Nous, qui sommes seulement des feux

di Windancer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***
Capitolo 4: *** III ***
Capitolo 5: *** IV ***
Capitolo 6: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nous, qui sommes seulement des feux

Noi, che siamo solamente due fuochi

 

Il n'est plus de feu pour me faire croire à la tendresse.
Antoine de Saint-Exupéry 

 

…Siamo pazzi, completamente pazzi a pensare di poter cambiare il mondo, ma se tanto mi da tanto lo sarò anch’io, insieme a te in questo folle giro…


Sono stata una sciocca.                                                                 

Da bambina ancora non capivo bene cosa fosse davvero l’alchimia, quali pericoli celasse dietro la più semplice trasmutazione di un cagnolino di legno, di un fiore.

Per me era quasi una magia che ammiravo con gli occhi spalancati per lo stupore.

Anni dopo però feci i conti con la realtà.

La materia è unica e sempre in circolo.

Si può plasmarla, trasmutarla ma non crearla. Questo andrebbe contro ogni legge naturale.

Ma chi non ha mai sognato di fare di più servendosi di quest’arte, complessa e oscura? Io stessa mi rivedo impaziente all’età di sei anni di riabbracciare quell’uomo che ancora chiamavo padre dopo l’ennesimo pomeriggio passato fra le carte dello studio.

Gli tesi le mani un ultima volta, quel giorno, e lui mi strinse vedendomi dopo tanto tempo. Forte, sempre più forte.

Piansi di felicità, ma non avevo ancora capito che con quell’abbraccio avevo appena firmato la mia condanna.

“Aiuterai il papà, vero?” la voce era dolce come non lo era stata da tempo, forse un po’ roca, diversa.

“S-sì papà, certo” tentennai solo un attimo ma non mi tirai indietro.

“Brava bambina”

Mi accarezzò la testa e scomparve in fondo al corridoio.


Fu solo colpa mia, desideravo solo essergli utile, volevo capirlo anche quando non fu più possibile, volevo essere amata, anche solo un po’.

Fu per causa mia che la guerra entrò definitivamente nella tua vita e si impresse nella tua pelle come fuoco ardente, lasciando una cicatrice troppo profonda e per essere cancellata.

Non si dimentica mai la sofferenza, l’orrore. 

Si può fingere di essere indifferenti, di aver lasciato tutto dietro ma riaffiora sempre prima o poi. Non lascia scampo.

Io bevvi ogni tua parola e credei cieca alla speranza di fare qualcosa di buono dell’eredità di quell’uomo stolto, ormai morto, il suo fantasma non avrebbe mancato di tormentarmi ancora nei miei incubi.

Ero certa che tu fossi la persona giusta, lo sentivo con ogni minuscola fibra del mio corpo, ed ero impaziente di dimostrarti quanto fossi importante per te, perché tu non mi dimenticassi, perché tu non mi lasciassi sola.

Fui egoista, ti seguii, perché avevo bisogno di te, ne avevo bisogno soprattutto per me, e tu eri tutto quello che mi era rimasto, eri il mio intero mondo. Lo sei ancora.

Mi nutrii del tuo sogno e ti seguii laggiù dove l’inferno ci accolse a braccia aperte strappandoci tutto giorno dopo giorno.


Per molti anni non conoscemmo altro che la morte.


 

Nda.

Ok so che dovrei studiare, lo so ma non potevo lasciarmi scappare quest’idea che mi tormenta ormai da qualche giorno.

Come avrete ben capito è Riza a parlare e prossimamente ci sarà anche Roy e poi vedremo come interagiranno. Riusciranno a risolvere i loro problemi personali? Mi piacerebbe inserire anche qualche episodio legato alla loro infanzia.

Pubblico oggi ma in realtà l’inizio di questa ff risale a qualche mese fa quando buttai giù le prime righe.

Nata come one shot ho deciso di continuare a scriverla in capitoletti molto brevi, che in questo periodo veramente pieno, (sono tornata a casa solo da qualche giorno e le cose da fare si moltiplicano) sono di certo più facili da gestire e potrò così aggiornare più spesso :3.

Dedico la ff a Narclinghe perché le avevo promesso che avrei scritto ancora su questi due scemotti ed eccomi qua e izzie_sadaharu per le sua bellissime recensioni :*

Windancer

 

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Capitolo 2
*** I ***


Nous, qui sommes seulement des feux

Noi, che siamo solamente due fuochi

 

I

Say my name

So I will know you're back

You're here again for a while

Oh, let us share

The memories that only we can share

Together

Say my name - Within Temptation

 

 

Pioveva forte, grosse gocce di pioggia avevano iniziato a cadere intorno alle 7.00 del mattino per trasformarsi presto in uno dei peggiori acquazzoni della stagione.

Sospirai, riponendo l’ombrello bagnato ad asciugare, lasciando qualche orma sul pavimento. Roteai gli occhi, ormai era fatta, avrebbe risistemato tutto più tardi. Tirai un sospiro di sollievo: ero entrato in ufficio giusto in tempo. Una volta aperta la porta lo trovai insolitamente vuoto.

Mi lasciai cadere, stanco sulla poltrona, chiusi gli occhi e ascoltai il rumore sordo della pioggia sui tetti, sulle strade.

Al contrario di quanto tutti possano pretendere di sapere, la pioggia in sé non mi dispiace affatto, perché è stato proprio in una mattina come questa, che ti ho incontrata per la prima volta tanti anni fa. Il ticchettio magnetico delle gocce sull’asfalto mi riporta sempre indietro nel tempo e mi chiedo spesso se non sarebbe stato meglio per te che fosse andato diversamente.

Faceva freddo e mi aggiravo per le vie del paese, non sapevo che aspettarmi una volta sceso dal treno nel lontano Est, ma raggiunto il luogo che sarebbe stato la mia casa per un po’ un uomo alto e dagli occhi tristi mi invitò ad entrare, in silenzio.

Quell’uomo, come scoprii in seguito, era tuo padre e conservo il ricordo della  prima volta che posò i suoi occhi su di me, colmi di qualcosa che non seppi ben definire, aspettativa? Impazienza forse? ma più di tutte rivedo ancora la disperazione nel suo sguardo il giorno in cui lasciò per sempre questo mondo.

