Two of Us

di Elwing Lamath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Profumo di pagine ***
Capitolo 2: *** Vapore alla cannella ***
Capitolo 3: *** Il buio, il vuoto e il velluto ***
Capitolo 4: *** Pancakes e Rock 'n' Roll ***
Capitolo 5: *** Il bagno del re ***
Capitolo 6: *** Vino e ricordi ***



Capitolo 1
*** Profumo di pagine ***


· • ♦ TWO OF US ♦ • ·

 

Challenge  

 

Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP

 

NOTE GENERALI SULLA RACCOLTA: Questa è la prima volta che mi imbarco nell’avventura di una challenge, ma la sfida di areon mi è piaciuta veramente tanto, così ho deciso di buttarmi. (Per approfondimenti sulla challenge in questione, vi lascio il link : http://freeforumzone.leonardo.it/d/10511289/-Slice-of-Life-challenge/discussione.aspx/1 )

Cercherò di aggiornare la raccolta il più costantemente possibile, spero di riuscirci con frequenza settimanale.

Sarà una raccolta di one-shots piuttosto brevi, si aggireranno tutte intorno alle 1000 parole, o comunque questa è la lunghezza che mi sono prefissa. Saranno brevi spaccati di vita quotidiana. Pillole, piccole ma non troppo, che potranno essere lette singolarmente o nel complesso, perché rientreranno tutte nell’ambito di un ipotetico scenario post 5x13 ambientato ai tempi nostri, a tutto Merthur ovviamente.

La sfida consiste nell’utilizzare tutti 20 prompt dipingendo dei quadri di vita quotidiana. Per chi si sta chiedendo su cosa verteranno i prossimi capitoli, eccovi tutti i prompt della challenge:

1.Libro 
2. The 
3. Divano 
4. Colazione 
5. Bagno 
6. Bicchiere di vino 
7. Collana 
8. Anello 
9. Regali di Natale 
10. Letto 
11. Torta 
12. Giardino 
13. Computer 
14. Telefonata 
15. Dolci 
16. Compleanno 
17. Vacanza 
18. Gita in montagna 
19. Giro in bicicletta 
20. Bacio 

Il titolo della raccolta prende ispirazione dall’omonima canzone di apertura dell’album “Let It Be” dei Beatles, “Two of us” appunto. Perché? Perché la trovo deliziosa, perché parla di “you and me”, di ritornare a casa insieme, di ricordi, di stupidaggini quotidiane, e perché veramente la sua chitarra ha il sapore di casa.

 

NOTE SUL LIBRO: Ho amato particolarmente questo primo prompt. Sarà che sono una lettrice accanita, sarà che i libri mi affascinano moltissimo anche come oggetti, sarà che vedo Merlin benissimo con un libro in mano o circondato da scaffali e scaffali di volumi inesplorati. Mi è piaciuto tanto scrivere questa prima storia. Punto.

Ho citato due romanzi che amo immensamente, anche se sono agli antipodi tra loro come genere, stile, contenuti… ma mi sono divertita a inserirli entrambi nella personale libreria del nostro mago adorato.

Vi lascio alla storia, spero di tornare prestissimo con la prossima one shot!  Mi farebbe veramente piacere ricevere le vostre opinioni!

Al prossimo capitolo,

Elwing…

  

Prompt 1: Libro 

 

 1

Profumo di pagine

 

Amava il profumo che gli entrava nelle narici quando in estate varcava la soglia della sua libreria. Un piccolo gioiello che si era costruito nella vecchia casa di Glastonbury 1, acquistata da un pastore verso la fine del diciannovesimo secolo, e riempita nel corso dei decenni di piccole e grandi cose che lo facevano sentire un po’ più vicino a quella terra, un po’ meno viandante dei secoli. Ci ritornava periodicamente, attratto da quelle acque che vegliava da tempo immemore senza mai abbandonare la speranza. Era tornato anche quella primavera, ed insieme alla natura, quella volta si era risvegliato anche il suo cuore.

 Tra gli innumerevoli doni dell’estate, uno di quelli che apprezzava di più era l’effetto che il calore dell’aria aveva sui profumi: tutto sembrava svegliarsi e assumere note più intense e definite. Aveva sempre amato tutto dei libri, ma in quel particolare periodo dell’anno il profumo delle pagine era amplificato deliziosamente.

Merlin si avvicinò ad uno degli scaffali, allungando una mano affusolata e carezzando il dorso dei volumi perfettamente ordinati. Ne estrasse uno sottile, dalla copertina appena sgualcita, si acciambellò sulla poltrona di velluto verde a coste anni Quaranta, vicino alla finestra, e aprì il libro ingiallito.

Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato, o se ne fosse passato in assoluto, se non per le pagine che aveva letto che si inspessivano sotto le sue dita e per la luce che filtrava dalla finestra che era mutata dall’oro all’arancio.

I libri erano divenuti fedeli compagni delle sue veglie, voci nel silenzio di un’attesa eterna che lo avevano accompagnato quando niente sembrava poter lenire il suo dolore, mani gentili che accarezzavano le pieghe della sua sofferenza e gli facevano pesare un po’ meno la solitudine. Merlin non leggeva semplicemente i suoi libri, assaporava le loro parole per sentirne la dolcezza sulla punta della lingua, leggeva per nutrire il suo spirito, beveva i pensieri di quegli autori avidamente, come solo un innamorato sa fare.

I suoi occhi blu correvano agili sulla carta: ‘E’ vero, io sono solo un viandante, un pellegrino su questa terra. Voi siete forse…’ 2 Udì uno scricchiolio del parquet alle sue spalle, passi famigliari, eppure ancora così sorprendenti dopo secoli di silenzio. Si accorse di stare trattenendo il respiro quando Arthur si protese oltre lo schienale della poltrona, affiancando il volto al suo, scrutando con fare interrogativo prima lui, poi il volume aperto sulle sue ginocchia.

“Non mi dire che stai ancora leggendo quel libro!” lo apostrofò con uno sbuffo.

Merlin si voltò a fissarlo fingendosi indignato, i loro visi vicinissimi, poteva percepire il respiro del suo re sulla pelle. Gli occhi del mago per un attimo scivolarono sulle labbra di Arthur.

“E’ almeno la terza volta che te lo vedo tra le mani in tre mesi!” borbottò.

Merlin sorrise, carezzando la pagina ruvida: “E’ un po’ come un vecchio amico, è dalla prima edizione che continuo a rileggerlo, dal 1774.”

“Appunto! Capisco il tuo amore per la lettura, ma non c’è neanche una mezza battaglia, un drago, dei cavalieri, che ne so, qualche malvagio da sconfiggere! È una storia di una tristezza infinita!”

“Bellezza infinita, vorrai dire.” Chiuse il libro con un tonfo ed uno sbuffo di polvere.

“Sarà.” Concluse Arthur poco convinto.

Merlin ridacchiando si alzò dalla poltrona, e si avvicinò ad un altro scaffale.

“Ho un libro che potrebbe fare proprio al caso tuo, testa di legno!” il mago estrasse un tomo  bello corposo, con il titolo elegantemente vergato in oro sulla copertina. Lo porse ad Arthur con un sorriso trionfale, come se gli avesse appena consegnato il Sacro Graal.

Questi aggrottò le sopracciglia e storse le labbra, poi con un mezzo grugnito recitò: “Il Signore degli Anelli… Fai sul serio?!”

“Fidati, lo amerai.”

“Ma hai idea anche solo di quanto pesa? Saranno almeno cinquecento pagine!” si lamentò accigliato.

“1031 per l’esattezza, senza contare le appendici.” Precisò Merlin con un tono orgoglioso.

