Victoria's Memories. Blanche

di Kirara_Kiwisa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Fenrir ***
Capitolo 3: *** Un Viverna è per sempre ***
Capitolo 4: *** La malvagità veste il bianco ***
Capitolo 5: *** Un angelo alla conquista delle Fiamme ***
Capitolo 6: *** Il primo volo ***
Capitolo 7: *** Nei suoi occhi ***
Capitolo 8: *** Oscurità ed ali nere ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Le fiamme degli Inferi.
Sono rimasta a lungo avvolta in esse. Facevano male, bruciavano l’anima ma non quanto la Conversione.
Dopo la sconfitta, dopo la battaglia contro gli Angeli.
Superai i Cancelli e, giudicata davanti ad essi, venni condotta fra i traditori. Di nuovo.
Ecco dove trascorsi diverse decadi.
Gli anni passarono lentamente, portando via in fine anche i ricordi con loro.
Un giorno, improvvisamente, feci ritorno. Senza un perché, senza permesso, fui chiamata.
Trovai il mondo differente. Privo della mia presenza, era andato avanti, mutando.
Nuovi Re si erano eretti sui popoli ed io rimasi spersa, circondata dai Draghi.
Fu difficile, affrontare il freddo fuori dall’Inferno.
Non le sole fiamme vollero inseguirmi, per riportarmi in esso. Qualcosa di diverso dal fuoco, salì verso di noi per condurmi dove ormai appartenevo.
Ali nere. Un angelo caduto. Ecco cosa ero diventata.
E qualcuno mi voleva, contrapponendosi a chi sulla Terra mi aveva chiamata.
Fu l’inizio di una nuova lotta. 

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Capitolo 2
*** Fenrir ***


Mi risvegliai, constatando che mi ero addormentata.
Nolan mi fissava, seduto sulla carrozza davanti a me. Mi sorrise, poi tornò a scrutare le colline all’orizzonte. 
Mi volsi nella sua stessa direzione, cercando di intuire che ora fosse.
Il sole aveva superato lo zenit. Avevo dormito per qualche ora, eppure sembravano passati pochi istanti.    
Non ricordavo nemmeno l’ultima volta che avevo riposato appropriatamente. Le scorse notti erano state cariche di eventi e, i giorni che le avevano seguite, necessari per leccare le relative ferite.
Sbadigliai. A svegliarmi era stato il movimento sussultorio della carrozza. In realtà avevo bisogno di dormire ancora.
- Dimmi che ci siamo-
Supplicai.
- Quanto manca alla capitale?-
- Veramente…-
Iniziò dicendo.
- Stiamo viaggiando nella direzione opposta-
Sussultai, smettendo istantaneamente di sgranchirmi le gambe.
- Perché?-
Chiesi ingenuamente, certa che mi fossi persa qualcosa.
- Perché non stiamo andando lì-
Rimasi spiazzata, esigendo maggiori dettagli.
- Ho alcuni problemi interni, ultimamente-
Spiegò, come se non lo sapessi.
- Preferisco non rivelare la destinazione con troppo anticipo-
La mia espressione non mutò. Continuai a fissarlo imbambolata.
- E con “troppo anticipo” tu intendi…?-
- Fino a che non sono arrivato-
Sbottò, con sicurezza.
- Ottimo-
Affermai.
- E’ un miracolo che il cocchiere sappia dove andare-
Nolan sorrise, se pur il suo fosse un sorriso così amaro.
- A proposito di problemi interni…-
Tentai di iniziare il discorso, approfittando del fatto che ne stessimo già parlando.
- Hai scovato la spia?-
Nolan mi fissò ad occhi sgranati.
- Se l’avessi fatto, non avrei paura di rivelare alla corte i miei spostamenti-
- Giusto, giusto-
Non riuscivo ad arrivare al punto. Dovevo provare in un altro modo.
- Con la fidanzata come va?-
Gli occhi del demone si ingigantirono ancora di più, se possibile.
- Perché lo chiedi?-
- Perché non dovrei?-
Nolan tacque, scrollando le spalle.
- Come mai hai lasciato il vampiro?-
Roteai gli occhi, distogliendo lo sguardo. Non sarei arrivata a niente con lui.
Il demone sospirò, grattandosi la testa e, alla fine, rispondendo.
- Non è più la mia fidanzata comunque-
Fui io a sussultare.
- Vi siete lasciati?-
- Era un matrimonio combinato-
Espose, come se questo spiegasse tutto.
Rimasi in silenzio per un attimo.
- Dunque non sarà più regina-
- No, infatti-
Sospirai. Motivo in più per volerlo morto. Avrei dovuto agire in fretta, se volevo salvargli la pelle.
- E ora lei dov’è?-
Volse lo sguardo verso di me, fissandomi.
- Perché vuoi saperlo?-
Scossi le spalle.
- Curiosità. Sarà ad attenderci dove stiamo andando?-
- No-
Affermò.
- Non ho detto a nessuno dove siamo diretti. Nemmeno a lei-
Meglio. Questo ci dava più tempo per sopravvivere.
- Hai mai pensato seriamente…-
Iniziai il discorso.
- Che potesse essere lei a tradirti?-
Nolan mi guardò storto.
- No, non credo-
- Però non le hai detto dove andiamo-
Puntualizzai. Non doveva fidarsi poi tanto.
- Non mi fido, di quel che potrebbe dire e a chi lo potrebbe dire-
Precisò.
Io annuii.
- Certo. Tipo ad Abrahel…-
- Victoria-
Affermò esasperato.
- Stai cercando di dirmi qualcosa?-
- In effetti sì-
Risposi, al suo evidente stato di nervosismo.
- Ho torturato Abrahel-
Sbottai.
- Gli ho posto domande riguardo al traditore. Sono certa che si tratti della tua ragazza-
- Abrahel mente-
Replicò.
- Mente da quando è stato concepito! Se possibile-
- Era sincero-
Spiegai.
- Sono brava a rendere le persone sincere-
- No-
Continuò il demone, scuotendo il capo.
- So che non è stata lei, come so che anche Lilith e Abaddon sono innocenti. Mi fido di loro tre-
Tacqui un momento.
- Loro sanno dove andiamo?-
- No-
Rispose.
- Non l’ho detto nemmeno a loro-
Non aggiunsi altro.
 
Arrivammo nel tardo pomeriggio. La carrozza attraversò dei cancelli, superando le guardie innanzi ad essi. Proseguì per un lungo viale alberato, fino a raggiungere una residenza.
Scendemmo, davanti al portone ancora chiuso. Sembrava che in effetti non fossimo attesi.
Nolan fece strada mentre io ammiravo la grandezza di quel che pareva un castello.
Una roccaforte, costruita su di una collina.
- Dove siamo?-
Chiesi, sperando di poterlo finalmente sapere.
- Nella regione di Wells-
Espose.
- Mi piace questo posto. Ci venivo sempre d’estate-
Le grandi porte di legno iniziarono ad aprirsi, intanto Nolan respirava l’aria fresca. L’autunno stava arrivando.
- Qui mi sento al sicuro-
Ammise, parlando d’istinto, quasi senza pensare.
- Perché?-
Mi fissò, sorridendo.
- Ho un cane sul retro. Vicino a lui mi sento ben protetto-
Stavo per replicare, non trovandolo poi così utile contro Abrahel. I servi ci interruppero, scattando fuori e circondandoci velocemente.
- Sua Altezza!-
- Sua Maestà!-
Ripetevano, dopo essersi tutti rigorosamente inchinati alla presenza del Principe.
- Benvenuto!-
- Accomodatevi!-
Ci presero d’assalto, scrutandomi in modo strano. Nolan mi presentò alla governante della residenza, spezzando l’imbarazzo. Informò che mi sarei fermata per qualche giorno e di prepararmi una stanza. Fece consegnare il mio bagaglio dal facchino, che aveva viaggiato seduto accanto al cocchiere. Solo allora notai che tutta la guardia reale non ci aveva seguiti.
- Dove sono?-
Domandai.
- Abbiamo viaggiato soli?-
- Sono tornati alla capitale-
Spiegò, conducendomi all’interno del castello.
- Scortando una carrozza uguale alla nostra-
- Chi c’era dentro?-
- Nessuno-
Disse.
- Era un diversivo-
- Nolan-
Lo bloccai.
- Ti prego, fatti aiutare a smascherare il traditore. Non puoi vivere con queste paranoie-
- Non capisco di cosa parli-
Mormorò.
- Viaggiare con due carrozze è la prassi. C’è la metà delle probabilità di essere colpiti-
La prassi. Vita da erede al trono. Lo capivo, eppure non desideravo dargli ragione. A parer mio, eliminata la spia, avrebbe smesso di preoccuparsi tanto.
Sospirai. Ci avrei pensato io. Dovevo sempre pensarci io.
 
Mi accompagnò per le scale della roccaforte, indicandomi velocemente dove avrei potuto trovare ciò di cui avevo bisogno. Le cucine, la sala da pranzo, i giardini interni ricchi di splendidi fiori, una biblioteca ben fornita. Le stanze della servitù e delle guardie si trovavano all’esterno. Non solo quelle si trovavano sul retro, vicino alla cuccia del cane. Dalle finestre scorsi anche una foresta molto fitta.
- Quella cos’è?-
Domandai.
- Si può visitare?-
- Cosa trovi di così interessante in un paio di alberi?-
Mi schernì, conducendomi verso la mia camera. Tentai di seguirlo, memorizzando la strada. Peggio della Gold Sea non poteva essere.
- Mi piacciono le foreste-
Lo informai.
- Sono cresciuta accanto ad una foresta-
- Tu odi casa tua-
Mi rammentò, come se lo avessi dimenticato.
Non so perché, sorrisi. Sì, odiavo terribilmente casa mia.
- Però abitavo accanto ad una foresta colma di demoni-
Raccontai.
- Mi piaceva-
Cadde il silenzio fra noi, in quegli attimi ricordai la notte che l’avevo attraversata per la prima volta. Fu la fuga migliore di sempre, anche se alla fine venni catturata dal Re dei Demoni.
- Avevo appena percorso la foresta confinante con il tuo regno, a cavallo con il mio paese. Quel bosco a nord-est rispetto a qua-
Iniziai dicendo.
- Insomma, da casa mia lo oltrepassai tutto per giungere fino alla capitale, il giorno in cui ti ho visto per la prima volta-
Si bloccò, voltandosi lentamente verso di me. Mi fissò preoccupato, con i suoi brillanti occhi d’oro.
- E quindi?-
Rimasi spiazzata dal suo tono di voce, così aggressivo.
- Quindi…?-
- Cosa vorresti dire con questo?-
Chiese molto nervosamente.
- Nulla-
Rivelai, allibita dalla sua eccessiva reazione.
- Calmati. Dico solo che mi piacciono i boschi e vorrei usarlo per passeggiare-
- Hai tutto il castello. Tutto. E’ molto grande Victoria-
Puntualizzò.
- Ci sono ettari di terreno sul davanti. Ti ho già indicato i giardini interni…?-
- Ooh. Ora ho capito-
Sbottai.
- Una foresta proibita. Forte! In tutte le storie di demoni che ho letto c’è sempre…-
- Victoria-
Interruppe.
- Tu lì non ci devi entrare, davvero-
- Tu devi licenziare Abaddon-
Ribattei, con la stessa fermezza.
Nolan mi fissò un attimo, sgomento.
- Cosa? Ora anche Abaddon è un traditore?-
- No-
Scossi le spalle.
- Almeno non credo. Ho solo detto una cosa assurda, come te del resto. Pensavo fosse un gioco-
Nolan si coprì il volto con le mani.
- Cose assurde che entrambi dovremmo fare ma che ti certo non faremo-
Continuai.
- Victoria davvero, non puoi entrare lì dentro-
- E tu devi permettermi di uccidere la tua ex-
Spiegai.
- Questa però non è una cosa assurda-
Conclusi.
 
Aprì la porta della mia stanza, mostrandomela. Il bagaglio era stato adagiato accanto al letto.
Ebbi l’impressione che fosse un appartamento, più che una camera. Mancava la cucina, per il resto c’era tutto. Salotto, con balcone, piccola sala da pranzo privata, con terrazza, camera da letto con balconcino, antibagno e bagno, senza balconi. Il tutto, escluso i balconi, suddiviso in cento metri quadrati.
Voleva mollarmi lì, senza proseguire il discorso ma non glielo avrei permesso.
- Aspetta-
Lo supplicai.
- Devi ascoltarmi. Non posso lasciare che ti uccidano. Tu mi servi, vivo-
Il demone incrociò le braccia, leggermente offeso.
- Bene. La vogliamo mettere in questo modo? Anche tu mi servi. Ho bisogno della tua forza, per sconfiggere le truppe di Abrahel. Eppure non mi hai permesso di proteggerti, ti sei messa in pericolo, hai lasciato che ti ferissero. Sei morta, addirittura. Ci siamo incontrati negli Inferi, ricordi?-
Roteai gli occhi. Cavolo, aveva ragione. Predicavo bene e razzolavo male.
- Va bene, lo ammetto-
La vendetta era più importante dell’orgoglio.
- Ma tu non devi fare i miei stessi errori. Tu sei meglio di me!-
Tentai, allargando le braccia verso di lui in segno di lode. Non funzionò. Il Principe continuò a squadrarmi storto.
- Avanti Nolan-
Incitai.
- Sono tornata, sono qui! Ho lasciato la nave, ti ho seguito. Sono qui solamente per farmi aiutare da te ma se muori, non potrai farlo-
- Solamente?-
Ripetè, irritato.
- Per cosa credevi che fossi tornata?-
Domandai, aprendo un discorso interessante. Se riteneva che mi fosse mancato, si illudeva.
Non avrei ripreso il suo fianco, se quella notte Hella e Abrahel non mi avessero tolto tutto.
Sulla Gold Sea ero riuscita a costruire qualcosa, una famiglia. Non rimpiangevo la vita sulla terraferma, divisa fra le bugie di Nolan e quelle di Abrahel.
Il mezzo demone, aveva toccato con mano la mia determinazione a riguardo.
Quando ero corsa a salvarlo, da quella strana trappola in cui era caduto, mi stava per lasciare andare. Messo davanti all’evidenza, aveva concesso di liberarmi dal marchio e di non vederci mai più. Improvvisamente poi io ritornavo, senza tante storie e senza condizioni. Riprendevo il posto accanto a lui, senza mai voltarmi in direzione della nave.  
Sapeva che c’era qualcosa dietro, eppure non mi forzava nel dire cosa.
- Comunque…-
Proseguì, mettendo una pietra sopra sul mio “solamente”.
- Se parli di uccidere i membri del Concilio credo che ormai tu possa provare a…-
- No-
Lo bloccai.
- Non si tratta di un paio di streghe. Tu devi aiutarmi ad andare all’Inferno-
Non suonava bene, detto ad alta voce. Me ne rendevo conto.
Questa frase lo colpì. Sciolse le braccia, appoggiandosi alla prima sedia disponibile.
- L’Inferno?-
- Sì. Da quel che ho capito tu ci vai spesso. Sei appena tornato-
- Sì, sono appena tornato…-
- Ecco, vorrei che tu mi accompagnassi lì. Poi, se vuoi, puoi andartene. Ah magari se mi vieni a riprendere-
- Non sono una carrozza-
- Farò quello che vorrai, se mi porti nel distretto di Hella-
Lo sguardo del mezzo demone divenne ancora più preoccupato. Dovette sedersi alla fine, su quella sedia.
- Perché vuoi Hella?-
Non risposi. Scossi le spalle, cercando una via di fuga nella conversazione. Nolan non me la lasciò.
- Le hai già tolto suo figlio-
Ricordò. Io tremai a quelle parole.
Anche lei.
Cercai una scusa. Una qualunque. La più semplice. Quelle troppo complicate puzzavano sempre di bugia.
- E’ l’alleato più potente di Abrahel-
Ricordai. Su questo non avevo torto.
- Eliminata lei, abbiamo un vantaggio-
- Se siamo morti, non abbiamo nessun vantaggio-
Replicò il ragazzo.
- Ho fatto arrabbiare parecchio Abrahel-
Ammisi. Nemmeno su questo avevo torto.
- L’ultima volta ha giurato di sguinzagliarci Hella contro. Ci ucciderà se non ci muoveremo per primi-
Su questo, potevo avere ragione. Chissà.
Nolan mi fissò pensieroso. Sapeva che poteva accadere. Il suo piano di catturarmi sulla Gold era fallito, lo avevo torturato e probabilmente non avrebbe atteso molto prima di tentare di nuovo. Questa volta in un modo più violento e sanguinolento del primo.
- Anche se ti porto lì, non sopravvivresti alla paura-
Ricordò.
- La paura nei confronti degli Inferi-
- Insegnami allora a non aver paura-
Il demone scosse il capo.
- Non c’è un modo. Un angelo non può camminare all’Inferno, non senza mutare-
Questo discorso mi interessò.
- Un angelo può mutare?-
- Le sue ali possono diventare nere, trasformarsi in un angelo caduto-
- E come?-
- Subisce la Conversione, da parte dei diavoli-
- Ecco!-
Urlai.
- Aiutami in questo!-
- Il discorso termina qui-
Eruppe il ragazzo, alzandosi in piedi.
- Come?! No!-
- Non ti starò vicino in questa pazzia-
- E io non…non guarderò mentre la tua ex ti uccide! Anche la tua cecità è pazzia-
Sbuffò, affermando che stavo parlando di due cose completamente diverse. Assurda paranoia contro la ferma certezza di farsi uccidere all’Inferno.
- Se c’è un modo per fermare Hella, lo troverò io-
- No, aspetta. Non puoi farlo. Non puoi togliermi questo!-
Gridai, con una tale rabbia e con la voce così colma di dolore da bloccare il demone. Si volse, fissandomi negli occhi. Tentai di calmarmi, di non mostrare quel che in realtà avevo dentro.
- Voglio ucciderla, con le mie mani-
Lessi sulle sue labbra una domanda. Stava per porla, era lì, già pronta. Eppure si contenne, sopprimendola. Sospirò, raccontandomi una storia.
- Sono vivo perché qualcuno negli Inferi mi ha aiutato-
Espose.
- Io e Lilith, siamo vivi perché non siamo i soli a volere Hella morta-
Lo fissai incredula, non capendo.
- C’è stata una rivolta, nel suo settore. Lo ha perso, non detiene più il regno dell’oltretomba. Adesso è solo una regina deposta, un po’ troppo brutta e arrabbiata-
Continuò, sorridendo.
- Senza quella sommossa cappeggiata dagli spiriti e dai diavoli, avvenuta nel momento giusto, non ne saremmo usciti vivi-
- Tu sei stato ferito però-
Ricordai.
- Poteva andare peggio. Molto peggio. Lilith non è tornata, non ancora almeno-
Svelò.
- Aveva bisogno di più tempo. E’ stata ferita molto gravemente-
- Perché vi hanno aiutati?-
Domandai, non capendo. Nolan scosse le spalle.
- Qualcuno più forte di lei ha deciso che era il momento di un colpo di stato. In questo momento nei suoi territori, in quelli che una volta erano suoi, sta avvenendo una pesante ribellione. Quando sono tornato non era ancora finita. Non possiamo scendere-
- Ma saranno passati anni da quando sei tornato!-
Replicai.
- Le ribellioni infernali non sono mai brevi. Stanno facendo la storia laggiù. Per millenni Hella era la sovrana, anche il libro di storia demoniaca più antico del mondo riporta lei come regina. Eppure da oggi, quel settore sarà dominato da un angelo caduto-
Spalancai gli occhi, curiosa.
- Davvero? Un angelo sovrano degli inferi?-
Il mezzo diavolo sorrise.
- Almeno fino al mio arrivo-
Lo fissai intensamente, non permettendogli ancora di andarsene.
- Allora è vero-
Lo incuriosì, si volse chiedendomi cosa fosse vero.
- Vuoi conquistare gli Inferi-
- Tu vuoi praticamente conquistare il mondo-
Non volevo conquistare il mondo. Volevo sterminare gli Angeli da sempre, desideravo distruggere il Concilio da altrettanto tempo. Mi sarebbe piaciuto vedere il Regno delle Fate purificato dalla presenza di quest’ultime, il Regno dei Demoni però non mi interessava. Glielo lasciavo, dunque non volevo proprio conquistare il mondo.
- Sai che ha scatenato tu Hella contro di noi?!-
Sbottai, sorprendendolo ulteriormente.
- Lei non avrebbe mai preso il fianco di Abrahel, se tu non le avessi invaso il territorio!-
Mi aspettavo una litigata furiosa, nella quale lui mi avrebbe elencato le motivazioni del suo gesto. Magari avrebbe difeso le sue scelte di torturare i nemici negli Inferi, di scendere così spesso nella sua sezione. Io avrei fatto finta di non capire, tanto per il gusto di litigare. Invece, non accadde niente del genere. Se ne andò, lasciandomi come una stupida da sola. Detestavo quando lo faceva.
 
Quel confronto mi aveva fatto arrabbiare.
Le sue parole, la sua cocciutaggine e il suo comportamento mi avevano innervosito.
Solcai i cento metri quadrati delle mie stanze più volte, poi compresi che dovevo uscire. Necessitavo di sfogarmi.
Io ero lì per lui e, per riconoscenza, Nolan nemmeno voleva ascoltare i miei suggerimenti per non farsi uccidere. La mia richiesta di essere assistita nella discesa nell’oltretomba era finita allo stesso modo. Provavo rabbia, mista ad impotenza. Dovevo fargliela pagare. Fu allora che la vidi dal balcone: la foresta.
Mi diressi alle porte, aprendole con decisione e richiudendole con altrettanta enfasi.
C’erano delle guardie oltre esse.
Sbuffai, tornando ad aprirle lentamente. Fissai le schiene degli uomini in divisa davanti alle mie stanze. In fondo, non sapevano che stavo per trasgredire le regole del loro Principe. Decisi di tentare. Spalancai un’anta e feci un passo avanti. I demoni si volsero contemporaneamente verso di me, fissandomi con in pugno una lancia ciascuno. Chiesero se necessitavo di qualcosa.
- Fatemi passare-
Ordinai.
- Per qualunque suo desiderio, possiamo assisterla qui nei suoi appartamenti-
Spiegarono all’unisono.
- Non credevo di essere prigioniera-
- Infatti lei è un ospite, Signora-
Rispose una guardia.
- Però non posso uscire?-
- Per qualunque suo desiderio…-
Ricominciarono.
Nolan mi aveva fregata. Prima mi faceva credere di essere libera, poi dimostrava di trattarmi da carcerata. Riponeva così poca fiducia in me, mi sentii offesa.
Dovevo trovare un’altra strada per disubbidire.
Chiusa la porta in faccia alle guardie, mi diressi ad uno dei numerosi balconi.
Spalancai gli ampi vetri, notando che le mie stanze davano su di una rupe. Nolan lo aveva fatto apposta. Ultimo piano di un castello, ala di esso che si affacciava su di un dirupo. Non era casuale, sicuro.
Oltre la rupe, all’orizzonte adagiato all’interno della valle, si stagliava il bosco.
Nel bel mezzo della foresta mi pareva di vedere un lago, come se fosse soffocato nella morsa della boscaglia. Le cime degli alberi a malapena lo mostravano, gelosi dello specchio d’acqua.
Dovevo trovare un modo per raggiungerlo.
Decisi di saltare dal balcone.
Ero sopravvissuta a tante cose, ce l’avrei fatta anche contro un balzo nel vuoto.
La valle si trovava in discesa rispetto a me, se non facevo attenzione sarei arrivata rotolando.
Respirai profondamente. Si trattava solo di atterrare in piedi. Atterrare in piedi su quel piccolo lembo di terra piana che scorgevo, antecedente il ripido pendio che separava la tenuta dal bosco.
Una volta atterrata, con prudenza, avrei percorso la collina sino alla valle.
Tutto si basava su quel salto.
Chiusi gli occhi e mi lanciai.
In caduta libera, verso il nulla.
Solitamente atterravo in piedi, ero brava a farlo. Ci contavo mentre l’aria mi colpiva forte sul viso e mi scompigliava i capelli. Mentre il cuore si trovava in gola e la pressione sanguigna schizzava alle stelle. Ci contavo, anche quando mancai il lembo di terra.
Giunsi così alla foresta nella maniera che temevo: rotolando.
Caddi inesorabilmente, trovandomi in brevi attimi a percorrere la collina. Ero inarrestabile, niente poteva fermare la mia corsa verso la vallata.
L’unica cosa che fu in grado di frenarmi fu la foresta stessa. Un albero.
Il colpo fu forte e il dolore considerevole ma quando riaprì gli occhi, fui soddisfatta. Ero giunta alla foresta e senza ferite serie. Almeno speravo.
Ancora a terra, posai le mani al suolo e cercai di alzare leggermente il capo per osservare il castello. Era davvero in alto. Da dove mi trovavo, il palazzo reale sembrava essere edificato su una cima altissima e inespugnabile. Ancora non sapevo come avrei fatto per tornare indietro.
- Ma che bel salto-
Alzai o sguardo, verso quella strana voce. Roca e possente.
Rimasi agghiacciata quando lo vidi, così grande.
- Oppure dovrei dire, che bella caduta-
Aprì le fauci, quasi per sorridere. Un lupo. Un lupo, alto quanto un albero.
Mi ritrassi all’istante, strisciando lontana da lui. I suoi occhi mi fissavano, le sue orecchie fremevano ad ogni mio, rumoroso, movimento.
Fece un passo avanti verso di me, raggiungendomi all’istante. Il terreno tremò sotto le sue zampe. Ingombrante e pesante eppure era riuscito a cogliermi di sorpresa, affiancandomi così silenziosamente.
- Come hai fatto a sopravvivere?-
Continuò a chiedere. Io fissai d’istinto il simbolo scarlatto che Nolan mi aveva marchiato a fuoco sul polso. Non brillava, quindi non ero in pericolo di vita. Né per la caduta, né per il lupo.
- Hai perso la parola?-
Rinsavii.
Parlare. Dovevo parlare. Dirgli qualcosa. Avevo davanti un lupo gigante che sorrideva e voleva conversare, ed io non avevo argomenti.
- Sono dura-
Risposi.
- Non mi spezzo le ossa…facilmente-
Il demone sorrise, mostrando i canini. Inquietante.
- Perché sei qui?-
Ecco il dunque. Voleva sapere per quale motivo ero volata fuori dal balcone, rotolando per tutta la collina e sbattendo contro un albero della foresta. In effetti iniziavo a chiedermelo anch’io.
- Non potevi usare il sentiero?-
Propose il lupo, indicando con lo sguardo il lungo viale che collegava la roccaforte aggirando il pendio. Il sentiero. Esisteva un sentiero. Un comodo e facile sentiero, vicino alle case della servitù. Maledette guardie di Nolan.
- Ho preso…la strada più corta-
Sbottai.
- Sì, ho notato-
Si sedette. Si sedette sulle zampe posteriori e allora sì che la terra tremò. Si accucciò, fissandomi con i suoi occhi giganti a cui io non potevo sfuggire.
- Perché tanta fretta?-
- Volevo attraversare la foresta…prima che faccia notte-
Rise. Un lupo che rideva. Stava sghignazzando e tuta la valle poté sentirlo. Sperai solo che non lo sentisse anche Nolan.
- Un ospite del Principe che vuole entrare nella foresta-
Riassunse.
- Era tanto che non mi divertivo così-
- E’ stato il Principe a mandarmi. Devo arrivare al lago-
Provai a dire, alzandomi coraggiosamente dal suolo. Me ne pentii, quando il lupo perse il sorriso e divenne improvvisamente serio.
- Sai chi sono io?-
Lo scrutai. Avevo una teoria. Conoscevo solo un demone dalla forma di un lupo gigante.
- Io sono Fenrir e sono a guardia della foresta. Non farò entrare una bugiarda-
Ero partita con il piede sbagliato.
- Va bene, mi dispiace-
Mi scusai, certamente non desiderando inimicarmi Fenrir.
Il cane di cui parlava Nolan, che aveva la cuccia sul retro. Ci credo che si sentisse più al sicuro accanto a lui. Non capivo perché lo tenesse semplicemente a guardia di un bosco, un demone così era sprecato.
- Il Principe non sa niente-
Continuai.
- Volevo solo fare una passeggiata-
- Non si può entrare nella foresta. Non è un posto per passeggiare-
Sbuffai.
- Cosa contiene? Perché è proibita?-
- Demoni-
Rivelò, con la sua possente voce.
- Demoni-
Ripetei io.
- Contiene demoni? Tutto il regno contiene demoni! Ascolta Fenrir…-
Mi avvalsi dei miei studi per convincerlo ad entrare. Ormai ero diventata curiosissima. 
- Permettimi di entrare, arrivo fino al lago e torno indietro. Me lo devi questo favore-
Il lupo si alzò in piedi su tutte e quattro le zampe, scrutandomi perplesso. Tentai di essere più esaustiva.
- Recentemente, ho eliminato l’anima dell’ultimo figlio di Hella, tua sorella-
Secondo la storia demoniaca i due appartenevano alla stirpe di Loki. In seguito all’unione con una gigantessa, nacquero tre demoni. Demoni destinati a distinguersi, anche fra i loro pari. L’ultimo di essi era Miðgarðsormr, un serpente marino gigante che comparirà solo durante la fine del mondo.
Fra il lupo e la Dea non correva buon sangue. La sorella, quando era ancora molto giovane aveva tradito i genitori. Per vanità si era mostrata alla Terra rivelando il segreto della loro esistenza. Attirate le ire sulla sua famiglia, sui genitori che avevano generato esseri così mostruosi persino per i demoni stessi, condannò i due fratelli maschi ad essere imprigionati. Lei venne risparmiata, per le sue fattezze e i suoi doni benefici nei confronti della natura. All’epoca non era ancora un mostro che distribuiva morte sul mondo.
- Lilith-
Pronunciò il lupo. Mi volsi di scatto, cercandola.
- Dov’è?-
Chiesi, irrigidita.
- Lilith-
Riprese la creatura.
- Ha ucciso una discendente di Hel anch’essa-
Era informato, io annuii.
- Bene, vuol dire che la ringrazierai più tardi. Intanto per saldare il tuo debito con me, potresti…-
Indicai la foresta con il dito indice.
- No-
Ringhiò la bestia, parandosi innanzi a me. Mi ritrassi.
- Nessuno può entrare. Non dipende da una mia scelta-
Spiegò il lupo.
- E’ la volontà del Principe-
Feci un passo indietro, alzando il collo fino agli occhi così alti del demone. Li cercai, nell’ombra del sole che velocemente si nascondeva dietro la collina.
- Va bene, Fenrir…-
Iniziai.
- Desidero riscuotere in anticipo un debito che avrai con me in futuro-
Mi fissò, curioso di sapere cosa mi inventavo.
- La morte di Hella-
Spiegai.
- Io la ucciderò e tu mi dovrai un favore. Vorrei riscuoterlo adesso. Fammi passare-
Non lo convinsi nemmeno per un attimo.
- Tu non ucciderai Hel. Nessuno può-
- Vuoi scommettere?-
Domandai, con fermezza.
Per la prima volta, fu Fenrir ad arretrare davanti a me.
Scorse il fuoco nei miei occhi, la rabbia, il dolore, il desiderio di vendetta. Il mio sguardo ne era colmo più del suo. Hella mi aveva tolto molto e lui, questo, lo percepì.
- Mi dispiace-
Sbottò la creatura.
- Per cosa?-
La bestia tornò a sedersi.
- Per qualsiasi cosa ti abbia fatto-
Sorrisi. Era un bravo cucciolo, in fin dei conti.
- Non preoccuparti. Pagherà presto-
Lo avrei vendicato, quel ragazzo che avevo visto sulla soglia dei Cancelli degli Inferi. 

