Buy the Stars

di Neverland98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** CHIEDO VENIA! ***
Capitolo 13: *** XII ***
Capitolo 14: *** XIII ***
Capitolo 15: *** XIV ***
Capitolo 16: *** XV ***
Capitolo 17: *** XVI ***



Capitolo 1
*** I ***


Note dell'autrice:
allora? Che ne pensate? Vale la pena di continuare? Vi prego, fatemelo sapere, perchè a seconda di cosa mi direte deciderò se andare avanti o meno (che senso avrebbe scrivere qualcosa di illegibile XD)
Abbiate pazienza, è il mio primo crossover e sono mooooolto ansiosa, sigh!
Beh, non vi annoio oltre!
Buona lettura ^^



I


 
~Anna era magnifica nel suo abito da sposa. I numerosi strati di tulle  candido le svolazzavano intorno come ali di una farfalla, gli occhi assomigliavano a smeraldi luminosi. Si muoveva per la sala con una naturalezza che Elsa non le aveva mai visto: Anna era sempre stata un po' impacciata, soprattutto quando si trattava di cerimonie ufficiali, ma non quella volta.
Non al suo matrimonio.
Certo, lo stesso non si poteva dire per gli invitati che si erano visti circondare da pimpanti Troll delle Rocce - "Gran Papà ci rimarrebbe molto male se non lo invitassimo", aveva implorato Anna con i suoi occhioni da cagnolino bastonato - ,  da un pupazzo di neve parlante e da una renna vestita di tutto punto. Lo stesso Kristoff appariva un po' rigido nella sua tenuta di seta pregiata, costretto a sorridere e a fingere disinvoltura mentre stringeva la mano a innumerevoli nobili di cui - Elsa ne era certa - non avrebbe mai e poi mai ricordato il nome. In effetti, con una certa dose di malizia, la regina si domandava se Kristoff avesse mai assistito ad un ricevimento che non fossero le danze tribali dei troll. Probabilmente no, considerato soprattutto che il suo migliore amico era una renna, ma Elsa non osava lamentarsi dato che, per quanti difetti avesse, questo era molto meglio del precedente fidanzato. Se non altro Kristoff non aveva mai cercato di rubarle il regno.
La musica dei violini si diffondeva per la sala del trono come una brezza leggera, un sottofondo dolce e gradevole. Elsa osservava la scena seduta sul trono, godendosi ogni attimo di quella tranquillità che mai avrebbe creduto le sarebbe appartenuta.
Mamma, papà, pensò, se solo poteste essere qui.
Anna le piombò addosso quasi senza che se ne accorgesse, disperdendo come fumo l'attimo di malinconia che l'aveva invasa.
-Elsa! Elsa!- tentava di parlare a bassa voce, ma non ci riusciva per via dell'emozione.-Ti rendi conto? Sono sposata! Sono sposata!!- cominciò a saltellare sul posto battendo le mani.
Elsa sorrise, invasa dalla tenerezza.-Sono molto felice per te-
-Ma dico, ci credi? Cioè, hai capito? Sono sposata! SPOSATA! Dammi un pizzicotto, per favore! No,no, aspetta, faccio io. Ahi! Sì, sono sveglia! Sono sveglia e sposata, guarda qui l'anello! Non è meraviglioso? Kristoff l'ha fatto con le sue mani, sai! E' di ghiaccio! E guarda come brilla...-
-Me l'hai fatto vedere centinaia di volte...- rise Elsa con la sua solita compostezza, così in contrasto con la travolgente allegria di sua sorella.
-Beh, ma sicuramente ti sarà sfuggito qualcosa. Io, ad esempio, ogni volta che lo guardo mi accorgo di qualcosa di nuovo. Capisci che voglio dire? Ecco, vedi, se lo metto davanti agli occhi in questo modo, in corrispondenza con i riflessi della luna... Mmh, forse dovrei avvicinarmi un po' di più alla finestra... No, fa niente, va bene anche così. Ecco, hai visto? Sembra trasparente!-
-Anna, dimentichi che anch'io so qualcosa di ghiaccio- sorrise la regina.
-Oh, sì, hai ragione. Che sciocca! E' che sono così felice che... che...- Anna era paonazza e sembrava sul punto di esplodere di gioia, quando il conte Martinez si intromise nella conversazione. Aveva la barba sfatta, ed era visibilmente agitato:-Vostra maestà- incominciò l'uomo con un forte accento spagnolo.-La mia povera giacca! Guardi, guardi qui cosa mi ha fatto uno di quei troll!-
Elsa dovette trattenere una risata nel vedere lo strappo a forma di morso sulla giacca del conte.
-Sono davvero desolata, conte Martinez. Arrendelle vi comprerà una nuova uniforme, d'accordo?-
Il conte rimase allibito qualche attimo, di certo non si aspettava che una questione così importante fosse liquidata così rapidamente, poi abbozzò un inchino e si allontanò borbottando in spagnolo.
Elsa sospirò, divertita.
-Oh, Elsa, mi dispiace così tanto! Forse non avrei dovuto insistere per farti invitare i Troll delle Rocce...- si scusò Anna, in preda ai sensi di colpa.
-Non fa niente. In fondo sono anche loro miei sudditi, dico bene?-
Il viso di sua sorella tornò raggiante come pochi secondi prima.-Sì, immagino di sì. Oh, Elsa, come sono felice! Sei stata seduta tutta la sera, perchè non vieni a ballare un po' anche tu?- la implorò Anna, così come quando le chiedeva di giocare insieme da bambine.
-Sto bene così, Anna, grazie- le sorrise dolcemente.- Non mi trovo molto a mio agio con altre persone-
-Oh- la delusione nella voce di sua sorella era palpabile.-Certo, mamma e papà ebbero una pessima idea quando decisero di limitare i tuoi contatti con il mondo.-
-Stavano solo cercando di proteggere me e gli altri. Pensavano che fosse la cosa giusta.-
-Non lo metto in dubbio- si difese Anna - però, sai...-
-Anna...- Kristoff si intromise nella conversazione, prendendo sua moglie per un braccio.- Oh, ehm... Buonasera maestà-
-Buonasera, Kristoff-
-Anna, aiutami, ti prego. Non ce la faccio più con tutta questa gente...- si lamentò, visibilmente a disagio.
-Ecco, vedi?- commentò Anna, rivolgendosi alla sorella.-Un'altra persona che avrebbe dovuto passare più tempo in mezzo agli esseri umani- rise.
Kristoff andò con gli occhi da Elsa ad Anna, incapace di decifrare lo sguardo che si scambiavano le due donne. Roba da sorelle, si disse.
-Quanto ancora deve durare la cerimonia? Non abbiamo festeggiato abbastanza? Voglio dire, sono felicissimo di essere tuo marito e, maestà, la festa è stupenda, ma forse è durata già abbastanza, no?- farfugliò Kristoff, sempre più rosso.
Elsa sorrise.-Se ne siete convinti, allora è il momento di mandare a casa i nostri ospiti. Anna?-
-Oh, io vorrei che durasse in eterno, ma se proprio non è possibile allora d'accordo, congela... pardon, congeda gli invitati- Anna le fece l'occhiolino.
-Ma che simpatica!- Elsa si finse offesa, mentre Kristoff rideva, ancora stretto a sua moglie.
La regina si alzò dal trono e parlò con voce decisa.-Signori e signore, vi ringrazio per aver partecipato ad un evento gioioso come il matrimonio di mia sorella Anna con Kristoff, Mastro Consegnatore del ghiaccio di Arendelle-
Kristoff drizzò la schiena, fiero, e Anna ridacchiò, abbracciandolo.
-Tuttavia la cerimonia può dirsi conclusa, ancora grazie a tutti voi per i meravigliosi doni-
La folla - umana e non - applaudì e pian piano, dopo aver omaggiato la regina ed aver porto le felicitazioni agli sposi, sparì al di fuori del castello.
Elsa abbracciò sua sorella.-Buonanotte, Anna-
-Buonanotte anche a te, sorellona-
Poi si rivolse a Kristoff, con un certo sorrisetto.-E mi raccomando a te, stanotte-
Suo cognato fu colto totalmente alla sprovvista, visto che di certo non si aspettava un'allusione del genere da un tipo glaciale - letteralmente - come Elsa. Avvampò.-Ehm... Sì, beh, certo, ecco...-
Elsa ridacchiò, rivolgendosi a uno dei domestici.-Louis, per favore, accompagna Sven nelle Stalle Reali.-
-Certo, maestà-
-Beh, allora buonanotte.- fece Anna, di colpo ansiosa di andare a letto.
-'Notte- farfugliò Kristoff, trascinato, letteralmente, da sua moglie verso il piano di sopra. Elsa rimase sola con Olaf mentre i domestici ripulivano l'ampia sala.
-Sono così felice! Così felice! Così felice!- esclamò il pupazzo di neve con la sua solita voce squillante.-Anna e Kristoff sono una coppia stupenda, non trovi? Eh? Che ne pensi? Io li trovo adorabili, veramente! E poi...-
-Olaf- lo bloccò Elsa, sorridendo.-Le tua energià è ammirabile, ma purtroppo non ne possiedo una simile, perciò sono esausta.-
Olaf, preso alla sprovvista, tacque per qualche secondo, le braccine penzolanti lungo il corpo.-Ma non devi parlare se non ti va. L'importante è che ascolti.-
Elsa sospirò.-Sì, ti ringrazio, Olaf, ma vorrei tanto dormire. Che ne dici se ne parliamo domani?- un gruppetto di cameriere raggiunse Elsa, per accompagnarla nelle sue stanze, tutte un po' tremanti al cospetto di quell'esserino parlante e della nuvoletta che aveva sospesa sulla testa.
-Beh, se proprio hai sonno...- il pupazzo di neve mise il broncio.
-Non te la prendere, dai- rise Elsa - Noi esseri umani ci stanchiamo facilmente.- poi si chinò per dargli un bacio sulla fronte.-Buonanotte, piccolo.-
-'Notte...- ricambiò Olaf, trotterellando verso il posto in cui avrebbe scelto di trascorrere la notte.
Elsa raggiunse la camera da letto, congedò le cameriere e, prima di mettersi a letto, rimase qualche istante ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra.
Era estate, ma la sera il freddo diventava pungente. Non per lei, ovviamente.
Si perse a contemplare le cime innevate delle montagne ai confini del regno, facendosi travolgere dalla malinconia.
Forse Anna aveva ragione, forse avrebbe dovuto passare più tempo in mezzo alla gente.
Scosse la testa. No, era impensabile. Se lei per prima non si era mai capita e accettata del tutto, come poteva pretendere che lo facessero gli altri? Sospirò. Sebbene ormai fosse abituata alla solitudine, nel profondo non si era ancora spenta del tutto la speranza di trovare qualcuno come lei, con gli stessi poteri.
Ma era una sciocchezza.
Rivolse un'ultima occhiata alle montagne e si infilò a letto.







 

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Capitolo 2
*** II ***



 
 
Saaalve!^^
Ecco a voi il nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Ci vediamo giù :D
P.S. Buona lettura!



II

 

 
~La neve rivestiva l'asfalto simile ad una morbida coperta, accumulandosi e cristallizzandosi a seconda della posizione. Cadeva dal cielo in fiocchi delicati e cospargeva le chiome degli alberi come zucchero a velo. Il freddo inondava le strade e orde di bambini imbaccuccati uscivano a giocare trainando uno slittino o con l'intendo di ingaggiare una battaglia a palle di neve o decisi a costruire un bel pupazzo. Oppure tutte e tre le cose.
Dall'alto del tetto, Jack ammirava la scena fiero di sè.
Modestia a parte, era il migliore in quello che faceva. Beh, in realtà era l'unico. Ma a chi importava? Lui era Jack Frost, una Leggenda, cos'altro poteva desiderare?
Il pensiero lo riempì di soddisfazione, e , il bastone stretto in una mano, si lasciò planare dolcemente al suolo. I piedi nudi affondarono nella neve, ma non gli dava alcun fastidio. Anzi.
Un bambino gli sfrecciò davanti mostrando un sorriso sdentato, e subito dietro di lui un altro lo rincorreva lanciando palle di neve.
-Tanto non mi prendi!- urlava il primo, tra le risate.
-Lo vedremo!- ribadiva il secondo.
-Forza, ragazzi, dateci dentro!- li incoraggiò Jack, ben consapevole che non potevano vederlo. Da quando i bambini avevano cominciato a credere in lui, i primi tempi aveva avuto difficoltà a ricordarsi di rendersi invisibile, ma poi si era abituato. Almeno adesso poteva scegliere.
Trascorreva così le sue giornate, ormai. Portando neve e ghiaccio ovunque andasse, soddisfatto della svolta che, dopo innumerevoli anni, aveva preso la sua vita.
Eppure c'era qualcosa che non andava, una punta di amarezza che non lo abbandonava mai.
Babbo Natale e gli altri guardiani si erano sempre - beh, magari non proprio sempre, ma molto di più da quando aveva salvato la situazione con Pitch - mostrati gentili con lui, facendo del loro meglio per farlo sentire uno di loro, e in certi momenti era proprio così. Ma solo in certi momenti.
Gli altri erano stati da sempre dei Guardiani, Jack no. Si stava ancora abituando, e, magari, chissà, fra qualche secolo si sarebbe sentito un Guardiano al cento percento, ma fino ad allora doveva convinvere con la malinconia che lo assaliva talvolta. Specialmente la notte. Sedeva su un tetto qualunque e contemplava la luna, l'essere che lo aveva reso quello che era, che gli aveva dato un nome e gli aveva offerto una nuova vita. Ma si era limitato a questo. Non aveva fatto altro, non gli aveva neppure dato delle spiegazioni, delle istruzioni, silenzio assoluto. Spesso faceva capolino nella sua mente l'idea che forse, forse non era il solo. Forse c'era qualcun'altro come lui. Per quanto improbabile fosse. Già, in effetti era così improbabile e così sciocco che Jack non aveva nemmeno iniziato una ricerca. Si limitava a scacciare il pensiero quando gli ronzava per la testa, come un insetto particolarmente molesto.
E quella notte il pensiero era decisamente assillante. Cosa gli importava, poi, di sapere se fosse l'unico a possedere quel tipo di poteri? Anche ammettendo che fosse esistito qualcun'altro come lui, a che gli serviva saperlo? Non ne aveva alcun bisogno.  Anzi, magari l'altro l'avrebbe spodestato e sarebbe diventato una Leggenda migliore. Avrebbe dovuto temerlo, non cercarlo. E poi non era solo, sarebbe stato da ingrati pensarlo. Lui aveva i suoi amici, i Guardiani, e tutti i bambini che credevano in lui. Aveva tutto ciò di cui aveva bisogno.
Allora perchè si sentiva così?
Se "solo" non era l'aggettivo giusto, allora "incompleto" calzava a pennello.
Sospirò, guardando il cielo stellato. La città era calma, per le strade non si vedeva anima viva. D'un tratto un guizzo dorato nel buio lo riscosse dai suoi pensieri e, poco lontano, vide la manina di Sandman agitarsi per salutarlo.
-Hey, Sandman!- ricambiò Jack, allegro.
L'omino sorrise e, dopo un paio di volteggi nel cielo, scomparve lontanissimo.
-Che tipo!- rise Jack, ritrovando il buon umore.
Tornò a stendersi sul tetto, le braccia incrociate dietro la testa, il bastone poco lontano.
A volte ci voleva pochissimo per scacciare i brutti pensieri, e la speranza di trovare qualcuno come lui era ritornata pura curiosità.
-Buonasera- lo salutò una voce squillante alle sue spalle. Jack si tirò sui gomiti, sorpreso, e si girò.-Ciao, Dentolina-
La fatina gli si avvicinò fluttuando.
-Cosa ci fai qui?- le chiese.
-Beh, sai, questi ultimi giorni sono stati a dir poco frenetici- rise Dentolina, sedendosi accanto a lui.-Ho mandato miriadi di fate in giro per il mondo, così mi sentivo sola e ho deciso di fare visita a un amico- gli sorrise, e Jack ricambiò, senza però aggiungere niente.
Dentolina sospirò con aria sognante.-Che bella la notte, non trovi?-
-Sì, è vero-
-Toh, guarda! Ecco una delle mie fatine!- la salutò con la mano, e quella cìnguettò qualcosa di allegro per poi schizzare via.
-Sai, Jack, mi ricordo di quando eri bambino e ti toglievo i dentini da sotto il cuscino- mormorò Dentolina, con leggerezza.
Per Jack, però, quelle parole furono pesanti come un macigno.
La sua infanzia, la sua storia che faticava a ricordare, era una ferita che ancora gli bruciava. Si rabbuiò, ricordando l'unica cosa della vita di prima che gli era rimasta impressa nitidamente: sua sorella. Sua sorella che si lamentava, che diceva di avere paura, e lui che la rassicurava, le diceva che sarebbe andato tutto bene.
Sei sempre stato un bugiardo, eh, Jack?
E poi il ghiaccio che si spaccava, l'attimo frenetico in cui ogni cosa era cambiata, l'acqua fredda sotto di lui. La luna.
Si sentì invadere da una fitta di rabbia verso Dentolina. Perchè aveva dovuto fare quel commento? Magari per lei era una frase stupida, in fondo era la Fatina dei Denti e aveva a che fare con i denti di milioni di bambini. Ma era arrabbiato lo stesso. Si limitò a rimanere in silenzio.
-Jack, tutto bene?- gli chiese lei a un certo punto, preoccupata.
-Sì, certo- rispose asciutto. Aveva voglia di andarsene.
Si alzò in piedi.
-Jack, aspetta... Ho detto qualcosa di sbagliato?- Dentolina sembrava davvero confusa.
Jack si bloccò e sospirò, la rabbia già iniziava a sbollire. Aveva così pochi amici, sarebbe stato sciocco perderne uno per una banalità. Anche se per lui non era una banalità, ma se c'era una cosa di cui era certo era l'affetto che Dentolina nutriva per lui. Non avrebbe mai voluto ferirlo di proposito.
-No, niente. Tu non hai fatto niente.-
-E' stato... quel commento? Che stupida, non so nemmeno io perchè l'ho fatto.- Dentolina appariva a disagio come non l'aveva mai vista. Lei era sempre stata la più gentile dei Guardiani, quella che per prima aveva creduto in lui, che l'aveva difeso, che l'aveva appoggiato. Dentolina era disinvolta, dolce, simpatica. Vedendola così, a Jack sembrava che il disagio di lei rimbalzasse su di lui, così che entrambi erano ammutoliti nel silenzio della notte.
-No, scusami. E' che... preferirei evitare l'argomento- spiegò Jack, abbozzando un sorriso e smorzando la tensione.
-Certo, hai perfettamente ragione- Dentolina era mortificata, e Jack si sentì male per lei.-Però, sai, non è che abbia fatto molta pratica nel parlare con la gente... Insomma, voglio dire a parte Babbo Natale e Calmoniglio e qualche cenno a Sandman, le mie parole in genere sono istruzioni da dare alle mie fate...- ridacchiò, ancora a disagio.
Jack rimase di sasso. Decisamente c'era qualcosa che non andava. Quella non era la Dentolina che conosceva.
-Dentolina, ti senti bene?- chiese, d'istinto, posandole una mano sulla spalla.
La fatina dei denti la guardò come se scottasse, e Jack la ritrasse immediatamente, ferito. E così, per quanto si sforzassero di nasconderlo, i Guardiani avevano ancora timore di lui. Cos'è, Dentolina credeva che l'avrebbe trasformata in una statua di ghiaccio e frantumata perchè era arrabbiato con lei?
Le voltò le spalle.
Dentolina sembrò non accorgersi dell'amarezza di Jack, e riprese, timidamente.-Vedi, Jack, in realtà ero venuta perchè volevo parlarti-
Jack non si prese il disturbo di girarsi, ma la Fatina dei Denti non lo notò.
-Il fatto è che c'è una cosa che dovevo dirti - ridacchiò - e, beh, magari la troverai divertente, sai, anche se non lo è-
Jack ci capiva sempre di meno. Se avesse potuto descrivere con un solo aggettivo quella notte, sarebbe stato "strano". Strana Dentolina, strana la sua timidezza, strano quello che doveva dirgli, strano il loro imbarazzo, strano il numero di emozioni che si erano alternate dentro di Jack nel poco tempo che aveva passato con la Fatina dei Denti...
Strano.
Nonostante si sentisse profondamente ferito, Jack era altrettanto curioso di sapere il motivo del nervosismo della sua amica. Si girò a guardarla.
Dentolina fece un respiro profondo, torturandosi le mani.-Sì, insomma...- ormai la sua voce era un sussurro, Jack temeva il peggio. Cominciava a pensare che il motivo della comparsa di Dentolina fosse la notizia di qualcosa di brutto che era accaduto ad uno dei Guardiani. Ma no, non era possibile. Jack scacciò via quel pensiero dalla testa. Se avesse avuto ragione, Dentolina gliene avrebbe parlato immediatamente, non avrebbe aspettato che una frase sbagliata le fosse uscita al momento sbagliato. Era assurdo.
Tuttavia...
-Dentolina, è successo qualcosa?- questa volta si guardò bene dallo sfiorarla, ma la sua voce trasmetteva tutta l'ansia che provava in quel momento.
Dentolina incatenò i suoi occhioni verdi a quelli di lui, e Jack vi lesse qualcosa che non aveva mai scorto prima. Una strana preoccupazione, una sensazione di amarezza mista a gioia. Il bisogno disperato di dire qualcosa di estremamente bello e estremamente terribile allo stesso temo. E la paura di farlo.
-Jack...- Dentolina si fece coraggio.
-Sì?-
-Io... - ridacchiò, nervosa.-Io penso, sì, beh, penso... Oh, sapessi com'è difficile! Non l'ho mai detto prima, in realtà. Beh, sì, sai, comunque il punto è che...- fece un respiro profondo -Jack, io credo... Anzi no, sono sicura... Jack io...-
Una fatina sfrecciò in mezzo a loro cinguettando agitata qualcosa a Dentolina, la quale la ascoltò preoccupata e le rispose:-D'accordo, va' pure. Io arrivo immediatamente- poi guardò Jack.-Mi dispiace, ne parleremo un'altra volta- e detto questa Dentolina volò via, inghiottita dal buio della notte.




ANGOLO AUTRICE
Ehilààà! Allora, che ne pensate della caratterizzazione del nostro Jack? E' soddisfacente?^^" E che avrà di tanto importante da dirgli Dentolina? Beh, non proprio COSI' importante, visto che può aspettare...
Eh? Che ne pensate? Muahahhahah, STAY TUNED e lo scoprirete ;)
Ora, una piccola comunicazione:
D'ora in poi aggiornerò ogni domenica pomeriggio alle 17 in punto (sì, sono davvero così precisa v.v), quindi mi raccomando, non abbandonatemi!(:
E adesso veniamo ai ringraziamenti,
grazie a:
Miss_Shinigami,
Maty Frost,
Rocchi68

per aver trovato il tempo di lasciare una recensione. GRAZIE INFINITE, vi voglio un mare di bene e non vedo l'ora di risentirvi <3 <3 <3
Spero mi accompagnerete in questo viaggio (?) verso l'ignoto XD
Pooi, grazie anche a:
Romantic_Dreamer
per aver messo questa storia tra le preferite pur avendo letto solo il primo capitolo, il mio affetto per te è smisurato <3 <3 <3 <3 <3 <3
Grazie a:
Poprock24
per la fiducia che ha riposto in questa storia, sei un tesoro e farò del mio meglio per non deluderti <3 <3 <3
Grazie anche a:
A m b e r F r o s t (adoro il tuo nome!)
Enivelsa2000
La storia vi ha incuriosite e spero sia all'altezza delle vostre aspettative!
Tutti voi spero di sentirvi presto in una recensione per sapere il vostro parere ^^

E, infine, grazie agli altri lettori silenziosi per aver cliccato su questa storia (a voi voglio un po' meno bene, però, ma solo un po' u.u)
Beh, a domenica! <3 <3 <3 <3 <3 <3






 

