Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco: L'inverno perenne

di Ray46
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incidente ***
Capitolo 2: *** Un nuovo segreto ***
Capitolo 3: *** Il giorno dell'incoronazione ***
Capitolo 4: *** L'inverno perenne ***
Capitolo 5: *** Incubi e nuovi amici ***
Capitolo 6: *** Le verità ***
Capitolo 7: *** Orgoglio e dubbi ***
Capitolo 8: *** I poteri di Anna ***
Capitolo 9: *** L'incontro delle due sorelle ***



Capitolo 1
*** L'incidente ***


CAPITOLO PRIMO

L'incidente






Quella notte Anna non aveva proprio voglia di dormire.
Il cielo si era appena illuminato dei colori dell’aurora boreale e la bambina non aveva resistito alla tentazione di alzarsi dal letto per andare ad ammirare dalla finestra quell’incredibile spettacolo di luci.
Dentro la stanza il caldo si faceva sentire.
L’inizio della stagione estiva era sempre molto attesa dagli abitanti di quelle terre nordiche, ma non dalla piccola principessa che, al contrario, adorava in modo particolare l’inverno. Durante quella stagione, infatti, le numerose nevicate provvedevano a ricoprire tutta la città di uno spesso strato di neve, regalando ai bambini giornate piene di divertimento.
Durante quei mesi dell’anno, inoltre, il desiderio di Anna di uscire per andare a giocare in mezzo a quel bellissimo manto bianco veniva a dir poco centuplicato, ma sfortunatamente alla bambina non era mai permesso di uscire dal palazzo:
“Sei ancora troppo piccola tesoro, potresti farti male; e poi ricordati che sei una principessa e che devi comportarti da tale” le dicevano sempre i suoi genitori, il re e la regina di Arendelle.
Al solo pensiero di quelle parole, Anna sbuffò.
La bambina non aveva mai accettato di buon grado le raccomandazioni dei reali, soprattutto quelle riguardanti il suo status di principessa, ma lei era testarda oltre che vivace e anche quella notte decise che non avrebbe perso l’occasione di divertirsi.
Smise di guardare fuori della finestra e si avvicinò velocemente al letto della sorella maggiore, che dormiva beatamente dall’altro lato della stanza, e saltò sopra le sue coperte
“Elsaaa” le sussurrò per svegliarla, ma vedendo che non reagiva, cominciò a smuoverla con le mani
“Elsa, dai svegliati svegliati svegliati!!”
“Anna, torna a dormire” le rispose la maggiore oramai cosciente, ma ancora con gli occhi chiusi e girata per un fianco.
“Non c'è la faccio... il cielo si è svegliato e quindi anch’io sono sveglia... dobbiamo giocare!”.
Elsa ormai era abituata alle stravaganze della sorellina; non era certo la prima volta che la svegliava nel cuore della notte e sicuramente non sarebbe stata l’ultima, ma stavolta voleva dormire e non si sarebbe arresa facilmente.
“Va a giocare da sola!” le disse, e con una mano spinse la secondogenita giù dal letto e si rigirò di nuovo su un fianco, nella speranza di riprendere sonno.
La minore sembrava essersi rassegnata, ma poi le venne in mente un metodo infallibile con cui avrebbe convinto quella pigrona della sorella ad alzarsi, quindi si avvicinò al suo orecchio e con la voce di chi propone qualcosa di intrigante le sussurrò:
“Elsa, ti va di fare un pupazzo di neve?”
Non appena terminò di pronunciare la frase, gli occhi della maggiore si schiusero e sul suo volto si dipinse un sorriso ed un chiaro sguardo di complicità.




Accadde tutto in un attimo...
Anna stava saltando da una montagna di neve a un’altra che la sorella creava con le sue stesse mani... se non che la maggiore scivolò a causa del ghiaccio sparso nel pavimento e, senza volere, colpì la più piccola con un raggio gelato in piena fronte.
‘L’ho colpita! Come ho potuto colpirla! Non si sveglia più! Che posso fare... cosa posso fare!?’  pensò la maggiore mentre teneva tra le braccia la sorella, stesa a terra e priva di sensi.
Elsa era sconvolta.
Il ghiaccio iniziò di nuovo a ricoprire il pavimento della sala ad una velocità allarmante, e presto arrivò a invadere anche le pareti e le colonne che sorreggevano il largo tetto a spiovente. Non immaginava che potesse accadere una cosa del genere... le sembrava tutto così assurdo.
Lei e Anna avevano giocato molte altre volte in quel salone, sin da quando i suoi poteri si erano manifestati circa tre anni fa.
Infatti, intorno all’età di cinque anni, la bambina aveva sviluppato l’incredibile capacità di creare e di controllare la neve e il ghiaccio.
Inoltre, proprio nel giorno della comparsa di tale dono, i suoi capelli, che fino ad allora erano biondi del colore dell’oro, subirono un’immediata trasformazione e divennero molto più chiari, di un colore simile al platino. Anche le iridi dei suoi occhi cambiarono radicalmente colore, dal marroncino chiaro ad un azzurro molto intenso. I suoi genitori, non appena videro questi incredibili cambiamenti nella loro figlia primogenita, si preoccuparono non poco, e riguardo a suoi nuovi poteri le raccomandarono di usarli il meno possibile e con molta prudenza. Ma la maggiore non diede molto peso alle parole dei sovrani e scelse comunque di utilizzare il suo dono per giocare con la sorellina più piccola, spesso di notte e di nascosto per non farsi scoprire... ed era andato sempre tutto liscio...  almeno fino a quella notte.
Dopo qualche attimo di totale smarrimento, la platinata chiamò a gran voce i genitori e sperò con tutto il cuore che non fosse troppo tardi.
Il re e la regina accorsero immediatamente verso il luogo in cui la loro primogenita aveva urlato, sfondarono la porta che nel frattempo si stava congelando ed entrarono nella sala.
“Elsa!” disse il sovrano, mentre correva insieme alla moglie verso le figlie “Che cosa hai fatto! Non lo domini più!”
“È stato un incidente!” rispose disperata la bambina, che quasi non respirava più dal terrore “Mi dispiace Anna...” e abbracciò ancora di più la sorella
Il padre allora sollevò la minore ancora svenuta e la porse tra le braccia della consorte
“È fredda come il ghiaccio!”
“Io so dove andare...”
Il re allora si precipitò senza esitare in biblioteca e, dopo qualche minuto di ricerca, trovò un antico libro al cui interno vi era una pergamena con le indicazioni per raggiungere un luogo abitato da strane creature che li avrebbero aiutati.




“Vi prego, aiutateci! È...è per mia figlia!”
La voce del re rimbombò in mezzo alla radura senza ricevere alcuna risposta. Ben presto però, le numerose rocce intorno a loro presero vita e rotolarono rapidamente verso i reali, circondandoli. Con grande stupore di questi, esse si aprirono, rivelando dei piccoli troll dalla pelle grigia e di bassa statura.
“Ma è il re”, “Guardate è proprio il re, insieme alla regina e alle principesse!”, “Ma perché sono venuti qui?”
L’inaspettata visita della famiglia reale fece sollevare tra la folla molti mormorii di stupore, ma essi cessarono immediatamente non appena il più anziano tra loro, che doveva essere anche il loro capo, rivolse la parola al sovrano:
“Vostra Maestà, è nata con i poteri o si tratta di un maleficio?” riferendosi chiaramente ad Elsa. Egli, infatti, aveva percepito fin da subito l’enorme potere che la maggiore portava dentro di sé.
“Ci è nata.. e si stanno intensificando”
Il re non esitò un istante a rispondere. Infatti, sebbene i poteri di Elsa si fossero palesati solo dopo diversi anni, fin da neonata aveva manifestato più volte quello che dopo compresero essere un sintomo del suo potere ancora sopito: mentre era ancora in fasce, spesso accadeva che la sua temperatura corporea calasse drasticamente senza alcun motivo, a volte quasi sotto lo zero.In questi casi, naturalmente, i due genitori convocavano a palazzo i migliori medici del regno, ma la bambina, a detta di quest’ultimi, era sempre in perfetta salute.
“Bene, vediamo...” stavolta l’anziano troll si rivolse alla madre, che in quel momento teneva la piccola Anna ancora priva di sensi tra le sue braccia.
“È una fortuna che non sia il cuore; col cuore non si ragiona facilmente... ma con la testa si può provare”
Fate ciò che dovete” gli rispose il re.
Il troll non indugiò oltre e poggiò una mano sulla fronte della bambina... ma proprio in quell’istante sentì qualcosa di strano muoversi dentro di lei che lo fece sussultare. Percepiva come una strana forza, che stava contrastando il ghiaccio rinchiuso dentro il suo corpo e che incredibilmente la stava guarendo senza che lui facesse niente.
‘Questo è veramente molto strano... ma forse mi starò sbagliando. Probabilmente è solo il suo corpo che sta reagendo al ghiaccio meglio del previsto’
I suoi pensieri però vennero interrotti dalla voce preoccupata della Regina:
“La prego, ci dica, come sta nostra figlia? Si riprenderà?"
Il capo dei troll non diede più peso a quella sensazione; in quel momento era necessario agire tempestivamente. Infatti, per quanto fisicamente si stesse riprendendo da sola, il ricordo di quell’incidente avrebbe provocato un grave trauma alla psiche della piccola. Inoltre non poteva permettere che una tale disgrazia si ripetesse, quindi, anche se a malincuore, decise di ricorrere a misure drastiche:
“Consiglio di rimuovere tutta la magia, perfino il ricordo della magia.. per sicurezza; ma non vi crucciate... lascerò il divertimento”
Mentre pronunciava queste parole l’anziano saggio estrasse dalla fronte della bambina i suoi ricordi, mostrandoli a tutti i presenti sotto forma di immagini, e con rapidi gesti della mano li modificò, eliminando dalla sua mente ogni ricordo inerente i poteri di Elsa. In tal modo Anna avrebbe ricordato tutte le belle giornate trascorse insieme alla sorella a giocare con la neve, ma non avrebbe ricordato il dettaglio più importante: che a creare la neve fosse la sorella stessa.
“Se la caverà” disse infine mentre reinseriva i ricordi modificati nella mente di Anna.
I due sovrani tirarono un sospiro di sollievo, ma Elsa appariva ancora turbata.
“Ma non si ricorderà più dei miei poteri...” sussurrò la platinata con molta tristezza.
“È per il suo bene” gli rispose il padre, ma la maggiore non apparve ancora convinta.
“Ascoltami Elsa...” Intervenne allora il capo dei troll “Il tuo potere crescerà con te. C’è bellezza in esso... ma anche un grande pericolo. Devi imparare a controllarlo. La paura sarà tua nemica”
Come con i ricordi di Anna, mentre parlava, il troll usò la sua magia e creò delle immagini azzurrine che ritraevano Elsa mentre creava un magnifico fiocco di neve davanti a una folla di spettatori, la quale sembrava meravigliata di assistere a tale prodigio. Ma ben presto le immagini si fecero più cupe: il fiocco di neve mutò forma e colore, assumendo un aspetto spaventoso. Le persone intorno a lei si spaventarono e aggredirono la principessa per fermarla... e a quel punto le immagini svanirono.
La piccola Elsa rimase terrorizzata da ciò che vide e si strinse tra le braccia del padre. Ma quello che rimase più scosso da tali rivelazioni fu proprio il sovrano:
“No, no! Noi la proteggeremo! Riuscirà a controllarlo, ne sono sicuro! Fino ad allora... chiuderemo le porte, diminuiremo i domestici, limiteremo i suoi contatti con le persone, e terremo nascosti i suoi poteri a tutti! Compresa Anna...”
Il re pronunciò l'ultima frase con molta amarezza, ma in cuor suo sapeva che tutto ciò era necessario per la sicurezza delle figlie... o almeno così credeva




La crisi era stata scongiurata.
Il re e la regina ringraziarono di cuore il capo dei troll e con in braccio le figlie montarono sui cavalli avviandosi verso il castello. Tuttavia l’anziano saggio non apparve per nulla tranquillizzato e rimase a riflettere a lungo sugli ultimi avvenimenti:
le precauzioni che voleva adottare il re non gli piacevano. In questo modo avrebbe solo peggiorato la situazione e la paura di Elsa verso i suoi poteri sarebbe soltanto aumentata. Ma riguardo a questo, non poté fare altro che dare la colpa a se stesso.
‘Dopotutto è a causa mia se vuole agire così... l’ho convinto io... quando gli ho mostrato quello che potrebbe accadere’
Inoltre, per quanto riguarda i ricordi di Anna, neanche là era tanto sicuro di aver fatto la scelta giusta.
‘Forse sarebbe bastato rimuovere solo il ricordo dell’incidente... e raccomandare a tutti di fare più attenzione...’
Ma proprio mentre pensava ad Anna, si ricordò di un dettaglio che prima gli era sfuggito.
‘I capelli della bambina... non sono cambiati!’
Il troll, infatti, si ricordò che, quando avvengono questo tipo di incidenti, coloro che vengono colpiti  riportano dall’esperienza un segno indelebile nel corpo, come una sorta di cicatrice dovuta a una ferita rimarginata.
Nel caso di Anna, essendo stata colpita in fronte, il segno sarebbe dovuto apparire tra i capelli, probabilmente in una ciocca che avrebbe assunto un colore diverso. E invece nulla... come se l’incidente non fosse mai accaduto.
‘Nel corpo di una persona normale un segno compare sempre... e sono più che sicuro che Anna non ne avesse. Ma allora questo può solo significare che...’
“Gran papà, gran papà!”
I suoi pensieri vennero interrotti per la seconda volta in quella giornata, ma stavolta dalla voce della consorte. Si voltò e vide la moglie avvicinarsi in compagnia di un piccolo ragazzino biondo e di un cucciolo di renna.
“Dimmi gran mamma, da dove vengono questo bel bambino e la sua piccola renna?”
“Ho trovato questo piccolo ometto e il suo amico peloso sopra la radura durante la visita della famiglia reale. Mi ha detto che sono giunti fin qui dalla foresta seguendo una strana scia di ghiaccio. Inoltre... se ho ben capito... sono soli”
Quest’ultima frase fece rattristare gran papà, che nel frattempo aveva ascoltando tutto il discorso con grande attenzione.
“Ma comunque si può risolvere tutto! Possiamo essere noi la loro famiglia, giusto?” concluse la moglie
A quel punto sia il bambino che la renna guardarono speranzosi il capo dei troll. Quest’ultimo, d’altro canto, non era tanto sicuro che adottare una renna ed un bambino umano fosse una buona idea, ma dopo aver visto il loro sguardo pieno di speranza, fece un grande sorriso e si decise:
“Beh, se le cose stanno così... benvenuti nella nostra famiglia!”
Gli occhi del bambino si illuminarono per la felicità, mentre la renna si mise a saltellare dalla gioia. Non appena furono informati della notizia, tutti i troll iniziarono a cantare e festeggiare; la loro famiglia si era appena allargata e questo non poteva renderli più felici. I due nuovi arrivati vennero coinvolti nella festa improvvisata e si misero a ballare insieme agli altri in modo sfrenato. Dopo qualche minuto, le acque si calmarono e gran papà poté riavvicinarsi a loro e dirgli:
“Bene, direi che è l’ora delle presentazioni. Come avrete già capito, io sono il capo di questa comunità e potete chiamarmi gran papà, mentre voi...”
“Oh giusto, lui è il mio migliore amico, e si chiama Sven, mentre io mi chiamo Kristoff... Kristoff Bjornman”






ANGOLO AUTORE: ed ecco il mio primo capitolo de “Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco”. Mi spiace deludere i fan del trono di spade, ma questo titolo l’ho scelto perché si adattava perfettamente alle storie che dovrò narrare e quindi non ci sarà nessun crossover con la serie (anche io sono un fan del trono e in questo momento mi sto mettendo a piangere T.T).
Coooomunque, come vi è sembrato? Gli eventi e quasi tutti i dialoghi sono presi direttamente dal film, ma come avrete notato ho inserito anche qualche “piccola modifica” di una certa rilevanza ;)
Il prossimo capitolo invece uscirà fra qualche giorno e tratterà stavolta di eventi non inseriti nel film e quindi con dialoghi quasi tutti inediti (mi spiace niente spoiler muahahahah)
Per quanto riguarda lo stile di scrittura e la sintassi in generale, vi prego di non essere troppo severi con me (mi sa che mi beccherò un sacco di brutte recensioni u.u), questa è la mia prima ff in assoluto e sono ancora in fase di “rodaggio” se così si può definire.
Detto questo Ray46 vi saluta e ringrazia preventivamente tutti quelli che decideranno di seguire la serie 
Ciaoooo :)

P.S.: le frasi tra le doppie virgolette indicano i dialoghi mentre quelle tra una sola i pensieri, sicuramente l’avevate già capito ma non si sa mai ;)

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Capitolo 2
*** Un nuovo segreto ***


CAPITOLO SECONDO

Un nuovo segreto






Erano passati quasi sei mesi dalla notte dell’incidente.
Come previsto da gran papà, la situazione della piccola Elsa non era affatto migliorata e andava aggravandosi di giorno in giorno.

“Non riesco a controllarlo! È sempre più forte!”
“Non devi agitarti tesoro. Così peggiori soltanto le cose”
Il re e la regina provarono ad avvicinarsi alla loro primogenita per tranquillizzarla, ma questa si allontanò di scatto con uno sguardo di puro terrore dipinto sul volto
“No! State lontani! Non voglio farvi del male!”
I due sovrani, allora, si rassegnarono, ed uscirono dalla stanza per non spaventarla ulteriormente. Attraversarono velocemente i corridoi del castello ed entrarono dentro lo studio privato del sovrano, in modo da poter discutere tranquillamente.
La regina era disperata.
Veder soffrire in quel modo le sue due uniche figlie era qualcosa di veramente insopportabile.
Da quando si era svegliata dopo l’incidente, Anna passava intere giornate cercando di convincere la sorella ad uscire dalla sua nuova stanza, ottenendo in cambio sempre e solo rifiuti. La maggiore, in realtà, la respingeva per proteggerla, per paura di farle di nuovo del male, ma questo la piccola Anna non poteva saperlo e si era convinta di essere lei la causa del suo improvviso allontanamento.
“Agdar dobbiamo fare qualcosa! Elsa ha sempre più paura dei suoi poteri, mentre Anna è sempre più triste a causa della loro separazione! Non  possiamo continuare così...”
“E cosa proponi di fare, Idunn!? I guanti che ho dato ad Elsa sembrano in grado di contenere i suoi poteri, ma lei ne è ancora terrorizzata! Lo so che il suo isolamento è duro da sopportare, ma finché non impara a controllarsi, senza volerlo potrebbe fare del male a qualcuno. Per quanto riguarda Anna invece... dovrà abituarsi; dopotutto... lo facciamo soprattutto per la sua sicurezza”
La risposta del marito però non convinse la regina, che gli propose un’alternativa:
“Ma forse... se le permettessimo ogni tanto di uscire, di parlare con Anna, per farle capire che le vuole ancor...” non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che il sovrano le rispose con tono serio e autoritario:
“No! Ne abbiamo già parlato, è fuori discussione! È troppo pericoloso! Come ti ho appena detto, se perdesse di nuovo il controllo dei suoi poteri, potrebbe ferire qualcuno, o peggio, potrebbe ferire di nuovo Anna!”
“Agdar, ascoltami, non...” tentò di ribattere Idunn, ma anche stavolta venne interrotta dal marito:
“Ormai è deciso Idunn, ti prego di rispettare la mia decisione. Forse in futuro troveremo un altra soluzione, ma per ora... non possiamo fare nient’altro”
“Come vuoi tu, caro”
Adgar si accorse dell’enorme tristezza celata nelle parole della consorte e si avvicinò a lei per cingerla in un dolce abbraccio.
“Sono sicuro che presto si risolverà tutto... dobbiamo solo avere fiducia in Elsa. Ora perdonami, ma la mia nave è già pronta per salpare. Devo recarmi nel ducato di Weselton per  rinegoziare l’accordo commerciale”
“Quando tornerai?”
“Se tutto va bene tra due settimane. Nel frattempo... prenditi cura delle nostre figlie, in questo momento hanno bisogno di tutto il nostro aiuto”
“Non preoccuparti... sono in buone mani”
Il re e la regina a quel punto sciolsero il loro amorevole abbraccio e si scambiarono un lungo e passionale bacio d’addio.
‘Fa buon viaggio, marito mio, e ti prego... fa attenzione’


