Phoenix

di Amanda FroudeBlack
(/viewuser.php?uid=2487)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Famiglia ***
Capitolo 2: *** La Gemella ***
Capitolo 3: *** Gli Sguardi Che Non Ho Avuto ***
Capitolo 4: *** Profumo ***
Capitolo 5: *** Non è Colpa Del Vapore ***
Capitolo 6: *** L'Amica Geniale ***
Capitolo 7: *** L'Amica Geniale pt. 2 ***
Capitolo 8: *** 'Stand By Me' ***
Capitolo 9: *** L'appuntamento ***
Capitolo 10: *** Muschio Bianco ***
Capitolo 11: *** Uno Tra Tanti ***
Capitolo 12: *** Qualcosa tra i due ***
Capitolo 13: *** Frattura pt. 1 ***
Capitolo 14: *** Frattura pt. 2 ***
Capitolo 15: *** Il Punto Debole ***
Capitolo 16: *** "La sua Lily" pt. 1 ***
Capitolo 17: *** "La sua Lily" pt. 2 ***
Capitolo 18: *** Passo Felpato ***
Capitolo 19: *** Armandus ***
Capitolo 20: *** Come Le Nocciole ***
Capitolo 21: *** Quelli che restano ***
Capitolo 22: *** Tú agus mé. Lynn. ***
Capitolo 23: *** Quando indietro non si torna ***
Capitolo 24: *** Come Lily Evans chiese un appuntamento a James Potter ***
Capitolo 25: *** Più vicino ***
Capitolo 26: *** Rabbia, odio, tristezza, disprezzo. Amore. ***
Capitolo 27: *** Conosci il tuo amico (?) ***
Capitolo 28: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 29: *** Il ritorno del calamaio ***
Capitolo 30: *** "Con te" pt. 1 ***
Capitolo 31: *** "Con te" pt. 2 ***
Capitolo 32: *** Una tempesta nella pancia ***
Capitolo 33: *** Rivers and roads ***
Capitolo 34: *** La giusta prospettiva ***
Capitolo 35: *** Anime Gemelle ***
Capitolo 36: *** Natale a Casa Froude ***
Capitolo 37: *** Natale a casa Evans ***



Capitolo 1
*** La Famiglia ***


30 agosto 1976
Seaview Terrace, Portaleen
Ulster, Irlanda
Pov: LAYLA FROUDE
 
Fu svegliata da una manata in pieno viso. Aprì un occhio, scacciando un braccio che non le apparteneva. Alzò il viso e notò la presenza di qualcuno nel suo letto. Minuta, la frangetta scura arruffata, la posa scomposta: sua sorella.
“Amanda!” sbottò, allontanandola.
“Eh?” sua sorella si girò, perse l’equilibrio e cadde dal letto “Ahia!”
Layla sbuffò.
“Mi hai dato uno schiaffo!” sbottò “E che diavolo ci fai nel mio letto?”
Amanda fece capolino, massaggiandosi la nuca. Gli occhi blu erano vispi e attivi, le labbra erano già distese nel solito sorriso entusiasta.
“Buongiorno, Lay! Volevo dormire con te … ieri sera hai detto che potevo!”
Layla aggrottò la fronte.
“Non è vero!”
“Sì, invece! Sono venuta qui ieri sera mentre dormivi e te l’ho chiesto!” spiegò, sedendosi sul letto.
Alzò gli occhi al cielo, esasperata “E cosa ti avrei risposto?”
“Niente, ma chi tace acconsente!” rispose, e le saltò addosso, iniziando a farle il solletico.
No, Amanda non aveva sedici anni e mezzo come voleva far credere. Era decisamente una sorella maggiore troppo esuberante e inopportuna.
“Mandy, basta!” rise, cercando di scrollarsela di dosso.
Lei si fermò ed iniziò a fare domande a raffica “Come fai a non essere elettrizzata per l’inizio di un nuovo anno ad Hogwarts? Per il tuo quarto anno, poi! Hai già preparato il baule? Ti va di andare in spiaggia? Chiamiamo anche mamma e papà?”
“Amanda, calmati! Che ore sono?”
“Le sette! E’ tardi! Andiamo, dai, ho bisogno di un caffè!” esclamò concitata, alzandosi e scappando verso l’uscita della camera.
“No! Non puoi prendere il caffè!” si alzò, iniziando ad inseguirla.
“Amanda! Avevi detto che avresti smesso prima di ritornare ad Hogwarts!” la rimproverò. Uscì frettolosamente dalla camera, corse verso le scale e la vide seduta su uno scalino.
 “Sei caduta?” chiese, senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
“Un po’…” borbottò imbronciata.
“Che risposta è ‘un po’’?” sospirò “Ti sei fatta male?”
“Come puoi vedere non posso rinunciare al caffè! Il mio corpo non risponde ai comandi, senza!”
Entrarono con più calma in cucina.
“Il tuo corpo non risponde ai comandi perché non sai darglieli, non dare la colpa alla mancanza di caffè!” esclamò Layla. Si voltò, rispondendo alla linguaccia di sua sorella.
Fece colazione, ancora mezza addormentata, sorbendosi il suo irritante entusiasmo. Sua madre non migliorò la situazione, entrando in cucina, perché non fece che caricare ulteriormente Amanda. Infatti, le due tormentarono il padre per convincerlo ad andare in spiaggia.
Ad un certo punto suo padre la guardò, compassionevole, cercando sostegno. Layla sorrise bonariamente e tentò “Papà, ho bisogno che mi aiuti a cercare dei libri nel tuo studio! Vorrei portarli ad Hogwarts!”
In ogni parola che pronunciava si rendeva conto di confermarsi esattamente per la Corvonero che era. Amava le pagine e la conoscenza, così tranquilla, spesso lineare e precisa; imparare le donava la pace dei sensi. E, fortunatamente, suo padre la capiva, così simile a lei.
“Andiamo subito, tesoro!” colse l’occasione; si rivolse poi ad Amanda “E vi conviene aspettare prima di andare in spiaggia, potrebbero arrivare dei gufi, tra poco!”
“L’ultimo che aspettavo era quello di Jade, ed è arrivato la settimana scorsa! Per me non ci sarà nulla!” rispose Amanda, facendo spallucce. Sgusciò via dalla cucina assieme a sua madre per indossare il costume.
Layla sorrise tra sé e sé. Lei sarebbe rimasta a casa anche tutta la mattina ad aspettare quel gufo che non vedeva l’ora di ricevere.
 
 
Grimmauld Place n.12, Londra
Regno Unito
31 agosto 1976
 
Pov: SIRIUS BLACK
 
Sirius Black correva trafelato per le scale della lussuosa, sebbene dall'odore stantio, abitazione al numero 12 di Grimmauld Place. Chiaramente fuggiva dalla follia omicida della madre, Walburga Black, ancora una volta indignata dall'ostentata strafottenza del primogenito, che sputava sulla nobilissima casata di appartenenza.
Si chiuse in camera e l'incanto di protezione alla porta scattò appena prima che la madre potesse irrompere.
Dal corridoio arrivarono i berci: "Tu! Sia maledetto il giorno che ti ho messo al mondo! La peggiore delusione della mia vita! Ti avrei dovuto cancellare da quell'arazzo il giorno stesso del tuo Smistamento in quella sudicia topaia Grifondoro!"
Sirius sbuffò, lasciandosi cadere indecorosamente sul letto, con le mani sul volto.
Odiava l'estate a Grimmauld Place più di ogni altra cosa. E fortunatamente quella sarebbe stata la sua ultima notte in quella casa per lungo tempo.
L'indomani, l'Espresso per Hogwarts sarebbe stato lì, al binario 9 e 3/4, per portarlo in quella che considerava la sua vera casa.
Basta discorsi inquietanti sulla razza magica, sulla purezza del sangue. Basta occhiate di sbieco, insulti alla "feccia Grifondoro", deliri sull'etichetta da tenere a casa persino quando si andava in bagno.
Sua madre era mentalmente instabile da tutta la vita. A maggior ragione, tuttavia, da quando il suo primogenito aveva interrotto un'antichissima tradizione di famiglia: quella di finire nella casa di Serpeverde.
Suo padre, invece, probabilmente era preoccupato per lui, sebbene non lo desse a vedere. Non si era mai dimostrato affettuoso nei confronti dei figli, e questo perché per la moglie era inconcepibile mostrare amore.
Provava rabbia e allo stesso tempo pena per lui; nel corso di quegli anni, gli aveva spesso lanciato sguardi di comprensione, durante i litigi con sua madre, sebbene non avesse mai preso le sue parti. Non glielo aveva mai detto, ma lo leggeva nello sguardo di disapprovazione che Kreacher gli riservava, che era proprio suo padre a mandare l'elfo in camera per portargli di nascosto la cena, ogni volta che veniva messo in punizione.
Si tirò su improvvisamente, deciso a smetterla con quei cupi pensieri. C'era un baule, seppur leggero, da preparare per il giorno dopo.
Si diresse alla scrivania, acchiappando quanti più volumi riuscisse a portare in un viaggio solo dentro al baule, posizionato nel lato opposto della camera. Preparò le pergamene e le penne necessarie, assieme alle provette, e sistemò tutto con cura all'interno.
Si guardò intorno, facendo mente locale: aveva preso tutto, a parte l'uniforme e l'abbigliamento Grifondoro, che gentilmente custodiva James Potter a Godric's Hollow. Guai se qualcosa rosso-oro avesse varcato la soglia di casa Black. In compenso, tuttavia, l'entrata nella sua camera era severamente proibita a tutti coloro che non avessero voluto essere investiti da colori rosso-oro provenienti da ogni poster, bandiera, o foto appesa alle pareti. Era stato proprio James ad aiutarlo a decorarla in quel modo, apponendo un incantesimo di adesione permanente, quell'unica volta, risalente a tre anni prima, in cui gli era stato permesso di invitare amici a casa.
Al pensiero del suo migliore amico Sirius sentì il petto un po' più libero dal senso di costrizione che lo attanagliava. Fortuna che c'era stato James, in tutti quegli anni.
I Malandrini, si facevano chiamare a Hogwarts.
Ed erano in quattro: lui, James, Remus e Peter. E di malandrino non avevano solo il nome. Dal primo anno che avevano iniziato a frequentare Hogwarts, si erano fatti riconoscere per le vere canaglie che erano.
James era un vero e proprio trascinatore di folle, era pieno di inventiva e aveva sempre bisogno di farsi notare, soprattutto da una personcina in particolare, riconoscibile a chilometri di distanza per la fulva chioma che la contraddistingueva.
Erano almeno tre anni che James le moriva dietro, e a quanto pare a lei piaceva fare la preziosa. A Sirius, Lily Evans non andava molto a genio; sentiva un po' minacciato il suo rapporto con James, in sua presenza. Questo perché, quando Lily era nei paraggi, l'amico non aveva occhi che per lei, e Sirius era particolarmente geloso e territoriale per tutto ciò che riguardava i suoi amici.
Non si era mai sentito in famiglia come da quando era con loro, e dover dividere i suoi amici con delle eventuali petulanti ragazze, che intrattenevano, inoltre, rapporti di amicizia col nemico (perché sì, Lily Evans era amica proprio di colui che a lui e a James andava meno genio in tutta la scuola: Severus "Mocciosus" Piton), lo faceva andare su tutte le furie.
Da una parte, tuttavia, provava anche una punta di invidia per ciò che James sentiva per Lily perché, osservandolo, Sirius si rendeva conto che non aveva mai provato niente di tutto ciò.
Era famoso a scuola per le scappatelle con parecchie ragazze: d'altronde, come tutti i membri della sua famiglia, aveva una bellezza Black non di poco conto. Era effettivamente difficile passare inosservato col cognome che portava: tutta la sua famiglia era famosa per la purezza di sangue, la bellezza, l'eleganza e la spietatezza; erano una specie di marchio di fabbrica, un sigillo di garanzia, un biglietto da visita.
No, decisamente non si era mai sentito come James. Lui era veramente cotto a puntino.
"Mi sta guardando?" gli chiedeva in continuazione, quando si trovavano nelle vicinanze della ragazza.
"No, James, smettila, non ci guardo!" sbottava lui, infastidito, mettendo il broncio. Figurarsi se si voltava verso di lei, spesso e volentieri accompagnata dall'untuoso Mocciosus! Quel tizio era veramente spiacevole da guardare e sopportare. Aveva l'aria malaticcia, appariva più piccolo della sua età, l'aspetto mingherlino e gli occhi piccoli e neri, nascosti da quel naso adunco e troppo spesso arrossato a causa delle temperature proibitive di Hogwarts per la maggior parte dei mesi scolastici. E poi era davvero antipatico; seguiva Evans come un topo, gli occhi sempre bassi e schivi, un accenno di gobba per colpa di tutti quei libri che si portava continuamente dietro. Guardava loro dall'alto al basso, come se li compatisse, con l'espressione saccente di chi si crede ridicolmente migliore. Ma evidentemente non sopportava di sentirsi in debito con James, che al terzo anno gli aveva salvato la vita. Quella volta Sirius aveva tirato un po' troppo la corda, facendogli uno scherzo pesante che coinvolgeva Remus (completamente trasformato in lupo mannaro) e che avrebbe potuto avere risvolti gravi se James non fosse intervenuto in tempo per salvarlo. Cosa poteva farci lui, d'altronde, se Severus Piton era un ficcanaso seriale?
Si vedeva lontano kilometri, inoltre, che era attratto dalle Arti Oscure. Negli ultimi anni si era circondato di gente poco fidata, appartenente alla sua marcia casa. Per non parlare della sua amicizia con Lucius Malfoy, oramai da parecchi anni fuori Hogwarts ma che, per interessi del padre Abraxas e probabilmente anche suoi, talvolta si trovava a scuola, sempre alla ricerca di un colloquio con Silente. Odiava Lucius e tutta la famiglia Malfoy più di Mocciosus, soprattutto da quell'estate, in cui sua cugina Narcissa era convolata a nozze proprio con quell'idiota! Ah, com'erano lontani i tempi in cui, anni addietro, prima di Hogwarts, lei e sua sorella Andromeda facevano a gara a chi coccolava di più lui e Reg. Erano le sue cugine predilette, ma la sua preferenza era sempre stata nei confronti di Andromeda: dolce, così simile a lui nel carattere e nelle idee, l'aveva spesso messo in guardia dall'odio verso i babbani. Era lei che l'aveva preservato dalla pazzia di sentirsi così diverso in quella famiglia, con ideali totalmente opposti.
E poi c'era Bellatrix. Probabilmente la più lontana, nell'età e nei pensieri. Quando era piccolo aveva sempre incuto parecchio timore sia a lui che a Regulus; di una bellezza mozzafiato, il suo sguardo era folle, e anche il sorriso più dolce prendeva la piega di una smorfia crudele con quegli occhi.
Era tuttavia inutile girarci attorno e far finta di niente: da qualche anno a quella parte erano sull'orlo di una guerra, ed era ormai necessario schierarsi. Trovare il coraggio di farlo non era stato un problema per lui, nonostante si trovasse chiaramente nella tana del lupo.
La sua famiglia era infatti d'accordo con gli ideali che muovevano le azioni di Lord Voldemort, sebbene ancora non si fosse apertamente schierata, ma Sirius era ovviamente di tutt'altro avviso.
Era almeno da un paio di anni che progettava la fuga da casa; tuttavia, il momento in cui l'idea gli era balenata risaliva ad anni addietro, quando, sconvolto, aveva assistito all'eliminazione di Andromeda dall'arazzo della famiglia Black.
Era stato un momento concitato: sua cugina si era apertamente schierata, intraprendendo una relazione con Ted Tonks, un nato babbano Tassorosso, e la famiglia aveva reagito ripudiandola e cancellando il nome dall'arazzo magico. Lui e suo zio Alphard si erano scambiati una lunga occhiata, complici; nel trambusto generale lo aveva poi avvicinato e gli aveva mormorato “So che prima o poi troverai la stessa forza di tua cugina. Siete fatti della stessa pasta. Sappi che io sarò dalla tua parte.”
Era stato proprio in quel momento che l'idea di andarsene aveva iniziato ad allettarlo: sua cugina era stata coraggiosa, in quel momento come non mai l'aveva ammirata, ed aveva odiato letteralmente suo fratello Regulus, che in quell'occasione si era mostrato spaventato, reticente, in preda a frequenti crisi di pianto.
Non amava pensare a suo fratello, perché non riusciva a comprendere il rapporto che avevano: sembravano estranei costretti a vivere sotto lo stesso tetto. Persino a Hogwarts tendevano ad evitarsi, e veniva loro piuttosto bene, considerando che Regulus si trovava coi Serpeverde, spesso sempre in compagnia proprio di Mocciosus. Pensare a Regulus era come cercare di distinguere sfumature di colori che lui non conosceva, perché per lui le sfumature non esistevano.
Ma non era sempre stato così. Avevano passato un’infanzia piacevole, assieme, si erano coperti le spalle così tante volte, si erano divertiti. Qualcosa si era rotto proprio con l’inizio della sua avventura a Hogwarts, soprattutto dopo aver conosciuto James.
In quegli anni, inoltre, Reg non aveva mai speso una buona parola nei confronti dell’amico; non che ciò lo disturbasse più di tanto, ma aveva percepito nei suoi bronci qualcosa di molto simile alla gelosia, come se, a causa sua, fosse stato destituito dallo stato di fratello.
Dei colpi decisi alla porta lo destarono dai suoi pensieri; vi si accostò, senza tuttavia aprirla.
“Chi è?”
“Sono io, il gufo ti ha portato la posta. L’ho presa prima che la mamma la trovasse.” La voce di suo fratello rispose senza alcun entusiasmo.
Aprì la porta quel poco da permettere alla propria testa di affacciarsi; guardò prima a destra, e poi a sinistra, per assicurarsi che sua madre non fosse nei paraggi.
Regulus sbuffò
“La mamma è di sotto, smettila! Pensavi sarebbe stata qui davanti tutto il pomeriggio ad aspettare che uscissi?” sbottò, spazientito.
“E’ il mio incubo peggiore, lo ammetto!” rispose con un sorriso sghembo.
Alzò gli occhi al cielo.
“Tieni! È di quello sbruffone di Potter!”borbottò, con una smorfia di disgusto.
Sirius prese la lettera e ghignò “Mi vorrà aggiornare sulle strategie segrete che intenderà usare per soffiarvi da sotto il naso la Coppa di Quidditch anche quest’anno!”
Regulus gli rivolse uno sguardo di sufficienza.
“Vantarsi dei meriti dei propri amici è ancora più triste di avere amici senza alcun merito … ma immagino che Potter sia soddisfatto di come fai il bravo cagnolino dietro di lui!” rispose, gelido.
Alla parola ‘cagnolino’, il suo cuore saltò un battito. Cercò di non far notare la sua reazione e finse indifferenza, occhieggiando un’altra lettera che suo fratello stringeva  fra le mani.
“E’ tua, quella?”
“Sì, sai, ho amici anche io.” rispose con un sorrisetto di scherno.
Sirius alzò gli occhi al cielo, ma poi, con qualche occhiata in più, cercò di carpire il nome del mittente, scritto in un angolo della busta con una grafia piccola, sottile e molto ordinata.
“E’ di una ragazza!”esclamò, con la bocca spalancata per la sorpresa.
Improvvisamente, tutto fu chiaro.
“Portarmi la posta era una scusa per farmi vedere che anche tu ricevi posta dalle ragazze?!” chiese, incredulo, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Vide Regulus arrossire violentemente e crucciarsi.
“Non è vero!” sbottò, serrando le labbra in un chiaro segno di frustrazione.
Sirius continuò a ridere sguaiatamente anche quando suo fratello girò i tacchi e tornò nella propria camera, sbattendo la porta.
 
 


Note dell’autrice:
Benvenuti! Se state leggendo queste note probabilmente avete finito di leggere il primo capitolo, quindi innanzitutto vi ringrazio! 
Questa fan fiction è nella mia testa da anni, ma che dico, sarà un decennio che l’avrò creata; tuttavia, solo nell’ultimo periodo ho avuto il coraggio di farla uscire, cercando di sviluppare una trama. Sono presenti sin da subito personaggi nuovi, vi elenco i componenti della famiglia Froude, composta da:
  • Joe Seamus Froude, padre;
  • Mary Anne Doherty in Froude, madre;
  • Amanda Froude;
  • Layla Froude
Sarà una looooong fic ed è previsto anche un sequel ambientato ai tempi di Harry&co.; per quanto riguarda questo prequel ho già messo giù un sacco di scene, ma sono sconnesse tra loro (l’ordine è tutto nella mia testa – ma siccome del mio cervello bisogna fidarsi fino ad un certo punto vi assicuro che sono stata così previdente da fare persino un documento con una precisa linea temporale!) perché sono le scene che trovano me e non il contrario (ho fatto una parentesi troppo lunga prima e scommetto che siete andate a rileggere l’inizio della frase perché avevate perso il filo, eh? :D sono una burlona, abituatevici…)! Al momento ho quasi pronto il secondo capitolo, ma non so dirvi di preciso i giorni in cui aggiornerò. Cercherò comunque di essere costante! :D
Alla prossima!
 
P.S.: E’ assolutamente necessario che vi informi, sin da subito, che all’interno di questa FanFiction sarà presente anche un personaggio creato da Krixi19 (Jaded Potter, chiamata anche “Jade”), che lei mi ha gentilmente dato in concessione! Quindi grazie, perché è soprattutto merito tuo se sono riuscita a mettere insieme tutto! <3<3<3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La Gemella ***


1 settembre 1976
Binario 9 e ¾
King’s Cross, Londra
 
Pov: JADED POTTER
 
“Assicurati che James non si faccia espellere!” si raccomandò Dorea Potter, abbracciandola affettuosamente.
Jaded alzò gli occhi al cielo “Non remarmi contro, mamma, sono cinque anni che tento  di farlo cacciare!”
“Stai ammettendo che sono più furbo di te, Jade?” domandò James, circondandole le spalle con un braccio e sorridendo sornione.
“Vacci piano con queste tue deduzioni, non vorrei sprecassi troppe energie prima dell’arrivo a Hogwarts!” commentò sarcastica.  Abbracciò suo padre, che dava le spalle ai vagoni del treno, e notò qualcuno sbracciarsi dal vetro di uno scompartimento.
“Jamie… c’è Sirius che fa gesti strani…” indicò. Sirius fece scorrere il vetro superiore e loro si avvicinarono per poterlo sentire.
“Da quanto sei lì?” chiese James.
“Salve, signori Potter!” li salutò, allegro; ignorò lei deliberatamente e si rivolse subito all’amico.
“Sono salito in fretta e ho percorso tutto il treno fin qui perché scappavo da mia madre!”
“Davvero originale, Sir!” lo sbeffeggiò Jaded, incrociando le braccia.
Il compagno le rispose con un’occhiata torva, dopodiché continuò “Ho definitivamente detto loro che non tornerò più a casa! Sono libero!”
Suo padre Charlus spalancò la bocca per lo stupore “Gran coraggio, Sirius! La nostra porta è sempre aperta, lo sai! Faremo sloggiare Jade nella camera più piccola!”
“Hey!” protestò lei, indignata.
Sirius, invece, distese le labbra in un ampio sorriso di riconoscenza “Grazie, signor Potter!”
Charlus ricambiò, raggiante “Ti aspettiamo per le vacanze di Natale, allora!” esclamò.
“Posso tornare a casa anch’io?” chiese Jaded, sarcastica.
“Smettila di fare la vittima!” la liquidò sua madre “Sirius, tesoro, sentiti libero di spedirci le tue cose!”
Lui rise “La cenere, intende? Credo che mia madre sia tornata in fretta e furia a casa solo per poter bruciare tutto!”affermò “Ho tutto quello che mi serve nel baule, comunque, grazie mille, signora Potter!”
Sua madre gongolò e si sciolse come accadeva ogni volta che l'amico di suo fratello le parlava. Sospirò, esasperata, e si chiese com’era possibile che lui avesse tutto quell’ascendente sui suoi genitori. Erano anni che frequentava la sua famiglia in veste di migliore amico di James (per un certo periodo c’era stato anche “qualcosa” tra lei e Sirius, ma non amava ripensarci) e loro ne erano stati conquistati sin dal primo giorno, tanto da prendere subito a cuore la sua situazione famigliare. Lo avevano sempre appoggiato nelle sue scelte, a volte sostituendosi ai suoi veri genitori. Dal canto suo, lui non aveva rifiutato l’aiuto e l’appoggio dei signori Potter, probabilmente incantato da loro, così diversi, aperti e disponibili.
Checché ne dicesse, comunque, a Jaded non sfuggì la piega amara che le labbra di Sirius avevano assunto dopo la sua ultima affermazione.
Si affrettò a salire sull’Espresso assieme a James e lo raggiunsero. Con un ultimo saluto ai suoi genitori, un familiare fischio annunciò la partenza per Hogwarts.
James sistemò il proprio baule, poi si sedette.
“Hai bisogno di una mano a tirare su il tuo?” le chiese.
Jaded fece un cenno di diniego, dirigendosi fuori dalla cabina “No, vado a cercare  Lily.”
“Potete stare qui! Lascia che venga lei, a noi non dispiace se restate, vero Sirius?” chiese, ignorando la palese occhiata obliqua dell’amico.
Jaded rise.
“Levatelo dalla testa! Io sto lontana dai tuoi amici e tu lasci stare i miei!” rispose, e uscì sbattendo la porta scorrevole.
Sentì dalla cabina arrivare un insulto poco lusinghiero, ma non se ne curò. Trascinò il suo baule per almeno due vagoni, sgomitando tra parecchi studenti, prima di trovare Lily.
Esausta, entrò nella cabina, non prima di aver insultato un paio di giovani studenti Corvonero che ostruivano il passaggio.
“Hey, Jade! Sei di buonumore?” la schernì l’amica. Si salutarono con un abbraccio, dopodiché Jaded si lasciò cadere sul sedile.
“Com’è andata l’estate?” le chiese.
Lily scrollò le spalle “Noiosissima, sono stata nello Yorkshire dai miei nonni!”
“Sei andata addirittura fin lì per evitare Piton?” chiese, sorpresa. Dall’anno scorso, all’improvviso, i rapporti tra Lily e Severus si erano interrotti (c’entrava probabilmente un insulto infelice che somigliava parecchio a ‘sporca mezzosangue’ rivolto da lui a lei) e a quanto pare l’amica era piuttosto restia a recuperarli – con somma gioia di Jaded, la cui vista del ragazzo le aveva sempre provocato spiacevoli brividi alla schiena.
Prima che la compagna potesse rispondere, la porta della cabina si aprì e una chioma scura fece capolino. Era Amanda, l’unica Serpeverde con cui avesse un senso rapportarsi.
I suoi occhi blu si allargarono appena realizzò la loro presenza, e si accompagnarono ad un ampio sorriso.
“Finalmente vi ho trovato!” esclamò. La gioia che provava era chiaramente visibile dalla sua incapacità di contenersi. Si avvicinò quasi saltellando e le abbracciò con trasporto.
“Mi siete mancate!” ammise.
“A chi lo dici! Meno male che c’erano le tue lettere a farmi compagnia!” disse Lily, improvvisamente contagiata dal buonumore della ragazza.
“M’è dispiaciuto che tu non sia potuta venire a Portaleen! Sarei stata contenta di ospitarti... C’è la spiaggia a pochi passi da casa, ci saremmo divertite tantissimo!”rispose Amanda, poi si rivolse anche a Jaded “Com’è la Francia? Ti sei divertita?”
“Senza mio fratello e Sirius tra i piedi è stata meravigliosa!” esclamò Jaded.
“E senza i francesi sarebbe stato ancora meglio!” aggiunse, ridendo. Amanda fece una smorfia disgustata come suo solito nel sentir nominare il migliore amico di suo fratello.
“Meno so di lui e meglio sto!” ripeté per l’ennesima volta.
Jaded sorrideva divertita ogni volta nel testare le reazioni dell’amica Serpeverde. Amanda era di indole pacifista, troppo entusiasta di qualsiasi cosa per farsi contagiare dal cattivo umore e dalla competitività tra case. Era questo che l’aveva più colpita e resa così piacevole ai suoi occhi: era l’unica della sua casa ad avere così tanti amici e conoscenze al di fuori dei Sotterranei. Chiunque la conoscesse la trovava divertente e di compagnia in qualsiasi occasione; oltre ad essere una buona e stimolante compagna di studio, era una persona attiva e sorridente, alcune volte un po’ esasperante, a tratti persino strana.
Quando aveva stretto amicizia con lei durante il terzo anno aveva faticato a credere che riuscisse ancora a perdersi per il castello a causa delle scale di Hogwarts, tutte identiche tra loro. Eppure era la verità: i compagni di casa ci avevano fatto il callo, tanto che Amanda girava spesso in gruppo per riuscire ad arrivare in orario alle lezioni.
Sin dai primi giorni a Hogwarts aveva avuto questa necessità, soprattutto dopo un particolare episodio che aveva segnato l’inizio di un odio smisurato nei confronti di Sirius Black.
 
Pov: AMANDA FROUDE
 
Solo sentirlo nominare le faceva ribollire il sangue. A Jaded piaceva tirare fuori il nome di Sirius in qualsiasi occasione possibile solamente per potersi divertire a vederla cambiare espressione da un momento all’altro. Lo odiava con tutte le sue forze da quel giorno al primo anno. Quell’episodio in particolare, con gli anni, era diventato solo l’incipit di una serie di spiacevoli eventi che si erano affiancati al nome di quel Grifondoro borioso, presuntuoso e idiota.
 
FLASHBACK
8 settembre 1971
 
Amanda trasse un respiro di sollievo. L'insegnante di cui non aveva ancora imparato il nome era voltato verso la lavagna, indaffarato a scrivere qualcosa e non l'aveva vista entrare di soppiatto, in ritardo per l'ennesima volta. Era affaticata e sudata dopo aver girato in lungo e in largo perdendosi nella ricerca dell'aula. Non ce l'avrebbe mai fatta ad imparare a riconoscere quelle maledette scale tutte uguali! Si avvicinò al primo banco vuoto sulla sua traiettoria, notando un ragazzo dai capelli scuri, dall'aria annoiata.
"Scusa…" gli bisbigliò, facendolo voltare.
Notò allora la cravatta Grifondoro, gli occhi grigi e sottili, le labbra curvate in un perenne sorriso di sfida, e per un attimo le mancò il respiro. Iniziò a balbettare, imbarazzata.
"P-posso sedermi?" chiese, sottovoce.

Il ragazzo le riservò una lunga occhiata indagatrice, soffermandosi sulla sua cravatta scomposta, chiaramente verde-argentata. Amanda lo vide prendere la sua borsa e appoggiarla sulla sedia.
"No, è occupato." replicò, gelido. 

Abbassò lo sguardo, ferita. Non aveva fatto niente di male, era stata anche educata nel chiederlo, per quale motivo la stava trattando in quel modo?
"Non farei sedere una Serpeverde accanto a me nemmeno se fosse l'ultima ragazza sulla Terra!" lo sentì bisbigliare all'amico accanto, che ghignò nella sua direzione.
Voltò lo sguardo per non far capire che aveva sentito. Si vergognò senza motivo, sentiva il volto andare in fiamme. Si girò completamente e si guardò intorno. Un ragazzo magro e ricurvo sulla pergamena su cui stava prendendo appunti attirò la sua attenzione; apparteneva alla sua casa, e le stava facendo cenno di sedersi accanto a lui. La fretta e l'ansia di essere vista dal professore la fecero inciampare nei suoi stessi piedi. Picchiò contro la sedia che, muovendosi, produsse un forte suono stridulo.
Nel leggero chiacchiericcio diffuso quel rumore stonò e fece voltare tutti nella sua direzione. Con la coda dell'occhio notò i due ragazzi Grifondoro con le mani davanti alla bocca, intenti a soffocare una risata.

Amanda divenne viola per l’imbarazzo, anche il professore la notò.
"Signorina...?"

"F-froude" balbettò con gli occhi bassi, sedendosi.
"E' arrivata ora?" chiese, scrutandola.
Prima che Amanda potesse rispondere, il ragazzo accanto a lei parlò con voce ferma ma pacata "No, professor Murray, è arrivata con me."
Lo guardò ancora, ricordando che si chiamava Severus e che la sera dello Smistamento erano stati seduti l'una di fronte all'altro; per tutta la durata del banchetto non aveva fatto altro che allungare il collo verso il tavolo dietro di lei, probabilmente per cercare un amico finito in una casa diversa dalla sua.

"Sta mentendo, è arrivata ora!" esclamò una voce dall'altra parte della classe. Amanda chiuse gli occhi, capendo all'istante chi era stato a parlare.
Il professor Murray lo guardò "Signor Black, è sicuro di ciò che dice?"
Lui annuì convinto "Certo, perché non glielo chiede?"
"Io... è-è vero professor Murray, mi perdoni..." rispose; bisbigliò un 'grazie' a Severus e continuò "Mi spiace, mi sono persa cercando l'aula, devo ancora ambientarmi." si giustificò.
Il professore sospirò, guardando il registro "Noto che è la terza volta che arriva in ritardo alla mia lezione... Le consiglio di farsi scortare dai suoi compagni, se fa così fatica!".
Alcuni risero divertiti.
"Devo assicurarmi che il messaggio sia chiaro, quindi tolgo cinque punti a Serpeverde. Mi raccomando." terminò serio.

Annuì mestamente, col capo basso. Tirò fuori il libro e la pergamena, e prima di iniziare a scrivere si voltò un'ultima volta verso il ragazzo dall'altro lato della classe.
Suo padre l’aveva avvisata. Le aveva detto che a scuola avrebbe incontrato questo tipo di persone, che le sarebbe venuta voglia di tirare un pugno a quelli come lui. Tuttavia, non avrebbe potuto e si sarebbe dovuta trattenere.
“Alcuni babbani credono in una forza che si chiama Karma” le aveva detto qualche giorno prima “E che fa tornare indietro qualsiasi azione, buona o cattiva, a chi l’ha compiuta. Noi siamo maghi, conosciamo la magia, e sappiamo che funziona davvero così. Devi solo essere paziente, Amanda.”
Ripensava proprio a quella frase mentre guardava Black. Aveva appena deciso che sarebbe stata paziente. Tuttavia, comprese anche che la pazienza non le avrebbe comunque impedito di odiare Sirius con tutte le sue forze.
***
 
Non era stato necessario che passasse molto tempo prima che il nome di Black, assieme a quello di Potter, diventasse famoso per ulteriori episodi in cui si erano fatti beffe di altri compagni Serpeverde. A loro si unirono in poco tempo anche Peter Minus, attirato dalla loro popolarità e Remus Lupin, che cercava spesso di dissuaderli.
Amanda non era ancora riuscita a capire il motivo per il quale quei due ce l’avessero in particolar modo con Severus. In tutti quegli anni non avevano fatto altro che tormentarlo, spesso solo perché annoiati. Al terzo anno per poco l’amico non ci aveva lasciato la pelle in uno scherzo stupido proprio per colpa di Black. E in quell’occasione il disgusto di Amanda per Sirius era cresciuto a dismisura. Severus ci aveva messo ore a convincerla a non denunciare l’accaduto, l’aveva sempre pregata di stare fuori da quelle questioni, di mantenere un profilo basso, di non farsi notare dai ragazzi. Aveva dovuto rinunciare a sfoderare la bacchetta parecchie volte, come se Severus non volesse il suo aiuto, o provasse vergogna a farsi difendere da una ragazza.
Amanda aveva portato pazienza per cinque lunghi anni, nonostante fosse in ottimi rapporti con la gemella di James, Jaded, che disapprovava in continuazione il loro comportamento arrogante.
Quella mattina era salita sull’Espresso per Hogwarts con la speranza che qualcosa cambiasse in quel nuovo anno scolastico. Ricordava benissimo la pessima figura che Lily aveva fatto fare a James in riva al Lago il giugno prima, dopo l’ennesima immotivata aggressione a Severus. Peccato che lui non avesse gradito e che si fosse lasciato sfuggire quella maledetta parola di troppo.
Lily non lo aveva ancora perdonato. Anche Amanda si era infuriata, non gli aveva rivolto la parola per una settimana; tuttavia, passata la rabbia, aveva fatto di tutto per cercare di ricucire il loro rapporto. Purtroppo, ancora a nulla erano valsi i suoi sforzi, e Lily pareva aver chiuso definitivamente ogni rapporto con lui.
Sentiva che quell’anno sarebbe stato complesso sotto più punti di vista: lei si sarebbe trovata in una specie di limbo tra Severus e Lily, cercando di mantenere un equilibrio in quelle due amicizie che riteneva entrambe importanti. Dall’altro lato, parecchi compagni di casa avevano iniziato a seguire molto più morbosamente le notizie provenienti dall’esterno, tramite i giornali, e alcuni addirittura essendone coinvolti in prima persona. Alcuni di loro si erano inevitabilmente schierati, e di conseguenza scontrati con le sue idee.
In tante occasioni aveva discusso con Avery e Mulciber, particolarmente indirizzati verso Arti Oscure. In alcune occasioni addirittura Avery le aveva chiesto che diavolo di facesse tra i Serpeverde, e Severus lo aveva raggelato, rispondendogli “L’unghia del suo mignolo è più Serpeverde di tutta la tua famiglia messa insieme. Un vero Serpeverde non pensa a schierarsi, ma punta a mantenere buoni rapporti con chiunque ritenga possa far comodo.”
Aveva apprezzato il suo intervento, ma Amanda si chiedeva spesso la stessa domanda: a lei piaceva la sua Casa, sentiva un grande senso di appartenenza, quei compagni per lei erano come una famiglia, ma si trovava sempre così in disaccordo con i loro pensieri, e sapeva che prima o poi tutto ciò si sarebbe tradotto in un’inevitabile rottura.
Il pensiero, in questi casi, andava subito a suo padre, lì al Ministero. Il suo lavoro come membro del Wizengamot la preoccupava sempre di più nell’ultimo periodo. Con gli ultimi processi avevano spedito ad Azkaban parecchi maghi, tra questi vi erano persino padri di alcuni suoi compagni, e ciò non aveva contribuito ad alleggerire la tensione dentro e fuori le mura del Castello. L’aria fuori Hogwarts era pesante e minacciosa, negli ultimi sei mesi suo padre aveva dovuto accettare persino una scorta di Auror per proteggersi. Eppure lui aveva sempre uno sguardo sereno, sembrava soddisfatto di quello che faceva.
“Amanda?” la voce di Lily la distrasse. Si era incantata a guardare il paesaggio fuori dal finestrino.
“Sì?” chiese, tornando in sé.
“Ti ho portato una cosa!” esclamò, tirando fuori da una busta di carta qualche ramo fiorito dal color rosa tenue “Sono di un arbusto… mio nonno l’ha chiamata Calluna Vulgaris se non sbaglio… è un arbusto perenne tipico della brughiera!”
Jaded spalancò gli occhi.
“Ne ho una anch’io!” esclamò, ricordandosi “L’ho trovata ai piedi di un acero, in Normandia… quando l’ho vista mi sei venuta in mente!”
Amanda gioì.
“Davvero? Ragazze, grazie!” esclamò, emozionata.
Diede una lunga occhiata ai due rametti piccoli, i cui petali dei fiori percorrevano tutte le sfumature di rosa più delicate. La foglia d’acero, invece, aveva già assunto la tipica colorazione rosso brillante, nei bordi frastagliati schiariva addirittura in un vivace tono arancio.
“Sono meravigliose!” disse con enfasi, saltellando concitata. Prese un libro dalla sua borsa e le posizionò delicatamente tra le pagine.
“Attendo che si siano seccate ancora un po’ e poi le incollerò nell’album!” disse tra sé e sé. Sentì le amiche ridacchiare, come spesso accadeva a chiunque venisse a conoscenza di questa sua strana passione.
Era dall’inizio della sua avventura ad Hogwarts che collezionava foglie di diversi alberi e piante nel periodo autunnale, ed era nato tutto nel momento in cui aveva deciso che avrebbe portato un po’ della sua amata Irlanda con sé a Hogwarts. Una volta arrivata, si era resa conto di quanta vegetazione circondasse il Castello, ed era letteralmente impazzita di felicità nell’ammirare il paesaggio autunnale, con tutti quei colori cangianti e caldi.
“Io invece vi ho preparato qualcosa!” affermò poi, prendendo un sacchetto di tela dalla borsa.
“Biscotti!” esclamarono assieme Lily e Jaded, entusiaste. Quest’ultima si alzò e aiutò la compagna ad aprire il cartoccio.
Amanda rise.
“Sono così prevedibile?” chiese.
Jaded ne aveva già presi due, e masticava avidamente.
“No… è che fono cofì buoni!” esclamò a bocca piena.
Scoppiò a ridere insieme a Lily e passò loro altri biscotti. Passarono le due ore successive a chiacchierare e a raccontarsi tutto ciò che avevano omesso nelle lettere che si erano scambiate durante le vacanze.
Appena dopo pranzo la porta della cabina si aprì, e fu sorpresa di scorgere Regulus.
Guardò a malapena chi era in cabina con lei, pareva distratto.
“Ti sto cercando da ore!” esclamò.
Amanda lo abbracciò, contenta di rivederlo.
“Come sono state le tue vacanze?” gli chiese.
“Ehm... terribili?” disse, come se fosse ovvio.  
“Cos’è successo?” chiese, confusa.
L’amico si guardò intorno, sentendo gli sguardi di Jaded e Lily.
“Ne parliamo dopo con più calma, non ti preoccupare.” rispose, serio.
Conosceva bene quell’espressione, gliel’aveva vista addosso parecchie volte, in quegli anni, ed ogni volta la causa era la sua famiglia. E spesso c’entrava proprio suo fratello.
Aveva imparata a riconoscerla con il tempo, ma la prima volta che l’aveva vista era stata proprio durante il suo Smistamento, quattro anni prima.
 
 FLASHBACK
 
1 Settembre 1972
"Black, Regulus."
Amanda notò un ragazzo basso, magro e nervoso avvicinarsi al Cappello Parlante.
“È chi penso che sia?" bisbigliò a Severus, seduto accanto a lei.

"Sì” rispose “Che hai in mente?”
Amanda non rispose, il suo interesse in quel momento era rivolto interamente al Cappello, che aveva appena urlato a gran voce.
“SERPEVERDE!”.

Il suo sguardo oltrepassò il tavolo. Non fece caso agli applausi scoppiati tra i Serpeverde. La sua attenzione fu attratta dallo sguardo che Regulus aveva lanciato al fratello, e che Amanda notò non essere stato ricambiato. Sirius teneva il capo basso, non dando alcun segno d’intesa.
Questo era davvero troppo! Si sentì avvampare da una rabbia cieca e improvvisa. Regulus avrebbe affrontato Hogwarts senza il minimo supporto da parte del suo stesso fratello, e ciò per lei era inaudito.
Si strinse nel proprio posto, ricavando dello spazio accanto a lei.
“Puoi sederti qui!” lo chiamò, sorridendogli con gentilezza.
Il ragazzo si girò verso di lei, e Amanda riconobbe immediatamente il fratello nei suoi occhi sottili; tuttavia, la curva del sorriso che le stava rivolgendo rendeva il suo viso molto più cordiale di qualsiasi espressione lei avesse mai potuto scovare sul volto di Sirius.

“Seriamente... Che intenzioni hai, Amanda?” ripeté Severus, accigliato.
“Ci prenderemo cura di lui” gli bisbigliò, infervorata “Esattamente come tu hai fatto con me. Saremo la sua famiglia. Suo fratello non l’ha nemmeno guardato.”
Si rivolse nuovamente a Regulus, ormai davanti a lei, porgendogli la mano.
“Ciao, piacere, sono Amanda! Benvenuto tra i Serpeverde!”

“Grazie...” rispose il ragazzo, spaesato “Io sono Regulus”
“E’ un nome un po’ lungo, posso chiamarti Reg?” chiese, allegra.
Il sorriso timido del ragazzo svanì per un istante.
“Mio fratello mi chiama sempre in quel modo...” borbottò, nervoso.

Amanda spalancò gli occhi, sorpresa.
“Oh. Beh, no, se ti dà fastidio ne troveremo un altro!” rispose, dopodiché si voltò verso il compagno “Lui è Severus, è al secondo anno come me!”

Si strinsero la mano, ma Regulus continuò a tenere gli occhi puntati su di lei.
“Potete chiamarmi Reg. Mi piace.” sentenziò.

Amanda distese allora il volto in uno dei suoi sorrisi migliori.
***
 
Note dell’autrice:
Saaalve! Non vi abituate a questi aggiornamenti veloci XD, è solamente un caso! Mi premeva inserire anche questo capitolo perché penso che “apra le danze” in un certo senso, ovvero avvii la fan fiction più del primo capitolo. I primi capitoli sono quelli che odio di più, perché mi sembra sempre che ci siano millemila cose da spiegare, da presentare e premettere prima dello svolgimento vero e proprio, quindi mi causa ansia perché temo di annoiare i lettori!
Allora: avete conosciuto finalmente anche Jaded Potter, sì, avete capito bene: si tratta della gemella di James, quindi si tratta di un What if grosso come una casa! Ringrazio ancora Krixy19 per la gentile concessione e spero che il capitolo sia di vostro gradimento!
Per qualsiasi domanda potete inviarmi un messaggio o chiedermi l’amicizia su FB, sono Amanda BlackFroude!
Un bacio!
-Amanda
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Gli Sguardi Che Non Ho Avuto ***


 Capitolo III
 
POV: REGULUS BLACK 
 
Si concentrò sul suo piatto, cercando di non incontrare gli occhi di Amanda. Si doveva ricordare, per le prossime volte, che per catalizzare l’intera attenzione dell’amica su di sé avrebbe dovuto tenerle nascoste delle informazioni.
Era infatti da quando erano scesi dall’Espresso che Amanda continuava a chiedergli con insistenza che cosa fosse accaduto. Era stato sul punto di dirglielo un paio di volte, preso dall’esasperazione, ma si era poi fermato, perché aveva bisogno di non avere troppe persone intorno per potersi confidare.
Sirius se n’era definitivamente andato.
Nel momento in cui l’aveva detto, così, di sfuggita in stazione, facendo spallucce e guardando i genitori con sfida, per un attimo aveva pensato che scherzasse. Che fosse il solito modo che aveva di sfidarli. Ma poi si era voltato verso di lui e gli aveva detto “Addio, Reg.”.
Gli aveva dato una maledetta pacca sulla spalla ed era scappato sul treno.
Sua madre era diventata viola dalla rabbia, aveva notato gli occhi di suo padre inumidirsi. Con un cenno del capo e della mano lo aveva salutato, salendo anch’egli sul treno. L’aveva cercato per un bel po’ prima di capire che probabilmente suo fratello non voleva farsi trovare. E, in mezzo al corridoio dell’Espresso, gli era tornato in mente lo sguardo di suo padre.
Ci pensava anche in quel momento, fissando il piatto, a come gli sguardi davvero parlassero più di qualsiasi altro linguaggio. E pensò anche che quelli più dolorosi per lui erano stati gli sguardi non ricevuti.
La voce di Amanda, seduta di fronte a lui, lo distrasse, tormentandolo per l’ennesima volta.
“Reg, non vorrai farmi stare in ansia tutta la sera, spero! Vuoi dirmi che accidenti hai?”
Sbuffò, ma poi sorrise.
“Non te ne parlerò qui, a tavola, te lo dirò con più calma. Non è nulla di che, comunque, non preoccuparti.” mentì.
L’amica sbuffò, delusa.
“Ma io sono curiosa!” si lamentò.
“Io so già tutto” intervenne Severus, accanto ad Amanda.
“E lo sapresti anche tu se non abbandonassi i tuoi amici per preferire il viaggio con altri compagni che ti corrompono con stupide foglie...” continuò, sorridendo di scherno.
“Le mie foglie non sono stupide!” protestò indignata, dandogli una gomitata.
Severus strinse le labbra “Forse hai ragione, è comunque sempre meglio della tua dannata ossessione per la neve!” esclamò.
“Concordo!” aggiunse Regulus, alzando la mano.
Amanda li guardò, scioccata.
“Io sarò anche strana, ma voi mi date del filo da torcere! Se reputate stupida questa mia collezione si può sapere perché me ne avete portate?”domandò, imbronciata.
“Perché sei adorabile quando saltelli felice!” esclamò, sorridendo divertito. Amanda gli fece gli occhi dolci, raggiante.
Regulus spostò l’attenzione su Severus e percepì il suo sguardo perplesso.
“Perché mi guardi così?” chiese.
“Perché io la trovo irritante...” rispose, come se fosse ovvio; si voltò poi verso la compagna.
“Al contrario del romanticone qui di fronte, io te le ho portate perché ho pulito il giardino e il secchio era più lontano del mio baule.” terminò, facendo spallucce.
“E’ già stagione per le tue foglie, Amanda?” s’intromise Marcus Avery, sedendosi accanto a lei.
Regulus lo salutò con un sorriso e un cenno del capo. Lui ricambiò, tornando poi a prestare attenzione alla compagna. Le scompigliò i capelli e la salutò con un abbraccio “Come stai? Come sono andati i G.U.F.O.?”
“Benissimo! Tutti passati!” esclamò  Amanda “I tuoi?”
Regulus si distrasse e non ascoltò la risposta del compagno. Il pensiero andò subito alla lettera che suo fratello, esattamente come Severus e Amanda, aveva ricevuto da Hogwarts quell’estate.
I voti dei G.U.F.O. avevano confermato Sirius come il mago brillante che affermava di essere. Aveva vissuto quei momenti con un gran mal di stomaco, dato dalla pressione di deludere le aspettative dei suoi genitori, che pretendevano superasse addirittura il fratello nel numero di G.U.F.O.
Gli piaceva imparare, sentiva che quello che faceva gli veniva piuttosto bene. Ma sapeva quanto impegno c’era dietro quei risultati, e soprattutto poteva contare le nottate intere passate a studiare. Non aveva mai visto, invece, Sirius aprire un solo libro, durante le estati a Grimmauld Place. Tutto ciò che faceva sembrava venirgli straordinariamente naturale.
E lui? Come avrebbe affrontato quel nuovo anno? Suo fratello era esattamente tutto ciò che lui avrebbe voluto essere: bello, popolare, brillante, con il coraggio di andarsene di casa, completamente disinteressato delle conseguenze che quel gesto avrebbe comportato.
Perché lui, invece, si sentiva così legato alla sua famiglia? Avrebbe voluto essere odiato e contestato come suo fratello, sentirsi costantemente criticato e zittito, avrebbe reso più semplice ogni cosa.
Non amava sentire l’invidia e la rivalità nei suoi confronti, non gli piaceva essere in quel modo. Gli piacevano i bei ricordi che li legavano, ormai così lontani, talmente tanto da risultare sbiaditi nella sua mente.
Detestava James Potter. Detestava essere stato messo da parte per colpa sua, James era stato la famiglia che Sirius non aveva mai avuto. E si era legato a Potter senza tenere conto della sua presenza, di come tutto ciò che provava lui, Regulus lo condivideva. Aveva un fratello a cui sarebbe bastato semplicemente chiedere, perché ne aveva preferito uno nuovo?
Eppure, non riusciva ad odiarlo. Ci aveva provato, e in realtà in qualche frangente c’era anche riuscito, ma era durata troppo poco. E così, viveva in quel costante limbo pieno di frustrazione nel vederlo vivere una vita che avrebbe voluto e la delusione di non riuscire comunque a farne parte.
Si ritrovava quindi a prendere le sue difese in ogni discussione con Amanda, il cui odio nei confronti di Sirius era talmente radicato da non riuscire a capirne l’origine. Forse era anche per questo che ancora non aveva trovato il coraggio di confidarle ciò che era accaduto quel mattino.
Si rese conto che stava di nuovo fissando il suo piatto vuoto. Alzò lo sguardo e si rese conto che tutti si stavano alzando per andare nelle proprie sale comuni. Intercettò lo sguardo di Amanda, che, come al solito, aveva captato qualche suo pensiero e intendeva testardamente cavarglielo fuori.
Arrivati nei Sotterranei lei non girò in direzione del dormitorio femminile. Si voltò verso di lui e lo trattenne per un braccio.
“Che c’è?” chiese, facendo gesto ai suoi compagni di proseguire senza di lui. Anche l’amica salutò le compagne.
“Dovrei chiedertelo io.” rispose, col broncio e le braccia conserte.
Regulus riconobbe subito quel tipo di espressione: quando Amanda la manifestava sembrava che i suoi occhi diventassero più grandi, supplichevoli, e il labbro inferiore tremava, tanto che era impossibile non arrendersi alle sue richieste. Era come se stesse per scoppiare a piangere, ma era capace di rimanere in quella posizione per ore senza  che una lacrima scivolasse. Al terzo anno l’aveva rinominata ‘L’espressione Amanda’.
“Stai usando 'l’espressione Amanda' con me?” chiese, incredulo. Il suo sguardo triste era così magnetico che una volta incontrato era impossibile distoglierlo.
“Sta funzionando?” mugugnò, tirando su col naso.
“Diamine, sì.” borbottò, sbuffando. Si sedette sul divano, di fronte al camino, e la compagna lo raggiunse.
Guardò in direzione del camino spento.
“Sirius è andato via di casa. Definitivamente.” mormorò.
La compagna stette qualche secondo in silenzio, poi parlò a voce bassissima, nonostante fossero da soli.
“E questo cosa vuol dire?”
Si schiarì la voce “Vuol dire che verrà ritenuto un traditore del sangue, che il suo nome sull’arazzo di famiglia verrà bruciato esattamente come quello di Andromeda... Vuol dire che non ho più ufficialmente un fratello-”
“Oh, sì che ce l’hai!” lo interruppe bruscamente, alzandosi “E adesso andiamo alla Torre Grifondoro a farglielo presente! Prima, però, mi toglierò la soddisfazione di prenderlo finalmente a pugni!”
“Siediti e calmati!” sbottò “Non andremo da nessuna parte!”
“Vorrà dire che ci andrò da sola!” esclamò, i pugni serrati contro i fianchi, in una posa battagliera.
Regulus inarcò le sopracciglia.
“Amanda, non ci sai arrivare da sola... ti perderai!” le fece notare, senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso.
La compagna sbuffò, lasciandosi cadere sul divano, accigliata “Non ti ha detto che aveva intenzione di andarsene?”
Regulus tornò a guardare il camino
“No. Ha solo detto ai nostri genitori che non sarebbe più tornato, appena prima di salire sull’Espresso... mi ha dato una pacca sulla spalla e se n’è andato.”
Amanda gli si avvicinò; le loro gambe si sfioravano “È il momento che lo faccia anche tu, Reg.”
Si voltò verso di lei, convinto di non aver sentito bene.
“Di cosa stai parlando?”
“Hai capito cosa intendo... Devi farlo anche tu, devi andartene da quella casa come ha fatto lui!”
“Tu... difendi la sua posizione?” chiese, scettico.
Avvertì un’improvvisa fitta al petto per quella considerazione. Che accidenti stava accadendo?
“Non sto difendendo la sua posizione!” rispose, indignata “Sono furiosa con lui! Perché non ti ha coinvolto? Sareste potuti andare via assieme!”
“Cosa? Pensi che abbia fatto la cosa giusta, andandosene?”
Non ci credeva. Il mondo sembrò capovolgersi: era sempre stato compito suo, cercare di essere più morbido nei confronti del fratello, soprattutto quando ne parlava con Amanda, che sparava a zero su di lui ogni volta che le si presentava l’occasione.
Amanda si tirò indietro, creando distanza tra loro, lo sguardo esitante.
“Reg... non è sempre quello che hai voluto fare?”
Doveva avere un’espressione piuttosto sconcertata, perché la compagna sentì il bisogno di spiegarsi meglio.
“In questi anni non hai fatto che lamentarti per tutta la pressione che senti nella tua famiglia, mi sembrava chiaro che desiderassi andartene...”
“No.” asserì, deciso.
“Ma-“
“Io sono orgoglioso del nome che porto, Amanda!” esclamò, infervorato “Per quanto mi lamenti, per quanta pressione io senta, sono e rimango un Black.  E non tradirei mai la famiglia, non come ha fatto Sirius!”
“Il problema non è cosa vuole la tua famiglia da te, Regulus, qui si tratta di capire che cosa vuoi tu!” esclamò, sconvolta “Smetti per un secondo di pensare a loro e chiediti cosa vuoi fare tu della tua vita! Continuerai sempre a essere fiero del nome Black, anche quando il marito di tua cugina-“
“Non mettere in mezzo i Malfoy, ora!” la interruppe bruscamente, seccato.
“Lo vedo difficile, considerando quanto sono invischiati in ogni angolo del mondo magico!”
“Amanda, vuoi davvero affrontare il discorso? Vuoi sapere cosa ne penso?” chiese, con crescente tono di sfida.
“Certo!”
“Penso che per quanto ambigui possano sembrare, non c’è alcuna prova del loro sostegno al Signore Oscuro, non puoi accusarli!”
“È davvero ingenuo, da parte tua, pensare che i Malfoy siano così stupidi da lasciare prove simili! Il miglior modo per non farti influenzare ancora è quello di andartene, Reg, dico sul serio!”
“E dove andrò? Ti rendi conto di quel che dici?” sbottò.
Non voleva affrontare quel discorso con lei, non dopo aver scoperto come appoggiava le scelte di suo fratello. Si sentì tradito.
“È per questo che sono arrabbiata! Perché avreste dovuto farlo assieme... Reg, sai che se hai bisogno, io posso-“
“Non voglio il tuo aiuto.” sentenziò, brusco “Smettila di pensare che non abbia idea di ciò che faccio!”
“Non lo penso, infatti!” protestò, ma non restò ad ascoltare oltre; si alzò, dirigendosi verso il dormitorio maschile.
“Non voglio più parlarne, Amanda. Buonanotte.” dichiarò, fermo. Evitò il suo sguardo, per non lasciarsi commuovere ancora dall’Espressione Amanda.
 
Note dell’autrice:
 
Salve a tutti! :) Ecco qui un altro capitolo, un po’ più corto del precedente. Allora, possiamo considerare questo capitolo come la conclusione del secondo capitolo. Ho pensato di dividerlo in due parti per non appesantire troppo il precedente!
Voglio fare un appunto: ho espresso il POV di Regulus perché lo trovo molto interessante, nonché stracomplesso. Lui è un personaggio tormentato, che prova seimila emozioni tutte insieme, contro cui lotta costantemente. In questa discussione lui si aspettava che Amanda infierisse sul fratello come suo solito, perché aveva bisogno di sentirsi arrabbiato nei confronti di Sirius. Sentirla, invece, dare man forte alla sua decisione lo ha fatto sentire “sbagliato”, come se lui fosse dal lato sbagliato, insomma. Lo ha molto destabilizzato.
Spero di essermi spiegata, nell’eventualità non sia chiaro fatemi tutte le domande che ritenete opportune!
Fatemi sapere cosa ne pensate, dal prossimo capitolo in poi la storia ingranerà davvero! ;)
Baci,
- Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Profumo ***


Capitolo IV
 
15 settembre 1976
 
POV: JAMES
 
Cercò di camuffare uno sbadiglio guardando fuori dalla finestra.
Merlino, quella era la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure più noiosa di tutti i tempi.
Oltre il vetro intravide il campo da Quidditch, e pensò subito che avrebbe dovuto organizzare i primi provini per il nuovo portiere della squadra. Si voltò verso Sirius, accanto a lui, e lo scoprì completamente addormentato sul banco. Gli diede un’energica gomitata.
“Hey... Felpato, sveglia!” gli sussurrò.
Anche Remus si era voltato verso di lui, e l’espressione sul suo viso esprimeva la più totale disapprovazione.
Sirius aprì prima un occhio, poi l’altro, incontrando lo sguardo severo della professoressa MacDougal. Era una docente giovane, alle prime armi con l'insegnamento, e anche molto carina. Dalla prima lezione l’amico non aveva perso occasione di metterla in difficoltà, attirando continuamente la sua attenzione.
“Black, è comodo? Ha bisogno che parli più piano, così può riposarsi meglio?” chiese, sarcastica.
Il compagno si raddrizzò, sbadigliando.
“No, professoressa, il tono che stava usando era esattamente quello che mi serviva per addormentarmi...” borbottò.
Alcuni compagni davanti sghignazzarono, anche a James scappò un mezzo sorriso.
“Immagino che per fare tutto questo sarcasmo lei sia già molto informato sull’Incanto Patronum. Potrebbe mostrarcelo?”
Il sorriso impertinente dell’amico si allargò, e James seppe che stava per dire qualcosa di insolente solo per farsi cacciare dall’aula e tornare a dormire per le successive due ore.
“Dice sul serio? Mi mette in imbarazzo, professoressa. Ci conosciamo da solamente due settimane e vuole già vedere il mio Patronus?” chiese, sornione “Pensavo che almeno prima mi avrebbe invitato a bere qualcosa!”
James schiuse le labbra e guardò l’amico con occhi spalancati.
La professoressa dapprima strabuzzò gli occhi, poi arrossì furiosamente ed assunse un tono di voce talmente alto che pareva di sentire strilli di Mandragola “COME OSA?! FUORI DA QUESTA CLASSE, IMMEDIATAMENTE!
Sirius non se lo fece ripetere due volte; tra le risate generali della classe si alzò, s’incamminò deciso verso l’uscita, sorridendo trionfale, e schivò abilmente lo sgambetto che Jaded provò a fargli.
Dato il passo spedito, probabilmente era già troppo lontano perché sentisse l’insegnante togliere ben venti punti a Grifondoro.
 
