I hate you, don't leave me

di Fonissa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Two groups ***
Capitolo 2: *** Family and friends ***
Capitolo 3: *** Output between friends ***
Capitolo 4: *** Afternoon study ***
Capitolo 5: *** Paintings, frogs and stepbrothers ***
Capitolo 6: *** I hate you. ***
Capitolo 7: *** Wardrobe's secret. ***
Capitolo 8: *** Drunk ***
Capitolo 9: *** Don't leave me. ***
Capitolo 10: *** The first time. ***
Capitolo 11: *** History Project ***
Capitolo 12: *** Brother and sister. ***
Capitolo 13: *** Reactions.-I parte ***
Capitolo 14: *** Reactions- II parte ***
Capitolo 15: *** Hospital and thoughts. ***
Capitolo 16: *** Alcool. ***
Capitolo 17: *** Why? ***
Capitolo 18: *** The last day. ***
Capitolo 19: *** Revival. ***
Capitolo 20: *** Reunion ***
Capitolo 21: *** Handshake. ***
Capitolo 22: *** Truth. ***
Capitolo 23: *** Third group ***



Capitolo 1
*** Two groups ***


Quella mattina Rachel venne svegliata dal suono della sveglia. La spense con una mano, poi si mise seduta stropicciandosi gli occhi. In quel momenti, si sentì bussare alla porta.
“Avanti!” esclamò Rachel.
“Signorina, la colazione è pronta” disse la cameriera appena entrata.
LA ragazza ringraziò e scese a fare colazione. Poi si lavò, si vestì e uscì di casa per andare a scuola a piedi. La scuola non era proprio vicinissima, ma lei non amava andare nella lussuosa macchina di suo padre. Quando arrivava a scuola con quella, aveva gli occhi di tutti puntati addosso. Infondo chi lo avrebbe mai detto che Rachel Elisabeth Dare, la ragazza dalla chioma rossa indomabile e i vestiti perennemente sporchi di pittura fosse la figlia di quel ricco imprenditore che possedeva una villa?
Rachel si ritrovò a correre per arrivare in tempo a scuola e varcò la soglia proprio al suono della campanella. Si precipitò a lezione, pensando che avrebbe salutato i suoi amici dopo a pranzo. E infatti, appena fu finita la lezione, si precipitò a mensa, nel loro solito tavolo.
“Ragazzi! Scusatemi se stamattina non mi avete visto, ma…”
“Sei arrivata a piedi e hai fatto tardi” finì Annabeth per Rachel, facendola accomodare affianco a lei. I suoi amici erano la cosa più imporrtante per Rachel. Erano il classico gruppo di amici che passavano tutto il tempo ridendo e scherzando, dove tutto va sempre bene.
“Che facciamo stasera? E? venerdì…” chiese Jason, avvolgendo Piper con un braccio.
“Usciamo vicino al parco?” propose Reyna, sorseggiando un frullato.
“Andiamo sul classico insomma. Jason, tua sorella viene?” chiese Leo.
“Penso di si” rispose il ragazzo. La sorella di Jason, Thalia, era l’unica del gruppo che non frequentava la scuola. Si era laureata un paio di anni prima, ma ogni volta che poteva si aggregava a loro.
“Hazel! Resti a dormire da noi stasera?!” chiese all’improvviso bianca alla sorellastra, che nel frattempo aveva poggiato la testa sulla spalla di Frank.
“Ovvio!” rispose Hazel a voce altrettanto alta. Le due avevano preso la brutta abitudine di urlare per parlare tra di loro.
“Potete smetterla di urlare?” chiese Nico, fratello di Bianca e fratellastro Hazel.
“Prima o poi vi si consumeranno tutte le corde vocali…” disse Will, alzando gli occhi al cielo e sorridendo a Nico.
 
E mentre quel gruppo rideva e scherzava, in un tavolo affianco al loro in un altro gruppo si punzecchiavano tra di loro.
“E quindi, stasera facciamo qualcosa?” chiese Ottaviano, guardando male l’altro gruppo, che rideva un po’ troppo forte per i suoi gusti.
“Non lo so” rispose acida e distratta Drew, lanciando un’occhiataccia a Piper mentre Silena la guardava preoccupata. Ormai tutta la scuola si chiedeva come quelle tre ragazze, anche se erano sorelle, fossero talmente diverse tra di loro.
Ottaviano si guardò intorno: Beckendorf avvolgeva un braccio intorno alle spalle di Silena. Chris, insieme a Clarisse, cercava di dividere Travis e Connor, che stavano litigando per uno scherzo non riuscito. Katie Gardner guardava i gemelli litigare sbuffando, mentre affianco a lei le cugine Zoe e Calypso parlavano della loro famiglia non molto affettuosa.
Quello strano gruppo di ragazzi si era formato quasi per caso due anni prima. Ottaviano si era seduto da solo, in quello stesso tavolo della mensa. Purtroppo, o per fortuna, non c’erano molti posti, cos’ Katie fu costretta a sedersi affianco a lui, e così anche Zoe e Calypso. Nel frattempo, Silena e Drew, dopo un litigio di quest’ultima con Piper, si erano alzate seguite da Beckendorf, fidanzato di Silena, che aveva litigato con Leo Valdez, il suo fratellastro. Non avendo dove sedersi, erano capitati in quel tavolo. Poi fu la volta di Clarisse e Chris, con Travis, Connor e Luke. I quattro ragazzi, infatti, erano fratelli.
E così si era formato quel gruppo di ‘esclusi’. Tutti loro non stavano molto simpatici al resto della scuola, soprattutto all’altro gruppo, e la cosa era reciproca.
“Stasera che facciamo?!” ripetè Ottaviano a voce più alta. Finalmente tutti lo sentirono.
“Nostro fratello è libero…” disse Chris. Infatti Luke, il maggior dei quattro, si era laureato un paio di anni prima.
“Ho sentito dire che loro usciranno vicino al parco” disse Katie.
“Ma hai un radar al posto delle orecchie!” esclamò Clarisse.
“Vicino al parco? Solo loro potevano uscire in un posto simile…” disse Travis.
“Ma almeno sappiamo cosa fare” aggiunse Connor.
“Silena, Beckendorf, fate in modo che Piper e Leo non sappiano niente, capito?” disse Zoe, guardandoli male.
“Ma non fu colpa mia se seppero che andavamo nella stessa pizzeria!” si difese Silena, leggermente offesa.
“Si invece. Piper passò per il corridoio mentre parlavate a telefono, e tu avevi anche la porta aperta” la rimproverò Drew.
“Potevi stare più attenta…” disse Calypso, con la sua solita voce delicata.
“Katie-radar, riesci a sentire a che ora vanno?” le chiese ottaviano.
Katie si sistemò i capelli dietro l’orecchio e si sporse verso l’altro tavolo.
“Alle otto e mezza” rispose.
“Sicura?” domandò Zoe, un po’ diffidente.
Katie fece scoccare la lingua sotto il palato.
“Lo ha detto Annabeth, quindi è sicuro”
Gli altri si guardarono stupiti. Okay, erano praticamente affianco a loro e c’erano solo due o tre metri di distanza, ma era comunque sorprendente che in mezzo a tutta quella confusione lei riuscisse a sentire chi aveva detto cosa.
“Allora giocare con la terra non è il tuo unico talento” esclamò Travis ridendo.
Katie guardò male il ragazzo, che ricambiò l’occhiata.
“A quando il vostro matrimonio?” chiese Drew, guardandoli e sorridendo.
I due lanciarono uno sguardo freddo alla ragazza, per poi riprendere a mangiare in silenzio.
Chris iniziò a chiedersi come faceva suo fratello a non accorgersi che aveva una cotta per Katie. E che lei ricambiava pure!
“Se glielo facciamo capire con la forza?” gli sussurrò clarisse nell’orecchio, come se gli avesse letto nel pensiero.
“Nah, lasciamogli un paio di settimane di tempo..” rispose Chris a voce bassa.
“Ancora?! E’ da un anno che sembrano marito e moglie…”
“Cosa bisbigliate voi due?” chiesero Calypso e Zoe in coro, stuzzicandoli.
“Niente” rispose clarisse dura.
In quel momento la campanella suonò.
“Ci vediamo alle otto vicino al parco” disse Ottaviano. Gli altri annuirono, per poi andare tutti a lezione.
Ottaviano aveva lezione di storia. Si avviò in classe e appena si sedette al proprio banco, già sentì la noia assalirlo. Nessuno dei suoi ‘amici’ era in quel corso con lui.
Il professore entrò dieci minuti dopo, quando tutti gli alunni si furono seduti.
“Ho una bella notizia per voi! –annunciò il professore- dovrete svolgere un progetto di storia a coppie!”
Tutti gli alunni si illuminarono sorridendo, iniziando a guardarsi intorno per scegliere il proprio compagno.
“Avrete un mese di tempo e le coppie saranno scelte da me” aggiunse il professore, e il sorriso degli alunni si spense. Per Ottaviano non faceva differenza, tanto non sopportava nessuno li.
Il professore iniziò ad annunciare le coppie che avrebbero collaborato.
“Ottaviano e Rachel” disse all’improvviso.
Il ragazzo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Poteva andargli bene chiunque, ma non proprio una di loro.
Del canto suo, di certo Rachel non stava gioendo. Tra tutti i ragazzi di quel  gruppo, lui era quello che sopportava di meno.
Non sapevano che quello era solo l’inizio.
 
 
*ANGOLO AUTRICE*
Ma salve! :D Ed ecco il primo capitolo della mia nuova storia! Allora, questa è la mia prima AU, spero di riuscire a cavarmela…
Amo l’Octachel, quindi dovevo per forza scrivere qualcosa su di loro u.u
Ma lasciate che vi chiarisca un po’ di cose:
Allora, Silena, Piper e Drew sono sorelle e il loro cognome è McLean. Silena è la più grande e ha 18 anni, Drew ne ha 17 e Piper 16.
Mentre per Luke, Travis, Connor e Chris, il loro cognome è Castellan. Luke ha 20 anni, Travis e Connor 18 e Chris 17.
Leo e Beckendorf sono fratellastri da parte di padre (ovviamente), e vivono nella stessa casa.
Calypso e Zoe invece sono cugine, e hanno 18 anni entrambe.
Hazel naturalmente è la sorellastra di Nico e Bianca. Hazel ha la stessa età di Nico, 14 anni, e Bianca ne ha 17.
Per il resto, è tutto come al solito ;)
E dopo questi chiarimenti, vi saluto, e spero che mi lasciate una recensione :D
Sciao sciao
-Animalia
 

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Capitolo 2
*** Family and friends ***


Finita la lezione di storia, Rachel si avvicinò a Ottaviano, intenta a fargli capire che lei non aveva proprio voglia di prendere un brutto voto solo perché lui era un idiota.
“Cosa vuoi?” le chiese duro il ragazzo.
“Senti, sono ancor meno felice di te di questa situazione, ma non voglio rovinarmi la media…”
“Secondo te io ho voglio di prendere un brutto voto?” la interruppe.
“Bene, almeno su una cosa siamo d’accordo. Ma se mi darai qualche problema, giuro che te ne pentirai”
“Si, certo. Ora potrei andarmene a casa?” e detto questo, superò in modo non molto gentile Rachel e si avviò verso l’uscita. Trovo gli altri già fuori, intenti ad aspettarlo.
“Ce ne hai messo di tempo” disse Chris, non appena Ottaviano si fu avvicinato a loro.
“Quella stupida testa rossa mi ha trattenuto. Il professore ci ha messo insieme per fare un progetto di storia”
“Bello schifo” sentenziò Travis. Tutti annuirono. Dopo un po’ dovettero salutarsi, ritornando ognuno a casa propria.
 
Quando Drew e Silena arrivarono a casa, Piper non c’era ancora.
“Dov’è vostra sorella?” chiese Afrodite, loro madre, mentre analizzava delle carte, probabilmente proveniente dal suo lavoro di consulente di coppia.
“Non lo sappiamo” rispose Silena.
La donna guardò le figlie, sospirando.
“Siete sorelle. E’ mai possibile che…”
“Mamma, ti prego, non ri-iniziare con questa storia dell’unità familiare” disse Drew, alzando gli occhi al cielo. In quel momento Piper entrò. Le tre sorelle si guardarono per qualche secondo, poi le due più grandi salirono in camera loro senza dire una parola. Posarono gli zaini sopra i loro letti e vi ci stesero. Fortunatamente, Piper aveva una stanza tutta per se.
“Mamma non lo vuole proprio capire che io a quella non la sopporto…” disse Drew. Silena si ritrovò a pensare a quando, circa due anni prima, si erano definitivamente allontanate dalla sorella (non che prima fossero in buoni rapporti).
Tutto era iniziato per colpa di un ragazzo, Jason Grace. Piper aveva una cotta per lui, e la cosa era reciproca, ma ancora non stavano insieme. Il problema era che anche a Drew piaceva Jason. Aveva detto a Piper che ci avrebbe provato, e questa si era infuriata. Dopo varie urla, avevano chiesto il parere di Silena. Lei aveva detto che non c’era niente di male se Drew ci provava un po’, infondo non stavano mica insieme. La più piccola si era arrabbiata ancora di più e nella lite intervennero anche Beckendorf e Leo Valdez. Alla fine le due, insieme al fidanzato di Silena, furono costrette ad alzarsi e a cercarsi un altro tavolo, conoscendo il loro gruppo. Beh, alla fine, non era mica andata così male… anche se stando con loro, Silena diventò automaticamente una degli esclusi. Ma sempre meglio che stare con quelli.
 
Beckendorf e Leo arrivarono sulla soglia di casa nello stesso istante. Senza dire una parola. Il primo prese le chiavi e aprì la porta, per poi entrare seguito dall’altro. Trovò sua madre, Elena, stesa sul divano intenta a fare qualcosa con il computer.
“Buongiorno ragazzi. E’andato tutto bene a scuola?” chiese, sorridendo ai due, che annuirono per poi salire di sopra. Il loro padre, Efesto, sarebbe ritornato tra poco dal lavoro. Lavorava come meccanico in un’officina lì vicino.
“Ho saputo che Rachel dovrà fare un progetto con uno dei vostri… sappiate che siete voi i fortunati” disse Leo, quando entrambi furono al piano superiore, in modo che Elena non potesse sentirli.
“Rachel dovrebbe solo essere onorata di poter lavorare con Ottaviano” replicò Beckendorf.
“Sicuramente sarà Rachel a fare tutto il lavoro. Ottaviano non sa nemmeno allacciarsi le scarpe da solo!”
“E Rachel cosa sa fare a parte scarabocchiare orribili disegni?!”  Entrambi andarono a chiudersi nelle proprie camere, che erano una di fronte all’altra. Beckendorf decise di mandare un messaggio a Silena.
Ehy, che fai? <3
 
Ascolto mia sorella lamentarsi di Piper, tu?
 
Ho appena finito una piccola lite con Leo.
 
Al solito. Mi sorprende che tua madre abbia accettato di tenerlo.
E in effetti, la cosa sorprendeva anche Beckendorf. Leo era nato da una scappatella di Efesto. Ma quando la madre, Esperanza Valdez, morì, lui lo riconobbe come figlio e lo prese con se, anche se ci volle un po’ per convincere Elena. Forse è per questo che Beckendorf non lo sopportava. Quando Esperanza rimase incinta, i suoi stavano quasi per lasciarsi.
 
Travis e Connor corsero fino alla porta, mentre Chris li seguiva con più calma. Una volta entrati, salutarono i genitori e si fiondarono nella loro camera, dove trovarono Luke seduto alla scrivania a studiare per l’università.
“Stasera si esce. Alle otto, vicino al parco” lo informò Chris.
“L’altro gruppo?” chiese Luke, alzando la testa dai libri.
“Arriva alle otto e mezza. Per allora, avremo già occupato il posto” disse Connor, ghignando insieme al gemello.
Da un po’ di tempo avevano inventato quello scherzetto, ma lo avevano messo in atto solo una volta. Dovevano solo scoprire quando usciva l’altro gruppo, per poi arrivare prima di loro e costringere gli altri ad andarsene. L’ultima volta lo avevano fatto in una piazzetta li vicino. Lo avrebbero ripetuto in pizzeria, ma per sbaglio Piper aveva sentito Silena parlarne al telefono.
“Certo che ancora non mollano eh? Quanti anni sono che c’è questa rivalità?” chiese il più grande, distrattamente.
“Un paio d’anni, quando tu eri all’ultimo anno” rispose Chris. E lui ricordava bene il loro inizio.
Era insieme ai suoi fratelli e alla sua fidanzata, Clarisse, che allora era ancora una bulla. Naturalmente non erano molto popolari, soprattutto se aggiungiamo il fatto che Travis e Connor non risparmiavano nessuno ai loro scherzi e che Luke non era proprio il tipo più simpatico della scuola. Nessuno voleva farli sedere con loro, infatti appena passavano affianco a un tavolo tutti occupavano i posti liberi con gli zaini. Fino a quando non arrivarono a quel tavolo. Chris trovò subito strano che quelle persone stessero tutte insieme. Quando si sedettero, nessuno sembrò farci molto caso.
E la cosa si ripeté, giorno dopo giorno. Iniziarono a parlare tra di loro, fino a stringere una forte amicizia.
 
Prima di entrare in casa, Zoe sui appoggiò alla porta, sospirando, mentre Calypso, che le stava affianco, la guardava.
“Mio padre non c’è oggi a casa, ma le mie sorelle ci sono tutte. Scrocchiamo un rifugio a casa di qualcuno?” propose Zoe.
“Si, ti prego. Lo sai che tu sei l’unica che sopporto tra le mie cugine” rispose Calypso, a cui non andava proprio a genio di vedere quelle ochette.
Zoe prese il cellulare, digitando il numero di Katie e mettendo il vivavoce.
“Katie, stiamo venendo da te”
“Tu e chi?” chiese la voce dall’altra parte del telefono.
“Mia cugina”
“Ciao!” salutò Calypso.
“Va bene” e con questo, attaccò.
Non ci volle molto per arrivare a casa di Katie. Quando bussarono, venne ad aprire Meredith, sua sorella minore. Le fece entrare e le due cugine si fiondarono immediatamente nella stanza di Katie.
“Grazie per avermi avvisato. Oh, e grazie anche per aver bussato!” disse, fingendosi arrabbiata.
“Scusaci. Ma oggi sarei dovuta andare a casa di Zoe… e sai come sono le sue sorelle” si scusò Calypso, ammirando dei fiori che sul davanzale della finestra.
“Se trascorro un altro giorno con quelle giuro che le ammazzo” intervenne Zoe, sedendosi su una sedia e appoggiando i piedi sulla scrivania.
“E andresti in prigione solo per loro, non ne vale la pena” le rispose Katie, prendendole i piedi e togliendoli dalla scrivania con la forza.
Tutto inutile, poiché i piedi della ragazza tornarono al posto di prima. Calypso le guardava sorridendo, pensando a quanto erano state fortunate.
Lei e sua cugina si iscrissero alla scuola due anni fa e non conoscevano nessuno, per questo erano finite in quel gruppo. Lo stesso era successo a Katie.
Perché anche se all’apparenza non sembrava, tra tutti i componenti del gruppo regnava una forte amicizia. Si difendevano e si consolavano a vicenda. Si aiutavano. Ma soprattutto, si fidavano, cosa che per loro era molto rara.
 
 
*ANGOLO AUTRICE*
Ma saaalve! :D Avrei dovuto postare questo capitolo più tardi, ma mi faceva brutto lasciarvi soltanto con il primo capitolo u.u
Allora, ho dedicato questa parte al mio gruppo preferito *--* (penso che ormai si sia capito, ma non preoccupatevi, non tralascerò di certo gli altri).
Nel prossimo vedremo la famosa ‘uscita vicino al parco', e verrà spiegato meglio il perchè dell'odio da parte di entrambi i gruppi ;)
E quindi, ci vediamo! :D
Sciao sciao
-Animalia

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Capitolo 3
*** Output between friends ***


Erano le 8:15 e Percy si specchiava sistemandosi i capelli alla meno peggio, pensando ad Annabeth. Quella sera sarebbero usciti vicino al parco, con tutto il loro gruppo. Percy amava quelle uscite, dove poteva essere semplicemente se stesso, e non il ragazzo popolare della scuola che doveva sembrare perfetto. Erano le 8:20 quando salutò sua madre, il suo patrigno Paul, prese la giacca e uscì, avanzando a piedi verso il luogo stabilito. A circa metà strada, trovò il suo gruppo ad attenderlo.
“Salve ragazzi!” disse, salutando Annabeth con un bacio. Tutti ricambiarono il saluto.
“Manca qualcun altro?” disse il ragazzo guardandosi intorno.
“No, nessuno” rispose Thalia, e tutti insieme si avviarono verso il luogo stabilito.
'Vicino al parco' era una semplice piazzetta semi nascosta dagli alberi con al centro una piccola fontana, distante circa 150 m dal parco.
Quando il gruppo arrivò erano le 8:30. Entusiasti, spostarono alcuni rami che da sempre segnavano l'entrata della piazza, ma quello che videro gli spense il sorriso.
Luke, Ottaviano, Beckendorf e Chris se ne stavano a parlare su una panchina, mentre su un'altra affianco erano sedute Drew, Katie e Zoe. Travis e Connor si rincorrevano tirandosi addosso delle palline di carta, mentre Calypso, Silena e Clarisse erano sul bordo della fontana intente a guardare qualcosa sul cellulare di quest'ultima. In tutta la piazza, non c'era un angolino libero.
“Cosa ci fate voi qui?!” sbottò Thalia.
Solo Luke interruppe quel che stava facendo per guardarla.
“Non mi sembra che questa sia una proprietà privata. Non vi dobbiamo alcuna spiegazione”
“Stasera dovevamo venire noi qui!” esclamò Percy.
“Chi tardi arriva male alloggia. Noi siamo qui da mezz'ora” rispose freddamente Ottaviano.
“L'avete fatto apposta, vero?” domandò acida Piper, rivolta più alle sorelle che agli altri.
“Cosa te lo fa pensare?” risposero Silena e Drew in contemporanea.
Probabilmente Piper sarebbe saltata addosso alle sorelle se Jason non l'avesse trattenuta.
“E quindi? Siete ancora qui? Vi conviene andarvene...” iniziò Clarisse.
“Altrimenti? Chiami quel tuo gruppo di bulletti e ci picchi? Ah no, ne sei stata esclusa...” la schernì Leo.
“Ma i pugni so ancora darli” replicò la ragazza, assottigliando lo sguardo. Quando aveva smesso di essere una bulla, in giro si era sparsa la voce che era stata cacciata via da suo ex-gruppo di bulli perchè 'non ne era all'altezza'. In realtà se n'era andata via grazie a Chris, che l'aveva convinta a cambiare.
“Comunque sia -intervenne Katie- per stasera questo luogo è nostro. Trovatevi un altro posto” disse, sapendo benissimo che l'unico posto dove potersi fermare nel raggio di tre kilometri era il parco, in cui da sempre girava gente poco raccomandabile.
Rachel non riusciva a staccare lo sguardo da Ottaviano. Sentiva i suoi occhi andare a fuoco tanto della rabbia che riusciva a trasmettere. Come avrebbe fatto a lavorare con lui per un mese? No, avrebbe preferito prendere un'insufficienza piuttosto che lavorare con un tipo del genere.
“Questa ce la pagherete” sussurrò Reyna, per poi andarsene con tutto il gruppo. Purtroppo, non potevano fare altro.

 

“Ma le avete viste le loro facce quando ci hanno visti?” disse Travis qualche minuto dopo.
“Mh...si” rispose distratta Clarisse.
“Ehy Clarisse, che hai?” le chiese Chris sedendosi affianco a lei e avvolgendole le spalle con un braccio.
“Mh...niente” rispose la ragazza.
“Non starai mica pensando a cosa ha detto quell'idiota prima? Lascialo perdere, fidati” le disse Beckendorf.
“Si, avete ragione...” mormorò la ragazza.
“Ovvio che abbiamo ragione” rise Connor, rallegrando un po' l'atmosfera.
“Clarisse... come si è sparsa quella stupida voce?” chiese Luke serio. 
“Sai come sono fatti quei tipi... non gli andava a genio che me ne fossi andata e hanno dovuto inventare stupide bugie”
“Penso che meritino una lezione” disse Luke, mandando un messaggio col cellulare. L'intero gruppo lo guardò per qualche secondo, poi tutti assunsero un atteggiamento diverso: Silena, Drew, Zoe, Katie e Calypso iniziarono a parlottare tra di loro, Travis e Connor ghignarono, Ottaviano guardava Luke con un sorriso furbo, Beckendorf e Chris parlavano bisbigliando, e poi c'era Clarisse. Lei non mosse un solo muscolo, semplicemente guardava i presenti. I suoi occhi sembravano fuoco vivo e gridavano una sola cosa: vendetta.

 

“Non ci posso credere che siamo dovuti andare via!” stava dicendo Bianca, mangiando il suo gelato al cioccolato. Alla fine si erano fermati in una piccola gelateria poco distante, di solito frequentata da poche persone.
“Appena torno a casa ammazzo Drew e Silena” disse Piper con rabbia, mentre Hazel cercava di calmarla.
“Nah, non darle troppa importanza, altrimenti credono di averci fatto arrabbiare” disse Thalia.
“Ma siamo arrabbiati” rispose confuso Nico, mentre lanciava un'occhiataccia a Will che gli aveva appena stretto le spalle con un braccio.
“Si, ma non dobbiamo farglielo capire, altrimenti crederanno di aver vinto” spiegò Thalia, rispondendo a un messaggio sorridendo.
“Perchè sorridi al cellulare?” le chiese Jason.
“Non sono affari tuoi, fratellino” rispose la maggiore, ridendo.
“Thalia... non sarà mica un ragazzo?” esclamò Rachel.
“Ovvio che no!”
“Sei arrossita” sentenziò Annabeth.
“Non è vero!”
Tutti i ragazzi scoppiarono in una fragorosa risata. Alla fine, non era andata poi tanto male.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Okay, ora non la smetterò di scusarmi.

  1. per il ritardo.

  2. Per il capitolo corto

    Mi perdonate se vi dico che nel prossimo ci sarà il primo pomeriggio di studio di Rachel e Ottaviano? *faccina da cucciolo*

    Almeno spero che questo poco che ho scritto sia decente. Ho avuto un blocco dello scrittore non solo con questa storia, ma con TUTTE. >.<

    vabby, ci vediamo al prossimo capitolo!

Sciao sciao

-Animalia

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Capitolo 4
*** Afternoon study ***


Era lunedi pomeriggio quando Rachel sentì bussare alla porta di casa sua. Sbuffando andò ad aprire, sapendo perfettamente chi era il suo 'ospite'. E infatti si ritrovò davanti Ottaviano.

“Prima iniziamo, prima finiamo” disse, facendogli cenno di entrare. Quello sarebbe stato il primo di molti giorni di studio per il progetto di scuola. Mentre Rachel guidava Ottaviano verso la sua camera, il ragazzo resto stupito della grande e bella casa. Certo, anche lui aveva una bella abitazione, ma quella era una villa. Naturalmente, non lo avrebbe mai ammesso.

Anche la stanza di Rachel era abbastanza grande, con le pareti completamente ricoperte di quadri. Ottaviano si trattenne dal fare commenti acidi. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma il voto di quel progetto influenzava molto il voto finale e, anche se non si sarebbe mai detto, a lui interessavano molto i voti scolastici.

Rachel gli fece segno di accomodarsi su una sedia a un lato della scrivania, poi prese il libro di storia e si sedette dalla parte opposta. In quel momento, entrambi si presero qualche minuto per analizzare la situazione: due membri dei due gruppi erano soli nella stessa stanza e non si stavano strozzando a vicenda. Era certamente un miracolo.

