One-Sided Conversations - Traduzione di KuroCyou

di northerntrash
(/viewuser.php?uid=738945)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note della Traduttrice
Salve gente, qui parla KuroCyou. Ebbene si, l'ho fatto. Ho preso in mano il progetto di una multi-chapter. Precisamente una da 38 capitoli (mi voglio tanto male). Questa sarà l'ultima storia di quest'autrice a venir tradotta - almeno finchè lei non pubblicherà altro - poi probabilmente passerò ad altri autori. Avevo anche avuto l'idea di tradurre una wip, e se ho tempo penso lo farò, ma per ora cominciamo questo viaggetto con i due soliti idioti qui presenti :D Come comunicato nelle tag di AO3 della storia, l'angst sarà presente in minuscole quantità, quindi se volete una lettura rinfrescante e che vi porti felicità, siete nel posto giusto!
Cercherò di pubblicare, salvo imprevisti, almeno una volta o due a settimana - ho davvero bisogno di darmi una regolata perchè ho altro da fare damn me.
Come al solito, per appunti sulla traduzione mandatemi un messaggio privato qui o sul mio account principale,
e trovate la storia completa in originale qui.
Buona lettura!

 


 

One-Sided Conversations

by Northerntrash
traduzione di KuroCyou
 
Capitolo 1
 

Thorin non era completamente sicuro di dove stesse andando; aveva detto a Frerin che sarebbe andato a prendere un caffè, ma appena aveva chiuso la porta della stanza d'ospedale dietro di sé - chiuso, non sbattuto, nonostante quello che implicavano le espressioni di membri dello staff di passaggio - si era girato nella direzione opposta rispetto alla caffetteria piena e rumorosa, incapace di affrontare né gli Americano annacquati né i volti segnati dello staff e degli stanchi e infelici visitatori dell'ospedale che la caffetteria gli avrebbe offerto. Ci era già passato, solo mesi prima, e non era preparato per farlo di nuovo.

A questo punto sembrava che avrebbe potuto finire per andarsene con due certificati di morte invece di uno di nascita, e quel pensiero aumentava l'irremovibile fitta di rimorso nel suo petto, la conoscenza di stare ancora fallendo, anche diciotto anni dopo aver provato la prima volta l'amaro gusto della perdita.

Il pensiero che chiunque, chiunque gli rivolgesse un sorriso compassionevole o una parola di conforto era troppo.

Il pavimento di linoleum bianco rifletteva le luci al neon, il brillante bagliore incrementava il dolore che si era accumulato nella sua testa senza sosta per tutto il giorno.

Evitando gli occhi di tutti quelli che incrociava, vagò per i lunghi, tranquilli corridoi.

Gli ospedali erano inutilmente labirintici, pensò: non c'era mai un progetto semplice, piuttosto un dedalo di corridoi e scalinate intrecciati, come se non si volesse far sapere alle persone dove stessero andando, come se si pensasse che essere persi avrebbe reso l'esperienza in qualche modo più facile. Forse lo era per certa gente - forse se riuscivi a distrarti con i progetti dei piani e illogici segnali d'indicazione potevi dimenticare il vero motivo per cui ti trovavi lì.

Forse era solo lui, però; Frerin aveva sempre detto che aveva un orrendo senso dell'orientamento.

Si sentiva fiacco, svuotato, come se avesse potuto dormire per un anno se solo fosse riuscito a convincersi a chiudere gli occhi; se avesse potuto, avrebbe dormito per tutta la durata dell'anno precedente. Aveva aggiunto troppi carichi alle sue spalle già pesanti, pensò; si stava piegando sul punto di spezzare.

Certi giorni si sentiva come se la sua schiena fosse fisicamente piegata, che camminasse curvo sotto tutto quel peso.
Si strofinò una mano tra i capelli, arruffati da troppe ore dello stesso movimento.

Un dottore di passaggio gli rivolse un piccolo sorriso comprensivo, e fu improvvisamente tutto troppo: vide un uscio aperto, una stanza vuota, e ci si infilò dentro, chiudendo la porta sommessamente dietro di sé e lanciandosi su una sedia contro il muro opposto, lo schienale colpì la carta da parati blu pallido con un forte tonfo. Silenzio. Aveva bisogno di silenzio.

Aveva bisogno di cinque minuti senza dover guardare Fili raggomitolato e addormentato sotto il cappotto di Thorin in una sedia scomoda perché non c'era altro posto dove andare per lui, cinque minuti senza il tamburellare dei piedi di Frerin e gli occhi grandi e pieni di paura di Vivi e il mormorio dei dottori in cerca di risposte, in cerca di consensi, bisognosi di sapere cose che ora non riusciva a farsi venire in mente. Cinque minuti senza il tremito della sua stessa paura, che gli scorreva dalla mente lungo la schiena finché tutte le ossa del suo corpo sembravano dilatate, fuori misura e mal-funzionanti, lasciandolo a ruotare attorno al proprio asse di calma.

Chiuse gli occhi.

Doveva dormire, e doveva mangiare, e doveva spegnere il cervello per qualche ora così che potesse elaborare quello che era successo, così che potesse tenersi abbastanza saldo da impedirsi di agire come se fosse già in lutto, quando no c'era ancora nulla per cui esserlo.

Aprì di nuovo gli occhi, spostando lo sguardo attraverso la stanza, e si irrigidì.

Quella che aveva creduto essere una stanza vuota era di fatto occupata - decisamente - da una persona stesa sul letto, completamente immobile e collegata ad un mucchio di macchinari che ronzavano sommessamente. La stanza era spoglia della solita attrezzatura di un paziente, senza biglietti o bouquet o libri; non c'erano valige sul piccolo scaffale nell'angolo e nessun vassoio della cena sul tavolo pieghevole, anche se aveva visto lo staff distribuire i pasti serali mentre vagava.

Solo la figura sul letto, nulla più che i contorni di un corpo sotto strati di coperte, e l'ombra di capelli su un cuscino; poteva vedere poco altro.

"Io…" cominciò, pensando di scusarsi per essere piombato dentro, ma la porta si aprì con un click prima che potesse dire niente, e un infermiere entrò, i capelli argentati e curati tirati indietro sul suo viso. L'infermiere lo fissò perplesso per un momento, prima di sorridere con calore.

"Le mie scuse" disse, prendendo la cartella appesa ai piedi del letto. "Non mi aspettavo di vedere qualcuno qui - non riceve molte visite."

Thorin si agitò un po' nella sedia scomoda, sentendosi incredibilmente fuori luogo - non sarebbe dovuto essere lì, nella stanza di un uomo che non conosceva nemmeno. Non sarebbe dovuto essere lì in generale: doveva essere a casa, nell'appartamento dietro l'angolo rispetto alla tentacolare casa di famiglia, dove la macchina di Dis sarebbe dovuta essere ancora intatta nel vialetto. Era domenica - si sarebbe dovuto preparare per andare in giro con Dis e Vivi per cena, come facevano ogni settimana. Avrebbe dovuto essere pronto a leggere per Fili, a lamentarsi con Frerin del suo appuntamento col dottore la settimana successiva, a ricontrollare gli schizzi dei design che avrebbe dovuto mandare al fabbro come prima cosa il lunedì mattina.

Non qui.

"No?" disse, quando l'infermiere lo guardò di nuovo, chiaramente aspettando una risposta di qualche tipo mentre controllava ciò che riportavano i macchinari intorno al letto. La sua voce non sembrava la sua, roca e incerta, ma l'infermiere non sembrò notarlo, continuando con l'efficienza di qualcuno abituato al suo compito.

L'infermiere scosse la testa. "Ne aveva un po' quando è arrivato, ma non ha parenti stretti e la maggior parte delle persone…" lasciò cadere, e sospirò. "Sono passati mesi ormai, ed è un grosso impegno per la gente, continuare a venire. In particolare quando… beh, quando non sai se si riprenderà mai."

Thorin annuì, e la sua risposta doveva essere bastata, perché l'infermiere sorrise, e cominciò a rivoltare le coperte.

Distolse gli occhi quando il petto dell'uomo fu visibile, e l'infermiere slegò il lacci della sua camicia d'ospedale per controllare qualcosa, mormorando un'approvazione a qualsiasi cosa avesse visto - punti, forse o qualcosa di peggio.

"Sono sicuro che apprezzerebbe molto la tua visita."

Thorin si chiese per un momento se dovesse confessare, che non conosceva l'uomo e non aveva avuto intenzione di essere lì, ma l'improvvisa pesante tristezza nello sguardo che gli fu lanciato fu abbastanza per frenargli la lingua. Cosa avrebbe risolto, oltre a turbare un membro dello staff dall'aria stanca?

"Lo conosci bene? Non sono certo di averti mai visto qui?"

La pose come una domanda, per cui Thorin fu grato, e distolse gli occhi mentre scuoteva la testa. L'infermiere sembrò prenderla per quello che era, una silenziosa ammissione di non voler parlare, e si limitò a coprire di nuovo l'uomo. Annotò qualcosa sulla cartella, e rivolse a Thorin un piccolo sorriso mentre la rimetteva a posto e si avviava verso la porta.

Esitò per un momento sull'uscio, spostando lo sguardo tra Thorin e il letto.

"Ti lascio, allora. Lui… non c'è bisogno che tu ti sieda lì, sai. Si pensa che sentir parlare le persone possa aiutare. Gli lasciamo la radio accesa, a volte. Puoi andare lì, sederti vicino a lui."

Thorin annuì, non fidandosi completamente della sua lingua. L'infermiere continuò a sorridergli per un lungo momento, e Thorin si tirò in piedi.

Se avesse potuto, se ne sarebbe andato, ma in quel momento il pensiero di deludere l'infermiere era solo un altro peso che si sarebbe aggiunto sul suo collo.

Fece un passo verso il letto.

L'infermiere chiuse la porta dietro di sé con un silenzioso click, lasciando Thorin a sentirsi forse persino peggio di quando si era infilato nella stanza. Non solo era riuscito ad interrompere la quiete di quello che era apparentemente qualche povero tizio in coma, aveva anche inavvertitamente convinto un infermiere ben intenzionato di essere lì per vedere l'uomo, quando in realtà aveva solo cercato di nascondersi dalle proprie responsabilità ed emozioni.

Davvero non aveva bisogno di più senso di colpa, quel giorno tra tutti.

Prese la cartella che l'infermiere aveva rimesso a posto, dando un'occhiata alla data di ammissione: tre mesi e mezzo prima.

L'uomo nel letto era pallido e magro, anche se c'era una certa morbidezza nei suoi lineamenti che suggeriva fosse stato un po' più paffuto prima di essere ricoverato; suppose che quel tipo di cosa fosse normale, nei pazienti in coma, anche se la sua conoscenza medica era limitata all'occasionale ri-scorsa di un vecchio episodio di Dr. House. Era difficile valutare l'altezza dell'uomo da dove stava disteso, coperto quasi completamente dalle lenzuola, ma Thorin pensava che fosse più basso di lui, anche più sottile. C'era qualcosa di vulnerabile nel modo in cui se ne stava steso lì, la schiena dritta invece di lievemente incurvata come ci si potrebbe aspettare da qualcuno che stava semplicemente dormendo.

"Mi dispiace" disse all'uomo "per averti interrotto."

L'uomo non rispose, e Thorin si ritrovò a fissare il viso spento e liscio per un momento. Era stranamente senza età, spogliato di tutte le preoccupazioni e sentimenti; avrebbe potuto avere dieci anni più di Thorin, o dieci anni meno. Non aveva modo di sapere.

"Io… io avevo solo bisogno di sedermi in un posto tranquillo per un po', senza nessuno che mi parlasse o che mi chiedesse se c'era niente che possano fare, o…"

Scosse la testa, prima di lanciare di nuovo un'occhiata al letto. I capelli dell'uomo erano tagliati molto corti, senza dubbio per rendere le cose più facili agli infermieri: erano di un colore tra il castano e il biondo, senza essere l'uno o l'altro, e avevano una leggera leggerezza anche così corti che suggeriva potessero arricciarsi se gli fosse permesso di crescere.

C'erano leggere linee agli angoli della sua bocca, come se sorridesse tanto, ma ora il suo viso era molle, impassibile.

Non c'erano reazioni alla sua presenza e con un'ultima occhiata alla porta, Thorin si sistemò sulla sedia vicino al letto, sfogliando le annotazioni sulla cartella ancora una volta.

La maggio parte era scritta in un linguaggio tecnico e medico che non capiva: sembrava esserci una specie di tabella di turni, e una lista di cose con lunghi nomi che Thorin sospettò potessero essere medicazioni di qualche tipo, ma incontrò cose che riusciva a capire, qui e là, alcune stampate e alcune nella grafia mezza-illeggibile di un senza dubbio frettoloso dottore.

 Condizione comatosa

Ferita alla testa

Non reattivo

B. Baggins

Chiuse la cartella prima di poter impicciarsi ulteriormente: non era compito di quest'uomo fornirgli distrazioni in tempi del genere, anche se ne aveva davvero bisogno e, con tutta probabilità, non lo avrebbe mai saputo.

"Non sono davvero qui in visita" Thorin cominciò di nuovo, "Solo non sapevo come dirlo all'infermiere. Sono qui con mia sorella. Lei è…" si interruppe ancora, mentre la crescente spossatezza dopo giorni insonni calava su di lui. La paura che aveva cercato di combattere dalla telefonata che era arrivata quella mattina presto pressava sul suo petto, rendendogli difficile respirare.

"Ha avuto un incidente d'auto," disse all'uomo addormentato. "È andata in travaglio prematuro. Il bambino ce l'ha fatta, e pensano che starà bene, ma hanno detto che c'è bisogno di tenerlo qui per parecchie settimane, se non mesi."

L'uomo - il signor B. Baggins - non disse nulla.

Ovviamente.

Thorin reclinò in dietro la testa, chiudendo gli occhi.

"Lei... i nostri genitori sono morti quando aveva dodici anni, e io diciannove, sono diventato il tutore legale. Suo e di mio fratello."

Si sforzò per un momento per non mostrare sul suo volto come si sentiva, ma poi ricordò: non c'era nessuno a guardare. Strinse gli occhi.

"Mio fratello è quasi morto solo tre mesi fa. Pensavo che lo avrei perso, come i nostri genitori. È stata colpa mia, sarei dovuto andarlo a prendere, ma ero in ritardo… e ora lei, i dottori ci hanno detto che potrebbe morire, è in sala operatoria ora e…"

A questo punto normalmente la gente saltava nel discorso, con parole rassicuranti o sorrisi comprensivi o - peggio - contatto fisico non voluto. Aveva ricevuto più pacche sulle spalle e imbarazzati mezzi abbracci dopo la morte dei suoi genitori di quanti ne potesse sopportare.

Il pomeriggio grigio faceva poco per illuminare l'atmosfera della piccola stanza d'ospedale, il pulsare muto delle macchine era un sottofondo stranamente tranquillizzante. Suppose di aver passato troppe ore in ospedale nei mesi recenti se trovava il suono di equipaggiamento ospedaliero effettivamente rilassante.

C'erano fiori sul davanzale della finestra; di stoffa.

Si chiese se venissero dall'ospedale, o da un visitatore: forse uno che non passava spesso, e pensava di affievolire il rimorso delle visite infrequenti con un regalo duraturo.

Lo fece sentire stranamente infastidito.

"Mio fratello è stato rapinato, fuori da una stazione del treno: gli hanno rubato la borsa ma ha provato a contrattaccare, e l'altro aveva un coltello. Lo dovevo andare apprendere, era stato via per lavoro, ma ho fatto tardi.
Fece una pausa, e si accigliò.

"Non so perché te lo sto dicendo."

Thorin aspettò un momento di più, ancora quasi aspettandosi che l'uomo si svegliasse, lo guardasse, gli rispondesse.

"Mi dispiace," disse ancora, alzandosi in piedi. "Ti lascio stare."

Ma mentre chiudeva nuovamente la porta dietro di sé si sentì inondare da uno strano senso di calma, come se avesse dormito a lungo in una fresca stanza scura.

Raddrizzò le spalle, sentendosi un po' meglio, e si fece strada verso il resto della sua famiglia per aspettare notizie.

---------------

Sette settimane dopo -

Si rese vagamente conto di uno strano bip, e lo sgradevole calore di troppe lenzuola, come se fosse stato steso troppo fermo in una calda notte d'estate per troppo a lungo.

Si accigliò, e provò a muoversi, ma era come se un grosso peso premesse giù il suo corpo, ed era quasi impossibile muovere le membra anche solo di poco.

"Non preoccuparti" arrivò una voce tranquillizzante, calma e melodiosa. "Non cercare di muoverti troppo, prova solo ad aprire gli occhi."

Cercò di rispondere, ma si sentiva la bocca incredibilmente secca, e non riusciva a far lavorare la lingua correttamente.

Occhi. La voce aveva detto che doveva aprire gli occhi.

Era molto più difficile di quanto sarebbe dovuto.

Tutto sembrava che dovesse fare male, ma rimanesse insensibile allo stesso tempo. Cos'era successo?

La luce fu quasi abbagliante quando riuscì infine ad aprire gli occhi, il mondo galleggiò lentamente a fuoco.

L'unica cosa che vide, prima di essere costretto a chiudere di nuovo gli occhi, furono dei fiori di un pallido arancio-oro, leggermente afflosciati, in un vaso accanto al suo letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Note della Traduttrice
Ciao a tutti! Posto il secondo capitolo a poca distanza dal primo, perchè voglio lasciarmi alle spalle la prima parte della storia che è un po' lenta e non molto ricca di eventi dehe. Ringrazio coloro che hanno commentato il capitolo precendente per il supporto e per l'entusiasmo, sspero davvero che questa storia vi piaccia come è piaciuta a me ♥
Questa traduzione non è betata - e non lo è neanche la storia originale, tra l'altro - quindi eventuali errori di interpretazioni o grammaticali sono da imputarsi solamente a me. Non esistate a farmeli notare!
Buona lettura! ♥

 
 
Capitolo 2
 

Thorin non aveva avuto intenzione di ritornare.

Davvero, non voleva: si era sentito già abbastanza male la prima volta per essere entrato nella stanza dell'uomo senza che dover peggiorare ulteriormente la situazione ritornando, e se le cose fossero andate male quel giorno, probabilmente non l'avrebbe mai fatto. Ma la dottoressa era infine apparsa sull'uscio, dopo ore di attesa seduti scomodamente senza nulla da fare se non lasciare che i peggiori scenari si presentassero nelle loro teste; si stava ancora ripulendo dopo l'intervento, con un sorriso impetuoso sul volto, tutto gioia e gratitudine e stanchezza e rabbia raccolti insieme.

"Se l'è cavata," aveva detto loro. "Dovrà restare qui per un po' così che possiamo tenerla d'occhio, ma abbiamo fermato l'emorragia e pensiamo che starà bene."

Nessuno di loro era stato in grado di rispondere, ma il medico sembrò capire, senza dubbio c'era abituata; aveva solo sorriso al sollievo tangibile sui loro volti, un sorriso onesto che l'aveva fatta sembrare anni più giovane. Thorin si era sentito in qualche modo abbastanza in forze da radunare Frerin e Fili e Vivi tra le sue braccia, la testa reclinata all'indietro, fissando distrattamente il soffitto anche quando Frerin cominciò a piangere e Fili gli strattonò stancamente le mani per essere tirato su.

Lo aveva fatto, lasciando che il suo nipotino seppellisse la testa nella curva del collo di Thorin, senza lamentarsi del fatto che suo zio lo stringesse un po' più forte del solito.

Quando i dottori li avvertirono che Dis non si sarebbe svegliata per ore, Thorin aveva convinto Vivi a portare lei stessa e Fili a casa,; aveva quasi spinto Frerin fuori dalla porta con loro, sapendo perfettamente che il suo fratellino aveva bisogno di riposo, essendosi a stento ripreso dalle sue ferite. Lui voleva ostinatamente rimanere con Thorin, ma il maggiore non voleva sentir ragioni.

"Sto bene," si era lamentato quando Thorin gli aveva detto, ancora una volta e in una voce che non ammetteva contraddizioni, di andare a casa.

"Starai bene quando non farai smorfie di dolore alzandoti dalla sedia," Thorin gli disse, troppo stanco per provare ad essere più educato (anche se la maggior parte della famiglia direbbe che anche nei suoi giorni migliori, Thorin non era il più fine degli individui). Suonò arrabbiato, e ostile, ma in quel momento non gli importava, e fortunatamente Frerin lo conosceva abbastanza bene da capire che la frustrazione non era diretta a lui, ma alla situazione. "Vai a casa, o ti ci metto io su un taxi, quindi dammi una mano."

Abbassò un po' la voce quando Frerin gli rivolse uno sguardo addolorato e supplicante. "E non voglio che Viv guidi da sola, ok? Assicurati che lei e Fili tornino a casa interi. Resta nella stanza degli ospiti in caso abbiano bisogno di te."

Quella non era propriamente la verità - tra tutti loro, Vivi era la migliore ad affrontare le crisi, e quella che aveva meno bisogno di aiuto in momenti del genere. In realtà era più probabile che Frerin avesse più bisogno di supporto emotivo di lei, anche se suo fratello minore non l'avrebbe mai ammesso.

"Uno di noi qui, e uno a casa" disse, perché Frerin sembrava ancora poco convinto, e quasi sorrise quando colse il momento in cui suo fratello si arrese, visibile nelle pieghe intorno ai suoi occhi e nel modo in cui la sua fronte si appianò.

Fu un colpo basso, usare quello per far sì che Frerin se ne andasse, ma Thorin sapeva che non ci sarebbe stato modo per lui di poter dire di no, e ora aveva bisogno che suo fratello stesse a casa e riposasse più di quanto gli servisse qui, stanco e tra i piedi.

Frerin annuì, e Vivi gli fece l'occhiolino da dietro la sua spalla, forse con un po' meno entusiasmo di quanto non faceva normalmente; aveva sentito, lo faceva sempre, e aveva capito perfettamente cosa stesse facendo Thorin.

Non per la prima volta, Thorin fu grato per sua cognata.

Le passò Fili, già di nuovo mezzo addormentato tra le sue braccia.

"Chiamami quando arrivate a casa," le disse, riuscendo all'ultimo a non farlo suonare come un ordine.

"Chiama me quando lei si sveglia," Vivi ribatté, non provando per niente a farlo suonare diversamente dell'ordine che era.

Fu solo dopo che si rese conto non solo che non gli era minimamente passato per la testa di andare lui a casa, non era neanche venuto in mente a Frerin e Vivi che non sarebbe rimasto.

Lo avevano lasciato allora, e ad un certo punto si era assopito nella sedia, svegliandosi al mattino presto con la luce grigia che c'è prima dell'alba e un doloroso torcicollo, ma tutto ciò fu dimenticato quando realizzò che mentre dormiva avevano riportato dentro il letto di Dis. Andò immediatamente al suo fianco, i suoi occhi sfrecciavano dal suo viso - pallido, un po' tirato, con graffi sulla fronte - al tubicino infilato sul dorso della sua mano, connesso ad una flebo. Respirava regolarmente, e molto poco di quello che poteva vedere indicava che avesse avuto un incidente: le varie ferite superficiali erano nascoste dalle maniche della veste d'ospedale, il peggio dalle coperte bianche.

Le prese la mano, e sospirò di sollievo quando le sue dita si mossero nelle sue, e la sua fronte si contrasse un po'.

Emise un debole, basso suono dal fondo della gola, e lui le accarezzò il dorso della mano con il pollice, facendo attenzione ad evitare la flebo.

"Thorin?" mormorò lei, prima ancora di aprire gli occhi.

"Sono qui," rispose, la gola chiusa. "Sono qui."

"Il…" la sua altra mano sfiorò la curva del suo addome.

"Il bambino sta bene," le disse, cercando di suonare più rassicurante che poteva. "Un po' piccolo, e nell'incubatrice - non abbiamo ancora potuto prenderlo in braccio - ma sta bene."

Thorin avrebbe potuto aggiungere molto di più - quanto piccole fossero le sue mani, che non gli era permesso di prenderlo in braccio perché non erano sicuri di quanto sviluppato fosse il suo sistema immunitario, quanto Thorin avesse voluto cadere in ginocchio al suo fianco e rimanere lì fino a quando gli fosse stato permesso di portare suo nipote a casa - ma non lo fece. Si limitò a spostare delicatamente una ciocca sparsa di capelli - scuri come i suoi, e già con leggeri fili argentati alle tempie, un tratto di famiglia, anche se aveva solo trent'anni - via dalla sua fronte. Lei annuì, chiudendo gli occhi e ritornando a respirare profondamente.

L'orologio sopra la porta gli disse che erano da poco passate le cinque del mattino, e andò a dire all'infermiera alla scrivania che si era svegliata. L'infermiera di turno sembrò sorpresa ma grata.

"Grazie," gli disse. "La maggior parte delle volte la gente non pensa a farcelo sapere."

Thorin alzò le spalle, e andò via, senza darsi pena di dirle che aveva già vissuto tutto questo, solo mesi rima. Milza scoppiata e lacerazione dell'arteria renale echeggiava ancora nella sua testa nelle notti in cui non riusciva a dormire, come facevano le immagini di Frerin, appoggiato al muro e ricoperto dal suo stesso sangue, comunque in grado di sorridere a Thorin… ma quelli erano solo fatti suoi.

Non ritornò immediatamente alla stanza di Dis, aveva bisogno di condividere la notizia del suo risveglio. Invece si fece strada verso l'entrata principale, uscendo fuori dalle porte di vetro nell'aria fredda e umida, respirando profondamente mentre accendeva il telefonino e aspettava che si caricasse. Due messaggi lo aspettavano, uno da Frerin e uno da Vivi, che gli dicevano di essere arrivati a casa senza problemi: esitò per un momento sul tasto di chiamata rapida prima di scuotere la testa e aprire un nuovo messaggio, digitando un veloce sms da mandare ad entrambi - si è svegliata, stanca ma sembra stia bene, è addormentata ora, vi farò sapere se ci sono cambiamenti.  

Aveva promesso di chiamare, lo sapeva, ma sembrava ridicolo svegliarli quando avevano avuto solo poche ore di sonno e non era successo nulla di grave.

Avrebbero ricevuto la notizia appena svegli, ed era la cosa più importante.

Thorin ritornò dentro sentendosi irrequieto, perfino a disagio; voleva lanciare la notizia da ogni tetto della città, e allo stesso tempo voleva infilarsi nel suo letto per non emergerne mai più. Era una strana giustapposizione.

Le luci al neon, si rese conto con fastidio, erano luminose di notte come che di giorno: aggiunse del paracetamolo nella lista di cose da prendere al negozio dell'ospedale quando avrebbe aperto tra qualche ora, insieme a uno spazzolino da denti e qualcosa da mangiare. Non si sentiva particolarmente affamato, ma quando Frerin era stato in ospedale aveva perso quasi tanto peso quanto il suo fratellino, e non aveva voglia di ripetere l'esperienza; non era ancora tornato al suo peso abituale.

I corridoi sembravano tutti uguali in un ospedale, ma c'era qualcosa di vagamente familiare in quello che stava percorrendo al momento, addentrandosi nel reparto di terapia intensiva. Senza volerlo, i suoi piedi lo riportarono alla quella stessa stanza, forse qualche cosa di nascosto dentro di sè si ricordava della strana, vacillante pace che aveva provato andandosene l'ultima volta, e pretendeva di ritornare. La porta era chiusa stavolta, non ci sarebbe stato nessun barcollare dentro, e non poteva di nuovo far finta di pensare fosse vuota.

Non aveva davvero avuto intenzione di tornare.

Non aveva ragione di tornare.

Con un'occhiata furtiva ad entrambi i lati per assicurarsi che nessuno fosse in giro Thorin s'infilò dentro, premendo la schiena alla porta una volta chiusa.

Si riprese prima di scivolare sul pavimento, forzandosi di restare dritto.

"Scusa, di nuovo," mormorò, anche se non era sicuro fosse rivolto alla stanza in generale o a sé stesso o al paziente nel letto. "Volevo solo… dirti che mia sorella starà bene. Si è svegliata poco fa, e ci ho parlato."

Non ci fu risposta, nessun battito di mani o urla di gioia, solo benedetto silenzio.

"So che non mi conosci, o conosci lei… ma avevo davvero bisogno di dirlo a qualcuno."

Si tirò via dalla porta e verso il letto; se aveva intenzione di interrompere il riposo di quest'uomo almeno avrebbe avuto la cortesia di guardarlo negli occhi mentre lo faceva. Anche se, ovviamente, era un modo di dire; i suoi occhi erano chiusi, l'ombra delle ciglia fluttuava sulla pelle pallida delle guance. Le guardò per un momento, aspettando un qualche movimento, il tremolio del sonno REM, ma fu nuovamente deluso.

Gli occhi di Thorin furono attratti dalla leggera spolverata di lentiggini sul ponte del suo naso, pallido e slavato ora, come se mesi bloccato lì dentro avessero lavato via la vitalità dalla sua pelle; immaginava che l'uomo si abbronzasse piacevolmente nel sole, le sue lentiggini si scurissero sempre di più col passare dei mesi estivi, ma era passato troppo tempo da quando quest'uomo era stato fuori. Si accigliò un po' mentre si ricordò che questo Signor Baggins poteva non vedere mai più la luce del sole.

"Probabilmente vuoi i tuoi amici qui, non qualche sconosciuto che ti parla di persone che non hai mai incontrato."

Un orrendo pensiero gli attraversò la mente. E se lui non fosse stato l'unico a fare questa cosa: se se altri visitatori entravano per sfogare verbalmente le loro frustrazioni su quest'uomo? E se lui era solo uno in una serie di persone che venivano per usare la sua espressione vuota e il suo silenzio come un tipo di terapia, lasciandolo una volta che si sentivano meglio?

Scosse la testa.

Stava diventando ridicolo. L'infermiere aveva detto che non aveva molti visitatori, si sarebbe accorto se ci fosse stato un flusso di parenti e amici frustrati che entravano per lamentarsi.

C'era solo… lui.

Per quanto in colpa lo facesse sentire, non poteva negare di sentirsi meglio per aver detto a qualcuno che Dis sarebbe stata bene, per aver condiviso l'informazione. L'irrequietezza che aveva invaso le sue ossa si era dissipata, il suo umore sollevato un po' anche quando la stanchezza ne prese il posto, spingendolo di nuovo verso la scomoda sedia nella stanza di Dis. Anche se non aveva mai avuto intenzione di tornare, ora, fu grato di averlo fatto.

Uscì silenziosamente, il sollievo gli rese possibile ergersi più alto, la schiena più dritta anche se non capiva davvero il perché.

"Scusa," ripeté sull'uscio. "Ci vediamo in giro."

Si sentì un idiota, a parlare con un uomo che non poteva sentirlo, ma si ritrovò a non poter andarsene senza dire addio.

---------------

Sette settimane dopo -

La luce era troppo forte e il suo corpo troppo pesante, e non capiva cosa stesse succedendo o perché non riusciva a sentirsi bene le dita; tutto era leggermente sfocato e stava arrivando al limite dell'isteria. Persone continuavano a chiedergli di sbattere le palpebre due volte per un si e di guardare qui e di fare un cenno se mi riesci a capire ma nessuno gli spiegava cosa ci fosse che non andava, cos'era successo, perché si era svegliato in una stanza sconosciuta incapace di usare il suo corpo, circondato da sconosciuti.

Provò a formare delle parole ma non ci riuscì, si sentiva i denti strani e la bocca troppo grande e troppo piccola allo stesso tempo, e l'infermiera doveva aver percepito il suo panico perché gli sorrise rassicurante.

"Va bene, è perfettamente normale non essere in grado di parlare subito dopo. Concentrati sul restare sveglio. Il dottore sta arrivando."

Dopo cosa, voleva urlare, ma tutto ciò che riuscì a fare fu aprire di poco la bocca. Cosa mi è successo?

Ci fu un turbinio di attività inspiegabili intorno a lui, gente che andava e veniva, e poi una donna alta e dai capelli rossi gli stava sorridendo, il viso segnato e amichevole, e stava parlando, presentandosi, spiegando cosa stesse succedendo, ma lui continuava ad impigliarsi su certe parole.

Comatoso

Ventuno settimane

Quattro settimane fa

Cosa stava succedendo?

I suoi occhi guizzarono sul comodino, dove fiori che si ricordava vagamente di aver visto - anche se dove, dove li aveva visti? - stavano in un vaso.

Erano luminosi, e belli, e vederli lo fece rilassare, anche se non sapeva il perché.

Cercò di regolare il respiro, e si rivolse di nuovo alla dottoressa.

La lingua gli dava ancora problemi, ma stavolta riuscì a farla funzionare, la voce spezzata e nulla di simile a come era di solito.

"Comincia… inizio."
 


Note della Traduttrice - reprise
Scommetto che nessuna di voi aveva capito che Vivi è una donna. Neanch'io l'avevo fatto fino a questo capitolo dehe. Ecco spiegata la tag FemSlash ;)
Mi sono accorta che northern ha la tendenza ad usare forme di sintassi molto molto difficili da riportare in italiano, e forse si nota una certa confusione. Spero comunque che vi sia piaciuta ^-^
Alla prossima!

KuroCyou

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note della Traduttrice
Ciao a tutti di nuovo! :) Nulla di importante da dire oggi, tranne i miei ringraziamenti per il supporto a Missing23, Leila91 e LiliacLilium che hanno commentato il capitolo precedente. Grazie del supporto, ragazze ♥
Come sempre, non esitate a farmi notare eventuali errori!
Buona lettura!



Capitolo 3
 
 

Tornò dopo tre giorni, settantadue lunghe, lente ore passate ad aspettare all'infinito e stare seduti e provare ad essere pazienti; si era ritrovato di nuovo nella stanza dell'uomo quando Dis era finalmente riuscita a mettersi in piedi e andare al reparto di terapia intensiva neonatale per vedere suo figlio - la mano di Vivi serrata così stretta nelle sue che era bianca quando Dis l'aveva infine lasciata andare. Si era seduta con fatica di fianco all'incubatrice, le mani strette ai bracci della sedia come se avesse avuto paura di cadere; Thorin aveva guardato attraverso la finestra sul reparto, aggrappandosi al davanzale, volendo aiutare ma sapendo che gli infermieri non avrebbero permesso a così tante persone di entrare tutte insieme.

Vivi era stata lì comunque, i corti capelli biondi infilati dietro le orecchie mentre le indugiava alle spalle, in caso Dis avesse avuto bisogno di lei, spostando gli occhi tra corpicino nell'incubatrice e la donna al suo fianco, indecisa su quale dei due avesse più bisogno delle sue attenzioni.

Poi Dis aveva sorriso appoggiando la fronte sul vetro, lo straziante sorriso pieno di gioia di una madre che vedeva il figlio per la prima volta, e qualcosa nel petto di Thorin si strinse e si rilassò allo stesso tempo.

Frerin, di fianco a lui, gli aveva dato una gomitata.

"Smettila di preoccuparti, mamma."

Thorin aveva emesso qualcosa di simile ad una risata e si era passato una mano tra i capelli.

Frerin poteva prenderlo in giro quanto voleva, ma non avrebbe mai fatto cessare l'onnipresente agitazione che attanagliava il suo cuore quando si trattava della sua famiglia; anche quando non c'era niente che non andava, c'era sempre un filo di paura, come se sapesse che qualcosa sarebbe comunque successo.

Aveva progettato di andare a casa, dopo, per farsi una doccia e cambiarsi i vestiti, ma quando aveva superato l'imbocco del corridoio aveva di nuovo pensato a quella porta, quella stanza tranquilla, la luce del sole che diventava un grigio bagliore sulle lenzuola pallide, quell'espressione senza pretese, e si infilò di nuovo dentro, solo per un momento, solo per dirgli la notizia, anche se sapeva che l'uomo non poteva sentirlo.

"Vogliono chiamarlo Kili," aveva detto, indugiando un po', incerto se dovesse sedersi o rimanere in piedi. "Fili è al settimo cielo, a quanto pare è stata una sua idea."

Aveva scosso la testa allora, e se ne era andato, perché non c'era ragione per lui di continuare a fare questa cosa.

Ma da allora fu come se si fosse rotto un argine; Thorin non era mai stato il tipo da sfogarsi con le persone di sua conoscenza, men che meno con degli sconosciuti, ma c'era qualcosa nel silenzio della stanza che gli faceva tirare tutto fuori, qualcosa nella strana esperienza di parlare con qualcuno che non poteva né sentire né rispondere che rendeva il tutto molto più facile di quanto non fosse mai stato.

Non lo faceva ogni giorno, anche se si ritrovava all'ospedale tanto spesso, nonostante il suo lavoro e il badare a Fili, così che entrambe le sue madri potessero riposare o aspettare insieme nel reparto di maternità, ma due o tre volte a settimana si ritrovava a fermarsi sulla porta, ancora una volta chiedendosi se sarebbe dovuto entrare o no, prima di inevitabilmente entrare nella stanza immutata, scivolare sulla sedia al fianco del letto, e parlare.

"Ho tenuto mio nipote per la prima volta oggi" poteva dire all'uomo, sistemandosi sulla sedia. "Io… beh, non proprio tenuto, non in braccio, ancora non ci è permesso di farlo. Ma possiamo toccarlo ora, lo chiamano contatto di conforto. Così il bambino sa che ci sono persone intorno. Ancora non apre gli occhi."

Aveva la sensazione che chiunque lo conoscesse bene si sarebbe terrorizzato a sentirlo parlare in questo modo, così liberamente e apertamente, con un totale sconosciuto.

Non sapeva perché lo faceva.

Sapeva solo che lo faceva sentire immensamente confortato, come non aveva mai fatto da quando era un bambino, al sicuro tra le braccia di sua madre o al fianco di suo padre. C'era qualcosa di terapeutico nel silenzio, qualcosa di bello nell'avere la possibilità di parlare senza che nessuno ascoltasse realmente, senza che nessuno gli ponesse domande o si aspettasse determinate risposte, o che gli dicesse di sfogarsi o che sarebbe andato tutto bene.

Thorin gli parlò della sua famiglia, di come era stato diventare il sostituto di un genitore per una dodicenne difficile e un quindicenne chiuso in sé stesso quando lui stesso non aveva neanche vent'anni, e come odiava quando la gente gli diceva che bel lavoro avesse fatto, perché non sentiva di aver fatto nulla. Frerin era uscito dal guscio quando se ne era andato via in un anno sabbatico prima dell'università e Dis aveva smussato gli angoli col tempo, in particolare dopo aver incontrato Vivi nel suo anno da matricola (in un'università all'altro lato del Paese rispetto a quella di Frerin, e che cosa fantastica era stata andarli a riprendere entrambi alla fine del semestre). Aveva avuto poco a che fare con lui; dopo tutto, non era mai davvero riuscito a fare nulla di ciò, non avendo mai superato la sensazione adolescenziale di essere fuori posto e la scocciatura che gli provocavano i rapporti sociali.

Ammise quanto quello da solo lo infastidisse a volte.  

Thorin spiegò quanto aveva odiato il fatto che chiunque sembrasse provare a dargli il merito di come i suoi fratelli erano "venuti su", parlando di loro come se fossero macchie che Thorin aveva strofinato via e non persone reali che erano cresciute e si erano sviluppate a modo loro; facevano cenni di rispetto nei suoi confronti e parlavano di sacrificio e quanto orgogliosi sarebbero i tuoi genitori, e dopo un lungo, silenzioso pomeriggio aveva perfino ammesso, la voce bassa e tranquilla, quanto ciò lo infastidisse, perché non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che suo padre sarebbe stato solo deluso dal fatto che non aveva continuato gli studi, avendo cominciato un apprendistato per far quadrare i conti così che non dovesse attingere alle eredità di Dis e Frerin (le sue erano state completamente utilizzate per finire di pagare l'ipoteca sulla loro casa, così che non si sarebbero dovuti trasferire).

Raramente incontrava infermieri o medici nella stanza dell'uomo, cosa per la quale era immensamente grato, anche se a giudicare dai cenni familiari che cominciava a ricevere sospettava  fossero al corrente del suo via vai.

Thorin parlò anche del suo lavoro di gioielliere, come avesse cominciato in un negozio di catenelle ma come le giornate tutte uguali piene di vendite di collanine dall'aria economica e pendenti pacchiani lo stessero facendo impazzire, e come avesse avviato la sua attività con un prestito che era stato davvero troppo alto per essere gestito da un uomo di poco più di vent'anni (ovviamente non se ne era reso conto allora), con i ghirigori intricati dei gioielli personalizzati che erano diventati la sua specialità.

Spiegò che nonostante il pensiero di quello che avrebbe detto suo padre, amava farlo.

Ammise che c'erano poche cose che gli davano tanta pace e soddisfazione quanto vendere qualcosa nel quale aveva riversato cuore e anima, sapendo che la persona che lo comprava ci tenesse quanto lui.

A volte si chiedeva se avesse dovuto chiedere a l'uomo di parlare di sé, di chi fosse e cosa facesse e come fosse finito in questa piccola, luminosa stanza, ma si fermava sempre. Per quanto l'uomo non avrebbe risposto, per quanto non avrebbe ricevuto risposta se l'avesse fatto, gli sembrava comunque che sarebbe stato invadente. L'uomo non stava steso lì aspettando di essere interrogato sulla sua vita, e meritava di avere privacy anche ora, in questo sonno profondo.

Thorin riuscì ad ignorare l'ironia della, considerando le sue azioni, semplicemente togliendoselo dalla testa.

Erano passate tre settimane da quando aveva conosciuto il signor Baggins, anche se "conoscere" implicava un qualche livello di reciprocità nei loro incontri, e non ce n'era proprio, e malgrado ciò si ritrovava lì un paio di pomeriggi a settimana, seduto sulla sedia scomoda, a guardare un volto sul quale non c'erano segni di movimento.

Deglutì.

"Sono sempre lì in giro, gli infermieri. Non li biasimo, tutti i bambini nel reparto neonatale sono così… piccoli. Anche lui lo è, mio nipote. Sta crescendo però."

Thorin si schiarì la gola, e si mosse un po' nella sedia.

"Te lo potrei portare, se vuoi."

Perché l'ho detto? Si chiese. Cosa ci guadagno di buono a pensarlo?

Parlare all'uomo aveva lasciato notevoli effetti collaterali, comunque: riversare fuori quelli che, Thorin cominciava a realizzare, erano anni di emozioni represse lo lasciava più leggero, con più posto nella mente per un supporto di tipo diverso da quello che riusciva a dare nel passato.

Frerin gli aveva lanciato un'occhiata strana - probabilmente meritata - solo il giorno prima, dopo aver ammesso di aver saltato la sua visita di controllo per badare a Fili (Dis si era addormentata in ospedale e non era tornata a casa all'orario stabilito, e Thorin era al lavoro; Vivi era seduta all'incubatore e aveva completamente perso la cognizione del tempo).

Normalmente Thorin avrebbe ringhiato qualche rimbecco irritato a Frerin, chiamandolo idiota irresponsabile o qualcosa del genere, ma il senso di scocciatura che normalmente gli saliva velocemente non era arrivato; invece, lo aveva guardato con esasperazione poco convinta, e gli aveva lanciato il suo telefono, ricordandogli di riprogrammare l'incontro.

"Stai bene, Thorin?" Frerin aveva chiesto dopo aver riposto il telefono. "Non sembri... te stesso."

"Sto bene" aveva risposto, in un modo un po' più brusco del solito.

Frerin lo guardò in un modo che affermava chiaramente che non credeva ad una parola, ma lo lasciò in pace.

Non aveva detto a nessuno delle sue visite al paziente in coma, anche se non avrebbe saputo spiegare perché sentisse il bisogno di tenerlo segreto: forse aveva qualcosa a che fare con il senso di colpa che ancora sentiva a sfogarsi con uno sconosciuto.

Cosa che comunque non lo fermava.

Volendo, doveva trattenersi dall'andare a sedersi al capezzale dell'uomo più spesso di quanto non facesse già.
Era stano, pensò tra sé e sé quando arrivò ancora una volta all'ospedale, un borsone di provviste per Dis e Vivi in un braccio, quanto parlare un po' facesse per alleviare il peso che premeva sulle sue spalle da più anni di quanto potesse ricordare. Dis era stata dimessa più di una settimana prima, ma le due avevano passato così tanto tempo nel reparto di maternità che Thorin e Frerin avevano cominciato a portar loro cose, libri, snack, bottiglie d'acqua, così che si ricordassero di badare anche a loro stesse.

Si fermò un momento davanti al negozio dell'ospedale, il profumo di decine di bouquet di fiori tutti mischiati insieme, e pensò di nuovo a quei fiori di stoffa sul davanzale.

Gli davano ancora fastidio, anche se non avrebbe saputo dire il motivo neanche se la sua vita ne dipendesse.

Scosse la testa, e andò avanti per trovare la sua famiglia.   

---------------

Quattro settimane dopo -  

Bilbo si ritrovò a fissare ancora una volta i fiori sul comodino. Aveva presunto che li avesse portati un parente o un amico, ma non era venuto fuori nessun colpevole dalla moltitudine di visitatori che aveva ricevuto nel paio di giorni da quando si era svegliato: di fatto, un sacco di persone erano sembrate un po' vergognate quando lo aveva chiesto, il che lo portò a domandarsi se lo erano davvero andati a trovare tanto spesso quanto dicevano.

Ora aveva uno schieramento di bouquet sparso sul davanzale, alcuni costosi e un sacco davvero eccessivi, ma aveva chiesto agli infermieri di lasciare solo questi vicino al letto.

Tulipani, la sua mente fornì, incastrando al suo posto la parola per i fiori. Vari- c'era un termine, per i tulipani di questo tipo, con più di un colore sui petali. Vagri-qualcosa. Variegati? Tulipani variegati.

Fece ricadere la testa sui cuscini, esausto.

Continuava a succedere, momenti di sconcerto nei quali la sua mente e la sua memoria continuavano a riavviarsi, lasciandolo stremato. A stento realizzava cosa si fosse dimenticato finché non gli riveniva in mente, lasciandogli una strana inquietudine nel petto alla realizzazione di quanto male era stato.

"Sai chi ha lasciato questi fiori?" gracchiò ad un infermiere, le parole ancora incerte.

"Il tuo amico-" cominciò li, prima di interrompersi con una breve risata fragorosa. "Non è strano, è venuto qui così spesso di recente e non so il suo nome. Ha l'aria un po' severa, circa un metro e ottanta, capelli scuri sale e pepe, piuttosto attraente nel suo modo austero, scolpito?"

Si tamburellò l'angolo della bocca con la penna.

"Il naso un po' grande?"

Bilbo scosse la testa, assaporando il dolore che gli invase il collo per il movimento; non per il dolore in sé, ma per il fatto che fosse in grado di provarlo. Il paio di giorni dopo essersi svegliato del tutti erano stati terrificanti all'inizio, quando era stato a stento in grado di muovere il corpo, ma molto lentamente stava tornando tutto.

"Non… non conosco nessuno così," disse, accigliandosi. "Sei sicuro?"

L'infermiere annuì.

"Affermativo. Posso controllare se c'è un nome sul libro degli ospiti, se vuoi? Ero di turno l'ultima volta che è venuto, non dovrebbe essere difficile da trovare."

Bilbo annuì, lasciando che l'infermiere gli mettesse la cannuccia in bocca così che potesse bere un po' d'acqua. Gli mancava il cibo; a quanto pare si sarebbe dovuto riabituare a pasti solidi, perché il suo corpo non avrebbe reagito bene se fosse ritornato subito a mangiare cibo vero dopo tanto tempo attaccato ad una flebo.

Il che era un peccato, avrebbe ucciso per una frittura.

Andò a controllare, e Bilbo osservò i delicati giochi di arancio e oro sui petali mentre aspettava, serrando le dita ritmicamente - per nessuna ragione oltre al fatto che poteva.

L'infermiere ritornò, la fronte aggrottata.

"Non ha firmato, mi dispiace. Ma sono sicuro che tornerà presto! Viene ogni pochi giorni, ed era qui tre giorni fa."

Bilbo annuì, già mezzo addormentato, guardando ancora i fiori.

Continua...
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Note della Traduttrice
Vi sto viziando, davvero. Ma suppongo sia una ricompensa per il supporto che mi date 8D
In questo capitolo Frerin comincia a rivelare la sua indole di impiccione, e meno male che c'è lui, sennò questa storia non andrebbe mai avanti! XD
Buona lettura! ♥

 
Capitolo 4
 
 
Passò un mese prima che qualcuno scoprisse cosa stava facendo, e forse si sarebbe dovuto sorprendere che ci era voluto così tanto: la sua famiglia non era conosciuta per la sua comprensione dei confini quando si trattava della vita del fratello maggiore; sospettava che parte di ciò era dovuto al fatto che lui, come loro custode, aveva assunto un ruolo più genitoriale che fraterno per la maggior parte delle loro vite; e i suoi fratelli sentivano di avere un diritto innato sulla sua vita privata come i bambini fanno con i genitori.

Sarebbe stato più infastidito, ma era difficile mantenere un'irritazione causata dalla stessa cosa per quasi vent'anni.
"Quindi è qui che continui a scappare," arrivo dalla porta la voce familiare di suo fratello. Thorin fu leggermente fiero di sé stesso per non aver sobbalzato al suono inaspettato, e aveva riportato un'espressione severa e neutra sul viso, tenendo gli occhi fermamente puntati sull'uomo nel letto.

"È troppo chiedere un momento di pace?" ribatté.

"Probabilmente no" Frerin rispose. "Ma è più di un momento di pace. Sono settimane che sparisci a momenti strani. Pensavi che non ce ne fossimo accorti?"

Thorin rise; un secco, pesante ridacchiare.

"So come siete fatti, voi due."

Non era né una conferma né una negazione, neanche una spiegazione; non dubitava che suo fratello lo stesse guardando con curiosità, senza dubbio aspettando che dicesse qualcosa di più, che offrisse qualcosa di più di solo silenzio e la vista di quella che era senza dubbio una situazione inspiegabile, ma non lo fece.

Sinceramente, se dopo tutti questi anni suo fratello si aspettava qualcosa di più, chiaramente non conosceva Thorin molto bene.

Quasi si aspettava che Frerin se ne andasse, ma era più un desiderio da parte di Thorin che altro. Rigirò il pesante anello che portava al dito medio, un gesto lento e frequente che i suoi partner precedenti avevano attribuito al nervosismo, o tristezza, o disagio; un sacco di emozioni inaccuratamente collegate ad un semplice movimento che Thorin faceva così regolarmente perché non era causato da un singolo sentimento, ma piuttosto da qualsiasi tipo di emozione che non poteva esprimere o affrontare adeguatamente.

Thorin chiuse gli occhi per un istante quando la porta si chiuse al seguito di una decisione silenziosa, e suo fratello entrò nella stanza, indugiando goffamente ai piedi del letto, spostando gli occhi tra Thorin e l'uomo.

C'era ancora una leggera instabilità nel modo in cui Frerin si muoveva, il modo in cui le sue spalle si abbassavano un po' in avanti nel vago eco del dolore della guarigione. Il dolore sarebbe scomparso prima o poi, i suoi medici glie l'avevano assicurato, ma stava andando decisamente bene per qualcuno che aveva sofferto ferite di quella portata solo pochi mesi prima.

Fece venir voglia a Thorin di legarlo ad un a sedia così che non si potesse muovere, così che potesse continuare a guarire; sussultava internamente ogni volta che Frerin alzava Fili in aria, un po' più lentamente di quanto facesse prima.

Non osava dar voce a quel desiderio, però; gli era stato detto in molte occasioni che il suo livello di preoccupazione rasentava l'ossessione.

"Chi è?" chiese Frerin, dopo una lunga pausa, e Thorin alzò le spalle, ancora torcendo l'anello; era un pesante gioiello, uno dei primi pezzi che aveva fatto, quando stava ancora imparando a fare qualcosa di più di semplici schizzi di design da boutique. Due incisioni abbinate ne avvolgevano la circonferenza, l'una contro l'altra, dal paio di anelli da cui questo era stato ricavato.

Poteva a stento percepire gli incavi dell'incisione ormai: erano stati quasi livellati completamente dalle sue stesse mani.
"Non lo so."

Frerin allungò la mano per prendere la cartella medica, ma prima ancora che potesse cominciare a sfogliare le pagine Thorin fece un suono di protesta, e scosse la testa.

"Non farlo," disse, sospirando quando Frerin gli lanciò uno sguardo interrogativo. "Io non… lascia stare, ok?"

Suo fratello aggrottò la fronte, chiaramente confuso.

"Non è…" Thorin si interruppe, quasi gemendo ad alta voce.

Avrebbe voluto poter articolare le sue emozioni nel modo in cui ci riusciva quando era da solo nella stanza con l'uomo nel letto, ma il delicato sguardo inquisitorio sul viso di Frerin lo bloccò, chiudendo fermamente un lucchetto su qualunque cosa stesse per dire.

"Non sono fatti miei," disse infine, un po' banalmente. "Conosco il suo cognome, e da quanto è qui, ed è già troppo."

Frerin si accigliò. "Di certo li stai facendo diventare fatti tuoi, se continui a venire qui tante volte a settimana."

Thorin alzò le spalle, deliberatamente evitando il suo sguardo.

La quiete continuò, il leggero mormorio delle macchine che monitoravano il paziente in coma era un regolare picchiettio di fondo; la luce del pomeriggio inoltrato filtrava obliqua nella stanza, sollevando pigre particelle nell'aria, polvere e polline soffiati dentro dalle finestre aperte, e illuminandoli d'oro.

Le dita di Frerin tamburellavano ritmicamente contro la pediera del letto, il suo anello, portato sullo stesso dito di Thorin, scintillava alla luce.

L'orologio sul muro ticchettò il cambio dell'ora.

Thorin guardò l'uomo nel letto respirare lentamente, regolarmente, su e giù, l'unica vera indicazione che era vivo. Dopo un po' Frerin si spostò al muro dietro Thorin, insolitamente silenzioso mentre guardava non il paziente, ma suo fratello. I suoi occhi guizzavano dalla sua nuca alle sue mani, posate insolitamente ferme sui braccioli della sedia, le dita distese e non chiuse a pugno come al solito.

Un'infermiera entrò, fece un cenno e sorrise ad entrambi mentre controllava le macchine, prendendo appunti in silenzio e con efficienza prima di andarsene di nuovo. Frerin notò il fatto che non sembrò sorpresa di vederli lì.

Si chiese se questo fosse quello che Thorin aveva fatto mentre era privo di sensi, ma ne dubitava; ogni volta che si era svegliato Thorin camminava nella stanza, o si passava le mani tra i capelli, i gomiti poggiati sul letto vicino al braccio di Frerin come se la vicinanza fisica fosse abbastanza per riportare il fratello in piena salute.

Thorin sembrava… calmo.

Era una cosa strana a cui assistere.

"Ti fa bene venire a trovarlo," Frerin disse dopo un momento, da dietro Thorin, la sua una calda presenza contro la schiena. Thorin stesso era quasi riuscito a dimenticare di non essere solo nella stanza, guardando quasi ipnotizzato l'alzarsi e abbassarsi del petto del signor Baggins sotto le coperte.

Scosse la testa alla voce del fratello.

Il suo Frerin, il suo tenero e gentile fratellino, che cercava sempre la parte migliore nel mondo e in Thorin, in ogni caso.

"Non è per lui," precisò, "Non è un atto altruista. Fa stare me meglio."

Frerin avvolse il braccio destro stretto intorno al petto di Thorin, facendo ricadere la testa sulla curva delle sue spalle per un momento in un vigoroso, improvviso abbraccio.

"Forse va bene," mormorò contro la camicia di Thorin. "Forse meriti di essere un po' egoista ogni tanto. Ma se ti fa sentire male, allora fa' qualcosa per lui. Non deve essere qualcosa di grosso."

Lo lasciò andare allora, facendo un passo indietro via da Thorin come se quel breve momento di tenerezza non fosse mai avvenuto, tornando al suo normale tono ironico mentre andava alla porta. Thorin appoggiò la testa sui palmi, i gomiti sui braccioli della sedia.

"Sai" commentò, proprio prima di uscire dalla stanza. "Quei fiori finti sono dannatamente brutti."

Thorin aveva sorriso nelle mani.

"Quello era mio fratello," disse all'uomo dopo un po'. "È un invadente rompiscatole ma almeno ora sai di chi sto parlando quando mi lamento che continua a saltare gli appuntamenti col medico."

Si alzò per andarsene.

"Non so cosa ne penserai quando ti sveglierai" disse, accigliandosi un po'. "Probabilmente sarai  molto infastidito da tutti questi sconosciuti che piombano dentro mentre provi a riposare."

Se si sveglierà, lo corresse la sua mente mentre raggiungeva la porta.

Il pensiero gli pesava in testa mentre tornava lentamente al reparto di neonatologia; suo nipote era in condizioni molto migliori ora, ringraziando il cielo, ed era stato spostato in un reparto secondario, nel quale potevano andare e venire più liberamente, a differenza delle sue prime settimane di vita. Frerin gli rivolse un piccolo, strano sorriso quando entrò, ma Dis non disse nulla, quindi presunse che suo fratello fosse stato, per una volta, discreto, e non avesse detto alla loro sorella dove fosse stato.

Arruffò affettuosamente i capelli di Frerin per quello, come faceva quando suo fratello era ancora un ragazzino.

"Devo tornare al lavoro," disse a Dis, che gli sorrise. "Ho lasciato Dwalin da solo nel negozio per troppo a lungo, a quest'ora avrà spaventato tutti i clienti."

Dis gli diede un piccolo pugno sul braccio.

"Saresti finito senza di lui e lo sai."

Thorin fece spallucce, e le baciò la fronte.

"Hai bisogno di un passaggio a casa, dopo?"

Scosse la testa.

"Sto a posto. Frerin ha detto che mi porta lui dopo."

Thorin si accigliò. "Vai a letto presto stanotte, va bene? Hai bisogno di riposare."

Lei gli fece un gran sorriso. "Si, mamma."

Lanciò un'occhiataccia a Frerin, che fissava innocentemente il soffitto, come se il nomignolo non avesse assolutamente nulla a che fare con lui, e li lasciò entrambi, non prima aver posato con le dita un silenzioso bacio sul vetro dell'incubatrice.

Ma quando passò davanti alla reception, si ritrovò di nuovo attirato dalla gioiosa esposizione di fiori venduti lì, l'ampia distesa di vasi disposti ordinatamente sui loro scaffali, ciascuno pieno di bouquet avvolti nel cellophane, alcuni piccoli ed eleganti, altri grandi e voluminosi.

I suoi occhi scivolarono oltre le composizioni pastello chiaramente fatte per anziane parenti donne, e saltarono completamente le rose. I fiori non erano decisamente il suo forte, ma perfino lui capiva che le rose avrebbero probabilmente mandato il messaggio sbagliato agli infermieri. I gigli gli sembravano troppo fiori da funerale; si ricordava ancora con troppa chiarezza le corone sulle tombe dei suoi genitori.

Gli occhi di Thorin passarono su fiori di ogni taglia e forma, alte orchidee in piccoli vasetti e mazzi di gipsofila[1], finché non furono attratti dagli spessi steli dei girasoli, i loro ampi, scuri centri in forte contrasto con il giallo dei petali ricurvi.

Erano allegri, e amichevoli, e innocenti.

Li lasciò nella stanza dell'uomo prima di andarsene, mettendoli silenziosamente su un tavolo invece di darli ad un infermiera, che poteva volere una qualche spiegazione.

Per quando tornò, qualche giorno dopo, erano nell'acqua in un vaso vicino al letto, e stranamente la loro vista lo rallegrò.

 

---------------

 

Tre settimane dopo -

Bilbo si svegliò al lieve suono della porta che si chiudeva dietro qualcuno, e aggrottò la fronte mentre lentamente cominciava a muovere il corpo più che poteva; iniziò con le dita dei piedi, che riusciva a flettere con una certa facilità ora invece di piegarli leggermente, se metteva i piedi piatti sul letto. Le spalle stavano diventando più facili da muovere, ma gli era ancora impossibile sollevarsi a sedere, o rotolare su un fianco.

Muovere le braccia era ancora uno sforzo tremendo, ma gli infermieri lasciavano sempre i controlli per il letto vicino alle sue mani, e aveva abbastanza destrezza da essere in grado di premere il bottone per la chiamata, e tener giù il bottone che lentamente faceva alzare il letto, così che potesse stare in una posizione più seduta.

Guardò la stanza, annoiato mentre aspettava che un infermiere venisse ad aiutarlo a bere dell'acqua; già non vedeva l'ora di cominciare la terapia fisica, benché gli infermieri e i medici continuassero a ricordargli che sarebbe stata una strada lunga ed estenuante, così che potesse nuovamente fare almeno le cose più semplici da solo.

"Ah, sei sveglio," il suo infermiere disse entrando nella stanza. "Ti serve qualcosa?"

"Ah, acqua?" rispose Bilbo, un po' in imbarazzo, sentendosi strano a dover chiedere nonostante la costante rassicurazione che andasse bene farlo.

Non avrebbe mai più sottovalutato quanto incredibile fosse il lavoro di un infermiere dopo tutto questo, pensò mentre una cannuccia gli fu messa tra le labbra. Neanche, se è per questo, quanto incredibili fossero le persone che svolgevano quel lavoro.

"Ti sei di nuovo perso il visitatore misterioso," l'infermiere disse pigramente mentre Bilbo sorseggiava. "Non hai ancora capito chi è?"

Bilbo scosse la testa, un po' infastidito.

"Ha firmato il libro degli ospiti stavolta?" chiese, ma l'infermiere scosse la testa.

"Mi dispiace," disse. "Continua a riuscire ad infilarsi dentro quando non c'è nessuno in reception. Capiremo chi è prima o poi."  

Bilbo sospirò, rivolgendo gli occhi ai tulipani, i quali steli si stavano visibilmente afflosciando nella stanza calda ora.

"Ha lasciato altri fiori, però." Aggiunse distrattamente. "Hai visto?"

Bilbo girò la testa; lì, sulla sedia, era posato un piccolo mazzo di fresie, luminose nella luce del mattino.

Continua...


[1]: le gipsofile sono quei fiorellini piccoli piccoli bianchi che si mettono nei bouquet come decorazione, o con cui si fanno dei mazzi enormi cespugliosi. Questi qui ecco: link Ho pensato di appuntarlo perchè... beh io non avevo idea di cosa fossero e magari potevate avere anche voi la stessa curiosità

Note della Traduttrice - reprise
Ma quanto manca perchè si incontrino davvero, vi starete chiedendo? Ancora un po' di pazienza gente! Ci si arriverà presto!
Ah, vi comunico che probabilmente il prossimo aggiornamento non arriverà così velocemente. Il 31 agosto c'è la scadenza per l'invio dei progetti per lo Hobbit Reverse Big Bang su tumblr e devo ancora finire un paio di cosette °^°°
A presto!
KuroCyou

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Note della Traduttrice
Ve l'avevo già accennato, ma scusate comunque il ritardo nella pubblicazione. Comunque non credo riuscirò a continuare col ritmo di un capitolo al giorno d'ora in poi, mi dispiace tanto ;_;
Io adoro Thorin, l'ho già detto?
Come sempre non esitate a farmi notare eventuali errori! Buona lettura! ♥


Capitolo 5
 

 "Dicono che possiamo portare Kili a casa tra una settimana circa," disse Thorin, quasi sentendo di confessare qualcosa. "Quando accadrà non verrò più qui ogni giorno."

Fece una pausa, osservando la pioggia scorrere giù sui vetri, la vista sull'esterno oscurata dalle pesanti gocce, poteva udire chiaramente il rombare dei tuoni anche ora che aveva chiuso la finestra. Stava per lasciare l'ospedale quando la tempesta era scoppiata sulla città, e si era ritrovato ad esitare nell'ingresso prima di ritornare lentamente al reparto di terapia intensiva e scivolare oltre la porta nella stanza che ormai conosceva così bene. La sua scusa fu che aveva parcheggiato all'estremità lontana del parcheggio, e non voleva inzupparsi; era suonata vana e falsa anche nella sua testa.

C'era stata una fitta di amarezza quando il medico aveva annunciato loro la notizia, nonostante la sua felicità per il fatto che Kili non era più a rischio.

"Quindi dubito che ti vedrò ancora spesso," disse infine, sentendo le unghie premere nei palmi, un'azione così radicata che non si era neanche reso conto di aver cominciato a stringere i pugni fin quando non aveva sentito il dolore.

Li rilasciò, lentamente, regolarizzando il respiro; le incisioni a mezzaluna erano di un bianco livido sulla sua pelle.
Perché si sentiva così frustrato?

"So che non fa nessuna dannata differenza per te se vengo o no," sputò fuori dopo un lungo momento di silenzio, la voce dura e quasi fredda, come se davvero incolpasse l'uomo per non accorgersi della sua presenza, anche se sapeva di non farlo. "So che non te ne renderai conto comunque. Ma volevo dirtelo in ogni caso. In caso… in caso lo facessi"

Allungò leggermente la mano, un movimento poco convinto che ritirò subito, pentendosene quasi immediatamente.

Il lampo di un fulmine lontano illuminò la stanza per un istante, quasi impercettibilmente: se Thorin non stesse fissando la finestra, deliberatamente allontanando gli occhi dal letto, non se ne sarebbe accorto.

"Sarà un bene avere Kili con noi, Dis e Vivi si stanno stremando, a correre tra qui e casa. Non penso che Dis abbia speso più di una notte nel suo letto da quando è successo, sai. Ed è un bene anche per Frerin: lui prova a non darlo a vedere, ma è stanco, e non sta ancora bene, non completamente. E Fili - è un bravo ragazzo, ma gli manca avere le sue madri intorno. Non è giusto per lui, essere sballottato tra noi quattro."

Il sonoro rombo di un tuono tagliò il silenzio della stanza, e Thorin continuò a fissare fuori dalla finestra, distrattamente, senza vedere nulla in particolare.

Era egoista, lo sapeva, ma c'era una strana parte di lui che sapeva che queste conversazioni a senso unico gli sarebbero mancate, gli sarebbe mancata la possibilità di scaricarsi su uno sconosciuto non consenziente. Per quanto lo facesse sentire colpevole ogni volta che osava pensarci (cosa che cercava di evitare ad ogni costo) sapeva che non sarebbe mai stato in grado, egoisticamente, di pentirsi delle ultime settimane. Uscire dalla stanza d'ospedale lo lasciava con un infallibile e pervasivo senso di sollievo, di calma, in un modo che nessun amico o parente o terapista era mai riuscito a creare.

Non poteva andare avanti, non indefinitamente; lo riconosceva anche se se ne rammaricava.

Ma non poteva passare la vita al capezzale di uno sconosciuto addormentato, scaricando la sua tensione sulle spalle di un uomo incapace di ribattere; questa non era una pena che l'uomo doveva subire, niente di tutto questo era come sarebbe dovuto essere. L'uomo avrebbe dovuto vivere la sua vita, come Thorin avrebbe dovuto continuare con la sua, senza affondare lentamente in questa routine confortante ma moralmente ambigua.

Doveva andarsene, allontanarsi dal letto dell'uomo addormentato prima che cominciasse a sperare che si svegliasse, prima che cominciasse a pensare a lui non come a uno sconosciuto.

Thorin fece un mezzo sorriso a sé stesso, una piccola, amara smorfia.

Voleva già che si svegliasse, e non solo come un osservatore causale; e quello era già troppo.

"Quello che sono venuto a dire, è… grazie. Per aver ascoltato," disse Thorin, alzandosi in piedi. "Anche se non avevi molta scelta. Spero di poter ricambiare il favore, un giorno."

L'uomo nel letto non rispose, ma d'altronde, non lo faceva mai. Thorin lo fissò per un lungo momento, prima di rilanciarsi sulla sedia con un udibile verso di frustrazione, l'espressione severa spaccata da qualcosa che somigliava al rimorso.

Si strofinò gli occhi con le mani.

"Chi sei?" chiese, deglutendo. "Ti ho detto tutto di me, ma non conosco nemmeno il tuo nome. Non mi sembra giusto."

L'orologio sopra la porta continuò a ticchettare, il suo costante suono improvvisamente assordante. Thorin avrebbe giurato di poter sentire il proprio battito del cuore, in sincronia con l'orologio.

"Sai," disse, la voce bassa e stranamente calma, come se si aspettasse che qualcuno stesse origliando. "Mi piacerebbe davvero che ti svegliassi. Non so nulla di te, ma non penso che nessuno si meriti questo."

Allungò la mano, cautamente, e per la prima volta toccò l'uomo nel letto, sfiorando il suo polso con la punta delle dita. La pelle era fredda e asciutta, quasi cartacea sotto il suo tocco, e lo alleggerì, come se avesse paura che in qualche modo potesse rompere l'uomo; le dita si avvolsero intorno al dorso della sua mano nella curva dove il pollice si univa al palmo, il pollice di Thorin scivolò sotto per premerci contro.

"Io… solo, svegliati," disse Thorin, la voce ancora più bassa.

Il fragore di un altro tuono echeggiò per la stanza, distante ora che la tempesta si stava spostando.

"Voglio sapere com'è il suono della tua voce."

Strinse, solo un po', e poi sentì qualcosa.

Fissò le loro mani per un lungo, lento momento, e poi lo sentì di nuovo.

Il leggero, ma inconfondibile, movimento delle dita dell'uomo contro le sue.

Thorin lasciò cadere la mano come se l'avesse scottato, alzandosi lentamente in piedi mentre cercava di elaborare cosa era accaduto. Poi il suo corpo si lanciò in movimento, corse alla porta, aprendola abbastanza forte da farla rimbalzare contro il muro, girando la testa avanti e indietro nel corridoio finché non vide un membro dello staff dietro la postazione degli infermieri.

"Hei," chiamò, e dovette suonare urgente, perché l'infermiere si alzò immediatamente e si avviò velocemente verso di lui.

"Si è mosso," disse mentre l'infermiere si avvicinava, "l'uomo, l'uomo lì dentro, si è mosso." 

L'infermiere alzò le mani, implorando.

"Signore, per f-"

"Dovete fare qualcosa," Thorin disse, la voce strozzata. "Significa che si sta svegliando, vero? I pazienti in coma non si muovono e basta, e gli stavo parlando, e-"

"Lo sappiamo," lo interruppe l'infermiere, pazientemente. "Non ha sentito? Abbiamo contattato i parenti del signor Baggins l'altro ieri. I dati delle macchine indicano che ha cominciato a svegliarsi martedì."

Thorin barcollò, facendo un mezzo passo indietro nella stanza.

"Ci può volere molto perché i pazienti tornino in piena coscienza, particolarmente quando sono stati in come per tanto a lungo.

Ci vorranno giorni, se non settimane perché si svegli completamente. Ma , si sta svegliando."

L'infermiere gli sorrise, e sbuffò una risatina all'ovvio sconcerto sul viso di Thorin.

"Stia nei paraggi, signore. Riuscirà a parlare con il suo amico presto, ha la mia parola."

Thorin guardò oltre la sua spalla, all'uomo nel letto, che non sembrava diverso dal solito, e cercò di credere.

---------------

Undici giorni dopo -

Bilbo si svegliò un po' stordito - fortunatamente da un semplice sonno questa volta, anche se la consapevolezza non fermava l'ondata di sollievo che lo invadeva ogni volta - per trovare una figura alta seduta di fianco il suo letto. Lo fissò per un po', l'uomo che lo fissava di rimando senza remore, cercando di capire perché l'uomo sembrasse stranamente familiare. Non era un viso che riusciva a collocare immediatamente, né era qualcuno dalla massa di visitatori che aveva ricevuto dopo essersi svegliato dal coma.

L'uomo non disse nulla; né lo fece lui.

Ma poi, dopo un lungo, lento momento, qualcosa scattò nella sua testa.

"Tu!" disse, un po' confuso, e l'uomo sorrise.

 Era un sorriso caldo e familiare, il sorriso di qualcuno che ti conosce troppo bene, anche se tu stesso non riesci a ricordarlo, forse, o il sorriso di qualcuno che ti ha visto da l'altro lato della strada, e ha capito chi sei solo dal modo in cui tieni le spalle o inclini la testa. Gli occhi dell'uomo erano di un blu straordinario, e lo fissavano dalla sedia accanto al letto, con l'aria rilassata e a proprio agio nella sedia dura come se fosse la sua poltrona preferita, nella quale aveva passato l'ora precedente con comodità.

"Io," l'uomo assentì. "È bello vederti sveglio, Bilbo."

Bilbo premette il bottone che alzava il letto, sentendosi non poco a disagio a stare sdraiato mentre cercava di fare conversazione, la sua mente lavorava velocemente cercando di posizionare la faccia, la voce, mentre cercava di calmare i doloranti recessi della memoria, cercando frammenti abbandonati, cercando di ricordare.

C'era l'eco di un sorriso, e l'odore di qualcosa che non riusciva a definire propriamente.

Il sorriso luminoso di sua madre apparve senza freni nella sua testa. 

"Gandalf?" Bilbo chiese, dopo quella che sembrò un era.

"Infatti."

Il sorriso di Gandalf si allargò ancora un po', gli occhi scintillavano nel modo che Bilbo ricordava, come se fossero pieni di taciturna malizia.

"Non ti ho visto da… il funerale di mia madre, vero?"

"È passato tanto tempo" Gandalf concordò, qualcosa di oscuro e non detto passò sulla sua espressione per un istante. "Mi dispiace tanto di non essere potuto venire prima, mio caro ragazzo. Sono stato fuori del Paese per un po' di tempo; ho saputo che tu fossi qui solo quando sono tornato. Sarei passato molto prima, l'avessi saputo."

Bilbo sorrise di rimando, allora; non aveva avuto molte occasioni di sorridere recentemente, ma era stranamente rinfrescante sentire qualcuno essere onesto riguardo la sua assenza dal suo capezzale. Sospettava alquanto che molti dei suoi parenti stessero esagerando la loro presenza nella stanza d'ospedale, un fatto che era stato confermato dalla sua delicata pressione sugli infermieri per avere informazioni. L'unico visitatore regolare che aveva avuto, almeno nell'ultimo paio di mesi, era stato l'uomo la cui identità rimaneva ancora un mistero per lui; lo aveva mancato il giorno prima, e da allora l'uomo non era ritornato.