POV: SIRIUS
 
Sorrise soddisfatto, e calcolò che, se fosse arrivato alla sala Comune in fretta, si sarebbe potuto concedere almeno un’ora e mezza di sonno prima di Pozioni.
Quelle lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure erano state una pagliacciata sin dal primo giorno. Era almeno un anno che lui e i suoi amici avevano acquisito dimestichezza con l’Incanto Patronus, non aveva intenzione di spendere le prime ore del mattino a ripassare nozioni che già conosceva a menadito.
A passo svelto attraversò il corridoio del terzo piano. Nonostante la velocità, con la coda dell'occhio notò una figura appoggiata contro la finestra del corridoio.
Si fermò di colpo e la osservò meglio.
Aveva un'aria familiare, ma non riuscì a ricordare chi fosse o a quale casa appartenesse. Sembrava più piccola di lui, probabilmente a causa del fisico minuto che si ritrovava. I capelli scuri e mossi le cadevano oltre le spalle, un po' spettinati. La frangia era disordinata sulla fronte, e pensò che dovesse essere un effetto dovuto, perché le donava davvero molto. Il viso era piccolo e rotondo, e ipotizzò che fosse una persona abituata a sorridere, sebbene in quel momento non lo stesse facendo.
Si avvicinò, lei si accorse della sua presenza e gli rivolse uno sguardo spaesato. Gli occhi erano grandi e blu, tanto che nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono, Sirius capì, per la prima volta, il significato di rimanere senza fiato.
"Ti sei persa?" chiese con un mezzo sorriso.
Lo sguardo cadde subito sul colletto della camicia, in quel momento sprovvisto di cravatta. Si lasciò distrarre dalla scollatura della camicetta, sbottonata giusto di un paio di bottoni. In realtà non si intravedeva nulla, ma gli occhi vi rimasero fissi qualche istante di troppo, probabilmente a causa dell'abitudine.
La ragazza si portò le mani al petto.
"Mi stai guardando le tette?" chiese, con un'espressione a metà tra la sorpresa e la rabbia.
"No!" esclamò lui, troppo velocemente.
'Nega!' pensò 'Nega fino alla fine!'.
Tentò allora un salvataggio improvviso.
"Notavo che sei senza cravatta!" commentò.
"Lo ammetti, allora! Mi stavi fissando il petto!" protestò.
I suoi occhi blu erano ridotti a due fessure, le labbra strette e le narici leggermente dilatate per il disappunto.
Sirius sospirò, e si grattò il capo, in difficoltà. Come mai era così astiosa? Non gli era mai capitato di essere così in difficoltà con una ragazza, di solito era sempre stato semplice.
"Sei nuova? Non ti ho mai visto!" tentò, porgendole la mano.
"Io sono Sirius, piacere!" aggiunse, sorridendo.
La ragazza fissò la sua mano, sconvolta. Gli rivolse uno sguardo ostile.
"Ma che... ? Mi prendi in giro? Conosco sia te che gli altri due tuoi amici idioti!" sibilò, offesa.
Sirius non capì cosa intendesse. Si riferiva a James, Remus e Peter? Evidentemente non era brava a far di conto.
"Tre" la corresse.
"Come?"
"Hai detto due, ma sono altri tre" precisò, impettendosi.
"So quanti siete, ma Remus non è un'idiota!" esclamò, come se fosse ovvio. Strinse i pugni lungo i fianchi, sembrava si stesse trattenendo dall’aggredirlo fisicamente.
"Comunque no, non sono nuova. Forse mi sono persa, ma no, non voglio il tuo aiuto!"
"Io non ti ho chiesto se ti serviva aiuto!" sbottò, piccato. Iniziava ad innervosirsi. Ma chi diavolo credeva di essere?
"E nemmeno me lo aspettavo, infatti, considerando che non aiuti nemmeno-" sibilò, ma si interruppe all’improvviso senza terminare la frase.
Sirius si rese conto che sembrava a disagio, come se si fosse fatta scappare una parola di troppo.
“Nemmeno...?” le fece eco, confuso, assottigliando lo sguardo. Di cosa stava parlando?
“Niente” sentenziò, sbuffando “Devo andare. Addio.”
“Aspetta, ma cosa-?” provò, ma lei non gli prestò attenzione e cercò di oltrepassarlo con una spallata. Ciò lo indispettì, ma si bloccò dal dirle qualsiasi cosa appena percepì il suo profumo.
Era un odore dolce e familiare, ma che era sicuro di non aver mai sentito addosso a nessuno.
Il suo fiuto canino gli suggerì che si trattava di odore di biscotti, ma non riuscì a ricordare in quale altro luogo l’aveva avvertito.
Senza rendersene conto si ritrovò a seguire, di nascosto, i suoi passi. La curiosità che quella fastidiosa e incomprensibile ragazza gli aveva suscitato superava di gran lunga la voglia di dormire.
 
POV: AMANDA
 
Aveva l’adrenalina a mille, dopo quell’incontro. Si era pentita di non avergli dato almeno un pugno, dopo che si era persino reso conto di non sapere il suo nome. Frequentavano più della metà dei corsi insieme, possibile che si fosse accorta di lei solo quella mattina perché non indossava una stramaledetta cravatta? Aveva provato anche un certo fastidio, nel rendersi conto che lui non contemplava nemmeno la sua esistenza. Lei, che aveva anche passato anni ad odiarlo, si era sentita una completa idiota.
Black c’era riuscito, l’aveva fatta sentire una nullità, ancora una volta. Mai come in quel momento riusciva a comprendere le emozioni di Regulus così bene.
Dopo quella discussione, il primo giorno di scuola, Regulus aveva resistito per ben quattro giorni senza parlarle. Lei non si era data per vinta, l’aveva tormentato per chiarire la sua posizione e avevano fatto pace.
Tuttavia, era sorpresa di come lui avesse male interpretato le sue intenzioni. Non voleva farlo sentire sbagliato, era un’idea che si era fatto lui. Gli aveva chiesto perché il fatto che lei non la pensasse come lui lo facesse sentire dal lato sbagliato. Amanda voleva che lui imparasse a leggersi meglio dentro, a capire davvero ciò che voleva.
Quella domanda lo aveva messo in crisi; l’aveva guardata e le aveva risposto “O tengo troppo alla tua opinione, o forse penso davvero di trovarmi dal lato sbagliato.”
Inciampò distrattamente in un gradino, ma questa volta riuscì a non cadere. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno l'avesse vista, dopodiché si diresse nell’ultima direzione tentata per scovare l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Erano due settimane che era tornata a Hogwarts e si era già persa sei volte, caduta quattro, scivolata otto e inciampata dodici. Quello, in fondo, era solo il sesto anno che la frequentava.
A dirla tutta, il suo rapporto con l'equilibrio non attraversava un momento felice, e i terreni sconnessi dei giardini, i gradini vecchi, le scale e il pavimento scivoloso non aiutavano granché.
In realtà conosceva abbastanza bene i piani di Hogwarts, il problema erano le scale. Quelle stramaledette scale tutte identiche fra loro.
Non poteva permettersi di andare a lezione da sola perchè rischiava di perdere la strada ogni volta. C'era un trucco, dicevano, ma a lei non riusciva mai, e si era convinta che le scale si prendessero gioco di lei perchè sentivano che era a disagio ogni volta che le percorreva. Scendeva al secondo piano e senza sapere come in realtà aveva percorso abbastanza gradini da essere al piano terra; prendeva allora un’altra scala, ma quella saliva direttamente al quinto, poi scendeva al quarto e su un'altra scala si rendeva conto di essere al settimo. Per non parlare di quegli scalini maledetti che si divertivano a sparire! Ad un certo punto perdeva il conto dei piani ed ecco: si era persa.
L'unica consolazione erano i sotterranei, per fortuna a quelli non era difficile arrivare.
Scorse un’aula in fondo al corridoio e affrettò il passo. Sentì la voce della professoressa MacDougal arrivare dall’aula.
Bussò e attese risposta.
Nel momento in cui aprì la porta si accorse di aver catalizzato l’attenzione di chiunque su di sé. Fece un sorriso tirato.
“Buongiorno, professoressa... mi scusi per il ritardo, il professor Lumacorno mi ha trattenuta per parlarmi” disse.
Tirò goffamente fuori dalla borsa un ritaglio di pergamena, brandendolo a mo’ di prova “Mi ha firmato questo foglio di scuse da parte sua e mi ha detto di consegnarglielo. Posso entrare?”
L’insegnante sbuffò.
“Sì, entri pure.”
Amanda le consegnò la pergamena; la professoressa le diede un’occhiata veloce, dopodiché si soffermò sulla sua divisa.
“Vorrei che esibisse un abbigliamento più decoroso.” la rimproverò.
Amanda annuì, arrossendo, e si andò a sedere in un banco dietro Severus.
Il compagno le aveva rivolto uno sguardo confuso, e lei gli mimò con le labbra ‘Ti spiego dopo’.
“Lì è troppo indietro, signorina Froude, e poi è da sola.” intervenne nuovamente l’insegnante, richiamando la sua attenzione.
“Preferirei venisse più avanti, dobbiamo fare un’esercitazione a coppie. C’è un posto libero tra Potter e Lupin, si accomodi lì.”
Amanda non riuscì a trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo, esasperata. Prima Black e ora Potter... ma che stava succedendo quella mattina?
Si trascinò svogliatamente accanto a James, dal quale si sentì curiosamente studiata. Salutò Jaded e Lily con un sorriso, posizionate nei banchi appena dietro di lei. Remus le riservò un sorriso affabile.
“Ciao, Amanda” le sussurrò.
Lei lo ricambiò, allegra “’Giorno, Remus.”
“Giornataccia?” le chiese a bassa voce “Che fine ha fatto la tua cravatta?”
“È una storia imbarazzante...” ammise in un bisbiglio.
“Una delle tue?”
Amanda annuì mestamente, e Remus si portò una mano davanti alla bocca per nascondere una risata.
La professoressa riprese a fare lezione e, quando fu il momento di lavorare a coppie, si voltò verso Remus.
“Lavorerai con me, vero?” lo pregò.
“Mi spiace, Amanda, sono con Peter. Ma James è da solo...” tentò, dispiaciuto.
“Appunto!” rispose, con una smorfia di disgusto.
“Guarda che ti sento, sono accanto a te!” protestò James.
Sbuffò, seccata, e lo guardò.
Fu sorpresa di notare che, più che contrariato, sembrava dispiaciuto. Ma il peggio fu sentirsi in colpa.
Lei non era una persona cattiva, e sapeva che trattare male James non avrebbe ridato indietro a Severus gli anni di soprusi subiti.
“Smettila di fingere che te ne importi qualcosa!” esclamò, annoiata.
“Ma a me importa! Guarda che so che sei un’amica di Jade!” insistette.
“Sei ubriaco, Potter?” chiese, confusa.
Lui sospirò, spazientito, e lasciò cadere la conversazione.
“L’incantesimo è a pagina trentasei.” bofonchiò.
Amanda continuò a guardarlo per qualche secondo, completamente sopraffatta da ciò che stava accadendo.
Non aveva mai davvero parlato con Potter o Black, perché li aveva sempre classificati come idioti per motivi che li rendevano effettivamente tali. Ma ora, cosa stava accadendo? Possibile che fosse davvero lei ad essersi chiusa nei loro confronti da non provare nemmeno a conoscerli davvero in tutti quegli anni? Aveva sempre fatto un vanto della sua capacità di andare oltre i colori della cravatta. Aveva concesso l’occasione a tutti di farsi conoscere, e aveva così stretto amicizia con un sacco di studenti interessanti.
Non doveva essere tanto diverso da Jaded, in fin dei conti. E a lei Jaded piaceva, la trovava un’amica geniale, piacevole e divertente.
Si schiarì la voce, cercando di non dare a vedere quei pensieri che la disturbavano.
“Expecto... Patronus?” lesse, poco convinta.
Patronum” la corresse James, distrattamente.
Strinse le labbra, piccata per la situazione. Provò a pronunciare l’incantesimo, eseguendo i giusti movimenti con la bacchetta, ma dalla punta scaturì solo un triste sbuffo grigio fumo.
James sorrise.
“Devi pensare a un ricordo felice e intenso” le suggerì “Ne hai uno?”
Ci pensò. Era piena di ricordi felici, nella maggior parte dei quali figurava la sua famiglia.
Uno, però, era il più bello di tutti.
La ricordava nitidamente, sua sorella Layla, a nemmeno due anni d’età. Amanda aveva raccolto dal giardino delle peonie per lei. Sua sorella le aveva guardate e le aveva sorriso, stringendo i fiori nel suo piccolo pugno.
“Mandy”
La prima parola di Layla.
“Ce l’ho!” esclamò, sorridendo “Tu hai provato?”
“Non ne ho bisogno, so già evocarlo...” rispose soddisfatto.
Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Beh, allora mostrami come si fa!”
Il ragazzo alzò le mani “Ho aspettato che tu me lo chiedessi perché non volevo fare il presuntuoso... Ma sappi che se lo sono, è perché posso permettermelo!”
Prima che potesse rispondergli, James esclamò “Expecto Patronum!”.
Dalla bacchetta fuoriuscì un fluido argenteo che prese rapidamente la chiara forma di un cervo maschio. Il Patronus si aggirò per la classe correndo, attirando l’attenzione di tutti i compagni che lo ammiravano, stupiti.
“Chi l’ha evocato?” chiese stupita la professoressa MacDougal.
Vide James sorridere e fare qualcosa di assolutamente inaspettato: alzò la mano e indicò proprio lei.
“È il suo!” esclamò.
Amanda, colta alla sprovvista, si strinse nel suo posto, imbarazzata. Sentiva gli sguardi di tutti puntati su di lei; cercò almeno un filo di voce per poter rispondere all’occhiata meravigliata che l’insegnante le stava rivolgendo.
“No, professoressa, non sono stata io. È di Potter.” affermò.
Grifondoro guadagnò venti punti in un colpo solo, e James si beccò una pergamena accartocciata sulla schiena da sua sorella.
“Sei il solito egocentrico, Jamie!” protestò Jaded, inviperita.
“Qual è il tuo problema? Ho fatto guadagnare venti punti alla casa!” protestò, infastidito.
Alla fine della lezione, seguì James in direzione della porta.
“Perché hai detto che ero stata io ad evocarlo?” gli chiese, confusa. Affrettò il passo per potergli stare dietro, lui se ne accorse e si fermò. Poi inarcò le sopracciglia e sorrise.
“Perché una vera Serpeverde avrebbe approfittato dell’occasione!” rispose, facendo spallucce.
“Jade mi ha detto che ti stima molto e tiene a te, volevo assicurarmi che fossi chi dici di essere!” continuò, riprendendo a camminare.
Stava per rispondergli, seccata, ma girandosi in direzione della porta si bloccò.
Sirius era lì, appoggiato ad una parete, intento a fissare entrambi.


Commento dell'autore:
Sto aggiornando ad una velocità che solitamente non mi compete XD.
Okay, veniamo alla storia... In realtà non so bene cosa dire, ho mostrato diversi POV in uno stesso capitolo, quindi volevo sapere come vi pareva. Secondo me è interessante leggere i punti di vista di una stessa situazione, perchè dà un'immagine globale ma favorisce l'empatia col personaggio!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va :)
Vi mando un bacio e la buonanotte!
- Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Non è Colpa Del Vapore ***


Capitolo V: “Non è colpa del vapore”
 

 
POV: SEVERUS
 
Schivò i compagni Serpeverde con un’agilità che solitamente non gli competeva, e si diresse verso Amanda. Il suo volto esprimeva gran confusione e anche un po’ di disappunto, mentre ascoltava Potter.
L’aveva vista voltarsi, aveva seguito la traiettoria del suo sguardo e si era bloccato anche lui, dopo aver notato Black alla porta.
Poi aumentò il passo, le sfiorò un gomito.
“Amanda...” mormorò.
Lei si girò nella sua direzione, sorridendogli.
“Sev-”
“Andiamo.” borbottò, prendendola sottobraccio.
Passarono accanto a Black, che si ostinava a mantenere lo sguardo fisso su di lei.
Sentì i due Grifondoro parlottare tra loro, ma non vi prestò ascolto. Quello era il momento di allontanarsi il più possibile da loro.
“Sev, perché stiamo correndo?” gli chiese Amanda, tirando indietro il proprio braccio per rallentare.
“Vuoi cercare di uccidermi? Lo sai che sono poco coordinata!” si lamentò.
Continuarono a camminare a quella velocità ancora qualche metro. Quando fu sicuro di averli seminati, rallentò.
Sospirò, demoralizzato.
Da come Black aveva guardato Amanda capì che l’aveva notata.
L'idea che quel ragazzo potesse avvicinarsi alla compagna lo aveva reso  inquieto. Non sapeva spiegare razionalmente il perché, non si trattava di gelosia, non provava quel tipo di attrazione per Amanda; tuttavia, aveva la sensazione che Black potesse essere una minaccia per la loro amicizia.
Forse era sempre stato questo, inconsciamente, il motivo per cui costringeva la compagna a non farsi mai avanti per difenderlo dalle angherie subite, a rimanere nell'ombra da quel gruppo. Per tutti quegli anni, dietro la volontà di cavarsela da solo, si nascondeva la necessità di non farle avere scontri diretti con loro. Remus Lupin, per quanto lo considerasse un falso moralista, attraverso l’amicizia con lei aveva contribuito a calmare il suo desiderio di vendetta nei confronti dei Malandrini.
Non si sarebbe lasciato portar via l’amica, com’era successo con Lily.
Dopo lei, Amanda era l'unica persona con cui aveva un sincero rapporto di amicizia, soprattutto da quando anche Narcissa aveva lasciato Hogwarts e si era sposata con Lucius.
Quell'estate era stato invitato al loro matrimonio. Era stata una cerimonia sfarzosa, all'insegna dello spreco, a tratti un po' tediosa. A dirla tutta, non c'era anche andato con gran voglia, ma la sua presenza all'evento lo aveva messo in contatto con persone interessanti e utili. Le feste non gli piacevano, la ricchezza e lo sfarzo lo mettevano a disagio, perchè l'unica ricchezza di cui lui fosse mai stato provvisto era quella d'intelletto.
Aveva passato un'infanzia all'insegna della povertà più assoluta a Spinner's End, e le parentesi di Hogwarts erano le uniche a dargli un po' di respiro da quella casa cupa e polverosa che si ritrovava. E sebbene dovesse tornarvi ogni estate, l'unico spiraglio di speranza era la possibilità di stare in compagnia di Lily, fare i compiti assieme, esercitarsi a preparare le pozioni a casa sua, o semplicemente vedersi nel parco dove si erano conosciuti ancora prima di entrare a Hogwarts...
Prima del quinto anno.
Prima che quelle maledette parole rovinassero tutto.
Non riusciva a perdonarsi per la piega che aveva preso quel litigio con Lily l'anno prima, e da allora non si parlavano più.
Sentirsi accusare da lei di frequentare persone poco raccomandabili lo aveva fatto uscire di senno... lei, che non faceva che descrivere Potter con epiteti poco rispettosi, per poi farsi sorprendere più volte a guardarlo!
Da quando la scuola era ricominciata, l'aveva incontrata spesso a lezione, e per quanto tentasse di avvicinarla con una scusa qualsiasi, lei sfuggiva sempre, senza mai incontrare il suo sguardo.
Ad Amanda non aveva raccontato cosa fosse successo di preciso. Pensava che fosse tutto collegato solo alla scenata in riva al lago nel periodo dei G.U.F.O. Era dispiaciuta della frattura che si era venuta a creare tra loro due, così aveva cercato più volte di farli riappacificare; in fondo, lei e Lily erano amiche. Tuttavia, Amanda gli aveva raccontato che appena la ragazza faceva il suo nome, Lily si rabbuiava e se ne andava.
Dopo il litigio si era buttato a capofitto nello studio, cercando di dimenticarla, ma era stato impossibile.
Lily Evans non si dimentica.
“Perché sei arrivata tardi a lezione?” chiese, cercando di non dare più peso a quei pensieri.
Scesero le scale fino al piano terra, dopodiché si diressero verso i Sotterranei.
“Mi ha fermato Lumacorno, aveva bisogno che consegnassi ad alcuni studenti gli inviti per la cena del Lumaclub.” rispose “Sa che conosco parecchi studenti delle altre case e ne ha approfittato... Ma avrebbe potuto aspettare quest’ora!”
“In effetti…” commentò, distratto.
“Cosa c’entra Lumacorno col fatto che sei con la divisa in disordine? Dov’è la tua cravatta?” chiese poi, curioso.
L’amica si schiarì la voce, imbarazzata.
“Non vuoi saperlo davvero.” borbottò.
“C’entra con il tuo essere completamente fuori di testa?” domandò.
“Un po’…” ammise.
“Allora, certo che voglio saperlo!” esclamò, divertito.
La compagna si morse il labbro inferiore.
“Ce l'ho, ma è nella borsa, si è rotta...”
“Cosa intendi con ‘si è rotta’?” chiese, confuso.
Ebbe la spiacevole sensazione che quella conversazione stesse prendendo una piega ridicola.
“Si è tagliata!"
Ecco.
“Come... di che parli? Come ha fatto a tagliarsi?” domandò, perplesso.
“Beh, dopo l'incontro con Lumacorno mi sono persa, e ho girovagato parecchio, correndo per corridoi e scale...” cominciò a spiegare, gesticolando “Ed ero accaldata, così l'ho tolta!”
“Quindi" scandì piano “la cravatta non è rotta?”
Lei sospirò.
“Ecco... prima di toglierla mi sono lasciata prendere dal panico!”
Severus sbuffò.
“Amanda, sii più chiara!”
“E va bene!” esclamò, infastidita “Mentre cercavo di toglierla, ho tirato la parte sbagliata e si è stretta, anziché allargarsi, così per non soffocare ho dovuto tagliarla!”
“Ma no" spiegò lui, esitante "bastava semplicemente tirare la parte opposta!”
“Beh, mi è preso il panico, non ci ho pensato!” si giustificò lei.
“Non fatico a crederci” commentò, alzando gli occhi al cielo.
“Comunque, ora la sistemo. Senza, attiro troppa attenzione!” affermò, tirandola fuori.
Borbottò “Reparo”, dopodiché la indossò e abbottonò la camicia.
"Parli di qualcuno in particolare?” s'informò, con una punta di curiosità.
Con o senza cravatta, pensò Severus, Amanda era una bella ragazza. Tuttavia, non aveva mai manifestato interesse per qualche ragazzo. Per quanto lei avesse un carattere esuberante, non l'aveva mai vista in atteggiamenti intimi con nessuno, in tutti quegli anni, e nemmeno gli aveva mai confidato di essere attratta da qualcuno. In realtà, a lui pareva che lei avesse un atteggiamento espansivo solo perché ogni tanto, presa dall'entusiasmo per qualcosa, lo abbracciava. Ma, in verità, gli unici ragazzi con cui si comportava così erano lui e Regulus.
Non aveva mai avuto comportamenti simili con Marcus Avery, ad esempio, al quale, invece, sarebbe piaciuto moltissimo, siccome aveva una cotta per Amanda da almeno tre anni.
E, l’unica a non essersene ancora accorta, era proprio lei.
“Sì, l’ultima persona che avrei voluto.” rispose.
“Parli di Black?” disse in tono sorpreso “Era per questo che ti guardava, prima?”
Amanda annuì.
“L’ho incontrato mentre cercavo l’aula... Si è presentato a me come se niente fosse! Non aveva la minima idea di chi fossi, ci credi?” raccontò.
Quelle parole lo avevano improvvisamente agitato. Annuì, cercando di non dare a vederlo.
“È prevedibile, Amanda, quelle come te a lui non interessano.” disse.
Sì, okay, non gli era uscita come intendeva. Aggiustò subito il tiro.
“...perché il colore della cravatta ti ha tenuta al sicuro da lui, in tutti questi anni!” aggiunse.
Lei aggrottò la fronte, pensierosa.
"Sono stata trasparente come se avessi indossato un Mantello dell’Invisibilità." mormorò, risentita.
Gli sembrò che la compagna avesse avuto una strana reazione alle sue parole.
"Perché quella faccia? Ti piace Black?" chiese a bruciapelo.
"Ma no!" si affrettò a rispondere lei, scuotendo il capo.
"E' solo strano pensare che, ad oggi, si sia avvicinato a me solamente perché non ha visto quali colori indossassi... Come si può essere così superficiali? Senza contare che è la stessa che indossa Regulus!" esclamò, con gli occhi sgranati, come se fosse incapace di concepire una situazione simile.
Severus stava per risponderle, quando dovette abbandonare la conversazione a causa dell’arrivo di Avery e Mulciber.
“Buongiorno!” li salutò Amanda “Com’è andata Aritmanzia?”
Marcus prese sottobraccio Amanda “Ti aspettavo! Avevo tenuto un posto per te...”
“Ti ho già detto che non intendo seguirla... l’anno scorso sono impazzita a fare tutto!” spiegò.
La vide tirare fuori dalla borsa un foglio di pergamena arrotolato e chiuso con un nastro verde-argentato.
“Tieni” disse, porgendoglielo “E’ l’invito di Lumacorno alla prima cena del Lumaclub!”
“Quand’è? Tu verrai?” chiese, aprendo la pergamena distrattamente.
“Il ventiquattro... Sì, ci sarò anch’io!” rispose.
“Il professor Lumacorno mi ha già commissionato qualche dolce da preparare per l’occasione!” aggiunse, entusiasta.
Avery fece una smorfia “Non ti senti trattata alla stregua di un elfo domestico? Non è un lavoro per streghe di talento, preparare dolci!”
Ecco, quando Marcus iniziava con quei discorsi, la discussione con Amanda era dietro l’angolo.
Ad Avery non andava giù che la compagna avesse la passione di preparare dolci.
Severus, invece, la capiva. Lui si sentiva allo stesso modo quando preparava pozioni, era un modo per rilassarsi. Ogni pozione che preparava aveva un procedimento preciso, ingredienti e dosi precisi, e tutto doveva essere sotto controllo affinché il risultato fosse ottimale. E lui adorava avere il controllo.
Ma Marcus non lo concepiva. Era infastidito dal fatto che Amanda frequentasse spesso la cucina e ‘aiutasse’, per così dire, saltuariamente – da oramai tre anni - gli elfi domestici nella preparazione dei dolci ad Hogwarts.
“Non mi sembri tanto contrariato quando è il momento di mangiarli, Marcus...” commentò Severus, sorridendo.
“E guai a voi se iniziate a litigare!” li ammonì, poi, entrando nell’aula di Pozioni.
I due amici dapprima lo guardarono, poi si scambiarono uno’occhiata e si sorrisero.
 
POV: SIRIUS
 
Attese che James si avvicinasse, ma non tolse gli occhi dalla ragazza. Si era bloccata nel vederlo, e per un lungo istante si fissarono.
Mocciosus si avvicinò a lei, distraendola. Ebbe l’istinto di andarle incontro, ma si trattenne e li lasciò andare. Anche Remus e Peter lo raggiunsero, e si incamminarono per andare alla lezione di Pozioni.
“La conosci?” chiese a James, indicando la ragazza, ormai lontana, con un cenno del capo.
“Amanda Froude? Certo che la conosco... è amica di Jade e Lily. È una tipa interessante...” rispose. Fece un sorriso di scherno, e accennò a Remus.
“Ma la conosce meglio lui!”
Il compagno aggrottò la fronte.
“È solo un’amica!” si difese.
“Perché vuoi saperlo?” gli chiese Remus, guardandolo.
Sirius fece una smorfia.
"Ci siamo incontrati all’inizio del corridoio... e mi ha dato dell'idiota" spiegò.
"Ah..." Remus non sembrava sorpreso "E di cosa dovrei stupirmi?"
James e Peter risero, Sirius lo guardò con disapprovazione.
"Beh, a questa tizia non avevo fatto niente, nemmeno la conoscevo!" esclamò, piccato.
"Dimentichi che tutti conoscono te, però..." intervenne James, sorridendo.
"Sì, ma il fatto che l’abbiamo vista andare via con Mocciosus spiega tutto!" esclamò.
Il compagno lo guardò, confuso.
"E quindi?"
"E quindi" riprese "mi ha colpito è che lei abbia descritto noi come 'una banda di tre idioti'!"
Remus aggrottò la fronte.
"Intendeva noi, dici? Ma siamo quattro!" esclamò, indicando i compagni. Anche Peter annuì, convinto.
"Esatto! A quanto pare lei non considera te un'idiota..."
riprese, stringendo gli occhi in due fessure.
Remus sospirò e chiuse gli occhi qualche istante, come a cercare la concentrazione giusta per cominciare un delicato discorso.
"Sirius..." disse, ma lui proruppe.
"Tu fraternizzi col nemico!"
"Ma piantala!" sbottò Remus.
"Sai bene come la penso sulla tua concezione di nemico, qui ad Hogwarts!" continuò, rivolgendogli un'occhiata ostile.
Sirius sbuffò.
“Perché ce l’ha con noi tre e con te no?” chiese, sospettoso.
Quella ragazza lo aveva un po’ destabilizzato. Possibile che la conoscessero tutti tranne lui? Perché, in tutti quegli anni, non l’aveva mai notata?
Ma soprattutto perché, ora che l’aveva notata, provava il desiderio di saperne di più?
 
POV: REMUS
 
Aveva conosciuto Amanda frequentando la biblioteca intorno al secondo anno; dopodiché, avevano cominciato addirittura a studiare e a fare approfondimenti assieme, alcune volte persino in compagnia di Lily è un gruppo di studenti Corvonero. Aveva una mente brillante, e altrettanto misteriosa, dal momento che non comprendeva come potesse ritrovarsi in una casa così ambigua come quella.
Non era infatti l'unico ad essersi accorto che aveva davvero poco in comune con i suoi compagni. Lei stessa gli aveva confessato di sentirsi un pesce fuor d'acqua, talvolta.
In un certo senso gli ricordava Sirius, il primo Black Grifondoro che aveva gettato nel panico l'intera famiglia, e forse era per questo che aveva sempre cercato di evitare un loro scontro diretto.
Detestava il modo in cui Sirius e James si beffavano del suo amico Severus, ma Remus, diplomaticamente, aveva sempre cercato di far desistere Amanda dall'intervenire.
Si schiarì la voce, tornando alla realtà e rendendosi conto che Sirius lo stava ancora guardando, in attesa di una risposta "Allora?" insistette.
"Io e Amanda studiamo spesso insieme ad un gruppo di Corvonero, la conosco da anni." spiegò, asciutto.
Sirius sembrava ancora dubbioso.
"Sei restio a parlare di lei, sbaglio? Ti piace?" chiese.
Remus fece un cenno di diniego, senza scomporsi.
"No, sono solo confuso da tutto questo tuo interesse nei suoi confronti! Sembri piccato... Pensavi fosse la solita ragazza da poter circuire?"
"In effetti sì, prima di sapere che fosse una Serpeverde la trovavo carina!" confessò con un'alzata di spalle.
"Amanda è una Serpeverde anomala, sotto tanti punti di vista. E vi considera idioti non perché siete dei Grifondoro, ma perché prendete spesso di mira Piton, che si dà il caso sia un suo amico!"
Gli occhi di Sirius lo scrutarono.
"Stai cercando di dirmi qualcosa tra le righe?"
"Decisamente" asserì Remus "Sto cercando di dirti che, a differenza tua, lei ti detesta per un motivo che prescinde dalla casa a cui appartieni."
Sirius si fermò in mezzo al corridoio. James e Peter lo imitarono, assorti nel seguire la loro conversazione.
"Quindi, secondo te, questo farebbe di lei una persona migliore di me?" chiese Sirius, indignato.
"Forse migliore addirittura di tutti noi, e non solo per quello" confessò Remus "Tu che ne pensi?"
Si sorprese di sentirsi un po' compiaciuto nel mettere in difficoltà il compagno. Era molto protettivo nei confronti di Amanda.
"Penso che se quello che dici tu è vero, allora la ragazza si trova nel posto sbagliato!" esclamò risoluto.
Remus si girò e riprese a camminare, stanco della conversazione e innervosito dall'ottusità del compagno.
"E tu, invece?" buttò lì, senza girarsi.
Se ne andò, noncurante del compagno che tentava di richiamarlo indietro.
 
POV: SIRIUS
 
Non riuscì a toglierle gli occhi di dosso per tutta la lezione di Pozioni.
Era in piedi, un tavolo avanti al suo, riusciva chiaramente a vederla. Si era sistemata la divisa, e la cravatta verde-argentata spiccava sulla camicia. Si era legata i capelli e aveva spostato distrattamente la frangetta da un lato della fronte. Le maniche della camicia erano state tirate su a causa del calore e del vapore che il calderone emanava. Ma lei non se ne lamentava; anzi, a Sirius parve quasi che le piacesse ciò che stava facendo. La vide sorridere spesso tra sé e sé, spensierata, a tratti canticchiava.
Più la guardava, più la sua figura sembrava stonare con i compagni di casa, così seri e cupi. Era al tavolo con Avery e un’altra compagna di cui non ricordava il nome, e si muoveva con disinvoltura tra gli ingredienti, seguendo le indicazioni del libro per preparare la pozione. Lumacorno aveva promesso una boccetta di Felix Felicis allo studente che avrebbe preparato al meglio il Distillato della Morte Vivente.
“Hey, Sir?” la voce di Peter lo fece tornare alla realtà “Mi passi un Fagiolo Sopoforoso?”
“Eh? Sì, certo...” borbottò, prendendone uno dal sacchetto. Glielo passò, e tornò a distrarsi guardando Amanda.
“Ti ha colpito molto.” commentò Peter, riferendosi con un cenno del capo ad Amanda.
“Già.” mormorò, più a se stesso che al compagno, senza girarsi.
Ad un certo punto, lei spense il fuoco sotto il calderone e il vapore si dissolse. Si sventolò con una mano, un po’ accaldata, poi alzò gli occhi, intercettando in pieno il suo sguardo.
Si osservarono per un lungo momento; Sirius provò ad abbassare gli occhi verso il proprio calderone, ma quelli non risposero ai comandi.
Sembravano essersi incastrati nei suoi.
Fu lei ad abbassare lo sguardo per prima.
Notò che era visibilmente arrossita. Il vapore non c’entrava nulla.
Un ghigno apparve sul volto di Sirius.
 
Commento dell’autore:
 
Buon pomeriggio!
Ho notato che sono aumentate le persone che seguono la storia, questa cosa mi esalta un sacco! (per chi mi conosce, sa che non dovrei assolutamente entusiasmarmi oltremodo, ma sono incontenibile ahahaha!)
Bene, allora… zan zan zan! Che diavolo sta succedendo?
Ecco, sì, Sirius e Amanda si sono conosciuti. O, per lo meno, Sirius ha conosciuto Amanda.
Lei è rimasta particolarmente colpita di essergli stata indifferente in tutti quegli anni, allo stesso modo quando si accorge di essere guardata.
A voi le considerazioni del caso!
Un abbraccio,
- Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'Amica Geniale ***


Capitolo VI: “L'amica geniale”
16 settembre 1976
 
LILY

Rilesse la frase scritta sul libro per la quinta volta, senza riuscire a capirla. 
Era seduta a terra, davanti al tavolino in mezzo alla sala comune. Ripensava a Severus e Amanda, visti poco prima in biblioteca. 
Era scappata come una codarda.
L'amicizia di Severus le mancava tantissimo, si sentiva così in colpa ad averlo abbandonato, sentiva di non aver fatto abbastanza. 
Ma era soprattutto arrabbiata. 
Severus si stava facendo plagiare da alcuni suoi compagni poco raccomandabili. Circolavano voci strane su Avery, Rosier e Mulciber, e la sua amicizia con loro e quella ancora più stretta con i Malfoy, soprattutto con Lucius, la spaventavano molto.
Ragionarne con lui, tuttavia, era risultato sciocco e controproducente; sentirsi chiamare "sporca mezzosangue" poi, aveva definitivamente rotto qualcosa nel loro rapporto. Quelle parole erano uscite proprio da lui, l'unica persona di cui si era fidata ancora prima che entrassero a Hogwarts. 
Era stato un suo amico, il suo migliore amico! Com’era potuto finire così all’improvviso? 
Per giorni ci aveva perso anche il sonno: non c’erano state avvisaglie di un cambiamento così repentino di Severus, le aveva dato la sensazione che fosse rimasto incastrato in qualcosa di più grande di lui. 
Quell’estate era stata persino costretta a passare le vacanze assieme ai vecchi nonni nello Yorkshire, annoiandosi a morte, pur di non vederlo. Non era passato giorno senza che pensasse a cosa stesse facendo lui, a Spinner's End, e se Petunia lo stesse infastidendo o provocando.
Aveva pensato di scrivergli e l'aveva fatto. Ogni giorno una lettera diversa, spiegando lo stesso concetto in tanti modi diversi, senza tuttavia aver mai avuto il coraggio di spedirgliele.
Perché, in fondo, era più facile stare lì che affrontarlo.
Forse le cose sarebbero potute tornare come prima, se avessero chiarito, ma Lily non sapeva più se fidarsi di lui sarebbe stata una buona idea. Tutta quella vicinanza alle Arti Oscure, tutto il fascino che lui provava per quella branca della magia proibita la preoccupava. 
Non aveva raccontato nemmeno ad Amanda di quel litigio. Non voleva che anche lei, saputo del suo interesse per le arti oscure, potesse decidere di allontanarsi da lui. Era una brava ragazza e aveva un buon ascendente su di lui; se c'era qualcuna che poteva ancora aiutarlo era proprio lei.
Qualcosa di umido le bagnò la mano che impugnava la piuma, abbassò lo sguardo e si rese conto che era una lacrima. 
Severus le mancava così tanto, e non si era mai sentita così sola come quell'anno.
Alzò il capo, la luce che filtrava dalla finestra fece scintillare il liquido color oro della boccetta di Felix Felicis, appoggiata sul tavolo.
La prese e se la rigirò tra le mani. L’aveva vinta il giorno prima durante la lezione di Pozioni, e Lumacorno, come suo solito, si era sprecato in complimenti e lusinghe nei suoi confronti.
Sebbene fosse di piccole dimensioni, Lily pensò che contenesse comunque troppa fortuna per una persona sola. Le pareva così ingiusto tenersela solo per sé.
Dalle sue spalle arrivò il trambusto causato da una manciata di studenti rumorosi, appena sbucati dal quadro della Signora Grassa.
Tra questi, Lily scorse la compagna Mary McDonald, che la salutò con un ampio sorriso.
"Ciao Lily! Ancora sui libri? Dai, andiamo al lago!"
Lily sorrise timidamente, occhieggiando i libri sul tavolino. Oramai, non avrebbe più concluso nulla.
"Va bene! " si convinse.
Infilò il libro di Storia della Magia nella borsa e notò la pergamena che Amanda le aveva dato il pomeriggio prima.
La prese e l’aprì, leggendone il contenuto. Si trattava del primo invito di quell'anno alla cena del Lumaclub. 
Lily scrollò le spalle. Stimava molto il professore di Pozioni, ma trovava quelle cene boriose e stressanti. Lui non faceva che tessere le sue lodi, mettendola in imbarazzo con gli altri studenti, che avevano iniziato a definirla "la cocca di Lumacorno". 
Recuperò la boccetta di Felix Felicis, la infilò con cura in tasca, dopodiché si avviò con Mary verso l'uscita del castello. 
Appena arrivata al lago si sentì scompigliare i capelli da dietro. Voltandosi, si sorprese di vedere il viso furbetto di Jaded Potter.
"Dove ti eri cacciata? Ti ho aspettato fuori dalla biblioteca per un po'!" 
Lily si congedò da Mary con un saluto frettoloso e la promessa di rivedersi al lago, dopodiché sorrise alla sua migliore amica. 
Sebbene fosse più bassa del fratello di qualche centimetro, Jaded era magra e agile come lui; i capelli castani erano lunghi e faticosamente legati in una coda alta, quasi sicuramente controllata con la magia, vista la difficoltà di rimanere al proprio posto; il suo naso aveva un profilo più regolare e delicato rispetto a quello di James e gli occhi erano più scuri. 
Il suo carattere era migliore di quello del fratello: era sagace, divertente e indifferente all’opinione altrui, ma senza essere irrispettosa. Soprattutto, scherniva in continuazione suo fratello e Sirius. Nei confronti di quest’ultimo, Lily era convinta  fosse l’unico modo che Jaded conoscesse per dimostrargli affetto.
"Scusami, ma sono stata in biblioteca solo per procurarmi qualche libro!" rispose "Eri da sola?"
L’amica scosse il capo.
"No, ero con Marlene, mi sono fermata a sentire gli ultimi pettegolezzi... E prima di venire via ho incontrato Amanda!"
"Era con Severus quando sono passata io..." buttò lì.
"Questo spiega perché eri rinchiusa in sala comune!” commentò “Comunque Amanda ci raggiunge in giardino! Severus non ci sarà, tranquilla, è filato nei Sotterranei senza nemmeno salutare mentre parlavo con lei!" 
Lily tirò un sospiro di sollievo a quelle parole. Le avrebbe fatto piacere stare un po' con Amanda. Da quando era ricominciata la scuola era stata praticamente sempre in compagnia dei compagni di casa, le mancava chiacchierare con lei.
“Ho uno scoop direttamente da James!” disse Jaded con enfasi.
“Di che si tratta?” chiese, curiosa.
“Ieri mi era sembrato di sentire qualcosa a proposito, alla fine della lezione di Difesa... e Jamie mi ha dato la conferma questa mattina, perché mi ha chiesto informazioni su Amanda!”
Lily aggrottò la fronte.
“James? Informazioni su Amanda?”
Ricordò che la mattina prima, proprio durante la lezione di Difesa, erano stati seduti accanto e avevano persino lavorato assieme. Una sensazione di fastidio l’attraversò.
L’amica sorrise.
“Non fasciarti la testa, me lo chiedeva per Sirius!”
Strinse gli occhi, guardando l’amica con disapprovazione, mentre sentiva il fastidio svanire.
“Perché?”
Il sorriso furbo di Jaded si allargò.
“Sirius e Amanda si sono finalmente conosciuti! E nessuno dei due è rimasto ferito!” esclamò, entusiasta.
"Oh, finalmente!" commentò Lily, ridendo.
Lei e Jaded avevano sempre pensato che, dietro quell'odio, in realtà Amanda celasse un'inconscia attrazione per Sirius.
Eppure, in tutti quegli anni, non si erano rivolti l'ombra di una parola, e nemmeno avevano avuto l'occasione di farlo. Sembrava fare comodo a tutti, per un motivo o per un altro, che non si conoscessero. 
Erano convinte che, se Sirius avesse incontrato Amanda, ci avrebbe sicuramente perso il sonno, tanto erano compatibili. Tuttavia, le probabilità che loro fossero in errore erano parecchio alte; il loro incontro sarebbe potuto essere anche distruttivo, e nell'eventualità andavano tenuti lontano.
"È stato distruttivo come temevamo?" chiese poi, preoccupata.
"James non mi ha raccontato i particolari! Mi spiace essermi persa una scena del genere, quindi ho pensato di ricreare l'occasione io stessa per godermi lo spettacolo!" 
Lily la guardò, seria.
"Jade, no!" la rimproverò.
L'amica rise "Dai, sarà divertente vedere Sirius in difficoltà!" 
Si fermarono nei pressi di un albero che si trovava a metà tra il lago e le serre.
"So che James oggi ha fatto i provini al campo da Quidditch per trovare il nuovo portiere, quindi tra poco saranno di ritorno! Secondo i miei calcoli si incontreranno proprio in questo punto!" continuò, e Lily colse un po' di sadismo nel suo  tono.
"Perché stai mettendo su tutta questa sceneggiata?” le chiese, guardandola con rimprovero. L’entusiasmo di Jaded per tutta quella situazione le fece comunque sfuggire un sorriso.
"Che domande, perchè sarà uno spasso!”
Lily si arrese e sospirò, sedendosi sul prato accanto alla compagna. 
Uscire in giardino e dimenticare i proprio guai per qualche momento non era stata affatto una cattiva idea.

 
SIRIUS

Raggiunse James fuori dagli spogliatoi e lo vide sorridere. 
“Come ti è sembrato?" gli chiese.
“Alice è stata la più agile!” commentò Sirius, estasiato “Hai visto che presa che ha fatto sul finale?”
“Credo proprio che il posto sia suo, infatti!” rispose James. 
S’incamminarono fuori dal campo, in direzione del lago. L’amico si guardò intorno, cercando gli altri compagni.
"Peter e Remus dove sono?" chiese.
"Peter è andato a studiare... è già in ansia per i primi compiti!" rispose "Remus era annoiato... se n'è andato senza nemmeno salutare!"
James aggrottò le sopracciglia "Era di cattivo umore?"
"Come al solito..." borbottò Sirius "Non lo chiameremmo Lunastorta, altrimenti!"
James gli rivolse un'occhiata titubante "La luna piena è vicina, in effetti... forse è andato al lago. Lo raggiungiamo lì? Ci sarà anche Jade..."
Sirius sbuffò.
“È proprio necessario che passi il pomeriggio con tua sorella? Mi distrugge!”
Se c'era di mezzo la sorella di James, Sirius poteva star certo che l'ennesima umiliazione era dietro l'angolo. Da quando la conosceva era stato un continuo provocarsi con battute velenose e frecciatine, fino a quando, durante il quarto anno, senza sapere esattamente come, erano finiti insieme. Sirius pensò di provare qualcosa per lei, in quel periodo, ma James non l'aveva presa per nulla bene. E non se l'era presa con lui, bensì con la sorella, accusandola di aver circuito il suo migliore amico e di volerglielo portare via. 
Di conseguenza, si era trovato conteso tra due fuochi, e non era stato per nulla divertente. 
Dopo essersi reso conto  che per lui l'amicizia con James valeva più di qualsiasi altra cosa, il rapporto con Jaded era diventato via via più forzato, rompendosi definitivamente quando James gli fece conoscere una ragazza Tassorosso. 
Dopo quell'episodio erano tornati ad insultarsi reciprocamente come sempre.
James rise, ma non gli rispose. Lo superò a passo svelto, andando incontro ad una persona che si rese conto essere proprio la sorella. 
Capì poi che tutta quella fretta di andare dalla sorella era giustificata dalla presenza di Lily Evans, che dava loro le spalle. Era intenta a chiacchierare con qualcuno di cui Sirius non riuscì a scorgere il volto. 
Al contrario dell’amico, si avvicinò lentamente, con riluttanza. E riconobbe la persona con cui la compagna stava parlando. 
Era Amanda. 
Parlava con enfasi e faceva fatica a trattenere l’entusiasmo. Si era legata i capelli in una treccia frettolosa e qualche ciocca più corta era sfuggita. Mentre ringraziava Lily per qualcosa, si portò una ciocca dietro l’orecchio. La frangia era accostata ad un lato del volto, e in quel modo i suoi occhi risaltavano ancora di più. 
Si rese conto di essere rimasto a fissarla per un secondo di troppo; si destò quasi immediatamente, ma non abbastanza in fretta da passare inosservato. Infatti, Amanda realizzò la sua presenza e si frenò, smettendo di parlare.
Colto in flagrante, sbuffò.
"Che ci fai tu qui? Non ci incrociamo per sei anni, e poi ci incontriamo due volte in due giorni!" soffiò, contrariato. 
"Fai sul serio? Davvero pensi che non ci siamo mai incrociati in sei anni? Frequentiamo metà delle lezioni insieme, idiota!" sbottò, incrociando le braccia.
"Ti sei accorto della mia esistenza solo ieri perché ero senza cravatta ed eri impegnato a fissarmi le tette!"
Un'improvvisa vampata di calore lo colse, e fu sicuro di stare arrossendo. James non sembrava per nulla solidale con lui in quel momento, impegnato com’era a camuffare malamente la risata con un colpo di tosse. 
Amanda, con un movimento improvviso, si avvicinò minacciosa, stringendo i pugni.  
Sirius fu investito ancora da quel profumo, molto simile a biscotti appena sfornati.
Si dimenticò all'istante della cattiveria che stava per dirle. 
"Biscotti!" esclamò, annusando l'aria sopra la testa di Amanda. La guardò e si ritrovò a sorriderle "Sei tu che odori di biscotti?"
La ragazza rimase immobile, l’espressione sconcertata. 
"Ehm, non so..." rispose, confusa "Ne ho una scatola nella borsa... ma come hai fatto a sentirli?"
"Sei tu che profumi di biscotti, non la borsa..." si giustificò, facendole notare quanto fossero vicini.
"Li hai fatti tu?" chiese, curioso.
Lei indietreggiò di qualche passo, sembrava imbarazzata di stare al centro dell'attenzione; mormorò un "Sì" e si diresse, inciampando, verso la borsa, poggiata ai piedi dell'albero. 
Tirò fuori una scatola di cartone sottile, colorata di verde. 
"Erano una sorpresa per Lily... grazie per avermela rovinata!" gli disse, risentita.
Il volto di Lily si illuminò.
"Davvero? Ma che bel pensiero, Amanda!" 
Jaded, accanto a lei, si lamentò di non averne ricevuti. 
"A te li ho dati l'altro ieri, Jade! Li hai già finiti? Se gli elfi mi vedranno uscire ancora dalle cucine con dei biscotti mi bandiranno da lì!"
"Li hai rubati dalle cucine?" chiese divertito Sirius, cercando di attirare di nuovo l'attenzione della ragazza su di sé.
Amanda assottigliò lo sguardo, ancora un po' ostile. 
"No, li ho fatti io, ma non vogliono che porti fuori troppo cibo dalle cucine perchè temono che gli altri studenti pensino che sia possibile andare lì a qualunque ora a pretendere da mangiare..." spiegò.
Sirius e James si scambiarono un’occhiata complice. Il pensiero andò subito a tutte le incursioni fatte in quegli anni nelle cucine per rubare il cibo. 
"Cioè... gli elfi ti fanno usare i fornelli?" chiese, incredulo. Faticava ad immaginare Silente che permetteva ad una studentessa di accedere alle cucine.
Fu Jaded a rispondergli, con un'espressione gongolante.
"Ad Amanda piace molto cucinare, soprattutto i dolci, ed è brava! È dal secondo anno che aiuta gli elfi nelle cucine, solo per i dolci, però! Hai presente il crème caramel per cui sei impazzito ieri sera? E la torta alla melassa della settimana scorsa? Da solo ne avrai mangiata metà!"
Amanda si schiarì la voce, cercando di apparire spavalda, ma Sirius notò che era comunque arrossita.
"Sono contenta che ti piacciano i miei dolci." constatò, incrociando le braccia.
Sirius era abbastanza incredulo. 
In tutti quegli anni, non aveva fatto altro che osannare i dolci di Hogwarts. Erano la parte del pasto che preferiva, probabilmente quella per cui valeva la pena arrivare in orario in Sala Grande. Si era spesso ripromesso di sposare gli elfi che li preparavano. 
Mai si sarebbe aspettato che fosse frutto del lavoro di una sola persona. 
Il lavoro di una studentessa. 
Serpeverde, per giunta.

 
AMANDA

Si stava chiedendo che diavolo avesse da fissarla ancora. A lei non piaceva sentirsi gli sguardi delle persone addosso, aveva sempre il timore che potessero ridere di lei vedendola cadere, o semplicemente inciampare, dal momento che non era un evento così raro.
Non apprezzò che Jaded avesse tirato fuori la storia dei dolci davanti a loro. Davanti a quei due idioti Grifondoro che sicuramente ora avrebbero ridicolizzato il suo lavoro. 
Quando, all'inizio del suo secondo anno ad Hogwarts, si era resa conto che gli elfi erano sovraccaricati di lavoro, aveva chiesto al Preside di poterli aiutare, e che l'avrebbe fatto volentieri, soprattutto per i dessert, che erano il suo forte.
Silente non si era mostrato tanto convinto dell'iniziativa, subito. Pensava che gli elfi si sarebbero offesi. Tuttavia, dopo che ebbe fatto assaggiare una fetta di crostata a lui e agli elfi, quest'ultimi furono entusiasti di apprendere da lei, mentre Silente portò via l'intero dolce con la scusa di volerlo condividere con il collegio di docenti (Amanda seppe per certo che non arrivò mai ai professori).
Per lei era una passione. Cucinare dolci le era sempre piaciuto, era qualcosa che le riusciva straordinariamente bene. Non come camminare o girare per la scuola. La cucina era uno dei suoi posti preferiti, la sua base sicura. 
"Perchè mi fissi?" soffiò, sulla difensiva.
Il ragazzo si grattò la testa, in un gesto imbarazzato "Beh, ecco..." 
James gli diede una pacca sulla spalla, ed esclamò "Le cose non si mettono bene per te, amico!"
"Devi sapere, Amanda” riprese Jaded "che Sirius adora fare incursioni nelle cucine a notte fonda per spazzolare le riserve di biscotti!"
Amanda, con uno scatto, si voltò verso di lui. Il cuore aveva iniziato a martellarle nel petto, sentiva la rabbia montare. 
Sapeva di doversi calmare, arrabbiarsi non le faceva bene. Ma Black era davvero l’unico capace di urtarle i nervi così tanto da farle perdere il controllo.
“Allora sei stato tu a far fuori i miei pasticcini, la settimana scorsa!” l’accusò, avvicinandosi a lui. 
Il suo sorriso sghembo non l’aiutò a placarsi. Era stanca di essere presa in giro e di passare sopra tutto.
Sirius fece qualche passo indietro e sorrise, soddisfatto.
“Beh, sì, in effetti potrei essere stat-”
“BLACK!” urlò.
Per un istante non vide più nulla, aveva solo voglia di fargli del male fisico. Andò verso di lui con chiare intenzioni aggressive. In questa circostanza non ci sarebbe stato Regulus a calmarla, come succedeva ogni volta che perdeva le staffe. 
Sirius iniziò a correre per scappare da lei; aumentò il passo fino a rincorrerlo per il giardino. 

 
SIRIUS

Non aveva messo in conto di passare un pomeriggio così movimentato. E tutto si sarebbe aspettato, tranne di dover scappare dalla furia di Amanda.
Nonostante fosse palesemente più veloce di lei nella corsa, la ragazza si ostinava a inseguirlo.  
All'improvviso, sentì un tonfo alle sue spalle. 
Si fermò e si voltò: Amanda era sdraiata poco elegantemente, prona, sull'erba, reduce da una rovinosa caduta.
Non riuscì a trattenere una risata, ma quando la ragazza tirò su il viso, notò che i suoi occhi erano lucidi. Sembrava fosse a un passo dallo scoppiare a piangere. 
Gli era capitato di vedere ragazze tristi; ma, in quel momento, l’espressione di Amanda era talmente sconsolata che non riuscì a impedire alle sue gambe di raggiungerla. 
AMANDA

Aveva il volto in fiamme. E la risata di Sirius, simile ad un latrato, non aiutava certamente a farla sentire meno a disagio. 
Le era sembrato strano non essere ancora caduta dopo tutto quel correre, ma poi un sasso, spuntato da chissà dove, le aveva chiarito che la forza di gravità era sempre lì, pronta a ricordarle che comandava.
Avrebbe voluto sparire, sperò con tutto il cuore che una voragine si aprisse e la inghiottisse, facendo perdere a tutti la memoria dell'accaduto.
Non si era mai sentita così in imbarazzo; per quanto i suoi compagni Serpeverde fossero persone talvolta spiacevoli e non propriamente corrette, in tutti quegli anni si erano abituati a vederla inciampare e cadere in continuazione, tanto da essere piuttosto solidali nei suoi confronti. In quel momento avrebbe tanto voluto trovarsi in loro compagnia. 
Represse l'improvvisa voglia di sotterrarsi e decise ad alzarsi, tenendo lo sguardo basso. Sentì una stretta decisa al braccio, e alzando gli occhi ebbe un sussulto. Sirius era di fronte a lei e la stava aiutando a tirarsi su.
“Ti sei fatta male?” le chiese, senza alcuna traccia di superbia nella voce. In quel preciso istante le ricordò Regulus.
Si rimise in piedi e, prima che potesse rispondere, lo vide inginocchiarsi. La sua mano le sfiorò la gamba sinistra, e lei si ritrasse immediatamente.
“Che fai? Non toccarmi!” sbottò, intimidita.
Quella distanza ravvicinata la metteva a disagio. Era sicura di essere arrossita per la vergogna. 
“Sta’ ferma, stai sanguinando!” rispose, trattenendola per l’orlo della gonna. 
Amanda abbassò lo sguardo e constatò che Sirius aveva ragione.
Lungo lo stinco, un sottile rivolo di sangue, partito da un taglio nel ginocchio, scendeva lentamente.
Sbuffò e si sedette sull’erba, lasciando che Sirius le esaminasse meglio la ferita.
“È un bel taglio, come hai fatto a non sentirlo?” chiese, stupito.
“Ho una soglia del dolore piuttosto alta, mi faccio male di continuo!” mugugnò, contrariata.
Sirius la guardò e scosse la testa, sorridendole divertito.
Tirò fuori la bacchetta,  mormorò “Epismenda” .
Dopo che la ferita fu rimarginata, con un altro colpo delicato della bacchetta fece sparire il sangue.
“L’avrei fatto da sola...” borbottò, accigliata.
“E invece l’ho fatto io! Che ne diresti di ringraziarmi, anziché rincorrermi?” le chiese.
Mise via la bacchetta e l’aiutò ad alzarsi.
Amanda si scrollò dalla gonna residui di foglie e terra umida.
"Che ne diresti di smettere di rubare i miei dolci dalla cucina, invece? Piuttosto, chiedi!" rispose, asciutta. 
Sirius inarcò le sopracciglia “Me li daresti davvero?” 
“Ora come ora immagino di sì, non mi piace essere in debito... soprattutto nei confronti di chi detesto.”
Si allontanò in direzione del castello, il capo basso e le spalle lievemente incurvate.



Note dell'autore

Salve!
Buona festa del Lavoratore, innanzitutto :)! 
Allora, che ne pensate? Ho da dire un po' di cose relativamente a questo capitolo. 
- Questa è la prima parte di una scena che ho però deciso di spalmare in due capitoli, spero l'apprezziate :)!  
- Ho sudato freddo a scrivere il pov di Lily. Ho voluto focalizzarmi sul disagio che prova in questo inizio anno senza Severus accanto, perché, per quanto potesse essere arrabbiata con lui, ho pensato che comunque le mancasse tanto. A voi com'è sembrato? È un personaggio molto complesso e ha molte sfaccettature, spero di essere riuscita a coglierne qualcuna!
- Ho preferito ribaltare continuamente il pov tra Amanda e Sirius perchè ho pensato fosse interessante carpire ogni loro reazione e la loro percezione della situazione. 
- Ho un disagio enorme con i titoli dei capitoli. Di solito sono brava in queste cose, ma ultimamente mi risulta difficile intitolarli, non so perché! XD Avevo pensato a un titolo che poi mi sono imposta di non mettere perché altrimenti la fanfiction avrebbe perso quel posto di serietà che tenta di conquistare (il titolo era "La gravità mi fa male, lo so"). 
Aspetto di sapere una vostra opinione! :)
Un bacio,

- Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'Amica Geniale pt. 2 ***


Capitolo VII: L’amica geniale pt. 2
 
“L’avrei fatto da sola...” borbottò, accigliata.
“E invece l’ho fatto io! Che ne diresti di ringraziarmi, anziché rincorrermi?” le chiese. Mise via la bacchetta e l’aiutò ad alzarsi.
Amanda si scrollò dalla gonna residui di foglie e terra umida.
"Che ne diresti di smettere di rubare i miei dolci dalla cucina, invece? Piuttosto chiedi!" rispose, asciutta.
Sirius inarcò le sopracciglia “Me li daresti davvero?”
 “Ora come ora immagino di sì, non mi piace essere in debito... soprattutto nei confronti di chi detesto.”
Si allontanò in direzione del castello, il capo basso e le spalle lievemente incurvate.
 
