La stella cadente

di amberxtomlinson
(/viewuser.php?uid=746020)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo scienziato pazzo ***
Capitolo 2: *** La regina ***



Capitolo 1
*** Lo scienziato pazzo ***


 
Il cielo quella notte era pieno di stelle.
Francesca osservava il cielo notturno da mezz’ora ormai, persa nei pensieri. Quel giorno era il suo compleanno, ma non c’era nessuna mamma e nessun papà a festeggiarla.
Anzi, tra i freddi muri grigi dell’Orfanotrofio Collodi nessuno se ne era ricordato. E lei ora era lì, a fissare le stelle, seduta sulla cornice della finestra chiusa con indosso la vestaglia, senza riuscire a dormire per colpa del senso di depressione che l’attanagliava.
Si sentiva così sola…
Se non fosse stato per la sua unica amica, Sandra, che ora dormiva con la bocca aperta e un piede fuori dal letto, non avrebbe proprio saputo come resistere in quel posto. La guardò per un attimo sorridendo, poi tornò ad osservare il cielo. I lunghi capelli rossi, lisci come spaghetti, le ricadevano sul volto e se li spostò proprio nell’attimo in cui un lampo di luce nella notte attirò la sua attenzione.
Una scia di luce nel cielo: una stella cadente. Non credeva molto a queste cosa, ma di riflesso si ritrovò a chiudere gli occhi ed esprimere un desiderio.
Voglio solo trovare il mio posto ed essere felice…”
Banale, pensò, ma prima di poter pensare all’altro milione di desideri che avrebbe potuto esprimere invece di scegliere il primo passato in testa, si accorse di una cosa strana. Di solito, le stelle cadenti non apparivano solo per un istante? Eppure quella scia luminosa continuava a cadere nel cielo. E a scendere dal cielo. Francesca fece un balzo e fissò ad occhi spalancati fuori dalla finestra.
La stella cadente stava diventando più grande e si avvicinava alla terra, piuttosto lontano, più o meno sull’orizzonte, dove c’era il prato oltre il boschetto che circondava l’orfanotrofio. Ma non poteva essere, si ripeté. Insomma, avrebbe solo continuato il giro intorno alla Terra, non certo verso la Terra.
Ma proprio in quell’istante, a discapito di tutte le leggi fisiche, la stella atterrò sul prato, causando un gran nuvolone di polvere. Quando il nuvolone iniziò a dissiparsi quel tanto da vederne attraverso, Francesca, strizzando gli occhi tanto da farle male, vide che si era formato un grosso cratere.
Senza pensarci due volte, si staccò dalla finestra e afferrò un cappotto, poi si mise le scarpe in tutta fretta, senza badare al rumore che faceva. Sentì Sandra borbottare nel sogno e girarsi dall’alta parte – dicendo qualcosa di molto simile a << Non avrai il mio calzino… >>  - e dopo essersi messa scarponcini e cappotto, si infilò il berretto di lana e uscì sbattendo la porta.
Corse giù per le scale cercando di fare il meno rumore possibile, saltando due scalini alla volta, poi uscì nella fredda notte invernale. Rabbrividì e iniziò a incamminarsi nella direzione da cui le pareva che fosse più o meno atterrata la stella cadente.
Per fortuna, prima di uscire aveva preso una delle torce di Sandra e quindi riuscì a girare intorno al boschetto senza perdersi. Più avanzava più si chiedeva cosa diavolo stesse facendo nel cuore della notte a cercare una stella caduta, ma quello che aveva visto era sufficiente a farla rodere di curiosità.
Quando superò il boschetto ed ebbe dimezzato la distanza verso la stella caduta vide qualcosa tra le polveri.
C’era un uomo accanto al cratere. Si bloccò di colpo. Qualcuno era già arrivato sul posto? Prese in considerazione l’idea di tornare indietro, ma poi la scartò. Non aveva certo fatto tutta quella strada per niente. Mentre avanzava verso il cratere, osservò l’uomo. Girava intorno al cratere agitato e passandosi una mano tra i capelli, che erano tutti su un lato. Agitava una specie di torcia verde, molto strana.