Dopo questa riflessione, i due iniziarono a decidere insieme l'argomento che avrebbero portato... beh, più o meno. Rachel diceva ogni argomento che si trovava nel libro, a partire dal più recente, e Ottaviano si limitava a dire 'si' o 'no'. Solo che quando il biondo diceva 'si' a qualche argomento, l'altra rispondeva con un 'no' secco. Dopo mezzora avevano quasi finito il libro e non avevano ancora trovato un argomento.

“Non siamo d'accordo su niente? Davvero?” disse Rachel frustrata. Ottaviano sospirò. Di quel passo, non sarebbero arrivati da nessuna parte. Alla fine la rossa iniziò a sfogliare pagine a caso, mentre l'altro si guardava intorno annoiato. All'improvviso gli occhi di Rachel si illuminarono. Aveva trovato il capitolo che parlava di storia antica e la sua attenzione era attirata dal paragrafo dedicato agli oracoli e alle profezie.

“Che ne dici di questo?” disse, facendo scivolare il libro dall'altra parte della scrivania. Lo sguardo di Ottaviano divenne lo stesso di Rachel.

“Sembrerà incredibile, ma sono d'accordo”

“Potremmo inscenare qualche vecchia profezia, oltre ala parte scritta...”

“Mh, si. Useremo la mitologia greca o romana? Io preferisco la romana”

“Io la greca”

Si guardarono torvi per qualche secondo, poi sospirarono all'unisono.

“Ok, facciamo così -intervenne Rachel- le faremo entrambe, io farò la parte greca e tu quella romana”

“Va bene”

Rachel si poteva ritenere già soddisfatta. Aveva scelto un tema che piacesse ad entrambi, era già qualcosa.

In quel momento si sentì bussare alla porta della camera.

“Avanti” rispose la rossa. Entrò una delle cameriere mantenendo un vassoio con sopra un paio di fette di torta al cioccolato.

“Signorina Dare, vi ho portato la merenda” disse, sorridendo.

“Si, poggia pure qui”

La cameriera mise il vassoio sulla scrivania, in mezzo ai due.

“Ah, signorina, suo padre ha chiamato. Mi ha detto di informarla che stasera non tornerà, ha una cena con i colleghi e poi dorme a casa di un collega per un progetto di lavoro comune”

Gli occhi di Rachel si oscurarono e assunse un'espressione triste.

“Si, va bene”

La cameriera se ne andò e Rachel prese la sua fetta di torta, ma invece di mangiarla iniziò a giocarci con la forchetta.

“Tuo padre si assenta spesso?” le chiese Ottaviano, senza però guardarla. Non sapeva nemmeno perchè le stesse facendo quella domanda. Forse perchè anche lui sapeva cosa significava avere dei genitori assenti.

Rachel lo guardò confusa per qualche secondo, poi annuì.

“Ti capisco. Anche i miei genitori sono perennemente impegnati a lavoro”

“Già... perchè me lo stai dicendo?”

“Non lo so”

Non dissero più una parole per cinque minuti, osservando quel che c'era intorno a loro in modo da evitare di guardarsi. Il silenzio fu interrotto dal cellulare di Ottaviano. Quest'ultimo guardò con una smorfia il nome che appariva sullo schermo, per poi rispondere:
“Pronto, mamma?... Sono a casa di quella mia,ehm, compagna, per il progetto di storia, ricordi?... In che senso non potete venire a prendermi?... Un colloquio improvviso di lavoro?... Non posso tornare a piedi! E' dall'altra parte della città!... No mamma, nessuno dei miei amici ha la macchina, cioè, l'unico che la possiede è in un'altra città in questo momento...che vuol dire 'farmi ospitare'?... Mamma? Mamma?! - Ottaviano fissò il cellulare a bocca aperta- ha attaccato!”

Provò a richiamare sua madre, ma il telefono risultava spento. Stessa cosa per suo padre.

“Che succede?” chiese Rachel, vedendo il ragazzo in difficoltà. Ora che gli aveva rivelato che i suoi erano molto assenti, era interessata a scoprire cosa avesse detto sua madre.

“Hanno avuto un impegno improvviso di lavoro e non possono venire a prendermi. Naturalmente si sono completamente dimenticati che abito dall'altra parte della città e che l'unico dei miei amici con la macchina non è disponibile ora... il peggio è che hanno detto che torneranno domani mattina”

Rachel sgranò gli occhi. Come potevano dei genitori 'abbandonare' così un figlio? Suo padre avrebbe fatto lo stesso con lei?

“Non ti ha proposto nessuna soluzione?”
Ottaviano si morse il labbro. Non gli andava proprio di dirglielo, ma alla fine si dovette rassegnare.

“Farmi ospitare da te” disse acido, senza guardarla.

Rachel sbiancò, sbattendo più volte le palpebre.

“Non se ne parla!”

“Tranquilla, di sicuro non ho intenzione di stare qui!”

“E che farai? Andrai a casa di uno dei tuoi amici?” disse Rachel, sottolineando con sarcasmo la parola amici.

Lui la guardò con rabbia.

“Mh, vediamo.. a casa di Beckendorf e di Silena e Drew sicuramente no, Zoe ha quelle sorelle insopportabili che non me lo permetterebbero, Calypso è da Zoe, la madre di Luke, Connor, Travis e Chris non vuole ospiti a casa per una vicenda con i gemelli, e in più Luke per stanotte non c'è, il padre di Clarisse mi ucciderebbe se solo provassi a chiederlo ed è la settimana che Katie passa dal padre, sai, sono separati... Aspetta, non ho nessuno da cui andare!” esclamò, come se lo avesse realizzato solo ora.

Rachel scosse la testa, confusa e seccata allo stesso tempo. Confusa perchè non credeva che Ottaviano sapesse così tanto sui suoi compagni. Aveva sempre creduto che fosse un gruppo nato senza amicizia, fondato semplicemente sull'esser stati esclusi. Seccata perchè non aveva altra scelta che ospitare Ottaviano. O poteva farlo dormire per strada. Si, anche quella sarebbe stata una buona idea, ma alla fine diede retta alla parte buona del suo cuore.

“Seni, puoi dormire qui per stanotte, abbiamo quattro stanza per gli ospiti... ma non dovrai dirlo a nessuno, chiaro?”

“Non ci tengo a farlo sapere in giro”

I sospirarono. La cosa aveva preso una brutta piega. Una brutta, seccante e odiosa piega.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Allora, che ne dite di questo primo pomeriggio? Hanno scoperto qualcos al'uno dell'altra... niente male, eh? E come passerà la notte e la mattina dopo? Ehehhe

Sciao sciao

-Animalia

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Capitolo 5
*** Paintings, frogs and stepbrothers ***


Rachel e Ottaviano ormai erano troppo scossi per continuare con il progetto, così il biondo si fece dire qual'era la sua stessa e ci si chiuse dentro, guardando distrattamente la tv. Dopo qualche minuto sentì uno squillo provenire dal suo cellulare. Lo prese, sorridendo appena quando vide il messaggio.

 

Da: Chris

A: Ottaviano

Ehy amico, stasera ci sei?

 

Da: Ottavino

A:Chris

Purtroppo sono bloccato in casa per questa sera.

 

Da: Chris

A: Ottaviano

Che palle... comunque domani devi venire per forza a scuola, Tavis e Connor hanno in mente un 'regalo speciale' per Valdez. Sai, per come ha preso in giro Clarisse sabato scorso.

 

Da: Ottaviano

A: Chris

Non me lo perderei per nulla al mondo.

 

Posò il cellulare, stendendosi su quel che sarebbe stato il suo letto per quella sera, sorridendo. Non lo aveva mai detto a nessuno, ma dopo anni passati in solitudione era felice di ogni messaggio, occhiata o qualsiasi altra attenzione che gli rivolgevano i suoi amici.

“Amici.” sussurrò in silenzio.

Solo un paio di anni prima era convinto che non avrebbe mai troato delle persone così, disposte a tutto per supportarlo. Lui, anche se non lo dava a vedere, voleva bene ai suoi amici ed era sicuro che il sentimento fosse ricambiato. Per questo faceva finta di non sentire tutti gli insulti che rivolgevano a lui e a loro.

Ma nonostante tutto ciò, non voleva dire a nessuno che quella sera era stato ospitato a casa di Dare, anche se era stato un obbligo più che altro.

Annoiatosi di star chiuso in una camera, Ottaviano uscì, iniziando a girovagare per quell'enorme casa. Andò al piano superiore e appena salì l'ultimo gradino sentì dei rumori provenire da una stanza dalla porta socchiusa. Si avvicinò lentamente e preso dalla curiosità iniziò a sbrirciare. Ogni mobile della stanza era coperta da teli bianchi completamente macchiati di vernice di ogni colore. Molti quadri diversi tra di loro erano appesi alle pareti. Al centro c'era Rachel, con i capelli legati, una matita dietro l'orecchio e una salopette di jeans completamente macchiata. Ottaviano rimase a guardarla mentre estraeva un pennello sottile da una tasca, lo intingiva in un verde chiaro e iniziava a dipingere un prato luminoso su una tela disegnata a matita. Doveva ammetterlo, Rachel era una pittrice nata. Nei suoi quadri riusciva a trasmettere ogni emozione che provava. I colori sembravano avvolgersi tra di loro ed erano davvero uno spettacolo per gli occhi. Restò così per venti minuti buoni, fino a quando la rossa non fece per pulirsi le mani e avviarsi verso la porta. Ottaviano, con passo felpato, corse verso la scalinata, rintanandosi nella sua stanza. Uscì solo un paio di ore dopo per la cena e stette ben attento a non guardare Rachel, anche se era certo che lei non lo aveva visto.

Andò a dormire con una grande confusione che gli vorticava nella testa.

 

Rachel si svegliò grazie a una delle cameriere che entrò all'improvviso in camera sua.

“Signorina, è tardi!”

“Che intendi...” biascicò ancora assonata, controllando la sveglia: le 8:25.

“Perchè cazzo non è suonata? Non ce la farò mai in cinque minuti!”

“Signorina, il linguaggio!” la rimproverò la cameriera, per poi uscire.

Rahcel si cambiò in fretta e furia, infilandosi un jeans e una maglietta presa a caso. Si lavò la faccia, mise lo zaino in spalla e si avviò verso la cucina. In quel momento scese anche Ottaviano, con i capelli in completo disordine, ma a causa della fretta nessuno fece caso all'altro. Afferarono entrambi un toast al volo e uscirono.

Per loro sfortuna, a causa del ritardo, dovevano per forza essere accompagnati entrambi in macchina. La ragazza salì davant, a fianco all'autista, mentre l'altro entrò dietro.

'Se sono fortunata, a causa del ritado non ci sarà nessuno fuori scuola...' pensò Rachel.

Ma quel giorno la fortuna non era dalla sua parte. Infatti arrivò alle otto e trentacinque e la maggior parte della scuola era ancora fuori. Prese un grosso respiro e scese, ricevendo le solite occhiate di quando arrivava con la costosissima macchina del padre. I suoi amici fecero per venirle incontro, bloccandosi sbalorditi non appena videro Ottaviano saltare giù dal posto dietro dell'auto.

Rachel superò il suo gruppo, mormorando: “Non dite una parola.” ed entrando dentro.

 

“COSA CI FACEVA QUELLO NELLA TUA MACCHINA?” urlarono Bianca e Annabeth in coro.

“Abbassate la voce!” le rimproverarono Hazel e Frank.

Rachel sospirò e iniziò a raccontare tutto quel che era successo, tralasciando di quando lei e Ottaviano si erano parlati pacificamente.

“Hai passato una giornata da incubo.” disse alla fine Percy, mentre gli altri annuirono.

Rachel ci pensò. Era stato davvero così orribile? No, per niente. Eppure non contradisse il ragazzo, ma anzi, annuì.

Nel frattempo, l'altro tavolo era preso dal racconto di Ottaviano, che stava raccontando il giorno prima come se fosse stato il più brutto della sua vita, senza dire nulla sul fatto che aveva osservato Rachel mentre dipingeva per venti minuti buoni.

“A saperlo avremmo organizzato un assalto a casa della rossa.” rise Zoe.

“In effetti, sarebbe stato epico.” disse Ottaviano.

“Volete vedere qualcosa di veramente epico?” domandarono in coro Travis e Connor, che erano appena arrivati.

“Chris mi ha anticipato qualcosa. Che avete combinato?”

“Aspetta e vedrai.”

Uanche secondo dopo Leo entrò nella mensa, dirigendosi verso il tavolo con i usoi amici. Appena si sedette, i gemelli ghignarono.

“3...” disse Travis.

“2...” continuò Connor.

“1...” esclamarono insieme alla fine.

Leo aprì lo zaino per prendere il pranzo ma una dozzina di rospi gli saltarono addosso, facendo urlare dallo spavento mentre cadeva all'indietro con la sedia.

Scoppiarono tutti a ridere, tranne gli amici di Leo, che cercavano di aiutarlo.

“Dove avete trovato tutte quelle rane?” disse Beckendorf senza riuscire a trattenere le risate. Per lui, vedere il fratellastro in quelle condizioni, era la cosa più esilarante mai vista.

“Nel lago qui vicino.” rispose Connor.

“Ma come avete fatto a mettergliele nello zaino?” chiese Katie, asciugandosi le lacrime per le troppe risate.

“Siamo nello stesso corso di scienze. E' stato facile per noi.” disse quindi Travis, facendole l'occhiolino.

A quel punto, Ottaviano si diede dello stupido pensando a quel che era successo il giorno prima. Come poteva anche solo pensare che una di loro fosse 'interessante'? Scoppiò a ridere ancora più forte.

Clarisse mise le mani a coppa intorno alla bocca, urlando: “Mai mettersi contro di noi!”

Rachel guardava Ottaviano come se avesse del fuoco negli occhi. Desiderava solo prenderlo a schiaffi per qualche ora. Eppure non lo fece, ma si limitò a cercare di aiutare Leo. Ma sapeva che quel giorno s elo sarebbe ricordato a vita.

Alla fine, con l'aiuto diqualche bidello, si riuscì a ristabilire la calma, anche se ormai Leo aveva preso il soprannome di 'ranocchio'.

Se ne stette tutto il giorno in silenzio, col viso truce.

“Dimmi che non stai pensando a quel che penso anch'io...” gli disse Reyna, una volta fuori scuola.

“Me la pagheranno.” fu l'unico commento del ragazzo.
“Siamo con te!” esclamò Jason, mentre Percy annuiva cercando di coinvolgere Nico e Will.

 

“Ci risiamo?” chiese Calypso, mentre andava a casa di Clarisse con tutte le altre ragazze.

“Che intendi?” domandò a sua volta Drew, mandando un messaggio.

“Lo sai, ogni anno per un mese intero non ci sono altro che scherzi, fino a quando un professore non mette in punizione uno dei due gruppi.”

“Due anni fa è toccato a noi, l'anno scorso a loro. Diciamo che chi riesce a non farsi moettere in punizione quest'anno, vince questa sorta di gara.” iniziò a riflettere Silena.

“Io sono pronta alla guerra.” disse Zoe.
“Anch'io!” esclamò Katie.

Quando però furono a casa di Clarisse, le risate si spensero. Il padre, Ares, che di solito non c'era mai a quell'ora, era lì che aspettava la ragazza.

“Papà, non doresti essere in palestra?” chiese, riferendosi al lavoro del padre, ovvero l'insegnante di pugilato.

“Ci vado stasera. Non sapevo che avresti portato le tue amiche... devo dirti una cosa importante.”

“Loro possono ascoltare.” disse convinta.

“Clarisse cara, io non vorrei...”

“Tanto glielo dire comunque, tanto vale abbreviare i tempi.”

Ares sospirò, non era mai stato bravo in questo genere di cose.

“Okay. Ma ascoltami bene, perchè non so se sarei in grado di dirtelo una seconda volta. Quando tua madre era incinta di te di un mese, litigammo violentamente. In quel periodo conobbi un'altra donna, bella, forte e determinata. Mi piaceva, molto. Stettimo insieme per un po', poi lei mi disse che non se la sentiva di frequentare un uomo sposato e mi lasciò. Io e tua madre facemmo pace e dopo un paio di settimane venisti alla luce tu. Non ebbi più notizie di quella donna per anni, poi scoprì che si era arruolata ed era morta in guerra. Stetti malissimo, ma cercai di andare avanti per te e tua madre.

Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera dalla madre di quella donna. C'era scritto che si era arruolata perchè le mancavano i soldi per crescere suo figlio. Si, aveva avuto un bambino, che è anche mio figlio. Ora sua nonna sta molto male e non sa quano vivrà ancora, così ho deciso che al momento della sua morte riconoscerò quel ragazzo come mio figlio.”

Clarisse aveva stretto i pugni, cercando di trattenere le lacrime. Silena le aveva poggiato una mano sulla spalla, per darle forza.

“Lo conosco? Questo ragazzo, lo conosco?” disse con un filo di voce.

“Non so...”

“Come si chiama? Sai almeno come si chiama?” domandò con più rabbia.

“Frank Zhang.”

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Vi prego, non ammazzatemi. Non ammazzatemi per il ritardo, per lo scherzo a Leo e per il fatto di Clarisse e Frank. Vi voglio bene.

Però dai, i momenti carini non sono mancati...

Facciamo che ci vediamo al prossimo capitolo, okay?

Sciao sciao

-Animalia

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Capitolo 6
*** I hate you. ***


Frank non aveva mai pensato di ritrovarsi in una situazione simile. Sua nonna stava per andarsene e non gli rimaneva nessun altro, oltre un padre e una sorella che non aveva mai conosciuto. Sua nonna gliene aveva parlato solo due giorni prima e ancora non sapeva i loro nomi. La cosa peggiore era che non aveva ancora raccontato niente ai suoi amici. Aveva paura di come avrebbero reagito sentendo la sua vera storia. E poi, chi mai poteva essere sua sorella? Abitava vicino? La conosceva? Frank avrebbe tanto voluto liberarsi di quei pensieri e concentrarsi su quel pomeriggio che stava passando nel garage di casa Grace insieme ai suoi amici, con Hazel al suo fianco. 

"Ehi Frank! Ci sei?" lo richiamò Percy, sventolandogli una mano davanti agli occhi. 

"Uhm... si, certo. Di cosa stavamo parlando?" 

"Stavamo parlando di bruciare le mutande agli Stoll." esclamó Leo ghignando e mostrando uno strano oggeto in metallo a forma di pistola.

"Non sarà pericoloso?" chiese Bianca tibutante.

"Per noi no, per loro si!"

"Allora è perfetto!" disse Thalia con sguardo fermo e freddo. Gli altri non sapevano cosa rispondere. E i ricordi di due anni prima invasero la mente di tutti.

Il suo orologio elettronico suonava segnando le tre di notte. Gli scarponi neri lasciavano impronte nel fango appena formato dalla pioggia che iniziava a scendere piano. La ragazza, presa alla sprovvista, era completamente bagnata, tanto che il trucco accuratamente messo solo un'ora prima si stava sciogliendo. Era a testa bassa, guardava a terra. Andó anche a scontrarsi contro un paio di persone a cui non chiese nemmeno scusa. Arrivata davanti alla porta di casa cercò le chiavi e con le mani tremanti aprì. Sapeva che i suoi genitori e suo fratello dormivano già, lei era uscita senza permesso. Sarebbe stato meglio se, per una volta, avesse fatto la brava ragazza e sarebbe rimasta a casa. Lasciò le scarpe infagate nel bagno, poi, barcollando, cercó di dirigersi in camera sua. Ma una luce si accese e dal corridoio uscì la figura di suo fratello.

"Sei di nuovo uscita senza permesso?" chiese il ragazzo quasi sorridendo. Poi si avvicinò alla sorella e la sua espressione si tramutó in stupore.

"Che hai?" 

Lei non rispose, si buttò tra le braccia del ragazzo e iniziò finalmente a piangere. Lui la strinse, sorregendola fino a portarla in camera sua, entrambi seduti sul letto.

"Cos'è successo?"

La ragazza prese dei profondi respire per calmarsi, poi guardò il fratello negli occhi:

"Io... volevo fare una sorpresa a Luke. Volevo andare a casa sua per portargli qualcosa di dolce, aveva detto di aver molto da studiare. Quello stronzo bugiardo... l'ho trovato -qui riprese a singhiozzare, mentre le lacrime le scendevano lungo le guance- a letto con un'altra." 

Al ragazzo si gelò il sangue nelle vene. Il suo sguardo divenne vitreo.

"Come ha osato?! Gliela faró pagare, a lui e ai suoi leccapiedi che di sicuro lo hanno coperto. Ci sono io con te e anche tutti i nostri amici. Stai tranquilla, Thalia."

"Fortunatamente ho te come fratello, Jason."

Il giorno dopo la scuola fu scossa da un gran trambusto. Thalia aveva accusato Luke davanti a tutti, questo aveva negato dicendo che sospettava di un tradimento da parte di Thalia da molto tempo. Ogni alunno parlava solo di questo, i due gruppi iniziarono a guardarsi in cagnesco. Qualche giorno dopo Will ricevette una chiamata da sua zia Artemide, in cui diceva che al suo corso di tiro con l'arco Bianca e Zoe avevano iniziato una rissa. Poi Piper litigò con Silena e Drew, Leo con Beckendorf, Clarisse approfittava di ogni momento per insultare Percy. Se prima c'era la possibilità che potessero andare d'accordo, ora c'era solo un profondo abisso.

Rachel guardó l'orologio e sgranò gli occhi.

"Cazzo, è tardi! Devo andare!" esclamò, mettendosi lo zainetto in spalla.

"Già te ne vai?" chiese Annabeth guardando curiosa l'amica che si agitava.

"Mio padre ha una cena con alcuni colleghi, questi hanno un figlio della mia età e ci vogliono far conoscere." 

"Fammi indovinare: sperano che vi mettiatte insieme." disse Piper alzando gli occhi al cielo. La rossa sbuffò.

"Si, esattamente. Ci vediamo!" e detto questo, corse fuori.

 

Ottaviano non capiva perchè mai dovesse andare a una noiosa cena d'affari con i supi genitori.

"Oh, non fare quello sguardo. -lo rimproverò Mindy, sua madre, mentre si spalmava del rossetto rosso sulle labbra- te l'abbiamo detto, questo nostro collega ha una figlia, potreste fare amicizia!"

"In realtà vuoi che mi metta insieme a una ragazza che non ho mai visto." 

"Beh, la vedrai stasera. Magari è carina e simpatica -rispose suo padre Erick aggiustandosi la cravatta- ora muoviti a vestirti o arriveremo in ritardo."

 

Ottaviano era già nel parcheggio del ristorante da un paio di minuti quando i suoi genitori gli indicarono una limousine che stava entrando.

"Ecco, quello è il nostro collega. Facci fare bella figura." 

Il ragazzo non ascoltò nemmeno le ultime parole del padre, visto che era troppo impegnato ad andare nel panico. Lui conosceva quella limousine. La vedeva spesso fuori scuola e, che cavolo, una volta ci era perfino salito dentro. Pregò ogni divinità esistente che si sbagliasse, che non fosse lei.

Quando la macchina si fermò davanti a loro, dalla parte del passeggero scese un uomo sulla quarantina, vestito elegante, che rivolse un gesto di saluto senza scomporsi.

"Signori, sono felice di vedervi. E lui deve essere il giovane Ottaviano."

"Si, piacere." rispose borbottando, senza guardare l'uomo negli occhi, troppo impegnato a osservare lo sportello posteriore della limousine. E infatti, proprio in quel momento, questo si aprì, e una ragazza dall'indomabile chioma rossa scese. Ottaviano sentì la rabbia salirgli, le ginocchia tremargli, ma allo stesso tempo la sua espressione tramutarsi in stupore. Quella sera Rachel Elizabeth Dare non era la solita ragazza con i capelli tirati su da una molla, i jeans consumati e sporchi di vernice e la matita sempre dietro l'orecchio. Quella sera Rachel sembrava più matura, aveva i capelli sciolti e un vestito di seta bianca con una profonda scollatura. Ottaviano si imbarazzò a notarla. 

"Per caso vi conoscete?" chiese Mindy sorridendo.

"Si, ehm, siamo compagni di classe, ecco." rispose Rachel. Era bastato uno sguardo dei due per capirsi: non avrebbero parlato né del progetto di storia né della notte passata a casa di Rachel.

Quando entrarono nel ristorante, scoprirono che erano due i tavoli prenotati: uno solo per Rachel e Ottaviano, l'altro un po' più distante per i loro genitori. A quanto pare facevano sul serio. Rachel provò l'istinto di chiudersi nel bagno ed uscirsene quando tutto era finito. Non poteva passare un'intera serata con lui. Anche se doveva ammetterlo, aveva un'aria diversa con la camicia bianca, la giacca nera, i pantaloni stretti dello stesso colore e i capelli in ordine... no, cosa andava  a pensare? 

Quando si sedettero, il cellulare di entrambi vibrò.

Da: Zoe

A: Ottaviano

Ehi idiota, qua ci stiamo chiedendo tutti come va' il tuo "appuntamento".

 

Da: Hazel

A: Rachel

Almeno il tuo appuntamento al buio è carino? Ci stiamo scommettendo su.

 

Rachel e Ottaviano si guardarono, nervosi.

"L'hanno chiesto anche a te?" chiese la ragazza. L'altro annuì. Si rivolsero un paio di sguardi, senza dire niente, ma subito capirono di essere d'accordo. 

Da: Ottaviano

A: Zoe

Un disastro, lascia perdere.

 

Da: Rachel

A: Hazel

Spero che tu abbia scommesso sul no, perché non lo è per niente.

Rachel era nervosa. Era già la seconda volta in poco tempo che si capivano solo con uno sguardo. Dall'altra parte, Ottaviano rivolgeva sguardi ai suoi genitori. Non voleva deluderli completamente.

"Ehm, allora, per il progetto di storia?" chiese, osservando l'antipasto che il cameriere aveva appena portato.

"Per me va bene anche domani, a una condizione però."

"Quale?"

"Questa volta lo facciamo a casa tua."

Entrambi risero, poi si fermarono di botto. Ma cosa stavano facendo? Ridevano tra di loro, mentre solo un paio di giorni prima si erano dichiarati guerra. Ma infondo, non volevano deludere i loro genitori. Si, era solo per questo che stavano parlando.

Non si dissero più niente per tutta la cena, tranne qualche commento buttato lì sulla scuola. Quando il conto fu pagato, i ragazzi erano convinti che sarebbe tutto finito no. E invece no, la sfortuna doveva accompagnarli fino alla fine. I loro genitori avevano ancora da discutere, così dissero ai due di andare nel parco lì vicino.

"Solo voi due, insieme." aveva sottolineato più volte il padre di Rachel. Non poterono far altro che annuire e incamminarsi verso il parco tenendosi il più lontano possibile l'uno dall'altra.

Rachel, per abitudine, si sedette sull'altalena, trattenendosi dal dondolarsi. 

"Tutto ciò è ridicolo." 

"Ridicolo e seccante." concordò il biondo.

"Io ho i miei motivi per farlo, ma tu?" 

"Penso siano gli stessi: voglio dare soddisfazione ai miei genitori. Magari così si ricorderanno di avere un figlio ogni tanto." Rise amaramente.

Gli occhi verdi di Rachel erano offuscati da ombre, mentre guardava dritto davanti a se con le mani che reggevano il viso e i gomiti poggiati sulle ginocchia.

"Mio padre fà di tutto per star il più lontano possibile da me. Non mi voleva, lui e mia madre non stavano nemmeno insieme. Mia madre mi scaricò qui quando avevo un anno e se ne andò. Non l'ho mai più vista."

"Come fai a saperlo?"

"Me lo rinfaccia ogni volta che è nervoso."

Ottaviano sentì una strana emozione farsi strada dentro di lui. Era forse compassione? All'improvviso il vento si alzò. Rachel iniziò a tremare e a battere i denti, producendo un rumore piccolo e acuto.