SIRIUS
 
La guardò allontanarsi e provò lo strano istinto di seguirla.
Si voltò verso James, lo vide trattenere Lily dal raggiungere Amanda. Jaded era accanto a lei, ma guardava nella sua direzione. Gli fece segno di rincorrerla.
Non sapeva cosa la compagna avesse in mente.
Non era propriamente la persona più gentile del mondo nei suoi confronti, ma in quel momento pareva gli stesse dando un consiglio.
Si voltò di nuovo in direzione del castello. Amanda era già scomparsa attraverso il grande portone.
Provava il desiderio di scontrarsi ancora con lei, anche solo per attirare la sua attenzione.
Fu così che si ritrovò ad attraversare il giardino, in direzione del castello, con passo spedito.
Entrò e si guardò intorno parecchie volte, ma non vide né lei né la sua camminata incerta. Pensò, amareggiato, che probabilmente era tornata nei Sotterranei.
Salì allora le scale, diretto alla Torre Grifondoro.
Arrivò, adagio, al settimo piano e, quando aveva ormai perso le speranze, una rampa più su del ritratto della Signora Grassa la vide.
Amanda era seduta su un gradino. Il gomito appoggiato sul ginocchio, si reggeva un lato della testa con la mano. La sua espressione era sconsolata e guardava in basso, tra gli spazi della balaustra di marmo, ai piani inferiori.
Si rese conto, per l'ennesima volta, che si era incantato a guardarla solamente quando lei, alzato lo sguardo, lo notò.
"Perché sei qui?" le chiese, avvicinandosi.
Lei lo fulminò.
"Non ci credo! Mi stai seguendo? Vuoi prenderti gioco di me un altro po'?" sbottò, sulla difensiva. Voleva apparire aggressiva, probabilmente, ma alla fine della frase la sua voce incrinata la tradì.
"Non ti sto seguendo!" rispose Sirius, ostile "Sei tu che ti trovi vicino alla sala comune Grifondoro!"
Non seppe perché, ma si chiese se non fosse stato troppo indisponente. Forse era colpa del modo in cui lei lo stava guardando, senza rispondere. Aveva gli occhi più espressivi che avesse mai visto.
"Fammi indovinare... Ti sei persa?" le chiese, divertito.
Amanda si alzò in piedi.
"Ho accettato di portare degli inviti alla cena di Lumacorno, è da ieri che mi perdo per il Castello!” rispose, sbuffando “Devo portare l’ultimo a Norah Storm, ma non so che scale prendere per arrivarci! È la seconda volta che passo da qui!"
Sirius si schiarì la voce.
Per un istante aveva valutato l'idea di accompagnarla. Tuttavia, l'ultimo dei suoi desideri era farsi vedere in zona Corvonero; dal momento che Amanda possedeva già una pessima considerazione della sua persona, non gli sembrava il caso di farle presente che la ragazza a cui si prestava a consegnare quell'invito era un'altra delle sue ex fiamme dell'anno scolastico precedente.
"Beh, sei un po' lontana dalla Torre di Corvonero da qui... Ti conviene cercarla in sala Grande a cena!" le suggerì.
"C'è una cosa che però non mi spiego" riprese, curioso "Come diavolo fai a perderti ancora, dopo sei anni?"
“È colpa delle scale!" esclamò.
“In che senso?” chiese, perplesso.
“Nel senso che mi odiano, Sirius!” rispose, convinta.
Si rese conto che era la prima volta che sentiva il suo nome uscire dalle sue labbra. Il modo in cui lo aveva detto gli aveva provocato una strana, ma piacevole stretta allo stomaco.
Amanda gli sventolò una mano davanti, e lui si destò.
"Stai pensando a una battuta da fare su di me?"
"Io... Scusa, seriamente pensi che le scale ti odino?" chiese, incredulo.
"Tu sapresti trovare una spiegazione diversa?"
“Beh, sì, ad esempio che hai un pessimo senso dell’orientamento! Comunque mi riesce difficile da credere... Quante volte ti sarai persa? Due? Tre?"
"Intendi oggi?"
"Cosa? No!" la guardò, con la bocca spalancata "Mi prendi in giro?"
"Ascolta, smettila di guardarmi come se fossi un folletto in abito da sera! Non è una questione di orientamento, sono le scale che mi confondono!"
"Dove vivi tu non esistono scale?" chiese, sarcastico.
"Certo che sì, ma non ce ne sono così tante! E soprattutto non sono tutte identiche fra loro!"
“Questo è ridicolo! Come fai ad andare a lezione, allora?”
“Beh, mi faccio dare una mano dai miei compagni!" rispose, facendo spallucce.
Sirius emise un suono a metà tra uno sbuffo e una risata.
“Sì, certo, immagino quanto possano essere tolleranti con una come te!” commentò, sarcastico.
Notò il cambio di espressione di Amanda e si pentì immediatamente di ciò che aveva detto.
Sentì l'improvviso odore dello scontro; Amanda aveva le braccia conserte e l'espressione seria.
“Cosa intendi?” chiese, alzando le sopracciglia.
“Mi è arrivata voce che sei una Serpeverde anomala, i tuoi compagni se ne saranno accorti di certo! Scommetto che litighi con loro per tutte quelle fisse che hanno sui purosangue!"
Si godette la sua reazione a quelle parole; per un istante parve cogliere un luccichio nel suo sguardo, e fu certo di aver colto nel segno.
“È interessante sentire come chiedi informazioni sul mio conto!” lo provocò con un sorriso di scherno.
“Non nego di aver avuto parecchi scontri con i miei compagni, ma noi abbiamo uno spirito di squadra molto spiccato, e ci copriamo sempre e comunque le spalle... Tu potresti dire lo stesso?" lo provocò.
Rifletté su ciò che aveva detto.
In effetti, lui si era sempre ritenuto fortunato; aveva trovato James, Remus e Peter già sull'Espresso per Hogwarts al primo anno, e da allora non si erano più separati. Ma degli altri compagni cosa poteva dire? Sì, certo, li salutava e ci scambiava delle piacevoli chiacchiere in qualche sporadica occasione, ma le uniche persone che considerava la sua famiglia erano James, Remus e Peter. Era a loro che avrebbe affidato la sue stessa vita.
Si chiese se Amanda dicesse sul serio a proposito dei suoi compagni. Dopo essere entrato ad Hogwarts ed essere stato smistato in Grifondoro, i rapporti già complicati con suo fratello Regulus si erano raffreddati, fino ad esaurirsi del tutto nell'ultimo anno... A malapena si salutavano quando si vedevano a casa, e a scuola fingevano di non conoscersi. Possibile che anche Regulus, nella sua casa, avesse trovato il suo surrogato di famiglia?
Quel pensiero gli provocò un certo fastidio, tanto che raccolse il coraggio a due mani e le chiese "Conosci mio fratello, Amanda?"
Lei strinse le labbra, gli occhi si assottigliarono, come per studiarlo.
"Certo che conosco Reg!" rispose.
Sirius si stupì di sentire nominare suo fratello in quel modo. Era stato lui il primo a farlo, da quando, ancora troppo piccolo, quel nome così lungo era risultato difficile da pronunciare per intero.
“E conosco anche il modo in cui lo ignori!” aggiunse, fredda.
Lui si irrigidì e rispose "Non è mai stata una cosa che amavamo, quella di parlarci, e finire in case diverse ha facilitato le cose!"
Assunse un'espressione spavalda di facciata e continuò.
"Immagino che si consoli bene parlando con te, comunque! Chissà che belle cose ti racconta sul mio conto!"
Amanda aggrottò le sopracciglia "Veramente parliamo di te poco quanto niente." rispose.
Provò una fitta spiacevolmente strana allo stomaco, e non seppe dire se si trattava di gelosia, disappunto, o di entrambe le cose.
 
 
AMANDA
 
Per quanto avesse cercato di non darlo a vedere, si era resa conto di come Sirius si fosse irrigidito al discorso 'Regulus'.
Per quale motivo non ammetteva di tenere a suo fratello? Non ci sarebbe stato nulla di male, in fondo. È normale volere bene a un fratello, a Regulus soprattutto. Aveva un carattere buono, riflessivo, talvolta troppo sensibile e influenzabile. Era esattamente agli antipodi di Sirius, così schietto, euforico e impertinente.
Sirius Black la confondeva; un attimo prima era presuntuoso e antipatico, l'altro l'aiutava ad alzarsi e le sorrideva gentile. Qual era il suo problema? In quei momenti 'sì' non sembrava per niente la persona che aveva tormentato Severus da cinque anni a quella parte.
La risposta che lei gli aveva appena dato gli fece aggrottare la fronte.
"E di cosa parlereste, se non di me?" chiese, perplesso.
"Perché dovresti essere un argomento di conversazione?" fece, confusa "Io e lui siamo amici da quando ha iniziato a frequentare Hogwarts! Possibile che non tu non ci abbia mai visto a Hogsmeade insieme, gli anni scorsi?"
Rifletté su ciò che aveva detto, aggiungendo subito "Beh, sì, giusto… che te che lo chiedo a fare? Tu non lo consideri minimamente..."
Sirius parve colpito da quelle parole, tanto da apparire crucciato.
"Ma voi due... sì, insomma, state insieme?"
"Cosa? N-no!" balbettò, sbigottita.
"Buono a sapersi!" replicò Sirius, sorridendo.
Amanda lo scrutò, imperturbabile “Di tutto quello che potresti chiedermi su tuo fratello, scegli proprio di sapere se ha una ragazza?”
“No, hai frainteso. Volevo sapere se tu avevi un ragazzo!” rispose, facendo spallucce “Se non parlate di me, perché io dovrei parlare di lui con te?”
Schiuse le labbra, sconvolta.
Non sarebbe rimasta lì un secondo di più. Si fece spazio, decisa ad andarsene.
“Dove vai?” le chiese, afferrandole un polso.
Non toccarmi!” sbottò, scostandosi al suo tocco.
“Ho sempre avuto ragione, a quanto pare! Non meriti una briciola del bene che Regulus ti vuole!” esclamò poi, arrabbiata “E sarà meglio che me ne vada, o giuro su mia sorella Layla che potrei non rispondere di me!”
Iniziò a scendere le scale, la sua voce gli arrivò dalle spalle.
“Layla Froude, Corvonero?”
Amanda si arrestò a metà di un gradino e si voltò lentamente verso di lui.
“La conosci?” chiese.
Vide Sirius sbiancare e mettere ulteriore distanza tra loro.
"Beh... mi è familiare... forse la conosco di vista. Sai, Hogwarts è piuttosto piccola..."
Lei lo fissò, accigliata.
"Sei stato piuttosto chiaro per conoscerla solo di vista!" gli fece notare, diffidente.
 
SIRIUS
 
Stava sudando freddo. E non perché considerasse in effetti Layla una bella ragazza, ma perché era stata una sua ex fiamma.
Un'altra.
Si maledisse mentalmente. Ma con quante ragazze era stato? E soprattutto, per quale motivo erano tutte collegate con Amanda? Come avrebbe fatto a dirle che ci era uscito assieme ben tre volte l'anno scorso e ciò che avevamo fatto in quel frangente somigliava veramente poco al semplice guardarsi negli occhi? Ovviamente non erano andati oltre la seconda base - aveva dei princìpi, lui - e avevano smesso di uscire assieme con l’inizio dei G.U.F.O. La rottura non era nemmeno stata fastidiosa o imbarazzante, avevano semplicemente smesso di uscire.
"Beh, sì, so che è una bella ragazza..." buttò lì, ma a quanto pare Amanda aveva già percepito che c'era qualcosa che non andava nel suo tono di voce.
Parve riflettere qualche momento, dopodiché sgranò gli occhi, e si portò una mano davanti alla bocca.
“Dimmi che non è come penso!” lo minacciò, risalendo i gradini nella sua direzione.
Lui indietreggiò ancora.
“Non è come pensi!” rispose immediatamente “Siamo usciti solo per un paio di settimane, intorno ad aprile!”
"Voi... COSA?!"
Amanda assottigliò gli occhi, infuriata.
"Ma ti sei bevuto il cervello? L'anno scorso era solo al terzo anno!" sbottò.
"Guarda che è stata lei a chiedermelo! Neanche sapevo che fosse più piccola finché non me l’ha detto!" si difese Sirius.
Amanda lo raggiunse e continuò la sua invettiva "Ecco perché l'anno scorso non voleva parlarmi del ragazzo che frequentava! Sapeva che non avrei approvato assolutamente!"
"Sei ingiusta! E prevenuta!"
"Io prevenuta?" proruppe lei. Sirius notò che le guance le si erano tinte di rosso per la rabbia e continuava a stringere i pugni lungo i fianchi.
"Ha pianto un sacco quando vi siete lasciati e io non sapevo con chi prendermela!"
Lo colpì con stizza ad una spalla.
"Ecco! Questo è per lei, porco ingrato!"
Sirius si strinse la spalla offesa con una mano.
"Hey!" sbottò "Lei voleva qualcosa di più serio e a me non andava di illuderla! Sono stato corretto!"
Gli si avvicinò minacciosa, fino ad essere a pochi centimetri dal suo viso. Il suo profumo lo investì di nuovo.
"Per essere corretto non avresti proprio dovuto avvicinarti a lei, è troppo piccola per te!"
Sirius inspirò profondamente e rispose spavaldo, con un mezzo sorriso "E tu? Tu avresti l'età giusta, invece, vero?"
Ottenne ciò che voleva: Amanda arrossì violentemente e si rese conto che erano troppo vicini.
Si scostò freddamente.
"Va’ al diavolo, Black!” mormorò, distaccata.
Gli rivolse uno sguardo carico d’odio, tanto che per qualche istante pensò di doversela nuovamente dare a gambe. E invece, nonostante tutta la rabbia che provava, sembrò trattenersi, come se temesse di perdere il controllo.
“È meglio che me ne vada...” borbottò, ricominciando a scendere le scale.
“Forse è il caso che ti accompagni!” si propose, raggiungendola.
“No, vattene!” rispose, perentoria, guardando davanti a sé.
“Sicura? Lì c’è un gradino che scompare, rischi di farti male di nuovo!” la schernì, divertito.
“Non trattarmi come una poppante, lo-”
L’afferrò improvvisamente per un braccio, appena in tempo per evitare che rimanesse incastrata nello scalino mancante.
La vide alzare gli occhi al cielo.
“A conti fatti, credo che tu mi debba più di qualche biscotto, con tutti questi salvataggi!” affermò Sirius, soddisfatto.
Amanda sbuffò, saltando lo scalino incriminato. E la vide curvare le labbra in un sorriso che tentava inutilmente di trattenere.
Rimase fermo, lei continuò a scendere. Quando si rese conto di non essere più seguita, si voltò.
“Ce ne sono altri?” chiese, titubante.
“Di gradini meschini, intendi?” le domandò, ridendo “No, ora sei al sicuro.”
Amanda tenne lo sguardo su di lui ancora qualche momento, incerta. Infine, sollevò la mano, accennando un saluto impacciato.
Sirius, una mano in tasca, ricambiò e distese il volto in un sorriso, guardandola  allontanarsi.
 
*
 
La prima cosa che fece, quella sera, entrando in Sala Grande per cena, fu di volgere lo sguardo al tavolo dei Serpeverde.
Intercettò Amanda quasi immediatamente, seduta tra Avery e Mocciosus. Provò un immediato e istintivo fastidio, soprattutto perché sorrideva nell'ascoltare l'untuoso amico.
Si sedette e si servì distrattamente il cibo nel piatto.
"Sirius! Diamine, ti sto parlando!" la voce contrariata di James lo destò.
"Come?" mormorò.
L’amico doveva aver seguito la traiettoria del suo sguardo, perché subito dopo esclamò "Aaah... Controlli lei! Ora è tutto chiaro!"
"Che cosa è chiaro?"
Remus scivolò a sedere e gli si piazzò proprio di fronte, coprendogli la visuale.
"Sirius ha fatto pipì su Amanda!" spiegò James.
"Che? James!" sbottò Sirius, accigliato "Non è vero!"
"Non letteralmente, spero!" s'intromise Peter, sedendosi accanto a James.
"Ovviamente, non per davvero" calcò Sirius acidamente "Sto solo dando un'occhiata al tavolo..."
Remus parve sconcertato "Lasciala stare, Sirius."
Gli rivolse un’occhiata obliqua.
"E perché mai dovrei? Perché me lo dici tu?" domandò, seccato. Era ancora arrabbiato per come lo stava trattando con sufficienza in quei giorni.
"Il suo cognome è Froude, ti ricorda niente?"
"Purtroppo sì, abbiamo già discusso la faccenda nel pomeriggio!" borbottò "Immagino tu sia contento!"
Remus sospirò.
"Io penso solo che lei ti piaccia perché non dimostra interesse nei tuoi confronti… e tu non ci sei abituato!"
Sirius sbuffò, seccato.
"Dal momento che non ti trovi nella mia testa, ti proibisco di pensare a ciò che può piacermi o meno." commentò, gelido.
Il compagno non sembrò colpito dalla sua risposta distaccata. Si limitò ad arricciare un angolo della bocca.
"Non voglio ostacolarti, vorrei solo che prestassi attenzione a come ti comporti con lei. Non trattarla come tratti tutte, lei è una mia amica." disse, serio "E amica di Piton, soprattutto."
Sirius aveva spostato il capo per poter tornare a guardare Amanda, in quell’istante impegnata ad ascoltare Avery.
"Lo so." brontolò in risposta.
Al momento del dolce, Sirius sbirciava ancora verso il tavolo dei Serpeverde. Amanda notò il budino in mezzo al tavolo e sorrise. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Sirius un tavolo più in là. Lui accennò un mezzo sorriso, alzando il cucchiaino colmo di dolce per mostrarglielo.
Amanda distolse subito lo sguardo, ma a Sirius non sfuggì che era arrossita.
 
 
AMANDA
 
Vedere il budino al centro del tavolo le aveva fatto ripensare a Sirius; istintivamente, alzò la testa verso il tavolo Grifondoro ed eccolo lì, che la stava osservando. Il sospetto che non fosse la prima occhiata che le rivolgeva la colse, e abbassò il capo, imbarazzata.
"Amanda, no." disse Piton, alla sua sinistra.
Lei si voltò, confusa, sentendosi il volto in fiamme.
"No, cosa?"
Severus strinse gli occhi scuri.
"Mi hai capito. No." ripeté, secco.
"Di che parli, Sev?"
"No."
"Sev-"
"Non lui, Amanda."
Ma come diavolo aveva fatto? Lei e Sirius si erano guardati per un secondo e lui l'aveva notato subito! Si sentì fraintesa; non lo stava guardando per chissà quale strano motivo. Semplicemente, aveva associato il dolce gli avvenimenti del pomeriggio e aveva azzardato a voltare il capo nella sua direzione.
Il fatto che anche lui fosse girato verso di lei aveva fatto sembrare quello scambio di sguardi premeditato.
"Sev, non è come pensi!"
"Lo è, invece." replicò lui, più serio che mai "Ti sta guardando da quando è entrato in Sala Grande. Ti ha puntato, Amanda."
Puntato? Ma di che stava parlando?
"Ma che-?"
"È successo quello che immaginavo sarebbe successo se vi foste parlati. Sapevo che a lui saresti piaciuta. Fidati, ti ha puntato."
Cos’era quella storia? Lei non aveva mai rivolto la parola a Sirius perché non aveva voluto, non perché lui glielo avesse impedito.
Quella considerazione la amareggiò. Si sentì stupida, trattata come una bambina che ha bisogno di essere protetta e tenuta lontana dai pericoli.
"Non essere stupido, come fai a dirlo? Può puntarmi quanto vuole, comunque, a me non interessa!" esclamò, risoluta.
Severus inarcò le sopracciglia, fissandola. Sembrava quasi che volesse leggerle i pensieri, e forse ci stava anche riuscendo, dal momento che ebbe la sgradevole sensazione di essere nuda.
"Bene. Se è così, allora, il problema non si pone." commentò.
"Che problema?"
"Quello di scegliere fra la mia amicizia... e lui."
Amanda avvertì un'improvvisa vertigine a quelle parole. Era un ricatto?
Severus non aggiunse altro; lasciò lì il suo dolce preferito e se ne andò.
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore
 
Salve! Eccomi tornata con la seconda parte del capitolo. Cosa ne pensate? Mi piacerebbe leggere i vostri pareri, anche critici (oddio, non è che sputi sopra ai complimenti, ma ci siamo capiti!), perché mi sono necessarie per rivedere la struttura delle scene o le scelte dei pov, così da migliorarle sempre!
Comunque, veniamo alla trama...
  • Le cose iniziano a complicarsi per Amanda. Si raccolgono scommesse su cosa farà dopo questa reazione di Severus! Faccio una considerazione: per quanto lei sia una persona ottimista e fiera, è molto ingenua, e soprattutto ha questa mania di “controllare” gli altri, pensando di fare il meglio per loro (che è una cosa carina, eh, ma parte sempre dal presupposto che gli altri siano dei decerebrati, quindi è un po’ presuntuosa). Io ci ho visto una grossa differenza, ad esempio, rispetto a Lily, che invece ha preso la predilezione di Severus come una scelta consapevole e ha quindi troncato subito ogni rapporto. Amanda non si rende conto di questo suo difetto, tanto che, al contrario, è lei a sentirsi trattata come una bimba quando Severus le fa notare certe cose. In questo particolare momento, si rende anche conto che le sue certezze stanno vacillando (vedi la discussione con Regulus) e, ahimé, mentre ne scrivevo ho pensato “È proprio una figlia dell’estate”!
  • Non so voi, ma io adoro James! Questa storia della pipì mi fa sbellicare ogni volta che la rileggo! Dai, è troppo azzeccata! XD
  • Su Sirius e Amanda, beh, cosa volete che vi dica? Certi loro dialoghi davvero si scrivono da soli!
  • Piccola precisazione (che forse ora potete aver collegato): il gufo che aspetta Layla nel primo capitolo - e che in effetti riceve, parola mia - NON è da parte di Sirius. In questo caso il suo punto di vista sulla loro relazione è affidabile; lui e Layla sono usciti insieme per poco e hanno smesso di punto in bianco senza che lei gli recriminasse nulla.
 
Vi saluto, al prossimo capitolo!
 
P. S.: Considerando il materiale che sono riuscita a mettere insieme, posso quasi dire con certezza che i prossimi aggiornamenti avverranno con cadenza settimanale!
 
Un bacio,
- Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 'Stand By Me' ***


Capitolo VIII: “Stand by me”
 
 
22 Settembre 1976
2° Livello
Servizi Amministrativi Wizengamot
Ministero della Magia, Londra
 
 
JOE SEAMUS FROUDE
 
Si grattò il mento con la piuma, assorto, mentre esaminava i documenti che aveva tra le mani. Mary Anne l’aveva sempre preso in giro per questo, diceva che in quei momenti era identico a suo padre.
Quel giorno aveva pensato a sua moglie più di quanto già non facesse normalmente, e si sentiva impaziente di tornare a casa.
Non credeva che, dopo ben diciassette anni di matrimonio, avrebbe continuato a provare un sentimento così forte per lei.
Erano così diversi da compensarsi: lui calmo, equilibrato e paziente; Mary Anne era frenetica, impulsiva, rumorosa, creava scompiglio ovunque andasse.
Era la donna più entusiasta e cocciuta che avesse mai conosciuto; spesso si appassionava a qualcosa tanto da diventarne esperta nel giro di pochissimo tempo.
C’era stato il periodo in cui aveva piantato nel giardino qualsiasi specie di pianta o radice magica d’Irlanda; poi, quello in cui si era interessata alle Creature Magiche più improbabili - ricordava benissimo la fatica che aveva dovuto fare per proibirle categoricamente di incrociare una Manticora con un Fiammagranchio -  oppure, negli ultimi anni, aveva iniziato a cimentarsi nella preparazione di nuove pozioni. Dovette ammettere, tuttavia, che in ciò riusciva piuttosto bene.
Da quando le loro due figlie erano tornate ad Hogwarts l’aveva colta un po’ di malinconia.
Aveva allora iniziato a lavorare a maglia, attratta da alcune riviste babbane che Amanda aveva ricevuto in regalo da una sua compagna di scuola. Voleva riuscire, a tutti i costi, a produrre un maglione senza l’aiuto della magia. Nel giro di pochi giorni, si era trovato la casa invasa da gomitoli di lana di ogni colore, dagli accessori e dagli strumenti più assurdi di cui non ricordava nemmeno il nome.
I risultati erano stati oltremodo deludenti. Il giorno prima, mentre scriveva una lettera per Amanda, Mary Anne aveva insistito affinchè provasse un maglione (al quale mancavano diversi elementi – tipo una manica – per essere definito tale, ma non si era sentito di screditare il suo lavoro) di un colore assurdo, che aveva appena ultimato. A lui era sembrata una scusa per prendergli le misure, e aveva infatti il terrore che Mary Anne stesse preparandogli qualche indumento da regalargli proprio quella sera che era il loro anniversario.
Dei colpetti leggeri alla porta gli fecero alzare lo sguardo dalla pergamena che stava leggendo.
“Avanti.”
Albus Silente fece il suo ingresso con un sorriso incoraggiante sulle labbra.
“Buon pomeriggio, Seamus.”
“Salve, Albus. Preferisco essere chiamato Joe, lo sai!” esclamò, sorridendogli di rimando.
Gli indicò la poltrona davanti alla scrivania.
“Accomodati pure.”
“È che quando sei così assorto mi ricordi molto tuo padre.” si giustificò Silente, sedendosi.
Joe lo guardò da sopra gli occhiali da lettura.
“Mi sembra di sentire mia moglie!” rise.
Silente si appoggiò allo schienale e intrecciò le mani.
“Se non ricordo male oggi è il vostro anniversario. Vi faccio i miei migliori auguri, ricordo il vostro matrimonio come il più bello al quale io abbia mai partecipato.” affermò, pacato.
“È carino da parte tua, Albus, ma sappiamo entrambi che fu il matrimonio più disastroso di tutti i tempi!” sorrise divertito “La pancia di Mary Anne non era cresciuta di molto, ma Amanda era già più attiva che mai!”
Albus sorrise.
“Oh, sì, la prima e unica torta in faccia l’ho ricevuta da tua figlia ancora prima che nascesse!”
Joe si lasciò andare ad una risata, ripensando a quell’episodio.
“Come stanno le mie ragazze?” chiese poi, senza nascondere un velo di nostalgia.
“Non potrebbe esistere genitore più fiero di te, Joe. Amanda e Layla stanno bene.” lo rassicurò.
“Pensavo che forse è il caso di fare avere ad Amanda un po’ della sua pozione, tu cosa ne pensi?” chiese, improvvisamente serio.
Silente sospirò.
“Perché pensi sia necessaria? L’ho vista piuttosto tranquilla, per quanto lei sappia esserlo.” rispose con un mezzo sorriso.
Joe si tolse gli occhiali, passandosi una mano sul volto stanco.
“La settimana scorsa è trapelata la notizia dell’aumento di Auror a nostro servizio di protezione… non vorrei che la preoccupazione per questa situazione la stressasse troppo.” ammise.
“Non sottovalutarla…” lo rimproverò, sorridendo.
“Non lo faccio, ma… Se dovesse perdere il controllo, nessuno di noi ha idea di quello che potrebbe accadere.”
“Da quando è a Hogwarts non ci sono mai stati episodi incresciosi. L’anno scorso, con i G.U.F.O., è stata lei stessa a chiedere la pozione. È una ragazza responsabile, Joe.” insistette.
Sospirò e scrollò le spalle. Sapeva che Silente aveva ragione, doveva smettere di essere così iperprotettivo, soprattutto nei confronti di Amanda.
Sin dal giorno in cui Mary Anne aveva scoperto di essere incinta, non ebbero dubbi sulla natura magica di Amanda. Non si aspettavano che i poteri magici della loro primogenita si presentassero addirittura prima della nascita.
La gravidanza travagliata di sua moglie ne fu la prova: la magia della figlia aveva da subito interferito con quella di Mary Anne, che si era trovata spesso a non riuscire a controllarsi. Capitava spesso che, attraverso un singhiozzo o uno starnuto, riuscisse a trasfigurare, appellare o far apparire oggetti di qualsiasi genere.
Con la nascita, le cose erano addirittura peggiorate, perché Amanda si era dimostrata molto sensibile ai cambiamenti d’umore. In situazioni stressanti che potevano causare rabbia, paura o frustrazione, perdeva il controllo di sé. Un episodio emblematico avvenne quando aveva solo pochi mesi.
Durante una pesante discussione con suo padre, Joe si accorse di non riuscire più a sentire nulla. Le labbra di Seamus Froude si muovevano, ma non usciva alcun suono.
Anche suo padre lo guardò, sconcertato, e rimasero a fissarsi qualche secondo, senza riuscire a capire. Poi, Amanda emise un gridolino, dal tappeto su cui stava giocando. Guardava in su, nella sua direzione, gli occhi blu e grandi proprio come i suoi.
Era stata lei.
Pensarono, i primi tempi, che crescendo e diventando più consapevole potesse riuscire a controllarsi, ma le aspettative non si realizzarono.
Al contrario, dopo un grave incidente con un suo coetaneo babbano, vicino di casa, si resero conto di dover arginare quei fenomeni con delle pozioni calmanti.
“Hai ragione, Albus. Mi domando se si normalizzerà mai…” buttò lì, non ancora del tutto convinto.
“La normalità è sopravvalutata, Joe. Amanda imparerà ad indirizzare bene il potere che ha, non preoccuparti.” disse, sorridendo come per chiudere il discorso.
Joe seppe che, in quell’ultima frase, v’era nascosta una rassicurazione ben più profonda, che Albus gli aveva fatto più volte.
‘Non è come Ariana.’
“Sono venuto per chiederti un favore, Joe.” riprese, schiarendosi la voce “Domattina ho un impegno particolarmente importante, non riuscirò a presiedere l’udienza prevista alle dieci. Riusciresti a sostituirmi?”
Joe aggrottò la fronte.
“Certo.” indicò le pergamene sparse sulla scrivania “Esaminavo il caso proprio ora. Dovremmo aggiornarci, a proposito.”
“Ti farò avere notizie quanto prima.” terminò, alzandosi “Buona serata, saluta tanto Mary Anne.”
Prima che giungesse alla porta, Joe lo richiamò.
“Albus, aspetta!” esclamò “Puoi dare questa alle ragazze, se sei diretto a Hogwarts?”. Lo raggiunse e gli porse una lettera.
“Va bene.” rispose, prendendola.
Poi, con un sorriso gentile, Albus Silente si congedò.
 
 
*
 
 
“Sei pronto, Joe?”
Charlus Potter fece capolino dalla porta del suo ufficio, energico come al solito.
Joe infilò il regalo per la moglie nella tasca interna del mantello, lo allacciò e raggiunse l’Auror.
“Sì, andiamo!” esclamò. Percorsero il lungo corridoio in direzione dell’ascensore.
“Com’è andata oggi?” chiese a Charlus.
“Tre sparizioni, in tre villaggi diversi sparsi in Gran Bretagna. E nessuno ha visto nulla!”
Joe sospirò.
“Ancora non mi capacito di come gli altri siano convinti che vada tutto bene.”
Charlus lo guardò, complice, ma non rispose. Entrarono nell’ascensore, diretti all’Atrium.
“Ho saputo che è il tuo anniversario di matrimonio. Mi dispiace che la casa sarà un po’ affollata, noi staremo fuori, senza disturbarvi! ” esclamò.
Joe sorrise, divertito.
“Mary Anne non vi permetterà mai di restare senza cena!” rispose “Per quanto la preoccupi questa situazione, avere gente in casa la distrae dal sentire la mancanza delle ragazze!”
Charlus rise “Non è esattamente quello che direbbe mia moglie… Da quando James e Jade sono tornati ad Hogwarts ha trovato un po’ di pace!”
Avanzarono nell’Atrium, affollato di maghi; Joe salutò con un cenno del capo Ronny, l’uomo della vigilanza, dopodiché si diressero verso un camino.
“Li rivedrete a Natale?” chiese a Charlus.
“Sì, ci teniamo a passare il Natale tutti assieme, soprattutto quest’anno!”
“Come mai?”
Charlus aspettò che si fossero Materializzati entrambi davanti all’abitazione di Portaleen prima di rispondere.
“Il migliore amico di James è scappato di casa, noi lo accoglieremo a braccia aperte... ne avrà veramente bisogno!” esclamò, soddisfatto.
Joe aggrottò la fronte “Di chi si tratta?”
“Sirius Black... il primogenito di una nipote di Dorea, Walburga, e Orion Black. Li conosci?”
Joe rise, pensando a quanto strano fosse il destino.
“Walburga no, ma suo marito Orion lo conosco bene dai tempi di Hogwarts! Eravamo nella stessa Casa, ma lui era tre anni avanti a me.” rispose con una smorfia.
A Charlus non sfuggì l’espressione che aveva fatto.
“Non andavate d’accordo?” chiese, sorridendo.
“Oh, aveva una certa predilezione per le Arti Oscure, ma nulla di preoccupante.” spiegò “Il problema era che perse la testa per Mary Anne, non gli andò mai giù che mi avesse preferito a lui!”
Charlus scoppiò a ridere.
“Non ci credo… Aspetta che Dorea lo sappia!” esclamò, euforico.
“Già, credo impazzisse per lei perché era l’unica ragazza a non cedere alle sue lusinghe, a quei tempi era oggettivamente molto attraente!”
“Oh, Sirius è la sua copia sputata. Ma non bisogna farglielo notare, si imbestialisce!”
“Ci credo!” rise Joe, entrando in casa.
Un buonissimo odore di fiori lo accolse appena superata la soglia, e a Joe rievocò il ricordo dei cespugli di rose fuori dalla casa a Inish Mòr, dove si erano sposati proprio diciassette anni prima.
“Mary Anne?” chiamò.
Uno scalpitio dal salotto preannunciò l’arrivo della moglie.
Rimase incantato qualche secondo nel vederla: per l’occasione indossava un elegante abito da maga che le fasciava perfettamente il fisico minuto, di un colore azzurro, proprio come i suoi occhi; la folta capigliatura bionda era contenuta in uno chignon, da cui alcune ciocche sfuggivano. Sull’ampio scollo del vestito riluceva la collana del giorno del loro matrimonio.
Guardandola, ogni giorno, ancora si stupiva di quanto la trovasse meravigliosa.
“Joe!” esclamò, andandogli incontro con il sorriso che riservava solo a lui.
Si scambiarono un casto bacio a fior di labbra, e fu subito distratto dalla voce di Charlus.
“Se mi cercate sono intorno al perimetro della casa, avviso Rufus che sono arrivato!” esclamò.
“Un momento, Charlus… Ho delle pozioni che Silente mi ha commissionato, da darti!” disse Mary Anne, dirigendosi verso il salotto. Tornò in pochi secondi con un sacchetto di velluto scuro.
“Ci sono parecchie dosi di Polisucco - ne avrete bisogno per le pattuglie -  Veritaserum e diversi antidoti…”
L’Auror afferrò il sacchetto e lo conservò nel mantello.
“Oh, fantastico, grazie!”
Fece per uscire, e Mary Anne gli ricordò che avrebbe servito la cena alle otto in punto. Charlus uscì con un sorriso divertito stampato sulle labbra.
“Faremo una cena a lume di Auror, tesoro?” chiese Joe, prendendole finalmente il viso per baciarla come meritava.
Mary Anne rise.
“No, tua moglie ha un piano!” esclamò, entusiasta.
“Come sei criptica! Di che si tratta?” chiese, perplesso.
Il sorriso di Mary Anne si allargò.
“Aspettami in salotto, lascio un biglietto in cucina per gli Auror e arrivo! Prepara la Metropolvere!”
La vide affrettarsi verso la cucina e rimase un momento immobile, confuso. Poi, andò in salotto, fece appena in tempo a prendere la Metropolvere che Mary Anne ricomparve. Aveva indossato il mantello.
“Dove mi stai portando, senza scorta?” chiese, divertito.
“Se verranno anche loro attireremo l’attenzione. Meglio svignarsela, ho avvisato con un biglietto che saremo di ritorno entro qualche ora!” rispose.
“Andiamo a Mainistir!”
La guardò, sbigottito.
Non metteva piede in quel villaggio di Inis Mòr, nelle Isole Aran, da almeno tre anni.
Su quell’isola, una volta abitava Patrick Doherty, il fratello maggiore Magonò di Mary Anne. Si erano sposati proprio lì e, dopo la nascita delle bambine, avevano passato lì intere estati, ospiti a casa sua. L’aveva conosciuto e considerato il suo migliore amico, in tutti quegli anni.
L’ultima volta che l’avevano visto era stato quattro anni prima; un giorno di marzo, un incidente in barca aveva fatto perdere ogni traccia di lui, e l’Oceano non aveva mai più restituito il suo corpo.
Fu un brutto momento anche per Layla e Amanda, molto legate allo zio.
Layla non aveva ancora iniziato a frequentare Hogwarts, mentre Amanda si apprestava a terminare il primo anno. Tornò e stette a Portaleen per ben tre settimane; fu proprio lei ad accusare di più il colpo, e dovette prendere pozioni calmanti per i successivi sei mesi.
Avevano continuato a tornare nella sua casa per un certo periodo, ma Joe si rese conto che ciò non faceva che intristire e spegnere Mary Anne. Così, decise che non vi sarebbero più andati.
In compenso, gli capitava di tornarci, almeno una volta al mese, di nascosto, per rivivere i ricordi che lo legavano a quella casa, per mantenerla viva, in un certo senso.
“Nella casa di Patrick? Te la senti?” chiese, preoccupato.
La moglie annuì, convinta.
“Sì, so che tu ami quel luogo, e andarci è il mio regalo per te, oggi.” rispose “Anche per farmi perdonare l’orribile maglione che scarterai stasera!”
Joe alzò gli occhi al cielo e rise.
“Lo sapevo che quella di ieri era una scusa per prendermi le misure!”
Mary Anne strinse le labbra e cercò di non scoppiare a ridere, mentre prendeva dalle sue mani una manciata di Metropolvere.
Amava da morire sua moglie.
 
 
 
Mainistir, Inis Mòr
Isole Aran, Galway
Irlanda
 
 
“When the night has come
And the land is dark
And the moon is the only light we’ll see
No, I won’t be afraid
Oh, I won’t be afraid
Just as long as you stand, stand by me.”
Ben E. King
 
 
MARY ANNE DOHERTY
 
Pensava che sarebbe stato straziante. L’ultima volta che era stata nella casa di suo fratello non aveva avuto il coraggio di toccare nulla.
Patrick le mancava così tanto, il suo ricordo era doloroso. Erano sempre stati così uniti, nonostante il fatto che fosse nato senza una goccia di sangue magico.
Quella notizia, all’epoca, aveva destato un forte scandalo nell’intera famiglia. I suoi genitori reagirono come solo i buoni genitori sanno fare: mandarono al diavolo tutto l’entourage familiare, lasciarono Cleggan, e si trasferirono a Galway, cominciando una nuova vita.
Se ci ripensava, sentiva ancora risuonare nelle orecchie gli insulti e i litigi a cui aveva assistito, su come Patrick non dovesse far parte della famiglia, su come avesse gettato vergogna sul buon nome dei Doherty, la famiglia magica più antica d’Irlanda.
 
FLASHBACK
 
Mary Anne aveva nove anni, ascoltava quelle urla e guardava suo fratello, undici anni ormai compiuti e nessuna lettera ricevuta, piangere silenziosamente.
Non capiva la gravità della situazione, nemmeno lei aveva mai dato segni di magia, fino a quel momento. Ma non era triste, stava bene, non ne sentiva il bisogno. Soprattutto se ciò avrebbe significato separarsi da suo fratello.
Non riusciva a vedere Patrick in quelle condizioni.
Lui rideva, rideva sempre. I suoi occhi blu e lucidi erano così insopportabilmente dolorosi.
Si tappò le orecchie e chiuse gli occhi, sperò che i suoi zii e i suoi nonni la smettessero di gridare.
Poi, una mano le accarezzò la testa bionda. Mary Anne alzò lo sguardo, e Patrick era di fronte a lei, si asciugava le lacrime con il maglione. Non piangeva più, anzi, le sorrideva gentile.
“Andiamo nel nostro posto, Mary Anne?” le sussurrò.
Corsero fuori, attraversarono il giardino fino ad addentrarsi nella pineta accanto casa. C’erano due enormi massi, in quel bosco, che avevano rinominato ‘Bocca di balena’, per la loro disposizione. Lì, spesso, passavano i pomeriggi, nascosti in quella piccola spelonca.
Suo fratello si inerpicò e poi si voltò per porgerle la mano, ma lei, senza sapere come, si ritrovò già all’interno.
Strabuzzò gli occhi, sconvolta.
“P-Patrick, scusa, io non so c-come ho fatto!” pigolò.
Lui non disse nulla; non la guardò con invidia o dispiacere, ma le fece il sorriso più luminoso che le avesse mai riservato.
“Sei una strega, Mary Anne!” esclamò, entusiasta, prendendola in braccio “Fallo di nuovo!”
Ciò che più le rimase impresso, di quel momento, furono i suoi occhi, spalancati dalla felicità.
Gli occhi di Patrick.
Non immaginava che un giorno li avrebbe rivisti prima in Joe, e poi in Amanda.
 
FINE FLASHBACK
 
Quel giorno pianse tanto, lo ricordava bene. Fu Patrick a consolare lei, perché sapere che, tra i due, almeno lei aveva poteri magici lo aveva tirato su di morale. Nelle estati che passò fuori Hogwarts l’aiutò a studiare la storia della magia, gli incantesimi, le ricette di pozioni e la incoraggiò continuamente.
Tanto di ciò che era diventata lo doveva soprattutto a lui.
Cercò di abbandonare quel sentiero di reminescenze, sempre troppo doloroso da percorrere, e guardò il grande salone che si apriva davanti a sé.
Quella casa era diventata un mausoleo di ricordi che, probabilmente, la polvere aveva contribuito a proteggere. Improvvisamente, si pentì di non esserci tornata, in tutti quegli anni.
La prima sensazione che percepì, mentre usciva dal camino, fu l’odore di... fiori?
Accese l’interruttore della luce e si guardò intorno, notando che della polvere di cui aveva ipotizzato l’esistenza non v’era nemmeno l’ombra.
Tutto giaceva, immobile, lindo e in ordine.
Si voltò verso Joe e, prima che potesse dire qualunque cosa, lui parlò con aria colpevole.
“Vengo qui ogni tanto a dare una pulita…” spiegò, sospirando “…annaffio le piante e sfoglio le foto. È il mio modo di mantenere vivo il suo ricordo! So che avrei dovuto parlartene ma-”
Un uomo come suo marito doveva essere interrotto con un bacio, in quei momenti, perché non era necessario che si giustificasse per essere così straordinario.
Gli circondò il collo con le braccia e sorrise sulle sue labbra. Gli slacciò il mantello, e in un unico, delicato gesto della mano si sentì sciogliere i capelli.
Come al solito, non sarebbero riusciti ad arrivare in tempo al divano.
Amava da morire suo marito.
 
*
 
“Dove vai?” chiese, confusa.
Joe, completamente nudo, si era appena alzato dal divano su cui si erano sdraiati, dopo aver fatto l’amore.
Le diede le spalle, raccattando il mantello dal pavimento.
“Cerco di sedurti!” rispose, ridendo.
Mary Anne arricciò un angolo della bocca, inclinando la testa e ammirando quel corpo che reputava tanto perfetto.
“Oh, ci stai riuscendo, parola mia!” affermò.
Tornò indietro con un pacchetto di discrete dimensioni, quadrato e sottile.
“Questo è per te. Buon anniversario.” le mormorò, abbassandosi per baciarla.
Sorrise, emozionata, e iniziò a scartarlo, scoprendo che si trattava di un disco babbano, un ‘45 giri’. Mary Anne lo rigirò tra le mani.
“Ben E. King, Stand by me…” mormorò “Oh, Joe… la nostra canzone!”
Gli occhi le si inumidirono e, di slancio, lo abbracciò.
Avevano ascoltato per la prima volta quella canzone proprio lì, da una radio babbana di Patrick. Era così densa di significato, sembrava fatta apposta per loro.
L’estate del 1961 era la prima che passavano interamente lì. Amanda aveva poco più di un anno, ed era costantemente al centro di tutte le attenzioni di suo fratello. Già stravedeva per quella prima nipotina che dimostrava di possedere già così tanta magia dentro di sé. Patrick si convinse che Amanda avesse ereditato, oltre ai suoi occhi, anche tutta la magia che a lui non era spettata.
In realtà, senza saperlo, non ebbe un’intuizione errata. Nella sua vita, Mary Anne aveva imparato che la magia e l’amore operano in maniere del tutto misteriose.
“L’ascoltiamo? C’è un giradischi lì!” esclamò, indicando il mobile dalla parte opposta della stanza. 
Joe sorrise “Certo!”
Mary Anne fece per alzarsi, ma il marito glielo impedì.
“No, ci penso io! Tu copriti ché, al momento, sei tu quella che seduce!” esclamò, divertito.
Rise, tirando su il lenzuolo, e osservò Joe andare verso il giradischi. Inserì il disco e, dopo qualche secondo, la musica partì.
“Perché indossi un lenzuolo?” le chiese, riavvicinandosi.
“Mi sono coperta come mi hai detto tu!” rispose, perplessa.
Joe aggrottò la fronte, pensieroso, e le porse la mano.
“Ho cambiato idea. Scopriti e alzati... voglio ballare con mia moglie nuda e poi voglio rifarci l’amore!”
Mary Anne prese la sua mano e si alzò, ridendo.
“Ridi pure, non era tra le cose che immaginavo avrei detto questa sera!” esclamò. Le cinse la vita e iniziarono a ballare.
Si bisbigliarono nelle orecchie, per non coprire il suono della musica.
“Scappiamo anche domani?”
“Ci sto.”
“Ti amo, Joe.”
“Ti amo, Mary Anne.”
 
 
 
 
 
Commento dell’autore:
 
Salve!
Primo capitolo fuori Hogwarts, mi auguro che sia stato di vostro gradimento.
Allora, essendo un capitolo – a mio avviso – carico di contenuti, di seguito lascio alcune delucidazioni:
  • Joe è un importante membro del Wizengamot, una specie di Vice Stregone Capo, che sostituisce Silente all’occorrenza nel presiedere i processi;
  • Joe e Mary Anne hanno la stessa età (classe 1933), ma lei era in Corvonero;
  • L’incapacità di controllare i propri poteri è una peculiarità dei piccoli maghi, che iniziano a dare segni di magia nei primi anni di vita, o comunque entro gli undici anni. Per quanto riguarda Amanda, il suo caso è un po’ diverso: diciamo che ha in sé davvero tanto potere – tanto da manifestarsi già durante la gestazione -  e, nonostante cresca e maturi come tutti i maghi, è più a rischio degli altri, in situazioni di stress, nel perdere il controllo (tipo Harry che gonfia sua zia XD). Voglio fare un parallelismo, a tal proposito: paragoniamo questa perdita di controllo del proprio potere con una tipica crisi epilettica babbana. Ora, nei casi di epilessia conclamata, c’è proprio un pericolo costante, tanto da dover ricorrere a terapie particolari e una costante sorveglianza. Questo potrebbe essere il caso, ad esempio, di Ariana Silente; Amanda non è assolutamente a quei livelli, (lei ha anche una personalità molto più forte) ma senza quelle pozioni calmanti, in situazioni di stress, potrebbe avere ‘crisi’ di quel tipo.
  • Collegandomi al punto precedente, la spiegazione più plausibile per la condizione di Amanda è proprio come aveva intuito Patrick, il fratello di Mary Anne. Il fatto che la magia avesse “saltato” il fratello in quella generazione ha dato modo di ripresentarsi, nella generazione successiva, ancora più potente;
  • La canzone “Stand by me” è nei miei pensieri (e nei miei appunti) come la canzone di Joe e Mary Anne da dei mesi. Il caso vuole che lo scorso 30 aprile Ben King ci abbia lasciati. A maggior ragione, lo ringrazio per questa meravigliosa canzone dedicandogli questo capitolo <3! (se non l’avete mai ascoltata, fatelo, è meravigliosa!)
  • Piccola curiosità: per la ‘Bocca di Balena’ presente nel flashback ho attinto ai miei ricordi di bambina. Abitavo su un’isola, e accanto a casa c’era una pineta. In un punto c’erano davvero due enormi sassi ammassati che creavano una piccola grotta (dando l’illusione di una bocca di balena). Ci giocavo spesso assieme a mio fratello - che non si chiama Patrick, non è un Magonò ed è vivo, #justsaying - .
  • Per concludere… Zan zan zan! I casi della vita che portano Sirius a rimanere affascinato dalla figlia della donna per cui suo padre perse la testa…
Ok, giuro, le note sono finite (ho sempre paura che superino la lunghezza del capitolo!).
Per qualsiasi informazione non esitate a chiedere.
Alla settimana prossima!
Un bacio,
- Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'appuntamento ***


Capitolo IX: “L’Appuntamento”
 
"Non essere stupido, come fai a dirlo? Può puntarmi quanto vuole, comunque, a me non interessa!" esclamò, risoluta.
Severus inarcò le sopracciglia, fissandola. Sembrava quasi che volesse leggerle i pensieri, e forse ci stava anche riuscendo, dal momento che ebbe la sgradevole sensazione di essere nuda.
"Bene. Se è così, allora, il problema non si pone." commentò.
"Che problema?"
"Quello di scegliere fra la mia amicizia... e lui."
Amanda avvertì un'improvvisa vertigine a quelle parole. Era un ricatto?
Severus non aggiunse altro; lasciò lì il suo dolce preferito e se ne andò.
 
 
24 settembre 1976
 
AMANDA
 
Le parole di Severus la perseguitarono per tutta la settimana successiva. Cercò di far finta che nulla fosse successo, ma automaticamente si isolò da chiunque, soprattutto da Severus. Non sapeva esattamente cosa pensare, il suo atteggiamento l’aveva spiazzata, l’idea di perderlo come amico l’aveva terrorizzata.
Non voleva, tuttavia, piegarsi a un ricatto, perché era proprio quello che le aveva avanzato. E farglielo notare o arrabbiarsi avrebbe probabilmente peggiorato la sua già precaria posizione.
Questa situazione di stallo non fece che innervosirla e alimentare il suo astio nei confronti di Sirius. Era chiaramente colpa sua, dell’incontro con lui e di tutto ciò che lo riguardava, e da quel momento in poi non l’avrebbe più guardato, né tantomeno avrebbe incrociato il suo cammino.
Evitare di guardarlo non si era rivelato difficile; il problema fu proprio non incrociarlo poiché, sfortunatamente, la metà delle lezioni che seguiva si svolgevano con i Grifondoro. E, a quanto pare, Severus aveva ragione: ora che Sirius l’aveva notata, non gli era più così indifferente.
Amanda non si capacitava di ciò: per quale stramaledetto motivo Sirius Black si comportava davvero come un segugio che aveva fiutato la sua preda?
Sentiva il suo sguardo addosso in continuazione e, probabilmente, il fatto di non ricambiarlo per lui era una situazione astrusa e inconcepibile, che sortiva un effetto attrattivo senza precedenti.
Perché, effettivamente, da quando aveva iniziato ad osservare, anni fa, i comportamenti di quel malandrino in particolare, non l’aveva visto mai tanto interessato nei confronti di nessuna.
Aveva stuoli di ragazze che parrebbe eufemistico definire infatuate; ciononostante, non si era mai mostrato entusiasta di tutta questa popolarità, sempre troppo occupato a infastidire poveri malcapitati con James.
In quella settimana, Amanda aveva evitato tutti i luoghi al di fuori della propria sala comune nelle ore dopo le lezioni; si era limitata a svolgere i compiti nel suo dormitorio per evitare di incrociare Severus in biblioteca. Quest’ultimo aveva notato il suo allontanamento e Amanda non seppe dire se la sua reazione fosse stata l’abbattimento più totale o rabbia repressa.
C’era un piccolo lato positivo in tutta quella strana faccenda: si era persa solamente tre volte quella settimana. I pomeriggi liberi li aveva trascorsi per la maggior parte in cucina, in compagnia degli elfi, e non aveva mai sfornato così tanti dolci in vita sua. Il mercoledì precedente, addirittura, gli elfi erano talmente entusiasti per ciò che aveva preparato che in sette o otto di loro l’avevano presa in braccio e portata trionfalmente in giro per tutta la cucina, inneggiandola a Capo Chef.
Ed era esattamente a questo episodio che ripensava, sorridendo, quel venerdì, mentre si dirigeva verso l’ufficio del Preside. Aveva appena trascorso il pomeriggio in cucina, aiutando gli elfi con i preparativi per la cena del Lumaclub, e non si era resa conto che avrebbe dovuto prepararsi per prenderne parte da lì a un paio d’ore. Sperò che il colloquio con Silente non si prolungasse troppo a lungo.
Arrivò alle scale a chiocciola, e dalle sue spalle arrivò una voce.
Caramelle Mouschiate
Amanda si voltò, scorgendo Silente.
“Buonasera, professore” lo salutò, sorridendo “Curiosa parola d’ordine!”
“Salve, signorina Froude. Lei trova? Mi sembrava geniale, quando l’ho pensata.” disse il Preside.
Arrivarono nell’ufficio e Amanda avanzò, incerta.
Quella stanza circolare l’aveva sempre affascinata, non sapeva se fosse a causa della moltitudine di quadri appesi, dei numerosi gingilli presenti o della presenza di Silente stesso.
Fanny, la fenice del Preside, era appollaiata accanto alla sua scrivania. Amanda le si avvicinò, scrutandola. Era la prima volta che la vedeva, nonostante fosse stata molte volte in quella stanza.
La creatura si accorse della sua presenza; Amanda rimase incastrata in quello sguardo di pece, avvertendo subito un gran senso di pace e serenità.
La fenice, allora, emise un verso stridulo ma dolce e avvicinò la testa piumata alla sua mano, come per elemosinare una carezza. Sfiorò le sue piume morbide con delicatezza, e Fanny apprezzò talmente tanto che parve farle le fusa come un gatto.
“Ha un talento naturale nel riconoscere l’indole delle persone.” commentò Silente, sorridendole.
Amanda si voltò verso di lui.
“Sembra che io le piaccia.” affermò, allegra “Non l’avevo mai vista prima!”
“Fanny sa quando è ora di mostrarsi.” rispose Silente.
“Accomodati pure, Amanda.” riprese, poi “Ti ho chiamato per sapere come ti senti.”
Fece un sorriso tirato e si sedette.
“Gliel’ha chiesto mio padre, vero?”
Gli occhi azzurri di Silente sembrarono sorridere assieme alle sue labbra.
“Si preoccupa, come tutti i buoni padri dovrebbero fare.”
“Crede sia il caso di farti avere un po’ di pozione che ti aiuti a rilassarti. Pensi di averne bisogno?” le chiese con uno sguardo che Amanda percepì come indagatore.
‘Oh, sì!’ pensò.
Probabilmente suo padre, anche a chilometri di distanza, aveva ragione.
Da qualche giorno, sentiva di essere in un perenne stato d’ansia. E la discussione con Severus aveva indubbiamente dato il suo contributo; da quella sera, infatti, aveva ricominciato a prendere la pozione calmante, dopo che, accidentalmente, aveva fatto esplodere i rubinetti del bagno del terzo piano in cui si era rifugiata in seguito alla lite.
Inoltre, non giocavano a suo favore tutte le notizie che leggeva sulla Gazzetta del Profeta: era in continua agitazione per suo padre, intento a processare parenti su parenti dei suoi compagni di casa. Iniziava a temere di doversi difendere da quegli sguardi obliqui, soprattutto dopo quella sera, in cui non avrebbe nemmeno avuto più l’appoggio di Severus.
Sospirò, stanca.
“È qualche giorno che ho ricominciato a prenderne un po’. Piccole dosi, non più di un cucchiaio, giusto per placare l’agitazione…” confessò “Ma non lo dica a mio padre, non voglio che si preoccupi!”
Silente strinse lo sguardo, avvicinando la sua poltrona all’elegante scrivania.
“Vorresti parlarmi del motivo per cui ti senti così?”
No. Non voleva. Se avesse iniziato a parlare non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime che tentavano di farsi strada da una settimana.
Era abituata a mostrarsi forte e ottimista, non amava piangere davanti alle persone. Si sarebbe alzata e sarebbe andata a cercare un’aula vuota in cui piangere in santa pace, senza infastidire nessuno, come aveva sempre fatto.
Distolse lo sguardo dagli occhi di Silente, non sarebbe riuscita a sostenerlo oltre.
“Preferisco di no.” mormorò, sentendosi morire la voce in gola “Posso andare, professore?”
Il Preside la scrutò ancora qualche secondo, come per leggerle i pensieri che le attraversavano la mente. Appoggiò le mani ai braccioli e si alzò.
“Sì, Amanda. Prima, però, prendi questa” disse, porgendole una busta “Mi ha chiesto tuo padre di fartela avere.”
“Non gli dirà niente, vero, professore?” chiese, prendendo la lettera.
Silente sorrise.
“Non è necessario, mi fido di te.”
Amanda lo fissò, un po’ commossa “La ringrazio.”
“Hai tutto quello che ti serve?”
Annuì.
“Passa una buona serata.”
“Grazie, professore.”
Con un sorriso si congedò da Silente, dirigendosi verso la porta dell’ufficio. Diede un’ultima carezza a Fanny e uscì.
Fu un vero sollievo trovare quasi immediatamente un’aula vuota; vi entrò e si lasciò andare alle lacrime.
Sentiva che era venuto il momento di gettare la maschera. Schierarsi, come stavano facendo tutti, in quel periodo. Dietro quella discussione con Severus aveva immaginato che non ci fosse solo la questione di Sirius Black.
Si era illusa di aver congelato i rapporti con i compagni; in verità, era stato il contrario. Era come se la sua amicizia le avesse dato una protezione su cui oramai non poteva più contare.
Le parve di non conoscere più nessuno, si sentì così stupida. Sapeva che quell’anno sarebbe stato difficile, ma non immaginava che bastasse un semplice screzio con Severus per allontanarla dall’intera Casa, che lei aveva scelto perché era il posto dove era cresciuto anche suo padre.
Mai, come in quell’anno, si era domandata così tante volte se non avesse sbagliato, quel settembre di sei anni prima, a preferire Serpeverde a Grifondoro.
 
*
 
Dopo un’ora, Amanda affrettò il passo, mentre attraversava il corridoio deserto che conduceva alla propria camerata. Improvvisamente, si sentì trattenere per un braccio; si voltò e vide Severus.
“La smetti di evitarmi?” disse con tono arrabbiato, non appena Amanda si fu voltata verso di lui.
Avvicinarla doveva essergli costato parecchio sforzo, considerando quanto intenso fosse il suo sguardo su di lei in quel momento. Le braccia erano incrociate in un chiaro segno di chiusura.
“Dipende. Smetterai di ricattare la nostra amicizia?” chiese, gelida.
“Il mio non voleva essere un ricatto, Amanda!” esclamò, sulla difensiva “Ti sei mai chiesta perché non ho mai voluto che ti immischiassi, tutte le volte che ho subito le angherie di quegli idioti? Quelle di Black, soprattutto?”
Amanda non rispose; si limitò ad aggrottare le sopracciglia.
Severus continuò “Sapevo che Black, una volta messi gli occhi su di te, si sarebbe accorto che non sei… beh, come noi… e avrebbe fatto di tutto per portarti dalla sua parte!”
“Come voi? Una vera Serpeverde, intendi?” chiese.
Improvvisamente, le fu tutto chiaro. Comprese che non era una questione tra Case, bensì qualcosa di molto più grande di Hogwarts.
Severus pensava che Sirius potesse porre fine alla loro amicizia perché l’avrebbe convinta a lottare contro il Lord Oscuro.
“Pensi davvero che ci voglia l’influenza di un Grifondoro o di una persona qualsiasi per farmi scegliere da che parte stare? Dovresti sapere cosa penso, Severus. Io non sto con i Mangiamorte, e con il loro Lord men che meno.” disse in tono fermo.
“Ho aspettato, ho preso tempo, ma non è bastato. Pensavo di poter essere io a influenzare te.” continuò poi, con amarezza.
Fece un passo indietro.
“Se tu hai già fatto la tua scelta e pensi che possa essere incompatibile con la mia, allora continuare questa conversazione non ha senso.” decretò infine Amanda, con la voce incrinata dal dispiacere.
Severus spalancò gli occhi; era chiaro che la conversazione non aveva preso la piega che desiderava.
“Sei la mia amica più cara, Amanda, e mi sei sempre parsa così ingenua. Pensavo a te come un agnello incappato in un branco di lupi. Ma capisco che mi sbagliavo.” mormorò, le labbra serrate.
“Mi stai parlando come se non avessi più via d’uscita, Sev, ma io sono qui!” esclamò, infervorandosi “Parlami! Ti sei cacciato in qualche guaio? Dimmi se posso fare qualcosa!”
Severus rise amaramente.
“No, Amanda, non c’è nulla che tu possa fare. Io ho già scelto. Ho trovato il mio posto.” Rispose, serio “Noi stiamo qui, protetti in questa scuola, ma là fuori c’è già una guerra, che noi lo vogliamo o meno.”
“Tu credi che io non lo sappia? Vieni a fare questi discorsi proprio a me?” fece, sgomenta.
La rabbia prese il sopravvento e cominciò ad inveire.
“Mio padre gira scortato persino all’interno del Ministero perché si è schierato contro Voldemort! E vivo col costante terrore che casa mia venga distrutta, che i miei genitori vengano feriti o peggio!”
Fece un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime che le facevano capolino dagli occhi.
“L’hai fatto, vero?” chiese allora, in un sussurro.
“Che cosa?” fece Severus, confuso.
“Il Marchio.” parlò con espressione fiera, le labbra strette, e a malapena batteva le palpebre, tanto era concentrata a sostenere il suo sguardo sorpreso “Non sono l’agnellino che pensavi. Quando è successo?”
Severus sospirò.
“Non dovrei dirtelo…”
Amanda chiuse gli occhi, sofferente, mentre falliva nel tentativo di trattenere oltre le lacrime. Li riaprì e le lasciò andare.
“E io non dovrei piangere…” rispose lei, con la voce rotta dai singhiozzi.
Severus cercò di avvicinarsi, ma lei si scostò. Non c’era più nulla da dirsi. Lo lasciò lì, in mezzo al corridoio che andava ai dormitori, colta da un’improvvisa necessità di camminare per la scuola, di perdersi.
 
