Hell's Hired Killers

di Mitsuko_Ayzawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1_Noel ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2_I Wright ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3_Ruby Wright ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4_Qualcosa di Inconcludente ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5_Contatto ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6_La Materia Oscura ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7_Bounded Soldier ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8_La Caccia in Coppia ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1_Noel ***


∙Capitolo 1∙

∙Noel∙

 
 
Nel silenzio  quasi spettrale, si udiva solo un soffocato rumore di passi e di stoffa che strusciava sulla pelle.
L’uomo percorse la navata del salone avvolto nell’oscurità, giungendo davanti ad una pedana con alcuni scranni in semicerchio, tutti occupati eccetto uno. Si accomodò con tranquillità, incrociando le gambe e appoggiando il mento sulle dita intrecciate.
Solo allora si concentrò sulla figura inginocchiata davanti alla pedana, i polsi, le caviglie e il collo avvolti da ceppi d’acciaio nero. Piegata su se stessa, la figura giaceva immobile, un mantello di quello che in origine doveva essere bianco posato malamente sulle spalle. Le braccia, spalancate, tese dalla cortezza delle catene che le impedivano di avvicinarle al corpo. Il volto era chinato in avanti, nel gesto di chi è stato miseramente sconfitto e porta un peso troppo grande sulle spalle.
Trascorse un attimo di silenzio mentre gli occhi glaciali dell’uomo scrutavano l’ambiente e tutti i Referenti riuniti.
«E adesso che ne facciamo di te?» chiese uno dei Referenti, scandendo bene le parole. La figura inginocchiata sollevò lentamente il volto, come se il minimo movimento le costasse una fatica enorme. E a ragione. Se il suo corpo era messo anche solo la metà di come il volto era tumefatto, allora la figura era già fortunata a trovarsi in vita. E quando la figura si erse l’uomo poté constatare la condizione fisica in cui la creatura vessava, osservandola attraverso gli strappi dei vestiti, che forse lasciavo intravedere più di quanto fosse opportuno.
La figura aveva gli occhi chiusi. Poi, uno si spalancò di scatto. Vigile, gelido e tagliente, osservò intorno. Dall’altro, nero e pesto, colava un rivolo di sangue violaceo. Rimase chiuso.
 La figura non disse nulla.
«Non dici nulla? Siamo curiosi di sentire la tua versione dei fatti.» di nuovo silenzio.
«Ci avete dato una bella gatta da pelare, tu e la tua compagna, non è vero? Ora dovrai pagarne le conseguenze.» la figura era inquieta adesso, ma mantenne il suo ferreo mutismo e lo sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore. Il Referente fece una smorfia e si alzò in piedi di scatto. In pochi passi giunse dalla figura e le tirò un violento schiaffo sul volto. Lei cadde a terra con un tonfo metallico e un flebile lamento.
«Quando ti pongo una domanda devi rispondere, mostro!» l’essere puntò i suoi occhi gialli sull’uomo e in risposta gli sputò addosso. Il Referente si ritrasse disgustato, facendo un gesto ad alcune guardie, che intervennero immediatamente.
Dopo pochi secondi la figura non era che un fagotto rannicchiato al suolo, scosso dal dolore per i calci ricevuti.
«Hai imparato la lezione, adesso?» di nuovo nessuna risposta, se non uno sguardo gelido e dolorante. Un altro Referente, una donna, intervenne.
«Non esagerare! È già stato tutto deciso. Il suo silenzio vale più di ogni parola e le testimonianze lo dimostrano. Questo essere è uno sporco demone, e come tale va eliminato. Diamolo in pasto alle nuove reclute!»
«No!» a parlare era stato l’ultimo arrivato.
«No? Per quale motivo ti opponi? Sei forse in combutta con questo mostro?» sbottò il primo Referente.
«No, non lo sono. Ma sii ragionevole, e guardiamo ai fatti. È impossibile che questa cosa sia un demone.»
«E cosa te lo fa pensare?» intervenne un terzo uomo.
«I suoi occhi.» rispose il Tutor. Si alzò in piedi e si avvicinò alla creatura, la prese per i capelli e la sollevo a forza, perché tutti potessero vederne il volto. «Lo vedete bene quanto me. Sono gialli, non rossi.»
«Ma le testimonianze riferiscono di aver visto questo Sicario mutarsi in demone, più volte!»
«Lo so, ero presente anche io agli interrogatori. Ma un demone non è in grado di cambiare il colore dei suoi occhi e ciò sembrerebbe quasi dimostrare l’innocenza di questa persona.»
«Credi nella sua innocenza?!» il Tutor fece un sorriso crudele, mentre sbatteva la testa della ragazza sul pavimento.
«Per niente. Sono fermamente convinto che questa ragazza sia colpevole. Ma non so spiegarmi come mai non abbia assunto i connotati demoniaci. Niente occhi rossi, e il segno dei Sicari c’è ancora. Senza contare che i suoi capelli non hanno ripreso il colore originario. Fisicamente è ancora un Sicario, ma nell’anima potrebbe essere già un demone.» le sue parole causarono un mormorio nel salone, amplificato dall’eco. Una nuova voce emerse.
«Ciò è impossibile! Se nell’anima questa creatura fosse già diventata un demone, l’avremmo già uccisa da tempo!»
«E invece non l’abbiamo fatto, perché? Cosa ci ha impedito di capire cosa lei stesse diventando?» la figura rimase immobile, mantenendo il suo silenzio.
«Che cosa proponi di fare, quindi.» il Tutor li guardò tutti, uno a uno, con aria di sufficienza.
«È ovvio. Studiarla. Voglio capire tutto di lei.»
«E a cosa potrebbe servire?» il Tutor scoppiò a ridere.
«Ma ci pensate? Un Sicario in grado di trasformarsi in demone ma poi ritornare umano? È grandioso! Se scoprissimo come fa, potremmo trasmettere la sua capacità a tutte le nuove reclute! Potremmo forgiare l’armata più potente che il mondo abbia mai visto. E una volta sconfitti i demoni, grazie a loro potremmo avere il nostro posto di rilevo nel mondo.» altri bisbigli si diffusero nella sala. Ma, contrariamente a prima, questi erano molto più favorevoli alle parole dell’uomo.
«La tua idea non è male, potremmo pensare di metterla in atto.» concordò uno di loro. «Però è comunque rischioso, e se si ribellasse?»
«Non lo farà, la terremo strettamente d’occhio.»
«Ottimo, allora. Resta solo da decidere chi di noi si occuperà delle ricerche.» il silenzio aleggiò sulla platea.
«Io credo che sarebbe meglio affidarla alla sezione ricerche.»
«E lasciare che tutti i segreti di questa creatura si diffondano? Neanche per sogno.»
«Ma bisognerà pure trovare…» il Tutor sogghignò: andava tutto secondo il piano.
«Me ne occuperò io stesso.» si intromise il Tutor. Il Referente annuì.
«Allora è deciso, Hugo. La affidiamo a te.»
 
***
 
I due ragazzi scesero dall’automobile azzurro cielo di Marianne. Logan andò subito ad aprire il portabagagli, tirando fuori le valige, una a una.
Ruby invece percorse il vialetto che separava il parcheggio dal cancelletto della sua nuova casa. La guardò estasiata.
 «Mamma, è bellissima! Sono contentissima di vivere qui!»
«Invece di startene lì a fantasticare, perché non vieni ad aiutarmi con le valige?» intervenne il fratello.
«Logan, sei davvero irritante. Potrò essere felice senza che tu venga a rompermi le scatole, una buona volta?»
«Certamente, dopo che ci avrai dato una mano qui, ti lascerò in pace finché vuoi.» il ragazzo si avvicinò e lanciò una borsa alla sorella, che mancò la presa facendola cadere a terra.
«Stai più attento! Ci sono delle cose fragili lì dentro.» i due fratelli iniziarono irrimediabilmente a bisticciare. La madre li guardò con un sorriso sconsolato. “Vi auguro di poter avere sempre questa allegria, ragazzi.” Pensò mentre chiudeva lo sportello del guidatore. Senza dare nell’occhio si guardò intorno, per osservare i pochi vicini che stavano assistendo alla scenetta. Poteva quasi sentire i loro pensieri, mentre nascondevano dietro di loro i figli.
“Mi raccomando, non avvicinarti a quella casa! In quella famiglia c’è un Tutor.”
“Non parlare mai con loro e non inimicarteli, figliolo! Che poi loro si vendicano.”
“Stai lontana da loro, che i Tutor portano sfortuna e guai!”
Beh, in fin dei conti Marianne ci era abituata. Trasferirsi spesso, andare a vivere in città lontane da quella dove stavano i suoi vecchi genitori, sempre con l’ansia per sé e per i figli. Ma Marianne Wright era un donna forte. Se non lo fosse stata, Hugo Wright non l’avrebbe sposata, ventidue anni prima.
«Su ragazzi, smettetela di litigare, dobbiamo fare buona impressione! Vostro padre ha lavorato tanto per poterci permettere di vivere in questa casa, siatene grati e comportatevi a modo.» in quel momento Ruby parve riscuotersi.
«A proposito di papà, tu sai quando arriva? Aveva detto che sarebbe arrivato dopo di noi con la ragazza.»
Ruby era eccitatissima. Quando Hugo aveva comunicato alla famiglia che una delle ragazze di cui lui era Tutor sarebbe andata a vivere con loro per un po’ di tempo, Ruby aveva fatto salti di gioia. Nella sua ottica, una ragazza poteva essere una potenziale alleata contro il fratello maggiore Logan. Peccato che Hugo non avesse voluto rivelarle nulla sul suo conto, né nome, né età.
«Mamma, per caso papà ti ha rivelato il suo nome? Vorrei tanto saperlo.»
«No cara, non me lo ha detto.» mentì abilmente Marianne. Aveva promesso al marito che non avrebbe rivelato nulla su di lei, fino al suo arrivo.
«Potrai chiederglielo quando arriverà. Comunque ora chiamo tuo padre e gli chiedo dov’è.» mentre i due fratelli ricominciavano a bisticciare per sapere chi dovesse portare in casa le valige più pesanti, la donna ne approfittò per telefonare al marito, che ripose al secondo squillo.
«Hugo, caro, sono io.»
«Ciao Marianne, siete già arrivati?»
«Proprio adesso, voi dove siete?»
«Sono al ponte, cinque minuti e sono da voi.»
«Ottimo, a dopo.» Hugo chiuse la chiamata ma la donna riuscì per un secondo a sentire una voce femminile, anche se non ne colse le parole.
“Sta arrivando.” Pensò. Un brivido le percorse la spina dorsale, mentre guardava i figli. “Chissà come la prenderanno” si chiese la donna “quando scopriranno che lei è un Sicario”.
«Allora? Dove sono?» la voce di Ruby interruppe i pensieri della donna, riportandola bruscamente alla realtà.
«Cinque minuti e sono qui. Su, ora pensiamo alle valige! E smettetela di litigare!»
 
***
 
«Manca ancora molto?» chiese la ragazza con voce atona.
«Sembri davvero entusiasta di venire a vivere con noi.» Hugo sbirciò nello specchietto retrovisore, guardando la giovane che fissava il vuoto oltre il vetro fumé della macchina. Con un sorriso cercò di mascherare l’ironia e il sarcasmo della frase.
«No, voglio solo porre fine a questo supplizio. Tutto ciò è inutile.» lo sguardo che la giovane rivolse all’uomo era di gelido odio. «Non otterrai la mia obbedienza così, Hugo. Non otterrai nulla.»
«Beh, mia cara, con te ho ottenuto risultati già più che soddisfacenti. La tua obbedienza è superflua.» la ragazza emise un verso di stizza e tornò a guardare fuori.
«Tzè. Risultati davvero soddisfacenti.» strinse con forza le mani, conficcandosi le unghie nella carne. Sollevò una mano e se la portò al petto, premendo sul taschino della camicia, sentendo il famigliare scricchiolio della carta. «Proprio grandiosi.»
Hugo si limitò a guardarla di sbieco, con un sorrisetto sulle labbra baffute.
 
Marianne si trovava sulla veranda, quando Hugo arrivò. La donna si affacciò in casa chiamando i figli, poi si diresse verso la BMW nera del marito. Beh, non proprio sua. Era la macchia da lavoro.
«Ciao cara.» la salutò Hugo con un bacio sulla guancia.
«Papà!» si intromise Ruby. La famiglia si salutò allegramente e nessuno fece caso alla giovane che scese dall’auto, fino a che lei non chiuse sbattendo lo sportello del mezzo.
Ruby si voltò di scatto, curiosa di conoscere la sua nuova compagna. Ma ciò che vide la lasciò senza fiato.
La ragazza dimostrava fisicamente diciannove o vent’anni, ma lo sguardo era quello di chi invece ne aveva vissuti molti di più. Un volto lungo era incorniciato da una massa di capelli neri come l’ebano, talmente scuri da sembrare quasi che stessero assorbendo la luce circostante. Una frangia quasi le copriva gli occhi, mentre ciocche lunghe fino al mento le coprivano le guancie. Il resto, ricadeva scomposto lungo la schiena. Un fisico alto e nervoso era fasciato da un completo con camicia, pantaloni in pelle nera e una giacca cremisi, lunga fino alle ginocchia.
Ma ciò che raggelò di più il sangue nelle vene a Ruby, furono gli occhi. Furono essi a rivelarle che in realtà la ragazza era un mezzo demone. Occhi gialli, di un giallo luminoso. L’iride sembrava quasi mascherare la pupilla, rendendo lo sguardo del Sicario penetrante. Con un colpetto delle dita la ragazza si scostò appena la frangia e Ruby poté vedere anche il suo simbolo. Era sull’ occhio destro e lo tagliava a metà verticalmente, assieme al sopracciglio. Nella parte superiore poi c’erano altri due segni neri. La ragazza fissò i Wright come se in realtà non li vedesse. Con calma estrasse dall’auto un borsone ed un involto di stoffa molto lungo, che avvolgeva alcune delle sue armi, le poche che le era stato permesso di portare con sé. Si avvicinò a loro quasi con cautela, i tacchi degli stivali che battevano sui ciottoli del vialetto. Hugo colse l’occasione al volo.
«Ottimo, è ora delle presentazioni! Lei è la ragazza di cui vi ho parlato, si chiama Noel. Verrà a vivere con noi per un po’, dato che abbiamo deciso di tenerla a riposo per colpa di un incidente. Siate gentili e fatela sentire a casa.» la ragazza non reagì in alcun modo, si limitò a restare immobile. Un unico movimento fu quello delle labbra che si stirarono in una lieve smorfia beffarda. “Su provaci, Hugo. Vediamo fino a dove spingerai il tuo raggiro.”
Se Hugo risultò infastidito dalla mancanza di partecipazione di Noel, non lo diede a vedere.
«Forza Ruby, perché non mostri a Noel la sua stanza? Potresti darle una mano a sistemare i bagagli.» posò una mano sulla spalla della figlia e una su quella di Noel. «Sono certo che diventerete grandi amiche.» Ruby ne fu entusiasta.
«D’accordo, forza, vieni con me!» Noel si limitò a seguirla, in silenzio. “Un’amica? Oh Hugo, sono proprio commossa. Un’amica era esattamente quello di cui aveva bisogno, ora che la povera Noel è finita così male.” Prima di entrare in casa la mezzo demone si voltò e piantò i suoi occhi dorati in quelli di Hugo, con un’espressione carica di odio e disgusto.
 
Ruby spalancò la porta della stanza, permettendo a Noel di entrare. La giovane si guardò in giro, osservando i mobili in legno. “Legno, grazie al cielo. Avrei ucciso qualcuno se mi avessero fatto una camera rosa.”
La osservò distrattamente. Muri bianchi, un soppalco con il letto, mobilia in legno scuro, una grande finestra con delle tende rosse. Noel strinse i denti. Lei odiava il rosso. Le faceva pensare agli occhi dei demoni. Agli occhi che prima o poi anche lei avrebbe avuto.
«Bene!» esclamò Ruby. «Se vuoi posso darti una mano con le valige, io ho finito con le mie.» si avvicinò cercando di prendere il borsone di Noel ma lei si allontanò di scatto.
«Stammi lontana.» disse seccamente.
«Ma io…» provò Ruby.
«Io niente. Non sono incapace, so sistemarmi da sola i miei vestiti. Puoi andare.» girò sui tacchi e si avvicinò a dei ganci sulla parete. Con mosse abili estrasse le sue armi e le appese con cura. Tra tutte spiccava un grande spadone a due mani con l’elsa rossa, poi venivano un paio di pugnali e altre due spade, gemelle, più sottili e corte dello spadone. Erano armi che andavano usate insieme, una in una mano e una nell’altra. Poteva colpire molti più avversari, ma Noel continuava a preferire la prima spada, appesa al centro tra le altre. «Ho detto che puoi andare.» Ruby non dava segnali di volersi muovere.
«Ma papà ha detto…» il movimento di Noel fu così fulmineo che Ruby non riuscì a vederlo. Un attimo prima era in piedi davanti alle armi, l’attimo dopo era di fronte a Ruby e la teneva premuta contro il muro. La distanza tra le due era minima, accentuando ancora di più la differenza d’altezza, esagerata dai tacchi degli stivali di Noel.
«Ascoltami bene, ragazzina, perché non lo ripeterò. Questo non è il mio posto. Mi trovo qui in via del tutto eccezionale e contro la mia volontà. Non ho la minima intenzione di diventare l’amichetta di una mocciosetta impertinente come te, né tantomeno assecondare i capricci di tuo padre.» si fece più vicina, parlandole all’orecchio. «Hugo non avrà la mia obbedienza come tu non avrai la mia amicizia. Puoi andare a dirglielo tu stessa. Ora vattene e lasciami in pace.»
Ruby non se lo fece ripetere, e Noel rimase sola. La mezzo demone guardò fuori dalla finestra. Il cielo si stava annuvolando. Mentre l’ultimo raggio di sole svaniva dietro le nuvole la ragazza si portò una mano al cuore, che batteva lento e apatico.
“Ma che ci faccio io, qui?”
 