"Ah, non ti sopporto. Prendi questa, almeno non fai rumore. Magari la prossima volta ricordati qualcosa per coprirti." detto questo, Ottaviano lanciò la sua giacca a Rachel con più delicatezza di quanto volesse. La rossa se la mise sulle spalle borbottando un ringraziamento. Solo qualche istante dopo si resero conto di quel che avevano fatto. E per la prima volta si guardarono veramente, senza pensare a cosa volevano i loro genitori, senza il pensiero dei loro amici che si facevano la guerra.

Ottaviano vide una ragazza senza madre, con il padre che aveva cercato di sostituire la sua mancanza con i soldi, senza davvero interessarsene. Una ragazza con la passione per la pittura, con degli amici che le davano affetto, che avrebbe solo voluto decidere lei per il suo futuro.

Rachel vide un ragazzo con i genitori completamente assenti, che non si interessavano sicuramente di lui. Un ragazzo che aveva avuto difficoltà ma che alla fine aveva trovato degli amici, delle persone fidate, che cercava di far impressione sui suoi genitori anche a costo di sacrificare i suoi reali interessi.

Si assomigliavano più di quanto volessero ammettere. Quale motivo avevano loro di odiarsi? Non si erano nemmeno mai parlati fino a una settimana prima.  Sorrisero. Si, forse potevano provare a non odiarsi. 

"E quindi questo cosa comporta?" chiese Ottaviano.

"Mh... salutarci se ci incontriamo per la strada, parlare civilmente, senza insultarci o rievocare ricordi spiacevoli. Non litigare su ogni cosa E..."

"...e dimenticarsi di questi due anni passati, giusto? Si, penso si possa fare. A patto che gli altri non ne sappiano nulla.  Non so come reagirebbero a sapere che sto provando a essere amico di una come te."

Rachel sbuffò.

"Ti odio."

"Anche io."

E mentre lo dicevano, entrambi sorridevano. In quel momento il cellulare di Ottaviano suonò. Era un messaggio di suo padre.

"Possiamo andare."

Rachel fece per restituire la giacca a Ottaviano, ma questo la bloccò. 

"Prendilo come un primo gesto di...ehm...pace. Me la ridarai domani, tanto ci dobbiamo vedere per il progetto."

"Si, okay. A domani allora.

"A domani."

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Capitolo 7
*** Wardrobe's secret. ***


Appena Rachel mise piede a scuola, Hazel le venne incontro sorridendo.

"Grazie alla tua uscita di ieri ho guadagnato dieci dollari!"

Rachel la guardò, stupita.

"Avete davvero scommesso?"

"Ovviamente!"

"E sentiamo, a chi hai preso questi soldi?"

Hazel rise, indicando Percy alle sue spalle che la guardava sbuffando. Poi la campanella suonò e la rossa dovette salutare i suoi amici per dirigersi in classe. Appena arrivò buttò lo zaino ai suoi piedi, sedendosi al suo posto. Strabuzzò gli occhi alla vista di un biglietto poggiato sul suo banco. 

"Buongiorno."

Si guardò intorno, cercando di capire chi potesse essere stato. Poi capì. Guardò Ottaviano, a soli due banchi di distanza da lei, e questo ricambiò sorridendo nervoso. Rachel sorrise. Ovvio che era lui, avevano detto di salutarsi quando si vedevano, ma ovviamente con potevano farlo davanti a tutta la scuola. Scrisse anche lei un saluto su un pezzo di carta, poi, mentre tutti erano impegnati a prendere appunti e il Professor Dionisio era girato di spalle, lo lanciò. Ottaviano lo lesse, ma non fece in tempo a risponderle poichè il Prof si girò verso la classe.
L'ora procedette come sempre, con la maggior parte degli studenti annoiati, fino a quando Dionisio non disse:

"Si parla di guerra civile quando due gruppi, che fanno parte dello stesso popolo, si dichiarano guerra."

Era inevitabile che tutti si sarebbero girati verso Rachel e Ottaviano. La prima cercò di improvvisare uno sguardo omicida, l'altro per poco non scoppiò a riderle in faccia. 
Alla fine della prima ora, mentre uscivano dall'aula, si scambiarono uno sguardo e se ne andarono ognuno per un corridoio diverso.
Si rividero a mensa, ognuno seduto al proprio tavolo. Non una parola, non uno sguardo, sarebbe stato troppo pericoloso. 
La mensa era stranamente silenziosa quel giorno e gli insegnanti tranquilli.

"Cosa succede oggi?" chiese Bianca guardandosi intorno.

"Forse ho capito..." rispose Annabeth, indicando il tavolo nell'altro gruppo. Gli Stoll mancavano.

"Secondo voi dove sono andati?" chiese Rachel fingendosi indifferente. In realtà era preoccupata, non voleva che qualche cazzata rovinasse il rapporto appena creato tra lei e Ottaviano. L'unica risposta che ricevette fu la risata di Leo.

"Che hai fatto questa volta?" domandò Piper sorridendo. 

"Lo vedrete tra poco." 

E infatti due minuti dopo un ragazzino del primo anno affacciato alla finestra urlò:"Venite a vedere!"

Tutti si precipitarono alle ampie finestre che davano sul cortile della scuola. Quando Rachel vide la scena, un flash improvviso passò davanti ai suoi occhi. Come aveva fatto a dimenticarlo, se era successo solo il giorno prima? I suoi amici avevano programmato uno scherzo, ma con tutta la faccenda della cena e altro se ne era scordata. 
Connor e Travis correvano per tutto il cortile con i pantaloni in fiamme, urlando e dimenandosi. L'intera scuola stava ridendo, tutti tranne Rachel e il gruppo degli Stoll. 

"Non è pericoloso?" sussurrò Jason a Leo, non smettendo però di ridere.

"Sono fiamme controllate." rispose il ragazzo riccio con un luccichio negli occhi.

Alla fine i due fratelli si buttarono nella piccola fontana al centro, uscendone solo dopo qualche minuto fradici e sputacchiando acqua. Rachel vide i loro amico correre via, probabilmente per andare ad aiutarli, e decise di agire. Prese una scorciatoia attraverso le aule e si rinchiuse in uno sgabuzzino poco prima dell'uscita che dava sul retro. Aprì leggermente la porta per guardare fuori e video tutto il gruppo correre verso l'uscita. Appena Ottaviano passò, Rachel lo afferrò con uno scatto fulmineo. Quando si richiuse la porta, aveva ancora il battito del cuore a mille.

"Che vuoi?" esclamò il biondo a metà tra l'arrabbiato e lo stupito. 

"Senti, io non ne sapevo niente..."

"Si certo, come no!"

"Te lo giuro! Lo hanno programmato ieri sera, e io ieri ero con te, alla cena."

Appena Ottaviano sentì l'ultima frase sembrò calmarsi. Sospirò, guardando in basso.

"Anche se tu l'avessi saputo, avresti fatto bene a non dirmelo. Sarebbe come tradire i tuoi amici..."

"Senti chi viene a parlarmi di tradimento... -Rachel si morse la lingua, rendendosi conto di quel che aveva detto- io...scusa."

Ma il ragazzo non sembrava turbato.

"Pensa, io e gli altri certe volte discutiamo ancora su chi sia stato più coglione: Luke a tradire la Grace o noi a sostenerlo." 

Rachel scoppiò a ridere, subito seguita dall'altro.

"Allora ci vediamo da te? Va bene alle quattro?"

"Si, va bene."

E le quattro arrivarono. Ottaviano andò ad aprire, trovandosi davanti Rachel con la sua giacca nera in mano custodita in una busta di plastica.

"Ecco qui, questa è tua." disse, porgendogliela. 

"L'hai anche fatta lavare? Davvero?"

"Già."

"Non potrebbe mai essere un mio nemico qualcuno che mi fa lavare i vestiti." 

Entrambi risero, poi Ottaviano fece strada a Rachel fino a camera sua. La casa del ragazzo non era grande come quella di Rachel, ma era comunque molto ampia. La camera era semplice: un letto dalle coperte viola, una scrivania con un pc, varie mensole con molti libri, un armadio e le pareti bianche e spoglie.

"Ci vorrebbe un pò di colore qui."

"Non tutti sono bravi a disegnare -Ottaviano si buttò sul letto sospirando- che ne dici se tu programmi tutto e io sto qui ad annuire facendo finta di ascoltarti?"

Per risposta Rachel gli lanciò addosso il cuscino che era poggiato sulla sedia.

"Alza il culo idiota."

Era sorprendente il modo in cui a entrambi veniva spontaneo chiaccherare, discutere oppure lanciarsi cuscini. Quando non pensavano ai loro amici era tutto più facile.

"Ti aiuterò, ma il culo da questo letto non lo alzo."

"Va bene, allora io mi metto qui!" e detto questo anche Rachel si accomodò sul materasso, di fronte a lui, con il libro di storia poggiato sulle ginocchia incrociate.

"Iniziamo!"

Le idee non mancavano. Avevano già deciso come strutturare la presentazione, di comprare una macchina per il fumo finto in modo che Rachel potesse imitare l'Oracolo di Delfi, quando Ottaviano se ne venne fuori con una strana idea.

"No, ripetimelo ancora, cosa vorresti fare?"

Ottaviano alzò gli occhi al cielo.

"Squartare dei peluche, come i sacerdoti romani squartavano gli animali per leggerne le viscere."

"Tu sei strano."

"Pff, senti chi parla."

Dopo due ore era tutti pronto, Rachel reggeva i disegni dei costumi che avrebbero dovuto indossare e Ottaviano aveva recuperato vari pupazzi. Mancava solo la parte teorica, ma per quella c'era tempo.

"Siamo stati i primi a finire, sai?" disse la rosse guardando per l'ennesima volta i bozzetti.

"Quindi è questo che succede quando qualcuno dei due gruppi lavora insieme, diventano i migliori. Approposito, voglio proporti un patto."

"Che genere di patto?"

"Non dovremo lasciare che le lotte tra i due gruppi rovinino la nostra...ehm...quasi-amicizia. Però non potremo nemmeno lasciarci scappare segreti."

"Si, mi sembra sensato. Ci sto."

In quel momento si sentì qualcuno bussare. Ottaviano si affacciò alla finestra, confuso. Non potevano essere i suoi genitori, ritornavano sempre verso mezzanotte. Ma quando vide chi aspettava di entrare, sbiancò. Clarisse, Chris, Silena, Katie e Drew erano davanti alla sua porta.

"Oh cazzo..." ormai preso dall'agitazione, iniziò a nascondere i disegni e i libri.

"Che succede?" chiese Rachel.

"Silena, Drew, Clarisse, Chris e Katie... sono qui..."

Rachel diventò bianca come un cadavere.

"Anche le sorelle di Piper?!" 

"Esatto! Presto, nasconditi lì." rispose il ragazzo indicando l'armadio.

"Non dirai sul serio!"

"Vuoi farti vedere da loro mentre stiamo a chiacchierare entrambi seduti tranquillamente sul letto?"

Rachel non aveva altra scelta.

Quando i cinque entrarono, Ottaviano aveva assunto la sua solita aria infastidita.

"Che ci fate qui?"

"Clarisse ha qualcosa da dire a tutti. Gli altri lo sanno, ma tu non hai risposto al cellulare." disse Chris.

"Ti abbiamo chiamato circa venti volte." precisò Drew sedendosi elegantemente sulla sedia e guardandosi le unghie.

"Ora capisco perchè Clarisse e Chris sono qui, le altre tre?"

"Supporto morale." rispose freddamente Katie guardando fuori dalla finestra, lo sguardo perso nel vuoto. Si comportava così dallo scherzo subito dagli Stoll quella mattina.

Ottaviano si fece serio mentre Clarisse si sedeva sul letto.

"Che è successo?" 

La castana sospirò, poi si lanciò nel suo racconto.

"...ma lui non sa chi sono io. Sa solo di avere una sorellastra." così finiva la storia della famiglia La Rue.

"Ma tu sai chi è lui?"

"È questa la parte più difficile." sussurrò Silena, abbassando lo sguardo.

"Il mio fratellastro... è Frank Zhang."

Silenzio, nient'altro. L'unico rumore era quello dei respiri dei presenti. Ottaviano ci mise un pò ad assimilare l'informazione.

"Tu e lui... parenti?! È impossibile..."

"E invece è così. E prima o poi verrà a vivere da me!"

"Oh, capisco la sensazione. Prima o poi butterò Piper fuori di casa." commentò Drew acida. Ottaviano rivolse uno sguardo all'armadio per assicurarsi che Rachel non si facesse scoprire.

"Quel gruppo di idioti perfettini sono una persecuzione." sussurrò Silena.

"Si vantano perchè hanno popolarità, tutti gli sbavano dietro, riescono sempre a prendere almeno la sufficienza anche senza studiare." disse Katie, la voce che lasciava trasparire disprezzo.

"E perchè la maggior parte hanno i soldi." aggiunse Chris giocherellando con un buco nei suoi pantaloni.

Quando si parlava dell'argomento 'denaro', Ottaviano non sapeva mai cosa dire. Lui era uno dei pochi a non avere problemi finanziari. 
Ma per tutto il resto, avrebbe solo voluto urlare. Dire che non tutti erano così, che anche alcuni di loro avevano problemi in una cosa o un'altra.
Si salutarono dopo mezz'oretta e Ottaviano, ancora shoccato, andò ad aprire l'armadio.

"Questo infrange il patto?" fu la prima cosa che disse Rachel. 

Ottaviano sospirò. 

"Beh, se mi dici uno dei voatri segreti siamo pari."

"Effettevimanete ha senso." La rossa iniziò a pensare e dopo qualche secondo il suo viso si illuminò.

"Ehm, hai presente quei due miei amici, Will e Nico?"

"Certo."

"Stanno insieme."

Ottaviano per poco non si strozzò con la sua saliva.

"Sei seria?!"

"Si... mica ti crea problemi?"

"No, per niente. È solo che... sono così diversi."

"Non devi dirlo a nessuno."

"Ovviamente, come tu non dirai che Clarisse è parente di Zhang."

"Certo." 

Si strinsero la mano, sorridendo.

"Ti va di restare a cena qui? Sai, per quando ti ho disturbato a casa tua."

"Effettivamente quella sera ero parecchio infastisita. Si, ci sto."

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Capitolo 8
*** Drunk ***


La cena trascorse normalmente, tra una portata e una chiacchiera, almeno fino a quando non arrivarono al dolce. Creando una piccola catapulta con un cucchiaio, Rachel lanciò un pezzo di torta alla panna direttamente in faccia ad Ottaviano. Questo in un primo momento la guardò sconvolto, poi ghignò lanciando un intero cupcake al cioccolato proprio sulla maglia di lei. Si guardarono con aria di sfida, poi iniziarono a correre intorno al tavolo lanciandosi ogni tipo di dolce gli capitasse sotto mano. Alla fine Ottaviano riuscì a intrappolare Rachel da dietro, stringendola tra le sue braccia. La rossa arrivava alle spalle del ragazzo, così non riuscì a liberarsi mentre l'altro riuscì a sentire il profumo dei suoi capelli misto all'aroma dolce dovuto ai pezzi di torta. Rachel poggio le sue mani sulle braccia di Ottaviano e per qualche secondo rimasero così. Rachel poteva sentire il cuore di Ottaviano battere più velocemente del normale, in un ritmo simile al suo e le proprie guance tingersi dello stesso colore dei capelli. L'ultima volta che aveva avuto una sensazione simile era stata due anni prima, quando aveva baciato Percy, mentre i due si frequentavano. Eppure nemmeno allora era stata così forte e calda. Fu il biondo a interrompere il silenzio imbarazzante che si era creato, sussurrandole all'orecchio:

"Credo che dovremmo pulirci. Ah, e ho in mente di farti vedere una cosa."

Solo dopo aver detto questo la lasciò andare, prendendo degli stracci da un cassetto della cuna e lanciandogliene uno. Entrambi si pulirono meglio che potettero e mentre Rachel cercava di togliersi dei pezzi di fragole dai capelli direttamente con le mani, il suo telefono emise un breve squillo, segno che era arrivato un messaggio. Si guardò le mani, completamente sporche, e distrattamente chiese a Ottaviano di rispondere per lei. Lui la guardò stupito.

"Ti fidi così tanto?"

Rachel fece spallucce.

"Beh, in realtà non ho molti segreti sul cellulare. Non mi piace fare discussioni serie attraverso messaggi, preferisco parlarne di persona. Io e gli altri del gruppo ci limitiamo a parlare di cazzate."

"Ti hanno chiesto come stava andando la cena con me attraverso messaggio."

"Per loro era una cazzata, appunto."

Tutto il contrario di noi pensò Ottaviano tra se e se. Infatti lui e i suoi amici sentivano sempre la necessità di parlare subito con gli altri, non importava se per telefono o di persona.
Prese il cellulare di Rachel e appena lo sbloccò notò che era un messaggio proveniente da un gruppo.

"Penso sia dal tuo gruppo..." disse, come per chiedere il consenso. Lei annuì distrattamente, ancora impegnata a pulirsi i capelli.

"Si, fai pure."

Quando aprì il messaggio, notò che era una foto inviata da Bianca. Ritraeva Nico e Will di spalle, mano nella mano, mentre Hazel in primo piano li indicava ghignando. La foto portava la didascalia:'sgamati!'.
Ottaviano la fece vedere a Rachel, che sorrise.

"Quelle due dovrebbero smetterla di stalkerarli. -disse ridendo- fammi un favore, rispondi mandando un paio di cuori."

"Dei cuori? Seriamente?" disse Ottaviano con una faccia schifata. Lei le lanciò un'occhiataccia, così lui eseguì. Dopo un pò le ridiede il cellullare.

"Ho mandato anche un messaggio a tuo padre, gli ho detto che stasera dormi da una tua amica." 

Rachel sgranò gli occhi.

"Cosa?! Perchè?!"

"Te l'ho detto, devo farti vedere un posto, ci metteremo un pò di tempo. E poi voglio ricambiare il favore dell'altra volta per bene."

La riccia annuì confusa. 

Dieci minuti dopo erano finalmente puliti. Ottaviano andò in camera sua, per poi ritornarne con un borsone da cui proveniva un rumore tintinnante.

"Cosa c'è li dentro?" 

Ottaviano fece un sorriso furbo, poi lasciò un messaggio sul tavolo dicendo che avrebbe dormito da un amico. Aprì la porta d'ingresso, invitando Rachel ad uscire. Un taxi già li aspettava fuori.

"Mi segui o non ti fidi ancora così tanto di me?" disse Ottaviano sarcasticamente.

"Potrebbe sempre essere una trappola." rispose Rachel con altrettanta ironia.

"Beh, questo non lo saprai mai se non vieni."

E così, insieme, uscirono.

Dopo quaranta minuti il taxi si fermò ai piedi di una collina, lontano dalla città. Ottaviano pagò l'autista e i due scesero. Si incamminarono sulla collina, in silenzio. Poco prima di arrivare sulla cima, il ragazzo coprì gli occhi di Rachel con le mani.

"Non sfidare la mia fiducia, Ottaviano." sussurrò lei, a voce bassa per non rovinare l'atmosfera di quiete, ma nel frattempo sorrideva.
Arrivati sul punto più alto il biondo tolse le mani e Rachel potè ammirare lo spettacolo. Senza le luci della città, il cielo era splendente. Sembrava seta blu costellata da migliaia di brillanti. Gli alberi alti che sembravano abbracciarli con i loro rami, il silenzio della natura nel quale gli unici rumori udibili erano il canto dei grilli, il profumo dei fiori non facevano altro che rendere il tutto più memorabile.
Rachel si girò verso Ottaviano. Erano a pochi centimetri di distanza e i loro occhi brillavano come le stelle in quel cielo limpido.

"Perchè mi hai portata qui?"

"Una volta la macchina di mio padre bucò una ruota qui vicino. Avevo otto anni ed avevo appena finito di litigare con i miei genitori, così scesi di nascosto dalla macchina e mi avventurai nei dintorni. Scoprii questo posto e rimasi qui per molto tempo, fino a quando non scese la sera. Fu allora che vidi per la prima volta questo spettacolo. Ci sono ritornato un paio di giorni fa, per cercare delle risposte, e ho pensato: 'A Rachel piacerebbe questo posto'."

Rachel rimase in silenzio, girandosi e sedendosi sull'erba comoda portando le gambe al petto e rivolgendo lo sguardo verso l'alto. Ottaviano si sedette a fianco a lei a gambe incrociate.

"Alla fine le hai trovate?" chiese la rossa dopo un lasso di tempo indeterminato.

"Cosa?"

"Avevi detto che eri venuto a cercare delle risposte. Le hai trovate?"

Ottaviano guardò Rachel per qualche secondo, poi ritornò a guardare il cielo.

"Si, le ho trovate."

Non seppero quanto tempo lasciarono vagare lo sguardo su quel cielo stellato, ma ad un certo punto Ottaviano aprì il borsone che si era portato dietro cacciando due bottiglie di liquore.

"Per uno spettacolo speciale ci vuole un accompagnamento speciale."

Rachel osservò le bottiglie mordendosi il labbro. Una volta, un anno prima, aveva bevuto così tanto da sentirsi male e da allora non aveva più toccato alcol. Ma infondo, un bicchierino non le avrebbe fatto male.

Erano entrambi al quarto bicchiere quando le loro guance si tinsero leggermente di rosso e iniziarono a ridacchiare senza motivo. 

"Cioè, noi non siamo degli stronzi. -stava dicendo Ottaviano bevendo un altro pó di liquore, questa volta direttamente la bottiglia- voglio dire, Luke lo è stato. Ma noi ricambiamo solo quello che ci fanno. Abbiamo pensato molte volte a cosa fosse successo se quel giorno Katie, Zoe e Calypso avessero trovato un altro posto, se Clarisse, Chris, Luke, Travis e Connor si vossero seduti da soli, se Beckendorf e Silena e Drew non avessero litigato con le loro famiglie. Probabilmente non ci saremmo mai parlati. E a quel punto ringraziamo di esserci trovati a quel tavolo due anni fa. Siamo emarginati dagli altri, ma finchè stiamo insieme va bene."

"Io invece non capisco perchè tutti guardino noi come se avessero timore. Non siamo divinità, non siamo perfetti, abbiamo anche noi i nostri problemi. Tutti sanno la storia della famiglia di Bianca, Hazel e Nico. Pochi sanno la verità su Will e Nico. E so che tu sei a conoscenza della storia di Leo. Le persone hanno quasi paura di parlare con noi, come se fossimo degli esseri irragiungibili." spiegò Rachel togliendo la bottiglia di mano a Ottaviano e attaccandoci le labbra.

"Anche noi pensavamo questo di voi, poi ti ho conosciuto bene."

"Stessa cosa per me. Sai una cosa, Ottaviano?"

"Cosa?"

"Penso...beh, penso di volerti bene."

"Anche io."

La prima bottiglia finì e la seconda fu aperta. Questa volta stavano stesi, la testa di Rachel poggiata sul braccio di Ottaviano, ma erano talmente brilli da non accorgersi di questa strana vicinanza. 

"Ottaviano, prima mi hai detto che avevi trovato delle risposte, ma quali erano le domande?" 
Rachel rideva e singhiozzava mentre parlare. Chissà se il giorno dopo si sarebbe ricordata di quel discorso.

"Mi domandavo se mi ero davvero innamorato di una pittrice rossa insopportabile." rispose prontamente lui, complice l'alcoll che aveva preso possesso del suo corpo.

"E la risposta qual'era?"

"Si, la risposta era si."

Forse, nell'euforia generale, Rachel capì qualcosa. Forse era il destino che voleva che succedesse. O forse, semplicemente, nessuni dei due capiva cosa stava facendo, ma sta di fatto che Rachel poggiò le proprie labbra su quelle di Ottaviano. Sapevano di liquore e di cose buone. Per approfondire il bacio, Rachel si mise sopra Ottaviano. Sentivano che una parte di loro scalciava, gridando che quel che stavano facendo era una pazzia. Ma i loro corpi parlavano da soli, stringendosi sempre di più. Le loro lingue ballavano una splendida danza che sembrava fatta apposta per loro. Le stelle furono gli unici occhi a osservare il magnifico spettacolo di due ragazzi che si perdevano e si ritrovavano di continuo, su quel filo sottile che divideva i sentimenti dall'euforia. Ad un certo punto l'erba e l'aria furono a stretto contatto con la pelle, senza i vestiti a separarli. Quello fu il punto di non ritorno.

Un sole accecante svegliò Rachel quella mattina. Provò ad alzarsi, ma un dolore lancinante alla testa non glielo permise. Cercò di rimettere insieme i pensieri: ricordava lo spettacolo del giorno prima, di Ottaviano che le raccontava come aveva trovato quel posto, di quando avevano iniziato a bere, ma non ricordava altro. Si era lasciata andare di nuovo. Si alzò di scatto e corse ad appoggiarsi ad un albero, vomitando tutto quel che aveva nello stomaco. La sua mente era così confusa che solo in quel momento si accorse di essere muda e che i suoi vestiti erani buttati alla rinfusa sul prato. Fece un tempo a mettersi appena l'intimo quando Ottaviano si svegliò. Sembrava meno confuso di lei, o almeno non vomitò. Si guardò intorno qualche secondo, poi notò Rachel solo in intimo, i vestiti sparpagliati e le bottiglie di liquore vuote. La rossa si girò per non guardare Ottaviano nudo, anche se era certa che la sera prima non le fosse dispiaciuto. Si voltò solo quando sentì la voce di Ottaviano, stupita, urlare:"Che cazzo abbiamo fatto?"

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Capitolo 9
*** Don't leave me. ***


Avete presente l'inverno? Le dolci nevicate alternate a forti tempeste, il terreno di solito rigoglioso coperto da un mantello bianco, il freddo sprezzante. Ti guardi intorno e vedi solo bianco mentre tutto sembra essersi congelato. Questo era lo stato d'animo di Rachel Elisabeth Dare.
La mattina si alzava e non sentiva niente, nemmeno il fastidio per lo squillo della sveglia, in una serie di gesti meccanici si vestiva, poi si guardava allo specchio e scoppiava a piangere. Alla fine si calmava e a sguardo basso andava verso scuola. Arrivata lì metteva su un finto sorriso, rideva con gli amici mentre avrebbe voluto solo urlare. Evitava lo sguardo di Ottaviano così come il ragazzo evitava il suo. Da quella volta sotto le stelle non si erano scambiati una parola. Era tutto troppo confuso, troppo strano, semplicemente troppo.
Erano passate due settimane dall'accaduto quando, nel bel mezzo della notte, Rachel si svegliò col fiatone. Aveva sognato quella sera con Ottaviano, anche le parti che non ricordava le erano saltate in testa. Morse le coperte in modo da non svegliare suo padre mentre urlava, nel frattempo il cuscino si bagnava di lacrime. Era la tempesta che prendeva vita, che si mostrava. Tremava, non riusciva più a dormire, piangeva in silenzio.

"Lui mi ama." continuava a ripetere sussurrando.

Non poteva sfogarsi con nessuno, era sola con se stessa. Si rese conto di sentire la mancanza di Ottaviano, delle sue risate, dei suoi scherzi e perfino delle sue lamentele. Riportò alla mente quando il professore li mise in coppia per il progetto di storia, del primo pomeriggio che passarono insieme, di quando dormì da lei, della cena con i genitori, dello scherzo di Leo, di quel pomeriggio in cui si nascose nell'armadio, della battaglia di dolci e infine di quella notte. Per lei Ottaviano era diventato un'ancora a cui aggrapparsi per sfuggire dalla monotonia, qualcuno che la capiva, con cui sfogarsi, con cui si sentiva bene.

"Io lo amo."

Fu troppo. Si mise addosso le prime cose che trovò e, in silenzio, scappò via, direzione ignota. Correva accompagnata solo dai pianti e dai singhiozzi. Il suo corpo aveva bisogno di manifestare quel casino che era diventata la sua mente. Arrivò in un vico isolato e si fermò a prendere fiato. Quella calma durò poco poichè due minuti dopo si ritrovò a prendere a pugni la parete di mattoni.

"Stupida! Stupida che non sono altro! Ho mandato tutto a puttane, come sempre! Come ho fatto a innamorarmi di lui? Come mi è venuto in mente di ubriacarmi? E come cazzo ho fatto a scoparci così? Ho perfino rovinato la mia prima volta!"