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Capitolo 3
*** Un Viverna è per sempre ***


Eccezionalmente, il demone a guardia del bosco aveva permesso a qualcuno di entrare. Qualcuno che non aveva ricevuto il consenso del Principe.
Si era dimostrato angosciato, poco prima di lasciarmi, per la punizione che avrebbe potuto subire. Gli avevo promesso che lo avrei impedito, nel caso fossi stata scoperta.
Non avrei permesso a Nolan di prendersela con il lupo.
Sospirai, camminando immersa fra gli alti alberi. Ce l’avevo fatta. Ero entrata.
Si percepiva l’aria fresca della sera, l’odore di un bosco umido e pieno di muschio. Mi sarei immaginata di trovare silenzio, in realtà mi circondavano strani suoni. Animali in volo, il fruscio di foglie trasportate dal vento, lo strisciare di piccole creature e il misterioso movimento di alcuni cespugli.
Mi sentivo osservata e in compagnia, in quella passeggiata verso il lago.
Scossi le spalle, cercando di rilassarmi comunque, quando qualcosa mi afferrò una caviglia. Caddi in ginocchio, urlando. Mi volsi, osservando nella penombra una strana luce fosforescente dietro di me.
Inizialmente credetti di avere le visioni, poi notai che al calar del sole tutta la foresta si stava illuminando. I tronchi degli arbusti, le loro fronde e radici, emanavano luce. Attorno alla gamba si era avvinghiato qualcosa di ruvido e luminoso, una protuberanza dal terreno. Una radice.
Il contatto non durò a lungo, dopo poco il mio calore la ferì. Essa mi lasciò andare ed io potei alzarmi, scuotendo le foglie secche dai vestiti.
- Scappa! Scappa!-
Udii una voce stridula sopra la mia testa. Alzai lo sguardo e, su di un ramo illuminato, scorsi uno strano pappagallo. Appollaiato mi fissava, sbattendo incessantemente ali scintillanti ma che parevano così pesanti. A prima vista, dovevano essere d’oro.
- Arriva! Arriva!-
Continuò il grande uccello.
- Chi?-
Domandai.
- Chi sta arrivando?-
- Presto! Presto!-
- Ma cosa sei? Un pappagallo?!-
- Alicanto! Alicanto!-
Avevo letto qualcosa a riguardo. Si trattava  di un uccello che amava divorare oro e argento e che non poteva volare, a causa delle sue ali davvero troppo pesanti. Le sue piume infatti erano composte da quel metallo così prezioso, di cui lui si nutriva.
Non sapevo cosa ci facesse lì, credevo che il suo habitat naturale fosse più a sud.
- Chi arriva?-
Continuai ad interrogarlo.
- Principe! Principe!-
- Speriamo di no-
Sbottai.
- Lo vedi da lassù?-
- Di notte! Di notte!-
- Di notte…-
Ripetei.
- Di notte…arriva il Principe?-
Ipotizzai.
- Luce! Luce!-
Continuò la creatura.
- Serve! Serve!-
Mi guardai intorno. Il bosco irradiava luce propria, tramutando la notte in un giorno illuminato di raggi argentei. Tentai di capire.
Luce, serve, arriva, Principe.
Temevano così tanto di non veder Nolan arrivare da generare luce? Nah. Dovevo aver capito male.
- Cosa succede alla foresta? E’ incantata?-
- E’ viva! E’ viva!-
- Sì, me ne sono accorta-
Mormorai. Il rumore non apparteneva agli animali. Gli alberi e i cespugli, si muovevano.
- E’ viva! E’ viva!-
Continuò a ripetere il pennuto.
- S-Si-
I miei occhi rotearono e passai oltre l’uccello seduto sul ramo. Vi camminai sotto e lo superai ignorandolo completamente. Mi sembrava solo un animale pazzo, dalle ali d’oro.
- Attenta! Attenta!-
Gracchiò, peggio di un corvo.
- Pericolo! Pericolo!-
Non mi volsi. Continuai la mia passeggiata attraverso il sentiero, illuminata dal bosco stesso.   
Non temevo gli alberi che si spostavano sotto i miei occhi. Camminavano adagio proprio come me, quasi affiancandomi. Non mi infastidivano i cespugli che prendevano a correre non appena mi vedevano. Ridevo quando scorgevo una roccia tremare e indietreggiare.
Sembrava che tutto avesse molta più paura di me di quanto io non dovessi averne di loro.
Più camminavo più mi accorgevo di particolari e dettagli che all’inizio non notavo. Ad esempio mi resi conto che molti rami non erano tali, se guardavo attentamente potevo scorgere una coda, una pigmentazione e una testa.
L’intera foresta era ricoperta di serpenti che si mimetizzavano in rami. Non capii il motivo di questo assurdo comportamento fino a che un uccellino non si posò su uno di questi. Il serpente si destò subito dal suo sonno e partì all’attaccò mostrando la sua reale figura. Mangiò il pennuto in un solo boccone, per poi tornare nella stessa posizione.
Notai anche tanti piccoli occhietti che mi stavano spiando. Piccole manine che sbucavano dai fiori per aggrapparsi ai miei pantaloni o alla mia maglietta.
Leggeri mugolii da parte di foglie che mi volavano intorno.
L’alicanto aveva ragione, la foresta era viva. Non sembrava incantata, non mi dava l’impressione di essere stata trasformata in esseri viventi, se mai l’incontrario. Mi pareva che fossero stati queste creature ad essere tramutate in alberi e rocce. Il che era abbastanza inquietante.
Vidi molte Driadi, che salutai educatamente ma le creature avevano qualcosa di strano. Solitamente esse sono molto liete dalla propria condizione, quelle che vidi invece parevano enormemente tristi. Sembravano spiriti imprigionati nella corteccia degli alberi e non certo fanciulle che vi dimorassero allegramente.
Volli informarmi e cercai di chiedere proprio ad una di loro.
Arrivai ad un incrocio solcato da quattro sentieri. La creatura mi stava davanti e a separarci vi era la strada sterrata. Non potevo raggiungerla, fino a che non fosse passato un intero branco di Viverna, che sfilava in fila indiana.
Indietreggiai paurosamente, quando mi accorsi della loro presenza. Erano alti cinquanta centimetri e non li avevo affatto visti.
La Driade prese a ridere.
- Ti fanno paura?-
Chiese.
- N-No-
Risposi io.
- Mi hanno colta alla sprovvista-
Tornai ad osservare le creature. Non le avevo mai viste dal vivo.
La Viverna era una creatura simile ad un drago ma molto più piccolo. Camminava verticalmente sulle uniche due zampe che disponeva. Gli arti anteriori mancavano completamente ed erano sostituiti da un paio di ali. In pratica un pollo squamoso.
Disponeva di una lunga coda, il cui aculeo sulla punta era estremamente velenoso ma non si trattava di un essere feroce né violento. Non sputava neanche fuoco, era solamente buffo e scorbutico.
- Ma quanti sono?!-
Chiesi esasperata, affacciandomi al sentiero per scorgere la fine della colonna di creature.
Non capivo perché dovessero camminare così lentamente e in fila indiana.
- Passano da qui ogni giorno. La loro tana è vicina-
Spiegò la Driade. Sbuffai spazientita, volevo passare e non perdere tempo con le follie di quel bosco. Più che pericolosa, la foresta mi sembrava assurda.
Decisi di agire, cercando di scavalcarli. I piccoli draghetti verdi non la presero bene.
Si fermarono, sibilando con le loro lingue da serpente. Sbatterono le ali più volte, facendomi indietreggiare non appena vidi che preparavano la coda per attaccare. Innervositi che la marcia era stata interrotta, l’intero branco si volse per fissarmi attentamente.
Mi ritrassi, affermando che avrei aspettato. Parvero capire, comprendermi appieno.
Dimenticarono lo scontro, rilassando l’aculeo sulla coda e ripresero il cammino.
La Driade scoppiò a ridere.
- Sei il primo demone che teme i Viverna-
Schernì.
- Non sono un demone-
La ninfa all’interno dell’albero mi scrutò a lungo con i suoi grandi occhi azzurri.
- Questa è una foresta di demoni-
- Sono in visita-
Spiegai.
- Nessuno può essere in visita-
Replicò lei contrariata.
- Eppure Fenrir mi ha fatto passare-
Innanzi a quella consapevolezza, la driade tacque. Nessuno poteva sfuggire al controllo del demone di guardia al bosco. Se mi trovavo lì, Fenrir lo aveva permesso.
- Cosa sei?-
Tornò a chiedere l’arbusto.
- Niente di preciso. Sono un misto-
Sbottai, sollevando le spalle.
- Un misto di cosa?-
Continuò la creatura. Era molto curiosa, forse non parlava con qualcuno da tempo.
- Sei una strega?-
- Un po’-
Risposi.
- Se sei un po’ strega, devono piacerti i Viverna-
- Non molto. Perché?-
- Perché uno di loro stabilirà un patto con te-
Sbuffai.
- Non credo a certe storie-
- E’ destino che una strega se incontra un branco di Viverna…-
- Sì, sì-
La interruppi. Conoscevo la leggenda, tutti la conoscevamo. Apparteneva a quando prima della guerra con i Demoni, le streghe usavano i Viverna al posto dei gatti neri.
- Non ne prenderò uno con me-
Affermai.
 - Non hai scelta-
Replicò la Driade.
- Questi draghi minori e le streghe sono sempre stati legati. Una strega è obbligata a prendere un Viverna e a rispettare il patto fra le vostre specie-
- Sai quanti patti ho rotto dalla mia nascita…-
Sussurrai accucciandomi per la stanchezza e continuando a fissare le buffe bestiole.
Il loro passo era bizzarro. Barcollavano sulle due zampe, la coda serviva forse più per equilibro che per attaccare.
- E quale…dovrei prendere?-
Domandai divertita, giusto per curiosità.
- Non sei tu a dover scegliere. Sarà il Viverna che ti sceglierà-
- Che cavolata-
Affermai, mettendomi una mano nei capelli. Figuriamoci ora se uno di quei animaletti si fermava improvvisamente e veniva da me. Non potevano neanche intuire che fossi una strega.
Sospirai di nuovo.
Sapevo che quei draghi una volta erano molto tenuti in considerazione dalle streghe, utili negli incantesimi. Il veleno del loro aculeo era unico e nelle giusti dosi per niente letale, serviva da ingrediente di incantamenti molto potenti.
Io però non potevo dedicarmi ad un animale domestico, non avevo tempo.  
Finalmente il branco di piccoli draghi terminò e anche l’ultimo di loro sfilò davanti a noi, andandosene con la coda dritta.
Il passo era libero.
- Visto?-
Dissi io rialzandomi.
- Non si è fermato nessuno di loro. Quelle che dici sono solo stupidaggini-
La ninfa mi sorrise, chiedendomi di aspettare.
- Eccolo-
- Cosa?-
Mi volsi verso il sentiero dal quale erano giunti tutti i Viverna. Improvvisamente ne scorsi uno, rimasto indietro. Ci raggiunse affannosamente, con il petto che si muoveva veloce per riprendere fiato.
Si fermò davanti a noi, guardandosi da ogni lato. Parve spaventato e iniziò a sbattere forte le ali, emettendo uno strano richiamo decisamente molto acuto.
Alzava la testina e, aprendo la bocca, continuava ad emettere quel suono, senza mai smettere di guardarsi attorno.
- Ma cosa gli prende?-
Chiesi io fissandolo. Mi sembrava più piccolo rispetto agli altri, forse era alto nemmeno quaranta centimetri. Un esemplare maschio, riconoscibile dal colore delle squame di un verde più scuro rispetto a quello delle femmine.
- E’ rimasto indietro e si è perso. Non ricorda la strada-
Gli occhietti rossi del Viverna si incrociarono con i miei. Continuò a mugolare, più lentamente. Anche le ali parevano essersi calmate ed iniziò ad avanzare verso di me, con i suoi piedi barcollanti.
Io indietreggiai.
- Oh no. Cosa vuole?-
- Ti ha scelto. Adesso è tuo-
- No, no-
Replicai io.
- Non mi ha scelto. Si è solo perso e ha paura. Se lo potessimo aiutare…-
- La tana dei Viverna è inaccessibile a qualunque altra creatura. Nessuno sa dove si trovi esattamente e come raggiungerla. Ormai questo piccolo è perso. Se non lo prendi tu, morirà-
Accidenti. Odiavo quando qualcosa di carino moriva per causa mia, a meno che non fossi io a volerlo.
- Stai cercando di farmi pena?-
- Sto cercando di non farti infrangere la promessa fra le streghe e i Viverna-
- Altrimenti?-
- Ho sentito dire che si muore con atroci sofferenze. Una maledizione ti colpirà se non lo accetterai-
Io sbuffai, rimpiangendo di essere entrata nel bosco solo per ripicca.
Non potevo portarmi un draghetto appresso per sempre. Questo però continuava a guardarmi e a venirmi incontro, timoroso e piagnucolante. Cercai di scacciarlo ma pareva molto determinato.
- Sciò. Via. Sciò ho detto-
Mi si aggrappò alle gambe, squilibrandomi al punto da farmi cadere.
Picchiai il sedere al suolo, gemendo.  
La creatura si arrampicò su di me, strisciando sul mio corpo fino al ventre. Giunto sulla pancia si accoccolò, rimanendo a guardarmi dritto negli occhi. Mi pose la testina stanca sul petto e il suo sguardo di fuoco continuò a supplicare il mio.
Un cucciolo abbandonato. Da piccola avevo tentato di prenderne uno. Mia sorella lo uccise.
Sospirai e solo allora notai che la mia maglietta si era alzata. Il Viverna mi stava toccando sulla pelle ma non si feriva. Provai allora ad accarezzarlo con la mano e constatai che non potevo fargli del male. Il primo animaletto che potevo toccare.
- Anche se sono piccoli…sono sempre draghi, vero?-
- Certo-
- Resistono alle alte temperature?-
- Fanno il bagno nella lava-
Qualcosa di resistente, che non potevo ferire o distruggere facilmente. Qualcosa che potevo toccare senza controllare il calore del mio corpo. I Viverna non dovevano essere associati alle streghe, piuttosto ai sangue misti.
- Credo che onorerò il patto-
 
Avevo perso la cognizione del tempo. Non sapevo da quanto ero uscita dal castello e non sapevo che ore fossero. Era difficile vedere la luna attraverso la fitta vegetazione.
Due cose però le sapevo.
La prima era che la creatura verde dietro di me, era il mio Viverna.
La seconda che quella non era decisamente una foresta incantata.
Prima di lasciarci, la Driade rivelò che si trattava di un luogo di punizione. Un bosco reso pericoloso dalla presenza di chi vi era stato rilegato al suo interno. Una grande prigione, un carcere magico dove i condannati venivano tramutati in foresta.
Tutti coloro che avrei trovato dentro quella boscaglia, compresa la Driade con cui avevo parlato, erano demoni che si erano macchiati di crimini molto gravi. Scoprii che nel regno dei Demoni c’era una pena maggiore della morte: trascorrere il resto della vita in luoghi oscuri come quelli.
Pareva che anche i Viverna avessero commesso un crimine tale da essere confinati in quella selva. Il capo stipite del loro branco aveva rotto il patto con una strega di sua spontanea volontà. L’intera sua discendenza dunque stata condannata alla prigionia. 
Fissai la creaturina che cercava di stare al mio passo, barcollando come un pinguino che pretendeva di correre. Diminuii leggermente l’andatura, solo perché mi faceva pena.
Lui mi raggiunse subito, camminandomi a fianco.
- Sei un Viverna cattivo?-
Questo alzò il capo, guardandomi dritta negli occhi e inclinando leggermente il muso.
Ma no, come poteva esserlo. Era solo un cucciolo, nato in cattività ed incolpato di qualcosa che con aveva commesso.  
- Come ti chiami?-
Chiesi io, cercando di rompere il silenzio fra noi due.
- Kiiii-
Rispose questo, aprendo la bocca e dando fiato alle corde vocali.
- Iniziamo bene-
Misi le mani in tasca, cercando di farmi venire qualche idea.
Sapevo che raggiunta la maturità i draghi uniti alle streghe imparavano a parlare ma per lui era ancora troppo presto.
- Sicuro di non avere un nome?-
Chiesi ancora, volgendogli lo sguardo.
- Kiiii Kiiii-
Iniziavo a stufarmi di vedere quella lingua biforcuta venire fuori verso la mia direzione.
- Dunque ti devo dare io un nome…che noia…-
Non ero mai stata capace di dare nomi alle cose o agli animali.
Viverna. Un nome già brutto di per sé. Senza contare che avrei dovuto tenermi quel drago fino alla fine dei miei giorni. Quelle creature verdi potevano vivere anche centinaia di anni. Il Viverna non me lo sarei più staccato di dosso. Un bell’impegno.
Doveva quindi avere un nome serio.
Sarebbe cresciuto, perdendo le buffe sembianze. Affiancati a stregoni potenti, la leggenda narrava che i Viverna assimilavano la forza del padrone e ottenevano quasi le dimensioni di un drago vero. Doveva avere un nome appropriato, che incutesse timore.
- Qualche suggerimento?-
Chiesi io sull’orlo della disperazione.
- Kiiii Kiiii-
- Ci hai provato. Ma non ti chiamo Ki-
Cercai di riflettere. Ci doveva essere qualcosa di decente nella mia testa.
- I Viverna in latino si chiamano Ferret. Ti piace?-
La creatura non rispose e continuò a camminare.
- Come sei difficile. Allora…Drakor?-
Non mi degnò neanche di uno sguardo.
- Va bene, non ho fantasia. Che ci devo fare. Ma la tua mamma come ti chiamava?-
- Kiiii-
Sbuffai. Avrei trovato qualcosa di adatto.
- Più di un nome? Che ne dici?-
La sua coda si mosse ma non aprì più bocca. Credo che anche lui si fosse stufato.
- Akor? Sempre meglio di Drakor, no?-
Continuai così per un bel po’. Sparando nomi a caso e facendo tacere la creatura dalla disperazione. Non mi fermai fino a che non scorsi davanti a me lo scintillare delle acque.
Di notte anch’esso si illuminava. Sorrisi, finalmente avevamo raggiunto il lago.
L’estasi durò poco. Consapevole di aver vinto nella mia trasgressione, ora dovevo semplicemente tornare indietro da Nolan.
Sospirai, decidendo che prima avrei almeno raggiunto la riva.
Procedetti di un passo, poi qualcuno mi bloccò. Una persona sbucò dalla fitta vegetazione, parandomi la strada. Fissai la sua figura con attenzione. Era notte, faceva buio ma la corteccia luminosa degli alberi mi permetteva di scorgere i suoi lineamenti. Si trattava di una ragazza, identica a me.
I miei stessi occhi color oro, i miei vestiti, i capelli che stavano tornando velocemente lunghi. Si atteggiava a me, imitando la mia postura e la mia espressione. Sperai che io non sorridessi davvero in quel modo, altrimenti dovevo nascondermi in un buco per l’eternità.
Arretrai leggermente, preparandomi a combattere, anche il Viverna si pose in difesa.
Nonostante fossimo pronti ad accogliere la sua ostilità, l’altra me stette semplicemente a fissarci.
Io abbandonai momentaneamente la posizione di difesa mentre il draghetto iniziò a stridere con la sua voce acuta. Allargò le ali, sbattendole forte quasi per farsi più grande di quel che era. Coraggioso.
Non mi piacque l’espressione della mia replica alla reazione del Viverna. Lo afferrai per la coda, attenta all’aculeo su di essa, riportandolo dietro di me. Non potevo già farlo uccidere, sarei stata la padrona più terribile del mondo.
- Non sai parlare?-
Domandai.
- Certo che parlo-
Rispose la replica, con la mia voce.
- Dimmi chi sei-
- Te-
- Non credo proprio. Se solo il mio riflesso allo specchio-
Feci notare.
- La tua immagine di me è speculare, all’incontrario. Non sei tanto bravo a imitarmi-
La mia copia si sentì offesa, forse nessuno aveva mai osato dirglielo. I disegni sulla maglietta, l’andatura dei capelli e il resto era tutto opposto.
- Cosa sei?-
Decisi di cambiare domanda.
- Un mutaforma-
Rivelò il demone.
- Lo avevo capito-
Per mostrarmi la sua bravura si tramutò nel mio Viverna, raggiungendo al pari la sua altezza e sibilandogli con cattiveria.
- Posso assumere qualunque forma-
Disse successivamente, mutandosi nel demone Fenrir, a guardia dell’entrata del bosco. Così mi trovai innanzi un enorme lupo dalle zanne affilate e pericolose, forse non dovevo sottovalutarlo.
- Visto? Sono bravo!-
Eruppe, quasi in cerca di complimenti.
- Sei rimasto qua dentro troppo a lungo-
Osservai.
- Oppure eri pazzo già da prima, dimmelo te-
Non ne fu lieto e riprese le mie sembianze, facendomi il verso con le labbra. Iniziava ad innervosirmi. 
- Smettila. Fammi passare-
- Hai paura?-
Domandò l’altra me.
- Posso diventare chiunque e ucciderti-
- Io posso ucciderti pur rimanendo me stessa-
Affermai, cogliendolo di sorpresa.
- Perché non mi mostri il tuo volto?-
- Perché io sono Baldanders. Il demone mutaforma più forte di tutto il regno-
- Che però è stato imprigionato. Non sei poi tanto forte…-
- Ti dimostrerò quanto posso essere pericoloso-
Mi sfidò con rabbia. Cercai di ricordare cosa sapevo su quel demone. Nessuno aveva mai visto la sua vera identità, poteva assumere le sembianze solo di persone che aveva incontrato dal vivo.
La creatura mutò forma ancora una volta trasformandosi in qualcosa che avrebbe dovuto terrorizzarmi.
- Se non hai paura di me, ne avrai per colui che ti ha bandita in questa foresta maledetta!-
Urlando, prese le spoglie di Nolan. Doveva avere almeno un anno meno ma era lui. Leggermente più basso, occhi dorati e vestiti eleganti.
Si avvicinò a me sorridendo malignamente, imitando lo sguardo di sangue del mezzo demone. Le iridi si colorarono di rosso ma non accadeva niente, certamente non possedeva i poteri di Nolan.
Si trattava di un semplice riflesso.
- Non ti inginocchi davanti al tuo Principe?-
- Non è il mio Principe-
Spiegai.
- Impudente! Potrei ucciderti per questo-
- Ma fammi il piacere-
Dissi incrociando le braccia. Non poteva prendere che avessi paura di Nolan.
- Lui non parla così tanto, agisce. Non sei bravo per niente-
- Non mi temi?! Io che ti ho sconfitta e ridotta a questa squallida vita?! Tanto vale che te la tolga allora allora e tu non oserai fermarmi-
Non potei rispondere. Il falso Nolan partì all’attacco per colpirmi a mani nude, gli afferrai il pugno. La sua mano era fredda, certamente non come quella di Nolan. Prima di contrattaccare diedi un calcio al drago dietro di me, per allontanarlo e metterlo al sicuro.
Pronta allo scontro, respinsi la sua forza, spingendolo indietro e colpendolo in pieno volto.
Questo cadde a terra, lamentandosi per l’ustione in pieno volto. Non ci fu nessuno scontro.
La creatura si arrese subito, mugolando con le fattezze del mezzo diavolo.
- Maledetta-
Sbraitò.
- Tu scotti-
- Sei tu che non scotti-
Esposi.
- Come fai a non temere il Principe?!-
Continuò a gridare la creatura.
- Quello è un mostro!-
Roteai gli occhi, incitando il Viverna dietro di me a riprendere a camminare. Lasciammo il falso Nolan a terra, intento a gridare qualcosa sulla foresta e sul lago. Non ascoltai, riflettendo su come tutti i prigionieri di quel carcere fossero tanto deboli. Si trattava di creature di poco conto, un riformatorio più che altro. I veri demoni non si lasciavano imprigionare, le vere leggende non si trovavano lì dentro. Chissà perché Nolan fosse tanto preoccupato che io vi entrassi.
 
