Swan Queen - I cattivi non hanno mai un lieto fine, ma Regina ha Emma.

di mudblood88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Operazione Mangusta ha inizio. ***
Capitolo 2: *** Heroes and Villains. ***
Capitolo 3: *** La Mela di Biancaneve. ***
Capitolo 4: *** New York City Serenade. ***
Capitolo 5: *** Il mistero dell'autore. ***
Capitolo 6: *** Macchie, Tentacoli e Fiamme. ***
Capitolo 7: *** La magia è dentro di te. ***
Capitolo 8: *** Non posso perdere anche te (sto meglio quando ci sei tu). ***
Capitolo 9: *** Io credo in te. ***
Capitolo 10: *** Attraverso lo specchio. ***
Capitolo 11: *** Il lieto fine non è sempre come ce lo aspettiamo. ***
Capitolo 12: *** La Spada nella roccia. ***
Capitolo 13: *** Preferirei morire piuttosto che farti del male. ***
Capitolo 14: *** Un atto di vero amore. ***
Capitolo 15: *** Io sono la Salvatrice. ***



Capitolo 1
*** L'Operazione Mangusta ha inizio. ***


** Angolo dell'autrice:
Eccomi qua dopo moltissimo tempo! In questi mesi ho macinato fanfiction su fanfiction e alla fine mi sono decisa a pubblicarne una su una delle coppie, se non la coppia, che shippo di più in assoluto nell'universo telefilmico: le Swan Queen!  Che dire di loro, le conoscete già; io semplicemente LE AMO e non smetterò mai di volerle insieme.
La storia parte esattamente da dove si è chiusa la 4x12 di OUAT [QUINDI ATTENZIONE SPOILER], con Emma che si unisce all'Operazione Mangusta di Regina e Henry. Giusto per amore della precisione  - e giusto perché è sempre meraviglioso vedere le Swan Queen insieme, e vedere Emma che promette di trovare il lieto fine di Regina, e vedere Regina fare quel sorrisone chfalòkjfaldfjifjk bellissimo - vi lascio con il video della scena, dalla quale poi prosegue il capitolo.
Non so di preciso dove questa fanfiction mi porterà, perché non è ancora conclusa, anche se ho le idee molto chiare e già molti capitoli scritti; ma mi impegnerò per rendere sempre al meglio ciò che vorrei accadesse e per rendere piacevole la vostra lettura.
Anyway, che altro dire? Che l'Operazione Mangusta abbia inizio! :)

 

Swan Queen - 4x12 - Scena finale
https://www.youtube.com/watch?v=wWaUDO-KRGE


 

Capitolo 1
L'Operazione Mangusta ha inizio.


«Siamo proprio sicuri di ciò che stiamo facendo?» sussurrò Emma mentre seguiva Henry e Regina nelle strade buie e gelide di Storybrooke.

«Non fare domande, Swan, questi erano gli accordi» borbottò Regina, spazientita.

«Strano, non mi sembrava di aver fatto alcun accordo con te».

«Il tacito accordo» disse Regina, ricalcando con enfasi le sue parole, «era che tu potevi far parte dell'Operazione Mangusta, senza però fare domande».

Henry era già molti passi davanti a loro. «Venite, su. Non perdiamo altro tempo!»

Emma e Regina ci misero pochi secondi a raggiungere Henry, dopo che il ragazzo si fermò davanti alla porta del negozio del signor Gold.

I tre restarono per qualche istante a contemplarlo; la luce di cortesia era spenta, le persiane erano abbassate. Emma tentò di aprire la porta semplicemente afferrando il pomello, e Regina rise.

«Devo ammettere che non smetterai mai di stupirmi» ghignò.

Emma sbuffò. «Valeva la pena tentare. Non sono sicura che i tuoi metodi...»

Emma non riuscì a finire la frase, che Regina fece saltare in aria la porta, che automaticamente si spalancò davanti a loro, leggermente scardinata.

«...come non detto» disse Emma, alzando gli occhi al cielo.

«Per rispondere alla tua domanda, sì. Sono sicura di ciò che sto facendo».

Regina entrò seguita da Henry; il ragazzo aveva sul viso un'espressione incredula, un mistro tra ammirazione e eccitazione. Emma, guardandosi intorno per controllare che nessuno li avesse seguiti o che il rumore dell'esplosione non avesse attirato l'attenzione, entrò per ultima con riluttanza.

«Lo sai che tecnicamente io sono ancora lo sceriffo di questa città, e questa è violazione di domicilio? Inoltre, Belle poteva essere a casa».

«Immagino che Belle non muoia dalla voglia di restare in questa casa buia e piena di ricordi» rispose Regina, lasciandosi per un attimo trasportare dalle emozioni. Pensò a Robin, diretto chissà dove con Marian e il loro figlio.

Henry parve capire quello che passava per la testa della madre, e le posò una mano sul braccio per incoraggiarla. Regina lo guardò e gli sorrise.

«Forza, mettiamoci al lavoro» disse, sospirando.

I tre superarono il piccolo corridoio che portava al bancone; si guardarono intorno, quasi increduli al pensiero che Gold non avrebbe fatto ritorno molto presto in quella casa, lasciando i migliaia e migliaia di oggetti che possedeva incustoditi. Pile di libri erano posati sugli scaffali e sulle librerie, oggetti di ogni dimensione e forma giacevano con ordine in ogni angolo, sopra ogni mobile, con meticolosa precisione.

«Che cosa stiamo cercando?» domandò Emma, guardandosi intorno.

Regina rispose dopo qualche secondo. «Una fiala» e si mise ad osservare da vicino la teca in cui Tremotino conteneva le sue pozioni. «Immagino che il signor Gold conservi sempre un po' della pozione localizzante».

«Pensi di saperla riconoscere?» domandò Henry, raggiungendo Regina.

Regina non rispose. Fece il giro del bancone, raggiunse la teca e la aprì, mentre Emma si affiancò ad Henry.

«La riconosci?» domandò la bionda, impaziente.

«Non stressarmi, Swan» la ammonì Regina, senza togliere gli occhi dalle fiale.

La teca conteneva circa un centinaio di pozioni. Era pressoché impossibile riconoscerla senza provarla o annusarla, ma Regina non si perse d'animo. Continuò a scrutare ogni singola fiala, alcune prendendole in mano, altre scartandole semplicemente alla vista.

«Possiamo darti una mano?» domandò Henry, cauto.

«Si» rispose Regina, senza voltarsi. «Provate a cercare informazioni in un qualche libro di pozioni» si voltò. «Se riuscissimo a trovare delle informazioni, ad esempio il suo colore, o l'odore... forse potremo riconoscerla».

«Possiamo fare di meglio» disse Emma. «Invece che cercare in un libro, potremo parlare con la persona che è come un'enciclopedia vivente. La persona che viveva qui insieme a Gold».

Senza riuscire a trattenersi, Regina sorrise.

«Ci penso io» disse Henry, avviandosi di corsa all'uscita. «Tornerò tra qualche minuto insieme a Belle» e il ragazzo scomparì dietro la porta ancora aperta del negozio.

«Già, sperando che Belle non abbia lasciato la città o si sia nascosta chissà dove a piangere la fine del suo matrimonio» disse Regina, con una vena di cinismo nella voce.

«Come mai non riesci mai ad essere positiva, Regina?» disse Emma, raggiungendo la mora dall'altra parte del bancone.

«Davvero me lo chiedi? Donna che ha riportato dal passato la ex moglie defunta del mio fidanzato?»

Emma si morse un labbro. «Touchè, scusami» poi sospirò. «Non era mia intenzione riportare in vita Marian» aggiunse sottovoce, sapendo di star entrando in un campo minato. «Cioè, non che non volessi salvarla, è chiaro, ho salvato una donna innocente...»

«Un altro dei tuoi discorsi da Salvatrice, Swan?»

«E' solo che non volevo sconvolgerti la vita, ecco tutto» disse Emma, alzando le mani. Guardò per un attimo Regina, che non aveva smesso un secondo di controllare le fiale contenenti le pozioni. «Sono sicura che quando troveremo l'autore del libro, saprà darti un lieto fine».

Regina non distolse lo sguardo dalla teca, ma Emma vide per un attimo che i suoi occhi erano persi nel vuoto. «Lo spero» disse soltanto.

Poi il silenzio calò nel negozio. Regina era ancora alla teca, mentre Emma si aggirava in ogni angolo, scuriosando qua e là, senza sapere bene quali stranezze potesse trovare. A parte le migliaia di libri c'erano spade, bacchette, medaglioni, pietre, e tanti oggetti che Emma immaginò fossero appartenuti a Re e Regine della foresta incantata. Tra tutti gli oggetti, ce ne fu uno che catturò la sua attenzione.

«Posso farti una domanda, Regina?»

«No».

Emma sorrise. «Questo per caso è il tuo specchio magico?»

Regina si voltò a guardare l'oggetto. «No, non è il mio» rispose.

«Peccato, avrei voluto vederlo» rispose Emma, riprendendo a camminare. «Come mai lo chiedi?»

Emma scrollò le spalle. «Semplice curiosità. Quando ero piccola, all'orfanotrofio, mi sono sentita raccontare la storia di Biancaneve un milione di volte... e dalla descrizione questo sembrava... sembrava proprio il tuo specchio».

«Se non altro, ho capito da chi Henry ha preso questa dote» disse Regina, lasciandosi scappare un mezzo sorriso.

«Quale dote?»

Regina si voltò a guardarla, con un largo sorriso. «Quella di ficcare il naso ovunque».

Emma sorrise a sua volta.

«Comunque, credo che quello sia uno specchio gemello» aggiunse Regina, voltandosi di nuovo verso le fialette.

«Uno specchio gemello?» domandò Emma, incuriosita.

«Si chiamano specchi gemelli, quegli specchi che vengono creati da frammenti di altri specchi» spiegò Regina. «Il mio specchio è a sua volta uno specchio gemello, e si ruppe molto tempo fa. Io ne creai un altro identico, e probabilmente così fu fatto per un altro milione di specchi».

«Wow, e come funz...» Emma urtò un tavolino in legno, facendo cadere a terra un barattolo che vi era posato sopra.

«Accidenti, Swan!» ringhiò Regina.

Emma si chinò a raccogliere il barattolo, cercando di rimettere dentro la polvere nera che esso conteneva.

«Ma che cos'è questa polvere?» domandò la bionda, mentre Regina si era chinata con lei per aiutarla.

«Non ne ho idea, ma non siamo qui per una gita turistica!» disse Regina, e quando tutta la polvere fu di nuovo nel barattolo, strappò di mano il coperchio ad Emma e lo sigillò, rimettendo tutto in ordine.

«Mamma! Mamma!» Henry entrò gridando nel negozio.

«Siamo qui, ragazzino» disse Emma, alzandosi, imitata da Regina.

«Potevate chiedere e vi avrei aperto la porta» esclamò Belle, restando per qualche secondo a guardare la porta spalancata mezza esplosa.

«Non hai tutti i torti...» borbottò Emma tra i denti, mentre Regina le lanciava un'occhiataccia.

«Scusaci, Belle, avevamo una certa urgenza» spiegò la mora, e con un gesto della mano fece tornare la porta al suo posto. «Abbiamo bisogno della pozione localizzante».

«Oh, certo» rispose Belle, e con sguardo un po' smarrito si avviò al bancone.

Emma la seguì. «Non dev'essere facile per te...» disse, mentre Belle guardava nella teca ancora aperta. «A proposito, grazie. Grazie per aver salvato Uncino».

Belle sorrise. «Non devi ringraziarmi. Tremo stava facendo una cosa orribile, e io non...» la voce di Belle si spezzò.

Emma avrebbe voluto dirle qualche parola di incoraggiamento, per confortarla, ma si rese conto che non aveva ereditato quella dote da sua madre.

Belle prese una piccola fiala trasparente che conteneva un liquido semi argentato. «Eccola, è questa» disse, porgendola ad Emma.

Regina ed Henry si avvicinarono.

«Un paio di gocce di questa sull'oggetto della persona che dovete rintracciare, e vi condurrà da lei».

«Grazie, Belle» disse Regina prendendo la fiala dalle mani di Emma.

«Hai un debito con noi» aggiunse Emma, mentre Regina ed Henry si erano già avviati alla porta.

«Cosa state tramando voi tre?» domandò Belle, con la fronte corrugata.

Regina ed Henry si fermarono a pochi passi dalla porta. Emma si voltò verso di loro e si scambiarono un'occhiata complice, che lasciava intendere che meno gli altri abitanti ne sapessero, meglio era per la loro operazione.

«Oh, niente di importante» rispose Emma. «Diciamo soltanto che... l'Operazione Mangusta è iniziata».

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Capitolo 2
*** Heroes and Villains. ***


** Angolo dell'autrice:
Hello everybody! Innanzitutto una marea di GRAZIE a tutti voi che avete letto il primo capitolo della mia storia. Ho ricevuto tante visite e ben quattro recensioni positive, e non potevo chiedere di meglio ed esserne più felice. Perciò ancora grazie mille! :)
Questo capitolo è corto e di passaggio, diciamo che sto gettando le basi per mandare avanti la storia quindi vi chiedo di portare un po' di pazienza perché l'azione arriverà presto. Non vi deluderò. Ed ora, buona lettura! :)

 

Capitolo 2
Heroes and Villains


Il mattino seguente, Emma, Regina ed Henry si ritrovarono da Granny per la colazione. Fu difficile convincere Regina a prendersi una notte per riposare e aspettare a mettere in atto il loro piano, ma sia Emma che Henry pensavano fosse meglio agire di giorno, soprattutto perché c'erano ancora molte cose da organizzare; e perché non farlo dopo un'abbondante colazione?

«Dovresti mangiare qualcosa, mamma» disse Henry, con la bocca piena di pancakes allo sciroppo d'acero. «Fa sempre bene avere lo stomaco pieno».

«Sto notando infatti che tu sei in splendida forma» rise Regina, mentre Emma ritornava con due tazze.

«Cioccolata calda con tanta panna e una spolverata di cannella» disse la bionda, poi si rivolse a Regina. «Scusami, non ti ho chiesto se volevi anche tu la cannella... è che noi siamo abituati così».

«Va benissimo, adoro la cannella» rispose Regina, bevendo un sorso dalla tazza. Nemmeno si rese conto del mezzo sorriso che aveva rivolto involontariamente a Emma, ma a quest'ultima non sfuggì. Rimase piuttosto sorpresa di come Regina era malleabile quella mattina.

«Allora, qual è il piano?» domandò Henry, ancora a bocca piena.

«Molto semplice» rispose Regina. «Torniamo alla casa dell'autore. Prendiamo un suo oggetto personale e usiamo la pozione localizzante per trovarlo».

«Sono d'accordo, ma dobbiamo considerare qualche altro dettaglio» intervenne Emma. «L'autore, quasi sicuramente, non si troverà a Storybrooke. E sapete che una volta varcato il confine di Storybrooke, non potremo più tornare?»

«Naturalmente» disse Regina. «Questo è uno dei pochi motivi per cui ho acconsentito a lasciar passare una notte» e la donna rovistò nella sua borsa, in cerca di qualcosa. Tirò fuori una pergamena ingiallita, che srotolò sul tavolo. La pergamena era talmente lunga che andò a finire fino sulle ginocchia di Emma, che era seduta di fronte.

«Questa notte dovevi riposare, in teoria» replicò la bionda.

«Non con una missione da preparare».

«Che cos'è?» domandò Henry, guardando con aria fiera Regina.

«E' un incantesimo molto impegnativo che dovrebbe aprire un varco nella barriera della città».

«Wow» esclamarono Henry ed Emma in coro.

Regina annuì compiaciuta. «Così potremo lasciare Storybrooke sicuri di poterci ritornare».

«Un momento» la interruppe Henry. «Se una volta oltrepassato il confine Storybrooke sparirà ai nostri occhi... come possiamo poi ritrovarla se non sappiamo dov'è?»

«Ho pensato anche a questo» Regina era un vulcano di idee. Emma era come ipnotizzata, non riusciva nemmeno a sbattere le palpebre mentre l'ascoltava parlare del piano che tanto la entusiasmava. «Per ritornare useremo di nuovo la pozione localizzante» aggiunse la mora. «Basterà portare con noi...»

«...L'oggetto di qualcuno che vive a Storybrooke» Emma terminò la frase di Regina, e per un secondo i loro sguardi si incontrarono.

«Esatto» rispose Regina. «Seguiremo l'oggetto finché non raggiungeremo la barriera, e allora useremo l'incantesimo che ho trovato».

«Come funziona?» chiese il ragazzo, allontanando il piatto vuoto per leggere meglio la pergamena.

«E' complicato» spiegò Regina. «Serve l'arma di un eroe, e il potere malvagio di un... malvagio, appunto».

Emma ed Henry notarono subito quanto Regina si sentì a disagio nel pronunciare quelle parole.

«Bè, c'è la spada di mio padre, possiamo usare quella» disse Emma.

«A dire il vero c'è un'altra condizione. L'eroe e il cattivo devono aver combattuto, devono essere stati l'uno contro l'altro in modo che l'arma e il potere si riconoscano».

«Ok, questa è la parte complicata dell'incantesimo, immagino» disse Emma.

Regina sospirò senza aggiungere altro.

«Ma abbiamo combattuto contro tantissimi cattivi da quando siamo a Storybrooke» intervenne Henry. «Dobbiamo solo cercare di ritrovare il loro potere».

«E' impossibile, Henry. Il potere si dissolve con il cattivo quando viene sconfitto» disse Regina.

«Ma ci sarà pure un modo per recuperare la loro magia» insistette Henry.

Regina sospirò. «C'è un modo, forse».

«E quale?»

«C'è ancora una cattiva a Storybrooke».

Emma ed Henry si guardarono.

«No, assolutamente no» dissero in coro.

«Lo sapete, è l'unico modo!» strillò Regina.

«Si, ma come intendi fare? Puoi far tornare la tua magia nera senza che ci siano conseguenze?» domandò Henry, preoccupato.

Regina esitò. «Non lo so...» e bevve tutto d'un fiato ciò che rimaneva della sua cioccolata.

Emma era assorta dalla conversazione, che quasi non si accorse che sul labbro superiore di Regina era rimasta un po' di panna. Involontariamente sorrise.

«Che c'è?» domandò la mora, secca.

«Niente, è solo che...» anche Henry alzò lo sguardo e capì perché Emma era così divertita. Regina non poté fare a meno di notare quanto i due fossero simili. «Non sembri tanto cattiva in questo momento» continuò Emma, e quando lei e Henry si guardarono scoppiarono a ridere di gusto.

Regina per un attimo sembrò infastidita da quel comportamento, ma un istante dopo si ritrovò a ridere insieme a Henry ed Emma, ancora ignara di avere il labbro sporco di panna.

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Capitolo 3
*** La Mela di Biancaneve. ***


Capitolo 3
La Mela di Biancaneve

 



Nei due giorni successivi, Emma, Regina e Henry passarono il loro tempo in biblioteca in cerca di un aiuto per ritrovare la magia di nera della Regina Cattiva. Questo argomento rendeva Regina particolarmente suscettibile ed Henry molto preoccupato, tant'è che Emma cercava di allontanarsi ad ogni occasione possibile, offrendosi di andare a comprare il pranzo e cose simili. Non era mai stata brava con le persone; era brava a incastrarle, ma quando si trattava di sentimenti era un vero disastro.

Era diretta da Granny per recuperare qualcosa da mangiare, quando si scontrò letteralmente con Uncino lungo la strada.

«Swan, ti stavo proprio cercando» disse il pirata, con uno dei suoi sguardi più ammalianti.

«Killian!» esclamò Emma, sorpresa. L'uomo ancora la teneva stretta per le braccia dopo il piccolo scontro che avevano avuto, e non accennava a lasciarla andare.

«Ehi, sono giorni che non ti vedo» disse Uncino, facendole l'occhiolino. «Posso salutarti come si deve?»

Emma non riuscì a trattenere un sorriso, e prima ancora che potesse rispondere, Uncino le prese il viso tra le mani e la baciò con passione.

«Che stai combinando, sceriffo?»

«Nulla» rispose Emma, subito sulla difensiva. «Sto lavorando a un progetto...»

«Un progetto?»

Emma annuì. «Con Henry. Stavo giusto andando a prendere tre hamburger da Granny».

«Tre hamburger?» ripeté Uncino.

Emma si rese subito conto dell'errore.

«Sì, bè sai... Henry deve crescere. E' in una fase in cui mangerebbe anche un elefante» si giustificò.

Killian sorrise. «Che ne dici se facessimo diventare quattro gli hamburger e se vi dessi una mano con il vostro progetto? A proposito, di che si tratta?»

Emma non seppe cosa dire. Immaginava che il tacito accordo che aveva fatto con Regina includesse il non rivelare a nessuno del loro piano, anche se non capiva precisamente perché; non c'era niente di male nel voler cercare l'autore del libro per fare in modo che Regina avesse il lieto fine come tutti gli altri personaggi delle favole.

«Swan, sei ancora sulla terra?» domandò Killian, guardando Emma dritto negli occhi.

«Scusami, stavo pensando» rispose la bionda. «Ho promesso a Henry che saremo stati soli, quindi se non ti dispiace preferisco...»

«Ok, ok, ho capito» disse Uncino, alzando le mani in segno di resa. «Permettimi solo di darti un altro bacio prima che tu vada...» e in un attimo, le braccia del pirata avvolsero i fianchi della Salvatrice, che si ritrovò in quella stretta calda e accogliente, con le labbra dell'uomo che sfioravano le sue per poi spingersi sempre più a fondo in un bacio appassionato e intenso.

«Wow, pirata... vacci piano» disse Emma, compiaciuta.

Uncino le sorrise, per poi lasciarla andare e dirigersi nella direzione opposta a quella di Emma.

 

«Ci sono novità?» domandò Emma, non appena fu ritornata in biblioteca con la busta del pranzo.

«Niente!» sbraitò Regina, sbattendo un enorme libro dalla copertina rovinata a terra. Quando il libro sbattè a terra, un polverone si sollevò, segno che il libro non era contemplato da molto tempo. «Pare che nessun cattivo voglia riavere la magia nera, dopo averla trasformata».

«Mi sembra più plausibile che nessun cattivo voglia trasformare la propria magia nera in magia bianca» puntualizzò la bionda, subito pentita di quello che aveva detto.

Regina le lanciò un'occhiata fulminea che subito la mise a tacere.

«Avete fame?» domandò alzando la busta degli hamburger, come se questa potesse proteggerla dallo sguardo di Regina.

«Tantissima!» rispose Henry, posando il libro che stava leggendo a terra e dirigendosi verso Emma.

Per la mezz'ora successiva, la biblioteca si riempì del suono delle mascelle di Henry che masticavano e del rumore delle pagine sfogliate.

Regina sembrava sempre più esasperata, mentre Emma si sentiva stupida nel non capire o nel non riuscire a trovare una soluzione al loro problema. L'Operazione Mangusta sembrava aver già raggiunto un momento di stallo.

«Forse c'è un altro modo per superare il confine e poi riuscire a tornare a Storybrooke» tentò Emma dopo più di un'ora di completo silenzio.

«E quale sarebbe?» domandò Regina, scettica.

«Non lo so, forse... forse possiamo usare un portale per viaggiare?»

«Ne dubito, Swan» Regina chiuse l'ennesimo libro senza aver ottenuto risposte. «L'oggetto sul quale verseremo la pozione localizzante non sarà in grado di viaggiare tramite un portale».

Emma voleva ribattere, ma sapeva benissimo che Regina aveva ragione e che la sua era stata un'osservazione stupida.

Si morse il labbro per nascondere il proprio nervosismo, e prese un altro libro dall'alta pila che aveva accanto.

«Comunque, non sono sicuro che questa sia la soluzione giusta» intervenne ad un tratto Henry.

Emma e Regina si voltarono a guardarlo.

«Sì, insomma... se tu riacquistasti la tua magia nera, come faremo a sapere che non ci sarebbero delle conseguenze? Come faremo a sapere che non torneresti ad essere...»

Henry si interruppe, con la paura di ferire la madre usando parole inappropriate.

«Henry, Regina non è più quella persona» spiegò Emma, senza lasciare che Regina potesse replicare. «Se liberassimo la sua magia nera per fare quell'incantesimo, ciò non implicherebbe che lei debba rientrarvi in contatto. Giusto, Regina?»

La mora annuì. «Dovremo impregnare l'arma dell'eroe di magia nera. E' più una cosa simbolica... non è necessario che io la riacquisisca».

Henry sospirò. «Ok, ho capito».

Emma si alzò per raggiungerlo, poi gli passò un braccio intorno alle spalle. «Cerca di stare tranquillo, ragazzino».

Regina guardò la scena, sorpresa; Henry era preoccupato per lei, ed Emma l'aveva difesa senza pensarci due volte.

Si ricordò dei tempi in cui Henry continuava a ripeterle che non era sua madre, e di quando la Salvatrice aveva messo piede a Storybrooke e si erano dichiarate guerra. Sembrava passata un'eternità.

 

Quella notte Regina faticò ad addormentarsi. Il suo sonno era agitato, interrotto continuamente da squarci di immagini che subito non riuscì a decifrare, ma poi il volto di Robin fece capolino nei suoi sogni. Robin che vagava nel mondo reale, felice insieme alla sua famiglia. Robin, e le sue labbra, impegnate in quell'ultimo bacio che Regina non avrebbe mai dimenticato. Tutte quelle emozioni, seppur simulate tramite i sogni, le fecero venire mal di testa. Sentiva come un martellare incessante, dei colpi insistenti, dei tonfi sordi nella notte che non le permettevano di dormire tranquilla.

Poi spalancò gli occhi all'improvviso, rendendosi subito conto che quei tonfi erano reali. Qualcuno stava bussando alla porta con talmente tanta forza che l'avrebbe potuta buttare giù.

«Mamma!» sentì Henry chiamarla dalla sua stanza e subito si alzò.

Madre e figlio si ritrovarono nel corridoio che portava alle scale.

«Cosa succede, mamma?» domandò il ragazzino, visibilmente spaventato.

«Non lo so, tesoro» rispose la donna, abbracciandolo. «Resta qui, vado a vedere chi è».

Regina scese le scale diretta alla porta, con la mano scattante, pronta a scagliare un incantesimo contro chi si trovava dall'altra parte.

«Regina!» gridò una voce aldilà della porta. «Regina! Henry!»

Regina sentì le guance e le orecchie farsi incandescenti.

«SWAN!» gridò, aprendo la porta. «Ti sembra l'ora e soprattutto il modo di...»

«Ho trovato la soluzione!» Emma urlò più forte, per fare in modo di attirare l'attenzione di Regina.

«Mamma!» disse Henry, correndo ad abbracciarla, subito tranquillizzato.

«Spiegati meglio, Swan» la incoraggiò Regina.

«Ho trovato la soluzione» ripeté Emma. «So come possiamo ritrovare la tua magia nera».

 

Erano le due e un quarto quando Regina si mise a preparare un thé per Henry ed Emma, e la ragazza spiegava con molta entusiasmo quello che aveva appreso da Belle.

«Basta trovare un oggetto che sia impregnato della magia nera e bruciarlo, in modo da catturarne l'essenza!»

«E' semplicemente geniale!» esclamò Henry, entusiasta.

«Swan, spero che tu non abbia spifferato alla bibliotecaria o a qualcun'altro della nostra operazione» la riprese Regina, raggiungendo il tavolo e porgendo loro le due tazze.

«Stai tranquilla, non ho detto niente. Nemmeno a Uncino o a Mary Margaret» puntualizzò.

«Devo ammettere che hai fatto un buon lavoro, Swan» aggiunse, raggiungendo il tavolo con una tazza per sé. «Grazie» e sorrise.

Quando Emma sentì pronunciare quell'ultima parola, sentì un brivido. Era forse la prima volta che Regina la ringraziava così sinceramente, e si ritrovò a ricambiare il suo sorriso senza riuscire a cambiare espressione per tutto il resto della conversazione.

«Allora, qual è l'oggetto?» domandò Henry, trepidante.

Regina si fece improvvisamente cupa.

«Non vi piacerà» disse, alzandosi. Salì al piano di sopra per raggiungere la sua stanza, sotto gli sguardi curiosi di Emma ed Henry. Quando tornò di sotto, teneva in mano una scatola nera con i bordi rifiniti in oro, impolverata e invecchiata nel tempo. La posò sul tavolo.

«Ripeto, non vi piacerà».

Quando aprì la scatola, sui visi di Henry ed Emma si materializzò un'espressione di stupore.