 





 
 
Lounge dell’autrice
Salve a tutti e grazie per essere arrivati alla fine del primo capitolo della mia storia “Hell’s Hired Killers” o meglio ancora “I Sicari dell’Inferno”
Questa non è la mia prima long originale quindi dovrei avere già acquisito un po’ di esperienza, ma qualsiasi consiglio e/o critica sarà ben accetto ;)
Bene, spero tanto che il primo capitolo vi sia piaciuto, anche se è più corto della mia solita media, ma dato che è di introduzione posso permettermelo (?)
Sì, lo so… sono masochista a iniziare una nuova long quando ne ho già una molto importante in corso… ma avevo bisogno di farlo.
Sono arrivata a un punto critico con “Stones’War” e sto facendo fatica ad andare avanti, nonostante lo desideri molto… alla fine ho deciso di cambiare aria e distrarmi un po’ con qualcos’altro XD
Ecco il perché di questa storia, il cui primo capitolo è dedicato alla mia nuova editor, che cura HHK :D
Bhe, per ora non dico altro, mi rimetto ai prossimi capitoli!
e in fondo vi lascio due link di disegni fatti da me >3<
Au Revoir,
Mitsuko



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Capitolo 2
*** Capitolo 2_I Wright ***


Capitolo 2

I Wright

 
 
 
 Dopo aver rapidamente disfatto i pochi bagagli che possedeva, Noel si era cambiata d’abito, indossando dei pantaloni da tuta e un top a fascia, e poi si era concessa un breve riposo, incurante dell’eventuale bisogno che i Wright avrebbero potuto richiedere da lei.
 Ma non appena la mezzo demone chiuse gli occhi per sfuggire all’incubo che la sua vita era diventata, piombò negli incubi del dormiveglia.
 Quando li riaprì era lei, ma allo stesso tempo non lo era. Sembrava se stessa, ma anni prima, quando era ancora un’allieva. Abbassò gli occhi e si ritrovò nel suo vecchio corpo, quando appariva piatta come un muro e aveva i capelli ancora corti. Una parte di lei seppe cosa stava per accadere. Era uno dei suoi incubi ricorrenti. Un dolore lancinante le giunse alla schiena e si sentì cadere a terra. Le fitte tornarono, ancora e ancora, mentre la frusta dell’istruttore le incideva la carne.
 I ragazzi lo chiamavano Ser Panzone, per colpa del troppo grasso accumulatosi con l’età insieme ad un orribile carattere. Gli allievi si facevano beffe di lui, tanto non li avrebbe mai toccati nemmeno con i guanti di velluto. Le ragazze invece ne erano spaventate, dopo che lui aveva iniziato a portarsene qualcuna nelle sue stanze. Ma Noel no, non lo aveva mai temuto. “Abbiamo affrontato l’Inferno” diceva “nessun uomo può spaventarci.” Non dovrebbero temerlo, pensava. Dovrebbero odiarlo. E invece le ragazzine si riunivano tremanti in un angolo quando arrivava. E Noel, regolarmente, veniva frustata davanti a tutte. “Voi sarete dei mostri!” diceva lui “È ora che impariate a essere trattate come tali.” E la (colpiva)frustava, più e più volte, gridando “Mostro!” ad ogni colpo. Con i ragazzi non lo faceva mai. Noel si scoprì a odiarlo. Nella realtà aveva promesso a sé stessa di ucciderlo, non appena si fosse trasformata nella bestia che lui credeva. E dopo qualche anno, la corporazione aveva dovuto trovare un nuovo istruttore, a causa della misteriosa dipartita dell’ultimo. Nessuno aveva fatto domande.
 Ma quella non era la realtà e Noel non riusciva neanche a trovare la forza di prendere una spada. Si fece scivolare una mano al fianco solo per scoprirsi disarmata. In preda al dolore si rannicchiò su se stessa e guardò il suo aggressore, aspettandosi di vedere un vecchio volto rubicondo e flaccido. E invece non vide quel volto, ma uno più giovane, ma molto più crudele. Non era Ser Panzone. Era Hugo, che vestiva i suoi abiti lerci di fango e sangue rosso e viola, tra le mani il frustino di Ser Panzone. “Mostro” disse Hugo “dimmi i tuoi segreti”. Noel urlò, e Hugo si dissolse.
 Aprì gli occhi e si trovò in una camera piena di specchi. Erano ovunque, sulle pareti, sul soffitto, sul pavimento. La stanza era piena di riflessi di Noel. Una mezzo demone adulta con la sua vecchia tunica grigia, tutta intrisa di sangue, e sapeva che non era il suo. Voci iniziarono a risuonare nella sua testa. “È colpa tua!” urlavano “È solo colpa tua!” e Noel provava a scappare, ma gli specchi le impedivano di capire dove fosse la fine della stanza. Aveva persino l’impressione che si restringesse. “È colpa tua!” ripetevano le voci. E Noel non poteva muoversi, bloccata dal terrore. Gli specchi le rimandavano mille delle sue immagini, con quella tunica intrisa di sangue. Fece per togliersela, ma senza riuscirci. Era come incollata alla pelle. Si rannicchiò su se stessa e iniziò a piangere mentre la stanza incombeva su di lei.
 E all’improvviso sentì freddo. Ora era all’aperto, in un prato che sapeva di bruciato. Catene nere le cingevano i polsi e davanti a lei era stato eretto un patibolo. Questa era la parte peggiore, lo era sempre stata. Che Noel fosse sveglia o meno, questo ricordo continuava ad assillarla. Era come nella realtà, ma tutto più fottutamente vivido. Era vivida la processione di persone che salì sul palco. Era vivido il discordo di un Referente, le sue parole accusatorie nei suoi confronti. Era vivido l’urlo di aiuto della ragazza inginocchiata, i capelli lisci scomposti sul volto e la testa tenuta a forza sul ceppo. Era vivida la sua espressione di dolore e terrore mentre Noel cercava di attingere alle ultime forze per salvarla. Era vivido il gelo che le scorse nelle ossa quando il suo potere venne risucchiato dall’acciaio nero, e il bianco dolore dei calci che seguirono il suo gesto. Era vivida la sensazione del cuore che perdeva un battito mentre il boia alzava la falce e l’abbassava sulla carne scoperta della ragazza.
 E l’immagine della testa di Meara, la sua dolce Meara, che cadeva sulle erba a pochi passi da Noel, quella era la cosa più vivida di tutte.
 Noel gridò e finalmente si svegliò.
 
 Rimase immobile ad ansimare per qualche secondo e si portò una mano all’altezza del cuore: batteva, troppo lento per gli standard umani, ma troppo veloce per quelli da mezzo demone.
 La frequenza media di un battito umano è 65-85 bpm. Quella da mezzo demone circa la metà. Era stata una delle prime cose che aveva imparato da piccola. Ti faceva impressione tutto quel silenzio. Ti faceva sentire come se fossi morto. E per certi versi era così.
 Noel si trasse a sedere e i suoi occhi caddero sullo specchio che era stato appeso davanti al letto, presumibilmente da Hugo. Come a volerle ricordare il mostro che era, costringendola a guardare il proprio riflesso in uno specchio.
 Quell’immagine sbattuta nel vetro fissava Noel di rimando. Gli occhi gialli, luminosi e cupi, la pelle nivea e il lieve intreccio delle vene sul collo, i capelli neri come l’ebano, tutti scompigliati, davano a Noel un aspetto al contempo sensuale e selvaggio. Incontrollabile. La frangia che le copriva la fronte la faceva misteriosa. Noel ebbe (quasi)paura del suo stesso riflesso. Tutto in lei le ricordava la compagna mezzo demone. Le ricordava il fatto che lei era viva, e l’altra no.
 Fu colta da un’incontrollabile scatto d’ira. Si alzò dal letto e si avvicinò allo specchio.
 «Vediamo ora chi è il mostro.» con una mossa fluida tolse lo specchio dalla parete e si avvicinò alla ringhiera del soppalco. Sollevò sopra la testa l’oggetto e lo lanciò verso il basso. Al contatto con il pavimento esso si infranse in mille pezzi e Noel li osservò dall’alto. Con un sorrisetto beffardo si mise a contare. “Uno… due…” dei passi rapidi si udirono lungo il corridoio “e tre.” Hugo aprì la porta.
I due rimasero immobili, lei sopra il soppalco, lui a terra.
 «Noel, cosa stai facendo?»
 «Io odio gli specchi, Hugo.» disse lei, come se fosse la cosa più normale del mondo. «Quindi me ne sono disfatta.»
 Era una sfida aperta questa. Una sfida tra Noel e Hugo. E nessuno dei due aveva intenzione di tirarsi indietro.
«Non è questo il modo di comportarsi, Noel.»
«Potrei dire lo stesso.» lo interruppe la mezzo demone. «Provocarmi in una maniera così subdola è… sleale
«Non venire tu a parlarmi di slealtà.» gli occhi di Hugo erano gelidi.
«Smetterò solo quando tu finirai di parlare di cosa è giusto e cosa no.» senza scomporsi la ragazza scavalcò il parapetto, facendo un salto di circa due metri e mezzo, atterrando proprio in mezzo ai frammenti dello specchio. Non uno di essi la ferì.
 Con tranquillità il Sicario attraversò la stanza, facendo tintinnare il vetro ogni qualvolta che lo pestava. Con gesti lenti e quasi affettuosi prese lo spadone, tirandolo giù dai ganci.
«Cosa pensi di fare, Noel? Ti ho detto di pulire.» lei si voltò quel tanto che bastava per guardarlo di sottecchi.
«E io ora ti dico che non lo farò.» quando la mezzo demone le passò accanto, Hugo la prese per un braccio.
 «Tu non vai da nessuna parte. Soprattutto armata.» Noel ridacchiò.
 «Ti da fastidio non potermi controllare come vorresti, vero? Odi il fatto che io sia così ribelle?» lo guardò maliziosamente, mentre con uno scatto secco divincolò il braccio. «Fallo. Odiami. Odiami dal profondo del tuo cuore. Io mi nutrirò del tuo odio e diventerò più forte.» e senza dire altro o dare a Hugo il tempo di ribattere uscì dalla stanza, lasciandolo solo con la sua ira e uno specchio in frantumi.
 
***
 
 Pioveva, ma a Noel non importava nulla. Era una pioggerella lievissima. I vestiti erano appena umidi e i capelli completamente asciutti. La mezzo demone continuò con l’allenamento, concentrandosi sul movimento fluente della spada, sull’asfalto bagnato sotto i piedi nudi, ignorando invece l’inutile, il freddo e il suo respiro saltuario. Uno dei vantaggi di essere un mezzo demone. Avere un cuore che pompa raramente rende superfluo il respirare.
“La respirazione è per i vivi” Diceva l’istruttore del secondo livello. “e voi non lo siete. Quindi non provate a respirare, lasciate che sia il vostro nuovo corpo a pompare aria quando gli serve.” Era il periodo peggiore di tutti. “Non forzate il vostro organismo. Se lo forzate si spezzerà più in fretta.”
 E Noel non voleva spezzarsi. Lei era flessibile, elastica. Era una molla, si allungava e tornava al punto iniziale. Era questo ad averla resa quello che era.
 Il fiuto l’avvertì dell’avvicinamento di Ruby prima delle sue orecchie. La ignorò bellamente.
 La ragazza si fermò al limite del cortile, timorosa.
«Papà mi ha mandato a chiamarti. Ha detto che deve parlare con te.» Noel non si fermò.
«Quando avrò finito arriverò.»
«Papà ha detto che devi venire subito.» Noel si arrestò nel bel mezzo di un movimento. La sua immobilità era impressionante.
«Digli che non mi interessa.» Ruby rimase dov’era, boccheggiando, non sapendo cosa dire. «Se hai finito di fare il pesce lesso puoi anche andare.» la congedò Noel. Ruby provò a controbattere.
«Ma papà…»
 «Quello che vuole tuo padre non mi interessa. Se arriverò, sarà quando lo decido io.» Noel aveva deciso di approfittare della situazione. Paradossalmente, fino a che sarebbe rimasta a casa Wright, sarebbe stata più al sicuro che al dormitorio.
 Davanti ad altri mezzi demoni magari Hugo avrebbe anche potuto frustarla o punirla. Ma fino a che sarebbero stati circondati da esseri umani non poteva farlo.
 Hugo aveva portato Noel a casa per controllarla, ma senza comprendere che invece era inutile. Sapeva sempre quello che faceva o meno, ma fino a che non avesse avuto la possibilità di castigarla per ciò che faceva, Noel era protetta. E sopratutto, libera.
 Libera, in una prigione dorata.
 
 Noel rimase fuori a lungo, mentre la pioggia si intensificava e la sera si avvicinava.
Nessuno venne più a cercarla, e lei ebbe tempo per pensare.
 Voleva, doveva, trovare una via di fuga. Non poteva rimanere con i Wright. Non dopo tutto quello che aveva passato, dopo tutto quello che aveva scoperto. Lo doveva a sé stessa e a Meara.
“Io fuggirò, Hugo. Dammi tempo, ma io fuggirò.”
 Quando rimise piede in casa, bagnata come un pulcino ma determinata più che mai, nessuno le rivolse la parola e lei si chiuse in camera.
 
 Il mattino colse Noel seduta sul letto, in meditazione. Quella notte aveva dormito sì e no quattro ore, e per lei erano più che sufficienti. La mezzo demone scese dal soppalco senza usufruire della scala, e si cambiò i vestiti. Indossò un paio di jeans neri attillati e una felpa di almeno una taglia troppo grande.
 Lasciò i capelli come erano, senza nemmeno provare a domarli. Aprì la porta della sua camera e attraversò i corridoi, scalza, fino a giungere in cucina. Come aveva calcolato, erano tutti lì.
 Hugo a capotavola, come un vero patriarca di famiglia, la moglie alla destra e i figli alla sinistra. Nel momento in cui la mezzo demone varcò la soglia, tutti si zittirono e Ruby impallidì visibilmente.
«Buongiorno.» salutò Noel, a voce alta e chiara. Senza aspettare il permesso di nessuno si sedette all’altro capo del tavolo, di fronte a Hugo, accavallando le gambe sotto si sé, sprezzante. Un gesto di aperta sfida.
 Il tavolo risultava diviso in due, da una parte i Wright, e dall’altra Noel.
 La mezzo demone appoggiò i gomiti sul tavolo e intrecciò le dita, posandovi sopra il mento, in segno di attesa.
«Mangiate pure.» disse la ragazza dopo qualche momento di immobilità e silenzio. Marianne fu la prima a riprendere la colazione, insieme ai figli. Hugo e Noel si fronteggiarono per un po’, una lotta di soli sguardi. Noel non toccò cibo, nemmeno quando Hugo riprese a mangiare. Lei quella roba non poteva più mangiarla(toccarla) da molto tempo.
 Solo dopo un po’ prese l’iniziativa, schiarendosi la voce e guardando Hugo dritto negli occhi.
 Giallo dentro azzurro. L’uomo rimase fermo immobile per un secondo, poi estrasse una fiala dalla tasca. La lanciò in aria, e Noel la prese al volo senza nemmeno guardare.
«Era ora…» si lamentò. «Iniziavo a pensare che mi avresti lasciato morire di fame.» stappò la bottiglietta e ne bevve in contenuto tutto d’un sorso. La Materia Oscura le scivolò lungo la gola, e la mezzo demone sentì il suo potere incrementarsi per un secondo e i parametri vitali ripristinati. Noel sospirò. Non poteva vedersi ma sapeva che le sue pupille si erano assottigliate, raggiungendo un volume pari a un terzo del precedente.
 Con i suoi nuovi occhi osservò i due ragazzi terminare in fretta la colazione, sparecchiare e lasciare la stanza.
 Rimasero solo lei e i due adulti. Marianne cercava di comportarsi con disinvoltura, ma era difficile se sentiva gli occhi gialli della mezzo demone fissi su di lei.
 Hugo invece sembrava sopportare poco la situazione. Era irritato, e si percepiva. Non bisognava certo avere un fiuto come quello degli animali.
«Allora, Hugo, cosa hai preparato per me oggi?» Noel si riappoggiò al dorso della mano con il mento.
«Per oggi nulla, Noel.» disse seccamente l’uomo. «Ho dell’altro lavoro da fare.» e senza aggiungere altro si alzò in piedi e lasciò la stanza.
 Noel non lo diede a vedere, ma dentro di sé sorrise. Aveva vinto lei.
 
 
 La campanella del cambio d’ora. Ruby raccolse in fretta le sue cose e si diresse verso l’auditorium, anche se non ne aveva per niente voglia.
 Un’assemblea d’istituto a tema demoni, mezzo demoni, Sicari e la loro condizione nella società non era quello di cui Ruby aveva bisogno dopo gli eventi del giorno precedente.
 Era rimasta sconvolta, non lo metteva in dubbio, ma non poté evitare di sedersi su una poltrona e ascoltare quello che il video che i rappresentanti degli studenti avevano caricato sul proiettore.
«13 Maggio 2015, una creatura di non identificata specie si aggira nella periferia di Chicago, seminando il panico e uccidendo decine di civili e ventitré agenti di polizia prima di venire abbattuta. L’autopsia sulla carcassa rivela che la creatura non solo non appartiene a nessuna specie conosciuta, ma la sostanza di cui è fatta non compare nemmeno nella tavola periodica.
Una settimana dopo una bestia simile si materializza al centro di Picadilly a Londra, uccidendo tredici persone, sette dei quali membri delle forze armate.
Dopo tre giorni fatti simili accadono a Roma e a Mosca, mentre dopo una settimana i mostri compaiono in branco a Sidney, divorando centodue persone nel giro di due giorni.
È l’inizio di una nuova era. Nel giro di un anno si sarebbero verificati casi di demoni simili in tutto il mondo, quasi tutti i giorni, decimando a milioni il genere umano.
Nel frattempo un gruppo di ricerca internazionale, capitanato dal colonnello James Stevenson e dal biologo Candace Morrison, stanno studiando insieme un’arma in grado di uccidere i demoni. E così nasce Alhael, il primo Sicario di quella che in futuro sarebbe diventata la divisione armata più importante del mondo.
Alhael è il frutto di un incrocio tra essere umano e demone. Il mezzo demone possiede capacità fisiche di gran lunga superiori alle nostre, ma la coscienza e l’intelligenza sono proprie di un uomo.
Sono passati ormai centoquarant’anni da quel fatidico 13 Maggio, ed il genere umano ha imparato a combattere la minaccia costituita dai demoni.» a quel punto Ruby smise di ascoltare. Conosceva tutto a memoria, ormai, ma fino al giorno prima gli sembrava così lontano dalla sua vita. Non aveva mai perso nessun conoscente per colpa degli attacchi e i demoni li aveva visti solo nei soliti filmati risalenti al 2015. Da allora gli scontri non venivano più registrati, o i video non venivano diffuse tra i civili.
 Era vero che il padre lavorava con le nuove reclute dei Sicari, ma non ne aveva mai ragionato molto approfonditamente. Ruby iniziò a chiedersi quale fosse esattamente il l’occupazione del padre.
 E poi c’era Noel, che a Ruby non era parsa per nulla una nuova recluta. Il dubbio è una brutta bestia, ed ora esso si insinuava nella mente di Ruby. Noel era troppo poco umana per essere una nuova recluta. Ruby si rese conto solo in quel momento di una cosa, mentre gli altoparlanti snocciolavano come olive tutte le vittorie del genere umano sul fronte dei demoni, e si rese conto di quella più importante di tutte.
 Cioè che, in realtà, nessuno sapesse realmente come i Sicari nascessero. I notiziari parlavano di incroci, ma incroci in che senso?
 Ruby, per quanto sembrasse una ragazzina ingenua, aveva preso dai suoi genitori due cose: l’intelligenza e l’astuzia. Iniziò a vagliare le ipotesi, mentre nel video la voce narrante aveva ripreso a raccontare delle ricerche scientifiche condotte per scoprire cosa fossero i demoni. Ruby non mancò di notare che nulla venne accennato sui mezzo demoni.
 Incrocio inteso come accoppiamento le sembrava poco probabile, così lo scartò subito.
 Poi all’improvviso le venne in mente quella mattina. Noel non aveva mangiato, o per lo meno non cibo umano. Hugo le aveva dato quella strana sostanza scura. Se quella sostanza era Materia Oscura, che c’entrasse con i mezzo demoni?
«Dopo numerose ricerche condotte su demoni catturati vivi scoprimmo l’origine di questi mostri che avevamo imparato a sconfiggere. Essi giungevano) sulla Terra attraverso squarci che davano su quello che noi chiamammo Inferno. Esso era totalmente popolato da questi mostri, che si nutrivano dei loro simili. Ma a quanto pare la sostanza di cui erano fatti, la Materia Oscura, non era sufficiente, ecco perché cominciarono a cibarsi anche di esseri umani.»
 Ruby fu costretta a riconsiderare le sue ipotesi. No, a quanto pare era impossibile che fosse la Materia Oscura. L’assemblea proseguì ma Ruby rimase immersa nei suoi pensieri, ignorando tutto e tutti.
 Non tornavano, i conti non tornavano. C’era qualcosa di dissonante in tutto questo, soprattutto in Noel.
 E Ruby aveva intenzione di scoprire cosa.
 
 
 
 
 
 
 

Lounge dell’autrice 2HHK
Ciao a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto
In ogni caso, se avete consigli o critiche, sarò lieta di riceverli
Lo dedico alla mia dolcissima editor Mary <3
Bhe, ci vediamo con il prossimo capitolo “Ruby Wright”
Mitsuko



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Capitolo 3
*** Capitolo 3_Ruby Wright ***


Capitolo 3

Ruby Wright

 
 
 
 Quando suonò anche l’ultima campanella della giornata Ruby raccolse le sue cose e si apprestò a tornare a casa.
Come primo giorno nel nuovo liceo era andata meglio del previsto, e l’umore di Ruby dopo l’assemblea era considerevolmente migliorato.
Mentre la ragazza guardava gli altri studenti uscire dalla scuola tornò a riflettere: come era possibile che tutti quei ragazzi non si ponessero domande sui demoni e i mezzo demoni?
Mentre era immersa nel flusso ininterrotto dei suoi pensieri voltò distrattamente l’angolo del corridoio e andò a sbattere contro un ragazzo che reggeva una pila di libri, che caddero a terra. Ruby fece un passo indietro, sorpresa, portandosile mani al volto, imbarazzata.
«O mio dio, scusa, non volevo!» Si chinò a terra e iniziò a raccogliere i libri, evitando di guardare il ragazzo in faccia.
«No, non scusarti, ero io che correvo!» Si affrettò a ribattere lo studente. Ruby alzò lo sguardo e i suoi occhi grigio-azzurri incrociarono quelli di lui, color nocciola screziati di verde. «Ti sei fatta male da qualche parte?» Chiese lui. Ruby scosse la testa.
«No, sto bene, non preoccuparti.» i due si guardarono per un istante, poi scoppiarono a ridere come bambini.
«Cielo che situazione imbarazzante.» borbottò il giovane mentre raccoglieva buona parte della sua roba. Ruby prese una pila di libri e si alzò in piedi.
«Ti aiuto a portarli, è il minimo che possa fare.»
«Grazie infinite, sul serio.» rispose lui «Ah, e comunque io sono Klaus Cooper. Tu sei nuova, vero?»
«Sì, mi chiamo Ruby Wright.»
«Piacere di conoscerti, Ruby.» Klaus aveva davvero un bel sorriso, constatò la ragazza. Portava i capelli tagliati abbastanza corti, castani con una sfumatura rossiccia, e un paio di occhiali con la montatura sottile in equilibrio precario sul naso. Ruby gli si affiancò.
«Come fai a sapere che sono nuova?» il ragazzo rise.
«Sapere tutto quello che riguarda la scuola è mio compito. Chi entra, chi esce, nuovi studenti, trasferiti. Io so tutto! Sono Klaus-la-talpa, il ficcanaso d’elite.» disse il ragazzo in tono scherzoso, strizzando l’occhio.
Accelerò il passo superando Ruby di poco,e spinse una porta con la spalla per aprirla, poi la tenne aperta con il piede affinché anche lei potesse passare.
«Grazie.» sorrise lei. Entrando si trovò in un’aula abbastanza grande, con postazioni da computer, quasi tutte occupate, e altri tavoli. Appeso al muro capeggiava uno striscione con la scritta “La Verità è l’unica Scelta”.
«Ehi, Talpa, che fai, ti sei portato dietro la ragazza?» esclamò un ragazzo che se ne stava seduto su un tavolo, accerchiato da altri studenti.
«Tappati la bocca, Rupert! È la nuova trasferita.» sbottò una ragazza con un piercing al sopracciglio salutando Ruby con la mano, nonostante fosse un’estranea.
«Oh, allora non è la tua ragazza. Sei single, bellezza?»
«Ma tappati la bocca!»
«Grazie, Donna.» fece Klaus mentre scaricava i libri sul tavolo e prendeva gli altri dalle braccia di Ruby.«E tu, Rupert, potresti andare a comprarci il pranzo invece che flirtare con le nostre studentesse.» aggiunse tra le risate generali.
«Ehi, perché devo sempre andare io?»
«Perché è il solo modo con cui ti rendi utile, Moore.» scherzò un altro ragazzo. Ruby era al contempo frastornata ed eccitata. Klaus le sfiorò una spalla con le mani e la condusse fuori, mentre tutti la salutavano come si saluta un’amica di vecchia data e Rupert cercava di comunicarle il suo numero di cellulare, con scarsi risultati.
«Ti prego di perdonarmi per la discutibile compagnia.» sorrise Klaus alzando gli occhi al cielo. «Beh, la Redazione del giornale “De Veritate” ti da il benvenuto alla R. Tyndale. Le auguriamo una lieta permanenza.» soggiunse con un sorriso mentre Ruby rideva.
«Un giornale scolastico?»
«No, il nostro giornale è fatto da studenti ma viene distribuito anche in tutta la città.» Ruby tacque. E lentamente un sorriso le illuminò il volto.
«Allora capiti perfettamente a caso mio, Klaus. Un giornale è esattamente quello di cui avevo bisogno.»
 