“Anna, tesoro, sei sveglia?”
Idunn bussò ripetutamente alla porta, ma dalla camera della minore non giunse alcuna risposta.
‘Sempre la solita dormigliona’ pensò tra sé la regina mentre le scappava un sorriso.
Idunn girò il pomello della porta ed entrò nella stanza ancora immersa nel buio. Faceva molto freddo all’interno.
Durante la notte, il gelo dell’inverno si era insinuato silenzioso nella camera della bambina, abbassandone di molti gradi la temperatura interna, ma questo non preoccupò la sovrana, sicura che le pesanti coperte di lana proteggessero la minore dal freddo.
La regina allora si avvicinò al grande letto a baldacchino e si sedette accanto a quella che doveva essere la sagoma di sua figlia.
“Anna, su tesoro, svegliati” sussurrò la madre “sono già le nove passate e il tuo precettore ti sta aspettando per la lezione mattutina”
Anna sbadigliò rumorosamente e con voce assonnata rispose alla madre:
“Mamma ti prego... oggi non c'è la faccio ad alzarmi... ho troppo sonno...”
La regina non poté trattenere una piccola risata. Per Anna ogni scusa era buona per non studiare.
La bambina non era mai andata d'accordo col suo precettore e molto spesso capitava che saltasse le lezioni avvalendosi delle scuse più assurde. Ma stavolta la regina non era disposta a cedere:
“Su, dormigliona, anche tua sorella si alzata presto, sai?”
Sua sorella... da quanto tempo non la vedeva.
La minore ripensò a tutte le volte che aveva pregato la platinata di aprirle quella dannata porta, anche solo per un saluto. Ma ogni tentativo sembrava vano con la sorella: la risposta era sempre la stessa e, alle volte, non arrivava neanche quella.
“Mamma...” disse la minore, con un tono così triste da allarmare non poco la regina
“Si tesoro?”
“Secondo te Elsa mi odia?”
A quelle parole Idunn si sentì come se una spada le avesse appena trafitto il cuore. Non riusciva quasi a crederci: Anna era convinta che la sorella maggiore la odiasse.
La regina allora non perse tempo e si affrettò a rispondere alla figlia:
“Ma no, piccola mia, cosa vai pensando. Elsa non ti odia. Lei ti vuole un mondo di bene, lo sai... è solo che in questo momento sta attraversando un periodo molto difficile e ha bisogno di stare un po’ da sola... mi capisci?”
La bambina in realtà non capiva. Era da mesi che non capiva e di certo quella risposta non l’aveva aiutata.
“Si... credo di capire...” sussurrò rassegnata.
A quel punto gli occhi della sovrana si inumidirono e le lacrime presero a rigare le sue pallide guance.
Anche se di fatto non aveva mentito alla figlia, comunque le aveva nascosto per l’ennesima volta la verità... e questo la distruggeva più di ogni altra cosa.
La regina, però, non si perse d’animo e dopo qualche secondo si asciugò velocemente le lacrime, ringraziando il cielo che la stanza fosse immersa ancora nel buio; dopodichè si alzò dal letto e si diresse verso la finestra.
“Su tesoro, non pensiamoci più. Piuttosto è ora che ti alzi dal letto. Come ti ho già detto, il maestro ti sta aspettando”
Idunn scostò le tende della finestra e la stanza venne invasa dalla luce del mattino.
“Uffa non è giusto!” esclamò la figlia, mentre cercava di coprirsi gli occhi.
La sovrana però non l’ascoltò e si avviò verso la porta con l’intenzione di uscire.
“Ora vado a chiamare Gerda per farti portare la colaz...” non appena si voltò verso la figlia, le parole le morirono in bocca.
“A-Anna... i tuoi capelli...” le disse con una sguardo sbigottito.
La bambina all’inizio non capì a cosa si riferisse e la guardò stranita, poi però prese una ciocca dei suoi capelli tra le mani e, non appena la vide, sbarrò gli occhi dallo stupore. Senza indugiare un'attimo, scese dal letto e corse davanti allo specchio del comodino per per potersi guardare meglio... e ciò che vide la lasciò totalmente senza fiato.
I suoi capelli, prima ramati, adesso brillavano sotto ai raggi del sole di un rosso così intenso da sembrare di fuoco. E lo stesso si poteva dire dei suoi occhi, le cui iridi, prima di colore verde acqua, adesso risplendevano della stessa tonalità di rosso della sua chioma.
Mentre Anna ammirava il suo nuovo aspetto, Idunn, ripresasi dallo shock, iniziò veramente a preoccuparsi.
Questa improvvisa metamorfosi, infatti, le ricordava in modo incredibile quella che aveva subito Elsa il giorno in cui i suoi poteri si erano manifestati per la prima volta.
Inoltre, mentre cercava altre possibili somiglianze con la primogenita, la regina si ricordò improvvisamente che anche Anna, da neonata, era soggetta come la maggiore a strani e frequenti sbalzi di temperatura. All’epoca, sia lei che suo marito li avevano ritenuti dei normali picchi di febbre e quindi nulla di preoccupante... ma adesso la regina sospettava che a provocare quei picchi fosse stato qualcosa di più di qualche semplice malanno.
‘Che abbia anche lei dei poteri?’ pensò la regina, mentre continuava a guardare la figlia sempre più preoccupata.
Anna viceversa, superato lo stupore iniziale, si rallegrò moltissimo del suo nuovo look e sorrise entusiasta alla madre.
“Wow, hai visto mamma? I capelli sono diventati di fuoco!” esclamò la bambina eccitatissima.
Idunn nascose subito il suo turbamento e ricambiò con dolcezza il sorriso della figlia; se i suoi sospetti erano fondati, l’ultima cosa che voleva era spaventarla. Ma proprio in quel momento, la regina fu investita da una sorta di epifania:
‘Fuoco... fuoco, ma certo! Forse è questa la natura dei suoi poteri! In questo caso, c’è un solo modo per scoprirlo...’
“Anna, vieni con me, tesoro” disse alla figlia e, presala per mano, la portò vicino al camino ancora spento della camera.  
“Ma io non sento freddo” le rispose poco dopo la rossa, convinta che la madre volesse accendere il camino per riscaldare la stanza.
Lo scopo di Idunn non era certo quello, ma la frase della bambina le fece notare un’altro particolare che fino ad allora le era sfuggito, e che confermava ancora di più la sua teoria: Anna, da quando si era alzata dal letto, non sentiva neanche un po' di freddo.
La temperatura all’interno della stanza era ancora molto bassa, ma la bambina, con indosso solo il pigiama da notte, non sembrava nemmeno rendersene conto.
“Non importa Anna, ora però ho bisogno del tuo aiuto” rispose la madre, ancora più desiderosa di scoprire la verità, e con voce tesa ma determinata, continuò:
“Adesso... punta le mani verso il camino e prova a desiderare di dar fuoco alla legna”
“Perché?”
“Anna... fidati di me”
La bambina, seppur con riluttanza, fece come le era stato ordinato, e il risultato che ne scaturì fu a dir poco straordinario.
Dalle sue mani, infatti, si sprigionarono come per magia tanti piccoli zampilli di fuoco che colpirono la legna del camino, mandandola istantaneamente in combustione.
“MA È STUPENDOOO!!” urlò Anna dalla gioia, mentre fissava le mani che avevano compiuto quell’incredibile prodigio.
Idunn, al contrario della figlia, non si scompose, mantenendo una calma apparente.
La sovrana aveva avuto la conferma dei suoi sospetti: anche Anna possedeva dei poteri, ma, adesso, non aveva la minima idea di come risolvere la situazione.
Una volta tornato dal viaggio diplomatico, il marito avrebbe scoperto le nuove capacità della figlia, e la regina già immaginava come sarebbe andata a finire.
Pur di proteggerla, il re avrebbe rinchiuso la rossa nella sua stanza e avrebbe limitato ogni suo contatto con l’esterno. La bambina, a quel punto, avrebbe iniziato a vedere il suo potere come una maledizione, e così, invece di domarlo, ne avrebbe perso totalmente il controllo.
In poche parole, Anna avrebbe subito lo stesso destino della sorella... ma questo, Idunn, non poteva assolutamente permetterlo.
Dopo qualche attimo di riflessione, la regina comprese di non avere altra scelta.
Poggiò dolcemente una mano nella spalla della rossa, fermando in tal modo il suo impeto di gioia, si chinò fino a raggiungere la sua altezza e, guardandola sicura negli occhi, le porse una domanda che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita:
“Anna... sai mantenere un segreto?”


Dopo molti minuti di discussione, alla fine Idunn era riuscita a convincere la figlia a tenere nascosti i suoi poteri.
La rossa, seppur con molta amarezza, aveva promesso alla madre di non mostrare il suo dono a nessuno, eccetto che a Gerda e a Kai, i più fidati domestici della regina, i quali avrebbero di certo mantenuto il segreto.
Anna, però, non era ancora tranquilla.
La bambina, infatti, non riusciva ad accettare il fatto di dover nascondere i suoi poteri anche al padre e decise di chiedere spiegazioni.

“Non capisco... perché non posso dirlo a papà?”
Idunn sembrò rifletterci un attimo, e dopo aver scelto le parole con cura, rispose alla figlia
“Vedi Anna... tuo padre ti vuole bene... e proprio come me te ne vorrà sempre... tuttavia c’è il rischio che anche lui possa temere i tuoi poteri, ritenerli un pericolo, e pertanto potrebbe adottare delle precauzioni che temo possano renderti infelice... ed io, piccola mia, non... non posso vederti infelice!”
Idunn pronunciò le ultime parole quasi in lacrime. Il ricordo della sofferenza di Elsa era troppo doloroso da sopportare.
Anna, vedendo il dolore della madre, si lanciò su di lei e l’abbracciò con tutte le sue forze.
La regina si sentì rincuorata da tale affetto e la strinse anche lei tra le braccia.
“Mi prometti che non lo dirai a tuo padre?”
“Si mamma... te lo prometto”
Madre e figlia sciolsero l’abbraccio, la prima con un sorriso sulle labbra, mente la seconda ancora turbata.
“E... ad Elsa?”
La regina, a quel punto, poggiò dolcemente entrambe le mani sulle spalle minute della bambina e sempre a malincuore le rispose:
“Mi dispiace Anna, ma neanche Elsa dovrà sapere dei tuoi poteri. Potrebbe spaventarsi e, inoltre, potrebbe dirlo a tuo padre”
“Capisco...” sussurrò Anna con lo sguardo rivolto verso il basso.
La sovrana allora le diede un bacio affettuoso sulla fronte, si rialzò in piedi e, con la speranza di risollevarle il morale, le disse:
“Su, Anna, non abbatterti. Che ne dici se facciamo colazione insieme? Chiederò a Gerda di prepararci la cioccolata calda”
Non appena sentì la parola ‘cioccolata’, Anna cambiò totalmente di umore e, sprizzando gioia da tutti i pori, si precipitò fuori dalla camera correndo come un fulmine verso le cucine. Tanta fu la fretta che la rossa non si era nemmeno accorta di essere rimasta in pigiama.
‘Per fortuna basta poco per farle tornare il sorriso’ pensò tra sé Idunn mentre la seguiva soddisfatta, ma in quel momento non poté fare a meno di pensare anche al futuro.
‘Agdar non dovrà mai scoprire i suoi poteri... spero solo che vada tutto bene’



ANGOLO AUTORE: ok questo capitolo è stato faticosissimo. L'ho riscritto molte volte e gli ho dato qualche risistemata anche dopo la pubblicazione; questa comunque dovrebbe essere la versione definitiva, quindi niente più modifiche (finalmente XD). Cambiando argomento, incomincio ringraziando di cuore DoctorFez1988 per avermi permesso di inserire alcune caratteristiche (i capelli e gli occhi rossi di Anna) tratte dalla sua bellissima ff :)
In questo capitolo ho descritto il giorno della scoperta dei poteri di Anna, dove la regina ha deciso di tenerli segreti al marito. Nel film, infatti, il re Agdar mi ha dato l'impressione di essere un uomo autoritario, in grado di prendere decisioni difficili e radicali quando le ritiene necessarie, e quindi mi sono immaginato che Idunn non volesse che scoprisse i suoi nuovi poteri, per paura che Anna facesse la stessa fine di Elsa (rimanere chiusi 13 anni in una stanza dev'essere proprio un incubo o.o) . E a proposito di Idunn, ho cercato di approfondire in modo particolare il suo personaggio (nel film la povera regina riesce a dire a malapena una battuta prima di affondare con la nave) e soprattutto il suo rapporto con Anna.
Vi annuncio fin da subito che il prossimo capitolo si svolgerà nel giorno dell’incoronazione, ma non ho idea di quando lo pubblicherò, dato che ancora lo devo scrivere. Spero di arrivarci per Martedì, ma io sono un tipo che, ahimè, combatte assai con grammatica e sintassi e quindi potrei impiegarci un po' di più.
Nel frattempo spero che questo capitolo vi sia piaciuto e naturalmente non esitate a commentare o a chiedere delucidazioni se qualche parte non è molto chiara :)
Detto questo, Ray46 vi saluta e vi augura una buona giornata, ciaoooo :D

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Capitolo 3
*** Il giorno dell'incoronazione ***


CAPITOLO TERZO

Il giorno dell'incoronazione






Non appena tornò ad Arendelle dal viaggio diplomatico, Agdar si accorse subito degli strani cambiamenti che Anna aveva subito ai capelli e agli occhi, e ben presto cominciò anche lui a sospettare che la figlia avesse sviluppato dei poteri simili a quelli della maggiore.
Idunn, per impedirgli di scoprire la verità, cercò più volte di dissuaderlo dalla sua idea, spiegandogli che probabilmente il nuovo aspetto di Anna fosse solo un innocuo effetto collaterale dell’incidente con i poteri glaciali della sorella.
Il sovrano, inizialmente, non diede molto credito alle parole della consorte e continuò a sorvegliare la piccola Anna, in attesa che manifestasse anche lei qualche strana capacità, ma alla fine, non vedendo nella bambina niente di strano, accettò la fraudolenta teoria della moglie e smise di preoccuparsene.

Gli anni quindi passarono in fretta, e il fuoco che albergava dentro la minore crebbe sempre di più, rafforzandosi man mano che cresceva. La rossa però, grazie anche al sostegno emotivo che le dava la madre, imparò in breve tempo a controllarsi senza difficoltà e, cosa ancora più incredibile, a padroneggiare il suo dono con una abilità inaspettata.
Anna inoltre, sebbene dovette tenere segreti i suoi poteri anche ad Elsa, non smise mai di tentare di farla uscire dal suo isolamento, senza però ottenere risultati.
Infatti la maggiore, a causa della paura e della poca fiducia in se stessa, continuò ad avere difficoltà a gestire i suoi poteri, i quali sembravano scattare ad ogni minima emozione che provava. Elsa perciò si rassegnò a portare sempre con sé i guanti regalatole dal padre, che per qualche strano motivo erano in grado di contenere il suo dono, o per meglio dire (come lo chiamava lei) la sua maledizione.

Entrambe le ragazze crebbero dunque all’insaputa dei poteri dell’altra, trascorrendo due esistenze completamente diverse:
Elsa ricevette un’educazione impeccabile, ed essendo la primogenita e l’erede al trono del regno, imparò in modo approfondito l’arte della diplomazia e la gestione degli affari di stato, nonché tutte le regole del bon ton e dell’etichetta di corte. Inoltre, com’era prevedibile, la maggiore divenne una ragazza molto composta e riservata, spesso timida e insicura, e poco abituata a intrattenere rapporti con altre persone più del necessario.
Anna invece, sebbene avesse ricevuto anche lei un educazione consona al suo rango di principessa, non perse il suo tipico carattere da combina guai, diventando, al contrario, una ragazza ancora più vivace e scatenata di prima. Negli anni che attraversarono la sua infanzia e la sua adolescenza, infatti, per spezzare la monotonia delle giornate spesso la rossa si divertiva a correre per i saloni del castello, a parlare con i quadri (cosa ritenuta assai strana dai domestici) e ogni tanto, quando l’occasione lo permetteva, a giocare di nascosto con i suoi poteri.

Poco dopo che la rossa compì quindici anni, però, la famiglia reale venne colpita da una grave disgrazia: I due sovrani di Arendelle, mentre si recavano nel regno di Corona per assistere al matrimonio di loro nipote Rapunzel, persero la vita durante la traversata, travolti da una violenta tempesta che affondò la loro nave.
La notizia della morte dei genitori fu un duro colpo per le due principesse, soprattutto per la primogenita, che per il dolore si rinchiuse ancora di più in se stessa. 
Dopo il funerale, i ministri del regno indissero una riunione straordinaria del consiglio, nel quale decisero all’unanimità di instaurare un governo provvisorio che avrebbe guidato il reame fino a quando la principessa Elsa non avesse raggiunto la maggiore età... e dopo tre lunghi anni di attesa quel momento alla fine arrivò.



* * * * *



Finalmente il grande giorno era arrivato.
Quella mattina gli abitanti della città si erano svegliati raggianti e pieni di vita.
I sudditi, infatti, erano tutti in fermento per ultimare i preparativi della grande festa che presto si sarebbe svolta in celebrazione dell’attesissimo evento.
Anche il porto era in piena attività, e i portuali si davano un gran da fare per garantire un facile ancoraggio alle numerose navi che in quel momento si avvicinavano rapidamente al molo.
All’interno delle imbarcazioni vi erano ansiosi di sbarcare, nobili, dignitari e ambasciatori provenienti da ogni regno confinante, giunti in quella terra per assistere alla grandiosa cerimonia d’incoronazione della nuova regina di Arendelle.
La gente per strada non stava più nella pelle.
Dopo tredici lunghi anni, le porte del castello stavano per essere di nuovo riaperte, e tutti erano curiosi di ammirare la misteriosa famiglia reale che, fino ad allora, non si era più mostrata in pubblico.
Tutto era stato organizzato in modo perfetto e la giornata sembrava destinata a concludersi nel migliore dei modi.
Ovviamente, nessuno poteva prevedere ciò che di lì a poco sarebbe accaduto... nessuno poteva prevedere l’arrivo dell’inverno.



Anna era in piedi già da un pezzo.
La ragazza si era svegliata addirittura all’alba, ed era rimasta per tutto il tempo imbambolata come un manichino davanti alla finestra, intenta ad ammirare con aria sognante l’incredibile panorama che la città le offriva in quel giorno tanto speciale.
Probabilmente sarebbe rimasta lì tutta la mattina se Kai non avesse bussato alla porta, ridestandola dal suo sogno ad occhi aperti.

“Principessa Anna”
“Ehm si?” rispose la rossa con un leggero sussulto
“Perdonatemi se vi disturbo, vostra altezza, ma volevo avvertirla che tra breve le porte del castello saranno aperte”
La ragazza sgranò di colpo gli occhi:
“Oh cavolo! Me n’ero completamente dimenticata!”
Anna corse come una lepre in direzione della porta, ma poco prima di girare il pomello, per sua grande fortuna si fermò appena in tempo:
“Ops... stavo per uscire in pigiama” disse la rossa quasi ridendo, immaginandosi la comica scena dei servitori che la guardavano allibiti.
Anna tornò dunque sui suoi passi e si tolse velocemente il pigiama da notte per indossare l’abito preparato da Gerda la sera prima: il vestito, chiaramente estivo, era privo di maniche ed era composto da una lunga gonna plissettata di color verde pastello e da un raffinato corpetto nero con una leggera scollatura a cuore, entrambi decorati con maglifici ricami floreali.
Un abito semplice ma al tempo stesso molto elegante.
Subito dopo, la principessa si sedette di fronte al grande specchio presente nella camera e sistemò i suoi lunghi capelli in un bellissimo quanto complicato chignon, legato dietro la nuca da un lungo e delicato nastro di seta.
Finita l’operazione, Anna si guardò attentamente allo specchio, ma con un espressione sul volto poco convinta:
“Uhmm... eppure manca qualcosa” mormorò pensierosa la rossa.
“Ah giusto! Qualcosa da mettere al collo”
Detto questo, aprì in fretta e furia il cassetto del comodino che aveva di fronte e iniziò a cercare velocemente l’accessorio adatto all’occasione.
Mentre frugava fra i numerosi gioielli che possedeva, i suoi occhi alla fine si posarono su un bellissimo ciondolo d’oro, che la ragazza riconobbe immediatamente: quello era il ciondolo che la madre le aveva regalato per il suo quindicesimo compleanno, circa tre anni fa, poco prima che partisse per quel terribile viaggio che le costò la vita.

Quando lo prese tra le mani, Anna sospirò mestamente, e i ricordi che custodiva nel profondo del cuore riaffiorarono prepotenti in superficie: da quando aveva scoperto di poter creare e manipolare il fuoco, la sua vita non era stata più la stessa.
Lei non temeva il suo potere, anzi, tutt'altro; lei lo adorava, la faceva sentire speciale... ma nasconderlo a tutti non era stata affatto una passeggiata, soprattutto se fra questi “tutti” rientravano anche suo padre e sua sorella.
Sua madre però era sempre stata lì, al suo fianco, pronta ad incoraggiarla quando ne aveva bisogno, o a consolarla nei momenti di maggior tristezza, quando la separazione dall’amata sorellona la faceva soffrire più del solito.
In pratica, la regina era stata per lei molto più di un genitore: era stata anche la sua migliore amica, nonché la sua unica confidente, con cui era solita condividere tutti i suoi sogni e tutte le sue speranze.

“Mamma... mi manchi...” sussurrò con tristezza la rossa, mentre una lacrima solitaria le scendeva lungo il viso.
Dopo qualche attimo di totale immobilità, Anna scosse la testa per scacciare quei tristi pensieri e riprese il controllo delle sue emozioni.
“Oggi è un giorno troppo importante per abbandonarsi allo sconforto” affermò la minore, subito prima di indossare risoluta il ciondolo che aveva scelto.
Anna si alzò di scatto dalla sedia e diede un’ultima occhiata al suo riflesso, sorridendo soddisfatta.
“Adesso sono pronta!” esclamò raggiante la rossa, che nel frattempo aveva ritrovato tutto il buon umore e l’allegria di prima, e senza indugiare oltre, uscì come un razzo dalla stanza.


(Brano “Oggi per la prima volta”)



Il principe Hans scese dalla sua imbarcazione riposato e pieno di energie. Durante la traversata, il mare era stato clemente e aveva permesso al giovane principe di dormire sonni tranquilli.
Hans, non appena mise piede nella capitale, cominciò ad esaminare con curiosità l’ambiente circostante: le case erano tutte in perfette condizioni, le strade erano molto pulite, e gli abitanti erano cordiali e gentili.

“Dunque è questa la famosa Arendelle” disse il principe con un sottile ghigno tra le labbra “un piccolo paradiso, non c’è che dire”
Hans, in effetti, per quanto all'apparenza non sembrasse, ci teneva veramente alla salute di quel piccolo regno; infatti, se il suo piano fosse andato a buon fine, presto tutto quello sarebbe diventato suo.
Qualche giorno prima, quando suo padre aveva ricevuto l’invito alla cerimonia di incoronazione, il principe non si era fatto sfuggire la ghiotta occasione, e aveva chiesto all’anziano genitore il permesso di partire al suo posto in veste di rappresentante del regno delle isole del Sud.
I suoi numerosi fratelli maggiori, che di solito avevano la precedenza negli affari diplomatici, stavolta non avevano protestato, felici, al contrario, di levarsi di torno il loro insignificante fratellino per un po' di tempo... ma loro non sapevano del suo piano.

Hans era stufo di essere trattato come spazzatura. Perché è così che lo vedevano i fratelli: come uno scarto, una nullità, un fallito, l’ultima ruota del carro, e a volte, per colpa di una “certa persona”, anche come un mostro.
Ma adesso, la grande occasione che aspettava da tempo si era infine presentata; avrebbe dimostrato a tutti che non era un incapace e sarebbe tornato a casa da vincitore... sarebbe tornato da re.
Arendelle era perfetta per i suoi scopi: nessun erede maschio e una principessa in età da marito in procinto di diventare regina.
Il principe, naturalmente, sapeva bene che non sarebbe stato facile.
Le poche voci che giravano riguardo la primogenita la descrivevano come una donna fredda e solitaria, difficile da avvicinare e, per logica, quasi impossibile da sedurre. Ma lui non era di certo il tipo che si lasciava scoraggiare dalle avversità e, in un modo o nell’altro, avrebbe raggiunto il suo obbiettivo, anche se questo avesse richiesto l’uso di metodi poco ortodossi.

“La cerimonia incomincerà tra poco, meglio non perdere tempo” disse tornando serio, e con un rapido balzo montò sopra Sitron, il suo fedele destriero nonché compagno di tante avventure.
Hans scelse di percorrere la strada lungo il molo, così da poter assaporare l’inebriante aria salmastra del mare durante il tragitto... ma mentre trottava tranquillamente per la via, Sitron urtò senza preavviso contro qualcosa, o, per meglio dire, contro qualcuno.
L’esile figura, travolta dalla stazza dell’animale, cadde all’indietro e sbatté il fondoschiena contro il duro legno della banchina.
“Ehi!” urlò da terra la sconosciuta, pronta a dirne quattro a colui che l’aveva investita.
“Oh perdonami, non ti avevo vista” le disse Hans molto gentilmente mentre smontava da cavallo “ti sei fatta male?”
‘Le buone maniere prima di tutto’ pensò tra sé il principe ‘in terra straniera è importante mostrarsi i più educati possibili’
La ragazza, non appena lo vide meglio, perse d’improvviso ogni traccia di irritazione, cambiando subito atteggiamento.
“No no tutto bene”
“Sei sicura?”
“Si... non vedevo dove mettevo i piedi... ma sto bene, davvero”
“Grazie al cielo”
Hans le tese cordialmente la mano per aiutarla a rialzarsi, esibendo al contempo il più dolce dei sorrisi.
Lei ricambiò il sorriso e accettò volentieri l’aiuto offertole.

Una volta che furono a pochi centimetri di distanza, il principe guardò attentamente la bella fanciulla che aveva d’avanti, e per un attimo rimase di sasso. La ragazza, oltre ad avere una chioma a dir poco infuocata... aveva le iridi rosse!
In tutta la sua vita, Hans non aveva mai visto niente di simile: sotto la luce del sole, esse brillavano come due splendidi rubini appena intagliati, esaltando la già smodata bellezza della fanciulla.
Il suo sbigottimento, però, durò appena qualche secondo; per quanto attraente, la rossa non era comunque il suo tipo.

“Principe Hans, delle isole del Sud” si presentò, facendo un lieve inchino
“Principessa Anna, di Arendelle”
Hans sbarrò gli occhi dallo stupore.
“Principessa...? Milady”
Il giovane si inginocchiò di fronte alla reale, incredulo della fortuna che aveva letteralmente investito.
‘Grazie a lei potrei avvicinarmi alla regina’ constatò felice nella sua mente.
“No per favore, non c’è bisogno di queste formalità” gli rispose Anna ridendo nervosamente e con un tono imbarazzato.
Hans si alzò da terra e, sfoggiando tutta la sua galanteria, continuò quella che ora era diventata una recita per accattivarsi la simpatia della principessa.
“Mi scuso per aver urtato la principessa di Arendelle con il mio cavallo... spero che mi possa perdonare”
“Oh ma certo, non fa niente, non ti preoccupare. Io non sono quel tipo di principessa... io, per tua fortuna... sono solo io”
Anna lo guardò per interminabili secondi sospirando sommessamente, cosa che non sfuggì agli occhi astuti del principe, i quali nel frattempo ricambiavano profondamente il contatto visivo. La scena fu però interrotta da un rumore di campane in lontananza.
“Uh? Le campane! L’incoronazione!! Io... meglio che vada, devo andare, io... si é meglio che vada... addio!”
Anna salutò il principe con molto imbarazzo e corse via in direzione del castello.