Ma tu, tu eri così diversa allora.

                                

La memoria si offusca, le immagini si fanno sempre più sbiadite… e’ davvero questo il nostro passato? Che cosa ci ha portato a diventare quello che siamo adesso, che ci ha cambiati così tanto?

Vorrei poter dire che solo il mondo esterno, la guerra abbia giocato il ruolo principale in questa partita ma tu ed io sappiamo bene come l’uomo operi delle scelte, e noi, abbiamo fatto la nostra molto tempo fa, forse nel momento stesso in cui i miei occhi hanno incontrato i tuoi, restando abbagliati dalla sofferenza liquida e fatale, inconsapevoli, con la semplicità con cui un bambino può guardare la sua nuova amica.

Forse non abbiamo fatto altro che seguire un percorso stabilito, forse era già scritto che insieme attraversassimo l’inferno e tornassimo indietro, insieme, che combattessimo fianco a fianco fino alla fine.

Ci credi nel destino Riza?                                                                                                 

Quando ti ho incontrata la prima volta non ero ancora sicuro di cosa fosse, al fronte ho imparato che è solo una menzogna, ripetuta allo sfinimento per giustificare le atrocità umane, ma poi ti incontrai ancora, proprio lì senza che ti avessi cercata. Mi avevi visto compiere tutti quegli stermini, uccidere la gente con un gesto della mano?

Che cosa hai pensato di me, che merito di morire, di pagare per i miei crimini?

Mi domando spesso cosa ti spinga a non andare via, tendo a dimenticare che è per la stessa ragione per cui anche adesso sento un fremito anche solo pensando di poterti perdere per sempre.

 

All’improvviso una testolina bionda aveva fatto capolino nel salotto sbattendo le palpebre con sorpresa.

Dapprima mi eri sembrata solo una bambina spaurita, che mi guardava nascondendosi dietro una grande porta di legno

Ti muovesti lentamente e a piccoli passi silenziosi.

Con cautela mi avevi permesso di osservarti meglio.

Indossavi un vestito in lana spessa azzurra con le maniche a sbuffo e un paio di stivaletti neri tutti ricoperti di fango, i capelli corti erano appena umidi, anche tu eri scampata al temporale.

Fra le mani tenevi stretto un cestino di frutta.

Vedendomi non dicesti nulla, ma istintivamente portasti ancora più vicino a te il cestino a mo’ di protezione e continuasti invece a scrutarmi con i tuoi grandi occhi curiosi portandoti ancora più vicino il cestino a mo’ di protezione.

Eri così buffa e strana anche.

Occhi del colore più insolito che avessi mai visto: color del sole e dell’ambra, vivi e pungenti.

Quell’anno ne avevo appena compiuti dieci e tu non avrai avuto più di sei o sette anni a giudicare dall’altezza.  Eravamo ancora bambini, ignari di ciò che saremmo stati, ancora innocenti.

Mi avvicinai a te, timoroso di aprir bocca quasi che con gli occhi potessi incatenarmi con qualche strano incantesimo.

Anch’io non dissi nulla ma ti sorrisi tendendoti la mano, mantenendo tuttavia una certa distanza perché non scappassi via, eppure continuasti il gioco del silenzio e poco dopo inclinasti il capo leggermente a destra, le labbra arricciate in un’espressione impertinente.

Già allora sapevi mandarmi in confusione.

Mi stavi forse… studiando? Già a quell’età dovevi essere per forza una grande osservatrice e in quel momento potevo leggere sul tuo volto un misto di emozioni: diffidenza nei confronti del nuovo arrivato, curiosità, e poi… qualcosa che allora non riuscii a cogliere, e ancora oggi ripensando a quella bambina dai capelli dorati, il sorriso triste e appena accennato che mi rivolse infine dopo aver finalmente deciso che dopo tutto non potevo essere così cattivo mi è rimasto nel cuore.

Sfiorasti la mia mano con le dita e dopo la stringesti, con qualche esitazione. Risposi forse con troppa energia alla stretta perché ti sentii sussultare leggermente, ma non allentasti la presa per un momento.

Senza pensarci accarezzai le tue dita, sottili e fragili. Eri pallida.

Trattenemmo entrambi il respiro come se avessimo valicato i confini di un terreno sacro, come se dal tocco ingenuo delle nostre mani potesse nascere qualcosa di spaventoso e terribile, di cui non eravamo ancora ben consapevoli ed ebbi paura. Non la solita paura di farsi male che solitamente precede una caduta o un ferita qualunque. Ho imparato a gestire quel tipo di emozione molto presto. No, era diverso, un brivido che correva lungo la schiena, un avvertimento…

Ma poteva saperne allora un bambino del fato?

All’improvviso un tonfo ci costrinse a separarsi in un sussulto: qualcuno era appena entrato in casa. Non eri preoccupata ed io supposi che il maestro si fosse finalmente deciso a illustrarmi il programma di studi.

Sentii dei passi piuttosto pesanti per il corridoio che si trovava fuori dal salottino e portava all’unica altra stanza presente al piano terra, non considerando la cucina.

Aspettammo in silenzio, ma nessuno venne.

Così restammo a guardarci per un po’ finché non decisi che era arrivato il momento di rompere quel silenzio.

Mi schiarii la voce, cercando di assumere un tono serio:

"Vuoi dirmi come ti chiami adesso, signorina?" provai ancora, nessuno avrebbe mai detto che Roy Mustang si era arreso di fronte ad una bambina. Il mio orgoglio non mi consentiva di frenare la lingua, e dovevi esserti risentita perché sul tuo volto vidi un repentino cambiamento, un guizzo negli occhi.

Ti dondolasti un po’ sul piede destro con l’aria pensierosa, stavolta con un’ espressione birichina, ancora indecisa se darmela vinta.

Un piccolo sorriso ti illuminò il viso, in fondo eri pur sempre nel tuo territorio.

Mi morsi le labbra per l’impazienza, che cosa stavi aspettando?

"Riza" un sussurro soffocato mi giunse all’orecchio.

"Che cosa?" Domandai di seguito, fingendo di non aver capito.

"Avete inteso benissimo Signor Mustang, non lo dirò un’altra volta" mi rispondesti ad alta voce, sorridendo ti lasciasti andare per la prima volta ad una risata spontanea ed io ti seguii a ruota.

