Le sabbie del tempo

di Lucyvanplet93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


James Vakugan era un uomo fatto di storia, si poteva dire in effetti che la storia stessa scorresse nelle sue vene.
Fin da piccolo i suoi genitori gli avevano riempito gli occhi e la mente con storie e leggende di ogni tipo, sua madre amava ripetere che la storia attraversava i rami del loro albero della vita, le dinasti e le tradizioni si erano mescolate tra loro senza sosta, fino ad arrivare al suo tempo.
Sua madre amava chiamarlo spesso Pangu, il gigante che aveva creato l’universo e che poi si era diviso in tante parti diverse, dal suo respiro aveva creato le nuvole e il vento, dai suoi occhi il sole e la luna, dalla sua voce il tuono e dal resto del suo corpo erano nati i fiumi, i laghi e le montagne.
“Tu sei un po’ come lui, dentro di te hai una piccola parte di tante terre, hai gli occhi del mare, la pelle del deserto e il corpo delle montagne.” Il piccolo James non aveva mai capito bene le parole di sua madre Mary. Come poteva un bambino essere terra ed acqua.
“un giorno quando crescerai capirai quello che voglio dirti… Intanto limitati ad assecondare le fantasie dei tuoi vecchi genitori.” E poi aveva riso, il sorriso più luminoso che una madre potesse dedicare a suo figlio.
Erano gente povera di denaro i Vakugan, ma ricca di tradizione. Il padre di James, Albert era un uomo onesto, buono lavorava nelle miniere di carbone della Colombia, nonostante fosse un uomo di umili origini sapeva leggere e scrivere e così aveva insegnato a farlo a suo figlio, come suo padre aveva fatto con lui.
“arriverà il giorno in cui io non avrò più nulla da insegnarti e dovrai imparare da solo, la grande madre Atena ti mostrerà la via e tu imparerai ciò che sai a coloro che verranno dopo di te.”
James aveva imparato dai libri, che la vita era un ciclo, da tutto nasceva qualcosa, il mondo era un equilibri perfetto che solo l’uomo alterava con le sue intromissioni, tutte le catastrofi, le guerre e gli abomini erano stati perpetrati dall’uomo.
La natura era un identità perfetta, non sbagliava. Mai.
Albert aveva insegnato a suo figlio anche a non vergognarsi mai di ciò che era, a che se gli altri bambini lo prendevano in giro perché non aveva vestiti nuovi come gli altri, libri di seconda mano o scarpe pulite.
“devi andare fiero di ciò che sei dentro non di quello che mostri fuori!” E così aveva fatto, senza mai piangersi addosso, impegnandosi in ciò che faceva. Il buoi della vita però può coglierti in qualsiasi momento, anche durante il momento più luminoso della tua vita.
La notizia della morte di Albert, quando James aveva solo tredici anni, era arrivata in pieno giorno, una galleria della miniera, era stata appena scoperta e necessitava di un sopralluogo, chiunque avesse avuto il fegato di esplorarla avrebbe ricevuto il doppi del salario stabilito.
“E’ stato il primo ad offrirsi…” aveva detto l’uomo nero sulla soglia di casa. Un blocco di carbone si era staccato dal soffitto, sbarrando ogni via di scampo dalla miniera e travolgendo tutti coloro che erano all’interno.*
“Non ci sono tracce di suo marito, signora…” Mary aveva sorriso, ringraziando l’uomo per averle restituito i pochi effetti personali del marito. Non una lacrima era scesa dai suoi occhi, com’era possibile che lui non riuscisse a smettere di piangere e singhiozzare mentre sua madre restava impassibile, come poteva non importarle niente di suo padre perché anche lei non era distrutta dal desiderio di urlare e distruggere tutto ciò che la circondava, perché lo aveva fermato quando si era scagliato con rabbia contro quell’uomo nero urlandogli che suo padre non era morto e che lui era solo un bugiardo.
Perché lei non era triste, perché lei non piangeva?
“Smettila di piangere James! Non devi! Tuo padre è in un posto migliore ora e so che pensi che nulla sia più buio della morte ma ti sbagli! Svegliarsi ogni giorno di notte per chiudersi in una miniera e tornare a casa di notte, con la certezza nel cuore di non essere riuscito a dare una vita decente alla tua famiglia è quasi più buio della morte. Tuo padre ha finito il suo tempo sullo Yin per raggiungere lo Yang, ora sarà nei campi dell’Elisio ad aspettarci, prima o poi saremo felici ed insieme di nuovo.” James non aveva risposto, si era limitato a guardare gli occhi verdi e lucidi di sua madre ed aveva capito. Dovevano essere forti per entrambi per sorreggersi quando uno dei due fosse caduto.
E così avrebbero fatto.
“Ricorda quello che ti diceva tuo padre, non arrenderti mai nemmeno di fronte alle difficoltà, vivi a testa alta senza rimpianti.”
I tempi che seguirono non furono certo facili per la famiglia Vakugan, per riuscire a far studiare suo figlio Mary lavorava dalla mattina alla sera, non importava quali fosse il tipo di lavoro, l’importante era guadagnare lo stretto necessario per sopravvivere.
Nel frattempo James imparava, ed era bravo.
Era appassionato di storia la stessa che lo aveva sempre accompagnato fin da quanto era poco più di un bambino, i miti e le leggende che i suoi genitori gli raccontavano quanto era piccolo e che allora sembravano così assurde ed insensate iniziavano ad avere un senso, si era ripromesso che le avrebbe raccontate a più gente possibile, avrebbe fatto in modo che tutti conoscessero quelle storie, o che almeno le avessero sentite nominare o sussurrare dalle voci soffuse degli anziani.
James Vakugan dopo anni di sacrifici aveva raggiunto il suo obbiettivo, aveva mantenuto la promessa fatta a sua madre nel letto di morte: “promettimi che non rifarai la stessa vita dei tuoi genitori, sii buono con il prossimo ma non chiedere mai niente a nessuno, non vivere una vita miserabile come la nostra. Il più grande tesoro mio e di tuo padre sei stato tu, rendici fieri e sappi che noi saremo sempre accanto a te, anche se non potrai vederci, anche se non saremo presenti fisicamente accanto a te noi veglieremo da lassù… Non essere triste per me, rivedrò tuo padre finalmente, sto davvero andando in un posto migliore…”
Non ci furono grandi cerimoni per il funerale della vedova Vakugan, nessun parente, nessun amico, solo James ormai diciottenne e il prete che pronunciò la funzione, nessuna lapide maestosa o corone di fiori dai colori sgargianti. Solo una croce di legno ed un mazzo di margherite.
James ricordava bene quel giorno, pioveva il piccolo cimitero era deserto c’era solo lui a far visita a suoi genitori. Era triste, ma sapeva che finalmente i suoi genitori erano di nuovo insieme.
Anche se la malattia di sua madre era riuscita a sconfiggerla nel fisico sapeva che niente e nessuno avrebbe mai sconfitto il suo spirito.
James ora era un uomo, aveva mantenuto la sua promessa era diventato qualcuno, aveva studiato e sudato per arrivare dove era ora, si era laureato con il massimo dei voti riuscendo ad essere il migliore del suo anno.
Probabilmente molti anni fa se gli avessero detto che sarebbe diventato importante proprio grazie alle storie che gli raccontavano i suoi genitori, sarebbe scoppiato a ridere, era diventato uno storico e scritto re affermato, i suoi libri erano letti in tutto il mondo, tradotti in diverse lingue e amati da ogni generazione.
Stava invecchiando James ma era felice, sentiva di aver lasciato qualcosa delle radici, sapeva che la sua storia non sarebbe morta con lui ma che sarebbe continuata a vivere anche grazie a quegli occhi verdi che ora lo guardavano con entusiasmo. “ma nonno le mummie non esistono, lo dicono anche a scuola sono solo leggende e le leggende non sono mai storie vere!” il vecchio Vakugan aveva riso di fronte all’ostinata convinzione di sua nipote.
“impara piccola che in ogni leggenda c’è un fondo di verità, poi sta a chi ascolta decidere cosa è vero e cosa è falso…” La piccola dagli occhi verdi non sembrava convinta e la storia che suo nonno le stava raccontando non riusciva ad avere senso alle sue orecchie. In quei momenti gli ricordava se stesso da piccolo. “non stare troppo a riflettere su quello che ti dice il nonno, in fondo le mie sono solo le storie di un povero vecchio!”
“ma tu non sei vecchio! Sei il nonno più giovane del mondo!” esclamò tirandogli i baffi. James rise, quella bambina era la cosa più bella che la vita potesse regalargli. “Mi luz, lascia in pace il nonno, è ora di andare a dormire, si è fatto tardi!” Una donna dalla carnagione scura e gli occhi color cioccolato e i lunghi capelli castani se ne stava appoggiata alla porta e sorridente osservava la scena che aveva davanti, non sapendo bene chi dei due fosse il più bambino, se il nonno con la coperta sulla testa o la piccola seduta sulle sue gambe.
James glielo aveva ripetuto mille volte, una storia raccontata senza una coperta sulla testa non era una vera storia, sarebbe mancata l’atmosfera.
“tua madre a ragione, si è fatto tardi, è ora che tu vada a fare la nanna!”
“ma io non ho sonno!!” piagnucolò.
“Non fare i capricci, non vorrai mica fare arrabbiare la mamma vero?”
La bimba alla fine si convinse e a malincuore scese dalle gambe del nonno avviandosi verso la domestica che stava sorridente alle spalle della madre. Prima di uscire dalla stanza però si blocco all’improvviso, per poi tornare sui suoi passi per raggiungere l’uomo e scoccargli un bacio sulla guancia. Poi tutta felice la piccola peste si fiondò tra le braccia della giovane domestica.
“mi dispiace che ti tenga sveglio fino a quest’ora!” Si scusò la giovane donna.
L’uomo sorrise benevolo alzandosi dalla sua poltrona per avvicinarsi. “Non devi preoccuparti Nina a me fa solo piacere, mi fa sentire vivo!”
“Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che fai per noi…”
“Oh suvvia non dire sciocchezze…” L’uomo di avvicino di più prendendola per le spalle. “non c’è nulla che non farei per voi, siete la mia vita ormai, tu tua figlia e le persone che lavorano e vivono in questa casa sono la mia famiglia!” Vakuagan prese Nina sottobraccio avviandosi verso le due poltrone in pelle che stavano davanti al camino, quella stanza emanava un calore particolare, le imponenti librerie di mogano che stavano addossate alle pareti circondavano l’arredamento della stanza, una massiccia scrivania torreggiava la centro della stanza e l’enorme camino riscaldava tutto intorno. La coperta abbandonata sulla poltrona del vecchio era illuminata dalla luce del fuoco che scoppiettava vivace.
L’uomo e la donna si sedettero l’uno di fronte all’altro, godendosi un po’ di quella calma. “Ti manca molto, non è vero?” iniziò l’uomo dopo un po’ notando l’espressione assorta di Nina.
“A te no?” Mormorò senza guardarlo negli occhi. La verità era che si era sempre sentita in colpa per la morte di Peter.
“Ogni giorno, ma sono sicuro che lassù qualcuno si stia prendendo cura di lui. E tu devi smetterla di incolparti per la sua morte, non è stata colpa tua!”
“Ti ho portato via tuo figlio James!” Rispose Nina con gli occhi lucidi.
“Non sei stata tu a portarmelo via, è stata la vita a portarmelo via…” James posò la sua grande mano callosa su quella piccola e liscia di lei. “Ma mi ha anche donato sue angeli meravigliosi come voi, sei come una figlia per me e quella piccola peste è la mia ragione di vita, in fondo gli dei non sono stati così crudeli con me!”
Nina sorrise tornando a guardare il fuoco che si stava lentamente spegnendo. “Sei un uomo buono James, lo sei sempre stato…” Si sorrisero per poi tornare in silenzio ognuno perso nei suoi ricordi, e quella casa ne era piena, i suoi genitori sarebbero sicuramente stati felici di vedere come si era sistemato e chissà magari ora se ne stavano seduti intorno ad un tavolo ad ascoltare le storie suo figlio, magari gli stava raccontando di come aveva conosciuto Nina.
“Vado a dare la buona notte a quel piccolo terremoto, conoscendola non starà dando tregue alla povera Maria…” “Hai ragione, avrà sicuramente bisogno di rinforzi!” Rise sotto i baffi l’uomo.
“dovresti andare a riposare anche tu…”
“Non è ancora ora per me, la notte è giovane ed io devo spettare di prendere quella maledetta medicina!!”, “questi medici, non sanno fare altro che imbottirti di farmaci, un buon goccio di rum sarebbe la medicina perfetta in questo momento!” Nina alzò gli occhi al cielo nonostante l’età avanzata quell’uomo aveva uno spirito d’acciaio, era inossidabile, ed anche tremendamente cocciuto.
“Non lamentarti, lo sai che è per il tuto bene!” Il Vecchio Vakugan sbuffò, per poi augurarle una buona notte, Nina sorrise e poi lo baciò con affetto sulla guancia.
James continuò per un po’ a guardare il fuoco che ormai si era ridotto ad una debole fiammella che emanava una fioca luce all’interno della stanza. Si ritrovò a pensare che in fondo lui non fosse tanto diverso da quella piccola fiamma d’energia, la sua vita era ormai agli sgoccioli, era vecchio ormai non aveva più molto da dare, ma se ne sarebbe andato sereno, in fondo si era riscattato aveva avuto una vita tutto sommato felice e senza esclusione di colpi, aveva lottato ed aveva vinto, ma aveva anche perso e la morte non sarebbe stata una sconfitta, avrebbe rivisto suo padre, sua madre e suo figlio.
Si alzò dalla poltrona sorridendo, magari per quella sera avrebbe potuto fare a meno della medicina, si avviò in cucina con il pensiero che un bel bicchierino di rum lo avrebbe fatto dormire sicuramente meglio di una schifosa medicina.

