia come tirarci fuori da questo posto.
― In verità contavo su di te ― risponde il ragazzo con un sorriso forzato.
Piritoo sbuffa. ― Come al solito devo fare tutto io. Lascia parlare me. Tu non dire una parola, intesi?
Teseo annuisce.
Un tavolo rettangolare occupa il centro del pavimento. Su ogni lato si contano dodici sedie, ma solo tre sono occupate.
Seduto a un'estremità del tavolo, Minosse si alza e fa un ampio gesto con le braccia. ― Benvenuti. Sedete, sedete pure.
A sinistra del re siede Grodyon e accanto a lui Issione. Alla destra Arianna con accanto Teseo e alla sua sinistra Piritoo. Gli altri guerrieri si accomodano alla rinfusa.
I servitori portano vassoi pieni di frutta e verdura.
Teseo prende un frutto e lo soppesa nella mano. È tutto macchiato e rinsecchito.
― Non ti piace? ― domanda Arianna sottovoce.
Teseo addenta il frutto. ― È buono ― dice con la bocca piena.
― Allora ― dice Grodyon rompendo il silenzio. ― Siamo in attesa di ascoltare alcune delle vostre imprese. Scommetto che il prode Teseo ne ha parecchie da raccontare.
Teseo si schiarisce la gola. ― In effetti noi...
― Il prode Teseo ― dice Piritoo interrompendolo. ― Non è tanto abile con le parole quanto lo è con la spada.
Grodyon gli rivolge un'occhiata interdetta. ― E tu chi sei?
― Piritoo. Sono il suo... ― esita. ― Consigliere, se così si può dire.
Ceneo ghigna. Piritoo gli rivolge un'occhiataccia.
Teseo annuisce. ― È vero, non sono molto bravo con le parole. Di solito è Piritoo che conduce la conversazione.
Gli sguardi dei presenti puntano su Piritoo.
Il guerriero si schiarisce la voce. ― Sono molte le imprese che abbiamo compiuto. Una volta assaltammo una nave carica di spezie che...
― Non mi sembra un'azione eroica ― lo interrompe Arianna.
Piritoo si morde il labbro.
― Era una nave pirata ― dice Teseo. ― E le spezie in realtà erano ingredienti magici che una strega malvagia usava per opprimere il popolo.
Arianna lo guarda con occhi sgranati.
― Vero ― dice Piritoo. ― Insomma, per farla breve, noi raggiungemmo la nave a nuoto, ci issammo sul ponte con delle corde e...
― E Teseo sgominò la strega cattiva a colpi di lancia ― lo interrompe Arianna.
Ceneo esplode in una sonora risata. ― No lui se ne stava sulla nave a... ― Un'occhiata torva di Piritoo lo azzittisce.
Teseo deglutisce a vuoto. ― Io rimasi sulla nave per osservare la situazione. Sapete, era una strega di basso rango e non c'era onore a sporcarsi le mani con lei, così decisi di lasciare ai miei uomini un po' di gloria.
Piritoo annuisce imbarazzato. ― Sì, è vero. Teseo è proprio un bravo... capo. Generoso e sincero come pochi.
Teseo lo ricambia con un sorriso forzato.
***
― E così ― dice Piritoo a voce alta. ― Riuscimmo a tornare sani e salvi a casa.
Minosse annuisce compiaciuto. ― Davvero notevoli le vostre imprese. Sono onorato di avervi come ospiti.
Piritoo fa un leggero inchino. ― Per noi è un onore sedere alla vostra stessa tavola.
― Vuol dire che domani vi concederò lo stesso onore.
L'espressione di Piritoo si fa seria. ― Non vorremmo approfittare della vostra ospitalità.
― Insisto.
― Noi non...
Minosse inarca un sopracciglio.
Piritoo fa per alzarsi. ― D'accordo, domani saremo di nuovo qui. Ora ce ne torniamo alla nave. È buio e i rematori si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.
Minosse si alza. ― Non vi preoccupate. Ho dato ordine di distribuire cibo e vivande anche a loro. Stanno bene. Voi piuttosto, stanotte sarete miei ospiti a palazzo.
Piritoo scuote la testa. ― Non possiamo accettare.
Minosse gli rivolge un'occhiataccia. ― Rifiutate l'ospitalità di un re?
― Noi...
― ...Non oseremmo mai ― dice Teseo al posto di Piritoo. ― Saremo onorati di passare la notte a palazzo.
Piritoo annuisce. ― Certo. Ovvio. Stavo per dire proprio la stessa cosa.
Minosse sorride. ― Bene. Faccio preparare le vostre stanze.
Piritoo afferra Teseo per il braccio. ― Che ti è saltato in mente? Non voglio dormire su questo suolo maledetto. Attireremo la collera degli dèi anche su di noi.
Teseo si divincola. ― Che cosa dovevo fare?
― Ne riparleremo domani.
Piritoo, Teseo e gli altri guerrieri lasciano la sala.
***
― Niente male ― dice Piritoo guardandosi attorno.
La stanza ha un'ampia balconata che affaccia sul cortile del palazzo. Tende rosse ricamate in argento si agitano sotto la leggera brezza che spira attraverso l'unica apertura. Un letto a baldacchino occupa il lato opposto. Casse di legno finemente cesellato sono allineate contro la parete.
― È una stanza degna di un vero capo ― dice Teseo avvicinandosi al letto.
Piritoo lo afferra per le spalle e lo trascina verso la porta.
― Aspetta ― dice il ragazzo. ― Hai dimenticato chi comanda?
― Io no ― risponde Piritoo duro. ― E tu?
Teseo sbuffa ed esce. Piritoo gli sbatte la porta in faccia. Si volta verso il letto e ne saggia la morbidezza affondando la mano nelle soffici coperte. ― Niente male davvero. Ci voleva dopo tanti sacrifici.
Qualcuno bussa alla porta.
― Vattene ― risponde Piritoo con tono rude.
Altra bussata.
― Ti ho detto di andare via.
Bussata più decisa.
Piritoo spalanca la porta. ― Sei sordo oltre che stupido? Ti ho detto di andare via, ragazzino.
Il viso di Grodyon lo fissa impassibile.
Piritoo arrestar di un passo. ― Ah. Sei tu.
― E chi ti aspettavi che fossi? Teseo?
Il guerriero scuote la testa. ― In verità io...
Grodyon entra nella stanza. ― Ti sei preso la sua stanza. È un caso?
― A lui non piace molto il lusso. Sai, è piuttosto modesto.
Grodyon gli rivolge uno sguardo annoiato. ― Smettiamola con questa commedia, Piritoo. Sappiamo tutti chi è che comanda qui.
Piritoo ghigna. ― Parliamo da capo a capo?
Grodyon risponde snudando i denti storti e giallastri. ― Vedo che ci intendiamo alla perfezione. Voi non sembrate i tipi da gesta eroiche. Piuttosto, direi che appartenete alla categoria opposta. Di solito sono gli eroi a dare la caccia a quelli come voi. O sbaglio?
Piritoo scrolla le spalle. ― Eroe o brigante, che differenza fa? Siamo degli onesti mercenari. Lavoriamo per soldi. Dobbiamo forse vergognarci di quello che siamo?
Grodyon passeggia fino al balcone. ― Assolutamente no.
― Immagino che ora andrai di corsa da Minosse per dirglielo.
― Non dico al re tutto quello che faccio. Anzi, ultimamente trovo che sia più saggio non tenerlo informato sulla mie mosse.
― Se non ti manda lui, allora che vuoi da me?
― Parlare d'affari. C'è una certa questione che deve essere risolta e voi siete il mezzo attraverso il quale io raggiungerò questo scopo.

 

