Tutte le distinzioni sono mente

di DanzaNelFuoco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A - Analisi ***
Capitolo 2: *** B - Banana ***
Capitolo 3: *** C - Companion ***
Capitolo 4: *** D - Dalek ***
Capitolo 5: *** E - Eccentrica ***
Capitolo 6: *** F - Farfallino ***
Capitolo 7: *** G - Ginger ***
Capitolo 8: *** H - Hug ***
Capitolo 9: *** I - Impossibile ***
Capitolo 10: *** J - Jeans ***
Capitolo 11: *** K - Kick it up a notch ***
Capitolo 12: *** L - Ladies man ***
Capitolo 13: *** M - Missy ***
Capitolo 14: *** N - Natale ***
Capitolo 15: *** O - Ordinary ***
Capitolo 16: *** P - Paradox ***
Capitolo 17: *** Q - Quadrimensionalità ***
Capitolo 18: *** R - Responsabilità ***
Capitolo 19: *** S - Sexy ***
Capitolo 20: *** T - The End ***
Capitolo 21: *** U - ...Unless ***
Capitolo 22: *** V - Variazioni ***
Capitolo 23: *** W - Wibbly Wobbly Timey Wimey Stuff ***
Capitolo 24: *** X - Xenofobia ***
Capitolo 25: *** Y - Ying e Yang ***
Capitolo 26: *** Z - Ziizivzizxzmmvii ***



Capitolo 1
*** A - Analisi ***


A - Analisi

 

L'uomo fissa il taccuino bianco davanti a sé per un istante, poi sospira. "Non vuole dirmi il suo nome?"  

"Gliel'ho già detto."

"No, lei mi ha detto solo di chiamarsi-"

"Il Dottore." lo interrompe. "Mi chiamo così."

"Ma-"

"Vogliamo andare avanti?"

L'uomo sospira di nuovo, non sarà un caso facile. "Dunque, perché ha deciso di venire in analisi?"

"Non mi vede? Sono una donna!" 

Lo psicologo aggrotta le sopracciglia, lieto che la ragazza, sdraiata sul lettino, non possa vedere la sua perplessità. "Certo. Il problema sarebbe...?"

"Questo è il problema!" dal tono sbrigativo di poco prima passa all'esasperazione. "Fino a tre giorni fa ero un uomo!" 

Lo psicologo rimane piuttosto sorpreso dall'affermazione. "E a cosa pensa sia dovuto il cambiamento?" la asseconda. 

"Mi hanno ucciso e mi sono rigenerato. In una donna!" 

L'uomo apre e chiude la bocca senza sapere cosa dire. "Vuole... Vuole cominciare dal principio?"

La ragazza - il Dottore? - si solleva su un gomito. "Sono un Signore del Tempo, vengo dal pianeta Gallifrey che una volta era nella costellazione di Kasteborous e adesso potrebbe essere ovunque, viaggio nel tempo e nello spazio, ma principalmente mi occupo di salvare l'universo. Ogni tanto rimango mortalmente ferito e mi rigenero."

Lo psicologo è sicuro che questo sia uno dei casi più difficili che gli sia capitato. "Penso che lei dovrebbe rivolgersi ad uno psichiatra."

"Oh, non mi crede? Perché non prende uno stetoscopio?"

"Uno stetoscopio?"

"Sì, lei è un dottore, no? Ce l'avrà uno stetoscopio." 

"Io... Sì, ma perché?" 

"Ho due cuori, così mi crederà. Ora prenda lo stetoscopio." 

Il dottore con la "d" minuscola la accontenta e quando sente i due battiti nel petto della ragazza, l'unica cosa che riesce a pensare prima di svenire è che sarà lui quello ad aver bisogno di una seduta di analisi


Il titolo deriva da una citazione di Ronald D. Laing
"Tutto in tutti. Ciascun uomo in tutti gli uomini, tutti gli uomini in ciascun uomo. Tutto l’essere in ciascun essere, ciascun essere in tutto l’essere. Tutte le cose in ciascuna cosa, ciascuna cosa in tutte le cose. Tutte le distinzioni sono mente, con la mente, nella mente, della mente. Niente distinzioni, niente mente per distinguere."
 
 

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Capitolo 2
*** B - Banana ***


B - Banana

Lo psicologo aveva dovuto ammettere con sé stesso che il Dottore era la cliente più affascinante che avesse mai incontrato - certo dopo aver superato lo svenimento davanti alla dimostrazione dei suoi due cuori e lo shock per aver visto il TARDIS in azione.  

"Allora, vuole parlarmi della sua passione per le banane?"

"Beh, dunque..." Il Dottore cercò le parole, osservando il soffitto. "Sono buone, sono dolci e sono un'ottima fonte di potassio. Always bring a banana to a party!" ripeté con aria nostalgica per la seconda volta nel giro di dieci minuti. 

"Sì, ma non mi ha ancora spiegato perché."

"Non mi è molto chiaro il perché, ma l'ultima volta ho inventato il Banana Daiquiri alla corte di Luigi XV dunque suppongo sia abbastanza vero." 

Lo psicologo accettò senza battere ciglio l'affermazione della donna. "Quindi lei si porta sempre dietro una banana?"

Il Dottore sembrò riflettere, torcendosi una ciocca di capelli neri tra le dita, un vezzo che aveva preso adesso che erano lunghi. 

"No, non sempre. In effetti è da un po' che ho lasciato perdere questa cosa delle banane... Un momento!" il Dottore scattò sul divano. "Dice che la mia rigenerazione è dovuta ad una carenza di potassio?" 

Lo psicologo aprì e richiuse la bocca, cercando un modo per negare con tatto. Oh, Freud sarebbe andato a nozze con questo tip- no, questa tipa. Oh, cavolo!

"Non può essere, comunque. Lei non sa niente di Signori del Tempo, come può ipotizzare che sia stato il potassio? E comunque non è stato il potassio!" 

"No, in effetti, io stavo ragionando più per metafore..." 

"Metafore... Oh!" la consapevolezza passò sul viso del Dottore e si ritrovò ad arrossire. "Dice?"

"Mi stava raccontando di questo Jack..."

"Oh. E lei pensa che sia stato per... troppe Companion donne?" 

Lo psicologo annuì.  

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Capitolo 3
*** C - Companion ***


C - Companion 

 

"...dopo Rose, è stato il turno di Martha, poi Donna e infine Amy. Dopo ho conosciuto personalmente quella strana ragazza che sembrava comparire nei momenti più assurdi della mia vita, Clara. La prima volta che l'ho vista mi ha consigliato quale TARDIS rubare!"

"Sì, certo, Dottore, ma che mi dice di Companion di sesso maschile?" 

Il Dottore con la "D" maiuscola fissò il dottore con la "d" minuscola, interdetto. "Non saprei. Non ho mai fatto caso al sesso delle persone che salivano sul TARDIS." 

Lo psicologo inarcò un sopracciglio. "Davvero?"

"Sì. Voglio dire, all'inizio non volevo Mickey, ma..."

"Chi è Mickey?"

"Era il ragazzo di Rose, ma non è questo il punto. Per un po' anche lui ha viaggiato con noi." 

"Poi che fine ha fatto?" 

"Non faceva per lui." scrollò le spalle quella.