*Ho preso spunto dalla novella Rosso Malpelo, di Giovanni Verga, spero che il famoso autore possa perdonarmi.
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti, inizio subito col ringraziare tuti quelli che hanno avuto il coraggio di arrivare fino in fondo, vi ringrazio e vi chiedo scusa, ma ehi, non è colpa mia se di notte non dormo e mi vengono in mente queste idee assurde, prendetevela con la mia insonnia non come me. E’ un po’ corto lo so ma è soltanto il prologo ed ho voluto presentarvi un po’ in generale e a grandi linee, la storia. Sarei davvero molto felice di sentire la vostra opinione, accetto qualsiasi osservazione critica o positiva che sia ho bisogno di migliorare e mi farebbe piacere se voi mi aiutaste. Ditemi quello che ne pensate, devo continuare oppure appendere la tastiera al chiodo? (??) Aspetto con ansia il vostro parere, vi prego, vi scongiuro fatemi sapere cosa ne pensate. Bene ora sparisco, alla prossima. (perdonate eventuali errori ho riletto tutto un sacco di volte, spero di non aver lasciato nulla)
Baci Lucy <3
P.S. In futuro probabile OOC

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Avvertenze: (sembra di essere in un foglietto illustrativo.) Salve a tutti, sono finalmente arrivata con il secondo capitolo, sono in ritardo lo so, e continuerò ad esserlo sappiatelo! In questo capitolo vi presenterò un po’ la mia protagonista, niente di che insomma. L’idea di questa storia è assurda me ne rendo conto e per ora non c’è molta carne al fuoco che vi possa far capire cosa frulla per questo mio cervellino bacato, ma più avanti capirete davvero mi augurerete di dormire la notte invece che partorire certe idiozie. Ora vi lascio al capitolo e per chi sarà così coraggioso da finirlo mi troverà alla fine XD Buona lettura.
 
 
 
 
Se c’era una cosa che Angelia odiava, quella erano gli aerei.
Erano sempre strapieni e le persone se ne stavano stipate nei loro minuscoli sedili come sardine, certo lei avrebbe potuto benissimo permettersi una poltrona in prima classe, ma la sostanza non cambiava. L’aria era consumata e sembrava di essere sotto vuoto.
Non aveva paura di volare questo no, e poi l’aveva già fatto un centinaio di volte era abituata a viaggiare, ma il viaggio in aereo era il peggiore, al decollo ti sentivi come se qualcuno ti avesse messo in un barattolo e stesse cercando di chiudere il coperchio a forza, nonostante il contenuto evidentemente eccessivo. Odiava quella fastidiosa sensazione delle orecchie tappate che fischiavano come matte, sensazione peggiorata dal vicino sessantenne che russava sonoramente. Più di tutto però odiava il caldo, perché non c’era aria condizionata che reggesse, in quegli abitacoli infernali faceva caldo. Troppo.
Non vedeva l’ora di scendere a terra, probabilmente avrebbe avuto un giramento di testa appena si fosse messa in piedi e lo stomaco le si sarebbe rivoltato come uno zerbino, ma l’aria fresca, il sole e soprattutto uno spazio non limitato da delle lamiere di ferro, l’avrebbero fatta sentire sicuramente meglio.
Il lato positivo di viaggiare in aereo Angelia proprio non riusciva a vederlo, si certo era il mezzo più rapido per raggiungere mete lontane, ma nessuno aveva mai calcolato il fatto che se abiti distante dall’aeroporto, devi svegliarti all’alba per presentarti almeno trequarti d’ora prima per fare il check-in, bisogna imbarcare il bagaglio, non prima di averlo incelofanato per bene, onde evitare di ritrovarlo distrutto una volta atterrati. Per fortuna aveva imparato a viaggiare leggera perciò aveva evitato la trafila davanti al banco della hostess tutta tirata che con aria seccata ti informava che avevi superato il limite di peso consentito e sorridendo poi cordiale ti chiedeva di pagare un sostanzioso supplemento. Non aveva quindi dovuto trascinarsi dietro una borsa, che più che una borsa sembrava un incudine per peso e dimensioni, che avrebbe sicuramente procurato una lombalgia acuta al poveretto/a che l’avrebbe dovuta trasportare fino alla stiva.
Proprio non riusciva a vedere il lato positivo del viaggiare in aereo.
Meglio i treni sicuramente.
Ma Angelia avrebbe sopportato tutto pur di riuscire a vederlo. Non aspettava altro, in fin dei conti era stata la sua prima cotta da quindicenne, chi non si era mai innamorato di qualcuno vedendolo dalla televisione? A quell’epoca aveva dichiarato con forza, ad una madre che l’ascoltava più che divertita, che una volta diventata maggiorenne sarebbe andata a cercarlo e se lo sarebbe sposato. E per i primi due anni era anche riuscita a restare ferma sulle sue convinzioni, ma poi era cresciuta e con il tempo si sa le cose cambiano ed anche i desideri, aveva trovato un ragazzo ed aveva dichiarato anche quella volta che lui l’avrebbe portata sicuramente all’altare.
Era a anche vero pero che non tutte le cose, molte, non durano per sempre.
Così quando aveva beccato il suo fidanzata a letto con un altra il giorno dell’anniversario del loro primo anno insieme aveva momentaneamente accantonato l’idea del matrimonio.
Finalmente avrebbe incontrato il suo idolo, nonostante si fosse arresa all’idea di averlo come marito, Angelia non aveva smesso di seguirlo in ogni sua avventura, aveva ritagliato foto ed articoli di giornale su di lui, seguiva ogni programma in cui fosse presente od anche solo accennato, per lei era una persona da ammirare, era coraggioso, spericolato e temerario non aveva compiuto nemmeno trent’anni e la prima volta che lo aveva visto in televisione ne aveva compiuti venti solo da pochi giorni, nonostante la sua giovane età, nel giro di dieci anni si era fatto la fama di uno dei cacciatori di tesori più famosi al mondo, aveva esplorato di tutto, aveva girato mezzo mondo scoperto reliquie e tesori in ogni angolo della terra ed aveva riempito i musei più famosi del pianeta.
Era uno spirito libero ed aveva un aria ribelle, sembrava un pirata.
E poi era anche bello, il che non guastava.
Così quando aveva letto su una delle sue tante riviste di approfondimento, che il grande cacciatore di tesori, avrebbe tenuto una conferenza su degli scavi Aztechi da lui recentemente scoperti, non si era lasciata sfuggire l’occasione ed aveva preso il primo aereo per Parigi.
In fin dei conti non si era ancora preso il giusto riposo post laurea e cosa c’era di meglio di un bel viaggio estivo in Francia.
Finalmente dopo ben dieci ore di viaggio ed uno scalo, la terra francese si scorgeva al di sotto delle nuvole, la Torre Eiffel si ergeva come un faro al di sopra di tutto il resto, non vedeva l’ora di scendere a terra, se non avesse avuto paura di essere presa per pazza avrebbe volentieri baciato la pista di atterraggio una volta scesa. Più l’aereo scendeva, più la sua impazienza cresceva, voleva scendere a terra voleva muoversi, non riusciva più a stare ferma, la stanchezza di dieci ore di viaggio era niente in confronto all’euforia di quello che l’aspettava fra poche ore.
Finalmente dopo un tempo che ad Angelia parve infinito la voce multilingue della Hostess avvisava i gentili passeggeri che fra pochi minuti sarebbero atterrati nell’aeroporto parigino, raccomandando anche di tenere allacciate le cinture fino al completamento dell’atterraggio.
L’atterraggio non fu dei migliori, il rumore delle ruote che sfregavano sull’asfalto rovente della pista di atterraggio arrivarono nitide all’orecchio dei passeggeri, svegliando anche, finalmente, il vicino di Angelia che con un grugnito aprì gli occhi guardandosi intorno spaesato.
“Nous sommes arrivès?” Domandò in un francese biascicato.
“Oui, monsieur!”
L’uomo sorrise ringraziandola gentilmente.
Un’altra cosa che Angelia Odiava degli aerei era la discesa una volta arrivati.
Tutti che si spingevano per recuperare il bagaglio a mano da sopra il sedile e alla fine il primo ad essersi alzato era l’ultimo a scendere dall’aereo, perché rimasto imbottigliato nel traffico dei passeggeri.
Angelia aspetto pazientemente al suo posto, che il corridoio centrale si liberasse da un po’ del via vai di valige e persone. Prese tranquillamente il bagaglio riposto sotto al sedile e quando la maggior parte dei passeggeri fu scesa, la ragazza si apprestò a fare lo stesso.
Felice di poter finalmente vedere il cielo senza dover guardare fuori da dietro un oblò, prese un profondo respiro sgranchendosi le gambe, seguì la piccola folla che ordinatamente si dirigeva all’interno dell’aeroporto e seguendo le indicazioni si diresse con calma verso l’uscita, afferrò il cellulare, acceso subito dopo l’atterraggio, lasciò un messaggio alla domestica che aveva risposto dicendole che sua madre stava dormendo, iniziando poi a scrivere un messaggio digitando poche parole sulla tastiera.
Ora la prima cosa da fare era cercarsi un taxi.
Il cellulare vibrò.
sono viva? Ti sembra il modo di avvertire qualcuno che sei arrivata a destinazione?!” Esclamò la voce femminile dall’altro lato del telefono.
“cosa avrei dovuto scriverti?” Domandò.
“un semplice: sono arrivata. Sarebbe stato più gradito!”
“Va bene mamma, la prossima volta farò come dici tu…”
“E smettila di chiamarmi così!! Piuttosto l’hai chiamata per avvertirla che sei atterrata?”
“Ho lasciato un messaggio. Stava dormendo!”
Pausa.
“Allora sei pronta ad incontrare il tuo grande amore?”
“Quando la smetterai con questa storia? Sono passati dieci anni!”
“Saranno anche passati dieci anni ma i tuoi capelli sono rimasti uguali!”  Ridacchiò l’amica dall’altro capo del telefono.
“Te l’ho già spiegato un milione di volte, sono comodi così!”
“Si, si va bene, come vuoi tu!” Angelia poteva immaginare la sua aria annoiata. “Comunque, fammi sapere quando lo vedi, se è davvero così oppure è tutto fumo e niente arrosto, non sono fissata come te ma ci vedo bene!”
“tranquilla, sarai la prima a saperlo!” Posizionando l’apparecchio tra la spalla e l’orecchio, alzò una mano per fermare un taxi.
“Bene, aspetterò con asia la tua telefonata! Ciao Angie!”
“Ciao Jess!” appena chiusa la telefonata, salì sulla BMW che si era fermata a pochi passi da dove si trovava.
L’autista mulatto, che doveva provenire dal quartiere marocchino di Parigi, le sorrise cordialmente domandandole dove fosse diretta.
 