Solo quando Francesca gli arrivò vicino, quello si accorse della sua presenza.
<< Mi scusi… >>
In un secondo rivolse verso di lei la strana torcia verde, che emetteva un debole ronzio, e Francesca la osservò strabuzzando gli occhi, sorpresa.
<< Qualunque cosa tu sia, dimentica i tuoi piani >>  disse l’uomo, con una parlantina veloce. Non riusciva a vederlo bene a causa della polvere che si frapponeva tra i due, ma le parve un adulto sulla trentina << Io sono il Dottore, l’ultimo Signore del Tempo. Sono sopravvissuto all’Ultima Grande Guerra del Tempo. Qualunque siano i tuoi piani, abbandona il pianeta pacificamente o sarò costretto a… Oh! >>  la polvere si diramò e l’uomo la osservò, sorpreso.
<< Tu sei solo una bambina, vero? >>  e allontanò la torcia dal viso di Francesca, mettendola in una tasca interna della lunga giacca nera. L’uomo, il Dottore, come aveva detto, si chinò vicino alla sua faccia, aprendosi in un gran sorriso e gli occhi che brillavano eccitati.
<< Adoro i bambini! >>
<< Non sono una bambina >>  rispose Francesca di riflesso << Ho quasi sedici anni >>
<< Quindi ne hai quindici o sessanta? Faccio sempre confusione >>
Francesca aggrottò le sopracciglia. Quell’uomo non sembrava del tutto sano di mente e Francesca cercò di capire se fosse anche pericoloso. Ma dal grosso sorriso aperto e il ridicolo cravattino (dio, un cravattino!) non riusciva a sentirsi spaventata.
Il Dottore batté le mani.
<< Bene! >>  disse, girandosi verso l’interno del cratere << Quindi non devo salvare nessun pianeta dalla distruzione, buono a sapersi. Ma allora non capisco proprio perché il TARDIS mi abbia portato qui… A proposito, dov’è “qui”? >>
Eh?
<< Sembrerebbe la Terra. Ho ragione? >>  Cercò conferma con uno sguardo interrogativo.
<< Lei che ne dice? >>  esclamò Francesca, con le sopracciglia aggrottate e confusa. Quell’uomo la stava prendendo in giro?
<< Siamo… siamo vicino Torino, no? Piemonte. Italia >>  aggiunse, a ogni sguardo confuso del Dottore.
Solo quando disse “Italia” un lampo di comprensione si accese negli occhi del Dottore, che sorrise e batté di nuovo le mani.
<< Italia! Ma non mi dire! Mare, spaghetti e mandolino, se ben ricordo? >>
<< Sì, a parte il fatto che il mandolino non lo suona più nessuno >>
Il Dottore rise e per un attimo parve perso nei ricordi.
<< L’ultima volta che sono venuto è stato a Venezia ed Amy e Rory hanno combinato un bel casino… >>  poi il volto del Dottore si rabbuiò, tornando improvvisamente al presente, e per un attimo le sembrò molto più vecchio.
Poi si girò e guardò l’oggetto, Francesca se ne accorse solo allora, che si trovava all’interno del cratere.
All’interno del cratere non c’era una stella, ma quella che sembrava una cabina telefonica dipinta di blu, il che era senza senso.
<< E’ quella la stella cadente? >>  chiese Francesca, sorpresa. Non si aspettava nulla del genere.
<< Stella cadente? No, no, quella è solo una macchina che viaggia nel tempo e nello spazio. Decisamente non una stella cadente >>
<< Una macchina che… aspetta, cosa?! >>
Ma il Dottore non la sentì e scese nel cratere, verso la cabina telefonica blu.
<< Aspetta! >>  esclamò e scese anche lei all’interno del cratere, cercando di non rotolare e farsi male.
Il Dottore ci girò intorno con la sua torcia verde, borbottando parole senza senso.
<< …un raggio che deve aver agito a livello quantistico, mediante la fusione di energia spazio temporale, o la chiamata del TARDIS a un paradosso, attratta da energia temporale, a meno che non sia stata una catena di particelle spaziali che hanno fatto da gancio creando una dimensione quantistica che ha portato a un paradosso delle molecole e alla fusione nel motore del TARDIS… >>
Tutte quelle parole facevano venire il mal di testa a Francesca, che lo interruppe prima che il cervello potesse scoppiarle.
<< Potresti spiegarmi che sta succedendo? >>  chiese, quasi supplicando.