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Capitolo 3
*** III ***


                                                                          III




Il sole splendeva alto nel cielo e il profumo dei fiori inondava le case e le strade.
Elsa sedeva in giardino, all'ombra di un salice, leggendo e godendosi appieno uno dei rari momenti di tranquillità.
L'ultimo periodo era stato frenetico.
Dopo che, per ovvie ragioni, Arrendelle aveva interrotto ogni tipo di rapporto commerciale con Wafferton (o Wisselton, o come si chiamava!) c'era stata la necessità di trovare un altro valido alleato e molti Paesi si erano candidati, tra cui la Spagna rappresentata dal povero Martinez.
Elsa aveva dovuto vagliare le proposte migliori, studiando la situazione economica del suo Paese e rapportandola a quella degli altri, il tutto facendo il possibile per mantenere un clima diplomatico con le varie nazioni. Alla fine l'alleato migliore si era rivelato essere proprio le Isole del Sud, poichè re Jan si era dimostrato un uomo molto più intelligente e di granlunga migliore di suo fratello Hans.
E così adesso, con Anna e Kristoff in luna di miele, Elsa si godeva la sudata tranquillità.
Amava stare in giardino, perchè aveva passato la maggior parte della vita chiusa nelle sue stanze, osservando i fiori e gli alberi solo da lontano, attraverso i vetri spessi delle finestre o leggendo di prati incantati nei libri. I libri che tanto amava e che più di una volta l'avevano aiutata a evadere dalla realtà; i libri nei quali poteva essere una persona diversa - normale - e vivere una vita diversa - normale.
E ora, anche se in parte, poteva farlo. Certo, la vita di una regina non era quella che si definiva una vita "normale", ma di sicuro era meglio di quella di prigionia che aveva prima. Adesso che aveva acquisito il controllo dei suoi poteri, era libera di uscire nei giardini e di muoversi per il regno senza il timore di congelare ogni cosa.
Si lasciò andare contro il robusto tronco dell'albero. Le piaceva stare lì, al riparo, nascosta dalle lunghe fronde verdeggiandi che si inclinavano davanti a lei come una tenda mossa appena dal vento.
Il libro che stava leggendo era molto interessante.
Gliel'aveva consigliato Anna, che conosceva a memoria tutti i volumi della libreria del castello. Era una storia d'amore. Parlava di due principi, Karl e Alissa, che, costretti a sposarsi dai loro genitori, inizialmente si detestano a vicenda, ma più si avvicinano e si conoscono, più scoprono di piacersi. Era una trama molto diversa da quelle che in genere sceglieva Elsa, che narravano di avventurieri e di pirati ( e in questi aveva la possibilità di fuggire dal suo castello e esplorare mondi incantati) o di filosofia e arte, nei quali c'era pochissimo spazio per l'amore. Per questo era stata riluttante quando Anna gliel'aveva suggerito, ma alla fine aveva deciso di leggerlo per farla contenta, perchè se pensava all'infanzia solitaria di Anna, si sentiva ancora in colpa per tutte le volte che aveva dovuto rifiutare le sue proposte di giocare insieme. In realtà non era proprio dipeso da Elsa, dopo tutto era stata una decisione dei loro genitori per proteggere entrambe, e lei per prima avrebbe amato giocare con Anna come facevano prima dell'incidente e prima che i troll cancellassero la memoria di sua sorella, ma si sentiva in colpa comunque. L'infanzia di solitudine che Anna era stata costretta a vivere riempiva Elsa di tristezza. Perciò, ora che poteva, faceva del suo meglio per essere una degna sorella maggiore. Le aveva organizzato un matrimonio da favola, con tanto di decorazioni di ghiaccio - che avevano fatto commuovere Kristoff (sul serio, Elsa giurava di averlo visto piangere!), e una luna di miele altrettanto favolosa.
E, in più, accettava anche i suoi consigli in campo letterario.
Non che non fossero validi, anzi. L'ultimo libro, Due Cuori Sotto lo Stesso Cielo, era decisamente affascinante, ma Elsa non riusciva a comprenderlo appieno, perchè non conosceva l'argomento principale del romanzo: l'amore. Non poteva immaginare "le farfalle nello stomaco" descritte da Alissa, nè il buonumore improvviso di Karl. Non comprendeva il brivido che provavano i protagonisti quando si baciavano, la sensazione di labbra morbide e il calore di un abbraccio sensuale. Non sapeva cosa fosse l'ondata di desiderio che li travolgeva e l'elettricità  che sprizzavano i loro corpi quando si toccavano. L'unico esempio di vero amore che poteva osservare erano Anna e Kristoff, e ultimamente si domandava spesso se anche sua sorella provasse le emozioni descritte nel libro. Doveva essere bello.
Ma Elsa aveva altro a cui pensare. C'era il regno, i problemi di politica interna, i problemi di politica esterna, l'economia, il commercio e chi più ne ha più ne metta. No, Elsa aveva davvero pochissimo tempo per abbandonarsi a fantasie romantiche. Non che ne sentisse più di tanto l'esigenza, comunque. L'argomento più che altro suscitava la sua curiosità, ma finiva lì. Se l'amore poteva essere davvero struggente e devastante come lo era per Elissa, allora forse era meglio non averne proprio a che fare. Del resto, se proprio ne sentiva il bisogno, poteva immergersi nella lettura e vagare per un po' con la fantasia. Sempre, ovviamente, nei pochi attimi di riposo che le erano concessi.
-Ciao, Elsa!- Olaf irruppe nel suo scenario trotterellando allegramente.
-Ciao, Olaf. Come stai?-
-Oh, io sto benissimo! Come potrei stare con questo sole? Guardalo, non lo trovi anche tu bellissimo? E guarda i fiori... Sono così colorati e profumati...-
Elsa rise.-Quanto sei buffo-
-Amo la primavera!- squittì il pupazzo di neve, volteggiando e annusando tutti i fiori che si trovava davanti.
-Sì, Olaf lo so- la regina sorrise e tornò a leggere.
-Che stai facendo?-
-Sto leggendo, vedi?-
-Ooooh! Che bello. E come si fa?-
-Beh, è un po' complicato. Magari un giorno potrei insegnarti-
-E perchè non oggi?-
-Perchè oggi pomeriggio ho una riunione con il re Jan delle Isole del Sud-
-E perchè non ora?-
-Perchè ora ho da fare-
-Che cosa?-
-Leggere!-
-Che bello! Mi insegni?-
Elsa sospirò, sempre sorridendo. Ci voleva davvero tanta pazienza con quella creaturina.-Ti ho detto di sì. Un giorno...-
-Voi esseri umani fate sempre così- si lamentò Olaf.
-Così come?-
-Rimandate. E non capisco perchè! Magari non avrete più altro tempo per fare quello che dovevate fare-
-Olaf, non prendertela! Sono solo un po' stanca e voglio rilassarmi-
-E ti rilassi leggendo?-
-Certo-
-E anch'io posso rilassarmi?-
-Certo-
-E anch'io posso leggere?-
-Certo-
-E allora mi insegni? Voglio rilassarmi-
-Oh, Olaf!-
-Va beeeeene, ho capito, sarà per un'altra volta-
-Ti ringrazio!-
-Uffa, voi umani siete davvero noiosi. Non ve la meritate, la primavera- borbottò il pupazzo di neve scomparendo tra le siepi.
Elsa rise, squotendo la testa, e riprese la lettura. Riuscì a proseguire per appena una dozzina di pagine, prima che la sua pace fosse nuovamente disturbata.
-Vostra maestà-
Elsa alzò gli occhi, sorpresa nel trovarsi davanti re Jan. Il giovane sovrano sorrideva educato, mostrando una fila di denti bianchi e regolari. Era molto diverso dal fratello minore. Se Hans era scuro e dai tratti marcati, Jan aveva una carnagione simile alla neve e occhi neri particolarmente in contrasto con i riccioli biondissimi che gli incorniciavano il volto delicato. Tuttavia, nonostante l'insieme di caratteristiche diverse, il viso aveva un'armonia tutta sua. Non si poteva definire "bello", ma "gradevole".
-Re Jan, il vostro soggiorno ad Arrendelle sta procedendo nel migliore dei modi?-
-Certo, regina Elsa, e colgo l'occasione per ringraziarvi della vostra squisita ospitalità- il principe si inchinò elegantemente.
-E' un onore, maestà.-
Re Jan sorrise.-Siete impegnata, al momento?-
Elsa si rese conto che il libro avrebbe dovuto attendere almeno altri sei mesi.-No, in effetti ho approfittato di questa splendida mattinata per svagarmi un po'-
-Bene, allora vi spiace se vi faccio compagnia?-
"Sì!" avrebbe voluto rispondere Elsa, che, per quanto si sforzasse, non tollerava molto la compagnia di altre persone.
-No, anzi.-
-Bene, allora- il sovrano delle Isole del Sud sorrise e, con disinvoltura, si sedette accanto a lei, sul prato.
Elsa si sentì immediatamente a disagio, a tal punto che temette di perdere il controllo sui suoi poteri. Non era abituata a stare così vicina ad un uomo.
Si sforzò di concentrarsi, congelare re Jan sarebbe stato un pessimo modo di suggellare una pace fra nazioni.
-Cosa state leggendo di bello?-
-Oh, è un libro che mi ha suggerito mia sorella. Si intitola Due Cuori Sotto lo Stesso Cielo. Lo conoscete?-
Re Jan scosse la testa, agitando i riccioli biondi.-Temo di no. Sapete, un erede al trono con dodici fratelli ha davvero poco tempo per dedicarsi ad un passatempo piacevole come la lettura-
Elsa aveva voglia di scappare. Il calore che le trasmetteva la vicinanza del corpo di lui era qualcosa cui non era affatto abituata e non era nemmeno sicura che le piacesse. Il calore in generale non le andava a genio. Preferiva il freddo.
-Beh, immagino che la vostra infanzia non sia stata affatto noiosa-
-No, immagino di no- re Jan sembrava perfettamente a suo agio. Elsa lo invidiò, e in parte gliene fu grata. Uno dei motivi per cui non amava la compagnia era perchè si sentiva diversa dagli altri, ma Jan non si era mai mostrato particolarmente distante o timoroso con lei. Anzi, la faceva sentire quasi normale. E fino ad allora, le era capitato solo con Anna.
Rimasero in silenzio per un po', cullati dal canto delle cicale.
-La primavera è la mia stagione preferita- commentò d'un tratto re Jan. A Elsa venne subito in mente Olaf, e non riucì a trattenere un sorriso.-Sì, non siete l'unico-
Il giovane sovrano si girò verso di lei, guardandola negli occhi e sorridendo.-Voi però avete gusti diversi-
-Lo ammetto- sorrise di rimando Elsa.
-Sapete, tutto il mondo parla dei vostri poteri. Molti, addirittura, vi temono-
-Non li biasimo-
-Io no, però. Anzi, penso che siano un dono-
Elsa rise amaramente.-Non dovete dirlo solo per compiacermi.-
-E' la verità, vi giuro. Ho sempre trovato noiosa la normalità-
-Non parlereste così se foste al mio posto-
Re Jan sorrise. Un sorriso sincerlo, luminoso.- Io credo che siate troppo severa con voi stessa, ecco tutto. Vivete i vostri poteri come una maledizione e non come il dono che sono-
Elsa era sinceramente colpita.- Non finite mai di sorprendermi, re Jan-
-Ne sono lieto. Dunque, sono ad Arrendelle da quasi un mese, ormai, e non ho ancora visto niente. E' un vero peccato, perciò pensavo di fare un giro. Vi va di accompagnarmi?-
-Adesso?-
-Certo, adesso. Mi pare di aver capito che non avete altri impegni...-
-No, infatti. Tuttavia se siete interessato ai centri storici del mio Regno potrei fornirvi le guide migliori. Di certo saranno più competenti di me.-
-Ma io non sono interessato ai centri storici-
-Ah, no? E a cosa siete interessato allora?-
-A voi-
La schiettezza di quella risposta lasciò Elsa di sasso.-Come, prego?-
-Mi piacerebbe conoscervi meglio. Siete una donna terribilmente affascinante, è raro incontrare qualcuna come voi-
-Più unico che raro, direi-
Re Jan rise.-Sì, in effetti avete ragione. Ad ogni modo, vi andrebbe o no di accompagnarmi?-
Elsa si prese qualche istante per decidere. Una parte di lei avrebbe voluto rifiutare immediatamente quella proposta, e tornare a leggere il suo libro all'ombra del salice. Da sola. Tuttavia sarebbe stato un male rifiutare la gentile proposta del sovrano delle Isole del Sud. Se re Jan si fosse sentito offeso dal diniego, avrebbe potuto verificarsi un incidente diplomatico, considerato il passato burrascoso dei due regni. In quanto regina, Elsa doveva mettere al primo posto il benessere e la sicurezza del suo Paese. E poi, doveva ammetterlo, la compagnia di re Jan non era tanto spiacevole.
Sarebbe stato un dolce sacrificio, dopo tutto.
-D'accordo- sorrise Elsa.
-Mi fa molto piacere- re Jan si alzò e le porse una mano per aiutarla. Elsa la guardò, apprezzando la galanteria del gesto, ma temendo di farsi prendere dal nervosismo e di congelarla.
-Grazie, ce la faccio- disse, mettendosi in piedi. Il lungo vestito di seta cobalto le fasciava il corpo alla perfezione (in fondo l'aveva creato da sè, quindi era ovvio che le stesse a pennello), l'orlo della gonna sfumava in un azzurro scintillante, richiamando i bordi delle maniche e della scollatura. Come aveva commentato Anna, "sembrava che avesse preso un lembo di notte e lo stesse indossando".
-Avete davvero un giardino magnifico- osservò re Jan, mentre procedevano tra gli alberi in fiore.
-Vi ringrazio. Ne affido la cura ai migliori giardinieri del regno.-
-Fanno un ottimo lavoro, non c'è che dire.-
Elsa sorrise, facendo seguire una parentesi di silenzio.
Silenzio che, proprio mentre si stava facendo imbarazzante, fu prontamente spezzato dalla voce calda del giovane re.
-Sapete, mi sono sempre chiesto una cosa.-
-Cosa?-
-Ad Arrendelle è diffusa la magia o siete l'unica a possederla?-
-Come mai me lo domandate?-
-Oh, semplice curiosità, sapete. Nel mondo ormai non ne è rimasta molta. Anzi, in realtà prima di sapere di voi credevamo che non ce ne fosse affatto. Poi, l'anno scorso, quando mio fratello Hans è tornato a casa in manette farfugliando qualcosa su una regina in grado di controllare il ghiaccio e di pupazzi di neve parlanti, ammetto che in un primo momento la mia famiglia ed io abbiamo pensato che avesse perso il senno.- abbozzò una risata.-Tuttavia, quando è giunta fino a noi la notizia della leggendaria regina di Arrendelle, abbiamo dovuto ricrederci.-
-Siete stati delusi, forse?-
-Assolutamente no. Almeno, non io. Sapete, non appena si è sparsa la notizia mi sono sentito attratto da questo regno come da una calamita.-
-Ed eccovi qui, dunque. Venite, entrate pure, io devo avvisare i miei funzionari della mia breve assenza.-
-Certo- re Jan attese sulla soglia finchè, dopo qualche minuto, Elsa fu di ritorno.
-Stavamo dicendo?-
-Vi avevo chiesto se ci fosse altra magia ad Arrendelle-
-No, non ce n'è-
-Siete sicura?-
-Certo. Sono l'unica creatura magica di tutto il regno e, stando a quanto avete detto, di tutto il mondo.-
Elsa aveva scelto volontariamente di mentirgli. Sapeva bene di non essere l'unica creatura magica del regno, visto che insieme a lei c'erano anche i famosi Troll delle Rocce, ma, per qualche motivo, l'istinto le aveva suggerito di tacere la loro esistenza. E raramente il suo istinto aveva torto. Certo, re Jan si era sempre comportato in maniera impeccabile, ma Elsa non riusciva a dimenticare che un anno prima il fratello minore, Hans, aveva architettato un piano diabolico per rubarle il regno. Preferiva essere cauta e, ad ogni modo, doveva ammettere che l'interesse che re Jan mostrava per la magia era abbastanza sospetto. O magari era solo lei ad essere paranoica. Forse Anna aveva davvero ragione riguardo il suo rapporto con gli altri esseri umani. Forse. Quello che era certo, però, era che lei era la regina di Arrendelle e doveva proteggerlo, se necessario, anche da sovrani affascinanti.
Re Jan parve profondamente deluso, ma l'ombra sul suo viso sparì in poco tempo. -Beh, immagino che dovrò farmene una ragione, giusto?-
-Temo di sì- sorrise di rimando Elsa.
-Allora, dove avete intenzione di portarmi, innanzitutto?-
-Stavo pensando al Parco di Primavera. In questa stagione, appunto, è splendido.- spiegò Elsa, iniziando il tour guidato di Arrendelle.

 


Note dell'autrice
Ebbene rieccomi qui, proprio come avevo promesso! ^^
Re Jan?? Chi sarà costui? Che ne pensate? Lo trovate simpatico? Non lo potete soffrire?
LET ME KNOW! :D
Rinnovo i miei ringraziamenti a tutti coloro che hanno la storia tra le preferite/ricordate/seguite! (Aumentate capitolo dopo capitolo, vi adoro <3 <3 <3)
E niente, ci vediamo domenica prossima :* :* :*

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Capitolo 4
*** IV ***



IV
 


Gli occhi scintillavano come diamanti purissimi; i capelli di morbido platino le ricadevano sulla schiena raccolti in una lunga treccia. Le labbra sottili color del sangue e la carnagione vitrea, ogni particolare faceva sì che l'insieme fosse avvolto da un'aura siderale.
Eppure non era soltanto la bellezza a colpirlo.
Dalle sue mani nascevano fiocchi di neve simili a stelle che, leggeri, si sollevavano danzando nell'aere.
E Jack aveva freddo.
Anzi, più che freddo. Era congelato.
Rabbrividiva come non gli capitava da secoli. Letteralmente. Come non gli capitava dalla volta in cui il ghiaccio sotto di lui si era spaccato e lui era sprofondato nell'acqua gelida.
La stessa sensazione. Una sensazione che credeva di aver dimenticato, ma che evidentemente era sempre rimasta nella parte più profonda della sua anima.
Sentirsi di nuovo così lo disorientava e lo terrorizzava, ma non aveva tempo nè voglia di preoccuparsene.
Quello che stava succedendo davanti ai suoi occhi lo attirava come una calamita attira un magnete.
Non capiva dove si trovasse, nè come e perchè potesse assistere ad una scena del genere. Però era lì. Incredulo. Pietrificato.
Era spettatore immobile della bellissima giovane donna che con grazia e naturalezza adoperava i suoi stessi poteri.
La gioia e lo stupore si fondevano nel cuore di Jack, mentre una sensazione meravigliosa e sconosciuta gli invadeva l'anima.


Jack aprì gli occhi di colpo. Aveva l'affanno e sentiva la testa pesante.
La luna, nel cielo, ricambiava il suo sguardo confuso con il solito silenzio.
Che cosa era successo? Si era addormentato, non riusciva a crederci. Quando gli era capitato l'ultima volta? Impossibile dirlo con certezza.
Non che non potesse addormentarsi, anzi. Era l'unico briciolo di umanità che gli era rimasto, un legame con la mortalità perduta.
Forse, a modo suo, la luna aveva deciso di fargli un regalo. Gli aveva lasciato qualcosa come consolazione.
 Però non ne sentiva l'esigenza. Non aveva sonno così come non aveva fame.
Dormire, quindi, gli sembrava solo un'inutile perdita di tempo, quando era molto più divertente andarsene in giro a spargere ghiaccio e fiocchi di neve o, semplicemente, contemplare il cielo e il mondo circostante.
Il mondo che andava avanti, che si evolveva.
Il cielo che dal pallido azzurro dell'alba, si tingeva di mille colori in occasione del tramonto e lentamente tornava buio e puntellato di stelle per la notte.
Era un ciclo che, con la sua regolarità, faceva nascere nel cuore di Jack una punta di malinconia. La malinconia di sapere che il mondo andava avanti, andava avanti senza di lui.
Spesso aveva l'impressione di osservare ogni cosa da dietro un vetro.
Per Jack il cambiamento non esisteva, e per questo amava la notte. Perchè, almeno per qualche ora, era immobile come lui.
Eppure quella notte, probabilmente solo per poco, si era addormentato.
Non riusciva a ricordare il motivo per cui l'aveva deciso nè come fosse successo.
Perchè non solo aveva dormito, aveva anche sognato.
Aveva sognato una creatura bellissima, eterea. Una giovane donna con il suo stesso dono - o maledizione, a seconda dei punti di vista.
Jack si rivolse alla luna, consapevole che non avrebbe ottenuto alcuna risposta.-E questo che significa?- domandò, sentendo forte dentro di sè il bisogno di sfogarsi. Perchè per qualche attimo, in quel sogno, aveva smesso di sentirsi solo. E il ritorno alla realtà era stato un vero e proprio schiaffo in faccia. Doveva aggrapparsi alla possibilità che forse, forse, c'era qualcosa di reale in ciò che aveva visto.
-Perchè mi sono addormentato? E perchè ho fatto quel sogno? Cosa significa?- Jack prese a camminare in tondo sul tetto del palazzo.
Nessuna risposta.
-Certo, dovevo aspettarmelo. Tu non sai fare altro se non rimanere in silenzio!-
Rassegnato, Jack si sedette pesantemene sul cornicione, dondolando le gambe nel vuoto. Stese il bastone sulle ginocchia e lo strinse forte, un modo come un altro per sfogare il tumulto che aveva dentro.
-E quella ragazza...- domandò, con un filo di voce, questa volta più a se stesso che alla luna. -Chi era?-
Nella sua mente si erano impressi indelebilmente gli occhi cristallini di lei. Quello sguardo, carico di solitudine e, allo stesso tempo, di stupore infinito per i propri poteri. Non ci si abituava mai del tutto all'idea di quello che si era in grado di fare. Jack lo comprendeva bene. 
Perchè, guardare lo sguardo di quella ragazza, era  stato come guardarsi allo specchio.
D'improvviso sentì nascere qualcosa dentro di sè. Qualcosa di forte, qualcosa di bruciante.
La speranza veniva sovrastata dalla certezza di non essere il solo. Quella speranza che tanto a lungo aveva tentato di demolire, di abbattere e che, pur senza essersi mai spenta, era rimasta nascosta negli abissi della sua anima, ora riemergeva indistruttibile, trasformata in consapevolezza. E la consapevolezza si liberava dentro di Jack rompendo ogni diga, acqua impetuosa e inarrestabile. Adesso era diventato un bisogno vero e proprio.
Doveva saperne di più, doveva scoprire chi era quella ragazza.
Doveva trovarla.
E quando l'avrebbe trovata non sarebbero più stati soli.
Finalmente.
Perchè era certo che anche lei aveva patito da sempre la sua stessa angoscia e disperazione.
Sentimenti che sarebbero durati ancora per poco.
E nell'istante esatto in cui prese questa decisione, in cui ogni cellula del suo corpo era pronta a scattare, un pensiero gli si formò nella mente.
All'inizio appannato, disordinato come vapore.
Poi sempre più nitido.
Un nome.
La luna - non riusciva a crederci!- gli stava suggerendo un nome.
Elsa.

 

 


Note dell'autrice:
Lo so, LO SO! Non è domenica (tranquille, non ho perso la cognizione del tempo - almeno, non del tutto ^^"), ma domani starò via tutta la giornata e non potrò aggiornare, quindi ecco a voi ;)
Veniamo ora alla storia....
Finalmente ci avviciniamo al momento fatidico, anche se manca ancora qualche capitolo ;)
Abbiate pazienza, ogni cosa ha il suo tempo, e il motivo e il modo per cui/in cui i nostri eroi si incontrano devono essere ben definiti, non semplicemente scuse banali U.U
Beh, che dire...
Rinnovo come sempre i miei ringraziamenti ai miei adorati lettori <3 <3 <3 <3 <3
E un bacio!

Ci vediamo domenica prossima
:*

 

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Capitolo 5
*** V ***


V



 



Mancava poco.
Pochissimo, anzi.
E il pensiero lo mandava in estasi.
Aveva dedicato tutta la vita a quell'obbiettivo, e ora c'era quasi. Mancava solo una cosa.
Si guardò intorno, fuori di sè per l'emozione. Cercò tra le rocce della montagna una che sporgesse un po' più delle altre. Un po' più appuntita. Un po' più nera.
Un po' più finta.
La individuò quasi subito. Ormai si stava abituando.
L'aveva trovata tre mesi prima, durante una delle sue prime "passeggiate". Non appena aveva visto quella montagna, così alta e inaccessibile, aveva capito che sarebbe stato il luogo adatto.
Così si era organizzato, aveva procurato l'indispensabile, ed era riuscito a scalarla. Non tutta, ovviamente. E non subito.
C'erano voluti giorni prima che imparasse a riconoscere i massi stabili da quelli instabili; i punti dov'era facile che il terreno franasse; quali spuntoni erano abbastanza forti da reggerlo in caso di emergenza. Ce n'era voluto, è vero. Ma ce l'aveva fatta.
Si era arrampicato fino alla metà della montagna, e aveva trovato l'insenatura giusta. Tempo due giorni e l'ingresso dell'antro era coperto da un enorme masso.
Più grande, più nero e più finto.
Sorrise al ricordo, fiero di sè.
Il masso era di cartapesta, perciò era leggero e si poteva spingere via facilmente, ma non gli importava. Era più che altro uno specchietto per le allodole.
Se anche ci fosse stato qualcuno che avesse deciso di arrampicarsi fino alla metà del monte, avrebbe di certo lanciato un'occhiata di sfuggita all'ambiente. Non avrebbe mai potuto immaginare cosa si nascondesse là in alto.
Spinse via il masso ed entrò nella grotta.
All'inizio c'era così poco spazio che si doveva stare rannicchiati e bisognava gattonare, ma la strettoia durava circa un paio di metri. Poi l'ambiente si allargava.
Si guardò intorno, con circospezione: ogni cosa era al suo posto.
Sulla parete di fronte l'ingresso erano appesi tre coltelli affilatissimi: quelli ai due estremi avevano una lama più corta, mentre la lama di quello centrale arrivava quasi al suolo, incurvandosi verso l'interno. I manici di tutti e tre erano identici: d'oro zecchino, incastonati di rubini. Preziosissimi, ma non solo da un punto di vista economico.
Quei coltelli sarebbero stati parte fondamentale del suo piano, senza di loro ogni cosa non avrebbe avuto senso.
Posizionato sotto i coltelli, appoggiato ai piedi della medesima parete, vi era un vaso di ceramica. Un'anfora molto piccola, decorata in modo impeccabile.
Anche quell'anfora era importantissima.
E, infine, ad una parete laterale dell'antro, era esposto l'oggetto più importante di tutti, quello alla cui ricerca aveva dedicato gli ultimi dieci anni.
A differenza dell'anfora e dei coltelli, il suo valore economico era pari a zero.
Non era bello, nè tanto meno pregiato.
Un cerchio non molto ampio, affidato saldamente alla parete con grossi chiodi arrugginiti. Il contorno era diviso in quattro parti uguali, ognuna di un colore diverso: oro, argento, bronzo e ferro. Ma non erano oro, bronzo, argento e ferro qualunque.
No, per procurarsi ognuno di essi aveva girato il mondo. Letteralmente.
Si era spinto nei confini più remoti del pianeta, aveva esplorato gli abissi più nascosti degli oceani, ma alla fine ce l'aveva fatta.
Ed era fiero di se stesso.
L'idea in generale gli era venuta un bel giorno d'estate - se lo ricordava benissimo - leggendo un vecchio libro polveroso recuperato dall'antica libreria del castello. La copertina era di vero cuoio e le pagine erano sottili e ingiallite. Ma non gli importava.
L'aveva scelto quasi per caso, anzi: alle volte pensava che fosse stato il libro a scegliere lui.
Sì, perchè proprio mentre stava estraendo da uno scaffale più basso un volume decisamente in condizioni migliori, un topo era sbucato all'improvviso dal ripiano e, squittendo, si era arrampicato verso l'alto della libreria.
Lui detestava i topi, piccole orrende creature!, così aveva afferrato prontamente la scaletta vicino a sè e ci era salito sopra, dando la caccia al roditore. Con una manate - quale disgusto!- l'aveva scaraventato giù, sul pavimento e l'esserino, apparentemente indenne, era schizzato via per non farsi più vedere.
Così lui era rimasto lì sulla scala di legno pregiato ancora qualche secondo, squotendo la testa. Aveva chiuso gli occhi per un attimo, riprendendosi dal disgusto, quando le sue dita posate sul ripiano avevano incontrato la consistenza singolare del libro.
La copertina era di una morbidezza sorprendente, simile a velluto. Aveva aperto immediatamente gli occhi, incuriosito, e aveva deciso di leggerlo.
Saggia decisione. La migliore che avesse mai preso.
Aveva scoperto immediatamente che quello era un libro di magia, la magia che da sempre aveva bramato. 
Aveva letto ogni pagina avidamente, cercando di mandare a memoria tutti gli incantesimi, finchè non aveva trovato quello.
Il teletrasporto di un essere da un universo all'altro.
Perchè, a quanto pareva, esistevano svariati universi paralleli. Ognuno rendeva atto le infinite potenze che si allungavano come tentacoli da un'unica origine. Gli universi erano praticamente attaccati tra loro, e poteva addirittura capitare che si sfiorassero, ma era un fenomeno più unico che raro.
Un fenomeno che, comunque, era possibile riprodurre.
Era a questo che aveva dedicato gli ultimi dieci anni. E, adesso, c'era quasi.
Ovviamente non aveva mai parlato a nessuno delle sue intenzioni. E con chi avrebbe potuto, poi?
Nonostante la notevole compagnia, era sempre stato solo. I suoi genitori avevano sempre avuto mille cose da fare,  e lui non era certo il primo dei loro pensieri.
Beh, meglio così. Almeno non avrebbe dovuto dividere il compenso di quell'incantesimo con nessuno.
Regalò un'ultima occhiata al suo antro e si preparò ad uscire.
Sospirò, soddisfatto e quasi commosso.
Adesso mancava l'ultima cosa, quella che avrebbe messo in moto l'intero processo.
Sangue di Troll.