L’Hotel Du Mont Blanc era un piccolo albergo a pochi metri da Notre-Dame, gli interni erano molto pittoreschi, con pareti in legno e pavimenti in marmo, l’ingresso del ristorante dava direttamente sulla strada, non era molto grande ma era molto accogliente, un ambiente caldo e confortevole i tavoli erano apparecchiati con grandi tovaglie bianche e sedie in pelle scura.
La ragazza della reception era la tipica parigina, mora capelli a caschetto, carnagione chiara, occhi scuri e con la tipica aria malinconica che, secondo Angelia, avevano la maggior parte delle ragazze del luogo.
Sorrise gentile e con quel tono di voce basso e una leggera erre moscia, le aveva indicato la sua stanza, informandola che la cena sarebbe stata servita alle 9.
Ad Angelia non importava molto a che ora sarebbe stata servita la cena, non sarebbe rimasta molto in albergo avrebbe probabilmente vagabondato per la citta fino a tardi perdendosi nel guardare i volti delle persone che si muovevano ordinatamente per le vie intricate di Parigi. Non amava particolarmente quella città, le sembrava tutto eccessivo. Tuto troppo grande si sentiva schiacciata da tutti quei monumenti mastodontici che torreggiavano minacciosi su di lei.
Parigi aveva una aria malinconica, mentre girovagava per le vie si soffermava a guardare i volti dei tanti uomini e donne seduti nei piccoli bar del centro, sembravano tutti così annoiati sempre troppo impegnati a mantenere un’aria  indifferente e pacata, guardandosi intorno vedeva tanti volti diversi eppure tutti uguali.
 Coglieva ogni tanto frammenti di discorsi che volavano sembrare profondi ed anticonformisti, ma che poi alla fine venivano resi banali dall’abbigliamento omologato e modaiolo. Non erano poi così diversi dagli altri i parigini.
Però c’era una cosa che amava profondamente di Parigi, Notre-Dame.
Era qualcosa di stupendo, ogni volta si soffermava ad osservarla a bocca aperta, non riusciva a fare a meno di domandarsi come si sia potuta creare tanta maestosità, la cattedrale emanava un fascino tutto suo, nutriva un timore referenziale nei suoi confronti era qualcosa che ti lasciava senza parole, per lei era l’esatta definizione di bellezza.
Ti riempiva gli occhi e il cuore lasciandoti senza fiato.
Per questo ora mentre saliva le scale dell’Hotel si sentiva felice per aver scelto quel posto dal quale si poteva avere una visuale perfetta dell’edificio. Si fermò alla fine delle scale intenta a guardare fuori dalla finestra con occhi sognanti, da li a poche ore ci sarebbe entrata, per sentir parlare il suo eroe delle sue avventure, era un’accoppiata perfetta, il posto che preferiva in assoluto al mondo e l’uomo che ammirava con tutta se stessa.
Sarebbe stata una giornata memorabile.
Mentre si avviava verso la sua camera una figura in jeans e felpa nera la urtò accidentalmente.
“Oh, mi scusi, andavo di fretta!” Si scusò. “Sa per caso dov’è il bagno?”
“Non si preoccupi. Comunque il bagno lo trova in fondo al corridoio a destra!” La voce di quel ragazzo le era familiare, solo non riusciva a ricordarsi dove l’avesse sentita.
“La ringrazio, devo essermi perso…” Angelia osservo perplessa il ragazzo incappucciato e con gli occhiali da sole. Era decisamente un tipo strano.
“E’ ospite dell’albergo?”
“Si!”
“E non c’è un bagno nella sua stanza?”
“certo che c’è! Solo che non riesco a trovare la mia camera…”
“oh, capisco…”Si, era proprio strano. “Non la trattengo oltre, arrivederci.”
“Arrivederci!” Esclamò con un ghigno, e per la seconda volta Angelia ebbe la sensazione di conoscerlo. Sovrappensiero si avviò verso la sua stanza, come aveva fatto a perdersi in un albergo, non era nemmeno così grande poi.
Si mise in pigiama infilandosi sotto le coperte.
Solo un’idiota poteva perdersi dentro ad una albergo! Come diavolo aveva fatto?
Decise di smettere di pensare uno strano tizio che se ne andava in giro in felpa, con quaranta gradi e con gli occhiali da sole di notte, concentrò i suoi pensieri in qualcosa di gradito, come il fatto che da li a poche ore l’avrebbe incontrato, certo lei sarebbe stata solo una dei tanti appassionati di storia ad essere accorsi per sentirlo parlare delle sue avventure, ma vederlo dal vivo non aveva prezzo.
Si addormentò trovandosi a fantasticare che sarebbe stato bello essere come lui circondato da tanti ammiratori, parlare in pubblico davanti ad un mucchio di gente che non aspettava altro che sentir raccontare le tue storie.
E si, doveva essere proprio una bella vita.
 
 
Angolo “autrice”.
Inizio subito col dire che io non ho nulla contro Parigi, solo che, non so perché a me da questa sensazione, ci sono stata diverse volte quindi un po’ la conosco, ed ogni volta mi ha dato quest’impressione.
Non so come mi p uscito questo capitolo, sono un po’ indecisa nel definirlo, non so se mi piace o no, boh. L’ho riletto varie volte e spero di non aver tralasciato niente, se così è stato vi chiedo scusa, ma più di rileggere non so che fare qualcosa me la perdo sempre.
Ora passiamo ai ringrazia mente, ringrazio di cuore magicaemy e Keyra Hanako D Hono per le stupende recesioni, davvero mi avete reso felice <3 <3, ringrazio anche quelli che hanno letto silenziosamente e se in futuro vorrete farmi sapere cosa ne pensate ne sarò felice, anche se il giudizio non sarà pienamente positivo io lo apprezzerò perché un parere buono o meno fa sempre piacere e io devo migliorare.
Ora vi saluto e vi aspetto al prossimo capitolo.
Baci Lucy <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Se c’era una cosa che Zoro odiava, quella era perdersi. Succedeva di continuo.
Come aveva detto quella ragazza? Bastava arrivare in fondo al corridoio e poi girare a destra. Facile. Il bagno sarebbe dovuto essere lì.
Allora come diavolo c’era finito davanti alla porta del ripostiglio per le scope?
Era sicuro di aver seguito le sue istruzioni alla lettera, quindi perché non era arrivato a destinazione?
Era andato dritto e poi aveva girato a destra.
“Dannazione!” Esclamò.
Mentre Zoro continuava ad imprecare, la porta alle sue spalle si aprì.
“Che vi avevo detto? Ero sicura di aver sentito la sua voce!” Una donna dai lunghi capelli neri e gli occhi blu, sorrideva rivolgendosi ai compagni all’interno della stanza.
“Eccoti finalmente! Si può sapere dove diavolo ti eri cacciato?” Sbraitò un'altra ragazza, un po’ più bassa delle prima, con dei lunghi capelli rossi.
“Stavo cercando il bagno!”
“E non potevi tornare in camera?”
“Non riuscivo a trovavi…”
“Come è possibile che tu sia riuscito a perderti dentro ad un albergo?”
“Non sono affari che ti riguardano mocciosa”
“NON RIVOLGELRTI MAI PIU’ COSI’ ALLA MIA DOLCE NAMI!”
Un altro ragazzo dai capelli biondi ed il pizzetto si intromise nella già bizzarra conversazione.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere cuoco da strapazzo!”
“Prova a ripeterlo, inutile marimo!”
“Come hai…”
“Finitela immediatamente voi due!” Nami aveva pensato bene di sedare la conversazione con  due pugni ben assestati.
Decisamente quella era la soluzione migliore.
“Forza entrate, dobbiamo discutere di quello che dirai domani durante la conferenza!” A parlare fu di nuovo la corvina, che non aveva fatto altro che ridere sotto i baffi di fronte alla zuffa dei suoi compagni.
“Sei sempre così dolce Robin!”
“Grazie Sanji!”
Ridicolo! Pensò il cacciatore di tesori.
Zoro entrò nella stanza seguito dagli altri.
Una volta uscito dal piccolo bagno della sua stanza di albergo, si gettò pesantemente sul letto alle sue spalle portandosi le braccia dietro la testa.
Proprio non le sopportava quelle conferenze, per lui erano inutili, tutto quel branco di idioti pronti ad ascoltare le sue storie, a chi importava di quello che faceva sotto terra?
Evidentemente a molte più persone di quanto credesse possibile.
E poi erano noiose. Era tutto tempo sprecato che avrebbe speso meglio dormendo, quello si che era tempo ben speso. Tutte quelle domande porte da individui tutti uguali con l’aria da intellettuali, che scrivevano per un più o meno famoso quotidiano storico, si facevano chiamare giornalisti, ma non erano capaci di distinguere una notizia falsa da una balla colossale.
Sembrava di essere a scuola, e lui la odiava, non era mai stato bravo, per lui era impensabile doversene stare fermo nella stessa posizione per tutte quelle ore senza potersi muovere, per fortuna dopo il liceo aveva lascito tutto scoprendo questa sua “dote”, se così si poteva chiamare, per l’esplorazione.
Si perché  non era un vero e proprio pregio, quando si perdeva riusciva a fare scoperte che nemmeno la persona con il migliore senso d’orientamento del pianeta, si sarebbe mai sognata di potere fare. Gli altri non riuscivano a perdersi in un percorso di 500 m, lui si, così trovava strade che per gli altri erano e sarebbero rimaste sconosciute.
Era stato fortunato ad incontrare Robin, lei era abbastanza conosciuta nel suo ambiente, era un’archeologa famosa, era intelligente ed anche molto sveglia, a lei non interessava il denaro c’era solo il piacere della scoperta, in  fondo erano simili sotto questo aspetto, Zoro non cercava la fama o la ricchezza, quello che a lui bramava era l’avventura, trovarsi di fronte a situazioni impossibili o apparentemente senza scampo e uscirne come nessun altro sapeva fare. Anche per Robin era così, il luccichio che le si accendeva negli occhi quando si trovava di fronte a qualcosa di mai visto prima era abbagliante.
Di certo non si poteva dire lo stesso della sua migliore amica e socia Nami, quella ragazza era avara e taccagna in una maniera vergognosa.
Era una serpe, una ladra strozzina.
Erano insieme in affari già da un po’ ormai e nonostante fossero anche amici, Zoro aveva accumulato un debito nei suoi confronti dalla cifra vertiginosa, oltretutto gli interessi che applicava ai suoi prestiti erano spaventosamente alti.
Però  c’era da dire che era brava nel mantenere il bilancio di quella bizzarra attività.
Ormai chiunque si rivolgeva a loro per le stupidaggini più assurde, c’era addirittura chi li contattava semplicemente per ritrovare un oggetto smarrito.
Alcuni soggetti erano in grado di perdersi un oggetto caro all’interno di una tomba o di una grotta e in molti dei casi non avevano il coraggio di rientrarci, Zoro si domandava come potessero esistere persone capaci di perdere oggetti all’interno delle tombe. Odiava essere contattato per certi tipi di lavoro, però Nami lo costringeva ad accettare, anche perché la maggior parte degli introiti derivava da quel tipo di richieste, si trattava quasi sempre di persone benestanti, agiate che credevano di potersi comprare tutto con il denaro, per loro tutto era dovuto e un no, come risposta non era accettato, Zoro odiava certo soggetti e faceva di tutto per starne alla larga
Fortunatamente però il più delle volte il compito del famoso cacciatore di tesori era quello di esplorare tombe o sotterranei scoperti per caso, nei quali nessuno aveva il coraggio di addentrarsi, perciò in quei casi entrava in gioco lui, l’unico, a detta di molti,  così pazzo e con così poco sale in zucca da addentrarsi in quei cunicoli bui e instabili.
Nel frattempo Robin continuava ad esporre, con la sua solita pacatezza, quello che aveva scoperto riguardo agli scavi Aztechi, sui quali lui avrebbe dovuto discutere durante la conferenza.
Di sicuro quella sua scoperta sarebbe diventata qualcosa in più da studiare per quei poveracci che si sarebbero seduti sui banchi di scuola.
Si sentiva quasi in colpa alcune volte, a fare quello che faceva.
Proprio non riusciva a vederlo il lato positivo di tutta quella storia, se lui fosse stato uno studente, come molti di quelli che venivano ad ascoltarlo, avrebbe sicuramente trovato un modo per fuggire a gambe levate da quel posto.
Alla fine erano in pochi quelli davvero interessati a ciò che avevano da dire, gli unici sarebbero stati gli appassionati e quelli si potevano davvero contare sulle dita di una mano.
Di nuovo era Nami la ragione per cui lui si trovava li in quel momento, perché lo avrebbe ucciso senza tanti complimenti se avesse anche solo provato a sottrarsi a quello strazio, si perché veniva pagato per quei convegni e maggiore era l’affluenza di interessati, più aumentava la sua parcella e con essa i guadagli di Nami.
L’unico lato positivo di quell’assurda storia era stato il viaggio.
Amava volare e i motivi erano tanti, certo, del tutti diversi da quelli del cuoco, che durante tutta la durata del viaggio non aveva fatto altro che decantare la bellezza delle numerose hostess.
A Zoro non interessavano certe cose, non era tipo da correre dietro ad una gonnella a differenza del biondo, e poi di solito erano loro a correre dietro a lui.
Era l’idea del volare che lo esaltava, il solo pensiero di essere distanti migliaia di km dalla terra, sospesi nel vuoto lo elettrizzava, trasmettendogli un emozione unica, si sentiva al sicuro avvolto da quel silenzio (Sanji permettendo),  con i rumori che arrivavano ovattati e sommessi, era una sensazione tremendamente rilassante.
Proprio non capiva coloro che non sopportavo i voli in aereo, erano comodi, veloci e pratici, perfetti insomma. Non riusciva proprio a vederne il lato negativo.
Prestò per un attimo attenzione alla conversazione, così giusto per non sembrare completamente disinteressato, anche se in realtà lo era.
“perciò domani mattina alle 8:00 dobbiamo presentarci alla cattedrale!” Concluse Nami.
“Dove scusa?” Domandò scioccato il verde.
Nami alzò gli occhi al cielo. “A Notre-Dame, Zoro. Possibile che tu non lo sappia?”
“dev’essermi sfuggito.”
Zoro Odiava Notre-Dame. Parigi gli piaceva ma quella cattedrale proprio no.
L’opprimeva, si stagliava minacciosa al centro della piazza, con quelle due torri ai lati che la facevano sembrare superba ed al di sopra degli altri.
Per non parlare poi dell’aspetto che assumeva di notte: tetra ed angosciante, sembrava quasi dotata di una doppia personalità, sembrava viva.
Di giorno era pura e immacolata con quel suo colore beige che le dava un’aria ordinaria, quasi anonima nonostante la sua maestosità. Poi di notte si trasformava mostrando il suo vero volto, da bianco sporco diventava grigio topo e resa ancora più terrificante da quelle luci che la illuminavano donandole un’aria ancora più sinistra.
Quel posto metteva i brividi, non che lui avesse paura. Questo no!
Ma di tutti i posti belli e meno lugubri di quella città, proprio Notre-Dame dovevano scegliere?
Che seccatura.
“E’ tardi, direi che possa bastare, andiamocene a dormire!” Esclamò Robin interrompendo il flusso sei suoi pensieri.
“Robin ha ragione! Noi ce ne andiamo nella nostra stanza, voi due vedete di non combinare danni!”
“tranquilla, mia dolcissima fata, ci penso io s tenere a bada questo buzzurro.” Pronunciò l’ultima parola con disprezzo.
“pensa per te damerino! Ancora non capisco perché ce lo siamo portato dietro!”
“Sanji voleva imparare i piatti della cultura Francese…”
“Esatto Robin, e poi non potevo lasciare andare, due bellissime ed indifese fanciulle come voi, da sole con questo sconsiderato!”
“Falla finita stupido cuoco!” Quelle due, erano tutt’altro che indifese.
“Zoro, smettila in fondo Sanji è stato così gentile ad accompagnarci!” Sorrise Nami.
“Oh, mia dolce Nami mi riempi il cuore di gioia con le tue parole!”
Il verde guardò la scena disgustato. La rossa sorrise nuovamente per poi uscire dalla stanza seguita a ruota da Robin.
La verità era che l’unico motivo per cui lui si trovava li era perché così Nami aveva un suo sguattero personale. Era una strega quella donna.
Zoro si infilò sotto le coperte, non aveva voglia di sentire altro e poi dovevano alzarsi ad un’ora disumana secondo i suoi parametri, non voleva sprecare di certo tempo e soprattutto non voleva sentire un’altra parola uscire dalla bocca di quel cuoco, non vedeva l’ora di tornare a casa sua per dormire nel suo letto da solo, dividere la stanza con quell’individuo era insopportabile, occupava il bagno per ore, era peggio di una donna.
Chiuse gli occhi in attesa che il sonno arrivasse, sicuro che non avrebbe impiegato molto. Sperò di russare, almeno avrebbe rovinato la nottata al suo compagno di stanza, ghignò all’idea della faccia scocciata di Sanji e con questo pensiero si addormentò.
 