Lo psicologo lo fissò per qualche istante. "E che genere di relazioni ha avuto con le sue Companion?" 

"Relazioni? Intende... Oh, certo che intende relazioni romantiche, che altro potrebbe mai intendere!" lo psicologo si chiese come facessero i suoi polmoni a contenere tanta aria visto che non aveva preso nemmeno fiato. Probabilmente ne aveva il doppio anche di quelli. 

"Solo quelle dell'ultimo periodo." lo rassicurò.

"Rose." disse e il suo viso sembrò oscurarsi. "E Joan." riprese ancora più tristemente. "Anche se non era veramente una mia Companion. In quel momento ero umano." Lo psicologo non chiese cosa intendesse per non spezzare il flusso di pensieri della ragazza. "E River. Anche se in realtà erano i suoi genitori che viaggiavano con me, lei era una passeggera occasionale." 

"Ha mai avuto relazioni di quel genere con Companion uomini?"

"Diciamo che sono flessibile." 

"È un sì?"

"Non nell'ultimo periodo."

"In che periodo?"

"Oh per tutti i Dalek! Lei è irritante! Prima di Rose in ogni caso." 

"Cos'è un Dalek?"

 

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Capitolo 4
*** D - Dalek ***


D - Dalek

 

Il dottore, quello con una laurea, fissò il foglio di carta che aveva in mano. 

Non si poteva certo dire che il Dottore, quella con un TARDIS, fosse un'artista. Certo, dipendeva dai punti di vista, Picasso sarebbe forse stato fiero di lei. 

"Non saprei, Dottore, a me non sembra tanto pericoloso." squadrò il disegno, allontanandolo per poterlo osservare meglio. 

"Non tanto pericoloso?! Non tanto pericoloso, dice lui!" il Dottore era sbalordita. 

"In realtà mi sembra solo una saliera gigante." cercò di giustificare la sua affermazione precedente di fronte alla reazione dell'altra. 

Le sopracciglia del Dottore si sollevarono pericolosamente verso l'alto, le braccia incrociate al petto. 

"Una saliera molto brutta, certo." tentò di recuperare, senza troppo successo. 

Quando le aveva chiesto cosa fosse un Dalek, Lei gli aveva raccontato molto, ma non tutto. Sentiva che c'erano ancora cose che non era pronta a raccontargli, cose dolorose che sarebbe stato suo compito tirarle fuori quando fosse stato il momento. Dunque aveva preferito sorvolare, chiedendo piuttosto come fosse fatto un Dalek, se avesse la pelle verde e le orecchie ad antenna come nell'immaginario terrestre di un marziano o che altro. Lei si era dimostrata entusiasta, aveva rubato un foglio alla stampante e cominciato a schizzare quella sottospecie di saliera. 

Non era colpa sua se quella cosa era tutto meno che inquietante e sembrava uscita da un cartone animato per bambini. 

Squadrò il foglio ancora, alla ricerca di qualcosa di qualcosa a cui appigliarsi. Non era stata una mossa molto intelligente sminuire quelli che sicuramente erano esseri molto pericolosi. 

"D'accordo, Dottore. Credo che questi Dalek siano terribili e temibili." disse, serio. "Credo anche che non avrai un futuro in campo artistico." 

La ragazza sbuffò, ma stava ridendo. "Allora, ridammelo!" disse, strappando glielo di mano, fingendosi imbronciata. "Solo perché ho perso un po' la mano..." 

 

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Capitolo 5
*** E - Eccentrica ***


E - Eccentrica

 

Se lo psicologo - ormai aveva smesso di pensare a sé stesso come al dottore, perché faceva davvero confusione a chiamare anche l’altra Dottore - avesse dovuto definirla con una parola, quella sarebbe stata… fuori dal comune. Oh, un attimo, quelle erano tre parole. Stava facendo confusione di nuovo.

Il suo cervello era in sovraccarico. 

Lei gli aveva detto così tante cose… come poteva credere all’esistenza di anche solo la metà delle avventure di cui la ragazza gli aveva parlato? 

In alcuni momenti non riusciva a non pensare che non fosse una pazza, una pazza molto convincente e davvero sicura che quello che stava dicendo fosse vero, ma comunque una pazza. Restava il fatto che lui aveva davvero sentito i suoi due cuori battere ed era entrato nel TARDIS e aveva detto - “È più grande all’interno!” - quello che dicevano tutti a detta del Dottore. 

E lui era certo di non aver sognato nulla, quindi quello che il Dottore aveva detto, doveva essere vero. Ingigantito forse, ma vero. 

Avrebbe voluto che gli chiedesse di seguirla. Da quello che la ragazza gli aveva raccontato, quando era un uomo non perdeva l'occasione di chiedere a - quasi - chiunque di accompagnarlo (sorvolò sul fatto che negli ultimi tempi lo avesse chiesto solo a belle donne, ora che lo stesso Dottore era una ragazza avrebbe dovuto invertire la tendenza, no? Poteva continuare a sperare anche se lei non aveva fatto il minimo accenno alla cosa).

Lei gli piaceva davvero. 

Non in quel senso. Ok, forse anche in quel senso, ma non solo. 

Lei era strana e carina e simpatica e complicata - davvero complicata - e strana e straordinaria e, dannazione sì, completamente fuori di testa.

Alla fine, se avesse dovuto descriverla con una parola, quella sarebbe stata: eccentrica. Adorabile, ma eccentrica.  

 

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Capitolo 6
*** F - Farfallino ***


F - Farfallino 

 

Quel giorno il Dottore si presenta con un farfallino al collo. 

Lo psicologo solleva un sopracciglio vedendola entrare. 

“Cos’è quella cosa che ha al collo?” chiede stranito. Vedere un papillon non è comune, al collo di una donna ancora meno. 

Il Dottore si passa un dito sotto la stoffa rossa, allentando il nodo. “Cosa dovrebbe essere? È un farfallino, papillon, bow tie, corbatin, fliege. Lingue diverse, stesso concetto.”

Lo psicologo si morse il labbro inferiore, riflettendo su cosa avrebbe dovuto dire. 

“Quindi… le piacciono i farfallini?” 

Il Dottore fece passare di nuovo il dito tra la stoffa e la gola. “Sono un po’ scomodi, effettivamente.”

“Sono fatti per essere portati sopra una camicia.” constatò lo psicologo. 

“Lo so. È solo che…” il Dottore sbuffò, “avevo nostalgia.”
“Nostalgia.”
Bow ties are cool. Lo dicevo sempre una volta.” 

“Quando era un uomo?” chiese lo psicologo, cautamente. Aveva data per certa la storia del Dottore, gli erano state fornite abbastanza prove, ma ancora faceva fatica a immaginarsi quella ragazza nel corpo di un uomo. Sarebbe stato… impensabile. 

“Sì, esatto. È stato due rigenerazioni fa. Mi piacevo quando ero quel tipo, avevo nostalgia di essere quella persona…” 

Lo psicologo tacque in attesa che il Dottore esprimesse il silenzioso “ma” sottinteso. 