«Non... non posso crederci» balbettò Emma, afferrando la Mela Rossa che era conservata nella scatola. «Mi spieghi come fa ad essere ancora così fresca e soprattutto perché diavolo l'hai conservata?»

Se la rigirò tra le mani, e notò il morso di Biancaneve.

«Non posso davvero crederci» ripeté.

«Te l'avevo detto» disse Regina. «Comunque è ancora così rossa perché è impregnata, per l'appunto, di magia. Magia nera».

«Come mai l'hai conservata?» domandò Henry, prendendo la Mela dalle mani di Emma.

«In realtà, non lo so. Cioè, immagino che l'avessi conservata come simbolo del mio trionfo. Ma non ricordavo nemmeno di averla fino a questo momento».

Regina non seppe spiegarsi il motivo, ma si sentiva in colpa per aver conservato la Mela di Biancaneve.

Henry rimise la Mela nella scatola e fece il giro del tavolo, abbracciò Regina senza dire una parola e lei capì subito cosa quell'abbraccio significava.

«Ok, facciamo sparire questa Mela prima che capiti di nuovo nelle mani di Biancaneve» disse Emma, per sdrammatizzare. «Ci vediamo domattina da Granny?»

«Perché non resti qui con noi, mamma?» domandò Henry, e subito guardò Regina per capire se aveva sbagliato o meno a fare quella proposta a Emma. Quest'ultima, in effetti, si sentì in imbarazzo e sicuramente anche Regina doveva provare la stessa sensazione, perché le due evitarono accuratamente di guardarsi.

«Non è necessario, Henry, grazie dell'invito ma...»

«Non ci sono problemi, se vuoi restare» la interruppe Regina, senza però guardarla.

Emma rifletté qualche secondo. «Grazie, ma è meglio che vada a casa. Non vorrei che i miei genitori o Uncino pensassero che ho un amante o qualcosa di simile» disse, chiudendo la frase con una risata dal tono talmente acuto che quasi non sembrava umana.

«Ok, ti accompagno alla porta» disse il ragazzo, e insieme i due si avviarono all'uscita, poi si salutarono abbracciandosi, ricordandosi l'appuntamento da Granny la mattina seguente.

Mentre tornava a casa, a bordo del suo maggiolino, Emma continuava a pensare a quella strana nottata; Regina che la ringraziava, la Mela di sua madre nella scatola, Henry che le chiedeva di restare e Regina che, inaspettatamente, aveva acconsentito. Non riuscì a decifrare quello che provava finché non si infilò nel suo letto; pur sapendo che aveva fatto bene a tornare a casa, non riusciva a scacciare quella sensazione di calore che aveva provato nell'istante in cui aveva considerato l'idea di restare insieme a Henry. E Regina.

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Capitolo 4
*** New York City Serenade. ***


Capitolo 4
New York City Serenade



Quando entrò da Granny la mattina successiva, Emma trovò Henry e Regina già al tavolo ad aspettarla. La donna si massaggiava le tempie davanti a una tazza fumante di caffè.

«Ciao, ragazzino» disse, scompigliando i capelli a Henry. «Regina, hai un aspetto terribile stamattina» aggiunse, sedendosi.

«Buon giorno anche a te, Swan» sbraitò Regina. «Non sto affatto bene, se ti interessa» disse, secca.

«Come mai? Che succede?»

«Succede che stanotte una pazza mi ha buttato giù dal letto alle due del mattino» rispose, tagliente, ed Emma capì subito che doveva cambiare argomento.

«Allora, come procediamo?» chiese.

«Comincerei col fare colazione» disse Henry, ridendo.

«Io non voglio niente» disse Regina. «Faccio fatica anche a bere questo caffè, mi da la nausea».

«Mamma, tu vuoi qualcosa?» domandò il ragazzo, rivolto a Emma.

«Un caffè e un muffin alla ciliegia, grazie».

Henry si alzò per andare a ordinare, e in quel momento Mary Margaret e David entarono, portando Neal nella carrozzina.

«Ok, i miei genitori non sanno ancora nulla dell'Operazione Mangusta» disse Emma, frettolosamente, vedendo la coppia avvicinarsi al loro tavolo.

«E sarà meglio che continuino a non saperne niente» aggiunse la mora.

Emma alzò gli occhi al cielo. «Ma abbiamo bisogno di una delle freccie di Biancaneve per l'incantesimo!»

«Le puoi prendere di nascosto».

Emma sbuffò. «Ma se lasciamo la città vorranno sapere il motivo!»

«Pensavo che il neonato fosse tuo fratello, non tu» disse Regina con sarcasmo, ed Emma non ebbe il tempo di replicare perché Mary Margaret e David raggiunsero il loro tavolo.

«Buon giorno» dissero, e le due donne ricambiarono i saluti.

«Ciao, piccolino» disse Emma, prendendo in braccio il piccolo Neal.

«Possiamo sederci?» domandò David.

«Certo» rispose Regina, e la coppia prese posto accanto ad Emma dopo che David ebbe ordinato la colazione per entrambi.

Nel frattempo, Henry era tornato al tavolo con il muffin e il caffè di Emma e una generosa porzione di bacon e uova per sé stesso.

«Vacci piano, ragazzino» disse Emma.

«Henry diventi ogni giorno più alto» disse Mary Margaret, guardando il nipote. «Immagino già quando Neal sarà grande come te, quando sarà un ometto in giacca e cravatta che mi porterà i fiori per la festa della mamma».

Henry, che stava beatamente trangugiando la sua colazione, arrossì.

«Io non ho mai portato fiori alla mamma» disse, voltandosi verso Regina.

La donna gli sorrise. «Non importa, tesoro».

«Comunque avrò tempo di rifarmi. Anche se ora i fiori sono raddoppiati» e guardò Emma. «Ma non è un problema, mi piace avere due mamme. Siamo una famiglia moderna».

Le parole di Henry fecero uno strano effetto sia a Regina che a Emma; fu strano essere apostrofati come una famiglia moderna, principalmente perché non avevano ancora realizzato di essere una famiglia.

«Che programmi hai oggi, Henry?» domandò David, interrompendo il silenzio che si era creato.

«Oh, oggi dobbiamo...» il ragazzo si interruppe. Guardò prima Regina, poi Emma, poi di nuovo Regina.

«Che succede?» chiese Biancaneve, notando gli strani sguardi che i tre si erano lanciati.

Emma si schiarì la gola. «Io, Henry e Regina dobbiamo fare un viaggio».

David e Mary Margaret furono notevolmente sorpresi.

«Di che viaggio si tratta?» chiese David.

«Ecco, dobbiamo cercare...»

«...Robin Hood» la interruppe Regina. «Andremo a cercare Robin Hood e la sua famiglia».

Emma abbassò lo sguardo, per paura di tradirsi e far scoprire la bugia di Regina.

«E perché mai dovete andare a cercarlo?» domandò Mary Margaret, sempre più sorpresa.

«Motivi personali» rispose sbrigativa Regina. «Anzi, è meglio che vada a prepararmi. Partiremo stasera».

Regina si alzò velocemente e lasciò il tavolo nella curiosità generale.

Emma, per cercare di sviare le domande, si concentrò su Neal, ma Mary Margaret non si perse d'animo.

«Vuoi spiegarmi?»

«Non posso dirti niente di più» rispose la bionda. «Scusami».

«D'accordo, ma almeno dicci quanto starete via» insistette David. «Dove andrete? E come farete a tornare a Storybrooke? Non potete varcare il confine. Non ritroverete più la città».

«Non preoccupatevi per noi» s'inserì Henry, capendo che Emma si trovava in difficoltà. «Abbiamo tutto sotto controllo. Abbiamo un piano per poter tornare, torneremo il prima possibile».

David e Mary Margaret non sembrarono convinti, ma lasciarono cadere la conversazione. Poi Ruby arrivò con la loro colazione ed Emma e Henry decisero che era il momento di andarsene. Emma mise Neal nella carrozzina e si avviò alla porta dietro ad Henry, ma i suoi genitori la fermarono.

«Emma, noi ci fidiamo di te» disse David.

«Però mi raccomando, fa attenzione» aggiunse Biancaneve, guardandola dritta negli occhi.

Emma non rispose, si limitò a sorridere e fare qualcosa che non era solita fare: li abbracciò. Poi uscì in fretta per raggiungere Henry e Regina.

 

 

La sera stessa, il maggiolino giallo era parcheggiato davanti al confine di Storybrooke, esattamente accanto all'insegna col nome della città.

Emma era riuscita a prendere l'arco e le frecce di Biancaneve senza farsi vedere, mentre Regina era tornata nella casa dell'autore a prendere il libro con le pagine bianche. Oltre a questo, avevano portato con sé solo lo stretto indispensabile; vestiti e biancheria di ricambio, alcune provviste, pozioni prelevate dalla teca di Tremotino e la Mela Rossa di Biancaneve. Avevano tutto l'occorrente per raggiungere l'autore del libro e poi riuscire a ritornare a Storybrooke.

«Siamo pronti?» domandò Emma, alla guida.

Regina era seduta accanto a lei, mentre Henry era nel sedile posteriore.

«Siamo pronti» affermò Regina. Teneva in grembo il libro con le pagine bianche e in una mano la pozione localizzante.

Regina scese dall'auto, stringendosi nel cappotto per ripararsi dal vento proveniente dal bosco che attorniava la città. Emma scese a sua volta qualche secondo dopo.

«Tieni» disse Regina, porgendo la fiala a Emma.

«Oh, no» replicò la bionda, e prese il libro dalle mani di Regina. «A te l'onore».

Regina stappò la fiala, mentre Emma tendeva il libro verso di lei. Quest'ultima notò che Regina indossava, come suo solito, un vestito molto classico; grigio, lungo fino al ginocchio, e attraverso il cappotto semi aperto vide che era decisamente molto scollato. Era sicura di averglielo già visto addosso, ma non ebbe tempo di pensarci troppo perché Regina rovesciò qualche goccia della pozione sul libro. Fece molta attenzione a non finirla tutta per poi poterla usare per il ritorno a Storybrooke.

Le due donne dovettero attendere solo pochi secondi e il libro iniziò a brillare, per poi cominciare a tremare, scivolare dalle mani di Emma e iniziare a fluttuare nell'aria.

Regina ed Emma salirono di corsa in macchina e il maggiolino sfrecciò nel buio, seguendo la scia di luce che il libro lasciava dietro di sé. Henry si voltò per guardare l'insegna di Storybrooke allontanarsi sempre di più; pochi metri e il confine sarebbe stato superato.

«Siamo pronti?» domandò di nuovo Emma, con il cuore martellante.

Stavolta Regina non rispose; la sua sicurezza sembrò vacillare per un attimo.

Ad un tratto, sentirono la macchina sobbalzare e capirono di aver varcato il confine. Henry si voltò di nuovo indietro: l'insegna era sparita, e non riusciva a distinguere più i profili delle case della città.

Per una buona mezz'ora nella macchina regnò il silenzio più totale; Henry si addormentò quasi subito, Regina continuava a tormentarsi le mani scrocchiandosi le dita, mentre Emma era concentrata sulla guida.

«Come mai hai detto di voler cercare Robin Hood?» domandò Emma, spezzando il silenzio. «Non c'è niente di male nel dire che vuoi cercare l'autore del libro per avere il tuo lieto fine».

«Lo so che non c'è niente di male. E' solo che... non lo so, questa mia fissazione con l'autore e il lieto fine... mi fa sembrare... debole».

«Non ti fa sembrare debole. Ti fa sembrare solo una persona bisognosa di avere un po' di serenità».

«La mia serenità si è allontanata molti giorni fa con sua moglie e suo figlio» disse Regina, ed Emma si sentì colta nel vivo. Le lanciò un'occhiata furtiva, e guardò di nuovo il vestito.

«Non avevi un vestito più adatto alla nostra operazione?» chiese, cambiando bruscamente argomento.

«Certo, come un giacchino rosso in pelle, Swan?» replicò pungente la mora.

Emma, come d'istinto, si allacciò la cerniera del giacchino. «E' stato il primo acquisto che ho fatto con i primi soldi che ho guadagnato. Lo porto sempre con me, lo metto quando sono in azione».

Emma era compiaciuta della sua spiegazione tanto quanto Regina ne era annoiata.

«Ora ricordo!» esclamò Emma, all'improvviso.

«Che cosa?»

«Avevi addosso quel vestito quella volta che ho tagliato il tuo albero di mele con la motosega» Emma era piuttosto divertita al ricordo. «Mio Dio, quando sei uscita sbattendo i piedi a terra in quel modo...»

«Ti diverti?» sbraitò Regina, ed Emma era sempre più divertita, al punto che la sua risata divenne contagiosa anche per la mora, che si mise a ridere di gusto insieme a lei. Risero per quelle che sembravano ore, e Regina realizzò che era già la seconda volta in pochi giorni che Emma Swan la faceva ridere fino a farle venire le lacrime agli occhi. Si voltò a guardarla, ancora ridente, e non seppe spiegare cosa provasse in quel momento.

«Cos'avete tanto da ridere?» intervenne Henry, che all'improvviso si era svegliato.

Nessuna delle due donne rispose; non riuscivano a placare le risate e Henry fu estremamente felice di vedere le sue mamme andare così d'accordo.

 

 

Era l'alba quando finalmente riuscirono a capire in quale direzione stavano andando: New York.

Regina aveva applicato un incantesimo al libro, per fare in modo che soltanto loro potessero vederlo; un libro brillante che fluttuava nell'aria era una cosa piuttosto insolita da vedere per la gente comune.

Dopo quasi otto ore di viaggio, costretti alla velocità di cinquanta chilometri orari, Regina propose a Emma di darle il cambio alla guida. La bionda, tuttavia, rifiutò, consigliando a Regina di riposarsi, visto che non aveva chiuso occhio per tutto il viaggio. Henry si era di nuovo assopito, ed Emma non si sentiva per niente stanca, anzi cominciava a sentire l'adrenalina salire quando riconobbe i tratti della città di New York all'orizzonte. All'improvviso si ricordò dell'anno in cui aveva vissuto lì con Henry e fece per condividere i suoi pensieri con Regina e il ragazzino, ma poi si accorse che entrambi stavano dormendo.

Sospirò e sorrise, ma quando si riconcentrò sulla strada notò che il libro era sparito. Sobbalzò dallo stupore, e accelerò per cercare un bagliore o una scia di luce. Continuò a guardarsi intorno, sentendo il panico aumentare sempre di più; si voltò un secondo verso Regina, sperando che non si sarebbe svegliata prima che lei avesse ritrovato la strada.

Dopo pochi minuti vide un piccolo bagliore scomparire, infilandosi in un vicolo sulla destra, e subito accelerò, voltando bruscamente per fare la curva e facendo sussultare Regina, che si svegliò.

«Che succede?» domandò, voltandosi d'istinto a guardare Henry sul sedile posteriore.

«Nulla, non preoccuparti» rispose Emma, tesa.

«Hai guidato tutta la notte» replicò la mora. «Fa venire un po' me alla guida».

«Non ce n'è bisogno» disse Emma indicando un punto davanti a sè. «Credo che siamo arrivati».

Regina guardò nella direzione che Emma stava indicando, e vide il libro fluttuare fino in fondo al vicolo nel quale avevano svoltato, superare un'ampia recinzione in fil di ferro e fermarsi davanti a una porta blindata mal ridotta.

Emma dovette parcheggiare davanti alla ringhiera, si fermarono appena in tempo per vedere il libro smettere di brillare e cadere a terra con un tonfo.

«Siamo arrivati?» domandò Henry.

«Direi di si, ragazzino».

Henry infilò la testa in mezzo ai sedili per riuscire a vedere meglio.

«L'autore del libro abita qui?» domandò, scettico.

«Effettivamente non sembra... non sembra proprio una casa abitata» constatò Regina.

«Non sembra neanche una casa, veramente» disse Emma.

Senza perdere altro tempo, scesero tutti e tre dalla macchina e si misero a percorrere il perimetro della recinizione, fino a raggiungere un cancelletto semi aperto.

Si guardarono intorno prima di entrare, facendo cigolare il piccolo cancello; una volta entrati, Henry si precipitò a raccogliere il libro.

«Sembra un grande magazzino più che una casa» affermò Emma, arrivati davanti alla porta. «Userai il tuo solito metodo per entrare o intendi bussare?» aggiunse, sarcastica.

Regina la fulminò con lo sguardo.

«Forza, mamma» la incoraggiò Henry. «Non vuoi avere il tuo lieto fine?»

Regina sorrise al figlio, poi prese un gran sospiro e bussò.

Inizialmente ci fu soltanto silenzio aldilà della porta. Passarono parecchi minuti, e Regina dovette bussare altre due volte, prima che riuscirono a distinguere dei passi. Passi incerti, traballanti, sembrava quasi che chi si trovava aldilà avesse una gamba di legno.

Poi, ad un tratto, la porta si aprì leggermente.

«Si?» domandò una voce quasi indecifrabile.

Anche se l'interno del magazzino era poco illuminato, i tre riuscirono a distinguere la figura che si trovava dall'altr a parte, e rimasero a bocca aperta, incapaci di formulare una qualsiasi frase.

«Cosa ci fai tu qui?» domandarono in coro.

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Capitolo 5
*** Il mistero dell'autore. ***


** Ebbene, eccomi di nuovo qua! Innanzitutto voglio dirvi che sono molto molto MOLTO contenta che mi stiate seguendo così in tanti. E' davvero soddisfacente sapere di essere letta e soprattutto apprezzata, ma colgo l'occasione anche per dirvi che nel caso troviate incongruenze, errori, o qualsiasi altra cosa sbagliata nel corso dei capitoli, mi farebbe piacere che me lo diceste in modo che così possa migliorare ogni capitolo di più. Mi sta prendendo molto questa storia, nel senso che più scrivo, più mi piace la direzione che sta prendendo, quindi spero che restiate contenti almeno quanto me! Prima di lasciarvi aggiungo di non lasciarvi ingannare... non tutto è come sembra ;) Buona lettura! :)


Capitolo 5
Il mistero dell'autore


«Potrei farvi la stessa domanda» rispose il signor Gold, aprendo un po' di più la porta, senza però lasciar intendere che i suoi ospiti potessero entrare. Notarono che si reggeva ad un bastone, questo spiegava i tonfi che avevano sentito poco prima.

Emma, Regina ed Henry restarono per un lungo momento interdetti; sapevano che Tremotino era stato allontanato da Storybrooke da Belle, ma non sapevano dove si era rifugiato nè tanto meno si sarebbero aspettati di trovarlo seguendo la traccia dell'autore del libro.

Il signor Gold, dal canto suo, non sembrava sorpreso di vederli, o se lo fosse stato era molto bravo a nasconderlo; la sua espressione era indecifrabile.

«Stiamo cercando una persona» rispose Regina, incerta. «Non siamo venuti a cercare te».

«Cosa ci fai qui, nonno?» domandò Henry, curioso.

Tremotino gli sorrise lievemente. «Mi fa piacere rivederti, Henry» disse, allungando un braccio per accarezzargli la testa.

«Rispondi alla domanda, Gold» ordinò Emma, duramente.

Lei e Tremotino si guardarono.

«Non penso che siano affari vostri, cosa io ci faccio qui» rispose, sciogliendo l'espressione gentile che aveva rivolto a Henry ma pur mantenendo il suo solito tono neutro. «Sono stato allontanato da Storybrooke. Questo è tutto ciò che dovete sapere».

Emma fece un passo verso la porta. «Hai cercato di uccidere Uncino» gridò. «Dammi una buona ragione per cui non dovrei almeno darti un pugno».

«Calmati, Swan» Regina la afferrò per un braccio. «Sei solo o c'è qualcuno qui con te?»

«Anche questi... non sono affari vostri» rispose Tremotino, e fece per chiudere la porta ma Regina la bloccò con un piede. «Ho solo bisogno di sapere se qualcun'altro abita qui con te... ammesso che tu viva qui».

Tremotino squadrò Regina da capo a piedi, poi fece lo stesso con Emma ed Henry, come se guardarli lo aiutasse a decidere cosa era meglio dire.

«Sono solo. E sì, vivo qui. Non posso permettermi niente di meglio. Ora, se non vi dispiace...» e lanciò uno sguardo al piede che Regina teneva saldamente in mezzo alla porta. Dopo un attimo di esitazione lo tolse e Gold chiuse la porta senza salutarli.

I tre tornarono alla macchina, scoraggiati.

Emma si rimise al volante, sbattendo la portiera, e anche Regina ed Henry presero posto.

«Non capisco» disse Henry, notando che le sue mamme restavano in silenzio. «La pozione localizzante non può sbagliare, vero?»

«No, Henry» rispose Regina, voltandosi verso di lui. «E' impossibile che possa sbagliare. E' una pozione molto precisa, ti conduce esattamente dalla persona a cui appartiene l'oggetto su cui la versi».

«Ma allora significa che il libro appartiene al signor Gold? E' lui l'autore?» domandò Henry.

«Non penso che lo sia» rispose Regina, cercando mentalmente una spiegazione logica. «Tremotino era nel libro stesso. Non può averlo anche scritto. Almeno non... non credo che possa».

«Ma allora cosa significa che la pozione ci ha portato da lui?»

«Significa che Tremotino ha mentito» intervenne Emma, tirando un pugno sul volante. «Non è solo nel magazzino».

«Per quale motivo Gold e l'autore del libro dovrebbero vivere insieme in un grande magazzino?» Henry guardò prima Emma, poi Regina, senza ottenere risposta. «Non pensate che Tremotino l'abbia coinvolto in uno dei suoi piani, vero?»

Le due donne si scambiarono un'occhiata.

«C'è solo un modo per scoprirlo» disse Emma. «Dobbiamo entrare lì dentro. Se Gold non ci vuole, entreremo con la forza».

«Quindi ora approvi i miei metodi, Swan?» disse Regina, con un ghigno soddisfatto sul volto.

Emma si voltò a guardarla sbuffando. «Ha cercato di uccidere Uncino. Non sono sicuramente una sua fan».

«Ok, ci serve un nuovo piano» disse Regina. «Dobbiamo entrare nel magazzino, quindi propongo di appostarci qui fuori e aspettare che Gold esca. Dopo di ché entreremo».

«Ottima idea» disse Emma, mettendo in moto. «Sposto la macchina in modo che Gold non possa vederla».

Fecero il giro della recinzione, fino a nascondere la macchina dietro ad una pila di botti di latta impilate una sull'altra, in modo che fossero nascosti ma che avessero abbastanza visuale per controllare il portone del magazzino.

«Dovresti risposare un po'» disse Regina, ad Emma. «Hai guidato tutta la notte e sembri piuttosto provata».

«Da quando ti preoccupi per me, Regina?» le chiese Emma.

Emma non fu sicura, ma le sembrò che Regina fosse arrossita lievemente. «Non mi preoccupo» rispose, brusca. «E' solo che se dobbiamo entrare alla prima occasione, dobbiamo essere tutti riposati».

«Ok, in questo caso mi riposo un po'» disse Emma, stiracchiandosi. «Svegliatemi se succede qualcosa».

Ma non successe niente per le ore successive. Restarono nascosti dietro alla fila di botti per ore ed ore, senza notare il minimo movimento nè dentro nè fuori al magazzino.

Emma dormì un paio d'ore, e quando tutti e tre ebbero bisogno di mettere qualcosa sotto ai denti, Regina si offrì di andare a prendere qualcosa da mangiare lasciando Emma ed Henry di guardia. Quando tornò, il maggiolino rombò e si spense qualche metro prima della destinazione.

«Questo pezzo di ferro con le ruote ha bisogno di manutenzione» disse, scendendo dall'auto con tre bicchieri firmati Starbucks e un sacchetto bianco.

«Forse sei tu che non sai guidarlo» replicò Emma, cercando di afferrare uno dei bicchieri, ma Regina lo scansò.

«Tornalo a dire e non avrai il tuo caffé».

«Toglimi il caffé, e potrei diventare pericolosa».

Henry guardò le sue mamme sbuffando. «Non capisco mai quando scherzate o quando litigate davvero» disse, prendendo il bicchiere con la cioccolata calda e il sacchetto contenente un paio di muffin.

«Credimi, ragazzino» disse Emma, prendendo finalmente il bicchiere col caffè. «Se litigassimo davvero te ne accorgeresti».

Regina cominciò a bere a piccoli sorsi. «Sono io, o questo caffè ha un sapore strano?» domandò Regina, guardando nauseata il suo bicchiere.

«Sei tu» rispose Emma. «Sarà che non ne bevo da ieri mattina, ma per me è meravigliosamente delizioso».

Regina posò a terra il bicchiere ancora pieno. «Ricordatemi che la prossima volta prendo un thé».


 

Il resto della giornata passò molto lentamente; Henry si addormentò poco dopo aver fatto colazione, e a turni dormirono anche Emma e Regina, finché non fu ora di cena.

Era scesa la sera quando i tre erano più scoraggiati che mai.

«Cosa facciamo?» domandò Henry, stanco.

«Prima o poi dovrà uscire da lì» disse Emma, appoggiando la fronte sul volante.

«Mi è venuta un'idea» intervenne Regina. «Henry, puoi passarmi la borsa nera per favore?»

Henry obbedì, e Regina si mise a rovistare nella borsa.

«Cosa cerchi?» chiese il ragazzo.

Regina non rispose, e pochi istanti dopo tirò fuori dalla borsa un piccolo specchieto bordato in oro. Senza aggiungere nulla scese dalla macchina; Henry ed Emma la imitarono, curiosi. Regina si mise a guardare a terra in cerca di qualcosa; raccolse una pietra appuntita, poi appoggiò lo specchio a terra e lo ruppe.

«Ma cosa stai facendo?» domandò Emma, avvicinandosi.

«Incanterò lo specchio» spiegò, prendendo il frammento. «Userò questo frammento come riflettore, e attraverso lo specchio noi controlleremo... ahia!»

Il dito di Regina iniziò a sanguinare.

«Mamma, potevi farti male».

«E' solo un taglietto» replicò Regina, sbrigativa. Poi posò il frammento a terra, in modo che fosse rivolto verso la porta, e con un piccolo passaggio delle mani lo specchio si riformò, tornando ad essere intero. «Fatto».

Ritornò alla macchina, portandosi il dito tagliato alla bocca per fermare il sangue. Quando risalirono anche Emma e Henry, domandò: «Conosci un posto dove poter andare?»

«Sì» disse Emma, guardando Henry, complice. «Andremo a casa nostra».

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Capitolo 6
*** Macchie, Tentacoli e Fiamme. ***


** Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti, again! Allora mi scuso innanzitutto per il titolo spoileroso, ma sono semplicemente N E G A T A coi titoli. Per il resto, ancora grazie per continuare a leggermi e... buona lettura! :)


 

Capitolo 6
Macchie, Tentacoli e Fiamme


Quando varcarono la soglia dell'appartamento new yorkese, Emma ed Henry furono sopraffatti dai ricordi; l'emozione nel ritornare lì e nel ricordare la vita che avevano a New York era tanta, ma lo era anche per Regina che per la prima volta vedeva coi suoi occhi dove Henry aveva vissuto nell'anno in cui erano stati separati.

«E così, questa è casa vostra» disse Regina, facendo qualche passo nell'ampio salotto. Si guardò intorno; l'appartamento sembrava molto luminoso, con le grandi finestre che lo contornavano. La cucina era spaziosa e rustica, e c'erano anche un sacco di piante che erano appassite durante la loro assenza.

«Non pensavo che avessi il pollice verde, Swan» disse Regina, voltandosi verso di lei.

«No, non io» rispose Emma, indicando Henry.

«Le annaffiavo io ogni mattina» spiegò il ragazzino, soddisfatto.

Regina sorrise. Si guardò intorno un altro po' prima di realizzare che Henry aveva vissuto lì, aveva i suoi hobby, aveva i suoi amici, andava a scuola lì. Si sentiva terribilmente triste per non aver potuto condividere con lui tutte quelle cose.

«Fammi vedere quel dito».

Emma la distolse dai suoi pensieri.

«Non è niente» ripeté Regina, ma Emma insistette. Aveva preso la cassetta dei medicinali e ne aveva tirato fuori del disinfettante e un po' di cotone. Il sangue ormai si era fermato, ma Emma disinfettò con cura il dito di Regina, che si lasciò scappare qualche smorfia dovuta al bruciore.

«Ecco fatto» disse Emma.

«Grazie, anche se...»

«Anche se cosa?»

Regina passò l'altra mano sopra al taglio, e questo sparì immediatamente.

«Ok» disse Emma, quasi stupita. «Diciamo che devo ancora ragionare come persona che può usare la magia».