Come aveva immaginato la conferenza fu una noia mortale ed una completa perdita di tempo.
Non erano poche le persone che si erano presentate per ascoltare la sua conferenza, questo no, però era noioso lo stesso.
Nami sarebbe stata soddisfatta, avrebbe guadagnato un sacco di soldi da quella giornata.
Non ci furono particolari problemi o intoppi durante la prima parte del suo intervento.
Questo almeno fino a che una ragazza non cominciò a tartassarlo di domande, riuscì a salvare la faccia solo grazie al continuo e tempestivo intervento di Robin. Quella ragazza era davvero un osso duro, poteva fare tranquillamente concorrenza all’archeologa, sembrava essere preparata almeno quanto lei, l’ultima serie di domande inoltre era stata particolarmente insidiosa, ma la corvina sembrava divertirsi, finalmente aveva trovato qualcuno alla sua altezza.
Zoro era riuscito a cavarsela abbastanza bene tutto sommato, durante le prime domande, riuscendo ad uscirne con risposte semplici e concise senza faticare troppo, ma con quella ragazza non attaccava.
All’inizio non ci aveva fatto caso, ma poi quando iniziava seriamente a dargli sui nervi, Zoro l’aveva riconosciuta. Era la stessa ragazza con la quale si era scontrato la sera prima e che gli aveva dato le indicazioni per trovare il bagno dell’albergo.
Fantastico! Avevano alloggiavano anche nello stesso posto.
La sera prima non si era soffermato molto a guardarla. Era una ragazza giovane, avrà avuto più o meno la sua stessa età, forse qualche anno di meno.
Era castana con i capelli corti  e lisci, carnagione scura, sembrava abbronzata, magra abbastanza formosa. Tutto sommato una bella ragazza. Molto bella.
Sanji aveva iniziato a sbavare non appena aveva aperto bocca.
Aveva gli occhi di una grigio chiaro, sembravano un cielo in tempesta, seguiva con attenzione le spiegazioni di Robin senza perdersi nemmeno una sillaba, rispondendo a tono e con entusiasmo. Aveva solo un difetto: era odiosa.
Da quando aveva iniziato a parlare, le sue domande sembravano mirate specificatamente a metterlo in difficoltà, lo faceva apposta ne era certo, era intelligente la ragazza, sembrava aver capito che il cervello di tutto fosse Robin e non lui, e la cosa lo mandava in bestia. Non tanto per il fatto che lo aveva tolto dal centro dell’attenzione, a mandarlo in bestia era il modo in cui gli si rivolgeva.
Chi diavolo si credeva di essere quella mocciosa? Era una presuntuosa so-tutto-io.
Alla fine aveva smesso di rivolgersi a lui e aveva rivolto tutta la sua attenzione su Robin.
Le due donne continuarono per un po’, finché di nuovo la ragazza, che aveva scoperto chiamarsi Angelia, non rivolse nuovamente la sua attenzione su di lui.
“E mi dica signor Ronoroa, è faticoso un lavoro come il suo?” Nel suo tono Zoro, poteva chiaramente leggere una nota di sarcasmo.
“Di sicuro non è adatto alle femminucce tutte casa e studio.” Rispose sprezzante.
Zoro vide la ragazza sorridere leggermente senza scomporsi minimamente, uno scintillio sinistro si accese nei suoi occhi.
“Di sicuro non è adatto nemmeno a persone capaci di perdersi in un albergo alla ricerca del bagno!” Zoro rimase a bocca aperta.
Non aveva aspettato altro, aveva fatto apposta a provocarlo, stava solo aspettando il momento giusto per “smascherarlo” e lui, ci era cascato con tutte le scarpe nella sua trappola.
Maledetta ragazzina.
Ci fu un attimo di silenzio all’interno dell’enorme cattedrale. Il vento che filtrava dalle antiche mura dell’edificio produceva un rumore sinistro, sembrava quasi una risata, anche quel maledetto edificio stava ridendo di lui.
“Ma naturalmente, una ragazza tutta casa e studio come me cosa ne può sapere?” Di nuovo sorrise, sottolineando ulteriormente il fatto che la conversazione riguardava solo loro due.
Prima che potesse ribattere, Nami intervenne in suo soccorso.
“Bene miei cari, che ne dite ora di ascoltare il racconto di una delle tante avventure del signor Ronoroa?”
La platea rimase per un istante in silenzio frastornata dalla piega che gli eventi avevano inaspettatamente preso. Confusione che non durò più di tanto, di fronte all’idea di sentire uno dei sui racconti.
Il cacciatore aveva iniziato a parlare seguendo, quello che ormai era diventato un copione fisso durante quelle conferenze, nonostante non fosse mai stato un tipo di grandi parole, tutti pendevano dalle sue labbra.
La verità era che molte delle persone che aveva davanti sognava di essere come lui, perché tutto sommato lui era libero, faceva quello che gli piaceva come voleva e sapeva anche che molte delle persone che lo ascoltavano avrebbero volto avere una vita come la sua, piena di avventura e di adrenalina.
In fondo non importava loro molto, se le storie che raccontava fossero vere o meno, lui riusciva a farle sognare e questa bastava.
Ma evidentemente non a tutti.
Angelia aveva continuato a fissarlo impassibile, sembrava anche leggermente delusa, se aveva mentito su tutto il resto perché le storie che raccontava sulle sue avventure dovevano essere vere.
Probabilmente Zoro aveva distrutto l’immagine che quella ragazza aveva nella sua mente di se stesso.
In fondo era davvero una ragazzina.
La vide alzarsi in piedi prima ancora che finisse di parlare, la guardò avviarsi con passo lento verso l’uscita di quell’enorme edificio. Si sentì per un attimo in colpa. Ma cosa poteva farci lui? In fondo era il suo lavoro, non stava mentendo lui era davvero quello che rischiava l’osso del collo sotto terra, diceva la verità su quello che faceva.
Non aveva conquistato tutta la sua famo con l’inganno.
Ma era inutile farsi troppi problemi, tanto con ogni probabilità non l’avrebbe mai più rivista.
Era inutile preoccuparsi, no?
 
 
 
Angolo “autrice”.
*Sventola una bandierina bianca in segno di pace*
Sono in ritardo lo so, e vi chiedo scusa, ma è stata un periodo assurdo tra le vacanze di ferragosto, i parenti, lo studio, il lavoro e mamma che non si schiodava dal mio pc è stato un caos in casa mia.
Vi chiedo umilmente scusa, ma sarò in ritardo, ancora, ancora, ancora… E ancora. Abbiate pazienza.
Cooomunque, CIANCIO ALLE BANDE, passando al capitolo, come potete vedere i due si sono incontrati e non è stata una gran cosa, Angelia ha finalmente conosciuto il suo idolo e ne è rimasta delusa, povera piccola, ma mia cara, sei abbastanza grande per credere alle favole no? Come sono cattiva. I due sembrano non sopportarsi, e non so per quanto continueranno a non sopportarsi, bisognerà vedere come sarà il mio umore, il tempo, o la mia bastardaggine XD
Ora vi lascio credo di aver detto tutto, mi scuso se co sono degli errori ma io ho riletto un sacco di volte e spero di non aver tralasciato nulla!
Ringrazio infinitamente Keyra Hanako D Hono per aver recensito, magicaemy per averla inserita nelle preferite ed infine sara98kuki per averla inserita tra le preferite.
Se avete voglia di spendere un attimo del vostro tempo anche solo per insultarmi a me fa piacere, mi farebbe contenta sapere cosa ne pensate e se secondo voi è il caso di chiuderla qui.
Alla prossima Baci Lucy <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


“Te lo giuro Jess… E’ stata una delusione incredibile!” Angelia se ne stava seduta sulla panchina di pietra all’entrata dei giardini Lussemburgo.
“Oh, andiamo che sarà mai!”
“Scusa?! Mi faccio dieci ore di volo solo per scoprire che il mio idolo in realtà è solo un enorme presa in giro?”
“Mamma mia come sei esagerata!”
“Esagerata io? Jess quello è capace di perdersi dentro ad un albergo! Mi spieghi come fa ad orientarsi dentro ad una tomba o ad una grotta?”
“Magari avrà i suoi metodi!”
Angelia scosse la testa mentre lanciava un po’ pane ai piccioni che si azzuffavano per assicurarsi la briciola più grossa.
“Ti dico che ho ragione, non sapeva nemmeno di quello che stava parlando!” Esclamò mentre si accendeva una sigaretta.
“Dio Angelia, non abbiamo mica tutti una laurea in storia!”
“Cosa vuol dire, ma almeno sapere di cosa parli si!” Sbottò tirando una boccata di nicotina.
“Stai fumando?”
Beccata.
“No, che dici!”
“mmmh, non ti credo!”
“Ti dico che non sto fumando!” Affermò mentre gettava il mozzicone dentro la pattumiera vicino a lei.
“Ora no ma prima si!”
“E tu che ne sai!”
“Sento la puzza da qui!”
“Non dire cretinate!”
“E tu non raccontarmi frottole! Ti conosco, so che quando sei agitata cedi al tuo vecchio vizio! Ma poi non avevi smesso?”
“Io non sono agitata! Ed HO smesso!” Sbottò acida.
“…”
“perché non dici niente?”
“E’ meglio se non parlo!”
E’ meglio se non parlo…” Le fece il verso.
Scoppiarono a ridere entrambe
“perciò…”
“Cosa?”
“E’ stata una completa delusione?” Angelia si alzò dalla panchina, cercando, per quanto fosse possibile, di schivare i vari visitatori del parco che facevano jogging senza prestare attenzione a chi vi fosse intorno a loro.
Angelia credeva di essere diventata invisibile.
“Che intendi?” Domandò con finta ingenuità. Sapeva perfettamente dove voleva andare a parare.
“Almeno è bello come in foto?” Appunto.
“Non è quello che conta!”
“Dio Angelia, quanto sei noiosa!! Era bello o  no?”
Angelia sbuffò. “Si Jess era bello!” Senza cervello ma bello, aggiunse mentalmente la ragazza.
“Beh, è già qualcosa!”
Angelia rise, in fondo la sua amica era incorreggibile. “Ora ti devo salutare, vado a farmi due passi per Parigi, visto che devo restare qui fino a domani, perché non approfittarne!?”
“Ben detto sorella, divertiti e rimorchia un bel francese…  che magari abbia acnhe un fratello!”
“Certo Jess, contaci!” Sperava seriamente che avesse colto il suo tono sarcastico.
Oh bene, vado ad organizzare il matrimonio allora!” E con quest’ultima uscita riagganciò.
Angelia ripose il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e con uno sbuffo si alzò dalla scomoda panchina. Girovagò per un po’ nel parco, fermandosi a guardare le papere che popolavano l’enorme laghetto al centro del giardino, respirò a fondo l’aria pulita di quell’enorme polmone verde al centro di una delle città più caotiche del mondo e si avviò verso l’uscita.
Con le mani in affondate nelle tasche del giubbotto marrone, si avviò per le vie di Parigi, osservando i piccoli caffè pieni di gente addossata alle lampade riscaldate intente a chiacchierare intensamente. Osservò la Senna percorrendo il viale abitato dai numerosi artisti di strada che si offrivano di fare ritratti o caricature ai numerosi turisti stranieri.
Si avviò agilmente verso una delle stazioni sotterranee del metrò, mentre schivava funambolicamente i numerosi abitanti parigini indaffarati e sempre di corsa.
Quasi trasportata dalla corrente dello sciame di persone che si avviava ai vagoni del treno, si ritrovò aggrappata ad uno dei pali di sostegno, mentre il mezzo sfrecciava attraverso le vie sotterrane della città. Il vagone si riempiva e si svuotava di gente con la stessa semplicità con la quale Angelia respirava, solo qualche povero turista inesperto rimaneva incastrato a bordo a causa dell’inesperienza e della fretta dei restanti passeggeri, sorrise quando un bimbo di appena cinque anni gli si aggrappò alla gamba per evitare di cadere, ascoltò le cordiali scuse dei genitori pronunciate in un francese stentato, che a giudicare dall’accento dovevano essere spagnoli. Angelia sorrise gentilmente decidendo di metterli a proprio agio, parlando la loro stessa lingua.
Grati di aver trovato qualcuno a loro simile, sorrisero sollevati, decidendo poi di chiedere informazioni per raggiungere MonMatré, Angelia mentì dicendo che erano stati fortunati. Stavano andando nello stesso posto.
In realtà la ragazza non aveva una meta precisa, ma in fondo il Sacro Cuore non era poi così male come meta di svago.
Il Sacro Cuore era semplice da raggiungere, infatti una volta scesi non fu difficile indirizzare la famiglia -che aveva scoperto essere originaria di Madrid- verso l’imponente cattedrale.
Di certo quel posto non aveva lo stesso fascino di Notre-Dame, ma sicuramente era singolare il contrasto che la costruzione creava. L’enorme edifico si stagliava candido e puro al disopra delle confusionarie vie del quartiere marocchino, sembrava quasi un mondo a parte, i colori scuri dei numerosi palazzi di stoffe a più piani facevano a pugni con il verde acceso e i colori sgargianti dei giardini che circondavano la chiesa.
Mentre saliva la ripida scalata che portava all’entrata del monumento, Angelia scorse dall’altro lato dei giardini, la famiglia da cui si era precedentemente separata.
Come era facile da immaginare gli ignari visitatori si erano fatti irretire dai numerosi ragazzi di colore che per pochi spiccioli arraffavano i polsi dei turisti iniziando ad intrecciare braccialetti colorati alla velocità della luce, alla fine senza rendertene conto ti ritrovavi con un souvenir non proprio richiesto e più leggero di qualche moneta.
Angelia aveva imparato ad evitare gli agguati tenendo rigorosamente le mani in tasca e lo sguardo dritto, era facile individuare un turista alle prime armi, di solito erano quelli con il naso all’insù o che si voltavano a destra e a sinistra con aria sospesa, se invece facevi anche solo finta di sapere dove andare muovendoti con passo sicuro il gioco era fatto. Angelia si guardò il polso sinistro sorridendo al ricordo rosso e bianco che lei stessa si era ritrovata addosso senza accorgersene.
Erano anni ormai che lo portava, dalla sua prima visita in terra francese.
La temperatura all’interno dell’edificio era decisamente più bassa rispetto alla norma, ma Angelia piaceva e poi c’era abituata, il Canada non era decisamente un paese dalle temperature estivi, in particolare il Quebec.
Ammirò per diversi minuti i giochi di luce che le enormi e colorate vetrate creavano sul pavimento marmoreo, il silenzio regnava sovrano e gli unici rumori erano prodotti dal vociare sommesso dei turisti e dal rumore delle calzature sul terreno.
Quel posto trasmetteva tranquillità, forse anche troppa.
Terminò il giro e seguendo la scia dei turisti si ritrovò all’esterno dell’edificio, da li a poco si sarebbe messo a piovere, il cielo era plumbeo e i nuvoloni carichi di pioggia minacciavano di scoppiare da un momento all’altro.
Si avvio verso la metropolitana  e prima di essere investita in pieno dall’acquazzone riuscì a rifugiarsi sotto terra.
Il giorno prima non era riuscita a godersi appieno la bellezza di Notre-Dame, così, mentre veniva cullata dai continui cambi di velocità del mezzo si pregusto la lunga e piacevole serata che avrebbe passato nel posto che adorava di più al mondo.
Niente e nessuno poteva disturbare la sua visita questa volta.
Assolutamente niente e nessuno.
 