“Ma non sono più quella persona.” concluse, storcendo la bocca. “Dopo tutti questi secoli dovrei essermi abituata ai cambiamenti.” Il Dottore sciolse il nodo del farfallino, arrotolandosi la stoffa attorno al polso. “Non riesco a capire come potessi trovare affascinanti questi cosi. Certo, in quel periodo adoravo anche i fez…” lasciò la frase in sospeso, come se quel semplice fatto significasse già tutto da solo. 

“Fez?” chiese, cercando di trattenere una risata. 

“Sì, fez e farfallini. Rida pure.” 

“Dovrà rimanere tra noi” si chinò verso di lei “ma una volta ho indossato un kilt.”

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Capitolo 7
*** G - Ginger ***


G - Ginger

 

La ragazza stava guardando il suo riflesso nel tavolino di vetro, mentre aspettava di essere chiamata dentro lo studio dello psicologo, ancora alle prese con un paziente che, a quanto diceva la segretaria che le aveva chiesto di pazientare ancora un momento, era abbastanza strano e problematico - e non aggiungeva nient'altro per non infrangere il segreto professionale. 

Il Dottore non aveva proprio trovato il tempo di guardarsi allo specchio, non l'aveva mai avuto e adesso che era una donna non era molto diverso. Ma ora che l'altro dottore era in ritardo, lei aveva potuto ispezionare accuratamente gli occhi di un nocciola talmente chiaro da sembrare quasi miele, il naso delicato, il neo sullo zigomo sinistro, i lunghi capelli neri. 

"Still not ginger." borbottò a mezza voce, saggiando una ciocca tra l'indice e il pollice. 

In quel momento la porta dello studio si aprì e, mentre un giovane uomo con i capelli rossi -dannazione a lui - ne usciva facendogli un occhiolino - le sarebbe sembrata quasi una beffa, se non fosse stato impossibile che quel ragazzo sapesse a cosa stesse pensando fino a qualche secondo fa - lo psicologo la chiamò dentro. 

"Dottore, non indovinerà l'assurdità che mi é capitata oggi." la salutò quello non appena fu entrata. 

“Non importa.” lo liquidò lei con un gesto, lasciandosi cadere sconsolata sul divanetto e lasciando scorrere i capelli tra le dita.

“Ma Dottore! Quante possibilità ci sono che nell’arco della stessa giornata due persone vengano da me dicendo di chiamarsi nello stesso modo? Comincio a pensare che il suo nome sia inflazionato..”

La ragazza sollevò la testa di scatto. “Come?” chiese, scapicollandosi alla finestra. 

All’angolo della strada, accanto al suo TARDIS, una cabina blu lampeggiò prima di scomparire completamente. 

Il Dottore batté le mani, entusiasta. “Meraviglioso!”

“Come?”

"Un giorno sarò ginger!" 

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Capitolo 8
*** H - Hug ***


H - Hug

 

Il Dottore entra nella stanza senza dire una parola. 

“Buon giorno.” la saluta lo psicologo, alzandosi in piedi. Ha in mano gli appunti sul paziente appena uscito e non ha nemmeno sollevato gli occhi dalla pagina. 

Lei non risponde nemmeno, gli si avvicina a grandi passi e gli fa scorrere le braccia attorno al torace. Affonda il naso nell’incavo del suo collo, sentendo sulla guancia il calore del suo corpo attraverso la stoffa leggera della camicia inamidata. 

Lo psicologo rimane interdetto, le braccia aperte come se fossero ali, non sapendo dove mettere le mani. Per quanto lui consideri il Dottore quasi una amica - diamine, non si fa più nemmeno pagare le sedute per avere il piacere della sua compagnia - rimane comunque una sua paziente nel suo studio. Se la sua segretaria entrasse adesso, la sua carriera potrebbe andarci di mezzo. 

Il Dottore rimane ferma contro di lui e non accenna a muoversi, quindi lui si limita a dargli qualche leggera pacca sulla spalla, cercando di farle capire che va tutto bene, ma che sarebbe carino che almeno si spiegasse. 

Lei si limita stringergli le braccia ancora più attorno al torace aggrappandosi alla leggera stoffa bianca in una muta richiesta. 

Lo psicologo occhieggia la porta, poi, finalmente, circonda con le braccia le spalle del Dottore, stringendola e affondando il naso tra i suoi capelli. Profumano di pesca. 

Questa situazione sta diventando incredibilmente inopportuna. 

Lo psicologo le posa le mani sulle spalle e la allontana con decisione da sé, allontanandosi per ristabilire lo spazio personale.  

“Perché?”

“Avevo bisogno di capire se potevo ancora farlo.” Il Dottore è terribilmente seria.
“Cosa, abbracciare?” 

“Sì.” 

“Vuole spiegarsi?” chiede professionalmente.
“Odiavo abbracciare ed essere abbracciato.”  

Lo psicologo la guarda, serio, indicando il divanetto. “Perché non si siede e non mi racconta di quel periodo?”

 

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Capitolo 9
*** I - Impossibile ***


I - Impossibile

 

“Ci sono effettivamente cose che sono impossibili.” gli rivela il Dottore. “Forse.” aggiunge, pensosa un istante dopo. “Beh, in realtà tutto dipende dal punto di vista di chi guarda. Per esempio, gli esseri umani hanno una soglia del possibile molto bassa. Non fraintendermi, con la fantasia andate alla grande, davvero. Harry Potter, il Signore degli Anelli, Dune, Blade Runner… fantastici, davvero! Ma…” il Dottore scuote la testa “Gli alieni potrebbero ballarvi la salsa davanti e l’unica cosa che sareste in grado di dire sarebbe ‘Bel costume, amico, dov’è la festa in maschera?’”

Lo psicologo sbuffa. “È questione di come la mette, Dottore. Gli alieni sanno ballare la salsa?”

Il Dottore alza gli occhi al cielo. “Dipende dal tipo di alieno. Molti preferiscono la bachata o il tango.” 

“Stai scherzando?”
“No, per niente. Quando andrete nello spazio e porterete in giro la vostra cultura quei tipi di ballo andranno alla grande.”
Lo psicologo alza un sopracciglio, non completamente convinto.
“Vedi, è proprio quella faccia che stai facendo adesso quello di cui sto parlando.” lo indica il Dottore. “Quella faccia da farò finta di crederti, anche se è impossibile che una cosa del genere accada.” 

“Non ho mai detto che sia impossibile.”
“Non a parole. Avanti, dimmi che credi che sia assolutamente vero.”

Lo psicologo rimane in silenzio per istante prima di scuotere la testa. 

“Visto, bassa soglia del possibile. Voi siete… scettici. Forse vi siete fidati così tanto da non voler più essere abbindolati, ci sono passata anche io, la mia ultima rigenerazione era abbastanza… stanca. Forse è per questo che sono diventata così, dopo tanti secoli avevo bisogno di cambiare completamente. Forse mi si era abbassata troppo la soglia di possibilità.”
“Non so, Dottore. Mi hai appena parlato di alieni che ballano la bachata. Sembra per lo meno improbabile. ”

 

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Capitolo 10
*** J - Jeans ***


J - Jeans

 

“Sai, credo che questa sia stata una delle migliori invenzioni della vostra specie.” dice il Dottore indicandosi le gambe. 

“I jeans?” chiede lo psicologo, stupito.