*
 
A quanto pare, tuttavia, di sciagure quel giorno non ne erano capitate ancora abbastanza.
Appena superata l'uscita dei Sotterranei s'imbatté - o meglio dire si scontrò - con un'altezzosa figura bionda dagli occhi sottili e spietati.
“Mi scusi...” borbottò, prima di alzare lo sguardo e riconoscere in quella figura proprio Lucius Malfoy.
“Amanda!” esclamò, poco sorpreso di vederla sbattere contro qualcosa.
La guardò dall'alto al basso e aggiunse, con voce melliflua “È bello vederti, era tempo che non avevo il piacere di incontrarti. Ti aspettavo quest’estate al maniero, per il mio matrimonio!”
Amanda si spostò, creando maggiore distanza tra loro.
“Lucius” mormorò a denti stretti.
Aveva una gran voglia di tirargli un gancio destro fatto per bene, come gli era capitato di vedere talvolta fare ai suoi vicini di casa babbani. Era stato lui a portargli via Severus, lo aveva fuorviato e sfruttato, meritava di essere punito; ma cedere alla tentazione di fargli del male fisico non le avrebbe giovato nel lungo termine.
Contò mentalmente fino a dieci prima di rispondere.
“Capirai che invitare la mia famiglia al tuo matrimonio ci è parso del tutto inopportuno, data la vostra ambiguità in alcuni affari. Di contro, invece, la mia è in aperta battaglia nei confronti di tutti i maghi oscuri di cui il regno magico abbonda al momento.”
“Oh, sì, certo. Un vero peccato, allora, vi siete persi una bella cerimonia. Ho saputo che sono stati aumentati gli Auror scorta per i membri del Wizengamot, è davvero un pessimo momento, eh?” asserì Lucius, con ipocrita preoccupazione.
Lo sguardo di Amanda era freddo e distaccato.
“Mio padre sa quello che fa, non ha paura. E nemmeno io.”
L'espressione di falsa compassione gli sparì dal volto.
“Lo credo bene. Sarà stancante, tuttavia, vivere ogni giorno come fosse l'ultimo...” asserì, glaciale.
“Rende le giornate intense, ma ti fa apprezzare le piccole cose!” rispose sarcastica, sostenendo il suo sguardo. Strinse i pugni lungo i fianchi, ripetendosi che colpirlo non era la risposta ai suoi problemi...
'Resisti, Amanda, resisti.'
Lucius rise, velenoso.
“Sei dotata di un'audacia poco comune alla tua casa!”
Amanda sbuffò.
“Sarebbe un pensiero originale se non me lo sentissi dire già abbastanza!” incrociò le braccia, indispettita “Cosa sei venuto a fare qui?”
Lucius assunse un'aria distinta, quasi pomposa.
Alzò il mento e rispose “Sono qui per conto di mio padre. Ho avuto un colloquio con Silente, e ho richiesto di venire a trovare alcuni compagni di casa.”
“Lucius!”
Dalle spalle di Malfoy arrivò una voce che Amanda riconobbe essere quella di Regulus. Si avvicinò e salutò Lucius con una formale stretta di mano, dopodiché incontrò lo sguardo di Amanda. A Regulus non sarebbe sfuggito di certo che era sconvolta per qualcosa; infatti, le rivolse un'occhiata interrogativa, prima di rivolgersi nuovamente all'ex studente.
“Come sta la mia meravigliosa cugina?”
“Con un marito come me? Benissimo, direi!”
Regulus rise.
“Portale i miei saluti. Sarete dei nostri a Natale? Mio padre ne sarebbe felice!”
Lucius si schiarì la voce.
“Non saprei, Regulus. La situazione è un po' delicata, dopo la notizia di tuo fratello...”
Amanda sentì un gran vuoto allo stomaco a quelle parole, e il suo sguardo guizzò istantaneamente a Regulus, le cui guance si erano spiacevolmente tinte di rosso.
“Risparmiati quella finta espressione rammaricata, Lucius, si vede lontano un miglio che stai godendo della situazione come un Troll di Montagna nella stagione degli amori!” sbottò Amanda, indignata.
I due ragazzi si voltarono verso di lei, sorpresi che avesse parlato e che soprattutto si fosse lasciata andare ad una dichiarazione del genere.
L'espressione di Lucius si fece gelida e severa.
“Ho da godere poco, Amanda, dal momento che il cugino di mia moglie si è rivelato un traditore del suo sangue, gettando la vergogna su tutta la sua famiglia!”
“Non mi pare tu ti sia fatto tanti problemi a sposare Narcissa, malgrado sua sorella Andromeda… anzi, i soldi non guardano in faccia a nessuno, dico bene?” inveì “Il problema è un altro... Che tu avessi in antipatia Sirius non è mai stato un segreto, non vedevi l'ora che fosse cacciato dalla sua famiglia. Per quanto io stessa non lo sopporti, devo dire che gode della mia stima, in questo caso. Ha fatto la scelta giusta, andandosene!”
“Sei più informata di quanto mi aspettassi su Black...” sibilò, gli occhi ridotti a due fessure.
“Posso rammentarti che dovresti prendere in considerazione quest'altro fratello?” continuò, indicando Regulus con un gesto svelto della mano “Se non altro, lui almeno godrà di una cospicua eredità!”
Era il momento.
“Dove lo vuoi, Lucius?”
“Che cosa?”
“Fa’ niente, andrò a sentimento!” sbottò, tirandogli un pugno in pieno stomaco. Lucius fu preso completamento alla sprovvista e perse l'equilibrio. Indietreggiò, finendo contro la parete che costeggiava l'ingresso ai Sotterranei, e annaspò.
Amanda sentì il sangue pulsarle nelle orecchie e l'adrenalina scorrerle lungo le braccia, tanto che sarebbe tornata alla carica se un paio di braccia non avessero afferrato il suo corpicino per i fianchi.
Si sentì tirare via di peso, e si dimenò, continuando ad inveire contro di lui “Essere preso a pugni da uno scricciolo come me non getterà fango sulla tua bella famiglia, eh? Io ti- Reg, lasciami!”
“Neanche per sogno!” rispose lui. Si sentì tirare, e provò a liberarsi, ma Regulus la sollevò e la caricò su una spalla, a mo' di sacco di patate.
Si allontanò velocemente dall'ingresso dei Sotterranei, percorrendo una direzione a caso.
Amanda emise un piccolo strillo.
“Regulus! Mettimi giù!”
“Quando sarai abbastanza lontana da Malfoy, forse sì!” rispose “Dico io, Amanda, sei impazzita? Prenderlo a pugni!”
“Reg, ti prego, mi si alza la gonna!” piagnucolò.
Regulus sbuffò.
“E io mi perdo anche lo spettacolo...” bofonchiò, fermandosi accanto ad una scalinata di marmo.
Si spostò dietro la balaustra, in modo da essere lontano da occhi indiscreti, e Amanda toccò finalmente terra. Si ricompose la divisa e i capelli, un po' scompigliati. Il suo viso era rosso di vergogna e rabbia.
“Perché ti fai trattare in quel modo? Io lo odio!”
“Mi spiace se a te è parso che mi mancasse di rispetto, ma ha detto solo la verità!” la rimproverò.
“La verità? Merlino, Regulus, di che parli?”
“Amanda, calmati!” sbottò “Hai bisogno della pozione?”
“La sto già prendendo.” borbottò, incrociando le braccia.
“Beh, dovresti aumentare le dosi!” commentò, sarcastico.
Stava per rispondergli a tono, ma un rumore di passi distrasse entrambi.
Amanda si voltò verso le scale di marmo e vide scendere, in una folle corsa scomposta, due studenti. Una voce molto simile a quella di Gazza, dai piani superiori, invece, sbraitava.
"Maledetti! Vi prenderò tutti, chiunque voi siate! Questa volta qualche frustata non ve la leverà nessuno!"
I due ragazzi arrivarono alla fine della scalinata e Amanda riconobbe Sirius, con James alle calcagna.
Il primo deviò nella sua direzione, probabilmente con l'intenzione di nascondersi proprio dov’erano loro.
Si bloccò improvvisamente appena la vide, sorpreso; i suoi occhi registrarono anche la presenza di suo fratello. James, che lo precedeva, non si rese conto che si era fermato e gli andò contro.
"Perché ti sei ferm..." protestò, aggiustandosi gli occhiali.
Notò lei e Regulus "Ah."
"Che fate voi qui dietro?" chiese Sirius, gettando un'occhiata di fuoco al fratello.
Intanto, la voce di Gazza si avvicinava, e cominciarono ad essere visibili le sue gambe scendere due gradini per volta.
"Presto, tutti qui dietro!" bisbigliò James, concitato, spingendo Sirius contro Amanda.
Gazza scese l'ultima rampa, dopodiché sparì lungo il corridoio, senza accorgersi dei quattro nascosti a pochi passi.
Amanda notò che il Custode, al posto della sua solita rada capigliatura, si portava dietro un lungo tappeto di capelli che continuava ad allungarsi a vista d'occhio.
"Ma che avete combinato?" chiese Regulus, perplesso.
"È uno scherzo innocente, preso da Zonko, lo scorso giugno... Aspettavamo il ritorno a Hogwarts per provarlo!" rispose James, piuttosto soddisfatto.
Amanda guardò Sirius e si rese conto di essere ricambiata. Sgomitò, uscendo dall'angolo in cui si trovava. Erano troppo vicini.
"Che vuoi?" chiese esasperata.
"Cosa facevate qui dietro?" domandò lui, serio.
"Perché dovrei dirtelo?" fece lei con tono di sfida. Si erse in tutto il suo metro e cinquantotto e gli puntò un dito contro.
"Bada, Black, a non sfidarmi oggi, non è proprio giornata!"
Lui aggrottò la fronte.
"Voglio solo sapere perché eri dietro una scalinata, nascosta, con mio fratello!" sbottò, indicando Regulus.
"Ma voi due da quando vi parlate?" chiese Regulus, confuso.
"Da quando lei si è sentita in diritto di farmi una ramanzina perché sono uscito con sua sorella! A quanto pare era troppo piccola per me!" rispose Sirius, velenoso.
Amanda lo guardò, sbigottita.
"Cosa c'entra questo con me e Regulus? Mi stavo solo sistemando la divisa!"
"E lui ti stava aiutando?" chiese freddamente.
James gli diede una gomitata.
“Pipì!” borbottò.
"Basta con questa storia!" gli sussurrò, esasperato.
“Che storia? Che significa?” chiese immediatamente Amanda, confusa.
“Non mi hai ancora risposto!” le fece notare, contrariato.
Lei sbuffò, scocciata.
"Ovvio che non mi stava aiutando, lui mi ha..." lasciò cadere la frase; non sapeva esattamente come spiegare la dinamica di quello che era appena accaduto con Malfoy.
"Ti ha...?" le fece eco Sirius, mentre il suo sguardo andava da lei al fratello.
"L'ho portata qui di peso" spiegò Regulus, esasperato "… prima che la situazione degenerasse!"
"Che situazione?" Sirius alzò il tono della voce, spazientito.
"Ho avuto un diverbio con Malfoy!" ammise Amanda "Era qui a scuola e l'ho incontrato all'ingresso dei Sotterranei. Ha iniziato a parlare a vanvera e l'ho colpito..."
“Tu COSA?” intervenne James, sbalordito.
“Gli ha dato un pugno nello stomaco!” esclamò Regulus, guardandola con disapprovazione.
Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Non farla sembrare più grave di quanto non sia, gli ho anche chiesto dove lo volesse, prima di colpirlo!”
Sirius la stava fissando a bocca aperta “Tu?! Tu hai dato un pugno a Malfoy?!”
Si voltò verso l'amico.
“James, ha dato un pugno a Malfoy!” ripeté, esterrefatto.
“Ho sentito” rispose il compagno, serio, incrociando le braccia. Si sistemò gli occhiali.
“Ci hai visto lungo, Sir!” aggiunse.
Di che diamine stavano parlando?
Sirius annuì, convinto.
“Cucina dolci e picchia Malfoy: è quella giusta!” esclamò. Si voltò verso di lei e inarcò le sopracciglia. 
“Dovremmo uscire insieme!” sentenziò.
“Scordatelo!” sbottò Amanda, arrabbiata, i pugni serrati lungo i fianchi.
“Sei sicura?” sorrise Sirius, tracotante “Guarda che non te lo chiederò per sempre!”
Oh, Salazar, che nervi!
“Vuoi un pugno anche tu?” chiese, facendo un passo nella sua direzione. Regulus la trattenne.
“Fai sul serio? È così che di solito chiedi ad una ragazza di uscire?” intervenne, sbalordito.
Sirius fece spallucce.
“Ammetto di non essere ferrato, a me l'hanno sempre chiesto!” 
James annuì “Confermo!”
Amanda si voltò verso Regulus per cercare conforto, ma sembrava più turbato di lei. Lo sentì borbottare “Marcus non la prenderà bene…”
“Marcus? Che vuoi dire?” chiese, confusa.
“Non lo sai?” fece Regulus, incredulo “Ha una cotta per te da anni, Amanda!”
No. Non poteva essere vero.
Amanda lo fissò, attonita. Aveva sempre pensato che Avery fosse un tipo espansivo, non si era mai accorta di poterle piacere, soprattutto perché, spesso e volentieri, si ritrovavano a discutere o litigare.
Quell’inattesa scoperta la fece sentire stranamente a disagio.
“Dici davvero? Io non mi sono mai accorta di niente!” esclamò, allibita.
“State parlando di Marcus Avery?” intervenne Sirius. Le rivolse uno sguardo perplesso e infastidito.
“Non ti piacerà uno come lui, spero!” aggiunse, critico.
Vide James dare una gomitata al compagno, divertito “Sir, pipì!”
Sirius si voltò verso di lui, infastidito "Merlino, James, smettila!"
“Che accidenti è questa storia?” sbottò Amanda, spazientita da quella situazione assurda.
James rise “Sirius è un tipo territoriale, e quando punta qualcuno o fa qualcosa per delimitare il proprio territorio uso questa metafora! Ha fatto pipì su di te, Amanda!”
Lo guardò, schifata.
“Ma è una cosa disgustosa!” esclamò.
“Ah-ha! Vi ho scovato!”
Amanda si irrigidì nel sentire quella voce alle loro spalle.
Gazza era tornato indietro e ora li guardava con enorme soddisfazione. Teneva più capelli possibili avvolti intorno ad un braccio, per evitare di incespicarvi mentre camminava. Notò che, per lo meno, avevano smesso di crescere.
“Noi non abbiamo fatto nulla!" si difese subito Regulus, indicando anche lei "Sono stati solo loro due!”
“E cosa ci facevate, allora, nascosti tutti insieme dietro la scalinata?” li accusò Gazza, infervorato e per nulla convinto.
“Questa è una domanda a cui stavamo cercando di rispondere!” intervenne Sirius, con un’occhiata obliqua verso di lei.
“Eravamo qui prima che arrivassero loro due a nascondersi!” spiegò Amanda.
Regulus, accanto, scosse il capo "Questo non migliora la situazione!"
“Perché?” chiese, senza capire.
“Eravate qui nascosti ad amoreggiare, eh?” sbottò Gazza, i cui occhi erano spalancati in una folle gioia per aver scovato ben quattro studenti indisciplinati, quel pomeriggio.
“No!” sbottò Amanda, incredula. Incrociò le braccia e s'imbronciò, ben conscia di dove tutta quella situazione sarebbe andata a concludersi.
“Bene, bene, una bella punizione non ve la leverà nessuno, questa volta!” gongolò Gazza “Si prospetta una bella serata per me, completamente libero da impegni! E ci sono centinaia di coppe che aspettano di essere lustrate da mani giovani!”
Lasciò andare i capelli e si sfregò le mani, soddisfatto.
“Andiamo a cercare la McGranitt!”
“Ma noi non abbiamo fatto niente! E non posso prendere una punizione proprio stasera, ho la cena con il professor Lumacorno! Non può far decidere la nostra punizione dalla professoressa McGranitt, il nostro direttore di casa non la prenderà bene!” Amanda parlò velocemente e a voce alta, molto contrariata per l'ingiustizia.
Si rivolse ai due ragazzi Grifondoro.
“Diteglielo! Noi non siamo coinvolti! Non abbiamo fatto nulla!"
James sospirò, riluttante, ma Sirius lo anticipò.
"Ma se sei stata tu a preparare la pozione!" mentì. Sul viso gli era comparsa la stessa, identica espressione di sei anni prima.
Amanda spalancò la bocca, sgomenta per la faccia di bronzo del ragazzo.
Io ti ammazzo, Black!”
Regulus capì immediatamente che stava per compromettere la sua situazione, saltando addosso al fratello. Si sentì agguantare per un braccio al primo scatto in avanti, nella direzione di Sirius.
Dovette successivamente placcarla e spostarla di peso, mentre Gazza si godeva la scena.
“Oh, il professor Lumacorno! Professore, capita proprio a fagiolo!” lo chiamò.
Amanda si fermò e guardò arrivare dal corridoio, a passo svelto, il direttore di casa, affiancato da Lucius Malfoy.
“Oh, no...” mormorò lei, scrollando le spalle.
“Signorina Froude!” esclamò il professore, scandalizzato.
Notò la folta capigliatura del custode; fece una buffa espressione sconcertata, dopodiché torno a rivolgersi alla ragazza.
“Mi dice che cosa le salta in mente? Mi vedo arrivare il signor Malfoy in ufficio, dolorante, che afferma di essere stato fisicamente aggredito da lei! È vero?” chiese.
I due Grifondoro scoppiarono a ridere, tenendosi lo stomaco.
James, in particolare, aveva le lacrime agli occhi.
"Non ci credo! È andato a chiamare Lumacorno!" esclamò.
Lucius strinse le labbra in un atteggiamento altero, le guance più rosa del solito. “Non sono andato a lamentarmi appositamente, avevo un incontro con il professore, e gli ho fatto presente che l'accoglienza dei suoi alunni non era stata delle migliori, perché un'alunna mi aveva aggredito senza alcun motivo!”
“E ha fatto bene a riferirmelo! Non tollero atteggiamenti del genere nella mia casa! Consideri tolti cinquanta punti per Serpeverde e si prepari ad una punizione per questa sera!”
Si rivolse poi a Gazza “Argus, si senta libero di farle pulire qualsiasi anfratto della scuola dalle 9 in poi!”
“Professore, ma questa sera c'è la cena! Ho passato il pomeriggio a preparare dolci!” fece Amanda.
Le braccia erano rigide lungo i fianchi e i pugni stretti, gli occhi le si erano inumiditi per la rabbia, e stava cercando di trattenere le lacrime, a scapito delle labbra, che continuava a mordersi.
Sperò con tutto il cuore che l’Espressione Amanda, l’ultima arma a sua disposizione, potesse aiutarla ad uscire da quella faccenda.
Parve funzionare, perché  Lumacorno sospirò, compassionevole.
“Apprezzo sinceramente lo sforzo che ha fatto questo pomeriggio, signorina Froude, ma le regole non si discutono, mi dispiace.”
Guardò poi nuovamente Gazza “Ho cambiato idea sulla punizione, chieda consiglio alla McGranitt, gliela faccia scontare assieme ai ragazzi Grifondoro. Minerva saprà cosa far fare a loro.”
Gazza parve deluso dall'ordine.
“E il ragazzo? Erano appartati dietro la scalinata!” affermò con insistenza.
“No, professore, Reg non c'entra! Mi ha allontana da Malfoy e mi ha portata qui per farmi calmare!” lo difese Amanda, infervorata.
“Conferma, signor Malfoy?” chiese Lumacorno.
Lucius accennò un 'sì' col capo, annoiato.
“Mi spiace essere incappato in questa situazione, ora devo affrettarmi, ho altri affari più urgenti di cui occuparmi!” disse, sdegnoso.
“Posso invitarla come ospite d'onore alla mia cena, per farmi perdonare?” tentò Lumacorno.
Malfoy fece un sorriso di cortesia.
“Devo rifiutare, professore, ho una moglie a casa che mi aspetta e che non ama i cambi di programma improvvisi!” terminò la frase guardando Sirius con sfida “Non vorrei pensasse che mi sono dato alla fuga.”
Sirius non si mosse né sembrò essere toccato dalle parole di Lucius, tuttavia, ad Amanda non sfuggì come James lo avesse trattenuto per il gomito.
Lumacorno non percepì il disagio dei ragazzi "Bene, allora la saluto. Gazza, accompagni il signor Potter, il signor Black e la signorina Froude dalla professoressa McGranitt. Regulus, può andare."
Strinse la mano a Lucius, e con un cenno del capo ai ragazzi si congedò. Lucius diede un'ultima occhiata disgustata a loro quattro e a Gazza, dopodiché si voltò e se ne andò senza salutare.
Amanda era troppo impegnata a fissare il pavimento per rendersi conto che Sirius le si era avvicinato e sorrideva soddisfatto.
“Sembra che qualcuno abbia un appuntamento col sottoscritto, stasera…” mormorò, sorridendo divertito.
Amanda avvertì una forte ondata di rabbia e frustrazione, ma sapeva che era il preludio di qualcosa di più rischioso. Tentò di ricacciare indietro quella sensazione chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo. Sperò che la pozione facesse il suo dovere e la calmasse.
Sentì Regulus rimproverarlo al posto suo “Smettila!”
Amanda ignorò totalmente Sirius; salutò il compagno, affranta, e si incamminò lentamente dietro le ampie e allegre falcate del Custode.
 
SIRIUS
 
Sirius notò Amanda fissare il pavimento, abbattuta, per tutto il tragitto verso l'ufficio della McGranitt.
James lo aveva preso in giro tutta la settimana, dopo che si era ostinato ad attirare la sua attenzione in ogni occasione utile. Gli era sembrato così assurdo che, dopo quella sera, lei non avesse incontrato più il suo sguardo nemmeno per sbaglio, e non riusciva a spiegarsene il motivo.
Non lo credeva possibile, ma quel comportamento così distaccato non aveva fatto altro che attrarlo ancora di più, probabilmente perché non era abituato a ragazze che si facevano desiderare.
Trovarla ai piedi delle scale con suo fratello, poi, lo aveva spiazzato. Aveva provato invidia nei confronti di Regulus, che sembrava conoscerla così bene ed avere un bel rapporto con lei.
Arrivarono davanti all’ufficio della McGranitt e Gazza bussò. Ad aprire la porta fu la professoressa. Non era per nulla colpita di vedere sia Gazza che i suoi due alunni. Diede un'occhiata più lunga del previsto ai capelli del custode, comprendendo all'istante il problema. Sospirò stancamente e aprì del tutto la porta.
“Argus, Sirius... James... Accomodatevi.”
Solo in un secondo momento constatò la presenza di Amanda.
“Signorina Froude?” chiese, sorpresa “Ha bisogno di qualcosa?”
“È stata mandata dal professor Lumacorno per scontare una punizione. Ha aggredito il signor Malfoy!” spiegò Gazza, compiaciuto.
“Come, prego?” l'espressione allibita della McGranitt fece sorridere Sirius; si rivolse nuovamente ad Amanda.
“È la verità, signorina Froude?”
Sirius si voltò verso Amanda, che con lo sguardo basso borbottò un “Sì” sofferto.
“Beh, se le cose stanno così... Gazza, può andare, mi occuperò io dei ragazzi. Mi assicurerò di conoscere la reale versione dei fatti; se dovessi avere bisogno di lei la chiamerò. Voi” guardò tutti e tre, seria “... entrate e sedetevi.”
Sirius fece un passo indietro per dare la possibilità ad Amanda di entrare.
“Prima le signore!” sorrise. Vide Amanda entrare alzando gli occhi al cielo.
James lo guardò con ammirazione.
“Poi mi spieghi come hai fatto, magari funziona anche con Lily!” sussurrò.
Entrarono e presero posto davanti alla scrivania. La McGranitt si sedette e li guardò severamente.
“Non mi pare di dovervi chiedere come mai siate qui, mi è bastato dare un'occhiata a Gazza...” disse, esasperata “Era almeno una decina di giorni che non vi vedevo nel mio ufficio, devo dire che avevo bisogno di un pomeriggio più movimentato...”
Sirius le sorrise, divertito, ma fu James a rispondere.
“Professoressa, si è trattato di un incidente. Quella pozione era il risultato di un esperimento sbagliato che Lumacorno ci aveva dato per compito. Probabilmente qualche goccia deve essere finita sulle Cioccorane che Sirius aveva smarrito, e Gazza casualmente deve averla mangiata!” mentì spudoratamente.
“Esatto, professoressa!” gli fece eco Sirius “Vogliamo piuttosto parlare del fatto che una moltitudine di Cioccorane e Api Frizzole spariscono nel castello ogni settimana? E occasionalmente vengono ritrovate e mangiate tutte da Gazza!”
“Se così fosse, il vostro mi parrebbe piuttosto un piano calcolato per trovare questo fantomatico ladro...” rispose la McGranitt “Potreste dire di ritenervi soddisfatti?”
“Decisamente sì” asserì James “Considerando che non abbiamo idea di quanto duri l'effetto della pozione!”
La McGranitt sospirò, portandosi due dita alla tempia destra “Bene. Tolgo dieci punti a Grifondoro a testa, e passerete la serata in biblioteca, a riordinare libri e a fare l'inventario!”
Sirius notò che James non voleva arrendersi; lo sfiorò il pensiero che stesse facendo di tutto per farsi togliere la punizione e lasciarlo da solo con Amanda. “Ma professoressa… stasera ho organizzato il primo allenamento dell’anno con i nuovi giocatori! Io sono il Capitano, non posso mancare! Mi ha firmato il permesso per il campo l'altro ieri, ricorda? Avremo il primo incontro con i Corvonero tra sole due settimane!”
La McGranitt sbuffò, spazientita.
“Ha ragione, Potter, vorrà dire che Black e la signorina Froude le lasceranno da parte del lavoro che lei potrà terminare domani sera!”
James aggrottò la fronte, ancora parzialmente insoddisfatto. Scrollò le spalle e si lasciò andare scompostamente sullo schienale della sedia.
“Adesso, signorina Froude, veniamo a lei. Per quale motivo ha aggredito il signor Malfoy?”
“Sono stata provocata.” ammise Amanda, abbattuta.
Sirius la osservò; non doveva essere abituata alle punizioni, si teneva le mani sulle gambe e si rigirava le dita. Provò un istintivo moto di tenerezza nei suoi confronti.
“Non mi dice niente di nuovo. Malfoy è un provocatore nato.” rispose la McGranitt, corrucciata.
“Beh, professoressa, non mi dica che una notizia del genere non l’ha messa di buonumore!” la difese Sirius, tentando uno dei suoi sorrisi migliori.
“Non ho bisogno del tuo aiuto, soprattutto non dopo che hai tentato di mettermi nei guai!” sbottò Amanda, perforandolo con lo sguardo.
Era la prima volta, dopo quasi una settimana, che i loro sguardi si ritrovavano. Sirius si accorse che era cambiato qualcosa, sembrava più scuro, profondo, quasi sofferente. Cosa le stava succedendo?
Quel contatto non durò abbastanza affinchè Sirius potesse comprendere oltre; Amanda si voltò nuovamente verso la McGranitt e continuò “Non voglio giustificare il mio comportamento, professoressa, mi ha fatto infuriare perché è stato irrispettoso nei confronti di un mio compagno.”
“Parli di Regulus?” intervenne Sirius immediatamente.
Ancora quello sguardo di fuoco.
“Sì” rispose.
“Cosa ti ha detto?” chiese, voltandosi completamente verso di lei.
“Professoressa, vorrei poterne parlare in privato con lei...” iniziò, ignorandolo. Sirius la interruppe, impetuoso “No, voglio sapere che cosa ha detto a mio fratello Lucius Malfoy!”
Adesso è tuo fratello, vero?” sbottò Amanda con rabbia, guardandolo sprezzante “Lo è da circa quindici anni, e soprattutto lo era anche quando hai deciso di andartene di casa senza portarlo con te!”
“Tu non capisci-”
“Capisco benissimo, invece!” inveì. Si sporse dalla sedia e se la ritrovò a pochi centimetri dal viso. Fu investito da quel familiare e buonissimo odore di biscotti. “Capisco che, siccome è un Serpeverde, è automaticamente dall'altra parte, vero? Non pensi che debba essere salvato!” continuò, amareggiata.
“Okay, ora basta! Froude, si sieda!” intervenne la McGranitt, alterandosi “Non tollero che vi parliate e accusiate in questo modo. Signor Black, signor Potter, potete andare. Black, stasera alle nove davanti alla biblioteca. Lavorerete assieme e imparerete a rispettarvi. Arrivederci.”
Sirius guardò Amanda, arrabbiato. Lei preferì fissare la parete di pietra, piuttosto che girarsi nella sua direzione.
Era facile giudicarlo conoscendo solo la versione di quella vittima di suo fratello. Come si permetteva di accusarlo in quel modo? Come se lei sapesse qualcosa di tutto ciò che aveva dovuto passare! Regulus era sempre stato trattato con più riguardi, solamente perchè era più docile, più influenzabile, più educato, più tutto. Lui era il bastian contrario, quello da riprendere continuamente nei modi e nei discorsi, da zittire, da correggere qualsiasi respiro facesse. I loro genitori ce l'avevano messa tutta per dividerli e farli crescere nella competitività.
Fece un respiro forte e si alzò, spostando la sedia rumorosamente. Uscì dall'ufficio seguito da un James ammutolito.
Appena chiusa la porta dell'ufficio percorse il tragitto fino alla propria sala comune più velocemente che poteva, con James alle calcagna che lo richiamava.
 
 
 
_______________________________________________________________________________________
Note dell’autore:
Salve e ben trovati! Spero, come al solito, che il capitolo sia stato di vostro gradimento!
Eccoci, siamo tornati alla vita di Hogwarts, e con un capitolo più lungo rispetto agli standard (tipo il doppio ^^). In realtà, avevo pensato di dividerlo in due parti, una con il POV di Amanda e uno col POV di Sirius, ma poi la seconda parte sarebbe stata troppo più corta, e non ho trovato un altro modo di dividere il capitolo che mi convincesse!
Adesso, passiamo ai contenuti e alle precisazioni varie:
  • L’enorme disagio per il titolo dei capitoli ancora non è stato risolto XD;
  • Questo capitolo è centrato maggiormente sul pov di Amanda perché ho voluto approfondire di più il suo carattere. È una ragazza piena di energia ma per niente superficiale, anzi, risente molto di tutto ciò che le accade intorno. Si rende conto di avere vita difficile, ora che le manca l’appoggio di Severus, e inizia davvero a sentirsi in gabbia. E gli animali in gabbia sono molto aggressivi… Sa anche che Regulus potrebbe davvero essere l’ultimo amico che le rimane, ed è ben decisa a non farselo scappare!
  • Mi sono divertita molto a scrivere la parte centrale, soprattutto vedere scendere Sirius e James dalle scale di corsa, scappando da un danno che avevano appena combinato. È esattamente così che me li immagino! <3
  • Non ho avuto modo di scriverlo, ma vi assicuro che la McGranitt nella mia testa era molto compiaciuta per il pugno a Lucius, tanto che ha pensato persino di restituire ad Amanda parte dei punti persi! XD *mente malata mode: on*
Credo di aver detto tutto ciò che avevo da dire a proposito di questo capitolo. Rinnovo il mio invito a scrivermi qualora aveste bisogno di chiarimenti!
Un bacio,
Amanda.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Muschio Bianco ***


Capitolo X: “Muschio Bianco”
 
AMANDA
 
Il vento le solleticava la pelle. Si trovava su uno scoglio, nella spiaggia vicino alla sua casa. Era circondata dal blu del mare e del cielo, la sabbia era una coperta, e respirava finalmente il verde irlandese della costa alle sue spalle. Si sentiva meravigliosamente, la sua terra le era mancata così tanto...
Si guardò i piedi nudi, a contatto con la superficie dura e umida della roccia; la voce di sua sorella la distrasse.
“Amanda! Facciamo una gara di tuffi! Chi perde scova gli gnomi!”
Prima che potessero iniziare una voce arrivò da lontano; si voltarono e videro la loro madre, i capelli biondi mossi dal vento. Si sbracciava, chiamandole perchè il pranzo era pronto.
Amanda guardò in direzione di Layla.
Ma non c'era più.
Al suo posto vide Sirius. Le sorrideva, tenendole la mano.
“Questo è il posto più bello che io abbia mai visto!” esclamava, sinceramente felice.
Lo stomaco fece qualche capriola, e poi, improvvisamente, si sentì scuotere.
Aprì gli occhi, assonnata, e ci mise qualche secondo a registrare il volto di Sirius a pochi centimetri dal suo viso.
“Svegliati!” esclamò, continuando a scuoterle il braccio.
Amanda si tirò su a sedere in uno scatto repentino, realizzando di essere ad un tavolo della biblioteca. Ci era arrivata non appena conclusa la discussione con la McGranitt. Aveva fatto una fermata alle cucine, a chiedere agli elfi di procurarle qualcosa da mangiare, per non dover passare dalla Sala Grande a cena. Si era poi recata in biblioteca e, dopo aver preso un po’ di pozione - immaginava che le sarebbe servita quella sera! - si era miseramente addormentata leggendo ‘Erbe e radici magiche d’Irlanda’.
Odiava prendere quell’intruglio. La calmava, sì, ma era soporifera e le faceva fare sogni bizzarri. Spesso e volentieri, erano talmente reali che si svegliava convinta che fossero accaduti davvero.
“Che ore sono?” chiese, stropicciandosi gli occhi. Si sentì avvampare appena realizzò il sogno che aveva fatto, e distolse lo sguardo da Sirius.
“Le nove passate” rispose lui, asciutto “non ti ho visto arrivare e sono entrato. Da quanto sei qui?”
“Un po'” fece, evasiva “Madama Pince dov'è?”
“Sono qui, a causa vostra!”
L'anziana bibliotecaria apparve da dietro uno scaffale, indaffarata e notevolmente di cattivo umore.
“Se evitaste di farvi mettere in punizione, potrei passare un venerdì sera alternativo. E invece no! Con tutti i trofei che ci sono da pulire in questa scuola, vi fanno scontare la punizione facendo l'inventario in biblioteca!” sbuffò “Vi avviso: non resterò a controllare che facciate bene il lavoro che vi affiderò, ma domattina passerò e saprò come e se avrete lavorato. Conosco la disposizione di ogni libro, qui dentro! Non mi sfugge nulla, sappiatelo!”
Amanda e Sirius si scambiarono un'occhiata stranita, e Madama Pince continuò “Bene, ora vi spiegherò quello che dovrete fare.”
Si avvicinò ad uno scaffale e tirò fuori un’alta pila di fascicoli.
“Questo è l'inventario dell'anno scorso, diviso per sezioni; in alto a destra c'è il numero di ogni scaffale con i titoli in ordine alfabetico. Tutto quello che dovrete fare è controllare che i titoli che sono scritti su questi fogli corrispondano a quelli sugli scaffali. Se ne mancano” indicò un mobile a pochi metri da loro “lì ci sono i fascicoli dei prestiti, e dovrete controllare se sono in prestito. Insomma, deve tornare tutto!”
“Avete domande?” chiese, secca.
Amanda alzò timidamente la mano.
“Che sezioni dobbiamo controllare?”
“Le sezioni sono diciotto, e ognuna conta venti scaffali. So che anche Potter dovrà occuparsene, quindi prenderete sei sezioni a testa. Dovrete finire entro mezzanotte, quello che non terminate stasera lo continuerete domani sera. Badate bene a rispettare gli orari, non date modo a Gazza di mettervi di nuovo in difficoltà, non voglio avervi tra i piedi di nuovo!” sbottò.
Detto ciò si voltò e, senza tanti complimenti, se ne andò.
Restarono in silenzio per qualche momento, seguendo con gli occhi la donna, dopodiché Amanda chiuse il libro con uno scatto deciso.
“Prima iniziamo e prima finiremo!”
“Che libro è?” chiese Sirius.
Amanda si voltò verso di lui e capì che parlava del libro su cui si era addormentata.
“Erbe e radici del territorio d'Irlanda'...” rispose, facendo spallucce.
“Ci sei mai stata?” continuò “In Irlanda, intendo.”
“Ci vivo… Abito nei presso di Portaleen, a nord dell’Irlanda.” spiegò. Le tornò in mente ancora il sogno che aveva appena fatto, e la colse una grande nostalgia.
Parlare della sua terra le piaceva, e suo padre diceva che quando nominava l'Irlanda i suoi occhi diventavano dello stesso colore del mare.
“Non sono mai stato in Irlanda...” ammise lui.
“Ti piacerebbe...” buttò lì Amanda, senza riflettere, con la mente al sogno, mentre si dirigeva verso uno scaffale. Dopo qualche momento ripensò a quello che aveva detto ed arrossì.
“Cioè... è una terra meravigliosa e selvaggia, piacerebbe a chiunque...” si corresse.
“Meravigliosa e selvaggia...” le fece eco lui, con un mezzo sorriso “Hai ragione, mi piacerebbe.”
“Io comincio da questa sezione, se non ti dispiace, così rimetto al suo posto anche questo...” tergiversò, accennando al libro che aveva tra le mani.
Si voltò, ma si sentì trattenere il braccio.
“Perchè hai detto quelle cose oggi pomeriggio? Le pensi davvero?” le chiese, serio.
Amanda si schiarì la voce, sperando di non arrossire ancora. Probabilmente era colpa di quel maledetto sogno se ora il suo stomaco aveva appena fatto una giravolta.
Tornò alla realtà e rispose, senza guardarlo.
“Forse non avrei dovuto urlartelo in malo modo, ma... Sì, lo penso davvero. Ti sembrerà che parli senza conoscere i fatti, e magari sarà anche così, ma conosco il punto di vista di Regulus, perché l'ho visto e vissuto in tutti questi anni.”
Sirius lasciò la presa, sospirando.
“Non so come diavolo ci sei riuscita, ma mi hai fatto sentire in colpa! Io non ho mai pensato che lui volesse andarsene da quella casa e scappare con me, lui non viene schernito e maltrattato continuamente come me! Non ha mai fatto fatica ad adattarsi all'etichetta e alle regole, è finito nella casa che volevano i miei genitori, e non ha mai preso le mie parti in tutte le liti che ho affrontato con loro per il mio pensiero!"
Amanda lo guardò, sembrava seriamente dispiaciuto. Era quello il vero Sirius? Non seppe più cosa pensare.
L’idea di ricucire il rapporto tra lui e Regulus si fece strada nella sua mente. Ciò avrebbe potuto aiutare persino lei e il compagno a rimanere in buoni rapporti nonostante l’influenza degli altri Serpeverde.
“Sirius, tu gli hai mai chiesto una, e dico una, sola volta come stesse? Che cosa pensasse? Hai mai provato a conoscerlo davvero? Tuo fratello è una persona introversa... ma è sensibile, talentuoso e disponibile! Gli hai mai chiesto quanta pressione sentisse su di sé per essere l'unico nella tua famiglia sul quale i vostri genitori fanno affidamento?”
Sirius inarcò le sopracciglia.
“Perché tieni tanto al rapporto tra me e Regulus?” chiese, perplesso.
Amanda pensò che i dubbi di Sirius fossero più che legittimi. Sapeva benissimo, infatti, per quale motivo stava dicendogli tutto solo in quel momento, ma non era sicura che rivelarglielo fosse la scelta giusta. Poteva fidarsi di lui?
Si trattava di scegliere. Si trattava sempre di scegliere. Giusto o sbagliato. Bianco o nero. In quel momento le zone d'ombra non erano ammesse.
“Perché potrebbe essere l'ultimo amico che mi rimane...” confessò, guardandolo dritto negli occhi.
Prima di quel momento, Sirius Black non le aveva dato modo di potersi fidare di lui, ma forse, con Regulus in ballo, questa volta non l’avrebbe delusa.
Aveva scelto di fidarsi.
 
 
SIRIUS
 
Amanda parve riflettere molto prima di trovare le parole per continuare, e Sirius la vide mordersi il labbro inferiore, come se fosse combattuta.
“Pensavo di avere più tempo, pensavo di potermi fidare di alcune persone, ma ho peccato di ottimismo. Non te lo chiederei se fosse necessario, posso fidarmi che rimarrà tra noi?”
Sirius aggrottò le sopracciglia, perplesso. I suoi occhi blu lo guardavano intensamente. Non capiva cosa stesse accadendo, ma avvertì una strana euforia nel petto a quella richiesta.
“Certo che puoi, Amanda.” rispose, serio “Di cosa si tratta?”
“Ho avuto una discussione con Severus, una di quelle da cui purtroppo non si torna più indietro. Oltre al dispiacere di perderlo come amico, mi trovo anche in una posizione scomoda; lui ha sempre facilitato i rapporti tra me e tutti i miei compagni di casa, con i quali mi sono sempre trovata in disaccordo su alcuni… temi.”
Sirius attese qualche momento prima di parlare, assorbendo il significato di quelle parole. Provò sollievo nel sapere che lei e Piton si erano allontanati, ma se ciò significava per lei trovarsi in difficoltà, se non addirittura in pericolo in quella casa, probabilmente quella sensazione di sollievo sarebbe durata poco. E su cosa avevano discusso? Forse Piton ci aveva provato con lei? Se era vero che erano amici da così tanti anni, molto probabilmente lui aspirava a qualcosa di più.
Non aveva mai avuto amiche donne, a parte Jaded, e aveva visto come erano finite le cose, per cui non concepiva un rapporto del genere tra i due che non presupponesse un coinvolgimento emotivo.
“La discussione cosa ha riguardato?” chiese bruscamente “Ci ha provato con te?”
“Cosa? No!” esclamò indignata “Perché devi sempre pensarla in questi termini? Non siamo mica tutti costantemente infoiati come te! Non si tratta di quello, purtroppo!”
Sirius inarcò un sopracciglio.
“Purtroppo?” le fece eco, perplesso.
“Nel senso che quella sarebbe stata una sciocchezza risolvibile, a confronto!” spiegò, irritandosi.
“Il problema è la mia posizione presa per ciò che sta accadendo fuori da questa scuola.” aggiunse, seria.
“Ah.” Fu l'unico suono che riuscì ad emettere, sorpreso da quella dichiarazione.
Perché poi ne era sorpreso? Non c'era niente da fare, aveva iniziato a farsi troppe domande profonde su ciò che muoveva i suoi comportamenti; Amanda gli aveva fatto il lavaggio del cervello!
Ragionò a voce alta.
“Considerando l'attrazione di Mocciosus-”
“Severus!”
“Sì, certo… Considerando la sua attrazione per le arti oscure, immagino già quale sia la posizione che hai preso e che lui non condivide!” esclamò “Ma quello che mi sorprende, Amanda, è il fatto che sembri stupita! Possibile che non lo immaginassi?”
“Io lo conosco, Sirius, e non è una persona cattiva! Pensavo di avere più tempo, ma mi sbagliavo. É come se non fossi riuscita a salvarlo, capisci? Mi sento come se non avessi fatto abbastanza, è stato plagiato!”
“Parli di lui come se non sapesse quello che fa, ma ti sbagli! A quanto pare vedi il meglio in tutte le persone...”
“Ci puoi scommettere!” asserì lei, con convinzione.
“Peccato che però con me tu non l'abbia fatto!” constatò con irritazione.
“Non stiamo parlando di te!” sbuffò “E comunque non è vero! Pensi che ti direi quello che ti sto dicendo se non mi fidassi di te? Sei tu che a quanto pare nascondi il tuo lato migliore!”
Era confuso. Stavano litigando o si stavano facendo dei complimenti?
Sirius tacque, godendosi la piacevole sensazione che quelle parole gli avevano provocato.
Amanda continuò “Mi sono rivolta a te perché tuo fratello è un tipo influenzabile, e non vorrei facesse una scelta sbagliata anche lui! Se voi vi riavvicinaste, lui avrebbe un motivo in più per capire che quelle persone vanno fermate!”
Sirius fece un sorriso amareggiato. Ora appariva tutto nitido nella sua mente.
“Quindi ti fidi di me perché non hai alternative, è questo che mi stai dicendo? Io dovrei aiutarti a tenertelo stretto?” sbottò, mentre sentiva la rabbia montargli nel petto “È grande e vaccinato, saprà decidere benissimo da che parte stare per compiacere i nostri genitori!”
Amanda spalancò gli occhi, stupita.
“Non si tratta di quello! Possibile che non ti interessi un accidenti di lui?” inveì, alzando la voce.
“Non ce n'è bisogno, sembra che il tuo interesse nei suoi confronti basti e avanzi per entrambi!” constatò velenoso, gli occhi ridotti a due fessure.
Amanda si bloccò, con la bocca schiusa per la sorpresa.
“Che accidenti vuoi dire? Mi stai facendo una scenata?”
Sirius sbuffò e la guardò piccato, senza rispondere. Si limitò a prendere qualche fascicolo; si spostò verso gli scaffali e iniziò a lavorare, mantenendo un'espressione corrucciata.
Percepì lo sguardo di Amanda su di sé nei minuti successivi, mentre lavorava.
Ad un certo punto si voltò verso di lei, esasperato.
“Smettila di guardarmi!” sbottò.
“E tu va' a fare pipì da qualche altra parte!” rispose lei, indispettita.
 
AMANDA
 
Lavorarono a distanza e in silenzio per parecchio tempo. Amanda si voltò svariate volte nella sua direzione per controllare cosa stesse facendo, ma ogni volta lui era girato e le dava le spalle, dando l'impressione di essere indaffarato.
Era cocciuto e indisponente, sempre concentrato su se stesso. La delusione per aver provato a ragionare con lui era ancora cocente. Eppure non si era sbagliata, aveva notato che era curioso di sapere di più su Regulus, su quello che faceva e che pensava di lui, altrimenti le critiche che gli aveva rivolto quel pomeriggio non lo avrebbero scalfito così tanto. Perché, allora, si mostrava così reticente?
Lo sentì borbottare e sbuffare contrariato per tutta la serata, e immaginò che lo facesse per provocarle fastidio.
Infatti, all'ennesimo commento annoiato, si voltò.
“Ci dai un taglio? Mi distrai!” sbottò, esasperata.
Lui la guardò con un mezzo sorriso.
“Ti distrai con poco... Forse sei troppo impegnata a interessarti di cose che non ti riguardano?” chiese.
Inspirò profondamente e ignorò la provocazione, cambiando discorso.
“Sai che ore sono?” chiese. Le mancava meno di una sezione per terminare il lavoro, mentre lui era parecchio indietro.
“Le undici e un quarto.” borbottò, adocchiando l'orologio alla parete.
Amanda sorrise, soddisfatta.
“Bene! Sono riuscita a fare tutto in una volta sola!” esclamò, facendogli la linguaccia “Mi sa che qualcuno dovrà tornare anche domani sera, e non sarò io!”
Sirius si piccò parecchio per la sua affermazione, e tornò al lavoro senza rispondere.
Lo osservò, corrucciata per essergli rimasta indifferente, tanto che si sentì persino in colpa per essersi presa gioco di lui. Maledetto Black!
Lavorò ancora qualche minuto, in un silenzio di tomba, finché non ebbe terminato la propria parte.
Si schiarì la voce.
“Sirius?”
“Mh?” brontolò, senza smettere di lavorare.
Lei aggrottò le sopracciglia, confusa.
“Ecco... Io ho finito. Sto andando via.” lo avvisò, con tono incerto.
Stette qualche secondo ad attendere una risposta che non arrivò; recuperò il mantello sul tavolo e si diresse verso l'uscita.
Poi si fermò e si voltò. Non le andava di lasciare le cose in sospeso tra di loro. Non ora che, probabilmente, avrebbe avuto davvero bisogno del suo aiuto con Regulus.
A farla sentire in colpa ci si mise anche il pensiero che in due avrebbero terminato prima. In fondo, aiutarlo non le costava nulla, e dieci minuti in più in biblioteca non avrebbero fatto differenza.
Tornò sui suoi passi, appoggiando nuovamente il mantello sul tavolo. Si avvicinò allo scaffale; Sirius era di spalle, assorto nella lettura dei fascicoli.
Si affiancò a lui e gli prese il foglio dalle mani.
“Io leggo e tu controlli, va bene?” gli propose.
Sirius si girò, sorpreso di vederla, e sul volto gli nacque il sorriso più bello e spontaneo che gli avesse mai visto fare. Il suo stomaco fece una doppia capriola, e Amanda comprese chiaramente il motivo per cui le ragazze se ne innamoravano.
Si schiarì la gola e distolse lo sguardo, sentendosi avvampare.
“In due finiremo prima... Non confondere la mia gentilezza per qualcos'altro!” si giustificò.
Con la coda dell'occhio vide che era ancora girato verso di lei, e non smetteva di sorriderle.
'Non guardarlo, non guardarlo' si ripeteva, scorrendo la lista dei titoli senza vederla davvero.
“Perché sei arrossita, allora?” chiese lui, divertito.
“Ma che dici! Io non...” tentò di sfidarlo, tornando al suo viso.
Ma... no. Non funzionava. Lo stomaco continuava a fare salti mortali. Iniziò ad avere la sensazione che il volto le stesse andando in fiamme.
“Se non la smetti me ne vado!” lo ammonì, imbarazzata.
“Okay... Grazie, Amanda.”
 
SIRIUS
 
Da quel momento in poi fare l'inventario si rivelò molto più piacevole. Il gesto di Amanda lo aveva rimesso di buonumore, tanto che per almeno una dozzina di volte si rese conto che stava sorridendo senza alcun motivo.
Lavorarono fianco a fianco per un'altra mezz'ora abbondante, ma riuscirono a finire entro mezzanotte tutto il lavoro.
“Siccome mi hai aiutato e io odio sentirmi in debito...” esordì Sirius pimpante, porgendole il mantello “Ti propongo una piccola incursione in cucina… Tutto questo lavoro mi ha messo appetito!”
Amanda spalancò gli occhi, come se stesse ricordandosi qualcosa solo in quel momento.
“Io ho del cibo!” esclamò “Prima di venire qui sono passata dalle cucine e ho preso qualcosa!”
Sirius la vide andare verso il tavolo dove l'aveva trovata addormentata; dalla sedia recuperò un sacchetto di carta. Tornò da lui, sorridendo timidamente, e aprì il sacchetto, tirando fuori dei biscotti.
“Tieni” borbottò, impacciata.
La guardò e pensò che fosse adorabile. Prese un biscotto e lo assaggiò.
“Mh... È delizioso! Sono quelli che hai fatto tu?”
Amanda annuì e stava per rispondere, ma si bloccò, voltandosi in direzione dell’entrata della biblioteca.
“C'è qualcuno...” sussurrò.
Istintivamente, l’afferrò per un braccio e si nascosero dietro uno scaffale. Si sedettero a terra e Sirius sentì distintamente un rumore di passi avvicinarsi.
Il successivo miagolio di Mrs Purr chiarì che si trattava di Gazza, che controllava che nessuno girasse per la scuola di notte. Rimasero in silenzio, aspettando che si allontanasse. Lo sentì borbottare qualcosa proprio a pochi passi da loro, dopodiché spense tutte le candele della biblioteca, lasciandoli completamente al buio.
Si assicurò che i suoi passi si allontanassero a sufficienza.
“Amanda? Ci sei?” sussurrò.
Una manata gli arrivò in pieno viso.
“Ahi! Era la mia faccia!” bisbigliò, contrariato.
“Oh, scusami!” mormorò, mortificata “Non ci vedo un accidenti, perché ha spento tutto?!”
Sirius tirò fuori la bacchetta.
Lumos” disse piano. La punta della bacchetta si illuminò, mostrandogli Amanda a mezzo metro da lui, con il sacchetto ancora in mano. Si avvicinò, fino ad esserle di fronte; incrociò le gambe e le loro ginocchia si toccarono.
Amanda gli porse i biscotti a mo' di scuse “Mi spiace, ti ho fatto male?”
“No...” disse, sorridendo.
“Ma mi piace farti sentire in colpa!” aggiunse poi, prendendole il sacchetto in un gesto repentino.
“Hey!”
Sirius rise per la sua espressione indignata, e le porse un biscotto.
“È questo l'odore che sento quando ti avvicini...” le confessò.
Lei rise piano.
“So di biscotti?”
“Sì.” rispose Sirius, mangiandone un altro “E io adoro i biscotti...”
Amanda abbassò lo sguardo, imbarazzata.
“Mi stavo chiedendo una cosa...” disse all'improvviso, quasi seria “Hai già pensato a dove starai ora che non tornerai più a casa?”
“I genitori di James hanno insistito per ospitarmi, quindi per un po' starò a Godric's Hollow, almeno finché frequenterò Hogwarts!”
“Intendi davvero non vedere mai più la tua famiglia?” chiese lei, con evidente sorpresa.
“Decisamente! Ti riesce difficile concepirlo?” chiese, incuriosito.
Amanda inarcò le sopracciglia.
“Un po’…” ammise.
“Sono molto legata ai miei genitori, e prima che iniziassimo Hogwarts, io e mia sorella siamo state poco a contatto con altri maghi... La nostra casa è un po' isolata dal resto della comunità magica.” raccontò “Siamo sempre stati io, Layla, mia madre e mio padre, quando non era impegnato col Ministero!”
Sirius aggrottò la fronte, pensando a quale carica potesse ricoprire il padre di Amanda al Ministero. La mente andò velocemente agli ultimi articoli letti sulla Gazzetta del Profeta, e ricordò.
“Tuo padre è Joe Froude?” chiese, stupito.
Lei annuì.
“È un membro del Wizengamot!” spiegò, sorridendo, e Sirius notò come i suoi occhi si fossero illuminati nel parlarne.
Provò una leggera invidia, si domandò cosa si provasse ad essere orgogliosi del proprio padre.
“Ho letto che sono entrati nel mirino dei Mangiamorte, con tutti quelli che stanno spedendo ad Azkaban... Sei preoccupata?”
Non doveva passare un bel periodo, fra i Serpeverde, che contavano la maggior parte di ex studenti arrestati, parenti stretti di molti loro compagni attuali.
Amanda sospirò.
“Mi fido del lavoro che gli Auror fanno per proteggere mio padre...” disse, ma gli parve tanto che fosse una risposta di circostanza.
“Non ne sembri convinta.” constatò, serio.
Amanda, che stava per addentare un altro biscotto, si bloccò.
Scrollò le spalle, lo sguardo basso.
“Lo dico più per convincere me stessa che gli altri, in realtà” confessò “Ma se c'è una cosa che mio padre mi ha insegnato, è che non bisogna mostrare agli altri di avere paura... Soprattutto nei confronti di chi non ci fidiamo!”
“Beh, sei brava a far credere che non sei spaventata, considerando il destro che hai dato a Malfoy!” esclamò, divertito.
Amanda accennò un sorriso e Sirius le porse la mano.
“A proposito, non mi sono ancora congratulato!” aggiunse.
Lei sorrise e gli strinse la mano; fu inaspettato, per Sirius, sentire una stretta così energica.
“Grazie!” esclamò, sorridendo.
Non lasciò la sua mano, la guardò negli occhi e pensò che quello fosse il momento giusto per chiederle cosa le avesse detto Malfoy da scatenarle una reazione simile.
“Che cosa ti ha detto per meritarsi un pugno?”
Amanda gettò un'occhiata alle loro mani, ancora strette.
“Premettendo che la sua faccia potrebbe essere già una motivazione sufficiente" spiegò "... Ero arrabbiata per via della discussione con Sev, e incontrarlo ha peggiorato la situazione, perchè sono convinta che sia stata l’amicizia con lui la causa di tutto. Regulus è arrivato, lo ha salutato e gli ha chiesto se si fossero incontrati con le famiglie per Natale, ma lui ha declinato, mettendoti in mezzo perchè a quanto pare la tua... ehm, fuga, aveva messo in una posizione scomoda i tuoi genitori."
Sirius cercò di non far trasparire la sua rabbia e continuò ad ascoltare il suo racconto.
“Mi ha indispettito perchè Reg era in difficoltà e gli ho risposto a tono…”
“Cosa hai detto?” la incalzò.
Amanda sospirò.
“Io... gli ho detto che secondo me andartene era stata una scelta giusta, e che in quel caso ti stimavo per la tua decisione, soprattutto per non aver dato loro la soddisfazione di cacciarti - Sirius, mi lasceresti?”
Si rese conto che stringeva ancora saldamente la sua mano; sorrise, furbo, e non la lasciò andare, bensì ne approfittò per tirarla verso di sé in uno scatto fluido e repentino. Lei portò in avanti il busto e si sbilanciò, finendogli addosso.
 
 
AMANDA
 
Fu colta completamente alla sprovvista da quel gesto; non ebbe il tempo di chiedersi che cosa stesse succedendo. Nello stesso momento in cui l'aveva tirata a sé, sentì la bacchetta con cui Sirius aveva fatto luce fino a quel momento toccare il pavimento; con la mano libera le accarezzò un lato del viso e per un secondo percepì per la prima volta le labbra di qualcuno sulle sue. Avvertì un piacevole sentore di muschio bianco, e in una frazione di secondo realizzò che si erano appena baciati. Fu delicato, più uno sfiorarsi che un vero e proprio bacio, ma Amanda trattenne comunque il respiro, sconvolta dalla sensazione che quel tocco le aveva lasciato.
Lo sentì inspirare il suo odore e lo vide chiudere gli occhi; Amanda torno in sé e tirò indietro il busto, sedendosi sui talloni. Si portò una mano alla bocca e con gli occhi blu, sgranati, guardò Sirius che sorrideva felice.
“Amanda-”
“Non - dire – niente” lo ammonì.
Si alzò, tremante, gli occhi lucidi. Non riuscì a fermare le lacrime, e non sapeva ancora dire se fosse per la rabbia, l'imbarazzo, o quella strana cosa che sentiva esploderle nel petto.
Si girò e nel buio più totale iniziò a camminare. Avrebbe potuto tirare fuori la bacchetta per chiamare un po' di luce, ma non voleva che lui la seguisse. Desiderava sparire, era nel panico, e sentiva che Sirius continuava a chiamarla. Si sentì afferrare un braccio.
“Hey, aspetta, Amanda, non volevo-”
Cercò di sfuggire dalla sua presa e lo spinse.
“Non volevi cosa? Come ti sei permesso? Lasciami!” sbottò, e la sua voce sconvolta echeggiò nella sala.
Sirius la liberò dalla presa.
“Dai, era una cosa innocente! Eri vicina e non ho resistito...” mormorò “Non volevo farti piangere, ti ha fatto così schifo?”
“Io-”
Amanda non seppe cosa dire, aveva mille pensieri che le giravano in testa, così tanto che poteva sentire le vertigini. Schifo? No, non era quello che provava. Era arrabbiata, imbarazzata, offesa. E non sapeva con chi prendersela, perché, nonostante tutto, il cuore non voleva smettere di martellarle nel petto dall'emozione.
Era appena stata baciata. Ed era stato il suo primo bacio.
Esatto, non sapeva come fosse un bacio prima di quella notte, prima che quel... Come si poteva definire? Non c'erano descrizioni offensive che in quel momento potessero esprimere l'indignazione che provava. Lui le aveva appena rubato il suo primo bacio! Era stato inaspettato, inappropriato, ingiusto...
'Ma non mi ha fatto schifo' si ritrovò a pensare. Era confusa, e ci si mettevano anche le lacrime. Perché stava piangendo?
Tuttavia non disse nulla di ciò che le passava per la testa.
“Lasciami andare.” singhiozzò, indietreggiando. Prese la bacchetta e si fece luce, inciampando in un paio di sedie. Fortunatamente non cadde; rivolse a Sirius un ultimo sguardo carico di risentimento e se ne andò.
 
 
SIRIUS
 
“Ti sento,
e parlo di profumo,
ti infili in un pensiero
e non lo molli mai.
Io ti sento,
al punto che disturbi,
al punto che è già tardi,
rimani quanto vuoi.”
 
-Ti sento, Luciano Ligabue
 
Sirius tornò al dormitorio completamente sconvolto. Dalla sua idiozia, chiaramente. Si guardò intorno, scoprendo di essere solo, e poi si ricordò che probabilmente Peter e James erano andati a sorvegliare Remus per via della luna piena. Valutò per un momento l'idea di raggiungerli, ma poi realizzò che era troppo stanco per fare qualsiasi altra cosa. Si buttò sul letto a baldacchino, ancora vestito, e chiuse gli occhi.
Sentiva nelle narici l'odore di Amanda, e respirò profondamente ancora una volta per assaporarlo. L’espressione dei suoi occhi lo perseguitavano, così sorpresi, quasi terrorizzati. Non si aspettava una reazione del genere.
Era stata gentile con lui, a tratti imbarazzata e impacciata, e aveva concluso che fosse perché le piacesse.
Pensò che quello che le aveva fatto non era stato giusto, soprattutto vista la sua reazione.
Perché aveva reagito così? Non era abituato a sentirsi rifiutare, e si rese conto che era doloroso. Era così che si sentivano tutte le ragazze che lui aveva scaricato? Fu allora che considerò l'ipotesi di essere un po' stronzo. Come avrebbe fatto a farsi perdonare?
Emise un verso a metà tra uno sbuffo e un sospiro, e decise di alzarsi. Si spogliò e s'infilò nel letto, chiudendo le tende del baldacchino, in modo che fosse chiaro ai compagni che non avrebbero dovuto svegliarlo una volta tornati.
 
 
AMANDA
 
La sala comune era splendidamente deserta; la luce verde soffusa la rilassò immediatamente, facendo rallentare il proprio battito.
Si sedette sul divano nel mezzo della stanza e sospirò, le mani sul volto. Non fece in tempo a mettere in ordine i pensieri che si sentì chiamare.
“Com'è andata? Non sono riuscito a venire a trovarti, la cena è finita da poco. Ti hanno infastidita?”
Regulus arrivava dal dormitorio, probabilmente aveva sentito il passaggio aprirsi.
Amanda gli sorrise, fu contenta di vederlo.
“No, Reg, tranquillo. C'era solo Sirius, comunque. Potter l'ha schivata con la scusa del Quidditch!”
Regulus fece una risata nervosa.
“Non ci credo, ottiene sempre quello che vuole!”
Si sedette accanto a lei sul divano.
“Sirius ti ha importunata?” chiese.
'Oh, puoi scommetterci!' pensò. Ma far tornare alla mente quel ricordo le faceva solo venire molto caldo. 
Si alzò. In quel momento era parecchio confusa, non sapeva se andare a letto perché troppo stanca o rimanere lì con lui a chiacchierare.
Optò per la prima, non si sentiva in grado di sostenere una conversazione che avrebbe potuto svelare quello che era appena successo. Avrebbe fatto finta che non fosse mai successo, sarebbe stato tutto molto più semplice.
Salutò il compagno, che rimase un po' deluso.
“Scusami, ma sono esausta... Domani andiamo a Hogsmeade?”
Regulus strinse le labbra, esitante.
“Ecco, Amanda, a proposito di questo... Con le ultime cose che sono capitate tra te e Severus, e poi il pugno a Malfoy... non so se è una buona idea andarci assieme. Lo sai come funziona qui, la percepirebbero come una presa di posizione, e io-”
“Beh, questa è una presa di posizione bella e buona!” sbottò Amanda, allibita.
“No, Amanda, non fraintendermi! Non smetterò di essere tuo amico, solo-”
“Solo senza che gli altri lo sappiano, giusto?” concluse, arrabbiata “No, grazie!”
Regulus restò a fissarla, lo sguardo colpevole.
“Ascolta-”
“Non dire niente.” mormorò, furiosa, per la seconda volta in quella serata.
Maledetti Black.
Gli diede le spalle e corse nel proprio dormitorio.
Penelope, nel letto accanto al suo, si lamentò nel sonno. Amanda si infilò sotto le coperte ancora vestita.
Chiuse le tende e si lasciò andare ad un pianto silenzioso.
 
