Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco: L'inverno perenne di Ray46 (/viewuser.php?uid=818305)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incidente ***
Capitolo 2: *** Un nuovo segreto ***
Capitolo 3: *** Il giorno dell'incoronazione ***
Capitolo 4: *** L'inverno perenne ***
Capitolo 5: *** Incubi e nuovi amici ***
Capitolo 6: *** Le verità ***
Capitolo 7: *** Orgoglio e dubbi ***
Capitolo 8: *** I poteri di Anna ***
Capitolo 9: *** L'incontro delle due sorelle ***
Capitolo 1 *** L'incidente ***
CAPITOLO
PRIMO
L'incidente
Quella
notte Anna non aveva proprio voglia di dormire.
Il
cielo si era appena illuminato dei colori dell’aurora boreale
e la bambina non aveva resistito alla tentazione di alzarsi dal letto
per andare ad ammirare dalla finestra quell’incredibile
spettacolo di luci.
Dentro
la stanza il caldo si faceva sentire.
L’inizio
della stagione estiva era sempre molto attesa dagli abitanti di quelle
terre nordiche, ma non dalla piccola principessa che, al contrario,
adorava in modo particolare l’inverno. Durante quella
stagione, infatti, le numerose nevicate provvedevano a ricoprire tutta
la città di uno spesso strato di neve, regalando ai bambini
giornate piene di divertimento.
Durante
quei mesi dell’anno, inoltre, il desiderio di Anna di uscire
per andare a giocare in mezzo a quel bellissimo manto bianco veniva a
dir poco centuplicato, ma sfortunatamente alla bambina non era mai
permesso di uscire dal palazzo:
“Sei
ancora troppo piccola tesoro, potresti farti male; e poi ricordati che
sei una principessa e che devi comportarti da tale” le
dicevano sempre i suoi genitori, il re e la regina di Arendelle.
Al
solo pensiero di quelle parole, Anna sbuffò.
La
bambina non aveva mai accettato di buon grado le raccomandazioni dei
reali, soprattutto quelle riguardanti il suo status di principessa, ma
lei era testarda oltre che vivace e anche quella notte decise che non
avrebbe perso l’occasione di divertirsi.
Smise
di guardare fuori della finestra e si avvicinò velocemente
al letto della sorella maggiore, che dormiva beatamente
dall’altro lato della stanza, e saltò sopra le sue
coperte
“Elsaaa”
le sussurrò per svegliarla, ma vedendo che non reagiva,
cominciò a smuoverla con le mani
“Elsa,
dai svegliati svegliati svegliati!!”
“Anna,
torna a dormire” le rispose la maggiore oramai cosciente, ma
ancora con gli occhi chiusi e girata per un fianco.
“Non
c'è la faccio... il cielo si è svegliato e quindi
anch’io sono sveglia... dobbiamo giocare!”.
Elsa
ormai era abituata alle stravaganze della sorellina; non era certo la
prima volta che la svegliava nel cuore della notte e sicuramente non
sarebbe stata l’ultima, ma stavolta voleva dormire e non si
sarebbe arresa facilmente.
“Va
a giocare da sola!” le disse, e con una mano spinse la
secondogenita giù dal letto e si rigirò di nuovo
su un fianco, nella speranza di riprendere sonno.
La
minore sembrava essersi rassegnata, ma poi le venne in mente un metodo
infallibile con cui avrebbe convinto quella pigrona della sorella ad
alzarsi, quindi si avvicinò al suo orecchio e con la voce di
chi propone qualcosa di intrigante le sussurrò:
“Elsa,
ti va di fare un pupazzo di neve?”
Non
appena terminò di pronunciare la frase, gli occhi della
maggiore si schiusero e sul suo volto si dipinse un sorriso ed un
chiaro sguardo di complicità.
Accadde
tutto in un attimo...
Anna
stava saltando da una montagna di neve a un’altra che la
sorella creava con le sue stesse mani... se non che la maggiore
scivolò a causa del ghiaccio sparso nel pavimento e, senza
volere, colpì la più piccola con un raggio gelato
in piena fronte.
‘L’ho
colpita! Come ho potuto colpirla! Non si sveglia più! Che
posso fare... cosa posso fare!?’ pensò
la maggiore mentre teneva tra le braccia la sorella, stesa a terra e
priva di sensi.
Elsa
era sconvolta.
Il
ghiaccio iniziò di nuovo a ricoprire il pavimento della sala
ad una velocità allarmante, e presto arrivò a
invadere anche le pareti e le colonne che sorreggevano il largo tetto a
spiovente. Non immaginava che potesse accadere una cosa del genere...
le sembrava tutto così assurdo.
Lei
e Anna avevano giocato molte altre volte in quel salone, sin da quando
i suoi poteri si erano manifestati circa tre anni fa.
Infatti,
intorno all’età di cinque anni, la bambina aveva
sviluppato l’incredibile capacità di creare e di
controllare la neve e il ghiaccio.
Inoltre,
proprio nel giorno della comparsa di tale dono, i suoi capelli, che
fino ad allora erano biondi del colore dell’oro, subirono
un’immediata trasformazione e divennero molto più
chiari, di un colore simile al platino. Anche le iridi dei suoi occhi
cambiarono radicalmente colore, dal marroncino chiaro ad un azzurro
molto intenso. I suoi genitori, non appena videro questi incredibili
cambiamenti nella loro figlia primogenita, si preoccuparono non poco, e
riguardo a suoi nuovi poteri le raccomandarono di usarli il meno
possibile e con molta prudenza. Ma la maggiore non diede molto peso
alle parole dei sovrani e scelse comunque di utilizzare il suo dono per
giocare con la sorellina più piccola, spesso di notte e di
nascosto per non farsi scoprire... ed era andato sempre tutto
liscio... almeno fino a quella notte.
Dopo
qualche attimo di totale smarrimento, la platinata chiamò a
gran voce i genitori e sperò con tutto il cuore che non
fosse troppo tardi.
Il
re e la regina accorsero immediatamente verso il luogo in cui la loro
primogenita aveva urlato, sfondarono la porta che nel frattempo si
stava congelando ed entrarono nella sala.
“Elsa!”
disse il sovrano, mentre correva insieme alla moglie verso le figlie
“Che cosa hai fatto! Non lo domini più!”
“È
stato un incidente!” rispose disperata la bambina, che quasi
non respirava più dal terrore “Mi dispiace
Anna...” e abbracciò ancora di più la
sorella
Il
padre allora sollevò la minore ancora svenuta e la porse tra
le braccia della consorte
“È
fredda come il ghiaccio!”
“Io
so dove andare...”
Il
re allora si precipitò senza esitare in biblioteca e, dopo
qualche minuto di ricerca, trovò un antico libro al cui
interno vi era una pergamena con le indicazioni per raggiungere un
luogo abitato da strane creature che li avrebbero aiutati.
“Vi
prego, aiutateci! È...è per mia figlia!”
La
voce del re rimbombò in mezzo alla radura senza ricevere
alcuna risposta. Ben presto però, le numerose rocce intorno
a loro presero vita e rotolarono rapidamente
verso i reali, circondandoli. Con grande stupore di questi, esse si
aprirono, rivelando dei piccoli troll dalla pelle grigia e di bassa
statura.
“Ma
è il re”, “Guardate è proprio
il re, insieme alla regina e alle principesse!”,
“Ma perché sono venuti qui?”
L’inaspettata
visita della famiglia reale fece sollevare tra la folla molti mormorii
di stupore, ma essi cessarono immediatamente non appena il
più anziano tra loro, che doveva essere anche il loro capo,
rivolse la parola al sovrano:
“Vostra
Maestà, è nata con i poteri o si tratta di un
maleficio?” riferendosi chiaramente ad Elsa. Egli, infatti,
aveva percepito fin da subito l’enorme potere che la maggiore
portava dentro di sé.
“Ci
è nata.. e si stanno intensificando”
Il
re non esitò un istante a rispondere. Infatti, sebbene i
poteri di Elsa si fossero palesati solo dopo diversi anni, fin da
neonata aveva manifestato più volte quello che dopo
compresero essere un sintomo del suo potere ancora sopito: mentre era
ancora in fasce, spesso accadeva che la sua temperatura corporea
calasse drasticamente senza alcun motivo, a volte quasi sotto lo
zero.In questi casi, naturalmente, i due genitori convocavano a palazzo
i migliori medici del regno, ma la bambina, a detta di
quest’ultimi, era sempre in perfetta salute.
“Bene,
vediamo...” stavolta l’anziano troll si rivolse
alla madre, che in quel momento teneva la piccola Anna ancora priva di
sensi tra le sue braccia.
“È
una fortuna che non sia il cuore; col cuore non si ragiona
facilmente... ma con la testa si può provare”
Fate
ciò che dovete” gli rispose il re.
Il
troll non indugiò oltre e poggiò una mano sulla
fronte della bambina... ma proprio in quell’istante
sentì qualcosa di strano muoversi dentro di lei che lo fece
sussultare. Percepiva come una strana forza, che stava contrastando il
ghiaccio rinchiuso dentro il suo corpo e che incredibilmente la stava
guarendo senza che lui facesse niente.
‘Questo
è veramente molto strano... ma forse mi starò
sbagliando. Probabilmente è solo il suo corpo che sta
reagendo al ghiaccio meglio del previsto’
I
suoi pensieri però vennero interrotti dalla voce preoccupata
della Regina:
“La
prego, ci dica, come sta nostra figlia? Si riprenderà?"
Il
capo dei troll non diede più peso a quella sensazione; in
quel momento era necessario agire tempestivamente. Infatti, per quanto
fisicamente si stesse riprendendo da sola, il ricordo di
quell’incidente avrebbe provocato un grave trauma alla psiche
della piccola. Inoltre non poteva permettere che una tale disgrazia si
ripetesse, quindi, anche se a malincuore, decise di ricorrere a misure
drastiche:
“Consiglio
di rimuovere tutta la magia, perfino il ricordo della magia.. per
sicurezza; ma non vi crucciate... lascerò il
divertimento”
Mentre
pronunciava queste parole l’anziano saggio estrasse dalla
fronte della bambina i suoi ricordi, mostrandoli a tutti i presenti
sotto forma di immagini, e con rapidi gesti della mano li
modificò, eliminando dalla sua mente ogni ricordo inerente i
poteri di Elsa. In tal modo Anna avrebbe ricordato tutte le belle
giornate trascorse insieme alla sorella a giocare con la neve, ma non
avrebbe ricordato il dettaglio più importante: che a creare
la neve fosse la sorella stessa.
“Se
la caverà” disse infine mentre reinseriva i
ricordi modificati nella mente di Anna.
I
due sovrani tirarono un sospiro di sollievo, ma Elsa appariva ancora
turbata.
“Ma
non si ricorderà più dei miei
poteri...” sussurrò la platinata con molta
tristezza.
“È
per il suo bene” gli rispose il padre, ma la maggiore non
apparve ancora convinta.
“Ascoltami
Elsa...” Intervenne allora il capo dei troll “Il
tuo potere crescerà con te. C’è
bellezza in esso... ma anche un grande pericolo. Devi imparare a
controllarlo. La paura sarà tua nemica”
Come
con i ricordi di Anna, mentre parlava, il troll usò la sua
magia e creò delle immagini azzurrine che ritraevano Elsa
mentre creava un magnifico fiocco di neve davanti a una folla di
spettatori, la quale sembrava meravigliata di assistere a tale
prodigio. Ma ben presto le immagini si fecero più cupe: il
fiocco di neve mutò forma e colore, assumendo un aspetto
spaventoso. Le persone intorno a lei si spaventarono e aggredirono la
principessa per fermarla... e a quel punto le immagini svanirono.
La
piccola Elsa rimase terrorizzata da ciò che vide e si
strinse tra le braccia del padre. Ma quello che rimase più
scosso da tali rivelazioni fu proprio il sovrano:
“No,
no! Noi la proteggeremo! Riuscirà a controllarlo, ne sono
sicuro! Fino ad allora... chiuderemo le porte, diminuiremo i domestici,
limiteremo i suoi contatti con le persone, e terremo nascosti i suoi
poteri a tutti! Compresa Anna...”
Il
re pronunciò l'ultima frase con molta amarezza, ma in cuor
suo sapeva che tutto ciò era necessario per la sicurezza
delle figlie... o almeno così credeva
La
crisi era stata scongiurata.
Il
re e la regina ringraziarono di cuore il capo dei troll e con in
braccio le figlie montarono sui cavalli avviandosi verso il castello.
Tuttavia l’anziano saggio non apparve per nulla
tranquillizzato e rimase a riflettere a lungo sugli ultimi avvenimenti:
le
precauzioni che voleva adottare il re non gli piacevano. In questo modo
avrebbe solo peggiorato la situazione e la paura di Elsa verso i suoi
poteri sarebbe soltanto aumentata. Ma riguardo a questo, non
poté fare altro che dare la colpa a se stesso.
‘Dopotutto
è a causa mia se vuole agire così...
l’ho convinto io... quando gli ho mostrato quello che
potrebbe accadere’
Inoltre,
per quanto riguarda i ricordi di Anna, neanche là era tanto
sicuro di aver fatto la scelta giusta.
‘Forse
sarebbe bastato rimuovere solo il ricordo dell’incidente... e
raccomandare a tutti di fare più attenzione...’
Ma
proprio mentre pensava ad Anna, si ricordò di un dettaglio
che prima gli era sfuggito.
‘I
capelli della bambina... non sono cambiati!’
Il
troll, infatti, si ricordò che, quando avvengono questo tipo
di incidenti, coloro che vengono colpiti riportano
dall’esperienza un segno indelebile nel corpo, come una sorta
di cicatrice dovuta a una ferita rimarginata.
Nel
caso di Anna, essendo stata colpita in fronte, il segno sarebbe dovuto
apparire tra i capelli, probabilmente in una ciocca che avrebbe assunto
un colore diverso. E invece nulla... come se l’incidente non
fosse mai accaduto.
‘Nel
corpo di una persona normale un segno compare sempre... e sono
più che sicuro che Anna non ne avesse. Ma allora questo
può solo significare che...’
“Gran
papà, gran papà!”
I
suoi pensieri vennero interrotti per la seconda volta in quella
giornata, ma stavolta dalla voce della consorte. Si voltò e
vide la moglie avvicinarsi in compagnia di un piccolo ragazzino biondo
e di un cucciolo di renna.
“Dimmi
gran mamma, da dove vengono questo bel bambino e la sua piccola
renna?”
“Ho
trovato questo piccolo ometto e il suo amico peloso sopra la radura
durante la visita della famiglia reale. Mi ha detto che sono giunti fin
qui dalla foresta seguendo una strana scia di ghiaccio. Inoltre... se
ho ben capito... sono soli”
Quest’ultima
frase fece rattristare gran papà, che nel frattempo aveva
ascoltando tutto il discorso con grande attenzione.
“Ma
comunque si può risolvere tutto! Possiamo essere noi la loro
famiglia, giusto?” concluse la moglie
A
quel punto sia il bambino che la renna guardarono speranzosi il capo
dei troll. Quest’ultimo, d’altro canto, non era
tanto sicuro che adottare una renna ed un bambino umano fosse una buona
idea, ma dopo aver visto il loro sguardo pieno di speranza, fece un
grande sorriso e si decise:
“Beh,
se le cose stanno così... benvenuti nella nostra
famiglia!”
Gli
occhi del bambino si illuminarono per la felicità, mentre la
renna si mise a saltellare dalla gioia. Non appena furono informati
della notizia, tutti i troll iniziarono a cantare e festeggiare; la
loro famiglia si era appena allargata e questo non poteva renderli
più felici. I due nuovi arrivati vennero coinvolti nella
festa improvvisata e si misero a ballare insieme agli altri in modo
sfrenato. Dopo qualche minuto, le acque si calmarono e gran
papà poté riavvicinarsi a loro e dirgli:
“Bene,
direi che è l’ora delle presentazioni. Come avrete
già capito, io sono il capo di questa comunità e
potete chiamarmi gran papà, mentre voi...”
“Oh
giusto, lui è il mio migliore amico, e si chiama Sven,
mentre io mi chiamo Kristoff... Kristoff Bjornman”
ANGOLO
AUTORE: ed ecco il mio primo capitolo de “Le cronache del
Ghiaccio e del Fuoco”. Mi spiace deludere i fan del trono di
spade, ma questo titolo l’ho scelto perché si
adattava perfettamente alle storie che dovrò narrare e
quindi non ci sarà nessun crossover con la serie (anche io
sono un fan del trono e in questo momento mi sto mettendo a piangere
T.T).
Coooomunque,
come vi è sembrato? Gli eventi e quasi tutti i dialoghi
sono presi direttamente dal film, ma come avrete notato ho inserito
anche qualche “piccola modifica” di una certa rilevanza ;)
Il
prossimo capitolo invece uscirà fra qualche giorno e
tratterà stavolta di eventi non inseriti nel film e quindi
con dialoghi quasi tutti inediti (mi spiace niente spoiler muahahahah)
Per
quanto riguarda lo stile di scrittura e la sintassi in generale, vi
prego di non essere troppo severi con me (mi sa che mi
beccherò un sacco di brutte recensioni u.u), questa
è la mia prima ff in assoluto e sono ancora in fase di
“rodaggio” se così si può
definire.
Detto
questo Ray46 vi saluta e ringrazia preventivamente tutti quelli che
decideranno di seguire la serie
Ciaoooo
:)
P.S.:
le frasi tra le doppie virgolette indicano i dialoghi mentre quelle tra
una sola i pensieri, sicuramente l’avevate già
capito ma non si sa mai ;)
|
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Capitolo 2 *** Un nuovo segreto ***
CAPITOLO
SECONDO
Un
nuovo segreto
Erano
passati quasi sei mesi dalla notte dell’incidente.
Come previsto da gran papà, la situazione della piccola Elsa
non era affatto migliorata e andava aggravandosi di giorno in giorno.
“Non riesco a controllarlo! È sempre
più forte!”
“Non devi agitarti tesoro. Così peggiori soltanto
le cose”
Il re e la regina provarono ad avvicinarsi alla loro primogenita per
tranquillizzarla, ma questa si allontanò di scatto con uno
sguardo di puro terrore dipinto sul volto
“No! State lontani! Non voglio farvi del male!”
I due sovrani, allora, si rassegnarono, ed uscirono dalla stanza per non
spaventarla ulteriormente. Attraversarono velocemente i corridoi del
castello ed entrarono dentro lo studio privato del sovrano, in modo da
poter discutere tranquillamente.
La regina era disperata.
Veder soffrire in quel modo le sue due uniche figlie era qualcosa di
veramente insopportabile.
Da quando si era svegliata dopo l’incidente, Anna passava
intere giornate cercando di convincere la sorella ad uscire dalla sua
nuova stanza, ottenendo in cambio sempre e solo rifiuti. La maggiore,
in realtà, la respingeva per proteggerla, per paura di farle
di nuovo del male, ma questo la piccola Anna non poteva saperlo e si
era convinta di essere lei la causa del suo improvviso allontanamento.
“Agdar dobbiamo fare qualcosa! Elsa ha sempre più
paura dei suoi poteri, mentre Anna è sempre più
triste a causa della loro separazione! Non possiamo
continuare così...”
“E cosa proponi di fare, Idunn!? I guanti che ho dato ad Elsa
sembrano in grado di contenere i suoi poteri, ma lei ne è
ancora terrorizzata! Lo so che il suo isolamento è duro da
sopportare, ma finché non impara a controllarsi, senza
volerlo potrebbe fare del male a qualcuno. Per quanto riguarda Anna
invece... dovrà abituarsi; dopotutto... lo facciamo
soprattutto per la sua sicurezza”
La risposta del marito però non convinse la regina, che gli
propose un’alternativa:
“Ma forse... se le permettessimo ogni tanto di uscire, di
parlare con Anna, per farle capire che le vuole ancor...” non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che il sovrano le
rispose con tono serio e autoritario:
“No! Ne abbiamo già parlato, è fuori
discussione! È troppo pericoloso! Come ti ho appena detto,
se perdesse di nuovo il controllo dei suoi poteri, potrebbe ferire
qualcuno, o peggio, potrebbe ferire di nuovo Anna!”
“Agdar, ascoltami, non...” tentò di
ribattere Idunn, ma anche stavolta venne interrotta dal marito:
“Ormai è deciso Idunn, ti prego di rispettare la
mia decisione. Forse in futuro troveremo un altra soluzione, ma per
ora... non possiamo fare nient’altro”
“Come vuoi tu, caro”
Adgar si accorse dell’enorme tristezza celata nelle parole della
consorte e si avvicinò a lei per cingerla in un dolce
abbraccio.
“Sono sicuro che presto si risolverà tutto...
dobbiamo solo avere fiducia in Elsa. Ora perdonami, ma la mia nave
è già pronta per salpare. Devo recarmi nel ducato
di Weselton per rinegoziare l’accordo
commerciale”
“Quando tornerai?”
“Se tutto va bene tra due settimane. Nel frattempo...
prenditi cura delle nostre figlie, in questo momento hanno bisogno di
tutto il nostro aiuto”
“Non preoccuparti... sono in buone mani”
Il re e la regina a quel punto sciolsero il loro amorevole abbraccio e
si scambiarono un lungo e passionale bacio d’addio.
‘Fa buon viaggio, marito mio, e ti prego... fa
attenzione’
“Anna, tesoro, sei sveglia?”
Idunn bussò ripetutamente alla porta, ma dalla camera della
minore non giunse alcuna risposta.
‘Sempre la solita dormigliona’ pensò tra
sé la regina mentre le scappava un sorriso.
Idunn girò il pomello della porta ed entrò nella
stanza ancora immersa nel buio. Faceva molto freddo
all’interno.
Durante la notte, il gelo dell’inverno si era insinuato
silenzioso nella camera della bambina, abbassandone di molti gradi la
temperatura interna, ma questo non preoccupò la sovrana,
sicura che le pesanti coperte di lana proteggessero la minore dal
freddo.
La regina allora si avvicinò al grande letto a baldacchino e
si sedette accanto a quella che doveva essere la sagoma di sua figlia.
“Anna, su tesoro, svegliati” sussurrò la
madre “sono già le nove passate e il tuo
precettore ti sta aspettando per la lezione mattutina”
Anna sbadigliò rumorosamente e con voce assonnata rispose
alla madre:
“Mamma ti prego... oggi non c'è la faccio ad
alzarmi... ho troppo sonno...”
La regina non poté trattenere una piccola risata. Per Anna
ogni scusa era buona per non studiare.
La bambina non era mai andata d'accordo col suo precettore e molto
spesso capitava che saltasse le lezioni avvalendosi delle scuse
più assurde. Ma stavolta la regina non era disposta a cedere:
“Su, dormigliona, anche tua sorella si alzata presto,
sai?”
Sua sorella... da quanto tempo non la vedeva.
La minore ripensò a tutte le volte che aveva
pregato la platinata di aprirle quella dannata porta, anche solo per un
saluto. Ma ogni tentativo sembrava vano con la sorella: la risposta era
sempre la stessa e, alle volte, non arrivava neanche quella.
“Mamma...” disse la minore, con un tono
così triste da allarmare non poco la regina
“Si tesoro?”
“Secondo te Elsa mi odia?”
A quelle parole Idunn si sentì come se una spada le avesse
appena trafitto il cuore. Non riusciva quasi a crederci: Anna era
convinta che la sorella maggiore la odiasse.
La regina allora non perse tempo e si affrettò a rispondere
alla figlia:
“Ma no, piccola mia, cosa vai pensando. Elsa non ti odia. Lei
ti vuole un mondo di bene, lo sai... è solo che in questo
momento sta attraversando un periodo molto difficile e ha bisogno di stare un po’ da sola... mi capisci?”
La bambina in realtà non capiva. Era da mesi che non capiva
e di certo quella risposta non l’aveva aiutata.
“Si... credo di capire...” sussurrò rassegnata.
A quel punto gli occhi della sovrana si inumidirono e le lacrime
presero a rigare le sue pallide guance.
Anche se di fatto non aveva mentito alla figlia, comunque le aveva
nascosto per l’ennesima volta la verità... e
questo la distruggeva più di ogni altra cosa.
La regina, però, non si perse d’animo e dopo
qualche secondo si asciugò velocemente le lacrime,
ringraziando il cielo che la stanza fosse immersa ancora nel buio; dopodichè si alzò dal letto e si diresse verso la finestra.
“Su tesoro, non pensiamoci più. Piuttosto
è ora che ti alzi dal letto. Come ti ho già
detto, il maestro ti sta aspettando”
Idunn scostò le tende della finestra e la stanza
venne invasa dalla luce del mattino.
“Uffa non è giusto!” esclamò
la figlia, mentre cercava di coprirsi gli occhi.
La sovrana però non l’ascoltò e si
avviò verso la porta con l’intenzione di uscire.
“Ora vado a chiamare Gerda per farti portare la
colaz...” non appena si voltò verso la figlia, le
parole le morirono in bocca.
“A-Anna... i tuoi capelli...” le disse con una
sguardo sbigottito.