Finalmente giunsi al tanto sospirato lago.
Me ne pentii non appena lo vidi, chiedendomi se ne fosse valsa la pena. Ero caduta, rotolata, in debito con Fenrir e ci avevo guadagnato la copia di un drago in miniatura.
Sarei dovuta rimanere nelle mie stanze.
Sospirai, avanzando verso le acque cristalline che riflettevano il cielo sopra di noi.
Sereno, stelle e luna. Uscita dalla selva della foresta, scorgevo gli astri.
Sotto di essi, intorno al lago, passavano le loro ore di detenzione varie creature demoniache.
Degli Alastyn si abbeveravano con il muso fino dentro all’acqua. Si mostravano sotto le loro sembianze base di cavallo, con criniere e code molto folte. Pure le gambe parevano molto possenti.
Poco lontano, a ridosso della riva, vi era un bel gruppo di Veela. Intente a specchiarsi nelle acque iridescenti, le ninfe ammaliatrici mi gettarono subito uno sguardo. Vedendo che non ero un uomo da poter uccidere, smisero di considerarmi.  
Per la prima volta vidi anche un Piasa. Mi avvicinai lentamente, cercando di non creare problemi. Sulla sponda destra questo demone mostruoso stava facendo il bagno, agitando la sua grande pinna. Possedeva il corpo umano, come avevo visto nelle illustrazioni e delle vere e proprie corna di cervo, le ali da pipistrello gli erano però state tagliate.
Quando il Piasa mi lanciò un’occhiata terribile, indietreggiai. Mi fissò con odio, squadrando me e il Viverna. Non destai simpatia nemmeno a tre Nereidi. Giunsero a nuoto dal centro del lago fino a me, osservandomi quasi mi volessero mangiare. Eppure credevo che le ninfe marine fossero creature benevole. Non mi parvero tali quando si avvicinarono, urlando e minacciando di uccidermi.
- Vattene!-
Continuarono.
- Strega!-
Chissà da cosa lo capirono. Dal Viverna?
- Perché sei qui?!-
Me lo chiedevo anch’io. La peggior fuga trasgressiva, di sempre.
Sentendosi minacciato, il draghetto tentò di proteggermi, agitando le ali e mostrando la lingua.
Queste risero innanzi a noi, un’intrusa con una lucertola. Sembravano terribilmente deboli ai loro occhi. In quel caso, come nel precedente, mi preparai alla lotta.
- Consegnaci il rettile-
Vociferavano le ninfe.
- Sarà più utile da morto-
Lo nascosi dietro di me, proteggendolo dai loro occhi.
- Io ho ancora un servitore, intanto-
Feci notare.
- Al contrario non vedo i vostri delfini, neanche i cavalli marini. Voi siete prigioniere e sole. Lontane dall’acqua salata, impotenti. Cosa vi fa credere di non essere più utili voi da morte?-
Mi fecero una smorfia e se ne andarono, sparendo nel lago.
Fu il turno delle sirene.
Cinque di loro comparvero improvvisamente, salendo sui massi adiacenti al lago.
Mostrarono le loro belle e luccicanti code, che illuminarono la riva.
Si aggiustarono i capelli bagnati, lanciandomi occhiate ammalianti. Indietreggiai, non essendone per niente attratta.
- Potete rilassarvi-
Avvisai.
- Non sono un uomo-
- Ehi, noi ti diciamo come fare il tuo lavoro?-
Il mio drago intanto era già partito ed io dovetti rincorrerlo, afferrandolo per la coda. Non sapevo che avessero effetto anche sugli animali. Strinsi la creatura forte a me e cercai di distrarla mentre le donne pesce ridevano per la mia figuraccia.
- Ma state zitte, se non volete che vi faccia alla griglia-
Non sembrarono prendere bene il mio insulto e due di loro si rigettarono in acqua.
Le altre tre rimasero a fissarmi, a sorridermi mentre io le scrutavo.
Era la prima volta che vedevo una sirena, credevo che non si muovessero dal loro golfo a nord del regno. Eppure dovevano aver fatto qualcosa di talmente grave da essere costrette lì, lontano dalle onde, lontano dai pesci.
Rimasi sorpresa anche per il loro aspetto, non sembravano poi così belle una volta viste da vicino. La coda squamosa faceva davvero impressione e non era molto diversa da quella di qualunque altro pesce. La pelle non sembrava candida e perfetta, bensì a me parve viscida e quasi bluastra. Anche le pupille dei loro occhi non erano normali, non condividevo l’idea della “forma mezza umana”. Quelle creature non avevano niente di umano, neanche l’aspetto.
- Vuoi giocare con noi?-
Chiese una, dai i capelli ricci e verdi che era rimasta sullo scoglio.
- Non ci tengo-
- Allora perché sei venuta?-
- Per vedere la tenuta del castello-
- Ah già-
Sospirò l’altra dai capelli rossi.
- Avvolte dimentico di essere nella tenuta di Sua Maestà. In cattività, come un pesce rosso nello stagno di casa-
Espose, con odio.
- Che cosa avete fatto?-
Chiesi improvvisamente, curiosa.
- Avete ucciso troppi uomini?-
Continuai scherzando, per incitarle a parlare.
- Uccidere gli uomini è assolutamente legale-
- Uccidere le donne è vietato-
Spiegarono senza smettere un attimo di sistemarsi i capelli. Ci credo che avessero quell’aspetto orribile, non li lasciavano un secondo in pace.
- Se si tratta di una sirena è ancora più illegale-
Riprese la prima ed io rimasi sconcertata. Non avevo mai sentito parlare di sirene che si uccidono fra loro.
- Se è tua sorella poi…-
Aggiunse la seconda scoppiando a ridere e l’altra la seguì.
- Avete ucciso…-
- Nostra sorella, sì. Era venuta male, non era una sirena-
Iniziò a spiegare la terza, tentando di non ridere.
- Sì, abbiamo fatto un favore alla nostra specie. Quella donna pretendeva che noi smettessimo di mangiare gli uomini. Non era normale, una sirena che non vuole uccidere. Ci faceva vergognare-
- Per di più ci faceva perdere tutti i pasti. Si metteva in cima al golfo impedendo ai marinai di entrarvi, facendoli fuggire. La comunità si era stancata ma nessuno osava toccarla. Era una situazione di emergenza, dovevamo intervenire-
Ne parlavano con serenità e tranquillità, per niente risentite di aver ucciso parte del loro sangue. Piuttosto odiavano non essere riuscite a farla franca.
Finalmente trovavo una creatura degna di me, della mia malvagità. Io però non ero una sirena, ero per metà angelo.
- Come si uccide una sirena?-
Domandai, curiosa.
- Devi strapparle il cuore ragazzina-
Mi spiegò quella con i capelli verdi.
- Lo abbiamo fatto fare a uno degli uomini che la nostra sorella cercava tanto di salvare. Sai, possiamo essere molto persuasive quando vogliamo-
Aggiunse l’altra, senza distogliere lo sguardo da me.
- Siete mostruose-
Le sirene si ritrassero indietro per un istante, offese.
- Tu non dovresti giudicarci-
- Simili parole dette da un simile cuore. Che ironia-
- Noi ti conosciamo, Victoria-
Asserì una, chiamandomi per nome. Molto inquietante.
- Le sirene possono leggere nell’anima delle persone. Dunque non fare la saccente con noi, quando sei ben peggiore di questi demoni che hai davanti-
Annuii.
- Il mio era un complimento-
Dichiarai.
Mi sorrisero ma, non per questo, decisero di lasciarmi andare.
Qualcosa mi afferrò improvvisamente le caviglie, attraverso il tessuto del jeans.
Mi volsi di scatto, notando che mi ero avvicinata troppo all’acqua.
Due sirene, quelle che per prima se ne erano andate, mi presero trascinandomi nel lago.
- Kiiiiiii-
Il piccolo Viverna cercò di difendermi, seguendomi fino al limite dell’acqua. I draghi non sapevano nuotare, se fosse entrato dentro sarebbe morto sicuramente.
Le creature mi condussero velocemente sul fondo del lago, che scoprii terribilmente profondo. La pressione iniziò a farsi sentire e presto la testa prese a farmi male. Il marchio scarlatto si illuminò.
- Hai visto?-
- Si, che divertente. Quella lucertola cercava di salvarla-
- Si è messo pure a piangere! Appena finito con lei, ce lo divoriamo-
Parlavano sott’acqua, perfettamente.
Io al contrario non riuscivo a respirare. Iniziai a scalciare, nonostante la mia forza fosse ridotta a meno della metà in acqua.
Una di loro, non aspettandoselo, perse subito la presa ed io ne approfittai. Raggiunsi la creatura che mi stava ancora stringendo e la presi per il braccio. Questa urlò per il dolore. Anche in acqua, il mio tocco di fuoco si faceva sempre sentire.
La sirena mi mollò, urlando e mostrando i suoi affilati denti. Non sapevo che loro ne avessero ma mi ricredetti quando vidi quelle numerose zanne avventarsi contro di me.
Cercai di scacciarla con un pugno ma servì a poco. Mi mancava l’aria.
Colpita la sirena che si era buttata contro di me, rimase l’altra. Questa parve allontanarsi, ma in realtà si stava solo preparando. Mi colpì con la sua coda, prendendomi in pieno.
Non solo mi lanciò ancora di più verso le profondità del lago ma riuscì a stordirmi a tal punto da non farmi più muovere. Il marchio sul polso bruciava. Faceva male ma lo ignorai, continuando andare a fondo. Sopra di me si stagliavano le sirene, vittoriose. Le loro figure furono l’ultima immagine che vidi. 
 
Quando riaprii gli occhi stavo tossendo e rigettando acqua.
Sentii il terreno sotto di me e questo mi fece intuire di essere all’asciutto.
Vidi la luce argentata emanata dalle foglie degli alberi, il cielo e il volto di una persona.
Iniziai ad udire una voce, appartenente ad un ragazzo dagli occhi d’oro. Il marchio aveva smesso di scintillare e di fare male. Ero al sicuro, o forse no.
- Stupida!-
Distinsi bene, ancor prima di smettere di tossire e di vomitare l’acqua del lago.
Nolan era bagnano fradicio, i suoi capelli mi gocciolavano addosso.
- Come ti è venuto in mente di venire qui?!-
A malapena lo ascoltavo, era proprio un bel risveglio.
Cercai di tirarmi a sedere, nonostante facessi ancora fatica a respirare. Appena fui seduta rigettai ancora acqua e mi chiesi quanta diavolo ne avessi bevuta là sotto.
- Respira maledizione, respira e inspira. Altrimenti finisci subito negli Inferi-
Disse, incitandomi ad imitarlo. Feci dei respiri profondi, gonfiando il petto e rilasciando aria. Dopo un paio di volte già mi sentivo meglio, avevo la sensazione che i miei polmoni avessero bisogno di riprendere tutta l’ossigeno che gli era stato strappato via.
- Non…non…dovevi…tu…-
Continuai a vomitare acqua.
Ma per quanto ero rimasta negli abissi? Sentivo anche decisamente freddo. Le mani di Nolan erano calde in confronto a me. Ne cercai il calore, per tentare di ristabilirmi. Il demone lo capì e mi abbraccio, almeno per farmi smettere di tremare.
- Non dovevo venire?-
Domandò lui, terminando la frase per me.
- Sbaglio o stavi morendo?-
- Sbagli-
A salvarci da un’imminente litigio fu il Viverna. Mi saltò addosso, gracchiando peggio di un corvo. Lo presi fra le mie braccia, percependone il tiepido calore della corazza. Era piacevole.
- Dovresti ringraziarmi invece-
Riprese Nolan.
- Vi ho salvati entrambi-
Alzai lo sguardo verso di lui, domandando cosa intendesse.
- Quando sono arrivato le sirene stavano per affogarlo. Mi è sembrato strano e le ho costrette a liberarlo-
Una cosa buona l’aveva fatta.
- Grazie-
Eruppi, sorprendendolo.
- Grazie per averlo salvato-
Nolan sospirò, sedendosi e rilassandosi un attimo. Tentò di sistemarsi i capelli bagnati, io osservai il lago oltre di lui. Sulla superficie dello specchio d’acqua, giacevano a galla morte tutte le sirene.
Non feci domande. Non chiesi nulla. Fissai lo sguardo degli altri demoni, nascosti fra le fronde del bosco e ben lontani da noi. Erano terrorizzati, decine forse centinaia di demoni che non osavano attaccarci pur vedendoci in difficoltà.
- Cosa volevi dimostrare?-
Domandò improvvisamente Nolan, facendomi rinsavire.
- Perché sei entrata?-
Scossi le spalle, continuando a stringere il Viverna. Emanava un bel calduccio.
- Mi piacciono le foreste piene di demoni-
Il mezzo diavolo non fu per niente convinto.
- Vorrei dare la colpa alla tua cocciutaggine-
Iniziò dicendo.
- Ma la verità è che lui ti stava chiamando-
Dichiarò, indicando il draghetto.
- Come prego?-
- Metà del tuo sangue ha percepito la presenza dei Viverna a breve distanza. E’ il tuo istinto, assoggettarne uno-
- Non è vero-
Replicai.
Nolan mi fece notare come stringevo la creatura.
- E’ caldo, tutto qui. Io non lo volevo-
Protestai.
- Si tratta della cosa più stupida che possa fare, adottare un mini drago. Devo crescerlo, nutrirlo, insegnargli a parlare…-
- Ci riuscirai-
Mi tranquillizzò.
- Tutte le streghe ci riescono. E’ naturale. Diventerà una parte di te-
- Lo vuoi tu?-
Chiesi. Sembrava quasi geloso del mio animale domestico.
- I demoni non hanno legami con i Viverna-
- Già…però hai un lupo alto cinque metri in giardino-
- Quattro metri-
Mi corresse, sorridendo.
 
Mi portò fuori dalla foresta, appena fui in grado di camminare. Senza polemiche.
Non mi sgridò molto per la mia fuga, non a lungo almeno.
Era cambiato, diverso dall’ultima volta che lo avevo visto. Da quando ci eravamo ritrovati al porto, avevo l’impressione che si trattasse quasi di una persona diversa.
Lo punzecchiai con un dito, vicino al confine del bosco-prigione. Sobbalzò, non aspettandoselo.
- Che fai?-
- Tu sei sempre tu, vero?-
Mi fissò stranamente, ridacchiando.
- Certo che sono io-
Appurato che non si trattasse di una persona diversa, il motivo di quel cambiamento doveva trovarsi in altro.
Era maturato, da quando ero corsa a salvarlo da Abrahel. In quell’occasione avevamo litigato, si era mostrato immaturo come al suo solito. Adesso lo trovavo più rassegnato nei miei confronti, pochi mesi prima non avrebbe affrontato quella situazione così pacatamente.
Quando lo avevo incontrato negli Inferi si era mostrato abbastanza normale.
Mi bloccai, nel mezzo della foresta, illuminata. Il Viverna si fermò accanto a me.
- Cosa ti prende?-
Chiese il demone.
- Quanti anni hai?-
Domandai.
Mi squadrò intensamente, per qualche istante senza che il suo volto trapelasse la minima emozione. Stava riflettendo sulla risposta. Quando la trovò, le sue labbra si contorsero in un sorrisetto imbarazzato.
- Perché lo chiedi? Sai benissimo…-
- Quanto-
Lo interruppi.
- Quanto tempo hai trascorso all’Inferno?-
Non ero brava con i calcoli. Era passato qualche giorno, dalla notte in cui Hella mi uccise allo sbarco della Gold Sea sulla costa meridionale. Pochi giorni. Poteva averli trascorsi tutti nell’oltretomba, oppure essere tornato dopo poco. Era stato vago a riguardo, la sua memoria non era stata delle migliori al mio arrivo al porto. Dal suo aspetto esterno non sembrava cresciuto ma lui era rimasto nel distretto di Hel con lo spirito, non con il corpo.
- Dimmi quanto-
Lo incitai.
I suoi occhi vagarono nel vuoto, incrociò le braccia con disinvoltura, sollevando le spalle.
- Non ricordo esattamente-
- Avanti-
Incoraggiai.
- Non sono stupida-
- Ho perso il conto-
Ammise.
- Dopo un po’-
Sospirai, riprendendo a camminare oltrepassandolo. Non era cambiato, in quello. Quando non voleva rispondere, non c’era modo di strappargli un’informazione.
Anche il Viverna riprese il passo.
- Un anno-
Sbottò, sorprendendomi.
Mi fermai, voltandomi verso di lui. Era rimasto indietro, irradiato dalla luce delle cortecce degli alberi. Lo fissai intensamente, lieta che avesse confessato.
- Credo che siano stati dodici mesi. Non ne sono sicuro-
- Solamente un anno? Sicuro?-
Continuai.
- Dopo un anno, ho smesso di farci caso-
Un anno più grande, minimo. Un anno trascorso negli Inferi.
- Ci hai messo così tanto a guarire?-
Nolan scosse la testa.
- Avevo delle cose da fare-
- Tipo?-
- Cose-
Non ne avrebbe parlato, non insistetti. Ero già soddisfatta di aver ottenuto una risposta su due.
Ancora bagnati fradici, uscimmo dalla foresta incontrando Fenrir.
Nolan lo rimproverò con lo sguardo e il lupo indietreggiò.
- Non me lo aspettavo da te-
Affermò, puntandogli il dito contro.
Il grosso demone abbassò entrambe le orecchie, accucciandosi totalmente al suolo. Stette immobile, attendendo la sua punizione. Nolan sospirò, volgendogli le spalle. Intraprese il sentiero per far ritorno al castello, senza aggiungere altro, senza tornare a voltarsi verso Fenrir.
Io lo seguii, a mia volta seguita dal Viverna.
- Non essere troppo duro con lui-
Lo invitai.
- E’ stata colpa mia-
- Lo so-
Sbottò il mezzo diavolo.
- Forse è rimasto lì di guardia troppo a lungo. Un tempo non si sarebbe fatto abbindolare da nessuno-
Tralasciando l’ultima affermazione, mi sorse una domanda.
- Perché tieni un demone come Fenrir a guardia di…niente?-
Chiesi, riferendomi al fatto che il bosco non contenesse nessun serio criminale.
- Dalla tua reazione, avevo creduto che nella foresta dimorasse chissà quale demone terrificante-
- Intanto ti stavano annegando-
- Va bene, mi sono fatta fregare dalle sirene. Ma cinque sirene, adesso pure morte, non sono un motivo sufficiente per tenere Fenrir lì davanti-
- Fenrir non è solo una guardia-
Spiegò.
- Fare da guardia ad una prigione mediocre è in se stessa la sua punizione. Riguardo a te, lo avevo proibito perché sapevo che lì dentro ti saresti “fatta fregare” da qualcosa…-
- Aspetta, la sua punizione?-
Mi raccontò che la corona reale aveva strappato il demone Fenrir ai suoi carcerieri per assoggettarlo al loro servizio. Ma si trattava pur sempre di un prigioniero e come tale doveva essere trattato. Il patto ,con i membri della cabala demoniaca, consisteva nel tenerlo in castigo ogni qual volta non venisse usato in battaglia.
- Sto cercando di liberarlo-
Spiegò Nolan.
- Quando avrò più autonomia, lo libererò-
- Più autonomia da cosa?-
- Dalla nobiltà Infernale-
 
Lasciammo la prossimità del bosco, le cui fronde emanavano luce. Camminammo fra l’oscurità, per risalire la collina da cui io ero rotolata. Affiancando gli appartamenti della servitù, Nolan si fece dare un paio di asciugamani. Avevamo ancora i capelli bagnati che, con l’umidità della sera, non si stavano asciugando. I servi notarono il mio Viverna. Lo fissarono sbalorditi, intimidendolo. Il mini drago si nascose dietro di me, nascondendosi dagli occhi altrui. Coraggioso contro strani mostri nella foresta, pavido e timido verso dei servitori. Avrei dovuto migliorare il suo grado di giudizio.
- Ha già un nome?-
Chiese Nolan, riprendendo il sentiero verso la roccaforte.
- Non ancora-
Ammisi.
- Suggerimenti?-
- Devo trovare io il nome alla tua lucertola?-
- No Lucertola non va bene. Un nome da drago!-
Nolan sospirò.  
- Qualcosa di possente! Di bello! Qualcosa che faccia tremare gli avversari!-
Continuai.
- Stiamo parlando di un draghetto di venti centimetri-
- No-
Replicai.
- Almeno quaranta. Comunque crescerà. Non crescono se non sono affiancati ad un padrone. Con me vicino…crescerà presto-
Spiegai.
- Dunque un nome serio-
Constatò il Principe.
- Esatto-
- Che ne dici di Bithor?-
Propose.
- Ma per favore. Che nome è Bithor?-
- Un nome da drago-
- Niente affatto. Piccolo, ti piace Bithor? Visto?! Non risponde-
- Ah, perché risponde pure-
Ridacchiò il demone.
- Certo che risponde-
Il Viverna taceva, tentando di tenere il passo.
- Neceron?-
Suggerì.
- Ne…che?-
- Neceron. Bello non credi?-
Il draghetto verde ed io ci guardammo, lui non rispose. Non lo gradiva.  
- Va bene. Allora, Kilmor?-
- Kiiii-
Urlò il Viverna aprendo la bocca e mostrando la sua lingua rosa e biforcuta.
- Non ci credo. Ma è brutto. Io scherzavo-
Sbottò Nolan.
- A lui però piace. Vedi? Abbiamo gli stessi gusti-
- Ah si? Aspetta. Che ne dici di Fragore?-
- Kiiii-
L’animaletto verde ripeté la stessa scena e Nolan rimase in silenzio.
- Visto gli piace!-
- Due nomi?-
- Si. Pensavo a qualcosa di lungo…con magari anche un aggettivo…-
Il mezzo diavolo ci pensò un istante, riflettendo sul fatto che fosse un drago.
- I Viverna non sputano fuoco, vero?-
- No-
Risposi io.
- Molto poco e con molta fatica-
- Allora, Ash Creator?-
- Bellissimo!!!-
Confermai io. Creatore di cenere mi pareva perfetto.
- Ricapitolando. Kilmor Fragore Ash Creator. Ti piace?-
Chiesi rivolta al Viverna.
- Kiiii Kiiii-
Fece i salti di gioia. Il nome era deciso.

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Capitolo 4
*** La malvagità veste il bianco ***


A metà sentiero, Nolan mi mostrò una scorciatoia per il castello. Un passaggio segreto nella roccia, che conduceva direttamente nelle stanze interne della residenza.
Inizialmente non riusciva a trovarlo, a causa del buio. Io e il Viverna, adesso di nome Kilmor, rimanemmo in attesa un po’ spazientiti. Forse avremmo fatto prima a piedi.
- So che è qui-
Ripeteva il demone.
- E’ una vita che non lo percorro ma so che è da questi parti-
Sbuffai.
Nolan tastava la pietra della roccaforte che stavamo aggirando, cercando non so cosa fra i cespugli. Improvvisamente udii lo scatto di un marchingegno. Una porta si aprì.
- Trovata!-
Si pavoneggiò.
In effetti comparve un cunicolo, stretto e buio che, a detta del padrone di casa,  portava fino alle mie stanze. Lo fissai diffidente, soffrendo leggermente di claustrofobia.
- Devo entrare lì dentro?-
- Che c’è? Paura del buio?-
Chiese, ridacchiando.
- Figuriamoci-
Sbottai, offesa.
- Solo che…sicuramente sarà sporco-
E lo era.
Sfiorate le umide pareti della strettoia, percepii del muschio e alcuni funghi che le ricoprivano. Tentai di non toccarle ancora, camminando sul terriccio bagnato misto a fango.
Temevo la presenza di topi a causa di qualche squittio udito nelle tenebre. Appurai che ve ne fossero davvero quando Kilmor ne divorò uno. Almeno imparai qualcosa di nuovo.
I Viverna mangiano i topi.
Gocciolava qualcosa dal soffitto, accompagnandoci nella traversata col proprio suono. Mi posi una mano sulla testa, sperando che non mi bagnasse i capelli.
Un tanfo di rancido e acqua sporca ci conduceva all’interno delle viscere della roccaforte, tale da farmi lacrimare gli occhi.
- Perché?-
Chiesi.
- Perché mi stai facendo questo?-
Non riuscivo a vedere dove andavo. Il Viverna, Kilmor, mi seguiva lamentandosi anch’esso. Almeno sapevo che era sempre lì. Nolan, al contrario, non riuscivo proprio a distinguerlo nell’oscurità.
- E’ la strada più veloce-
Spiegò, perlomeno facendomi intuire che ci fosse ancora.
- Ci avrei messo volentieri due ore in più di cammino-
Rivelai.  
Doveva essere il suo modo per punirmi. Ne ero certa. Il messaggio era chiaro. Non scappare o ti porterò in passaggi angusti e ammuffiti. In effetti, stava funzionando. Non avevo molta voglia di allontanarmi ancora.
- Ma tu riesci a vedere qualcosa?!-
Domandai, incredula.
- Sono un demone. Vedo meglio nelle tenebre rispetto ad un angelo-
- Non sono un angelo-
Ribattei, tentando di afferrarlo e di colpirlo. 
- Ma dove sei?!-
Pretesi di sapere.
- Ti devo tenere la mano?-
Mi derise.
- Certo che no-
Eruppi.
- Attenta allo scalino-
- Quale scalino?-
Ci inciampai in pieno, cadendo.
Nolan mi afferrò prontamente, come se lo avesse saputo. Come se, se lo fosse aspettato.
Mi prese, un attimo prima che colpissi le pietre della scala a chiocciola.
Stavamo iniziando a salire i piani del castello.
Che assurdo cunicolo per demoni. Mettere delle scale umide e scivolose nel buio totale.
- Tutto apposto?-
Domandò, continuando a stringermi.
- Sì-
Bofonchiai.
- Il marchio non si illumina, quindi sono salva-
Lo feci sorridere. Non potei vederlo ma lo avvertii.
Rimasi fra le sue braccia, percependo il battito del suo cuore. Era molto forte, il rumore e l’intensità mi colpirono. Non ne aveva motivo, non soffriva di claustrofobia e non aveva paura del buio. Eppure il suo cuore batteva fortissimo. Non lo compresi, fino a che non mi baciò.
Al buio, sulle scale scivolose di quel cunicolo sporco. Mi baciò.
Non mi lasciò andare, mi tenne stretta a sé.  
Il cuore mi scoppiò in petto, dal panico. Il rumore mi assordava, il rumore del suo battito.
Non mi permetteva di pensare, provocandomi un gran mal di testa.
Mi scostai da lui, indietreggiando qualche passo. Ci misi un istante per riflettere, poi lo schiaffeggiai. 
- Cosa ti prende?!-
Urlai, fissandolo dritto negli occhi. Luce. Tanta luce, che mi permetteva di scorgergli il volto.
- Perché lo hai fatto?-
Continuai, ignorando quegli strani cambiamenti ambientali. Una stanza ampia, un lampadario appeso al soffitto che la illuminava. Un gran mal di testa.
Nolan ricambiò il mio stesso sguardo smarrito, osservandomi con una mano sulla guancia.
- Cosa c’è?-
Chiese, seduto di fianco a me su quello che sembrava essere un divanetto.  
- Che ho fatto?-
Continuai a fissarlo, sentendomi disorientata più di lui. Mi portai una mano alla testa, a quel gran dolore che provavo. Era pesante e mi trascinava verso il basso, verso il pavimento.
Nolan mi afferrò, riportandomi sul divano.
- Meglio se resti distesa-
Consigliò, aiutandomi a sistemare il cuscino sotto la nuca.
- Sei scivolata-
Spiegò.
- Sulle scale. Hai sbattuto la testa e sei svenuta-
Kilmor mi venne accanto, fissandomi preoccupato con i suoi occhietti rossi. Osservai la stanza, ricordando che l’avevo già vista. Faceva parte degli appartamenti che mi erano stati concessi.
- Quando?-
Chiesi.
- Quando sono caduta? Prima o dopo…?-
Nolan mi fissò, non capendo.
- Prima o dopo cosa…?-
Era successo o non era successo?
Avevo battuto la testa quando mi ero allontanata da lui, presa dal panico, oppure quando non avevo visto la scalino? Mi ero solo sognata di baciarlo oppure era davvero accaduto? E se lo avevo sognato, non era meno grave. Sognavo di baciarlo. Non era un buon segno.
- Ti ho dato uno schiaffo-
Ricordai.
- Sì, l’ho sentito-
Ammise, sorridendo.
- Colpa mia. Ti sei svegliata qui e ti sei spaventata. Ma non potevo lasciarti laggiù-
Mi toccai la testa. Un bernoccolo.
Sospirai, trovando quella scena terribilmente familiare. Sdraiata moribonda con qualcuno preoccupato al mio capezzale. Succedeva un po’ troppo spesso.
- Ho chiamato il medico. Meglio controllarla-
Avvertì il demone.
- No-
Sbottai con decisione.
- L’ultima volta che ho sbattuto la testa e hanno chiamato il dottore, non è andata bene-
Troppe volte ero finita in infermeria, ad attendere di essere visitata. Non mi trovavo sulla Gold e non volevo continuare a vivere le stesse situazioni.
Non potevo sopportare il ricordo di Hunter che veniva a trovarmi, angosciato che fosse la volta buona che gli morissi davanti.
Non potevo pensare agli occhi di El, che si domandavano come facessi a finire sempre nei guai.
- Va tutto bene-
Continuai.
- Mi sento bene. Solo solamente quasi annegata nel lago e sulla strada del ritorno ho sbattuto la testa. Non serve un medico per questo-
Nolan mi fissò storto, domandandomi cosa avessi contro i dottori.
- Niente-
Sbottai.
- L’ultimo però l’ho ucciso-
Raccontai.
- Meglio se non lo chiami. Ma perché mi hai fatto attraversare il cunicolo?-
Tornai a chiedere, con tono esasperato.
C’era qualcosa di sadico nelle sue scelte.
- La verità? La sala principale era un po’ affollata. Credevo fosse meglio salire dal passaggio senza farsi vedere-
- Affollata da chi?-
Sospirò.
- Politici. Possiamo definirli così. Demoni che non volevo vedessero un mezzo angelo con un Viverna nel mio castello-
- Ti vergogni di noi?-
Chiesi, sorvolando sul mezzo angelo.
- Macchè-
Sbottò il Principe, scuotendo il capo.
- E’ complicato. Non voglio che conoscano troppo dei miei piani-
Già, me ne ero dimenticata. Io facevo parte dei suoi piani. Un’arma, da utilizzare in battaglia.  
- Siamo appena arrivati-
Feci notare.
- Come hanno fatto a sapere che eri qui?-
- Per questo non dico dove vado. Altrimenti arriverebbero prima di me-
Sorrisi.
Nolan mi salutò, affermando che dovevo riposare. Sarebbe tornato da loro, la classe nobiliare demoniaca. Li aveva lasciati improvvisamente per correre a salvarmi, adesso doveva qualche spiegazione.
- Perché non mi aiuti?-
Chiesi, sempre con una mano sulla fronte.
- Una volta in questi casi, mi curavi-
Nolan sorrise, un po’ imbarazzato.
- Perdonami-
Si allontanò, prima di parlare. Quasi volesse assumere una distanza di sicurezza.
- Mi fa estremamente comodo che sei immobilizzata. Ma ti sto mandando un dottore, per assicurarmi che non sia così grave da ucciderti. Mi serve solamente che tu stia ferma e buona per un po’-
- Kilmor attacca-
Il Viverna si volse verso Nolan, sputando fumo. Solo fumo e cenere.
Sospirai. Ash Creator.
Doveva migliorare.
 