Regina continuò a guardarsi intorno.

«Stai bene?» le chiese Emma.

«Sì» rispose Regina, abbassando lo sguardo.

«Lo sai che non puoi ingannare il mio super potere» replicò la bionda. «Capisco quando qualcuno dice una bugia, e tu non stai bene. E posso immaginare il motivo».

Regina stava per replicare, ma Henry si precipitò in salotto.

«Mamma, vieni a vedere la mia camera!»

Fu allora che Emma si rese conto di tenere ancora la mano di Regina e come un riflesso involontario, la lasciò andare.

Regina seguì Henry nella sua camera, che non fece altro che mostrarle con grande entusiasmo tutti i suoi libri, cd, dvd. Nel frattempo Emma tirò fuori delle coperte per sistemare il divano e farlo diventare un letto per quella notte, in modo che tutti e tre potessero andare a riposarsi dopo la lunga giornata – e la lunga nottata – che avevano passato.

«Io vado a farmi una doccia» disse Emma, entrando in camera di Henry. «Regina, se vuoi ti faccio vedere dov'è la mia camera, così se vuoi andare a dormire...»

«Non c'è n'è bisogno, posso dormire sul divano».

«Non preoccuparti, ti cedo volentieri...»

«Insisto, Swan. Dormo io sul divano».

Emma non replicò. «Allora, le coperte e i cuscini sono già pronti».

La mora annuì, ed Emma si avviò verso il bagno sorridendo della continua premura che Regina aveva nei suoi confronti.

 

 

La mattina successiva, dopo una lunga nottata di sonno e un bagno caldo, erano tutti e tre rigenerati. Durante la colazione – che Emma aveva cucinato facendo la spesa al market più vicino – cominciarono a ragionare sul da farsi, continuando a tenere monitorato lo specchio costantemente.

«Forse dovremo contattare Belle» stava dicendo Emma. «Trovandosi faccia a faccia con lei, Gold capitolerà».

«Ottima idea Swan, perché non spifferiamo tutto alla bibliotecaria? Così che possa portarsi dietro anche la famiglia Azzurro».

«Regina, smettila, non dobbiamo dire niente a nessuno».

«In ogni caso, non penso che Belle sia in grado di raggiungerci. Sa almeno guidare?»

«Lasciate che provi io a parlare con Tremotino» intervenne Henry. «Forse se gli parlo da solo mi ascolterà. Sono sempre suo nipote».

«Potrebbe essere un'idea» convenne Emma. «Tu sei l'unico che può farlo ragionare».

«Secondo voi cosa nasconde nel magazzino?» chiese Henry, prendendo un boccone delle sue uova strapazzate.

«Io piuttosto mi domanderei chi... nasconde nel magazzino» rispose Emma. Prese un sorso di caffé e poi riprese. «Se la pozione localizzante non può sbagliare, l'autore si trova lì».

«La pozione localizzante non sbaglia mai» confermò Regina. «Ne sono più che sicura, Gold sicuramente...»

«Guardate!» gridò Henry, indincando lo specchio.

Sei occhi furono puntati verso lo specchio, che mostrava l'entrata del magazzino. La porta si era aperta, e una figura scura stava uscendo con passo veloce.

«Quello sicuramente non è Gold» disse Emma. «Non è così alto e poi zoppica... questo tizio ha un'andatura troppo spedita».

«Ammesso che il bastone non fosse una copertura» replicò Regina. «Comunque, anche a me non sembra Gold».

Passarono pochi secondi e la figura si avvicinava sempre di più alla ringhiera, e quindi al frammento dello specchio che veniva usato come riflettore. Man mano che si avvicinava, i tratti affusolati e snelli della figura diventavano sempre più chiari, finché Regina non riuscì a distinguere la donna che si celava sotto quella che era una folta pelliccia.

«Crudelia!»

«Crudelia?» ripeté Emma, scettica. «Intendi... quella della Carica dei 101?»

«Esattamente» rispose Regina, alzandosi dalla sedia, nervosa. «Gold è in combutta con Crudelia, non posso crederci! Ma cosa staranno tramando?»

L'immagine nello specchio tornò ad essere immobile e tranquilla.

«Se non altro siamo sicuri che stava mentendo» sentenziò Emma. «Non è solo nel magazzino».

«Voglio andare a parlargli» disse Henry, convinto.

«Non se ne parla!» urlò Regina. «Un conto era farti parlare da solo con Tremotino, un conto è se qualche altro malvagio si nasconde nel magazzino con lui. Non voglio mettere a rischio la tua vita».

Henry guardò Emma.

«Sono d'accordo con tua madre, ragazzino».

«Ma se non lo affrontiamo, non riusciremo mai a trovare l'autore del libro!» protestò Henry. «Se lo stessero tenendo in ostaggio? Se lo stessero torturando o lo avessero addirittura ucciso?»

«Ma perché mai Gold e Crudelia dovrebbero uccidere l'autore?» domandò Regina, sedendosi di nuovo. Spinse lontanto il piatto con la colazione che era ancora mezzo pieno.

«Forse anche Gold sta cercando il suo lieto fine» ipotizzò Emma. «Forse l'hanno rapito per lo stesso motivo per cui lo cerchiamo noi».

Regina ci rifletté sopra un attimo. Sembrava piuttosto bizzarro che Gold cercasse l'autore per avere un lieto fine, più che altro era bizzarro che Gold volesse un lieto fine.

«Dobbiamo fare qualcosa» insistette Henry. «Non possiamo starcene qui con le mani in mano».

«Per prima cosa, vai a lavarti i denti e vestiti» disse Regina, e Henry non se lo fece ripetere due volte. Poi si rivolse ad Emma. «Cosa facciamo?»

«Non è sicuro farlo andare da Gold. Non ora che sappiamo che non è solo».

«Sono d'accordo. Non voglio assolutamente mettere a repentaglio la vita di nostro figlio».

Emma sentì un brivido lungo la schiena. Restò con la bocca semi aperta, senza riuscire a dire nulla per quelli che sembrarono minuti infiniti.

«Che hai?» le chiese Regina, fissandola.

«Nulla» rispose in fretta Emma, come risvegliata da un sonno. «E' solo che non... non l'avevi mai chiamato nostro figlio».

Regina realizzò che aveva ragione. Aveva sempre considerato Henry suo figlio, e nonostante il ragazzo avesse preso subito in simpatia Emma Swan, si era sempre considerata sua madre, molto di più di quanto avesse mai considerato lei. Ma in quel momento, senza rifletterci, l'aveva definito loro figlio, come se facessero parte tutti e tre di una famiglia, una vera famiglia. O come diceva Henry, una famiglia moderna.

Emma ripensò a quelle parole, che le rimbalzavano prepotenti nella testa, facendole continuamente venire i brividi.

«Forse ho avuto un'idea» disse Henry, tornando vestito con un paio di jeans e un pullover. «Potrei portare con me il frammento di specchio. Così voi potete controllarmi da fuori e intervenire se ce ne sarà bisogno».

Emma e Regina si scambiarono un'occhiata silenziosa, entrambe sapendo che l'idea di Henry era buona.

«Direi che possiamo provare» disse Regina. «E' davvero un'ottima idea, Henry, bravo!»

Regina si alzò e andò ad abbracciare il figlio.

«Ok, allora direi che possiamo andare» disse Emma. «Preferirei avviarmi prima che la pelliccia ambulante ritorni».

 

 

Raggiunsero il magazzino un'ora più tardi. Parcheggiarono il maggiolino al solito posto, per rimanere nascosti, e Regina creò con la sua magia un ciondolo con incastonato il frammento di specchio, per fare in modo che Henry potesse tenerlo al collo e che loro potessero avere una visuale frontale di ciò che accadeva.

«Ragazzino, per qualsiasi cosa...»

«Lo so, lo so» la interruppe Henry. «Non dovete stare in ansia per me. So cavarmela».

«Lo sappiamo» replicò Regina. «Sei molto coraggioso» e gli stampò un dolce bacio sulla fronte.

«Ci vediamo dopo, ok?» disse Emma, abbracciandolo. Poi Henry superò il cancelletto, avviandosi verso il portone.

«Sei davvero pessima con i saluti» ironizzò Regina, guardando Emma mordersi il labbro, nervosa.

«Lo so» rispose secca la bionda. «Non sono brava con le persone, in generale. Sono un casino».

In quel momento, il cellulare di Emma squillò.

«Diavolo, Swan!» sbraitò Regina, cercando però di mantenere un tono di voce basso.

Emma guardò velocemente di chi si trattava: Uncino.

«Cavolo! Non l'ho avvertito della partenza...»

Regina, intuendo di chi si trattasse, inarcò un sopracciglio. «Sul serio?»

«Non sono affari tuoi» disse Emma, chiudendo la chiamata. Poi spense il telefono. «A lui penserò più tardi» aggiunse, vedendo che la porta del magazzino si apriva.

 

 

«Henry!»

Tremotino accolse il ragazzo con quella che all'apparenza sembrava una gioia sincera.

«Che piacere vederti. Siete ancora a New York?»

«Si, ci siamo fermati nel nostro vecchio appartamento» spiegò Henry, cercando di guardare oltre la soglia. «Posso entrare?»

Tremotino esitò. «Ma certo, entra pure».

Henry entrò quando il signor Gold gli fece spazio per farlo passare. Cominciò a guardarsi intorno, tenendo il ciondolo con il frammento di specchio ben in vista, in modo che anche Regina ed Emma potessero vedere bene l'interno. Era, come avevano sospettato, un grande magazzino; una sola ampia stanza, piena di botti di latta come quelle dietro le quali avevano parcheggiato la macchina. L'unica differenza è che le botti che erano all'interno erano contrassegnate da un'enorme X nera, segno che probabilmente erano contenuti dei materiali tossici. Non c'erano finestre, se non delle piccole botole proprio sopra le pile di botti, che facevano filtrare una luce fioca. Per il resto, il magazzino era spoglio; non c'erano mobili nè sedie, nè nessun'altro tipo di arredamento.

«Dove sono Emma e Regina?» domandò Gold, dopo pochi istanti.

«Oh, loro non sanno che sono qui» disse Henry, sperando che la sua bugia fosse abbastanza convincente.

«E come mai sei venuto da solo?»

«Volevo parlarti. Volevo sapere come vanno le cose. Sono un po' preoccupato per te».

«E perché mai sei preoccupato, Henry?»

«Bè sai... sei qui da solo e mi chiedevo se non... se non volessi tornare a Storybrooke».

Tremotino rimase in silenzio per un secondo.

«Non sono il benvenuto a Storybrooke».

«Io non so cosa hai fatto» insistette Henry. «Non so come mai Belle ti abbia allontanato...»

Henry capì subito di aver toccato i tasti giusti, perchè al solo nominare Belle, la sicurezza di Tremotino vacillò.

«Sono cose da grandi. Ho fatto delle cose che Belle... non mi perdonerà».

Henry restò in silenzio. Guardò suo nonno e sembrò che fosse davvero pentito di quello che aveva fatto.

«Perché non torni a Storybrooke con noi?»

«Te l'ho detto, non sono il benvenuto. E poi non si può tornare a Storybrooke, non senza un portale».

Henry restò di nuovo in silenzio. Non poteva svelare lo stratagemma che avevano escogitato per ritrovare la loro città.

«Ci sono altri motivi per cui non vuoi ritornare?» chiese Henry, ad un tratto. «Hai per caso qualche progetto in corso, oppure...»

Tremotino sogghignò.

«Non prendermi in giro, Henry. Sappiamo tutti e due che ti hanno mandato Emma e Regina, e con questo...» Tremotino si avvicinò ad Henry, strappandogli il ciondolo dal collo. «...ti stanno controllando».

La porta si spalancò all'improvviso; Henry si aspettava di vedere apparire le sue mamme, ma purtroppo c'era un'altra donna che si dirigeva verso di lui: Malefica.

«Bene, bene... abbiamo un'ospite».

«E' mio nipote, Malefica» spiegò Gold. Henry restò impietrito. «A proposito, tra pochi secondi avremo visite, quindi se vuoi...» Gold non finì la frase e liquidò Malefica con un gesto della mano.

La donna, con un sorriso malvagio stampato in volto, fu improvvisamente avvolta da una nebbia verde che sembrava diventare sempre più densa. Diventò sempre più grande, e Henry restò a guardare esterrefatto ciò che si era materializzato davanti ai suoi occhi; un drago nero, di dimensioni giganteste, con le narici fumanti e gli occhi come due fessure fosforescenti.

Henry tentò di scappare, ma si sentì afferrare da qualcosa di viscido. Ci mise un attimo a capire che erano tentacoli di piovra.

«Vacci piano, Ursula» disse Gold, mentre una figura metà piovra e metà donna si materializzava dall'oscurità del magazzino. «E' mio nipote».

«Avrò sicuramente molta cura di questo ragazzino, Tremo» disse Ursula, attirando Henry verso di sé.

«Nonno, aspetta!» gridò Henry, dimenandosi per liberarsi dalla presa di Ursula. «Non lasciare che mi portino via!»

«Non preoccuparti, Henry. Non ti faranno del male».

Henry continuava a dimenarsi più che poteva, sentendo la presa della piovra sempre più stretta, poi il suo sguardo si posò sull'entrata e vide Emma e Regina aldilà della porta, combattere contro il drago.
 

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Capitolo 7
*** La magia è dentro di te. ***


** Angolo dell'autrice:
Da cosa si nota che sono costretta a letto con una caviglia steccata? Dal fatto che sto scrivendo tantissimo e quindi eccomi qui, a mandare avanti questa avventura :) Vorrei fare una precisazione su questo capitolo, ma rimando tutto alla fine perché non voglio anticipare nulla. Perciò, buona lettura! :)


 

Capitolo 7
La magia è dentro di te


 


«Malefica!» gridò Regina, trovandosi di fronte all'enorme drago.

«Oh no, di nuovo?» sbuffò Emma. «Ma non abbiamo già combattuto contro questa... draghessa?»

«Non è il momento di ricordare il passato, Swan. Concentrati. Dobbiamo usare la magia».

Emma annuì, tesa. Si sentiva sempre così ogni volta che doveva usare la magia.

«Ricordati ciò che ti ho detto. La magia è dentro di te. Entra in contatto con lei e lasciati guidare».

Emma di nuovo annuì.

Seguì i movimenti di Regina e cercò di rimanere il più concentrata possibile. Il drago cominciò a sputare fuoco verso di loro. Emma e Regina, entrambe con le mani rivolte verso il drago, respinsero le fiamme.

Per un momento Malefica fu accecata dal suo stesso fuoco.

«Corri dentro e trova Henry! Io la tengo occupata!» gridò Regina ad Emma, e lei corse verso il drago, superandolo ed entrando nel magazzino.

«Henry?» urlò Emma. «Henry, dove sei?»

«Mamma!»

Emma sentì la voce del ragazzo chiamarla, ma non riusciva a vederlo.

Tremotino spuntò da dietro una fila di barili di latta. «Signorina Swan» esclamò. «Vorrei poter dire che è un piacere».

«Gold, smettila con questi giochetti!» gridò Emma. «Dov'è Henry?»

Tremotino non rispose e lasciò che i fatti parlassero da soli. Henry comparve pochi secondi dopo, sollevato dai tentacoli di Ursula, che piano piano mostrò anche il suo lato umano.

Emma restò esterrefatta. «Lascialo andare, Gold!»

«Non ho intenzione di fargli del male» replicò Tremotino. Poi tirò fuori una piccola scatola cilindrica, che si trasformò poi in un cappello* a punta, blu notte, e lo posò a terra. «Tuttavia, temo di non poterlo liberare almeno finché tu e Regina non vi siate difese dalle mie... alleate».

Emma non capì le parole di Gold, ma non ebbe tempo di pensarci. Si ritrovò avvolta da un tantacolo di Ursula, quindi saltò per uscire dalla sua morsa prima che la stringesse.

Poi accaddero molte cose contemporaneamente: il cappello si azionò, emanando un vortice luminoso che si ingradiva sempre di più, attirando a sé tutto ciò che aveva intorno; il drago irruppe nel magazzino, frantumando una parete; Emma si diresse verso le botti di latta, nascondendocisi dietro per sfuggire ai tentacoli di Ursula.

Tremotino sogghignò. Emma e Regina stavano facendo esattamente ciò che lui voleva. Regina stava usando la magia per contrastare Malefica, e molto presto Emma avrebbe fatto altrettanto.

«Regina!» gridò Emma. «Henry è prigioniero di...»

Ma quando si voltò si sentì mancare. Henry, ancora stretto da Ursula, era privo di sensi.

«Accidenti, Gold!» sbraitò Emma. «E' tuo nipote! E' il figlio di tuo figlio! Se amavi Neal, se hai voluto anche solo un po' di bene a Henry, lascialo libero! Non vedi che sta male?»

Tremotino guardò nella direzione di Henry. Fece un gesto ad Ursula in segno di allentare la presa. Poi Emma agì d'impulso; sentì una scarica di adrenalina e con la magia scaraventò contro Ursula due botti di latta. La piovra restò schiacciata e cadde a terra, ma al tempo stesso mollò la presa su Henry che precipitò nel vortice del cappello.

«No!» gridò Emma, con le lacrime agli occhi. «Henry, no!»

Emma corse verso il cappello, ma fu ostacolata da Malefica. Respinse le fiamme, ma ormai il vortice si stava chiudendo.

«Ma cosa succede?» bisbigliò Tremotino, tra sé e sé. «Come mai il cappello non funziona?»

Emma scaraventò altre botti contro il drago, e Malefica si ritrasformò in umana. Poi continuò a correre verso il cappello, ma ormai il vortice si era richiuso.

«Gold, dov'è Henry?»

Tremotino non rispose. Attirò il cappello a sé con un gesto della mano e scomparì, seguito dalle sue alleate.

Emma si lasciò sfuggire un grido di frustrazione.

«Swan» esclamò Regina, andandole incontro. «Dov'è Henry?»

Quando Emma si voltò, Regina vide che stava piangendo. «E' scomparso nel cappello».

 

 

Emma e Regina ritornarono a casa nel silenzio più assoluto. Ci misero un po' a convincersi ad andare a casa senza Henry. Era come se avessero la speranza che Henry ricomparisse nel magazzino da un momento all'altro, ma presto dovettero ammettere che non sarebbe stato così. E l'aria diventò pesante, irrespirabile.

«Quel maledetto di Gold!» gridò Emma, sbattendo i pugni contro al tavolo. «Se gli farà del male io giuro che lo...»

«Non penso che gli farà del male» intervenne Regina. «Il tuo discorso su Neal... penso che abbia dato l'effetto desiderato. Gold ci tiene a Henry. Non gli farà del male».

«Anche se lui non gli facesse del male, cosa possiamo dire di Malefica e di quella... piovra gigante?»

«Malefica, Ursula e Crudelia» disse Regina. «Gold ha messo insieme proprio un bel circo, non c'è che dire».

Regina misurò a grandi passi la stanza per qualche minuto, prima di parlare ancora.

«Dobbiamo metterci in contatto con Gold».

Emma sbuffò. «E come?»

«Un modo c'è» disse Regina, e cominciò a rovistare nella sua borsa in cerca dello specchio. «Useremo questo» disse, estraendolo, «per comunicare con lui. Farò un incantesimo allo specchio e lui saprà che vogliamo parlargli».

«E come funziona questa cosa?» domandò la bionda, un po' più calma.

«Tremotino comunicherà con noi tramite il frammento che ha strappato a Henry. Si illuminerà, o vibrerà, o farà qualcosa e lui lo saprà».

Emma non parlò per non disturbare Regina mentre procedeva con l'incanto dello specchio. Si andò a stendere sul divano, sentendo la frustrazione a poco a poco svanire, lasciando posto a un misto di tristezza e inquietudine.

«Ho messo Henry in pericolo» bisbigliò, dopo un lungo momento di silenzio.

Regina posò lo specchio sul tavolo, e si girò verso Emma.

«Non dire così. Non è colpa tua».

«Invece sì! Sono io che ho attaccato Ursula e l'ho fatto precipitare».

«Smettila, Swan. Se c'è qualcuno che deve prendersi la colpa, quella sono io. Questa missione, questa follia... è partita da me e dalla mia stupida idea di volere un lieto fine».

«Non è una stupida idea, Regina».

«Si che lo è. Volevo un lieto fine e ora abbiamo perso nostro figlio!»

Emma voleva rispondere, ma non le veniva in mente niente che potesse essere di consolazione a Regina. Non le veniva in mente niente che potesse essere di consolazione nemmeno per sé stessa. Ma allo stesso tempo, sentire Regina parlare al plurale, sentirla dire ancora una volta che Henry era loro figlio, le fece capire che entrambe stavano provando le stesse cose e questo, inspiegabilmente, le dava speranza.

Regina andò a sedersi sul divano accanto a Emma.

«E ora?» domandò Emma, fissando lo specchio che giaceva sul tavolo.

«E ora aspettiamo» rispose Regina, con un sospiro. «Dobbiamo aspettare che Tremotino si metta in contatto con noi».

«E se non lo farà?»

«Lo farà» replicò Regina. «Sono sicura che lo farà».

Stranamente, Emma si sentì rassicurata. Non sapeva come fosse possibile, ma la presenza di Regina riusciva a calmarla e rassicurarla sempre. Anche in quel momento in cui sentiva che niente sarebbe andato bene, anche in quel momento in cui tutto il loro mondo sembrava stesse crollando.

«Ne possiamo parlare, se vuoi» disse Emma, dopo un lungo momento di silenzio.

«Parlare di cosa?» rispose Regina, sulla difensiva.

«Di quello che hai provato quando sei entrata qui dentro».

«Non ho provato niente» rispose la mora, secca.

«Regina, il mio super potere...»

«Sono stata io a darvi questa vita, ricordi? Sono felice che siate stati bene qui. Era quello che volevo».

«E' vero, siamo stati bene» replicò Emma. «Ma quella felicità era irreale. Siamo felici anche a Storybrooke».

«Io voglio solo...» Regina esitò. «Voglio solo che Henry sia al sicuro».

Emma annuì. «Allora vogliamo la stessa cosa».

Le due donne si guardarono per un lungo momento, poi entrambe furono catturate dai loro stessi pensieri.

Regina continuò a pensare agli eventi delle ultime ore; il cappello che doveva risucchiare la loro magia ma non ce l'aveva fatta, Henry che scompariva nel suo vortice, Tremotino in combutta con Malefica, Ursula e Crudelia. E ancora non sapevano dove fosse l'autore del libro. Si sentì estremamente stupida per aver messo a repentaglio la vita di Henry. Poi c'era la donna accanto a lei, quella donna con la quale aveva sempre lottato, ma stavolta stavano lottando insieme per un obiettivo comune: prima per trovare il suo lieto fine, e ora per salvare Henry. Si sentì strana a quel pensiero; Emma Swan era, in un modo o nell'altro, una costante nella sua vita.

Emma, a sua volta, si sentì strana per quella vicinanza che improvvisamente sentiva con Regina. Potevano anche essere lontane, ma lei sentiva un legame con quella donna, un legame che esulava dalla famiglia che, per puro caso, avevano creato insieme.

La bionda guardò Regina e vide che si era addormentata. Allora prese una coperta e la coprì, poi afferrò lo specchio, nella speranza che Gold si facesse vivo. Si mise di nuovo accanto a Regina, coprendosi con un lembo della coperta e aspettando un segnale dallo specchio, e senza rendersene conto scivolò anche lei in un sonno profondo.

 

 

Il mattino successivo furono svegliate da uno strano rumore improvviso. Emma sobbalzò, calciando per sbaglio Regina, che si svegliò seduta stante.

«Ahia!» sbraitò Regina.

«Scusa» rispose Emma, con poca gentilezza. Era pur sempre mattino presto. «Cosa diavolo è questo rumore?»

Regina ci mise un attimo a registrarlo. «E' lo specchio!» esclamò, alzandosi.

Si precipitò al tavolo in cerca dello specchio, ma non lo vide. Poi Emma si ricordò, guardò sul divano e scrollò la coperta finché lo specchio non rotolò sul pavimento.

Era illuminato, e quando lo prese in mano, un riflesso si materializzò all'improvviso lasciando spazio al volto di Tremotino.

«Buon giorno mie care» disse, ghignante. «Avete dormito bene?»

«Smettila di prenderci in giro, Gold» gridò Emma. «Dov'è Henry?»

«Henry è al sicuro nel cappello».

«Tiralo fuori subito» gli intimò Regina.

«Lo potrei fare, cara. In effetti sono qui per proporvi uno scambio».

Emma e Regina si guardarono.

«Voi avete una cosa che mi serve» continuò Tremotino. «Sono disposto a ridarvi il ragazzo se voi mi darete ciò che voglio».

«E che cosa vuoi, Tremotino?» domandò Regina.

«La vostra magia, ovviamente».

Regina ed Emma sussultarono. Esitarono, senza dire nulla.

«Se non siete interessate, non ci sono problemi. Avrò molta cura di Henry».

«Dove ci incontriamo?» chiese Emma.

«Mi pare di capire che abbiamo un accordo?»

«Lo abbiamo» risposero insieme le due donne.

Tremotino sorrise. «Vi aspetto questa sera alle sei al magazzino».

«Ci saremo» disse Regina. «Tremotino, mi auguro che verrai da solo stavolta e che porterai Henry sano e salvo».

L'uomo non rispose e l'immagine sparì all'improvviso, chiudendo la comunicazione.

«Detesto quell'uomo» disse Emma, sospirando. «Vuoi un caffè?»

«Non ci penso proprio» rispose Regina, sedendosi su una sedia. «Ho la nausea al solo pensiero».

«Vuoi mangiare qualcosa, allora? Mi sembra che tu stia mangiando pochissimo in questi giorni».

«Sto bene, Swan. Sono solo preoccupata per Henry».

«Lo sono anche io» Emma si mise a sedere al tavolo con una tazza di caffè fumante. «Perché Tremotino vuole la nostra magia?»

«Non lo so» rispose Regina. «Ma sono disposta a tutto pur di salvare Henry. Anche a rinunciare alla magia».

Emma sorrise. «E' per questo che tu sei diversa da Tremotino. E' per questo che la tua magia è diventata bianca. La tua priorità sarà sempre Henry, non il potere. Questa è una cosa che Tremotino non capirà mai».

Regina rifletté sulle parole di Emma, senza rendersi conto che non riusciva a smettere di sorridere.

 

 

Alle sei in punto, Emma e Regina entarono nel magazzino. La parete era ancora sfondata, quindi entrarono senza problemi, e all'interno regnava ancora il caos che aveva lasciato il giorno precedente. Le botti erano scaravoltate, alcuni massi giacevano sul pavimento coperti da uno strato di polvere, ma di Tremotino non c'era traccia.

«Tremotino?»

Entrambe lo chiamarono. Sapevano che sarebbe apparso da un momento all'altro.

«Tremotino!»

«Come siete puntuali, signore» scherzò l'uomo, comparendo all'improvviso con in mano il cappello.

«Dov'è Henry?» sbraitò Emma, facendo un passo verso di lui. Regina le sfiorò appena un braccio con la mano, e quel lieve contatto bastò ad Emma per riuscire a calmarsi un po'.

«Henry è ancora al sicuro nel cappello» disse Tremotino. «Tra pochi istanti lo tirerò fuori, ma prima...»

Tremotino si chinò per posare il cappello a terra.

«Cosa dobbiamo fare?» chiese Regina.

Tremotino rise. «Dovete soltanto difendervi come meglio potete».

Una vampata di fuoco per poco non le investì. Emma e Regina si abbassarono per evitarlo.

«Avevi detto che saresti venuto da solo!» gridò Emma, e stavolta la presa di Regina sul suo braccio divenne più salda.

«Io non l'ho mai detto, cara» replicò Tremotino, mentre il cappello si azionava. Il vortice di luce roteò di nuovo sul pavimento, ingrandendosi a vista d'occhio.

Malefica sputò di nuovo fuoco su di loro, e le due donne lo respinsero, e subito si resero conto che la loro magia era molto più forte di quanto non fosse il giorno precedente. Senza fare nulla, senza nemmeno muovere le mani verso di lei, riuscirono a spingere il drago contro una parete, che si frantumò, fino a che Malefica non fu coperta dalle macerie.

Tremotino capì subito che qualcosa non andava, esattamente come il giorno prima. Era come se la magia di Emma e Regina resistesse.

«Dov'è Henry?» gridò Regina, avvicinandosi a Tremotino e al vortice.