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Capitolo 5
*** CINQUE ***


Teseo cammina a testa bassa. Si avvicina alla porta socchiusa da cui filtra una luce fioca. Dall'interno si sentono delle voci. ― Senti Piritoo, ho dimenticato le mie cose... ― Inizia a dire. Si ferma e si appoggia con la schiena al muro.
Dall'interno giunge la voce di Grodyon. ― ...Scopo.
― Di che stai parlando? ― domanda Piritoo.
― Parlo di una maledizione che affligge la nostra amata isola da anni.
Teseo si acciglia.
― Ne ho sentito parlare ― dice Piritoo.
― Allora ti sarà giunta anche voce del mostro che abita nel palazzo reale.
― Ho sentito qualcosa venendo qui. Girano delle brutte storie.
― Mostro? ― sussurra Teseo.
Grodyon ride. ― Ti assicuro che sono tutte false.
― Non si scherza con i mostri e le maledizioni ― dice Piritoo serio.
― Non sto affatto scherzando, mercenario. Io voglio che tu e i tuoi guerrieri vi prendiate cura di quell'essere.
― Non vedo abbastanza oro in giro per pagarci.
― L'oro si trova nel palazzo reale.
***
Piritoo lo guarda stupito. ― Un palazzo... pieno d'oro?
― Un intero livello ― dice Grodyon passeggiando avanti e indietro. ― Accumulato moneta dopo moneta dal vecchio re Asterione e dai suoi antenati. Ce n'è abbastanza per comprare tutta la Grecia. A te ne darò la metà se mi porterai quel mostro.
― Vivo?
― E sano. Voglio che tutto il popolo lo veda quando lo trascinerete fuori in catena.
― Sarà una bella impresa.
Grodyon ride. ― Sarà una passeggiata per guerrieri esperti come voi. Il mostro è solo un ragazzino deforme. Se gli abitanti di quest'isola sventurata fossero meno paurosi e superstiziosi avremmo fatto tutto da soli anni fa. ― Scuote la testa. ― Minosse non deve saperlo. Lui non è d'accordo con i miei metodi.
― Non ha paura di quel mostro?
― Se ne vergogna, piuttosto. È suo figlio.
Piritoo sgrana gli occhi.
― È una lunga storia ― dice Grodyon agitando la mano nell'aria. ― Non c'è bisogno che tu sappia altro. Affare fatto?
Piritoo gli stringe la mano. ― Domani ci occuperemo di quel mostro.
― Lo farete adesso.
― Subito? I miei guerrieri devono riposare.
― Non aspetterò fino a domattina. Minosse e sua figlia dormono e io voglio agire a loro insaputa.
― Devo mandare qualcuno alla nave per prendere armi e armature.
― Ne abbiamo a sufficienza per armare un esercito qui a palazzo ― dice Grodyon. ― E di ottima fattura. Prendete quello che vi serve ma fate in fretta, intesi?
Piritoo annuisce.
***
Teseo si stacca dalla parete e sgattaiola via nascondendosi dietro un angolo. Grodyon esce dalla stanza e si richiude la porta alle spalle.
Non appena sparisce dietro una svolta, Teseo salta fuori e si avvia nella direzione opposta.
Arianna compare all'improvviso da un corridoio laterale e quasi va' a sbattergli addosso. Teseo sobbalza alla vista della ragazza ― Sei solo tu ― dice respirando a fatica.
― Stavo proprio venendo da te per parlarti.
Teseo si guarda le spalle. ― Andiamo da un'altra parte. Non mi trovo a mio agio al chiuso.
***
Teseo e Arianna camminano sotto un colonnato che circonda il cortile. Alberi dalla chioma frondosa e piante dai colori vivaci occupano il rettangolo racchiuso tra le colonne.
― Che cosa volevi dirmi? ― domanda Teseo nervoso.
Arianna si tormenta le mani. ― Mi chiedevo. ― Ridacchia. ― Lo so che è una follia ma...
Teseo le lancia un'occhiata languida. ― Lo sai che hai degli occhi stupendi? Hanno il colore sia del tramonto che dell'alba.
Arianna arrossisce. ― Grazie. Nessuno me l'aveva mai detto.
― Davvero? ― domanda con tono stupito.
Arianna annuisce. ― Come ti stavo dicendo, so che sembra una cosa folle ma... ho una richiesta da farti.
― Sentiamo.
― Ecco... so che sei un eroe e quindi hai molti impegni. Sei sempre in viaggio da una parte all'altra del mondo...
― Non me ne parlare. Certe volte vorrei essere una persona comune.
― Non dire così. Tu sei eccezionale.
― Grazie. ― Teseo gonfia il petto e raddrizza la schiena.
― Mi chiedevo se, nonostante questo, tu potresti...
― Cosa?
― Portarmi via sulla tua nave.
Teseo la fissa sbalordito. ― Che cosa? ― chiede con voce stridula.
― Posso pagarmi il viaggio, se vuoi.
Teseo scuote la testa. ― Non è una questione di denaro. Porta sfortuna avere una donna a bordo di una nave di eroi.
― Ma io posso fare tanti lavori. Spazzare il ponte, rammendare vestiti...
― Di quello me ne occupo già io. Voglio dire, c'è una persona che lo fa. Non sarebbe bello cacciarla via.
― Ti prego, Teseo ― dice Arianna con tono supplice. ― Io devo lasciare quest'isola a ogni costo.
― Perché vuoi andartene? Qui sei una principessa. Hai tutti i privilegi. Davvero vorresti imbarcarti su di una nave piena di rozzi uomini di mare?
Arianna sospira.
― Non c'è un principe che ti attende in un palazzo sontuoso?
― Credo di no.
― Tutte le principesse hanno un principe che le attende.
Arianna diventa triste. ― Nessuno vorrebbe una principessa maledetta.
― Ma tu non sei...
Arianna indica un punto oltre le mura che racchiudono il cortile.
― Giusto. Quella maledizione.
― Fin da quando ero piccola ho desiderato andarmene da Creta per cercare una persona saggia e sapiente che potesse aiutarci ― spiega Arianna. ― Nessuno viene più qui e le nostre navi non sono bene accolte nei porti stranieri. Hanno paura che la maledizione colpisca anche loro. Ma se viaggiassi sulla nave di un grande eroe, nessuno avrebbe niente da ridire. Potrei trovare qualcuno che ci aiuti.
Teseo scuote la testa. ― Io non credo che esista quella persona e, se proprio vuoi saperlo, è inutile andare alla sua ricerca proprio ora.
― Perché?
Teseo si morde il labbro inferiore. ― Temo di aver parlato troppo.
― Continua, ti prego.
Il ragazzo sospira rassegnato. ― D'accordo, ma io non ti ho detto niente, intesi?
Arianna annuisce.
― Stanotte stessa ci occuperemo della maledizione. Piritoo e gli altri guerrieri entreranno nel palazzo e, insomma, prenderanno la creatura, quello che è.
Arianna lo fissa sbalordita. ― Tu... voi...
― Non io, no di certo. È un'idea di Piritoo.
― E cosa gli faranno?
― Temo niente di buono.
Arianna lo afferra per il bavero. ― Glielo devi impedire.
― Io non credo che...
― Ma tu sei il capo. Ordina a Piritoo di non fare del male a...
― Le cose non stanno esattamente così... ma perché ci tieni tanto a quel mostro? Insomma, prima parlavi di eliminare la maledizione e ora ci hai ripensato?
― Lui non è un mostro ― esclama Arianna. Prende Teseo per mano e lo trascina via. ― Andiamo da mio padre. Quando lo saprà impedirà questa follia.
***
Due guardie sorvegliano il corridoio. Quando Arianna cerca di superarle, la respingono.
― Che cosa fate? ― domanda la ragazza. ― Non mi riconoscete?
― Il re ha ordinato di non lasciar passare nessuno ― dice una delle guardie.
― Io sono sua figlia.
― Soprattutto la principessa Arianna ― aggiunge il soldato.
Arianna guarda Teseo. ― Cosa aspetti?
Teseo si stringe nelle spalle.
― Tu sei un eroe. Non hai un colpo segreto, una mossa particolare?
― Sono disarmato.
― E allora? Hai combattuto mostri di ogni genere a mani nude, che vuoi che siano due guardie?
I soldati lo squadrano minacciosi.
Teseo trascina via Arianna. ― Scusatela, è solo un po' confusa.
Arianna si divincola e lo guarda a muso duro. ― Che razza di eroe sei tu?
― Sono del tipo che vive a lungo ― risponde Teseo. ― Senti, non posso affrontare due guardie armate fino ai denti senza nemmeno un coltellino. Non sono mica Ercole, io.
― Ma Piritoo ha detto...
― Piritoo racconta un sacco di frottole.
Arianna lo fissa delusa. ― Che facciamo ora?
― Niente sarebbe l'ideale.
La ragazza stringe i pugni. ― Andremo al palazzo.
― Cosa? Non se ne parla nemmeno. Quel luogo è maledetto.
― Io so come entrare. C'è un passaggio che conosco solo io e... un'altra persona. Ti prego, almeno accompagnami. Non ti chiedo altro.
Teseo sospira rassegnato. ― E va' bene. Andiamo.
***
Davanti al cancello mezza dozzina di soldati montano di guardia.
Arianna si sporge da dietro un angolo, fa una smorfia e si ritrae. ― L'entrata è sorvegliata ― dice a Teseo.
― Visto? Meglio tornare indietro.
― No, aspetta. Arriva qualcuno.
I due ragazzi si nascondono in un portone.
Davanti ai loro occhi sfilano Grodyon e Piritoo, seguiti dai guerrieri. Armi, armature e scudi tintinnano al loro passaggio.
Arianna li segue con lo sguardo.
Grodyon e Piritoo si fermano davanti a cancello.
― Portatelo qui ― dice l'alto sacerdote.
Tre soldati partono di corsa.
― Dobbiamo trovare un'altra via per entrare ― dice la ragazza.
― E come? È tutto sbarrato e sigillato.
― So io a chi chiedere. Vieni.
***
I soldati sfilano lungo la strada. Tra due di essi marcia un uomo dai capelli brizzolati e l'espressione triste suk volto. Sotto al braccio porta diversi rotoli di carta.
Arianna e Teseo attendono che i soldati si siano allontanati prima di gettarsi di corsa nel vicolo.
― Dovrebbe essere qui ― dice guardandosi attorno. La maggior parte delle porte e delle finestre sono sbarrate, ma da una di esse giunge un leggero chiarore che illumina la strada.
― Eccolo ― dice Arianna indicando un carretto appoggiato al muro. Lì vicino, rinchiusi in un stalla, due buoi riposano sul pagliericcio.
Arianna e Teseo si fermano davanti alla porta. La ragazza bussa.
― Forse non c'è nessuno in casa ― dice Teseo voltandosi.
― La luce è accesa.
La porta si apre facendoli trasalire. Dall'altra parte appare il viso di un ragazzo. ― Che cosa volete ancora?
― Icaro? ― domanda Arianna. ― Sono io. Mi riconosci? Apri, devo parlarti.
― Arianna? ― Icaro spalanca la porta. ― Che ci fai in giro a quest'ora? E chi è quel tizio?
Arianna lo spinge da parte ed entra. Teseo chiude la porta. ― A dopo le domande ― dice con tono concitato. ― Devo parlare con tuo padre.
― Arrivi tardi ― dice Icaro indicando l'esterno. ― I soldati sono venuti a prenderlo poco prima del vostro arrivo.
***
Arianna si tocca la fronte con la mano. ― Perché? Cosa vogliono da lui?
― Non l'hanno detto ― dice Icaro con rabbia. ― Loro prendono e basta. Come al solito. Hanno detto di venire in nome di re Minosse.
― Ti assicuro che non ne sapevo niente ― dice Arianna dispiaciuta. ― E nemmeno mio padre è responsabile di quanto accaduto.
― Tu sai qualcosa? ― chiede Icaro.
― Temo di sì. ― Arianna annuisce grave. ― Vogliono tuo padre come guida all'interno del palazzo.
***
Icaro si appoggia al tavolo. ― Non può essere. Perché proprio lui?
― Quel posto è un labirinto ― spiega Arianna. ― Nessuno ne uscirebbe mai senza una guida. Tuo padre l'ha costruito e progettato. È l'unico che potrebbe farli entrare e uscire di lì.
― Ma perché? ― domanda Icaro arrabbiato.
Arianna guarda Teseo, il quale allarga le braccia. ― Piritoo e gli altri vogliono eliminare il mostro.
Arianna gli scocca un'occhiata torva.
― Insomma, l'essere.
Altra occhiata.
― C'è un modo in cui posso chiamarlo che non ti offenda? ― domanda Teseo esasperato.
― Asterione. È questo il suo nome.
Teseo sospira rassegnato. ― Insomma, vogliono prendere Asterione ed eliminare la maledizione. L'alto sacerdote...
― Grodyon ― dice Icaro.
― Proprio lui. Gli ha offerto una grossa ricompensa. Metà del tesoro contenuto nel palazzo.
― Metà del... ― Arianna lo guarda incredula.
Teseo annuisce. ― Proprio così. È una somma mostruosa, ma credo che sia proporzionata al valore dell'impresa.
― Non capisci ― dice Arianna scuotendo la testa. ― Non esiste alcun tesoro. Venne portato tutto via quando lasciammo il palazzo.
― E che fine ha fatto l'oro? ― domanda Teseo.
― È stato speso, credo. Con la fine del commercio mio padre l'ha usato per pagare i debiti.
Teseo si fa cupo. ― Piritoo si arrabbierà molto quando lo scoprirà.
― Grodyon non ha nulla da temere ― dice Arianna livida in viso. ― Lui ha le guardie che lo proteggono.
― Ma mio padre no ― dice Icaro.
***
Icaro getta sul tavolo un mucchio di rotoli di carta. ― Deve essere qui ― dice aprendoli e buttandoli alla rinfusa.
― Senti ― dice Arianna. ― Mi dispiace per tuo padre.
Icaro le fa un cenno con la mano. ― Lascia perdere. Non è colpa tua.
― In un certo senso lo è. ― Si siede su di uno sgabello, l'espressione affranta. ― Sono stata io a scatenare la maledizione. Se non fosse stato per me... ― Tira su col naso. ― Che stai cercando?
― La copia dei progetti del palazzo.
Il viso di Arianna si illumina. ― Esiste una copia?
Icaro annuisce. ― Mio padre. Fa sempre una copia dei suoi progetti. A volte anche due.
― Ti do una mano ― dice Arianna.
Icaro le scocca un'occhiata furtiva e le passa una dozzina di rotoli. ― Tu controlla questi.
Teseo si guarda attorno. In un angolo adocchia una cassa di legno con sopra riprodotta una scacchiera. Lungo dei solchi intagliati nel legno si muovono delle pedine di legno di colore scuro e bianco. Quando ne sposta una, un ingranaggio all'interno gracchia e scricchiola. Un pezzo si colore diverso si sposta di lato.
Teseo ritrae la mano di scatto. ― C'è qualcosa o qualcuno qui dentro?
Icaro sospira. ― È del tutto automatico.
― Auto che? ― Teseo guarda perplesso la scacchiera.
― Muove da solo le pedine ― spiega Icaro. ― E risponde alle tue mosse come un giocatore vero. Da piccolo non avevo molti amici, così mio padre lo costruì per insegnarmi il gioco.
― Nemmeno io avevo molti amici ― dice Arianna sfogliando un pacco di fogli.
Teseo fa spallucce. La sua attenzione si sposta su di un uccellino fatto di metallo e legno che se ne sta appollaiato sulla spalliera di una sedia. ― Che carino ― dice allungando la mano.
L'uccellino si muove e lo sfiora col becco proteso in avanti.
Teseo sobbalza. ― Anche questo è meccanico?
Icaro ridacchia. ― Quello è Lapyx.
Lapyx picchietta col becco sopra la spalliera.
― Che sta facendo ora? ― chiede Teseo perplesso.
― È così che si esprime. Mio padre gli ha insegnato a parlare. Dice che non gli sei simpatico.
― Ah sì?
Arianna rivolge un'occhiata divertita a Lapyx. ― Ma dici sul serio? È fantastico.
― Pensa che l'ha costruito nei ritagli di tempo ― dice Icaro.
Teseo si allontana perplesso. ― C'è qualcosa in questa casa che non si muova da sola? ― Gli occhi cadono su due coppie di ali buttate in un angolo. ― E queste?
― Le ha costruite mio padre quando aveva la passione per il volo ― dice Icaro scrollando le spalle. ― Le piume le ho aggiunte io. Le ho attaccate con la cera.
― E se si scioglie? ― domanda Teseo controllando le cinghie che formano l'imbracatura.
― Non devo mica volare in un forno.
Arianna lo guarda sbalordita. ― Vuoi dire che funzionano?
― Mio padre dice di sì. Non ha mai avuto il coraggio di provarle.
Teseo ripone le ali al loro posto e rimuove un velo che copre una figura di aspetto umano. Sotto appare il viso di una ragazza dai lunghi capelli annodati in una treccia che le scivola lungo la schiena. La scultura è realizzata in una sostanza simile a creta. ― Carina. ― Quando si volta, incontra lo sguardo di Icaro. ― Somiglia a lei, non trovi?
Arianna guarda la statua. ― È vero. Mi somiglia.
Icaro arrossisce. Strappa il velo dalle mani di Teseo e ricopre la statua. ― È solo una prova ― dice tornando al bancone con gli occhi bassi. ― Mi serviva un modello e...
― Non ti vedi giustificare ― dice Arianna divertita. ― È molto bella.
Il viso di Icaro si illumina. ― Ti piace?
Teseo raccoglie dei fogli da un tavolo e li mostra ad Arianna. ― Guarda qui.
Una mano abile ha tracciato i contorni di una ragazza con poche pennellate. Un corpo slanciato sembra danzare nell'aria.
Icaro, esasperato, prende i fogli e li rimette a posto. ― La smetti di toccare le mie cose per favore?
Teseo alza le mani come in segno di resa. ― Scusa, non volevo rovinarli. Quindi sei una specie di artista?
Icaro risponde con un mugugno.
Lapyx picchietta col becco sul legno.
― Che ha detto? ― domanda Arianna.
― Trovato ― esclama Icaro facendoli trasalire. Apre il foglio sul tavolo. Linee che si intrecciano formando quadrati e rettangoli formano una ragnatela che occupa tutta la superficie.
Teseo si acciglia. ― Ci capisci qualcosa?
Icaro segue una linea con l'indice. ― Abbastanza da potermi orientare. Qui c'è l'entrata da cui si accede attraverso il cancello. Ma se è sorvegliato, dobbiamo passare di qui. ― Picchia col dito su di un quadrato che si congiunge al resto della figura con una linea retta.
― Cos'è? ― chiede Arianna.
― Un pozzo ― risponde Icaro arrotolando il foglio.
Quando fa per andarsene, Teseo gli blocca la strada. ― Dove credi di andare?
― A salvare mio padre ― risponde Icaro a muso duro.
― Tutto da solo e disarmato? C'è un mostro lì dentro.
Occhiataccia di Arianna
― Un... essere. Insomma, è pericoloso. Non puoi andare da solo.
― Vuoi venire anche tu? ― domanda Icaro.
― Andremo tutti insieme ― dice Arianna.
Teseo scuote la testa. ― Non è un luogo per ragazzine, quello.
Arianna incrocia le braccia sul petto. ― Guarda che ci sono già entrata centinaia di volte. Diglielo anche tu.
Icaro annuisce.
― D'accordo ― dice Teseo. ― Ma avremo bisogno di armi.
― Io non ho mai usato un'arma ― dice Icaro.
― Nemmeno io ― gli fa eco Arianna.
― Le armi servono a me, non a voi. Sono io l'eroe, l'avete dimenticato? Allora, dove la trovo un'armeria aperta a quest'ora di notte?
Icaro fa schioccare le dita. ― Da nessuna parte. Ho quello che fa per te.