Mi risvegliai con Kilmor seduto sul ventre. Più che altro, ci stava accovacciato sopra.
Dalle finestre scorsi il cielo blu, la luce.
Era giorno.
Alla fine Nolan ci era riuscito. Mi aveva tenuto in camera per qualche ora.
Iniziai a sospettare che mi aveva fatto cadere di proposito.
Tentai di portarmi a sedere, facendo scansare il Viverna. Mi trovavo sul letto, con dei vestiti puliti addosso e una fasciatura sulla fronte. Speravo che Nolan non avesse provveduto a nessuna di queste tre cose.
Mi alzai in piedi con cautela, constatando che la testa faceva ancora un po’ male. Raggiunsi il primo specchio disponibile, strappando i bendaggi con prepotenza. Dovevo capire dove fosse la ferita, se ero caduta in avanti o all’indietro. Se ero scivolata quando salivo o quando scendevo per scostarmi da lui. Se ero caduta prima o dopo il bacio.
Sulla fronte non c’era niente ma nemmeno sul retro della nuca. Il bozzolo si trovava sul lato destro, in mezzo ai capelli. Questo non mi aiutava molto. Dovevo essermi voltata mentre stavo cadendo.
Sospirai, sedendomi su di una poltrona. Provavo un po’ di vertigini.
Il draghetto mi venne vicino, leccandomi la mano con la sua lingua rosa e biforcuta.
Sorrisi, si comportava peggio di un cane.
Alzai lo sguardo, verso la stanza vuota e il sorriso svanì immediatamente. Nolan si era approfittato della situazione per bloccarmi in camera, così da non infastidirlo. Divampai dalla rabbia, se ne sarebbe pentito. Si era deliberatamente rifiutato di curarmi, lasciandomi con un gran mal di testa. Aveva affermato che la mia infermità gli faceva comodo, a quel punto era come se a colpirmi fosse stato lui. Non potevo accettare di essere trattata così.
Aprii l’armadio e cercai dei vestiti decenti, qualcosa di non troppo pomposo. C’erano degli abiti da cerimonia piuttosto principeschi, tipici di una festa sontuosa. Li scartai a priori.
Tralasciando i vestiti che avevo portato con me dalla nave, un po’ troppo pirateschi, non avevo molto da indossare. La scelta era limitata a quel poco di comodo che c’era.  
Dovevo picchiare Nolan, necessitavo di muovermi bene. Dunque scelsi pantaloni e maglietta, come la notte precedente. Li indossai, ringraziando di averne ancora a disposizione e intenzionata a richiederne molti di più alla governante. 
Mi diressi alle porte, aprendole e scoprendo con gioia di non essere sorvegliata da nessuno.
Kilmor mi seguì durante la mia discesa del castello. Lo percorsi tutto, perdendomi un paio di volte. Cercavo la sala del trono. Non sapevo se Nolan fosse lì, però mi sembrava un buon punto per cominciare le ricerche. Nessuno che incontrai era stato in grado di dirmi dove fosse, tuttavia dubitavo sulla loro sincerità. Sospettavo che il Principe avesse dato ordine di mentirmi.
Le cameriere avevano addirittura finto di non ricordare dove fosse situato il trono. Dissero di essere appena entrate a far parte del suo servizio. Sospirai. Nolan mi voleva lì ma non mi voleva lì.
Incomprensibile.
All’improvviso incrociai Abaddon in un corridoio a pian terreno, di guardia a delle porte.
Con le spalle poggiate al muro e le braccia incrociate, sembrava parecchio annoiato.
Alzò lo sguardo verso di me e, vedendomi, riassunse una postura corretta.
Si pose completamente innanzi alla soglia di una sala, sbarrandola con la sua figura.
Intuii che lì ci fosse Nolan e che, forse, si trattava proprio della sala del trono.
- Non puoi proteggerlo da me-
Lo informai.
- Non ce la farai-
L’angelo caduto mi fulminò con lo sguardo.
- Si tratta di una minaccia verso il Principe?-
- Puoi contarci-
Sbottai, avvicinandomi a lui e alle porte. Abaddon allargò le ali, coprendo completamente l’entrata della sala. Il Viverna rimase a distanza, spaventato.
- Scansati-
Intimai, stringendo i pugni.
- Questa è una faccenda fra me e lui-
- Adesso il Principe non può ricevere nessuno-
Eruppe l’angelo dalle ali nere.
- E’ impegnato-
- Non mi importa-
Affermai, avanzando ulteriormente di un passo.
- Fatti da parte-
La creatura si pose in posizione di attacco, senza abbassare minimamente le ali. Sorrisi.
Cercava lo scontro. Bene, glielo avrei dato volentieri.
- Non vuole essere disturbato. Ha ordinato che nessuno entri. Nessuno-
Continuò il fedele servitore.
- Ad ogni modo, non ti farei entrare comunque. Nemmeno se ti stesse aspettando-
Era troppo. Volevo sfogarmi su Nolan ma anche Abaddon andava bene.
- Ho aspettato questo momento-
Rivelai, pronta a cimentarmi in uno scontro fisico.
- Lo desidero da quando mi hai umiliata sulla Gold Sea-
Abaddon sorrise, invitandomi con lo sguardo a tramutare le parole in fatti.
Scattai verso di lui, lui scattò verso di me.
- Cosa state facendo?-
La voce di Lilith ci congelò il sangue.
Ci fermammo entrambi, ad un passo l’uno dall’altro.
La donna dai capelli di fuoco ci fissava a braccia conserte, rassegnata.
- Abaddon-
Chiamò, rimproverandolo.
- Mi stupisci-
L’angelo caduto si ricompose, rispettando il rango dell’arcidiavolo. Abbassò le ali, chinando leggermente il capo, colpevole.
Al contrario io, ancora resistevo nel rilassarmi.
- Sei tornata-
Disse Abaddon.
- In questo istante. Ma non ho fatto ritorno per vederti uccidere i giocattoli del padrone-
Non ero proprio la benvenuta, me ne rendevo conto. Non ero certa che nemmeno Nolan mi appoggiasse del tutto, senza contare il traditore che di sicuro mi voleva morta.
Provai una strizza allo stomaco.
Avevo lasciato un luogo in cui tutti tenevano a me, per giungere in quel contesto.
Sospirai, cercando di ricordare perché lo stavo facendo.
In cima alla lista di buoni motivi: uccidere Hella.
- Quello cos’è’?-
Domando Lilith, indicando Kilmor.
- Un Viverna-
Risposi. In quell’istante ricordai che io le avevo ucciso il suo animale da compagnia, il servitore demoniaco che l’accompagnava da millenni.
Lo nascosi dietro le gambe.
- Cosa ci fa un Viverna nel castello?-
Proseguì chiedendo la diavolessa, notevolmente irritata.
- E’ mio-
Risposi con fermezza. 
- Lui si trova dove io mi trovo-
Continuai, sfidandola con lo sguardo.
Non me lo avrebbe tolto. Non gli avrebbe fatto del male.
Nessuno mi avrebbe mai più tolto niente.
Lilith roteò gli occhi sbuffando, cambiando radicalmente discorso.
- Dove si trova il Principe?-
- Nella sala del trono-
Rispose immediatamente Abaddon.
La donna fissò le porte, chiuse.
- Chi c’è dentro con lui?-
- Sua Maestà si trova con Sua Altezza Serenissima-
- Chi?-
Domandai io.
- La sua promessa sposa. Ex promessa. Non la conosci-
Spiegò Lilith.
- Serenissima?-
Ripetei, quasi lasciando correre che Nolan al momento si trovasse proprio con la spia in combutta con Abrahel.
- E’ una principessa?-
Non sapevo di cosa mi stupissi. I principi si fidanzavano con le principesse.
- Principessa di cosa?-
Conoscevo tutte le monarchie del mondo e nessuno si era perso una principessa che tentava di uccidere l’erede al trono dei Demoni.
- E’ stata nominata principessa dal Principe Medardo-
Spiegò Abaddon.
- Permettendo così il fidanzamento-
La storia mi disgustò. Sua Altezza Serenissima era riuscita a farsi nominare tale per potere sposare Nolan e diventare Regina dei Demoni. Era stata in grado di abbindolare tutti, persino Medardo.
- Comunque dobbiamo entrare-
Sbottai.
- Nolan non è al sicuro con lei-
- Gelosa?-
Chiese Lilith, incrociando le braccia.
- Affatto-
Eruppi.
- Ma lui ha rotto il fidanzamento, lei non diverrà più regina e lasciamo una ex arrabbiata da sola con lui a porte chiuse?-
Cadde il silenzio.
- Da quanto sono dentro?-
Chiese Lilith ad Abaddon.
- Mezz’ora-
Di nuovo il silenzio.
- Non è in pericolo imminente-
Affermai, tranquillizzandoli. Mi fissarono, non capendo come potessi esserne tanto sicura.
- Il marchio-
Spiegai, mostrando il polso.
- Non si illumina. Non sta morendo-
Lilith fece un passo verso le porte. Le fissò, titubante.
- Cosa ha ordinato il Principe?-
Chiese all’angelo.
- Di non entrare-
Silenzio.
La diavolessa protese una mano verso la porta. Il pugno chiuso, come per bussare. Rimase immobile davanti alle ante di legno, pensierosa. Alla fine bussò.
- Sua Maestà-
Chiamò. Attese un attimo, non ricevendo risposta.
- Vostra Altezza-
Insistette.
Bussò ancora ma ulteriormente non ebbe risposta.
Iniziai a preoccuparmi, tanto che gettai un’altra occhiata al marchio scarlatto. Tutto tranquillo.
La diavolessa stava per sfiorare il pomello, disubbidendo agli ordini del suo padrone, quando Nolan corse ad aprire.
- Lilith!-
La salutò.
- Sei tornata!-
La donna si inchinò.
- In questo momento-
Non avevo mai visto Nolan sorridere in quel modo. Mai. Lo fissai imbambolata, quasi dimenticando di volerlo uccidere. Dimenticando che dovevo evitare che la sua ex lo uccidesse.
Fissai gli occhi di Lilith e poi quelli di Nolan.
Lo sguardo della donna, sollevata nel vedere che stava bene. Lo sguardo di lui, felice che lei fosse tornata dagli Inferi dopo chissà quanti anni.
Non si abbracciavano per il decoro e il rispetto del rango che entrambi detenevano, però si vedeva che ne avevano voglia.
Sorrisi, istintivamente. Compresi che Nolan non era cresciuto solo, aveva avuto una madre accanto a lui per tutto il tempo. Solo per quello, per il rispetto del loro rapporto e del loro amore, così genuino, rigettavo l’idea di un ucciderla. La predizione di Hella, non si sarebbe avverata. Non avrei mai tolto a Nolan una figura per lui così importante.
- Vic, sei in piedi-
Affermò il mezzo demone, alla fine salutando anche me. Allora ricordai che ero arrabbiata con lui.
- Sì-
Risposi.
- Ma non grazie a te-
Incrociai le braccia, offesa. Nolan scosse il capo, ignorando la mia polemica.
- Perdonate l’interruzione-
Eruppe l’angelo.
- Ho tentato di non farvi disturbare-
- Non fa niente Abaddon-
Lo tranquillizzò.
- Avevamo finito. Giusto in tempo perché vi conosciate-
Sbottò Nolan, rivolgendosi a me.
Certo, perché no. Era l’ora di vederla questa principessina doppiogiochista che mi odiava e attentava alla nostre vite senza che nessuno lo capisse.
Provavo una curiosità e un desiderio misto ad entusiasmo. Potevo affrontarla, eliminare un punto forte di Abrahel.
Udii dei passi, tacchi. Qualcuno si stava avvicinando alla soglia, mostrandosi.
Improvvisamente, provai una fitta al polso.
Urlai, piegandomi in due.
L’attenzione di Abaddon, Lilith e Nolan si riversò su di me.
Quest’ultimo mi raggiunse, scorgendo il marchio scarlatto illuminarsi. Bruciava, così come il suo che lo avvisava che ero in pericolo.
Non capivo. Nolan mi fissò negli occhi, sconcertato.
- Credo sia colpa mia-
Quella voce.
Quella voce mi provocò un infarto.
Mi portai una mano sul cuore, percependolo fermarsi per poi ripartire di botto.
Correva veloce, troppo veloce. Stava per esplodere.
Afferrai il braccio di Nolan, appoggiandomi a lui. Mi sentivo svenire. Il demone mi sorresse, non capacitandosi di quel che mi stava accadendo.
Alzai lo sguardo da terra, lentamente. Scorsi appena il suo volto, i lunghi capelli neri, l’abito bianco e non ebbi dubbi. Mi volsi di scatto non riuscendo a sopportarne la vista. Non potevo incrociare i suoi occhi, collegare quella voce al suo viso.
Non mi stavo sbagliando. Quella voce, l’avrei riconosciuta fra mille.
- Blanche-
Sussurrai.
- Ciao, Victoria-
- Vi conoscete già voi due?-
La domanda di Nolan mi fece rinsavire.
Mi scostai da lui, fissandolo terrorizzata come se si fosse trattato del diavolo stesso.
Era collegato a Blanche. Mi aveva condotto da lei.
Mi allontanai dalle sue mani, dal suo corpo.
Feci qualche passo indietro, quasi inciampando nel Viverna.
Mi osservavano tutti, meravigliati della mia reazione. Mi fissavano ma io non ci feci caso, ignorai i loro sguardi concentrata solo su una certezza: Blanche era tornata.
- Sei viva-
Riuscì solo a bofonchiare, afferrando Kilmor e prendendolo in collo. Non correva abbastanza veloce, non avrebbe potuto mantenere il mio passo.
- Perché sei viva?-
Continuai a borbottare, senza fissarla direttamente negli occhi. Non potevo, non ne ero capace.
Nolan si volse verso la donna sulla porta.
Blanche sorrise e il suo sorriso mi fece male, più del marchio.
- Perché non sono mai morta-
Ammise.
- Te l’ho solo fatto credere-
Scappai prima che potessi svenire dallo shock, perdere conoscenza e così farmi uccidere.
Scappai, riuscendo a mantenere quel pizzico di lucidità tale da permettermi di salvarmi.
Corsi veloce, verso l’uscita.
Lasciai Nolan in balia di Blanche, non preoccupandomi minimamente per la sua incolumità. Solo in seguito, con un po’ di calma, me lo sarei rimproverato.
Intanto, era già un successo che avevo preso Kilmor e stavo correndo.
Mi riversai nei giardini. Attraversai il lungo viale della roccaforte, sino ai cancelli della residenza.
Chiusi.
I cancelli erano chiusi.
Lasciai il Viverna, afferrando le sbarre di metallo e intimando alle guardie di aprirli.
I demoni si fissarono fra loro, ascoltando le mie urla alquanto sorpresi.
- Aprite!-
Continuai, sentendomi in trappola, bloccata nello stesso lembo di terra con lei.
Nemmeno in un altro continente mi sarei sentita abbastanza lontana, l’idea di essere imprigionata nello stesso castello mi faceva impazzire.
- Forza!-
Intimai, riferendomi agli uomini in divisa oltre essi e disposti in alto, sulle torrette di guardia. Dovevano solamente girare una ruota, un vecchio marchingegno per aprirli.
- Non sono una detenuta!-
Spiegai.
- Fatemi uscire!-
- Perdonate-
Bofonchiò uno di loro.
- I cancelli si aprono solo su ordine del Principe-
Urlai dalla rabbia, per sfogare il dolore che provavo dentro. Quel senso di impotenza, di vulnerabilità che mi distruggeva ogni qual volta le ero davanti.
- Dove stai andando?-
Sobbalzai gridando, questa volta dalla sorpresa.
Mi volsi verso di lei, scorgendola a pochi metri da me. Era comparsa improvvisamente, senza aver camminato, senza aver corso. Non poteva farlo, non era un demone.
- Scappi proprio ora?-
Domandò, sorridendo.
- Il gioco è appena iniziato-
Rimasi aggrappata ai cancelli, come se questo mi facesse sentire più sicura. Intanto il marchio scarlatto continuava a brillare, a bruciare. Non si sarebbe più estinto, ne ero certa. Avrebbe brillato fino a che non fosse stata lei a spegnerlo.
- Madam-
Pronunciarono le guardie.
- Non abbiamo avuto ordine di aprire-
- Non c’è alcun bisogno-
Intervenne Blanche, con tono calmo e pacato.
- La nostra ospite non sta uscendo-
Il cuore mi balzò in petto ma fu per l’ultima volta.
Dopo le sue parole, si calmò definitivamente, smettendo di scalpitare tanto.
L’animo comprese, si ricordò, che era inutile resistere o combattere.
Me ne ero quasi dimenticata. Non potevo vincere contro di lei. 

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Capitolo 5
*** Un angelo alla conquista delle Fiamme ***


 
 
Sospirai, innanzi alla consapevolezza di non poterle sfuggire.
Lasciai le sbarre di ferro, rassegnata, volgendomi verso di lei.
- Avvicinati Victoria-
Invitò mia sorella.
La sua voce mi provocò brivido.
Obbedii, avanzando di qualche passo verso la mano che mi stava porgendo.
Desiderava che mi allontanassi dalle guardie, perché non ascoltassero.
Compresi che Blanche non era ancora pronta a scoprire il velo sulla sua natura. Aveva costruito qualcosa fra i demoni, un ruolo, una maschera che al momento doveva mantenere sul volto.
- Perché sei viva?-
Domandai. Non riuscendo a pensare a nient’altro.
- Come sei sopravvissuta al drago?-
- Drago? Quale drago?-
Disorientata, alzai lo sguardo verso di lei.
Incrociai i suoi occhi e sussultai.
Erano azzurri. Azzurri e non d’oro.
Erano cambiati, lei era cambiata. Si era trasformata in qualcosa di diverso.
- Non ho mai affrontato un Drago Nero del Nord-
Riprese Blanche, sorridendo.
- Ho solo fatto credere al Concilio che mi avesse divorato-
La fissai imbambolata, non riuscendo a riflettere. Tutto quel tempo trascorso nell’illusione che fosse morta, uccisa in quella folle missione per le Streghe. Non aveva fatto ritorno, innanzi al covo furono ritrovate le sue vesti stracciate e i componenti della sua squadra sventrati. Tutti morti, compresa Blanche Van Liard. Questo venne dichiarato, pubblicamente.
Col tempo, iniziai a crederci anch’io.
- Torniamo dentro-
Consigliò in tono gentile, facendomi rinsavire.
- Prima sei scappata in un modo molto scortese-
Provai una fitta allo stomaco.
Se tornavo dentro con lei non sapevo cosa sarebbe successo.
Temetti che desiderasse far assistere Nolan alla mia morte e non riuscii ad avanzare.
- Ti prego-
Mormorai.
- Ti prego, fallo qui-
Non volevo che lui vedesse.
Blanche sorrise.
- Soffri di problemi alla memoria, Victoria?-
Ragionai un istante sulla risposta.
- No-
Ammisi.
- Allora perché perdi tempo nel pregarmi? Ha mai funzionato?-
Scossi il capo.
- Andiamo dunque-
Incitò, pretendendo che riprendessi a camminare.  
Il mio corpo, terrorizzato, non fu in grado di eseguire.
- Non voglio…-
Bofonchiai.
- Che coraggiosa-
Si complimentò.
- Sei cresciuta. Sei diventata più impavida nei miei confronti. Non preoccuparti, a questo rimedieremo-
- Non voglio…che tu lo faccia davanti a lui-
Scongiurai, con le lacrime agli occhi.
- Smetti di piagnucolare, non intendo porre fine alla tua vita oggi. Muoviti-
Feci un passo, uno solo.  
- Fallo adesso-
Richiesi asciugandomi il volto, non fidandomi della sua promessa.
- Uccidimi ora. Perché non mi muoverò oltre-
Blanche respinse la mia richiesta.
- Ho aspettato tanto-
Spiegò, sorridendo.
- Mi sei mancata moltissimo. Non potrei mai farlo immediatamente-
Era peggio di ogni aspettativa.
Davvero non voleva uccidermi, nemmeno davanti a Nolan. Prima desiderava piegarmi, di nuovo.
- Non farmi perdere tempo-
Sbottò.
Iniziava a spazientirsi.
- Non vuoi che succeda qualcosa al Principe Nolan per la tua insolenza, vero?-
Sobbalzai.
Distruggeva sempre tutto ciò che mi era più caro, nel peggiore dei modi.
Lo avrebbe distrutto uguale ma forse, se era una buona giornata, sarebbe stato indolore.
Feci allora come mi venne comandato.
- Brava, torniamo indietro-
Provai una sensazione di freddo e gelo nelle ossa.
Il Viverna si mosse, seguendomi come la mia ombra.
- Quello cos’è?-
Domandò Blanche.
Mi arrestai di colpo, fissando la creatura verde dietro di me.
- Un…Viverna-
Spiegai, con la voce tremolante.
- Non lo voglio nel mio castello-
Eruppe.
Percepii un dolore all’interno delle viscere. Sapevo già dove voleva arrivare.
- Non ti è permesso possedere un famiglio-
Chiarì.
Alzai lo sguardo sino ai suoi occhi, certa di quello che stava per dire.  
- Adesso dovrai ucciderlo-
Ordinò.
Il cuore mi si strinse.
Di nuovo.
Mi costringeva ad uccidere ciò a cui tenevo, di nuovo.
- Velocemente, per cortesia. Sono molto impegnata oggi-
Mi volsi verso Kilmor, fissandolo negli occhi.
Il Viverna contraccambiò lo sguardo, osservandomi con sicurezza e fermezza.
Si avvicinò a me ulteriormente, affiancandomi.
Allargò le ali, mostrandosi più grande di quel che fosse, come quando veniva minacciato da un predatore. In posizione di attacco, verso Blanche.
- Simpatico-
Bofonchiò la donna.
- Quella rana con le ali ha più carattere di te-
Alzai nuovamente lo sguardo, fissandola cercando di tenere la testa alta.
- Non voglio farlo-
Non le fece piacere, essere contestata.
- Non credere di avere scelta-
Ricordò.
- Questi ultimi tuoi anni di vita sono stati un regalo da parte mia-
Espose.
- Una cortesia che potrebbe terminare oggi-
Poteva farlo, uccidermi anche se aveva appena affermato che non lo avrebbe fatto.
Blanche era contraddittoria ed imprevedibile. Cambiava idea in un istante.
Se decideva di risparmiarmi era solo perché aveva appena ideato un modo più contorno per annientarmi.
- Hai fatto in tempo ad affezionarti al Principe di questo regno. Desideri davvero vederlo morire per mano mia? Potrei farlo se insisti. E’ in vita solo perché mi diverte-
La scrutai con attenzione in volto.
Nonostante conoscessi bene la complessità della sua logica, quella minaccia non aveva senso.
Si trattava di una menzogna.
Lei non voleva tenerlo in vita, da qualche settimana stava cercando di ucciderlo senza successo.
Ero stata io a salvarlo. Blanche voleva sbarazzarsi di Nolan e ci aveva provato tramite Abrahel, senza ancora farlo di persona. Perché? Perché non lo aveva già ucciso se davvero voleva la sua testa?
- Tu non puoi…-
Replicai.
- Tu non puoi ucciderlo o lo avresti già fatto-
Ecco quegli occhi. Quella rabbia, quel furore che volentieri avevo sepolto nei miei ricordi.
Si avvicinò a me ed io, prontamente, feci un passo indietro verso le guardie. Blanche le fissò, bloccandosi. Poi tornò su di me, sorridendo.
Odiavo quando sorrideva. Quello era il sorriso del Diavolo.
- Non mi piace quando pensi-
Affermò.
- Tu devi ubbidire. Non pensare. Ora uccidi quel rettile-
- No-
Resistetti, questo la fece arrabbiare ulteriormente.
- Come desideri. Dovrò farlo io allora-
Ci venne incontro, dirigendosi sul Viverna.
Scattai, agendo d’istinto. Mi posi innanzi a Kilmor, parandolo con la mia figura. Fissai Blanche dritta negli occhi come mai avevo fatto, affrontandola.
- Non me lo toglierai-
Sbottai.
- Non ucciderete anche lui-
Poi ricordai.
- E’ colpa tua-
Lei mi fissò, non capendo.
Mi posi una mano sul ventre.
- Sei stata tu a dire ad Abrahel dove fossi. Tu sei la causa…-
Strinsi forte la maglietta che portavo, all’altezza della pancia che era stata sventrata.
- Hella era su quella nave per colpa tua. Tu lo hai ucciso-
- Ma di cosa parli?-
- Nemmeno lo sai-
Sussurrai, sorridendo istericamente.
- Per una volta, nemmeno sai cosa mi hai fatto-
- Mi stai stancando-
Informò.
- Non abbiamo mai parlato così tanto. Almeno, non senza che tu sia a terra supplicandomi di smettere-
Si portò le mani alle tempie.
- Sai cosa ti dico? Vattene-
Fece un cenno ai soldati. Essi risposero a Sua Altezza Serenissima, aprendo i cancelli.
- Vai, se proprio ci tieni. Tanto ti trovo, non puoi sfuggirmi-
Aveva cambiato idea, di nuovo.
Aveva escogitato qualcos’altro, di nuovo.
Ne approfittai, afferrando il Viverna per un’ala, imponendoli di seguirmi.
- Ah, Victoria-
Mi volsi.
- Non preoccuparti per Nolan. E’ in buone mani-
Rabbrividii, dopodiché oltrepassai i cancelli del castello e il marchio smise di brillare.
 
Piansi, per tutto il cammino. Dirigendomi verso il centro abitato più vicino, singhiozzavo a tal punto da non vedere la strada. Kilmor mi seguiva ballonzolando, come a suo solito.
Era tornata.
Il mio incubo, tornava a perseguitarmi.
La cosa peggiore era aver assaggiato la libertà per poi perderla.
Avrebbe distrutto tutto il mio mondo, per punirmi.
Mi aveva concesso un po’ di vantaggio ma solamente per prolungare il mio tormento.
Non riuscivo neanche a pensare, faceva troppo male. Troppa confusione.
Odiavo Nolan e allo stesso tempo lo compativo. Mi aveva messo sulla strada di Blanche ma desideravo anche salvarlo da lei.
Abrahel aveva ragione.
Nolan era un burattino nelle mani di una donna che mi odiava.
Aveva tessuto le fila della nostra storia da sempre. Adesso però qualcosa stava andando storto e lei aveva deciso di eliminarci. Al momento non desiderava farlo apertamente, questo la rallentava.
Desiderava ancora mantenere il suo status nobiliare acquisito, che avrebbe sicuramente perso se coinvolta in un regicidio. Mi bloccai. Avevo già visto qualcosa di simile, sulla Gold. Alla fine Lucyndra era impazzita e aveva deciso di mostrarsi al fratello, pur di eliminarci tutti.
Scossi le spalle, riprendendo a camminare. Blanche non poteva impazzire più di quanto già non fosse.
Mi bloccai di nuovo. Però se i fatti la mettevano in condizione tale di ucciderlo senza essere scoperta, lo avrebbe fatto.
Mi volsi verso il castello. Dovevo tornare indietro.
No, non potevo tornare indietro. Dovevo scappare da Blanche, non andarle in contro.
Tornai a percorrere la strada per la città.
In fondo Nolan si era messo in quel guaio da solo.
Mi arrestai. No, non era colpa sua.
Conoscevo Blanche. Avrebbe convinto Dio stesso della sua bontà e innocenza, anche se l’avesse vista sporca di sangue sopra un mucchio di cadaveri sventrati.
Continuai a camminare verso la cittadina, asciugandomi gli occhi.
Provai a ricordare tutto ciò che Nolan mi aveva detto su di lei. Era in famiglia da tempo, scelta da Medardo, il fidanzamento era combinato. Da anni, era certa che sposando Nolan sarebbe entrata nella linea di successione al trono. Era solamente terza, prima di lei vi erano Medardo e Abrahel.
Mi bloccai.
Medardo era già fidanzato con Lilith e, non essendo né un demone né una vera principessa, non era stata promessa al secondo figlio legittimo del Re, il Principe Abrahel Lancaster. Era stata concessa solamente al figliastro, il bastardo della sovrana, Nolan.
Lei però agognava il trono.
“Sarebbe stata un’ottima Regina dei Demoni”, aveva detto Nolan.
Vivere di rendita come nobile non le bastava. Lei voleva il potere, governare, elevarsi sopra gli altri.
Per ottenere la corona, Nolan doveva salire in cima alla lista.
Sussultai, rabbrividendo.
Blanche aveva dato inizio alla guerra civile per il trono del Regno dei Demoni.
Aveva fatto in modo che Abrahel uccidesse il fratello maggiore, tentando poi di far ottenere a Nolan il titolo. Ma qualcosa era andato storto, Nolan aveva smesso di obbedire e alla fine aveva rotto il fidanzamento. Non sarebbe diventata regina, legalmente tramite lui.
A questo punto, rimaneva solamente un Principe da poter circuire: Abrahel.
Nolan sarebbe morto. Se avevo ragione, lei lo avrebbe ucciso e non per la mia insolenza.
Mi fermai. Ma perché non affiancarsi subito ad Abrahel? Dopo la morte del padre, poteva avvicinarsi indisturbata al secondo sulla linea di successione e rompere la promessa con il mezzo demone. Perché provocare una guerra?
Compresi che Abrahel doveva averla rifiutata, almeno inizialmente. Un fautore come lui della razza pura, aveva abborrato l’idea di affiancare un sangue misto.
Lei aveva bisogno di lui ma il Principe, al contrario, non aveva bisogno di lei. Blanche aveva creato le condizioni adatte a rendersi necessaria e indispensabile per entrambi. Alla fine qualcuno il trono lo avrebbe conquistato e lei sarebbe stata lì, pronta a goderne i frutti.
 