“Sì.” gli sorride il Dottore. “Davvero, in tutti questi secoli qui sulla Terra non li avevo mai provati, avevo sempre preferito pantaloni di completi vecchio stile, sai, più eleganti, più… da me.” gesticola, mentre parla. “Ma i tailleur da donna non sono altrettanto comodi. E sicuramente non posso andare in giro con i tacchi, quindi… Jeans.” sorride estasiata. “Dovrebbe provarli anche lei.” 

Lo psicologo si morde il labbro inferiore. “Ecco… io porto i jeans.” 

Il Dottore aggrotta le sopracciglia. “Davvero?”
“Sì, Dottore. Praticamente sempre quando non sono a lavoro.”

Il che ricorda al Dottore il motivo esatto per cui sono lì. Lavoro. 

“Pensa che la mia rigenerazione in una donna abbia a che fare con il mio improvviso interesse per i jeans?” chiede. 

Lo psicologo storce la bocca. “Non saprei. Molto probabilmente eri arrivato al punto di saturazione e il tuo organismo ha optato per cambiamenti molto radicali. Sesso diverso, età molto giovane, gusti che non avevi mai avuto. Una reazione drasticamente opposta.” tenta di spiegare.

 “E per questo motivo adesso vado matta per i jeans, mi piacciono di nuovo gli abbracci e chissà che altro.” 

Lo psicologo riflette per qualche secondo. “Credo che dovresti vederla più come una nuova opportunità. Tirare una riga su tutto quello che è successo fino ad ora, tutti i casini attraverso cui sei passata. Non dico di dimenticare -“ aggiunge prima che lei possa interromperlo. “Metti tutto in un cassetto e ricomincia. Per quanto tu possa essere un alieno millenario, non credo che tu possa psicologicamente sopportare altro.”

Il Dottore si umettò le labbra, riflettendo. “Quindi dovrei… smettere di salvare il mondo?”

“No. Solo… non pensare troppo al passato.”

 

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Capitolo 11
*** K - Kick it up a notch ***


K - Kick it up a notch

 

Lo psicologo aspetta il Dottore per la solita visita del venerdì. 

Non che il Dottore a questo punto avesse davvero bisogno di uno psicologo, ma avere qualcuno con cui parlare, poter raccontare tutto quello che le era capitato le fa bene. È terapeutico. 

Solo che quel venerdì il Dottore non si è presentata. 

Non che lo psicologo abbia un numero al quale poterla chiamare per chiedere se sia o meno in ritardo - un Signore del Tempo non è mai in ritardo né in anticipo, un Signore del Tempo arriva quando c’è bisogno di lui, o di lei - o se debba aspettarla. 

Si alza e comincia a passeggiare per la stanza. 

Osserva l’orologio. 

La lancetta dei secondi continua a ticchettare inesorabile, mentre i minuti si accumulano. 

Un orribile pensiero si fa strada nella sua mente. E se da una di quelle situazioni assurde in cui si andava sempre a cacciare lei non fosse mai tornata? 

Lo psicologo scaccia il pensiero. Se la metà delle cose che ha raccontato sono vere, può uscire da qualunque situazione. 

In quel momento la porta si apre e il Dottore entra.

“Come mai in ritardo?” le chiede mascherando la preoccupazione. 

“Volevo movimentare un po’ le cose, renderle meno prevedibili. È il mio modo di fare!” gli sorride. 

“Presentandosi in ritardo all’appuntamento?”

“Certo. Non era una noia? Stesso posto, stesso orario, tutte le settimane. È così scontato.”

Lo psicologo si stringe la radice del naso tra indice e medio. 

“Dottore, non è scontato. È normale. Ora, devo aspettarti venerdì prossimo? In orario, intendo.” chiede, temendo un po’ la risposta. 

È dannatamente intrigato dall’aliena di fronte a lui che l’ultima cosa che vuole è che lei si annoi e smetta di venire alle sedute. 

“Sì.” risponde lei, facendogli trarre un sospiro di sollievo. “Sì, ci sarò.” 

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Capitolo 12
*** L - Ladies man ***


L - Ladies man

 

He takes them in his big blue box

He takes them for a ride 

He makes them gasp and scream and shout

From some place deep inside

 

Lo psicologo capisce, certo che capisce. 

È ovvio che chiunque le cada ai piedi - o gli fosse caduto ai piedi, all’epoca in cui era un uomo.

Il Dottore arrivava, ti travolgeva con la sua personalità, spesso ti salvava la vita - cosa che incrementava il suo fascino di un buon settanta per cento - e poi ti offriva l’universo. 

Tutto lo spazio e tutto il tempo che potevi concepire a portata di mano. 

Bastava salire sulla sua grande e meravigliosa scatola blu, guardare il Dottore muoversi attorno alla consolle di comando, tirando leve e premendo pulsanti, mentre le luci sembravano vivere di vita propria. 

Inoltre, se tutto questo non fosse bastato, secondo lo psicologo i Signori del Tempo dovevano emettere una qualche sorta di ferormone che attrasse chiunque fosse umano, a prescindere dal sesso. 

Non c’era altra spiegazione. 

Forse era tutta quell’aria di mistero da “Dottore chi? Dottore e basta? Davvero?”

Lo psicologo scuote la testa, scacciando i pensieri. 

Aspetta che il Dottore arrivi nel suo studio come tutti i venerdì, ascoltando solo con un’orecchio le lamentele della signora che non sa se suo marito la tradisca davvero o sia solo lei ad avere una personalità paranoide, occhieggiando l’orologio ogni dieci secondi sperando che le lancette vadano più in fretta e arrivi il turno del Dottore. 

È poco professionale? Probabilmente sì. 

Diamine, da quando il Dottore è entrata nella sua vita la professionalità è andata a farsi benedire. E la cosa peggiore è che lei non gli ha nemmeno offerto lo spazio o il tempo, non più di quell’ora a settimana che passano chiusi nello studio. 

Quindi non ha nemmeno quella scusa per giustificarsi.

Il timer sulla sua scrivania squilla, riscuotendolo dai suoi pensieri. Il Dottore è sulla porta ancora prima che la donna si sia infilata la giacca. 

 

 

He offers you time

He offers you space

He’s a ladies man

 

N.d.A. 
La canzone in corsivo è "The Doctor is a Ladies Man" dei Leg Nose Robinson

 

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Capitolo 13
*** M - Missy ***


M - Missy 

 

“Quindi… è molto comune che un Signore del Tempo si rigeneri in un individuo del sesso opposto?” lo psicologa ha scelto da tempo e con cura le parole da usare per porre la domanda. Sente che dopo tanti incontri e dopo tante confessione questa è una domanda che adesso può porre. 

“Non che non abbia già assistito a situazioni del genere…” comincia il Dottore, “ma onestamente non so quanto di frequente accada.” 

Lo psicologo inarca un sopracciglio. “Altre situazioni?”

“Sì, un mio vecchio amico, credevo fosse morto, invece… tempo dopo tornò rigenerato in una donna.” 

“Amico?” chiede, professionale. A volte riesce ancora a ricordare di essere uno psicologo. O forse è la deformazione professionale a intervenire nelle sue amichevoli chiacchierate. 

“Eravamo compagni di banco, poi… ci siamo allontanati. Lui… beh, aveva sviluppato una certa ossessione.” 