Dopo nemmeno un’ora la ragazza entrava in casa, i moduli di iscrizione al club infilati nella borsa, e li portò in camera prima che qualcuno potesse metterci mano. Quando raggiunse la cucina per il pranzo vi trovò la madre e il fratello. Di Hugo o Noel nemmeno l’ombra.
«Sei in ritardo Ruby! Ho fame.»
«Sto bene, Logan, grazie per l’interesse. Tu come stai?» rispose beffardamente la ragazza.
«Non litigate, ragazzi.» li ammonì Marianne mentre serviva il pranzo.
«Papà?» chiese Logan.
«Mangia in ufficio.» Ruby si morse il labbro.
«Noel invece?» la forchetta di Marianne si fermò a mezz’aria.
«Lei non mangia.»
«Perché?» insistette la ragazza. Ora che si era decisa non avrebbe mollato.
«Non può.» Ruby strinse le labbra. Sua madre non era mai così secca con le risposte. Stava nascondendo qualcosa, ne era sicura.
«Ma stamattina ha mangiato qualcosa, me lo ricordo.» Marianne la guardò severamente.
«Non essere insistente, Ruby.» la ragazza tacque per un attimo.
«Era per sapere…» come scusa era quasi plausibile.
«Allora queste cose dovresti chiederle a tuo padre.» “Oppure” pensò la ragazza infilandosi in bocca una forchettata di spaghetti “dato che lui non mi risponderà, posso chiederlo direttamente a lei.”
 
Ovviamente Ruby non aveva l’intenzione di andare subito da Noel.Dopo i fatti del giorno prima non avrebbe ottenuto nulla. Se c’era qualcosa di buono da considerare nel giorno passatoconsisteva nell’aver imparato che Noel andava trattata con i guanti, e che bisognava lasciare che si sbollisse. Quindi passò direttamente al piano B.
Dopo aver assolto i suoi doveri da studentessa, accese il portatile e si connesse a Internet.
 Per tutto il pomeriggio navigò alla ricerca di informazioni sui Sicari o su qualunque cosa che li riguardasse alla lontana. Lentamente, emerse uno schema. E con esso molte domande.
 
Quella sera Ruby spuntò dalla sua stanza, stanca come se avesse appena corso la maratona. Contemporaneamente, dalla stanza di fronte, uscì Noel.
Ruby non la vedeva dalla mattina, e la trovò con gli stessi vestiti e la stessa espressione perennemente cupa.
Le due si fissarono per qualche attimo, e Ruby sostennene sostenne lo sguardo.
«Ciao Noel. Passato una buona giornata?» la mezzo demone grugnò qualcosa,mentre si avviava verso la sala da pranzo. Ma Ruby non mancò di notare che le aveva lanciato un’occhiata più penetrante del solito.
E nuovamente si ritrovò a pensare che era decisamente meglio averla come alleata, che come nemica. Affrettò il passo e le si affiancò. Noel la guardò storto da dietro il ciuffo nero.
«Smettila.» disse secca.
«Smetterla di fare cosa?»
«Non fare la finta tonta, ragazzina.» si avvicinò minacciosamente ma Ruby continuò a sostenerne lo sguardo.«So che stai tramando qualcosa, te lo leggo negli occhi, e sinceramente non mi importerebbero i tuoi pensieri da mocciosetta se non fossi abbastanza sicura che mi riguardano direttamente.»
«Continuo a non capire.»ribatté Ruby «Non so di cosa tu stia parlando, ma non ho intenzione di fare alcunché che ti riguardi.»l’espressione di Noel era indecifrabile. Un misto tra disgusto, pietà e compassione.
«Oh, povera piccola Ruby, così simile al suo adorato padre.»le toccò il mento con un dito, costringendo la ragazza a guardare verso l’alto. Ruby si ritrasse.
«Lasciami…»Noel sogghignò.
«Tu non ti rendi ancora conto, non è vero?»
«Di cosa dovrei rendermi conto?»il cuore di Ruby batteva così forte che la ragazza era sicura che la mezzo demone potesse sentirla.
«Che sei identica a tuo padre. Avete la stessa espressione quando qualcosa vi passa per la mente. Vi luccicano gli occhi. E più il pensiero è pericoloso, più evidente è la somiglianza.» Ruby non seppe cosa dire.«Io sono un animale, ragazzina, certe cose le so per istinto.» Noel si fece ancora più vicina e i suoi capelli neri andarono a solleticare il volto della ragazza umana.«E il mio istinto mi dice che quelle come te non durano a lungo.» a Ruby non importava più di non litigare con Noel, o di non farsi scoprire. La guardò con aria di sfida.
«Ti sbagli. Io durerò molto più a lungo di tutti gli altri.»
«Questo lo dici tu.» Noel ebbe un cambio espressione devastante. All’improvviso la mezzo demone posò le mani sulle spalle di Ruby e la spinse contro il muro quasi con delicatezza. Appoggiò le mani sul muro, bloccando Ruby tra le sue braccia.
La ragazza, con lucidità, si ritrovò a fare il confronto con la situazione del giorno precedente. Speculare. Con l’unica differenza che Ruby non si trovava nel panico e Noel non aveva intenzione di ucciderla. O per lo meno lo sperava.
«Allora scommettiamo.» Noel sorrideva, un sorriso abbastanza crudele. “Di questo passo i Wright si stermineranno da soli.”
«Scommettere cosa?» Noel si avvicinò e le sussurrò all’orecchio.
«La tua vita.» Ruby respinse Noel con tutte le sue forze, e la mezzo demone la lasciò fare.
«La mia cosa?» la sua voce rasentava il ridicolo.
«Scommetto che non sopravvivrai nemmeno un anno.» Noel congiunse le mani all’altezza del petto, fingendo un’eccitazione che in realtà non provava «Una piccola sfida. Se tra un anno esatto sei viva, hai vinto, altrimenti hai perso.» la mezzo demone le strizzò l’occhio, quello con il simbolo nero che le attraversava la palpebra. «Giuro solennemente di non barare.»
«Non voglio farlo.» ora sì che Ruby iniziava ad avere paura. Probabilmente Noel avrebbe detto qualcosa, se non fosse arrivato Hugo. I tre tacquero. Hugo, che si era perso tutto il discorso, le guardò inarcando il sopracciglio in una muta domanda. Noel sorrise.
«Non fare quella faccia imbronciata, Hugo, sto solo chiacchierando con la mia nuova sorellina. Non era quello che volevi?» e senza altro aggiungere, lo superò, scomparendo dietro l’angolo del corridoio. Hugo fissò gli occhi su quelli della figlia. Erano dello stesso azzurro-grigio, ma quelli dell’uomo erano molto più taglienti, come profondità di sguardo.
«Va tutto bene?»
«Sì papà! Stavamo solo parlando.» la ragazza sorrise. Non riusciva a pensare ad altro che ad una cartella nera, posata sopra la sua scrivania, contenente il frutto del lavoro di quel pomeriggio. Un pomeriggio di indagini sul suo stesso padre.
“Non deve sapere che cerco informazioni su di lui.”
Ci si potrebbe chiedere, e sarebbe giusto farlo, perché la figlia di un Tutor stesse indagando sui mezzo demoni. Una cosa del genere suonava per lo meno inusuale.
Ma Ruby era sempre stata inusuale. Non era il genere di persona che si lasciava facilmente contagiare dalle tenebre. Odio, rancore, erano sentimenti che toccavano superficialmente la ragazza.
La curiosità invece da sempre aveva fatto parte del suo animo. Ma una curiosità purissima, un semplice desiderio di verità.
Fino a quel momento Ruby, troppo presa dalla sua vitada umana, aveva vissuto gli eventi della guerra tra umani e demoni come un evento mediatico in cui lei non aveva parte. Ma l’arrivo di Noel, lo sconvolgimento che la sua semplice presenza aveva portato nel quartiere, avevano sbattuto in faccia a Ruby la dura verità.
I mezzo demoni esistono, e così anche i demoni, e Hugo aveva a che fare con loro più strettamente di quanto Ruby glielo avesse sentito dire nei suoi 17 anni.
Tutti i nodi vengono al pettine, dice un motto umano. Il pettine di Ruby d’improvviso si era fatto estremamente fine.
Ruby combatté contro il suo impulso di guardare verso la propria stanza. Noel aveva detto “Io sono un animale.” Quindi Ruby poteva supporre che Hugo fosse abituato a leggere gli impulsi.
Il confronto durò un attimo, poi Ruby sorrise e voltò le spalle al padre, dirigendosi verso la cucina, e ripromettendosi di nascondere meglio le sue cose, in futuro.
 Quando entrò nella sala, Noel era appollaiata sulla sedia come quella mattina. Probabilmente in attesa del suo pasto.
 
La cena si svolse per lo più in silenzio, sotto lo sguardo dorato della mezzo demone.
«Allora ragazzi, come è andato il vostro primo giorno di scuola?» la domanda era di Marianne. Ruby quasi scoppiò a ridere pensando a Klaus e ai ragazzi del De Veritate.
«Molto bene mamma. Ho conosciuto molti ragazzi simpatici.» non era poi una completa bugia. Eccola lì, la solita Ruby, sempre allegra. Una perfetta attrice, insomma. La ragazza era consapevole degli occhi di Noel fissi su di lei.
La conversazione proseguì liscia ancora per un po’. Per lo meno fino a che Noel non richiese il suo pasto.
«Hugo.» solo questo, solo un nome. Una sola parola, che sottintendeva cose di cui Ruby era all’oscuro.
«Hai già mangiato oggi.»
«Ho mangiato dodici ore fa.» Hugo staccò gli occhi dal suo piatto. «I tempi sono dimezzati, con me.»
“Tempi di cosa?” Ruby cercò di fingersi disinteressata, ma mentalmente cercava di riorganizzare le tessere del puzzle.
La stessa scena di quella mattina si ripeté. Stesso movimento lento di Hugo, stessa fiala che volava sopra le loro teste, stesso scatto di Noel per prenderla.
La mezzo demone stappò la bottiglietta e la sollevò, come per brindare all’onore di qualcuno, poi ne bevve il contenuto. Nel farlo, Noel non staccò per un secondo gli occhi da quelli di Ruby.
 E Ruby non perse un solo movimento della mezzo demone, compreso quando Noel buttò via la fiala vuota.
 
Ruby uscì dalla camera cercando di essere il più silenziosa possibile.
Attraversò i corridoi e arrivò in cucina facendosi luce con la torcia incorporata nel cellulare.
Noel aveva buttato via la fiala apparentemente vuota, ma se lo sguardo che la mezzo demone aveva lanciato a Ruby era stato interpretato correttamente, forse non era tutto come sembrava apparire.
Sempre facendosi luce con il telefono la ragazza indossò un paio di guanti di lattice e prese un sacchetto di plastica, poi prese la fiala da dove Noel l’aveva buttata.
Era chiusa, e quando Ruby la aprì vide che sul fondo erano rimaste poche gocce del viscoso liquido scuro di cui Noel si nutriva.
Ruby, come al solito, aveva indovinato. Lo sguardo di Noel era uno sguardo di intesa.
Non sapeva perché, ma aveva il sospetto che Noel volesse che Ruby indagasse su di lei.
“Perché?”
Cosa poteva nascondere Noel tanto da spingerla a comportarsi in quella maniera? Ma soprattutto, ciò che nascondeva era davvero così pericoloso da mettere in pericolo la vita stessa di Ruby?
Ruby ancora non lo sapeva, ma aveva la certezza che quello fosse un punto di non ritorno.
O prendeva la fiala per esaminarla, anche se ciò avrebbe comportato uno stravolgimento della sua vita, oppure la rimetteva dove l’aveva presa, per fingere che nulla fosse mai accaduto.
“Scommetto che non sopravvivrai nemmeno un anno”, aveva detto Noel. Ruby era ancora in tempo per fermarsi. “Non c’è bisogno che rischi la tua vita.” Pensò una parte di lei.
“Chi voglio prendere in giro, io devo sapere.” Pensò l'altra.
 C’era un che di definitivo nei suoi gesti, mentre infilava la boccetta nel sacchetto e lo chiudeva.
Le impressioni di Ruby erano corrette, da quel momento non sarebbe più potuta tornare indietro. Sarebbe arrivata alla fine di quella faccenda e avrebbe scoperto tutto quello che c’era da scoprire sui demoni.
Per se stessa, e per Noel.
Era una delle prime cose che Ruby aveva notato di lei. C’era un’infinita tristezza nel suo sguardo, come chi si è visto strappare via qualcosa di importante.
Uno sguardo che ricordava bene. Anni prima aveva un’amica a cui era morto il fratello per colpa di una malattia. Lo sguardo di Noel era identico a quello di quella ragazza.
“Cosa ti hanno portato via, Noel? Cosa ti ha portato via mio padre?”
Era impossibile che Noel odiasse così tanto Hugo, a meno che lui stesso non fosse il colpevole.
«Avevo ragione io, allora.» Ruby si voltò e vide Noel in piedi sulla soglia. Era arrivata senza fare rumore. «Non hai intenzione di fermarti.» Ruby ricambiò lo sguardo.
«No.»gli occhi di Noel fuggirono a quelli di Ruby.
«Tutto ciò non porterà nulla di buono, lo sai?»
«Probabilmente.» la mezzo demone annuì.
«Spero per te che tu sia sicura di quello che fai.» Ruby non rispose, sarebbe stato superfluo.Noel sospirò e fece per andarsene.
«Noel!» la mezzo demone si voltò. Ruby esitò un attimo. «Cosa ti hanno portato via?» Noel parve perdersi nei pensieri.
«Una cosa molto importante, spesso sottovalutata. La mia umanità.»
 
 
 Ruby strinse al petto la carpetta nera mentre percorreva i corridoi della scuola. La campanella di inizio intervallo era appena suonata e gli studenti si riversavano ovunque, smaniosi di staccare il cervello per quindici minuti prima di riprendere le lezioni.
 Ruby guardava freneticamente a destra e a sinistra, contando le porte, per essere sicura di non perdersi. Si arrestò davanti ad un aula e fermò la prima persona che vi uscì.
«Scusa, potresti dirmi se c’è Klaus?» lo studente le indicò di entrare.
«Sì, è dentro.» la ragazza si avvicinò all’uscio e si affacciò, cercando il ragazzo e incontrando il suo sguardo. Klaus le sorrise quando Ruby lo salutò con la mano facendogli cenno di uscire. Il ragazzo si alzò dal suo posto e fece lo slalom tra i banchi, senza mai smettere di guardarla.
«Ciao Ruby! Come stai?»
«Bene, grazie. Senti, avrei bisogno di parlarti, è importante. Conosci un posto dove possiamo parlare indisturbati?» Klaus lesse negli occhi della ragazza una grande serietà, quindi annuì e le fece cenno di seguirla.
 
Il ragazzo si sedette sulla scala anti incendio e Ruby fece lo stesso.
«Di cosa volevi parlarmi?» la ragazza si morse il labbro.
«Senti, so che è un argomento difficile, ma sono relativamente sicura che qualcuno stia omettendo informazioni alla società.»
«Informazioni a proposito di cosa?»
«A proposito dei Sicari.» per Klaus fu un colpo duro.
«I Sicari?!» la sua voce rasentava lo stridulo e Ruby cercò di zittirlo. «Shh! Non urlare! Comprendo che non è un argomento facile da trattare, ma ti prego, devi ascoltarmi. Ci ho pensato a lungo, ho fatto ricerche, e mi sono resa conto che ci sono troppe cose che non sappiamo e che dovremmo sapere riguardo ai demoni e tutto ciò che sia a loro connesso.»
«Ruby» Klaus era nervoso, tolse gli occhiali e se li rimise, poi si passò una mano tra i capelli. «È un argomento estremamente delicato, lo so benissimo. Non dico che non voglio parlarne, solo che non è il momento o il luogo giusto.» si guardò intorno spaventato.
«Klaus, va tutto…» non fece in tempo a finire la domanda che il ragazzo le posò un mano sulla bocca per zittirla.
«No, Ruby. Non ora, non qui. Qui non è sicuro.» si posò un dito sulle labbra, poi cercò qualcosa dalle tasche, e ne estrasse una biro. Prese il braccio di Ruby le scrisse un indirizzo sulla pelle.
«Oggi alle 17, a questo indirizzo. Non mancare.» Ruby annuì senza capire. Klaus le prese le mani tra le sue. «Il tuo non è un argomento che si può affrontare in posti come questi. Loro ci ascoltano, sempre, non dimenticarlo.» e senza aggiungere altro si dileguò, lasciando Ruby ad aggiungere un’altra domanda alla sua lista.
Chi erano “loro”?
 