Continuò a insultarsi, a rimarcare i suoi errori, fino a quando le sue mani non furono piene di sangue. Le guardò per bene senza nessuna emozione sul viso, poi sospirò guardando l'orologio. Erano le cinque del mattino, tra due ore una delle cameriere sarebbe venuta a svegliarla portandole un pezzo di dolce. Era così da quando avevano iniziato a notare dei cambiamenti i lei.
A sguardo basso cercò di uscire da quel vicolo, ma andò a sbattere contro qualcosa. Anzi, contro qualcuno.

"Scusami." mormorò, facendo per andarsene, ma si sentì afferrare per un polso. A quel punto alzò gli occhi notando con orrore che era stata presa da Ethan Nakamura, accompagnato da altri due ragazzi che non conosceva.

"Oh, ma guarda un pò chi abbiamo qui... Cosa ci fa una come te in un posto del genere?"

"Fatti i cazzi tuoi."

Rachel era disgustata. Ethan era stato espulso dalla sua stessa scuola solo due mesi prima per aver picchiato alcuni studenti del primo anno e in giro si diceva che fosse anche in mezzo a giri di droga. La ragazza sbiancò quando ricordò chi lo aveva fatto espellere. A Ethan questo non passò inosservato.

"Ti sei ricordata eh? Se tu e i tuoi stupidi amichetti non vi fosse messi in mezzo e non avessero fatto quello stupido video..."

Rachel non lo stava ascoltando mentre con la mente era impegnata a ripercorrere il tutto. Ethan che picchiava dei ragazzini, Percy, Jason, Leo e Frank che si mettevano in mezzo per difenderli, Nico e Will che correvano dal preside e lei, Bianca e Hazel che riprendevano il tutto per avere delle prove. Gli altri erano a lezione e non erano stati messi in mezzo, eppure la scuola elogiò tutto il gruppo come eroi.

"Te lo sei meritato." sputò fuori Rachel. Il ragazzo assottigliò gli occhi, poi la colpì in pieno viso.

"E tu ti sei meritata questo."

Rachel poggiò una mano sulla guancia dolorante, con le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto e scappare, ma la stradina era stretta e i tre ragazzi le sbarravano la strada. Le gambe le tremavano talmente tanto che cedettero, facendola accasciare a terra provocando le risate di quel trio.

"Che debole... vediamo quanto tempo ci metti a urlare di dolore."

Ethan portò indietro il pugno. Rachel si preparò al dolore che sarebbe arrivato, ma quando mancavano pochi centimetri una borsa colpì Ethan in pieno viso facendolo barcollare. Gli altri due ragazzi, ancora stupiti ricevettero entrambi un calcio dietro la schiena che li fece cadere in avanti. Rachel si alzò con non poca fatica e sbarrò gli occhi alla vista dei suoi salvatori. Chris era in piedi, ancora con il fiatone e la borsa, da cui traboccavano dei vestiti, tra le mani. Travis e Connor erano addosso ai due sconosciuti per evitare che si rialzassero e Luke stava legando le mani di Ethan.

"Tutto okay? -le chiese Chris avvicinandosi.- aspetta, ma tu sei Rachel Dare!" esclamò poi, notandolo solo in quel momento, complice la scarsa illuminazione.

"Fantastico, per una volta facciamo gli eroi..." iniziò Travis.

"... e ci ritroviamo a salvare una di loro." concluse Connor.

"Travis! Connor! Non è il momento di pensare a queste cose. -li rimproverò Luke, poi strinse per bene i polsi e le caviglie di Ethan con una corda e  si pulì le mani- ecco qui, almeno non fuggirà mentre arriva la polizia."

Rachel non sapeva bene cosa dire. Davanti non aveva semplicemente dei componenti dell'altro gruppo, ma colui che aveva iniziato tutta la guerra, Luke Castellan. Avrebbe dovuto trattarli freddamente, ringraziarli certo, ma poi andarsene. Ma quelli non erano solo i suoi nemici, erano gli amici di Ottaviano. Non poteva fermarsi all'apparenza.

"Ehm, grazie." sussurrò incerta.

"Figurati, l'abbiamo fatto volentieri." rispose Chris sorridendo.

"Quello peró sembra fare male." disse Connor indicando la guancia di Rachel. Lei non poteva vederla, ma era sicura che fosse completamente viola e gonfia. Sentiva il dolore pulsare e arrivarle alla testa.

"Si, abbastanza."

"E le mani?" chiese Travis.

"Queste... questa me le sono fatta da sola." ammise.

I ragazzi sembrarono sorpresi, ma non fecero domande. Era già troppo surreale come situazione. Rachel non chiese perchè fossero lì, anche se aveva potuto intuirlo dalla borsa piena di vestiti e dal fatto che li vicino ci fosse un centro di beneficenza. Rabbrividì. Sapeva che i Castellan non se la passavano bene, ma non pensava fino a quel punto. Aspettarono in silenzio la polizia, raccontarono quel che era accaduto, poi finalmente Rachel fu libera di tornare a casa. Erano ormai le sei e un'ora dopo avrebbe dovuto svegliarsi. Fece una doccia veloce, si fasciò le mani e si rimise a letto.

Quando la vennero a svegliare coprì la guancia con il cuscino e fece finta di tossire dicendo di non sentirsi molto bene. Ebbe il permesso di restare a casa quella mattina. Quando fu sola, iniziò a riflettere su quel che era accaduto e decise di non uscire mai più senza permesso di notte da sola. Si sentiva distrutta e ogni parte del suo corpo gridava pietà. Fuori sembrava ancora notte visto che nuvole scure coprivano il cielo è la pioggia scendeva copiosamente. Non ci volle molto perchè si riaddormentasse di nuovo.
Si svegliò quando sentì il suo cellulare squillare. Ancora intontita dal sonno lo afferrò da sopra il comodino.

"Pronto?"

"Rachel."

Il suo nome, pronunciato da quella voce, la fece svegliare del tutto. Balzò in piedi sopra al letto in preda all'eccitazione.

"Ottaviano!"

"Già. Senti, devo parlarti."

"Lo sai che non mi piace parlare per telefono."

"Si, lo so. Affacciati."

Rachel si affacciò dalla finestra e quasi urlò quando vide Ottaviano, senza ombrello e completamente bagnato, che la guardava. Non le importò di essere in pigiama, di avere i capelli in disordine e nemmeno del grosso livido sulla fronte. Uscì di casa senza prendere nemmeno qualcosa per ripararsi dalla pioggia. Forse fu meglio così, poichè Ottaviano non potè notare le lacrime di gioia che si confondevano con le gocce.

"Rachel! Per la miseria, allora è vero, Chris mi ha raccontato tutto..." disse sfiorando lievemente con le dita la guancia di Rachel.

"È passato. -la riccia si fiondò tra le braccia del ragazzo, abbandonando le testa contro il suo petto.- odio ammetterlo, ma mi sei mancato."

Ottaviano la strinse a sè.

"Forse non avrei dovuto portare quelle bottiglie, credevo che mi odiassi di nuovo."
Rachel si staccò lievemente, guardandolo negli occhi.

"Oh, ma io non ho mai smesso di odiarti."

Lo baciò e questa volta non c'era l'alcol a stordirli. Era un gioco di lingue che loro bramavano da molto tempo. Tutta la mancanza che avevano sentito, il dolore, le parole non dette. Quando si staccarono, Rachel sorrideva.

"Ti odio -gli diedi un altro bacio, questa volte più delicato- non lasciarmi."

"Non ti lascierò mai più, lo giuro."

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Capitolo 10
*** The first time. ***


Rachel trascinò in casa Ottaviano verso il bagno, lanciandogli un asciugamano e obbligandolo a asciugarsi mentre lei faceva lo stesso.
"Cosa penserebbe tuo padre se ci trovasse da soli in bagno?" disse il biondo ridendo.
"Darebbe in escandescenze e mi butterebbe fuori di casa -rispose la riccia con indifferenza- meno male che è in viaggio per tre giorni..." aggiunse con voce strascicata. Ottaviano sgranò gli occhi arrossendo leggermente.
"Ma le cameriere..."
"Oh, non direbbero nulla."
Senza aggiungere niente e nonostante fossero ancora entrambi bagnati, Ottaviano prese in braccio Rachel facendole passare una mano sotto le ginocchia e uno intorno alle spalle. Si ricordava dov'era la camera della ragazza e ci andò a passo spedito. Arrivati, poggiò Rachel sul letto e chiuse a chiave la porta. Un attimo dopo la rossa era stesa sul letto poggiata sui gomiti e Ottaviano era sopra di lei, attento a non schiacciarla mantenendosi con le mani. All'inizio fu solo un lieve tocco di labbra che andò a trasformarsi in qualcosa di molto più profondo. Pochi secondi ed entrambi si ritrovarono senza maglia.
"Facciamo finta che questa sia la nostra prima volta." sussurrò Ottaviano. Rachel annuì, i suoi occhi verdi incatenati in quelli azzurri dell'altro.

Erano ancora nudi nel letto, Rachel con la testa poggiato sul petto di Ottaviano.
"Ottaviano... posso chiederti una cosa?"
"Certo."
"Quando... Quando ti sei innamorato di me?"
Ottaviano distolse lo sguardo, puntandolo su un punto indefinito sul soffitto. Poi per qualche secondo chiuse gli occhi, sospirando e sorridendo. Alla fine, ritornò a guardare Rachel.
"Quando sono stato a dormire da te la prima volta."
"Cosa?! Credevo che a quei tempi mi odiassi ancora."
Ottaviano ridacchiò. A quei tempi. Ne parlavano come se fossero stati anni prima, come se quei giorni fossero lontani. E in effetti, nella loro mente quelli erano ricordi lontani che ormai facevano parte di un altro mondo.
"Beh, lo credevo anche io. Ti vidi dipingere, sai? Tu non te ne accorgesti. Eri così bella, con i capelli legati, la matita dietro l'orecchio e la salopette macchiata di vernice. E quel quadro che stavi facendo... Era un paesaggio, me lo ricordo. I colori erano così vivi che sembrava una foto. In quel momento mi innamorai, ma non sapevo di avere questi sentimenti, o più probabilmente li rifiutavo."
Rachel lo strinse forte, singhiozzando contro la sua spalla.
"Ottaviano... Io... posso confessarti che non ti ritenevo capace di certe parole? -rise un pò, senza allontanarsi da lui- ti dispiace se ti dico che penso di essermi innamorata di te da quella sera alla cena?" questa volta si staccò un pochino, per guardarlo negli occhi.
"Nah, non credo. Anche perchè è stata quella cena a farmi capire di amarti."
Si scambiarono un bacio, ma prima che potessero di nuovo andare oltre, Rachel si alzò avvolgendosi un lenzuolo intorno, poi andò verso i pantaloni di Ottaviano che erano stati lanciati a terra un'ora prima. Prese il cellulare e digitò qualcosa, poi si rimise sul letto dando il telefono al ragazzo che lo guardò curioso.
"Perchè hai scritto a mia madre che dormo da un mio amico stanotte?"
"Beh, non dormirai da un amico, ma sicuramente starai fuori."
"Non vuoi proprio lasciarmi andare vero?"
"Beh, tu hai detto che non mi lasci mai più."
"Allora prima o poi dovremmo andare a vivere insieme!"
"Ovviamente. Ma in qualcosa di piccolo, sono stanca di tutto questo lusso."
"Certo: una piccola villa con un piccolo giardino e una piccola limousine."
Rachel prese il cuscino e glielo lanciò in faccia.
"Sei un cretino." disse ridendo.
"Oh, ti amo quando mi fai questi complimenti."

Il giorno dopo la sveglia fece aprire gli occhi ad entrambi. Appena sveglio, Ottaviano constatò di avere il braccio intorpidito per aver stretto a sè Rachel per tutta la notta, ma preferì non dirlo. Si alzò per prima la ragazza, prendendo qualche vestito e andando verso il proprio bagno. Ottaviano si alzò subito dopo e la strinse da dietro.
"Che ne dici se risparmiamo acqua e tempo e ci facciamo la doccia insieme?"
"Non sono molto sicura che risparmieremmo tempo, e non vorrei arrivare tardi a scuola." esclamò con un sorrisetto per poi chiudersi la porta alle spalle, lasciando fuori il suo ragazzo.
Entrambi si incamminarono a piedi a scuola, ma Rachel arrivò cinque minuti prima per non attirare nessun sospetto. Quella era la prima volta che entrava a scuola come fidanzata di Ottaviano, anche se lo sapevano solo loro due. La prima volta che salutava i suoi amici con il peso del segreto che stava mantenendo. La prima volta dal pomeriggio prima che doveva ignorare Ottaviano. Ma la loro paura di essere scoperti non gli impedì di mandarsi bigliettini durante le lezioni.
"Oggi ti vedo molto meglio... È successo qualcosa di bello?" chiese Hazel a Rachel, quel giorno alla mensa.
"No, niente... È solo che non stavo molto bene, un pò di febbre, e ora sto meglio."
Tenne gli occhi bassi sul suo pranzo mentre mentiva spudoratamente ai suoi amici. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, ma sapeva di non poter dire niente. Non ancora almeno.
"Secondo voi, dopo lo scherzo ai gemelli, che ci faranno?" chiese Bianca, anche se non sembrava davvero preoccupata.
"Qualcosa che ci umilii davanti a tutta la scuola." rispose Will con naturalezza. Rachel sospirò. In quei giorni di gioia aveva voluto tenersi lontano da certi discorsi con Ottaviano, ma prima o poi li avrebbe dovuto affrontare. Forse, tra il loro fidanzamento e il fatto che presto Frank sarebbe andato a viver da Clarisse (anche se lui ancora non lo sapeva), i gruppi avrebbero potuto fare una tregua. Di certo non diventare amici, ma almeno non azzannarsi a vicenda.

"Allora, ci sono idee?" esclamavano nel frattempo Travis e Connor all'altro tavolo, guardando i loro amici uno a uno.
"Delle loro foto imbarazzanti appese in giro per la scuola?" chiese Drew limandosi le unghie.
"L'abbiamo fatto due anni fa." le ricordò Katie alzando gli occhi al cielo.
"Riprenderli mentre sono ubriachi e mostrare il video all'assemblea di istituto?" propose Zoe con aria pensierosa.
"Ma come, non ricordi? L'abbiamo fatto l'anno scorso..." disse Calypso.
"Già, e loro ripagarono con la stessa moneta. Luridi vermi senza inventiva..." aggiunse Clarisse. Ottaviano si agitò sulla sua sedia. Sperò che nessuno se ne fosse accorto e che, soprattutto, a nessuno di loro venisse qualche geniale idea proprio in quel momento. Aveva bisogno di parlarne con Rachel. Il loro rapporto si era evoluto, anche di molto, e non potevano semplicemente ignorare l'odio tra i loro amici.  Appena suonata la campanella che segnava la fine del pranzo, Ottaviano estrasse il suo cellulare.
Da: Ottaviano
A: Rachel
Vieni nello sgabuzzino, ho bisogno di parlarti.

Da: Rachel
A: Ottaviano
Devo preoccuparmi?

Da: Ottaviano
A: Rachel
No, per niente. Ti amo.

Da:Rachel
A: Ottaviano
Va bene... Ti amo anche io.

Rachel non aveva bisogno di chiedere quale sgabuzzino, lo aveva capito. Era lo stesso in cui si erano chiusi il giorno dello scherzo a Travis e Connor. E infatti due minuti dopo si ritrovava schiacciata contro Ottaviano in uno spazio di due metri quadrati.
"Che devi dirmi?"
"Penso che questa faccenda degli scherzi stia sfuggendo di mano a entrambi i gruppi."
Rachel sospirò, passando si una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Non è che sta sfuggendo di mano, è come gli altri anni. Ma questa volta riusciamo a vederla in maniera diversa, mentre loro sono fossilizzati sulle loro idee."
"Beh, si, suppongo sia così. Che dobbiamo fare?"
"Forse provare a far nascere una tregua?"
Ottaviano la guardò come se fosse impazzita.
"Stai dicendo sul serio?"
"Perchè,  non ti piacerebbe non essere più in mezzo a questa stupida guerra?"
"Certo amore, certo che mi piacerebbe, ma è troppo presto. Non posso semplicemente sbucare all'improvviso dicendo 'ragazzi, secondo me sarebbe meglio smetterla di pensare a queste cazzate e andare a prendere tutti insieme un thè'"
Rachel rise di gusto a sentire il tono stupido con il quale Ottaviano pronunciò quella frase.
"Troveremo un modo, per ora cerchiamo di posticipare ogni idea il più possibile."
"Penso sarà facile, siamo un pò a corto in questo periodo."
"Sai che ora dovremmo andare in classe?"
Ottaviano sospirò alzando gli occhi al cielo.
"Ti odio quando fai la precisa."
"Io ti odio spesso."
"Forse 'ti odio' sarà il nostro 'sempre'."
"Stai citando Colpa delle stelle?! Seriamente?"
"Ci sono molte cose che ancora non sai di me, Rachel Elisabeth Dare."
"Uhh, misterioso."
Si scambiarono un leggere bacio, prima di uscire diretti verso la loro classe, dove per due ore avrebbero potuto solo lanciarsi bigliettini.

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Capitolo 11
*** History Project ***



Alla fine, il giorno della presentazione del progetto di storia arrivò davvero. Per quell'occasione, Ottaviano e Rachel avevano dovuto sedersi vicini per tutta l'ora di storia, nervosi sia per la paura di fare brutta figura o di risultare ridicoli, sia per il timore di sembrare troppo in sintonia davanti all'intera classe. Facevano parte del gruppo più amato e di quello più odiato della scuola, non era raro che si spargessero pettegolezzi su di loro per ogni minima azione.

"Ti senti pronta?" sussurrò piano Ottaviano a Rachel, senza nemmeno girarsi verso di lei.

"Ho paura che la nostra mini recita sembri infantile e che qualcuno ci rida dietro."

"Io sono abituato alle persone di questa scuola che ridono dietro, se va male posso insegnarti come fregartene."

"Grazie mille, questo è molto rassicurante."

Entrambi ridacchiarono, guardando gli altri esporre i propri progetti. La preoccupazione passò non appena si resero conto che probabilmente il loro era davvero il miglior progetto della classe. A quanto pareva, il professor Dionisio aveva un 'talento' nel mettere in coppia persone che a malapena si sopportavano, o più probabilmente l'aveva fatto a posta solo per farsi qualche risata. Rachel e Ottaviano erano tra i pochi che erano riusciti a collaborare e a finire in tempo, anche se per due settimane erano stati fermi.

Quando arrivò il loro turno, presero un bel respiro, per poi alzarsi e andare verso la cattedra. Consegnarono la parte scritta al professore, che non fece nemmeno finta di leggerla, e iniziarono con la loro scenetta. Rachel doveva imitare la Pizia, l'antica sacerdotessa di Apollo che si diceva fosse posseduta dallo spirito di Delfi, mentre Ottaviano faceva la parte di un sacerdote che compiva un sacrificio per predire il futuro (alla fine, l'aveva avuta vinta la sua idea di squarciare un peluche.)

Sorprendentemente, il tutto fu molto apprezzato, soprattutto da Dionisio che addirittura concesse loro un paio di parole dicendo che avrebbero preso il massimo voto. Quando furono mandati a posto, Rachel scrisse un bigliettino veloce a Ottaviano:

Alla fine della lezione seguimi, ti porto in un posto.

Quando suonò la campanella, Rachel uscì subito dall'aula e qualche secondo dopo le andò dietro Ottaviano, che iniziò a seguirla facendo sembrare il tutto solo una casualità. Aveva fiducia nella sua ragazza, ma iniziò a preoccuparsi quando iniziarono a salire sempre più rampe di scale, in una parte della scuola dove lui non era mai stato. La scale erano polverose, tanto che rischiava di scivolare ogni due passi, i muri sporchi e rovinati dal tempo probabilmente non erano mai stati riverniciati e delle mattonelle erano saltate dal pavimento.

"Rachel, dove stiamo andando?" chiese, visto che ormai erano da soli.

"Lo vedrai. Fidati, ti piacerà."

Dopo qualche minuto, arrivorno in un punto cieco, al di sotto di una botola. Rachel l'aprì sicura, arrampicandosi al di sopra. Ottaviano fece lo stesso, per poi guardarsi intorno a bocca aperta. Erano in uno dei pochi posti della scuola proibito agli alunni: il tetto. La vista era mozzafiato, riuscivano a vedere quasi tutto il quartiere e intravedevano i ragazzi nel cortile giù. Rachel si appoggiò di schiena al parapetto, sorridendo.

"Ti piace? Non è bello come il posto in cui mi hai portato tu, ma..."

"E' perfetto. Come hai fatto a scoprirlo?"

"Uno dei primi giorni del primo anno mi persi e trovai quella botola. Solo i miei amici lo sanno, ma non credo che verranno, non sono mai saliti. Hanno paura di prendere qualche punizione, pensanoc he quelle che prendono a causa vostra già bastino."

"Oh certo, come se voi non ci faceste finire mai in punizione."

"Diciamo che siamo pari. A proposito, hai pensato a qualcosa per finire questa lite? Si sarà anche scatenata per una giusta causa, ma penso che due anni possano bastare."

"Dicendo ciò cerchi di farmi sentire in colpa?" chiese ironicamente Ottaviano, mettendosi al fianco della ragazza.

"Mh, forse un pò." rispose Rachel, prendendo le mani di Ottaviano, che sospirò.

"No, non mi è venuto in mente niente. Anzi, da quando si è scoperto che prima o poi Clarisse e Frank andranno a vivere insieme, sembrano ancora più agguerriti."

"E io che speravo che invece li calmasse..."

"Già, anche io... ma parlando d'altro, perchè mi hai portato qui?"

"Per festeggiare il bel voto di storia! Cioè, è più di un bel voto... alla fine, il progetto di storia è ciò che ci ha fatto avvicinare. Quando il professore ci mise in coppia, il primo pomeriggio insieme, che sei rimasto bloccato a casa mia..."

"...e ti ho visto disegnare, innamorandomi di te. Lo scherzo delle rane, la cena, il parco..."

"...lo scherzo della fontana, il secondo pomeriggio, io nascosta nell'armadio, il tuo posto speciale, la sbornia..."

"...la nostra prima volta, il litigio, quando sono venuto sotto casa tua..."

"E alla fine ci ricolleghiamo a oggi e al progetto di storia. Certo che in un mese ne abbiamo fatti di progressi."

"Ti amo, Rachel. E sai cosa? Sarei pronto a urlarlo da questo tetto, se solo tu lo volessi."

"Prima o poi lo saprà tutto il mondo. I nostri genitori saranno felici di ciò, no?"

"Visto? Alla fine abbiamo anche trovato il modo di renderli felici."

Si scambiarono un bacio, prima delicato e dolce, poi sempre più profondo. Rachel si mantenne a Ottaviano mettendogli le braccia dietro al collo, mentre Ottaviano teneva le mani sulla sua vita. Entrambi stavano avendo una mezza idea di farlo lì, sul tetto, e probabilmente l'avrebbero fatto se Rachel non avesse notato, con la coda dell'occhio, una figura a lei familiare correre a tutta velocità fuori dalla scuola. Si staccò all'improvviso, lasciando Ottaviano confuso e guardando giù.

"Frank? Frank! EHY!"

Per fortuna Frank non la sentì, poichè si era completamente dimenticata di avere a fianco Ottaviano.

"Rachel, calma, vuoi farci scoprire così?" le disse questo, mantenendola per i fianchi per la pura che si sporgesse troppo.

"E' successo qualcosa, Frank non scapperebbe mai dalla scuola cos-"

Nemmeno il tempo di finire la frase che il suo cellulare squillò, mostrando il numero di Annabeth. Rispose subito, poi guardò Ottaviano e mise il vivavoce, facendo segno al ragazzo di stare zitto.

"Rachel, non so dove tu sia e sei perdonata per non esserci stata, ma è successo un casino." Annabeth aveva la voce spezzata e sembrava che facesse fatica a parlare. Il cervello di Rachel iniziò a fare i dovuti collegamenti e già una lacrime scese.

"Cos'è successo?" chiese, anche se ormai sapeva già la risposta.

"La nonna di Frank... è morta."

Eccola, la conferma ai suoi pensieri. Iniziò a piangere a dirotto, mentre Ottaviano si copriva la faccia con le mani. Sembrava dispiaciuto anche lui.

"Annabeth, arrivo subito, non muovetevi."

"Non siamo alla mensa, ci hanno concesso di stare sul retro della cucina appena ci  hanno dato la notizia. Ti aspettiamo."

Rachel attaccò la chiamata e iniziò a correre verso la botola, per poi scendere ancora più veloce, con Ottaviano che la seguiva. Quando poi stava per cadere a causa della polvere sulle scale, Ottaviano riuscì a fermarla in tempo.

"Attenta! Potevi farti male."

"Amore, ti prego, lasciami, devo andare!"

Ottaviano non le rispose, semplicemente la prese in braccio mettendosela sulle spalle e scendendo tutte le scale così, mentre sentiva la spalla bagnarsi a causa delle lacrime di Rachel. Quando fu sicuro che non ci fossero più scale, la lasciò andare.

"Va', corri. Purtroppo non posso accompagnarti fino alla cucina, ci vedrebbero."

Si scambiarono un bacio che durò meno di un secondo, poi Rachel riprese a correre, feramandosi solo quando arrivò sul retro della cucina. Trovò Hazel inginocchiata a terra che piangeva a dirotto, e Bianca e Nico, anche loro a terra, che la stringevano. Tutti quanti avevano gli occhi arrossati o si coprivano il viso.

"Rachel, eccoti... -disse Annabeth avvicinandosi- poco prima di ricevere l'avviso, Frank ci stava spiegando delle cose. Sua nonna si è aggravata ieri..."

Annabeth si lanciò nello stesso racconto che Rachel aveva sentito da Clarisse, quando era stata nascosta nell'armadio a casa di Ottaviano, con la differenza che loro non avevano idea di chi fosse il vero padre di Frank.

"Quindi ora... Frank si dovrà trasferire. Speriamo che almeno vada in una buona famiglia, che non se lo prende solo per obbligo." sussurrò Piper piangendo di più.

"Se sarà così, faremo di tutto per portarlo via." disse deciso Percy, lo sguardo puntato a terra.

"Per stanotte lo farò dormire da me, è meglio così." esclamò Jason, mentre gli altri annuivano.

Rachel si morse la lingua per non dire niente. Da quel che ne sapeva, Ares voleva davvero accogliere Frank nella sua famiglia, quindi questo problema non si sarebbe presentato. Ma ovviamente c'era l'altro problema, quello di Clarisse. L'indecisione si impadronì del suo corpo. Avrebbe dovuto dirlo? Stava tradendo al fiducia dei suoi amici? Cosa sarebbe successo se avesse infranto quel patto con Ottaviano? E sempre quello stesso patto, valeva ancora in questa situazione? Scosse la testa. Non poteva dire nulla. Non potè far altro che guardare Hazel piangere e i suoi amici farsi mille pensieri negativi. Una cos aperò l'apprezzava, una stella in quella che sembrava una notte senza luce: il loro gruppo era sempre stato del tipo 'uno per tutti, tutti per uno' e mai come allora si stava notando.

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Capitolo 12
*** Brother and sister. ***


Rachel sentiva i polmoni bruciare e le gambe che stavano quasi per cedere, eppure continuò a correre a perdifiato verso casa di Ottaviano, la mente che stava ripercorrendo i ricordi della mezz’ora prima.