 
 
 
__________________________________________________________________________________________

Note:
 
Eccomi tornata, e con un giorno di anticipo sulla tabella di marcia, per giunta! Vi faccio questo regalo per farmi perdonare anticipatamente il probabile ritardo del prossimo capitolo ^^’! Ci sarà un importante intermezzo fuori Hogwarts che ho plottato la settimana scorsa, ma non l’ho ancora messo giù e ci vorrà qualche giorno in più perché tra il lavoro e l’imminente sessione estiva all’università devo rivedere le mie priorità (sob :(!)
Veniamo al capitolo:
  • Sirius non sa assolutamente come gestire una ragazza come Amanda, e questo è evidente. Non gliene voglio fare una colpa, lui è abituato ad avere intorno ragazze, e non concepisce l’idea del rifiuto. È presuntuoso, è vero, e chissà se riuscirà a farsi perdonare e come :D!
  • Eh sì, Amanda non aveva mai baciato nessuno, prima d’ora. Per una che non si è mai accorta che Marcus le moriva dietro, che cosa vi aspettavate? Scrivere questa scena mi ha fatto venire in mente una scena del cartone di Rossana (non so se lo guardavate, io ovviamente ero innamorata di Erik <3), dove c’è Eric che le ruba il primo bacio e lei va su tutte le furie XD! Giuro, Amanda non farà scenate del genere, però ho riso troppo ad immaginarmela!
  • Regulus: cosa ne pensate? Non voglio dire nulla in proposito, vorrei che avanzaste le vostre considerazioni, è giusto che inizi a creare un po’ di mistero! :D
  • Vi do una piccola anticipazione: il prossimo capitolo si svolgerà a Malfoy Manor, in contemporanea la sera della punizione di Amanda e Sirius!
Alla prossima, un bacio!
 
-Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Uno Tra Tanti ***


Capitolo XI: “Uno tra tanti”
 
24 settembre 1976
Malfoy Manor
Wiltshire, Inghilterra
 
LUCIUS MALFOY
 
La scura carrozza trainata dai Thestral superò il cancello del maniero. Lucius gettò un’occhiata annoiata fuori dal finestrino, notando con dispiacere che le rose iniziavano a seccare a causa dell’abbassamento delle temperature a cui si andava inevitabilmente incontro.
Si mosse nervosamente sul morbido seggiolino di velluto nero sul quale era seduto, avvertendo una leggera fitta allo stomaco. Non immaginava che quella nanerottola di una Froude l’avrebbe colpito, soprattutto così forte. La sensazione di vergogna che aveva provato gli tornò in mente e una nuova ondata di rabbia lo investì.
Amanda Froude avrebbe pagato caro quell’affronto.
La carrozza si fermò davanti all’entrata della villa gentilizia. Lucius scese e, saliti i gradoni di pietra, subito le porte del maniero si aprirono, riconoscendo in lui il padrone.
Il giovane elfo inesperto comparve, inciampando sui suoi stessi piedi sudici, lo sguardo basso.
“Padron Malfoy-”                       
“Tieni. Avvisa mia moglie che sono arrivato…” brontolò, gettandogli addosso il mantello.
Dobby, così si chiamava, rimase incastrato qualche secondo sotto la stoffa del mantello. Dopo essere riuscito a liberarsi, annuì, gli occhi grandi, verdi e terrorizzati.
“Ai vostri ordini, padron Malfoy. C-ci sono ospiti con la padrona Narcissa…” balbettò con una voce fastidiosamente stridula, prima di smaterializzarsi.
Lucius continuò a farsi strada nel grande atrio della villa, diretto verso il salotto; ogni ritratto che incontrò lo salutò con un reverenziale cenno del capo.
Fece una deviazione verso lo studio per procurarsi una pergamena. Entrò e trasalì quando, inaspettatamente, trovò Abraxas Malfoy seduto, intento a leggere qualcosa che somigliava in maniera preoccupante alla sua corrispondenza.
“Padre!” esclamò, tra il sorpreso e il seccato “Non mi aspettavo di vederti.”
“Tu non ti aspetti un sacco di cose, Lucius.” rispose Abraxas, burbero.
“Sono le mie lettere, quelle in cui stai ficcanasando?” chiese con apparente disinteresse “Mia madre non è qui con te?”
Abraxas sbuffò, alzandosi dalla poltrona.
“Tua madre non è potuta venire, è indisposta.” rispose, muovendo una mano come per scacciare una mosca.
“Spero nulla di grave.” rispose Lucius, aggrottando la fronte.
“Non c’è nulla di grave nello sherry, ciò che è grave è che a tua madre piace abusarne!” esclamò, contrariato.
Lucius arricciò un angolo della bocca, mentre ascoltava suo padre infierire.
“Una strega ubriaca è più disdicevole e chiacchierona di un elfo libero!” continuò; gli lanciò uno sguardo obliquo “Tieni di conto l’alcool che assume tua moglie!”
Lucius gli rispose con uno sguardo di sufficienza, mentre si sfilava i guanti neri.
“Vieni al sodo, padre, non ho tutta la serata. Perché sei qui?” chiese, sospirando.
“Chissà perché mi stupisco ancora delle tue domande inutili…” borbottò il padre “Voglio sapere cosa ti ha detto quel vecchio pazzo!”
Quel vecchio pazzo” riprese Lucius “è ben conscio delle nostre intenzioni. Dobbiamo smettere di cercare lui, bisogna iniziare a girare attorno al problema… di infiltrati al Wizengamot ce ne sono sufficienza, per lo meno potranno garantire che i nostri non finiscano ad Azkaban al processo della prossima settimana.”
“Silente lo presiederà?”
“Non lo so, non sono riuscito a carpire questa informazione.” rispose, stringendo le labbra.
“Un viaggio inutile, in poche parole.” commentò, aspro.
Lucius inarcò un sopracciglio, sconcertato.
“Non del tutto. Sono stato nella sala comune, ho avuto modo di parlare con Avery e gli altri, le nostre schiere si amplieranno a breve.” ribatté con un mezzo sorriso.
Suo padre lo fissò con un’espressione indecifrabile.
“Era ora. Il Lord Oscuro ne sarà contento, saranno delle buone spie.” disse, indossando il mantello.
“Mi è stato detto di riferirti che c’è bisogno di un segnale forte per i membri del Wizengamot, in caso la sentenza che viene emessa non ci piacesse. Il Lord Oscuro vi darà la possibilità di scegliere chi colpire.” aggiunse.
Lucius sorrise, perfido.
“Avrei già qualche idea interessante.”
 
 
RODOLPHUS LASTRANGE
 
Un rumore di passi cadenzati lo fece voltare; Lucius, accanto al padre Abraxas, fece il suo ingresso nell’ampio salotto elegantemente arredato.
“Buonasera, spero di non avervi fatto aspettare troppo. Mio padre mi ha trattenuto.” esordì Lucius, guardando il padre con biasimo. Rodolphus lo vide avvicinarsi alla moglie, seduta sulla poltrona scura di pelle. Le sfiorò una spalla e la salutò con un leggero bacio sulla guancia.
“Salve, Abraxas.” lo salutò Narcissa “Ci farai compagnia a cena?”
“No” rispose, asciutto “Mia moglie mi aspetta. Lucius è già informato di tutto, vi aggiornerà lui. Vi auguro buona serata…”
Gettò un’ultima occhiata carica di disapprovazione al figlio, intento a versare del vino elfico nel bicchiere di Narcissa. L’elfo domestico apparve in un istante, consegnandogli il mantello. Con un ultimo cenno del capo, Abraxas si congedò.
“Su cosa devi aggiornarci, Lucius? Siamo tutti orecchi!” intervenne Bellatrix, seduta al suo fianco. Muoveva nervosamente le gambe, come faceva ogni volta che era particolarmente impaziente.
“Come è andata a Hogwarts?” lo incalzò Rodolphus, accavallando le gambe. Sperò che Lucius avesse buone nuove, sentiva che quello era il periodo più fertile per l’ascesa del loro Lord, il momento migliore per agire, ancora nascosti nell’ombra.
Il cognato sorrise.
“Di Silente ho da dirvi poco quanto niente, ha qualche vaga idea sulle nostri intenzioni, è una perdita di tempo insistere.” asserì, con fare annoiato.
Rodolphus si portò il bicchiere di Whisky Incendiario alle labbra, sorseggiandone un po’.
“Quindi? Fuori il rospo!” esclamò Bellatrix, le cui pupille si erano dilatate per l’attesa.
Si voltò verso di lei, e rimase incantato a guardarla. Sua moglie era bella quanto imprevedibile, con occhi scuri, scintillanti ed espressivi, spesso inquietanti. I capelli, mossi e neri, le scendevano oltre le spalle con un’eleganza pari solo alla sua bellezza.
Probabilmente era colpa del Whisky se si ritrovò a pensare che innamorarsi di Bellatrix era stato facile. Bella, scostante e umorale, completamente devota alla causa, in prima linea nelle missioni che il Lord Oscuro affidava loro.
Tuttavia, si rese conto di aver pagato lo scotto per aver scelto la Black più bella non appena dopo le nozze. Poco ligia ai doveri coniugali, sua moglie non nascondeva la sue predilezione nel preferire la compagnia del signore Oscuro alla sua, e a Rodolphus non era rimasto che crucciarsi delle attenzioni che, inevitabilmente, Lord Voldemort iniziava a concedere a Bellatrix. Persino lui non era immune al fascino di quella giovane e ambiziosa strega.
“Sono stato a trovare degli amici nei Sotterranei, e ho buoni motivi per pensare che entro la fine dell’anno alcuni di loro si uniranno a noi.” affermò, soddisfatto.
“Severus è tra questi?” intervenne Narcissa, curiosa.
“Sì, certo, ma non è la cosa più importante che debbo dirvi, al momento.” rispose “Come saprete, la settimana prossima saranno processati alcuni nostri compagni. Siamo abbastanza sicuri che le cose vadano per il meglio, ma in caso non dovessimo ritenerci soddisfatti della sentenza, il Signore Oscuro ci chiede di pensare a un giudice a cui far capire meglio la nostra posizione…”
Rodolphus aggrottò le sopracciglia, perplesso.
“Ci occuperemo anche della sua esecuzione, quindi?” chiese, e riuscì a percepire il brivido d’eccitamento che aveva fatto muovere la moglie, accanto a lei, nel sentirne parlare.
Esecuzione? Sempre al lavoro, voi, eh?”
Rodolphus si voltò verso l’entrata, scorgendo suo fratello Rabastan che si avvicinava con ampie falcate.
Si tolse i guanti e il mantello.
“Pensavo ti annunciassi.” commentò Narcissa, riservandogli una lunga occhiata mentre beveva un altro sorso di vino.
“Sarebbe stato nelle mie intenzioni, se solo il vostro dannato elfo si fosse sbrigato!” esclamò, seccato, indicando dietro di sé.
Rodolphus guardò oltre il fratello e vide Dobby avvicinarsi frettolosamente, con le mani in avanti per afferrare il mantello di Rabastan prima che toccasse terra.
“È sangue quello che hai sulle vesti?” notò immediatamente Narcissa, schifata.
Rabastan si guardò distrattamente.
“Come? Oh, sì, ho svolto un paio di commissioni per conto di Avery prima di raggiungervi… sapete, in questi ultimi giorni si sente un po’ osservato!” rispose con un mezzo sorriso.
Bellatrix rise di gusto e canzonò Narcissa, che aveva ancora un espressione di disgusto dipinta sul volto.
“Andiamo, Cissa, non fare la schizzinosa, il sangue è affascinante!” esclamò. Si voltò poi verso Rodolphus.
“Qualche volta io e Rod abbiamo scommesso su chi si sporcava di più le mani!”
Rimase invischiato nello sguardo cocente della moglie.
“L’ultima volta ho vinto io.” mormorò Rodolphus, arricciando un angolo della bocca.
“A mio parere, ritengo il sangue affascinante quando rimane all’interno di un corpo, non sicuramente quando imbratta le vesti!” rispose, impettita.
Rodolphus rise.
“È un’argomentazione interessante, quella di tua moglie, Lucius!” esclamò, guardandolo.
“Mi trova d’accordo, in effetti.” commentò Lucius, con una smorfia “Ma torniamo a noi.”
Si rivolse a Rabastan.
“Stiamo scegliendo un giudice da punire in caso la sentenza della prossima settimana non ci soddisfi.” spiegò “Personalmente, avrei già una proposta.”
“Anch’io.” Intervenne Rodolphus. Era stanco che a decidere ogni cosa fosse sempre e solo Lucius, lasciando a loro altri la banale esecuzione di ordini.
Il cognato assottigliò gli occhi.
“Ho pensato a Joe Froude.” asserì, scandendo bene.
“Froude? È il padre di Amanda Froude, l’amica di Severus?” domandò Narcissa “È una Serpeverde!”
“Come mai proprio lui, Lucius? È uno fra i più protetti, penso che dovremmo cercare un bersaglio più facile da colpire, al momento, per evitare di esporci troppo! E poi Narcissa ha ragione, sua figlia è tra i Serpeverde, questo potrebbe essere un problema!” esclamò Rodolphus “Io penserei più a McKinnon!”
“Dovremmo colpire lui proprio perché è tra i più protetti! Froude è il braccio destro di Silente, non si esclude che presiederà lui l’udienza! E sua figlia segue le orme del padre, è seccante e ha la lingua troppo lunga, è parecchio lontana dall’essere una vera Serpeverde, lo sanno tutti, lì.”
Rodolphus insistette “Vera Serpeverde o no, colpire un loro genitore minerebbe la sicurezza di sentirsi inattaccabili. È da quei Sotterranei che reclutiamo la maggior parte dei sostenitori, potrebbe essere una mossa controproducente!”
“Sciocchezze, Rod!” esclamò Bellatrix, infervorandosi “Una mossa del genere potrebbe spaventarli, ma di sicuro li convincerà presto da che parte stare. È sbagliato farli sentire invulnerabili, devono capire che c’è una parte da scegliere, sono convinta che scegliere Froude li persuaderà!”
“Se questo è il vostro pensiero” rispose Narcissa “Allora perché non scegliere Crouch, sbaglio o anche suo figlio è un Serpeverde?”
“Esatto” le fece eco Rodolphus “Ci sta dando del filo da torcere da quando ha autorizzato gli Auror ad utilizzare le Maledizioni senza Perdono!”
“Barty è tormentato al punto giusto da essere dei nostri tra qualche anno! Ti immagini la faccia di Crouch Senior quando scoprirà che suo figlio è un Mangiamorte? Dobbiamo investire di più sul ragazzo, e risparmierei suo padre solo per godermi la scena!” commentò Rabastan, divertito.
Rodolphus, girato verso suo fratello, sentì Bellatrix unirsi alla sua risata.
In realtà, sapeva che non avevano tutti i torti. Ed era anche parzialmente in accordo con le loro argomentazioni, ma era seccato dover continuamente cedere alle richieste di Lucius. Non avrebbe mollato la presa tanto facilmente.
Si rivolse quindi a Narcissa.
“Tu cosa ne pensi?”
Lei esaminò tutti con lo sguardo, mentre beveva un altro sorso di vino dal proprio bicchiere.
Si schiarì la voce e parlò.
“Non sono convinta. Ma se non troviamo un accordo, mettiamola ai voti. Io voto McKinnon.”
Rodolphus fece un sorriso soddisfatto, guardando Lucius, accanto a lei.
“Grazie, Cissa. Anch’io.”
Il cognato strinse gli occhi, contrariato.
“Io voto Froude. Bella?”
“Froude!” rispose prontamente. Rodolphus sentì piacevolmente lo sguardo indispettito della moglie su di sé. 
Era il turno di suo fratello. Si voltò a guardarlo; teneva le labbra serrate, la fronte corrugata in un evidente sforzo di concentrazione.
“Non abbiamo tutta la serata!” lo incalzò Bellatrix, aspra.
Rabastan sospirò.
“Sono indeciso. Avete tutti quanti delle ottime motivazioni, non mi va di addossarmi il peso di questa decisione!” commentò, guardandolo “In questi casi, non c’è miglior consigliera della sorte!”
Tirò fuori dalla tasca un galone.
“Froude testa, McKinnon croce. Ci state?”
“Sì, va bene, datti una mossa, per Salazar!” esclamò Bellatrix, impaziente.
Rabastan arricciò un angolo della bocca, i suoi occhi scuri parvero brillare di un luccichio perverso, per un istante.
Lanciò in aria la moneta, che cadde proprio sulle gambe di Rodolphus, e Lucius allungò il collo per vedere meglio.
A Rodolphus non sfuggì il ghigno trionfale di Lucius.
 
 
 
NARCISSA MALFOY
 
Si guardò un’ultima volta allo specchio, sciogliendo i capelli e lasciandoli cadere, soffici e biondi, oltre le spalle. Si legò la vestaglia di seta azzurra, alzandosi.
Sussultò, trovandosi suo marito alle spalle. Strinse gli occhi.
“Odio quando arrivi alle spalle!” lo rimproverò.
Lui ghignò, poggiando sul suo collo un leggero bacio.
“Dovresti tenere i sensi all’erta, tesoro...” mormorò, invitante, mentre le sfiorava i fianchi.
Narcissa sgusciò via dal suo tocco.
“Non così in fretta, Lucius, mi devi delle spiegazioni, non sono così idiota!” sbottò.
Il marito la guardò, sconcertato.
“Di che parli?”
“Non mi hai convinto, stasera. Perché proprio Froude?” chiese, ostinata, incrociando le braccia.
Lucius sbuffò.
“Perché ti interessa così tanto?” domandò lui, esasperato.
“Amanda è una grande amica di Severus, lui me ne parla spesso e bene. Non capisco il motivo di tutto questo accanimento.” sostenne “È perché non sono venuti al matrimonio? Li abbiamo invitati per formalità, non ci aspettavamo davvero che venissero, tu men che meno!”
Suo marito la guardò, molto contrariato, senza rispondere.
Narcissa tornò indietro con la memoria, ripensando a come ne aveva parlato prima di cena.
“Hai detto che la ragazza seguirà le orme del padre e ha la lingua troppo lunga…” mormorò, assottigliando gli occhi “Ci hai discusso?”
Lucius distolse lo sguardo, e lei capì di aver colto nel segno.
“Vuoi uccidere il padre di ogni persona con cui litighi, Lucius? Devo temere per il mio, quindi?”
Alzò gli occhi al cielo.
“Certo che no!” sbottò “Quella selvaggia non ha idea di cosa sia l’autocontrollo! I vecchi Doherty si rivolterebbero nella tomba se sapessero la progenie a cui hanno dato origine quei traditori del sangue!”
“Che intendi?”
“Ha osato colpirmi!” esclamò, rabbioso, stringendo gli occhi in una fessura.
Narcissa si tormentò le labbra, cercando di trattenere le risa.
“Non ridere!” l’avvisò, burbero.
Alzò un sopracciglio, sconcertata.
“Ha fatto più o meno male dello schiaffo che ti diedi al terzo anno?” chiese, divertita.
Lucius parve rifletterci su.
“Di più. Mi ha dato un pugno nello stomaco.” bofonchiò, guardando verso un punto imprecisato della camera.
Non riuscì a trattenere una risata.
“Devo sentirmi in competizione con lei?” domandò, circondandogli il collo con le braccia. Con quel gesto, il marito parve addolcirsi.
“Mmh, no…” borbottò, sfiorandole la guancia e insinuando il viso nell’incavo del suo collo “Cissa… avresti voglia di-”
Si scostò improvvisamente, sorridendo soddisfatta.
“No, ho bevuto troppo vino e sono stanca!” esclamò, avvicinandosi al letto.
Si tolse la vestaglia e con un gesto veloce s’infilò sotto le coperte, lasciando il marito di stucco.
“Dovresti prestare attenzione a quello che mi fai bere, Lucius.” concluse con un ghigno, e spense le luci con un gesto annoiato della mano.
 
 
 
 
Note
 
Saaalve! Eccomi tornata, puntuale con il capitolo :D! Ok, è più corto dei precedenti, ma sono stata brava, dai! *fa danza di compiacimento*
Allora, altro capitolo fuori Hogwarts… ho descritto dei nuovi pov, decisamente diversi da quelli che tratto di solito, quindi aspetto di sapere cosa ne pensate!
Alcune precisazioni:
  • Tra Abraxas e Lucius ho voluto creare questo ‘scontro generazionale’ perché penso che Lucius, ora che si è sposato, cerchi di ‘emanciparsi’ dalla figura del padre. Segue le sue direttive (ad esempio cerca Silente per un colloquio) ma comunque prende l’iniziativa di cercare nuovi Mangiamorte e ha una propria opinione su come sia meglio agire;
  • Non avete idea di quanto sia difficile, per me, anche solo nominare Bellatrix. È un grosso limite, me ne rendo conto; in questo capitolo spero di essere rimasta IC rispetto al personaggio descritto nei libri. Preferisco Narcissa, me la sono sempre immaginata un po’ più schizzinosa, e mi sono divertita a descrivere la scena del vino, con Lucius che ignora deliberatamente l’occhiata di suo padre – peccato che la cosa gli si ritorca contro;
  • Veniamo ai Lestrange. Prima di qualche mese fa, la caratterizzazione dei Lestrange mi era completamente estranea; nell’ultimo periodo, ho fatto un gran lavoro di documentazione tra ff varie per carpire più informazioni possibili e farmi un’idea mia di questi due personaggi. Spero di essere riuscita a dare una prima descrizione credibile. Diciamo che SeveraBartySha, con la sua ff, mi ha aiutato a fangirlare un po’ su Roddie :D;
  • Vendicativo, il nostro Lulù, eh? Narcissa sa il fatto suo, comunque!
Bene, io direi di aver scritto tutto! Fatemi sapere la vostra opinione!
Un bacio,
-Amanda
 
p.s.: Ringrazio ancora tanto chiunque commenti, segua, legga o “mipiacizzi” la fan fiction! Mi rendete una persona felice! <3
 
p.p.s.: Ho deciso di cambiare il rating della storia da “rosso” ad “arancione”, perché al momento non va ancora nel particolare. Se più avanti ci sarà la necessità di ricambiarlo, sarete avvisati – ad ogni modo, nell’eventualità di scene violente o comunque di sesso esplicito sarete avvisati anche all’inizio del capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Qualcosa tra i due ***


Capitolo XII: “Qualcosa tra i due”
 
Sentiva nelle narici l'odore di Amanda, e respirò profondamente ancora una volta per assaporarlo. L’espressione dei suoi occhi lo perseguitavano, così sorpresi, quasi terrorizzati. Non si aspettava una reazione del genere.
Era stata gentile con lui, a tratti imbarazzata e impacciata, e aveva concluso che fosse perché le piacesse.
Pensò che quello che le aveva fatto non era stato giusto, soprattutto vista la sua reazione.
Perché aveva reagito così? Non era abituato a sentirsi rifiutare, e si rese conto che era doloroso. Era così che si sentivano tutte le ragazze che lui aveva scaricato? Fu allora che considerò l'ipotesi di essere un po' stronzo. Come avrebbe fatto a farsi perdonare?
Emise un verso a metà tra uno sbuffo e un sospiro, e decise di alzarsi. Si spogliò e s'infilò nel letto, chiudendo le tende del baldacchino, in modo che fosse chiaro ai compagni che non avrebbero dovuto svegliarlo una volta tornati.
 
 
 
 
E le senti le vene
Piene di ciò che sei
E ti aggrappi alla vita che hai.
Leggero, Luciano Ligabue
 
 
25 settembre 1976
 
SIRIUS
 
Dormì male, si svegliò peggio. Rimase ad osservare le tende del baldacchino per qualche minuto, prima di alzarsi.
Il dormitorio era buio e silenzioso, si lavò e vestì senza particolare voglia, poi spaziò tra i vari indumenti e oggetti sparsi del pavimento, avvicinandosi al letto dell’amico. Le tende del suo baldacchino erano aperte ed era ancora profondamente addormentato.
“James!” bisbigliò, scuotendolo.
L’amico emise un lamento, senza aprire gli occhi.
“James!” ripeté, continuando a scuoterlo.
Il lamento si trasformò in un verso di protesta. Era sveglio ma si rifiutava di aprire gli occhi.
Con un ghigno pensò ‘Levicorpus!’, puntando la sua bacchetta contro il compagno, e immediatamente James si ritrovò appeso per una caviglia a testa in giù.
“Dannazione, Sirius!” sbottò “Questa me la paghi!”
Sirius rise.
“Se mi avessi risposto non avrei dovuto ricorrere a questo rimedio!” esclamò, incrociando le braccia.
“Mettimi giù!” brontolò, offeso.
Sirius sorrise, prese la bacchetta di James sul comodino per assicurarsi che non si vendicasse e borbottò: “Liberacorpus”.
Con un tonfo, James atterrò nuovamente sul materasso. Lanciò un’occhiata obliqua all’amico – anche un calzino spuntato da chissà dove – e inforcò gli occhiali, sbadigliando sonoramente.
“Com’è andata ieri sera?” chiese Sirius, sedendosi sul letto “Remus?”
“È andato tutto bene, siamo stati nella Foresta Proibita, per poco i centauri non ci scoprivano! Remus sta bene, ma è distrutto, abbiamo corso tanto. Non lo svegliare!” rispose.
Fece un sorriso malizioso.
“A te com’è andata, invece?”
Sirius strinse le labbra, incerto.
“Non saprei, direi male.” commentò.
“Perché?” domandò, ridendo “Ti ha picchiato?”
“No, ma ho rischiato grosso!” ammise, crucciato “Abbiamo discusso prima di iniziare a fare l’inventario, poi abbiamo lavorato separati…”
“Discusso o litigato?” puntualizzò.
“All’inizio era partita anche bene, mi ha detto di essersi allontanata dai suoi compagni ultimamente… poi ha iniziato a pretendere che mi avvicinassi a Regulus perché pensa che debba essere salvato dalle cattive compagnie della sua Casa!” raccontò, amareggiato.
Il compagno inarcò le sopracciglia e sorrise.
“E perché questo ti ha fatto arrabbiare? Sei suo fratello, se Regulus fosse un mio amico e volessi proteggerlo, te lo chiederei anche io!” gli fece notare.
“Vuole proteggerlo un po’ troppo!” criticò, scontroso.
“Ancora con questa storia?” sbuffò James “Ti ha detto che non stanno insieme, e se si piacessero comunque si conoscono da cinque anni, ci sarebbe già stato qualcosa!”
“Certo, come tra te ed Evans, vero?” domandò, sarcastico.
James aggrottò la fronte.
“È ancora piuttosto unilaterale la questione tra me e Lily, ma sono fiducioso!” esclamò, impettito.
“Beh, mi infastidisce che voglia usarmi solo per tener dalla sua parte mio fratello!” sbottò.
“Ma che t’importa?” domandò, facendo spallucce “Avrai la possibilità di starle intorno, avresti la sua attenzione, non è quello che vuoi? E ti ricordo che la sua parte è anche la nostra parte!”
Sirius lo guardò, imbronciato, e pensò che l’amico non avesse tutti i torti.
“Dovrei usare Regulus per avvicinarmi a lei e lei userebbe me per tenersi stretto mio fratello…” ragionò “È un po’ contorto!”
“È una ragazza!” esclamò James, come se ciò spiegasse tutto.
Appena un momento dopo, tornò serio.
“Hai detto che si è allontanata dai compagni di casa?” chiese.
“In realtà ha detto di aver litigato solo con Piton, ma a quanto pare era lui che facilitava i rapporti con gli altri, anche se mi riesce difficile da credere!”
Il compagno rimase in silenzio qualche momento, pensieroso.
“Suo padre è un membro del Wizengamot, James.” aggiunse.
“Lo so. Mio padre non mi dice molto del suo lavoro, ma so che è impegnato nella scorta di uno di loro, sicuramente avrà a che fare anche con lui.” rispose “Tu pensi che potrebbero renderle la vita difficile?”
“Mi stupirei del contrario.” ammise, cupo.
James strinse le labbra, assumendo la tipica espressione di quando pensava intensamente ad una soluzione.
Ricordò, all’improvviso, che la prima volta gliela vide fare quando scoprirono che Remus era un licantropo, anni prima. Solitamente, quell’espressione era il preludio di un guizzo creativo, della soluzione geniale.
Si schiarì la voce e parlò: “Parlerò a Jade, forse è il caso che cominci a invitarla al tavolo con lei.”
Sirius impallidì.
“Al tavolo Grifondoro, intendi?” chiese, perplesso. Non considerava l’idea malvagia in sé, ma non sapeva come avrebbe reagito a trovare Amanda al suo tavolo dopo i risvolti della serata, e, soprattutto, era abbastanza convinto che non avrebbe acconsentito.
“Non sappiamo ancora se è del tutto isolata, se venisse al nostro tavolo sarebbe peggio, non credi? Senza contare che non accetterà mai!”
James inarcò le sopracciglia, si era reso conto della sua riluttanza.
“Che ti succede?” chiese con un mezzo sorriso.
“Niente!” rispose, un po’ troppo velocemente.
Il sorriso di James si allargò.
“C’è qualcosa che devi dirmi?” lo schernì.
Sirius si guardò intorno; i compagni dormivano ancora profondamente. Guardò James, incerto, e borbottò in modo confuso quello che era accaduto alla fine della serata.
Il compagno ascoltò attentamente, senza interromperlo, poi lo fissò, tra lo sbigottito e l’affascinato, e lo colpì col cuscino.
“Santo Godric, Sirius, sono anni che corro dietro Evans! Tu conosci Amanda e nel giro di una settimana l’hai anche baciata! Ma come fai?”
“Forse ti sei perso la parte in cui è corsa via piangendo!” esclamò Sirius, sarcastico.
James assunse un tono da uomo vissuto: “Alle ragazze piace scappare via piangendo, magari si aspettava di essere rincorsa!”
Lo guardò, perplesso.
“Non credo proprio…” bofonchiò “Comunque ora che lo sai capisci che è abbastanza improbabile che accetti di venire al nostro tavolo. Non vorrà vedermi volentieri!”
“Mi pare di ricordare che la Sala Grande disponga di tavoli piuttosto lunghi…” buttò lì, ironico, poi fece spallucce e continuò: “Forse se oggi la cerchi e provi a chiederle scusa-”
“Ci tieni davvero a vedermi con un occhio nero?” 
Il compagno sorrise, divertito.
“Ti spaventa così tanto?” lo schernì.
Mi destabilizza’ pensò Sirius. Tuttavia, non lo disse, perché preferì rispondere alla provocazione del compagno tirandogli il cuscino.
James rise e si riappropriò con agilità della bacchetta appoggiata sul letto; esclamò: “Aguamenti!”, e un potente getto d’acqua scaturì dalla punta della bacchetta.
Sirius lo evitò per un soffio, scansandosi dalla traiettoria; il getto attraversò la camera e atterrò sul baldacchino di Peter.
Il loro compagno ovviamente si svegliò e iniziò a lamentarsi, completamente fradicio. Sirius non vi badò, troppo impegnato ad evitare gli incantesimi di James, che lo rincorreva per la stanza e cercava ancora vendetta per il modo in cui era stato svegliato.
“Ci vediamo in Sala Grande, James!” esclamò infine. In uno scatto aprì la porta ed uscì dal dormitorio.
 
JAMES
 
Peter se la prese non poco, per quello scherzo. Le lamentele svegliarono Remus, di cattivo umore e dolorante per la brutta nottata passata, e James fu costretto ad asciugare le lenzuola e il materasso per evitare che il compagno s’innervosisse ulteriormente.
Vide Codaliscia tornare a letto, piuttosto soddisfatto, così si vestì velocemente ed uscì dal dormitorio. Rifletté, scendendo le scale verso la sala comune, su quello che Sirius gli aveva raccontato, pensando quanto fosse strano vedere l’amico -  sempre così sicuro di sé quando si trattava di ragazze - in una situazione del genere.
Aveva pensato anche di consigliargli di rivolgersi a sua sorella, tutto sommato conosceva abbastanza bene Amanda da poterlo aiutare; tuttavia, dubitava fortemente che Jaded avrebbe perso quell’occasione per schernirlo, e Sirius non sarebbe mai stato così idiota da rivolgersi a lei così apertamente.
Sirius e Jaded erano grandi amici senza saperlo. Spesso e volentieri si denigravano, ma James, che vedeva da fuori quel loro eccentrico rapporto, sapeva che si volevano bene molto più di quanto fossero mai disposti ad ammettere.
Era come se si dessero per scontato, ma non in un’accezione negativa, piuttosto come un fratello e una sorella; i dispetti e le frecciatine con cui si colpivano dimostravano, come un codice che solo loro potevano conoscere, l’affetto che provavano l’uno per l’altra.
D’altronde, anche fra lui e sua sorella c’era un rapporto simile, con la differenza che Jaded preferiva prendersi gioco di lui solamente con un pubblico presente; altrimenti, si rivelava disponibile all’ascolto e ai suggerimenti.
Come se pensandola l’avesse chiamata, sua sorella comparve dalle scale del dormitorio femminile.
“Ciao, Jamie.” borbottò, ancora assonnata. Si era vestita e agghindata a dovere per l’uscita a Hogsmeade, ma i capelli crespi e disordinati non rendevano giustizia alla cura che aveva messo nell’abbigliamento.
“’Giorno!” esclamò, raggiungendola ai piedi della scalinata “Jade, avrei bisogno del tuo parere su una faccenda!”
Sua sorella sbadigliò, stropicciandosi gli occhi. Si legò la chioma indisciplinata e lo guardò.
“Dimmi.”
James sorrise, nervoso.
“Allora… c’è un mio amico-” cominciò.
“Sirius?”
“N-no! Un altro mio amico...”
“Tu?” tentò ancora.
“No!”
“Quale altro tuo amico avrebbe bisogno di un mio consiglio? Gli altri mi sembrano piuttosto svegli!” esclamò, sardonica.
“Mi lasci parlare?” sbottò, spazientito “Questo mio amico ha pensato erroneamente di piacere ad una ragazza…”
Questa volta fu lui a interrompersi, distratto dall’arrivo di Lily Evans. Indossava semplici jeans scuri e una camicetta bianca, ma si dimenticò ugualmente di ciò che stava dicendo per qualche momento. Incontrò il suo sguardo incuriosito e la salutò.
“Buongiorno… Che succede?” chiese.
“James dice che Sirius ha pensato per sbaglio di piacere ad Amanda!”
“Non ho fatto nomi!” protestò “Non si tratta di loro!”
Lily rise divertita. Sua sorella incrociò le braccia.
“Bene, allora continua!”
James fu indeciso se proseguire il racconto, non sapeva se fosse il caso di rendere Lily partecipe. Poi, concluse che due pareri femminili sarebbero stati meglio di uno.
“Ecco… lui ha frainteso perché questa ragazza era gentile e un po’ impacciata-”
“È decisamente Amanda.” osservò Lily, voltandosi verso Jaded che annuiva convinta.
James sbuffò, guardò accigliato le ragazze e continuò: “In un momento in cui erano particolarmente vicini… lui l’ha baciata-”
Cooosa?” fecero Lily e Jaded, all’unisono.
“Sirius ha baciato Amanda? Quando è successo?” chiese immediatamente Jaded, sbigottita.
“Beh, ieri sera, mentre scontavano la punizione…”
“Amanda in punizione?” intervenne Lily, ancora più meravigliata “Ecco perché ieri non era alla cena!”
“Non ho modo di raccontare tutto nei dettagli, Sirius ha frainteso dei comportamenti di Amanda e penso abbia bisogno di un vostro consiglio, siccome la conoscete bene!” esclamò tutto d’un fiato per evitare di essere interrotto nuovamente.
“Consiglio? Avrei piuttosto un paio di schiaffi tra le mani da dargli, al momento!” sbottò Jaded.
“Dai, Jade, non esagerare, in fondo speravamo da un po’ in un loro incontro!” cercò di ammansirla Lily, sorridendo.
James guardò entrambe, perplesso.
“Che significa?”
Jaded non lo considerò, si limitò a rispondere a Lily: “Appunto, quell’idiota non avrebbe dovuto avere tutta questa fretta! Non sono sicura che si meriti una come lei!”
Si voltò poi verso di lui.
“Quanto male ha reagito Amanda?”
“Abbastanza da piangere e correre via.” ammise James, grattandosi la nuca.
“Okay, dimmi dov’è ché voglio ucciderlo!” esclamò Jaded, arrabbiata.
“Penso che Sirius abbia capito di aver sbagliato!” tentò Lily; si voltò verso di lui “L’ha capito, sì?”
“Certo! Ma non sa che ve ne sto parlando, quindi” perforò Jaded con lo sguardo “… potresti provare ad aspettare e far finta di non sapere nulla? Potrebbe parlartene lui stesso!”
Jaded inspirò dalle narici leggermente dilatate. Gli puntò un dito contro, minacciosa.
“Io aspetterò che sia lui a parlarmene, ma tu tieni il tuo amico al guinzaglio!”
James si lasciò scappare un sorriso per quell’espressione.
“Va bene. È in Sala Grande, se vuoi raggiungerlo. Io aspetto a venire, così avrete modo di discutere!” le assicurò.
“Vengo con te” si offrì Lily.
“Sì, ho bisogno del tuo appoggio perché so come farlo parlare sfruttando il suo senso di colpa!” ghignò Jaded.
James sorrise, divertito. Sarebbe stato un peccato non poter assistere a una scena del genere.
“Andiamo a Hogsmeade assieme, più tardi?” s’informò, guardando Lily.
Lily fece un cenno di diniego piuttosto convinto, ma fu Jaded a rispondere: “No, abbiamo un appuntamento!”
Fu inutile chiedere spiegazioni a proposito di chi avesse appuntamento con chi; Lily e sua sorella lo salutarono, svelte, e si diressero verso il ritratto della Signora Grassa, sparendo dietro il passaggio.
 
 
SIRIUS
 
Entrò in una Sala Grande praticamente deserta, contava giusto qualche alunno mattiniero, ansioso di andare al primo weekend ad Hogsmeade. Lo sguardo andò immediatamente al tavolo Serpeverde. La cercò, non c'era.
Scivolò a sedere nel posto più vicino che trovò e si versò del tè. Un gufo planò proprio sopra di lui, lasciando cadere la Gazzetta del Profeta proprio sulla sua tazza, rovesciandone tutto il contenuto.
“Grazie mille!” sbuffò, scacciando malamente l'animale, che si vendicò beccandolo, in cerca del suo compenso.
Lo guardò male e infilò due zellini nella tasca di pelle attaccata alla zampa. Il gufo infierì con altre due beccate e poi se ne andò.
Dopo un quarto d’ora abbondante, si chiese che fine avesse fatto James. Adocchiò l’orologio sulla parete, poi si voltò verso la grande porta, che sentì aprirsi. Lily Evans e Jaded fecero il loro ingresso nella Sala.
Parlottavano fittamente tra loro, ma quando incontrarono il suo sguardo si zittirono. Per un attimo gli parve di vedere Jaded stringere gli occhi a fessura e guardarlo malamente.
Gli si avvicinarono, sedendosi di fronte.
"Come mai già in piedi?" parlò Lily, curiosa.
Sirius fece spallucce, cercando di apparire sostenuto.
"Ho dormito male!" disse, scontroso "Io e James ci siamo beccati una punizione ieri pomeriggio... Lui l'ha schivata per via dell'allenamento a Quidditch, io ho passato la serata a fare l'inventario in biblioteca!"
Jaded aggrottò le sopracciglia.
"Capisco! Deve essere stato difficile trovare la biblioteca senza l'aiuto di mio fratello!" commentò, più velenosa del solito.
Sirius ignorò la provocazione e si rivolse a Lily.
"Come è andata la cena?" chiese, sorseggiando il tè.
Lily fece spallucce.
"Noiosa." commentò.
"Ma i dolci di Amanda non si sono smentiti! È un peccato che lei non ci fosse!" aggiunse Jaded.
Guardò Lily e chiese: "A te Lumacorno ha detto perché non c'era?"
Sirius si irrigidì nel sentir pronunciare il nome di Amanda. Considerò l’idea di tacere, ma concluse che era inutile far finta di non sapere nulla; tempo poche ore e lei stessa avrebbe raccontato di aver passato la serata in biblioteca.
Si schiarì la voce e, prima che Lily potesse rispondere, disse: "Era a scontare la punizione con me."
Le ragazze lo guardarono, perplesse.
"Come? Amanda in punizione?" fece Lily, ma gli parve una reazione un po’ troppo sconvolta.
"Cosa le hai fatto?" l'accusò immediatamente Jaded.
Sirius inarcò le sopracciglia, non capendo a cosa si riferisse.
"Di che parli?"
Jaded parve trattenersi; guardò Lily prima di rispondere: "Amanda non è mai finita in punizione prima d'ora, c'è sicuramente di mezzo il tuo zampino!"
"Non è vero! È stato casuale il fatto che fossimo insieme..." borbottò; spiegò loro ciò che era successo il pomeriggio prima, e alla fine del racconto Lily sembrò sinceramente meravigliata.
"Lei si è sempre fatta valere... Non è la prima volta che tuo fratello la porta via da discussioni che potevano degenerare in quel modo. Quello che mi stupisce è che stavolta si sia fatta beccare!" commentò Jaded.
"Beh, le altre volte non si trattava di Malfoy!" esclamò Lily, scuotendo il capo. "Immagino che comunque non se la stia passando bene, con suo padre e il resto..." continuò.
"Certo, poi la serata con te”  calcò Jaded, guardandolo con biasimo “non credo abbia migliorato la situazione!"
"L’hai trattata bene, spero!" aggiunse, seria.
Sirius si schiarì la voce, senza togliere lo sguardo dal suo tè.
"Certo..." borbottò, accigliato.
Rifletté se fosse il caso di immolarsi, rivelando loro ciò che era accaduto. Erano ragazze e probabilmente conoscevano meglio di lui certe dinamiche; in più erano amiche di Amanda e avrebbero potuto aiutarlo - dopo averlo schernito a dovere - a farsi perdonare.
Gli tornò in mente il giorno in cui Jaded gli aveva fatto segno di seguire Amanda, e probabilmente fu quell’immagine che lo convinse che l’avrebbero aiutato.
Si guardò intorno con circospezione, prima di continuare: "Se promettete di non insultarmi troppo, avrei bisogno di chiedervi un consiglio a proposito di Amanda."
Le ragazze si guardarono, incerte – Jaded gli parve un po’ troppo soddisfatta – e quest'ultima scosse il capo, alzando le mani in segno di resa: "No, mi spiace, ma se fai questa premessa l'hai fatta troppo grossa, non posso perdermi questa occasione!"
Lily le diede una gomitata: “Jade, dacci un taglio! Ha bisogno del nostro aiuto…”
Lei sospirò, stringendo le labbra.
“E va bene, ci proverò. Forza, racconta!” esclamò, e a Sirius non sfuggì che aveva di nuovo socchiuso gli occhi.
“C'è la possibilità che…” abbassò il tono della voce a un sussurro “…io l'abbia baciata.”
La reazione di Lily e Jaded gli parvero un po’ artificiose; la prima si portò una mano davanti alla bocca, allargando gli occhi, mentre l’altra esclamò un plateale: “Eeeh?”
"Vi siete baciati?" s’informò Jaded.
"No, sono stato io... Era vicina e non ho resistito..." ammise Sirius.
"Cioè, tu solo hai baciato lei, quindi?" chiese Lily, curiosa "E lei?"
"Ecco, il problema è la sua reazione... mi è sembrato che stesse piangendo!" rispose.
Jaded, in un gesto fulmineo, si allungò sopra al tavolo che li separava e gli diede uno schiaffo sulla testa.
Ahia!” sbottò, sorpreso e allo stesso tempo arrabbiato “Sei impazzita?”
“Scusami, eri troppo vicino e non ho resistito!” lo scimmiottò Jaded.
"Okay, ho capito... Fate come se non vi avessi detto niente!" disse spazientito, alzandosi.
Siediti!” esclamò la compagna con un tono che non ammetteva repliche “Mi sono tolta la soddisfazione dello schiaffo, quindi ora puoi dirmi di cosa hai bisogno!”
Sirius la guardò, torvo, e parlò direttamente con Lily.
"Vorrei sapere per quale motivo può aver reagito così..." sbuffò, sedendosi di nuovo "Perché una ragazza dovrebbe piangere quando viene baciata?"
Lily si portò due dita al mento, pensierosa.
"Non saprei… forse non voleva essere baciata?" chiese, ironica.
“Ma è stata gentile, abbiamo parlato senza litigare ed era anche imbarazzata!”
“Amanda è gentile con chiunque, se lo diventa anche con te non significa che le piaci, ficcatelo in testa!” lo rimproverò, astiosa “Se vuoi piacerle devi mettere più impegno oltre al bel faccino.”
“Possibile che non si aspettasse che l’avrei fatto?” chiese, confuso “Voglio dire… eravamo praticamente al buio, perché Gazza era passato a spegnere tutto e avevamo solo la bacchetta accesa, eravamo seduti vicini e-”
“Non se l’aspettava no, pezzo d’idiota, Amanda non ha mai…” proruppe Jaded, poi si trattenne improvvisamente. Incrociò le braccia e voltò il capo, indispettita.
Lily la guardò allarmata e bisbigliò: “Questo non dovevi dirlo!”
“Di cosa state parlando?”
Jaded sbuffò, girandosi finalmente a guardarlo.
“Amanda non aveva mai baciato nessuno.” mormorò.
“Mi stai prendendo in giro?”
“No, Sirius, le hai rubato il suo primo bacio.” sentenziò, brusca.
"Non è possibile!" sbottò, sulla difensiva "Insomma, è una bella ragazza..."
Jaded lo guardò con sufficienza.
"Questo cosa dovrebbe significare? Evidentemente dà un valore ai suoi sentimenti, e se non le è mai piaciuto nessuno non ha mai sentito il bisogno di baciare nessuno!"
Questa notizia lo turbò profondamente, facendolo sentire addirittura peggio di prima.
“C'è la possibilità che le passi?” chiese, un po’ avvilito.
Le ragazze si guardarono, sorprese probabilmente di vederlo così.
"Ma lei non ti ha preso a schiaffi? Io l'avrei fatto, se mi avessi rubato il primo bacio!" esclamò Lily, risoluta.
"Non ti ci mettere anche tu, Jaded è già abbastanza!" affermò Sirius, esasperato.
"Non ti sto criticando" spiegò lei, paziente "Voglio dire che se fosse stato un primo bacio inaspettato, ma comunque sgradito, uno schiaffo te l'avrebbe dato! Se è il tipo da tirare pugni a Malfoy, era probabile che reagisse con uno schiaffo, no? Sei stato schiaffeggiato? "
"Ehm... No."
Lily sorrise.
"Forse allora non è tutto perduto!" lo incoraggiò "Giusto, Jade?"
"Beh, potrebbe essere…" rispose lei, scrollando le spalle.
"Solo, Sirius, la prossima volta assicurati di avere il suo consenso!" si raccomandò “E per ora lascia passare qualche giorno prima di parlarle, a meno che tu non voglia prenderle sul serio!”
Mugugnò un ‘sì’ contrariato. Jaded e Lily si alzarono e lasciarono la Sala Grande senza fare colazione.
Il sospetto che fossero state lì solo per parlare con lui lo sfiorò.
 
*
 
“Vedi?” fece James “Ho sempre sbagliato tutto! Avrei dovuto rivolgermi a Jaded e Lily per sapere come conquistare Lily!”
"L'unica cosa che fai in sua presenza è sistemarti i capelli... Ti ho già detto che quello non vuol dire provarci?" chiese, ironico.
James si strinse nel mantello, senza smettere di camminare per il viottolo di Hogsmeade.
Quel sabato le nuvole si erano affacciate per la prima volta e sferzava un forte vento; nonostante ottobre non fosse ancora giunto, c’era stato bisogno di coprirsi.
"Non sei particolarmente d'aiuto, non mi dai mai consigli pratici!" si lamentò.
"Ne vuoi uno?" chiese Sirius, sorridendo sghembo. Si era fermato davanti all'entrata dei Tre Manici di Scopa, indicò la vetrata.
"Entra, va' da lei, e chiedile di bere una Burrobirra con te!"
James osservò meglio l'interno del locale dal vetro.
"Bene! Sarai contento di sapere che dentro c'è anche Amanda!" rise "Andiamo, dai!"
"Cosa? No!" esclamò, nel panico, nascondendosi "Tu vai, io aspetterò qui!"
"Sirius, non essere stupido, potrei stare dentro due ore... Mi aspetterai per così tanto tempo?"
Guardò ancora attraverso il vetro, allargando gli occhi.
"Oh-oh... Stanno uscendo!" esclamò, sorridendo.
Sirius si allontano, percorse il perimetro del locale e si nascose nel retro.
Quando vide apparire James, aveva già acquisito la sua forma di Animagus. Gli abbaiò e James gli soffiò un insulto poco gentile che somigliava parecchio a 'codardo'.
Seguì il compagno nella via principale, zampettando allegramente; si sentiva decisamente più a suo agio sotto quella forma.
Vide James andare incontro a Jaded, Lily e Amanda; quest’ultima, notò, sembrava stanca e si guardava intorno nervosamente. Sirius non riuscì a impedire alla sua coda di scodinzolare solo per aver notato la sua presenza.
Si avvicinò a James, e subito avvertì il tono curioso di Amanda.
"È tuo?"
“È un randagio della zona, ma quando vengo qui sta spesso con me!” mentì James.
Sirius alzò il muso e incontrò il suo sguardo; avanzò verso di lei, e ancora quell'odore che lo faceva impazzire lo investì, sotto forma di Animagus era addirittura più intenso. Le sfiorò il ginocchio col naso, poi strofinò il muso contro il suo stinco, per elemosinare una carezza.
Amanda si sciolse.
"Ma che carino!" esclamò, piegando le ginocchia. Si abbassò fino ad avere il suo viso proprio davanti al muso. Lei gli sorrise, intenerita, e gli accarezzò i lati della testa con entrambe le mani.
Sirius non capì più nulla, nello sfondo sentì James borbottare qualcosa e la probabile risata soffocata di Jaded; si beò letteralmente delle attenzioni di Amanda, tanto che appoggiò il capo nell'incavo del suo collo, inspirando forte il suo profumo.
"Mi fai il solletico!" rise Amanda.
"È un po' patetico..." sentì dire a Jaded. Ma in quel momento non gliene importava proprio nulla.
Si sentì schioccare un bacio rumoroso tra il pelo del collo, ed emise un basso verso gutturale di apprezzamento; Amanda gli circondò il collo con le braccia, e Sirius, scodinzolando freneticamente, le leccò una guancia.
Amanda rise quando il suo entusiasmo la sbilanciò all'indietro e si ritrovò seduta a terra con Sirius addosso.
James intervenne: "Okay, ora basta, bello!"
Un paio di braccia lo allontanarono da lei e lui guaì, contrariato.
"Tranquillo, non mi dà fastidio!" assicurò Amanda, rialzandosi in piedi e scacciando della terra dal mantello. Sirius sentì una carezza e, alzando il capo, si rese conto che anche Lily gli si era avvicinata. Si scostò e sfuggì alla presa di James, tornando a scodinzolare intorno ad Amanda.
"Oh, ma gli piaccio!" esclamò lei, entusiasta.
"Già... Anche molto, direi!" rispose Jaded, ridacchiando.
Sirius era troppo impegnato a godersi le sue coccole, qualcuno la chiamò ma non si voltò; Amanda, invece, alzò il capo, e lui ne approfittò per leccarle la gola.
"Cosa ci fai in compagnia di questa gente?" chiese una voce che Sirius riconobbe subito essere quella di Rosier. Girò la testa e lo vide avvicinarsi con Avery e Piton.
"Fino a prova contraria, credevo di poter stare in compagnia di chi mi pare e piace!" rispose lei, sconcertata.
Rosier e Piton si fermarono a qualche metro di distanza, mentre Marcus Avery si avvicinò a lui e ad Amanda.
Lei si alzò; Sirius notò che, nonostante tutto, la sua mano lo accarezzava ancora sulla testa.
“Ho bisogno di parlarti.” mormorò, serio.
Sirius gli ringhiò e attirò la sua attenzione.
“Ora non riesco, è una cosa urgente?” chiese.
“Non fingere di non saperlo, Amanda!” esclamò, seccato “Comunque sì, è urgente. Ne parliamo con un po’ meno gente” guardò con disgusto in basso verso Sirius “e animali intorno. Sta’ attenta alle pulci.”
Sirius abbaiò, mostrando i denti. Avery lo guardò torvo un’ultima volta e proseguì con i compagni di Casa.
Amanda lo accarezzò sulla testa in un modo che lo tranquillizzò quasi immediatamente.
"Calmo... Sono andati via..." gli mormorò in un orecchio "Sei un bravo cane!" Sirius le leccò il viso ancora una volta a Amanda rise.
"Ti porterei al Castello con me se si potesse! Così mi proteggeresti tu e io non dovrei prendere a pugni le persone!" esclamò.
Sirius scodinzolò, entusiasta, e si mise persino in piedi su due zampe, abbaiando.
"Non gli dire così ché si monta la testa!" l’avviso Jaded, sorridendo “E comunque puoi contare anche su di noi!”
Amanda sorrise di rimando.
"Grazie..." mormorò, e poi alzò il capo.
"Come mai il tuo fedele scudiero non è con te?" chiese poi, probabilmente rivolto a James.
"Intendi Sirius?" fece lui, divertito.
Si agitò ancora di più tra le braccia di Amanda per attirare la sua attenzione e abbaiò.
"È rimasto a letto... Ha detto che è stata una serata un po' difficile... Come è andata, a proposito?" sentì dire a James. Sirius alzò il muso, osservando la sua reazione; Amanda era visibilmente arrossita.
“Tutto bene...” borbotto; guardò poi Lily e Jaded, improvvisamente a disagio. "Andiamo, ragazze?" chiese.
“Avete qualche impegno in particolare?” s’intromise James “Io stavo per entrare a prendere una Burrobirra!”
"Certo! Io devo uscire con un ragazzo!" esclamò Jaded, come se fosse ovvio. James, che parve improvvisamente dimenticarsi di tutto il resto - 'Tipo invitare Lily a bere qualcosa!' pensò Sirius - iniziò a tempestare di domande sua sorella.
"Come? E chi sarebbe? Lo conosco?"
Jaded alzò gli occhi al cielo.
"Ciao, James!"
Jaded salutò anche Lily e Amanda, poi guardò Sirius negli occhi e fece un sorriso sornione.
"Sei più furbo di quanto pensassi..." gli mormorò, avvicinandosi per arruffargli il pelo sulla testa. Sirius arretrò e fece un verso che somigliava ad uno sbuffo.
Amanda sorrise.
"Madama Rosmerta farà entrare anche lui?" chiese, senza smettere di accarezzarlo.
Sirius si voltò verso James, piegò la testa da un lato e guaì.
"Non credo... Lo conosce e sa che correrebbe per tutto il locale a rubare il cibo dai piatti! Soprattutto i dolci... Ne va matto!"
"So che ai cani non fanno bene!" esclamò Lily.
"Allora andate voi, non mi va di rientrare! Farò compagnia a lui facendo un giro qui nei dintorni e poi tornerò al Castello!" decise.
Sirius abbaiò, scodinzolando, e si alzò sulle zampe posteriori. Sbilanciò di nuovo Amanda, che stavolta si tenne in equilibrio.
Su due zampe Sirius era alto quasi quanto lei. Le leccò la faccia, tutto contento.
 
 
 
JAMES
 
Tenne la porta aperta e la lasciò entrare nel locale. Quando era in sua compagnia non si sentiva più tanto spavaldo. Lily Evans toglieva la parola da quanto era bella, e lo faceva impazzire il fatto di non essere l'unico ad essersene accorto; lei poteva non badarci, ma lui notava benissimo le occhiate e le attenzioni che riceveva dagli altri ragazzi ad Hogwarts.
Fortunatamente, Amanda era stata abbastanza sveglia da lasciarli da soli, sebbene ora gli tremassero un po’ le gambe.
Non credeva che avrebbe accettato, soprattutto se ne era convinto da quella sfuriata al lago del giugno scorso, appena dopo l’esame dei G.U.F.O.
Da allora si era reso conto che avrebbe dovuto davvero cambiare atteggiamento per attirare la sua attenzione. Lily non era una ragazza semplice da conquistare, e da qualche anno era diventata la sua ossessione.
"Ti segue spesso quel cane?" gli chiese Lily, distogliendolo da quei pensieri "Non ricordo di averlo mai visto con te!"
Si sedettero ad un tavolo, ordinando velocemente.
"Vuoi dire che mi guardi, Evans?" fece James.
"No, Potter" rispose a tono "Era una semplice osservazione!"
"Bene. Allora io posso considerare questo come il nostro primo appuntamento!"
"James!" esclamò.
Constatò con piacere che era arrossita. Lui strinse le spalle e sorrise.
“Era una semplice osservazione!”
“Non ho ancora deciso fra te e la piovra gigante.” gli riferì, ironica.
“È deprimente competere con una piovra… però devi ammettere che sono migliorato! Hai visto che non infastidisco più Moc- cioè, Piton?”
Lily inarcò le sopracciglia.
“Mi sembra il minimo! E non cantare vittoria, ho saputo della punizione di ieri sera!”
“Noto che ti tieni informata sul mio conto!” esclamò, compiaciuto.
“Me l’ha detto Sirius stamattina!”
In quel momento Madama Rosmerta si avvicinò con le Burrobirre. La sorseggiarono in silenzio per qualche istante, dopodiché Lily chiese: "Come mai sei venuto a Hogsmeade da solo? Remus e Peter che fine hanno fatto?"
"Remus non si sentiva bene, e Peter è rimasto a fargli compagnia... Volevamo restare anche io e Sirius ma Remus aveva bisogno di pergamene nuove, così siamo venuti a prenderle!"
Lily assottigliò gli occhi, confusa.
"Tu e Sirius? Ma non era con te... Hai detto ad Amanda che era rimasto in dormitorio..."
James si diede mentalmente dell'idiota. Di solito mentire gli riusciva piuttosto naturale, ma in presenza di Lily tutto diveniva più difficile.
"Ecco, sì, ad Amanda ho detto così perché in realtà Sirius non voleva farsi vedere... Quando siete uscite si è nascosto!"
Lily scoppiò a ridere.
"Sta ascoltando i consigli di Jaded, incredibile! Sembra davvero che gliene importi."
“Già! Ti confesso che non ho mai visto Sirius comportarsi in questo modo con una ragazza... Sei sicura che non gli abbia propinato un filtro d'amore?” chiese, sospettoso.
“Amanda? E quando l’avrebbe fatto, mentre era impegnata ad evitarlo? Non essere stupido, a me non sorprende che si piacciano!”
James allargò gli occhi, non credeva alle proprie orecchie.
“Quindi anche ad Amanda piace Sirius? Che cosa sai?” chiese.
“Se ricevi un bacio da qualcuno all'improvviso e non lo schiaffeggi, c'è la possibilità.” rispose, sorridendo “Prima ce l’ha raccontato, è diventata tutta rossa!”
“Allora voleva essere baciata!” concluse James, perplesso.
“No, non lo voleva, ma non significa che non le sia piaciuto. Sirius ha sbagliato, in ogni caso.” precisò Lily.
“Comunque non interferire, lascia che le cose si sistemino da sole, ci stiamo intromettendo già troppo.” aggiunse.
James sorrise.
“Oh, non lo farò, stanne certa.” esclamò, annuendo soddisfatto “Finalmente capirà cosa vuol dire avere un’ossessione!”
Lily lo guardò, perplessa.
“Lo stai paragonando al tuo rapporto morboso col Quidditch, Potter?” chiese, sconcertata.
‘No, decisamente no.’ pensò, tuttavia non trovò il coraggio per dirglielo. Assaporò un po’ di Burrobirra, senza smettere di guardarla negli occhi.
Tu definisci morboso il mio rapporto col Quidditch quando preferiresti uscire con una piovra gigante? Insomma, cos’ha lei che io non ho?”
Lily alzò gli occhi al soffitto, sorrise e si concesse un'altra sorsata di Burrobirra.
 