"Non preoccuparti, vecchio amico," disse, completamente sincero. "In ogni caso non mi ricorderei se tu ci fossi stato."

Gandalf alzò un sopracciglio.

"Non ricordi nulla degli ultimi cinque mesi?"

Bilbo scosse la testa, sussultando leggermente quando cercò coraggiosamente di tirarsi un po' più su sul letto.

"È piuttosto l'idea di un coma, sai. È presunto che non ci si ricordi nulla."

Gandalf alzò le spalle.

"Lo sai meglio di me, mio caro. Ma dicono che a volte ci si ricorda di voci, persone che ti parlano, quel genere di cose."

Bilbo fece spallucce, in procinto di negare completamente, ma poi qualcosa ronzò all'angolo della sua mente, qualche pensiero mezzo-formato o voce che gli fece venir voglia di protestare. Aggrottò le sopracciglia per un momento, prima di scacciare il pensiero.

"Non sono completamente sicuro," rispose dopo una lunga pausa. "Ma certamente non c'è niente che riesca a riportare alla mente con molta ch-"

La parola gli sfuggiva.

La frustrazione doveva essere evidente sul suo viso, perché Gandalf allungò la mano, e diede una leggera pacca sulla sua, né interrompendo né completando la frase di Bilbo, semplicemente aspettando che ci arrivasse da solo.

"Chiarezza" Bilbo completò infine, con evidente sollievo, imbarazzato mentre realizzava quanto debole dovesse sembrare. "Chiarezza," ripeté, la voce ora un po' tirata.

"Abbastanza," disse Gandalf, sorridendo ancora. "Gli infermieri mi dicono che questi vuoti di memoria  scompariranno col tempo. Sembravano pensare che avessi bisogno di un avvertimento su come stai, ma penso piuttosto che abbiano esagerato: mi sembri stare abbastanza bene."

Bilbo alzò un sopracciglio.

"Se con bene intendi incapace di muovermi o di finire le frasi, allora si." Se il suo tono era forse un po' deprimente, beh non pensava che qualcuno glie ne avrebbe fatto una colpa.

Gandalf si limitò a fare di nuovo spallucce.

"Hai sempre avuto molto potenziale, mio caro ragazzo, l'ho detto a tua madre per anni. Troverai un modo di uscirne. Ho la più completa fede in te."

Non era la prima volta che Bilbo si era sentito dire una cosa del genere negli ultimi giorni, ma per la prima volta qualcuno l'aveva detta senza sforzo deliberato, come se stessero cercando di convincere loro stessi più che lui.

Gandalf continuò, appoggiandosi allo schienale della sedia. "Cos'è successo?"

"Mi dicono che sono caduto dalle scale," disse Bilbo, con un'amara risatina. "Sospetto che di essere inciampato sul gatto, sono sempre lì lì per farlo. Immagina, tutti questi anni ad aver timore di lanciare all'aria la cautela e finisco per quasi morire a casa mia. Mi ha trovato il mio giardiniere, sai; fortunatamente le portefinestre che danno sul porticato sono ai piedi della scala, oppure avrei potuto rimanere lì steso fino a morire."

"A volte casa tua è il posto più pericoloso dove puoi essere," Gandalf rispose, la voce calma e sicura. "E se non fosse per una piccola spinta, puoi non rendertene mai conto."

Bilbo sbuffò un'altra risata secca.

"Preferisco sperare che Smeagol non mi abbia spinto. È un vecchio gatto irascibile, ma penso che gli manchino i pollici opponibili e le funzioni cerebrali necessari per metter su un piano per uccidermi."

Gandalf fece un gran sorriso mentre Bilbo si rilassò, soddisfatto di essere riuscito a dire tante parole senza incertezze; si sentì di nuovo come un impaziente quattordicenne, pronto a buttare ogni parola che aveva letto in una conversazione per sembrare più intelligente, solo che ora voleva farlo per provare, più a sé stesso che ad altri, di riuscirci ancora.

Davvero, ci riusciva ancora.

Sarebbe stato bene.

E con Gandalf lì, un sorriso estatico sul viso, Bilbo cominciò davvero a crederci.

Continua...
 


Note della Traduttrice - reprise
Nel prossimo capitolo... succederà quello che aspettiamo tutti! Più o meno ;)
Alla prossima
KuroCyou

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Note della Traduttrice
Ci siamo! ;D le cose si fanno interessanti da qui in avanti. 
Buona lettura! ♥

Capitolo 6
 
Presente -

Bilbo era già irritato quando la porta della stanza d'ospedale si aprì. Era appena stato riportato alla sua camera dopo la prima, molto deludente, sessione di terapia fisica.

Non era completamente sicuro del perché si aspettasse che il risultato fosse un enorme cambiamento delle sue capacità fisiche, il che non era di certo accaduto. Invece, era stato messo su una sedia a rotelle, già abbastanza imbarazzante, solo per essere spinto in una stanza dove un gioviale terapista baffuto gli aveva fatto strizzare una pallina di gomma con le mani per un'ora. L'aveva fatta cadere molte volte e il fatto lo aveva frustrato quasi al punto di urlare, e il torso gli bruciava per lo sforzo di mantenersi eretto. Per quando era stato riportato nella sua stanza e sollevato sul letto, non voleva altro che lanciare qualcosa contro il muro in rabbia, solo per ricordarsi poi che non poteva fisicamente fare neanche quello.

Aveva recuperato un po' di forza nelle braccia durante l'ultimo paio di giorni, e nonostante gli infermieri e i dottori gli assicurassero che stava andando particolarmente bene per qualcuno che non era stato fuori da un coma così lungo per neanche una settimana, la sua frustrazione non si voleva calmare.

Così quando un alto uomo accigliato aprì la porta, Bilbo lo guardò male.

"È considerato educato bussare, sai," disse, la stanchezza filtrava nel suo tono sotto forma di irritazione "E credo tu sia nella stanza sbagliata."

L'uomo lo fissò per un momento, aprendo la bocca leggermente, poi alzò la mano e bussò due volte sulla porta aperta.

"Molto divertente" Bilbo gli disse. "Sto morendo dalle risate."

L'uomo alzò un sopracciglio, e chiuse la porta dietro di sé.

"Non sono nella stanza sbagliata," disse a Bilbo, prima di andarsi a sedere sulla sedia di fianco al letto.

Bilbo aggrottò la fronte, aspettando che il suo viso gli diventasse familiare. Era successo più volte con vari visitatori, non solo con Gandalf: non era stato immediatamente in grado di riconoscerli, e riusciva ad abbinarvi un nome solo man mano che la sua mente riconnetteva i ricordi alla coscienza, collocando i frammenti delle storie condivise.

Ma anche fissandolo, il viso dell'uomo distante mentre spostava lo sguardo sulla linea delle spalle di Bilbo, le sue braccia, e infine fuori dalla finestra, non arrivò nulla.

I suoi capelli scuri erano tirati indietro, leggermente lunghi, la barbetta - di almeno due giorni, Bilbo considerò distrattamente - un'ombra scura sul viso, e i suoi ampi avambracci, visibili sotto le maniche arrotolate della camicia, erano abbronzati e punteggiati da efelidi e sottili cicatrici lucenti, residui di vecchie piccole bruciature e graffi.

Era alto, Bilbo registrò, certamente più alto di lui, e il suo naso era peculiare, la linea della mascella decisa, e-

Bilbo si reclinò più a fondo nei cuscini, desiderando di avere l'energia per alzare le braccia e strofinarsi gli occhi.

Era l'uomo, l'uomo di cui gli infermieri parlavano sempre, il misterioso porta-fiori e colui che lo visitava mentre dormiva.

"Io… non ti riconosco," Bilbo sussurrò, una strana irrequietezza nel petto. "Gli infermieri sono tutti convinti che l'avrei fatto, una volta averti visto, che mi fossi solo dimenticato - è stato tutto un po' confuso da quando mi sono svegliato." Si interruppe per un momento, aspettando un qualche tipo di reazione dall'uomo sulla sedia, solo per rimanere deluso: il suo viso severo mostrava solo un accenno di emozione, senza nome ed effimera. "Ma non penso che ci siamo mai incontrati, vero? Sei uno sconosciuto."

L'uomo annuì, lentamente, non incontrando lo sguardo di Bilbo ma invece tenendo gli occhi puntati da qualche parte intorno alle sue spalle.

"Noi… non ci siamo mai incontrati." Confermò, la voce bassa.

"Ma mi sei venuto a trovare comunque," Bilbo disse, e anche se non era una domanda l'uomo annuì ancora una volta.

"Si, l'ho fatto."

Nonostante tutto Bilbo si ritrovò a provare una strana sensazione nel petto che non si era accorto essersi liberata al suono della voce dell'uomo, come se gli fosse in qualche modo conosciuta, anche se non riusciva a collocarla: come i ricordi dimenticati di una gioia dell'infanzia, era familiare e sconosciuta allo stesso tempo, provocandogli una nostalgia strana e senza nome che non riusciva a comprendere.

Lo fece rabbrividire, questa sensazione inspiegabile.

"Thorin Durin," l'uomo disse dopo un momento, allungando la mano perché Bilbo la stringesse: fu un gesto stranamente formale date le circostanze, e Bilbo provò ad alzare la sua mano in risposta, prima di ricordarsi che un'azione del genere era ancora oltre le capacità del suo corpo. Riuscì ad alzare il braccio di pochi centimetri dal letto prima che ricadesse giù.

La frustrazione era evidente sul viso di Bilbo a chiunque avesse guardato; Thorin non aveva potuto mancarla.

Fissò, affranto, la mano di Bilbo, rendendosi conto di quello che aveva fatto.

"Io-" cominciò.

"Bilbo Baggins," Bilbo tagliò corto velocemente, sentendo il rossore invadergli le guance. "Anche se sospetto lo sapessi già."

Thorin ritirò la mano, lentamente, come se avesse paura che un movimento improvviso potesse spaventare Bilbo. Stava chiaramente cercando di stare attento, e questo irritava Bilbo. Forse l'unica cosa più frustrante di non avere un controllo decente del proprio corpo erano le altre persone che lo trattavano come se ci fosse qualcosa di radicalmente spezzato in lui, sopra il quale loro dovessero passare con cautela. Avrebbe preferito che l'uomo avesse fatto una battuta, o avesse preso la sua mano con la propria, o avesse fatto qualunque altra cosa che per non farlo sentire così inerme. Ma comunque, l'uomo non lo conosceva, nonostante le ore passate al capezzale di Bilbo; non sapeva nulla di come voleva essere trattato, come poteva reagire alle situazioni, nulla.

"Quindi sei stato tu a comprarmi tutti quei fiori?"

Thorin lanciò uno sguardo al davanzale, ora pieno di grossi bouquet ingombranti e biglietti di auguri dai visitatori. Bilbo notò l'occhiata, le sue mani fremettero; normalmente avrebbe replicato agitato la mano impazientemente, ma visto che non ne era in grado si accontentò di schiarirsi la gola.

"Non quelli." Disse, cercando di chiarire. "Le fresie dell'altro giorno, e i tulipani che erano sul comodino quando mi sono svegliato."

Thorin annuì.

"Girasoli prima ancora," rispose, e sembrò sorpreso di sé stesso, come se non avesse avuto l'intenzione di dirlo ad alta voce.

Bilbo annuì. "È un peccato che siano morti prima che mi svegliassi." Disse, colloquialmente. "Ho dei girasoli in giardino a casa, ho un debole per loro."

Evitarono i propri sguardi a vicenda per un momento.

Il silenzio era imbarazzante, pieno di una peculiare tensione feroce, e Bilbo fissò il muro all'altro lato della stanza, una visuale che gli era divenuta troppo familiare negli ultimi giorni.

"Bene, allora, signor Durin, siccome hai ritenuto giusto imbucarti nella mia stanza in varie occasioni nell'ultimo paio di mesi e interrompere il mio riposino di bellezza, mi sembra corretto che mi parli almeno. Non che il silenzio meditabondo non sia affascinante di per sé, ma onestamente non ho idea di chi tu sia o perché sei qui, e al momento non mi sento abbastanza bene da provare ad essere educato sulla questione."

Bilbo deglutì dopo aver finito, un po' imbarazzato dal proprio sfogo, che era stato inaspettato anche a lui stesso.

"Potremmo almeno parlare del tempo," disse, a disagio ora. "Almeno non piove oggi."

Thorin lo fissò sconcertato per un momento, prima di nascondere la sua espressione e riportarla alla stessa severità vuota di prima. Bilbo resistette l'impulso di roteare gli occhi; quell'uomo non mostrava mai niente?

"Infatti," Thorin rispose, incerto di dove portare la conversazione ora, "E non conoscevo il tuo nome, in effetti. Non so nulla di te a parte il tuo cognome e che eri in coma."

Bilbo lo fissò.

Era serio?

"Io… solo… cosa?" disse, inciampando sulla sua lingua mentre cercava di pensare a qualcosa con cui rispondere. Sospirò, arricciando il naso, incredulo. "Bene. Bilbo Baggins, 32 anni, scrittore per professione, asociale per natura, e proprietario di un gatto molto irascibile. E penso che tu sia quello a dover essere ricoverato, non io, ma ora che ci siamo formalmente presentati, perché non mi dici il motivo perché cavolo sei venuto a trovare un uomo di cui non sai nulla?"

Thorin sbatté le palpebre, un po' preso alla sprovvista, e fissò Bilbo per un istante prima di fare spallucce.

"È… una storia lunga," disse infine. Bilbo si chiese se la concisione della sua risposta era dovuta al non sapere cosa dire o no, oppure al non voler aggiungere altro.

Storse la bocca in un misto di divertimento e irritazione.

"Beh," rispose, tamburellando le dita sulle coperte. "Non sto esattamente andando da qualche parte, no?"

Ma Thorin non disse nulla, i suoi occhi ritornarono alla finestra; Bilbo si chiese ancora se Thorin non riusciva semplicemente a trovare le parole giuste o solo non era interessato a rispondere, ma non avrebbe saputo dirlo. L'orologio sopra la porta continuava a ticchettare, un suono che aveva infastidito Bilbo dal momento in cui si era svegliato, ricordandogli il tempo che era passato da quando era arrivato all'ospedale. Il silenzio si allargò tra di loro, imbarazzante ed infinito; Bilbo continuava a guardare il viso di Thorin, aspettando per una qualche reazione, qualsiasi, ma non arrivò nulla.

Si sentiva stanco, e inerme, e infastidito, ma allo stesso tempo stranamente grato per la compagnia dell'uomo, per poter finalmente sapere chi fosse.

"Mi piacevano i tulipani," Bilbo disse all'improvviso, cercando una cosa qualsiasi da dire. "Ma significano 'occhi belli', il che è un po' assurdo dato che ero in coma."

Thorin deglutì.

"Io… non lo sapevo."

Bilbo fu sorpreso per un secondo, avendo dimenticato il fatto che non tutte le persone scrivevano libri con appositi significati sottintesi basati sul linguaggio dei fiori. La maggioranza della gente, senza dubbio, non avrebbe saputo distinguere il significato di un fiore dall'altro, ma non gli impedì di offendersi leggermente al tono freddo e un indifferente dell'uomo.

"Le fresie significano 'amicizia', poi, che è un po' presuntuoso dato che non avevamo mai parlato faccia a faccia. Fino ad ora, ovviamente. Anche se a quanto pare hai passato parecchio tempo a parlarmi, se gli infermieri hanno ragione, anche se siamo perfetti sconosciuti. Il che non hai ancora spiegato, tra l'altro."

Thorin si agitò un po' sulla sedia, lanciando uno sguardo alla porta.

"Io… non sapevo che qualcuno potesse sapere tanto sui fiori," rispose infine scialbamente, per cercare di distrarsi dal resto di quel che aveva detto Bilbo. Forse semplicemente non aveva voglia di giustificarsi, o forse non sapeva come farlo.

Bilbo tirò su col naso.

"Non sapevo che qualcuno non lo facesse."

Thorin alzò un sopracciglio freddamente.

"Più un fioraio che uno scrittore, non è così?"

La mascella di Bilbo cadde aperta.

"Beh… io.." sputacchiò, senza sapere come ribattere.

Il rimorso fu visibile per un istante sul viso dell'uomo, per solo un momento, e Bilbo lo mancò completamente, troppo occupato a pensare a qualcosa da dire. Il tono di Thorin era stato involontariamente crudele, ma si era sentito messo in difficoltà, ed era stata la prima cosa a venirgli in mente mentre cercava di trovare il modo di ribattere all'irritante invettiva dell'uomo nel letto.

"Quale sarebbe stato il fiore più appropriato, allora?" chiese infine, rompendo il silenzio e incrociando le braccia sul petto sulla difensiva.

Bilbo gli lanciò un'occhiataccia, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro in qualche modo, ma quando non arrivò nient'altro decise di rispondere.

"Erica, forse," disse infine. "Per protezione, e buon auspicio."

Thorin roteò gli occhi.

"Sorprendentemente," rispose stancamente. "Non vendono la dannata erica nel negozio dell'ospedale."

Bilbo si sentì un po' in colpa allora, ma decise di non darlo a vedere. Quest'uomo era piombato ripetutamente nella sua stanza d'ospedale mentre era in coma; Bilbo immaginò di avere il diritto di essere un po' impaziente con lui. Il lento indolenzimento provocato dalla stanchezza si stava già impossessando del suo corpo, e non solo a causa del breve incontro; l'intero pomeriggio lo aveva stremato più di quanto volesse ammettere. Si chiese quanto ci volesse perché riuscisse stare sveglio una giornata intera senza addormentarsi.

La voce di Bilbo era più bassa ora, anche se il sarcasmo rimaneva tagliente come un rasoio.

"Sfortunatamente, siccome sono stato confinato a letto per l'ultima meravigliosa metà dell'anno, non ho avuto l'occasione di girovagare per il negozio dei regali. Ma mi assicurerò di farti sapere quando lo farò."

Ed eccolo lì, successo, finalmente - l'espressione di Thorin mutò, l'angolo della sua bocca tremolò in alto involontariamente, e Bilbo sbuffò una bassa risatina alla vista.

"Vedi?" disse, più a sé stesso che ad altri, le percezioni affievolite in qualche modo dalla sonnolenza.[1]

"Puoi fare espressioni facciali. Cominciavo a pensare che non ci riuscissi."

La sua voce era diventata un biascichio, le palpebre pesanti, e si perse la sorpresa che lasciò brevemente Thorin a bocca aperta, gli occhi spalancati e perfettamente leggibili per un istante, pieni di frustrazione e divertimento e incredulità.

"Sei stanco," disse infine. "Dovresti dormire."

"Ho dormito anche troppo," Bilbo sbuffò in risposta, anche mentre chiudeva gli occhi. "Tra l'altro non ho ancora finito di urlarti contro. E non ti ho ringraziato per i fiori. E non mi hai ancora detto perché continuavi a venirmi a trovare."

Thorin scosse la testa lentamente, anche se Bilbo non poteva vederlo.

"Dormi," gli disse, e la sua voce era stranamente delicata, nel modo in cui può essere quando si prova a convincere un bambino ad andare a letto. "E ti prometto… tornerò presto, così puoi finire di farmi la predica. Ti porterò anche altri girasoli, se vuoi."

"Promesso?" chiese Bilbo, la parola più un mormorio che altro.

Thorin annuì, anche se sapeva che Bilbo non lo avrebbe visto, e lentamente si alzò in piedi.

"Promesso," rispose, mentre usciva silenziosamente dalla porta.

Quando Bilbo si svegliò qualche ora dopo, sentendosi rinvigorito e un po' imbarazzato a causa del primo incontro con l'uomo, gli ci volle un po' per rendersi conto del cambiamento nella stanza.

Quando lo fece, però, un sorriso comparve spontaneamente sul suo viso, e scosse la testa incredulo.

Un altro vaso, infilato dietro quello delle fresie sul suo comodino, così che fosse nascosto alla vista.

Ricolmo di girasoli.

...Continua.
[1]: non sono sicura della traduzione di questa frase. L'originale era " sleepiness stealing his sensibilities somewhat ". Se avete qualche consiglio o opinione non esitate a dirmelo!
Note della Traduttrice - reprise
Riusciranno mai questi due ad avere un primo incontro decente? Dubito. Povero Thorin xD
Alla prossima!
KuroCyou



 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Note della Traduttrice
Mi dispiace tanto per non aver risposto ai commenti del capitolo precedente! Questi ultimi giorni sono stati un po' strani e mi è totalmente passato di mente >.< Grazie a tutte per il supporto, comunque!
Go Frerin Go!
Se avete imprecisioni da segnalare, come al solito non esitate!

Capitolo 7
 
Frerin osservò attentamente suo fratello dall'altro capo del soggiorno, la stanza illuminata dai caldi raggi di sole che filtravano dai bovindi. Fili era fuori per passare del tempo con le sue madri, lasciando i due fratelli con Kili. La stanza era calda e familiare, l'ampio caminetto uguale a quando erano bambini, anche se l'ambiente era stato ridecorato varie volte negli anni.

Thorin aveva Kili in braccio, il bambino ancora piccolo anche se era comunque quasi il doppio di quando era nato. Stava lentamente cominciando ad aprire gli occhi più a lungo, fissando la famiglia intorno con interesse, allungando le mani scoordinate ogni volta che poteva per afferrare un ciuffo di capelli o un dito vicino.

L'espressione di Thorin era più affettuosa di quanto Frerin non avesse visto in una settimana mentre guardava giù al viso di Kili, tenero e sonnolento dopo aver mangiato. Era stato insolitamente distante, persino per i suoi standard, al punto che anche Fili aveva cominciato a notare che qualcosa non andava con il suo zio maggiore.

Frerin non aveva insistito, fino ad oggi, sperando che Thorin potesse dire qualcosa lui stesso; comunque era sempre più evidente che non l'avrebbe fatto.

Il problema era, piuttosto, come sollevare l'argomento.

"Cos'è successo?" Frerin chiese infine.

Thorin non alzò lo sguardo, disegnando una lenta, rassicurante linea con la punta delle dita su e giù sul naso di Kili, dalla fronte alla punta. Era un'azione che faceva sempre addormentare Fili quand'era piccolo, e gli occhi di Kili si erano già chiusi, i piccoli pugni schiusi.

"Nulla," disse.

Frerin sbuffò un suono incredulo.

"Col cazzo nulla. Prima sei tutto felice - stranamente - e poi pochi giorni dopo sei di nuovo completamente depresso."

Thorin sospirò; desiderava più di ogni altra cosa che Frerin non lo avesse seguito in quella stanza d'ospedale, che non sapesse nulla di tutto ciò.

"Si è svegliato," disse infine. "Circa una settimana e mezza fa."

Frerin spalancò gli occhi, sorpreso.

"Mi stai prendendo in giro? Perché non hai detto nulla? Sei andato a trovarlo?"

Kili sussultò tra le sue braccia, un piccolo movimento mentre il suo corpo si rilassava nel sonno, e afferrò una piega della camicia di Thorin, stringendola forte. Gli angoli della sua bocca si sollevarono un po' mentre guardava il piccolo addormentato.

Frerin grugnì.

"Sei andato a trovarlo," disse, "E non è andata bene."

"Era arrabbiato," Thorin rispose infine, "Gli infermieri gli avevano detto di me."

Frerin alzò un sopracciglio, aspettando che suo fratello dicesse altro, ma quando non arrivò nient'altro scosse la testa.

"Perché era arrabbiato con te?"

Thorin sospirò, stirando le spalle indolenzite contro il divano, cercando di far sparire l'indolenzimento della giornata.

"Perché pensi?" sbottò, più duramente di quanto volesse.

Fortunatamente, Frerin conosceva abbastanza bene suo fratello da non essere scoraggiato dal suo tono, e inclinò la testa da un lato.

"Pensi…" rispose, gli occhi puntati su Thorin mentre cercava di capire cosa suo fratello stesse pensando. "Pensi che lui, cosa, che si senta come se tu ti stessi immischiando?"

"L'ho fatto," Thorin rispose seccamente.

Frerin alzò gli occhi al cielo.

"Thorin, il tizio era in coma. Non è che se ne è accorto."

"Non ha molta importanza."

Frerin sospirò, resistendo all'impulso di dare uno scappellotto al fratello.

"E lui ha detto questo? Il tuo misterioso uomo-coma? O sei solo che tu presumi che il suo cattivo umore sia tutta colpa tua?"
Thorin non disse nulla di rimando.

"La gente ha brutte giornate, Thorin. Non puoi incolparti per tutto. Quindi non ti ha detto questo?"

Thorin chiuse gli occhi per un momento, e suo fratello ebbe la conferma.

"Quindi fammi capire bene. Sei andato a trovare un tizio che è appena uscito da un coma, che è senza dubbio spossato e frustrato e arrabbiato: cazzo, so come mi sono sentito io quando mi sono svegliato in ospedale, e sono stato svenuto per un paio di giorni. E gli infermieri gli dicono che un qualche tipo lo è andato a trovare, e ci ha parlato, e gli ha portato dei fiori-" lanciò a Thorin un'occhiata, "e so che l'hai fatto, ti ho visto andare nel negozio dei regali, quindi non provare nemmeno a negarlo. E si, il tipo è ha dato un po' di matto, ma perché cazzo pensi che sia arrabbiato con te?

"Non gli è piaciuto. Voleva sapere perché."

Frerin fece spallucce.

"E quindi? Ovvio che voleva. È strano, Thorin, non puoi negarlo. Ma allo stesso tempo, sono sicuro che tu ti sia spiegato molto eloquentemente, vero? Sono sicuro che tu ti sia seduto e abbia esposto i fatti, e spiegato che eri solo frustrato con il mondo e volevi parlare dei tuoi sentimenti e ti è stato incredibilmente di aiuto."

Frerin alzò un sopracciglio all'espressione afflitta di Thorin.

"Ecco, lo immaginavo."

"Volevo farlo," disse Thorin, la voce bassa.

Sedettero in silenzio per un momento. Thorin aveva avuto davvero intenzione di spiegarsi, di chiedere scusa, ma nonostante questo non era stato preparato a vedere l'uomo sveglio, gli occhi aperti e la fronte aggrottata.

L'espressione di Thorin fu abbastanza per suo fratello, che aveva passato molti anni a cercare di decifrare con precisione cosa Thorin stesse pensando. Frerin sospirò, e quando parlò di nuovo dopo un lungo momento la sua voce era un po' più delicata.
"Hai sempre pensato che fosse compito tuo impedirci di farci male. Mi ricordo quando hai dato un pugno sul naso a quel tizio nella mia squadra di rugby perché mi aveva fatto un occhio nero in una mischia[1]."

Thorin grugnì, sorpreso dal cambio di conversazione ma non aveva voglia di commentare. "Aveva due anni più di te ed era il doppio di te."

Frerin roteò gli occhi.

"Il punto è, ti senti sempre responsabile per cose per cui non dovresti."

"Non, non è vero" Thorin protestò, ma uno sguardo inaspettatamente duro di Frerin zittì qualunque ulteriore contestazione.

"Si è vero. Lo hai sempre fatto. Ti sei dato la colpa quando Dis ha avuto l'appendicite a quattordici anni per non averla portata all'ospedale prima."

"Avrei dovuto ascoltarla quando disse che non si sentiva bene."

"Era un'adolescente, Thorin, e tu avevi ventun'anni e lavoravi ad ogni ora che potevi e provavi a tirarci su allo stesso momento. Non potevi prendere un giorno di ferie perché lei si sentiva male, e quel giorno aveva un compito di francese che non voleva fare."

Thorin alzò le spalle. Si ricordava ancora quanto orribile si era sentito quando la scuola aveva telefonato per dirgli che era stata portata in ospedale in ambulanza, di come aveva guidato ignorando ogni semaforo rosso nell'impazienza di raggiungerla.

"Questo tipo probabilmente aveva solo avuto una brutta giornata. E sai che c'è? Ne ha il diritto. Le cose non gli sono andate esattamente per il verso giusto quest'anno, no? E si, forse se ti fossi spiegato e non avessi fatto la tua solita impressione da riccio allora forse non si sarebbe arrabbiato con te, ma cazzo. Smettila di buttarti giù. Ti ha detto di non tornare?"

Thorin scosse la testa, e c'era una leggera smorfia sulla sua bocca che Frerin non comprese, come se ci fosse qualcosa che Thorin non gli stava dicendo; l'uomo gli aveva chiesto di tornare, forse?

"Bene allora," disse, fiaccamente. "Non so perché ci stai rimuginando tanto allora."

Kili aveva sbavato un po', e Thorin tamponò delicatamente l'angolo della sua bocca con il fazzoletto di lino che Dis e Vivi usavano per pulirlo.

"È che.. non sarei mai dovuto andare a trovarlo. Ne ha passate tante, e tutto ciò che ho fatto è stato peggiorare le cose."

Frerin sospirò e si tirò su dalla poltrona, attraversando velocemente il salotto e depositando la sua tazza vuota sul tavolino da caffè.

"Le cose succedono, Thorin," Frerin gli disse, accasciandosi sul divano accanto a lui, attento a non smuovere troppo né il piccolo addormentato tra le braccia di Thorin né le sue ferite. "È la vita, va bene. Dobbiamo tutti affrontarla. È compito nostro di rimetterci in sella alla bicicletta ogni volta che cadiamo. La vita non fornisce ammortizzatori per sempre, sai."

Thorin sbuffò una risata quando il braccio di Frerin premette contro il suo, una silenziosa ma ferma dimostrazione di solidarietà.

"Ricordi quando papà mi ha insegnato ad andare in bicicletta?"

Thorin annuì, tracciando distrattamente la linea delle guance di Kili con le dita.

"Mi disse che non importava quante volte cadessi o quante volte mi sbucciassi le ginocchia. Ti ricordi, vero? Mamma era seduta sul muretto fuori casa, con in braccio Dis, fu quell'estate molto calda, e io ero ancora piccolo. Tu potevi avere, quanti, nove o dieci anni? E guardavi male papà come se mi avesse appena detto di buttarmi da un ponte, e gli hai urlato contro quando ha lasciato andare la bicicletta. Ho traballato per un po' e poi sono caduto, e tu hai detto a papà che non poteva lasciarmi cadere."

Nonostante tutto Thorin sorrise, un sorriso piccolo ma certo. Si ricordava di quel pomeriggio, quella paura improvvisa mentre guardava Frerin rovesciarsi, come a rallentatore.

"Beh, a volte devi lasciarci cadere, così che possiamo imparare e non farlo ancora. E devi smetterla di sentirti responsabile per ogni cosa brutta che succede. Questo tizio? Non è colpa tua che era in coma. Non lo conoscevi nemmeno. E si, quindi sei andato e gli hai parlato anche mentre non era cosciente. E quindi? Non parli con nessuno di noi, e se ti ha fatto bene in qualche modo, allora chissenefrega? Non gli ha fatto male.

"Si sentiva una merda perchè gli è successo qualcosa di brutto e tu entri lì e non ti giustifichi. Ma sai cosa? Quello che hai fatto non è la cosa peggiore che gli sia capitata quest'anno, no? Quindi devi smetterla di pensare che lo sia. E devi ritornarci, e forse chiedere scusa, e se non lo accetta allora puoi semplicemente andartene: perché alla fin fine, non hai fatto nulla di male."

Thorin lasciò ricadere la testa sullo schienale per un momento, gli occhi serrati, prima di ritirarsi su.

"Non avrei dovuto andarci dall'inizio."

Frerin lanciò le mani in aria con impazienza.

"Non importa che lo hai fatto. Non fa alcuna differenza nella vita di nessuno che tu sia andato a parlare con un uomo in coma. Smettila di comportarti come se fossi il colpevole che deve redimersi, perché non lo sei."

Kili si agitò un po' in braccio a Thorin, la fronte aggrottata, e Thorin lanciò al fratello un'occhiata di disapprovazione. Frerin sussultò in rimorso, e abbassò la voce.

"Guarda," disse. "Ti senti uno schifo. Non posso dire di capire perchè, ma non puoi rimanere qui a deprimerti. Torna. Chiedi scusa se ti far sentire meglio. Dopo di che, puoi andartene, o rimanere, non importa. Ma devi smetterla di comportarti come se il mondo stesse per finire solo perchè tutto non sta andando perfettamente bene per chiunque tu conosca."

Si alzò di nuovo allora, e si stiracchiò, prima di allungare le mani per prendere Kili dalle braccia di Thorin.

"Vado a mettere il piccoletto nella culla, così può dormire decentemente, e tu puoi o star seduto qui ad autocommiserarti per qualcosa che non ha importanza, o puoi andare e parlare di nuovo con il tizio."

Thorin osservò suo fratello e suo nipote uscire silenziosamente dalla stanza.

Non riusciva a smuovere l'inspiegabile senso di colpa che lo invadeva ogni volta che pensava a Bilbo, né il peso della responsabilità che sentiva nei confronti dell'uomo, nonostante quello che diceva suo fratello, ma Frerin aveva ragione su una cosa: non poteva continuare a star seduto a casa a rimuginare.

Thorin afferrò le chiavi posate sul tavolino, e si tirò su in piedi.

Era passata una settimana.

Era tempo di mantenere la promessa.

...Continua.

[1]: non so quanto voi sappiate del rugby, e neanch'io ne so tanto, comunque la mischia è in pratica quel momento in cui tutti si buttano a prendere la palla se ho capito bene xD

Note della Traduttrice - reprise
Frerin sei tutti noi! La mia salute mentale è seriamente compromessa da Thorin-zio-affettuoso-mode-on, tanto per farvelo sapere
Alla prossima!
KuroCyou

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Note della Traduttrice
Ancora una volta devo scusarmi per la lunga - relativamente - attesa. Mi ci è voluto davvero parecchio per tradurre questo capitolo, sarà che avevo altre cose per la testa. Però ho linkato un regalino alle note in fondo, quindi magari ho rimediato, no? *cheers*
Se avete imprecisioni da segnalare, come al solito non esitate!

Capitolo 8
 
Il viaggio in auto verso l'ospedale fu lungo, molto più lungo di quanto sarebbe dovuto essere; Thorin finì per rimanere seduto scomodamente nel traffico in varie occasioni, imprecando a mezza voce nell'incontrare un semaforo rosso dopo l'altro. La lunga attesa fece vacillare la sua determinazione, indebolendo il coraggio che la conversazione con Frerin gli aveva instillato. Più si avvicinava al centro cittadino e all'enorme ospedale, la luce del sole che aveva illuminato precedentemente la giornata stava lentamente facendo il posto a bassi nuvoloni, gocce di pioggia colpivano occasionalmente il parabrezza; aveva l'impressione che il tempo rispecchiasse il suo umore decisamente troppo bene per i suoi gusti.

Esito un po' mentre si avvicinava alle porte, prima di raddrizzarsi e continuare, scuotendo la testa. Era molte cose, si disse, ma non un codardo.

L'ospedale gli risultava stranamente familiare, anche se c'era stato solo due volte da quando Kili era stato dimesso due settimane prima, e si fermò un momento davanti al negozietto.

Scosse la testa, e procedette per gli ascensori.

Parecchi infermieri gli rivolsero cenni di saluto mentre attraversava il reparto di terapia intensiva, chiaramente lo riconoscevano, il pensiero lo fece sussultare leggermente in imbarazzo. Si ritrovò ad indugiare sulla porta della stanza dell'uomo, prima di storcere la bocca in un qualcosa che si avvicinava ad un sorriso quando ricordò la sua ultima visita.

Alzò la mano, e questa volta bussò.

"Entra!" rispose quasi immediatamente una voce provata, e Thorin appoggiò per un momento la fronte sul freddo legno della porta, la mano stretta fermamente sulla maniglia, prima di raddrizzarsi di nuovo ed entrare.

C'erano tre persone nella stanza, e Thorin si fermò sulla porta ad osservare. De infermieri stavano sollevando Bilbo da una sedia a rotelle sul letto, e realizzò improvvisamente che non aveva capito che l'uomo non poteva ancora camminare, e che aveva forse sottovalutato quanto difficile la situazione fosse stata per lui da quando si era svegliato.

Bilbo Baggins ricambiò lo sguardo, imbarazzato mentre gli infermieri lo issavano con attenzione sul letto, anche se sembrava fosse in grado di star seduto senza l'aiuto di un letto reclinabile, almeno.

Thorin deglutì nervosamente quando gli infermieri gli rivolsero dei piccoli sorrisi di rassicurazione, e lasciarono la stanza in silenzio

Thorin si ritovò a fissare Bilbo, un po' a disagio; l'espressione di Bilbo era difficile da leggere, in qualche modo accigliato e sorridente allo stesso momento, era impossibile capire cosa stesse pensando.

"È un po' imbarazzante dover essere messo a letto ogni giorno, vero?" Bilbo disse infine, appoggiandosi ai cuscini.

Thorin non era interamente sicuro di quale risposta quell'affermazione volesse suscitare: a disagio, spostò il peso da un piede all'altro per un momento, finché Bilbo non sbuffò un sospiro. Le sue braccia sembravano molto più forti rispetto all'ultima volta che Thorin era stato lì: tenendo un gomito premuto contro il fianco, riuscì ad alzare l'avambraccio, e accennò un po' goffamente alla sedia di fianco al letto.

"Onestamente non pensavo che saresti tornato," disse Bilbo, inclinando leggermente la testa.

Thorin alzò le spalle, senza sapere cosa rispondere; voleva dire che si immedesimava con la frustrazione dell'uomo, anche se non era completamente in grado di capirla, e non lo incolpava per averlo aggredito. Voleva dirgli che non sapeva perché non aveva semplicemente voltato le spalle al loro incredibilmente breve incontro per non tornare mai più, scrollandosi quello e l'uomo dalla coscienza come ci si potrebbe dimenticare di chiunque con cui si abbiano scambiate solo poche parole.

Voleva dire a Bilbo che la sua voce non era per niente come se l'era immaginata.

Che il suo viso era molto diverso quando era animato rispetto a quando era stato immobile.

Che non riusciva a togliersi l'immagine di Bilbo che alzava la mano per stringere quella di Thorin, che la vedeva quando era steso sul letto di notte, incapace di dormire.

Che gli dispiaceva di averlo definito un fioraio.

"Avevo promesso," Thorin rispose infine, sedendosi.

Bilbo lo fissò, la bocca leggermente aperta.

"Dannazione," disse, e la testa di Thorin scattò in alto, incrociando lo sguardo di Bilbo. "Speravo di essermi immaginato di averti fatto promettere di tornare."

Un improvviso e acuto rossore invase il viso di Bilbo, quando realizzò come era sembrato, senza dubbio le sue buone maniere gli stavano facendo una ramanzina nella testa.

"Non che mi dispiaccia che sei tornato!" si affrettò ad aggiungere, "Intendo… cavolo. Non so cosa voglio dire. Ma sono contento che sei tornato, alla fine." Alzò le spalle, più in confusione che altro. "E ti prometto di non urlarti contro questa volta."

"Beh," si corresse dopo un momento di silenzio. "A meno che non te lo meriti, comunque."

La bocca di Thorin si storse in un piccolo sorriso, e Bilbo sbatté le palpebre, prima di rispondere con un gran sorriso.

"Wow, non pensavo che tu sapessi come farlo," disse, la voce amichevolmente canzonatoria. "Sorridere, intendo. Ero convinto che l'espressione meditabonda fosse la tua unica opzione."

Thorin alzò un sopracciglio, il sorriso persistente, piccolo e incerto, ma divertito.

"Dovresti stare attento," avvertì Bilbo, le rughe di espressione accentuate mentre cercava di nascondere il suo divertimento. "Potresti farti venire un crampo se continui."

Thorin abbassò lo sguardo sulle mani, incapace di togliersi il sorriso dalla faccia. Non era abituato ad essere preso in giro così amichevolmente; Dis gli diceva spesso che aveva l'aria un po' troppo intimidatoria perché la gente si sentisse a suo agio a scherzare con lui, anche se non aveva mai scoraggiato suo fratello e sorella.

Non si accorse che Bilbo lo stava guardando, prima che abbassasse lo sguardo sulle sue ginocchia, un piccolo, stranamente affettuoso sorriso sul volto.

Thorin alzò lo sguardo velocemente, sentendosi un po' più sicuro di sé.

"Volevo chiederti scusa," disse Thorin infine, osservando il modo in cui le mani di Bilbo si chiudevano e schiudevano sulle coperte mentre cercava di spostarsi, chiedendosi se dovesse offrirgli il suo aiuto. "Per l'altra volta."

"Va bene" disse Bilbo, la voce un po' affaticata mentre combatteva per allisciare le lenzuola intorno a sé, ogni movimento che sarebbe dovuto essere semplice gli richiedeva un incredibile livello di concentrazione. "Immagino di dovermi scusare anch'io. Per averti sgridato, intendo. E per averti chiesto di tornare."

Thorin fece spallucce, sorpreso.

"Era il minimo che potessi fare."

Bilbo sbuffò una risata.

"Ne dubito fortemente."

Sedettero in silenzio per un momento ancora mentre Thorin cercava di formulare cosa avrebbe detto all'uomo nel letto. Frerin aveva ragione, a modo suo, quando aveva detto a Thorin che avrebbe dovuto fornire delle spiegazioni se voleva sentirsi meglio, ma era anche piuttosto sicuro che fosse una cosa che doveva a Bilbo.

"Sono venuto la prima volta due mesi fa quando mia sorella ha avuto un incidente d'auto," disse infine all'improvviso, con più sicurezza nel tono di quanta non snetisse, se doveva essere sincero con sé stesso. "Solo pochi mesi prima, mio fratello era quasi morto per un'aggressione. Mia sorella è andata in travaglio prematuro e non sapevamo se lei o il bambino ce l'avrebbero fatta. Ero andato a prendere un caffè ma poi ho trovato la tua stanza, sono entrato e mi sono seduto prima ancora di accorgermi che eri dentro. E poi è arrivato un infermiere e mi ha detto che non avevi molti visitatori, e poi io… sono rimasto. E ti ho parlato. E poi sono ritornato e ti ho parlato ancora. Ecco perchè venivo a trovarti. Perchè... aiutava."

Bilbo gli lanciò un'occhiata, notando il modo in cui la fronte di Thorin si era aggrottata mentre parlava, e sbuffò una risatina silenziosa alla vista.

La notizia era forse inaspettata, ma aveva senso, quando Bilbo si prese un momento per pensarci. Aveva passato del tempo a cercare di capire perché l'uomo lo era andato a trovare, e questo era un motivo buono come un altro.

"Stai esagerando un po', lo sai?"

Thorin alzò velocemente la testa in shock, riportando l'espressione ad un qualcosa di severo e freddo. Era così diversa dal piccolo sorriso o dall'onesta e aperta frustrazione che era lì solo un attimo prima.

"Melodrammatico." Bilbo continuò, scherzosamente, l'improvvisa gentilezza nel tono l'equivalente vocale di un leggero colpetto alla spalla. "Guarda, capisco che ti senti colpevole, davvero. Perché quello che stai cercando di dirmi, se capisco bene, è che sei venuto qui perché stavi male, e hai usato il mio corpo comatoso come un servizio di terapia gratis, giusto?

Thorin sussultò, senza registrare la spensieratezza con cui Bilbo aveva parlato, la chiara mancanza di rabbia nella voce.

"Ed è una cosa piuttosto strana da ammettere, lo sai? Beh, chiaramente lo sai, non avresti l'aria così contrita se pensassi fosse normale. E non posso dire di essere completamente a mio agio con la questione, ma non è che possiamo tornare indietro e cambiarla. E sai, sono contento che ti abbia aiutato."

Thorin lo stava fissando di nuovo ora, la sorpresa scritta chiaramente in faccia.

"Tutto qui?"

Bilbo fece spallucce.

"Cosa vuoi che ti dica? Chiaramente ti senti già abbastanza in colpa per entrambi."

Thorin continuò a fissarlo, sconcertato, e Bilbo alzò le spalle di nuovo.

"Non me lo ricordo nemmeno, quindi non è che mi riguarda. E alla fine, se il coma è riuscito a servire a qualcosa, anche se è stato solo aiutare un uomo a sentirsi meglio, allora, beh."

Sorrise, un sorriso onesto e genuino.

"Dobbiamo guardare al lato positivo, sai. Non l'hai mai imparato, crescendo? Diventeresti pazzo a vedere solo il grigio delle nuvole, piuttosto che la promessa del cielo azzurro dietro di loro."

Thorin produsse un altro sorriso, leggermente ironico per la superflua risposta poetica; non poteva dire che quello fosse il modo in cui vedeva le cose di solito, ma di certo era disposto ad ammettere che forse aveva un approccio alle cose meno ottimista di quanto fosse salutare.

"Va tutto bene, ok?" gli disse Bilbo. "Ricominciamo."

Allungò una mano, un po' tremolante, ma Thorin notò che c'era una scintilla di fierezza nei suoi occhi per essere in grado di alzare la mano decentemente questa volta. Thorin allungò la sua a sua volta, prendendo quella di Bilbo forse un po' più delicatamente del solito, e si strinsero le mani. La sua pelle sembrava ancora sottile come carta, poco sana, e quando strinse gli sembrò di poter sentire ogni singolo osso nella mano, ognuno piccolo come quello di un uccello e fragile sotto la pelle.

"Bilbo Baggins" disse l'uomo, il tono molto più caldo e meno scocciato dell'ultima, la prima, volta.

"Thorin Durin," rispose, lasciando che il nodo di tensione nel suo petto si allentasse.

"Tra l'altro," riprese Bilbo, "penso che i fiori compensano parecchio, ok?"

"Ok," ripeté Thorin, lo sguardo caldo.

Gli occhi di Bilbo erano verdi, notò allora, finalmente, un verde caldo che sfociava quasi nel nocciola. Thorin non era certo di quando durante le sue visite avesse cominciato a chiedersi di che colore fossero sotto le palpebre chiuse, ma sapeva di essere contento di averlo finalmente scoperto.

Realizzò, forse un po' troppo tardi, che stava ancora tenendo la mano di Bilbo, ma invece di lasciarla andare come se scottasse, come aveva fatto quando aveva sentito per la prima volta le dita di Bilbo muoversi nelle sue, la lasciò lentamente, abbassando le loro mani mentre lo faceva, così che la mano di Bilbo era quasi sul letto quando si divisero.

Bilbo alzò un sopracciglio alla cura superflua, e Thorin pensò per un istante che avrebbe sbottato seccamente, perche lo aveva trattato come un qualche tipo di invalido, ma poi le spalle di Bilbo ricaddero giù, come se avesse cambiato idea, e ritirò la mano sul suo grembo, spostando lo sguardo sul mazzo di girasoli sul comodino.

Thorin era stranamente felice di vederli lì, invece che sul davanzale, ma non riusciva a capire il perché.

"Forse…" cominciò, ma perse il filo di quello che voleva dire, e invece si interruppe.

Bilbo inclinò la testa da un lato, osservandolo corrucciato, come se stesse cercando di afferrare quello che Thorin stava per dire.
"Se vuoi," disse, con attenzione, come se avesse paura che Thorin potesse fuggire via dalla stanza, "Se vuoi, potresti venire a trovarmi ancora. Se vuoi, ovviamente. Intendo, non devi farlo, non ho intenzione di farti promettere stavolta, io… oh, cavolo."

Ci fu un altro sprazzo di rossore sul ponte del suo naso fino alla linea della gola ancora troppo pallida, e Thorin sentì le proprie guance riscaldarsi a loro volta.

Voleva tornare.

Non era certo di come avrebbe giustificato quel desiderio a coloro che avrebbero senza dubbio fatto domande, figuriamoci a sé stesso, ma lo voleva.

Ma sembrava avesse esaurito la capacità giornaliera di esprimersi, e la risposta gli si bloccò in gola. Annuì invece, forse un po' esitante, ma Bilbo sembrò capire, e gli rivolse un amichevole, sollevato sorriso in cambio.

C'era qualcosa di affascinante in quel sorriso, come c'era qualcosa di quasi contagioso nella sua risata, qualcosa che faceva venir voglia a Thorin di continuare a rispondere.

"Gli infermieri continuano a chiedermi chi sei, comunque," Bilbo gli disse, tanto per continuare la conversazione. "Sono lieto di poter finalmente annunciare che non siamo più sconosciuti. Penso che il 'misterioso uomo coma' sia diventato una dramma da telenovela nel reparto."

Thorin alzò gli occhi al soffitto, disperandosi.

"È così che mi chiamano?"

Gli angoli della bocca di Bilbo scattarono in su, solo un po'.

"Sei il pazzo che va in giro a parlare con sconosciuti in coma, devi solo incolpare te stesso, non pensi?"

Thorin scosse la testa, abbassando di nuovo lo sguardo sul pavimento per nascondere il sorriso. Gli facevano un po' male le guance, e si chiese quando fosse stata l'ultima volta che aveva sorriso così tanto. "Sei una cosettina loquace, vero?"

Thorin rimpianse di esserselo fatto sfuggire, per un momento, ma poi Bilbo rimase a bocca aperta, gli occhi pieni di divertimento. Continuò a fissarlo, momentaneamente senza parole, e le spalle di Thorin si scossero per una risata silenziosa.

"Beh," disse infine. "Bene."

Thorin fece un gran sorriso allora, ampio e insolitamente luminoso, e Bilbo si morse il labbro.

"Beh," ripeté ancora, "Dovresti farlo più spesso, sai."

"Cosa"? chiese Thorin, confuso.

"Sorridere davvero," Bilbo gli disse. "Ti sta bene."

Thorin era decisamente arrossito a quel punto, ma per qualche ragione, non riusciva a farsene un problema.

 ...Continua

Note della Traduttrice - reprise
E trallallero trallallà, ecco qua una cosetta, che non c'entra con la storia ma va bene lo stesso: >Cliccami<
Spero la apprezzerete ♥
Alla prossima!
Kuro

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Note della Traduttrice
Ok , penso che ormai possiamo dire con certezza che la cadenza di pubblicazione dei capitoli si è allungata. Mi dispiace tanto, ma mi è rimasto solo un mesetto di vacanza prima della riapertura del corso alla Comics e devo dedicarmi a combinare qualcosa che non siano solo fanart slash, sennò i prof mi mangiano xD
Comunque, qui il PoV ripassa a Bilbo, eee buona lettura!


Capitolo 9
 
"Quindi, l'uomo del mistero aveva un motivo per venire dopo tutto," commentò il suo infermiere mentre spingeva la sedia a rotelle di Bilbo verso la sua sessione di fisioterapia.

Bilbo annuì distrattamente, le mani posate sui bracci della sedia per cui cominciava a provare antipatia: non per la sua presenza, anche se non ci era proprio affezionato, ma perché non era ancora abbastanza forte da spingersi da solo. Insomma, avere almeno quel po' di libertà sarebbe stato abbastanza per farlo sentire meglio riguardo all'intera situazione.

Non era tanto che gli dispiaceva parlare di Thorin, ma l'intensità dell'interesse dei vari membri dello staff era un po' intimidatoria a volte. Anche se era passata più di una settimana da quando Thorin era venuto a trovarlo la prima volta, e due giorni dalla seconda visita, gli infermieri tiravano ancora fuori l'argomento, perfino i suoi medici l'avevano scoperto, e continuavano a fare battute sul suo 'visitatore del mistero' quando cercavano di metterlo a suo agio. Anche se capiva che stavano solo cercando di rallegrarlo, pensare all'uomo lo faceva sentire un po'… a disagio.

Almeno i suoi familiari, che avevano visitato molto frequentemente da quando si era svegliato, non lo avevano scoperto: se avessero cominciato a parlarne anche loro avrebbe potuto finire per cavarsi il cervello con il vaso sul comodino.

Il sapere che si sarebbe assicurato di rimuovere prima i girasoli dal vaso lo irritava solo di più.

Ma Thorin aveva chiaramente colpito lo staff: dubitava che la loro noia fosse il motivo per il loro interesse, avevano di certo abbastanza da fare per conto loro. Piuttosto pensava che il mistero aveva attirato la loro attenzione per altri motivi.

"È piuttosto attraente, non è vero?" l'infermiere continuò, "e pensare che continuava a venire anche se non ti conosceva affatto."

Bilbo annuì di nuovo, borbottando un assenso.

Almeno il loro secondo incontro era andato meglio del primo; Bilbo era più che disposto ad ammettere che molto era dovuto al fatto che lui stesso era di umore migliore. La maggior parte del tempo, nonostante la sua abitudine di isolarsi ed essere scorbutico nei confronti di visitatori indesiderati, era un uomo amichevole, disposto a sorvolare sulla maggior parte degli insulti ed essere educato anche con i suoi parenti più detestabili. Ma quando Thorin era venuto a trovarlo la prima volta si era sentito vulnerabile, a disagio: lo metteva in soggezione, stare sdraiato su quel letto a stento capace di muoversi, e parlare con uno sconosciuto impacciato e scortese le cui ragioni erano un mistero per lui.

La paura che non sarebbe mai stato in grado di recuperare completamente, che potrebbe non recuperare mai quello che aveva perso fisicamente e mentalmente durante il coma lo aveva portato al limite, rendendolo ostile e infelice. La prima settimana era stata eccezionalmente difficile, ma i giorni seguenti gli avevano dimostrato che sarebbe migliorato, e che, con abbastanza lavoro e sforzo, sarebbe tornato sulla pista giusta.

Poteva essere una lotta lunga, e poteva essere dolorosa e difficile, ma era sempre più sicuro che sarebbe andato avanti, a prescindere da tutto.

In una sola settimana era riuscito a ridare al suo corpo la capacità di star seduto da solo. In se per sé poteva non sembrare una vera conquista per chi guardava dall'esterno, o perfino al sé stesso di qualche mese prima, ma ora faceva tutta la differenza. Quando Thorin era ritornato la seconda volta si era sentito incredibilmente fiero di sé per essere stato in grado di star seduto dritto per parlarci; era rimasto colpito dalla vastità della differenza con la prima visita, e quel momento, al principio della seconda, gli aveva sollevato il morale.

Non si era mai reso conto di quanti muscoli fossero coinvolti nelle attività più semplici, o quanto alcuni di quei muscoli lavoravano per cose che dava per scontate, come essere in grado di tenere in mano qualcosa, o ruotare le spalle, o stiracchiarsi. Bilbo sapeva che non sarebbe più stato in grado di dare tutto ciò per scontato.

"È strano però, sai," continuò l'infermiere, ignaro dei pensieri di Bilbo. "Pensavamo tutti che ci dovesse essere qualche motivo profondo per il quale continuava a venire a trovarti, e poi è venuto fuori che il tizio voleva solo qualcuno con cui parlare."

"Si," rispose Bilbo, la voce distante. "Immagino che tutti ne abbiamo bisogno, di tanto in tanto."

Se doveva essere sincero con sé stesso, era un po' più infastidito dal comportamento di Thorin di quanto avesse dato a vedere; il suo perdono veloce era dovuto all'evidente senso di colpa dell'uomo. Era stato chiaro che Thorin era consapevole dei problemi morali delle sue azioni e ciò aveva fatto sgonfiare l'irritazione fino ad un livello che era stato in grado di accantonare.

Forse non era la più salutare delle reazioni, reprimere una reazione onesta e istintiva, ma non aveva potuto fare altro.

Thorin era… interessante. Bilbo non pensava ci fosse altro modo per descriverlo. C'era un'intensità nel modo in cui agiva, nel modo in cui reagiva, che faceva venir voglia a Bilbo di stuzzicarlo e tirarlo fuori dal guscio. L'aveva fatto quasi senza pensarci all'inizio, ma il modo in cui Thorin aveva reagito, con un leggero rossore e lo spuntare di un sorriso, era stato stranamente affascinante.

Non voleva davvero continuare su quella catena di pensieri, e li scacciò via in fretta dalla mente.

"Sai quando potrò avere cibo migliore?" chiese all'infermiere, cambiando discorso prima di pensare troppo a Thorin.

L'infermiere rise.

"Non sei ancora pronto per troppo cibo, Signor Baggins. Il tuo stomaco reagirebbe male se gli dessimo cose troppo saporite o complesse. E con quello che mangi ora possiamo tenere d'occhio l'apporto calorico: dobbiamo farti riprendere peso."

Bilbo resistette l'impulso di alzare gli occhi al soffitto; era la stessa risposta che riceveva ogni volta. I pasti approvati che gli venivano portati erano insipidi, e anche la frutta che i visitatori continuavano a portargli ere severamente regolata (e poi cosa diamine faceva credere alla gente che quelli bloccati in ospedale volessero della frutta? Se avesse visto un altro chicco d'uva sarebbe stato costretto a lanciarli dalla finestra. Voleva salsicce, dannazione, e magari un pasticcio di carne. Decisamente cioccolata. Ma davvero, non un altro vassoio di anguria pretagliata), così che non indugiasse troppo nemmeno in zuccheri naturali.

"Bah," rispose. "Se sicuro di non riuscire e passarmi un pasticcio di maiale?"

L'infermiere rise mentre arrivavano alla stanza di fisioterapia, la risposta che finiva per ricevere ogni volta che provava a chiedere.

"Non ancora," rispose. "Ma presto. Stai andando davvero bene."

"Signor Baggins!" arrivò la voce allegra del fisioterapista. "è bello vederti di nuovo. Quand'è che ti trasferisci permanentemente giù al nostro reparto, eh?"

Bilbo alzò le spalle, fiero di sé stesso per essere riuscito a farlo.

"Appena me lo permettono, Bofur," rispose. "E te l'ho detto, chiamami Bilbo."

Se andava tutto bene si sarebbe potuto spostare dalla terapia intensiva entro il successivo paio di settimane, una volta che fosse stato un po' più fisicamente capace: avrebbe significato più libertà e cibo migliore, e non aveva timore di ammettere che quello aveva una priorità alta nella sua lista. Si strofinò i polsi quando l'infermiere se ne andò, sussultando nel sentire distintamente le ossa.

Aveva perso un enorme ammontare di peso durante il coma, anche se gli era stato detto che era una cosa normale, e non era ancora completamente abituato alla fragilità delle sue membra, alla perdita del leggero sovrappeso con cui si era sempre sentito a suo agio. Una vita di piccole concessioni gli aveva lasciato una certa morbidezza nel corpo che gli era mancata molto nell'ultimo paio di settimane: non si riconosceva quasi più. Aveva evitato di guardarsi allo specchio dalla prima volta che aveva intravisto degli zigomi scarni e troppo pronunciati, ombre scure sotto i suoi occhi. Non aveva bisogno di altro che gli ricordasse la sua fragilità fisica, grazie mille.

"Quindi," disse Bofur, prendendo i manubri[1] della sedia a rotelle e spingendolo alla larga sedia poco elegante da cui cominciavano solitamente, "Ho sentito dire che sei diventato una celebrità in terapia intensiva."

Bilbo gli lanciò un'occhiataccia.

"Non anche tu?" sbottò, anche se Bofur ricambiò il tono aspro con un disinvolto sorriso divertito.

"Ti va bene se ti sollevo?" chiese Bofur, anche se farlo e basta sarebbe stato molto facile per lui senza darsi la pena di chiedere. Era il tipo di affabilità che Bofur sembrava emanare, ed era una cosa che Bilbo apprezzava molto. Era carino a non dare le cose per scontate; gli lasciava la sensazione di avere ancora un qualche controllo sulla sua vita.

"Certo," rispose, cercando di non sussultare quando le braccia ampie e abbronzate dell'uomo si avvolsero sotto alle sue ginocchia e intorno la sua schiena. Bilbo si girò, e afferrò le braccia della sedia, la loro solita routine.

"Pronto?" chiese Bofur, e Bilbo annuì.

Questa era a volte la parte più difficile dell'intero esercizio: si tirava su sulle braccia della seconda sedia, per quanto riuscisse, e Bofur supportava il resto del suo peso, spostandolo dall'una all'altra e calciando via la sedia a rotelle con il piede.

Bilbo si sistemò nella sedia scomoda grugnendo per lo sforzo. Non era mai più facile, ma riusciva a sollevarsi sempre più ad ogni sessione.

"Grazie," disse, e Bofur sorrise di rimando.

"Lavoriamo un po' sulla tua coordinazione, per prima cosa."

Passò a Bilbo la palla di gomma che usava per allenare la presa, ancora una cosa con cui aveva occasionalmente problemi, e cominciò come al solito a strizzare e rilasciare la gomma.

Per quanto apprezzasse gli infermieri, Bofur stava diventando qualcosa di più simile ad un amico che altro, e sembrava non reagire mai all'impazienza di Bilbo nei confronti di sé stesso. Bilbo supponeva che ne vedesse tanta nel suo lavoro, ma comunque apprezzava la cosa.

"Come sta la famiglia?"

Bilbo si accigliò.

"Dispotici. Rimango comunque grato che il mio cugino meno gradito e sua moglie non siano ancora venuti a trovarmi."

Bofur alzò un sopracciglio, spostando lievemente la presa di Bilbo.

"Oh?"

"Già," disse, sussultando quando gli cominciarono a venire i crampi ad una mano: una circostanza comune ed irritante. "Anche se, ora che ci penso, è curioso. Normalmente Lobelia non esita a presentarsi dove non è voluta e non è invitata."

Bofur annuì, prendendo la pallina dalla mano dolorante e strofinando delicatamente ma fermamente le mani sulle sue dita, premendo e massaggiando finché il crampo non scemò.

"Come lo fai?" Bilbo domandò, curioso. "Come fai a sapere quando qualcosa fa male?"

Bofur sorrise, un sorriso ampio e disinvolto.

"Esperienza. E ho anch'io dei parenti troppo invadenti, non ti biasimo per non apprezzare le loro visite."

Bilbo si tolse dalla testa l'inusuale assenza di Lobelia e Otho mentre fletteva ancora la mano, sorridendo rassicurante quando Bofur gli lanciò uno sguardo indagatore per assicurarsi che il dolore fosse davvero sparito.

"La tua abilità nelle mani sta migliorando un sacco. Potremmo presto spostarci ad altro."

"Tipo camminare?" chiese Bilbo, alzando un po' la voce in eccitazione.

Bofur annuì.

"Vogliamo che tu ti alzi e possa andare in giro il prima possibile. Ma sai, ci vorranno settimane perché tu possa abbandonare la sedia a rotelle, in qualunque momento cominciamo.

Bilbo mormorò un assenso.

"Ma sarà un bene cominciare, no?"

Bofur annuì. "Prossimo, torsioni del busto."

Bilbo gemette. "Sono le peggiori."

Bofur gli diede un leggero colpetto sulla nuca. "Pensi che ogni esercizio sia il peggiore."

Ricevette un sorriso caldo in cambio. Era sorprendentemente facile scambiare battute in quel modo con Bofur.

"Lavorerei molto di più se acconsentissi a passarmi della cioccolata."

"E rischiare l'ira dell'infermiere Dori? No grazie."

Bilbo ridacchiò: l'infermiere capo del reparto di terapia intensiva era una creatura terrificante, iperprotettivo su tutti i suoi pazienti. Governava il reparto con un pugno di ferro, e Bofur non era di certo l'unico membro dello staff riluttante ad andare contro la sua parola per paura di una punizione, senza dubbio nella forma di feroce e tagliente ramanzina.

"Perché nessuno vuole portarmi del cibo?" Bilbo gemette con aria lamentosa, ancora sorridendo, mentre cominciava le torsioni, le mani di Bofur poggiate discretamente sulla sua schiena per assicurarsi che rimanesse dritto. "Il mio regno per un panino formaggio e sottaceti."

Bofur scosse la testa, gli occhi pieni di ilarità.

"Devi smetterla di pensare così tanto al cibo, ti stai solo torturando."

Bilbo roteò gli occhi.

"Il giorno in cui smetto di pensare al cibo è il giorno in cui smetto di respirare."

Continuarono con gli esercizi, scherzando bonariamente come se fossero amici di lunga data, e passò un po' prima che Bofur menzionò ancora Thorin; Bilbo fu colto piuttosto alla sprovvista quando lo fece, e spostò lo sguardo al soffitto per impedirsi di mostrare qualsiasi reazione specifica. Apparentemente non aveva avuto molto successo, perché Bofur alzò le sopracciglia con aria saccente.

"Oh?" chiese, un luccichio negli occhi. "C'è qualcosa che non stai dicendo?"

"Non proprio," disse Bilbo, "Non lo conosco nemmeno."

"No," Bofur concordò, allungando delicatamente la gamba di Bilbo fino a che non fu completamente dritta, prima di piegarla nuovamente al ginocchio. Il movimento mandò spiacevoli fitte su e giù per la gamba di Bilbo e la parte bassa della schiena, ma trattenne il gemito di dolore. "Ma lo vedrai ancora, no?"

"Forse," Bilbo acconsentì, "se ritorna."

"Vuoi che lo faccia?"

Bofur fece un gran sorriso, fingendo indifferenza.

"Non mi dispiace," disse, sperando che il suo tono non tradisse lo strano irritante desiderio che lo aveva assillato da quando aveva rivisto Thorin, per ragioni alle quali non voleva pensare.

Bofur riportò lo sguardo sul ginocchio di Bilbo, mormorando qualcosa di incomprensibile, anche se non si diede la pena di nascondere la sua espressione.

Bilbo sperava di non essersi tradito.

Ma dubitava di esserci riuscito.
 

...Continua.

[1]: non ho la minima idea di come chiamare i cosi con cui si spingono le sedie a rotelle. Ho chiesto alla mia migliore amica (che purtroppo ne usa una) e mi ha detto manubri, ma neanche lei è convintissima xD. Manopole mi sembrava poco adatto, anche perchè mi fa pensare ai guanti.

Note della Traduttrice - reprise
Qualcuno qui ha fatto colpo ( ͡° ͜ʖ ͡°)
Alla prossima!
- KuroCyou

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Note della Traduttrice
Brace yourself, Thorin-uncle-mode feels are coming! No seriamente, mentre traducevo questo capitolo dovevo trattenermi dal lanciare urletti. Il patato.
Buona lettura! ♥


Capitolo 10

 
Il cellulare di Thorin squillò mentre cercava di completare il progetto di un anello di fidanzamento da boutique: pescò nella tasca con la mano sinistra, senza sollevare la matita dal foglio né controllare lo schermo per l'ID.

"Che c'è?" abbaiò nel telefono, roteando gli occhi quando la risata trillante di sua sorella gli arrivò dall'altro capo.

"Ma che raggio di sole che sei?"

Thorin mise giù la matita con un sospiro. "Cosa vuoi, Dis?"

Dis sembrò capire che stava interrompendo qualcosa, perché smise di ridere, riportando la voce al suo solito tono caldo, venato dalla nota di stanchezza di una madre con un bambino piccolo.

"Ho bisogno di un favore; potresti darmi un passaggio domani?"

Thorin riprese la matita, ritornando alla sua commissione.

"Certo," rispose, aggrottando la fronte al disegno: c'era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa.

"Thorin, di solito prima di acconsentire dovresti chiedere dove e quando."

Thorin scrollò le spalle, anche se Dis non poteva vederlo. Ci fu una lunga pausa mentre Dis aspettava che dicesse altro, per discutere or ribattere qualcosa, ma lui era ancora distratto dalla commissione che non aveva intenzione di venire come lui voleva, e quindi si limitò ad aspettare che lei gli dicesse cosa avrebbe dovuto fare. Poté quasi percepire Dis che roteava gli occhi.

"Vivi ha un meeting fuori città, quindi le serve la macchina, ma c'è il controllo di Kili ed è una tal fatica infilare tutta la sua roba sull'autobus. Chiederei a Frerin, ma so che ha già dei programmi. È un problema? L'appuntamento è all'una. Sei sicuro che di poter lasciare il lavoro?"

Se Dis fosse stata lì di persona, Thorin avrebbe alzato le mani in resa alla carica della sua preoccupazione.

"Calmati, Dis. Dwalin può gestire le cose, va bene? Sarò dalle tue parti a mezzogiorno".

"Grazie, Thorin."

"Va bene," rispose, un po' a disagio, come ogni volta che la sua famiglia lo ringraziava per qualcosa che avrebbe fatto anche senza che gli venisse chiesto o riconosciuto. Stava per salutare e mettere giù il telefono (le poche volte che aveva chiuso una chiamata con Dis senza salutare era finita in una lavata di capo così terrificante che pensava gli avesse lasciato cicatrici emotive), ma prima che potesse farlo Dis riprese il discorso, la voce ingannevolmente innocente.

"Frerin ha accennato che avresti apprezzato una capatina all'ospedale, comunque."

Thorin fece quasi cadere il telefono sul pavimento.

"Cosa?" riuscì a dire dopo un momento di incredulità che sembrò molto più lungo di quanto non fosse stato in realtà. "Non ho idea di cosa tu stia parlando."

"Certo," punzecchiò Dis. "Come vuoi."

Riappese prima che Thorin potesse dire nulla, a quanto pare non era preoccupata dalle sue stesse ipocrisie, e Thorin accantonò lo schizzo per quel momento, consapevole che cercare di finirlo quando non era in vena avrebbe solo prodotto un pezzo di qualità sotto la media. Invece schizzò dei rozzi motivi geometrici su un pezzo di carta mentre cercava di reprimere l'urgenza di spaccare qualcosa. Avrebbe dovuto sapere che Frerin non poteva restarsene zitto in eterno.

Solo quando il giorno dopo si presentò sotto casa di Dis riuscì a sapere cosa, esattamente, il suo fratellino le aveva detto, anche dovette lavorare parecchio per farle tirar fuori la verità.

"Sembri straordinariamente preoccupato per quello che Frerin mi ha detto, Thorin." Commentò Dis dal sedile posteriore, una mano occupata ad accarezzare la guancia di Kili dove era seduto nel suo seggiolino.

Nessuno aveva commentato il fatto che, dall'incidente, non solo Dis si era rifiutata di guidare da sola, ma ogni volta che Kili era nella macchina lei scivolava sul retro senza una parola, toccandogli le guance o le mani o i capelli per l'intero viaggio. Fili pensava che fosse una grande opportunità, avendo sempre la possibilità di viaggiare sul sedile anteriore, e né i suoi due fratelli né sua moglie avevano voglia di dire nulla sull'argomento. Non poteva andare avanti all'infinito: quando la macchina di Dis sarebbe stata finalmente riparata non avrebbe più avuto una scusa per evitare di guidare, e avrebbe dovuto o ammettere le sue paure o superarle, ma al momento nessuno di loro voleva far troppa pressione, e si accontentavano di farlo rimanere un accordo silenzioso finché non sarebbe diventato un problema.

"Oh, zitta," disse Thorin, lo sguardo risolutamente puntato sulla strada.

Dis lo scrutò dal sedile posteriore, spalancando la bocca per lo shock.

"Buon dio," disse dopo un lungo momento. "Stai davvero arrossendo. Pensavo che Frerin mi stesse prendendo in giro, ma sei davvero rosso. Chi è questo tuo nuovo amico?"

Le mani di Thorin si strinsero sul volante quasi al punto di far male.

"Non è un amico," ribatté, la voce forse un po' più aspra di quanto non volesse.

"No?" chiese Dis, e nel suo tono era evidente il fatto che non credeva ad una parola. "Chi è allora?"

"È solo…" Thorin si interruppe, incerto di come completare la frase. "È solo un uomo. Che sono andato a trovare."

Dis lo stava osservando con attenzione, e avrebbe potuto commentare l'espressione di Thorin, se non fosse stato per l'inaspettata distanza del suo sguardo, l'irrevocabilità del tono che lasciava intendere che non era una cosa in cui lei doveva ficcare il naso, avrebbe potuto insistere per avere di più: invece si rilassò nel sedile, facendo smorfie a suo figlio, che finalmente era del peso appropriato, dopo quasi dieci settimane dalla nascita. Sedettero tranquillamente in silenzio per il resto del viaggio, con Kili che sbatteva le palpebre tra sua madre e il tettuccio dell'auto.

Thorin entrò con Dis all'appuntamento di Kili, e se ne stette in silenzio appoggiato al muro mentre suo nipote veniva pesato e misurato, la frequenza del battito cardiaco e la massa corporea appuntati nelle sue note mediche.

Strinse i denti e chiuse i pugni quando Kili cominciò a piangere per le mani fredde dell'infermiera che stava allungando ognuno dei suoi arti per prendere le misure, e le lacrime si intensificarono quando gli venne preso un campione di sangue per i test: per quanto Thorin capisse la necessità di quello che stavano facendo, non rendeva più facile il dover guardare suo nipote soffrire. C'era qualcosa di sbagliato nel guardare un bambino soggetto ad un esame medico, qualcosa di penoso nel vedere un corpicino così piccolo in una culla di vetro ricoperta dalla spiacevole carta verde che veniva sempre tirata sui letti da esame.

Dis gli sfiorò la spalla, in piedi tra Thorin e la culla, allungando l'altra mano per accarezzare la pancia del figlio per calmarlo, i singhiozzi di Kili si affievolirono leggermente.

"Quasi finito," disse, la voce lieve e delicata, il tono rassicurante così familiare che per un momento Thorin era certo che fosse loro madre a parlare.

Non era sicuro se era inteso per far star meglio lui o Kili, ma si ritrovò ad aggrapparsi disperatamente a quel tono mentre l'infermiera continuava gli esami fisici sul bambino.

Per fortuna finì presto; l'infermiera proclamò che Kili era in perfetta salute, quasi completamente ristabilito, e cominciò ad organizzare il prossimo appuntamento con Dis. Thorin prese il piccolo dalle braccia di Dis, che lo lasciò fare con un sorrisetto, senza alcuna impazienza: capiva bene il bisogno di rassicurarsi del benessere di un bambino con un contatto fisico.

Thorin strinse Kili al petto, e il bambino si accoccolò più vicino alla familiare presenza di suo zio, al calore del suo petto e l'odore familiare, tutto trucioli di matita e lucidante per argento dopo una mattinata di lavoro.

"Stai bene," disse a suo nipote, che sembrò d'accordo, lo sguardo alzato su Thorin con luminosi occhi blu (Dis era ancora convinta che sarebbero mutati nella sua sfumatura castano scuro, anche se aveva detto lo stesso di Fili, i cui occhi grigio-azzurri e capelli chiari venivano direttamente da Frerin e dalla loro madre). Singhiozzò un altro paio di volte prima di calmarsi completamente, agitando sopra la testa le manine che finalmente stavano diventando paffute, cercando di afferrare Thorin.