Quando fu abbastanza lontana, Hans sorrise malignamente. Il bizzarro comportamento della principessa era stato più che esauriente: lei si era invaghita di lui... e senza che facesse granché.
“Bene, direi di essermi appena procurato il piano di riserva”



“Vorrei tanto che fosse così sempre”
“Anch'io... ma non posso...”
Anna rimase confusa dalla risposta della maggiore.
La serata stava andando bene, si stavano divertendo, e sembrava che dopo tanti anni stessero riallacciando un vero rapporto; ma adesso Elsa la stava respingendo di nuovo... le stava sbattendo di nuovo la porta in faccia.
“Perché no? insomma...” la rossa provò ad avvicinarsi alla platinata, ma questa si allontanò di scatto dandogli le spalle.
“Non posso e basta!”
Anna non sapeva più che dire.
Distolse con molta tristezza lo sguardo dalla sorella e si girò in direzione della sala.
“Scusa... con permesso”
Congedatasi in tono formale, camminò lentamente in mezzo agli ospiti, immersa totalmente nei suoi pensieri.
‘Perché continua a respingermi? Perché non mi fa entrare nella sua vita? Tutto questo non ha senso!’
Anna sentì improvvisamente il bisogno di sfogarsi, di liberare il suo infuocato potere lontana da occhi indiscreti, e decise allora di recarsi in giardino, il luogo dove spesso da piccola (sotto l’attenta supervisione di Gerda o di Kai) giocava di nascosto con il suo dono.
La rossa tentò con fatica di farsi strada tra la folla, finché non venne urtata di fianco da un commensale un po’ distratto.
L’impatto le fece perdere l’equilibrio, e già la rossa si vedeva distesa a terra dolorante... ma all’ultimo momento venne salvata da una provvidenziale mano guantata.
“Per fortuna ti ho presa” le disse sorridendo il principe Hans
Anna rimase senza fiato. La vista dell’uomo l’aveva letteralmente incantata. La rossa provò a mettere insieme qualche parola, ma il principe l’anticipò e, poggiatole una mano sul fianco, la coinvolse in un romantico ballo a ritmo di valzer.
Per Anna era un sogno che si realizzava. Lei che danzava con il suo principe azzurro, come le principesse delle favole che leggeva da bambina. 
Dopo il ballo, i due continuarono a parlare per ore del più e del meno, stuzzicandosi allegramente a vicenda. Girovagarono per tutto il palazzo, finché non decisero di sedersi sopra una balconata, da cui continuarono la loro piacevole conversazione.

“Posso farti una domanda?”
“Certo che puoi” le rispose la minore, facendo una faccia come se le avesse appena chiesto un’assurdità.
“È la prima volta che vedo degli occhi del tuo colore, li hai avuti sempre così?”
“Si, ci sono nata” mentì Anna. Se gli avesse detto la verità, e cioè che avevano mutato colore insieme ai capelli circa dieci anni fa, allora avrebbe dovuto svelargli anche i suoi poteri del fuoco. La rossa ancora non se la sentiva di mostrarli a qualcuno, neanche a colui che ormai riteneva essere il suo vero amore. Un giorno forse glieli avrebbe mostrati, ma nel caso così non fosse stato, la ragazza non se ne crucciava più di tanto. Dopotutto li controllava perfettamente e, per quanto le riguardava, era in grado di tenerli nascosti per il resto della vita.
“Adesso tocca a me farti una domanda: quanti sono i tuoi fratelli?”
“Dodici, e tutti più grandi di me. Tre di loro hanno finto che io fossi invisibile, letteralmente! Per due anni.”
“È orribile...” 
“I fratelli fanno così”
“Anche le sorelle. Elsa ed io eravamo così unite da piccole, ma poi un giorno lei mi ha escluso... dalla sua vita e io... non ho mai saputo perché” a quest’ultime parole, la rossa abbassò la testa sconsolata.
Hans si avvicinò a lei e con la punta delle dita risollevò il suo volto in modo da poterla guardare dritta negli occhi.
“Io non ti escluderei mai dalla mia vita”
Anna sentì il suo cuore battere all’impazzata. Nessuno, prima d’ora, le aveva mai detto una frase del genere: poche semplici parole che nel loro significato racchiudevano perfettamente tutti i suoi desideri. La rossa allora non resistette più, e decise di aprirgli il suo cuore, di fargli sapere quello che provava.
“Ecco, vorrei... posso dire una follia?”
“Amo le follie!”



(Brano “La mia occasione”)



I due innamorati raggiunsero una piccola sporgenza sotto la cascata di un ruscello per ammirare la luna che splendeva alta nel cielo stellato.
“Posso dire una follia?” Le disse a un certo punto Hans.
Anna annuì ed il principe le prese una mano mettendosi in una posa che lasciava ben presagire le sue intenzioni.
“Vuoi sposarmi?”
La rossa si sentì mancare. Ancora non riusciva a crederci... le aveva appena fatto la proposta di matrimonio!
“Posso dire una follia ancora più folle? Si!”
Hans per la felicità la prese per i fianchi e la fece roteare in aria.
“Oh Anna, mi hai reso l’uomo più felice della terra” urlò dalla gioia il principe “adesso non ci resta che chiedere a tua sorella la benedizione e saremo per sempre felici”
I due si strinsero in un abbraccio, ma Anna ripensò con preoccupazione alle ultime parole pronunciate da Hans.
‘E se Elsa non è d'accordo? E se si arrabbia? Ma no, che vado pensando. Sono sicura che approverà la nostra unione. Dopotutto... il nostro è vero amore’



ANGOLO AUTORE: Ceeeerto, “vero amore”, come no u.u. Ragazzi mi scuso per l’enorme ritardo (avevo detto che avrei pubblicato il martedì di un mese fa, meglio se non mi sbilancio più in previsioni) ma tra studio, interrogazioni e prove di esami ho avuto pochissimo tempo per scrivere. In compenso, per farmi perdonare, ho scritto un capitolo molto più lungo (quasi il doppio) e proprio per la sua lunghezza preferisco fare analisi e precisazioni divisi per punti:
1. Nella parte iniziale ho fatto riassunto di quello che è accaduto nei 13 anni (12 e mezzo per l’esattezza) tra la scoperta dei poteri di Anna ed il giorno dell’incoronazione.
Le cose alla fine non sono andate in modo molto diverso dal film e infatti, dato che comunque si tratta di una rivisitazione, sto cercando di non discostarmi troppo dalla trama.
2. Anche se ho cercato di rimanere fedele al carattere originale di Anna, questa è comunque leggermente OOC (ha pur sempre avuto esperienze diverse). Qua Anna è meno impacciata del solito (basta vedere la scena del porto) ed è meno dormigliona (per questo c’è una spiegazione che darò nei prossimi capitoli).
3. Dato che non ha vissuto nessun evento traumatico, Anna non ha timore dei suoi poteri e a differenza di Elsa li controlla perfettamente. Tuttavia (e questo è un’altra caratteristica OOC) Anna ha paura a mostrarli perché teme di non essere accettata e di spaventare chi gli sta intorno (anche questo verrà meglio analizzato nei prossimi capitoli)
4. Non ho volontariamente approfondito i poteri di Anna perché incomincerà ad usarli nel capitolo successivo e non volevo rovinarvi tutta la sorpresa XD
5. Questo capitolo l’ho dedicato soprattutto ad Anna e ad Hans  e ho mostrato il loro primo incontro dal punto di vista di quest’ultimo. State tranquilli, non ci sarà un Hanna, rimarrò fedele alla classica Kristanna, ma ho deciso di approfondire il personaggio di Hans perché (si incredibile, sto facendo spoiler!) ho intenzione di sviluppare una Helsa (per la felicità dei fan di questa coppia:D). Non aspettatevi tantissimo però, devo sempre attenermi bene o male al film e quindi ci saranno più che altro accenni di Helsa. La vera Helsa ci sarà nell’episodio successivo della saga.
6. Se vi state chiedendo chi è quella “certa persona” che Hans odia tanto, beh, anche la sua identità si scoprirà solo nella ff successiva (mi spiace ma c’è un limite agli spoiler u.u); nel frattempo potete sempre tentare di indovinare chi è ( tanto non lo azzeccherete mai buahahahah)
7. Molte scene o dialoghi sono stati modificati (soprattutto quelli della mattina) e altri sono stati direttamente aggiunti, come la parte in cui Anna si prepara; chiedo perdono se per caso in quest’ultimo ho fatto un obbrobrio, ma la descrizione dei vestiti non è il mio forte (vi giuro che ho cercato mille tonalità di verde ed il verde pastello è quello che mi è sembrato avvicinarsi di più al colore della gonna)
Credo di aver spiegato tutto, ma se ancora avete qualche dubbio non esitate a chiedere e magari fatemi anche sapere se il capitolo vi è piaciuto  (anche le critiche sono ben accette, i consigli poi lo sono ancora di più ;))
Detto questo, Ray46 vi saluta e vi augura lunga vita e prosperità (citazione nerd necessaria:P) Ciaoooo :)

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Capitolo 4
*** L'inverno perenne ***


Pre scrittum: Perdonatemi per l’enorme ritardo nell’aggiornamento (anche se l’ultima volta ho aggiornato dopo un mese, quindi non so se... *un coltello veloce come un proiettile gli sfreccia davanti agli occhi a pochi centimetri dalla faccia* ... ok meglio se sto zitto). Sfortunatamente sono in periodo di esami, e quindi è stato un vero miracolo che sia riuscito a pubblicare questo capitolo (la tesi e le prove scritte mi stanno uccidendo T.T), a cui ho potuto dedicare poco tempo, spero proprio che non sia venuto un disastro XD (in caso, quando avrò più tempo, gli darò una sistemata)
E niente... l’angolo autore è come sempre presente alla fine del capitolo, in questo pre scrittum (se così si può definire) ci tenevo a precisare che ho cambiato i simboli di interpunzione. Adesso i discorsi diretti sono contenuti tra le virgolette basse, mentre i pensieri tra le virgolette alte.
Detto questo, vi auguro una buona lettura :)



CAPITOLO QUARTO

L'inverno perenne






«Elsa!!»
L’urlo di Anna riecheggiò nella piazza del castello.
Anna correva disperata con tutte le sue forze. Hans la seguiva a pochi passi di distanza, aiutandola a rialzarsi quando, per la foga, inciampava a causa dell’ingombrante gonna del vestito.
Elsa non le dava ascolto.
Continuava a fuggire, in preda al terrore per ciò che aveva fatto. La regina raggiunse un tratto di costa priva di strade che dava solo sul fiordo. Pensò di essere in trappola, e la paura che provava si accentuò ulteriormente non appena sentì la voce della sorella farsi sempre più vicina.
«Fermati, ti prego!»
La regina indietreggiò di spalle all’acqua senz’accorgersi di aver raggiunto il limite della costa, ma invece di bagnarsi, uno spesso strato di ghiaccio si formò sotto i suoi piedi. Elsa guardò sbalordita il suo potere estendersi sotto di lei e comprese subito di avere ancora la possibilità di fuggire. Senza voltarsi più indietro, si gettò tra le scure acque del fiordo, creando man mano che correva un solido passaggio per l’altra sponda, in direzione delle montagne.
Anna, raggiunto il fiordo, tentò di seguirla, ma scivolò nello strato di ghiaccio che, nel frattempo, si espandeva sempre di più.
La rossa, in ginocchio, chinò il capo sconsolata, consapevole di non essere più in grado di fermare la sorella; in realtà avrebbe potuto... ma non di fronte a tutta quella gente e, soprattutto, non dopo quello che era successo nella sala del trono.
«Il fiordo...» sussurrò dietro di lei Hans, i cui occhi erano rapiti dall’incredibile trasformazione che il mare stava subendo. In meno di un minuto, tutta la superficie marina si tramutò in un immensa lastra di ghiaccio, stritolando nella sua morsa glaciale sia le navi ormeggiate al porto che quelle ancorate più a largo.

Hans ed Anna ritornarono nella piazza del castello. Una candida nevicata si fece strada tra gli sguardi sbigottiti dei cittadini, seguita da un profondo calo della temperatura che fece rabbrividire tutti i presenti, compreso il principe, il quale sistemò il colletto del suo elegante completo da cerimonia per proteggersi dal freddo.
Anna, invece, non si accorse di nulla.
Mentre camminava, il suo volto esprimeva una totale apatia, sommersa da mille domande che si mischiavano fra loro come i colori di una tela.
Non riusciva più a pensare, faticava persino a respirare.
«Stai bene?» le chiese Hans con preoccupazione.
«No»
«Tu lo sapevi?»
«No...»
L’ultima risposta fu poco più di un sospiro. Anna si strinse tra le braccia, corrugando la fronte. Di nuovo, i dubbi e gli interrogativi la travolsero come un fiume in piena: “Com’è possibile che non lo sapessi? Per quale motivo mi ha tenuto segreti i suoi poteri? È per questo che mi ha allontanata per ben tredici anni? E perché poi? Per paura?”
“Forse per la stessa paura che hai tu” le disse una piccola voce nella sua testa.
Il flusso dei suoi pensieri fu però interrotto dalle urla isteriche del duca di Weselton.
«Oh guardate, nevica, sta nevicando! La regina ha maledetto questa terra, dev'essere fermata! Dovete inseguirla!!»
Il duca si aggrappò alla divisa di uno dei suoi sottoposti, come per spronarlo ad eseguire rapidamente il comando.
«Aspettate, no!» si affrettò ad intervenire Anna, con un tono tra il serio e il preoccupato.  
Quando vide la rossa avvicinarsi, il duca si nascose dietro i suoi scagnozzi, puntandogli l’indice della mano destra tremante.
«Voi! Siete una strega anche voi, siete un mostro anche voi?!»
Le orribili parole del nobile spiazzarono completamente la principessa: strega, mostro... termini che odiava con tutta se stessa, e che non avrebbe mai voluto sentire pronunciati, né rivolti a lei, né rivolti tantomeno ad Elsa, la sua amata sorellona, con la quale aveva da poco scoperto di avere molte più cose in comune di quanto pensasse.
Lo stupore iniziale si trasformò rapidamente in rabbia.
Anna fulminò con i suoi occhi color rubino il duca, il quale si rannicchiò ancora di più dietro i due soldati.
«Come OSATE chiamare così mia sorella?!! LEI NON È UN MOSTRO!!» urlò con tutta la rabbia e il rancore che aveva in corpo “E neanch’io lo sono!”

Anna serrò i pugni fino a far sbiancare le nocche. Per una frazione di secondo, l’idea di incenerirlo sul posto le attraversò pericolosamente la mente: se Elsa era scappata, era anche colpa sua. Se nel cortile non l’avesse spaventata in quel modo, accusandola con quelle stesse orribili parole, forse l’avrebbe raggiunta in tempo per fermarla.
«Anna, calmati» le disse Hans, poggiandogli dolcemente una mano sulla spalla.
La rossa, rassicurata dal contatto fisico, fece un lungo sospiro per calmare i nervi, ripensando che, in effetti, in un momento così delicato, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di dare spettacolo in pubblico provocando un incidente internazionale.
«Io sono una persona normale, Elsa invece è solo... diversa» aggiunse, moderando il tono della voce.
«Stava per uccidermi!!» replicò stizzito il duca di Weselton, provocando la reazione di Hans, che era pronto a difendere le ragioni della principessa.
«È scivolato sul ghiaccio»
«Il suo ghiaccio!»
«È stato un incidente!» si intromise Anna, frapponendosi tra i due interlocutori «Lei era spaventata, non voleva farlo, non voleva fare niente di tutto questo!»
L’anziano duca roteò gli occhi ed emise un cacofonico verso di disapprovazione, guadagnandosi un’altra occhiataccia da parte della rossa. Questa, però, stavolta decise di lasciar correre.
«Stasera è stata tutta colpa mia. L'ho esasperata, perciò... sono io che devo andare a cercarla, adesso»
«Che cosa!?» esclamarono all’unisono Hans e il duca, non aspettandosi una così repentina decisione.
«Portatemi il mio cavallo, per favore!» ordinò la principessa ai domestici lì vicino, i quali si recarono di volata alle stalle reali.
«Anna no! È troppo pericoloso...» cercò inutilmente di dissuaderla Hans.
«Elsa non è pericolosa. La ricondurrò qui e sistemerò tutto»
I domestici nel frattempo tornarono con il cavallo: un magnifico stallone bianco, la cresta fieramente rialzata e la sella decorata con i tipici arabeschi della famiglia reale di Arendelle.
Kai, invece, tornò dal castello con una piccola mantellina verde, che poggiò delicatamente sulle spalle della rossa. A lei non serviva proteggersi dal freddo, ma per non destare sospetti (soprattutto al duca) l’accettò volentieri, pensando al contempo che il maggiordomo avesse avuto un ottima idea.
«Vengo con te» affermò risoluto Hans.
Anna montò velocemente a cavallo, regalando al principe un sguardo amorevole, commossa per tutta la preoccupazione che mostrava per lei.
«No» gli rispose però la ragazza «devi restare qui... per governare Arendelle»
Hans per un attimo rimase stupito. Poi portò una mano sul petto, all’altezza del cuore, come per compiere un giuramento solenne.
«Sul mio onore»
«Lascio il principe Hans in carica!» dichiarò ad alta voce la rossa, rivolgendosi a tutti i presenti nel piazzale.
«Sei certa di poterti fidare di lei? Non voglio che ti faccia del male...»
«È mia sorella... non mi farebbe mai del male» lo rassicurò la ragazza, poco prima di voltarsi e spronare con le redini il destriero, che partì a tutta velocità fuori dalle mura del castello.

Anna non era certa di ritrovare la sorella: Arendelle era un piccolo regno, ma pieno di colline e di montagne, nonché di caverne e di qualsivoglia anfratto fra le rocce... di sicuro degli ottimi nascondigli per chi non vuol essere trovato.
“Almeno ho lasciato la città in buone mani” pensò tra sé, cercando un minimo di conforto tra gli splendidi ricordi della serata trascorsa insieme al suo ‘amato’.
Ovviamente non poteva essere più in errore di così.




Anna cavalcò tutta la notte, percorrendo numerosi chilometri in direzione delle montagne settentrionali.
Le prime luci dell’alba si affacciarono timidamente sul fiordo ghiacciato, raggiungendo in breve tempo le dolci colline che circondavano i due viaggiatori. La neve ricopriva l’intero paesaggio con il suo morbido manto bianco, brillando sotto i raggi del sole come un magnifico cielo stellato.
Il cavallo, ormai esausto, moderò il passo fino a passeggiare, affondando lentamente gli zoccoli in almeno trenta centimetri di neve fresca.
Anna, nel frattempo, chiamava Elsa a gran voce, nella vana speranza di trovarla nei dintorni. Dopo una dozzina di tentativi, la ragazza rinunciò ad urlare il nome della sorella, pensando bene di preservare la gola per altre occasioni. Tornò quindi tra i suoi pensieri, nelle quali, in quelle ultime ore, era riuscita a mettere un po' di ordine.

Finalmente, dopo anni di misteriosi silenzi e di mezze risposte poco esaurienti, tutto sembrava riacquistare un senso: l’improvvisa separazione dalla sorella, il fatto che la madre sapesse dei suoi poteri ancor prima che si manifestassero... il dover nascondere questi a suo padre.
Anche se non aveva tutte le risposte (per esempio non riusciva ancora a capire perché la madre non le avesse detto la verità), ciononostante era riuscita a ricostruire con perspicacia i probabili eventi degli ultimi tredici anni:
A differenza sua, quando Elsa ha manifestato i propri poteri, probabilmente durante l’infanzia e forse alla sua stessa età, loro padre, per proteggere lei e coloro che le stavano intorno, l’ha isolata dal mondo esterno, limitando i suoi contatti con le persone.
“Compresa me” pensò nel mentre con tristezza la rossa, la quale però non provava rancore verso il genitore, dato che era convinta che avesse agito in buona fede.
Elsa quindi, in tutti quegli anni di solitudine, avrà iniziato a temere il suo potere, cosa che le ha reso sicuramente difficile controllarsi.
“Finché poi non è scoppiata... per colpa mia” constatò con rammarico e senso di colpa, consapevole di aver provocato lei la sua crisi con quell’inopportuna sfuriata al ricevimento.

Anna non era stupita che avesse congelato tutto il regno; lei sapeva bene cosa comporta l’avere paura di se stessi.
La madre le aveva insegnato che quel tipo di paura era molto pericolosa –“è tua nemica”– e che l’unico modo per sconfiggerla era avere fiducia in se stessi... capire che la sua volontà era più forte del potere infuocato che custodiva dentro di sé.
«È solo grazie a te se so dominare questo potere» mormorò malinconica la rossa, alzando gli occhi al cielo «se avessi perso io il controllo, beh, probabilmente avrei cotto Arendelle a puntino» concluse, sorridendo per la piccola battuta che la madre avrebbe sicuramente apprezzato.
La battuta, però, le fece tornare alla mente una cosa molto importante: che oltre a cercare la sorella, doveva tentare di riportare l’estate ad Arendelle.

Anna fermò il cavallo tirando le redini della briglia e si guardò un po' intorno per verificare che non ci fosse nessuno nei paraggi. Assicuratasi di essere sola, smontò con poca grazia dalla sella, e camminò a fatica nella neve fino a raggiungere una zona priva di vegetazione poco distante da lì.
«Qua andrà benissimo» affermò con un accenno di sorriso sulle labbra. Era da parecchi giorni che non liberava il fuoco dentro di lei e già le stavano cominciando a pizzicare le dita.
Piegò leggermente le ginocchia e allungò il braccio destro verso il terreno, poggiando il palmo della mano sulla superficie innevata. Da esso proruppe un immensa ondata di calore che mutò il colore della neve circostante in un luminoso rosso-arancio, segno che quest’ultima si stava riscaldando molto rapidamente.
I secondi passavano, ed Anna guardava la scena con sempre maggiore perplessità: per qualche strano motivo, la neve sembrava non sciogliersi, o perlomeno non alla velocità con cui si dovrebbe normalmente sciogliere.
«A quanto pare dovrò passare alle maniere forti» disse con un pizzico di impazienza e l’espressione di chi ha appena accettato una sfida.
Anna si rialzò in piedi e puntò entrambe le mani verso la sostanza incriminata. Stavolta, aveva intenzione di sfoderare il suo pieno potere.
Nell’arco di un battito di ciglia, due potenti e maestose fiammate colpirono con violenza la zona prestabilita.
L’aria si riempì improvvisamente di vapore, impedendo alla rossa di vedere gli effetti del suo operato. Quando però la nebbia si diradò, ciò che vide non le piacque affatto: come sperava, la neve era scomparsa, ma l’erba e il terreno sottostante erano stati anch’essi completamente carbonizzati dall’eccessivo calore delle fiamme.
«Questa non ci voleva...» mormorò emettendo un sospiro rassegnato, e ringraziando il cielo di aver concentrato il fuoco soltanto in quell’area.
“È troppo rischioso usare il mio fuoco per scongelare Arendelle” pensò tra sé la minore “solo Elsa può far cessare questo inverno perenne, restituendo al regno l'estate"

Quando si voltò per tornare indietro e proseguire nella ricerca della maggiore, Anna ebbe un’altra spiacevole sorpresa. Il destriero infatti, spaventato dall’improvviso spettacolo pirotecnico, era fuggito in direzione del castello, abbandonando senza troppi scrupoli la padrona al suo destino.
«Oggi non me ne va bene una!» esclamò esasperata la ragazza, costretta ora a proseguire il viaggio a piedi.