<< Certo che potrei farlo, ma tu non capiresti. Cercherò di rendertelo facile da capire >>
Si infilò di nuovo la torcia in tasca e si chinò un po’ verso di lei, agitando animatamente le mani mentre parlava, un po’ come la direttrice dell’Orfanotrofio quando parla animatamente.
<< In pratica, il TARDIS ha svolto l’esatta funzione che mostra in apparenza in quanto cabina della polizia: ha risposto a una chiamata di aiuto. Solo che non funziona con tutti, ovviamente, altrimenti starei a girare da un angolo all’altro dell’universo cercando di risolvere i problemi di tutti. Il TARDIS di solito risponde a richieste di aiuto solo di alieni molto, ma molto, potenti. Qualche alieno qui nei paraggi ha chiesto aiuto e il TARDIS ha ovviamente risposto alla chiamata. Solo che >>  e qui fece una smorfia << in quel momento il TARDIS era impegnato a viaggiare nel tempo e nello spazio, sai la regina di Saturno mi ha invitato a un tè più o meno tra tremila anni e stavo giusto andando a farci un salto. Quindi la chiamata ha agganciato il TARDIS in un determinato momento in cui non si trovava né nel tempo né nello spazio. E così è stato trascinato a forza fin qui >>
A Francesca faceva fisicamente male il cervello, ma le parve di aver più o meno capito il succo della questione. Che era comunque assurda.
<< In pratica… è una macchina del tempo? >>  Che razza di situazione: sembrava appena uscita da uno di quei libri di fantascienza che tanto le piacevano.
Il Dottore non rispose, ma aprì la porta del TARDIS ed entrò dentro di corsa. Francesca non aveva idea di cosa stesse facendo in quel minuscolo spazio e rimase immobile ad aspettarlo, senza sapere bene cosa fare. Aspettò ancora qualche minuto, poi la testa del Dottore spuntò all’improvviso da dietro la porta blu.
<< Allora, non entri? >>
E sparì, lasciando la porta aperta. Francesca non capiva cosa avrebbe mai potuto fare dentro una cabina telefonica, ma, incuriosita, si avvicinò e girò intorno al TARDIS.
E solo quando entrò capì che quello che stava guardando era impossibile.
Il Dottore girava intorno al centro del TARDIS girando ogni tipo di pulsante e manovella e Francesca era sicura che almeno la metà non servissero a niente in realtà.
Avanzò con la bocca aperta. Era un’intera stanza. Eppure da fuori…
<< Sì, sì, fai pure >>  disse il Dottore mentre lei usciva di getto, e toccando il TARDIS con le mani ne percorreva il limitare. Esatta grandezza da cabina telefonica.
Tornò dentro e fissò la stanza gigantesca. Eh sì, era proprio…
<< E’ più grande all’interno! >>  esclamò.
<< Ci sono molte cose che sono più grandi all’interno. Le borse delle donne ad esempio. Ricordo quella volta in cui un intero universo tasca rimase incastrato nella borsa di quella donna e io e Susan… >>
<< Puoi davvero viaggiare ovunque nel tempo e nello spazio? >>  chiese Francesca, che non stava ascoltando assolutamente niente di quello che il Dottore stava dicendo.
Il Dottore sorrise, con uno sguardo malizioso, e si appoggiò a una leva del TARDIS.
<< Esatto. Anzi, visto che mi hai gentilmente soccorso ti offro una proposta >>  si piegò un po’ verso di lei, gli occhi marroni che brillavano un po’ folli e geniali.
<< Un viaggio. Solo per questa volta, ovunque vuoi nel tempo e nello spazio. L’intero universo tutto per te e potrai tornare prima di domattina anche se passano giorni >>
Si ritrasse, sorridendo con aria di superiorità.
<< Ebbene, quale punto dell’universo scegli? >>
Francesca osservò la notte oltre la porta del TARDIS. Quella proposta la eccitava e la riempiva di estasi. Eppure, non riusciva a togliersi dalla testa che era un peccato avere questa occasione e non dividerla con nessuno.
E improvvisamente seppe esattamente dove voleva essere in quel preciso momento.
Si girò verso il Dottore e disse, sicura.
<< Orfanotrofio Collodi, terza finestra al secondo piano >>
 