“Cosa?!” esclamò Arthur “Scordati che io mi metta a leggere tutta questa roba!”

Il mago lo guardò con un sorriso dolce, sollevando un sopracciglio, come se volesse insieme sfidarlo e chiedergli di dargli una possibilità. L’antico re alzò gli occhi al cielo e sospirò. Capì di essere fregato, non sarebbe mai riuscito a negare veramente qualcosa a Merlin, non quando lo guardava con quella faccia da schiaffi e gli incollava addosso quei magnifici occhi blu. Non da quando era tornato e la paura di doversi separare nuovamente da Merlin era tanto forte da paralizzarlo. Non ora che erano davvero insieme.

“D’accordo, ci proverò!... ma non meravigliarti se dopo tre pagine sarò crollato per il sonno!”

Avevano trascorso tutta la sera a leggere seduti sul divano.

“Forza, facciamo questo esperimento!” aveva sospirato Arthur lasciandosi crollare sui cuscini morbidi con la copia del Signore degli Anelli tra le mani. Il mago non aveva aggiunto nulla, e lo aveva seguito con un ghigno furbo che era passato fortunatamente inosservato dall’altro.

Merlin ogni tanto sbirciava da sopra la sua copia del Werther, sorridendo nel vedere Arthur immerso in quelle pagine, sulle quali i suoi occhi azzurri vagavano voraci e brillanti, avidi come il mago non li aveva mai visti, non per un libro almeno.

Dopo aver terminato la sua lettura, Merlin cercò di raggomitolarsi sul divano nel tentativo di trovare la posizione più comoda per un sonnellino. Arthur sollevò appena un occhio dalla pagina indispettito da quel trambusto, poi, vedendo che il ragazzo continuava a girarsi e rigirarsi come un’anima in pena, senza dire una parola, allungò un braccio verso Merlin, cingendolo per la vita e tirandolo a sé senza tante cerimonie e senza interrompere la lettura.

Il mago si appisolò con il volto sulla spalla del re e con un sorriso dolce sulle labbra. Quando si risvegliò, l’orologio segnava le 2 e 30 del mattino. Si stiracchiò con uno sbadiglio, per poi realizzare che il compagno era ancora nella stessa posizione, abbracciato a lui, ma chino sul suo libro.

“Arthur è tardi, andiamo a letto…” sussurrò con voce impastata dal sonno.

“Zitto Merlin! Non ora, Frodo è appena stato pugnalato da uno dei Cavalieri Neri!”

 

 

Note al testo:

Ho utilizzato l’ipotesi che la torre sul lago di Avalon che si vede nell’ultima scena dell’episodio 5x13 faccia riferimento al Glastombury Tor, facendo finta (permettete la licenza poetica) che lì vi sia ancora un lago. Nella mia storia quindi Merlin avrebbe comprato una casa a Glastonbury per essere vicino ad Arthur nell’attesa del suo ritorno.

Frase tratta da “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang Goethe. Completa sarebbe: “E’ vero, io sono solo un viandante, un pellegrino su questa terra. Voi siete forse qualcosa di più?”

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Capitolo 2
*** Vapore alla cannella ***


· • ♦ TWO OF US ♦ • ·

 

Challenge

 

Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP


NOTE SUL THE: Buongiorno a tutti! Eccomi, come promesso, ad una settimana di distanza col secondo capitolo. Voglio ringraziare tutti coloro che già al primo capitolo hanno inserito questa raccolta tra le seguite, le ricordate o le preferite, e chi l’ha recensita. A tutti voi dedico questo secondo capitolo, nella speranza che riesca a regalarvi un piccolo sorriso, come lo ha regalato a me lasciandosi scrivere.

Questa vuole essere una shot leggera, è stata proprio lei a voler essere così, e non ha voluto transigere. A me piace inserire un  po’ di angst qua e là nelle storie, ma questa gridava dolcezza in ogni lettera, così ho ceduto. Sarà che il the lo associo a momenti di calma e piacevolezza assoluta, magari assaporato in un pomeriggio autunnale che si affaccia a preannunciare i rigori dell’inverno…

Con questo sproloquio finale, vi lascio al capitolo finalmente… Come al solito, le vostre opinioni sono gradite e più che benvenute!

A presto,

Elwing…

 

P.s.: Nota di servizio: la settimana prossima la raccolta verrà aggiornata sabato anziché venerdì, poiché tornerò da Londra (Finalmente vado a Londra!!! *salta spasmodicamente qua e là per la stanza*) venerdì sera, e non avrò accesso al mio computer fino al mattino seguente. Detto questo… Byeee…

 

prompt the

2

Vapore alla cannella


Non appena varcò la soglia di casa, Merlin fu avvolto da un intenso ed inconfondibile aroma di cannella, accompagnato da un rombo metallico tipico di pentolame sbatacchiante, seguito da un tonfo, un rumore di cocci infranti e da qualche imprecazione borbottata a denti stretti. Posò le chiavi sul tavolo del soggiorno e si affacciò sul corridoio incuriosito ed intimorito allo stesso tempo dallo spettacolo che avrebbe potuto presentarsi ai suoi occhi. Una vera e propria cortina di fumo, o meglio, di vapore alla cannella, emerse dalla porta della cucina e gli invase le vie respiratorie. Cercò di farsi strada nella nebbia che aveva permeato la sua povera cucina, e riuscì a distinguere la figura di Arthur che si affannava vicino ai fornelli, sui quali erano distribuite tre pentole di diversa grandezza, più un tegamino brandito in una mano dal re come se fosse una spada, mentre nell’altra, al posto dello scudo, aveva un meraviglioso guantone da forno rosso, con tanto di sonagli natalizi.

“Che diavolo stai combinando?!” Esclamò il mago. Merlin si guardava intorno ancora con il cappotto, la sciarpa e il berretto addosso, scioccato dalla condizione della cucina.

Quasi tutte le ante della credenza erano spalancate, qualcosa di non meglio identificato bolliva sul fuoco emanando quel delizioso profumo di cannella, il suo aroma preferito. I resti frantumati di quelle che dovevano essere state due tazze giacevano sul pavimento, i cocci mezzi calpestati dal re del passato e del futuro in pantofole. L’amata collezione di the di Merlin, fino a mezz’ora prima ordinata ed esposta in fila sulla credenza, era sparsa qua e là sul tavolo, alcuni barattoli aperti, altri addirittura rovesciati, il the bianco cinese che rischiava pericolosamente di mischiarsi con quello nero alla vaniglia. La zuccheriera in bilico sul lavandino, quasi a chiedere pietà, o a tentare il suicidio, il suo contenuto parzialmente rovesciato sul lavello.

Arthur si voltò di scatto verso la voce, cercando di dissipare il vapore alla cannella col guantone, tutto scarmigliato, più in difficoltà di quanto Merlin l’avesse mai visto in situazioni decisamente più difficili. Cercò di ricomporsi:

“Ti stavo preparando un the. Avrebbe dovuto essere pronto al tuo ritorno.” Disse guardandosi attorno con aria colpevole.

Merlin scosse leggermente il capo, ed un sorriso luminoso gli si dipinse sulle labbra e negli occhi.

“Ho letto che in questa nuova Albion prendere il the alle cinque di pomeriggio è una tradizione!” cercò di giustificarsi, abbassando lo sguardo sui cocci disseminati a terra. E Merlin fu certo di non aver mai visto nulla di tanto meravigliosamente dolce in vita sua.