 
 
 
 
 
 
 

Lounge dell’autrice
Salve a tutti e grazie di essere arrivati alla fine del terzo capitolo, spero vi sia piaciuto
Vorrei ringraziare la mia lampo-editor, colei che mi corregge capitoli in tempo di record
Grazie mille Mary<3
Bhe, che altro si può dire—
Che in questo capitolo, come nella fine del precedente, si inizia a intravedere l’evoluzione del personaggio di Ruby e, inoltre, fanno la loro comparsa Klaus Cooper, Donna, e Rupert Moore, tre personaggi che nel corso della storia saranno molto importanti, quindi non perdiamoli d’occhio ;)
Per ora è tutto, alla prossima!!
Mitsuko





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Capitolo 4
*** Capitolo 4_Qualcosa di Inconcludente ***


Capitolo 4

Qualcosa di Inconcludente

 
 
 
 
 
 
Klaus Cooper si passò nuovamente le mani nei capelli. Era nervoso, molto. Erano già dieci minuti che non faceva altro che guardare l’orologio, benché fossero appena le quattro e tre quarti.
 Tra un quarto d’ora sarebbe arrivata Ruby per parlare delle informazioni che la ragazza aveva intenzione di ottenere.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che era successa una cosa simile? Stando a quanto ricordava, non aveva più toccato l’argomento da quando Albert Cooper era ancora vivo.
Il padre di Klaus era stato un giornalista, ed era morto dieci anni prima, lasciandosi dietro una moglie, un figlio di nove anni e una figlia di sei.
Klaus scrutò di nuovo l’orologio. Erano passati solo due minuti. Batté le mani con forza sulle cosce, poi si afferrò le ginocchia, nel tentativo di tenerle ferme.
Una buona parte di lui sentiva il bisogno di lasciarsi andare in un risolino isterico. Forse lo avrebbe fatto sentire meglio.
Mentre il ragazzo continuava a rimuginare sui stessi identici pensieri, ancora e ancora, il campanello della porta di ingresso suonò, facendo quasi prendere un infarto a Klaus.
Il giovane scattò in piedi e uscì dalla sua stanza, precipitandosi di sotto. Tuttavia Danielle arrivò prima di lui.
«Posso aiutare?» chiese la sorella del ragazzo.
«Ciao, sono un amica di Klaus, è in casa?» prima che la ragazzina potesse rispondere, Klaus si intromise nella conversazione, scalzandola dall’uscio e facendo entrare Ruby.
«Ciao Ruby, grazie per essere venuta!» la ragazza annuì e Klaus, senza attendere oltre, la scortò in camera sua, lanciando un’occhiata eloquente alla sorella che lo fissava a bocca aperta. Appena arrivato chiuse la porta a chiave e vi si appoggiò contro, sospirando.
Ruby se ne stava in piedi davanti a lui, senza timore.
«Klaus, dobbiamo parlare di oggi.»
 Il ragazzo le fece cenno di accomodarsi dove preferiva.
«Sono d’accordo, ma prima devo spiegarti delle cose importanti, quindi ti prego di non interrompermi.» si avvicinò e si sedette sul letto, di fianco a Ruby. «Prima di tutto vorrei che non dicessi a nessuno il motivo per cui sei venuta qui. Inventati qualcosa, come … non so, delle ripetizioni in qualche materia. Se mia madre scopre quello che sto facendo sono un uomo morto. Hai mai sentito parlare di Albert Cooper?»
«Non che io ricordi.»
«Beh, era mio padre. È morto dieci anni fa mentre conduceva delle indagini che somigliavano pericolosamente a quelle che stai conducendo tu.»
«Non ne avevo idea.» Klaus scosse la mano.
«Era una cosa che ti avrei detto comunque, altrimenti non avresti capito come mai tutti gli articoli che scrivo li pubblico a nome di Donna. Lei si occupa solo di fotografia e grafica, in realtà. Il punto è che in famiglia i giornalisti non sono molto apprezzati, per questo non devi parlarne con nessuno eccetto che con i ragazzi della redazione. Detto questo» si sedette composto «Veniamo a noi. Hai detto che avevi delle cose da mostrarmi, quindi prima parli te, poi parlo io.» Ruby annuì, intenta a scegliere le parole adatte.
«In effetti anche io dovrei illuminarti sulla mia situazione familiare.» Klaus inarcò un sopracciglio, curioso. «Ho iniziato a frequentare la Tyndale perché mi sono trasferita in questa città a causa del lavoro di mio padre. Mio padre è Hugo Wright e la sua occupazione è quella di Tutor. Un Tutor dei Sicari.» Klaus impallidì e strabuzzò gli occhi. Ruby alzò un mano, per fermare qualsiasi tentativo di fargli prendere parola. «Prima di queste settimane però non avevo idea di quanto in realtà avesse a che fare con demoni e simili. Poi ci siamo trasferiti qui e mio padre si è portato a casa un Sicario, che attualmente staziona nella camera di fronte alla mia.»
«No, aspetta, mi stai dicendo che tu vivi con un Sicario?»
«Esattamente. Si chiama Noel, è una femmina, dimostra diciannove, venti anni al massimo.» Klaus era terreo come un lenzuolo. «Ecco perché ho iniziato a condurre la mia ricerca. C’è qualcosa in Noel, qualcosa di strano, e non perché è un mezzo demone. Odia mio padre, e tutti gli esseri umani in generale. È poi c’è quella faccenda del congedo. Mio padre ha detto che Noel andava tenuta a riposo per un po’ per colpa di un incidente, ma io l’ho vista allenarsi e mi sembrava perfettamente in forma.»
«Come fai ad esserne sicura?» Ruby fece un sorriso tirato.
«Mio padre. Fin da quando sono piccola mi ha insegnato a osservare le persone. Adesso con un occhiata riesco a definirne età e condizioni fisiche senza problemi, e a volte anche qualche altra informazione. E questa è un’altra cosa che mi ha insospettito di Noel. Dimostra una certa età, ma ho il presentimento che sia molto più grande di quanto non dica.»
«Non puoi avere iniziato a indagare sui demoni solo perché questo Sicario sembra più giovane di quando non sia, o sbaglio?»
 La ragazza annuì.
«Vorrei, Klaus, vorrei che fosse solo per quello. Ho il sospetto che stia nascondendo qualcosa, qualcosa di cui forse mio padre è al corrente. Sono relativamente certa che Noel voglia che io indaghi su di lei. Vuole che io porti alla luce la verità, Klaus, perché a quanto pare lei è impossibilitata a farlo, data la sua natura. Ecco perché ho deciso di andare più a fondo.»
 
 
I due ragazzi camminavano fianco a fianco per le vie della città. Avevano un appuntamento con una persona.
Fino a poco prima Ruby e Klaus si trovavano nella camera del ragazzo. Quel pomeriggio erano state formulate molte domande, e date poche risposte. Ruby aveva raccontato per filo e per segno tutto quello che era accaduto da quando Noel era giunta a casa Wright, compresi i fatti della sera prima. Gli aveva inoltre elencato tutte quelle cose che aveva scoperto nel corso delle ricerche, come il fatto che i Sicari, dopo un certo numero di anni, sparissero. Era come se i Sicari cambiassero continuamente, ce n’erano sempre di nuovi a sostituire quelli che regolarmente sparivano.
L’esempio più lampante era stato Alhael, il primo Sicario, il più forte di tutti. Nei primi anni non si era parlato altro che di lui e poi all’improvviso, dopo super giù quindici anni, non si era più visto. E misteriosamente nessuno aveva fatto domande. Nessuno fa mai domande.
Ruby aveva inoltre messo Klaus al corrente delle disfunzioni dei Sicari, soprattutto quella relativa al mangiare e, come aveva avuto modo di scoprire, al dormire.
Poi era arrivato il turno del ragazzo.
Aveva raccontato a Ruby quel poco che era riuscito a recuperare dagli appunti del padre. Albert Cooper indagava da anni sui Sicari, ponendosi domande simili a quelle di Ruby, anche se non era tanto informato. Più che altro la sua ricerca si era indirizzata verso un'altra direzione. Aveva iniziato a indagare sul governo stesso, sul perché non rendesse pubblico tutto ciò che riguardava i demoni. Sul perché si stesse lentamente e subdolamente instaurando un regime in cui solo la classe dirigente aveva accesso alle informazioni e se un civile provava a connettersi a certe fonti, la connessione veniva bloccata e compariva il sigillo del governo affiancato a quello dell’organizzazione anti-demoni.
Albert Cooper si era posto le stesse domande del figlio e di Ruby, e per questo era stato ucciso. Perché Klaus era convinto che si trattasse di un omicidio ordito da qualcuno, non un mero incidente.
Quando quella mattina Klaus aveva detto “Loro ci ascoltano, sempre” intendeva proprio quello. C’erano orecchie ovunque, nel 2145. I piani alti, come molto spesso venivano chiamati, stavano sempre in attesa che qualcuno commettesse qualche sbaglio, che si lasciasse sfuggire qualcosa di troppo o che mettesse il naso nelle faccende sbagliate.
Luoghi pubblici, come le scuole, erano pieni di occhi e orecchie.
Il ventiduesimo secolo era un gigantesco panoptico.
«Sei sicuro che possiamo fidarci?» chiese Ruby. Klaus sorrise.
«Non preoccuparti, mi fido ciecamente di Donna. Le affiderei la mia vita in qualsiasi momento. Lei è stata la prima a cui ho raccontato delle ricerche di mio padre, non coinvolgerla sarebbe scorretto.»
«Ma io mi fido di Donna, anche se la conosco da poco.» anche Ruby sorrise. Donna l’aveva accolta come una di famiglia, e in più di un’occasione aveva dimostrato la sua gentilezza. «È di sua sorella che non mi fido, non avendola mai incontrata.»
«In effetti Emily è un po’ particolare, ma ha un grande senso del dovere. Ci aiuterà.» Klaus era certo di quello che diceva. I due rimasero in silenzio per qualche attimo, quando una siluette slanciata non spuntò da dietro l’angolo della via. Donna avanzò verso di loro senza fretta.
«Ciao.» salutò. Ruby ricambiò con un sorriso. «Bene, Klaus mi ha già informata di quello che stai facendo, e puoi fidarti di me. Mi racconteresti cosa hai scoperto?»
Ruby allora iniziò a sciorinare tutto da capo per la seconda volta. Klaus la ascoltava silenzioso, e così faceva Donna. Intanto i tre si erano spostati dalle vie affollate a un piccolo parchetto, dove si erano seduti su una panchina.
Dopo aver terminato di raccontare e di rispondere alle domande di Donna, fu il turno di Ruby di chiedere.
«Donna, solo una curiosità. In che modo tua sorella potrebbe essere di aiuto?»
«Emily sta facendo il dottorato all’università di Criminologia. Lavora nei laboratori, conduce ricerche, effettua analisi.»
«La scientifica.» sussurrò Ruby «Vuoi fare analizzare la boccetta di Noel a tua sorella per sapere di cosa si tratta.»
«Esattamente.» Ruby sorrise. Prima Klaus, poi Donna. Sembrava che, a discapito di quando Noel le avesse predetto, le cose stessero andando piuttosto bene per lei.
 
I tre ragazzi fecero il loro ingresso nella facoltà e Donna andò spedita verso la segreteria.
«Salve.» esordì. Seduto sulla sedia stava un uomo grassoccio, sulla cinquantina.
«Salve, posso essere di aiuto?»
«Dovrei vedere Emily Evans, abbiamo un appuntamento. Siamo in tre.» l’uomo scorse un registro.
«D’accordo, un momento.» l’uomo sparì dietro una porta e ne riemerse con tre pass. Non si poteva accedere ai laboratori senza.
«Grazie.» Donna prese i pass e raggiunse gli altri, poi si avviò attraverso la facoltà.
Emily li attendeva alle porte del laboratorio.
Emily Evans era la classica persona che pare essere invecchiata troppo presto. I capelli erano dello stesso colore di quelli della sorella, castano scurissimo, ma tra di essi si iniziava a intravedere qualche capello grigio; non erano particolarmente lunghi, e le incorniciavano il volto. Anche i lineamenti erano simili a quelli della sorella. In equilibrio sul naso sottile, un paio di occhiali senza montatura. Sotto il camice da laboratorio sbucava l’orlo della gonna di un tailleur azzurro glicine. Stava in piedi con grazia, le mani sottili intrecciate dietro la schiena. Era quel tipo di donna che ispirava naturalmente fiducia.
«Ciao, tu devi essere Ruby, piacere di conoscerti.»
«Piacere mio, Emily.» la ragazza allungò una mano per stringere quella che le veniva porta.
«Prego, entrate.» la giovane scortò i ragazzi attraverso i corridoi della facoltà fino a giungere nel proprio studio personale.
«Sedetevi.» i tre si accomodarono su alcune poltroncine, mentre Emily si sedette dietro la scrivania. «Allora, raccontatemi un po’ in cosa dovrei esservi di aiuto.»
Mentre i tre si recavano da Emily avevano concordato di non rivelare alla ricercatrice più di quanto non fosse strettamente necessario: insomma, una versione ridotta e rivisitata dell’indagine di Ruby.
Ecco perché mentre la ragazza spiegava alla donna il tipo di lavoro che voleva che lei facesse stette attentissima a non lasciarsi sfuggire nulla di troppo, e a ponderare tutte le parole. Terminato il suo discorso, sperando di essere stata allo stesso tempo evasiva ed esauriente, rovistò nella borsa e ne estrasse la busta di plastica contenente la boccetta di Noel.
«Ecco.» Emily si alzò appena dalla sedia e si sporse sopra il tavolo per prenderla. La osservò attentamente per alcuni momenti, poi la fece scivolare nel cassetto.
«Va bene, ragazzi, vi aiuterò. Tuttavia dovete promettermi una cosa. Promettetemi che qualunque siano i risultati dei test non andrete a immischiarvi in faccende pericolose. Vale soprattutto per te, Klaus. Non credo che tua madre approverebbe se le dicessi che lavori al De Veritate.» il ragazzo annuì.
«Lo prometto, se le cose si mettono male, lascerò perdere.»
«Lo stesso vale per me.» disse Donna. Emily guardò Ruby; che annuì anche lei.
«Te lo prometto. Anche io cercherò di non mettermi nei guai.»
Tuttavia, mentre Ruby pronunciava quelle parole, era perfettamente consapevole di quanto fossero false. E lo stesso valeva per Klaus e Donna.
 
 
 
Quando Ruby scese dalla fermata della linea urbana 4, Klaus e Donna erano già lì ad aspettarla. Emily aveva detto alla sorella di aver concluso i test chimici sulla boccetta di Noel, e che i tre sarebbero dovuti venire a ritirare i risultati. Era passata una settimana da quando avevano consegnato alla ricercatrice il materiale.
I tre ragazzi percorsero la breve strada che separava la fermata dalla facoltà di Emily in silenzio. Il nervosismo era tangibile.
 Dopo aver preso i pass dalla segreteria attraversarono la hall dell’edificio. Emily li accolse freddamente alle porte dei laboratori. Non sembrava molto tranquilla.
«Seguitemi e non parlate.» Klaus e Ruby non ebbero il coraggio di chiedere nulla, ma Donna si affiancò alla sorella.
«Emily, va tutto bene?»
«È quello che chiederei io a voi. Ho il sospetto che vi siate andati ad invischiare in qualcosa di decisamente pericoloso.»
«Cosa intendi …»
«Capirai presto.» la giovane fece strada ai tre studenti attraverso i meandri dei corridoi. Li condusse in una piccola stanza.
«Bene, ragazzi. Volevate i risultati delle analisi e ve li ho preparati, ma sappiate che non vi piaceranno.» Klaus si appoggiò ad un muro con le braccia conserte, mentre Donna prendeva posto su una sedia vuota, seguita da Ruby.
«Siamo preparati.» Ruby parlò per tutti. Klaus socchiuse gli occhi e annuì.
«Ottimo, lasciate solo che vi informi che le responsabilità di queste ricerche pendono su di voi.» nuovamente i ragazzi annuirono.
«Allora posso procedere.» la donna voltò le spalle ai tre, andando ad armeggiare con il computer, su uno schermo comparvero delle immagini. «Allora, prima di tutto sappiate che ho condotto dei test per la rilevazione di impronte digitali. Sono così emerse le impronte di due persone distinte.» i tre ascoltavano attenti, senza perdersi una parola. «Lavorando per la facoltà di criminologia ho accesso ai database della polizia. Ho comparato tutte le impronte salvate negli schedari con quelle rilevate da me. Non l’avessi mai fatto.» l’ultima frase era solo un commento, fatto sottovoce con gli occhi rivolti verso l’alto. Premette un pulsante e sullo schermo comparve una foto di Hugo Wright. «La prima serie di impronte corrisponde perfettamente con quelle di Hugo Wright, noto membro dell’organizzazione Delta.»  Delta era il nome con cui tipicamente le persone indicavano l’associazione dei Sicari.
«È mio padre.» interruppe Ruby. Emily non fece commenti, solo inarcò un sopracciglio. «Perché mio padre compare negli schedari della polizia?»
Ecco l’ennesima domanda da aggiungere alla lista. L’ennesima bugia detta da Hugo.
«Non è l’unico. Dopo aver trovato tuo padre ho fatto qualche altra ricerca e ho scoperto che tutte le persone, viventi o non, che hanno avuto a che fare con i demoni compaiono negli schedari della polizia. Tra questi c’era anche tuo padre, Klaus.»
«Lo immaginavo.» sussurrò il ragazzo.
«E riguardo alle impronte della seconda persona, a chi appartengono?» chiese Donna. Ruby fu tentata di rispondere con il nome della mezzo demone, ma quando incrociò gli occhi di Emily le parole le si congelarono in gola. La giovane premette un pulsante sulla tastiera e delle nuove immagini comparvero. Erano fotografie di un cadavere di piccola statura, talmente sfigurato da risultare irriconoscibile.
«E questo cosa significa?» intervenne Klaus. Emily prese fiato.
«La seconda serie di impronte era anch’essa presente nei database. Non si conosce l’identità della persona. Dagli esami del cadavere risulta essere una bambina di età intorno ai 12/13 anni.» Ruby scattò in piedi. Cadavere? Ma quale cadavere? Le seconde impronte appartenevano senza dubbio a Noel, cosa significava tutto quello?
«Emily, cosa significa?»
«Significa che le impronte rilevate sulla boccetta hanno una corrispondenza del 99,99% con le impronte digitali di una vittima di massacro a opera dei demoni. Un massacro avvenuto ventisette anni fa. L’identità dei cadaveri è sconosciuta, in quanto sono tutti orribilmente sfigurati e parzialmente divorati.»
Tra i quattro occupanti della sala scese bruscamente il silenzio. I tre studenti si guardarono negli occhi. Tutto ciò non aveva assolutamente alcun senso.
«In parole povere, la persona a cui appartengono queste impronte digitali non è chi dice di essere. È biologicamente impossibile che due esseri abbiamo le stesse impronte.»
«Tutto ciò è privo di logica.» era Ruby a parlare, con la voce atona e lo sguardo perso nel nulla. «Due esseri hanno le stesse impronte digitali. Uno di essi è morto ventisette anni fa, mentre l’altro ne dimostra diciannove.» si passò una mano tra i capelli. Scosse la testa «Mi dispiace, ragazzi, ma io non ci capisco nulla.» gli altri si guardarono. Era chiaro che i sentimenti di Ruby erano condivisi all’unanimità da tutti gli altri occupanti della sala.
«E non è tutto.» annunciò Emily. «Ci siamo concentrati su quello che ho trovato fuori dalla bottiglietta, ma se non ricordo male me l’avevate data perché testassi quello che c’era all’interno
«Oh Dio.» Klaus si sfilò gli occhiali e si passò una mano sugli occhi. Tutto iniziava a diventare talmente confuso che nella sua testa sembrava che i suoi stessi pensieri fossero aggrovigliati in un’immensa matassa.
«Ho fatto ricerche sul contenuto della bottiglietta. Volete sapere i risultati? Beh, non li so nemmeno io.»
«Cosa intendi?»
«Intendo, mia cara sorellina, che i risultati sono stati inconcludenti.  Qualunque cosa sia la sostanza contenuta nella bottiglia, io non sono riuscita a identificarla, anche se parrebbe di origine organica, dato che tende a deteriorarsi. E non è la sola cosa a non essere chiara. Ho fatto delle ricerche per capire per lo meno di cosa fosse fatta. I risultati? Inconcludenti pure quelli. Sostanza organica sconosciuta formata da un elemento sconosciuto alla tavola periodica. Due serie di impronte di cui una appartenente a una persona morta quasi trent’anni fa. Questo è il mio responso. Mi dispiace, ragazzi, ma è tutto quello che ho.»
Nuovamente nel laboratorio cadde il silenzio.
I ragazzi del De Veritate avevano avuto l’intenzione di trovare delle risposte con i risultati della ricerca, ma quello che era saltato fuori andava al di là di ogni umana comprensione.
 
 
 
 
 

Lounge dell’autrice
Salve a tutti!
Vorrei scusarmi per aver pubblicato il capitolo precedente in ritardo, ma mi ero completamente scordata XD
In compenso spero che abbiate apprezzato questo aggiornamento, con anche il colpo di scena finale e i nuovi personaggi.
Tante domande, nessuna risposta
Chi è veramente Noel? Cosa significa il fatto che è stata trovata una sua simile morta trent’anni prima?
Che ve ne pare dei ragazzi del De Veritate?
Io adoro Donna :3
Ci rivediamo con il prossimo aggiornamento “Contatto”!
Au Revoir

Mitsuko

 
 
 
 https://www.facebook.com/GliSceriArtisticiDiMitsukoAyzawa

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Capitolo 5
*** Capitolo 5_Contatto ***


Capitolo 5

Contatto

 
 
 
 
 
La campanella dell’intervallo era già suonata da un pezzo. Ruby era rimasta in classe per chiedere delle spiegazioni alla propria professoressa, e ora correva lungo i corridoi facendo lo slalom tra gli studenti, dirigendosi verso la sala della redazione del De Veritate. Spalancò la porta di botto ed entrò di corsa, con il fiatone. La maggior parte dei membri erano lì, ma la ragazza si diresse spedita verso Klaus e Donna, che erano in compagnia di Rupert e altri giovani.
«Ciao, Ruby!» la salutò Rupert cingendole con un braccio le spalle. La ragazza lo salutò con un cenno della mano, ancora impegnata a riprendere fiato. Poi guardò direttamente Donna e Klaus.
«Ragazzi, ci sono novità.» i due si guardarono sottecchi; poi presero Ruby, uno da una parte, una dall’altra e la portarono in un angolo più appartato della stanza.
«Che tipo di novità?»
«Praticamente» esordì Ruby mentre cercava le parole adatte «oggi ci hanno dato i moduli per poter andare a fare una visita a Glasgow.»
«Quindi? Come potrebbe essere d’aiuto?» Ruby si guardò intorno e iniziò a sussurrare.
«In questi giorni ho sentito molto parlare di Glasgow da mio padre. Ne discuteva con mia madre, e gli ho sentito dire che in questo periodo stanno avendo dei problemi lì. Il tipo di problemi che includono qualche morto.» Donna e Klaus si guardarono, e poi tornarono a volgere gli occhi su Ruby, che continuò: «In pratica ci stanno mandando nella tana del lupo, ma a quando pare la scuola non è così scema. È vero, andremo a Glasgow, ma lo faremo con una guardia del corpo paranormale.»
«Cosa?»
«Ho fatto finta di non aver capito una cosa e ho sbirciato nel registro della professoressa.»
«Sei impazzita?» era stato Klaus a parlare «È troppo rischioso fare questo genere di cose a scuola, i registri elettronici sono monitorati.»
«Non temere Klaus, sono stata attenta.»
«Come hai fatto a capire che avreste avuto una scorta?» Ruby fece un sorrisetto e si tirò appena su la manica. Sulla pelle c’era scritto una specie di codice.
«Riconosco questi segni, mio padre li usa sempre. Sono i codici di riconoscimento dei Sicari, non possono essere altro.»
«Sai a quale Sicario appartenga il codice?» Ruby scosse la testa.
«Purtroppo no, credo che informazioni del genere siano riservate. Tuttavia penso proprio che lo scopriremo non appena partirò.»
 