<< Sandra. Sandra, svegliati >>
Francesca era chinata sulla ragazza e le stava scuotendo le spalle con malcelata impazienza. La ragazza brontolò nel sonno e all’improvviso sussultò, mettendosi seduta di scatto, la faccia a forma di cuscino e i capelli che sembravano una criniera incontrollata con riccioli che andavano da tutte le direzioni.
<< Che succede? >>  sbiascicò, poi tornò con la faccia sprofondata nel cuscino e disse, con le parole attutite << Ti ho detto di non svegliarmi tranne in caso di un’avventura nella notte degna di questo nome >>
<< Direi che è un buon termine per descrivere la situazione >>  affermò il Dottore, ancora accanto al TARDIS, con le mani dietro la schiena.
<< Beh, allora… >>  incominciò Sandra, per poi interrompersi di botto. Dopo un secondo saltò su dal letto e con gli occhi ancora assonnati mise a fuoco lo sconosciuto nella stanza. Era talmente buffa che Francesca non riuscì a non ridere.
<< Chi diavolo sei tu? >>
<< Una persona >>  rispose il Dottore, poi, notando il suo sguardo minaccioso, aggiunse << Una persona amica. Una persona amica molto pacifica, con un cacciavite sonico molto innocuo >>
<< Hai il papillon. Chiunque indossi il papillon non può essere una brava persona. Come Moriarty >>
Il Dottore fece una faccia offesa.
<< Non  accetto questa discriminazione verso i cravattini! >>  se lo aggiustò come se fosse un grande onore << I cravattini sono forti >>
Dopo cinque minuti buoni a cercare di spiegare come una cabina della polizia fosse arrivata in camera e tutto il resto appresso, Sandra accettò finalmente che tutto ciò non fosse un sogno.
<< Bene Sandra, io sono il Dottore! >>  e le strinse la mano agitandola animatamente.
<< Perché Dottore? Ti sarebbe più appropriato Scienziato. Anzi, Scienziato Pazzo >>
<< La gente tende a darmi nomi indipendentemente da come mi faccio chiamare, quindi a che scopo cambiarlo? >>
Sandra si prese cinque minuti per vestirsi (cosa che fece anche Francesca) e alla fine erano tutti e tre dentro il TARDIS. Francesca indossava ancora il cappotto e gli scarponcini, più l’immancabile berretto rosso, ma adesso aveva anche pantalone e maglietta. Sandra invece indossava una lunga sciarpa rossa e la giacca magica, così soprannominata perché Sandra aveva la capacità di tirarne fuori tutto ciò di cui si può aver bisogno. Si era anche messa gli occhiali dalla montatura nera e i guanti di lana che lasciava scoperte le punte delle dita.
<< Bene! >>  il Dottore batté le mani e spostò lo sguardo da una all’altra << Dove si va? >>
Bella domanda. Dove si va quando si ha l’intero universo a propria disposizione?
Francesca e Sandra si scambiarono uno sguardo. Alla fine fu Sandra a parlare, con gli occhi che brillavano.
<< Vorrei vedere cose che sembrano uscite direttamente dalla mente di un folle >>  disse. Il Dottore mostrò uno dei suoi sorrisi e sembrava quasi che capisse cosa intendesse dire, poi tirò una leva del TARDIS.
Solo che qualcosa andò storto.
Improvvisamente il TARDIS iniziò a muoversi come in preda a un terremoto e Francesca e Sandra furono costrette ad afferrare le sbarre di ferro del parapetto.
<< E’ normale che succeda? >>  gridò Francesca, che iniziava a sentire la nausea affiorare.
<< Non proprio! >>  rispose il Dottore, che si muoveva da una leva all’altra reggendosi faticosamente << Andiamo, dolcezza, che ti succede? >>
Alla fine un piccolo schermo si girò e il Dottore lo osservò per un paio di secondi.
<< Di nuovo! >>  esclamò, esasperato << Il TARDIS è stato agganciato, di nuovo! Inizio a sentirmi alquanto sfruttato >>
Alla fine il TARDIS si stabilizzò e solo dopo alcuni minuti Francesca trovò la forza di mettersi eretta e staccarsi dalla sbarra di ferro. Accanto a lei, Sandra non sembrava stare alquanto meglio, e anzi era un po’ troppo verde in faccia.
<< Come primo viaggio non è stato un granché >>  disse, con l’aria di una che stava cercando in tutti i modi di non vomitare.
<< Ehi, non è stata colpa sua! >>  entrò in sua difesa il Dottore, che stava cercando di camminare compostamente aggiustandosi il cravattino.
Si passò una mano tra i capelli, preoccupato, poi si girò verso Francesca.
<< Ricordi quando ti ho detto la mia ipotesi sul perché il TARDIS fosse stato trasportato? Sul fatto che avesse ricevuto una richiesta di aiuto da un alieno? >>
<< Sì >>
<< Dimenticalo. Non è il TARDIS a star andando in un punto, ma il punto che sta tirando il TARDIS. Qualcuno ha creato dei ganci nell’universo che  l’hanno dirottato già due volte >>
Il Dottore aveva preso a camminare avanti e indietro, il cappotto lungo che si agitava ai suoi passi e le mani congiunte vicino alla bocca, negli occhi uno sguardo serio e calcolatore che non si sarebbe potuto dedurre dal suo comportamento gioviale e allegro.
Sandra si rimise diritta, con ancora la faccia di una che stava per vomitare.
<< Ehi, Scienziato >>
Ma il Dottore era troppo preso dal suo ragionamento.
<< Il punto è perché qualcuno, o qualcosa, ha voluto che il TARDIS finisse esattamente in quel determinato punto ed esattamente in quel determinato momento? E perché adesso ha fatto lo stesso per portarlo qui? >>
<< Senti, Scienziato Pazzo… >>
<< Sapete, siete state fortunate. Il TARDIS è stato agganciato prima che entrasse in funzione il motore smaterializzante. Prima, era già entrato in funzione e avevo dovuto subire un viaggio molto più turbolento, finché non si è schiantato contro il terreno >>
<< DOTTORE! >>  lo interruppe Francesca, infuriata. Il Dottore si girò finalmente a guardarla, sorpreso.
<< Dov’è “qui”, esattamente? >>  chiese Sandra.
<< Ah >>  fece il Dottore, poi, dopo un secondo di immobilità, corse verso la console del TARDIS e prese ad armeggiare con i pulsanti finché non apparve qualcosa sullo schermo.
<< Ah! >>  esclamò sorridendo e girandosi verso di loro << Pianeta Stralakhran. Direi perfetto come meta turistica >>
Batté le mani e si avviò verso le porte del TARDIS.
<< Bene, qualche alieno si diverte a mandare il TARDIS da una parte all’altra dell’Universo e quasi certamente non ha buone intenzioni. Che ne dite di andare a dare un’occhiata? >> 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La regina ***