Come era da immaginarsi i dintorni della cattedrale brulicavano di turisti, alcuni intenti a fare foto ed altri presi ad osservare incuriositi le varie porte della cattedrale. Quel giorno Notre-Dame sarebbe stata aperta al pubblico, perciò in molti avevano colto l’occasione per curiosare al suo interno.
Angelia girovagava per l’edificio ficcando il naso in ogni dove, aveva letto talmente tante storie  e leggende su quel posto che ogni volta che vi metteva piede sperava sempre di riuscire a trovare qualcosa anche lei, purtroppo però ogni volta usciva a mani vuote ed ogni volta non riusciva a fare  meno di restarci un po’ male.
Si sentiva proprio una bambina qualche volta.
Si soffermò ad ammirare la vetrata anteriore rapita dai colori che diventavano più o meno intensi a seconda della direzione della luce, aveva smesso di piovere ormai e in cielo splendeva un timido sole estivo.
Angelia fu distratta da alcuni turisti che stavano discutendo animatamente con un uomo distinto che stava tentando, invano, di farli ragionare.
“Lo so signorina, ed ha perfettamente ragione, ma io non posso farci nulla.” Mormorò a disagio il pover uomo.
“A me non interessa aver ragione, io voglio soltanto i miei soldi. Ora!!” Sbraitò la ragazza con i capelli rossi.
“Le ho già spiegato che la faccenda non dipende da me!”
“ E io le ho già detto che non mi interessa.”
L’ostinata donna continuava ad inveire contro il poveretto che in evidente difficoltà, non sapeva più cosa fare per calmare la rossa tutto pepe.
La ragazza non era sola, ma con lei vi erano altri tre ragazzi: un tipo strano, ma elegante con il pizzetto, una bella donna con dei lunghi capelli neri e… Ronoroa Zoro.
Non era certo felice di ritrovarselo ancora intorno.
I tre assistevano tranquilli alla scena che si parava loro davanti, l’unico leggermente –o meglio molto- agitato era il biondino, che cercava di si di calmare la sua amica, ma nel farlo continuava a volteggiarle intorno con una chiara espressione da ebete e con gli occhi a forma di cuore, il suo atteggiamento però non sembrava sortire l’effetto desiderato a giudicare dal pugno micidiale che la rossa gli sferrò.
“Si tratta solo di aspettare solo alcuni giorni in più… Le assicuro che le faremo avere tutti i suoi solti!” Continuò a ripetere l’uomo mentre guardava atterrito, l’uomo steso a terra.
Iniziava a temere sul serio che la stessa sorte sarebbe toccata a lui.
Angelia decise di avvicinarsi al gruppo, fosse mai che all’uomo servisse protezione e solo dopo un’attenta osservazione si rese conto di conoscerlo.
“Si può sapere che cosa sta succedendo qui?” Intervenne.
Cinque paia di occhi rivolsero la loro attenzione verso la ragazza.
L’unico a riservarle un’occhiata di fuoco fu il cacciatore, mentre gli altri si limitarono ad osservarla incuriositi.
L’uomo che fino ad un momento fa era impegnato a discutere con la rossa, sgranò gli occhi per la sorpresa prima di aprirsi in un largo sorriso.
“Signorina Vak…” L’uomo si bloccò alla vista dello sguardo di rimprovero che la giovane gli lanciò. “ Cioè volevo dire, signorina Sanchez che piacere rivederla!”
“Il piacere è tutto mio Thomas!” Rispose tornando a sorridere. “Allora… Mi vuoi spiegare che succede?”
“Succede che il nonnetto qui non vuole pagarmi!” Si intromise di nuovo la rossa.
Angelia soffocò una risata davanti all’espressione offesa di Thomas, per il nomignolo affibbiatogli.
“Signorina la prego di moderare il linguaggio, le ho già spiegato che non dipende da me!” Continuò leggermente piccato.
“Se posso…” Angelia si rivolse alla rossa restando in attesa.
“Nami, mi chiamo Nami!”
“Se posso Nami, ti assicuro che il mio vecchio amico qui è una uomo di parola e se non può pagarti i questo preciso momento deve esserci un motivo più che valido!”
“E’ esattamente quello che sto tentando di spiegarle! Io e la mia testa giornalistica ci siamo impegnati ad organizzare la conferenza che si è tenuta ieri in questo edificio…” Iniziò rivolgendosi ad Angelia.
“Si lo sapevo… c’ero anch’io!” annunciò scoccando un’occhiata risentita al verde, che in risposta ghignò sfacciatamente.
“Oh, allora avevo ragione… Sei tu la meravigliosa creatura che ieri alla conferenza è stata trattata in modo irrispettoso dal marimo!” intervenne il biondino che fino a quel momento era rimasto accasciato al suolo, ma che ora sembrava essersi completamente ripreso mentre si avvicinava spargendo cuoricini ovunque.
“Ehi è stata lei a cominciare!” Si giustificò il diretto interessato.
“Un vero gentiluomo non offenderebbe mai una donna, in nessun modo!” Esclamò furente verso il compagno.
La sfuriata dell’uomo non durò  lungo, Nami si prodigò a stroncarla sul nascere tramortendolo con un altro pugno. Quella donna faceva quasi paura.
“Sei insopportabile Sanji!”  Urlò la rossa. “Però ha ragione, tu sei quella che ieri è quasi riuscita a mettere in difficoltà lo nostra Robin!” Esclamò colpita.
“E’ stato divertente parlare con qualcuno che sapeva quel che diceva!” Rispose sorridendo, e scoccando un’altra occhiata sarcastica al verde.
“Il piacere è stato mio!” Sorrise in risposta la corvina.
“Tornando a noi, qui c’è ancora il problema del mio compenso…”
“Glielo detto signorina deve solo aspettare ancora un po’!”
“Ma io non ho la minima intenzione di aspettare un minuto di più!”
“Perché non puoi pagarla Thomas?” Domandò Angelia.
“Vede signorina Sanchez il fatto è che momentaneamente non disponiamo di liquidità, il compenso era rappresentato dall’incasso della conferenza, ma noi non abbiamo ancora riscosso perciò non sappiamo come pagarla!”
“Quanto dovete a Nami?”
“La metà del totale…”
“potrei pagare io…” Propose Angelia.
“E’ fuori discussione, non glielo chiederei mai!”
“Perché no? Vedila come una donazione, ho anche con me il libretto degli assegni, non è un problema.”
“Sul serio potresti pagarmi tu?” Domandò Nami con occhi sognanti.
Angelia annuì.
“Signorina la prego…” Cercò di opporsi Thomas.
“A me non costa nulla… Sei amico della nostra famiglia da anni, mi fa piacere aiutarti!”
“Non so come ringraziarla!”
“No devi farlo.” Sorrise.
Una volta firmato l’assegno, con su scritta la cifra dovuta, la ragazza si avviò verso Nami consegnandogli il pezzo di carta.
“Ecco qui!”
“Ti ringraziò!” Esultò. “Non sai quanto ti sto adorando in questo momento! Piuttosto non sappiamo nemmeno il tuo nome…”
“Il mio nome è Angelia!”
“piacere di conoscerti Angelia!”
 Sorrise raggiante Nami.
“ Ma che bellissimo nome il tuoi, sembra quello di un angelo… Sei forse caduta dal cielo diventando la nostra salvatrice?” il ragazzo che doveva chiamarsi Sanji le si avvicinò nuovamente baciandole una mano.
La ragazza dovette trattenersi dallo scoppiargli a ridere in faccia, era davvero un tipo assurdo.
“Si certo come no, la nostra salvatrice… Che non aspettava altro che poter sventolare i suoi soldi sotto al nostro naso!” Zoro le si avvicinò con le braccia incrociate al petto e guardandola con aria di disprezzo. “ Tu sei una di quelle persone che pensa di poter ottenere o risolvere tutto con il denaro non è vero?”
Angelia sostenne il suo sguardo con rabbia, se c’era una cosa che odiava erano quelli che la consideravano una bambina viziata figlia di papà, a lei non importava nulla dei soldi, non le erano mai interessati, non le importava essere ricca, non era una di quelle persone che provava piacere nel palesare le proprie possibilità, per questo spesso nascondeva le sue vere origini, per non essere giudicata, per non ottenere favoritismi e per evitare che la gente le si avvicinasse solo perché attratta dai suoi soldi.
“Almeno io non giudico senza conoscere, IO almeno lo so usare il cervello…”
“Oh, ceto perché tu non puoi essere giudicata vero? Sei superiori agli altri, ti aspetti che tutti si scansino al tuo passaggio!”
“Zoro, falla finita!” Lo rimproverò Nami.
Angelia sorrise calma.
“Almeno io non sono una bugiarda che si riempie la bocca di fandonie!”
“Chi ora che giudica senza conoscere?”
Di nuovo Angelia sorrise.
“io non giudico, dico solo ciò che vedo.”
“Anch’io!”
Ormai si stavano sfidando con lo sguardo, si fronteggiavano senza paura e nessuno osava intromettersi.
Di nuovo un ghigno deformò le labbra della ragazza. “Non ne vali la pena.” Angelia si allontanò, mantenendo sempre quell’aria divertita che stava mandando Zoro su tutte le furie.
“E’ stato un piacere conoscervi!” Sorrise, rivolgendosi agli altri tre. “Credo mi tratterrò ancora per un po’… Se non hai nulla da fare mi piacerebbe fare due chiacchiere più tardi!”
“Certo signorina, mi dia il tempo di sistemare le ultime pratiche e la raggiungo!” Le assicurò Thomas. Angelia sorrise per poi avviarsi nella direzione opposta al gruppo.
Nicorobin aveva continuato ad osservarla con interesse, quella ragazza aveva qualcosa che la incuriosiva.
“Se gentilmente volete seguirmi, vi faccio firmare le ricevute e poi siete liberi di andare.” L’uomo che avevano scoperto chiamarsi Thomas li fece avvicinare ad un piccolo tavolo in un angolo della sala.
“Conosce da molto tempo quella ragazza?”  Domandò la corvina mentre Nami si accingeva a firmare le varie scartoffie.
“Suo nonno era un mio vecchio amico…”
“prima mi è sembrato che la stesse per chiamare in modo diverso da Sanchez…”
Il piccolo uomo si irrigidì per un attimo, ma poi sorrise.
“Oh, mi sarò confuso… L’età inizia a fare brutti scherzi!!”
Quell’uomo non gliela raccontava giusta, aveva l’aria di uno sveglio e non sembrava proprio il tipo da confondersi con i nome, stava mentendo, per nascondere cosa poi?
Ormai l’archeologa aveva fiutato il mistero e difficilmente avrebbe lasciato perdere.
 