Non tornai indietro.
Giunsi sino al centro abitato. Mi sentivo confusa, ripensavo a tutti quegli anni passati nell’ignoranza che lei fosse viva.
Finalmente tranquilla, sentendomi al sicuro e in pace. Una menzogna.
Il suo funerale, l’elogio del Concilio alla sua memoria. Tutto falso.
Blanche era viva e giocava a fare la Principessa dei Demoni.
Sospirai. Degno di lei.
Comparvero nuovamente delle lacrime.
Tutto perdeva senso innanzi al suo ritorno. Il Concilio, gli Angeli, Isaac che ancora si trovava da qualche parte deciso ad eliminarmi. Persino Abrahel ed Hella, non erano niente paragonati alla primogenita Van Liard e, Nolan, si trovava proprio con lei.
Era al suo fianco fin dal principio. Era stata la sua promessa sposa, la sua fidanzata.
La donna dai capelli neri che intravedevo in sogno, a causa del marchio che ci legava. Sempre vicino al suo trono, a consigliarlo, a guidarlo, a condizionarlo.
Io lo avevo incontrato solamente perché lei aveva voluto così.
Tentai di asciugare le lacrime, sempre più copiose.
Dall’inizio mi ero chiesta come Nolan avesse saputo di me, un sangue misto nascosto nelle campagne fra gli uomini. Qualcuno gli aveva detto dove trovarmi, a cosa potevo servire e spiegato nel dettaglio i miei poteri. Abrahel mi aveva avvertito ed io lo avevo ignorato. Digrignai i denti dalla rabbia, il cuore si strinse. Mi sentii senza speranza.
Fissai le strade che stavo percorrendo, chiedendomi dove stessi andando. Non avevo più niente, neanche un posto dove nascondermi. Mi bloccai, in mezzo alla folla, osservando i palazzi scuri che si stagliavano sopra di me. Non vi erano alberi in città, né fiori. Come al solito, ovunque dominava il colore nero. Le carrozze, le vesti degli abitanti, le case e i negozi. Mi ricordava la capitale che avevo visitato il giorno della Parata, quella in cui avevo intravisto Nolan per caso.
Ripensai a quei momenti.
Allora, Blanche non era stata invitata sulla carrozza con i Principi. Strano.
Dopo la morte di Medardo qualcosa doveva essere cambiato per lei all’interno della famiglia reale.
Forse, senza riflettere troppo sulle conseguenze, Blanche aveva eliminato il suo maggior sostenitore a corte. Invece di salire alla seconda posizione per la corona, qualcuno doveva averla messa da parte. Un altro fautore della razza pura, il Re.
Blanche non era stata invitata alla parata perché non ben voluta dal Re dei Demoni.
Fortuna per lei che poco dopo Nolan aveva deciso di eliminarlo in battaglia, con l’aiuto di un uomo. Uno stregone fra le file nemiche che era stato manipolato dal mezzo demone, fino a sconfiggere il patrigno di Nolan, così da assumersene il merito o la colpa, a seconda delle parti.
Un caso. Fortuna. Strategie. Chissà.
Dopo la caduta del Re, iniziò ufficialmente la battaglia per il trono e Blanche riottenne il posto a corte. Stavo combattendo contro l’intera storia del regno demoniaco. Mia sorella ne aveva gestito le sorti negli ultimi anni. Come sempre, capivo di non poter assolutamente competere.
Ma in fondo lei era così: grandiosa. Lo era sempre stata, in tutto ciò che faceva. 
Sospirai, sedendomi a terra.
Dovevo smettere di elogiarla.
Kilmor si sedette di fianco a me, composto. Lo fissai in silenzio, accarezzandolo in mezzo alla folla della città. Il ritmo sembrava frenetico, nessuno stava facendo caso a noi. Correvano, facevano acquisti e accennavano ad un qualche evento. Una festa. Si stavano preparando a qualcosa, una celebrazione. Il Principe era rientrato al castello.
Roteai gli occhi.
Loro festeggiavano, io dovevo trovare un modo per salvarlo.
Improvvisamente udii un suono familiare, mi volsi e vidi il mio Viverna. Mi chiamava, dolcemente.
La creatura aprì la bocca e allungò la lingua rosea verso di me. La pose sulla mia guancia e solo allora mi resi conto che stavo ancora piangendo. Si prodigò per assumere le gocce salate che sgorgavano dai miei occhi ed io presi a ridere. Fra i singhiozzi e le risate, udii la voce di un uomo.  
Asciugandomi il volto, scorsi una divisa nera. Un demone alto, con un distintivo mi guardava perplesso sotto la luce di un lampione. Si erano accese le luci, stava calando il sole.  
- State bene ragazza?-
- Sì, sto benissimo-
Sbottai, tentando di ricompormi.
- Non mi pare-
Mi alzai, continuando ad affermare che non ci fosse nessun problema.
- Allora perché avete un Viverna accanto?-
Raggelai.
- Io quello lo definirei assolutamente un problema-
Continuò l’uomo.
- Seguitemi prego-
Mi scansai, indietreggiando.
Fissai negli occhi il demone, afferrando Kilmor prontamente per scappare.
- Ferma!-
La guardia cittadina suonò un fischietto, chiamando rinforzi.
Corsi forte, per seminare anche quel problema. Mi fermai solo raggiunta la periferia, sicura di essere sola. Esausta, mollai il Viverna a terra, stufa di doverlo sempre trascinare.
- Devi imparare a volare-
Lo ammonii, col fiatone.
- E’ importante…che impari a volare-
La lucertola mi fissò con i suoi occhietti, fresco e riposato.
In un mondo ideale, doveva essere lui a trasportare me.
- Va beh…-
Tentai di non pensarci, avvicinandomi ad una fontana poco distante. Sotto la luce dei lampioni, scorsi l’acqua limpida e mi bagnai la fronte. Ancora mi faceva male la testa, dopo la caduta nel cunicolo. Quel ricordo mi provocò un dolore maggiore ma non a causa del bernoccolo.
Alzai lo sguardo, dovevo smettere di piangere.
Fissai le statue della fontana, per distrarmi. La circondavano completamente, sembrava un monumento ai caduti della guerra contro le streghe. Erano stati ricreate le sembianze dei quattro generali più forti che presero parte alla precedente guerra.
Oltre i busti, le stelle luminose.  
Le fissai, sentendomi persa. Mi mancava El.
Sospirai forte. Non sapevo cosa avrei fatto, il mondo mi stava crollando addosso.
Osservavo l’acqua limpida e il mio riflesso, contemplando il volto arrossato e gli occhi gonfi, quando dietro di me comparve un’altra figura.
Urlai, voltandomi immediatamente. Kilmor prese a stridere con la sua vocina, aprendo le ali.
Era comparsa all’improvviso, come un demone.
- Blanche!-
Mi alzai di scatto, girando attorno alla grande fontana per allontanarmi da lei.
- Victoria, spero che tu ti sia calmata-
Sbottò, incrociando le braccia.
- Il tuo atteggiamento nel castello è stato molto irritante-
Non risposi, nonostante avessi voluto dirle tante cose. Mi mancava il coraggio.
- Stai tremando. Hai paura della tua punizione?-
In effetti, in quel momento mi sentivo morire.
- Fai bene-
Affermò, sorridendo.
- La tua disobbedienza mi ha infastidito. Enormemente-
Mi arrestai, percependo un fremito allo stomaco e una sensazione di nausea. La fissai, nei suoi nuovi occhi azzurri. Li scrutai intensamente, leggendone dentro tutta la soddisfazione per le sue azioni.
- Cosa hai fatto?-
Domandai.
Il suo sorriso, quella sua smorfia maligna, mi uccise.
- Dimmi cosa hai fatto-
Mi lanciò un oggetto.
Lo afferrai al volo, squadrandolo nella penombra. Una fiaschetta per liquore.
La fiaschetta di Barbas.
Mi sedetti sul bordo in marmo della fontana.
- Sei stata sulla Gold-
Compresi.
- Ho fatto bene a lasciarti in vita. Sai perché?-
Si sedette accanto a me. Fianco a fianco, accompagnate dal suono dell’acqua.
- Non solo perché così posso darti un’utilità-
Continuò.
- E sfruttare i tuoi poteri fino ad ucciderti per ottenere la corona. Ma anche perché…-
- Ho costruito nuove cose che tu puoi distruggere-
Conclusi.
Blanche annuì, sistemandosi i lunghi capelli neri.
- Quando me ne sono andata, ormai non avevo più niente da toglierti. Il gioco era finito-
- E’ morto?-
Chiesi.
- Elehandro è morto? Lo hai ucciso?-
Scosse le spalle.
- Il vampiro? E chi lo sa. Non ho controllato-
La fiaschetta cadde a terra. L’anima mi si infranse in corpo, lasciandomi con una domanda.
- Come ci riesci?-
Domandai.
- Come fai a spostarti tanto velocemente?-
- Ah, sono un demone. Un demone potente. Non te l’ho detto?-
Svelò, indicando gli occhi azzurri.
- Non è possibile-
Obiettai.  
- Un sangue misto angelico non può diventare un demone-
Blanche sorrise.
- In questo il Principe Medardo era molto bravo-
Non compresi cosa volesse dire, così continuò a spiegare. Accontentandomi.
- Prima di morire, Medardo Lancaster aveva trascorso molto tempo a studiare un modo per trasformare un sangue misto in una creatura socialmente accettabile-
- Per Nolan-
Mormorai.
- Voleva trasformare Nolan…-
Blanche annuì.
- La mise appunto su di me. Ho rinnegato il mio sangue. Sai, per fidanzarmi con il Principino dovevo essere un demone a tutti gli effetti-
La fissai nei suoi strani e bizzarri occhi turchesi. Non era più per metà angelo, era libera.
- Perché…perché dopo di te…non…-
- Nolan? Perché è sempre un sangue misto? Beh, era solo un ragazzino ma scelse di rifiutare l’offerta. Non voleva perdere i suoi poteri o meglio io, non volevo che perdesse i suoi poteri-
- E tu…hai perso…?-
- I poteri di un sangue misto? Sì, quelli sono andati ma ne ho acquistati di nuovi. E poi non ho mai dovuto ricorrere a quelli con te, no? Possiamo divertirci come una volta, come se niente sia cambiato-
Già, niente era cambiato. Continuava a togliermi tutto, anche quando non sapevo che era lei a farlo. La notte in cui Abrahel aveva attaccato, in cui Hella mi aveva uccisa. Era colpa sua. Hella. Improvvisamente mi venne in mente qualcosa.
- Come hai potuto…?-
Iniziai.
- Come hai potuto rinunciare ai tuoi poteri?-
Blanche sorrise.
- Vuoi che risponda davvero?-
No, non era necessario.
Lei poteva scartare qualcosa solamente in favore di qualcosa ancor più grande. Il suo potere, il suo fantastico e terribile potere. Non poteva averlo ceduto solo per una corona.
- Tu sei stata all’Inferno-
Blanche sollevò le braccia, complimentandosi.
- A questo serve un fidanzato-porta degli Inferi, no?-
Pronunciò, schernendomi.
- Passeggiate infinite fra la lava!-
- Tu hai evitato il terrore-
Compresi.
Grandiosa. Tornavo a ripeterlo.
Ciò a cui anch’io avevo ambito. Perdere il terrore nei confronti dell’oltretomba, dovuto al sangue angelico. Potermi muovere liberamente in quel contesto, senza cadere a terra schiacciata dalla paura. Nolan voleva gli Inferi perché anche Blanche li desiderava. La corona dei demoni era solo un inizio.
- Cosa te ne fai dell’Inferno?-
Domandai, non capendo.
- Ehi, perché mai rifiutare qualcosa che puoi avere facilmente-
Facilmente. La conquista degli Inferi. Ed io che mi sbalordivo per un colpo di stato.
- E cosa farai, una volta ottenuti?-
- Tutto quello che voglio-
Eccola, la creatura più pericolosa e affascinante che i Cieli e la Terra assieme avevano creato.
Un angelo alla conquista delle fiamme.
Avrei voluto vederlo, sarei voluta rimanere ad assistere ma già sapevo che lei non me lo avrebbe permesso. Servivo solo a spalancarle le porte delle vittoria, ad afferrarla ci avrebbe pensato da sola.
- Adesso cosa succede?-
Domandai, inerme.
- Facciamo la bella famigliola felice al castello. Per un po’-
- E dopo?-
- Dopo tu uccidi Nolan-
Strinsi i pugni, socchiusi gli occhi. Peggio di quel che credevo. Ecco cosa aveva in serbo per me.
- E se mi rifiuto?-
- Uccido la tua rana-
Affermò, puntando lo sguardo a Kilmor.
- E poi comunque ti costringo ad assassinare il Principe-
- Come farai a scendere negli Inferi…se lui muore?-
Blanche mi fissò, sorpresa.
- Non lo sai? I regnanti demoniaci possono attraversare il confine dell’oltretomba-
Tacqui, cercando di ricordare. Una volta, da bambina, avevo trovato questo argomento accennato in un libro. Un volume sui Demoni che si trovava in casa, in camera di Blanche.
Dopo la sua scomparsa, l’intera libreria era divenuta di mia proprietà. Eppure quel libro non lo avevo mai più ritrovato, sparì con lei.
- Fa parte di una concessione che raramente usano. Venne assegnata alla creazione della nostra dimensione, in caso il Re mortale venisse convocato da chi dipende davvero-
Si stava riferendo a Lucifero.
- Tu vuoi la corona dei Demoni…per ottenere quella dei Diavoli-
Blanche sorrise.
- Non accetto di essere una regina sottomessa, neanche a Satana. Se devo regnare, devo farlo come si deve. Otterrò tutto, proprio io che invece tutto mi fu negato alla nascita-
- Anche tu vuoi vendicarti degli Angeli e del Concilio-
Si rivoltò contro di me, mettendomi le mani al collo, soffocandomi.
- Non insultarmi Victoria. Non costringermi a cambiare di nuovo i piani, ad ucciderti!-
Kilmor si avvicinò a noi, stridendo, allargando le ali, non sapendo come aiutarmi.
- Tu vivrai ancora. Ucciderai Nolan per me-
Urlò strattonandomi.
- Farai in modo che altri mi serviranno, si inginocchieranno a me dopo che lui sarà stato ucciso per mano tua. Vorranno vendetta e mi accompagneranno negli Inferi fino a che non avrò dato ad Abrahel anche i territori di Nolan. Fino a che insieme, non avremo legalmente la corona-
Mi lasciò ed io iniziai a tossire. Il Viverna mi venne accanto, gracchiando peggio di un corvo. Lo ignorai un istante, fissando la figura di Blanche se si allontanava. Le mani. Si era scottata le mani. Aveva perso i poteri di sangue misto, adesso il mio tocco la feriva.
- Lilith-
Bofonchiai, riprendendo a respirare.
- Tu vuoi servirti di Lilith. E’ un arcidiavolo, può entrare e uscire dagli Inferi-
- Sarà utile, per un po’. Peccato che non tolleri affatto Abrahel, non ci sarà posto per lei nel nostro regno. Il Principe non mi darà la corona, senza che io abbia prima sconfitto tutti i suoi nemici-
- E quanto vivrà Abrahel…-
Tentai di chiedere, in preda alla tosse.
- Dopo che ti avrà incoronata?-
- Non vivrà. La sua utilità sarà terminata-  
A quel punto Blanche si stiracchiò le spalle e la schiena, annoiata.
- Se qui abbiamo finito, possiamo tornare? Ho garantito che ti avrei riportata sana e salva-
Scoppiò a ridere, fissandomi mentre ero intenta a massaggiarmi la gola.
- O quasi-
Fissai Kilmor, poi mi alzai.
La seguii. Senza un piano di riserva, senza tentare di trovare una soluzione.
Non c’erano più vie d’uscita, nessuno che potesse aiutarmi. Non era rimasto niente verso cui scappare. C’era solo lei.
 
 

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Capitolo 6
*** Il primo volo ***


 
 
Marciavo in silenzio, massaggiandomi la gola.
Blanche mi procedeva, camminando svelta verso un cocchio. Fermo in lontananza, ci stava aspettando. Vedendoci, il valletto aprì l’elegante porticina di mogano. Inchinandosi al cospetto della Principessa, l’aiutò a salire sulla carrozza. Al contrario, a me non rivolse alcun aiuto.
Rimasi immobile davanti alle scalette, fissando Kilmor.
Sua Altezza Serenissima, diede il permesso al mio animaletto di viaggiare con noi.
Doveva però rimanere sul tetto, non essendo degno di condividere il cocchio con noi. Sperai che non cadesse.
Salii, provando un cerchio alla testa. Mi sedetti davanti a Blanche, tentando di non incrociare mai i suoi occhi.
Il viaggio fu relativamente breve, se pur mi parve estremamente lungo.
Ignoravo cosa avrebbe raccontato a corte. Non mi interessava ormai, non desideravo nemmeno sventare i suoi piani. Ero stanca.
Pensavo ad El, che forse era morto a causa mia. Ad Hunter e a Barbas, anch’essi feriti da lei.
Colpevoli solamente di avermi conosciuta, sfortunati che io avessi scelto la loro nave.
Quella deviazione in mare era stata una mia scelta, non considerata da Blanche.
Nolan avrebbe dovuto usarmi per il suo incantesimo, darmi il siero che la Principessa rubò dalle sue stanze. Invece avevamo litigato, il mezzo diavolo si era rifiutato di farmi rischiare la vita ed io mi ero allontanata. Scappando da un potere che tanto non avrei mai ottenuto, ero andata in cerca di qualcosa di meglio. Un allontanamento non voluto da mia sorella che, terrorizzata dall’improvviso affetto di Nolan nei miei confronti, aveva deciso di ucciderci. Adesso Blanche sembrava aver cambiato nuovamente idea. Eravamo sopravvissuti alle avversità, l’uno grazie all’aiuto dell’altro. Ritrovandoci, potevamo forse ripercorrere i passi del piano originale: distruggerci a vicenda.
Sospirai.
Fuori dalla carrozza vi era solo l’oscurità, repentinamente scesa dopo il tramonto.
Tolsi l’anello che rilegava i miei poteri, le mie ali, durante il giorno. Lo riposi in tasca, accogliendo una nuova notte. Ore in cui sarei stata più forte, maggiormente capace di proteggermi. Alzai leggermente lo sguardo verso Blanche, davanti a me nel suo candido abito bianco.
Neanche il potere di mille notti messe insieme, mi sarebbe stato sufficiente.
La carrozza attraversò nuovamente i cancelli della residenza, lo stomaco ebbe un sussulto. Ricordai che stavamo andando verso di lui, tornavano da Nolan e non sarebbe stato piacevole.
I cavalli si arrestarono innanzi al portone della roccaforte, illuminato da alcune lanterne.
Lui era lì, ad aspettarci.
La prima a scendere fu Blanche.
- Vostra Maestà-
Salutò la donna, inchinandosi al suo cospetto.
- Tutto risolto-
Assicurò, volgendosi verso di me per invitarmi a raggiungerla.
Pallida in volto e con il desiderio di rimettere, eseguii.
Scesi dalla carrozza, accompagnata dal mio Viverna, che balzò prontamente al mio fianco.
Avvicinandomi a loro sollevai la nuca, dapprima rivolta verso il suolo.
Nolan mi stava fissando negli occhi, senza scostare un attimo lo sguardo. A braccia incrociate, mi scrutava, mi studiava. Cercava qualcosa che non andava, un segno che lo aiutasse a capire. Ricambiai lo sguardo, impassibile, fredda, senza trapelare emozioni. Ormai mi sentivo morta, non c’era niente da rivelare. Nessun sentimento, nessuna paura, nessuna richiesta di aiuto.
- Cosa è successo?-
Chiese il demone.
- Perché sei scappata?-
Non risposi. Non ne fui capace.
Lo fissai semplicemente negli occhi, perdendomi nel suo color oro.
Dispiaciuta, lo osservai attentamente, certa che non si meritasse il destino che mia sorella aveva stabilito per lui. 
- Sono sicura che riposare le farà bene-
Intervenne Blanche.
- Potrebbe rimanere nelle sue stanze, durante le celebrazioni paesane-
La festa. Il ritorno del Principe al castello. Nolan doveva dare soddisfazione al popolo, farsi vedere da loro durante la sanguinolenta guerra civile che dilaniava il regno. Era importante.
Il mezzo diavolo continuò a fissarmi, poi annuì. Stabilì che io non avrei partecipato, probabilmente gli ultimi giorni erano stati troppo duri per me. Ringraziò la Principessa Blanche per i suoi servigi, per essersi occupata di me. Dopodiché la congedò.
Sua Altezza Serenissima se ne andò senza timore, senza voltarsi. Ci diede le spalle, varcando il portone che, i servitori, prontamente le aprirono.
Nolan volle rimanere fuori dal castello con me, da soli.
- Cosa ti è preso?-
Tornò a chiedere.
- Nulla-
Risposi, alzando entrambe le spalle.
Calò il silenzio fra noi, il demone continuava a fissarmi desideroso di strapparmi la verità.
- Il marchio si è illuminato-
Obiettò.
- Già, che strano-
Bofonchiai.
- Tu sembravi molto spaventata-
Alzai ancora le spalle.
- Dovevo essere confusa, ho un bernoccolo che non mi è stato curato-
Nolan sciolse le braccia, avvicinandosi. Proseguì ulteriormente fissandomi negli occhi, senza mollarmi un attimo. Il suo sguardo mi attraversava, eppure a malapena lo percepivo sulla mia pelle.
- Siamo soli-
Fece notare.
- Puoi dirmi quello che ti è successo là dentro-
- Non è successo nulla-
Replicai.
- Sei corsa via-
- Avevo bisogno di aria. Mi hai tenuta prigioniera da quando sono arrivata-
- E perché sei tornata?-
Rimasi un attimo in silenzio.
- Non mi sembra che tu abbia opposto resistenza per fare ritorno. Hai reso facile il compito di Blanche-
Quelle parole mi provocarono un fremito.
Lo soffocai.
Non eravamo soli come affermava Nolan. Non lo eravamo mai stati.
- Ho capito che il mio posto è qui-
Dissi.
- Voglio combattere al tuo fianco-
Il Principe non rispose.
Si allontanò di un passo, quasi cercasse un errore, un dettaglio sbagliato. Qualcosa che potesse fargli intuire che non si trattasse di me.
Victoria non c’era, non era lì.
La persona in piedi davanti a lui, era una versione identica ma svuotata di tutta la sua grinta. Priva di vita.
Quella donna mi aveva uccisa, ancora.
- Come conosci Blanche?-
Continuò l’interrogatorio.
Lì il mio animo fremette per la seconda volta.
- Hai pronunciato il suo nome, quando l’hai vista-
- Ti sbagli-
Sbottai.
- Vi stavamo aspettando. Io, Abaddon e Lilith. Aspettavamo e parlavamo, fuori dalla sala del trono. Loro mi hanno detto il suo nome-
Nolan tacque, momentaneamente.
- Cosa ne pensi di lei?-
Riprese.
- Poche ore fa, dicevi che voleva uccidermi. Hai affermato con sicurezza che fosse lei la spia di Abrahel. Adesso prendi la carrozza in sua compagnia come se niente fosse. Non credi più voglia tradirmi?-
Avrei voluto scavarmi a mani nude una fossa nella terra e seppellirmici dentro.  
- Sono stanca-
Affermai.
- Non mi sento bene. Posso entrare?-
Il Principe stava per rispondere, quando il portone tornò ad aprirsi e un servitore comparve sulla soglia.
- La cena, Sua Altezza-
 
Mi obbligò a partecipare, a mangiare qualcosa per rimanere in piedi. Gli sembravo pallida, malaticcia.
I nobili se ne erano andati, lasciando finalmente la roccaforte con i soli servi e i membri stretti della corte. Liberi dalla presenza ingombrante dell’aristocrazia, mi fu concesso di mostrarmi con il Viverna. Avrei voluto fosse il contrario.
Sistemati nella grande sala delle cerimonie, in realtà eravamo in pochi al tavolo. Da quel che compresi, qual tardo banchetto era il risultato di uno precedente trascorso solamente a parlare.
- Non si riesce mai a mangiare davvero-
Spiegò Nolan.
- Si discute di politica e alla fine passa la fame-
Tenere a bada i demoni della classe nobiliare non era stato semplice. Privati della presenza e del supporto di Sua Altezza Serenissima, era stato anche peggio. Lei infatti era corsa a cercarmi.
Come Lilith puntualizzò, io facevo sempre perdere tempo a tutti.
Mi imposero di sedere accanto a Blanche, alla sinistra di Nolan. Lui, come capotavola, aveva alla destra Lilith. Abaddon sedeva accanto a quest'ultima.
Un arcidiavolo vicino ad un angelo caduto, un mezzo demone accanto ad metà strega che, a sua volta, sedeva di fianco ad un mezzo angelo mutato. Tutti alla stessa tavola, in silenzio.
Sembravamo una polveriera pronta ad esplodere. Oppure l’inizio di una battuta poco divertente.
A Kilmor venne portata della carne cruda, che consumò dietro la mia sedia.
- A breve sarà richiesta la Vostra presenza in città-
Ricordò Lilith. Spezzando il silenzio.
- Dovete sfilare per le strade su di una carrozza-
Nolan annuì, cercando di mangiare.
- Potrei portare Fenrir-
Propose il demone.
- I nobili non si sono ancora pronunciati. Dobbiamo aspettare per liberarlo-
Espose la donna dai capelli rossi.
- Potrebbe essere un buon modo per dimostrare che non mi importa cosa diranno. Fenrir sarà libero-
- Vostra Maestà-
Pronunciò Blanche, provocandomi dei brividi lungo la schiena.
al suono della sua voce posi la forchetta, anche se non stavo mangiando granché.
- Non credo sia saggio intraprendere una guerra, con i nobili che ancora vi appoggiano-
- Fenrir è necessario alla battaglia. Anche se voteranno contro, mi farò affiancare da lui contro Abrahel. Sarebbe stupido non farlo-
- Concordo con il Principe-
Affermò l’angelo. Lo fissai incuriosita. Non ero abituata a vederlo composto a tavola, con le ali ben ripiegate.
- Se voteranno contro, il Principe avrà comunque diritto al veto. Un demone del calibro di Fenrir è fondamentale-
- Si tratta di rispetto-
Obiettò Blanche.
Alla fine, la gettai via sul tavolo quella forchetta.
Continuare a mangiare, accompagnata dalle sue parole, non era fattibile.
- La nobiltà ha bisogno di sentirsi rispettata in questo momento. Temuta, onorata e considerata di gran importanza. Non aspettare il loro voto rappresenterebbe una mancanza di fiducia, un gesto che non possiamo permetterci. Penseremo al da farsi dopo la loro decisione, in caso fosse contraria. Per adesso dobbiamo mostrare le nostre buone intenzioni, aspettando-
Alzai gli occhi dal piatto. Li puntai verso Nolan, poi verso Lilith dopodiché verso Abaddon.
Incredibile. Solo io sospettavo che Blanche non volesse Fenrir alle celebrazioni quella notte.
- Cosa ne pensi?-
Chiese improvvisamente il mezzo demone, spiazzandomi.
- C-come?-
Bofonchiai.
- Sì, cosa credi dovrei fare? Mostrare un atto di forza e cavalcare Fenrir stanotte oppure fingere rispetto e lasciarlo di guardia?-
Cadde il silenzio. Aspettavano la mia risposta. Lei aspettava la mia risposta. Potevo percepire il suo sguardo su di me, pungente come spilli di ferro.
Se potevo ribellarmi, se dovevo ribellarmi, quello era di sicuro un buon momento.
In pochi istanti, mi chiesi cosa avrei ottenuto, insorgendo contro di lei. Probabilmente altro dolore inutile.
- Credo…credo che dovresti aspettare-
Mormorai, con un filo di voce.
Nolan mi fissò, sorpreso.
Dopo qualche istante, sorrise.
- Non me lo sarei aspettato da te-
Ammise.
- Ero certo che avresti detto il contrario-
Abbassai lo sguardo, preda della vergogna.
- Vorrei andare nelle mie stanze-
Implorai.
 