La bambina all’inizio non capì a cosa si riferisse
e la guardò stranita, poi però prese una
ciocca dei suoi capelli tra le mani e, non appena la vide,
sbarrò gli occhi dallo stupore. Senza indugiare un'attimo, scese dal letto e corse davanti allo specchio del comodino per per potersi
guardare meglio... e ciò che vide la lasciò
totalmente senza fiato.
I suoi capelli, prima ramati, adesso brillavano sotto ai raggi del sole
di un rosso così intenso da sembrare di fuoco. E lo stesso
si poteva dire dei suoi occhi, le cui iridi, prima di colore verde
acqua, adesso risplendevano della stessa tonalità di rosso
della sua chioma.
Mentre Anna ammirava il suo nuovo aspetto, Idunn, ripresasi dallo
shock, iniziò veramente a preoccuparsi.
Questa improvvisa metamorfosi, infatti, le ricordava in modo
incredibile quella che aveva subito Elsa il giorno in cui i suoi poteri
si erano manifestati per la prima volta.
Inoltre, mentre cercava altre possibili somiglianze con la primogenita, la
regina si ricordò improvvisamente che anche Anna, da
neonata, era soggetta come la maggiore a strani e frequenti sbalzi di
temperatura. All’epoca, sia lei che suo marito li avevano
ritenuti dei normali picchi di febbre e quindi nulla di preoccupante...
ma adesso la regina sospettava che a provocare quei picchi fosse stato
qualcosa di più di qualche semplice malanno.
‘Che abbia anche lei dei poteri?’ pensò la regina, mentre continuava a guardare la figlia sempre
più preoccupata.
Anna viceversa, superato lo stupore iniziale, si rallegrò
moltissimo del suo nuovo look e sorrise entusiasta alla madre.
“Wow, hai visto mamma? I capelli sono diventati di
fuoco!” esclamò la bambina eccitatissima.
Idunn nascose subito il suo turbamento e ricambiò con
dolcezza il sorriso della figlia; se i suoi sospetti erano fondati,
l’ultima cosa che voleva era spaventarla. Ma proprio in quel
momento, la regina fu investita da una sorta di epifania:
‘Fuoco... fuoco, ma certo! Forse è questa la
natura dei suoi poteri! In questo caso, c’è un
solo modo per scoprirlo...’
“Anna, vieni con me, tesoro” disse alla
figlia e, presala per mano, la portò vicino al camino
ancora spento della camera.
“Ma io non sento freddo” le rispose poco dopo la
rossa, convinta che la madre volesse accendere il camino per riscaldare
la stanza.
Lo scopo di Idunn non era certo quello, ma la frase della bambina le
fece notare un’altro particolare che fino ad allora le era
sfuggito, e che confermava ancora di più la sua teoria:
Anna, da quando si era alzata dal letto, non sentiva neanche un po' di
freddo.
La temperatura all’interno della stanza era ancora molto
bassa, ma la bambina, con indosso solo il pigiama da notte, non
sembrava nemmeno rendersene conto.
“Non importa Anna, ora però ho bisogno del tuo
aiuto” rispose la madre, ancora più desiderosa di
scoprire la verità, e con voce tesa ma determinata,
continuò:
“Adesso... punta le mani verso il camino e prova a desiderare
di dar fuoco alla legna”
“Perché?”
“Anna... fidati di me”
La bambina, seppur con riluttanza, fece come le era stato ordinato, e
il risultato che ne scaturì fu a dir poco straordinario.
Dalle sue mani, infatti, si sprigionarono come per magia tanti piccoli
zampilli di fuoco che colpirono la legna del camino, mandandola
istantaneamente in combustione.
“MA È STUPENDOOO!!” urlò Anna
dalla gioia, mentre fissava le mani che avevano compiuto
quell’incredibile prodigio.
Idunn, al contrario della figlia, non si scompose, mantenendo una calma
apparente.
La sovrana aveva avuto la conferma dei suoi sospetti: anche Anna possedeva dei
poteri, ma, adesso, non aveva la minima idea di come risolvere la
situazione.
Una volta tornato dal viaggio diplomatico, il marito avrebbe scoperto
le nuove capacità della figlia, e la regina già
immaginava come sarebbe andata a finire.
Pur di proteggerla, il re avrebbe rinchiuso la rossa nella sua stanza e
avrebbe limitato ogni suo contatto con l’esterno. La bambina,
a quel punto, avrebbe iniziato a vedere il suo potere come una
maledizione, e così, invece di domarlo, ne avrebbe perso
totalmente il controllo.
In poche parole, Anna avrebbe subito lo stesso destino della
sorella... ma questo, Idunn, non poteva assolutamente permetterlo.
Dopo qualche attimo di riflessione, la regina comprese di non
avere altra scelta.
Poggiò dolcemente una mano nella spalla della rossa,
fermando in tal modo il suo impeto di gioia, si chinò fino a
raggiungere la sua altezza e, guardandola sicura negli occhi, le porse
una domanda che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita:
“Anna... sai mantenere un segreto?”
Dopo molti minuti di discussione, alla fine Idunn era riuscita a
convincere la figlia a tenere nascosti i suoi poteri.
La rossa, seppur con molta amarezza, aveva promesso alla madre di non
mostrare il suo dono a nessuno, eccetto che a Gerda e a Kai, i
più fidati domestici della regina, i quali avrebbero di
certo mantenuto il segreto.
Anna, però, non era ancora tranquilla.
La bambina, infatti, non riusciva ad accettare il fatto di dover
nascondere i suoi poteri anche al padre e decise di chiedere
spiegazioni.
“Non capisco... perché non posso dirlo a
papà?”
Idunn sembrò rifletterci un attimo, e dopo aver scelto le
parole con cura, rispose alla figlia
“Vedi Anna... tuo padre ti vuole bene... e proprio come me te
ne vorrà sempre... tuttavia c’è il
rischio che anche lui possa temere i tuoi poteri, ritenerli un
pericolo, e pertanto potrebbe adottare delle precauzioni che temo
possano renderti infelice... ed io, piccola mia, non... non posso
vederti infelice!”
Idunn pronunciò le ultime parole quasi in lacrime. Il
ricordo della sofferenza di Elsa era troppo doloroso da sopportare.
Anna, vedendo il dolore della madre, si lanciò su di
lei e l’abbracciò con tutte le sue forze.
La regina si sentì rincuorata da tale affetto e la strinse
anche lei tra le braccia.
“Mi prometti che non lo dirai a tuo padre?”
“Si mamma... te lo prometto”
Madre e figlia sciolsero l’abbraccio, la prima con un sorriso
sulle labbra, mente la seconda ancora turbata.
“E... ad Elsa?”
La regina, a quel punto, poggiò dolcemente entrambe le mani
sulle spalle minute della bambina e sempre a malincuore le rispose:
“Mi dispiace Anna, ma neanche Elsa dovrà sapere
dei tuoi poteri. Potrebbe spaventarsi e, inoltre, potrebbe dirlo a tuo
padre”
“Capisco...” sussurrò Anna con lo
sguardo rivolto verso il basso.
La sovrana allora le diede un bacio affettuoso sulla fronte, si
rialzò in piedi e, con la speranza di risollevarle il
morale, le disse:
“Su, Anna, non abbatterti. Che ne dici se facciamo colazione
insieme? Chiederò a Gerda di prepararci la cioccolata
calda”
Non appena sentì la parola ‘cioccolata’,
Anna cambiò totalmente di umore e, sprizzando gioia da tutti
i pori, si precipitò fuori dalla camera correndo come un
fulmine verso le cucine. Tanta fu la fretta che la rossa non si era
nemmeno accorta di essere rimasta in pigiama.
‘Per fortuna basta poco per farle tornare il
sorriso’ pensò tra sé Idunn mentre la
seguiva soddisfatta, ma in quel momento non poté fare a meno
di pensare anche al futuro.
‘Agdar non dovrà mai scoprire i suoi poteri...
spero solo che vada tutto bene’
ANGOLO AUTORE: ok questo capitolo è stato faticosissimo.
L'ho riscritto molte volte e gli ho dato qualche risistemata anche dopo
la pubblicazione; questa comunque dovrebbe essere la versione
definitiva, quindi niente più modifiche (finalmente XD).
Cambiando argomento, incomincio ringraziando di cuore DoctorFez1988 per
avermi permesso di inserire alcune caratteristiche (i capelli e gli
occhi rossi di Anna) tratte dalla sua bellissima ff :)
In questo capitolo ho descritto il giorno della scoperta dei poteri di
Anna, dove la regina ha deciso di tenerli segreti al marito. Nel film,
infatti, il re Agdar mi ha dato l'impressione di essere un uomo
autoritario, in grado di prendere decisioni difficili e radicali quando
le ritiene necessarie, e quindi mi sono immaginato che Idunn non
volesse che scoprisse i suoi nuovi poteri, per paura che Anna facesse
la stessa fine di Elsa (rimanere chiusi 13 anni in una stanza
dev'essere proprio un incubo o.o) . E a proposito di Idunn, ho cercato
di approfondire in modo particolare il suo personaggio (nel film la
povera regina riesce a dire a malapena una battuta prima di affondare
con la nave) e soprattutto il suo rapporto con Anna.
Vi annuncio fin da subito che il prossimo capitolo si
svolgerà nel giorno dell’incoronazione, ma non ho
idea di quando lo pubblicherò, dato che ancora lo devo
scrivere. Spero di arrivarci per Martedì, ma io sono un tipo
che, ahimè, combatte assai con grammatica e sintassi e
quindi potrei impiegarci un po' di più.
Nel frattempo spero che questo capitolo vi sia piaciuto e naturalmente
non esitate a commentare o a chiedere delucidazioni se qualche parte
non è molto chiara :)
Detto questo, Ray46 vi saluta e vi augura una buona giornata, ciaoooo :D
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Capitolo 3 *** Il giorno dell'incoronazione ***
CAPITOLO
TERZO
Il giorno dell'incoronazione
Non
appena tornò ad Arendelle dal viaggio diplomatico, Agdar si
accorse subito degli strani cambiamenti che Anna aveva subito ai
capelli e agli occhi, e ben presto cominciò anche lui a
sospettare che la figlia avesse sviluppato dei poteri simili a quelli
della maggiore.
Idunn, per impedirgli di scoprire la verità,
cercò più volte di dissuaderlo dalla sua idea,
spiegandogli che probabilmente il nuovo aspetto di Anna fosse solo un
innocuo effetto collaterale dell’incidente con i poteri
glaciali della sorella.
Il sovrano, inizialmente, non diede molto credito alle parole della
consorte e continuò a sorvegliare la piccola Anna, in attesa
che manifestasse anche lei qualche strana capacità, ma alla
fine, non vedendo nella bambina niente di strano, accettò la
fraudolenta teoria della moglie e smise di preoccuparsene.
Gli anni quindi passarono in fretta, e il fuoco che albergava dentro la
minore crebbe sempre di più, rafforzandosi man mano che
cresceva. La rossa però, grazie anche al sostegno emotivo
che le dava la madre, imparò in breve tempo a controllarsi
senza difficoltà e, cosa ancora più incredibile,
a padroneggiare il suo dono con una abilità inaspettata.
Anna inoltre, sebbene dovette tenere segreti i suoi poteri anche ad
Elsa, non smise mai di tentare di farla uscire dal suo isolamento,
senza però ottenere risultati.
Infatti la maggiore, a causa della paura e della poca fiducia in se
stessa, continuò ad avere difficoltà a gestire i
suoi poteri, i quali sembravano scattare ad ogni minima emozione che
provava. Elsa perciò si rassegnò a portare sempre
con sé i guanti regalatole dal padre, che per qualche strano
motivo erano in grado di contenere il suo dono, o per meglio dire (come
lo chiamava lei) la sua maledizione.
Entrambe le ragazze crebbero dunque all’insaputa dei poteri
dell’altra, trascorrendo due esistenze completamente diverse:
Elsa ricevette un’educazione impeccabile, ed essendo la
primogenita e l’erede al trono del regno, imparò
in modo approfondito l’arte della diplomazia e la gestione
degli affari di stato, nonché tutte le regole del bon ton e
dell’etichetta di corte. Inoltre, com’era
prevedibile, la maggiore divenne una ragazza molto composta e
riservata, spesso timida e insicura, e poco abituata a intrattenere
rapporti con altre persone più del necessario.
Anna invece, sebbene avesse ricevuto anche lei un educazione consona al
suo rango di principessa, non perse il suo tipico carattere da combina
guai, diventando, al contrario, una ragazza ancora più
vivace e scatenata di prima. Negli anni che attraversarono la sua
infanzia e la sua adolescenza, infatti, per spezzare la monotonia delle
giornate spesso la rossa si divertiva a correre per i saloni del
castello, a parlare con i quadri (cosa ritenuta assai strana dai
domestici) e ogni tanto, quando l’occasione lo permetteva, a
giocare di nascosto con i suoi poteri.
Poco dopo che la rossa compì quindici anni, però,
la famiglia reale venne colpita da una grave disgrazia: I due sovrani
di Arendelle, mentre si recavano nel regno di Corona per assistere al
matrimonio di loro nipote Rapunzel, persero la vita durante la
traversata, travolti da una violenta tempesta che affondò la
loro nave.
La notizia della morte dei genitori fu un duro colpo per le due
principesse, soprattutto per la primogenita, che per il dolore si
rinchiuse ancora di più in se stessa.
Dopo il funerale, i ministri del regno indissero una riunione
straordinaria del consiglio, nel quale decisero
all’unanimità di instaurare un governo provvisorio
che avrebbe guidato il reame fino a quando la principessa Elsa non
avesse raggiunto la maggiore età... e dopo tre lunghi anni
di attesa quel momento alla fine arrivò.
* * * * *
Finalmente il grande giorno era arrivato.
Quella mattina gli abitanti della città si erano svegliati
raggianti e pieni di vita.
I sudditi, infatti, erano tutti in fermento per ultimare i preparativi
della grande festa che presto si sarebbe svolta in celebrazione
dell’attesissimo evento.
Anche il porto era in piena attività, e i portuali si davano
un gran da fare per garantire un facile ancoraggio alle numerose navi
che in quel momento si avvicinavano rapidamente al molo.
All’interno delle imbarcazioni vi erano ansiosi di sbarcare,
nobili, dignitari e ambasciatori provenienti da ogni regno confinante,
giunti in quella terra per assistere alla grandiosa cerimonia
d’incoronazione della nuova regina di Arendelle.
La gente per strada non stava più nella pelle.
Dopo tredici lunghi anni, le porte del castello stavano per essere di
nuovo riaperte, e tutti erano curiosi di ammirare la misteriosa
famiglia reale che, fino ad allora, non si era più mostrata
in pubblico.
Tutto era stato organizzato in modo perfetto e la giornata sembrava
destinata a concludersi nel migliore dei modi.
Ovviamente, nessuno poteva prevedere ciò che di
lì a poco sarebbe accaduto... nessuno poteva prevedere
l’arrivo dell’inverno.
Anna era in piedi già da un pezzo.
La ragazza si era svegliata addirittura all’alba, ed era
rimasta per tutto il tempo imbambolata come un manichino davanti alla
finestra, intenta ad ammirare con aria sognante l’incredibile
panorama che la città le offriva in quel giorno tanto
speciale.
Probabilmente sarebbe rimasta lì tutta la mattina se Kai non
avesse bussato alla porta, ridestandola dal suo sogno ad occhi aperti.
“Principessa Anna”
“Ehm si?” rispose la rossa con un leggero sussulto
“Perdonatemi se vi disturbo, vostra altezza, ma volevo
avvertirla che tra breve le porte del castello saranno aperte”
La ragazza sgranò di colpo gli occhi:
“Oh cavolo! Me n’ero completamente
dimenticata!”
Anna corse come una lepre in direzione della porta, ma poco prima di
girare il pomello, per sua grande fortuna si fermò appena in
tempo:
“Ops... stavo per uscire in pigiama” disse la rossa
quasi ridendo, immaginandosi la comica scena dei servitori che la
guardavano allibiti.
Anna tornò dunque sui suoi passi e si tolse velocemente il
pigiama da notte per indossare l’abito preparato da Gerda la
sera prima: il vestito, chiaramente estivo, era privo di maniche ed era
composto da una lunga gonna plissettata di color verde pastello e da un
raffinato corpetto nero con una leggera scollatura a cuore, entrambi
decorati con maglifici ricami floreali.
Un abito semplice ma al tempo stesso molto elegante.
Subito dopo, la principessa si sedette di fronte al grande specchio
presente nella camera e sistemò i suoi lunghi capelli in un
bellissimo quanto complicato chignon, legato dietro la nuca da un lungo
e delicato nastro di seta.
Finita l’operazione, Anna si guardò attentamente
allo specchio, ma con un espressione sul volto poco convinta:
“Uhmm... eppure manca qualcosa” mormorò
pensierosa la rossa.
“Ah giusto! Qualcosa da mettere al collo”
Detto questo, aprì in fretta e furia il cassetto del
comodino che aveva di fronte e iniziò a cercare velocemente
l’accessorio adatto all’occasione.
Mentre frugava fra i numerosi gioielli che possedeva, i suoi occhi alla
fine si posarono su un bellissimo ciondolo d’oro, che la
ragazza riconobbe immediatamente: quello era il ciondolo che la madre
le aveva regalato per il suo quindicesimo compleanno, circa tre anni
fa, poco prima che partisse per quel terribile viaggio che le
costò la vita.
Quando lo prese tra le mani, Anna sospirò mestamente, e i
ricordi che custodiva nel profondo del cuore riaffiorarono prepotenti
in superficie: da quando aveva scoperto di poter creare e manipolare il
fuoco, la sua vita non era stata più la stessa.
Lei non temeva il suo potere, anzi, tutt'altro; lei lo adorava, la
faceva sentire speciale... ma nasconderlo a tutti non era stata affatto
una passeggiata, soprattutto se fra questi “tutti”
rientravano anche suo padre e sua sorella.
Sua madre però era sempre stata lì, al suo
fianco, pronta ad incoraggiarla quando ne aveva bisogno, o a consolarla
nei momenti di maggior tristezza, quando la separazione
dall’amata sorellona la faceva soffrire più del
solito.
In pratica, la regina era stata per lei molto più di un
genitore: era stata anche la sua migliore amica, nonché la
sua unica confidente, con cui era solita condividere tutti i suoi sogni
e tutte le sue speranze.
“Mamma... mi manchi...” sussurrò con
tristezza la rossa, mentre una lacrima solitaria le scendeva lungo il
viso.
Dopo qualche attimo di totale immobilità, Anna scosse la
testa per scacciare quei tristi pensieri e riprese il controllo delle
sue emozioni.
“Oggi è un giorno troppo importante per
abbandonarsi allo sconforto” affermò la minore,
subito prima di indossare risoluta il ciondolo che aveva scelto.
Anna si alzò di scatto dalla sedia e diede
un’ultima occhiata al suo riflesso, sorridendo soddisfatta.
“Adesso sono pronta!” esclamò raggiante
la rossa, che nel frattempo aveva ritrovato tutto il buon umore e
l’allegria di prima, e senza indugiare oltre, uscì
come un razzo dalla stanza.
(Brano “Oggi per la prima volta”)
Il principe Hans scese dalla sua imbarcazione riposato e pieno di
energie. Durante la traversata, il mare era stato clemente e aveva
permesso al giovane principe di dormire sonni tranquilli.
Hans, non appena mise piede nella capitale, cominciò ad
esaminare con curiosità l’ambiente circostante: le
case erano tutte in perfette condizioni, le strade erano molto pulite,
e gli abitanti erano cordiali e gentili.
“Dunque è questa la famosa Arendelle”
disse il principe con un sottile ghigno tra le labbra “un
piccolo paradiso, non c’è che dire”
Hans, in effetti, per quanto all'apparenza non sembrasse, ci teneva
veramente alla salute di quel piccolo regno; infatti, se il suo piano
fosse andato a buon fine, presto tutto quello sarebbe diventato suo.
Qualche giorno prima, quando suo padre aveva ricevuto
l’invito alla cerimonia di incoronazione, il principe non si
era fatto sfuggire la ghiotta occasione, e aveva chiesto
all’anziano genitore il permesso di partire al suo posto in
veste di rappresentante del regno delle isole del Sud.
I suoi numerosi fratelli maggiori, che di solito avevano la precedenza
negli affari diplomatici, stavolta non avevano protestato, felici, al
contrario, di levarsi di torno il loro insignificante fratellino per un
po' di tempo... ma loro non sapevano del suo piano.
Hans era stufo di essere trattato come spazzatura. Perché
è così che lo vedevano i fratelli: come uno
scarto, una nullità, un fallito, l’ultima ruota
del carro, e a volte, per colpa di una “certa
persona”, anche come un mostro.
Ma adesso, la grande occasione che aspettava da tempo si era infine
presentata; avrebbe dimostrato a tutti che non era un incapace e
sarebbe tornato a casa da vincitore... sarebbe tornato da re.
Arendelle era perfetta per i suoi scopi: nessun erede maschio e una
principessa in età da marito in procinto di diventare
regina.
Il principe, naturalmente, sapeva bene che non sarebbe stato facile.
Le poche voci che giravano riguardo la primogenita la descrivevano come
una donna fredda e solitaria, difficile da avvicinare e, per logica,
quasi impossibile da sedurre. Ma lui non era di certo il tipo che si
lasciava scoraggiare dalle avversità e, in un modo o
nell’altro, avrebbe raggiunto il suo obbiettivo, anche se
questo avesse richiesto l’uso di metodi poco ortodossi.
“La cerimonia incomincerà tra poco, meglio non
perdere tempo” disse tornando serio, e con un rapido balzo
montò sopra Sitron, il suo fedele destriero
nonché compagno di tante avventure.
Hans scelse di percorrere la strada lungo il molo, così da
poter assaporare l’inebriante aria salmastra del mare durante
il tragitto... ma mentre trottava tranquillamente per la via, Sitron
urtò senza preavviso contro qualcosa, o, per meglio dire,
contro qualcuno.
L’esile figura, travolta dalla stazza dell’animale,
cadde all’indietro e sbatté il fondoschiena contro
il duro legno della banchina.
“Ehi!” urlò da terra la sconosciuta,
pronta a dirne quattro a colui che l’aveva investita.
“Oh perdonami, non ti avevo vista” le disse Hans
molto gentilmente mentre smontava da cavallo “ti sei fatta
male?”
‘Le buone maniere prima di tutto’ pensò
tra sé il principe ‘in terra straniera
è importante mostrarsi i più educati
possibili’
La ragazza, non appena lo vide meglio, perse d’improvviso
ogni traccia di irritazione, cambiando subito atteggiamento.
“No no tutto bene”
“Sei sicura?”
“Si... non vedevo dove mettevo i piedi... ma sto bene,
davvero”
“Grazie al cielo”
Hans le tese cordialmente la mano per aiutarla a rialzarsi, esibendo al
contempo il più dolce dei sorrisi.
Lei ricambiò il sorriso e accettò volentieri
l’aiuto offertole.
Una volta che furono a pochi centimetri di distanza, il principe
guardò attentamente la bella fanciulla che aveva
d’avanti, e per un attimo rimase di sasso. La ragazza, oltre
ad avere una chioma a dir poco infuocata... aveva le iridi rosse!
In tutta la sua vita, Hans non aveva mai visto niente di simile: sotto
la luce del sole, esse brillavano come due splendidi rubini appena
intagliati, esaltando la già smodata bellezza della
fanciulla.
Il suo sbigottimento, però, durò appena qualche
secondo; per quanto attraente, la rossa non era comunque il suo tipo.
“Principe Hans, delle isole del Sud” si
presentò, facendo un lieve inchino
“Principessa Anna, di Arendelle”
Hans sbarrò gli occhi dallo stupore.
“Principessa...? Milady”
Il giovane si inginocchiò di fronte alla reale, incredulo
della fortuna che aveva letteralmente investito.
‘Grazie a lei potrei avvicinarmi alla regina’
constatò felice nella sua mente.
“No per favore, non c’è bisogno di
queste formalità” gli rispose Anna ridendo
nervosamente e con un tono imbarazzato.
Hans si alzò da terra e, sfoggiando tutta la sua galanteria,
continuò quella che ora era diventata una recita per
accattivarsi la simpatia della principessa.
“Mi scuso per aver urtato la principessa di Arendelle con il
mio cavallo... spero che mi possa perdonare”
“Oh ma certo, non fa niente, non ti preoccupare. Io non sono
quel tipo di principessa... io, per tua fortuna... sono solo
io”
Anna lo guardò per interminabili secondi sospirando
sommessamente, cosa che non sfuggì agli occhi astuti del
principe, i quali nel frattempo ricambiavano profondamente il contatto
visivo. La scena fu però interrotta da un rumore di campane
in lontananza.
“Uh? Le campane! L’incoronazione!! Io... meglio che
vada, devo andare, io... si é meglio che vada...
addio!”
Anna salutò il principe con molto imbarazzo e corse via in
direzione del castello.