NOTE DELL'AUTRICE:
E' venerdì. E' venerdì e ho saputo che anche questa domenica starò via tutta la giornata, quindi eccovi un aggiornamento in anticipo ;)
Chi sarà il misterioso protagonista di questo capitolo?
Tenete duro, ogni cosa verrà svelata! ;)
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno la storia tra le preferite/ricordate/seguite e che aumentano esponenzialmente capitolo dopo capitolo (posso abbracciarvi tutti? POSSO?)
E , ovviamente, un bacone enorme a chi trova sempre il tempo di recensire la storia: vi voglio TROPPO bene! <3 <3 <3
Beh, a domenica prossima (spero!)! :)

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Capitolo 6
*** VI ***


VI


 
-Potresti, per favore, smetterla di fissarmi?-
Elsa alzò gli occhi dalla tazza di cioccolata che stava rigirando con un cucchiaino d'argento.
Anna, seduta all'estremità opposta del tavolo, non le toglieva gli occhi di dosso. Era tornata circa due settimaneprima dalla luna di miele, e aveva portato con sè un Kristoff più allegro - e più esausto! - .una leggera abbronzatura del color del miele e tante cose da raccontare ad Elsa, la quale aveva ascoltato ogni particolare con il massimo interesse, felicissima in cuor suo della gioia della sorella.
Anna e Kristoff  avevano visitato un arcipelago vicino l'Equatore, una delle zone più calde del pianeta.
Povera Anna, aveva pensato Elsa con un po' di amarezza quando le aveva comunicato la sua scelta, in fondo aveva bisogno di prendersi una pausa dal gelo intrinseco di Arrendelle. E di sua sorella.
Ed era stato un viaggio "straordinario!", aveva commentato Anna il giorno in cui era tornata, un abitino a fiori dai colori sgargianti e una paglietta infiocchettata sul capo. Dietro di lei se ne stava un Kristoff estasiato e... bruciacchiato! La sua carnagione troppo pallida, infatti, non aveva reagito come sperava al sole battente, ma era stato contento di conoscere qualcosa di diverso dal ghiaccio. Uno stuolo di servi reggeva le innumerevoli valigie della coppia e le trasportava ai piani superiori, mentre Anna aveva congedato Kristoff con un bacio, aveva afferrato Elsa sottobraccio e aveva iniziato  a raccontarle di tutte le spiagge meravigliose che avevano visitato.
Le avevano anche portato un regalo: una collanina di legno decorata da numerose conchiglie colorate e perline e zanne di animali. Non era esattamente il genere di Elsa, ma Anna le aveva spiegato che dove erano stati quel genere di gioielli andava di modissima (testuali parole), così Elsa aveva accettato, sorridendo.
E adesso erano passate due settimane da questi avvenimenti, e non c'era voluto molto che Anna notasse la presenza frequente del giovane re Jan a palazzo.
Ovviamente non aveva potuto fare a meno di ripensare a suo fratello Hans, perciò le prime volte l'aveva trattato con cordiale sdegno, ma quando si era accorta del modo in cui re Jan e Elsa sembrassero avere un'intesa perfetta, nella sua mente erano iniziate ad avanzare ipotesi molto differenti. Ne aveva anche discusso con Kristoff, rigorosamente nelle scuderie del castello, mentre suo marito allungava qualche carota a Swen. Ah, quanto gli era mancato!
Kristoff, comunque, aveva liquidato la questione con una scrollata di spalle: "Beh, se davvero tua sorella ha trovato qualcuno che le piace dovremmo esserne felici, no?" aveva detto.
"Ma certo! Solo che ogni volta che lo guardo, sai, mi torna in mente suo fratello ... e, beh, sai com'è, non è affatto un bel ricordo!"
"Chissà, forse questo Jan è diverso. A me sembra un bel tipo"
"Lo spero proprio. Sono solo preoccupata... Non avevo mai visto Elsa così... così di buon umore. Oh, non che non sia mai di buon umore. E' stupenda, lo sai, e spesso sorride. A volte ride, certo, ma non è mai così... così... Beh, hai capito cosa intendo, no?"
"Anna" Kristoff aveva finalmente distolto lo sguardo da Swen e le aveva posato una mano sulla spalla. Le aveva sorriso dolcemente. "Devi smetterla di preoccuparti sempre per tutti. Tua sorella è grande, è una regina, sa badare a se stessa."
Anna aeva sospirato.
"Dài, vieni qui" Kristoff l'aveva abbracciata. Era sempre un po' goffo nelle dimostrazioni d'affetto, constatava Anna con tenerezza. In fondo quanti altri esseri umani aveva abbracciato?
E, ad ogni modo, la questione si era chiusa lì.
Ma non per questo Anna si era arresa, nè tanto meno aveva accantonato le sue preoccupazioni. Semplicemente aveva deciso di cambiare tattica e optare per un approccio diretto.
Così, quella mattina, a colazione, mentre Kristoff era uscito a consegnare ghiaccio e Olaf non era nei paraggi,aveva deciso di approfittare dei pochi rari momenti che poteva passare sola con sua sorella.
-Non ti sto affando fissando- mentì spudoratamente, abbassando prontamente lo sguardo per bere un po' di thè.
-Sì, invece! E non capisco perchè- lo sguardo di Elsa, però, tradiva il contrario.
Bene, pensò Anna. Il piano stava funzionando.
-Ma ti dico che non ti sto affatto fissando!- bevve un altro po' di thè, e Elsa assaggiò la sua cioccolata.-Beh, forse un pochino-
-Anna- Elsa sorrise con aria ingenua.-Si può sapere che ti prende?-
-Oh, assolutamente niente. Mi è solo tornato in mente un brutto ricordo, tutto qui.-
Elsa sembrò impallidire (per quanto fosse possibile alla sua carnagione diafana, s'intende!)
-E ti è tornato in mente guardando me?-
Anna si sentì invadere dal senso di colpa. Okay, mossa sbagliata. Ritirata!
-Oh, no, affatto.- si affrettò ad agitare le mani.-Ma cosa dici?-
-Beh, pensavo...- Elsa scosse la testa, come per scacciare un brutto pensiero.-D'accordo, allora dimmi qual è questo brutto ricordo-
-Sì, certo- Anna si sentì sollevata, le era andata bene.-Ecco, il fatto è che mi sono ricordata che è passato già più o meno un anno da quando sei regina, e così mi sono tornate in mente tutte le cose che sono successo. Oh, non ho solo brutti ricordi, figurati. Anche dei bei ricordi, come quando hai scongelato tutto e hai creato quella meravigliosa pista di pattinaggio...- rise - Ho perso il conto di quante volte sono caduta! Non come te... tu camminavi perfettamente, beata te! Ma questo è un altro discorso. Insomma, dicevo, ci sono ricordi belli come questo e ricordi decisamente meno belli come quando ho scoperto che Hans non mi amava e che si era avvicinato a me solo perchè gli interessava Arrendelle. Davvero sconvolgente. Menomale che ho conosciuto Kristoff! Sì, perchè, sai, magari non avrà un buonissimo odore, e, d'accordo, il suo migliore amico è una renna, il chè, in effetti, è un po' strano, ma per lo meno mi vuole bene davvero. E ne sono sicura...-
-Dove vuoi arrivare?- la interruppe Elsa, scrutandola attentamente.
Anna avvampò.-Da nessuna parte. Cioè, no, non è vero. Da una parte voglio arrivare. Ecco, l'ho detto. Questa è la verità.-
Elsa appariva sempre più confusa. E vagamente divertita.-Anna, sei sicura di stare bene? Magari hai un po' di febbre...-
-No, sto benissimo! E' solo che...- si bloccò e fece un respiro profondo. Doveva arrivare al punto.-Elsa, c'è una cosa di cui volevo parlarti-
Elsa tornò immediatamente seria.-Dimmi tutto-
-Ho notato che ... beh, che ultimamente sei... sì, insomma, tu e re Jan siete ...-
Sua sorella alzò gli occhi al cielo e sorrise.-Oh, Anna. Tutto qui? Per un momento mi avevi fatta preoccupare sul serio-
Anna fissò sua sorella.-Elsa... io... voglio solo che tu stia attenta. Non riesco a fare a meno di ricordarmi che Jan è il fratello maggiore di Hans. Tu hai cercato di proteggermi da lui, di mettermi in guardia, e io non ti ho ascoltata e per poco non ho rischiato di morire e di condannare il nostro regno. Perciò voglio che adesso tu ascolti me, ti prego. Sono tua sorella e ti voglio bene. Per favore, sta' attenta.-
Elsa rimase completamente spiazzata da quelle parole, non immaginava che il suo rapporto con Jan causasse a sua sorella una tale preoccupazione.
Certo, anche lei si era più volte fermata a riflettere su ciò che le stava accadendo, sulla paura delle eventuali conseguenze.
Era spaventoso che, più tempo passava con Jan, più le descrizioni di Alissa le suonavano familiari.
In vita sua, Elsa non si era mai sentita così, nè tanto meno aveva mai sperato di potersi sentire così. Ancora non era certa che si trattasse proprio di quello che pensava, ma, senza dubbio, ci era molto vicina. E, sebbene una parte di lei fosse terrorizzata all'idea, l'altra era curiosa e si sentiva attratta da Jan e dalle emozioni che provava quando erano insieme.
Jan era un uomo meraviglioso. Colto, elegante, intelligente e affascinante. Passare del tempo con lui era un piacere. Durante le loro lunghe passeggiate in montagna, quando Elsa, su richiesta di lui, faceva sfoggio dei suoi poteri, non si sentiva affatto temuta.
Stava bene. Rilassata, tranquilla, a proprio agio.
In ogni caso non era così sciocca da sperare che sarebbe realmente sbocciato qualcosa tra loro due, perchè prima o poi Jan sarebbe tornato a casa, dall'altra parte del mondo, e lei non poteva permettere che una ... cotta ... la distraesse dai suoi doveri di regina. Lo sapeva, ma cercava di non pensarci. Semplicemente godeva il momento.
Tra le due donne calò un silenzio pesante come un macigno. Nessuna di loro aveva più fame. Non avevano il coraggio di guardarsi negli occhi, perciò si limitavano a fissare i rispettivi piatti senza il minimo interesse. Ognuna ricordava quel periodo spaventoso nel modo in cui l'aveva vissuto.
-Anna...- disse Elsa a un certo punto, con un filo di voce.-Anna, mi dispiace. Mi dispiace averti fatta preoccupare, ma devi aver frainteso.- sorrise, dolcemente.-re Jan è una persona completamente diversa da Hans, ho avuto modo di constatarlo nelle ultime settimane. E, ad ogni modo, non c'è niente fra noi.- pose su queste ultime parole un accento di amarezza.
Anna, con il suo istinto di sorella e di ragazza innamorata, lo colse al volo.-Elsa, io voglio solo che tu sia felice, lo sai. Ti auguro di trovare una persona speciale, la più speciale, che possa volerti bene quanto tu ne vorrai a lui a quanto io ne voglio a te. Te lo auguro perchè te lo meriti. Ma io ho sperimentato il tradimento sulla mia pelle, e non voglio che capiti anche a te.-
-Non succederà- la tranquillizzò sua sorella, sorridendo dolcemente. - Te lo prometto-
Anna ricambiò il sorriso, leggermente più rincuorata.
Anche se l'atmosfera era un po' meno tesa, nessuna delle due osò parlare o toccare cibo fnchè i domestici non si avvicinarono per sparecchiare.
Poi, entrambe avevano mille cose da fare.
Da sole.





Note dell'autrice:
Ehiehiehi! Rieccomi qui! (scusate il piccolo ritardo, ho perso di vista l'orario T_T)
Anyway, eccovi il capitolo, che ne pensate? Dai, che una svolta è vicina!! ^_-
Un bacionissimo!

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Capitolo 7
*** VII ***


VII


 

Elsa.
Quel nome gli si era impresso in mente indelebilmente. Continuava a ripeterlo a se stesso, e ogni qualvolta chiudesse gli occhi, rivedeva il viso di lei in tutta la sua splendente bellezza.
Elsa.
Sapeva che esisteva. Sapeva che era reale.
Ma non sapeva nè dove fosse, nè come fare a rintracciarla.
Era passato del tempo da chè Jack l'aveva sognata, precisamente tre settimane. Sì, perchè per la prima volta da secoli, aveva ripreso a contare i giorni e a dare importanza all'alternarsi delle settimane. Fino a poco prima, guardava i minuti e le ore scivolargli addosso come gocce di pioggia, senza scalfirlo nè turbarlo. Adesso, però, ne sentiva tutto il peso.
Ogni secondo, ogni attimo che passava da quella fatidica notte lo allontanava da lei. Sì, perchè l'unica cosa che sapeva di Elsa era che non rientrava tra i guardiani, quindi, a modo suo, era umana. Il chè significava che era prigioniera del tempo, e che se lui non si fosse sbrigato a trovarla, sarebbe potuto arrivare troppo tardi.
Il pensiero lo terrorizzava.
E lo faceva sentire terribilmente impotente. Aveva il disperato bisogno di parlarne con qualcuno - qualcuno che gli rispondesse! - ma non sapeva con chi. Naturalmente la scelta si limitava solo ai Guardiani, e tra di loro era ancora più ristretta. Calmoniglio non lo prendeva neanche in considerazione. Certo, i loro rapporti erano migliorati notevolmente, ma loro due non potevano certo definirsi "ottimi amici". E, in ogni caso, non lo erano abbastanza perchè Jack si sentisse abbastanza a suo agio da parlargli di una cosa così... riservata come il suo sogno.
L'intera faccenda di Elsa la percepiva come un qualcosa di estremamente privato. Non si trattava solo del sogno, ma di quello che c'era dietro. La speranza che nutriva da tanti anni di non essere il solo a possedere i poteri che aveva, il bisogno di sentirsi capito, capito davvero.
No, decisamente non poteva affrontare un discorso del genere con Calmoniglio. Non aveva proprio voglia di condividere con lui delle speranze che, fino alla notte fatidica, si era rifiutato addirittura di ammettere a se stesso.
E lo stesso discorso valeva per Babbo Natale (si avvicinava il periodo natalizio, e lui e i suoi elfi erano più indaffarati che mai - un po' come Jack, del resto, che si divertiva a diffondere la neve un po' dappertutto nel mondo) e Sandman, il timido omino del sonno con cui non aveva mai avuto una grande confidenza.
Gli si strinse il cuore al pensiero dell' unico Guardiano rimasto.
Dentolina.
In altre circostanze avrebbe pensato immediatamente a lei, ma ora come ora qualcosa lo frenava, a tal punto che, suo malgrado, l'idea gli appariva quasi inconcepibile.
Non sapeva bene il perchè, in realtà. Certo dipendeva dall'ultima volta che si erano parlati, nonchè l'ultima volta che si erano visti. Quella notte era andata nel peggiore dei modi e sentiva che il loro prezioso rapporto, cui Jack teneva tantissimo, era stato fortemente danneggiato. Non solo in un primo momento si era sentito in collera con lei come mai prima di allora, ma la ciliegina sulla torta era stata "la cosa tanto importante" che Dentolina doveva dirgli. Di che si trattava? Non era poi tanto importante, si era detto, se Dentolina non aveva avvertito il bisogno di rifarsi viva. E questo, senza dubbio, lo tranquillizzava. Se anche si fosse trattato di qualcosa di terribile, ci avrebbero pensato gli altri a informarlo.
Eppure, nonostante il sollievo, si sentiva fortemente amareggiato. Voleva molto bene alla Fatina dei Denti, e, tra i Guardiani, era quella con cui si sentiva più a suo agio. Gli dispiaceva che fosse andata così, e più di una volta aveva pensato di andarla a trovare, finendo poi col rimandare ogni volta. Che vigliacco, aveva paura di incontrare un'amica. Roba da non crederci.
Ad ogni modo, si giustificava con se stesso dicendo che se Dentolina non si era fatta vedere, era perchè non voleva, quindi era inutile che fosse lui ad andare da lei. Fine della storia.
Per quanto doloroso fosse, doveva accettarlo.
Certo, la curiosità era forte. Aveva intuito che, sebbene non si trattasse di nulla di grave - per fortuna -, la faccenda era comunque molto seria. Seria a tal punto da mettere a disagio persino una come Dentolina, la Fatina dei Denti!, che ne aveva viste di tutti i colori nei secoli di vita che aveva trascorso.
Jack, nei primi giorni dopo l'incontro misterioso, si era domandato più volte cosa potesse turbare tanto la sua amica, ma senza trovare risposta.
Iniziava ad intuire che fosse una faccenda che riguardava solo loro due, ma era un indizio debole, che non gli chiariva affatto le idee.
Dal loro incontro si sentiva addosso una sensazione di forte inquietudine con cui aveva dovuto imparare a convivere, visto che non aveva trovato risposta ai suoi interrogativi. Ma Jack era abituato a controllare le sue emozioni, così come aveva sempre fatto con la speranza di non essere solo. Si era limitato a fingere che non esistesse, a non pensarci affatto e a concentrarsi sul ghiaccio, sulla neve e sulla notte. E lo stesso aveva fatto con l'inquietudine lasciatagli da Dentolina, un'inquietudine che pian piano aveva iniziato ad essere meno pulsante, trasformandosi in qualcosa di molto simile ad una cicatrice.
E, adesso, poi, la scoperta dell'esistenza di Elsa aveva monopolizzato le sue attenzioni e le sue energie.
Aveva giurato a sè stesso che avrebbe chiarito con Dentolina, ma solo dopo aver trovato Elsa.
Perciò, paradossalmente, adesso si sentiva più solo che mai.
Per lo meno traeva un po' di sollievo durante il giorno, quando trascorreva il tempo a guardare i bambini scivolare sugli slittini e a creare pupazzi con la neve che lui si divertiva a procurare loro.
La notte, invece, lo opprimeva con il suo silenzio. Un silenzio che fino a poco prima amava, e che ora gli sembrava soltanto assordante,un silenzio che lo costringeva a pensare e a ripensare alla piega improvvisa che stava assumento la sua vita.
Credeva di aver chiuso con i cambiamenti una volta entrato a far parte dei Guardiani, ma evidentemente si sbagliava di grosso.
Un lampo all'orizzonte catturò la sua attenzione.
Oh, no.
 Nel buio della notte, i riflessi arcobalevano risaltavano più che mai. E Jack sapeva cosa significavano quei riflessi, simili a raggi di luce proiettati da un prisma.
Provenivano dalle montagne. Dalle montagne del Polo Nord.
Babbo Natale.
Stava chiamando i Guardiani. All'orizzonte distingueva chiaramente quattro raggi di luce che correvano in quattro direzioni diverse.
Aspettò che il fascio di luce fosse abbastanza vicino, poi strinse forte il bastone e si lasciò trasportare dai colori.
Magnifico, pensò, sarcastico. Ci mancava solo questa.
Babbo Natale non era certo il tipo che li radunava tutti quanti per una tazza di cioccolata calda.
Una sua chiamata poteva significare solo una cosa: guai in vista.

 

 

Note dell'autrice:
Tra uno starnuto e l'altro (l'allergia mi sta uccidendo T_T) vi pubblico il nuovo capitolo.
Ringrazio Rocchi68, Azmaar e Sofy_Tofy per le recensioni: siete fantastiche come sempre, ma stavolta non ho davvero avuto tempo per rispondervi, perdonatemi :C
Ad ogni modo, vi mando un bacione enorme e alla prossima!

 

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII




Elsa indugiò più del solito davanti all'armadio.
Esaminava i numerosi vestiti - la maggior parte creati da lei - appesi ordinatamente nello spazio enorme.
L'armadio, rigorosamente di ghiaccio - per la gioia di Kristoff - occupava tutta l'ampia parete della camera da letto della regina. Non che a Elsa interessassero particolarmente questo genere di cose, ma ci teneva all'aspetto esteriore, caratteristica importante per un sovrano, e le piaceva apparire sempre elegante e curata.
Soprattutto quella mattina.
Jan l'aveva invitata a trascorrere un'intera giornata nel bosco e, sebbene non fosse la prima volta, Elsa sentiva che sarebbe stata una giornata speciale. Per quanto esternamente non lasciasse trasparire niente, si sentiva emozionata come la protagonista del libro che non aveva più finito di leggere, dal momento che ogni istante del suo tempo libero era assorbito da Jan o dal pensiero di Jan.
Mentalmente si diede della stupida. In fondo non era successo niente di chè, e Elsa detestava essere così in preda alle proprie emozioni (non portava mai a niente di buono), ma stava per succedere qualcosa, ne era certa.
E lei voleva apparire al meglio. Non le era mai sembrato così importante.
Rimase a fissare il contenuto dell'armadio a lungo, prima di decidersi. Alla fine, in un angolo, vide spuntare il famoso vestito azzurro, il primo che aveva creato, il giorno in cui Arrendelle aveva scoperto i suoi poteri e lei era fuggita. Era particolarmente affezionata a quel vestito, e decise che sarebbe stato perfetto per l'occasione.
Lo indossò, si intrecciò i capelli meglio del solito e si avviò verso il giardino.
Controllò il grande orologio a pendolo nell'atrio, Jan sarebbe arrivato di lì a poco.
L'aria era piacevolmente fresca e qualche raggio di sole compariva nelle chiome degli alberi che iniziavano a tingersi di rosso.
L'autunno si avvicinava e poi, finalmente, sarebbe arrivato l'inverno.
-Elsa-
Anna comparve tra i tronchi degli alberi, la mentellina rosa stretta intorno al collo.
-Ciao, Anna- Elsa le sorrise, cercando di mostrarsi il più disinvolta possibile.
Anche se nessuna delle due lo ammetteva erano entrambe consapevoli del peso che aveva avuto sul loro rapporto la discussione, se così si poteva definire, di qualche giorno prima.
Da quella mattina si erano parlate pochissimo e senza mai tornare sull'argomento. Elsa non era certa che fosse un bene. Sapeva che avrebbero dovuto parlarne, anche litigare, se necessario, ma far finta di niente e lasciare che una questione insignificante le dividesse senza di più non era la cosa migliore da fare.
-Cosa fai qui fuori?-
-Oh, sono andata a fare una passeggiata. Ormai le giornate di caldo iniziano a diminuire...-spiegò Anna con una punta di malinconia.
-Sì, è vero, fai bene a goderti questi ultimi raggi di sole. - Elsa esitò un attimo.-Uno di questi giorni, affari di Stato permettendo, mi piacerebbe venire con te.-
Il viso di Anna si illuminò di luce triste, e l'immagine ferì Elsa.-Mi farebbe molto piacere-
Rimasero in silenzio qualche istante, le parole erano un muro insormontabile tra di loro, quasi come la porta che le separava da bambine e davanti alla quale Anna aveva trascorso la maggior parte della sua infanzia.
-Tu...- fece Anna a un certo punto.- Tu... Ecco, ho saputo che passerai la giornata con re Jan, giusto?-
Elsa annuì.
-Beh, ti auguro buon divertimento.- Anna le sorrise e scomparve nel palazzo.
Elsa sentiva forte l'impulso di chiamarla, di abbracciarla, di spiegarle che le voleva bene, e che non avrebbe mai e poi mai sacrificato il loro rapporto per una storiella con Jan.
Ma non lo fece. Rimase immobile, schiacciata dai suoi pensieri. Finchè una voce familiare non la riscosse.-Elsa-
Elsa si voltò. Re Jan emergeva tra gli alberi proprio come aveva fatto Anna pochi attimi prima. Indossava degli abiti bianchissimi che quasi si confondevano con la sua carnagione lattea.
Era bellissimo, osservò Elsa. Non tanto dal punto di vista prettamente estetico, quanto per il suo modo di fare. Quell'uomo sembrava proiettare attorno a sè un'aura particolare, alimentata dalla sua intelligenza, dal suo fascino e dal suo carisma.
-Ciao, Jan- si sforzò di sorridergli.
Jan, incredibilmente, colse la malinconia nello sguardo di lei.-Tutto bene?-
-Sì, certo- mentì Elsa, allargando il sorriso. Sarebbe stato complicato spiegargli che il rapporto con sua sorella era appeso a un filo per colpa di una stupida discussione... a proposito di Jan!
-Sei incantevole -  Jan sorrise, scoprendo una fila di denti perfetti e regolari. Quando sorrideva, il suo viso sembrava illuminarsi.
Elsa non seppe che dire. Non si era mai trovata in una situazione del genere. -Grazie- sorrise anche lei.
-Non vedo l'ora di mostrarti un posto- Jan la prese per mano, e Elsa rimase così colpita che temette di perdere il controllo e di congelarlo.
-Che posto?- cercò di concentrarsi su qualcosa che non fosse il calore di lui.
-Oh, lo vedrai. E' stupendo. Si trova in cima ad una montagna-




 

***



 

Anna era seduta nella grande biblioteca del castello - come hai vecchi tempi, si era detta con amarezza - rileggendo uno dei suoi libri preferiti e ripensando al suo ultimo incontro con Elsa, quando Kristoff si era precipitato all'interno come una furia.
-Anna!- aveva urlato, ansimante.
Lei aveva posato il libro sul divanetto di seta scarlatte e gli era andata incontro.-Kristoff, che è successo?-
Non l'aveva mai visto così. Era rigido come un blocco di ghiaccio, i pugni serrati, l'espressione sconvolta.
- Gran Papà...- iniziò, quasi tremante. Il cuore di Anna iniziò a martellarle in petto.
-Cosa? Che è successo a Gran Papà?- l'aveva sollecitato.
-Lui è... Lui ... sta morendo.- aveva detto infine. Anna aveva sentito piombarle addosso tutto il peso di quelle parole. Gran Papà stava morendo. Era assurdo. Come... Quando era successo? Nella sua mente si accavallavano così tante domande che non sapeva da dove iniziare. Sentì il bisogno di sedersi e si accasciò sul divanetto. Il solo pensiero di aprir bocca le faceva provare dolore fisico, ma la necessità di sapere era più forte.-Come... come è successo?- domandò con un filo di voce.
Kristoff riuscì finalmente a guardarla in faccia, seppure rimanendo immobile. - E' stato ferito. Un pugnale... magico, una cosa del genere. -
Anna vedeva chiaramente la rabbia montargli addosso.
-Ma... ma ... non possono fare un incantesimo? Voglio dire, gli altri Troll non possono...-
-No- la interruppe Kristoff, più bruscamente di quanto avesse voluto.-La magia del pugnale è troppo forte, possono solo usare cure... tradizionali.-
Anna era pietrificata. Nella sua mente rivedeva il volto sorridente e saggio di Gran Papà. Non riusciva a capacitarsene. -E... Quando è successo? Dov'erano gli altri? Possibile che nessuno abbia visto niente?-
-E' successo stanotte. Stamattina Gran Papà era scomparso. L'hanno cercato a lungo, finchè non l'hanno trovato vicino al fiume, in un bagno di sangue. Respirava appena.-
Anna tacque. Aveva bisogno di assimilare le informazioni.
-Dov'è Elsa?- intervenne Kristoff.- E' la regina, deve saperlo. Non si è trattato solo di... ferire Gran Papà. Chiunque cerchì di uccidere un troll può essere solo interessato alla magia che racchiude.-
-Elsa è a spasso con Jan- spiegò Anna, piena di amarezza. E con un po' di risentimento nei confronti della sorella. Sarebbe dovuta essere lì, non in giro con il fratello di Hans! Non appena ebbe formulato quel pensiero, si sentì un verme. Elsa non poteva certo sapere quello che era accaduto durante la notte, era ingiusto avercela con lei. Doveva essere ritenuto colpevole solo e soltanto l'artefice materiale di quel gesto orribile.
Si avvicinò a Kristoff e lo abbracciò.-Mi dispiace così tanto- disse in un sussurro.
Kristoff non rispose.