Ridevi, e nelle lacrime che piange il cielo rivedo lo stesso viso, gli stessi occhi luminosi che già una volta mi avevano catturato, nella frenesia di tutti i giorni torno ad essere il bambino che fui.

Ora, vedendoti entrare tutta trafelata penso che vorrei sentirlo ancora quel sorriso, sulle tue labbra.

"Chiedo scusa Signore! Questo mio ritardo è imperdonabile, le assicuro maggiore seriet…" Iniziasti, il fiato grosso per la corsa.

"Ah tenente eccola qui, ma lei è bagnata come un pulcino! ha assolutamente bisogno di riscaldarsi" non ti diedi il tempo di parlare e appoggiai prontamente il mio cappotto sulle tue spalle.

"Signore, ecco la ringrazio" balbettasti, prima che io mormorassi estasiato qualcosa come:

"Ma si figuri. Oggi è proprio una bella giornata, non trova anche lei?"

Iniziai a ridere, tu invece strabuzzasti gli occhi per un secondo e  boccheggiasti appena, confusa, chiedendoti se non fossi per caso impazzito.

 

 

NDA:

Buona sera/notte/giorno in base a che ora leggerete questo capitolo. :3

Avevo detto capitoletti brevi e ci sto riuscendo, avevo in mente qualcosa di ancora più corto ma oggi ho avuto fortunatamente un po’ di tempo in più. Ho riscritto queste paginette non so quante volte e ancora il risultato finale non mi soddisfa pienamente, ma non posso aspettare in eterno per postare. Non era esattamente così che l’avevo progettato ma non mi dispiace. Non succede un granché qui, lo ammetto, c’è più che altro il punto di vista preponderante di Roy, volevo dargli un po’ di spazio perché il prologo se l’è preso tutto una biondina di nostra conoscenza (Ehi! Cosa vuoi dire?! NdRiza). Spero possa piacervi e ci sarà sicuramente qualcosa di più interessante di cui parlare in futuro nei prossimi chap. Quindi recensite e stay tuned ;)

See ya,

Windancer

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Capitolo 3
*** II ***


Nous, qui sommes seulement des feux

Noi, che siamo solamente due fuochi

 

II

In the middle of the night,

I don’t understand what’s going on,

It’s a world gone astray.

In the middle of the night,

I can’t let it out.

Someone keeps searching

And shatters your life

It will never be in vain

In the middle of the night

In the middle of the night - Within Temptation

 

Era bastata una telefonata a sconvolgere la mia vita.

Maes era morto.     

Maes, il soldato giocherellone sempre allegro persino sul campo di battaglia.

Maes, marito ideale e affettuoso padre di famiglia.

Maes, il mio migliore amico.

Mi sentii tremendamente solo, così tanto che pensai di soffocare, la casa sembrò improvvisamente troppo stretta, le finestre troppo piccole, la mia vita così sbagliata.

Ero io l’omicida, solo io, ma lui, che male aveva fatto?
“Dannazione!”

Non volevo piangere, non ne avevo alcun diritto, io che ero stato il primo responsabile della sua scomparsa.

Imprecai ancora, urlai fra le lacrime, mi rigirai per un attimo il bicchiere colmo di liquido ambrato dai cui avevo bevuto per l’ennesima volta quel giorno e lo scagliai contro il pavimento con tutta la forza che avevo, mandandolo in frantumi.

Vidi frammenti di cristallo sfrecciare ovunque e brillare sotto i raggi della luna che filtravano dalla finestra socchiusa.

Feci lo stesso con i piatti rimasti sul tavolo, il fragore degli oggetti che andavano in mille pezzi riecheggiava il rumore della rottura dell’ultimo residuo di anima che avevo in corpo e che ero sul punto di perdere definitivamente.

Tutto fuori era calmo ma dentro era il caos, nella mia mente rivedevo continuamente la sua morte, come era stato possibile? Eri stato ferito prima che ti dessero il colpo finale, e allora avevi combattuto con qualcuno, ma come? E perché non hai detto nulla alla segretaria, avrebbe potuto raggiungere anche qualcun altro della squadra e forse... forse saresti qui adesso, e il tuo riflesso allo specchio smetterebbe di sorridermi beffardo.

Ti vedevo ancora, sorridente insieme a tua moglie e tua figlia, che non avrebbe più rivisto il suo papà perché delle persone cattive l’avevano portato via per sempre.

Eri stato ingenuo, sempre pronto ad aiutare chi ne aveva bisogno senza chiedere nulla in cambio, anche a costo della tua stessa vita.

“Stupido! Sei un maledetto stupido!” continua ad gridare e parlare da solo per minuti indefinibili, una parte di me conscia delle orecchie tese proprio fuori dall’appartamento, forse mi avevano scambiato per un pazzo e presto qualcuno mi avrebbe portato via per sedarmi.

Tutto quello che sapevo però era che lui non c’eri più ed io non avevo fatto nulla per impedirlo.

Sapevo che i fratelli Elric erano alla ricerca della Pietra Filosofale, e io stesso con il mio atteggiamento avevo fomentato il loro morboso desiderio di averla ad ogni costo a tal punto da spingerli a cercare il dottor Marcoh.

“Hanno chiesto aiuto a te capisci?” Avevano preferito rivolgersi a lui, che li aveva sempre riconosciuti per quello che erano, due ragazzi prossimi a diventare giovani uomini. Se avessi provato a comprendere di più le ragioni che li spingevano e a parlare con loro di tutto questo, probabilmente tutto avrebbe preso una piega diversa.

Incespicai verso il corridoio, le gambe incerte, non ero ben sicuro di cosa avrei fatto, andare lontano magari, via da tutto quel dolore che mi stava divorando, dal senso di colpa che mi sarei portato dietro ovunque.

Idiota, perché te ne sei andato prima di me?

Mormorai  prima di accasciarmi lungo la porta dell’ingresso, esausto. Mi coprii il volto con la mano, vergognandomi di me stesso, di tutto.

Intanto riflettevo, il mio cervello correva veloce alle formule e agli ingredienti necessari ad una trasmutazione umana. Pensiero abominevole che io stesso avevo aborrito e per cui due ragazzi erano quasi morti. Eppure sembrava così allettante pensare di poter rimediare al mio errore con un semplice schiocco di dita.