Nolan non mi mollò. Sotto lo sguardo di tutti, mi seguì.
Raggiunta la camera pensai che sarei rimasta sola, invece lui volle entrare.
In silenzio, mi controllò mentre iniziavo a prepararmi per la notte. Non che avrei dormito, però mi sembrava la cosa più normale da fare.
Mi avvicinai al bagaglio portato con me dalla Gold, il baule antico rubato alla nave. Appoggiato su di esso vi era il fioretto, che avevo dimenticato lì per tutto il tempo. Giunta alla roccaforte, lasciata la vita sulla nave alle spalle, la spada di Morgan era rimasta in disparte. Quasi desiderassi scordare ciò che mi legava a loro, ciò che mi ricordava cosa stavo perdendo, non lo avevo più impugnato.
Ora lo vedevo, lo ricordavo.
Il fioretto abbandonato vicino al letto, lo sfiorai ritraendo subito la mano. Non potei toccarlo, intravedendo in esso gli occhi neri di El.
Mi sedetti senza forze sul materasso. Forse era morto. Se non lo era già, presto lo sarebbe stato a meno ché non obbedissi a Blanche.
Kilmor mi balzò accanto e solo allora notai che Nolan era ancora lì, a fissarmi. Mi aveva raggiunto in prossimità del letto, porgendomi un fazzoletto. Gli chiesi per cosa fosse.
- Stai piangendo-
Mi posi una mano sulla guancia. Era vero.
- Non voglio vedere queste cose-
Spiegai.
- Potresti metterle via?-
- Le cose della nave?-
Annuii.
Lo fece. Pose prima il baule poi il fioretto in un armadio nella stanza adiacente.
- Non era importante per te quella nave?-
Chiese, tornando verso me e Kilmor. Che domanda sciocca. Proprio per questo non potevo osservare quegli oggetti.
- Mi spieghi cosa ti sta succedendo?-
Alzai lo sguardo verso di lui. Spiegare. Non avevo una spiegazione. Semplicemente avevo avuto ragione, fin dall’inizio. La sua promessa sposa voleva il trono ed io avrei dovuto ucciderlo per questo. Disubbidendo avevo forse causato la morte di Elehandro. Non potevo sopportarlo.
Se era ancora vivo, non potevo rischiare che venisse ucciso. Per quella piccola speranza, per paura delle conseguenze su tutto ciò che amavo, dovevo tacere.
- Ti manca il Capitano?-
Incalzò Nolan.
- Il Capitano della nave, quel vampiro-
Abbassai gli occhi. Non potevo farcela, non sarei riuscita ad affrontare le sue domande.
- Sei cambiata, da quando sei salita a bordo di quella nave. E dal tuo ritorno sei ancora più strana. Parli di andare all’Inferno, di vendetta contro Hella. E adesso questo tuo atteggiamento-
- Non devi andare ai festeggiamenti?-
Ricordai.
Il demone tacque, strinse i pugni.
- Io voglio aiutarti Victoria. Non allontanarmi-
Supplicò, provocandomi un nodo alla gola. Blanche aveva messo in atto per me, la peggior tortura. 
- Non puoi-
Lo informai.
- Nessuno può aiutarmi. Ora lasciami sola-
Intimai, col cuore spezzato.
Tremavo e non me ne accorsi fino a che lui non mi abbracciò.
Mi avvolse, tenendomi stretta. Allora le lacrime scorsero maggiormente, scendendo silenziosamente lungo il viso.
- Scoprirò cosa c’è sotto-
Assicurò.
- Ti salverò. Come ho sempre fatto fino ad ora-
Mi baciò.  
Questa volta veramente, ne ero certa.
Quel bacio mi faceva male, mi feriva. Sembrava un coltello intento a dilaniarmi l’anima, lentamente. Fendeva con tutta la forza possibile, strappandomi poi il cuore per darlo direttamente nelle mani di Blanche. Lei lo avrebbe distrutto, solo dopo averlo privato di tutta la vita contenuto in esso.
- Ti salverò-
Ripeté Nolan, scostando le sue labbra dalle mie.
- Come ho fatto da quando ti ho incontrata-
Fu troppo per me. Lo allontanai, pregandolo di andarsene.
Nolan non mi aveva incontrata, era stato spinto verso di me.
Ci eravamo conosciuti solamente perché lei lo aveva deciso. Non poteva salvarmi, perché io non avevo la forza di salvare lui.
Gli volsi le spalle, senza tornare a fissare i suoi occhi.
Percepii la mano di Nolan toccarmi una spalla, per poi ritirarsi.
- Victoria, ti prego-
Supplicò.
- Parlami. Insieme possiamo farcela-
Non potevamo farcela.
Blanche, probabilmente, nascondeva un esercito dietro le sue spalle.
Era capacissima di soggiogare sia Diavoli che Angeli, ce li avrebbe sguinzagliati contro se ci fossimo opposti, rendendo solo più penosa la nostra morte.
Non potevamo farcela, non dovevamo farla arrabbiare ulteriormente.
- Hai ragione-
Sbottai, volgendomi verso di lui.
- Piango perché mi manca la mia vita sulla nave-
Lo accontentai.
- L’ho abbandonata, ho lasciato l’uomo che amo, i miei amici e tutto ciò che lì ho costruito. L’ho fatto perché tu ci hai minacciato. Sono qua solo per adempiere al mio obbligo. Prima ho avuto paura. Sono scappata temendo di non rivederli mai più. Quando avrò finito con te, avrò ottenuto la mia vendetta, se sarò ancora viva devi promettermi che potrò tornare da loro. Sarò libera, da te-
Tacque, per lungo tempo.
Perse la voce, fissandomi pallido in volto.
Tentò di parlare ma le parole gli morirono in gola.
Si alzò dal letto, facendo qualche passo verso la porta.
Si volse per un’ultima volta, provando nuovamente a dire qualcosa.
- Mi dispiace-
Affermò infine.
- Sarai libera. Lo prometto-
Quando se ne andò, chiudendo la porta, ripresi a piangere.
 
Mi svegliai, di soprassalto.
Mi ero addormentata alla fine, fra le lacrime e il dolore.
Con la testa fra i cuscini, mi destai spaventata. Un boato aveva svegliato anche Kilmor, che prese a sbattere violentemente le ali. Ancora intontita, ci misi un po’ a capire da dove arrivasse.
Una seconda esplosione, mi portò a correre verso la finestra. La spalancai concitata ma non vidi niente, solo la foresta avvolta nella più nera oscurità.
Un terzo scoppio, mi fece scattare dall’altra parte degli appartamenti. Sul balcone che dava verso la città, il paese in cui si stavano svolgendo i festeggiamenti, vidi il fuoco. Fiamme. La cittadina bruciava.
Provai una sensazione di vuoto dentro di me, come se tutto si annullasse. Nolan era laggiù.
Si trovava al centro dell’incendio, con Blanche.  
Non potei rimanere in disparte, non ne fui più capace. Tutti i buoni propositi di obbedire sparirono e mi obbligarono a ricorrere proprio a colui che era stato scartato quella notte: Fenrir.
Tornai alla balconata della mia camera da letto, osservando il buio più totale.
All’orizzonte, il demone alto quattro metri faceva un’inutile guardia ad un bosco mediocre. Io invece necessitavo di arrivare al paese in breve tempo, neanche un cavallo sarebbe stato così veloce.
Dovevo trovarlo, convincerlo ad aiutarmi ma non sapevo come.
Volsi lo sguardo verso Kilmor, appollaiato sulla balaustra intento a fissare la notte.
- Devi volare-
Intimai.
- Riferisci a Fenrir di raggiungermi all’ingresso-
Non potevo saltare, rotolare come la prima volta. Non sarei sopravvissuta, non essendo capace di scansare le rocce sottostanti alla roccaforte. Prendere il cunicolo era fuori discussione. Svenendo, non sapevo dove sbucasse e l’oscurità mi avrebbe comunque rallentato.
- Puoi farcela-
Rassicurai il giovane Viverna.
Kilmor gracchiò, fingendosi un corvo. Lo accarezzai, pregandolo di provare. Se doveva esserci un momento perfetto per imparare a volare, era assolutamente quello.
- Devi solo planare-
Tranquillizzai.
Il piccolo drago spalancò le ali, preparandosi. Mosse la coda, cercando di stabilire un certo equilibrio. Continuò a stridere, con la sua voce acuta, quasi stesse avvertendo la valle del suo arrivo.
Il primo volo.
Partì in picchiata verso la foresta, lanciandosi coraggiosamente dal castello. In breve svanì fra le tenebre.
Sospirai, sperando con tutto il cuore che non si schiantasse a terra.
Corsi verso la porta, poi mi ricordai di essere in tenuta da notte.
Velocemente, arraffai gli abiti adagiati precedentemente sul comò. Pantaloni e maglietta come al solito, comodi per tentare di salvare Nolan. Dopo quella perdita di tempo, scattai fuori dai miei appartamenti, attraversando i corridoi e le scale. Incrociai i servitori della residenza, svegliati del trambusto proprio come me. Disorientati, si consultavano a vicenda su cosa stesse accadendo.
Avvertendo per la quarta volta un boato, li ignorai continuando a correre.
Se Kilmor aveva avuto successo, Fenrir doveva essere innanzi al portone.
Lo aprii con forza, scorgendo il viale deserto.
Provai un morso allo stomaco, temendo di aver mandato il mio Viverna alla morte.
Attesi qualche istante con impazienza, continuano a fissare l’orizzonte oscuro. Non riuscivo nemmeno ad intravedere i cancelli, le lanterne illuminavano solo il piazzale. Mi posi una mano sulla pancia, non sopportando quella sensazione. Avevo sbagliato, avevo fallito.
- Kilmor!-
Urlai, disperata.
Udii un’immediata risposta.
- Kiii-
Proveniva dal giardino adiacente. Mi volsi verso il retro del castello, continuando a chiamare il Viverna. Rispose una seconda volta e la sua voce era sempre più vicina. Stavano arrivando.
 
Kilmor comparve alla luce, in groppa a Fenrir. Lo stava cavalcando.
Il mio Viverna cavalcava il figlio di Loki.
Cosa avrei dato per immortalare quell’immagine.
Il lupo si fermò innanzi a me, domandando immediatamente cosa stesse accadendo.
- E’ una trappola-
Spiegai.
- Le celebrazioni in paese sono una trappola. Devi portarmi lì, subito-
- Il mio compito è sorvegliare la foresta-
Obiettò il demone.
- Il tuo Principe è in pericolo. Il tuo padrone, è sotto attacco-
Feci notare.
- Cos’è più importante per te?!-
Domandai urlando.
- Obbedire e lasciarlo morire o ribellarti e fare la differenza?!-
Avevo pronunciato quelle parole con forza, avanzando verso di lui con altrettanta rabbia.
Improvvisamente, compresi che non stavo pretendendo una risposta da Fenrir. Stavo ponendo quelle stesse domande a me stessa e, forse, era l’ora di rispondere.
- Andiamo-
Sbottò dopo poco la creatura. Con la sua possente voce, mi destò dai miei pensieri.
- Come?-
- Ho deciso. Andiamo-
Mi invitò a salire sulla sua schiena, come Kilmor. Sorrisi, lieta di aver trovato un alleato.
Fenrir si sdraiò completamente per aiutarmi a raggiungere la groppa, dopodiché scattò verso il viale. Temetti di cadere, aggrappandomi alla sua chioma bianca. Possedeva la velocità di un fulmine, neanche mi accorsi che avevamo già saltato con destrezza gli alti cancelli della residenza.
Posi Kilmor sotto di me, stringendolo forte per paura che lo perdessi.
- Sei stato bravissimo-
Riuscii a complimentarmi, nonostante il vento soffocasse la mia voce. Il Viverna mi comprese in pieno, ricambiando il mio sguardo colmo di orgoglio.
- Stiamo arrivando-
Avvertì il lupo. Tentai di alzare il capo, oltre la sua schiena. In pochi istanti stavamo percorrendo decine di chilometri. 
Le fiamme della cittadina erano prossime. Altissime, raggiungevano il cielo. Il fumo colorava la notte di grigio, inglobando il paese in una nuvola di fuoco e cenere.
Colmata la distanza fra la roccaforte e la periferia della provincia demoniaca, Fenrir non si arrestò. Continuò a correre fra le fiamme, attraverso le case e i palazzi che stavano bruciando.
Tutti gli abitanti, stavano bruciando. Osservai con orrore la città distrutta, cercando le tracce di un colpevole. Nessuno combatteva, nessuno stava assaltando i territori di Nolan. Solo fuoco, silenzio e morte. Incontrammo i carri allegorici preparati dai cittadini, i resti di quelli che dovevano essere banchi di mercato e di cibo. La grande celebrazione per il ritorno del Principe, stava morendo con il resto del paese. A terra, accanto ad una carrozza in fiamme, riversava Abaddon. Il lupo rallentò,  avvicinandosi al corpo dell’angelo pericolosamente prossimo al fuoco.
- Le sue ali!-
Gridai, scendendo velocemente dalla schiena.
Corsi a controllare se l’angelo caduto aveva ancora tutte le piume. Una sola, persino una sola piuma persa, poteva significare un danno gravissimo al fisico del demone.
Se pur dalle ali nere, Abaddon non era a prova di fuoco. Lo salvai, nonostante tutto il risentimento.
Il sangue angelico in me non poteva sopportare la vista, il dolore, delle piume bruciate.
- E’ ancora vivo-
Rivelai, trascinandolo lontano dal focolaio a lui più prossimo.
- Portalo fuori da qui-
Kilmor scese e Fenrir ritardò nell’obbedire, fissandomi.
- Credevo dovessimo salvare il Principe-
Quel lupo fin troppo diligente, eseguiva gli ordini esageratamente alla lettera.
- Non possiamo perderlo-
Tentai di spiegare.
Esistevano solamente due persone che tenevano a Nolan in tutto il regno, sinceramente. Lo proteggevano, avrebbero dato la vita per lui ed erano le uniche di cui mi fidavo. Non lo avrebbero mai tradito e si sarebbe dimostrati una risorsa preziosa per la sua sopravvivenza.
Non avrei dimezzato questa risorsa.
- Fidati di me-
Scongiurai.
- Portalo lontano dal fuoco-
Fenrir afferrò l’angelo con i denti, attento a non ferirlo. Scattò verso il castello, sparendo nel fumo.
Io invece mi volsi verso il centro, dovevo ancora trovare Nolan.
 
Attraversai le vie infuocate, trascinando il Viverna perché mantenesse il passo. Poco distante da dove avevamo rinvenuto Abaddon, scorsi Lilith. La osservai, chiedendomi chi o cosa fosse riuscito a sconfiggere un arcidiavolo. Priva di forze, circondata dalle fiamme che non l’avrebbero ferita, giaceva. Mi avvicinai e, constatando che fosse ancora viva, ripresi a correre.
Procedendo, intravidi finalmente il cocchio ribaltato su cui Nolan doveva aver sfilato.
Lo perlustrai tutto, tuttavia non trovando tracce del mezzo demone.
Kilmor gracchiò, chiamandomi. Mi volsi verso di lui, constatando che stava osservando un punto ben preciso oltre la cortina di cenere.
Mi allontanai dai resti della carrozza, scorgendo Nolan a terra. Scattai verso di lui, attraversando le fiamme che lo circondavano. Raggiunsi il suo corpo, toccandolo, tentando di capire velocemente se fosse vivo. Lo chiamai, scuotendolo ma non ebbi risposta. Riverso, gli posi due dita sul collo per ascoltare il battito del cuore.
- E’ vivo-
Assicurò la voce di Blanche, dietro le mie spalle.
Mi volsi di scatto, alzandomi in piedi per proteggerlo con la mia figura. Fissai l’abito candido di mia sorella, macchiatosi di cenere e leggermente bruciacchiato. Non aveva un bell’aspetto. Sembrava avesse combattuto.
- Cosa sta succedendo?-
Domandai, provocando in Blanche un sorriso.
- Non sta morendo. La sua vita non è a rischio, se te lo domandi-
Fissai il marchio, in effetti non si era illuminato. Nolan non era mai stato in effettivo pericolo.  Non lo avevo neanche controllato, ero scattata a proteggerlo, senza pensare.
- Cosa ci fai qui?-
Domandò la donna, provocandomi un sussulto.
- Non è ora il momento in cui dovrai ucciderlo. Come hai osato presentarti?-
Indietreggiai.
- Ho visto…la città in fiamme-
- Nulla che debba interessarti. Quando avrò bisogno di te, verrai chiamata. Vattene-
Tacqui, innanzi alla sua rabbia. Non era lieta della mia intromissione.
- Perché hai distrutto la città?-
Sperai che rispondesse.
Blanche si avvicinò, visibilmente infastidita.
- Non me ne andrò-
Avvisai.
- Fino a che non me lo avrai detto-
- Se proprio ci tieni a saperlo, Abrahel ha attaccato. Ha ucciso tutti gli abitanti, nessun sopravvissuto. Ha sconfitto Abaddon, Lilith. Era quasi riuscito a ferire a morte il Principe, fortuna che io mi sono battuta per lui. Salvandolo-
Ascoltai tutta la storia, silenziosamente.
- E ora dov’è Abrahel?-
Blanche scomparve. Svanì come la sua nuova natura demoniaca le permetteva, mostrandosi accanto al corpo di Nolan, intenta ad accarezzargli i capelli.
- Messo in fuga da me-
Riprese.
- Unica rimasta in piedi, nonostante il duro scontro intrapreso contro di lui-
Dai suoi occhi, dalla sua voce, non sembrava proprio allo stremo delle forze. Solo il suo aspetto, era accuratamente trasandato.
- Pensi che Nolan ci crederà?-
Domandai. Blanche sorrise.
- Nolan crede a tutto quello che io gli dico-
Tacqui, temendo quella incredibile verità.
- Cosa ci hai guadagnato?-
Le chiesi, alzando le mani verso la distruzione e la morte da lei causata.
- Perché fingere un attacco di Abrahel?-
Blanche rise, rialzandosi in piedi fra le fiamme che l’avvolgevano. La sua voce si sparse, sorvolando anche il fumo che non lasciava altro che silenzio al suo passaggio.
- Ovviamente sono io la sorella intelligente-
Incassai il colpo. Ero troppo curiosa, oppure lei aveva ragione ed ero io la figlia stupida.
Non riuscivo mai ad intravedere un nesso nelle sue azioni. Non aveva sterminato un villaggio per uccidere Nolan. Lui era a terra, vulnerabile, eppure lei non attaccava.
- Da domani abbasserà la testa-
Spiegò, rivolta al mezzo diavolo.
- Era certo di essere più forte di Abrahel, capace di batterlo solo perché tu hai ottenuto il suo sangue-
Sobbalzai.
- Stavate discutendo di questo…-
Sussurrai.
- Nella sala del trono, stavate parlando di attaccare Abrahel-
Blanche sorrise.
- Ha visto della debolezza nel fratello ma con questa grande sconfitta, con questa enorme perdita comprenderà che non è ancora all’altezza. Vacillerà, aspetterà ad attaccare, farà degli errori. Non libererà Fenrir ed io avrò il tempo che tu lo uccida, qui nel castello-
- Avremmo vinto-
Constatai.
- Io e Nolan, insieme. Avremmo battuto Abrahel, avremmo ottenuto il regno e tu lo sai. Hai capito che ne eravamo capaci, ancora prima di noi-
Blanche sorrise, io mi sentii un’incapace.
- Poteva anche soddisfarmi un epilogo simile-
Continuò lei.
- Se Nolan mi avesse incoronato regina. Ma sappiamo entrambi che non lo farà mai, neanche se tu morissi mi incoronerebbe più. Abrahel si è dimostrato più malleabile-
La prima cosa su cui Blanche non aveva il controllo. La prima persona, su cui non aveva il controllo.
- Vattene-
Eruppe improvvisamente.
- Torna al castello, finché sei in tempo-
Stetti immobile a fissarla, poi posi lo sguardo su Nolan. Accanto a lei, giaceva immobile ed inerme.  
- Come ti ho detto, è in buone mani-
Sogghignò Blanche.
Avrei dovuto obbedire, lasciarlo fra le fiamme di quella città ormai persa. Avrei dovuto sparire, dando piena autonomia a Blanche di fargli ancora del male, in chissà quali modi assurdi.
Sapevo perfettamente cosa andava fatto, eppure non avevo più il coraggio di farlo.
Strinsi i pugni.
- Non me ne vado-
Avvisai.
- Attenta Victoria-
Mormorò mia sorella, perdendo il sorriso.
- Tu non vuoi scoprire cosa ho in serbo per te-
Il mio corpo fremette. Kilmor allargò le ali, iniziando a stridere.
Diedi ancora un’occhiata a Nolan.
Lui era lì, era vivo. Era ancora vivo ed io potevo fare qualcosa.
Rischiavo la sua vita per una speranza, il desiderio che El stesse ancora bene. La salvezza di Nolan, al contrario, poteva non essere un’illusione. Io, ero in grado di fare la differenza.
- No-
Sbottai.
- Non ti lascio sola con lui-
Rise, innanzi a quella mia manifestazione di forza.
- Sicura? Perché al momento ho solo in mente di farti assassinare il Principe. Se non sparisci subito, farò in modo che tu gli spezzi il cuore. Lo distruggerai, ancora prima di togliergli la vita-
Vacillai.
Desideravo uno scenario in cui Nolan sopravviveva ed io non lo ferivo in nessun senso. Dovevo ottenerlo.
Stavo per rispondere, quando il mezzo demone iniziò a muoversi. Si stava svegliando.
- Oops-
Bofonchiò Blanche.
- Troppo tardi-
Il marchio sul mio polso, si illuminò.
Alzai lo sguardo da corpo di Nolan, verso mia sorella intenta ad accarezzare le fiamme che la circondavano. La fissai, sbalordita. Prima che me accorgessi, indirizzò il fuoco verso di me, colpendomi in pieno. Caddi a terra, percependo una terribile sensazione di calore sul petto.
Non riuscì a muovermi, ad alzarmi. Stordita, fissai Kilmor che mi svolazzava intorno. Oltre di lui, Nolan stava riacquistando conoscenza. Blanche lo aiutò a sollevarsi, a sedersi sulle pietre del pavimento. Afferrandolo, fece un cenno alle fiamme sussurrandogli qualcosa. Dopodiché puntò il dito verso di me.

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Capitolo 7
*** Nei suoi occhi ***


Tenebre. Oscurità.
Mi svegliai completamente avvolta da essa.
L’ultimo ricordo che possedevo mi ritraeva circondata dal calore delle fiamme.  
Percepii i miei vestiti bagnati, umidi. Lentamente, il pallore di una fiaccola mi mostrò dove fossi. Pietre, muschio, sbarre. Si trattava di una cella, una prigione.
Non comprendendo la situazione, mi sollevai cautamente dal pavimento.
Riuscii a sedermi con fatica. Notai che i polsi erano bloccati.
Alzai lo sguardo, scorgendo delle catene anche alle caviglie.
Oro, sporco di zolfo. Tutto il necessario per inibire i poteri di un Angelo.
Non sentivo dolore, nonostante rimembrassi perfettamente di essere stata colpita.
Osservai la maglietta annerita, il petto che doveva essersi almeno ustionato. In realtà non c’era niente. Ero stata curata. Qualcuno, si era preso il disturbo di curarmi.
Mi osservai attorno, cercando una via di fuga ma non ne trovai.
Ero in trappola.
Bloccata, imprigionata e Kilmor non era lì.
Al suo pensiero, fui colta dal terrore ed iniziai a chiamarlo.
Urlai il suo nome più volte ma il Viverna non rispose.
- No!-
Continuai a gridare, raggiungendo perlomeno le sbarre arrugginite.
- Nolan!-
Nemmeno lui rispose. Non c’era nessuno là sotto, solamente la mia voce.
- Nolan!-
Continuai imperterrita, aggrappata con forza come se avesse fatto la differenza.
- Devi ascoltarmi!-
Il silenzio mi perforò i timpani.
- E’ Blanche!-
Urlai.
- Devi ascoltarmi! Nolan! E’ Blanche…-
- Basta-
Arretrai, innanzi alla figura di Lilith comparsa fra l’oscurità.
La fissai, antecedente le sbarre della prigione sotterranea. Era viva, stava bene.
- Dov’è?-
Chiesi, ansimando.
- Dov’è Nolan?-
- Non risponderò a nessuna tua domanda, traditrice-
Giudicò la donna, disprezzandomi con gli occhi colmi di rabbia.
- No…-
Sussurrai, scuotendo il capo.
- Non sono…-
- Avremmo dovuto capirlo-
Riprese lei, interrompendomi.
- Avremmo dovuto imparare dall’Inferno. Il tuo posto è fra i traditori-
- Io non ho tradito Nolan!-
Replicai.
- Ci hai attaccati-
Espose l’arcidiavolo.
- Favorendo la nostra posizione al nemico, agendo in favore della fiducia che ti era stata riposta. Hai attaccato la città, sterminandone gli abitanti, tentando di assassinare il nostro Principe-
- Io non ho fatto niente!-
Gridai.
- Durante la tua fuga hai avvertito Abrahel-
Insinuò Lilith.
- Hai avvertito dei festeggiamenti, hai mostrato il momento migliore per attaccare. Un momento di vulnerabilità che ci è quasi costato la vita-
- Non è vero!-
Continuai ad urlare.
- Tu sai bene Lilith che è tutto falso! Hai visto Abrahel con i tuoi occhi? Hai visto il suo esercito? Abrahel non è mai arrivato qui!-
La donna tacque.
- Domandate a Fenrir!-
Proposi.
- Lui c’era! Ha visto che ero nel castello quando l’attacco è iniziato! Ha visto che…-
- Fenrir non si trova-
Rivelò, provocandomi un morso allo stomaco.
- E’ scomparso-
Persi le parole. Era riuscita ad isolarmi.
Persino i servi mi avevano visto all’interno della roccaforte ma non contavo su di loro.
Se era stata capace di far perdere le tracce del lupo, il mio unico testimone, non avevo più speranze che qualcuno mi discolpasse.
- Nolan è in pericolo…-
Mormorai.
- Dovete farmi uscire di qua-
- Più il Principe sarà lontano da te, più sarà al sicuro-
Mi lasciò, voltandomi le spalle. I suoi tacchi furono l’ultimo rumore che udii per ore.
 
Vennero a prendermi. Due guardie armate aprirono la porta della cella.
Muniti di una chiave, staccarono le catene d’oro dalla parete.
Le impugnarono e, servendosi di esse, mi intimarono di alzarmi e seguirli. Dovetti obbedire, ignara di dove mi stessero portando. Uscimmo dai sotterranei, attraversando parte della roccaforte.
Un soldato mi precedeva, un altro mi seguiva. Entrambi stringevano le catene che bloccavano polsi e caviglie. Senza una spiegazione, venni condotta nella sala del trono.
Varcata la soglia, mi trovai innanzi a Nolan. Ebbi un sussulto vedendolo.
Stava bene, non sembrava ferito e questo mi risollevò.
Stavo per pronunciare il suo nome quando notai che accanto a lui vi erano Blanche, Lilith e Abaddon. I loro volti erano abbastanza cupi. Compresi che non si trattava di una riunione piacevole.
- Benvenuta, al tuo processo-
Eruppe l’angelo caduto.
Tacqui, avanzando con il cuore in gola, condotta dalle guardie. Fui lasciata a pochi metri dal trono su cui sedeva Nolan, sotto gli sguardi pungenti dei suoi servitori.
Si trattava di un processo intimo, nessun’altro avrebbe partecipato.
- Sei stata accusata di tradimento-
Ricordò Lilith.
- Ti abbiamo giudicata colpevole-
Sussultai. Partecipavo ad un processo la cui sentenza era già stata emessa.
- Giunta alla residenza, hai rivelato la posizione del nostro Principe al nemico. Affiancandolo, hai attaccato la cittadina distruggendola e non lasciando superstiti. In quel contesto avete tentato di uccidere Sua Altezza, pertanto lo scopo di questo incontro è di attribuire una giusta pena per le tue azioni-
Mentre l’arcidiavolo parlava, alzai lo sguardo verso Nolan. Lui, al contrario, non mi degnava del suo.
- La decisione spetta al nostro Principe-
Cadde il silenzio.
Incatenata e umiliata, continuai a pregare in silenzio che gli occhi del demone incrociassero i miei.
- Per facilitare tale scelta-
Pronunciò Blanche.
- Vorrei esporre i motivi che hanno portato la ragazza a tradire, gli stessi che ella ha ammesso in mia presenza-
Mi concentrai sui suoi occhi azzurri, curiosa di quali bugie avrebbero vomitato.
- Quando ancora eravamo circondate dalle fiamme che lei ed Abrahel hanno sollevato, solamente dopo essere stata abbandonata dal Principe nemico e atterrata coraggiosamente da me…-
Puntualizzò.
- La strega ha accennato ad un risentimento e al desiderio di vendetta a causa di un certo Capitano Hyner, comandante del veliero denominato Gold Sea-
Il cuore si fermò in petto. Nolan alzò lo sguardo dal pavimento, finalmente interessato.
- Sembra che in qualche modo abbiate arrecato danno al Capitano, Vostra Altezza-
Continuò, rivolgendosi al demone.
- E che abbiate minato alla felicità della prigioniera, alla libertà di ottenere una vita felice-
Espose.
- E di creare una famiglia con il Signor Hyner, una famiglia completa-
- No-
Sussurrai disperata, fissando mia sorella negli occhi, supplicandola di tacere.
- No, Blanche!-
- Sapevate Vostra Maestà…-
Proseguì imperterrita.
- Che il comandante della suddetta nave e la traditrice qui di fronte, avessero insieme generato un figlio?-
Nolan sobbalzò, fissando il volto della donna alla sua sinistra. Dopodiché, per la prima volta, pose lo sguardo su di me. Ricambiai, incrociando i suoi occhi sgranati. Mi sentii morire, di nuovo.
Ignoravo come Blanche lo avesse saputo ma non era importante.
Era stata sulla Gold di recente, aveva contatti con Abrahel e la sua aiutante Hella. In un modo o nell’altro, ne era entrata a conoscenza. La cosa importante era che aveva messo in pratica la sua minaccia, permettendomi di ferire ulteriormente Nolan ancor prima di togliergli la vita.
- Prima che vi domandiate che fine abbia fatto tale creatura-
Eruppe.
- Ho saputo che essa è perita, in uno scontro violento avvenuto sulla Gold. La ragazza qua presente, vi considera causa di tale disgrazia pertanto ha ammesso di pretendere la vostra vita in cambio-
- No!-
Gridai, tentando di avanzare verso il trono. Le guardie prontamente mi tennero immobile, riportandomi indietro con l’ausilio delle catene. Mi intimarono di tacere, il Principe doveva parlare.
Nolan alzò gli occhi su di me, sospirando.
- La sentenza è morte-
Affermò, riducendo il mio cuore in cenere.
Lilith si avvicinò a lui.
- Non possiamo sprecarla-
Bisbigliò.
Il mezzo diavolo annuì.
- Morte, in seguito all’utilizzo delle sue abilità per la difesa dello stesso Regno che ha tentato di distruggere-
Sentenziò.
- E’ tutto. Attenderà in cella fino a che non sarà il momento. Non appena ci saremo ripresi da questa grave sconfitta-
 