Erano tutti riuniti a casa di Will. Frank era stato lì le due notti precedenti, dopo essere stato da Percy, Jason e Nico. Dieci giorni erano passati, e in quel tempo non aveva chiesto nulla a suo padre, nonostante avesse il numero di telefono. Ancora gli risultava strano chiamarlo 'papà'. Ma se aveva deciso di chiamare tutti i suoi amici, un motivo doveva esserci.
"Ho deciso -annunciò, dopo qualche minuto di silenzio in cui si era preparato mentalmente ciò ce doveva dire- chiamerò mio...mio padre. Andrò da lui."
"Frank, puoi restare se vuoi, sai che non disturbi.." disse Will con cautela. Frank scosse la testa.
"Ti ringrazio, Will. Anzi, vi ringrazio tutti, ma prima o poi dovrò farlo. Mi sento pronto. Io... gli ho mandato un messaggio, mi ha detto l'indirizzo di casa sua. Della mia nuova casa. Mi ha detto che mi aspetta lì, a braccia aperte, tra un'ora."
"Un'ora?" chiese Hazel confusa.
"Si. Mi ha spiegato che sua figlia era a casa di un'amica e voleva, se per me andava bene, fare una sorpresa a lei e farmi trovare tutta la famiglia riunita."
Quando Rachel arrivò a casa di Ottaviano, erano ormai passati quaranta minuti. Ancora con il fiatone, bussò, per poi appoggiare le mani sulle ginocchia e riprendere fiato. Ad aprire la porta fu Ottaviano, che guardò la ragazza preoccupato.
“Rachel?! Che hai? Stai bene?” esclamò, avvicinandosi alla ragazza.
“Io si. Piuttosto, sai dov’è Clarisse?”
“Clarisse? Da quanto ne so è da Zoe, ma questo cosa c’entra… -Ottaviano si fermò qualche secondo, come se stesse elaborando un’idea- non dirmi che Frank ha deciso di trasferirsi dal padre.”
“E invece si. Ci andrà tra circa venti minuti, quando…”
“…quando Clarisse arriverà a casa. -finì Ottaviano- cazzo! Questo non farà che peggiorare la situazione. Dopo lo scherzo della fontana, aspettano solo il momento giusto. E con Clarisse così arrabbiata…”
“Pensi che sarà come Leo e Beckendorf?” chiese Rachel preoccupata, sicura del fatto che Beckendorf aveva raccontato agli altri del periodo in cui Leo si era appena trasferito da loro. Quei due non erano mai andati d’accordo, e spesso quando erano più piccoli erano arrivati alle mani.
“Da parte di Clarisse c’è tutta la ‘buona’ intenzione. Ma Frank mi sembra un carattere diverso, no?”
“Beh, a meno che non gli si dica o faccia qualcosa che lo faccia particolarmente arrabbiare…”
“Oh, perfetto. Siamo fottuti. -Ottaviano guardò l’orologio- manca un quarto d’ora, la casa è qui vicino…”
“Hai intenzione di spiarli, vero?”
“Ormai mi conosci troppo bene. Se succede qualcosa, posso sempre intervenire dicendo che passavo per lì per fare un saluto a Clarisse. Sua madre mi adora, voleva che ci mettessimo insieme prima che lei si fidanzasse con Chris, ma penso sia solo per i soldi. Non sai quante volte è stata in punizione e ne è uscita solo perché io l’ho chiesto…”
Mentre diceva ciò, già stavano andando a passo svelto verso casa La Rue, camminando per strade secondarie o buie. Erano le dieci di sera, non c’erano molte persone per la via e i due ne stavano approfittando per non camminare separati.
Rachel ci mise qualche secondo a capire che Ottaviano le aveva raccontato un parte importante dell’ amicizia con il suo gruppo. A causa dello stupore, la sua risposta arrivò un po' in ritardo.
“Se davvero era solo per i soldi, allora immagino che non deve essere stata molto felice quando invece si è messa con Chris. Cioè, non sto insinuando niente, è solo che…”
Ottaviano le prese la mano, interrompendola.
“Tranquilla, ho capito che intendi dire. Si, ci rimase malissimo.”
“E i tuoi genitori invece?”
“Non si sono mai interessati alla mia vita privata, almeno fino a quando non mi hanno organizzato una specie di appuntamento al buio con la figlia di un loro collega.”
Rachel rise, cogliendo all’allusione alla loro cena.
“Idem per mio padre. Quando mi lasciai con il mio primo ragazzo, mi disse solo ‘oh, mi dispiace. Prendi questi soldi e esci con le tue amiche.’ Senza nemmeno guardarmi in faccia.”
Ottaviano si fermò all’improvviso, guardando Rachel con espressione stupita.
“Il tuo primo ragazzo?! Chi diavolo era?!”
In quel momento, la rossa si diede della stupida da sola. Si guardò intorno, come se potesse scappare da quella situazione.
“Pff, ti pare il momento di parlarne? Piuttosto, dov’è casa di Clarisse?”
“Ah giusto, siamo arrivati, vieni.” Esclamò Ottaviano dirigendosi verso una delle case, ma Rachel sapeva che non si sarebbe affatto dimenticato di approfondire quella storia.
Ottaviano la guidò attraverso un acceso per il cortile sul retro, poi dentro un grosso tronco scavato. Da lì potevano vedere attraverso la finestra che dava sul salotto.
“Ottima postazione -commentò Rachel- ma perché c’è un tronco simile qui?”
“C’è una storia interessante su ciò, ma non credo sia il momento. Guarda verso l’ingresso.”
Clarisse stava scendendo da una macchina nera dai finestrini oscurati, salutando il conducente con un grosso sorriso.
“Ci vediamo domani, Zoe.” Esclamò, prima di andare verso la porta di casa. Estrasse le chiavi ed entrò, trovandosi suo padre seduto sul divano di fronte a lei.
“Papà? Che succede?”
“Clarisse, sta per arrivare tuo fratello. Si trasferirà qua, finalmente.”
La ragazza boccheggiò, facendo un passo in dietro. Sapeva di non poter fare più niente, che ormai Frank Zhang avrebbe fatto parte della sua vita. Tirò un calcio al tavolino, ribaltandolo. Se lo era ripetuto più volte che non avrebbe dovuto reagire così, che ormai era cambiata e non doveva più lasciarsi prendere dalla rabbia. Ma in quel momento non riusciva a ragionare, vedeva tutto nero e rosso. La cosa peggiorò quando qualcuno bussò alla porta e sua madre andò ad aprire. Frank era lì, sulla soglia. La donna lo trattenne un po', aspettando che Ares calmasse sua figlia. Questo fece una cosa di cui sapeva che si sarebbe pentito: afferrò il polso di Clarisse, stringendolo e costringendola a guardarlo negli occhi.
“Clarisse La Rue, ora mi ascolti. Ho sopportato abbastanza le tue lamentele da ragazzina viziata, ora hai esagerato. Puoi urlare e arrabbiarti quanto vuoi, non cambierà il fatto che Frank fa ormai parte della nostra famiglia, chiaro? E se dovesse succedere qualcosa, questa volta nemmeno i tuoi amici ti salveranno.”
Clarisse annuì piano, stupita. Sapeva che anche suo padre, come lei, aveva problemi con la rabbia, ma non le si era mai rivolto in questo modo. Quando ebbe finalmente il polso libero non potè far altro che mordersi la lingua e guardare a testa alta Ares che abbracciava Frank per cinque lunghi minuti, prima di far presentare i suoi due figli. Solo allora Frank vide Clarisse. Assunse un’espressione insolita, un misto di stupore e rabbia. Mai i due figli di Ares si erano assomigliati come in quel momento.
“Tu…sei tu mia sorella?!”
Clarisse non rispose. Rivolse un’occhiata al padre, poi si girò e corse verso camera sua.
Ottaviano e Rachel avevano visto tutto. Proprio pochi minuti dopo, il cellulare di Ottaviano squillò.
“Un messaggio da Clarisse, a tutti noi…-sussurrò il ragazzo- dice di venire al più presto. Silena e Chris hanno già dato la loro conferma. Rachel, io penso che…”
Ma non riuscì a finire la frase, poiché Rachel lo interruppe con un bacio.
“Vai, e cerca di calmare le acque.”
“Non ho idea di come fare.”
“Troverai un modo, ne sono sicura.”
“Oggi è venerdì… vengo da te verso le tre di notte.”
“Va bene, ma ora vai!”
 
Ottaviano mantenne la parole. Rachel lo fece sgattaiolare dentro, con l’aiuto di Chrystal, la sua cameriera più fidata. Quando finalmente si ritrovarono in camera, Ottaviano si buttò sul letto di Rachel, sospirando.
“E’ andata una merda. Eravamo tutti in camera di Clarisse mentre Ares conversava amorevolmente con Frank in salotto. Beckendorf e Drew sostenevano che Clarisse avrebbe dovuto buttare Frank fuori casa. Gli unici che sembravano capire la situazione eravamo io, Luke e Silena.”
Rachel si sedette a fianco a Ottaviano, accarezzandogli la mano.
“Avete litigato tra di voi?”
“No, ma ci è mancato poco.”
“Ma perché sono talmente arrabbiati?”
“Dicono che è uno schifo che Ares abbia accolto in casa un figlio nato da un tradimento, come…”
“…come Efesto ha fatto con Leo?”
“Esatto. Ma almeno loro erano più piccoli, e ancora non c’era tutta questa situazione dei gruppi.”
Per qualche minuto, stettero in silenzio, non sapendo cosa dire. Fu Rachel a interromperlo, cambiando argomento per alleggerire quella tensione.
“Che mi doveva raccontare a proposito del tronco?”
Ottaviano ridacchiò.
“Clarisse era convinta che suo padre ci nascondesse qualcosa di importante, così siamo andati a vedere quando i suoi genitori non c’erano. E sai cosa c’era? Un mucchio di steroidi . Sai, quei cosi per pompare i muscoli.”
Rachel dovette trattenere le risate affondando la faccia in un cuscino per non svegliare suo padre o qualche cameriera antipatica. Ottaviano rise con lei, per poi bloccarsi e guardare la fidanzata con un sopracciglio alzato.
“Allora signorina Dare, cosa mi stava dicendo oggi a proposito del suo primo fidanzato?”
Rachel sbarrò gli occhi. L’ultima cosa che voleva fare era dirgli che il suo ex-ragazzo era Percy.
“Ottaviano, è stato due anni fa, solo per due mesi. E sai benissimo che prima che io e te ci fidanzassimo ero vergine.”
“Oh, sono solo curioso!”
“Vuoi sapere se è più bello di te.”
“Cosa?! Certo che no…” rispose, ma il tono leggermente più acuto della sua voce l’aveva tradito.
“Prometti solo di non arrabbiarti e di non odiarlo? Intendo, odiarlo più di quanto lo odi già.”
A quel punto, Ottaviano realizzò.
“E’ uno del tuo gruppo, vero? Ti prego, non dirmi che è Jackson.”
Rachel non sapeva se nascondersi o scoppiargli a ridere in faccia. Tra tutti, Percy era quello ce Ottaviano sopportava di meno. Ovviamente Rachel scelse la seconda opzione, non premurandosi nemmeno di star attenta a non svegliare qualcuno.
“Credevo che avessi standard più alti! Beh, con me hai fatto un salto di qualità.” esclamò Ottaviano, incrociando le braccia al petto.
“Oh si, sicuramente. Ma parliamo di te, tu non mi sembravi per niente vergine la prima volta che l’abbiamo fatto.”
Il sorriso di Ottaviano si spense. Abbassò lo sguardo, prendendo a giocherellare con i fili delle lenzuola.
“Si, ho avuto qualche storia, diciamo… ma credo che ora sia meglio che vada, si sta facendo troppo tardi e sai che sono uscito di nascosto.”
Rachel avrebbe voluto conoscere di più, e soprattutto sapere perché all’improvviso era diventato così malinconico, ma decise di non forzarlo. Forse aveva qualche storia finita male di cui non gli andava di parlare. Si salutarono con un lungo bacio, poi lo aiutò ad uscire di nascosto. Solo a quel punto andò a dormire, con mille pensieri che le frullavano per la testa.
Fu proprio a causa di quei pensieri che la mattina successiva, anche se era sabato, si alzò presto, trascinandosi verso la cucina dove aveva trovato un’abbondante colazione e suo padre seduto a tavola intento a guardare il telegiornale.
“Buongiorno papà.” Disse, senza ricevere, come al solito, nessuna risposta. Si sedette anche lei, prendendo un muffin, ma una leggera gomitata da parte di Chrystal attirò la sua attenzione.
“Signorina…guari li…” sussurrò, indicando la televisione, per poi restare in silenzio. Rachel rivolse lo sguardo al telegiornale, dove stavano trasmettendo un servizio di cronaca nera sulla sua città.
“Questa notta, verso le quattro del mattino, a New York un ragazzo è stato investito da un’auto. Il guidatore non aveva superato il limite di velocità e non era in stato si ebbrezza. Purtroppo, a costargli caro è stata la disattenzione del ragazzo. La vittima però è viva, anche se in gravi condizioni…. -la giornalista si fermò un attimo, come per leggere qualcosa al di fuori delle schermo- anzi, ci è arrivata notizia che è caduto in coma. I medici ancora non sanno quando si riprenderà e non escludono che non si sveglierà mai più. Alleghiamo una foto del ragazzo.”
Fu come se il cuore di Rachel smettesse di battere. Puntini gialli gli danzavano davanti agli occhi, le mani così strette a pugno che si graffiò da sola con le unghie, ma  non ci fece caso.
Il ragazzo mostrato nella foto era Ottaviano.

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Capitolo 13
*** Reactions.-I parte ***


Tic tac, tic tac.
Il rumore delle lancette dell'orologio era l'unica cosa udibile in quel momento nella stanza di Rachel. Era lì, a gambe incrociate sul letto, gli occhi verdi spalancati fissavano il muro davanti a lei, le labbra erano una linea dritta, il viso non sembrava mostrare alcuna emozione. Da quanto tempo era in quella posizione? Forse minuti, forse ore. Si era semplicemente alzata dal tavolo della cucina, aveva salito le scale e si era chiusa nella sua camera. Non una parola, non un urlo, non una lacrima. Vuoto, solo quello. Un immenso vuoto, come un buco nero, le era nato nel petto, risucchiando qualsiasi tipo di emozione. Il telefono si illuminava di continuo a causa dei messaggi dei suoi amici, agitati anche loro dalla notizia di quella mattina. Qualcuno iniziò a bussare alla porta, forse una cameriera. Nulla di questo attirò l'attenzione di Rachel. Com'era possibile tutto ciò? Quella notte, Ottaviano era stato a fianco a lei, proprio su quel letto, e guardandola con quegli occhi color ghiaccio che forse non si sarebbero mai più riaperti. Nemmeno questo pensiero riuscì a smuovere l'animo di Rachel. Era come se respirasse solo perchè il suo corpo glielo imponeva. Non riusciva a realizzare di non poter più vedere Ottaviano, di non ridere piú insieme a lui, di non sentire il sapore della sue labbra... di non fare più l'amore con lui. Semplicemente, non era possibile che loro due fossero separati.
Non possiamo stare lontani. Pensava, mentre finalmente si alzava dal letto, iniziando a togliersi il pigiama e prendendo dei vestiti a caso dall'armadio.
In questo momento, dovremmo stare vicini. Si diceva, e prendendo il suo cellulare, usciva dalla sua stanza, scendendo le scale sempre più velocemente, fino a ritrovarsi a correre verso la porta d'ingresso, ignorando le domande delle cameriere.
Avevamo detto che non ci saremmo mai più lasciati. Affermava a voce bassa, mentre correva schivando chiunque incontrasse sulla strada, andando verso l'ospedale in cui era ricoverato Ottaviano.
Ci arrivò dopo mezz'ora, con il fiato corto, la gola secca e le gambe doloranti. Ma non le importava, non quando le mancava cosí poco per rivederlo. Entrò, ritrovandosi nell'ingresso insieme ad altre persone che aspettavano e infermiere e dottori che correvano da una parte all'altra. Stava per andare verso il banco informazioni, quando sentì una voce chiamarla.

"Tu...tu sei Rachel Dare."

Si girò di scatto, incrociando gli occhi con il padre di Ottaviano.

"Si, sono io. Sono qui per Ottaviano." disse, con un filo di voce. Deglutì a vuoto quando osservò per bene l'aspetto dell'uomo: i capelli arruffati, gli occhi, rossi e umidi, contornati da occhiaie, le mani tremanti. Appoggiata alla sua spalla c'era una donna, la madre di Ottaviano, che dormiva.

"Non ti faranno entrare senza il permesso di un genitore." sospirò Erick, anche lui con la voce flebile.

"Allora me lo dia! Non ho tempo da perdere, devo vederlo."

Erick sgranò gli occhi, assumendo un'espressione stupita.

"Ci tieni davvero così tanto a lui? Non vi ho mai visti insieme, se non quella sera in cui c'era anche tuo padre. Certo, non sono mai stato un genitore modello, ma conosco i suoi amici."

Rachel strinse i pugni, mordendosi il labbro. Forse, non avrebbero dovuto nascondersi così tanto. Ormai non era nemmeno sicura che avrebbero potuto dire a tutti di loro, un giorno, Forse, avrebbe dovuto limitarsi a parlarne come uno splendido ricordo, a bassa voce, ai suoi amici, invece di urlarlo insieme a Ottaviano al mondo intero.

"Non può nemmeno immaginare quanto io tenga a vostro figlio." esclamò, fissando l'uomo. Questo abbozzò un sorriso, alzandosi cercando di non svegliare la moglie e mettendo un braccio intorno alle spalle di Rachel.

"Vieni, ti faccio vedere dove si trova."

Camminarono per qualche minuto nei corridoi bianchi e freddi dell'ospedale. Solo in quel momento, passando davanti a un grosso orologio, Rachel notò l'orario: le sette di sera. Quanto tempo era rimasta chiusa in camera sua? Non si era nemmeno accorta di aver saltato il pranzo e dell'arrivo della sera.

"Eccoci, siamo arrivati." La voce di Erick la riportò alla realtà. Si erano fermati davanti a una porta bianca, uguale a tutte le altre in quel corridoio, con sopra il numero 258. Davanti a essa stava un'infermiera. L'uomo ci scambiò qualche parola che Rachel non sentí, troppo impegnata a osservare quella porta, l'unica cosa che la separava da Ottaviano. L'infermiera rivolse un sorriso alla ragazza, poi la condusse dentro. E lo vide.
Ottaviano era steso su un lettino, la maggior parte del corpo era fasciato, vari fili lo collegavano ad alcune macchine e una maschera faceva in modo che respirasse. Rachel si avvicinò, facendo una smorfia nel notare i vari lividi e graffi che aveva sul volto, rendendolo quasi irriconoscibile. Con gli occhi chiusi, sembrava stesse dormendo.

"Si...si riprenderà?" chiese, non distogliendo gli occhi dal ragazzo. Il sorriso dell'infermiera vacillò.

"È ancora troppo presto per dirlo."

Rachel annuì, sospirando. Si era aspettata una risposta del genere.

"Posso restare da sola con lui?"

"Solo per qualche minuto."

"Okay, va bene."

Non appena la donna si chiuse la porta alle sue spalle, Rachel si permise di crollare. Le ginocchia prima tremarono, poi cedettero facendola cadere a terra, il viso poggiato sul torace di Ottaviano, le mani che stringevano con forza le lenzuola. Alcune lacrime solitarie iniziarono a uscire, poi ne arrivarono sempre di più, fino a quando non si trasformarono in un pianto disperato. Rachel tremava e singhiozzava, mentre provava a dire qualcosa a Ottaviano, quasi dimenticando che il ragazzo non poteva sentirla.

"Avevi promesso di non lasciarmi... -riuscì a sussurrare dopo qualche secondo, seppur ancora scossa dai singhiozzi- stupido, stupido! Come hai potuto farti investire?! Come hai potuto ridurti in questo stato?! Non avrei mai dovuto farti venire da me di notte, dovevo immaginarlo che era troppo pericoloso..."

La ragazza alzò i viso, puntando gli occhi su quello del fidanzato, mentre gli accarezzava una mano,

"Ti prometto che usciremo insieme da questo ospedale. È appena accadrà, riuniremo tutti i nostri amici e metteremo le cose in chiaro. Noi stiamo insieme, ci amiamo, e lo dovranno accettare, che gli piaccia o no. Si risolverà tutto."

Rachel accarezzò il viso ad Ottaviano, per poi lasciargli un leggero bacio sulla fronte. Qualche secondo dopo entrò l'infermiera, comunicandolo che era ora di andare. Rachel lanciò un ultimo sguardo al ragazzo, prima di andarsene senza guardarsi in dietro. Quando fu fuori dall'ospedale, decise che quella sera non aveva il coraggio di stare da sola a casa. Prese il cellulare, ignorandolo i più dei cento messaggi dei suoi amici che parlavano di Ottaviano e chiedendo chi potesse ospitarla per quella notte.

Da: Will
A: Rachel
Puoi venire da me, non ci sono nemmeno i miei genitori, sono in viaggio per il week and.

Rachel osservò il messaggio sorridendo. Non era la prima volta che diceva all'improvviso di non voler dormire a casa, eppure trovava sempre qualcuno disposto a ospitarla. Non era nemmeno raro che una ragazza andasse a dormire a casa di un ragazzo, o viceversa. Ormai tutti loro erano come una grande famiglia, non vedevano nessuna ambiguità.

Da: Rachel
A:Will
Grazie mille, ora arrivo.

Fortunatamente per le sue gambe, casa Solace non era molto lontana dall'ospedale. Arrivò in pochi minuti, e Will l'accolse con il solito sorriso che lo caratterizzava, un pantalone di tuta e una maglietta a maniche lunghe sbiadita.

"Scusa per l'orario." disse Rachel, entrando in casa.

"Non devi scusarti, e poi non é nemmeno molto tardi, non ho ancora cenato. Tu hai mangiato?"

La ragazza si strinse lo stomaco. Aveva saltato il pranzo, e ora inizia a a sentire i lamenti della sua pancia.

"Sto morendo di fame."

"Mh... -Will squadrò Rachel dalla testa ai piedi- serata pizza?"

Rachel sorrise. Per loro, la serata pizza consisteva nello stare a lamentarsi dei propri problemi seduti sul divano mangiando. Certo, questa volta non avrebbe potuto dire tutti i suoi problemi, ma almeno si sarebbe distratta per qualche ora.

"Vada per la pizza."

"Perfetto, cerco il numero della pizzeria e la ordino."

Fu così che i due si ritrovarono sul divano del salone, con i cartoni di pizza sulle ginocchia incrociate, a discutere animatamente della prof di matematica.

"Ma ti rendi conto -diceva Will- mi ha messo solo una misera C all'interrogazione! Non mi meritavo almeno una B?"

La rossa rise, rischiando di affogarsi con la pizza.

"Mh... Forse una B-."

"B-?! Seria?"

"Ti dirò, forse anche una C+"

Will incrociò le braccia al petto, facendo finta di essere offeso. Rachel rise ancora, trascinando il ragazzo con lei in pochi secondi. Quando entrambi si furono calmati, Will assunse un'espressione più seria.

"Hai sentito cos'è successo ad Ottaviano?"

A Rachel sembrò che il cuore le salisse in gola per poi scendere dritto nelle scarpe. Posò la fetta che stava per mangiare, abbassando lo sguardo.

"Si, ho sentito."

Era ovvio che prima o poi qualcuno ne avrebbe parlato, ma aveva sperato di rimandare il più possibile. Non sapeva se sarebbe riuscita a reggere una conversazione su ciò, dovendo anche far finta che la cosa non la toccasse.

"In realtà, mi è dispiaciuto. Certo, mi stava antipatico, ma certe cose non dovrebbero accadere a nessuno. E poi, personalmente, non ci eravamo mai parlati..."

Rachel sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena, come se qualcuno la stesse pugnalando da dietro.

"Non... Non ne parlare al passato, c'è la possibilità che si riprenda."

"Oh, giusto. Comunque, hai letto quel che hanno scritto Frank, Piper e Leo?"

"Non ho proprio visto i messaggi sul gruppo, scusami. Che hanno detto?"

"A quanto pare, le cose per loro sono diventate più facili con i loro fratelli, ma non sanno se è un bene o un male. Clarisse ha preso a pugni il muro della cucina, Beckendorf è rimasto come congelato e Silena e Drew sono scoppiate in un pianto disperato. Ora sono tutti chiusi nelle proprie camere e non escono da questa mattina. Piper non lo ammetterà mai, ma secondo me un pò è preoccupata, in fondo sono pur sempre le sue sorelle."

"Mi dispiace per loro, si sentiranno proprio male..."

Come me. Aggiunse Rachel nella sua testa.

"Già. Io non so come reagirei se dovesse succedere a uno di noi..."

"Oh, non dirlo ti prego! Cambiando argomento... sono venuta qui talmente di fretta che non ho portato niente con me."

Will si alzò, posando il cartone della pizza vuoto sul tavolino davanti a loro.

"Tranquilla, ti prendo uno dei pigiami di mia madre. Possiamo anche andare a dormire dopo, ti vedo molto stanca..."

"Si, diciamo che sono stanca."

Will la guardò per qualche secondo, ma non aggiunse altro. Era questo che Rachel apprezzava particolarmente di Will, sapeva quando era il momento giusto di chiedere e quando invece era meglio stare zitti.

Thalia si alzò di scatto non appena sentì il telefono squillare incessantemente per la quarta volta. Guardo l'orario: mezzogiorno e mezza. Come al solito, si era svegliata tardi. Sapeva che Jason doveva uscire con Piper quella mattina, mentre sua madre era sicuramente dispersa a casa di qualche sua amica, a smaltire i postumi della sbornia. Era così da quando i suoi genitori si erano separati, poco dopo il tradimento di Luke. Guardò il telefono, trovando il nome di Annabeth. Curiosa di sapere perchè la stessa chiamndo così insistentemente, rispose.

"Fammi indovinare, ti sei svegliata solo ora." esclamò la voce agitata della bionda.

"Come sempre. Tu piuttosto, perchè mi hai chiamato quattro volte? Cos'è successo?"

"Ovviamente non hai visto il telegiornale del mattino... accendi la televisione e guarda quello di mezzogiorno, tra poco daranno il servizio."

"Servizio? Telegiornale? Di cosa diavolo stai parlando?"

"Accendi la TV adesso! Fidati!"

Thalia prese il telecomando da un cumulo di panni sporchi, cercando tra i vari canali il telegiornale. E quando lo trovò, per poco non le cadde il telefono da mano. Dall'altra parte, Annabeth aspettava in silenzio. Quando il servizio finì, ci furono vari secondi di silenzio, alla fine interrotti da Annabeth.

"Hai visto?"

"Si..." rispose con voce flebile l'altra, gli occhi ancora puntati sulla televisione che ora stava annunciando il meteo.

"Non ci posso credere che sia successa una cosa del genere. Mi sento terribilmente in colpa per l'altro gruppo, non oso immaginare come si senta."

"L'altro gruppo... oh mio dio! Hai ragione! Annabeth scusa, ma ora ho un impegno, ci sentiamo dopo."

Senza nemmeno attendere una risposta, attaccò. Come aveva fatto a non pensarci? Doveva andare subito da lui, sapere come l'aveva presa. Ma proprio mentre stava cercando qualcosa di pulito da mettere, qualcuno bussò alla porta. Corse ad aprire, trovandosi il proprio fidanzato di fronte a sè. Dopo lo stupore iniziale, lo trascinò dentro, mentre sentiva la rabbia farsi strada.

"Sei pazzo?! Qualcuno avrebbe potuto vederti! Mio fratello sarebbe potuto essere a casa!"

"Thalia... ormai non mi interessa più. Che mi scoprano pure." rispose l'altro, affondando il viso nelle mani. Thalia si morse il labbro, mentre entrambi si sedevano sul divano.

"Com'è potuto succedere?"

"Non lo so... teoricamente dovevamo tutti uscire di nascosto per vederci e andare in qualche bar, ma Ottaviano ha detto che si sentiva male e che non sarebbe uscito. Ci ha anche mentito, capisci? Non ho idea di dove sia stato, quella non è una zona che tendiamo a frequentare, voi ci state spesso..."

"Capisco... non sai niente delle sue condizioni?"