"Eccoti qua," disse Thorin, cullando dolcemente il bambino con un leggero movimento oscillante, per calmarlo ancora un po'.

Alzò gli occhi e si accorse che l'infermiera se ne era andata, e che sua sorella lo scrutava con uno sguardo affettuoso e un po' esasperato.

"Vecchio scemo," gli disse, "Sei un batuffolo di cotone dentro, non è vero?"

Thorin le rivolse la sua migliore espressione indifferente, e lei lo guardò divertita.

"Andremo a fare una visita al tuo amico ora che abbiamo finito?" chiese Dis, ignorando allegramente l'occhiataccia per niente divertita di Thorin. "Sembra un peccato fare tutta questa strada e poi tu non vai a trovarlo."

"Non se ne parla," rimbrottò Thorin velocemente. Il pensiero che Bilbo avrebbe dovuto incontrare sua sorella senza preavviso lo faceva sentire male: l'unica idea peggiore sarebbe potuta essere presentargli a forza Frerin, o forse Dwalin.

"Mi stai dicendo," disse Dis, le mani sui fianchi mentre percorrevano il corridoio, luminoso e impregnato dall'odore chimico dei farmaci come sempre, "che ti vergogni di presentare al tuo amico non solo la tua adorabile sorella, ma il tuo bellissimo nuovo nipotino?"

Thorin roteò gli occhi in esasperazione al suo tono melodrammatico, ma si ritrovò a lanciare un'occhiata giù a Kili, ancora in braccio a lui, gli occhi gli si stavano chiudendo; l'esame lo aveva chiaramente sfinito.

Anche se non aveva di certo intenzione di portare Dis nella stanza di Bilbo, c'era una piccola parte di lui che avrebbe voluto presentargli Kili: da un lato, era sicuro, era per provargli finalmente che  la sua nascita era il motivo per cui era andato in ospedale inizialmente (non che Bilbo avesse mai messo in dubbio la sua onestà). Ma era anche consapevole del fatto che molto era anche che voleva farlo e basta, solo per vedere.

Eliminò quel pensiero velocemente. Non sarebbe stato un bene cominciare a pensare a Bilbo con in braccio Kili. Non avrebbe dovuto immaginare l'unione della sua vita familiare con questa strana nuova amicizia, e non voleva nemmeno pensare al perché lo stesse facendo.

Dis lo osservava, anche se Thorin era troppo perso nei suoi pensieri per notarlo. Si appoggiò al muro mentre aspettavano che l'ascensore arrivasse per riportarli giù all'entrata. Thorin era totalmente distaccato, e anche se suo fratello era una persona introversa, non lo era di solito a questo livello.

"Va bene," disse, "va bene, la smetto. Ma se vuoi andare a salutarlo, velocemente, già che sei qui, Kili e io ti aspettiamo in macchina."

Le porte dell'ascensore si aprirono con un suono metallico, e Thorin scrutò la sorella mentre entravano.

"Forse," rispose, dopo un lungo momento, e anche se il suo tono era neutrale, si ritrovò comunque a passare a Dis le chiavi della macchina.

Dis gli diede un colpetto quando raggiunsero il piano terra, allungando le mani per prendergli suo figlio dalle braccia.

"Vai allora."

Le porte dell'ascensore si aprirono sull'atrio, ma invece di premere il bottone che l'avrebbe riportato in terapia intensiva, Thorin

fece un passo esitante dietro sua sorella, ancora incerto. Dis si girò a guardarlo, prima di roteare gli occhi.

"Seriamente, va'."

Thorin annuì, ma lanciò un veloce e riflessivo sguardo all'atrio con una strana espressione, riportandolo immediatamente su sua sorella quando realizzò cosa stesse facendo. Era, comunque, troppo tardi per evitare che Dis lo notasse: seguì il suo sguardo… al negozio dei regali.

"Oh," tubò, la voce colma di esaltazione. "Oh, capisco."

Thorin seppe di essere finito quando Dis aggiustò Kili tra le sue braccia abbastanza per infilare un braccio sotto il gomito di Thorin e guidarlo al negozio. Thorin considerò di resistere, ma si arrese quando capì che sarebbe stato inutile: Dis lo avrebbe continuato a prendere in giro comunque.

"Bene, fratello caro, cos'è che prendi di solito al tuo amico?" chiese mentre lo tirava dentro. "Frutta? Palloncini? Un orsacchiotto?"

Il giovane dietro il bancone alzò lo sguardo.

"Fiori, in effetti," rispose, prima di arrossire fino alla radice dei capelli ramati. "Uh, voglio dire, buon pomeriggio, posso aiutarvi?" disse l'ultima parte velocemente, inciampando sulle parole quando Dis e Thorin si girarono a fissarlo stupiti.

L'uomo - non proprio un uomo, più un ragazzo che altro, non poteva essere più di un sedicenne con un lavoretto part-time - si agitò, a disagio sotto il loro sguardo.

"Scusate," disse, ancora rosso. "Mio, uhm, fratello, lui lavora in terapia intensiva, e uhm.."

Si interruppe, e Thorin ripensò disperato a tutti i sorrisi complici che gli infermieri gli rivolgevano, il modo in cui i suoi bouquet erano sempre stati messi in un vaso quando li aveva portati nella stanza dell'uomo addormentato (sia in coma sia nel tipo di sonno più normale). Chiaramente la rete di gossip era molto più estesa di quanto non credesse.

"Capisco," disse Dis, con un gran sorriso. "E che tipo di fiori compra di solito il mio caro fratello? Rose, forse?"

Il ragazzo le rivolse un confuso sorriso tirato, preso alla sprovvista dal suo entusiasmo.

"Uh, no," ripose, attentamente come se fosse un esame. "Io, uh, non mi pare che siano rose, di solito."

Si rivolsero entrambi a Thorin, in attesa di una risposta, e lui scrollò le spalle, facendo finta di niente.

"Erano fiori." Rispose con indifferenza. "Non aspettarti che dica altro."

Dis storse il naso. "Penso comunque che un palloncino sarebbe stato meglio."

"Dis, non esiste che io gli compri palloncini, o orsacchiotti, o angeli custodi portafortuna," disse, forse con un po' troppa enfasi quando la scoprì ad osservarne un espositore. "Ed è stata un'idea di Frerin, comunque."

Quella era una mezza verità, ma in quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa per uscire dalla situazione. Dallo sguardo tagliente di Dis, sospettava che lo sapesse anche lei.

Sospirò. Sarebbe andata avanti all'infinito se glie lo avesse permesso: sua sorella avrebbe continuato a punzecchiarlo fin quando poteva.

"Tu," disse a sua sorella, puntandole il dito contro per enfasi, "tieni fuori il naso."

Afferrò un mazzo di fiori dall'espositore, una selezione di tulipani bianchi e gialli, e li mise sul bancone con uno sguardo truce alla sorella, che infine si lanciò i capelli su una spalla con indignazione.

"Bene, ci vediamo presto," gli disse, lasciando il negozio, non prima di avergli strizzato l'occhio significativamente. "Divertiti."

Thorin si rivolse di nuovo al ragazzo alla cassa, che li stava fissando entrambi ad occhi spalancati; gemette mentre tirava fuori il portafoglio.

"Non una parola con nessuno, va bene?" disse al giovane, che annuì velocemente, forse con troppo entusiasmo.

Fu con un lungo sospiro esasperato che Thorin diede il mazzo di fiori a Bilbo, qualche minuto dopo; roteò gli occhi allo sguardo interrogativo che il gesto gli provocò.

"Non è niente," disse stancamente. "Solo non hai idea delle sfide che ho affrontato, per prenderti quei fiori."

Nel complesso, si sarebbe potuto sentire un po' peggio, ma c'era qualcosa nella risata di Bilbo che riuscì a sollevargli il morale inspiegabilmente.

"Ridi quanto vuoi," gli disse, passandosi una mano tra i capelli, la voce provata. "Ma non aspettarti altre visite se lo trovi così divertente."

Cercò di convincersi di non essere compiaciuto nel vedere quanto velocemente Bilbo smise di ridere, ma era piuttosto ovvio, anche a sé stesso, che stava mentendo.
 

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Aah, i familiari ficcanaso. xP Ce l'avessi io una famiglia così... *fermati qui Kuro*
Alla prossima!
- KuroCyou

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Note della Traduttrice
Niente da dire qui per oggi, ma ci saranno delle comunicazioni nelle note giù (niente di tragico, don't worry). Oggi è tempo di fluff!
Buona lettura! ♥

Capitolo 11
 

Le settimane successive passarono senza troppi eventi di rilievo, i giorni sfumarono velocemente gli uni negli altri, come sempre dopo un lungo e stressante periodo, le settimane fuse insieme dal senso di pace; fu con una certa sorpresa che Thorin si rese conto di conoscere Bilbo Baggins da quasi due mesi, che anche suo nipote si stava avvicinando al decimo mese di vita, e che dall'incidente di Dis il tempo era riuscito a volare rapidamente e senza avvenimenti importanti. 

A meno che, ovviamente, non si considerava l'iniziale problema con Bilbo, anche se Thorin era lieto di non farlo, grazie mille.

Si riteneva fortunato: mesi passati senza alcun incidente drastico potevano essere solo una cosa buona. Per quanto non avesse remore a prendersi cura della sua famiglia, era certamente meglio se alcune cose non succedevano. Si riteneva fortunato di poter finire al lavoro ad un orario decente e andare a correre senza dover pensare a dove c'era bisogno di lui, di non doversi preoccupare che il ricovero di Dis compromettesse la guarigione di Frerin, per quelle pigre sere estive passate nel cortile posteriore a casa di Dis, con Fili che giocava sull'altalena nel prato e Kili addormentato in braccio a Thorin, Frerin e Vivi che battibeccavano svogliatamente mentre Dwalin si occupava del barbecue e Balin fumava i suoi sigari pungenti, il caldo e inebriante odore dell'erba tagliata e dei fiori serali che aleggiava nell'aria; fortunato che la sua famiglia fosse completa.

Ma se c'erano momenti, magari quando Vivi faceva un commento particolarmente pungente o Dis accennava alle nuove piante che voleva comprare per il giardino, che Thorin si ritrovava a cercare una sedia vuota che non era nemmeno presente, una figura in più che avrebbe potuto ribattere qualcosa, che avrebbe offerto di aiutare Dis a scegliere i fiori, che avrebbe passato una birra a Dwalin mentre rigirava la carne, o che avrebbe potuto avvicinarsi a lui, e accarezzare con un dito la testa a Kili, che giaceva tra le sue braccia, prima di alzare lo sguardo su Thorin e rivolgergli quel caldo, familiare sorriso; beh, se a volte si immaginava questo, erano solo affari suoi.

Allo stesso modo, non c'era ragione per dover spiegare che nelle ultime settimane aveva visitato l'uomo in ospedale più di quanto non volesse ammettere ai suoi fratelli; sebbene, se doveva essere completamente onesto con sé stesso, ci sarebbe andato molto di più se non avesse paura di farsi scoprire da suo fratello e sua sorella, e di mettere alla prova la pazienza di Bilbo. Aveva la sensazione che Bilbo non avrebbe saputo mettere da parte le sue buone maniere per dire ad un visitatore sgradito di andarsene, per quanto taglienti fossero il suo spirito e i suoi rimbecchi quando l'occasione si presentava.

Thorin temeva di diventare un peso per l'uomo, preoccupato che le sue visite potessero diventare per Bilbo un obbligo da affrontare se finiva per comparire troppo frequentemente; si assicurava di limitarsi strettamente, e cercava attentamente ogni segno di insofferenza per la sua compagnia nei gesti di Bilbo.

Si ritrovò ad essere sempre più preoccupato di quello che Bilbo pensava delle sue visite sempre più frequenti.

C'era qualcosa che ispirava pace e serenità nella piccola stanza d'ospedale, che fuori ci fosse la pioggia o il sole o il tetto di nuvole grigie, qualcosa di rassicurante che gli faceva rilassare le spalle, rendeva i sorrisi più facili e la fronte meno aggrottata. Sembrava isolata dal resto del mondo, tagliata fuori dalla sua vita e dal suo stress, un mondo a parte nel quale tutto ciò su cui doveva concentrarsi era provare a far ridere il suo amico, guardando il modo in cui la pelle tesa sul suo collo si muoveva quando Bilbo girava la testa, cercando di portare quel sorriso incredibilmente ricco sul suo viso con i fiori.

Finì per ascoltare cose alle quali non avrebbe mai pensato di essere interessato; come funzionava il procedimento editoriale dei libri, come prendersi cura di argenteria antica, il significato dei fiori. Bilbo raccontava con una facilità che rivelava la quanto fosse appagato dalla sua vita; parlava della sua famiglia e finiva per divagare in discorsi coinvolgenti e arguti, senza essere intralciato dall'imbarazzo che faceva di solito perdere il filo del discorso alle persone.

Thorin si ritrovò a scegliere nuove e inusuali combinazioni di fiori, solo per vedere come Bilbo avrebbe reagito; se sarebbe arrossito in imbarazzo a qualche messaggio che poi si rifiutava sempre di tradurre, oppure se avrebbe gettato indietro la testa ridendo ad uno improbabile o involontariamente sgradevole.

"Sono contento che continui a venire, sai," Bilbo ammise un giorno, alzando il viso da un mazzo di fiori dei quali Thorin non sapeva nemmeno il nome; c'era una strana scintilla nella sua espressione, come se stesse reprimendo qualcosa, ma Thorin se ne accorse a malapena.

Il suo sguardo era caldo, pieno di affetto e sincerità.

Thorin si era limitato ad annuire, sistemandosi nella sedia, chiedendosi il perché del calore che era avvampato nel suo petto.

Si erano certamente avvicinati nelle settimane passate, e Bilbo aveva iniziato a confidarsi sempre più con Thorin, sulla sua vita e il suo passato, il futuro e la continua battaglia per scrivere un seguito del suo ultimo libro, il cui successo aveva sorpreso anche lui. Le chiacchiere spicciole erano limitate dalla restrizione in ospedale, se non nella stanza, di Bilbo; per questo i due si ritrovarono a passare a conversazioni sempre più serie e personali.

A propria volta, Thorin cominciò ad aprirsi un po' anche lui, anche se ad un livello decisamente minore: ogni tanto si inseriva, comunque, magari raccontando di qualcosa che aveva fatto recentemente con suo nipote, o con aneddoti di quando Frerin e Dis erano ragazzi e si occupava di loro. Bilbo osservava sempre con attenzione quando se ne usciva con questo tipo di cose, scrutando la sua espressione in cerca di qualcosa, cosa, Thorin non lo capiva.

C'era una familiarità tra loro ora, una vicinanza, e Thorin era sicuro di sentire la risata di Bilbo in voci che echeggiavano dalla strada; più volte di quante ricordasse era sussultato al passare di uno sconosciuto e aveva dovuto interrompere un movimento verso qualcuno che non poteva essere Bilbo.

C'era molto poco, realizzò, che non avrebbe fatto per l'uomo, un fatto che fu presto messo alla prova.

Fu con una certa trepidazione che Thorin arrivò in ospedale un giorno, con una borsa che aveva preso in prestito da Frerin (senza chiedere; il permesso avrebbe richiesto una spiegazione dopo tutto). Non usava borse di alcun tipo, a parte gli zaini funzionali di quando usciva con Fili, da quando aveva finito la scuola, e la grossa tracolla gettata sulla spalla lo faceva sentire a disagio; certo che le persone la stessero fissando.

Quando arrivò alla porta di Bilbo colse lo sguardo di un'infermiera alla postazione, e alzò le sopracciglia interrogativamente.

"Può assicurarsi che nessuno ci disturbi, per almeno venti minuti?" chiese, la voce severa. "Ho documenti confidenziali che il Signor Baggins deve visionare."

L'infermiera annuì lentamente, aprì leggermente la bocca e aggrottò le sopracciglia come per fare una domanda, ma poi gli lanciò uno sguardo d'intesa.

"Certamente. I suoi medici hanno appena finito il giro, quindi non dovrebbe passare nessuno per almeno un'altra ora."
Thorin cercò di non arrossire: c'era un tono astuto nella sua voce, come se sospettasse di lui, anche se non poté non rendersi conto che implicava che qualcosa di illecito stesse per accadere oltre le porte chiuse. Beh, si, ma certamente non nel modo in cui lei sospettava.

Annuì, imbarazzato, e bussò sulla porta di Bilbo, entrando dopo l'invito. Non si era dimenticato, non dopo quel primo incontro.

Thorin chiuse la porta dietro di sé con un evidente sospiro di sollievo, sfilandosi immediatamente la borsa dalla spalla.

"Penso che gli infermieri sospettino che qualcosa sta succedendo."

"Davvero?" chiese Bilbo, gli occhi accesi dall'eccitazione. "Cosa ha detto?"

Thorin stava per rispondere spiegando le implicazioni del suo tono, ma si fermò all'ultimo momento: sarebbe stato imbarazzante spiegargli che l'infermiera sembrava pensare che loro due fossero in una qualche relazione romantica; erano solo amici dopo tutto.

Thorin si schiarì la gola.

Solo amici.

"Niente di che," rispose infine. "Tieni."

Allungò la borsa a Bilbo, posandola piatta sul letto e scivolando nella sedia di fianco, osservando gli occhi di Bilbo illuminarsi quando ne tirò fuori il contenuto.

"Oh, Thorin," disse Bilbo, senza fiato. "Meraviglioso, meraviglioso uomo."

"Extra large, crosta ripiena, formaggio extra, pancetta extra." Recitò Thorin mentre Bilbo apriva il coperchio della scatola della pizza. "Spero sia ancora calda."

Bilbo fissò in estasi la scatola tra le sue mani, inalando il profumo del cibo caldo.

"Hai idea quanta uva ho mangiato nelle ultime settimane? Quante ciotole d'avena?" disse Bilbo, euforico. "Quanti meravigliosi pasti nutrienti e salutari?"

Thorin non riuscì a trattenere il sorriso quando le mani di Bilbo indugiarono sulla pizza gigante.

"È stato totalmente orribile. Spero che non te ne aspettassi un pezzo, comunque."

Thorin alzò le mani in finta resa mentre Bilbo tirò fuori la prima fetta e le diede un morso, lo sguardo perso e rapito.

"Non oserei mettermi tra te e la tua prima pizza in quasi sette mesi," rispose, "Ho cresciuto due adolescenti, so quando non intralciare il rapporto col cibo."

Bilbo rise intorno ad un boccone di pasta e formaggio, lanciando uno sguardo colpevole alla porta.

Thorin scosse la testa; gli infermieri sarebbero stati furiosi se avessero scoperto che Thorin aveva aiutato Bilbo a deviare dal severo piano alimentare, ma era stato incapace di resistere al tono supplichevole della voce di Bilbo quando gli aveva chiesto aiuto nel procurarsi del cibo take-away; avrebbe potuto riuscirci se lui non lo avesse guardato con quegli occhi grandi, pietosi e chiaramente pieni di senso di colpa.

Aveva sospirato, e annuito.  

Ne era valsa la pena  però, non poté non pensare, anche solo per la felicità di Bilbo alla vista della pizza. Lo portò a chiedersi quale poteva essere la sua espressione se gli avesse messo davanti cibo di alta qualità, da un ristorante o qualcosa preparato da Frerin (suo fratello era inaspettatamente bravo in cucina, un qualcosa che prendeva di sorpresa chiunque lo conoscesse da poco).

"Andremo a prendere qualcosa di decente quando esci," disse Thorin senza pensare, si rese conto di cosa aveva proposto solo quando Bilbo alzò lo sguardo su di lui, masticando lentamente con l'aria un po' sorpresa. "Intendo… probabilmente avrai un sacco da fare, ovviamente. E se vuoi. Tu... non devi. A meno che non vuoi."

Bilbo sembrò capire che Thorin aveva bisogno d'aiuto, e annuì, un po' troppo velocemente e con troppo entusiasmo per essere dovuto solo a pura gentilezza.

"Sarebbe bello," disse, dopo aver ingoiato il boccone. "Mi piacerebbe."

"Ah," rispose Thorin, e poté quasi sentire il complimento sarcastico di suo fratello nella testa, che eloquenza. "Bene. Ok."

Bilbo gli sorrise, l'angolo della bocca alzato in un miscuglio di soddisfazione e sorpresa; Thorin cercò di fermare il l'ondata di calore che quello sguardo portò sul suo viso, e non era certo di esserci riuscito.

Realizzò all'improvviso che Bilbo aveva già finito la pizza; fissò la scatola aperta scioccato.

"Sei stato… veloce."

Bilbo scrollò le spalle, infilando la scatola nella borsa prima di strofinarsi le braccia, a disagio.

"Ho perso decisamente troppo peso," rispose, fissando malevolmente gli spigoli affilati delle ossa dei suoi polsi. "Non mi sento ancora propriamente a posto."

"Penso che tu stia benissimo," disse Thorin, un po' imbarazzato, e un rossore scuro ed improvviso comparve sul collo di Bilbo, ancora scoperto perché i capelli non erano ricresciuti del tutto. Non lo intendeva così come era venuto fuori, non in quel modo, intendeva semplicemente che Bilbo sembrava sano, il che era vero; aveva recuperato abbastanza peso che gli spiacevoli incavi nelle sue guance erano scomparsi, e il pallore della malattia aveva lasciato il posto ad un colorito più rassicurante.

Era riuscito a mettersi in imbarazzo due volte in pochi minuti, ma scoprì che lo sguardo che gli fu rivolto ne era quasi valso la pena.

Bilbo sbadigliò, roteando le spalle, e Thorin dovette quasi sedersi fisicamente sulle sue mani per impedirsi di allungarle e accarezzare con il pollice la curva della sua mascella.

Non era certo di quando il suo desiderio di vedere l'uomo era evoluto in qualcosa… di più, a quale punto la voglia di sentire la sua pelle per vedere se aveva ancora quell'aria cartacea era diventata voglia di sentirla e basta, di toccarla, di percepirne il calore sotto la sua. Ad essere onesti, non voleva provare a capire quando era successo.

Farlo, pensò, lo avrebbe reso in qualche modo più precario, lo avrebbe scomposto in qualcosa di difficile e troppo reale per ora, qualcosa di troppo per quello che erano in quel momento. Non c'era nemmeno motivo di considerare nulla. Thorin sapeva che, fin quando Bilbo non sarebbe stato dimesso, non aveva senso ragionare sulla possibilità di fare qualcosa riguardo ai suoi sentimenti prima di poter attuare qualsiasi potenziale piano d'azione.

Ciò comunque non gli impediva di immaginarsi Bilbo seduto con la sua famiglia, da immaginare come poteva essere baciare quelle palpebre, le tenui vene blu che le percorrevano quando non aveva dormito abbastanza.

Bilbo lo stava guardando, la testa inclinata di lato, e Thorin realizzò di colpo che non aveva mai risposto al suo goffo complimento; lo aveva semplicemente osservato mentre Thorin si perdeva nei pensieri.

"Grazie," disse infine, e l'affetto nel suo tono improvvisamente rese più difficile respirare.

Thorin rispose con un piccolo sorriso, e sbuffò un sonoro sospiro.

Gli occhi di Bilbo erano radiosi, e Thorin osservò il modo in cui si rigirava tra le dita un petalo caduto da un bouquet.

Era andato, realizzò distrattamente. Perso. Totalmente cotto.

E non riusciva a dispiacersene.
 

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Le sentite? Sentite le mie urla di gioia? THORIN MIO CARO RAGAZZO (?)
Comunque, passando alle cose serie, vorrei chiedervi una cosa. Stavo pensando di aprire un altro account di traduzione per pubblicare raccolte di traduzioni One-Shots di autori diversi (la legge di efp è strana), oppure tradurre un'altra multi-chapter - avevo in mente Child of Earth and Sky, roba figa con Bilbo figo e AQUILE - , quello che mi chiedevo è, se ovviamente avreste voglia di leggere altro, preferireste che continui OSC tirata unica fino alla fine, oppure che la alterni ad altri progetti? Ditemi pure!
Ah, e il tempo della riapertura della scuola si avvicina, uuuh, speriamo bene O^O
Bye~
- KuroCyou

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Note della Traduttrice
Midispiacesonotremendamenteinritardo!!! ;A; Anche se.. si penso proprio che questa sarà la cadenza abituale d'ora in poi .___. pregate che riesca a tradurre più di un capitolo a settimana! E per quanto riguarda la questione altre-storie, ho deciso di rimandare a quando questa sarà finita (se vorrete ancora ^^;). Già è difficile arrivare a due capitoli settimanali, se ci metto in mezzo altro OSC non finirà più.
Ooook, come sempre grazie a tutte per il supporto, e non esitate a farmi notare eventuali errori! ♥  
Buona lettura! ♥

Capitolo 12
 

Bilbo aprì gli occhi, assonnato, e combatté per un istante l'improvviso e inaspettato disorientamento  quando un soffitto sconosciuto entrò nel suo campo visivo.

Per un momento il panico lo invase e accelerò il suo battito, poi ricordò dove fosse: ancora in ospedale, solo in un posto diverso. Il giorno prima era stato spostato dalla sua stanza in terapia intensiva giù al reparto più vicino alle sale di fisioterapia, e il panico fece posto ad un'ondata di gratitudine. Il trasloco era indubbiamente una cosa positiva: significava che la sua salute era stata giudicata abbastanza migliorata da permettergli di avere un po' più di libertà.

I medici erano ora sicuri che non si sarebbero rivelati danni cerebrali permanenti (e che sollievo era stato avere la conferma?). Gli infermieri lo avrebbero ancora tenuto severamente d'occhio, ma almeno non era più sotto lo sguardo militante dell'infermiere Dori, che difendeva il suo reparto come un drago col suo tesoro.

Era un po' sconvolgente svegliarsi in una stanza diversa dopo tanto tempo passato a fissare il soffitto di un'altra; erano passati più di due mesi da quando si era svegliato, e col tempo l'aveva osservata molto bene, specialmente nei primi giorni quando non era neanche in grado di muovere la testa. Il soffitto, era convinto, sarebbe stato per sempre impresso nella memoria, dall'intonaco sbiadito alla sottilissima crepa sopra la porta, fino alla leggera chiazza vicino alla lampada.

Osservò la nuova visuale per un po', flettendo lentamente le dita delle mani e dei piedi mentre il suo corpo si destava.

Quello era un giorno di pausa dalla fisioterapia, e non aveva fretta di svegliarsi: senza le lunghe ore passate con Bofur non c'era molto che potesse fare, e si era ritrovato annoiato oltre misura dalla monotonia di quei giorni. Aveva cercato di convincere gli infermieri a lasciare che continuasse la terapia ogni giorno, ma erano stati irremovibili. Apparentemente sforzarsi troppo avrebbe fatto più male che bene, anche se non era molto contento della cosa.

Bofur gli aveva però giurato che stava recuperando, e avevano mosso i primi passi verso i suoi primi passi, di nuovo in piedi. Bofur era stato veloce ad avvertirlo che non sarebbe stato né doloroso né facile come sembrava credere, ma tutto quello che gli importava veramente era che presto avrebbero cominciato, e presto si sarebbe finalmente potuto liberare della dannata sedia a rotelle. La forza sembrava essergli ritornata completamente, almeno secondo lui: nelle ultime settimane aveva riacquistato tutto ciò che aveva perso nella parte superiore del corpo e nella capacità delle sue mani, ma gli avevano detto che le gambe sarebbero state tutta un'altra storia.

Le  gambe, ovviamente, dovevano supportare il peso dell'intero corpo; Bilbo si ricordò di quello che sua nonna gli aveva detto una volta, dopo che era stata costretta sulla sedia a rotelle dai morsi dell'artrite.

"Tieni da conto le tue ginocchia, ragazzo mio," gli aveva detto, arruffandogli i ricci con la mano fredda. "Portano il peso più grande di te, dopo il tuo cuore."

Lui aveva sorriso e le aveva baciato la guancia, ma stava imparando solo ora ad apprezzare le proprie gambe come lei gli aveva consigliato.

Ma nonostante quanto difficile la strada per il recupero sarebbe stata, camminare gli avrebbe concesso una libertà molto più ampia rispetto ad ora. Non solo sarebbe stato in grado di zoppicare in giro sulle stampelle invece di dover essere spinto su quattro ruote, sarebbe poi potuto arrivare a camminare in modo indipendente.

E quello sarebbe stato solo l'inizio: gli avevano promesso che una volta in grado di muoversi avrebbe potuto lasciare l'ospedale. In effetti, all'inizio avrebbe potuto fare solo una passeggiata nel cortile, per assaporare l'aria fresca e la connessione con il mondo esterno che bramava tanto, ma a seguire avrebbe potuto andarsene per un pomeriggio o cose così, se ci fosse stato qualcuno disponibile a tenerlo d'occhio - avrebbe potuto prendere un taxi per la casa di suo cugino Drogo, così che potesse vedere la curva del pancione di Primula prima che partorisse.

E finalmente, ovviamente, avrebbe potuto andarsene.

A Bilbo mancava davvero la sua casa, gli accoglienti pannelli di legno nel buco che era il suo studio, i pesanti cuscini sul suo letto, la stoffa odorosa di pulito delle sue tovaglie e tovaglioli, resi morbidi dal tempo.

Era strano, pensò tra sé e sé mentre osservava il gioco di ombre screziate che le foglie proiettavano sul soffitto da fuori, come ci si ritrovi a sentire la mancanza delle cose della propria casa dopo averla lasciata - il calore su un fianco quando si sedeva nella poltrona vicino al fuoco, il caldo profumo delle primule serali che sbocciavano al tramonto quando si sistemava sulla panchina vicino alla porta sul retro per fumare, mentre il sole affondava basso dietro l'orizzonte; e dei del cielo, quanto gli mancava il gusto amaro del suo tabacco da pipa.
Certe notti si svegliava e rimaneva disteso in silenzio, chiedendosi come aveva fatto a non accorgersi mai di quanto confortante fosse il grattare dei rami della grande quercia davanti casa sua sui vetri della finestra della sua camera dal letto.

Bilbo era radicato in quella casa, e negli alberi e fiori e il vecchio giardino delle erbe si sua madre: era la sua fortezza, e quanta ragione aveva chi diceva che la casa di un inglese è il suo castello? Esserle lontano lo lasciava con una strana sensazione di vulnerabilità, come se qualche ancora di salvezza del passato fosse stata lasciata cadere, e lui si stesse sforzando di raggiungerla.

Gli mancava il modo in cui le piantine di menta e rosmarino che costeggiavano il sentiero nel suo giardino gli sfioravano le mani quando andava fino al melo, e i ritratti dei suoi genitori sopra il camino, le pagine increspate dei suoi quaderni e il grattare della penna fontana di suo padre sulle pagine (e suo editor rideva ancora della sua abitudine di prendere appunti a mano, con una penna che aveva ancora bisogno di una boccetta di inchiostro per riempire le cartucce).

E comunque non era solo quello: non era semplicemente l'edificio, e la sua casa, che gli mancava, ma avere qualcosa di pratico da fare: aveva scritto qualcosa, in un modo o nell'altro, ogni giorno negli ultimi dieci anni in quella casa, e il suo desiderio di casa era legato strettamente alla noia. La terapia fisica occupava molte ore della giornata ma lo sforzo fisico non era semplicemente uguale allo scrivere. Allungare le sue dita fisiche, pensò rassegnatamente mentre faceva proprio quello sulle lenzuola fresche, non era lo stesso che allungare quelle da scrittore: desiderava mettere la penna sul foglio di nuovo, perdersi in mondi di sua creazione, in personaggi nati dalle profondità cavernose della sua immaginazione, quei profondi baratri di possibilità.

Entrò un infermiere, e fu costretto a sedersi e lasciargli fare i soliti controlli mattutini, dalla frequenza cardiaca alla pressione sanguigna alla circolazione: era sempre stato un po' a disagio quando la gente gli toccava i piedi, e non amava le leggere punture di ago che doveva sopportare sulle piante, parte dei controlli per assicurarsi che avesse ancora la sensibilità in tutte le membra. L'uomo era incredibilmente alto; doveva piegarsi profondamente per farlo.

"Scusa" l'infermiere disse con l'ombra di un sorriso quando Bilbo sussultò. "Quasi fatto."

Bilbo agitò la mano mentre cercava di riportare un'espressione neutra sul viso.

"Non è colpa tua."

Quello stesso sorriso fu rivolto nella sua direzione, e Bilbo girò la testa di lato.

"Sono Bilbo, comunque. Bilbo Baggins. Piacere di conoscerti"

Il sorriso era un po' più ampio stavolta, e forse un po' più genuino, rendendo l'ampio e severo volto un po' più caloroso.

"Beorn" rispose. "La colazione passerà presto. Dovresti mangiarla tutta, piccoletto, devi rimetter su un po' di peso."

Fino a qualche tempo prima, un'affermazione del genere lo avrebbe offeso, ma le cose erano cambiate molto da allora. Invece, reclinò la testa all'indietro e rise. L'infermiere lo guardò basito, le sue spalle larghe bloccavano la visuale di Bilbo completamente, e Bilbo allungò la mano per dare un colpetto alla sua.

"Penso che andremo parecchio d'accordo."

Sfortunatamente Beorn doveva andarsene subito, con gran fastidio di Bilbo: aveva sperato di poter distrarsi dalla lunga noiosa giornata con un po' di compagnia, ma sembrava che non sarebbe stato così: invece i suoi pensieri si spostarono su Thorin.  

L'uomo era stato l'unica distrazione costante dal suo risveglio, oltre la fisioterapia, e Bilbo era stato in un certo senso preoccupato che l'affetto crescente che provava per lui era semplicemente il semplice risultato dell'essere bloccato lì, con un limitato contatto col mondo esterno. Non sarebbe stata una cosa molto diversa da una sindrome di Stoccolma, pensò con un sorriso amaro: intrappolato nella sua stanza, i contatti con il mondo e le persone limitati, all'inizio aveva temuto che qualunque sentimento potesse provare erano il prodotto di un desiderio per un amico in cui confidare.

In un certo senso sarebbe stato più facile se fosse stato così.

Bilbo girò lo sguardo sul comodino. Anche se aveva lasciato che gli infermieri buttassero via la maggior parte dei bouquet nella sua stanza, aveva insistito che l'ultimo che Thorin aveva portato fosse trasferito con lui: i tulipani avevano appena cominciato ad appassire, e il pensiero di gettarli via lo metteva profondamente a disagio per ragioni che non aveva voglia di affrontare. Gli infermieri gli avevano lanciato sguardi torvi alla sua insistenza ma non avevano detto altro, nonostante l'evidente divertimento nei loro occhi.

Thorin era… Thorin non era quello che si era aspettato.

Era più divertente e appassionato e dolce, e sotto la scorza burbera e l'espressione severa c'era una scintilla di qualcosa di splendente, di seducente, il tipo di carisma che portava le persone a star dritti e prestare attenzione, che lo volessero o no: il modo delicato con cui parlava dei suo nipoti e il guizzante senso dell'umorismo scaldavano il petto di Bilbo, che cominciava quasi a preoccuparsi dell'intensità dei suoi sentimenti.

Dopo tutto, Thorin lo andava a trovare solo perché si sentiva in colpa, veniva solo perché Bilbo era un invalido bisognoso di compagnia, e Thorin sentiva di aver qualcosa da ripagare.

Il pensiero lo fece riaffondare miseramente tra i cuscini.

Il tempo per la colazione arrivò e passò, e infine anche quello del pranzo: la pioggia batteva ritmicamente sulla finestra e il pomeriggio si prolungava, lungo e lento e pieno di nulla oltre che il vagare della sua mente. Si chiese perché non aveva pensato a chiedere a qualcuno di portargli un libro, o uno dei suoi blocchi per gli appunti, o magari il suo portatile: anche un mazzo di carte per fare qualche solitario avrebbe fatto qualcosa per distrarlo. Sussultò un po' quando qualcuno bussò alla porta, e si tirò su mentre invitava ad entrare chiunque fosse: si ritrovò a sorridere quando Thorin entrò.

"Non ti aspettavo oggi," disse con onestà. "È passato solo un giorno dalla tua ultima visita."

Thorin fece un suono incerto, passandosi una mano tra i capelli.

"Sono stato visto questa volta," disse Thorin chiudendo la porta dietro di sé con un leggero click, apparentemente intenzionato ad ignorare il saluto di Bilbo come al solito. "Io… ho avuto difficoltà a trovare la tua stanza-"

"Intendi che ti sei perso," lo interruppe Bilbo, le sopracciglia alzate. Voleva essere una battuta, ma l'improvviso rossore sul naso di Thorin gli fece pensare di aver colpito un argomento delicato. Thorin girò la testa, e si schiarì la gola. Bilbo si assicurò di reprimere un sorriso.

"Beh, un'infermiere mi ha visto, e ha visto la borsa ma lui… non sembrava essere contrario."

Bilbo lasciò sbocciare completamente il suo sorriso quando Thorin si rivolse a lui, un po' imbarazzato.

"Mi ha detto di assicurarmi che… il coniglietto mangiasse tutto."

Bilbo lo fissò.

Era serio?

"Coniglietto?"

Thorin scrollò le spalle, alzando le mani in resa.

"Parole sue, non mie."

Bilbo era un po' distratto dallo strano nomignolo quando Thorin si sfilò la borsa dalla spalla, catturando la sua attenzione. Dalla borsa - stavolta una grossa sacca da ginnastica che avrebbe attratto l'attenzione da un miglio - fuoriusciva un profumo decisamente invitante, e Bilbo la afferrò avidamente.

"Come ha fatto a vedere dentro la borsa? Visione a raggi x?"

Thorin si accigliò, e Bilbo soffocò una risata.

"No… immagino l'abbia fiutato. Un naso da segugio."

Bilbo aprì la zip della borsa, lasciandosi sfuggire un gemito che sarebbe potuto essere considerato indecente in altre situazione; non si accorse dello sguardo sorpreso che gli rivolse Thorin, che indugiava ancora in imbarazzo di fianco al letto.

Fu solo mentre tirava fuori il grosso secchio di pollo fritto dalla borsa che realizzò perché Thorin era ancora in piedi: quella stanza era decisamente più piccola da quella in terapia intensiva, e non aveva una sedia per i visitatori, anche se c'era posto per una. Bilbo immaginò che doveva essere stata presa da un visitatore in un'altra stanza, e non l'avevano riportata indietro. Si spostò un po' nel letto, sforzandosi di muovere le gambe sotto il cotone per fare spazio.

"Ecco," disse, dando un colpetto al letto vicino a sé. "Siediti."

Thorin lo fissò, e Bilbo si chiese per un momento cosa stesse succedendo nella testa dell'uomo: la sua fronte era aggrottata, e gli occhi distanti, ma dopo una lunga pausa accettò l'offerta e si appollaiò di fianco a Bilbo, appoggiandosi alla testiera.

Aveva pensato che Thorin si sarebbe seduto dall'altro lato del letto, opposto al lui, e c'era una certa e inaspettata intimità nel sedersi così, fianco a fianco.

Bilbo poteva quasi sentire il calore del suo corpo contro il proprio braccio, per quanto non si toccassero. Si tenne occupato con il pollo, cercando di spingere via quelle sensazioni dalla mente.

"'uono," disse a Thorin, la bocca piena, e il sorriso che gli fu rivolto era dolce, per un momento sfuggente, prima che scomparisse di nuovo.

"Mi fa piacere."

La prossimità sembrò metterli all'improvviso a disagio; sedettero fianco a fianco, entrambi incapaci di incrociare lo sguardo dell'altro. Bilbo si reclinò sui cuscini dopo un po', il cibo finito, e fissò il soffitto sopra di sé; sentì i suoi occhi cominciare a chiudersi, e si spostò un po' più vicino senza volerlo.

Bilbo non si rese conto di essersi appisolato, accasciandosi lentamente contro l'uomo al suo fianco, e certamente era addormentato troppo profondamente per accorgersi quando Thorin, lentamente e con esitazione, alzò un braccio per avvolgerlo delicatamente intorno alle spalle di Bilbo.

Si accorse però del calore latente sui cuscini, quando si svegliò qualche ora dopo, come se Thorin fosse rimasto con lui per parecchio tempo.

Premette il viso sorridente nelle coperte, e cercò con tutto sé stesso di non sperare.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Ah, questi due idioti ♥
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Note della Traduttrice
Appenaintempo! Speravo di pubblicare un po' prima ma le cose si sono... ingarbugliate parecchio. x) Ho tradotto questo capitolo in preda all'emicrania (dannata), quindi se trovate cose incomprensibili o erroracci ditemelo xD
Il tredici non è un numero fortunato!
Buona lettura! ♥

Capitolo 13
 

Le cose sembravano andare così bene.

Ovviamente, fu allora che arrivò l'intoppo.

L'avvocato se ne stava ai piedi del letto di Bilbo - nessuna sedia per i visitatori si era ancora materializzata nella sua stanza, un fatto che cominciava ad infastidirlo, anche se non l'aveva mai fatto prima - e si torceva le mani in imbarazzo, in fronte all'ira della fragile persona nel letto davanti a lui. Bilbo si chiese se l'uomo di mezza età avesse estratto qualche bastoncino corto perché gli fosse stato affibbiato lo sfortunato e spiacevole compito di parlare con lui.

"So che questo non è ciò che vuole sentire, nella sua situazione, Signor Baggins," l'avvocato cominciò, ma si interruppe, come se non fosse sicuro di cos'altro ci fosse da dire.

"E non c'è nulla da fare?"

Bilbo si accorse dell'improvvisa rigidità nell'espressione dell'uomo, una maschera per tenere sotto controllo qualunque emozione. Senza dubbio aveva più successo di solito, ma gli ospedali non rivelavano mai il meglio delle persone.

L'avvocato scosse la testa, inclinando le spalle in un movimento neutro che non indicava molto.

"I termini delle volontà di suo padre erano molto specifici, e scritti prima che lei diventasse maggiorenne. Non sono mai stati corretti."

Bilbo annuì, e girò lo sguardo alla finestre, dove raggi di sole acquosi facevano del loro meglio per farsi spazio attraverso le nuvole, senza molto successo; il piccolo sicomoro fuori della sua finestra sembrava salutarlo allegramente, ondeggiando nella brezza, e la sua vista lo fece sentire un po' male.

"Quindi è finita" disse, più a sè stesso che al suo visitatore, che si agitò un po', chiaramente a disagio.

L'avvocato si rifiutava di incrociare il suo sguardo ora, spostando gli occhi dal pavimento al comodino, dove i tulipani stavano cominciando ad appassire nel loro vaso, nonostante le attenzioni che gli dedicava. Fece scintillare qualcosa di bollente ed irritato nel suo petto, un improvviso flusso di rabbia che gli pungeva la gola e non voleva farsi ingoiare.

"Non devi rimanere," Bilbo disse all'uomo, il tono duro e sgarbato, e quasi se ne pentì, "Lungi da me tenerti qui ora che il tuo compito è completato."    

Sua madre l'avrebbe rimproverato per le cattive maniere, e si sentì un po' in colpa - dopo tutto non era colpa sua se gli aveva dovuto portare queste cattive notizie - e l'uomo aprì la bocca come per protestare, prima di richiuderla sbattendo sonoramente i denti. Fece un cenno a Bilbo, arretrando lentamente fuori dalla stanza, ma non prima di aver posato delicatamente un biglietto da visita sul tavolo che sporgeva ai piedi del suo letto.

Allungò la mano per cercare conforto nei petali setosi dei fiori nel vaso, ma una fitta alla base della schiena gli fece scuotere la mano, e finì per far cadere completamente i petali dal fiore. Bilbo fissò la loro brillantezza smorzata, evidente contro il legno, e in un improvviso moto di rabbia spazzò il vaso giù dal tavolino.

Non si ruppe, atterrando sul tappeto morbido con un leggero tonfo, ma i fiori ne fuoriuscirono, i gambi spezzati e le corolle in pezzi; l'acqua inzuppò il tappeto scuro, e la frustrazione gli levò il respiro mentre osservava le chiazze scure allargarsi sul pavimento.

-------------------------------

"Stai bene, Bilbo?"

Lui strinse i denti, e annuì bruscamente a Bofur; il pover'uomo non si meritava di sopportare il suo cattivo umore, ma non fu in grado di reprimerlo in tempo. La rabbia e la frustrazione provocate dalla visita dell'avvocato non si erano placate, semmai erano solo lievitate durante il lungo e noioso pomeriggio.

"Questo può aspettare un altro giorno, ragazzo mio. Non sforzarti troppo, possiamo sempre riprovare doma-"

"Sto bene", sbottò, stringendo le mani sulle sbarre di metallo. "Facciamolo e basta."

Era tipico che una notizia del genere arrivasse proprio nel giorno che aveva atteso per tanto tempo, il giorno in cui finalmente si sarebbe alzato in piedi, da solo, per la prima volta: ed eccolo lì, i piedi piantati fermamente sul pavimento mentre le braccia, aggrappate ai supporti di metallo su entrambi i lati, sorreggevano il grosso del suo peso, e comunque non riusciva a celebrare la sensazione di star dritto di nuovo. Le cattive notizie avevano l'abitudine di incollarsi al suo spirito e tirarlo giù, e questa non era diversa: ogni piacere che avrebbe potuto provare veniva infangato dalla rodente irritazione e dal dolore che si gli si era conficcato nel petto e non voleva andarsene.

"Come stanno le tue braccia? Stanche?"

Scosse la testa, risoluto. Stavano cominciando a fare male, e le sue cosce bruciavano per l'inaspettato peso che le braccia non riuscivano a sostenere completamente, ma sarebbe rimasto eretto per tanto quanto sarebbe fisicamente riuscito.

Bofur lo scrutava, chiaramente non credendogli, ma infine sembrò decidere di non contraddirlo, limitandosi a dilatare gentilmente le dita di Bilbo per spostarle un po'. E se si accorse che le braccia gli tremavano un po', che il colletto della sua t-shirt allargata era scurito dal sudore, non disse nulla.

Si inginocchiò davanti a Bilbo, alzando lo sguardo su di lui.

"Sei sicuro? È già abbastanza per un giorno se non pensi di essere pronto. Anche solo mettersi in piedi dopo tanto tempo è un'impresa, ragazzo."

"Bofur?" tagliò corto Bilbo, un sottile calore nel tono che tradiva il suo affetto per il fisioterapista nonostante il cattivo umore. "Chiudi la bocca così iniziamo?"

Bofur gli rivolse un gran sorriso, e afferrò per prima cosa la gamba sinistra di Bilbo, assicurandosi che avesse spostato il peso sulla destra. Le sue mani, una avvolta intorno alla caviglia e l'altra che teneva il polpaccio, erano un caldo e forte punto di contatto su cui concentrarsi; alzò la gamba, piegando delicatamente il ginocchio, e Bilbo sussultò nonostante la promessa che aveva fatto a sé stesso di trattenersi da mostrare qualunque sofferenza.

Fissò la porta, cercando di distrarsi dal dolore e dal pulsare dei suoi muscoli intaccati mentre la sua gamba veniva piegata avanti e indietro, e Bofur cominciò a passare dall'una a l'altra. All'improvviso l'ombra di una figura apparve dietro il vetro della porta e un risuonò leggero bussare; Bofur invitò chiunque fosse ad entrare prima che Bilbo potesse dire nulla in protesta.

Fu Thorin ad attraversare la porta, fermandosi all'improvviso quando vide in che posizione fosse Bilbo, aggrappato alle sbarre di metallo, i piedi a terra, e la sorpresa sul suo viso fu evidente: Bilbo sentì un'ondata bollente di imbarazzo quando si rese conto di quanto fragile e incapace dovesse sembrare, quanto indifeso e senza speranza. Sul volto di Thorin si registrava poco oltre la solita espressione severa, e Bilbo quasi desiderò di scappare via dalla consapevolezza di essere molto meno di prima.

"Ehilà," salutò Bofur da davanti a lui, spezzando il momento di silenzio tra i due. "Son Bofur, piacere di conoscerti."

Thorin abbassò lo sguardo, sorpreso, sul fisioterapista, come se non si fosse accorto della sua presenza.

"Thorin Durin," si presentò, la voce bassa e calma. I suoi occhi ritornarono su Bilbo quasi immediatamente.

"Chiedo scusa per aver interrotto," disse, e anche se il suo tono era sincero infastidì Bilbo.

"Beh allora non avresti dovuto," sbottò, manifestando il suo imbarazzo e frustrazione in rabbia mal riposta, e il senso di colpa per questo si aggiunse ad essi. La sua presa si spostò quando Bofur abbassò il piede a terra, e una fitta di dolore sprizzò dal retro di una coscia fino alla schiena, ultimamente fonte regolare di dolore: rabbrividì, il dolore improvvisamente troppo, e le braccia si arresero al peso che sostenevano. Collassò a terra, troppo improvvisamente perché potesse perfino emettere un suono sorpreso, le gambe si piegarono sotto di lui con un atroce dolore quando cadde sui i materassini sotto le sbarre, i polsi vibrarono dolorosamente contro i supporti di metallo.

Bofur si sedette sui talloni, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma Thorin fu lì per primo, cadendo in ginocchio di fianco alle sbarre e allungando la mano verso Bilbo.

"Tutto bene?"     

Bofur non era andato ad aiutarlo; era un fisioterapista abbastanza esperto da capire che il suo ruolo consisteva non solo nel fornire indipendenza fisica, ma anche indipendenza mentale. Nessuno reagisce bene ad uno shock, e lui fu attento a rimanere ai margini finché Bilbo non si fosse ripreso dalla sorpresa e la vergogna del cadere non fosse svanita, per assicurarsi che aiutarlo non avrebbe intaccato il suo orgoglio.

Thorin questo non lo capiva.   

Si avvicinò a Bilbo, cercando di aiutarlo a raddrizzarsi con mani decise ma gentili intorno alle spalle, solo perché Bilbo le spingesse via con rabbia.

"Togliti, sto bene."

Thorin indietreggiò, sorpreso del tono velenoso di Bilbo.

"Stavo solo cercando di aiutare."

"Beh, non te l'ho chiesto."

Gli occhi di Bofur, grandi e rammaricati, sfrecciavano tra i due; questa non era la prima volta che vedeva una lite del genere, e non sarebbe stata l'ultima, ma odiava farlo comunque.

Bilbo tirò via il braccio dalla presa di Thorin, faticando per rimettersi in una posizione seduta. Aveva i crampi alle gambe, che protestavano urlando per l'esercizio e l'inaspettata caduta, ma riuscì a trasformare il dolore in un'espressione arrabbiata, e la diresse a Thorin invece che alla sua frustrazione. Un profondo e cupo cipiglio invase il viso di Thorin, e quando scrollò le spalle fu quasi in modo aggressivo.

"Bene," disse, alzandosi in piedi. "Fa' come ti pare."

Si alzò e uscì furiosamente dalla stanza, la porta sbatté dietro di lui ed echeggiò nella sala improvvisamente troppo silenziosa. I due sedettero in silenzio per un lungo momento prima che Bofur, con un sospiro, si avvicinò per distendere le gambe di Bilbo, massaggiandole quando sentì la tensione nei muscoli. Le sue dita si misero subito al lavoro, strofinando lentamente e meticolosamente per eliminare il dolore dei crampi.

"Bene, penso che sia abbastanza per un giorno, non credi?"

Le spalle di Bilbo si afflosciarono, e il sorriso che rivolse a Bofur fu debole e poco convinto.

Ci volle del tempo perché i crampi scemassero, e la serie di esercizi di raffreddamento e di stretching che seguirono durarono ancora di più; l'irritazione era scemata in qualcosa di meno tangibile e sopraffatta dal senso di colpa per quando fu aiutato a sedersi sulla sedia a rotelle e riportato nella sua stanza. Una parte di lui aveva sperato che Thorin fosse lì comunque, forse in attesa di scuse, ma la stanza era vuota, il vaso vuoto sul comodino le dava un'aria stranamente desolata.  

E lì, posata sul letto, c'era una grossa ed elegante scatola di cioccolatini color ardesia, e un pezzo di carta chiaramente strappato da uno scontrino. Bofur non disse nulla quando Bilbo emise un piccolo suono involontario, ma spostò la scatola un po' più vicino dopo averlo aiutato a risalire sul letto.

Non ti avevo ancora portato alcun dessert.

E poi un numero, scribacchiato sulla carta con tanta forza da scalfirla.   

Non c'era nient'altro, ma il messaggio era chiaro: Bilbo avrebbe dovuto far sapere a Thorin se voleva vederlo ancora, avrebbe dovuto assumere un ruolo attivo nella loro strana piccola amicizia se voleva che continuasse.

E lo voleva.

Fissò il foglio per parecchio tempo dopo che Bofur uscì, sentendosi orribilmente male, la mente si spostava dal dolore nelle gambe e nella schiena alla cattiva notizia che aveva ricevuto prima, alle parole dure che lui e Thorin si erano scambiati; poi di nuovo, in cerchio. Quando la porta si aprì, tempo dopo, trasalì, e alzò lo sguardo speranzoso, dimenticandosi per un momento che Thorin aveva sempre, da quella prima visita, bussato educatamente.

Gandalf gli rivolse un piccolo sorriso mentre chiudeva la porta dietro di sé.

"Mio caro ragazzo," cominciò Gandalf, appollaiandosi ai piedi del letto. Accavallò le gambe, la caviglia posata sul ginocchio, con l'aria di essere insolitamente comodo nonostante la strana altezza del letto, abbassato per aiutare Bilbo a salire e scendere. "Ho sentito la notizia sulla casa di tuo padre."

Bilbo avrebbe voluto chiedere come facesse a saperlo, ma sospettava che porre una domanda gli avrebbe fruttato solo una frivola liquidazione o una risposta ambigua che non gli sarebbe stata di nessun aiuto o conforto.

Si limitò a scrollare le spalle invece.

"La faccenda è chiusa."

Gandalf scosse la testa, i capelli ispidi e argentati un po' arruffati, come se ci passasse le mani attraverso regolarmente.

"Beh, sembra che abbia vissuto per vedere il giorno in cui il figlio di tua madre si arrende."

Bilbo gli rivolse uno sguardo torvo, un'espressione poco amichevole di cui non si pentiva minimamente - a cosa servivano i vecchi amici di famiglia, se non per essere onesti con loro, anche se quell'onestà non è la più amichevole?

"L'avvocato ha detto che non c'è nulla che si possa fare."

"Bene," disse Gandalf, schiarendosi la gola. "Beh infatti. Nulla da fare. Capisco. E se questo è quello che credi, allora forse non dovresti preoccuparti di combattere."

Bilbo aggrottò la fronte, stringendo le labbra.

"Otho è stato nominato l'intermediario tra me e la proprietà quando mio padre è morto, ma non ha menzionato il fato che era nell'assunzione che io non fossi legalmente adulto; avevano il diritto legale di prendere la casa di mio padre."

Gandalf canticchiò in assenso.

"Ma non significa che hanno il diritto di rimanere, giovane Signor Baggins."

E con ciò si alzò in piedi e uscì dalla porta, senza voltarsi indietro.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
I Sackville-Baggins non sanno tenere le mani a posto e_e Domani ricomincio la scuola, sono nervosa @A@
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Note della Traduttrice
Posto tardi anche questa settimana, e mi scuso tantissimo per non aver risposto ai vostri commenti stavolta ;_; , ringrazio comunque tutti per il supporto ♥ Speravo in effetti di poter pubblicare questo capitolo giovedì in effetti, perchè è da un certo punto di vista più veloce da tradurre degli altri, ma poi le cose si sono accavallate e la mia salute è letteralmente crollata ;___; e pensare che volevo allegare una piccola immagine çAç
- notizia off topic - finalmente l'autrice di Child of Earth and Sky mi ha risposto e ha dato il benestare per la traduzione di quella storia, quindi dopo OSC ci sarà quella =D
Buona lettura! ♥


Capitolo 14
 
Fu troppo codardo, alla fine, per chiamare; per la prima volta da quando la sua famiglia gli aveva portato la borsa con le sue cose collegò il cellulare al caricatore, ed immediatamente scosse la testa.

Da quando si era svegliato era stato restio a farlo, temendo il numero di messaggi che avrebbe dovuto ricevere. Come si era aspettato era un numero assurdo, e cancellò velocemente l'intera inbox senza leggerne nessuno, non aveva voglia di imbarcarsi nell'impresa di scorrere attraverso quello che senza dubbio era un infinito flusso di 'rimettiti presto' e 'dobbiamo vederci quando stai bene', sinceri quanto irritanti.

Bilbo fissò il telefono per un lungo momento, poi aprì un nuovo messaggio, digitando il più velocemente possibile.



  21:58                     14/07/14
A: Thorin
Sono Bilbo, grazie per aver lasciato il tuo numero. Sei Thorin, vero?


Mandò il messaggio immediatamente, prima che potesse pensarci su, e affondò tra i cuscini con un sospiro di sollievo.

Normalmente non era il tipo di persona che rimaneva attaccata al telefono dopo aver mandato un messaggio in attesa di una risposta, ma scoprì di non essere in grado di riporlo sul comodino. Accarezzò di riflesso la custodia, fissando il muro sull'altro lato della stanza.

Tenere il telefono in mano lo faceva sentire strano e a disagio; era passato tanto tempo da quando lo aveva usato l'ultima volta, e fu colpito improvvisamente da quanto fosse stato isolato, chiuso lì dentro lontano dal mondo. Tutte le sue interazioni sociali si svolgevano in quella stanza o nell'ospedale; erano passati più di sei mesi da quando aveva parlato al telefono con qualcuno, preso un appuntamento, andato a fare shopping o ordinato la cena da un ristorante.

Bilbo torse le lenzuola tra le mani, sentendosi improvvisamente ansioso in modo paralizzante: e se il messaggio fosse suonato strano? Poco amichevole?

Ma poi il cellulare vibrò tra le sue mani, e venne invaso da un'ondata di sollievo. Scattò per aprire il messaggio, come se potesse scomparire se non l'avesse preso in tempo.


 
22:01                     14/07/14
Da: Thorin
Sono io. Sono felice che tu abbia contattato.

 

Bilbo rilasciò il respiro sonoramente, le mani che tremavano. Thorin aveva risposto. Non che Bilbo potesse aver davvero creduto che non volesse parlare con lui, era stato Thorin a lasciare il numero dopotutto, ma comunque. Aveva risposto.


  22:06                     14/07/14
A: Thorin
Anch'io. Mi dispiace per averti aggredito l'altro giorno. Non ero al mio meglio.

 

Thorin aveva apparentemente risposto senza alcun rancore, ma non si sentiva a suo agio a continuare a parlare senza scusarsi. Ma passarono lunghi dieci minuti prima che Thorin rispondesse, lasciando Bilbo ad agitarsi a disagio nel suo letto d'ospedale, chiedendosi se ritirar fuori la precedente lite fosse stata una stupidaggine.


  22:17                     14/07/14
Da: Thorin
Non preoccuparti. Va tutto bene?

 

Bilbo rimuginò per un lungo momento mordendosi il labbro prima di rispondere.


  22:21                     14/07/14
A: Thorin
Si, bene. Sei occupato?

 

La risposta arrivò quasi all'istante stavolta, prendendolo di sorpresa siccome si aspettava un'alta lunga attesa. Armeggiò con lo sblocco, dovendo provare due volte prima di riuscire ad aprirlo con successo.


  22:22                     14/07/14
Da: Thorin
Dovrei badare ai miei nipoti, ma Fili è agitato e non vuole andare a letto.

 

Bilbo sbuffò una risata dietro la mano, immaginandosi Thorin che afferrava un ragazzino ridacchiante e lo ridepositava sul letto, probabilmente costringendosi a non sorridere a suo nipote mentre lo faceva. Poteva quasi vedere Thorin, gli occhi un po' stanchi ma  increspati agli angoli in affettuosa esasperazione.
E poi, dopo aver messo a letto Fili un'ultima volta, sarebbe sceso al piano di sotto, si sarebbe seduto vicino a lui e avrebbe accarezzato la linea della mascella di Bilbo con il pollice e-

Bilbo scosse la testa.
Lui non sarebbe stato lì, no?
Perche avrebbe dovuto?


 
22:24                     14/07/14
A: Thorin
Oh mamma, hai provato a cantargli qualcosa? Scommetto che la tua voce lo farà addormentare.


 22:26                     14/07/14
Da: Thorin
Non sono sicuro di cosa tu stia implicando, ma ci provo.

 

Bilbo si strofinò la nuca: ora ricordava perché avesse sempre trovato così frustranti gli sms. Non importa quanto si provi, si finisce sempre per essere involontariamente sgarbato, oppure interpretare male quello che gli altri dicono. Era incredibilmente diverso parlare alla gente senza poter sentire l'inflessione della loro voce, senza vedere i cambiamenti della loro espressione. 


  22:31                     14/07/14
A: Thorin
No! Non intendevo quello! La tua voce è bella, per niente noiosa.

 

Ancora una volta, dovette aspettare un po' per una risposta, mordendosi irrequietamente il labbro inferiore mentre cercava con tutto sé stesso di non controllare il telefono di continuo: non c'era modo che la forte vibrazione di un messaggio potesse sfuggirgli, sebbene la sua mente sembrava convinta che potesse, le dita che morivano dalla voglia di sbloccare lo schermo. 

 
  22:45                     14/07/14
Da: Thorin
Beh, ha funzionato comunque.
Dorme ora. Pensi che io abbia una bella voce?

 

Bilbo arrossì, alzando una mano a coprirsi la bocca quando si rese conto di cosa aveva detto. Il problema era che non poteva davvero negarlo; la voce di Thorin era piacevole da ascoltare.


  22:48                     14/07/14
A: Thorin
Beh, si. Intendo, è tranquillizzante.
Mi piace ascoltarla.

 

E quella non era una bugia. C'era qualcosa nel timbro della sua voce che leniva una certa sofferenza seppellita nel suo petto, rimuoveva nodi di paura e tensione che non si era nemmeno reso conto di avere.

La voce di Thorin sembrava rammentargli memorie d'infanzia, momenti dolci e peculiari che non avevano né contesto né collocazione nel tempo, ma gli lasciavano solo una sensazione di dolcezza e tranquillità. Quando si stendeva, il corpo stanco e indolenzito dagli sforzi del recupero, e Thorin seduto di fianco al suo letto, quella voce sembrava scorrere avvolgendolo in un calore che gli portava pace.

Thorin aveva detto che aveva parlato mentre Bilbo era in coma; non ricordava nulla di ciò che l'uomo gli aveva detto in quelle ore silenziose, ma pensava che forse qualche parte di sé avesse ascoltato comunque. C'era una familiarità in quella voce che era decisamente troppo rassicurante.   

Bramava di immergersi in quella voce allo stesso modo in cui desiderava stringersi al calore della sua pelle, in cerca di conforto e forza.



  22:50                     14/07/14
Da: Thorin
Va bene allora.

 

Bilbo nascose un sorriso dietro la mano, ricacciando furiosamente indietro le lacrime che improvvisamente gli pungevano gli occhi. Era ridicolo a pensare cose del genere. Thorin era un suo amico, non la sua ancora, e avrebbe fatto meglio a ricordarselo.


  22:51                     14/07/14
A: Thorin
E l'altro tuo nipote? Ti da qualche problema?


 22:54                     14/07/14
Da: Thorin
Immagine allegata. [Apri]
Deve mangiare, ma si è addormentato anche lui mentre cantavo.

 

Bilbo la aprì, e sullo schermo si caricò lentamente un'immagine leggermente granulosa che Thorin aveva allegato al messaggio.

Il viso di Thorin era appena visibile nell'angolo, solo la mascella e la bocca con un accenno di naso; la barba era più lunga e trasandata dall'ultima volta che Bilbo lo aveva visto, il viso severo se non per l'angolo della bocca sollevato in un sorriso che la ammorbidiva un po'. Il suo torso occupava la maggior parte dell'immagine, reclinato contro lo schienale di un divano scuro, le maniche della camicia arrotolate ai gomiti esponevano la forma degli avambracci, abbronzati e forti, spolverati da peli scuri.

Accoccolato in un braccio contro il suo petto e quasi assurdamente piccolo a confronto, c'era un bambino, una manina che stringeva la stoffa della sua camicia come in cerca di rassicurazione. Vestiva una tutina blu, i capelli soffici e lanuginosi che spuntavano in strani angoli dalla testa.

E come poteva un corpo non fare male ad un'immagine del genere?



  22:56                     14/07/14
A: Thorin
Te l'ho detto che hai la voce rilassante. È bellissimo, comunque.


 22:59                     14/07/14
Da: Thorin
Ha ripreso da sua madre.

 

Bilbo deglutì, e spinse fuori il suo coraggio da dove si era rintanato.


  23:00                     14/07/14
A: Thorin
Mi passi a trovare uno di questi giorni, se hai tempo?


 23:01                     14/07/14
Da: Thorin
Certo. Potrei portarti i miei nipoti, qualche volta, se ti va di conoscerli.

 

Bilbo sbuffò qualcosa di simile ad una risata, fissando il soffitto per un momento prima di rispondere, improvvisamente sollevato. C'era uno strano dolore nel suo petto, nulla di fisico, ma reale.

 
23:04                     14/07/14
A: Thorin
Mi piacerebbe molto, ne ho sentito parlare tanto. Se alle loro madri non dispiace, ovviamente.


 23:06                     14/07/14
Da: Thorin
Dubito che lo farebbero. Come va con il camminare?

 

Bilbo si spostò nel letto, stendendosi completamente su un fianco, e si tirò le coperte sopra la testa. Il cellulare tenuto mollemente in mano, non si preoccupò più di far finta di guardare altro che lo schermo. I suoi occhi cominciavano a chiudersi, la stanchezza che si faceva sentire, mentre digitava la risposta.   

 
23:10                     14/07/14
A: Thorin
Meglio, grazie. Il mio fisioterapista pensa che dovrei provare a camminare nel giardino dell'ospedale, sulle stampelle, per fare pratica. Sarà bello prendere una boccata d'aria.


 23:12                     14/07/14
Da: Thorin
Ti andrebbe un po' di compagnia?

 

Si premette il cellulare sulla bocca, per un istante, ma non gli impedì di sorridere.

 
23:14                     14/07/14
A: Thorin
Devi promettere di non ridere quando cado.


 23:16                     14/07/14
Da: Thorin
Mai.

 

Bilbo sospirò, sentendosi stranamente leggero, come se pesasse poco più delle coperte sulle quali giaceva.


  23:18                     14/07/14
A: Thorin
Mi piacerebbe.


 23:19                     14/07/14
Da: Thorin
Sabato?


 23:21                     14/07/14
A: Thorin
Sabato va bene per me, mi da il tempo di fare un po' di pratica in reparto così non mi umilierò totalmente.


 23:23                     14/07/14
Da: Thorin
Non lo farai. Vuoi che porti qualcosa?


 23:25                     14/07/14
A: Thorin
No, sto bene così. Ma grazie.

 
 23:28                     14/07/14
Da: Thorin
Va bene. Sei stanco?


 23:31                    14/07/14
A: Thorin
Un po'. Forse dovrei andare a dormire prima che gli infermieri si accorgano che ho la luce ancora accesa.


23:32                     14/07/14
Da: Thorin
Riposati allora. Non cacciarti nei guai.

 

Uomo ridicolo, pensò con affetto.


 23:34                     14/07/14
A: Thorin
Beh, 'notte allora. Ci vediamo sabato.


 23:35                     14/07/14
Da: Thorin
Buonanotte.

 

Richiuse il telefono con un leggero click, e quella notte scivolò facilmente in un sonno profondo e senza sogni.
 
...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
*chiama ambulanza per rianimazione collettiva dopo l'immagine mentale di Thorin con lil Kili*
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Note della Traduttrice
Sono brava, non ho pubblicato a mezzanotte meno un quarto stasera! 8D Fisicamente non sto ancora benissimo ma almeno ce l'ho fatta DDD: (e stasera mi do alle fanart, per oggi basta timoni e bozze e roba varia =_=)
Come al solito fatemi notare eventuali errori (sono sicura ce ne saranno un sacco *rotola a terra* )
Buona lettura! ♥


Capitolo 15
 

Il sole era un po' spento, ma l'aria era calda, e Thorin indugiava impacciato appena a portata di mano dell'uomo al suo fianco.

"Stai-"

Si interruppe, piuttosto colpito dal fatto di esserci riuscito, quando Bilbo sbuffò lanciandogli un'occhiataccia indifferente da sopra la spalla.

"Basta tu."

Thorin annuì, mortificato, e tenne le mani fermamente piantate nelle tasche dei jeans - era l'unico modo per riuscire a impedirsi di allungarle e stabilizzare Bilbo, che zoppicava maldestramente al suo fianco sulle stampelle.

Aveva imparato la lezione sull'offrire aiuto quando non era necessario.

"È dannatamente fastidioso," gli aveva detto Frerin quando Thorin aveva confessato cosa fosse successo l'ultima volta che era andato da Bilbo, "quando le persone si comportano come se tu fossi un infermo. Non importa se in effetti lo sei o no, a nessuno piace la sensazione di non poter fare le cose da soli. Lascialo respirare, Thorin, e aspetta che lui ti chieda aiuto. Ti piace, no?"

La domanda lo aveva colto di sorpresa, posta in tono leggero disinvolto, come se stesse chiedendo a Thorin se voleva un bicchiere di vino a cena, e Thorin aveva risposto prima ancora di rendersene conto.

"Beh, si, ma-"

"Ha" Frerin aveva risposto, non vantandosi come Thorin si era aspettato, ma con un umorismo leggero, come se avesse indovinato il finale di un film. "Lo sapevo. Beh, se vuoi combinare qualcosa con lui, qualunque cosa, allora devi cercare di trattarlo alla pari."

"Lo faccio," Thorin aveva affermato, "ma-"

"Niente ma," aveva tagliato corto Frerin. "È stato male, non è un bambino che devi proteggere o un invalido che devi portare. Le persone devono avere la possibilità di cavarsela da soli, a meno che non chiedono una mano, ok? Altrimenti non potrà mai vederti come altro che un supporto, e potrebbe credere che tu non veda altro che una cosa fragile che ti senti obbligato ad aiutare in lui. Ok? 

Thorin aveva annuito, lentamente, rimuginando su quello che Frerin aveva detto. Suo fratello lo aveva osservato, un sopracciglio alzato, finché non aveva sospirato e gli aveva passato una fetta della cheesecake di Vivi.

"Ben fatto per averlo ammesso, comunque. Dis aveva scommesso che ci avresti messo un altro mese."

Thorin era troppo distratto dai pensieri nella sua testa per fare altro che lanciare un'occhiataccia al fratello. Per quando non aveva voluto dire alla sua famiglia che fosse… interessato a Bilbo, era difficile negare l'impulso di accarezzare indietro i ricci in crescita dalla fronte dell'uomo, il bisogno di sentire la sua voce, il calore che ogni messaggio che riceveva inaspettatamente a strani orari del giorno gli portava nel petto; non poteva fingere che il modo in cui voleva premere la bocca sulla curva della sua gola significasse altro.

Fu quindi con quell'intenzione che ritornò all'ospedale: non per essere d'intralcio ma per aiutare in qualunque modo potesse, e se significava fare un passo indietro, allora così sia.

Bilbo gli sorrise, caloroso e divertito, chiaramente notando l'autocontrollo da parte di Thorin.

"Apprezzo la tua preoccupazione," gli disse, la voce leggera. "Ma apprezzo anche il fatto che oggi non mi stai trattando come se mi dovessi rompere."

Thorin decise di offrire una birra a suo fratello.

Bilbo si morse leggermente il labbro inferiore, gli occhi increspati agli angoli, finché non spostò lo sguardo, deglutendo visibilmente.

Thorin guardò il cielo.

Forse un pacco di birre, in effetti.

I giardini dell'ospedale non erano come Thorin si era aspettato quando aveva provato ad immaginarseli; erano molto più belli, ma poi pensò che l'ospedale, oltre essere uno generico, era specializzato in fisioterapia e recupero, per questo Bilbo non era stato trasferito dopo essersi svegliato.

Thorin aveva pensato a qualche cortile interno, infilato tra i reparti, con quadrati di erba tenuti con cura o siepi che circondavano sentieri lastricati: carino, seppur in un modo chiuso e clinico, ma difficilmente stimolante. Ma invece l'infermiere li aveva condotti in un luogo piacevolmente screziato sul retro dell'ospedale, aperto alla luce del sole e ombreggiato da una quantità di pioppi slanciati che proiettavano l'ombra delle foglie sull'erba. C'erano sentieri, vero, e per il bene delle stampelle erano rimasti su di essi piuttosto di addentrarsi nelle aree di erba dalla forma irregolare, ma era aperto e rilassante, come se fossero in un parco o nei giardini di un palazzo signorile e non a pochi passi dalla stanza d'ospedale di Bilbo.

Thorin aveva camminato in silenzio dietro l'infermiere e Bilbo, che era sulla sedia a rotelle, portando le stampelle che gli erano state spinte in mano senza troppe cerimonie quando era arrivato, osservando il modo in cui Bilbo guardava avanti e indietro mentre attraversavano le porte, la bocca arricciata in un sorriso quando la luce del sole gli colpì il viso.

"È carino, no?" aveva detto Bilbo quando l'infermiere li aveva lasciati, e Thorin aveva annuito.

"Niente fiori però," Bilbo aveva continuato, lanciando a Thorin con la coda dell'occhio un'occhiata che poteva significare qualunque cosa. "Un peccato."

La spalla di Bilbo gli aveva premuto su un fianco, per un momento, prima che sfilasse le stampelle dalla presa di Thorin e le usasse per alzarsi e mettersi di nuovo in piedi. 

Aveva traballato per un istante, prima di sorridergli, rassicurante.

"Non posso camminare a lungo, e non senza un qualche tipo di supporto, ma sto migliorando, vedi?"

Thorin aveva annuito, e lo aveva seguito in una lenta passeggiata per i giardini, assicurandosi di tenere le mani a posto anche quando voleva fare l'esatto opposto.

Avevano mantenuto un silenzio rilassato, Thorin ignorando educatamente il respiro affannato di Bilbo per quanto poteva.

"È un bene," Bilbo disse dopo un po', "che non piove, vero? Immagina provare a far questo sul bagnato."

Gli angoli della bocca di Thorin si alzarono un po'.