“Sì, forse fino agli anni Cinquanta, o forse per le vecchie incartapecorite che vanno a farsi derubare da Fortnum & Mason.”1 Ridacchiò il mago. Poi, vedendo l’espressione ancora più stranita che aveva assunto Arthur, aggiunse: “Lascia perdere… Ti ringrazio, ma era proprio il caso di far esplodere la cucina?”

“Io… ” balbettò Arthur osservando il disastro che aveva combinato “… questo è... ecco... successo!”2

Merlin si tolse cappotto e berretto, appoggiandoli allo schienale di una sedia, dirigendosi poi ad aprire la finestra, in modo da liberare la stanza da quella nebbia speziata. L’aria frizzante di ottobre entrò fresca e prepotente, mescolandosi deliziosamente con il profumo di cannella.

“Va bene, va bene… ma spiegami perché hai dovuto farlo tu, non potevi aspettare che arrivassi? Sono letteralmente secoli che preparo il the, mentre tu non l’hai fatto nemmeno una volta in vita tua!” Merlin lo rimproverò divertito.

“E’ appunto per questo!” esclamò Arthur, sorprendendo non poco il mago. “Eri tu a fare tutto a Camelot, e continui a fare sempre tutto tu anche ora! Mi sono sempre fatto servire ed accudire, per una volta volevo essere io a prepararti qualcosa! Volevo dimostrare che anche io posso…” si bloccò.

Merlin sorrise: “Se volevi dimostrare di essere in grado di gestire una cucina moderna per preparare un the, anche se in effetti non dovrebbe essere una cosa tanto complicata, non ti preoccupare, imparerai.” gli disse con un tono comprensivo. “Ci vuole tempo per abituarsi ad usare queste diavolerie tecnologiche. E poi…”.

Arthur prese coraggio, interrompendolo: “Volevo dimostrare che anche io sono in grado di prendermi cura di te, come tu hai sempre fatto con me.”

Ammutolirono entrambi, e rimasero a fissarsi per un momento eternamente sospeso sopra i fili del tempo. Gli occhi di Merlin si fecero lucidi quando si mise a ridere di gioia, trascinando anche Arthur nel suo sorriso.

Il mago gli si avvicinò, lo sguardo fisso sul volto del suo re: “Arthur, tu non mi devi dimostrare proprio niente, asino che non sei altro.” Gli disse piano.

L’altro alzò una mano, sfiorandogli la guancia: “Merlin…” Il modo in cui aveva pronunciato il suo nome aveva qualcosa di straordinariamente simile ad una preghiera, ad un incantesimo persino, e Merlin avrebbe giurato di vedere un tremore molto liquido negli occhi di Arthur.

Il mago non poté trattenersi dal sorridere nuovamente, perché il sorriso che Arthur era in grado di far nascere in lui, era qualcosa che assomigliava più ad una forza incontrollabile che si faceva strada spontanea dal centro del petto fino a raggiungere le sue labbra.

Un’ occhiata veloce alla pentola nella quale il the sobbolliva abbandonato e sé stesso: “Va bene, allora. Vogliamo bere questo the?”

Arthur annuì con una linea dolce sulle labbra, apparentemente soddisfatto del risultato complessivo della sua missione. Quindi afferrò la pentola con il guantone da forno e versò il suo contenuto dentro la teiera, emersa miracolosamente illesa da quel campo di battaglia, mentre Merlin recuperava altre due tazze dalla credenza e le disponeva su un vassoio insieme ai biscotti. Arthur guardò prima il vassoio e poi Merlin con il suo tipico ghigno orgoglioso, per  realizzare subito dopo il numero increscioso di vittime che aveva lasciato alle sue spalle nella cucina:

“E questo pasticcio?! Dobbiamo mettere a posto!” esclamò preoccupato all’idea di dover riordinare il tutto.

“Oh, ci penseremo dopo.” Sorrise Merlin. “Ora, vuoi farmi l’onore di portare tu il vassoio fino in veranda?”

“Subito, Sire!” rispose Arthur con tono scherzoso, affrettandosi ad uscire dalla stanza con il vassoio tra le mani.

Merlin lo seguì, ma appena prima di sparire oltre la porta si voltò verso la cucina, facendo brillare i suoi occhi di oro vivo. Ed ecco che i barattoli si rialzarono e formarono una fila ordinata, le tazze frastornate ricomposero i loro cocci disseminati sul pavimento, ed una zuccheriera decisamente indispettita brandì un cucchiaino e incominciò a raccogliere il proprio contenuto sparso sul lavello. 3

 

 

Note al testo:

1 Fortnum & Mason è un department store situato a Picadilly, nel cuore di Londra, tra gli altri, fornitore ufficiale della Casa Reale Inglese, famoso per i suoi prodotti rigorosamente British, su tutti per i suoi the. All'interno vi è anche un elegante sala da the, dove le raffinate(quanto spesso attempate) signore londinesi si ritrovano nel pomeriggio per amene chiaccherate a base della bevanda più amata dagli inglesi. (Forse dopo la birra in realtà... ma su questo sorvoliamo...)

2 In origine sarebbe stata: "That is sort of... happened" Questa frase è presa da un’altra serie della BBC, da un certo consulting detective molto nervoso per l’imminente matrimonio del suo migliore amico, quando decide di destreggiarsi nella delicata arte del piegare tovaglioli a forma di Sidney Opera House. (Cielo, quanto amo Sherlock e le sue stranezze!)

3 Molto probabilmente è superfluo dirvi che la zuccheriera imbronciata è presa dal capolavoro della Disney “La spada nella roccia” (uno dei miei preferiti in assoluto già dalla più tenera età).


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Capitolo 3
*** Il buio, il vuoto e il velluto ***


· • ♦ TWO OF US ♦ • ·

 

Challenge

 

Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP


NOTE SUL DIVANO: Chiedo venia… Avevo promesso che avrei cercato di aggiornare ogni settimana, e già sul terzo capitolo mi sono smentita, facendovi aspettare due settimane.

Purtroppo ho avuto problemi con la vecchia carretta del mio computer, ma ora è arrivato un nuovo piccolino dal quale sto scrivendo ora, che promette assai bene XD…

Bando alle ciance, per una volta non voglio essere prolissa. Questo sarà un capitolo un po’ più angst rispetto agli altri e ai futuri, ma secondo me è una nota un po’ più buia che ci voleva.

Sarei felice di sentire la vostra opinione, quindi non siate timidi ;)…

Al prossimo capitolo,

Elwing…

Prompt divano


3

Il buio, il vuoto e il velluto

 

Il respiro profondo e regolare, le labbra socchiuse, i capelli color del grano arruffati sul cuscino. Arthur era crollato sul divano dopo un pomeriggio di intenso allenamento con la spada, e Merlin non aveva avuto il cuore di svegliarlo. La spalla appoggiata allo stipite della porta, le braccia conserte e le gambe incrociate, il mago non avrebbe saputo dire da quanto tempo contemplava il corpo del suo re, immerso nella penombra lunare e nel silenzio ritmato solo da respiro di Arthur. Era surreale poterlo vedere riposare su quel divano, così reale e tangibile, tanto da far rabbrividire Merlin e farlo stringere ancor di più nelle spalle.

Aveva acquistato quel divano poco dopo la casa di Glastonbury, nel 1864. Non appena lo aveva visto in un negozio di Londra, aveva subito capito quale sarebbe stato il suo destino. Il prezioso velluto porpora, le impunture curate, gli intarsi e le lavorazioni del mogano dei piedi e della sommità dello schienale lo rendevano anche troppo lussuoso per la sua modesta dimora, ma non gli era mai importato. Lo aveva portato a Glastonbury, e posizionato al centro del soggiorno, dove trionfava con il suo sgargiante colore ad arricchire l’ambiente. Merlin tuttavia lo usava raramente, prediligendo la vecchia poltrona di pelle, mezza sfondata e logora, forse perché anche il divano porpora, proprio come il mago, aspettava il ritorno di colui al quale era destinato.