 

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Capitolo 6
*** SEI ***


Icaro passa una lancia dalla punta luccicante a Teseo, che la soppesa con entrambe le mani ammirato.
― Amico mio, ora sì che parliamo la stessa lingua.
Lapyx picchietta due volte col becco.
― Concordo ― dice Teseo, lo sguardo rapito dalla lancia. ― Qualunque cosa tu abbia detto. ― Con l'indice percorre la superficie luccicante della punta. ― Di che metallo è fatta?
Icaro scrolla le spalle. ― È una lega che ha inventato mio padre. Ha mischiato ferro e altra roba e gli è venuto fuori questo. ― Da una cassa aperta in mezzo alla stanza tira fuori il torso luccicante di un'armatura, gambali, uno scudo rotondo con l'impugnatura in cuoio e una spada infilata nel fodero.
Teseo guarda ammirato gli oggetti. ― È tutta roba di prima qualità, amico. Tuo padre darebbe del filo da torcere a Efesto. Ha fabbricato solo queste meraviglie?
Icaro annuisce. ― E a sentirlo parlare non è molto fiero. Ogni tanto cerca di venderle, ma non ha mai trovato un acquirente.
― Ora ne ha uno ― dice Teseo imbracciando lo scudo. ― Con questo potrei affrontare mille centauri ― dice mimando un affondo con la lancia.
― Attento a quello che fai ― dice Icaro. ― Vogliamo andare? ― Apre la porta e guarda in strada. ― La via è ibera. I soldati sono tutti di guardia alle entrate del palazzo.
***
Teseo marcia in testa al terzetto con aria pomposa, la lancia e lo scudo stretti in ciascuna mano e la spada legata in vita che gli batte sul fianco. ― Comoda e leggera. Eccezionale, dico sul serio. Ringrazia tuo padre da parte mia quando lo vedi.
Arianna cammina al fianco di Icaro, l'espressione corrucciata.
― Dove l'hai trovato quel tipo? ― domanda Icaro indicando Teseo con un cenno del capo.
― È sbarcato stamattina con altri eroi.
― La nave, ma certo ― esclama Icaro. ― Se sicura che sia chi dice di essere? Insomma, a me non sembra il tipo dell'eroe. Mi ricorda più il garzone di un panettiere. O il mozzo di una nave.
Arianna ridacchia.
― Per tua informazione, pittore ― dice Teseo. ― Un giorno diventerò un grande eroe.
Icaro ghigna. ― Come immaginavo.
Teseo si volta di scatto. ― Dico sul serio. Con questa impresa mi guadagnerò fama immortale tra tutti gli eroi.
― Certo ― dice Icaro.
― Di quale impresa parli? ― domanda Arianna preoccupata.
― Tranquilla ― dice Teseo languido. ― Il tuo mo... essere non ha nulla da temere. Mi basterà uscire indenne dal labirinto per avere la fama che merito. ― Fa roteare la lancia, ma questa gli sfugge di mano e rimbalza sull'acciottolato, rotolando lontano.
Icaro si guarda attorno. ― La vera impresa sarà sopravvivere nonostante la tua presenza ― dice a Teseo che insegue la lancia.
― Siamo arrivati ― dice Arianna indicando un aiuola rettangolare.
Teseo e Icaro spostano una pietra dalla sua sede, rivelando un foro che affonda nel terreno.
Arianna storce il naso. ― Che puzza.
― È rimasto chiuso per dieci anni almeno ― dice Icaro calandosi nel buco.
Teseo e Arianna si scambiano un'occhiata perplessa.
― Venite? ― li incita Icaro dall'interno del foro.
***
Arianna cammina a lato di una pozza di liquami verdi, tenendosi vicino al muro incrostato di muffa. Solo il rumore dei passi spezza il silenzio altrimenti totale.
Giunti a una piattaforma il canale si interrompe all'improvviso e inizia una scala che sale nel buio.
Icaro spiega il foglio e Teseo avvicina la torcia per fare luce.
― Da qui in poi si deve salire per due livelli ― spiega Icaro. ― E poi a destra fino a questo incrocio.
― E poi? ― domanda Teseo.
― Poi saremo dentro al labirinto.
***
Piritoo avanza in testa al gruppo, una torcia nella mano destra e la lancia in quella sinistra. Sull'ampia schiena fa bella mostra di se uno scudo rotondo.
Dietro di lui, Ceneo, Issione e altri tre guerrieri si muovono in formazione, gli sguardi che vagano a destra e sinistra. Tutti imbracciano la lancia e la torcia.
Al centro del gruppo, Dedalo e Grodyon. Il primo consulta una rotolo di carta spiegandolo sotto la luce delle torce. L'altro lancia occhiate annoiate alle pareti di roccia.
― Nessuna idea di dove possa essersi nascosto? ― domanda Piritoo. ― Dedalo?
L'uomo scuote la testa. ― Posso dirvi dove andare ― risponde con voce tremante. ― Ma non certo dove si trova.
― Hai costruito tu questo orrore ― dice Grodyon. ― Devi sapere quali sono i luoghi più sicuri dove nascondersi.
― Non l'ho progettato per essere una prigione.
Grodyon ghigna. ― Minosse fu molto creativo all'epoca, devo ammetterlo. Stupì anche me con la sua decisione. Però capii fin da subito che era quella sbagliata. Non bastava intrappolare il mostro. Bisognava eliminarlo. Il male non scompare se lo nascondi.
― Tu conosci molto bene il male ― dice Dedalo.
Grodyon lo minaccia col bastone ricurvo. ― Attento a quello che dici, pezzente. Non sfidare la mia collera.
― Altrimenti? ― Dedalo lo fissa con aria di sfida. ― Forse dovrei smettere di aiutarvi in questa folle impresa.
― Fallo e tuo figlio ne pagherà le conseguenze ― dice Grodyon ghignando. ― Credevo di essere stato abbastanza chiaro su questo punto.
Dedalo freme, il rotolo di carta trema tra le sue dita.
Il gruppo di ferma davanti a un muro che si innalza fino al soffitto, dove viene ingoiato dal buio.
― Da che parte? ― domanda Grodyon calmo.
Dedalo legge la carta, poi indica la destra.
Grodyon sorride benevolo. ― Molto bene.
***
Ombre si allungano contro le pareti di pietra illuminate dal chiarore tetro gettato dalla torcia.
Teseo solleva il braccio, allargando il cerchio luminoso. All'estremità di questi si intravede un corridoio che forma una croce con quello che stanno percorrendo. ― Una cosa non mi è ancora chiara ― dice. La voce si riverbera sulle pareti moltiplicandosi all'infinito. ― Cosa succederà quando incontreremo la bestia... la creatura, insomma. Voglio dire, ci siederemo e parleremo da buoni amici?
Icaro gli lancia un'occhiata di sfida. ― Di che cosa hai paura, eroe?
― Di niente. ― Teseo mostra la lancia. ― Sono armato, io.
― Non ci sarà bisogno di usare la violenza ― dice Arianna allarmata. ― Gli parlerò io.
― Tu? ― Teseo ghigna. ― E che cosa gli dirai, sentiamo.
Arianna deglutisce a vuoto. ― Gli spiegherò con calma che non ha nulla da temere da noi. Che siamo qui per aiutarlo e che per il suo bene deve seguirci.
― E tu credi che funzionerà? ― domanda Teseo incredulo.
― Penso di sì ― risponde la ragazza.
― Chi ti dice che capisce la tua lingua?
― È intelligente ― spiega Arianna. ― Capirà.
― E se non volesse seguirci? ― Teseo fa un gesto vago col braccio. ― Se nonostante tutto volesse restarsene nel suo labirinto al calduccio?
― Gli dirò che qui è pericoloso ― dice Arianna con tono spazientito.
― E se...
― E se, se, se ― sbotta la ragazza. ― Non lo so che cosa farò, va bene? Non lo so ― dice scandendo una a una le sillabe. ― Voi due sapete tutto?
― Io non ho aperto bocca ― dice Icaro.
Teseo gli rivolge un'occhiata di rimprovero. ― Avanti amico, sono le stesse domande che ti  fai anche tu, di' la verità.
Icaro distoglie lo sguardo.
― Visto? ― domanda Teseo tronfio. ― È come dico io. Senti principessa, forse è il caso che ti rassegni. L'unico modo per trattare con quel mostro è usare questa.  ― Le mostra la lancia.
Arianna guarda Icaro. ― Tu la pensi come lui?
Icaro scrolla le spalle. ― Io sono qui per salvare mio padre. Per il momento è lui che corre i rischi maggiori. Voi due avete i vostri motivi, ma lui è stato coinvolto senza alcuna valida ragione. È disarmato e totalmente incapace di difendersi.
― Però costruisce armi da sogno ― dice Teseo.
― Ti ho già detto che...
― Zitti ― dice Arianna avanzando di un passo.
Teseo e Icaro si scambiano un'occhiata perplessa.
Arianna cammina fino al limite del cerchio di luce, dove l'intersezione tra i due corridoi forma una croce. Si sporge in entrambe le direzioni, fa un altro passo fino a trovarsi nel centro dell'incrocio. Si volta, l'espressione perplessa sul viso. ― Mi era sembrato di sentire...
Un'ombra scatta nel buio, afferra la ragazza e la trascina via. Arianna ha appena il tempo di emettere un singulto prima di sparire nel buio.
***
Teseo è il primo a raggiungere l'incrocio. Dietro di lui, Icaro inciampa e arranca nella semioscurità.
― L'hai visto? ― domanda Teseo.
― È stato veloce. ― Icaro lo raggiunge, scruta il corridoio. Le pareti di roccia proseguono oltre il confine tracciato dalla torcia. Oltre quel punto il buio sembra ingoiarle.
Teseo gli passa la torcia. Con la mano libera imbraccia lo scudo e lo alza davanti sé, la lancia appoggiata sulla spalla. ― L'avevo detto io ― sussurra tra i denti.
Icaro alza la torcia sopra la testa.
***
Arianna affonda la testa nelle foglie secche. Un fruscio la fa trasalire. Si volta di scatto. Il buio l'avvolge, fatta eccezione per qualche sprazzo di luce che piove da alcune finestrelle sul soffitto. La sala è così alta e ampia che non si vede dove finisce il pavimento e iniziano le mura.
Un'ombra scivola alle sue spalle producendo un lieve fruscio di foglie spezzate.
Arianna si volta allarmata, si alza e fa qualche passo indietro. ― C'è qualcuno?
L'eco di un grugnito si riverbera su pareti distanti.
Arianna deglutisce a vuoto. ― Chi sei?
Una figura accovacciata passa per un istante sotto il cono di luce che piove dal soffitto e scompare nel buio cha la circonda.
Arianna la segue con lo sguardo. ― Asterione? Sei tu? Lo so che sei qui.
Qualcosa struscia sul pavimento alla sua destra. Arianna si volta di scatto, allarmata. L'ombra di prima è immobile.
Due occhi la fissano da sotto una massa di capelli incolti. Il corpo muscoloso è glabro e nudo fino alla cintola, dove i rimasugli di una tunica sono stretti in vita da una cinta color marrone. La testa e il volto sono un guazzabuglio confuso. Sporgenze dove dovrebbero esserci ossa lisce e dritte, protuberanze al posto delle orecchie. Un naso grottesco e canino annusa l'aria. Ciocche di capelli si raccolgono tra due protuberanze ossee che dividono in due la fronte.
Arianna lo fissa stupita. Prima di parlare inala una boccata d'aria. ― Asterione?
L'essere emette un ululato che risuona nella sala vuota. Quando fa un passo verso di lei, la ragazza si ritrae.
L'essere si ferma, come in attesa.
Arianna esita, poi si posa un mano sul petto. Il viso si rilassa. ― Sei tu, Asterione.
La creatura lancia un altro ululato.
***
Icaro si ferma di botto. ― Hai sentito?
Teseo, lancia in resta, inizia a correre nella stessa direzione. ― Veniva da qui.
― Sii prudente. C'è anche Arianna.
― Tranquillo, so quello che faccio.
Icaro lo guarda preoccupato.
***
Arianna si accovaccia davanti alla creatura. ― Non sei cambiato affatto.
Asterione si gratta il collo con il piede.
Lei ride divertita. ― Sei rimasto qui per tutto questo tempo.
Asterione fa un giro su sé stesso ed emette un ululato breve ma intenso.
― Come hai fatto a sopravvivere? Ogni tanto ti portavo del cibo ma...
Asterione allunga una mano verso di lei, Arianna si ritrae di scatto. Poi, guardando Asterione negli occhi, allunga la sua.
Le loro dita si intrecciano.
Asterione la tira con delicatezza e lei lo segue.
***
La sala è divisa dal resto del palazzo da un ampio arco a volta. Oltre di esso, si apre un ambiente ancora più vasto di forma rettangolare.
Arianna spalanca gli occhi e volta la testa da un lato all'altro.
Alberi d'alto fusto hanno invaso la sala crescendo fino a occupare il colonnato che circonda il cortile. Piante rampicanti hanno formato un solo intrico che ha avviluppato le colonne, trasformandole in piccoli alberelli dalla forma perfetta.
Dal terreno emana una foschia verdastra che nasconde i particolari. La luce filtra attraverso delle aperture minuscole sul soffitto così alto che l'albero più maestoso non riesce nemmeno a sfiorarlo.
Asterione si allontana, raggiunge un albero e vi infila dentro la mano. Quando la ritrae, apre il pugno davanti ad Arianna. Il palmo è un brulicare di insetti e larve.
Arianna si ritrae disgustata. ― Mangi questa roba?
Asterione torna all'albero e rimette gli insetti nell'incavo.
― Almeno non devi lavarti le mani prima di mangiare ― esclama guardandolo procedere a piccoli balzi attraverso il sentiero irregolare.
Al centro della radura naturale, una pozza d'acqua ha invaso il centro della sala formando un lago ampio abbastanza da non poter essere attraversato con un semplice salto.
Sull'altra sponda si intravedono altri alberi e piante.
Asterione afferra uno dei frutti che pendono da un albero e lo addenta, passandolo poi ad Arianna.
La ragazza osserva il frutto, sano e succoso. Lo morde e mastica lentamente. Sorride. ― È buono. Molto meglio di quelli che coltiviamo noi. ― Si accovaccia in riva al lago, raccoglie un po' d'acqua nel palmo la sorseggia con cautela. ― È fresca, non è stagnante. Deve esserci una fonte nelle vicinanze, non è vero?
Il volto rugoso si Asterione si contrae in una sorta di sorriso grottesco.
― Acqua, cibo, un riparo... avevi tutto ― dice Arianna rialzandosi. ― E io ti portavo quelle schifezze. È per questo che eri sempre arrabbiato?
Asterione si tocca il cuore e allunga l'altra mano verso Arianna.
― Anche io ti voglio bene ― dice la ragazza. ― Sono venuta a prenderti. Dobbiamo andare via.
Asterione balza in piedi e scappa via, nascondendosi dietro a un angolo.
― Lo so che non vuoi uscire di qui perché hai paura ― spiega Arianna raggiungendolo. ― Ma è pericoloso restare. Delle persone molto cattive stanno venendo a prenderti.
Asterione lancia un ringhio sommesso.
― Voglio solo aiutarti. ― Arianna gli tende la mano. ― Vieni con me. Ti porterò in un posto sicuro.
Asterione fa un passo verso di lei. Arianna si avvicina, tende le braccia. I due si sfiorano.
― Arianna. Vai via di lì.
La voce di Icaro la fa trasalire.
Asterione fa un balzo all'indietro, il corpo teso come un animale pronto a colpire.
Teseo avanza lancia in resta e lo sudo a coprirgli il corpo. Icaro lo segue con la torcia alzata.
Asterione si copre il viso quando il cono di luce lo investe. Emette un guaito sommesso e scappa via, nascondendosi nel folto della radura.
Arianna si alza e fa cenno ai due di fermarsi. ― No. Basta ― grida.
Teseo continua ad avanzare. ― Levati di mezzo, principessa. Ora tocca a me.
Arianna gli blocca il passo.
Teseo si ferma, incerto. ― Ma che fai?
Icaro gira attorno al guerriero e si avvicina alla ragazza. ― Stai bene? ― domanda preoccupato. ― Ti ha fatto del male?
Arianna scuote la testa. ― Ero quasi riuscita a convincerlo. Non potevate arrivare più tardi?
― Scusa tanto ― dice Teseo con una smorfia.
Icaro si passa una mano sulla fronte. ― Eravamo preoccupati per te.
Arianna annuisce. ― Lo so. Mi spiace.
Icaro abbozza un sorriso. ― Lascia perdere. ― Lancia un'occhiata agli alberi e al lago. ― Che posto incredibile. Chi lo avrebbe mai immaginato che dentro al labirinto ci fossero una foresta e un lago?
Arianna si volta verso gli alberi dove Asterione è scomparso. ― Ha passato qui gran parte della sua vita.
― E ora che si fa? ― dice Teseo abbassando la lancia e lo scudo. Un istante dopo un'ombra sbuca dal buio e lo afferra per le spalle.