Quando fu abbastanza lontana, Hans sorrise malignamente. Il bizzarro
comportamento della principessa era stato più che esauriente:
lei si era invaghita di lui... e senza che facesse granché.
“Bene, direi di essermi appena procurato il piano di riserva”
“Vorrei tanto che fosse così sempre”
“Anch'io... ma non posso...”
Anna rimase confusa dalla risposta della maggiore.
La serata stava andando bene, si stavano divertendo, e sembrava che
dopo tanti anni stessero riallacciando un vero rapporto; ma adesso Elsa
la stava respingendo di nuovo... le stava sbattendo di nuovo la porta
in faccia.
“Perché no? insomma...” la rossa
provò ad avvicinarsi alla platinata, ma questa si
allontanò di scatto dandogli le spalle.
“Non posso e basta!”
Anna non sapeva più che dire.
Distolse con molta tristezza lo sguardo dalla sorella e si
girò in direzione della sala.
“Scusa... con permesso”
Congedatasi in tono formale, camminò lentamente in mezzo
agli ospiti, immersa totalmente nei suoi pensieri.
‘Perché continua a respingermi? Perché
non mi fa entrare nella sua vita? Tutto questo non ha senso!’
Anna sentì improvvisamente il bisogno di sfogarsi, di
liberare il suo infuocato potere lontana da occhi indiscreti, e decise
allora di recarsi in giardino, il luogo dove spesso da piccola (sotto
l’attenta supervisione di Gerda o di Kai) giocava di nascosto
con il suo dono.
La rossa tentò con fatica di farsi strada tra la folla,
finché non venne urtata di fianco da un commensale un
po’ distratto.
L’impatto le fece perdere l’equilibrio, e
già la rossa si vedeva distesa a terra dolorante... ma
all’ultimo momento venne salvata da una provvidenziale mano
guantata.
“Per fortuna ti ho presa” le disse sorridendo il
principe Hans
Anna rimase senza fiato. La vista dell’uomo l’aveva
letteralmente incantata. La rossa provò a mettere insieme
qualche parola, ma il principe l’anticipò e,
poggiatole una mano sul fianco, la coinvolse in un romantico ballo a
ritmo di valzer.
Per Anna era un sogno che si realizzava. Lei che danzava con il suo
principe azzurro, come le principesse delle favole che leggeva da
bambina.
Dopo il ballo, i due continuarono a parlare per ore del più
e del meno, stuzzicandosi allegramente a vicenda. Girovagarono per
tutto il palazzo, finché non decisero di sedersi sopra una
balconata, da cui continuarono la loro piacevole conversazione.
“Posso farti una domanda?”
“Certo che puoi” le rispose la minore, facendo una
faccia come se le avesse appena chiesto
un’assurdità.
“È la prima volta che vedo degli occhi del tuo
colore, li hai avuti sempre così?”
“Si, ci sono nata” mentì Anna. Se gli
avesse detto la verità, e cioè che avevano mutato
colore insieme ai capelli circa dieci anni fa, allora avrebbe dovuto
svelargli anche i suoi poteri del fuoco. La rossa ancora non se la
sentiva di mostrarli a qualcuno, neanche a colui che ormai riteneva
essere il suo vero amore. Un giorno forse glieli avrebbe mostrati, ma
nel caso così non fosse stato, la ragazza non se ne
crucciava più di tanto. Dopotutto li controllava
perfettamente e, per quanto le riguardava, era in grado di tenerli nascosti per
il resto della vita.
“Adesso tocca a me farti una domanda: quanti sono i tuoi
fratelli?”
“Dodici, e tutti più grandi di me. Tre di loro
hanno finto che io fossi invisibile, letteralmente! Per due
anni.”
“È orribile...”
“I fratelli fanno così”
“Anche le sorelle. Elsa ed io eravamo così unite
da piccole, ma poi un giorno lei mi ha escluso... dalla sua vita e
io... non ho mai saputo perché” a
quest’ultime parole, la rossa abbassò la testa
sconsolata.
Hans si avvicinò a lei e con la punta delle dita
risollevò il suo volto in modo da poterla guardare dritta
negli occhi.
“Io non ti escluderei mai dalla mia vita”
Anna sentì il suo cuore battere all’impazzata.
Nessuno, prima d’ora, le aveva mai detto una frase del
genere: poche semplici parole che nel loro significato racchiudevano
perfettamente tutti i suoi desideri. La rossa allora non resistette
più, e decise di aprirgli il suo cuore, di fargli sapere
quello che provava.
“Ecco, vorrei... posso dire una follia?”
“Amo le follie!”
(Brano “La mia occasione”)
I due innamorati raggiunsero una piccola sporgenza sotto la cascata di
un ruscello per ammirare la luna che splendeva alta nel cielo stellato.
“Posso dire una follia?” Le disse a un certo punto
Hans.
Anna annuì ed il principe le prese una mano mettendosi in
una posa che lasciava ben presagire le sue intenzioni.
“Vuoi sposarmi?”
La rossa si sentì mancare. Ancora non riusciva a crederci...
le aveva appena fatto la proposta di matrimonio!
“Posso dire una follia ancora più folle?
Si!”
Hans per la felicità la prese per i fianchi e la fece
roteare in aria.
“Oh Anna, mi hai reso l’uomo più felice
della terra” urlò dalla gioia il principe
“adesso non ci resta che chiedere a tua sorella la
benedizione e saremo per sempre felici”
I due si strinsero in un abbraccio, ma Anna ripensò con
preoccupazione alle ultime parole pronunciate da Hans.
‘E se Elsa non è d'accordo? E se si arrabbia? Ma
no, che vado pensando. Sono sicura che approverà
la nostra unione. Dopotutto... il nostro è vero
amore’
ANGOLO AUTORE: Ceeeerto, “vero amore”, come no u.u.
Ragazzi mi scuso per l’enorme ritardo (avevo detto che avrei
pubblicato il martedì di un mese fa, meglio se non mi
sbilancio più in previsioni) ma tra studio, interrogazioni e
prove di esami ho avuto pochissimo tempo per scrivere. In compenso, per
farmi perdonare, ho scritto un capitolo molto più lungo
(quasi il doppio) e proprio per la sua lunghezza preferisco fare
analisi e precisazioni divisi per punti:
1. Nella parte iniziale ho fatto riassunto di quello che è
accaduto nei 13 anni (12 e mezzo per l’esattezza) tra la
scoperta dei poteri di Anna ed il giorno dell’incoronazione.
Le cose alla fine non sono andate in modo molto diverso dal film e
infatti, dato che comunque si tratta di una rivisitazione, sto cercando
di non discostarmi troppo dalla trama.
2. Anche se ho cercato di rimanere fedele al carattere originale di
Anna, questa è comunque leggermente OOC (ha pur sempre avuto
esperienze diverse). Qua Anna è meno impacciata del solito
(basta vedere la scena del porto) ed è meno dormigliona (per
questo c’è una spiegazione che darò nei
prossimi capitoli).
3. Dato che non ha vissuto nessun evento traumatico, Anna non ha timore
dei suoi poteri e a differenza di Elsa li controlla perfettamente.
Tuttavia (e questo è un’altra caratteristica OOC)
Anna ha paura a mostrarli perché teme di non essere
accettata e di spaventare chi gli sta intorno (anche questo
verrà meglio analizzato nei prossimi capitoli)
4. Non ho volontariamente approfondito i poteri di Anna
perché incomincerà ad usarli nel capitolo
successivo e non volevo rovinarvi tutta la sorpresa XD
5. Questo capitolo l’ho dedicato soprattutto ad Anna e ad
Hans e ho mostrato il loro primo incontro dal punto di vista
di quest’ultimo. State tranquilli, non ci sarà un
Hanna, rimarrò fedele alla classica Kristanna, ma ho deciso
di approfondire il personaggio di Hans perché (si
incredibile, sto facendo spoiler!) ho intenzione di sviluppare una
Helsa (per la felicità dei fan di questa coppia:D). Non
aspettatevi tantissimo però, devo sempre attenermi bene o
male al film e quindi ci saranno più che altro accenni di
Helsa. La vera Helsa ci sarà nell’episodio
successivo della saga.
6. Se vi state chiedendo chi è quella “certa
persona” che Hans odia tanto, beh, anche la sua
identità si scoprirà solo nella ff successiva (mi
spiace ma c’è un limite agli spoiler u.u); nel
frattempo potete sempre tentare di indovinare chi è ( tanto
non lo azzeccherete mai buahahahah)
7. Molte scene o dialoghi sono stati modificati (soprattutto quelli
della mattina) e altri sono stati direttamente aggiunti, come la parte
in cui Anna si prepara; chiedo perdono se per caso in
quest’ultimo ho fatto un obbrobrio, ma la descrizione dei
vestiti non è il mio forte (vi giuro che ho cercato mille
tonalità di verde ed il verde pastello è quello
che mi è sembrato avvicinarsi di più al colore
della gonna)
Credo di aver spiegato tutto, ma se ancora avete qualche dubbio non
esitate a chiedere e magari fatemi anche sapere se il capitolo vi
è piaciuto (anche le critiche sono ben accette, i
consigli poi lo sono ancora di più ;))
Detto questo, Ray46 vi saluta e vi augura lunga vita e
prosperità (citazione nerd necessaria:P) Ciaoooo :)
|
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Capitolo 4 *** L'inverno perenne ***
Pre
scrittum: Perdonatemi per l’enorme ritardo
nell’aggiornamento (anche se l’ultima volta ho
aggiornato dopo un mese, quindi non so se... *un coltello veloce come
un proiettile gli sfreccia davanti agli occhi a pochi centimetri dalla
faccia* ... ok meglio se sto zitto). Sfortunatamente sono in periodo di
esami, e quindi è stato un vero miracolo che sia riuscito a
pubblicare questo capitolo (la tesi e le prove scritte mi stanno
uccidendo T.T), a cui ho potuto dedicare poco tempo, spero proprio che
non sia venuto un disastro XD (in caso, quando avrò
più tempo, gli darò una sistemata)
E niente... l’angolo autore è come sempre presente
alla fine del capitolo, in questo pre scrittum (se così si
può definire) ci tenevo a precisare che ho cambiato i
simboli di interpunzione. Adesso i discorsi diretti sono contenuti tra
le virgolette basse, mentre i pensieri tra le virgolette alte.
Detto questo, vi auguro una buona lettura :)
CAPITOLO QUARTO
L'inverno
perenne
«Elsa!!»
L’urlo di Anna riecheggiò nella piazza del
castello.
Anna correva disperata con tutte le sue forze. Hans la seguiva a pochi
passi di distanza, aiutandola a rialzarsi quando, per la foga,
inciampava a causa dell’ingombrante gonna del vestito.
Elsa non le dava ascolto.
Continuava a fuggire, in preda al terrore per ciò che aveva
fatto. La regina raggiunse un tratto di costa priva di strade che dava
solo sul fiordo. Pensò di essere in trappola, e la paura che
provava si accentuò ulteriormente non appena
sentì la voce della sorella farsi sempre più
vicina.
«Fermati, ti prego!»
La regina indietreggiò di spalle all’acqua
senz’accorgersi di aver raggiunto il limite della costa, ma
invece di bagnarsi, uno spesso strato di ghiaccio si formò
sotto i suoi piedi. Elsa guardò sbalordita il suo potere
estendersi sotto di lei e comprese subito di avere ancora la
possibilità di fuggire. Senza voltarsi più
indietro, si gettò tra le scure acque del fiordo, creando
man mano che correva un solido passaggio per l’altra sponda,
in direzione delle montagne.
Anna, raggiunto il fiordo, tentò di seguirla, ma
scivolò nello strato di ghiaccio che, nel frattempo, si
espandeva sempre di più.
La rossa, in ginocchio, chinò il capo sconsolata,
consapevole di non essere più in grado di fermare la
sorella; in realtà avrebbe potuto... ma non di fronte a
tutta quella gente e, soprattutto, non dopo quello che era successo
nella sala del trono.
«Il fiordo...» sussurrò dietro di lei
Hans, i cui occhi erano rapiti dall’incredibile
trasformazione che il mare stava subendo. In meno di un minuto, tutta
la superficie marina si tramutò in un immensa lastra di
ghiaccio, stritolando nella sua morsa glaciale sia le navi ormeggiate
al porto che quelle ancorate più a largo.
Hans ed Anna ritornarono nella piazza del castello. Una candida
nevicata si fece strada tra gli sguardi sbigottiti dei cittadini,
seguita da un profondo calo della temperatura che fece rabbrividire
tutti i presenti, compreso il principe, il quale sistemò il
colletto del suo elegante completo da cerimonia per proteggersi dal
freddo.
Anna, invece, non si accorse di nulla.
Mentre camminava, il suo volto esprimeva una totale apatia, sommersa da
mille domande che si mischiavano fra loro come i colori di una tela.
Non riusciva più a pensare, faticava persino a respirare.
«Stai bene?» le chiese Hans con preoccupazione.
«No»
«Tu lo sapevi?»
«No...»
L’ultima risposta fu poco più di un sospiro. Anna
si strinse tra le braccia, corrugando la fronte. Di nuovo, i dubbi e
gli interrogativi la travolsero come un fiume in piena:
“Com’è possibile che non lo sapessi? Per
quale motivo mi ha tenuto segreti i suoi poteri? È per
questo che mi ha allontanata per ben tredici anni? E perché
poi? Per paura?”
“Forse per la stessa paura che hai tu” le disse una
piccola voce nella sua testa.
Il flusso dei suoi pensieri fu però interrotto dalle urla
isteriche del duca di Weselton.
«Oh guardate, nevica, sta nevicando! La regina ha maledetto
questa terra, dev'essere fermata! Dovete inseguirla!!»
Il duca si aggrappò alla divisa di uno dei suoi sottoposti,
come per spronarlo ad eseguire rapidamente il comando.
«Aspettate, no!» si affrettò ad
intervenire Anna, con un tono tra il serio e il preoccupato.
Quando vide la rossa avvicinarsi, il duca si nascose dietro i suoi
scagnozzi, puntandogli l’indice della mano destra tremante.
«Voi! Siete una strega anche voi, siete un mostro anche
voi?!»
Le orribili parole del nobile spiazzarono completamente la principessa:
strega, mostro... termini che odiava con tutta se stessa, e che non
avrebbe mai voluto sentire pronunciati, né rivolti a lei,
né rivolti tantomeno ad Elsa, la sua amata sorellona, con la
quale aveva da poco scoperto di avere molte più cose in
comune di quanto pensasse.
Lo stupore iniziale si trasformò rapidamente in rabbia.
Anna fulminò con i suoi occhi color rubino il duca, il quale
si rannicchiò ancora di più dietro i due soldati.
«Come OSATE chiamare così mia sorella?!! LEI NON
È UN MOSTRO!!» urlò con tutta la rabbia
e il rancore che aveva in corpo “E neanch’io lo
sono!”
Anna serrò i pugni fino a far sbiancare le nocche. Per una
frazione di secondo, l’idea di incenerirlo sul posto le
attraversò pericolosamente la mente: se Elsa era scappata,
era anche colpa sua. Se nel cortile non l’avesse spaventata
in quel modo, accusandola con quelle stesse orribili parole, forse
l’avrebbe raggiunta in tempo per fermarla.
«Anna, calmati» le disse Hans, poggiandogli
dolcemente una mano sulla spalla.
La rossa, rassicurata dal contatto fisico, fece un lungo sospiro per
calmare i nervi, ripensando che, in effetti, in un momento
così delicato, l’ultima cosa di cui aveva bisogno
era di dare spettacolo in pubblico provocando un incidente
internazionale.
«Io sono una persona normale, Elsa invece è
solo... diversa» aggiunse, moderando il tono della voce.
«Stava per uccidermi!!» replicò stizzito
il duca di Weselton, provocando la reazione di Hans, che era pronto a
difendere le ragioni della principessa.
«È scivolato sul ghiaccio»
«Il suo ghiaccio!»
«È stato un incidente!» si intromise
Anna, frapponendosi tra i due interlocutori «Lei era
spaventata, non voleva farlo, non voleva fare niente di tutto
questo!»
L’anziano duca roteò gli occhi ed emise un
cacofonico verso di disapprovazione, guadagnandosi un’altra
occhiataccia da parte della rossa. Questa, però, stavolta
decise di lasciar correre.
«Stasera è stata tutta colpa mia. L'ho esasperata,
perciò... sono io che devo andare a cercarla,
adesso»
«Che cosa!?» esclamarono all’unisono Hans
e il duca, non aspettandosi una così repentina decisione.
«Portatemi il mio cavallo, per favore!»
ordinò la principessa ai domestici lì vicino, i
quali si recarono di volata alle stalle reali.
«Anna no! È troppo pericoloso...»
cercò inutilmente di dissuaderla Hans.
«Elsa non è pericolosa. La ricondurrò
qui e sistemerò tutto»
I domestici nel frattempo tornarono con il cavallo: un magnifico
stallone bianco, la cresta fieramente rialzata e la sella decorata con
i tipici arabeschi della famiglia reale di Arendelle.
Kai, invece, tornò dal castello con una piccola mantellina
verde, che poggiò delicatamente sulle spalle della rossa. A
lei non serviva proteggersi dal freddo, ma per non destare sospetti
(soprattutto al duca) l’accettò volentieri,
pensando al contempo che il maggiordomo avesse avuto un ottima idea.
«Vengo con te» affermò risoluto Hans.
Anna montò velocemente a cavallo, regalando al principe un
sguardo amorevole, commossa per tutta la preoccupazione che mostrava
per lei.
«No» gli rispose però la ragazza
«devi restare qui... per governare Arendelle»
Hans per un attimo rimase stupito. Poi portò una mano sul
petto, all’altezza del cuore, come per compiere un giuramento
solenne.
«Sul mio onore»
«Lascio il principe Hans in carica!»
dichiarò ad alta voce la rossa, rivolgendosi a tutti i
presenti nel piazzale.
«Sei certa di poterti fidare di lei? Non voglio che ti faccia
del male...»
«È mia sorella... non mi farebbe mai del
male» lo rassicurò la ragazza, poco prima di
voltarsi e spronare con le redini il destriero, che partì a
tutta velocità fuori dalle mura del castello.
Anna non era certa di ritrovare la sorella: Arendelle era un piccolo
regno, ma pieno di colline e di montagne, nonché di caverne
e di qualsivoglia anfratto fra le rocce... di sicuro degli ottimi
nascondigli per chi non vuol essere trovato.
“Almeno ho lasciato la città in buone
mani” pensò tra sé, cercando un minimo
di conforto tra gli splendidi ricordi della serata trascorsa insieme al
suo ‘amato’.
Ovviamente non poteva essere più in errore di
così.
Anna cavalcò tutta la notte, percorrendo numerosi chilometri
in direzione delle montagne settentrionali.
Le prime luci dell’alba si affacciarono timidamente sul
fiordo ghiacciato, raggiungendo in breve tempo le dolci colline che
circondavano i due viaggiatori. La neve ricopriva l’intero
paesaggio con il suo morbido manto bianco, brillando sotto i raggi del
sole come un magnifico cielo stellato.
Il cavallo, ormai esausto, moderò il passo fino a
passeggiare, affondando lentamente gli zoccoli in almeno trenta
centimetri di neve fresca.
Anna, nel frattempo, chiamava Elsa a gran voce, nella vana speranza di
trovarla nei dintorni. Dopo una dozzina di tentativi, la ragazza
rinunciò ad urlare il nome della sorella, pensando bene di
preservare la gola per altre occasioni. Tornò quindi tra i
suoi pensieri, nelle quali, in quelle ultime ore, era riuscita a
mettere un po' di ordine.
Finalmente, dopo anni di misteriosi silenzi e di mezze risposte poco
esaurienti, tutto sembrava riacquistare un senso:
l’improvvisa separazione dalla sorella, il fatto che la madre
sapesse dei suoi poteri ancor prima che si manifestassero... il dover
nascondere questi a suo padre.
Anche se non aveva tutte le risposte (per esempio non riusciva ancora a
capire perché la madre non le avesse detto la
verità), ciononostante era riuscita a ricostruire con
perspicacia i probabili eventi degli ultimi tredici anni:
A differenza sua, quando Elsa ha manifestato i propri poteri,
probabilmente durante l’infanzia e forse alla sua stessa
età, loro padre, per proteggere lei e coloro che le stavano
intorno, l’ha isolata dal mondo esterno, limitando i suoi
contatti con le persone.
“Compresa me” pensò nel mentre con
tristezza la rossa, la quale però non provava rancore verso
il genitore, dato che era convinta che avesse agito in buona fede.
Elsa quindi, in tutti quegli anni di solitudine, avrà
iniziato a temere il suo potere, cosa che le ha reso sicuramente
difficile controllarsi.
“Finché poi non è scoppiata... per
colpa mia” constatò con rammarico e senso di
colpa, consapevole di aver provocato lei la sua crisi con
quell’inopportuna sfuriata al ricevimento.
Anna non era stupita che avesse congelato tutto il regno; lei sapeva
bene cosa comporta l’avere paura di se stessi.
La madre le aveva insegnato che quel tipo di paura era molto pericolosa
–“è tua nemica”– e
che l’unico modo per sconfiggerla era avere fiducia in se
stessi... capire che la sua volontà era più forte
del potere infuocato che custodiva dentro di sé.
«È solo grazie a te se so dominare questo
potere» mormorò malinconica la rossa, alzando gli
occhi al cielo «se avessi perso io il controllo, beh,
probabilmente avrei cotto Arendelle a puntino» concluse,
sorridendo per la piccola battuta che la madre avrebbe sicuramente
apprezzato.
La battuta, però, le fece tornare alla mente una cosa molto
importante: che oltre a cercare la sorella, doveva tentare di riportare
l’estate ad Arendelle.
Anna fermò il cavallo tirando le redini della briglia e si
guardò un po' intorno per verificare che non ci fosse
nessuno nei paraggi. Assicuratasi di essere sola, smontò con
poca grazia dalla sella, e camminò a fatica nella neve fino
a raggiungere una zona priva di vegetazione poco distante da
lì.
«Qua andrà benissimo» affermò
con un accenno di sorriso sulle labbra. Era da parecchi giorni che non
liberava il fuoco dentro di lei e già le stavano cominciando
a pizzicare le dita.
Piegò leggermente le ginocchia e allungò il
braccio destro verso il terreno, poggiando il palmo della mano sulla
superficie innevata. Da esso proruppe un immensa ondata di calore che
mutò il colore della neve circostante in un luminoso
rosso-arancio, segno che quest’ultima si stava riscaldando
molto rapidamente.
I secondi passavano, ed Anna guardava la scena con sempre maggiore
perplessità: per qualche strano motivo, la neve sembrava non
sciogliersi, o perlomeno non alla velocità con cui si
dovrebbe normalmente sciogliere.
«A quanto pare dovrò passare alle maniere
forti» disse con un pizzico di impazienza e
l’espressione di chi ha appena accettato una sfida.
Anna si rialzò in piedi e puntò entrambe le mani
verso la sostanza incriminata. Stavolta, aveva intenzione di sfoderare
il suo pieno potere.
Nell’arco di un battito di ciglia, due potenti e maestose
fiammate colpirono con violenza la zona prestabilita.
L’aria si riempì improvvisamente di vapore,
impedendo alla rossa di vedere gli effetti del suo operato. Quando
però la nebbia si diradò, ciò che vide
non le piacque affatto: come sperava, la neve era scomparsa, ma
l’erba e il terreno sottostante erano stati
anch’essi completamente carbonizzati dall’eccessivo
calore delle fiamme.
«Questa non ci voleva...» mormorò
emettendo un sospiro rassegnato, e ringraziando il cielo di aver
concentrato il fuoco soltanto in quell’area.
“È troppo rischioso usare il mio fuoco per
scongelare Arendelle” pensò tra sé la
minore “solo Elsa può far cessare questo inverno
perenne, restituendo al regno l'estate"
Quando si voltò per tornare indietro e proseguire nella
ricerca della maggiore, Anna ebbe un’altra spiacevole
sorpresa. Il destriero infatti, spaventato dall’improvviso
spettacolo pirotecnico, era fuggito in direzione del castello,
abbandonando senza troppi scrupoli la padrona al suo destino.
«Oggi non me ne va bene una!» esclamò
esasperata la ragazza, costretta ora a proseguire il viaggio a piedi.
La giornata trascorse, a parere della rossa, molto lentamente.
Nel frattempo, i raggi del sole avevano lasciato il posto
all’argentea luce riflessa della luna piena, la quale
splendeva nel buio della notte come un faro che illumina la via alle
navi sperdute nell’oscurità.
Anna camminava ormai da ore, borbottando ogni tanto parole sconnesse su
quanto avrebbe voluto usare i poteri per liberarsi di tutta quella neve
che le impediva i movimenti. Raggiunta la cima di un’altura,
si rallegrò moltissimo nel vedere davanti a lei una piccola
vallata, con al centro un’accogliente baita di montagna.
Peccato che, mentre osservava con gioia il possibile luogo di ristoro,
il terreno le cedette d’improvviso sotto i piedi, facendola
ruzzolare lungo il pendio della collina. La caduta, tuttavia, fu
attutita da una provvidenziale pozzanghera d'acqua gelata presente nel
fondo della suddetta altura.