Ogni volta che Merlin se ne andava da Glastonbury per diventare pellegrino del mondo, velava ogni cosa nella casa con un incantesimo, in modo che la costruzione apparisse vuota ed abbandonata a chiunque vi fosse entrato, fatta eccezione per un elegante divano rosso, protetto da un incantesimo anti invecchiamento. Gli piaceva pensare che se Arthur fosse tornato da Avalon durante una delle sue assenze, uscendo dalle acque del lago, avrebbe trovato ad aspettarlo un piccolo cottage in pietra vicino alla riva, e all’interno un divano su cui avrebbe potuto riposare. Un minuscolo appiglio per fargli sapere che non sarebbe stato da solo, che c’era sempre stato qualcuno ad aspettarlo.

Merlin era perfettamente conscio che i suoi sensi magici sarebbero stati in grado di avvertirlo, anche a migliaia di chilometri di distanza, se un evento di tale portata si fosse verificato ad Avalon. Eppure, ogni volta, il cuore gli pulsava in gola mentre girava la maniglia di casa, per poi sprofondare all’altezza delle caviglie quando vedeva il divano porpora irrimediabilmente vuoto in una stanza polverosa. Allora si concedeva di gettarvisi sopra, scosso dai singhiozzi di un pianto vecchio secoli. Il divano, misericordioso, assorbiva tutte le sue lacrime, e lo avvolgeva nell’abbraccio caldo del velluto, fino a che non si addormentava piangendo.

Quel divano aveva condiviso la sua attesa, e conosceva bene la sua pena. Per tutto quel tempo anch’esso, come il suo cuore, era stato incompleto senza Arthur a colmarlo ed imprimergli la sua forma. Realizzare quella verità, lo tramortì. Ritornò con la mente a tutte quelle volte in cui aveva immaginato una scena del genere, cercando di assaporarne la dolcezza, per poi veder cadere l’illusione e cedere allo sconforto e al dolore di una stanza vuota.

Quando quel pensiero gli attraversò la mente, Merlin credette di essere ancora preda dell’ennesima allucinazione, di un’illusione più crudele delle altre, e rivide davanti agli occhi un divano vuoto nella notte. Si sentì mancare. La vista gli si annebbiò, il petto trafitto come da mille spilli. Le gambe gli cedettero, e in un attimo si ritrovò accovacciato sul pavimento, incapace di respirare. Spasmi incontrollabili iniziarono a scuoterlo, ed un senso di vertigine lo avvolse nella nebbia indistinta che era diventata la stanza.

Arthur si svegliò immediatamente al tonfo delle ginocchia del mago che cozzarono contro il pavimento. Riconobbe con orrore la figura di Merlin a terra, e per un attimo anche a lui mancò il respiro. Si gettò immediatamente in suo soccorso.

Merlin riuscì a percepire solamente un paio di braccia forti che lo afferravano, qualcuno che gli passava le mani sul volto e tra i capelli, che chiamava il suo nome con una voce tremendamente famigliare, che non fece altro che aumentare i suoi spasmi.

Arthur temette di cedere al panico nel vedere Merlin in quello stato: il mago era lì, ma non riusciva a vedere il suo volto, ne ad ascoltare la sua voce. Allora lo sollevò, prendendolo tra le braccia, parlandogli dolcemente, cercando di calmarlo, per poi adagiarlo sul divano.

Merlin improvvisamente si sentì senza peso. Avvolto in quella nebbia cieca e staccato da terra, solo due braccia sicure a sostenerlo, ed istintivamente si aggrappò ad esse. Sentì l’abbraccio morbido del velluto ed una voce ripetere il suo nome come in una preghiera. Avvertì quelle mani staccarsi da lui, cercò di trattenerle in qualche modo, annaspando, la nausea e la vertigine che crescevano esponenzialmente.

Arthur, inginocchiato accanto al divano, guardò impotente il corpo di Merlin scosso dai brividi, e quando lo vide protendere le braccia alla cieca, come in cerca di un appiglio, gli prese una mano tra le sue e se la strinse al petto. Uno spasmo più intenso, ed il mago, colto da un conato di vomito, si sporse oltre il divano, senza che nulla riuscisse ad uscire dalla sua bocca oltre a un gemito strozzato. Il re gli strinse la mano, e con l’altra gli sostenne la fronte pallida e imperlata di sudore freddo. Un altro conato nervoso e poi un terzo.

“Shhh… Calmati Merlin. Sono qui, accanto a te.” Gli sussurrò.

Un mugolio indistinto, poi gli occhi sgranati del mago sembrarono riconoscere per la prima volta il viso che aveva accanto. Arthur lo aiutò a distendersi nuovamente, gli passò una mano tra i capelli corvini e si sedette a terra accanto a lui.

“Tu… Sei solo un sogno.” Sospirò.

“No Merlin, sono qui. Non ti lascio.”

“Tu non puoi essere lui… Lui è caduto. L’ho perso… E’ un sogno…” Merlin chiuse gli occhi, stremato dalla violenta crisi di panico.

“Dormi, riposa… Dormi, amore mio.”

Il mago si abbandonò al sonno, cullato da quella voce, spossato.

Quando si svegliò, le prime luci del sole facevano capolino sulla superficie argentata del lago. Merlin realizzò di essere disteso sul divano porpora, la mano destra stretta ed intrecciata ad un’altra. Il suo cuore fece una capriola nel petto nel vedere una chioma bionda accanto al suo capo e nell’incrociare un paio di occhi azzurri cerchiati di scuro, traccia della notte insonne.

Arthur sussultò, mettendosi in ginocchio e studiando il volto ancora pallido e provato del mago: “Hey…”

Merlin sembrò balbettare per un attimo: “Sei.. sei reale?... Dimmi che non mi sono sognato tutto.”

Arthur gli sorrise ancora, e subito dopo si chinò a baciare la bocca pallida del mago, catturando le sue labbra piene tra le sue, dolcemente. Merlin sospirò, e tutta la tensione abbandonò definitivamente il suo corpo.

“Questo ti sembra abbastanza reale?” domandò Arthur con un altro sorriso.

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Capitolo 4
*** Pancakes e Rock 'n' Roll ***


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Slice of life challenge

 

Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP

 

NOTE SULLA COLAZIONE: Cari lettori, care lettrici, con Viva e Vibrante Soddisfazione, che vado con questa mia nota Addirvi (una parola sola), “Addirvi”... che, scherzi a parte XD, sono miracolosamente riuscita a pubblicare il 4° capitolo in perfetto orario con la mia tabella  di marcia per questa challenge *fa la ola da sola, come una perfetta cretina*…

Ringrazio hiromi_chan ed  elyxyz che hanno recensito i capitoli precedenti, e Deirdre Willowfrost, DxHxsmp, elyxyz (nuovamente), emily04, Evelyn Wright, hiromi_chan (nuovamente), Kaibun, Levy94, Margherita Dolcevita, marghevale123, paffy333, VanillaChocolat, che hanno inserito la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate. A tutti voi dedico questo nuovo capitolo, che spero apprezzerete.