 


***




 

Elsa non aveva mai scalato una montagna in vita sua, e se non fosse stato per Jan (e per i suoi poteri che, se necessario, avrebbero potuto creare qualcosa per sorreggerla in caso di caduta) dubitava che sarebbe mai arrivata in cima. Non pensava fosse tanto faticoso. Jan, incece, sembrava perfettamente a proprio agio. Si muoveva agilmente saltando  da uno spuntone all'altro, bilanciandosi sui piedi e in perfetto equilibrio. Elsa aveva insistito per creare una scala che li portasse direttamente a destinazione, ma Jan, per la prima volta, era stato irremovibile. Dovevano farcela con le loro forze, altrimenti dov'era il divertimento? Non che Elsa si divertisse un granchè, comunque. Forse, ammise segretamente, essere normali non era poi così bello.
Alzò lo sguardo. La cima del monte incombeva su di loro in tutta la sua vastità. Non ce l'avrebbe fatta, pensò. Erano solo a metà e lei desiderava disperatamente sedersi. Con sua grande gioia, Jan si fermò.-Bene, eccoci qui.-
Elsa lo guardò, sollevata e confusa al tempo stesso.-Qui dove?-
Jan ignorò la sua domanda. Non l'aveva mai fatto prima e Elsa si sentì percorsa da un brivido di delusione e... angoscia? Il suo sesto senso le diceva di stare in guardia, ma era assurdo. Scrutò il volto di Jan, l'espressione concentrata mentre si guardava intorno. Era sempre lo stesso uomo con cui aveva trascorso piacevolmente le ultime settimane, allora perchè si sentiva così?
-Ah, eccolo lì- Jan si mosse in direzione di un grande masso. Ce n'erano diversi sulla sporgenza erbosa della montagna. Ma quello, Elsa lo osservò con attenzione, era diverso. Leggermente più scuro, forse.
Jan vi si avvicinò e, con grande meraviglia di Elsa, lo spostò facilmente, rivelando l'ingresso ad una caverna.-Ma cosa... Come hai fatto?- domandò, ma anche stavolta le sue parole caddero nel vuoto.
Adesso era sicura che qualcosa non andava. Si preparò a chiamare a raccolta tutti i suoi poteri.
-Jan!- lo chiamò, questa volta ad alta voce, facendo appello a tutto il suo autocontrollo. Jan si voltò, fissando la fiamma di ghiaccio sospesa nel palmo della mano di Elsa, pronta ad essere scagliata.
-Elsa, cosa stai facendo?- chiese, con aria così innocente e stupita che Elsa sentì vacillare la propria sicurezza. No, non poteva permetterselo. Santo cielo, aveva appena spostato un masso e rivelato un anfratto segreto nella roccia. Il masso era ovviamente finto, quindi perchè l'aveva messo lì? Cosa nascondeva? Senza contare che quando aveva provato a chiedergli spiegazioni, lui l'aveva bellamente ignorata.
-Cosa c'è lì dentro?- insistette Elsa, espandendo la sfera di ghiaccio in maniera minacciosa.
Jan rimase spiazzato.-D'accordo, cerca di calmarti. Va tutto bene, sono io, Jan, ricordi? Questa non è che una caverna-
-E perchè ne hai coperto l'ingresso con un masso? Cosa nascondi?-
Jan si lasciò andare ad una risata spontanea.-Oh, Elsa. Doveva essere una sorpresa, ma non fa niente. Capisco le tue preoccupazioni. Hai passato tutta la vita da sola, immagino che debba essere difficile permettere a qualcuno di avvicinarsi.-
Quelle parole ferirono Elsa come lame di un coltello. Non perchè fossero false, ma perchè erano tristemente e assolutamente vere, e sentirle pronunciare da Jan azzerò ogni sua difesa. La sfera di ghiaccio si racchiuse in se stessa e scomparve.
Jan sorrise.-Vedi, io amo scalare le montagne e quando sono arrivato ad Arrendelle, durante il tempo libero da incontri diplomatici, mi sono divertito ad esplorare. Ho trovato questo anfratto, e ho immediatamente pensato che fosse perfetto come rifugio. Sai, Elsa, crescere con dodici fratelli significa essere costantemente invasi dal caos e ti fa comprendere quanto sia speciale il silenzio. Per questo fin da piccolo ho imparato a cercarmi dei rifugi nei posti più insoliti, posti in cui poter stare da solo, in silenzio. Qui ne ho trovato uno e volevo condividerlo con te. In realtà non so nemmeno perchè volevo farlo, è la prima volta che mostro uno dei miei nascondigli a qualcuno.-
Questa volta fu il turno di Elsa di rimanere di sasso.
-Jan... io ...- balbettò, sentendosi una completa idiota. Cosa le era saltato in mente? Jan aveva ragione, proprio come Anna quando le aveva detto che avrebbe dovuto passare più tempo con le altre persone. Avrebbe imparato cos'è la fiducia, una fiducia che non riguardasse solo due sorelle. -Mi dispiace- disse, abbandonando le braccia lungo i fianchi.
Jan sorrise comprensivo e le si avvicinò, accarezzandole il viso.-Non preoccuparti, Elsa. In fondo per noi sovrani la prudenza non è mai troppa-
Elsa desiderò che quel contatto non finisse mai, e quando, invece, Jan si allontanò si sentì come svuotata. La guancia le bruciava.
-Beh, ora non lasciamo che un piccolo incidente ci rovini la giornata-
Piccolo incidente?, avrebbe voluto dire Elsa, ti ho quasi congelato!
-Vieni- le allungò la mano, Elsa l'afferrò. Era salda e forte. Si lasciò guidare attraverso un corridoio buio che bisognava percorrere gattoni, finchè non si scendevano un paio di gradini verso una stanza più ampia.
-Ecco, ora ci siamo davvero. Che te ne pare?-
Elsa si guardò intorno. Sulle pareti comparivano oggetti molto particolari. Su una vi erano due pugnali e una sciabola e ai piedi un'anfora in stile greco. In particolare, la sua attenzione fu catturata da una parete sulla quale era attaccato un cerchio suddiviso in quattro archi, ognuno di un colore diverso. Oro, argento, bronzo e ferro, ipotizzò. Chissà a cosa serviva. Non l'aveva mai visto prima.
Non ebbe tempo di riflettere oltre.
Un dolore lancinante la colpì all'improvviso, come se una spada le trafiggesse il cuore. E infatti, constatò con orrore, era proprio così. Abbassò lo sguardo. Dal petto emergeva la punta ricurva della sciabola che aveva visto poco prima. Era una visione orrenda, nonostante, si rese conto, non cadeva una goccia di sangue. Ma il dolore era atroce, talmente forte che la paralizzò, persino respirare era faticoso. Sentiva le forze abbandonarla, e una risata terribile, che non aveva mai sentito prima, invase l'ambiente.
Si accasciò.
-Oh, Elsa. Allora la stupidità è una cosa di famiglia.-
Elsa non riusciva a crederci. Jan torreggiava su di lei in tutta la sua stazza, un ghigno crudele gli sfigurava il volto pallido.
-Jan... cosa...- si rese conto, suo mal grado, che non era il dolore fisico quello che faceva più male.
Percepiva dentro di sè il metallo nella carne, che sfiorava le ossa. Era una sensazione terribile, ma non la peggiore che provava in quel momento.
Il tradimento. Quello sì che la corrodeva come acido.
-Sì, Hans mi aveva parlato di tua sorella e di quanto fosse stata idiota, ma su di te... Beh, diciamo che aveva avuto un maggiore riguardo. Ora posso constatare che siete identiche.- rise.
E' un incubo, pensò Elsa, pur sapendo che non era affatto vero.
-Oh, non che mio fratello sia molto sveglio, s'intende. Ma ci aveva provato, e ci era quasi riuscito, bisogna riconoscerlo. Aveva quasi preso il controllo di Arrendelle, ma ha fallito, e ora tocca a me. Comanderò due dei regni più potenti della Terra, e sarà solo il primo passo prima di conquistare il mondo!-
Più Jan parlava, più il dolore cieco di Elsa veniva sostituito gradualmente, ma molto gradualmente, da una rabbia altrettanto furiosa.
Ignorando la sensazione nauseante che le procurava ogni movimento, allungò un braccio verso Jan, mentre con l'altro si sosteneva, e scagliò la stessa fiamma gelida di prima.
O almeno credette di scagliarla.
Con orrore, si rese conto di non possedere nessuno dei suoi poteri. Jan si accorse della sua frustrazione e non perse l'occasione. Rise ancora, e per Elsa fu una pugnalata.-Ah, già. La spada che ti trafigge non ti ucciderà, se può consolarti, ma ti priverà dei tuoi poteri il tempo necessario.- con un gesto fulmino la sfilò via dal cuore di Elsa. Il dolore fu indescrivibile.
Jan le si accovacciò accanto.-Allora, cosa si prova ad essere normale?- le sussurrò all'orecchio, più velenoso di un serpente.
Elsa credette di morire. Per la prima volta in vita sua, desiderò disperatamente i suoi poteri.
E il suo pensiero andò ad Anna. Che stupida era stata. Stupida. Stupida. Stupida. E per colpa sua, Anna aveva sofferto. Di nuovo.
Si rese conto che se fosse morta lì, com'era molto probabile, il suo rimpianto più grande sarebbe stato non essersi riappacificata con la sorella, non averle chiesto scusa.
Oh, Anna.
Le lacrime le punsero gli occhi, ma le ricacciò indietro. Non avrebbe pianto davanti a Jan. Non gli avrebbe dato anche questa soddisfazione.
-Immagino di doverti dare qualche spiegazione- Jan si muoveva in cerchio.-In fondo non cambierebbe la tua attuale situazione. Quindi, perchè no? Bene, da dove comincio? Mmh, potrei partire dal ratto orribile che anni fa mi ha fatto scoprire un libro meraviglioso, ma dubito che questi particolari ti interessino, perciò verrò al dunque. Esistono diversi universi, Elsa. Moltissimi, più di quanti immagini. Qual è il mio piano? Aprire questo portale- indicò il cerchio - E mandarti via per sempre in qualche altro universo, così che Arrendelle sarà mio. Oh, prima dovrò uccidere tua sorella e il suo rozzo maritino, ma non sarà un problema. Si fidano di me perchè sanno che tu, povera cara, ti fidi di me. E ad Anna si spezzerà il cuore quando saprà che sei caduta dalla montagna senza che abbiate avuto il tempo di fare la pace da brave sorelline. Oh, non guardarmi così. Come faccio a sapere del vostro piccolo alterco? Beh, sappi che ho occhi e orecchie ovunque. Dunque, Anna, con il cuore infranto, divorata dal senso di colpa, sarà una preda facilissima, così come suo marito dopo la sua morte. E' tutta una catena vedi? E' a questo che portano i sentimenti, tu più di tutti dovresti saperlo.Ma comunque non perdiamo tempo, o potresti riacquistare i tuoi poteri. Dicevo, devo aprire il portale. Cosa mi serve? Il tuo sangue e quello di un troll.- sollevò l'anfora e gliela mostrò, sul fondo compariva un liquido nero.Elsa inorridì.-Bello, vero? Sai di chi è? E' di... come lo chiamate voi? Ah, già, Gran Papà. E' di Gran Papà. E' morto, mi dispiace comunicarti questa brutta notizia, ma qualcuno deve pur farlo.- rise. A Elsa mancò il respiro. Le sensazioni orribili che provava in quel momento si accavallavano l'una sull'altra come onde di un mare in tempesta. Onde che la trascinavano verso il fondale. Chissà se Kristoff e Anna l'avevano saputo, si domandò. Ormai sicuramente sì. Povera Anna. E povero Kristoff.
Tutta colpa sua, come sempre. Non faceva altro che portare guai, forse i suoi genitori avrebbero dovuto rnchiuderla da qualche parte più sicura, in modo tale che non sarebbe mai più potuta uscire.
-O comunque, se non è proprio morto, morirà a breve.- riprese Jan -Stanotte l'ho cercato. Mi hai mentito, cara, mi hai detto di essere l'unica creatura magica sulla Terra, ma non è così. Astuto, devo ammetterlo. Ma non abbastanza. Mi sono documentato, ho perso altro tempo prezioso che avrei risparmiato se tu avessi parlato, ma alla fine comunque ho saputo dei magici Troll dell Rocce di Arrendelle. Gli unici Troll rimasti al mondo. Così, di notte, ho individuato la roccia più grossa, l'ho raccolta e sono corso nella parte più fitta del bosco. Il sonno dei troll è molto profondo, sai? Gran Papà non si è svegliato finchè non ho chiamato il suo nome, allora con quella sciabola, se non l'avessi capito serve a togliere i poteri, l'ho reso inerme e con quel pugnale di destra, lo vedi?, gli ho preso il sangue che mi serviva. Ora, con l'altro, prenderò il tuo.-
Jan afferrò il coltello di sinistra e, rapidamente, affondò la lama nel polso di Elsa che non riuscì a trattenere un urlo.  E, nonostante tutto, le sembrava che fosse qualcun altro a soffrire. Non lei. La rabbia, l'odio e il senso di colpa le avevano annebbiato la mente.
Jan mescolò i due tipi di sangue nell'anfora e l'appoggiò ai piedi del cerchio. Pronunciò delle parole che Elsa non capì, ma il tono autoritario di Jan le fece accamponare la pelle. La sua voce riecheggiò nell'anfratto, ripetendosi all'infinito finchè dall'anfora non si sollevò in aria la scia dei due tipi di sangue che si intrecciavavano e ricalcavano il contorno del cerchio. Al centro, improvvisamente, si aprì un vortice potentissimo. Jan rise di gusto.-Sì, sì! Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta!-
Era completamente folle, pensò Elsa, catturata dall'abisso che, uguale ad una spirale, faceva tremare la montagna.
Elsa riprovò ad usare i suoi poteri, e, questa volta, sentì le punta delle dita diventare più fredde. Non riusciva a crederci. Stava riacquisendo i suoi poteri. Evidentemente il "geniale" Jan aveva calcolato male i tempi.
Le mancava pochissimo e l'avrebbe congelato e fatto a pezzi, ne era sicura.
Pochissimo.
-Presto!-Jan la sollevò di peso.
-No!- strillò Elsa, divorata dalla frustrazione.-No!!- tentò di opporre resistenza per prendere tempo, ma era troppo debole. Fissò con occhi pieni di angoscia il vortice. Fauci terribili spalancate verso di lei. Jan la scaraventò dentro e, mentre Elsa si sentiva risucchiata verso un abbisso senza fondo,  le immagini del volto di Anna, di Kristoff, di Olaf, e persino dei suoi genitori si accavallavano l'un l'altra, ricordandole i suoi fallimenti. E poi comparve persino il sorriso dolce di Jan, un sorriso a cui si era affezionata e che aveva anche creduto di amare. L'ultima cosa che sentì fu la sua risata.














Note dell'autrice
Orbene, eccoci qui! Non vedo l'ora di conoscere le vostre reazioni (muhahahah!)
Pooi, ringrazio nuovamente per le recensioni cui non ho potuto rispondere dal momento che dal 12 al 16 sono stata fuori città. Vi chiedo scusa T_T
Anyway, ci vediamo domenica prossima con il capitolo che stavate aspettando fin dall'inizio ;))
Bacioni!

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Capitolo 9
*** IX ***


IX


 

Jack si guardò intorno, a quanto pare era arrivato per primo, ma pochi secondi dopo vide comparire in una scia luminosa Sandman, poi Calmoniglio e, infine, Dentolina. Si guardarono intorno tutti un po' spaesati, riconoscendosi e salutandosi.
Sandman salutò Jack con un sorriso cordiale, e Jack rispose.-Ciao, Sandman-
-Qualcuno può dirmi per favore cosa ci facciamo qui?- la voce nervosa di Calmoniglio si fece immediatamente riconoscere.
Jack si voltò verso di lui.-Ehi, Calmoniglio. Sempre calmo come al solito, vedo-
Il coniglietto di Pasqua si accigliò.-E tu sei sempre simpatico come al solito! Senti, voglio solo sapere che ci faccio qui, d'accordo? E' stato Babbo Natale, il grande capo, a chiamarci e non credo che ci abbia riuniti per una tazza di thè con gli elfi-
-Geniale- sorrise Jack, ignorando il nervosismo che stava nascendo anche dentro di lui.
Calmoniglio stava per rispondergli, ma non ne ebbe il tempo. Babbo Natale irruppe nella sala con uno stuolo di elfi tintinnanti alle spalle.
-Ci siete tutti?- li squadrò. Lo sguardo sul suo viso era talmente serio che impedì a Calmoniglio di partire in quarta con le domande.
-Bene. Innanzitutto mi scuso per avervi fatti venire tutti qui all'improvviso, ma si è verificata un'emergenza-
Jack avrebbe dovuto concentrarsi sulle parole di Babbo Natale, non ci riusciva. Non con l'immagine di Elsa stampata in testa e Dentolina a pochi metri da lui. Non sembrava particolarmente agitata. Certo era tesa, così come le fatine che la circondavano, ma non quanto Calmoniglio. E, da chè erano arrivati lì, non lo aveva neppure guardato in faccia. Jack si sentì ferito.
-Nell'ultimo periodo è successo qualcosa di mooolto strano, e pericoloso, io temo. La luna non brillava più come al solito e, purtroppo, ho capito perchè. - fece una pausa e sospirò. -Magia- pronunciò tutto d'un fiato.
-Magia?- ripetè Calmoniglio, esterrefatto. Sandman sgranò gli occhi e Dentolina si lasciò sfuggire un sospiro allarmato.
Che strano, pensò Jack. Perchè lui non era così terrorizzato?
-E' stata usata  magia in questo mondo per la prima volta dopo secoli. Molta magia.-
-Vuoi dire che, forse, Manny ha deciso di creare un nuovo Guardiano?- esclamò Calmoniglio, dando voce alle preoccupazioni di tutti.
Beh, non proprio di tutti, pensò Jack. Però adesso capiva perchè erano tutti così stupiti.
-No, Calmoniglio. Ho paura che si tratti di qualcosa di molto peggio. Questa magia non veniva da luna, ne sono sicuro. Anche luna sembrava spaventata, vi ho detto che brillava di meno. - scosse la testa.-No, questa magia non è di questo mondo. Anzi, non è di questo universo-
Adesso anche Jack iniziava a preoccuparsi sul serio.-Come non è del nostro universo?-
Babbo Natale concentrò la sua attenzione su di lui.-Ci sono molti universi, Jack. Vicinissimi tra loro, ma non abbastanza da toccarsi. Tuttavia, con una buona dose di magia, è possibile far sì che ciò accada.-
-Quindi due universi potrebbero entrare in collisione?-
-Esatto.-
-E... E cosa succederebbe allora?-
-Non lo so.- Babbo Natale lo fissò così intensamente che Jack ne avvertì lo sguardo sulle ossa.-Non è mai successo prima-
-Mai nel senso di... proprio mai?-
-E quello che ho detto, no?-
Dentolina parlò per la prima volta.-Ma... ma non possiamo fare nulla? Non possiamo prepararci in alcun modo-
Babbo Natale diede loro le spalle, sospirando pesantemente.-Purtroppo, temo che sia già troppo tardi- la voce profonda di Babbo Natale era pesante come un macigno.
-Cosa intendi dire?- Calmoniglio si allarmò.
Babbo Natale si avvicinò al grande mappamondo al centro della sala e indicò un punto preciso, dove, tra le tante luci dei bambini, ce n'era una più grande e più pulsante.
Jack avvertì uno strano calore guardandola. Era ipnotizzante.
Almeno per lui, si rese conto. Sugli altri non sembrava suscitare nessun particolare effetto.
-Guardate voi stessi. Soprattutto tu, Jack- Babbo Natale allungò un dito paffuto verso la stella. Lo mosse con cautela, quasi avesse paura. Poi sfiorò la luce e, sotto gli occhi stupiti di tutti, un'immagine si proiettò nella stanza. Potevano vedere quello che stava accadendo in quella parte del pianeta come se fossero lì, e quello che osservarono lasciò tutti senza parole. Jack soprattutto.
Riconobbe immediatamente i capelli biondi e gli occhi gelidi. Elsa.
Sembrava molto spaventata. Da come muoveva le mani era evidente che stava cercando di usare i suoi poteri. Senza successo. Jack leggeva il terrore sul suo viso. Ogni tanto qualche fiocco di neve spuntava dalle sue mani, ma si disfaceva al primo sbuffo di vento.
Jack avvertì su di sè gli occhi di tutti i presenti.
Aspettavano una sua reazione.
Cosa doveva fare? Dire loro che la conosceva perchè l'aveva sognata? O fare quello che si aspettavano da lui, ossia rimanere a bocca aperta ed esclamare "per la miseria!"?
-Ma cosa...?- Jack optò per la seconda opzione, e dalla comprensione che lesse nello sguardo di Babbo Natale, capì di aver colto nel segno.
Babbo Natale gli posò una mano pesante sulla spalla.-Jack, ragazzo, non so che dirti. E' evidente che questa ragazza ha tuoi stessi poteri, ma viene da altro universo. Sarà terrorizzata, penso che dovresti parlarle tu per primo.- non aggiunse altro, ma Jack capì l'antifona. Doveva parlarle lui perchè erano simili, probabilmente le uniche due crature con gli stessi poteri in tutto l'universo, anzi no: in tutti gli universi.
Jack annuì. Cercò di nascondere l'esaltazione che provava in quel momento. Non era solo gioia, perchè una buona dose di terrore faceva la sua parte (cosa avrebbe dovuto dirle? E se non avesse voluto ascoltarlo? Avevano proprio gli stessi poteri? O c'erano delle differenze?), ma non riusciva a credere che fosse vero. In quel momento avrebbe voluto solo correre da lei il prima possibile.
Incontrò lo sguardo di Calmoniglio e Sandman, nel primo caso di pura sorpresa nel secondo di incoraggiamento, e quello indecifrabile di Dentolina. Sembrava amareggiata, ma c'era dell'altro. Ma Jack non aveva nè tempo nè concentrazione per pensarci.
-Quando l'avrai raggiunta- gli raccomandò Babbo Natale - Convincila a venire qui con te. Non sappiamo cosa abbiano in comune questo universo e quello da cui viene lei, quindi potrebbe correre dei pericoli. Mi raccomando, contiamo tutti su di te.-
Jack abbozzò un sorriso e fece un respiro profondo. Ora che era arrivato il momento, non era più tanto sicuro di farcela.
Sciocchezze, sì che ce l'avrebbe fatta!
Strinse il bastone e raggiunse la finestra. Si lasciò scivolare via.