"Già. Immagino che le stampelle non farebbero molta presa."

"No," concordò Bilbo, e proprio in quel momento il piede di una delle stampelle scivolò dal sentiero, slittando sull'erba; inciampò, le gambe non abbastanza forti per sostenerlo, e dovette appoggiarsi pesantemente sull'altra stampella per raddrizzarsi. Una fitta di dolore gli trapassò la gamba quando vi poggiò l'intero peso sopra, i muscoli non ancora abituati, e trattenne a stento un gemito di dolore; si limitò ad espirare profondamente.

"Tutto bene?" chiese Thorin, e Bilbo annuì.

"Dammi.. solo un minuto."

Thorin annuì, le mani ancora affondate nelle tasche, e guardò su alle foglie degli alberi sopra di lui.

Dopo un momento, Bilbo ricominciò a camminare e Thorin riprese il suo posto al suo fianco.

"Avevo ricevuto delle cattive notizie l'ultima volta che sei venuti," disse Bilbo dopo un po'. "È parte del motivo per cui ti ho aggredito. So che volevi solo aiutare."

Thorin scrollò le spalle.

"Ti sei già scusato, va bene così. C'è… nulla che possa fare?"

Bilbo scosse la testa.

"Sono solo dei problemi con casa mia. Il mio amico pensa di poter risolvere la cosa per quando mi dimettono."

Thorin si morse l'interno della guancia, la postura rigida; voleva chiedere di più ma si trattenne. Si limitò ad annuire invece.

Bilbo era un po' pallido, notò con la coda dell'occhio, e posava il peso più su una gamba che sull'altra, il che Thorin era sicuro non facesse bene per il recupero: si ricordava troppo bene i dolori che Frerin aveva sopportato nella schiena e spalle quando aveva privilegiato un lato del corpo dopo essere stato ferito. Dubitava però che Bilbo avrebbe ammesso il dolore.

Ma quando girarono l'angolo si imbatterono in una panchina, e quando le avvicinavano Thorin si sedette, abbassandosi su ad slacciare una scarpa.

"Sasso," disse, in risposta allo sguardo interrogativo di Bilbo. "Vai avanti, ti raggiungo."

Bilbo lo scrutò, come per capire che tipo di stratagemma fosse. Ma quando Thorin cominciò a togliersi la scarpa si sedette al suo fianco, con un po' di difficoltà, appoggiando le stampelle tra loro due. Thorin nascose il sorriso, che si era allargato quando Bilbo aveva fatto esattamente quello che voleva che facesse - sapeva che non ci sarebbe stato modo di convincerlo a riposarsi senza un qualche sotterfugio. Scosse il sassolino inesistente dalla scarpa e la rinfilò, appoggiandosi allo schienale della panchina una volta finito, non mostrando alcuna intenzione di alzarsi e continuare la passeggiata.

Fu solo allora che si rese conto di quanto fossero vicini, quanto stretta era in effetti la panchina; si rilassò, dopo un attimo di esitazione, lasciando che i loro avambracci si toccassero. Lanciò una veloce occhiata di lato, per assicurarsi che a Bilbo non desse fastidio, ma l'uomo più basso fissava il terreno come se non avesse notato nulla.

Thorin rilasciò il respiro che aveva trattenuto, cercando con tutte le sue forze di non rendere evidente quanto sembrasse strano, starsene seduti lì all'aperto invece di essere confinati nella stanza di Bilbo. Stava per dire qualcosa del genere, ma si fermò all'ultimo momento per paura di esprimersi male: era una bella sensazione, vedere Bilbo da qualche altra parte, sapere che era tra di loro era lo uguale a quando erano nel reparto, inscatolati da quattro mura, nonostante lo strano modo in cui si erano conosciuti.

Tra l'altro, non poteva impedirsi di notare quanto più in salute Bilbo sembrasse illuminato dalla luce del sole e non dalla cruda luce dell'ospedale. La luce naturale dava un aspetto più caldo alla sua pelle più luminosità ai capelli; Thorin non sapeva se era l'esercizio, la salute in miglioramento, o il semplice uscire all'aperto per la prima volta da mesi, ma Bilbo sembrava felice, nonostante l'occasionale sussulto di dolore.

E stava bene quando era felice.

Gli faceva venire voglia di fare più spesso questo tipo di cose, qualunque cosa che potesse suscitargli queste espressioni. Voleva rendere Bilbo felice.

Thorin deglutì, e distolse lo sguardo ancora una volta.

Bilbo gemette leggermente, muovendosi di fianco a lui, e cominciò a massaggiarsi la coscia, le dita che scorrevano su e giù per la lunghezza della gamba, strofinando e premendo, mentre respirava lentamente.

"Stai bene?"

Bilbo annuì.

"Solo degli spasmi. I miei muscoli stanno imparando di nuovo ad agire e reagire, a quanto pare. Beh, almeno è quello che dice il mio fisioterapista."

Le mani di Thorin si strinsero a pugno per un momento dalla frustrazione, prima che lui facesse lo sforzo consapevole di rilassarle; era come quando Fili si era sbucciato il ginocchio, o quando Frerin era stato aggredito, o quando Dis era entrata in travaglio. Tutto ciò che voleva era allungare le mani e rimuovere fisicamente il dolore dall'altra persona, prenderlo su di sé se necessario.

Ma non poteva, e ingoio l'irritazione a quel fatto. Non c'era motivo di arrabbiarsi per qualcosa che non poteva essere cambiato.

Il suo sguardo era caldo quando ritornò su Bilbo, che ricambiò per un momento prima di riportare gli occhi sulla gamba.

"È permanente?"

Bilbo scosse la testa.

"No, dovrebbe passare appena riacquisto il completo uso delle gambe. Quindi, sai com'è. Continua ad esercitarti, eccetera." Scrollò le spalle, e si rilassò dopo un po', gli spasmi apparentemente spariti. Lanciò uno sguardo a Thorin, una qualche emozione senza nome che gli tirava gli angoli della bocca in quello che poteva essere un sorriso, o nervosismo, o magari preoccupazione.

"Lo apprezzo, sai. Tu che vieni a trovarmi. So che non devi, e davvero non dovresti sentirti obbligato, in alcun modo."

La mano di Bilbo si posò brevemente sul dorso di quella di Thorin, stringendola per un istante, prima di sollevarsi; Thorin non potè farne a meno. La sua mano seguì quella di Bilbo, girandosi ad afferrare le sue dita con le proprie, ritirandola giù. Fissò con risolutezza il paesaggio, le loro mani intrecciate goffamente. Forse aveva varcato un limite implicito, ma poi il pollice di Bilbo accarezzò dolcemente la pelle sensibile tra il pollice e il dito indice di Thorin, spostando le loro mani finché non furono posate comodamente insieme, in mezzo a loro due.

"Io non," Thorin rispose dopo un lungo momento di silenzio. "Io…"

Si interruppe, senza sapere come voleva rispondere. Che gli piaceva andare a trovarlo, che voleva vedere più di lui, che quando Bilbo sarebbe stato dimesso voleva vedere tutto di lui, in posti diversi e tempi diversi? Che voleva farlo ridere, baciarlo, tirarlo a sé e sentire la sua pelle sotto le dita? Non era certo di cosa volesse dire, ma aveva paura che tutti quei pensieri fossero visibili sul suo viso, e non osò alzare lo sguardo per vedere la reazione di Bilbo.

Ma Bilbo lo teneva ancora per mano, e doveva pur significare qualcosa.

"Sono contento, allora." Arrivò la tenue risposta, bassa e quasi persa nell'improvvisa folata di vento che scosse con insistenza gli alberi sopra le loro teste. "Perché anche a me piace vederti."

Thorin sorrise veramente, senza nasconderlo, e se sedettero lì in silenzio per più di quanto avrebbero potuto, nessuno che guardava propriamente l'altro, beh, allora. Non c'era nessuno che li potesse vedere.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Urrà per Frerin! Perchè ricordate sempre, questa storia non andrebbe da nessuna parte senza di lui xD (e Thorin sarebbe totalmente perso)
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Note della Traduttrice
Sono. ufficialmente. in. ritardo. Yay! ma anche no Mi dispiaceeee, sono stata impegnata con altre cose per scuola questa settimana e ho praticamente tradotto le 6 pagine di questo capitolo tutte stasera ;A; Non ho neanche avuto il tempo di fare una rilettura, quindi... seh, probabilmente ci saranno dei punti tradotti male *si sotterra*. Domani (a questo punto oggi) però non avrei proprio tempo di postare e non voglio rimandare a martedì >.< Spero mi perdoniate ;A;
Buona lettura, in ogni caso! ♥


Capitolo 16
 

Thorin tornò all'ospedale qualche giorno dopo, intrufolandosi con un unto sandwich al bacon procuratosi in una caffetteria in fondo alla strada, che fu ricevuto con un sorriso raggiante. Ci fu un lungo, imbarazzato momento quando le loro mani si sfiorarono, ed entrambi si bloccarono, incerti sul da farsi.

Thorin quasi indietreggiò, quasi ritirò la mano, ma all'ultimo momento riuscì a resistere, e permise a Bilbo di sfiorare lievemente le sue dita, intrecciando per un breve momento il mignolo intorno al suo prima di farsi ricadere la mano in grembo, arrossendo improvvisamente.

Thorin cercò di non arrossire a sua volta mentre si sedeva all'angolo del letto; la sedia non era ancora ricomparsa.

"Scusa," mormorò Bilbo, e diede un grosso morso al panino.

"Non preoccuparti", borbottò lui in risposta, la voce bassa e calma mentre si guardava le mani. "Buono?"

Il sorriso di Bilbo ritornò all'istante, l'imbarazzo apparentemente dimenticato in cambio del fascino del cibo.

"Non ne hai idea," rispose dopo aver ingoiato. "Il bacon mi è mancato così dannatamente tanto." 

Thorin aprì leggermente la bocca, come per dire qualcosa, tirata agli angoli in un sorriso, ma poi si limitò a scuotere la testa e rise, perdendosi lo strano sguardo sorpreso che ricevette da Bilbo. Quando si rivolse di nuovo all'altro fu con la preoccupazione di avere sul volto un'espressione per la quale Dwalin lo avrebbe preso in giro incessantemente, ma non riuscì a convincersi a riportarvi la solita aria tetra.

"Cosa?" chiese Bilbo, il bacon dimenticato momentaneamente.

Thorin scosse la testa.

"Nulla," riuscì a dire infine. "Sei solo… niente."

Gli occhi di Bilbo si assottigliarono, ma ritornò al panino, occasionalmente lanciando un'occhiata sospettosa a Thorin.

"Il bacon," disse infine, "mi ha aiutato in momenti molto duri. Ogni volta che le cose si fanno troppo difficili, penso a del buon bacon caldo che frigge nella mia cucina di domenica mattina, e vado avanti." Il suo tono era leggero, scherzoso, ma c'era un certo peso nelle sue parole che rendeva chiaro che dicesse la verità.

Thorin gli rivolse un sorriso affettuoso.

"Ti porterò un panino al bacon ancora migliore la prossima volta allora."

Una forte vibrazione tagliò corto qualsiasi risposta, e Bilbo frugò tra i cuscini un momento prima che Thorin si rendesse conto che il rumore proveniva dalla sua tasca.

"Mio," disse, tirando fuori il cellulare e aprendo il messaggio. "Oh, merda."

Bilbo lo fissò, ficcandosi in bocca l'ultimo pezzo del panino.

"o'a?" inghiottì, e assunse un'espressione mortificata. "Scusa, cosa?"

Thorin stava guardando male il cellulare, strofinandosi ritmicamente la barbetta ruvida con una mano - era abbastanza lunga da costituire una barba a tutti gli effetti.

"È…" Prese un profondo respiro. "È mia cognata. A quanto pare Kili aveva un appuntamento oggi, e lei ha visto la mia macchina nel parcheggio."

Bilbo annuì. "Ok?"

"Lei... vuole venire a salutare."

Thorin notò il guizzo di preoccupazione negli occhi di Bilbo.

"Me?"

Thorin borbottò un sì.

"Ma... perché?"

"Beh..." Thorin si interruppe, riluttante ad ammettere la verità; che la sua famiglia sapeva dei suoi sentimenti crescenti per Bilbo quasi da quando lui stesso faceva, che il solo stare in sua compagnia gli alleggeriva enormemente lo spirito? Che normalmente non era una persona aperta, né gentile, ma che Bilbo sembrava tirar fuori il lato di lui che era di solito riservato a Fili, o a Frerin e Dis quando succedeva loro qualcosa? Come poteva spiegarglielo ragionevolmente?

"Immagino voglia solo ficcare il naso."

Bilbo annuì lentamente, mordendosi la guancia.

"Immagino che vada bene, allora?"

Thorin si strofinò il naso.

"Grazie. Non sono sicuro che ti avrebbe dato molta scelta."

Bilbo si rallegrò improvvisamente.

"Almeno significa che finalmente potrò conoscere il bambino, dopo aver sentito così tanto su di lui."

Come scoprirono, Bilbo avrebbe incontrato entrambi i nipoti di Thorin: qualche minuto dopo la porta della sua stanza fu spalancata senza troppe cerimonie da un ammasso di energia con i capelli biondi, tutto membra agitate e traboccante di risate mentre correva nella stanza e si lanciava su suo zio sul letto. Con riflessi che potevano essersi sviluppati solo dal prendersi cura di bambini piccoli quotidianamente, Thorin si abbassò per afferrarlo prima che sbattesse la testa sulle sue ginocchia, tirandolo velocemente su in braccio. Appena notò l'altro uomo nel letto, Fili avvolse scomodamente le braccia al collo di Thorin, nascondendo il viso nella curva della sua spalla per scrutare attentamente Bilbo con un occhio solo.

"Ciao," offrì Bilbo, tirandosi su e spostandosi indietro, dando al duo più spazio. "Io sono Bilbo."

"Piacere di conoscerti," venne la risposta dall'uscio, e Bilbo sobbalzò, sorpreso.

Appoggiata allo stipite con il fianco e la spalla c'era una donna snella e tonica, i muscoli visibili sulle braccia, che cullavano un fagottino, presumibilmente il figlio minore.

Si infilò i capelli biondi dietro le orecchie e spianò Bilbo con un freddo sguardo calcolatore, anche se non era ostile: sembrava quasi divertita alla vista di Thorin appollaiato lì sul letto, e alzò un sopracciglio.

Bilbo cercò di ricordarsi cosa Thorin gli avesse detto su Vivi; era un po' riservata, gli sembrava di aver sentito, con un caustico senso dell'umorismo e un temperamento focoso. Gli era piaciuto come suonava, ad essere onesti.

"Sono Vivi," continuò lei, entrando nella stanza e spostando la presa sul fagottino così che potesse liberare un braccio per stringere la mano a Bilbo. "È bello poter finalmente associare un viso al nome."  

"Anche per me," rispose lui, "Thorin mi ha parlato tanto di tutti voi."

Lei sembrò sorpresa. "Davvero?"

"Mmhmm" Si rivolse di nuovo al bambino, ancora stretto allo zio. "Tu devi essere Fili, giusto? Tuo zio mi stava dicendo proprio ora che riesce a correre molto più veloce di te."

Fili si sporse dallo zio, allentando la presa.

"Io batto sempre zio Thorin," disse, chiaramente offeso dall'insinuazione. "E zio Frerin. Tutti e due fanno schifo a correre."

Bilbo annuì, mantenendo l'espressione seria, sebbene stesse reprimendo un sorriso: non c'era modo più veloce per tirar fuori dal guscio un bambino che dargli l'opportunità di smentire un adulto.

"Posso immaginare," disse, e ora il sorriso comparì sul suo viso. "Tuo zio sembra un po' lento in effetti."

Thorin aprì la bocca per protestare, e Vivi scoppiò in un'improvvisa, inaspettata risata, ma un miagolio di sconforto proveniente dal fagottino tagliò corto quello che sarebbe potuto essere un notevole ammontare di ilarità.

"Ehilà," mormorò Vivi, "pensavo che fossi andato a dormire, piccoletto."

Alzò lo sguardo, scoprendo che Bilbo li fissava, e piegò la testa da un lato. "Vuoi conoscerlo?"

Bilbo annuì, e Thorin notò con una certa soddisfazione che sembrava davvero entusiasta, e non solo facendo finta di esserlo: allungò le mani quando Vivi si avvicinò, prendendo il bambino con dimestichezza, come avesse fatto cose del genere molte volte prima d'ora. Fili scivolò dalle sue ginocchia sul letto, spostandosi più vicino a Bilbo mentre lui cullava il bambino, accarezzando dolcemente il naso di Kili con un dito.

"Si chiama Kili." Fili informò Bilbo, con tutta la sicurezza di un bambino. "È ancora troppo piccolo per parlare."

Bilbo sorrise, e si spostò così che Fili potesse avvicinarsi di più per tener d'occhio il fratello, un compito che chiaramente prendeva con molta serietà.

Thorin li osservò, i suoi due nipotini e il suo… e Bilbo, con un accenno di sorriso. Fili si sporgeva sul braccio di Bilbo per guardare Kili, il nervosismo subito superato con facilità.

"Non ha ancora molti capelli," disse a Bilbo con autorevolezza, "e zio Frerin dice che non saranno biondi come i miei."

Bilbo annuì, passando lievemente il pollice sul viso di Kili in un movimento rassicurante.

"Non ha molta importanza, no?"

Fili scosse la testa.

"No. Zio Thorin dice che significa solo che io avrò i capelli biondi come Mamma e Kili li avrà scuri come Ma'."

"E come i tuoi zii," disse con un sorriso, alzando lo sguardo su Thorin.

Thorin incrociò il suo sguardo e lo ricambiò per un lungo, dolce momento.

Ma Fili aggrottò la fronte, scuotendo la testolina. "Solo zio Thorin," corresse imperiosamente, "Zio Frerin ha i capelli biondi come me."

"Ah," disse Bilbo, "Non lo sapevo."

Il cipiglio di Fili si intensificò, e strattonò il gomito di Bilbo, chiaramente confuso.

"Ma hai incontrato zio Frerin! Ha detto che ti ha visto all'ospedale!"

"Fili," interruppe Thorin, la voce bassa e repentina, nello stesso momento in cui Bilbo produsse un suono sorpreso.

Fu Vivi ad intromettersi velocemente.

"Penso che Bilbo dormisse, quando zio Frerin lo ha incontrato. Ricordi, tesoro? Bilbo è stato addormentato per un po', quando zio Thorin lo ha conosciuto. Te l'abbiamo detto."

Fili annuì lentamente, accasciandosi contro la testiera del letto e facendo rimbalzare i talloni sulle coperte.

Thorin stava davvero cercando di evitare di guardare Bilbo negli occhi ora: l'altro uomo sembrava piuttosto scocciato che qualcun altro fosse entrato a vederlo mentre dormiva, e Vivi stava chiaramente cercando di non ridere.

"Oh," disse Fili, infilò la mano nella tasca del suo pullover blu scuro e tirò fuori qualcosa. Aprì il piccolo pugno, rivelando un ranuncolo leggermente schiacciato, un petalo piegato in uno strano angolo.

"Mi sono dimenticato! Ho preso questo per te!"

Bilbo aprì la bocca, anche se era rimasto chiaramente senza parole.

"L'ho raccolto nel parcheggio," continuò Fili, orgoglioso di sé. "Perché zio Frerin dice che zio Thorin ti porta sempre i fiori quando viene a trovarti."

Le guance di Bilbo erano visibilmente rosse ora, e Thorin quasi soffocò, preso alla sprovvista da suo nipote; resistette all'impulso di coprirsi il volto con le mani per l'imbarazzo, e invece cercò con fatica di evitare il sorrisetto d'intesa che Vivi rivolgeva alternativamente a lui e Bilbo. Dopo un momento di sorpresa, Bilbo prese con cura il fiore dal palmo del bambino

"Non sempre," disse lievemente, "ma a volte. Grazie Fili. È bellissimo."

Fili gli rivolse un gran sorriso, preso dal suo nuovo amico, e Kili si agitò ancora tra le braccia di Bilbo con un piccolo gemito, e i suoi occhi tremolarono leggermente.

"Devi annoiarti tantissimo," Vivi disse sorridendo, "intrappolato qui. Se c'è qualcosa che vuoi che ti portiamo, facci sapere e la procuriamo. Libri, musica, cibo…"

Bilbo sorrise, girandosi per rivolgere un dolce sorriso esagerato a Kili, che aveva appena aperto gli occhi.

"Ciao, piccoletto," si rivolse nuovamente a Vivi. "Grazie, è molto gentile, ma Thorin mi porta il cibo, e l'ospedale ha una specie di biblioteca."

Lo sguardo che Vivi lanciò a Thorin gli rese chiaro che lei non era a conoscenza del fatto che lui gli portasse roba da mangiare, e Thorin si schiarì la gola, in imbarazzo.

"Musica, allora?

Bilbo sorrise. "Mi manca la musica in effetti, ma il mio portatile e il lettore mp3 sono chiusi a chiave nello studio a casa mia - i miei familiari non sono potuti entrare per prendermeli e, beh. Non mi fido a lasciargli la chiave. Potrò andare a prenderli quando gli infermieri mi permettono un giorno fuori, il che dovrebbe essere presto."

Thorin sbatté le palpebre.

"Non lo sapevo."

Bilbo scrollò le spalle, la sua attenzione catturata di nuovo da Kili, che agitava le braccia in aria. Era completamente sveglio ora, e stava cercando di alzarsi: Bilbo lo aiutò a sedersi sulle sue ginocchia, una mano sulla sua schiena per assicurarsi che non cadesse.

"Eccoti qua, piccoletto. Si, appena riesco a muovermi bene con le stampelle mi lasceranno uscire un po', per prepararmi alla dimissione totale."

Fili gli tirò una manica.

"Cosa vuoi fare?"

Bilbo gli sorrise, lasciando che le mani cicciotte di Kili gli afferrassero un dito.

"Non so ancora, Fili. Devo passare a casa mia, e all'ufficio dell'avvocato, ma dopo vorrei fare qualcosa di rilassante. Ma vedremo. Non posso ancora guidare, quindi sarò un po' limitato."

"Ti porto io," disse impulsivamente Thorin, all'improvviso. Kili si girò verso suo zio sorridendo, notando solo ora la sua presenza, e allungò le mani verso Thorin, che lo prese in braccio.

"Sei sicuro?" chiese Bilbo, salutando Kili con la mano mentre lui lo fissava, ora seduto sulle ginocchia di Thorin. "Posso trovare un parente, o prendere un taxi, o-"

"Sciocchezze" disse Vivi, interrompendo Thorin che aveva aperto la bocca per protestare analogamente. "Certo che non c'è problema. E se hai tempo, potresti venire a cena da noi dopo. Mia moglie vorrebbe tanto incontrarti."

Bilbo incrociò lo sguardo di Thorin, con l'aria un po' sperduta.

"Sarà la sua prima volta fuori dall'ospedale in mesi, Vee. Non vuole passarla ad essere interrogato da Dis e Frerin."

Lei alzò le mani in resa, ma non smise di sorridere.

"Beh, Bilbo, è stato un piacere conoscerti, ma dovremmo andare - questo qui deve mangiare," disse, avvicinandosi per sollevare Kili dal grembo di Thorin. "Ma sono certa che ci vedremo presto."

"Mmm," concordò Bilbo. "Spero anch'io. È stato bello conoscerti anche per me."

Fili gli rivolse un gran sorriso mentre scendeva dal letto, e Bilbo ricambiò.

"Mi prenderò cura del fiore, ok?"

Fili annuì, soddisfatto da questa promessa. "Ciao!"

"Farei meglio ad andare anch'io," disse Thorin, dopo che la porta fu chiusa dietro di Vivi, "Devo riuscire a lavorare un po' stasera."

"Qualcosa di interessante?" chiese Bilbo mentre Thorin si alzava in piedi.

"Non proprio," rispose Thorin, "è un anello che mi è stato commissionato. Non riesco a farlo bene."

Bilbo gli sorrise, e Thorin percepì le sue spalle rilassarsi leggermente, in un certo inspiegabile sollievo per aver visto quel sorriso.

"Sono certo che ne verrai a capo."

Rimasero lì per un lungo momento, guardandosi semplicemente, finché Bilbo non chiuse i pugni sulle lenzuola.

"Non… insomma, sei sicuro che non ti crea problemi accompagnarmi fuori da qui?"

Thorin scosse la testa con fermezza.

"Davvero, no. Fammi solo sapere quando."

Frugò, improvvisamente goffo per un momento, qualcosa nella sua tasca, e lo tirò fuori, lanciandolo sul letto.

Bilbo fissò il lettore mp3, mordendosi il labbro cercando di non sorridere.

"Te lo presto, se vuoi." Disse Thorin, prima di scivolare fuori dalla porta.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Nel prossimo capitolo, comincia l'Epica Prima Uscita Di Bilbo (epica non tanto magari, ma tanto flufflosa)
Ho come l'impressione che Vivi sia l'unica adulta sana di mente in quella famiglia xD I miei occhi gridano pietà, quindi ora vi lascio ;A;
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Note della Traduttrice
Ciao gente! Mi scuso ancora per il ritardo di domenica (lunedì) scorsa ;_; per farmi perdonare oggi posto (relativamente) presto x) Come state? Io sto entrando nel vivo dell'anno scolastico, tra bozzetti e prove per il libro non metto il naso fuori di casa da un secolo ;A;
Avete saputo poi, è uscita la tracklist delle sountrack della Battaglia dei Cinque Eserciti e... fa male. Fa tanto tanto male ;A;
Bene, ora mi sto zitta e vi lascio alla lettura xD
Enjoy ♥


Capitolo 17
 
Le dita di Bilbo tamburellavano incessantemente sulle braccia della sedia a rotelle, e dal suo posto di fianco a lui, Bofur roteò gli occhi.

"Sei sicuro di volerlo fare, ragazzo?"

Bilbo lanciò al suo amico un'occhiata impaziente.

"Si, Bofur. Sicurissimo."

Ma Bofur continuava ad avere un'aria così preoccupata che Bilbo non potè non ridere.

"Insomma," disse, "Neanche fossi il tuo primo paziente che se ne va per sempre: non posso farmi troppo male in un giorno solo, no? Sembri mia madre."

Una risata sbuffò dietro di loro, e si girarono per scoprire Beorn, che se ne stava lì alto e intimidante con le braccia incrociate sul suo ampio barile di un petto.

"Il coniglietto non ha mangiato tutta la colazione," rispose quando Bofur gli rivolse un'occhiata interrogativa. "E ha una lunga giornata davanti."

Lanciò un'occhiataccia a Bilbo, che in assunse un'aria colpevole, e gli lanciò un pacchetto avvolto in carta d'alluminio in grembo prima di marciare via.

"Oh mamma," disse Bofur, strofinando tra due dita la punta di un baffo pendulo, e Bilbo rise, scartando un angolo del pacchetto per rivelare un paio di panini al miele, evidentemente fatti e incartati velocemente nella cucina degli infermieri.

"Ero troppo agitato per mangiare," confidò a Bofur. "So che sembra ridicolo, sono un uomo adulto e tutto, ma lo ero. Mi è mancato uscire e fare cose normali. Sembra scemo?"

Bofur scosse la testa, e afferrò delicatamente la nuca di Bilbo.

"Non c'è niente di male ad essere entusiasti per qualcosa, sai. Ci mantiene giovani, o almeno è quello che dice mio cugino. E lui si entusiasma per tante cose."

Bilbo sorrise con calore, ma fu distratto dalla vista di Thorin che attraversava l'entrata dell'ospedale, camicia tartan arrotolata ai gomiti e gli occhiali da sole tirati sui capelli. Quando notò Bilbo e Bofur che lo aspettavano, la scintilla di un qualcosa apparve sulla sua espressione, qualcosa che poteva essere irritazione, ma scomparve, nascosta da un'espressione accuratamente neutrale.

"Ciao" offrì a Bilbo, e fece un cenno a Bofur, che sorrise.

"Bene, io mi congedo. Questo è il mio numero," disse, porgendo una tessera a Thorin, che la prese cautela. "Chiamatemi se succede qualcosa. Qualunque cosa," continuò, un certo avvertimento nel tono prima che il sorriso tornasse sul suo viso. "Divertitevi!"   

E con ciò se ne andò verso gli ascensori, lasciandoli da soli.

"Vuoi che le prenda io?" chiese Thorin dopo un momento, accennando alle stampelle appoggiate sulle ginocchia di Bilbo.

"Mmhmm" annuì Bilbo, sorridendogli dolcemente. "andiamo."

Bilbo avvertì uno strano nodo di eccitazione crescergli nel petto quando oltrepassarono la porta, una sensazione di libertà che si posava sulle sue spalle, per quanto sapesse che sarebbe dovuto tornare a fine giornata. Ma per ora, per oggi, non doveva spingersi sulla sedia a rotelle per i corridoi dell'ospedale o zoppicare per i vialetti del giardino: oggi aveva la possibilità di fuggire.

Thorin gli rivolse un piccolo sorriso mentre si avviavano al parcheggio, come se potesse percepire l'entusiasmo di Bilbo da dove camminava a pochi passi di distanza.

Dopo la temperatura controllata dell'ospedale, il calore fu improvviso, avvolgente ma non in modo spiacevole, e Bilbo non poté impedirsi di sorridere al cielo azzurro mentre si spingeva seguendo Thorin.

Ci fu un momento di imbarazzo quando raggiunsero l'auto e Bilbo si alzò dalla sedia a rotelle, sostenendosi alla porta del passeggero; entrambi fecero per prendere la sedia, afferrandola allo stesso momento.

"Ah," disse Thorin, e Bilbo lo interruppe prima che potesse continuare.

"No," disse, "hai ragione, ha più senso se lo fai tu."

Thorin espirò, ma annuì e ripiegò la sedia, mettendola nel portabagagli con le stampelle mentre Bilbo faceva del suo meglio per entrare nella macchina, dovendo aiutare un po' le gambe ma riuscendo comunque a farcela senza troppo imbarazzo. Thorin gli lanciò un'occhiata attenta quando scivolò al posto del guidatore un momento dopo.

"Scusa," disse, burbero, e Bilbo si limitò a sorridere, scuotendo la testa.

Sedettero per un lungo momento imbarazzato, finché Thorin non si schiarì la gola.

"Dove si va?"

--------------------
 

Parlare con Gandalf - che, Bilbo aveva spiegato a Thorin, non era in effetti il suo avvocato, piuttosto un vecchio amico di famiglia che lo aiutava con problemi legali che stava avendo - non prese molto tempo, e Thorin aspettò in macchina, osservando Bilbo zoppicare  sulle stampelle nell'ufficio. Dovette impedirsi fisicamente di seguirlo e assicurarsi che stesse bene.

Ma chiaramente se l'era cavata abbastanza bene, perché era tornato alla macchina qualche tempo dopo senza avere l'aria troppo affaticata, scivolando dentro dopo aver lanciato le stampelle sul sedile posteriore senza troppe cerimonie.

"Ti dispiace se passiamo… a casa mia, poi?" chiese, e un'ombra triste passò nei suoi occhi mentre parlava.

Thorin annuì, e lasciò che Bilbo gli indicasse la strada.

"È questo il posto?" chiese mentre parcheggiava fuori di una spaziosa villetta indipendente alla periferia della città. In effetti non era molto lontano da dove abitava Thorin, meno di mezz'ora in macchina, ma non era mai stato lì prima; le strade erano silenziose e piene di foglie, costeggiate da sicomori, e anche se le case erano in stile vittoriano ed avevano alte finestre ad arco, erano sorprendentemente basse, al massimo uno o due piani, con le stanze che si allargavano in disposizioni illogiche intorno a giardini ben curati, pieni di fiori che fuoriuscivano dalle aiuole in sprazzi di colore.

Bilbo annuì.

"Era la casa di mio padre," disse a bassa voce. "L'ho ereditata quando è morto."

Thorin aggrottò le sopracciglia, notando un grosso range rover parcheggiato nel vialetto - decisamente non il tipo di macchina che Thorin si immaginava Bilbo guidasse.

"Vivi con altre persone?"

Bilbo scosse la testa, lanciandogli una veloce occhiata incerta con la coda dell'occhio.

"No, sono solo mio cugino e sua moglie. Sono stati qui… sai, mentre stavo male."

Thorin annuì, ma c'era qualcosa nell'espressione di Bilbo che gli fece pensare ci fosse qualcosa di più nella storia che gli stava raccontando. Bilbo non accennò a voler uscire dalla macchina, e Thorin spense il motore, spostandosi un po' a disagio nel sedile.

"Vuoi che venga dentro con te?"

Bilbo sobbalzò, sorpreso.

"Ah, no, non preoccuparti, no devi-"

"Non c'è problema," Tagliò corto Thorin, lo sguardo fisso sulla strada davanti a loro. Al suo fianco, Bilbo annuì, sbuffando una bassa risatina.

"Va bene allora," disse. "Una delle loro macchine non è qui comunque. Potrebbero non essere in casa."

Thorin annuì e uscì, lasciando che Bilbo si allungasse all'indietro e tirasse fuori le stampelle, usandole per tirarsi fuori dalla macchina. Era già molto più bravo a farlo della prima volta, si era abituato velocemente all'azione strana. Si avviò sul vialetto frontale senza dire nulla a Thorin, lasciando che lo seguisse tenendosi a distanza.

La porta d'ingresso era di un verde brillante, con finestre ad oblò su entrambi i lati, e Thorin già vedeva grossi vasi di fiori secchi su entrambi i davanzali, allegri e delicati.

Bilbo lasciò uscire un sospiro mentre apriva la serratura e la porta.

"Casa," mormorò, più a sé stesso che a Thorin.

Ci fu un improvviso turbinio di passi nella casa, e all'improvviso un bambino comparve davanti a loro, non molto più grande di Fili, i capelli castani una matassa ingarbugliata sulla sua testa; era schizzato da una stanza nell'ingresso a piedi nudi, alzando lo sguardo sorpreso su Thorin. Aprì la bocca e il labbro inferiore cominciò tremare, ma Bilbo si inserì velocemente.

"Ciao, Lotho. Ti ricordi di me?"

Questo catturò l'attenzione di Lotho, e lui annuì, esitando un po'.

"Uhuh. Zio Bilbo?"

Bilbo annuì, sorridendo.

"Dove sono i tuoi genitori, Lotho?"

Il bambino si morse il labbro inferiore, strusciando i piedi per terra.

"Papà è uscito, mamma è a prendere il sole in giardino."

Bilbo annuì, rivolgendogli un altro sorriso rassicurante.

"Sono qui solo per prendere alcune cose, ok?"

Lotho annuì, seguendo Bilbo nel corridoio.

"Stai ancora in ospedale, zio Bilbo?"

Thorin li seguì, incerto su cosa dovesse fare, osservando mentre Bilbo annuiva di nuovo.

"Uhuh, ma non per molto ancora, giovanotto."

Raggiunsero una porta chiusa, e Bilbo tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca, usandone una per aprire la serratura. Gli occhi di Lotho erano spalancati e sorpresi.

"Mamma prova ad entrare qui da secoli!"

Bilbo sorrise, tristemente.

"Sono certo che l'abbia fatto, Lotho. Ma vedi, devi avere la chiave."

Thorin si appoggiò allo stipite, osservando Bilbo mentre zoppicava in quello che era uno studio ampio e spazioso, con una grande finestra a doppio vetro lo rendeva molto luminoso, anche se un po' polveroso. I muri erano coperti da grosse librerie stracolme, e un'ampia scrivania era posta sotto il davanzale della finestra. Da un angolo Bilbo sganciò uno zaino, aprì un paio di cassetti dalla scrivania e ci infilò sbrigativamente il contenuto dentro.

Thorin non chiese cosa fossero, ma c'era un'aria di tensione sulle spalle di Bilbo che non faceva altro che aumentare la sua sensazione che qualcosa non andava.

Bilbo afferrò una piccola scatola da una mensola e la spinse dentro lo zaino, insieme ad un lettore mp3 e il caricatore del portatile, infilandosi quest'ultimo scomodamente sotto un braccio.

"Cosa stai facendo, zio Bilbo?" chiese Lotho, che se ne stava in piedi davanti a Thorin, evidentemente confuso come lui.

Bilbo gli sorrise, cercando di sembrare rassicurante.

"Perché non vai a dire alla mamma che sono qui, hmm?"

Lotho annuì incerto, e corse via. Thorin fece un passo indietro nel corridoio per permettere a Bilbo di passare. Tese le mani per il portatile e la borsa, e Bilbo glie li passò con un sorriso sollevato - era stato chiaramente scomodo per lui portarli e usare le stampelle allo stesso tempo.

Chiuse a chiave la porta con una certa fermezza, e la chiave era di nuovo al sicuro nella sua tasca per quando una donna, carina ma un po' troppo truccata, li trovò, i suoi lineamenti piacevoli storpiati dall'espressione profondamente accigliata.

"Oh Bilbo," disse, cercando di suonare genuinamente lieta, ma mancando il bersaglio. "Che diavolo stai facendo qui? Non sapevamo ti avessero dimesso."

"Non l'hanno fatto," disse lui, ritornando alla porta. Thorin, incerto su cosa dovesse fare, si limitò a seguirlo. "Ma sarò presto fuori, Lobelia. Avrai mie notizie allora."

Lobelia annuì rigidamente, spostando lo sguardo sulla porta dello studio.

"Non hai ancora trovato la seconda chiave, vero?" disse Bilbo con un sorrisetto. "Capisco. Beh, è stato un piacere vederti. Temo che non possiamo fermarci per il te che hai offerto. Tanto da fare, avvocati da vedere, sai, il solito."

Si abbassò con una certa difficoltà per arruffare i capelli di Lotho. Il bambino gli rivolse un gran sorriso, troppo giovane per riprendere qualunque delle spiacevolezze dei genitori.

"Fai il bravo, ok?"

"Okeeey", disse il bambino, e Bilbo gli diede un buffetto sulla guancia prima di raggiungere la porta d'ingresso.

Riuscì ad arrivare alla macchina di Thorin prima che la sua espressione controllata svanisse; aggrottò le sopracciglia, e Thorin gli prese velocemente le stampelle dalle mani per infilarle nel portabagagli con il laptop e la borsa.

"Dove andiamo ora?" chiese, ed entrò con Bilbo, che storse un po' la bocca.

"Oh," disse Bilbo, "Um. Non ci sono altri avvocati da vedere in effetti, sai. L'ho detto solo per infastidirla un po'. Non ho nient'altro da fare oggi…"

Thorin annuì, avviando il motore.

"Ti va di andare a mangiare qualcosa?"

Bilbo sorrise grato, rigirandosi le mani in grembo.

"Mi piacerebbe," rispose, senza alzare lo sguardo, né su Thorin al suo fianco né al volto nella finestra di casa sua, che li spiava.

"Lei sembra… spiacevole," commentò Thorin mentre si scostavano dal marciapiede. "Perché vuole così tanto entrare nel tuo studio?"

Bilbo fece spallucce.

"Tutte le mie carte sono lì. Le prime edizioni dei miei libri. Il vecchio portagioie di mia madre. Tengo lì le cose importanti, è l'unica stanza della casa con una serratura."

Le mani di Thorin si strinsero sul volante.

"È sicuro allora lasciarla con una chiave di riserva?"

Bilbo sorrise all'improvviso, allegramente.

"Oh, non c'è una chiave. Il mio amico Hamfast, quello che mi ha trovato? Ha preso sia la mia che la seconda e me le ha portate in ospedale quando mi hanno ricoverato. Le ho detto quello perché sapevo che diventerà matta a cercare di trovarla."

Thorin ammiccò, mentre un ghigno si allargava lentamente sul suo viso.

"Quello," disse a Bilbo, "è praticamente diabolico. Ben fatto."

Bilbo ricambiò il sorriso, e anche se riabbassò gli occhi sulle sue mani sembrava essersi rallegrato. Dopo un po' Thorin mise su il lettore CD, e Bilbo canticchiò sommessamente sulle note, fissando fuori dal finestrino.

Al suo fianco, Thorin portò la macchina fuori dai confini della città, il sole ancora luminoso sopra di loro.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Questo pseudo-appuntamento andrà avanti per i prossimi due capitoli, chissà cosa combineranno i due pseudo-piccioncini? *^*
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Note della Traduttrice
Eccomi qui! Mi scuso infinitamente per non aver risposto ai vostri commenti, questa settimana è stata... strana. Mettiamola così. Non so come sono riuscita a ritagliarmi del tempo oggi per tradurre questo capitolo, quindi eccovelo qui in orario 8D La seconda parte del pseudo-appuntamento!
Enjoy ♥


Capitolo 18
 

Bilbo doveva essersi addormentato, oppure si era semplicemente perso nei pensieri abbastanza da perdere la concezione del tempo, perché sembrò che fossero passati solo pochi minuti quando la macchina si fermò, ma guardando l'orologio si rese conto che era quasi un'ora; sorrise imbarazzato a Thorin, scusandosi per essere così poco di compagnia, ma la sua aria pacifica e rilassata suggeriva che non aveva per nulla disprezzato il silenzio.

Era strano. Aveva passato così tanti anni a vivere da solo, perfettamente felice nella solitudine, che assumeva che se chiunque l'avesse mai invasa si sarebbe sentito a disagio, come in una camicia troppo stretta, scomoda e limitante. Gli piaceva il silenzio, gli piaceva la pace; era felice di starsene dentro la propria testa.

Non aveva mai considerato che potesse piacere anche ad altre persone; che invece di pigiarsi nei confini della vita di Bilbo potessero semplicemente inserire le proprie vite accanto alla sua, insieme.

Non aveva voluto condividere la sua vita con chiunque lo facesse sentire in trappola. Semplicemente però non si era reso conto che cercando di evitare quello, aveva evitato anche tutto il resto: la compagnia, la dolcezza, il modo delicato in cui due persone riescono a trovarsi, e l'inspiegabile calore che quel genere di incontri possono portare.

"Dove siamo?" chiese, osservando la curva della mascella di Thorin quando aprì la bocca per parlare.

"Ho pensato volessi uscire dalla città, per un po'." Thorin aprì la sua portiera, uscendo senza altre spiegazioni, e Bilbo scosse la testa con un sorriso prima di seguirlo.

Thorin gli aveva fatto realizzare che anche se era perfettamente felice da solo, era anche stato solo, e sebbene le due cose potessero sembrare simili, c'era una forte differenza.

L'aria fuori dalla macchina aveva un odore salmastro, il vento fresco anche con il sole splendente, e Bilbo sorrise quando si rese conto che erano vicino al mare; l'acuto grido dei gabbiani che volavano sopra di loro riempiva la piacevole brezza, e lui prese lunghi, profondi respiri mentre seguiva Thorin fuori dal parcheggio e giù per la strada.

E lì, spiegato davanti a loro, c'era il mare, di un brillante e profondo blu-grigio-verde, le creste bianche delle onde che si accavallavano raggiungendo la spiaggia.

Bilbo chiuse gli occhi al suono delle onde.

Si perse il modo in cui Thorin guardò il suo viso, l'espressione irresistibilmente aperta, prima che girasse lo sguardo quando Bilbo riaprì gli occhi.

"Ti va di fare una passeggiata sulla spiaggia?"

Thorin scrutò le stampelle di Bilbo dubbiosamente, ma annuì comunque.

Scesero i bassi gradini fino alla sabbia, asciutta e instabile sotto il sole; l'alta marea era finita qualche ora prima, e anche se il mare stava lentamente risalendo la spiaggia, la sabbia aveva avuto tempo in abbondanza per asciugarsi. Le stampelle di Bilbo affondavano profondamente, instabili sotto il suo peso, e Thorin deviò cautamente il loro percorso così che si ritrovarono più vicini al mare, sulla sabbia più umida e solida; non disse nulla, e anche se Bilbo era convinto fosse stata una manovra deliberata, non riuscì ad esserne irritato.

"È bellissimo," disse Bilbo dopo un po', e Thorin annuì.

"Ci porto Fili, quando c'è bel tempo. Gli piace provare a prendere i granchi nelle piscine rocciose dall'altro lato della spiaggia.

Indicò un punto distante, dove la sabbia lasciava il posto a rocce di uno scuro grigio-marrone, rese scivolose dalle alghe, e piccole chiazze di luce che baluginavano al sole.

"Dovrei fare cose del genere più speso," ammise Bilbo. "Uscire di casa, vedere cose nuove. Finisco per passare la maggior parte dei finesettimana nel giardino a leggere."

"Non c'è nulla di male in quello," rispose Thorin, e Bilbo fece un suono di approvazione.

"No, ma non farebbe male un'avventura, una volta ogni tanto."

Raggiunsero il mare, e Bilbo si abbassò con cautela sulla sabbia, si tirò velocemente i pantaloni su al ginocchio così da potersi inginocchiare, senza dar segno di accorgersi dell'acqua che gli penetrava nelle scarpe. Thorin lo guardò, con un certo rapimento, mentre Bilbo allungava le mani a coppa per prendere su dell'acqua, che così bassa era macchiata di verde e giallo.  

L'acqua scorse tra le sue dita, e rimasero così per un lungo momento, mentre Bilbo tracciava linee nella sabbia, osservando le onde che le lavavano via lentamente. C'era una dolcezza nei suoi movimenti, un'innocenza quasi infantile, e Thorin si ritrovò a fissare come la luce si riflettesse sull'acqua proiettando un bagliore tremolante sul suo viso.

Ma dopo un po' Bilbo si riscosse dall'ipnosi del mare e della sabbia, e fece per rialzarsi, solo per accorgersi che farlo era quasi impossibile; con quell'angolo, e con la sabbia scivolosa e tendente ad affossarsi, non aveva una presa abbastanza salda da tirarsi in piedi. Provò per qualche istante prima di arrendersi, inginocchiandosi di nuovo, e si grattò la nuca con un certo imbarazzo.

"Thorin? Potresti… potresti darmi una mano?"

Si sentiva decisamente a disagio a dover chiedere aiuto per alzarsi, ma non c'era davvero altro modo; le sue gambe non erano abbastanza forti da alzarlo da sole, e le stampelle erano inutili sulla sabbia.

Thorin fu lì all'istante, come se si stesse trattenendo dallo scattare verso di lui, e si abbassò in ginocchio sulla sabbia umida, incurante dei suoi jeans. Guardò attentamente Bilbo, come per chiedere il permesso, e Bilbo annuì.

"Solo… devo solo rimettermi in piedi."

Un braccio forte e incredibilmente caldo si passò intorno alla schiena di Bilbo, avvolgendosi intorno al suo fianco; l'altro era sulla sua vita, stabilizzandolo, anche se la pressione del petto di Thorin sul suo fianco sarebbe stata abbastanza. Bilbo aveva ancora una stampella in mano, ma quella sul lato sul quale era premuto Thorin rimase vuota, la stampella abbandonata sulla sabbia.

Thorin lo aiutò ad alzarsi lentamente, il fianco di Bilbo premuto stretto al suo petto.

"Tutto bene?" chiese, la voce improvvisamente bassa, una volta che furono entrambi in piedi.

Bilbo annuì e Thorin lo lasciò andare, facendo un passo indietro, già abbassandosi per prendere l'altra stampella, ma l'improvvisa perdita del suo supporto fece traballare Bilbo. Una gamba gli si tese in un forte crampo, e cercò di usare l'unica stampella per bilanciarsi, ma non fu abbastanza sulla sabbia instabile. Invece la sua mano atterrò sul petto di Thorin, le dita strette leggermente sulla camicia e la pelle, aggrappandosi per un supporto.

Thorin si limitò ad avvicinarsi, le mani chiuse a pugno ai suoi fianchi con la tensione di non toccare, e aspettò finche Bilbo non fu di nuovo stabile.

"Va meglio?" domandò, la voce più morbida e un po' scherzosa. Bilbo gli lanciò un'occhiata indifferente.

"Molto," disse, realizzando solo in quel momento che la sua mano era ancora premuta sul petto di Thorin. "Uhm." 

Thorin abbassò lo sguardo sulla mano, e poi lo rialzò di nuovo, l'angolo della bocca leggermente curvato.

"Vuoi che riprenda la tua stampella?"

Bilbo annuì. "Se non ti dispiace?"

Thorin prese la mano di Bilbo con la sua allora, le dita avvolte sul suo palmo, e la sollevò sulla sua spalla. Questa volta si piegò lentamente, assicurandosi che Bilbo rimanesse in equilibrio, appoggiando un po' del suo peso sulla sua spalla; Bilbo si morse la guancia quando Thorin si rialzò.

"Grazie."

Fu quasi una delusione lasciarlo andare per riprendere le stampelle.

"Prego."

Continuarono lungo la spiaggia, quasi vuota tranne per qualche persona che portava a spasso il cane o coppie anziane, a metà settimana era ancora tranquilla nonostante il bel tempo, dato che le vacanze estive non erano ancora iniziate, e Bilbo sentì uno spiacevole nodo nel petto, una subdola paura.

"Sarò dimesso presto," disse, cautamente, guardando il modo in cui la mascella di Thorin si irrigidiva in un'emozione senza nome. "Beh, abbastanza presto comunque, entro le prossime due settimane."

Thorin annuì, rallentando il passo mentre Bilbo girava intorno ad un grosso pezzo di legno portato lì dalle onde.

"Quando sarà… ti andrebbe di fare qualcosa? Solo, intendo, vederci, se ti va?"

Thorin gli lanciò uno sguardo, l'espressione quasi sorpresa, ma poi sorrise.

"Ho promesso che ti avrei portato a mangiare qualcosa di buono, no?"

Bilbo fece un gran sorriso, abbassando la testa, e ci fu una breve e leggera pressione sul suo braccio, come se Thorin vi avesse appoggiato la mano.

"Ci vedremo ancora," continuò dopo un istante, la voce bassa e calma. "Hai la mia parola."

C'era una strana ed improvvisa solennità nel suo tono, come se stesse promettendo qualcosa di molto più importante, e fece scattare qualcosa nel suo petto, qualcosa di dolce e amaro e bellissimo allo stesso tempo.

Penso che potrei starmi innamorando di te, Bilbo quasi disse. Penso che lo stia facendo già da un po' ora.

Non lo fece però; tenne quelle parole per sé, ma offrì un sorriso a Thorin, il tipo di sorriso caldo e sincero che non era certo avesse rivolto a qualcun altro in molti anni, e lo fece sentire di nuovo giovane e scemo e pieno di speranza. Gli occhi di Thorin erano caldi, il suo passo calmo, al suo fianco.

Abbandonarono la spiaggia dopo un po', e si diressero invece ad un piccolo caffè sulla strada; presero del tè in grosse tazze, seduti fuori ai tavolini affacciati sul mare mentre il sole si abbassava nel cielo, il pomeriggio che si srotolava lentamente; Bilbo rise quando Thorin mescolò due bustine di zucchero e una generosa quantità di latte nel suo, mentre lui beveva il suo nero, senza aggiungere nulla. Thorin borbottò un po' alla presa in giro di Bilbo, ma quando il ginocchio dell'uomo premette contro la sua gamba sotto il tavolo, si limitò a ricambiare lievemente, senza spostarsi.

La brezza divenne un po' troppo fredda dopo un po', e Thorin si alzò dal tavolo, dicendo a Bilbo di restare; doveva essersi accorto che Bilbo stava tremando un po', ormai troppo abituato alla temperatura costante dell'ospedale, perché tornò con maglione che doveva aver preso dalla macchina, e lo allungò a Bilbo senza una parola.

Era un po' sbiadito, e morbido, e quando Bilbo se lo tirò sopra la testa si rese conto che era decisamente troppo grande per lui, ma confortevole e confortante in ogni caso.

Thorin gli aveva sorriso quando si era arrotolato le maniche ai gomiti, la stoffa cadente sui suoi avambracci ancora magri; e non era una conquista, quel sorriso da solo?

"Devi tornare ad un orario preciso?" chiese Thorin, e Bilbo scosse la testa.

Non voleva per niente tornare.

Tornare significava infermieri ed ecografie alla testa e preoccupazione per quello che stava succedendo a casa sua; tornare significava scartoffie per Gandalf e fisioterapia e l'odiata sedia a rotelle; tornare era una stanza clinica che non sapeva di casa e svegliarsi con il lieve suono dei macchinari e il ronzio delle luci del corridoio.

Tornare significava lunghi giorni senza niente da fare, lunghi giorni senza vedere Thorin.

Voleva restare a questo giorno, con la calda pressione della gamba di Thorin contro la sua, gli occhi che pizzicavano alla forte luce del sole e la salsedine nell'aria; caldo tè amaro e il sorriso di Thorin e la sabbia ruvida tra le dita.

"Non subito," rispose sorridendo.

Restarono al tavolo per il resto del pomeriggio, mangiando enormi porzioni avvolte in fogli di carta di fish and chips, l'olio che trasudava lentamente e ungeva le loro mani quando le scartavano; erano calde e non necessarie e Bilbo era piuttosto sicuro di non aver mai mangiato nulla di meglio, almeno non da tanto. Si leccò via l'olio dalle dita come un bambino, sorridendo mentre lo faceva.

Tornarono alla macchina quando il cielo cominciò a diventare arancione e rosa, sapendo che nei mesi estivi non sarebbero rientrati in ospedale prima di mezzanotte se si fossero fermati ad aspettare il tramonto, anche se Bilbo aveva protestato un po' quando Thorin aveva evidenziato la cosa. Stare fuori per vederlo sarebbe quasi valso l'ira degli infermieri. Bilbo si passò mestamente le mani tra i capelli arruffati dal vento mentre rientravano in macchina.

"Almeno ora sono abbastanza lunghi da impicciarsi, immagino," disse casualmente, ancora amareggiato che i suoi capelli fossero stati tagliati così corti mentre era in coma.

Thorin sbuffò una risata silenziosa mentre avviava il motore.

"Mi sono chiesto, la prima volta che ti ho visto, se sarebbero cresciuti ricci," ammise, e Bilbo lo fissò, un rossore che compariva lentamente sulle sue orecchie.

"Oh?" riuscì a dire dopo un momento, e Thorin annuì.

"È… un po' strano," continuò quando fu chiaro che Thorin non avrebbe detto altro.

"Era per dire," aggiunse quando Thorin gli lanciò un'occhiataccia, cercando di impedirsi di sorridere senza troppo successo.

"Solo, sai, a volte dimentico la questione coma-mistero-inquietante. Sembri così normale quando non mi guardi dormire."

"Chiudi il becco, tu," brontolò Thorin mentre si allontanavano dalla cittadina. "O puoi tornare a piedi."

La risata di Bilbo fu allegra e improvvisa, e si rilassò nel sedile mentre Thorin gli lanciava uno sguardo, caldo e affettuoso.

"Sei esasperante," borbottò con tono leggero.

La mano di Bilbo si posò sulla sua, sulla leva del cambio, per un momento.

"Ridicolo," rispose Bilbo, e Thorin sorrise alla strada davanti a loro.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Si avete letto bene, c'è veramente stata la passeggiata sulla spiaggia °^°
(also oggi è il mio compleanno, giusto per dirvi, *offre torta al cioccolato a tutti*)

Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Note della Traduttrice
Ciao ragazze. Non ho parole per scusarmi per non aver postato domenica scorsa, le cose sono state molto pesanti e non ce l'ho proprio fatta! Per farmi perdonare però stasera posto ben due capitoli insieme! :D Anche stavolta però mi sono ritrovata a tradurli piuttosto di fretta quindi se notate errori per favore fatemelo sapere >^<
A questo punto siamo ufficialmente a metà storia!
Enjoy ♥


Capitolo 19

 
 
Il sole calò quasi all'improvviso, sostituendo con poco preavviso la luce grigio-dorata della sera con il buio della notte; Bilbo ebbe l'impressione che la luce se ne fosse andata in un battito di ciglia, ma da quando si era risvegliato dal sonno di sei mesi aveva cominciato ad apprezzare le stranezze del passaggio del tempo.

Thorin guidava con costanza attraverso il crepuscolo, sulle strade di campagna scarsamente illuminate che riportavano in città; per un po' il cruscotto e la striscia di chiarore ancora visibile all'orizzonte furono le uniche fonti di luce, e Bilbo si ritrovò a guardare Thorin in più occasioni, osservando il modo in cui la strana combinazione di luci ombreggiava la superficie del suo viso, ammorbidendo il profilo affilato del suo naso e la linea marcata della mascella, le ombre scure che rendevano gli zigomi incavati, e più intenso l'incavo degli occhi.

L'oscurità avrebbe dovuto renderlo minaccioso, i giochi di luci e ombre sul suo viso avrebbero dovuto essere duri e severi, ma non lo erano.

Affatto.

Thorin lo scoprì a fissarlo, e roteò gli occhi, lo sguardo fisso sulla strada. Il buio nascose il leggero rossore sulle sue guance, ma la luce del quadrante del cruscotto era diretta in modo da rendere visibile a Bilbo il rossore che avvampava sulle sue orecchie.

Trovò stranamente dolce che le orecchie di Thorin diventavano rosse quando arrossiva, ma nascose il sorriso provocato dalla loro vista dietro la mano.

"Mio cugino, e sua moglie e suo figlio - non dovrebbero essere in casa mia."

I denti di Thorin si chiusero sonoramente nella sua bocca, e Bilbo sbatté le palpebre. Non voleva davvero dirlo, non era certo da dove fosse venuto o che linea di pensiero glie lo avesse portato in mente al momento.

"Oh?"

Bilbo abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia.

"Beh, si sono trasferiti mentre ero in coma - non penso che credessero mi sarei svegliato, sai, e quindi hanno deciso di anticipare un po' le cose. Quando mio padre è morto avevo sedici anni, e mi ha lasciato la casa e i suoi soldi: mia madre li amministrava, o se non c'era lei sarebbe stato mio cugino Otho. Ha dodici anni più di me e andavamo abbastanza d'accordo, prima che sposasse."

Thorin abbassò la musica.

"Quindi se mi fosse successo qualcosa, o per qualsiasi ragione io non potessi prendermi cura della casa, sarebbe intervenuto lui. In ogni caso, mia madre non ha mai pensato a cambiare il testamento dopo che ho compiuto diciotto anni - era un po' distratta, sai - e non c'è scritto esplicitamente che Otho non avrebbe più avuto un diritto sulla casa dopo che fossi diventato maggiorenne."

"Di certo non ha importanza?"

Bilbo annuì.

"Non dovrebbe, ma sai com'è la roba legale, se non è esplicito ci sarà una discussione. E quando ero in coma non avevo competenza legale, ed è passata al mio parente più vicino - che è lui. Il mio amico pensa che riusciremo ad ottenere facilmente un ordinanza dal tribunale che li costringa ad andarsene, ma queste cose richiedono tempo, sai - ma ho trentuno anni, difficilmente potranno negare che sia legalmente competente."

Cominciò ad accigliarsi, il tono che si caricava di tensione.

"Ma nel frattempo, ci sono estranei a casa mia che non vogliono andarsene, che usano la mia roba e vendono i mobili di mia madre e cucinano  nella cucina di mio padre."

Esalò un respiro, cercando di calmarsi, osservando Thorin con la coda dell'occhio. Thorin annuì, un'improvvisa tensione nella mascella, e Bilbo dovette resistere l'impulso di allungare una mano e alleviarla con le dita. La rabbia svanì, spinta via tanto velocemente quanto era arrivata da un moto di affetto.

"Smettila di preoccuparti," disse dolcemente, e si tirò il lobo dell'orecchio per dare alle sue mani qualcosa da fare prima che si arrendessero completamente e toccassero il viso di Thorin. "Ho tutto sotto controllo."

Thorin non rispose, e sedettero per qualche tempo mentre Bilbo guardava le sue nocche diventare bianche, stringendo la presa sul volante.

Bilbo sospirò e allungò una mano per posarla su quella di Thorin, su quelle nocche.

"Va tutto bene, scemo," disse, il tono leggero. "Ne verrò a capo. Ho solo pensato meritassi di saperlo, ecco tutto."

Thorin annuì, e Bilbo continuò a guardarlo per un po', in silenzio, fin quando il CD non terminò e Thorin si morse il labbro all'improvviso, così forte che probabilmente fece male.

"Sai," disse Thorin, senza preavviso, ma poi sembrò interrompersi ancora, come incerto. Scosse la tesa.

"So che non vuoi che la gente ti aiuti. Capisco che non vuoi sentirti un invalido, e lo rispetterò per quanto posso. Sto cercando di rispettarlo. Ma devi anche imparare ad ammettere che a volte hai bisogno di aiuto, come prima sulla spiaggia. E se io devo imparare a non dare una mano quando non ti serve, allora tu devi imparare a contare su di me quanto ti serve, va bene?"

Era molto probabilmente la frase più lunga che gli avesse mai sentito dire in una volta, e lo prese di sorpresa. Bilbo si girò a guardarlo mentre Thorin finiva.

"Me lo hai detto per il tuo bene o per il mio?"

Bilbo deglutì. In verità aveva pensato fosse per Thorin, ammettere che cosa stesse succedendo così che ne fosse al corrente - se Bilbo avrebbe continuato a scattargli contro quando succedevano cose spiacevoli allora come minimo si meritava di sapere perché.

"Penso che volesse essere per te… ma sai, mi fa anche sentire un po' meglio."

Thorin lo guardò con la coda dell'occhio, un sopracciglio alzato, e Bilbo annuì.

"Va bene," disse. "Ci proverò."

Thorin gli sorrise, rivolgendogli quel piccolo ma dolorosamente e meravigliosamente genuino sorriso, e Bilbo affondò nel sedile.

"Grazie."

Bilbo si chiese se sarebbe stato completamente inappropriato allungare la mano per prendere quella di Thorin.

"Prego"

Stava contemplando quella possibilitò, ma il pensiero fu interrotto da un forte squillo, ed entrambi sobbalzarono; Bilbo fece una smorfia imbarazzata, lanciando uno sguardo di scusa a Thorin, e infilò le mano in tasca per spegnere la sveglia.

"È il mio promemoria per le medicine" disse, un po' a disagio. "Scusa."

Thorin scosse la testa, ma, quando Bilbo non diede segno di muoversi per fare alcunché, infilò la mano nel portaoggetti della portiera del guidatore, tirandone fuori una bottiglietta d'acqua mezza piena e passandogliela in silenzio.

Bilbo si morse il labbro.

"Posso aspettare a prenderle. Mi mettono sonnolenza, non voglio addormentarmi prima di rientrare in ospedale."

Thorin roteò gli occhi.

"Cosa, e lasciare che i tuoi infermieri mi uccidano? Non importa se ti addormenti, ti sveglierò quando arriviamo."

Bilbo gli rivolse un sorriso grato, prese il blister di pillole e le inghiottì rapidamente; non era nulla rispetto al cocktail di medicine che doveva prendere quando si era svegliato, ma non vedeva l'ora che arrivasse il giorno in cui non avrebbe dovuto prenderne nessuna.

Notò che Thorin, a differenza di altri, non chiese cosa stesse prendendo, non offrì alcuna parola di incoraggiamento su quanto presto sarebbe stato di nuovo sano come un pesce; anche se lanciò un'occhiata curiosa al pacchetto quando pensava che Bilbo non stesse guardando, non indagò, e Bilbo sentì ancora quel moto di affetto, per quel minimo di privacy che gli era concessa.

"Grazie," disse Bilbo, e Thorin gli lanciò uno sguardo, la bocca curvata in un sorrisetto. Si sistemò più comodamente nel sedile, stiracchiando le spalle.

"Non c'è problema."

Thorin cambiò con una mano sola il CD nel lettore, mettendo qualcosa di basso ed espansivo, la musica che si gonfiava nell'oscurità e nel silenzio, avvolgendosi intorno a Bilbo come una coperta, comoda attorno alle sue spalle. Lentamente spinse giù le maniche del maglione di Thorin, così da coprirsi le mani fino alle punte.

"Questo te lo ridò quando arriviamo in ospedale" disse Bilbo, a voce bassa, ma Thorin scrollò le spalle.

"Tienilo per la prossima volta," disse, la voce un po' distante, e Bilbo sorrise all'implicazione non detta.

Il gomito di Thorin si posò sul bracciolo tra i due sedili, la mano che pendeva, e dopo un lungo momento di considerazione quella di Bilbo vi si avvicinò furtivamente, seminascosta nella luce bassa, le dita che si allungavano esitanti a toccare quelle di Thorin, lente e incerte.

A quel tocco, la mano di Thorin prese la sua, allacciando le dita con una presa ferma.

Bilbo sorrise alla strada davanti a loro.

Dopo poco la strada divenne più larga, e la notte più buia; Bilbo si ritrovò a seguire con gli occhi il costante sfarfallio del bagliore dei lampioni che scorrevano sopra di loro, sentendosi piuttosto in pace con sé stesso per la prima volta da tanto. Si sentiva contenuto, ma non intrappolato; la macchina e l'oscurità e la musica e le luci, erano un abbraccio che lo teneva stretto, avvolgendolo delicatamente.

Thorin cominciò a canticchiare, basso e lento, insieme alla musica, unendo occasionalmente un paio di versi o parole.

"Canti ancora ai tuoi nipoti?" chiese Bilbo, appoggiando la testa al lato della macchina, e Thorin sfoggiò un sorriso.

"Funziona perfettamente."

"Te l'avevo detto."

"So-tutto-io."

"Cattivo."

Thorin roteò gli occhi, lanciandogli uno sguardo, le sopracciglia alzate.

"C'è un cuscino dietro da qualche parte," disse, il tono neutro, ma Bilbo scosse la testa.

"Sto be-" venne interrotto da uno sbadiglio, la mascella che scrocchiò estendendosi. "Scu'a. Sto bene."

Thorin riportò gli occhi sulla strada, e il canticchiare ricominciò; presto Bilbo sentì le palpebre calare, e lasciò che il sonno prendesse il sopravvento, assopendosi. Ogni tanto Thorin lasciava andare la sua mano, per mettere la freccia o cambiare marcia o anche solo per levarsi una ciocca di capelli dalla fronte, ma ritornava sempre alla sua dopo aver finito.  

Non ci volle molto perché Thorin si accorgesse che Bilbo si era assopito, e quando lo fece spense la musica, anche se continuò a canticchiare mentre si avvicinavano alla città, gli occhi sulla strada ma la mente che vagava per ricordi lontani e sogni semi dimenticati, o viaggi come questo quando era solo un bambino, stanco e felice mentre tornava a casa nella notte.

Bilbo riprese conoscenza qualche tempo dopo, svegliato da Thorin che gli scuoteva delicatamente la spalla e l'aria fredda, ma il sonno continuava a pesare sui suoi occhi. Thorin aveva aperto la sua portiera e aveva già tirato la sedia a rotelle fuori dal portabagagli, se ne stava in disparte, aspettandolo vigile.

Bilbo gli sorrise assonnato, e si manovrò sulla sedia, cavandola con solo un urto della caviglia contro uno dei poggiapiedi.

"Mi potresti dare una mano a spingere?" chiese con voce carica di sonno, e Thorin annuì.

Bilbo fece una smorfia alle luci forti dell'atrio dell'ospedale, chiuse gli occhi, reclinando il capo sullo schienale della sedia a rotelle; fu di nuovo mezzo-assopito in un attimo, la testa posata contro la mano di Thorin, curva intorno alle maniglie.

Thorin si sarebbe allarmato di più alla stanchezza di Bilbo, ma aveva già visto questa sonnolenza causata dalle medicine abbastanza volte da sapere che era un normale, anche se a volte imbarazzante, effetto collaterale; si limitò a continuare a condurre Bilbo in direzione del reparto, senza preoccuparsi di spostare la mano dal tocco della fronte di Bilbo.

La stanza di Bilbo era immersa nell'oscurità quando arrivarono, e Thorin non accese la luce; lasciando la porta aperta, portò la sedia a rotelle al fianco del letto abbassato, scosse delicatamente la spalla di Bilbo, sorridendogli quando l'altro si tirò su, sbattendo le palpebre sugli occhi appannati.

"Stai andando?" chiese Bilbo, le parole rese incerte dalla stanchezza, mormorate a bassa voce nella stanza rischiarata solo dal bagliore delle luci del corridoio. Si tirò sul letto con un po' di difficoltà, e Thorin si inserì per spostare via la sedia.

"È tardi," rispose Thorin, la voce bassa; Bilbo annuì calciandosi via le scarpe prima di infilarsi sotto le coperte, ancora completamente vestito.

"Ok" arrivò la risposta, stanca e un po' confusa, e girò il viso nel cuscino. "Grazie, per oggi."

Thorin annuì, anche se Bilbo non poteva vederlo.

Rimase lì per qualche istante, guardando il lento alzarsi e abbassarsi del petto di Bilbo e aggrottò la fronte, finché non fu sicuro che Bilbo si fosse addormentato.

Chiuse la porta silenziosamente dietro di sé, e chiuse gli occhi per un momento, prima di andarsene.

...Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Al capitolo successivo, senza troppi preamboli! :D
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Note della Traduttrice
Eccomi qui! Questo vi ricordo è il secondo capitolo di oggi, assicuratevi di aver letto il precedente prima di proseguire :D
E per citare northern, compare un Dwalin selvatico!

Enjoy ♥

Capitolo 20
 
"Non riesco ancora a credere che Vee è riuscita ad incontrare il tuo nuovo uomo prima di me," si lamentò Dis, appoggiandosi al bancone, Kili che cercava di afferrarle i capelli con dita cicciotte dal suo fianco. "E anche Frerin lo ha visto, perché sono sempre l'ultima che si diverte?"

Fili avvolse le braccia intorno alla sua gamba, rivolgendole un gran sorriso.

"L'ho incontrato anch'io!"

Dis gemette, e arruffò i capelli di Fili con la mano libera.

"Non ricordarmelo, Fee."

"Non è il mio nuovo uomo," disse Thorin a denti stretti. Era preoccupato che gli si potesse spezzare la matita tra le mani - ma poi, aveva solo un fratello e una sorella, e aveva una scatola piena di matite, quindi forse erano più sacrificabili. "Non è il mio niente."

"Si," replicò Dis, "ma tu vuoi che lo sia, giusto?"

Thorin non poteva esattamente contraddirla, e non ci provò nemmeno.

"In tutta onestà," intervenne Frerin, prima di saltare su a sedere sul bancone di fianco a sua sorella, facendo una smorfia a Kili, che scoppiò a ridere. "Non l'ho davvero incontrato. Dormiva quando sono entrato."

Dis scosse la testa.

"Anche se è vero, almeno sai che aspetto ha. Io, nel frattempo, rimango completamente all'oscuro su quest'uomo, e Thorin non ha nemmeno una foto da mostrarmi."

Thorin sospirò sonoramente.

"Perché diamine dovrei avere una sua foto?"

Frerin sorrise, tirando fuori uno stuzzicadenti da una tasca e infilandoselo in bocca.

"Gli hai mandato una tua foto."

Dwalin grugnì una risata, sistemandosi su una delle sedie all'altro lato del bancone, sbattendosi una mano sul ginocchio.

"Perché cavolo gli hai mandato una foto?"

Thorin lo ignorò con risolutezza.

"Che diavolo ci facevi col mio telefono?"

Thorin stava facendo del suo meglio per tenere a bada l'imbarazzo, ma era piuttosto sicuro di stare fallendo. Si ruotò la matita tra le dita nel tentativo di nascondere il senza dubbio evidentissimo rossore che minacciava di riversarsi sul suo viso. Frerin, bastardo che non era altro, se ne stava lì sorridente, con l'aria particolarmente compiaciuta.

"Stavo solo guardando l'ora. Non è colpa mia se lasci i messaggi aperti quando lasci il cellulare in giro."

Thorin ringhiò qualcosa sottovoce, ma Dwalin rideva ancora, Frerin sorrideva ancora; Dis e Vivi avevano l'aria decisamente soddisfatta, persino Fili sorrideva, anche se in tutta franchezza probabilmente non si rendeva conto che il divertimento era a spese di suo zio.

"Comunque non spiega il perché gli hai mandato una foto." Disse Dwalin, cercando di soffocare le risate. Thorin sbuffò.

"Voleva vedere Kili, era una foto sua, io lo tenevo in braccio."

Dwalin assentì, chiaramente scettico, e Dis scosse la testa, lanciandogli uno sguardo freddo.

"Come dici tu, fratello."

"Sapete, sto lavorando," brontolò Thorin, provando una tattica diversa. "Devo guadagnarmi da vivere, un'attività da portare avanti, gioielli da disegnare. Quelle cose che mi fanno fare soldi, sapete."

Frerin roteò gli occhi. "Se insisti a voler lavorare di sabato, allora è ovvio che veniamo a darti un po' di supporto morale, fratellone."

Thorin non ci credette nemmeno per un secondo; i suoi familiari provavano un qualche tipo di piacere perverso nel stuzzicarlo, lo sapeva.

Sbuffò. "Ho un negozio, non posso esattamente smettere di lavorare il finesettimana."

Frerin scrollò le spalle e Vivi si appollaiò sul bracciolo della sedia di Dwalin, appoggiando i piedi sulla sua ampia coscia; Dwalin non reagì se non per spostarsi leggermente, liberandole un po' di spazio sullo schienale per farla appoggiare. I due erano amici intimi dal giorno in cui si erano incontrati, per la sorpresa degli altri; avevano legato a causa di un'inaspettata passione condivisa per i tatuaggi, le moto e l'arte del Rinascimento (era un segreto malamente tenuto che, negli ultimi anni della sua ventina, Dwalin avesse conseguito una laurea part-time in storia dell'arte).

"Si, si," disse lei, la voce bassa e calmante, tirando su uno zaino e aprendolo, "e lavori molto duramente, quindi non puoi biasimarci se vogliamo portare il pranzo al nostro fratello e cugino preferito.

"Non sono tuo fratello," borbottò Thorin, ma gli angoli della sua bocca vibravano e il suo tono era privo di qualunque serietà. Vivi gli lanciò un panino avvolto nella carta argentata, e lui riuscì a prenderlo prima che lo colpisse in faccia; Vivi poteva benissimo essere sua sorella, e lei lo sapeva bene.

"Zitto tu," disse lei, e Dwalin rise, allungando le mani verso Dis. Lei gli passò Kili senza una parola, e prese il bambino con le mani avvolte intorno al suo torso, sotto le ascelle. Alzò le braccia sopra la testa, e Kili rise guardandolo da lassù, calciando le gambe nell'aria.