Ciao a tutti! :D

Ecco la seconda parte della storia, e qui le cose si fanno movimentate. Spero che vi piacerà :)

Vorrei ringraziare con tutto il cuore FRAMAR, lisitella e stevan. Grazie davvero :)))

Bye bye

Reyna The Queen

***

Francesca e Sandra si scambiarono uno sguardo preoccupato e seguirono il Dottore fuori dal TARDIS.

Il Dottore si guardava attorno sfregandosi le mani e un po’ curvo in avanti, con un acceso sguardo curioso.

Lo stesso stava facendo Francesca, guardarsi intorno, solo che, in realtà, non c’era molto da vedere. Si trovavano in una grotta piena di pietre, piuttosto piccola, e al di fuori di essa vi era solo oscurità.

<< Proprio un bel posticino >>  commentò Sandra.

<< Rimanete dietro di me >>  disse il Dottore serio, per una volta, e cacciò fuori il cacciavite sonico, tenendolo davanti a sé a emettere luce verde e ronzare.

Avanzò un po’ curvo in avanti e Francesca e Sandra lo seguirono.

Era molto buio. Francesca sentiva l’acqua gocciolare e l’aria era talmente fredda che rabbrividiva nel cappotto lungo.

La luce verde del cacciavite non era sufficiente a illuminare completamente, tanto che molte volte era finita a sbattere contro la schiena del Dottore, e ogni volta lui lanciava un gridolino e le puntava la luce verde in faccia.

All’improvviso un fascio di luce tagliò di netto l’oscurità. Il Dottore puntò il cacciavite sonico verso la fonte della luce e Francesca poté vedere una Sandra che cercava in tutti i modi di non ridere.

<< Avevi una torcia e non ce lo hai detto? >>  chiese il Dottore con una faccia offesa e mettendosi il cacciavite in una tasca interna del cappotto lungo.

<< Scusatemi, ma era troppo divertente >>  rise Sandra.

Il Dottore storse la bocca e si mise diritto. Poi si aggiustò il cravattino e si girò, incamminandosi verso l’oscurità con passo lungo.

<< Ne ho altre due! >>  gli gridò dietro Sandra.

Una volta che ebbero tutti e tre delle torce, la visibilità migliorò. Ovunque andassero c’erano solo gallerie e rocce.

<< Dove siamo? >>  chiese Francesca. Il Dottore agitò un po’ il cacciavite sonico, poi se lo avvicinò per studiarne i dati.

<< Pianeta Straklshran, ma sotto terra. Molto sotto terra >>

Un improvviso rumore di passi li paralizzò.

<< Saranno gli abitanti del Pianeta Nonsochè? >>  chiese Sandra, la voce più alta di un’ottava. Di nuovo dei passi, più lenti e pesanti. E più vicini.

<< Che si fa? >>  chiese Francesca, spaventata.

<< Il solito. Correte! >>  e afferrò con una mano quella di Francesca e con l’altra quella di Sandra.

Anche se non avevano il tempo di girarsi indietro, il rumore di passi pesanti che li rincorrevano e di strani sibili e artigli era sempre ben udibile. Continuarono a correre finché non si trovarono il passo sbarrato da qualcosa di decisamente brutto aspetto.

Era come se le ombre fossero diventate solide, solo che erano viscide e disgustose e formavano il corpo di un essere gigantesco che sembrava quasi scivolare sul terreno. Quando li vide aprì una grossa fessura su quella che probabilmente era la faccia, mostrando una fila di denti aguzzi e una lingua viscida e schifosa.

Dalle loro spalle li raggiunse la creatura che li stava inseguendo e Francesca poté osservare che questa, a differenza dell’altra, aveva una forma, come un cane gigantesco almeno dieci volte più del normale, ma sempre viscido, nero e disgustoso.

Erano circondati.

<< E adesso che si fa? >>  chiese Francesca. Il Dottore cacciò fuori il cacciavite e iniziò a puntare la luce verde sulle creature, spostandolo da uno all’altro e per farlo doveva girarsi ogni tre secondi.

<< Che stai facendo? >>  chiese Sandra << Vuoi ipnotizzarli con una lucetta verde? >>

<< Non chiamare il mio cacciavite sonico lucetta verde! >>

Ma prima che Sandra potesse rispondergli a tono, la creatura vagamente somigliante a un lupo fece un balzo verso Francesca, le fauci spalancate. Francesca gridò.

Ma proprio quando stava pensando a quanto fosse stata miserabile la propria vita, qualcosa si frappose tra lei e il mostro e questo si dissolse in polvere nera quasi all’istante quando una spada di bronzo lo colpì.

Francesca fece uno strano versetto, a metà tra un gridolino sorpreso e un sospiro di sollievo. Poi puntò lo sguardo sul proprietario di quella spada, che intanto aveva già distrutto l’altra creatura nera. Era un ragazzo di poco più grande di lei, con i ricci neri e un mantello nero che gli fluttuava attorno.