 
Dal quel giorno erano passate quattro settimane. Quattro settimane in cui Ruby aveva cercato di scoprire chi si nascondesse dietro il codice di riconoscimento. Più di una volta aveva corso il rischio di essere scoperta da Hugo.
Era stato Klaus a portare notizie interessanti. Aveva contattato un hacker di sua conoscenza, ed era saltato fuori che il codice non era registrato in nessuno dei siti di dominio pubblico, ma nemmeno in quelli segreti dove si era infiltrato.
Tutta questa insensatezza stava facendo andare fuori di testa Ruby, che giorno dopo giorno appariva con strati di trucco sempre più spessi per mascherare la mancanza di sonno.
La presenza di Noel, del suo occhio indagatore, non era di aiuto.
Il rapporto tra la mezzo demone e Hugo era giorno dopo giorno più difficile e a casa la situazione era complicata.
Ruby immersa nei suoi pensieri, Hugo nel lavoro e Noel impegnata a mettere i bastoni tra le ruote a entrambi. Di Logan non importava nessuno. Solo Marianne, con la sua stoica perseveranza nel mantenere una parvenza di pace, sembrava tenere insieme la famiglia.
Il vento freddo tipico di novembre sferzava impetuoso su Ruby Wright.
Erano le sette di mattina e lei era in piedi sul marciapiede con tutti i suoi compagni di classe, in attesa di salire sull’autobus diretto a Glasgow.
Ruby, tuttavia, era anche in attesa di qualcos’altro. Stringeva nervosamente il telefono tra le mani. Si era accordata per rimanere costantemente in contatto con Donna e Klaus tramite una chat sms. Il telefono trillò.
  • Tutto ok? K. –
  • A parte il freddo, sì. R. –
  • Damon è già arrivato? D. –
Avevano deciso un nome in codice per il Sicario. Damon. Giusto nel caso che tutte le comunicazioni fossero intercettate.
  • Non ancora, ma sono sicura che non ci metterà molto. R. -
Come se le avesse letto nel pensiero, un auto blindata nera fece il suo ingresso nel cortile. Tutti si zittirono. Tutti erano stati informati che un Sicario avrebbe viaggiato con loro.
Un uomo in completo scuro scese dal posto di guida e andò a parlare con il gruppetto degli insegnanti, mentre un altro scese dal posto del passeggero e si affiancò a una delle portiere posteriori.
  • Oh mio dio è qui
  • Chi è? D.
Il primo uomo concluse il dialogo e si voltò verso il collega, che batté una mano sul tettuccio dell’auto, per segnalare a chiunque fosse all’interno della macchina che poteva uscire.
La portiera si aprì, e la punta di uno stivale in pelle nera con il tacco sbucò da dietro. La figura scese dalla macchina, poi si sporse dentro per prendere qualcosa.
Ruby tremò.
  • Ruby va tutto bene? K.
La ragazza si sentì il cuore accelerare i battiti in maniera spropositata. Ora la figura era interamente visibile, anche se di spalle. I capelli nerissimi e folti le scendevano selvaggi lungo la schiena, fino quasi alle natiche. Il suo volto non si poteva ancora scorgere, il suono della sua voce mentre parlava con il secondo uomo non poteva essere udita, ma Ruby non ebbe dubbi.
  • Lo conosci? D. -
Il Sicario si voltò con lentezza, e il suo volto apparve chiaramente.
Fece qualche passo, con calma calcolata, sicura, e a ogni suo movimento, Ruby sentiva il suo cuore farsi sempre più rapido.
  • È Noel.
La mezzo demone aveva un sorriso stampato in faccia: era da tempo ormai che Noel non vestiva più le uniformi della Delta, ma abiti umani. Stivali neri alti fino a metà coscia, un completo in cuoio grigio aderente e dei guanti che le coprivano tutto il braccio. Una specie di ciondolo con una pietra gialla le rimbalzava ritmicamente sul petto ad ogni sua mossa.
Aveva passato così tanto tempo in inattività, che ora l’idea di una misera missione come quella la rendeva euforica come una bambina.
Si fermò accanto a Ruby, spalla contro spalla.
«Tieni gli occhi aperti, Ruby.»
«Lo farò.» la mezzo demone proseguì, ma l’umana la interpellò nuovamente.
«Chi è stato?» Noel non ebbe bisogno di udire altro. Tra le due ormai si era creata una sorta di complicità, fatta di domande a metà, e tante mancate risposte.
«Chi vuoi che sia stato?»
«Hugo.» ormai Ruby aveva iniziato a chiamare il proprio padre per nome quando parlava con altri. Noel annuì, poi lasciò la ragazza per andare a parlare con gli insegnanti.
Ruby non poté fare a meno si sorridere, senza nessun apparente motivo.
 
 
Il viaggio in autobus fu probabilmente il peggiore per i compagni di classe di Ruby, e uno dei migliori per lei.
La ragazza, essendo abituata alla presenza sotto molti aspetti invadente della mezzo demone, poteva stare tranquillamente in sua presenza. Ne studiava il contorno, i lineamenti. La mezzo demone stava seduta con le gambe incrociate sul sedile, beffandosi delle regole. Aveva tirato le tendine e nella penombra i suoi occhi gialli rilucevano come quelli dei gatti.
Aveva portato lo spadone. Tra tutte le armi appese al muro, aveva scelto lo spadone a due mani con gli intarsi rosso sangue.
Una parte di Ruby sperava di non doverla vedere mai maneggiare l’arma, un’altra lo desiderava ardentemente. Il cellulare trillò.
  • Come sta? K.
  • Non sta facendo nulla. È nella stessa posizione dall’inizio del viaggio. R.
  • Dio, non pensavo che avrebbero mandato lei. D.
Nemmeno Ruby aveva mai considerato questa possibilità.
  • Pensi ancora ai test di tua sorella? R.
  • Voi non lo fate? D. – Ruby si passò una mano tra i capelli. Donna aveva ragione.
  • Io invece sono più concentrato sul fatto che il suo codice non esisteva … K.
  • È opera di Hugo, i codici sono irrilevanti. Fino a che lei rimarrà sotto il suo controllo, immagino che le faccende burocratiche non abbiano valore. R. –
  • Può darsi. K. –
La ragazza sospirò e ripose il cellulare.
Per quanto la presenza di Noel rendeva tutto interessante, si prospettava comunque un lungo viaggio.
 
 
I ragazzi scesero dall’autobus parcheggiato davanti a un museo a velocità supersonica, con il desiderio di mettere tra se e la mezzo demone la maggiore distanza possibile.
Ruby fu l’ultima a scendere.
Dopo di lei, scese Noel.
Gli studenti si misero in fila per prendere il braccialetto con il chip che avrebbe permesso loro di girare per Glasgow. Dopo che erano iniziate le stragi, era proibito girare privi di bracciale di riconoscimento, soprattutto quando si andava in altre città. I bracciali inoltre erano una specie di pass partou.
Una delle insegnanti ne porse uno a Noel, ma questa, indicando il simbolo nero che aveva inciso sull’occhio, fece un ghigno e rifiutò.
«Non credo che mi serva uno di quei cosi. Ho una chiave universale incorporata.»
La donna ebbe un fremito, poi ritirò il braccio. Noel si erse in tutta la sua statura.
«Mentre voi farete con calma il vostro giro turistico, io controllerò il perimetro della struttura. Terminata la mia missione ritornerò alla base con auto privata, quindi potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo.» il suo sorriso si allargò «Vi auguro una buona giornata.» e senza proferire altro, girò sui tacchi e, spada a tracolla, si avviò per la sua strada. Dopo qualche passo alzò una mano e la mosse in segno di saluto.
«Seeya!» ridacchiò.
E Ruby non poté fare a meno di guardarla andare via, mentre un brutto presentimento si faceva lentamente largo dentro di lei.
E a ragione.
Accadde quel pomeriggio. Accadde esattamente quello che lei aveva sperato che accadesse.
Vennero attaccati da un branco di diavoli.
 
 
Erano passate ore dall’arrivo a Glasgow. Noel non aveva fatto la prima mossa, ma nemmeno i membri della specie infernale avevano dato alcuna avvisaglia. Entrambe le parti in attesa che l’altra facesse la prima mossa.
Ma quando si trattava di attendere, Noel partiva in vantaggio. Lei aveva pazienza, una pazienza temprata dalle battaglie. I diavoli erano solo dei cani allo stato brado. Stupidi e servi dei loro bisogni fisiologici.
Non si registravano morti di animali o persone da più di due settimane, mentre Noel si era nutrita quella mattina. Questo significava che non aveva fame, e che avrebbe atteso che fosse venuta al suo paranormale avversario.
Dovette attendere un po’, ma quando uscirono allo scoperto, la mezzo demone sorrise ed estrasse la spada.
 
 
La guida condusse la classe di Ruby attraverso il parco che circondava il museo. Mentre gli studenti ridevano e scherzavano, la ragazza si guardava intorno. Aveva ancora quella sensazione di inquietudine attaccata addosso. Era come se si sentisse osservata.
Il suo sguardo venne attratto da qualcosa. Un uomo, in piedi in mezzo al viale che stavano percorrendo. Aveva una tuta verde smeraldo da inserviente e teneva in mano una scopa con cui spazzava i ciottoli.
Chi era l’idiota che si metteva a spazzare dei ciottoli?
La guida si fermò un attimo, e sussurrò qualcosa agli insegnanti, probabilmente chiedendogli di aspettare un momento. Si avvicinò all’uomo e gli porse una domanda.
Qualcosa dentro Ruby scattò: si rese conto che quell’uomo non era umano. Non ebbe il tempo per pensare, spalancò la bocca e urlò e indicò l’uomo.
Tutti la guardarono e gli occhi di Ruby incrociarono quelli del demone, che ringhiò, mostrando una chiostra di denti acuminati. Sotto gli sguardi di tutti, il demone mutò. I lineamenti anonimi si trasformarono in sembianze orribili. Una testa pelata, squamosa, occhi privi di iride, pelle grinzosa e nerastra. Nella mano, al posto delle dita, quattro lunghi artigli.
Il demone era alto poco più di due metri e ruggì. La guida provò a indietreggiare ma la creatura caricò il colpo e gli trapassò il petto, estirpandone poi carne calda e morbida e grondante di sangue che si portò alla bocca.
In quel momento scoppiò il putiferio.
Il panico dilagò.
Dal nulla emersero altre creature mostruose, che ben presto accerchiarono lo sparuto gruppo di ragazzi che non si erano dati alla fuga. Erano una decina, Ruby compresa. Non avrebbe lasciato la prima linea per nessun motivo.
Il demone che aveva ucciso la guida si fece avanti, mentre la carcassa giaceva per terra.
Una ragazza, accanto a Ruby, strillò e cadde a terra dal terrore. Il demone fece uno strano ghigno e si slanciò verso di lei.
Ruby non perse tempo. Scattò in avanti e spostò la ragazza dalla traiettoria del demone.
E fu lei a pararsi davanti al mostro. Una fredda lucidità le calò sulla mente. “Mi ammazzerà.” Pensò. Il demone si portò all’attacco. Ruby chiuse gli occhi.
E il colpo non giunse mai.
 
 
«Meno due.»
Noel estrasse la spada dal cadavere di uno dei diavoli che facevano la guardia al perimetro. Si trovava su un tetto. Sotto di lei gli umani stavano per essere attaccati dal resto del branco, ma il Sicario non poteva permettere che le sentinelle scappassero.
Guardò in basso. Molti erano riusciti a fuggire, ma una decina di persone, inclusa la sua protetta, erano state accerchiate.
All’improvviso le si gelò il sangue nelle vene.
Ruby stava per essere divorata.
Il tempo rallentò, e sopra il volto dell’umana Noel ricordò altri visi. Visi di persone che aveva amato e che non c’erano più.
Non ci vide più. Prese la rincorsa e saltò, spada sguainata. Sollevò l’arma sopra la testa.
Era un volo di dodici metri. Più che sufficiente per imprimere alla spada una forza straordinaria.
Piombò dall’alto come un ombra, tagliando il diavolo a metà dalla testa fino all’inguine. Un esplosione di sangue blu le macchiò la tunica, poi le carni del diavolo esplosero.
Diventarono come fiamme liquide di colore nero-bluastro che fluttuarono nell’aria e vennero subito risucchiate all’interno nella pietra gialla del ciondolo di Noel.
Tutti si fermarono, umani e non, sconvolti da quel rapido cambiamento del corso della battaglia.
«Meno tre.»
Ruby aprì gli occhi e si trovò davanti Noel, splendidamente insanguinata e con gli occhi che le brillavano più che mai.
«Sono spiacente, signori.» esordì la mezzo demone. «Per quanto non provi simpatia per queste persone, codesta ragazza è off limit.» un sorriso crudele le stirò le labbra.
Si mosse talmente velocemente che parve teletrasportarsi.
Un attimo era davanti a Ruby, quello dopo davanti a un diavolo.
«Meno quattro.» caricò il colpo e decapitò il mostro prima che questi si rendesse conto del pericolo. Come era successo anche prima, la carcassa esplose e la materia venne assorbita dal ciondolo.
I diavoli urlarono e all’unisono si gettarono su di lei.
Il primo mirò alle gambe. Noel gli saltò sulle spalle e gli piantò la spada nella schiena, uccidendolo.
Il secondo, sfruttando il fatto che la mezzo demone era caduta a terra, provò a colpirla dall’ alto. Lei lasciò la spada e gli rotolò tra le gambe. Si tirò in piedi in fretta e gli diede due rapidi calci alle ginocchia, facendolo cadere a terra. Gli arrivò da dietro e gli spezzò il collo.
«Meno sei.» ne rimanevano tre. Uno di loro la colpì con gli artigli alle spalle e lei cadde in ginocchio. Dalla ferita colava sangue violaceo.
“Sangue viola. Incredibile.” Pensò Ruby. Vide il diavolo cercare nuovamente di colpire Noel ma prima che Ruby potesse avvertirla, il Sicario allungò una mano, recuperando la spada precedentemente persa e rotolò sulle ginocchia. Colpì il diavolo ad altezza cosce, tranciandogli di netto entrambe le gambe. Se la ferita le procurava dolore, dalla sua bocca non uscì nemmeno un gemito.
Gli ultimi due non si arresero e contrattaccarono. Uno, Noel lo trapassò da parte a parte non appena entrò nel raggio di azione della mezzo demone.
Il restante parve esitare, e Noel ne approfittò per trarsi in piedi. In un secondo era davanti a lui e gli piantò la spada nel ventre, facendola sprofondare nelle viscere mostruose fino all’elsa.
Il diavolo, come tutti gli altri, esplose.
Si era svolto tutto in pochi secondi.
Pochi attimi e ogni presenza del passaggio dei diavoli era scomparsa. Fatta forse eccezione per il cadavere squartato.
Noel rimase immobile, in piedi, fiera e letale, con la lama ormai blu e la tunica intrisa di sangue ormai rappreso.
E nel silenzio un applauso risuonò.
Tutti si voltarono. Ad applaudire era un giovane sulla trentina, con un sorriso tutt’altro che umano.
«Ti faccio i miei complimenti, Sicario. Sei stata brava.» Noel strabuzzò gli occhi.
“No, non è possibile? E lui da dove salta fuori? Perché non ho percepito il suo arrivo?”
Un altro pensiero si fece strada in lei.
“Non mi avevano avvisato della presenza di un demone! Mi hanno… incastrata?!”
Noel digrignò i denti e scattò in avanti, frapponendosi tra il demone e gli umani.
«Sono sorpresa di vedere un demone del tuo calibro insieme a un branco di feccia.» rispose Noel.
«Sai com’è, dobbiamo mangiare anche noi.» il demone fece un passo avanti e così Noel.
«Mmm… ho come l’impressione che non mi lascerai divorare quegli insulsi umani fino a che non ti avrò uccisa.»
Noel non rispose, semplicemente impugnò l’arma e si mise in posizione da combattimento.
«Già, immagino di no.» detto questo il corpo del demone fu percorso da spasmi violenti e le carni si strapparono.
I ragazzi urlarono e Noel osservò quasi affascinata la metamorfosi, mentre il demone abbandonava le sue parvenze umane per assumere le sue vere fattezze. Gli esseri umani potevano vedere solo alcune cose.
Il demone era grande, fottutamente grande. Alto almeno cinque metri e lungo il doppio. Era interamente coperto di squame, e la coda era spinata. Il corpo si posava su sei arti, terminanti con delle zampe che erano più artigli che altro.
Noel invece, essendo in parte demone, vedeva anche tutto il resto.
Vedeva tutto il potenziale che il demone celava.
Il demone ruggì. Ora Noel era veramente estasiata.
«Oh mio dio, cosa è questo?» sussurrò Ruby, portatasi alle spalle di Noel.
«Questo, mia cara, non è un demone comune. Questo è di terzo livello.»
«Terzo livello? Che significa?»
«È come un videogioco. Ogni livello è una vita. E dato che questo ne ha tre, significa che dovrò farlo a pezzi tre volte.» scoppiò a ridere «Non avrei potuto chiedere di meglio.»
«Sembri fin troppo allegra per i miei gusti.» la voce del demone era cambiata drasticamente. Ora era rauca e profonda.
«E tu troppo vivo per i miei. Temo che dovrò farti a pezzi.»
E così fece, prima che chiunque avesse il tempo per metabolizzare la cosa.
Poi, altrettanto rapidamente si ritirò.
Non era così scema da restare nei pressi di una Ricostruzione.
«Andate via! Presto!» urlò. Prese Ruby per un gomito e la spinse via. E in quel momento la terra tremò. I pezzi squartati del demone si sollevarono in aria e si ricomposero.
«Che sta succedendo?» urlò Ruby.
«Ricostruzione. Prima che muoia definitivamente, ogni volta che cerco di ucciderlo, torna in vita.» Ruby fece una smorfia.
«Sleale.»
«Lo è di più considerando che dopo ogni Ricostruzione diventa più grosso, più cattivo è più potente.» Ruby osservò il demone e capì che Noel non aveva detto una bugia.
Noel scattò. Il demone provò a colpirla con una zampa ma lei la tranciò di netto. Il demone ruggì e contrattaccò. Il Sicario evitò un colpo per un pelo, ma nel farlo strisciò la ferita alla schiena per terra, che sanguinò più copiosamente. Gli scivolò sotto la pancia, squartandola con la punta della spada. Il demone crollò su se stesso. Noel tornò all’attacco ma questa volta il colpo del demone andò a segnò, ferendola a una gamba. Lei imprecò e saltò sul collo del mostro, tranciandolo velocemente.
Di nuovo, si ritirò. Ma stavolta grondante di sangue, sia blu che viola.
«Ora inizia la vera magia.»
Avvenne la terza e ultima Ricostruzione.
 Il demone era al massimo delle sue capacità. Molto più grande, molto più cattivo.
Noel prese fiato e si slanciò nuovamente in avanti. Il demone la colpì a raffica e il Sicario evitò la maggior parte dei colpi, ma venne ugualmente ferita.
All’improvviso, un colpo indirizzato a lei, cambiò traiettoria, puntando verso Ruby.
Noel non esitò a correre per spingere via la ragazza, che cadde a terra.
Gli occhi gialli del Sicario finirono in quelli azzurro-grigi della ragazza, terrorizzati.
E Noel lo sentì, un fastidio che proveniva dal braccio destro. Abbassò lo sguardo e si rese conto che dove in realtà sarebbe dovuto essere l’arto, in realtà non c’era nulla, solo tanto sangue.
“Il mio… braccio… me lo ha portato via!”
Noel alzò lo sguardo e vide che su uno degli artigli del demone era conficcato il suo braccio.
“Dannato…” la mezzo demone crollò in ginocchio. Aveva perso troppo sangue.
«Ahahahahah, sei in difficoltà, sangue-viola? Vuoi arrenderti?» Noel prese qualche respiro profondo.
“Accidenti, non pensavo sarei dovuta ricorrere a tanto…”
«Mai.» la sua voce era chiara e limpida. «Ti farò a pezzi con un braccio solo.» Noel si concentrò, e il suo potenziale latente iniziò a ribollire ed emergere. Era come se un vento di sollevasse da Noel. I suoi occhi gialli brillavano più che mai, ma la pupilla, invece che nera, era diventata rossa. Il demone indietreggiò.
«No… non è possibile… da dove viene tutto questo potere? Che sei tu?» ululò. Noel fece un passo.
«Il mio nome, è Noel l’Infernale.»
I movimenti precedenti parvero lentissimi in confronto a come si mosse adesso. Era come vento.
Con il braccio rimanente, tranciò gli arti al mostro, uno a uno, mentre dalla spalla destra il sangue continuava a colare. Noel saltò e tirò un calcio al proprio braccio mozzo, lanciandolo in direzione di Ruby, che lo prese al volo con un urlo di disgusto.
«Tienimelo da parte! Mi servirà ancora!»
Si portò davanti al muso del mostro.
«Torna all’Inferno dal quale sei venuto.» sollevò la spada sopra la testa e la trafisse.
Il demone, finalmente, esplose, e venne assorbito.
Noel crollò per terra, stremata.
“Alzati, Noel, non è ancora finita …”
Uno stridore di gomme sui ciottoli risuonò nel silenzio.
“La Delta. Devo riattaccarmi il braccio. Ora.”
Con un immane sforzo di volontà piantò la spada nel terreno e si avvicinò a Ruby, sfilandole delicatamente il braccio mozzo dalle dita.
«Con permesso.»
«Ferma dove sei!» a urlare era un uomo in nero appena sceso dalla macchina. «Non muoverti.»
«Mi riattaccherò il braccio.» non suonava come una richiesta di permesso.
«La ferita è troppo grave, non hai speranze.» Noel rise.
«Vogliamo scommettere?»
«Ripeto. Non azzardarti a muovermi.» lei si mosse.
«Sicari!» tre Sicari scesero dall’auto e si misero in posizione.
«Non provate a fermarmi.» Noel si mise in posizione.
«No! Supererai il varco!» Noel lo ignorò completamente, e davanti a tutti liberò tutto il suo potere. Fu come una violenta esplosione. Il suo corpo iniziò a tremare e lentamente la carne bianca di tramutò in quella sostanza fiammeggiante, ma di colorazione violacea. Unici a rimanere normali, gli occhi gialli.
«Sicari, in posizione!» Noel sollevò il braccio mozzo davanti a sé. Esso prese a galleggiare nell’aria. E, lentamente, a disgregarsi. Piccoli brandelli di carne si staccavano, diventavano fiamma, e andavano a ricongiungersi con il corpo di Noel. Ormai il braccio era tornato al suo posto, ma la mezzo demone non sembrava intenzionata a tornare di carne. L’uomo in nero imprecò.
«Cazzo, lo avevo detto che avrebbe superato il varco. Sicari, pronti all’attacco!» i tre caricarono il colpo.
“Varco? Che varco?” pensò Ruby.
«No! Aspettate, che state facendo?» urlò.
«Stai indietro! Sicari, attaccate!» i tre si lanciarono.
Accadde rapidamente, come al solito. Un implosione, e Noel tornò normale. Vide gli avversari e divelse la sua lama da terra.
L’attimo dopo, tutti e tre giacevano a terra, disarmati, mentre Noel, con la tuta a brandelli, si ergeva al centro. I capelli le coprivano interamente il viso. L’uomo in nero si bloccò. Noel abbassò la spada e fece qualche passo. Arrivata davanti all’uomo, si passò una mano tra la chioma nera e la spostò. Il suo volto era identico. Occhi gialli e simbolo nero.
«Come hai fatto?» chiese lui.
Lei tacque, ma sorrise.
«Non lo dirò mai.»
 