Ero già dannato, perché non andare oltre? E mentre gli ultimi pezzi del puzzle andavano ad incastrarsi fra loro ripensai alle conseguenze che il mio gesto avrebbe avuto e allo stesso tempo non mi importava.

Sarebbe bastato così poco e non mi sarebbe stato strappato nulla che non avessi già perso.

Fu allora che udii uno scampanellio, con stupore realizzai che qualcuno doveva aver suonato il campanello, allontanando la mia mente da intricati e proibiti pensieri.

“Colonnello, è in casa? Non è venuto al lavoro stamattina e ho pensato di venirla a trovare” disse una voce lontana, spalancai gli occhi ma non risposi, non avevo voglio di incontrare nessuno, tanto meno lei, non dopo ciò che la mia mente aveva meditato.

La mia anima, se ancora ne avevo una era macchiata ormai e stare da solo era ciò che meritavo, non avrei contaminato anche lei.

Tutto ad un tratto sentii la porta dietro di me aprirsi, lentamente, cercai di alzarmi e trascinarmi lontano ma la stanchezza mi aveva infiacchito i muscoli.

Annaspai nel tentativo di reggermi al vecchio mobiletto di legno intarsiato regalatomi da Vanessa il Natale prima, e ricaddi con un tonfo sulle piastrelle marmoree.

Udii un ticchettio di passi dietro di me, e intravidi con la coda dell’occhio una sagoma scura avvicinarsi, allungare un mano verso di me, per poi ritrarla quasi subito.

Un viso si accostò al mio e impiegai diversi secondi per registrare che in quel preciso istante, il Tenente Hawkeye era entrata nel mio appartamento e mi guardava con occhi preoccupati e velati di tristezza, spostando velocemente lo sguardo dal sangue che tingeva la mia camicia allo scorcio di pavimento traslucido della cucina e di nuovo al mio viso stravolto.

 “Va via”

Non so come, ma pronunciare quelle parole fu più difficile di quanto pensassi, rimasero incastrate in gola per qualche minuto prima di schiarirmi la voce e chiederle di lasciare la mia casa.

Non volevo che mi vedesse in quello stato ma lei restò e si avvicinò ancora di più fino a stare sulle ginocchia di fronte a me.

Desiderai nascondermi e scappare via il più velocemente possibile.

La guardai timoroso, tuttavia non scorsi traccia di disprezzo nei suoi occhi lucidi.

Ad un tratto qualcosa di caldo mi bagno il viso e la vista si annebbiò nuovamente.

Lei allora allungò le braccia fino a circondarmi per poi tenermi stretto.

 “Shh, non piangere” mi rassicurò, cullandomi dolcemente, guidandomi perché appoggiassi il capo nell’incavo del suo collo. Prese la mia mano ferita accarezzandola teneramente fra le sue, il suo tocco era gentile, quasi temesse di farmi male.

Era morbida, rassicurante e senza accorgermene, le mie dita prima immobili iniziarono tremanti a percorrere lentamente la sua schiena coperta da una maglia leggera, fino ad avvolgerla completamente in un abbraccio.

Sentivo i suoi capelli biondi solleticarmi il viso.

Rimase in silenzio ad ascoltare i miei singhiozzi che a mano a mano si placavano.

Non disse “Va tutto bene” o “Domani sarà tutto come prima”, sarebbero state bugie, ed ebbi un bisogno ancora più forte di averla con me, per quella notte, il suo calore mi dava sicurezza.

Lei, era lei tutto ciò che mi era rimasto e di cui non potevo fare a meno, mi sentii così inutile e sul punto di crollare ogni secondo che passava, ero spezzato.

Faceva così male, proprio all’altezza del petto, una fitta dolorosa mi mozzò il fiato quando tentai di aprir bocca. Era più difficile persino parlare.                  

“Mi manca terribilmente” sussurrai contro la sua pelle arrossata.

“Lo so, Roy, ma tu sai che Maes non vorrebbe mai che ti lasciassi andare così, mi capisci?“ rispose lei aumentando la stretta. Non volevo lasciarla, se mai l’avessi fatto e le fosse successo qualcosa?

Mi resi conto con orrore che tutti coloro che avevano accettato di restare al mio fianco correvano un pericolo enorme, lei per prima che aveva scelto di difendermi ad ogni costo.

E in quella stretta c’era tutto il suo coraggio, la forza che aveva sempre dimostrato in ogni occasione sempre e comunque, anche nelle missioni più disperate.

Pregai in segreto che non l’avesse fatto, pregai di non dover piangere anche sulla sua tomba, perché ero sicuro che in tal caso non avrei più avuto ragione di vivere.

Che cos’era dopotutto un’esistenza priva di coloro che si ama?

“Vorrei dimenticare tutto, tutto” fu ciò che riuscii a dire.

Riza mi guardò e vidi anch’io lo stesso dolore che mi aveva travolto, la preoccupazione per me che l’aveva guidata sin lì.

“Lo sai? Credo che non ce ne sia bisogno, dimenticare non renderebbe le cose più facili, e ora devi lottare anche per lui, perché so che vorrebbe questo e anche tu ne sei consapevole, non lasciarti andare, non adesso ”

“Ma come faccio? Non ci riesco, mi basta chiudere gli occhi per vederlo morire in un bagno di sangue, è lì che mi telefona e io non posso parlargli!” le urlai quasi, non ne avevo intenzione ma le parole erano venute fuori da sole.

“Non è colpa tua, ricordalo, e andando avanti riusciremo a prendere chi è stato e onorare la sua memoria”  l’ascoltavo sperando di provare un po’ meno male, e guardandola meglio vidi che anche lei piangeva, le lacrime non accennavano a fermarsi, silenziose, implacabili.

“Non pensare mai che sia colpa tua” Ripetè lei a bassa voce.

Per un attimo fui sorpreso della tenacia che aveva usato, ma in fondo rimaneva sempre la stessa; con il pollice raccolsi una piccola goccia e tutto sembrò così dannatamente reale e inevitabile.

Dopo un po’ Riza cercò di alzarsi, forse per ricomporsi e andare a prendere un fazzoletto ma la trattenni per la manica della giacca bianca che indossava, implorandola con lo sguardo di  rimanere ancora un po’ con me.