I pensieri mi torturarono per ore, non lasciandomi modo di riposare. Pensare ad un piano d’azione risultava ancora più impossibile. C’erano solo i suoi occhi, nel buio, a scrutarmi. Li vedevo ovunque, quegli occhi d’oro sgomenti. Quell’incredulità, quel dolore contenuto in essi. Non potevo dimenticare il suo sguardo atterrito, innanzi alle scomode verità di Blanche. Ci era riuscita, aveva mantenuto la promessa. Avevo ferito Nolan, dandogli il colpo di grazia con la storia della gravidanza.
Sospirai. Avrei dovuto dirglielo subito. In una guerra contro Blanche i segreti non erano ammessi, la sua bravura nel ritorcerli contro era incommensurabile.
Prigioniera di quel silenzio, sola con i sensi di colpa, non avrei resistito un istante di più.
Per questo scelsi di seguire il suo piano e fuggire, quando Blanche si presentò innanzi alla cella.
Mi fissò oltre le sbarre, per qualche istante. Non ci parlammo. Non fu necessario.
In possesso della chiave, aprì sbloccando la serratura. Mi sorrise, avvicinandosi oltrepassando la soglia. Sfoderò un’altra chiave, più piccola. Mi liberò dalle catene, allontanandosi senza mai perdere quel ridicolo sorriso dal volto.
Non le parlai, non tentai di attaccare né di scappare. Stetti inerme, curiosa di sapere, di capire. Senza fornire spiegazioni, Blanche intraprese i corridoi dei sotterranei. Mi lasciò, semplicemente. Andò via dopo aver gettato lontano le catene sporche di zolfo.
Il mio cervello dovette elaborare la cosa per qualche secondo.  
Mi alzai cautamente in piedi, raggiungendo le sbarre per spiare oltre esse.
Nessuno osservava, nessuno si sarebbe opposto alla mia fuga.
Blanche desiderava che io fossi libera, che la mia evasione confermasse la sentenza.
Rimanere in cella non sembrava comunque un buon piano. Decisi di rischiare, di tentare. Dovevo trovare Kilmor e Nolan. A quest’ultimo desideravo fornire qualche spiegazione, prima che mi uccidesse dalla rabbia.
Messo il naso fuori dalle segrete, mi accorsi che oltre le feritoie vigevano le tenebre.
Notte, ancora notte. Non vedevo la luce del sole da giorni.
Iniziai a cercare Nolan, pur immaginando che sarebbe stato meglio non farlo. Sicuramente faceva parte del volere di Blanche, presto sarei caduta in trappola eppure volli raggiungere le sue stanze. Avevo una vaga idea di dove si trovassero, mi erano state indicate dopo la caduta nel cunicolo. Svegliata con il bernoccolo in testa, in cerca della mia vendetta sul demone avevo perlustrato il castello intero, imparando a conoscerlo.
Ero prossima ai suoi appartamenti, che stavo raggiungendo incredibilmente bene. Per essere una fuggitiva, avevo proprio campo libero. Consapevole che non fosse un buon segno, procedetti comunque fino a che non li trovai.
Scorsi una luce proveniente da una stanza in fondo al corridoio.
Raggiunsi la porta socchiusa, osservando al suo interno. Lui era lì, seduto sul davanzale intento a fissare fuori dalla finestra. In silenzio. Le sue camere davano anch’esse sulla città distrutta dal fuoco.
Mi accostai troppo alla porta, che cigolò al mio peso.
Nolan scattò subito in piedi, allertato.
Feci un passo indietro, spaventata. Fu veloce, troppo veloce. Colmò la distanza che ci separava e mi afferrò un polso, impedendomi di fuggire. Mi fissò negli occhi, rendendosi conto solo dopo di chi io fossi. Lo sguardo sul suo volto cambiò. Rimase immobile, quasi impietrito. Non appena si destò, mi trascinò in camera chiudendo la porta.
- Cosa ci fai qui?-
Domandò duramente.
- Nolan, devi ascoltarmi-
Supplicai.
- Non sono stata io a…-
- Come sei scappata?-
Interruppe.
- Eri legata. Legata con catene d’oro. Non potevi scappare-
Tacqui, non sapendo cosa rispondere. Temendo che non mi avrebbe creduto, intimorita da una sua possibile reazione, rimasi immobile nella penombra della stanza.
- Nolan-
Pronunciai solamente.
- Ti prego…-
- Non potevi scappare-
Ripeté, al quanto preoccupato.
- Nolan io non…-
Mi baciò, ancora.
Per una seconda volta, in un contesto così inaspettato.
Tentai di protestare ma non me lo permise.
Non mi lasciò andare, mi tenne stretta a sé senza darmi occasione di spiegare.
Il mondo doveva essere impazzito, oppure lo ero io.
Una città intera era stata arsa viva ed io ero l’apparente colpevole, eppure lui mi stringeva come se avesse paura di perdermi, come se ci fosse poco tempo.
- Nolan-
Tentai di dire.
- Devi ascoltarmi-
Riprese immediatamente le mie labbra con le sue, non lasciandomi fiato. Con forza, lo allontanai provando ad ammettere la mia innocenza. Immediatamente, si pose il dito indice sulle labbra, intimandomi di tacere. Lo fissai allibita, non capendo.
Mi portò a sé, scostandomi i capelli. Si avvicinò all’orecchio, provocandomi un brivido.
- Non siamo soli-
Sussurrò.
 
Mi guardai intorno, non vedendo nessuno.
- Chi…?-
Tornò a porsi un dito innanzi la bocca.
Mi prese la mano, conducendomi verso la finestra. Oltre il davanzale, alcune case continuavano a bruciare il lontananza. I demoni non erano ancora riusciti ad estinguere il fuoco.
Difficili da dominare, come si trattassero di fiamme infernali. Le fissai, sbalordita. Mi volsi verso Nolan, che annuì come se mi avesse letto nel pensiero. Quel fuoco non poteva appartenere ad Abrahel, né a me.
- Ma…-
- No-
Sbottò. Ponendomi una mano sulle labbra, tappandomi la bocca. Mi fissò negli occhi, ad un soffio dal volto. Il suo naso sfiorò il mio.
Non capivo. Le fiamme infernali non escludevano comunque il coinvolgimento di Abrahel, poteva essersi avvalso di Hella. Eppure Nolan continuava a scuotere il capo.
Finalmente compresi. Lei non era ancora risalita dalla battaglia negli Inferi e questo, Nolan, lo sapeva.
Mi posi una mano sulla pancia. Dovevamo affrontare anche un altro discorso.
- Nolan mi disp…-
Tornò a farmi tacere, prendendomi le mani.
- Non abbiamo molto tempo-
Rivelò il demone.
- Se tu sei qui, se ha permesso che scappassi allora…allora è il momento-
Lo fissai, non capendo.
- Il momento di cosa?-
- Il momento che tu mi uccida-
 
Mi scostai da lui, chiedendomi come ne fosse a conoscenza. Non ebbi modo di domandare.
- Dobbiamo andarcene, prima che arrivi-
Sbottò il mezzo diavolo.
- Fenrir si trova oltre la valle, dobbiamo raggiungerlo-
Sussultai, capendo sempre meno.
- Tu sai dov’è Fenrir?-
Nolan annuì.
- E’ al sicuro con il tuo Viverna. Dobbiamo partire subito-
Sussurrò. Mi prese la mano tirandomi, io rimasi immobile.
- Nolan-
Pronunciai.
- E’ tutto inutile-
Il demone mi fissò sconcertato.
- Qualsiasi cosa proveremo a fare, sarà inutile. Non so cosa tu abbia capito di quello che sta succedendo ma non possiamo combattere-
Tornò verso di me.
- Tutto si può combattere-
Sorrisi, tristemente. Quella era una battaglia che non avremmo mai vinto.
- Forza-
Incentivò.
- Basta perdere tempo. Lasciamo il castello prima che…-
La stanza tremò, i muri ci crollarono addosso.
Investiti dalla potenza di cinque cannoni, cademmo a terra mentre il soffitto si piegava su se stesso.
Nolan si riversò su di me, sovrastandomi con il suo corpo. Chiusi gli occhi, stracolmi della polvere che l’esplosione aveva sollevato. Non riuscivo a muovermi, a scappare. Irrigidita, stetti immobile, inutile. Percepii le mani del demone stringermi, il suo petto sopra la mia testa. Tentai di osservare, capire cosa stesse accadendo. Scorsi solamente una luce oscura intorno a noi, una piccola cupola nera che ci proteggeva. Nolan, mi proteggeva.
Ci fu un'altra esplosione, un nuovo colpo. Urlai, intuendo che il pavimento stava anch’esso cedendo. Inclinandosi, ci trascinava in basso. Mi volsi, notando che la parete esterna era stata spazzata via completamente e noi ci dirigevamo verso il vuoto.
La barriera di Nolan si dissolse.
Il demone si alzò in piedi, obbligandomi a fare altrettanto.
Mi sollevai tremolante, non riuscendo a mantenere un equilibrio. La camera cadeva verso il buio strapiombo sotto la roccaforte, portando ogni cosa con sé.
- Tieniti forte!-
Intimò Nolan, stringendomi. Stavamo scivolando inesorabilmente sulle pietre divenute ripide, allontanandoci sempre più dalla porta d’ingresso. Non potevamo tornare indietro, solo avanzare verso il dirupo.
- Pronta a saltare!-
Continuò il demone, alzando il capo e osservando il soffitto.
- Cosa?-
Borbottai, non capendo dove diamine volesse saltare.
Non ci fu tempo per le spiegazioni.
Nolan agì prontamente, molto più di quanto non stessi facendo io. Poco prima che le sue stanze si riversassero nel fossato sottostante, saltò in alto verso le travi della volta ancora intatte. L’esplosione aveva causato il crollo di buona parte del soffitto, creando un buco, una via d’uscita. Tenendomi a sé, mi condusse attraverso quel pertugio fin sopra le assi di legno. Come il resto, anch’esse stavano sprofondando con la struttura della stanza ma Nolan non si fermò. Continuammo a salire, ben oltre l’incasso delle pietre del castello intente a cedere, fino al tetto.
Vento, aria fresca della sera.
Eravamo fuori.
Sorrisi istintivamente, sollevata di essere sfuggita a quella trappola di pietre.
Sulla cima della roccaforte, ci fermammo un istante. Al demone fu chiaro quale parte fosse stata colpita e dove poter scappare dal crollo inesorabile. Scattò verso una torre adiacente, lontana per soli pochi metri. Su di essa, mi lasciò andare. Lì, entrambi riprendemmo a respirare, come se avessimo trattenuto l’ossigeno per tutto il tempo.
I nostri occhi si incrociarono, un sorriso gli scappò spontaneo. Eravamo vivi, poi un frastuono ci ricordò cosa stesse avvenendo. Ci voltammo e, sotto il chiarore della luna, osservammo gli appartamenti di Nolan disintegrarsi.
- Cosa…-
Borbottai.
- …cosa è successo?-
Nolan provò a rispondere ma un suono alle nostre spalle ci fece sussultare.
- Chi è la?-
Urlò, alzandosi prontamente in piedi.
Sporchi di polvere, anneriti di calcinacci e già fisicamente provati, ci preparammo ad accogliere chiunque fosse. Mi alzai anch’io, cercando di distinguere la figura oltre le tenebre.
Osservandoci, essa rise.
Sobbalzai, riconoscendo quella voce.
- Isaac-
Sussurrai.
Non poteva essere una coincidenza.
Sicuramente non lo era.
Nel momento in cui lo vidi, compresi quanto ampia fosse la rete di Blanche.
- Ancora tu!-
Eruppe il demone, contro lo stregone.
- Perché?-
Domandai, cercando di far calmare Nolan. Lo presi per un braccio, riportandolo indietro.
Non potevamo essere incauti, Isaac di sicuro non era solo.
Lei, era ancora nascosta nell’ombra.
Non era stato lui ad attaccarci, non possedeva una tale potenza di fuoco.
- Cosa ti ha promesso?-
Chiesi, cercando di prendere tempo. Una parte della roccaforte si era disintegrata, impossibile che nessuno avesse sentito. Ovunque fossero Abaddon e Lilith, sicuramente, stavano arrivando.
- Hai scelto di affiancare un altro abominio della natura, Isaac, invece di purificarlo-
Cercai Blanche con lo sguardo, tentando di capire se fosse prossima ad attaccare, preparandomi.
- Oppure sei diventato ipocrita, oltre che psicopatico-
Iniziai a focalizzare il fioretto di Morgan, lasciato nella mia stanza. Dovevo evocarlo. Hunter mi aveva insegnato a richiamare la mia arma, se scioccamente mi fossi presentata ad un combattimento disarmata.
- Ehi-
Protestò Isaac.
- Hai fatto caso agli occhi di tua sorella, ultimamente?-
Domandò.
- Non so cosa tu ci veda in lei. Quando la guardo io non vedo un abominio. Vedo un demone-
Strinsi i pugni dalla rabbia. Solo io, a quanto pare, meritavo sempre di morire.
- Non riesci ad uccidermi da solo, Isaac? Sei così incapace?!-
Gridai sgomenta, avanzando verso di lui per attaccarlo. Allora fu Nolan a prendermi per un braccio, riportandomi indietro.
- Penso io a lui-
Assicurò, tentando di placarmi.
Desideravo rispondere, quando la percepii arrivare. Si stava scagliando su di noi, su Nolan precisamente. Veloce, incredibilmente veloce e forte, terribilmente forte. Ad un passo dal colpirlo, le sue mani divennero fiamme, le stesse che avevano distrutto la città.
In un attimo, materializzai il fioretto di Morgan. Mi posi innanzi a Nolan, arrestando Blanche.
Feci resistenza, fortemente, contro la sua potenza, contro le sue mani di fuoco.
I nostri occhi si incrociarono, fra le fiamme, attraverso il ferro del fioretto.
Era stata veloce ma non abbastanza. Rigettai indietro le sue mani, il suo corpo.
Blanche dovette retrocedere, contrastata dalla magia canalizzata attraverso l’arma.
 
Il corpo tremava, terrorizzato da ciò che avevo appena fatto.
L’animo fremeva, sciogliendosi come ghiaccio al sole. Annullandosi completamente, lasciando la menta vuota. Deserta. C’erano solo i suoi occhi innanzi a me, furiosi, infuocati. Le avevo tenuto testa. L’avevo contrastata per la prima volta, salvando Nolan.
In quel momento, compresi.
In quei brevi istanti in cui i nostri sguardi si incrociarono, la spada in posizione di attacco, Nolan dietro le mie spalle e Blanche davanti a me, ebbi chiaro cosa mi sarebbe successo.
Da lì a poco, vidi come sarebbe finita. Lei me lo mostrò.
Eppure non me ne pentii. Incredibilmente, nonostante nei suoi occhi scorsi la mia fine, non me ne pentii. Nello stesso tempo, fui consapevole che non me ne sarei mai pentita.
Mia sorella sorrise, lieta che le avessi dato un motivo per divertirsi ancor di più.
- Blanche-
Pronunciò Nolan affiancandomi, spezzando il nostro silenzio.
- Dovevi proprio distruggere le mie stanze?-
Gli occhi blu si rivolsero al demone. Le sue braccia si rilassarono, le fiamme scomparvero.
- Oh Nolan-
Pronunciò.
- E’ solo l’inizio-
Isaac avanzò, raggiungendo la donna dai capelli neri. Si posero entrambi innanzi a noi, con chiare intenzioni. Ci saremmo affrontati sulla cima di quella torre, l’uno contro l’altro in uno scontro all’ultimo sangue.
- Come tutti noi sappiamo…-
Iniziò dicendo Sua Altezza Serenissima, alquanto divertita.
- A parte questo raro scatto di coraggio, la piccola Victoria non alzerà mai un dito su di me-
Affermò.
- Dunque Nolan, vorresti tu onorarmi?-
Si inchinò alla presenza del Principe, lanciando ufficialmente la sua sfida.
Il demone la raccolse, avanzando di un passo verso di lei. Tentai di trattenerlo, di oppormi. Blanche voleva staccargli la testa e non reputavo fosse saggio che combattesse proprio contro di lui.
Nolan tornò verso di me, prendendomi le mani. Mi gettò un’occhiata critica, mostrandomi quanto, in effetti, stessero tremando. Sussultai, vergognandomi innanzi a quella verità. Il Principe sorrise, tornando a rivolgersi a Blanche.
- Sarà un piacere-
Rispose, inchinandosi.
- Abbiamo parecchie cose da chiarire-
- Oh no-
Sospirò la donna.
- Non dirmi che sei uno di quegli uomini che desidera un chiarimento esaustivo quando viene scaricato. E’ finita. E’ finita e basta Nolan. Il nostro rapporto aveva perso ogni interesse-
- Soprattutto, da quando ti ho negato la corona-
Eruppe il demone.
Blanche sorrise.
- Sarebbe stato divertente essere la tua regina-
Ammise.
- Per due minuti. Poi ti avrei ucciso-
Volsi lo sguardo verso il volto di Nolan, anche lui stava sorridendo.
- Puoi provarci adesso, Blanche-
Propose.
- E’ tanto che ci provi, in fondo. Così tanto che ti stai dannando per uccidermi, eppure sono ancora qui. Che ne dici di impegnarti di più?-
Il suo volto divampò dalla collera.
Sbiancai.
Afferrai Nolan per una mano, supplicandolo di tacere.
- Non preoccuparti-
Mormorò.
- Abbaia tanto ma alla fine non morde-
Non morde? Non morde?!
Sì forse non mordeva, infatti piuttosto divorava.
Aveva fatto in modo di entrare nelle grazie dalla famiglia reale, di farsi trasformare, che il Principe Medardo venisse ucciso, che il Re dei Demoni fosse assassinato, che la guerra civile scoppiasse. Aveva plagiato Nolan affinché desiderasse il dominio degli Inferi, aveva così convinto Hella ad allearsi con Abrahel per la paura che un mezzo demone conquistasse i suoi territori. Aveva tradito, spiato, fatto il doppio gioco così a lungo senza mai degnare sospetti. Ci aveva fatto incontrare per poi metterci l’uno contro l’altro, ci aveva usati fino a distruggerci a vicenda, lasciandoci infine entrambi senza niente. Blanche azzannava, divorava e distruggeva tutto quello che toccava.
- Ce la fai contro Isaac?-
Domandò Nolan, facendomi rinsavire.
- Sì, certo che ce la faccio-
- Ecco, allora datti da fare-
Ordinò, facendomi l’occhiolino.
- Hai un po’ di cose da farti perdonare-
Fece notare.
Lo fissai, non capendo.
- Potevi darmi almeno tre giorni di anticipo-
Spiegò, accennando a Blanche davanti a sé.
- Si battono eserciti interi in tre giorni-
Ammise, sospirando.
- Tu invece hai scelto di farmi uccidere-
Le sue parole furono un colpo al cuore.
Con questa frase mi congedò, scattando verso l’ex fidanzata.
Poco distante, d’altro canto, mi aspettava il mio. 
- E va bene-
Sussurrai.
- Questa è la resa dei conti, Isaac-
 
Attaccai, avventandomi su di lui. Si scansò, portandomi verso l’altro lato della torre.
Voleva allontanarsi da Nolan e Blanche. Lo seguii.
Il mio corpo era più sicuro contro di lui, temerario verso un avversario che sapevo poter contrastare. Ero cresciuta dal nostro ultimo incontro, avevo imparato molto in quei mesi e finalmente potevo dimostrarlo.
Attaccai fendendo il fioretto, per tutta risposta Isaac estrasse il pugnale cerimoniale. Bloccò il mio colpo, rigettandomi indietro. Fissai la sua lama, incredula che volesse battersi proprio con quella. Era dannatamente lunga ma anche difficile da maneggiare. Lo stregone non parve avere dubbi, al suo giudizio niente era più appropriato per uccidermi. Sorrisi, accettando la sfida.
Ci affrontammo con forza, dimenticando quasi che poco lontano Nolan stava affrontando il mio nemico più grande. Affondai il fioretto più volte, riuscendo ad intaccare leggermente le sue vesti. Nonostante la mia bravura, non lo avevo ancora ferito. Isaac era veloce, addestrato a combattere, da anni si allenava nell’esercito del Concilio. Io avevo imparato in poche settimane a bordo di una nave, tuttavia lo stregone non aveva avuto il mio maestro. Avrei reso Hunter orgoglioso di me.
Stoccai il fioretto con rabbia, instancabile. Isaac sorrise, bloccando ulteriormente la mia lama.
- Sei brava-
Ammise, fissandomi con i suoi occhi verdi.
- Ma non abbastanza-
Le nostre armi incrociate si ostruivano a vicenda, tentai di far prevalere la mia forza ma fu inutile. Era forte, troppo forte. La sua potenza mi sovrastava, tanto da costringermi a porre una mano sul pugnale per bloccargli l’avanzata. Lo strinsi, utilizzando tutto il mio calore fino a far diventare il metallo rovente. Brillava infuocata, nel buio della notte ma qualcosa non stava funzionando. Isaac, non pareva preoccupato ed io non riuscivo a farlo indietreggiare. Mi gettò a terra, con una semplice spinta. Caddi sulle pietre della torre, ansimante, improvvisamente senza fiato ed il pugnale dello stregone sulla giugulare.
Digrignai i denti, non capendo.
- Cosa mi hai fatto?-
Sorrise, raggiungendomi al suolo così per fissarmi al meglio negli occhi.
- Questo pugnale-
Spiegò.
- Non è solamente ben lavorato ed elegante. E’ maledetto-
Sussultai. Ricordavo che era intriso di magia nera, così da trasformare ogni ferita inferta da esso assolutamente mortale. Non sapevo però fosse in grado di togliermi la forza a distanza.
- Ha subito qualche leggera modifica-
Espose lo stregone, accennando alla figura di Blanche oltre di noi.
- Così non vale-
Obiettai. Isaac ghignò, spingendo la punta dell’arma contro la gola.
- Fammi causa-
Mi avrebbe ucciso, sgozzato, lieto di poter finalmente purificare la mia natura contraria alle leggi del creato. Stava per farlo, se una scarica di magia nera non lo avesse colpito.
Il pugnale cadde lontano, perdendo la sua efficacia.
Ripresi a respirare, le forze parvero tornarmi in corpo. Mi volsi, osservando Nolan in lontananza, intento a salvarmi. Aveva interrotto il suo scontro, volgendo le spalle al nemico per me. Incrociai i suoi occhi d’oro, con il terrore che quel gesto potesse essergli fatale.
Mi alzai di scatto, cercando la figura di Blanche. Mi bloccai tremando, quando vidi la donna oltre di lui attendere, immobile.
Aveva lasciato deliberatamente che Nolan mi salvasse.
Blanche non desiderava che io morissi, non ancora.
Nascosta nell’oscurità della torre, fissandomi, fu capace di mostrarmi l’esatta modalità con cui desiderava distruggermi. Fece ciò che le riusciva meglio, ciò che era sempre stata brava a fare.
Avvalendosi solamente dello sguardo, mi fece percepire il dolore delle piume che in futuro mi avrebbe strappato. Una ad una, lentamente e fatalmente.
Mi posi una mano sulle spalle, provando una fitta alla schiena.
Pareva che sanguinasse, mentre Blanche mi mostrava il momento esatto in cui mi avrebbe uccisa. Era una promessa.
Per la seconda volta rivelò che in realtà non aveva affatto perso il suo potere, esso si era evoluto. Blanche creava illusioni.
Il potere del suo sangue misto consisteva nel torturare tramite orribili allucinazioni ma esse erano incapaci di ferire nel corpo.
Passai le dita su di una scapola, sotto la maglietta.
Sangue.
Posta al suo sguardo maledetto, il mio fisico si indebolì e la ma schiena sanguinò realmente.
Adesso le sue visioni si tramutavano in realtà, uccidendo.
Provai un nodo alla gola.
Udii la voce di Nolan chiamarmi, avvertirmi che Isaac stava tornando all’attacco. Mi volsi in fretta, scansando il colpo dello stregone. Era tornato in possesso del pugnale. Dovevo rimanere a distanza il più possibile, se non volevo soccombere.
- Ti sta ingannando-
Affermai, cercando di prendere tempo.
- Capisci cosa è appena successo?-
Domandai, accennando alla figura di Blanche alle mie spalle. Lo scontro con Nolan era appena ripreso, Isaac si era perso l’intera scena.
- Ha permesso che Nolan mi salvasse! Non ha mosso un dito. Non ti permetterà di uccidermi!-
- Perché dovrei crederti?-
Replicò scattando verso di me. Fuggii dalla sua arma, allontanandomi senza contrattaccare.
- Ti sta usando Isaac-
Esposi.
- Lo ha sempre fatto, fa parte della sua natura. Blanche usa le persone e quando ha finito le distrugge. Sei solo la sua scimmia ammaestrata!-
Lo provocai fin troppo.
Arrabbiandosi, riuscì a graffiarmi la spalla destra con il pugnale.
Gridai, provando un dolore molto intenso nonostante la lieve entità della ferita.
Inciampai finendo a terra, dove cercai di bloccare la fuoriuscita di sangue con una mano.
Avevo perso le forze, di nuovo. Non potevo competere contro la maledizione di Blanche. Fino a che Isaac avesse impugnato il pugnale, non avrei avuto speranze.
- Rifletti-
Lo supplicai, fissandolo negli occhi verdi.
- Tu non puoi uccidermi-
- Al momento sembra tutt’altro-
Affermò, compiaciuto.
La mano destra prese a tremare. Il fioretto cadde, non riuscendo più ad impugnarlo.
- No-
Obiettai.
- Tu non potrai mai uccidermi-
Ripresi, parlando a fatica.
- Blanche…non si priverebbe mai di questa gioia. Con te, con noi, sta solo giocando-
- Eppure ha maledetto il pugnale-
Contestò lo stregone.
- Al momento…vuole farmi soffrire-
Per niente persuaso, partì all’attacco.  
Un attimo prima che colpisse, mi sdraiai del tutto al suolo. Scansai la lama, attendendo che la figura di Isaac fosse sopra di me. La sua mano cadde nel vuoto, perdendo il bersaglio. Si sbilanciò, smarrendo l’equilibrio ad un passo dallo strapiombo. Utilizzai le gambe e le ultime forze che la maledizione mi aveva lasciato, per spingerlo oltre il ciglio della torre.
Lo stregone urlò, volando nel dirupo.
Ripresi a respirare, come se il pugnale cerimoniale fosse lontano. La spalla faceva male, la ferita era infetta di magia nera ma riuscii ad alzarmi in piedi. Udivo ancora quella voce fastidiosa gridare.
Mi sporsi leggermente, scorgendo il suo corpo nell’oscurità. Aveva perso l’arma, caduta nel vuoto ma era riuscito ad aggrapparsi alle rocce della torre. Bastava poco per fargli perdere la presa e gettarlo nell’abisso, verso la morte.
Ero certa che Isaac non sapesse volare.
Raccolsi il fioretto di Morgan. Con un graffio, con un solo e semplice graffio sulle dita sarebbe caduto. Mi accinsi a dargli il colpo di grazia, quando percepii un intenso bruciore alla schiena. Sussultai, sgranando gli occhi per il dolore.
Un colpo alle spalle intenso, violento, mi fece perdere nuovamente la spada, stordendomi.
Oscillando sul ciglio dello strapiombo, caddi.
Prossima a svenire verso il dirupo, tuttavia non precipitai come Isaac.
Avvalendosi di una portentosa velocità, qualcuno mi afferrò.
- Maledetta!-
Udii urlare.
- L’hai colpita alla schiena!-
Replicò ancora la voce. Aprii gli occhi, osservando i suoi sopra i miei. Color oro.
Nolan mi stava repentinamente curando, con pochi secondi a disposizione. Concentrato sulle bruciature alla schiena, riuscì in breve a darmi sollievo.
- Sono io il tuo avversario-
Continuò il demone, stringendomi al petto, contestando del tutto il colpo inferto a tradimento.
- Oh, andiamo-
Borbottò Blanche.
- Adesso siamo pari-
Non voleva che neanche Isaac morisse, avevo colto il messaggio. Lo stregone poteva esserle ancora utile, io del resto potevo subire qualche bruciatura. Tanto sapeva che Nolan sarebbe corso e, per la seconda volta, non lo stava ostacolando. Quella tortura, quel sadico gioco gatto-topo stava durando fin troppo.
- Nolan-
Sussurrai.
- Sta pianificando qualcosa-
Cercai di alzarmi, ponendomi la mano sulla spalla ferita. Il demone tentò di curarmi anch’essa ma, in quel caso e solo in quel caso, Blanche lo richiamò a sé.
Ci colpì ulteriormente con le fiamme infernali, costringendo il Principe ad interrompere. Ci spostammo, notando in lontananza Isaac risalire sulla torre. Strinsi i denti dalla rabbia.
- Sta attento-
Avvisai, prima che tornasse ad affrontarla.
- Vuole ucciderti-
Nolan aggrottò le sopracciglia.
- Sì, questo l’ho intuito-
Sbottò.
- Sta cercando di uccidere entrambi-
- No-
Replicai.
- Vuole assolutamente che sia tu a morire prima di me-
Feci notare.
- Io non corro rischi. Non badare a me-
Dissi in ginocchio, disarmata, con la spalla sanguinante e il veleno che mi scorreva nelle vene.
Non riuscii a convincerlo del tutto. 