 
 
 
 
 
 

Lounge dell’autrice

Ciao a tutti!
Grazie mille per la pazienza con cui siete arrivati fino a qui! ^w^
Ammetto che questo capitolo è eterno, ma giuro che non era mia intenzione
Più scrivevo e più mi rendevo conto che avevo ancora troppe cose da scrivere
Quindi le cose mi sono sfuggite di mano LOL
Grazie alla mia beta Mary, e a Silverwinx, che è stata la prima a recensire :D
Au Revoir
Mitsuko
 


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Capitolo 6
*** Capitolo 6_La Materia Oscura ***


Capitolo 6

La Materia Oscura

 
 
 
 
Gli eventi relativi ai giorni che seguirono l’attacco del gruppo di demoni si confondevano della testa di Ruby, vorticando pericolosamente.
Si era trasformato in un vero e proprio caso mediatico. La stampa era impazzita.
Ruby non aveva mai avuto tanta paura come in quel momento. Se durante le indagini si fosse venuto a sapere del legame tra lei e il De Veritate sarebbe stata la fine.
La ragazza aveva cancellato dal cellulare chat, numeri, messaggi, chiamate, qualunque cosa la collegasse a Donna o a Klaus. Proteggere Klaus era prioritario. Suo padre era morto conducendo indagini sui Sicari, se il ragazzo fosse stato scoperto non se la sarebbe di certo passata meglio del genitore. Anche salvaguardare Emily era fondamentale, dato che aveva condotto i test sulla boccetta di Noel.
Ruby era preoccupata anche per se stessa, ovviamente, ma se non voleva venire accusata di cospirazione insieme agli altri avrebbe prima dovuto cancellare qualunque linea di collegamento con le sue ricerche.
Di questo se ne era occupato Hugo, involontariamente. Da Tutor di alto livello quale era non poteva permettere che si aprisse un’inchiesta su uno dei suoi Sicari, quindi aveva elegantemente tranciato tutti i rapporti tra lui e Noel, limitandosi ad sostenere che “sì, effettivamente il soggetto aveva dato prova di un comportamento fuori controllo, ma che lui, no, assolutamente, lui non aveva mai potuto pensare che le cose sarebbero degenerate in quel modo”. Quando lo aveva sentito, Ruby aveva dovuto trattenere l’impulso di saltargli al collo e strangolarlo. Probabilmente avrebbe fatto un favore all’umanità, in tal modo.
La figlia era quindi risultata perfettamente pulita, le erano stati prescritti dei farmaci per eventuali attacchi di panico ed era stata rispedita a casa medicata e infiocchettata.
Ma non era finita lì, ovviamente.
Tutti coloro che si trovavano al’interno della struttura erano stati interrogati. Molto a lungo e molto a fondo.
La stampa e i telegiornali ne avevano parlato per giorni.
Ruby non aveva potuto muoversi, per paura di venire scoperta da Hugo o dal governo, e non era in grado di dire chi dei due le facesse più paura.
 
 
Un altro colpo, un altro dolore. La cinghia le scavò la carne, mentre il sangue violaceo le rigava la pelle.
Noel era impotente. Sentiva dolore in posti di cui non ricordava nemmeno l’esistenza.
Indubbiamente, la Delta sapeva bene come torturare i suoi prigionieri. La mezzo demone era stata condotta in una struttura speciale e sottoposta a innumerevoli interrogatori. Lei non si era minimamente degnata di rispondere. A quel punto erano passati agli esami. L’avevano intontita con sostanze particolari e legata a un tavolo. L’avevano praticamente vivisezionata, cercando di capire i meccanismi che le consentivano di oltrepassare quella sottile linea che divideva il mezzo demone dal mostro completo. Tanto Noel si rigenerava, tanto i Sicari hanno una capacità di recupero demoniaca. Tuttavia, ogni parte del suo corpo sembrava funzionasse esattamente come doveva funzionare, nulla di più, nulla di meno. Inspiegabile.
A quel punto erano passati alle cattive maniere. Alle torture.
Prima avevano provato ad affamarla, per vedere come il suo corpo avesse reagito. Non avevano dovuto aspettare molto. Dopo appena mezza giornata la mezzo demone aveva iniziato a trasmutare, dapprima partendo dalla pupilla, che da nera era diventata rossa, poi la dentatura che lentamente aveva iniziato a sembrare simile alle fauci di una belva. La Delta aveva atteso, impaziente, ma i mutamenti si erano fermati lì. Perfettamente nella norma. Ogni Sicario che rimaneva troppo a lungo senza cibo iniziava presentare queste caratteristiche. Solo, Noel aveva incominciato a mutare prima del tempo.
L’avevano nutrita, poi era stato deciso di operare in maniera più drastica.
Così la mezzo demone si era trovata appesa a un gancio come un pezzo di carne da macellare. I polsi le erano stati imprigionati da ceppi di un metallo trattato in maniera tale da inibire l’aura demoniaca, e quindi anche i suoi poteri.
E l’interrogatorio era ripreso esattamente da dove era stato interrotto, con la differenza che per ogni risposta non data la mezzo demone veniva percossa ripetutamente con una cinghia.
Ma Noel, per quanto il dolore fosse forte, per quando la sua guarigione fosse rallentata dai ceppi isolanti, non disse nemmeno una parola, limitandosi a scrutare con odio i suoi aguzzini, con occhi gialli come l’oro più puro.
 
 
Era passato un mese da quel giorno. Era da un mese che Ruby non aveva notizie di Noel. Era da un mese che l’indagine si era miseramente arenata.
Finalmente aveva potuto ricominciare a frequentare il De Veritate. Quando era entrata nella redazione per la prima volta dopo Glasgow, tutti i presenti le avevano applaudito per il coraggio dimostrato. Donna, Rupert e Klaus le erano andati incontro e l’avevano abbracciata. Ruby aveva avuto l’impressione che Klaus l’avesse tenuta stretta più di quando fosse necessario, ma alla ragazza non era dispiaciuto. Era felice di essere tornata.
 
 
Ruby suonò il campanello. Fu Klaus ad aprirle, con un gran sorriso e gli occhiali storti. Mentre entrava Danielle la salutò con aria maliziosa e il fratello le lanciò un occhiataccia da sopra la spalla. Poi posò una mano sulla schiena di Ruby, spingendola delicatamente, e la condusse al piano di sopra. La ragazza sentì un brivido percorrerle la spina dorsale, ma cercò di non darlo a vedere.
Quando entrò nella camera di Klaus Donna era già lì, e la accolse con un abbraccio degno di un anaconda, mentre il ragazzo chiudeva a chiave la porta della stanza.
 «Ruby! Finalmente sei arrivata.»
I tre stravaccarono sul letto di Klaus e il ragazzo si schiarì la gola con fare teatrale.
 «Bene, dato che è un po’ di tempo che non vieni alle riunioni ti aggiorniamo su tutte le novità.» Ruby si fece più attenta.
 «In questo mese abbiamo sfruttato il polverone mediatico sollevato dagli eventi di Glasgow per raccogliere tutte le informazioni che ci venivano ufficialmente fornite e quelle meno facili, ma non inaccessibili. La maggior parte di queste le sapevamo già, tuttavia nel corso degli anni scorsi sono venuti alla luce eventi simili, se si escludono gli attacchi dei primi anni, prima che la Delta fosse creata.» il ragazzo estrasse alcuni fogli da una carpetta e li pose sulla trapunta affinché la ragazza potesse vederli. «Parigi, 14 Marzo 2023. Perth, 27 Luglio 2030. Osaka, 9 Dicembre 2036. Murmansk, 8 Settembre 2041.» ne indicò qualcuno «Sono solo la punta dell’iceberg. Ce ne sono a dozzine. E sono sempre più frequenti»
 «Questo significa che non sempre la Delta ha tutto sotto controllo.» intervenne Donna.
 «È impossibile che abbiano sempre tutto sotto controllo. Sarebbe come avere il controllo dei terremoti.» disse Ruby quasi senza accorgersene. «I demoni sono incontrollabili, posso assicurarvelo. È come avere davanti il vostro peggiore incubo. Ti paralizzano con la loro pura presenza e uno non riesce a far più nulla. E non si tratta soltanto di un fattore psicologico.»
 «Cosa intendi?»
 «Ho parlato con mio padre.» ammise Ruby schiettamente. «Non avevo altra scelta.»
«Cosa gli hai detto?» era stato Klaus a parlare.
«Non gli ho detto nulla di noi tre, di questo potete starne certi. Gli ho solo chiesto di Noel, e che cosa ne sarebbe stato di lei, e come mai i demoni quando morivano si trasformavano in quella… roba.» Ruby aveva avuto una breve occasione per descrivere ai due amici la sostanza liquida in cui i demoni erano diventati. Tutti e tre avevano azzardato l’ipotesi che si trattasse della medesima di sostanza di cui si nutriva Noel.
«Ricordate cosa ci disse Emily? “Questa sostanza non appartiene alla tavola periodica.” E non solo a quella. Non proviene proprio da questo mondo. Mio padre mi ha confidato una cosa che mi ha fatto giurare che non avrei mai detto.» li scrutò attentamente:
«Ovviamente non ho intenzione di mantenere la parola data, almeno per questa volta.» i tre giovani si guardarono complici, consci però dell’importanza del momento.
«La Delta la chiama Materia Oscura. È qualcosa di simile all’anti-materia, per fare un paragone. Sono i mattoncini base della vita dei demoni, la loro sostanza primordiale. Ed è di questo che si nutrono i Sicari. Essendo per metà mostri, hanno bisogno di nutrirsi di ciò che li compone, per mantenere vivi i loro poteri.» Donna si intromise.
«Quindi fondamentalmente quando i Sicari vanno a caccia di demoni di stanno procurando da mangiare?»
«Precisamente.»
«E cosa succederebbe se fosse un umano a ingerire la Materia Oscura?» Ruby scosse le spalle.
«Non ne ho idea, mio padre non ha voluto dirmelo. Ed è questo che mi fa pensare al fatto che c’entri qualcosa con la creazione dei mezzo demoni.»
 
 
Quell’indagine era come un domino, ed ogni domanda corrispondeva ad una tessera. Ogni volta che una risposta veniva trovata, ecco di subito dietro spuntavano altre questioni in sospeso. I ragazzi del De Veritate avevano capito la natura del liquido nella fialetta, ma non erano ancora arrivati a capo del problema delle impronte digitali, e ora si era sollevato il quesito della creazione dei Sicari.
Esattamente, cos’erano? Una domanda a cui Hugo non avrebbe mai risposto, ma a cui forse Noel avrebbe potuto dare soluzione, se solo fosse stata con loro.
 
 
Il corpo inerme della mezzo demone venne sbattuto nella celletta con decisamente poco garbo. Noel non gemette, ma cercò di alzarsi per dimostrare a se stessa e ai suoi aguzzini di non essere affatto sconfitta.
Doveva andarsene, e il prima possibile, anche.
Ma dove, poi? La Delta l’avrebbe ritrovata, presto o tardi. E non poteva certo ricorrere all’ultima risorsa… sarebbe stato come un tradimento nel confronti della sua defunta amata. Noel si rannicchiò sulla cuccetta e si avvolse le braccia intorno alla testa.
No, non sarebbe scappata. Sarebbe rimasta fino alla fine e avrebbe dimostrato che nulla avrebbe potuto batterla.
Altrimenti sarebbe stato come se Meara fosse morta per nulla.
Anche se, precisamente, era stata la Delta stessa a farla fuori.
 
 
-Qualche anno prima-
 
La mezzo demone sedette sulla panca in pietra del salone, in disparte rispetto agli altri Sicari. A loro non piaceva avere a che fare con lei, li metteva in soggezione. D’altronde era normale, era la numero 1, la più forte di tutti.
Percepiva quanto la tensione fosse aumentata con il suo arrivo. Noel nascose un sorrisetto beffardo dietro la fiaschetta con il suo pasto quotidiano.
Il Salone di Pietra, come lo chiamavano tutti, era il luogo dove i Sicari si trovavano a consumare il loro pasto, a discutere tra loro delle missioni assegnate o altro. Noel lo frequentava raramente.
Accanto a lei stava un gruppetto di Sicari, sia maschi che femmine, che discutevano animatamente. Noel involontariamente iniziò a prestare attenzione alle loro parole.
«Hai sentito le voci dai piani alti?»
«Che voci?»
«Quelle riguardanti la novellina. Una nuova recluta aggiunta da poco.»
«Che ha di speciale per meritare attenzioni?»
«Sei sempre il solito idiota, Damian. Se continui così non ti schioderai mai dalla tua posizione.» gli altri Sicari risero.
«Tsè, non sono poi tanto in basso… comunque non hai risposto.»
«Beh, praticamente il suo primo numero è stato il 12.»
Noel si irrigidì. Non era mai successo che a un novellino venisse affibbiato un così alto rango, al suo ingresso nella Delta. Di solito non si scendeva mai sotto la venticinquesima posizione. Lei stessa era stata ventunesima, la prima volta, ed era era stata l’unica. Ma dodicesima… che razza di capacità doveva avere?
«Sul serio?»
«Già! E da allora è già arrivata tra i primi 5.» Noel sentì le orecchie fischiare. Finalmente. Dopo anni, anni, passati ad essere la più forte di tutti, senza che ci fosse qualcuno realmente capace di metterle i bastoni tra le ruote, qualcuno che forse avrebbe potuto metterla alle strette. Le venne da ridere.
«Ho sentito delle voci secondo cui qualche giorno fa è stata elevata al rango di numero 2.»
La sua vita aveva nuovamente senso. Si alzò di scatto e molti si girarono verso di lei, zittendosi o interrompendo le loro attività. Noel si diresse dal gruppo di Sicari al suo fianco. Gli sorrise, un sorriso di una luce quasi crudele.
«Sapete dirmi come si chiama questa mirabolante novellina? Vorrei proprio incontrarla.» i mezzo demoni guardarono la compagna che aveva tirato fuori l’argomento, che deglutì.
«Non ne sono certa, ma credo si chiami Meara.»
 
 
 
 
 

Lounge dell’autrice
Buon giorno a tutti!!
Come avevo accennato sulla mia pagina faccialibro (?) questo capitolo 6 è un po’ più corto della norma perché è di passaggio.
Da adesso in avanti inizierò ad aggiungere gli altri Sicari protagonisti, a partire, con il prossimo capitolo, con Isabel la candida.
Inoltre da adesso in avanti la storia di dividerà in due differenti piani temporali, quello dell’anno 2145, e quello dei flashback, che possono occupare anni diversi, così da ricostruire man mano le storie dei Sicari.
Spero che possa sembrare interessante.
Alla prossima, Au Revoir <3
Mitsuko




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Capitolo 7
*** Capitolo 7_Bounded Soldier ***


Capitolo 7

Bounded Soldier

 
 
 
 
 
 
La bambina si guardò intorno fino a che i suoi occhi non incrociarono quelli del padre. Poi con un gran sorriso salutò la maestra e corse tra le sue braccia. L’uomo la strinse affettuosamente e la prese in braccio, caricandosi in spalla la cartelletta della figlia, piena di fogli e quaderni colorati.
La piccola iniziò subito a gesticolare, raccontando con entusiasmo i fatti della giornata.
Sembrava quasi una bambolina, con i capelli biondissimi e i grandi occhi scuri. Il vestitino color glicine e lilla, poi, accentuava ancora di più l’effetto.
I due si allontanarono, dirigendosi verso l’auto parcheggiata.
Poco distante Isabel sospirò, affondando ancora di più sul sedile dell’automobile su cui sedeva, puntando i suoi occhi gialli sulla conducente dell’auto.
«Signorina Price, possiamo andare.» la donna mise in moto la vettura e con calma uscì dal parcheggio della scuola elementare per immergersi nelle vie della città di Bath.
Isabel non disse nulla durante il tragitto di ritorno alla Delta, e miss Price non fece alcunché per far nascere una qualsivoglia conversazione.
Dopo venticinque minuti le due arrivarono a destinazione e Isabel smontò dalla Mini dai vetri oscurati per dirigersi spedita al suo alloggio.
«Isabel» la richiamò la sua Tutor «non dimenticarti della riunione di oggi pomeriggio, abbiamo la lista delle missioni per questa settimana.» la mezzo demone guardò la donna negli occhi, mostrando un lieve sorriso.
«Non mancherò. Non me ne dimenticherei mai.»
 