<< E tu chi sei? >>  chiese, con ancora la voce stridula.

Lui puntò lo sguardo su di lei.

<<  Io sono Ludrtyr e ho il compito di proteggervi >>

 

<< Senti tizio dal nome impronunciabile, non so chi cavolo tu possa essere, ma che diavolo significa che hai il compito di proteggerci?! >>  chiese Sandra, mentre seguivano il ragazzo per le gallerie sotterranee.

Il Dottore gli si avvicinò e gli mise un braccio intorno alle spalle in tono confidenziale.

<< Senti Lud… posso chiamarti Lud? >>

<< No >>

<< Bene Lud, prima hai detto di avere il compito di proteggerci. E per quale ragione esattamente? >>

Lud si allontanò dal Dottore, con atteggiamento irritato, e puntò gli occhi scuri su Francesca, che non poté fare a meno di trasalire.

<< Voi due potete anche morire per quanto mi riguarda, ma devo proteggere lei >>  disse. Francesca arrossì.

<< Molto gentile da parte tua >>  commentò Sandra.

<< Cerchiamo di evitarlo, eh? E per quale ragione lei e lei soltanto? >>  chiese il Dottore.

Lui si girò, facendo un arco col mantello nero, e riprese a camminare con la spada sguainata.

<< Ordini di Sua Maestà L’Alta Regina di Stralakhran >>

Francesca gli si affiancò e lui non spiccicò altra parola durante la camminata.

All’improvviso dall’ombra si udì una specie di ringhio e un’altra di quelle creature avanzò verso di loro. Francesca sussultò spaventata, ma subito Lud le si mise davanti con fare protettivo, tanto vicino da spingerla un po’ indietro.

<< Stia indietro, Vostra Altezza >>  disse e si tuffò sul mostro con la spada puntata in avanti.

<< Non è giusto >>  commentò Sandra << Perché io non ho un Cavaliere senza macchia e senza paura a proteggermi? >>

<< Ci sono io >>  disse il Dottore con aria spavalda e baldanzosa, un sorriso sul volto mentre si aggiustava il cravattino.

<< Fantastico, Scienziato Pazzo, vai e distruggi i mostri armato di cravattino >>

Intanto Francesca, che non li stava ascoltando, non aveva occhi altro per il combattimento e a bocca aperta osservava mentre Lud affrontava il mostro agilmente. Alla fine anche quello fu distrutto e Lud le si affiancò di nuovo, i capelli un po’ più scompigliati di prima.

<< Andiamo >>  disse e si affrettò a proseguire, con Francesca che lo seguiva subito.

<< Francesca, evita di sbavare, cortesemente >>  commentò Sandra.

<< Stai zitta >>  Arrossì.

Il sentiero si fece in pendenza verso l’alto e Francesca capì che stavano per uscire da quel labirinto di gallerie e grotte.

Una luce si mostrò a loro e alla fine uscirono alla luce del sole, tanto brillante che Francesca fu costretta a socchiudere gli occhi. E quando alla fine si fu abituata alla luce capì che in effetti c’erano ben tre soli. Tre grosse palle infuocate nel cielo azzurro.

E sulla terra c’era qualcosa di ancora più pazzesco. Era come trovarsi al mercato, solo che merci e persone erano talmente strane e talmente incredibili che Francesca capì subito come non ci fosse confronto.

Mentre seguivano Lud tra gli strani alieni, alcuni con una testa smile a quella dei rinoceronti, altri con una grossa proboscide verde, altri ancora che sembravano polipi e altri talmente strani che Francesca non avrebbe saputo come definirli. Quello che vendevano, poi, erano gingilli talmente incredibili che Francesca dovette fermarsi a rimirarli, spazientendo alquanto Lud. Fiori di cristallo, pozioni vaporose, strani oggetti a mollo, di tutto e di più.

<< Vostra Maestà, dobbiamo andare >>  disse Lud, fissandola con occhi seri e penetranti. Francesca arrossì, annuì e lo seguì. Intanto, dietro di loro, il Dottore intratteneva conversazione con gli strani alieni e mostrava a Sandra la merce.

<< Vedi, questa è una Crisalide, si possono trovare solo sulla Vetta Solitaria. Ti sconsiglio vivamente di andarci. Donna voleva a tutti i costi vederla, ma alla fine non si è rivelata una buona idea… >>

<< Certo che tu hai visto proprio tutto. E conosci pure tutte le specie di questo universo! >>

<< Sì, beh, i Signori del Tempo sono una razza molto antica, tanto che a volte ci ritroviamo con legami di discendenza con molte, quasi tutte le specie di questo universo… >>

<< Certo, scommetto che quell’alieno col pelo verde è tuo cugino. La somiglianza c’è >>

Lud li portò fino a davanti un grosso palazzo di marmo, imponente e maestoso su quella popolazione così bizzarra.