“Ne deduco che lei non ne fosse contenta.”
“Esatto. Il Maestro, Missy, aveva preso una brutta piega.”

Lo psicologo rimane interdetto per un istante. “Ha mai pensato che forse l’inconscio di questo suo amico potrebbe avergli fatto cambiare sesso solo per poterle piacere di più?” 

Il Dottore riflette su ciò che lo psicologo ha detto. 

Non che abbia molta importanza ora che Missy è morta, ma deve ammettere che creare un’esercito di Cyberman solo per poterglielo affidare andava molto oltre l’ossessione, rasentava la pazzia, quindi forse sì, era stato per il Dottore che il Maestro era diventato Missy. In fondo l’aveva anche baciato. 

Ma Missy era solo una, magari c’erano altri che avevano fatto la stessa cosa. 

“Devo andare.” dice la ragazza, scattando in piedi. 

“Prego?” la osserva stralunato lo psicologo.

“Devo andare, le farò sapere se ci sono stati altri casi.” 

Il Dottore sparisce oltre la porta in direzione del TARDIS prima che lo psicologo possa dire una sola parola. Deve controllare i precedenti. 

 

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Capitolo 14
*** N - Natale ***


N - Natale

 

L’aria è fredda e il cielo promette neve. In quel momento lo psicologo vorrebbe davvero che il suo studio fosse fornito di un caminetto. L’uomo guarda fuori dalla finestra, l’abete nella piazza su cui la sua finestra si affaccia è già illuminato nonostante il cielo non sia completamente buio. 

Cosa non darebbe per essere a casa propria a bere una cioccolata calda. 

“Per un po’ non verrò.” gli dice il Dottore quel giorno, entrando nel suo studio con un sorriso smagliante e un maglione con le renne. 

“Perché?” chiede lo psicologo stranito. Eccezion fatta per la volta in cui era arrivata con tre quarti d’ora di ritardo, il Dottore non aveva mai mancato una seduta. 

“Si sta avvicinando il Natale.” risponde lei come se fosse palese.

“I Signori del Tempo festeggiano il Natale?” 

Il Dottore scossa la testa. “No. Ma sul vostro pianeta il Natale sembra una calamita per le invasioni aliene, dunque sarò probabilmente abbastanza impegnata a evitare qualunque disastro si abbatta su Londra quest’anno.” la ragazza riflette qualche istante prima di parlare ancora. “Chissà poi perché tutto accade a Londra. Io stesso l’ho visitata diverse volte. Avrà un fascino particolare per noi.” scrolla le spalle. 

“Devo guardare il cielo aspettandomi di venire ucciso da un momento all’altro il venticinque dicembre?” chiede lo psicologo con un mezzo sorriso, anche se in realtà è davvero un po’ preoccupato. 

“No. Se fossi in te, starei più attento il ventiquattro.”

Lo psicologo non sa davvero dire se il Dottore stia scherzando o meno. 

“Quindi, cosa? Il ventitré faccio i bagagli e scappo in Galles?” 

Il Dottore scossa la testa. “Qualcuno ci ha già provato e non sono del tutto certa che abbia funzionato.” 

Lo psicologo sembra riflettere per qualche secondo. “Dirò alla mia segretaria di cancellare gli appuntamenti per la prossima settimana.” 

 


N.d.A. 
Natale a maggio? Sì, Natale a maggio. Sono fatta così. 

 

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Capitolo 15
*** O - Ordinary ***


O - Ordinary

 

Lo psicologo non si aspetta davvero che il Dottore si presenti - non dopo che lei gli ha detto che se ne andrà in giro per l’universo a salvare chissà cosa chissà dove - ma ha comunque tenuto libera l’ora del venerdì, nel caso lei decida di presentarsi. 

Lo psicologo è una persona semplice, ordinaria. In questo momento dovrebbe essere a casa propria a fare i bagagli, mettere in valigia i maglioni e prepararsi per andare a trovare la sua famiglia in Cornovaglia. Dovrebbe andare, ma davvero non ha voglia di rivedere sua sorella e scoprire a quale nuovo alcolico si sia data sua madre. 

Lo psicologo è semplice, ordinario. Con problemi semplici e ordinari, molto diversi da quale alieno sta cercando di fare esplodere cosa. 

Si stiracchia contro lo schienale della sedia. Il Dottore non verrà, ma almeno è riuscito a procrastinare di un’altra ora il pensiero delle valige, della cena che sua madre si sarà dimenticata di preparare e di tutto quel casino che cerca di affrontare il meno possibile e da cui si lascia trascinare solo nelle feste comandate. 

Sta ancora pensando alla carta che dovrà comprare per impacchettare i regali da portarsi dietro, quando la porta dello studio si apre e il Dottore entra. 

Ha i vestiti sgualciti e  sporchi, una ferita al sopracciglio destro e le punte dei capelli bruciate. 

“Cosa è successo?”
Il Dottore sorride, grattandosi il naso. “Niente di particolare, sai com’è, striscianti mutaforma che vogliono conquistare un pianeta che non può difendersi… il solito. Sono stata via un po’. Per me. Per te è passata solo una settimana se ho impostato bene le coordinate.”
“Esatto. La solita settimana ordinaria, come me. Non ti sei persa niente.”

Il Dottore piega il capo, squadrandolo. “Nessuno è ordinario. Perché non mi racconti di te?”

 

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Capitolo 16
*** P - Paradox ***


P - Paradox 

 

Lo psicologo non sa come sia successo. 

Non ha la più pallida idea di come sia finito a raccontare al Dottore della sua infanzia nel Devonshire, dell’assenza di suo padre, dell’alcolismo di sua madre e dell’attaccamento quasi edipico che aveva sviluppato nei confronti della tata. 

Si suppone che sia lo psicologo ad ascoltare il paziente, ma il rapporto di professionalità tra loro è andato a farsi benedire da un po’ di tempo e non è ancora tornato. 

Quindi lo psicologo continua a raccontarle di quando, al secondo anno di legge, decise che quella non era la sua strada e che per capire il casino della sua vita doveva prima psicanalizzare sé stesso. 

Non che ci fosse riuscito, beninteso. Non ha la giusta obiettività per riuscire a guardare i propri problemi dalla giusta prospettiva, non è abbastanza distaccato. 

Alcuni dei suoi colleghi vengono da lui per farsi aiutare, ma lui non ha mai voluto diventare quello sdraiato sul divanetto. Non c’è mai riuscito. 

 “Questo è paradossale.” sbuffa alla fine, dopo aver raccontato di quando la sua ragazza aveva rifiutato di sposarlo e l’aveva lasciato come un cretino inginocchiato accanto al tavolo del ristorante dove stavano cenando. “Lo psicologo che si fa psicoanalizzare dal cliente!”

Il Dottore sorride, comprensiva. “Sarei una cliente solo se pagassi.” gli fa l’occhiolino. “E comunque questo non è nemmeno il paradosso peggiore che abbia mai visto.”
Lo psicologo la guarda interrogativo. 

“Oh, ho sposato la figlia di due dei miei Companion, la stessa che è stata concepita nel TARDIS e cresciuta per uccidermi. Quella volta ho quasi distrutto l’universo.” scossa la testa come se ricordasse una grande impresa del passato. 