Il liquido inzuppò la rossa da cima a fondo, e questa, con
enorme sorpresa, rabbrividì a contatto con esso.
Anna rimase totalmente di sasso: per la prima volta dopo tanti anni,
percepiva di nuovo il freddo.
La sensazione durò appena qualche secondo, prima che il
calore del suo corpo compensasse l’improvviso sbalzo termico,
ma questa breve esperienza fu sufficiente a far sbiocciare un sorriso
appagato sul volto della rossa. Il freddo infatti, insieme al caldo, era una delle cose che le mancavano di più.
Rialzatasi in piedi, cerco di raggiungere la baita, ma la gonna plissettata, che indossava addirittura dalla mattina precedente, si era
completamente congelata, diventando dura e rigida come un pezzo di
ghiaccio.
La povera Anna (che di guai ne stava passando anche fin troppi) si vide
dunque costretta a muoversi goffamente come un soldatino di latta,
faticando persino a salire i pochi gradini che la separavano
dall’ingresso della casa.
“Mi servirà un cambio di vestiti”
constatò nella sua mente, proprio nello stesso istante in
cui posò gli occhi su un insegna appesa al margine del tetto
a spiovente della baita.
Anna diede un leggera scrollata all’insegna di legno al fine
di rendere visibile la scritta sottostante, coperta dalla neve
accumulatasi durante la nevicata del pomeriggio.
«Emporio querciola vagabonda» lesse ad alta voce la
rossa, incuriosita dal nome strano che il proprietario aveva dato al
negozio.
Anna si strinse nelle spalle e, senza indugiare oltre, aprì
la porta entrando dentro il rifugio.
ANGOLO AUTORE: Ed eccoci alla fine di questo quarto capitolo di
“Le cronache del ghiaccio e del fuoco”, una serie
che si sta dimostrando molto tosta da scrivere (soprattutto in questo
periodo), ma che mi sta appassionando in modo pazzesco XD. Beh,
stavolta eviterò di scrivere un poema come nel capitolo
precedente e mi limiterò a fare solo un paio di precisazioni:
Il capitolo è dedicato interamente ad Anna (dopotutto
è lei la protagonista), mi sembrava giusto approfondire i
suoi pensieri e le sue sensazioni, mostrando i punti in cui
è più OOC rispetto alla versione originale (anche
se comunque mi sto sforzando di mantenerla IC. Anna infatti
è sempre la classica allegra pasticciona che conosciamo nel
film, solo che qua ha un approccio diciamo più maturo con i
suoi poteri)
Se vi state chiedendo (con le pistole già in mano)
perché non ho inserito let it go mostrando il punto di vista
di Elsa e la costruzione del castello di ghiaccio, beh, in parte il
punto precedente dà già una risposta (e
cioè che il capitolo è dedicato ad Anna).
Inoltre, dato che questa è in sostanza una rivisitazione di
Frozen, nei miei capitoli tendo ad escludere tutte le parti che sono
perfettamente identiche al film, e let it go era una di queste. Vi
prego di non uccidermi all’istante (anche se ne avete tutti i
motivi u.u), lo so che è la parte migliore del film, ma
anche per questo non ho cambiato niente, e inoltre, se ci pensate bene,
Elsa non aveva motivo di agire o pensare diversamente da come sappiamo,
quindi modificare qualcosa sarebbe stato insensato, no? *schiva per un
pelo una raffica di mitra* .... niente, è meglio se non
aggiungo altro T.T
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto (in futuro gli
darò una sistematina) e non esitate a farmi sapere che ne
pensate o a domandare se avete qualche dubbio su qualcosa, io
sarò sempre disponibile per eventuali delucidazioni,
Ciaoooooo :)
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Capitolo 5 *** Incubi e nuovi amici ***
CAPITOLO
QUINTO
Incubi e nuovi amici
Elsa si
svegliò di soprassalto in preda al panico.
Scostò
le sottili lenzuola che la coprivano fino alle ginocchia e si sedette
sul bordo dell’ampio letto a baldacchino,
anch’esso, come il resto del castello, fatto interamente di
ghiaccio, il materasso ed i cuscini imbottiti di neve.
Il
respiro era corto e affannato, la fronte imperlata di sudore. Aveva
sognato di nuovo sua sorella... quella terribile notte di quasi tredici
anni fa.
Gli
incubi, che la perseguitavano da che ne aveva memoria,
l’avevano seguita fin lì, tra le vette sperdute
della montagna del nord, fedeli fino alla fine nell’assolvere
il compito affidato loro dalla natura: disturbare il sonno di coloro
che gli davano forma.
La
regina si alzò dal letto a fatica, la testa che le girava a
causa del brusco risveglio; passato il capogiro, decise di fare due
passi nel corridoio, sforzandosi di ignorare i fastidiosi brontolii
dello stomaco che le ricordavano assiduamente di aver saltato tutti i
pasti della giornata.
Mentre
camminava, Elsa si accorse con orrore che le pareti avevano assunto un
colorito scarlatto, e che da essi fuoriuscivano numerose stalattiti di
ghiaccio, molto appuntite e pericolose.
Provò
a ripristinare le fattezze originarie del castello, ma il potere non le
rispondeva, agiva senza controllo.
Non
era la prima volta che accadeva. Era sempre così quando
aveva paura: il ghiaccio si ribellava alla sua volontà.
«Perché
hai paura? Non ne hai motivo, era solo un sogno!»
urlò a se stessa, il respiro ai limiti
dell’iperventilazione.
Tornò
di corsa nella camera da letto e spalancò la finestra per
prendere un po' d’aria. Una gelida e leggera brezza
entrò nella stanza, accarezzandole con dolcezza le guance e
le tempie.
La
regina chiuse gli occhi, inspirando profondamente l’aria
fresca della sera.
«Anna
è al sicuro, lei è ad Arendelle, sta bene ed
è al sicuro...» mormorò per
tranquillizzarsi.
Riaprì
gli occhi e si voltò indietro.
Il
castello era tornato liscio e azzurrino, la paura era svanita... o
quantomeno accantonata.
La
regina emise un sospiro di sollievo.
Si
affacciò di nuovo alla finestra, stavolta per ammirare il
magnifico panorama che le offriva la sua nuova dimora.
Le
montagne si estendevano nell’entroterra scandinavo a perdita
d’occhio, oltre la linea dell’orizzonte, ricoperte
fino in cima da una candita e soffice coperta di neve.
Arendelle
e il fiordo non si vedevano da lì.
Il
fianco della montagna su cui era costruito il castello provvedeva con
la sua enorme mole a coprirne la visuale, ma, in realtà, ad
Elsa non dispiaceva affatto. Guardare la sua patria, infatti, le
avrebbe suscitato solo dolore.
Ormai
si era lasciata il passato alle spalle, sua sorella, il suo popolo, il
suo regno, i suoi doveri di regina. L’aveva fatto per loro,
per proteggerli da lei, dai poteri che non riusciva a controllare, da
quella “maledizione” a cui era condannata fin dalla
nascita, e a cui non aveva mai permesso -o comunque tentato di
impedire- di liberarsi completamente.
«L’ho
fatto per proteggere tutti loro; l’ho fatto per per
proteggere Anna... e non potrò rivederla mai
più» disse, mormorando appena le ultime parole.
Questa
consapevolezza la fece rattristare.
Ma
in risposta alla malinconia, la sua mente estrapolò dai
ricordi una parola, un termine che la sera precedente aveva pronunciato
più e più volte, mentre era intenta a costruire
la sua nuova casa.
«Libertà...»
sussurrò «libertà... io sono
libera» ripeté più forte. Gli occhi di
Elsa si illuminarono e le labbra si distesero in un grande sorriso.
La
regina si era appena ricordata che con l’esilio, non solo
aveva messo al sicuro Arendelle, ma aveva ottenuto anche quella
libertà che desiderava forse da tutta la vita, la
libertà di essere se stessa... la libertà per lei
e per i suoi poteri.
Non
le importava se gli incubi l’avrebbero perseguitata per
sempre, non le importava se il castello di ghiaccio avrebbe assunto un
aspetto spaventoso ogni qual volta avesse provato paura. Lei non doveva
preoccuparsi più per nessuno, era sola, sola e libera.
Libera dai segreti, libera dalle menzogne, libera dalle stanze chiuse,
libera di diffondere il ghiaccio intorno a sé senza timore,
libera di scoprire i limiti -sempre che ne avesse- del suo potere...
libera “di cristallizzare con un pensiero la
realtà”.
«Non
bloccherò mai più il mio potere. Il freddo
è casa mia... e il resto non conta più
ormai!» esclamò con decisione.
Elsa
si allontanò dalla finestra, chiudendola a distanza con un
rapido gesto della mano, e ritornò sotto le lenzuola del suo
comodo letto, decisa più che mai a recuperare il sonno
perduto. Dallo stomaco partì un altro gorgoglìo
di protesta, che la ragazza ignorò prontamente.
«Domani
risolverò il problema del cibo, per ora è meglio
dormirci su»
Detto
questo, Elsa sbadigliò, e dopo qualche minuto si
abbandonò tra le braccia di Morfeo, sicura che gli incubi,
stavolta, non l’avrebbero disturbata.
Kristoff
era su tutte le furie.
Il
carico di ghiaccio che aveva raccolto con tanta fatica nelle ultime
settimane* e che trasportava in quel momento nel retro della slitta,
era diventato, nel giro di ventiquattro ore, una mercanzia
completamente inutile.
“Come
diavolo fanno ad esserci -10 gradi in pieno Luglio?” si era
domandato più volte, sbuffando e sbraitando.
Il
pomeriggio, poi, non era stato dei migliori.
Una
tempesta di neve proveniente dalla montagna del nord lo aveva sorpreso
di ritorno dal rifugio, costringendolo a combattere con le unghie e con
i denti contro il vento impetuoso. Risultato? A tempesta finita, si era
ritrovato coperto di neve dalla testa ai piedi, più simile a
un pupazzo di neve che a un uomo.
«Ehi
Sven» borbottò il montanaro, rivolgendosi alla sua
amica renna, la quale stava trainando con non poca fatica la slitta e
tutto il pesante carico «che ne dici se ci fermiamo
qui?» concluse il ragazzo, indicando una baita di montagna
sulla loro strada.
La
renna si voltò verso il suo migliore amico con aria
interrogativa. Quest’ultimo, come sempre del resto,
capì al volo i pensieri dell’animale.
«Dovrei
acquistare un paio di cose. Sai... a quanto pare l’inverno
è arrivato in anticipo» gli rispose (per modo
dire, dato che le renne non parlano), roteando gli occhi innervosito.
Sven
non se lo fece ripetere, e fermò il mezzo a pochi metri
dalla baita.
«Resta
qui, torno subito» gli raccomandò Kristoff. La
renna, però, emise un verso per richiamare la sua
attenzione, come per chiedergli qualcosa.
«Va
bene, ti comprerò le carote» aggiunse il montanaro
senza voltarsi, poco prima di entrare dentro la casa.
Sven
non dovette aspettare molto il suo compagno di viaggi.
Dopo
un paio di minuti, dalla porta della baita uscì un omone
alto due metri, che teneva sollevato per la cintura il povero ragazzo.
Inutile dire che venne scaraventato ad almeno dieci metri di distanza,
atterrando, per sua fortuna, sopra un metro abbondante di neve fresca.
La
renna si avvicinò all’amico, annusandogli i
pantaloni per verificare se avesse con sé gli agognati
ortaggi.
«No
Sven, non ti ho preso le carote» gli rispose laconico
Kristoff.
Sven
alzò gli occhi al cielo, emettendo un bramito di disappunto.
L’amico d’infanzia gli sorrise, indicando con il
pollice una stalla alle loro spalle.
«Ma
ho trovato un posto per dormire... ed è gratis»
disse con un pizzico di malizia dipinta sul volto.
La
renna lo guardò con sufficienza, ancora deluso per
lo spuntino mancato. Spinsero la slitta dentro il capannone e si
accucciarono sopra dei cumuli di fieno.
I
due, per far passare il tempo, cominciarono a parlare (sempre per modo
di dire) del più e del meno.
Kristoff
dava voce ai pensieri della renna, abitudine che aveva preso fin da
piccolo, forse per la scarsità di contatti umani che aveva,
dato che era stato cresciuto da una comunità di troll, o
forse perché era davvero un tipo strano.
«Chi
hai incontrato là dentro?»
gli chiese a un certo punto Sven, tramite la voce del montanaro.
«Il
“gentilissimo” proprietario dell’emporio
e una ragazza molto strana» gli rispose, la voce un po'
impastata per il sonno.
«Una
ragazza molto strana?»
«Sì,
indossava degli abiti molto eleganti, credo nobiliari, ma non
è questa la cosa che la rende strana»
«Che
cosa allora?»
«Aveva
i capelli rossissimi, come di fuoco, e le iridi degli occhi... rosse
anche quelle!»
«Davvero?»
«Sì,
davvero! Ma non erano brutte o inquietanti, anzi... direi che le
donavano molto»
«Ti
piace ehh?»
tradusse con stupore Kristoff, osservando lo sguardo complice e
malizioso che gli riservava la renna.
«C-cosa?
M-ma che idee t-ti vengono?» balbettò il ragazzo,
le guance rosse come un peperone «Era irritante... e
chiacchierona!» aggiunse per rendere più credibile
il proprio disinteresse.
Sven
lo guardò perplesso, ben consapevole che non stesse dicendo
la verità.
Quando
Kristoff provava qualche sentimento, non lo dava mai a vedere, e,
infatti, all’interno dell’emporio aveva fatto finta
che la ragazza non esistesse (tranne quando le ha finalmente risposto
facendo infuriare il mercante), ma di fronte al suo amico quadrupede, a
cui era solito raccontare ogni cosa, non riusciva a nascondere proprio
niente.
«Senti,
perché non cantiamo qualche canzone?» gli disse
alla fine, sviando così il discorso imbarazzante.
La
renna annuì felice e si sdraiò vicino
all’amico, assaggiando il fieno che stava intorno.
Kristoff
intonò una canzone dolce e rilassante, accompagnato dai
melodiosi accordi del suo fedele banjo, e traducendo come sempre i
pensieri di Sven, il quale, ogni tanto, interveniva per aggiungere
qualcosina al brano.
«Bel
duetto!» esclamò una voce femminile, seguita dal
rumore sordo della porta del capanno che si spalancava.
Kristoff
saltò letteralmente in aria.
Per
un attimo aveva temuto che fosse entrato il forzuto mercante
dell’emporio, pronto a scacciarlo dalla sua
proprietà a forza di sberle. La figura che si
presentò davanti ai suoi occhi, invece, era ben diversa e,
soprattutto, inattesa.
La
fanciulla adesso indossava vestiti più pesanti, molto
più adatti alle temperature rigide dell’inverno:
un corpetto nero con spalline e scollatura a cuore, collegato ad una
lunga gonna blu, decorati entrambi con motivi floreali. Stivali neri a
tacco alto e mantello color magenta come protezione per il freddo (non
portava però i guanti). Infine, un cappellino simile a una
cuffia, anch’esso color magenta, posato dolcemente sopra la
lunga chioma infuocata.
I
capelli, poi, non erano legati più in un chignon, ma le
ricadevano lisci e morbidi dietro le spalle, con alcuni boccoli che le
incorniciavano il viso.
Kristoff
rimase di stucco.
La
ragazza era davvero molto bella e le sue iridi, come ben ricordava, le
donavano in modo incredibile, ed erano in grado di metterlo in
soggezione anche quando, come ora, gli sorrideva nel modo
più dolce e amichevole possibile.
Il
montanaro, però, si rese conto di quanto fosse ridicolo, e
riassunse il suo tipico carattere burbero e poco socievole.
«Ah,
sei solo tu... che vuoi?» le disse con tono annoiato.
La
rossa mutò espressione e gli rispose in modo serio e
autoritario.
«Voglio
che mi porti sulla montagna del nord»
Non
era stato facile convincerlo, ma le parole “so come fermare
l’inverno” avevano avuto sul venditore di ghiaccio
l’effetto previsto, ridestando il suo interesse.
Partirono
con la slitta quella sera stessa e, durante il viaggio, Anna decise di
svelare al ragazzo la sua identità e di raccontargli gli
avvenimenti degli ultimi giorni, facendo accuratamente attenzione ad
omettere alcuni “piccoli dettagli”, come ad esempio
che possedeva anche lei dei poteri.
Mentre
gli raccontava come Elsa aveva avuto la cosiddetta “crisi
agghiacciante”, il biondo la interruppe, il tono della voce a
metà tra l’incredulo e lo scandalizzato.
«Scusa,
hai conosciuto un uomo e ti ci sei fidanzata nello stesso
giorno?»
«Sì»
gli rispose noncurante la rossa «comunque io mi sono
arrabbiata, e lei si è arrabbiata, e così voleva
andar via, e poi le ho strappato il guanto...»
«Un
momento, vuoi dire hai conosciuto un uomo e ti sei fidanzata con lui IN
QUELLO STESSO GIORNO?!»
«Sììì,
presta attenzione! Ma il fatto è che lei indossa i guanti
sempre! Perciò credevo... che fosse fissata con lo
sporco!»
«I
tuoi genitori non ti hanno messo in guardia dagli
sconosciuti?»
Anna
lo guardò stranita, rendendosi conto che anche il ragazzo
seduto accanto a lei era uno sconosciuto e che, forse, raccontargli
tutte quelle cose non era stata una buona idea. Ma oramai la frittata
era fatta e, invece di chiudere la discussione, si limitò a
spostarsi nel bordo del sedile.
Non
che avesse paura di lui, dato che in caso di aggressione lo avrebbe
abbrustolito per benino... ma aumentare la distanza fisica avrebbe di
certo scoraggiato inopportune confidenze.
«Si,
certo... ma Hans non è affatto uno sconosciuto»
gli rispose, sorridendo e incrociando le braccia al petto.
«Ah
si? E qual è il suo cognome?»
«Delle
isole del sud»
«Cibo
preferito?»
«Le
tartine»
«Nome
del suo migliore amico?»
«Probabilmente
John?»
«Colore
dei suoi occhi?»
«Da
sogno»
«Il
numero delle scarpe?»
«Il
numero delle scarpe non conta»
«Hai
mai cenato con lui? E se non sopportassi il modo in qui mangia? E se
scoprissi che si scaccola?»
«Si
scaccola?» gli domandò la rossa, allibita
«E
poi se le mangia» aggiunse Kristoff, soddisfatto di aver colpito nel segno
«Scusate
tanto signore, lui è un principe!»
ribatté Anna, incredula che una persona di tale rango
potesse abbassarsi a compiere gesti tanto disgustosi.
«I
maschi lo fanno tutti»
Anna
emise un verso schifato, immaginandosi l’orripilante scena.
«D’accordo,
non conta molto... il nostro è vero amore!»
sostenne con convinzione
«Non
sembra vero amore»
«Uhm!
Tu sei una SPECIE di esperto in amore?»
«No...
ma ho degli amici esperti» le rispose evasivo
«Tu
avresti amici esperti in amore? Non me la bevo»
«Ora
zitta» le disse, mentre fermava la marcia di Sven
«No
no no no! Vorrei conoscere quest...»
Kristoff
le mise una mano davanti alla bocca, obbligandola al silenzio. Temendo
il peggio, Anna fu sul punto di reagire evocando il suo potere, ma il
montanaro si staccò di colpo da lei e prese in mano la
lanterna.
Scrutò
con attenzione il bosco alle loro spalle, alla ricerca di qualcosa,
finché non intravide tra gli alberi delle ombre
tutt’altro che amichevoli.
«Sven,
corri!» Esclamò il biondo.
La
renna partì a tutta velocità, strattonando con
violenza le redini della slitta. Le ombre si accodarono dietro i tre
fuggiaschi, i ringhi si alternavano agli ululati rompendo la quiete
notturna.
«Che
cosa sono?» domandò Anna.
«Lupi»
rispose Kristoff, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Il
montanaro prese dal retro una torcia e l’accese con la fiamma
della lanterna.
«Ci
penso io... tu non cadere e non farti mangiare» le
raccomandò con tono autoritario.
Anna
sbuffò, trovando il suo atteggiamento presuntuoso e molto irritante.
“Di certo non sarà quel fuocherello a salvarci”
constatò tra sé la rossa “devo
intervenire, o i lupi ci sbraneranno”
Mentre
Kristoff cercava di tenere a bada i lupi che si avvicinavano troppo, ad
Anna venne un idea su come usare i suoi poteri senza farsi scoprire.
«Guarda!
Ne arrivano altri là davanti!» urlò,
richiamando l’attenzione del ragazzo.
Questi
si voltò a indagare nella direzione indicata dalla rossa, la
quale ebbe così l’occasione perfetta per agire.
Senza
fare rumore, scagliò rapidamente una palla di fuoco dietro
la slitta. La sfera si scompose in tante scintille, ricomponendosi nel
terreno in una lunga striscia di fuoco semicircolare, il lato convesso
proteso verso gli inseguitori.
I
lupi si fermarono di fronte al muro incandescente, terrorizzati
dall’improvvisa apparizione del pericoloso ostacolo. Lo
spavento fu tale da costringerli ad una fuga disordinata tra i meandri
della foresta.
Anna
sorrise soddisfatta, felice soprattutto di non aver fatto del male
agli animali, e con un gesto disinvolto della mano estinse le fiamme
per evitare che Kristoff le vedesse da lontano.
«Ma
che dici! Qua davanti non c’è nessun... ehi, dove
sono finiti i lupi?!» chiese stupito il montanaro,
constatando con meraviglia che non ci fosse più nessuno ad
inseguirli.
«Non
lo so... avranno rinunciato» gli rispose Anna scrollando
le spalle «direi che siamo stati fortunati»
«Strano,
io non lo sono mai»
«Beh,
io invece sì! E poiché è stata la mia
fortuna a salvarci la vita, mi devi dei formali ringraziamenti» gli
disse in tono falsamente altezzoso, trattenendo le risate per la
verità che celavano quelle parole.
«Non
credo proprio, vostra altez... Sven, fermati!»
La
renna si fermò per la seconda volta, riprendendo un po' di
fiato dopo la sfiancante galoppata.
«Cosa
c’è, altri lupi?» “certo che
non demordono!” pensò irritata.
«No...
puzza di bruciato»
Sentendo
queste parole, ad Anna venne un tuffo al cuore.
Scesero
entrambi dalla slitta e videro che la metà posteriore di un
pattino era avvolta dalle fiamme. Kristoff raccolse quanta
più neve possibile e la gettò sopra il legno in
combustione, sperando di riuscire a salvare il suo mezzo di trasporto.
Purtroppo, quando riuscì alla fine a domare le fiamme, il
danno era fatto... e la slitta era inutilizzabile.
«Oh
no! Avevo appena finito di pagarla»
«Mi
dispiace» mormorò con tristezza la rossa,
sentendosi profondamente in colpa.
Anna
aveva compreso che evidentemente, per la fretta, una scintilla le era
sfuggita di vista ed era andata a depositarsi sopra il legno
stagionato del pattino, appiccando l’incendio che
ha distrutto la slitta.
«Giuro
che ti ricomprerò la slitta... e capirò se non
vorrai più aiutarmi...»
«Non
ti devi scusare... credo che sia stata la mia torcia.
Il vento deve aver staccato un tizzone che poi ha incendiato il pattino» le rispose, mentre raccoglieva i viveri e il resto dell'equipaggiamento.
«Cosa
facciamo adesso?» domandò incuriosita.
«Semplice,
cerchiamo un rifugio per la notte. I lupi potrebbero tornare...
e in quel caso non basterà la tua fortuna a
salvarci» disse un po' innervosito.
Kristoff
liberò Sven dalle redini e consegnò con poca
grazia la sacca dei viveri alla rossa.
“E
qui che ti sbagli” pensò divertita Anna, poco
prima di addentrarsi nella foresta insieme ai suoi due nuovi amici.
*I
blocchi di ghiaccio, se ben avvolti con panni di lana, possono
resistere molte settimane prima di sciogliersi
ANGOLO
AUTORE: Buonsalve cari lettori e recensori (o almeno spero XD), come
vedete stavolta ho aggiornato dieci giorni prima del solito
(miracolooo!) ^^. Ma passiamo subito al capitolo:
Ammetto
che è stata una faticaccia, forse più del secondo
capitolo, ma anche molto divertente da scrivere, soprattutto il
battibecco tra Anna è Kristoff, i cui dialoghi sono tratti
direttamente dal film (non ho resistito dall’inserirlo
perché è una delle scene più
divertenti XD).
Il
capitolo inizia dal punto di vista di Elsa, che si sveglia in preda
agl’incubi e vede il suo castello cambiare forma.