La giornata trascorse, a parere della rossa, molto lentamente.
Nel frattempo, i raggi del sole avevano lasciato il posto all’argentea luce riflessa della luna piena, la quale splendeva nel buio della notte come un faro che illumina la via alle navi sperdute nell’oscurità.
Anna camminava ormai da ore, borbottando ogni tanto parole sconnesse su quanto avrebbe voluto usare i poteri per liberarsi di tutta quella neve che le impediva i movimenti. Raggiunta la cima di un’altura, si rallegrò moltissimo nel vedere davanti a lei una piccola vallata, con al centro un’accogliente baita di montagna.
Peccato che, mentre osservava con gioia il possibile luogo di ristoro, il terreno le cedette d’improvviso sotto i piedi, facendola ruzzolare lungo il pendio della collina. La caduta, tuttavia, fu attutita da una provvidenziale pozzanghera d'acqua gelata presente nel fondo della suddetta altura.
Il liquido inzuppò la rossa da cima a fondo, e questa, con enorme sorpresa, rabbrividì a contatto con esso.
Anna rimase totalmente di sasso: per la prima volta dopo tanti anni, percepiva di nuovo il freddo.
La sensazione durò appena qualche secondo, prima che il calore del suo corpo compensasse l’improvviso sbalzo termico, ma questa breve esperienza fu sufficiente a far sbiocciare un sorriso appagato sul volto della rossa. Il freddo infatti, insieme al caldo, era una delle cose che le mancavano di più.

Rialzatasi in piedi, cerco di raggiungere la baita, ma la gonna plissettata, che indossava addirittura dalla mattina precedente, si era completamente congelata, diventando dura e rigida come un pezzo di ghiaccio.
La povera Anna (che di guai ne stava passando anche fin troppi) si vide dunque costretta a muoversi goffamente come un soldatino di latta, faticando persino a salire i pochi gradini che la separavano dall’ingresso della casa.
“Mi servirà un cambio di vestiti” constatò nella sua mente, proprio nello stesso istante in cui posò gli occhi su un insegna appesa al margine del tetto a spiovente della baita.
Anna diede un leggera scrollata all’insegna di legno al fine di rendere visibile la scritta sottostante, coperta dalla neve accumulatasi durante la nevicata del pomeriggio.
«Emporio querciola vagabonda» lesse ad alta voce la rossa, incuriosita dal nome strano che il proprietario aveva dato al negozio.
Anna si strinse nelle spalle e, senza indugiare oltre, aprì la porta entrando dentro il rifugio.



ANGOLO AUTORE: Ed eccoci alla fine di questo quarto capitolo di “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”, una serie che si sta dimostrando molto tosta da scrivere (soprattutto in questo periodo), ma che mi sta appassionando in modo pazzesco XD. Beh, stavolta eviterò di scrivere un poema come nel capitolo precedente e mi limiterò a fare solo un paio di precisazioni:
Il capitolo è dedicato interamente ad Anna (dopotutto è lei la protagonista), mi sembrava giusto approfondire i suoi pensieri e le sue sensazioni, mostrando i punti in cui è più OOC rispetto alla versione originale (anche se comunque mi sto sforzando di mantenerla IC. Anna infatti è sempre la classica allegra pasticciona che conosciamo nel film, solo che qua ha un approccio diciamo più maturo con i suoi poteri)
Se vi state chiedendo (con le pistole già in mano) perché non ho inserito let it go mostrando il punto di vista di Elsa e la costruzione del castello di ghiaccio, beh, in parte il punto precedente dà già una risposta (e cioè che il capitolo è dedicato ad Anna). Inoltre, dato che questa è in sostanza una rivisitazione di Frozen, nei miei capitoli tendo ad escludere tutte le parti che sono perfettamente identiche al film, e let it go era una di queste. Vi prego di non uccidermi all’istante (anche se ne avete tutti i motivi u.u), lo so che è la parte migliore del film, ma anche per questo non ho cambiato niente, e inoltre, se ci pensate bene, Elsa non aveva motivo di agire o pensare diversamente da come sappiamo, quindi modificare qualcosa sarebbe stato insensato, no? *schiva per un pelo una raffica di mitra* .... niente, è meglio se non aggiungo altro T.T
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto (in futuro gli darò una sistematina) e non esitate a farmi sapere che ne pensate o a domandare se avete qualche dubbio su qualcosa, io sarò sempre disponibile per eventuali delucidazioni, Ciaoooooo :)

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Capitolo 5
*** Incubi e nuovi amici ***


CAPITOLO QUINTO

Incubi e nuovi amici





Elsa si svegliò di soprassalto in preda al panico.
Scostò le sottili lenzuola che la coprivano fino alle ginocchia e si sedette sul bordo dell’ampio letto a baldacchino, anch’esso, come il resto del castello, fatto interamente di ghiaccio, il materasso ed i cuscini imbottiti di neve.
Il respiro era corto e affannato, la fronte imperlata di sudore. Aveva sognato di nuovo sua sorella... quella terribile notte di quasi tredici anni fa.
Gli incubi, che la perseguitavano da che ne aveva memoria, l’avevano seguita fin lì, tra le vette sperdute della montagna del nord, fedeli fino alla fine nell’assolvere il compito affidato loro dalla natura: disturbare il sonno di coloro che gli davano forma.
La regina si alzò dal letto a fatica, la testa che le girava a causa del brusco risveglio; passato il capogiro, decise di fare due passi nel corridoio, sforzandosi di ignorare i fastidiosi brontolii dello stomaco che le ricordavano assiduamente di aver saltato tutti i pasti della giornata.
Mentre camminava, Elsa si accorse con orrore che le pareti avevano assunto un colorito scarlatto, e che da essi fuoriuscivano numerose stalattiti di ghiaccio, molto appuntite e pericolose.
Provò a ripristinare le fattezze originarie del castello, ma il potere non le rispondeva, agiva senza controllo.
Non era la prima volta che accadeva. Era sempre così quando aveva paura: il ghiaccio si ribellava alla sua volontà.

«Perché hai paura? Non ne hai motivo, era solo un sogno!» urlò a se stessa, il respiro ai limiti dell’iperventilazione.
Tornò di corsa nella camera da letto e spalancò la finestra per prendere un po' d’aria. Una gelida e leggera brezza entrò nella stanza, accarezzandole con dolcezza le guance e le tempie.
La regina chiuse gli occhi, inspirando profondamente l’aria fresca della sera.

«Anna è al sicuro, lei è ad Arendelle, sta bene ed è al sicuro...» mormorò per tranquillizzarsi.
Riaprì gli occhi e si voltò indietro.
Il castello era tornato liscio e azzurrino, la paura era svanita... o quantomeno accantonata.
La regina emise un sospiro di sollievo.
Si affacciò di nuovo alla finestra, stavolta per ammirare il magnifico panorama che le offriva la sua nuova dimora.
Le montagne si estendevano nell’entroterra scandinavo a perdita d’occhio, oltre la linea dell’orizzonte, ricoperte fino in cima da una candita e soffice coperta di neve.
Arendelle e il fiordo non si vedevano da lì.
Il fianco della montagna su cui era costruito il castello provvedeva con la sua enorme mole a coprirne la visuale, ma, in realtà, ad Elsa non dispiaceva affatto. Guardare la sua patria, infatti, le avrebbe suscitato solo dolore.
Ormai si era lasciata il passato alle spalle, sua sorella, il suo popolo, il suo regno, i suoi doveri di regina. L’aveva fatto per loro, per proteggerli da lei, dai poteri che non riusciva a controllare, da quella “maledizione” a cui era condannata fin dalla nascita, e a cui non aveva mai permesso -o comunque tentato di impedire- di liberarsi completamente.

«L’ho fatto per proteggere tutti loro; l’ho fatto per per proteggere Anna... e non potrò rivederla mai più» disse, mormorando appena le ultime parole.
Questa consapevolezza la fece rattristare.
Ma in risposta alla malinconia, la sua mente estrapolò dai ricordi una parola, un termine che la sera precedente aveva pronunciato più e più volte, mentre era intenta a costruire la sua nuova casa.

«Libertà...» sussurrò «libertà... io sono libera» ripeté più forte. Gli occhi di Elsa si illuminarono e le labbra si distesero in un grande sorriso.
La regina si era appena ricordata che con l’esilio, non solo aveva messo al sicuro Arendelle, ma aveva ottenuto anche quella libertà che desiderava forse da tutta la vita, la libertà di essere se stessa... la libertà per lei e per i suoi poteri.
Non le importava se gli incubi l’avrebbero perseguitata per sempre, non le importava se il castello di ghiaccio avrebbe assunto un aspetto spaventoso ogni qual volta avesse provato paura. Lei non doveva preoccuparsi più per nessuno, era sola, sola e libera. Libera dai segreti, libera dalle menzogne, libera dalle stanze chiuse, libera di diffondere il ghiaccio intorno a sé senza timore, libera di scoprire i limiti -sempre che ne avesse- del suo potere... libera “di cristallizzare con un pensiero la realtà”.

«Non bloccherò mai più il mio potere. Il freddo è casa mia... e il resto non conta più ormai!» esclamò con decisione.
Elsa si allontanò dalla finestra, chiudendola a distanza con un rapido gesto della mano, e ritornò sotto le lenzuola del suo comodo letto, decisa più che mai a recuperare il sonno perduto. Dallo stomaco partì un altro gorgoglìo di protesta, che la ragazza ignorò prontamente.

«Domani risolverò il problema del cibo, per ora è meglio dormirci su»
Detto questo, Elsa sbadigliò, e dopo qualche minuto si abbandonò tra le braccia di Morfeo, sicura che gli incubi, stavolta, non l’avrebbero disturbata.




Kristoff era su tutte le furie.
Il carico di ghiaccio che aveva raccolto con tanta fatica nelle ultime settimane* e che trasportava in quel momento nel retro della slitta, era diventato, nel giro di ventiquattro ore, una mercanzia completamente inutile.
“Come diavolo fanno ad esserci -10 gradi in pieno Luglio?” si era domandato più volte, sbuffando e sbraitando.
Il pomeriggio, poi, non era stato dei migliori.
Una tempesta di neve proveniente dalla montagna del nord lo aveva sorpreso di ritorno dal rifugio, costringendolo a combattere con le unghie e con i denti contro il vento impetuoso. Risultato? A tempesta finita, si era ritrovato coperto di neve dalla testa ai piedi, più simile a un pupazzo di neve che a un uomo.

«Ehi Sven» borbottò il montanaro, rivolgendosi alla sua amica renna, la quale stava trainando con non poca fatica la slitta e tutto il pesante carico «che ne dici se ci fermiamo qui?» concluse il ragazzo, indicando una baita di montagna sulla loro strada.
La renna si voltò verso il suo migliore amico con aria interrogativa. Quest’ultimo, come sempre del resto, capì al volo i pensieri dell’animale.

«Dovrei acquistare un paio di cose. Sai... a quanto pare l’inverno è arrivato in anticipo» gli rispose (per modo dire, dato che le renne non parlano), roteando gli occhi innervosito.
Sven non se lo fece ripetere, e fermò il mezzo a pochi metri dalla baita.

«Resta qui, torno subito» gli raccomandò Kristoff. La renna, però, emise un verso per richiamare la sua attenzione, come per chiedergli qualcosa.

«Va bene, ti comprerò le carote» aggiunse il montanaro senza voltarsi, poco prima di entrare dentro la casa.
Sven non dovette aspettare molto il suo compagno di viaggi.
Dopo un paio di minuti, dalla porta della baita uscì un omone alto due metri, che teneva sollevato per la cintura il povero ragazzo. Inutile dire che venne scaraventato ad almeno dieci metri di distanza, atterrando, per sua fortuna, sopra un metro abbondante di neve fresca.
La renna si avvicinò all’amico, annusandogli i pantaloni per verificare se avesse con sé gli agognati ortaggi.

«No Sven, non ti ho preso le carote» gli rispose laconico Kristoff.
Sven alzò gli occhi al cielo, emettendo un bramito di disappunto. L’amico d’infanzia gli sorrise, indicando con il pollice una stalla alle loro spalle.

«Ma ho trovato un posto per dormire... ed è gratis» disse con un pizzico di malizia dipinta sul volto.
La renna lo guardò con sufficienza, ancora deluso per lo spuntino mancato. Spinsero la slitta dentro il capannone e si accucciarono sopra dei cumuli di fieno.
I due, per far passare il tempo, cominciarono a parlare (sempre per modo di dire) del più e del meno.
Kristoff dava voce ai pensieri della renna, abitudine che aveva preso fin da piccolo, forse per la scarsità di contatti umani che aveva, dato che era stato cresciuto da una comunità di troll, o forse perché era davvero un tipo strano.

«Chi hai incontrato là dentro?» gli chiese a un certo punto Sven, tramite la voce del montanaro.

«Il “gentilissimo” proprietario dell’emporio e una ragazza molto strana» gli rispose, la voce un po' impastata per il sonno.

«Una ragazza molto strana?»

«Sì, indossava degli abiti molto eleganti, credo nobiliari, ma non è questa la cosa che la rende strana»

«Che cosa allora?»

«Aveva i capelli rossissimi, come di fuoco, e le iridi degli occhi... rosse anche quelle!»

«Davvero?»

«Sì, davvero! Ma non erano brutte o inquietanti, anzi... direi che le donavano molto»

«Ti piace ehh?» tradusse con stupore Kristoff, osservando lo sguardo complice e malizioso che gli riservava la renna.

«C-cosa? M-ma che idee t-ti vengono?» balbettò il ragazzo, le guance rosse come un peperone «Era irritante... e chiacchierona!» aggiunse per rendere più credibile il proprio disinteresse.
Sven lo guardò perplesso, ben consapevole che non stesse dicendo la verità.
Quando Kristoff provava qualche sentimento, non lo dava mai a vedere, e, infatti, all’interno dell’emporio aveva fatto finta che la ragazza non esistesse (tranne quando le ha finalmente risposto facendo infuriare il mercante), ma di fronte al suo amico quadrupede, a cui era solito raccontare ogni cosa, non riusciva a nascondere proprio niente.

«Senti, perché non cantiamo qualche canzone?» gli disse alla fine, sviando così il discorso imbarazzante.
La renna annuì felice e si sdraiò vicino all’amico, assaggiando il fieno che stava intorno.
Kristoff intonò una canzone dolce e rilassante, accompagnato dai melodiosi accordi del suo fedele banjo, e traducendo come sempre i pensieri di Sven, il quale, ogni tanto, interveniva per aggiungere qualcosina al brano.

«Bel duetto!» esclamò una voce femminile, seguita dal rumore sordo della porta del capanno che si spalancava.
Kristoff saltò letteralmente in aria.
Per un attimo aveva temuto che fosse entrato il forzuto mercante dell’emporio, pronto a scacciarlo dalla sua proprietà a forza di sberle. La figura che si presentò davanti ai suoi occhi, invece, era ben diversa e, soprattutto, inattesa.
La fanciulla adesso indossava vestiti più pesanti, molto più adatti alle temperature rigide dell’inverno: un corpetto nero con spalline e scollatura a cuore, collegato ad una lunga gonna blu, decorati entrambi con motivi floreali. Stivali neri a tacco alto e mantello color magenta come protezione per il freddo (non portava però i guanti). Infine, un cappellino simile a una cuffia, anch’esso color magenta, posato dolcemente sopra la lunga chioma infuocata.
I capelli, poi, non erano legati più in un chignon, ma le ricadevano lisci e morbidi dietro le spalle, con alcuni boccoli che le incorniciavano il viso.
Kristoff rimase di stucco.
La ragazza era davvero molto bella e le sue iridi, come ben ricordava, le donavano in modo incredibile, ed erano in grado di metterlo in soggezione anche quando, come ora, gli sorrideva nel modo più dolce e amichevole possibile.
Il montanaro, però, si rese conto di quanto fosse ridicolo, e riassunse il suo tipico carattere burbero e poco socievole.

«Ah, sei solo tu... che vuoi?» le disse con tono annoiato.
La rossa mutò espressione e gli rispose in modo serio e autoritario.

«Voglio che mi porti sulla montagna del nord»




Non era stato facile convincerlo, ma le parole “so come fermare l’inverno” avevano avuto sul venditore di ghiaccio l’effetto previsto, ridestando il suo interesse.
Partirono con la slitta quella sera stessa e, durante il viaggio, Anna decise di svelare al ragazzo la sua identità e di raccontargli gli avvenimenti degli ultimi giorni, facendo accuratamente attenzione ad omettere alcuni “piccoli dettagli”, come ad esempio che possedeva anche lei dei poteri.
Mentre gli raccontava come Elsa aveva avuto la cosiddetta “crisi agghiacciante”, il biondo la interruppe, il tono della voce a metà tra l’incredulo e lo scandalizzato.

«Scusa, hai conosciuto un uomo e ti ci sei fidanzata nello stesso giorno?»

«Sì» gli rispose noncurante la rossa «comunque io mi sono arrabbiata, e lei si è arrabbiata, e così voleva andar via, e poi le ho strappato il guanto...»

«Un momento, vuoi dire hai conosciuto un uomo e ti sei fidanzata con lui IN QUELLO STESSO GIORNO?!»

«Sììì, presta attenzione! Ma il fatto è che lei indossa i guanti sempre! Perciò credevo... che fosse fissata con lo sporco!»

«I tuoi genitori non ti hanno messo in guardia dagli sconosciuti?»
Anna lo guardò stranita, rendendosi conto che anche il ragazzo seduto accanto a lei era uno sconosciuto e che, forse, raccontargli tutte quelle cose non era stata una buona idea. Ma oramai la frittata era fatta e, invece di chiudere la discussione, si limitò a spostarsi nel bordo del sedile.
Non che avesse paura di lui, dato che in caso di aggressione lo avrebbe abbrustolito per benino... ma aumentare la distanza fisica avrebbe di certo scoraggiato inopportune confidenze.

«Si, certo... ma Hans non è affatto uno sconosciuto» gli rispose, sorridendo e incrociando le braccia al petto.

«Ah si? E qual è il suo cognome?»

«Delle isole del sud»

«Cibo preferito?»

«Le tartine»

«Nome del suo migliore amico?»

«Probabilmente John?»

«Colore dei suoi occhi?»

«Da sogno»

«Il numero delle scarpe?»

«Il numero delle scarpe non conta»

«Hai mai cenato con lui? E se non sopportassi il modo in qui mangia? E se scoprissi che si scaccola?»

«Si scaccola?» gli domandò la rossa, allibita

«E poi se le mangia» aggiunse Kristoff, soddisfatto di aver colpito nel segno

«Scusate tanto signore, lui è un principe!» ribatté Anna, incredula che una persona di tale rango potesse abbassarsi a compiere gesti tanto disgustosi.

«I maschi lo fanno tutti»
Anna emise un verso schifato, immaginandosi l’orripilante scena.

«D’accordo, non conta molto... il nostro è vero amore!» sostenne con convinzione

«Non sembra vero amore»

«Uhm! Tu sei una SPECIE di esperto in amore?»

«No... ma ho degli amici esperti» le rispose evasivo

«Tu avresti amici esperti in amore? Non me la bevo»

«Ora zitta» le disse, mentre fermava la marcia di Sven

«No no no no! Vorrei conoscere quest...»
Kristoff le mise una mano davanti alla bocca, obbligandola al silenzio. Temendo il peggio, Anna fu sul punto di reagire evocando il suo potere, ma il montanaro si staccò di colpo da lei e prese in mano la lanterna.
Scrutò con attenzione il bosco alle loro spalle, alla ricerca di qualcosa, finché non intravide tra gli alberi delle ombre tutt’altro che amichevoli.

«Sven, corri!» Esclamò il biondo.
La renna partì a tutta velocità, strattonando con violenza le redini della slitta. Le ombre si accodarono dietro i tre fuggiaschi, i ringhi si alternavano agli ululati rompendo la quiete notturna.

«Che cosa sono?» domandò Anna.

«Lupi» rispose Kristoff, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Il montanaro prese dal retro una torcia e l’accese con la fiamma della lanterna.

«Ci penso io... tu non cadere e non farti mangiare» le raccomandò con tono autoritario.
Anna sbuffò, trovando il suo atteggiamento presuntuoso e molto irritante.

“Di certo non sarà quel fuocherello a salvarci” constatò tra sé la rossa “devo intervenire, o i lupi ci sbraneranno”
Mentre Kristoff cercava di tenere a bada i lupi che si avvicinavano troppo, ad Anna venne un idea su come usare i suoi poteri senza farsi scoprire.

«Guarda! Ne arrivano altri là davanti!» urlò, richiamando l’attenzione del ragazzo.
Questi si voltò a indagare nella direzione indicata dalla rossa, la quale ebbe così l’occasione perfetta per agire.
Senza fare rumore, scagliò rapidamente una palla di fuoco dietro la slitta. La sfera si scompose in tante scintille, ricomponendosi nel terreno in una lunga striscia di fuoco semicircolare, il lato convesso proteso verso gli inseguitori.
I lupi si fermarono di fronte al muro incandescente, terrorizzati dall’improvvisa apparizione del pericoloso ostacolo. Lo spavento fu tale da costringerli ad una fuga disordinata tra i meandri della foresta.
Anna sorrise soddisfatta, felice soprattutto di non aver fatto del male agli animali, e con un gesto disinvolto della mano estinse le fiamme per evitare che Kristoff le vedesse da lontano.

«Ma che dici! Qua davanti non c’è nessun... ehi, dove sono finiti i lupi?!» chiese stupito il montanaro, constatando con meraviglia che non ci fosse più nessuno ad inseguirli.

«Non lo so... avranno rinunciato» gli rispose Anna scrollando le spalle «direi che siamo stati fortunati»

«Strano, io non lo sono mai»

«Beh, io invece sì! E poiché è stata la mia fortuna a salvarci la vita, mi devi dei formali ringraziamenti» gli disse in tono falsamente altezzoso, trattenendo le risate per la verità che celavano quelle parole.

«Non credo proprio, vostra altez... Sven, fermati!»
La renna si fermò per la seconda volta, riprendendo un po' di fiato dopo la sfiancante galoppata.

«Cosa c’è, altri lupi?» “certo che non demordono!” pensò irritata.

«No... puzza di bruciato»
Sentendo queste parole, ad Anna venne un tuffo al cuore.
Scesero entrambi dalla slitta e videro che la metà posteriore di un pattino era avvolta dalle fiamme. Kristoff raccolse quanta più neve possibile e la gettò sopra il legno in combustione, sperando di riuscire a salvare il suo mezzo di trasporto. Purtroppo, quando riuscì alla fine a domare le fiamme, il danno era fatto... e la slitta era inutilizzabile.

«Oh no! Avevo appena finito di pagarla»

«Mi dispiace» mormorò con tristezza la rossa, sentendosi profondamente in colpa.
Anna aveva compreso che evidentemente, per la fretta, una scintilla le era sfuggita di vista ed era andata a depositarsi sopra il legno stagionato del pattino,  appiccando l’incendio che ha distrutto la slitta.

«Giuro che ti ricomprerò la slitta... e capirò se non vorrai più aiutarmi...»

«Non ti devi scusare... credo che sia stata la mia torcia. Il vento deve aver staccato un tizzone che poi ha incendiato il pattino» le rispose, mentre raccoglieva i viveri e il resto dell'equipaggiamento.

«Cosa facciamo adesso?» domandò incuriosita.

«Semplice, cerchiamo un rifugio per la notte. I lupi potrebbero tornare... e in quel caso non basterà la tua fortuna a salvarci» disse un po' innervosito.
Kristoff liberò Sven dalle redini e consegnò con poca grazia la sacca dei viveri alla rossa.

“E qui che ti sbagli” pensò divertita Anna, poco prima di addentrarsi nella foresta insieme ai suoi due nuovi amici.