 

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Capitolo 7
*** SETTE ***


Teseo rotola sul pavimento formato dalle radici degli alberi. Sopra di lui, Asterione cerca di colpirlo al petto, ma denti e artigli trovano il metallo dell'armatura.
― Toglietemelo di dosso ― grida il guerriero tentando di bloccargli le braccia.
Asterione scatta in avanti colpendolo al petto con le corna sulla fronte.
Teseo lancia un grido di dolore.
Icaro si getta su Asterione e lo afferra per le spalle.
― Fermi ― grida Arianna. ― Smettetela. Asterione, basta.
La creatura si stacca da Teseo e rotola fino a un albero, dove si accovaccia e ringhia verso Icaro.
Il ragazzo allarga le braccia e fa un passo indietro. ― Buono. Non fare così.
Asterione si piega sulle gambe e scatta in avanti, la testa allineata con la schiena e le corna puntate verso il petto di Icaro.
Il ragazzo alza le braccia per difendersi, ma Arianna balza in avanti e viene colpita al fianco.
La ragazza vola di lato, rotola sul pavimento e si ferma sotto un albero.
Icaro corre da lei. ― Guarda che cosa hai fatto. Mostro ― grida all'indirizzo di Asterione.
La creatura ha il respiro affannato. Fissa con occhi vuoti la ragazza che giace tra le braccia di Icaro.
Teseo si rialza e afferra la lancia e lo scudo. ― Ora te la vedrai con me.
Asterione balza all'indietro e si lancia nel folto della radura, dove scompare. Teseo lo segue.
― Aspetta ― grida Icaro.
Arianna tossisce e apre gli occhi. ― Cos'è successo?
― Hai preso una bella botta.
― Mi fa male il fianco.
Icaro le rivolge un sorriso. ― Ora ti passa.
Arianna allontana le mani del ragazzo e si rimette in piedi. ― Dov'è andato Asterione?
― È scappato.
Arianna muove un passo nella direzione indicata da Icaro, inciampa. Lui l'afferra e la sostiene.
― Devo andare da lui ― dice la principessa con voce rotta dal dolore.
― Non ti reggi in piedi.
Arianna gli passa le mani attorno al collo. ― Aiutami. Ti prego.
― È pericoloso. L'hai visto anche tu.
― È solo spaventato.
Arianna scivola verso il basso. Icaro l'aiuta a stendersi con la schiena appoggiata a un albero.
― Vado io a cercarlo ― dice il ragazzo.
Arianna chiude gli occhi, il respiro si fa leggero.
Icaro si raddrizza, lancia un'occhiata alla radura e si lancia di corsa tra due alberi.
***
Minosse esce dalla stanza, il volto assonnato. Le due guardie scattano sull'attenti. ― Qualcuno mi ha cercato?
― Solo la principessa Arianna ― dice uno dei soldati.
Minosse emette un grugnito. Percorre il corridoio con passo sostenuto.
***
Nel cortile del palazzo due soldati sorvegliano l'entrata. Minosse gli passa accanto e si guarda attorno. ― Dove sono tutti gli altri?
Una delle guardie si schiarisce la voce. ― Sono andati al vecchio palazzo, Maestà.
― Per qual emotivo?
― Ordini dell'Alto sacerdote.
Minosse si sistema la tunica sulle spalle e si incammina in direzione del vecchio palazzo reale. Le guardie lo seguono a una decina di passi di distanza.
***
Davanti al cancello mezza dozzina di soldati montano di guardia con le lance e gli scudi ben visibili.
Minosse si ferma davanti al passaggio, lancia una lunga occhiata all'entrata spalancata. ― Chi ha dato l'ordine di aprire la porta?
― L'Alto Sacerdote... ― Inizia a dire uno dei soldati.
Minosse gli fa cenno di tacere. ― Voi dovete ubbidienza a me, non a Grodyon. A quando l'Alto Sacerdote contravviene ai miei ordini?
I soldati si scambiano occhiate perplesse.
Minosse sospira e varca il cancello, dirigendosi all'entrata.
I due soldati della scorta lo seguono dopo un attimo di esitazione.
Vicino all'entrata Minosse si volta e fa loro cenno di fermarsi. ― Proseguirò da solo.
― Maestà ― dice uno dei soldati. ― Lì dentro c'è...
― Lo so che cosa c'è ― dice Minosse stizzito. ― Restate qui a sorvegliare l'entrata. Se avrò bisogno di voi vi chiamerò.
Minosse si volta, inspira una boccata d'aria e si infila nell'apertura.
***
Icaro sbuca in uno spiazzo circondato da alberi dal fusto leggero. Piante dai fiori color verde scuro crescono in ogni fessura del muro e del pavimento.
Un ringhio sommesso lo fa voltare di scatto.
Asterione lo fissa con rabbia dalla parte opposta dello spiazzo.
Icaro allarga le braccia e si accovaccia.
Asterione si piega sulle gambe.
― Senti ― dice Icaro con voce tremante. ― Arianna è ferita e deve uscire di qui. Non se ne andrà senza di te.
Asterione esita.
― Lo so che mi hai capito. Non sei stupido e non sei un animale. Se ci tieni a lei, ti conviene tornare indietro e darmi una mano.
Qualcosa brilla sopra le loro teste. La lancia di metallo supera la distanza ch li divide e si conficca a un passo di distanza da Asterione, che fa un balzo all'indietro.
Teseo sbuca dal folto della boscaglia, scudo e spada sguainata. ― Peccato ― esclama. ― Era un tiro difficile con questo buio, ma lui è un bersaglio grosso. Non dovevo mancarlo.
Asterione ringhia di rabbia all'indirizzo del guerriero.
Teseo si lancia verso di lui, la spada sollevata.
Icaro balza a sua volta e sbilancia il guerriero, che inciampa e cade perdendo lo scudo.
― Vai da lei. Scappa ― grida Icaro ad Asterione.
Questi lancia un ululato e si lancia nella boscaglia, scomparendo.
Teseo si rialza e punta la spada al petto di Icaro, che alza le mani come in segno di resa. ― Ma che ti prende? ― grida. ― Lo hai fatto scappare. Ti rendi conto?
Icaro scoppia a ridere.
Teseo gli scocca un'occhiata sbilenca e allontana la spada. ― Io non vi capisco.
Icaro si rialza e si avvia nella direzione presa da Asterione. ― Tu non vieni?
Teseo recupera la lancia. ― A questo punto, preferisco stare da solo ― dice sparendo nella boscaglia.
***
Asterione raggiunge il lago, balza sul tronco di un albero e si lascia scivolare dall'altra parte, atterrando a un passo da Arianna.
La ragazza alza la testa di scatto e sgrana gli occhi. ― Vattene via ― grida.
Una rete cala dall'alto su Asterione, avvolgendolo. Dopo un breve lotta, si ritrova incastrato con mani e piedi nelle maglie.
Piritoo e Grodyon emergono dal buio.
― A quanto pare ― dice l'Alto Sacerdote. ― La caccia è terminata.
***
Arianna si trascina fino ad Asterione che, con occhi tristi, si aggrappa alla rete e cerca di rosicchiarla con i denti.
Lo sguardo di Grodyon cade su un mucchio di rotoli di carta. Li raccoglie e li esamina con una rapida occhiata. ― Una copia del labirinto. Interessante. La terrò io, non si può mai sapere.
Piritoo gira attorno alla preda. ― È un vero mostro. Però me lo aspettavo più grosso e imponente.
Grodyon scrolla le spalle. ― Le leggende esagerano sempre. Guardalo. Ci crederesti che una creatura così insignificante ci ha causato tanti problemi?
Arianna gli scocca un'occhiata furente. ― Grodyon. Mio padre ti punirà per quello che hai fatto, liberalo subito e forse ti risparmierà.
Grodyon scrolla le spalle. ― Quando avrò eliminato la maledizione e rimesso le cose a posto, tuo padre mi ringrazierà, altro che punirmi. Lui l'ha sempre saputo che questa era l'unica cosa giusta da fare. Piritoo ― dice rivolto al guerriero. ― Torna dai tuoi uomini e di' loro di sigillare tutte le entrate a questa sala.
Piritoo annuisce. ― Ricordati quello che mi hai promesso.
Grodyon fa una smorfia. ― E tu ricordati chi comanda qui.
Il mercenario gli scocca un'occhiata torva.
― Piritoo ― grida Arianna. ― Sei stato ingannato.
Il guerriero si ferma e si volta.
― Non c'è nessun tesoro nascosto in questo palazzo ― continua la ragazza.
Grodyon ride. ― Sta mentendo. È una piccola bugiarda.
Piritoo gli fa cenno di fare silenzio e gli mostra la spada. ― Continua, ragazzina.
― Vedi dell'oro qui attorno? ― domanda Arianna alzandosi su gambe malferme. ― È questo l'ultimo livello del palazzo. Non ce ne sono altri, a meno che Grodyon non l'abbia scavato con le sue mani.
― Niente oro? ― chiede Piritoo.
Arianna scuote la testa.
Il mercenario guarda Grodyon, che sospira. ― Aver compiuto questa impresa ti darà molto più oro e fama di quanto tu abbia mai sognato.
Piritoo agita il pugno verso l'Alto Sacerdote. ― Mi hai ingannato ― grida. ― Te la farò pagare.
Asterione strappa le maglie della rete e si libera. Con un balzo si lancia verso Piritoo, che inciampa e se lo ritrova addosso. La spada rotola lontano, fuori dalla sua portata.
Grodyon estrae un pugnale e si china su Arianna, afferra la ragazza per un braccio e la costringe a rialzarsi. ― Visto che hai combinato? Ora dovrò cambiare i miei piani. ― Trascina via la ragazza sparendo nel buio.
Piritoo e Asterione lottano sul pavimento avvinghiati l'uno all'altro.
― Lasciami ― grida Piritoo afferrandolo al collo.
Asterione cerca di morderlo. Qualcosa cala alle sue spalle e lo colpisce alla testa.
Nel punto in cui ha colpito la creatura lo scudo di Teseo ha una vistosa ammaccatura. ― Però. Ha la testa dura.
Piritoo si rialza ed esamina Asterione. ― È vivo.
Teseo impugna la lancia.
Piritoo gli blocca il braccio. ― Non qui. Davanti a tutto il popolo. Così noi saremo gli eroi che hanno salvato Creta. Anche se hanno poco, chiederemo una lauta ricompensa per aver eliminato il mostro.
Teseo si divincola. ― Io l'ho catturato. Io devo avere questo onore.
Piritoo ci riflette. ― Mi sembra giusto. Noi avremo il denaro e tu la gloria. Affare fatto?
Teseo gli stringe la mano.
***
― Arianna ― esclama Icaro quando torna al laghetto. Si guarda attorno spaesato.
L'unico rumore è il suo respiro pesante.
Icaro guarda il pavimento e le tracce confuse. ― Dove sei andata? ― domanda con un sussurro.
***
Grodyon trascina Arianna fino alla base di un altare di pietra. Tenendo ferma la ragazza, passa una corda attorno a una colonna e la lega stretta.
Arianna cerca di liberarsi, ma cede e si accascia.
― Resta qui ― dice l'Alto Sacerdote.
― Che cosa vuoi da me? ― Arianna lo guarda con aria di sfida.
― Quello che volevo dal mostro ― dice l'Alto Sacerdote con occhi spiritati. ― Fin dall'inizio ho creduto che la fonte della maledizione fosse il tuo fratello deforme, ma mi ero sbagliato. È chiaro che gli dèi stavano cercando di darmi un messaggio.
Arianna scuote la testa.
― Siete voi la causa di tutti i mali di Creta ― ringhia Grodyon. ― Avrei dovuto capirlo subito. Siete gemelli. E i gemelli condividono tutto. Le cose belle. Quelle brutte. E la morte.
Arianna sgrana gli occhi e cerca di liberarsi. Le corde si tendono mordendole la pelle.
Grodyon da un occhiata ai rotoli. ― Non ti muovere ― dice allontanandosi.
Arianna resta da sola nel buio. Dietro e sopra di lei si intravede il profilo di una statua che si innalza verso il soffitto.