 
Il Sicario entrò nella sua cupa stanzetta, nel dormitorio comune dei Sicari del distretto 3 di South West. Alzò le braccia verso l’alto, nel tentativo di sciogliere le membra irrigidite dal viaggio in auto, e si lasciò cadere sul materasso. Rimase a lungo immobile, a guardare il soffitto. Poi si voltò su un fianco, prese un plico di fogli dal comodino e si mise a sedere con le gambe incrociate. Con attenzione lo aprì, iniziandolo a dispiegare, e presto sulle lenzuola si srotolò quello che a tutti gli effetti era un albero genealogico. Isabel scorse tutti i nomi quasi con affetto.
Dalla mensola sopra la testiera prese una penna e un quadernetto lilla.
 
18 marzo 2142, Bath, Aurora
Oggi sono andata a vedere Aurora che usciva da scuola. Ormai ha sette anni e va in seconda elementare. Oggi aveva degli stivaletti rossi e un vestitino che la faceva sembrare una bambolina. Era davvero adorabile. Henri è fortunato ad averla come figlia. Io sono fortunata a poterla vedere crescere.
Domani andrò a vedere suo fratello che esce da scuola, se miss Price me lo permetterà. Quest’anno ha iniziato il liceo. Spero si trovi bene.
 
Ripose il quadernetto e l’albero genealogico e guardò l’ora da una piccola sveglia analogica. Ottimo, c’era giusto in tempo per indossare l’uniforme prima della riunione.
 
 
Era un faro, Isabel. Unica tra tutti i Sicari a vestirsi di bianco. Unica a sorridere con gli occhi, e non solo con la bocca. Unica a uscire da un combattimento senza nemmeno una goccia di sangue addosso.
Brillava, Isabel, mentre camminava lungo i corridoi della Delta. La luce si rifletteva sulla sua tunica bianca, rimbalzando sulle pareti.
Camminava spedita, lo sguardo fiero puntato in avanti. Percorse rapidamente i corridoi dell’edificio principale fino a giungere all’ala dedicata agli uffici. Si fermò davanti a una porta e bussò. Non attese nemmeno la risposta: aprì la porta ed entrò.
Price sedeva sulla poltrona girevole, fasciata da suo solito tailleur nero e stretto. Con lei c’erano un altro paio di persone che Isabel aveva avuto l’occasione di incontrare più volte.
Nessuno che valesse davvero la pena di conoscere o di cui sapere qualcosa.
«Sono venuta per l’assegnazione delle missioni per questa settimana.» disse. Price prese una busta di carta nera e la posò su un angolo del tavolo senza nemmeno degnarla di uno sguardo, continuando a parlare. Isabel represse un ringhio di umiliazione, mentre faceva un passo in avanti.
Odiava quelle persone, soprattutto per come la guardavano. Isabel la candida. Così bella, così giovane.
Uno scherzo della natura, persino tra i mezzo demoni.
Prese la sua busta e fece per andarsene, ma esitò un secondo sulla porta.
«Isabel, che fai lì impalata?» la interpellò seccamente Price.
«Io… io mi chiedevo se fosse possibile per me andare a vedere Allen, domani.» la voce di Isabel non aveva tono. Come se a parlare fosse una macchina. Price sbuffò.
«Permesso respinto. Ora và, devo lavorare.»
Isabel prese un respiro profondo, cercando di mantenere la calma.
«Con permesso.» sussurrò. Poi uscì.
Price tornò a volgere l’attenzione ai colleghi.
«Allora, dove eravamo rimasti? Noel l’Infernale, giusto?»
«Precisamente.» disse un uomo dagli occhi azzurri come il ghiaccio.
 
 
La cartelletta volò attraverso la stanza, schiantandosi contro il muro. Isabel rimase immobile fino a che tutti i fogli dispersi non si fossero fermati.  Ora era davvero incazzata.
Avevano un patto, loro. Un fottutissimo patto. Lei lavorava per la Delta, e in cambio loro le avrebbero permesso di vedere quelle persone.
Non era la prima volta, ultimamente, che miss Price le negava il permesso di uscire. E questo non era assolutamente nei patti.
Isabel iniziava a dubitare della lealtà della Delta. Non che prima ne fosse certa, ma ora le cose stavano degenerando.
E non era l’unica a percepirlo.
Era una sensazione che iniziavano ad avere anche altri Sicari. Isabel, nonostante fosse una dei mezzo demoni nelle posizioni alte della classifica, parlava spesso con i ranghi bassi.
Non erano scemi, anzi. Stava diventando tutto sospetto e pericoloso.
Le uscite libere erano state dimezzate per quelli nelle prime quaranta posizioni. Oltre, erano state completamente azzerate.
Gli attacchi dei demoni diventavano sempre più frequenti.
 I demoni stessi sembrava diventassero ogni anno più cattivi, più affamati, più numerosi.
Per quante teste Isabel avesse tagliato, ne rispuntavano fuori da tutte le parti.
La mezzo demone si guardò intorno.
Da quando aveva iniziato il servizio alla Delta la carpetta non era mai stata così piena di missioni. Massimo due o tre a settimana.
Contò i fogli.
Otto. Otto missioni in sette giorni.
La faccenda era decisamente inquietante.
Raccolse lentamente i fogli. Fece per metterli nuovamente dentro la carpetta quando si bloccò, mentre il sangue le pompava nelle tempie.
L’intestazione. Nell’intestazione della busta per l’assegnamento bisognava sempre scrivere a chi le missioni fossero rivolte, il numero di rango del Sicario e una serie di altri dettagli.
Ed era proprio questo a sconvolgere Isabel.
Perché accanto al suo nome c’era scritto rango uno. Ma Isabel era la numero tre.
“Non è possibile. Come faccio a essere la numero uno?” un brivido gelido le percorse la spina dorsale. Quando era successo? Quando era successo che Isabel la candida aveva superato in classifica i due mezzo demoni più potenti?
Poteva solo significare che fossero morti.
Ed era il fatto che avrebbero potuto esserci due mostri talmente potenti da sconfiggere Noel l’Infernale e Meara l’Incantatrice, che instillò in Isabel un terrore che lei non pensava si potesse provare.
 
 
-Anno corrente, 2145-
 
Erano passati tre anni da quando Isabel era stata misteriosamente promossa da numero tre a numero uno, e durante quel lasso di tempo, nessuno aveva mai più avuto notizie delle due mezzo demoni che avevano occupavano le prime posizioni.
Tre anni, in cui Noel e Meara, per tutti, avrebbero dovuto essere morte.
E invece non era così.
Invece quelli della Delta avevano tenuto nascosta Noel per tre anni, all’oscuro di tutti, e poi l’avevano mandata in una missione ufficiale e pubblica.
Era stata la fine. Glasgow era diventato un macello. E non solo la città inglese.
Quella che era successa poi, poteva essere paragonata a una pseudo ribellione.
L’ordine dei Sicari non aveva intenzione di soverchiare nulla, semplicemente non accettava quello che era successo a Noel.
Di Meara, non avevano ottenuto informazioni. Noel, dopo l’attacco al museo, era scomparsa. Di nuovo. Per mesi.
I Sicari non ci avevano visto più, e si erano rifiutati di scendere in missione fino a che Noel non fosse stata liberata.
In tutta Inghilterra, prima di Glasgow, si contavano meno di trenta Sicari, divisi tra i nove distretti, e distribuiti a seconda sella grandezza di quest’ultimi.
Isabel divideva il dormitorio con la numero quaranta, Alice, il numero sessantanove, Damian e il numero ventisei, Alessandro.
Damian era il più basso in classifica tra di loro. Fu il primo a scomparire. Isabel e Alice andarono a cercarlo.
Lo trovarono nella campagna di Bath. I pezzi del corpo ricoprivano l’area di una trentina di metri quadrati.
I tagli erano di una precisione chirurgica. Di certo non opera di un demone. Sui polsi del mezzo demone c’erano le bruciature tipiche dei ceppi inibitori. Era opera della Delta.
Il giorno prima, Damian aveva conficcato la spada nel cortile del dormitorio e si era rifiutato di andate in missione. Quella sera aveva confidato a Isabel di aver conosciuto Noel, anni prima. Ogni volta che ci pensava, aveva detto, gli venivano i brividi. Poi si era messo a ridere.
La mattina dopo la sua stanza era vuota e la spada era scomparsa.
A quel punto sarebbe toccato probabilmente ad Alice.
Era scappata nella stanza di Isabel e si era rannicchiata accanto a lei. Le aveva confidato di avere paura. Isabel le disse che la perdonava.
Il giorno dopo Alice andò in missione, ma Isabel vide che sui suoi polsi c’erano le bruciature da inibitore, e non le fu più permesso di parlarle.
Quanto ad Alessandro, lui era l’attore migliore che la nuova, ma mai accettata, numero uno avesse mai visto.
Recitava perfettamente il ruolo da Sicario assolutamente fedele ai principi della Delta.
Ma alla prima occasione sgattaiolava via insieme agli altri. Avevano scovato delle gallerie sotto la città.
Si rifugiavano lì, a parlare. Non sempre della Delta e dei demoni. Ma almeno lì erano sicuri che nessuno li avrebbe sorvegliati.
Dapprima erano stati loro quattro. Poi Damian era morto e Alice era stata isolata dai compagni, quindi alla fine era diventato il ritrovo di Isabel e Alessandro.
«Isabel.» la voce del mezzo demone la riportò alla realtà.
«Cosa c’è?»
«Ti stavo parlando, ecco cosa. Ti ho chiesto quanti incarichi hai ricevuto questa settimana.»
«Perdonami, mi sono distratta. Comunque ne ho ricevuti quindici, tu?»
«Diciassette.» i due tacquero. «Beh, adesso dobbiamo fare anche il lavoro di Damian, non pensi?» il mezzo demone guardò fisso davanti a sé, e diede un calcetto ad un sasso che rotolò poco lontano.
«Manca anche a me.» sussurrò Isabel. Tra tutti loro Damian era sempre stato il più solare, quello che prendeva le cose come gli capitavano. Bisticciava spesso con Alessandro, ma alla fine era quello con cui aveva legato di più.
«Isabel, sii sincera.» la numero uno guardò il compagno «Secondo te, perché i demoni sono qui?»
«Non lo so, Alessandro, ed è la cosa peggiore.» si strinse le braccia intorno alle gambe «In realtà è come se lo sapessi, ma non riuscissi a ricordarlo.»
«Lo so, anche io mi sento così.» Isabel alzò di scatto la testa, guardandolo «Anche Dam aveva questa impressione. Abbiamo tutti questa impressione. È come se tutti noi ci stessimo dimenticando di qualcosa di importante. Ma cosa?»
«Ale, credi sia possibile che sia stata la Delta a farcelo dimenticare?» la sua domanda aveva una sottile velatura di accusa.
«Esattamente. Durante la nostra nascita possono aver disattivato qualcosa nel nostro cervello.»
«Sarebbe meschino. Sarebbe come se la Delta stesse cercando di sotterrare qualche segreto.»
«La Delta è la quintessenza del segreto, Isabel.» disse ironicamente il Sicario, con un lieve sorriso a stirargli le labbra. «Se c’è qualcuno in grado di insabbiare qualche informazione, è la Delta. Ma non so se sia anche in grado di manipolare la memoria.»
«Alessandro, e se non fosse un ricordo?» il giovane inarcò le sopracciglia.
«Non capisco cosa intendi.» Isabel si guardò intorno, concentrata, nel tentativo di cercare un esempio.
«Come per gli uccelli. Loro non sanno di saper volare, lo fanno e basta. Lo fanno per istinto.»
«Fare le cose per istinto è da bestie selvagge.»
«E chi tra tutte le creature è più addomesticato di noi? Pensaci, Alessandro: se loro soffocando la bestia che è in noi avessero soffocato la chiave per uccidere i demoni?»
«Non né da escludere.» la creatura si prese il mento tra le mani, pensieroso. «Ma in tal caso, saremmo tutti perduti.»
«Lo saremmo comunque.» si rese conto Isabel. «Non appena anche l’ultimo demone sarà ucciso, saremo noi le bestie da sconfiggere. Siamo perduti in ogni caso.»
Poco altro fu pronunciato, quel giorno, mentre i due tornavano alla base.
 
 
«Permesso negato.» per Isabel fu l’ennesima pugnalata al cuore. Nuovamente, non sarebbe potuta andare a vedere i bambini.
«Perché?»
Price alzò lo sguardo. Era la prima volta, da quando conosceva Isabel, che la mezzo demone chiedeva il perché di qualcosa.
«Non è giusto. Non erano questi i patti. Io esigo di poter vedere la mia famiglia.» Involontariamente alzò il tono di voce. Price fu veloce ad estrarre la pistola dal cassetto e a puntargliela contro. Isabel si fermò. Sapeva perfettamente che Price non avrebbe esitato a spararle addosso un proiettile. Uno di quelli realizzati con lo stesso metallo degli inibitori.
Una pallottola nel punto giusto, e Isabel non avrebbe più potuto rigenerarsi e sarebbe morta.
«Perché lo dico io.»
Una quiete innaturale calò nell’ufficio.
«Devi andare in missione.»
«Ho già svolto tutte le missioni per questa settimana. Tutte e quindici.» ci tenne a sottolinearlo.
«Questa infatti è arrivata stamattina. È di prioritaria importanza.»
Isabel trattenne l’impulso di saltarle addosso.
«Che tipo di missione è?»
«Una caccia. In coppia.»
Isabel sgranò gli occhi. Una caccia al demone. Questo poteva significare solo una cosa.
«Sei stata affiancata a Ryan, un numero singolo, posizionato in America. Il nostro aereo parte tra un’ora. Và a prepararti. Ti spiegherò i dettagli lungo il viaggio, intanto prendi questo foglio.»
“Merda.” Pensò Isabel mentre se ne andava. “Questa non ci voleva. Devo avvisare Alessandro.”
 
Il mezzo demone entrò nella sua stanza. Capì subito che Isabel era stata lì, lo sentiva dall’odore. Si guardò intorno e vide che sul suo letto c’era un pezzo di carta lilla, piegato a metà fino a farlo diventare minuscolo. Lo aprì.
“Parto per l’America. Caccia in coppia. Potenziato di classe 1. Mi hanno incastrato.”
Alessandro rimase immobile per un secondo, prima di prendersi la testa tra le mani e cadere in ginocchio.
Era rimasto solo lui.
 
 
A Isabel piaceva volare, ma quello era un aereo su cui non sarebbe mai voluta salire. Facendolo, sarebbe stato come firmare la propria condanna a morte.
Price sapeva che lei non era il tipo di Sicario a cui piaceva obbedire agli ordini.
Dopo la morte di Damian e le torture di Alice, ovviamente toccava a lei. Alessandro era sempre stato irreprensibile.
Salì sul velivolo trattenendo il fiato, quasi che stesse per entrare in acqua. Si sedette sul primo sedile libero, appoggiando le sue armi su quello accanto. Price le si sedette di fronte, allungandole i restanti fogli con i dettagli della missione.
Isabel li lesse con attenzione. Le cose stavano peggio di quanto immaginasse.  Accantonò il plico e provò a riposare. Sprofondò in un sonno profondo, di quelli che ti fanno fare sogni strani.
Peccato che i Sicari non sognavano. I Sicari avevano gli incubi.
 
 
“Mamma.” Era stato il suo primo pensiero, quando aveva ripreso conoscenza. Isabel aprì gli occhi. Si sentiva strana. “Dove sono?”
I ricordi la colpirono con la violenza di una martellata. L’hotel in cui alloggiava. L’attacco dei demoni. Si trasse di scatto a sedere. Erano stati attaccati. Era in viaggio con i suoi amici e la famiglia di questi. Stavano andando in vacanza. Erano stati attaccati.
Erano tutti morti. Lei era stata gravemente ferita, si ricordava il dolore.
Isabel iniziò ad ansimare, in preda al panico. Si sentiva molto strana. Si era guardata le mani, le braccia, le gambe. Era tutto normale, stava bene. Ma non era normale, non era dove avrebbe dovuto essere. Si trovava in una stanzetta grigia e quadrata. Era sdraiata su una brandina.
Si passò le mani sul viso e sui capelli. Qualcuno glieli aveva legati dietro la nuca. Se li sciolse, lasciando che le cadessero intorno all’volto. Una cortina nera le aveva coperto gli occhi. Isabel aveva sobbalzato e li aveva guardati attentamente, poi aveva urlato. I suoi capelli non erano neri. Isabel era bionda. Una porta si aprì e alcuni uomini entrarono. Isabel rotolò giù dalla branda e si allontanò, spaventata.
«Chi siete?» urlò «Che mi avete fatto?» aveva voglia di piangere.
Una donna emerse dal gruppo e le si avvicinò.
«Ti abbiamo salvato la vita.» la ragazza non disse nulla. «Come ti chiami, signorina?»
«Io … io sono … Isabel.» sussurrò la ragazza.
«Piacere di conoscerti, Isabel, io mi chiamo Price.»
Le allungò qualcosa coperto da un panno. La giovane protese una mano e lo scoprì. Era uno specchio.
Isabel vide il suo nuovo riflesso per la prima volta, e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Quella che vedeva riflessa non era una ragazza bionda con gli occhi azzurri. Quella riflessa non era Isabel.
Il riflesso le mostrava il volto di un mezzo demone, con i capelli neri e gli occhi gialli. Una lacrima le solcò il volto. Un dolore lancinante le attraversò la guancia, mentre la lacrima le scavava un solco nero sotto l’occhio.
Il suo marchio, il suo simbolo.
«Benvenuta nella Delta, Isabel.»
E la ragazza comprese di non essere più umana.
 
 
La mezzo demone si svegliò di scatto. Price le stava di fronte.
«Svegliati, siamo arrivate. Tra dieci minuti atterriamo a Denver.»
“Ci siamo.” Pensò il Sicario, afferrando le sue armi.
 
 
 
 
 
 
 
 

 Lounge dell'autrice
Ciao a tutti!! Come state?
:D
Inizio ringraziando come sempre la mia editor, che fa un lavoro eccezionale, che da sola non riuscirei a fare
e congratulazioni anche per la tua patente <3
Bhe, passiamo alle cose serie (?)
Vi lancio una piccola sfida, che ho proposto anche sulla mia pagina Facebook: dovete trovare i due punti di connessione tra il capitolo 6 e il 7 e dirmi quali sono ;)
chi li indovina vince un premio-disegno a scelta tra i personaggi di HHK e la mia seconda long, "Stones' War"
Buona sfida!!
Au Revoir!

Mitsuko





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Capitolo 8
*** Capitolo 8_La Caccia in Coppia ***


Capitolo 8
La Caccia al Potenziato
 
 
 


 
 
Isabel scese dal velivolo, mentre il mantello fluttuava nel freddo vento americano.
A pochi metri dalla pista di atterraggio c’era un’automobile nera, con i vetri oscurati. Accanto ad essa, in piedi, impettito come se fosse conficcato in un fuso, stava un uomo avvolto in un completo nero. Price si diresse verso di lui con fare spedito, per stringergli la mano.
Quando anche Isabel fu abbastanza vicina, notò che i vestiti di quell’uomo erano inamidati, senza nemmeno una piega. Si sentì in dovere di alzare un sopracciglio.
«Benvenuta in America, miss Price.»
«Grazie per l’accoglienza, Carson.» Isabel rimase sull’attenti, mentre i due Tutor si scambiavano i convenevoli, per poi salire in auto, facendo un breve cenno a lei di fare altrettanto.
Sul sedile posteriore, al suo fianco, sedeva un altro Sicario. Era un maschio, ma Isabel si ritrovò a pensare che quei tratti delicati fossero decisamente poco virili. Aveva una tenuta grigio perla abbastanza robusta ma al contempo dava l’impressione di essere come una seconda pelle. Il corpo di Ryan era agile e nervoso, non forte come quello di Alessandro. Tuttavia le avevano riferito che il mezzo demone con cui era stata accoppiata era un numero singolo poco sotto di lei. Quindi, indubbiamente, doveva nascondere uno straordinario talento per il combattimento.
I due si squadrarono senza dire nulla. Non gli era permesso parlare senza autorizzazione, ma Ryan le fece un lieve cenno del capo, mentre un guizzo del nervo nella guancia gli deformava per un secondo il suo marchio: una mezzaluna che partiva dalla base dell’orecchio destro e arrivava fino al mento, con tre segni simili a graffi nella parte conca.
E nel silenzio più totale l’auto venne messa in moto e i membri della Delta partirono.
 