*I blocchi di ghiaccio, se ben avvolti con panni di lana, possono resistere molte settimane prima di sciogliersi




ANGOLO AUTORE: Buonsalve cari lettori e recensori (o almeno spero XD), come vedete stavolta ho aggiornato dieci giorni prima del solito (miracolooo!) ^^. Ma passiamo subito al capitolo:
Ammetto che è stata una faticaccia, forse più del secondo capitolo, ma anche molto divertente da scrivere, soprattutto il battibecco tra Anna è Kristoff, i cui dialoghi sono tratti direttamente dal film (non ho resistito dall’inserirlo perché è una delle scene più divertenti XD).
Il capitolo inizia dal punto di vista di Elsa, che si sveglia in preda agl’incubi e vede il suo castello cambiare forma. All’inizio non avevo progettato di scrivere questo spezzone, e il capitolo doveva incominciare direttamente da Kristoff. Ma, mentre scrivevo, ho ripensato a quello che mi ha detto Hera85 (che ringrazio tantissimo per tutte le recensioni che mi scrive :)) e cioè che anche Elsa è una protagonista, e quindi ho deciso di analizzare un po' i suoi pensieri e le sue sensazioni scrivendo questa sorta di missing moment (immaginando che avesse una camera da letto d’altra parte del castello, cosa che è molto probabile, dato che da qualche parte doveva pure dormire).
La parte di Kristoff incomincia invece poco prima di entrare nell’emporio. Di fatto non ho mostrato il primo incontro tra Anna e Kristoff, dato che nel film dura appena due minuti e non c’era motivo che andasse diversamente, ma il montanaro fa intendere, mentre parla con Sven, di provare già qualcosa per Anna ;). Anche qua, la descrizione del vestito di Anna mi ha richiesto molto tempo (l’ho riscritta tipo mille volte T.T) spero quindi che sia venuta bene e che l’abbiate apprezzata. Inoltre, come avrete notato, Anna non ha le trecce e preferisce tenere i capelli lisci dietro le spalle (altro elemento tratto dalla fic di DoctorFez, che ringrazio di nuovo infinitamente per avermi permesso di inserirlo nella mia storia :))
L’inseguimento con i lupi è finito in modo diverso, con Anna che ha salvato la situazione usando i suoi poteri all’insaputa di Kristoff (la slitta però ha fatto lo stesso una brutta fine, si vede che era destino muahahahah). A questo punto i nostri tre eroi si trovano in un posto diverso da dove dovevano essere (non hanno saltato il burrone) e sono alla ricerca di un rifugio per la notte... come andrà a finire? E Kristoff scoprirà mai i poteri di Anna? Lo scoprirete soltanto nel prossimo capitolo XP
Concludo questa infinita nota ringraziando tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite e tutti coloro che recensiscono la fic, in particolar modo Mergana, Gio Gio Brown, Hera85, DoctorFez1988 e Amberly_1 (quest’ultima una gradita new entry ;))
Ci vediamo al prossimo aggiornamento, ciaoooo :)

P.S.: Ho deciso di lasciare uno spazio per ogni discorso diretto, spero di aver reso il capitolo più gradevole da leggere :)
 

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Capitolo 6
*** Le verità ***


CAPITOLO SESTO

Le verità





«Basta! Non ce la faccio più!»

Hans scagliò a terra i documenti che teneva in mano facendosi scappare una sonora imprecazione. Aveva raggiunto il punto di rottura, la mente e il corpo avevano inevitabilmente ceduto allo stress e alla stanchezza. 
Non dormiva da quasi quarantott’ore. 
Il castello era un continuo via vai di gente che chiedeva aiuti e protezione dal gelo, i ministri lo consultavano per ogni minima decisione da prendere, e -cosa ancora più insopportabile- il duca di Weselton non faceva altro che sbraitare e lamentarsi ad ogni riunione del consiglio. Neanche all’interno del suo alloggio, da solo e di notte fonda, era libero di concedersi un attimo di riposo. Proprio un paio di minuti prima, infatti, un paggio di corte lo aveva svegliato bussando ripetutamente alla porta della camera. Il motivo? Consegnargli un plico contenente importanti documenti di stato, alcuni da firmare con urgenza, con gli omaggi del ministro del tesoro.
Il principe si stropicciò i capelli in un moto di esasperazione, passeggiando nervosamente per la stanza senza una meta precisa. L’avevano disturbato a quell’ora della notte solo per fargli leggere un resoconto dei danni subiti e per fargli firmare delle lettere... delle lettere completamente inutili!
«A che ci serve chiedere soccorso ai regni confinanti?!» esclamò irato «con il fiordo congelato e le strade praticamente inagibili, i rifornimenti non arriverebbero mai in tempo!».
Il principe borbottò un’altra imprecazione, raccolse con cura le carte dal pavimento e -a discapito di quanto appena detto- firmò ad una ad una le lettere da spedire. Per quanto lo ritenesse superfluo, infatti, doveva fare buon viso a cattivo gioco. Al momento era lui il reggente di Arendelle e, come tale, aveva il preciso dovere di prodigarsi per aiutare il popolo con ogni mezzo disponibile. Non poteva rischiare che dubitassero di lui. Non poteva rischiare che lo giudicassero un incompetente... non di nuovo... non come a casa. 
Doveva essere perfetto: buono, generoso, leale, altruista e coraggioso. Doveva aiutare i deboli e i bisognosi, doveva essere un esempio per tutti, un faro di speranza per coloro che si sentivano perduti. E non soltanto per dimostrare che per loro sarebbe un ottimo re, obbiettivo a cui non aveva mai rinunciato... ma soprattutto perché ne avevano veramente bisogno. 
Non poteva abbandonarli al loro triste destino “in balia di quel mostro!”. Sapeva bene quanto fosse pericolosa la regina. E lo sapeva perché lei era come lui. 
Anche lui possedeva strani poteri; poteri che aveva usato per fare del male, poteri che aveva usato per uccidere... poteri che gli avevano rovinato la vita. I suoi fratelli lo odiavano per colpa sua, per ciò che lui aveva fatto diversi anni fa, prima che venisse giustiziato per l’ultimo gravissimo omicidio che aveva commesso. Già... giustiziato... perché lui ufficialmente era morto. E nessuno, a parte Hans e suo padre, sapeva la verità.
“Nessuno sa che è ancora vivo
«Vostra altezza»
Una voce infantile proveniente dall’esterno della camera lo ridestò bruscamente dai suoi pensieri. Il principe aprì la porta ritrovandosi di fronte il paggio di poco prima.
«I ministri richiedono la vostra presenza alla sala delle riunioni» disse il ragazzino, la voce impastata e gli occhi semichiusi per il sonno.
“Un’altra maledetta riunione del consiglio!” pensò irritato il principe “stanotte non c’è verso di chiudere occhio”
«Bene, informali che presto sarò da loro; dopodiché consegna queste missive ai corrieri reali con l’ordine di partire immediatamente» 
Hans affidò le lettere al piccolo paggio e richiuse la porta della stanza. Aprì l’armadio a due ante e prese il soprabito scuro, indossò un paio di guanti a caso e si preparò ad uscire. Quando però raggiunse il pomello della porta, il principe si bloccò di colpo. 
Per qualche strano scherzo della mente, d'un tratto gli ritornarono davanti le immagini della sera del ricevimento, in particolare il momento in cui porse i suoi personali omaggi alla regina Elsa. 
Come già sospettava da tempo, la sovrana era davvero una preda irraggiungibile. 
Bella oltre ogni sua immaginazione. Perfetta in ogni gesto o movenza che compiva, in pratica, la regalità personificata in un angelo. Il suo charme -com’era prevedibile- non l’aveva minimamente sfiorata, venendo liquidato in pochi secondi con la tipica scusa di cortesia. 
Ma dietro tutta la perfezione, il principe si ricordò di aver intravisto qualcos’altro. Dietro quella maschera di galanteria e di buona educazione -così simile alla sua, peraltro- aveva intuito celarsi dei sentimenti ben diversi... sentimenti che provocavano nella fanciulla una tristezza tale da lacerarle l’animo, sin nel profondo. 
“Sentimenti simili ai miei” constatò solo ora Hans. 
E poi si ricordò della paura. Del terrore dipinto sul suo volto, impresso nei suoi bellissimi occhi, quando gli spuntoni di ghiaccio la divisero dalla sorella e dal resto dei commensali. 
Il principe fu invaso dal dubbio.
“E se non fosse un mostro? E se, come sostiene Anna, avesse solo paura?”
La confusione, tuttavia, ebbe vita breve. 
Il rancore e l’ambizione riemersero nel suo cuore con incredibile prepotenza, annichilendo ogni sprazzo di compassione per la regina. 
«No! Lei è un essere contro natura, proprio come lui! Se finora l’ho difesa, l’ho fatto solo per assecondare quella sciocca principessa!» disse a se stesso, come per imprimersi bene a mente tali convinzioni.
Lo sguardo del principe tornò serio e risoluto, mentre si accingeva ad aprire di nuovo la porta.
«Non commetterò lo stesso errore di mio padre. Ucciderò la regina Elsa... fosse l’ultima cosa che faccio» sussurrò.
Girò il pomello facendo scattare la serratura, un ghigno tutt'altro che benevolo gli deformò orribilmente le labbra.
«E soprattutto... diventerò re di Arendelle»




«Kristofer»
Anna richiamò l’attenzione del montanaro per la ventesima volta in meno di mezz’ora, suscitando in quest’ultimo non poca irritazione... irritazione per di più alimentata dal fatto che la rossa perseverava nel pronunciare male il suo nome. 
«Ti ho già detto mille volte che mi chiamo Kristoff» sibilò tra i denti.
«È lo stesso» gli rispose, scrollando le spalle.
Il biondo sbuffò, spazientito. Tentare di spiegarle che Kristofer e Kristoff sono due nomi totalmente  diversi (o almeno secondo il suo punto di vista) sarebbe stato un inutile spreco di tempo. 
«Taglia corto e dimmi cosa vuoi!»  
«Mi fanno male le caviglie» gli disse con un pizzico di stizza per il tono che le aveva appena riservato.
«Non possiamo fermarci» rispose sbrigativo il ragazzo. 
«Perché no? Sono ore che camminiamo e i lupi ormai saranno lontani»
«Non esistono solo i lupi. La foresta è piena di pericoli, specialmente di notte»
La rossa fu sul punto di controbattere, ma venne preceduta dal montanaro, il quale aveva intuito il nascere di una fastidiosa quanto futile polemica, e aveva deciso di troncarla alla radice.
«Sosteremo solo quando avremo trovato un rifugio sicuro, fine della discussione!»
Anna mugugnò un “ok” scontento e continuò a camminare in silenzio. Il ragazzo la guardò incrociare le braccia al petto e mettere il broncio come una bambina, allorché non poté trattenere una piccola risata che non sfuggì all’udito della rossa. Questa, in tutta risposta, lo ignorò accelerando il passo.
Kristoff se ne dispiacque. 
Sebbene non volesse ammetterlo, la principessa gli piaceva veramente, e a poco a poco gli stava diventando persino simpatica. Sven, che aveva osservato in disparte tutta la scena, si avvicinò all’amico e lo spintonò da dietro mandandogli un chiaro messaggio: «non stare lì impalato e valle a parlare!»
«E cosa dovrei dirle?» sussurrò alla renna, coprendosi la bocca per non farsi sentire
«Per esempio “scusa”?»
«Che?! Non ci penso nemmeno! Non è colpa mia se si comporta come una ragazzina vizia-»
Uno spintone più forte del precedente raggiunse il fondoschiena del biondo, il quale per poco non perse l’equilibrio.
«Ok ok, ci vado»
Kristoff accelerò anch’egli la marca e con un paio di falcate arrivò a posizionarsi affianco la rossa. Mai come in quel momento chiedere scusa gli sembrò così complicato.
«Senti... ehm... ecco, io... ehm... »
Anna, nel frattempo, ammirava divertita il biondo annaspare alla ricerca delle parole. In realtà non si era offesa, ma aveva finto di mettere il broncio per strappare al montanaro delle scuse sentite. Era proprio curiosa di vedere se, sotto quella scorza di uomo rude e scontroso, si nascondesse un animo gentile e sensibile.
«Sii?» lo invitò con voce dolce a proseguire, mettendolo ulteriormente a disagio.
«Ecco... ehm... mi aiuteresti a raccogliere la legna?» terminò il montanaro, spiazzando completamente la renna, ma non la rossa, la quale non sembrava aver compreso bene le parole del biondo.
«Accetto le tue scu- aspetta che?» gli rispose stupita.
«Beh, sì... la temperatura sta calando rapidamente... e prima o poi saremo costretti ad accendere un fuoco... sì, per non gelare intendo...» 
Anna lo guardava sempre più sbalordita, senza rispondere. Dopo diversi minuti di silenzio imbarazzante, la rossa portò entrambe le mani alla bocca nel tentativo di soffocare le risate.
«Mi vuoi aiutare sì o no?» aggiunse con una smorfia di fastidio.
«Oh... si, certo... ti aiuto volentieri»
I ragazzi si sorrisero a vicenda ed iniziarono a raccogliere la legna. Kristoff le consigliò di cercare rami secchi ed asciutti, ma, dopo ventiquattro ore di gelo, tutti gli alberi del bosco erano o ghiacciati o umidi a causa della neve. Per Anna, però, non fu affatto un problema. Le bastò allontanarsi per poco tempo dal montanaro ed asciugare con il suo potere -facendo attenzione a non dargli fuoco- i rami che raccoglieva per terra lungo la strada. Quando i due si rincontrarono vicino alla renna, Kristoff aveva tra le mani due miseri rametti di legno, mentre la rossa portava con sé una pila molto consistente. 
«Ma dove li hai trovati?» 
«Te l’ho detto che sono fortunata» gli rispose, mentre conservava la legna appena raccolta dentro una grande sacca agganciata al fianco di Sven.
Kristoff stavolta non se la bevve. 
La principessa gli stava nascondendo qualcosa. Trovare tutta quella legna secca era praticamente impossibile, lo sapeva bene. Inoltre, per esperienza sapeva che un branco di lupi non rinuncia mai ad un preda, men che meno se questa è più lenta di loro, e, durante la fuga, aveva avuto la netta sensazione che la rossa l’avesse distratto di proposito per impedirgli di vedere che fine avessero fatto gli inseguitori. E i misteri non finivano qui. La ragazza non sembrava minimamente soffrire per il freddo notturno. Lui stava praticamente congelando con sopra due strati di maglioni, mentre lei... fresca come una rosa.
“Aspetta un attimo, non porta neppure i guanti!”
Kristoff si diede mentalmente dello stupido per non averlo notato prima. Stare all’aperto e al gelo senza un’adeguata protezione per le mani, provoca raggrinzimento e perdita di sensibilità alle dita. Le mani di Anna, invece, erano lisce e rosee, come se fossero immuni al freddo pungente.
«Perché mi fissi?» gli chiese la rossa con una nota d’inquietudine nella voce.
«Le tue mani...» si affrettò a risponderle per evitare che fraintendesse «...non senti freddo?»
Anna si guardò con timore le estremità e sbiancò in viso, maledicendosi per la propria sbadataggine. Nella fretta di cambiarsi d’abito, aveva dimenticato i guanti di lana nell’emporio Querciola Vagabonda. Per colpa del potere del fuoco che le impediva di percepire il freddo, durante il viaggio non aveva notato la presenza o meno degl’importanti accessori, e ora si vedeva costretta ad inventarsi una scusa plausibile per non insospettire ulteriormente il biondo.
«C-certo che sento freddo» annui la rossa, strofinandosi le mani fingendo di scaldarle «i guanti di lana però mi danno un fastidio tremendo, mi irritano terribilmente la pelle. Oh, dovresti vedere le macchie e le bolle che mi spuntano tra le dita dopo averli indossati per cinque minuti, un vero orrore, ma che dico, un vero e proprio insulto al genere femminile» 
Kristoff la osservò perplesso mentre rideva nervosamente. 
Era palese che stesse mentendo; tuttavia, non riuscendo a trovare alcuna spiegazione logica per tali misteri, decise di stare al gioco e di sorriderle bonariamente, ripromettendosi di tenerla d’ora in avanti maggiormente d’occhio.
La rossa si rassicurò, trattenendo a stento un sospiro di sollievo. 
“Basta, ho capito: niente più poteri finché non troviamo Elsa” si impose Anna con decisione. Ovviamente non poteva sapere quello che sarebbe successo di lì a poco.




Passò rapidamente un’altra ora, durante la quale nessuno dei viaggiatori proferì parola. 
La stanchezza difatti si faceva sentire, e ancora non avevano trovato un luogo ritenuto adatto dal montanaro per accamparsi. Per di più la fiamma della lanterna aveva consumato quasi tutto l’olio residuo e presto sarebbero rimasti al buio nel cuore della foresta, facili prede di animali in cerca di uno spuntino di mezzanotte. In sintesi, la loro situazione non era affatto delle migliori.
Mentre costeggiavano la parete rocciosa di un grande altopiano, però, Anna intravide tra il fitto del fogliame qualcosa che riaccese la sua tipica allegria. 
«Kristoff, guarda un po' cosa ho trovato?» cantilenò la rossa, trascinando il biondo e la renna di fronte alla sua scoperta
«L’entrata di una caverna?» 
«Sììì! Non è magnifico? Proprio quello che cercavi: un luogo sicuro e tranquillo dove accamparci per la notte... o se non altro per ciò che ne rimane... ma che importa, finalmente la ricerca è finita!» 
Sven saltellò dalla gioia per la lieta notizia, pregustando come la rossa l’agognato riposo. L’amico, tuttavia, non era della stessa opinione del quadrupede.
«Non credo che sia una buona idea avventurarci là dentro» le rispose dubbioso. «di solito le caverne sono abitate... e noi potremmo essere degli ospiti indesiderati»
«Ah no! Non ci provare!» gli puntò il dito sul petto «Girovaghiamo per questa foresta da chissà quanto tempo, con i piedi e gli zoccoli ormai doloranti» la renna a quel punto annuì convinta, beccandosi un’occhiataccia da parte di Kristoff «Tu e Sven avete riposato in quella stalla si e no mezz’ora, mentre io l’ultima volta che ho dormito è stato, pensa un po', due giorni fa! Qua fuori, a parte neve, rocce e alberi, non vedo niente che assomigli ad una baita, per non parlare che si gela a tal punto che non mi sento più le sopracciglia (piccola bugia a fin di bene). Per cui, caro-il-mio-montanaro, se proprio vuoi continuare a cercare il tuo fantomatico “rifugio anti-lupo”, fa pure, ma noi due non ci muoveremo da qui, non è vero Sven?» 
La renna emise un verso di approvazione e la rossa guardò il ragazzo a braccia conserte sorridendo trionfante.
Il montanaro non sapeva come risponderle.
In effetti aveva ragione: lui e Sven erano sfiniti quanto lei e se non riposavano un po', l’indomani mattina sarebbero crollati a terra come pere mature. Inoltre dovevano accendere un focolare al più presto, altrimenti sarebbero diventati per davvero dei ghiaccioli da esposizione. 
“Noi di sicuro, lei invece ho qualche dubbio” gli sussurrò un vocina scettica nella testa... vocina che per il momento decise di ignorare.
«Vedi che sarà umido» la mise in guardia
«l’umidità non mi dà fastidio»
«e sporco»
«ogni tanto sporcarsi fa bene»
«e pieno di pipistrelli»
«sono carini, non trovi?»
«sei sicura di volerlo fare?»
«sicurissima»
«E va bene» sospirò alla fine «ma stammi vicina»
Kristoff fece strada entrando per primo, seguito a ruota da Anna e da Sven. La flebile lanterna tenuta in mano dal capofila illuminava le pareti del tunnel, rivelando le rocce troppo appuntite o gocciolanti da scansare. Dopo una ventina di metri, i tre udirono un rumore di squittii in lontananza. Il rumore divenne sempre più forte, finché una scia di volatili neri non passò con gran fracasso sopra le loro teste. La rossa si fece scappare un gridolino, il quale non sfuggì al montanaro.
«Non ti stavano simpatici?» le domandò sarcastico.
«Ammetto che di presenza fanno un po' ribrezzo»
«“Di presenza”? Ma dove li avevi visti allora?»
«Nel mio vecchio libro di fiabe» confessò Anna imbarazzata, provocando nel biondo una risata genuina che contagiò piacevolmente anche lei.
Dopo aver percorso all’incirca altri venti metri in leggera pendenza verso il basso, i tre esploratori raggiunsero l’estremità della grotta. Essa era abbastanza spaziosa da accogliere tutti i presenti senza problemi, compreso Sven, e la pendenza del tunnel permetteva di accendere un fuoco senza il rischio di soffocare per l’accumulo di fumo.
«È perfetta» dovette ammettere Kristoff. 
«A quanto pare ti preoccupavi per nulla» sorrise vittoriosa la rossa «Non lo conosci il detto “chi non risica non rosica”?» 
«E tu non conosci il detto “la prudenza non è mai troppa”?» 
«Mmmm... no, mai sentito»
I due ragazzi scoppiarono a ridere. 
Sven, nel frattempo, osservava felice il suo migliore amico: senza rendersene conto, aveva creato con la ragazza un legame d’amicizia che cresceva di minuto in minuto... amicizia che un giorno -sperava la renna- sarebbe potuta sfociare in qualcosa di più.
Tuttavia, l’allegra atmosfera fu improvvisamente squarciata da un potentissimo ruggito proveniente dall’ingresso della grotta. 
I tre rabbrividirono a tal punto da bloccarsi sul posto come delle statue di sale. Un secondo ruggito, più vicino del precedente, li ridestò un minuto dopo dalla loro paralisi. Kristoff si avvicinò a Sven, anch’egli molto spaventato, prese dalla sacca laterale un grosso ramo e gli diede fuoco con la fiamma della lanterna. 
Subito dopo la creatura si mostrò ai loro occhi: era un enorme orso bruno lungo almeno due metri e mezzo, molto arrabbiato e probabilmente anche molto affamato. L’arrivo improvviso dell’inverno lo aveva indotto a cercare un luogo dove passare il letargo, e sicuramente non aveva apprezzato il fatto che la grotta fosse già occupata da qualcun altro.
«Anna... prendi Sven ed esci subito di qui» sussurrò Kristoff con tutta la calma che riusciva a trattenere in corpo.
Anna non fece caso alla parole del biondo, troppo intenta a riflettere sul da farsi.
Usando i suoi poteri avrebbe potuto facilmente allontanare il pericoloso animale, ma in tal modo il biondo l’avrebbe sicuramente vista... e non aveva la minima idea di come avrebbe reagito alla scoperta. Sebbene si fosse mostrato molto comprensivo riguardo i poteri Elsa, ancora non si sentiva del tutto sicura: temeva che non avrebbe capito, che l’avrebbe giudicata un mostro, o una strega, proprio come il duca di Weselton. Ma il pericolo era troppo grande per essere ignorato, e doveva prendere in fretta una decisione.
“Non ho scelta, correrò il rischio” concluse con un sospiro la rossa
L’animale intanto avanzò di qualche passo, ringhiando minacciosamente ai tre sgraditi inquilini. Anna, in risposta, punto le braccia davanti a sé, pronta ad evocare l’infuocato potere. Il montanaro, però, la strattonò con forza e si posizionò d’avanti a lei per proteggerla.
«Ma che fai?! Ti ho detto di andare via! Io nel frattempo lo distraggo» le urlò in uno stato tra l’ansia e la determinazione
«No, non capisci, io-»
La rossa non ebbe il tempo di finire la frase che il mammifero, sentendosi minacciato dai movimenti bruschi dei ragazzi, ruggì ancora più forte di prima e si alzò sulle gambe posteriori, mostrando tutta la sua enorme stazza. Kristoff tentò di spaventarlo agitando la torcia di fronte al suo muso, ma l’orso, anziché indietreggiare, si infuriò ulteriormente. Con una zampa lo disarmò, e con l’altra lo colpì alla spalla con incredibile violenza, facendolo volare di qualche metro fino alla parete rocciosa sulla sua destra. Il montanaro grugnì per l’intenso dolore, ma constatò -per fortuna- di non aver riportato alcuna frattura alle ossa. 
L’orso ignorò il resto dei presenti e si concentrò sulla preda ormai indifesa, dirigendosi con bruttissime intenzioni verso il ragazzo.
Kristoff, a quel punto, pensò di essere spacciato. Come ultimi pensieri, il ragazzo sperò con tutto il cuore che Anna fosse riuscita a fuggire insieme a Sven... e rimpianse amaramente di non aver avuto più tempo per conoscerla meglio.
Quando l’animale fu sul punto di finirlo, però, accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Tra lui e il grosso mammifero si materializzò dal nulla una gigantesca colonna di fuoco, il calore così intenso da riportare in un attimo la temperatura dell’estate. L’orso bruno perse l’equilibrio e cadde all’indietro, per poi allontanarsi spaventato dalla colonna infuocata. Tentò allora di scagliarsi sulla rossa, ma questa creò sotto le zampe dell’animale una striscia di fuoco che lo costrinse di nuovo a ritrarsi.
«Via, sciò! Trovati un’altra grotta!» 
Anna scagliò un ultima sfera che esplose a pochi centimetri dal mammifero, dissolvendosi nell’aria senza provocare danni. L’orso emise un guaito per la paura e alla fine fuggì terrorizzato dalla caverna.
Infine, con un leggero movimento del polso, la rossa estinse tutte le fiamme che aveva creato, riportando la grotta nella semioscurità. 
Kristoff, che nel frattempo era riuscito a rialzarsi, la guardava senza fiatare, gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore. Anna si voltò verso di lui, e gli rivolse un sorriso pieno di timore e imbarazzo. 
«Posso spiegare»