"Posso controllare la mail?" Dis chiese a Thorin a bassa voce, dandogli un colpetto col fianco  mentre scivolava intorno al bancone. Thorin annuì, accigliandosi al design dell'anello con cui stava combattendo. L'anello di fidanzamento che gli era stato commissionato doveva essere terminato entro la settimana, ma per quanto ci provasse non riusciva a farlo venire come voleva - ci lavorava da settimane ormai.

Inosservata, di fianco al lui Dis accese il laptop del computer, e si accigliò quando aprì il browser.

"Thorin," chiese, perplessa, "perché cavolo stai googlando le leggi sull'eredità?"

Fortunatamente il resto del gruppo non sentì la domanda, troppo distratti da Fili, che al momento stava cercando risolutamente di salire di fianco a Frerin e si lamentava sonoramente perché non ci riusciva.

Thorin si agitò sulla sedia, a disagio.

"Così."

"Col cazzo," disse lei, girandosi a guardarlo. "Che stai facendo, scrivi un testamento?"

Sarebbe stato più facile limitarsi a mentire, Thorin lo sapeva - sarebbe stato plausibile se avesse detto che stava modificando le sue volontà per includere Kili, dopo tutto - ma sua sorella aveva da tempo perfezionato l'abilità di leggere la sua espressione come un libro aperto; lo avrebbe scoperto in un istante.

"Cercavo per un amico, sta avendo dei problemi," disse, mantenendo lo sguardo sugli schizzi dell'anello.

"Intendi il tuo uomo in ospedale," disse Dis, tenendo la voce bassa per non farsi sentire dagli altri. "Ti ha chiesto aiuto?"

Thorin non rispose; non osava.

"Oh, Thorin," disse sospirando. "Non farlo. Se non ha chiesto un aiuto, non provare a piombare lì e prendere in mano la sua vita."

"Non ne ho intenzione," borbottò Thorin, e Dis alzò le sopracciglia.

"Giuramelo."

Lui roteò gli occhi, ma annuì lo stesso.

"Giuro."

Lo scrutò sospettosamente, ma Thorin non voleva immischiarsi comunque; Bilbo aveva messo in chiaro che non voleva. Ma non significava che non poteva fare qualche ricerca per tranquillizzarsi, per chiarire le cose per sé, e nel caso Bilbo decidesse mai di chiedergli aiuto; non c'era vergogna nell'essere preparati.

Dis chiaramente non gli credeva, e in tutta onestà non potè biasimarla: ci era andato pesante con l'aiuto nel passato, e senza dubbio sarebbe successo ancora. Ma c'era qualcosa in Bilbo che gli faceva venire voglia di provare.

 

Vivi aveva una mano sul mento, il gomito appoggiato sulla gamba.

"Guarda quel sorriso," sussurrò a Dwalin, "Non ha proprio l'aria cotta?"

Dwalin roteò gli occhi.

"È un idiota."

Dis pungolò Thorin nel fianco, e lui le schiaffeggiò via la mano, abbassandosi per riposizionare un vassoio in velluto di orecchini sotto il bancone di vetro, al suo posto.

"Come è andata la giornata, comunque?" Frerin chiese dall'altro lato della stanza. "Dwalin si è lamentato tutto il tempo di aver dovuto badare da solo al negozio."

Thorin grugnì.

"Se Dwalin pensava fosse una tale faticata, allora non avrebbe fatto tante storie sull'avere lo scorso finesettimana libero così da poter portare in gita la sua nuova ragazza, e io trovo interessante che nessuno di voi parla di quello."

Vivi agitò la mano con noncuranza.

"È perché lui ci ha effettivamente parlato di lei, e ce l'ha fatta conoscere, e non sbuffa quando glie lo chiediamo. Ti comporti come un orso in letargo che abbiamo svegliato."

Thorin brontolò, ma non poteva contraddirla.

"Comunque," continuò Frerin. "Dove lo hai portato poi? Al castello vecchio? La brughiera?"

Thorin alzò gli occhi al soffitto. "L'ho portato alla spiaggia, va bene?"

Frerin lanciò un gridolino. "L'hai preso per mano e avete passeggiato sulla sabbia?"

Thorin roteò di nuovo gli occhi, ma qualcosa nella sua espressione dovette averlo tradito.

"L'hai fatto," gongolò Frerin. "Ben fatto, fratellone!"

"Non l'ho fatto, va ancora con le stampelle per amor di Dio!"

Vivi guardò a Dwalin, che ricambiò lo sguardo.

Ma ci credi? Dicevano i suoi occhi.

È un totale idiota, risposero quelli di lui.

Vero, replicò la curva del suo sorriso, e Dwalin roteò gli occhi.

"Perché non lo porti qui?" Frerin chiese, "Metti fine alle sofferenze di tutti. Perfino Balin ha cominciato a impicciarsi ormai."

Thorin sospirò sonoramente, irritato. "Ha già abbastanza problemi senza che io lo sottoponga a voialtri," scattò, infilandosi la matita dietro l'orecchio sbadatamente. Rivolse la forza totale del suo sguardo furioso alla sua famiglia variegata, ma loro ci erano troppo abituati e non ci fecero alcun caso; uno sconosciuto si sarebbe rannicchiato sotto il sguardo, i suoi fratelli, cugino e cognata sembravano forse solo più divertiti .

"Ti ha detto della pianta?" Frerin disse a Dis, ma Thorin lo interruppe immediatamente.

"Basta! Lasciate perdere, voi."

Lo sguardo collettivo rese chiaro che non lo avrebbero fatto, e il sorrisetto di Dis suggeriva che avrebbe saputo di questa pianta prima o poi, ma smisero di fatto di assillarlo, spostando la loro attenzione altrove.

"E tu cosa ne pensi di lui, ragazzo?" Dwalin chiese Fili, che teneva il broncio a Frerin ora.

"È simpatico," disse Fili con fermezza, rinunciando a salire sul bancone, invece corse ad abbracciare la gamba di Thorin - era astuto nonostante la sua età, e sapeva perfettamente che sebbene suo zio Frerin lo prendeva in giro finché il labbro inferiore non cominciava a tremolare, zio Thorin si arrendeva quasi subito a qualunque richiesta (tra qualche anno avrebbe scoperto che quando si trattava di compiti e allenamenti sportivi, sarebbe stato Frerin a cedere mentre Thorin lo avrebbe guardato torvamente finché non avesse finito tutto.)

"Mi piace," continuò, alzando le braccia. Con un sospiro Thorin si piegò per tirarlo su, depositandolo di fianco al registratore di cassa. "Ha detto che si sarebbe preso cura del mio fiore," confidò a suo zio felicemente.

Thorin si strofinò la fronte.

"Che fiore, Fili?"

Fili fece un gran sorriso raggiante, con qualche dente mancante.

"Gli ho preso un fiore."

Thorin spinse via i capelli biondi arruffati dalla faccia del nipote con il palmo della mano.

"È molto carino da parte tua."

Fiori, pensò Thorin. Erano un paio di settimane che non portava fiori a Bilbo; l'ultimo mazzo era appassito da tempo, e sebbene sapesse che Bilbo preferiva il cibo, decise di portagli altri fiori insieme alla cheesecake che gli aveva promesso (a questo punto del recupero di Bilbo, non era troppo convinto che il contrabbando di cibo fosse ancora necessario, ma non voleva rischiare).

Abbassò lo sguardo sui disegni dell'anello, e scosse la testa.

Lo schizzò velocemente un'altra volta, ignorando i motivi geometrici che preferiva normalmente, la matita tracciava rapidamente foglie e petali, le linee curve di steli e viticci.

Dwalin si tirò su in piedi, Kili ancora in braccio, e si avvicinò a guardare da sopra la spalla di Thorin.

Scrutò Thorin, prima di sbuffare una risata silenziosa e scuotere la testa.

Fiori, pensò. Da quand'è che Thorin pensa così dannatamente tanto ai fiori?

Incrociò lo sguardo di Vivi, e lei fece una smorfia.

Scemo, sembrava dicesse, è completamente andato.
 

..Continua.

Note della Traduttrice - reprise
Ed eccoli qui, i Durin xD Sono una massa di impiccioni, povero Thorin x)
Alla prossima!

- Kuro
 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Note della Traduttrice
Wow, pubblico presto stasera! Mi dispiace di non aver risposto ai commenti sugli scorsi capitoli >w<
Con questo capitolo ci avviamo alla seconda parte della storia *^*
Enjoy ♥


Capitolo 21
 

"Sai," disse Bofur a Bilbo, in piedi senza supporti tra le sbarre d'acciaio. "Penso sia quasi ora che mi riprenda quelle stampelle."

Bilbo sorrise, ed fu un sorriso largo e felice. "Fantastico, anche se mi dispiace non poter farci un falò. Penso che sarebbe stato molto soddisfacente, sai?"

Bofur rise.

"Ne sono sicuro ragazzo mio, ma sfortunatamente sono di proprietà dell'ospedale, c'è qualche altra anima che le userà dopo di te."

Bilbo fece una smorfia. "Si, si."

Agitò la mano, sorridendo ancora, ma il movimento lo fece oscillare leggermente, e dovette aggrapparsi di nuovo alla ringhiera con una mano per stabilizzarsi. Gli ci volle un momento per raddrizzarsi, e dovette spostare un po' i piedi per riprendere l'equilibrio.

Sorrise imbarazzato a Bofur, che roteò gli occhi.

"Non essere troppo sicuro di te, eh? Non ti sto dicendo che sei completamente a posto, amico, quindi non provare a correre maratone." 

Bilbo annuì con una smorfia.

"Non penso che te ne debba preoccupare, Bofur."

Il suo fisioterapista gli rivolse un ampio, caldo sorriso.

"Devi ancora assicurarti di riposarti molto, e non stancarti troppo - non farti male. Ti raccomanderei di prendere un bastone per aiutarti-"

"Un bastone?" disse Bilbo, incredulo. "Porco cane. Sei sicuro?"

Bofur annuì.

"Non sarà per sempre, ma ti sarà d'aiuto quando ti si indolenziscono le gambe - ed è quello o un deambulatore."

Bilbo rise. "Va bene, va bene, se insisti."

"E una volta che ti dimettono ti voglio comunque qui due volte a settimana per le sessioni di fisioterapia, ok?"

Bilbo annuì di nuovo.

"Ma certo. Andiamo Bofur, come se ti abbandonassi. Pensa a quanto ti mancherò quando me ne vado."

Bofur continuò ad elencare le varie cose, contandole sulle dita.

"I bagni aiuteranno con la tensione muscolare, e ti prescriverò degli antidolorifici, anche se dovresti prenderli solo quando le cose vanno davvero male, non regolarmente. E malgrado quello che ho detto, ti manderemo a casa con le stampelle comunque - quella era una battuta: non esitare ad usarle, invece del bastone, se hai una brutta giornata - e avrai brutte giornate. Non posso prometterti il contrario."

Bilbo annuì, mordendosi il labbro.

"Andiamo Bofur, non mi hanno ancora dimesso, calmati. Hai ancora un po' per prenderti cura di me, non preoccuparti.

Bofur sorrise e scrollò le spalle

"Vedremo, ragazzo. E comunque - mi mancherai, quando te ne sarai andato. Mi sono abituato ad averti in giro."

Non era molto da lui, ma quando uscì dallo spazio tra i supporti gettò un braccio intorno alle spalle di Bofur, abbracciandolo velocemente.

"Grazie" mormorò contro il cotone inamidato della sua uniforme. "Lo apprezzo."

"Hey," rispose Bofur, ricambiando l'abbraccio. "Di niente. E hei, quando stai meglio, mi puoi offrire una pinta, va bene?"

Bilbo rise, allontanandosi.

"Affare fatto."

La sessione di Bilbo era finita per quel giorno, e ritornò alla sua stanza sulle stampelle, sorridendo e salutando gli infermieri e i dottori che incrociava sulla strada - una volta Thorin aveva scherzato che sembrava avesse fatto amicizia con l'intero staff e metà dei pazienti dell'ospedale da quando si era svegliato.

Quando rientrò in camera, trovò Gandalf seduto sul letto - la camera che se tutto andava bene non sarebbe stata sua per ancora a lungo. L'uomo anziano aveva un paio di occhiali a mezzaluna poggiati sulla punta del naso lungo, e sfogliava pigramente una spessa pila di fogli, annotati qui e là con post-it colorati. Bilbo li scrutò sospettosamente entrando; la cosa non gli piaceva per niente.  

"Cosa vuoi?" disse, il tono scorbutico ma il sorriso che aveva in faccia tradiva il fatto che non era davvero infastidito.

Gandalf gli rivolse un sorrisetto complice.

"Tutto si muove, mio caro ragazzo," disse, "Ci stiamo arrivando, lentamente ma sicuramente."

Bilbo annuì, sedendosi sul letto.

"Molto bene," disse, "qual è il piano allora?"

Gandalf alzò le spalle.

"Una volta che l'avvocato si è assicurato che tutto è in ordine potremo procedere; per prima cosa dovrà avere la conferma dai tuoi medici che la tua competenza legale può essere ri-dichiarata, poi potranno mandare un preavviso a tuo cugino per farlo andare via. Il fatto che non dobbiamo provare la sua intenzione velocizzerà le cose - si sono già trasferiti, dopo tutto."

Bilbo appoggiò le stampelle al comodino, sorridendo al mazzo di crisantemi che era apparso durante l'ultima visita di Thorin, solo tre giorni prima, insieme ad un'apprezzata cheesecake.

"Eccellente," disse, e sorrise grato a Gandalf. "Apprezzo molto che tu stia facendo questo per me, sai. Se non fosse stato per te penso che mi sarei semplicemente arreso, e non avrei provato affatto a riprendermi Bag End."

Gandalf gli sorrise, un'espressione affettuosa e genuina.

"Non c'è niente per cui tu mi debba ringraziare, ragazzo," disse, mettendo le carte sul tavolo. Aprì le mani sopra di esse, accarezzando le righe di testo con le dita.

La sua voce, quando parlò di nuovo, era bassa e quasi triste.

"Mi sento un po' in colpa, caro Bilbo, per non essermi preso cura di tua madre meglio quando tuo padre se ne è andato - è stato un duro colpo per lei dopo tutto, e temo di non essere stato lì per lei come avrei dovuto."

Bilbo gli diede un lieve colpetto sul braccio.

"Non essere sciocco, vecchio amico," rispose, "non ce ne è bisogno. Ma dimmi - quanto pensi ci vorrà per il tutto?"

"Oh," disse Gandalf, "quattro settimane circa? Tre se siamo fortunati, cinque o sei se non lo siamo? Vedremo. È sempre un tirare ad indovinare con questo tipo di cose."

Bilbo annuì pigramente.

"Mi sembra buono," rispose. "Ora, mostrami dove devo firmare."

-------------------------------------

"Ho delle notizie per te," disse Beorn, mettendo il vassoio della cena di Bilbo sul tavolo. "Buone notizie, quindi preparati."

Bilbo sospirò, rimestando le carte che stava provando a leggere da un'ora o circa; erano formulate in modo complicato ed era estenuantemente doloroso scorrerle, ma suo padre gli aveva sempre insegnato a leggere le clausole scritte in piccolo, e così avrebbe fatto, anche se gli stava facendo venire un dannato mal di testa.

"Vai avanti allora," disse, combattendo per non sbadigliare, "dimmi tutto."

Beorn gli passò un tovagliolo, e Bilbo non potè trattenersi dal sorridere; era certo che non c'era ragione perché Beorn dovesse prendersi cura di lui quanto faceva, o preoccuparsi come una nonna - ma nonostante le sue proteste, Beorn continuava a farlo.

"Va bene, va bene!" rise quando Beorn continuò a guardare in malo modo le carte tra le se mani. "Le metto via. Ora, me lo dici?"

Beorn annuì.

"I risultati della tua TAC sono arrivati," disse, raddrizzando le spalle ampie. "Tutto va bene. Nessun rigonfiamento al cervello, nulla di male da riportare. I medici sono deliziati."

"Bene," disse Bilbo, sorridendo. "Sono contento di sentirlo."

"Infatti, piccoletto," disse Beorn. "I medici hanno detto che ti possiamo dimettere venerdì, salvo cambiamenti improvvisi nella tua situazione: potrai andare a casa tra quattro giorni. Bella notizia, eh?"

Bilbo annuì, e il suo sorriso vacillò leggermente.

"Uhuh," rispose. "È… una grande notizia."

 -------------------------------------

Fu più tardi nella giornata che Thorin passò ritornando dal lavoro (anche se il fatto che l'ospedale non era sulla strada per casa sua era una cosa che non aveva intenzione di ammettere). Non doveva rimanere a lungo - voleva solo lasciare il caricatore del lettore mp3, perché nella fretta di prendere le sue cose da casa sua Bilbo si era dimenticato il suo - ma quando arrivò trovò un Bilbo profondamente abbattuto.

Si accorse a malapena che Thorin era entrato, facendo un cenno distratto mentre continuava a fissare il muro opposto, come se fosse una finestra su un qualche posto lontano.

"Tutto bene?" chiese Thorin, quando Bilbo gli rivolse un sorriso tirato.

Bilbo fece una smorfia.

"Abbastanza bene," rispose, e Thorin alzò le sopracciglia, aspettando che Bilbo elaborasse. Ma l'altro riprese a fissare il muro, la testa poggiata sulle braccia incrociate sulle gambe piegate, seduto sulle lenzuola.

"Mmhmm," disse Thorin, mettendo il caricatore sul comodino e osservando cautamente Bilbo con la coda dell'occhio. Il verso poteva essere stato neutrale, ma era una domanda silenziosa, un tono che cercava di guidare Bilbo fuori dal guscio.

Bilbo sospirò, appoggiando la testa alla testiera del letto.

"Mi dimettono venerdì," disse.

Thorin spalancò la bocca, sorpreso, prima di annuire.

"Bene," disse, ma si accorse che Bilbo non era troppo felice. "Giusto?"

Bilbo annuì, scrollando le spalle.

"Intendo, non capirmi male, sarà bello uscire da qui - e avere tempo per me, via dagli infermieri, non essere più in ospedale. Ma… beh." Sospirò, e rimescolò le carte davanti a lui. Non c'era nient'altro che poteva farci - erano solo copie, Gandalf aveva gli originali - ma non poteva impedirsi di sfogliarle ossessivamente.

Thorin annuì.

"Ma non hai indietro la tua casa, vero?"

"Esattamente."

Thorin sospirò, e incrociò le braccia.

"Hai intenzione di tornarci, prima di liberarti di loro?"

Bilbo scosse la testa. Aveva considerato ritrasferirsi a Bag End, limitarsi a rinfilarsi nella sua vita e evitare Otho e Lobelia per quanto fosse fisicamente possibile, ma alla fine aveva deciso che non ne valeva la pena. Era casa sua, e non voleva ritornarvi e sentirsi a disagio, fuori posto e arrabbiato, mentre era ancora in convalescenza; disse questo a Thorin, che aggrottò profondamente la fronte.

"Cos'hai intenzione di fare, allora? Hai altri familiari da cui stare?"

Bilbo scosse di nuovo la testa, sorridendo mestamente.

"Non proprio, non che vivono abbastanza vicino all'ospedale - devo continuare a tornare spesso per la fisioterapia, quindi non posso andare troppo lontano. Ho un altro cugino che potrebbe essere disponibile, ma sua moglie sta per andare in travaglio e non voglio stargli tra i piedi con tutto lo stress. Starò in hotel per un po'."

Thorin si schiarì la gola.

"Beh-"

Bilbo sorrise, gli occhi arricciati agli angoli, pensando che Thorin stesse per protestare l'asserzione implicita che lui fosse un peso, oppure contestare che Bilbo aveva bisogno di un piano più sensato a pochi giorni dalla dimissione.

"Non preoccuparti, and-"

"Perché non vieni a stare da me?"

Bilbo lo fissò. Thorin si scoprì incapace di guardare da qualsiasi altra parte, e ricambiò lo sguardo, sebbene non volesse davvero.

"Cosa?" Bilbo disse dopo un po'. "No, intendo, saranno settimane, non puoi-"

Thorin alzò le spalle. Si raddrizzò, determinato a portare a termine la sua offerta ora che l'aveva fatta, combattendo l'imbarazzo quando si rese conto che aveva appena proposto di lasciare che Bilbo vivesse con lui, senza pensarci troppo, senza averlo neanche considerato prima.

Se Bilbo fosse stato solo un amico non sarebbe sembrato così strano; ma Bilbo era ancora un amico, anche se provava anche qualcosa di più per lui, e non poteva in tutta coscienza lasciarlo a rintanarsi in qualche hotel mentre aspettava che i problemi con la sua casa si fossero sistemati.

"Cosa, e tu puoi passare settimane a vivere in hotel?"

Bilbo fece una smorfia.

"Ok forse no, ma comunque… ci potrebbero volere anche sei settimane, non posso chiederti di farlo-"

"Non lo stai facendo, sto offrendo io."

Bilbo era corrucciato, e Thorin sospirò.

"Guarda, ho una stanza in più e un appartamento al piano terra, cucino di merda ma sono relativamente ordinato, la mia famiglia probabilmente ti tormenterà fino alla morte, ma non sono i tipi da provare a scassinare il tuo studio e rubare la tua roba, quindi è un punto a favore per loro - e se Frerin ti scoccia, hai il mio permesso di tirargli un piatto."

Bilbo sorrise, e colse il baluginio di emozioni trattenute attentamente nell'espressione di Thorin; fu solo allora che capì quanto costasse a quell'uomo fare quell'offerta - non era il tipo da proporre cose del genere con leggerezza, e non era nemmeno una cosa facile da fare per lui. Osservò il pomo d'Adamo di Thorin fare su e giù mentre deglutiva, e si ritrovò ad annuire involontariamente.

"Va bene," disse a bassa voce, ulteriori proteste dimenticate. "Se sei davvero sicuro?"

Thorin annuì, e poi quel lieve sorriso ritornò, per un momento.

Bilbo si chiese, per mezzo secondo, se avrebbe finito per pentirsene.

..Continua.

Note della Traduttrice - reprise
OhOhOh
Scappo a fare i compiti ora x)
Alla prossima!

- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Note della Traduttrice
Ciao gente, come state?
Piatto del giorno: Durins, Bilbo, e backstory tutti in un solo capitolo! 8D
Prima di lasciarvi al capitolo, volevo dirvi che domenica prossima sarò fuori fino a tardi e dubito che riuscirò a postare, se riesco faccio lunedì, sennò slitta direttamente a domenica 21, scusatemi >_< Enjoy ♥


Capitolo 22
 

"Dis, mi servono per un po' la copia delle chiave del mio appartamento."

Dis annuì distrattamente, mescolando lentamente la pentola sui fornelli, la fronte aggrottata. Thorin scelse una mela dalla ciotola sul ripiano della colazione e le diede un morso, masticando piano mentre aspettava che sua sorella rispondesse.

"Certo," disse lei dopo un momento, distratta, tamburellando il lato della pentola con il cucchiaio di legno "Perché, ti sei chiuso fuori?"

Thorin scosse la testa, continuando a masticare, e Dis lo squadrò con la coda dell'occhio. Afferrò il pepe, macinandolo nella salsa, e prese un assaggio; fece una smorfia acida, e tamburellò le unghie sul ripiano del bancone.

"Il vino," Vivi le disse da dietro il giornale, appoggiata al tavolo della colazione con al fianco un rosso bicchiere di whisky, "Hai dimenticato il vino, cara."

Dis rise, la voce allegra nella stanza ariosa; la luce serale splendeva attraverso le ampie ad abbaino della cucina - all'altro lato della stanza Fili era raggomitolato sul vecchio divano, un libro illustrato aperto sulle ginocchia, mentre Kili sonnecchiava al piano di sopra. Thorin si appoggiò al bancone, sfiorando con la spalla il giornale di Vivi; lei si tirò leggermente di lato, ma non prima avergli dato un colpetto sull'orecchio.

"Il vino, certo," disse, prendendo la bottiglia. "C'è sempre qualcosa. Comunque, Thorin, perché ti serve la chiave di riserva?"

Lui scrollò le spalle, ingoiando un altro boccone della mela.

"Mi servono per qualche settimana," disse vagamente, non volendo elaborare, e ovviamente quello fu uno sbaglio; catturò l'attenzione di Dis meglio di quanto una mezza-verità disinvolta avrebbe fatto, e Thorin si ritrasse sotto la forza del suo sguardo. "Ospito un amico per un po', è tutto."

Dis continuò a fissarlo.

"Tu non hai amici."

Vivi non fece commenti, ma il tremore del giornale che le copriva il viso era un chiaro segnale che tradiva la sua risata silenziosa.

Thorin resistette all'impulso di ribattere in modo infantile; aveva parecchi amici, e non aveva bisogno di discutere con sua sorella per provarlo.

"Divertente," rispose invece, l'espressione dura, "posso avere la chiave o no?"

Dis roteò gli occhi.

"Oh, ve bene, guastafeste," rispose, aprendo un cassetto per rovistarci dentro. Tirò fuori varie chiavi, e le scorse tra le mani per un po' prima di passarne una a Thorin. "Rimani a cena, comunque? Ce ne è abbastanza per tutti."

Thorin scosse la testa. "grazie, ma devo fare delle cose."

"Quindi quale amico è?"

La bocca di Thorin si aprì un po', per poi richiudersi. Dis lo scrutò.

"Ha qualcosa a che fare con i problemi che hai detto stava avendo il tuo uomo dell'ospedale?"

Vivi, Thorin non potè fare a meno di notare, stava sbirciando da sopra il giornale ora. Si strofinò la nuca, imbarazzato.

"Ti prego non dirmi che gli hai chiesto di trasferirsi da te. Cioè, sono certa sembrasse romantico nella tua testa ma non pensi di stare affrettando un po' le cos-"

"Non gli ho chiesto di venire a vivere con me," la interruppe Thorin, "Solo di stare, per qualche settimana. Non può ritornare a casa sua perché… beh, non può e basta, e voleva rimanere in hotel-"

"Sembra orribile," Vivi si intromise, e Thorin annuì.

"Beh," disse Dis," non è esattamente un inizio convenzionale per una relazione, ma non è che vi siate incontrati in circostanze normali in ogni caso."

Thorin si infilò le chiavi in tasca, e si stiracchiò.

"Non abbiamo una relazione," disse loro, che si scambiarono uno sguardo poco convinto.

"Se ne sei sicuro," disse Vivi. "Quando lo dimettono?"

"Venerdì."

"Perfetto," esclamò Dis, unendo le mani mentre il timer del forno scattò. "Allora potrà venire a cena venerdì sera, no? Non discutere - gli farà bene un pasto casalingo, e il take-away non conta."

Thorin fece una smorfia, ma non poteva esattamente contestare.

"Va bene," disse infine. "Solo… cercate di comportarvi bene?"

Dis fece un gran sorriso.

Thorin non si sentì rassicurato.

---------------------------------

Bilbo venne dimesso nel tardo pomeriggio, e aveva insistito che non c'era bisogno che Thori lo andasse a prendere, che stava già facendo abbastanza per li e non doveva fargli anche da autista. A Thorin, in tutta sincerità, non sarebbe dispiaciuto guidare fino all'ospedale - avrebbe preferito quello piuttosto che starsene seduto lì, sentendosi a disagio ed impaziente mentre aspettava che il taxi comparisse fuori.

Dis era passata all'appartamento il giorno prima, solo per essere delusa; era arrivata con l'intenzione di pulire e riordinare, per scoprire che Thorin lo aveva già fatto - ma si consolò con la possibilità di rifornire il frigorifero.

"Non sapevo nemmeno che avessi un set di lenzuola di riserva," disse, appoggiandosi sull'uscio della seconda camera da letto - una che non era mai stata usata nei sette anni in cui aveva abitato lì.

"Ho una seconda camera da letto, è ovvio che abbia le sue coperte."

Dis sorrise, e lo prese sottobraccio.

"Non ne sarei così sicura. Ti ricordo che ti ci sono voluti quattro mesi per montare una cucina. Per tutto quel tempo hai avuto solo il frigorifero."

Thorin scrollò le spalle.

"La prima volta da quando avevo diciannove anni che non dovevo cucinare per nessuno, è stato un dannato sollievo vivere di panini."

"Bugiardo, sei venuto da noi ogni giorno per il primo mese per assicurarti che stavamo bene."

Dis gli strinse il braccio leggermente, e Thorin ricambiò dandole un lieve colpetto con il gomito.

"Mi mancava la casa, non voi."

Lei sbuffò e gli premette velocemente un bacio sulla guancia, prima di tirarsi via.

"Ci vediamo alle sette, ok?"

Thorin annuì e lei se ne andò.

---------------------------------

Era un appartamento di buone dimensioni, anche se non troppo grande: un soggiorno spazioso collegava ad una cucina più piccola, le pareti di entrambi dipinte in grigio e crema, calde nella luce del sole che entrava dalle finestre. Quando aveva detto "appartamento" Bilbo si era immaginato qualcosa di moderno, ed era stato felice di scoprire che invece era il piano terra di una casa vittoriana riconvertita, con caminetti aperti e soffitti e finestre alti.

I pavimenti erano di legno, segnato e scheggiato ma lucidato fino a splendere, e lunghe tende blu scuro coprivano ogni finestra fino al pavimento, senza dubbio rendendo il posto intimo una volta che venivano tirate di notte.

Thorin lo condusse con calma in giro per l'appartamento: i divani erano dimessi e il tavolino da caffè segnato dai cerchi di migliaia di tazze, ma le sue librerie erano organizzate meticolosamente. Ogni sedia intorno al tavolo nella nicchia della cucina era diversa dall'altra, ma era pulito, e c'erano grosse stampe alle pareti, scelte con cura.

Non era né spartano né ingombro, ma semplicemente ben vissuto, chiaramente qualcosa di più di un semplice posto per dormire la notte. C'era una seconda nicchia nel soggiorno nella quale era infilata una enorme scrivania, con molteplici cassetti e una grande lente d'ingrandimento montata su un piedistallo. Quando Bilbo la vide inclinò la testa, confuso, e Thorin si limitò a scrollare le spalle.

"Tavolo da gioielliere," rispose, e non aggiunse altro, ma c'era una nota d'orgoglio nella sua voce.

C'era qualcosa di più sicuro in Thorin qui, qualcosa nel suo portamento o nella linea delle sue spalle che lo faceva sembrare più alto, più fiero. No, forse sicuro era la parola sbagliata, pensò Bilbo, perché non quella era una cosa che non gli mancava mai.

A casa propria Thorin sembrava essere più a suo agio, meno in guardia.

Forse era vero quello che dicevano, che la casa di un inglese è davvero il suo castello.

Bilbo si ritrovò a osservare Thorin con la coda dell'occhio, cercando di non deglutire alla vista.

Diede solo un'occhiata veloce alla camera di Thorin prima di andare oltre, ma sembrava simile a qualunque altra. Il bagno era sorprendentemente moderno, con una grande vasca infossata e una doccia a cabina separata con molteplici getti che Bilbo a dirla tutta non vedeva l'ora di provare; l'altra camera da letto era dipinta di un blu pallido, ed era piuttosto piccola ma perfettamente funzionale, soprattutto dato il fatto che Bilbo non aveva molta roba.

Thorin mise il suo borsone sulla cassettiera, ma Bilbo rifiutò la sua offerta di disfare i bagagli; l'avrebbe fatto lui poi, a suo tempo.

"Sei sicuro che vada bene che io vada a cena con la tua famiglia?" chiese Bilbo, mentre ritornavano in soggiorno, e Thorin gli rivolse uno sguardo sorpreso da oltre la spalla.

"Hanno chiesto loro," disse. "Dovrei essere io a chiederti se sei sicuro. Vuoi qualcosa?"

"Del tè sarebbe fantastico," rispose Bilbo, "Ma non preoccuparti, lo faccio io."

Thorin lo seguì comunque in cucina, indugiando mentre Bilbo riempiva il bollitore e cercava il barattolo con le bustine. La credenza con le tazze era proprio sopra di lui, e mentre Thorin si allungava a prenderne un paio si ritrovò a posare la mano sulla schiena di Bilbo per bilanciarsi, senza neanche pensarci - fu solo mentre le metteva giù perché Bilbo ci mettesse le bustine dentro che se ne accorse.

Bilbo premette leggermente contro il suo tocco, e Thorin si ritrovò incapace di muoversi.

E poi, improvvisamente, fece un passo avanti.

Bilbo sospirò, e fu un suono lieve e basso.

Thorin non stava esattamente dietro di lui, così solo una parte del suo petto fu premuta contro la schiena di Bilbo, ma quella linea di calore fu abbastanza per farli ammutolire entrambi. Thorin osservò, da sopra la spalla di Bilbo, mentre faceva il tè, con un moto di strana soddisfazione per il fatto che lui già sapesse come farlo nel modo che piaceva a lui - due zollette di zucchero e molto latte.

"È carino il tuo giardino," disse piano Bilbo, la tazza tenuta in entrambe le mani.

"Mmhmm." Rispose Thorin.

Chiamarlo giardino era forse un'esagerazione per il quadrato d'erba che ogni tanto si ricordava di tagliare, ma non gli andava di discutere sull'argomento. Aveva dato solo un'occhiata al giardino di Bilbo dalla finestra della sala, e sapeva che il suo non era nulla rispetto a quello.

Non spostò la mano dalla vita di Bilbo, né il torso, anche se voleva intensamente avvicinarsi ancora di più e avvolgerlo completamente tra le braccia; si limitò ad allungare l'altra mano intorno a lui per prendere la sua tazza, e rimasero lì in silenzio mentre bevevano. Dopo un po' però Thorin si ritrasse, mise la tazza nel lavandino, e andò verso il salotto;

 lanciò un'occhiata a Bilbo da sopra la spalla sulla porta, invitandolo a seguirlo con un piccolo accenno di sorriso .

"Quindi, c'è altro che dovrei sapere sulla tua famiglia?" chiese Bilbo, seguendolo. "A parte quello che mi hai già detto?"

Thorin scosse la testa.

"Sono invadenti e caciaroni e una spina nel fianco."

"E tu li adori," disse Bilbo, sorridendo ancora di più quando Thorin grugnì qualcosa di indefinito. "Dove vivono?"

"La strada adiacente," disse Thorin, "Dove siamo cresciuti."

Bilbo annuì, e indugiò goffamente per un momento prima di affondare nella poltrona. "Quindi tua sorella, sua moglie e i bambini vivono nella vostra casa di famiglia?"

Thorin confermò con un leggero suono.

"Glie l'ho passata come regalo di matrimonio."

Bilbo esclamo, sorpreso. "Cosa?"

Thorin si sedette, un po' rigidamente, sul divano, scrollando le spalle. "Mi sono occupato dell'ipoteca quando sono morti i miei genitori - non ne rimaneva molta da pagare, e la mia eredità la copriva tutta a parte qualche migliaio di sterline. Abbiamo vissuto lì per altri dieci anni o quasi, finché Frerin e Dis se ne sono andati entrambi, una volta presa la laurea, e io ho avviato la mia attività.

Era strano, pensò Bilbo; aveva già sentito parte di questa storia, spezzettata qui e lì, ma c'era qualcosa di piacevole nell'ascoltare Thorin parlare di sé stesso, anche se ripeteva alcune cose. Aveva sul viso un mezzo sorriso rassicurato mentre parlava della sua famiglia, le spalle rilassate: sembrava più sereno delle altre volte in cui aveva parlato di loro.

"Quanti anni aveva lei quando si è sposata?"

Thorin sorrise, un po' amaramente.

"Ventitrè. Le dissi che era troppo giovane e stava facendo uno sbaglio. Mi ha mandato al diavolo."

"E lo era?"

Thorin scosse la testa.

"Probabilmente è stata la migliore idea che abbia mai avuto. A parte avere Fili e Kili, ovviamente."

"Quindi perché le hai dato la casa?"

Thorin si appoggiò allo schienale del divano, e osservò il soffitto pensieroso.

"Era troppo grande per me, ero nervoso lì dentro. È una casa di famiglia. Ha bisogno di una famiglia. E Dis e Vivi avevano sempre avuto l'intenzione di avere dei bambini - non sarei sopreso se ne avessero altri, in futuro."

Bilbo annuì. "E Frerin?"

Thorin alzò le spalle.

"Frerin ha avuto la cartella degli investimenti di mio padre. È intelligente, ha studiato Economia e Politica all'università, ha fatto un gran colpo in borsa con quelli. Non gli importa della casa - in ogni caso, finiamo tutti lì almeno una volta a settimana, per cena o per badare ai bambini. E Frerin è stato lì dopo l'aggressione - eravamo tutti un po' iperprotettivi allora."

"Sconcertante," disse Bilbo, rivolgendo un sorriso scherzoso a Thorin quando lui gli rispose con uno sguardo poco colpito.

Bilbo tirò su le gambe per incrociarle sulla poltrona enorme.

"E cosa hai avuto tu?"

Thorin sbatté le palpebre, confuso.

"Cosa intendi?"

Bilbo sbuffò, e distese di nuovo le gambe, sussultando alla tensione spiacevole. "Beh, tua sorella ha avuto la casa e tuo fratello le azioni; cosa hai avuto tu? A parte un'ipoteca a diciannove anni."

Thorin fece un sorriso strano, distante. Abbassò lo sguardo sulle sue mani, prima di alzare gli occhi su dove Bilbo stava ancora distendendo le gambe. Si spostò ad un capo del divano, e indicò lo spazio con un cenno del capo.

"Ho avuto gli anelli dei miei genitori."

"È quello che porti sempre?" chiese Bilbo mentre si alzava e si sistemava sul divano, sul lato opposto rispetto a Thorin, mettendo i piedi sui cuscini; non era abbastanza lungo, così le sue ginocchia erano ancora piegate, le caviglie premute nel camoscio grigio-viola scuro.

Thorin fu sorpreso, e alzò le sopracciglia; non si era accorto che Bilbo avesse notato il pesante anello che indossava. Annuì, esitante.

"C'erano quattro anelli, in origine; l'anello col sigillo di mio padre, l'anello di fidanzamento di mia madre, e le loro fedi.

Trasformare vecchi gioielli in nuovi è una specialità della mia attività - questi sono stati i primi che ho fatto."
"Dove sono tutti ora?"

Thorin accarezzò l'anello con le dita, prima di sfilarselo con esitazione e passarlo a Bilbo. Lo depose, caldo e pesante, sul palmo della sua mano; Bilbo se lo rigirò, guardandolo attentamente. Sia sul lato interno che su quello esterno c'erano delle incisioni, i bordi allisciati dal tempo.

"Ne ho fatto uno per ognuno di noi; il diamante dall'anello di fidanzamento è andato a Dis, e lei l'ha usato per chiedere a Vivi di sposarla. Frerin ha l'emblema dall'anello col sigillo, e io ho le incisioni delle fedi."

Bilbo scosse la testa lentamente; la cosa che Thorin aveva avuto per sé stesso, e aveva finito per dividerla comunque.

"È bellissimo," disse, rigirandoselo tra le mani. "Davvero."

Alzò lo sguardo, in tempo per cogliere uno sprazzo di compiacimento, nascosto velocemente sotto un'espressione neutrale.

"Se… se non ti spiace, mi mostreresti le altre cose che hai fatto? Vorrei vederle."

Thorin sorrise.

"Mi piacerebbe," rispose, "moltissimo."

Bilbo gli ridiede l'anello, e si strofinò la coscia, a disagio. Thorin lo guardò per un momento prima di sbuffare, e si tirò i piedi di Bilbo in grembo, così che potesse allungare completamente le gambe.

"Grazie," disse Bilbo, imbarazzato.

Thorin si limitò ad annuire, infilandosi di nuovo l'anello al dito, osservando il modo in cui rifletteva la luce del sole.

Dopo poco la tensione negli occhi di Bilbo si alleviò, e si rilassò, sospirando silenziosamene.

"Dovremmo andare," disse Thorin piano. "Se stai bene?"

Bilbo annuì, riportando i piedi sul pavimento e sollevandosi in piedi .

"Solo…" Thorin fece una pausa, alzandosi a sua volta, l'espressione accigliata. "Mi dispiace, in anticipo, per la mia famiglia, va bene?"
 

..Continua.

Note della Traduttrice - reprise

Voglio provarla anch'io la doccia super tecnologica di Thorin, preferibilmente con lui dentro *coff*
Nella prossima puntata, Durin all'attacco!
Alla prossima!

- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Note della Traduttrice
Salve ragazze! Posto piuttosto tardi oggi, mi dispiace ;v; e volevo tradurre due capitoli per compensare quello della settimana scorsa, ma alla fine per varie cose non ce l'ho fatta >_< I'm sowwe
Avete visto il film? Che ne pensate?
Buona lettura intanto ♥


Capitolo 23
 

"Buona fortuna," borbottò Thorin a denti stretti mentre girava la chiave nella toppa della porta principale della grande casa indipendente. "Ne avrai bisogno."

Bilbo aprì la bocca per dire qualcosa, qualunque cosa, ma fu investito da un muro di rumore prima di riuscirci; esitò un momento prima di seguire dentro Thorin, scalando i gradini ripidi sostenendosi allo stipite della porta. Era stato sul punto di chiedere a Thorin cosa, di preciso, la sua famiglia conoscesse di lui, o di loro (qualunque cosa, esattamente, fossero persino loro) ma si era trattenuto, incerto di quale risposta volesse. Voleva che Thorin lo avesse presentato come un suo amico? No, perché era piuttosto sicuro che erano più di quello, su certi livelli; allo stesso tempo non avevano davvero fatto o detto nulla che avrebbe implicato il contrario - a parte qualche leggero tocco e momenti nei quali le loro mani si erano unite non c'era nulla nelle loro azioni che poteva essere avere altro significato oltre l'amicizia.

Il pensiero gli fece venire una leggera nausea, anche se non sapeva spiegare perché.

C'era il suono di profonde e sonore risate, il chiacchiericcio di un bambino che parlava a voce alta, le urla di un neonato, oltre ad un sottofondo musicale e il clamore di quello che suonava come un timer da forno che era scattato. Bilbo si fermò nel corridoio, incerto se continuare, ma Thorin si limitò a roteare gli occhi e tirargli leggermente la manica, quasi guidandolo in fondo.

Arrivarono in una lunga cucina luminosa, che occupava l'intera larghezza della casa; Kili era seduto su un seggiolone, strillando a pieni polmoni, e una donna era davanti al lavandino, il rubinetto aperto. Canticchiava insieme alla musica, e si girò quando entrarono loro.

"Oh!" esclamò, "Tu devi essere Bilbo. Mi dispiace, dammi un secondo."

Stava raffreddando una bottiglia sotto il rubinetto, sembrava; tirò su Kili dal seggiolone espertamente, se lo sistemò sul fianco e gli infilò la bottiglia in bocca. Lui si zittì quasi immediatamente, felice del cibo.

Dis - perché non poteva essere altri che Dis - fu una sorpresa per Bilbo. Si era aspettato qualcuno di simile a Thorin, e in un certo modo lei lo era - di certo aveva lo stesso naso dritto e la stessa intensità nello sguardo, la stessa massa folta di capelli - ma il suo viso era inspiegabilmente più morbido, l'espressione aperta e non sprangata, scaltra e non severa. Gli dava una strana sensazione di dislocazione, vedere così tante somiglianze e differenze allo stesso tempo, e Bilbo si limitò a sorridere, un po' imbarazzato.

"E tu devi essere Dis."  

Lei annuì.

"È bello poter finalmente abbinare una faccia al nome."

"Ah, anche t."

Rimasero lì per qualche momento, in un silenzio teso e spiacevole, mentre Dis osservava entrambi attentamente. Dal resto della casa proveniva ancora il suono di risate e chiacchiericcio, e Bilbo si morse la guancia, improvvisamente rendendosi conto che non aveva chiesto a Thorin

chi avrebbe incontrato a cena. Aveva presunto che sarebbero stati solo Dis, Vivi e i ragazzi, e siccome aveva già incontrato tre dei quattro non si era preoccupato troppo: ora cominciava a rendersi conto che potevano esserci altri.

"Thorin," disse Dis dopo un momento. "Volete qualcosa da bere? Vee è nella doccia, è appena tornata dal lavoro, e Dwalin è ancora lì che si lamenta di aver dovuto chiudere lui. Pensaci tu."

Thorin roteò gli occhi, ma lasciò il fianco di Bilbo per andare dall'altro lato della cucina. Accanto ad un lungo divano usurato c'era un armadietto di legno scuro, un po' graffiato, si vedeva che era stato restaurato; era più o meno della stessa altezza del bancone della cucina, ed era coperto da una lastra di vetro tagliato. Si abbassò velocemente per tirarne fuori dei bicchieri.

"C'è del tonno, spero ti piaccia il pesce," disse Dis, piano, e Bilbo distolse lo sguardo da dove Thorin aveva appena tirato fuori una caraffa verde scuro e cinque bicchieri.

"Um, si, mi piace - sarà fantastico dopo mesi di cibo d'ospedale."

Lei annuì, togliendo dalle mani di Kili l'ormai vuota bottiglia e facendolo scivolare sul pavimento.

"Sette bicchieri Thorin, non cinque. Bilbo, ne prendi uno?"

Sette bicchieri, pensò Bilbo, chi diavolo c'è qui?

Thorin sembrò rispecchiare la sua sorpresa, e alzò le sopracciglia, lanciando uno sguardo a sua sorella mentre versava i drink.

"Dis," disse, con aria seccata, "non doveva essere una cosa in grande."

Le sorrise, arruffandosi i capelli mentre prendeva un paio di mango dal figo.

"Non lo è," rispose, proprio mentre Bilbo mormorava "Vuoi una mano?"

"Puoi sbucciare e fare a cubetti questi se ti va," gli disse, e Bilbo sorrise: era infinitamente rilassante quando ti lasciavano aiutare in cucina, invece di stare lì con le mani in mano. Sentì qualcosa tirargli la gamba del pantalone, e abbassò lo sguardo: Kili aveva gattonato verso di lui, e si era tirato su in piedi, tenendosi ai pantaloni di Bilbo sulle gambe tremanti.

Bilbo poteva capirlo.

"Hei, piccoletto," disse mentre Dis gli procurava un coltello e un tagliere. "Guardati - e stai imparando senza fisioterapista. Non male."

Kili gli fece un gran sorriso, l'altro pugno ficcato in bocca, e Thorin ridacchiò dietro di lui. Kili continuò a aggrapparsi a lui mentre Bilbo cominciava a sbucciare, e dopo un momento Dis si scusò e uscì dalla cucina, lasciando loro tre soli con la musica di sottofondo. Bilbo tenne lo sguardo fisso sul frutto.

"Quindi," disse, cercando di tenere il tono leggero e indifferente. "Chi è che incontro oggi?"

La voce di Thorin rispose da molto più vicino di quanto Bilbo non si fosse aspettato; si era avvicinato dietro di lui con un bicchiere in mano, e ne mise un altro sul tavolo vicino a lui.

"Ci siamo noi due," cominciò, e Bilbo sentì uno strano brivido ad quelle parole, come se fossero una coppia, come se fossero insieme, "Dis e Vee, Frerin. Dwalin e Balin-"

"I tuoi cugini, giusto?"

Thorin annuì. "Dwalin e io lavoriamo insieme, e Balin è un consulente matrimoniale."

Bilbo fece cenno di aver capito, passando al secondo mango.

La mano di Thorin si posò sulla sua spalla, per un brevissimo istante, in un silenzioso supporto.

Aveva finito con i mango e stava parlando a Kili per quando Dis e Vivi tornarono, i capelli della bionda umidi intorno alle tempie e con l'aria infinitamente a proprio agio con i pantaloni del pigiama e una canottiera; rivolse a Bilbo un lieve sorriso di scuse, e afferrò un bicchiere dal bancone.

"Non sono formale di venerdì sera."

Bilbo rise, e prese il suo cocktail, ancora intatto; nonostante conoscesse a malapena queste persone, stavano facendo del loro meglio per farlo sentire il benvenuto, senza comportarsi diversamente dal solito. Era stato dolorosamente in ansia quando si era ricordato che quella era la prima volta che socializzava in mesi, e anche se si stava ritrovando un po' ammutolito, era molto più facile di quanto non si fosse aspettato.

Poi un altro uomo apparve sulla porta, appoggiandosi pigramente allo stipite; scrutò Bilbo dalla testa ai piedi, con uno sguardo snervante ma non ostile.

"Ciao," disse, "Tu devi essere Bilbo Baggins."

Se Dis lo aveva confuso, Frerin - perché chi altri poteva essere? - fu anche peggio: i suoi capelli erano più chiari, la mascella più squadrata e il viso meno segnato, ma per il resto somigliava notevolmente a Thorin, anche se i suoi occhi erano di una penetrante sfumatura di verde.  

"Piacere di conoscerti," disse, ma Frerin fu spinto di lato senza troppe cerimonie da un uomo alto più o meno della stessa età - le braccia incrociate sul petto, le maniche corte rivelavano su entrambe le linee spesse di un paio di tatuaggi, che Bilbo non riuscì a distinguere bene. Aveva la testa rasata e le sopracciglia accigliate, ma ogni aria intimidatoria che poteva star cercando di ottenere era piuttosto rovinata dal bambino biondo seduto sulle sue spalle.

"Ciao, Fili." Disse Bilbo, sorridendo al bambino, che nascose le guance arrossate dietro la testa dell'uomo. "E tu devi essere Frerin," disse, facendo un cenno al primo, che ora guardava male l'altro che lo aveva spinto via. "Il che fa di te Dwalin."

Dwalin annuì, e Dis gli passò un cocktail. Il bicchierino, con il colore rosato del contenuto e la guarnizione di menta e cetriolo sembrava fuori posto tra le sue mani, ma lui non ne sembrava affatto turbato.

"E io sono Balin," annunciò una voce irritata da dietro i due. "E se questi idioti si togliessero di mezzo, potrei salutarti come si deve."

I capelli sale-e-pepe di Balin andavano più verso il bianco, sembrava, ma il viso era ancora piuttosto giovanile ; si appoggiò al muro e sorrise a Bilbo.

"Quindi tu sei quello che Thorin visitava." Disse, lo sguardo caldo.

"Ah, si," disse Bilbo, incerto di dove la cosa stesse andando, ma fortunatamente Fili lo salvò.

"Anch'io sono andato a trovarlo!" si intromise, prima di lanciare uno sguardo giù a Bilbo e arrossire di nuovo. Dwalin prese il bambino dalle sue spalle e lo depositò per terra, e lui sfrecciò da Dis.

"Hai un aspetto decisamente migliore da sveglio," disse Frerin con un gran sorriso, e Dwalin sbuffò.

"È dannatamente inquietante, Frerin."  

L'uomo assunse un'aria affrontata. "Oh, zitto, sa quello che intendo."

"Umm," rispose Bilbo, un po' perso mentre scoppiava il battibecco, i tre e Vivi che si scambiavano rapide battute, lasciandolo incerto di cosa dovesse fare - o se si dovesse inserire affatto. C'era qualcosa di così confortevole nel gruppo, tutti abituati l'uno all'altro, e lui si morse il labbro - forse un tempo avrebbe saputo cosa fare in questo tipo di situazioni, ma sembrava che avrebbe dovuto re-imparare ad essere sociale.

Ci fu una forte zaffata di profumo di agrumi, e Bilbo guardo al suo fianco, dove Thorin aveva afferrato un mandarino dalla ciotola della frutta, ed era occupato a sbucciarlo, apparentemente indifferente al bisticciare del resto della sua famiglia - forse ci era semplicemente abituato. Colse l'occhiata di Bilbo, scrollò le spalle, e gli passò una fetta; Bilbo la prese roteando gli occhi, perdendosi le occhiate che i Durin si lanciarono l'un l'altro.

Non gli sfuggì lo sguardo curioso con cui Balin lo scrutava però, e prese un lungo sorso del suo drink per provare a nascondere l'imbarazzo.

Il cocktail era forte, pompelmo e una buona dose di alcool, la strana dolcezza del cetriolo e della menta appena percepibile, in contrasto con il sapore del mandarino sulla sua lingua. Si spostò, lievemente più vicino a Thorin, senza potersi spiegare il perché.

Fili fece un suono di protesta.

"Perché zio Thorin può avere uno snack prima di cena e io no?"

Thorin assunse un'aria indicibilmente colpevole, e Bilbo si morse il labbro. Frerin colse la sua attenzione, sul punto di ricominciare a prenderli in giro, e le spalle di Bilbo crollarono un po'.

Dis sembrò notare il suo disagio, e si mise fisicamente tra il gruppetto e Bilbo e Thorin, battendo le mani.

"Giusto - Dwalin, piatti; Balin, posate. Mangiamo al tavolo in giardino. Frerin, prendi una brocca d'acqua; Vee, puoi portare fuori il seggiolone? Thorin, prenderesti un succo a Fili, e porti Kili giù?"

Saltarono tutti sull'attenti, e Bilbo non poté non sorridere alla facilità con cui si muovevano tutti l'uno intorno all'altro, a loro agio. Gli era mancato questo, pensò all'improvviso mentre si premeva contro il bancone per non stare tra i piedi; non solo negli ultimi mesi, ma negli ultimi anni. Questo battito di qualcosa che non poteva descrivere in niente di diverso da  famiglia si muoveva intorno a lui, accendendo qualcosa di quasi doloroso nel suo petto.

"Posso fare nulla?" chiese a Dis, piano, e lei sorrise.

"Porta fuori l'insalata, se non ti spiace?"

La cena consisteva in bistecche di tonno scottate, piccole patate novelle bollite e innaffiate di burro, e insalata di piselli; i mango che Bilbo aveva tagliato furono mischiati a chili, coriandolo fresco e cipolla, diventando una salsa stranamente lodevole; il sole era basso ma ancora abbastanza caldo, e rimasero fuori fino a sera inoltrata, Balin fumando sigari con una profonda fragranza e Fili che sbadigliava con frequenza crescente al fianco di Dis. Vivi mise a letto Kili dopo un po', e tornò con dei grossi bicchieri di vino per tutti loro, secco e frizzante.

La coscia di Bilbo premeva contro quella di Thorin sulla panca che prendeva tutta la lunghezza del tavolo, e lui sorrise anche quando il sole calante gli colpì gli occhi.

La conversazione scorreva facilmente, e per il sollievo di Bilbo nessuno gli fece pressione per unirsi, o per dare troppe informazioni su di sé, anche se occasionalmente li aveva colti a rivolgergli lunghe occhiate, e Frerin faceva comunque le sue battute canzonatorie - particolarmente quando Bilbo cominciò a sbadigliare.

Bilbo si era limitato ad alzare gli occhi al cielo - probabilmente non avrebbe dovuto trovare le battute sul coma così divertenti, ma non poteva farci niente. Meglio ridere, immaginò, che pensarci troppo .

Thorin, mentre ritornavano a casa, molto più tardi, sembrò sentirsi un po' in imbarazzo a causa loro però.

"Mi dispiace per mio fratello - è sempre stato così."

Bilbo scrollò le spalle, onestamente non tanto preoccupato. "Andava bene, solo un po'… troppo."

Thorin scosse la testa.

"È sempre stato… troppo. Troppo sicuro di sè. Intelligente, ed è sempre stato bello, anche da bambino."

Bilbo abbassò lo sguardo sulle proprie mani.

"Penso che siate tutti belli, ad essere onesto: siete una famiglia incredibilmente attraente."

Lanciò un sorrisetto a Thorin; voleva provare a sciogliere l'improvviso tono teso, la preoccupazione implicita, ma non aveva proprio il coraggio di uscirsene e dirlo, dire che penso che tu sia attraente, molto attraente, a volte devo fermarmi e ricordarmi di respirare quando mi guardi.

Gli occhi di Thorin si incresparono agli angoli, un lato della bocca si piegò all'insù, e le loro mani si sfiorarono, brevemente.

Bilbo pensò che avesse capito, più o meno.

Non gli ci volle molto per ritornare a casa di Thorin, anche se in un certo senso Bilbo avrebbe voluto metterci più tempo, così che potessero passare più tempo insieme sotto il peso caldo della notte; avrebbero potuto vagare su marciapiedi silenziosi, passare sotto le polle di luce dei lampioni, e dopo un po' Bilbo ne avrebbe avuto abbastanza dell'autocontrollo di Thorin e avrebbe preso la sua mano, magari per tenerla oppure per farla passare attorno alle sue spalle, e stringersi al fianco di Thorin. Avrebbero persino potuto fermarsi, l'uno davanti all'altro; la mano di Thorin si sarebbe avvolta intorno alla sua mascella e lui si sarebbe avvicinato un po' di più e-

"Hey" disse piano Thorin, girandosi nel corridoio per aspettare che Bilbo entrasse. "Tutto bene?"

Bilbo annuì, strofinandosi il naso, chiuse la porta dietro di sé e seguì Thorin per il corridoio, alle loro stanze.

"Altrochè."

Thorin gli sorrise, e Bilbo sentì qualcosa stringersi nel suo petto.

"Beh," disse Thorin, andando verso la sua camera. "Buonanotte."

Bilbo annuì, ma Thorin lo fissava ancora, qualcosa di teso e non detto nel suo sguardo. Le sue dita si mossero contro la porta, come se dovesse fermarsi da allungarle; Bilbo trattenne il respiro, per un momento.

"'notte," rispose, la voce un po' roca.

Thorin aprì la bocca, e si mosse leggermente nella direzione di Bilbo… e poi le sue spalle si afflosciarono, fece un mezzo passo indietro, e il suo sorriso si allargò in qualcosa di caldo e affezionato.

"Dormi bene," disse piano, prima di entrare nella sua stanza e chiudere la porta dietro di sé.

"Si," disse Bilbo al corridoio vuoto, il viso in fiamme.

"Si, anche tu."

..Continua.

Note della Traduttrice - reprise

Quanto capisco Bilbo!
E se non posto nulla prima di Natale, auguri a tutti! ♥ E vi auguro tante ghiande :D
Alla prossima!

- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Note della Traduttrice
Spero che abbiate passato un bel Natale, e che abbiate ricevuto tanti regali. E se non li avete ricevuti, questo capitolo (e l'immagine coordinata che vi linko alla fine) potrebbe contare come uno +___+
The day has come!
Buona lettura ♥


Capitolo 24
 
La prima settimana passò in fretta, il che sorprese Bilbo dato quanto poco aveva da fare. Gandalf gli aveva assicurato di poter fare qualcosa per spingere in avanti il processo per riavere la sua casa, e Bofur lo avrebbe spellato vivo se avesse fatto qualcosa di troppo stancante; non aveva la sua macchina, che era ancora (sperava) nel suo garage, e Thorin era al lavoro tutto il giorno. Ogni tanto chiamava un taxi perché lo portasse all'ospedale, o per andare a trovare amici e parenti, ma altrimenti le sue giornate erano piuttosto vuote; si era forse aspettato di vedere più spesso la famiglia di Thorin, ma si erano tenuti a distanza, anche se non era certo se fosse perché erano occupati o perché Thorin glie lo aveva chiesto.

Si distraeva facendo scorrere le dita sulla spina dei libri di Thorin, prendendone uno da leggere ogni tanto, anche se sembrava sempre abbandonarli dopo qualche capitolo, incapace di concentrarvisi per più a lungo. Bramava il suo giardino, per le lunghe e lente ore passate a potare e rimuovere le erbacce, o seduto nell'erba a strofinare tra le dita i soffici petali vellutati dei fiori.

Thorin, ovviamente, aveva un giardino, ma un inaspettato meteo tempestoso limitava il tempo che vi poteva passare; la pioggia sembrava determinata a cadere con un incessante promessa ogni giorno, mai attenuandosi, e potenti rombi di tuoi lo avevano svegliato nelle prime ore del mattino più di una volta. Il tempo era pesante di un'umidità tesa, le tempeste raffiche frequenti di luce e rumore, come se il cielo stesso stesse aspettando con impazienza un qualche momento particolare.

Si sentiva allo stesso modo anche lui, anche se non riusciva a spiegare esattamente a cosa stesse agognando.

Il peggio era, pensò, che quella era una bugia. Sapeva esattamente quali pensieri gli scorrevano dietro gli occhi quando provava a dormire.

Perché stava provando a fare proprio quello ora; era steso nella stanza buia, ascoltando i tuoni, distanti ma ancora udibili, rimbombare nel cielo notturno. La mezzanotte doveva essere passata da tanto, ma il sonno gli sfuggiva ancora, anche se era a caldo e pieno e a suo agio. Thorin aveva portato a casa cibo tailandese, e avevano mangiato seduti a gambe incrociate sul pavimento del soggiorno, i bozzetti a cui Thorin stava lavorando sparsi sul tavolino davanti a loro. Bilbo non era un esperto, ma c'era qualcosa di rassicurante nel sentire Thorin spiegare ogni scelta, ogni sfaccettatura del design, guardare la sicurezza con cui schizzava la linea di una catenina o la curva di un anello.

Anche se a volte sapeva che finiva più che altro per osservare il viso di Thorin.

Era diventata un'abitudine per loro due, in quest'ultima settimana, allungarsi insieme sul pavimento, a volte parlando, a volte in silenzio mentre Thorin lavorava e Bilbo sfogliava le pagine di un libro. Condividere il divano sembrava una cosa troppo intima, ma non era ancora pronto a sedersi nella poltrona, lontano dall'altro uomo; il pavimento era un compromesso sicuro, pensò, per entrambi; gli permetteva di essere abbastanza vicini da potersi scambiare lievi tocchi senza la vicinanza forzata dal condividere un posto a sedere. 

Era andato a letto prima di Thorin; poteva sentire il lieve scrosciare della doccia, quindi l'altro doveva aver finalmente finito di lavorare per quella sera. Si sentiva stanco e aveva sperato di riuscire a dormire, ma il sonno continuava a sfuggirgli; si girava e rigirava nel letto, ma aveva una sensazione di secchezza e amarezza in bocca, e dopo un po' sospirò e si arrese, alzandosi.

Non si scomodò ad accendere le luci mentre andava in cucina; i lampioni fuori dalla finestra fornivano abbastanza luce perché potesse farsi strada nel salotto e nei corridoi, e perché potesse prendere un bicchiere e riempirlo al lavandino.

L'acqua era fredda, un sollievo per la sua gola secca; prese sorsi lunghi e lenti, gustandosi la sensazione di fresco, e sorrise contro il bordo del bicchiere nella calda umidità.

"Che stai facendo così al buio?"

Bilbo sussultò, e il bicchiere sbatté giù sul ripiano; non aveva sentito avvicinarsi nessuno, perso nei suoi pensieri, e l'improvvisa voce dietro di lui lo aveva preso completamente alla sprovvista; la voce di Thorin era calda e divertita, e decisamente troppo vicina.

Guardò dietro oltre la sua spalla, e dovette rigirarsi quasi immediatamente. Dannazione, alla gente non dovrebbe essere permesso di andare in giro in quel modo.

"Ah, sto solo… prendendo un bicchier d'acqua?"

Si morse il labbro, incerto del perché l'avesse posta come una domanda; certamente era quello che stava facendo, era piuttosto ovvio.  

"Stai bene?" chiese Thorin, e Bilbo lo percepì entrare in cucina, avvicinandosi.

Deglutì. Thorin era già abbastanza una distrazione così com'era, con i suoi mezzi sorrise e la voce profonda, le spalle larghe e i tocchi lievi, senza che se ne andasse in giro con un asciugamano intorno alle spalle e i pantaloni del pigiama allentati bassi sui suoi fianchi; non era in alcun modo giusto per la gente che doveva guardarlo e poi tenere una conversazione responsabile.

Bilbo non sapeva dire se si era mai sentito così combattuto alla vista di un petto maschile prima d'ora. Da una parte, coprilo, dall'altra, ti prego non farlo.

"Ti fa male qualcosa?"

Non nel modo che pensi tu, quasi rispose Bilbo, ma si interruppe, scuotendo la testa, e prese un altro lungo sorso d'acqua per nascondere l'imbarazzo. Osservò una goccia di pioggia rotolare lentamente giù sulla finestra, illuminata dal bagliore dei lampioni.

Si girò, lentamente, sapendo che sarebbe apparso solo più strano se avesse continuato a evitare di guardare il suo ospite, e fu distratto quasi immediatamente, ma non da quello che si aspettava - il suo sguardo fu invece catturato dal torace di Thorin.

"Oh," disse, la voce che gli suonava strana. "Io, uhm. Non sapevo avessi un tatuaggio."

Thorin abbassò lo sguardo per guardarlo, come se fosse sorpreso della sua apparizione, ma poi annuì bruscamente.

"Me lo sono fatto a vent'anni," disse, con una piccola smorfia, forse ironica.

Bilbo annuì.

"Posso… vedere?

Thorin alzò leggermente il braccio destro (e Bilbo fece molta attenzione a non notare come l'azione fece muovere i muscoli sotto la sua pelle) per mostrarlo, e Bilbo inclinò la testa. Si avvolgeva tutt'intorno al suo fianco, spesse linee nere, anche se nell'oscurità della cucina Bilbo non riusciva a distinguere bene cosa fosse, non senza avvicinarsi.

Poteva sentire il respiro di Thorin, vicino e, forse, un po' irregolare.

Bilbo allungò le dita, quasi involontariamente, seguendo le linee spesse coi polpastrelli, sopra i solchi delle sue costole fino in fondo, e Thorin sussultò, ritraendosi dal tocco.

"Solletico," disse, e avrebbe dovuto suonare ridicolo, ma non lo fu; la sua voce era bassa e lieve, quasi roca, e la sua mano si chiuse su quella di Bilbo intorno al suo corpo, premendola sulla sua pelle.

La bocca di Bilbo si aprì in un 'oh' silenzioso, il respiro bloccato in gola.

Riusciva a distinguere a malapena gli occhi di Thorin nell'oscurità, la pioggia che batteva in un ritmo costante contro i vetri delle finestre.

La mano di Thorin scivolò dalla sua, ma Bilbo non si spostò; si sentiva gli occhi pesanti, non per il sonno, mentre il palmo dell'altro si muoveva sul suo braccio, attraverso la linea delle sue spalle, fino al suo collo.

Le sue dita sfiorarono, per un attimo, la sua gola.

E poi si stavano muovendo, Bilbo allungandosi in alto mentre la mano di Thorin premeva nei suoi capelli con forza, quasi da far male, inclinando la sua testa, e poi si baciavano, ferocemente. Non ricordava di aver chiuso gli occhi, e li forzò aperti mentre Thorin prendeva il suo labbro inferiore tra i denti, succhiandolo; lo fissò, per un momento, solo per assicurarsi che era davvero reale.

Poi Thorin produsse un suono basso, qualcosa di vicino ad un gemito, e fu perso.

Non c'era nessun dannato appiglio sulla pelle nuda, pensò quasi disperatamente mentre le sue mani seguivano il contorno del petto di Thorin, nessuna stoffa a cui aggrapparsi per sostenersi, per rallentarsi; tutto ciò che gli rimaneva era il calore frustrante della pelle e il desiderio di esplorarne ogni centimetro anche mentre il bacio di Thorin lo stava distruggendo completamente.

Thorin lo spinse contro il bancone della cucina, e sarebbe inciampato se non fosse stato per il legno contro cui sbatté; le sue mani trovarono la superficie e si sollevò, aiutato da ampie mani sui suoi fianchi. Si separarono, per un lento istante, lo sguardo fisso l'uno sull'altro; Bilbo era leggermente più in alto di Thorin ora, e lo afferrò per le spalle, tirandolo tra le sue gambe per baciarlo di nuovo.

Thorin mormorava contro la sua bocca, la voce spezzata, e Bilbo non riuscì a concentrarsi abbastanza per ascoltarlo davvero - colse solo la fine di un respiro, sorridendo nel bacio.

"- aspettato così dannatamente tanto-"

"Anch'io" riuscì a dire Bilbo, premendo baci leggeri e veloci sulla bocca di Thorin prima che le sue braccia si avvolgessero di nuovo intorno a lui, i loro corpi premuti insieme; le sue mani scivolarono dai capelli di Thorin alla sua gola, dove poteva percepire il fremito del suo battito sotto la pelle.

Voleva avvicinarsi di più, doveva sentire meglio quel battito, si strappò via dal bacio per succhiare la pelle, tirandola leggermente con i denti, incitato dall'improvviso sussulto nel respiro di Thorin; percepiva il tremito del battito del suo cuore contro l'interno del labbro inferiore, e sentì qualcosa di profondo e carnale e meraviglioso cantare nel suo petto.

Le mani di Thorin scivolarono sotto la sua maglietta, scorrendo sulla curva della parte bassa della schiena, massaggiando e premendo contro la pelle, come se potesse avvicinare Bilbo ancora di più; sapeva di star lasciando un segno sula gola di Thorin, ma non riusciva ad importarsene.

Si rese conto di essere lui a sussurrare ora, nella silenziosa oscurità della stanza, anche se non sapeva cosa stesse dicendo.

Lasciò andare la pelle, e il naso di Thorin fu contro la sua guancia, esortandolo ad alzare la testa, e si baciarono ancora, ora più lentamente e profondamente, ma con non meno urgenza. Le mani di Thorin stringevano la maglietta di Bilbo, che faceva scorrere le unghie giù sulla linea della sua schiena, e poi ci fu un grattare di vetro sul ripiano, un improvviso fragore, e Bilbo sentì dell'acqua schizzare sulle sue gambe.

Thorin si irrigidì un momento, prima di ritirarsi dal bacio.

Aveva fatto cadere dal bancone il bicchiere che aveva usato Bilbo, troppo distratto per notare ciò che li circondava; lo fissò con un tale disorientamento, come se non avesse idea da dove fosse spuntato, che Bilbo non poté non ridere.

"Dovrei-"

Thorin scosse la testa, "No, posso…"

I loro sguardi si incrociarono, Bilbo ancora seduto sul bancone, le caviglie ancora chiuse intorno ai fianchi di Thorin, che si strofinò la mascella con il palmo della mano.

"È stato-"

"Inaspettato," terminò Bilbo. "Ma non…"

Non riuscì a finire, non riuscì ad afferrare le parole perché le mani di Thorin erano tornate sotto la sua maglietta, accarezzandogli lievemente la schiena, ma sembrò che l'altro uomo capisse. 

Thorin sorrise, un sorriso piccolo ma sincero, e si avvicinò, posando la fronte contro quella di Bilbo.
 

..Continua.

Note della Traduttrice - reprise

Beh, il capitolo è piuttosto corto, ma... Stappate lo Champagne! CE L'HANNO FATTA
Ed ecco il disegno che feci quando ho letto il capitolo ^u^: ♥ Click me ♥
Alla prossima!

- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Note della Traduttrice
Buon 2015, mie care lettrici! (e lettori, ma ho l'impressione che siamo tutte donneh qui...?) State aumentando sempre di più e ciò mi rende immensamente felice ♥ grazie!
Buona lettura ♥


Capitolo 25
 
"Cosa," chiese Dwalin, "è quello?"

Thorin si trattenne dal coprirsi la gola con la mano, dove sapeva la notte prima fosse apparso un segno piuttosto vivido ed evidente; anche ora poteva percepirne il lieve calore, il leggero bruciore e pizzicore, come se il sangue premesse contro la pelle, un intenso ricordo della notte precedente.

Avrebbe potuto toccarlo; voleva toccarlo, esplorarlo con le dita, premerlo per vedere se avrebbe fatto male; gli avrebbe ricordato che era successo, che non era stato solo un qualche strano sogno vivido, un momento di follia. Si era svegliato quella mattina con un mal di testa accecante e uno strano panico nel petto, una paura irrazionale di non aver mai seguito Bilbo in cucina, di non aver mai sentito la mano di Bilbo sulle sue costole, di non essersi mai stretti sempre più vicini finché non c'era stato più spazio tra loro. Non si era affievolito mentre si faceva la doccia, né mentre beveva tazza dopo tazza di caffè preparandosi per il lavoro - si era solo allentato, sfaldandosi, quando Bilbo era entrato in cucina, sbattendo le palpebre, assonnato.

Si era passato una mano tra i capelli, e aveva alzato lo sguardo su Thorin; doveva aver visto qualcosa nella sua espressione, qualcosa che rivelava il suo timore, perché aveva sorriso e gli aveva preso la mano.

Bilbo aveva fatto scorrere dolcemente il pollice sulle nocche di Thorin, prima di alzarla e posare un piccolo, lieve bacio sul suo palmo.

"Buongiorno," aveva detto, e la mano di Thorin era affondata nei capelli di Bilbo prima che se ne potesse rendere conto, l'altra infilata nel cappio della cintura della vestaglia di Bilbo

"'giorno," aveva risposto Thorin, e non era certo se Bilbo si fosse accorto che era un po' senza fiato.

Non lo aveva baciato, anche se avrebbe voluto; aveva baciato Bilbo nell'oscurità, con solo il bagliore notturno delle luci fuori ad illuminare la stanza. Ora voleva farlo nella luminosità del mattino, nel bagliore dell'alba che filtrava attraverso le finestre; sembrava che la tempesta fosse finalmente passata, allontanandosi nella notte. Voleva aprire gli occhi e vedere le palpebre di porcellana di Bilbo, le leggere tracce blu delle vene; voleva sentire suoni affannati da Bilbo mentre lui si spingeva più vicino, su una melodia di sottofondo creata dal traffico lontano, dalla televisione accesa e dal fischio del bollitore.

Si era trattenuto però, timoroso di far pressione su qualcosa di così nuovo, di cui non avevano discusso, che non si erano spiegati.

Bilbo sembrava non avere queste preoccupazioni però; si era alzato sulle punte e aveva premuto un veloce bacio sulla bocca di Thorin, qualcosa di stranamente familiare nonostante fosse totalmente nuovo. Quando aveva fatto un passo indietro, il suo volto mostrava la sorpresa alle sue stesse azione, come se Bilbo non si fosse reso conto di cosa stesse facendo, e ciò scaldò qualcosa di profondo e inaspettato in Thorin, il fatto che Bilbo si sentisse così a proprio agio con lui, con… loro, che gli aveva offerto un bacio senza neanche pensarci.

Aveva inseguito la bocca di Bilbo quando lui si era allontanato, nervosamente, baciandolo ancora.