Quando l’uomo la guarda male, lei si stringe nelle spalle. “Ho detto quasi. Ovviamente sono riuscita a salvare tutti.” 

Lo psicologo alza gli occhi al cielo. “Ovviamente.”

 

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Capitolo 17
*** Q - Quadrimensionalità ***


Q - Quadrimensionalità

 

“La quarta dimensione è quella più importante, è questo che non capite.” spiega il Dottore. “Solo perché non riuscite a manipolarla come le altre tre, non significa che dobbiate ignorarla.” 

Lo psicologo pensa che questa sia l’incontro più noioso di tutti quelli che ha avuto con il Dottore. 

Lui era bravo a scuola, gli piaceva la fisica, riusciva a capirla abbastanza bene. Almeno credeva. 

Poi il Dottore si era lanciato nella spiegazione del funzionamento di una qualche parte del TARDIS e la fisica che credeva di conoscere… beh, lo psicologo è quasi certo che gli esseri umani non si siano mai nemmeno avvicinati a concetti di fisica come quelli. In realtà non pensa nemmeno che abbiano mai immaginato nei loro sogni più reconditi cose del genere. 

La ragazza sta cercando di spiegargli come sia possibile da un punto di vista termodinamico che il TARDIS si sposti nello spazio e nel tempo, ma lo psicologo non può fare nient’altro che sorridere e annuire e fingere di star capendo.

“Capisci perché alla fine, quella che voi chiamate quarta dimensione, in realtà dovrebbe essere la prima?” chiede il Dottore alla fine del ragionamento contorto di cui lo psicologo non ha capito nulla. 

“Ehm… Dottore.” lo psicologo si afferra la radice del naso tra pollice e indice. “Io ho una laurea in psicologia, non fisica. Non ho capito una singola parola.” 

Tutto l’entusiasmo del Dottore sembra sgonfiarsi come un palloncino. 

“Mi hai lasciato parlare per tre quarti d’ora di cose che non capisci?” chiede sconcertata. 

“Sembravi così entusiasta!” cerca di giustificarsi. “Dopotutto questa è la tua seduta. Parliamo di quello che vuoi tu.” 

Il Dottore è incredula. “Potevo darti la versione breve.”
“Esiste una versione breve?”

“Oh, sì! Il tempo è una figata e avere un TARDIS per poterlo manipolare è ancora più figo!” 

 

 

 

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Capitolo 18
*** R - Responsabilità ***


R - Responsabilità 

 

Lo psicologo adora quei momenti, subito prima che il Dottore entri nello studio, subito dopo che l’ultimo paziente se ne è andato. 

È quel momento meraviglioso in cui non c’è nessuna responsabilità e c’è solo silenzio. 

Lo psicologo adora davvero quei momenti. 

Quando il Dottore arriva, lo psicologo sta ancora guardando il soffitto bianco della stanza. 

“Non ti capita mai di volere del tempo per te stessa?” chiede senza nemmeno spostare lo sguardo su di lei. 

“Continuamente.” risponde lei, lasciandosi cadere di peso sul divanetto. “Ma l’universo non si salva da solo, no?” 

“Immagino di no.”
“Tutti abbiamo responsabilità da cui vorremmo scappare, ma non possiamo.” continua la ragazza. 

“Responsabilità.” sussurra lo psicologo, facendosi scivolare in bocca la parola, come per assaporarne appieno il significato. “Certo.”

“C’è qualcosa che non va?” chiede il Dottore. 

“No.” sospira lo psicologo. “Niente di importante, in ogni caso.”

“Tutto è importante. Avanti.”
 lo incoraggia il Dottore. 

“Problemi in famiglia. Niente di serio, ma ho dovuto lasciare tutto e tornare a casa." 

Il Dottore vorrebbe aiutare, ma la verità è che il termine famiglia è complicato. Da secoli la sua famiglia sono i companion che si sceglie. Non è abituata a gente problematica con cui non ha nella a cui spartire a cui risolvere probl- Si accorge che sta pensando una stupidaggine nello stesso istante in cui il pensiero si forma nella sua testa. 

Lei ha una famiglia, persone che la aiutano e che le chiedono aiuto, persone che le vogliono bene, persone per cui lei darebbe la vita. Persone che salva tutti i giorni. L'universo è la sua famiglia. 

Potrebbe rifiutarsi di salvare persone che non conosce, esattamente come lo psicologo avrebbe potuto rifiutare di tornare a casa, ma non l'ha fatto. 

"La famiglia è una cosa meravigliosa. Difficile e dolorosa, certo, ma meravigliosa."

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** S - Sexy ***


S - Sexy

 

Perché nessuno può toccare il TARDIS a.k.a. possessive!Doctor mode on

 

Lo psicologo studia gli appunti presi sul suo quaderno per qualche istante. Poi alza la testa per osservare il Dottore. 

“D’accordo. Oggi lasceremo perdere il flusso di coscienza perché ho una domanda che mi preme di fare da un po’ di tempo. Che cosa esattamente è il TARDIS?”

Il Dottore lo fissa per un istante. “Perché?”
“È una macchina o è un essere vivente?” 

La ragazza piega il capo confusa. “Perché?”

“Perché più di una volta l’hai chiamata sexy. Ripetutamente. Forse per secoli?”

Il Dottore lo fissa con uno sguardo che lo psicologo non gli ha mai visto prima. 

“No.” dice, secca. “Non parleremo del rapporto tra me e la mia macchina del tempo. Ok, a volte la chiamo Sexy, una volta ha anche preso sembianze umane - femminili - e sì, era dannatamente sexy, ma non significa nulla.”
“Non intendevo…” tenta di parlare. 

"No." lo ferma. "Lei ha una coscienza e questo è tutto." 

"Lei?" 

Il Dottore solleva un sopracciglio, come a sfidarlo a chiedere ancora. 

"D'accordo, d'accordo." solleva le mani in segno di resa lo psicologo. "Non era necessariamente qualcosa di negativo." 

È ancora più scettica.

"Hai mai pensato che in tutti questi anni... lei é sempre stata l'unica costante? È normale aver sviluppato un qualche attaccamento." 

Il Dottore si rilassa impercettibilmente sulla poltrona e non lo interrompe di nuovo. Lui lo prende come un buon segno. 

"Volevo solo sapere se era un'attaccamento a un qualcosa di materiale o..." lascia in sospeso la frase perché non é che il TARDIS sia una vera e propria persona. Pero a quanto pare non é nemmeno una macchina.

"Lei sa di cosa ho bisogno e chi ha bisogno di me."

"È tutto questo é davvero ottimo. La solitudine non é una buona opzione." Spera davvero che il Dottore abbia capito.  

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** T - The End ***


T - The End

 

Lo psicologo siede rigido e impettito sulla sua poltrona, cercando di metabolizzare quello che il Dottore ha appena detto. 

"Credo di non aver più bisogno di uno psicologo." gli dice. 

Probabilmente è per la storia del TARDIS, non avrebbe dovuto tirarla fuori. 

D'accordo può farcela. Lo fa da anni, sa che presto o tardi i suoi pazienti gli avrebbero riversato addosso le loro emozioni ed è preparato ad affrontare qualunque sentimento - positivo o negativo- cercando ricollocarlo nella giusta ottica. Il controtransfert per lui è sempre stato facile da gestire. 