***
La sala è un cubicolo scuro, ampio abbastanza da accogliere un piccolo plotone di soldati. Minosse vi entra quasi in punta di piedi.
La pietra incrostata di umidità reca ancora i segni sbiaditi dei vecchi dipinti. Scene di caccia e di vita quotidiana si intrecciano con raffigurazioni di divinità.
In un riquadro che occupa l'intera parete un toro viene preso per le corna da un ragazzo che vi volteggia sopra. Al suo fianco una giovane donna di profilo l'osserva come incantata.
Minosse passa la mano sul dipinto e scuote la testa. Un rumore di passi lo fa trasalire. La torcia che stringe nella mano sfugge alla presa e rotola via lungo una pendenza, fermandosi in un angolo.
La fiamma langue e si spegne quando Minosse la raggiunge.
Il rumore di passi si fa più vicino. Ora è mescolato a quello delle risate e delle grida e dei grugniti.
― Sono io ― grida Minosse. ― Il re.
L'unica risposta che gli giunge è l'eco delle sue parole che si riverbera sulle pareti di pietra.
― Aspettate ― grida con voce tremante. ― Ho bisogno d'aiuto. Mi sono perso.
Le voci si allontanano. Di esse giunge solo un'eco lontano che si affievolisce col passare dei secondi.
Minosse vaga nel buio, raggiunge la parete opposta e si appoggia con la schiena alla roccia. Tremante, si lascia scivolare sul pavimento. L'oscurità lo avvolge mentre china la testa sulle ginocchia piegate contro il petto.
***
Grodyon emerge dall'entrata e si avvicina al cancello. Il comandante delle guardie gli va incontro, l'espressione tesa sul viso. ― Il re non è con te? ― domanda all'Alto Sacerdote.
Grodyon esita. ― Lui è voluto rimanere dentro. Deve riconciliarsi con i vecchi dèi e non deve essere disturbato per nessun motivo. Qualcun altro è passato di qui prima di me?
― I mercenari giunti dal mare. Si sono trascinati dietro un fagotto.
― Dove si sono diretti?
― Al palazzo reale. Parlavano di invitare la popolazione a uno spettacolo. Devo ordinare ai soldati di bloccarli?
Grodyon scuote la testa. ― No, al contrario. Diffondete la voce. Che tutti vadano al palazzo reale per assistere a uno spettacolo grandioso. Oggi Creta sarà liberata dalla maledizione.
Il comandante annuisce.
― Bloccate tutte le strade che portano al vecchio palazzo ― ordina l'Alto Sacerdote. ― Qualunque cosa vediate o sentiate, non dovete intervenire. Per nessun motivo. Se lo farete, l'ira degli dèi ricadrà su tutti noi. È chiaro?
― Mando subito i soldati a presidiare le strade.
Grodyon si volta e rientra nel palazzo.
***
― Qui andrà bene ― dice Piritoo fermandosi al centro dello spiazzo. Alle sue spalle, il palazzo reale svetta su tutti gli altri edifici disegnando un'ombra netta nei raggi dell'alba. ― Anche la luce è l'ideale, non trovate? ― sottolinea la frase con una risata.
I guerrieri lo guardano in silenzio. Teseo attende in disparte, la lancia e lo scudo stretti tra le mani. Ai margini della piazza, Dedalo osserva la scena e scuote la testa affranto.
Teseo si avvicina al fagotto che Ceneo e Issione trattengono con le braccia. Qualcosa si agita al suo interno.  ― Si è svegliato. E deve avere una gran fame.
Teseo solleva la lancia, ma Piritoo gli blocca il braccio.
― Non avere fretta, ragazzo ― dice con aria sicura. ― Goditi il tuo momento di gloria fino in fondo.
Teseo abbassa l'arma e fissa il fagotto con furore.
Piritoo si avvicina a Dedalo e gli strappa di mano i fogli arrotolati. Il vecchio si ritrae davanti alla furia del guerriero che fa a pezzi la carta e la disperde al vento.
― Questi non servono più. Ora il palazzo è libero.
Teseo si avvicina a Dedalo e lo trascina lontano. ― Piritoo è troppo distratto dallo spettacolo che sta organizzando per pensare a te. Se te ne vai ora non noterà la tua assenza.
Dedalo si volta, fa qualche passo e poi torna indietro.
― Sei ancora qui ― dice Teseo triste.
― Perché?
― Tu sei Dedalo, il padre di Icaro.
― Sei amico di mio figlio? Come sta?
― Stava bene quando l'ho visto l'ultima volta. Siamo entrati nel labirinto passando per il pozzo di scarico ― spiega Teseo. ― Volevamo salvare quel mostro.
Dedalo impallidisce. ― Che follia ― esclama. ― Dov'è ora?
― Credo sia uscito. Avevamo una copia dei tuoi progetti per orientarci. Vai da lui.
― E tu che cosa farai?
Teseo scrolla le spalle.
― Sembri una persona decente. Perché ti sei unito a quelle persone?
Teseo agita la lancia. ― Questo è il mio momento. Ucciderò il mostro e diventerò un eroe.
― Ci sono molti modi per essere un eroe.
― Ma nessuno di questi rende il tuo ricordo immortale.
Dedalo indica con un cenno della testa il sacco in cui Asterione geme e si agita. ― Allora vai. Uccidi il tuo mostro. ― Si volta e si allontana.
Teseo rimane a fissarlo per qualche secondo, poi rivolge la sua attenzione al sacco.
Piritoo fa tintinnare una pesante catena legata a un ceppo infisso nel terreno. ― Ora ci divertiamo sul serio.
***
Icaro emerge dal pozzo. È coperto di polvere dalla testa ai piedi. Le bracca e le gambe hanno lividi e tagli. Si guarda attorno. La strada è deserta, fatta eccezione per un paio di passanti che non guardano dalla sua parte.
― Arianna? ― chiama con voce affannata. ― Per gli dèi, dove ti sei nascosta?
Si allontana di una decina di passi, getta un'occhiata in un vicolo. ― Vieni fuori. Sono io. Icaro.
Si ferma nel vicolo successivo col fiatone. Passi che avanzano al ritmo di marcia lo fanno sobbalzare.
Una dozzina di soldati emerge dalla strada principale e si dispongono a due alla volta lungo il perimetro del vecchio palazzo reale.
Icaro si avvicina ma viene bloccato dai soldati che mostrano minacciosi le lance.
― Nessuno può avvicinarsi al palazzo ― dice una delle guardie. ― Ordini dell'Alto Sacerdote.
― Sentite, ho dimenticato la mia borsa vicino a quel pozzo. La prendo e torno subito. ― Cerca di superare le guardie, ma questi l'afferrano e lo rimandano indietro.
Icaro inciampa e perde l'equilibrio, finendo su di una persona che sopraggiunge di corsa alle sue spalle. Si ritrova a terra tra le braccia del padre.
Dedalo sgrana gli occhi. ― Icaro. Meno male che sei tutto intero.
― Padre ― esclama il ragazzo con voce rotta dall'emozione. ― Anche tu stai bene.
I due si rialzano.
― Come ti è venuto in mente di seguirmi? ― domanda Dedalo con tono di rimprovero.
― Dovevo fare qualcosa per aiutarti.
Dedalo lo stringe al petto. ― Andiamo a casa. Ne abbiamo già passate troppe per oggi.
Icaro si libera dell'abbraccio del padre. ― Non ci sono andato da solo. Con me c'erano Teseo e Arianna.
Dedalo lo fissa sbalordito. ― La principessa?
Icaro annuisce. ― Non riesco più a trovarla. Spero si sia nascosta da qualche parte con il mostro.
Dedalo scuote la testa. ― Ti sbagli. Asterione è con Piritoo e Teseo.
Icaro sgrana gli occhi. ― Che cosa? Arianna non sarebbe mai uscita senza di lui. Deve essere ancora dentro. ― Si volta verso il vecchio palazzo.
Le guardie sono ancora lì, le lance bene in vista.
― Quei due non mi lasceranno mai passare ― dice Icaro. ― Padre, tu hai costruito quel palazzo. Non esiste un'altra entrata segreta o qualcosa del genere?
Dedalo scuote la testa. ― Anche se ci fosse, senza i miei rotoli non riuscirei a orientarmi nel labirinto. È troppo complesso anche per me.
Icaro si lascia cadere con la schiena appoggiata al muro, l'espressione affranta. ― Eppure deve esserci un modo per... ― Il viso si illumina. Scatta in piedi. ― Io conosco un'altra entrata. Ci sono passato ieri mattina.
Dedalo lo guarda stupito. ― Tu hai cosa?
Icaro scuote la testa. ― Poi ti racconto. Tra il secondo e il terzo livello c'è un condotto che scende fino al primo.
Dedalo annuisce. ― Me lo ricordo bene, sì. Ma è impossibile accedervi dall'esterno.
Icaro fa schioccare le dita. ― Invece sì. Basta scavalcare un cancello e arrampicarsi lungo un cornicione.
― Dimentichi che tutte le entrate sono sorvegliate.
Icaro sbuffa. ― È vero. Non c'è proprio un altro modo per arrivarci?
Dedalo scuote la testa affranto. ― Nessuno. A meno che tu non sappia volare.
Padre e figlio si scambiano un'occhiata.
***
Icaro si sporge dal cornicione. Sotto di lui, la città sembra un modellino in scala. Rivoli di gente convergono verso il palazzo reale. Il flusso viene incanalato dai soldati di guardia attorno al vecchio palazzo.
Dedalo sistema l'imbracatura sulla schiena del figlio. Con le mani stringe una cinghia. Due ali piumate si dispiegano ai due lati. Il vento leggero che spira dal mare le fa ondeggiare e vibrare. ― Sei sicuro che le piume funzioneranno?
― E tu sei sicuro che non mi spiaccicherò contro il muro di un palazzo?
― Forse dovrei fare un volo di prova ― dice Dedalo guardando di sotto. Subito dopo si ritrae tremante.
Icaro sorride e scuote la testa. ― È già tanto che tu sia salito qui sopra.
Dedalo guarda il figlio dritto negli occhi. ― Non devi farlo per forza.
― Padre ― dice Icaro traendo un profondo respiro. ― Perché Arianna è così legata a quell'essere? Cos'ha di così speciale?
Dedalo abbassa gli occhi. Quando li rialza sono umidi. ― È suo fratello gemello.
Icaro sgrana gli occhi. ― Non ne avevo idea.
― È una lunga storia. Minosse proibì di parlarne a tutti quelli che conoscevano la verità. Non volevo metterti in pericolo dicendoti qualcosa. Tu eri solo un bambino e non puoi ricordare.
Icaro guarda la città sotto di lui.
Dietro di lui, Dedalo ha l'espressione triste. ― Quel Piritoo ha organizzato uno spettacolo coi fiocchi. Chissà che cosa faranno al povero Asterione.
Icaro si volta verso il padre. ― Vai da Teseo e convincilo a risparmiargli la vita. Digli che Arianna si è persa nel labirinto ed è in pericolo.
A quelle parole un intenso chiarore appare all'orizzonte. Dal vecchio palazzo reale si levano alte fiamme nel punto in cui si trova il cortile.
Icaro le guarda allarmato. ― Sta succedendo qualcosa di grave. Devo andare. ― Fa due passi indietro e corre verso il bordo. I piedi fluttuano nel vuoto, le ali vibrano e lo sbatacchiano. Precipita per alcuni secondi, poi una corrente d'aria lo riporta in alto.
Icaro stringe i denti e piega un'ala, stabilizzando il volo.
In lontananza si vedono la torre e Dedalo che gli lancia un saluto prima di sparire.
Un vuoto d'aria lo fa precipitare. Icaro vede la strada allargarsi. Apre le ali e riprende a salire. Il vento gli scompiglia i capelli.
Ride.
― È bellissimo ― grida tuffandosi verso il suolo e poi virando di nuovo verso l'alto per guadagnare velocità. Sotto di lui alcuni passanti sollevano la testa e lo indicano.
Icaro gira la testa di lato e individua il palazzo del labirinto. Le fiamme hanno invaso il terzo livello, arrivando a lambire il secondo. Con una secca virata si dirige verso l'edificio.