Tremotino esitò. Poi un sibilo si levò poco lontano, e i tre videro che da una botte stava fuoriuscendo del gas. Gold capì che non c'era più tempo. Attirò a sè il cappello, e il vortice si richiuse all'istante, poi scomparì senza dire nulla.

Malefica si scrollò di dosso le macerie e i detriti, e sputò di nuovo una fiammata in direzione di Emma e Regina.

Le due donne la respinsero ma nel farlo il fuoco andò verso le botti. E il magazzino esplose.


* IL CAPPELLO MAGICO: lo so che quando Tremotino è stato allontanato da Storybrooke non aveva con sé il cappello, però essendo che mi serviva che lui l'avesse, ai fini della mia storia, ho deciso che lui essendo Signore Oscuro in un modo o nell'altro è riuscito a prenderlo. Magari nei prossimi capitoli spiegherò anche come, non lo so, però comunque mi sembrava doveroso fare questa precisazione.
Alla prossima :)

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Capitolo 8
*** Non posso perdere anche te (sto meglio quando ci sei tu). ***


** Angolo dell'autrice.
Ciao a tutti! Non voglio dilungarmi tanto perché questo capitolo è un po' più lungo del solito, e vi dico subito che contiente un alto tasso di SwanQueen. Per la gioia di noi tutti, yay! Con l'occasione vi lascio il link della pagina facebook che ho da poco creato con mia sorella, a tema SQ ovviamente, vi invito a mettere mi piace se volete, presto diventerà attiva e comincerò a pubblicare anche i capitoli di questa ff. Ecco il link: https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-%CF%9F-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207 
Vi lascio alla lettura adesso, e vi ringrazio come sempre di seguirmi e mi scuso se non rispondo a tutte le recensioni, ma il tempo è davvero poco! A presto! :)




 

Capitolo 8

Non posso perdere anche te
(sto meglio quando ci sei tu)



Regina riaprì gli occhi ma non riuscì ad alzarsi subito, la caduta era stata troppo pesante. Riuscì a guardarsi intorno e vide che il fuoco divampava, dal soffitto e dalle pareti continuavano a cadere massi e macerie, presto il magazzino si sarebbe ridotto in cenere. Seppur stordita dal frastuono dell'esplosione, si armò di tutta la forza che le rimaneva per rialzarsi in piedi; usò la magia per proteggersi dal caos che aumentava intorno a lei, poi si guardò intorno.

Malefica era sparita, così come Tremotino e di conseguenza il cappello. Cercò Emma con lo sguardo, ma non la vide; era sicura che non era lontana, ma le macerie che continuavano a cadere e il fumo le offuscavano la vista, così si avviò tra i detriti per cercarla.

La vide poco dopo sotto una parete semi distrutta, priva di sensi. Corse verso di lei, mentre il fuoco aumentava rischiando di colpire altre botti. Regina capì che dovevano uscire di lì in fretta, perché ci sarebbe stata presto un'altra esplosione.

Raggiunse Emma, schivando per poco una parete che stava crollando, poi scansò con un gesto della mano i massi che la stavano bloccando.

«Swan!»

Emma era coperta di fuliggine, con la fronte sanguinante. Regina si guardò di nuovo intorno, poi prese Emma per le spalle sollevandola appena e la strinse; con uno schiocco di dita scomparirono in una nebbia viola, un istante prima che un'altra esplosione distruggesse quel poco che restava del magazzino.

 

Ricomparirono nell'appartamento. Regina continuava a tossire per l'inalazione del fumo, ma aveva ancora Emma stretta tra le braccia e fu su di lei che si concentrò.

«Swan, svegliati!» gridò, scuotendola. «Swan, ti prego, riprenditi...»

All'improvviso fu presa dal panico e non riuscì a trattenere la lacrime. La testa di Emma era posata sulle sue gambe, così le prese il viso tra le mani, piangendo.

«Emma, ti prego... io ho già perso troppo, non posso... non posso perdere anche te!»

Le lacrime si trasformarono in singhiozzi. «Emma! Emma!»

La ragazza emise un suono sommesso. «Re... gina...» bofonchiò, tossendo violentemente.

«Santo Dio, Emma... stai bene?»

La bionda continuò a tossire, incapace di parlare, e sollevò appena la testa, scossa dai conati.

Regina tirò un sospiro di sollievo. «Stai bene, per fortuna... stai bene...» continuava a ripetere.

«Forse ho battuto la testa troppo forte» disse Emma, debolmente, appoggiando di nuovo la testa in grembo a Regina. «Sbaglio o mi hai chiamata Emma?»

Regina sorrise tra le lacrime poi, senza riflettere, strinse Emma tra le braccia, più forte che poteva.

Non si rivelò facile aiutarla a mettersi a letto, poiché alzandosi la bionda si rese conto che oltre la botta in testa, aveva male a una spalla e a una caviglia, ed era sicura di avere almeno un paio di costole rotte.

Regina la aiutò a ripulirsi poi le curò il taglio che aveva in fronte.

«Mi fa male la testa» borbottò Emma, e Regina le posò una mano sulla fronte; scottava.

«Forse hai la febbre» disse Regina. «C'è un termometro da qualche parte?»

«Nel cappello...» biascicò Emma.

«Come?»

«Nel cappello...» ripeté Emma. «Prendilo, il cappello...»

Regina si rese conto che Emma stava delirando. Ritornò in salotto, e cercò il termometro dove il giorno prima Emma aveva preso l'occorrente per disinfettarle il taglio nel dito. Lo trovò pochi minuti dopo e ritornò in camera da letto.

Aveva la febbre alta, come si aspettava, e Regina le somministrò alcuni medicinali e le portò un bicchiere d'acqua per farla reidratare.

«Ti senti meglio?» le chiese poi.

«Ho mal di testa» rispose Emma, bevendo. «Il cappello... Henry...»

«Henry sta bene, non preoccuparti» le disse, cercando di convincere anche sé stessa.

Emma sospirò. «Ma che è successo? Non riesco...» Emma lanciò un grido non appena tentò di muoversi.

«Cosa pensi di fare? Non puoi alzarti, sei ferita!»

«Henry...»

«Henry ha bisogno che tu ti rimetta. Non gli serviresti a niente ridotta così».

«Il cappello... la magia...» Emma si dimenava, e più si dimenava più gridava per il dolore.

«Ok, aspetta, ci penso io» disse Regina, poi si mise in ginocchio sul letto e sporse le mani verso Emma. Le sollevò appena la maglia, quanto bastava per mostrare la parte dolorante, che era visibilmente livida.

«Cosa fai?» chiese Emma, tossendo ancora.

«Non l'ho mai fatto con le fratture, quindi forse farà male» disse, poi avvicinò le mani al suo fianco e la sfiorò, senza però toccarla davvero.

Poi Regina sentì un brivido.

Ed Emma sentì un brivido.

Ed era sicura che non era la febbre a provocarglielo.

Fu come se entrambe avessero smesso di respirare per un momento che sembrò eterno. La stanza cadde nel silenzio più totale. Regina cercava di concentrarsi ma non riusciva a smettere di guardare quella pancia così piatta e quella pelle così chiara e liscia.

Quando finì con il ventre, ripeté la stessa operazione anche sulla caviglia e sulla spalla, e ogni volta che Emma scopriva un centimetro della sua pelle Regina era come se si sentisse mancare. Fu colta da un'improvvisa voglia di allontanarsi da quella stanza in cui stava provando qualcosa di inaspettato, qualcosa di più grande di lei.

«Ok, ho finito» disse Regina, e subito si alzò dal letto. «Adesso è meglio che riposi» aggiunse.

Emma stava tremando, così Regina si mise a rimboccandole le coperte. «Sono di là se hai bisogno. Buona notte...»

«Aspetta» bisbigliò Emma, afferandole un braccio. «Resta».

Regina si immobilizzò.

«Cosa?»

«Resta» borbottò di nuovo Emma, con gli occhi chiusi. «Sto meglio quando ci sei tu».

Regina non capì se fosse lucida oppure o no, ma in quel momento, solo in quel momento, si rese conto che anche lei stava meglio quando era con Emma Swan.

 

 

La mattina successiva Regina si svegliò all'alba; quando si voltò vide un ammasso di capelli biondi sparsi su tutto il cuscino, ed Emma, rivolta a pancia in giù, era ancora profondamente addormentata. Poi si rese conto di avere ancora stretta la mano di Emma nella sua, e provò una sensazione indecifrabile.

Così si alzò, cercando di non fare rumore, preparò il caffè e la colazione attendendo che Emma si svegliasse.

Ma Emma dormì per tutto il giorno e anche per la mattina successiva. Regina vegliò su di lei continuamente, preoccupata, ripetendosi che aveva solo bisogno di riposare dopo l'incidente del magazzino.

Alla preoccupazione per Emma si unì anche quella per Henry; il ragazzino era ancora nelle mani dei nemici, chiuso dentro ad un cappello che poteva contenere qualsiasi pericolo.

Per non rischiare di impazzire, decise di tornare al magazzino a dare un'occhiata, sperando di poter intanto recuperare la macchina di Emma, ma anche questo si rivelò impossibile. Il perimetro del magazzino era delimitato da un nastro rosso e bianco, e all'interno la polizia stava facendo dei sopralluoghi, mentre i pompieri stavano sistemando le ultime cose dopo aver spento il fuoco.

Il maggiolino giallo era ancora dove l'avevano lasciato, con la differenza che i poliziotti erano molto interessati dal capire a chi appartenesse, perché Regina vide che stavano sfogliando il libretto di circolazione. Decise che era meglio ritornare a casa senza fare nulla di impulsivo e parlarne con Emma, che in quel genere di cose era sicuramente più brava di lei. Ma prima di andare lanciò un incantesimo sul maggiolino, cambiando i dati dell'intestatario e confondendo il poliziotto; le precauzioni non erano mai abbastanza in questi casi.

Ricomparì nell'appartamento e con suo grande sollievo trovò Emma sveglia, anche se era ancora a letto.

«Buon giorno» le disse.

«Buon giorno...» sussurrò Emma, con la bocca impastata. «Dov'eri?»

Regina le spiegò brevemente dov'era stata e la situazione che aveva trovato al magazzino. La aiutò a mettersi a sedere, prima di andarle a preparare un caffè e glielo portò in camera.

«Per quanto ho dormito?»

«Quasi due giorni».

«Ma cosa è successo?» Emma prese la tazza e ci soffiò sopra. «Ho dei ricordi confusi... il magazzino che saltava in aria... Henry che...»

Emma non finì la frase e Regina annuì.

«Gold ci ha teso una trappola» aggiunse la mora. «Hai avuto una brutta caduta» le spiegò in seguito. «Avevi una spalla e una caviglia messe male, e anche qualche costola rotta. Sono riuscita a sistemare tutto con la magia».

Emma pensò e ripensò a quei momenti, che sembravano ormai un ricordo lontano; si ricordò di come il magazzino era esploso, ma dopo c'era solo un enorme buco nero. Si ricordò di essere a letto, e si ricordò di Regina che era accanto a lei. E tra i tanti ricordi, se ne fece strada uno con insistenza, che sembrava più una sensazione che un ricordo vero e proprio, e per un attimo Emma pensò di star di nuovo delirando.

«Appena ti sarai ripresa dobbiamo escogitare un nuovo piano per salvare Henry».

Regina ruppe il silenzio e il flusso dei suoi pensieri.

«La nostra magia» disse Emma. «Come mai non è stata catturata?»

«Non me lo so spiegare» rispose Regina, distendendosi sul letto. «Sembrava come che... resistesse al cappello».

«E Tremotino lo sa?»

«Oh, si. Adesso lo sa, ma era sorpreso almeno quanto me. Senza volere, l'abbiamo colto di sorpresa».

Dopo un altro breve momento di silenzio, Regina si sporse verso Emma allungando un braccio, ma Emma si scansò.

«Che fai?» le chiese.

«Volevo solo vedere se avevi ancora la febbre» rispose Regina, subito sulla difensiva.

«Ah...» Emma si immobilizzò e Regina le posò una mano sulla fronte.

«Vado a prendere il termometro» le disse, alzandosi.

«Regina» la fermò Emma. «Grazie».

«Non devi ringraziarmi».

«Ma voglio. Ti stai prendendo cura di me e nessuno... nessuno l'aveva mai fatto prima».

Regina si sentì stranamente in imbarazzo. «Non c'è di che» rispose.

«Regina, aspetta» ripeté Emma, e in un attimo i suoi ricordi diventarono reali, come se non fosse passato più di un minuto, come se fosse sempre stata lucida.

«Cosa c'è ancora?» chiese Regina.

Emma si fece coraggio e ascoltò quei pensieri che rimbalzavano nella sua testa. «Quando siamo fuggite dal magazzino... sbaglio oppure... insomma, mi sembra di averti sentito dire che non vuoi... che non vuoi perdermi. O qualcosa del genere...»

Regina si voltò verso la porta, come a volersi nascondere da Emma.

«Te lo sarai immaginato, Swan» rispose, evasiva. «Stavi delirando, avevi la febbre... te lo sei solo immaginato».

Poi uscì, non solo per andare a prendere il termometro, ma soprattutto per scappare ancora una volta da quella donna che la confondeva e da quello che stava provando.

Emma restò a guardare la porta chiudersi, chiedendosi se davvero si era immaginata tutto quanto. Poi ripensò ai brividi che aveva provato quando Regina l'aveva sfiorata, si ricordò di averle chiesto di restare e di Regina che le stringeva la mano, mentre lei la cercava, in preda ai deliri della febbre alta. E in un attimo si rese conto che le parole di Regina non erano frutto della sua immaginazione.

 

Le cure di Regina e i due giorni di riposo avevano permesso a Emma di rimettersi completamente; nessun dolore e nessun segno di febbre. Erano finalmente pronte per andare a salvare Henry.

Decisero che come prima cosa sarebbero andate a recuperare la macchina, almeno per non lasciarla in balia di chiunque passasse sulla scena del crimine. Dopodiché avrebbero deciso cosa fare.

«Quindi come funziona questa cosa?» domandò Emma.

«Devi solo starmi vicino, molto vicino» le spiegò Regina. «Dobbiamo essere in contatto, in modo che così io riesca a trasportare entrambe».

Emma, imbarazzata, si avvicinò un po' a Regina e le porse la mano.

Regina la guardò. «Credo che questo non basti, dovresti tipo... abbracciarmi».

«Ah» disse Emma, arrossendo. «Ok, allora...»

Emma si fece avanti, ma era quasi paralizzata dall'imbarazzo. Regina, nonostante si sentisse a sua volta a disagio, annullò completamente la distanza che mancava tra lei ed Emma; la strinse, avvolgendola con un braccio e posandole una mano sulla schiena.

Emma, con il cuore martellante, la abbracciò avvolgendola con entrambe le braccia, e improvvisamente sentì il cuore di Regina battere forte contro il suo. Fu una sensazione strana, e dovette combattere contro la tentazione di allontanarsi e di proteggersi da quel contatto così vero e intenso.

Regina cercò di concentrarsi; prima se ne andavano, prima avrebbero potuto separarsi. Con il cuore di Emma che batteva contro il suo, schioccò le dita finché la nebbia viola non le avvolse riportandole al magazzino.

«Sto per vomitare» disse Emma, quando toccò nuovamente terra e si staccò da Regina. «Come diavolo fai a farlo ogni volta?»

«Questione di abitudine» rispose Regina, sbrigativa. «Forse è perché non stai ancora bene. Avresti dovuto restare a riposo ancora qualche giorno».

«Sto bene, sto bene» replicò Emma. «Questo trucchetto potrò impararlo anche io un giorno?»

Regina sorrise. «Vedremo».

Era sera e il magazzino, o meglio, ciò che ne restava, era deserto. Il maggiolino era ancora lì, nello stesso identico punto.

«Sei sicura che i poliziotti hanno guardato il libretto di circolazione?»

«Sicurissima. Ma ho fatto in modo che non risalissero a te».

«Che intendi?» domandò Emma, inarcando un sopracciglio.

«Intendo che ora sono sulle tracce del signor Gold. Ho cambiato i dati del libretto mettendoci i suoi, così non saremo le uniche a dargli fastidio».

Emma sorrise, compiaciuta. «E' stata un'ottima idea, Regina. Quasi quasi potresti fare anche tu la cacciatrice di taglie».

Regina liquidò la conversazione con un gesto della mano. Poi Emma fece per salire in macchina, ma la mora la bloccò.

«Guido io stavolta» disse, prendendole le chiavi dalle mani.

«Ma tu odi la mia macchina...»

«Si, ma odierei di più se tu ti sentissi male o svenissi a causa del troppo stress. Sei ancora debole e non voglio che...» Regina si interruppe. «Sali in macchina, dai».

Regina si mise al posto del guidatore ed Emma non se lo fece ripetere due volte.

«Senti, ci ho pensato» iniziò Emma. «Abbiamo un solo modo per raggiungere Henry e credo che dovremo sfruttarlo».

Regina la guardò. «Intendi...»

«Sì».

«Ne sei sicura?»

Emma sospirò. «Sì».

«Se usiamo la pozione, Swan, non potrai tornare dalla tua famiglia».

«Anche tu e Henry siete la mia famiglia. E ora salvarlo è la priorità».

Emma parlò così d'impulso che non si rese conto di ciò che aveva detto, ma Regina sì. Non riuscì a fare altro se non fissarla. Non capiva cosa le stesse succedendo. Non riusciva a decifrare quel sentimento; era qualcosa legato alla vicinanza di Emma Swan. Quella donna riusciva, con la sua impulsività e la sua ingenua spontaneità, a tirare fuori il suo lato migliore, e per la prima volta Regina provò qualcosa che per tutta la sua vita non aveva mai provato. Si sentiva davvero come in una famiglia.

«Regina, stai bene?»

«Sì» rispose, secca. Poi si voltò per prendere la sua borsa. «Se sei sicura allora procediamo».

Emma annuì, e Regina le porse la fiala con quel che restava della pozione localizzante. Subito dopo prese la sciarpa di Henry che era sul sedile posteriore, ed Emma rovesciò la fiala su di essa. Guardò il liquido venire assorbito dalla sciarpa, e vide sparire con esso la loro possibilità di ritornare a Storybrooke. Sospirò, pensando ai suoi genitori e al suo fratellino Neal, prendendo consapevolezza del fatto che poteva non rivederli mai più. Cercò di scacciare quei pensieri, sapendo che aveva fatto la cosa giusta; dovevano ritrovare Henry e salvarlo.

Poi la sciarpa si illuminò esattamente come aveva fatto il cappello; Emma la mise fuori dal finestrino e subito cominciò a volteggiare in aria, indicandogli la strada.

Erano passate un paio d'ore, quando si ritrovarono a percorrere una stradina stretta e non asfaltata, che proseguiva per chilometri tra curve e buche, e che tagliava a metà il paesaggio di campagna che si vedeva in lontananza. Erano a ridosso di prati e campi spogli, un vero posto sperduto ai confini della grande città. La sciarpa smise di brillare e cadde davanti ad un'imponente villa vecchio stile, poco illuminata e apparentemente deserta.

«Ma certo!» esclamò Regina, frenando per non arrivare davanti alla villa.

«Conosci questo posto?» domandò Emma, scrutando in direzione della loro destinazione.

«Non ci sono mai stata, ma credo di sapere dove siamo» rispose Regina. «Benvenuta a Villa Demon, Emma».

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Capitolo 9
*** Io credo in te. ***


Capitolo 9

Io credo in te




«Ci saranno anche i cuccioli di dalmata là dentro?» chiese Emma, ironizzando. «Mi piacerebbe portarne uno a Mary Margaret, sai... come souvenir del nostro viaggio».

Regina non rispose, ma l'occhiataccia che le lanciò parlava da sé.

«Tanto ormai le abbiamo viste tutte. Draghi, piovre, Streghe verdi... e poi a Pongo farebbe piacere avere un po' di compagnia».

«Emma, chiudi quella bocca».

Il tono di Regina non lasciava spazio a nessun tipo di replica; Emma rise tra sé e sé, mentre Regina scendeva dalla macchina. Emma la seguì subito dopo.

Davanti al portico era parcheggiata una decapottabile blu scuro, che sicuramente apparteneva a Crudelia, vista la targa che recitava "Devil". Questo significava che probabilmente erano tutti dentro a tramare qualcosa di misterioso e sinistro, e quindi anche il cappello era lì. E anche Henry.

«Abbiamo un piano?» domandò Emma, tenendo lo sguardo fisso sulla villa.

«Prendiamo Henry e ce ne andiamo» rispose Regina, fissando a sua volta la villa.

Emma inarcò un sopracciglio e si voltò verso Regina. «Questo non è un piano, è l'obiettivo!»

«Sono solo dettagli, Swan» replicò Regina, secca.

«Bè, ci sarebbe il dettaglio» disse Emma, enfatizzando l'ultima parola, «che non sappiamo come tirare Henry fuori dal cappello».

Regina sospirò. «Abbiamo come unico vantaggio l'effetto sorpresa. E anche...» e cominciò a frugare nella borsa, estraendo una fiala con un liquido trasparente. «...questa fiala contiene una pozione immobilizzante. E' un trucco banale, lo so, ma è efficace».

Emma si rigirò la fiala tra le mani. «Non ne hai una anche per te?»

Regina la guardò con aria compiaciuta. «Io non ne ho bisogno, so maneggiare bene la magia».

Emma alzò gli occhi al cielo, assicurandosi di non essere vista da Regina. Quest'ultima si voltò verso il maggiolino e lo fece diventare invisibile.

«Ottima idea» si complimentò Emma. Poi, mentre percorrevano il perimetro intorno alla casa, facendo attenzione a non fare rumore, notò che Regina era diventata pensierosa.

«Sei solo preoccupata per Henry oppure c'è qualcos'altro?» le chiese.

La mora sospirò. «Sai, stavo pensando... una volta che avremo ritrovato Henry, credo che dovremo lasciar perdere l'Operazione Mangusta».

«Perché dici così?» le chiese Emma.

«Adesso abbiamo cose più importanti a cui pensare, ad esempio un modo per tornare a Storybrooke. E poi abbiamo già corso troppi pericoli, forse... non ne vale la pena».

«Non devi dire così. Avevo detto che ti avrei aiutata e finché non avrai il tuo lieto fine non mi arrenderò. Non ci arrenderemo».

Regina si sentì stranamente a disagio. «Dici così solo perché ti senti in colpa per aver riportato in vita Marian» rispose, sulla difensiva.

«Non è vero» replicò Emma. «Lo dico perché voglio davvero che tu sia felice».

Regina, senza rispondere, accelerò il passo ed Emma preferì lasciar perdere. Ora dovevano pensare a Henry.

Si ritrovarono davanti alla porta, ed Emma si affidò ai vecchi trucchi per aprirla. In meno di un minuto, la serratura scattò e furono dentro.

L'entrata dava su un corridoio stretto e poco illuminato, con le pareti piene di quadri. Lo percorsero silenziosamente, raggiungendo un'ampa e spaziosa sala, contornata da grandi finestre. I divani erano -stranamente- bianchi a macchie nere, c'erano piante dappertutto, e un'enorme libreria colma di libri sulla parete di fondo. Ma ciò che saltò agli occhi più di tutto il resto, furono i quattro specchi presenti su ogni parete; erano grandi con una bella cornice in ottone, somigliavano molto a quello che aveva Regina.

«Crudelia è una persona estremamente vanitosa» spiegò Regina, sottovoce.

«Anche un po' fuori di testa, mi sa» rispose Emma.

Un rumore le fece sussultare. Entrambe si abbassarono, accovacciandosi per non rischiare di essere viste, aspettandosi da un momento all'altro che qualcuno le attaccasse. Poi capirono che il rumore proveniva dal piano di sopra. Era come se qualcuno stesse dando dei colpi sul pavimento con un bastone.

Emma e Regina si guardarono; la conferma che aspettavano era arrivata. Ritornarono nel corridoio, e si avviarono per le scale che portava al piano superiore.

Nel frattempo, i colpi si erano interrotti e un silenzio mortale regnava nella villa. La scala terminava su un altro lungo corridoio con un'unica finestra dalla quale entrava una luce fioca, poiché ormai stava calando la sera. Man mano che si avvicinavano cominciarono a sentire delle voci provenire da una stanza con la porta semiaperta. Sentirono come un ronzio levarsi dalla stanza, e riconobbero il rumore del cappello che si azionava.

«Dobbiamo sbrigarci, il cappello è attivo» disse Emma, ma Regina la fermò.

«Dobbiamo ragionare, Swan» le disse. «Vado avanti io, immobilizzerò Malefica, Ursula e Crudelia, mentre tu penserai a Tremotino. Su di lui la mia magia potrebbe non avere effetto, ma la pozione sicuramente lo avrà».

«Va bene» Emma strinse la fiala nella mano, pronta all'azione.

«Al mio tre, ok?» disse Regina, ed Emma annuì.

Uno, due... al tre, entrambe irrupperò nella stanza con decisione.

Le tre malvagie non ebbero il tempo di reagire. Regina, con veloci gesti della mano, le immobilizzò tutte e tre senza dare loro tempo di reagire. Emma si guardò nella stanza, pronta a lanciare la pozione contro Tremotino, ma non lo vide.

«Siete impazzite?» gridò Crudelia.

«Dov'è Tremotino?» chiese Emma, continuando a guardarsi intorno. Notò che, come al piano di sotto, anche quella stanza era piena di specchi.

Crudelia ghignò. «Tremotino è esattamente dove deve essere. E' prigioniero della sua stessa magia».

«Vuoi dire che è prigioniero del cappello?» domandò Regina, perplessa.

Nessuna delle tre rispose, ma i ghigni che si materializzarono sui loro volti valevano come un asssenso.

«Come facciamo a tirare fuori Henry dal cappello?» gridò Emma, ad un tratto.

Crudelia rise ancora di più. «Non lo so» rispose con una calma innaturale. «L'unica persona che sa come tirarlo fuori è Tremotino ma, ops... c'è finito dentro anche lui».

Regina sentì un'ira insana crescerle dentro al petto. Spinse Crudelia contro al muro, bloccandola con catene invisibili, poi si avventò su di lei, affondandole una mano nel petto e estraendone il cuore. Crudelia urlò di dolore.

«Regina!» Emma si avvicinò per fermarla, ma la mora la immobilizzò con la magia, esattamente come aveva fatto con le altre.

«Dimmi subito come tirare fuori mio figlio da quel dannato cappello o ti uccido con le mie mani!»

Crudelia continuava ad avere la bocca arricciata in un freddo sorriso, nonostante fosse priva di un qualsiasi tipo di emozione.

«Regina, fermati» disse Emma, vedendo che la donna stava stringendo la presa sul cuore della nemica. «Regina, tu non sei così. Non sei più così».

«Cosa importa come sono?» sbraitò Regina, senza togliere gli occhi di dosso a Crudelia. «Se non posso avere mio figlio, non importa che io sia buona o cattiva. Non importa più niente».

Regina strinse il cuore di Crudelia, che urlò ancora più forte.

«Regina, noi riavremo Henry. Lo riavremo senza dover uccidere nessuno. Tu non sei più quella persona; la tua magia è diventata bianca, pensa a quanto hai faticato per avere quello che hai...»

«Non mi importa. Senza Henry non ho nessuno».

«Regina, ti prego, guardami!» Emma gridò più forte che poteva, e vide la presa di Regina sul cuore allentarsi. Crudelia smise di urlare. Poi per la prima volta Regina si voltò verso di lei.

«Ci sono io per te» continuò Emma, con un filo di voce. «Io credo in te. So che sei una persona buona. Salveremo Henry dal cappello e torneremo a casa come... come una famiglia».

Una lacrima rigò il viso di Regina, che subito sbloccò Emma. Regina abbassò lo sguardo e, dopo un momento di esitazione, rimise il cuore di Crudelia al suo posto.

Emma si sentì sollevata, ma questa sensazione durò poco; il vortice del cappello stava cominciando a richiudersi.

«Regina, il cappello si sta chiudendo!»

Regina guardò il vortice, poi si voltò verso Crudelia che però era priva di sensi.

«Al diavolo!» gridò, poi passò a Malefica. «Dimmi come tirare fuori mio figlio dal cappello!»

Emma le si avvicinò, con la paura che potesse avere la stessa reazione che aveva avuto con Crudelia.

«Sei tu l'esperta di magia, mia cara amica» disse Malefica, con un sorriso maligno. «Ti sei sempre ritenuta più forte di me. Dimostralo».

Emma vide gli occhi di Regina incendiarsi di rabbia. Le appoggiò una mano sul braccio, per calmarla.

La mora si voltò verso di lei. «Cosa possiamo fare?»