Lei si mordicchiò il labbro inferiore, indecisa sul da farsi. Sapevo che sarebbero potute esserci complicanze riguardanti una presunta relazione fra colleghi ma niente aveva più importanza in quell’istante, se non restare con lei, la mia salvezza.

“Non lasciarmi, ti prego” lo ripetei più volte prima che tutto intorno a me diventasse nebuloso e confuso.

“Mai” soffiò sulle mie labbra prima di posarmi un piccolo bacio sulla guancia umida e si accoccolò di nuovo contro il mio petto.

 

Non furono pronunciate altre parole quella notte in cui due anime solitarie  e unite dal dolore si incrociarono, erano disperate, ferite e sanguinanti ma furono forti perché ancora insieme, e insieme non cessarono mai di combattere, per sempre brillò il loro fuoco nell’oscurità.

 

 

Nda

Buona sera e ben ritrovati con un nuovo capitoletto J Questa volta è piuttosto triste lo ammetto ma non potevo non parlarne, la morte di Hughes è stata una di quelle che mi ha fatta stare più male nel corso della serie e ci tenevo a dire la mia in proposito.

Anche qui vedete qualche segnale sul loro rapporto, sono sempre più vicini di quello che sembra in apparenza. Non ho altro da dire se non ringraziare chi mi segue, chi recensisce e anche chi legge soltanto. Grazie di cuore :*

Ps. Mi scuso per eventuali errori, dato che sono sempre io che controllo la storia a volte mi capita di non accorgermi degli strafalcioni che faccio. Provvederò comunque ad una revisione una volta completata.

 

 

 

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Capitolo 4
*** III ***


Nous, qui sommes seulement des feux

Noi, che siamo solamente due fuochi

III

Everything will slip way
Shattered peaces will remain
When memories fade into emptiness
Only time will tell its tale
If it all has been in vain

Within Temptation

Ti guardavo dormire, assopito fra le lenzuola bianche nella stanza spoglia dell’ospedale.

Eri rimasto ferito, ancora una volta durante un duro combattimento.

“Io vado avanti. Ti aspetterò in cima” avevi detto con una sicurezza che ultimamente avevi mostrato sempre più spesso, nella camera di ospedale in cui Jean Havoc si trovava ormai da qualche giorno, prima di lasciarlo andare e imboccare il corridoio del secondo piano.

E’ incredibile ma da sole le tue parole riuscirono a dargli coraggio come nessun altro avrebbe saputo fare. Ascoltando il tono rassicurante della tua voce non potei far a meno di ammirare la tua forza di volontà ma quello che più mi lasciò esterrefatta e allo stesso tempo orgogliosa di ciò che eri diventato fu lo sguardo dei tuoi occhi, brillavano di una luce che sapeva di speranza, in noi, i tuoi compagni di sempre, nel futuro, nella guerra che avremmo combattuto di lì a poco e che avrebbe decretato le sorti dell’intero paese.

Sebbene le tue ferite fossero gravi ti eri comunque rialzato in piedi. Mai e poi mai vidi esitazione nel tuo sguardo nei momenti più tragici, neanche una volta hai pensato di lasciare indietro un compagno ferito, e Havoc era più di questo, un commilitone, un subordinato, un fratello, così simile a te per certi versi.

Sapevamo tutti che qualcosa stava arrivando, e per quanto si rimandasse la fine, questa sarebbe giunta infine inaspettata a travolgerci.

Ogni giorno mi sorprendevo sempre che nonostante Ishval, che nonostante ci fossimo macchiati di imperdonabili delitti dentro i tuoi occhi risplendessero ancora della purezza di un bambino.

Non sai quante volte ho temuto in segreto che quel giorno sarebbe arrivato perché era così che doveva andare. Non avevamo altro scopo che aiutarti e supportarti, sempre, perché tu arrivassi lassù in cima dove finalmente avresti coronato tutti i tuoi sogni, quei sogni lontani e ancora così chiari nella mia memoria che mi convinsero a lasciare tutto... ma che dico, non avevo niente allora se non te.

Non mi pento della scelta che ho fatto, non mi pento di aver ucciso, se questo ha significato saperti in salvo, vivo, anche se lontano.

Lo scontro ti aveva fiaccato è vero ma non avevi mai perso di vista i tuoi obiettivi.

Quella notte provai grande vergogna per me stessa, per aver lasciato che la paura influenzasse il mio giudizio, per aver creduto alle parole intrise di veleno di quella donna, per aver pensato anche solo per un attimo di smettere di lottare, ma cosa sarebbe stata la mia vita senza di te?

Ricordo che in quell’attimo sentii il cuore fermarsi nel petto.

“Due sacrifici”

La sua voce suadente penetrò lenta e dolce come una nenia nella mia mente.

Allora non eravamo ancora a conoscenza di ciò che sarebbe successo, di quale portata avrebbero avuto gli eventi futuri, ma ugualmente capii, mi bastò un momento, e Lust mi trafisse gli occhi con i suoi, nerissimi e spaventosi, colmi di disprezzo verso il genere umano.

Un rabbia cieca mi prese d’assalto insieme un dolore lancinante al cuore che non riuscivo a fermare. Dentro ero completamente annientata. Ogni secondo che passava annegavo nella disperazione, certa che nulla avrebbe potuto riportarti indietro. Niente sarebbe servito.

Ero furiosa, con gli homunculus, con chi ci aveva giocato quel brutto scherzo nei sotterranei, con mio padre che aveva inventato l’alchimia di fiamma, con me stessa perché non ero riuscita a proteggerti. Proteggerti era sempre stato un mio compito ma al momento di dividerci in due gruppi pur non dubitando del tuo giudizio, provai una sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco, come un avvertimento. E se la parte più intima di me aveva urlato a gran voce di seguirti e assicurarmi che tutto procedesse come stabilito, dall’altra c’era la tua alchimia ad aiutarti. Quello era stato tutto ciò che ero stata in grado darti, ed era insieme un dono e una maledizione.