Questo capitolo non è una song-fic ovviamente, però è stato scritto con il sottofondo di una canzone da me molto amata, ovvero Rock ‘n’ Roll dei Led Zeppelin (la mia band preferita <3). La stavo riascoltando, e, anche se probabilmente le intenzioni di Robert Plant nello scriverla erano ben diverse, di colpo anche il suo testo mi è sembrato molto Merthur (devo essere messa proprio male), per cui mi sono detta: “sì! Devo inserirla!”. Quindi il suo testo e la canzone stessa, comparirà diverse volte in questa one-shot; il mio consiglio spassionato è di cliccare su questo link (http://www.youtube.com/watch?v=0WzG64syKHA ) ed iniziare ad ascoltarvela insieme ai protagonisti quando nel testo del capitolo vedrete questo simpatico asterisco *. Detto ciò vi lascio al mio delirio capitolo, mi piacerebbe molto ricevere una vostra opinione, anche sull’idea di inserire la canzone nella storia, visto che è la prima volta che mi cimento in qualcosa del genere.

Un bacio, e al prossimo capitolo!

Elwing…


prompt colazione

4

Pancakes e Rock ‘n’ Roll


Ripensandoci, Merlin non avrebbe saputo dir con certezza cosa lo svegliò, districandolo dal confortevole gomitolo di sonno in cui era avvolto. Se fosse stata la luce argentata del sole che albeggiava sul lago, filtrando dalle tende appena scostate, il frusciare leggero delle prime foglie d’aprile, oppure il respiro calmo e profondo di Arthur alle sue spalle, ancora profondamente tra le braccia di Morfeo, mentre con tutto il suo corpo era abbracciato, quasi aggrappato, a quello di Merlin. Se fosse stato piuttosto il leggero sbuffo tiepido del fiato del suo re che gli arrivava come una carezza sulla nuca, facendogli il solletico, o piuttosto se fosse stata la meravigliosa sensazione di calore irradiava tutto il corpo nudo di Arthur abbracciato al suo, le loro gambe intrecciate, la sua schiena a contatto con il torace dell’altro. Ogni cosa sembrava aver trovato il proprio perfetto incastro durante il sonno, così come nella vita. In entrambe le loro vite: passata e futura.

Merlin cercò di districarsi dall’abbraccio di Arthur il più delicatamente possibile, in modo da non svegliare l’antico re. Quando il mago riuscì a sgattaiolare fuori dalle coperte, l’unica risposta del biondo sovrano fu un grugnito poco compiaciuto e un rigirarsi assolutamente sgraziato nelle coperte. Indossò velocemente un paio di pantaloni di una tuta e lasciò la camera da letto nella penombra.

Per qualcuno molto più sveglio di Arthur, il ritorno di Merlin sarebbe stato annunciato da una deliziosa scia zuccherina, mischiata all’aroma più deciso di caffè. Qualcuno più sveglio, avrebbe anche udito i passi leggeri dei piedi nudi di Merlin sul parquet accanto al letto, e il rumore del vassoio depositato delicatamente sulle coperte ancora tiepide dell’impronta del corpo del mago. Ma il sonno pesante del re de passato e del futuro era proverbiale.

Qualcuno decisamente più sveglio, avrebbe anche notato la scintilla dorata negli occhi di Merlin alla volta e di un LP con un anziano contadino in copertina 1, che si mise a fluttuare verso il vecchio giradischi e vi si sistemò sopra. Con un altro sguardo dorato, il mago fece partire la musica.

* Merlin spalancò le tende facendo entrare i raggi solari che si piantarono dritti sul viso del re, mente il potente intro di batteria di Rock ‘n’ Roll dei Led Zeppelin risuonò nella stanza, tanto forte da scuotere le pareti. Arthur sobbalzò sul letto, spalancando gli occhi e guardandosi attorno come se fosse stato tramortito dall’attacco della chitarra di Jimmy Page e messo al tappeto.

“Merlin!” sbraitò “Che diavolo sta…”

“Sorgi e splendi!” esclamò Merlin ridacchiando dell’espressione sconvolta dell’altro.

“It's been a long time since I rock-and-rolled. It's been a long time since I did the stroll…”

“Ti sembra questo il modo di svegliare la gente?” urlò Arthur cercando di sovrastare la musica.

Merlin si avvicinò al letto con il suo tipico ghigno impertinente: “Una volta ti lamentasti che ogni mattina era la stessa solfa, e che avrei dovuto inventare qualcosa di nuovo per svegliarti… beh…” allargò le braccia, simulando enfaticamente un inchino, “Eccoti servito!” 2

“Ma sei impazzito?! E che diavoleria è questo frastuono?!” si lamentò con un’espressione tra lo stordito e il disgustato.

“Questi, mia cara testa di legno, sono gli Dei del rock, per tua norma e regola. Vedi di portare rispetto.” Lo bacchettò Merlin compito.

“It's been a long time, been a long time… Been a long lonely, lonely, lonely, lonely, lonely time…”

Arthur dipinse sul suo volto la migliore espressione indignata che avesse nel suo repertorio: “Io dovrei portare rispetto? Brutto scemo dalle orecchie a sventola! Ti faccio vedere io!” urlò, scagliando un cuscino contro Merlin con tale foga da far sobbalzare tutto il letto, facendo oscillare pericolosamente il vassoio che il mago aveva adagiato sulle coperte.

“Attento alla colazione!” esclamò Merlin dopo aver parato la cuscinata.

Arthur spostò il suo sorriso furbo dal giovane al vassoio, e poi di nuovo sul mago. “Meno male che ti sei degnato di portare la colazione al tuo re…”

Sorrise di nuovo, ma questa volta con una nota estremamente più dolce nello sguardo, che fu colta e ricambiata da Merlin: “E’ passato tanto tempo, Arthur. Ma certe abitudini sono dure a morire.”

“…I can't count the tears of a life with no love… Carry me back, carry me back, carry me back, baby, where I come from…”

Il re si spostò tra le coperte, facendo spazio a Merlin ed invitandolo a sedersi. Quando il moro si fu accomodato a gambe incrociate sopra il materasso, Arthur studiò perplesso il contenuto del vassoio: “E questi che cosa diavolo sono?!” disse sollevando il piatto, “dov’è la carne? E il prosciutto? Le uova?”

“Sono pancakes, genio… La colazione salata è sopravvalutata, dopotutto. Non avrai quella faccia tanto schifata, una volta assaggiata una di queste delizie. Forza, provali.” Disse Merlin versando una copiosa quantità di sciroppo ambrato sui pancakes dorati, mantenuti deliziosamente caldi da un piccolo incantesimo.

Arthur, lanciando ancora un ultimo sguardo perplesso alla volta del compagno, impugnò la forchetta, tagliando una generosa porzione di dolce dal piatto e portandosela lentamente alla bocca. Sgranò gli occhi per la sorpresa quando il sapore dolce e ricco dei pancakes mischiato allo sciroppo d’acero gli esplose in bocca.

“Mmm… ma sono deliziosi…assolutamente deliziosi!” borbottò Arthur estasiato, mentre divorava la sua colazione ad una velocità impressionante, sotto lo sguardo divertito di Merlin.

Prima che il mago potesse realizzarlo, il re aveva spazzolato via una porzione di pancakes abbondante anche per due persone, lasciando solo qualche traccia di sciroppo sul piatto. Merlin allungò una mano, raccogliendo un po’ di sciroppo d’acero con l’indice e portandoselo alla bocca, leccandosi il dito accuratamente, senza mai distogliere lo sguardo da quello di Arthur. Il biondo re deglutì a vuoto, mentre un brivido gli partì dalla nuca per finire molto più in basso.

“Merlin, se fai così, potrei anche saltarti addosso e non farti più alzare da questo letto per il resto del giorno.” Se quella avesse voluto essere una minaccia, Arthur avrebbe dovuto calibrare molto meglio la sua voce, perché uscì decisamente troppo strozzata.