Ora invece ha dovuto trattenersi dal supplicarla di non andarsene. Si è fisicamente violentato per evitare di gettarsi ai suoi piedi e pregarla di venire per altre sedute.

Abbi un minimo di dignità, insomma! si rimprovera. 

Come se fosse facile avere davanti a sé una delle persone più interessanti nell'universo, per di più nelle vesti di una bellissima ragazza, e salutarla tranquillamente sapendo di non rivederla più. 

"Se..." tenta di dire, ma le parole gli si bloccano in gola. "Se è sicura, non credo che ci sia niente che possa dirle per tentare di dissuaderla." riprova, più sicuro questa volta.  "Tuttavia ritengo che potrebbero essere necessarie ancora alcune sedute." 

Di più non può fare senza rendersi ridicolo e in ogni caso non è per nulla professionale. 

Già solo il fatto di sperare di continuare a vederla dovrebbe essere il primo segnale a convincerlo che allontanarsi sia la cosa più giusta. Eppure non può che concedersi di accarezzare una piccola speranza, mentre il Dottore riflette sul suo consiglio. Forse gli avrebbe concesso la sua compagnia per qualche altra ora. 

"No, penso di aver passato anche troppo tempo a parlare, chiedere, analizzare. Non sempre serve sapere le risposte." Infrange brutalmente le sue speranze. 

"Addio, allora." si accomiata, chiudendosi la porta alle spalle. 

 

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Capitolo 21
*** U - ...Unless ***


U - ...Unless

 

La porta si chiude alle spalle del Dottore.

È andata. 

Lo psicologo si prende la testa tra le mani. In fondo è la cosa giusta, è decisamente positivo che abbia deciso di allontanarsi. Probabilmente se avesse aspettato ancora un po' prima di interrompere le loro sedute gli avrebbe fatto ancora più male. 

Oh, ma chi vuole prendere in giro? Fa già abbastanza male così, ma avrebbe volentieri patito un dolore maggiore dopo, se solo fosse servito a posticipare il loro addio.

Si riscuote. No, adesso è veramente patetico. Idiota! 

Reagire, dannazione, deve reagire. 

La sua etica professionale lo tiene seduto sul divanetto, il suo desiderio di mandare tutto al diavolo e correrle dietro lo fa scattare in piedi. Il suo corpo nell'indecisione ha una sorta di spasmo e lo manda a sbattere contro il basso tavolino di fronte a lui, al centro della stanza. 

Una volta recuperato l'equilibrio ed evitato di crollare al suolo, siede, tenendosi stretto lo stinco infortunato e maledicendo il costruttore di tavolini e tutta la sua stirpe.

È ancora sul divano a darsi dell'imbecille - in fondo non è nemmeno riuscito a vederla andare via - e a stringersi la gamba, quando la porta si riapre. 

Una testa nera fa capolino e lo psicologo pensa di essere completamente impazzito. 

"A meno che tu non voglia venire con me." aggiunge il Dottore come se fosse passato solo qualche secondo invece che almeno dieci minuti buoni da quando gli ha detto addio.

In ogni caso lo psicologo non sembra troppo propenso ad analizzare e approfondire la questione, era già in piedi prima ancora che la ragazza abbia finito di parlare. 

Cerca di trovare le parole giuste per accettare, ma il suo cervello sembra semplicemente collassato su sé stesso. 

"Capirò se preferisci rimanere qui." sembra dispiaciuta.

"Dove si va?" 

 

 

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Capitolo 22
*** V - Variazioni ***


V - Variazioni 

 

È diverso, lo psicologo se ne accorge subito. 

Mettere piede sul TARDIS per viaggiarci è diverso che entrarci solo perché il Dottore doveva dimostrargli di essere un alieno in grado di viaggiare nel tempo. 

Ci sono sottili variazioni nell’aria che respira, come se tutto fosse migliore. 

Il Dottore si dirige alla consolle di comando. 

“Allora, qualche posto in particolare dove vorresti andare? Qualche epoca?” chiede, mentre lo psicologo la osserva armeggiare intorno a leve e pulsanti. 

“Non saprei. C’è qualcosa su Marte? O Venere? Adesso o in una qualunque epoca?” Era stato lui a suggerire al suo collega il titolo per quel libro che aveva fatto così tanto successo, che fosse dannato se non avesse visto almeno uno dei due pianeti. 

Il Dottore inclina la testa, meditabonda. “Marte. Marte. Marte. Fammi pensare. Forse tra qualche millennio. Per Venere non c’è proprio speranza, temo. Ci hanno provato una volta a colonizzarla, ma i costi di manutenzione degli stabilimenti era troppo alto e hanno chiuso tutto. Perciò Marte sia!”

Lo psicologo la osserva, mentre cerca di muovere più leve contemporaneamente e, nel frattempo, evitare che i capelli le si spostino davanti agli occhi. 

“Posso aiutarti in qualche modo?” chiede, cercando di non essere soltanto un peso da portarsi dietro. 

Il Dottore lo fissa per qualche istante, come se stesse valutando la possibilità di fargli posare un dito  anche solo su un bottone. 

“Tira quella leva verso di te.” dice alla fine, indicandogliela in fretta per poi controllare un dato su un monitor. 

Lo psicologo si concede un piccolo sorriso, mentre si affretta a eseguire i comandi. 

“Sai, questa meraviglia è stata progettata per essere guidata da un equipaggio di sei.”
“Da quanto tempo la piloti da sola.”

“Forse un po’ troppo.”

È una piccola variazione, ma dopotutto il Dottore adesso è una donna. 

 

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Capitolo 23
*** W - Wibbly Wobbly Timey Wimey Stuff ***


W - Wibbly wobbly timey wimey stuff

 

Non sono finiti su Marte, alla fine. 

Il Dottore si è scusata e ha detto che raramente lei riesce ad andare dove vuole nel momento esatto in cui lo vuole. 

Non che il TARDIS sia difettoso, tutt’altro. È perfettamente calibrata e la sua matrice può coprire qualunque coordinata spazio - tempo. È solo che lei a volte decide che il Dottore ha sbagliato a immettere le coordinate e le corregge autonomamente. Che poi finiscano in un’altra galassia non è importante, giusto?

Così si sono ritrovati in quel deserto viola, in quell’ora del giorno in cui il cielo azzurro sfuma in un violetto talmente intenso da non riuscire più a distinguere la linea dell’orizzonte.  

“Sono già stata qui.” dice lei, tristemente, osservando i mulinelli di sabbia violacea che sotto di loro si infrangono contro le pietre levigate delle torre.

“Ne vuoi parlare?” chiede la sua deformazione professionale. 

“Non particolarmente. Era stata una bella giornata, in un bel periodo della mia vita.” sospira. “Forse dovremmo scendere.” 

Si incamminano lungo i sette piani della torre che ospita l’unico villaggio nel giro di tre giorni di cammino. Molti dei suoi abitanti non hanno visto nient’altro che sabbia viola e cieli azzurri per tutta la loro vita. Non sospettano nemmeno che possano esserci esseri da un altro pianeta tra loro. 

Intorno al terzo piano lei si ferma. In realtà si inchioda sul posto e lui segue il suo sguardo per vedere cosa stia osservando con tanta intensità. Una coppia, una ragazza bionda che tiene per mano un uomo alto con un impermeabile. 