ANGOLO AUTORE: Salve a tutti, rieccomi qua con un nuovo capitolo della mia fic preferita ^^ (come si dice a Napoli “ogne scarrafone e bell’ a mamma soja” XD). 
Il capitolo stavolta è denso di eventi, come del resto lo è anche la scrittura, quasi del tutto priva di spazi. Sicuramente qualcuno di voi si sarà chiesto “ma per quale motivo questo qua scrive ogni capitolo diverso dall'altro?!?”; beh, in effetti stavo sperimentando diverse presentazioni del testo per trovare quello che fosse più piacevole da leggere e pensavo di averlo trovato con quello precedente, ma di recente mi hanno fatto giustamente notare che lasciando troppi spazi inutili spezzettavo la scorrevolezza della storia, e per questo ho deciso di tornare alla forma del primo capitolo, dove inserivo gli spazi solo per i salti di tempo o di luogo (la forma dovrebbe rimanere finalmente così, ma nel caso non vi piaccia non esitate a farmelo sapere :)). 
Per le note e l’analisi del capitolo direi invece di partire dall’inizio: 
Il primo pezzo è un missing moment dedicato ad Hans che ho inserito per creare un parallelismo con quello di Elsa del capitolo precedente. Il povero principe non è libero di dormire neanche la notte (ho pensato che in una situazione di crisi fosse normale) e finalmente si scopre cosa gli frulla veramente in testa. Per quanto provi qualcosa per Elsa, lui la odia e la reputa un mostro perché assomiglia a questa misteriosa persona che gli ha rovinato la vita (o più precisamente hanno entrambi dei poteri, ma non gli stessi) e che a quanto pare solo lui e suo padre sanno essere ancora in vita. Hans si trova perciò ad odiarla e ad amarla allo stesso tempo, ma l’odio sembra prevalere sull’amore, e quindi ha intenzione di ucciderla ad ogni costo.
Le scene successive sono invece sia dal punto di vista di Anna che di Kristoff, ed è stata la parte più divertente da scrivere XD. Il nostro montanaro, mentre è alla ricerca di un rifugio per la notte (si trovano ancora nel bosco prima del burrone), finalmente ha modo di sfogarsi con Anna (dopotutto nel film lo faceva durante l’inseguimento, ma in questa fic non ne aveva avuto il tempo ;)), ma questa gli rigira la frittata facendolo sentire in colpa XP. Inoltre si scopre come già sospettasse di Anna, ma ovviamente non poteva immaginare che avesse dei poteri ;). Anna alla fine trova una caverna e gli fa una bella ramanzina per convincerlo ad entrare (mi sono ispirato alla scena di quando gli regala la slitta nuova XD), ma quando sembra essere tutto risolto, ecco che spunta l’orso XP (Pacha e Kusco: “è un classico -.-” Io: “tornatevene nel vostro film!”). Kristoff cerca di fare l’eroe per salvare Anna ma alla fine è lei a dover salvare lui con i suoi poteri. E adesso come reagirà Kristoff alla scoperta? Vi dico solo che, ora che Anna non deve più nascondere i suoi poteri, nei prossimi capitoli vedrete quello di cui è realmente capace ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto (scusatemi di nuovo per l’immenso angolo autore) e ci vediamo al prossimo aggiornamento, ciaoooo :)

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Capitolo 7
*** Orgoglio e dubbi ***


CAPITOLO SETTIMO

Orgoglio e dubbi






Anna aveva appena terminato il suo lungo soliloquio.

Non sapeva nemmeno lei il perché, ma aveva deciso di aprirsi completamente al montanaro, raccontandogli, oltre i reali avvenimenti delle ultime ore, un sommario di tutta la sua vita... dalla scoperta del potere infuocato fino al giorno dell’incoronazione. Kristoff aveva ascoltato con molta attenzione le parole della rossa, senza mai interromperla per porgerle delle domande.
I due ragazzi erano entrambi seduti vicino la parete rocciosa dove si era schiantato in precedenza il montanaro, la lanterna posta perfettamente in mezzo a illuminare tenuemente i loro volti. Anna osservava intimorita il biondo, in attesa della fatidica reazione a tali rivelazioni. Fra poco avrebbe scoperto se era davvero un ragazzo di larghe vedute come lei sperava, o se invece aveva una mente ristretta proprio come il duca di Weselton.
Kristoff, tuttavia, non si scompose, ma continuò a ricambiare con profonda serietà lo sguardo della ragazza. Dopo una manciata di secondi, la principessa non resistette più alla tensione e prese l’iniziativa.
«C-cosa ne pensi?» gli chiese, sussurrando appena le parole.
Il montanaro, in risposta, si sdraiò con le braccia incrociate sul fianco di Sven, il quale si trovava tranquillamente accucciato dietro il migliore amico, e le rivolse un espressione priva di qualsiasi emozione.
«Fammi capire... mi stai dicendo che sei stata tu a distruggere la mia slitta?»
Come previsto, la domanda lasciò di sasso la ragazza.
«Come prego?» rispose quasi inorridita «Io ti racconto la storia della mia vita, svelandoti il mio più prezioso segreto, e tu mi domandi se ho distrutto la tua slitta!?»
«Proprio così» aggiunse laconico «sei stata tu a incendiare il pattino?»
«Si!» gli rispose stizzita «ma si è trattato di un incidente! La fretta mi ha giocato un brutto scherzo e mi è sfuggita una scintilla che ha appiccato l'incendio. Ti ricordo, però, che in quel frangente ti ho comunque salvato la vita, quindi, anziché lamentarti, dovresti ringraziarmi per essere intervenuta!»
Anna incrociò anche lei le braccia al petto osservando con gran severità il montanaro. Da lui non si sarebbe mai aspettato un tale menefreghismo, cosa che l’aveva offesa non poco.
Tuttavia, non poteva immaginare che il suo atteggiamento fosse dettato più dall’orgoglio che dal disinteresse. Kristoff, infatti, era rimasto piacevolmente colpito dalle capacità della principessa, le quali l’avevano resa ai suoi occhi ancora più affascinante di quanto già non fosse, e di certo non l’aveva giudicata un mostro come la ragazza all’inizio temeva. Al contrario, riteneva il suo potere un dono veramente magnifico... ma venire a scoprire che gli aveva salvato non una, ma ben due volte la vita, aveva risvegliato in lui l’orgoglio maschile, spingendolo a chiudersi emotivamente nei suoi confronti.
«Primo, non mi stavo affatto lamentando, piuttosto ti stavo chiedendo una conferma; secondo, non era necessario che intervenissi, dato che avevo la situazione sotto controllo»
Anna sbuffò sonoramente.
“Oltre ad essere menefreghista, è anche un perfetto ingrato!” pensò, ancora più irritata.
«Bene! Anche con l’orso avevi la situazione sotto controllo?» ribatté con una domanda retorica, mentre tamburellava nervosamente un indice sulla spalla.
«Se tu non avessi insistito per entrare nella grotta, non saremmo mai incappati in quell’orso!»
«Ma cosa dici! Se non fossimo entrati qua dentro, a quest’ora saremmo ancora là fuori a gironzolare senza meta!!»
«Sempre meglio che darti ascolto e andare rischiare la pelle in posti chiaramente pericolosi!»
Con quest’ultima esclamazione da parte del montanaro, la rossa raggiunse il limite di sopportazione. Si alzò quindi dal suo posto in preda alla collera e, allontanatasi i il più possibile da lui, andò a distendersi sulla parete rocciosa opposta a quella del ragazzo.
Per un paio di minuti, nella grotta calò il silenzio più totale.
Entrambi i litiganti, infatti, non sembravano più disposti a riaprire un dialogo con l’altro... o almeno finché il montanaro non iniziò a sentirsi veramente in colpa per come si era comportato. Pensò allora di chiedere consiglio all’amica renna, ma Sven stavolta non poté rivelarsi di alcun aiuto, essendo sprofondato nel mondo dei sogni già da un bel pezzo. Kristoff, tuttavia, non si demoralizzò e, prendendo il coraggio a due mani, si avvicinò lentamente alla rossa, la quale era girata di spalle nel tentativo di prendere sonno e sbollire così la rabbia.
«Che cosa vuoi?» gli domandò gelida Anna, senza voltarsi a guardare il destinatario delle parole.
«Ehm... potresti...» le chiese titubante il ragazzo, riferendosi alla piccola catasta di legno che si era portato dietro e che aveva appena depositato per terra a pochi passi da lei. Anna non disse niente e, girandosi di scatto, lanciò una fiammata verso la legna, per poi ritornare come se niente fosse alla posizione di prima. Il focolare illuminò di colpo l’antro della caverna, annichilendo la tenue luce emanata dalla lanterna del montanaro.
«Grazie...» mormorò Kristoff, sedendosi accanto alla principessa, la quale fece finta di non averlo sentito.
«Senti...» iniziò, dopo aver emesso un lungo sospiro «...ti chiedo scusa per come mi sono comportato poco fa. A volte mi faccio accecare dall’orgoglio... e non mi rendo proprio conto dell’enormi fesserie che dico  dopo. In verità, se prima non fossi intervenuta con i tuoi poteri, avrei perso sicuramente la vita... e di questo ti sono veramente riconoscente»
Dopo una decina di secondi in cui calò nuovamente il silenzio, Anna si voltò ad osservare il viso dispiaciuto del biondo. Lei era sempre stata una ragazza molto allegra e solare, e di natura non riusciva a tenere rancore verso nessuno, per cui decise di mettere da parte la rabbia e di accettare le scuse del montanaro.
«Sei perdonato» gli disse mentre gli regalava un dolce sorriso, il quale venne immediatamente ricambiato da Kristoff. Quest’ultimo, tuttavia, non aveva ancora compreso dal discorso di prima una cosa molto importante, e, tornando con il volto serio ma comprensivo, non esitò a porre il quesito alla rossa.
«Perché me l’hai tenuto nascosto?»
Anna, a quel punto, abbassò il viso sconsolata, proprio come aveva fatto in presenza di Hans la sera prima sopra la balconata.
«Io... avevo paura»
«Paura di cosa?» le chiese sinceramente.
«Di come avresti reagito. Temevo che, scoperta la verità, mi avresti considerata un mostro, un essere contro natura... qualcuno da cui stare alla larga» gli occhi di Anna si inumidirono «la gente ha sempre timore di ciò che non comprende...»
La rossa ritornò con la mente a tutti gli anni in cui dovette nascondere i suoi poteri al resto del castello. Avrebbe tanto voluto dire la verità ad Elsa e a suo padre, ma la regina glielo aveva sempre proibito, soprattutto per tenere all’oscuro il secondo... e solo adesso comprendeva appieno il perché. Col tempo era riuscita a farsene una ragione, ma, a discapito di quanto pensava, il suo cuore non aveva mai smesso di soffrire.
Vedendo il dolore della ragazza, Kristoff le strinse la mano, facendola sussultare.
«Anna... per caso ritieni che i tuoi poteri ti rendano un mostro?»
«No, certo che no...» gli rispose in un filo di voce, quasi in automatico.
«Allora non hai motivo di temere il giudizio altrui» affermò con fermezza il montanaro «l’importante, infatti, è ciò che pensi di te stessa. Nel mondo ci sarà sempre qualcuno pronto a darti appellativi che non meriti, chi per paura chi per invidia, ma questo non ti deve scoraggiare. Sono le nostre azioni a decretare chi siamo, non ciò che pensano le altre persone di noi»
«Lo pensi sul serio?» gli domandò la principessa, guardandolo intensamente con gli occhi ancora un po' umidi.
«Mai stato più serio! E ti dirò di più: a mio parere non dovresti più nasconderti. Il tuo potere è un dono meraviglioso, Anna, in grado di fare un mondo di bene, e, se te lo dice un umile tagliatore di ghiaccio, stai pur certa che anche il popolo ti accetterà tranquillamente per quello che sei»
Le parole rincuoranti di Kristoff colpirono nel profondo la ragazza. Per la prima volta dopo tanti anni, stava realmente mettendo in dubbio la fondatezza delle proprie paure... e di questo gliene fu molto grata.
Anna si asciugò le lacrime e, non trovando le parole adatte per ringraziarlo, si limitò a poggiare la mano libera sulla sua spalla sinistra, regalandogli al contempo il più sincero dei sorrisi. Kristoff ricambiò dolcemente l’espressione della rossa, ma, non appena la mano entrò a contatto con la spalla, una fortissima fitta di dolore lo costrinse a ritrarsi.
«Che cos’hai?» gli domandò Anna allarmata
«N-non è niente, tranquilla»
«Non è vero, fammi vedere!»
Anna scrutò con attenzione il maglione del montanaro e intravide tra le pieghe dei grossi strappi che prima non aveva notato. Senza chiedergli il permesso, gli sollevò la manica fin sopra la spalla, e scoprì con orrore tre profonde ferite diagonali da cui sgorgava molto sangue.
«Kristoff, ma tu sei ferito! Perché non me l’hai detto prima?!»
«Non lo sapevo neanch’io. Ho sentito soltanto adesso il dolore*»
Anna si ricordò di come il montanaro avesse cercato di proteggerla frapponendosi tra lei e il grosso mammifero, e non poté non dispiacersene. Se avesse agito prima, di certo non si sarebbe ferito così gravemente.
«Stai perdendo molto sangue, rischi di morire!»
Kristoff si rese subito conto che aveva ragione: i tagli erano molto profondi, e le bende di cui disponevano non erano in grado di bloccare una tale fuoriuscita di sangue. Insomma, la sua condizione era veramente precaria.
Anna, tuttavia, aveva già in mente una possibile soluzione.
«Potrei fermare l’emorragie ustionando le ferite, ma-»  
«Fallo» le disse subito il montanaro, ormai fiducioso nelle capacità della rossa.
«Ne sei sicuro? Sentirai molto dolore...» gli rispose mortificata.
«Non preoccuparti per me. Sarò in grado di sopportarlo» le sorrise Kristoff, mentre si stringeva le ferite nel tentativo di tamponarle.
La principessa annuì, e spostò il robusto braccio del ragazzo in modo da distenderlo completamente. Poggiò due dita sulla prima ferita e concentrò in esse il suo potere infuocato, al fine di portare l’estremità alla temperatura ideale. La pelle del montanaro iniziò a bruciare, provocandogli dei grugniti strozzati che allarmarono non poco la ragazza.
«V-vai avanti»
Anna non se lo fece ripetere due volte e proseguì rapidamente nell’operazione, sperando di finire il prima possibile. Dopo un paio di minuti, le ferite erano state richiuse e da esse non fuoriusciva più alcuna goccia di sangue. Kristoff, ancora dolorante, tentò quindi di risistemarsi la manica del maglione di lana, ma la ragazza lo fermò.
«Aspetta... questo lenirà il dolore»
Prima che potesse chiederle cos’avesse in mente, Anna poggiò il palmo della mano sopra le tre ferite ustionate e rilasciò una flebile ondata di calore. Essa si diffuse per tutta la lunghezza dell’arto, distendendo i muscoli irrigiditi e alleviando istantaneamente il dolore che provava il montanaro. Kristoff osservò stupito il prodigio per poi chiudere gli occhi e rilassarsi, beandosi del magnifico tepore lenitivo di cui la rossa gli faceva dono.
«Come stai?» gli domandò Anna, dopo aver terminato la cura.
«Molto meglio, grazie. Mi hai salvato di nuovo la vita» affermò riconoscente
«Non c'è due senza tre, non ti pare?» gli rispose con un’altro sorriso.
Kristoff, a quel punto, incatenò il suo sguardo a quello della ragazza, perdendosi tra suoi bellissimi occhi color rubino.
“Mio dio, quanto è bella”
Subito sentì crescere dentro di sé il fortissimo desiderio di baciare le sue rosee labbra, desiderio che, però, dovette soffocare non appena si ricordò di uno scomodo particolare.   
“Lei è già fidanzata”
«Adesso dovremmo riposare» le disse, mentre distoglieva con delusione lo sguardo «Domani ci aspetta una dura giornata di cammino»
Anna non comprese la reazione del biondo. Naturalmente lei lo considerava solo un amico, e non poteva sapere dei sentimenti che stava provando durante quel semplice scambio di sguardi. Fu tentata di chiedergli cosa non andava, ma alla fine decise di far finta di niente e di assecondare la sua richiesta.
I due ragazzi ritornarono nel punto dove dormiva Sven e si coricarono sopra il fianco della renna. La stanchezza accumulata durante la giornata e il pelo soffice dell’animale conciliarono immediatamente il sonno, spingendoli a sbadigliare nello stesso istante.
«Buonanotte Anna» le augurò il montanaro mentre ridacchiava per la coincidenza degli sbadigli.
«Buonanotte Kristofer» gli rispose allora la rossa, provocandolo scherzosamente.
Le braccia di Morfeo avvolsero rapidamente la ragazza, trasportandola nel mondo dei sogni, mentre Kristoff la raggiunse poco dopo, approfittando del lasso di tempo per osservare un ultima volta il viso angelico e sorridente della principessa


*Lo shock per una ferita improvvisa a volte può bloccare il dolore per diversi minuti.


ANGOLO AUTORE: Salve a tutti :) oggi sono fiero di me stesso per aver aggiornato a tempo di record: solo due settimane rispetto alle tre degli aggiornamenti passati^^ (Lettore anonimo: veramente quasi tutti aggiornano ogni settimana -.- Io: lo so, ma potevi anche evitare di ricordarmelo T.T).
Il capitolo è più corto del solito e per certi versi può essere definito di transizione, ma lo ritengo comunque importante perché si comprende meglio cosa provano Kristoff e Anna l’uno per l’altra. Il montanaro è praticamente ancora più cotto di prima, ma non può far niente perché Anna è già fidanzata, mentre quest’ultima gli vuole bene ma lo considera solo un caro amico (mi spiace ma, come ho già detto in passato, non posso discostarmi troppo dal film u.u). Il capitolo, tuttavia, è ad alta concertazione di fluff, quindi lo possiamo considerare a tutti gli effetti un capitolo Kristanna :).  Anna all’inizio si è offesa (stavolta non per finta) per come ha reagito Kristoff, ma poi il montanaro ha messo l’orgoglio da parte e si è fatto perdonare. Inoltre è riuscito a mettere in dubbio le paure di Anna, cosa che in futuro si rivelerà determinante (piccola spoilerata ;)). Il dolore per le profonde ferite alla spalla, invece, l'ha percepito solo dopo diversi minuti per via dello shock provocato dalla zampata dell’orso (vi assicuro che è una cosa normale, a volte capita), ma per fortuna ci ha pensato di nuovo Anna a salvare la situazione con i suoi poteri ;).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e in caso fatemi sapere che ne pensate con un commentino^^, ciaooooo :)

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Capitolo 8
*** I poteri di Anna ***


CAPITOLO OTTAVO

I poteri di Anna





La luce dell’alba si affacciò delicata sul costone dell’altopiano.
Attraversato il lungo tunnel in pendenza, solo pochi raggi solari raggiunsero il fondo della caverna, ma essi furono sufficienti per infastidire il povero montanaro, il cui viso era proprio rivolto verso l’uscita dell’antro.
Kristoff strigliò prima gli occhi per poi aprirli a poco a poco, abituandosi alla nuova luminosità dell’ambiente. Anche Sven fu investito dai raggi solari, e come l’amico si svegliò terribilmente assonnato. Entrambi avevano dormito molto poco, due, tre ore al massimo (avevano trovato la grotta solo a notte inoltrata), ma questo non li disturbò più di tanto: il lavoro di tagliatore di ghiaccio, infatti, spesso richiedeva di lavorare la notte per evitare che il sole estivo sciogliesse lo strato di ghiaccio mentre veniva raccolto, per cui erano abituati a fare le ore piccole.
Tuttavia, Kristoff temeva che Anna, essendo di nobili origini, fosse abituata a ben altri orari, ma quando si girò per verificare se stesse ancora dormendo, con grande stupore la vide già in piedi con indosso la borsa a tracolla, pronta per partire.
«Buongiorno» gli disse mentre terminava di lisciare il pelo di Sven nel punto in cui si era coricata.
«Buongiorno» le rispose il ragazzo dopo un leggero sbadiglio «non mi aspettavo di trovarti già sveglia, per caso si tratta di un’altro effetto dei tuoi poteri?» concluse con un pizzico di ironia priva di cattiveria.
«Sembra strano ma sì. Da bambina ero una incorreggibile dormigliona, mentre adesso mi bastano poche ore di sonno per sentirmi del tutto riposata»
«Buono a sapersi» le sorrise il montanaro, alzandosi anche lui «bene, allora possiamo riprendere il viaggio»
Prima di ripartire, Kristoff controllò che non stessero dimenticando niente, e, a un certo punto, notò una cosa che lo lasciò a bocca aperta.
Dall’altro lato della grotta, era ancora presente la fiamma che Anna aveva acceso la notte prima... soltanto che sotto di essa non bruciava più la legna! Il fuoco aveva consumato tutto il combustibile, ma questo non accennava a spegnersi o a diminuire d’intensità.
«Oh, scusa» intervenne la rossa «per poco non me ne dimenticavo»
Come le volte precedenti, le bastò muovere leggermente la mano per estinguere immediatamente le fiamme. Kristoff, però, continuò a fissarla come in cerca di una spiegazione, la quale non tardò ad arrivare.
«Il mio fuoco non ha bisogno di alimentarsi e si spegne solo quando lo decido io»
«Capisco... e se gli versassi dell’acqua?» le domandò il biondo mentre incrociava le braccia al petto, sfidandola scherzosamente.
«Non pensare che sia così facile! Ne dovrai versare parecchia prima di riuscire nel tuo intento» gli rispose con finta offesa, facendogli pure la linguaccia.
Kristoff, allora, rise di gusto insieme alla ragazza. Oramai si intendevano perfettamente ed i litigi del giorno prima sembravano solo un lontano ricordo.
I tre viaggiatori percorsero il tunnel della caverna ed uscirono all’aperto.
L’impatto con la luce mattutina fu attenuata dalle fronde degli alberi che, frusciando per via del leggero venticello, proiettavano sulla superficie del terreno un luminoso mosaico in movimento. La neve era come sempre l’elemento predominante nel paesaggio e ricopriva l’intera zona boschiva. Il calore del sole, poi, per quanto intenso non riusciva minimamente a sciogliere la sostanza bianca, per cui, se fossero sopraggiunte altre nevicate, c’era il rischio che si accumulasse fino a formare delle vere e proprie montagne di neve.
«Sei sicura di non poter usare i tuoi poteri per sciogliere la neve?» le domandò il montanaro, rendendosi subito conto del pericolo a cui andava incontro l’intero regno.
«Sicurissima. Come ti ho già detto, la neve creata da Elsa è molto resistente. Per scioglierla dovrei utilizzare i miei pieni poteri, ma da quello che ho capito rischierei di carbonizzare tutto quanto, compresa la città e il fiordo. L’unico modo per riportare l’estate in sicurezza è che sia Elsa stessa a sciogliere la neve»
«In parole povere, dobbiamo sbrigarci a trovare tua sorella»
«Già... spero solo che non le sia accaduto niente di male» mormorò dispiaciuta, portandosi le mani al petto.
«Non preoccuparti, sono sicuro che sta bene» la rassicurò Kristoff.
La principessa gli sorrise e annuì con rinnovata fiducia. Dopodiché, senza indugiare oltre, si avviò per la direzione indicata dal biondo.