“No! Non è vero! Non può essere!” Fui colta così di sorpresa che il mio cervello non riuscì, non volle accettare ciò che aveva appena ascoltato. Tu non eri morto, non potevi esserlo, in tal caso sarei stata un completo fallimento, non solo come guardia del corpo e fedele amica ma nei tuoi confronti,

Sentii mancare l’aria, quasi che l’ossigeno fosse stato risucchiato a forza dai polmoni e mi ritrovai ad annaspare violentemente. Vedevo solo un mostro di fronte a me e dentro desiderai che uno dei suoi artigli perforasse la mia carne, dritto fino al cuore, non era altro ormai che un muscolo inutile.

Vedevo i nostri sogni distrutti nel sorriso crudele di Lust, soddisfatta ed esaltata alla vista del mio viso contratto dal dolore.

Un colpo e poi una scarica.

“Maledetta!”

Immediatamente fui colta da una furia cieca, le mie azioni divennero incoerenti: svuotai il primo caricatore contro di lei, poi il secondo, sparandole nel petto tutta la rabbia che avevo in corpo, urlai lasciando così fuoriuscire lo sconforto che provavo.

“Hai finito con i tuoi giochetti?”

Abbassai il capo, ansimando, potevo sentire la risata di scherno nella voce, una lacrima m’inumidì il viso e non riuscii più a frenare il pianto, senza di te, a che valeva continuare a vivere?

“Scappa Alphonse! Tu devi vivere, ti prego, va via!” Gridai all’armatura di fronte a me, gli occhi vuoti mi fissavano con quello che avrei definito sconcerto, paura, e ostinazione.

Sarei rimasta lì, sarai morta per mano di quella donna infernale, ma non mi importava, tutto aveva perso il suo significato, tutti quegli anni di sofferenza... tutto cancellato nell’attimo di un respiro...

Come ti aveva ucciso? Avevi sofferto? Perché in quel momento credei di impazzire tanto non sentivo più nulla, non vedevo più nulla, immaginavo solo il tuo volto nell’ultimo attimo singhiozzando, incapace di muovermi.

“No! Non voglio più restare a guardare chi combatte senza far niente, da questo momento sarò io a proteggere chi amo!” Sentii le parole del piccolo alchimista con una stretta al cuore, non volevo che mi seguisse in quel percorso senza via d’uscita, lo pregai di andarsene ancora una volta, lo implorai con le mie ultime forze.

“Non vedi che quella donna desidera morire? Lasciala perdere” le parole di Lust mi colpirono come una stilettata, ma era vero, tutto maledettamente vero. Ero una vigliacca, ma era tutto ciò che restava.

“Tenente, non smetta di sperare, oggi sarò io a difenderla!” provai un dolore indicibile e fui per un attimo fiera di quel giovane uomo che stava di fronte a me. Se il mondo intero si rifiutava di vedere in lui un essere umano quella era la riprova che si sbagliavano, ma per me il viaggio stava per finire.

Sospirai accasciandomi al suolo, portai la testa all’indietro in un gesto di esasperazione

“Ben detto, Alphonse Elric”

La tua voce, la tua voce mi risvegliò improvvisamente dalla stasi che si era impossessata di me. Possibile che fossi davvero tu? Eppure una vocina dentro di me era convinta che fossi ormai diventata pazza, se già avevo iniziato a sentire voci di persone morte.

Ma lo eri sul serio, vivo, eri tornato, anche se conciato male, avevi rischiato persino di svenire più volte nel tentativo di cauterizzare la brutta ferita inflitta da Lust.

Mi sollevai e feci per venirti incontro ma in quel momento sentii una forte presa sui fianchi, Alphonse non aveva perso tempo e ormai mi teneva stretta.

Quello che vidi istanti dopo resto per sempre impresso nella mia memoria: dapprima la scintilla, e poi il fuoco, maestoso, grande e immenso, si sollevò in aria in mille volute, le fiamme lambivano il tuo corpo ma tu eri immune dalle sue mortali carezze, eri tu a dominarlo, come un giocoliere o un burattinaio con le sue bambole, tu dirigevi il gioco.

“Ti ucciderò finché non sarai morta.” Le ultime parole prima di udire grida strazianti di angoscia e tormento; tante e tante volte ebbi l’impulso di coprirmi le orecchie, così era questo che faceva l’alchimia di fuoco, per un po’ di tempo avevo cercato di dimenticarne gli effetti ma non potei fare a meno di pensare e ritornai indietro al tempo di Ishval, al tempo del massacro, rividi i corpi carbonizzati, le ossa bianche ridotte in polvere, trasportata via dal vento implacabile.

Strinsi forte gli occhi, scacciando quelle immagini.

Rabbrividii.

All’improvviso tutto finì in un lampo di fiamma, tutto si spense e il corpo di Lust si dissolse in una nuvola di fumo, la sua ultima sentenza aleggiava ancora nell’aria. Presto ci fu solo il silenzio, rotto soltanto dai tuoi respiri.

Crollasti a terra, sfinito e mi precipitai immediatamente da te, sollevata e felice di averti ancora lì, con me e fu allora che, ricambiando il tuo sguardo preoccupato, imposi a me stessa che mai più mi sarei data per vinta, perché tu non l’avevi mai fatto e perché la mia vita era indissolubilmente legata alla tua esistenza, avevo giurato di fare di tutto per vederti un giorno, a capo della nazione.

Strinsi forte la tua mano, e celata da sguardi indiscreti mi chinai a baciarti lievemente la fronte, socchiusi gli occhi e assaporando il tuo respiro ormai regolare, ti posai una mano sul petto, pregando che il tuo cuore non smettesse mai di battere.

Ancora una volta avevi ucciso, ancora una volta eri sfuggito alla morte.

Potei giurare di aver visto una lacrima rotolare sul cuscino.

Continuai ad accarezzarti il viso, sperando di lenire almeno un po’ i tuoi incubi.

Dimentica ora Roy, ogni dolore, perché è solo nei sogni che possiamo essere finalmente liberi.

NDA

Nota velocissima, mi scuso immensamente per il ritardo, ma ho avuto la bellezza di tre compiti in classe questa settimana più interrogazioni varie, i professori tentano di cavarsela con la scusa: è l’ultimo anno e dovete prepararvi agli esami >.<

Comunque, in questo capitolo ho cercato di rendere un po’ più dinamiche le vicende e aggiungere qualche tassello in più alla storia, questo in particolare è raccontato dal punto di vista di Riza mentre il prossimo vedrà tornare Roy al centro dei nostri pensieri.