Emma guardò Ursula, che aveva lo stesso ghigno di Malefica, e capì che non valeva nemmeno la pena di perdere tempo a parlarle. Si guardò intorno, in cerca di una soluzione che sembrava non arrivare. Si avvicinarono al vortice, che stava diventando sempre più piccolo.

«Senti» iniziò Emma, con un sospiro. «Lo so che può sembrare folle, ma non posso pensare che Henry resti ancora rinchiuso in quel cappello. Se non possiamo tirarlo fuori, allora... dovremo andare noi dentro».

Regina la guardò ad occhi spalancati. Il vortice era ormai ridotto a una piccola fessura, così Emma tese la mano a Regina che, senza esitazione, gliela strinse.

«Al mio tre, ok?» disse Emma. «Uno... due...»

«Aspetta!» gridò Regina, e si guardò intorno, come fulminata da un'idea. «Ricordi cosa ti ho detto degli specchi gemelli?»

Emma spalancò la bocca e annuì, ricordandosi quell'informazione. Unirono la magia per spingere dentro al cappello uno degli specchi, che subito scomparì. Poi, ancora con le mani strette l'una con l'altra, saltarono dentro al vortice un momento prima che si richiudesse.

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Capitolo 10
*** Attraverso lo specchio. ***


*Angolo dell'autrice
Ciao a tutti! Un milione di grazie a tutti voi che ancora mi seguite, recensite e magari seguite anche la mia pagina di facebook.
Premetto che devo dire tante tante TANTE cose, quindi procederò per ordine. 
Questo capitolo era in programma per domenica, l'avrei pubblicato in attesa della puntata, un po' per smorzare l'attesa e un po' come "tributo". Poi ho realizzato che non arriverò sana di mente a domenica, perché alla luce di tutti i vari promo, immagini, e ora pure gli sneak peak... bè, avrete notato anche voi che c'è un GRANDE concentrato di Swan Queen nella seconda metà di stagione, e ovviamente io sto perdendo pian piano tutte le mia facoltà mentali. Perciò preferisco pubblicarlo oggi, e domenica, o meglio lunedì, dopo la puntata, perché no? Pubblicare anche la mia parte di concentrato SQ... leggete qui, e capirete ;)
Detto questo, se non siete informati sulle ultime novità, sulla mia pagina di facebook trovate tutto: immagini, promo, sneak peak, quindi vi lascio il link se volete farci un saltino, colgo l'occasione per dirvi che c'è in corso un GIVEAWAY, aperto fino a domenica, se volete partecipare siete i benvenuti. Trovate tutte le info in pagina, eccola qui ---->  https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-%CF%9F-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207
Come avrete notato, ho cambiato nome alla FF: Operazione Mangusta era un po' banale, e io sono leggermente bipolare e lunatica, quindi ho deciso di intitolare la FF come il nome della pagina, anche perché mi sembra molto più significativo. Swan Queen - I cattivi non hanno mai un lieto fine, ma Regina ha Emma. 


L'ultima cosa che voglio dirvi, ve la dirò mostrandovi prima questa immagine:
 

Come noterete tutti, è palese che Emma e Regina partano per un viaggio col maggiolino, e per di più Emma ha in mano un bicchiere di Starbucks. Se vi ricordate, nei primi capitoli della mia FF vanno proprio da Starbucks. Indi per cui SONO UNA FOTTUTA VEGGENTE. Mi elogio da sola perché sì, fa figo e mi sento troppo potente. *risata malvagia*

Ora vi lascio alla lettura, scusate se mi sono dilungata ma dovevo dire proprio tante cose. Buona lettura e buon puntata per chi vedrà la diretta domenica, come la sottoscritta ;)

 


Capitolo 10
Attraverso lo specchio

 


Precipitarono per quelle che sembrarono ore, ma la caduta non fu come se l'aspettavano. Cadevano nel vuoto, ma non con velocità, era come se l'aria intorno a loro fosse ovattata e fungesse da cuscinetto per rallentarle. Quando toccarono il fondo, lo fecero con una delicatezza quasi sinistra.

«E' come se fossimo precipitate in mezzo alle nuvole» borbottò Regina, scrollandosi di dosso un velo di polvere.

«Bè, almeno non ci siamo rotte l'osso del collo» replicò Emma, facendo lo stesso.

Si guardarono intorno per un lungo momento; l'interno del cappello era molto più ampio di quanto immaginassero, era come un'enorme stanza unica, buia, ma al tempo stesso illuminata da una luce soffusa che proveniva letteralmente dal nulla. A pochi metri da loro, giaceva lo specchio all'ingiù, apparentemente intatto.

«Mamma! Mamma!»

La voce di Henry era inconfondibile. Il ragazzo corse loro incontro apparendo dal buio, come se la luce lo seguisse.

«Henry!»

Si strinsero tutti e tre in un abbraccio, finché Tremotino non si avvicinò a loro con un ghigno.

«Non posso credere che siano riuscite a mettervi fuori gioco» disse.

Emma e Regina lo guardarono.

«Non che siano affari tuoi, ma noi siamo qui per portare Henry a casa» disse Regina, sciogliendosi dall'abbraccio. «Siamo qui per nostra scelta».

«Bè, si da il caso che anche io sia qui per mia scelta» replicò Tremotino. «Volevo vedere come se la passavano i miei ospiti».

«Ospiti?» domandò Emma, confusa.

«Si, dovete venire con me» disse Henry, prendendo entrambe le madri per mano. «Dovete venire a vedere chi ho conosciuto qui».

Henry trascinò Emma e Regina con sé, e le due notarono che la stanza sembrava come sparire dietro di loro per poi apparirgli davanti, come se si sgretolasse e si riformasse.

«Eccolo là!»

Henry si fermò a pochi metri da un uomo che era seduto a terra a gambe incrociate. L'uomo aveva i capelli rossi, era giovane e di bell'aspetto, nonostante la barba folta che gli cresceva scompigliata, e quando si alzò in piedi notarono che era anche molto alto.

«Mamma, mamma... vi presento Hans. L'autore del libro».

Emma e Regina lo guardarono con occhi sgranati.

«Lei è l'autore del libro?» balbettò Regina.

«Piacere di conoscerla» l'uomo allungò la mano e Regina gliela strinse. Fece lo stesso con Emma, poi aggiunse: «Mi chiamo Hans Christian Andersen. Henry mi ha detto che mi stavate cercando».

«Lei era imprigionato in questo cappello?» chiese Emma, e l'autore annuì. «Ecco perché la pozione localizzante ci ha portato qui!»

«Esatto» rispose Henry. «Ci ha condotto da Tremotino perché aveva il cappello con dentro l'autore».

«Ora... ora si spiega tutto!» esclamò Regina, entusiasta. «Ok, allora, per prima cosa... dobbiamo andarcene. Questo non è il luogo adatto per... parlare».

Emma guardò Regina; la donna aveva ritrovato la sua determinazione, la sua forza, e aveva di nuovo quello sguardo che aveva di solito quando dovevano agire. Fu estremamente felice di rivederla così. Poi Regina si voltò verso di Emma e la vide fissarla, così la bionda abbassò lo sguardo velocemente. Quante altre volte si sarebbe fatta beccare a fissarla? Tuttavia, quando rialzò lo sguardo, vide Regina sorridere tra sé e sé.

«Sapete come uscire di qui?» domandò Hans. «Credevo che soltanto il proprietario del cappello potesse tirarci fuori».

«In effetti è così, ma noi abbiamo...» Regina si interruppe. «Dov'è lo specchio?»

Si guardarono tutti intorno e videro Tremotino, in lontananza, sollevare lo specchio che era caduto all'ingiù.

Regina fu come se si fosse risvegliata da un sonno, si precipitò verso Tremotino e cercò di attirare lo specchio verso di sé con la magia, ma non ci riuscì.

«Che succede?» le chiese Emma.

«Lo immaginavo» rispose la mora. «Qui dentro la magia non funziona».

Tremotino sogghignò. «Davvero molto ingegnoso, Regina. Sono colpito» disse, accennando alle specchio.

«Molla lo specchio, Gold» sbraitò Emma, andandogli incontro.

«Non c'è bisogno che ricorriate a questi metodi» continuò Tremotino. «Posso aiutarvi io ad uscire da qui».

«Se tu sapessi come uscirne non saresti rimasto qui dentro» replicò Emma, secca.

«Si da il caso, signorina Swan, che io sia venuto qui per tirare fuori Henry e riconsegnarvelo».

Emma si lasciò scappare una risata. «Grazie dell'informazione, ma noi torniamo a casa secondo le nostre regole. Dacci lo specchio».

«Come volete» rispose Tremotino. «Ma se volete un consiglio... non siate così sicuri che attraverso lo specchio arriverete dove volete andare» e scomparì avvolto da una nebbiolina verde, lasciando lo specchio in bilico.

Emma e Regina si precipitarono ad afferrarlo prima che cadesse e si frantumasse.

«Quell'uomo ha la capacità di farmi saltare tutti i nervi» esclamò Emma, tenendo saldamente lo specchio da un lato. «Sei sicura che la tua magia non funziona? Quella di Tremotino, evidentemente, sì».

«Immagino che per Tremotino valgano regole diverse» rispose Regina. «Ma penso di poter comunque provare a incantare lo specchio».

«Credete che attraverso lo specchio potremo uscire di qui?» domandò l'autore, incerto. «Io sono anni che sono intrappolato qui, non ho mai trovato nessun modo per...»

«Stai tranquillo, Hans» intervenne Henry. «Le mie mamme sono in gamba».

Emma e Hans sostennero lo specchio mentre Regina lo incantava in modo da creare un portale. Passarono diverse ore, o forse solo minuti; il tempo scorreva diversamente dentro al cappello.

«Sembra non funzionare» disse Regina, ancora accovvaciata davanti allo specchio.

«Ma ci dev'essere un modo» disse Henry, accovacciandosi accanto a lei. «La tua magia non può essere sparita. Deve funzionare!»

«Stando molto tempo qui dentro» inizio Hans. «Ho capito che questo è uno strano mondo. Non si provano emozioni, nè sgradevoli, nè piacevoli, non si sente la fame e la sete e il sonno...»

«E' vero» confermò Henry. «Sono qui da pochi giorni ma non ho mai avuto fame e non ho mai avuto sonno. Non ricordo nemmeno se ho dormito o se sono stato sempre sveglio».

Emma sospirò. «Mi state mettendo ansia. Dobbiamo uscire da qui».

Regina alzò la testa per guardarla. «Non penso di farcela...»

«Ce la farai, Regina» replicò Emma.

«Intendevo, che non penso di farcela... da sola».

Emma non ebbe bisogno di spiegazioni. Fece segno a Henry di tenere lo specchio al posto suo, si accovaccio accanto a Regina, e quest'ultima le prese la mano. La mano di Emma toccò la superficie liscia e fredda dello specchio, e la mano di Regina sopra la sua. Sentì un brivido; non capì se causato dal contatto della sua mano col freddo, o dal contatto della sua mano con quella di Regina. Le due donne si guardarono; Emma voleva chiederle cosa doveva fare, se stava sbagliando, o se stava funzionando. Poi si rese conto che qualcosa stava cambiando; la superficie dello specchio non era più fredda, e ad un tratto non fu più nemmeno dura. Era come se lo specchio si stesse sgretolando sotto le loro mani, ma in realtà era integro.

Ci misero più tempo del previsto, ma alla fine lo specchio scintillò e il vetro sparì, lasciando spazio a un fascio di luce.

«Ce l'abbiamo fatta!» disse Regina, soddisfatta.

«Ma...» Emma si alzò. «Come? Mi sembra di non aver fatto nulla».

«Il tuo rapporto con la magia è davvero complicato, Swan» Regina si alzò a sua volta. «Comunque, vado io per prima. Potrebbe non essere sicuro...»

«No, tu non andarai da sola» la interruppe Emma.

«Sicuramente ci ritroveremo faccia a faccia con Crudelia, Malefica e Ursula» disse Regina. «Non voglio mettervi in pericolo ancora. Lasciate che vada io».

«Non se ne parla» intervenne Henry.

«Henry ha ragione» aggiunse Emma. «Tremotino potrebbe essere tornato là, potrebbe averle liberate. Non andrai da sola».

«Forse conviene che andiamo tutti» s'intromiseHans. «Credo che qualsiasi cosa ci sia dall'altra parte, sarebbe comunque meglio che stare qui».

«D'accordo allora» acconsentì Regina. «Andiamo tutti insieme».

Henry prese per mano Hans e Regina. Quest'ultima si voltò verso Emma, e le tese la mano. Quando la bionda gliela strinse, Regina le sorrise ed Emma capì che era una specie di ringraziamento, uno di quelli silenziosi che Regina era solita fare. Le volte che Regina l'aveva ringraziata -senza che ce ne fosse bisogno, secondo Emma- erano direttamente proporzionali alle volte che Emma si era fatta beccare mentre la fissava. Non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

Poi, tutti insieme, attraversarono lo specchio ritrovandosi avvolti dal fascio di luce.

 

 

Stavolta la caduta non fu morbida come quella nel cappello. Rimbalzarono fuori dallo specchio, cadendo su un pavimento di pietra freddo e duro, rotolando per diversi metri prima di fermarsi.

«State bene?» chiese Regina, stordita. Il suo sguardo si mise subito alla ricerca di Henry.

«Questi viaggi magici mi distruggeranno» borbottò Emma, che era finita a pancia in giù ai piedi di un enorme letto a baldacchino.

«Henry, dove sei?» domandò Regina, guardandosi intorno.

«Siamo qui, mamma» disse il ragazzo, cercando di alzarsi in piedi. Hans era accanto a lui.

«Regina, dove siamo?» domandò Emma, non appena si rese conto di non essere tornate a Villa Demon.

«Non posso crederci» borbottò Regina, esterrefatta. Si guardò intorno; il letto a baldacchino, le enormi tende alle finstre, il terrazzo dal quale si vedevano le stelle a cui tante volte aveva espresso dei desideri. Si ricordò che l'ultima volta che era stata lì voleva essere vittima dell'incantesimo del sonno. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con l'enorme specchio che era stato il suo fido compagno per anni.

«Conosci questo posto?» domandò Emma, riportandola alla realtà. Henry e Hans si avvicinarono.

«Certo che lo conosco» rispose Regina, voltandosi verso Emma. «Siamo nel mio castello».

«Cosa?» esclamò Emma, poi si voltò verso Henry, come per cercare una conferma a quello che aveva appena sentito. «Un momento, vuoi dire che siamo...»

«Nella Foresta Incantanta!» gridò Henry, entusiasta.

Emma si lasciò scappare un sospiro rassegnato. «Ma pensavo che saremo ritornati a Villa Demon».

«Lo pensavo anche io, ma a quanto pare io e Crudelia abbiamo gusti molto simili nell'arredamento».

Regina attraversò la stanza per tornare allo specchio, il suo vecchio specchio magico che ancora era al suo posto, intatto e imponente, esattamente come se lo ricordava. Il viso le si era illuminato.

«Aspetta, vuoi dire che questo è quello specchio?» Emma la raggiunse. «Quello specchio che ti avrebbe detto che sei la più bella del reame eccetera eccetera?»

Regina sbuffò. «Sì, Swan, è quello specchio. E comunque, la più bella del reame era Biancaneve».

«Bè, anche gli specchi possono sbagliare» replicò Emma, d'impulso. Regina la guardò, e la bionda capì subito di aver parlato troppo. «No, non intendevo quello che ho detto, Biancaneve è bellissima, cioè è mia madre, però intendevo che anche tu...»

«Volevi per caso farmi un complimento, Swan?» Regina sorrise maliziosamente, e fu compiaciuta nel vedere che Emma era violentemente arrossita.

Silenziosamente si maledì per la sua impulsività, per il suo dire sempre ciò che le passava per la testa senza rifletterci e fu immensamente grata a Henry, quando le interruppe.

«Penso che dobbiate raccontarmi un bel po' di cose» disse il ragazzo. «Che sta succedendo tra voi due, ad esempio?» poi le indicò una alla volta, come per rafforzare il concetto.

«Assolutamente nulla» si affrettò a rispondere Regina.

«Infatti, non succede proprio niente» replicò Emma, poi si allontanò, fingendo di dare un'occhiata alla stanza.

«Mi potete dire dove siamo?» intervenne Hans, dopo un momento. «Sono piuttosto confuso».

«Hans, perdonami» rispose Regina. «Sono un po' confusa anche io. Credevo che lo specchio che abbiamo attraversato ci avrebbe condotto di nuovo a Villa Demon. Invece siamo finiti nel mio castello, nella Foresta Incantata».

«Intendi la Foresta Incantata che io ho inventato?»

Regina annuì.

«Non posso crederci!» esclamò Hans. «E' una cosa meravigliosa! Ho sempre desiderato visitare davvero questi luoghi».

«Bè, non ci crederete, ma io sarei tornata volentieri anche a Villa Demon» rispose Emma, da un angolo della stanza, mentre guardava fuori dalla finestra. «Oppure direttamente a Storybrooke».

«Ci torneremo, non preoccuparti» disse Regina. «Dobbiamo solo trovare un portale».

«Immagino che riattraversare questo portale sia fuori discussione» disse Henry.

«E' troppo rischioso» rispose Regina. «Rischiamo di tornare nel cappello e saremo al punto di partenza».

Emma si avvicinò. «Non puoi teletrasportarci tu?»

«Non funziona così, Swan. Potrei teletrasportarvi ovunque nella Foresta Incantata, ma non possiamo lasciare questo mondo per un altro. Non senza un portale».

Emma annuì, rassegnata.

«Allora, penso che la cosa migliore da fare sia riposarci per stanotte» disse Regina. «In questo castello ci sono abbastanza stanze per ognuno di noi. Domattina penseremo a cosa fare».

«Concordo in pieno» rispose Henry. «Sono piuttosto stanco e anche affamato... mi sa che sto sentendo tutta la fame che non ho avuto nel cappello» in tutta risposta, il suo stomaco brontolò rumorosamente.

«Ecco, per il cibo mi sa che dovremo accontentarci dell'albero di mele che cresce nel mio giardino».

Emma inarcò un sopracciglio. «Stai scherzando, vero? Vuoi darci da mangiare le mele avvelenate?»

«Quelle non sono avvelenate, genio» replicò Regina, tagliente. «E comunque, se preferisci morire di fame, per me non c'è problema».

Emma preferì non replicare, soprattutto perché anche lei stava cominciando a sentire una morsa allo stomaco che le indicava che aveva bisogno di cibo. Le mele dell'albero di Regina diventarono improvvisamente molto invitanti.

Regina fece vedere loro una parte del castello, per indicargli dove fossero le stanze da letto, i bagni e le cucine, e sia Emma che Henry restarono meravigliati davanti alla grandezza di quel posto. L'unico che non sembrava colpito era Hans, questo perché era stato lui stesso a inventarsi quell'edificio.

Per un attimo, Regina fu sopraffatta da una strana sensazione; mentre pochi giorni prima era lei che aveva visto il luogo dove avevano vissuto Emma ed Henry, ora erano loro a vedere dove lei aveva passato gran parte della sua vita. Si voltò più volte a guardare i loro volti stupefatti, i loro sussurri di sorpresa, e i loro sguardi carichi di ammirazione.

Quando furono seduti intorno al tavolo a sgranocchiare le mele, Regina, Henry ed Emma poterono finalmente tirare fuori l'argomento che tanto gli stava a cuore.

«Mi chiedevo, Hans» iniziò Regina, incerta. «Se per caso tu potessi scrivere una nuova storia, con un lieto fine... per me».

«Non scrivo più da tantissimi anni» rispose l'uomo. «Da molto prima che Tremotino mi imprigionasse nel cappello. A dire il vero, il libro da cui provieni, è stata l'ultima mia opera».

Regina sospirò. «Mi piacerebbe poter avere un lieto fine. Sai, sono una persona diversa ora da come... da come mi hai descritto nel libro».

Per la prima volta in vita sua, Regina Mills non sapeva che parole usare. Non voleva offendere Hans, ma al tempo stesso voleva fargli capire che era davvero cambiata. Henry ed Emma restarono in silenzio a osservare la scena, dando morsi di tanto in tanto alla loro mela.

«Ti abbiamo portato un libro, anche se purtroppo è rimasto a New York» proseguì Regina, finché Henry non la interruppe.

«A dire il vero, ce l'ho qui» disse il ragazzino, estraendo il libro con la copertina marrone dal suo zaino.

«Ma guarda un po'!» esclamò Hans, prendendolo tra le mani. «Erano anni che non ne vedevo uno!»

«Pensi di poterlo fare, Hans?» insistette Henry. «Scrivere una nuova storia per la mia mamma?»

L'uomo aprì il libro e, pensieroso, lo sfogliò.

«Era come immaginavo» bisbigliò. «Vedete, i libri sono davvero imprevedibili a volte. Noi scrittori li ideiamo, scrivendo di luoghi incantanti, personaggi magici, che non possono prendere vita se non attraverso l'immaginazione di chi li legge. Ma c'è di più. Questi personaggi, e questi luoghi» e fece un ampio gesto con la mano come ad indicare il castello «possono prendere vita veramente. Tu, Regina, ne sei la prova».

Regina annuì.

«Non capisco perché ci stai dicendo tutto questo, Hans» intervenne Emma.

«Vi sto dicendo questo perché quando abbiamo varcato il confine tra i due mondi, e siamo arrivati qui, nel mondo che io ho creato, il libro è diventato magico» e lo voltò, facendo in modo che Emma, Henry e Regina lo vedessero. Poi cominciò a sfogliare le pagine.

I tre restarono di stucco davanti a ciò che stavano osservando; il libro che fino a poco prima aveva le pagine bianche, ora raffigurava diverse scene e diverse parole. Prima loro tre che partivano per New York, poi quando raggiungevano il magazzino e dopo l'appartamento di Emma, dopo ancora di nuovo mentre combattevano contro Malefica e Ursula.

«Ma questi sono gli avvenimenti degli ultimi giorni» esclamò Henry. «Siamo noi, siamo nel libro!»

«Cosa significa, Hans?» chiese Emma, confusa.

«E' un processo inverso a quello che è capitato quando gli abitanti della Foresta Incantata, da me inventati, hanno preso vita» spiegò con calma l'autore. «Avendo raggiunto questo mondo, voi personaggi del mondo reale siete entrati a far parte di questo libro».

«E' una cosa pazzesca!» esclamò Henry, continuando a sfogliare le pagine, entusiasta.

«E' vero, è incredibile...» Regina continuava a guardare con occhi sgranati le immagini che le si presentavano davanti. Villa Demon, loro che entravano nel cappello, e attraversavano lo specchio. «Quindi c'è una possibilità che possa avere il mio lieto fine?»

Hans fece un lieve sorriso. «Sei una persona nuova, ora, Regina. E questo il libro lo sa, lo ha visto attraverso le tue azioni. E lo sai che il bene vince sempre, quindi immagino che il tuo lieto fine sia già stato scritto».

Regina sgranò gli occhi ancora di più, poi rivolse di nuovo la sua attenzione al libro. Le immagini raffigurate nelle ultime pagine la lasciarono completamente a bocca aperta, così come anche Emma ed Henry.

«Ma queste... siamo noi» bisbigliò Emma, stringendo gli occhi per guardare meglio.

«Sì, e siamo a Storybrooke» aggiunse Henry. «Questo vuol dire che torneremo a casa!»

Emma e Regina non risposero, perché la loro attenzione non era rivolta alla torre dell'orologio, che indicava che erano a Storybrooke. Continuavano a guardare le loro mani intrecciate e i sorrisi radiosi che si rivolgevano l'una con l'altra.

«Hans, questo non... non è possibile» disse Regina, chiudendo il libro di scatto. «Non ha senso, non... non può essere».

«Il libro ha catturato non solo le avventure che avete vissuto, ma anche ogni sensazione, ogni emozione, ogni paura che avete provato... questo finale, anzi questo lieto fine... è quello giusto, non può essere sbagliato. Il libro lo sa».

Regina si alzò all'improvviso, mentre Emma rimase immobile, con lo sguardo fisso su un torsolo di mela posato su un piatto di fronte a lei.

«Mamma, cos'hai?» domandò Henry, alzandosi a sua volta.

«Niente, Henry. Credo che siamo tutti stanchi e dovremo andare a riposare».

Henry non replicò; il tono che aveva usato Regina lo conosceva bene, non era una proposta o un amichevole invito, era un ordine. Così si avviò verso la sua camera da letto, dando la buona notte a tutti.

«Vado a riposare anche io, credo che voi due abbiate molto di cui parlare» disse Hans, alzandosi.

«Non credo, in verità» disse Regina. «Sicuramente c'è un errore».

«Esatto» confermò Emma, a disagio. «Ci sarà un'altra spiegazione a tutte queste assurdità».

Hans le guardò, sorridendo. «E' normale il rifiuto, all'inizio. I libri non sempre ci danno le risposte che ci aspettiamo. Ma credetemi, quello che c'è qui» e posò una mano sulla copertina del libro «è il vostro lieto fine. I libri non sbagliano mai».

Nessuna delle due rispose, poi Hans si congedò con un saluto della mano, percorrendo il corridoio fino alla sua camera da letto.

Ed Emma e Regina restarono sole, e non poterono scappare l'una dall'altra.

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Capitolo 11
*** Il lieto fine non è sempre come ce lo aspettiamo. ***


 

** Angolo dell'autrice:
Ciao amici! Questo capitolo è più corto, ma perché mi sto preparando per il prossimo che vi assicuro sarà una BOMBA. Ma prima di lasciarvi alla lettura volevo fare una precisazione sul capitolo precedente, visto che in tanti mi avete fatto la stessa domanda. Come mai hai scelto Hans Christian Andersen come autore del libro?  La risposta è molto semplice: E' IL MIO AUTORE PREFERITO. Uno dei tanti, a dire il vero, e ho scelto lui così, di getto. Non c'è nessun motivo particolare, anzi non ho idea di dove andranno a parare Kitkat e Oreo (Kitsis e Horowitz ribatezzati così da me xD) ma sono molto curiosa di vedere come andrà questa seconda metà di stagione. La prima puntata sinceramente L' H O  A M A T A.  Quanto SwanQueen, quanto sono cucciole fjklaòdjfaò.
Vi lascio con questa immagine che secondo me esemplifica al meglio la puntata:



E dopo questo sguardo c'è ancora chi sostiene che sono SOLO AMICHE? :D

 

Buona lettura amici e continuate a seguirmi sulla mia pagina facebook https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-%CF%9F-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207


P.s.: Dopo aver letto... non odiatemi. Voglio farvi patire un po' xD

 





Capitolo 11

Il lieto fine non è sempre come ce lo aspettiamo



Silenzio.

Regina ed Emma restarono molto tempo con lo sguardo fisso sul libro chiuso, incapaci di parlare.

Emma guardò Regina con la coda dell'occhio, cercando di non farsi vedere; anche Regina evitava accuratamente di guardarla ma quando si decise, la vide distogliere lo sguardo velocemente.

Continuò così per parecchio tempo, finché i loro sguardi finalmente si incontrarono. Fu un momento breve ma intenso, in cui entrambe sentirono l'impulso di scappare, ma allo stesso tempo erano come trattenute da una forza invisibile.

Regina posò una mano sul libro, con l'intenzione di riaprirlo, e nello stesso istante Emma fece altrettanto; quando le loro mani si sfiorarono, entrambe ebbero un sussulto.

«Regina...»

«Non adesso, Swan» la bloccò Regina, girandole le spalle.

Emma aprì la bocca per dire qualcosa, ma non riuscì a parlare e la stanza fu di nuovo avvolta nel silenzio.

«E' solo un libro di favole» disse Regina, ad un tratto, più a sé stessa che a Emma. Quest'ultima si lasciò scappare una risata nervosa.

«Regina, tu... tu vieni da un libro di favole. Guardati intorno!» e fece un gesto con la mano ad indicare il castello intorno a loro.

Regina non rispose; si rese conto di aver detto una cosa stupida, le capitava sempre quando voleva difendersi o nascondersi da ciò che provava.

«Ci conosciamo da un po', Regina» continuò Emma. «Sai che io non credevo alle favole, al sortilegio, a tutto quanto, ma se c'è una cosa che ho imparato vivendo a Storybrooke... è che niente è impossibile. Io non sono brava con le persone, lo sai, di solito innalzo un muro. E lo innalzo quando ho paura di ammettere...»

Emma lasciò la frase in sospeso e ci fu di nuovo silenzio.