 
AMANDA
 
"Credo che dovrò farmi una doccia appena arriverò al castello!" esclamò Amanda, pulendosi il viso con il mantello. Il segugio inclinò il capo e la guardò, guaendo in segno di protesta.
La ragazza gli sorrise.
“Suvvia, non fare l'offeso!” disse, accarezzandolo.
Dal momento in cui aveva salutato James e Lily aveva fatto qualche altro giro per i negozi di Hogsmeade, e il cane l'aveva seguita tutto il tempo, con una postura impettita e il naso all'insù. Era stata da Scrivenshaft, aveva fatto scorta di piume, pergamene e carta da lettera; in più, aveva scoperto una parte di quel negozio appena inaugurata con libri in lingue antiche. In tutta quell’attesa, lui era rimasto fuori, adagiato sulla strada, ad attenderla.
Si sedette su una panchina; dalla collina dove si trovava era visibile la Stamberga Strillante. Il cane non si fece attendere, e si accomodò accanto a lei, poggiando il capo e le due zampe anteriori sulle sue gambe.
Amanda gli poggiò una mano sul dorso e cominciò a parlargli.
“Dovresti avere un nome, sai?” fece “Sei fortunato, comunque, io sono brava a dare nomi!”
Il cane la guardò, sembrava perplesso.
“Che ne pensi di Iago? Anzi, no, ci sono! Othello, sei scuro abbastanza!” esclamò, esaltata.
L’animale abbaiò, pareva contrariato per la scelta dei nomi.
“Ah, okay” s’imbronciò, un po’ offesa “Grazie per aver smorzato il mio entusiasmo…”
Lui, di risposta, guaì, dispiaciuto, ma lei non lo guardò. Gettò uno sguardo in direzione della Stamberga e si appoggiò contro lo schienale della panchina.
Sentì un rumore di passi dietro di lei e si voltò, scorgendo la figura solitaria di Marcus Avery che si avvicinava.
“Hey.” mormorò, e gli sorrise senza particolare entusiasmo “Come mai tutto solo?”
“Potrei chiederti lo stesso. Ti ho visto da sola e ho pensato fosse il momento giusto per fare due chiacchiere. Posso?” domandò, accennando al posto accanto a lei.
Amanda annuì, e il cane emise un verso simile ad uno sbuffo.
“Beh, tecnicamente non sono sola!” rispose, accennando al cane sulle sue gambe.
Marcus lo guardò con sufficienza: “È sempre lo stesso? Perché ti segue?”
“È un randagio della zona, mi segue da quando mi ha visto fuori dai Tre Manici di Scopa… gli piaccio!” disse, compiaciuta.
Il compagno inarcò le sopracciglia, seccato.
“Piaci un po’ a troppi.” borbottò, infastidito “Sarà pieno di pulci, comunque, non dovresti toccarlo.”
“Ma no, anzi, per essere un randagio ha un buonissimo odore!” affermò. Affondò il viso nel pelo alla base del collo, annusandolo. Era un odore familiare, piacevole.
Il segugio sembrò apprezzare molto, le leccò un orecchio.
Marcus assistette alla scena piuttosto perplesso, ma non commentò.
“Ho parlato con Regulus, stamattina.” disse, invece.
Il suo cuore mancò un battito nel sentire nominare l’amico. O ex amico? Ormai non sapeva più su chi contare. Che Regulus, o addirittura Severus stesso, gli avesse già raccontato del loro litigio? Le mani le tremarono impercettibilmente, a quanto pare solo il cane se ne accorse. La testa, ancora poggiata sulle sue gambe, era immobile, lo sguardo serio puntato in direzione del compagno.
“In merito a cosa?” domandò, cercando di apparire il più naturale possibile.
“Sai benissimo in merito a cosa!” esclamò, spazientito.
“Si tratta del pugno a Malfoy? Ascolta, mi dispiace…” tentò, ma si rese conto che stava clamorosamente mentendo “anzi, no, non mi dispiace affatto, credo che lo rifarei altre cento volte se mi si ripresentasse l’occasione!”
Marcus rise e si passò una mano tra i capelli biondi.
“No, Amanda, tranquilla, a proposito di quello ci siamo fatti una grassa risata in dormitorio… Hai realizzato uno dei nostri desideri più nascosti!” esclamò, poggiando una mano sulla sua gamba.
Amanda trasalì per il contatto inaspettato. Il cane lo percepì ed emise un ringhio, poi con la zampa spostò malamente la mano di Avery.
Marcus gli rivolse un’occhiata obliqua, contrariato.
“Questo cane ce l’ha con me!” sbottò.
Amanda rise: “Ma se nemmeno ti conosce! Avrà sentito che sono un po’ agitata…”
Il compagno sorrise, compiaciuto.
“E perché sei agitata?”
Ecco. Era il momento di dirglielo, era inutile continuare a temporeggiare, non aveva più senso continuare a fingere di non sapere.
“Senti, Marcus… Reg mi ha fatto notare che” il suo tono di voce scese ad un sussurro “…beh, a quanto pare ti piaccio…”
Avery avvicinò il viso al suo.
“Diciamo che sei la ragazza con cui discuto più volentieri.” ammise, con un mezzo sorriso.
Amanda si tirò leggermente indietro, creando maggiore distanza. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, il cane si alzò, si frappose tra loro con un agile balzo e ringhiò, mostrando i denti.
“Okay, ora mi ha stancato!” sbottò Avery, tirando fuori la bacchetta “Non mi spaventi, lurida bestiaccia!”
Il cane attaccò ad abbaiare aggressivamente, tanto che Amanda dovette spostarlo di peso prima che Marcus potesse fargli qualcosa.
“Hey, Othello, basta!” lo rimproverò, ma il cane si voltò, latrando contrariato anche verso di lei.
“Sì, okay, non ti chiamerò così, ma spostati!” sbottò, esasperata. Lo tirò via di peso, facendolo sedere sulle sue gambe.
Ovviamente, essendo un cane di taglia grande, tutto sulle sue gambe non c’entrava, ma non parve farsene un problema. Se ne stava lì, acquietato ma impettito, e guardava Marcus a occhi stretti.
“Sta’ giù.” ordinò Amanda, accarezzandolo alla base delle orecchie. Il cane si voltò a leccarle una guancia e poi obbedì, sdraiandosi.
“Non è normale che si comporti così, lo sai, vero?” domandò, aspro.
“Probabilmente sente che hai intenzioni diverse dalle mie…” buttò lì, seria.
Lo guardò negli occhi.
“Marcus, mi spiace davvero, ma non riesco a vederti diversamente da un amico… e poi sai bene che Penelope-”
“Non m’interessa un accidenti di Penelope Burke, Amanda. Io voglio te.” la interruppe, infastidito.
“È una mia amica, condividiamo lo stesso dormitorio, Marcus, e le piaci da un sacco di tempo. Non le farei mai un torto del genere!”
Il compagno sbuffò, arrabbiato, la perforò con gli occhi azzurri.
“Sei sicura che il problema sia Burke?” chiese, le labbra erano serrate.
“Che vuoi dire?” fece, confusa.
“Voglio dire che mi sono accorto che sei entrata nelle grazie di Black… ce ne siamo accorti tutti, in verità, non fa molto per nasconderlo!” sentenziò, arrabbiato.
“Black non c’entra.” disse, gelida “E voi tutti fareste meglio a concentrarvi su altri problemi, anziché notare chi guarda me!”
“Di quali problemi parli?” chiese, con una risatina nervosa “Sei tu che ti trovi in una situazione precaria. Ti sto offrendo una via d’uscita e nemmeno te ne sei accorta.”
Lo fissò, la bocca schiusa per la sorpresa.
“Una via d’uscita? A casa mia si chiama ricatto. Se non accetto di uscire con te mi volterete tutti le spalle, immagino!” soffiò, infuriata.
“Siamo amici da anni e non mi dai nemmeno un’occasione, Amanda! Non ti sto chiedendo di scegliere, non mi interessa da che parte stai, finché siamo qui a Hogwarts non è importante!”
“Non lo è per te, ma per me sì. Io so quello che voglio e non sono disposta a barattarlo per delle false amicizie!” esclamò, risoluta.
“Faresti meglio a non sbandierare troppo le tue nobili intenzioni, potresti mettere in pericolo le persone che ami.” sibilò, tagliente.
Amanda tacque, subendo appieno l’impatto di quelle parole. Il cane si alzò nuovamente a sedere, e continuava ad emettere un ringhio basso in direzione di Marcus. Con un movimento deciso delle gambe lo fece spostare e si alzò.
Il compagno la imitò. Era molto più alto e grosso di lei, sembrava sovrastare la sua figura minuta.
Il segugio si frappose ancora tra loro e drizzò la coda, in posizione d’attacco.
Amanda non si fece intimorire, fece un passo nella sua direzione, strinse gli occhi e parlò a voce bassa ma ferma.
“Spero che quello che hai detto non sia una minaccia fondata, Marcus, ma che si tratti di uno dei tuoi soliti deliri di onnipotenza.” sentenziò, seria. Il tono della voce si abbassò ulteriormente, arrochendosi.
“Perché sappi che se dovesse davvero succedere qualcosa alla mia famiglia io non mi darò pace finché non avrò tutti i cadaveri dei tuoi amici Mangiamorte coinvolti ai miei piedi.”
La reazione di Marcus non si fece attendere. Ghignò, piuttosto soddisfatto per la sua risposta e fece un passo indietro, per poterla guardare dal basso verso l’alto con una certa meraviglia negli occhi.
“Adoro il tuo lato Serpeverde, dovresti lasciarlo uscire più spesso!” esclamò, con un sorriso cattivo.
“Vattene, Avery, non abbiamo più nulla da dirci.” concluse, gelida.
Il compagno arricciò un angolo della bocca e assunse quell’espressione arrogante che tanto odiava.
Si voltò e si allontanò, scuotendo il capo.
Quando lo vide prendere finalmente la via principale e sparire dietro gli edifici, si rese conto che stava trattenendo il fiato.
Qualcosa le toccò la gamba, abbassò lo sguardo e incontrò gli occhi grigi del cane.
Scrollò le spalle e lo accarezzò, sedendosi di nuovo sulla panchina.
Le tremavano mani e gambe, l’adrenalina che l’aveva fatta reagire così prontamente alle minacce di Avery ora le si stava ritorcendo contro.
Tirò fuori dalla borsa una boccetta di pozione calmante e la bevve tutta d’un fiato, sotto lo sguardo curioso dell’animale. Sperò facesse effetto il prima possibile.
Il cane fece per avvicinarsi, ma lo fermò.
“No. Sta’ lì, potrei farti del male senza volere.” mormorò, triste.
Lui inclinò il capo e guaì, con aria confusa.
In pochi secondi i suoi dubbi trovarono conferma; dal petto sentì una forte sensazione di calore farsi spazio.
Si alzò, strizzò gli occhi, tenendosi la testa. Il cane abbaiò. Sentiva l’onda raggiungere le braccia, scorreva attraverso il sangue. Arrivò alle mani, la percepì tra le dita, fino alle punte.
Sentì un ‘crac’ dietro di lei, il segugio si avvicinò, fulmineo, le afferrò il mantello coi denti e la allontanò dalla panchina.
Si voltò e vide che aveva preso fuoco.
Aguamenti!” esclamò, e indirizzò il getto d’acqua verso il legno sfrigolante.
Riuscì a spegnerlo quasi subito e si allontanò di qualche passo, sedendosi a terra. Ringraziò di essere in una zona isolata e di non aver attirato l’attenzione. Il cane la raggiunse, si sedette accanto a lei e poggiò una zampa sulla sua spalla.
Non poteva andare avanti così, non sopportava più il peso di quella condizione, prima o poi avrebbe fatto del male a qualcuno.
Era l’incubo peggiore che potesse immaginare, rischiare di ferire le persone che amava, e avrebbe dovuto trovare presto una soluzione migliore della semplice pozione, perché sentiva che non bastava più.
Era come se la magia stesse crescendo assieme a lei, sempre più potente, sempre più incontrollabile. Ma doveva essere lei a possederla, non avrebbe dovuto lasciare che fosse il contrario.
Si portò le ginocchia al petto, e si lasciò andare ad un pianto silenzioso.
L’animale se ne accorse e tentò di farsi spazio col muso verso il suo viso, leccandole le lacrime.
Il suo atteggiamento la divertì, riuscì a farla sorridere.
“Sei un cane invadente!” mormorò, asciugandosi il volto col dorso delle mani “E non scherzavo quando dicevo che mi piacerebbe portarti al Castello!”
Prese a scodinzolare, felice.
“Vedo che apprezzi l'idea!” constatò.
Si alzò, barcollando leggermente, e si pulì il mantello dalla terra. Il cane la imitò.  Sentiva il suo sguardo addosso qualunque movimento facesse. Si avviò per il sentiero, diretta al castello, e, dietro di lei, l’animale abbaiò per richiamarla.
“Devo andare via.” gli disse “E vorrei farlo prima di rischiare di fare altri brutti incontri!”
“Uoff!”
Il cane corse giù per la collina, poi si fermò, sembrava volesse essere seguito.
“Io devo andare da quella parte.” gli spiegò pazientemente Amanda. Lui tornò indietro e le afferrò con i denti il mantello, tirandola in direzione della collina.
"Dove vuoi portarmi?" chiese lei, confusa. Il segugio abbaiò, e col muso indicò qualcosa al di là della discesa. Solo in quel momento Amanda si rese conto di quanto vicina fosse la Stamberga Strillante.
"Vuoi andare lì?"
“Uoff!”
"Ma è infestata!" esclamò. Lui guaì e... scosse il capo? Ad Amanda parve proprio che l'avesse fatto.
"Hai appena scosso la testa per dire di no?" chiese lei, sbalordita.
Abbaiò di nuovo.
Tra le scelte intelligenti della sua intera esistenza sicuramente non avrebbe mai figurato quella di seguire un cane nella Stamberga Strillante; tuttavia, la curiosità ebbe la meglio.
Lo seguì lungo un tratto scosceso, e in quel momento si rese conto di come avere quattro zampe lo avvantaggiasse. Lei, impacciata com'era, inciampò parecchie volte a causa di quei dislivelli. Il cane, invece, si fermò svariate volte ad attenderla.
Arrivati di fronte alla Stamberga l'animale entrò dalla porta di legno vecchia e cigolante come se fosse un'abitudine. Si muoveva in quello spazio come se lo conoscesse bene.
Amanda lo seguì, un po' intimorita.
L'ingresso era avvolto nel silenzio e nella polvere, ragnatele erano visibili in ogni angolo e il legno vecchio e per lo più marcio scricchiolava sinistramente sotto i loro passi. Davanti all'entrata un'altra rampa di scale di legno dall'aria poco stabile portava al piano di sopra.
"Abiti qui?" chiese, confusa. Perché aveva insistito per portarla in quel posto così lugubre?
L'animale la guardò, qualche passo davanti a lei, dopodiché si mise a graffiare il pavimento di legno in un punto preciso. Amanda si avvicinò per controllare che cosa avesse attirato la sua attenzione e inciampò in qualcosa di solido. Guardò meglio e si accorse si trattava di una maniglia.
"Ma che diavolo..." borbottò "Era questo che volevi mostrarmi? Una botola?"
Il cane abbaiò, scodinzolando.
Amanda la aprì e non fece in tempo a guardare cosa fosse che il cane vi si infilò all'interno.
"Hey! Esci da lì... Non ho tempo di venire a recuperarti, devo tornare al Castello!" esclamò, spazientita.
Il segugio abbaiò.
“No. Scordatelo. Non ti seguirò. È buio, stretto è chiuso! Per me è una trappola mortale!”
“Uoff!”
“No!”
Guaì.
Amanda alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Ma perché diavolo mi è venuto in mente di seguire un cane? Il problema non sei tu, tu sei un animale! Il problema sono io che ti do retta!” si lamentò. Aprì completamente la botola e si calò all'interno, scoprendo che era possibile per lei stare del tutto eretta.
Il posto era buio è particolarmente umido; tirò fuori la bacchetta.
Lumos maxima” mormorò, e dalla bacchetta fuoriuscì un grande getto di luce che illuminò tutto intorno a lei.
Quello che si apriva davanti a lei era un tunnel.
"Volevi mostrarmi questo?" chiese Amanda, sconcertata.
Il cane scodinzolò e cominciò a percorrerlo, sordo alle sue proteste.
"Non posso seguirti! Devo andare via!"
Lui tornò indietro, tirandola per la gonna della divisa.
"Non fare il prepotente!" lo sgridò Amanda, indispettita. Lui guaì, quasi come per pregarla di essere ascoltato.
"Si, okay, smettila di commiserarti! Vengo con te!" disse lei esasperata, iniziando ad avanzare nel tunnel.
Camminarono per qualche minuto in silenzio, il cane sembrava conoscere molto bene quel percorso. Amanda, di contro, passò la maggior parte del tempo a tenersi contro le pareti di pietra perevitare di cadere a causa del terreno umido.
"Insomma, cosa vuoi mostrarmi?" chiese ad un certo punto Amanda, stanca.
Il segugio abbaiò e allora notò a pochi metri da lei una luce che preannunciava l'uscita. L'apertura non era ampia, e probabilmente avrebbe dovuto ringraziare il suo fisico minuto se fosse riuscita a passare. L'animale la precedette e Amanda si inerpicò dietro di lui.
Mise la testa fuori e capì subito dove si trovava. Erano arrivati a Hogwarts.
Notò il cane arrampicarsi e premere qualcosa su un ramo del Platano Picchiatore sopra di loro. Il pericoloso albero a quel tocco sembrò fermarsi. Amanda ne approfittò per sbucare fuori del tutto e allontanarsi.
Guardò, allibita, il cane accanto a lei che scodinzolava, probabilmente in attesa di una carezza come premio.
“Hai voluto evitare che facessi altri brutti incontri?” mormorò, incredula.
“Uoff!” rispose lui.
Il segugio scodinzolò e sfregò il muso contro la sua gamba. La guardò un'ultima volta, poi si voltò e sparì nuovamente nel passaggio.
 
*
 
Tornò in fretta nel suo dormitorio, evitando di fermarsi nella sala comune. Subì in silenzio delle occhiate sospettose, e quando arrivò nella propria camera preparò tutto l'occorrente per farsi una doccia. Notò sul proprio letto la lettera che aveva ricevuto la stessa mattina dal padre e che ancora non aveva avuto occasione di leggere.
Si sedette sul letto e l'aprì.
 
'Mandy,
La casa è così vuota e ordinata senza te e Lay. La confusione, invece, non manca mai. Tua madre mi sta facendo impazzire: si è fissata a voler imparare a fare la maglia alla babbana, ma chiaramente non è la sua vocazione. Tuttavia, lei non lo accetta. Lo sai meglio di me, tu che hai preso da lei: quando vi mettete in testa qualcosa non ascoltate niente e nessuno! Comunque, ha provato a farmi un maglione, ma non le è venuto benissimo: a parte il color cacca di Doxy, una manica era corta più del dovuto e l'altra non esisteva perché ad un certo punto ha finito la lana. Io, per non offenderla, l'ho indossato lo stesso, e lei ha avuto la faccia tosta di dire che mi stava benissimo; i vicini babbani mi hanno visto e mi hanno riso in faccia.
Ora è arrabbiata con me perché non voleva che vi raccontassi di questo suo nuovo hobby; voleva fosse una sorpresa, per voi, ricevere un maglione fatto da lei a Natale. Io, invece, te lo dico apposta, così potrai avvisare tua sorella e prepararvi entrambe. Ad ogni modo, non si sa mai, c'è la possibilità che migliori!
Una cosa però è certa: a causa sua nessuna pecora è più al sicuro, qui in Irlanda!
Il lavoro procede bene, come al solito. So che sei preoccupata per quello che sta accadendo al Ministero, e voglio dirti che non devi avere paura, so quello che faccio. E sai anche che sono protetto da agenti competenti che rischiano la propria vita per me. A questo proposito, volevo farti sapere che mi è stato presentato un nuovo Auror che si è unito alla mia squadra. Si chiama Charlus Potter, e mi trovo molto bene in sua compagnia; è un uomo brillante e divertente (sai bene come gli standard di divertimento in questa casa siano molto elevati a causa della presenza tua e di tua madre). Mi ha raccontato che ha due figli, gemelli, che frequentano il tuo stesso anno ad Hogwarts, li conoscerai sicuramente!
Con quest'ultima notizia ti saluto, spero che a scuola vada tutto bene e che tu ti stia divertendo. Salutami tanto Lay e dille che se qualche volta vuole scrivermi io non mi offenderò!
Un abbraccio,
Mamma e Papà.
 
 
Qualche riga più in basso:
 
 
Tesoro, sono la mamma! Come al solito tuo padre esagera. Il maglione non era color cacca di Doxy (piuttosto: vogliamo parlare del fatto che tuo padre conosce il colore della cacca dei Doxy?), bensì di un bell'arancione brillante. E per esser il primo maglione non mi è venuto male!
Comunque non ascoltarlo: tu e tua sorella non riceverete alcun capo d'abbigliamento in lana per Natale.
Ti voglio bene
Mamma'
 
Amanda terminò la lettura della lettere scoppiando a ridere. Le ci voleva proprio, dopo quel pomeriggio intenso.
Adorava le lettere da parte dei suoi genitori. Ogni volta sua madre aveva una nuova fissazione e suo padre, quel sant'uomo di suo padre, ancora la sopportava dopo tutti quegli anni. Era esattamente così che si immaginava una felice vita matrimoniale: per quanto suo padre sbuffasse e roteasse gli occhi ad ogni nuova e imbarazzante iniziativa di sua madre, notava come in realtà lei lo divertisse. E poi, quello sguardo che le rivolgeva, sempre così vivo, curioso e innamorato: era esattamente così che avrebbe voluto essere guardata dall'uomo che avrebbe amato.
La lettera la mise davvero di buonumore; si fece una doccia, si cambiò e andò alla ricerca della sorella per fargliela leggere.
Fortunatamente non dovette perdersi fino alla sala comune Corvonero, perché, non appena arrivò in biblioteca la trovò seduta, intenta a studiare.
 
 
LAYLA
 
Qualcuno, da dietro, le scompigliò la chioma bionda, facendola sobbalzare.
"Ciao!" la salutò Amanda, squillante.
Sospirò, ora avrebbe potuto dire addio alla tranquillità.
"Oddio, non avrai di nuovo mangiato troppi zuccheri?"
"No!"
"Caffè?"
"Cosa? No! Ho ricevuto una lettera da mamma e papà!" esclamò la sorella, porgendogliela.
"Oh, finalmente! Che fissa ha la mamma, stavolta?" chiese, impaziente.
Amanda sorrise.
"Leggi!"
Layla si prese un minuto per leggere la lettera.
"Color cacca di Doxy?” ripeté, sconcertata “Ma secondo te sono genitori normali, i nostri?"
Amanda fece spallucce.
"Io li trovo fantastici!" asserì.
"Perché tu sei come la mamma! Papà dice che tu e lei siete come droga: fate danni ma create dipendenza!" spiegò, ripiegando la pergamena.
Sua sorella sorrise, cercando inutilmente di negare.
“Posso tenerla?” chiese Layla “Gli rispondo io!”
Amanda annuì, per un istante le parve stranamente pensierosa.
“Come va con lo studio? Posso aiutarti in qualcosa?” chiese.
Layla la guardò con sospetto, sembrava in vena di chiacchiere. Pensò che sarebbe stato piacevole, era da un po’ che non parlavano come si deve. E dalle ultime voci che aveva sentito aveva bisogno di fare un po’ di chiarezza con sua sorella.
Chiuse il libro e scosse il capo.
“Ovviamente no!” rispose saccentemente; poi guardò Amanda con aria di rimprovero.
“Piuttosto sono io che dovrei farti questa domanda... Ho saputo che sei stata in punizione!”
“Chi te l'ha detto?”
“Bertha Jerkins, ha un'amica in Serpeverde... Hanno saputo del pugno a Malfoy! Sei impazzita, per caso?”
Amanda abbassò lo sguardo e strinse le labbra.
“Se fossi una persona saggia ti farei compagnia fra i Corvonero, Lay, e invece alcune volte faccio cose senza riflettere!”
Alcune volte? È la storia della tua vita, Mandy!”
“Non chiamarmi Mandy!” la ammonì, puntandole l'indice contro.
“Mi riservo il diritto di farlo ogni volta che fai qualcosa di stupido!” si difese.
“Qualcosa di stupido? Senti chi parla!” disse Amanda, incrociando le braccia al petto “Ho saputo del fantomatico ragazzo con cui sei uscita l'anno scorso e di cui non hai voluto dirmi nulla!”
Ecco. Si preparò alla sfuriata.
“E chi te l'ha detto?”
“Il ragazzo in questione!” rispose prontamente.
Layla schiuse le labbra, sorpresa.
“Sirius? E come mai ora parlate? Pensavo lo odiassi!” esclamò.
Amanda si schiarì la voce, sembrava imbarazzata. Che cosa stava succedendo?
“Beh… le dinamiche sono un po’ cambiate, ci siamo conosciuti la settimana scorsa e ora proviamo a sopportarci, anche se con scarsi risultati! Ma non è questo il discorso: Sirius, Layla? Davvero?”
“Ci sono uscita tre volte! È carino!” si giustificò, sbuffando.
Immaginò il putiferio che era stata capace di mettere in scena con lui.
“Cosa gli hai detto quando lo hai saputo?” chiese, curiosa.
Amanda si portò i pugni ai fianchi.
“Che sei troppo piccola per lui! E che ti ha fatta soffrire, com'era prevedibile!” rispose, risoluta.
“Cosa? Ma non mi ha fatto soffrire!” esclamò, perplessa.
“Ma sì, invece! Hai pianto per un mese!”
Layla sentì che quello era il momento in cui la conversazione avrebbe cominciato a degenerare, diventando presto senza senso.
Spesso e volentieri c’entrava la pozione calmante che sua sorella prendeva. In quei casi, Amanda raccontava di aver vissuto episodi che in realtà aveva solo sognato, ma che la pozione le aveva fatto confondere come reali.
“Amanda, di che parli? Chiariamo subito la faccenda: questa è una di quelle volte in cui confondi la realtà con l'immaginazione? Ne abbiamo già parlato, non è un comportamento normale!”
Sua sorella mugugnò, esasperata. Le aveva spesso confessato che odiava essere la sorella maggiore di una ragazza più matura di lei.
“È un sacco di tempo che non mi succede!” borbottò, arrossendo.
“E scommetto che questo è il caso!” esclamò Layla, incrociando le braccia e guardandola con rimprovero.
Amanda si guardò intorno, torcendosi le dita.
“Beh... Ora che me lo hai ricordato... Potrebbe essere... Sai, era un periodo stressante con i G.U.F.O. e il resto...” mormorò.
“Tu sei pazza!” sbottò, spazientita “E avrò fatto anche la figura della poveretta, quando invece non me ne importava nulla!”
“Beh, sarà meglio!” rispose Amanda, palesemente sulla difensiva.
Aggrottò le sopracciglia.
“Perché?” chiese, confusa.
“Eh?”
“Perché sarebbe meglio?” ripeté, guardandola con sospetto.
Amanda arrossì. Esatto, arrossì e balbettò sconnessamente: "Sì, beh... Cioè, nel senso-"
Spalancò gli occhi, giungendo alla conclusione.
“Per la barba di Merlino!” la interruppe Layla, sgomenta “Lui ti piace!”
“Cosa? No! Cioè, no! Sì... no, volevo dire che... è complicato!”
Amanda era diventata color pomodoro e aveva iniziato a incartarsi in discorsi senza senso.
“È un po' più il contrario, nel senso che... lui è strano-”
Lui, eh?” fece, sarcastica.
“Ti dico di sì! Sai, ha fatto pipì su di me-”
“Che?”
“Sì, non letteralmente! È un modo di dire!” spiegò Amanda, confusamente.
“Ma è disgustoso!” esclamò, schifata.
“È quello che ho detto anche io!” asserì Amanda, con convinzione.
Layla la interruppe: “Amanda, fermati, non sto capendo nulla!”
Sua sorella scrollò le spalle e sospirò. Cercò di mettere insieme un discorso comprensibile e le raccontò brevemente gli avvenimenti che avevano caratterizzato la settimana movimentata che, a suo dire, aveva passato. L'ascoltò attentamente – e per la maggior parte del tempo col fiato sospeso – e solo quando sua sorella ebbe finito di raccontare, commentò: “Ah.”
“Ah, cosa?” fece Amanda, ansiosa.
“Sono colpita...” ammise “Per quel poco che lo conosco, lui generalmente non si comporta così.”
“Così come?”
“Come hai detto... È insistente, cerca la tua attenzione e delimita il territorio. Non ha mai dimostrato così tanto interesse per una ragazza... Pensi sia perché lo hai respinto?” chiese, curiosa.
Layla ripercorse velocemente col pensiero il breve periodo in cui lei e Sirius erano usciti l’anno precedente, e ricordò che non aveva fatto nulla di simile nemmeno con lei. Per la maggior parte del tempo era scostante, disinteressato, alle volte le era parso persino annoiato. L’aveva attraversata anche il pensiero che fosse innamorato di Potter, dal momento che lo aveva infilato nella maggior parte dei loro discorsi.
Sua sorella la fece presto tornare alla realtà con una delle sue risposte insensate.
“No, io penso sia per i biscotti.” annuì.
“I biscotti?” ripeté.
“I biscotti.” fece, convinta.
Layla chiuse gli occhi e inspirò, cercando di mantenere la calma. Capitava spesso quando c'era sua sorella di mezzo.
“In che modo i biscotti rientrerebbero in tutto questo discorso, Amanda?” chiese lentamente.
“A lui piacciono!” rispose come se fosse ovvio.
“Ma mi stai prendendo in giro?” soffiò, esasperata “La smetti di rispondere come se già sapessi cosa vuoi dire? Cos'è questa storia dei biscotti?!”
“Tu non trattarmi come un'idiota, mi metti in ansia!” rispose Amanda, imbronciandosi “Lui ha assaggiato i miei biscotti, quelli che preparo di solito... Ha detto che erano buoni, e sentiva quell'odore quando io ero vicina... E gli piaceva...”
La fissò, schiudendo le labbra. Stentava davvero a crederle.
“Cavolo, Amanda, questo è un particolare importante! Perché non me lo hai raccontato?”
“Beh, è successo ieri, io-”
“Non lo hai sognato, vero?” chiese immediatamente.
“Diamine, no!” rispose lei, indignata.
“Allora è chiaro che gli piaci!” affermò Layla “Perché non uscite insieme?”
Amanda le rivolse uno sguardo stranito, ad un tratto impallidì.
“Cosa? No!”
“Perché no?”
Sua sorella indietreggiò, iniziando a parlare a sproposito, chiaramente in difficoltà.
“Ascolta, Lay, io ero venuta solo a portarti la lettera dei nostri genitori, ho fretta di andare via perché sono impegnata!” esclamò, senza smettere di andare indietro. “Riparleremo di questo argomento più avanti, appena avrò più tempo, okay?”
“Amanda-” tentò, ma fu interrotta.
“Sul serio, sono molto occupata! So che sembra che io stia cercando di svignarmela, ma ti assicuro che non è così!”
“Voglio solo dirti-”
Amanda la interruppe nuovamente, e nell'indietreggiare andò a sbattere contro qualcosa. Si voltò e scoprì che si trattava di Sirius.
Esattamente quello che intendeva dirle.
Osservò attentamente la sua reazione. Fece uno svelto passo indietro, aumentando la distanza tra loro.
“Non ci credo! La smetti di seguirmi?” sbottò, con i pugni stretti lungo i fianchi e il volto in fiamme.
Sirius rivolse a sua sorella un'occhiata sconcertata, ma a Layla non sfuggì come cercasse di trattenere il sorriso.
“Smettila di pensare che io ti segua! Sono qui per prendere un libro per conto di Remus...”  si giustificò. Notò finalmente la sua presenza, e la salutò con un gesto svelto.
“Mi ha fatto una ramanzina quando ha saputo che siamo usciti insieme!” esclamò verso di lei, indicando Amanda.
“A tal proposito...” iniziò Layla, guardando male la sorella “Amanda avrebbe alcune precisazioni da fare!”
Quest'ultima stava guardandosi le unghie con particolare interesse e non rispose.
“Amanda!” la richiamò.
Sirius incrociò le braccia.
“Di cosa sta parlando tua sorella?” chiese lui, guardandola. Il tono della voce era stato perentorio, ma era evidente che stava facendo di tutto per trattenere un sorriso divertito. Amanda, tuttavia, non se ne accorse, perché non lo stava guardando, impegnata, stavolta, ad ispezionare il pavimento.
“Devi sapere che mia sorella spesso e volentieri esagera... E l'ha fatto anche nel mio caso, dicendo che sono stata male quando abbiamo smesso di uscire assieme!” spiegò Layla.
“Quindi quello che mi hai detto non è vero?” chiese, continuando a tenere lo sguardo fisso su Amanda.
“Già.” annuì Layla.
“Mi hai anche dato un pugno sulla spalla!” protestò Sirius, crucciato. Le si avvicinò, curvandosi per poter incontrare il suo sguardo, ancora rivolto verso il basso.
“Amanda, smetti di picchiare le persone, per favore?” la rimproverò Layla, esasperata.
Sua sorella alzò finalmente lo sguardo; era imbronciata e mortificata, e con i grandi occhi lucidi guardò Sirius senza parlare.
Layla alzò gli occhi al cielo. Eccola, ‘l’Espressione Amanda’.
Si divertì ad osservare la reazione di Sirius.
Lo vide deglutire, improvvisamente in difficoltà; guardò Layla e scosse il capo. “Non riesco a prendermela con lei se fa questa faccia!” ammise, sconvolto.
“Sì, lo so, fa quest'effetto a parecchi. Quando litigano, nostro padre non la guarda mai in faccia!” spiegò Layla, ridendo.
Scrollò le spalle.
“Comunque, io devo tornare a studiare, scusatemi, volevo solo chiarire questo dettaglio! Detto ciò” diede una pacca sulla spalla a Sirius “Buona fortuna!”
Si allontanò, recuperando il suo libro, e lasciò i due da soli. Sparì dietro uno scaffale, e spostò dei volumi in un lato della mensola, in modo da poter continuare a spiarli da un buco tra i libri.
“Direi che a scuse siamo pari, a questo punto, che ne pensi?” chiese lui, gentile.
Layla allargò gli occhi, stupita dal modo in cui lui la stava guardando e di cui sua sorella pareva non rendersi conto.
Amanda assottigliò gli occhi, di colpo astiosa.
“Stai per caso paragonando quello che ho fatto io...” abbassò il tono fino ad un sussurro arrabbiato “a quello che hai fatto tu?”
Layla non capì a cosa si stesse riferendo, ma Sirius abbassò gli occhi e strinse le labbra, contrito.
“Andiamo, Amanda, mi spiace... Possiamo parlarne fuori?” le chiese, indicando l'uscita della biblioteca.
“Non voglio parlarne, non voglio parlare con te!” asserì, cercando di andarsene.
Sirius le sfiorò un braccio, come per trattenerla.
“Aspetta!” disse “Non avrei dovuto fare quello che ho fatto, ti chiedo scusa.”
Layla trattenne il fiato. Sirius Black che chiedeva perdono? E per cosa? Okay, aveva avuto una settimana piena di impegni e non aveva praticamente mai incrociato sua sorella, ma non pensava di essersi persa tutti queste notizie sensazionali!
Amanda non rispose ma si fermò, dandogli le spalle. Anche Layla non riuscì a vedere l’espressione sul suo volto.
Sirius continuò: “So che non stai passando un bel periodo, soprattutto con i tuoi compagni di Casa.”
Si fermò un istante, sembrava voler testare la reazione di Amanda. Vide sua sorella stringere i pugni. A cosa si stava riferendo? Perché Amanda le stava tenendo nascoste tutte quelle cose? E, soprattutto, perché invece Sirius sembrava saperle?
“Se può aiutarti, proverò a riavvicinare mio fratello.” borbottò, poco entusiasta.
Cosa? Layla fissò la scena, sbigottita, e si domandò se Regulus fosse a conoscenza di quello che sembrava esserci tra sua sorella e suo fratello.
Amanda si girò completamente a guardarlo, un’espressione di assoluta sorpresa era dipinta sul suo volto. Ogni traccia di ostilità sembrava sparita.
“Dici davvero?” chiese, colpita, accennando un piccolo sorriso.
Sirius lo colse immediatamente e annuì, mostrandosi un po’ più sereno.
Gli occhi di Amanda si allargarono e la vide sorridere, emozionata.
“Grazie!” esclamò, iniziando a saltellare, concitata.
Layla si coprì il volto con le mani, vergognandosi nonostante fosse nascosta. Sapeva quello che stava per fare sua sorella.
Tornò a guardare la scena, giusto per godersi la reazione del ragazzo.
“Che… che cosa stai facendo, Amanda?” chiedeva Sirius, sconcertato ma divertito, mentre guardava la ragazza saltellare intorno a lui.
Prima che lei potesse rispondere, Madama Pince, spuntata da dietro uno scaffale, s’intromise.
“Signorina Froude! Che diavolo sta combinando?” chiese, guardandola con espressione severa.
Amanda si bloccò e guardò la bibliotecaria con aria colpevole.
“Mi scusi… mi sono lasciata prendere dall’entusiasmo.” si giustificò, arrossendo.
“Andate fuori, se volete chiacchierare. Qui si fa silenzio!” li rimproverò, burbera.
La sorella annuì, notò Sirius trattenere una risata e scuotere la testa.
“Non preoccuparti, potrai continuare a farlo fuori.” lo sentì sussurrare, divertito.
Amanda rise e lo seguì verso l’uscita della biblioteca, a pochi passi.
“Oh, aspetta, hai qualcosa attaccato alla divisa!” le sentì dire. Lo raggiunse e lui si fermò, voltandosi. Amanda gli tolse una foglia rimasta attaccata alla camicia.
“Ti arrampichi sugli alberi per spiare le ragazze, Black?” gli chiese, divertita, poi col suo tono squillante continuò: “Posso tenerla? Le colleziono!”
Lui scosse il capo, rassegnato, ma poi le sorrise. Layla riconobbe subito il genere di sguardo che Sirius aveva appena rivolto a sua sorella. Si allontanarono, e non riuscì a sentire cosa lui le avesse risposto.
 
 
Note:
 
Allora! Se siete arrivati alla fine vi faccio i complimenti… questo capitolo è stato un parto persino da scrivere!
Come potete notare è super corposo e denso di avvenimenti, ma mi sembrava così insensato dividerlo in due, soprattutto perché avevo paura spezzasse il ‘pathos’ che si è creato intorno alla metà del capitolo… beh, capitemi, sono in piena sessione esami e sono super delirante!
Bene, veniamo alle solite precisazioni:
  • Rapporto James/Lily: voglio far presente che cerco di attenermi alla reale storyline, per cui probabilmente per questi due personaggi ci sarà un bel po’ di strada da fare, ma qualcosa inizia già ad emergere. Che ne pensate?
  • Jaded: per quanto sia un personaggio nuovo, in realtà nella mia testa ha una storyline ben definita, praticamente la tratto come se fosse sempre esistita. Ha un carattere abbastanza forte e, per quanto si scontri spesso con Sirius, lui tende a prendere in considerazione il suo pensiero;
  • Avery. Allora, so che SeveraBartySha sarà già sul piede di guerra… ma andiamo, cosa ti aspettavi? Dai, ti ha fatto un po’ di tenerezza il nostro bel segugio che fa il territoriale anche sotto forma di Animagus? Okay, ora puoi sparare a zero, sono pronta! Ah, e comunque, facciamoci una domanda cruciale: Marcus ha parlato con cognizione di causa oppure si trattava davvero di una minaccia infondata? Zan zan zaaaan!
  • La reazione di Amanda alla minaccia – la domanda la faccio io a voi: che ne pensate? Secondo voi ne sarebbe capace?
  • Layla: in realtà, inizialmente questa scena era scritta col pov di Amanda, ma ho deciso di cambiarlo per far emergere meglio anche il personaggio di sua sorella, che non è meno importante, anzi, ne acquisirà sempre di più andando avanti. Amanda chiaramente non parla a Layla dei problemi che ha perché non vuole farla preoccupare, soprattutto perché teme che possa diventare il bersaglio dei compagni Serpeverde. Rinnovo l’invito: se avete da fare considerazioni o ipotesi in merito, dite pure!
  • I cambiamenti di umore di Amanda: vi giuro che non è bipolare, in realtà è ancora molto scossa, ma lo nasconde benissimo!
Io direi di aver detto tutto ciò che mi passava per la mente, come al solito non mi pongo filtri. I prossimi capitoli, sebbene siano stati plottati non sono del tutto pronti, per cui i prossimi aggiornamenti potrebbero subire dei ritardi, soprattutto per colpa della sessione d’esami! D:
Vi ringrazio come sempre se seguite la fic, mi fa un sacco piacere! Vi mando anche un bacio :*

Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Frattura pt. 1 ***


Capitolo XIII: “Frattura” parte I
 

 
REGULUS
“Con la rabbia ci si nasce o ci si diventa
e tu che sei un esperto non lo sai,
 perché quello che ti spacca e ti fa fuori dentro
forse parte proprio da chi sei.”
“Metti in circolo il tuo amore” – Fiorella Mannoia
 
 
2 ottobre 1976
 

Quella mattina si sarebbe potuto scordare l’appuntamento.
Ripiegò il giornale con stizza e lo gettò sul tavolo della sala comune, ancora vuota. Probabilmente qualcuno l’aveva lasciato appositamente in bella mostra per rendere pubblica la notizia. Restò a fissare le lettere che troneggiavano sulla prima pagina a caratteri cubitali.
 
 
“HECTOR AVERY CONDANNATO
JOE SEAMUS FROUDE: ‘SENTENZA NECESSARIA’
 
Una sentenza choc per il candidato favorito alla direzione dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.
La doccia fredda è arrivata nella serata di ieri. Il processo, presieduto dal giudice Joe Seamus Froude, che ha sostituito Albus Silente, ha avuto esito sfavorevole per Avery, responsabile di aver manipolato alcuni membri della Confederazione Internazionale dei Maghi al fine di reclutare seguaci delle Arti Oscure da far entrare nel Paese.
Avery è infatti risultato colpevole per l’uso della Maledizione Cruciatus e Imperio, con conseguente alterazione della memoria per i poveri malcapitati.
L’imputato si dichiara innocente e indignato per i risvolti del processo; solo la settimana scorsa aveva risposto a chi chiedeva delucidazioni in merito alle voci ufficiose giravano sul suo conto: “È  indecente che un cognome antico e rispettabile come quello degli Avery sia accostato a simili invettive.”
Il Ministro della Magia Harold Minchum non nasconde la sorpresa – e anche qualche perplessità – per la sentenza, ma si dice fiducioso del lavoro del Wizengamot. Froude, che ha espresso il voto decisivo per la condanna di Avery, sostiene: “È un giudizio frutto di un grande lavoro di indagine interna tenuta segreta fino alla fine per evitare una fuoriuscita di informazioni. Si tratta di una sentenza necessaria a lanciare un forte messaggio ai cosiddetti ‘Mangiamorte’: sappiamo che esistete, non ci spaventate, vi scoveremo tutti.”
La notizia ha fatto tremare l’intero Ministero. Numerose indagini a catena sono partite dopo queste dichiarazioni.
Albus Silente – meno presente nell’ultimo periodo perché attualmente impegnato in “affari che non vi riguardano” cit. – si dichiara orgoglioso del lavoro del giudice Froude, svelando una sua possibile candidatura a Capo Stregone del Wizengamot nell’anno venturo.
 
H.J.

 
 
Si guardò intorno, accigliato. Molti compagni non si erano ancora alzati, probabilmente era troppo presto per incontrare persino Amanda, spesso mattiniera come lui.
Per tutta la settimana erano stati distanti, e dall’ultima discussione non avevano avuto ancora alcun chiarimento. Aveva saputo della tensione che c’era stata il sabato prima con Marcus, e da allora aveva notato lui e Amanda provocarsi continuamente. Lei si era circondata di compagne del dormitorio e ragazze di altre Case, l’aveva vista anche in compagnia di McKinnon, Evans e Jaded Potter, e aveva notato Sirius girarle intorno troppo spesso.
Tamburellò le dita sul giornale, insofferente. Quella notizia sulla Gazzetta non ci voleva, tra i suoi compagni l’equilibrio era già alquanto precario. Joe Froude aveva avuto un tempismo pessimo, e ora destreggiarsi tra tutti loro cercando di mantenere anche i rapporti con Amanda e Layla sarebbe stato molto più complesso.
Layla.
La sua mente vi si soffermò sopra un po’ troppo a lungo, come accadeva sempre quando si trattava di lei.
 
 
*** FLASHBACK ***
 
28 aprile 1976
 
“Allora? Come va con mio fratello?” aveva chiesto Regulus, sedendosi accanto a Layla all’ombra di un faggio. Le giornate avevano finalmente cominciato ad allungarsi e le temperature, sempre meno proibitive, permettevano di trascorrere i pomeriggi liberi al Lago.
Layla, intenta a leggere un libro, trasalì. Poi, una volta compresa la sua domanda, sbiancò.
“Come? Di che parli?” domandò con un filo di voce.
Regulus rise, divertito.
“Vi ho visto la scorsa settimana a Hogsmeade! Stranamente, proprio nel sabato in cui Amanda è rimasta al castello!” 
“Reg, non dirle niente!” lo pregò a mani giunte, terrorizzata. Quell'immagine lo divertì ancora di più, e pensò che fosse bellissima anche col volto contratto dall'ansia.
“Ma certo che non le dirò nulla, vuoi farla morire?” la rassicurò, sorridendo.
Layla distese il volto, ad un tratto più rilassata.
“Grazie, anche perché abbiamo smesso di uscire, fortunatamente!”
Una piacevolissima sensazione di leggerezza lo pervase all'altezza dello stomaco e si propagò in tutto il petto.
“Fortunatamente?” le fece eco, perplesso.
Layla gli sorrise; si legò i capelli biondi in un gesto veloce e distratto. Regulus gettò un’occhiata veloce sul suo collo scoperto, e fortunatamente lei parve non accorgersene.
“Oh sì, non hai idea che tortura sia stata, non capisco cosa ci vedano tutte le ragazze in lui! Insomma sì, è carino, ma è talmente preso da se stesso e da Potter che credo abbia un'ossessione per lui! Decisamente, non fa per me!” confessò, come se si fosse tolta un peso.
“Se mi avessi consultato, prima di uscirci, ti avrei detto che non è il ragazzo per te!” esclamò, guardandola con rimprovero.
Layla strinse gli occhi e con uno scatto chiuse il libro che teneva tra le mani.
“Perché avrei dovuto disturbarti, sei sempre così impegnato con Loraine Dempsey!” esclamò, calcando il nome della ragazza con fastidio. Tuttavia, appena se ne rese conto, arrossì e distolse lo sguardo.
Inarcò le sopracciglia, sorpreso.
“Io non sono impegnato con Dempsey.” spiegò, perplesso.
“A sentire lei sembrerebbe di sì. Le piaci.”
“Beh, a me no. Non è lei che voglio.” confessò, voltandosi a scrutare il lago.
“Ah.” la sentì mormorare. Si schiarì la voce, e gli sembrò che stesse cercando il coraggio per chiedergli qualcosa.
‘Avanti. Chiedimelo.’ pensò, mordendosi il labbro inferiore.
“Tu… tu vuoi Amanda?” domandò in un sussurro.
Si voltò a guardarla, stupefatto.
“Cosa?” fece, senza riuscire a trattenere una risata divertita.
“No, Lay, stai sbagliando sorella.” ammise poi, scuotendo la testa.
A quella confessione lei schiuse le labbra e arrossì visibilmente, senza riuscire a sostenere il suo sguardo. Regulus notò che aveva gli occhi lucidi, ma non capì per quale motivo.
“Non scherzare con me, Reg.” mormorò a testa bassa, riaprendo il libro.
Regulus sospirò, spazientito, e con un gesto deciso le chiuse il volume.
“Non sto scherzando, Layla.”
 
*** FINE FLASHBACK ***
 
 
Non seppe per quale motivo Layla fu così restia a credergli, perché, a dirla tutta,  a lui era piaciuta dal primo momento in cui aveva varcato la soglia della Sala Grande al primo anno. Amanda aveva indicato una testa bionda tra la folla di nuovi studenti e gli aveva detto, entusiasta: “Quella è mia sorella!”.
Si era stretto nel proprio posto, sperando di poterle fare spazio accanto a sé nel caso fosse stata smistata tra i Serpeverde. Tuttavia, la delusione nel vederla salutare Amanda mentre si dirigeva tra i Corvonero fu cocente.
Si alzò, tornando alla realtà. Si sentiva incapace di stare fermo, così uscì dalla sala comune, oltrepassando il passaggio. Camminare lo avrebbe aiutato a pensare ad una soluzione.
Non avrebbe rinunciato a Layla, non ora che aveva scoperto di essere corrisposto da lei, non ora che avevano iniziato a frequentarsi. Non aveva nemmeno intenzione di troncare i rapporti con Amanda, se ne rendeva conto soprattutto ora che non si parlavano da una settimana.
Aveva valutato l’ipotesi di confessarle che lui e Layla uscivano insieme da qualche mese e che durante l’estate si erano scritti parecchio, ma temeva la sua reazione. Nonostante fossero amici da tanti anni, Amanda era e rimaneva una sorella gelosa e molto protettiva nei confronti di Layla, la quale era stata la prima a vietargli categoricamente di informarla.
Era ormai arrivato nei pressi della Sala Grande quando, girato l’angolo, vide Avery  inveire contro qualcuno che non riuscì a scorgere, perché completamente coperto dalla sua figura.
Brandiva la Gazzetta del Profeta in una mano e gridava, furioso. Si avvicinò in fretta, temendo stesse litigando proprio con Amanda. Tuttavia, si accorse, agghiacciato, che la persona contro la quale stava urlando era Layla.
“Sai dove può mettersela la sua dannata sentenza quel traditore del sangue di tuo padre?” sbottò, livido di rabbia.
“Marcus!” esclamò Regulus, subito accanto a Layla, con un braccio tra loro due come per dividerli. Lei lo sfiorò, e Regulus si accorse che stava tremando.
“Che succede?”
“Me lo domandi anche? Hai letto il giornale?” fece. Non ricordava di aver mai visto il compagno così infuriato.
“Sì, ma non capisco perché te la stai prendendo con lei.” rispose, calmo. Avvertì lo sguardo di Layla addosso, ma evitò accuratamente di incrociarlo.
Avery!
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire che quel tono perentorio apparteneva ad Amanda.
Raggiunse rapida tutti e tre, frapponendosi tra Layla e Marcus.
“Pensi di cominciare ad importunare mia sorella, visto che ti è andata male con me?” chiese, fredda.
Regulus approfittò di quel momento per avvicinarsi a Layla. La tirò leggermente per un braccio e avvicinò il viso al suo orecchio.
“Va’ via.” le sussurrò.
I suoi occhi azzurri lo fissarono, atterriti. Senza dire una parola si voltò in direzione della Sala Grande e se ne andò, stringendosi nelle spalle.
“Non ne sapevi niente, tu, vero?” proruppe Marcus, velenoso, agitando la prima pagina del Profeta davanti al volto di Amanda.
A quanto pare la compagna non l’aveva ancora letto, quella mattina. Strinse gli occhi sul titolo, poi li allargò, e infine gli strappò dalle mani il giornale e lesse l’articolo, avida di informazioni.
Dal volto di Avery, da qualche giorno, era sparita qualsiasi traccia di indulgenza nei confronti della ragazza.
Amanda finì di leggere e lo guardò, crucciata. Si voltò anche nella direzione di Regulus, prima di rispondere. Sembrava a disagio.
“Non lo sapevo, Marcus.” dichiarò, porgendogli nuovamente il giornale. Lui, in un gesto di sdegno, lo buttò a terra.
“Calmati!” intervenne Regulus “Non risolverai nulla se aggredisci lei!”
“Parli bene, tu, Black!” gli urlò a pochi centimetri dalla faccia “Tu non hai un padre ad Azkaban! Anche perché mi meraviglierei se tuo padre si rivelasse davvero utile alla comunità magica!”
Regulus si sentì avvampare e avvertì un vuoto allo stomaco, per quelle parole. Anche la voce gli morì il gola, ma non se ne accorsero perché Amanda intervenne immediatamente.
Suo padre” calcò, aspra “Sarà anche poco utile, ma è migliore del tuo, dal momento che non va in giro a torturare le persone!”
Il volto di Marcus fu deformato da una smorfia di rabbia, e in uno scatto tirò fuori la bacchetta; Amanda fu veloce almeno quanto lui, ed entrambi ora si guardavano con sfida puntando le bacchette l’uno al volto dell’altra.
“Via le bacchette immediatamente!” strillò una voce che Regulus riconobbe essere quella di Lumacorno.
Si voltò e lo vide apparire dalla porta della Sala Grande, piuttosto sconvolto, rosso in viso. Dietro di lui, Regulus scorse Layla, accompagnata da Lily Evans e Remus Lupin.
Amanda e Marcus abbassarono le bacchette senza smettere di lanciarsi occhiate malevole, mentre il professore si avvicinava fino ad essere accanto a loro. Doveva aver appena letto il giornale, pensò Regulus, perché gli parve più angosciato che arrabbiato.
“Avery, venga con me!” esclamò, autoritario, prendendolo per un braccio.
Non finisce qui.” soffiò Marcus ad Amanda.
Lei fece uno scatto verso di lui, gli occhi ridotti a due fessure.
“Ci puoi scommettere.” sibilò, bellicosa. A Regulus non sfuggì il lungo sguardo che la compagna e il professor Lumacorno si scambiarono.
Una volta che si furono allontanati, ci fu un lungo momento di silenzio, che Regulus percepì con imbarazzo e disagio, tra i ragazzi che li avevano raggiunti.
“Stai bene?” le chiese Regulus.
“Sì, certo. Sapevo che sarebbe successo, prima o poi.” confessò. Si avvicinò a Layla e l’abbracciò, prendendole il volto tra le mani.
“Come stai? Ti ha fatto qualcosa?” domandò, seria. Gli era sempre piaciuto il rapporto che avevano tra di loro; Amanda, alcune volte, sembrava non riuscire a provvedere nemmeno a se stessa, ma quando si trattava di Layla cambiava completamente, diventando responsabile e molto protettiva.
“No, sto bene, Reg è arrivato in tempo…” rispose Layla, girandosi verso di lui e riservandogli uno sguardo grato ma troppo fugace.
“Amanda, forse non dovresti stare al tavolo con loro, oggi.” sentenziò Remus, serio.
“Se ti va, puoi stare con noi!” esclamò Lily, seria.
Regulus scosse il capo, deciso: “No, assolutamente. Sarebbe addirittura peggio, credetemi.”
“Forse è meglio che stiate un po’ insieme. Ai tuoi compagni dispiacerà se Amanda si unisce al vostro tavolo?” aggiunse, rivolto a Layla.
Lei fece un sorriso – uno dei suoi preferiti – e annuì.
“Certo che no” rispose, guardando Amanda “Che ne pensi?”
Amanda sbuffò, un po’ in difficoltà si grattò la nuca. Gli sembrò un po’ spaesata per tutta la situazione.
“Credo di sì, per oggi è meglio così.” disse, facendo spallucce “Dovrò parlare anche con Penelope e Miranda, ma penso che capiranno, insomma, ormai tutti avranno letto il giornale!”
Remus strinse le labbra e Lily sospirò, preoccupata.
“Sei sicura di non aver bisogno di nulla?” chiese quest’ultima.
Amanda scrollò le spalle e le sorrise: “Vorrei solo sentire mio padre, nel pomeriggio cercherò Silente e chiederò notizie a lui…”
“Ci andremo insieme, okay?” la rassicurò Layla “Ora torniamo in Sala Grande.”
Amanda annuì, facendo un sorriso tirato.
“Hey, Reg.” gli sussurrò, mentre varcavano la soglia della Sala Grande.
“Grazie.”
Si voltò verso di lei; Lupin ed Evans si erano già allontanati al loro tavolo, mentre Layla andava verso il suo e si era fermata qualche metro più avanti e aspettava che Amanda la raggiungesse.
“Ho capito cosa intendevi l’ultima volta che abbiamo discusso. Io… non ti voglio mettere in difficoltà, non devi starmi accanto per forza.” mormorò, e Regulus si rese conto con quanto dispiacere stesse dicendo ciò.
“Non voglio smettere di essere tuo amico.” affermò, convinto “Tu sei stata la prima persona che mi ha teso la mano quando sono entrato qui. Non lo dimentico, Amanda.”
Lei lo guardò, sorridendo.
“Preferisco che gli altri pensino che non siamo più amici, così non dovrai passare quello che probabilmente passerò io.” sentenziò.
Regulus la guardò, crucciato.
“Che cosa intendi?”
Il suo sorriso si allargò, sembrava quasi compiaciuta di vederlo preoccupato, come se avesse bisogno di sentirsi importante.
“Voglio dire che preferisco essere tua amica di nascosto da loro, piuttosto che non esserlo affatto.”
Regulus sorrise, sollevato; dopodiché accennò a Layla, ancora in attesa, così si salutarono e Amanda la seguì al tavolo Corvonero.
A lui non rimase che sedersi svogliatamente al suo tavolo, completamente solo, a guardare le due sorelle da lontano.
Layla, senza che Amanda se ne accorgesse, ad un certo punto si voltò verso il suo tavolo e gli sorrise, un po’ malinconica.
Per il loro appuntamento ci sarebbe stato tempo.
 