E ora Dwalin aveva in faccia un sorriso a trentadue denti.

"Non sei troppo vecchio per dei succhiotti, Thorin?"

Ignorò Dwalin, anche se era tentato di dargli un pugno, e aprì la porta tra il laboratorio e il davanti del negozio, fuggendo a grandi passi dalle sue risate compiaciute.

"Seriamente," continuò Dwalin, seguendolo, incurante dell'ovvio fatto che Thorin non voleva parlarne. "Seriamente."

Thorin si schiarì la gola e attraversò il negozio, facendo scorrere le dita su le cornici di legno dei banconi. La stanza era buia, le finestre ancora oscurate, e alzò le serrande un po' più aggressivamente del necessario.

Poi colse il suo riflesso nel vetro; persino lui poteva vedere il segno scuro.

Cercò di non sorridere.

Ma pensò di non esserci riuscito.

 


 09:13                               23/07/14
A: Dis
Inventati una scusa. Vieni al negozio. Il prima possibile.  

 09:18                               23/07/14
Da: Dis
Sto arrivando. Perché?

 09:21                               23/07/14
A: Dis
Guarda il suo dannato collo.
 


 "Thorin, sono venuta solo per lasciare- oh mio dio."

Dis lo fissò. Lui riuscì a non ritrarsi dal suo sguardo, ma fu dura; raddrizzò le spalle e strinse la mascella, in quell'espressione che i suoi fratelli dicevano lo faceva sembrare freddo e piuttosto ostile. A quanto pare spesso teneva alla larga la gente.

Peccato sembrava non funzionasse sulla sua famiglia.

"Lo so," disse Dwalin, e Dis si appoggiò sui gomiti al bancone, fissando attentamente suo fratello maggiore. Dal suo fianco, nel passeggino, Kili sorrise, allungando le mani verso Thorin appena lo vide.

Almeno Kili non sembrava interessarsi della sua vita personale. Fece una linguaccia a suo nipote, che lanciò un gridolino e batté le mani - un nuovo atto di coordinazione che sfoggiava appena poteva. Fare le smorfie a Kili significava anche poter evitare di guardare la faccia di Dis per il più al lungo possibile.

"Cosa è successo?" chiese Dis, allegra. "Dimmelo immediatamente."

Thorin si accigliò.

"Non sono fatti tuoi, Dis."

Lei roteò gli occhi.

"Sono sempre fatti miei, Thorin." Rispose Dis. "L'hai baciato tu per primo? Quando? So che ci hai chiesto di dargli spazio ma se mi dici che sei riuscito a baciarlo solo ieri ti disconosco. Se ti ci è voluta una dannata settimana per ammettere che hai perso la testa per lui allora io-"

"Dis," Thorin la interruppe, sentendosi indicibilmente imbarazzato. "Dis, chiudi il becco."

Lei lo fissò.

"Gli hai detto cosa provi, vero?"

Thorin ricambiò l'occhiataccia.

"Cosa?"

"Intendo" disse lei, aggrottando le sopracciglia. "Non te lo sei portato a letto e basta senza parlare, vero?"

La sua espressione vacillò un istante, un movimento impercettibile che dopo anni di studio intenso lei riusciva a capire. Dopo una lunga pausa lei sospirò, e si passò una mano tra i capelli.

"Oh, Thorin," disse. "Sei un idiota."

"Non è vero," rimbeccò Thorin, irritato, "e non me lo sono portato a letto senza par-"

"Quindi ci sei andato a letto?"

Thorin cominciava ad arrossire, sulle orecchie, un lieve ma decisamente presente rossore.

"No, io-"

"Non l'hai fatto?"

"Sembra di guardare un cazzo di incidente," borbottò Dwalin, da dietro di loro.

"Almeno dimmi quando."

Thorin li gelò con lo sguardo.

Dwalin emise un basso gemito, a metà tra il divertimento e la frustrazione.

"Ti ci è voluta tutta la settimana?"

Dis rideva ora, e Thorin gemette. Dopo avrebbe negato veementemente di essere corso alla porta sul retro per sfuggire alla conversazione; sarebbe stato irremovibile sul fatto di aver camminato, e ad un'andatura ragionevole.

(Non l'aveva fatto.)  

 


  10:17                               23/07/14
A: Frerin
Thorin ha un succhiotto. Vieni a farti una risata.

 10:19                               23/07/14
Da: Frerin
Non avevo bisogno di saperlo. Prova a toccarlo. Non posso, sono occupato.

 10:21                               23/07/14
A: Frerin
Si è chiuso nella stanza sul retro. Non sei mai occupato, che stai facendo?

 10:24                               23/07/14
Da: Frerin
La chiave di riserva è nella cassa. Te lo dico dopo.  


"Ti fai mio fratello?"

A Bilbo andò il tè di traverso.

Frerin gli rivolse un gran sorriso dall'altro lato del tavolino da caffè di Thorin, totalmente indifferente al fatto che il viso di Bilbo stava diventando di un rosso brillante e che aveva perso temporaneamente la facoltà di parlare.

"Scusami?" riuscì a dire infine, e, semmai, il sorriso di Frerin crebbe ancora.

"Mi chiedevo soltanto." Disse, appoggiandosi allo schienale del divano di Thorin, le gambe accavallate con una caviglia sul ginocchio dell'altra gamba, "se tu e mio fratello state insieme, o no, o solo... andate a letto insieme."

Bilbo sbatté le palpebre.

Quella era una bella domanda.

Quando aveva aperto la porta d'ingresso poco prima e si era trovato il fratello minore di Thorin davanti era rimasto confuso; aveva visto raramente la famiglia di Thorin nella settimana che aveva passato lì, oltre che alla cena, e in un primo momento aveva balbettato che Thorin era al lavoro. Il sorriso di risposta di Frerin era stato praticamente selvaggio.

"Bene," aveva risposto. "Sono qui per parlare con te, comunque."

La giornata, Bilbo aveva pensato mentre metteva il bollitore sul fuoco, era cominciata già abbastanza stranamente; si era svegliato al rumore di leggeri movimenti nell'appartamento e aveva seppellito la testa nel cuscino al pensiero della notte precedente. Dopo che il bicchiere si era infranto, l'atmosfera si era raffreddata ad un livello più trattenuto; aveva baciato Thorin nel corridoio ancora una volta, senza che nessuno dei due avesse detto molto, e si era ritirato nella sua stanza. Aveva considerato, per un lungo momento, invitare Thorin nel suo letto, ma aveva abbandonato il pensiero. Troppo presto, troppo nuovo, la situazione troppo strana, con Bilbo che viveva nella sua casa. Meglio aspettare e vedere come la situazione si sarebbe sviluppata.

"Perché?" chiese, quando fu chiaro che Frerin non aveva intenzione di aggiungere altro sull'argomento prima che lui parlasse.

Il sorriso di Frerin era tagliente come un rasoio, e fece agitare Bilbo nella sua sedia, a disagio.

"Chiamalo un interesse altamente inappropriato per la vita dei miei familiari," rispose, mettendo la sua tazza vuota sul tavolo - a differenza di Bilbo, non se l'era versata sulle mani e sputata fuori metà per lo shock.  

Bilbo lo fissò, la testa inclinata leggermente di lato con aria scettica; per quanto indifferente e rilassato fosse il tono di Frerin e per quanto agisse in maniera scherzosa e superficiale, Bilbo aveva l'impressione che in fondo c'era un cuore duro, una spina di ferro; era piuttosto certo che Frerin non avrebbe fatto nulla che non volesse fare, e che sarebbe stato pronto a mentire nelle occasioni che lo richiedevano.

"Certo," disse, il tono leggero ma fermo. "Ma sai che non è una risposta accettabile, né credibile?"

Frerin lo osservava, lo sguardo scaltro, e scrollò le spalle.

"Allora non crederci. Ma non hai ancora risposto alla mia domanda."

Bilbo si morse il labbro, pensieroso; avrebbe potuto mentire, ma non ne vedeva l'utilità.

"No."

Frerin gli rivolse un sorrisetto, che lo fece assomigliare incredibilmente a Thorin per un istante; il pensiero di lui fece torcere qualcosa nel petto di Bilbo.

"Lui sa che ti piace?"

Bilbo lo fissò, aprendo la bocca.

"Come fai a-?"

Frerin sospirò, uno sbuffo che implicava pensasse che Bilbo fosse più intelligente di così. Bilbo si ritrasse leggermente davanti a quell'espressione che non ammetteva sciocchezze.

"Perché non sono un idiota. Lo sa?"

Bilbo si agitò imbarazzato, incerto di come rispondere - fino alla notte precedente avrebbe senza dubbio provato a bluffare, ma se ci pensava poteva ancora a sentire il lento battito di Thorin sotto la sua lingua, il bruciante tocco delle sue mani e la sensazione della sua bocca, e ciò gli rendeva molto difficile mentire.

"Potrei dire di si, si, dato che-"

Si interruppe.

Frerin non aveva bisogno di sapere come lui e suo fratello avevano pomiciato nella cucina la notte prima.

Ma Frerin notò l'improvvisa pausa, e aguzzò gli occhi, osservando Bilbo con aria complice; e il suo solito ghigno divertito ricomparve.

"Dato che cosa?"

Bilbo arrossì, un rossore profondo e scuro che gli macchiò la clavicola e la gola prima di invadergli il viso.

"Niente."

Frerin alzò un sopracciglio, incredulo.

"Si, proprio niente, certo."

Bilbo distolse lo sguardo, chiedendosi se quella fosse una conversazione appropriata da avere con il fratello minore di Thorin, la prima volta che si incontravano da soli. Sospettava che non lo fosse.

Frerin, davanti a lui, alzò lo sguardo al soffitto, prima di inchiodare Bilbo con una lunga occhiata fredda.

"Sei innamorato di lui?"

Almeno non aveva un sorso di tè da sputare fuori stavolta; Bilbo dovette rassegnarsi a strozzarsi con l'aria invece.

"Cosa?"

Frerin giunse le dita. "Perché il fatto è, se non è così dovrò farti un discorsetto. E ad essere sinceri, preferirei non farlo."

Bilbo deglutì. "No… non sarà necessario, penso."

Frerin aprì la bocca, sorpreso; le implicazioni delle parole di Bilbo erano chiare, e si rilassò.

"Bene. È… va molto bene."

Bilbo si guardò le mani, sorridendo. 

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
Dis e Frerin sono una forza della natura! Povero il nostro caro Thorin x)
Ah! Il prossimo capitolo è abbastanza corto, magari riesco a postarlo prima di domenica. Tenete d'occhio gli aggiornamenti!
Alla prossima!

- Kuro


 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Note della Traduttrice
Pubblicazione speciale portata dalla Befana (che poi sarei io ahah) Ricordatevi di leggere il capitolo precedente se non l'avete già fatto x) Spero non abbiate mangiato troppi dolci, perchè da qui in poi vi servirà una cura per il diabete!
Buona lettura ♥



Capitolo 26
 

 18:02 23/07/14
Da: Frerin
Ho fatto una bella chiacchierata con Bilbo oggi.

 18:03 23/07/14
A: Frerin
Ti seppellisco.

 18:06 23/07/14
Da: Frerin
Ti voglio bene anch'io. Congratulazioni, comunque.

 18:08 23/07/14
A: Frerin
Per cosa?

 18:11 23/07/14
Da: Frerin
Per averlo trovato. Sono contento.

 


Thorin aveva passato la giornata alternando tra il premere le dita sul segno sulla sua gola e schivare le domande provocatorie di Dwalin mentre lavoravano; quando non faceva quello, si preoccupava.

Era piuttosto bravo a farlo.

Quello per cui si preoccupava era Bilbo, e chiunque conoscesse Thorin non si sarebbe sorpreso: non era normalmente il tipo di uomo da avere una relazione - i suoi rapporti precedentii erano state brevi e privi di qualunque reale connessione emotiva, e aveva sempre creduto di non essere una persona in grado di forgiare un legame con altri, almeno non al di fuori del cerchio dei familiari stretti, ma Bilbo aveva dimostrato che non era lui il problema: era stata semplicemente una questione di tempistica.

Ed era divertente il fatto che, anche se Bilbo era stato quello ferito, quello in ospedale, tanto più a lungo Thorin lo conosceva tanto più si sentiva completo, un vuoto doloroso di cui non si era mai accorto finalmente colmato, come se fosse lui quello ad essere stato curato e non il contrario.

Perché gli importava di Bilbo; difficilmente poteva fingere il contrario.

Non voleva nemmeno provarci.

Man mano che la giornata avanzava, cominciava a rendersi conto che nonostante il calore di quella mattina, la facilità con cui Bilbo lo aveva baciato, non avevano realmente parlato di quello che era successo la notte precedente, di cosa significasse, cosa erano loro, ora che il giorno dopo era lì e la vita reale aveva bussato per ricordargli della sua esistenza. Bilbo non aveva sollevato l'argomento, e nemmeno lui aveva pensato a farlo; tutto ciò a cui aveva pensato era stato baciarlo, che sfortunatamente era spesso tutto ciò che Thorin era in grado di fare ogni volta che lui e Bilbo condividevano la stessa stanza.

Ma sapeva di dover capire se erano sulla stessa linea, se pianificavano di muoversi nella stessa direzione, perché non era certo di poter sopportare la delusione di provarci, solo per scoprire che volevano cose diverse. Thorin non aveva idea di cosa Bilbo provasse per lui, se l'intensità dei suoi sentimenti era simile alla sua, se anche lui si era inn-

Thorin ingoiò quel pensiero.

Amore era una parola pericolosa, un serpente nell'erba, capace di provocare dolore quanto di portare gioia. Non voleva pensarci, non finché non lo sapeva per certo.

Non che avesse paura, ovviamente.

Ma lo preoccupava il pensiero che i suoi sentimenti potevano essere a senso unico, come erano state le loro prime conversazioni; e anche quella era una cosa da temere vero? Thorin 'conosceva' Bilbo, per quanto si possa conoscere un uomo incontrato mentre in coma, da molto più a lungo di quanto Bilbo conoscesse lui, e mentre non aveva provato alcun coinvolgimento emotivo prima che l'altro si fosse svegliato, c'era stato un certo attaccamento personale per molto più a lungo di quanto ci fosse stato per Bilbo. Certamente pensava che Bilbo provasse qualcosa per lui, e poteva perfino dire che erano amici, ma Bilbo poteva aver semplicemente risposto perché era grato per la compagnia di Thorin ma non sapeva come rifiutarlo senza offenderlo.

Scosse la testa.

No, pensò. Quello non rendeva giustizia a Bilbo, pensare che aveva baciato Thorin perché aveva troppa paura di fare altro: Bilbo era molte cose, ma non quello; non si sarebbe ritirato dall'esprimere il suo scontento per qualcosa che non voleva. Aveva sentito Bilbo protestare contro esami, medici, contro la fisioterapia; lo aveva visto urlargli contro, accigliarsi nel suo malcontento e dirgli di lasciarlo in pace. Se non era interessato, lo avrebbe semplicemente detto chiaro e tondo.

E non lo avrebbe baciato nella cucina, quella mattina, se non aveva voluto farlo tanto quanto lo voleva Thorin.

Qualcosa di caldo si raccolse nel suo petto, stringendolo, rendendogli momentaneamente difficile respirare.

Ma comunque, mentre la giornata si dilungava la voglia di tornare a casa cresceva, il desiderio di vedere Bilbo di persona si intensificava, finché non ci fu una fame che lo masticava da dentro. Sapeva bene che era più del semplice desiderio di vederlo fisicamente, più di una sfrenata voglia di toccare e tenere - voleva provare a capire come erano messi l'uno con l'altro, voleva assicurarsi che le cose non sarebbero cambiate tra di loro - almeno non nel peggio.

Dwalin sembrò percepire la sua introspezione, e si ritirò dopo un po', lasciandolo ai sui pensieri, anche se occasionalmente incrociava lo sguardo di Thorin e lanciava occhiate eloquenti al suo collo, mettendolo a disagio e facendogli lanciare occhiatacce bollenti in cambio. Non prendeva sul serio la provocazione di Dwalin, come non era stato davvero infastidito da Dis, a parte la mortificazione di sapere che i suoi familiari conoscevano la sua vita privata - erano una famiglia legata, e questo tipo di prese in giro era diventato comune tra di loro da quando erano cresciuti tutti.

Considerò di nascondere il segno sulla sua gola, ma scartò l'idea quasi immediatamente. Gli piaceva che fosse visibile. C'era qualcosa di gratificante nell'essere così completamente marchiato, almeno da Bilbo.

Gli sarebbe piaciuto avere l'opportunità di ricambiare.

Il pomeriggio sfumò nella sera, e mentre si preparava a chiudere il negozio il suo cellulare vibrò, portando la notizia che qualcuno era già andato a parlare con Bilbo prima che potesse farlo lui: Frerin.

"Dannazione," borbottò tra sé e sé, mentre chiudeva a chiave e raggiungeva la macchina. "Va' all'inferno."

Sapeva che Frerin aveva buone intenzioni, davvero. Non c'era nulla di cattivo in suo fratello, e non avrebbe mai fatto nulla oltre punzecchiare i soi nervi, ma Bilbo non lo sapeva, non lo conosceva abbastanza da sapere che il suo senso dell'umorismo spesso crudele non voleva mai essere veramente cattivo.

Era convinto di aver infranto almeno tre limiti di velocità e superato due semafori rossi mentre tornava a casa, ma non riuscì a convincersi a rallentare; nelle sue vene pulsava l'impazienza, il battito nelle sue tempie lo incalzava, portandolo a premere sull'acceleratore per arrivare a destinazione. Sbatté chiusa la portiera dell'auto quando parcheggiò, il sole basso e accecante nel cielo fuori del suo condominio, e andò a grandi falcate verso la porta.

Bilbo si alzò in piedi quando Thorin arrivò nel soggiorno, la bocca semi aperta in un saluto, ma Thorin lo interruppe prima che potesse dire alcunché.

"Mi dispiace per mio fratello."

Bilbo scrollò le spalle e sorrise, non sembrava troppo nervoso o scosso; Thorin si sentì rilassare per il sollievo.

"Ho visto di peggio."

Si stiracchiò, passandosi una mano tra i capelli, e l'urgenza di Thorin mutò in qualcos'altro mentre guadava la linea del corpo di Bilbo tendersi. Bilbo si leccò il labbro inferiore, lento e disinvolto, e Thorin osservò il guizzo della sua lingua, incapace di distogliere lo sguardo.

"Buona giornata?" chiese Bilbo, la voce bassa e calda.

Lui annuì distrattamente, e fece un passo per avvicinarsi. C'erano cose… cose che avrebbe dovuto chiedere, ma gli occhi di Bilbo avevano colto i suoi, la sua mente si stava disfacendo lentamente, e stava perdendo il filo dei pensieri, e ora anche Bilbo si stava spostando, un piccolo passo in avanti, e ci fu un rossore sulla sua gola, poteva vederlo attraverso il suo colletto a v, e-

Il suono che fece fu qualcosa di simile ad un ringhio, ma non riuscì a preoccuparsene in alcun modo; attraversò la stanza in ampie falcate, e Bilbo si stava già muovendo verso di lui, i loro corpi si incontrarono insieme alle loro bocche, e si baciarono con la stessa foga della notte precedente, premuti vicini; Thorin perse l'equilibrio per un momento quando Bilbo gemette nella sua bocca, sollevato sulle punte, le mani strette sulle spalle di Thorin, e poi stava ricadendo indietro sul divano, fidandosi di dove fosse, tirando Bilbo su di sé.

L'altro atterrò pesantemente sul suo petto, facendo presa sui suoi fianchi per sollevarsi un po'; le mani di Thorin trovarono la cinta dei suoi pantaloni e sfilarono bruscamente la camicia, infilandosi sotto di essa per toccare la pelle, per stringers.

Bilbo lo baciava come se stesse annegando, e Thorin si chiese per un istante se ciò avrebbe potuto ucciderlo.

Uno dei due si staccò per respirare, Thorin non riuscì a dire chi fosse stato; premette baci a bocca aperta sulla linea della gola di Bilbo, facendolo rotolare gentilmente da sopra di lui in modo da stare sdraiati l'uno accanto all'altro, sui fianchi, il divano che li conteneva a malapena, succhiò un punto sulla gola di Bilbo, sulla curva sotto il suo mento, e il fatto di poter ricambiare il segno gli provocó un brivido di piacere.

Poi Bilbo seppellì il naso nei suoi capelli, premendo dolci, teneri tocchi sul suo viso, e Thorin ingentilì il morso, lasciandolo andare dopo un po' con un piccolo mormorio di soddisfazione. Prese tra le mani il viso di Bilbo; una cosa un po' scomoda da fare in uno spazio ristretto come quello, ma non si lasciò fermare.

"Penso," disse Bilbo, senza fiato, strofinando il naso sulle mani di Thorin mentre scorrevano sul suo viso e i suoi capelli, accarezzando con una leggera pressione. "Penso che sia stato il bacio migliore che abbia mai ricevuto."

"Io penso," cominciò Thorin, con l'intenzione di fare qualche battuta leggera. "Penso che voglio davvero stare con te."

Il suo corpo si congelò sotto quello di Bilbo quando la sua mente registrò quello che aveva detto inavvertitamente; mesi di autocontrollo si erano infranti nel momento in cui era entrato in cucina la notte precedente, e i pensieri che lo avevano assillato tutto il giorno erano scivolati fuori senza dare importanza alle paure di Thorin o al suo autocontrollo, senza preoccuparsi della trappola della reciprocità dei sentimenti. Aveva semplicemente chiesto, e per un istante lo spaventò, ma poi sentì un grosso peso levarsi dal suo petto, e ricordò che a volte parlare era davvero la strada più facile da prendere.

Bilbo lo baciò, veloce e leggero, e i suoi occhi erano lucidi e pieni di troppo , troppo perchè Thorin potesse guardarli; distolse lo sguardo, fissando il soffito, temendo quella che poteva essere la risposta, ma al contempo incapace di muoversi di un millimetro.

"Hei" disse Bilbo, piano. "Hei, guardami."

Thorin non lo fece; Thorin non poteva.

Bilbo gli prese il mento e lo costrinse a riportare i suoi occhi su di sé.

"Sono stato mezzo innamorato di te da quando mi hai contrabbandato la pizza." Disse, la voce bassa, piena di calore e franchezza. "E penso di essermi chiesto come fosse baciarti dal primo momento in cui ti ho visto, lì in piedi sulla mia porta d'ospedale."

Thorin sbatté le palpebre, un piccolo sorriso che si apriva sul suo viso.

"Dal primo momento in cui mi hai visto?" chiese, e Bilbo rise.

"Beh, forse dal secondo momento," ammise, "dopo aver smesso di urlarti contro."

E poi baciò di nuovo Thorin, perché, davvero, che motivo c'era di non farlo?

 


 18:11 23/07/14
Da: Frerin
Per averlo trovato. Sono contento.

 19:54 23/07/14
A: Frerin
Già. Anch'io.

..Continua.


Note della Traduttrice - repriseI
Ora scusatemi, vado a lanciare urletti e morire di diabete *si abbuffa di rotoli alla cannella*

Ah Thorin, piccolo adorabile muffin di angst, fatti abbracciare!
Alla prossima!
- Kuro

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Note della Traduttrice
Stasera(notte?) è tardissimo, scusatemi! E mi dispiace anche di non aver potuto rispondere ai commenti stavolta, non ne ho avuto proprio modo çvç *si scusa*
Spero che il capitolo vi piaccia, anche se ci sono sicuramente millmille errori perchè non mi posso mettere a rileggerlo a quest'ora x) (anche perchè è parecchio lungo)
Buona lettura ♥



Capitolo 27

 

Non ne avevano ancora parlato - non veramente. Bilbo non riusciva a decidere se fosse un problema o no.

Certamente non era stato il modo più convenzionale per iniziare una relazione, ma supponeva che non c'era nulla da condannare nel loro successo; gli piaceva Thorin, i suoi sentimenti per lui erano molto più forti di quanto quella frase potesse esprimere, e mentre era felice di come le cose erano cominciate, non poteva fare a meno di desiderare qualcosa di un po' più formale, un po' più concreto.

Bilbo fu in piedi in un secondo quando Thorin rientrò dal lavoro, sfrecciando attraverso il salotto e il corridoio prima che l'altro avesse la possibilità di salutare.

"Hai programmi stasera?"

Thorin sbattè le palpebre e si passò una mano tra i capelli, spingendoli via dalla fronte. Bilbo si sentì un po' colpevole per essergli balzato addosso; aveva l'aria un po' stanca, le spalle afflosciate, e la sua guancia era macchiata da uno sbafo di matita, come se l'avesse strofinata distrattamente senza rendersi conto di avere le mani macchiate dai disegni .

Ma Thorin si limitò a scrollare le spalle, e rivolse a Bilbo uno sguardo caldo, l'espressione che si rilassava mentre si calciava via le scarpe nel corridoio, appoggiato al muro.

"No, perchè?"

Bilbo annuì, mordendosi il labbro inferiore mentre Thorin si stiracchiava, lo sguardo fisso sulla sottile porzione di pancia rivelata dalla maglietta che si era tirata su. C'era la striscia di peli scuri, la linea della cintura, e Bilbo dovette strappare velocemente via lo sguardo prima di distrarsi completamente al pensiero di cosa c'era sotto quei vestiti che non aveva ancora visto.

"Bene. Ti dispiace cambiarti?"

Thorin inclinò la testa, sorpreso; fece un mezzo passo verso di Bilbo prima di annuire, un gesto lieve e riservato, ma la sua espressione era accigliata.

"O-ok?"

"Non deve essere elegante, o cose del genere."

Thorin si limitò ad annuire di nuovo, e Bilbo si rinfilò nel salotto mentre lui se ne andava in camera sua. Si stirò goffamente la camicia quando sentì lo scrosciare della doccia, e si ritrovò a sorridere ai suoi bottoni, giocherellandoci. La camicia abbottonata (l'unica elegante che aveva messo nella borsa che si era portato a casa di Thorin) sembrò improvvisamente un po' troppo formale, ma mise a bada i suoi nervi e si sedette, fissando il muro mentre ascoltava i suoni ovattati della doccia e cercava di resistere l'impulso di alzarsi e unirsi a Thorin.

Cominciava ad essere un po' troppo distratto dal pensiero di che aspetto avesse Thorin senza vestiti; aveva visto il suo petto, ed era piuttosto interessato all'idea di esplorare accuratamente con la bocca quello e il tatuaggio, ma cercò di toglierselo dalla mente.

Era abbastanza sicuro che avrebbe visto presto il resto.

Dopo poco Thorin ritornò, vestito con jeans scuri e una camicia con le maniche arrotolate ai gomiti, aperta su una maglietta scura, l'aria quasi nervosa mentre si passava di nuovo le mani tra i capelli, ancora umidi sulle tempie dopo la doccia. La macchia era sparita, e Bilbo quasi rimpianse di aver perso l'opportunità di strofinarla via lui.

Thorin lo guardò interrogativamente, e Bilbo annuì sorridendo.

"Ecco, perfetto."

Thorin sorrise, gli angoli degli occhi arricciati, quando Bilbo lo osservò di nuovo dalla testa ai piedi, piuttosto certo che ci fosse del rosso sulla sua gola.

"Perfetto?"

Bilbo mormorò in assenso, e Thorin abbassò velocemente lo sguardo sul pavimento.

Era troppo adorabile, quella goffaggine, e Bilbo si alzò in piedi, chiudendo rapidamente la distanza tra di loro. Tirò un lembo della camicia aperta di Thorin, guardandolo.

"Perfetto."

Si spinse in su, non tanto come al solito con Thorin rivolto in basso, e premette un bacio sulla sua bocca; doveva essere rapido, ma Thorin lo inseguì quando si fece indietro, una mano posata leggera sul fianco di Bilbo mentre premeva lievi baci, ancora e ancora, sulla sua bocca. Bilbo gli prese il viso tra le mani, accarezzandogli la barba con i pollici, i loro nasi che si sfioravano, e Thorin prese in bocca il suo labbro inferiore, succhiandolo con un'attenta dolcezza prima di sfiorarlo leggermente con i denti.

Bilbo era un po' preoccupato che le sue ginocchia potessero sciogliersi, ma Thorin si raddrizzò prima che il bacio potesse approfondirsi ulteriormente.

"Bentornato a casa, comunque," mormorò Bilbo, senza fiato.

"Grazie," disse Thorin. Mi piace tornare a casa da te, le parole non dette sembrarono quasi tangibili nell'aria, tra di loro.

"Andiamo allora," disse Bilbo, ondeggiando sui talloni per un momento prima di avviarsi alla porta. "Passato una bella giornata?"

Thorin annuì, e lo seguì fuori, chiudendo la porta dietro di sè. Aprì la macchina con il telecomando, ma Bilbo scosse la testa.

"Andiamo a piedi," disse a Thorin, che lo guardò sorpreso prima di richiudere la macchina.

Camminarono per la strada in un piacevole silenzio, e Bilbo rivolse un paio di sguardi confusi all'altro, un po' sorpreso dalla mancanza di domande da parte di Thorin.

"Non mi chiedi dove stiamo andando?"

Gli angoli della bocca di Thorin si curvarono all'insù per un istante, e scosse la testa.

"Non volevo farlo."

Rivolse a Bilbo uno sguardo eloquentemente divertito, e lui si rese conto che Thorin lo stava provocando, evitando deliberatamente di chiedere perché poteva vedere quanto Bilbo volesse dirglielo, e che voleva che Thorin chiedesse. Socchiuse le palpebre, ma non potè impedirsi dal sorridere.

"Tu…"

La punta della lingua di Thorin umettò il suo labbro inferiore, e Bilbo fu di nuovo distratto; scosse la testa e assunse un'espressione falsamente torva, sbuffando senza troppa convinzione.

"Bene. Non te lo dico allora."

Thorin sorrise veramente allora, un sorriso ampio e con un breve bagliore di denti che scaldò il petto di Bilbo e gli rese piuttosto difficile respirare. Thorin scrollò le spalle, sbuffando una risatina, e gli diede una leggera gomitata sulla spalla.

"Continua, dove stiamo andando?"

Bilbo sorrise al marciapiede.

"Ad un appuntamento."

"Un appuntamento?"

Bilbo lo guardò, gli occhi che scintillavano alla genuina confusione di Thorin. La sua voce avrebbe tradito la sorpresa anche senza l'espressione, anche se non sembrava scontento al pensiero.

"Il nostro primo appuntamento," confermò Bilbo, spostandosi un po' più vicino mentre giravano l'angolo, dirigendosi giù al lento e ampio corso del fiume che tagliava la città, dividendola al suo ritmo languido.

"Il nostro primo appuntamento?" Thorin sembrava ancora confuso.

"Si, Thorin. Ancora non ne abbiamo avuto nessuno."

Bilbo sorrideva ancora, e fu il suo turno di dare una gomitata provocatoria a Thorin, e quando lui rispose, dopo un momento di silenzio, sembrava confuso e quasi dispiaciuto.

"Non… non sapevo ne avessimo bisogno."

Bilbo si sentì quasi colpevole allora; Thorin sembrava davvero rammaricato, come se il pensiero non gli fosse davvero mai passato per la mente e ora avesse paura di aver deluso Bilbo in qualche modo. Il pensiero fece raggomitolare nel suo petto una sensazione di caldo affetto, come un gatto soddisfatto e ronfante; sapere che era così importante per Thorin, che renderlo triste era qualcosa che lo avrebbe turbato così tanto, fu un balsamo per qualunque insicurezza che poteva avere.

"No," disse piano, prendendo il polso di Thorin e accarezzandone dolcemente l'interno con il polpastrello del pollice. "Ma è piacevole comunque, no?"

Thorin annuì. "Immagino."

Bilbo si fermò quando superarono uno spiazzo d'erba tra il marciapiede e la strada, dove erano cresciuti degli alberi, i semi provenienti dai giardini vicini; questo era un melo, ora in fiore in preparazione per il raccolto autunnale, e Bilbo allungò la mano per tirar via un ciuffo di fiori.

Si rigirò i fiori tra le dita, prima di guardare Thorin.

"Ecco."

Thorin alzò le sopracciglia, ma non si tirò indietro quando Bilbo si allungò per infilarli dietro il suo orecchio, tirando indietro i suoi capelli scuri per mostrare meglio i petali rosa e bianchi. Colse l'opportunità per accarezzare con le dita il collo di

Thorin, brevemente, incapace di resistere al fatto che poteva farlo.

"Davvero?" chiese Thorin, il tono poco impressionato, ma non freddo.

Bilbo fece un gran sorriso.

"Giuro di non dirlo a nessuno. Neanche a Dwalin."

Thorin sbuffò, ma non si tolse i fiori; rimasero infilati dietro il suo orecchio, anche se se non aveva l'aria molto divertita.

"Ci conto."

Bilbo abbassò lo sguardo sul terreno, incapace di nascondere un sorriso ampio e soddisfatto.

"Quindi, cosa significano questi allora?"

Bilbo impiegò un momento per capire cosa intendesse Thorin; quando lo fece si morse il labbro, continuando a sorridere.

"Fiori di melo? Significano un sacco di cose. Possono indicare buona salute, o ammirazione, o bellezza; significano anche felicità e amore."

Thorin non disse nulla; si limitò ad annuire, intrecciò le dita di Bilbo con le sue e le strinse leggermente, con dolcezza, in risposta.

Parlarono poco sull'ultimo tratto di strada verso il ristorante che Bilbo aveva scelto, un piccolo e tranquillo locale italiano sul lungofiume, con la vista sull'acqua: lanciò a Thorin un veloce sguardo interrogativo quando scesero dal marciapiede per dirigervisi, come per chiedere se andasse bene.  

"Sei mai stato qui prima d'ora?"

Thorin scosse la testa, ma sembrò felice della scelta. Avanzò di un passo davanti a Bilbo, aprendo la porta, ma non rimase a tenerla aperta per lui, cosa per cui Bilbo fu molto grato: quel tipo di gesto, pur carino, era anche imbarazzante. Sebbene Thorin fosse entrato per primo, si girò a tenere la porta aperta per Bilbo mentre lo seguiva, il che fu abbastanza dolce.

"No? Ah, è il mio preferito. Casa mia è solo a circa un quarto d'ora di passeggiata lungo il fiume - da quella parte."

"Non lontano, allora," rispose Thorin, mentre un cameriere li notava. Non troppo lontano dal mio appartamento, e da me, rimase tacito tra di loro, e Bilbo gli rivolse uno sguardo affettuoso.

"Non lontano affatto."

"Hai avuto…?" Thorin si interruppe, come se incerto di come chiedere, ma Bilbo capì cosa stava cercando di dire, e scosse la testa, ma il cameriere arrivò prima che potesse rispondere.

"Un tavolo per due?"

Thorin annuì, e lo seguirono attraverso il locale.

"Dentro o fuori?"

Bilbo lanciò un'occhiata a Thorin.

"Fuori?"

Thorin annuì, e il cameriere li guardò, divertito da qualcosa che non capirono. La piccola terrazza era quasi vuota, e si sedettero dal lato opposto, vicino all'acqua; ci voleva ancora molto perché facesse buio, ma le luci del centro cittadino dall'altra parte del fiume erano già accese e si riflettevano sul fiume. Bilbo sorrise ala vista mentre si sedeva, afferrando la carta dei vini dal tavolo, e riprese la conversazione.

"No, nessuna notizia ancora. Gandalf ha detto che sta andando tutto bene, però - un'altra settimana o due e dovrei sapere quando dovranno lasciarmi casa."

Thorin annuì, lo sguardo sull'acqua; la sera era calda, e Bilbo osservò come la leggera brezza giocava con i capelli tirati

indietro sul suo viso, sollevando ciocche scure e argentate per poi lasciarle andare.

"E poi…"

Bilbo gli rivolse uno sguardo caldo.

"Già, e poi mi ti tolgo dai piedi."

Il ginocchio di Thorin premette contro il suo sotto il tavolino, e lui incrociò gli occhi di Bilbo con uno sguardo fermo e intenso nella sua onestà.

"Non mi stai tra i piedi."

Bilbo tamburellò le dita sulla carta dei vini, inclinando la testa di lato.

"Sei molto dolce, sai."

Thorin afferrò un altro menu, impegnandosi a studiare la lista di antipasti per non rispondere ma Bilbo poté comunque vedere l'improvviso e leggero (ma decisamente presente) rossore sulle sue orecchie.

La cena fu piacevole, il cibo buono e il vino ancora di più; Bilbo imboccò Thorin con uno dei suoi ravioli senza neanche pensarci, realizzando l'intimità del gesto solo quando vide gli occhi di Thorin sgranarsi dalla sorpresa - l'altro ne prese un morso esitante, distogliendo lo sguardo, e per un momento Bilbo pensò che fosse un po' troppo, ma poi Thorin premette di nuovo il ginocchio contro il suo, un tocco veloce e affettuoso, e si sentì rassicurato.

Condivisero il dolce, e, anche se arrivò con due forchette, la maggior parte di quello mangiato da Thorin veniva da quella di Bilbo; lo guardò negli occhi mentre mangiava la torta al cioccolato finché l'altro non arrossì così tanto da dover abbassare lo sguardo sul tavolo.

Bilbo lo baciò, veloce e lieve sull'angolo della bocca, quando si alzarono per andarsene, abbassando la testa mentre si allontanava.

"Grazie," disse sorridendo, e Thorin si accigliò.

"Hai pagato tu," rispose, confuso; Bilbo aveva insistito ad occuparsi del conto.

Bilbo scrollò le spalle.

"Non per quello," rispose con uno sguardo caldo, un po' ambiguamente, mentre se ne andavano per ritornare a casa.

Fu una passeggiata silenziosa e riservata, e quando superarono il melo Bilbo si rese conto che Thorin aveva ancora i fiori dietro l'orecchio, ora un po' appassiti; allungò la mano per sfilarli, gettandoli via, e rise all'aria sorpresa di Thorin.

"Me ne ero dimenticato," ammise, prendendo la mano di Bilbo.

Bilbo si chiese se avesse mai sorriso così spesso nella sua vita; il suo viso cominciava quasi a far male per lo sforzo.

Thorin si fermò di fianco alla sua macchina quando raggiunsero l'appartamento, e si strofinò la nuca, imbarazzato.

"Io… uhm. Ti ho preso una cosa oggi."

Bilbo lo fissò, la testa inclinata da un lato mentre Thorin apriva la macchina, infilando dentro la testa come scusa per evitare il suo sguardo.

"Non ce n'era bisogno."

Bilbo osservò la curva della schiena di Thorin, piegata mentre lui rovistava nello spazio davanti al sedile del passeggero. Non potè trattenersi dall'allungare la mano e farla scorrere sulla superficie dura dei muscoli della sua schiena, strofinandone la lunghezza: Thorin si bloccò un momento sotto il suo tocco, prima di tirarsi via dalla macchina, una busta di carta marrone in mano.

I suoi occhi erano scuri quando incrociarono quelli di Bilbo, e gli prese il mento con l'altra mano, facendo scorrere il pollice sulla soffice sporgenza del suo labbro inferiore.

"Attento," disse, piano.

Bilbo si tirò il labbro tra i denti, grattando momentaneamente il pollice di Thorin, osservando come i suoi occhi guizzarono verso di esso; l'altro inalò profondamente e sonoramente, prima di spingere la busta tra le mani di Bilbo.

"Fermati," disse bruscamente, ma Bilbo poteva vedere il sorriso nella luce morente.

Thorin fece ricadere le mani, tirandosi indietro per andare alla porta d'ingresso.

Bilbo sbirciò nella busta.

Si chiese se fosse possibile per lui sciogliersi fisicamente.

"Thorin," disse, seguendolo alla porta, strofinando tra le dita la morbidezza vellutata di un petalo. "Thorin."

"Era un po' che non ti portavo dei fiori," ammise Thorin piano, girando la chiave nella toppa. "E so che il mio appartamento è… carente, in termini di piante.

"Sei ridicolo," disse Bilbo, la voce un po' roca e commossa. "Totalmente ridicolo. Grazie."

Thorin si strofinò il naso aprendo la porta, ed entrò.

"Non so cosa significano," disse, con un umorismo freddo, come se davvero gli piacesse quando Bilbo gli parlava di quelle cose, anche se a volte aveva roteato gli occhi quando, in ospedale, gli spiegava il significato dei bouquet.

"Sono azalee," rispose, tirando fuori il vaso dalla borsa per esaminare la delicata sfumatura bianco e rosa dei fiori, il verde scuro e sano delle foglie.

"Possono significare temperanza," disse piano. "O un augurio di buon auspicio."

Bilbo posò la pianta in vaso sul tavolino nel corridoio con un'attenta riverenza, e si girò verso Thorin, che stava chiudendo la porta dietro di loro.

"Oppure," disse, afferrando la camicia di Thorin per tirarlo giù, "possono significare passione."

Baciò Thorin, a quel punto, perché non c'era modo che potesse fare altro.
 

..Continua.


Note della Traduttrice - repriseI
*Dispensa buoni per il dentista*

Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Note della Traduttrice
Salve a tutti! Devo scusarmi ancora per non aver pubblicato la settimana scorsa. Arrvati a questo punto, vi dico che se non pubblico è perchè sono da qualche parte nella mia stanza sommersa dai compiti, non perchè mi sono dimenticata di voi 8D Bene, ora vi lascio al capitolo.
Buona lettura ♥



Capitolo 28

 

"Baciami" disse Bilbo urgentemente, mentre la macchina parcheggiava sul marciapiede. "Per buona fortuna."

Thorin alzò un sopracciglio, lo sguardo divertito. Prese la mano di Bilbo e se la portò alla bocca, premendovi un lungo bacio a labbra schiuse sul dorso; Bilbo ebbe un tremito, ma si accigliò.

"Perché ti serve?"

Bilbo ignorò la domanda, sbuffando.

"Intendevo un bacio vero."

Thorin roteò gli occhi.

"Era un bacio vero."

Bilbo gli diede una gomitata, e allungò la mano per afferrare l'orecchio di Thorin e tirarlo giù. Premette la bocca sulla pelle morbida sotto il suddetto orecchio, poi sull'incavo della mascella, e di nuovo sulla sua bocca. Thorin produsse un suono basso, non proprio un gemito ma ci si avvicinava, una mano impigliata tra i capelli di Bilbo, che si stavano lentamente allungando di nuovo in ricci lenti.

Bilbo stava giusto considerando l'idea di premersi più vicino, intensificare il bacio, ma un duro martellare sul tettuccio della macchina li fece separare improvvisamente con un sobbalzo.

Dwalin sorrideva loro da fuori la macchina, ridacchiando al il loro stupore.

"Trovatevi una stanza" gridò attraverso il vetro, e Thorin grugnì frustrato.

"Scusa," disse Bilbo, anche se non suonava particolarmente pentito. "Ma è per questo che mi serve fortuna."

------------------------------------------------

Thorin sembrava aver preso in simpatia il lungofiume, anche se era stato un po' imbarazzato nell'ammettere qualche sera prima che vi aveva passato molto poco tempo, nonostante casa sua fosse vicina. Quando a cena (occasione che Bilbo trovava sempre meno stressante) aveva proposto a Dis di portare Fili al lungo parco che si distendeva lungo il corso d'acqua, lei lo aveva guardato in modo strano prima che il suo sguardo guizzasse su Bilbo e il suo viso si ingentilisse in un sorriso caldo e divertito.

Aveva ovviamente capito chi avesse suggerito questo cambiamento negli interessi di Thorin, ed evidentemente approvava.

Proprio il giorno prima, Bofur aveva informato Bilbo che si stava affaticando troppo, il che aveva fatto sì che Thorin insistesse nell'andare in macchina invece di fare la passeggiata di venti minuti ai cancelli del parco; Bilbo avrebbe protestato alla preoccupazione, ma Thorin stava facendo del suo meglio a trattenersi la maggior parte delle volte, anche se per lui era chiaramente uno sforzo, e la schiena e le cosce gli facevano un po' male.

Fili sembrava più che entusiasta di essere lì con gli zii, reclutò immediatamente Thorin per aiutarlo a scalare gli alberi, deliziandosi nel salire più in alto che poteva prima che una delle sue madri o zii se ne accorgesse e cominciasse a preoccuparsi.

Kili se ne stava seduto, per lo più tranquillo, sui larghi teli che avevano steso all'ombra di una quercia fronzuta; ma ogni volta che vedeva suo fratello faceva del suo meglio per scappare e seguirlo, tirandosi su su chiunque avesse vicino e lanciando gridolini eccitati e infastiditi all'altro bambino, anche se ogni volta che provava a fare un passo ricadeva giù con uno sbuffo esasperato.

"Camminerà presto," disse Bilbo con un sorriso, cercando furtivamente di massaggiarsi via il crampo sul retro della coscia senza che nessuno se ne accorgesse.

Vivi fece un gran sorriso.

"E poi ne avremo due a cui correre appresso, e ingaggeremo tutti quelli che conosciamo come babysitter."

Bilbo sorrise a Kili, tendendogli la mano perché la afferrasse. Il bambino si tirò su vacillando di nuovo.

"Mi offro volontario come tributo," scherzò mentre il piccolo ricadeva sul sederino, decise poi di gattonare verso Bilbo, afferrandogli la maglia per cercare di salirgli in grembo. Bilbo lo tirò su e lo mise sul posto, e Kili immediatamente strofinò il naso sul suo petto, sbadigliando.

"Mi va bene," disse Vivi, e diede una gomitata a Dis, "Dai, andiamo a prendere il pranzo in macchina, uh? Bilbo, ti dispiace dare un'occhiata a Kili per un po'?"

Lui annuì, sorridendo al bambino, che si era seppellito nel soffice cotone della maglia di Bilbo, le manine che stringevano senza remore la stoffa.

"Andiamo tu," disse anche a Dwalin, dandogli una pacca sulla coscia mentre si alzava. "Vieni a portare una delle borse ghiacciaie, pigrone."

Bilbo fu lasciato da solo sui teli con il bambino mentre i tre andavano a prendere il pranzo al sacco, osservando pigramente Thorin che veniva trascinato per il polso in direzione di quello che si sarebbe senza dubbio dimostrato essere uno stagno particolarmente interessante.

Bilbo sorrise leggermente quando Thorin si inginocchiò vicino a Fili mentre lui indicava qualcosa nell'acqua.

Ma questo lasciava ancora un Durin fuori, si rese conto, guardandosi attorno solo per vedere Frerin chiudere una chiamata al cellulare e cogliere il suo sguardo, raggiungendolo attraverso l'erba lunga e soffice. Bilbo era stato in quel parco spesso quando era giovane, e ne aveva bei ricordi. Non era né un prato ben tagliato e preciso né uno di quei parchi giochi malandati; invece era una lunga distesa d'erba che cresceva selvaggia, punteggiato dal colore dei fiori selvatici qui e là, inframmezzato da alberi screziati e stretti sentieri, grottini nascosti e stagni ricoperti di vegetazione, disposti senza un particolare ordine, così che i bambini potessero scoprire meraviglie inaspettate mentre giocavano. Il fiume scorreva pigramente lì vicino, e il traffico della città non era altro che un rumore sordo in lontananza, quasi impercettibile sotto il cinguettare degli uccelli e il frusciare della brezza.

"Tutto bene?" chiese Bilbo, Frerin si sedette al suo fianco con uno sbuffo infastidito, allungandosi per scorrere attentamente un dito sul braccio di Kili.

"Si, sto bene," disse, e anche se il suo tono era leggero qualcosa guizzò nei suoi occhi, che Bilbo avrebbe potuto non notare se non stesse imparando a leggere Thorin, le cui emozioni erano visibili solo nel suo sguardo e nella sottile linea della mascella.

"Mmhmm," disse Bilbo, cullando leggermente Kili. "Certo."

Frerin sorrise, abbassando lo sguardo sul terreno, strofinandosi la fronte con il palmo della mano.

"Lavoro?" chiese Bilbo, con un cenno al cellulare che Frerin teneva ancora in mano.

Frerin rispose con una scrollata di spalle, e l'azione era così familiare, così simile a quella di Thorin, che Bilbo non potè fare a meno di sorridere alle proprie ginocchia.

"Thorin mi ha detto che giochi in borsa?"

Fili storse il naso.

"Non dirlo, suona così noioso." rispose, la voce petulante nonostante l'età. "E no, non era lavoro."

Bilbo cercò di tenere a bada la delizia.

"Ragazza?" chiese con un sorriso subdolo, e Frerin si strofinò il naso. "Oh, andiamo," continuò Bilbo, mentre Kili chiudeva gli occhi. "Tu ti immischi nella mia vita amorosa, io posso immischiarmi nella tua, non fare l'ipocrita."

Frerin non potè nascondere l'aria divertita, e dopo un momento non riuscì a impedirsi dal sorridere.

"Va bene, si, ma non dirlo a Thorin;" sbuffò.

Bilbo rise allora.

"Che dannato ipocrita," disse, abbastanza forte da far sì che Thorin alzasse lo sguardo su di loro, assicurandosi che stessero bene. Si accigliò quando vide Bilbo ridere in faccia a Frerin, ma poi Fili gli tirò la manica, distraendolo di nuovo.

"Sono un fratello minore," rispose Frerin, compiaciuto. "È il mio lavoro fare il rompiscatole. E l'ipocrita."

"E riesci molto bene in entrambi," ghignò Bilbo. "Non preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro con me, ma non pensare neanche un secondo che non ti umilierò l'istante che ce la presenti."

Si rese conto di quello che aveva detto, e stava per correggere l'assunzione che sarebbe stato presente ad un incontro con la famiglia, era piuttosto audace da parte sua, ma Frerin continuò a sorridere, e chiaramente non era offeso.

"Ugh, Thorin sarà felice di contribuire, sono sicuro," rispose, il sorriso improvvisamente scomparso per lasciare il posto ad un'espressione aggrottata quando guardò suo fratello. "Rompe ancora per l'altra settimana."

Bilbo annuì, incerto di cosa Frerin stesse parlando esattamente. "Ok?"

Frerin lo guardò con la coda dell'occhio, ma non sembrava si vergognasse.

"Non gli piace quando interferisco."

Bilbo allora capì che Frerin parlava della loro precedente conversazione, e rise.

"Mi chiedo perché?" Ed era un rossore, lieve e rosa, quello sul naso di Frerin? Era certo che lo fosse. "Tra l'altro, non penso che sia arrabbiato con te- non ha detto niente a me, in ogni caso."

Frerin scrollò le spalle, allungando le game e appoggiandosi sui gomiti.

"Nah, lo so, non è davvero così scocciato. Non è mai stato bravo a restare arrabbiato, e tra l'altro, avrebbe fatto lo stesso a me, penso."

Bilbo alzò le sopracciglia.

"Tu pensi?"

Frerin scrollò le spalle di nuovo.

"Beh, conosci Thorin."

Non aggiunse altro, ma l'incertezza nei suoi occhi era evidente: non sapeva cosa Thorin pensasse di lui.

Bilbo guardò Kili, che era chiaramente addormentato, chiedendosi se dovesse lasciarlo dormire o avrebbe rovinato completamente la sua routine giornaliera. Lo cullò leggermente, e decise di non fare nulla finché le sue madri non fossero tornate.

"Capisce che sei protettivo nei suoi confronti, penso," rispose dopo una lunga pausa, la voce basa. "Anche se non capisce davvero perché. Io si, però." Bilbo si interrruppe e sorrise all'erba sotto i suoi piedi. "Mi sento un po' protettivo anch'io, sai. Ma se pensi che lui non si preoccupi per te, allora sei più scemo di quanto sembri."

"Suppongo," rispose Frerin, con l'aria improvvisamente molto giovane. Bilbo scoprì di sentirsi affezionato a lui quasi quanto lo era già dei nipoti di Thorin, e dovette ricordarsi che anche se Frerin poteva essere un rompiscatole, e a volte oltrepassava il limite, la famiglia era la sua prima priorità: era giovane quando aveva perso i genitori, e Thorin, con tutto l'amore che riempiva il suo cuore, non era il più esplicito con i sentimenti.

Non c'era da stupirsi se era un po' insicuro.

Poco distante da loro, Fili scoppiò a ridere, allungandosi sull'acqua all'improvviso in bilico sull'argine.

"Andiamo," disse Bilbo, strappando una piccola erbaccia vicino al bordo del telo e tirando distrattamente via le foglie. "Vedi - proprio lì. Il modo in cui guarda Fili, ora, che sembra tutto arrabbiato e imbronciato, come se stesse per sgridarlo? Ma sai che in realtà è solo preoccupato che Fili cada nell'acqua?"

Frerin annuì.

"È il modo in cui guarda Dis quando sembra stanca, e il modo in cui guardava Dis quando quel tizio le ha fischiato. Ed è il modo in cui guarda te, ogni volta che sussulti quando tiri le cicatrici, immagino."

Frerin si strofinò la nuca, imbarazzato.

Bilbo lo osservò attentamente con la coda dell'occhio, e scrollò le spalle dopo un momento.

"Immagino sia difficile vedere ciò che ti sta proprio davanti agli occhi, a volte," disse dopo una lunga pausa, la voce bassa. Kili borbottò qualcosa tra le sue braccia, spostandosi un po' e calciando le gambe, e Bilbo lo guardò con affetto.

Giurava di poter già vedere Thorin nel bambino, anche se non era sorprendente, con quanto lui e Dis si somigliavano.

"Lo conosci bene, eh." Disse Frerin, ricadendo giù sulla schiena, senza dare segno di aver sentito ciò che Bilbo aveva detto di lui. "Meglio di quanto faccia tanta gente, sai."

Bilbo alzò le spalle; c'era molto poco che poteva dire in risposta. Frerin gli rivolse un veloce sguardo calcolatore, il breve momento di vulnerabilità finito, e di nuovo Bilbo fu colpito dalla somiglianza tra Thorin e Frerin, che andava molto più in fondo del semplice aspetto fisico. Per quanto Frerin fosse più allegro di Thorin, più aperto e incline a scherzare, avevano la stessa vulnerabilità, la stessa scorza dura che teneva la gente fuori. Dis non ce l'aveva, e Bilbo se ne chiese il motivo; forse era comparsa, per i fratelli, quando i loro genitori erano morti, e Dis era stata troppo giovane per esserne colpita allo stesso modo, oppure era semplicemente una persona molto diversa da loro.

I fratelli tenevano entrambi le persone a distanza, ma in modi diversi: Thorin con una brusca indifferenza e Frerin con un umorismo calcolato, che rasentava il tagliante, un tipo che non lasciava avvicinare gli altri

Solo con il passare del tempo Bilbo aveva cominciato a rendersi conto di quanto Thorin era più libero con lui, quanto più di sé stesso fosse disposto a lasciare uscire.

Fili saltò via dallo stagno, sfrecciando nella loro direzione con qualcosa tra le mani, e dietro di lui Thorin si sollevò in piedi, passandosi una mano sul volto; il cielo era di un blu slavato, il sole picchiava cocente, e Thorin seguì con gliocchi Fili che correva tra i fiori. Si lanciò giù sulle coperte tra le gambe di Frerin, sorridendo in quel modo largo e tutto denti che solo i bambini sembrano conoscere, assurdamente contento del mondo.

"Zio Frerin! Guarda! Ho preso una rana!"

Frerin si illuminò, tirandosi immediatamente su a sedere.

fantastico," lo complimentò "Mostramela subito!"

La piccola rana bulbosa se ne stava immobile tra le mani di Fili, osservando lo svolgersi degli eventi con uno sguardo malevolo e indifferente, sbattendo raramente le palpebre. Emise un basso, lungo gracidare quando Frerin allungò la mano e le strofinò il dorso.

"È fantastica," disse seriamente a suo nipote. "Ma fa molto caldo oggi. Andiamo a riportarla indietro?"

Fili guardò la rana, un po' dispiaciuto, ma annuì, e Frerin si alzò in piedi proprio quando Thorin li raggiunse. Fece un cenno a suo fratello maggiore, prima di dargli un pugno amichevole sul braccio e seguire il nipotino. Thorin si sedette con Bilbo, un po' confuso.

"Tutto bene?" chiese, e Bilbo sorrise.

"Mai stato meglio."

Thorin sembrò trattenere una domanda, lanciando uno sguardo veloce al braccio di Bilbo, ma annuì. Bilbo si appoggiò indietro, leggermente, al braccio di Thorin, aspettando un qualche tipo di permesso, e con una lieve esclamazione di sorpresa l'uomo più alto si spostò più vicino, la mano quasi intorno alla schiena di Bilbo, sorreggendolo con il braccio senza avvolgerlo esplicitamente.

Bilbo si appoggiò sul petto di Thorin, accoccolandosi contro di lui nonostante la giornata calda. La testa gli ricadde sulla spalla dell'altro, e non si spostò neanche quando Frerin ricomparve, roteando gli occhi.

"Trovatevi una stanza," disse loro, mimando il tono che Dwalin aveva usato in precedenza, e Fili alzò lo sguardo su di lui, confuso.

"Siamo nel parco," disse solennemente, come se pensasse che suo zio fosse stupido. "Non ci sono stanze qui."

Frerin sembrò aver perso la capacità di parlare, e Thorin ghignò.

"Te l'ha fatta un bambino di cinque anni," disse divertito. "Ben fatto, fratellino."

Fili si sedette vicino a Bilbo, appoggiandosi su di lui per allungarsi a prendere un fiore dall'erba.

"Ecco qua!" disse, sorridendo, offrendolo a Bilbo. "Zio Frerin ha detto che dovevo dartene un altro!"

Chiaramente Fili non doveva ripetere quella parte del piano, e con uno sbuffo Frerin si avviò ai cancelli del parco.

"Vado a vedere dov'è quel picnic," disse, burbero, e ora era decisamente rosso.

Bilbo sorrise alle sue spalle, prendendo il fiore da Fili e infilandoselo dietro l'orecchio.

"Grazie Fili," disse. "Continui a regalarmi questi fiori e potrei proprio dover abbracciarti per questo."

Fili avvampò, e lanciò le braccia intorno a Bilbo, smuovendo Kili, che fece una smorfia di disapprovazione.

"Scusa Kee," sussorrò, premendo un bacio maldestro sul viso di suo fratello, ma non si spostò da bilbo.

Il resto della famiglia tornò con una quantità di cibo neanche lontanamente tale da richiedere quattro persone per il trasporto, ma in qualche modo riuscirono comunque a lamentarsi quando videro che Thorin e Bilbo erano distesi all'ombra. Era chiaramente tutto molto scherzoso, e Bilbo accettò una bottiglietta d'acqua e un panino con un sorriso da Vivi dopo che i due bambini gli vennero rimossi di dosso.

"Grazie," disse, prima di rivolgere un lieve sorriso al gruppo. "E grazie a tutti, per avermi invitato oggi. Non ho mai fatto nulla del genere da quando ero un bambino. È fantastico."

Dis gli sorrise, e Fili gli rivolse un largo sorriso sdentato da intorno la cannuccia del cartone di succo di frutta, ma fu suo zio che rispose a Bilbo.

"Non essere stupido," disse Frerin, masticando un boccone, e anche se il suo tono sembrava un po' duro Bilbo cominciava a vedere oltre. "Sei praticamente parte della famiglia."

Thorin, dal suo fianco, emise una piccola esclamazione di sorpresa, ma non era contrariato; Frerin sorrise a suo fratello, disinvolto, ma Bilbo sospettò che ci fosse più in quel sorriso di quanto sembrasse. Improvvisamente si sentì soddisfatto, come se avesse passato un test sconosciuto.

Un battito di cuore dopo, Thorin fece un cenno al fratello, e i suoi occhi erano caldi quando allungò la mano per arruffare i capelli di Fili.

"Grazie," ripetè Bilbo, la voce bassa. "Mi fa piacere, se per voi va bene."

La mano di Thorin trovò la sua, e sebbene Dwalin alzò gli occhi al cielo alla vista, c'era affetto nel suo sguardo. Bilbo prese la mano di Thorin, con fermezza, e non la lasciò per parecchio tempo.

 ..Continua.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Note della Traduttrice
Ciao gente! E' arrivata la dose di fluff settimanale :D Mi dispiace di non aver potuto rispondere ai commenti dello scorso capitolo però ç_ç sappiate che leggo sempre tutti quanti e che mi fanno un gran piacere, dopo tutto questa cosa è per voi e sono contenta che la stiate apprezzando ♥
Buona lettura ♥



Capitolo 29

 
I giorni continuarono a susseguirsi con una pesante letargia estiva, ogni pomeriggio si dissolveva nelle serate fresche con deliberata lentezza, l'oscurità che prendeva corpo e la luce che colorava il cielo di grigi caldi e arancione. C'erano stati parecchi altri giorni di tempesta che avevano rinfrescato l'aria brevemente prima che la calura estiva ritornasse a piena potenza, lasciando Bilbo ad aggirarsi per l'appartamento di Thorin, accaldato.

Fu in uno di questi giorni, dopo che il sole si fu abbassato e calore pomeridiano scemato, con le rondini che volavano nel cielo serale al di sopra del giardino di Thorin, che l'ispirazione lo trovò.

Ispirazione per scrivere.

Portò il portatile in giardino e si sistemò su una delle vecchie sedie sdraio, un blocchetto per gli appunti in bilico su un braccio e la penna stilografica di suo padre dietro l'orecchio, e cominciò.

Fu piuttosto meraviglioso ritornare a scrivere, dopo tanto tempo - quasi un anno, si rese conto improvvisamente, tra l'incidente e il coma e il recupero. Il suo editore gli aveva detto di prendersi il tempo che gli serviva prima di ricominciare a scrivere (anche se sospettava che la loro pazienza potesse diminuire dopo un po'), e non desiderava cominciare nulla di troppo ambizioso, ma c'era un racconto che gli premeva in testa, chiedendo di essere lasciato uscire, e lui era felice di accontentarlo.

I tasti del portatile gli sembrarono poco familiari all'inizio, ma dopo poco si ritrovò ad immergersi nel lavoro, gli uccelli i suoi unici spettatori.

Non se ne era reso conto prima, ma ritornare a scrivere - anche se era solo una bozza di una storiella che probabilmente non avrebbe mai visto la luce del giorno - lo fece sentire più sé stesso, riempì di appagamento un vuoto dentro di lui. Gli era mancato scrivere, gli era mancato sedersi alla scrivania e guardare il giardino dalla finestra mettendosi a lavoro.

Gli era mancato avere qualcosa da fare.

Gli mancava la sua vecchia vita, per quanto ora si fosse reso conto che era stata un po' vuota.

Gli mancava casa sua.

Ma se, nel frattempo, scrivere riusciva a ridargli un po' di quel conforto, allora, suppose, se lo sarebbe dovuto far bastare.
 

-----------------------------------------

 

Quando Thorin rientrò dal lavoro, qualche ora dopo, fu sorpreso di non sentire il benvenuto che aveva iniziato ad aspettare con impazienza echeggiare nell'appartamento; sia che venisse dal giardino o dal salotto, dalla cucina o dalla camera da letto, vi si era abituato, e andò furtivamente in cucina, quasi timoroso di far rumore.

Fu mentre si versava un bicchiere d'acqua in cucina che vide Bilbo, dalla finestra; il sole era quasi calato dietro le case vicine, ma lui scriveva concentrato sul computer, la fronte aggrottata, e Thorin si chiese da quanto tempo era lì e se si fosse reso conto del tempo che passava.

Il naso gli si era arrossato sotto il sole, non scottato ma ci era andato vicino, e lui si ritrovò a sorridere lievemente alla vista.

Sarebbe certamente potuto andare fuori e scuotere Bilbo, ma sembrava una cosa quasi crudele da fare; c'era qualcosa che aleggiava nella sua espressione, un appagamento che fermò Thorin dal bussare sulla finestra per attirare la sua attenzione. Invece, recuperò un menu di una pizzeria e chiamò per ordinare, prima di andare a farsi una doccia.

Quando ritornò, indossando solo un paio di lunghi pantaloni del pigiama, per compensare la calura appiccicosa, non c'era ancora alcuna traccia di Bilbo; riapparve solo quando, qualche tempo dopo, il campanello suonò con la pizza. Sorrise a Thorin, imbarazzato, mentre depositava il portatile sul tavolino e si lanciò sul divano.

"Sei a casa da tanto?"

Thorin scosse la testa. "Non troppo."

Passò a Bilbo una delle scatole della pizza e si sedette sul pavimento con il suo, la schiena contro il divano.

Thorin non aveva mai pensato davvero di vivere con un'altra persona prima d'ora, il che suonava strano considerando che aveva vissuto nella casa di famiglia quasi fino a trent'anni, quando aveva passato la proprietà a Dis. Ma i suoi fratelli erano una cosa, un compagno o un coinquilino un'altra - e dopo tanti anni passati ad occuparsi della sua famiglia, vivere da solo era stato un lusso senza precedenti.

Con una fetta di pizza in una mano, prese delicatamente la caviglia di Bilbo, accarezzando il malleolo con il pollice.

Bilbo mormorò soddisfatto.

"Dovresti davvero imparare a cucinare, comunque," disse Bilbo, masticando un boccone di formaggio. "Non può essere salutare per te, mangiare pizza ogni giorno."

Thorin sbuffò, e le sue dita tracciarono la  curva del piede di Bilbo, rimuovendo un paio di fili d'erba del giardino.

"Non la mangio ogni giorno," ribatté, e Bilbo gli diede una spinta sulla spalla con il ginocchio.

"Potresti sempre fare la pizza, sai," continuò, come se Thorin non avesse mai parlato.

"Come se sapessi come fare."  

"Ti insegno io," rispose Bilbo, e Thorin gli strinse leggermente la caviglia.

Scivolarono di nuovo in silenzio, continuando a mangiare. Da qualche parte nell'appartamento squillò il cellulare di Bilbo, ma lui non si alzò a rispondere.

La temperatura aveva smorzato l'appetito di Thorin, e rinunciò a mangiare poco dopo, posando la testa all'indietro sul divano - Bilbo sembrava non avere scrupoli per il calore, e continuò coraggiosamente.

Chiuse gli occhi e cominciò a canticchiare, una qualche vecchia canzone della sua infanzia, e lasciò che il peso della giornata gli scivolasse via dalle spalle. Dopo un po' sentì il tonfo di un cartone della pizza che colpiva il pavimento, il frusciare di un tovagliolo, e poi una mano gli scorreva lievemente tra i capelli, le unghie che grattavano la curva del suo orecchio, massaggiando circolarmente l'attaccatura dei capelli.

"Faresti meglio a non starmi mettendo l'unto della pizza nei capelli," disse, alzando gli angoli della bocca in un sorriso provocatorio. Bilbo rise, un lieve, basso suono, dietro di lui.

"Oh, zitto," rispose, quasi in un sussurro, mentre le sue dita continuavano a massaggiare, confortanti, la testa di Thorin. "Continua a cantare."

E Thorin continuò, Bilbo di tanto in tanto si univa a lui, scivolando giù sul divano fin quando fu quasi raggomitolato intorno alle sue spalle, steso su un fianco. L'altra mano gli ricadde giù sul tatuaggio intorno al torace di Thorin, accarezzandone le linee, e dopo poco chiuse gli occhi anche lui.

Lontano, il cellulare di Bilbo squillò di nuovo, e Thorin aggrottò la fronte all'interruzione, dando un colpetto con la spalla a Bilbo quando lui emise un suono di protesta.

"Telefono, disse, e Bilbo gemette.

"Sì, sì," disse, rimettendosi in piedi, non prima di strofinare il naso tra i capelli di Thorin un istante. "Abbiamo del ghiaccio?"

Thorin scosse la testa.

"Ne prenderò un po' domani quando torno dal lavoro."1

Bilbo annuì, andando nella sua stanza, e Thorin si tirò su con un sospiro, raccogliendo le scatole della pizza per portarli in cucina. Indagò il congelatore, nel caso ci fosse rimasto del ghiaccio, ma non fu sorpreso di scoprire che l'avevano usato tutto il giorno prima. Tenne la testa vicina all'aria fredda per un momento prima di richiudere lo sportello, dovendosi impedire dal sussultare quando scorse Bilbo sulla porta, la fronte aggrottata al telefono.

"Ti metto un campanello addosso se continui ad andare in giro così silenziosamente," disse, sorridendo mentre prendeva una bottiglia d'acqua dal frigo. Bilbo ricambiò il sorriso, ma fu una mediocre imitazione, e Thorin sentì qualcosa di gelido stringersi nel suo petto.

"Che c'è?"

Bilbo alzò lo sguardo, apparentemente solo ora consapevole di ciò che lo circondava se lo sguardo sorpreso era un'indicazione.

"Oh, scusa. Era Gandalf."

Thorin resistette l'impulso di far sbattere qualcosa. Qualsiasi cosa. "Oh?"

Bilbo si limitò ad annuire senza aggiungere altro, rigirandosi il cellulare tra le mani come se stesse contemplando qualcosa.

"Non erano… cattive notizie?" Thorin osò dopo un altro lungo, teso silenzio, il tono forse un po' più aspro di quanto volesse. Almeno quello colse l'attenzione di Bilbo; rivolse a Thorin un breve sorriso insolito e tornò in salotto.

"Ah- no," disse, indugiando davanti al divano, indeciso se risedersi o no. "Non quello. Mi ha solo aggiornato."

Thorin lo seguì, impaziente.

"E?"

Bilbo fece spallucce.

"È venuto fuori che Gandalf conosceva qualcuno - anche se non sono certo di cosa signifihi. Comunque, è riuscito a risolvere la questione molto prima di quanto aveva pensato."  

Thorin si irrigidì mentre si girava alla poltrona, la schiena rivolta a Bilbo ora. 

"Ah."

Non poteva vedere l'espressione di Bilbo, e ne fu quasi lieto.

"Quindi se ne devono andare entro i prossimi cinque giorni, a quanto pare."

Thorin annuì, attento a non muoversi, stringendo i pugni ai suoi fianchi.

"Quindi… per giovedì?"

Bilbo mormorò in assenso, e si schiarì la gola. Thorin poteva quasi immaginarselo a strofinarsi il naso goffamente, e si rese conto all'improvviso che non avrebbe potuto vedere ogni giorno quei piccoli gesti ai quali si era così insolitamente affezionato.

"Si, giovedì posso tornare."

"Capisco." Sapeva che la sua voce era fredda, ma non sapeva come cambiarla.

"Dovrò assumere un fabbro, non mi fido che non tornino o che non abbiano un duplicato delle chiavi." La voce di Bilbo era meno esitante ora, un sottofondo di entusiasmo quando sembrò finalmente realizzare che significava che poteva finalmente riavere casa sua.

Thorin cercò di esserne felice, davvero; si affondò le unghie nei palmi finché l'impulso di spaccare qualcosa non fu passato.

"Conosco qualcuno, posso chiedere per te se vuoi."

Bilbo toccò la pelle nuda della schiena di Thorin, le dita esitanti per un momento prima che il suo palmo si avvolgesse attorno al suo fianco.

"Sarebbe fantastico, grazie."

Il lieve tocco della fronte di Bilbo comparve tra le scapole di Thorin, e improvvisamente si lasciò andare.

"Quindi… te ne vai."

La voce di Bilbo era bassa e calma.

"Si, immagino. Intendo… questo sarebbe andato avanti solo fin quando non fossi tornato a casa, giusto?"

Thorin annuì, riluttante, e non rispose.

"E non è che le cose cambieranno, tra di noi, mio caro. Non davvero."

Forse Bilbo aveva percepito la tensione della sua schiena, l'improvviso movimento dei muscoli quando raddrizzò le spalle contro la prospettiva del cambiamento.

"Cioè, io voglio ancora… noi," continuò Bilbo dopo un momento, premendo un lieve bacio sulla pelle calda sotto la sua bocca. "Tu… anche, vero?"

Thorin si girò contro di lui allora, in modo da fronteggiarlo; l'idea che Bilbo dubitasse di lui gli tolse il respiro.

"Certo." Disse, il tono forse un po' troppo duro, ma Bilbo sorrise, sollevato.

"Ah, ok, bene."

Thorin gli accarezzò, esitante, i capelli, finendo per avvolgere la mano intorno alla sua nuca, quasi teneramente. Bilbo gli sorrise, e lui osservò il lieve arricciarsi degli angoli dei suoi occhi, linee generate dalla vita e da risate, e gli venne voglia, per un istante, di piangere. Le baciò invece, leggermente, e quando si tirò via fu per vedere Bilbo sorridere di nuovo.

"Le cose non potevano restare così per sempre, vero?" Thorin disse con voce bassa e pesante, e Bilbo sorrise ancora.

"Ma è stato bellissimo. E abbiamo ancora qualche giorno."

Il suo tono era rassicurante, e c'era un calore nelle sue parole che fece venire voglia a Thorin di seppellire il viso nel suo collo.

"Thorin," disse Bilbo, sollevando brevemente le mani prima di farle ricadere ai suoi fianchi. "Thorin, noi… io… mi piace noi, ho bisogno che tu lo sappia, e ho bisogno che tu sappia che il fatto che ritornerò a casa non cambia che-" si interruppe, guardando il pavimento, incerto.

"Non cambia nulla," ripeté dopo un po', la voce più bassa ora. "E almeno… faremo questa cosa degli appuntamenti in modo un po' più ordinario ora, no?"

Thorin si avvicinò di un mezzo passo, e Bilbo si alzò sulle punte dei piedi, premendo la fronte sulla guancia di Thorin.

"Non sapevo volessi l'ordinario," disse, così piano che Bilbo quasi non lo sentì.

"Intendevo solo…" si umettò le labbra, incerto di cosa intendesse dopo tutto. "Non voglio nulla di ordinario, non in quel senso… io voglio te."

Thorin sospirò, e poi gli baciò la testa, parlando tra i riccioli dei suoi capelli. "Lo so," disse.

Bilbo sorrise contro la sua pelle.

"E non sto dicendo che cambierei nulla di quello che è successo, sai," continuò Bilbo. "Non è quello che intendevo." Fece una pausa, un momento. "Sto incasinando un sacco le cose, vero? Sto cercando di dirti che vorrei che stessimo insieme come si deve, senza che io debba appoggiarmi alla tua carità. Stai bene?"