 

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Capitolo 8
*** OTTO ***


Teseo trae un profondo respiro. Nella mano destra stringe la lancia appoggiata sulla spalla, mentre con la sinistra brandisce lo scudo. Sulla superficie lucida del metallo si vede ancora l'ammaccatura.
La folla si accalca ai lati del viale. Gli sguardi sono divisi tra quelli per il guerriero che si prepara al combattimento e la creatura incatenata che attende al centro della spianata.
Soldati armati di lancia e scudo osservano attoniti la scena.
Piritoo e gli altri guerrieri si godono lo spettacolo da una terrazza del palazzo.
― Popolo di Creta ― grida il guerriero con voce sguaiata. ― Guarda il mostro che per anni ti ha terrorizzato. Oggi il prode Teseo, figlio di Egeo re di Atene, libererà la vostra isola da questa maledizione.
Asterione agita le catene che gli immobilizzano le braccia. Un'altra catena è legata attorno ai fianchi. Solo le gambe tozze sono libere di muoversi.
Dalla folla si leva qualche grido e un applauso, ma i più osservano in silenzio, lo sguardo atterrito.
Piritoo solleva il braccio destro. ― Quando vuoi tu, Teseo.
Le fiamme che svettano sul palazzo del labirinto si mescolano ai raggi del sole che spuntano da dietro l'edificio.
Teseo marcia verso Asterione, che si volta e si agita alla vista del fuoco che si alza dalla sua prigione.
― Sembra che Grodyon stia organizzando una sua festa privata ― sussurra Piritoo agli altri guerrieri. ― Questo sarà un giorno memorabile.
***
Icaro atterra sulla terrazza, scivola, inciampa e rotola su se stesso fino quasi al bordo, dove si aggrappa a una pietra. Facendo leva su di una gamba si solleva e scivola sul cornicione, dove resta a pancia all'aria per qualche secondo.
Quando si rialza, le fiamme hanno quasi raggiunto la terrazza di pietra che sporge verso l'esterno del palazzo. Il fuoco si muove come un liquido sulla roccia, insinuandosi nelle fessure tra una pietra e l'altra.
― Fuoco greco ― sussurra affannato mentre si sfila l'imbracatura delle ali.
Le fiamme scorrono sul pavimento di roccia allargandosi come una macchia d'acqua.
Icaro si guarda attorno. ― Dunque, erano sei passi in avanti e tre a destra, o tre a sinistra e sei in avanti?
Passeggia sulla terrazza contando i passi. Si ferma e si accovaccia. Le dita premono sulle pietre, ma queste non si muovono.
Si rialza e corre al punto di partenza.
Le fiamme continuano ad avanzare. Metà terrazza è invasa dalle fiamme.
Icaro conta di nuovo i passi mentre esegue una specie di danza sulle pietre. Si accuccia e spinge un masso, senza riuscire a smuoverlo. ― Sbagliato di nuovo. Oh, dèi. Ma come faceva a...
Sbuffando e ansimando torna al punto di partenza, conta i passi per la terza volta e si ferma al centro della terrazza. Le fiamme lo hanno circondato, formando un muro compatto che si stringe attorno a lui.
Icaro si china e passa le dita tra le fessure che dividono le pietre. Spinge e tira senza che niente accada.
Le fiamme gli lambiscono i piedi e le gambe.
Icaro sferra un pugno violento a una pietra. La roccia oscilla, si piega verso l'interno e si solleva abbastanza da infilarci sotto le dita e sollevarla.
Icaro si infila nell'apertura e rimette a posto la pietra un attimo prima che le fiamme si chiudano su di lui. Percorre il corridoio in leggera discesa tenendo le ali sotto il braccio. Alla base dello scivolo individua la corda nel buio. ― Brava Arianna. Ora vedremo se il tuo sistema è davvero il migliore.
***
Teseo avanza verso il centro della spianata, la lancia pronta a colpire. Il pubblico ha preso a incitarlo.
― Colpiscilo.
― A morte.
Asterione, disperato, tende allo spasimo i muscoli delle braccia per liberarsi. Le catene tintinnano, ma il metallo resiste alla terribile sollecitazione.
Teseo copre metà della distanza che lo separa dalla creatura e si ferma.
Asterione si volta verso il palazzo del labirinto e lancia un profondo ululato all'indirizzo delle fiamme che si levano sempre più alte.
Gli spettatori si voltano nella stessa direzione e guardano sgomenti lo spettacolo.
― Non è possibile.
― Il palazzo sta bruciando.
― È un segno degli dèi.
― Guardami ― grida Teseo. ― Guardami, mostro ― aggiunge quando Asterione si volta verso di lui.
La creatura lancia un ululato triste e si piega in avanti, come in preghiera. Guarda prima Teseo e poi il palazzo del labirinto.
― Vuoi tornare nella tua prigione? Anche ora che sta bruciando? ― domanda Teseo.
Asterione lancia un altro ululato e si inchina davanti a Teseo.
Il guerriero avanza di un altri due passi, la lancia pronta a colpire. ― Forse non sei davvero cattivo come dicono ― dice distogliendo lo sguardo. ― Ma questa è la mia occasione per diventare un eroe, capisci? Forse non ne avrò un'altra.
Asterione si solleva su gambe malferme e allarga le braccia.
Teseo scuote la testa. ― Mi offri il tuo petto? Senza nemmeno combattere? Così non c'è alcun onore per me ― grida furioso. ― Combatti. So che ne sei capace.
Asterione scuote il capo deforme e chiude gli occhi.
Teseo avanza di scatto e solleva la lancia.
***
Il fumo invade il corridoio. Icaro tossisce e si china in avanti, la corda stretta tra le mani. Le pareti di roccia sembrano sparire nella densa foschia e nel buio. Solo il chiarore dell'incendio getta una luce nell'oscurità.
Icaro avanza seguendo la corda tesa al centro del passaggio, gli occhi socchiuse e una mano sulla bocca per proteggersi dal fumo.
Arrivato a un incrocio la corda termina in un nodo legato a un chiodo si ferro infisso nel muro. Icaro scioglie il nodo e arrotola la corda. ― E ora dove vado?
L'eco di passi che si avvicinano lo fanno trasalire.
― Arianna? ― grida rivolto all'oscurità.
I passi accelerano, si fanno pesanti, quindi si fermano. Una sagoma appare nel fumo, avanza verso di lui barcollando.
Icaro socchiude le palpebre.
Dal fumo emerge una figura maschile. Il viso stravolto, le mani che a tentoni cercano il muro. Minosse scivola, si rialza. Infine si lascia cadere sul pavimento.
Icaro si avvicina. ― Maestà?
Minosse lo fissa con sguardo assente. ― Chi sei? Ti conosco?
― Mi chiamo Icaro.
― Sei il figlio di Dedalo. ― Sul volto appare un pallido sorriso. ― Da quanto tempo non... ― Le parole gli si spengono in gola.
― Cosa ci siete venuto a fare qui?
― È il mio palazzo questo. ― Minosse agita una mano nell'aria. ― Mi sono perso ― dice con un filo di voce. ― Ho vagato per ore in cerca di una via d'uscita. ― Nasconde il viso con le mani. ― Come ho potuto fare questo a mio figlio? Non c'è prigione peggiore di questa. Al buio, da solo. Un bambino. ― Singhiozza.
Icaro lo afferra per il braccio e lo costringe ad alzarsi. ― In piedi. Si sta riempiendo di fumo.
Minosse lo allontana con uno strattone. ― Lasciami qui, ragazzo. Io non merito di vivere.
Icaro lo scuote con forza. ― Forse tu no, ma Arianna sì.
― Arianna?
― È qui da qualche parte, persa nel labirinto. E si sta riempiendo di fumo.
― Arianna ― piagnucola Minosse. ― Lei no. Ti prego, non lei. Non riuscirei a sopportarlo.
― La troveremo. ― Icaro lo prende per mano. Dietro di loro il fumo continua ad aumentare.
***
Grodyon discende la scala un gradino per volta. Giunto sul pianerottolo, si abbassa per guardare Arianna, legata mani e piedi e distesa sul pavimento.
La ragazza volta la testa verso di lui e gli rivolge un'occhiata ostile.
Grodyon sorride. ― È stata una buona idea mettere da parte un po' di quel fuoco greco. Nelle giuste proporzioni è in grado di consumare anche la pietra.
Solleva la ragazza senza sforzo e le slega le caviglie. Con una mano le artiglia la spalla e la spinge lungo il corridoio.
― Mi fai male ― si lamenta Arianna.
― Il dolore è solo un mezzo per raggiungere l'illuminazione.
Grodyon la guida verso una statua che torreggia nell'ampia sala. L'Alto Sacerdote la indica col braccio teso. ― Ammira la pura follia visionaria di tuo padre.
Nel chiarore delle torce, il muso grottesco della statua risulta ancor più mostruoso. Grandi corna appuntite spuntano da una testa che ricorda quella di un toro. Il corpo invece è quello di un uomo. Le braccia muscolose si protendono verso il vuoto, dove le mani si congiungono. In mezzo ai palmi uniti brilla la fiamma di un braciere. La statua si innalza quasi fino al soffitto, raggiungendo l'altezza di trenta o quaranta uomini adulti.
Grodyon sospira. ― Non sai quante volte l'ho esortato a non offendere gli dèi, ma lui niente. Ha proseguito con la sua follia fino a ordinare la costruzione di questa mostruosità, alla quale ha dedicato un immenso palazzo.
Una scala scavata nella pietra si innalza alle spalle della statua avvolgendosi attorno a una colonna di roccia che la sostiene.
― È buffo che tutto debba finire proprio qui, dove è iniziato. ― Grodyon spinge Arianna lungo i gradini.
La ragazza incespica, cade. L'Alto Sacerdote la solleva e la costringe a fare un altro passo, un altro gradino.
― Solo ora ho compreso il messaggio che gli dèi mi hanno inviato. La nascita del tuo gemello deforme non era un invito al suo solo sacrificio. Gli dèi volevano due vittime. Una mostruosa, per rimuovere la maledizione che ci avevano lanciato contro. ― Stringe i polsi di Arianna. ― E una vittima pura e innocente per propiziare la nostra rinascita. A pensarci bene, saresti dovuta morire quel giorno al palazzo. ― Ride. ― Tutto sarebbe stato più semplice.
Arianna cerca di divincolarsi ma lui la spinge lungo i gradini. ― Ma ora rimetteremo le cose a posto.
***
Dedalo si fa strada tra la folla a furia di spintoni. Una guardia lo respinge con lo scudo. ― Indietro ― urla minaccioso il soldato.
Al centro dello spiazzo, Teseo minaccia Asterione con la lancia alzata e lo scudo davanti al corpo.
― Avanti Teseo ― grida Piritoo dalla terrazza. ― Dimostraci che sei un vero eroe. O vuoi che venga giù io a fare il lavoro per te?
I guerrieri ridono in maniera sguaiata.
Teseo avanza di un altro passo. ― Li senti? Avanti, alzati e combatti. Così mi rendi solo le cose più difficili.
Il pubblico trattiene il fiato. La guardia si volta per guardare cosa accade al centro dell'arena improvvisata.
Dedalo si getta in avanti e lo supera, correndo verso Teseo.
Il giovane solleva la lancia. La punta luccica sotto i raggi del sole.
― No ― grida Dedalo.
Teseo volta la testa di scatto, il braccio a mezz'aria pronto a vibrare il colpo.
Dedalo si avvicina con passo lento, le mani alzate.
― Ancora tu ― dice Teseo. ― Dovevi andare via.
Piritoo smette di ridere. ― E quello che vuole?
― Ci sta rovinando la festa ― si lamenta Ceneo.
Issione sguaina la spada. ― Vuoi che me ne occupi io, capo?
Piritoo gli fa un cenno con la mano. ― Aspetta. Vediamo prima che succede.
Dedalo avanza verso Teseo, gli occhi che passano dal ragazzo ad Asterione, che inginocchiato si lamenta e guarda il palazzo del labirinto che viene divorato dalle fiamme.
― Non deve andare per forza così ― dice Dedalo avvicinandosi.
Teseo lo fissa con espressione incerta. ― Ti ho già detto...
― Guardalo. ― Dedalo indica Asterione col braccio. ― Ti sembra un mostro?
Teseo distoglie gli occhi. ― Mi ha aggredito e poi ha ferito Arianna. E avrebbe fatto lo stesso con tuo figlio e Piritoo se non l'avessi fermato.
― Si stava solo difendendo.
Il braccio di Teseo trema. ― Ha cercato di ucciderci.
― È cresciuto da solo in una prigione di pietra, al buio, senza la compagnia di un altro essere umano per anni. ― Gli occhi di Dedalo si riempiono di lacrime. ― Nella prigione che io ho costruito. Dovevo aiutarlo a uscire di lì. Potevo farlo, ma ho avuto paura. Per me e per mio figlio. Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto.
Teseo abbassa la lancia, ma poi la rialza subito. ― Ormai è diventato un mostro. Se mai c'è stato del buono in lui...
― Ma c'è ancora del buono ― insiste Dedalo. Si ferma a un passo dalla lancia di Teseo. ― Come c'è del buono in te.
Teseo scuote la testa. ― Ho giurato a mio padre che sarei diventato un eroe. ― Si volta verso Asterione.
― Se lo uccidi ― dice Dedalo cupo. ― Diventerai tu il mostro. Pensaci bene, Teseo.
Dal palazzo in fiamme giunge un ululato soffocato che fa trasalire gli spettatori.
***
Grodyon passa il pugnale sul braciere. La fiamma arroventa la lama a forma di esse. Arianna, legata con una catena al collo della statua, osserva l'Alto Sacerdote con occhi sgranati.
L'uomo posa il pugnale in un angolo e cammina fino a un barile di legno. Solleva il coperchio e vi getta un'occhiata. All'interno c'è un liquido oleoso di colore verde scuro. ― Questo servirà per mondare questo posto da ogni maledizione ― spiega tornando sui suoi passi. ― Niente purifica meglio del fuoco greco. Ce n'è abbastanza da bruciare questa sala fino alle fondamenta e oltre. Non è una grande invenzione?
― Mostro ― grida Arianna.
Grodyon si batte il petto. ― Adesso il mostro sarei io, principessa? Davvero lo pensi?
Arianna lo fissa con odio.
― Io sto solo cercando di salvare Creta e i suoi abitanti. Prima che quello scellerato di tuo nonno proibisse ogni forma di sacrificio, noi eravamo un popolo rispettato e temuto. E cosa siamo adesso? Persino un mercenario come Piritoo osa sfidarci impunemente. In tempi più civili ci sarebbero lui e la sua volgare ciurma al tuo posto. ― Ghigna. ― Ma non temere. Quando tutto sarà finito mi occuperò anche di loro, e di Dedalo e suo figlio.
Arianna cerca di divincolarsi dalla morsa delle catene. ― Aiuto ― grida, la voce che si riverbera sulle pareti di roccia. ― Aiutatemi.
Grodyon ride. ― Urla, fai pure. Agli dèi farà ancora più piacere.
***
Icaro si ferma all'improvviso.
Dietro di lui, Minosse si tende all'ascolto. ― Hai sentito?
― Un grido ― dice il ragazzo. ― Veniva da quella parte.
I due si lanciano di corsa nel corridoio.
***
Grodyon raccoglie il pugnale. ― È giunta l'ora, principessa. ― Fa roteare la lama nell'aria. ― Vorrei che ci fosse un modo meno doloroso per fare questa cosa ma...
― Lasciala. ― La voce di Icaro risuona nella sala.
Grodyon si volta di scatto e il pugnale gli balla tra le mani.
Ai piedi della statua, Icaro e Minosse lo guardano minacciosi.
― Grodyon ― urla il re. ― Ti ordino di liberare mia figlia.
Grodyon sospira. ― Ormai è stata promessa come vittima ai nostri dèi. Vuoi che si arrabbino ancora di più con noi?
― Fatelo parlare ― dice Icaro al re. Si avvicina alla scala dietro la statua e inizia a salire i gradini di corsa.
― Mi adirerò io se le farai del male ― grida Minosse dal basso.
― Sei tu che mi hai costretto a farlo ― urla Grodyon agitando il pugnale. ― Hai offeso gli dèi. Hai distrutto tutto quello che i nostri antenati hanno costruito.
Minosse si inginocchia ai piedi della statua. ― Allora prenditela con me, Grodyon. Lascia stare mia figlia.
― Lo farei con piacere, ma non servirebbe a molto. Solo il sangue di un innocente potrà placare la collera degli dèi. Così è sempre stato per secoli.
Grodyon si volta, il pugnale stretto nella mano
― Grodyon ― urla Minosse.
Icaro è a metà salita quando l'Alto Sacerdote lo nota. ― Sei fastidioso. ― Grodyon rovescia il barile. La sostanza oleosa scivola sui gradini e cola oltre il bordo.
― Attento ― grida Arianna.
Icaro si ferma con un piede sul gradino successivo.
Grodyon rovescia il braciere sulla sostanza oleosa. Fiamme rosse e azzurre divampano all'istante e si espandono seguendo il fronte oleoso. In breve le scale prendono fuoco.
Icaro si volta e ridiscende i gradini due per volta mentre le fiamme lo incalzano. Lingue di fuoco gli lambiscono i polpacci. Scavalca la balaustra delle scale e si lancia nel vuoto. Atterra a pochi passi di distanza da Minosse, rotola su di un fianco e si ferma a pancia all'aria.
Il re lo aiuta a rialzarsi.
Il fuoco avanza nella loro direzione coprendo il pavimento della sala.
― Fuoco greco ― dice a Minosse trascinandolo via.
I due corrono verso il fondo della sala, il fronte delle fiamme che si allarga dietro di loro. Ovunque passi il fuoco lascia dietro di sé solo roccia carbonizzata.
La pietra si crepa e poi si spezza con un rumore tetro, precipitando nel vuoto. Una voragine si apre al centro della sala e si allarga fagocitando tutto ciò che incontra il fronte del fuoco.
Il rombo della pietra che si schianta al suolo copre le grida di Arianna.
La scala che corre dietro la statua si sgretola trascinandosi dietro blocchi di pietra enormi., i pezzi precipitano nel baratro.
La grande statua è scossa da un tremito profondo.
Grodyon ride. ― Il fuoco purificherà questo luogo una volta per tutte ― grida rivolto al soffitto avvolto da lingue di fiamma. Blocchi di pietra si staccano e precipitano schiantandosi al suolo con un boato fragoroso.