 
 Due figure correvano agilmente attraverso la boscaglia. Avevano, fretta, molta fretta. Non potevano permettersi di prendere le cose con calma, non quando avevano due Sicari alle calcagna, certamente non intenzionati a bere un the con i pasticcini in loro compagnia.
Una delle due figure, una ragazza dai capelli mossi rossi come il fuoco, avanzava con agilità. Una parte di lei avrebbe voluto accelerare per mettere tra sé e gli assassini il maggior spazio possibile, ma non voleva lasciare indietro il compagno, che correva accanto a lei. Se era affaticato, non lo dava a vedere.
 Proseguirono ancora per qualche minuto, fino a giungere all’ingresso di una grotta. All’entrata di questa li attendeva un’altra figura, appoggiata con la schiena alle rocce. Non appena li vide arrivare si scostò per accoglierli.
«Rachel, Fabian, finalmente. Iniziavo a temere che vi avessero preso.»
«Non ci vorrà molto prima che lo facciano.» disse lei, recuperando fiato con un unico respiro profondo. «Sono arrivati un po’ prima di quello che mi sarei aspettata, Dane.» il giovane annuì per un secondo, per poi spostare lo sguardo sull’altro ragazzo.
«Pronto per andare?» i muscoli sul volto di Fabian si tesero.
«Sì.» Dane si scostò, come a invitare il ragazzo ad entrare nella grotta per primo. Lui esitò, guardandosi un secondo indietro, mentre i suoi occhi verde muschio incrociavano quelli neri di Rachel.
«Fa attenzione, ti prego.»
«Potrei dire lo stesso di te. Non sono io che devo andare a combattere contro due Sicari.» lei sorrise.
«Non mi accadrà nulla, promesso. Sono solo pesci piccoli.»
 Fabian non seppe trattenere una battuta sarcastica:
«Perché, da quando in qua ci sono pesci sufficientemente grossi per te, Rachel?» lei ridacchiò e allungò una mano, posandola dolcemente sul volto del ragazzo.
Ovviamente i due facevano come se Dane non ci fosse, mentre lui invece li guardava con un misto di disgusto e divertimento.
Rachel avvolse le braccia snelle intorno al collo del ragazzo, che ricambiò alla stretta. Fabian affondò il volto nell’incavo della sua spalla e le posò un bacio lieve sulla pelle nuda.
«Avete finito di pomiciare, voi due? Non ho l’eternità apposta per guardare voi.»
«Simpatico come al solito, Dane» ribatté Rachel, mentre Fabian arrossiva appena.
«Più del Principe di sicuro. Almeno io sono accorso al tuo appello.»
«Infatti te ne sono grata, ma preferirei evitassi i commenti sarcastici.» la rossa fece un ultimo sorriso a Fabian, incitandolo ad andare con lui. Poi voltò le spalle a entrambi, riprendendo a correre nella boscaglia, tornando sui propri passi.
Il ragazzo e il demone attesero fino a che i capelli rossi di lei non sparirono nel verde, poi il primo si rivolse all’ultimo.
«“Più del Principe”? Che mi sono perso?»
«Niente per cui sia disposto a parlare al momento.» rispose seccamente il demone dagli occhi grigi, che girò su se stesso ed entrò nelle buie profondità della grotta, verso il passaggio che conduceva all’Inferno.
 
 
La macchina si fermò nel bel mezzo di una strada sterrata, e i due mezzo demoni vennero fatti scendere.
Da quel momento in avanti se la sarebbero dovuta cavare da soli. Isabel guardò il compagno, che le porse una mano.
«Non abbiamo avuto il permesso di presentarci. Ryan dallo scatto fulmineo, piacere. Sono il numero quattro.»
«Isabel la candida. Sono la numero uno.»
La presa di entrambi era forte e salda. Dopo essersi lasciati, si incamminarono attraverso la boscaglia, in silenzio, con i sensi all’erta per percepire movimenti o auree demoniache.
«Allora, sembra che oggi abbiamo un pesce piuttosto grosso da prendere.» Fu Ryan a rompere il silenzio, dopo aver cercato a lungo ed essersi inoltrati in profondità nel bosco.
«Che informazioni hai ricevuto a proposito?» Ryan fece una smorfia.
«Poco e niente. Solo che è un demone di classe A.»
«Non è un demone.» disse seccamente la numero uno. Questa storia le piaceva sempre meno. «Si tratta di un potenziato, di classe A.»
«Un poten… stai scherzando spero?» Ryan si fermò di colpo, a metà di un movimento.
«Vorrei che fosse uno scherzo, Ryan. Ma credo che si tratti più di una trappola.» rimasero immobili un attimo. «Rispondi a questa domanda, Ryan: hai avuto problemi con la Delta, recentemente?»
Il mezzodemone esitò, mordendosi il labbro inferiore e rivolgendo lo sguardo altrove. Poi lo puntò nuovamente sulla compagna, come per verificare che fosse una persona degna di fiducia. Gli parve di sì.
«Recentemente ho avuto problemi con il mio Tutor riguardo a quello che è successo a Noel l’Infernale.»
Preferiva non pensarci. Si trovava bene con il suo gruppo, erano una bella squadra. Ma dopo Glasgow si era spaccata. C’era chi diceva che gli ordini della Delta fossero sacri, e che Noel sarebbe stata da tenere sotto controllo come possibile potenziata, ma c’era anche chi invece sosteneva che lei, come i suoi fratelli e le sue sorelle mezzo demoni, avesse il diritto di essere rilasciata. In alcuni la concezione di razza come famiglia era più forte.
Il numero quattro era uno di questi. Sapeva che in quanto ibrido non avrebbe potuto avere prole, quindi considerava quelli come lui, più che compagni, come fratelli e sorelle.
Lui e altri avevano avuto qualche contrasto con Carson, e c’era voluto un classe A per costringerlo a tornare al lavoro.
«Non sei l’unico. Il mio gruppo è stato dimezzato per le nostre azioni.»
«Dimezzato?»
«Il più basso in graduatoria è stato fatto fuori, la penultima viene torturata con gli inibitori e io sono stata mandata insieme a un altro sovversivo in una caccia al demone contro un avversario dalle capacità decisamente superiori alle nostre. Se questa non è una trappola non so cosa lo sia.»
Ryan mormorò qualcosa come “me lo sentivo, che c’era sotto qualcosa” solo intermezzato da bestemmie di ogni sorta.
Poi raccontò che molti dei suoi fratelli erano giorni che non tornavano dalle missioni.
 
 
Dane e Fabian emersero dal portale. Il ragazzo umano prese un respiro profondo, inalando l’aria circostante. Tutto aveva un odore diverso, lì, se ne rendeva conto pure lui. Dane era già andato avanti, camminando spedito tra le rocce. Il giovane si affrettò a seguirlo, anche se ormai conosceva la strada a memoria. Tutti i passaggi, li aveva percorsi un infinito numero di volte, soprattutto negli ultimi tempi. Era già da qualche anno che le cose stavano cambiando, nel mondo che lui aveva ripudiato, e di conseguenza Rachel e Fabian avevano dovuto spostarsi spesso, abbandonando i boschi del nord America con non poco rammarico.
Il demone nel frattempo si era fermato.
«Adesso cosa vuoi fare? Restiamo qui o andiamo da qualche parte?» il ragazzo ci pensò un secondo. Andare da Debra era fuori discussione. L’aveva sempre trovata psicopatica, quella lì.
«Natasha?»
«Non se ne parla. Lei è chissà dove con il Principe.» Fabian esitò. Non gli sarebbe dispiaciuta la loro compagnia. Tasha l’avrebbe vezzeggiato come al solito e il Principe avrebbe fatto qualche battuta per sdrammatizzare. Ma dalla luce pericolosa che brillava negli occhi di Dane preferì evitare di dirlo. Sembrava che il Principe l’avesse fatta grossa, quella volta, e Dane presumibilmente stava attendendo il momento il cui sarebbe venuto da lui strisciando e implorando perdono.
Normale amministrazione.
«Se andassimo da Satoshi? Avrei voglia di allenarmi un po’…» lasciò la frase in sospeso. Dane capì al volo la questione e si diresse verso il portale che conduceva al regno di Satoshi.
Dopotutto, era già da molti mesi che quella creatura era insieme al demone. Dane l’aveva incontrata poche volte, e ogni volta gli si gelava il sangue.
Pareva invece che Rachel e Fabian trascorressero molto tempo in sua compagnia, e che fosse proprio lei a seguire il nuovo livello di addestramento del ragazzo.
Forse, dopo che anni prima la giovane demone dai capelli di fuoco aveva deciso di occuparsi di un ragazzino umano, ora diventato un giovane uomo, l’idea che Satoshi avesse fatto lo stesso con una mezzo demone non li sconvolgeva più di tanto.
«E sia. Ti porto da Satoshi e Meara.»
 
 
Isabel e Ryan arrivarono ad uno spiazzo, nel bel mezzo di un declino erboso, e lì si fermarono. La presenza di un demone era particolarmente forte.
«Ryan, è vicino.» il compagno annuì, mentre si guardava intorno nel tentativo di scorgere la creatura diabolica.
I due avevano discusso sulla questione. Non avevano molte possibilità. Se avessero finto di aver fallito la missione sarebbero incorsi nell’ira dei Referenti. Se fossero scappati, indubbiamente avrebbero mandato qualcun altro a stanarli e ucciderli. Dopo quello che era successo a Noel l’Infernale e a Meara l’Incantatrice, chissà che altri assi nella manica nascondeva la Delta. Ma se invece i due avessero deciso di adempiere al loro dovere e decidere di uccidere il demone, era praticamente certo che sarebbero morti.
Isabel era stata quasi tentata di proporre il potenziamento, e passare dalla parte dei demoni. A questo punto, non avevano più nulla da perdere. Ma qualcosa la fece desistere. No, sarebbe stato troppo semplice. Probabilmente i Tutor non vedevano l’ora che i due sovversivi fornissero loro un valido motivo per ucciderli. E diventare demoni era sicuramente un buon motivo.
Quindi avevano optato per l’unica opzione rimasta, la più inverosimile, che nessuno avrebbe mai preso in considerazione. Avevano deciso di recarsi dal demone, e chiedere la sua protezione.
Tutto ciò era pericoloso, c’era la probabilità che quest’ultimo rifiutasse e li uccidesse. Ma se si trattava davvero di un Potenziato e non di un demone comune, c’era anche un’infima probabilità che questi si ricordasse come era vivere sotto il giogo della Delta, e decidesse di aiutarli.
«Non vedo niente.»
«Nemmeno io.»
Dovunque fosse, si stava nascondendo bene. Decisero di proseguire ancora un po’, di inoltrarsi al limitare della macchia di alberi. E, tra le piante, la videro. Immobile, alta e fiera, e totalmente priva di aura diabolica.
Una figura snella, fasciata da un completo in pelle e un mantello nero drappeggiato sulle spalle nude. Aveva i capelli rossi come il fuoco, e altrettanto mossi, tagliati in maniera asimmetrica. I due Sicari non riuscivano a capire se avesse delle armi. Dovettero sopprimere l’impulso molto forte di sfoderare le loro.
«Siete qui per me, immagino.» disse la figura, con una calma innaturale. Ryan tacque, guardando Isabel di sottecchi. Avevano deciso che sarebbe stata lei a parlare.
«Sì e no. Siamo qui per te, ma non vogliamo ucciderti.»
«Ma fatemi il piacere… tutti vogliono uccidermi.» Tranne Fabian, ma lui se lo portava a letto, era ovvio che non volesse ucciderla. Ma preferì non dirlo.
«Non noi.»
«Allora per quale motivo vi sareste spinti fino a qui?»
«Perché abbiamo bisogno di aiuto.»
La potenziata non seppe trattenersi dallo scoppiare a ridere.
«Voi avreste bisogno di me? Come dire che il topo ha bisogno di un gatto per mangiare il formaggio.»
«Non è vero. Noi abbiamo davvero bisogno di te. Tutti i Sicari ne hanno bisogno.» Rachel contrasse la mascella. Avrebbe quasi preferito che avessero provato a ucciderla. Li avrebbe inceneriti tutti senza scomporsi. Ma così le carte in tavola erano cambiate.
«So di cosa parlate. Noel e Meara. Ne abbiamo sentito parlare persino noi demoni. Faccenda scottante, non è vero?»
«Molto.» Isabel stava giocando la carta della sincerità. Con poche parole, spiegò al demone la situazione, la sua e quella di Ryan. La creatura si limitò a osservarli, in silenzio.
«Mi state chiedendo asilo.» concluse Rachel. “Merda, questo non piacerà al mio Signore.”
«Esattamente. Non abbiamo altre alternative.»
«Lo dite voi.» e con queste parole voltò loro le spalle, addentrandosi nel bosco.
«Ehi! Dove stai andando?» urlò il Sicario.
«Non muovetevi da lì. Accampatevi. Tornerò indietro.» Ryan e Isabel non sapevano dire che fosse un bene o un male.
 
 
Camminò per qualche minuto. Voleva distanziarsi dai due mezzo demoni. Non poteva tornare al monte di Dane, sicuramente aveva già chiuso gli accessi. Doveva aprire uno strappo tra le dimensioni con le sue sole forze. Non era difficile, ma in compenso era abbastanza rischioso.
Fortunatamente quella volta non insorsero problemi, e Rachel penetrò tra le dimensioni come un coltello nel burro caldo. Passato il varco, si ritrovò in quella che chiamavano la piana del Re. Una pianura di roccia fumante, disseminata di crepe e buche, racchiusa tra alte montagne. Alcune cavità erano vuote, altre piene di acqua o altre sostanze. La giovane stava su un’altura di forma circolare, da cui si giungeva tramite una scalinata. Tutto intorno, emergenti dalla pietra, degli alti scranni, sette in tutto, con al centro uno specchio d’acqua. Una conca, più grande e più profonda di altre, ospitava il corpo del Re.
Rachel era immersa nell’acqua fino alle ginocchia. Il demone si guardò intorno. Non c’era nessuno, in quel momento, ma dall’odore intuiva che Natasha e il Principe dovevano essere stati lì da poco.
«Rachel.» la profonda voce del Re dei demoni risuonò nella cava. La giovane uscì dall’acqua, si avvicinò al bordo dell’altura e di inginocchiò rapidamente.
«Mio Re.» esordì.
«Cosa ti spinge fino a qui, oggi?»
«Mio Signore, avevo bisogno di parlarvi. Si tratta di una faccenda molto importante. Due Sicari hanno chiesto asilo.»
 
 
Ryan e Isabel non sapevano per quanto tempo fossero rimasti lì ad attendere. Ad un certo punto Rachel spuntò dal nulla, tanto che entrambi estrassero le armi per riflesso spontaneo. Era stata dannatamente silenziosa.
“Se voleva ucciderci” pensò il ragazzo “avrebbe potuto farlo senza che noi ce ne accorgessimo.” ebbe i brividi nel pensare a cosa il demone potesse essere capace di fare.
«Sei tornata.»
«Sì.» rispose laconicamente il demone.
«Hai riflettuto sulla nostra richiesta? Ci concederai asilo?» Rachel prese fiato.
«No.»
Ci fu un attimo di gelido, terrificante, silenzio.
«Come no?» era stato Ryan a parlare. «Come puoi rifiutarci aiuto?»
«Voi cosa avete mai fatto per me? La Delta cosa ha mai fatto per me? Anni dopo anni, ha sempre continuato a provare ad uccidermi. Mi ha sempre mandato contro quelli come voi, a chiedere la mia testa. E io regolarmente mi prendevo le loro.» il tono di voce di Rachel era glaciale. «Tutti hanno sempre voluto uccidermi, anche se non se ne è mai presentato il bisogno. Io non ho mai ucciso un essere umano per nutrirmi. Sono anni, decenni, che sono demone e non ho mai ucciso nessuno. Ma la Delta ha sempre continuato a uccidere me.» Isabel strabuzzò gli occhi.
«Non hai mai ucciso nessuno? Come è possibile? Come fai a nutrirti?» Rachel non rispose, limitandosi a fare un sorrisino enigmatico.
«Allora perché ucciderti?» si intromise Ryan.
«Oh, loro, la Delta, trovano sempre una motivazione per eliminare chi gli sta scomodo.» la frase scosse Isabel nel profondo. Cosa significava tutto ciò? «Nel mio caso, è questo: se non c’è un motivo per eliminarmi io sopravvivo. Se sopravvivo divento più forte, fino al giorno in cui non esisterà Sicario in grado di uccidermi. E a quel punto, distruggerò la Delta. Per questo motivo, secondo il vostro punto di vista, io vado eliminata.»
«E quindi hai intenzione di rifiutarci il tuo aiuto?» la voce di Isabel non tremava. Non aveva nessuna espressione. Cercava solo di tenersi pronta. Se il demone avesse attaccato, voleva morire combattendo, per lo meno.
«Non ho detto questo.» un altro secondo di silenzio.
«Come scusa?» fece Ryan.
«Vi ho rifiutato asilo, ma non il mio aiuto.» Rachel si erse in tutta la sua presenza «Il mio Signore, il Re, ha preso una decisione. Noi demoni aiuteremo voi e tutti quelli che vessano nella vostra condizione.» e poi, con parole calme, illustrò il piano.
 
Isabel posò una mano sul tronco dell’albero più vicino, nel tentativo di riprendere fiato. Il cuore pompava a ritmi eccessivi, e il sangue le pulsava nelle orecchie.
Camminava zoppicando. Aveva male ovunque, e dalle ferite colava tantissimo sangue, ma l’adrenalina e la paura la facevano andare avanti. Ebbe un giramento di testa. Macchie nere le lampeggiavano davanti agli occhi. Strinse i denti e riprese l’avanzata, appoggiandosi su una delle due spade gemelle, un kopesh, per sostenersi. L’altra lama l’aveva persa.
Non si premurò di controllare se qualcuno la stesse seguendo, sapeva bene di essere sola. Ryan se ne era andato.
Non poteva fermarsi, non voleva rimanere in quel posto un secondo di più. Non voleva mai più trovarsi in presenza di quella.
Isabel guardò il cielo. Più veloce, doveva essere più veloce, non aveva molto tempo. A momenti Price e Carson si sarebbero resi conto che lei e il compagno non sarebbero tornati dalla missione, e la donna sarebbe ritornata in Inghilterra. Isabel non poteva permetterlo. Doveva fare anche lei ritorno. Sforzò il suo corpo al limite, accelerando il passo per quanto le era possibile. In lontananza sentiva dei lupi ululare, ma Isabel sapeva che non si sarebbero avvicinati, per quanto fosse una preda facile. Adesso come adesso, anche un bambino armato di fionda giocattolo sarebbe riuscito a ucciderla, ma ai lupi, o meglio, agli animali in generale, non piaceva l’odore del suo sangue. Un sangue troppo demoniaco.
Si guardò intorno, mentre le pupille passavano dalla colorazione nera a una rossa, segnalando che il Sicario iniziava a liberare una percentuale pericolosa di potere demoniaco.
Si morse con forza un labbro fino a farlo sanguinare, e cercò di concentrarsi. Se fosse morta, o peggio, se si fosse trasformata, sarebbe stata la fine. Ansimando come una belva selvaggia, passo dopo passo, con uno sforzo estremo giunse al luogo di rendez-vous. Come immaginava, la macchina dei Tutor era ancora lì. Poteva vederla, a una decina di metri da lei. La luce ora arancione del sole si rifletteva sulla carrozzeria metallica del veicolo, ferendole dolorosamente gli occhi. Fece qualche passo malfermo, sentendo le forze che la abbandonavano sempre più.
Price e Carson la videro, e videro che era sola. Le vennero incontro. Isabel sollevò una gamba per fare un altro passo, ma non riuscì a tenersi in equilibrio e cadde rovinosamente al suolo. La lama le sfuggì di mano e finì a qualche metro di distanza, rimbalzando sui ciottoli con un suono cristallino.
La mezzo demone provò ad alzarsi, ma invano. Dopo pochi secondi sentì qualcuno che la toccava e la voltava, facendola sdraiare supina e tenendole una mano sulla nuca. Price.
Il cielo si rifletteva negli occhi dorati della mezzo demone. I volti dei Tutor erano chini su di lei.
«Isabel!» stava urlando la donna «Isabel riesci a sentirmi?» la mezzo demone annuì, non aveva abbastanza fiato per parlare. «Che cosa è successo?» Lei provò ad aprire bocca, ma le parole erano bloccate in gola e al loro posto ne uscì un fiotto di sangue violaceo. Cercò di riempirsi i polmoni d’aria più che poteva.
«Cosa è successo al target?» Isabel prese un respiro. Aveva la bocca e il naso che sapevano di sangue.
«Fuggito.» sussurrò con un filo di voce.
«E Ryan?» intervenne Carson.
Isabel esitò un secondo.
«Andato.»
E prima di svenire fece in tempo a vedere l’espressione che Carson e Price si scambiavano. Un’espressione che non prometteva nulla di buono, ma Isabel era già scivolata nell’oblio.
Il suo ultimo pensiero fu un desiderio.
“Fa che non mi uccidano” pensava “fa che non mi uccidano, fa che non …” e poi reclinò la testa chiudendo gli occhi.
 







Mitsuko's Lounge
Salve a tutti e grazie ancora per essere arrivati fino a fine capitolo! >.<
spero tanto che vi piaccia
Un grazie infinite va alla mia editor Mari per il suo splendido lavoro e a tutti voi che mi sostenete 

Mitsuko




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