Dopo circa mezz’ora di cammino, Kristoff, Anna e Sven uscirono dal bosco e trovarono di fronte a sé un profondo crepaccio nel terreno che impediva loro di proseguire. Il montanaro osservò bene l’estensione della depressione e si fece scappare un sospiro rassegnato.
«Il burrone si estende per parecchi chilometri in entrambe le direzioni, aggirarlo richiederà molto tempo»
Sven non sembrò apprezzare la notizia ed emise un verso simile a un lamento. Kristoff, allora, gli accarezzò il dorso del collo per tranquillizzarlo.
«Avanti Sven, insieme abbiamo passato di peggio. Dai, proseguia-» le parole, però, gli morirono in bocca non appena vide ciò che la ragazza stava facendo.
Anna, infatti, aveva creato dalle mani due lunghissime colonne di fuoco orizzontali che, partendo dal ciglio del burrone, raggiunsero in un attimo l’altra sponda. Poi, le colonne si unirono per formare un unica grande fiammata, che la ragazza modellò con altri getti di fuoco fino a fargli assumere l’aspetto di un ponte molto simile a quello che collega il borgo al castello di Arendelle.
Kristoff, naturalmente, rimase meravigliato dalla grande abilità con cui riusciva a manipolare le fiamme, ma ciò che lo lasciò totalmente senza fiato, fu quello che accadde subito dopo: Anna poggiò la punta dello stivale sopra il pavimento del ponte infuocato... ed esso assunse consistenza solida! Il fuoco sotto di lei era stato tramutato in un materiale trasparente dello stesso colore del rubino, il quale si espanse molto rapidamente solidificando in pochi secondi l’intera struttura. Terminata l’opera, la principessa portò le mani ai fianchi, sorridendo soddisfatta.
Kristoff, invece, ripresosi dallo stupore iniziale, si avvicinò al ponte per analizzarlo: il materiale era liscio e levigato e, per certi versi, simile al ghiaccio. Il colore era di un rosso molto vivace e, osservandolo bene, al suo interno si potevano intravedere alcune venature di tonalità giallo-arancio le cui forme ricordavano delle lingue di fuoco. Quando sfiorò con le dita il parapetto, percepì distintamente che emanava un leggero calore. A quel punto, il montanaro realizzò di cosa si trattava.
«Incredibile, è cristallo di fuoco!» affermò, stupito.
«Sìììì, esatto!» gli rispose Anna, eccitatissima «Ti piace? Io l’adoro, lo trovo a dir poco stupendo! È la prima volta che lo utilizzo per creare un ponte così grande; non che non sapessi costruirlo, ovviamente, ma sai, dentro il castello non avevo sufficiente spazio e quindi mi sono sempre limitata a creare statuine o roba del genere; e poi una costruzione di queste dimensioni avrebbe dato troppo nell’occhio, ed io dovevo tenere segreti i miei po-»
«Ma non è possibile!» la interruppe Kristoff, mentre parlava a ruota libera «È un minerale che si origina solo all’interno di antichi vulcani spenti... ed è talmente raro da essere praticamente sconosciuto!»
La principessa annuì, lasciando intendere di essere già a conoscenza di tali informazioni.
«In effetti ho scoperto la sua esistenza per puro caso qualche anno fa, mentre leggicchiavo un barbosiss-, ehm, volevo dire, mentre studiavo un interessante trattato di geologia selezionato appositamente per me dal mio precettore. Quando ho letto che si trattava di fuoco allo stato solido, ho provato a ricrearlo e ho scoperto che mi veniva naturale, come se ne fossi stata sempre capace»
«Incredibile...» ripeté in un sussurro il montanaro, senza distogliere lo sguardo dal bellissimo ponte di cristallo. Era la prima volta che lo vedeva di persona, ma gran papà gliene aveva già parlato in numerose occasioni, descrivendolo come il gemello opposto al ghiaccio in grado di sprigionare calore proprio.
«Come lo conoscevi?» gli domandò curiosa la rossa, sorridendo ancora per l’apprezzamento che la sua opera riceveva dal ragazzo.
«Me ne hanno parlato i miei amici esperti in amore» le rispose con noncuranza, mentre tastava in più punti la struttura come a scoprirne ogni caratteristica.
«Un giorno me li dovrai presentare, sembrano dei tipi simpatici» aggiunse con sincerità la ragazza.
Il montanaro, allora, si voltò e le rivolse un sorriso tirato.
«Non credo ti convenga. Devi sapere che hanno un carattere... particolare: sono leggermente sfacciati e... chiassosi, molto chiassosi; sono anche testardi, a volte, e un po' prepotenti... e pesanti, davvero... davvero pesanti» le confessò con profondo imbarazzo.
La principessa ridacchiò sommessamente, immaginandosi i soggetti citati con il carattere descritto dal biondo. Lei, però, non credeva affatto che fossero cattive persone: “se sono amici di Kristoff, devono essere per forza meravigliosi” pensò infatti.
Il montanaro non poté fare a meno di ascoltare con attenzione la dolce risata della principessa... risata che l’aveva letteralmente incantato. Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per distogliere lo sguardo dalla ragazza ed incamminarsi attraverso il ponte, seguito a ruota da quest’ultima e da uno Sven molto felice di aver risparmiato un lungo tratto di strada.
“Cosa mi sta succedendo?”


Passarono le ore e il sole si alzò alto nel cielo, rischiarando ogni angolo del regno.
Raggiunta una certa quota d’altezza, Anna poté vedere la città di Arendelle completamente ghiacciata. Kristoff, allora, per distrarla da eventuali pensieri tristi sulla sorella, decise di aprire una conversazione e le domandò della sua vita quotidiana all’interno del castello. Il ragazzo riuscì nel suo intento e, mentre proseguivano nella scalata, la principessa gli raccontò allegramente delle tante esperienze vissute da piccola e di tutte le birbanterie che riusciva a combinare con i poteri, senza -per fortuna- essere mai scoperta dal padre o da altri che non conoscevano il suo segreto.
«Sei entrata dentro un forno acceso per rubare i biscotti al cioccolato?» le chiese Kristoff, mentre sghignazzava sottovoce.
«Sì, e dovevi vedere la faccia di Gerda quando mi ha trovata là dentro, era del tipo “oh mio dio!”. A otto anni, invece, mentre mi allenavo nei giardini a creare sfere di fuoco, ho bruciato per errore l’albero preferito di mio padre. “Autocombustione” dissero... ma mia madre non ci ha creduto e mi ha messa in punizione per una settimana. Cioè, ti rendi conto? Sono rimasta senza cioccolata per una settimana intera! Al sesto giorno, l’astinenza era tale che credevo d’impazzire»
Kristoff, a quel punto, non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere, provocando uno sbuffo contrariato di Anna.
«Non c’è niente da ridere» incrociò le braccia al petto e lo guardò con un ghigno malefico dipinto sul volto «se impazzisco, posso diventare moooolto pericolosa... e la stessa cosa vale se mi arrabbio» concluse con gli occhi ridotti a due fessure.
«Oh, non oserei mai far adirare vostra altezza» le rispose con molta teatralità, portando le mani in avanti. Naturalmente sapeva che scherzava, e, infatti, poco dopo si coprì la bocca per trattenere le risate.


La mattinata proseguì tranquilla tra racconti, canzoni e tanta allegria.
Nel primo pomeriggio, i tre viaggiatori raggiunsero un piccolo spiazzo dove si ergevano maestosi dei bellissimi salici piangenti. Il gelo aveva incastonato dei pezzi di ghiaccio a forma di goccia lungo le sottilissime foglie degli alberi, rendendo ancora più suggestivo il panorama che si presentava ai loro occhi.
Kristoff, Anna e Sven rimasero estasiati da quel piccolo angolo di paradiso.
La renna, poi, si divertiva a saltellare tra le foglie, attorcigliando quest’ultime alle sue lunghe e ingombranti corna.
«Non ho mai pensato che l'inverno potesse essere così... bello» mormorò la principessa, mentre ammirava il paesaggio attorno a sé.
Una voce tutt’altro che familiare si fece strada tra le orecchie dei presenti, suscitando in loro prima curiosità e poi sgomento.
«Sì, è bello davvero, ma è tutto così biaaanco, non sarebbe meglio avere un po' di colore? Pensavo che un po' di rosso cremisi o verde Caraibi... che ne dite del giallo? No, giallo no, giallo sulla neve non va...»
I tre si voltarono e videro in mezzo a loro un pupazzo di neve... un pupazzo di neve che si muoveva e parlava!
«...dico bene?» concluse il discorso, allargando i due rametti che fungevano da braccia.
Anna emise un gridolino spaventato e, spronata dall’istinto, scagliò una fiammata in direzione del pupazzo. Il getto di fuoco lo mancò per un soffio, colpendo il terreno poco dietro il nuovo arrivato. Questi, ignaro del pericolo appena corso, si avvicinò alla fiamma come ipnotizzato.
«Cavolo, allora è questo il caldo, com’è beeeello...»
Il pupazzo fu sul punto di toccare il fuoco -che nel frattempo bruciava senza combustibile sopra la superficie innevata-, ma la rossa lo precedette e, resasi conto di cosa aveva di fronte, spense la fiamma prima che potesse danneggiarlo.
«Oh, che peccato, avrei tanto voluto toccarlo» si rattristò il pupazzetto, la cui altezza non superava i settanta centimetri.
«S-sei un pupazzo di neve?» gli domandò Anna, ancora incredula di ciò che vedevano i suoi occhi.
«Certo!» esclamò allegro «sono un pupazzo tutto d’un pezzo!»
«Beh, veramente...»
La ragazza si mise in ginocchio, prese dalla borsa una delle carote di Sven e la conficcò nella testa del pupazzo, all’incirca dove dovrebbe stare il naso. Purtroppo, impresse troppa forza nel colpo e l’ortaggio uscì per metà dall’altro lato.
«Oh scusa, troppa forza, scusami tanto... io volevo solo-»
«Ho le vertigini»
«Stai bene?» si preoccupò la rossa.
«Vuoi scherzare? Mi sento... una meraviglia! Ho sempre desiderato un nasino, quant'è cariiiiino! Sembra un piccolo unicorno»
Il pupazzo rimirò la piccola sporgenza della carota girando su se stesso, e la ragazza ne approfittò per sistemarla dandole una leggera spinta da dietro.
«Ahhh, mi piace ancora di più... va bene, ricominciamo d'accapo: ciao a tutti, io sono Olaf e amo i caldi abbracci»
«Olaf...» ripeté la ragazza, pensierosa «È vero, Olaf»
Anna si ricordò delle allegre giornate trascorse con Elsa prima della loro separazione. Ogni volta che giocavano con la neve, le due bambine costruivano un pupazzo il cui nome era sempre Olaf, il preferito della minore. Il diretto interessato, però, interruppe il filo dei suoi ricordi.
«E tu sei...?»
«Oh, io sono Anna»
«E chi è quella specie di somaro lì?» le domandò con tono complice.
«Quello è Sven» rispose, indicando la renna accanto al montanaro.
«Ah, e la renna invece?»
«Sven?» gli rispose di nuovo, un po' perplessa.
«Ah! Hanno lo stesso- ok, sarà più facile per me»
Sven notò la carota di Olaf e tentò di mangiarla. Il pupazzo riuscì a scansarsi in tempo, preservando così il nuovo naso, ma fraintese (come sempre, del resto) le intenzioni del quadrupede.
«Che carino, cerca di baciarmi il naso, mi piaci anche tu!»
«Olaf, ti ha fatto Elsa?» intervenne Anna.
«Sì, perché?»
«E tu sai dov’è?»
«Sì, perché?»
«Pensi di poterci indicare la strada?»
«Sì, perché?» nel frattempo Kristoff aveva staccato un braccio di Olaf per poterlo osservare meglio, ma il rametto gli diede un schiaffo e venne recuperato dal padrone «Smettila Sven! Sto cercando di concentrarmi... sì, perché?»
«Te lo dico io perché» rispose il montanaro al posto della principessa «Elsa deve far tornare l'estate»
« L'estate? Oh, non so perché, ma ho sempre amato l'idea dell'estate, e del sole, e del caldo afoso...»
Il pupazzo assunse un aria sognante, cosa che suscitò non poca perplessità nel biondo.
«Davvero? Direi che non hai molta familiarità col caldo»
«No, ma a volte amo chiudere gli occhi e immaginare come sarebbe se venisse l'estate...»


(Brano “Sognando l’estate”)


«Sì, andiamo! Elsa è da questa parte, facciamo ritornare l'estateeeeee!!»
Il gruppo stava per incamminarsi al seguito del pupazzo di neve, quando quest’ultimo si fermò di colpo per chiedere un’ultima cosa alla ragazza.
«Prima però posso toccare il fuoco?»
«Aspetta, che?» rispose stupita.
«Il fuoco che hai creato dalla mano... sei come la mia creatrice, vero?»
«Beh, sì, ma io-»
«Allora posso toccarlo?»
Anna sembrò pensarci su un attimo, ma lo sguardo speranzoso di Olaf intenerì la principessa, che decise di accontentarlo.
«Non credo che sia una buona idea» si intromise Kristoff.
La rossa non gli prestò attenzione e, chinatasi all’altezza del pupazzo, distese un braccio verso di esso. Dopo qualche secondo in cui sembrò concentrarsi, lasciò fluire il suo potere nel palmo della mano e lo rivolse verso l’alto. Sotto lo sguardo stupito del montanaro e della renna, dal palmo fuoriuscì un piccola fiamma... una piccola fiamma di colore blu!
Olaf si avvicinò felice alla mano di Anna ed allungò il rametto a forma di arto per soddisfare la sua curiosità. Quando entrò a contatto con la strana fiamma blu, questi non prese fuoco, ma l’attraversò rimanendo illeso.
«Fa il solletico» ridacchiò il pupazzo di neve, suscitando un dolce sorriso nel viso della ragazza.
Olaf continuò a giocherellare con le fiamme, tenendone addirittura un po' tra le piccole manine, finché non si estinsero del tutto.
«Certo che il fuoco è proprio divertente» esclamò pieno di gioia.
«Quello non era fuoco norm-» il montanaro si beccò una gomitata da parte della rossa.
«Fa' silenzio, non c’è bisogno che lo sappia» bisbigliò Anna.
«Dai, andiamo a trovare Elsaaaa!!» disse Olaf al massimo dell’eccitazione, poco prima di iniziare a correre nella direzione di prima.
Anna lo seguì sorridente, contenta di averlo reso così felice. Kristoff, invece, rimase indietro, ripensando con perplessità alle parole della rossa.
«Qualcuno glielo deve dire»



ANGOLO AUTORE: Salve a tutti cari lettori e recensori :) vi chiedo scusa per il ritardo nell’aggiornamento, ma in questo periodo ho avuto molto da fare. Sfortunatamente, ho avuto pochissimo tempo da dedicare a questo capitolo, ed è un vero peccato perché è forse il mio capitolo preferito in assoluto. Se avete letto la mia bio note, allora saprete anche che sono un fan sfegatato della Marvel e che adoro i superpoteri^^.
Bene, direi allora di fare un riassunto dei poteri di Anna, nel caso non sia chiaro qualcosa:
1. Come avevo già accennato al terzo capitolo, Anna non necessita di molte ore di sonno per sentirsi riposata (come si è visto, le bastano un paio d’ore). Il fuoco, infatti, le fornisce molta vitalità, ma niente le impedisce, se vuole, di dormire di più. Stessa cosa vale per Elsa, anche se non si avrà l’occasione di vederlo in questo capitolo della saga.
2. Il fuoco che crea Anna può bruciare (forse anche all’infinito) senza aver bisogno di legna o di altri combustibili. Come ha spiegato Anna, la neve e il ghiaccio di Elsa sono molto resistenti (altrimenti non si giustifica come mai nel film non si scioglievano sotto il sole estivo), ma anche il suo fuoco non è da meno: così come lei ha difficoltà a sciogliere la neve, anche Elsa avrebbe problemi a spegnere le sue fiamme (ecco perché ha risposto a Kristoff che avrebbe dovuto usare molta acqua)
3. Il cristallo di fuoco è la controparte del ghiaccio e sprigiona calore proprio. Ovviamente nella realtà non esiste, ma in questo mondo immaginario è un minerale quasi sconosciuto che si forma solo all’interno di vulcani ormai spenti. Anna ha sempre avuto la capacità di creare il cristallo di fuoco (va bene anche cristallo infuocato), ma ne ha scoperto l’esistenza relativamente da poco (da qualche anno), e, dato che al contrario di Elsa non ha mai perso il controllo dei poteri, non poteva creare volontariamente qualcosa che non sapeva esistere.
4. Il fuoco blu è un fuoco privo di calore. Anna controlla anche il calore, e quindi è in grado di eliminarlo dalle proprie fiamme, che di conseguenza assumono questo colorito particolare (in realtà, quando una fiamma è blu significa che è ancora più calda, ma vabbè, prendetela come una licenza letteraria ;)). Tuttavia, crearlo non è facile e richiede molta concentrazione (ecco perché non l’ha usato per spaventare i lupi e l’orso, non ne avrebbe avuto il tempo).
Spero di essere stato esauriente nelle spiegazioni, ma, nel caso in cui aveste ancora qualche dubbio, non esitate a chiedere ;). Nel prossimo capitolo compariranno tutti i personaggi ed avverrà il fatidico incontro tra Anna ed Elsa, nel frattempo, vi saluto augurando a tutti voi un buon inizio di scuola/università (questa è stata cattiva XD), ciaoooooo :)

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Capitolo 9
*** L'incontro delle due sorelle ***


CAPITOLO NONO

L'incontro delle due sorelle





Olaf guidò la piccola compagnia attraverso i sentieri che conducevano alla montagna del nord, luogo in cui dimorava -a detta di lui- la regina in esilio.
Vicino alla pendice, i quattro dovettero attraversare una breve strettoia disseminata di stalagmiti appuntite. Il passaggio era abbastanza largo da permettere il transito senza eccessivo pericolo, ma Anna, per sicurezza, preferì sciogliere buona parte delle pericolose sporgenze con una serie di fiammate intense e mirate.
«Più ti vedo all’opera e più riesci a stupirmi, sei davvero bravissima» si complimentò Kristoff, memore della perfezione del ponte di cristallo.
«Grazie» gli rispose con un sorriso la rossa, arrossendo leggermente per il complimento. Era la prima volta che la elogiava per l’abilità con cui adoperava i poteri e si sentì lusingata.
«Cos’hai intenzione di fare quando raggiungeremo tua sorella?» le domandò subito dopo, spegnendo il rossore della ragazza. Questa, ricordando l’obbiettivo del loro viaggio, tornò seria e risoluta, velocizzando al contempo il passo.
«Ho intenzione di parlarle e di dirle tutta la verità» gli rispose con molta sicurezza e determinazione.
«Coloro che si rifugiano in montagna di solito vogliono stare da soli» affermò allora il biondo che, seppur con rammarico, evitò mezze misure al fine di metterla di fronte alla realtà dei fatti.
Anna comprese il suo intento, ma non aveva alcuna intenzione di desistere:
«Nessuno vuole stare da solo. Elsa è fuggita perché non vedeva altra soluzione. Fidati, io so bene cosa sta provando e l’aiuterò a superare questa crisi»
«Non hai paura di lei?»
Anna si fermò di colpo, si voltò indietro e lo guardò dritto negli occhi, il viso contratto in una maschera di inorridito stupore.
«Non fraintendermi» continuò il montanaro «ieri notte non ho mentito quando ho detto che i vostri poteri sono un dono bellissimo, ma non per questo posso ignorare i fatti. Sebbene abbia le migliori intenzioni, Elsa non è in grado di contenersi e, alla minima emozione, potrebbe perdere nuovamente il controllo» l’espressione facciale mutò da seria a preoccupata mentre riduceva la distanza tra loro «Anna... ciò che cerco di dirti è che sono preoccupato per te. Non voglio che ti metta in pericolo»
Le sue ultime parole sbigottirono la principessa ancora di più.
“Davvero tiene così tanto a me?” si domandò, mentre l’orrore spariva dal volto per fare spazio a una sincera commozione.
«Non preoccuparti» rispose, regalandogli un sorriso dolcissimo «so badare a me stessa. E poi mia sorella non mi farebbe mai del male»
I due ragazzi si scrutarono intensamente per interminabili secondi.
Il montanaro fu nuovamente assalito dal fortissimo impulso di esternare i propri sentimenti. La principessa, dal suo canto, percepiva una stranissima sensazione di déjà-vu.
«Sì, scommetto che è la persona più carina, gentile e affettuosa del mondo» la voce squillante di Olaf spezzò lo scambio di sguardi, attirando l’attenzione su di sé. Mentre pronunciava tale frase, però, non fece caso alla direzione presa e finì per essere trapassato da una delle poche stalattiti sopravvissute alle fiamme. Risultato? La testa e il busto rimasero incastrati nel ghiaccio, mentre la metà inferiore proseguiva nel cammino come se niente fosse.    
«Oh guarda, mi sono stalactittato»
Kristoff e Anna risero di gusto e dimenticarono l’intimo contatto visivo di poco prima.


Nel borgo di Arendelle la situazione non era delle migliori.
I sudditi del piccolo regno lottavano contro il freddo come meglio potevano ma, col passare delle ore, la temperatura diminuiva sempre di più e, con essa, la speranza di riveder tornare l’estate. Hans, nel frattempo, era sceso in piazza per aiutare i soldati a distribuire tra il popolo quanti più beni di prima necessità:
«Una coperta, a chi serve una coperta?»
Una signora di mezza età si avvicinò al principe, accettando molto volentieri il prezioso dono.
«Arendelle è in debito verso di voi, vostra altezza» lo ringraziò, per poi tornare all’interno della propria abitazione.
«Il castello è aperto! C'è zuppa e glögg caldo nel grande salone» annunciò il principe, scandendo bene ogni sillaba per poter essere più facilmente compreso dai presenti.
Hans consegnò le coperte che teneva in mano a una guardia lì vicina e si avviò verso il castello per coordinare la distribuzione dei viveri, ma il duca di Weselton apparì d’improvviso alle sue spalle e lo trattenne sul posto:
«Principe Hans! Dovremo restare tutti qui a gelare mentre regalare tutti i beni commerciabili di Arendelle?»
Hans roteò gli occhi, visibilmente spazientito. Trattenne ogni emozione negativa e, sfoggiando tutta la sua abilità diplomatica, rivolse al duca un espressione neutra e apparentemente pacifica:
«La principessa Anna ha dato ordini-»
«E c'è anche un altra cosa!» lo interruppe bruscamente il duca «Non avete pensato che la vostra principessa possa cospirare con la strega per distruggerci tutti!?» strillò ai quattro venti, suscitando le ire del principe. Non gli importava che avesse appena insultato Anna ma, accusandola pubblicamente di cospirare contro il reame, aveva minato la sua autorità in quanto reggente di Arendelle... e ciò non poteva assolutamente tollerarlo.
«Non osate dubitare della principessa! Ha lasciato ME in carica, ed io non esiterò a difendere Arendelle dal tradimento!»
«Eh? Tradimento?»
Prima che l’alterco potesse degenerare, uno stallone bianco irruppe nella piazza tra lo stupore generale: era il cavallo con cui la principessa Anna era partita due giorni prima alla ricerca della sorella. Esso nitriva e scalciava in preda al panico, ed Hans dovette intervenire di persona per domarlo. Non appena lo ebbe calmato, il principe diede una rapida occhiata alla montagna del nord, velando con lo sconforto la profonda rabbia che gli ribolliva in corpo:
“Stupida mocciosa, l’avevo avvertita di non partire da sola! Se muore, posso dire addio al mio piano di conquista del trono”
«La principessa Anna è in pericolo!» si rivolse a tutti i sudditi presenti in piazza «Servono volontari che vengano con me e che mi aiutino a trovarla»
«Io offro due volontari, milord»
Il duca di Weselton non perse tempo e propose come volontari i soldati alle sue dipendenze. Hans, sebbene nutrisse ancora rancore per la precedente mancanza di rispetto, ritenne di avere bisogno di più uomini possibili e accettò volentieri l’aiuto offertogli, ponendo così fine al loro contrasto.
«Siate pronti a tutto. E se doveste incontrare la regina, dovrete porre fine a questo inverno, mi sono spiegato?» sussurrò il nobile, prima che i due si unissero alla piccola spedizione appena formatasi. Quest’ultimi risposero con un cenno del capo, lasciando intendere di aver compreso perfettamente gli ordini del duca.