Le porte del palazzo si spalancarono al loro passaggio e una sala risplendente di marmo bianco e cristalli si presentò alla loro vista. La luce si rifletteva creando stupendi giochi di luce, e Francesca seguì Lud, che avanza imperterrito senza nemmeno guardarsi intorno, a bocca aperta.

<< Mica male >>  commentò Sandra, la luce che risplendeva sui suoi occhi chiari come se fossero stati fatti di cristallo anche quelli.

La grande e maestosa sala era priva di mobili, eccezion fatta per un trono che si ergeva rialzato.

Lud vi si fermò vicino e si inginocchiò.

<< Maestà, lei è qui >>  disse.

<< E anche il Dottore >>  aggiunse il Dottore << Dille che c’è anche il Dottore. Sicuramente sa chi sono >>

<< Dottore chi? >>  chiese Lud con le sopracciglia aggrottate.

<< Esattamente >>  fece il Dottore aggiustandosi tutto orgoglioso il cravattino << Adoro quando lo dicono >>

<< Potresti smetterla di pavoneggiarti per un secondo? >>  fece Sandra << Guarda >>

E Francesca stava guardando.

La luce parve unirsi in corrispondenza del trono, fino a brillare e creare una figura solida. E quella figura era una donna, con una corona di pietre preziose e uno scettro maestoso. Era bella, ma non più in gioventù, e aveva lunghi, lunghissimi capelli rossi che le lucevano sulla schiena come un mantello.

<< Bei capelli >>  commentò il Dottore << Tranquille ragazze, ci si può fidare dei rossi. Parlo per esperienza >>

La regina, perché solo regina poteva essere una donna di tale maestosità, puntò uno sguardo curioso sul Dottore.

<< Non lo ascolti >>  disse Sandra << Il Dottore tende a parlare nei momenti meno opportuni >>

<< Questo non è vero! >>  protestò il Dottore << Io… >>

<< Basta così >>  disse la regina, e Sandra e il Dottore ammutolirono come due bambini con la madre. Poi la donna guardò Francesca.

Per un secondo la testa di Francesca si svuotò, senza pensieri a parte la sensazione che quella donna avesse un’aria familiare.

E in un attimo un milione di domande si affollarono nella sua mente.

<< Chi sei tu? Perché hai voluto che venissi qui? Cosa vuoi da me…? >>

<< Litarish, sono stata io ad averti portata alla Terra >>  rispose la donna. Francesca rimase interdetta.

<< Io… io non mi chiamo così… >>

<< Litarish è il nome che ti ho dato, il nome mio e prima ancora di mia madre >>

Puntò gli occhi di ghiaccio su Francesca.

<< Io sono tua madre >>

 

<< Wow >>  fu l’unica parola che risuonò per la gigantesca sala silenziosa, parola illuminante pronunciata da Sandra.

<< Concordo >>  fece il Dottore, che si avvicinò alla regina scrutandola con sguardo sospettoso << Cosa intendevi dire col fatto di averla portata sulla terra? >>

Francesca, che era rimasta paralizzata da quell’affermazione come se qualcuno le avesse gettato un secchio di acqua gelata in faccia, si riscosse quel tanto necessario per riuscire a sentire la sua risposta.

<< C’è una tradizione >>  rispose la regina << Alla nascita della nuova regina, se quella passata sta ancora governando ed è in grado di governare per ancora lungo tempo, la nuova regina deve essere allontanata dal regno. Non possono esserci due regine. Affidai la mia bambina a un Signore del Tempo… >>

<< Come, scusa?! >>  esclamò il Dottore, improvvisamente pallido.

<< Cosa succede? >>  chiese la regina.

<< Era un Signore del Tempo? Ha detto espressamente di essere un Signore del Tempo? >>  il Dottore stava iniziando a traballare, pallido e confuso,

La regina, seppur irritata e confusa, rispose: << Sì, fu molto chiaro in proposito. Aveva una strana scatola blu come mezzo di trasporto e mi disse di chiamarsi il Dottore >>

Francesca sentiva quasi gli ingranaggi muoversi nel cervello del Dottore.

<< Ehm… era per caso questo qui? >>  chiese Sandra, indicando il Dottore.

<< Oh, no, era più vecchio e si comportava come se mi avesse già incontrato, benché io non lo avessi mai visto prima… >>

<< Ho capito >>  fece il Dottore << Ero io. O meglio, sarò io. Nel futuro, con un’altra rigenerazione, probabilmente >>

Né la regina né Sandra sembravano capire, ma Francesca non stava pensando a questo. Stava ancora cercando di capire chi fosse lei davvero.

<< E’ per questo che il TARDIS sballottolava da una parte all’altra dell’universo. Per incrociare la propria linea temporale… >>

<< Tu >>  lo interruppe Francesca, che non lo stava ascoltando, fissando dritto negli occhi la propria madre << mi hai dato a un vecchio pazzo, e non ti sei nemmeno preoccupata di sapere che fine avessi fatto >>

Francesca recepì il disprezzo nella propria voce, ma non se ne curò. Qualcosa s’infranse nell’atteggiamento della regina, che la fissò con gli occhi cristallini tristi.