“…Open your arms, opens your arms, open your arms, baby, let my love come running in…”

Merlin sorrise sornione, senza scostare l’indice dalle proprie labbra: “Cosa posso fare?! Non mi hai lasciato niente per fare colazione…” disse fingendosi offeso.

Fu Arthur ora a sorridere, scostando le coperte e protendendosi verso il mago: “Oh, ma puoi avere me per colazione…” gli sussurrò sulle labbra, sfiorandole con le proprie, ancora profumate di sciroppo d’acero.

Un frazione di secondo dopo, Merlin lo aveva già buttato indietro sul letto, coprendolo con tutto il corpo, facendo cadere rovinosamente a terra il vassoio della colazione. Nessuno dei due se ne curò, e la musica tornò a riempire la stanza, fino a raggiungerli in quel groviglio di coperte.

“…It's been a long time, been a long time… Been a long lonely, lonely, lonely, lonely, lonely time…”

 


NOTE:

1 L’album a cui ci si riferisce è il mitico IV (o Four Symbols o The Fourth Album) pubblicato dai Led Zeppelin nel 1971, in cui Rock ‘n’ Roll compare come 2° traccia del lato A.

2  Si fa riferimento all’episodio 7 della serie 3, "The Castle of Fyrien"

Piccola allusione al molto meno amichevole “I’ll have you for breakfast!” urlato da Arthur all’indirizzo del povero Merlin nell’episodio 2 sempre della serie 3, “The Tears of Uther Pendragon Part II”


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Capitolo 5
*** Il bagno del re ***


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Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP


NOTE SUL BAGNO: Nell’augurarvi buona serata, chiedo umilmente perdono. Sì, è vero, all’inizio di questa raccolta avevo fatto proclami sui miei cosiddetti propositi di mantenermi puntuale con la pubblicazione dei capitoli, postando settimanalmente, e… Ovviamente non ce l’ho fatta nemmeno stavolta. Non cerco più di tanto di discolparmi, sono stata una brutta persona, e basta. Beh, in realtà ho iniziato una nuova long (una Modern Merthur, della quale vi lascio in link, nel caso vi interessasse: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2907488&i=1 ), che mi ha portato via parecchio tempo, e poi l’università che incombe tipo nuvola di Fantozzi.

Un ringraziamento particolare ancora a chi ha recensito i precedenti capitoli e ha inserito la storia tra le seguite, e grazie anche a tutti i lettori silenziosi, perché è grazie a voi che quelli che altrimenti sarebbero solo miei scleri, assumono un vero significato. Grazie.

Ho parlato anche troppo, per cui la smetto di annoiarvi, questo vorrebbe essere un capitolo abbastanza divertente, se mi metto io a fare i pistolotti, finisce che smonto tutta la cosa. Adieu.

Al solito, sarei felice di sentire cosa ne pensate. Un bacio,

Elwing…


bagno

5

Il bagno del re


“Per la novantesima volta, no Arthur!” esclamò Merlin in tono perentorio.

Il biondo in tutta risposta incrociò le braccia sul petto, mettendogli il broncio. “Uffa, ma che problemi hai!?” sbuffò.

“Sei tu ad avere dei problemi, non io di certo!” lo guardò allibito.

“Ma insomma, l’hai fatto centinaia di volte! Non mi sembra questa gran questione! Prometto che non ci vorrà molto!” argomentò Arthur.

“No. Primo, perché devo uscire. Secondo, perché è ora che impari a sbrigartela da solo.”

“Dai, Merlin!” si lamentò.

“No. No, e ancora no. Non ho intenzione di farti il bagno questa volta! Siamo nel ventunesimo secolo, la vasca ha tutti i confort necessari affinché una persona possa farcela perfettamente da sola e in tutta comodità. È ora che il re impari a lavarsi da solo, come un vero bimbo grande.”

Le punte delle orecchie di Arthur si colorarono di rosso, insieme alle sue gote. Afferrò il primo cuscino che vide a portata di mano e lo scagliò contro Merlin. Stava diventando un’abitudine irritante quella di tirargli dietro oggetti di vario peso e natura. O forse, era un vizio che semplicemente non aveva mai perso.

“Brutto scemo!” gli sbraitò dietro il biondo re.

Merlin ridacchiò. “Prendila come una delle tue missioni da cavaliere senza macchia e senza paura, e vedrai che non risulterà un’impresa così titanica!”

“Io sono perfettamente in grado di farmi il bagno da solo, Merlin” disse scandendo il suo nome attentamente, come una sorta di minaccia, “Tuttavia, non vedo perché dovrei farlo, dal momento che ci sei tu!” rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Perché lo fanno tutte le persone normali!” esclamò il mago, esasperato. “E visto che ormai vivi in questo secolo, è bene che inizi a perdere alcune delle tue abitudini da principino medievale e ti rimbocchi le maniche.”

Arthur si studiò le braccia lasciate scoperte dalla t-shirt a maniche corte che indossava, come se si aspettasse di veder concretizzata la metafora usata dall’altro.

Merlin scosse la testa, e con un sorriso ironico lo pungolò: “Sì, ecco, studiati per bene. Quelle sono braccia rubate all’agricoltura, altroché!”

Arthur gli rivolse la migliore delle sue occhiate indignate, con tanto di grugnito: “Domando scusa!? Io non ho nessuna intenzione di diventare agricoltore!”

Il mago sollevò gli occhi al cielo, sospirando, più che esasperato, sfinito, dalle resistenze che il suo re opponeva quando si metteva in testa qualcosa. Arthur si era piantato davanti all’armadio della camera da letto, ostacolandogli il passaggio. Senza aggiungere altro, Merlin provò a spingerlo, con l’intenzione di farlo spostare e condurlo, anche poco gentilmente se necessario, fuori dalla stanza, nel bagno oltre il corridoio. Ma il re, come il mago aveva previsto, oppose resistenza caricandolo con tutto il suo regale peso, costituito in gran parte da muscoli, purtroppo per Merlin.

“Ti dispiacerebbe levarti dai piedi?” gli disse mentre cercava di farlo spostare con tutte le sue forze.

“Neanche per sogno.” Rispose l’altro, visibilmente divertito.

“Molto bene!” esclamò Merlin. Fece vibrare l’oro le sue iridi, mormorando due parole nella lingua magica, e in un batter d’occhio Arthur si ritrovò nel bagno di fronte alla camera da letto, con un’impagabile espressione disorientata in volto.

“Così non vale!” piagnucolò allargando le braccia.

“Oh sì che vale invece, soprattutto se io sono di fretta e tu continui a fare tutte queste storie! Dietro di te c’è la vasca da bagno, non far finta di non sapere come funziona…” Disse non appena vide che Arthur stava già aprendo bocca per ribattere, poi aggiunse: “Buon divertimento, Vostra Maestà!” E con una altro sguardo dorato fece chiudere la porta del bagno, quasi sul naso di Arthur.

“E va bene! Hai vinto!” Lo sentì borbottare da dentro il bagno, seguito da una serie di altre parole incomprensibili, probabilmente insulti, mugugnati a mezza voce.

Lo scrosciare attutito di un rubinetto che si apriva, Merlin sorrise tra sé e sé, aprendo l’anta del guardaroba  e tirando fuori un maglione beige, un paio di jeans scuri e la sua amata sciarpa blu. Quella che si era appena aggiudicato era una piccola, grande vittoria. Non che gli fosse mai dispiaciuto fare il bagno ad Arthur, neanche da quando era tornato, anzi, soprattutto da quando aveva fatto ritorno. Quello che era sempre stato un semplice compito da servitore era diventato un gioco, un momento deliziosamente intimo da condividere. Il più delle volte finivano per farlo insieme, con Merlin che lavava entrambi, perché no, neanche allora il principino si scomodava. Non che fosse un problema per il mago, dal momento che Arthur ricambiava in modo anche più piacevole.