«E ora?»
Anna e Kristoff si fermarono di fronte a un enorme parete rocciosa, il fianco della cima della montagna. La loro meta era lassù... e non avevano la minima idea di come raggiungerla. Il montanaro sembrò rifletterci su, finché non tirò fuori dalla sacca una fune di corde attorcigliate:
«È troppo ripido. Io ho solo una fune e-»
«Mi è venuta una splendida idea! Costruirò una scala di cristallo che arrivi fino in cima!»
Anna emise un gridolino dall’emozione. Il ragazzo, invece, strabuzzò gli occhi e la fermò trattenendola per i fianchi:
«Aspetta! Non hai pensato che potresti provocare una frana?» la rossa inarcò un sopracciglio «Niente poteri. Se va scalato, va fatto alla vecchia maniera, con corda e piccone»
«Ok, come vuoi tu» gli rispose, scrollando le spalle.
Kristoff sorrise e mollò la presa, realizzando troppo tardi di aver fatto il gioco della principessa che, libera di agire, creò all’istante un’altissima colonna di cristallo infuocato. Con fluidi movimenti delle mani, scolpì la colonna fino a darle la forma di una maestosa e aggraziata scala a chiocciola, provvista persino di un solido parapetto per prevenire rovinose cadute. Terminata la costruzione, la ragazza saltellò dalla gioia e sorrise al biondo lì accanto:
«Allora, saliamo?»
Il montanaro incrociò le braccia al petto e scosse la testa negativamente:
«Io non ci salgo... e non ci sali nemmeno tu! È troppo pericoloso»
«Pericoloso? Come può una scala essere pericolosa?»
«È fatta di cristallo» puntualizzò il biondo «basta che una roccia la sfiori per mandarla in frantumi»
«Il cristallo di fuoco è molto più resistente di quanto credi»
«Può darsi, ma non vorrò trovarmi a cento metri da terra quando lo scoprirò»
«Bene... non mi lasci altra scelta»
Anna si chinò e prese tra le mani una pietra di medie dimensioni. Kristoff notò il ghigno minaccioso che aveva dipinto sul volto e, temendo il peggio, arretrò di qualche passo, preparandosi a schivare il pericolo proiettile. La pietra sibilò nell’aria, ma passò alla destra del montanaro, colpendo la scalinata dietro di lui. L’impatto produsse un rumore molto acuto, ma, a dispetto delle previsioni, la costruzione ne uscì perfettamente illesa, priva di qualsivoglia danno o graffio.
«Visto? Più duro dell’acciaio» affermò la principessa in tono trionfante.
Il biondo stava per arrendersi all’evidenza, quando Olaf lo richiamò da una insenatura alla loro sinistra:
«Ehi Sven, non sono sicuro se questo risolve il problema, ma ho trovato una scala che porta esattamente dove volete andare»
“Grazie al cielo” pensò “non ne potevo più di dargliela sempre vinta”
«Mi spiace, sarà per un’altra volta» disse ad Anna, invitandola con un sorriso sornione a seguirlo nell’insenatura. Lei sbuffò e, con un seccato gesto della mano, distrusse la scala a chiocciola che si polverizzò nell’aria in minuscoli e innocui frammenti di cristallo.
Non appena i quattro viaggiatori ebbero oltrepassato il passaggio, un imponente castello di ghiaccio coprì loro la visuale, lasciandoli letteralmente a bocca aperta.
«Però» ammise la rossa.
«Ecco, QUESTO è ghiaccio... voglio piangere»
«Fa pure, non ti giudicherò» gli rispose, mentre continuava ad ammirare il capolavoro della sorella maggiore.
Olaf non esitò un istante e oltrepassò il profondo burrone che li divideva dal castello utilizzando la scala menzionata in precedenza, anch’essa fatta interamente di ghiaccio. Anna e Kristoff lo seguirono ma, quando fu il turno di Sven, vi furono delle complicanze: gli zoccoli della renna, infatti, scivolavano nella superficie ghiacciata, bloccando ogni suo tentativo di proseguire. L’amico d’infanzia se ne accorse e lo aiutò a scendere dai gradini. Tornò indietro e, raggiunto il portone del castello, vide Anna indecisa sul bussare, il braccio bloccato a mezz’aria:
«Bussa» le sussurrò Olaf «dai bussa»
La principessa esitava ancora, sommersa dai tristi ricordi di una porta della sua infanzia: una porta bianca come il latte, tanto odiata quanto amata dalla piccola principessa; una porta che, per quanto lo desiderasse con tutto il cuore, non cedeva mai alle sue suppliche e non si apriva mai davanti a lei... la porta della camera di Elsa.
«Perché non bussa? Secondo te sa bussare?» il pupazzo si rivolse al montanaro, il quale, comprendendo lo stato d’animo della ragazza, osservava la scena in religioso silenzio.
Dopo un paio di secondi, Anna si fece coraggio e bussò al portone... che si rivelò essere già aperto.
«È aperto... mai successo» mormorò la principessa. Prima di entrare all’interno, si portò la nocca dell’indice destro alla bocca, ripensando a un particolare che rischiava di rovinare l'incontro con la sorella:
«T-tu è meglio se aspetti fuori» comunicò a Kristoff con un tono piuttosto imbarazzato.
«Che cosa?»
«L'ultima volta che le ho presentato un ragazzo ha congelato tutto»
«Ma, ma... ohhhh smettila, è un palazzo fatto di ghiaccio! Il ghiaccio è la mia vita!»
Per una frazione di secondo, Anna si sentì strana... come se una forza interiore la stesse spingendo a provare un sentimento sbagliato, un sentimento che non aveva alcuna ragione d’esserci, ma che, tuttavia, percepiva farsi strada dentro di sé... un sentimento che poteva tradurre in gelosia.
«Addio Sven»
L’intervento di Olaf ridestò la ragazza, la quale lo bloccò immediatamente dall’entrare nel castello:
«Anche tu, Olaf»
«Anch'io?»
«Lasciateci solo un minuto»
«Va bene»
Il pupazzo accettò di buon grado la richiesta dell’amica, si sedette nell’ultimo gradino prima dell’ingresso e -come c’era d'aspettarsi da lui- iniziò a conteggiare i secondi che componevano il minuto d’attesa.
Kristoff, preso dalla noia, si sedette accanto ad Olaf e lo accompagnò nel conto alla rovescia.


«Wow»
Anna ammirava estasiata il salone principale del castello, un tripudio di bellezza e di perfezione architettonica: al centro della sala circolare spiccava una stupenda fontana di ghiaccio, l’acqua immortalata nel classico movimento a cascata. Dietro di essa, in un balcone sopraelevato, vi era l’accesso al piano di sopra, collegato al pianterreno da un’elegante scalinata semicircolare per ogni lato. Il soffitto, infine, era composto da una volta esagonale, adornata dall’immagine di un enorme fiocco di neve che -incredibile ma vero- risplendeva di luce propria.
La rossa, nel vedere tale meraviglia, provò un pizzico di invidia e si ripromise per il futuro di creare un castello simile con i propri poteri.
“Prima però devo aiutare Elsa a riportare tutto alla normalità” pensò, avanzando di qualche passo alla destra della fontana.  
«Elsa!» la chiamò a gran voce «Sono io, Anna!»
«Anna...?»
La regina non si fece attendere, apparendo in cima alle scale pochi instanti dopo.
Elsa -proprio come il castello da lei costruito- era una visione celestiale: gli abiti rigidi e austeri indossati alla cerimonia avevano ceduto il posto a uno stupendo vestito ricamato nel ghiaccio, le spalle scoperte e uno spacco lungo la gonna per facilitarle i movimenti. I lunghi capelli platinati, prima imprigionati nel chignon, ora erano liberi e selvaggi, legati dietro la nuca da un’unica treccia che le ricadeva dolcemente sulla spalla sinistra. Dalla schiena, poi, partiva un lungo mantello a strascico, anch'esso creato con i poteri del ghiaccio, decorato con fiocchi di neve e ghirigori a tema invernale. Tutti questi elementi, uniti alla naturale carnagione pallida, conferivano alla regina una bellezza fuori dal comune... bellezza che stupì non poco la principessa.
«Oh, Elsa sei... cambiata... in meglio, davvero. E questo posto è... meraviglioso»
«Grazie. Non mi rendevo conto di cosa fossi in grado di fare»
«Mi spiace per quanto è successo. Se avessi saputo-»
Anna si avvicinò con timore alla scale di ghiaccio, sentendosi ancora in colpa per la fuga della sorella. Quest’ultima, però, la interruppe, alzando le mani in avanti e arretrando di qualche passo:
«No no no no, non devi chiedermi perdono... ma dovresti andar via, ti prego»
«Ma sono appena arrivata»
«Il tuo posto è ad Arendelle»
«Anche il tuo» ribatté la rossa, decisa più che mai a riportare a casa la sorella.
«No, Anna. Il mio posto è qui... da sola, dove posso essere me stessa... dove non posso far male a nessuno»
Il viso di Anna si rattristò.
Non poteva permettere che buttasse così la sua vita a causa della paura; quella stessa paura da cui la madre la metteva costantemente in guardia, e che aveva sempre sconfitto grazie al suo affetto e al suo sostegno. Comprese, allora, che era giunto il momento di svelarle la verità... la verità sui suoi poteri del fuoco:
«Elsa, devi sapere che anch’io-»
«58, 59, 60!»
«Aspetta, ma chi è?»
Olaf irruppe nel castello con l'euforia tipica di un bambino, interrompendo la principessa proprio nell’atto della confessione.
«Ciao! Io sono Olaf ed amo i caldi abbracci!» rispose il pupazzo, salendo qualche gradino della scala.
«Olaf?»
«Sì, mi hai fatto tu, non te lo ricordi?»
«E sei vivo?»
«Umm... credo di sì»
«Sembra quello che abbiamo fatto da piccole» intervenne Anna, accarezzando la testa del piccolo pupazzo di neve.
«Sì...»
«Elsa, eravamo così unite... possiamo esserlo di nuovo»
La regina sorrise, ripensando ai momenti felici trascorsi insieme alla sorella. Tuttavia, l’attimo di serenità ebbe vita breve, e il ricordo dell’incidente riaffiorò prepotente nel suo animo:
Prendimi!”
Piano, Anna!
Ahhh
A-Anna
«No, non possiamo... addio, Anna»
Elsa diede le spalle ad Anna per tornare nelle stanze superiori, celando come meglio poteva la profonda tristezza che le attanagliata il cuore.
«Elsa, Aspetta!»
«No! Cerco solo di proteggerti»
«Non devi proteggermi, io non ho paura! Ti prego, non escludermi di nuovo dalla tua vita!»
La maggiore non l’ascoltava. Anna, nel frattempo, non si arrendeva, ma la seguiva per le scale senza mai perdere la speranza di farle cambiare idea.
«Fidati di me, posso aiutarti. Insieme risolveremo tutto!»
Raggiunto il piano di sopra, Elsa decise di fermarsi e di rispondere alla sorella minore per convincerla a desistere una volta per tutte:
«Anna, dammi retta, torna a casa. Senza di me avrai meno problemi. Lo so che pensi di potermi aiutare, ma qui non c’è nulla per una come te»
«Ti sbagli Elsa, noi due siamo più simili di quanto immagini»
«Che intendi dire?» la regina inarcò un sopracciglio, perplessa.
Anna portò una mano davanti a sé e, sollevato il palmo verso l’alto, lasciò che il proprio potere si manifestasse di fronte alla sorella maggiore. Dal palmo fuoriuscì una flebile lingua di fuoco che danzò per pochi istanti nell’aria, prima di dissolversi tra mille scintille purpuree.
«C-cosa?»
Elsa non riuscì a pronunciare altro.
Il suo corpo fu come paralizzato dallo stupore. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto. Una parte di lei pensava, infatti, di aver sognato tutto; di aver desiderato a tal punto di incontrare qualcuno simile a lei, da provocarle un’allucinazione che saziasse tale desiderio. Ma non poteva essere un’allucinazione... perché mai avrebbe immaginato che quella persona tanto desiderata fosse proprio Anna.
«Sei come me?»
La minore non rispose, ma annuì semplicemente.
«Ma... com’è possibile?»
«Non so, sarà un dono di famiglia»
Anna scrollò le spalle come se fosse una cosa normale, suscitando una piccola risata nella sorella maggiore. Lei si compiacque di aver alleggerito la tensione, ma si rese anche conto di non aver dato una reale risposta alla domanda:
«Sono nata con questo potere, ma l’ho manifestato solo all’età di cinque anni, qualche mese dopo che tu... be’, lo sai» il sorriso scomparve dalle labbra di entrambe le sorelle. Elsa, tuttavia, si sentiva in parte sollevata, perché aveva compreso di non aver causato lei la mutazione dell’aspetto di Anna come invece credeva fino ad allora.
«Quando la mamma lo scoprì-»
«Aspetta, nostra madre lo sapeva?» le domandò con immenso stupore «perché non me l’ha mai detto? Io... io avrei voluto saperlo...»
«Non voleva che papà o qualcun altro lo scoprisse» aggiunse Anna «mi fece promettere di non dirlo a nessuno, compresa te... m-mi dispiace...»
La principessa chinò il capo tristemente. Elsa la guardò con gli occhi pieni di dolcezza e non resistette più. Le corse incontro e l’abbracciò con tutte le sue forze, lasciandola senza parole.
«Sono felice di sapere che esiste un’altra persona come me... e che quest’altra persona sia proprio tu, Anna, la mia dolce sorellina»
Anna ricambiò l’abbraccio con immenso amore, beandosi di quel momento di pura felicità.
«Sai, anch’io mi sono chiesta perché la mamma non mi abbia detto niente... sì, dei tuoi poteri intendo... anch’io avrei voluto saperlo...»
«Non poteva. Dopo l’incidente fu deciso di-» Elsa si blocco a metà frase, allentando la stretta che la teneva unita alla sorella.
«Incidente? Quale incidente?» domandò perplessa la rossa. La regina si staccò del tutto e arretrò di qualche passo:
«N-niente, l-lascia stare»
Di nuovo, le immagini della terribile notte riapparvero di fronte ai suoi occhi “non importa se è come me, per lei sarò sempre un pericolo”
«Ora però devi andare»
«Aspetta, che? Ma che stai dicendo, io non me ne vado senza di te!»
«Anna, ti prego, non capisci che lo faccio per proteggerti? Io non so in grado di controllare questa... questa maledizione!» trillò, allargando le braccia in un moto di esasperazione.
«Non dire così! I tuoi poteri non sono una maledizione, ma un dono. La mamma me lo diceva sempre e io non ho mai avuto motivo di dubitarne»
Elsa sgranò gli occhi:
«Quindi... li sai controllare?»
La principessa decise di rispondere alla domanda mostrandole direttamente di cosa fosse capace: creò sfere di fuoco, statue di cristallo e fiammelle di colore blu, dando vita a un impressionante spettacolo di magia. Infine, dissolse tutto con un gesto della mano, fornendo così la prova definitiva di avere il pieno controllo dei propri poteri.
Elsa rimase sbalordita.
Provo a dire qualcosa, ma Anna l’anticipò:
«Se ho imparato io, puoi farlo anche tu, non credi?» le sorrise.
«N-ne sei sicura? Ho provato per anni a dominarli, ma senza risultati»
«Non ci riesci perché ne hai timore» la principessa le avvolse le mani, stringendole dolcemente «Non devi averne paura, sono parte di te. Una parte meravigliosa di te, aggiungerei»
“Forse... forse ha ragione” pensò la regina, osservando le proprie mani strette a quelle della sorella.
«Mi aiuterai?»
«Certo che ti aiuterò! Vedrai, imparerai a gestirli in un battibaleno» Anna si esaltò, strappando alla platinata un sorriso divertito «Diventerai bravissima, così potrai tornare al castello, scongelare il regno e dimostrare a tutti-»
«Che cosa?»
Elsa si accigliò, liberandosi bruscamente dalla presa della sorella. Quest’ultima, allora, comprese di aver appena commesso un tragico errore... ma oramai non poteva più tornare indietro e doveva dirle la verità:
«Hai portato un inverno perenne... ovunque» le disse timorosa, sperando che non reagisse male alla notizia.
Sfortunatamente, però, i suoi timori si dimostrarono fondati, perché intorno alla regina iniziarono a cadere numerosi fiocchi di neve.
«Ovunque!?»
«Ma non fa niente» si affrettò ad aggiungere «puoi sciogliere tutto»
«No, non è vero, non so neanche da dove cominciare!» l’agitazione della maggiore aumentò «D-devi pensarci tu. Con i tuoi poteri del fuoco riuscirai a rimediare ai danni che ho provocato»
«Ci ho già provato» confessò «la neve che hai creato è molto resistente e posso scioglierla soltanto usando i miei poteri al massimo. Quando lo faccio, però, le fiamme sono troppo potenti e carbonizzano anche il terreno sottostante»
«Ma allora...»
«Solo tu puoi riportare l’estate, Elsa» concluse con calma, mostrandole al contempo un sorriso fiducioso. Tentò di avvicinarsi, ma la maggiore arretrò di nuovo, sconvolta più che mai:
«Come puoi pensare che possa riuscirci se neanche tu ne sei stata in grado? No, io non posso aiutarti!»
La nevicata si intensificò, trasformandosi in una violenta bufera. Elsa si sentiva distrutta, la testa tra le mani e il viso rigato di lacrime.
«Puoi riuscirci, devi avere fiducia in te stessa!» urlava la minore, cercando di sovrastare il fragore della tempesta
«Lo so che vuoi salvarmi, ma è tutto inutile. Io sono e resterò sempre un pericolo!» le rispose, mentre osservava disperata il proprio riflesso sulla parete di ghiaccio «È colpa mia, è solo colpa mia!!»
Anna tentava ancora di rincuorarla, ma più le parlava e più le suscitava sensi di colpa. La tempesta, allora, arrivò ad un punto critico: le folate di vento sprigionate dalla regina si contrassero verso l’epicentro, concentrando ogni frammento della gelida energia in un disco di ghiaccio all’altezza dell’addome.
«Basta!!» gridò al massimo della disperazione, sprigionando l’energia accumulata in ogni direzione.
Anna intuì il pericolo e tentò di proteggersi sollevando una barriera di cristallo infuocato, ma il raggio di ghiaccio fu più veloce e la colpì in pieno petto, all’altezza del cuore. Il dolore che percepì fu indescrivibile. Si piegò su se stessa e cadde per un ginocchio, ansimando vistosamente. Elsa si volto verso di lei e, non appena la vide, comprese con orrore di aver appena realizzato il suo peggior incubo... aveva colpito Anna dritta al cuore.
Kristoff e Olaf, udendo il trambusto provocato dalla tempesta, salirono di corsa i gradini ed entrarono nella sala.
«Anna!» il montanaro si precipitò dalla principessa e l’aiutò a rialzarsi «Come ti senti?»
«Sto bene, sto bene» rispose debolmente, percependo il dolore al petto farsi meno intenso.
«Chi è lui? Aspetta, n-non mi importa, dovete andare via» “non posso farle di nuovo del male” pensò la regina, totalmente sconvolta per ciò che aveva fatto.
«No! Non ti lascerò in balia della paura!»
«Ti ho colpita, Anna!» urlò di rimando «Ti ho colpita senza nemmeno accorgermene. Com’è che non lo capisci? Il mio destino è quello di vivere da sola, lontana da te e da chiunque altro!»
Il castello di ghiaccio iniziò a mutare forma e colore, rivestendosi di inquietanti striature nere e minacciose stalattiti appuntite.
«Anna, penso che sia meglio andare» le propose Kristoff, avvolgendola tra le braccia. La principessa, però, non lo ascoltò e, liberatasi dalla presa del montanaro, avanzò con decisione verso la sorella, il volto incredibilmente serio e motivato:
«Non me ne vado senza di te, Elsa»
La regina rimase stupita.
Lo sguardo di Anna, infatti, era molto eloquente: pur di portarla con sé, era pronta ad usare anche la forza. Elsa, però, non era da meno, e si preparò ad usare i propri poteri per scacciarli dal castello.
«Sì, invece vai» le rispose, per poi creare con un getto di ghiaccio un enorme mostro di neve dall’aria veramente minacciosa.
La vista del mostro non spaventò la minore, la quale alzò le braccia con l’intenzione di difendersi. Puntò la mano destra verso la testa del pupazzo e... non successe nulla!
«Ma che-»
Anna non poté iniziare la frase che il mostro di neve ruggì, per poi avvicinarsi a passi gravi verso i poveri malcapitati.



ANGOLO AUTORE: Avete mai sperimentato il cosiddetto “blocco dello scrittore”? Bene, ora sapete come mai ho impiegato un mese e mezzo ad aggiornare XD. A parte gli scherzi, è stato davvero terribile T.T. Ore e ore davanti al computer/telefonino (sì, a volte mi capita di scrivere nell’iphone) a cancellare e a riscrivere le parti che non mi piacevano (soprattutto per la forma; il contenuto, infatti, lo avevo chiaro fin da subito), per poi cancellare di nuovo tutto e ripartire da capo la mattina dopo: un incubo!
Vabbè, passiamo al capitolo :)
All’inizio abbiamo un accenno di Kristanna, dove Anna inizia a provare dei sentimenti che percepisce come deja-vu. A questo punto voi vi chiederete “ma in che senso deja-vu?”, be’ vi spiego: io sono del parere (attenzione: questa è un opinione personale, ognuno poi la pensa come vuole) che nel mondo non esista il cosiddetto “vero amore”, ma che ne esistano diversi livelli, dalla semplice infatuazione all’amore profondo (quest’ultimo molto simile al “vero amore” ma non identico, perché il vero amore per definizione non ha fine, mentre l’amore profondo, seppur difficilmente, può avere anche una fine). In quell’istante, Anna non si era ancora innamorata di Kristoff, ma provava per lui (senza rendersene conto) un sentimento analogo a quello che prova per Hans (ecco il deja-vu), ovvero dell'affetto misto ad una leggera infatuazione. Col tempo, però, esso si evolverà fino a raggiungere la Kristanna che conosciamo tutti :)
Le descrizioni del castello di ghiaccio e dell’abito di Elsa sono state una faticaccia immane, spero che siano venute bene ma, in caso contrario, non esitate a dirmelo e a farmi notare eventuali errori grammaticali o di altro genere, cosicché li possa correggere.
La reazione di Elsa alla scoperta dei poteri di Anna è stata altalenante: prima stupita, poi felice, poi impaurita, poi di nuovo felice, insomma un via vai di sentimenti XD. Ma, dopotutto, i sentimenti di Elsa devono essere proprio così: instabili.
Anna era riuscita a convincerla a farsi aiutare, ma poi ha detto una parola di troppo che ha rovinato tutto e che le fatto perdere il controllo dei poteri (accidenti alla sua parlantina, eh! XD)
E infine il colpo di scena: Anna viene colpita dal getto di ghiaccio e perde i poteri!
Lettore anonimo: dove sarebbe il colpo di scena? Di tuo ci hai aggiunto solo la perdita dei poteri -.-
Io: e ti pare poco? Io ci sono rimasto così O.O
Nel prossimo capitolo capirete meglio quello che è successo (si svolgerà per buona parte nella valle dei troll, dove gran papà darà ad Anna le dovute spiegazioni); nel frattempo, però, ho lasciato i nostri eroi in compagnia di quel simpaticone di Marshmellow, scommetto che si divertiranno un mondo XD
Anna: sei proprio un st***zo!
Kristoff: concordo T.T
Io: muahahahahah
Fatemi sapere che ne pensate con qualche commentino, che alla fine non sono mai sgraditi ^^, ciaooooooo :)

P.S.: per chi voleva assistere ad una battaglia epica tra Elsa ed Anna, mi spiace avervi deluso ma non potevo inserirla per motivi di trama (io adoro le battaglie, quindi non avete idea di quanto sofferta sia stata questa decisione T.T). Tuttavia, nei prossimi episodi della serie vi saranno moltissime battaglie, tra cui un paio sicuramente tra le due sorelle.

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