All’inizio non avevo progettato di scrivere questo spezzone,
e il capitolo doveva incominciare direttamente da Kristoff. Ma, mentre
scrivevo, ho ripensato a quello che mi ha detto Hera85 (che ringrazio
tantissimo per tutte le recensioni che mi scrive :)) e cioè
che anche Elsa è una protagonista, e quindi ho deciso di
analizzare un po' i suoi pensieri e le sue sensazioni scrivendo questa
sorta di missing moment (immaginando che avesse una camera da letto
d’altra parte del castello, cosa che è molto
probabile, dato che da qualche parte doveva pure dormire).
La
parte di Kristoff incomincia invece poco prima di entrare
nell’emporio. Di fatto non ho mostrato il primo incontro tra
Anna e Kristoff, dato che nel film dura appena due minuti e non
c’era motivo che andasse diversamente, ma il montanaro fa
intendere, mentre parla con Sven, di provare già qualcosa
per Anna ;). Anche qua, la descrizione del vestito di Anna mi ha
richiesto molto tempo (l’ho riscritta tipo mille volte T.T)
spero quindi che sia venuta bene e che l’abbiate apprezzata.
Inoltre, come avrete notato, Anna non ha le trecce e preferisce tenere
i capelli lisci dietro le spalle (altro elemento tratto dalla fic di
DoctorFez, che ringrazio di nuovo infinitamente per avermi permesso di
inserirlo nella mia storia :))
L’inseguimento
con i lupi è finito in modo diverso, con Anna che ha salvato
la situazione usando i suoi poteri all’insaputa di Kristoff
(la slitta però ha fatto lo stesso una brutta fine, si vede
che era destino muahahahah). A questo punto i nostri tre eroi si
trovano in un posto diverso da dove dovevano essere (non hanno saltato
il burrone) e sono alla ricerca di un rifugio per la notte... come
andrà a finire? E Kristoff scoprirà mai i poteri
di Anna? Lo scoprirete soltanto nel prossimo capitolo XP
Concludo
questa infinita nota ringraziando tutti coloro che hanno inserito la
storia tra le preferite e le seguite e tutti coloro che recensiscono la
fic, in particolar modo Mergana, Gio Gio Brown, Hera85, DoctorFez1988 e
Amberly_1 (quest’ultima una gradita new entry ;))
Ci
vediamo al prossimo aggiornamento, ciaoooo :)
P.S.:
Ho deciso di lasciare uno spazio per ogni discorso diretto, spero di
aver reso il capitolo più gradevole da leggere :)
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Capitolo 6 *** Le verità ***
CAPITOLO
SESTO
Le
verità
«Basta!
Non ce la faccio più!»
Hans
scagliò a terra i documenti che teneva in mano facendosi
scappare una sonora imprecazione. Aveva raggiunto il punto di rottura,
la mente e il corpo avevano inevitabilmente ceduto allo stress e alla
stanchezza.
Non
dormiva da quasi quarantott’ore.
Il
castello era un continuo via vai di gente che chiedeva aiuti e
protezione dal gelo, i ministri lo consultavano per ogni minima
decisione da prendere, e -cosa ancora più insopportabile- il
duca di Weselton non faceva altro che sbraitare e lamentarsi ad ogni
riunione del consiglio. Neanche all’interno del suo alloggio,
da solo e di notte fonda, era libero di concedersi un attimo di riposo.
Proprio un paio di minuti prima, infatti, un paggio di corte lo aveva
svegliato bussando ripetutamente alla porta della camera. Il motivo?
Consegnargli un plico contenente importanti documenti di stato, alcuni
da firmare con urgenza, con gli omaggi del ministro del tesoro.
Il
principe si stropicciò i capelli in un moto di
esasperazione, passeggiando nervosamente per la stanza senza una meta
precisa. L’avevano disturbato a quell’ora della
notte solo per fargli leggere un resoconto dei danni subiti e per
fargli firmare delle lettere... delle lettere completamente inutili!
«A
che ci serve chiedere soccorso ai regni confinanti?!»
esclamò irato «con il fiordo congelato e le strade
praticamente inagibili, i rifornimenti non arriverebbero mai in
tempo!».
Il
principe borbottò un’altra imprecazione, raccolse
con cura le carte dal pavimento e -a discapito di quanto appena detto-
firmò ad una ad una le lettere da spedire. Per quanto lo
ritenesse superfluo, infatti, doveva fare buon viso a cattivo gioco. Al
momento era lui il reggente di Arendelle e, come tale, aveva il preciso
dovere di prodigarsi per aiutare il popolo con ogni mezzo disponibile.
Non poteva rischiare che dubitassero di lui. Non poteva rischiare che
lo giudicassero un incompetente... non di nuovo... non come a casa.
Doveva
essere perfetto: buono, generoso, leale, altruista e coraggioso. Doveva
aiutare i deboli e i bisognosi, doveva essere un esempio per tutti, un
faro di speranza per coloro che si sentivano perduti. E non soltanto
per dimostrare che per loro sarebbe un ottimo re, obbiettivo a cui non
aveva mai rinunciato... ma soprattutto perché ne avevano
veramente bisogno.
Non
poteva abbandonarli al loro triste destino “in balia di quel
mostro!”. Sapeva bene quanto fosse pericolosa la regina. E lo
sapeva perché lei era come lui.
Anche lui possedeva
strani poteri; poteri che aveva usato per fare del male, poteri che
aveva usato per uccidere... poteri che gli avevano rovinato la vita. I
suoi fratelli lo odiavano per colpa sua, per ciò che lui aveva
fatto diversi anni fa, prima che venisse giustiziato per
l’ultimo gravissimo omicidio che aveva commesso.
Già... giustiziato... perché lui ufficialmente
era morto. E nessuno, a parte Hans e suo padre, sapeva la
verità.
“Nessuno
sa che
è ancora vivo”
«Vostra
altezza»
Una
voce infantile proveniente dall’esterno della camera lo
ridestò bruscamente dai suoi pensieri. Il principe
aprì la porta ritrovandosi di fronte il paggio di poco prima.
«I
ministri richiedono la vostra presenza alla sala delle
riunioni» disse il ragazzino, la voce impastata e gli occhi
semichiusi per il sonno.
“Un’altra
maledetta riunione del consiglio!” pensò irritato
il principe “stanotte non c’è verso di
chiudere occhio”
«Bene,
informali che presto sarò da loro; dopodiché
consegna queste missive ai corrieri reali con l’ordine di
partire immediatamente»
Hans
affidò le lettere al piccolo paggio e richiuse la porta
della stanza. Aprì l’armadio a due ante e prese il
soprabito scuro, indossò un paio di guanti a caso e si
preparò ad uscire. Quando però raggiunse il
pomello della porta, il principe si bloccò di colpo.
Per
qualche strano scherzo della mente, d'un tratto gli ritornarono davanti
le immagini della sera del ricevimento, in particolare il momento in
cui porse i suoi personali omaggi alla regina Elsa.
Come
già sospettava da tempo, la sovrana era davvero una preda
irraggiungibile.
Bella
oltre ogni sua immaginazione. Perfetta in ogni gesto o movenza che
compiva, in pratica, la regalità personificata in un angelo.
Il suo charme -com’era prevedibile- non l’aveva
minimamente sfiorata, venendo liquidato in pochi secondi con la tipica
scusa di cortesia.
Ma
dietro tutta la perfezione, il principe si ricordò di aver
intravisto qualcos’altro. Dietro quella maschera di
galanteria e di buona educazione -così simile alla sua,
peraltro- aveva intuito celarsi dei sentimenti ben diversi...
sentimenti che provocavano nella fanciulla una tristezza tale da
lacerarle l’animo, sin nel profondo.
“Sentimenti
simili ai miei” constatò solo ora Hans.
E
poi si ricordò della paura. Del terrore dipinto sul suo
volto, impresso nei suoi bellissimi occhi, quando gli spuntoni di
ghiaccio la divisero dalla sorella e dal resto dei commensali.
Il
principe fu invaso dal dubbio.
“E
se non fosse un mostro? E se, come sostiene Anna, avesse
solo paura?”
La
confusione, tuttavia, ebbe vita breve.
Il
rancore e l’ambizione riemersero nel suo cuore con
incredibile prepotenza, annichilendo ogni sprazzo di compassione per la
regina.
«No!
Lei è un essere contro natura, proprio come lui! Se finora
l’ho difesa, l’ho fatto solo per assecondare quella
sciocca principessa!» disse a se stesso, come per imprimersi
bene a mente tali convinzioni.
Lo
sguardo del principe tornò serio e risoluto, mentre si
accingeva ad aprire di nuovo la porta.
«Non
commetterò lo stesso errore di mio padre.
Ucciderò la regina Elsa... fosse l’ultima cosa che
faccio» sussurrò.
Girò
il pomello facendo scattare la serratura, un ghigno tutt'altro che
benevolo gli deformò orribilmente le labbra.
«E
soprattutto... diventerò re di Arendelle»
«Kristofer»
Anna
richiamò l’attenzione del montanaro per la
ventesima volta in meno di mezz’ora, suscitando in
quest’ultimo non poca irritazione... irritazione per di
più alimentata dal fatto che la rossa perseverava nel
pronunciare male il suo nome.
«Ti
ho già detto mille volte che mi chiamo Kristoff»
sibilò tra i denti.
«È
lo stesso» gli rispose, scrollando le spalle.
Il
biondo sbuffò, spazientito. Tentare di spiegarle che
Kristofer e Kristoff sono due nomi totalmente diversi (o
almeno secondo il suo punto di vista) sarebbe stato un inutile spreco
di tempo.
«Taglia
corto e dimmi cosa vuoi!»
«Mi
fanno male le caviglie» gli disse con un pizzico di stizza
per il tono che le aveva appena riservato.
«Non
possiamo fermarci» rispose sbrigativo il ragazzo.
«Perché
no? Sono ore che camminiamo e i lupi ormai saranno lontani»
«Non
esistono solo i lupi. La foresta è piena di pericoli,
specialmente di notte»
La
rossa fu sul punto di controbattere, ma venne preceduta dal montanaro,
il quale aveva intuito il nascere di una fastidiosa quanto futile
polemica, e aveva deciso di troncarla alla radice.
«Sosteremo
solo quando avremo trovato un rifugio sicuro, fine della
discussione!»
Anna
mugugnò un “ok” scontento e
continuò a camminare in silenzio. Il ragazzo la
guardò incrociare le braccia al petto e mettere il broncio
come una bambina, allorché non poté trattenere
una piccola risata che non sfuggì all’udito della
rossa. Questa, in tutta risposta, lo ignorò accelerando il
passo.
Kristoff
se ne dispiacque.
Sebbene
non volesse ammetterlo, la principessa gli piaceva veramente, e a poco
a poco gli stava diventando persino simpatica. Sven, che aveva
osservato in disparte tutta la scena, si avvicinò
all’amico e lo spintonò da dietro mandandogli un
chiaro messaggio: «non
stare lì impalato e valle a parlare!»
«E
cosa dovrei dirle?» sussurrò alla renna,
coprendosi la bocca per non farsi sentire
«Per esempio
“scusa”?»
«Che?!
Non ci penso nemmeno! Non è colpa mia se si comporta come
una ragazzina vizia-»
Uno
spintone più forte del precedente raggiunse il fondoschiena
del biondo, il quale per poco non perse l’equilibrio.
«Ok
ok, ci vado»
Kristoff
accelerò anch’egli la marca e con un paio di
falcate arrivò a posizionarsi affianco la rossa. Mai come in
quel momento chiedere scusa gli sembrò così
complicato.
«Senti...
ehm... ecco, io... ehm... »
Anna,
nel frattempo, ammirava divertita il biondo annaspare alla ricerca
delle parole. In realtà non si era offesa, ma aveva finto di
mettere il broncio per strappare al montanaro delle scuse sentite. Era
proprio curiosa di vedere se, sotto quella scorza di uomo rude e
scontroso, si nascondesse un animo gentile e sensibile.
«Sii?»
lo invitò con voce dolce a proseguire, mettendolo
ulteriormente a disagio.
«Ecco...
ehm... mi aiuteresti a raccogliere la legna?»
terminò il montanaro, spiazzando completamente la renna, ma
non la rossa, la quale non sembrava aver compreso bene le parole del
biondo.
«Accetto
le tue scu- aspetta che?» gli rispose stupita.
«Beh,
sì... la temperatura sta calando rapidamente... e prima o
poi saremo costretti ad accendere un fuoco... sì, per non
gelare intendo...»
Anna
lo guardava sempre più sbalordita, senza rispondere. Dopo
diversi minuti di silenzio imbarazzante, la rossa portò
entrambe le mani alla bocca nel tentativo di soffocare le risate.
«Mi
vuoi aiutare sì o no?» aggiunse con una smorfia di
fastidio.
«Oh...
si, certo... ti aiuto volentieri»
I
ragazzi si sorrisero a vicenda ed iniziarono a raccogliere la legna.
Kristoff le consigliò di cercare rami secchi ed asciutti,
ma, dopo ventiquattro ore di gelo, tutti gli alberi del bosco erano o
ghiacciati o umidi a causa della neve. Per Anna, però, non
fu affatto un problema. Le bastò allontanarsi per poco tempo
dal montanaro ed asciugare con il suo potere -facendo attenzione a non
dargli fuoco- i rami che raccoglieva per terra lungo la strada. Quando
i due si rincontrarono vicino alla renna, Kristoff aveva tra le mani
due miseri rametti di legno, mentre la rossa portava con sé
una pila molto consistente.
«Ma
dove li hai trovati?»
«Te
l’ho detto che sono fortunata» gli rispose, mentre
conservava la legna appena raccolta dentro una grande sacca agganciata
al fianco di Sven.
Kristoff
stavolta non se la bevve.
La
principessa gli stava nascondendo qualcosa. Trovare tutta quella legna
secca era praticamente impossibile, lo sapeva bene. Inoltre, per
esperienza sapeva che un branco di lupi non rinuncia mai ad un preda,
men che meno se questa è più lenta di loro, e,
durante la fuga, aveva avuto la netta sensazione che la rossa
l’avesse distratto di proposito per impedirgli di vedere che
fine avessero fatto gli inseguitori. E i misteri non finivano qui. La
ragazza non sembrava minimamente soffrire per il freddo notturno. Lui
stava praticamente congelando con sopra due strati di maglioni, mentre
lei... fresca come una rosa.
“Aspetta
un attimo, non porta neppure i guanti!”
Kristoff
si diede mentalmente dello stupido per non averlo notato prima. Stare
all’aperto e al gelo senza un’adeguata protezione
per le mani, provoca raggrinzimento e perdita di sensibilità
alle dita. Le mani di Anna, invece, erano lisce e rosee, come se
fossero immuni al freddo pungente.
«Perché
mi fissi?» gli chiese la rossa con una nota
d’inquietudine nella voce.
«Le
tue mani...» si affrettò a risponderle per evitare
che fraintendesse «...non senti freddo?»
Anna
si guardò con timore le estremità e
sbiancò in viso, maledicendosi per la propria sbadataggine.
Nella fretta di cambiarsi d’abito, aveva dimenticato i guanti
di lana nell’emporio Querciola Vagabonda. Per colpa del
potere del fuoco che le impediva di percepire il freddo, durante il
viaggio non aveva notato la presenza o meno degl’importanti
accessori, e ora si vedeva costretta ad inventarsi una scusa plausibile
per non insospettire ulteriormente il biondo.
«C-certo
che sento freddo» annui la rossa, strofinandosi le mani
fingendo di scaldarle «i guanti di lana però mi
danno un fastidio tremendo, mi irritano terribilmente la pelle. Oh,
dovresti vedere le macchie e le bolle che mi spuntano tra le dita dopo
averli indossati per cinque minuti, un vero orrore, ma che dico, un
vero e proprio insulto al genere femminile»
Kristoff
la osservò perplesso mentre rideva nervosamente.
Era
palese che stesse mentendo; tuttavia, non riuscendo a trovare alcuna
spiegazione logica per tali misteri, decise di stare al gioco e di
sorriderle bonariamente, ripromettendosi di tenerla d’ora in
avanti maggiormente d’occhio.
La
rossa si rassicurò, trattenendo a stento un sospiro di
sollievo.
“Basta,
ho capito: niente più poteri finché non troviamo
Elsa” si impose Anna con decisione. Ovviamente non poteva
sapere quello che sarebbe successo di lì a poco.
Passò
rapidamente un’altra ora, durante la quale nessuno dei
viaggiatori proferì parola.
La
stanchezza difatti si faceva sentire, e ancora non avevano trovato un
luogo ritenuto adatto dal montanaro per accamparsi. Per di
più la fiamma della lanterna aveva consumato quasi tutto
l’olio residuo e presto sarebbero rimasti al buio nel cuore
della foresta, facili prede di animali in cerca di uno spuntino di
mezzanotte. In sintesi, la loro situazione non era affatto delle
migliori.
Mentre
costeggiavano la parete rocciosa di un grande altopiano,
però, Anna intravide tra il fitto del fogliame qualcosa che
riaccese la sua tipica allegria.
«Kristoff,
guarda un po' cosa ho trovato?» cantilenò la
rossa, trascinando il biondo e la renna di fronte alla sua scoperta
«L’entrata
di una caverna?»
«Sììì!
Non è magnifico? Proprio quello che cercavi: un luogo sicuro
e tranquillo dove accamparci per la notte... o se non altro per
ciò che ne rimane... ma che importa, finalmente la ricerca
è finita!»
Sven
saltellò dalla gioia per la lieta notizia, pregustando come
la rossa l’agognato riposo. L’amico, tuttavia, non
era della stessa opinione del quadrupede.
«Non
credo che sia una buona idea avventurarci là
dentro» le rispose dubbioso. «di solito le caverne
sono abitate... e noi potremmo essere degli ospiti
indesiderati»
«Ah
no! Non ci provare!» gli puntò il dito sul petto
«Girovaghiamo per questa foresta da chissà quanto
tempo, con i piedi e gli zoccoli ormai doloranti» la renna a
quel punto annuì convinta, beccandosi
un’occhiataccia da parte di Kristoff «Tu e Sven
avete riposato in quella stalla si e no mezz’ora, mentre io
l’ultima volta che ho dormito è stato, pensa un
po', due giorni fa! Qua fuori, a parte neve, rocce e alberi, non vedo
niente che assomigli ad una baita, per non parlare che si gela a tal
punto che non mi sento più le sopracciglia (piccola bugia a
fin di bene). Per cui, caro-il-mio-montanaro, se proprio vuoi
continuare a cercare il tuo fantomatico “rifugio
anti-lupo”, fa pure, ma noi due non ci muoveremo da qui, non
è vero Sven?»
La
renna emise un verso di approvazione e la rossa guardò il
ragazzo a braccia conserte sorridendo trionfante.
Il
montanaro non sapeva come risponderle.
In
effetti aveva ragione: lui e Sven erano sfiniti quanto lei e se non
riposavano un po', l’indomani mattina sarebbero crollati a
terra come pere mature. Inoltre dovevano accendere un focolare al
più presto, altrimenti sarebbero diventati per davvero dei
ghiaccioli da esposizione.
“Noi
di sicuro, lei invece ho qualche dubbio” gli
sussurrò un vocina scettica nella testa... vocina che per il
momento decise di ignorare.
«Vedi
che sarà umido» la mise in guardia
«l’umidità
non mi dà fastidio»
«e
sporco»
«ogni
tanto sporcarsi fa bene»
«e
pieno di pipistrelli»
«sono
carini, non trovi?»
«sei
sicura di volerlo fare?»
«sicurissima»
«E
va bene» sospirò alla fine «ma stammi
vicina»
Kristoff
fece strada entrando per primo, seguito a ruota da Anna e da Sven. La
flebile lanterna tenuta in mano dal capofila illuminava le pareti del
tunnel, rivelando le rocce troppo appuntite o gocciolanti da scansare.
Dopo una ventina di metri, i tre udirono un rumore di squittii in
lontananza. Il rumore divenne sempre più forte,
finché una scia di volatili neri non passò con
gran fracasso sopra le loro teste. La rossa si fece scappare un
gridolino, il quale non sfuggì al montanaro.
«Non
ti stavano simpatici?» le domandò sarcastico.
«Ammetto
che di presenza fanno un po' ribrezzo»
«“Di
presenza”? Ma dove li avevi visti allora?»
«Nel
mio vecchio libro di fiabe» confessò Anna
imbarazzata, provocando nel biondo una risata genuina che
contagiò piacevolmente anche lei.
Dopo
aver percorso all’incirca altri venti metri in leggera
pendenza verso il basso, i tre esploratori raggiunsero
l’estremità della grotta. Essa era abbastanza
spaziosa da accogliere tutti i presenti senza problemi, compreso Sven,
e la pendenza del tunnel permetteva di accendere un fuoco senza il
rischio di soffocare per l’accumulo di fumo.
«È
perfetta» dovette ammettere Kristoff.
«A
quanto pare ti preoccupavi per nulla» sorrise vittoriosa la
rossa «Non lo conosci il detto “chi non risica non
rosica”?»
«E
tu non conosci il detto “la prudenza non è mai
troppa”?»
«Mmmm...
no, mai sentito»
I
due ragazzi scoppiarono a ridere.
Sven,
nel frattempo, osservava felice il suo migliore amico: senza rendersene
conto, aveva creato con la ragazza un legame d’amicizia che
cresceva di minuto in minuto... amicizia che un giorno -sperava la
renna- sarebbe potuta sfociare in qualcosa di più.
Tuttavia,
l’allegra atmosfera fu improvvisamente squarciata da un
potentissimo ruggito proveniente dall’ingresso della grotta.
I
tre rabbrividirono a tal punto da bloccarsi sul posto come delle statue
di sale. Un secondo ruggito, più vicino del precedente, li
ridestò un minuto dopo dalla loro paralisi. Kristoff si
avvicinò a Sven, anch’egli molto spaventato, prese
dalla sacca laterale un grosso ramo e gli diede fuoco con la fiamma
della lanterna.
Subito
dopo la creatura si mostrò ai loro occhi: era un enorme orso
bruno lungo almeno due metri e mezzo, molto arrabbiato e probabilmente
anche molto affamato. L’arrivo improvviso
dell’inverno lo aveva indotto a cercare un luogo dove passare
il letargo, e sicuramente non aveva apprezzato il fatto che la grotta
fosse già occupata da qualcun altro.
«Anna...
prendi Sven ed esci subito di qui» sussurrò
Kristoff con tutta la calma che riusciva a trattenere in corpo.
Anna
non fece caso alla parole del biondo, troppo intenta a riflettere sul
da farsi.
Usando
i suoi poteri avrebbe potuto facilmente allontanare il pericoloso
animale, ma in tal modo il biondo l’avrebbe sicuramente
vista... e non aveva la minima idea di come avrebbe reagito alla
scoperta. Sebbene si fosse mostrato molto comprensivo riguardo i poteri
Elsa, ancora non si sentiva del tutto sicura: temeva che non avrebbe
capito, che l’avrebbe giudicata un mostro, o una strega,
proprio come il duca di Weselton. Ma il pericolo era troppo grande per
essere ignorato, e doveva prendere in fretta una decisione.
“Non
ho scelta, correrò il rischio” concluse con un
sospiro la rossa
L’animale
intanto avanzò di qualche passo, ringhiando minacciosamente
ai tre sgraditi inquilini. Anna, in risposta, punto le braccia davanti
a sé, pronta ad evocare l’infuocato potere. Il
montanaro, però, la strattonò con forza e si
posizionò d’avanti a lei per proteggerla.
«Ma
che fai?! Ti ho detto di andare via! Io nel frattempo lo
distraggo» le urlò in uno stato tra
l’ansia e la determinazione
«No,
non capisci, io-»
La
rossa non ebbe il tempo di finire la frase che il mammifero, sentendosi
minacciato dai movimenti bruschi dei ragazzi, ruggì ancora
più forte di prima e si alzò sulle gambe
posteriori, mostrando tutta la sua enorme stazza. Kristoff
tentò di spaventarlo agitando la torcia di fronte al suo
muso, ma l’orso, anziché indietreggiare, si
infuriò ulteriormente. Con una zampa lo disarmò,
e con l’altra lo colpì alla spalla con incredibile
violenza, facendolo volare di qualche metro fino alla parete rocciosa
sulla sua destra. Il montanaro grugnì per
l’intenso dolore, ma constatò -per fortuna- di non
aver riportato alcuna frattura alle ossa.
L’orso
ignorò il resto dei presenti e si concentrò sulla
preda ormai indifesa, dirigendosi con bruttissime intenzioni verso il
ragazzo.
Kristoff,
a quel punto, pensò di essere spacciato. Come ultimi
pensieri, il ragazzo sperò con tutto il cuore che Anna fosse
riuscita a fuggire insieme a Sven... e rimpianse amaramente di non aver
avuto più tempo per conoscerla meglio.
Quando
l’animale fu sul punto di finirlo, però, accadde
qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Tra
lui e il grosso mammifero si materializzò dal nulla una
gigantesca colonna di fuoco, il calore così intenso da
riportare in un attimo la temperatura dell’estate.
L’orso bruno perse l’equilibrio e cadde
all’indietro, per poi allontanarsi spaventato dalla colonna
infuocata. Tentò allora di scagliarsi sulla rossa, ma questa
creò sotto le zampe dell’animale una striscia di
fuoco che lo costrinse di nuovo a ritrarsi.