Fatemi sapere cosa ne pensate, è molto importante per riuscire a migliorare ^-^ Ora scappo, un grosso bacio e grazie a chi recensisce, e anche a chi legge soltanto.

Un bacio e stay tuned!

Windancer :*

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Capitolo 5
*** IV ***


Nous, qui sommes seulement des feux

Noi, che siamo solamente due fuochi

 

IV

I belong to you

you belong to me

it's the way things are

always meant to be

 

like the morning star

and the rising sun

 

you convey my life

and forgive me what I've done

Forever – Kamelot

 

 

Non scordò mai il suo sorriso, uno dei pochi che erano riusciti a scaldargli il cuore, uno dei pochi che lei aveva regalato a qualcuno, la forza che lo sostenne negli istanti più bui degli anni a venire.

 

Rigirai il fermaglio fra le dita, la superficie liscia di color miele scorreva sotto le dita. Era semplice, privo di particolari decorazioni, e a molti non sarebbe sembrato altro che un comune oggetto, non più importante di altri, per me invece era una curiosa memoria di un tempo passato ormai lontano, che ricordavo sempre con triste nostalgia, perché segretamente speravo ancora di potermi risvegliare da un giorno all’altro nel mio corpo di bambino. Un desiderio puramente infantile che covavo ancora in qualche parte del mio essere.

Forse solo allora non avevo avuto percezione del peso insopportabile che poi non avrebbe mai smesso seguirmi, un fantasma a guardia della mia anima colpevole.

Più andavo avanti e più sentivo una forza che mi strattonava giù verso il fondo, come per impedirmi di respirare stringeva la sua morsa costringendomi sempre più spesso a fare un bilancio delle mie azioni.

C’erano però di tanto in tanto dei momenti di calma, una tranquillità che non pensavo di poter vivere ancora, momenti in cui l’oblio e il silenzio entravano nel mio fragile spirito con promesse di pace ed io assaporavo ogni attimo di quella menzogna, purché potesse darmi l’illusione di una vita rinata dal sangue e dal dolore.

 

 

Il mondo girava come una ruota, non c’era stata una volta in cui non avessi preso in considerazione l’idea di lasciar perdere tutto, finendo così di consumare ore e ore, interi giorni sui libri di alchimia.

Polvere e scartoffie erano il mio pane quotidiano, ricerche e tentativi falliti e non si aggiungevano di volta in volta, una voce severa che imponeva di continuare, non importava che ora fosse, i risultati si ottengono solo con il duro lavoro: era diventato una sorta di mantra che ripetevo ogni giorno, quasi fosse una preghiera.

Definirla una materia complessa era dire poco e certamente il maestro Hawkeye non rendeva le cose semplici, i suoi gesti misurati al mattino, le parole pacate e lo sguardo spesso assente mi inducevano spesso a chiedermi quanto di quell’uomo avessi io di fronte a me.

Era trascorso ormai qualche anno da quando era iniziato il mio apprendistato e ancora non avevo mai visto un accenno di Alchimia di Fuoco.

Questo stuzzicava la mia natura di scolaro impaziente e assorbiva a tal punto la mia mente tanto che il più delle volte non mi accorgevo di altro intorno a me, se non dei fogli di carta su cui tentavo di scarabocchiare qualche inutile cerchio alchemico fantasticando di fiammelle e turbini di fuoco.

Un giorno, chissà se ricordi, entrasti in silenzio come sempre nella mia stanza, proprio mentre ero intento a decifrare dei complicati codici da un antico manuale.

“Desidera una tazza di tè signor Mustang?” domandasti con voce ferma e il solito tono deferente ed educato, ti invidiavo un po’ per come riuscivi sempre ad essere così composta, in ogni situazione.

“Oh, sì mi farebbe piacere, sì” borbottai un po’ colto alla sprovvista.

Sentii i tuoi passi farsi leggeri e lontani, segno che ti eri allontanata, immediatamente tirai un sospiro di sollievo.

Tornasti una decina di minuti più tardi, e solo allora mi decisi a guardarti per la prima volta quel giorno, i capelli biondi erano raccolti dietro la nuca con l’aiuto di un grazioso fermacapelli, ma c’erano ancora ciocche ribelli che non ne volevano sapere di restar ferme e ti vidi spostarle spesso dietro le orecchie.

“Perché non resti qua vicino a me?” Osai, è vero ma non potei resistere alla tentazione di averti un po’ più vicina, anche perché ero ben stanco di tutta quella semplice “cortesia” e buone maniere. Benché la nostra presenza fosse ben congeniale all’altro c’era ancora una distanza che desideravo a tutti i costi colmare e non avrei desistito fino a che non ce l’avessi fatta. Sapevo che anche per te valeva lo stesso, ma immaginavo come anni vissuti in solitudine potessero averti resa diffidente nei confronti dell’altro.

Ed io ero stato così presuntuoso da pensare di poter fare la differenza, semplicemente perché qualcosa dentro di me continuava a ripetere che era la cosa giusta da fare, e seguire l’istinto non mi era mai sembrato tanto ragionevole come allora.

Battei con il palmo della mano sul cuscino di fianco a me facendoti segno di avvicinarti.

Ponderasti azioni e conseguenze e infine ti muovesti nella mia direzione. Dentro di me ero tutto un sorriso e anche tu non sembravi affatto dispiaciuta.

Sospirasti e ti sistemasti meglio accanto a me, avvolta in una grande coperta rossa, eri tremendamente buffa, ma stare lì con te in quel momento, bere insieme dalle grandi tazze fumanti accoccolati sul sofà di fronte al caminetto acceso aveva un non so che di familiare, un calore insolito che risaliva dalla pancia fino a colorarmi le guance.

Eri vicinissima, ma mantenevi ostinatamente lo sguardo basso, un vizio che ancora non riuscivi ad evitare.

“E’ delizioso” dissi così per evitare che il silenzio si protraesse oltre.

“Mmh, ne sono contenta” mormorasti, e poi aggiungesti con tono più accorato: “Ma lei cosa ci fa ancora alzato? Dovrebbe riposare di più, non le fa bene restare alzato tutte le notti fino a tardi”. Poi serrasti le labbra, conscia di ciò che avevi appena rivelato e scrutasti il mio volto alla ricerca di qualunque cambiamento ed emozione.