"Abbiamo provato a chiamare i genitori, ma non rispondono."

"Saranno scioccati..."

"Infatti abbiamo deciso di aspettare qualche giorno e poi andare in ospedale. Fa strano, sai? E' strano non sapere se rivedrai più un tuo amico. Forse a voi sembra uno stronzo egoista, e di fatto non ha mai cercato di cambiare la sua apparenza, ma in realtà ci tiene ai suoi amici, a noi."

"Non ne dubito."

Thalia prese una mano del ragazzo, mentre con l'altra gli spostava i capelli biondi dagli occhi azzurri, ormai arrossati, per poi pecorrer con il dito la cicatrice che aveva lungo l'occhio. Era un vizio che aveva sempre avuto, fin da quando erano poco più che bambini e si erano appena conosciuti.

"Devi stare tranquillo Luke, vedrai, andrà tutto bene."

"Si, ne sono certo."


 

 

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Capitolo 14
*** Reactions- II parte ***


Il rumore del bicchiere di Clarisse che, scivolategli di mano, si frantumava a terra era l'unica cosa che si sentì in quell'atmosfera di assoluto stupore. Frank, con la forchetta che si era fermata a mezz'aria, non aveva il coraggio nè di muoversi nè di parlare. Fino a qualche secondo prima stava mangiando i pancake che gli aveva gentilmente cucinato la sua matrigna, con a fianco Ares che, seduto a capo tavola, cercava di conversare con lui in qualche modo. Dall'altra parte, Clarisse cercava di stargli il più lontano possibile.
E ora si ritrovava in una situazione delicata da cui non sapeva come uscirne. Avrebbe dovuto stare lì zitto? O andarsene e lasciare che la sorellastra si sfogasse in pace?
Ma non ebbe nemmeno il tempo di pensarci che Clarisse crollò davanti ai suoi occhi. Per Frank fu come se qualcuno gli avesse buttato addosso un secchio di acqua gelata. Era come se fino a quel momento, preso dall'antipatia che provava verso quella ragazza, si fosse dimenticato che anche lei era umana, che anche lei aveva i suoi momenti in cui era a pezzi, in cui voleva solo che qualcuno la consolasse, in cui non aveva più le forze di andare avanti.
Clarisse urlò, un urlo che arrivò dritto al cuore di Frank, che si sentì come se avesse smesso di battere per qualche secondo. Poi scoppiò a piangere, le lacrime che scorrevano copiose tanto da bagnarle la maglietta, le mani tra i capelli mentre scuoteva la destra a destra e a sinistra, come a non voler realizzare ciò che era successo.

"Non è possibile." sussurrò, lo sguardo ancora fisso sulla televisione nonostante la notizia di Ottaviano fosse passata da un pezzo.

"Clarisse..." provò a dire la madre, avvicinandosi a lei con una mano tesa, probabilmente volendola abbracciare.

"NON È POSSIBILE!" urlò, alzandosi e scaraventando lontano la sua sedie con un calcio. Poi iniziò a prendere a pugni il muro, non sapendo dove altro sfogarsi. Le sua mani, come la parete, iniziarono a tingersi del rosso del suo sangue.

"Clarisse , calmati!" provò a dire il padre, alzandosi e andando verso di lei, per poi bloccarla con le braccia in quello che sembrava più un modo per fermarla che un abbraccio. Clarisse iniziò a scalciare per liberarsi, dicendo parole sconnesse tra di loro. A quel punto, il corpo di Frank si mosse da solo. Fu come guardarsi da fuori: si vide mentre si alzava e si avvicinava alla sorellastra, per poi allungare le braccia e stringerla, in un vero e proprio abbraccio. Clarisse, troppo stupita da quel gesto, si fermò immediatamente, le braccia lungo i fianchi, la schiena che era come se bruciasse a contatto con le braccia di Frank, lo sguardo puntato sulla parete di fronte a lei.

"Mi dispiace..." Sussurrò il ragazzo, ben consapevole che quelle parole non sarebbero servite a niente. Un 'mi dispiace' non avrebbe fatto svegliare Ottaviano, come non avrebbe riportato in dietro sua nonna. Eppure quelle due semplici parolina riuscirono a far ritornare in sè Clarisse, che nonostante il primo impulso di staccarsi e andarsene, si impose di restare, riuscendo dopo qualche secondo anche a ricambiare l'abbraccio. Non sapeva se quello era l'inizio di un vero rapporto fratello-sorella, o di un semplice momento di debolezza. L'unica cosa di cui era sicura, era che era felice di avere Frank al suo fianco in quell'istante.

"Grazie."

Drew si era appena alzata dalla tavola per prendere uno yogurt dal frigo, ma il suo corpo non riuscì a reggere quando apparve la foto di Ottaviano alla TV e cadde a terra, urlando. Silena invece riuscì a soffocare il grido coprendosi la bocca con le mani. Afrodite e Tristan corsero ad abbracciarle, sussurrando parole consolanti e accarezzandole, ben sapendo quanto fosse inutile. Mentre Tristan cercava di mettere in piedi Drew, che aveva ancora le gambe che tremavano, Piper arrivò in cucina, attirata dal rumore.

"Cos'è successo? -chiese, per poi restare a bocca aperta davanti alla scena che le si presentava- come..."

Cercò lo sguardo della madre, aspettando si una risposta, ma Afrodite non fece altro che scuotere la testa, facendole intendere che non era il momento di parlare. Piper rimase lì in piedi, sulla soglia della cucina, impotente mentre e le sue sorelle venivano portate nella loro camera tremanti e in lacrime. Afrodite rimase nella stanza con le due ragazze, mentre Tristan scese sospirando a ogni gradino.

"Papà... Cos'è successo?"chiese Piper con un filo di voce. L'uomo la guardò con gli occhi lucidi.

"Hai presente Ottaviano, l'amico di Silena e Drew?"

"Si. Io... Lo conosco di vista."

"È stato investito da una macchina ieri notte. Ora è in coma."

Piper rimase spiazzata sul posto. Era semplicemente inconcepibile che un ragazzo della sua età, nella sua stessa scuola e che vedeva ogni giorno, seppure le stesse antipatico, si ritrovasse in coma. Piano piano, si fece in strada in lei un altro sentimento che non provava da molto, forse da dieci anni. La tristezza per le sue sorelle, la voglia di correre da loro e abbracciarle, consolarle. E contro ogni pensiero razionale, lo fece. Corse su per le scale, per poi spalancare la porta della stanza di Drew e Silena. Non appena Afrodite vide Piper, accennò un sorriso, accarezzando la spalla di Piper prima di andarsene chiudendo la porta. La minore stette qualche secondo senza sapere cosa fare, fino a quando Silena non si buttò tra le sue braccia. Piper iniziò ad accarezzarle i capelli, consolandola.

"Si sveglierà, tranquilla. Andrà tutto per il meglio." sussurrava. A sentire quelle parole, Drew non resistette più e si aggiunse anche lei all'abbraccio.

"Shh, tranquille. Andrà tutto bene."

Leo stava ancora dormendo quando sentì Charles salire le scale di corsa, per poi chiudersi in camera sbattendo la porta. Cadde dal letto per lo spavento, per poi uscire in corridoio borbottando.

"La smetti di fare casino?" urlò, ma capì di aver sbagliato non appena incrociò lo sguardo di rimprovero del padre. Solo allora si accorse della sua matrigna che stava piangendo a dirotto.

"Ehm... È successo qualcosa?" chiese, mentre Efesto sospirava massaggiandosi la testa.

"Leo, vieni qui, devo dirti una cosa."

Il ragazzo non potè far altro che starsene lì impalato ad ascoltare di come il suo fratellastro fosse rimasto come congelato dalla notizia di Ottaviano in coma. Si chiedeva come fosse possibile che Charles, un tipo che aveva sempre la parola giusta e il sangue freddo, avesse reagito in una simile maniera. Doveva essere profondamente sconvolto. Leo non riuscì a tornare nella sua camere nemmeno quando Efesto e Elena si chiusero nella loro stanza, probabilmente per discutere di come comportarsi. Stava fermo davanti alla porta di Charles, fissandola con le mani strette a pugno. Non voleva sembrare indiscreto, ma non gli sembrava nemmeno giusto lasciarlo da solo in un momento simile. Bussò più volte, ma ovviamente non ebbe nessuna risposta. Provò anche ad aprire, ma era chiusa a chiave. Questa fu la parte che fece preoccupare Leo. Di solito, il fratellastro non chiudeva mai a chiave. Corse a prendere i suoi attrezzi, ormai convinto di voler aprire quella dannata porta. Dopo qualche minuto passati con cacciavite e simili vicino alla serratura, questa di aprì. Ciò che Leo vide, gli fece gelare il sangue. Charles se ne stava steso sul letto, le braccia spalancate, gli occhi fissi sul soffitto. Ebbe un brutto flashback di lui, a sette anni, nella stessa posizione, poco dopo la morte di Esperanza. Si avvicinò cautamente, sedendosi a fianco a lui sul letto.

"Cosa vuoi." disse duramente Charles. Leò si grattò la testa, non sapendo nemmeno lui cosa dire.

"Voglio sapere come stai." rispose, abbassando lo sguardo.

"Come ti sembra che stia."

"Ti capisco. Quando morì mia madre ebbi la stessa reazione."

Charles scattò a sedere, guardando Leo stupito e confuso allo stesso tempo. Era raro che nominasse la morte della madre, e ogni volta gli si riferiva come 'quella notte'. Sospirò, portando lo sguardo in basso.

"È che non posso crederci. Ottaviano ultimamente ci sembrava un pò strano, e non abbiamo idea di cosa ci facesse in quella zona a quell'ora. Ci ha sempre detto tutto...."

"In che senso strano?"

"Passava meno tempo con noi, aveva sempre impegni...pensavamo che volesse abbandonarci e farsi una nuova reputazione."

"Io... Io di sicuro non conosco Ottaviano quanto te e gli altri, ma sono sicuro che non lo farebbe mai."

"Come lo sai?"

"È una sensazione che ho. Come sento che si risveglierà. Vedrai, è un tipo tosto."

Charles non sapeva cosa dire. In quel momento, si sentiva uno schifo. Fin dall'arrivo di Leo, non aveva fatto che altro che insultarlo e sfidarlo, senza mai fermarsi a pensare che era comunque un bambino che aveva perso al madre. E ora, lui era lì a consolarlo.

"Leo... Grazie. Anche se non me lo merito."

"Beh, si. Effettivamente non te lo meriteresti. Che vuoi farci, sono troppo buono." rispose Leo con evidente sarcasmo. Charles rise. Aveva sentito parlare molte volte del sarcasmo del fratellastro, eppure erano così distanti che poche volte lo aveva sentito davvero.

"Hai ragione, sei davvero troppo buono." rispose il maggiore sorridendo. Leo ricambiò, per poi poggiare una mano sulla spalla del fratellastro.

"Si riprenderà."

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Capitolo 15
*** Hospital and thoughts. ***


Il piano di Rachel era quello di mettersi a letto e crollare visto che si sentiva uno straccio, ma appena chiudeva gli occhi le si presentava davanti l'immagine di Ottaviano in ospedale. Si girò più volte nel letto, ma il sonno non sembrava volerle fare visita. Si alzò sospirando, infilando le ciabatte e andando in cucina. Prese un bicchiere d'acqua fredda e si appoggiò con la schiena contro il frigorifero, sperando che Will non si svegliasse in quel momento. Non era per niente nelle condizioni di inventare chissà quali bugie. Ridacchiò piano, guardando il bicchiere di vetro di fronte a sè. Già, le bugie, quelle su cui ultimamente si basava il proprio rapporto con gli amici. Odiava dover nascondere una parte così importante della sua vita, soprattutto a persone a lei care, ma cosa avrebbe potuto fare? Non erano pronti a sapere la verità, lo notava dai loro sguardi e dalla piccola frecciatine che ancora rivolgevano all'altro gruppo. La sua mente andò a Will, a cosa aveva detto il giorno prima e a come aveva parlato di Piper. Forse qualcuno era già pronto. Rachel sospirò, posando il bicchiere al suo posto e risalendo nella camera che la ospitava per quella notte. Ci provò ancora, cercando di addormentarsi fino a quando non sentì la sveglia del telefono, puntata alle otto. Si alzò di nuovo, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando. Non era riuscita a dormire per tutta la notte. Andò nel bagno, portandosi dietro i suoi vestiti. Non appena si guardò allo specchio per poco non urlò. Aveva il viso pallido e smunto, palesemente stanco. Le occhiaie le circondavano gli occhi verdi che sembravano essersi fatti più scuri. Perfino i capelli parevano meno gonfi e ricci rispetto al solito. Si sciacquò il viso, il che non fece molta differenza, poi con un elastico si legò i capelli in una crocchia disordinata. Si mise gli stessi vestiti che aveva il giorno prima, andando in cucina dove trovò Will già a fare colazione.

"Buongiorno. -esclamò un ragazzo, abbozzando un sorriso che sparì non appena vide in faccia l'amica- Rachel, ti senti male? Stai da schifo."

Rachel sospirò, scuotendo la testa.

"Tranquillo, è tutto apposto. Non sono riuscita a dormire molto questa notte, tutto qui."

"È successo qualcosa?" chiese Will mentre la rossa di sedeva a fianco a lui. Rachel non aveva voglia di mentire in quel momento. Guardò il tavolo, dove erano stati messi cereali, muffin e latte e decise che non aveva fame. Poi riportò lo sguardo sull'amico.

"Will, mi credi se ti dico che ora non posso dirti nulla ma che presto lo saprete tutti? Solo... Non preoccuparti, davvero."

Will rimase stupito, ma annuì deciso. Se Rachel gli aveva chiesto una cosa del genere, doveva esserci non motivo serio. Non era il tipo da tenere segreti con gli amici.

"Va bene, rispetto la tua decisione. Ma ricordati che per qualsiasi cosa io e gli altri ci siamo."

"Si, lo so. Siete i miei migliori amici."

Restarono qualche minuto in silenzio, e non appena Will ebbe finito di fare colazione si offrì di accompagnare Rachel a casa sua. La ragazza ne fu grata, non sapeva se le sue gambe avrebbero retto tutta quella distanza. Non appena fu a casa le cameriere la salutarono con dei falsi sorrisi, per poi parlare tra di loro sulle sue condizioni alle sue spalle. Rachel non ci fece nemmeno caso e andò a chiudersi in camera sua. Chrystal bussò dopo pochi minuti.

"Signorina, ha bisogno di qualcosa?" chiese sottovoce, con sguardo preoccupato.

Rachel ridacchiò senza gioia, Certo che aveva bisogno di qualcosa. Aveva bisogno di sfogarsi, di dire tutto a qualcuno. Aveva bisogno che i suoi amici sapessero. Aveva bisogno di Ottaviano a fianco a lei. E infine, aveva un bisogno urgente di dormire.

"Sonniferi." disse alla fine, sprofondando la testa nel cuscino.

"Scusi, che ha detto?"

"Sonniferi! Ho bisogno di qualcosa per dormire." ripetè a voce più alta, forse anche troppo.

"Non credo che abbiamo qualcosa del genere... Posso andare a comprarlo."

"Vai. E per favore, non dire nulla a mio padre."

"Sarà fatto."

Chrystal tornò solo venti minuti dopo, ma a Rachel sembravano essere passate due ore. Non appena vide la cameriera rientrare con un bicchiere d'acqua in una mano e una pillola nell'altra, le si precipitò incontro, rischiando di cadere, e subito mandò giù la pillola.

"Ho chiesto alla farmacista qualcosa per una ragazza che soffre d'insonnia... Mi ha chiesto se sapevo quali erano le cause e le ho risposto che era per lo stress. Mi ha dato queste compresse a base di Melatonina, dovrebbero fare effetto in mezz'ora." spiegò Chrystal, quando ormai Rachel già aveva inghiottito la compressa. Poi la salutò educatamente e se ne andò, con il petto pieno di preoccupazione per quella ragazza che solo qualche giorno prima sembrava così allegra. Chrystal aveva aiutato Rachel a far entrare Ottaviano di notte. Non aveva chiesto niente, ma aveva intuito che tra i due c'era qualcosa. Quando aveva visto quella notizia al telegiornale, il suo primo istinto era stato quello di portare Rachel lontano da ciò, ma sapeva che non poteva farlo, che prima o poi la rossa avrebbe dovuto affrontarlo. Sospirò pesantemente, andando a prendere pezze e detersivo per il suo incarico del giorno: pulire la cucina. Per tutto il tempo ebbe il mente solo l'immagine del viso esausto di Rachel. Chrystal aveva solo trentacinque anni, ma era una delle cameriere più longeve di casa Dare, praticamente conosceva Rachel da quando era nata. Aveva conosciuto anche la madre di Rachel, ma non ne aveva mai parlato con la ragazza. Quello non era compito suo.

Effettivamente, dopo mezz'ora, Rachel riuscì a chiudere gli occhi, abbandonandosi a un sonno senza sogni. Quando si svegliò, erano ormai le cinque del pomeriggio. Aveva saltato sia la colazione sia il pranzo quel giorno, eppure il suo stomaco ancora non ne risentiva. Si mise a sedere sul letto, prendendo il suo cellulare e scorrendo i messaggi. Le ragazze si stavano organizzando per andare tutte a casa di Annabeth, ma Rachel declinò l'invito. Non era ancora il momento di fingere che fosse felice. Con sua grande sorpresa, anche Piper rifiutò. In altre occasioni l'avrebbe contattata e le avrebbe chiesto se c'era qualcosa che non andava, ma in quel momento non era proprio nelle condizioni giuste per ascoltare anche i problemi degli altri. Poggiò la testa sulle mani, sospirando. La mattina dopo sarebbe andata di nuovo in ospedale. Sapeva che era inutile, che la sua presenza non avrebbe cambiato di molto la situazione, ma non poteva farne a meno. Doveva sentire un minimo di contatto con Ottaviano. Perché in quei due giorni di agonia, l'unico momento in cui si era sentita viva era accanto a lui.

*ANGOLO AUTRICE*
È da un po' che non faccio un angolo autrice qui :D
Questa storia sta andando davvero bene, ne sono super felice! Ma secondo voi, cosa succederà ora?
Cosa farà Rachel? Come andrà la situazione tra i due gruppi? E quella sera prima dell'incidente, cosa aveva reso Ottaviano tanto pensieroso da farsi investire?
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 16
*** Alcool. ***


Erano ormai passati quindici giorni dall'incidente, quando il sonno mattutino di Rachel venne interrotto da Chrystal, che entrò nella sua camera con un'espressione mista tra preoccupazione e senso di colpa. La cameriera guardò il bicchiero vuoto sul comodino, a fianco a ben tre confezioni di pillole alla melatonina, per poi prendere un grosso respiro. Dopo che Rachel prendeva la sua compressa aveva bisogno di dormire almeno otto ore, altrimenti era intrattabile e nervosa. In quel momento, erano passate a mala pena quattro ore.

La ragazza di mise a sedere, lo sguardo carico d'irritazione.

"Cosa vuoi?" chiese con voce rude. Chrystal guardò la ragazza, trattenendo una smorfia di disgusto. Sperava di sbagliarsi, ma le sembrava che Rachel portasse gli stessi vestiti da una settimana o più.

"Le sue amiche sono all'ingresso, insistono per vederla."

Rachel sbuffò, cosa che fece stringere il cuore a Chrystal. Non si era mai comportata così nei confronti dei suoi amici. Li messaggiava solo ogni tanto, non rispondeva alle chiamate, e cosa più importante non era più andata a scuola.

"Che ore sono?"

"Le nove del mattino."

"Ma loro non dovrebbero essere a scuola?"

"Signorina... oggi è domenica."

"Capisco... mandale via. Inventa la scusa di una malattia infettiva o qualcosa del genere"

Chrystal non credeva alle sue orecchie. Sperò di svegliarsi e scoprire che era tutto un incubo, ma sapeva che non sarebbe stato così semplice. Annuì, facendo per uscire dalla stanza, quando Rachel la richiamò indietro.

"Visto che mi hai svegliato e non riuscirò più ad addormentarmi, preparami anche un bagno e un cambio d'abiti. Dopo esco."

Chrystal annuì di nuovo, mordendosi il labbro. Le uniche volte in cui Rachel usciva era quando andava a trovare Ottaviano, ma non era sicura che fosse una buona cosa. La settimana prima era corsa sotto la pioggia pur di andare da lui, sia all'andata che al ritorno. Il mattino dopo, si era svegliata con la febbre alta. Era dovuto intervenire il padre, evento più unico che raro, per far si che stesse ferma a letto per qualche giorno. Chrystal scrollò le spalle, andando verso la porta d'ingresso. Non poteva far altro che eseguire gli ordini della sua padroncina, aveva paura che mettersi in mezzo in qualsiasi modo non avrebbe fatto altro che traumatizzarla di più. In fondo, lei era solo una cameriera.


 

Ormai quasi tutti gli infermieri conoscevano Rachel. Fu proprio uno di questi ad andare verso di lei, non appena ebbe messo piede nell'ospedale.

"Era da un po' che non venivi a trovarlo..." sussurrò l'infermiere mentre la accompagnava  nella stanza di Ottaviano.

"Sono stata male." rispose Rachel con voce piatta, convinta che quell'infermiere l'avesse già accompagnata altre volte, anche se non ricordava esattamente quando. Non sempre ci faceva caso. 

Quando la porta si chiuse alle sue spalle e i suoi occhi verdi puntarono il ragazzo steso sul lettino, dopo una settimana, Rachel sorrise. Si andò a sedere su quella che ormai era diventata la sua sedia, a fianco a Ottaviano. Alcune bende erano state tolte, sebbene le cicatrici fossero ben visibili. I tubi e i macchinari invece erano sempre lì, con lo stesso identico fastdioso rumore che ormai Rachel aveva imparato a sopportare.

"Ehy Ottaviano, scusami se non sono venuta per tutto questo tempo..." sussurrò, accarezzandogli i capelli.  Le era davvero mancato quel tocco delicato che gli riservava ogni volta che lo andava a trovare.

"Ti vedo meglio però, hai riacquistato un po' di colorito. Ho sentito dire dai miei amici, sai, Piper, Frank e Leo, che il tuo gruppo viene a trovarti qualche volta, nel pomeriggio, l'ho letto di sfuggita nei messaggi del gruppo... è per questo che vengo solo di mattina. Non posso rischiare di farmi scoprire qui, in questo modo. Dobbiamo dirglielo insieme, no?"

Rachel sapeva che Ottaviano non poteva sentirla, ne' tantomeno risponderla, ma parlare con lui la faceva sentire bene. Se si fosse limitata a guardarlo dormire, sarebbe impazzita a causa di quel pesante silenzio interrotto solo dai bip delle macchine. E poi Ottaviano era l'unico al quale poteva raccontare di certe cose.

"Non credo che accetterannno subito la situazione, comunque. Anche se non li vedo da un po', non credo che siano cambiati molto. Ma non mi interessa, a me basta stare con te."

Dopo qualche altro minuto di chiacchere, lo stesso infermiere che l'aveva accompagnata entrò dentro la stanza, informandola che ormai era ora di andarsene. Rachel sospirò, sussurrando a Ottaviano che sarebbe passata anche il giorno dopo, prima di andarsene. Non appena uscì dall'ospedale, la tristezza prese di nuovo possesso di lei. Quando percorreva quella strada sulla via del ritorno, avrebbe solo voluto dimenticare tutto. Dei suoi amici, della scuola, di suo padre e sua madre, della melatonina, e soprattutto di quel piccolo mostro che si portava nel petto da due settimane. Dopo le prima volte, neanche le compresse funzionanavano più. Certo, la facevano addormentare, ma gli incubi le si riversavano lo stesso nella mente. Vedeva il viso di Ottaviano quella notte, poco prima dell'incidente, che veniva sostituita dallo stesso volto deformato da tubi. Vedeva tutte le volte i cui si era divertita con i suoi amici, ma anche tutte le bugie e le parole non dette. E una volta che si svegliava a causa di queste immagini, non riusciva ad addormentarsi se non con un'altra compressa. Voleva assolutamente dimenticare, anche solo per qualche minuto, anche solo per qualche secondo. E la possibilità le si presentò quando, alzando gli occhi dai suoi piedi, vide un mini market su quella stessa strada. Non era la prima volta che lo notava, ma solo in quel momento il suo sguardo si posò sulle bottiglie di liquore esposte in vetrina. Era sicura che fosse quel tipo di market che avrebbe potuto vendere alcolici anche a bambini di dieci anni pur di intascarsi qualcosa, di sicuro non avrebbero fatto storie per il fatto che avesse ancora diciassette anni. Entrò dentro a passo spedito e dopo un po' di girovagare riuscì a trovare il reparto alcolici. Davanti a tutti questi scaffali pieni di birra, vodka, liquori e altro, una vocina nella sua mente iniziò a dire che era sbagliato, che non era così che avrebbe risolto la cosa, che una volta ripresasi avrebbe dovuto di nuovo affrontare la realtà. Ma pochi secondi dopo, Rachel stava già alluggando la mano verso una delle bottiglie. varebbe fatto di tutto per scappare da quella realtà, seppur per un paio di ore. Prese tutte le bottiglie che le sue braccia riuscivano a reggere e le portò alla cassa. All'inizio avrebbe voluto pagare con la carta di credito che le aveva dato il padre, ma poi pensò che quest'ultimo monitorava anche tutti i suoi pagamente. Non sia mai che sprecasse troppi soldi in 'frivolezze giovanili', come le chiamava lui. Usò i contanti che aveva sempre con sè, poi mise tutte le bottiglie in una busta blu scuro e si incamminò di nuovo verso casa. Non appena fu arrivata, entrò dalla porta sul retro in modo che fosse meno facile che qualcuno la scoprisse. Con un pizzico di fortuna non ncontrò nessuna cameriera e riuscì a chiudersi in camera sua. Sospirò, accasciandosi sul letto. Se suo padre l'avesse scoperta, probabilmente non l'avrebbe fatta uscire più di casa per un bel po', nemmeno per andare da Ottaviano. Iniziò a svuotare la busta, nascondendo quasi tutte le bottiglie sotto il letto e aprendone una. Guardò per un po' il liquido al suo intenro, poi ci attaccò le labbra e iniziò a bere a grandi sorsi. Il petto e la gola iniziarono a bruciarle, ma non le importava. Quando ebbe finito tutta la bottiglia, le girava un pò la testa, ma non era abbastanza. Ne prese un'altra, bevendo anche quella, ma quetsa volta con più calma.

In fondo, era stato l'alcool a dare inizio alla sua relazione con Ottaviano, forse poteva essere utile anche quella volta.

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Capitolo 17
*** Why? ***


"Vi vengo a prendere tra circa mezz'ora, okay?" stava dicendo Tristan dolcemente, rivolto alle due figlie maggiori che stavano scendendo dall'auto, mentre Piper era a fianco a lui sul sedile davanti. Ogni volta insisteva con il padre per accompagnare le sue sorelle all'ospedale, perfino quella mattina in cui aveva provato a far uscire Rachel, senza successo. Non avrebbe mai ammesso che in realtà, dopo due settimane che sentiva ogni notte Silena piangere, si stava preoccupando.

"Va bene papà." annuì Drew, per poi andare verso l'ingresso dell'ospedale insieme alla sorella. Non appena entrarono, si tolsero i cappotti. Quella domenica mattina l'aria era fredda, ma nell'ospedale là temperatura era molto più calda. Andarono verso l'infermiera al banco informazione, che le accolse sorridendo. 

"Siete venute di mattina questa volta?" chiese la donna al banco, guardandole con tenerezza. Quasi tutti quell'ospedale avevano ormai a cuore la situazione di Ottaviano e conoscevano i suoi amici. Qualche volte, gli avevano anche permesso di restare oltre l'orario stabilito. 

"Questo pomeriggio abbiamo degli impegni di famiglia, quindi siamo venute ora." spiegò Silena, arricciando le labbra al ricordo di sua madre che organizzava un pomeriggio in famiglia per risollevare il morale di casa. 