«Via,
sciò! Trovati un’altra grotta!»
Anna
scagliò un ultima sfera che esplose a pochi centimetri dal
mammifero, dissolvendosi nell’aria senza provocare danni.
L’orso emise un guaito per la paura e alla fine
fuggì terrorizzato dalla caverna.
Infine,
con un leggero movimento del polso, la rossa estinse tutte le fiamme
che aveva creato, riportando la grotta nella semioscurità.
Kristoff,
che nel frattempo era riuscito a rialzarsi, la guardava senza fiatare,
gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore. Anna si
voltò verso di lui, e gli rivolse un sorriso pieno di timore
e imbarazzo.
«Posso
spiegare»
ANGOLO
AUTORE: Salve a tutti, rieccomi qua con un nuovo capitolo della mia fic
preferita ^^ (come si dice a Napoli “ogne scarrafone e
bell’ a mamma soja” XD).
Il
capitolo stavolta è denso di eventi, come del resto lo
è anche la scrittura, quasi del tutto priva di spazi.
Sicuramente qualcuno di voi si sarà chiesto “ma per
quale motivo questo qua scrive ogni capitolo diverso dall'altro?!?”; beh, in effetti stavo sperimentando diverse
presentazioni del testo per trovare quello che fosse più
piacevole da leggere e pensavo di averlo trovato con quello precedente,
ma di recente mi hanno fatto giustamente notare che lasciando troppi
spazi inutili spezzettavo la scorrevolezza della storia, e per questo
ho deciso di tornare alla forma del primo capitolo, dove inserivo gli
spazi solo per i salti di tempo o di luogo (la forma dovrebbe rimanere
finalmente così, ma nel caso non vi piaccia non esitate a
farmelo sapere :)).
Per
le note e l’analisi del capitolo direi invece di partire
dall’inizio:
Il
primo pezzo è un missing moment dedicato ad Hans che ho
inserito per creare un parallelismo con quello di Elsa del capitolo
precedente. Il povero principe non è libero di dormire
neanche la notte (ho pensato che in una situazione di crisi fosse
normale) e finalmente si scopre cosa gli frulla veramente in testa. Per quanto
provi qualcosa per Elsa, lui la odia e la reputa un mostro
perché assomiglia a questa misteriosa persona che gli ha
rovinato la vita (o più precisamente hanno entrambi dei
poteri, ma non gli stessi) e che a quanto pare solo lui e suo padre sanno essere ancora in
vita. Hans si trova perciò ad odiarla e ad amarla allo
stesso tempo, ma l’odio sembra prevalere
sull’amore, e quindi ha intenzione di ucciderla ad ogni costo.
Le
scene successive sono invece sia dal punto di vista di Anna che di
Kristoff, ed è stata la parte più divertente da
scrivere XD. Il nostro montanaro, mentre è alla ricerca di
un rifugio per la notte (si trovano ancora nel bosco prima del
burrone), finalmente ha modo di sfogarsi con Anna (dopotutto nel film
lo faceva durante l’inseguimento, ma in questa fic non ne
aveva avuto il tempo ;)), ma questa gli rigira la frittata facendolo
sentire in colpa XP. Inoltre si scopre come già sospettasse
di Anna, ma ovviamente non poteva immaginare che avesse dei poteri ;).
Anna alla fine trova una caverna e gli fa una bella ramanzina per
convincerlo ad entrare (mi sono ispirato alla scena di quando gli
regala la slitta nuova XD), ma quando sembra essere tutto risolto, ecco
che spunta l’orso XP (Pacha e Kusco: “è
un classico -.-” Io: “tornatevene nel vostro
film!”). Kristoff cerca di fare l’eroe per salvare
Anna ma alla fine è lei a dover salvare lui con i suoi
poteri. E adesso come reagirà Kristoff alla scoperta? Vi dico
solo che, ora che Anna non deve più nascondere i suoi
poteri, nei prossimi capitoli vedrete quello di cui è
realmente capace ;)
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto (scusatemi di nuovo per
l’immenso angolo autore) e ci vediamo al prossimo
aggiornamento, ciaoooo :)
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Capitolo 7 *** Orgoglio e dubbi ***
CAPITOLO SETTIMO
Orgoglio e dubbi
Anna aveva appena terminato il suo lungo soliloquio.
Non
sapeva nemmeno lei il perché, ma aveva deciso di aprirsi
completamente al montanaro, raccontandogli, oltre i reali avvenimenti
delle ultime ore, un sommario di tutta la sua vita... dalla scoperta
del potere infuocato fino al giorno dell’incoronazione.
Kristoff aveva ascoltato con molta attenzione le parole della rossa,
senza mai interromperla per porgerle delle domande.
I due ragazzi erano entrambi seduti vicino la parete rocciosa dove si
era schiantato in precedenza il montanaro, la lanterna posta
perfettamente in mezzo a illuminare tenuemente i loro volti. Anna
osservava intimorita il biondo, in attesa della fatidica reazione a
tali rivelazioni. Fra poco avrebbe scoperto se era davvero un ragazzo
di larghe vedute come lei sperava, o se invece aveva una mente
ristretta proprio come il duca di Weselton.
Kristoff, tuttavia, non si scompose, ma continuò a ricambiare con
profonda serietà lo sguardo della ragazza. Dopo una manciata
di secondi, la principessa non resistette più alla tensione
e prese l’iniziativa.
«C-cosa ne
pensi?» gli chiese, sussurrando appena le parole.
Il montanaro, in risposta, si sdraiò con le braccia
incrociate sul fianco di Sven, il quale si trovava tranquillamente
accucciato dietro il migliore amico, e le rivolse un espressione priva
di qualsiasi emozione.
«Fammi capire... mi stai dicendo che sei stata tu a
distruggere la mia slitta?»
Come previsto, la domanda lasciò di sasso la ragazza.
«Come prego?» rispose quasi inorridita
«Io ti racconto la storia della mia vita, svelandoti il mio
più prezioso segreto, e tu mi domandi se ho distrutto la tua
slitta!?»
«Proprio così» aggiunse laconico
«sei stata tu a incendiare il pattino?»
«Si!» gli rispose stizzita «ma si
è trattato di un incidente! La fretta mi ha giocato un
brutto scherzo e mi è sfuggita una scintilla che ha appiccato l'incendio. Ti ricordo,
però, che in quel frangente ti ho comunque salvato la vita,
quindi, anziché lamentarti, dovresti ringraziarmi per essere
intervenuta!»
Anna incrociò anche lei le braccia al petto osservando con
gran severità il montanaro. Da lui non si sarebbe mai
aspettato un tale menefreghismo, cosa che l’aveva offesa non
poco.
Tuttavia, non poteva immaginare che il suo atteggiamento fosse dettato più dall’orgoglio che dal
disinteresse. Kristoff, infatti, era rimasto piacevolmente colpito
dalle capacità della principessa, le quali
l’avevano resa ai suoi occhi ancora più
affascinante di quanto già non fosse, e di certo non
l’aveva giudicata un mostro come la ragazza
all’inizio temeva. Al contrario, riteneva il suo potere un
dono veramente magnifico... ma venire a scoprire che gli aveva salvato
non una, ma ben due volte la vita, aveva risvegliato in lui
l’orgoglio maschile, spingendolo a chiudersi emotivamente nei
suoi confronti.
«Primo, non mi stavo affatto lamentando, piuttosto ti stavo
chiedendo una conferma; secondo, non era necessario che intervenissi,
dato che avevo la situazione sotto controllo»
Anna sbuffò sonoramente.
“Oltre ad essere menefreghista, è anche un
perfetto ingrato!” pensò, ancora più
irritata.
«Bene! Anche con l’orso avevi la situazione sotto controllo?»
ribatté con una domanda retorica, mentre tamburellava
nervosamente un indice sulla spalla.
«Se tu non avessi insistito per entrare nella grotta, non
saremmo mai incappati in quell’orso!»
«Ma cosa dici! Se non fossimo entrati qua dentro, a
quest’ora saremmo ancora là fuori a gironzolare
senza meta!!»
«Sempre meglio che darti ascolto e andare rischiare la pelle
in posti chiaramente pericolosi!»
Con quest’ultima esclamazione da parte del montanaro, la
rossa raggiunse il limite di sopportazione. Si alzò quindi
dal suo posto in preda alla collera e, allontanatasi i il più
possibile da lui, andò a distendersi sulla parete rocciosa
opposta a quella del ragazzo.
Per un paio di minuti, nella grotta calò il silenzio
più totale.
Entrambi i litiganti, infatti, non sembravano più disposti a
riaprire un dialogo con l’altro... o almeno finché
il montanaro non iniziò a sentirsi veramente in colpa per
come si era comportato. Pensò allora di chiedere consiglio all’amica renna, ma Sven stavolta non
poté rivelarsi di alcun aiuto, essendo sprofondato nel mondo
dei sogni già da un bel pezzo. Kristoff, tuttavia, non si
demoralizzò e, prendendo il coraggio a due mani, si
avvicinò lentamente alla rossa, la quale era girata di
spalle nel tentativo di prendere sonno e sbollire così la
rabbia.
«Che cosa vuoi?» gli domandò gelida
Anna, senza voltarsi a guardare il destinatario delle parole.
«Ehm... potresti...» le chiese titubante il
ragazzo, riferendosi alla piccola catasta di legno che si era portato
dietro e che aveva appena depositato per terra a pochi passi da lei.
Anna non disse niente e, girandosi di scatto, lanciò una fiammata verso la legna, per poi ritornare come se
niente fosse alla posizione di prima. Il focolare illuminò
di colpo l’antro della caverna, annichilendo la tenue luce
emanata dalla lanterna del montanaro.
«Grazie...»
mormorò Kristoff, sedendosi accanto alla principessa, la
quale fece finta di non averlo sentito.
«Senti...» iniziò, dopo aver emesso un
lungo sospiro «...ti chiedo scusa per come mi sono comportato
poco fa. A volte mi faccio accecare dall’orgoglio... e non mi
rendo proprio conto dell’enormi fesserie che dico
dopo. In verità, se prima non fossi intervenuta con i tuoi
poteri, avrei perso sicuramente la vita... e di questo ti sono
veramente riconoscente»
Dopo una decina di secondi in cui calò nuovamente il
silenzio, Anna si voltò ad osservare il viso dispiaciuto del
biondo. Lei era sempre stata una ragazza molto allegra e solare, e di
natura non riusciva a tenere rancore verso nessuno, per cui decise di
mettere da parte la rabbia e di accettare le scuse del montanaro.
«Sei perdonato» gli disse mentre gli regalava un
dolce sorriso, il quale venne immediatamente ricambiato da Kristoff.
Quest’ultimo, tuttavia, non aveva ancora compreso dal
discorso di prima una cosa molto importante, e, tornando con il volto
serio ma comprensivo, non esitò a porre il quesito alla
rossa.
«Perché me l’hai tenuto
nascosto?»
Anna, a quel punto, abbassò il viso sconsolata, proprio come
aveva fatto in presenza di Hans la sera prima sopra la balconata.
«Io... avevo paura»
«Paura di cosa?» le chiese sinceramente.
«Di come avresti reagito. Temevo che, scoperta la
verità, mi avresti considerata un mostro, un essere contro
natura... qualcuno da cui stare alla larga» gli occhi di Anna
si inumidirono «la gente ha sempre timore di ciò
che non comprende...»
La rossa ritornò con la mente a tutti gli anni in cui
dovette nascondere i suoi poteri al resto del castello. Avrebbe tanto
voluto dire la verità ad Elsa e a suo padre, ma la regina
glielo aveva sempre proibito, soprattutto per tenere
all’oscuro il secondo... e solo adesso comprendeva appieno il
perché. Col tempo era riuscita a farsene una ragione, ma, a
discapito di quanto pensava, il suo cuore non aveva mai smesso di
soffrire.
Vedendo il dolore della ragazza, Kristoff le strinse la mano, facendola
sussultare.
«Anna... per caso ritieni che i tuoi poteri ti rendano un
mostro?»
«No, certo che
no...» gli rispose in un filo di voce, quasi in
automatico.
«Allora non hai motivo di temere il giudizio
altrui» affermò con fermezza il montanaro
«l’importante, infatti, è ciò
che pensi di te stessa. Nel mondo ci sarà sempre qualcuno
pronto a darti appellativi che non meriti, chi per paura chi per
invidia, ma questo non ti deve scoraggiare. Sono le nostre azioni a
decretare chi siamo, non ciò che pensano le altre persone di
noi»
«Lo pensi sul serio?» gli domandò la
principessa, guardandolo intensamente con gli occhi ancora un po' umidi.
«Mai stato più serio! E ti dirò di
più: a mio parere non dovresti più nasconderti.
Il tuo potere è un dono meraviglioso, Anna, in grado di fare
un mondo di bene, e, se te lo dice un umile tagliatore di ghiaccio,
stai pur certa che anche il popolo ti accetterà
tranquillamente per quello che sei»
Le parole rincuoranti di Kristoff colpirono nel profondo la ragazza.
Per la prima volta dopo tanti anni, stava realmente mettendo in dubbio
la fondatezza delle proprie paure... e di questo gliene fu molto grata.
Anna si asciugò le lacrime e, non trovando le parole adatte
per ringraziarlo, si limitò a poggiare la mano libera sulla
sua spalla sinistra, regalandogli al contempo il più sincero
dei sorrisi. Kristoff ricambiò dolcemente
l’espressione della rossa, ma, non appena la mano
entrò a contatto con la spalla, una fortissima fitta di
dolore lo costrinse a ritrarsi.
«Che cos’hai?» gli domandò
Anna allarmata
«N-non è niente, tranquilla»
«Non è vero, fammi vedere!»
Anna scrutò con attenzione il maglione del montanaro e
intravide tra le pieghe dei grossi strappi che prima non aveva notato.
Senza chiedergli il permesso, gli sollevò la manica fin
sopra la spalla, e scoprì con orrore tre profonde ferite
diagonali da cui sgorgava molto sangue.
«Kristoff, ma tu sei ferito! Perché non me
l’hai detto prima?!»
«Non lo sapevo neanch’io. Ho sentito soltanto
adesso il dolore*»
Anna si ricordò di come il montanaro avesse cercato di
proteggerla frapponendosi tra lei e il grosso mammifero, e non
poté non dispiacersene. Se avesse agito prima, di certo non
si sarebbe ferito così gravemente.
«Stai perdendo molto sangue, rischi di morire!»
Kristoff si rese subito conto che aveva ragione: i tagli erano molto
profondi, e le bende di cui disponevano non erano in grado di bloccare
una tale fuoriuscita di sangue. Insomma, la sua condizione era
veramente precaria.
Anna, tuttavia, aveva già in mente una possibile soluzione.
«Potrei fermare l’emorragie ustionando le ferite,
ma-»
«Fallo» le disse subito il montanaro, ormai
fiducioso nelle capacità della rossa.
«Ne sei sicuro? Sentirai molto dolore...» gli
rispose mortificata.
«Non preoccuparti per me. Sarò in grado di
sopportarlo» le sorrise Kristoff, mentre si stringeva le
ferite nel tentativo di tamponarle.
La principessa annuì, e spostò il robusto braccio
del ragazzo in modo da distenderlo completamente. Poggiò due
dita sulla prima ferita e concentrò in esse il suo potere
infuocato, al fine di portare l’estremità alla
temperatura ideale. La pelle del montanaro iniziò a
bruciare, provocandogli dei grugniti strozzati che allarmarono non poco
la ragazza.
«V-vai avanti»
Anna non se lo fece ripetere due volte e proseguì
rapidamente nell’operazione, sperando di finire il prima
possibile. Dopo un paio di minuti, le ferite erano state richiuse e da
esse non fuoriusciva più alcuna goccia di sangue. Kristoff,
ancora dolorante, tentò quindi di risistemarsi la manica del
maglione di lana, ma la ragazza lo fermò.
«Aspetta... questo lenirà il dolore»
Prima che potesse chiederle cos’avesse in mente, Anna
poggiò il palmo della mano sopra le tre ferite ustionate e
rilasciò una flebile ondata di calore. Essa si diffuse per
tutta la lunghezza dell’arto, distendendo i muscoli
irrigiditi e alleviando istantaneamente il dolore che provava il
montanaro. Kristoff osservò stupito il prodigio per poi
chiudere gli occhi e rilassarsi, beandosi del magnifico tepore lenitivo
di cui la rossa gli faceva dono.
«Come stai?» gli domandò Anna, dopo aver
terminato la cura.
«Molto meglio, grazie. Mi hai salvato di nuovo la
vita» affermò riconoscente
«Non c'è due senza tre, non ti pare?»
gli rispose con un’altro sorriso.
Kristoff, a quel punto, incatenò il suo sguardo a quello
della ragazza, perdendosi tra suoi bellissimi occhi color rubino.
“Mio dio, quanto è bella”
Subito sentì crescere dentro di sé il fortissimo
desiderio di baciare le sue rosee labbra, desiderio che,
però, dovette soffocare non appena si ricordò di
uno scomodo particolare.
“Lei è già fidanzata”
«Adesso dovremmo riposare» le disse, mentre
distoglieva con delusione lo sguardo «Domani ci aspetta una
dura giornata di cammino»
Anna non comprese la reazione del biondo. Naturalmente lei lo
considerava solo un amico, e non poteva sapere dei sentimenti che stava
provando durante quel semplice scambio di sguardi. Fu tentata di
chiedergli cosa non andava, ma alla fine decise di far finta di niente
e di assecondare la sua richiesta.
I due ragazzi ritornarono nel punto dove dormiva Sven e si coricarono
sopra il fianco della renna. La stanchezza accumulata durante la
giornata e il pelo soffice dell’animale conciliarono
immediatamente il sonno, spingendoli a sbadigliare nello stesso
istante.
«Buonanotte Anna» le augurò il montanaro
mentre ridacchiava per la coincidenza degli sbadigli.
«Buonanotte Kristofer» gli rispose allora la rossa,
provocandolo scherzosamente.
Le braccia di Morfeo avvolsero rapidamente la ragazza, trasportandola
nel mondo dei sogni, mentre Kristoff la raggiunse poco dopo,
approfittando del lasso di tempo per osservare un ultima volta il viso
angelico e sorridente della principessa
*Lo shock per una ferita improvvisa a volte può bloccare il
dolore per diversi minuti.
ANGOLO AUTORE: Salve a tutti :) oggi sono fiero di me stesso per aver
aggiornato a tempo di record: solo due settimane rispetto alle tre
degli aggiornamenti passati^^ (Lettore anonimo: veramente quasi tutti
aggiornano ogni settimana -.- Io: lo so, ma potevi anche evitare di
ricordarmelo T.T).
Il capitolo è più corto del solito e per certi
versi può essere definito di transizione, ma lo ritengo
comunque importante perché si comprende meglio cosa provano
Kristoff e Anna l’uno per l’altra. Il montanaro
è praticamente ancora più cotto di prima, ma non
può far niente perché Anna è
già fidanzata, mentre quest’ultima gli vuole bene
ma lo considera solo un caro amico (mi spiace ma, come ho
già detto in passato, non posso discostarmi troppo dal film
u.u). Il capitolo, tuttavia, è ad alta concertazione di
fluff, quindi lo possiamo considerare a tutti gli effetti un capitolo
Kristanna :). Anna all’inizio si è
offesa (stavolta non per finta) per come ha reagito Kristoff, ma poi il
montanaro ha messo l’orgoglio da parte e si è
fatto perdonare. Inoltre è riuscito a mettere in dubbio le
paure di Anna, cosa che in futuro si rivelerà determinante
(piccola spoilerata ;)). Il dolore per le profonde ferite alla spalla,
invece, l'ha percepito solo dopo diversi minuti per via dello shock
provocato dalla zampata dell’orso (vi assicuro che
è una cosa normale, a volte capita), ma per fortuna ci ha
pensato di nuovo Anna a salvare la situazione con i suoi poteri ;).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e in caso fatemi sapere che ne
pensate con un commentino^^, ciaooooo :)
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Capitolo 8 *** I poteri di Anna ***
CAPITOLO OTTAVO
I poteri di Anna
La
luce dell’alba si affacciò delicata sul costone
dell’altopiano.
Attraversato il lungo tunnel in pendenza, solo pochi raggi solari
raggiunsero il fondo della caverna, ma essi furono sufficienti per
infastidire il povero montanaro, il cui viso era proprio rivolto verso
l’uscita dell’antro.
Kristoff strigliò prima gli occhi per poi aprirli a poco a
poco, abituandosi alla nuova luminosità
dell’ambiente. Anche Sven fu investito dai raggi solari, e
come l’amico si svegliò terribilmente assonnato.
Entrambi avevano dormito molto poco, due, tre ore al massimo (avevano
trovato la grotta solo a notte inoltrata), ma questo non li disturbò
più di tanto: il lavoro di tagliatore di ghiaccio, infatti,
spesso richiedeva di lavorare la notte per evitare che il sole estivo
sciogliesse lo strato di ghiaccio mentre veniva raccolto, per cui erano
abituati a fare le ore piccole.
Tuttavia, Kristoff temeva che Anna, essendo di nobili origini, fosse
abituata a ben altri orari, ma quando si girò per verificare
se stesse ancora dormendo, con grande stupore la vide già in
piedi con indosso la borsa a tracolla, pronta per partire.
«Buongiorno» gli disse mentre terminava di lisciare il pelo di Sven nel punto in cui si era coricata.
«Buongiorno» le rispose il ragazzo dopo un leggero
sbadiglio «non mi aspettavo di trovarti già
sveglia, per caso si tratta di un’altro effetto dei tuoi
poteri?» concluse con un pizzico di ironia priva di
cattiveria.
«Sembra strano ma sì. Da bambina ero una
incorreggibile dormigliona, mentre adesso mi bastano poche ore di sonno
per sentirmi del tutto riposata»
«Buono a sapersi» le sorrise il montanaro,
alzandosi anche lui «bene, allora possiamo riprendere il
viaggio»
Prima di ripartire, Kristoff controllò che non stessero
dimenticando niente, e, a un certo punto, notò una cosa che
lo lasciò a bocca aperta.
Dall’altro lato della grotta, era ancora presente la fiamma
che Anna aveva acceso la notte prima... soltanto che sotto di essa non
bruciava più la legna! Il fuoco aveva consumato tutto il
combustibile, ma questo non accennava a spegnersi o a diminuire
d’intensità.
«Oh, scusa» intervenne la rossa «per poco
non me ne dimenticavo»
Come le volte precedenti, le bastò muovere leggermente la
mano per estinguere immediatamente le fiamme. Kristoff,
però, continuò a fissarla come in cerca di una
spiegazione, la quale non tardò ad arrivare.
«Il mio fuoco non ha bisogno di alimentarsi e si spegne solo
quando lo decido io»
«Capisco... e se gli versassi
dell’acqua?» le domandò il biondo mentre
incrociava le braccia al petto, sfidandola scherzosamente.
«Non pensare che sia così facile! Ne dovrai
versare parecchia prima di riuscire nel tuo intento» gli
rispose con finta offesa, facendogli pure la linguaccia.
Kristoff, allora, rise di gusto insieme alla ragazza. Oramai si
intendevano perfettamente ed i litigi del giorno prima sembravano solo un
lontano ricordo.
I tre viaggiatori percorsero il tunnel della caverna ed uscirono
all’aperto.
L’impatto con la luce mattutina fu attenuata dalle fronde
degli alberi che, frusciando per via del leggero venticello,
proiettavano sulla superficie del terreno un luminoso mosaico in
movimento. La neve era come sempre l’elemento predominante
nel paesaggio e ricopriva l’intera zona boschiva. Il calore
del sole, poi, per quanto intenso non riusciva minimamente a sciogliere
la sostanza bianca, per cui, se fossero sopraggiunte altre nevicate,
c’era il rischio che si accumulasse fino a formare delle vere
e proprie montagne di neve.
«Sei sicura di non poter usare i tuoi poteri per sciogliere
la neve?» le domandò il montanaro, rendendosi
subito conto del pericolo a cui andava incontro l’intero
regno.
«Sicurissima. Come ti ho già detto, la neve creata
da Elsa è molto resistente. Per scioglierla dovrei
utilizzare i miei pieni poteri, ma da quello che ho capito rischierei
di carbonizzare tutto quanto, compresa la città e il fiordo.
L’unico modo per riportare l’estate in sicurezza
è che sia Elsa stessa a sciogliere la neve»
«In parole povere, dobbiamo sbrigarci a trovare tua
sorella»
«Già... spero
solo che non le sia accaduto niente di male»
mormorò dispiaciuta, portandosi le mani al petto.
«Non preoccuparti, sono sicuro che sta bene» la
rassicurò Kristoff.
La principessa gli sorrise e annuì con rinnovata fiducia.
Dopodiché, senza indugiare oltre, si avviò per la
direzione indicata dal biondo.