“Chi sono?”
“Sono io, tanto tempo fa.” 

“Oh.”

“Già. È buffo il tempo. È una grossa palla vacillante che va e viene.”

“Come?”

“Wibbly wobbly timey wimey stuff. E le cose cominciano ad avere improvvisamente senso.”

“Non so se ho capito.”
“Non importa
.”

 

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Capitolo 24
*** X - Xenofobia ***


X - Xenofobia

 

Il Dottore non sa come sia possibile il fatto che ogni singola volta che decide di andare in un posto tranquillo poi questo si riveli pieno di alieni xenofobi pronti ad ammazzarli. 

Diamine, questo nuovo corpo non regge così bene come gli altri. I suoi cuori battono forsennatamente nel petto, i suoi polmoni cercano disperatamente di incamerare aria senza troppo successo. Senza contare che le falcate sono dannatamente più corte e darebbe qualunque cosa per tornare a fare fatica ad accavallare le gambe piuttosto che doversi tenere stretto il seno mentre correre. Non è proprio pratico se nel frattempo stai cercando di puntare il tuo cacciavite sonico contro una paratia nel tentativo di aprirla, mentre dietro di te ci sono ancora i sopraccitati alieni - ma alieni per chi, poi? - xenofobi che vogliono farti lo scalpo solo perché la tua pelle non è della giusta tonalità di blu - o, in questo caso, non è blu.

Magari potrebbero nascondersi dentro il TARDIS, sperando che sia lei a essere della giusta tonalità di blu. Non che ci speri più di tanto, visto che lei è un parallelepipedo alto due metri - forma sbagliata, altezza sbagliata, a volte rimpiange di aver rotto il Chamaleon Circuit. 

Lo psicologo si ferma quando raggiunge la paratia di metallo e si volta verso di lei. 

“Dottore!” 

“Arrivo! Arrivo!” Non gli era mai successo di restare indietro, non volontariamente almeno.

La serratura della paratia cede al cacciavite sonico e la porta comincia ad aprirsi. Lo psicologo sguscia dentro e le tende una mano. 

Il Dottore la afferra e viene praticamente tirata dall’altra parte. La paratia comincia a richiudersi alle loro spalle ed entrambi tirano un sospiro di sollievo. 

“Mai più, Dottore, mai più.” riesce a dire. 

“Non è che lo faccio apposta.” risponde. “Ma ci proverò.” 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Y - Ying e Yang ***


Y - Ying e Yang

 

Questo corpo non è come gli altri. Il Dottore se ne era accorta subito, non foss’altro per la mancanza  di certe parti e la lievitazione di altre, ma qui si sta parlando di resistenza. 

Non si era mai accorta di quanto lento fosse il suo corpo, finché non lo aveva confrontato con quello dello psicologo. 

Il suo tono muscolare è decisamente ridotto, il fiato le manca molto più in fretta e i suoi due cuori battono all’impazzata già dopo pochi metri. 

Lei sta morendo - non letteralmente, ma ci sta facendo un pensierino se significa rigenerarsi di nuovo - e lo psicologo non ha nemmeno il fiatone.

“Odio essere una donna.” borbotta, mettendo in moto il TARDIS. 

Lo psicologo ridacchia. “Non è vero.”
“Oh sì, invece. Una volta sarei stato molto più veloce. Diamine, anche quando ero più vecchio ero più veloce.”

“Devi solo allenarti e ristabilire l’equilibrio. Tirare fuori la parte maschile di te.”
Il Dottore sbuffa, alzando gli occhi al cielo. “Una di quello stupidaggini sullo Ying e lo Yang e c’è una parte di bianco in ogni cosa nera e una parte di nero in ogni cosa bianca e devi cercare di entrare in contatto con la parte di te dell’altro sesso? Non è di aiuto adesso.” 

Lo psicologo si umetta le labbra, trattenendo un sorriso, l’adrenalina ancora in circolo. “Pensavo che un Signore del Tempo fosse più… aperto verso l’universo.”
“Di solito lo so.” ammette lei, sorridendo controvoglia. “Suppongo che la parte maschile del mio ultimo corpo, quella brontolona, sia rimasta a tenermi compagnia.” 

“Che mi dici della tua parte femminile, invece? Non è che l’abbia vista molto in giro ultimamente.” 

Lo psicologo inarca un sopracciglio “Perchè non mi hai mai visto quando danno le repliche di Beautiful.” 

“Davvero?”
“No. Però ti sei sentita meglio, vero?”

 

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Capitolo 26
*** Z - Ziizivzizxzmmvii ***


Z -   Ziizivzizxzmmvii

 

“Ziizivzizxzmmvii” 

“Prego?” lo psicologo inarca un sopracciglio e si volta a guardarla stranito. 

“Ziizivzizxzmmvii.” ripete il Dottore, senza aggiungere una sola parola di spiegazione. 

“Stai male?” chiede lo psicologo, cominciando a preoccuparsi. 

“Ziizivzizxzmmvii.” dice ancora una volta la ragazza. “È il tuo nome nella lingua di questo popolo.” indica con un cenno del capo mvli eterei e filiformi esseri che fluttuano a mezz’aria lungo la strada. 

“Ziizivz- uh?” chiede lo psicologo. Non capisce come un suono, che nella bocca del Dottore sembrava tanto delicato e lieve, quando lo pronuncia lui sembri semplicemente il ronzio di una zanzara. 

“Ziizivzizxzmmvii.” ripete il Dottore. correggendogli la pronuncia. 

Lo psicologo non ci riprova nemmeno.  

“Penso sia giunto il momento di chiedertelo, dottor Z. Withely. Per cosa sta la Z?” chiede la ragazza dopo qualche istante di silenzio. Non che lei abbia mai avuto bisogno di chiamarlo in un modo diverso da “dottore” - con la lettera minuscola- o “psicologo”. 

“Zeno” bisbiglia lo psicologo. C’è un motivo se sulla targhetta del suo studio il suo nome  è scritto solo con una lettera puntata. 

“Zeno? Davvero?” 

“Mia nonna era italiana.” si giustifica stringendosi nelle spalle. Non che questo gli faccia piacere di più il suo nome. 

Potrebbe arrivare persino a preferire il ronzio da zanzara, anzi potrebbe usarlo al posto del suo nome e non dovrebbe nemmeno cambiare la Z. 

In quel momento gli viene in mente una cosa. 

“Se non sapevi come mi chiamo, come fai a dire che Ziiz- zzzzzzz  è il mio nome?”

Il Dottore inclina il capo. “ Ziizivzizxzmmvii non sta per Zeno Whitely.” spiega pazientemente. “Sarebbe assurdo che ci fosse una traduzione per nomi e cognomi.” 

Zeno la fissa, non ancora soddisfatto. 

“Letteralmente significa: conoscitore di anime.”

"Io... Non credo di esserlo."

"Io credo che ti sottovaluti." gli sorride il Dottore. 

 

 

 

 

 

 

Cercando parole con la zeta come prompt è venuto fuori questo. Ne ho cercato il significato ma non l’ho trovato. Così gliel’ho dato io. 

Se qualcuno sa cosa significa, si senta pure di dirmelo. 

 

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