Thorin rise, e annuì, sentendo un improvviso scoppio di risoluzione, una determinazione che sembrò bruciare con feroce intensità sotto la sua pelle, facendo rizzare i capelli sulla sua nuca. Sarebbe andato tutto bene. Ce l'avrebbe fatta

"Non volevo turbarti," disse Bilbo, con un sospiro. "Mi dispiace."

Thorin scosse la testa.

"Non l'hai fatto. Solo io… non ricordavo che te ne saresti andato. E non è carità. Mi è piaciuto averti qui."

Bilbo gli diede una lieve gomitata nel fianco.

"Mi mancherai," gli disse, con sincerità, la voce un po' smorzata dal fatto che aveva premuto il viso sul petto di Thorin.
Thorin sbuffò una risata silenziosa, e baciò di nuovo i suoi capelli.

"Sarà strano qui, senza di te."

Bilbo strofinò il naso sulla pelle nuda di Thorin, e lui potè sentire il suo sorriso.

"Ti preparerò la cena, quando riavrò la mia vecchia cucina," disse, e Thorin serrò un braccio intorno alla sua schiena, l'altro ancora che avvolgeva la testa di Bilbo. "Una vera cena. Portate e tutto. Con il dessert."

"Non vedo l'ora, amore." Disse piano Thorin, e Bilbo baciò la sua clavicola.

Il termine affettuoso gli era sfuggito involontariamente, ma non provò a correggersi, o tirarsi indietro, anche se ne sentì l'impulso. Bilbo si irrigidì tra le sue braccia per un momento, prima di sciogliersi contro di lui, avvolgendo le braccia strette intorno alla sua vita.

"Andrà bene," sussurrò. "Sarà strano, ma andrà bene."

"Si," disse Thorin fermamente, il naso ancora nelle ciocche ricciolute dei capelli di Bilbo, prima di spostare la bocca a tracciare la curva dell'orecchio di Bilbo. "Andrà bene."

"Perché," continuò Thorin, dopo un lungo momento di caldo silenzio, "perché sono già convinto che siamo straordinari, sai."

Suonava stupido, ora che l'aveva detto, e Bilbo rise, e gli diede un leggera manata, ma non riuscì a pentirsene.

"Ridicola creatura," disse Bilbo, dolcemente, perché Thorin era suonato dolorosamente onesto; dovette ingoiare le emozione mentre premeva un bacio sulla sua gola. "Ridicola, perfetta creatura. Penso anch'io."

 
..Continua.

1 Credetemi, sono perplessa quanto voi. A quanto pare in Inghilterra il ghiaccio si compra al supermercato, e non si fa direttamente in casa. D'altronde, in Canada vendono il latte in busta. Che dire, il mondo è bello perchè è vario xD

Note della Traduttrice - repriseI
Il nostro piccolo muffin di angst ♥ Nel prossimo capitolo inizierà a succedere una certa cosa... eheh

Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Note della Traduttrice
Salve ragazze! Come va la domenica? Preparate il ghiaccio per questo capitolo, mi raccomando ;)  Tra l'altro, ho cominciato una raccolta di traduzioni di one-shot sul mio account principale, dateci un'occhiata se vi va O^O
Buona lettura ♥

 
Capitolo 30
 

"Ciao," disse Bilbo con un sorriso caldo, entrando nella cucina, dove Thorin era appoggiato al bancone. Aveva la bocca allappata e gli facevano male le gambe, ma il breve sonno dal quale si era appena svegliato gli aveva ridato un po' di energia, nonostante il tempo.

Sembrava quasi che minacciasse tempesta, il pomeriggio disteso sulla città come una pesante coperta, il sole che picchiava attraverso un lieve strato di nuvole. Bilbo aveva cominciato a sudare dall'istante in cui era uscito di casa, e quello ancor prima che Bifur lo avesse costretto ad una serie di esercizi sfiancanti.

"Com'è andata la fisioterapia?" chiese Thorin, e Bilbo sbadigliò, ancora assonnato, scompigliandosi i capelli.

"Stancante," rispose, rendendosi conto solo ora dell'aspetto di Thorin. "Io- oh."

Era chiaramente appena tornato da una corsa, nonostante il caldo, e la maglietta scura era appiccicata alle forme scolpite del suo petto, umida di sudore, evidenziando i solidi contorni dei muscoli sulle sue spalle e sul petto in modo decisamente ingiusto. I pantaloncini che portava (e oh, non era sicuro che a Thorin potesse essere consentito di uscire di casa con cosce del genere) non aiutavano, davvero.

Thorin lo guardò strano.

"Stai bene?"

Bilbo deglutì. "Mhmm."

Thorin si stiracchiò, e Bilbo fissò il soffitto. Quando osò abbassare gli occhi di nuovo si rese conto che lo sguardo di Thorin era fisso su di lui, che portava ancora i lunghi boxer e la maglietta troppo larga nei quali si era addormentato.

Poi Thorin distolse lo sguardo di colpo, e prese un lungo sorso dalla sua bottiglia d'acqua.

La cucina sembrò improvvisamente molto, molto calda, e aveva la sensazione che non aveva nulla a che fare con la temperatura fuori.

Si umettò il labbro inferiore con la punta della lingua, e Thorin espirò sonoramente.

Sarebbe stato molto facile pensò, percorrere i tre passi nella cucina, afferrare Thorin per la maglietta, e trascinarlo in camera da letto.

Molto facile in effetti.

Thorin pizzicò la sua maglietta, tirando la stoffa umida via dalla sua pelle, e così facendo scoprì un lembo di stomaco e, dio, doveva davvero smettere di farlo.

"Il pub!" Bilbo disse all'improvviso, strappando via lo sguardo. "Intendo, vado al pub. Tra un'ora. Con Bofur. Il pub. Si."

Sbattè le palpebre. Non era venuto fuori nel modo in cui intendeva, ma Thorin annuì, appoggiandosi al bancone mentre si versava dell'acqua sulle mani tenute a coppa e vi si detergeva la fronte, spingendo indietro i capelli ora umidi. Bilbo osservò, ipnotizzato, come un sottile rivolo d'acqua scendeva lungo la sua guancia e la sua mascella, prima di cadere sulla sua gola. Bilbo deglutì di riflesso quando l'acqua si raccolse per un momento sulla sua clavicola prima di filtrare nella stoffa della maglietta.

Quando si posarono di nuovo su di lui, gli occhi di Thorin erano un po' circospetto, e Bilbo sorrise.

"Vuoi venire?"

---------------------------------

"È un posto delizioso," commentò Bilbo, quando Bofur li guidò sul retro del vecchio pub nel suo giardino, in parte sovrastato dalla scarpata nella quale era costruito, che proiettava un'ombra gradita sul giardino ancora semivuoto. La calura sembrava essersi solo intensificata con la sera, e Bilbo sorseggiò il suo rum ghiacciato mentre andavano ad un tavolino libero, il collo già umido di sudore.

"Grazie," disse Bofur mentre si sedevano. "È il nostro ritrovo locale. Mio fratello gestisce il bar e la cucina e quello lì giù e mio cugino."

Fece un cenno in direzione di un gruppetto di uomini, che li salutarono allegramente; avevano i sorrisi caldi e segnati di persone più che entusiaste di condividere una battuta e una pinta con uno sconosciuto per fare amicizia, e Bilbo sorrise loro.

Uno degli uomini - quello con i capelli sale e pepe e una cicatrice che gli divide il volto - incrociò lo sguardo di Thorin e gli fece un cenno, con confidenza. Thorin rispose, prima di abbassare lo sguardo sulle proprie mani.

"Lo conosci?" chiese Bilbo, curioso, e il suo interesse crebbe ancor di più quando la mascella di Thorin si contrasse e lui si rifiutò di guardarlo.

Bofur li osservò curioso.

"Intendi mio cugino, Bifur?" disse allegramente. "Gestisce quel negozio di fiori poco lontano dalla strada principale, qui vicino. Hai capito quale?"

Thorin annuì, a disagio. "Il mio negozio è lì vicino."

Bofur fece un gran sorriso. "Ah, quindi lo conosci!"

Si rivolse a Bilbo, allegro. "Ha un enorme gamma di piante d'appartamento," disse. "Dovresti dargli un'occhiata una volta, ti piacciono i fiori, vero?"

Bilbo annuì, nascondendo un sorriso.

"Mi piacciono, si - Thorin mi ha comprato una bellissima azalea l'altro giorno. Veniva da lì?" chiese a Thorin, che annuì, la mascella serrata, e Bofur fece un cenno con la mano a suo cugino. Bifur si congedò dal suo gruppo di amici e attraversò il cortile di pietra, rivolgendo un lieve sorriso riservato a Bilbo e Thorin prima di avvolgere tra le mani la testa di Bofur e tirarla contro la sua pancia in un gesto stranamente delicato.

"È un piacere rivederla, Signor Durin," disse a Thorin, la voce profonda e rauca. Bilbo gli sorrise anche quando Thorin borbottò una risposta burbera.

"Si sta prendendo cura dell'a-" si interruppe, accigliandosi, un'aria stranamente sofferente sul volto e lo sguardo distante. Ci volle un momento perché Bilbo si rendesse conto di cosa stesse succedendo, e poi considerò la larga cicatrice che gli tagliava la fronte, chiedendosi che tipo di incidente l'avesse provocata.

"Azalea," concluse dopo un momento, e l'assenza d'imbarazzo nel piccolo sorriso rassicurante che rivolse a Bofur rese chiaro che non era un problema nuovo. Bilbo si ricordò con improvvisa chiarezza com'era stato, appena svegliato, e si considerò fortunato che la sua difficoltà nel ricordare le parole fosse scomparsa. Era strano, pensarsi fortunato, ma poi guardò Thorin e si ricordò dell'altro risvolto impensato con cui l'incidente lo aveva benedetto.

"Io- ci pensa Bilbo," disse Thorin, e fu ovvio a tutti che il suo disagio era dovuto all'ammissione di non essersi occupato della pianta e non dal momentaneo silenzio di Bifur.

Bilbo sorrise all'uomo.

"Molti dei boccioli si sono aperti," disse, lo sguardo caldo, perdendosi il modo in cui Thorin lo guardò, l'improvviso addolcirsi della linea della sua mascella che rivelava il suo affetto. "Ma non voglio prendermi il merito. Era tenuta perfettamente. Alcune piante in vaso che si comprano sono secche e devono essere curate. La sua era in perfette condizioni."

Bifur sembrò soddisfatto, un lieve rossore di compiacimento sulla punta del naso, e si rivolse a Thorin.

"É soddisfatto del s… significato?"

Thorin prese un lungo sorso del suo sidro, e annuì. Bofur e Bilbo spostarono entrambi lo sguardo tra lui e Bifur, quasi sincronizzati, curiosi.

"Cosa?" chiese Bofur, quando fu chiaro che nessuno dei due avrebbe spiegato. "Che significato?"

Bilbo diede una gomitata a Thorin.

"Hai chiesto il significato dei fiori?"

Thorin sembrò imbarazzato.

"No?"

Bifur tossì.

"L'hai fatto!"

Il sorriso di Bofur sembrava stesse per scoppiare.

"E che significato hanno questi fiori?"

Bilbo scosse la testa, non volendo mettere Thorin ancor più in imbarazzo, ma premette la coscia contro quella di Thorin per un attimo.

"Non importa," disse, sentendo del calore dipanarsi nel suo petto quando ricordò come Thorin gli aveva chiesto dei fiori, aveva voluto che Bilbo gli spiegasse il loro significato anche se lo sapeva già.

"È stato un piacere incontrala," Bifur disse piano a Bilbo. "E sono contento che le piaccia la pianta."

"Grazie, " rispose Bilbo. "È stato un piacere anche per me. Mi piacerebbe passare dal suo negozio una volta."

Bifur annuì, rivolse un altro sorriso a Bofur, e se ne andò, strofinandosi la cicatrice pensieroso.

Bilbo e Bofur ritornarono alla conversazione cominciata al bar, scambiandosi battute e prese in giro amichevoli che gli riuscirono facili. Era spesso una persona impaziente quando si trattava di socializzare, ma Bofur e la famiglia Durin lo facevano sentire molto più a suo agio di quanto la propria famiglia, o le persone che aveva conosciuto crescendo, avesse mai fatto - gli sembrava di essere più al suo posto con la strana compagnia di gente che aveva incontrato dopo essersi risvegliato dal coma che con chiunque altro conoscesse.

Lanciò un'occhiata a Thorin, pensando a lui in particolare, e vide che aveva l'espressione lievemente accigliata mentre fissava il suo sidro. Era la stessa espressione che compariva a volte quando Bilbo rideva con Frerin, o menzionava qualcuno dal suo passato; non l'aveva mai capita davvero prima, ma si rese conto con un'improvvisa chiarezza che era qualcosa tra insicurezza e una gelosia ben controllata, le dita che tamburellavano sul bicchiere con una leggera impazienza mentre osservava attentamente Bofur.

Bilbo non poté non apprezzare l'autocontrollo con cui Thorin teneva a bada le sue emozioni, persino lui capiva quanto potesse essere frustrante a volte non esprimere i propri sentimenti. Ma quando un uomo meno controllato sarebbe scattato bruscamente, avrebbe aggredito Bilbo con irritazione, lui se la teneva stretta dentro, non lasciandola mai uscire.

O faceva ammenda, raramente.

Non l'aveva ancora visto, ma sospettava che quando il carattere di Thorin avesse preso il sopravvento, sarebbe stato tagliente e instabile, affilato dalla repressione.

Ma non l'aveva mai rivolta su Bilbo, non era mai stato nient'altro che gentile.

Thorin colse il suo sguardo, e c'era un'incertezza nei suoi occhi; Bilbo desiderò di sapere cosa dire per alleviare quello sguardo, ma non c'era nulla che potesse dire in pubblico, così si accontentò di prendergli la mano posata sulla panca tra di loro, accarezzando con il pollice la pelle morbida tra l'indice e il pollice.

Riportò l'attenzione sull'aneddoto che Bofur stava raccontando, e le cose continuarono, però Thorin si inseriva ogni tanto ora, e quando Bilbo lo guardò di nuovo, l'incertezza era diminuita.

Strinse la mano di Thorin, lievemente, tre volte.

Uno. Io.

Due. Ti.

Tre. Amo

Si rese conto di essere arrossito, anche se le parole erano solo nella sua testa.

---------------------------------

"Fa ancora così caldo," disse Bilbo quando entrarono nell'appartamento di Thorin. "Non penso che riuscirò a dormire."

Thorin mormorò in assenso, e Bilbo si allungò per premere un bacio sull'angolo della sua bocca. Avrebbero avuto solo un altro paio di giorni così, pensò tristemente, poi sarebbero vissuti separatamente di nuovo.

"Vuoi sederti fuori, per un po?'"

Thorin annuì. Non aveva lasciato la mano di Bilbo da quando li l'aveva presa, prima, e ora che erano rientrati la teneva ancora come se fosse un'ancora di salvezza.

"Ti va un drink?" chiese, e la sua voce era bassa e profonda nel corridoio scuro; la luce serale se n'era quasi andata, e non si erano disturbati ad accendere le luci entrando.

Bilbo sorrise. "Con un sacco di ghiaccio, per favore."

Finalmente districò la mano da quella di Thorin e andò in bagno; quando uscì fuori fu per trovare Thorin disteso su una sdraio nell'oscurità, gli occhi chiusi e le mani dietro la testa, due alti bicchieri di gin e tonica sul terreno accanto a lui.

Lanciò un'occhiata alla seconda sdraio, e poi Thorin aprì un occhio.

"Vieni qui," disse, la voce ancora bassa nella pesante, immobile notte, e spostò le gambe, ognuna da un lato della sdraio. Bilbo gli rivolse un lieve sorriso affettuoso, e si sistemò tra le cosce di Thorin dopo aver raccolto il suo drink, meravigliandosi di quanto bene ci si trovasse. Si sedette, ma poi le braccia di Thorin si avvolsero intorno alla sua pancia, e fu velocemente tirato indietro conto un petto solido.

Faceva ancora così caldo, troppo caldo per questo genere di cose, ma quando il peso del corpo di Thorin si sistemò attorno a lui, tenendolo stretto, e una mano scivolò sotto la sua maglietta per accarezzare, quasi con riverenza, la morbida curva del suo stomaco, scoprì che la calura poteva andarsene davvero all'altro paese.

Qualunque altra riserva che poteva avere fu silenziata quando una bocca trovò la curva dell'attaccatura del collo alla spalla.

Bilbo prese un lungo sorso del drink per provare a distrarsi dal modo in cui i denti di Thorin grattavano sulla sua pelle, e il ghiaccio tintinnò nel bicchiere.

Si spostò leggermente, e il pollice di Thorin si infilò nella cintura dei suoi pantaloni.

Sentiva così dannatamente caldo, e, come era successo in cucina quel pomeriggio, aveva a che fare solo in parte con il tempo.

Agganciò un cubetto di ghiaccio nel bicchiere e lo succhiò, stringendolo tra i denti quando Thorin baciò la pelle sotto il suo orecchio, e si ritrovò ad emettere un basso suono ansimante in risposta, spingendosi indietro quando sentì qualcosa di duro contro la sua vita, qualcosa stretto dai jeans di Thorin ma che si faceva notare, e ora la mano di Thorin era sulla sua mascella, contro la sua bocca, e-

"Hai le lentiggini," disse la profonda, irregolare voce da dietro di lui, "proprio qui."

Strofinò il naso sull'attaccatura dei suoi capelli, e Bilbo ebbe un tremito.

"Come fai a vedere con questa luce?"

Inarcò la schiena contro il petto di Thorin quando dei denti gli tirarono il lobo dell'orecchio e un dito gli si infilò in bocca, afferrando il cubetto di ghiaccio semisciolto e portandolo via, facendolo scorrere sulla sua mascella, lasciando una scia fredda e umida.

"Sto guardando," arrivò la lieve risposta di Thorin, e Bilbo poté percepire la sua voce rimbombare attraverso il proprio petto. "Sto guardando molto da vicino."

"Quante altre lentiggini hai?" continuò, mentre il cubetto di ghiaccio tracciava un sentiero giù per la gola di Bilbo; una goccia d'acqua scivolò lungo di essa, e Thorin la inseguì con la lingua, prima di tirare impazientemente la maglietta. Il ghiaccio affondò nell'incavo della sua clavicola, e Bilbo rabbrividì-

"Dovrai scoprirlo," disse, e poi si girò tra le braccia di Thorin, rovesciando il drink quando cercò di rimetterlo a terra, e ora era in ginocchio davanti all'altro uomo, perché doveva baciarlo, aveva bisogno di baciarlo, e la bocca di Thorin sapeva di sidro quando leccò la strada dentro di essa, affondando contro di lui, una strana tenerezza mescolata a disperazione, le sue mani nei capelli di Thorin e il suo respiro irregolare.

Thorin emise un basso suono contro la sua bocca e spinse i fianchi contro quelli di Bilbo, e i suoi vestiti e persino la propria pelle improvvisamente sembrarono troppo stretti, troppo, e voleva, e-

"Thorin," riuscì a dire, quando si separarono, e si chiese com'era possibile che fosse ancora capace di pensare, tanto meno parlare. "Thorin, ho bisogno-"

"Dentro," l'altro rispose, e quell'unica parola era devastata, come se la sua voce e compostezza fossero sul punto di spezzarsi. "Dentro, ora."

..Continua.


Note della Traduttrice - repriseI
Per citare North, qui avete il frick, la settimana prossima il frack. Sarà tanto imbarazzante da tradurre oh god

Tra l'altro, il prossimo capitolo sarà in effetti Rosso (dun dun), ma la storia è Arancione perchè il rating in effetti si alza solo per quel capitolo, quindi se non siete maggiorenni fate i bravi e lo saltate, vero? Mi fido di voi seee
Alla prossima!
- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Note della Traduttrice
Pubblicazione speciale anticipata per San Valentino! :D
Vi ricordo che il rating di questo capitolo è ROSSO.
Buona lettura ♥

 
Capitolo 31


La porta sul giardino sul retro rimbalzò sul muro della cucina; Bilbo suppose che c'era da aspettarselo, siccome ci era praticamente caduto addosso per aprirla, sbattendo la schiena contro il legno quando Thorin gli fu addosso.

Si sarebbe ritrovato pieno di lividi la mattina dopo, riuscì a osservare quando il suo fianco urtò il bancone, ma non riusciva ad importagli; le mani di Thorin trovarono il bordo del bancone e lo spinsero contro di esso, bloccandolo sul posto con il suo corpo, i suoi fianchi premuti contro i suoi, ruotando incessantemente, sfregando la sua erezione contro quella di Bilbo.

Avrebbe potuto gemere alla sensazione, ma la bocca di Thorin era premuta sulla sua, alternando tra il mordergli il labbro in preda a qualcosa di simile a fame e il baciarlo con quelli che sembravano anni di frustrazione accumulata, e Bilbo poté solo a tirare i bottoni della camicia di Thorin finche non fu aperta sul suo petto, permettendogli di tracciare le linee decise dei suoi pettorali fino alla profonda v dei fianchi, i peli ruvidi che si infittivano appena prima di scomparire sotto l'elastico dei boxer.

Faceva ancora tanto caldo, troppo caldo, ma non glie ne poteva importare di meno, non poteva fermarsi, e le sue mani scivolarono sotto quell'elastico, senza avere abbastanza spazio per entrare completamente, ma ora poteva sentire la sua erezione, e fece scorrere le dita sulla pelle morbida della punta, e Thorin gemette sulla la bocca di Bilbo e le sue mani furono improvvisamente e inaspettatamente rimosse quando Thorin si spostò.

Ma poi ci furono delle mani sulle sue cosce, e Bilbo fece accarezzò con le dita la pelle nuda degli avambracci di Thorin, la camicia a quadri arrotolata ai gomiti, e poi i suoi palmi trovarono il bancone dietro di sé per aiutare quando Thorin lo spinse sulla superficie; le sue gambe si avvolsero intorno alla schiena di Thorin e improvvisamente gli venne in mente il loro primo bacio, lì in quella stessa cucina.

Sembrava fosse passato molto più tempo da allora, e se ne meravigliò per un momento, quando Thorin si staccò via dal bacio, strattonando impazientemente la maglietta di Bilbo; inarcò la schiena mentre lui gliela tirava su sopra la testa, ma non appena fu gettata sul pavimento le sue mani furono nella massa nera dei capelli di Thorin e quella bocca trovò la clavicola di Bilbo, l'incavo alla base della sua gola, la curva della sua spalla, leccando e succhiando e la testa di Bilbo ricadde all'indietro, il respiro improvvisamente corto e affannoso, cercando un appiglio sulle spalle di Thorin contro l'assalto di impetuosi baci a bocca aperta.

"Lentiggini," Thorin mormorò contro la sua pelle, sul punto poco al di sopra del suo pettorale sinistro dove ce ne era una spruzzata, residui di una lontana vacanza in bicicletta nel sud della Francia; la sua voce era bassa e rovente, e mise al lavoro i denti per far comparire un segno scuro sopra di esse, premendovi un bacio leggero e veloce dopo aver finito, poi si abbassò per crearne un altro sulla sua pancia morbida, appena sotto le costole. 

Sembrava che delle catene d'acciaio si fossero improvvisamente spezzate, e le mani di Thorin erano ovunque, unghie premevano nella schiena di Bilbo prima di spostarsi alle sue cosce, tastando l'erezione gonfia ancora ingiustamente (nell'opinione di Bilbo) intrappolata nei suoi jeans, estraendogli un gemito soffocato prima di ritornare sulle sue cosce, facendosi strada con la lingua nella bocca di Bilbo mentre lo sollevava, quasi inciampando spostandosi dal bancone per incespicare verso il soggiorno.

Lui stava spingendo la stoffa della camicia di Thorin, cercando di avere accesso alla larghezza delle sue spalle, per sentire la tensione di quei muscoli sotto le mani, ma non c'era spazio e la stoffa rimase impigliata tra i loro corpi, e mentre gemeva di frustrazione Thorin inciampò, trovando un muro su cui premere Bilbo mentre aggiustava la presa.

Bilbo era certo che non sarebbe stato in grado di camminare in quel momento, figuriamoci portare un altro, quindi non protestò quando la sua schiena colpì il muro forse un po' troppo forte per andare bene, si limitò ad usare l'opportunità per liberare il materiale; si raccolse intorno alla metà della sua schiena, ancora preso sui gomiti di Thorin, ma gli lasciava le spalle nude, e mentre Thorin si raddrizzava per muoversi di nuovo Bilbo premette la bocca sul profilo duro del suo trapezio, il triangolo tentatore che andava dalla clavicola al collo, mordendolo accidentalmente un po' più forte di quanto volesse quando Thorin mosse i fianchi di Bilbo, strofinando la sua erezione, gonfia quasi in modo doloroso, contro il proprio stomaco.

Non seppe dire se era stato un incidente o no, ma a Thorin non sembrò dare fastidio il modo in cui Bilbo l'aveva morso, se la maniera con cui lasciò cadere Bilbo sul divano senza troppe cerimonie prima di lanciarsi praticamente addosso a lui era di qualche indicazione.

"Tu," Thorin riuscì a dire, contro la bocca di Bilbo, "Tu."

Finì di sfilare la camicia a Thorin, lanciandola con inusuale noncuranza oltre il tavolino - sua madre non avrebbe approvato il fatto che non l'aveva ripiegata bene, ma poi, ringraziando il cielo, sua madre non era lì in quel momento.

"Ho bisogno di te," disse senza fiato, quando Thorin si sollevò da lui, sorreggendosi su una mano mentre l'altra cercava i bottoni dei pantaloni di Bilbo, e Thorin si bloccò, solo per un momento, e poi la sua mano cambiò direzione e prese il suo viso, delicatamente, quasi con tenerezza, inclinandogli la mascella per premere un delicato, profondo bacio sulla sua bocca, qualcosa di dolce, e poi Thorin tornò a mormorare contro la sua pelle, facendosi strada con la bocca giù per il petto di Bilbo, le parole perse nel suono di respiri pesanti e dello scricchiolare del divano sotto di loro, il frusciare della stoffa e il graffiare delle unghie di Bilbo sul cuoio mentre cercava qualcosa, qualunque cosa, alla quale aggrapparsi.

Pensò di cogliere la parola amore, ma non poteva esserne certo, e poteva non significare quello che avrebbe voluto.

E poi alzò i fianchi per permettere a Thorin di abbassargli sulle cosce i jeans e l'intimo, e una lingua calda scorreva nell'incavo del suo bacino, una guancia che gli sfiorava l'erezione, e l'improvvisa stimolazione di quella che ormai era quasi una barba corta fu quasi troppo: i suoi fianchi sussultarono e inarcò la schiena sul divano, mordendosi il braccio per impedirsi dall'emettere un suono osceno quando Thorin lo prese in bocca, bloccando i movimenti involontari dei suoi fianchi con una mano.

"Thorin," disse, anche se fosse fu più un gemito che una reale parola, e l'altro uomo mormorò intorno a lui, una vibrazione piuttosto deconcentrante che fece stringere i muscoli del suo addome. Bilbo affondò i denti più in profondità mentre Thorin si muoveva su e giù, il leggero sfiorare dei denti sulla pelle sensibile proprio sotto la punta che gli faceva rizzare i capelli sulla nuca.

Thorin tolse la bocca e la sua mano ne prese il posto, accarezzandolo su e giù in un ritmo fastidiosamente lento, e Bilbo sospirò quando succhiò la pelle morbida dell'attaccatura della coscia, e allungò l'altra mano sul viso di Bilbo, premendo due dita contro la sua bocca finché lui non le prese, sfiorandole con i denti.

Poi una premette dentro di lui, il pollice di Thorin che accarezzava in cerchi rassicuranti sul suo perineo, e se non era certo di quando le sue mani si erano spostate era solo perché lui era ancora lì a mordicchiargli la pelle, distraendolo completamente.

"Camera da letto," ansimò, quando Thorin strofinò contro qualcosa dentro di lui che gli fece liquefare la colonna vertebrale e gli bloccò il respiro, per un momento. "Camera da letto, ti prego."

Thorin annuì, tirandosi indietro ma baciando Bilbo anche quando lo tirò su a sedere. Lui dovette calciare via i pantaloni ancora intorno alle sue gambe, e poi furono in piedi, baciandosi ancora, muovendosi verso il corridoio; Bilbo urtò il tavolino con il ginocchio e lo stipite della porta con il gomito, e Thorin imprecò sulla sua bocca quando quasi inciampò nell'angolo del tappeto, ma non interruppero il bacio frenetico persino mentre Bilbo armeggiava con i jeans di Thorin, i suoi tentativi di toglierglieli in qualche modo sabotati dal fatto che lui sembrava star facendo del suo meglio per farlo finire lì e ora, nel corridoio, se il modo in cui stava strofinando su e giù con decisione era di qualche indicazione.

Trovarono la camera da letto con una certa difficoltà, e Bilbo cadde sopra di Thorin dopo che il retro delle sue ginocchia ebbe urtato il letto e lui fu crollato all'indietro sulle lenzuola. Bilbo si mise a cavalcioni sulla sua vita, potendo finalmente tirargli via i pantaloni, le ginocchia ai lati dei fianchi di Thorin; mani accarezzavano delicatamente il suo bacino, la sua pancia, sui suoi fianchi, muovendosi con veloce sicurezza per mappare più pelle possibile.

"Comodino," biascicò Thorin quando Bilbo finalmente riuscì ad abbassargli i jeans sulle ginocchia; Thorin li calciò via e Bilbo si sporse su di lui, spingendolo giù mentre rovistava nel cassetto.

Lanciò la bottiglietta a Thorin e dopo un momento un dito freddo fu di nuovo dentro di lui, ora scivoloso e incalzante, e Thorin lo baciò di nuovo come se fosse l'unico modo per sopravvivere,; Bilbo si ritrovò a sciogliersi contro il suo petto mentre veniva aperto con una feroce ma tenera determinazione, sollevò un po' il petto per prendere se stesso e Thorin, riuscendo a stento ad avvolgere entrambe le loro lunghezze in una mano, e la fece scorrere su e giù, lentamente, stuzzicando.

Bilbo gemette quando un secondo dito fu premuto dentro di lui, e poi un altro, il lubrificante troppo freddo sulla sua pelle accaldata, il collo imperlato dal sudore; Thorin si sollevò e fece scorrere la lingua sulla sua gola, assaggiandolo e mordicchiando la sua pelle.

Basta, era quasi troppo ora, e Bilbo non era certo di poter durare ancora a lungo; si sedette, ancora in ginocchio, e infilò l'anello di gomma che aveva preso dal cassetto su di Thorin.

Incrociò il suo sguardo, e c'era così tanto fuoco in esso, tanto affetto, che dovette guardare da un'altra parte perché gli faceva stringere qualcosa in gola; poi si abbassò, facendo passare la grossa lunghezza attraverso l'anello di muscolo con solo un lieve bruciore, e poi Thorin fu dentro di lui, e lui si mosse, con cautela, su e giù. Una volta, due, prima che i fianchi di Thorin si muovessero per accordarsi ai suoi, aumentando il ritmo, le sue mani ai lati delle sue spalle e le cosce che cominciavano a dolore mentre si incontravano ad un ritmo feroce e disperato, ancora e ancora, il suono dell'incontro dei loro corpi che risuonava nel silenzio della stanza, ma poi Thorin spostö lievemente i fianchi, quella sensazione terribilmente meravigliosa ritornò quando trovò quella parte di lui, ed emise un rumore basso e irregolare per rompere il silenzio, e si sporse in avanti, lasciando che Thorin spingesse più in profondità, il viso sopra quello dell'altro; respirava troppo pesantemente per baciare Thorin decentemente ma comunque tracciò il suo labbro inferiore con la bocca mentre si muovevano l'uno contro l'altro; i loro respiri bollenti sulla loro pelle.

"Quasi," Thorin sussurrò, quando una scintilla di piacere fece serrare Bilbo intorno a lui, ed emise un suono gutturale quando lui affondò un po' di più, prendendolo un poco più in profondità; la sua voce era distrutta, e Bilbo fece del suo meglio per ricordarla, perché non c'era niente che voleva di più di poterla immaginare di nuovo.

"Bilbo," disse ancora, e non era giusto quanto meraviglioso suonasse, così, inebriato e un po' perso mentre spingeva su, a fondo dentro di lui, e poi la sua mano trovò l'erezione di Bilbo, spargendo con il pollice il liquido che si era raccolto sulla punta in un lento, dolorosamente lento cerchio per un istante prima di stabilire un ritmo veloce, rasentante la stimolazione eccessiva. Il piacere cominciò a concentrarsi quasi troppo velocemente nel suo petto, caldo e crescente, e ansimò quando l'altra mano di Thorin lo ritirò giù perché lo baciasse, tirando tra i denti il labbro inferiore di Bilbo mentre lo strofinava con movimenti risoluti, e poi venne sulla pancia di Thorin, il piacere che si impennava, schiantandosi attraverso di lui; i fianchi di Thorin tremarono e spinse una, due, tre volte, la testa rovesciata all'indietro, capelli scuri sparsi sulle lenzuola.

Il fragore di un tuono risuono da qualche parte in lontananza.

Bilbo dovette controllare un attimo, per assicurarsi di essere ancora in grado di respirare.

Lo era; precariamente in effetti, ma lo era ancora.

Le sue dita spinsero all'indietro i capelli di Thorin, e l'altro aprì gli occhi, guardandolo.

"Perfetto," disse a Bilbo, la voce bassa. "Tu sei quello perfetto."

Bilbo sorrise, e fece cadere la testa sul petto di Thorin, ansimando ancora lievemente.

"Uomo ridicolo," gli disse, e sotto di lui, poté percepire la risata di Thorin.

-----------------------------------------------------------------

La mattina dopo si svegliò con il profumo di caffè nell'aria, il tamburellare costante della pioggia sul terreno fuori, e il distante mormorio di una voce; strofinò gli occhi sulla stoffa calda del cuscino e si tirò sui gomiti, guardandosi intorno assonnato.

"Mmf," bofonchiò, e ricadde giù.

Allungò un braccio, ma il letto accanto a sé era vuoto, e lui brontolò nel cuscino, inarcando la schiena. Le sue cosce dolevano piacevolmente e l'aria fredda dalla finestra aperta gli scorreva sulla schiena nuda; alzò lo sguardo sulle tende gonfie, macchiate di scuro sull'orlo per la pioggia. L'umidità era finalmente scoppiata, e con un sospiro tastò le coperte, cercando un angolo da tirare per coprirsi e ripararsi dalla brezza.

Era più freddo, si rese conto, perché il calore del corpo di Thorin era sparito dal letto.

E parli del diavolo; la porta della camera da letto si aprì per lasciar entrare Thorin, nudo e scompigliato, e i peli sulle sue braccia si rizzarono quando incontrò lo spiffero.

"Buongiorno," disse, seguendo ogni movimento di Thorin.

"Hai dormito bene?" chiese Thorin, e Bilbo annuì, allungando la mano per sfiorare il fianco di Thorin mentre passava.

"Molto. Non dovresti essere a lavoro?" chiese Bilbo, un po' confuso, lanciando uno sguardo alla luce che filtrava dalla finestra, abbastanza forte nonostante la senza dubbio pesante coltre di nuvole che oscurava il sole.

"Te ne vai domani," disse piano Thorin, posando due tazze di caffè sul comodino, e andò a chiudere la finestra. "Penso che Dwalin possa badare al negozio per oggi."

"Oh?" disse Bilbo, rotolando sul fianco. "E cosa pensavi di fare con questa giornata?"

"Beh," disse Thorin, e anche se la strana tristezza nei suoi occhi c'era ancora, si alleviò un po', e gli angoli della sua bocca si sollevarono. "Pensavo, per cominciare, che sarei tornato a letto."

"Mmhmm," rispose l'altro, il materasso si abbassò accanto a lui quando Thorin si risedette. Bilbo fece scorrere la mano sul suo fianco nudo, tracciando le linee del suo tatuaggio.

Non aveva ancor capito perché Thorin avesse un uccello intorno al torso; accarezzò con le dita le penne di un nero bluastro di quello che poteva essere un corvo, o un corvo imperiale, prima di tirargli lievemente il braccio.

"E cosa dopo che sei tornato a letto?" chiese, la voce tenue, e Thorin lo assecondò, stendendosi accanto a lui. Tirò le lenzuola che coprivano Bilbo, rifugiandosi anch'egli sotto di esse, e premette il suo corpo freddo contro di lui,

"Mi piacerebbe stringerti," disse, la voce bassa, e il sentimento dolce e onesto in essa fece stringere qualcosa nel petto di Bilbo, rendendogli difficile respirare. Un braccio avvolse la sua schiena e lo tirò più vicino. "Se a te va bene. E poi magari non uscire dal letto per il resto della giornata."

"Suona perfetto," Bilbo rispose; la bocca di Thorin trovò la linea della sua mascella, premendovi caldi baci a bocca aperta.

Ansimò lievemente quando Thorin trovò il leggero segno di un livido dalla notte precedente.

"Si può decisamente fare."

Bilbo prese la mascella di Thorin poi, e lo tirò su per dagli un vero bacio di buongiorno, e fece del suo meglio per cancellare dalle loro menti il pensiero della separazione.
 

..Continua.


Note della Traduttrice - repriseI
Si.. ok. Uhm. Non ho mai scritto smut in vita mia e tradurlo non è stato più semplice. Soprattutto perchè l'ho sempre letto solo in inglese, quindi non sono certa delle parole che ho usato *risata imbarazzata*
E come minimo ci sono un'infinità di errori. Uhm
si


Alla prossima!
- Kuro
 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Note della Traduttrice
Salve a tutti! La settimana scorsa non ci sono stata e non ho potuto pubblicare, ma d'ora in poi spero di poter esserci ogni settimana, in modo da finire nei tempi previsti :D E ora, appuntamento con il fluff settimanale!
Buona lettura! ♥

 
Capitolo 32
 

"Tutto qui?" chiese Dis, scrutando sorpresa la sacca nel bagagliaio della macchina di Thorin. "Pensavamo che saremmo venuti per aiutarti a ritrasferirti, sai."

Bilbo annuì, sorridendo. "Cosa vi aspettavate?"

Frerin abbassò col piede il cavalletto della sua moto, saltando giù con più eleganza, Bilbo pensò, di quanta lui sarebbe mai stato capace, non importa quanta pratica potesse fare.

"Un sacco di più di quello," si inserì mentre si sfilava il casco e tirava fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette. Thorin gli lanciò un'occhiataccia scorbutica, ma Frerin si scrollò allegramente di dosso il suo sguardo pesante. "Cosa, non possiedi nulla?"

Bilbo gli rivolse uno sguardo triste.

"Forse no, se Lobelia ha bruciato tutto per vendetta dopo che le è stato detto di andarsene."

La mano di Thorin si sistemò sulla sua schiena quando Bilbo alzò lo sguardo sulla porta d'ingresso verde della casa, di nuovo sua. Erano arrivati qualche minuto prima, ma non aveva ancora osato avvicinarsi, entrare, assicurarsi che tutto fosse di nuovo apposto. In qualche modo aveva la sensazione che se l'avesse fatto, l'idea di casa sua che si era costruito con tanta decisione sarebbe potuta frantumarsi, distruggersi, sarebbe-

"Entriamo, allora?"

Dis diede una brusca gomitata a Frerin, e Bilbo sentì un'improvvisa ed enorme ondata di sollievo.

La stava facendo più grave di quanto non fosse, e non la stava affrontando da solo. Aveva amici qui.

Il pollice di Thorin scivolò sotto il bordo della sua maglietta, e accarezzò dolcemente la pelle della sua schiena.

Aveva famiglia qui.

"Andiamo," disse deciso, e fece per prendere la borsa, ma Vivi ci arrivò prima di lui.

"Ci pensiamo noi," gli disse, sorridendo gentilmente, e Fili gli afferrò la mano, guidandolo verso la porta.

"Andiamo, zio Bilbo!"

Lui guardò Dis, sorpreso, ma anche lei sorrideva.

"Ha chiesto se poteva chiamarti così. Ti dispiace?"

Scosse la testa.

Come poteva dispiacergli?

Thorin afferrò le buste di cibo che avevano preso lungo la strada, e gli rivolse un piccolo, confortante sorriso.

La porta si aprì facilmente e senza intoppi, e ecco casa sua, di nuovo sua, e lui si calciò via le scarpe, il liscio pavimento di legno verniciato familiare sotto i piedi. C'era un odore strano, sbagliato, ma qualche ora con le finestre aperte nella giornata fredda e nuvolosa avrebbe risolto il problema, come rimuovere i profumatori d'ambiente al gelsomino che Lobelia aveva attaccato in ogni stanza. I bassi soffitti a volta erano sopra di lui, la lucentezza calda dei pannelli di legno sui muri ai suoi fianchi, ed era a casa. Si appoggiò all'indietro, percependo una presenza confortante contro la sua schiena, sul petto di Thorin.

"Casa," disse Thorin, la voce bassa, e ci fu il frusciare delle buste di spesa quando ne posò una manciata sul pavimento, avvolgendo il braccio intorno alla pancia di Bilbo, tirandolo a sé.

Appoggiò il mento sulla sua spalla, grattandogli il collo con la barba, e Bilbo posò una mano su quella di Thorin per un momento stringendola leggermente.

"Casa," confermò, e poi Thorin piantò un lieve bacio sulla stoffa che gli copriva la spalla e si tirò via, prendendo di nuovo la spesa.

"Ora," disse, mentre il resto della famiglia si accalcava nel corridoio. "Cucina?"

Tutto era andato senza problemi, grazie a Gandalf, e sembrava che i suoi cugini se ne fossero andati con la pressione di azioni legali limitandosi a sonore lamentele, e sebbene il contenuto del cassetto delle posate sembrasse decisamente ridotto rispetto a prima, pensò di poter considerare la perdita dei suoi cucchiai poco più di un insignificante fastidio rispetto all'aver reclamato casa sua (anche se si sarebbe assicurato di sollevare l'argomento alla prossima cena di famiglia).

Sembrò quasi deludente, non poté fare a meno di pensare mentre cominciava a preparare il pranzo per tutti, con Dis che sminuzzava le cipolle da un lato e Frerin che riempiva il frigorifero dall'altro, un risultato ottenuto troppo facilmente dopo così tante lunghe settimane di tensione e irritazione, dopo aver aspettato così a lungo per tornare a casa; se aveva sperato in un qualche confronto drammatico sulla porta o in un'aula di tribunale, allora sarebbe rimasto deluso. Come la maggior parte dei codardi (perché solo un codardo avrebbe osato provare ad impossessarsi di una casa  mentre il suo occupante era in coma e incapace di opporsi ad un'occupazione ostile), Lobelia e Otho se ne erano andati con tante lagne ma pochi problemi reali, scivolando fuori dalla casa per ritornare alla loro con la coda piantata fermamente tra le gambe.

E ora la brezza soffiava sul giardino delle erbe dentro la sua cucina, portando con sé il profumo delle piante di menta, e un nipote che non sapeva di volere danzava intorno all'albero di buddleia cercando di prendere le farfalle, ed era di nuovo in salute e un meraviglioso, bellissimo uomo si stava occupando dell'asciutto uomo con i capelli rossi e gli occhi sfuggenti venuto a cambiare le serrature.

L'unica cosa negativa era, davvero, che presto Thorin sarebbe dovuto tornare a casa sua, e sulla casa sarebbe di nuovo tornata la familiare, lieve calma portata dalla solitudine, una calma con la quale non aveva alcun problema prima; sapeva che ora non sarebbe mai più andata bene.

Thorin rientrò, e Bilbo sorrise quando avvolse di nuovo le braccia intorno alla sua pancia, modellandosi contro la sua schiena, il naso nei suoi capelli mentre lui continuava a preparare i gamberetti nella ciotola di fronte a sé.

"Tutto fatto," Thorin gli disse, il respiro caldo sulla testa di Bilbo. Le nuove chiavi tintinnarono lievemente quando ne lasciò cadere tre mazzi sul bancone, e Bilbo lanciò loro una veloce occhiata. Uno per lui, ovviamente, e uno per Hamfast, per sicurezza (avere un mazzo di riserva si era rivelato incredibilmente utile in passato, non che avesse intenzione di ricadere in coma tanto presto).

Ce n'era ancora un terzo.

Il pollice di Thorin sfiorò la sua pancia, di nuovo sotto la maglietta di Bilbo, e Frerin alzò gli occhi al cielo, sbuffando irritato quando Vivi entrò e puntualmente imitò suo cognato con Dis, premendo un bacio sul collo dell'altra donna.

"Oh, andiamo!" si lamentò. "Fratello impressionabile qui, che non ha bisogno di vedere i suoi fratelli che pomiciano, grazie mille."

Fili, che aveva seguito sua madre con la speranza di sgraffignare qualcosa da mangiare, tirò la mano di Frerin.

"Ti pomicio io, zio Frerin!" gli disse con un innocente sorriso radioso, e Frerin sospirò quando gli altri risero. Tirò su Fili, prendendo un biscotto dal barattolo che stava riempiendo per ficcarlo nella bocca del bambino.

"Grazie," borbottò mentre Fili gli lanciava le braccia intorno al collo. "Molto meglio degli abbracci sdolcinati dei grandi, vero?"

Fili annuì comprensivo, ma Bilbo piuttosto sospettava che fosse più preso dal biscotto che dalla stretta di Frerin.

"Dovresti portare la tua ragazza la prossima volta," disse distrattamente, decidendo infine che il tempo e il luogo erano appropriati per la sua vendetta. "Così puoi avere tutti gli abbracci da grande che vuoi."

Thorin e Dis probabilmente avrebbero avuto il torcicollo per la velocità con cui si girarono a fissare il fratello, che per un istante ebbe l'aria di un cervo sotto i fanali prima che provasse a nascondersi dietro Fili. Kili, dal suo posto sul seggiolone pieghevole che Dis e Vivi avevano portato, tubò, come se gradisse l'imbarazzo di Frerin - che sebbene non fosse arrossito, era impallidito parecchio.

Bilbo sorrise compiaciuto ai suoi gamberetti che stava finendo, prima di prendere un coltello pulito e un lungo chorizo[1] da affettare.

"Bilbo!" gemette, "Hai promesso."

Potè percepire le vibrazioni della risata mal-repressa di Thorin nella schiena, e sorrise al tagliere

"Scusa," disse, pur perfettamente consapevole di star sogghignando e di non suonare sincero. "Devo essermene dimenticato."

Dis era raggiante.

"Ragazza?" chiese. "Ragazza? Tutti i dettagli, per favore."

Frerin gemette. "Dobbiamo?"

"Se ricordo bene," disse Thorin, strofinando il naso sull'orecchio di Bilbo "una cosa simile mi fu pretesa qualche tempo fa."

"Non mi hai detto nulla," disse Frerin con aria imbronciata, mentre Fili gli ficcava un dito nell'orecchio.

"No," ammise Thorin, "ma poi sei piombato nella stanza d'ospedale per incontrarlo."

Frerin aprì la bocca per protestare, e Bilbo sbuffò sarcastico.

"Comatoso, non conta," disse, e tutti risero ancora, persino Fili, anche se probabilmente non aveva capito la battuta. Era bello, riderci su, ora che era di nuovo a casa sua e la sua vita stava lentamente tornando alla normalità. Non era mai stato il tipo da rimuginare inutilmente sulle disgrazie una volta finite, anche se ammetteva di lamentarsi parecchio nel mentre. Bilbo lanciò a Frerin uno sguardo di scuse.

"Scusa," gli disse, più genuinamente questa volta. "Ma dovevo rifarmi."

Frerin sbuffò. "Probabilmente me lo meritavo," ammise, facendo sedere Fili sul bancone per poi passargli un altro biscotto, prima di rivolgere a Bilbo un sorriso provocatorio. "Ma te lo rinfaccerò comunque."

"Più che accettabile," Bilbo lo rassicurò, sorridendo ancora, e le braccia di Thorin si strinsero un poco intorno a lui. "Ma mi riservo il diritto di lamentarmi quando lo fai."

Frerin annuì. "Andata."

Fortunatamente la conversazione sembrò essersi spostata dai dettagli della vita amorosa di Frerin per il momento, anche se il luccichio negli occhi di Thorin e la curva irritante della bocca di Dis suggerivano che presto l'argomento sarebbe stato ripreso. Preparato tutto, Bilbo tirò fuori la larga pentola d'acciaio per la paella e si mise a preparare loro il pranzo; agganciò il braccio intorno al fianco di Thorin mentre il riso sobbolliva. Gli latri si erano allontanati per occupare il soggiorno, accomodandosi nei grandi, soffici divani che erano lì da quanto ricordava.

"Vuoi rimanere stanotte?" chiese piano, e Thorin fece un rumore basso e sollevato.

"Si," rispose, e in quel momento Bilbo capì che Thorin ci aveva pensato tanto quanto lui, il silenzio di una casa vuota e il freddo di un letto vuoto; aveva passato solo due notti avvolto fermamente intorno al corpo di Thorin, e l'idea di dormire da solo era già una che lo metteva un po' a disagio.

Tirò Thorin più vicino, e si allungò per baciarlo; le sue mani erano tra i suoi capelli e Bilbo lo spinse indietro così da farlo appoggiare al bancone, stabilizzandolo così da poter appoggiarsi al suo petto, facendo leva per baciarlo con decisione. Thorin sospirò lievemente sulla sua bocca, le sue labbra morbide su quelle di Bilbo, tenendolo fermo con una mano intorno alla vita.

Bilbo emise un suono soddisfatto, ma poi Thorin si tirò via, facendo sfiorare i loro nasi.

"Il tuo riso," disse, la voce calda, così piena di affetto che Bilbo dovette sbattere le palpebre dalla sorpresa, perché sembrava che fosse stato sul punto di dire qualcos'altro.

"Cosa?" chiese, e Thorin rise, lasciandolo andare.

"Il tuo riso, penso si stia bruciando."

"Merda!" 

Saltò via da Thorin, e anche se c'era mancato poco, grazie al cielo il riso non si era bruciato, aveva solo bisogno di una girata. Roteò gli occhi con affetto quando Thorin rise, e lo spedì via in soggiorno perché non lo distraesse più dal pranzo; presto la paella fu pronta, vino freddo di frigorifero fu versato e l'unico modo in cui sarebbe potuto essere più perfetto sarebbe stato avere il sole e poter mangiare fuori. Invece si accamparono sulle poltrone e sui divani del soggiorno, senza preoccuparsi della formalità di un tavolo da pranzo.

"È fantastica," disse Dis, e Bilbo sorrise.

"Dopo così tante cene con voi, vi devo almeno un anno di cucina."

I letti erano tutti stati disfatti, ma le sue lenzuola erano ancora nei cassetti, stirate e ripiegate intorno ai piccoli pacchetti di seta contenenti erbe secche che sua madre usava per mantenere fresca la biancheria - avevano perso il profumo anni prima, ma Bilbo non li aveva mai buttati via. C'era da dar credito a Lobelia per la pulizia; non c'era un granello di polvere in giro, e tutto era stato riposto meticolosamente. Persino il bucato che doveva essere fatto quando era entrato in coma era stato lavato, stirato e appeso nell'armadio.

Fissò per un momento la sua fila di magliette, giacche, pantaloni, e poi meravigliato il suo cassetto dei calzini - si era quasi dimenticato come fosse vivere con più delle quattro paia che Hamfast gli aveva portato in tutta fretta.

Gli sarebbe mancata l'enorme doccia di Thorin, pensò mentre scrutava la propria, sospesa sopra la vasca da bagno, un grosso affare Vittoriano nel mezzo del grande bagno. Ed ecco là le sue saponette, i suoi shampoo; lì anche i suoi asciugamani troppo grandi, spessi e morbidi, in sfumature abbinate di crema e verde. Si ritrovò a vagare di stanza in stanza, facendo scorrere le mani su mensole e cuscini, gli intagli di suo padre e i lavori di cucito di sua madre, incapace di dire cosa andasse che non andava. Gli altri lo lasciarono solo per un po', forse dopo aver visto la sua aria strana e pensierosa e aver deciso che aveva bisogno di spazio.
Lì c'era la grande sedia a dondolo dove si sedeva suo padre, con sua madre che si accoccolava nel suo grembo certe sere, o lì i fiori secchi del bouquet nuziale di sua madre, pressati e incorniciati sul muro. Aveva sperato di vederlo sposato, ma non c'era mai stata la persona giusta, il tempo giusto, il momento giusto; non c'era mai stato quel sentimento disperato e inguaribile, quel travolgente desiderio di stringere insieme non solo i corpi ma le vite, far spazio per un'altra persona nel mondo che si era attentamente costruito intorno.
Mi dispiace, mamma, si ritrovò a pensare mentre fissava le delicate rose bianche, i petali ora resi quasi trasparenti dal tempo. L'ho trovato troppo tardi per fartelo conoscere. Lo adoreresti però.

Poi una mano leggermente appiccicosa tirò la sua, e abbassò lo sguardo su occhi grandi e compassionevoli, una macchia di cioccolata sulla guancia di Fili provocata da un ennesimo biscotto datogli da Frerin.

"Stai bene, zio Bilbo?" chiese, tirandogli leggermente la mano. "Sembri triste."

Benedetta e dannata la percettività giovanile, pensò arruffando i capelli di Fili.

"Non sono triste, tesorino," disse, ed era vero, perché era stata più una strana nostalgia a travolgerlo mentre familiarizzava di nuovo con la casa, che tristezza. "Pensavo solo a delle cose."

"Che tipo di cose?" chiese Fili, con l'accesa curiosità dei bambini.

"Oh," rispose Bilbo, sorridendo leggermente. "Tutti i tipi di cose, davvero." Innamorarsi, e la promessa di un domani che non mi sarei mai aspettato, e il modo in cui gli occhi di mia madre si arricciavano agli angoli quand'era felice per qualcosa; l'odore delle sigarette di mio padre nelle calde serate estive e alla famiglia, immagino, e cosa significa davvero, e che mentre ero via sono spuntati i cinorrodi[2] alla rosa canina, e se a Thorin piace lo sciroppo di rosa, e come sarebbe prendere il caffè insieme la mattina nella mia cucina, ogni mattina, e a una terza chiave della quale non so cosa fare.

E gli occhi di Fili, di un così bel blu-grigio, con venature che sembravano d'oro, che lo guardavano con una fiducia così confortante da far stringere qualcosa nel suo petto, far sì che la parte chiusa a chiave del suo cuore si allentasse, solo un po', per amore, e fu solo ora, mentre guardava ai resti dei suoi genitori e del loro amore, che si rese conto di quanto dire quelle parole ad alta voce lo spaventasse, di guardare Thorin e baciarlo e dirgli che era innamorato di lui.

Perché lo amava. In un modo piuttosto impossibile.

"Ho comprato della torta," disse a Fili, invece di dirgli quelle cose, perchè non è un peso di cui carichi un bambino. "La prossima volta te ne faccio una, la tua preferita, ma non ho avuto tempo oggi. Andiamo a prenderne una fetta?"

Fili annuì, sorridendo ancora, e condusse Bilbo fuori dalla stanza.

Presto, pensò tra sé e sé. Presto.


 
 

..Continua.

[1]: I chorizo sono della specie di salami spagnoli, credo molto speziati.
[2]: Ah, le cose che si scoprono leggendo fanfiction! I cinorridi (nome bruttissimo tra l'altro) sono i frutti delle rose, le bacche rosse che producono le rose dopo la fioritura!


Note della Traduttrice - repriseI
Idilliaca la cosa, vero? E il nostro Bilbo ha avuto la rivelazione! (seeeh, sapevamo tutti che lo sapevi già, tsk tsk). Alla prossima settimana, e recensite così mi fate tanto felice! :D

- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Note della Traduttrice
Auguri a tutte le donneH qui presenti! *sparge mimose in giro* Vi scrivo da un fortino di coperte e tè caldo, perchè dopo anni il raffreddore mi ha ritrovato >_>
Niente Thorin in questo capitolo, ma chissà cosa succederà...
Buona lettura! ♥

 
Capitolo 33
 

08:19                     02/08/2014
A: Bilbo
'Giorno.

 08:24                     02/08/2014
Da: Bilbo
Ugh, è già mattina?

 08:25                     02/08/2014
A: Bilbo
Sfortunatamente. Come stai?

 08:27                     02/08/2014
Da: Bilbo
Sto bene. La casa sembra più grande di come ricordavo. Come stai?

 08:31                     02/08/2014
A: Bilbo
Bene. È stato strano svegliarsi in un appartamento vuoto oggi.

 08:31                     02/08/2014
Da: Bilbo
Anche tu mi manchi. Vieni stasera?

 08:33                     02/08/2014
A: Bilbo
Chiudo il negozio oggi. Sarò lì per le sette e mezza.

 08:34                     02/08/2014
Da: Bilbo
Non vedo l'ora.

 08:35                     02/08/2014
 A: Bilbo
Vuoi che porti qualcosa?

 08:37                     02/08/2014
Da: Bilbo
Solo te stesso.

 08:41                     02/08/2014
A: Bilbo
Non una pizza?

 08:42                     02/08/2014
Da: Bilbo
Tu sei meglio.

 08:43                     02/08/2014
A: Bilbo
Lo prenderò come il complimento che è.

 08:45                     02/08/2014
Da: Bilbo
Dovresti. Ho grande stima per la pizza.

 08:48                     02/08/2014
A: Bilbo
Ci vediamo stasera.

 

 08:51                     02/08/2014
Da: Bilbo
Non vedo l'ora.


Sebbene la maggior parte della casa era rimasta immacolata, c'era una stanza che decisamente non lo era.

Il suo ufficio era un disastro, pensò cupamente mentre osservava i cassetti che aveva saccheggiato in cerca dei documenti importanti quando era ancora in ospedale. Fortunatamente sembrava che Lobelia non fosse riuscita ad entrare nella stanza, ma non era stata in uno stato ottimale fin dall'inizio, e ciò significava che lei non aveva potuto spolverare le mensole e i ripiani come aveva fatto nel resto della casa. C'erano buste sparse sul pavimento, e alcuni ragni avevano trovato rifugio sopra le librerie, e lui si mise a lavoro serenamente.

Era la prima vera occupazione che aveva intrapreso da quando era tornato, e la prima mattina che si era svegliato da solo. Thorin era rimasto la prima notte, e poi la seconda, e poi l'intero finesettimana fino a domenica pomeriggio, quando si era districato dalla stretta delle braccia calde di Bilbo e della sua profonda poltrona, dal fascino del cibo del dei pigri caffè irlandesi in veranda, ed era ritornato a casa sua per finire gli schizzi sui quali avrebbe dovuto lavorare quei giorni.

Bilbo si era immerso nel bagno poi, per più ore di quante fossero necessarie, cercando di ignorare la leggera sensazione di vuoto nel suo petto mentre il suo vecchio e malconcio lettore CD faceva echeggiare la musica in giro, e quando era andato a dormire dopo cena, incapace di resistere al richiamo di un pasto di tre portate e un letto piuttosto comodo, si era ritrovato a rigirarsi tra le lenzuola per parecchio tempo nonostante la stanchezza, torcendo le coperte tra le dita per impedirsi di allungarle in cerca di qualcosa che non era lì.

Sospirò mentre si rigirava una penna tra le mano; era così strano che, dopo solo una notte di lontananza, sentiva già la mancanza di Thorin?

Qualcosa sbatté lievemente da qualche parte nella casa, e lui alzò lo sguardo alla porta dello studio quando lo sentì di nuovo. Non era particolarmente forte, e non l'avrebbe sentito se il CD che stava ascoltando non fosse terminato parecchi minuti prima. Gli ci volle un momento per localizzarne la provenienza, ma poi capì: qualcuno stava cercando di aprire la porta sul retro; di solito la teneva aperta, ma era rimasta chiusa dalla notte precedente.

Qualcuno stava cercando di entrare.

"Ehilà?" chiamò, prima di rendersi conto di quanto fosse stupido. Si alzò in piedi, attraversando silenziosamente il corridoio.

Sembrava assurdo che qualcuno cercasse di irrompere prima delle dieci del mattino, come pure la possibilità di qualche senza tetto in cerca di un posto per dormire - quello era un quartiere tranquillo e per bene, non il tipo di posto in cui rischieresti di entrare in una casa con una macchina nel vialetto. Hamfast bussava sempre, e comunque era passato il giorno prima, e Thorin era al lavoro. Non c'era ragione per cui qualcuno volesse provare ad entrare dalla porta sul retro a meno che-

A meno che forse Lobelia avesse deciso di tornare per qualcosa di più dei cucchiaini da tè.

Non era in vena per un confronto, per una litigata sul cespuglio di rosmarino, ma non poteva nemmeno limitarsi a nascondersi dietro le tende e far finta di non essere a casa - per quanto fosse tentato di farlo. Forse sarebbe arrivato il momento in cui i parenti fastidiosi lo avrebbero stancato tanto da farlo nascondere sotto le finestre per evitarli, ma non era quello il giorno.

"Lobelia, io-" cominciò mentre apriva la porta sul retro, solo per incontrare la visione del suo giardino.

"Oh," si interruppe, ma poi uno strascichio da dietro un grosso cespuglio attirò la sua attenzione, e vide piccole converse rosse spuntare da dietro di esso.

"Fee?" chiese, pensando immediatamente all'unico bambino che conosceva. "Cosa stai-"

Ma poi spuntò fuori una testa, e non era la zazzera bionda di Fili, ma riccioli castani pettinati nettamente, anche se molti già erano in disordine. Occhi seri e nocciola si fissarono su Bilbo, un po' spaventati, e lui sentì le sue spalle afflosciarsi.

"Lotho," chiese dopo un momento. "Che diamine ci fai qui?"

Aprì la bocca, la fronte aggrottata, ma poi le sue labbra tremarono e si curvarono all'ingiù e Bilbo si ritrovò a fare un mezzo passo nella sua direzione. Aprì le braccia, che furono subito riempite dal bambino, le sue lacrime che già inzuppavano la sua maglietta, umida contro la pelle della sua pancia.

Fece scorrere la mano tra i capelli di Lotho, disfacendo le spazzolate precise e riportandoli alla massa ribelle di ricci tipica della sua famiglia. Una piccola goccia di pioggia gli colpì il naso, il lastricato freddo sotto i suoi piedi nudi, e alzò lo sguardo al cielo preoccupato.

"Andiamo allora," disse dolcemente. "Dentro tu, così mi puoi dire cosa ci fai qui."

Lotho tirò su col naso, e si incollò al suo fianco mentre lo seguiva in cucina, in cui Bilbo tagliò una spessa fetta della torta al cioccolato e lampone che aveva fatto il giorno prima (in effetti per sfamare Thorin, ma anche un po' per sé), versò un grosso bicchiere di latte e portò entrambi in salotto. Li mise sul tavolino e invitò Lotho a sedersi sulla poltrona dandovi un colpetto.

C'era bisogno, pensò distrattamente, di un divano in cucina, dato quanto tempo ci passava, come ce l'avevano Dis e Vivi nella loro.

Lotho si strofinò gli occhi, e continuò a tirar su col naso mentre sbocconcellava la torta; Bilbo guardò l'orologio sul muro e si chiese dove il ragazzino sarebbe dovuto essere. Non a scuola di certo, perché era Agosto e le scuole erano finite da oltre una settimana, ma Lobelia avrebbe saputo che se ne era andato se doveva essere a casa. Un club estivo forse?

"Come sei venuto qui, Lotho?" chiede, quando il bambino si fu calmato, e la maggior parte della torta fu sparita.

"Camminato," borbottò guardandosi le scarpe.

"Da dove?"

"Mamma mi ha lasciato alla scuola estiva," ammise, lanciando un veloce sguardo a Bilbo da sotto le ciglia. "Io odio la scuola estiva."

Bilbo rise, non potendo trattenere il divertimento. Lobelia era sempre stata convinta che avrebbe avuto il meglio di tutto, e quello a quanto pare includeva suo figlio. Senza dubbio aveva mandato Lotho ai corsi estivi da quando aveva incominciato la scuola, per migliorare la sua pronuncia e scrittura e in matematica, invece di poter passare del tempo a divertirsi.

"Dove fai lezione?" domandò, chiedendosi quanto a lungo avesse camminato.

"Al centro comunitario," disse lui, ondeggiando le gambe. "Mmm, vicino al fiume?"

Bilbo annuì; lo conosceva, anche se era sicuro avesse un vero nome, e non era a più di cinque minuti di distanza, quindi almeno Lotho non si era allontanato troppo. C'erano vari corsi gratuiti per tutte le età durante l'estate, ma non aveva mai sentito di qualcuno così giovane che le frequentava. Si chiese se c'era nessuno della sua stessa età, con cui avrebbe potuto fare amicizia, e sospettava che non fosse così. Senza dubbio passava le giornate da solo a completare esercizi di comprensione e problemi di matematica, li consegnava ad un'insegnante, e tornava a casa.

"E perché sei qui ora?" chiese Bilbo, e la voce di Lotho ricominciò a tremolare quasi immediatamente.

"Mamma dice che ce ne siamo dovuti andare e che tu hai detto che non potevamo tornare," ammise, le parole che scorrevano fuori velocemente. "Ma ho lasciato la mia scatola, zio Bilbo, e papà ha detto che non sei stato tu, è stata colpa nostra per essere venuti qui, ma io non ho fatto niente, e poi hanno litigato e ora non si parlano e io non voglio andare alla scuola estiva e non voglio tornare a casa e voglio tornare qui perché mamma era felice quando eravamo qui e mi manca il mio Rex e, e-"

Si interruppe e scoppiò a piangere, il respiro pesante mescolato al suono spezzato di mezzi singhiozzi, gli occhi rossi e pieni di lacrime, e Bilbo scivolò in ginocchio sul pavimento vicino alla poltrona. Non sapeva bene cosa fare in questo genere di situazioni, ma accarezzò le braccia di Lotho per calmarlo.

"Non è colpa di nessuno," disse dolcemente. "di nessuno affatto. La tua mamma non sapeva che io sarei tornato, ecco tutto. E tua mamma e tuo papà faranno pace presto, sono sicuro. Ma nel frattempo dimmi - che scatola?"

Lotho sospirò, e la sua voce sembrava roca, quindi Bilbo gli passò il latte. Si pulì le labbra dopo averlo finito, e fece un respiro profondo.

"In camera mia, zio Bilbo - nel cassetto segreto dell'armadio. Ci ho nascosto la mia scatola e il mio Rex, ma poi quando sono tornato a casa dalla scuola estiva mamma aveva già messo tutto in valigia e non mi ha voluto far tornare a prenderla, non sapeva che c'era un cassetto segreto, e-"

Bilbo sentì il proprio cuore torcersi; erano anni che non ripensava al suo cassetto segreto, non da quando era un adolescente e ci nascondeva le sigarette. Lotho doveva essere stato messo nella stanza che Bilbo usava da bambino, con il guardaroba a muro- sul suo pavimento, sotto un'asse c'era uno spazio nascosto; ci aveva messo un vecchio cassetto quadrato quando era un bambino, per tenerci cose segrete e nascoste. Piume d'uccello e macchinine giocattolo all'inizio, poi accendini e cioccolata, poi fiaschette e apribottiglie; tutti gli vennero improvvisamente in mente, un montaggio dei suoi anni infantili.

Asciugò gli occhi di Lotho con la manica.

"Andiamo a vedere se li troviamo allora, va bene?" chiese, e Lotho annuì, saltando in piedi e seguendolo timidamente nel corridoio. Superarono la sua attuale camera (si era trasferito nella stanza degli ospiti più grande quando aveva circa diciotto anni, volendo più spazio) e l'ufficio prima di arrivare alla sua vecchia stanza.

"Va' avanti allora," disse, e indugiò sull'uscio. Lotho si gettò sull'armadio, sfilando l'asse e tirando fuori un dinosauro di plastica - Rex presumibilmente - e una vecchia, leggermente arrugginita, scatola d'alluminio, il tipo che probabilmente gli aveva passato suo padre. La scosse leggermente, prima di aprire il coperchio per controllarne il contenuto.

Solo in quel momento si distrasse, e alzò lo sguardo su Bilbo, con l'aria imbarazzata.

"È tutto ancora dentro," disse con una vocina piccola, e Bilbo sorrise.

"Cos'è, pensavi che l'avrei rubata?"

"Mamma ha preso alcuni dei tuoi cucchiai," rispose lui, la voce ancora più bassa, e strascicò un po' i piedi.

"Già," disse Bilbo, "ma non preoccuparti. Ne prenderò di ancora più belli, per infastidirla."

Lotho rise e si strofinò il naso.

"Ora, che ne dici se ti riporto a scuola, prima che tua mamma si accorga che non ci sei?"

Lotho annuì, anche se sembrava rattristato dall'idea, e seguì Bilbo nel corridoio e fuori dalla casa, e l'uomo afferrò le chiavi passando. Camminarono tranquillamente sotto il sole mattutino, la scatola e il dinosauro ancora stretti al suo petto.

"Quindi," Bilbo disse allegramente. "Il tuo papà mi ha detto quanto sei bravo a scuola, l'ultima volta che l'ho visto. Prendi ancora bei voti?"

Loto annuì, accarezzando la schiena di plastica del giocattolo e il coperchio di metallo della scatola, come spaventato che potessero scomparire.

"Ho preso tutte A in pagella alla fine della scuola," disse, orgoglioso.

"Ben fatto," rispose Bilbo, arruffandogli i capelli. "Tua mamma viene mai alle tue lezioni?" chiese. "Parla mai con i tuoi insegnanti?"

Lotho scosse la testa. "Mi lascia e mi riprende e basta."

"Hmmm. C'è qualcosa che vorresti fare, invece che lezione ora?"

Lotho arricciò il naso. "Non voglio fare altra matematica."

Bilbo rise. "No, basta matematica. Qualcos'altro."

Lotho trascinò le scarpe sul marciapiede.

"Hanno anche lezioni di disegno."

Bilbo annuì, e non riprese l'argomento. Lotho lo condusse dentro, attraverso i corridoi fino ad una grande classe popolata solo da un piccolo gruppo di bambini dall'aria infelice che lavoravano in silenzio - come pensava, tutti loro erano più grandi di Lotho.

"Hai la pausa pranzo, vero?"

Lotho annuì.

"All'una."

"Che ne dici se ti passo a prendere domani, e ci sarà altra torta, va bene?"

Lotho annuì, il viso improvvisamente rosso, e Bilbo gli arruffò i capelli con affetto mentre lo spingeva nella classe: dopo essersi assicurato che la sua giovane responsabilità fosse seduta, trovò la segreteria e cambiò il programma di Lotho dal corso di "Preparazione in Matematica e Inglese" a quello di "Arte per bambini", e se ne andò sentendosi molto meglio.

Mandò un messaggio a Otho, perché sarebbe stato sbagliato non farlo, e ricevette solo una breve, stroncata risposta. 

 


 02/08/14              12:01
Da: Otho
Grazie Bilbo. E mi dispiace. Per tutto.

Non aveva bisogno di molto altro; mentre si rimetteva a pulire il suo ufficio si sentì distintamente più leggero. Un pesante senso di colpa che non si era accorto di portare si era sollevato, e il pomeriggio passò in fretta.

Prima di rendersene conto erano arrivate le cinque di pomeriggio, le pesanti nuvole avevano offuscato il sole pomeridiano, e tutto era di nuovo al suo posto e presentabile, a parte lui stesso.

Bilbo era coperto di polvere, e con un sorrisetto entrò in bagno, sganciò dal soffitto la pianta ragno per annaffiarla mentre aspettava che la doccia si scaldasse. Entrare e uscire dal letto gli faceva ancora male alle cosce, che non erano ancora nel pieno delle forze come prima, ma dannatamente vicino.

Thorin sarebbe arrivato tra un paio d'ore, e lui gli avrebbe preparato la cena - aveva gli ingredienti per preparare la pizza, come aveva promesso, e avrebbero potuto mangiare in soggiorno o in camera da letto; a seconda di se sarebbero riusciti a non cadere a letto prima che fosse pronta.

E poi stasera, pensò, glie l'avrebbe detto; non sapeva bene come o quando, ma avrebbe ammesso che lo amava, che lo amava da un po', e aveva bisogno che Thorin lo sapesse anche se non provava lo stesso. E poi-

Beh, poi avrebbe dovuto scoprirlo. Non sapeva che risposta avrebbe ricevuto.

Chiuse la doccia, passandosi le mani tra i capelli per rimuovere l'acqua in eccesso, e allungò una gamba per scioglierla.

La porcellana era scivolosa sotto i piedi.

Chiuse gli occhi nel vapore e allungò la mano per prendere l'asciugamano appeso al termosifone da parete lì vicino.

Il suo piede scivolò, e lui cercò di aggrapparsi al rubinetto, al lato, a qualcosa per sorreggersi, ma la sua percezione era distorta, e le dita li sfiorarono e basta mentre si agitavano, e poi la sua coscia fu scossa da un crampo e il ginocchio cedette sotto di lui, e lui cadde, imprecando.

La sua testa colpì il bordo della vasca con un tonfo, e lui fissò confusamente il soffitto verde pallido per un secondo.

Poi tutto fu buio.

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
DUN DUN DUN DUUUUN
Il prossimo capitolo sarebbe corto corto corto, che faccio, lo pubblico stasera o domani? *risata diabolica*

- Kuro

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Note della Traduttrice
Come promesso, ecco qui il capitolo corto corto.
Buona lettura! ♥

 
Capitolo 34



1 chiamata persa: Otho
2 chiamate perse: Otho
1 chiamata persa: Thorin
2 chiamate perse: Thorin
 
 19:38                     02/08/14
Da: Thorin
Sono fuori

 19:39                     02/08/14
Da: Thorin
Hei?
 
3 chiamate perse: Thorin
 
 19:42                     02/08/14
Da: Thorin
Hei, vieni ad aprire la porta?

 19:45                     02/08/14
Da: Thorin
Bilbo?
 
4 chiamate perse: Thorin
 
 19:49                     02/08/14
Da: Thorin
Se ti sei addormentato sarò molto scocciato.
 
5 chiamate perse: Thorin
6 chiamate perse: Thorin
 
 19:52                     02/08/14
Da: Thorin
Vado a casa, chiamami se ti svegli.
 