 
 
AMANDA
 
“Shake it out, shake it out,
Shake it out, shake it out…
and it’s hard to dance with a devil on your back,
so shake him off.”
[Scuotilo, scuotilo,
scuotilo, scuotilo,
ed è difficile danzare con un diavolo sulla schiena,
 quindi scuotilo via.]
“Shake it out” – Florence+The Machine

 
 
Il sabato mattina in Sala Grande era il momento migliore per fare i compiti e mettersi avanti con lo studio in tutta tranquillità. Fortunatamente, si trovava anche in un tavolo piuttosto disposto a simili passatempi, per cui non fu difficile, per Amanda, riuscire a terminare tutto quello che aveva da fare nel giro di un paio d’ore.
Lei e sua sorella provarono a lasciarsi alle spalle il brutto episodio di quella mattina scrivendo assieme la risposta alla lettera dei loro genitori. Amanda la infilò in una busta e Layla si offrì di passare nel pomeriggio dalla Guferia per spedirla.
“La lettera che ti ho dato la settimana scorsa l’hai con te?” chiese Amanda.
“Oh, sì, la rivuoi?” rispose Layla, cercando tra i libri alla rinfusa nella borsa. La tirò fuori e gliela riconsegnò.
Amanda controllò l’orologio sulla parete della Sala, scoprendo con sorpresa che erano già quasi le undici. Per quell’ora, la Sala Grande era ormai gremita di studenti che finalmente scendevano dal letto, ristorati da qualche ora di sonno in più.
Si concesse un toast e un succo d’uva, chiacchierando allegramente con Norah Storm, una Corvonero dell’età di Regulus molto simpatica. In un angolo della sua mente, la preoccupazione per suo padre continuava ad alimentare in lei un perenne stato d’ansia.
Sussultò quando sentì qualcuno toccarle la spalle. Si voltò e vide Jaded.
“Come state?” chiese, preoccupata, guardando entrambe.
Appoggiò il toast che stava mangiando nel piatto e le sorrise.
“Va tutto bene, eravamo pronte a un evento del genere!” rispose, indicando anche la sorella.
“Come pensi che reagiranno i tuoi compagni?” domandò, accennando con fastidio al tavolo oltre quello di Grifondoro.
“Male. Marcus ha sempre avuto un forte ascendente su di loro.” rispose, facendo spallucce.
“Ma non mi interessa, non ho paura. Mio padre ha fatto la cosa giusta.” aggiunse, orgogliosa.
Jaded le sorrise, scuotendo il capo.
“Non saresti dovuta stare tra loro.” mormorò Jaded, risentita.
“L’ho voluto io.”
“Hey, Amanda!”
Guardò oltre Jaded e vide Sirius avvicinarsi, nervoso. Sperò non avesse saputo della scenata di Avery, non aveva le forze per affrontare una discussione con lui, in quel momento. Quei pochi morsi dati al toast già protestavano nel suo stomaco.
Quella settimana era gradevolmente passata senza alcun battibecco tra loro, anzi, Amanda era rimasta sorpresa di come Sirius si fosse spesso offerto di accompagnarla alle lezioni che frequentavano insieme senza schernirla per il suo pessimo senso dell’orientamento.
Aveva conosciuto un lato del ragazzo che prima di allora sembrava essere assopito. Le piaceva il modo gentile e curioso in cui le chiedeva le cose, la genuina sorpresa con cui accoglieva le sue stranezze senza deriderla. Quella situazione continuava a farla sentire un po’ a disagio, abituata com’era sempre stata ad odiarlo e a pensare quanto poco avessero da spartire.
Le compagne accanto sua sorella iniziarono a bisbigliare tra loro, concitate. Sirius salutò con un gesto della mano Layla e poi si rivolse a lei.
“Ho letto la notizia, come mai sei qui?” domandò, indicando il tavolo.
Amanda si guardò intorno, notando che tutto il gruppo di sua sorella si era zittito per ascoltarli.
“Dove vuoi che stia? Mi sembra rischioso far finta di nulla.” rispose, perplessa.
“Con noi!” esclamò, come fosse ovvio.
Fece un suono a metà tra uno sbuffo e una risata.
“Sì, certo, poi mi toccherebbe guardarmi le spalle persino quando vado in bagno. No, ti ringrazio, ma sto bene qui!” esclamò, divertita.
“Evitiamo di dare ad Avery un’altra scusa per fare loro una scenata!” intervenne Jaded, incrociando le braccia.
Cosa? Che ha fatto quell’idiota?” chiese immediatamente Sirius, ostile. Allungò immediatamente il collo verso il gruppo dei Serpeverde in fondo alla Sala, probabilmente per controllare se fosse presente.
“Jade!” la rimproverò Amanda, seccata “Avrei preferito che non lo sapesse!”
“Che non sapessi cosa?” insistette, caparbio, tornando a loro.
“Lascia stare, non ti intromettere, non ti riguarda.” sentenziò, seria.
“Non ti avrà minacciato ancora, spero!” esclamò, facendo una smorfia irritata.
Amanda schiuse le labbra, sorpresa. Anche Layla e Jaded parvero non afferrare quello che aveva appena detto.
“Di che sta parlando, Amanda?” le chiese immediatamente Layla.
“Non ne ho idea.” mormorò, gelida, mentre dentro si sentiva infuocare.
Come era possibile che fosse venuto a conoscenza del litigio con Avery? Non aveva raccontato a nessuno del loro scontro, né quello che lui le aveva detto, né tantomeno della sua reazione. O della crisi sopraggiunta dopo.
Era un bluff? Aveva immaginato che tra loro ci fossero attriti tali ed aveva provato a dare aria alla bocca? Sirius poteva essere il tipo da fare una mossa del genere, ma possibile che l’avesse fatto davanti a tutti?
No, Amanda aveva notato con quale sicurezza Sirius avesse parlato. Soprattutto, lo vedeva ora continuare a tenere le labbra serrate, come se temesse di lasciarsi scappare qualcos’altro.
Si alzò, sotto gli sguardi confusi degli altri commensali e dei due Grifondoro in piedi accanto al tavolo.
“Dove vai?” le chiese sua sorella, perplessa.
“A fare due passi, mi sento soffocare” borbottò, lanciando un’occhiata obliqua al ragazzo in piedi accanto a lei.
“E tu vieni con me.” aggiunse, guardando Sirius dritto negli occhi.
Fu evidente che il ragazzo non seppe come reagire a quella richiesta. Non doveva avere un’espressione rassicurante in volto, perché lo vide deglutire, in difficoltà.
“Perché?” chiese, sospettoso.
Non gli rispose, bensì si limitò a tenere lo sguardo fisso su di lui anche mentre raccoglieva la propria borsa.
Si incamminò senza voltarsi indietro, ma sentì i passi di Sirius seguirla.
Superò la grande porta e imboccò il largo corridoio. Andare fuori sarebbe stato perfetto, ma quella mattina il cielo era plumbeo e minacciava di piovere con tuoni continui.
Trovò la prima aula vuota e vi entrò dentro, tenendo la porta aperta in modo che anche Sirius la seguisse. Dopodiché la chiuse ed iniziò a inveire contro di lui, colpendolo con la borsa.
“Di un po’, brutto stupido, mi segui? Mi spieghi come fai a sapere di quello che è successo con Marcus?” sbottò, arrabbiata “Sei un maniaco, per caso?”
“Ahia! Ma che ti prende?! Lascia che- ahia… Amanda!” sbuffò, strappandole la borsa dalle mani.
“Mi lasci spiegare o come al solito devo essere l’unico su cui devi infierire?” soffiò, offeso.
Amanda incrociò le braccia, diffidente.
“Come puoi darmi torto?” chiese “Sei la persona più invadente che abbia mai conosciuto! Qual è il tuo problema?!”
Sirius sospirò, appoggiando la borsa a terra.
“Sabato ti ho incontrato per caso a Hogsmeade, ma… mi sono nascosto.” raccontò “Però volevo chiederti scusa per – beh, lo sai – così ti ho seguito, ma poi ho visto avvicinarsi Avery e sono rimasto a guardare.”
“Hai sentito tutto?” chiese, evitando il suo sguardo. Si sentì avvampare.
Sirius si schiarì la voce, prima di rispondere: “Ecco… sì. Stavo per intervenire ad un certo punto, ma… quel cane è stato più veloce di me!” esclamò, compiaciuto “Lo trovo parecchio simpatico, sai?”
“Ti sembra il caso di parlarmi di Othello?!” proruppe.
Sirius alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Smettila di chiamarlo così, hai visto che non gli piace!” esclamò.
“Lo chiamo come mi pare!” rispose a tono, seccata “Fai sempre così, pensi di aiutarmi ma non fai che essere d’intralcio! E smettila di seguirmi, per l’amor del Cielo! Si può sapere cosa vuoi da me?”
Si accorse solo dopo di aver alzato troppo la voce. Era apparsa più arrabbiata e cattiva di quanto in realtà non fosse. Aveva esagerato, e l’espressione ferita di Sirius ne fu la prova. Il suo stomaco fece una capriola, si sentì enormemente in colpa.
“Io… scusami, ho esagerato.” borbottò, arrossendo.
“Ho parlato a sproposito.” aggiunse, contrita “Sei… sei carino a preoccuparti per la mia situazione. Ma… Sirius, devi darmi il tempo di abituarmi.”
“A cosa?” chiese, confuso.
“Beh… a questa cosa… A me e te che parliamo!” spiegò, indicando entrambi, un po’ sconcertata “Fino a due settimane fa ti avrei lanciato volentieri una fattura, devi darmi modo di abituarmi al fatto che probabilmente non ti odio più.”
Non riuscì a incontrare il suo sguardo, ma se lo sentì prepotentemente addosso, poteva giurare che stesse sorridendo. Recuperò la sua borsa e si avvicinò alla porta. Appoggiò la mano alla maniglia, e prima di aprire si volle togliere un ultimo dubbio che la attanagliava.
“Hai visto anche quello che è successo dopo che Avery se n’è andato?” chiese, continuando a dargli le spalle.
Lo sentì sospirare.
“Sì.” fece una piccola pausa, incerto.
“Ti capita spesso? A cosa è dovuto?”
Si voltò a guardarlo, e si sorprese nel constatare che non sembrava spaventato, quanto più curioso.
“C’è chi nasce senza una goccia di sangue magico nelle vene, e chi con troppo.” rispose, facendo spallucce.
Sirius aggrottò la fronte.
“Che vuoi dire?” chiese.
Amanda sospirò, appoggiando nuovamente la borsa. Si guardò intorno e si avvicinò ad un banco, appoggiandovisi sopra. Sirius le si avvicinò, occupando il banco accanto a lei. Le creava disagio parlarne proprio con lui, ma dal momento che aveva visto ciò di cui era capace, non aveva senso tenergli nascosta la verità.
“Ho mostrato segni di magia precocemente.” cominciò “Per intenderci, già durante la gravidanza la mia magia interferiva con quella di mia madre. Mi raccontò che ero capace di appellare cibi dalla dispensa, quando le venivano voglie particolari, e non ero ancora nata!”
Sirius la guardava, le sopracciglia erano inarcate per la sorpresa, e lei continuò: “Inizialmente pensarono che fosse una cosa positiva. Sai, mio zio Patrick - il fratello di mia madre - era un Magonò, e pensarono che la magia che non era spettata a lui si fosse riversata in me. Sarei stata una strega potente, pensavano, ma tanta magia come quella che possiedo bisogna saperla controllare, perché risente dei miei cambi d’umore: se mi arrabbio troppo, le cose esplodono o prendono fuoco, se sono in ansia o impaurita posso fare incantesimi senza volere… Insomma, in situazioni particolari come in questo periodo devo continuamente prendere una pozione calmante. E comunque non sempre ha effetto, da quanto hai potuto vedere.”
Tacque, lo sguardo basso, aspettando una risposta. Anzi, più che una risposta si aspettava la fatidica domanda la cui risposta non amava dare.
“Ho visto che hai allontanato il cane, prima che la panchina prendesse fuoco. Avevi paura di colpirlo?” chiese.
Amanda annuì, mesta.
“Sì, quando avevo sei anni mi arrabbiai con un bambino, nostro vicino di casa, che prendeva in giro mia sorella… ma preferisco non parlarne.” mormorò, alzandosi.
Si sentì trattenere per un polso.
“Chi sa di questo?” chiese ancora.
“Severus, tuo fratello, Jade, Lily, Remus, e ovviamente mia sorella. Sarebbe meglio se non dicessi a nessuno quello che ti ho raccontato.” rispose, atona. Provò a lasciare la sua presa, ma lui la trattenne ancora.
“Non scappare.” disse “Non voglio sapere di quel bambino, se non vuoi raccontarmelo, ma questa tua condizione non fa di te una persona malvagia.”
Lo guardò dritto negli occhi.
“E tu che ne sai?”
Sirius la lasciò e le rivolse uno di quei sorrisi che le procuravano giravolte incontrollabili allo stomaco.
“Amanda… cucini i dolci più buoni che io abbia mai mangiato, li regali a chiunque senza aspettarti nulla in cambio, collezioni foglie e quando sei felice fai le piroette! Considerando il tuo equilibrio precario, credo che l’unica persona a cui tu possa fare del male sia te stessa!” esclamò, ridendo.
Amanda provò ad imbronciarsi, ma fallì nel tentativo e, anzi, fu contagiata dalla sua risata.
“Mi piace fare le piroette!” esclamò, a mo’ di scuse.
Sirius si alzò e le passò la borsa. Poi, insieme, si diressero alla porta.
“E a me piace vedertele fare.” sentenziò, sorridendo.
Amanda oltrepassò la porta che Sirius aveva aperto senza togliergli gli occhi di dosso.
“Non prenderti gioco di me, Black.” sibilò, con un’espressione di finta minaccia.
“Non lo faccio, Froude.” rispose lui, con un sorriso divertito, scuotendo il capo. Amanda intercettò poi il suo sguardo e rimase senza fiato nel rendersi conto di un fatto assolutamente sorprendente, che la destabilizzò non poco.
Quello era esattamente il modo in cui suo padre guardava sua madre.
 
 
 
Note:
 
Okay, non uccidetemi per aver troncato così il capitolo, ma sono arrivata piuttosto lunga nella stesura e c’è ancora una parte da scrivere che non so quanto tempo e pagine mi prenderà; quindi, piuttosto che ritardare l’aggiornamento, preferisco dividere il capitolo in due parti!
Che ne dite? Ho iniziato a scoprire un po’ le carte, a voi le considerazioni del caso, io comunque ne lascio alcune di seguito:
  • Colpo di scena: gli infiltrati al Wizengamot non sono bastati!
  • Colpo di scena n.2: due Black su due! Joe non la prenderà per niente bene XD;
  • Curiosità: la citazione che ho usato per il POV di Regulus è parte di una canzone di Fiorella Mannoia che mi è piaciuta tantissimo e mi ha ispirato molto perché in ogni strofa ho trovato le sensazioni e i pensieri di Regulus, di Severus e persino di Barty! È stato straordinario ascoltarla perché mi ha proprio fatto entrare nella loro testa. C’è un’altra canzone della Mannoia che è stata una grande fonte d’ispirazione, non mancherò di proporvi altre citazioni più avanti.
  • Curiosità n.2: la canzone “Shake it out” mi carica tantissimo in momenti particolarmente no, e ho pensato si addicesse al momento difficile di Amanda, è un invito a reagire, a scuotersi via di dosso il torpore e l’ansia.
  • La ship a sorpresa: vorrei sapere cosa ne pensate. È parte integrante della prima stesura della trama, e non voglio che vi appaia come una relazione-copia di quella che potrebbe essere un’eventuale Sirius/Amanda. Il loro rapporto sarà molto diverso, non dico altro per non inciampare nello spoiler! – non ve ne potrà fregare di meno, ma la lettera del primo capitolo che Layla aspettava era quella di Regulus :3! E… sì, Layla è uscita con Sirius con l’unico scopo di far ingelosire Regulus xD
 
Ecco, ho terminato. Come al solito vi ringrazio <3, vi mando un bacio e vi aspetto al prossimo aggiornamento!
p.s.: sotto prezioso consiglio di risa lilian badwolf ho cambiato la presentazione della storia! Mi ha fatto giustamente notare che sarebbe stato carino, anziché inserire una citazione della storia, dare una spiegazione più ampia, data portata che avrà la fan fiction! Grazie ancora! :*
-Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Frattura pt. 2 ***


Capitolo XIV: “Frattura” parte 2
“You may think that it's forgotten
but you should be aware.
‘Cause, I’ve learned to get revenge
And I swear you’ll experience that someday.”

[Crederai che sia tutto dimenticato, 
ma dovresti stare attenta. 
Perché ho imparato a vendicarmi 
e giuro che un giorno te ne accorgerai.]
-Sitting down here, Lene Marlin
 
MARCUS
 
Il fuoco lo aveva sempre inspiegabilmente attratto. Sin da bambino rimaneva ore, ipnotizzato davanti alle fiamme scricchiolanti dei camini, situati in ogni stanza del proprio maniero.
Anche in quel momento, nella sala comune Serpeverde, Marcus, completamente solo, guardava bruciare il quotidiano appallottolato, sospeso a meno di un metro dal suo volto. La faccia atterrita di suo padre, catturata da una foto scattata durante la sentenza, sembrava voler uscire dal giornale.
Quando anche l’ultimo pezzetto di carta si fu trasformato in cenere incandescente, si destò da quel gradevole torpore.
Provava uno strano piacere nel vedere ogni cosa consumarsi tra le fiamme. L’odore acre del fumo lo rendeva euforico, la sfumatura arancione delle fiamme che danzavano lo entusiasmava.
Aveva cercato le fiamme e la sensazione che il fuoco gli dava in ogni persona che aveva incontrato. E l’unica che gli aveva dato lo stesso piacere del fuoco era stata Amanda. Viva, scoppiettante e fiera. Il momento in cui la preferiva era quando s’infiammava in una discussione: lo facevano impazzire le sue gote arrossate, il cipiglio aggressivo che assumeva lo sguardo, la scintilla che si accendeva negli occhi.
Amanda lo aveva scottato. E, esattamente come le fiamme che lo attraevano, era inafferrabile.
Dopo la scenata di quella mattina, tuttavia, era giunto ad una conclusione: avrebbe spento la fiamma di Amanda. Oppure, avrebbe acceso un incendio ancora più grande di lei, facendola scottare con il suo stesso fuoco.
Un fruscio catturò la sua attenzione. Sprofondato com’era, sulla poltrona di spalle all’entrata dei Sotterranei, sarebbe risultato invisibile per chiunque stesse distrattamente passando da lì. Allungò il collo per controllare chi fosse, e vide Amanda Froude, accompagnata da Miranda Fawley, dirigersi a passi svelti verso il dormitorio femminile nella direzione opposta alla sua posizione.
Fu tentato di raggiungerla per litigarci ancora e fargliela pagare, ma la memoria delle parole di Lumacorno e le sue intimidazioni lo fecero desistere.
La seguì con lo sguardo e notò qualcosa caderle dalla borsa. Aspettò che fosse sparita nel suo dormitorio, prima di alzarsi e raccoglierla. Era una busta da lettere.
Conteneva una messaggio da parte dei suoi genitori. Leggendola attentamente scoprì qualcosa di utile e molto interessante: Charlus Potter era membro della scorta del padre di Amanda.
I pensieri corsero veloci, e solo una voce che lo chiamava alle sue spalle lo destò.
Ripiegò velocemente la lettera, infilandola in tasca senza farsi vedere, poi si voltò.
Era Severus.
“Come stai?” gli chiese.
“Come vuoi che stia?” fece, aspro.
“Sta’ calmo,” disse, sulla difensiva “non ti disturberei se non avessi una cosa per te.”
Tirò fuori un foglietto di pergamena piegato in quattro parti e glielo consegnò.
“Era nella mia lettera, da parte di Lucius” spiegò.
Lo prese e aggrottò le sopracciglia: “Di che si tratta?”
“Non lo so, è per te. Non leggo la corrispondenza altrui” rispose Severus, asciutto.
“Fai male, di solito si scoprono un sacco di cose interessanti…” buttò lì, con un ghigno, mentre si apprestava a leggere il contenuto del messaggio.
Breve. Conciso. Una richiesta.
Il ghigno si allargò.
Mormorò: “Evanesco”, e il biglietto sparì.
“Lucius ha chiesto che gli rispondessi io. Cosa devo dire?” chiese Severus, annoiato.
Marcus gettò un’occhiata verso il dormitorio femminile.
“Digli di sì. Mi prendo la responsabilità di decidere da parte di tutti” rispose, piuttosto compiaciuto.
“Da parte di tutti?” ripeté, perplesso “Se non so di cosa si tratta preferirei non parlassi anche a nome mio.”
Marcus sorrise, sornione.
“Digli che ho già qualcosa per lui… tu faresti meglio a non esserne a conoscenza. Ma fidati, sarai soddisfatto,” ghignò “ne colpiremo due al prezzo di uno.
 
 
 
AMANDA
 
“Cos’ all of the stars
are fading away
just try not to worry
you'll see them some day.”
[Perché tutte le stelle 

stanno sbiadendo 
cerca solo di non preoccuparti 
un giorno le vedrai] 
-Stop crying your heart out, Oasis
 
 
“Noreen e Penelope dove sono?” chiese Amanda, lasciandosi cadere sul letto a baldacchino.
Miranda si sedette sul suo letto, di fronte a lei. Non ricordava di aver mai visto un’espressione così seria sul viso della compagna.
“Sono in biblioteca…” rispose, ma ad Amanda parve che stesse lasciando la frase in sospeso.
“Il più lontano possibile da me?” suggerì, sarcastica.
La compagna fece un sorriso tirato, tormentandosi una ciocca di capelli castani.
“Sono spaventate, Amanda, e a dirla tutta lo sono anche io. Lo sai che ti voglio bene… ma prendere le tue parti potrebbe essere incauto. Marcus è un tipo vendicativo, e non vede l’ora di sfogarsi su qualcuno… ti ricordi l’anno scorso-”
“Con Marlene e Mary? Certo che sì!” esclamò, mentre al solo ricordarlo sentiva la rabbia montarle nel petto.
L’anno precedente era stata almeno due mesi in guerra aperta con Avery dopo quello stupido scherzo che avevano fatto alle ragazze Grifondoro. Ci erano volute ore di urla e strigliate a tutto il dormitorio maschile del loro anno per far capire che quegli incantesimi che avevano usato erano magia oscura, e che sarebbe costata loro l’espulsione se solo le ragazze avessero deciso di denunciarli. Marcus, in quell’occasione, si era dimostrato pentito, tanto che Marlene le aveva riferito che tempo dopo si era persino scusato. Solamente alla luce degli ultimi avvenimenti, comprese che l’aveva fatto per poter avere qualche speranza con lei.
“Ascolta, Miranda,” esordì “non mi aspetto che prendiate parti, non è quello che voglio. Io sono stata avventata, non vuol dire che dobbiate farlo anche voi, ognuno di voi ha una famiglia a cui dar conto.”
Miranda sospirò.
“Io sono con te, Amanda, ma non posso dirlo espressamente, sono spaventata da quello che sta succedendo… Mio nonno dice che dobbiamo fidarci di Silente, l’ultima volta che un mago oscuro è stato sottovalutato hanno avuto a che fare con Grinderwald! Lui sa di cosa parla, ha pagato a proprie spese la trascuratezza con cui ha governato!” esclamò, seria.
Anche Amanda sapeva bene di cosa stava parlando la sua compagna. Miranda era la nipote di Hector Fawley, ex Ministro della Magia. Egli stesso non aveva dato la giusta importanza all’ascesa di Grindelwald quasi quarant’anni prima, e ne aveva pagato lo scotto perdendo l’incarico di Ministro e gettando il Paese nel terrore. Solo l’intervento di Albus Silente era riuscito a riportare l’ordine e la pace.
“Beh, di’ loro che non sono arrabbiata, ma anzi, faranno bene ad evitarmi al di fuori del dormitorio, non voglio crearvi problemi…” affermò, amareggiata. “Uscendo dal bagno al terzo piano mi sono dovuta difendere da Mulciber che tentava di scagliarmi una fattura! Credo che per un po’ sarà meglio che non stia nemmeno al tavolo con voi.”
“Sei… sei sicura?” chiese Miranda, incerta.
Amanda scrollò le spalle. La commiserazione delle compagne non le serviva, ne avrebbe fatto volentieri a meno, se la sarebbe cavata, come sempre.
Dal primo anno, aveva stretto un bel rapporto con le compagne del dormitorio, ma non era mai riuscita ad instaurare legami saldi così come poteva essere quello che si era creato con Jaded, seppure successivo. Il motivo, probabilmente, risiedeva nel fatto che tutte loro erano figlie di grandi e importanti famiglie purosangue, anche strettamente imparentate con sua madre o suo padre. Penelope Burke, addirittura, nei suoi confronti vantava un doppio legame: sua nonna era una Doherty, ed era pronipote diretta anche di una zia di suo padre. E, per quanto nessuna di loro le avesse mai accennato nulla, in realtà sapeva bene come le loro famiglie consideravano la sua, a partire dai suoi nonni materni, che abbandonarono il resto della famiglia per proteggere suo zio Patrick. Strascichi di conseguenze furono pagate anche da suo padre, in continua lotta con suo nonno Seamus, contrario al matrimonio con quella Doherty, a suo parere ‘caduta in disgrazia’.
Amanda sospirò. Non avrebbe mai compreso quelle dinamiche.
“Sì. Persino Lumacorno la pensa così. Sono appena stata da Silente, era in ufficio da lui.”
“Davvero?” domandò, incredula.
Annuì. L’immagine della testa dei suoi genitori nel camino si riaffacciò nella mente. Le erano apparsi sereni, si sentivano protetti e al sicuro. Erano piuttosto preoccupati per lei, perché sapevano che Marcus era un suo compagno di Casa. Li aveva tranquillizzati, ma, una volta rimasta sola con Silente, persino quest’ultimo si era rivelato impensierito per la situazione.
“Sì, non espressamente. Mi ha consigliato di approfittare del fatto che sono in buoni rapporti con studenti di altre Case…” borbottò in risposta.
Miranda stava per rispondere qualcosa, ma dalla porta del dormitorio entrò Penelope, un po’ sorpresa di vederle lì.
“Ciao” salutò Miranda, poco entusiasta. Amanda si accorse che non l’aveva nemmeno guardata in faccia.
“Tutto bene, Penelope?” chiese, sconcertata.
Finalmente si voltò verso di lei, e Amanda comprese dal cipiglio delle sue sopracciglia scure che era infastidita dalla sua presenza.
“No, Amanda, non va bene” rispose, secca.
Miranda si schiarì la voce, imbarazzata, e cercò di defilarsi dal dormitorio passando inosservata, senza riuscirci.
“Aspetta, Miranda, resta anche tu perché ho bisogno di capire...” la richiamò Amanda, senza togliere gli occhi da Penelope. “Cosa c’è di preciso che non va bene?” chiese.
“Beh, tutto!” scoppiò la compagna, iniziando a gesticolare animatamente. “Tuo padre per primo, invischiato in chissà quali inganni politici per buttare giù la reputazione degli Avery, tu che prendi posizione senza tenere conto dei tuoi compagni solo perché ora hai quel Black che ti gira intorno!” iniziò ad elencare, tutta rossa per la rabbia “Per non parlare di Marcus, non mi rivolge più la parola perché pensa che ti appoggi!”
“I miei genitori mi avevano avvisato di non darti troppa confidenza... Sei sempre stata così, tu, sembri innocente, sorridente, disponibile e amica di tutti, ma non fai che pensare a te stessa!” continuò, velenosa.
Amanda aspettò che la compagna terminasse lo sfogo. Stette in silenzio qualche momento, sbigottita, cercando di mettere in ordine i pensieri.
Si alzò, avvicinandosi a Penelope. Quest’ultima indietreggiò, improvvisamente intimorita. Evidentemente non stava esternando un’espressione indulgente, in quel momento.
“Penso talmente a me stessa che ero disposta a escludermi dal nostro tavolo e far finta di aver litigato con voi, per non mettervi in difficoltà...” mormorò a denti stretti.
Penelope alzò il mento, altezzosa.
“Ti risparmio la fatica di fingere” commentò, gelida.
“Ragazze-” tentò Miranda, ma Penelope la interruppe in malo modo.
“Io e Noreen sappiamo bene come la pensi, Miranda, evita pure di intervenire!”
“Dacci un taglio, Penelope, ti nascondi dietro questi motivi, ma sappiamo benissimo perché ce l’hai con me. Hai solo colto la palla al balzo, con la notizia di mio padre!” esclamò, e si compiacque di vedere arrossire la compagna.
“E di’ pure a Noreen,” continuò, voltandosi verso la compagna, appena entrata di soppiatto “siccome non ha nemmeno il coraggio di affrontarmi, che so benissimo che cercava una scusa anche lei. Sono anni che disapprova la mia amicizia con Jaded!” aggiunse.
Noreen la guardò, stringeva i pugni lungo i fianchi, imbarazzata per essere stata scoperta.
“Vedi? Non lo nascondi nemmeno!” sbottò, stringendo gli occhi scuri.
“Cosa diamine devo nascondere? E perché dovrei, soprattutto?” chiese Amanda, esasperata.
“Perché hai scelto di stare qui!” urlò Noreen. “Hai voluto far parte dei Serpeverde, e questo vuol dire che non puoi essere amica di tutti, soprattutto di quegli idioti Grifondoro!”
“Non ti conviene chiedermi di scegliere...” rispose, con un sorriso strafottente. “Sarei dovuta uscire con Marcus, allora, siccome non so fare l’amica” aggiunse, incrociando le braccia.
“Ti giuro che non riesco a capire come una folle come te possa piacergli!” soffiò Penelope, furente.
“Se può consolarti, non lo so nemmeno io!” sbottò, contrariata.
Superò tutte, dirigendosi verso l’uscita, e lanciò un’occhiata rammaricata a Miranda.
“Non vi disturberò oltre con la mia presenza” sentenziò, scontrosa.
Uscì dal dormitorio sbattendo la porta.
Ebbe l’impressione, camminando in direzione della sala comune, che quel pomeriggio fosse interminabile.
Si sentì improvvisamente tirare per un braccio in un angolo del corridoio buio e poco visibile. Trasalì, trovandosi Regulus a pochi centimetri.
“Che c’è?” sussurrò, confusa.
“È tua, questa?” gli chiese, mostrandole una pergamena “L’ho trovata per terra in sala comune, c’è il tuo nome.”
Amanda la osservò, era la lettera dei suoi genitori. Doveva esserle caduta dalla borsa.
“Sì!” esclamò, afferrandola.
“È stata una fortuna che Avery non l’abbia vista, era a pochi passi. Devi stare attenta alla tua corrispondenza...” la rimproverò, serio.
Amanda sospirò, infilandola in tasca.
“Già. Grazie, Reg…” mormorò “È ancora lì, Marcus?”
“No, è andato al campo da Quidditch per gli allenamenti. Ho un messaggio da parte di Severus: contieniti.”
“Eh? E che vorrebbe dire?” chiese, sconcertata.
“Beh, non me l’ha spiegato, ma è preoccupato per te” ammise, facendo spallucce.
“Ma perché è così enigmatico? Non capisco che gioco sta facendo!” sbuffò Amanda. Nonostante apparisse un po’ contrariata, la notizia che Severus si fosse messo in contatto con lei tramite Regulus l’aveva rincuorata. Era dura ammetterlo persino con se stessa, ma l’amico le mancava.
“È di Severus che stiamo parlando, non lo sa nessuno!” rispose Regulus semplicemente “Comunque io devo scappare, ho preso tempo perché ho detto agli altri che avevo bisogno della scopa.”
Le scompigliò i capelli e lei glielo fece fare, divertita da quel gesto. Era un’abitudine che aveva preso da oltre un anno, ovvero da quando era diventato più alto di lei. Si allontanò verso l’uscita dei Sotterranei con le mani in tasca.
“Hey, Reg!” lo richiamò in un sussurro.
Il compagno si voltò, confuso: “Che c’è?”
“Non hai preso la scopa!” gli fece notare.
Regulus sospirò e Amanda, sorridendo, lo vide correre verso il proprio dormitorio.
Mentre lo guardava allontanarsi le tornarono in mente le parole che Jaded le aveva detto, poche ore prima, mentre pranzava con lei al tavolo Corvonero. Aveva insistito affinché lei stesse al tavolo Grifondoro talmente tanto, che aveva portato dalla sua parte persino Layla, che tentava di convincerla. Alla fine aveva dovuto cedere, e il discorso, senza sapere come, si era spostato su Sirius. Era curiosa di sapere come stessero andando le cose tra loro, non voleva che si trovassero assieme al tavolo e che lei ne fosse imbarazzata; ma l’aveva tranquillizzata, avrebbe retto Black mezz’ora per pasto, era uno sforzo che sarebbe riuscita ad affrontare.
“È vero che non si è mai comportato così con nessuna, ma se lo lasci perdere e non gli dai corda, probabilmente si stancherà. Porta pazienza!” aveva esclamato Jaded, come per rassicurarla. Amanda non aveva risposto, ma il pensiero che, tutto sommato, le sue attenzioni non la infastidissero più così tanto l’attraversò. E si era ricordata del modo in cui Sirius l’aveva guardata e di cui non riusciva a capacitarsi.
Probabilmente era stato tutto un equivoco, aveva sicuramente frainteso un’occhiata che di sensazionale non aveva proprio nulla.
Decise che non ci avrebbe più pensato.
 
 
 
SIRIUS
 
“Tu eri solo da incontrare,
ma tu ci sei sempre stata.”
-Ci sei sempre stata, Ligabue
 
 
Ispezionò con cura tutto quello che era contenuto all’interno dei vassoi in mezzo al tavolo, indeciso su cosa iniziare. Quella sera era davvero affamato, dopo aver passato il pomeriggio ad annoiarsi in sala comune.
Si servì il polpettone, mentre James e Jaded gli si sedevano di fronte, accanto a Lily. Prima di iniziare ad addentarne un boccone, buttò un occhio in direzione del tavolo dei Serpeverde, ma di Amanda non c’era nessuna traccia.
Aveva controllato il suo nome sulla Mappa tutto il pomeriggio, e nella maggior parte del tempo l’aveva trovata in Sala Grande; quando aveva deciso di raggiungerla, lei si era spostata nei Sotterranei.
“Buonasera!” salutò una voce dietro di lui, che riconobbe con piacere essere quella allegra di Amanda.
“Ciao!” la salutò, contento “Sei dei nostri?”. Buttò uno sguardo alle sue spalle, notando che al tavolo dei Serpeverde parecchi la scrutavano, contrariati.
“Sì, Jade mi ha convinto…” rispose Amanda, indicando la compagna che sorrideva soddisfatta.
Si strinse nel proprio posto, ricavando spazio sufficiente a farla sedere tra lui e Remus.
“Com’è andato il pomeriggio? Hai avuto problemi?” le chiese James.
“Non più del solito. Ho parlato con i miei genitori dal camino dell’ufficio di Silente, stanno bene” rispose, mentre era intenta a servirsi il cibo nel piatto.
“Sapete che vostro padre è nella scorta del mio?” chiese poi in un sussurro verso James e Jaded.
“Davvero? Non ce l’ha detto, ma lo immaginavamo!” esclamò James.
Scese qualche momento di silenzio in cui tutti erano troppo impegnati a mangiare per parlare. Sirius si ritrovò a sorridere in direzione di Amanda spesso senza rendersene conto, e la cosa non sfuggì a Jaded, che lo guardava cercando di non scoppiare a ridere.
S’imbronciò e tentò, indispettito, di darle un calcio sotto al tavolo per farla smettere.
“Ahia!” sbottò James, contrariato.
“Che succede?” fece Amanda, confusa.
James strinse gli occhi e lo guardò torvo, prima di rispondere: “Niente…”
Amanda, fortunatamente, non diede peso all’accaduto, perché si voltò verso Peter, di fronte a lei, attirata da qualcosa.
“È una rivista sul campeggio?” chiese, affascinata.
Sirius pensò che a Peter sarebbe sicuramente venuto un infarto, siccome non era abituato ad una ragazza che gli prestava attenzione.
Lo vide balbettare, imbarazzato.
“Ecco, sì… ci sono un sacco di accessori,” rispose, ansioso “ci vado spesso con i miei genitori durante l'estate!”
“Anche ad Amanda piace, mi racconta sempre che ci va con suo padre” intervenne Remus, indicandola.
Lei annuì, entusiasta: “Già! Abbiamo girato l’Irlanda in campeggio negli ultimi tre anni!”
“Tu? Il campeggio?” s’intromise Sirius, dubbioso “E sei ancora viva?”
Remus lo guardò con disapprovazione, ma lui lo evitò accuratamente. Amanda si voltò finalmente verso di lui, sconcertata.
“Sono più avventurosa di quanto non sembri!” esclamò, impettita.
“E cosa faresti, di preciso, quando vai in campeggio?” la provocò, divertito.
“Beh… scegliamo un posto, montiamo la tenda e poi visitiamo i dintorni. Quand’ero piccola mi arrampicavo sopra gli alberi per avere una visuale migliore! Solo che poi mi girava la testa e cadevo. È così che mi sono rotta il femore la prima volta!” disse, semplicemente.
“La prima volta?” le fece eco, sconvolto. “Quante ossa ti sei rotta?”
“Delle braccia o delle gambe?” s’informò lei.
“Parli sul serio? Non sono più sicuro di volerlo sapere...” ammise Sirius, ridendo.
“Beh, me l’hai chiesto tu!” esclamò, facendo spallucce. “Comunque, per la cronaca, praticamente tutte. Quando andiamo via ho sempre una riserva di Ossofast nello zaino, ho imparato anche a prepararlo da sola!” aggiunse, orgogliosa.
“Davvero? È una pozione difficile!” intervenne Lily, stupita.
“Mia madre è molto brava, è stata lei ad insegnarmelo. Anche lei, come me, ha qualche problemino con l’equilibrio!” confessò.
Problemino?” ripeté James, sorridendo “Mi piace il tuo ottimismo!”
Sirius rise: “Siamo realisti, Amanda. Sembri andare contro tutte le leggi fisiche e magiche conosciute!”
“Voi parlate come se foste normali!” esclamò Jaded. Si rivolse ad Amanda, sorridendole.
“James fa tanto il fenomeno, ma ha imparato ad andare sulla scopa senza cadere solamente a otto anni...” aggiunse, schernendolo.
“Ma da allora non sono più caduto!” si difese.
“Non ci credo...” esclamò Lily, sbalordita “Potter! Quali altri scheletri nell’armadio hai?”
“Se continua così, quello di mia sorella!” esclamò, guardando male Jaded, che invece se la rideva.
“Io non sono mai caduta dalla scopa...” confessò Amanda.
Si girò verso di lei, e non riuscì a capire se stesse scherzando o meno.
“Continuo a dire che siete fatti l’uno per l’altro, Sir,” disse James “ha un gran senso dell’umorismo, la ragazza!”
“Sei mai salita su una scopa, piuttosto?” si accertò Sirius “Intendo quelle che si alzano in volo, le hai presente?”
Amanda gli diede una gomitata, arrossendo.
“Non trattarmi da idiota, parlo proprio di quelle!” esclamò, imbronciata. “I miei genitori non me ne hanno fatto toccare una fino a che non ho avuto nove anni, però, in compenso, le volte che ci salivo applicavano un incantesimo di Adesione su tutta la superficie della scopa. Potevo muovermi ma era impossibile che cadessi!” spiegò.
Sirius la fissò, affascinato.
“Ma è una soluzione geniale, James!” esclamò poi, rivolgendosi all’amico “Dovresti provarla anche nel Quidditch!”
“Cosa? Vorresti dirmi che voi non lo usate già?” chiese Amanda, stupefatta. “Forse non avrei dovuto dirvelo” mormorò, stringendo le labbra.
“Non ci avevamo mai pensato, in effetti...” ammise James, profondamente turbato per la scoperta.
“Nella squadra Serpeverde tutti quelli che hanno imparato a padroneggiare l’incantesimo lo fanno: è non verbale, comodo, e così come lo applichi lo togli facilmente. Ci hanno messo un po’, ma ora viene bene quasi a tutti quelli dal quarto anno in su!” esclamò, semplicemente.
“Maledizione, ecco perché non riuscite mai a disarcionarli...” disse Sirius, sconvolto.
“Ma è rischioso comunque, chi lo applica è l’unico a poterlo togliere. Se dovessero perdere conoscenza mentre volano?” chiese Jaded, curiosa.
“È  successo, in effetti, è stato divertente! Pensate che da due anni non posso più assistere ai loro allenamenti, me lo vietarono dopo che scoprirono che ero io quella che schiantava alcuni di loro dagli spalti!”
Sirius scoppiò a ridere di gusto. Si domandò davvero dove fosse stata tutto quel tempo.
“Cosa? Ma perché?” domandò James, tenendosi lo stomaco per le risate.
“Amanda, è una cosa cattiva!” la rimproverò Lily, sgomenta. Guardò Jaded e continuò: “Tu lo sapevi?”
“Sì, me lo ricordo, è stato spassosissimo!” rise Jaded “Ma non è niente di preoccupante, tra di loro si fanno in continuazione questi scherzi… Pensate che il giorno che ho conosciuto Amanda, era completamente bionda! Avery aveva corretto il succo d’uva di tutte le ragazze con una pozione per tingere i capelli! E a lei andò bene, qualcuno mi disse che alla Pucey fece reazione un ingrediente e le spuntò un orecchio in più dietro il collo!”
Amanda annuì, e si lasciò andare ad una risata che contagiò tutti.
“È vero, quegli effetti durarono ben due settimane… Ma la vendetta fu meravigliosa!”
Si voltò poi verso Lily e si giustificò: “Quella volta agli allenamenti l’ho fatto anche perché volevo che accettassero Reg nella squadra… era bravo, ma non gli davano la possibilità di dimostrarlo!”
“Ma non mi dire…” sbuffò Sirius, sarcastico “tu che proteggi Regulus!”
Amanda si voltò verso di lui, e rispose, inarcando le sopracciglia.
“Beh, qualcuno doveva pur comportarsi come un fratello, no?”
Remus, accanto a lei, tossì, cercando di dissimulare una risata, mentre tutti gli altri risero.
“Te la sei cercata” gli mormorò Amanda. Continuarono a guardarsi qualche secondo, poi lei arricciò un angolo della bocca, divertita.
Sì, se l’era decisamente cercata. Ed era contento di averla trovata.
 
 
*
 
Quella sera a cena scoprì, con grande sorpresa, dai racconti di Amanda, che anche i Serpeverde sapevano divertirsi. Gli rivelò che tra dormitori maschili e femminili era un continuo farsi scherzi, e spesso e volentieri era proprio lei che tirava le fila tra le ragazze, battendo spesso la controparte maschile.
Persino James era rimasto sorpreso, tanto che lo vide scarabocchiare sul tovagliolo un paio di idee che riteneva particolarmente brillanti.
La cena parve terminare troppo presto, e purtroppo Amanda si rifiutò di essere accompagnata all’ingresso dei Sotterranei.
Era a malapena passata la mezzanotte, e per essere sabato sera, si rese conto che era davvero troppo presto per rimanere in dormitorio e andare a letto.
Remus e Peter erano già crollati, mentre lui e James stavano finendo una partita a Spara Schiocco non molto avvincente.
La Mappa del Malandrino aperta sopra il comodino attirò la sua attenzione. L’occhio andò immediatamente a cercare nei Sotterranei il nome di Amanda, ma non lo trovò.
“Felpato, tocca a te” lo chiamò James, annoiato.
“Aspetta, non trovo Amanda…” mormorò, mentre studiava tutti i nomi nella sala comune.
“Vuoi smetterla di controllarla in continuazione? Penserà davvero che sei un maniaco!” esclamò il compagno.
Sirius sentì uno scoppio e seppe di aver vinto il gioco, ma non esultò per quello.
“Eccola… È nelle cucine!” dichiarò, soddisfatto. “Hai fame, James?” gli domandò poi, sorridendo sornione.
“Che ci fa nelle cucine a quest’ora?” chiese il compagno, esaminando la mappa con lui.
“Nessun festino, perché è da sola…” rispose Sirius, pensieroso.
“Forse è andata a fare rifornimenti per un pigiama party con le compagne di dormitorio” ipotizzò James, ma vide che non ne era convinto.
“Posso prendere il Mantello? Vado a dare un’occhiata!” chiese Sirius, chiudendo la mappa e mettendola in tasca.
James annuì, lo prese dal cassetto del comodino e glielo passò.
“Starai fuori tutta la notte?” gli chiese, stiracchiandosi.
“No, controllo solo che sia tutto a posto e torno!” lo rassicurò. Infilò le scarpe, salutò il compagno e scese silenziosamente le scale del dormitorio.
Attraversò la sala comune che contava ancora alcuni Grifondoro impegnati in partite a scacchi e in chiacchiere e arrivò davanti al quadro della Signora Grassa.
Fu abbastanza semplice convincerla a farlo passare, era abituata alle sue scappatelle notturne, e come al solito le promise di ritornare entro un’ora.
Arrivò, nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, davanti al quadro del cesto di frutta, posto all’ingresso della cucina. Solleticò la pera dipinta e questa fece apparire una maniglia.
Entrò silenziosamente e si guardò intorno, cercandola. Avanzò nella stanza, superando i quattro lunghi tavoli. In fondo alla stanza, vicino al camino, vide qualcuno accucciato su una poltrona.
Si avvicinò, notando che era proprio Amanda. Se ne stava acciambellata sulla poltrona, gli ricordò un gatto. Dalla coperta avvolta intorno al proprio corpo spuntava solo la testa con la folta capigliatura scura. Stava dormendo.
Si prese qualche momento per osservarla. Esattamente come la prima volta che l’aveva trovata addormentata in biblioteca, una piccola ruga tra le sopracciglia le dava un’aria seria, come se stesse facendo brutti sogni.
Le mise una mano sulla spalla, scuotendola leggermente.
“Amanda” sussurrò, cercando di svegliarla.
Al suo tocco sussultò, aprendo gli occhi immediatamente. Sorrise nel vederla stropicciarsi gli occhi, assonnata.
“Che succede? Perché sei qui?” borbottò.
“Io ero venuto per qualche biscotto!” mentì, guardandola perplesso “Tu, non lo so... Perché dormi in cucina?”
Amanda si guardò intorno e si mise seduta.
“Non potevo dormire nel mio letto…” spiegò “il primo posto che mi è venuto in mente è stato questo.”
“Cos’è successo al tuo letto?” chiese, confuso.
“Ho discusso con le mie compagne di dormitorio, e una di loro ha deciso che fosse divertente fammi trovare il letto invaso dalle cacche di Mrs Purr.”
Sirius sorrise.
“In effetti lo è,” ammise, beccandosi un’occhiataccia dalla ragazza “ma come faceva ad averle a disposizione?”
“Penelope è talmente fuori di testa che non fatico ad immaginarmela mentre passa il pomeriggio a raccogliere cacche di gatto. Dovrebbe decisamente farsi una vita!” esclamò, con un’alzata di spalle. “Vuoi del tè assieme ai biscotti?” chiese poi, alzandosi e legandosi la vestaglia verde scura.
Sirius annuì, e notò come la ragazza si muovesse in quella cucina con una sicurezza che non le aveva mai visto avere in nessun altro luogo del Castello.
“E com’è finita?” chiese, curioso.
“Beh, non si vede? È finita che sono venuta a dormire qui!” rispose indifferente, mentre riempiva d’acqua il bollitore utilizzando la bacchetta.
“Gliel’hai data vinta?” fece, incredulo.
“Se per ‘dargliela vinta’ intendi averla Pietrificata e rinchiusa nell’armadio, allora sì, gliel’ho data vinta!” esclamò, guardandolo compiaciuta. Prese da una grande dispensa di legno un vaso contenente dei biscotti e glielo porse.
Sirius scoppiò a ridere.
“È una cosa che fai spesso, quella di chiudere le compagne nell’armadio?”
“Solo quando è necessario” replicò lei, altezzosa.
“Vorresti farmi credere che Penelope Burke è davvero ancora Pietrificata e rinchiusa in un armadio del dormitorio? E le tue compagne?” chiese, meravigliato.
“Ho lasciato un biglietto a Miranda e impostato la sveglia tra un paio d’ore. Quando si sveglierà, lo leggerà e andrà a liberarla...” borbottò, mentre prendeva due tazze. “Penelope sarà indolenzita, ma avrà imparato la lezione!”
Stette ad osservarla, affascinato, mentre versava il tè nelle tazze, come se nulla fosse.
“Sai, Froude, sono ancora convinto che dovremmo uscire insieme” commentò, prendendo la tazza che Amanda gli stava passando.
Lei bevve un sorso di tè, senza smettere di guardarlo.
“Io sono ancora convinta che puoi scordartelo, Black!” rispose, mentre un sorriso le increspava le labbra. Sirius tenne lo sguardo agganciato a quello di Amanda, e non si concentrò su quello che gli aveva detto, perché aveva ascoltato i suoi occhi blu dirgli di sì.
 
 
 
 
 
Note:
Ciao a tutti” Ecco la seconda parte del capitolo “Frattura”… che non parla solo di fratture immaginarie XD – mai titolo fu più azzeccato!
Allora:
  • Se prima avevate dei dubbi per Amanda in Serpeverde, ora spero vi si siano chiariti XD… una Casa di burloni, eh?
  • Per quanto riguarda l’incantesimo di Adesione: serve a far aderire ad una superficie oggetti, e ho letto da qualche parte che lo fanno anche gli Animagi per trasformarsi assieme ai vestiti, in modo da non rimanere nudi quando ritornano umani. Quindi ho pensato che si potesse decidere l’area della superficie a cui far aderire qualcosa, e che non era una cosa così stupida riuscirlo a fare ad una scopa. Questo però non protegge dallo schiantarsi, se non la sai guidare! XD
  • Mi è piaciuto scrivere il POV di Marcus, spero che SeveraBartySha l’abbia apprezzato! :3
  • E Severus? :O
  • Anticipazione: POV a sorpresa nel prossimo capitolo :D!
Ecco, credo di aver detto tutto quello che dovevo! Ancora grazie mille a chi recensisce e chi segue la storia <3!
Alla prossima :D
 
-Amanda
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Il Punto Debole ***


Capitolo XV: “Il punto debole”
 
28 ottobre 1976

“E ti sei opposto all’onda
ed è lì che hai capito
che più ti opponi, e più ti tira giù…
e ti senti ad una festa
per cui non hai l’invito,
per cui gli inviti adesso falli tu.”
-Metti in circolo il tuo amore, Fiorella Mannoia
 
BARTY CROUCH JR.
 
Accantonò la lettera di sua madre in un angolo della borsa e tirò fuori il libro di Aritmanzia, preparandosi a passare l’intero pomeriggio in biblioteca. Lanciò un’ultima occhiata ad Amanda Froude, due tavoli più avanti, in compagnia di sua sorella Layla, poi fissò la copertina di pelle nera lucida.
L’aveva notato, in quel mese, il vuoto che si era creato intorno ad Amanda. I compagni l’avevano vista preferire esclusivamente la compagnia di studenti alquanto discutibili, si era autoesclusa persino dalle compagne del dormitorio. Dal giorno della sentenza emessa da suo padre, Amanda aveva preso le distanze da tutti, sembrava fare addirittura vanto del lavoro di suo padre, senza vergognarsene, persino difendendolo.
Barty non era sicuro che avrebbe reagito allo stesso modo, e sperò di non doverlo mai scoprire.
Se Barty Crouch Senior si fosse trovato nella situazione di condannare genitori o compagni della sua stessa Casa, avrebbe fatto la stessa fine di Amanda?
Si rispose abbastanza in fretta. Barty non provava le benché minima stima per suo padre; da quando ne aveva ricordo, lui era sempre stato troppo impegnato nel suo lavoro per prestargli attenzione.
Conosceva bene il terreno minato in cui Amanda andava ormai camminando da un po’ di tempo, e Barty si ripeteva continuamente, quasi come una cantilena, che non aveva alcuna intenzione di fare la sua fine.
Perché avrebbe dovuto buttare al vento gli anni in quella casa a causa del lavoro di suo padre? Perché avrebbe dovuto difendere ciò che lo aveva allontanato da lui? Avrebbe fatto tutto ciò per un padre presente, che lo considerava e lo stimava, non certo per uno come il suo. Barty Senior non era che un nome, una presenza per nulla tangibile nella sua vita.
Vivere tra i Serpeverde sembrava una costante partita a scacchi. Era una convivenza fatta di strategie, di modi per farsi accettare, di espedienti per ottenere la fiducia dei compagni.
Non avrebbe mai permesso a suo padre e al suo maledetto lavoro di rovinare la posizione che aveva faticosamente conquistato.
Il rumore di una sedia che si spostava lo destò, e alzando lo sguardo notò Layla Froude portarsi la borsa su una spalla, in procinto di andarsene.
“Devo vedere delle amiche, ci vediamo a cena! Starai con me?” la sentì chiedere ad Amanda.
Lei annuì e tirò la sorella a sé per strapparle un abbraccio. Vide Layla dimenarsi, imbarazzata.
“Mandy, smettila!” le soffiò a bassa voce, contrariata.
Amanda mise il broncio, offesa.
“Uffa, come sei scostante… eri più affettuosa da piccola! Che ne è del nostro motto?” chiese, malinconica “Non ce lo diciamo più come una volta…”
Barty notò che Layla aveva alzato gli occhi al cielo, un po’ seccata, ma subito dopo aveva sorriso alla sorella.
“Prega affinchè non serva, piuttosto,” rispose, abbassando poi il tono della voce ad un sussurro prima di continuare “Tú agus mé, Mandy…
“… Linn, Lay,” terminò Amanda, sorridendo e scompigliandole i capelli.
Barty inarcò le sopracciglia, sorpreso nel sentirle parlare gaelico. Aveva imparato a comprenderlo grazie al precettore irlandese che l’aveva istruito prima del suo ingresso ad Hogwarts. Non sapeva che le ragazze lo conoscessero, non aveva mai sentito dire loro una parola in quella lingua.
Tu ed io, Mandy… Noi, Lay,’ era quello che si erano appena dette.
Si scoprì invidioso del legame che univa le due sorelle, sapeva di non aver nessuno, in quel momento, a cui poter fare una dichiarazione del genere.
“Non spettinarmi, dai!” sbuffò Layla, scocciata “Che fai, tu, resti qui?”
Amanda assentì con un gesto del capo.
“Aspetto Peter, ho promesso che gli avrei dato una mano con Incantesimi!” esclamò.
“Auguri, allora, ho saputo da Remus che è proprio negato…” rispose Layla, divertita.
La vide voltarsi indietro e incontrare il suo sguardo. Barty non si aspettava che Layla sapesse che era sempre stato a pochi passi da loro, sperò vivamente di non arrossire per essere stato colto in flagrante mentre origliava la loro conversazione. Lei non sembrò avere quel pensiero, anzi, alzò la mano e lo salutò con un sorriso.
Barty rispose al saluto con un rigido cenno del capo; seguì Layla con lo sguardo mentre si dirigeva verso l’uscita della biblioteca e salutava Madama Pince con la confidenza di chi prende in prestito più libri di qualunque altro studente.
Lui e Layla frequentavano lo stesso anno e la maggior parte delle lezioni assieme; lo trattava con una familiarità probabilmente derivante dal fatto che i loro padri svolgevano lo stesso lavoro al Ministero. Eppure, proprio per questo, Barty non aveva mai ricambiato quella confidenza, mantenendo nei suoi confronti un certo distacco, tale da sembrare più timido che freddo.
Prima di tornare al proprio libro intercettò il sorriso gentile di Amanda.
Vi rimase incastrato un momento, ma non le diede alcun cenno d’intesa, abbassò la testa in uno scatto infastidito.
Fino all’anno prima, Amanda gli era sembrata il buon esempio da seguire per chi, come lui, si trovava in una posizione incerta nei confronti dei compagni. Lei riusciva a mantenere buoni rapporti con chiunque, parlando del padre poco quanto niente, non si esponeva più di tanto e godeva addirittura della stima di compagni come Avery, Rosier, Mulciber e Piton, nonostante facesse parte di una famiglia che aveva fatto storcere il naso a causa delle proprie scelte filobabbane.
Invece, con gli ultimi avvenimenti, aveva notato cambiare completamente il suo atteggiamento, e sapeva che c’entrava la sua amicizia sempre più forte con Jaded Potter, che l’aveva portata a schierarsi e rinnegare del tutto la sua Casa. Era stata scorretta, lui non avrebbe mai tradito i suoi compagni in quel modo, era stata così deludente.
Con gli occhi fissi su complicate formule di Aritmanzia, si distrasse ancora una volta, sentendo Amanda salutare Peter Minus. Buttò un’occhiata davanti a sé, la ragazza gli dava nuovamente le spalle e parlava anche con James Potter.
“Dov’è il resto del tuo seguito?” gli chiese.
“Sirius e Remus sono stati trattenuti dalla McGranitt per via di un compito, ma non sono stato a interessarmi per evitare di finirci dentro anch’io! Io e Jade abbiamo gli allenamenti più tardi, se prometti di non schiantare nessuno ti invitiamo ad assistere!” spiegò, sorridendo.
“Non saprei, dipende tutto da quanto impegno metterà Peter oggi pomeriggio!” esclamò Amanda, sorridendo nella direzione di Minus.
“Oh, perfetto, allora ci vediamo direttamente domani, forse!” fece Potter, sarcastico.
“Comunque, volevo dirti che Smith di Tassorosso ci ha raccontato la scenata che hai fatto stamattina a Cura delle Creature Magiche per aver visto un Asticello! Come diavolo è possibile che tu abbia paura degli Asticelli?” riprese, incredulo.
Barty si bloccò, incuriosito dalla conversazione, e allungò l’orecchio per sentire meglio.
“Beh… non mi piacciono, non mi fido di creature che fingono di essere rami! Perché devono fingere di essere qualcosa che non sono? Hanno qualcosa da nascondere!” rispose lei, sulla difensiva.
“Si chiama mimetizzazione, hanno bisogno di farlo per difendersi… Questa è la motivazione più stupida che abbia mai sentito!” esclamò, divertito.
La vide scrollare le spalle.
“Ecco, in realtà un motivo c’è. A cinque anni confusi un Asticello per una bacchetta e iniziai ad agitarlo. Lui si arrabbiò e tentò di cavarmi gli occhi… fu terribile!” spiegò a voce bassa e lamentosa.
Potter rise e persino Barty non riuscì a camuffare un sorriso divertito.
“Lo dicevo a Sirius che c’era una storia spassosa dietro!” intervenne Minus, sorridendo.
“Cosa? Anche Sirius lo sa? Non vedrà l’ora di prendermi in giro!” commentò Amanda, risentita.
“Scherzi? Sirius adora le tue storie, non so come fai ma riesci a farlo ridere più di me! Si è arrabbiato con Stephan quando ce l’ha raccontato, in realtà,” ammise Potter.
“E perché?” chiese Amanda, confusa.
“Non gli piace che gli altri ridano di te, gli ha detto che se eri spaventata dagli Asticelli c’era sicuramente un motivo valido, è stato carino! Dovresti dargli una possibilità…” le rispose, sorridendo sornione.
Lei si schiarì la voce, probabilmente quest’ultima considerazione l’aveva messa in imbarazzo. Che Barty ricordasse, in quegli anni non aveva mai sentito il nome di Amanda accostato ad alcun compagno. Sicuramente non era abituata alle attenzioni che Black dimostrava nei suoi confronti. Tra i Serpeverde girava la voce, ormai confermata, che Black avesse messo gli occhi su di lei, ed erano tutti piuttosto scettici per quella ipotetica coppia.
“Vuoi o no che ti aiuti con Lily, Potter?” chiese Amanda, canzonatoria.
“Certo che sì!” esclamò lui, un po’ troppo velocemente.
“Bene, allora smetti di pensare a cosa dovrei fare io e ascolta, non lo farei se non pensassi che hai più di una speranza con lei…”
“Mi stai rendendo una persona felice, Froude!” esclamò Potter con un ampio sorriso.
“Se Peter non mi terrà qui tutto il pomeriggio cercherò di portarla con me a vedere gli allenamenti,” disse, ma vide dalla faccia di Potter che non doveva reputarla una buona idea.
“Buona fortuna, allora, si è sempre rifiutata proprio perché ci sono io… Nonostante ci sia Jade non è mai venuta!” esclamò lui, mettendo il broncio.
“Beh, è il primo allenamento Grifondoro a cui posso assistere, non potrà dirmi di no!” fece lei, convinta.
Barty sbuffò, seccato. Ora Froude si occupava anche delle loro faccende di cuore! Chiuse il libro e decise che non sarebbe rimasto lì un secondo di più.
Forse, la sala comune sarebbe stata più silenziosa e soprattutto priva di quegli idioti.
Si alzò quasi scalciando la sedia, tanto che il rumore attirò l’attenzione dei ragazzi che ancora parlottavano tra loro. Passò loro davanti senza degnarli di uno sguardo, pur sapendo di avere addosso le loro occhiate, probabilmente sconcertate.
Uscì dalla biblioteca e attraversò il corridoio a passo spedito fino a trovarsi quasi davanti all’entrata dei Sotterranei. Prima di girare l’angolo sentì una voce esclamare, piuttosto sorpresa: “No! Non ci credo!”
Si nascose, affacciandosi discretamente solo per vedere di chi si trattava, e scorse Black, parzialmente visibile perché quasi di spalle, che si rivolgeva a due studenti dietro la grande scalinata all’entrata. Erano Regulus e Layla, colti in flagrante ancora avvinghiati, con tutta probabilità intenti a baciarsi fino a qualche secondo prima.
Tornò a nascondersi dietro il muro, passando inosservato, mentre i ragazzi tentavano di dissuadere Sirius Black dal divulgare la notizia.
Non aveva la più pallida idea che Regulus e Layla si frequentassero, e probabilmente nemmeno gli altri studenti Serpeverde erano al corrente della faccenda, lo poteva comprendere dal tono allarmato con cui Regulus tentava di convincere il fratello a non proferir parola con nessuno.
“Non ti ho mai chiesto niente, e lo sai! Prometti che non lo dirai a nessuno!” lo implorò.
“Santo Godric, ma Amanda lo sa?!” chiese il fratello, con un tono ancora piuttosto sbigottito.
“No!” esclamò Layla, questa volta, “E non deve saperlo… Sirius, ti prego!”
“A chi altro dovrei dirlo? Perché non dovrebbe saperlo? Da quanto va avanti questa storia?” insistette lui, ostinato.
“Da… qualche mese,” rispose la voce di Layla, incerta.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Barty udì distintamente il tono derisorio di Sirius: “Saresti uscita con me per fare ingelosire mio fratello?”
“Beh… sì,” rispose Layla con un filo di voce, ma poi parve trovare il vigore per continuare “Se spiffererai qualcosa ad Amanda, scordati il mio aiuto, Black!”
“Di che parli?” chiese immediatamente Regulus, infastidito.
“Gli ho detto che l’avrei aiutato con Amanda, siccome è così evidente che si piacciono!” rispose Layla.
“Tua sorella? Con lui?” fece Regulus, scettico “Siete fuori di testa, tutti e due!”
“Perché ti sembra tanto strano?” chiese Sirius con tono offeso.
“Conosco bene sia te che lei, tu non hai pazienza e con lei ne serve troppa! Non riusciresti a gestirla…”
Layla intervenne, infastidita, e Barty ne approfittò per defilarsi senza farsi vedere dai tre.
Entrò velocemente nei Sotterranei e a passo svelto si diresse verso la sala comune.
Quindi era tutto falso. Amanda non si era allontanata da Regulus, e addirittura lui aveva una relazione con Layla. Regulus Black era stato bravo a fingere e ad ingannare tutti, ma ora Barty sentiva la responsabilità di avvisare i compagni di quella scoperta.
Aveva appena trovato il modo di entrare nelle grazie di Marcus Avery.
 
 
REGULUS
 
Accompagnò Layla fino alle scale a chiocciola che portavano alla sala comune Corvonero, nel silenzio più totale. Si tenevano ancora il broncio dopo la discussione che avevano avuto per colpa di Sirius. Layla aveva reagito male solamente perché si era mostrato perplesso dopo aver saputo della sua collaborazione con Sirius per ‘conquistare’ Amanda.
Si guardò intorno e sbuffò.
“Intendi non parlarmi ancora per molto?” le chiese, guardandola.
Layla incrociò le braccia e alzò gli occhi, incontrando i suoi.
“Non lo so, vuoi elencarmi ancora dei motivi per cui pensi che mia sorella non debba stare con tuo fratello?” fece, velenosa “Ti rendi conto che sembri geloso di lei?”
Regulus sospirò, seccato.
“Non sono geloso di lei, ma di te! Mi infastidisce che complotti e parli con Sirius senza dirmi nulla, siccome siete anche stati insieme… è possibile che non ci arrivi?” sbottò, offeso “Non mi interessa con chi sta Amanda, ho solo espresso i miei dubbi, potrebbe accompagnarsi anche a un Troll di montagna se è quello che vuole!”
Un mezzo sorriso increspò le labbra di Layla, e l’espressione del volto, dapprima dura, parve addolcirsi.
“Regulus, sai bene che lui non ha mai significato nulla per me, è con te che sto,” borbottò, avvicinandosi.
“E io sto con te, Lay, anche se sembri non capirlo. Perché non mi hai detto che vi eravate parlati?” chiese, cercando di apparire ancora un po’ arrabbiato. In realtà aveva apprezzato che la ragazza si fosse avvicinata, e il tono distaccato con cui aveva parlato cozzava decisamente con la delicatezza che stava usando per accarezzarle un braccio.
“Te ne avrei parlato, non pensare che voglia tenerti nascoste le cose!” bofonchiò, a mo’ di scuse “È solo che passiamo così poco tempo insieme, nascondendoci da tutti, che mi sembrava ingiusto sprecarlo a parlare di tuo fratello…”
Era incredibile come Layla riuscisse a far apparire tutto così chiaro in poche parole. Sorrise, rinvigorito da quel calore che aveva preso a scaldargli il petto. Le sollevò il mento e si avvicinò alle sue labbra.
“Non male come prima litigata. Che ne dici di fare pace, ora?” mormorò.
Sentì le sue braccia intorno al collo e Layla si sporse in avanti per annullare del tutto la distanza tra loro.
Avrebbero dovuto mostrare maggiore discrezione, lo sapeva bene, soprattutto perché solo mezz’ora prima erano stati beccati da Sirius. Ma le labbra di Layla gli facevano dimenticare tutto, ogni benedetta volta che ne entrava a contatto. Era esattamente a quello che pensava, mentre sorrideva sulle sue labbra. Le cinse la vita, attirandola a sé, e la baciò con trasporto.
 