Angelia camminava lenta osservando le imponenti arcate dell’edificio, le parole di quell’idiota dai capelli verdi che continuavano a ronzarle in testa.
Aveva davvero l’aria di una bambina viziata che comprava tutto con i soldi?
In fondo lei voleva solamente aiutare Thomas e prestargli i soldi per poter pagare quella combriccola di scalmanati, era stata la prima idea che l era venuta in mente.
Non cercava gratitudine, voleva solo dare una mano.
Probabilmente quella testa vuota l’aveva solo provocata per vendicarsi della brutta figura che aveva rischiato di fargli fare davanti a tutti, ma in fin dei conti lei si era solo difesa, forse era vero che aveva giudicato le sue capacità senza conoscerle davvero, ma chiunque avesse visto l’uomo considerato il più grande esploratore del mondo perdersi dentro ad un albergo si sarebbe fatto qualche domanda.
Era assurdo.
Si era sentita presa in giro, la delusione per aver scoperto che l’uomo che ammirava più di ogni altro non era come se lo immaginava era stata una delusione.
Magari si era costruita un'immagine troppo, perfetta di lui nella sua mente, perciò magari, in piccola parte aveva anche lei le sue colpe e ad essere onesti, Angelia Sanchez non era di certo una ragazza dal carattere facile.
Certo, lui restava in ogni caso un idiota.
L'aveva trattata con superiorità e arroganza, sotto sotto forse lei non era l'unica a sentirsi al disopra egli altri.
Angelia scosse con forza il capo, doveva smettere di stare a rimuginare, si stava solo rendendo il sangue amaro.
Cercò di rilassarsi continuando a curiosare all'interno della struttura, quel posto le trasmetteva tranquillità, l'alone di mistero che sembrava rivestire quelle pareti la faceva sentire piccola ed insignificante, la sua vita paragonata alla storia di quel luogo era inesistente e questo la faceva sentire libera.
Secondo Angelia gli edifici avevano un'anima, crescevano con noi assistevano a guerre, catastrofi naturali, chiunque passasse lasciva qualcosa di se, chissà quante Angelia Sanchez erano passate la dentro e lei era solo una delle tante, non era la nipote di James Vakugan, non era nessuno.
Quelle mura erano li da secoli mentre lei avrebbe cessato di esistere da li a pochi anni.
Non sapeva decidere bene se quella consapevolezza la rendesse triste o serena, ma di una cosa era sicura quel posto sarebbe rimasto li anche dopo la sua morte e in un certo senso quell'idea la rassicurava, lei che aveva cercato qualcosa di stabile per tutta la sua vita, riusciva a rilassarsi grazie alla consapevolezza che non tutto fosse destinato a finire prima o poi.
Si sorprese dei sui suoi stessi pensieri, lei non era esattamente il tipo da lasciarsi andare a certe riflessioni, in parte anche per colpa del suo carattere pratico e concreto.
Non era di certo un soggetto dalla ricercatezza spirituale.
Osservò le imponenti colonne ai lati della struttura che sorreggevano le arcate colossali, mentre la luce filtrava dal lucernai ella facciata anteriore, percorse il lato destro dell'edificio avvicinandosi sempre di più alla zona in restauro.
Quella parte della chiesa era quasi deserta, ma era più che normale, a chi potevano interessare i calcinacci.
Angelia adorava i ruderi, le pareti scrostate, gli infissi cascanti, i vecchi edifici malandato e senza finestre o le fabbriche abbandonate o pericolanti, non sapeva spiegarsi il perché, ma quelle impalcature attiravano non poco la sua attenzione.
Si avvicinò alla zona dedicata ai restauri osservando il dipinto scrostato in più punti, c'era qualcosa di strano dietro a quel telo di plastica.
Si avvicinò di più ignorando la scritta "Pericolo", del cordone giallo che delimitava l'area.
Con una mano scostò il velo plastificato, sfiorando la parete con i polpastrelli, scrostò via qualche pezzo di intonaco, ma non vi badò ed ignorando la voce nella sua testa che gli gridava di allontanarsi da li prima di combinare qualche danno.
Sull'affresco sembrava esserci una rappresentazione in rilievo, era un disegno strano, somigliava ad una sciabola. Angelia continuò a tastare quella parte di muto con interesse sempre maggiore mentre la sua curiosità saliva alle stelle, bussò appena con le nocche e il sottile strato di calce sulla quale vi era disegnata la sciabola venne via, rivelando una pietra in rilievo a forma di, mezza luna.
Dal rumore che ne derivò, Angelia intuì che doveva essere cavo all'interno, senza volerlo mentre saggiava la consistenza del materiale senza volerlo spinse con troppa forza.
La roccia scattò, provocando un sinistro rumoreggiare aldilà della parete, Angelia fece qualche passo indietro nel tentativo di allontanarsi, ma un rombo improvviso e il tremare del pavimento le fecero perdere l'equilibrio, una voragine si aprì sotto ai suoi piedi e Angelia vi cadde dentro senza possibilità di sostenersi in alcun modo.
Il trambusto all'interno della sala attirò l'attenzione generale ed i primi ad accorrere alla fonte furono proprio Zoro e gli altri.
Thomas che fino a quel momento aveva tentato di tenere a bada curiosi con l'aiuto degli uomini della sicurezza, giunse finalmente ai margini della voragine.
"C'è qualcuno laggiù?" Domandò alzando la voce.
"Si Thomas, ci sono io..."
"Signorina Sanchez, si può sapere come diavolo ha fatto a finire la sotto?"
"È una lunga storia..."
"Si è fatta male?"
Agelia si guardò intorno, liberandosi di alcuni calcinacci che le ricoprivano le spalle si alzò in piedi, tossì per colpa dell'improvvisa nuvola di polvere sollevatasi a causa del suo movimento, esculudendo qualche graffio era tutta intera.
"Tutto apposto Thomas sto benone!" Sollevò lo sguardo su quelli che dovevano essere i resti di una scala sotterranea, ormai distrutta.
Sarebbe stato impossibile risalire da quella.
"Non si muova da lì, ho mandato qualcuno a cercare l'attrezzatura adatta per tirarla fuori!"
Angelia non rispose immediatamente, troppo presa a guardarsi intorno. "Qui sotto c'è un tunnel!"
"Rimanga dov'è! Non rischi inutilmente, il tunnel potrebbe non essere stabile!"
Angelia lo sapeva bene. Ma la curiosità era troppa. Iniziò ad avanzare ignorando le proteste del signor Thomas. "Signorina torni indietro!!"
Angelia dovette sbattere più vile le palpebre prima di riuscire ad abituarsi a tutta quella oscurità.
Percorse il terreno accidentato del tunnel che si restringeva sempre di più ed alla fine la ragazza dovette chinarsi leggermente per poter proseguire.
Avanzò per diversi metri, finché non vide davanti a se una apertura abbastanza stretta, ma sufficientemente larga da permettere ad una persona di oltrepassarla, senza pensarci troppo la attraversò. Ciò che si ritrovò davanti agli occhi era del tutto diverso da quello che si aspettava di trovare, l'ambiente che aveva intorno era buio ma ben curato, almeno era ciò che risultava in una prima impressione.
Fece un paio di passi in avanti, estraendo da una delle tasche dei pantaloni il suo cellulare, con il quale illuminò la stanza, il pavimento di quella specie di grotta era pressoché identico a quello della cattedrale e le pareti in muratura raffiguravano le stesse rappresentazioni del piano superiore.
Angelia si guardò intorno circospetta, finché non puntò il debole fascio di luce del suo cellulare, su un forziere adagiato in un lato della stanza.
Si avvicinò cauta senza far rumore, come se anche il minimo suono potesse destare quel qualcosa di oscuro e misterioso che sembrava pervadere ogni singola roccia di quel luogo.
Angelia si avvicinò cauta allo scrigno, stando ben attenta a non inciampare sulle mattonelle smussate di quel pavimento roccioso.
Il forziere era di semplice fattura, fatta eccezione per la serratura forgiata in oro, il tempo aveva fatto il suo corso logorando la serratura del forziere che appariva scalfita in più punti ed il legno presentava molteplici segni di cedimento.
Angelia rimosse lo strato di polvere e ragnatele che ricopriva lo scrigno.
Osservo la crepa al lato sinistro seguendone la direzione con lo sguardo, stando ben attenta a non danneggiarlo troppo, la ragazza posò il cellulare a terra e con le dita esercitò una lieve pressione sulla spaccatura per cercare di aprire il misterioso contenitore.
La sua curiosità ormai era alle stelle, l’adrenalina che pompava furiosa nelle vene le impediva di controllare il tremore alle mani, una goccia di sudore le colò giù dalla tempia mentre respirava sempre più irregolarmente l’aria contrita di quel luogo.
Con un sonoro “CRACK” la serratura del forziere scattò, facendo sobbalzare la ragazza che per poco non rischio di cadere a terra dalla sorpresa, ripresasi dallo sbigottimento iniziale Angelia poté finalmente scoprire il contenuto dello scrigno. Sgranò gli occhi stupita, restando momentaneamente paralizzata di fronte all’assurdità di quello che le si parava davanti agli occhi, non riusciva a credere di averlo trovato.
Era lì, di fronte a lei e chiunque sarebbe stato in grado di trovarlo, considerando la banalità e l’assurdità con cui l’aveva scovato. Di fronte a lei c’era l’oggetto che per anni era stato al centro di discusse leggende che avvaloravano  meno la sua esistenza.
La fortuna le aveva fatto decisamente un bel regalo.
Euforica ed assurdamente felice, Angelia afferrò il diario senza pensarci due volte.
E fu allora che iniziò.
Il pavimento tremò ancora, proprio come era successo pochi istanti prima e diversi metri più in alto, colta dall’entusiasmo improvviso per l’inaspettata scoperta non aveva minimamente preso in considerazione la possibilità che all’intero della stanza in cui era custodito l’antico manufatto potessero esserci dei meccanismi di difesa, evidentemente nel momento in cui aveva spostato l’oggetto dalla sua posizione iniziale doveva aver attivato qualche antico meccanismo.
Quando il pavimento tremò di nuovo, Angelia afferrò il cellulare da terra per poi dirigersi in tutta fretta verso l’uscita prima che questa crollasse, schivò diversi massi riversi a terra e stringendosi convulsamente al petto quel maledetto diario si lanciò verso l’uscita rotolando rovinosamente a terra, sul pavimento del corridoio adiacente alla grotta.
Si rimise in piedi, cercando si mantenere l’equilibrio messo a dura prova dalle continue scosse, gettò solo per un attimo un’occhiata alle sue spalle prima di rimettersi a correre, era uscita da quella grotta giusto in tempo, ormai l’entrata era ostruita da un enorme masso staccatosi dal soffitto. Continuò a correre verso l’apertura da cui era arrivata, le voci che provenivano dai limiti della voragine l’avvertirono che era ormai prossima all’uscita.
“Signorina Sanchez, si sbrighi ad uscire da li il soffitto sta per crollare!”
La voce di Thomas arrivò apprensiva alle sue orecchie. “Non sono riuscito a trovare in tempo quello che ci serviva per tirarla furi da lì! Presto, si aggrappi a questa corda!” Continuò prima di lanciare una fune all’interno della voragine.
Angelia non se lo fece ripetere una seconda volta e nascondendo il diario dentro al suo giubbotto si aggrappò con entrambe le mani alla fune e spingendosi con le gambe iniziò la sua risalita, ringraziò mentalmente la sua buona sorte per averle fatto indossare gli anfibi quella mattina.
Lentamente e faticosamente la ragazza proseguì la sua scalata.
“Angelia, più veloce, sta venendo giù tutto!” Questa volta era stata la voce di Nami a parlare. (Nda. Si può dire così? Ci stava bene per questo ho scritto così, ma se secondo voi è sbagliato provvederò a modificarlo.)
La ragazza sollevò lo sguardo, rendendosi conto con orrore che la corda stava iniziando ad usurarsi sfregando sul bordo del precipizio. Cercò di sbrigarsi spingendo con tutta la forza che aveva nelle gambe e nelle braccia per velocizzare la risalita.
La fune era ormai al limite, ma anche lei era vicina, allungò una mano per arrivare al solito pavimento che le avrebbe fornito un solito appiglio e nel momento un cui fu su punto di sfiorarlo, la corda cedette stuccandosi con un suono sordo.
Angelia serrò le palpebre preparandosi all’imminente impatto con il terreno, che tuttavia non avvenne.
Si sentì afferrare bruscamente e saldamente per un braccio, per poi essere turata su con forza, avverti chiaramente la sensazione di avere per un attimo le gambe sospese nel vuoto, prima di avvertire una presa ferrea sui suoi fianchi.
Fu trascinata a terra, cadendo su qualcosa di decisamente più caldo e morbido del pavimento, ma non vi badò, ancora troppo stordita e leggermente spaventata continuò a tenere gli occhi chiusi stringendo i pugni mentre tentava di regolarizzare il respiro.
Dopo una manciata di secondi, che per Angelia potrebbero essere stati tranquillamente scambiati per delle ore, una voce fin troppo conosciuta la riportò alla realtà.
“hai intenzione di toglierti di dosso o vuoi restare qui ancora per molto?!” Asserì bruscamente.
Angelia aprì di scatto gli occhi, rendendosi finalmente conto che quello a cui si era aggrappata non era il pavimento, ma il petto del cacciatore. In imbarazzo e con un velo di rossore a tingerle le gote, causato dall’improvvisa vicinanza, si scostò bruscamente dal petto dell’uomo tirandosi a sedere, senza però riuscire a mascherare una smorfia di dolore.
“Tutto apposto signorina Sanchez?” Era stato di nuovo Thomas a parlare.
“Si sto benone, sono solo un po’ ammaccata…” Rispose lanciando un’occhiata in tralice al cacciatore che la guardava seccato.
“Meno male che stai bene per un attimo ho temuto il peggio, per una volta il buzzurro ha fatto qualcosa di utile!” Esclamò raggiante la rossa, avvicinandosi a lei.
“Ehi!” Zoro cercò di protestare arrabbiato, ma la sua protesta fu accantonata in un istante dalla voce della corvina.
“Ragazzi, credo che non sia il momento adatto per litigare!” Dalla sua voce traspariva una sicurezza che indusse tutti i presenti a volgere la loro attenzione su di lei.
Nicorobin teneva in mano il diario ritrovato da Angelia.
“Credo sia piuttosto il caso si parlare d’affari!”