"Capisco... Beh, adesso c'è già un'altra ragazza, quella che lo viene a trovare ogni mattina. Se volete andare insieme a lei, andate pure." 

Drew e Silena rimasero spiazzate da quelle parole. Una ragazza che veniva sempre di mattina? Tutti quelli del loro gruppo erano sempre andati solo di pomeriggio. 

"Scusi, non è che si è sbagliata? Tutte le nostre amiche vengono solo di pomeriggio..." chiese Drew. A quel punto, l'infermiera doveva essersi accorta che in quella situazione c'era qualcosa che non andava. Era sicura che la ragazza rossa venisse da sola perchè il sentimento che la legava a Ottaviano era ben più profondo della semplice amicizia, come ormai avevano capito anche le sue colleghe e colleghi, ma in quel momento capì che c'era qualcosa di più nascosto. Sospirò, capendo che si era creato un bel casino. In quel preciso istante, la ragazza rossa attraversò l'ingresso, andando a testa bassa verso l'uscita senza guardare nessuno. La donna la indicò:

"Eccola, è quella." disse, preferendo non aggiungere altro. Drew e Silena girarono il viso verso la ragazza in questione, rimanendo pietrificate sul posto. Rachel Dare stava uscendo dall'ospedale, anche se a prima vista non la riconobbero. Aveva il cappuccio della felpa tirato a nasconderle metà viso, i capelli erano un groviglio di un rosso spento, le mani e le gambe tremavano e per tutto il tempo tenne lo sguardo fisso a terra. Non sembrava minimamente la ragazza fastidiosa e sporca di pittura che vedevano a scuola. 

Mentre Drew era ancora troppo sconvolta anche solo per pensare, Silena iniziò a collegare i punti. Ottaviano che a un certo punto aveva smesso di lamentarsi del progetto di storia, che molte volte trovava delle scuse per non uscire con loro, che sembrava più allegro, e poi Rachel, che non si faceva vedere da due settimane a scuola, e che abitava proprio vicino il luogo dell'incidente.  Prese la sorella per un braccio, trascinandola verso la stanza di Ottaviano. Appena furono lì, chiusero la porta, e avvicinatesi al ragazzo ancora non cosciente, incrociarono le braccia al petto e lo squadrarono con rimprovero, come se lui potesse vederle. 

"Perché Ottaviano? Perchè?" sussurrò Drew, che sembrava essere ripresa dallo shock. 

"Potevano parlarne, ti avremmo consigliato, lo sai... -disse Silena, addolcendo lo sguardo- avremmo risolto la situazione, se solo tu... se solo tu ci avessi detto qualcosa."

"Certo, non saremmo stati felicissime, e di certo gli altri ti avrebbero fatto a pezzetti -esclamò l'altra acidamente, sputando fuori la verità come era solita fare- ma siamo amici. Non posso promettere per gli altri, soprattutto per quanto riguarda Clarisse e i ragazzi, ma noi ti avremmo capito. Forse non appoggiato, ma capito."

La maggiore guardò male la sorella, prima di rivolgersi di nuovo a Ottaviano.

"Siamo dovute arrivare a questo punto per capire quanto stupida era questa guerra tra di noi." 

Silena si sentiva sollevata dopo aver detto ciò, come se si fosse tolta un gran peso dal petto. Da quando aveva appreso la notizia, Piper le era sempre stata vicina, e anche se aveva fatto finta di non notarlo, ci pensava spesso. Non poteva fare a meno di ritornare con la mente a quella mattina, quando Piper le aveva abbracciate forte entrambe, a quando si offre sempre di accompagnarle in ospedale, oppure alle piccole carezze che le fa sul braccio ogni volta che in famiglia salta fuori l'argomento. Stavano ricreando un rapporto basato sui piccoli gesti più che sulle parole, e Silena sentiva che era giusto così. La cosa non giusta era litigare con la propria sorella tanto da considerarla una propria nemica. 

Al suo fianco, Drew abbassò lo sguardo annuendo. Lei non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma aveva capito che tutto quell'odio tra i due gruppi era inutile. Era un'antipatia basata sul nulla, visto che stando con Piper aveva notato quando poco conoscesse la sorella, figurarsi i suoi amici. 

"Pensi che dovremmo dirlo agli altri?" chiese Drew, sedendosi su una sedia a fianco al lettino e poggiando una mano su quella di Ottaviano. 

"No, dobbiamo comunque rispettare il volere di Ottaviano, quando si sveglierà..."

"Se si sveglierà." la interruppe l'altra, ma Silena fece finta di non sentire.

"Quando si sveglierà, lo incoraggeremo a rivelare tutto e lo difenderemo se fosse necessario. Ma fino ad allora, l'unica cosa che possiamo fare per renderlo un minimo felice, è aiutare Rachel."

"L'hai vista anche tu, vero? Come stava male..."

"Sentii anche Piper parlare al telefono con i suoi amici, qualche giorno fa. Non sentono Rachel da quindici giorni, e stamattina lei e Annabeth hanno provato a chiamarla, senza successo."

"...Silena, se Charlie fosse nelle condizioni di Ottaviano, tu cosa faresti?"

Silena si morse il labbro, avvicinandosi al ragazzo e accarezzandogli i capelli. 

"Starei malissimo."

"Arriveresti alla depressione?" 

La maggiore guardò Drew, con curiosità. Alcune volte dimenticava che sotto la facciata di ragazza pettegola e superficiale, si nascondeva una persona forte e intelligente.

"Si, molto probabilmente si."

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Capitolo 18
*** The last day. ***


Un sorso di Rum, e poi un altro ancora. Rachel continuava a portarsi la bottiglia alla bocca a intervalli regolari, spostando lo sguardo dal muro scrostato di fronte a sei, al pavimento pieno di tele ormai rotte. Non avrebbe mai pensato di arrivare la punto di sfogarsi sui suoi stessi dipinti. Proprio lei, che non faceva avvicinare nessuno ai suoi quadri, nemmeno i suoi amici o Chrystal, li  aveva strappati dalla parete e gettati a terra calpestandoli senza alcun ritegno, per poi prendersela anche con le tempere e i pennelli. Nemmeno l'arte l'avrebbe aiutata in quel momento. 

Non appena la bottiglia finì la lanciò a terra, e proprio mentre questa si spaccava in tanti piccoli frammenti, ne prese un'altra, stavolta con un liquore diverso. Mentre mandava giù l'alcool, la gola le bruciava e le guance si riempivano di lacrime, ma non poteva farne a meno. Le faceva schifo il modo in cui si stava comportando, ciò che era diventata, eppure tutto quello era la sua unica via d'uscita. Quando era ubriaca, non ricordava nulla del dolore che si portava dentro, quasi come se quella notte dell'incidente non fosse mai esistita. Era l'unico modo per provare qualcosa che non fosse apatia o tristezza. 

Eppure quel pomeriggio continuavano a tornarle in mente le immagini della mattina. Scorrevano come un film davanti ai suoi occhi, in ripetizione, e non era ancora riuscita a scacciarle. 

"Ormai è passato un mese dall'incidente."  le parole del medico continuavano a rimbombarle nelle orecchie, come se fossero riprodotte da delle casse alzate a tutto volume.

"Fin dall'inizio le sue condizioni non erano delle migliori."

Si, Rachel sapeva che Ottaviano aveva subito un colpo molto forte, forse troppo. Sentiva i sensi di colpa scalciare nel suo petto. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare via così tardi, nel bel mezzo della notte. Poteva chiamare un taxi, o farlo restare a dormire da lei. Era stata irresponsabile, troppo occupata a pensare al cambio d'umore di Ottaviano di quella sera piuttosto che a cose veramente importanti, come al fatto che se ne sarebbe tornato a piedi mentre fuori era tutto scuro. Era stata egoista, lo sapeva. 

"Stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere, e lui è un ragazzo molto forte."

Dire che Ottaviano era forte era poco. Era la sua via di fuga da una quotidianità monotona, la sua ancora di salvezza da una vita che sentiva starle troppo stretta. Era andato contro una scuola intera pur di stare con i suoi amici, sopportava ogni giorno accuse infondate e pessime battute, senza mai essersene lamentato. Era la guida dei suoi amici, colui a cui rivolgersi se c'erano problemi. In più cercava in ogni modo di far felici i suoi genitori, anche se ciò voleva dire non far felice sé stesso.

"Ma purtroppo le sue condizioni si sono aggravate."

Quando Rachel aveva sentito questa frase, aveva avuto un mancamento, tanto che due infermiere l'avevano aiutata a sedersi, dandole acqua e zucchero. Poi aveva sentito il petto restringersi e una bolla bloccarle il respiro in gola. Riusciva solo ad ansimare, tenendo forte il braccio di una delle due infermiere. Il medico aspettò che l'attacco di panico passasse prima di riprendere a parlare.

"Fino a pochi giorni fa era rimasto stabile, ma ha avuto un calo repentino."

Rachel lo aveva notato. Aveva sentito i tic della macchina andare più piano, si era accorta che ora c'erano più fili collegati al corpo di Ottaviano, semplicemente voleva far finta di non vedere. Non era ancora pronta a ciò, non voleva sentire come il dottore avrebbe continuato quel misero discorso. Si portò le mani alle orecchie, stringendo forte la testa, ma le parole dell'uomo arrivarono lo stesso, forti e chiare.

"Non sappiamo se ce la farà."

Il buio. Rachel non vide altro che buio. Non resistette a quelle parole, e svenne davanti a tutti, complice la poca energia che ormai le rimaneva. Si risvegliò su un lettino, con a fianco Chrystal che parlava con un infermiere. Nonostante le girasse la testa, riuscì a cogliere qualche parola del discorso tra i due. A quanto pareva, avevano provato a contattare suo padre, che impegnato in qualche viaggio di lavoro, aveva delegato Chrystal per andarla a prendere in ospedale. Rachel non aveva nemmeno la forza di arrabbiarsi con suo padre per averla lasciata da sola anche in un momento come quello. In fondo, ormai, ci era abituata. La cameriera la riportò a casa mezz'ora dopo, e nonostante cercasse di fare conversazione con lei, non riuscì a tirare fuori una parola. La ragazza continuava a guardare davanti a sé, gli occhi vitrei e lo sguardo inespressivo. Una volta arrivata alla sua abitazione, non fece altro che chiudersi nuovamente in camera. Questa volta Chrystal non la lasciò semplicemente, continuò a bussare, nonostante Rachel non rispondesse.

Ora che ci pensava, anche in quel momento stavano bussando. Rachel era troppo stordita, non capiva se era Chrystal che non aveva mai smesso o qualcun altro. Da quanto tempo era lì a bere? 

Non lo sapeva, nella sua mente c'era solo Ottaviano. Le aveva promesso che non l'avrebbe mai più lasciata, eppure poteva andarsene via da un momento all'altro, lasciandola sola. 

"Ottaviano, sei un bugiardo..." sussurrò, realizzando di essere sola fin dal momento dell'incidente. Le sembrò di sentire delle voci chiamarla, ma non ci fece caso. Le sue labbra continuavano ad assaporare il sapore del liquore, mentre la sua mente voleva solo perdersi nella confusione dell'alcool.

 

Chrystal stette tre quarti d'ora a bussare alla porta di Rachel, senza però avere nessuna risposta. In lacrime e sul punto di sfondare la porta, smise solo quando sentì il rumore del campanello della porta principale. Credendo che fosse tornato il signor Dare, cercò di darsi un contegno, correndo ad aprire, ma davanti si ritrovò solo due ragazze.

"Ehm, salve -disse una di loro, che sembrava essere la più grande- per caso c'è Rachel?"

"Voi chi siete?" chiese prima la donna. Ormai conosceva tutte le amiche di Rachel, e quelle due non le aveva mai viste. Erano dei piccoli accorgimenti che poteva fare per proteggere la padroncina il più possibile.

"Siamo Silena e Drew McLean, volevamo controllare come stava Rachel."

Il cognome McLean le fece tornare in mente qualcosa. Una delle amiche di Rachel, Piper, faceva di cognome così. Quelle due dovevano essere le sue sorelle. Le fece entrare, indicando la camera di Rachel e dicendo che si era chiusa dentro da un pò. Non disse il motivo, ormai aveva capito che la relazione tra la ragazza e Ottaviano era ancora un segreto. Sperava solo che quelle due ragazze potessero aiutarla in qualche modo.

Silena e Drew si guardarono, annuendo decise. Quel pomeriggio, il medico aveva comunicato anche a loro la situazione i Ottaviano, e avevano capito che dovevano assicurarsi che la rossa stesse bene.Se loro erano distrutte, non immaginavano quanto lo era Rachel. 

Arrivate davanti alla porta della camera, Silena provò a bussare, ovviamente senza risposta.

"Non otterrai niente così -disse Drew acida, scostandola in malo modo- lascia fare a me." e dicendo ciò, iniziò a prendere a spallate la porta. La sorella la lasciò fare, guardandola sorpresa. Sapeva che sotto quell'aspetto da oca della scuola, si nascondeva un ammasso di muscoli che si allenava duramente ogni giorno, era uno dei tanti segreti di Drew. Ma non si aspettava che fosse arrivata fino a questo punto. Effettivamente, dopo qualche minuto, la porta cedette. Ma appena Drew e Silena entrano, cacciarono un urlo che attirò l'attenzione di tutti i presenti in quella casa, soprattutto di Chrystal, che si accasciò vicino al muro davanti a quella scena. 

Rachel era stesa a terra, tra dipinti rotti e cocci di vetro. In alcune parti era graffiata, i suoi occhi sembravano vuoti e l'aria era contaminata da un forte odore di vomito. Tutte le altre cameriere accorsero, qualcuna chiamo l'ambulanza, altre provarono a contattare il padre di Rachel, che però aveva il telefono spento. 

L'ambulanza arrivò dopo qualche minuto e Rachel fu portata via d'urgenza. Silena e Drew erano ancora sotto shock, ma riuscirono a mandare un messaggio a Piper.

Da: Drew

A :Piper

Abbiamo visto un'ambulanza andare via dalla casa della tua amica Rachel Dare. Vorrei sbagliarmi, ma mi sa che era proprio lei la persona che stavano portando all'ospedale.

Non scrisse tutto quello che aveva visto, o avrebbe dovuto spiegare cosa ci faceva là. E non era quella l'occasione giusta.

Tutti gli amici di Rachel arrivarono in ospedale poco dopo, alcuni con il fittone, la maggior parte con le lacrime. Tutti chiedevano urlando di poter vedere Rachel, ma il medico glielo impedì, dicendo che doveva essere sottoposta a una lavanda gastrica d'urgenza. Grazie all'aiuto di alcuni infermieri e infermiere, dopo circa un'ora, tutti e dodici i ragazzi riuscirono a calmarsi. Thalia si allontanò per fare una chiamata, mentre Piper rispondeva ai messaggi delle sorelle spiegando la situazione. Dopo un pò Frank ricevette una chiamata da Clarisse. Davanti agli altri mostrò di essere scocciato, ma in realtà era felice di sentire la sua voce. Dopo che l'aveva sostenuta quando aveva sentito le nuove informazioni riguardo le condizioni di Ottaviano, la sorella voleva ricambiare con lui. Anche Leo dopo un pò iniziò a messaggiare con Beckendorf. 

Era questa la situazione del gruppo, quando all'improvviso, dopo circa tre ore, si avvicinò a loro una donna sconosciuta.

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Capitolo 19
*** Revival. ***


Annabeth fu l'unica a incontrare lo sguardo della donna, asciugandosi immediatamente le lacrime con la manica della felpa.

"Mi scusi, le serve qualcosa?" chiese, osservando la sconosciuta di fronte a lei. Portava un giubbotto azzurro e i capelli erano legati e nascosti sotto un cappello di lana. Gli occhi castano scuro esprimevano preoccupazione, così come il suo viso macchiato di lentiggini. 

"Mi stavo solo chiedendo se posso portarvi qualcosa per farvi sentire più a vostro agio, magari del thè o della cioccolata calda."

"Chi è lei?"

"Una volontaria dell'ospedale. Di solito mi occupo di stare con i bambini più piccoli, ma non potevano ignorare dei ragazzi così giovani e così tristi."

Annabeth osservò i suoi amici, per poi decidere che aveva bisogno di un cambio di atmosfera. Lei era quella razionale e a sangue freddo del gruppo, se anche lei si faceva trasportare dalla situazione, sarebbe stato difficile uscirne. 

"Io accetterei volentieri un thè caldo." disse, alzandosi. La donna le sorrise, guidando la verso il piccolo bar dell'ospedale. Ordinò due thè, che le furono portati poco dopo. Entrambe iniziarono a bere lentamente.

"Non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Amber." esclamò la volontaria tendendo la mano. Annabeth la strinse sorridendo.

"Annabeth."

"Allora Annabeth, pensi di riuscire a raccontarmi cos'è successo?" 

La bionda prese un lungo sorso dalla sua tazza, per poi sospirare. 

"Una nostra amica, Rachel Dare, è stata trovata in coma etilico."

Amber sembrò sul punto di far cadere il thè dalle mani. Diventò rigida, ingoiando a vuoto.

"Una bravata finita male? O altro?"

"Sicuramente altro... È ormai un mese che stava chiusa in camera, non usciva mai, non la vedevamo e non veniva nemmeno a scuola."

"Cosa mai può averla ridotta così?"

"Non lo sappiamo... Si è rifiutata di parlare. Io non ne ho la minima idea." 

Annabeth stava iniziando ad agitarsi. Non era abituata a non sapere niente riguardo le sue amiche. Avrebbe dovuto essere più insistente, entrare a forza se necessario. Amber le posò una mano sul braccio, con un sorriso rassicurante.

"Non è colpa di nessuno di voi. Piuttosto, il padre non ha preso provvedimenti dall'inizio?"

"Non è mai stato molto presente... Ma lei come fa a sapere che Rachel ha solo il padre?" 

"Oh cara, i Dare sono una famiglia importante qui in città. Penso che tutti sappiano che la ragazza vive sola con il padre."

"Si, hai ragione..."

"Sono sicura che si riprenderà. Non la conosco, ma sembra una ragazza forte."

"Anch'io lo credevo, ma poi si è ridotta così..."

"Anche le persone più buone e forti possono avere dei punti deboli. Magari è stato toccato proprio il suo. Fidati di chi è più grande di te e ha avuto esperienza su questo."

Annabeth avrebbe voluto rispondere, anche solo per ringraziare, ma fu interrotta da alcune urla che arrivavano dalla sala di attesa. 

Il signor Christopher Dare entrò di corsa nell'ospedale, la cravatta allentata e i capelli in completo disordine. Di certo non l'uomo di tutto rispetto che ognuno era abituato a vedere. Cercò di andare verso la reception per chiedere della figlia, ma la voce di Chrystal lo fece fermare.

"Signor Dare!" esclamò la cameriera, andando verso di lui. L'uomo restò dove si trovava, aspettando che Chrystal gli spiegasse cos'era successo. Ma appena questa fu a mezzo metro di distanza iniziò a osservarlo con uno sguardo che Christopher non aveva mai visto a nessuna delle sue cameriere. In un'altra occasione, l'avrebbe rimproverata per l'insolenza. 

"Chrystal! Mi vuoi spiegare cosa succede?" 

"Succede... -la donna si fermò per qualche secondo. Era come se stesse decidendo se esplodere o tenere, ancora, tutto dentro. Ma alla fine, la rabbia e la preoccupazione presero il sopravvento.- succede che lei è un padre degenere!" 

L'aveva detto. Dopo vent'anni di servizio per quell'uomo, dopo che Rachel aveva praticamente raggiunto i diciotto, era riuscita a dire la verità al suo capo. 

"Chry..."

"No, mi lasci parlare! Erano settimane che cercavamo di avvertirla dello stato di Rachel, ma lei, signore, non se ne è importante minimamente! O peggio, ha fatto finta di non vedere. Partire per lavoro proprio in questo periodo poi, lasciando sua figlia in queste condizioni, quando magari proprio in questo momento avrebbe avuto bisogno di lei!"

"Io..."

"Il lavoro è più importante della salute della sua unica figlia?! Davvero?! Saltare un incontro fuori sede le avrebbe fatto perdere tutto?! Non credo proprio!"

Chrystal ormai aveva le lacrime agli occhi. Non poteva più trattenersi, non dopo quello che era successo a Rachel. Strinse i pugni, pronta a continuare.

"E adesso, dopo questa, mi licenzi pure! Mi mandi via, non mi interessa! Non potevo più non dire niente dopo aver visto Rachel dannarsi per ricevere le sue attenzioni e non riceverle nemmeno sul punto di morte."

La cameriera si sedette con un lungo sospiro. Aveva cacciato tutto quello che aveva covato nel suo animo per troppo tempo. Non le sarebbe importato per nulla delle conseguenze, voleva solo che Christopher Dare capisse di non poter essere considerato un padre. 

"Non voglio licenziarti."

Chrystal alzò gli occhia al cielo. Di certo non era quello il punto del suo discorso.

"Hai ragione, non sono stato un buon padre."

"Ma non mi dica..." rispose, usando per la prima volta il sarcasmo con un suo superiore.

"Ma giuro, che appena ho saputo che Rachel era andata in coma, ho preso il primo treno disponibile e sono corso qui."

"Tutto questo si poteva evitare, se solo lei avesse passato cinque minuti con sua figlia."

"Si, me ne rendo conto. Me ne sto pentendo come non mai."

"Questo è il minimo." 

"Io voglio essere più presente, voglio recuperare tutti questi anni. Ti prego, dimmi che non è troppo tardi."

"Non è mai troppo tardi... Mi dispiace solo che Rachel sia dovuta quasi morire per attirare davvero la sua attenzione."

E con questo, Chrystal se ne andò più lontano, appoggiandosi al muro nell'attesa di ricevere notizie di Rachel. 

La prima cosa che Rachel sentì quando si svegliò, fu un mal di testa così acuto che emise un piccolo urlo, stendendosi nuovamente. Dopo qualche minuto trovò la forza di aprire di nuovo gli occhi, osservando l'orologio che si trovava in quella stanza. Le undici e venti del mattino. Lentamente si mise a sedere, reggendo si sulle mani. Le bruciava completamente la bocca e lo stomaco, e la sensazione di vomito non accennava a volersene andare. Cos'era successo il giorno prima? I suoi ricordi erano totalmente sfocati, così come la sua vista. Riusciva a capire di trovarsi in una stanza bianca, di avere un qualche tipo di macchinario collegato al braccio e di essere completamente sola, ancora. Si portò le ginocchia al petto, cercando di collegare il tutto, fino a quando non sentì la porta aprirsi. Alzò gli occhi, ma ancora non vedeva bene. Fu la voce che sentì, a lei fin troppo familiare, a farle sobbalzare il cuore:

"È proprio vero che hai bisogno di me..."

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Capitolo 20
*** Reunion ***


Bastò quella singola frase a far battere il cuore di Rachel come non aveva mai fatto in vita sua. La vista le si schiarì, e finalmente lo vide. Era in piedi davanti a lei, il viso smunto, la testa fasciata, un braccio bendato e un altro che reggeva una stampella, ma era lui. Rachel provò ad alzarsi, ma sia per la stanchezza sia per un paio di fili ancora attaccati alle sue braccia, non ci riuscì. Il ragazzo si avvicinò più velocemente possibile a lei, sedendosi sul lettino. Entrambi tremavano e respiravano a fatica.

"Ott...Ottaviano..." sussurrò Rachel accarezzandogli il viso. Ottaviano le strinse la mano, le lacrime che minacciavano di scendere.

"Sono io Rachel, sono qui." 

Si abbracciarono stretti, iniziando a piangere uno sulla spalla dell'altro. Finalmente lacrime di gioia, dopo tanti pianti per il dolore. Erano di nuovo insieme, e non avevano intenzione di lasciarsi. Si baciarono dolcemente, con delicatezza, quasi avessero paura di farsi male a vicenda.

"Rachel... Perchè l'hai fatto?" 

"Avevo paura che te ne andassi, che mi lasciassi sola. Avevano detto che probabilmente non ti saresti risvegliato."

"Ti ho promesso di non lasciarti più, ricordi? Non oso nemmeno immaginare cosa hai passato in questo lasso di tempo.

"Sei qui adesso, è questo l'importante."

"Ho aperto gli occhi qualche ora fa, i miei amici devono ancora arrivare e per ora ho visto solo i miei genitori. Era come se dovessi per forza svegliarmi, sentivo che dovevo farlo. Poi, mi hanno detto di te. Non subito, per paura che potessi avere una ricaduta. Mi sono alzato e sono corso qui." 

"Tu non immagini quanto io mi senta in colpa per averti lasciato andare quella sera..."

"Sono io a sentirmi in colpa. Perchè se quella sera ti avessi detto la verità è non me ne fossi andato così, niente di ciò sarebbe successo."

"Quale verità, Ottaviano? Hai qualcosa da dirmi su noi due?"

"No, non su noi due..." Ottaviano abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro. Non voleva rovinare il suo presente per colpa del passato, non di nuovo. Rachel gli alzò il viso, guardandolo negli occhi, il verde e l'azzurro che si incontravano.

"Non importa, godiamoci questo momento. Me lo dirai un'altra volta, okay?"

"Si, va bene. Ti amo."

"Anche io ti amo."

"Tutti i tuoi amici sono qui. Penso che tra poco verranno a farti visita, é meglio che io vada." fece per alzarsi, ma Rachel lo trattenne.

"Quando ci saremo ripresi, lo diremo a tutti."

"Sei sicura? Non hai paura?" 

"Non ho paura se sto con te."

 

Il caso volle che proprio mentre gli amici di Rachel si stavano alzando per andar a far visita alla loro amica, arrivarono quelli di Ottaviano. Rimasero lì, in piedi nella sala d'attesa, a guardarsi per qualche secondo, non sapendo esattamente cosa dire. Poi Frank si fece avanti, andando verso Clarisse.

"Che ci fai qui?" chiese, non con il solito tono accusatorio che erano soliti usare tra loro, ma con voce delicata.

"Ottaviano... Si è svegliato." rispose la sorella, quasi piangendo di gioia. Frank sorrise, e proprio lì, davanti a tutti, Clarisse gli corse incontro, abbracciandolo. In pochi secondi, Clarisse abbassò le sue difese, rifugiandosi nelle braccia del fratello. Proprio quei due ragazzi, che vivevano insieme solo da pochi mesi, che avevano passato anni ad odiarsi, che ancora non erano abituati a considerarsi parenti, ruppero quei muri di rabbia che si erano creati intorni a quei ragazzi. Nessuno osò dire niente o muoversi, nessuno avrebbe avuto il coraggio di interrompere quella scena. Ma la tensione tra i due gruppi era percepibile. Ognuno di loro era rimasto sorpreso a quella scena, e non sapevano come reagire una volta che Frank è Clarisse si fossero divisi. Così, accadde un altro imprevisto. 

Piper stava guardando verso le sue sorelle da qualche minuto ormai, ma loro incontrarono il suo sguardo solo dopo. E la prima a partire, a farsi avanti, non fu Silena come tutti si sarebbero aspettati. Drew annullò la distanza tra lei e la sorella minore in pochi passi. Le si fermò davanti, le braccia incrociate e gli occhi bassi.

"Come... Come sta Rachel?" chiese accennando un sorriso. L'immagine del giorno prima, di Rachel distesa sul pavimento tra i vetri rotti, era ancora viva nella sua mente.

"Ora meglio." rispose Piper ricambiando il sorriso.

"RAGAZZE!" urlò alla fine Silena, buttandosi su entrambe fino a farle quasi cadere. 

"Sily! Stavi per buttarmi a terra." esclamò Piper ridendo. La maggiore si fermò all'improvviso, guardandola con le lacrime agli occhi.

"Non mi chiamavi così da anni."

"E tu non mi abbracciavi così da anni." 

Nel frattempo, Leo riuscì a affiancare Beckendorf, senza farsi notare.

"A quanto pare, manchiamo solo noi." disse con il suo solito sorriso furbo, che però usava raramente davanti al fratello.