 

***

 


Dov'era? Cosa ci faceva lì? Perchè i suoi poteri non rispondevano?
Sentiva la paura dentro di lei crescere sempre di più, il cuore le martellava in petto. Elsa si guardò intorno, cos'era quello strano posto?
Aveva un mal di testa terribile, le tempie le pulsavano e aveva la vista annebbiata. L'ultima cosa che ricordava era la risata crudele di Jan e il dolore tremendo al petto quando l'aveva trafitta. Forse anche Anna si era sentita così quando aveva scoperto il tradimento di Hans.
Anna. Il pensiero la riempì di tristezza. Chissà se aveva già saputo della sua scomparsa, e chissà cosa avrebbe inventato quel perfido di Jan!
Tentò un'altra volta di usare i suoi poteri. Lentamente li stava riacquistando, ma molto lentamente. Avvertì una forte sensazione di nausea. Nelle ultime ore ( o forse minuti, o secondi, non ne aveva idea!) era precipitata in quella che le era sembrata una voragine senza fondo, nera e opprimente, finchè sotto di sè non aveva colto il ritaglio di una strada, ed era caduta pesantemente, sbattendo e facendosi male.Si guardò intorno. Il cielo era scuro, quindi era notte. O almeno così sembrava. Non era più certa di niente. La luna appariva più luminosa del solito e la cosa, in qualche modo, la confortava. I palazzi che la circondavano erano diversi da quelli che conosceva. Questi erano altissimo, quasi interamente di vetro oppure di uno strano tipo di mattoni, con finestre molto piccole e pareti di un unico colore. Ogni casa era circondata da un piccolo giardino, e il silenzio regnava sovrano.
Ma dove diavolo era finita? Jan aveva accennato all'esistenza di molti universi... Un pensiero terribile la invase. E se l'avesse spedita in un altro universo? Non sarebbe mai più potuta tornare indietro.
Il pensiero la colpì come un getto di acqua ghiacciata. Avrebbe dovuto desiderare di piangere, ma non ci riusciva. Tutti i suoi sensi erano come annebbiati, le sembrava che quello che stava vivendo riguardasse un'altra persona.
No, non poteva arrendersi. Non poteva permetterselo. Doveva pensare. Si guardò intorno. Magari avrebbe potuto bussare a qualche porta e chiedere aiuto, ma anche ad Arrendelle era strano che qualcuno bussasse la notte, figurarsi lì! E poi, in ogni caso, cosa avrebbe potuto dire? Che un principe malvagio aveva aperto un portale con la magia e l'aveva confinata in un altro universo? Assurdo anche per lei che possedeva dei poteri magici.
Ma qualcosa doveva farla. Qualunque cosa.
D'un tratto uno scintillio attirò la sua attenzione. Uno spostamento d'aria sopra la sua testa. Alzò lo sguardo con cautela. Dovette trattenere un urlo. Seduto sul ramo di uno degli alberi sopra di lei c'era un ragazzo. Dovevano avere all'incirca la stessa età e i capelli di lui erano bianchi come la luna. La guardava con un certo timore misto a stupore.
-Chi... chi sei?- balbettò.
Jack si riscosse. Si era perso ad osservarla e aveva fatto sì che lei facesse la prima mossa, quando, in teoria, lui era stato mandato lì per aiutarla. Ma non aveva potuto impedirlo: non appena se l'era trovata davanti, uguale alla creatura eterea che aveva visto in sogno, era rimasto di sasso.
Si schiarì la voce, cercando di usare il tono più cordiale e disinvolto di cui fosse capace.
-Mi chiamo Jack Frost- spiegò.-Tu sei Elsa, giusto?-
Elsa sgranò gli occhi.-Come lo sai?-
Perfetto, pensò Jack, l'aveva spaventata ancora di più. Non era riuscito a tenere a freno la lingua, accidenti a lui.
-E' una lunga storia. Sta' tranquilla, sono qui per aiutarti.- planò giù dal ramo e atterrò di fronte a lei.
Elsa indietreggiò.-Io... non ti conosco. Dove mi trovo?-
-Calma, sta' calma- Jack allungò verso di lei la mano che non stringeva il bastone.-Puoi fidarti di me. Guarda-
Lentamente e dolcemente, Jack fece sbocciare nella mano una serie di delicati fiocchi di neve.
Elsa era esterrefatta. Quel ragazzo davanti a lei... Aveva i suoi stessi poteri! Malgrado la situazione, si sentì comunque invadere da una gioia che non aveva mai provato prima ma che aveva immaginato mille volte. Più di quante volesse ammettere.
Jack sorrise, notando l'espressione estasiata con cui Elsa lo osservava. Nessuno l'aveva mai guardato così mentre usava i suoi poteri. Se non era terrore, allora era curiosità e, nel migliore dei casi, ammirazione. Ma quello sguardo che leggeva negli occhi di Elsa era indescrivibile. Gli toccava il cuore. Era uno sguardo che potevano capire solo loro.
Jack chiuse la mano e la magia cessò.-Visto? Sono come te-
L'equilibrio che si era creato tra loro si spezzò. Elsa tornò sulla difensiva.-Come lo sai? Come fai a sapere così tante cose di me?- indietreggiò. Nonostante lo sguardo ferito che leggeva negli occhi di lui, Elsa non poteva fare a meno di ricordare cosa le era successo l'ultima volta che si era aperta a qualcuno di estraneo.
Jack si maledisse. Aveva mandato all'aria l'atmosfera che aveva creato.-Te ne parlerò più tardi, è troppo complicato, devi credermi.-
Elsa lo ignorò.-Dove mi trovo?- insistette.
Jack sospirò. Doveva assecondarla.-Dove credi di trovarti?- le domandò, serio.
Elsa ci mise un po' a rispondere.-Credo... Credo di trovarmi in un universo diverso dal mio- le parole le uscirono con un filo di voce. E, pronunciate così, si rese conto, suonavano ancora più assurde.
Lo sguardo di Jack, però, le fece capire tutt'altro. E la cosa la terrorizzò più di quanto già non fosse.
-Purtroppo è così. Ti trovi in un universo diverso dal tuo. Qualcuno ha usato la magia per mandarti qui, non so chi o perchè, questo lo sai solo tu, ma io sono qui per aiutarti.-
I suoi occhi erano così sinceri, pensò Elsa. Un pensiero terribile la trafisse. Anche gli occhi di Jan erano sinceri.
-Perchè?-
Jack sembrò deluso da quella domanda.- Perchè io sono uno dei Guardiani di questo pianeta, e solo noi possediamo la magia e possiamo aiutarti a trovare la soluzione- Jack si rese conto di aver immaginato il loro incontro in maniera molto diversa, la delusione era schiacciante.
-Come faccio a fidarmi di te?-  Elsa si rese piacevolmente conto di aver riacquistato ormai quasi pienamente i suoi poteri. Ogni fibra del suo corpo era pronta ad attaccare. Non ce l'aveva particolarmente con questo ragazzo, ma con tutto ciò che c'era dietro. Quello che aveva passato. Ce l'aveva con sè stessa per essersi fidata di Jan e per ritrovarsi in quella situazione, lontana da casa, da Anna, dal suo regno; confinata probabolmente per sempre in un altro universo.
-Non puoi- ammise Jack, guardandola negli occhi. In fondo capiva la sua diffidenza. Era appartenuta anche a lui per molto tempo.-Ma cos'hai da perdere, ormai?-
Elsa fu colpita dalla spietata sincerità di quelle parole. Non seppe cosa dire. Aveva ragione. Era vero. Non aveva altre possibilità.
-E perchè dovrei fidarmi?- domandò debolmente, con voce spezzata. Un ultimo tentativo per non sentirsi una completa idiota.
Jack sorrise, un sorriso che, per qualche ragione, le fece sciogliere il cuore.-Perchè sono come te. Ascolta- le si avvicinò.-Non ti è mai capitato di sentirti sola, completamente sola? Voglio dire, certo, magari avrai delle persone che ti vogliono bene davvero, ma ti è mai sembrato che nessuno potesse capirti? La gente non ti ha mai guardato come un mostro, con paura? Io credo di sì, perchè a me è capitato ed è stato così fino a poco tempo fa. Da sempre ho dovuto reprimere e nascondere la speranza di trovare qualcun'altro come me perchè in parte me ne vergognavo, mi sentivo uno stupido e un ingrato. Ora so che facevo bene a sperare.-
Più Jack parlava, più Elsa si sentiva nuda, vulnerabile. Per quel ragazzo niente in lei era un mistero. La capiva. Capiva sul serio.
Le offrì la mano.-Vieni con me- sorrise.-Ti prometto che se e quando lo vorrai, potrai andare via-
Elsa indugiò qualche attimo, osservando la mano aperta e pallida tesa davanti a sè. Voleva afferrarla con tutta sè stessa. Sembrava emanare calore, ma non un calore "caldo". Un calore diverso. Un calore freddo.
E poi, cosa aveva da perdere?
La afferrò. Jack fu sinceramente colpito. Quasi non se lo aspettava. La strinse. Con l'altra mano impugnò il bastone.
E volarono via.






Note dell'autrice:
Sob! Lo so che sono in straritardissimo, e vi chiedo umilmente scusa, ma la verità è che ho questo capitolo pronto da settimane e non vedevo l'ora di aggiornare, solo che non ho trovato un briciolo di tempo per le ultime mille cose: rileggerlo, tagliare qua e là, aggiungere, modificare eccetera eccetera... Insomma, spero mi perdonerete, e, a proposito, questa settimana avrete un doppio aggiornamento: oggi e domenica! ^_^
Un bacione enorme e grazie a tutti per le recensioni (sia positive che neutre c: ) <3 <3 <3 <3
A domenica :* :*

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Capitolo 10
*** X ***


X

 

~Stavano volando, Elsa non riusciva a crederci. Le strade e le case apparivano piccole come formiche. Jack la teneva stretta a sè e in quell'oceano di confusione in cui era sprofondata, le mani forti del ragazzo le sembravano una zattera di salvataggio. L'essere stretta da lui aveva un effetto benefico su tutto il suo corpo. Si sentiva improvvisamente più forte e, stranamente, più serena. Lentamente la confusione e il terrore che l'avevano attanagliata dal momento in cui era atterrata in quell'universo e che le avevano tolto qualunque capacità di ragionamento si stavano trasformando in un pulsare sordo, insieme ai poteri stava riacquistando lucidità. Tentò di concentrarsi sugli avvenimenti appena accaduti. Certo, sfrecciare tra le nuvole del cielo notturno non aiutava.
I suoi sensi erano rapiti dallo spettacolo a cui stava assistendo. La luna non le era mai parsa così vicina. Ad un certo punto credette che le sarebbe bastato allungare un dito per toccarla. Le stelle puntellavano il cielo alleggerendo l'oscurità. Non era la prima volta che Elsa sperimentava l'altezza, anzi, le era sempre piaciuta e proprio per questo quando era fuggita da Arrendelle si era rifugiata sul monte più alto. Ma volare era tutta un'altra cosa.
Lanciò un'occhiata di sottecchi a Jack. La sua espressione era concentrata e sembrava conoscere il cielo come se stesso. Elsa ne fu rapita. Ripensò alla loro conversazione di poco prima e si sentì in colpa. Non era stata esattamente cordiale. D'altro canto non era esattamente in sè, date le circostanze, il chè senza dubbio la giustificava. Ma si sentiva in colpa comunque. Solo ora la sua mente cominciava ad assimilare quello che aveva appena scoperto. Un ragazzo con dei poteri come i suoi - ad essere onesti, con qualche piccola differenza. Un ragazzo che riusciva a capirla alla perfezione. Non era forse quello che aveva sperato da sempre? Tanto valeva ammetterlo, ormai. Sì, era così. Per quanto volesse bene ad Anna e per quanto tenesse al suo regno, non si era mai sentita del tutto felice. Era di ingrati, Jack aveva proprio ragione, ma era così e non poteva farci nulla. Il fatto che anche per lui fosse così leniva in parte il senso di colpa.
-Jack...- disse, con un filo di voce. Lui si girò di scatto, come sorpreso.-Sì?- abbozzò un sorriso.
-Scusa per prima. Non intendevo essere scortese.-
Jack sorrise comprensivo.-Non devi scusarti di niente, in fondo sei appena stata catapultata in un altro universo.-
Elsa si sentì immediatamente meglio, ma decise di non aggiungere altro. Il tradimento di Jan era una ferita ancora aperta che le lacerava l'anima, più dolorosa della spada che le aveva trafitto il cuore.
-Eccoci arrivati- annunciò Jack dopo un po', planando dolcemente e adagiandola al suolo. Elsa si guardò intorno e fu invasa dallo stesso calore freddo che aveva avvertito toccando la mano di Jack. Il paesaggio che la circondava non era altro che neve a perdita d'occhio. Fiocchi candidi cadevano dolcemente dal cielo bianco.
-Dove siamo?- domandò.
-Al Polo Nord- rispose Jack.- Vedi quel castello laggiù? Lì vive Babbo Natale, il più antico dei Guardiani, in un certo senso.- iniziò ad incamminarsi, Elsa lo seguiva timidamente.-Cosa sono i Guardiani?-
-Sono delle Leggende... Delle creature magiche che hanno avuto il compito dalla luna di proteggere tutti i bambini del mondo e di salvaguardare la magia. Dovresti sapere quanto sa essere pericolosa se finisce in mani sbagliate-
Elsa si sentì percorrere da un brivido, nonostante non soffrisse il freddo. Il ricordo del portale aperto da Jan la assillava.
-Quanti sono... Voglio dire, quanti siete?-
-Siamo cinque. Babbo Natale, che protegge, appunto, il Natale; La Fatina dei Denti, che conserva tutti i dentini che cadono ai bambini, - Elsa se l'era immaginato, o Jack si era davvero irrigidito di colpo parlando della Fatina dei Denti? - Calmoniglio, oh, lui sì che è un bel tipo!, il guardiano della Pasqua; Sandman, è grazie a lui, sai, se i bambini fanno dei bei sogni, e io, che porto l'inverno nel mondo.-
Elsa lo ascoltava senza battere ciglio.-Anche noi abbiamo delle tradizioni simili- spiegò.- Natale e Pasqua, voglio dire. Ma da noi non esistono dei guardiani. Le creature magiche più potenti sono i Troll delle Rocce. Sono molto saggi e benevoli. E poi, beh, poi ci sono io- Elsa esibì un sorriso amaro.
Jack comprendeva esattamente quello che intendeva. -Ora però non sei più sola- le sorrise, e si stupì piacevolmente nel vedere che anche lei ricambiava il sorriso.
Era rimasto molto deluso la prima volta che si erano parlati e, doveva ammetterlo, era stato molto egoista - le vecchie abitudini sono dure a morire- a non pensare a quello che lei aveva passato. Il fatto è che ormai era già pronto a setacciare la Terra per trovare la misteriosa ragazza che aveva sognato, quando -puff!- era letteralmente caduta dal cielo. E ora che ce l'aveva così vicina, sentiva una sensazione che non aveva mai provato prima. Una sorta di calore freddo. Sentiva dentro di sè di appartenerle, era come essere a casa. E lui una casa non ce l'aveva mai avuta.
Il palazzo di Babbo Natale si espandeva tra i cumuli di neve e le porte dorate si spalancarono quando loro due si avvicinarono. Elsa parve leggermente intimorita.
-Non preoccuparti, incontrerai solo magia bianca- la prese per mano e fu come essere attraversato da una scarica elettrica. Proprio come poco prima, quando l'aveva tenuta stretta a sè mentre volavano.
Elsa si lasciò guidare nell'ampio corridoio d'ingresso dipinto in tinte sgargianti. Sembrava una specie di fabbrica, pensò Elsa. Come quelle di Arrendelle, dove si lavoravano i tessuti e ogni sorta di bene.
Uno strano e insistente tintinnio la riscosse dai suoi pensieri.
-Ragazzi, lasciateci passare per favore- la voce di Jack era distesa, giocosa. Elsa abbassò lo sguardo, intorno a lei saltellavano delle creaturine che non aveva mai visto ma che per certi versi le ricordavano i  Troll delle Rocce. Erano tondetti e dai volti paffuti rinchiusi in buffi cappucci scarlatti a forma di cono sulla cui sommità svettava un sonaglietto. La guardavano curiosi con gli occhietti vispi.
-Cosa sono?- domandò Elsa, curiosa.
-Elfi di Babbo Natale. Sono i suoi speciali aiutanti- gli elfi saltellarono fieri e li lasciarono passare. -In realtà non è vero- le mormorò Jack - Non sono loro a fare i giocattoli, ma glielo lasciamo credere-
Malgrado tutto, Elsa fu sul punto di ridere. -E quelli cosa sono?- indicò delle buffe creature pelose, molto più alte degli elfi, intente a dipingere e ad assemblare ogni tipo di giocattolo, molti dei quali Elsa non aveva mai visto.
- Ecco, quelli sono i veri artefici dei giocattoli- 
-Aspetta, ma perchè costruiscono dei giocattoli?- domandò Elsa, guardandosi intorno.
-Perchè secondo la tradizione la notte di Natale Babbo Natale distribuisce giocattoli a tutti  i bambini buoni del mondo-
-Curioso- commentò Elsa.-Ma decisamente bello-
Mentre passavano tra le file di "operai", Elsa sentiva tutti gli occhi puntati su di sè.
-Non farci caso- la tranquillizzò Jack -Non si vedono spesso facce nuove da queste parti-
Elsa sorrise.-Non preoccuparti, sono abituata ad essere al centro dell'attenzione. Sono una regina-
Jack la guardò come se la vedesse per la prima volta.-Una regina...?-
-Sì, pensavo lo sapessi. A quanto pare sai molte cose di me.-
Jack colse una nota di diffidenza nelle sua voce e si sentì in imbarazzo. Fu tentato di lasciarle la mano. Ma non lo fece. E lei neanche, il chè senza dubbio era un buon segno.
 -Non così tante, evidentemente- tentò di aggirare l'ostacolo. Sentiva che non era ancora il momento di parlarle dei sogni.
Elsa stava per replicare ma, per fortuna, erano arrivati nella Sala Principale del Palazzo di Babbo Natale. I Guardiani erano lì come li aveva lasciati.
Babbo Natale fu il primo ad accorgersi del loro arrivo. Si avvicinò ad Elsa sfoggiando il suo miglior sorriso. -Benvenuta!- la salutò con il suo forte accento nordico.-Io sono Babbo Natale, uno dei Guardiani. Jack ti ha detto chi sono i Guardiani?-
Elsa annuì.
-Fantastico! Allora lascia che te li presenti- le diede una vigorosa pacca sulla spalla e Elsa sembrò sul punto di cadere a terra.
-Devi abituarti all'esuberanza di Babbo Natale- le spiegò Jack, appoggiando il bastone di legno sulle spalle.
Elsa osservò rapita il grande mappamondo al centro della sala e le milioni di luci che lo caratterizzavano. -Cosa sono quelle luci?- domandò a Jack.
- Tutti i bambini del mondo- rispose lui.- I bambini che credono in noi.-
-Dunque- riprese Babbo Natale, la folta barba bianca che ondeggiava ad ogni movimento del suo corpo robusto. -Lui è Sandman-
Elsa non riuscì a trattenere lo stupore. Davanti a lei un omino piccolo e dorato le stava sventolando una manina e le sorrideva affabile. Ricambiò il saluto muovendo anche lei la mano. -Ehm... Ciao-
-Questo è Calmoniglio- Babbo Natale le indicò una creatura enorme e totalmente diversa da un essere umano. Le ricordava un animale. Elsa ci pensò su.- Sei per caso un canguro?-
Jack non riuscì a trattenere le risate.
Calmoniglio parve profondamente offeso.-Ehi! Cos'hai detto? Sono un coniglio, non vedi? - le indicò le orecchie avvicinandosi con fare minaccioso.-Sono il coniglietto di Pasqua!!-
-Ehm... Mi dispiace, è che sei così grande...- anche Elsa sembrava divertita dall'equivoco, osservò Jack.
-Via, Calmoniglio, non prendertela.- si intromise Babbo Natale con fare conciliatore.-E' nuova-
Calmoniglio sembrò sul punto di replicare, ma poi pensò diversamente. -Lasciamo perdere- scosse la testa .-Comunque benvenuta- la salutò, palesemente seccato.
-Grazie?-
-E, infine- riprese Babbo Natale.-Questa qui è Dentolina, la fatina dei Denti-
Elsa la osservò. Era decisamente bellissima. Le ali colorate la tenevano fluttuante  in aria mentre il corpo sembrava ricoperto da piume. Intorno a lei una serie di quelli che sembravano uccellini, cinguettavano sorpresi.
-Ciao- fece Elsa per prima.
Dentolina la fulminò con lo sguardo.-Ciao- la salutò in tono tutt'altro che amichevole.
Jack assistette alla scena impassibile. Non riusciva proprio a capire il comportamento di Dentolina.
-Beh, immagino che sarai stanca e vorrai riposare un po'- intervenne una seconda volta Babbo Natale.
A sentire quelle parole, Elsa si riscosse.-No- esclamò, decisa.-Voglio tornare a casa- il suo tono aveva una nota supplice, notò Jack. Supplice e autoritaria al tempo stesso. Elsa era un paradosso vivente. Non potè fare a meno di sorridere.
Babbo Natale tacque per qualche secondo, ma dal suo sguardo traspariva tutta la sua angoscia.-Elsa, mia cara, non è così semplice-
-Ma potete farmi tornare, vero?- Elsa sentì il cuore martellarle nel petto. Quei misteriosi Guardiani erano la sua unica speranza, non poteva accettare l'idea che neanche loro potessero fare nulla, l'idea di essere confinata in quell'Universo per sempre. Lontana da Arrendelle, da Anna...
Avvertì le punte delle dita intorpidirsi, come sempre quando i suoi poteri stavano per prendere il sopravvento. Quando perdeva il controllo. E in quell'esatto momento, non era certa nemmeno di avere l'energia per contrastare se stessa.
-Faremo di tutto- il gigante dalla barba bianca di fronte a lei esibì il migliore sorriso d'incoraggiamento, ma per Elsa "fare di tutto" non era abbastanza.
-Ma... ma se è stata la magia a mandarmi qui e voi possedete la magia, non potete rimandarmi indietro?-
Babbo Natale sospirò.-Non è così semplice-
-Cosa significa che non è così semplice? Jan... Voglio dire, la persona che mi ha spedita in questo universo ha usato un portale... Forse potremmo crearne un altro...-
-Elsa- Jack si intromise con tono dolce ma fermo. Le posò una mano sulla spalla.
Elsa percepì tutto il potere che quel tocco aveva su di lei. D'un tratto si sentì incredibilmente più calma.
Jack notò il sussulto impercettibile di Elsa quando l'aveva toccata, ma, aveva notato con un certo piacere, non si era ritratta. Con la coda dell'occhio osservò la situazione intorno a loro. Calmoniglio non apriva bocca da un pezzo, se ne stava in disparte, appoggiato ad una parete. Le braccia - o le zampe? - incrociate e un espressione cupa in volto - muso?-.
Non riuscì ad individuare Sandman, invece. Possibile che se ne fosse andato? Certo, in questo caso era molto probabile che Jack non se ne fosse accorto, preso com'era dalla situazione. Da Elsa. E infatti gli ci volle qualche secondo a realizzare il perchè dell'assenza furtiva del suo amico. Era notte. I bambini dormivano e per Sandman cominciava il turno lavorativo.
Dentolina, dal canto suo osservava la situazione attentamente. Senza intervenire, ma senza neppure perdersi un solo passaggio della coversazione.
-Io devo tornare a casa- insistette Elsa, questa volta sembrava più stanca che determinata.-Sono una regina! Ho un regno, delle persone che contano su di me, delle persone a cui voglio bene...- dovette fermarsi quando si rese conto con orrere che la voce le si stava spezzando.
-Lo so, ti capisco. Tutti noi ti capiamo. Siamo Guardiani e sappiamo cosa vuole dire avere delle responsabilità- replicò Babbo Natale.-Ma non posso prometterti qualcosa di cui non sono certo-
A Elsa quelle parole ricordavano la spada di Jan che le trafiggeva il cuore. Le sue speranze non erano altro che vetro sottile, e le parole pronunciate da Babbo Natale lo avevano frantumato in mille schegge. All'improvviso faticava anche a reggersi in piedi.
Jack avvertì l'impatto che la svolta della conversazione aveva avuto su Elsa e le si avvicinò ulteriormente, la mano sempre sulla spalla a trasmetterle vicinanza. Calore. Calore freddo. Un calore tutto loro.