«Anche io alzo un muro» sussurrò Regina, ad un tratto. «Ho sofferto tanto in passato, e anche recentemente, quando credevo che avrei potuto essere felice, questa felicità mi è stata portata via in un attimo...»

Regina non aggiunse altro; non voleva rinfacciare di nuovo a Emma di aver riportato in vita Marian e distrutto la sua vita.

«Siamo terribili in questo tipo di cose. Tutte e due» sussurrò Emma.

«Hai ragione» ammise Regina, e finalmente si voltò verso la bionda. «Siamo davvero terribili».

Entrambe, inspiegabilmente, risero.

«Forse dobbiamo andare a piccoli passi» suggerì Emma.

«Piccoli passi» ripeté Regina. «Dovremo forse cominciare con ammettere cosa ci sta succedendo. A te l'onore» e fece un gesto con la mano come ad invitare Emma a parlare per prima.

Emma sospirò. «Ok, per prima cosa, hai cominciato a chiamarmi per nome, e l'avevi fatto pochissime volte da quando ci conosciamo».

«Ma questo non vuol dire niente!»

«Seconda cosa» Emma ignorò le proteste di Regina. «Ti sei preoccupata per me. Sempre, in ogni momento, da quando siamo partiti. Ti sei presa cura di me quando stavo male, sei rimasta con me quanto ti ho chiesto di restare. Mi hai presa tra le braccia, hai detto che non volevi perdermi. E non dire che me lo sono immaginata» si affrettò ad aggiungere quando vide che Regina stava per interromperla «perché so di aver sentito bene. So che hai detto quelle cose perché avevi perso Henry, e avevi perso Robin. E non volevi perdere l'ultima persona a cui tenevi. Perché lo so che ci tieni a me, Regina. Facciamo parte della stessa famiglia. Che ci piaccia o no, io, te e Henry siamo... una famiglia».

Regina non rispose, ma sapeva che Emma aveva ragione. Poi le venne in mente una cosa, un dettaglio a cui forse Emma non aveva pensato; si prese coraggio e con un grosso sospiro parlò.

«C'è una cosa che dovresti sapere. Riguarda la nostra magia e il cappello. C'è un motivo per cui non ci è stata rubata. Il cappello non risucchia...» la sua voce vacillò. Per un momento pensò di lasciar perdere, ma poi si riprese. «...la magia più potente. Non risucchia la magia sprigionata...»

«...dal vero amore» Emma terminò la frase al posto suo. Regina la guardò stupita e al tempo stesso compiaciuta. «Essere la figlia di Biancaneve e il Principe Azzurro ti insegna qualcosa» aggiunse la bionda, facendo sorridere Regina.

E per la prima volta riuscirono a guardarsi negli occhi, senza imbarazzo e senza sentire di voler scappare.

«Non era così che mi aspettavo il mio lieto fine» disse Regina, riaprendo il libro e sfogliandolo.

«Mia madre una volta ha detto che il lieto fine non sempre è come ce lo aspettiamo».

«La Regina Cattiva e la Salvatrice» disse Regina, dopo un momento di silenzio. «Direi che è quasi... esilarante».

Regina guardò Emma, che ricambiò il suo sguardo e insieme scoppiarono a ridere, come era successo molte altre volte negli ultimi giorni; e la tensione che si era accumulata sembrò quasi svanire.

Poi qualcosa nel libro attirò la sua attenzione. Dopo aver passato la pagine in cui lei ed Emma si tenevano per mano a Storybrooke, si ritrovò davanti una seconda immagine che la lasciò letteralmente a bocca aperta.

Emma le si avvicinò, vedendo la sua espressione. «Tutto bene?»

Regina non rispose; alzò il libro per mostrarlo ad Emma, che a sua volta restò sorpresa davanti a ciò che stava vedendo, e nello stesso tempo guardò l'espressione smarrita di Regina. Quest'ultima sbatté il libro con forza sul tavolo, facendo sussultare Emma, poi si lasciò cadere su una sedia, prendendosi la tesa tra le mani. Emma notò che era diventata improvvisamente pallida.

«Regina...»

Emma fu interrotta dagli improvvisi singhiozzi della donna. Regina posò la fronte sulle braccia incrociate sul tavolo e continuò a piangere sempre più forte.

«Oh, Regina...» Emma sospirò, accovacciandosi accanto a lei, per poi posarle le mani sulle ginocchia. «Regina, guardami...» sussurrò.

Quando Regina alzò la testa, i suoi occhi scuri trafissero il cuore di Emma come fossero due spilli. Colmi di lacrime erano ancora più profondi del solito e, se possibile, erano anche più belli.

Le loro mani si unirono, posate sul grembo di Regina, ma quest'ultima non riuscì a guardare Emma negli occhi.

«Ci sono io per te» disse Emma. «Ci siamo io e Henry. Non sei sola».

Regina si sentì un po' rincuorata. Annuì, nonostante le lacrime continuassero a uscire spontenee e propotenti, poi abbassò la testa e la sua fronte toccò quella di Emma, e le due restarono per un attimo occhi negli occhi, con i nasi che quasi si sfioravano.

Emma si perse negli occhi scuri di Regina, profondi e intensi come non erano mai stati. Poi la sua attenzione cadde sulla cicatrice che aveva sul labbro e, senza riflettere, vi posò sopra lievemente un dito.

Regina era ancora scossa dai singhiozzi, ma non si mosse quando Emma la sfiorò. Non aveva mai notato quanto fossero chiari i suoi occhi e restò a guardarli, incapace di distogliere lo sguardo.

Poi sentirono un rumore assordante provenire dalla stanza accanto, e prima che una delle due potesse reagire, entrambe furono sbalzate in aria, andando a sbattere contro una parete sulla quale furono imprigionate da una catena invisibile.

«Ci rincontriamo, signore» disse Crudelia, entrando nella stanza, con lo stesso ghigno che aveva appena prima di svenire, a Villa Demon.

«Credevate di poterla fare franca, con il trucchetto dello specchio?» Malefica entrò poco dopo Crudelia, brandendo il suo bastone dal quale probabilmente era partito l'attacco. «Regina, dovresti sceglierti meglio gli alleati» disse, sprezzante. «Mia vecchia amica... staresti bene di nuovo con noi, che ne pensi? Il tuo potere è troppo potente per non essere sfruttato».

«Come avete fatto ad arrivare fin qui?» sbraitò Emma, dimendandosi per cercare di liberarsi.

«Ti facevo più intelligente, Miss Swan» Crudelia rise. «Attraverso lo specchio, naturalmente. Credevate che non lo sapessi che i miei specchi erano collegati a quello della Regina Cattiva?»

«Tremotino ci ha detto che lo stavate incantando» continuò Malefica. «E' stato facile raggiungervi».

«Cosa volete da noi?» domandò Regina, anche se con voce strozzata. Aveva ancora le lacrime agli occhi, ma la sua determinazione riusciva comunque a farsi strada nel suo sguardo.

«E' molto semplice, Regina» rispose Crudelia. «Vogliamo portare a termine l'opera di Tremotino. Vogliamo impadronirci di tutta la magia del mondo, e la vostra magia è tra queste».

«Ma cosa ve ne fate di tutta quella magia?» domandò Emma. «Non vi bastano i vostri poteri?»

«Ma certo che ci bastano» rispose Malefica, come se la domanda fosse ovvia. «Ma imprigionando tutta la magia del mondo in quel cappello saremo invincibili».

Emma sbuffò. «E cosa volete fare? Lanciare l'ennesima maledizione su Storybrooke? La novità è che ormai sappiamo come difenderci da queste cose. Non avete possibilità di vincere».

«Storybrooke?» disse Crudelia, con una risata acuta. «Non siamo interessate a quel minuscolo paese».

«Noi siamo interessate al mondo intero» proseguì Malefica. «Il mondo reale, il mondo della fiabe, qualasisi tipo di regno sarà nostro».

Regina ed Emma si scambiarono un'occhiata preoccupata.

«Basta perdere tempo, dobbiamo andare» intervenne una terza voce. Poi Ursula comparì dai corridoi delle camere da letto. Teneva tra i suoi tentacoli Henry e Hans, svegli e impauriti.

«Mamma! Mamma!» gridò il ragazzino.

«Tranquillo, Henry!» rispose Regina. «Andrà tutto bene».

«Dove volete portarci?» chiese Emma, quando lei e Regina furono liberate dalla parete. La catena invisibile però continuava a tenerle strette, e loro furono incapaci di muoversi e usare la loro magia.

Malefica rise. «Andremo in un posto di cui sento molto la mancanza. Alla Montagna Proibita».



P.S.S: SI APRONO LE SCOMMESSE! COSA AVRA' MAI VISTO REGINA NEL LIBRO? SONO CURIOSA DI SAPERE COSA VI IMMAGINATE ;)  

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Capitolo 12
*** La Spada nella roccia. ***


** L'angolo dell'autrice lo trovate in fondo al capitolo, perché non voglio spoilerarvi niente. Buona lettura! :)

Vi ricordo di passare dalla mia pagina facebook ----> https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-%CF%9F-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207?ref=tn_tnmn
 

Capitolo 12
La spada nella roccia

 

Entrando nella sala del trono della Montagna Proibita, Emma e Henry si resero conto subito di quanto quel posto fosse spettrale, freddo e buio. La sala era spoglia, c'era solo un grande tavolo in fondo e il trono di Malefica, e un grande lampadario, nero come la notte, sul soffitto.

I quattro prigionieri furono trasportati dentro, legati l'uno all'altro da un filo invisibile e Malefica li guidava con l'aiuto del suo bastone. Crudelia entrò subito dopo e Ursula, in fondo alla fila, chiuse la porta con i suoi tentacoli.

«Benvenuti a casa mia!» esclamò Malefica, facendo un gesto indicando la sala. «Il tuo castello in confronto a questo, Regina... è una bettola».

Regina si lasciò scappare una risata. «I tuoi gusti non sono affatto migliorati, vedo».

«Nemmeno i tuoi...» replicò Malefica, facendo un cenno a Emma, Hans e Henry. «Non hai ancora imparato a sceglierti gli amici».

«E' vero quello che si dice in giro?» intervenne Crudelia. «Sei amica di Biancaneve e di sua figlia, ora?»

Emma fece una smorfia di rabbia e tentò di divincolarsi, senza successo.

«Quindi, cosa credete di fare adesso?» domandò Regina, ignorando la domanda di Crudelia.

«Molto semplice» rispose Ursula. «Per ora porto gli ostaggi nelle segrete».

«Esattamente» convenne Malefica. «Tutti, tranne... te, Regina».

Regina era sorpresa, ma cercò di non darlo a vedere. «A cosa devo questo onore?»

Malefica mosse un po' il bastone, e Regina si separò dal resto del gruppo, seppur rimanendo legata.

«Ci penso io» disse Ursula, e afferrò Emma, Hans e Henry con i tentacoli per poi trascinarli nei sotterranei.

Emma e Henry cercarono di liberarsi dalla sua stretta, ma invano. Regina li guardò sparire oltre le porte che portavano ai sotterranei, e l'ultima cosa che vide furono gli occhi verdi di Emma fissi dentro ai suoi.

«Cosa volete fargli?» gridò Regina, non appena la porta si richiuse.

Malefica e Crudelia risero.

«La domanda più giusta direi che sia... cosa vogliamo fare a te» disse Malefica.

«Sai, non ci piace quello che si dice in giro dei cattivi» continuò Crudelia. «Non ci piace sentirci dire che anche noi abbiamo un cuore, solo perché la Regina Cattiva ha fatto un cammino di redenzione».

«Ma che vi importa di me?» domandò Regina. «Se voi volete continuare con le vecchie abitudini, fate pure».

Malefica spinse Regina contro la parete di pietra gelida, e Regina sentì per un attimo mancarle il fiato.

«Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile per mettere in atto il nostro piano» spiegò. «Dobbiamo essere unite, Regina. Tutte le forze del male devono collaborare».

Regina rise. «Mi spiace deluderti, mia cara... ho la magia bianca, ora».

Crudelia e Malefica fecero un ghigno disgustato.

«Non posso credere che tu sia caduta così in basso» disse Crudelia, sprezzante.

«Dobbiamo darti una bella lezione, Regina» disse Malefica, brandendo il suo bastone. «Credo che sia ora di farti tornare in te».
 

**
 

Emma sbatté la testa quando Ursula la spinse nella fredda cella di pietra. Furono messi tutti e tre in celle separate, ed Emma subito si affacciò alla griglia per vedere se Henry stava bene.

«Ragazzino? Stai bene?»

«Sto bene» rispose Henry. «Hans?»

«Tutto a posto, solo un gran mal di schiena» replicò l'uomo.

«Godetevi il soggiorno, finché potete» rise Ursula, allontanandosi.

«Aspetta!» gridò Emma. «Cos'avete in mente? Cosa volete fare a Regina?»

Ursula si voltò. «Abbiamo grandi piani per tutti voi».

Emma aveva ancora le mani legate, così come Henry e Hans. Si aggrappò come meglio poteva alla griglia, anche se con le mani legate non era semplice.

«Non fatele del male!» gridò, mentre Ursula si allontanava. Quando quest'ultima sparì, Emma si lasciò scappare un grido di frustrazione.

«Cosa vogliono fare alla mamma?» chiese Henry, preoccupato.

Emma sospirò. «Non lo so».

E non lo sapeva davvero. Si sentiva impotente, anche con la magia. Essere chiusa in prigione non era una novità per lei, ma adesso che aveva la possibilità di liberarsi e non ci riusciva, era ancora peggio. Senza contare la preoccupazione per Regina che le attanagliava lo stomaco. Già era orribile starsene in prigione, ma non sapere cosa le stessero facendo la distruggeva.

Anche se con le braccia unite, tentò invano di scuotere le griglie della cella, cercò una via d'uscita, qualsiasi cosa che l'aiutasse, ma niente. Guardò in alto, e vide che c'era una piccola finestra, ma chiusa da una grata e comunque troppo alta per poterla raggiungere. Sentì il panico impossessarsi di lei, senza riuscire a fermarlo. Delle lacrime calde cominciarono a scenderle lungo le guance, e si voltò per fare in modo che Henry non la vedesse; non doveva perdere la speranza e soprattutto non doveva farla perdere a Henry.

Poi un grido rimbombò per tutto il castello e ad Emma sembrò di impazzire.

 

**

Regina non aveva più aria nei polmoni per quanto stava gridando. Le torture infilitte da Malefica erano peggio di tutto quello che aveva passato; questo era un dolore fisico, reale, che le pungeva la pelle e le strappava le viscere, si sentiva come trafitta da mille lame.

«Cosa pensate di ottenere?» gridò, cercando di trattenere le lacrime di dolore.

«Collaborazione, mia cara» rispose Malefica.

Regina era legata al muro, e Malefica, Crudelia e Ursula le erano davanti, con dei ghigni soddisfatti sul viso.

«Vogliamo soltanto che tu ti unisca a noi» rispose calma Crudelia. «Non ti pare un'ottima proposta?»

Regina sorrise, nonostante avesse solo voglia di piangere. «Potete scordarvelo» sibilò.

Il ghigno sul viso di Malefica lasciò spazio ad un'espressione di sfida.

«Come vuoi».

Un colpo col bastone, e la tortura di Regina ricominciò, seguita dalle urla della donna che cercava di resistere.

«Sei davvero un'ingrata, Regina» disse Ursula. «Non solo ti offriamo la libertà, ti offriamo anche di diventare invincibile insieme a noi».

Malefica si fermò, e Regina smise di urlare. Ormai non aveva più le forze, infatti sembrava come appesa alla parete, perché non riusciva a sorreggersi.

«Ti diamo un po' di tempo per pensarci, se preferisci» disse Crudelia. «Non devi prendere delle decisioni affrettate».

Crudelia, Malefica e Ursula stavano per andarsene, ma Regina le fermò. «Mi unirò a voi ad una sola condizione».

Le tre donne si voltarono.

«Avanti» la esortò Malefica.

«Mi unirò a voi soltanto se lascerete liberi Henry, Emma e Hans».

Le tre donne si scambiarono un'occhiata.

«Perché mai dovremo liberare gli ostaggi?» disse Ursula. «Così potrebbero venire a salvarti e metterci i bastoni tra le ruote? Assolutamente no».

«Allora potete uccidermi» rispose Regina, e Malefica alzò un braccio per torturarla di nuovo, ma Crudelia la bloccò.

«Forse potremo liberare il ragazzino» disse. «Tanto nella Foresta Incantata non durerà un giorno».

Malefica e Ursula ci pensarono su.

«Potremo assicurarci che Grovich lo trovi» rispose Malefica.

«Grovich? Chi è Grovich?» chiese Regina, preoccupata.

«E' un nostro vecchio amico, un orco» spiegò Ursula, divertita. «Ci deve un piccolo favore. Sarà felice di aiutarci».

Regina cercò di non farsi prendere dal panico.

«Allora che sia, libereremo il ragazzo!» esclamò Malefica. «Ci penso io, così potrò controllare che nella mia prigione tutto vada per il meglio».

«Aspetta!» gridò Regina, mentre Malefica si avviava alle scale che portavano ai sotterranei. «Che ne sarà di Emma?»

«Ma non mi dire» disse Malefica, con sguardo eloquente. «Sei preoccupata per la figlia di Biancaneve? Sei davvero caduta in basso, Regina».

Regina non rispose e sentì la risata di Malefica rieccheggiare lungo le scale, mentre la donna scendeva in direzione dei sotterranei.
 

**

«Dove lo porti?» gridò Emma, quando vide Malefica aprire la porta della cella del ragazzo. «Stai lontana da lui!»

«Con calma, Salvatrice» rispose Malefica, e scuotendo il bastone face rimbalzare Emma all'indietro. «Ho fatto un patto con Regina. Lui può andarsene».

Emma corrugò la fronte. «E cosa vi da lei in cambio? Cosa le avete fatto?»

«Tutto a suo tempo, Miss Swan» rispose Malefica, poi trascinò Henry, ancora con le braccia legate, lungo la scala.

«Non verrò mai con te!» gridò Henry, dimenandosi.

«Henry, Henry ascoltami!» gridò Emma, e il ragazzo si voltò. «Non sei solo, ricordatelo».

«Davvero commovente...» bisbigliò Malefica, poi tirò di nuovo Henry, ma il ragazzo non si mosse.

«Non devi avere paura. Là fuori nessuno ti farà del male...»

«A dire il vero ho un amico che non la pensa così» rispose Malefica, ghignante. «Andiamo ora, su».

«Henry!» chiamò di nuovo Emma. «Non devi avere paura. Ricordati che...» Emma soppesò le parole. «Ricordati che al freddo sarai al sicuro».

Henry ascoltò le parole di Emma appena in tempo, prima che Malefica, con uno schiocco di dita, lo fece sparire.

Emma sentì di nuovo le lacrime agli occhi, ma cercò di trattenersi. «Maledetta!» gridò, calciando le grate della cella dalla rabbia.

«Calmati, Salvatrice» disse Malefica, poi aprì la porta della sua cella. «Ho bisogno anche di te. Devi fare qualcosa per noi».

 

**

Henry riapparve nel bel mezzo della Foresta Incantata. Era quasi l'alba, e una luce fioca imbiancava appena il cielo dandogli la possibilità di guardarsi intorno. Gli alberi erano mal ridotti, tutt'attorno regnava la devastazione più totale. Non erano gli stessi luoghi di cui leggeva nel libro; quello era un luogo strano, deserto e sicuramente pieno di pericoli.

Si alzò in piedi, scrollandosi delle foglie secche di dosso. Prima di fare qualsiasi cosa, si frugò in tasca per vedere che cosa aveva a disposizione; un fazzoletto, una barretta ai cereali, e un pezzo di corda. Non aveva lo zainetto e non aveva niente che potesse aiutarlo. Cercò di non farsi prendere dal panico; doveva trovare un modo per tornare alla Montagna Proibita e aiutare Regina ed Emma. Ripensò alle parole di quest'ultima; "non sei solo", "al freddo sarai al sicuro". In quel momento come non mai le parole di Emma gli risultarono vuote e prive di senso.

Si incamminò tra gli alberi morti, calciando di tanto in tanto le foglie davanti a sé e si ritrovò davanti ad un insieme di grotte; non ebbe il tempo di allontanarsi che sentì una specie di ruggito provenire dall'interno, e capì subito di essere capitato nel posto sbagliato. Dal suo libro aveva imparato molte cose, una di queste era che una grotta poteva essere la casa di molte creature malvage e pericolose, e quando un orco sbucò da una di esse, decise che era il momento di scappare. Ma quando si voltò, dovette subito immobilizzarsi; altri orchi erano sbucati dal nulla, e l'avevano accerchiato. Se poteva esistere qualcosa di peggiore di un orco affamato, erano un branco di orchi affamati, che non vedevano l'ora di ridurlo in tanti piccoli bocconcini.

 

**

Emma fu trascinata di nuovo nella sala del trono, e vide Regina legata contro la parete, inerme.

«Regina!» gridò, dimenandosi. Malefica la immobilizzò all'istante.

«Mi stai stancando, Salvatrice» sbuffò. «Sto pensando che forse sarebbe meglio riservarti lo stesso trattamento che abbiamo riservato a Regina».

Emma sentì una rabbia insana crescerle dentro.

«Regina!» gridò di nuovo, noncurante delle minacce di Malefica. «Regina!»

Malefica ghignò; scosse un po' il bastone ed Emma fu libera. La bionda si guardò le mani libere, incredula, e ci mise qualche secondo prima di rendersi conto di ciò che Malefica aveva fatto. Guardò le tre nemiche, sorriderle in maniera sinistra, ma non se ne preoccupò; corse da Regina, con un gesto della mano la liberò dalle catene e la aiutò a restare in piedi.

«Regina, stai bene?»

La mora respirò a fondo, sorreggendosi ad Emma.

«Regina?» ripeté Emma, e finalmente la donna alzò lo sguardo.

Emma capì subito che qualcosa non andava; aveva guardato bene gli occhi di Regina, quegli occhi così scuri e vivi, e non erano i suoi. Erano persi, spenti, come fossero due buchi neri senza fine.

Regina si mise in piedi sulle proprie gambe, ed Emma la guardò, cercando di capire cosa le stava succedendo. Poi tutto accadde in un secondo.

Regina si scagliò contro di lei, colpendola con il suo fascio di luce rossa e sbalzandola dalla parte opposta della sala.

«Ora inizia lo spettacolo» commentò Crudelia.

 

**

Henry sapeva che non avrebbe potuto fare niente con un bastone, ma fu l'unica cosa che riuscì a trovare per potersi difendere dagli orchi. Constatò che erano almeno una dozzina, uno più grosso dell'altro, alti almeno tre metri con lunghi denti affilati e braccia robuste e muscolose.

Brandì il bastone, tenendolo davanti a sé come una protezione, ma uno degli orchi gli si avventò contro, glielo strappò di mano e lo spezzò davanti ai suoi occhi. Ebbe come la sensazione che il prossimo a spezzarsi sarebbe stato il suo collo, ma non si fece prendere dal panico.

«Bimbo buono» borbottò l'orco che gli aveva rubato il bastone. «Noi mangiare bimbo buono».

Gli orchi intorno a lui annuirono in segno di approvazione.

Henry si guardò intorno; era accerchiato, ma gli orchi erano talmente alti che poteva ancora sperare in una via d'uscita. Quando un paio di loro si avvicinarono con l'intenzione di catturarlo, lui gli corse incontro e, sperando che la sua idea funzionasse, si buttò in mezzo alle gambe di uno degli orchi, passandogli sotto e ritrovandosi a terra, tra le foglie secche, ma al di fuori del cerchio. Almeno non brillavano per la loro velocità, gli orchi; Henry si rialzò in fretta e cominciò a scappare nella Foresta. Gli orchi lo seguirono in branco, pochi istanti dopo.

 

**

«Regina!»

Emma si rialzò, allungò le mani in segno di resa, ma Regina non ci fece caso. La colpì di nuovo con un gesto secco della mano, ed Emma andò a sbattere contro la parete dietro di lei.

«Regina, ma che ti prende?» gridò, ancora a terra.

«Difenditi, Emma Swan» la esortò Regina. «Vediamo chi di noi due è la più forte».

La voce di Regina era gelida. Emma forse non ne capiva molto di magia, ma sapeva riconoscere un incantesimo quando ne vedeva uno. E Regina era decisamente sotto incantesimo.

«Cosa diavolo le avete fatto?» sbraitò, rivolta verso Malefica, Crudelia e Ursula. In tutta risposta, le tre cattive risero in coro.

Emma si alzò, si diresse verso di loro pronta a lanciargli contro un incantesimo, ma Regina, ancora una volta, la bloccò.

La prese per la gola, sollevandola da terra, ed Emma sentì il respiro mancarle.

«Re-gina...» rantolò.

«Non ti difendi, Salvatrice?» domandò Crudelia, in tono allegro. «La Regina Cattiva ti ucciderà, se non reagisci».

Regina lasciò la presa, lasciando cadere Emma sul pavimento di pietra. La Salvatrice ci mise qualche secondo per riprendersi.

«Regina, so che questa non sei tu» disse Emma. «Non so cosa ti abbiano fatto, ma so che non mi faresti mai del male».

Lo sguardo di Regina era indecifrabile e gelido. «Combatti, Salvatrice».

Emma si rialzò lentamente. «No, non combatterò contro di te».

Crudelia, Malefica e Ursula lanciarono una risata acuta.

«Davvero commovente» commentò Crudelia.

«Non posso crederci» disse Ursula. «Questa ragazza ha davvero il cuore pieno di luce. Disgustoso».

«Hai sentito, Regina?» intervenne Malefica. «Non vuole combattere. Quindi vuole essere uccisa. Accontentala, su».

Malefica sbattè il bastone a terra, e sul viso di Regina si materializzò un ghigno malvagio, quasi peggiore di quelli che avevano visto sui volti delle tre cattive. Si incamminò verso Emma, che restò ferma immobile, senza nemmeno cercare di reagire. Regina la spinse ancora una volta contro la parete, e quando Emma si trovò con le spalle al muro, Regina le si parò davanti, e le due si guardarono negli occhi per un secondo.

«Regina, qualsiasi cosa farai... so che non è colpa tua».

E Regina affondò una mano nel petto di Emma.

 

**

Henry era caduto a terra, inciampando nelle radici di un albero sradicato, e scivolando sulle foglie secche. Per fortuna gli orchi erano creature lente e rumorose, e lui era riuscito a guadagnare un po' di terreno, ma non era ancora abbastanza; gli orchi erano quasi dietro di lui.

Si rialzò e riprese a correre, ma sentì le gambe sempre più deboli, e ancora una volta si ritrovò a terra, senza forze.

Sapeva che doveva essere più forte, sapeva che non doveva perdere la speranza, ma non poté fare a meno di piangere. Ripensò alle sue mamme, intrappolate e in pericolo alla Montagna Proibita; sapeva che sarebbero venute a salvarlo, lo avevano sempre fatto fino ad ora. Ma per una volta voleva essere lui a salvarle, voleva essere lui a fare qualcosa di coraggioso. Invece se ne stava lì, disteso a terra, a piangere come fosse un neonato. Improvvisamente, sentì qualcosa dentro di sé; sentì una carica che gli diede la forza di rialzarsi, proprio nel momento in cui gli orchi lo avevano raggiunto. Alzò lo sguardo, e vide ciò che prima non aveva notato; in una radura, proprio al centro, giaceva una roccia con incastrata una spada che lui conosceva più che bene.

Corse verso di essa, chiedendosi come aveva fatto a non notarla prima; la spada brillava alla luce del sole che ormai era alto nel cielo, e sotto l'elsa, in lettere d'oro, c'erano incise le seguenti parole: "Chiunque estrarrà la spada dalla roccia, riceverà in cambio un grande potere".

Henry sgranò gli occhi. Possibile che quella spada l'avrebbe aiutato a sconfiggere gli orchi? Era sicuro che prima non ci fosse, era come se la spada si fosse materializzata lì per aiutarlo. Doveva solo dare prova di coraggio e di forza ed estrarla dalla roccia.

Gli orchi erano proprio dietro di lui; non c'era più il tempo di pensare. Impugnò l'elsa dorata, e tirò con tutta la forza che aveva.   