Ma non era quello il giorno per perdersi nelle dolci bolle della vasca da bagno. Inoltre, Merlin si era deciso sempre di più a far adattare il suo re alla vita moderna, per cui era di basilare importanza che Arthur la smettesse di pensare che fosse inconcepibile farsi un bagno senza avere qualcuno che gli massaggiasse la schiena o gli lavasse i capelli.

Arthur brandì il flacone del bagnoschiuma allo zenzero, che Merlin aveva scoperto essere la sua fragranza preferita. “A noi due.” Gli disse con un sospiro, agitandolo e versandone una dose copiosa nella vasca che si stava velocemente riempiendo d’acqua quasi fumante. Troppo copiosa, poiché quando il livello continuò ad aumentare, una minacciosa muraglia di schiuma iniziò a montare, rischiando pericolosamente di strabordare. Immediatamente chiuse i rubinetti, tirando un sospiro di sollievo per esser riuscito a scampare la tragedia. Lasciò cadere distrattamente tutti i vestiti sul tappetino, ed entrò nella vasca, rischiando nuovamente di sollevare uno tsunami di schiuma. Tutti i muscoli si rilassarono a contatto col calore dell’acqua, ed Arthur chiuse gli occhi lasciandosi scivolare indietro, fino a che la nuca non arrivò a contatto col bordo della vasca. Per qualche istante di incantevole quiete si perse nel profumo speziato, ricco e frizzante dello zenzero. Riaprì le palpebre solo per smarrirsi di nuovo a contemplare i movimenti delle bolle di bagnoschiuma e i riflessi colorati della luce che vi si rifletteva sopra. Pensò che forse sì, avrebbe anche potuto abituarsi alla vita moderna e alle sue diavolerie.

Quando dieci minuti dopo Merlin aprì la porta del bagno, venendo investito dal vapore speziato, Arthur si stava passando la spugna sulla schiena. Un sorriso, o forse più un ghigno compiaciuto, si dipinse sul volt del mago.

Il biondo sollevò gli occhi e li strinse a fessure, puntandogli contro la spugna con fare minaccioso: “Non una parola! Non ti ho di certo perdonato!” gli intimò.

Merlin sollevò i palmi delle mani in aria e si strinse nelle spalle: “Vengo in pace. Sono entrato solo per prendere i miei occhiali e avvisarti che esco.” Disse sulla difensiva.

Non attese una risposta, e con due passi raggiunse la mensola dello specchio sulla quale vi erano gli occhiali. Mentre li riponeva nella tasca del giaccone, udì un rumore d’acqua alle sue spalle, e sollevando lo sguardo, vide Arthur riflesso nello specchio risorgere dalla vasca come un dio greco ricoperto di schiuma bianca. Si voltò di scatto.

“Arthur! Che cosa pensi di fare!? Non puoi mica uscire così!... Stai attento! Stai bagnando ovunque!” Lo rimproverò.

“Oh, io non mi preoccuperei più di tanto di questo.” rispose il re.

Quando Merlin spostò il suo sguardo su quello azzurro di Arthur inorridì, perché conosceva esattamente quel particolare ghigno e quella luce perversa che gli brillava negli occhi, e sapeva che non ne sarebbe venuto nulla di buono. Ma il biondo fu più pronto di lui, e prima che il mago riuscisse a difendersi in alcun modo, lo aveva già afferrato per la vita e trascinato con sé nelle profondità della vaca da bagno. Un’ondata di bianca schiuma e acqua profumata fuoriuscì irrimediabilmente dai bordi, con conseguenze devastanti per il tappeto ed il pavimento. Tuttavia, la sorte peggiore toccò al povero mago ed ai suoi vestiti, completamente zuppi d’acqua e bagnoschiuma.

Riemersero entrambi tossicchiando e con gli occhi che bruciavano per il sapone. Arthur rise sonoramente, mentre Merlin gli urlò contro, nonostante i loro nasi fossero a meno di cinque centimetri di distanza.

“Arthur! Brutto asino!.. Sei tutto scemo! Guarda qui! Ma ti sembra normale…!?”

Arthur non gli lasciò terminare la frase, perché lo strinse a sé, o meglio, avvolse col suo corpo caldo i numerosi strati di lana bagnata sotto i quali era sepolto Merlin, e fece schiantare le loro labbra in un bacio meravigliosamente caldo e umido, reso appena più amaro dal sapore del bagnoschiuma.

 



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Capitolo 6
*** Vino e ricordi ***


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Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP


NOTE DELL’AUTRICE: Buon weekend a tutti! Ritorno dopo tempo immemore a pubblicare un capitolo di questa raccolta, che rimane sempre lì un po’ dimenticata e un po’ pensiero costante. Mi sto affezionando molto a queste brevi one shots sulla vita moderna di Merlin ed Arthur. Forse perché amo immaginarmeli di nuovo insieme e felici… In ogni caso, spero che apprezzerete anche questo capitolo, e se avrete voglia di passare a lasciare un commento, mi renderete un’autrice davvero felice.

Alla prossima,

Elwing… 


vino

 

Vino e ricordi

 

Il liquido rosso e corposo scivolò ancora una volta dal collo della bottiglia lungo le pareti trasparenti del calice, lasciando una morbida traccia alcolica a bagnare il vetro.

Il bouquet deciso di quel Bordeaux si mischiò nuovamente all’aroma del legno scaldato dal fuoco che ardeva nel camino, mentre lo scoppiettare delle fiamme davanti a lui sembrava essere l’unico suono a colmare l’aria di casa nel crepuscolo di quella giornata d’ottobre.

Era il terzo bicchiere di fila che si versava, non che ad Arthur importasse particolarmente tenerne il conto, ma ancora quella bottiglia gli sembrava decisamente troppo piena e lui, il vino l’aveva sempre retto fin troppo bene.

Ci sono momenti nella vita di un uomo in cui l’unica cosa sensata sembra fermarsi e smettere di pensare, o se proprio non si riesce, farlo per lo meno con un buon bicchiere di rosso in mano, in modo da riuscire ad annebbiare abbastanza quei pensieri. A coloro che sostenevano il contrario, Arthur aveva sempre risposto col suo sorriso sghembo sulle labbra che sì, l’alcol non risolve i problemi, ma se per questo, non lo fa nemmeno il latte.

Merlin aveva tentato di dissuaderlo, dicendogli che gli avrebbe fatto solo del male, che avrebbero dovuto farlo insieme al massimo, ma che era ancora troppo presto. Arthur aveva fatto finta di desistere dal suo proposito, poi, non appena Merlin era uscito quella mattina, aveva preso le chiavi della macchina e ci era andato lo stesso.

Il passare dei secoli aveva mitigato l’asprezza di quel paesaggio, ma nella sua memoria fu come rivivere tutto allo stesso modo, gli sembrò persino di sentire in lontananza il clangore delle spade e le urla della battaglia, di vedere i lampi squarciare il cielo e il drago bianco planare sopra le loro teste. Gli sembrò persino di avvertire una leggera fitta al costato, come un eco lontano. Tuttavia non trovò nulla di tutto ciò. Il mondo sembrava essersi scordato di quel tempo, fatta eccezione per una piccola scritta incisa nella roccia, dimenticata tra l’erba alta, ma sopravvissuta alle maree del tempo.

Ubi victorum mortorum virtuti honos est.” 1sussurrò Arthur con le labbra accostate al calice, recitando ancora una volta la frase della lapide.