Note dell'autrice:
Come promesso, ecco il doppio aggiornamento!^^
A domenica prossima <3 <3 <3

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Capitolo 11
*** XI ***


XI




Elsa sentì tutta la sua forza venirle meno. I piedi stavano per cederle. Non riusciva a crederci, proprio non riusciva ad accettare l'idea di non poter tornare mai più a casa. Avrebbe voluto - dovuto! - mettersi a piangere, ma si sentiva asciutta come un deserto. Era diventata un blocco di ghiaccio, letteralmente.
L'espressione contrita di Babbo Natale era come un pugno nello stomaco. Quell'uomo - quella creatura, o qualunque cosa fosse -era la sua ultima speranza e non poteva prometterle niente di concreto. Elsa desiderò con tutta se stessa addormentarsi e non svegliarsi più. Persino la consapevolezza dell'esistenza di Jack non era un conforto sufficiente.
-Elsa- intervenne Jack con tono risoluto, la mano sulla sua spalla.-Faremo il possibile-
Faremo il possibile.
Elsa sapeva che era vero, che avrebbero fatto il possibile, perchè in ogni caso li avrebbe costretti lei, li avrebbe spinti fino ai confini della Terra, ma non era abbastanza. Accidenti, era una regina. Sapeva bene che i progetti e le speranze costruiti sui "se" e sui "forse" erano come castelli di sabbia.
-Ora- riprese Babbo Natale, abbozzando un sorriso confortante, -Dovresti riposarti. Sarai stanca-
No!, avrebbe voluto urlare, Non sono stanca! Sono furiosa!, ma l'essere regina le aveva anche insegnato l'arte della diplomazia. Non avrebbe avuto senso prendersela con le uniche persone che si erano mostrate gentili con lei, che l'avevano accolta in quell'universo e che, soprattutto, potevano darle una speranza, per quanto flebile fosse. Malgrado tutto, lei non si era ancora arresa.
-No, grazie- si sforzò di mantenere un tono fermo.- Non sono stanca, vorrei solo restare sola-
-Se è questo che desideri- Babbo Natale ampliò il sorriso.-Jack può accompagnarti fuori, se lo desideri. O magari gli elfi potrebbero prepararti una stanza, ne sarebbero felici- l'omone indicò con lo sguardo gli elfi, che annuirono allegri.
-No- lo interruppe lei, forse un po' troppo bruscamente visto che sentì Jack irrigidirsi alle sue spalle.-No, non c'è bisogno. Fuori andrà benissimo. E conosco la strada.- aggiunse, mettendo bene in chiaro di non voler essere accompagnata. -Grazie di tutto, comunque- addolcì leggermente il tono, ma non tanto da mostrare la desolazione che provava.
Babbo Natale si strinse nelle spalle, un sorriso triste all'ombra dei folti baffi bianchi.
Jack rimase immobile, visibilmente ferito dalla sua scelta. A Elsa dispiacque vederlo così, soprattutto perchè era consapevole che, in altre circostanze, lo avrebbe accolto stendendogli un tappeto rosso ai piedi. Ma in altre circostanze, appunto.
Uscì dalla sala mordendosi le labbra per non guardarsi indietro. Non avrebbe sopportato lo sguardo deluso di Jack. Proprio non ce la faceva, era già abbastanza a pezzi così. Impercettibilmente, accellerò il passo fino a scomparire nell'ampio corridoio.
Calmoniglio attese che fosse sparita del tutto per parlare.-Quindi che si fa? E' una situazione grave. Non sono un esperto, ma sono abbastanza sicuro che ci dev'essere un qualche equilibrio tra gli Universi, un equilibrio che è stato chiaramente spezzato - indicò il corridoio con fare accusatorio.- E non oso pensare quali saranno le conseguenze-
Babbo Natale si lasciò andare ad un sospiro preoccupato. Ora che la ragazza se n'era andata, poteva mostrare tutto il suo timore senza paura di ferirla. -Lo so, Calmoniglio. Purtroppo so per certo che ci saranno delle, come dici tu, conseguenze. Tra gli Universi c'è un equlibrio molto precario, e dobbiamo tutti noi guardiani essere pronti ad affronatare la situazione. Questa volta abbiamo tra le mani molto più che la felicità dei bambini del mondo. Qui si tratta dell'intera esistenza degli Universi!-
Jack se ne stava appoggiato al muro, il bastone nella medesima posizione accanto a lui, e le braccia incrociate. Tentava di concentrarsi al massimo sulle parole gravi di Babbo Natale, ma gli ronzava ancora in testa il rifiuto categorico di Elsa quando le era stato proposto di farsi accompagnare. Evidentemente non erano poi così simili, lei non aveva bisogno di lui quanto lui ne aveva di lei, e il pensiero era tagliente come la lama di un coltello. Così come lo feriva la possibilità che, magari, Elsa non aveva bisogno di lui perchè sapeva già cosa volesse dire essere amati.
O forse, più probabilmente, era solo stanca e aveva bisogno di restare sola. Jack strinse il bastone di legno così forte che temette di spezzarlo. Doveva smetterla di comportarsi da egoista.
-E se riuscissimo a trovare un modo per rimandare quella lì indietro?- s'intromise Dentolina. Era la prima volta che apriva bocca e Jack si rese conto che quasi non ricordava la voce melodiosa dell'amica. E poi si domandava da dove provenisse tutto quell'astio nei confronti di Elsa. Capiva la preoccupazione, ma non era certo colpa sua se si trovava lì. -L'equilibrio tra gli Universi verrebbe rinsaldato- propose, decisa.
-Certo- replicò Calmoniglio .- Ma dovremmo essere velocissimi a capire innanzitutto come rimandarla indietro, e poi , ovviamente, a farlo prima che si verifichino queste conseguenze. In altre parole, dovremmo fare prima che gli Universi si accorgano di essersi scontrati. Onestamente non so quanto sia possibile.- fece, sarcastico.
Jack li ascoltava senza dire niente. Gli sembrava che la situazione non lo riguardasse. Manny aveva scelto proprio la persona adatta per fare il Guardiano!, pensò.
Poi, ebbe un'illuminazione.-Sappiamo che Elsa è arrivata qui attraverso un portale- la sua affermazione fece sì che tutti gli occhi fossero puntati su di lui. Come se gli altri, alla fine, si fossero dimenticati della sua presenza. -Magari potremmo aprirne un altro-
Babbo Natale lo guardò con dolcezza.-Ma non sappiamo come fare-
-Beh, però lei sì. Elsa lo sa, potremmo farcelo dire da lei.-
-E, Jack,- gli domandò cautamente Babbo Natale.-saresti disposto a lasciarla andare?-
Jack si sentì colpito da quelle parole come da un pugno. Calmoniglio ebbe la decenza di abbassare lo sguardo, e persino Dentolina apparve a disagio.-Se è la cosa giusta da fare- esclamò con noncuranza. Non pensava quello che aveva detto, almeno non del tutto, ma non era abituato a mostrare i suoi sentimenti e gli dava ancora più fastidio sentirsi compatito. -Allora?- si affrettò a cambiare argomento.-Potrebbe funzionare?-
-Onestamente non lo so, Jack.- continuò Babbo Natale.- Nessuno di noi ha mai aperto un portale e magari in questo Universo non esistono neanche i mezzi per aprirne uno.-
-Ma si può provare,  no?- s'intromise Calmoniglio.
-Certo. Jack, appena puoi cerca di farti dire da Elsa cosa si ricorda del Portale. Io, nel frattempo, consulterò i miei libri per trovare qualcosa-
-Ti aiuto- si offrì Calmoniglio, seguendo Babbo Natale fuori dalla sala.
Dentolina, invece, non si mosse.
L'aria intorno a loro si fece di colpo pesante.
Jack sapeva che quel momento, quella specie di resa dei conti, sarebbe arrivata prima o poi. Ma ora desiderava solo andarsene. Fuggire. Ed era sicuro che per Dentolina fosse lo stesso, il chè, se da una parte lo feriva, dall'altra lo confortava.
-Jack-
Sentirsi chiamare da lei fu una sorpresa, al punto che credette di esserselo sognato. Si girò, titubante, ma ostentando sicurezza.
-Sì?-
-Devo parlarti- disse tutto d'un fiato, l'espressione indecifrabile.
Jack si sentì prendere dall'agitazione e dalla curiosità. Finalmente avrebbe saputo cosa doveva dirgli da un bel po' di tempo.
Le si avvicinò con fare rilassato.-Dimmi-
-Usciamo un attimo, ti va?- Dentolina abbozzò un sorriso.
-Certo- Jack non si era reso conto di quanto gli fosse mancata la sua amica.
Uscirono fuori in silenzio, tra le nevi, al chiaro di luna.
Jack aspettò pazientemente che Dentolina iniziasse a parlare, e quando lo fece, lo fece tenendo lo sguardo fisso sulla luna.
-Ti ricordi che dovevo dirti una cosa?-
Jack annuì.
Dentolina si voltò finalmente a guardarlo. Un misto di agitazione e terrore era quello che le si leggeva negli occhi brillanti. -So che è passato un po' di tempo, ma pensavo che per qualche motivo ce l'avessi con me, e ho deciso di... mantenere le distanze- abbozzò una risata per nulla divertita.
Jack si riscosse.-Avercela con te? E perchè?-
Dentolina parve confusa.-Beh, perchè non ti sei più fatto vedere. Voglio dire, ti avevo lasciato lì, con la pulce nell'orecchio... Come minimo pensavo che saresti venuto a cercarmi-
Jack rimase completamente spiazzato.-Io, invece, credevo che tu ce l'avessi con me. Pensavo che saresti venuta a cercarmi per dirmi quello che dovevi dirmi, e invece niente.-
Dentolina sbattè le palpebre, poi si lasciò andare ad una risata più allegra. Jack si lasciò coinvolgere.
-Che sciocchi siamo stati!- fece la Fatina dei Denti, sorridendo con un misto di malinconia e amarezza.
Jack ora si sentiva decisamente più a proprio agito. Si reclinò sui gomiti.-Beh, ora però siamo qui, quindi puoi dirmi tutto.- le sorrise incoraggiante.
Dentolina si irrigidì e distolse nuovamente lo sguardo da Jack.-E' complicato, sai?- fece un respiro profondo e sorrise con aria nostalgica.-Mi ricordo la prima volta che ti ho visto. Calmoniglio ti aveva infilato in un sacco- rise.
-Già, me lo ricordo molto bene.- Jack si finse imbronciato.-E mi ricordo anche che eri molto attratta dai miei denti-
Dentolina rise.-Beh, sono decisamente perfetti!-
Rimasero qualche secondo in silenzio, in quel frangente di serenità che si erano ritagliati da tutto il caos che li circondava.
-Sai, Jack- riprese Dentolina.-Scherzi a parte, quando ti ho visto la prima volta ho capito che eri diverso da tutti noi. Voglio dire, a parte le differenze più evidenti come nel caso di Sandman o di Calmoniglio- ridacchiò - eri diverso nel cuore. So che tu non sei d'accordo, ma io sono convinta che tu sia più coraggioso di tutti noi. Sei testardo, sì, ma questo non è necessariamente un male. - rise di nuovo - con la tua forza di volontà abbatteresti i muri. Certo, con quella e una buona dose di ghiaccio-
Jack si concesse un sorriso.-Hai ragione, Dentolina. Non sono d'accordo-
Dentolina scosse la testa.-Non ha importanza se tu non sai quanto vali. Io lo so.- fece un respiro profondo.-Jack, cosa provi per Elsa?-
Jack quasi sobbalzò. Non solo perchè Dentolina aveva chiamato Elsa per nome, ma anche per l'assurdità della domanda.-E' complicato-
-Jack, tu... La ami?-
Scosse la testa, serio.-Non lo so. Non conosco l'amore. Non so se l'ho mai provato nella mia... vita precedente, ma se anche fosse non me ne ricordo.-
-Ti capisco. Io ricordo quasi tutto di quella che ero, e so per certo di non avere amato. O meglio, fino a poco tempo fa lo credevo.-si voltò verso Jack, seria.-Ma ora so che non era vero.-
Jack si sedette a gambe incrociate, giocherellando distrattamente con il bastone. - Non dovremmo pensare a questo. Non adesso.-
-Sì, lo so- concordò Dentolina.-Ma non è così semplice.-
No, non lo è. Concordò mentalmente Jack, il volto di Elsa impresso nella mente.
-Jack, io...- fece Dentolina, di colpo decisa.-Devo dirti questa cosa, e devo farlo ora altrimenti, per come si mette la situazione, non potrò farlo più.- fece un respiro profondo.
Jack attese.
E Dentolina parlò.-Jack, sono innamorata di te.-





Note dell'autrice:
ehilàà! Ve l'aspettavate? Probabilmente l'avevate intuito (o forse no.... muhahahah), ma ora ne avete la certezza! Insomma, un ringraziamento di cuore per le recensioni che avete trovato il tempo di lasciare, continuerò a fare del mio meglio per non deludervi!
Un bacione e a domenica prossima! <3 <3 <3

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Capitolo 12
*** CHIEDO VENIA! ***


Salve a tutti, Jelsa Shippers. Probabilmente mi odierete e, onestamente, non vi biasimo. Vi avevo promesso estrema puntualità nell'aggiornare e, invece, vi ho deluso. Vi ho lasciato a metà e, in un certo senso, mi sembra di avervi ingannati. Vi chiedo scusa. Dal profondo del cuore, veramente. Vi chiedo scusa. Ho letto i messaggi che alcuni di voi mi hanno lasciato e, credetemi, se potessi vi abbraccerei. Sapete, io amo la Jelsa. Profondamente. E amavo questa storia - la amo ancora. Allora perché? Vi starete chiedendo, perché ho smesso di aggiornare? Bene, ci sono state delle cause esterne. Sono stata lontana da casa per tre mesi (niente di cui preoccuparsi, per fortuna), il chè ha senza dubbio ha influito. Quando ho avuto la possibilità di poter scrivere di nuovo, ho sentito la testa vuota. Non sapevo come cominciare, come continuare... Perciò ho rimandato. Rimanda oggi, rimanda domani, eccoci qui. E mi dispiace, ma, vi giuro, mi conosco e so che se mi fossi sforzata, se mi fossi spremuta per buttare giù qualche riga, sarebbe stata una schifezza, senza allegria, senza fangirling, senza niente. Puro senso del dovere, come quando si fanno i compiti. E, come tale, sarebbe diventata un peso. E io non volevo questo, assolutamente. Perché mi piace scrivere. Mi piace poter condividere con voi i miei - non sempre normali - film mentali pre-sonno. Mi piace davvero, e non volevo che diventasse un peso. Ho avuto bisogno di tempo, ma ora eccomi qui. Ricomincerò ad aggiornare, a partire dal 3 gennaio (che è domenica, quindi torniamo alle vecchie abitudini) se sarete ancora disposti a seguirmi e a supportarmi. Mi siete mancati tanto, davvero. Ancora una volta, vi chiedo scusa. Ammetto che il mio primo impulso era di scrivere solo una valanga di "PERDONATEMIPERDONATEMIPERDONATEMIPERDONATEMI", ma ho desistito ;). Insomma, anno nuovo vita nuova. Da domenica si ricomincia, spero mi perdonerete e tornerete a garantirmi il vostro supporto per poter fangirlare allegramente in compagnia. Un bacione a tutte! -Fra Ah, dimenticavo, auguri di uno splendido 2016!

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Capitolo 13
*** XII ***


XII
 

La puzza di umidità era così forte da farle girare le testa. Aveva una gran voglia di vomitare, ma non ci riusciva. Gocce d'acqua stagnante cadevano ritmicamente dal soffitto ammuffito, scorrendo lungo le sbarre arrugginite.
-Anna?-
Eccola, la sua voce. Così calda. Così bella. Persino in quella situazione, la voce di Kristoff riusciva a calmarla, ad abbracciarla. Era la sua zattera di salvataggio nell'oceano che la stava inghiottendo.
Non riusciva a vederlo, era troppo buio. La pallida luce lunare filtrava timidamente attraverso l'angusta finestra in alto. Oltrepassava le sbarre e proiettava sul pavimento un'ombra simile ad una scacchiera.
Anna approfittò di quel momento e raggiunse la parete opposta. Vi si appoggiò contro e chiuse gli occhi, come se quello fosse stato il petto di suo marito.
-Sì, sto bene...- sospirò. Non era vero, ovviamente. Aveva fame. Sete. E una nausea da capogiro. Ma adesso stava bene.
-Sicura? Io comincio ad avere un po' fame. E poi sono preoccupato per Sven.-
Anna non riuscì a trattenere un sorriso.-Sei preoccupato per Sven? Beh, sì, insomma, lo so che è il tuo migliore amico e anch'io gli voglio bene! Ma magari dovresti essere preoccupato anche per noi, non credi?-
-Certo. Ma io sono qui, tu sei lì, anche se non ho bene idea di dove sia "lì", ma è già qualcosa. Sven invece non so davvero che fine abbia fatto.- Kristoff sembrava davvero in ansia.-Povero amico mio.-
Anna chiuse gli occhi. Le mancava l'aria.
E così erano quelle le famigerate segrete. Da bambina, durante le molte ore di solitudine, le piaceva leggere e fantasticare sull'enorme castello in cui viveva. Specialmente sulle segrete, che era l'unico posto in cui non le era concesso recarsi. Immaginava storie di fantasmi che si aggiravano per i corridoi e il rumore di catene e gli ululati sinistri.
Ma la realtà era peggio. Non c'erano fantasmi, ma c'erano uomini. Il che era indubbiamente, decisamente, peggio.
Se non avesse avuto Kristoff con sè - metaforicamente parlando, dal momento che non aveva idea di dove fosse realmente - sarebbe impazzita.
Ormai aveva perso la cognizione del tempo. Riusciva a scandire lo scorrere dei giorni solo grazie ai pasti che riceveva. Uno al giorno. Un tozzo di pane e un bicchiere d'acqua. Un giorno era passato. Ma a volte sembrava che si succedessero troppo velocemente, altri, invece, duravano un'eternità.
L'unica cosa che le era rimasta impressa era stato quando re Ian - farabutto impostore! - era entrato correndo a palazzo, chiamando le guardie e fingendosi sconvolto. Era successa una cosa terribile. La regina era morta. Lui aveva avuto la disgrazia di vederla mentre si gettava in un'altissima cascata. Il suo corpo non era più riemerso.
A quel punto le guardie si erano irrigidite, i sudditi erano rimasti sbalorditi. Qualcuno sembrava sinceramente dispiaciuto, ma tutti erano senza dubbio confusi e intimoriti.
Anna aveva osservato tutto dall'alto. Si trovava al secondo piano quando re Ian aveva fatto irruzione e non aveva fatto in tempo a scendere, perchè le sue parole l'avevano paralizzata. Era rimasta aggrappata alla ringhiera, le lacrime agli occhi.
E poi Ian aveva continuato a parlare, e il mondo le era definitivamente crollato addosso. La sorella della regina e suo marito erano scomparsi. Dei testimoni affermavano di averli visti fuggire nella notte, probabilmente erano in qualche modo, seppure involontariamente, aveva sottolineato il re, contribuito a spezzare il fragile equilibrio della povera regina che era troppo diversa per poter essere davvero compresa. Magari, sosteneva, era bastata una litigata fra sorelle, un nonnulla che nessuno poteva immaginare avrebbe avuto un effetto così catastrofico. E così la povera distrutta Anna aveva deciso di fuggire con suo marito dal luogo che le aveva causato così tanta sofferenza, nella speranza di un avvenire migliore da qualche parte.
-Che?- aveva pensato Anna.-Ma io non sono fugg..-
E poi TUD! un dolore tanto acuto quanto istantaneo alla nuca. Si era risvegliata al buio, alla puzza di umido sul pavimento fangoso e ricoperto di paglia delle segrete. E così ora era stanca, triste, a pezzi.
-Kristoff, Elsa...- sussurrò, così a bassa voce che non era certa di essere sentita.
-Lo so, Anna. Mi dispiace.-
-Finalmente lei... Finalmente era felice- le lacrime le rigavano le guance, accavallandosi, annebbiandole la vista, come un fiume in tempesta.-Dopo tutto quello che aveva passato... La solitudine, la delusione, la tristezza... Finalmente lei...- Anna non riusciva più a parlare, ma sentiva di dover proseguire, seppure scossa dai singhiozzi.-Lei non se lo meritava.- disse tutto d'un fiato.- Non se lo meritava. E' così ingiusto! Oh, Kristoff, se non avessi te, io...-
-Anna.- la sua voce era morbida, buona. Sembrava quasi concreta, non un qualcosa di astratto.-Anna, devi resistere. Dobbiamo resistere. Ti farò uscire di qui, te lo prometto. Riscatteremo tua sorella, tu diventerai la legittima erede.-
-Ma come? E poi a che scopo? Io non sono tagliata per fare la regina. Non voglio. Non sono brava ad amministrare o a parlare... Mi ci vedi io che parlo alla folla? No, sul serio. Io non sono diplomatica, non so mantenere la calma... Io ... Io voglio solo che lei sia qui. Non abbiamo...- tirò su col naso.- Non abbiamo nemmeno fatto pace...-
I singhiozzi divennero più forti, mescolandosi allo squittire dispettoso dei ratti che si aggiravano nell'ambiente.
-Magari è davvero colpa mia, Kristoff. Magari sono stata io a farle questo...-
-Non dire sciocchezze!- la interruppe.- Jan l'ha uccisa, è ovvio. Tua sorella ti vuole... ti voleva bene, Anna. Tutto quello che ha fatto l'ha fatto sempre nel tentativo di proteggerti. Sei sempre stata tu la sua priorità. Sono certo che ti ha perdonata non appena avete finito di litigare. Che poi, in realtà, avevi proprio ragione tu.-
Anna non rispose. Si accasciò contro il muro e strinse le ginocchia al petto. Non poteva proprio credere che fosse vero.
Un rumore inaspettato la fece sobbalzare.
Passi decisi sul pavimento. Eppure era abbastanza certa che le avessero già dato da mangiare oggi. Beh, probabilmente si sbagliava. Che importanza aveva? Anche se la finestrella in alto dava su un cielo notturno... Ma che...
Anna si alzò in piedi e si gettò sulla parete di sbarre, cercando di vedere qualcosa nel buio del corridoio. A giudicare dal rumore, non era una sola persona. E non quella che in genere le portava da mangiare. Quella aveva un passo lento, annoiato. Questi erano passi svelti, decisi e accompagnati da un clangore metallico, come di armature che cozzavano fra loro.
Le guardie.
-Anna, lo senti anche tu?- le domandò a bassa voce Kristoff, incredulo.
-Sì...-
Dalle tenebre del corridoio del corridoio iniziò ad emergere una luce. Flebile, ma accecante per i poveri occhi di Anna ormai abituati all'oscurità o, nel migliore dei casi, alla semioscurità.
La luce, così rossa e accesa, proveniva da una lanterna. Sul muro laterale si proiettavano quattro ombre esageratamente sformate che anticipavano i rispettivi proprietari. Anna sentì il cuore martellarle in petto.
- Ti amo, Kristoff.-
-Anch'io.-
-Eccoci.- annunciò una voce rauca. Effettivamente era una guardia.
Ma non una guardia di Arrendelle. Nessuna di loro lo era. Le tre sentinelle dal volto minaccioso mostravano lo stemma tristemente familiare delle Isole del Sud.
E al centro, in tutta la sua spietata bellezza, re Jan sollevava una torcia quasi consumata, la fiamma che si muoveva rabbiosa scossa dagli spifferi di vento.
-Bene, bene, bene.- sorrise, di un ghigno tanto inquietante che Anna aveva conosciuto soltanto nei libri. Sugli antagonisti. L'ombra scura riflessa sui lineamenti arcigni del volto gli conferivano un'aria spettrale, rendendolo simile a quei fantasmi che una piccola Anna si era divertita a inventare e temere.
Ora, da giovane donna provata dalle difficoltà quale era, sentiva solo un enore, cieco, tremendo odio montarle nel petto.
-Tu.-
-Sì, esatto, bambolina. Io. Johannes III, sovrano delle Isole del Sud e... di Arrendelle.- scoppiò in una risata inquietante, deforme. Le guardie dietro di lui sorridevano soddisfatte, le spade a portata di mano.
- Razza di...- questa volta era stato Kristoff a parlare. Ora Anna ne era certa, era nella cella accanto alla sua. Ma non poteva voltarsi a guardarlo, perchè i quadrati disegnati dalle sbarre orizzontali e verticali erano troppo stretti e potevano passarci solo le sue esili braccia. Vide re Jan incedere arrogantemente alla sua sinistra, finchè non scomparve dalla visuale. Le guardie, dal canto loro, non si mossero.
-Oh, bene. Come si dice, puoi portare via un contadino dal fango, ma...- la risata di Jan era gelida.
- Te la faremo pagare!- esclamò Kristoff.
Povero amore mio. Pensò Anna, sentendo le lacrime pungerle gli occhi. Non ce l'avrebbero fatta, non questa volta. Suo marito non avrebbe mantenuto la promessa che le aveva fatto. Il pensiero la riempiva di un amore così forte e struggente al tempo stesso. Si sentiva riempita e svuotata nel medesimo istante.
-Certo, continua pure, contadino. Adoro i villici isterici, ancora di più quando sono palesemente fuori di testa. A proposito, non è del tutto vero che disprezzo tutto di te, sai? C'era qualcosa di te che trovavo irresistibile.-
La pausa di silenzio che seguì fu così intensa che Anna sentì il cuore sul punto di esploderle. Ora che Jan se la prendeva con Kristoff, si sentiva più vulnerabile perchè non era al suo fianco. Avrebbe preferito che se la fosse presa con lei. Al momento, stava attaccando la parte di lei che amava di più.
-La tua renna.- sussurrò Jan, simile ad un serpente.-In effetti, era squisita. Non è vero, ragazzi?-
Le guardie annuirono e risero.
Anna si sentì mancare. Ecco che arrivava il vomito. Kristoff non rispondeva e il suo silenzio era fin troppo eloquente. Era distrutto. Avevano distrutto la parte di lei che amava di più.
-Ehi, re dei miei stivali.- urlò Anna.
Jan le si avvicinò con noncuranza.-Sì?-
Lo sputo lo colpì dritto in un occhio, tanto che Anna si stupì della sua mira formidabile. Ma ebbe solo un istante per rallegrarsi.
Quello successivo, il braccio di Jan era sfrecciato attraverso un riquadro e le serrava la gola in una morsa.
Anna non riusciva a respirare, ma non le importava. Era felice. Era felice perchè sapeva di averlo ferito. Lui dovette essersene accorto, perchè la sollevò da terra.
-Toglile le mani di dosso!- tuonò Kristoff.
Amore mio, pensò Anna. Hai reagito per me.
Anna sorrise, raccolse quel po' di energia che le rimaneva e sputò di nuovo, centro perfetto. Jan lasciò la presa all'improvviso e lei cadde sul pavimento sporco emettendo qualcosa di molto simile a un rantolo. Tossì, tenendosi la gola, finchè, seppure con voce roca, non fu in grado di parlare di nuovo.-Non mi importa niente di morire. Uccidimi se vuoi. Non mi importa.-
Jan sembrò riprendersi all'improvviso. Ghignò e Anna cercò di nascondere l'orrore che le provocava quella visione. Lui troneggiava su di lei in tutta la sua altezza.-Sai, bambolina, ci sono destini peggiori della morte.-
-Come il tuo, ad esempio.- replicò lei, stupendosi del proprio coraggio.
Jan rise, ma non riuscì a nascondere un sincero stupore.-Il mio? Allora sei pazza anche tu come il tuo maritino.-
Ecco cosa le ci voleva. Una bella spinta. E' proprio vero quello che dicono, pensò. Quando tocchi il fondo puoi solo darti la spinta per andare più in alto. Ogni fibra del suo essere vibrava. Si alzò in piedi, con l'aiuto delle stesse sbarre che la imprigionavano. Lo guardò negli occhi. Re Jan sembrò davvero stupito. Non si aspettava una reazione così.
Bene.
-Certo, sono pazza. Se è quello che ti piace pensare. Sono pazza. Ma per quanto puoi ostinarti a negarla a te stesso, la sai la verità. Il tuo è un destino peggiore della morte. Perchè sei solo. Nessuno ti ama. Nessuno al mondo. A nessuno importa se sei triste o felice o annoiato. Nessuno si impegnerebbe per tirarti su di morale, nessuno ti abbraccerebbe per dirti che ti vuole bene. Chi ti sta intorno lo fa solo per interesse. Nessuno ti sceglierebbe mai. Nessuno sceglierebbe di condividere i tuoi dolori, di soffrire quando stai male e di tifare per te quando sei felice. Nessuno lo vorrebbe. Non hai nessuno che ti aspetta, nessuno che in questo momento si chiede come stai, cosa stai facendo o che, semplicemente, è in pena per te. Nessuno sorride quando pensa a te. E, sai, magari riuscirai a conquistare anche tutta la Terra, ma prima o poi scomparirai e di te non sarà rimasto niente. Sarai inghiottito dall'oblio di cui tu stesso ti sei circondato. Nessuno ti ricorderà, nessuno racconterà di te. Nessuno.-
-Che sciocchezze- la interruppre Jan, un po' troppo bruscamente, così da rendere palese l'effetto che quelle parole stavano producendo su di lui. - L'amore non è che debolezza. A questo punto dovresti averlo capito.- sorrise, arrogante.
-No, ti sbagli. L'amore non è debolezza. E' forza. Perchè credi che io abbia resistito in questo posto? Perchè credi che nonostante tutto, io stia qui, in piedi e non ti temo affatto? Perchè ho qualcuno che amo e che amerò per sempre. Qualunque cosa accada. E potrai farmi del male, farlo a loro, diventare l'essere più potente di tutto l'universo, ma questo non potrai cambiarlo.-
Jan rimase in silenzio più di quanto avrebbe voluto. Strinse i pugni e ostentò un sorriso malvagio.
-Sai, mi hai quasi commosso. Il punto è che non mi interessa affatto quello che pensi di me. Sei proprio stupida come diceva mio fratello. Ah, a proposito, quasi dimenticavo. Dovresti essere contenta, perchè stai per rivederlo!-
-Cosa...?- Anna accusò il colpo.
-Sì, esatto. Voi due piccioncini partirete per le Isole del Sud, stanotte. E' troppo complicato continuare a trovare pretesti per tenere le vostre insulse guardie lontane dalle segrete. -
Le guardie delle Isole del Sud aprirono i cancelli delle celle, che si spalancarono sricchiolando.
Anna si sentì afferrare da due braccia possenti.
-Non vi azzardate...- tentò di protestare, dimenandosi e saltando, ma inutilmente. Una sola di quelle guardie era in grado di trascinarla come un gattino. Le altre due erano alle prese con Kristoff, che, malgrado tutto, non sembrava fare storie più di tanto. Lo faceva per lei. Per Anna. Ormai era tutto ciò che aveva e non poteva perderla. L'avrebbe seguita.
Anna sentì una gran voglia di piangere, ma riuscì a resistere.
Lanciò a Jan un ultimo eloquente sguardo prima di lasciarsi condurre via.