**Angolo dell'autrice:
Ebbene, eccomi qua con il nuovo capitolo BOMBA! Spero che vi sia piaciuto almeno tanto quanto a me è piaciuto scriverlo. 
Come avrete notato è un capitolo un po' diverso dagli altri, a parte più lungo, narra in parallelo le vicende dei nostri eroi. L'idea della Spada nella roccia mi è venuta perché mi sono sempre immaginata un po' Henry come Semola. Devo fare una precisazione su questo: so che le parole esatte che sono incise su Excalibur non sono quelle che ho scritto io, ma le ho un po' rivisitate per esigenze di storia. ;)
Inoltre devo essere onesta con voi: il capitolo non finiva qui, inizialmente, ma ho deciso di staccarlo in due parti perché sono una sadica bastarda bipolare un po' di angst ci sta sempre bene, no? :D

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Capitolo 13
*** Preferirei morire piuttosto che farti del male. ***


 

** Angolo dell'autrice:
Amici, eccomi qua! Vi ringrazio infinitamente per tutti i messaggi che mi avete mandato qui e in pagina e anche su twitter. Siete un po' degli stalker, eh! Anche perché come abbiate fatto a raggiungermi anche su twitter quando io non ricordavo nemmeno di averlo, non lo so proprio xD Per un attimo mi è sembrato di vivere in un episodio di Pretty Little Liars. Chi lo segue capirà che intendo xD
Da ora in poi vi chiamerò A-Team ahahahah. Ok la smetto di dire cavolate e vi ringrazio ancora perché mi state seguendo davvero in tanti e sono molto contenta.
Ora vi lascio alla lettura perché questo capitolo è stato davvero un PARTO e quindi voglio sapere cosa ne pensate e soprattutto spero di non aver fatto casini.
Un abbraccio, a prestissimo! <3


 

Capitolo 13

Preferirei morire piuttosto che farti del male

 

 

Henry per un attimo ci aveva creduto. Aveva creduto davvero che avrebbe potuto estrarre la spada dalla roccia e diventare l'eroe che avrebbe salvato le sue mamme. Ma la spada sembrava un tutt'uno con la roccia, sembrava anch'essa fatta di pietra. Sentì i ruggiti e un brusio di passi avvicinarsi, così alzò lo sguardo e vide gli orchi a pochi metri da lui, digrignare i denti e correre nella sua direazione. Aveva soltanto due possibilità, ormai; scappare e mettersi in salvo o continuare a tentare di estrarre la spada, rischiando di essere catturato.

La tentazione di fuggire fu tanta. Ma sapeva che fuggendo non avrebbe aiutato Emma e Regina.

«Posso farcela» disse, tra sé e sé. «Io ci credo, posso farcela!»

Strinse ancora più forte l'elsa dorata della spada e tirò, con tutta la forza che aveva. E come per magia, la spada cominciò a scivolare, mostrando la lama lucida e brillante.

Quando gli orchi lo raggiunsero, Henry brandiva la spada con decisione, come se l'avesse fatto altre mille volte prima di allora. Sentiva una strana determinazione, una strana forza crescergli dentro. Sapeva che non gli apparteneva, sapeva che era la spada a conferirgli quella sicurezza, ma decise di non perdere tempo e di sfruttarla.

Lanciò la spada contro l'orco più vicino e lo trafisse nel petto. Quando l'orco cadde a terra, morto, Henry restò qualche secondo a guardarlo; come era riuscito a fare una cosa del genere, se non si era nemmeno reso conto di farla? Ma in un attimo, la spada era di nuovo tra le sue mani. Ad uno ad uno tutti gli orchi caddero a terra, morti, trafitti dalla spada che sembrava guidasse Henry verso la salvezza.

Quando anche l'ultimo orco fu finito, Henry si accasciò a terra, stordito. Sospirò, e sentì la tensione calare poco a poco, fino a che non riuscì più a trattenere le lacrime. Aveva così tante domande in testa, e mai come in quel momento avrebbe voluto Emma e Regina accanto a sé. Sospirò di nuovo, rialzandosi. Prese la spada e si incamminò, per allontanarsi dagli orchi. Ripensò alle parole di Emma: "al freddo sarai al sicuro". E tutto finalmente ebbe un senso.

 

 

Regina affondò la mano nel petto di Emma e la strinse intorno al suo cuore. Emma gridò dal dolore.

«Combatti, Salvatrice» gridò Regina. «Combatti, o ti strapperò il cuore dal petto!»

Emma continuava a gridare. Sentiva la mano di Regina stringersi sempre di più, sentiva il cuore sempre più debole.

«Combatti, Salvatrice!» ripeté Regina, furiosa. I suoi occhi scintillavano di rabbia.

«No!» urlò Emma, stremata. Sentì un turbine di emozioni invaderla; dalla paura, alla rabbia, fino al coraggio di riuscire a non cedere. Sentì il cuore rallentare sempre di più, e guardò gli occhi di Regina saettare dentro ai suoi. Fu allora che non riuscì più a trattenersi. «Preferirei morire piuttosto che farti del male!»

E in quell'istante qualcosa cambiò. Emma sentì una forza sconosciuta invaderla, una forza che prese il posto della rabbia e della paura, qualcosa che si sprigionò da lei stessa e fece sbalzare all'indietro Crudelia, Ursula e Malefica. La presa di Regina sul cuore di Emma pian piano si allentò. Guardandola dritta negli occhi, Emma rivide lo sguardo vivo e intenso che apparteneva a Regina.

«Emma!» esclamò la mora, e quando si rese conto di avere ancora la mano nel suo petto, la estrasse. «Emma... cosa...»

Emma non rispose; riuscì a malapena a sorriderle, prima di accasciarsi a terra, priva di forze.

«Mi dispiace, Emma» gridò Regina, sorreggendola. «Non so cosa...»

«Sto bene, tranquilla» disse Emma, respirando a pieni polmoni. «Non so cosa ti abbiano fatto, ma non eri in te».

«Mi hai salvata» disse Regina, aiutandola a rialzarsi. «Hai spezzato l'incantesimo che mi avevano inflitto».

Emma inarcò un sopracciglio. «Io non ho fatto niente».

Regina sorrise. Emma Swan e la magia erano davvero due mondi lontani. «Hai fatto moltissimo, invece» rispose, ma non aggiunse altro, perché vide con la coda dell'occhio che Malefica, Crudelia e Ursula si stavano rialzando.

«Sono davvero senza parole» disse Malefica, sprezzante. «Questo devo dire che non me l'aspettavo. La Salvatrice che libera la Regina Cattiva dall'incantesimo, con...» fece una smorfia e non terminò la frase.

Emma si voltò verso Regina, confusa.

«E' ora di finirla con queste smancerie romantiche» sbraitò Ursula, e allungò i tentacoli nella direzione di Emma e Regina, che si spostarono di lato per evitare di essere catturate.

Malefica lanciava incantesimi dal suo bastone, e loro furono costrette a ripararsi, poiché erano troppo deboli per combattere.

«Dovreste arrendervi» intervenne Crudelia. «Siete deboli e stanche. Non riuscirete mai a resistere a questo...»

Crudelia scostò la sua pelliccia per mostrare il cappello blu notte. Malefica e Ursula risero; era il momento giusto per intrappolare Emma e Regina, ora che erano deboli e che la loro magia difficilmente avrebbe resistito.

«Ora ci divertiamo» ghignò Malefica, e pochi istanti dopo si trasformò in drago.

«Cosa facciamo?» domandò Emma. «Non riusciremo mai a contrastarla!»

«Non lo so, Emma» rispose Regina, pensierosa. «L'unica cosa che possiamo fare è unire le ultime forze che ci rimangono per creare uno scudo di protezione».

Emma annuì, sospirando.

«Insieme so che possiamo farcela» aggiunse Regina. «Insieme siamo più forti».

Stavolta fu lei a tenderle la mano, proprio come Emma gliel'aveva tesa quando avevano deciso di lanciarsi nel cappello.

Quando Emma gliela strinse, sentirono subito che la loro magia stava aumentando. Insieme crearono uno scudo che potesse proteggerle, mentre Crudelia si avvicinava per posare il cappello a terra. Con un gesto della mano, Regina lo fece scivolare via dalla sua presa, spedendolo dalla parte opposta della sala, ma nel farlo lo scudo per un attimo cedette.

Malefica approfittò di quell'attimo per colpirle con una fiammata, che le accerchiò completamente.

Emma e Regina mollarono la presa sullo scudo, che s'infranse, mentre Ursula, con uno dei suoi tentacoli recuperò il cappello.

«Ma certo!» esclamò Emma, comprendosi la bocca con una mano per non aspirare il fumo. «Dobbiamo spingerle nel cappello!»

Regina annuì. «La nostra magia, se è unita, non verrà risucchiata».

Entrambe si voltarono e carcarono di vedere oltre le fiamme e il fumo. Crudelia aveva posato il cappello a terra, che si stava azionando. Il vortice, che ormai per loro era diventato familiare, si ingrandiva sempre di più sul pavimento.

Emma e Regina, di nuovo per mano, cercarono di spegnere le fiamme e attaccarono Ursula, Crudelia e Malefica – di nuovo in forma umana. La loro magia non solo resisteva al cappello, ma sembrava ancora più forte di qualche secondo prima. I lampi di luce bianca e rossa diventarono uno solo, costringendo le tre nemiche a contrattaccare.

Mentre Malefica lanciava degli incantesimi con il suo bastone, videro che stava a poco a poco scomparendo, risucchiata dal vortice. Poi fu la volta di Ursula e Crudelia; Emma e Regina le immobilizzarono, per poi spingerle verso il vortice, per fare in modo che fossero abbastanza vicine da essere risucchiate.

«Ma cosa sta succedendo?» gridò Malefica, non appena si rese conto che stava per essere risucchiata. «Perché su di voi il cappello non ha effetto?»

Emma e Regina restarono in silenzio. Ursula e Crudelia erano già sparite, e anche di Malefica, ormai, non restava più niente.

«Non finisce qui!» gridò la donna drago, un momento prima di scomparire del tutto.

Poi il cappello a poco a poco cominciò a richiudersi, lasciando la stanza in un silenzio spettrale.

Passarono parecchi minuti prima che Emma o Regina riuscissero a dire qualcosa. Nel loro silenzio stavano entrambe realizzando cosa fosse davvero successo e non si resero nemmeno conto che si stavano ancora tenendo per mano. In quel momento come non mai, avevano bisogno della vicinanza l'una dell'altra, anche se non l'avrebbero mai ammesso. Ma non c'era bisogno di darsi una spiegazione, nessuna delle due avrebbe lasciato la mano dell'altra.

Sussultarono quando sentirono un rumore di passi rimbombare nella sala.

«Mamma! Mamma!»

Henry entrò di corsa ed Emma e Regina fecero appena in tempo a voltarsi che il ragazzino subito le avvolse in un abbraccio caloroso.

«Ragazzino, ce l'hai fatta!» esclamò Emma. «Lo sapevo che ce l'avresti fatta».

«Ero così preoccupato per voi» disse Henry, cercando di trattenere le lacrime. «Avevo paura che...»

«Ehi, tesoro, siamo qui» intervenne Regina, sciogliendo l'abbraccio per guardare Henry negli occhi. «E non sai che sollievo vederti e sapere che stai bene».

«Sto bene» confermò il ragazzo, e l'attenzione di Regina cadde sulla spada che pendeva dalla sua cintura.

«E quella?» chiese.

Henry sorrise. «E' una lunga storia. Non vedo l'ora di raccontarvela».

Poi lo sguardo di Regina incrociò quello di Emma.

«Tu stai bene?» le domandò la bionda.

«Si, sto bene» rispose. «E tu?»

Emma annuì. Henry guardò prima l'una e poi l'altra, sorridendo.

«Mi siete mancate» disse il ragazzo, abbracciandole di nuovo. «Sono felice che siamo di nuovo insieme».

«Sì, siamo insieme» rispose Emma, poi il suo sguardo incrociò quello di Regina.

«E lo saremo per sempre» aggiunse Regina, sorridendo.

Poi Henry si sciolse dall'abbraccio. «Ma Hans?»

«Giusto, Hans» disse Regina, imbarazzata. «Forse dovremo tirarlo fuori dalle segrete».

«Andiamoci subito» disse Henry. «Presto arriveranno i rinforzi».

Emma sorrise, soddisfatta. «I rinforzi? Vuol dire che hai seguito il mio suggerimento?»

Il ragazzo annuì.

«Si può sapere di cosa state parlando?» s'intromise Regina.

Henry sorrise compiaciuto prima di rispondere. «Elsa sta venendo a prenderci».

 

 

Riabbracciare Elsa fu, per Emma, una vera gioia. La Regina di Arendelle arrivò poche ore più tardi, con un esercito di guardie al seguito. Dopo aver liberato Hans e recuperato il cappello decidendo di portarlo con sé, partirono alla volta di Arendelle.

Arendelle era un luogo molto diverso dalla Foresta Incantata, era un regno allegro e pieno di colori, e subito si resero conto che Elsa era una regina molto amata. Mentre attraversavano il paese, la ragazza fu fermata più volte, abbracciò diverse persone e si fermò a salutare ogni mercante presente lungo la strada.

Ma ciò che lasciò di stucco Emma, Regina ed Henry fu la grande pista di ghiaccio che troneggiava davanti al palazzo; lì intorno bambini e adulti aspettavano di poter entrare a pattinare, era come fosse una grande festa, mentre il piccolo pupazzo di neve Olaf spargeva allegria in mezzo a tutti.

Tuttavia, la cosa che apprezzarono di più furono i pasti caldi del regno. Dopo giorni passati a mangiare panini tra un appostamento e l'altro, e giorni a mangiare le mele dell'albero di Regina, potersi sedere tutti insieme ad un tavolo, gustando dell'ottimo arrosto con patate, fu davvero gradevole.

Fu anche il momento in cui tutti raccontarono le proprie avventure; Emma e Regina di come avevano contrastato le loro nemiche, Henry di come aveva estratto la spada dalla roccia, e di come era riuscito a mettersi in contatto con Elsa tramite una colomba.

«Una colomba?» ironizzò Regina, guardando Henry. «Non mi sorprende, in fondo. Se penso a chi è tua nonna...»

Tutti quanti intorno al tavolo risero, finché non venne una cameriera a togliere i piatti e servire il dolce.

«L'importante è che ora siamo qui e stiamo bene» disse Emma. Poi si voltò verso Elsa. «Grazie mille dell'ospitalità e dell'aiuto».

«Non devi ringraziarmi, voi avete fatto tanto per me quando ero a Storybrooke. Questo è il minimo che posso fare. E poi devo ammetterlo, Anna e Kristoff sono in viaggio di nozze, mi fa piacere un po' di compagnia».

Quando tutti quanti ebbero avuto una fetta di torta, Henry ne prese un morso e sorrise, guardando prima Emma e Regina. «Mele e cannella».

«Spero che vi piaccia» disse Elsa, assaggiandola. «E' una delle mie preferite».

«E' buonissima» aggiunse Henry, mangiandone un altro generoso boccone. «Direi che è la torta adatta a quest'occasione».

«Quale occasione?» chiese Emma.

«Bè, il fatto che ormai siamo una famiglia» disse Henry, vago. «Mele...» e indicò Regina. «...e cannella» e indicò Emma.

Le due donne, senza poterlo evitare, arrossirono.

«Mi fa piacere vedere che ora andate d'accordo» intervenne Elsa. «Quando ho lasciato Storybrooke non eravate proprio in buoni rapporti».

«Bè, diciamo che ora...» Emma esitò. «Diciamo che le cose sono un po' migliorate».

«A proposito di Storybrooke» disse Henry. «Quando torniamo a casa?»

Emma e Regina si lanciarono un'occhiata preoccupata.

«C'è una cosa che non ti abbiamo detto, Henry» disse Regina.

«Abbiamo usato ciò che restava della pozione localizzante per ritrovarti» aggiunse Emma. «Credo che dovremo trovare Storybrooke in un altro modo».

«Credo di avere io la soluzione per quello» intervenne Elsa. «Ricordate il portale con cui ci avete ricondotto ad Arendelle?»

Tutti e tre annuirono.

«Credi che sia ancora funzionante?» domandò Emma.

«Non lo so» rispose Elsa. «In realtà non si trova qui. Siamo entrati nell'armadio e siamo usciti dal Pozzo dei Desideri».

«Pozzo dei Desideri?» ripeté Henry.

Elsa annuì. «Si trova alla Montagna del Nord. Dista a un giorno di cammino da qui, più o meno».

«Direi che dobbiamo raggiungerlo il prima possibile» disse Emma, convinta. «Almeno per vedere se è possibile utilizzarlo».

«Sono d'accordo» disse Regina. «Propongo di partire domani mattina all'alba. Se sai indicarmi la strada, Elsa, penso di poter raggiungere la Montagna del Nord con i miei poteri. Così non dovremo viaggiare per un giorno intero».

«Non c'è problema» rispose Elsa. «Ma se avete bisogno di una guida sarei più che felice di accompagnarvi».

«Non ce n'è bisogno» disse Emma. «Io e Regina ce la caveremo».

Regina si voltò verso Emma. «Se vuoi restare qui posso andare da sola».

«Non ci penso neanche a lasciarti andare da sola» replicò Emma, decisa. Poi iniziò a balbettare. «Cioè, intendo che... che non si sa mai. Non sai quali pericoli potresti incontrare, e poi se dovessi perderti... è meglio se siamo in due, ecco».

La tenerezza di Emma nei suoi confronti, non poté che far sorridere Regina.

 

 

«Come ho potuto estrarre la spada dalla roccia?» domandò Henry a Regina, mentre quest'ultima gli stava rimboccando le coperte. «Un secondo prima era incastrata... e un secondo dopo è scivolata fuori come fosse piantata nella sabbia».

Regina sorrise. «Probabilmente la spada era incantata e ha sentito che ne avevi bisogno».

«Si ma quindi la spada può essere presa da chiunque?»

«No, non da chiunque» replicò Regina. «Tu non sei uno qualunque, Henry. Hai il cuore del vero credente. Tu credevi... credevi di riuscirla a prendere».

Emma entrò nella stanza in quel momento con un bicchiere d'acqua per il ragazzo.

«Tieni, ragazzino» disse, porgendoglielo. «E ha ragione tua madre... tu non sei uno qualunque».

Henry bevve un sorso d'acqua. «Io ci ho creduto davvero. Ho creduto che la spada venisse in mio soccorso e dal momento che ci ho creduto... ce l'ho fatta».

«Visto?» disse Regina, prendendogli il bicchiere e posandolo sul comodino «Ti sei risposto da solo».

Henry sorrise e chiuse gli occhi. «Finalmente ho una spada tutta mia».

Emma e Regina si scambiarono uno sguardo divertito.

«Questo è ancora tutto da vedere» replicò Regina. «Le spade sono oggetti pericolosi».

«Ma sono anche utili» replicò Emma. «Io ho combattuto contro Malefica con la spada di mio padre».

«Sarebbe bello fare un duello» aggiunse Henry, sempre a occhi chiusi.

«Sì, sarebbe...»

«Assolutamente no».

Regina ed Emma parlarono contemporaneamente, per poi scoppiare a ridere.

«Non permetterò che uno di voi due si faccia del male facendo finti duelli con spade potenzialmente magiche e pericolose».

«Anche la magia è pericolosa, ma noi non ti diciamo di non usarla» ribatté Emma, e Regina le lanciò uno sguardo furibondo.

«Vuoi avere un assaggio di quanto può essere pericolosa la mia magia, Swan?»

«No, grazie» rispose Emma, velocemente. Poi si sporse verso Henry per dargli un bacio sulla fronte. «Buona notte, ragazzino»

«Sogni d'oro, mio piccolo grande eroe» aggiunse Regina, accarezzandogli una guancia.

Il ragazzo, già semi addormentato, sorrise. «Dovreste farlo più spesso» sussurrò. «Rimboccarmi le coperte, darmi il bacio della buona notte».

«Ma lo facciamo già, tesoro» rispose Regina.

«Intendo che...» Henry si fermò per sbadigliare. «Intendo che dovreste farlo più spesso insieme. E' bello avervi entrambe qui».

Le due donne si scambiarono un'occhiata veloce, mentre le loro guance si arrossavano dall'imbarazzo.

Uscirono dalla stanza di Henry pochi minuti dopo, lasciando la porta socchiusa. «La mia camera è proprio qui» disse Emma, indicando la porta accanto a quella di Henry.

«La mia è quella laggiù» rispose Regina, indicandogliela. «Non vedo l'ora di mettermi a letto e dormire. Sono piuttosto stanca...»

«Sei sicura di stare bene?» le domandò Emma.

«Sì» rispose Regina, in un sussurro. «Per ora direi che va tutto bene».

«Pensavo...» iniziò Emma. «Forse prima di tornare a Storybrooke dovremo... accertarci di quella cosa».

Regina abbassò lo sguardo. «Suppongo di sì, anche se qui ad Arendelle non penso che troveremo qualcuno che ci aiuti».

«Ne sei sicura?»

«Non lo so. Ma questa cosa può aspettare il nostro ritorno a Storybrooke. Abbiamo cose più importanti, ora».

Emma non era totalmente d'accordo, ma non replicò.

Voleva parlarle. Voleva chiederle spiegazioni riguardo ciò che era successo alla Montagna Proibita. Voleva avere conferme su ciò che lei aveva fatto. Ma non ci riuscì. Vide la stanchezza negli occhi di Regina, il viso tirato, esausto, le occhiaie per il poco sonno degli ultimi giorni. Le sembrò quasi di vedere i segni della tortura che Malefica le aveva inflitto solo poche ore prima e pensò che era meglio lasciarla andare a dormire.

«Buona notte, allora» disse Emma, incamminandosi veros la stua stanza.

Regina restò qualche secondo a fissarla mentre si allontanava, provando una strana sensazione. Sentiva che mancava qualcosa; Emma l'aveva salvata, e per quanto lei cercava di trovare una spiegazione logica a tutto questo, la risposta era soltanto una: l'aveva salvata con un atto di vero amore.

E lei ormai lo sapeva, dentro di sè; provava gli stessi sentimenti. Voleva fermarla, ma cos'avrebbe potuto dirle? Ammettere ad alta voce quello che provava la spaventava più di qualsiasi altra cosa, ma poi si decise.

«Emma, aspetta» disse, facendo qualche passo verso di lei.

Emma aveva già varcato la soglia della sua camera e stava per chiudere la porta. Si affacciò sul corridoio e restò in attesa.

Guardando quegli occhi verdi, Regina perse completamente le parole.

«Ecco, io...»

Emma continuava a guardarla e il coraggio, che Regina sperava arrivasse, mancò. Ma doveva dire qualcosa, in un modo o nell'altro doveva farglielo capire.

«Pensavo che... quello che ha detto Henry... è vero» disse, tesa. «Sarebbe bello se potessimo rimboccargli le coperte e dargli il bacio della buona notte ogni sera...»

Regina esitò. «...insieme» sussurrò, guardando a terra.

Quell'ultima parola era stata difficile da dire. Quell'ultima parola racchiudeva tutte le sue insicurezze e le sue paure.

Ma aveva avuto il coraggio di dirla. Aveva avuto il coraggio di ammettere che vedeva un noi nel loro futuro.

Era incasinata, Regina lo sapeva; aveva fatto un giro di parole immenso soltanto per cercare di dire ad Emma Swan che provava qualcosa per lei.

Sperò vivamente che il messaggio, seppur contorto, fosse arrivato.

Quando alzò lo sguardo, vide Emma sorridere.

«Sarebbe meraviglioso» rispose la bionda.

Regina sorrise a sua volta. «Buona notte, Emma» e si avviò verso la sua stanza.

«Buona notte, Regina» disse, chiudendosi la porta alle spalle.

Ed entrambe si misero a letto con le farfalle nello stomaco e un enorme sorriso stampato sul volto.

 

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Capitolo 14
*** Un atto di vero amore. ***


**Angolo dell'autrice:
Buonaseraaa amici! Non mi dilungo perché è mezzanotte passata e ho sonno xD
Volevo solo annunciarvi che sono una persona orribile che questo è il penultimo capitolo della mia ff. Non arrabbiatevi, non me n'ero resa conto nemmeno io finché non li ho scritti (ho già scritto anche il finale, sì) ma vi anticipo solo che ho in mente di scriverne un seguito. Ecco perché u.u
Per il resto ringrazio le mie amiche del gruppo "Delirio SwanQueen" perché mi stanno aiutando molto nello scrivere, facendomi venire molte idee e ispirandomi. E' stato davvero una fortuna conoscervi <3
Anyway, vi lascio alla lettura, e vi ricordo di seguire la mia pagina facebook qui ---->  https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-%CF%9F-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207?fref=ts
 

Capitolo 14

Un atto di vero amore



 

Era l'alba quando uscirono dal castello. Ma mentre quest'ultimo era avvolto nel silenzio, il paese era già sveglio e alcuni mercanti erano già in strada con le loro bancarelle. C'era chi vendeva pesce fresco, chi frutta e verdura, chi abbigliamento; ma tutti quanti, nessuno escluso, avevano un enorme sorriso sul viso, si capiva che Arendelle era un posto felice e tranquillo. Guardandosi intorno, Emma e Regina si chiesero se anche a Storybrooke, prima o poi, avrebbero potuto vivere così serenamente.

Elsa aveva indicato loro dove si trovava la Montagna del Nord e aveva procurato una mappa, nel caso potesse tornare utile. Regina era piuttosto sicura di riuscire a raggiungere la loro destinazione in poco tempo.

«Ti va di fare due passi?» domandò Regina, guardandosi intorno. «Non vorrei allarmare le persone usando la magia qui, davanti a tutti».

Sapeva che anche Elsa usava la magia e il popolo ne era a conoscenza, ma c'era una quiete e una serenità coinvolgente in quel posto, e non voleva minarla in nessun modo.

«Certo, facciamo due passi» acconsentì Emma, allacciandosi il giacchino rosso.

Anche Regina si avvolse nel suo cappotto grigio e insieme si incamminarono per allontanarsi dal paese.

Attraversarono la piazza, raggiunsero il porto e lo oltrepassarono, fino a ritrovarsi nei boschi. Seguirono un sentiero che in poco più di mezz'ora le portò tra le montagne, e videro che proseguiva ancora. Anche se ormai erano uscite da Arendelle, continuarono a camminare; davanti a loro si era materializzato un panorama strepitoso e si incantarono a guardarlo.

Il sole si stava alzando nel cielo ancora scuro, tingendolo poco a poco di rosa e arancione. Le nuvole si stavano diradando, lasciando filtrare i fiochi raggi del sole attraverso gli alberi, costringendo le due donne a socchiudere gli occhi.

«E' stupendo» esclamò Emma, beandosi di quel debole tepore che le riscaldava il viso.

«Si, lo è» annuì Regina, continuando a guardare il cielo pieno di colori.

Stavano camminando a pochi metri di distanza l'una dall'altra, lentamente, per godersi lo spettacolo il più possibile. Man mano che procedevano, le sfumature colorate lasciarono posto al solito colore azzurro, limpido e brillante, senza nuvole e senza squarci di brutto tempo. Si prospettava una giornata soleggiata, anche se tiepida.

Camminando, Emma si lasciò trasportare da mille pensieri. Ripensò alle immagini del libro, a ciò che era accaduto alla Montagna Proibita, e alle parole di Regina la sera prima. Si prese coraggio e decise che era arrivato il momento di tirare fuori ciò che la assillava.

«Regina, posso chiederti una cosa?» domandò Emma, spezzando la quiete silenziosa della montagna.

Regina sospirò. «No».

Emma sorrise. Quello era un lato di Regina che, era strano ammettere, adorava. «Vorrei avere una spiegazione riguardo quello che è successo alla Montagna Proibita».

Regina sorrise a sua volta. Tipico di Emma Swan, chiederle una cosa e ignorare la sua risposta, ma in fondo questo le piaceva. Poi rifletté sulla sua domanda. «Malefica ha usato un incantesimo di tortura per... tirare fuori il mio lato malvagio».

«No, non intendevo quello» replicò Emma. «Non sono un genio nella magia, ma l'avevo capito che eri sotto incantesimo».

«E allora cosa vuoi sapere?» chiese Regina, pur conoscendo già la risposta.

«Quello che è successo... dopo».

Regina non rispose subito. Si prese qualche secondo per scegliere le parole da usare. Forse Emma sapeva già cos'era successo e voleva solo una conferma, o forse non se n'era resa conto veramente; ma l'aveva salvata. L'aveva salvata con un atto di vero amore.

«Tu sei la Salvatrice» disse vaga, scalciando delle foglie secche davanti a sé. «E come tale hai fatto il tuo compito. Mi hai salvata. Anzi, ti ringrazio per questo».

Regina cercò di liquidare l'argomento, ma Emma non si perse d'animo.

«Non devi ringraziarmi» replicò. «Io non ho fatto niente. Ho soltanto rifiutato di combattere contro di te».