 
 
 
Angolo “autrice”
Ehm… Che dire… Sono in ritardo.
Scusate… Lo so che sono un disastro, ma in questi giorni sono incasinatissima, ho ricominciato l’università e se voglio cercare di concludere qualcosa quest’anno dovrò dare esami a rotta di collo, perciò non ho molto tempo per scrivere, ma ci tengo a questa storia e anche se lentamente farò di tutto per portarla a termine.
Spero solo che mi facciate sapere cosa ne pensate, se fa schifo se è passabile o se devo bruciare la tastiera e smetterla, insomma qualsiasi cosa andrà bene! E spero anche di aver descritto decentemente quel poco che conosco di Parigi.
Spero solo di non aver commesso troppi orrori, ho riletto un sacco di volte cercando di non farmi sfuggire nulla e spero solo di esserci riuscita!
Bien, ora vo lascio, ringrazio tuti quelli che seguono e leggono questa storia e se vorrete spendere due minuti per farmi sapere la vostra opinione vene sarei grata.
A presto (spero) baci Lucy <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


L'ufficio di Thomas il direttore di uno dei principali giornali francesi, non era eccessivamente grande, ma era caldo ed accogliente. Avevano deciso di spostarsi li, dopo tutto il trambusto causato dalla scoperta del diario all'interno della cattedrale parigina. Angelia di era rifiutata categoricamente di farsi portare in ospedale, dicendo che i suoi erano solo un paio do graffietti che non necessitavano dell'intervento di un medico. Inutile dire che Thomas non era affatto d'accordo.
"Signorina, dovrebbe andare in ospedale!"
"Ma quale ospedale ed ospedale, sto benissimo! E smettila di chiamarmi signorina e dammi del tu!"
Zoro se ne stava scompostamente seduto in una delle sedie dell'ufficio dell'uomo con il quale Nami aveva litigato un paio di ore prima.
"Il taglio che ha sul braccio sanguina!"
"Ma quante storie, è solo un graffietto!"
Ormai erano diversi minuti che quei due discutevano sulla necessità o meno di correre in ospedale, e Zoro si era stufato di starli a sentire già dopo le prime battute, ma quella sceneggiata sembrava destinata ad andare avanti ancora per molto.
Dal canto loro Nami, Sanji e Robin non sembravamo minimante interessati a tutto ciò. La rossa se ne stava seduta in una angolo ad ammirare l'assegno, Sanji continuava a perdere tempo con le sue moine Robin studiava attentamente il diario.
Sbuffò annoiato soffermandosi per un attimo sul profilo della ragazza seduta davanti a lui. Se ne stava seduta con la schiena rigida e il braccio teso verso l'uomo che la stava medicando, senza fiatare, il giubbotto di pelle che indossava durante la caduta le si era strappato su un braccio ed ora giaceva abbandonato sulla scrivania dietro di loro, la maglietta bianca che indossava -anch'essa lacerata in più punti- era sporca e sgualcita, la scollatura rotonda lasciava intravedere anche un paio di graffi sulle scapole. Probabilmente erano dovuti anche quelli alla caduta.
Teneva un braccio piegato sullo schienale della sedia, una gamba allungata sotto la scrivania e l'altra piegata sotto la sedia.
"Ho fatto del mio meglio, ma le ribadisco la necessità di farsi medicare da un medico vero!" Zoro la vide sbuffare, ma non la senti rispondere. "Stia qui, vado a prenderle altre bende!"
Zoro continuò ad osservarla, mentre picchiettava nervosamente il piede a terra e si ripuliva una macchia di fango secco dai pantaloni. I jeans stretti non erano scampati ad una sorte diversa da quella del resto dei vestiti essendo anch'essi sporchi e scuciti in più punti.
Angelia si fermò un attimo, volgendo l'attenzione su di lui.
C'era qualcosa di selvaggio nel suo volto, forse era per via dei capelli malamente raccolti in una specie di coda che lasciava sfuggire diversi ciuffi dovuti all'esigua lunghezza di questi, o forse perché quegli occhi sembravano essere costantemente in tempesta, o forse semplicemente perché era in quel modo malridotta.
"Ti ringrazio per avermi tirato fuori da li..." Mormorò guardandolo negli occhi.
Doveva essergli costato parecchio quel ringraziamento.
"Tsk, era ora Sanchez!"
Angelia sbuffò sonoramente. "Cos'è? Volevi metterti in mostra?"
"Non sono come te! Non ho bisogno di farmi quasi ammazzare per attirare l'attenzione!"
"Ci sono finita per caso in quel buco!" Protestò.
"Però hai dovuto fare l'eroina infilandoti in quel tunnel!" La rimbeccò sarcastico.
Certo, doveva ammettere però che era stata parecchio coraggiosa ad addentrarsi la dentro.
"Ero curiosa!" Spiegò semplicemente.
"Diciamo piuttosto che sei un autentica ficcanaso."
"E tu un presuntuoso pallone gonfiato."
"Come mi hai chiamato?"
"Pallone gonfiato."
"La smetta signorina Sanchez!" Thomas aveva fatto ritorno all'ufficio, ponendo così fine alla discussione.
Angelia sbuffò gonfiando le guance.
Si comportava proprio come una ragazzina.
Si soffermò ad osservarla per l'ennesima volta mentre discuteva con Thomas, ne studio i particolari del viso soffermandosi sui suoi occhi prima di scivolare verso il profilo del naso leggermente all'insù, indugiando poi un istante più sulla sua bocca le cui labbra carnose erano stese on un sorrisetto divertito.
Ad esser bella era bella, solo un ceco non se ne sarebbe accorto.
"In ogni caso, dovrebbe prestare maggiore attenzione a quel che fa!" Le parole dell'uomo attirarono l'attenzione del cacciatore. Thomas le stava palesemente facendo una ramanzina, per contro però, Angelia sembrava solo divertita.
"La notizia del ritrovamento di quel vecchio diario sta già circolando!" Riprese dopo una breve pausa..
Zoro la vide abbandonare quell'aria divertita e sgranare progressivamente lo sguardo.
"E si sa anche che a trovarlo sono stata io?" Domandò agitata.
"Per sua fortuna no! Siamo riusciti ad allontanare in tempo i curiosi. Non ci sono foto ne di lei ne del diario."
Angelia parve sollevata.
"Perché hai paura che qualcuno scopra chi ha trovato il diario? Hai per caso qualcosa da nascondere?"
Angelia si voltò a guardarlo riacquistando la sua aria di sfida. "Te l'ho detto... Non sono un esibizionista come te che deve sempre farsi vedere! Ci tengo alla mia privacy io!"
"Idiota!"
"Signorina Sanchez la smetta!"
"Zoro, falla finita!"
Nami e Thomas avevano parlato all'unisono guadagnandosi così un'occhiata divertita da parte di tutti i presenti.
Robin se la rideva di gusto e per questo, Zoro tentò di incenerirla con lo sguardo, ma l'espressione della corvina non mutò e anzi si impegnò a sfoggiare un sorriso ancor più ampio di fronte alla sua espressione truce.
"Ha cominciato lei! Perciò lasciami stare strega!"
"Come osi rivolgerti così a Nami! Chiedile immediatamente scusa!"
"Non ci penso nemmeno, e tu fatti gli affari tuoi cuoco da mezza tacca."
"Come ti permetti di..." Il biondo venne nuovamente steso da un pugno di Nami.
"SMETTETELA TUTTI E DUE!" Urlò la rossa. "Siete insopportabili."
L'attenzione generale fu attirata da Angelia, che si teneva la pancia ridendo a crepa pelle. Zoro la fissò infastidito, stava palesemente ridendo di loro!
"Scusate... Siete troppo buffi!"
"Oh, ma come sei bella quando ridi!"
Angelia sobbalzò guardando stralunata Sanji che dopo quel pugno micidiale si era ripreso come se niente fosse e ora la guardava con gli occhi a cuoricino. "Ma di che diavolo è fatto?"
"Con quella zucca vuota che si ritrova, un pugno può solo fargli il solletico."
"Non ricominciate!" E quello di Nami venne decisamente interpretato come un ordine. La ragazza si assicurò con uno sguardo omicida che nessuno riperdesse a bisticciare. Aveva decisamente bisogno di silenzio per calcolare l'incasso che gli sarebbe derivato da quella conferenza.
Zoro sbuffò, per l'ennesima volta. Cominciava a somigliare pericolosamente ad una teiera. Fece vagare lo sguardo per la stanza, soffermandosi sulle varie foto che ricoprivano le pareti, erano immortalate decine di persone tutte sorridenti e allegre, e  in molte di esse vi era presente anche Thomas.
"Sono tutte foto scattate da quando sono qua..." Spiegò lo stesso Thomas spostandosi al suo fianco e sorridendo malinconicamente.
Zoro continuò il suo viaggio turistico fra le immagini, in molte delle quali c'era Thomas che sorrideva stringendo mani a uomini e donne, la sua attenzione fu però calamitata da una foto in particolare, la stessa che casualmente stava ammirando anche la castana seduta poco distante da loro.
"Ma quello è James Vakugan!" Esclamò.
Angelia saltò sulla sedia, ma Zoro non sembrò farvi caso.
Anche Robin si era fatta improvvisamente ed incredibilmente attenta ascoltando quel nome, lasciando momentaneamente da parte il lavoro suo diario.
"Già, era un grand'uomo... Nonché un caro e vecchio amico di famiglia." Thomas voltò il capo verso Angelia, mentre questa rispondeva con un sorriso franco alla sua occhiata mesta.
"Deve essere stato un onore conoscere un uomo come lui!"
"Oh, lo è stato, ma lo è stato ancor di più conoscere la sua famiglia!" Allungò una mano ad indicare la foto appesa dietro alla sua scrivania.
Ritraeva un Thomas di diversi anni più giovane, affianco ad un uomo robusto a baffuto con un enorme sorriso ad increspargli le labbra, sulle braccia reggeva una bambina di almeno tre anni che si sporgeva verso il direttore del giornale per tirargli la barba. Sulla sedia davanti ai due stava seduta una giovane donna che doveva avere all'incirca la sua età.
Assottigliando lo sguardo si notò una certa somiglianza con qualcuno a lui conosciuto, ma che ora non riusciva ad identificare.
"Loro sono la prova che dal fango può nascere un fiore."
Ad Angelia sfuggì uno sbuffo divertito, che sembrò passare inosservato ai presenti, fatta eccezione per un paio di occhi azzurri.
Restarono tutti in silenzio per alcuni istanti e Zoro si trovò d'accordo con le parole di quel vecchio. In fondo lui e suoi compagni ne erano la prova concreta.
A rompere quel momento di stasi ci pensò il telefono. Il direttore aggirò la scrivania afferrando la cornetta per rispondere.
"Si d'accordo... Vengo subito." Tre teste si voltarono simultaneamente verso di lui. "Scusate, mi hanno chiamato dall'ufficio stampa. Hanno bisogno di me."
"È successo qualcosa?" Domandò Angelia.
"Ancora no..." E con queste parole, sparì oltre la porta.
Zoro insofferente per il fatto di trovarsi ancora bloccato li, scatto in piedi e si rivolse alla sua cartografa.
"Calma Zoro!" Il cacciatore si voltò verso la corvina guardandola con aria interrogativa. "Mi sembrava di averti già detto che ci sarebbe stata la necessità di parlare di affari."
La serietà racchiusa nel silenzio che aveva seguito quell'affermazione indusse tutti a prestare la massima attenzione.
"Il diario è autentico." Rimase un attimo in silenzio, in modo che tutti potessero assimilare la notizia. "Quello che abbiamo fra le mani è davvero il diario di Gold D. Roger." Sentenziò.
L'incredulità si fece largo sui volti di tutti i presenti, persino Sanji aveva spalancato la bocca lasciando cadere a terra la preziosa sigaretta che aveva tenuto fra le labbra fino a quel momento.
"È impossibile!" Il primo a riaversi dallo stupore fu proprio il cacciatore.
"Stento a crederci anche io, eppure è così."
"Se Robin dice che è autentico, allora vuol dire che è vero. Lei non sbaglia mai.", "Vi rendete conto di quello che abbiamo fra le mani? Potremmo farci un sacco di soldi, per non parlare più della possibilità di trovare lo Onepiece." Esultò Nami.
"Come fai a dire che è davvero il diario di Roger?" Domandò Sanji rimasto in silenzio fino a quel momento.
"Ha il marchio dei pirati di Roger... E fino ad ora il più autentico che io abbia mai visto! E il fatto che sia stato ritrovato qui in Francia ci da l'ulteriore conferma."
"E perché scusa?"
"Perché Gold D. Roger era un pirata di origine francesi." A parlare questa volta era stata Angelia. "È probabile che abbia deciso di lasciarlo nel luogo in cui è nato.
"Perciò per trovare il tesoro basterà leggerlo fino in fondo!" Esulto la rossa pregustando già il sapore di tutto quell'oro.
"Magari fosse così semplice..."
"Sputa il rospo Robin!" Sbraitò Zoro.
"È scritto in codice!"
"E ti pareva."
"Purtroppo è cosi, l'unica cosa che potremmo fare è trovare un bravo interprete in grado di tradurlo. Io conosco qualcuno, o potrei farlo direttamente io, ma il punto è un altro..."
Zoro scalpitò davanti all'espressione criptica ed enigmatica di Robin. "E quale sarebbe allora?"
"Il diario non è di nostra proprietà, è stata Angelia a ritrovarlo... Sta a lei decidere cosa farne!"
La diretta interessata sgranò gli occhi, evidentemente non aveva nemmeno preso in considerazione che l'ultima parola spettasse a lei. Zoro scosse il capo rassegnato, era assurdo che una decisione del genere toccasse a lei, una mocciosetta senza esperienza.
"Cos'è che dovrei decidere io?" Chiese la diretta interessata, riacquistando finalmente l'uso della parola.
"Beh potresti decidere di lasciare a noi il diario. Potremmo ripagarti con una parte del tesoro, sempre se troviamo qualcosa e se questo famigerato tesoro esiste davvero. Potresti anche decidere di vendercelo, donarlo a qualche museo, oppure potresti tenerlo! Sempre che qualcuno non ne rivendichi la proprietà."
Zoro osservò la ragazza con impazienza, aspettando che prendesse uno decisione. Aveva uno sguardo strano, lo stesso luccichio inquietante che aveva il giorno della conferenza, era sicuro che stesse tramando qualcosa.
Non sarebbe stato affatto facile ottenere qual diario.
"I soldi non mi interessano." Parlò alla fine. "Voglio qualcos'altro!"
"E cioè?" Domandò incuriosita Robin.
"Voglio lavorare con voi!"
"Che cosa???" Zoro era scattato in piedi furioso, reazione che provocò solo uno scoppio di ilarità alla sua interlocutrice.
"Non per sempre questo è chiaro... Solo il tempo necessario per ritrovare questo famigerato tesoro. Sempre che ci sia qualcosa da trovare, come hai detto tu!" Concluse rivolgendosi all'archeologa.
"Solo questo? Nient'altro?"
Sicuramente Nami aveva già valutato la sua offerta bollandola come vantaggiosa.
"Nient'altro!" Confermò.
"Non starai davvero pensando di accettare la sua proposta?"
"Perché no Zoro? Non ci sta chiedendo soldi e ci darà anche una mano nelle ricerche!"
"Anche perché non credo abbiamo altre alternative."
Zoro guardò Robin confuso. Certo che avevano alternative, potevano andarsene, mandarla a quel paese rifiutando la sua offerta.
"In fin dei conti è stata lei a ritrovare il diario, ora come ora la legittima proprietaria è Angelia."
"Ascolta la tua amica... Lei sembra essere molto più intelligente di te!" Lo rimbeccò senza pietà la ragazza.
"Perciò... Che intendi fare se rifiutiamo?" Proseguì Robin ignorando il borbottio minaccioso del cacciatore."
"Semplice, io mi tengo il diario e voi restate a mani vuote!"
"È un ricatto insomma!" Esclamò.
"Oh, è un po' esagerata come definizione non trovi?" Domandò con falsa innocenza a Zoro. "Io lo definirei più uno scambio equo. Anzi sarete solo voi a guadagnarci decidendo di accettare."
"Perché lo fai?" Chiese Nami.
"Spirito del buon samaritano!" Rise.
'Si, come no!!' Pensò Zoro.
I quattro nakama si osservano per un attimo e l'unico ad essere contrario a quella scelta era palesemente il cacciatore.
"No ho alcuna intenzione di accettare." Sentenziò alla fine.
"Beh, poco male."
Angelia sembrava la meno delusa da quella decisine.
"Che stai dicendo buzzurro senza cervello!"
"Hai sentito benissimo! Non intendo accettare!"
"Non è una decisone che puoi prendere da solo!" Gli fece notare pacatamente la mora.
"Robin ha ragione... E poi perché non dovremmo volere la dolce Angelia con noi??!" Il cuoco era partito nuovamente alla carica, volteggiando fra le tre donne con entusiasmo.
"Direi di metterla ai voti... Più democratico di così!"
"Giusto Nami!" Il cacciatore guardò incredulo i suoi compagni, mentre si stavano palesemente coalizzando contro di lui.
"Chi vuole Angelia nella squadra, alzi la mano." Esclamò Nami ad alta voce. Tre mani si levarono velocemente verso l'alto.
"Tu che diavolo c'entri? Metti giù quella mano!" Sbraitò Zoro rivolgendosi al cuoco.
"Tanto saresti stato in minoranza lo stesso!! Idiota!"
Il cacciatore ignorò l'ultimo insulto preferendo incenerire con lo sguardo Angelia che lo fissava con divertimento.
Il verde sbuffò contrariato e senza dire una parola uscì dalla stava sbattendo la porta.
"Gli passerà!" Asserì la rossa.
"Può fare ciò che vuole. Non è un mio problema."
 