“E tu come fai a...?”  Solo poco dopo realizzai che dovevi essere rimasta sveglia anche tu insieme a me, dietro la grande porta, un’ombra silenziosa che più di una volta mi aveva coperto segretamente nelle notti più gelide trascorse nella villa. Mi si strinse il cuore e al tempo stesso ebbi l’impulso di abbracciarti ma fui ben cauto, dopotutto tuo padre sarebbe potuto entrare da un momento all’altro, e come potevo allora far sì che capissi la natura vera dei miei sentimenti per te quando io stesso da bambino che ero non riuscivo a spiegarmi che cosa sentivo muoversi nello stomaco anche solo sfiorandoti?

“Oh” fu tutto quello che seppi dire, tutto ad un tratto l’imbarazzo si impadronì di me, ma deglutii e cercai comunque di esprimere ciò che pensavo.

“Sei stata veramente gentile, io... davvero non so come ringraziarti, non dovevi.” Ed era vero, ti vedevo tormentarti le mani e intanto pensavo che in quei mesi qualcosa era decisamente cambiato, tu ed io eravamo più somiglianti di quanto pensassi all’inizio e insieme formavamo quella che poteva dirsi una famiglia, seppur bizzarra e insolita.

Sorridesti alle mie parole, e scorsi un guizzo di qualcosa... felicità? affetto?  prima che ti stringessi vicino a me alla ricerca di un po’ di calore, i tuoi capelli biondi mi solleticavano il collo.

Avevi occhi gentili e io non ebbi la forza di incrociare i miei ai tuoi per paura di rivelare cosa provavo davvero in quel momento: paura, imbarazzo, inadeguatezza.

Un giorno avrei rivisto quei sentimenti nel tuo volto, nelle piccole rughe della tua fronte corrugata al tramonto, dopo l’ennesima giornata passata sotto il sole, durante sporadiche ore di riposo pomeridiano, al riparo fra le ombre d’una duna amica o nascosti nel tentativo di ricacciare indietro un impellente desiderio, ma allora ero solo uno sciocco ragazzino che provava uno strano sentimento anche solo parlando con la figlia del proprio insegnante.

Ero senza speranza.

Il coraggio sembrava abbandonarmi sempre quando mi trovavo da solo con te, e anni dopo mi resi conto che la situazione non era affatto cambiata.

Non ci volle molto perché ci assopissimo. Dormimmo così rannicchiati, e nel sonno mi sembrò di rivedere me stesso, in un tempo indefinito tendere le braccia verso una donna dai capelli scuri, sorrideva, era bella come un angelo ma poi il fuoco avvolse tutto e anche l’angelo scomparve fra le fiamme cremisi. Gridai, ma dalle mie labbra non venne fuori altro che un singhiozzo.

 

 

Fu quando decisi di andarmene davvero che mi pentii di non avertene mai parlato, ma mi ero presto reso conto che non era giusto, né per te né per me ancorarti a sentimenti sbagliati, già in ritardo di mesi, anni. E quante cose sarebbero cambiate di lì al futuro. Un futuro che desideravo costruire ed ero pronto a fare il primo passo nel mondo là fuori dal nostro giardino.

Era sera e dopo aver portato a termine l’ultima trasmutazione mi fermai a guardarti dalla porta semiaperta della tua stanza, eri lì sul tuo letto, addormentata, il fermaglio con cui di solito intrecciavi i capelli poggiato su di un tavolino di legno. Fu più forte di me e sebbene stessi per fare una sciocchezza, facendo attenzione a non svegliarti entrai in punta di piedi e lo presi cautamente fra la mani, dopo qualche indecisione finalmente lo infilai nella tasca del cappotto.

Ti avrei portata sempre con me e un giorno ci saremmo rivisti, ma per il momento era necessario intraprendere strade diverse.

Non voltai lo sguardo una volta che mossi i primi passi lungo il viale alberato.

Lasciai indietro la mia vecchia vita, e a te consegnai il mio cuore.

 

Diede un’ultima occhiata al fermacapelli prima di riporlo nel cassetto della scrivania che per tanti anni era stato il suo scrigno: l’avrebbe custodito ancora, almeno fino a quando non fosse giunto il tempo di restituirlo alla sua legittima proprietaria.

 

 

NDA

Sono imperdonabile, me ne rendo conto, è dal 26 che non aggiorno e sono davvero dispiaciuta ma una cosa tira l’altra e quest’anno è reso ancora più impossibile da compiti e verifiche quasi ogni giorno. Aggiungiamo pure 3 giorni passati al Lucca Comics *O* e il tempo per riprendersi dal viaggetto e siamo a posto u.u Ma finalmente oggi mi sono detta che non potevo mica lasciarvi senza niente e così ecco a voi questo capitoletto con cui si ritorna ad affrontare qualche particina del loro passato, stavolta è Roy che racconta un piccolo furtarello, Riza riavrà mai il suo fermaglio? Chi lo sa xD

Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate e come sempre ringrazio chi recensisce e chi legge.

Stay tuned :*

Windancer

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Capitolo 6
*** AVVISO ***


Mi scuso perché non si tratta di un nuovo capitolo ma di un avviso, vi chiedo perdono per avervi fatto aspettare così tanto per delle scuse e niente di più. Ho passato un periodo difficile e le sfide non sono finite, ho pensato di mollare tutti i progetti che avevo iniziato tanto vedevo tutto nero, ma devo ringraziare alcune persone che mi sono state particolarmente vicine e tuttora sono sempre con me e mi hanno aiutata a vedere le cose sotto una luce diversa. In più essere l'anno finale degli esami di maturità mi ha messo di fronte a situazioni nuove. Tutto questo però per rassicuravi che comunque la storia non rimarrà incompleta, ma sarà finita, solo ho bisogno di un po' di tempo per riprendere il ritmo e se prima non avrò pronti almeno 3 capitoli non toglierò l'avviso, così da evitare inconvenienti come questo imperdonabile ritardo. Spero continuerete a seguirmi e ringrazio chi ha avuto fiducia in me e chi mi ha espresso la sua opinione e infine chi legge soltanto, siete fantastici. Grazie e a presto :)

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