Minosse e Icaro si aggrappano a una colonna prima di venire risucchiati nel baratro.
Il ragazzo aiuta il re a issarsi oltre il crepaccio che li divide dalla statua.
― Arianna ― grida Minosse. ― Dobbiamo fare qualcosa.
― Provo a cercare un passaggio. ― Icaro fa un passo, la pietra su cui appoggia il piede cede e scivola oltre il bordo frastagliato. Si aggrappa a una pietra sporgente e rimane sospeso sul baratro. Rivolge un'occhiata veloce alla voragine e distoglie lo sguardo.
― Resisti. ― Minosse gli afferra i polsi, stringe i denti e lo tira su.
***
Teseo fa roteare la lancia sopra la testa. Dietro di lui, Dedalo grida e indica il palazzo del labirinto. Le fiamme sono così alte da ergersi come un ulteriore livello sopra agli altri. Il boato della pietra che si sbriciola e precipita al suolo fa trasalire i presenti. La folla inizia a innervosirsi, qualcuno preme contro i soldati che fanno fatica a respingerli.
Asterione si volta, l'espressione disperata sul viso deforme.
Teseo lo fissa per un lungo istante.
― Avanti ragazzo ― grida Piritoo. ― Vuoi diventare o no un vero eroe?
― Un vero eroe ― mormora Teseo. La lancia cala verso il basso.
Dedalo trattiene il fiato.
La punta della lancia spezza una delle catene. Teseo la risolleva, per un istante sembra danzare attorno ad Asterione. Cala di nuovo l'arma spezzando la catena che tiene legato l'altro braccio. Quindi esegue una rotazione col corpo, gira attorno alla creatura e cala per la terza volta l'arma, tagliando in due la catena che gli blocca l'addome.
Teseo gira su se stesso, lo scudo in posizione di difesa e la lancia sulla spalla. ― Un vero eroe si sacrifica ― esclama.
Asterione balza in piedi.
La folla si ritrae spaventata.
― Ha liberato il mostro ― grida una donna.
― Deve essere impazzito ― esclama un uomo atterrito.
Due soldati si staccano dal cordone che tiene a bada la folla e avanzano verso Asterione, ancora al centro dello spiazzo.
Teseo si volta verso di loro e li fronteggia con lo scudo e la lancia.
I soldati si scambiano un'occhiata e poi si gettano in avanti, le armi spiegate.
Teseo evita l'affondo del primo e lo colpisce alla testa. La punta della lancia rimbalza sull'elmo mandandolo al tappeto.
L'altro tira un fendente con la lancia. Teseo lo para con lo scudo e gli strappa vi al'arma, quindi lo colpisce al volto col piatto dello scudo stesso.
Il soldato cade svenuto al fianco dell'altro.
Teseo torna in posizione di difesa. ― Vai da lei. Svelto ― grida ad Asterione. ― Non farmi pentire di averti aiutato.
Asterione si china a quattro zampe e corre verso il palazzo del labirinto. La folla si apre per farlo passare.
Dedalo rivolge a Teseo un mezzo sorriso.
Il ragazzo agita la lancia. ― Armi meravigliose.
― Per la prima volta sono contento di averle costruite ― risponde Dedalo.
***
Asterione raggiunge il cancello sorvegliato dai soldati. Le guardie gli lanciano un'occhiata stupita vedendolo arrivare di corsa. Nessuno muove un muscolo quando balza verso il muro e lo scala senza fatica.
Mentre Asterione ricade dall'altra parte, il comandante delle guardie grida: ― Prendetelo, che aspettate?
I soldati non si muovono. Uno getta l'arma e scappa. Gli altri si scambiano occhiate perplesse.
Asterione si inoltra nei corridoi invasi dal fumo. Correndo a perdifiato imbocca due passaggi e poi svolta a sinistra. Il corridoio sembra chiudersi su di lui. Un masso si stacca dal soffitto e piove davanti a lui, ma lo evita con un balzo. Una parete esplode rivelando un muro di fiamme. Lui si getta di lato, il fuoco che gli lambisce le gambe. Rotola lungo il pavimento, emette un gemito sommesso e si rialza scattando in avanti.
Dietro di lui la galleria crolla e viene invasa dal fumo e dai detriti.
Il pavimento vibra e si apre davanti ai suoi piedi, formando una voragine che si allarga sempre di più. Asterione balza verso la sponda opposta, vi atterra con i piedi e si da un altro slancio prima che anche quella sezione precipiti nel vuoto come tutto il resto.
Dietro e sopra di lui la roccia si sgretola e precipita nel vuoto trascinandosi dietro tutto il resto.
***
Grodyon cammina verso Arianna, il pugnale stretto tra le mani. ― È il momento di dare il via al rituale, principessa.
Arianna si ritrae. Dietro di lei la colonna vibra. Una pietra si stacca dal soffitto e precipita sul braciere, spargendo pezzi di carbone in tutte le direzioni.
Grodyon solleva il pugnale.
Asterione si ferma sul bordo del precipizio e lancia una rapida occhiata a destra e sinistra. Minosse e Icaro, fermi su un lembo di pavimento che non è stato inghiottito dalla voragine, lo guardano stupiti.
Icaro indica la statua. ― È lì sopra ― grida rivolto ad Asterione. ― Arianna è lì.
Asterione balza verso una sporgenza e l'afferra al volo con le mani. Si dondola per darsi lo slancio e raggiungere con un secondo balzo un'altra sporgenza. Una mano scivola, ma lui riesce a restare sospeso con l'altra. Aiutandosi con le gambe si solleva oltre il bordo e raggiunge un lembo di pavimento che costeggia la voragine. La pietra cede al suo passaggio ma riesce a raggiungere il basamento su cui sorge la statua. Aggrappandosi a ciò che resta della scala raggiunge le braccia protese della statua.
Arianna volta la testa di scatto ed emette un gemito di terrore.
Asterione ringhia verso Grodyon, che si gira verso di lui, il pugnale sollevato sopra la testa. ― Tu ― esclama con occhi sgranati. ― La mia vittoria sarà completa, a quanto pare.
L'Alto Sacerdote si lancia verso Asterione, che evita il fendente scartando di lato e passando sotto il suo braccio proteso in avanti.
Grodyon si volta per colpirlo ma la roccia cede sotto i suoi piedi e scivola nel baratro.
Asterione si volta e afferra il coltello dalla parte della lama. La stretta è così forte da fargli sanguinare il palmo della mano.
Alla vista del sangue che cola Grodyon ride sguaiato. ― Avanti, mostro. Sono letteralmente nelle tue mani. Lasciami precipitare come facesti con tua sorella tanti anni fa. Avanti ― lo incalza l'Alto Sacerdote.
Asterione guarda Arianna, che scuote la testa.
― Tu non sei un assassino ― dice la ragazza.
Asterione si volta verso Grodyon e lo solleva all'altezza degli occhi.
L'Alto Sacerdote tenta di afferrarlo per la gola, ma perde la presa sull'elsa del pugnale e precipita nella voragine con un grido soffocato. Asterione lo segue con lo sguardo finché non scompare nel buio.
Asterione raggiunge Arianna e usa il pugnale per tagliare le corde che la legano alla colonna. La ragazza si abbandona tra le sue braccia. Lui l'afferra saldo e si gira per tornare sui suoi passi.
La base della statua vibra e si spezza, piegandosi in avanti.
Il braciere scivola oltre il bordo e precipita di sotto, schiantandosi sulla roccia e poi prosegue verso il baratro.
Asterione guarda in alto. La testa della statua si sta inclinando in avanti, le pietre che la tengono legata alla colonna si stano sgretolando una a una con uno schiocco sinistro.
― Finiremo di sotto ― esclama Arianna.
Asterione l'afferra saldo e balza verso un appiglio. Con due rapidi salti raggiunge la sommità della statua, nello spazio tra le due grandi corna dipinte di bianco che brillano nella luce sinistra dei fuochi.
La statua precipita in avanti e si sgretola sotto gli occhi atterriti di Icaro e Minosse che vedono Asterione e Arianna venire trascinati nella voragine con essa.
Asterione fa una decina di passi indietro e poi si lancia di corsa nella direzione opposta. La statua si spezza a metà con uno schiocco fragoroso. La parte inferiore precipita nel vuoto mentre quella anteriore, sopra la quale Asterione sta correndo, rimane per qualche istante sospesa tra il bordo e il baratro.
Asterione spicca un balzo in avanti un attimo prima che la pietra si sgretoli sotto i suoi piedi e vola verso il bordo opposto. Quando è a metà della parabola che disegna nell'aria, lancia Arianna verso la sponda opposta.
Minosse e Icaro afferrano la ragazza prima che precipiti di sotto.
La parabola di Asterione inizia la discesa.
Arianna, ancora stretta tra le braccia del padre, si sporge verso di lui e allunga una mano.
Asterione allunga il braccio, le dita si sfiorano per un istante, poi il suo volo prosegue nella voragine, dove scompare ingoiato dal buio.
Arianna grida e si stringe al petto di Minosse, che l'abbraccia.
***
Asterione giace tra le macerie. Una colonna larga il doppio del suo corpo gli schiaccia l'addome e le gambe.
Minosse e Arianna, aiutata da Icaro, scendono nella voragine. Sopra di loro il cielo azzurro e terso fa capolino tra ciò che rimane del soffitto del palazzo. I resti della statua dalla testa di toro giacciono disseminati nella voragine. Assieme a loro ci sono i tronchi carbonizzati del giardino del livello inferiore.
Arianna cammina barcollando tra le macerie finché non raggiunge Asterione. Non appena lo vede si getta al suo fianco, tenendogli la testa tra le mani.
Minosse si inginocchia alla sinistra del figlio e gli prende la mano.
Asterione apre gli occhi e rivolge un sorriso alla ragazza. Con la mano le accarezza una guancia.
― Grazie ― dice Arianna singhiozzando.
Teseo e Dedalo sopraggiungono in quel momento. Icaro abbraccia il padre e lancia un'occhiataccia all'altro.
― Ci ha aiutati ― spiega Dedalo al figlio.
L'espressione di Icaro si addolcisce.
Teseo fa spallucce. I due si scambiano un cenno d'intesa con la testa.
Asterione stringe nella sua la mano del padre.
― Perdonami, se puoi ― dice Minosse.
Asterione apre la bocca e lancia un guaito sommesso, poi chiude gli occhi e l'espressione si rilassa.
Arianna scoppia a piangere, il viso nascosto tra le mani.
Icaro e Dedalo chinano il capo.
Si sente il rumore di qualcosa che scorre. Dal livello superiore l'acqua si fa strada attraverso la roccia e scivola lungo i solchi lasciati dalle fondamenta, precipitando verso il basso.
Una cascata si forma dove una volta c'era il pavimento del livello inferiore.
Prima una goccia, poi un torrentello più deciso piove su Arianna, che solleva la testa al cielo. Le lacrime si mescolano all'acqua cha cade dall'alto.
Il sole fa capolino da dietro ciò che rimane dell'imponente muro di cinta, riflettendosi sull'acqua cristallina che ha cominciato a formare numerose pozze lì attorno.
***
Il blocco di pietra viene issato con delle funi. Una dozzina di operai guidano la roccia calcarea verso un canale scavato nel terreno e la posizionano sul lato. Un uomo fa un cenno d'assenso con la testa.
A monte del canale in leggera pendenza, Dedalo e altri uomini sorvegliano una cisterna colma d'acqua.
― Procedete ― ordina Dedalo.
Fulmine e Saetta, il giogo legato a delle corde, iniziano a tirare. Una chiusa viene sollevata e l'acqua della cisterna fluisce nel canale. A intervalli regolari, diramazioni più piccole intercettano il flusso d'acqua e lo dirigono verso altre zone della città, dove cisterne più piccole iniziano a riempirsi.
La gente che si è radunata lì vicino ammira affascinata l'opera, poi esplode in un applauso e grida di giubilo.
Minosse sopraggiunge in quel momento, l'espressione compiaciuta.
Dedalo gli va incontro.
― Amico mio. ― Il re gli stringe le mani. ― Vedo che hai completato il tuo progetto.
― In verità, questa era solo una prova generale. ― Dedalo lo guida verso un banco di legno ingombro di rotoli di carta. Dopo aver rovistato per qualche secondo ne dispiega uno su cui si intrecciano numerose linee. ― Ecco, vedi? Sfruttando l'enorme fonte d'acqua sotto la collina, potremo portare l'acqua in tutta Creta grazie all'acquedotto che ho progettato.
Minosse annuisce solenne. ― È un'idea magnifica.
Dedalo si gratta le tempie. ― L'unico problema è la pietra. Non so se le cave possono produrne abbastanza.
― Cave? ― Minosse indica con un gesto del braccio ciò che resta del palazzo del labirinto. Mura spezzate e annerite si ergono nella spianata al centro della città. ― Puoi usare quelle del mio palazzo.
― Finalmente ho costruito qualcosa di utile.
― Hai per caso visto mia figlia, Arianna? È da stamattina che la cerco e non riesco a trovarla.
Dedalo scrolla le spalle. ― Anche io non riesco a trovare Icaro. In compenso ho visto Arianna dirigersi al porto.
― Al porto?
Dedalo annuisce. ― Sì. E sembrava avere una gran fretta.
Minosse si acciglia.
***
Teseo osserva i rematori con aria impettita, le mani sui fianchi e le gambe larghe. ― Preparatevi a salpare, ciurma di Teseo. Nuove imprese ci aspettano in mari e terre sconosciuti. Ricordatevi che ora sono io il più grande eroe vivente.
Piritoo gli scocca un'occhiataccia. ― Tu un grande eroe? Non farmi ridere. Devi ancora farne di strada, ragazzino.
Teseo si volta di scatto e lo fronteggia a muso duro. ― Ho tenuto a bada trenta soldati con la lancia e lo scudo.
Piritoo sbuffa.
― Tu dov'eri nel frattempo?
L'altro ringhia e scuote la testa.
Ceneo e Issione ridono sguaiati.
Teseo li fulmina con lo sguardo e loro si azzittiscono.
― D'accordo, d'accordo ― dice Piritoo agitando le mani per aria. ― Diciamo che sei stato bravo. Volevo metterti alla prova e l'hai superata, ma non sei ancora un eroe. Forse, e dico forse, un giorno lo diventerai davvero, ma solo grazie a me.
― A te?
Piritoo lo prende sotto braccio. ― Tu hai del potenziale, ragazzo. Non sei come gli altri eroi, tutto muscoli e poco cervello. Tu hai cuore ― gli posa l'indice in mezzo al petto. ― Proprio qui.
Teseo annuisce convinto. ― Giusto. Ho cuore.
― Non tutti ce l'hanno, credimi ― insiste Piritoo. ― Ma ti serve una guida che ti indirizzi verso le imprese giuste, mi capisci? Uno come me, insomma.
― Uno come te?
Piritoo annuisce. ― Esatto, ragazzo. Uno come me non lo trovi nell'agorà, credimi. Io so riconoscere un'impresa per cui valga la pena combattere. Niente di troppo impegnativo ma che ti dia la giusta visibilità, se così si può dire. Per esempio, mi è giunta voce che nella piccola Iolco un tizio di nome Giasone sta cercando dei volontari per un viaggetto...
Arianna sale a bordo di corsa. ― Tu ― dice puntando il dito contro Teseo. ― Dove pensavi di andartene?
Teseo fa un passo all'indietro e si guarda attorno come in cerca d'aiuto. ― Io? Da nessuna parte, credimi. Nessuna.
Arianna si avvicina con sguardo minaccioso. ― Non eravamo d'accordo che sarei partita con te?
― Sì, stavo giusto per dirtelo. Sai, Piritoo e io ne stavamo discutendo.
Piritoo scuote la testa. ― Non se ne parla nemmeno. Donne e imprese eroiche non vanno d'accordo.
Teseo ridacchia imbarazzato. ― Sentito? Io vorrei proprio portarti con me, ma...
― Non vorrai piantarmi in asso, spero.
― Io? No di certo, ma...
Arianna gli butta le braccia al collo. ― Sto scherzando ― dice ridendo. ― Vieni a trovarmi se passi da queste parti, d'accordo?
Teseo annuisce, l'espressione sicura. ― La prossima volta che mi vedrai, sarò più famoso di Ercole.
― Promesso?
― Promesso.
Arianna fa di corsa la passerella e raggiunge il molo sottostante.
Teseo si volta verso Issione e Ceneo che se la ridono. ― È pazza di me ― dice camminando impettito sul ponte della nave.
***
Icaro fissa l'orizzonte dall'alto di una torre, le gambe che dondolano oltre il bordo.
Lapyx saltella in giro battendo il becco sulla roccia.
Icaro rivolge un'occhiata al mare che, dal punto in cui si trova, si estende in tutte le direzioni confondendosi col cielo.
Rivolge un'occhiata al porto, dove una nave dalle vele nere veleggia lontana dal molo. Fa una smorfia. ― Lo so, è la nave di Teseo, quella.
Lapyx batte due volte il becco.
― Che senso avrebbe correrle dietro? Lei vuole un vero eroe, non un artista come me. ― Prende Lapyx tra le mani e lo deposita con delicatezza nella borsa che porta a tracolla.
― Parli ancora con quel coso? ― domanda una voce alle sue spalle.
Icaro si volta di scatto. Arianna è in piedi a qualche passo di distanza, le mani sui fianchi e un'espressione divertita.
Icaro indica il mare. ― Credevo fossi partita.
Arianna scuote la testa e fa un passo verso di lui. ― Ci ho ripensato.
Icaro si avvicina a sua volta. ― E tutti quei discorsi sul voler viaggiare in terre sconosciute e misteriose?
Arianna si stringe nelle spalle. ― Il mio posto è qui.
I due ragazzi sono uno di fronte all'altra. ― E Teseo? Come la mettiamo con lui? È un vero eroe, adesso. E si sa, alle principesse piacciono gli eroi...
Arianna gli getta le braccia al collo e lo bacia.
Quando le loro labbra si staccano, Icaro la guarda sorpreso.
Arianna sorride. ― Anche tu sei un vero eroe.
 