<< Non è stato facile >>  disse, la voce incrinata << separarmi dalla mia bambina. Chiedermi in ogni istante della mia vita cosa ti fosse successo, se stessi bene… Ho perso tutta la tua infanzia e ora tu mi odi anche. Non puoi immaginare il dolore di una madre costretta a separarsi dalla propria figlia, sapendo che è ancora viva, ma con il divieto di cercarla… >>  la regina fu presa da un singhiozzo e abbassò la testa.

Francesca sentì scivolare via tutta la rabbia e fece un passo titubante verso la propria madre. Poi la regina si riscosse e ricompose la propria compostezza.

<< Capisci, adesso? >>  le chiese. Francesca annuì, con gli occhi lucidi.

Poi, a interrompere quell’atmosfera di ricongiunzione famigliare, il Dottore disse:<< Sbaglio, o prima hai detto che secondo le tradizioni non possono esserci due regine su questo pianeta? >>

<< Esatto >>  rispose la regina, e aveva tutta l’aria di capire dove il Dottore volesse arrivare.

<< Allora come mai adesso tua figlia è qui? >>  le chiese, serio. Francesca guardò sua madre.

<< Non posso sopportare ulteriormente la distanza che mi separa da mia figlia. Non riesco più a dormire e a mangiare, né a governare saggiamente come un tempo, con i pensieri sempre fissi su di lei. Perciò >>  la regina fece un lungo respiro << ho deciso di rinunciare alla carica di regina. E visto che il popolo ha bisogno di una regina… >>

<< Aspetta >>  la interruppe Francesca, basita << lo stai chiedendo a me?! >>

La regina sorrise, con tenerezza, a confermare.

<< Non devi rispondermi subito >>  disse << Ti lascerò un po’ di tempo per discuterne con i tuoi amici >>  detto questo, così come era apparsa, scomparve nella luce.

 

<< Insomma, ricapitolando, non solo la mia migliore amica è un alieno stile ET, ma addirittura una regina! >>  esclamò Sandra, l’unica che sembrava entusiasta dei recenti avvenimenti << Che figata! >>

<< Guarda che io non ho ancora deciso se accettare la proposta >>  ribattè debolmente Francesca.

<< Ascoltami Francesca, o Litarish se preferisci >>  iniziò il dottore, posando le mani sulle sue spalle e guardandola intensamente negli occhi << ho sorvolato sul fatto che prima mi hai chiamato vecchio pazzo, ma questo! E’ una grossa decisione da prendere e ci devi pensare bene >>

E Francesca ci pensò bene, poi prese la sua decisione e ne parlò con i compagni.

<< Da una parte, accettare significa lasciare per sempre la Terra e il posto dove ho vissuto, le persone che ho conosciuto. Visto che ho vissuto in un orfanotrofio, non è una gran perdita, ma questo significherà >>  e guardò Sandra << che non potrò mai più vedere Sandra >>

Francesca si sentiva gli occhi lucidi e anche Sandra tirò su col naso.

<< Oh, non preoccuparti per Sandra >>  disse Sandra << Se la caverà. Piuttosto pensa a governare bene questo bel pianeta anche da parte mia, magari promuovendo qualche progetto di disinfestazione per le gallerie sotterranee, che ne dici? Perché la prossima volta che verrà a farti visita potrebbe anche rimanerci secca, e questo cerchiamo di evitarlo, okay? E poi ci sarà questo scienziato pazzo da tormentare, e questo le va più che bene >>

<< Aspetta, cosa intendi… >>

<< Ho preso la mia decisione >>  lo interruppe Francesca, sorridendo << ora che ho ritrovato mia madre, non voglio lasciarla, e poi ci sarà lei ad aiutarmi nelle decisioni che vengono nel governare un intero pianeta >>

Il Dottore annuì, Sandra sorrise, e tutti e tre si abbracciarono (il Dottore, a cui Sandra non lasciava alcuno scampo, sembrava alquanto imbarazzato)

Quando la regina tornò, l’angoscia sparì dai suoi occhi appena seppe la decisione, e Francesca per la prima volta abbracciò sua madre. Sandra e il Dottore restarono ancora un po’ con Francesca e sua madre, e Lud affermò che sarebbe rimasto fino alla morte al fianco della nuova regina per proteggerla, causando l’immediato rossore di Francesca, che Sandra non mancò di evidenziare.

Alla fine il Dottore ricordò a Sandra di andare, e tra saluti, abbracci e lacrime le due amiche inseparabili si separarono.

Francesca sentì il cuore spezzarsi mentre vedeva l’amica con cui era cresciuta, allontanarsi col Dottore verso la sua stella cadente.

E pregò che stesse bene insieme a quel vecchio pazzo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3053227