"Io non ti abbraccio." 

"Dai fratello, sciogliti un pò!" esclamò Leo provando ad abbracciarlo, mentre Beckendorf cercava di allontanarlo.

"Ehi! Non mi stare appiccicato!" 

"Non potresti dirmi qualcosa di più affettuoso?"

Beckendorf sbuffò, ritrovandosi all'improvviso in imbarazzo.

"In realtà... Mi dispiace di essermi comportato così male con te. Non ho nemmeno provato a conoscerti."

"È tutto okay, ti riesco a capire." 

Alla fine, si abbracciarono davvero. 

Thalia e Luke non si spinsero oltre un sorriso. Non volevano scombussolare quella piccola tregua che si era creata con una notizia così grossa. Anche perchè se le famiglie si potevano dire riappacificate, il resto dei ragazzi non poteva dire lo stesso. Si guardavano ancora male tra di loro, come se non vedessero l'ora che tutto ciò finisse. 
Ma forse, stavano facendo dei piccoli passo avanti.

Poco dopo che Ottaviano fu uscito, le infermiere le tolsero i fili dal braccio. Avrebbe dovuto riposarsi, ma il ragazzo piombò di nuovo nella sua stanza, con il respiro affannato.

"Amore, che succede?" chiese Rachel aiutandolo a sedersi.

"Non è che per caso ti sei già ripresa?" 

"Un pochino si... Perché?" 

"Quando sono uscito ho visto sia i tuoi amici che i miei nella sala d'attesa. Rachel... Non puoi capire cosa è successo."

"Oddio, non dirmi che hanno litigato."

"No! Al contrario! Clarisse ha abbracciato Frank davanti a tutti, Drew si è avvicinata a Piper e poi Silena le ha abbracciate entrambe, Leo e Beckendorf parlavano tranquillamente."

"Non ci credo. Stai scherzando?!"

"Giuro di no. Rachel, è il momento buono."

"Non c'è il rischio di dividerli proprio adesso che si stanno riappacificando?"

"Dobbiamo approfittare della situazione. E poi andiamo, siamo entrambi quasi morti, non avrebbero il coraggio di arrabbiarsi con noi."

Rachel scoppiò a ridere, come ormai non faceva da tempo, per poi baciare Ottaviano su una guancia.

"Effettivamente hai ragione. Facciamolo."

 

 

*ANGOLO AUTRICE*

Capitolo corto perché da adesso succederanno varie eventi che preferirei trattare bene. Già qui sono successe parecchie cose ahah. Spero vi piaccia lo stesso

-Fonissa

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Capitolo 21
*** Handshake. ***


Il loro piano andarono in fumo. Troppa stanchezza, troppi controlli e gli amici che invasero quasi immediatamente le loro stanze. I giorni di riposo in ospedale furono più cpnfusionari di quanto pensassero. Ifermieri, parenti e amici che andavano e venivano, regali lasciati sul comodino, le notti passate da soli. Rachel fu rilasciata dopo tre giorni, Ottaviano dovette aspettare una settimana. E proprio quando poterono uscire dall'ospedale, il ragazzo si fece portare a casa di Rachel, per passare un giorno di tranquillità insieme prima di ritornare alla semplice vita di tutti i giorni.

"Dovremmo farlo." disse Ottaviano all'improvviso, mentre era steso sul letto di lei, per non affaticare la gamba. Doveva ancora finire la riabilitazione, e in più aveva anche il braccio rotto. Ma almeno la ferita alla testa era guarita.

"Che cosa?" chiese Rachel allacciandois il reggiseno. Avevano finalmente anche rifatto l'amore dopo tutto il tempoc he era passato.

"Dire ai nostri amici di noi. Volevamo già farlo, no? Poi mi hanno trascinato via per alcuni controlli... e alla fine non ne abbiamo avuto più l'occasione."

"Perchè non aspettiamo che tu ti rimetta completamente in sesto? Il tuo braccio, e la tua gamba..."

"Perchè magari ridotto così non mi picchiano." rispose ridendo Ottaviano. Rachel in un primo momento lo guardò male, ma poi sorrise anche lei. Le erano mancati questi momenti di puro gioco e scherzo. Anche se non stava ancora bene, anche se aveva ancora gli incubi e non aveva ripreso a mangiare regolarmente, almeno sentivo che il suo cuore stava iniziando a riscaldarsi un pò. Proprio in quel momento il cellullare di Ottaviano squillò, mostrando il nome di Silena. Il ragazzo rispose, confuso dall'improvvisa chiamata.

"Pronto?"

"Ottaviano, dove sei?"

"Sono... da alcuni parenti."

"Dobbiamo parlare, urgentemente."

"Perchè?"

"Dobbiamo incontrarci faccia a faccia, e fidati deve essere subito."

"Ma non sono a casa."

"Ottaviano -questa volta era la vopce di Drew a parlare, autoritaria come non l'aveva mai sentita- noi... lo sappiamo dove sei. Non chiedermi come. Possiamo venire tra poco?"

Ottaviano rimase immobile con il telefono poggiato all'orecchio, senza dire una parola. I pensieri si accavallavano nella sua mente senza riuscire a trovare una soluzione decente. Cosa diavolo era successo mentre era in coma? Spostò lo sguardo su Rachel, impanicato.

"Che succede?" chiese lei preoccupata. Lui coprì il microfono del telefono, quasi tremando.

"Drew e Silena sanno dove sono, non so come. Vogliono venire..."

Rachel si sentì come se le avessero buttato un secchio di acqua gelata addosso. Come era stato possibile? Forse erano stati poco attenti, forse qualcuno li aveva visti da qualche parte, magari quella volta sul tetto della scuola o quando andarono a casa di Clarisse.

E se invece fosse successo tutto quel maledetto giorno in cui lei aveva bevuto troppo?

"Ormai... ormai non possiamo farci niente -rispose lei senza nemmeno rendersi conto di quel che diceva- è fatta. Falle venire."

Ottaviano si morse il labbro, annuendo, per poi ritornare alla chiamata.

"Si, venite."


Aspettarono l'arrivo delle sorelle per cinque minuti, che sembrarono essere cinque interminabili ore. Quando sentirono il campanello, entrambi sobbalzarono. Quando poi sentirono bussare alla porta di Rachel, entrambi si guardarono, come se nessuno dei due avesse il coraggio di andare ad aprire. Alla fine Rachel si alzò, aprendo la porta, e in un attimo realizzò che tutto era reale. Guardò avanti, dove stavano Drew e Silena ancora sull'uscio, e indietro, dove Ottaviano sedeva sul letto. Essere con loro, nella sua stanza, era la prova che ormai non si poteva rimandare più niente.

"Oh, finalmente -esclamò Drew, entrando senza nemmeno aspettare il permesso e sedendosi direttamente sulla scrivania di Rachel- credevo di dover sfondare di nuovo la porta."

Nel momento stesso in cui lo disse, ricevette un'occhiata gelida da Silena, prima di sorridere gentilmente a Rachel e andarsi a sedere vicino a Drew, ma su una sedia. Rachel guardò la ragazza a bocca spalancata.

"Sei stata tu?! Ma come..." disse, ricordandosi delle condizioni in cui aveva ritrovato la sua stanza.

"Possiamo spiegare." la interruppe Silena, facendo poi segno alla sorella di starsene zitta. Questa, anche se sbuffò, annuì.

"E allora fatelo, perchè mi sembra ancora tutto surreale." disse Ottaviano con lo sguardo ancora stupito.

"E' iniziato tutto una mattina, di quelle in cui Ottaviano era ancora in coma. Quel pomeriggio non saremmo potute andare con tutti gli altri, quindi avevamo deciso di passare verso le dieci. Un'infermiera... ci ha informate che c'era già un'altra ragazza."

Silena aspettò un pò prima di continuare, il tempo che i due assimilassero la notizia.

"E' stato... un caso -disse Rachel dopo qualche secondo- andavo smepre la mattina, perchè sapevo che voi non c'eravate. Anche perchè io non andavo più a scuola."

"Esatto. Ti abbiamo vista, e ti giuro, abbiamo faticato a riconoscerti. Eri così pallida e magra, non sembravi nemmeno tu..."

Il tono dolce con cui parlava, colpì tutti in quella stanza. Non aveva mai parlato davvero con Rachel, o meglio, non aveva mai parlato con nessuno  di quel gruppo, se non con Piper. Ma a quel punto Drew la bloccò, quasi a voler dire che toccava a lei raccontare.

"Abbiamo pensato che tu potessi star male, quindi siamo venute qui. Rachel, siamo state noi a trovarti quando sei stata male. Io ho sfondato la porta, Silena ha chiamato l'ambulanza. Chrystal ha capito cosa veramente era successo solo quando ci ha visti tutti nella sala d'attesa dell'ospedale, per questo non ti ha detto niente."

"Mi avete salvato la vita."

Silena e Drew si guardarono, per poi sorridere a Rachel. Non l'avevano mai considerata in questo modo, si erano solo trovate al posto giusto al momento giusto.

Drew scese dalla scrivania, avvicinandosi a Ottaviano con le mani posate sui fianchi. Lo squadrò per qualche secondo, poi gli diedi uno schiaffo su una guancia. Il ragazzo si portò la mano sul punto dolorante, guardando l'amica meravigliato.

"Perchè?!"

"COME HAI POTUTO NON DIRCI NULLA? TI SEI RINCRETINITO? CAPISCO NON DIRLO AI RAGAZZI, MA NOI DI CERTO NON TI AVREMMO UCCISO."

SIlena si avvicinò a Rachel, ridendo e sussurrando:

"Voleva fargli questa ramanzina da giorni."

Rachel scoppiò a ridere, osservando la scena di Ottaviano che sembrava farsi piccolo davanti alle urla di Drew.

"Va bene, ho capito! Dai Drew, non hai un pò di pietà per me?"

"Certo, ho sempre avuto pietà per gli idioti."

"Va bene, mi arrendo."

E detto questo, Ottaviano si stese completamente sul letto, sospirando. Dopo qualche secondo di risate, Silena si sedette vicino a Rachel, porgendole la mano, ma l'unica risposta che ricevette fu uno sguardo confuso.

"Ma come, non ti ricordi? -iniziò a dire la maggiore della McLean- ufficialmente, non ci siamo mai prsentate. Abbiamo mangiato solo una volta allos tesso tavolo, tre anni fa. Piacere, sono Silena McLean."

E solo in quel momento Rachel si rese conto di non sapere nulla, anzi, peggio, di aver sempre fatto finta di sapere tutto. Cosa sapeva effettivamente di quella ragazza che si trovava di fronte a lei e le porgeva la mano sorridendo? Che era amica di Ottaviano, che era sorella di Piper, che era fidanzata con Beckendorf. E poi? Conosceva per caso la sua data di compleanni, le sue passioni, il suo colore preferito, cosa le piaceva fare? No, niente. La verità era che Rahcel aveva odiato per anni persone che nemmeno conosceva.

Ed era per questo che si sentì fiera di sè stessa quando strinse la mano di Silena, esclamando raggiante:

"Piacere mio, sono Rachel Elisabeth Dare."



ANGOLO AUTRICE

Penso di aver scritto uno dei miei capitoli preferiti di questa storia. In particolare, l'ultima scena, la stretta di mano tra Silena e Rachel, era una cosa che mi ero prefissata dall'inizio.

Ma ovviamente aspetto i vostri pareri! :D

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Capitolo 22
*** Truth. ***


Erano ormai dieci minuti che Ottaviano aspettava lì, in quel parco, con un peso nel petto che sembrava bloccargli il respiro. Aveva iniziato a camminare avanti e indietro per scaricare l'ansia, ma poi erano iniziati i dolori alla gamba, ed era stato costretto a sedersi su una panchina. Dopo circa due settimane, aveva finalmente tolto il gesso e tutte le bende, ma nonostante le terapie, i medici gli avevano detto che la sua gamba non avrebbe mai ripreso a funzionare come prima. Non poteva più correre o giocare a basket con gli amici, oltre il fatto che ogni tanto gli sembrava di non sentirla nemmeno.
Quando vide anche tutti e quattro i fratelli Castellan arrivare, gli ultimi che mancavano all'appello, iniziò ad agitarsi. Prese il cellulare, cercando di non farsi vedere mentre mandava un messaggio a Rachel.

Da:Ottaviano
A: Rachel
Noi qui ci siamo tutti, voi dove siete?

Da:Rachel
A: Ottaviano
Siamo quasi li, aspetta due minuti.

"Allora Ottaviano, cosa devi dirci?" chiese Luke, sperando che l'amico finalmente gli rivelasse qualcosa. Ottaviano guardò il cellulare, per poi rimetterlo in tasca-

"Ve lo dirò tra due minuti."
 

Rachel ci aveva messo ore a convincere tutti ad andare il quel parco. Non era un loro luogo solito, anzi, era uno dei posti dell'altro gruppo, in più non vedevano nessun motivo per spendere il loro sabato sera lì. Aveva dovuto insistere, dire che c'era qualcosa proprio in quel parco che dovevano vedere, e che era sicura che l'altro gruppo non ci fosse. Il dover dire così tante bugie la stava logorando. L'unica cosa che la mandava avanti era il pensiero che da lì a poco sarebbe finito tutto, nel bene o nel male. 

Rachel guidava il gruppo verso la fontana al centro del parco. Credeva che avrebbe avuto paura, invece più si avvicinava e più le sue gambe andavano veloci. Quando lo vide da lontano, iniziò a correre.

"Eccomi!" esclamò, e Ottaviano si girò verso di lei. Appena la vide tutte le sue preoccupazioni si dissolsero, ed aprì le braccia pronto ad accoglierla. Avevano entrambi preparato un discorso, lo avevano ripetuto più volte, volevano andarci con calma, ma tutto ciò era sfumato non appena si erano visti. Così per la prima volta, si baciarono sotto gli occhi stupiti di tutti i loro amici, che guardavano la scena a bocca aperta senza riuscire a fiatare. E non gli importava di niente. In quel momento non stavano pensando alla reazione degli altri, a come avrebbero affrontato la facendo, niente di ciò. Erano solo loro due, che dopo mesi, erano finalmente liberi. Quando si staccarono, Ottaviano avvolse Rachel con le braccia, come a volerla tenere il più vicino possibile, guardando tutti con aria di sfida. Ed era effettivamente quello che voleva fare: avrebbe affrontato chiunque si fosse messo contro di lui... contro di loro.

Ovviamente, mentre nell'aria c'era ancora tensione e sconvolgimento, le prime a farsi avanti furono Silena e Drew. Entrambe sorrisero ai due, poi si lanciarono in un abbraccio stretto a Rachel. Si misero a fianco a lei, Silena che le accarezzava la schiena come a incoraggiarla, e Drew che con le braccia incrociate aveva lo stesso sguardo di Ottaviano.

"Cosa significa tutto ciò?" sbottò Zoe, con i pugni stretti. Si era stancata di quella patetica scena, voleva spiegazioni.

"Non è ovvio? Io e Rachel stiamo insieme." rispose Ottaviano freddo.

"Rachel... è davvero così?" chiese Percy, dall'altra parte. Rachel per un secondo abbassò lo sguardo, ma poi guardò l'altro dritto negli occhi.

"Si, è davvero così." 

Dopo qualche altro secondo di silenzio, si sentì solo una voce e un rumore di passi.

"Adesso si capiscono molte cose." stava dicendo Piper, avvicinandosi alle due sorelle. Le strinse, per poi poggiare una mano sulla spalla di Rachel e sorriderle. Era quella l'occasione giusta per riappacificarsi con Drew e Silena, lo sentiva. 

"Da quanto tempo va avanti questa storia?" chiese Clarisse. Ma nonostante il suo solito tono rude, più che furiosa sembrava curiosa. Ovviamente, nessuno poteva aver capito gli sguardi silenziosi che si era scambiata con Frank. Quei giorni tra i due figli di Ares erano stati strani, ma belli. Avevano parlato molto, forse per ore, e avevano entrambi scoperto che forse non avrebbero dovuto giudicare subito. Il fatto che Ares avesse deciso di riconoscere Frank come figlio, era una delle migliori cose successe nelle loro vite.

"Da fine settembre..." confessò Ottaviano arrossendo leggermente.

"Che corrisponde a quando sono iniziate tutte le stranezze in effetti..." mentre Clarisse parlava, si stava avvicinando a loro, sotto l'espressione sconvolta di tutti. Nessuno avrebbe mai immaginato che Clarisse fosse d'accordo, che li sopportasse, ma quando videro Frank fare la stessa cosa, iniziarono a capire. Certo, avrebbero dovuto pensarci quando i due si erano abbracciati in ospedale, ma quello era un momento di profonda crisi. 

Frank e Clarisse si sorrisero, poi si misero al fianco dei due fidanzati. Poco dopo, anche Hazel si aggiunse, aggrappandosi al braccio di Frank. 

Rachel per poco non pianse. Certo, si aspettava il sostegno di Drew e Piper, ma non di certo degli altri. Stava iniziando a pensare che le sarebbe anche andato bene così, che era felice, quando Will si fece avanti. 

"Rachel, quella sera, quando sei venuta a dormire da me... era preoccupata, se non peggio. Ha i detto che non potevi dirmi nulla, ma che presto lo avresti fatto. Era questo ciò di cui stavi parlando?" 

Ottaviano guardò Rachel confuso. Non le aveva mai raccontato di ciò. Rachel deglutì a vuoto, facendosi più vicina al fidanzato.

"Fu la notte dell'incidente. Si, è di questo che stavo parlando."

A quel punto Will si mosse, con Nico al seguito. 

"Stavi così male quella sera, e io non ho notato nulla."

"Non è colpa tua. Se avessi detto tutto più presto, molte cose non sarebbero successe."

Will scosse la testa, abbozzando un sorriso.

"Probabilmente, nessuno di noi sarebbe stato pronto se tu lo avessi detto prima."

"Anche se adesso non tutti lo sono." fu l'unica cosa che aggiunse Nico, per poi mettersi al fianco di Hazel. Solo allora Rachel notò che entrambi stavano guardando Bianca, che fissava il tutto con rabbia. Lei non si sarebbe mai mossa, Hazel e Nico lo sapevano, e avevano comunque deciso di lasciarla lì. Rachel si sentiva in colpa per questo, non voleva altri litri tra fratelli, ma non poteva farci nulla.

In quel momento, Silena sbuffò esasperata.

"Charlie, ti muovi o no"? disse al ragazzo. Questo si tinse di rosso dall'imbarazzo, poi si avvicinò a loro, sorridendo a Ottaviano. 

Alla fine, successe. Thalia e Luke iniziarono ad avanzare insieme, fissando Rachel e Ottaviano.

"Beh... -iniziò Thalia- effettivamente, siete una bella coppia." disse alla fine. 

"Mi dispiace ammetterlo, ma sono d'accordo." aggiunse Luke. Quello fu il punto di non ritorno.

"Thalia! Come puoi dirlo?! Proprio tu, che dovresti saperlo.." iniziò Jason, rivolgendo uno sguardo glaciale alla sorella come non aveva mai fatto.

"Rachel non è me, e Ottaviano... non è Luke. Se vogliono stare insieme, che ci stiano."

In quella confusione, nessuno si accorse di Luke che si avvicinava all'orecchio di Ottaviano, sussurrandogli:

"Non siete l'unica coppia nascosta tra i due gruppi." 

Ottaviano lo guardò a occhi sbarrati.

"Ma come..."

"Te lo spiego dopo."

"Perché la colpa dovrebbe essere dal nostro lato?! -urlò Calypso- nemmeno noi vogliamo Rachel al fianco di Ottaviano."

Clarisse si morse il labbro, guardando verso Chris. Lui, per risposta, distolse lo sguardo. Frank non potette far altro che abbracciarla, cercando in qualche modo di consolarla. Clarisse nascose il viso sulla spalla del fratello, così che nessuno notò le sue lacrime.

"Io decido con chi stare! -esclamò Ottaviano- siete i mie amici, vi voglio bene, ma non avete diritto di avere certe decisioni sulla mia vita. E se non accettate il fatto che io sia innamorato di Rachel, la nostra amicizia può finire qui."

"Non puoi essere serio..." disse Katie con le lacrime agli occhi. Travis le appoggiò le mani sulle spalle.

"No, a quanto pare è serissimo."

"Rachel, ragiona." disse Annabeth.

"Lascia perdere tutta questa storia, e torna da noi." aggiunse Percy. Al suo fianco, Reyna annuiva severa.

"Da voi non me lo sarei aspettato -rispose la rossa- nonostante tutto quello che abbiamo passato insieme, nonostante la nostra amicizia, non riuscite ad accettare una cosa tanto normale come il fatto che mi sia innamorata. La verità poi, è che voi Ottaviano nemmeno lo conoscete."

"Rachel, basta così -la fermò Ottaviano- purtroppo, non possiamo obbligare nessuno."

Rachel annuì tristemente, lasciando un ultimo sguardo ai suoi amici. 

"Se è questo che volete, se davvero non vi importa più... andatevene." 

Ci volle qualche secondo, ma alla fine si voltarono e uscirono fuori da quel parco. Beckendorf tenne lo sguardo fisso su di Leo, mentre questo usciva senza nemmeno rivolgergli un'occhiata. Erano di nuovo punto e d'accapo. 

Poco dopo, anche l'altro gruppo se ne andò, senza nemmeno aspettare le ultime parole di Ottaviano. 

Rachel si guardò intorno, gli occhi umani. Lei, Ottaviano, Silena, Drew, Piper, Beckendorf, Frank, Clarisse, Hazel, Nico, Will, Thalia e Luke. A quanto pare si era formato un nuovo gruppo, il terzo.

Nessuno la biasimò quando scoppiò a piangere tra le braccia di Ottaviano.

 

ANGOLO AUTRICE

Forse questo capitolo è più corto degli altri, ma fidatevi che ci è voluta tanta fatica. Spero di essere riuscita a scriverlo al meglio, visto la sua importanza, ma ancora non ne sono sicura. Spero che a voi piaccia comunque. 

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Capitolo 23
*** Third group ***


"Okay, adesso tu mi spieghi come diavolo è successo questo." esclamò Ottaviano indicando la mano di Luke, che stringeva saldamente quella di Thalia. Erano tutti a casa di Rachel, il terzo gruppo, quello formatosi da appena due giorni.
"Non sono il solo a dovere delle spiegazione..." rispose Luke alzando un sopracciglio in direzione del ragazzo,
"Cosa dovrei spiegarti io?! La mia situazione sembra abbastanza chiara..."
"Io però voglio sapere tutto -si intromise Silena, mentre Beckendorf la guardava divertito- come vi siete messi insieme, chi si è dichiarato, quando, dove..."
"Ti prego, stai zitta." la interruppe Drew alzando gli occhi al cielo.
Nel sentire le parole di Silena, Rachel e Ottaviano si scambiarono uno sguardo imbarazzato. Il loro fidanzamento non era stato propio 'romantico', considerando che il tutto era iniziato con una bottiglia di Rum.
Alla scena delle due sorelle Piper rise, anche se non con molta gioia, mentre era seduta a fianco a Clarisse. Sia Jason che Chris avevano rifiutato di appoggiarle, e stranamente le due ragazze sembravano darsi sostegno a vicenda. Nessuno dei due ragazzi aveva più rivolto la parola alle rispettive fidanzate, o forse ormai ex fidanzate.
"Io sarei più curioso di sentire la storia di Luke e Thalia in realtà..." disse Will.
"Io vorrei sapere come una come Thalia abbia perdonato un tradimento. L'ha anche colto sul fatto." continuò Nico, ricevendo uno sgaurdo glaciale dal fidanzato, a cui neppure fece caso.
"La verità è che la colpa è stata di entrambi." disse finalmente Thalia, ricevendo l'attenzione di tutti i presenti. La ragazza si guardò intorno stranita, prima di sospirare e iniziare a raccontare.
"E' vero che io l'ho trovato a letto con un'altra... ma ero talmente arrabbiato da non aver ascoltato le sue parole, nè aver visto chi era l'altra."
Lo sguardò di Hazel si illuminò, come se avesse appena realizzato il tutto.
"Non dirmi che era quella ragazza che ti minacciava solo perchè era innamorata di Luke..."
"...già."
Un verso di stupore si levò dagli altri ragazzi.
"Okay, ma questo cosa c'entra? Non dovresti essere più arrabbiata?" cheise Clarisse confusa.
Thalia rivolse uno sguardo a Luke, come per incitarlo a continuare.
"Quella ragazza era pazza... il mio sbaglio è stato andare a una festa senza avvisare Thalia. E' che non pensavo di tornare tardi, al massimo ubriaco. Ma quella mi ha letteralmente messo qualcosa nel bicchiere! L'ho capito solo il mattino dopo, ho fatto delle analisi che hanno confermato... ma il mio orgoglio mi ha impedito di andare subito a riprendermi Thalia."
Questa volta, ci fu un verso di tenerezza che fece arrossire i due più grandi.
Dopo qualche minuto, però, l'atsmosfera piacevole fu spezzata da Rachel.
"Voi dite... che gli altri cambieranno idea, prima o poi?"
"Non mi interessa." esclamò Clarisse incrociando le braccia al petto, ma tutti notarono come Frank le avvolse le spalle con un braccio.
"Lo spero." fu la risposta di Piper, mentre abbassava lo sguardo iniziando a giocare con i lacci delle sue scarpe.
"Anche io." esclamorono insieme Hazel e Nico, per poi guardarsi e ridacchiare amaramente.
In quel momento, il campanello suonò, e tutti si guardarono sorpresi.
"Rachel, non avevi detto che tuo padre sarebbe stato fuori tutto il giorno?" chiese Ottaviano confuso.
"Infatti è così... Deve essere qualcun altro. Torno subito!" rispose Rachel, uscendo dalla stanza per avviarsi verso la porta d'ingresso. Si era aspettata di trovarsi chiunque, un postino, una girlscout con i biscotti o addirittura qualche cliente di suo padre, ma non di certo Leo.
"Cosa ci fai qui?" chiese freddamente la ragazza appena lo vide.
"Rachel, per fortuna sei a casa! Io... Volevo parlarti."
"Non mi sembra che ci sia molto da parlare."
"Senti... lo so ti abbiamo sicuramente ferita..."
"Ferita?! E tu quello lo chiami ferita?! No, è molto di più. Mi avete letteralmente spezzato il cuore."
"Rachel..."
"Leo, mi avete letteralmente abbandonata solo perché sto con Ottaviano. Dopo aver visto come mi ero ridotta quando lui era in coma, avete avuto il coraggio di voltarmi le spalle."
"Siamo stati dei coglioni, okay? E gli altri lo sono ancora. Ma se io sono qui è perché me ne sono pentito. E anche perché..."
"Perché?"
"Non voglio buttare all'aria tutto quello che ho costruito con Charles per una cosa del genere."
Leo aveva abbassato lo sguardo mentre lo diceva, assumendo un'espressione imbarazzata, ben diversa da quella solita aria furba che aveva. Fu quello a convincere Rachel, che si fiondò su di lui abbracciandolo.
"Ti perdono... Però..."
"Però?"
"Dovrai farti perdonare anche da Ottaviano!" rispose Rachel ridacchiando.
"Oh no... Come sono finito in una cosa del genere?!"
Entrambi scoppiarono a ridere, ma poi Rachel assunse un'espressione molto più seria.
"Vuoi che ti chiamo Charles? Forse dovreste parlare in privato..."
"Si... Certo."
I due fratelli parlarono per molto tempo, forse anche più del necessario. Nel frattempo, Rachel raccontò agli altri ciò che era successo. Ottaviano all'inizio storse il naso, ma poi accettò la situazione. Certo, ormai lo avevano capito tutto che il rapporto tra Charles e Leo era diventanto molto più solido per far accadere una cosa del genere. Tutti li guardarono sorridendo quando entrarono, entrambi con le braccia avvolte intorno alla spalle dell'altro, mentre Charles esclamava:
"Gente, mio fratello è dei nostri!"

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