FINE

 
E anche questa è fatta.
Si può dire che tutto è iniziato con Arianna. Volevo che qualcuno la leggesse, così mi iscrissi su EFP per pubblicarla. Poi sono passati i mesi e un anno dopo mi ritrovo qui a mettere la parola fine a questa storia.
E sono felice.
Sì, perché nonostante una gestazione molto travagliata (ho preso e ripreso più volte il progetto, ricominciandolo da zero), ho tenuto duro e ce l'ho fatta.
Devo dire che la soddisfazione è enorme. Era la prima volta che mi cimentavo con la materia mitologica e temevo di fare brutta figura. Insomma, i miti, specialmente quelli greci, sono così famosi che è facile cadere nella banalità.
Io volevo un storia forte per Arianna, ma volevo anche raccontarla con tono leggero e scanzonato, senza cadere nella solennità tipica del genere (o nella sua parodia). Insomma, ho cercato e trovato una via di mezzo e mi piace (so già che il finale farà storcere il naso a molti puristi, ma ho le spalle larghe e non temo le critiche :) ).
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, letto e seguito in silenzio questa avventura. Un grazie a tutti voi per il supporto e le belle parole (aiutano più di quanto possiate immaginare :D ).
Scriverò ancora qualcosa di epico. Non di Arianna, il cui arco narrativo termina qui. Però c'è spazio per Teseo, che tornerà nella prossima avventura, questo è certo.
Infatti, continuando sulla falsariga di questo romanzo, scriverò di un'altra (meno) famosa principessa: Antiope. Un’amazzone che lotta per difendere il suo popolo e diventa un'abile guerriera.
Il resto della storia la saprete tra qualche mese. Per ora, lunga vita e prosperità e alla prossima!

Heliodor.
 

 

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