Regina si immobilizzò. Emma era qualche passo dietro di lei, così si voltò. «E come mai, non l'hai fatto?»

Emma non capì la domanda che le era stata rivolta, ma rispose senza neanche pensarci. «Non ti farei mai del male, Regina».

Regina abbassò lo sguardo e sorrise. «Sei proprio come tuo figlio. Ti fai le domande e ti rispondi da sola».

Emma restò in silenzio, confusa.

Regina sbuffò. «Dai, Emma!» e alzò lo sguardo su di lei. «Non hai combattuto contro di me non perché ero sotto incantesimo, o perché sei la Salvatrice e devi salvare tutti, o... quello che vuoi. Tu non hai combattuto perché non volevi. Non volevi farmi del male. Questo è un atto di...»

Regina non finì la frase, non ne ebbe il coraggio. Ma non ce ne fu bisogno. Emma aveva capito, e lei lo sapeva.

Quello era un atto di vero amore.

Calò il silenzio tra di loro, rotto soltanto dai brusii delle foglie degli alberi, dai cinguettii degli uccelli e dagli altri rumori del bosco intorno a loro.

«Ok, penso che ora possiamo andare» disse Regina, come se si fosse appena resa conto che era rimaste impalate per troppo tempo.

Emma annuì, avvicinandosi a lei, ancora pensierosa.

«Mi insegnerai mai a farlo?» domandò, cambiando totalmente argomento.

Regina alzò gli occhi al cielo. «Un giorno, forse».

Emma annullò la distanza tra di loro, stringendosi a lei, esattamente come aveva fatto la volta precedente. Regina le passò un braccio sulle spalle, poi fece sparire entrambe nella solita nuvola di fumo viola.

Quando riapparirono sulla Montagna del Nord, non si separarono subito. Non sapevano come potesse essere possibile, ma si stavano baciando. Le loro labbra si sfioravano appena e al tempo stesso si divoravano, i loro cuori battevano l'uno contro l'altro con una forza tale che sarebbero potuti uscire dal petto. Regina aveva affondato una mano nei biondi capelli di Emma e con l'altra le accarezzava un fianco, mentre Emma la teneva stretta a sé con entrambe le braccia, posandole le mani sulla schiena e stringendola più che poteva.

Per un lungo momento tutto intorno a loro sparì; sentivano soltanto il rumore dei loro battiti, il brusio delle loro mani che vagavano sul corpo dell'altra, il contatto delle loro labbra.

E in un attimo entrambe trovarono le conferme che aspettavano. Ciò che era accaduto durante quel viaggio era reale, non era frutto di una convizione condizionata dalle immagini del libro.

Quella era una cosa che andava avanti da molto prima che sfogliassero il libro, anche da molto prima che decidessero di trovare l'autore.

Andava avanti da quando si erano incontrate la prima volta.

Da quando si erano dichiarate guerra.

Da quando Emma aveva spezzato il sortilegio.

Da quando si erano litigate Henry fino a farlo soffrire.

E ancora da quando avevano deciso di rassegnarsi alla presenza l'una dell'altra.

Da quando avevano deciso di convivere civilmente.

Fino a quando poi avevano deciso di provare ad essere amiche.

Ma non ci avevano mai provato davvero, perché amiche non lo erano mai state. E mai lo sarebbero state.

E tutto questo fu chiaro nel solo istante in cui le loro labbra si toccarono.

Quando si separarono non si resero conto di quanto tempo fosse passato. Potevano essere passati minuti, ore, oppure il tempo poteva essersi fermato.

Quando riaprirono gli occhi, Regina teneva ancora una mano sul fianco di Emma e una tra i suoi capelli, mentre Emma la stringeva come se non avesse nessuna intenzione di lasciarla andare. Entrambe tremavano, inalando nei polmoni il profumo dell'altra, un profumo che sapeva di casa e di famiglia. Si guardarono per un momento che sembrò infinito, in silenzio, in imbarazzo, ma al tempo stesso incapaci di interrompere quel contatto. Si guardarono talmente a lungo che Regina riuscì a distinguere delle sfumature castane negli occhi verdi di Emma, ed Emma si perse di nuovo in quegli occhi scuri e profondi, e li guardò come non li aveva mai guardati prima.

Le loro bocche si arricciarono in un largo sorriso, da guancia a guancia, un sorriso che valeva più di mille parole.

Poi sentirono un rumore assordante e videro un lampo di luce verde salire lungo il cielo, tingendolo di un delicato color menta, ed entrambe trasalirono.

«Ma cosa diavolo succede?» sbraitò Emma, coprendosi gli occhi per non essere accecata dalla luce.

Regina fece lo stesso. «Secondo me è il Pozzo dei Desideri» disse, indicando la provenienza della luce.

Insieme si incamminarono per raggiungere la fonte della luce e del frastuono, e l'ipotesi di Regina si rivelò esatta.

Nel folto del bosco di quell'alta montagna, il Pozzo dei Desideri si ergeva in tutta la sua grandezza. Era molto simile a quello che avevano a Storybrooke, era fatto di pietra grigia e scura, molto profondo. La luce verde continuava a uscire come lampi, ed Emma e Regina si tennero a dovuta distanza da esso.

«Quindi funziona oppure è andato in tilt?» domandò Emma, sovrastando il frastuono.

«Non lo so» ammise Regina. «Questo genere di cose non si attiva così, come se niente fosse. Ci vuole della magia molto potente per...»

Regina si interruppe, sotto lo sguardo curioso ma al tempo stesso consapevole di Emma.

«Siamo state noi, vero?» chiese la bionda. «Siamo state noi ad attivarlo, con...»

«Credo proprio di sì».

Restarono qualche minuto a fissare la luce verde che stava a poco a poco sparendo di nuovo dentro al pozzo. Il cielo stava ritornando del suo colore naturale, e quando la luce sparì del tutto portandosi via anche il frastuono, la montagna fu di nuovo avvolta in un silenzio glaciale.

«Direi che possiamo andare a prendere Henry» disse Regina. «Il Pozzo funziona, possiamo attivarlo con la nostra magia».

Emma mugugnò, in risposta. Regina capì subito che qualcosa non andava.

«Tutto bene, Emma?» le chiese.

La bionda teneva lo sguardo fisso sul Pozzo, e Regina sentì le proprie certezze svanire a poco a poco, almeno finché Emma non parlò.

«Abbiamo attivato il Pozzo dei Desideri, con un bacio...» la voce di Emma tremava.

Regina, involontariamente, trattenne il respiro. Non aveva realizzato quello che era successo, fu come se quella frase trasformò in realtà ciò che fino a pochi momenti prima era un fatto astratto.

«...e non posso fare a meno di pensare che...» continuò la bionda, con la voce ancora più scossa dal respiro che si fece a poco a poco irregolare. «Uncino mi ha tolto i poteri, con un bacio». Pronunciò quella frase alla svelta, come se facesse meno male dirla tutta d'un fiato.

Regina non sapeva cosa dire. Emma Swan era riuscita a lasciarla senza parole.

«E quando mi ha raggiunto a New York non ha saputo spezzare l'incantesimo dei falsi ricordi, se non con la pozione» aggiunse. «Invece io e te insieme facciamo cose straordinarie con la magia. Questo significa...»

Emma restò in silenzio per qualche secondo, poi vedendo che Regina non parlava, ripeté: «Mi ha tolto i poteri. E il vero amore sconfigge qualsiasi maledizione».

Emma era visibilmente scossa, e Regina non riuscì a fare altro se non abbracciarla e stringerla a sé, lasciando che le sue lacrime calde si annidassero sulla sua spalla.

«Ho spezzato l'incantesimo su di te con un atto di vero amore» bisbigliò Emma, la voce attutita dal contatto con la spalla di Regina. «Sei tu. Sei sempre stata tu».

Il cuore di Regina fece una capriola. Le parole di Emma erano uscite spontanee, e lei non provò nemmeno a fermarle. Non ce n'era più bisogno; i fatti parlavano chiaro. Non aveva avuto nemmeno il tempo di rifletterci, quella consapevolezza si era riversata su di lei come una doccia fredda.

Regina le accarezzò la testa, stringendola. Poi pensò al suo tanto agognato lieto fine. Aveva sempre pensato che includesse Robin, ma non era esattamente così. Si rese conto che Robin non sarebbe tornato da lei, ma soprattutto che durante quel viaggio non aveva pensato a lui nemmeno una volta. E in quel momento, solo in quel momento, ebbe la certezza che il suo lieto fine era proprio lì, a piangere tra le sue braccia.

«Emma, ascolta...» le disse, continuando a stringerla. «Anche io ho paura. Sono terrorizzata, veramente, e sono poche le cose che mi hanno davvero spaventata in vita mia».

Emma singhiozzò.

«Però forse possiamo...» continuò Regina. «Forse possiamo avere paura insieme».

Regina sentì un sorriso materializzarsi contro la sua spalla.

«Dobbiamo solo procedere a piccoli passi».

Emma si staccò, alzando lo sguardo su di lei, gli occhi gonfi dal pianto. «Piccoli passi» ripeté.

«Sì» confermò Regina. «Nemmeno io me l'aspettavo. Ho cercato il mio lieto fine senza rendermi conto che... che l'avevo davanti agli occhi».

Emma sentì il suo cuore accelerare e al tempo stesso fermarsi. Sentì un misto di emozioni indecifrabili dentro al petto, e non riuscì a muoversi, come pietrificata davanti a quella dichirazione così sincera e spontanea.

Si sorrisero di nuovo, poi si mossero contemporaneamente l'una verso l'altra, le loro labbra si incontrarono a metà strada.

Fu un bacio più consapevole del primo. Un bacio che racchiudeva tutte le loro paure e le loro insicurezze, ma che al tempo stesso sapeva di coraggio, di speranza, di futuro.

Quando si staccarono, stavano ancora sorridendo.

«Andiamo, ora» disse Regina, prendendola per mano. «Prima recuperiamo Henry, prima torneremo a casa».

 

 

Ritornate al castello, furono piuttosto sorprese quando Hans annunciò di voler restare ad Arendelle e non tornare nel mondo reale.

«Ne sei proprio sicuro, Hans?» domandò Henry, curioso.

«Sicurissimo» rispose l'uomo. «Ci sono tante cose da vedere e da imparare qui. Dopo anni di reclusione, penso che il mondo reale possa aspettare. Voglio godermi il momento fino in fondo».

Nel pronunciare queste parole, Hans lanciò un sorriso ad Elsa, che ricambiò, e questi gesti non passarono inosservati ad Emma.

Quando Elsa si avvicinò per abbracciarla, Emma le sussurrò all'orecchio: «E così, tu e Hans...»

Elsa ridacchiò. «Mi fa solo compagnia» minimizzò.

«Con quei sorrisoni e quegli sguardi, mi sa che il termine "compagnia" è un po' riduttivo...»

Elsa le diede un lieve colpetto sulla spalla. «Mi sa che tu sei l'ultima che può parlare» aggiunse, ammiccando.

Emma si voltò e guardò nella direzione di Regina; lei e Henry stavano abbracciando Hans. Poi si voltò di nuovo verso Elsa, con espressione quasi colpevole. «E' così evidente?»

Elsa sorrise. «Andrà tutto bene, vedrai. Sai che io sono sempre dalla tua parte».

Emma fu grata per le parole di Elsa, che le diedero un po' di conforto e di coraggio. Le due si abbracciarono ancora. Sapeva che le sarebbe mancata, esattamente come la prima volta che se n'era andata.

Altri saluti veloci, e mezz'ora dopo i tre furono di nuovo davanti al Pozzo dei Desideri.

«E' veramente profondo!» esclamò Henry, affacciandosi sul bordo per guardare in giù. «Dobbiamo calarci dentro? Ma è sicuro?»

«Prima di tutto, dobbiamo attivarlo» disse Regina, poi si voltò verso Emma. «Vieni qui».

Emma si mise accanto a lei, con le mani sporte sul bordo. Regina le prese una mano; quel contatto fu sufficiente per scatenare dentro al Pozzo un altro lampo di luce verde. Con le mani ancora tese verso l'interno, Regina ed Emma guardarono la luce verde salire sempre più in superficie. Quando il lampo di luce si riversò nel cielo, esattamente come aveva fatto la prima volta, le due donne furono sbalzate all'indietro.

«State bene?» domandò Henry, correndo da loro.

«Si, tranquillo» rispose Emma, alzandosi. «Che facciamo ora?»

«Suppongo che dobbiamo calarci dentro» disse Regina. «Vado io per prima, potrebbe non essere...»

«Ma ancora con questa storia?!» strillò Emma, senza neanche farle finire la frase. «E' come con lo specchio. Perché ti ostini a voler andare da sola?»

«Non voglio che corriate dei pericoli!» sbraitò Regina, in risposta. «Siete le due persone a cui tengo di più al mondo e non voglio che vi facciate del male».

«Bè, si da il caso che anche io tenga a te» gridò Emma, facendo un passo verso il pozzo. «Quindi andiamo tutti».

Lo sguardo di Henry slittò da Emma a Regina per un paio di volte, prima che un sorrisetto compiaciuto si materializzò sul suo volto.

«Mi dovete dire qualcosa?»

Le due donne si voltarono a guardare il loro figlio, che aveva un sorriso impertinente che andava da guancia a guancia.

«Magari quando siamo a casa, che ne dici, eh?» disse Regina, arrossendo lievemente.

«Si, magari davanti a un buon hamburger di Granny» aggiunse Emma.

Henry notò subito che entrambe erano in imbarazzo, e non poté che sorridere ancora di più. Poi si avvicinò al Pozzo e si mise tra di loro. Si tennero tutti e tre per mano e salirono sul bordo. Dopo qualche istante di esitazione, si lanciarono dentro, scomparendo dentro al fascio di luce verde.

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Capitolo 15
*** Io sono la Salvatrice. ***


* Angolo dell'autrice in fondo alla pagina
 

Capitolo 15

Io sono la Salvatrice




Il viaggio non fu come quello attraverso lo specchio; nel Pozzo, furono sbalzati a destra e a sinistra da una forza sconosciuta, per poi venire risucchiati da un vortice che pian piano li spinse fuori, attraverso un buco che all'apparenza era troppo piccolo perché ci passassero, ma non appena si avvicinarono si ingrandì fino a formare l'enorme armadio che, con loro grande sorpresa, ora si trovava nel negozio di Tremotino.

Furono sbalzati fuori ad una velocità tale che andarono tutti e tre a sbattere contro la teca delle pozioni, spaccando il vetro e rovesciandole tutte attorno. Henry era finito a testa in giù dalla parte opposta del bancone, Emma invece si stava ancora massaggiando la testa che era servita, sbattendoci contro, a spalancare le ante dell'armadio.

«State bene?» domandò Regina, alzandosi, scrollandosi i pochi vetri di dosso. Le mani e le braccia erano piene di graffi, ma a parte quello era illesa.

«Sì, a parte una commozione cerebrale...» borbottò Emma, rialzandosi a sua volta. «Ragazzino?»

«E' stato troppo forte!» esclamò Henry, saltando in piedi.

Emma e Regina si scambiarono un'occhiata. «Sta bene» dissero all'unisono.

Poi si guardarono intorno. C'era qualcosa di non familiare nel negozio di Tremotino. Dalle finestre notarono che si stava già facendo buio.

«Ma non era mattina ad Arendelle?» domandò Emma.

Regina scrollò le spalle.

Poi videro delle luci fuori dal negozio, le luci di una sirena. Pochi secondi dopo la porta si spalancò.

«Che sta succedendo qui?»

Un ragazzo alto almeno un metro e ottanta, con i folti capelli neri scompigliati sulla testa e la carnagione chiara, superò a grandi passi il corridoio che portava al bancone.

Emma, Regina ed Henry restarono in attesa.

«Avete fatto irruzione in questo negozio. Vi devo arrestare».

Emma si lasciò scappare una risata. «Scusa, e tu chi saresti?»

«Io sono lo Sceriffo» rispose il ragazzo. «La sua impertinenza, signorina, non è d'aiuto».

«No, un momento» disse Emma, facendo un passo in avanti. «Sono io, lo Sceriffo. E non mi sembra di averti mai visto qui».

Il ragazzo rise di gusto. «E' per caso ubriaca, signorina?»

Emma spalancò la bocca, indignata, così Regina intervenne.

«Senta, questo è tutto un malinteso. Non stavamo facendo irruzione, anche se può sembrare. E comunque anche a me non sembra di averla mai vista qui... quando è arrivato?»

«Questi non sono affari che vi riguardano, anzi... nemmeno io vi ho mai visto, quindi per me siete dei ladri che hanno spaccato una teca di vetro di un negozio» poi si rivolse ad Emma. «...e avete insultato un pubblico ufficiale».

«Pubblico ufficiale?» sbraitò Emma, poi si voltò verso Henry e Regina. «Manchiamo una settimana e nominano un nuovo Sceriffo?»

Regina non rispose, e sibilò tra i denti. «Qualcosa non va, Emma».

«Dovreste seguirmi in centrale, per cortesia» disse il ragazzo, impaziente.

Emma lo guardò attentamente, e per la prima volta le sembrò di averlo già visto. Non lo conosceva, ma le ricordava vagamente qualcuno.

«Senti, ragazzo» cominciò Emma. «Vorrei parlare con David e Mary Margaret. Loro sapranno darmi una spiegazione e soprattutto sapranno darla a te».

Il ragazzo si bloccò e aggrottò le sopracciglia. «Come conoscete David e Mary Margaret?»

«Li conosci, allora?»

«Certo che li conosco» replicò, spazientito. «Sono i miei genitori».

Il cervello di Emma ci mise qualche secondo a registrare la notizia. Era come se tutto intorno a lei si fosse svuotato. Si ritrovò come in un buco nero senza fine, senza rendersi conto né di quello che provava, né di quello che le accadeva intorno. Si voltò verso Regina ed Henry e vide lo smarrimento nei loro occhi, come se si stesse riflettendo in uno specchio. Perché era sicura di avere la stessa loro espressione confusa.

«Qual è il tuo nome?» domandò Emma, con un filo di voce, ma nel momento in cui fece quella domanda una folle consapevolezza la invase. Sapeva già la risposta ancora prima che il ragazzo parlasse. Era folle, si disse. Ma non era la prima cosa folle accaduta a Storybrooke.

«Mi chiamo Neal» rispose, estraendo le manette. «Mi seguite in centrale oppure devo mettervi queste?»

Emma stava per replicare, ma ancora una volta fu Regina a intervenire. «La seguiamo, non c'è bisogno di ricorrere alle manette».

Regina posò una mano sulla schiena di Emma per spingerla verso l'uscita. Neal si era già avviato alla porta per fare loro strada, Henry le seguì con passo incerto.

«Ma cosa diavolo sta succedendo?» sussurrò Emma a Regina, mentre percorrevano il corridoio.

«Non ne ho idea» rispose Regina. «Non capisco se abbiamo sbagliato qualcosa con il portale, o peggio. Se è opera di un qualche...»

«...sortilegio?» intervenne Henry, da dietro. «Siamo nel futuro!»

«Cosa facciamo adesso?» domandò Emma.

Ma Regina non rispose. Emma la vide pallida e provata. Avevano appena raggiunto la porta quando la donna svenne davanti ai suoi occhi.

«Regina!» gridò Emma, afferrandola appena in tempo per non farla cadere a terra.

«Mamma!» urlò Henry, chinandosi su di lei. «Che cos'ha la mamma, che cos'ha?»

Emma inspirò tutta l'aria che poteva, prima di rispondere. «Temo di sapere che cos'ha...» sussurrò. Poi si rivolse a Neal. «Devi chiamare un'ambulanza!»

Il ragazzo estrasse subito il telefono e in pochi minuti l'ambulanza li raggiunse al negozio.

 

**

 

L'attesa stava divorando le viscere di Emma come mai era accaduto prima. Lei e Henry erano nella sala d'attesa dell'ospedale, mentre Neal si teneva a debita distanza ma non li mollava un secondo di vista. Nonstante l'ansia, Emma si guardò intorno, notando che qualcosa decisamente non andava. Non c'era nessun viso familiare, non conosceva nessuno in quell'ospedale, ed era sicura di conoscere praticamente tutti a Storybrooke. Anche i medici che avevano accolto Regina sembrava non l'avessero riconosciuta, e Regina viveva a Storybrooke da molto più tempo di lei.

Non sapeva come, ma avevano raggiunto una Storybrooke del futuro. Ma si rese conto subito che c'era di più; era come se non fosse la stessa che conoscevano, sembrava un'altra città, una città come tante altre, in cui la magia non era neanche lontanamente contemplata.

Il medico, un uomo ben piazzato con un'argentata barbetta incolta, arrivò in sala d'attesa con passo spedito. Emma ed Henry subito si avvicinarono a lui.

«Come sta?» domandò Emma, con un groppo alla gola.

«Scusi signorina, lei è una parente?» le chiese il dottore, con voce profonda.

«Io sono... sono...»

Emma si lasciò scappare un grido di frustrazione.

Niente.

Non era niente, lei, per Regina.

Si sentiva debole, inutile, impotente.

Il panico la invase. Aveva finalmente trovato il suo lieto fine e stava già rischiando di perderlo.

Poi arrivarono i sensi di colpa, con una violenza inaudita.

Se solo se ne fosse resa conto prima, che erano il lieto fine l'una dell'altra, forse non avrebbero intrapreso quel viaggio pericoloso.

Se solo avesse avuto il coraggio di esternare i suoi sentimenti... ora forse non ne avrebbe più avuto la possibilità.

Se solo l'avesse saputa proteggere...

Se solo fosse stata più attenta...

Se solo avesse dato retta a quel dannato libro.

Se...

«Sono suo figlio» intervenne Henry, facendo un passo in avanti. «Può parlare a tutti e due».

Il dottore annuì. «La signorina Mills è incinta di cinque settimane».

Henry indietreggiò.

Emma si sentì mancare.

Lo sapeva, lo sapeva bene. Il libro aveva mostrato loro un'immagine di Regina incinta. Ma loro l'avevano sottovalutata. Regina non si era riguardata per niente, anzi si era strapazzata tra teletrasporti, viaggi nei portali, le torture di Malefica, e altre cose magiche che sicuramente non avevano fatto bene alla sua salute.

Se solo avesse dato retta a quel dannato libro.

Se solo fosse stata più attenta...

Se solo l'avesse saputa proteggere...

Se...

«E come sta? E il bambino?» domandò Henry, preoccupato.

Emma gli fu immensamente grata. Henry era ormai diventato un piccolo grande uomo. Lei non aveva la forza di pronunciare quelle parole, e si sentì ancora più inutile.

«Sta bene, è stabile» spiegò il dottore. «Anche il bambino sta bene, ma la signorina ha subito un forte stress. Alcuni valori non sono nella norma, quindi vogliamo tenerla ricoverata per qualche giorno».

Emma inspirò a fondo, come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento.

«Grazie, dottore» disse, in un sussurro.

«Grazie» aggiunse Henry, mentre l'uomo si allontanava. Poi si rivolse ad Emma. «Tu lo sapevi?»

Emma non rispose subito, anzi, si allontanò per andare a sedersi, sentendo le gambe sempre più deboli.

Henry le si avvicinò. «Lo sapevate?» gridò, con un tono troppo alto per un ospedale.

Emma lo guardò. Era visibilmente sconvolto, e poteva benissimo capire il motivo.

«L'abbiamo visto nel libro» spiegò Emma. Poi lanciò uno sguardo a Neal. «Senti, Henry» disse, prendendogli una mano e portandolo a sedere. «Non abbiamo molto tempo. Le cose si mettono male, qui. Non so come, ma siamo finiti in una Storybrooke del futuro dove tutto sembra... diverso».

Lo Sceriffo era al telefono, e stava guardando proprio nella loro direzione.

«Devi scappare, devi tornare indietro. Torna ad Arendelle, chiedi aiuto ad Elsa, dovete cercare un modo per contattare Tremotino. Lui è l'unico che può tirarci fuori da questo pasticcio».

«Ma non posso lasciarvi qui! E la mamma? Chi penserà alla mamma?»

Un'altra occhiata allo Sceriffo, che si incamminò verso di loro.

«A Regina ci penso io» replicò Emma, decisa. «Ti prometto che mi prenderò cura di lei, non permetterò che le accada niente».

Henry guardò Emma dritta negli occhi.

«Tu la ami, vero?»

Emma scoppiò a piangere, sentendo tutto lo stress di quegli ultimi momenti riempirle il corpo, perfino l'anima.

«Devi andare, Henry» disse, poi si tolse il giacchetto rosso e glielo porse, restando con una sottile maglia bianca a maniche corte. «Prendi questo. Non so cosa succederà, ma potrebbe servirti per ritrovarci. Torna ad Arendelle, là sarai al sicuro. Poi cerca un modo per contattare Tremotino e tutto si risolverà».

Henry annuì, afferrando il giacchetto. «Ma tu cosa farai, ora?»

Emma guardò di nuovo lo Sceriffo, suo fratello Neal, e capì chi le ricordava. Le ricordava Biancaneve, sua madre. Aveva gli stessi tratti fini, i capelli corvini, le guance leggermente arrossate dal freddo su quella pelle candida e bianca. Con le braccia lungo i fianchi, Neal teneva le manette salde in una mano, ed era ormai a pochi passi da loro.

«Ora cerco di distrarre lo Sceriffo, per farti scappare» sussurrò. «Non devi preoccuparti per me, ragazzino. Me la caverò, sono la Salvatrice... no?»

Henry annuì, stringendo tra le mani il giacchetto di Emma. Quest'ultima andò incontro a Neal, porgendogli le mani per farsi ammanettare.

Henry approfittò di quel momento per dileguarsi, ed Emma si voltò appena in tempo per vederlo uscire di corsa dall'ospedale.

Mille domande le passarono per la testa. E se il portale non lo avesse ricondotto ad Arendelle? Se fosse finito in un Arendelle del futuro, o in un altro luogo, o in un'altra epoca? Sarebbe stato al sicuro? Come avrebbero fatto a ritrovarsi?

Sperò che tutto andasse bene. Sperò di non aver sovraccaricato troppo Henry con tutta quella responsabilità. Sperò con tutto il cuore che il suo piccolo grande eroe riuscisse a mettersi in salvo.

Poi pensò a Regina. Non sopportava l'idea di non averle detto quello che provava. Non sopportava l'idea di lasciarla sola, di abbandonarla, ora che era così vulnerabile. Ma se voleva trovare una soluzione, doveva assecondare lo Sceriffo, almeno per il momento.

Quando Neal le mise le manette ai polsi, nella sua testa si formò un unico pensiero.

Un pensiero che continuava a ripetersi per farsi coraggio.

Una promessa, verso Henry e Regina, la sua famiglia.

«Io sono la Salvatrice. E spezzerò anche questo sortilegio».  


** Okeeeey, mi sembra già di sentire le vostre urla (stile "SWAAAAAAN" di Regina) che arrivano fino qua. Per sicurezza io mi sono barricata in casa e conto di non uscire finché non ho terminato il seguito. è23ìScheeeerzo, dai, cerco di essere seria. Sto già scrivendo il seguito, ma non mi sbilancio perché non so quando comincerò a pubblicarlo. Come avete letto, i nostri eroi sono finiti nel futuro, si sono ritrovati davanti un Neal adulto, e quindi c'è qualcosa di strano che aleggia a Storybrooke (tanto per cambiare...) Ho tante idee in testa, ma ho anche un gran casino e devo far quadrare tutto. Quindi quando ci sarò riuscita comincerò a pubblicare i primi capitoli, vi prometto che non vi farò aspettare tanto!
Per finire, vorrei ringraziare tutti voi che mi avete seguito e che continuerete a farlo. Mi ha fatto davvero piacere ricevere tante visite e tante recensioni. Ringrazio le mie amiche del gruppo "Delirio SwanQueen" perché spesso, senza neanche saperlo, mi hanno aiutata. Mi hanno stimolato nello scrivere, mi hanno portato ispirazione, e anche perché è semplicemente bello sclerare con loro <3
Vi ricordo di seguirmi sulla mia pagina facebook, dove vi terrò aggiornati non solo sulla mia ff ma anche sulla serie e tutte le novità che la riguardano, nonché per commentare insieme gli episodi.  Facebook ------>  
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E vi invito anche a leggere la mia seconda ff SwanQueen, che in realtà è una raccolta di OS, che aggiornerò pian piano. La trovate qui ----> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3073107&i=1

E quindi niente, vi ringrazio ancora tutti, ognuno di voi, per avermi seguito in quest'avventura e per l'affetto che mi avete dimostrato. A presto, team SwanQueen <3

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