 
 
 
​Angolo autrice:
Massì, un aggiornamento anticipato CI STA, dopotutto. E' solo il primo passo per guadagnarmi il vostro perdono incondizionato <3 <3
Beh, che bello essere di nuovo qui ed essermi rituffata in questi due mondi meravigliosi.
Che dire? Si riparte alla grande! Forse questo capitolo vi è sembrato un po' "noir" diciamo così, ma ho cercato di rimanere fedele ai caratteri dei personaggi pur immergendoli in un'atmosfera ben diversa da quella positiva e fantasy donataci dalla Disney. Com'è andata? Esperimento riuscito?
LET ME KNOW!
Un bacione e un abbraccione :*
 

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Capitolo 14
*** XIII ***


XIII
 

-Oh, Anna.-
Elsa fissava il panorama, desolata. La neve si estendeva a perdita d'occhio, in lontananza c'erano solo montagne, vette appuntite che si stagliavano verso un cielo albino. In altre circostanze, avrebbe amato quel posto. In qualche modo, era il suo ambiente naturale. Lo sentiva. Era pervasa da una strana eccitazione mentre se ne stava affacciata all'ampio balcone dalla ringhiera colorata. Il sole era simile ad un diamante purissimo che risplendeva di luce candida e si confondeva con le nuvole che lo circondavano.
-Ciao.-
Elsa si voltò verso la figura dietro di lei e abbozzò un sorriso. Jack avanzava cauto verso di lei, i piedi scalzi sul pavimento freddo. I suoi occhi cristallini sondavano la situazione, Elsa lo capiva.Cercavano di capire se fosse o no un momento buono per parlare. Perchè sì, malgrado tutto e tutti, dovevano parlare. Dovevano.
-Ciao.-
Jack sorrise, piacevolmente sorpreso e le si avvicinò, questa volta con più sicurezza, fino ad appoggiarsi anche lui con i gomiti alla ringhiera.-So che può sembrarti una domanda stupida, ma come stai?-
-Non è affatto una domanda stupida. Anzi, lo apprezzo. - il lieve sorriso che si era dipinto sulle labbra scarlatte scomparve rapidamente.-La risposta, però, temo sia piuttosto banale. Sto male, ovviamente.-
Lo immagino. Mi dispiace.-
Elsa si strinse nelle spalle.-Devo tornare a casa assolutamente.-
Jack annuì, serio.-Faremo il possibile.-
-No, non è abbastanza!- sbottò Elsa, più aggressiva di quanto avrebbe voluto, tanto che saette di ghiaccio le sfrecciarono dalle mani, scansando Jack solo per un pelo.-Scusami. Scusa, perdonami. Non volevo... E' che ho perso il controllo, e quando succede io...- si allontanò dalla ringhiera, cercando di mettere più distanza possibile tra sè e Jack.
Lui la fissava sorpreso, ma non impaurito. Non temeva il ghiaccio, dopotutto. Impaurito e preoccupato.-Sta' tranquilla. Non è successo niente.-
-Non è niente, io... avrei potuto...-
-Uccidermi?- Jack ridacchiò e le fece l'occhiolino.-Alquanto improbabile, visto che sono immortale.-
Elsa sbattè le palpebre per qualche istante, poi scosse la testa.-Giusto, dimenticavo. Voi siete custodi...-
-Guardiani.- la corresse Jack e si stupì dell'orgoglio nel suo tono. Allora in fondo gli piaceva eccome essere un guardiano. Il pensiero gli fece piacere. -Siamo Guardiani. Sai, noi siamo responsabili della felicità dei bambini.-
Elsa sorrise, enigmatica.-E' una bella responsabilità.-
Jack annuì convinto.-Sì, sì è vero. Ma, sai, l'eternità può essere molto noiosa se non hai qualcosa per cui andare avanti.-
I suoi occhi trasparenti erano fissi su quelli glaciali di Elsa. Lei sorrise.-Immagino.- il cuore le martellava, sapeva che era arrivato il momento. Il momento che aveva sempre sognato e in cui ormai aveva smesso di sperare. Il momento che aveva animato i suoi sogni per tutta la vita. Persino in quella situazione, riuscì ad accantonare le preoccupazioni per un po'.
-Jack, tu... Sei molto simile a me.- pronunciò tutto d'un fiato, senza il coraggio di guardarlo in faccia.
Jack le si avvicinò, i suoi occhi sembravano leggerle nell'anima. Elsa arrossì impercettibilmente. Quando era con lui, si sentiva nuda. Era come se potesse leggerle nell'anima. Come nessun'altro, nemmeno Anna. Sembrava conoscerla da sempre. Era una sensazione sconosciuta, che a volte riempiva Elsa di una folle emozione e altre di un terrore cieco.
-Sì.- ammise il ragazzo.
-Come... Voglio dire... Perchè...-
Jack scosse leggermente la testa, apparentemente divertito.-Ti prego, non chiedermi perchè. Non ne ho davvero la più pallida idea. So solo che è stata la Luna a darmi questi... poteri.-
-La Luna?- Elsa era confusa. -E per quale ragione?-
Il ragazzo si strinse nelle spalle, sorridendo.-Ah, chi lo sa. Mi ha salvato. Stavo morendo circondato dal ghiaccio e ne sono diventato parte.-
-Ma... E poi...- Elsa sentiva la mente affollarsi di una miriade di domande, così tante che non sapeva da dove iniziare. Era in preda a una strana gioia. Non credeva che quella conversazione stesse avendo davvero luogo.- E... quindi sei morto?-
Jack scosse la testa con noncuranza.-In un certo senso. Forse.-
-E come hai saputo di essere un Guardiano?-
-Ah, non l'ho saputo. Diciamo che quel simpaticone di Calmoniglio mi ha gettato in un sacco e mi ha portato qui, dove il grande capo ha detto che sono un Guardiano. Fine della storia. E' successo poco tempo fa.-
-Aspetta, come... Intendo dire, non può essere tutto qui.-
Jack si maledisse mentalmente. Aveva fantasticato infinite volte sul momento del loro incontro, su cosa le avrebbe detto, e ora non riusciva a dare fiato ai suoi pensieri. Nonostante tutto, non riusciva ancora ad aprirsi completamente con lei, a spiegarle la sua vera storia nei particolari. In effetti era la prima volta in assoluto che ne parlava con qualcuno. Lo sguardo di Elsa era a metà tra la confusione e una disperata curiosità. Era smarrita, e Jack sentì l'impulso irrefrenabile di... non riusciva a crederci. Di abbracciarla.
Quand'era stata l'ultima volta che aveva abbracciato qualcuno?
Una risata infantile e due occhi castani gli apparvero in mente all'improvviso. Sua sorella. Davvero era passato così tanto dall'ultima volta che aveva stretto a sè qualcuno? Strinse i pugni e voltò le spalle ad Elsa.
-Jack... Tutto bene?- gli domandò, timorosa, avanzando piano verso di lui.
-Sì, certo.- disse senza voltarsi.-
-E' solo che sai... Io non ho la più pallida idea del perchè sono così. Non so se sia stata la luna, o qualcun altro. Non lo so e vorrei tanto saperlo.- ecco fatto. L'aveva detto ad alta voce. D'un tratto si sentì più leggera, come se per tutto il tempo avesse avuto un masso appeso al collo e ora qualcuno avesse finalmente reciso il legame. -Io voglio solo capire. Non so, magari... Magari potrei essere una custode anch'io...-
-Una guardiana.- la corresse Jack in un sussurro. Ora si era voltato verso di lei e la guardava incredulo. L'impulso di sentire il suo corpo contro il proprio ormai era quasi irrefrenabile.
-Non ho mai incontrato qualcuno così simile a me.- Elsa sentì le lacrime pungerle gli occhi. Finalmente. Finalmente poteva piangere e, stranamente, stavolta non sentiva il bisogno di reprimere le proprie emozioni, di ingoiare le lacrime e di tenere la schiena dritta come una vera regina, come una vera regina di ghiaccio.
Si sentiva libera di lasciarsi andare ed era la sensazione più bella che avesse mai provato.
E poi fu un attimo.
Il petto di Jack contro la sua fronte, le braccia di lui che la stringevano a sè, il suo mento sui suoi capelli. Elsa si irrigidì per un istante, sopraffatta dalla sorpresa, ma poi chiuse gli occhi e si lasciò andare. Le braccia di Jack erano forti e le trasmettevano una sicurezza, un senso di serenità che non aveva mai provato. La avvolgevano completamente e lei si accoccolò contro il suo petto privo di battito, senza dire una parola.
Jack non riusciva a crederci. Aveva dimenticato quanto fosse bello sentire il corpo di qualcun altro contro il proprio, il cuore di Elsa che batteva frenetico. I capelli di lei così morbidi su cui posare la testa. La strinse forte e lei non protestava, il chè gli confermava che anche lei ne aveva bisogno. Che erano simili come sperava.
Rimasero così, in silenzio. In piedi sul grande balcone, avvolti dai fiocchi di neve che cadevano pigramente, sospinti dal vento. Stretti l'uno all'altro, in un momento di intimità struggente, un'intimità che poteva appartenere solo a due esseri come loro.
 
 
***
 
Lacrime.
Accipicchia, ne era passato di tempo.
Si portò delicatamente le mani al viso, sfiorandosi le guance umide e raccogliendo in punta di lingua il sapore di sale.
Si concesse qualche secondo, poi si strofinò prontamente il volto e si asciugò gli occhi.
Non poteva piangere. Non doveva. Era una Guardiana. Essere forte era il suo compito.
Dentolina tirò un respiro profondo. Per quanto si sforzasse, non riusciva a dimenticare la sua ultima conversazione con Jack, il momento in cui aveva fatto appello a tutto il suo coraggio per dire quelle due fatidiche parole. Ti amo. Che mistero terribile era racchiuso in cinque lettere. Ti amo. Ma che vuol dire, poi, "ti amo"? Dentolina non lo sapeva.
Eppure lo sentiva.
Riordava bene lo sguardo di Jack, così confuso e sorpreso e attonito.
"Dentolina, io..."
Ed era bastato quello. Stop. Non c'era bisogno di aggiungere altro. Lui non l'amava. Era chiaro, e in quel momento Dentolina aveva sentito il mondo crollarle addosso e, caspita, se era pesante.
Lo sapeva, in fondo. Jack era sempre stato da solo, anche prima di diventare un Guardiano. Lei lo ricordava bene. Era un ribelle, tanto spericolato da rasentare la stupidità. Un po' sbruffone, estremamente sicuro di sè. L'unica persona a cui aveva voluto bene era stata la sua sorellina. Ma nessun primo amore, nessuna cotta. Niente di niente. Del resto, aveva chiuso con quella vita troppo presto.
Per cui, sì, si aspettava un rifiuto, ma un conto era aspettarselo e un conto sentirselo dire. Perchè, malgrado tutto, non era riuscita a sopprimere definitivamente la speranza dentro di sè. Doveva dirlo, ormai ne avvertiva il bisogno fisico. Sapeva che avrebbe potuto rovinare la loro amicizia, ma non le importava. Lei doveva dirglielo. Lui doveva saperlo. Non ce la faceva più a fingere.
E nello stesso momento in cui gli aveva confessato i propri sentimenti, aveva desiderato poter tornare indietro. Ma, ovviamente, neppure i Guardiani posseggono una tale facoltà.
Si era sforzata, con un autocontrollo invidiabile e aveva sorriso, ingoiando le lacrime.-Lo immaginavo.-
Doveva essere stata piuttosto convincente nella sua maschera di serena accettazione, perchè anche Jack era apparso sollevato e le aveva sorriso. Ah, i maschi. Non capiscono mai niente.
"Mi... mi dispiace" aveva abbozzato lui, ma lei l'aveva interrotto con dolcezza. Voleva solo andarsene. Dignitosamente, ma urgentemente.
"Non dispiacerti. Non è colpa tua." aveva ampliato il sorriso, e quel semplice gesto le aveva causato un dolore fisico non da poco. "Comunque, sarà meglio che vada. Devo avvertire le mie fatine che mi fermerò qui al Polo Nord per un po'." si era alzata e aveva fatto per andarsene, ma prima doveva dire una cosa."Ah, Jack?"
Jack, ancora scioccato, era rimasto seduto e quando l'aveva chiamato aveva girato la testa, confuso."Sì?"
"Noi..." questo sì che era stato difficile. La parte più dura in assoluto, probabilmente."Non cambierà niente, okay? Siamo ancora amici." e di nuovo quel sorriso così rassicurante e così doloroso.
Jack aveva annuito convinto, visibilmente sollevato. "Sì, certo."
E poi lei se n'era andata definitivamente.
Era successo solo tre giorni prima, e per tutto il tempo, lei aveva recitato in maniera impeccabile con tutti. Aveva indossato la sua maschera di serenità con costanza rimarcabile.
Aveva discusso con Babbo Natale e Calmoniglio. Aveva dato disposizioni alle sue fatine. Aveva sorriso a Sandman e si era mostrata serena come al solito con Jack.
Eppure, più parlavano di come risolvere il problema Universi, più Dentolina non riusciva a fare a meno di pensare che, accidenti, magari se quella Elsa non fosse capitata lì all'improvviso, avrebbe avuto qualche speranza in più con Jack. Era un pensiero meschino, non degno di una Guardiana. Lo sapeva e faceva del suo meglio per scacciarlo ogni qualvolta che le si affacciava alla mente, come una specie di insetto molesto.
Però, accidenti. Magari era vero, magari se Jack non avesse trovato quello che aveva cercato per secoli, forse...
-Dentolina?-
-Sì?- Dentolina si girò verso Calmoniglio, sorridendo come al solito.
-C'è una delle tue fatine che ti cerca.-
La fata dei Denti sorrise.-Certo, arrivo subito.-
 
 
***

 
- Heeeey, ciao! Anche tu qui? Non rispondi, eh? Già, a volte dimentico che non sai parlare. Ahi! Ehi, quello è il mio naso, non il tuo cibo, capisci? Mio naso. Mio naso! Che brutto posto, eh? Così freddo. Non c'è nemmeno un pochino di sole. Proprio ora che siamo in primavera. Ah, come mi manca il profumo dei fiori. Cosa c'è? Perchè sbuffi? Non ti piace la primavera? Aaaah, capisco. Sei fissato con il ghiaccio come il tuo amico. Com'è che si chiama? Mi dimentico sempre, ho la memoria corta. Anzi, non ho proprio una memoria visto che non ho un cervello. Che ridere, eh? Ah, ecco. Sven. Il tuo amico si chiama Sven, come te.
E' bello che abbiate lo stesso nome. E' più facile per me. Sbuffi di nuovo? Aaah, giusto, tu non sai parlare. Eheh! Vedi, che ti dicevo? Memoria corta, memoria corta. A proposito, che fine ha fatto Sven? Non lo sai? Nemmeno io. Però, detto fra noi, io non credo che siano scappati. Ma ssh! E' un segreto, non dirlo a nessuno. Questo Jan non mi convince per niente. Ha detto che mi portava al mare, sai, io ho sempre sognato di andare al mare, e invece sono chiuso qui con te da non so quanto tempo. Secondo me è una bugia, non ci andremo al mare. Eheheh. Che buffo. A questa stanza manca una parete. Guarda! Ci sono solo sbarre. Eheheheh. Chi l'ha costruita doveva avere la memoria corta come me.
Però, sai, Sven, non riesco ad essere più tanto allegro come prima. Mi manca tanto Elsa. Jan mi ha detto che è partita con Anna e Sven, il tuo amico. Tu ci credi? Io non lo so, penso che me l'avrebbe detto. Ma lei non aveva mai tempo per fare niente. Voleva solo stare da sola. Non mi ha mai nemmeno più insegnato a leggere.
Tu sai leggere, Sven? E' vero, tu non parli. Ma io sì e mi annoio. Vorrei tanto avere un libro da leggere. Anche se, ehi, io non so leggere! Memoria corta, memoria corta.-
 
 
 
 


 
 ANGOLO AUTRICE: rieccomi qui! Spero il capitolo vi sia piaciuto, non vedo l'ora di leggere i commenti ;)
sono un po' di fretta quindi scappo, buona serata fangirls! <3 <3 <3

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Capitolo 15
*** XIV ***


​XIV

 
Fluttuare.
Era quella l'impressione. Di fluttuare.
Anche se in realtà non stavano fluttuando. Era abbastanza sicura che stiano gallegiando. Beh, più che sicura considerato che sono su una nave.
Almeno su questo non aveva dubbi.
Non aveva dubbi perchè non ci si dimentica di essere trascinati al porto da un paio di gorilla e da quel vigliacco di Jan e gettati in una stiva puzzolente.
Se non altro, come al solito, Kristoff era con lei.
Anna non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato, ma sicuramente più di un giorno. Anche questa volta aveva imparato a scandire le giornate con i pasti che lei e suo marito ricevevano. Come al solito, poco più di acqua e un tozzo di pane raffermo.
Kristoff aveva parlato pochissimo - beh, diciamo pure che non aveva parlato proprio - da quel terribile momento. Quando aveva saputo cosa quel... quel... di Jan aveva fatto al povero Sven.
Le sembrava ancora irreale. Possibile che nessuno se ne fosse accorto? I cuochi del Castello erano affezionati ad Elsa e Anna, e Sven godeva di una certa popolarità (aveva una stalla tutta sua, camerieri che si occupavano della sua pelliccia e ottimo cibo ogni giorno). Era davvero difficile che scomparisse da un giorno all'altro. Certo, Jan poteva aver raccontato che lei e Kristoff l'avevano portato con loro durante la "fuga disperata". E questo avrebbe spiegato il perchè camerieri e compagnia bella non avessero notato la sua assenza. Ma i cuochi? Loro dovevano pur rendersi conto di stare cucinando una renna, santo cielo. E ad Arrendelle nessuno mangiava una renna! Erano considerati come i cani.
Perciò, a meno che Jan non avesse convocato uno stuolo di cuochi personali dalle Isole del Sud... No, nemmeno questo poteva essere. Come aveva giustificato la loro presenza? E chi gli dava il diritto di cacciare i cuochi di corte per lasciare i suoi? Comportandosi così da despota si sarebbe smascherato subito, avrebbe mostrato la sua vera natura.
Persino suo fratello Hans aveva capito che prima di tutto doveva guadagnarsi la fiducia di nobili e sudditi. E, insomma, Hans non è che fosse molto sveglio.
Perciò no, più ci pensava, più Anna si convinceva che era impossibile, che l'aveva detto solo per far loro del male. Per far del male a Kristoff. E aveva funzionato, eccome.
Ogni volta che lo guardava, sentiva una fitta al cuore.
I suoi grandi occhi allegri sembravano aver perso la loro scintilla, la loro vivacita che l'aveva fatta innamorare. Erano spenti, bui. All'ombra delle folte sopracciglia e dei capelli spettinati.
Anna voleva parlargliene. Voleva spiegargli perchè era impossibile che Jan si fosse sul serio ... beh ... insomma ... Caspita, non riusciva nemmeno a pensarci. Ad ogni modo, era impossibile.
Ma anche solo l'idea di dover aprire l'argomento con Kristoff le faceva salire le lacrime agli occhi. Non ce la faceva.
Anche adesso, seduti l'uno accanto all'altro, lo sentiva lontano mille miglia.

 
 
***

 
Era una sensazione bellissima. Desiderava che non finisse mai. Voleva sentire le sue braccia attorno a sè, il calore gelido che sprigionavano i loro corpi così vicini.
Ma quel momento meraviglioso, quel momento straordinario di quiete e di tenerezza, doveva pur finire prima o poi.
E fu Jack a interromperlo.
La allontanò da sè delicatamente, con riluttanza, continuando a tenerle le mani.
La brezza fredda gli scompigliava i capelli dai riflessi argentati e alcuni fiocchi di neve rimanevano intrappolati tra le ciocche. Gli occhi cristallini le ricordavano due zaffiri purissimi che si stagliavano sulla carnagione nivea.
Era bellissimo.
Non affascinante come Jan, o gradevole come Hans o persino carino come Kristoff.
No, Jack era proprio bellissimo.
-Elsa, ci sono tante cose di cui dobbiamo parlare.-
Elsa deglutì, il cuore le batteva all'impazzata. Anna. Per un momento l'aveva accantonata, per un momento il suo egoismo aveva avuto la meglio. Si era concentrata solo su se stessa. Avrebbe dovuto sentirsi tremendamente in colpa, ma non era così. La presenza di Jack lì  con lei, il turbinio di sentimenti che la avvolgevano non lasciava spazio ad altro. La sua mente, il suo cuore erano interamente monopolizzati da Jack.
Annuì.
-A parte... noi due, insomma. Voglio dire, avremo tempo per confrontarci, ma ora c'è una cosa più importante.- Jack distolse lo sguardo.-Dobbiamo assolutamente trovare un modo per rimandarti indietro.-
Esatto. Proprio così. Era quello che voleva. Era la cosa che desiderava di più al mondo... Vero?
Allora perchè si sentiva ferita da quelle parole?
Non riusciva a credere al proprio egoismo.
Eppure, aveva notato che Jack non era riuscito a guardarla negli occhi mentre diceva quelle parole. Una parte di lei ne fu contenta. Significava che anche a lui dispiaceva, giusto?
-Elsa, hai parlato di un portale. Hai detto che sei arrivata qui grazie ad un portale. Ti ricordi... ti ricordi come era fatto, come funzionava?-
Elsa ci pensò. I ricordi di quel giorno terribile erano impressi a fuoco nella sua mente. Non avrebbe mai potuto dimenticarsene. Il terrore, la delusione, la rabbia. Verso Jan e verso se stessa, per essere stata tanto sciocca.
-Sì, credo di sì.  C'erano degli oggetti appesi alle pareti.- si concentrò.- Un pugnale... No, tre pugnali. E una sciabola. - istintivamente si portò le mani al petto, sfilandole da quelle grandi e accoglienti di Jack. La sciabola se la ricoradava bene.- E un'anfora antica... greca. Ah, e poi, attaccato a una parete, c'era una specie di cerchio. Era suddiviso in quattro archi, uno d'oro, uno d'argento, uno di bronzo e uno di ferro. Sì, proprio così.-
Lui la osservava in silenzio, non sembrava offeso. La capiva.
Elsa sentì un moto di gratitudine. Gli diede le spalle.-La sciabola... non era un'arma comune. Non mi ha uccisa, ma mi ha tolto i poteri. Finchè era dentro di me, ero impotente.- pronunciare quelle parole ad alta voce le faceva venire voglia di urlare. Sentiva l'odio montarle dentro e sobbalzò quando una raffica di dardi di ghiaccio partì dalle sue mani. Anche stavolta, Jack non si scompose. Anzi, osservava i suoi poteri con un misto di ammirazione e curiosità. Proprio quello che provava lei quando lo guardava all'opera.
- E aveva bisogno di sangue. Del mio e di quello di un troll, ma...- Elsa sgranò gli occhi.- No, non per forza di un troll. Di una creatura magica in generale. E' per questo che mi faceva tante domande sulla magia ad Arrendelle.- si voltò verso Jack, adesso leggeva nei suoi occhi solo confusione.
- Jan... la persona che mi ha fatto questo.- spiegò. - Voleva il mio regno.-
Jack si irrigidì. Ancora non si era abituato all'idea che la bellissima giovane donna davanti a lui fosse una potente sovrana.
- Va tutto bene?-
-Sì, certo. E sai... Per caso sai come si possono procurare gli oggetti di cui hai parlato?-
Elsa scosse la testa.- No, ma suppongo che non sia così importante. Anche se lo sapessi, probabilmente in questo universo sarebbero da tutt'altra parte.- sospirò con amarezza.- Ammesso che ci siano.-
Jack le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla. Elsa fu come folgorata da quel contatto.
-Li troveremo. Fidati di me.-
Elsa gli sorrise. Un sorriso dolce, sincero. Eppure era visibile una punta di amarezza. Jack lo capiva. Voleva fidarsi, ma non ci riusciva. Però ci stava provando davvero, e la cosa lo colpì. Sorrise anche lui.
- Ora andrò a parlare con Babbo Natale. Lui ne sa molto più di me.- fece per entrare, ma si accorse che Elsa era rimasta immobile a fissare il panorama dal balcone.-Tu non vieni?-
- Tra poco. Ho bisogno di stare un po' da sola.-
- Certo.-
Jack scomparve all'interno.
 