Non lo sopportava. Proprio non riusciva digerire il modo in cui lo avevano incastrato, perché diavolo avrebbero dovuti trascinarsi dietro una ragazzina senza esperienza?
Sarebbe stata solo d'intralcio, una palla al piede niente di più.
Più ci pensava, e più diventava furioso, avrebbe dovuto sopportare quell'arrogante presuntuosa tutti i giorni senza possibilità di scampo.
Quello che non capiva però era il motivo per il quale se ne era uscita fuori con una proposta del genere, era palese che lui non le piacesse, ed aveva affermato con sicurezza che non erano i soldi o la fama che la interessavano, perciò proprio non riusciva a capire.
Voleva sicuramente rendergli la vita un inferno.
Si, non c'erano altre spiegazioni.
Un altra cosa che non capiva era perché ce l'avesse tanto con lui, magari era stato poco carino con lei sbeffeggiandola davanti a tutti, ma nemmeno lei era stata tanto tenera con lui.
L'aveva accusato di essere un bugiardo e lui questo non poteva accettarlo, era vero che non capiva niente di arte e di storia, ma non era un bugiardo, era si, scontroso, scortese e cafone, ma un bugiardo proprio no.
Se c'era una cosa che per lui contava quella era sicuramente l'onore, e mai si sarebbe sognato di infangarlo con delle insulse bugie.
"Allora ne vogliamo parlare?"
Zoro non si voltò nemmeno verso la fonte di quella voce, essendo più che intenzionato ad ignorarla. Peccato che Robin non fosse del suo stesso avviso.
"Credo che ti toccherà accettare la situazione." Continuò. "Non credo tu abbia molta scelta!"
"Oh, certo! Anche perché voi non me be avete date altre!"
Staccandosi dalla parete esterna dell'edificio, alla quale era appoggiato.
"Esagerato!"
"No! Quella che esagera qui non sono io, ma voi! Come vi è saltato in mente di accettare la sua proposta così, su due piedi!"
"Nemmeno noi avevamo molte alternative!" A malincuore Zoro dovette ammettere con se stesso che non aveva poi tutti i torti Robin. "E poi potrebbe esserci utile, quella ragazza potrebbe rivelarsi il nostro asso nella manica." Su questo però Zoro continuava a dubitare.
"Che ti costa darle una possibilità?" Insistette l'archeologa.
"Non ho voglia di portarmi dietro una ragazzina senza esperienza."
"È per questo, o perché ti ha fatto fare una figuraccia durante quella conferenza??"
Dopo quella provocazione, Robin temette per un attimo che gli occhi gli sarebbero usciti fuori dalle orbite. Si, ci aveva decisamente visto lungo.
"Il punto è che avete deciso senza il mio parere!" Si ostinò a negare il cacciatore.
"Ha deciso la maggioranza, ë stata una decisone democratica."
"Tsk!" Quando decideva lui però era un dispotico prepotente. Maledisse il forno in cui aveva accettato do mettersi in affari con quelle due streghe, Robin poteva anche sembrare dolce e gentile, ma sapeva essere diabolica.
"Potresti chiedere a Rufy!" Suggerì la corvina ridacchiando.
"Si come no! A lui vanno a genio tutti, sarà più che felice di avere un nuovo membro nella squadra!"
La donna gli diede una pacca sulla spalla per consolazione e senza abbandonare il suo sorriso divertito si avviò verso l'edificio.
Fantastico. Ora le streghe non sarebbero più state due, ma tre.
Non l'avevano ucciso anni di scorribande sotto terra, ma ci avrebbe pensato Angelia Sanchez a farlo, ne era certo.
 
Gold D Roger era un uomo che dalla vita aveva avuto tutto.
Soldi, donne, fama, potere, tutto ciò che un uomo poteva desiderare insomma.
Aveva avuto anche qualcuno che l'amava nonostante il tipo d'uomo che era, aveva però abbandonato la sua donna e il figlio che portava in grembo, per proteggerli. Almeno questo era quello che di era detto.
La verità era che quella vita si era preda la sua anima.
Il mare prende tutto ciò che vuole, e solo quando ne ha voglia restituisce qualcosa e lui era come il mare, prendeva rutto ciò che voleva senza chiedere niente e lui quasi mai restituiva. D'altronde era questo Roger, un pirata. Un pirata non chiede per favore o scusa, un pirata non è un eroe che ruba ai ricchi per dare ai poveri, un pirata ruba per arricchire se stesso.
Ma ora, dopo anni quando la sua vita è ormai agli sgoccioli, dilaniata dalle continue sferzate delle terribile malattia che lo affligge, si sente solo e si pente. Si pente come un uomo qualsiasi alla fine dei suoi giorni e rimpiange di non aver mai davvero condiviso qualcosa con qualcuno.
Lo paga a caro prezzo il suo egoismo, il fato sembra avergli presentato il conto alla fine.
Roger si costituirà consegnandosi alla marina e lasciando per sempre questo mondo.
Prima di morire però il suo orgoglio chiede a gran voce qualcosa di più.
Vuole che il suo nome resti impresso nella storia, ma non in quella che ti raccontano sui libri di scuola e che nessuno ha voglia di conoscere.
Vuole che il suo nome diventi leggenda, che ispiri le generazioni a venire. Tutti vorranno impossessarsi del suo tesoro e sa che forse nessuno ci riuscirà.
Sorride Roger prima di sollevarsi da quello scrittoio addossato alla parere di quella vecchia e buia caverna.
Sorride prima di posare la penna accanto a quel foglio che racchiude tutti i suoi rimpianti, sperando in cuor suo che nessuno in futuro ripeta i suoi stessi errori.
Sorride ora come sorriderà in faccia alla morte quando la incontrerà.
Il sette luglio 1970 Roger griderà alla folla accorsa ad assistera alla sua morte, che il suo tesoro, quello di una vita per il mare, è nascosto da qualche parte nel mondo e che sarà di chi riuscirà a trovarlo.
Non dirà dove si trova. Ha già lasciato troppi indizi dietro di se, per quelli che saranno in grado di coglierli...
Mellius esse      

 
Angolo “Autrice”
*Sventola una bandierina bianca in segno di pace*
Chiedo immensamente scusa per l’altrettanto immenso ritardo, lo so, sono imperdonabile, ma tra l’università, gli esami, il pc che muore e una dose non indifferente di mia personale confusione mentale, non ho potuto aggiornare prima, vi chiedo ancora scusa.
Tra l’altro il capto l’avevo scritto su carta già da parecchio, ma con il pc fuori uso non potevo proprio ricopiarlo.
Ben, detto questo io tolgo le tende, mi scuso ancora per il ritardo, cercherò di rimediare… Se volete, mi farebbe piacere avere un vostro parere, anche se la storia vi fa schifo!
P.S. Mi scuso per eventuali errori di testo, ho riletto migliaia di volte, spero di non aver tralasciato nulla, se così fosse mi scuso ancora.
Alla prossima, baci Lucy <3

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