Fu come se il gusto amaro di quelle parole si mescolasse al sapore intenso e secco del Bordeaux, avvolgendole nel suo liquido corposo, nel disperato tentativo di lenirne gli spigoli. Il suo sguardo rimase fermo nel caminetto, ipnotizzato dalla danza delle fiamme.

Udì il rumore della porta che si apriva, i passi scricchiolanti sull’antico parquet e la porta che si richiudeva, ma non ci fece caso volutamente.

“Arthur.” Lo chiamò Merlin in un sussurro quando fu alle sue spalle. Il re non rispose.

Il mago sospirò. Senza aggiungere nulla, si tolse sciarpa e giubbotto, e si sedette di fianco ad Arthur, passandogli un braccio dietro alle spalle e iniziando a muovere le dita affusolate tra le sue ciocche bionde, in un gesto famigliare che sapeva calmare il compagno. Neanche allora però, distolse lo sguardo dal fuoco.

“Ti avevo detto di non fare nulla.” Disse Merlin con dolce tristezza, come se fosse stato perfettamente in grado di leggere nella mente del re e fosse a conoscenza di dove si era recato.

Allora Arthur voltò il capo, fissando il suo sguardo lucido, in parte per l’alcol, in parte per qualcos’altro, in quello di Merlin.

Non gli rispose che non aveva potuto non farlo, non in quel giorno, non in quel primo anniversario da quando aveva fatto ritorno. Aveva sentito il bisogno di andare e vedere Camlann da solo, un’ultima volta.2 Rimase semplicemente a guardarlo, il blu intenso dei suoi occhi era davvero forse l’unica cosa in grado di donargli un po’ di sollievo.

 “Mettersi a bere da soli non è un buon rimedio per nessun dolore del cuore.” Disse il mago con un tono di velato rimprovero.

Arthur stava per ribattere, quando Merlin aggiunse: “L’unico rimedio possibile, è bere in compagnia.”

L’antico re si lasciò andare al primo sorriso della giornata. “Prego, sii mio ospite.” Disse alzando la bottiglia.

In breve, i calici furono riempiti, la bottiglia si svuotò e una seconda fu aperta. Per un po’ rimasero a bere in confortevole silenzio, ma alla fine, fu Arthur a romperlo.

“Come hai fatto a vivere con tutti quei ricordi?” gli chiese in un sussurro non meditato, tanto che quando si accorse di aver pronunciato quelle parole sussultò, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato che avesse ferito Merlin.

Ma il mago inaspettatamente sorrise, di quel suo sorriso dolce e triste allo stesso tempo, uno di quei sorrisi che nascondono un pensiero segreto. “Sai, all’inizio non credevo che ci sarei riuscito. Per questo me ne andai. Pensavo che i ricordi mi avrebbero schiacciato col loro peso… quando ho scoperto che neanche loro sarebbero stati in grado di uccidermi, temetti che mi avrebbero reso pazzo. Un povero vecchio viandante folle…” prese un altro sorso di vino. “… Mi domandai a lungo se non avessi fatto meglio a scacciarli, ma infine capii. I ricordi, anche quelli più dolorosi servono a renderci ciò che siamo. Non curano le ferite, ma diventano tuoi compagni sul cammino della vita: a volte scomodi, altre indesiderati, ma necessari per ricordarci da dove veniamo, chi siamo.”

“Non sono mai stato bravo a venire a patti col passato. Né tantomeno a gestire il dolore.” Osservò Arthur con una nota di amarezza, rigirandosi il bicchiere tra le mani, osservando con annoiato interesse le onde generate dal liquido scuro.

“Lo so, hai la testa troppo dura.” Commentò il mago, facendo passare nuovamente il braccio attorno alle spalle di Arthur.

“A volte mi sembra accaduto tutto ieri, come se non vi fosse distanza temporale tra me e quei ricordi, come stamani, mentre ero lì, e l’eco delle loro grida mi risuonava ancora nelle orecchie… Altre invece, mi sembrano come le memorie di un sogno, distanti, annebbiate da un silenzio lungo millenni, ma non per questo meno dolorose.” Continuò il biondo, stringendosi istintivamente a Merlin, inconsciamente rifugiandosi nel suo abbraccio.

“Io temevo di dimenticare. Avevo il terrore che un giorno mi sarei svegliato da qualche parte, in un mondo non più mio, e non fossi più riuscito a ricordare la consistenza della pietra grigia delle mura di Camelot, il suono delle risate di Gwaine o Lancelot, l’aroma di erbe che seguiva Gaius ovunque andasse, il sorriso di Gwen, o l’esatta sfumatura dell’azzurro dei tuoi occhi, o il modo in cui pronunciavi il mio nome. Ne ero terrorizzato…” Merlin fece una pausa, ascoltando ancora per qualche istante il sussurro del fuoco. “…Poi però, mi accorsi che i secoli che seguirono mi apparivano più indistinti e sbiaditi, mentre le scene della mia vita a Camelot erano sempre dipinte con colori vivaci. Come un albero da frutta che si staglia contro un muro bianco, o stendardi che spiccano nel sole contro un cielo temporalesco. Paradossalmente, con i ricordi più recenti era diverso. Ritornavano, ma solo alcuni di essi, sogni caldi e sfumati, come cose viste nel fuoco… allora mi sono reso conto, che eri proprio tu la variabile a rendere vivi i miei ricordi, a rendere vera la mia vita.”

Arthur emise un sospiro profondo. “Mi dispiace tanto, Merlin. Mi dispiace così tanto che tu abbia dovuto passare tutto questo.”

“Lo rifarei. Aspetterei altri mille anni coi miei ricordi se significasse averti con me, proprio come adesso.”

Il sorriso che Arthur gli rivolse fu più eloquente di qualsiasi parola. “Merlin…” sussurrò solo come in una preghiera, un incantesimo.

“Imparerai anche tu a convivere con i tuoi ricordi.” Gli sorrise in risposta Merlin, accostando teneramente la fronte a quella del suo re. “Con i peggiori, così come con i migliori.”

“Sono troppo ubriaco per parlare di ricordi tristi.” Osservò Arthur dopo un attimo di silenzio con un ghigno.

“Allora non parliamone più.” Disse semplicemente Merlin.

Trascorsero il resto della sera, nonché il resto della seconda bottiglia, a ricordare i loro amici, quei momenti felici che avevano trascorso al tempo della loro prima giovinezza insieme.

“…Mio padre pelato con in testa quello stupido cappuccio è uno spettacolo difficile da dimenticare!” rise Arthur.

“Sì, mentre tu continuasti a ragliare come un vero asino per tutta la settimana successiva!” gli ricordò Merlin. “Mai trasformazione fu più appropriata.”

“Hey!” Arthur gli tirò una gomitata, fingendosi imbronciato. “Voglio ricordarti che tu una volta cadesti di sella perché ti addormentasti mentre eri a cavallo.” Disse con un sorriso beffardo.

“Se proprio vogliamo parlare di cose ridicole, non ti dimenticare di come eri bello travestito da sempliciotto quando incontrammo Tristan e Isolde!”

“Non vale! Quello fu decisamente colpa tua! E poi io sono sempre bello!” esclamò Arthur con le gote arrossate e un sorriso impertinente sulle labbra.

 

NOTE:

  1. Ubi victorum mortorum virtuti honos est = Dove viene onorata la virtù dei morti vittoriosi” frase latina di mia totale invenzione, non si riferisce a nessuna lapide esistente, non di cui io sia a conoscenza almeno XD.
  2. Mi riferisco all’anniversario della battaglia di Camlann, ovviamente, anche se anche questa è una mia invenzione del tutto arbitraria.

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