3 chiamate perse: Otho
7 chiamate perse: Thorin
1 chiamata persa: Frerin
1 chiamata persa: Gandalf
8 chiamate perse: Thorin
 
 20:11                     02/08/14
Da: Thorin
Mi farai la predica per essermi preoccupato quando ti trovo addormentato sul divano, ma provo la porta sul retro.

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
Beh... è corto.
*scappa inseguita dai forconi*

- Kuro



 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Note della Traduttrice
Questo capitolo non finiva mai! Ci saranno sicuramente millemila errori, ma ora non posso proprio revisionarlo tutto xO Magari lo sistemo poi...
Edit: capitolo revisionato! Ora va un po' meglio~
Buona lettura! ♥

Capitolo 35

C'era il ronzio della voce di Frerin, ma lui non riusciva a sentirla davvero.

La cucina odorava di basilico e lievito, uno sbuffo di farina nell'aria quando il sfiorò il bancone con il gomito.

Chiamò, e la propria voce gli suonò strana.

C'era un cellulare, il cellulare di Bilbo, sul pavimento nel corridoio.

Perché era nel corridoio?

Il gocciolio d'acqua da qualche parte in fondo.

Seguì il suono, l'unico suono, fino al bagno; la doccia era chiusa solo parzialmente, un sottile rivolo d'acqua scorreva ancora nella vasca.

Allungò la mano per chiuderla, ma poi una vivida macchia di rosso sul bianco gli catturò lo sguardo.

Bilbo non era in casa, ma c'era del sangue sul lato della vasca.

-------------------------------------------------

All'inizio Bilbo si rese conto che qualcosa che non andava quando, di ritorno da una serie di radiografie alla testa, trovò Thorin e Frerin che litigavano animatamente con l'infermiere fuori dalla sua stanza, pretendendo, sembrava, di sapere di preciso dove fosse Bilbo e cosa c'era che non andava. L'infermiere, un uomo gentile con solo un po' di grigio intorno alle tempie, aveva l'aria piuttosto esausta mentre cercava di spiegare ai due che non poteva dire loro nulla, legalmente parlando, perché non erano familiari, e non sembrava che loro la stessero prendendo molto bene.

"Non preoccuparti, Bard," disse all'infermiere, sussultando mentre passavano sotto una luce piuttosto abbagliante che gli provocò una fitta di dolore alla testa, anche se decisamente meno intensa rispetto a qualche ora prima. "Li conosco, va bene."

Bard annuì, aprendo la porta della stanza di Bilbo per far entrare i due, anche se continuò a guardare Thorin in modo poco amichevole. Bilbo si chiese cosa, esattamente, si fossero detti prima che arrivasse. Thorin aveva l'aria decisamente furibonda, un'espressione che aveva visto solo in stralci prima d'ora: rabbia e frustrazione avevano lasciato una smorfia dura sul suo viso, e per la prima volta Bilbo capì perché le persone potevano trovarlo minaccioso. Sembrava che qualche mano primordiale l'avesse scolpito dalla roccia.

"Stai bene?" chiese a Thorin, mentre l'infermiere parcheggiava il suo letto al centro della stanza. "Mi dispiace di non aveti potuto chiamare per avvertirti che non ci sarei stato, io-"

"Non sapevo dov'eri!" la voce di Thorin era aspra come la sua espressione, aggrottata in un cipiglio arrabbiato.

"Scusa, ho chiamato un'ambulanza e poi mi sono dovuto stendere," rispose, notando solo ora la tensione che permeava ogni linea del corpo di Thorin, e inclinò la testa di lato, guardandolo. "Stai bene?"

Sembrò che Thorin non l'avesse neanche sentito.

"Tutto quello che ci hanno detto, dopo aver capito che eri qui, è che ti trattenevano per una possibile commozione cerebrale, pensavo…" si interruppe, abbassando lo sguardo sul pavimento. "Come hai potuto essere così avventato?"

Le sopracciglia di Bilbo scattarono su fino all'attaccatura dei capelli; sebbene capisse che la reazione di Thorin dipendeva più da paura e frustrazione che altro, era comunque inappropriata, e gli faceva decisamente troppo male la testa per mettersi a mitigare la sua rabbia, come avrebbe fatto in altre occasioni.

"Calmati, va bene?" rispose, facendo del suo meglio per trattenere l'irritazione e mantenere la voce tranquillizzante. "Va tutto bene, sono solo scivolato nella doccia-"

"Non c'è nessun 'solo' se finisci di nuovo nel fottuto ospedale!"

I pugni di Thorin erano stretti ai suoi lati ora, e Bilbo sentì uno sprazzo d'irritazione spuntare tra la nebbia degli antidolorifici.

"Senti, la smetti di urlarmi addosso? Capisco che sei agitato, ma devi rilassarti, io-"

"Ti amo, non puoi aspettarti che mi calmi quando vado a casa tua e non c'è nessuno, solo sangue sul pavimento e il tuo telefono in corridoio, e non posso contattarti e non ho idea di dove tu sia andato-"

Bilbo gli lanciò un'occhiataccia.

"Oh andiamo, dove pensavi che fossi andato? Cos'è, pensavi che Lobelia mi avesse rapito per riprendersi casa mia?"

Qualcosa baluginò negli occhi di Thorin, indicando chiaramente che tutte le peggiori ipotesi gli erano venute in mente, e sbuffò. "Sei ridicolo!"

"Ero preoccupato!" scattò Thorin, ma le sue mani si stavano rilassando e il suo tono era meno tagliente, in qualche modo più vuoto.

"So che lo eri!" Bilbo ribatté, mentre Frerin trascinava i piedi in mezzo a loro, a disagio. "Mi sarei preoccupato anch'io! Ma non posso farci niente e va tutto bene quindi calmati."

"Sono calmo!"

Frerin si schiarì la gola. "Thorin, io-"

Suo fratello lo interruppe prima che potesse finire qualunque cosa stesse dicendo. "Lascia perdere, Frerin," sbottò, prima di andare alla porta e uscire infuriato, sbattendola con decisione dietro di sé.

Frerin sospirò, appoggiandosi al muro con un'occhiata minacciosa alla porta, prima di riportare l'attenzione su Bilbo.

"Stai bene?"

"Sto bene. Sono stanco. Sono.." s'interruppe, incerto su cosa fosse in quel momento. Frerin sembrò accorgersene e si tirò via dal muro, andando alla brocca sul tavolo.

"Vuoi un po' d'acqua?"

Bilbo sospirò, strofinandosi gli occhi.

"Per favore."

Frerin canticchiò lievemente mentre versava, e passò il bicchiere a Bilbo.

"Non sapevo che tu e Thorin foste alla fase del 'ti amo'," commentò distrattamente, e Bilbo sbuffò una risatina amara.

"Neanch'io," rispose, nascondendo la frustrazione con un lungo sorso.

"Io- oh."

Frerin rimase in silenzio per un po', a disagio, mentre Bilbo respirava profondamente e faceva del suo meglio per calmarsi.

"È strano," disse Frerin, alzando lo sguardo sul soffitto. "Non penso che Thorin mi abbia mai chiamato per chiedere un consiglio."

Bilbo lo fissò, sorpreso. "Cosa?"

Frerin annuì, allungandosi per riempirgli il bicchiere d'acqua.

"Mi ha chiamato dopo essere andato a casa tua, per chiedermi se… beh, non sono certo di cosa stesse chiedendo, davvero. Penso che avesse solo bisogno di sentirsi dire che andava tutto bene, anche se l'ha detto specificatamente."

Le spalle di Bilbo si afflosciarono un po'.

"E poi mi ha chiesto cosa dovesse fare, e gli ho detto che avrei chiamato l'ospedale per vedere se eri stato ricoverato."

Bilbo annuì. "Mi sono svegliato qualche minuto dopo aver sbattuto la testa," disse a Frerin, "e ho chiamato l'ambulanza- avrei guidato, ma mi sentivo ancora un po' stordito."

"Buona idea," disse Frerin. "Non penso che vogliamo aggiungere un incidente stradale alla lista dei tuoi ultimi incidenti. Ma l'ospedale ha detto che non eri qui, a quanto pare solo perché i tuoi documenti non erano stati ancora registrati, e non eri ancora nel sistema."

Bilbo guardò l'orologio sul muro, che segnava l'una meno un quarto del mattino.

"Quindi ci è voluto un po' per capire dove fossi. Alla fine siamo venuti qui comunque, per controllare di nuovo, e il tuo amico Beorn ci ha visti e ha riconosciuto Thorin - a quanto pare aveva il doppio turno al pronto soccorso quando sei stato ricoverato."

Bilbo annuì, ricordando vagamente; era tutto un po' sfocato. Aveva aspettato un po' per farsi mettere i punti alla testa finché qualcuno ad un certo punto aveva visto la sua cartella medica e si era reso conto che, dopo solo qualche mese dal coma, era sulla lista rossa per i traumi alla testa e necessitava di attenzione immediata. Dopodiché le ore erano volate, il taglio sulla sua testa era stato sistemato, aveva aspettato i risultati dei test e gli erano stati dati degli antidolorifici.

Si era preoccupato a sufficienza, sapeva dov'era e che sarebbe stato bene con un po' di riposo; Thorin invece non sapeva nulla.

Ci fu un lieve bussare alla porta, e per un momento ebbe un tuffo al cuore, ma poi non fu Thorin ad aprirla, ma un medico dai capelli grigi e l'aria stanca. Aggrottò la fronte alla presenza di Frerin prima di salutare Bilbo a voce piuttosto alta.

"Uhm, salve," offrì Bilbo, sussultando per il volume.

"Ora," disse il medico, sistemandosi l'apparecchio acustico. "Abbiamo i risultati, non c'è gonfiore o altri problemi, ma siccome hai perso conoscenza vogliamo tenerti in osservazione per la notte, va bene? Solo nel caso ci fosse qualche commozione o qualche problema che potrebbe presentarsi più avanti."

Bilbo annuì con entusiasmo. Una notte era più che accettabile, rispetto alla sua ultima visita.

"Le ore di visita sono finite, sa." Disse minacciosamente a Frerin, lanciandogli un'occhiata con la coda dell'occhio, ma Frerin si limitò a sorridere allegramente e non accennò ad andarsene. Alla fine il dottore si schiarì la gola e si rivolse al paziente.

"In ogni caso, puoi dormire ora, che sarebbe anche una buona idea data l'ora. Ma un infermiere passerà ogni due ore per controllarti, va bene?"

"Certo," rispose Bilbo. "Grazie."

Il medico lanciò a Frerin un altro sguardo esasperato e poi se ne andò, chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé. Bilbo poté solo scorgere un momento il corridoio vuoto e qualcosa si strinse nel suo petto, all'improvviso Thorin gli mancava terribilmente. Aveva alquanto bisogno di qualcuno che gli baciasse la fronte e gli dicesse che sarebbe andato tutto bene, anche se sapeva logicamente che era così: e non avrebbe decisamente chiesto a Frerin di farlo.

"È divertente," arrivò la voce di Frerin, aprendosi un varco tra i suoi pensieri. "Sembri proprio lui quando pensa a te, ora. Un po' perso e un po' speranzoso e un po' spaventato, tutto insieme."

Bilbo raccolse le ginocchia al petto, posandovi il mento, e non rispose. Frerin si passò una mano tra i capelli, appoggiandosi di nuovo al muro.

"Sai, penso che avrebbe voluto essere lui a trovarti," disse dopo un lungo momento. "Thorin, intendo. Non per poterti prendere tra le braccia e portarti come un principe azzurro, non per poterti salvare, ma per poter fare qualcosa. Non reagisce bene al non fare nulla, a non poter far nulla."

"Lo so," disse Bilbo, sentendosi all'improvviso molto stanco. "Lo so che era frustrato per non avermi aiutato, ma non è un dovere."

"Ma lo è," lo interruppe Frerin. "Non importa quanto tu possa dire il contrario, se ami qualcuno, sembrerà sempre che sia tuo dovere salvarlo. Se la situazione fosse invertita, non pensi che ti saresti sentito in colpa a non essere lì?"

"Si," concordò Bilbo senza esitare, e poi sospirò, l'irritazione che scivolava via.

"Sai che si è occupato di noi da quando aveva diciannove anni? È stato lui a portarmi a farmi fare la lavanda gastrica quando mi sono intossicato con l'alcool il giorno del mio diciassettesimo compleanno, è stato lui a convincere Dis a fare coming out alla famiglia quando aveva sedici anni. È stato lui a spingere Dwalin a prendere la laurea, ed è stato lui ad aiutare Balin con il divorzio; ha aiutato Vivi a superare i ripensamenti prima del matrimonio suo e di Dis e ha insegnato a Fili come camminare con le stampelle quando si è slogato la caviglia l'anno scorso.

"Quando ho iniziato l'università avevo così tanta nostalgia di casa che ho finito per chiamarlo quasi in lacrime, e lui ha guidato per ore nel mezzo della note per venire a parlarmi. È stato lui a parlare con i dottori quando Dis era in ospedale quando Kili è nato; è stato lui a stare alzato con me tutta la notte quando ero ancora grave dopo che mi hanno pugnalato. Era lì, questo è il punto, e questa è la differenza con te- non c'era. E non c'è mai stato- veniva da te e ti portava la pizza ma non ti stava aiutando, non secondo lui, e andava bene quando miglioravi, ma poi non era lì quando sei caduto, e non riesce a superarlo."

Bilbo si accigliò. "Cosa stai dicendo?"

Frerin scosse la testa. "Non sto cercando di insinuare nulla. Sto solo cercando di farti capire chi è e cos'ha passato, perché ad essere onesti lui fa schifo a farlo e non ne sarà in grado. E non capirmi cale, è stato uno stronzo e ti deve delle scuse, ma… ha buone intenzioni. Davvero. E ti ama, e io gli voglio bene, e voglio che lui abbia qualcuno che lo capisca, per lui."

E la cosa era, che Bilbo poteva capire. Poteva davvero.

Non aveva mai lasciato che Thorin lo aiutasse, non aveva mai lasciato che si avvicinasse troppo, e Thorin aveva provato a dirglielo, quel giorno sulla spiaggia, che non era pietà che lo faceva allungare la mano per tenerlo in equilibrio. Non era pietà, era compassione, speranza, affetto, era amore.

E Bilbo era lì a cercare freneticamente di capire come confessarsi a Thorin, se provasse lo stesso o no, quando per tutto il tempo era stato lì, crescendo silenziosamente, costruendosi, formandosi, appena pronto a sbocciare perché loro lo riconoscessero. L'amore non compare mai dal nulla; l'amore cresce, e cercare di pianificare il momento per riconoscerlo è inutile. Bisogna solo barcollare insieme finché non si può far altro che dirlo ad alta voce, inciampando sulle parole con il peso dei sentimenti.

Sentiva l'amore scaldargli il petto, l'irritazione completamente dimenticata, gli faceva male la testa e gli faceva male il cuore e ora Frerin lo guardava divertito, scuotendo leggermente la testa.

"Tornerà presto," rassicurò. "Si sta solo dando una calmata."

"Non l'ho mai visto arrabbiato," disse Bilbo sorridendo, perché ora non poteva smettere di farlo. "Non davvero. Solo una volta è uscito così da una stanza prima d'ora, ed è stato perché io gli ho urlato contro. Immagino che abbiamo chiuso il cerchio, con quest'ospedale."

Frerin si limitò a scrollare le spalle pigramente.

"Non si arrabbia spesso," disse, "anche se è sempre impressionante quando lo fa. Litigava continuamente con nostro padre, prima. Ha cercato di controllarsi quando eravamo solo noi tre."

Bilbo allungò la mano, allora, e prese quella di Frerin, stringendola, e l'altro sorrise al pavimento.

"Pensi di poter dormire?"

Bilbo annuì, placato dalla contentezza nel suo cuore. "Probabilmente. Dovresti andare a casa e riposarti anche tu," rispose, lanciando uno sguardo all'orologio sul muro, che indicava che ora erano quasi le due- decisamente troppo tardi per essere ancora svegli e sobri, secondo lui. "Mi dispiace che tu sia dovuto rimanere così a lungo."

Ma con sua sorpresa, Frerin non annuì e non andò alla porta; invece si lanciò sulla sedia di fianco al suo letto, scrollandosi di dosso la giacca di pelle per drappeggiarla casualmente sul proprio petto.

"Alla fine gli ho tirato fuori tutta la storia, sai," disse, ruotando le spalle nella sedia. "Su come è finito per caso nella tua stanza, mesi fa, quando Kee è nato. E penso che la cosa che lo abbia turbato di più, la cosa che lo turba ancora di più, è che l'infermiere gli disse che non avevi molte visite, e che quando ti sei svegliato eri solo. Avrebbe voluto essere lì, penso, anche se non lo conoscevi."

Bilbo chiuse i pugni intorno alle coperte del letto, torcendo la stoffa tra le dita.

"E se pensi," Frerin continuò, appoggiando i piedi sul telaio del letto e puntandogli contro un dito accusatore, "Che qualcuno di noi ti lascerà a svegliarti un'altra volta da solo in un ospedale, allora devi davvero farti vedere la testa."

Abbassò velocemente gli occhi sulla cartella ai piedi del letto, dove c'erano i risultati dei veri esami al cranio e al cervello, e fece una smorfia.

"Sai cosa intendo," disse, e Bilbo sbuffò una lieve, piccola risata.

"Ora va' a dormire," disse Frerin, allungandosi per spegnere la luce principale con la lunga corda che pendeva al fianco del letto. "È un'ora ridicola e ho bisogno di una dormita, e per l'appunto, anche tu."

Chiuse gli occhi poi, con una certa decisione, ma sbirciò di nuovo quando Bilbo cominciò a ridere.

"Va bene," rispose. "E sonno sia."

E il sonno arrivò velocemente, per fortuna, la notte scura lo avvolse per tirarlo giù.

-------------------------------------------------

La notte passò, il sole sorse, e Thorin rimase seduto nell'atrio dell'ospedale ignorando il via vai di gente intorno a lui, ignorando il rumore e la calca delle persone che si affrettavano attraverso le porte per il pronto soccorso, fissando invece le proprie mani.

Era arrabbiato, era ferito, era frustrato; più che altro a sé stesso ora, ma non era ancora pronto ad ammetterlo ad alta voce.

Sta bene, si ripeteva ancora e ancora. Sta bene, è stato solo uno spavento, il sangue nel bagno non era grave come pensava che fosse, solo un taglio sulla nuca e qualche istante di incoscienza secondo Beorn, che probabilmente non gli avrebbe dovuto dire nulla, sta bene.

Thorin cercò di respirare, ma il sapore degli antisettici e della candeggina nell'aria gli si bloccò in gola, provocandogli un'ondata di nausea.

Si strofinò gli occhi stanchi con i pugni mentre il grumo di rabbia che gli aveva stretto il petto cominciava a dissolversi, allentando lentamente la stretta sul suo cuore e sui suoi pensieri, e lui poté vedere chiaramente che non era la rabbia, non davvero, ma la paura che lo aveva fatto sbottare a Bilbo. La paura che lo aveva fatto fissare ciecamente la strada mentre guidava verso l'ospedale, la paura che gli aveva fatto sputare fuori che amava Bilbo nel mezzo di un litigio, per fargli capire quanto fosse stato difficile pensare di perderlo.

Lo amava, e glie l'aveva urlato.

Poteva quasi sentire Dis che gli faceva la predica sulle norme sociali.

Il cellulare gli vibrò in tasca, annunciando la batteria quasi scarica, e lo tirò fuori, guardando lo schermo che era ancora aperto sulla conversazione in messaggi tra lui e Bilbo. L'ultimo messaggio che Bilbo gli aveva mandato, e a cui lui non aveva neanche risposto; sarebbe potuto morire, e lui non avrebbe neanche mai risposto al suo ultimo messaggio.

E ora Bilbo era senza dubbio furioso con lui, o offeso, e probabilmente quello era peggio, e Thorin non sapeva neanche come cominciare a scusarsi o persino se dovesse farlo, se forse dovesse semplicemente andarsene…

Ma no, sapeva di non poterlo fare; aveva bisogno di vederlo.

Le ore passarono così, Thorin curvo sulla dura sedia di plastica, finché il primo mattino non arrivò di nuovo, e sebbene lui fosse stanco la sua mente era troppo carica per anche solo contemplare il sonno.

La luce del sole colpì le finestre dell'atrio, e Thorin si rese conto che il via vai era scemato un po', sembrava fosse ora che la giornata ricominciasse davvero.

Ci fu il rumore di una serratura che si apriva vicino a lui, abbastanza fuori luogo da distoglierlo dai pensieri, e alzò lo sguardo, cercandone la fonte.

Era il ragazzo da cui aveva comprato i fiori prima, quello con il sorriso onesto e i capelli castano rossiccio, che apriva il negozio degli articoli da regalo. Incrociò lo sguardo di Thorin e gli rivolse un piccolo, incerto sorriso.

"Ciao," disse, esitando un po'. "Non ti vedo da un po'. Cercavi altri fiori?"

Thorin aprì la bocca; poi, sorprendendo il ragazzo, sorrise.
 

-------------------------------------------------

Bilbo fu svegliato varie volte durante la notte, dagli infermieri, ma ogni volta si limitava a lasciare che gli controllassero gli occhi e rispondeva a bassa voce alle domande che gli venivano poste prima di scivolare di nuovo nel sonno, senza neanche alzare la testa dal cuscino. Alla fine però si svegliò da solo; la luce della tarda mattinata filtrava attraverso le tende sottili, e la stanza era un po' fredda, ma non era certo se fosse stata una di quelle cose a riscuoterlo.

Sbatté le palpebre alla vista della fila di vasi sul tavolo, che decisamente non erano lì la notte precedente, e ai fiori che si riversavano fuori da essi, la vista ancora appannata dal sonno e dagli antidolorifici.

Tulipani.

Aprì la bocca.

Calle.

Rose bianche.

Fresie.

Peonie.

Orchidee.

Girasoli.

Si coprì la bocca con la mano per smorzare quella che poteva essere una risata, o un singhiozzo.

Lì, il più vicino a lui, c'era un vaso pieno di tulipani variegati, arancioni e gialli che si mescolavano insieme, come i fiori che ricordava vagamente di aver visto la prima volta che si era svegliato, qui in ospedale, quando aveva dormito così tanto, e non sapeva chi li avesse lasciati ma lo avevano confortato, con la loro vivace allegria, la luce del sole che risplendeva tra i petali e il vetro del vaso che la catturava, e-

Un sorriso si aprì sul suo viso, all'improvviso, quando abbassò lo sguardo sul letto. Lì c'era una figura ampia e alta, ancora nella sedia, che dormiva accasciata sul materasso, ma aveva capelli più scuri di quelli di Frerin.

"Hey," Bilbo disse lievemente, allungando una mano per accarezzare i capelli di Thorin. "Ti farà male la schiena a dormire così."

Thorin si svegliò di soprassalto, tracciando immediatamente con gli occhi le linee del viso di Bilbo, le sue spalle, le braccia, come per assicurarsi che andasse ancora tutto bene.

Non disse nulla, ma la sua bocca era curvata all'ingiù, la fronte ancora aggrottata, e Bilbo gli rivolse un piccolo sorriso.

"C'è spazio qui su, sai," disse, la voce ancora bassa, come se avesse paura che qualcuno origliasse. "Staremo stretti, ma…"

Si interruppe, ma i suoi occhi erano speranzosi, e Thorin sembrò capire cosa stesse chiedendo.

Era piccolo per due persone, ma Thorin si modellò sulla schiena di Bilbo, le ginocchia raccolte con le sue e la fronte poggiata sul suo collo, incurante dei ciuffi di capelli che gli sfioravano la pelle.

"Come ti senti?" chiese, ora che non poteva guardarlo negli occhi, e l'altro sorrise mentre tirava il braccio di Thorin intorno a sé, intrecciando le loro dita e spingendosi più vicino.

"Stanco," disse, gli occhi che gli si chiudevano involontariamente. "E un po' freddo."

Thorin si strinse immediatamente più vicino, allacciando il braccio ancora più fermamente intorno a Bilbo, strofinando un lento cerchio con il naso intorno alla protuberanza di una vertebra in cima alla sua colonna vertebrale.

"Mi piacciono i fiori," disse Bilbo, piano. "Grazie."

Thorin emise un basso suono e gli baciò la schiena, strofinando il pollice sulla sua mano.

"Non c'era bisogno che ne comprassi così tanti però."

Thorin emise un lieve, triste suono.

"Non riuscivo a sceglierne uno," rispose, e Bilbo rise.

Ogni tipo di fiore che Thorin gli aveva comprato quand'era stato lì la prima volta, dal primo all'ultimo, era disposto davanti a lui; chiedevano scusa, silenziosi e colorati.

"Non so come portarli tutti a casa," disse, e Thorin strofinò il naso nei suoi capelli.

"Ti aiuterò io," disse, e la sua voce era bassa e roca nella tenue luce del mattino. "E poi ti sistemerò la porta sul retro."

"Cos'hai fatto alla mia porta sul retro?" chiese Bilbo, sonnolento, la stanchezza che ritornava mentre Thorin tracciava motivi sulla sua mano.

"Non importa," rispose Thorin. "Il tuo vicino tiene d'occhio la casa."

Bilbo rise leggermente, e infilò i piedi intorno a quelli di Thorin.

"Ok," disse, senza preoccuparsi di indagare quando il sonno era così vicino.

Ci fu un lungo, lento momento in cui i loro respiri si accordarono, i loro petti che si muovevano l'uno contro l'altro.

"Ho pensato che potevi essere morto," mormorò Thorin contro la sua pelle, il naso sulla curva della sua spalla. "Ho pensato-"

"Lo so," rispose Bilbo, e tirò la mano di Thorin, portandosela alla bocca per baciare le loro dita intrecciate. "Va tutto bene."

"Mi dispiace," disse Thorin infine, dopo un lungo silenzio, incerto e un po' triste, e Bilbo sorrise anche se lui non poteva vederlo.

"Va tutto bene," ripeté, il più dolcemente possibile. Poteva sentire il respiro di Thorin sulla pelle del suo collo, lento e irregolare, come se stesse cercando di tenere le emozioni sotto controllo.

"Hei, Thorin?"

"Hmm?" arrivò la risposta, più come un rumore sentito attraverso il petto di Bilbo che una parola, quasi roca, come se Thorin provasse dolore, e non Bilbo.

Qualcosa di caldo e luminoso si avvolse nel suo petto, uno scoppio di speranza e felicità che non aveva un posto nel pronto soccorso ma c'era comunque, non intenzionato ad andarsene.

"Ti amo anch'io."
 

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
Il prossimo è il mio capitolo preferito! ^o^ Ora scappo che ancora non faccio i compiti OAO

- Kuro

 

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Note della Traduttrice
Ragazzi, siamo quasi alla fine, non ci credo!
Questo è credo il mio capitolo preferito *^*
Buona lettura! ♥

Capitolo 36
 

"Ahem."

Bilbo si svegliò di soprassalto, mentre le braccia di Thorin si stringevano intorno alla sua pancia, stringendolo più vicino al suo petto. Era al caldo, ed era comodo, e per un momento non fu cero di cosa lo avesse svegliato dalla dolcezza di un profondo sonno ristoratore. Si guardò attorno, lo sguardo appannato, un mal di testa pulsante e uno strano senso di sfasamento mente cercava di capire dove fosse esattamente.

"Scusi, Signor Baggins?"

Si divincolò fuori dalle braccia di Thorin, solo per cadere quasi giù dal letto, troppo stretto per contenere bene due persone, specialmente se una di loro aveva le spalle ampie come Thorin; finì per mettersi seduto con le braccia di Thorin ancora avvolte intorno al grembo, la testa quasi posata sulla sua coscia. Nonostante i tentativi di Bilbo di districarsi, l'altro gli si strinse ancora più vicino nel sonno, allacciando un ginocchio sopra le gambe di Bilbo per tenerlo intrappolato a letto - in tutta onestà, aveva poca voglia di scappare, per quanto si stesse agitando in imbarazzo davanti alla persona entrata nella stanza, presumibilmente per svegliarlo e controllare la reattività o fare altri test.

E non era imbarazzante, essere colti raggomitolati con un'altra persona in un letto d'ospedale? Bilbo aveva quasi paura di incrociare lo sguardo della dottoressa dall'aria divertita che li stava fissando, i lunghi capelli rossi tirati indietro in una treccia.

"Io, uhm.."

Lei sorrise mentre lui dava un colpetto alla spalla di Thorin per cercare di svegliarlo, trattenendo una risatina; Bilbo immaginò dovesse essere esilarante, trovare due uomini adulti raggomitolati l'uno intorno all'altro come gatti, e diede un'altra spinta a Thorin, che sembrava non avesse intenzione di svegliarsi dal piacevole sonno in cui si era finalmente trovato.

"Svegliati," borbottò Bilbo, e sorrise al medico. "Mi dispiace."

Lei scosse la testa, ondeggiando la treccia.

"Sa," disse, "questa non è la cosa più strana che ho visto in quest'ospedale, quindi non me ne preoccuperei."

Thorin si strofinò sulla parte morbida appena sopra la sporgenza del fianco di Bilbo - era lento a svegliarsi, come Bilbo aveva imparato da quando dormivano insieme - e non riuscì a impedirsi di spostare i capelli di Thorin dietro il suo orecchio con due dita, tirandogli lievemente il lobo e accarezzandogli la guancia con il pollice prima di tamburellarvi delicatamente con le dita. Thorin aprì un occhio, alzando lo sguardo su di lui, e produsse un basso mugugnare, a metà tra la soddisfazione e una lamentela

"Mi dispiace," disse Bilbo dolcemente. "Ma è ora di alzarsi."

Thorin aggrottò la fronte, e seppellì il viso nell'incavo tra la pancia e il bacino di Bilbo, il respiro caldo sulla sua pelle.

Bilbo si perse completamente il modo in cui la dottoressa li guardava, le mani premute sulla bocca per sopprimere un suono, forse di sorpresa o forse di un caldo piacere ad assistere ad un affetto così aperto e onesto tra i due.

"Mi spiace," disse lei, una risata tintinnante nella voce, incapace ormai di trattenerla. "Ma ho davvero bisogno di fare un paio di test, Signor Baggins, prima di poter pensare a dimetterla. Non dovrebbe volerci molto, promesso."

Le mani di Thorin si strinsero intorno a lui quando sentì la voce, ora abbastanza sveglio da rendersene conto. Bilbo poté quasi percepire il calore dell'imbarazzo di Thorin contro la propria pelle, e certamente ora il rossore sulle sue orecchie era ben visibile; sorrise malgrado suo, e malgrado il proprio imbarazzo per la situazione.

"Le dispiace darci un minuto?" chiese, e lei gli rivolse un sorriso complice, roteando un po' gli occhi.

"È fortunato che io abbia qualcun altro da controllare," rispose, scivolando fuori dalla porta. "Torno tra qualche minuto."

Bilbo cominciò a ridere nell'istante in cui la porta si chiuse, e Thorin gemette.

"Sono troppo vecchio per sentirmi un adolescente beccato a letto dai genitori," borbottò mentre Bilbo gli tirava leggermente i capelli, guidandolo su. Si appoggiò sul gomito e Bilbo si girò, abbassandosi per baciargli il naso.

"'Giorno," disse, e Thorin mormorò un assenso, tirandosi su dal letto per premere un veloce bacio sulla bocca di Bilbo.

"Anche se," rispose, la voce un po' roca, "credo sia più pomeriggio."

Bilbo annuì, dando un'occhiata alla finestra prima di far dondolare le gambe e scivolare fuori dal letto. Si stiracchiò mentre scrutava il tavolo e i vasi sopra di esso, la varietà di fiori che fuoriuscivano dai loro colli arricciati; gialli-bianchi e arancio-dorati, leggere chiazze qui e là di marroni e viola; la luce brillò su di loro, filtrando attraverso i petali, facendoli risplendere sul vetro e il verde scuro dei loro steli.

Avrebbe dovuto pensare a dove metterli, si rese conto con un sorriso. Uno per il bancone della cucina, un altro per il tavolino da caffè, uno nel corridoio- e gli altri? Le scale, l'angolino vicino alla porta sul retro, il davanzale sul davanti; uno vicino al suo letto, e lì le sue guance si inondarono di calore - i tulipani sarebbero stati quelli posizionati lì, così da poterli vederli quando si svegliava.

"Pensi che potrai andare a casa presto?" arrivò la voce di Thorin, un po' più forte ora che era seduto come si deve sul letto, e Bilbo annuì, pensoso, facendo un passo verso il tavolo, accarezzando attentamente con le dita i petali leggeri come piume.

"Tra qualche ora, probabilmente," disse, lanciando un piccolo sorriso oltre la propria spalla. "Non preoccuparti, non dovrai aspettarmi per mesi questa volta-" Bilbo si interruppe quando vide l'orologio appeso sulla porta della stana; entrambe le lancette puntavano quasi perfettamente in alto.

"Merda!"

Thorin si tirò al lato del letto, le lenzuola arricciate sotto di lui, fissandolo con preoccupazione.

"Tutto bene?"

"Lotho!"

"No, Thorin," disse, l'angolo della bocca tirato in un sorrisetto. "Che c'è?"

Bilbo scosse la testa, anche se dovette reprimere un sorriso lui stesso.

"Lotho è passato a casa ieri," disse, chiudendo e rilasciando i pugni ai suoi fianchi. "Lui- non importa, non importa perché, aveva solo bisogno di qualcuno con cui parlare, penso. Gli ho promesso che ci saremmo visti fuori dalla sua scuola estiva oggi, per pranzo. Si starà chiedendo dove sono."

Si strofinò la fronte, aggottata in rughe di preoccupazione.

"Volevo chiedergli com'erano le nuove lezioni- l'ho spostato da matematica a arte, era quello che voleva fare davvero- segue lezioni a quel centro comunitario, quello sul lungofiume, vicino a dove abbiamo mangiato l'altra settimana?"

Thorin annuì, ricordando vagamente di essere passato vicino a quel posto, e la sua voce era sommessa quando rispose.

"Sei troppo buono per essere vero a volte, lo sai?"

Bilbo sbuffò una risata sarcastica, girato a metà verso di lui, il bocciolo chiuso di una fresia in mano tenuto dolcemente in mano. "Dubito."

"I genitori del ragazzo ti hanno rubato casa-"

"Ma non lui," lo interruppe Bilbo, e sebbene la sua voce fosse leggera c'era serietà nel suo tono. "Non puoi ritenere responsabile un bambino per le azioni dei suoi genitori- non puoi semplicemente distribuire la colpa dove e quando ti pare, sai."

La fronte di Thorin si aggrottò un poco, come se non fosse d'accordo, ma non protestò.

"Vado io," si offrì invece. "Se vuoi. Gli dirò dove sei e perché non sei lì. Posso anche prenderti dei vestiti puliti, se vuoi."

Bilbo stava per protestare, per dirgli che non aveva bisogno dell'aiuto di Thorin, che sarebbe stato bene, che nessun coccolare, non importa quanto ben intenzionato, avrebbe magicamente eliminato il fatto che era caduto il giorno prima; ma le parole gli si bloccarono in gola quando ricordò quelle di Frerin di quella notte.

"Grazie," rispose dopo un momento, osservando un'ondata di sollievo passare sull'espressione di Thorin quando si rese conto che Bilbo glie l'avrebbe lasciato fare, che c'era qualcosa di reale che poteva fare per aiutare invece di starsene seduto ad aspettare in ospedale. "Significherebbe tanto, se non è un problema?"

"No," disse, la voce bassa, e si alzò dal bordo del letto. Un improvviso, imbarazzato silenzio scese tra di loro mentre si guardavano cautamente, come se il peso della notte precedente si fosse presentato solo ora, tenuto a bada fin'ora dall'intensa luce pomeridiana.

Bilbo si strofinò il collo, e si girò di nuovo verso i fiori.

Thorin fissò il pavimento, poi la porta, prima di posare lo sguardo sulle spalle di Bilbo.

"Mi…" cominciò, ma le parole gli si bloccarono. "Ieri notte, non volevo-"

"Lo so," rispose Biblo, "non c'è bisogno che ti scusi ancora. So che eri agitato."

Thorin rise, ed fu un po' vuota. "Agitato? Forse, ma non è la parola che pensavo di usare."

"No?"

"Avevo paura."

Bilbo si girò allora, e aprì le braccia. Thorin entrò grato nell'abbraccio, avvolgendosi velocemente intorno a lui come un uomo che temesse di affogare si aggrapperebbe ad un pezzo di legno, come se Bilbo fosse l'unica cosa a tenerlo a galla.

"Lo so," disse Bilbo contro la gola di Thorin. "Ma va tutto bene."

Thorin si limitò ad annuire.

"Dicevi sul serio, l'altra cosa che hai detto ieri notte?" chiese Bilbo, e sebbene non chiarì di cosa stesse parlando il brivido di tensione che percorse le braccia di Thorin rese chiaro che l'altro aveva capito.

Ci fu una pausa, e Bilbo si morse il labbro, quasi convinto che Thorin avesse intenzione di chiedere se anche Bilbo diceva sul serio invece di rispondere, per avere la conferma che lui lo amasse davvero prima di osare ammettere lo stesso, ma poi fu premuto un bacio sulla sua fronte, e delle dita rigiravano la stoffa della camicia d'ospedale intorno ai suoi fianchi, e la voce di Thorin era calda tra i suoi capelli.

"Si," rispose, girando la testa per posare la guancia sulla testa di Bilbo. "Non volevo dirtelo in quel modo però."

Bilbo sbuffò una piccola, lieve risata, tirandosi in dietro, e diede un colpetto al mento di Thorin con la guancia, alzando il viso per guardarlo bene. C'era del rosso sul naso di Thorin, e Bilbo alzo la mano per avvolgergli la guancia.

"Dicevo sul serio anch'io," disse, la voce bassa, e avrebbe forse detto altro, ripetuto di nuovo, ma Thorin si abbassò, allacciando le braccia intorno ai fianchi di Bilbo per sollevarlo così che i suoi piedi sfiorassero il pavimento e il viso di Thorin fosse premuto sul suo sterno, nascondendo alla vista qualunque ondata di emozioni presente nei suoi occhi.

Bilbo rise, e anche se gli faceva male la testa e la strana posizione in cui aveva dormito gli faceva dolere le spalle, anche se era ancora stordito e stanco, si sentiva felice, decisamente più felice, pensò, di quanto meritasse. Thorin li fece girare in un cerchio lento e pigro, e poi in un altro, e mormorò qualcosa contro il petto di Bilbo che lui non riuscì a sentire, ma il calore delle parole gli arrivò chiaramente.

"Via tu," disse mentre Thorin lo rimetteva a terra. "Vai, prima che la dottoressa torni e ti butti fuori."

"Tornerò," promise Thorin. "Tra un'ora, forse due. Ti serve qualcos'altro?"

"Dei vestiti sarebbero fantastici, penso, ma per il resto- no, aspetta," rispose Bilbo, perché improvvisamente gli era venuto in mente qualcosa. "Servono vasi per portare i fiori a casa - non possiamo prendere quelli dell'ospedale. Ecco." Si districò dalle braccia di Thorin per ripescare le chiavi dal mucchio dei vestiti del giorno prima, impilati sul comodino. "Ci sono dei vasi nella credenza sopra il lavandino, se non ti spiace?"

Thorin alzò gli occhi al cielo.

"Vuoi che porti vasi per tutti quanti?" chiese. "No, non rispondere, so che lo vuoi."

Afferrò gentilmente la nuca di Bilbo e lo tirò a sé per un veloce bacio.

"Torno presto," promise, "e poi noi due possiamo andare a casa."

Noi? Pensò Bilbo, e l'idea gli fece avvampare qualcosa di caldo nel petto, ma Thorin scomparve prima che potesse rispondere nulla.

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
*suoni inconsulti*

Chissà se è Tauriel la dottoressa xD
- Kuro

 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Note della Traduttrice
Mi sto commuovendo.
Buona lettura! ♥

Capitolo 37
 

"Posso venire a vederlo?"

Thorin scosse la testa.

"Non oggi- è ancora in ospedale."

Lotho si morse il labbro, inclinando la testa in segno di aver capito, ma aveva ancora l'aria un po' sconfortata.

"Domani, allora?"

Thorin annuì, un po' esitante.

"Glie lo chiederò."

Lotho si guardò i piedi, trascinandoli un poco, a disagio in presenza di questo strano e impressionante sconosciuto.

"Gli porterà questo?" chiese, senza incrociare lo sguardo di Thorin.

Allungò un pezzo di carta con mani macchiate di pittura, tenendolo dall'angolo, rivolto al pavimento, e quando Thorin allungò la mano per prenderlo lo scosse via dalla sua presa.

"Stia attento," disse Lotho, la voce bassa e imbarazzata. "Non è ancora asciutto."

"Lo sarò," promise Thorin, e Lotho si ritrasse un po' mentre lo guardava. "Fai lezione di disegno qui?"

Il bambino annuì, e i suoi occhi erano improvvisamente accesi di eccitazione. "Ho iniziato oggi. Zio Bilbo mi ha iscritto."

"Certo che si," rispose Thorin, fissando ancora il dipinto, prima di esalare un sospiro. "Gli farò sapere che vuoi vederlo, e vedremo cosa possiamo fare, va bene?"

Lotho annuì, strofinandosi il naso, e con un lieve cenno imbarazzato in direzione di Thorin scappò verso la porta del centro comunitario.

Ora solo, Thorin sorrise al dipinto tra le sue mani mentre tornava alla macchina. Disegnato con abilità sorprendente per un bambino di nove anni, lì sul foglio c'era un acquerello della casa di Bilbo, più ricco di dettagli di quanto non si fosse aspettato; dai fiori sotto la finestra davanti allo scintillio dell'ottone del battente sulla porta d'ingresso, nulla era fuori posto.

C'era un volto che guardava attraverso la finestra, e per quanto Lotho fosse ancora poco pratico la persona era facilmente riconoscibile, anche se forse semplicemente perché Thorin aveva passato tante ore a guardarla, e pensarvi, di persona.

Ripose il disegno a faccia in su sul sedile del passeggero, lanciando un ultimo sguardo affettuoso al piccolo dipinto del viso di Bilbo che guardava fuori da casa sua, dov'era il suo posto, prima di andarsene.

----------------------------------------------

Bilbo si sorprese quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza d'ospedale, solo poco dopo che Thorin se ne era andato; il suo medico gli stava controllando gli occhi con una luce, e immaginò che Thorin doveva essersi dimenticato qualcosa quando invitò ad entrare. Invece si trovò davanti il resto del clan Durin, da un Kili cicciotto, che agitava le mani tra le braccia di Dis, ad un Frerin dall'aria piuttosto stanca, che riuscì comunque a rivolgergli un sorriso caldo e amichevole nonostante le borse sotto gli occhi.

"Non resteremo a lungo," disse Vivi, posando sul tavolo una busta di carta marrone dall'aria promettente. "Maledizione, da dove sono venuti fuori tutti questi fiori così velocemente?"

La dottoressa fece un gran sorriso, anche se Bilbo era sicuro che non pensava che lui potesse vederla.

"Uhm…" fu la sua risposta intelligente, e Frerin roteò gli occhi.

"Thorin," rispose infine, prima che la dottoressa si raddrizzasse; avendo finito gli esami, gli rivolse un piccolo sorriso.

"Ciao," disse, e Frerin la fissò.

"Oh," rispose, e poi improvvisamente sorrise, ampio e familiare. "Non sapevo che eri di turno questo pomeriggio."

La dottoressa si infilò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio, e Bilbo si ritrovò piuttosto grato dell'improvvisa scintilla d'interesse negli occhi di Dis che la distraeva dall'imbarazzante distesa di fiori che Thorin gli aveva comprato. Vivi si limitò a fare cenno alla busta, avendo deciso chiaramente che oggi non era il giorno per immischiarsi nei fatti, sia che fossero i fiori di Thorin o la familiarità tra Frerin e la dottoressa.

"Il pranzo," gli disse Vivi con un sorriso, mentre Kili afferrava la treccia della dottoressa, fissandola affascinato.

"Buh?" chiese, e lei gli sorrise, salutandolo con la mano mentre lui le tirava i capelli.

"Ciao," disse dolcemente. "Tu devi essere Kili, ho sentito molto parlare di te,"

"Gah?" rispose il bambino, e poi lottò per sgusciare dalle braccia di sua madre per allungarsi con decisione verso la dottoressa, allacciandole le braccia al collo e rifiutandosi di staccarsi.

"Oh," disse Dis, mentre il medico prendeva in braccio il bambino, sospeso a metà tra di loro. "Scusi, di solito Kili non si abitua alle persone così velocemente. Deve veramente piacergli."

Lei sorrise e baciò il bambino sulla fronte, prima di staccarlo con attenzione e ripassarlo alla madre.

"È bellissimo!" disse a Dis, e diede un colpetto sul naso a Kili. "Giocheremo la prossima volta, ok piccoletto? Ma ho i turni da finire, e il tuo amico qui e il suo amico mi hanno trattenuta abbastanza a lungo."

"Muh?" disse Kili, e lei gi baciò di nuovo la fronte.

"Ciao ciao!" disse lei, e il bambino la salutò con la mano. "È stato un piacere incontrarvi,". Sorrise al gruppo prima di andare verso la porta. Fissarono tutti Frerin per un momento, ma prima che potessero indagare lui afferrò il suo polso e lasciò che lei lo guidasse fuori dalla stanza, rivolgendo loro un'occhiata imbarazzata prima che la porta si chiudesse dietro di loro.

"Quindi quella è la ragazza," disse Dis pensosamente. "Hmm."

Bilbo roteò gli occhi e fece una linguaccia a Fili, che ciondolava intorno alle gambe di Vivi con aria annoiata.

"Vai allora," disse sorridendo. "Siete delle pesti ficcanaso, seguiteli, non vi giudicherò."

Con sua sorpresa, Dis si sporse per premergli un bacio sulla guancia, prima di sedersi sul letto, depositando un Kili ancora agitato sulle lenzuola tra di loro.

"Nah," disse. "Possiamo tormentare Frerin in qualunque momento. Dobbiamo badare a te ora."

Bilbo sorrise timidamente, e si appoggiò di nuovo ai cuscini.

"Siete sicuri?"

Vivi sbuffò, e gli spinse la busta di carta marrone, che profumava ancora di cibo allettante, contro il suo petto.

"Zitto," disse, un sorriso che aleggiava nei suoi occhi. "Siamo qui per questo."

----------------------------------------------

"Non lo so," disse Bilbo, accarezzando la carta da parati con una mano. "Potrei semplicemente dipingerci sopra."

Thorin aggrottò le sopracciglia alla macchia di sangue color ruggine sul muro della cucina, lasciata quando Bilbo ci era barcollato dentro per prendere il cellulare. Si era offerto di lavarla via, avendo notato lo strano sguardo di Bilbo quando le aveva viste, sebbene sarebbe stato difficile, ma con sua sorpesa Bilbo sembrava deciso a fare altro.

"Oh?" chiese Thorin, alzando un sopracciglio, e Bilbo si ritrovò ad annuire.

"Sai," disse pensoso, appoggiandosi al bancone della cucina. "Non ho fatto nulla alla casa da quando i miei genitori sono morti. Letteralmente nulla, a parte comprare coperte nuove e pulire e roba del genere. La pipa di mio padre è ancora sul suo comodino. Uso ancora gli utensili da cucina di mia madre, anche se i manici delle padelle sono tutti allentati e la spatola è onestamente piegata all'inverosimile."

Sembrava che Thorin avesse sentito qualcosa di strano nella sua voce, perché si avvicinò, le dita sul polso di Bilbo per un lento momento di conforto.

"Potrei rifare l'intera casa," continuò, pensieroso. "Ravvivarla un po'. Mettere via qualcosa. Ridecorare. Gettare via un po' dei mobili vecchi e rovinati. Mi piacerebbe un divano in cucina, per quando avremo ospite la famiglia."

"Quando avremo ospite la famiglia?" fece eco Thorin, e Bilbo si strofinò la nuca.

"Intendo," disse, goffamente "Quando avrò ospiti. O quando ci sarete tu e la tua famiglia. O solo tu. O… gente."

Thorin annuì, la voce bassa e ponderata. "Quando noi abbiamo ospiti," ripetè, ma questa volta con più enfasi, come per cercare di comunicare un messaggio a Bilbo che non riusciva davvero a formulare ad alta voce. "Buona idea."

"Mmhmm," rispose Bilbo, tracciando ancora con le dita il sangue secco, incerto di come proseguire il discorso, così ritornò a quello precedente. "L'intera casa, davvero- è come se stessi vivendo ancora nel passato, vero? Con le cose dei miei genitori e i ricami di mia nonna e cose così. E voglio tenerli. Ma penso che sia ora che anch'io lasci il mio segno in questo posto. È il momento di un nuovo capitolo."

Le dita di Thorin trovarono le sue, allacciandole cautamente, e Bilbo gli rivolse uno sguardo affettuoso.

"I fiori sono bellissimi," gli disse, dando un'occhiata alle fresie che avevano trovato posto sull'isola in cucina. Erano rientrati solo poco prima, dopo che Thorin era tornato e lui era stato dimesso, con vestiti, vasi, e un dipinto leggermente umido a cui era stato dato il posto d'onore sulla mensola. Non avevano più visto la dottoressa o Frerin dopo che erano scomparsi, e Dis e Vivi se ne erano andate con i bambini poco dopo che Thorin era arrivato. La giornata aveva un senso di smarrimento, non potè fare a meno di pensare mentre lasciava andare la mano di Thorin per girare intorno all'isola e prendersi un bicchiere d'acqua; avevano dormito e si erano svegliati ad orari strani, fuori dagli schemi, e tutto aveva un senso di peculiarità - tornare a casa per trovare sangue sulla carta da parati non aveva fatto nulla per migliorare la cosa, poi.

Ma Thorin era lì, la sua presenza abbastanza da farlo sentire sé stesso, una mano da afferrare sempre vicina.

"Non devi andare al lavoro?" chiese Bilbo, sorreggendosi al ripiano del bancone come se avesse paura che le gambe gli cedessero. Il CD che suonava di sottofondo terminò per lasciare un silenzio tra di loro, e tutto improvvisamente sembrò immobile e vivido.

"Immagino," disse Thorin, ma non accennò ad andarsene, non pronunciò una parola di saluto. Di fatti sembrava quasi radicato al pavimento della cucina, non muoveva neanche i piedi.

Il silenzio indugiò tra di loro come un grande peso, quasi tangibile, e per un momento Bilbo si sentì sul bordo di un profondo precipizio, ondeggiando sull'esatto punto in cui la terra incontra l'aria, ma non si sentiva impaurito; in verità era attraversato da una sorta di strana euforia, un'anticipazione, anche se non sapeva cosa stesse aspettando.

Lui e Thorin si limitarono a guardarsi, con mezzi sorrisi tra di loro, e per un momento sembrò che il silenzio dovesse continuare per sempre, intatto e immobile: poté sentire l'improvvisa urgenza di tutte le parole che voleva dire a Thorin, ed erano così vicine a uscire, ma aveva ancora un po' di paura, e-

"Oh," disse Thorin, spezzando la tensione tra di loro, le mani che scattarono come se si fosse dimenticato di poterle muovere mentre cercava nelle tasche. "Prima che mi dimentico, ho ancora le tue chiavi."

Bilbo annuì svogliatamente quando il tintinnio del mazzo di chiavi spezzò il silenzio, ma poi si ritrovò ad accigliarsi, preso da un'improvvisa paura finché non poté non protestare.

"No," disse, e Thorin lo guardò stranamente, le sopracciglia aggrottate in confusione.

"Intendo," continuò, e si passò una mano tra i capelli, cercando capire cosa volesse dire.

"Ne ho tre mazzi," disse, finalmente, tutto d'un fiato, e sebbene ci fossero modi molto più eloquenti per esprimersi, non glie ne venne in mente nessuno. "Tre mazzi, e significa che ne ho uno di troppo, e non so cosa farci altrimenti, quindi mi chiedevo, se vuoi, se potessi volerle… tenere."

"Tenerle?" chiese Thorin, e qualcosa di illeggibile baluginò nei suoi occhi, qualcosa che poteva essere speranza come qualcos'altro, qualcosa di oscuro e splendente allo stesso tempo. "In caso tu abbia un altro incidente, intendi?"

"Beh, si," rispose Bilbo, e si armò di coraggio. "Anche se non intendo averne altri. Ma anche, solo per… averle. Per entrare e uscire, intendo. Quando sei qui. Perchè, il fatto è, mi piacerebbe averte qui, tanto, quando vuoi, in effetti forse tutto il tempo, perché mi piace svegliarmi con te e mi piace andare a dormire accanto a te e mi piace tutto ciò che c'è nel mezzo, mi piace sentire la tua chiave alla porta quando torni a casa dal lavoro e prendere il caffè con te la mattina, e so che è ridicolo chiedertelo così presto, e so che probabilmente non vuoi nemmeno, ma-"

"Il mio contratto si rinnova tra due mesi," lo interruppe Thorin, la voce bassa, bruciante di sentimenti a stento trattenuti. "O qualcosa del genere, comunque. È abbastanza per te per fare spazio alle mie cose, giusto?"

Bilbo annuì, sentendosi un po' in preda alle vertigini.

"Decisamente."

"Ma," continuò Thorin, prendendogli la mano sul bancone un po' goffamente, buttando giù la corolla ad un fiore nel farlo. "Avrei voglia di provare quella cosa di svegliarmi con te ogni giorno prima di allora, se mi vuoi."

"Possiamo cominciare domani," disse Bilbo, e si chiese se suonasse così enormemente felice come si sentiva. "Non c'è momento migliore."

"No," concordò Thorin, e poi sorrise, quel sorriso largo e ridicolo che splendeva solo raramente, e qualcosa fece quasi male nel petto di Bilbo alla sua vista.

"Tutto bene?" chiese Thorin, e Bilbo sentì rizzarsi i peli sulla nuca al suono, la qualità calda della sua voce, e annuì, curvando la bocca in un sorriso.

"Meraviglioso," rispose, "Ma se non vieni da questa parte e mi baci ora, potrei cominciare ad avere dei problemi."

Thorin emise un basso suono e fece il giro della piccola isola, senza lasciare mai la mano di Bilbo. "Non vogliamo che succeda, vero?"

E poi Bilbo fu tra le sue braccia, le sue mani sulle spalle di Thorin, e si baciarono nella brezza proveniente dalla porta sul retro che faceva tremolare i fiori nel loro vaso, la luce fioca del sole intorno a loro, e tutto, improvvisamente, fu giusto.

"Ti amo," mormorò sulle labbra di Thorin, e l'altro produsse un suono basso e pigro, tirandolo più stretto contro il suo petto, le dita premute nei suoi fianchi.

"Ti amo anch'io," rispose Thorin, prima di baciarlo di nuovo.

E se era questa, pensò Bilbo, mentre le mani di Thorin trovavano la sua pelle e sentì chiudersi i suoi occhi, se questa doveva essere la sua vita d'ora in avanti, nel calore della sua casa, avvolto dalle braccia di un uomo che gli darebbe il mondo se solo potesse sollevarlo, allora c'erano posti molto peggiori in cui finire; se il suo destino era aver incontrato Thorin, essere trascinato dalla comodità della sua vita in una felicità di un tipo completamente nuovo, allora così sia.

Non riusciva ad immaginare niente di meglio.
 

Fine

Note della Traduttrice - repriseI
QUANTO SONO BELLLLLI
Ragazze, non riesco a credere che siamo arrivati già fin qui. Questo ovviamente non è proprio l'ultimo capitolo, ci sarà l'epilogo la settimana prossima e farò tutti i dovuti ringraziamenti allora. Per l'ultima volta in questa storia, alla prossima! ♥

- Kuro
(ps: domani parto per Bologna e tornerò giovedì, quindi non potrò rispondere ai commenti dopo stasera!)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Epilogo ***


Note della Traduttrice
Wow ragazze. Wow. Innanzitutto Buona Pasqua! Forse un po' in ritardo ma va bene così no? Cavolo mi sto emozionando *calm down*
Beh, che dire. Scriverò tutto nelle note in fondo. Grazie mille di tutto, e per l'ultima volta per questa storia, buona lettura! ♥


Epilogo
 

Nove settimane dopo

"È l'ultimo?"

Thorin annuì, e Dwalin gemette strofinandosi la schiena. Lanciò un'occhiataccia all'ultimo scatolone di libri che aveva portato e scaricato sul pavimento vicino alle nuove librerie che ricoprivano un muro del salotto, un tempo angusto e ora unito alla stanza dove la madre di Bilbo si dedicava alle composizioni di fiori e al ricamo, una stanza in cui Bilbo aveva a malapena messo piede dalla sua morte. La sua casa era piena di piena di piccole stanze come queste, un labirinto di angolini e nicchie, e molti dei muri separatori erano stati abbattuti, rendendo le stanze più ampie e luminose, migliori per una casa confortevole.

"Bene," si lamentò, e Thorin lo ringraziò silenziosamente con una spallata, prima di abbassarsi a prendere il primo libro dalla pila, una grossa raccolta di indicazioni sui metalli e le loro proprietà, e riporlo con decisione su uno scaffale.

"Fatto," disse, e Dwalin rise.

"Se questa è la tua idea di disfare i bagagli, avremmo potuto lasciali tutti alla vecchia casa.

 Thorin scrollò le spalle, la bocca tirata in un sorriso.

"Dopo," rispose.

Un lontano cugino di Thorin, un massiccio uomo dai capelli rossi con un figlio poco più piccolo di Kili, si era occupato della ristrutturazione, supervisionando la rimozione o la vendita di mobili indesiderati e affrettando i muratori e i decoratori che lavoravano per lui per far sì che il progetto fosse terminato il più presto possibile; il corridoio doveva ancora essere ridipinto e il pavimento della sala da pranzo aspettava ancora un'ultima passata di smalto, ma per il resto era tutto finito allo scadere del contratto di Thorin. Avevano rimandato il trasloco del grosso della sua roba per non occupare spazio durante i lavori, una decisione pratica, ma non poté fare a meno di sentirsi sollevato di vedere le sue cose lì ora, non poté fare a meno di essere impaziente di mescolarle a quelle di Bilbo, crearsi lì il proprio spazio, sfumare i confini tra due vite separate per incastrarle insieme; loro due, comodamente stretti.

Dwalin dovette aver colto un segno di quell'aspettativa sul viso di Thorin, perché alzò gli occhi al cielo mentre ritornava nel corridoio per riunirsi agli altri.

"Scemo," gli gridò da sopra la spalla, e Thorin si limitò a scrollare le spalle, sorridendo veramente mentre prendeva un secondo libro da una delle scatole di Bilbo, allineando il sottile volume sul simbolismo delle piante accanto al suo.

"Sta' zitto," rispose, e Dwalin gli rivolse un'occhiata tra l'esasperato e l'affettuoso quando Thorin si unì a lui.

Dwalin scrutò il corridoio, la vecchia carta da parati sbiadita sopra i pannelli di quercia era stata rimossa ma non era ancora stato ridipinto.

"Quando vengono a finire?"

Thorin fece spallucce. "Stanno iniziando un altro lavoro," rispose. "Gloin dice che manderà qualcuno quando può - ci ha incastrati tra vari progetti già così, non ci deve alcuna fretta."

Dwalin annuì, facendo scorrere la mano sull'intonaco.

"Possiamo farlo tu e io domani, se ti va," disse distrattamente, e Thorin lo guardò sorpreso. Dwalin colse lo sguardo e trascinò i piedi, un po' a disagio. "Non ci guadagni nulla ad aspettare," spiegò. "Se devi vivere qui, possiamo renderlo perfetto."

"Sicuro?"

Dwalin si limitò a scrollare le spalle.

"Devi rendere una casa casa, sai," disse, e non si sarebbe mai avvicinato di più all'esprimere ad alta voce la sua approvazione, e Thorin gli diede di nuovo una spallata, più delicatamente stavolta.

"Sarebbe bello," rispose, e poi Fili si fiondò da una porta contro le sue gambe, in mano uno spolverino che senza dubbio stava usando più per intralciare che per aiutare. Kili era proprio dietro di lui, ancora un po' incerto sui piedi, ma correva dietro suo fratello con versi di protesta, la bocca sporca di qualcosa di rosso

Thorin tirò su il maggiore mentre Dwalin si piegava a prendere il più piccolo, e colse il profumo rivelatore di crema e lamponi mentre Fili rideva, allungandosi per provare a spolverare la faccia di suo zio.

Lui sputacchiò quando le piume gli si infilarono nel naso, e le spinse via.

"Cosa stavate facendo?"

"Zio Bilbo dice che è ora di pranzo, e di sbrigarvi o farà mangiare tutto a zio Frerin senza di voi!" annunciò, imbronciandosi quando Thorin gli tirò via il piumino dalle mani. "Ci ha lasciato aiutare a finire la torta!"

Decisamente lamponi allora, pensò Thorin mentre Dwalin puliva la macchia di succo rosso dal mento di Kili con la sua manica.

"Andiamo a riprendercelo tutto, eh?" rispose Thorin, e Fili annuì, districandosi dalle sue braccia per saltare a terra, fiondandosi di nuovo giù per il corridoio. Kili emise un lieve verso triste mentre guardava Fili scomparire, ma non si sforzò di uscire dalla stretta delle braccia di Dwalin; posò invece la testa su una spalla larga e si ficcò il pugno in bocca.

La cucina era calda, tra il forno e il sole, e la nuova porta sul retro era aperta (nonostante i suoi migliori tentativi, Thorin non era riuscito a sistemare la precedente dopo averla forzata, il legno vecchio si era scheggiato e sgretolato oltre qualunque possibilità di riparo; Bilbo aveva riso di gusto quando aveva scoperto che Thorin l'aveva aperta con un cacciavite per la preoccupazione, prima di baciarlo per essere stato così premuroso da farlo). Fili era appollaiato su uno degli sgabelli da bar infilati sotto l'isola, vecchi recuperi da un bar dell'inizio del secolo che Thorin aveva trovato e riverniciato personalmente, Frerin e Dis erano accoccolati nelle poltrone poste in una nuova nicchia - Bilbo voleva un divano, ma non erano riusciti a farcelo entrare insieme a ogni oggetto da cucina ed elettrodomestico conosciuti all'uomo che lui voleva di più.

Le poltrone erano un bel compromesso, e in molte occasioni Thorin tornava a casa per trovare Bilbo già sistemato in una, i piedi lanciati oltre i bracci mentre qualcosa cuoceva nel forno o sulla piastra, una penna infilata dietro l'orecchio mentre lavorava ad una bozza oppure con un libro aperto sulle ginocchia; la cosa migliore, però, era il fatto che a prescindere da quanto fosse occupato o distratto, salutava sempre Thorin quando arrivava dal lavoro.

Si stava abituando a quel suono, il dolce richiamo del suo nome che lo incontrava alla porta, caldo e accogliente come un abbraccio, le parole 'bentornato a casa' non smettevano mai di levargli dalle spalle il peso della giornata, alleggerendolo mentre calciava via le spalle prima di andare a trovare la fonte di quella voce e salutarlo con un bacio deciso.

"Eccovi qui," disse Bilbo da sopra il bollitore dal quale stava versando acqua calda in una grossa teiera laccata, la preferita di suo padre - non tutte le cose dei suoi genitori erano sparite, decisamente, ma quelle rimaste avevano un vero significato per lui, portavano bei ricordi. "Fatto tutto?"

Dwalin annuì, abbassando Kili sul pavimento per guardare male i cugini.

"È bello sapere che mentre noi facevamo il lavoro pesante, voi ve ne stavate seduti qui."

Dis gli sorrise dolcemente mentre Kili si sollevava in piedi e trottava da Bilbo, le braccia tese per essere preso su: ancora occupato a preparare il tè e tirare fuori delicate tazzine, invece prese un lampone da una ciotola e lo ficcò in bocca a Kili.

Un braccio si avvolse intorno alla sua pancia, un altro andò ad arruffare i sottili capelli scuri sulla testa di Kili, e Bilbo accarezzò lievemente la mano di Thorin per un momento prima di ritornare al lavoro, trovando con le dita la curva del suo anello.

L'anello di Thorin era sparito qualche settimana prima, lo spazio tra la mano e la prima articolazione del dito medio sinistro visibilmente vuoto, ma quando Bilbo aveva fatto domande aveva risposto che l'aveva lasciato al lavoro. Quando era ricomparso giorni dopo era certo che fosse diverso, o un po' più sottile o forse non proprio dell'ampiezza originaria, ma non riusciva a definire cosa fosse cambiato, o perché. Gli era rimasto un sospetto persistente, ma nonostante la curiosità Bilbo non aveva indagato oltre.

Un naso strofinò tra le ciocche dei suoi capelli, di nuovo della lunghezza giusta, e lui sorrise mentre si premeva più vicino contro il petto di Thorin per un istante

"Quindi hai trasferito tutto ora?"

Thorin annuì, e gli baciò i capelli.

"Sì."

"Finalmente," commentò Bilbo, e Thorin lo strinse un po' di più per un momento.

"Posso aiutare?"

Lui scosse la testa, il vapore fragrante dalla teiera che gli danzava intorno al viso mentre respirava profondamente.

"Ho una cosa per te," mormorò Thorin contro il suo orecchio, abbastanza piano da non farsi sentire da nessuno dei suoi familiare. "Dopo, però."

Bilbo annuì, e allungò la mano per pescare con un dito nella vicina ciotola di crema alla vaniglia, fatta per farcire la torta, e lo tenne su; Thorin lo prese tra le labbra, grattando leggermente la pelle con i denti finché Bilbo non inalò bruscamente e Thorin sorrise, compiaciuto. Tirò indietro la mano, e diede un leggero colpetto sulla guancia di Thorin.

"Ridicolo," gli disse, piano e con affetto. "Completamente ridicolo."

Dwalin si schiarì la gola sonoramente, ma ormai Bilbo era così abituato a sentirsi in imbarazzo davanti alla famiglia di Thorin che non arrossì nemmeno; si limitò a roteare gli occhi e riprese a servire il pranzo che li aveva convinti ad aiutare a portare, passando nel frattempo dei lamponi ricoperti di crema ad entrambi i giovani nipoti.

"Eravamo così anche noi?" Vivi chiese a Frerin, accarezzando via i capelli di Fili dalla sua fronte; la risposta suonò un po' addolorata.

"No, eravate peggio. E siete ancora così."

La famiglia li lasciò a disfare i bagagli non molto dopo aver finito il pollo arrosto e l'insalata, Fili e Kili erano entrambi un po' appiccicosi a causa della torta al lampone che avevano aiutato a finire, ricoperti in varie quantità di crema alla vaniglia. Il gatto di Bilbo si srotolò dalla cima del frigorifero poco dopo; aveva imparato presto, dopo che Hamfast l'aveva riportato al padrone, che evitare le mani afferranti di bambini piccoli era una buona idea.

Soffiò a Thorin prima di dargli una testata sulla gamba e filare via dalla cucina.

"Il tuo gatto mi odia ancora," disse Thorin con un sorrisetto, mentre finiva di caricare la lavastoviglie.

"Si abituerà," disse Bilbo, mettendo via l'ultima tazzina da tè lavata. Thorin lo prese per la vita quando passò, tirandolo a sé e giù su una delle poltrone.

"Lo dici da settimane," gli disse mentre l'altro si raggomitolava sulle sue ginocchia, felice di non provare a scappare. Bilbo lo azzittì.

"Beh," rispose, mentre le mani di Thorin trovavano posto sotto la sua maglietta. "Dovrà abituarcisi. Ti sei trasferito definitivamente oggi."

Gli occhi di Thorin si arricciarono agli angoli, caldi e divertiti.

"Non posso liberarmi di te ora," scherzò Bilbo, e Thorin scosse la testa.

"Sei intrappolato con me."

"Che peccato," disse, girandosi sulle ginocchia di Thorin per posargli un bacio sulla mascella. "Una sfortuna."

"Hmm" mormodò Thorin mentre Bilbo si faceva strada a baci verso la sua bocca. "Sembri devastato."

"Completamente," rispose Bilbo, gli occhi socchiusi mentre Thorin rispondeva al bacio. "Continua a baciarmi e potrei quasi perdonarti."

Thorin, però, si tirò leggermente via e scosse la testa.

"Lo farò," disse, e la sua voce era bassa, tracciando con rimpianto con gli occhi la curva della bocca di Bilbo, come se preferisse molto continuare immediatamente. Fece una lunga carezza sul collo di Bilbo con le nocche. "Ma ho una cosa per te prima."

Bilbo sospirò, ma sorrideva lievemente comunque. Thorin infilò la mano in tasca, spostando un po' Bilbo per farlo, ma prima di tirare fuori qualsiasi cosa fosse si bloccò, l'aria quasi inquieta e la bocca storta in una smorfia di preoccupazione.

"Tu…" si interruppe, e Bilbo fece scorrere una mano tra i suoi capelli, accarezzando con le dita la curva del suo orecchio. "Pensi che stiamo andando troppo in fretta?"

Bilbo sbatté le palpebre, girando la testa di lato.

"No," rispose senza esitare. "Beh, immagino di si, allo stesso tempo. Ma non penso che ci sia uno standard per le relazioni che tutti devono seguire, sai. Tutti sono diversi."

Thorin annuì, ma era ancora incerto.

"Se," Bilbo continuò, posando la testa sulla spalla di Thorin. "Se mi stai chiedendo se penso che ci potrebbero essere problemi, riguardo te e me e quello che succederà, la mia risposta è ancora no. Ti amo, lo sai, e non penso che sarei felice senza di te. E alla fine è ciò che conta, no?"

Thorin annuì, e tirò velocemente fuori la mano dalla tasca, come per impedirsi di finire il coraggio. All'inizio, Bilbo fu confuso dalla familiarità dell'oggetto tenuto sul so palmo, ma poi si rese conto che la fascia intorno al dito di Thorin era ancora al suo posto, dov'era sempre stata (a parte quei giorni un paio di settimane fa, si ricordò). Questo era, di fatto, un secondo anello, leggermente più piccolo di quello di Thorin, posato nell'incavo del suo palmo.

"Non è…" Thorin s'interruppe. "Non è una proposta, o un obbligo, o... nulla. È solo…"

Bilbo tracciò l'oro con le dita, caldo per essere stato in contatto con la pelle di Thorin, presentato senza preamboli. C'erano le parole, la stessa iscrizione che scorreva due volte all'interno dell'anello di Thorin, ma qui solo una volta.

"È... i tuoi genitori?"

Thorin annuì, le dita agitate come se non volesse fare altro che ritirare la mano, nascondere ciò che aveva fatto, fare come se nulla fosse successo; la sorpresa di Bilbo lo fece sussultare, rendendolo insicuro.

"Erano due, all'inizio, e… penso che stiano meglio come un paio."

"E… è per me?"

"Certo," rispose Thorin, e Bilbo lo prese allora, seguendo con le dita le linee dei viticci intorno alla parte esterna, il minuscolo bocciolo di un fiore che cresceva da uno.

"Come diamine hai fatto qualcosa di così delicato?" chiese, stupefatto, mentre lo infilava al dito - il medio, come Thorin.

"Pratica," rispose Thorin, e poi il suo naso fu tra i capelli di Bilbo e le sue parole erano uno sbuffo caldo sulla sua pelle. "Ultimamente ho fatto un sacco di cose con i fiori," ammise. "Dwalin lo trova esilarante."

"È da lui," rispose Bilbo, rigirandosi l'anello intorno al dito, pensieroso.

Si tirò indietro leggermente, così da costringere Thorin a guardarlo.

"Grazie," disse, e Thorin stava cercando di evitare i suoi occhi ma non glie l'avrebbe lasciato fare, aveva catturato il suo sguardo e ora si rifiutava di lasciarlo guardare altrove. "Perché?"

"Io…" Thorin scrollò le spalle. "È solo una promessa."

E poi Bilbo lo baciò, avvolgendo le braccia intorno al collo di Thorin e tenendosi stretto, rifiutandosi di lasciarlo andare, e lo baciava come aveva fatto la prima volta, con ciò che sembrava più amore e speranza e paura accumulati di quanto un uomo dovrebbe poter portare, e Thorin lo teneva, e Bilbo poteva sentire il suo anello sulla pelle della schiena, caldo e vicino.

È quasi un crimine, pensò tra sé e sé, essere tanto felici, tutto in una volta.

"Una promessa," concordò, quando finalmente si tirò via, e Thorin annuì, lo sguardo impossibilmente dolce.
 

Fine


* ~ Note della Traduttrice e saluti ~ *
Non vorrei sembrare ripetitiva e melensa, ma wow ragazze. Non mi sembra quasi possibile che abbia davvero finito di tradurre questa cosa.
Vi spiego: in tutta la mia vita raramente, moooolto raramente, sono riuscita a portare a termine un progetto personale. Non studio neanche lingue, insomma, studio da illustratrice e questo è solo un hobby, che però è diventato una lotta con me stessa, un obiettivo a breve/medio termine per realizzare qualcosa di buono (spero che sia buono, insomma ahah).
Quindi grazie a tutte voi che avete seguito Northerntrash, Thorin e Bilbo, e un pochino anche me in questa storiella dolcissima ♥ 
Grazie a tutti quelli che hanno recensito, più o meno regolarmente. I vostri commenti mi hanno dato la carica! Grazie anche a quelli che hanno seguito la storia zitti zitti dall'angolino, sappiate che vi vedo e vi voglio tanto bene ♥
Un ringraziamento speciale va a leila91, che è stata (e spero continuerà ad essere) una lettrice fidata di tutte le mie traduzioni e anche quel paio di imbarazzanti shottine scritte da moi. I tuoi commenti mi illuminano la giornata, non smetterò mai di dirlo ♥ 
-----------------------------------
Passando ad altro, qui termina (almeno per adesso) il mio lavoro sulle fanfiction di northerntrash. Non preoccupatevi però! Ho intenzione di tradurre un'altra storia Bagginshield, stavolta con molta avventura e azione, quindi tenete d'occhio la sezione nelle prossime settimane e l'account LittleBigSpoon!
Se a qualcuno va di tradurre qualcun'altra delle storie di Northerntrash, mi mandi un messaggio privato sul mio account personale con il primo capitolo/prima parte della traduzione iniziata e io vi darò i dati per la connessione all'account.

Bacioni e a presto
- Kuro

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2777672