 
***
 
 
- Quindi ricapitoliamo - esordì Babbo Natale con il  suo forte accento nordeuropeo.- A noi serve una sciabola magica che toglie poteri ma non uccide,  tre pugnali, un cerchio di oro, argento, ferro e bronzo, un'anfora e il sangue di una creatura magica.-
Jack sospirò. Detto così sembrava davvero impossibile.
-Bene.- sorrise Babbo Natale.- Pensavo peggio. Dov'è problema? Diamoci da fare e troviamo questi oggetti.-
-Certo, che ci vuole.- proruppe Calmoniglio, sarcastico. - Ho la casa piena di anfore greche e sciabole. Ditemi quante ve ne servono e corro subito a prenderle! Vi rendete conto? E' impossibile. Stiamo correndo contro il tempo. Non ce la faremo mai, accidenti.-
- Almeno è un inizio - si intromise Dentolina, ottimista. - Sappiamo da dove iniziare.-
Jack la guardò a bocca aperta. Non se l'aspettava. Le sorrise con gratitudine.
Dentolina ricambiò.
E ringraziò che un cuore quando si spezza non fa alcun rumore.
- E' vero.- confermò Babbo Natale.- Sangue di creatura magica - si guardò intorno, allegro.- Ne abbiamo a volontà! Così come sangue di lei. Oro, argento... li possiamo trovare. Un pugnale e un'anfora non sono rari. Vero problema è sciabola.-
- Ma siamo sicuri che vada bene qualunque pugnale? Qualunque anfora? Qualunque coltello? Andiamo! Non si apre un portale così facilmente.- protestò Calmoniglio.
Nessuno - Jack incluso - seppe replicare.
Alla fine parlò Babbo Natale, perentorio. - Sappiamo da dove partire. Questo è dato di fatto. Ora cerchiamo.-
 




 
ANGOLO AUTRICE:
rieccomi qui ^^! Iniziamo ad entrare nel vivo della faccenda, nell'avventura vera e propria. Che ve ne pare? :D
Colgo l'occasione per ringraziare Giorgiacorradetti e Maka_baka per aver recensito lo scorso capitolo; non ho avuto tempo di rispondere - sob! - ma ho letto le vostre recensioni e vi ringrazio di cuore <3 <3 <3
Ringrazio anche tutti coloro che hanno questa storia tra le preferite/seguite/ricordate - siete sempre di piùù! *blush*
Beh, insomma, vi auguro una buona domenica e una buona settimana!
Alla prossima ;)
 

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Capitolo 16
*** XV ***


ATTENZIONE!
Prima di iniziare, volevo segnalarvi questa mia storia, se siete interessati: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3369678&i=1
E' davvero una cosa nuova, per me, e sono abbastanza in ansia ^^"
Vi preeego, dateci un'occhiata e ditemi che ne pensate (fate conto che sia Olaf a chiedervelo C;)
THAT SAID, buona lettura! :D
- Francesca.
 

 
XV
 
 
 
- Trovato!-
Babbo Natale si alzò di scatto, sbattendo il libro sul tavolo di legno. Le pareti tremarono. Era paonazzo e sprizzava gioia.- Ho trovato! Venite, guardate!-
Jack e Dentolina si scambiarono un'occhiata, confusi. E subito dopo avvamparono e distolsero lo sguardo. Era stato istintivo. Erano migliori amici da tanto tempo, tra loro c'era sempre stata un'intesa particolare. Per questo, inconsciamente, avevano cercato l'uno gli occhi dell'altra.
Il fatto che una cosa che fino a poco tempo prima era naturale causasse un tale imbarazzo ferì Jack profondamente. E anche Dentolina, ne era sicuro. Gli dispiaceva per la sua amica. Quanto doveva stare soffrendo? Mentalmente si diede dello stupido, come ormai faceva spesso. Ma perchè non si era mai accorto di nulla? Possibile che non l'aveva capito? Era stato così concentrato sui suoi sogni, sulla sua solitudine, su se stesso... Egoista che non era altro. Accidenti, se Dentolina soffriva anche solo la metà di quanto aveva sofferto lui la prima volta che aveva parlato con Elsa, che gli era sembrata così distante, allora doveva proprio essere a pezzi. Jack non sapeva cosa volesse dire che il proprio amore non era ricambiato. Non sapeva cosa volesse dire essere condannati a dare sapendo di non ricevere nulla in cambio. Era una crudeltà bella e buona. Scrutò di sottecchi Dentolina. Per tutto il tempo aveva sorriso e scherzato con gli altri. Questo invece non gli era nuovo. Fingere di stare bene e voler urlare continuamente che no, non stai bene. Stai malissimo.
- Jack, non vieni a vedere?- lo richiamò Calmoniglio. I Guardiani avevano accerchiato Babbo Natale, intorno alla grande scrivania in noce ricoperta di antichi volumi.
- Sì, certo.- scosse la testa e li raggiunse. Seguì con lo sguardo l'illustrazione sulla pagina ingiallita. - E' un cerchio...-
Cercò lo sguardo di Babbo Natale, ora che lo vedeva da vicino poteva notare le profonde occhiaie che gli segnavano gli occhi. Del resto erano giorni che tutti loro non avevano fatto altro che leggere, leggere, leggere alla ricerca di una qualunque traccia di un qualunque portale. Le fate di Dentolina avevano portato da tutto il mondo i libri delle culture più antiche. Li avevano tradotti, analizzati, studiati. Avevano iniziato a perdere la speranza. Elsa aveva insistito per aiutarli. "Siete troppo buoni." aveva protestato con dolcezza ma anche con fermezza. "In fin dei conti è una cosa che riguarda me. Conosco molte lingue, posso aiutarvi."
Ma loro erano stati irremovibili. Temevano - o meglio, Jack temeva e aveva convinto gli altri a temere altrettanto - che, in caso di fallimento, Elsa si sarebbe scoraggiata immediatamente. Non voleva deluderla così. Loro altri erano più lucidi, meno coinvolti, non si sarebbero abbattuti facilmente.
-No- precisò Babbo Natale.-E' il cerchio.-
Lo sguardo di Dentolina si illuminò.-Vuoi dire che...-
-Esatto amici miei. Finalmente trovato soluzione. Qui è scritto tutto quello che Elsa detto a Jack. Anche scritto dove trovare.-
Jack non riuscì a trattenere una risata di gioia. Non poteva crederci.- Ma è fantastico.-
Persino Calmoniglio sembrava allegro. Beh, sì, insomma, per quanto potesse essere allegro Calmoniglio.
-Allora che aspettiamo?- continuò Jack.- Andiamo. Troviamo i pezzi e...- si bloccò.
Ecco, questo era il punto.
Come aveva fatto a dimenticare il dettaglio più importante?
- E mandiamola indietro.- completò per lui Dentolina, con una nota di malcelata soddisfazione. La guardò di traverso, ma lei finse di ignorarlo.
C'era da aspettarselo. Dopotutto, non poteva fargliene una colpa.
Però faceva male lo stesso. Mandarla indietro. Era sicuro di farcela?
Scosse la testa. Certo che lo era.
Doveva smetterla di essere egoista, una buona volta.
- Finalmente- sbottò Calmoniglio.-Forse facciamo in tempo a limitare i danni.-
Babbo Natale sospirò.- Purtroppo, amici miei, non è così semplice. Pezzi di cerchio sono sparsi per mondo. E anche gli altri oggetti. Inizieremo da questi, è più semplice.-
-D'accordo. Qual è il primo?- domandò Jack.
- Primo è sciabola. Si trova negli abissi di Mare Artico. A mille metri di profondità. Qui scritto che innanzitutto noi dobbiamo costruire piccola chiave che si illumina quando vicina a oggetti che cerchiamo.-
-Oh, grandioso!- Calmoniglio non riuscì a trattenersi.- E dov'è questa piccola chiave?-
Babbo Natale sorrise, enigmatico.-E' dentro regina Elsa.-
 
 
 
***

 
 

- Dentro di me?- Elsa lo guardò, confusa.
-Esatto. Babbo Natale dice quando la spada ti ha trafitto ha lasciato dentro di te dei frammenti minuscoli... Frammenti magici, che si illuminano quando sono vicini agli altri strumenti che hanno aperto il portale.-
Elsa si portò istintivamente una mano sul petto, dove la sciabola di Jan l'aveva trapassata. Il dolore era un ricordo ancora vivido.
Diede le spalle a Jack.
Erano nella camera di Elsa. La grande camera spaziosa che gli elfi le riordinavano ogni giorno, nonostante lei implorasse di aiutarli. Alla fine, si era accontentata di dar loro una statuetta di ghiaccio ogni giorno. La forma la decidevano loro. Ci andavano pazzi.
Jack sentiva il suo marchio ovunque. Il suo profumo era come qualcosa di materiale, qualcosa di concreto che riempiva l'ambiente.
Elsa si voltò a guardarlo.- Beh, se non altro è un inizio.- sorrise e chiuse gli occhi. Era la prima volta che Jack la vedeva sorridere in quel modo. Sembrava felice, davvero felice. Era bella da togliere il fiato. E, nonostante tutto, una punta di amarezza lo colpì quando si rese conto che a lei il viaggio di ritorno non avrebbe arrecato alcun dispiacere.
-Tutto bene?- Elsa sembrò leggergli nel pensiero. Lo guardò con dolcezza.
Jack fu costretto a distogliere lo sguardo.-Sì, certo.-
-Jack, io devo ringraziarti.-
-Non c'è bisogno. Davvero.-
-Ce n'è, invece. Ti sei impegnato così tanto... Hai fatto davvero molto per me. Tutti voi, certo, ma tu particolarmente. Io, onestamente, non sono sicura di meritarmelo.-
-E perchè no?- Jack la guardò, sinceramente sorpreso.
Allora anche Elsa si sentiva in colpa per qualcosa. Anche lei aveva i suoi demoni. Come lui.
Voleva saperne di più.
Elsa abbassò lo sguardo e si sedette sul letto. La bionda treccia le ricadeva sulle spalle lasciate scoperte dal vestito chiaro.
- Ho causato molto dolore.- ammise, e dal suo tono Jack intuì che era la prima volta che ne parlava con qualcuno. In un certo senso, ne fu onorato. Era un momento molto delicato. -Alle persone a cui tengo di più. Sai, io... Come ti ho già detto, non so perchè sono così.- si guardò le mani, con curiosità. Come se non fossero le sue. -Non ne ho idea. Non lo sapevano neanche i miei genitori. Loro... Loro hanno cercato in tutti i modi di aiutarmi, di capirlo. Ma non ci sono riusciti, e sono morti quando ero poco più che un'adolescente. Erano in viaggio, la loro nave è affondata. Siamo rimaste sole io e mia sorella, ma in realtà eravamo quasi sconosciute.- lo guardò negli occhi.- Una volta, da bambine, stavamo giocando. Lei, sai, lei amava i miei poteri. Mi faceva sentire speciale, non diversa. Al punto che anch'io li amavo.- rise amaramente.- Che assurdità, vero?-
Jack la guardava impassibile, rapito dal suo racconto. La ascoltò parlare di come, involontariamente, aveva ferito la persona a cui teneva di più al mondo. Di come, per la prima volta, si era sentita un mostro. Gli parlò dell'incantesimo dei troll, del rapporto perso tra le due sorelle. Della fatica per ricostruirlo dopo aver congelato il regno. Dopo che il calore dell'amore aveva sciolto il suo cuore di ghiaccio.
Elsa si stupì di se stessa. Le parole le uscivano come un fiume in piena, un fiume che era stato troppo a lungo trattenuto da una diga e ora, finalmente, la ditruggeva e si liberava in tutta la sua potenza. Perchè era proprio così che si sentiva. Libera. Più ne parlava, meglio si sentiva. Gli occhi di Jack la seguivano attenti, interessati. Si sentì invadere da una profonda gratitudine, una gratitudine che non aveva mai provato prima e... anche qualcos'altro. Non era molto sicura di cosa, e probabilmente nemmeno voleva indagare oltre, però c'era qualcos'altro. Questo era un dato di fatto.
Ad un tratto le parole finirono. Elsa rimase a bocca aperta, come se per un breve lasso di tempo il suo corpo non fosse stato controllato da lei. E ora le veniva restituito senza preavviso. Guardò Jack, più confusa di lui.
Jack le sorrise, il suo sorriso accogliente, confortante. Attraente.
-Onestamente, non credo affatto che tu sia un mostro. Beh, magari sono un po' di parte- rise, e Elsa lo seguì. Inaspettatamente. - Però capisco quello che vuoi dire. Tutti commettono degli errori e tutti si sentono confusi. Non ci crederai, ma anche i comuni mortali tendono ad essere insicuri.- le fece l'occhiolino.- In ogni caso, perchè non mi fai vedere quello che sai fare?-
Elsa sbattè le palpebre.-Come, scusa?-
-Sì, insomma. Siamo simili, ma non così tanto. Io, per esempio, sono meglio.-
-Non è assolutamente vero!- ribadì Elsa, ridendo.
Jack si alzò dal letto con fare melodrammatico.-O, sì, invece. E anche tanto.-
-Mi stai sfidando?- Elsa gli si parò innanzi, fiocchi di neve si librarono in aria dal palmo della sua mano.
-A buon intenditore poche parole.- le strizzò gli occhi e si lanciò fuori dalla finestra, fluttuando lentamente, con nonchalance.-Allora, sai fare questo?-
-No...- lei sorrise con aria di sfida.- Ma so fare questo.-  dalle sue mani si dispiegarono scie azzurre che oltrepassarono la finestra e disegnarono un'ampia scalinata di ghiaccio in mezzo al nulla. Elsa si affrettò sui gradini.-Allora, che te ne par... Ehi!- la palla di neve la colpì senza preavviso.
.-Adesso capisco perchè i ragazzini lo trovano così divertente!- Jack le svolazzava intorno, ridendo.
- Non dovresti abbassare la guardia. Centro!-
-Ehi!-
Elsa rise. Ed era la prima volta in tutta la sua vita che rideva così. O meglio, la prima volta da quando i troll avevano cancellato la memoria di Anna.
Si sentiva una bambina. Spensierata, libera. Non aveva segreti con Jack, non più. Non doveva mantenere il controllo, non si sentiva in colpa, perchè lui sapeva cosa aveva fatto e l'aveva sminuito con tanta sincerità che Elsa gli aveva creduto. Non era un mostro, era speciale.
Erano passati anni dall'ultima battaglia di palle di neve, non credeva che si sarebbe ripresentata l'occasione.
Ora che sapeva di poter tornare a casa, non c'era davvero nulla a turbarla e per un attimo fu persino grata a Jan. Se non fosse stato per lui, non avrebbe conosciuto Jack.
Lo guardò ridere. I capelli bianchi come la neve, gli occhi allegri. Anche lui aveva sofferto, Elsa lo capiva. E più giocavano - sì, esatto: giocavano! - più "quell'altra cosa" che sentiva prendeva forma. Assumeva un nome.

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Capitolo 17
*** XVI ***


 

XVI
 

 
Il palazzo era immenso. Certo, anche quello di Arrendelle era bello grande, ma questo... wow! I soffitti erano a volta, altissimi. Talmente tanto che ci si poteva dimenticare della loro presenza e credere di essere a cielo aperto.
Il sole entrava attraverso le ampie finestre, riscaldando l'ambiente. Al contrario di Arrendelle, le Isole del Sud erano note per il loro clima caldo.
Anna lo sapeva perchè era stato proprio Hans a dirglielo.
Lei e Kristoff avevano i polsi incatenati, procedevano l'uno dietro l'altra, circondati da una schiera di guardie armate e senza scrupoli, a giudicare dal ghigno crudele sui loro volti.
Jan li precedeva, schiena dritta, impettito.
Lungo i corridoi incontravano nobili e funzionari che non mancavano di inchinarsi e dargli il bentornato.
Quando, alla fine, raggiunsero la sala del trono, Anna sentì le gambe cederle e fu sul punto di cadere.
Il grande trono era di seta scarlatta, circondato da imponenti ricami d'oro zecchino.
Jan vi prese posto.
Una manciata di secondi dopo, nella sala comparve Hans.
Anna sentì Kristoff irrigidirsi al suo fianco.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa per tranquillizzarlo, o semplicemente di mantenere la calma, ma era difficile, visto che anche lei sentiva il sangue ribollirle per l'odio.
Non era cambiato molto. Anzi, in effetti non era cambiato affatto.
L'unica differenza era il ghigno malvagio che ora poteva ostentare liberamente. Non doveva mascherarlo con pseudosorrisi comprensivi e occhioni dolci. Anna si sentì fremere. Erano stati proprio quegli occhi a farla innamorare.
Qualcosa dentro di lei - qualcosa di moolto stupido - rifiutava di accettare che tutto ciò che c'era stato tra loro fosse solo una menzogna. Anche se, oggettivamente, era così. Lo sapeva.
E no, non poteva paragonare quello che provava per Kristoff con quello che le era parso di provare per Hans. Però essersi sentita così stupida, così facile da prendere in giro, era un rospo che ancora non riusciva ad ingoiare.
-Hans, fratello. Guarda un po' chi c'è qui.- esclamò Jan, dall'alto del suo trono. I riccioli biondi gli ricadevano sulla fronte.
-Che sorpresa.-
Il tono della sua voce colpì Anna come un pugno. Era gentile, cordiale. Così come la sua espressione. Possibile che fosse tanto malvagio da risultare così buono?
Le si avvicinò e le sfiorò delicatamente la guancia.
Anna si ritrasse come se si fosse scottata.
-Giù le mani!- sbottò Kristoff.
Hans lo ignorò. I suoi grandi occhi scuri erano fissi in quelli di Anna. -Povera la mia principessa. Sembra che non ci sia pace per te, non è così? Tua sorella non fa che procurarti un guaio dietro l'altro.-
-Sciacquati la bocca prima di parlare così.-
Hans accusò il colpo. Ridacchiò e si allontanò.-Oh, mia cara ingenua Anna. Sto solo dicendo la verità, non devi prendertela così.-
-Tu mi hai quasi uccisa!-
-No, ti sbagli, cara. Tu ti sei fatta quasi uccidere. Ci sei cascata con una facilità disarmante. Sei solo una sciocca ragazzina. E la tua straordinaria sorella, a quanto pare, non è da meno.-
Per la prima volta in vita sua, Anna desiderò averceli lei i poteri di Elsa. Avrebbe trasformato Hans e Jan in due ghiaccioli al gusto di perfidia.
-Vedo che voi due avete molte cose da dirvi.- si intromise Jan.- Hans, ti dispiacerebbe scortare i nostri ospiti nei loro nuovi alloggi? Spero non li trovino troppo umidi. Ah, e mi raccomando. Attenti ai topi. Quelli che gironzolano nelle segrete non sono esattamente animaletti domestici.- e detto questo si abbandonò ad una lunga, crudele, risata.

 
 
 
 
***
 
 
 
 
Neve. Neve ovunque. Neve dappertutto. Non aveva importanza in che direzione guardasse, il bianco ricopriva ogni cosa.
Dentolina sospirò.
Non era sicura che il freddo facesse per lei. Le mancava la sua casa. Immersa nel verde, sotto il sole, circondata dai ruscelli. Il solo pensiero, il ricordo del caldo sulla pelle e del profumo dei fiori, la riempì di nostalgia. Non era mai stata lontana tanto a lungo.
Non da quando era diventata una Guardiana.
Incredibile a dirsi, ma aveva inziato a vivere solo dopo essere morta.
Lei, che non aveva mai avuto una casa, ne aveva trovata una tutta per sè, piena di fatine allegre che pendevano dalle sue labbra.
A differenza di Jack, per lei essere diventata una Guardiana era stata una benedizione. La Luna l'aveva salvata. Le aveva dato uno scopo. Onestamente, Dentolina non sapeva che altro desiderare.
-Ehi.-
Jack era dietro di lei, il suo solito sorrisetto dipinto in viso. Per quanto ostentasse sicurezza, Dentolina sapeva che gli era costato un certo sforzo andare da lei.
Si odiava, per questo. Aveva rovinato tutto. Non avrebbe mai dovuto confidare a Jack i suoi sentimenti. Era stato un terribile errore. Aveva perso la loro amicizia, l'unica cosa che avevano.
Gli sorrise. L'imbarazzo nell'aria era palpabile.
-Ciao, come stai?-
-Io bene.- Jack si morse la lingua. Avrebbe dovuto domandarle altrettanto? La risposta era abbastanza scontata. Non voleva risultare insensibile. Dentolina dovette accorgersi della sua difficoltà e intervenne per salvarlo.
-Anch'io.- rispose, osservando l'orizzonte.- Certo, sono un po' preoccupata per tutta questa faccenda, ma non mi lamento. Sono molto tranquilla ora che so che c'è una soluzione.-
Jack si rabbuiò. Non avrebbe mai dovuto andare da lei. Era stato un grosso sbaglio. Non voleva parlare di quanto fosse bello che Elsa stesse per andarsene per sempre, e, purtroppo, non c'erano altri argomenti.
Però aveva dovuto andare da lei. Perchè le voleva bene, tantissimo. Più di ogni altra cosa al mondo, e l'ultima cosa che desiderava era farle del male. Strinse i pugni. Doveva fare l'uomo. Per il bene di entrambi, per la loro amicizia, dovevano affrontare l'argomento una volta per tutte.
- Dentolina, ascolta...- ottimo. Bravo l'idiota. Come al solito, aveva agito senza pensare. Senza pensare abbastanza. Aveva iniziato, ma ora non aveva la più pallida idea di come continuare.
Dentolina lo fissava, in attesa. Non l'avrebbe salvato una seconda volta.
-Io... tu...- fece un respiro profondo e la guardò negli occhi.-Dentolina, tu sei la mia migliore amica. Io a te tengo tantissimo, e...-
-Jack.- lo interruppe, più bruscamente di quanto avesse voluto. Addolcì il tono.-Jack, sei stato abbastanza chiaro.- si sforzò di sorridere.-Non sono stupida, ho capito. Non c'è bisogno che tu me lo ripeta e, francamente, non ne ho nemmeno molta voglia.-
Ottimo, pensò Jack. Davvero ottimo. Idiota.
-No, non è questo... cioè, ecco... Il fatto è che io non voglio perderti. E forse ti sembrerò egoista, perchè magari sarebbe meglio per te starmi il più lontano possibile per un po' di tempo, però sai... - abbozzò un sorriso amaro.- Sai come sono fatto. Sembra che non riesca a non pensare a me stesso. Perchè sei l'unica che, fin dal primo momento, ha creduto in me. Sei sempre stata preziosa e ora... Ora sento che ci stiamo allontanando, e mi fa male. Io non voglio.-
Dentolina dovette mordersi assangue l'interno della guancia per non scoppiare a piangere come una ragazzina patetica. La ragazzina patetica che era stata un tempo. Prima di diventare la Fatina dei Denti.
-Jack, io... Neanch'io voglio perderti. Però devi darmi un po' di tempo. Devi... Tu devi capire che, sai, non è facile per me starti vicina ogni giorno.- non riusciva a guardarlo negli occhi. Quelle stesse parole le procuravano un bello sforzo.- Ed è la prima volta che mi trovo in una situazione simile - ridacchiò con amarezza.- Perciò ti chiedo solo  un po' di tempo. Ti prometto che dopo sarà tutto come prima, o, almeno, ci proverò. Ora, se non ti spiace, vorrei stare da sola.-
Jack accusò il colpo.-Ma certo.- forzò un sorriso e girò sui tacchi.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Assomigliava ad Olaf.
Non l'aveva fatto apposta, eppure eccolo lì. Aveva creato un pupazzo di neve simile in tutto e per tutto all'esuberante pupazzeto.
Non aveva mai capito bene i suoi poteri, per usare un eufemismo. Ma, soprattutto, proprio sfuggiva alla sua comprensione la facoltà di animare alcune delle cose che creava. Era un bel mistero. Jack, ad esempio, non ne era in grado. E lui era un Guardiano. Un immortale. Tecnicamente avrebbe dovuto avere più poteri.
Le mancava casa sua.
Si domandò come se la stesse cavando Anna. Povera sorellina. Non riusciva proprio ad avere un attimo di tregua. Non vedeva l'ora di tornare da lei e di dare una bella lezione a Jan. Chissà come l'avrebbe presa quando l'avesse rivista.
Eppure...
Non riusciva a fare a meno di pensare che andarsene significava anche perdere Jack. Per sempre.
Onestamente, non era sicuro di volerlo. Aveva desiderato così a lungo incontrarlo... Il pensiero di dovergli dirgli addio le faceva più male di quanto le piacesse ammettere.
Avevano passato dei giorni bellissimi. Elsa non si era mai sentita così felice con qualcuno che non fosse Anna.
E, forse forse, neanche con Anna.
Con Jack, aveva avuto la possibilità di lasciare liberi i suoi poteri, di utilizzarli al meglio senza paura di fare del male a qualcuno.
Quando era con lui, da quando Jack l'aveva stretta a sè, avvertiva una sorta di gelido calore. Un calore tutto loro. Un calore di ghiaccio.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Un pochino in ritardo I KNOW T-T, ma ieri non ho avuto un attimo di tempo... Cioè, il capitolo era pronto, ma ci credete che non ho neanche acceso il PC? ^^"
Beh, ad ogni modo, HERE I AM, pronti ad iniziare la parte interessante della faccenda ;).
Vi mando un bacione grande grande :*
P.S. ehm... Non è che avete letto quella storia che vi avevo consigliato? Il fatto è che è totalmente una cosa nuova, per me, e sono abbastanza molto in ansia, perciò PLS ho bisogno di voi T_T

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