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Capitolo 8
*** Oscurità ed ali nere ***


Blanche attaccò, ottenendo finalmente l’attenzione di Nolan.
Il mezzo demone dovette difendermi, respingendo la forza  di mia sorella. Questo lo distolse dalle mie precarie condizioni, almeno per un po’.
Ripresero a combattere, mentre io ancora provavo a rialzarmi. Avvelenata dall’arma di Isaac, vacillai ma riuscii perlomeno a pormi dritta.
Strinsi forte la spalla ferita, che faceva un gran male. Osservai il sangue gocciolare a terra, chiedendomi se fossi in grado di impugnare un’elsa.
Alzai lo sguardo. Isaac mi aspettava, con una strana espressione in volto.
Rabbia, furia, vergogna per essere stato gettato giù dalla torre. Sospirai.
Grazie ai piani di Blanche, magari non sarei morta ma sarebbe stato comunque difficile.
E faticoso, molto faticoso.
Avanzai di un passo verso lo stregone, mostrando che ero pronta a ricominciare.
Isaac, disarmato del pugnale maledetto, doveva battersi a mani nude.
Probabilmente avevo un vantaggio, nonostante la dannata magia nera che mi scorreva nelle vene.
In quel momento ripensai a Lilith e Abaddon. Non stavano arrivando. Tutto quel rumore, una parte del castello disintegrata e nessuno accorreva. Nemmeno un soldato, una guardia.
Raccogliendo il fioretto caduto a terra, provai una sensazione di freddo.
Il gelo che mi percorse la schiena era affiancato da una consapevolezza: Blanche aveva pensato anche a loro.
- E’ il momento di farla finita-
Avvisò il ragazzo.
Ero assolutamente d’accordo. In breve il veleno non mi avrebbe più permesso di combattere. Per vincere o perdere, avevo comunque poco tempo.
Tentai di impugnare l’arma di Morgan ma, come temevo, il dolore alla spalla destra non me lo permise. Dovevo difendermi ed affondare con la sinistra. Neanche Hunter mi aveva preparata a questa evenienza.
Isaac se ne accorse. In lontananza, fra le tenebre della notte, sorrise.
Si volse verso una torretta poco distante da noi, meno affollata. Mi invitò a seguirlo su di essa, a lasciare Blanche e Nolan da soli.
Cercai la figura del demone, riluttante. Il Principe affrontava mia sorella senza esclusione di colpi, certamente in modo più composto del mio. Ancora non era stato ferito, nemmeno una volta.
Eppure non riuscivo a smettere di preoccuparmi. Blanche faceva sempre credere all’avversario di essere in vantaggio, prima di schiacciarlo.
Sospirando, rassegnata, attraversai la torre. Sul ciglio di essa osservai lo stregone all’orizzonte che mi aspettava. Le gambe per ora funzionavano, permettendomi di saltare e raggiungerlo.
Attraversai le merlettature in pietra, atterrando sulla cima impugnando in modo goffo il fioretto. Alzai lo sguardo verso Isaac, notando la sua piena soddisfazione innanzi al mio stato malconcio. Non mi sarei fatta intimidire, né da lui né dalla magia nera. Ne avevo passate di peggio e peggiori ancora ne dovevo ancora affrontare. Blanche me lo aveva mostrato.
Scattai verso di lui, tentando una nuova tecnica di scherma. Utilizzavo il fianco destro per spostarmi e schivare, mentre con la sinistra affondavo. Disarmato del pugnale, lo stregone si avvalse della magia del popolo fatato. Controllando gli elementi naturali, creò un lancia di ghiaccio ricavando l’acqua dall’ossigeno. Estremamente più possente rispetto ad una stalattite formatasi spontaneamente, affrontava l’acciaio del mio fioretto come un suo degno pari.
Affilata come una lama e molto appuntita, la lancia di Isaac mi colpì. Non mi fermai, neanche per riprendere fiato. Proseguii imperterrita, nonostante ciò dimostrasse quanto il mio braccio sinistro fosse insufficiente.
Non fui capace di colpirlo nemmeno una volta, le sue vesti erano ancora immacolate.
Tentai di impegnarmi maggiormente, nel contempo la spalla destra iniziò a bruciare a causa della magia nera. Un veleno rovente scorreva sottopelle, divorandomi come acido. Una prova ulteriore della mia natura angelica che, se pur ben nascosta, non si asteneva nel portami a fondo con sé.
Mi riversai a terra, cadendo sotto i colpi della lancia di Isaac. Persi il fioretto di Morgan, che finì poco distante da me. Lo stregone rise, ribadendo quanto quel combattimento fosse totalmente inutile. Con quella insensata caparbietà io e il demone stavamo solo prolungando la nostra agonia.
Alzai il volto dalle pietre della torre, scorgendo i suoi occhi tendenti nuovamente all’azzurro.
Stava abbandonando la magia fatata, che li tramutava in un colore verde smeraldo. Il suo corpo si rilassò, lasciando cadere la lancia. Decise di non continuare a combattere.
- Arrenditi Victoria. Arrenditi adesso-
Propose, sollevando le braccia.
- Guardati. Sei pietosa anche da finire-
Stavo per rispondere non troppo elegantemente, quando udii la voce di Nolan.
Mi volsi di scatto verso la torretta adiacente, scorgendo fra le tenebre la figura del demone a pochi passi da Blanche. Era in ginocchio, con gli occhi bassi e una mano sul petto.
Il sorriso di mia sorella fulminava il suo corpo. Avanzò verso di lui, lasciando che il rumore dei suoi tacchi echeggiasse nella notte.
Nolan ancora non si alzava.
Sapevo cosa gli stava facendo e cosa sarebbe successo da lì a poco.
Con il cuore in gola mi volsi verso Isaac, in piedi innanzi a me. Mi sollevai da terra quanto bastava da pormi in posizione eretta, fissando il suo corpo così vigoroso. Ne avevo bisogno, mi serviva.
Con la forza rimasta racchiusi il mio stesso sangue nel palmo della mano. Dalla spalla rigava il braccio sino alle dita, quasi esso stesso mi stesse invitando.
Isaac era uno stregone per metà.
Io ero una strega per metà.
Non avevo granché su cui lavorare ma dovevo provarci.
- Forza Isaac-
Sbottai.
- Adesso farai quello che io ti comando-
Il corpo del ragazzo ebbe un fremito. I suoi occhi azzurri rotearono in direzione degli arti, che iniziarono a muoversi non più sotto il suo controllo.
- Sarai utile, finalmente-
Avvisai.
Avevo pochi istanti. Pochi momenti in cui il suo organismo mi avrebbe risposto e altrettanti pochi secondi prima che Blanche sferrasse il colpo di grazia su Nolan.
Mi volsi verso la torretta, dove il demone era immobile sotto lo sguardo maledetto di mia sorella.
Forse il suo potere di sangue misto non era abbastanza forte da ucciderlo ma, attraverso i suoi occhi, sicuramente lo avrebbe tenuto impegnato il tempo necessario per finirlo a mani nude.
Obbligai Isaac a raccogliere la lancia di ghiaccio e ad avvicinarsi alla merlettatura della torre. Dovette salire su di uno dei blocchi di pietra che costituivano i merli. La mano destra tremava in preda agli spasmi ma non mi fermai, controllai il braccio dello stregone affinché sollevasse la lancia al cielo. Con un ultimo sforzo, lo costrinsi a scagliarla verso Blanche. La donna, sotto attacco, rinsavì perdendo la concentrazione su Nolan. Dovette distrarsi per parare il colpo, distruggendo l’arma avversaria e dando modo al demone di rialzarsi.
- Maledetta!-
Gridò Blanche contro di me.
- Ti costerà caro!-
Come risposta, ordinai al corpo dello stregone di utilizzare il suo mezzo sangue fatato per scagliare un secondo attacco di ghiaccio.
Blanche fu obbligata a combattere contro il suo stesso alleato, intanto che Nolan si rialzava.
Riprendeva fiato, respirando pesantemente e a fatica. Si volse verso di me, incrociando i miei occhi nonostante la distanza. Osservò le mie ferite, ne ero certa. Mi fissava, incredulo che riuscissi a controllare Isaac nonostante tutto. Il suo stupore durò poco, esattamente nel momento in cui il sangue dello stregone mi scivolò dalle dita.
Crollai sulle pietre del pavimento, rilasciando il corpo dell’ex membro del Concilio.
Nolan urlò il mio nome ma quasi non ci feci caso. Piuttosto mi concentrai sulla figura di Isaac che, facendo un passo indietro, scese dalla merlettatura della torre. Dando le spalle a Blanche, mi scrutò nelle mie fragili condizioni in modo abbastanza spietato. L’avevo fatta grossa, me ne rendevo conto e adesso era pronto per vendicarsi. Chiusi gli occhi, aspettando di avvertire le sue mani su di me.
Invece, percepii solo del vento.
Una strana ed isolata folata mi convinse a riaprire gli occhi.
Ali. Due grandi ali nere.
Coprivano ampiamente la mia vista, impedendomi di capire. Alzai lo sguardo, tentando di scorgere un volto oltre quelle ali. Non assomigliavano a quelle di Abaddon, non avevano piume.
Sembravano piuttosto quelle di un diavolo.
- Come stai?-
Domandò la figura innanzi a me. La voce di Nolan.
Sussultai. Erano proprio le sue.
Le aveva usate per sorvolare le torri abbastanza in fretta.
Nolan sapeva usarle. Nolan sapeva volare.
- Stai bene?-
Incalzò.
- Sono viva-
Replicai.
- Non pensare a me. Stavi quasi per farti uccidere, laggiù-
Il mezzo demone sorrise, affermando che anch’io non versavo proprio in splendide condizioni.
- Ora basta-
Sentii echeggiare Blanche.
- Sono stufa del vostro continuo “salvarsi a vicenda”-
Eruppe, raggiungendoci sulla torretta a fianco di Isaac.
- Mi sembra ovvio che combattere contro voi due insieme non è proprio possibile-
Nolan arretrò di qualche passo, porgendomi una mano. Tentai di alzarmi, aggrappandomi a lui.
Caddi immediatamente, perdendo i sensi.
Percepii le sue mani afferrarmi, portarmi al suo fianco.
Prontamente si concentrò sulla ferita di magia nera inferta alla spalla, dandomi sollievo. Riaprii gli occhi, osservando i suoi. Mi accorsi che entrambi eravamo circondati dall’intera grandezza delle sue ali. Non potevo più scorgere i nostri nemici. Compresi che Nolan ci aveva avvolti da esse, incassando ogni colpo che Blanche e Isaac gli stessero inferendo.
Il demone non si fermò, continuando a curarmi nonostante si stesse indebolendo.
- Basta-
Supplicai.
- Conserva le forze per Blanche-
- Zitta-
Sbottò.
- Per una volta, zitta-
Avvertii il mio corpo riprendersi, il veleno di Isaac scorrere via dalle vene. I tessuti compromessi dalla magia nera si rigenerarono, tornando forti.
Ripresi a respirare regolarmente, capacitandomi solamente allora di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. Quel peso sul petto era sparito, come il dolore.
Strinsi la sua mano, fissandolo come se lo vedessi per la prima volta.
Mi aveva salvato, di nuovo.
Provai a ringraziare, quando un nuovo colpo si infranse contro le sue ali. Talmente forte, più forte dei precedenti, da sbalzarci via. Ci separammo, rotolando verso le merlettature della torre.
Blanche non diede tregua al mezzo diavolo, raggiungendolo prontamente. Utilizzando la magia nera, distrusse i merli di pietra alle sue spalle. Il Principe si sollevò in ginocchio, osservando oltre di lui la torretta distrutta. Si volse verso la donna, probabilmente domandandosi se avesse sbagliato mira. Non si trattava di uno sbaglio, Blanche si era aperta la strada. Velocemente, colpì ancora l’avversario in modo da scaraventarlo verso il vuoto.
La figura di Nolan oltrepassò i blocchi di pietra infranti, cadendo dalla torre sotto la potenza di mia sorella. Scattai in piedi, urlando.
Il cuore riprese a battere solo quando la figura del demone riapparve, ad ali spiegate. Esse sbatterono nella notte ormai non più tanto scura, lanciando una tiepida brezza mattutina verso di noi.  
Lo osservai galleggiare in aria, mentre gli occhi di Blanche infuriavano d’ira. Lo aveva indebolito ma non abbastanza da farlo precipitare. Il Principe dei Demoni tornò a posare i piedi sul tetto della torre, senza abbassare le ali. Mostrandole grandi, possenti, affrontò lo sguardo della donna incitandola a fare di meglio. Mi posi una mano sulla fronte. Non imparava mai.
Blanche raccolse la sfida, sinceramente infastidita. Stava perdendo il controllo della situazione, i suoi piani tardavano a compiersi e temetti che fosse pronta ad esplodere. Le sue gote, infatti, si erano macchiate di rosso. Blanche non arrossiva mai dalla rabbia, non ne aveva il bisogno.
Nolan riusciva invece a mettere in crisi ogni sua convinzione, ogni consapevolezza. L’affrontava verbalmente e fisicamente facendole perdere il potere di cui ella stessa si era investita.
Pericoloso, troppo pericoloso per lasciarlo in vita.
Ripresero a combattere, a pochi passi da me. Compresi allora che anch’io dovevo tornare ad affrontare Isaac, rinvigorita con l’aiuto di Nolan.
Mi volsi cercando lo stregone, che trovai ad un passo da me già pronto nel finirmi.
Ghignando, stringeva la mia arma fra le mani. L’aveva trovata per terra, abbandonata dopo che non ero riuscita più ad impugnarla. Se non mi fossi girata, mi avrebbe colpito alle spalle.
- Bellissima-
Mormorò.
- Capisco perché combatti con questo spillo-
Osservò, lasciando che il metallo lucente del fioretto brillasse alla tenue luce del mattino.
Il cielo si stava tingendo di chiaro, ormai la luce dell’alba era imminente.
- Lasciala-
Intimai.
La rivolse contro il petto, ad un passo dal cuore.
- Dovevi arrenderti-
Aggiunse.
- Avresti vissuto almeno un altro giorno-
Promise che comunque, appena finito, il mio incantevole fioretto non sarebbe marcito con me. In mano sua, avrebbe illuminato le battaglie al fianco di Blanche.
Furiosa, afferrai la lama di Morgan. La strinsi forte a mani nude, ferendomi.
Isaac sussultò.
Senza mai smettere di stringere l’arma, la spinsi via. Allontanandola dal cuore, la tirai verso di me per riappropriarmene. Il sangue infuocato macchiò la bellissima proprietà della moglie di Hyner, rendendola rovente.
- Non ti appartiene-
Ringhiai.
- Non meriti neanche di sfiorarla-
La strappai alla sua impugnatura, tornando a stringere l’elsa argentata. Puntai il fioretto insanguinato contro di lui, rimasto allibito.
Mi fissò immobile, dopodiché tornò a sorridere.
- Il tuo attaccamento alla vita-
Mormorò.
- E’ totalmente fuori luogo-
- Strane come ultime parole-
Affermai, avvicinando la punta della spada alla gola dell’avversario.
- Non capisci?-
Chiese Isaac.
- Vincere questa unica battaglia è inutile. C’è tutta una guerra, oltre questo castello, che non potrai mai vincere-
Spiegò.
- Noi siamo in troppi. Siamo tanti e tutti uniti contro di te, contro di voi. Non ce la farete-
Nonostante fossi del tutto conscia che avesse ragione, nonostante capissi perfettamente che la nostra riuscita fosse impossibile, mollare appariva ai miei occhi come la soluzione peggiore.
- Sta a vedere-
Sbottai.
Ormai eravamo andati troppo oltre, per arrenderci. Giunti a quel punto, preferivo perdere con stile.
Mi preparai a stoccare, quando udii un grido. Tremai, provando una fitta al cuore.
Era la sua voce. La voce di Nolan.
Urlava. Di nuovo.
Mi volsi velocemente, percependo questa volta un bruciore intenso al polso. Il marchio scarlatto divampava una luce colma di fiamme. Attraverso quel bagliore, scorsi il corpo di Nolan cadere sotto i colpi di Blanche. Sulla cima della nostra torre, il demone giaceva.
Mia sorella non perse tempo. Si chinò su di lui, afferrandolo per i vestiti. Lo sollevò, con una forza mostruosa. Lo tenne sospeso per qualche istante, giusto il tempo di cercarmi con lo sguardo.
- E’ finita-
Sibilò.
Volle fissarmi negli occhi, prima di gettarlo giù dalla torre.
- No!-
Gridai, osservando il corpo di Nolan sbalzato verso il vuoto.
Lasciai Isaac, non curandomi minimamente di lui. Colmai la distanza che ci separava, raggiungendo la merlettatura infranta.
Blanche rideva e la sua risata mi fece sanguinare il cuore.
Accompagnato da quel suono orribile, Nolan cadeva. Nel tenue bagliore del mattino, all’orizzonte verso un cielo di fuoco, le ali del demone non si spiegarono. Presto, comunque, sarebbero scomparse soccombendo al sole.
Non avevo tempo per pensare, neanche un istante per riflettere. L’alba stava per sopraggiungere ed io già non indossavo l’anello che conteneva i miei poteri.
Sotto gli occhi di Blanche, mi lanciai nel baratro verso Nolan.
Udii un borbottio di disaccordo con quel mio gesto. Non desiderava che morissi con il Principe, in un martirio apparentemente senza senso. Stavo mandando all’aria i suoi piani, ancora. Forse anche per questo, mi gettai nel vuoto con un po’ più di coraggio.
Stavamo cadendo insieme, velocemente in quella inesorabile discesa verso terra.
Il demone era in vantaggio rispetto a me, pochi istanti che facevano la differenza. Non sarei riuscita a raggiungerlo in tempo, lo avrei visto morire davanti ai miei occhi, poco prima che si chiudessero per sempre.
Pesantemente il suo corpo precipitava con tanto di ali socchiuse.
Tentai di allungare le braccia mentre il vento mi feriva ma era inutile. La velocità poi bloccava la mia voce, i polmoni compressi non mi permettevano di chiamarlo. Forse si sarebbe svegliato, forse no. Comunque non potevo provare, inerme, non riuscivo a salvarlo.
Prossimi al suolo, il sole sorse ad est nella limpidezza del cielo sereno. Senza ostacoli all’orizzonte, senza che la luce venisse filtrata da colline o montagne, in un attimo divampò su di noi.
Le ali nere del mezzo diavolo scomparvero in un baleno mentre in altrettanto tempo comparivano le mie. Una marea di piume bianche triplicò la mia stazza, spiegandosi istintivamente per bloccare la discesa. Fecero attrito ma ciò che desideravo davvero era usarle per ottenere una spinta.
Mai impiegate, nemmeno una volta messe in pratica. Non avevo la minima idea di come funzionassero ma dovevo imparare sul campo, se non volevo vedere Nolan spiaccicato a terra.
Una estroflessione di me, un prolungamento del mio corpo che necessitavo di percepire ed imparare a controllare. Dalle scapole fin alla punta dell’ultima piuma, dovevo avvertire ogni parte di loro per servirmene.
Un passerotto lanciato dal nido non riflette su come salvarsi. Il suo primo volo è tutto istinto, stracolmo di voglia di vivere.
Senza pensarci troppo, impennai le mie ali. Le obbligai a chiudersi, a smettere di credersi una mongolfiera. Dovevano invece aprirsi verso l’esterno e colpire l’aria stessa, così da lanciarmi fino a lui. Forti e possenti, obbedirono al comando donandomi velocità. Abbastanza da sbalzarmi verso il corpo del demone, che afferrai per la camicia. Lo portai a me, racchiudendolo con le braccia.
Non sembrava estremamente ferito, eppure non si svegliava. Non ebbi il tempo per farmi domande, vidi le rocce di fronte a me.
Terrorizzata, lasciai che le mie ali agissero. Sbatterono forte, così tanto da farmi male.
La terra fu colpita e i sassi spazzati via dal vento che esse crearono. Una folata di polvere si innalzò intorno a noi, coprendoci mentre ci arrestavamo immobili a pochi passi dal suolo.
Col cuore in gola, posai i piedi sulla valle.
Le ali si richiusero. Caddi, non riuscendo a sorreggerne il peso sulla schiena. Il corpo privo di sensi di Nolan finì sul terriccio con me, non svegliandosi neanche quando sbatté la testa.
Respirando affannosamente raggiunsi il suo petto, ponendo una mano sul cuore per comprendere se fosse già morto.
Batteva. Flebilmente, però batteva.
Era vivo ma pallido, estremamente più pallido del colorito di un demone normale.
Non avevo visto cosa Blanche gli avesse fatto. Esternamente non riportava ferite, eppure sembrava come afflitto da dentro.
China su di lui, con le ali spalancate che proprio non volevano sparire, tentai di capirne velocemente il problema. Possedevo il suo sangue, da un bel po’ ormai. Entrai in contatto con il suo organismo, obbligandolo a svelarmi quale maleficio nascondesse.
Non fu difficile trovarlo.
Magia bianca. All’interno del corpo del Principe, la magia bianca stava divorando le sue carni uccidendolo.
Sussultai, spaventata. Ero impotente.
Mia sorella maggiore padroneggiava sia la magia nera che quella bianca mentre io non ero in grado di curarlo. Non sapevo gestire neanche la mia stessa magia.
Sarebbe morto, di lì a poco. A breve Blanche ed Isaac ci avrebbero raggiunti, finendoci comunque. Non sembravamo avere scampo in alcun modo. Isaac, furibondo dopo essere stato disarmato e quasi ucciso, se Blanche glielo avesse permesso, avrebbe ripreso da dove aveva lasciato con tutta l’intenzione di purificarmi. Lo avrebbe fatto con quel maledetto pugnale, che faceva un gran male.
Il pugnale. Un pugnale intriso di magia nera.
Era caduto poco distante.
Mi volsi di scatto verso le pendici della prima torre. Da lassù il pugnale cerimoniale era precipitato al suolo, finendo fra i cespugli.
Mi aveva colpita, ero entrata in contatto con la sua lama velenosa. Forse potevo richiamarla.
- Pugnale-
Evocai, con il palmo della mano rivolto verso il cielo.
Niente apparve.
Hunter mi aveva insegnato che ogni oggetto possedeva la propria anima, colmo di una vitalità e personalità da comprendere per evocarlo. Questo rendeva l’incantesimo difficile da applicare, pochi godevano infatti delle facoltà necessarie per capire la vera essenza di un’arma.
- Pugnale cerimoniale-
Proseguii. Ancora nulla.
Roteai gli occhi.
Tenuto a lungo in possesso da un egocentrico stregone e infuso dei poteri di una megalomane Principessa. L’arma non avrebbe mai risposto ad un richiamo qualunque, come un semplice coltello.
- Pugnale cerimoniale di Isaac dalla lama ed elsa in argento-
Niente.
- Intriso di magia nera da Blanche-
Aggiunsi.
- Che mi ha quasi uccisa-
All’orizzonte fra i rovi, un oggetto lucente partì a razzo verso la mia mano.
Afferrai l’elsa, congratulandomi con l’arma per aver risposto al richiamo.
Senza perdere tempo ulteriore mi posi nuovamente sopra il ventre di Nolan, quasi immobile.
Il respiro si stava arrestando.
Presi due belle boccate d’aria fresca, incredula da ciò che ero prossima a fare.
Strinsi forte l’impugnatura dell’arma maledetta con entrambe le mani, provando a farmi coraggio.
Chiusi gli occhi, non trovandone abbastanza.
- Scusami-
Mormorai.
Dopodiché lo pugnalai.
 
- Complimenti-
Eruppe Blanche.
Volsi lo sguardo verso di lei, senza estrarre l’arma dal ventre del demone. La magia nera del pugnale doveva entrare bene in circolo affinché combattesse la bianca.
Mentre l’organismo del Principe lentamente smetteva di morire, osservai le vesti rovinate e stracciate di mia sorella. I capelli arruffati, le braccia contuse, le numerose ferite sanguinanti.
Ero certa di non averla lasciata così sulla cima della torre.
- Ancor meglio di quel che speravo-
Affermò, estremamente divertita.
La fissai negli occhi, non comprendendo appieno le sue parole.
Poi scorsi Abaddon e Lilith in lontananza, ben oltre la figura di Sua Altezza Serenissima.
Stavano arrivando, adesso.
Adesso. Stavano arrivando.
Provai una rabbia indescrivibile. La voglia di ucciderli entrambi era forte, incredibilmente forte. Poi ricordai di star maneggiando della magia oscura in quel momento. Probabilmente era l’essenza malvagia a parlare, oppure no.
Abaddon e Lilith sopraggiungevano dalla residenza ed io ero china ad ali spiegate sul corpo di Nolan con un pugnale conficcato dentro la sua pancia.
Fissai loro, poi nuovamente gli occhi blu di Blanche. Non potevo estrarre il pugnale, non potevo scappare, il demone aveva appena ripreso a respirare.
L’addome sanguinava ma non ero preoccupata, sapevo che appena sveglio si sarebbe curato facilmente. Qualsiasi medico lo avrebbe salvato dalla ferita di una lama ma ciò che nessuno poteva contrastare era l’incantesimo di Blanche. Solamente la sua stessa magia, lo avrebbe guarito. Per questo intento, non scappai. Attesi che i suoi servitori fossero prossimi ed osservai il teatrino che la Principessa mise in atto.
- Aiuto!-
Urlò, accasciandosi al suolo.
- Aiutateci!-
Proseguii con le lacrime sul volto.
- La traditrice ha ucciso Sua Altezza!-
Il corpo di Nolan ebbe un fremito, quasi impercettibile. Mi volsi verso di lui, osservando i suoi occhi aprirsi leggermente. Mi vide. Sapevo che riusciva a vedermi.
Gli sorrisi.
Senza parlare, il mio sguardo gli promise che sarebbe andato tutto bene. Era vivo, era salvo.
Fissandolo negli occhi d’oro, lo supplicai di perdonarmi.
Allora e solo allora, estrassi il pugnale.
Non fu piacevole. Il suo corpo si contorse per il dolore, rannicchiandosi con entrambe le mani sulla ferita. Urlò, forte, mentre io mi stagliavo sopra la sua figura con una lama insanguinata.
- Prendetela!-
Gridò la voce di Sua Altezza Blanche.
Alzai lo sguardo, osservando l’angelo caduto Abaddon abbattersi velocemente su di me.
Con una mano mi strinse possentemente la gola, impedendomi di respirare, con l’altra mi afferrò il braccio armato, sollevato sul corpo di Nolan. Con forza mi sbalzò lontano, lontano dal suo padrone. Ad ali spiegate venni lanciata contro le rocce sottostanti la torre, perdendo il pugnale di cui non mi importava più granché. Sbattei la testa, crollando sull’erba. Tossendo, per la pressione subita sul collo, osservai Lilith raggiungere il suo Principe. Preoccupata, enormemente preoccupava, strillava chiamandolo per nome. Si concentrò sul ventre pugnalato, ovviamente non accorgendosi affatto dei residui di magia nera sulla ferita. Credo però che fu capace di percepire quella bianca, infatti alzò gli occhi verso Blanche, poi verso di me.
- Ci ha attaccati!-
Testimoniò, come se ancora stessimo partecipando al mio processo.
- Non sono riuscita a fare di più!-
Continuò.
- Ancora così provata dal precedente attacco-
Si pose una mano sulla fronte, simulando un malore. Abaddon le si avvicinò, tentando di aiutarla. La Principessa rifiutò, affermando che era in grado di continuare, se pur a fatica.
- Ci siamo difesi fino all’inverosimile!-
Espose, con drammaticità.
- Ma ha colpito Sua Altezza con la magia bianca!-
Lilith ed Abaddon mi fissarono, scrutarono soprattutto le mie grandi ali da angelo.
Roteai gli occhi. Certo, come se ne fossi capace.
Cercai lo sguardo di Nolan ma, ovviamente, era svenuto di nuovo.
Utilizzai la forza rimasta per pormi in ginocchio, la situazione non stava certo volgendo a nostro favore. Preoccupata soprattutto dello stato di incoscienza di Nolan, che facilitava estremamente Blanche nel finirlo, mi sollevai in piedi.
- Tenetelo lontano da lei-
Dissi solamente.
Non tentai di scagionarmi, di spiegare. Sapevo che, a quel punto, nessuno mi avrebbe creduto.
Lo sguardo dell’angelo dalle ali nere si perse nel vuoto, non comprendendo.
Blanche smarrì improvvisamente il sorriso, incitando ulteriormente a catturarmi. Abaddon obbedì, muovendosi verso di me.
Ero esausta, non potevo combattere oltre. La testa sanguinava, il fisico stremato, non ero capace di difendermi in alcun modo. Però, tentai di stabilire un contatto con Lilith. Più precisamente tentai di intaccare quei sentimenti, quell’amore che, sapevo bene, Lilith provava nei confronti del Principe che lei stessa aveva cresciuto.
- Qualsiasi cosa accada, non lasciare che rimangano mai soli-
Supplicai, fissando gli occhi di fuoco dell’arcidiavolo.
Abaddon sopraggiunse, tramortendomi.

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