Dopo circa mezz’ora di cammino, Kristoff, Anna e Sven
uscirono dal bosco e trovarono di fronte a sé un profondo
crepaccio nel terreno che impediva loro di proseguire. Il montanaro
osservò bene l’estensione della depressione e si
fece scappare un sospiro rassegnato.
«Il burrone si estende per parecchi chilometri in entrambe le
direzioni, aggirarlo richiederà molto tempo»
Sven non sembrò apprezzare la notizia ed emise un verso
simile a un lamento. Kristoff, allora, gli accarezzò il
dorso del collo per tranquillizzarlo.
«Avanti Sven, insieme abbiamo passato di peggio. Dai,
proseguia-» le parole, però, gli morirono in bocca
non appena vide ciò che la ragazza stava facendo.
Anna, infatti, aveva creato dalle mani due lunghissime colonne di fuoco
orizzontali che, partendo dal ciglio del burrone, raggiunsero in un
attimo l’altra sponda. Poi, le colonne si unirono per formare
un unica grande fiammata, che la ragazza modellò con altri
getti di fuoco fino a fargli assumere l’aspetto di un ponte
molto simile a quello che collega il borgo al castello di Arendelle.
Kristoff, naturalmente, rimase meravigliato dalla grande
abilità con cui riusciva a manipolare le fiamme, ma
ciò che lo lasciò totalmente senza fiato, fu
quello che accadde subito dopo: Anna poggiò la punta dello
stivale sopra il pavimento del ponte infuocato... ed esso assunse
consistenza solida! Il fuoco sotto di lei era stato tramutato in un
materiale trasparente dello stesso colore del rubino, il quale si
espanse molto rapidamente solidificando in pochi secondi
l’intera struttura. Terminata l’opera, la
principessa portò le mani ai fianchi, sorridendo soddisfatta.
Kristoff, invece, ripresosi dallo stupore iniziale, si
avvicinò al ponte per analizzarlo: il materiale era liscio e
levigato e, per certi versi, simile al ghiaccio. Il colore era di un rosso molto vivace e, osservandolo bene, al suo interno si potevano intravedere alcune venature di tonalità giallo-arancio le
cui forme ricordavano delle lingue di fuoco. Quando sfiorò con le
dita il parapetto, percepì distintamente che emanava un
leggero calore. A quel punto, il montanaro realizzò di cosa
si trattava.
«Incredibile, è cristallo di fuoco!»
affermò, stupito.
«Sìììì,
esatto!» gli rispose Anna, eccitatissima «Ti piace?
Io l’adoro, lo trovo a dir poco stupendo! È la
prima volta che lo utilizzo per creare un ponte così grande;
non che non sapessi costruirlo, ovviamente, ma sai, dentro il castello
non avevo sufficiente spazio e quindi mi sono sempre limitata a creare
statuine o roba del genere; e poi una costruzione di queste dimensioni
avrebbe dato troppo nell’occhio, ed io dovevo tenere segreti
i miei po-»
«Ma non è possibile!» la interruppe
Kristoff, mentre parlava a ruota libera «È un
minerale che si origina solo all’interno di antichi vulcani
spenti... ed è talmente raro da essere praticamente
sconosciuto!»
La principessa annuì, lasciando intendere di essere
già a conoscenza di tali informazioni.
«In effetti ho scoperto la sua esistenza per puro caso
qualche anno fa, mentre leggicchiavo un barbosiss-, ehm, volevo dire,
mentre studiavo un interessante trattato di geologia selezionato
appositamente per me dal mio precettore. Quando ho letto che si
trattava di fuoco allo stato solido, ho provato a ricrearlo e ho scoperto
che mi veniva naturale, come se ne fossi stata sempre capace»
«Incredibile...»
ripeté in un sussurro il montanaro, senza distogliere lo
sguardo dal bellissimo ponte di cristallo. Era la prima volta che lo
vedeva di persona, ma gran papà gliene aveva già
parlato in numerose occasioni, descrivendolo come il gemello opposto al
ghiaccio in grado di sprigionare calore proprio.
«Come lo conoscevi?» gli domandò curiosa
la rossa, sorridendo ancora per l’apprezzamento che la sua
opera riceveva dal ragazzo.
«Me ne hanno parlato i miei amici esperti in amore»
le rispose con noncuranza, mentre tastava in più punti la
struttura come a scoprirne ogni caratteristica.
«Un giorno me li dovrai presentare, sembrano dei tipi
simpatici» aggiunse con sincerità la ragazza.
Il montanaro, allora, si voltò e le rivolse un sorriso
tirato.
«Non credo ti convenga. Devi sapere che hanno un carattere... particolare: sono leggermente sfacciati e... chiassosi, molto
chiassosi; sono anche testardi, a volte, e un po' prepotenti... e
pesanti, davvero... davvero pesanti» le confessò
con profondo imbarazzo.
La principessa ridacchiò sommessamente, immaginandosi i
soggetti citati con il carattere descritto dal biondo. Lei,
però, non credeva affatto che fossero cattive persone:
“se sono amici di Kristoff, devono essere per forza
meravigliosi” pensò infatti.
Il montanaro non poté fare a meno di ascoltare con
attenzione la dolce risata della principessa... risata che
l’aveva letteralmente incantato. Gli ci volle tutta la sua
forza di volontà per distogliere lo sguardo dalla ragazza ed
incamminarsi attraverso il ponte, seguito a ruota da
quest’ultima e da uno Sven molto felice di aver risparmiato
un lungo tratto di strada.
“Cosa mi sta succedendo?”
Passarono le ore e il sole si alzò alto nel cielo,
rischiarando ogni angolo del regno.
Raggiunta una certa quota d’altezza, Anna poté
vedere la città di Arendelle completamente ghiacciata.
Kristoff, allora, per distrarla da eventuali pensieri tristi sulla
sorella, decise di aprire una conversazione e le domandò
della sua vita quotidiana all’interno del castello. Il
ragazzo riuscì nel suo intento e, mentre proseguivano nella
scalata, la principessa gli raccontò allegramente delle
tante esperienze vissute da piccola e di tutte le birbanterie che
riusciva a combinare con i poteri, senza -per fortuna- essere mai
scoperta dal padre o da altri che non conoscevano il suo segreto.
«Sei entrata dentro un forno acceso per rubare i biscotti
al cioccolato?» le chiese Kristoff, mentre sghignazzava
sottovoce.
«Sì, e dovevi vedere la faccia di Gerda quando mi
ha trovata là dentro, era del tipo “oh mio
dio!”. A otto anni, invece, mentre mi allenavo nei giardini a
creare sfere di fuoco, ho bruciato per errore l’albero
preferito di mio padre. “Autocombustione”
dissero... ma mia madre non ci ha creduto e mi ha messa in punizione
per una settimana. Cioè, ti rendi conto? Sono rimasta senza
cioccolata per una settimana intera! Al sesto giorno,
l’astinenza era tale che credevo
d’impazzire»
Kristoff, a quel punto, non riuscì più a
trattenersi e scoppiò a ridere, provocando uno sbuffo
contrariato di Anna.
«Non c’è niente da ridere»
incrociò le braccia al petto e lo guardò con un
ghigno malefico dipinto sul volto «se impazzisco, posso
diventare moooolto pericolosa... e la stessa cosa vale se mi
arrabbio» concluse con gli occhi ridotti a due fessure.
«Oh, non oserei mai far adirare vostra altezza» le
rispose con molta teatralità, portando le mani in avanti.
Naturalmente sapeva che scherzava, e, infatti, poco dopo si
coprì la bocca per trattenere le risate.
La mattinata proseguì tranquilla tra racconti, canzoni e
tanta allegria.
Nel primo pomeriggio, i tre viaggiatori raggiunsero un piccolo spiazzo
dove si ergevano maestosi dei bellissimi salici piangenti. Il gelo
aveva incastonato dei pezzi di ghiaccio a forma di goccia lungo le
sottilissime foglie degli alberi, rendendo ancora più
suggestivo il panorama che si presentava ai loro occhi.
Kristoff, Anna e Sven rimasero estasiati da quel piccolo angolo di
paradiso.
La renna, poi, si divertiva a saltellare tra le foglie, attorcigliando
quest’ultime alle sue lunghe e ingombranti corna.
«Non ho mai pensato che l'inverno potesse essere
così... bello» mormorò la principessa,
mentre ammirava il paesaggio attorno a sé.
Una voce tutt’altro che familiare si fece strada tra le
orecchie dei presenti, suscitando in loro prima curiosità e
poi sgomento.
«Sì, è bello davvero, ma è
tutto così biaaanco, non sarebbe meglio avere un po' di
colore? Pensavo che un po' di rosso cremisi o verde Caraibi... che ne
dite del giallo? No, giallo no, giallo sulla neve non va...»
I tre si voltarono e videro in mezzo a loro un pupazzo di neve... un
pupazzo di neve che si muoveva e parlava!
«...dico bene?» concluse il discorso, allargando i
due rametti che fungevano da braccia.
Anna emise un gridolino spaventato e, spronata dall’istinto,
scagliò una fiammata in direzione del pupazzo. Il getto di
fuoco lo mancò per un soffio, colpendo il terreno poco
dietro il nuovo arrivato. Questi, ignaro del pericolo appena corso, si
avvicinò alla fiamma come ipnotizzato.
«Cavolo, allora è questo il caldo,
com’è beeeello...»
Il pupazzo fu sul punto di toccare il fuoco -che nel frattempo bruciava
senza combustibile sopra la superficie innevata-, ma la rossa lo
precedette e, resasi conto di cosa aveva di fronte, spense la fiamma
prima che potesse danneggiarlo.
«Oh, che peccato, avrei tanto voluto toccarlo» si
rattristò il pupazzetto, la cui altezza non superava i
settanta centimetri.
«S-sei un pupazzo di neve?» gli domandò
Anna, ancora incredula di ciò che vedevano i suoi occhi.
«Certo!» esclamò allegro «sono
un pupazzo tutto d’un pezzo!»
«Beh, veramente...»
La ragazza si mise in ginocchio, prese dalla borsa una delle carote di
Sven e la conficcò nella testa del pupazzo,
all’incirca dove dovrebbe stare il naso. Purtroppo, impresse
troppa forza nel colpo e l’ortaggio uscì per
metà dall’altro lato.
«Oh scusa, troppa forza, scusami tanto... io volevo
solo-»
«Ho le vertigini»
«Stai bene?» si preoccupò la rossa.
«Vuoi scherzare? Mi sento... una meraviglia! Ho sempre
desiderato un nasino, quant'è cariiiiino! Sembra un piccolo
unicorno»
Il pupazzo rimirò la piccola sporgenza della carota
girando su se stesso, e la ragazza ne approfittò per
sistemarla dandole una leggera spinta da dietro.
«Ahhh, mi piace ancora di più... va bene, ricominciamo
d'accapo: ciao a tutti, io sono Olaf e amo i caldi abbracci»
«Olaf...» ripeté la ragazza, pensierosa
«È vero, Olaf»
Anna si ricordò delle allegre giornate trascorse con Elsa
prima della loro separazione. Ogni volta che giocavano con la neve, le
due bambine costruivano un pupazzo il cui nome era sempre Olaf, il
preferito della minore. Il diretto interessato, però,
interruppe il filo dei suoi ricordi.
«E tu sei...?»
«Oh, io sono Anna»
«E chi è quella specie di somaro
lì?» le domandò con tono complice.
«Quello è Sven» rispose, indicando la
renna accanto al montanaro.
«Ah, e la renna invece?»
«Sven?» gli rispose di nuovo, un po' perplessa.
«Ah! Hanno lo stesso- ok, sarà più
facile per me»
Sven notò la carota di Olaf e tentò di mangiarla.
Il pupazzo riuscì a scansarsi in tempo, preservando
così il nuovo naso, ma fraintese (come sempre, del resto) le
intenzioni del quadrupede.
«Che carino, cerca di baciarmi il naso, mi piaci anche
tu!»
«Olaf, ti ha fatto Elsa?» intervenne Anna.
«Sì, perché?»
«E tu sai dov’è?»
«Sì, perché?»
«Pensi di poterci indicare la strada?»
«Sì, perché?» nel frattempo
Kristoff aveva staccato un braccio di Olaf per poterlo osservare
meglio, ma il rametto gli diede un schiaffo e venne recuperato dal
padrone «Smettila Sven! Sto cercando di concentrarmi...
sì, perché?»
«Te lo dico io perché» rispose il
montanaro al posto della principessa «Elsa deve far tornare
l'estate»
« L'estate? Oh, non so perché, ma ho sempre amato
l'idea dell'estate, e del sole, e del caldo afoso...»
Il pupazzo assunse un aria sognante, cosa che suscitò non
poca perplessità nel biondo.
«Davvero? Direi che non hai molta familiarità col
caldo»
«No, ma a volte amo chiudere gli occhi e immaginare come
sarebbe se venisse l'estate...»
(Brano “Sognando l’estate”)
«Sì, andiamo! Elsa è da questa parte,
facciamo ritornare l'estateeeeee!!»
Il gruppo stava per incamminarsi al seguito del pupazzo di neve, quando
quest’ultimo si fermò di colpo per chiedere
un’ultima cosa alla ragazza.
«Prima però posso toccare il fuoco?»
«Aspetta, che?» rispose stupita.
«Il fuoco che hai creato dalla mano... sei come la mia
creatrice, vero?»
«Beh, sì, ma io-»
«Allora posso toccarlo?»
Anna sembrò pensarci su un attimo, ma lo sguardo speranzoso
di Olaf intenerì la principessa, che decise di accontentarlo.
«Non credo che sia una buona idea» si intromise
Kristoff.
La rossa non gli prestò attenzione e,
chinatasi all’altezza del pupazzo, distese un braccio verso
di esso. Dopo qualche secondo in cui sembrò concentrarsi,
lasciò fluire il suo potere nel palmo della mano e lo
rivolse verso l’alto. Sotto lo sguardo stupito del montanaro
e della renna, dal palmo fuoriuscì un piccola fiamma... una
piccola fiamma di colore blu!
Olaf si avvicinò felice alla mano di Anna ed allungò il rametto a forma di arto per soddisfare la sua
curiosità. Quando entrò a contatto con la strana
fiamma blu, questi non prese fuoco, ma
l’attraversò rimanendo illeso.
«Fa il solletico» ridacchiò il pupazzo
di neve, suscitando un dolce sorriso nel viso della ragazza.
Olaf continuò a giocherellare con le fiamme, tenendone
addirittura un po' tra le piccole manine, finché non si
estinsero del tutto.
«Certo che il fuoco è proprio
divertente» esclamò pieno di gioia.
«Quello non era fuoco norm-» il montanaro si
beccò una gomitata da parte della rossa.
«Fa' silenzio,
non c’è bisogno che lo sappia»
bisbigliò Anna.
«Dai, andiamo a trovare Elsaaaa!!» disse Olaf al
massimo dell’eccitazione, poco prima di iniziare a correre
nella direzione di prima.
Anna lo seguì sorridente, contenta di averlo reso
così felice. Kristoff, invece, rimase indietro, ripensando
con perplessità alle parole della rossa.
«Qualcuno glielo deve dire»
ANGOLO AUTORE: Salve a tutti cari lettori e recensori :) vi chiedo
scusa per il ritardo nell’aggiornamento, ma in questo periodo
ho avuto molto da fare. Sfortunatamente, ho avuto pochissimo tempo da
dedicare a questo capitolo, ed è un vero peccato
perché è forse il mio capitolo preferito in
assoluto. Se avete letto la mia bio note, allora saprete anche che sono
un fan sfegatato della Marvel e che adoro i superpoteri^^.
Bene, direi allora di fare un riassunto dei poteri di Anna, nel caso non sia chiaro qualcosa:
1. Come avevo già accennato al terzo capitolo, Anna non
necessita di molte ore di sonno per sentirsi riposata (come si
è visto, le bastano un paio d’ore). Il fuoco,
infatti, le fornisce molta vitalità, ma niente le impedisce,
se vuole, di dormire di più. Stessa cosa vale per Elsa,
anche se non si avrà l’occasione di vederlo in
questo capitolo della saga.
2. Il fuoco che crea Anna può bruciare (forse anche
all’infinito) senza aver bisogno di legna o di altri
combustibili. Come ha spiegato Anna, la neve e il ghiaccio di Elsa sono
molto resistenti (altrimenti non si giustifica come mai nel film non si
scioglievano sotto il sole estivo), ma anche il suo fuoco non
è da meno: così come lei ha difficoltà
a sciogliere la neve, anche Elsa avrebbe problemi a spegnere le sue
fiamme (ecco perché ha risposto a Kristoff che avrebbe
dovuto usare molta acqua)
3. Il cristallo di fuoco è la controparte del ghiaccio e
sprigiona calore proprio. Ovviamente nella realtà non
esiste, ma in questo mondo immaginario è un minerale quasi
sconosciuto che si forma solo all’interno di vulcani ormai
spenti. Anna ha sempre avuto la capacità di creare il
cristallo di fuoco (va bene anche cristallo infuocato), ma ne ha
scoperto l’esistenza relativamente da poco (da qualche anno),
e, dato che al contrario di Elsa non ha mai perso il controllo dei
poteri, non poteva creare volontariamente qualcosa che non sapeva
esistere.
4. Il fuoco blu è un fuoco privo di calore. Anna controlla
anche il calore, e quindi è in grado di eliminarlo dalle
proprie fiamme, che di conseguenza assumono questo colorito particolare
(in realtà, quando una fiamma è blu significa che
è ancora più calda, ma vabbè,
prendetela come una licenza letteraria ;)). Tuttavia, crearlo non
è facile e richiede molta concentrazione (ecco
perché non l’ha usato per spaventare i lupi e
l’orso, non ne avrebbe avuto il tempo).
Spero di essere stato esauriente nelle spiegazioni, ma, nel caso in cui
aveste ancora qualche dubbio, non esitate a chiedere ;). Nel prossimo
capitolo compariranno tutti i personaggi ed avverrà il
fatidico incontro tra Anna ed Elsa, nel frattempo, vi saluto augurando
a tutti voi un buon inizio di scuola/università (questa
è stata cattiva XD), ciaoooooo :)
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Capitolo 9 *** L'incontro delle due sorelle ***
CAPITOLO NONO
L'incontro delle due sorelle
Olaf
guidò la piccola compagnia attraverso i sentieri che
conducevano alla montagna del nord, luogo in cui dimorava -a detta di
lui- la regina in esilio.
Vicino alla pendice, i quattro dovettero attraversare una breve
strettoia disseminata di stalagmiti appuntite. Il passaggio era
abbastanza largo da permettere il transito senza eccessivo pericolo, ma
Anna, per sicurezza, preferì sciogliere buona parte delle
pericolose sporgenze con una serie di fiammate intense e mirate.
«Più ti vedo all’opera e più
riesci a stupirmi, sei davvero bravissima» si
complimentò Kristoff, memore della perfezione del ponte di
cristallo.
«Grazie» gli rispose con un sorriso la rossa,
arrossendo leggermente per il complimento. Era la prima volta che la
elogiava per l’abilità con cui adoperava i poteri
e si sentì lusingata.
«Cos’hai intenzione di fare quando raggiungeremo
tua sorella?» le domandò subito dopo, spegnendo il
rossore della ragazza. Questa, ricordando l’obbiettivo del
loro viaggio, tornò seria e risoluta, velocizzando al
contempo il passo.
«Ho intenzione di parlarle e di dirle tutta la
verità» gli rispose con molta sicurezza e
determinazione.
«Coloro che si rifugiano in montagna di solito vogliono stare
da soli» affermò allora il biondo che, seppur con
rammarico, evitò mezze misure al fine di metterla di fronte
alla realtà dei fatti.
Anna comprese il suo intento, ma non aveva alcuna intenzione di
desistere:
«Nessuno vuole stare da solo. Elsa è fuggita
perché non vedeva altra soluzione. Fidati, io so bene cosa
sta provando e l’aiuterò a superare questa
crisi»
«Non hai paura di lei?»
Anna si fermò di colpo, si voltò indietro e lo
guardò dritto negli occhi, il viso contratto in una maschera
di inorridito stupore.
«Non fraintendermi» continuò il
montanaro «ieri notte non ho mentito quando ho detto che i
vostri poteri sono un dono bellissimo, ma non per questo posso ignorare
i fatti. Sebbene abbia le migliori intenzioni, Elsa non è in
grado di contenersi e, alla minima emozione, potrebbe perdere
nuovamente il controllo» l’espressione facciale
mutò da seria a preoccupata mentre riduceva la distanza tra
loro «Anna... ciò che cerco di dirti è
che sono preoccupato per te. Non voglio che ti metta in
pericolo»
Le sue ultime parole sbigottirono la principessa ancora di
più.
“Davvero tiene così tanto a me?” si
domandò, mentre l’orrore spariva dal volto per
fare spazio a una sincera commozione.
«Non preoccuparti» rispose, regalandogli un sorriso
dolcissimo «so badare a me stessa. E poi mia sorella non mi
farebbe mai del male»
I due ragazzi si scrutarono intensamente per interminabili secondi.
Il montanaro fu nuovamente assalito dal fortissimo impulso di esternare
i propri sentimenti. La principessa, dal suo canto, percepiva una
stranissima sensazione di déjà-vu.
«Sì, scommetto che è la persona
più carina, gentile e affettuosa del mondo» la
voce squillante di Olaf spezzò lo scambio di sguardi,
attirando l’attenzione su di sé. Mentre
pronunciava tale frase, però, non fece caso alla direzione
presa e finì per essere trapassato da una delle poche
stalattiti sopravvissute alle fiamme. Risultato? La testa e il busto
rimasero incastrati nel ghiaccio, mentre la metà inferiore
proseguiva nel cammino come se niente fosse.
«Oh guarda, mi sono stalactittato»
Kristoff e Anna risero di gusto e dimenticarono l’intimo
contatto visivo di poco prima.
Nel borgo di Arendelle la situazione non era delle migliori.
I sudditi del piccolo regno lottavano contro il freddo come meglio
potevano ma, col passare delle ore, la temperatura diminuiva sempre di
più e, con essa, la speranza di riveder tornare
l’estate. Hans, nel frattempo, era sceso in piazza per
aiutare i soldati a distribuire tra il popolo quanti più
beni di prima necessità:
«Una coperta, a chi serve una coperta?»
Una signora di mezza età si avvicinò al principe,
accettando molto volentieri il prezioso dono.
«Arendelle è in debito verso di voi, vostra
altezza» lo ringraziò, per poi tornare
all’interno della propria abitazione.
«Il castello è aperto! C'è zuppa e
glögg caldo nel grande salone» annunciò
il principe, scandendo bene ogni sillaba per poter essere
più facilmente compreso dai presenti.
Hans consegnò le coperte che teneva in mano a una guardia
lì vicina e si avviò verso il castello per
coordinare la distribuzione dei viveri, ma il duca di Weselton
apparì d’improvviso alle sue spalle e lo trattenne
sul posto:
«Principe Hans! Dovremo restare tutti qui a gelare mentre
regalare tutti i beni commerciabili di Arendelle?»
Hans roteò gli occhi, visibilmente spazientito. Trattenne
ogni emozione negativa e, sfoggiando tutta la sua abilità
diplomatica, rivolse al duca un espressione neutra e apparentemente
pacifica:
«La principessa Anna ha dato ordini-»
«E c'è anche un altra cosa!» lo
interruppe bruscamente il duca «Non avete pensato che la
vostra principessa possa cospirare con la strega per distruggerci
tutti!?» strillò ai quattro venti, suscitando le
ire del principe. Non gli importava che avesse appena insultato Anna
ma, accusandola pubblicamente di cospirare contro il reame, aveva
minato la sua autorità in quanto reggente di Arendelle... e
ciò non poteva assolutamente tollerarlo.
«Non osate dubitare della principessa! Ha lasciato ME in
carica, ed io non esiterò a difendere Arendelle dal
tradimento!»
«Eh? Tradimento?»
Prima che l’alterco potesse degenerare, uno stallone bianco
irruppe nella piazza tra lo stupore generale: era il cavallo con cui la
principessa Anna era partita due giorni prima alla ricerca della
sorella. Esso nitriva e scalciava in preda al panico, ed Hans dovette
intervenire di persona per domarlo. Non appena lo ebbe calmato, il
principe diede una rapida occhiata alla montagna del nord, velando con
lo sconforto la profonda rabbia che gli ribolliva in corpo:
“Stupida mocciosa, l’avevo avvertita di non partire
da sola! Se muore, posso dire addio al mio piano di conquista del
trono”
«La principessa Anna è in pericolo!» si
rivolse a tutti i sudditi presenti in piazza «Servono
volontari che vengano con me e che mi aiutino a trovarla»
«Io offro due volontari, milord»
Il duca di Weselton non perse tempo e propose come volontari i soldati
alle sue dipendenze. Hans, sebbene nutrisse ancora rancore per la
precedente mancanza di rispetto, ritenne di avere bisogno di
più uomini possibili e accettò volentieri l’aiuto offertogli, ponendo così fine al loro
contrasto.
«Siate pronti a tutto. E
se doveste incontrare la regina, dovrete porre fine a questo inverno,
mi sono spiegato?» sussurrò il
nobile, prima che i due si unissero alla piccola spedizione appena
formatasi. Quest’ultimi risposero con un cenno del capo,
lasciando intendere di aver compreso perfettamente gli ordini del duca.
«E ora?»
Anna e Kristoff si fermarono di fronte a un enorme parete rocciosa, il
fianco della cima della montagna. La loro meta era lassù...
e non avevano la minima idea di come raggiungerla. Il montanaro
sembrò rifletterci su, finché non tirò
fuori dalla sacca una fune di corde attorcigliate:
«È troppo ripido. Io ho solo una fune e-»
«Mi è venuta una splendida idea!
Costruirò una scala di cristallo che arrivi fino in
cima!»
Anna emise un gridolino dall’emozione. Il ragazzo, invece,
strabuzzò gli occhi e la fermò trattenendola per
i fianchi:
«Aspetta! Non hai pensato che potresti provocare una
frana?» la rossa inarcò un sopracciglio
«Niente poteri. Se va scalato, va fatto alla vecchia maniera,
con corda e piccone»
«Ok, come vuoi tu» gli rispose, scrollando le
spalle.
Kristoff sorrise e mollò la presa, realizzando troppo tardi
di aver fatto il gioco della principessa che, libera di agire,
creò all’istante un’altissima colonna di
cristallo infuocato. Con fluidi movimenti delle mani, scolpì
la colonna fino a darle la forma di una maestosa e aggraziata scala a
chiocciola, provvista persino di un solido parapetto per prevenire
rovinose cadute. Terminata la costruzione, la ragazza
saltellò dalla gioia e sorrise al biondo lì
accanto:
«Allora, saliamo?»
Il montanaro incrociò le braccia al petto e scosse la testa
negativamente:
«Io non ci salgo... e non ci sali nemmeno tu! È
troppo pericoloso»
«Pericoloso? Come può una scala essere
pericolosa?»
«È fatta di cristallo»
puntualizzò il biondo «basta che una roccia la
sfiori per mandarla in frantumi»
«Il cristallo di fuoco è molto più
resistente di quanto credi»
«Può darsi, ma non vorrò trovarmi a
cento metri da terra quando lo scoprirò»
«Bene... non mi lasci altra scelta»
Anna si chinò e prese tra le mani una pietra di medie
dimensioni. Kristoff notò il ghigno minaccioso che aveva
dipinto sul volto e, temendo il peggio, arretrò di qualche
passo, preparandosi a schivare il pericolo proiettile. La pietra
sibilò nell’aria, ma passò alla destra
del montanaro, colpendo la scalinata dietro di lui. L’impatto
produsse un rumore molto acuto, ma, a dispetto delle previsioni, la
costruzione ne uscì perfettamente illesa, priva di
qualsivoglia danno o graffio.
«Visto? Più duro dell’acciaio»
affermò la principessa in tono trionfante.
Il biondo stava per arrendersi all’evidenza, quando Olaf lo
richiamò da una insenatura alla loro sinistra:
«Ehi Sven, non sono sicuro se questo risolve il problema, ma
ho trovato una scala che porta esattamente dove volete
andare»
“Grazie al cielo” pensò “non
ne potevo più di dargliela sempre vinta”
«Mi spiace, sarà per un’altra
volta» disse ad Anna, invitandola con un sorriso sornione a
seguirlo nell’insenatura. Lei sbuffò e, con un
seccato gesto della mano, distrusse la scala a chiocciola che si
polverizzò nell’aria in minuscoli e innocui
frammenti di cristallo.
Non appena i quattro viaggiatori ebbero oltrepassato il passaggio, un
imponente castello di ghiaccio coprì loro la visuale,
lasciandoli letteralmente a bocca aperta.
«Però» ammise la rossa.
«Ecco, QUESTO è ghiaccio... voglio
piangere»
«Fa pure, non ti giudicherò» gli
rispose, mentre continuava ad ammirare il capolavoro della sorella
maggiore.
Olaf non esitò un istante e oltrepassò il
profondo burrone che li divideva dal castello utilizzando la scala
menzionata in precedenza, anch’essa fatta interamente di
ghiaccio. Anna e Kristoff lo seguirono ma, quando fu il turno di Sven,
vi furono delle complicanze: gli zoccoli della renna, infatti,
scivolavano nella superficie ghiacciata, bloccando ogni suo tentativo
di proseguire. L’amico d’infanzia se ne accorse e
lo aiutò a scendere dai gradini. Tornò indietro
e, raggiunto il portone del castello, vide Anna indecisa sul bussare,
il braccio bloccato a mezz’aria:
«Bussa»
le sussurrò Olaf «dai bussa»
La principessa esitava ancora, sommersa dai tristi ricordi di una porta
della sua infanzia: una porta bianca come il latte, tanto odiata quanto
amata dalla piccola principessa; una porta che, per quanto lo
desiderasse con tutto il cuore, non cedeva mai alle sue suppliche e non
si apriva mai davanti a lei... la porta della camera di Elsa.
«Perché
non bussa? Secondo te sa bussare?» il pupazzo si
rivolse al montanaro, il quale, comprendendo lo stato d’animo
della ragazza, osservava la scena in religioso silenzio.
Dopo un paio di secondi, Anna si fece coraggio e bussò al
portone... che si rivelò essere già aperto.
«È aperto... mai successo»
mormorò la principessa. Prima di entrare
all’interno, si portò la nocca
dell’indice destro alla bocca, ripensando a un particolare
che rischiava di rovinare l'incontro con la sorella:
«T-tu è meglio se aspetti fuori»
comunicò a Kristoff con un tono piuttosto imbarazzato.
«Che cosa?»
«L'ultima volta che le ho presentato un ragazzo ha congelato
tutto»
«Ma, ma... ohhhh smettila, è un palazzo fatto di
ghiaccio! Il ghiaccio è la mia vita!»
Per una frazione di secondo, Anna si sentì strana... come se
una forza interiore la stesse spingendo a provare un sentimento
sbagliato, un sentimento che non aveva alcuna ragione
d’esserci, ma che, tuttavia, percepiva farsi strada dentro di
sé... un sentimento che poteva tradurre in gelosia.
«Addio Sven»
L’intervento di Olaf ridestò la ragazza, la quale
lo bloccò immediatamente dall’entrare nel castello:
«Anche tu, Olaf»
«Anch'io?»
«Lasciateci solo un minuto»
«Va bene»
Il pupazzo accettò di buon grado la richiesta
dell’amica, si sedette nell’ultimo gradino prima
dell’ingresso e -come c’era d'aspettarsi da lui-
iniziò a conteggiare i secondi che componevano il minuto
d’attesa.
Kristoff, preso dalla noia, si sedette accanto ad Olaf e lo
accompagnò nel conto alla rovescia.
«Wow»
Anna ammirava estasiata il salone principale del castello, un tripudio
di bellezza e di perfezione architettonica: al centro della sala
circolare spiccava una stupenda fontana di ghiaccio, l’acqua
immortalata nel classico movimento a cascata. Dietro di essa, in un
balcone sopraelevato, vi era l’accesso al piano di sopra,
collegato al pianterreno da un’elegante scalinata
semicircolare per ogni lato. Il soffitto, infine, era composto da una
volta esagonale, adornata dall’immagine di un enorme fiocco
di neve che -incredibile ma vero- risplendeva di luce propria.
La rossa, nel vedere tale meraviglia, provò un pizzico di
invidia e si ripromise per il futuro di creare un castello simile con i
propri poteri.
“Prima però devo aiutare Elsa a riportare tutto
alla normalità” pensò, avanzando di
qualche passo alla destra della fontana.
«Elsa!» la chiamò a gran voce
«Sono io, Anna!»
«Anna...?»
La regina non si fece attendere, apparendo in cima alle scale pochi
instanti dopo.
Elsa -proprio come il castello da lei costruito- era una visione
celestiale: gli abiti rigidi e austeri indossati alla cerimonia avevano
ceduto il posto a uno stupendo vestito ricamato nel ghiaccio, le spalle
scoperte e uno spacco lungo la gonna per facilitarle i movimenti. I
lunghi capelli platinati, prima imprigionati nel chignon, ora erano
liberi e selvaggi, legati dietro la nuca da un’unica treccia
che le ricadeva dolcemente sulla spalla sinistra. Dalla schiena, poi,
partiva un lungo mantello a strascico, anch'esso creato con i poteri
del ghiaccio, decorato con fiocchi di neve e ghirigori a tema
invernale. Tutti questi elementi, uniti alla naturale carnagione
pallida, conferivano alla regina una bellezza fuori dal comune... bellezza che stupì non poco la principessa.
«Oh, Elsa sei... cambiata... in meglio, davvero. E questo
posto è... meraviglioso»
«Grazie. Non mi rendevo conto di cosa fossi in grado di
fare»
«Mi spiace per quanto è successo. Se avessi
saputo-»
Anna si avvicinò con timore alla scale di ghiaccio,
sentendosi ancora in colpa per la fuga della sorella.
Quest’ultima, però, la interruppe, alzando le mani
in avanti e arretrando di qualche passo:
«No no no no, non devi chiedermi perdono... ma dovresti andar
via, ti prego»
«Ma sono appena arrivata»
«Il tuo posto è ad Arendelle»
«Anche il tuo» ribatté la rossa, decisa
più che mai a riportare a casa la sorella.
«No, Anna. Il mio posto è qui... da sola, dove
posso essere me stessa... dove
non posso far male a nessuno»
Il viso di Anna si rattristò.
Non poteva permettere che buttasse così la sua vita a causa
della paura; quella stessa paura da cui la madre la metteva
costantemente in guardia, e che aveva sempre sconfitto grazie al suo
affetto e al suo sostegno. Comprese, allora, che era giunto il momento
di svelarle la verità... la verità sui suoi
poteri del fuoco:
«Elsa, devi sapere che anch’io-»
«58, 59, 60!»
«Aspetta, ma chi è?»
Olaf irruppe nel castello con l'euforia tipica di un bambino, interrompendo la
principessa proprio nell’atto della confessione.
«Ciao! Io sono Olaf ed amo i caldi abbracci!»
rispose il pupazzo, salendo qualche gradino della scala.
«Olaf?»
«Sì, mi hai fatto tu, non te lo ricordi?»
«E sei vivo?»
«Umm... credo di sì»
«Sembra quello che abbiamo fatto da piccole»
intervenne Anna, accarezzando la testa del piccolo pupazzo di neve.
«Sì...»
«Elsa, eravamo così unite... possiamo esserlo di
nuovo»
La regina sorrise, ripensando ai momenti felici trascorsi insieme alla
sorella. Tuttavia, l’attimo di serenità ebbe vita
breve, e il ricordo dell’incidente riaffiorò
prepotente nel suo animo:
“Prendimi!”
“Piano, Anna!”
“Ahhh”
“A-Anna”
«No, non possiamo... addio, Anna»
Elsa diede le spalle ad Anna per tornare nelle stanze superiori,
celando come meglio poteva la profonda tristezza che le attanagliata il
cuore.
«Elsa, Aspetta!»
«No! Cerco solo di proteggerti»
«Non devi proteggermi, io non ho paura! Ti prego, non
escludermi di nuovo dalla tua vita!»
La maggiore non l’ascoltava. Anna, nel frattempo, non si
arrendeva, ma la seguiva per le scale senza mai perdere la speranza di
farle cambiare idea.
«Fidati di me, posso aiutarti. Insieme risolveremo
tutto!»
Raggiunto il piano di sopra, Elsa decise di fermarsi e di rispondere
alla sorella minore per convincerla a desistere una volta per tutte:
«Anna, dammi retta, torna a casa. Senza di me avrai meno
problemi. Lo so che pensi di potermi aiutare, ma qui non
c’è nulla per una come te»
«Ti sbagli Elsa, noi due siamo più simili di
quanto immagini»
«Che intendi dire?» la regina inarcò un
sopracciglio, perplessa.
Anna portò una mano davanti a sé e, sollevato il
palmo verso l’alto, lasciò che il proprio potere
si manifestasse di fronte alla sorella maggiore. Dal palmo
fuoriuscì una flebile lingua di fuoco che danzò
per pochi istanti nell’aria, prima di dissolversi tra mille
scintille purpuree.
«C-cosa?»
Elsa non riuscì a pronunciare altro.
Il suo corpo fu come paralizzato dallo stupore. Non riusciva a credere
a ciò che aveva appena visto. Una parte di lei pensava,
infatti, di aver sognato tutto; di aver desiderato a tal punto di
incontrare qualcuno simile a lei, da provocarle
un’allucinazione che saziasse tale desiderio. Ma non poteva
essere un’allucinazione... perché mai avrebbe
immaginato che quella persona tanto desiderata fosse proprio Anna.
«Sei come me?»
La minore non rispose, ma annuì semplicemente.
«Ma... com’è possibile?»
«Non so, sarà un dono di famiglia»
Anna scrollò le spalle come se fosse una cosa normale,
suscitando una piccola risata nella sorella maggiore. Lei si compiacque
di aver alleggerito la tensione, ma si rese anche conto di non aver
dato una reale risposta alla domanda:
«Sono nata con questo potere, ma l’ho manifestato
solo all’età di cinque anni, qualche mese dopo che
tu... be’, lo sai» il sorriso scomparve dalle
labbra di entrambe le sorelle. Elsa, tuttavia, si sentiva in parte
sollevata, perché aveva compreso di non aver causato lei la
mutazione dell’aspetto di Anna come invece credeva fino ad
allora.
«Quando la mamma lo scoprì-»
«Aspetta, nostra madre lo sapeva?» le
domandò con immenso stupore «perché non me l’ha mai detto? Io... io avrei voluto saperlo...»
«Non voleva che papà o qualcun altro lo
scoprisse» aggiunse Anna «mi fece promettere di non
dirlo a nessuno, compresa te... m-mi
dispiace...»
La principessa chinò il capo tristemente. Elsa la guardò con gli occhi pieni di dolcezza e non
resistette più. Le corse incontro e l’abbracciò con tutte
le sue forze, lasciandola senza parole.
«Sono felice di sapere che esiste un’altra persona
come me... e che quest’altra persona sia proprio tu, Anna, la mia dolce sorellina»
Anna ricambiò l’abbraccio con immenso amore,
beandosi di quel momento di pura felicità.
«Sai, anch’io mi sono chiesta perché la
mamma non mi abbia detto niente... sì, dei tuoi poteri
intendo... anch’io avrei voluto saperlo...»
«Non poteva. Dopo l’incidente fu deciso
di-» Elsa si blocco a metà frase, allentando la
stretta che la teneva unita alla sorella.
«Incidente? Quale incidente?» domandò
perplessa la rossa. La regina si staccò del tutto e
arretrò di qualche passo:
«N-niente, l-lascia stare»
Di nuovo, le immagini della terribile notte riapparvero di fronte ai
suoi occhi “non importa se è come me, per lei
sarò sempre un pericolo”
«Ora però devi andare»
«Aspetta, che? Ma che stai dicendo, io non me ne vado senza
di te!»
«Anna, ti prego, non capisci che lo faccio per proteggerti?
Io non so in grado di controllare questa... questa
maledizione!» trillò, allargando le braccia in un
moto di esasperazione.
«Non dire così! I tuoi poteri non sono una
maledizione, ma un dono. La mamma me lo diceva sempre e io non ho mai
avuto motivo di dubitarne»
Elsa sgranò gli occhi:
«Quindi... li sai controllare?»
La principessa decise di rispondere alla domanda mostrandole
direttamente di cosa fosse capace: creò sfere di fuoco,
statue di cristallo e fiammelle di colore blu, dando vita a un
impressionante spettacolo di magia. Infine, dissolse tutto con un gesto
della mano, fornendo così la prova definitiva di avere il
pieno controllo dei propri poteri.
Elsa rimase sbalordita.
Provo a dire qualcosa, ma Anna l’anticipò:
«Se ho imparato io, puoi farlo anche tu, non
credi?» le sorrise.
«N-ne sei sicura? Ho provato per anni a dominarli, ma senza
risultati»
«Non ci riesci perché ne hai timore» la
principessa le avvolse le mani, stringendole dolcemente «Non
devi averne paura, sono parte di te. Una parte meravigliosa di te, aggiungerei»
“Forse... forse ha ragione” pensò la
regina, osservando le proprie mani strette a quelle della sorella.
«Mi aiuterai?»
«Certo che ti aiuterò! Vedrai, imparerai a
gestirli in un battibaleno» Anna si esaltò,
strappando alla platinata un sorriso divertito «Diventerai
bravissima, così potrai tornare al castello, scongelare il
regno e dimostrare a tutti-»
«Che cosa?»
Elsa si accigliò, liberandosi bruscamente dalla presa della
sorella. Quest’ultima, allora, comprese di aver appena commesso un tragico errore... ma oramai non poteva più
tornare indietro e doveva dirle la verità:
«Hai portato un inverno perenne... ovunque» le
disse timorosa, sperando che non reagisse male alla notizia.
Sfortunatamente, però, i suoi timori si dimostrarono
fondati, perché intorno alla regina iniziarono a cadere
numerosi fiocchi di neve.
«Ovunque!?»
«Ma non fa niente» si affrettò ad
aggiungere «puoi sciogliere tutto»
«No, non è vero, non so neanche da dove
cominciare!» l’agitazione della maggiore
aumentò «D-devi pensarci tu. Con i tuoi poteri del
fuoco riuscirai a rimediare ai danni che ho provocato»
«Ci ho già provato» confessò
«la neve che hai creato è molto resistente e posso
scioglierla soltanto usando i miei poteri al massimo. Quando lo faccio,
però, le fiamme sono troppo potenti e carbonizzano anche il
terreno sottostante»
«Ma allora...»
«Solo tu puoi riportare l’estate, Elsa»
concluse con calma, mostrandole al contempo un sorriso fiducioso.
Tentò di avvicinarsi, ma la maggiore arretrò di
nuovo, sconvolta più che mai:
«Come puoi pensare che possa riuscirci se neanche tu ne sei
stata in grado? No, io non posso aiutarti!»
La nevicata si intensificò, trasformandosi in una violenta
bufera. Elsa si sentiva distrutta, la testa tra le mani e il viso
rigato di lacrime.
«Puoi riuscirci, devi avere fiducia in te stessa!»
urlava la minore, cercando di sovrastare il fragore della tempesta
«Lo so che vuoi salvarmi, ma è tutto inutile. Io
sono e resterò sempre un pericolo!» le rispose,
mentre osservava disperata il proprio riflesso sulla parete di ghiaccio
«È colpa mia, è solo colpa
mia!!»
Anna tentava ancora di rincuorarla, ma più le parlava e
più le suscitava sensi di colpa. La tempesta, allora,
arrivò ad un punto critico: le folate di vento sprigionate
dalla regina si contrassero verso l’epicentro, concentrando ogni frammento della gelida energia in un disco di ghiaccio all’altezza
dell’addome.
«Basta!!» gridò al massimo della
disperazione, sprigionando l’energia
accumulata in ogni direzione.
Anna intuì il pericolo e tentò di proteggersi
sollevando una barriera di cristallo infuocato, ma il raggio di
ghiaccio fu più veloce e la colpì in pieno petto,
all’altezza del cuore. Il dolore che percepì fu indescrivibile. Si piegò su se stessa
e cadde per un ginocchio, ansimando vistosamente. Elsa si volto verso
di lei e, non appena la vide, comprese con orrore di aver appena
realizzato il suo peggior incubo... aveva colpito Anna dritta al cuore.
Kristoff e Olaf, udendo il trambusto provocato dalla tempesta, salirono
di corsa i gradini ed entrarono nella sala.
«Anna!» il montanaro si precipitò dalla
principessa e l’aiutò a rialzarsi «Come
ti senti?»
«Sto bene, sto
bene» rispose debolmente, percependo il dolore
al petto farsi meno intenso.
«Chi è lui? Aspetta, n-non mi importa, dovete
andare via» “non posso farle di nuovo del
male” pensò la regina, totalmente sconvolta per
ciò che aveva fatto.
«No! Non ti lascerò in balia della paura!»
«Ti ho colpita, Anna!» urlò di rimando
«Ti ho colpita senza nemmeno accorgermene.
Com’è che non lo capisci? Il mio destino è quello di vivere da sola, lontana da te e da chiunque
altro!»
Il castello di ghiaccio iniziò a mutare forma e colore,
rivestendosi di inquietanti striature nere e minacciose stalattiti
appuntite.
«Anna, penso che sia meglio andare» le propose
Kristoff, avvolgendola tra le braccia. La principessa, però,
non lo ascoltò e, liberatasi dalla presa del montanaro,
avanzò con decisione verso la sorella, il volto
incredibilmente serio e motivato:
«Non me ne vado senza di te, Elsa»
La regina rimase stupita.
Lo sguardo di Anna, infatti, era molto eloquente: pur di portarla con
sé, era pronta ad usare anche la forza. Elsa,
però, non era da meno, e si preparò ad usare i
propri poteri per scacciarli dal castello.
«Sì, invece vai» le rispose, per poi
creare con un getto di ghiaccio un enorme mostro di neve
dall’aria veramente minacciosa.
La vista del mostro non spaventò la minore, la quale
alzò le braccia con l’intenzione di difendersi.
Puntò la mano destra verso la testa del pupazzo e... non
successe nulla!
«Ma che-»
Anna non poté iniziare la frase che il mostro di neve
ruggì, per poi avvicinarsi a passi gravi verso i poveri
malcapitati.
ANGOLO AUTORE: Avete mai sperimentato il cosiddetto “blocco
dello scrittore”? Bene, ora sapete come mai ho impiegato un
mese e mezzo ad aggiornare XD. A parte gli scherzi, è stato
davvero terribile T.T. Ore e ore davanti al computer/telefonino
(sì, a volte mi capita di scrivere nell’iphone) a
cancellare e a riscrivere le parti che non mi piacevano (soprattutto
per la forma; il contenuto, infatti, lo avevo chiaro fin da subito),
per poi cancellare di nuovo tutto e ripartire da capo la mattina dopo: un
incubo!
Vabbè, passiamo al capitolo :)
All’inizio abbiamo un accenno di Kristanna, dove Anna inizia
a provare dei sentimenti che percepisce come deja-vu. A questo punto voi vi chiederete “ma in che senso deja-vu?”,
be’ vi spiego: io sono del parere (attenzione: questa è un
opinione personale, ognuno poi la pensa come vuole) che nel mondo non
esista il cosiddetto “vero amore”, ma che ne
esistano diversi livelli, dalla semplice infatuazione
all’amore profondo (quest’ultimo molto simile al
“vero amore” ma non identico, perché il
vero amore per definizione non ha fine, mentre l’amore
profondo, seppur difficilmente, può avere anche una fine).
In quell’istante, Anna non si era ancora innamorata di
Kristoff, ma provava per lui (senza rendersene conto) un sentimento
analogo a quello che prova per Hans (ecco il deja-vu), ovvero dell'affetto
misto ad una leggera infatuazione. Col tempo, però, esso si
evolverà fino a raggiungere la Kristanna che conosciamo
tutti :)
Le descrizioni del castello di ghiaccio e dell’abito di Elsa
sono state una faticaccia immane, spero che siano venute bene ma, in
caso contrario, non esitate a dirmelo e a farmi notare eventuali errori
grammaticali o di altro genere, cosicché li possa correggere.
La reazione di Elsa alla scoperta dei poteri di Anna è stata
altalenante: prima stupita, poi felice, poi impaurita, poi di nuovo
felice, insomma un via vai di sentimenti XD. Ma, dopotutto, i
sentimenti di Elsa devono essere proprio così: instabili.
Anna era riuscita a convincerla a farsi aiutare, ma poi ha detto una
parola di troppo che ha rovinato tutto e che le fatto perdere il
controllo dei poteri (accidenti alla sua parlantina, eh! XD)
E infine il colpo di scena: Anna viene colpita dal getto di ghiaccio e
perde i poteri!
Lettore anonimo: dove sarebbe il colpo di scena? Di tuo ci hai aggiunto
solo la perdita dei poteri -.-
Io: e ti pare poco? Io ci sono rimasto così O.O
Nel prossimo capitolo capirete meglio quello che è successo
(si svolgerà per buona parte nella valle dei troll, dove
gran papà darà ad Anna le dovute spiegazioni); nel
frattempo, però, ho lasciato i nostri eroi in compagnia di
quel simpaticone di Marshmellow, scommetto che si divertiranno un mondo
XD
Anna: sei proprio un st***zo!
Kristoff: concordo T.T
Io: muahahahahah
Fatemi sapere che ne pensate con qualche commentino, che
alla fine non sono mai sgraditi ^^, ciaooooooo :)
P.S.: per chi voleva assistere ad una battaglia epica tra Elsa ed Anna,
mi spiace avervi deluso ma non potevo inserirla per motivi di trama (io
adoro le battaglie, quindi non avete idea di quanto sofferta sia stata
questa decisione T.T). Tuttavia, nei prossimi episodi della serie vi saranno
moltissime battaglie, tra cui un paio sicuramente tra le due sorelle.
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