 
AMANDA
 
 
“Amanda, siediti, sono solo allenamenti!” esclamò Lily, ridendo nel vederla particolarmente entusiasta della performance di Battitrice di Jaded.
Amanda tornò a sedersi tra lei e Marlene. Nella posizione in cui si trovavano sugli spalti del campo da Quidditch, vedevano distintamente tutti i giocatori della squadra Grifondoro darsi da fare in una partita tra di loro. Jaded, in particolare, stava dando il meglio di sé quel pomeriggio, nonostante si dicesse che per le ragazze quel ruolo non era particolarmente adatto.
“È bravissima, deve essere incoraggiata…” si difese.
“Potrai farlo la prossima settimana, nella partita contro i Serpeverde, sono sicura che apprezzerà di più!” disse Marlene, sorridendo.
“Io continuerò a tifare per Serpeverde, ma solo per la presenza di Regulus!” affermò Amanda, decisa.
“Non preoccuparti, Jaded sa fin troppo bene di essere brava… in questo è identica  a James,” commentò Lily.
Amanda le diede una leggera gomitata e sorrise sorniona.
“Tu ne sai qualcosa, eh, Lily? Ce ne siamo accorte che non gli hai tolto gli occhi di dosso!” esclamò.
Lily strinse gli occhi e s’imbronciò, arrossendo.
“Non credo proprio…” borbottò, imbarazzata.
“Non è esattamente la persona più umile di questo mondo, ma prima di conoscerlo meglio non pensavo fosse così preso da te, Lily! È un po’ più tranquillo dell’anno scorso, l’hai notato?”
“Cosa stai facendo, Amanda?” le chiese Lily, rivolgendole uno sguardo indagatore.
“Io? Niente… di che parli?”
“Hai mostrato tutto questo interesse per venire a vedere gli allenamenti e ora mi parli di quanto Potter sia preso da me… ti ha detto lui di farlo?” domandò, incrociando le braccia al petto.
“Cosa? No, no, Lily, davvero! È solo una mia opinione, tutto qui!” rispose, scuotendo il capo.
Sperò con tutto il cuore di non aver rovinato tutto. Se Lily avesse capito che stava cercando di aiutare James si sarebbe sicuramente arrabbiata. A nessuno piace essere manovrato, alla compagna men che meno. Ma in quel caso, Amanda si ripeteva che si trattava più di una spinta verso la consapevolezza di provare un’attrazione nei suoi confronti. Come avrebbe spiegato, altrimenti, tutti quegli sguardi che gli rivolgeva, e soprattutto l’abitudine che aveva preso, negli ultimi tempi, di non lamentarsi ogni volta che James le si sedeva vicino durante i pranzi e le cene in Sala Grande?
Non pensava che James si sarebbe rivelato così disponibile nei suoi confronti. Era stato capace di accettare che si sedesse al tavolo con loro, addirittura vicino a loro, nonostante per anni avesse avuto una pessima reputazione di lui. Era bastata una parola di Jaded per convincerlo, e ora pareva avesse la loro più completa fiducia.
Era possibile che Lily non vedesse questo cambiamento in James? Era così strano che continuasse a guardarlo con rimprovero e a criticarlo quando alzava troppo la cresta. Eppure, ad Amanda parve che quest’abitudine di Lily avesse iniziato ad irrigidirsi un po’, diventando sempre più artificiosa, quasi come se avesse bisogno di farlo per se stessa, come se dovesse convincersi che proprio nulla stava cambiando in lei.
Lily le rivolse un’ultima occhiata sospettosa, ma poi parve lasciar perdere, voltandosi nuovamente verso il campo per seguire la partita. Amanda si scambiò uno sguardo perplesso con Marlene, che si limitò a fare spallucce e a stringere le labbra come per dirle: ‘Che vuoi farci?’.
Calò il silenzio per qualche minuto, e venne prontamente interrotto da un rumore di passi sulla scalinata.
Le assi di legno che componevano gli spalti vibrarono leggermente, spostando un po’ di polvere. Amanda si voltò, notando che Sirius stava arrivando proprio nella loro direzione, seguito da Remus e Peter.
“Ti ho visto esultare dall’altra parte degli spalti, prepari il tifo per la partita della prossima settimana?” le chiese Sirius, sorridendo.
Lily si spostò verso sinistra, lasciando che Sirius si sedesse proprio accanto a lei. Le rivolse poi uno sguardo compiaciuto, come se fosse soddisfatta di aver appena pareggiato i conti, mettendola in difficoltà.
“Perchè dovrei tifare per voi, se giocate contro Serpeverde?” rispose, la voce un po’ incrinata dall’imbarazzo. Si schiarì la gola e sperò di non arrossire; avere Sirius così vicino la metteva a disagio.
Nell’ultimo mese si era rivelato completamente l’opposto di tutto ciò che le aveva permesso di odiarlo in quegli anni. Si era rivelato gentile, disponibile e soprattutto allegro, in sua presenza, addirittura accoglieva le sue stranezze – perché sì, ammetteva di essere un po’ strana – con l’entusiasmo che un bambino riservava al mondo che va scoprendo. Si stava rivelando sempre più difficile fingere di non cogliere gli sguardi che le rivolgeva, e sopra ogni cosa, era praticamente impossibile nascondere come quegli sguardi risultassero piacevoli per lei.
Era spaventata da ciò che provava, quelle sensazioni la destabilizzavano, la rendevano anche più umorale del solito, non le piaceva sentirsi così. Così, spesso e volentieri, si rifugiava al tavolo di sua sorella durante i pasti, proprio per evitare di stare a stretto contatto con Sirius. Lui sicuramente se n’era accorto, perché, nonostante ciò, con delle scuse sempre più creative trovava il modo di fare capolino al tavolo Corvonero anche solo per qualche minuto.
Sembrava proprio che con lei stesse intraprendendo una caccia serrata, perché non riusciva proprio a capire come potesse sapere in ogni momento dove si trovava. Non poteva trattarsi sempre di una coincidenza, il fatto di trovarlo in praticamente ogni posto in cui andava. E, ciò che più la preoccupava, era che più di una volta si era ritrovata a sperare di vederlo sbucare da un angolo del corridoio o da dietro uno scaffale della biblioteca, perché, sebbene fosse davvero difficile da ammettere persino con se stessa, averlo intorno le piaceva.
“Stai scherzando, spero!” esclamò lui, sgomento.
Amanda scosse il capo.
“Io tiferò comunque per tuo fratello, spero prenda lui il Boccino! Se poi doveste vincere voi non mi dispiacerebbe tanto come gli altri anni…” rispose, facendo spallucce.
Lo vide alzare gli occhi al cielo come ogni volta che nominava suo fratello. Di solito, a quell’espressione seguiva uno sbuffo o una smorfia di fastidio. Ma, quella volta, Sirius si limitò a guardarla, le sopracciglia inarcate e le labbra strette. Era l’espressione che di solito faceva quando tentava di non lasciarsi scappare qualcosa di compromettente.
Amanda aggrottò la fronte, perplessa.
“Che c’è?” chiese immediatamente.
Lui fece un sorriso tirato, scuotendo la testa.
“Niente.”
“Perché quella faccia?” insistette, per nulla convinta.
“Quale faccia?”
Amanda sbuffò, spazientita.
“Fa’ nulla, se non vuoi dirmelo me ne farò una ragione…” borbottò, un po’ risentita, anche se in realtà stava morendo dalla curiosità.
Distolse lo sguardo, voltandosi verso il campo, dove la partita stava ormai giungendo al termine.
Sentì Remus e Peter impegnati in una fitta conversazione riguardante un compito di Storia della Magia con Marlene e Lily, che nel frattempo si era spostata definitivamente dal suo posto per raggiungere i compagni. L’avevano lasciata appositamente sola con lui.
Con la coda dell’occhio notò chiaramente Sirius, girato ancora verso di lei, non prestare la minima attenzione al gioco.
Fece finta di niente per qualche minuto, ma lui non sembrava intenzionato a smetterla.
“Si può sapere che c’è? La smetti di guardarmi come se fossi uno gnomo?” sbottò ad un certo punto, incrociando le braccia. “È per quella storia degli Asticelli, vero? Beh, c’è poco di cui divertirsi, mi hanno quasi cavato gli occhi da bambina, sono rimasta traumatizzata!” aggiunse, imbronciandosi.
Lui sorrise, ma non sembrava volerla schernire.
“Scusa, ero sovrappensiero,” si giustificò, voltandosi poi verso il campo, dove i compagni erano ormai atterrati e si dirigevano verso gli spogliatoi.
“Questa sera starai al tavolo con noi?” le chiese poi, distrattamente.
Amanda lo osservò. Quel pomeriggio si comportava in modo troppo strano.
“Io… no, sono con Layla. Perché?” borbottò, perplessa.
“Ah, bene. Come sta?”
“Chi?”
“Layla, ovviamente.”
Eh? Perché ora voleva sapere di sua sorella? Che diamine stava succedendo?
“Devi dirmi qualcosa, Sirius?” chiese, brusca.
“In che senso?”
“Se avete ricominciato ad uscire ti conviene dirmelo immediatamente,” sentenziò, glaciale.
Non sapeva più cosa pensare. Sentiva rimescolarle nel petto rabbia e frustrazione allo stesso tempo.
“Cosa?” fece lui, sgomento. “No! È possibile che pensi sempre male di me? Non ti viene in mente nemmeno per un secondo che per una volta io possa non aver fatto nulla, vero?” aggiunse, risentito.
“Non ti stai comportando esattamente come qualcuno che non ha fatto nulla!” riprese, sulla difensiva.
Vide Sirius sbuffare, irritato.
“Sai, ero venuto per dirti una cosa, ma ora puoi scordartela… Così impari ad essere sempre prevenuta nei miei confronti!” sbottò infine, alzandosi e incamminandosi giù per gli spalti.
“Hey, aspetta!” lo chiamò Amanda, andandogli dietro.
Quell’idiota sapeva sempre come farla sentire in colpa. Cosa avrebbe dovuto pensare, dopotutto, con quel comportamento?
Scese le scale, scalino dopo scalino, pregando di non cadere. Lo raggiunse nel terreno di gioco, trattenendolo per il mantello. Sapeva di avere addosso gli sguardi dei compagni sugli spalti, ma provò a non pensarci.
Sirius si voltò, e si rese conto, guardandolo bene, che era davvero arrabbiato.
“Non puoi dirmi così e andartene! Di che si tratta?” tentò, ma lui incrociò le braccia, rifiutandosi di rispondere e persino di guardarla.
Amanda si morse il labbro inferiore, in difficoltà.
“Dai, Sirius, mi dispiace…” mormorò, toccandogli un braccio. Lo sentì irrigidirsi a quel tocco e lo vide deglutire. Sorrise, compiaciuta di non essergli del tutto indifferente.
Si voltò verso di lei lentamente, gli occhi erano ancora stretti a fessura e la scrutavano con sospetto.
“Cosa dovevo pensare? Mi hai chiesto dal nulla come sta mia sorella, se permetti sei stato un po’ sospetto!” continuò Amanda, alzando le spalle “Mi hai incuriosita, che cosa devi dirmi?”
Un sorriso poco rassicurante comparve sul suo volto.
“Te lo dico solo se esci con me!” esclamò, compiaciuto.
Il suo stomaco fece una capriola. Fu contenta, in quell’istante, che nessuno potesse accorgersene.
“Cos’hai, due anni? Mi stai ricattando? Ricordo che una volta ti bastavano dei biscotti,” rispose, indignata, mentre sentiva il volto andare in fiamme.
“Una volta mi odiavi!”
Amanda sospirò, cercando una scappatoia per togliersi da quel momento di puro imbarazzo.
“Ti rendi conto che se accetto di uscire con te non sarà perché voglio uscire con te ma solo perché sono curiosa di sapere cosa devi dirmi?”
Evidentemente, Sirius non aveva pensato a quell’evenienza. Parve infatti rabbuiarsi, il suo volto assunse un cipiglio serio.
“Ecco, no, non ci avevo pensato. Se accetti, devi volerlo davvero!”
“Non puoi costringermi a volerlo!” sbottò Amanda, serrando i pugni lungo i fianchi.
“Infatti puoi dirmi di no,” rispose Sirius semplicemente.
“Ma io voglio sapere!” si lamentò.
Sirius si limitò a sorridere compiaciuto, facendo spallucce.
Amanda sbuffò, arrabbiata. Ci si metteva anche lo stomaco, sempre più in subbuglio. Avrebbe tanto voluto non essersi  mai messa in quella situazione.
“Questa… questa cosa che devi dirmi è importante?” tentennò.
“Credo proprio di sì. È una cosa che sento il dovere morale di riferirti, perché è giusto che tu lo sappia, ti coinvolge in prima persona…” rispose, serio.
“Ma perché oggi? Si tratta di una scoperta che hai fatto?” domandò ancora, mentre sentiva la curiosità torturarle il cervello. Maledetto Black, aveva scoperto il suo punto debole! Come diavolo aveva fatto?
“Non saprei… in realtà è sotto gli occhi di tutti, ma a notarlo, fortunatamente, sono stato soprattutto io,” rispose, criptico.
“Che significa fortunatamente?
“Okay, basta indizi, Froude, devi darmi una risposta!” esclamò, fermo.
Amanda sbuffò per l’ennesima volta, imbronciandosi.
Non era pratica di uscite. Non era mai uscita con nessuno, a dire il vero, se non con amici in amicizia, appunto, e non aveva la minima idea di come si facesse o dove si andasse. La agitava soprattutto la prospettiva di uscire proprio con lui. Questa consapevolezza le smosse ulteriormente lo stomaco, tanto da farle venire la nausea.
“Se… se dico di sì che cosa succede?” chiese, con la gola che iniziava a seccarsi.
“Ti dirò quello che devo dirti e usciremo insieme!”
“Dove andremo?”
“Dove vuoi!” rispose, sorridendo “Che ne dici di un’uscita a Hogsmeade?”
“Posso scegliere io quando?”
“Se è entro un mese, sì. Hai già in mente una data?” chiese, sorridendo. Amanda osservò che in quel momento sembrava felice come un bambino a cui avevano appena regalato un intero negozio di caramelle.
“Io… non lo so,” borbottò, grattandosi la nuca, in difficoltà “il… tredici novembre potrebbe andare?” tentò, dicendo la prima data che le veniva in mente.
Sirius schiuse le labbra e inarcò le sopracciglia, sorpreso. Il suo sorriso si allargò considerevolmente.
“Scherzi? È perfetto. Sarebbe un meraviglioso regalo di compleanno!”
“Cosa? Il tredici novembre è il tuo compleanno?” fece Amanda, sbigottita. Tra tutti i giorni, era andata a scegliere proprio quello! Ne dovevano succedere altre, quel pomeriggio?
“Già! Il diciassettesimo!” esclamò, entusiasta “Sento che sarà tra i migliori mai festeggiati!”
“Beh, non ti ho ancora detto di sì!” precisò, scontrosa.
“Ti saresti presa il disturbo di scegliere luogo e data senza sapere già se vuoi farlo o no?” le domandò, scettico.
Amanda sospirò, sconsolata. Black, alla fine, stava ottenendo ciò che voleva.
E lei?
“Sì, okay, va bene…” borbottò, arrossendo “Ora però sputa il rospo!”
Sirius fece un ampio sorriso - uno di quelli che solitamente le bloccavano il respiro senza che se ne rendesse conto - scoprendo i denti bianchi, e alzò le braccia in segno di vittoria.
“Ha detto di sì!” urlò verso gli spalti, dove i compagni – notò perfino i membri della squadra di Quidditch – stavano osservando la scena da un po’. Si levarono fischi e applausi sconnessi, e Amanda si coprì il volto con le mani, imbarazzata.
“La curiosità è davvero un grosso fardello, per te, Froude!” le disse, avvicinandosi, con espressione sorniona. Amanda indietreggiò istintivamente e strinse gli occhi, confusa.
“Che cosa dovevi dirmi?” chiese, impaziente.
Così come il sorriso sul volto di Sirius si allargava, tanto più lo stomaco di Amanda si stringeva.
“Volevo solo dirti che oggi sei particolarmente carina!” esclamò, facendo spallucce.
BLACK!” urlò, infuriata. Ma lui era già uscito di corsa dal campo.
 
 
 
 
Note:
 
Ciao a tutti! Eccomi tornata col nuovo capitolo :D. Che ne pensate?
  • Mi sono voluta cimentare con questo nuovo POV. Barty Crouch Jr, così come i Lastrange, mi è sempre stato estraneo, e quindi ho avuto bisogno di documentarmi un po’ prima di farmi un’idea del personaggio. Me lo sono immaginata tormentato, ma in maniera diversa rispetto a Regulus. Reg è confuso, Barty ha le idee più che chiare, ed è tormentato dalla rabbia e dalla frustrazione che prova un po’ nei confronti del mondo a causa di suo padre. È anche bisognoso di attenzioni, e ricerca quelle del gruppo di Serpeverde più grandi con cui vuole entrare a stretto contatto. Diciamo che Regulus gli ha offerto la soluzione su un piatto d’argento! SeveraBartySha, ti puoi ritenere soddisfatta di questa sorpresa? <3 Piccolo appunto: ho preferito farlo un anno più grande (anche perché alcuni siti collocano effettivamente la sua nascita nel ’62) e renderlo coetaneo di Layla per motivi di trama!
  • Amanda e Layla: il loro motto è qualcosa che ritornerà più avanti, rivela quando profondo sia il loro legame, come davvero vada oltre al semplice legame di sangue, e non sempre è così tra due sorelle!
  • Regulus/Layla: sì, lo so, è cortino rispetto agli altri POV, ma mi farò perdonare più avanti. Ma quanto sono belli e poco discreti loro? *^* Sono cotti!
  • Jade come Battitrice: di che vi stupite? Io ce la vedo benissimo! ^.-
  • Amanda… eh sì, Sirius l’ha proprio fregata! Pensavate che le avrebbe detto di Layla e Reg? Eheheh, qui vi ho fregato io! È stato tentato, a dire il vero, ma Layla gli ha parlato del punto debole di Amanda, ovvero la grande curiosità, e Sirius si è dimostrato in grado di rispettare i patti :D… vi piace questa alleanza?
  • James e Amanda: è un’amicizia che sta nascendo, a me piace molto, vedremo come si svilupperà!
Ehm, okay, credo di aver scritto tutto! Grazie ancora per il tempo che mettere nella lettura della mia storia, per i ‘mi piace’, le recensioni e quant’altro!
Alla settimana prossima!
 
-Amanda
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** "La sua Lily" pt. 1 ***


Capitolo XVI: “La sua Lily” parte I
 
7 novembre 1976
 
 
 
MARCUS
 
 
Si abbottonò scrupolosamente la divisa da Quidditch e si appuntò la spilla da Capitano. La prima partita contro i Grifondoro era finalmente arrivata.
Diede un’occhiata distratta al resto dei compagni nello spogliatoio, e scambiò un cenno d’intesa con Rosier, il Cacciatore migliore della squadra Serpeverde da parecchi anni.
Erano tutti pronti, e lo guardavano in attesa che dicesse qualcosa. Il suo sguardo si fermò un secondo di più verso Regulus, gli parve troppo poco nervoso per quella partita.
“Tenete a mente la nuova formazione, colpite più Grifondoro possibile, offrirò da bere come al solito a chi ne fa cadere di più dalla scopa,” esclamò, sorridendo “e ricordate: i Potter valgono doppio!”
Mulciber rise più forte degli altri, poi tutti insieme si avviarono fuori dallo spogliatoio, in direzione del campo.
Marcus mise un braccio intorno alle spalle di Regulus.
“Tutto bene, Black? Ti vedo troppo tranquillo!”
“Non è diversa dalle altre. Li abbiamo sempre battuti in questa prima partita,” rispose Regulus, facendo spallucce.
“Sarà, ma non cantare vittoria troppo presto. Capisco la tua smania di festeggiare, hai già qualcuna tra le mani con cui farlo?” gli chiese, ghignando.
Regulus lo guardò, perplesso, e si fermò, scostandosi da lui.
“Perché ti interessa saperlo?” domandò, confuso.
“Beh, ho saputo che hai un debole per le bionde,” mormorò, con un mezzo sorriso canzonatorio.
Si godette la vista di Regulus palesemente in difficoltà. Il poco colore del suo volto sparì definitivamente e, prima che potesse rispondergli qualsiasi cosa, Marcus si voltò ed entrò in campo.
Era stato davvero un idiota a pensare che uno come lui avrebbe potuto fregare Marcus Avery.
 
 
LAYLA
 
 
“Ti stai annoiando, vero?” chiese a sua sorella, stranamente silenziosa.
Di solito, durante le partite, Amanda era tra le più accanite tifose della squadra. Ma quel giorno si trovava tra il pubblico Grifondoro, e sebbene tifasse per Regulus tanto quanto lei, non potevano esporsi più di tanto per non attirare l’attenzione.
Sua sorella la guardò e annuì, un po’ imbronciata.
Tornò a prestare attenzione al gioco; in quel momento i Grifondoro erano in vantaggio di ben centoventi punti sui Serpeverde. Avery, in porta, era livido di rabbia, perché James sembrava inarrestabile con quella Pluffa, e Jaded lo scortava deviando Bolidi a destra e a manca. L’ultimo che aveva rimandato al mittente aveva rotto la punta del manico della scopa di Mulciber, e ora lui la inseguiva per cercare vendetta.
Cercò Regulus tra le divise verde-argentate. Lo vide volare basso, le parve distratto e un po’ spaesato.
“Non ti sembra strano, Regulus?” domandò ad Amanda.
Sua sorella lo osservò qualche secondo, stringendo le labbra.
“Ho pensato la stessa cosa, ma credevo fosse solo una mia impressione,” rispose distrattamente.
Layla notò che si guardava nervosamente intorno e scrutava le persone nelle vicinanze.
“Cercavi me, Froude?” domandò una voce divertita alle loro spalle, proprio un gradino sopra di loro.
Si voltarono entrambe, vide Sirius salutarle e rivolgere loro un sorriso furbo.
“Oh, Salazar, ma da dove sei spuntato?” sbottò Amanda, esasperata.
“Sono sempre stato qui!” esclamò, soddisfatto.
Sua sorella si voltò nuovamente, stizzita, e tornò a seguire il gioco, mentre Layla continuò a guardarlo, divertita.
Sirius tirò fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloni che somigliava ad una cerbottana improvvisata con una cannuccia. Infilò dei pezzetti di carta appallottolati all’interno e poi soffiò in direzione di Amanda; il proiettile di carta colpì sua sorella ad una spalla.
Layla trattenne una risata, con una mano davanti alla bocca. Amanda chiuse gli occhi e inspirò profondamente, come ad invocare pazienza. Si voltò verso Sirius, con aria seccata.
“Che diavolo stai facendo?” sibilò.
“Mi vendico!”
Layla inarcò le sopracciglia, confusa. Sirius se ne accorse e si rivolse direttamente a lei.
“Devi sapere che tua sorella,” le spiegò, indicando Amanda “questa mattina ha usato la cannuccia con cui beve il tè – perché sì, Jade le ha attaccato questa ridicola abitudine – per spararmi palline di carta addosso per tutta la durata della colazione!”
Layla rise, pensando che fosse effettivamente qualcosa che sua sorella avrebbe potuto fare.
“Perché l’avresti fatto?” chiese ad Amanda, che se ne stava con le braccia conserte e fissava Sirius, malevola.
“Se l’è presa perché le ho chiesto se era emozionata per il nostro appuntamento, ormai manca meno di una settimana!” spiegò Sirius, compiaciuto.
“Ti ho detto che non uscirò con te!” sbottò Amanda, stringendo i pugni.
“Le ho contate, sai, le volte che l’hai detto? Con questa sono trentotto.”
“Lo ripeterò all’infinito, se sarà necessario!” esclamò, scontrosa.
“Ma mi hai detto di sì, non puoi tirarti indietro,” constatò, e Layla si stupì di come Sirius sembrasse padrone della situazione.
Amanda, invece, era chiaramente nervosa. Layla assistette, quasi ipnotizzata, al botta e risposta tra i due.
“Mi hai ingannato,” borbottò sua sorella.
“Non è vero, ho rispettato i patti, e dovresti farlo anche tu!” affermò, tranquillo.
“Mi hai detto che si trattava di qualcosa di importante, che avevi il dovere morale di riferirmi!”
“Beh, era vero!”
“Avevi il dovere morale di dirmi che sono carina. Sei ridicolo!” sbuffò Amanda, le cui guance si erano tinte di rosso.
“Però ti ha fatto piacere, guarda che ho visto che sei arrossita...”
Non sono arrossita, ero furiosa!”
“E invece sì, sei tutta rossa anche ora, Froude,” gongolò, e Layla non poté che constatare quanto avesse ragione.
Amanda tacque, ispirando profondamente ancora una volta. Guardò Sirius dritto negli occhi, le labbra strette in una linea sottile.
“Sai cosa? Ci sto,” soffiò, a mo’ di sfida “ma ti avviso: sarà terribile!”
Sirius fece un largo sorriso.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che sarà un appuntamento pessimo,” rispose, stizzita “farò di tutto per rovinarlo, ti farò passare la voglia di uscire con me!”
Un boato e grandi applausi dalla loro tribuna attirarono la loro attenzione. Tutti i compagni accanto a loro si alzarono, esultando.
“Uffa, mi avete distratto…” si lamentò Layla “Cos’è successo?”
Uno studente Tassorosso seduto uno scalino sotto di lei si voltò e le rispose.
“Black ha preso il Boccino, ma i Grifondoro hanno vinto lo stesso per via del punteggio!” esclamò, entusiasta “E Jaded ha quasi buttato giù dalla scopa Rosier spezzandogli la scopa con un Bolide… Non si vedeva una partita così da anni!”
Era sicuramente più grande di lei, a giudicare dall’aspetto, aveva i capelli color grano e occhi chiari.
“Grazie, Stephan,” disse Amanda, alzandosi “Reg non dovrà essere di buonumore, speriamo che Marcus non gli faccia troppe storie!”
Layla si morse il labbro inferiore, preoccupata. Si erano dati appuntamento dopo la partita, e probabilmente ora il morale della squadra sarebbe stato troppo a terra e il loro Capitano troppo nervoso perché potessero pensare di fare qualcosa di diverso a parte sentirlo inveire.
Doveva trovare il modo di raggiungerlo per parlargli senza essere vista e soprattutto senza che Amanda sospettasse alcunché.
Si voltò verso Sirius e notò che la stava guardando. Sembrava che le avesse appena letto il pensiero, perché scosse il capo, rassegnato, e in un gesto fulmineo prese la borsa di Amanda.
“Black, ridammela!” sbottò lei, irritata.
Lui iniziò a correre, superando gli altri studenti in fila sulla passerella di legno per uscire dalle tribune, e sua sorella sbuffò.
“Oggi è più fastidioso del solito…” borbottò, voltandosi verso di lei “Vado a recuperare la borsa, ti raggiungo più tardi con Jaded, okay?”
Layla annuì, cercando di trattenere un sorriso divertito, e la seguì con lo sguardo inciampare e farsi spazio tra la folla per raggiungere Sirius, oramai non più visibile.
Tornò a sedersi, aspettando pazientemente che tutti gli studenti si accalcassero verso l’uscita. Nel giro di pochi minuti, rimase da sola.
Si abbassò per non essere vista dai giocatori Serpeverde, che cominciavano ad uscire dal campo. Sentì le voci di Rowle e Selwyn, piuttosto di malumore, e si accucciò ancora di più dietro la recinzione di legno.
Li contò mentalmente tutti, man mano che passavano, riconoscendone le voci: Selwyn, Rowle, Nott, Rosier, Mulciber.
Mancavano solo Avery e Regulus.
Alzò il capo, gettando uno sguardo in mezzo al campo di sabbia, gli spettatori erano andati via tutti. Scese, guardinga, diretta verso gli spogliatoi Serpeverde, da dove sentì arrivare delle voci. Si nascose dietro un anfratto; con un po’ di fortuna, se qualcuno fosse uscito dalla porta senza voltarsi appositamente nella sua direzione, non l’avrebbe vista.
“Pensi che sia idiota, Black? Perché dovrei crederti?” la voce irritata di Marcus Avery le arrivò chiaramente.
“Perchè dovresti credere ad altre voci e non a me, piuttosto!” esclamò Regulus, accennando una risata.
“Vorresti negare?”
“No, non ti sto dicendo che non è vero, ma che ci stai dando troppa importanza!”
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi la voce di Regulus parlò ancora con tranquillità, sembrava quasi divertito.
“È una storiella senza futuro, Marcus, pensavo di avere il diritto di divertirmi anch’io senza dovertene rendere conto!”
Ancora silenzio, da parte di Marcus, poi l’eco di una risata.
“Sono sicuro che ci hai pensato bene, Black, e penso che meriti una possibilità. Se le bionde sono quelle che preferisci, vorrei farti notare che ne conosco almeno un paio che sarebbero interessate ad uscire con te. Il tuo cognome attira molte streghe, lo sai meglio di me.”
Regulus sbuffò, seccato.
“Non sei obbligato ad offrirmi un rimpiazzo, Marcus. La tentazione di qualcos’altro avrebbe senso solo se mi importasse di Froude!” esclamò, annoiato “Se ti dà così fastidio considerala già chiusa.”
“Beh, non dovrai farlo per me, ma per te. Sai meglio di me che i tuoi genitori non reggerebbero un altro figlio traditore.”
Layla non rimase ad ascoltare oltre. Corse a perdifiato lungo il campo, uscendo il prima possibile dallo stadio di Quidditch, col cuore che batteva all’impazzata. Sapeva che Regulus aveva parlato in quel modo solo per deviare i sospetti; tuttavia, lo stomaco le si era dolorosamente stretto.
 
 
 
SIRIUS
 
 
Appoggiò la borsa di Amanda sul proprio letto, resistendo alla tentazione di curiosare all’interno.
Tempo qualche minuto, e James entrò seguito da Remus e Peter, quest’ultimo ancora esultante per la vittoria.
“Di chi è quella borsa?” chiese subito James, incuriosito.
“È di Amanda,” rispose prontamente, addentando una gelatina ‘Tutti i Gusti +1’.
L’amico scosse il capo e si limitò a ridere, riponendo la sua scopa nel baule, mentre Remus gli si avvicinò.
“E… perché avresti la borsa di Amanda?” gli chiese quest’ultimo, perplesso.
“Perché gliel’ho rubata!” esclamò, soddisfatto.
“Questa faccenda inizia a diventare preoccupante, tu che ne dici, Ramoso?” intervenne Peter, guardando James in cerca di approvazione.
“Quello che mi chiedo è piuttosto come fai ad essere ancora vivo, dopo avergliela presa!” esclamò James, sedendosi sul letto accanto a lui. Con una mossa agile gli strappò il pacchetto di gelatine dalle mani.
“Perché corro più veloce di lei,” spiegò, facendo spallucce “e sono anche un po’ preoccupato, a dire il vero, spero non si sia rotta nulla durante la corsa!”
“Va’ a restituirgliela e lasciala un po’ in pace, Sir,” lo rimproverò Remus, esasperato.
“Non posso!” esclamò, scuotendo il capo.
“Gli stai chiedendo un grande sforzo, Lunastorta,” disse James. Si voltò verso Sirius e continuò: “Sai, sono contento che Amanda sia la tua Lily!”
“La mia che?” chiese, sconcertato.
“La tua Lily, la tua ossessione,” spiegò James.
Sirius scoppiò a ridere, seguito da Peter e Remus, divertiti quanto lui.
“Spero per te che Evans non sappia che la definisci un’ossessione!” affermò Remus, sorridendo.
“Ovviamente, io sono più riservato di lui!” esclamò James, indicandolo.
“Dici? Stai usando la ragazza per cui hai una cotta come termine di paragone, a me sembra un po' fuori di testa!” borbottò Sirius, mentre si riappropriava delle gelatine strappandogliele di mano.
“Beh, io almeno non controllo in continuazione dov’è sulla mappa!” rispose l’amico, un po’ piccato.
“A proposito della mappa…” disse Sirius, assottigliando gli occhi “stamattina ho visto te e Amanda nell’ufficio di Gazza. Mi spieghi che stavate combinando?”
Era rimasto parecchio sconcertato, quella mattina, nel vedere i due nomi affiancati in quel buco d’ufficio. Si era sentito, per un momento, anche insensatamente geloso, e un po’ tradito proprio perché l’amico non gli aveva detto nulla nemmeno dopo essersi visti.
James si irrigidì, e tentò inutilmente di apparire convincente.
“Beh, uno scherzo…” borbottò.
“Senza di me? Non ci credo, non mi hai detto nulla!” esclamò Sirius, irritato.
“Non te l’ho detto perché dormivi…” continuò, sempre meno convinto.
“James, smettila, ho capito anch’io che non è vero,” disse Peter, ridendo “secondo me glielo puoi dire!”
“Dirmi cosa?” domandò Sirius, immediatamente.
James sbuffò, lanciando un’occhiata obliqua a Peter, poi scrollò le spalle.
“E va bene… Amanda mi sta aiutando in una cosa,” confessò, abbassando lo sguardo.
“Che tipo di cosa?” chiese ancora Sirius, impaziente.
“Una cosa per il tuo compleanno!” rispose, esasperato.
Sirius sentì il petto più leggero a quella scoperta, si ritrovò a sorridere senza rendersene conto.
“Cioè, mi state organizzando una festa?” domandò, ridendo “In quale modo sei riuscito a coinvolgerla?”
“Ecco, non esattamente… la festa ci sarà ma pensavo di organizzarla con te, lei mi sta dando un aiuto con il regalo. Non ti dirò di cosa si tratta, solo che ho scoperto inaspettatamente che conosce il funzionamento del tuo regalo e mi sta dando una mano a sistemarlo!” spiegò, enigmatico.
Sirius lo guardò, confuso, tentò di replicare ma fu interrotto da un brusco gesto della mano di James, che voleva chiudere il discorso.
“Basta domande, è una sorpresa, ti ho già detto troppo!” esclamò, perentorio.
Sbuffò e s’imbronciò, nonostante dentro di sé il fatto che Amanda avesse dimostrato interesse per qualcosa che lo riguardava lo stesse facendo gongolare non poco.
“Quindi state facendo incontri segreti per il mio compleanno…” commentò, compiaciuto “Ora che passi del tempo con Amanda, hai capito per quale motivo non ti insulta in continuazione come fa con me?”
“Perché tu le piaci!”
“Potrei anche essere d’accordo con te, James, ma secondo questa logica allora tu e la Evans dovreste stare insieme da anni…” intervenne Remus, perplesso.
“Infatti io la Evans me la sposo, da’ tempo al tempo!” sentenziò James, convinto. “Hey, Felpato cosa fai? Smettila di guardarla, maledizione!”
Il compagno gli saltò addosso, appena ebbe notato che aveva tirato fuori di nuovo la mappa.
Sentì Remus sbuffare senza intervenire. Sirius dovette azzuffarsi per cinque minuti buoni con James che cercava di impedirgli di guardarla.
Riuscì ad uscire vincitore dalla lotta, seppur con la cravatta strappata. Aprì in fretta la pergamena, correndo per il dormitorio per sfuggire a James, che ancora non si era arreso. Gli parve di scorgere il cognome Froude all’esterno della loro sala comune.
Chiuse la mappa e lasciò che James gliela strappasse di mano.
“È qui fuori,” constatò, sorpreso “ed è da sola. Come diavolo ha fatto ad arrivarci senza perdersi?”
“Paura, Black?” lo canzonò Remus, divertito.
Sirius sorrise ma non rispose; afferrò la borsa e si diresse velocemente fuori dal dormitorio.
La sala comune quel pomeriggio era stranamente vuota; parecchi Grifondoro, soprattutto più piccoli, festeggiavano ancora la vittoria della partita in Sala Grande.
Superò il quadro e rimase piuttosto sorpreso nel constatare che la persona che si trovava fuori dalla sala comune non era Amanda, bensì Layla. Sembrava avesse corso, a giudicare dal fiato corto. La ragazza dovette intuire il suo sconcerto, perché si affrettò a spiegare.
“Hai un minuto? Ho bisogno di parlarti,” disse.
“Sì… certo,” rispose, confuso.
“Non gliel’hai ancora restituita?” gli domandò, indicando la borsa, ma prima che potesse rispondere, continuò. “Beh, lascia stare, ora non mi interessa… Ho bisogno piuttosto di sapere se hai detto a qualcuno quello che sai!”
Sirius aspettò un momento, prima di rispondere, colto alla sprovvista.
“No, perché, cos’è successo?” domandò subito.
“Ne sei assolutamente sicuro?”
“Certo!” asserì, convinto.
“Beh, è veramente strano che praticamente una settimana dopo che tu ci hai visto, scopro che lo sa persino Avery!” sussurrò, irritata “Quanti altri lo sanno?”
Sirius sbuffò, imprecando. Certo, non era minimamente contemplata la possibilità che lui fosse stato ai patti. Okay, ne aveva parlato con James, ma lui non ne aveva fatto parola con nessuno, poteva metterci la mano sul fuoco.
“Ma che ne so? Comunque spero che questo faccia svegliare Regulus!” borbottò “Se tiene davvero a te, dovreste iniziare ad uscire allo scoperto!”
Layla non reagì come si aspettava. Il suo sguardo divenne tagliente, strinse i pugni lungo i fianchi, e in quel momento le parve una spiacevole versione bionda arrabbiata di Amanda.
“Non gli chiederei mai una cosa del genere, e nemmeno voglio che lo faccia! Finora c’è sempre andata bene così,” sbottò “ma immagino che tu non vedevi l’ora che si trovasse alle strette, vero?”
La guardò, stranito.
“Ma che ti salta in mente? Sei tu che sei venuta a dirmi quello che è successo, ho solo espresso un parere! Qui, se c’è qualcuno da biasimare siete voi che non avete prestato attenzione! Quel giorno – e non solo – potrebbe avervi visto chiunque… ma chissà perché sei venuta da me a chiedermi se avessi spifferato qualcosa, perché è risaputo che io e Avery siamo compagni di merenda!” proruppe, sarcastico.
Layla indietreggiò e abbassò lo sguardo, crucciata. Probabilmente aveva esagerato, ma non aveva intenzione di scusarsi. Era stanco di sentirsi dare addosso sempre così gratuitamente.
“A questo punto,” riprese, accigliato “dal momento che non è più un gran segreto, credo che sia il caso che tu lo dica anche ad Amanda. Lei ne è ancora all’oscuro, siccome io sono stato ai patti!”
Dirmi cosa?”
Sirius si voltò in direzione della rampa di scale in basso, dalle quali Amanda stava salendo in compagnia di Jaded. Erano entrambe sorprese di vedere lui e Layla lì fuori.
Amanda gli si avvicinò, prendendogli dalle mani la borsa senza tanti complimenti – lui non si azzardò ad opporre resistenza – e rifilandogli un pugno sulla spalla. Si morse la lingua per non lasciarsi sfuggire un gemito di dolore; per quanto fosse minuta, Sirius si meravigliava sempre di quanta forza riuscisse a mettere nei suoi pugni.
“Idiota!” sibilò.
Si voltò poi verso Layla, confusa.
“Come mai sei qui? Ti stava importunando?” le chiese, indicandolo.
Sirius alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“No, non stavo importunando nessuno! È lei che è venuta da me,” spiegò, seccato “deve dirti qualcosa!”
Amanda lo guardò, sospettosa, sembrava che stesse ancora decidendo se fidarsi.
“Se è un altro dei tuoi giochetti, Sirius, questa volta ti faccio male!” lo minacciò.
“Nessun giochetto, e smettila di essere prevenuta!” esclamò, irritato.
“Beh, i tuoi precedenti non aiutano!” intervenne Jaded, sorridendo. Si fece avanti fino ad essere accanto a lui, davanti al quadro.
“Credo che sia meglio entrare,” continuò, gettando un’occhiata a Layla.
Amanda gli passò accanto appena il quadro si aprì, e Sirius, in un gesto quasi automatico di cui si stupì lui stesso, fu subito pronto ad afferrarle un braccio, prevedendo che sarebbe inciampata nello scalino. Lo fece sorridere lo sguardo di gratitudine che lei gli riservò.
Appena varcata la soglia, vide James venire loro incontro; tra le mani stringeva ancora la mappa, piegata.
“Siete venute a festeggiare la prima vittoria con noi, Froude?” chiese a entrambe, sorridendo. Amanda si guardò intorno, un po’ a disagio probabilmente nel trovarsi per la prima volta nella loro sala comune.
“Vi accompagno in dormitorio, non ci sarà nessuno a disturbarvi,” disse Jaded, rivolta a Layla e Amanda.
Sirius le guardò, irritato, ma non disse nulla; in realtà avrebbe voluto partecipare e poter dire la sua, era praticamente sicuro che Amanda lo avrebbe incolpato per non averglielo detto prima. Era frustante essere preso in considerazione solo nel momento in cui si presentava l’occasione di dargli contro.
“Preferisco che ci sia anche Sirius,” intervenne Layla, sorprendentemente.
Amanda la guardò, stupita.
“Devo preoccuparmi?” chiese, turbata “Perché quest’attesa mi sta mettendo ansia!”
Vide Jaded sospirare e mordersi le labbra. Sirius sudò freddo: quella era la tipica espressione che l’amica esternava quando aveva qualcosa da dire ma tentava di trattenersi con tutta se stessa.
“Jade, no-” tentò di precederla, ma lei esplose.
Layla e Regulus stanno insieme!” esclamò Jaded tutto d’un fiato, stringendo i pugni.
“CHE COSA?” reagì Amanda, spalancando la bocca e spostando lo sguardo da Jaded a sua sorella “Lay, è vero?”
“Jade! Come lo sai?” chiese Layla, paonazza; si voltò verso Sirius e gli puntò l’indice contro “Sirius! Gliel’hai detto tu?”
“TU lo sapevi?” Amanda si voltò verso di lui, sbigottita.
“Non sapevo che lo sapesse anche lei!” si difese Sirius, indicando Jaded “Chi te l’ha detto?”
“Nessuno, ma è così dannatamente evidente!” esclamò Jaded, guardando Layla con rimprovero “Tu e Regulus dovreste ricordarvi che avete in mezzo il tavolo Grifondoro prima di lanciarvi certe occhiate in Sala Grande!”
“Lo sapevo anch’io,” intervenne James, alzando la mano “Me l’ha fatto notare Jaded, e poi me ne ha parlato Sirius!”
“Lo sapevi già quando te l’ho detto io?” chiese lui, esterrefatto. Ma che diavolo stava succedendo?
“Okay, basta!” sbottò Amanda, arrabbiata “Insomma, lo sapevate tutti tranne me?”
“Cosa sta succedendo?”
Il tono sconcertato di Remus arrivò dalle scale del dormitorio. Si affacciò nella sala comune seguito da Peter, stupito di vederli tutti lì.
“Tu sapevi che Regulus e mia sorella stanno insieme?” chiese Amanda, ironica “Perché a quanto pare io ero l’unica ad esserne all’oscuro!”
Remus si guardò intorno, grattandosi la nuca.
“Ecco, io… li ho beccati a baciarsi nel Reparto Proibito in biblioteca già verso la fine dell’anno scorso,” ammise.
Per la barba di Merlino, Layla!” sbottò Amanda, scioccata “Da quanto va avanti questa storia? E vi prego, qualcuno mi dica che davvero non sono l’unica ad apprendere tutto questo solo ora!”
“I-io non sapevo nulla, Amanda,” pigolò Peter, in un angolo.
Sirius strinse le labbra, trattenendo un sorriso. Pensò che se persino Peter, disgraziatamente, avesse saputo qualcosa, Amanda sarebbe potuta esplodere.
Grazie, Peter!” esclamò Amanda, confortata. Si voltò poi verso sua sorella, in attesa di una risposta.
Layla teneva lo sguardo basso, in imbarazzo.
“Abbiamo iniziato ad uscire alla fine di aprile,” confessò, tormentandosi le dita.
“Ma perché non me l’avete detto?” insistette Amanda “È stata un’idea di Regulus?”
“Non è colpa sua,” rispose subito Layla “lui voleva dirtelo sin da subito, sono stata io a convincerlo a non farlo!”
Sirius osservò la reazione di Amanda; per qualche istante tacque, sopraffatta, poi aggrottò la fronte, confusa.
“Tu? Perché?” chiese, e Sirius poté percepire una nota di delusione in quella domanda.
“Beh, tu… sei troppo protettiva con me, Amanda, pensavo avresti rovinato la tua amicizia con Reg, non volevo rischiare!” confessò, contrita.
Amanda si guardò intorno, spaesata, e Sirius fu sul punto di avvicinarsi a lei, solidale. Invece, lei si affiancò a Layla e sospirò, parlando lentamente.
“Io non vi disapprovo, Lay, non mi fraintendere... Anzi, sono felice, anche se un po’ confusa, al momento… Penso solo che ora sia un po’ rischioso, considerando quanto davvero riusciate a passare inosservati!” esclamò, indicando tutti i presenti “Reg non è nelle condizioni di potersi muovere liberamente come noi.”
“Se proprio dobbiamo dirla tutta,” intervenne Sirius, un po’ infastidito dal fatto che continuassero a giustificare il comportamento di suo fratello “non può solamente perché non vuole!”
Amanda si voltò verso di lui con uno scatto, guardandolo con disapprovazione.
“Siccome ti piace dirla tutta, Sirius, spiegami una cosa…” esordì, avvicinandosi “Avevi il dovere morale di dirmi che sono carina ma non di riferirmi della tresca tra tuo fratello e mia sorella?” chiese, ironica.
Avvertì distintamente le risate soffocate dei suoi amici.
“Mi hanno fatto giurare!” esclamò, alzando le spalle a mo’ di scuse.
“Mi fa piacere sapere che l'unica volta che tu e tuo fratello vi siate trovati d'accordo fosse per nascondermi qualcosa…” commentò, amareggiata.
Sirius aggrottò la fronte per l’ultima constatazione, si rese conto che vederla delusa era peggio che saperla arrabbiata.
“Tua sorella ti nasconde le cose e tu te la prendi con me?” borbottò, contrariato.
“Sono preoccupata, più che arrabbiata,” rispose, scrollando le spalle “Lay, cercate di mantenere un profilo basso, va bene?”
Layla annuì, decisa, ma mordendosi le labbra tradì del nervosismo.
“Io ora devo andare, ci vediamo a cena, Mandy?” mormorò.
“Non chiamarmi Mandy, fare la ruffiana non ti salverà dall’avermi nascosto questa cosa…” la rimproverò Amanda, ma Sirius riuscì comunque a scorgere l’ombra di un sorriso sul suo volto.
Layla salutò tutti, un po’ sottotono, e sparì dietro il quadro. La sala comune si svuotò, perché Remus e Peter decisero di fare una passeggiata approfittando delle ultime ore di sole prima della sera.
Ad un certo punto, anche Amanda indossò la borsa, pronta ad andarsene.
“Puoi restare, se vuoi,” le disse Sirius.
Amanda scosse il capo.
“No, ma siete stati gentili a permettermi di entrare. Ricambierei il favore, ma… beh, non vi perdete molto,” ammise, con un’alzata di spalle.
Sirius si scambiò uno sguardo con Jaded, sperando che la convincesse a rimanere.
“Non andrai a cercare Regulus, ora, vero?” chiese all’improvviso James, perplesso.
“Se posso permettermi, Amanda, secondo me ti preoccupi troppo. Sono stati loro a volere questa situazione, in fondo!” intervenne Jaded.
“Uscire allo scoperto per lui significherebbe isolarsi!” esclamò Amanda.
“Non capisco perché voi due continuiate a giustificarlo,” fece Jaded, confusa “Penso che Sirius non abbia tutti i torti, Regulus avrebbe bisogno di prendere una posizione e affrontarne le conseguenze!”
“Per poterlo fare non serve solo coraggio, Jade, serve avere anche qualcuno a cui appoggiarsi. Io ho mia sorella, Layla ha me. Sirius ha avuto te e James,” affermò, voltandosi verso di lui. Si guardarono. “Regulus chi ha?” domandò.
Sirius avvertì la bocca seccarsi. Non sapeva come riuscisse a centrare sempre il problema.
“Beh, lui… ha me, se vuole,” borbottò.
Beh, allora assicurati che lo sappia,” mormorò Amanda, dandogli le spalle e attraversando il buco del quadro.
 
 
10 novembre 1976
 
REGULUS
 
Da giorni, i dubbi di Layla gli riecheggiavano nella mente, la discussione che avevano avuto era stata scoraggiante. Non voleva metterla in pericolo, le aveva persino detto, per nulla convinto, che sarebbe stato meglio lasciarsi. Aveva apprezzato che Layla non si fosse messa a piangere, aveva capito e si era mostrata persino d’accordo. Ma avevano commesso l’errore di salutarsi con un ultimo bacio, poi un altro, e un altro ancora, e le sue labbra gli avevano fatto cambiare idea. Alla fine, avevano deciso di continuare a vedersi, cercando di dare il meno nell’occhio possibile. Regulus avrebbe riferito a Marcus di averla lasciata, consapevole che lui gli avrebbe tenuto gli occhi addosso per un po’ di tempo. I loro incontri sarebbero stati più sporadici, non si sarebbero neppure potuti più salutare vedendosi in giro per il Castello, e quando aveva chiesto a Layla se le sarebbe andata bene, guardandola negli occhi, aveva temuto gli dicesse di no.
Il fatto che Amanda fosse venuta finalmente a conoscenza della loro storia lo aveva sollevato. Ultimamente, avevano così poche occasioni di vedersi che temeva di essersi allontanato troppo da lei, sempre così presa dal nuovo gruppo di Grifondoro che frequentava. Si vedevano quasi ogni mercoledì pomeriggio alla Guferia, era diventata una specie di abitudine da quando i loro compagni erano convinti che avessero smesso ogni contatto. Lì, approfittavano per chiacchierare qualche minuto mentre spedivano la propria corrispondenza alle rispettive famiglie.
Guardò, annoiato, l’orologio della biblioteca. Era arrivato lì appena dopo pranzo per approfittare di un’oretta di ripasso prima che le lezioni pomeridiane ricominciassero. A quell’ora riusciva a concentrarsi meglio perché non v’era praticamente nessuno.
Sussultò, quando, sovrappensiero, avvertì qualcuno bussargli alla spalla.
Si voltò, Sirius era appoggiato ad uno scaffale, dietro di lui, intento a mangiare un pacchetto di Api Frizzole.
“Ciao!” esclamò.
Regulus si guardò intorno, indeciso se essere più perplesso nel vederlo da solo o preoccupato di essere visto con lui dai compagni Serpeverde. Fortunatamente, nella posizione in cui era riusciva a vedere chi c’era senza essere visto a sua volta. Sirius gli offrì una caramella, ma rifiutò.
“Da quanto sei lì?”
“Un po’. Come diavolo fai a stare fermo in quella posizione e studiare ben trenta minuti di fila?” chiese, scettico.
“Tu come diavolo fai a fissare qualcuno che studia per tutto quel tempo?”
Sirius fece spallucce e non rispose, bensì si sedette sul tavolo davanti a lui, chiudendogli il libro di Incantesimi.
Regulus sbuffò.
“Che c’è?” chiese, sulla difensiva.
“Devo per forza volere qualcosa, per salutarti?” domandò Sirius, alzando un sopracciglio.
“Mi stupirebbe il contrario,” rispose, sarcastico “cos’è, hai bisogno di consigli con Amanda?”
“No,” fece, indignato “puoi stupirti, non ho alcun secondo fine.”
Regulus sbuffò, spazientito, e riaprì il libro.
“A differenza tua ho da fare, Sir, addio.”
Con un gesto deciso, suo fratello gli prese il libro, portandoselo dietro la schiena. Alzò gli occhi al cielo, esasperato. Era insopportabile!
“Voglio sapere come stai. Con Layla come va?” chiese, ostinato.
Ancora una volta non seppe come reagire alle sue parole. Perché all’improvviso si stava comportando così? Si sentiva solo e aveva bisogno di riempire un’ora senza lezioni? Pensava davvero che avere una relazione con Layla, sorella della ragazza che aveva puntato, potesse tutto ad un tratto riavvicinarli e far tornare le cose come se nulla fosse accaduto?
“Perché t’interessa, Sirius? Non capisco dove vuoi arrivare,” rispose, nervoso.
Suo fratello sospirò, seccato.
“Non voglio arrivare da nessuna parte, Reg, perché ti sembra così strano che m’interessi a te?”
“Perché non è mai successo.”
“Non è vero!”
“Allora ho vissuto con un’altra persona, negli ultimi quindici anni,” commentò, ironico.
Sirius si morse il labbro, come per trattenere una rispostaccia, e inspirò.
“Non esagerare, volevo dirti che se vuoi posso dirti qualche posto in cui andare per stare con Layla senza farvi vedere da nessuno,” gli sussurrò.
“E perché lo faresti?”
“Ti interessa o no?” ribatté, impaziente.
Regulus ci pensò su. In realtà, la proposta lo allettava parecchio, perché ora che avrebbero dovuto agire in clandestinità, non aveva la minima idea di dove incontrarla se non in corridoi poco frequentati – ma comunque rischiosi –, aule vuote, o la Guferia – l’ultima risorsa, viste le spiacevoli esperienze a causa delle cacche di civette.
Con un misto di riluttanza e orgoglio accettò, e Sirius gli parlò di un passaggio che si trovava al terzo piano, dalla statua della Strega Orba, che lo avrebbe fatto arrivare direttamente nella cantina di Mielandia.
“… dalle otto di sera in poi è chiuso, ovviamente, quindi potete stare lì senza che nessuno vi disturbi,” spiegò.
“In una cantina?” chiese Regulus, scettico.
“Sì.”
“A Hogsmeade.”
“Esatto.”
“È uno scherzo? Perché se si tratta di uno dei tuoi stupidi scherzi, Sirius, questa volta non la passi liscia,” borbottò, innervosito.
Suo fratello aggrottò la fronte, corrucciato.
“Ti do la mia parola, Reg.”
Per qualche secondo stette in silenzio, non seppe cosa dire, si sentiva a disagio per quella strana situazione.
“Beh, bene…” bofonchiò, ancora non del tutto convinto “se è così, grazie. Come conosci questo passaggio?”
Sirius ghignò.
“Questo non posso dirtelo.”
“Ci… ci sei già andato con delle ragazze?” chiese Regulus, imbarazzato “Ci porterai Amanda?”
“Che? No,” rispose il fratello, compiaciuto “non ce n’è bisogno, usciremo insieme sabato.”
Lo so. E so anche come ti sei procurato l’appuntamento, Layla me l’ha raccontato…” gli lanciò un’occhiata di rimprovero “È una bella persona, Amanda, non prenderla in giro.”
Suo fratello scosse il capo, e Regulus gli vide rivolgergli un sorriso genuino talmente raro che ne aveva perso il ricordo.
“Non è mia intenzione.”
Si rimise in piedi, e gli rivolse un saluto impacciato prima di girarsi per andare via.
“Sir!”
Si voltò.
“Che c’è?”
Regulus fece un respiro profondo.
“Sabato è…”
“… il mio compleanno, sì,” terminò lui, sorridendo.
“Il diciassettesimo,” osservò Regulus.
“Già. Sto organizzando qualcosa nelle cucine…” disse, cercando di apparire il più naturale possibile “sabato sera. Se… se trovi il modo di venire, mi farebbe piacere.”
Regulus si mosse sulla sedia, nervoso.
“Non lo so… pensavo di approfittare del passaggio che mi hai rivelato proprio sabato sera.”
Il sorriso di Sirius si allargò.
“Beh, in quel caso capisco!” esclamò, divertito. “Queste Froude, cosa ci hanno fatto, Reg?”
Si voltò e sparì dal suo campo visivo.
Già, pensò Regulus, cosa ci hanno fatto?
 
 
 
SIRIUS
 
 
Quella sera, a cena, notò Amanda prendere qualcosa dall’interno della borsa. Ne tirò fuori un sacchetto – all’apparenza vuoto – che passò a James con naturalezza sotto il tavolo, convinta di passare inosservata.
“Sono biscotti?” chiese subito Sirius, curioso.
“No, qualcosa necessario per il tuo regalo!” esclamò James, togliendogli ogni dubbio.
“James, gliel’hai detto?” domandò Amanda, esasperata “Ma c’è qualcosa che riuscite a tenervi dentro, voi Potter?”
Sirius rise, divertito.
“Hai già ricevuto dei regali da parte della tua famiglia?” gli chiese Jaded, sarcastica “Non so… torte avvelenate, coltelli maledetti, argenteria affatturata o roba simile?”
“Speravo in una torta, ma non vorrei essere troppo ottimista. Penso che mia madre non avrebbe la passione di prepararmi una torta nemmeno con la prospettiva allettante di avvelenarla per uccidermi!”
Con quell’ultimo intervento parve attirare l’attenzione di Amanda, impegnata in una conversazione con Lily. Infatti si voltò verso di lui, perplessa.
“Tua madre non ti ha mai preparato una torta? Dici davvero?” chiese, esterrefatta, poi arrossì e si affrettò ad aggiungere: “Scusa, non volevo origliare!”
“Ti sconvolge tanto?” fece Sirius, divertito. Nonostante l’idea di sua madre ai fornelli lo facesse ridere parecchio, l’ingenuità con cui Amanda gli aveva posto quella domanda lo mise a disagio. Con i suoi amici non aveva mai dovuto parlare di quanto fosse scostante e fredda Walburga Black, perché era qualcosa di risaputo, su cui si scherzava costantemente; Amanda non era probabilmente a conoscenza di tutto ciò, se non dal punto di vista molto più morbido di Regulus.
“Ecco, sì. Che compleanno è, senza una torta?” domandò lei.
“Il mio, se alla mancanza di torte aggiungi maledizioni e sguardi di disapprovazione materni… Ma quello che preferisco, da quando passo i miei compleanni qui a Hogwarts, sono le sue lettere: così traboccati d’odio e delusione da essere persino poetiche!” esclamò “È un peccato che io le abbia bruciate tutte, è probabile che da quest’anno non me ne manderà più, mi sarebbe piaciuto fartele leggere!”
Amanda spalancò gli occhi e schiuse le labbra, ma non rispose. Gli parve particolarmente scioccata.
“Sirius, lei tiene molto ai compleanni, credo che tu l’abbia appena traumatizzata,” intervenne Lily, mentre dava dei piccoli buffetti consolatori sulla schiena ad Amanda, “non è ancora pronta a sentire certe cose.”
Le sorrise, amareggiato.
“Scommetto che mio fratello non ti ha mai raccontato della differenza tra i suoi compleanni e i miei.”
“Non credo, no,” rispose Amanda, scuotendo la testa.
“Bene,” commentò Sirius, tirando fuori dalla tasca un ritaglio di pergamena su cui prendeva appunti da qualche giorno.
“Che fai?” chiese immediatamente Amanda, curiosa.
Sirius finì di scrivere ‘Sostanziali differenze create da Walburga tra me e Regulus’ prima di rispondere.
“Mi segno degli spunti di conversazione per il nostro appuntamento. Siccome tu ti stai impegnando a rovinarlo, io mi occuperò di farlo andare bene. Vediamo chi vince!” esclamò, soddisfatto.
Amanda lo guardò, perplessa.
“Non ci credo.”
“Non mi sorprende, tieni!” esclamò Sirius, passandole il foglio. Lei lo prese, scettica, e cominciò a leggere.
“Hai ripetuto tre volte ‘Chiederle del regalo’,” gli fece notare.
“Intendo essere parecchio insistente su quel punto, in effetti.”
“E che significa ‘Convincerla a venire alla festa’?”
“La festa di sabato sera che io e James abbiamo organizzato nelle cucine! Verrai?”
Amanda scosse il capo, convinta.
“No, ci saremo già visti al pomeriggio. Ne avrò avuto abbastanza!” disse, restituendogli il foglio.
“Io non credo, avrai la possibilità di farti perdonare per la pessima uscita che faremo! Ti assicuro che non saremo soli!”
“Ah, c'è anche questo rischio?” commentò, sarcastica.
“Ho fatto le cose in grande, ho sparso la voce anche tra i Tassorosso e i Corvonero!” s’intromise James, entusiasta.
“No. Davvero, dovrò stare con Layla probabilmente,” continuò lei, irremovibile.
“Questo non è possibile, tua sorella vedrà Reg sabato sera. Ho organizzato tutto io!” esclamò, piuttosto soddisfatto.
“Che cosa hai fatto tu?” sbottò lei, stupita.
“Ho consigliato loro un posto in cui incontrarsi senza farsi vedere da nessuno,” ghignò “sta’ tranquilla, ho pensato a tutto. Allora, verrai?”
“È incredibile quanto ti prodighi per gli altri quando ci sono di mezzo i tuoi interessi. Sei davvero un Serpeverde mancato…” sbuffò Amanda, e sentì che era oramai sul punto di cedere.
“Se verrai prometto di non offendermi per l’ultima cosa che hai detto!”
Amanda abbassò lo sguardo e si lasciò scappare un mezzo sorriso.
“Sono meravigliosi da ascoltare. Diventeremo così anche noi, Evans?” sentì James chiedere, in direzione di Lily.
“Dovranno lobotomizzarmi, Potter!” esclamò Lily, sconcertata.
“Lobo-che?”
“Ecco, appunto,” borbottò Lily.
Cominciarono a battibeccare tra di loro, e Sirius si distrasse tornando ad incrociare gli occhi di Amanda, puntati si di lui.
“Verrai?” le chiese, muovendo solo le labbra, senza far uscire alcun suono.
Le sue guance presero colore, lei annuì e tornò alla sua fetta di dolce.
 


 
 
Note:
 
Ciao a tutti!
Eccomi tornata, vorrei farvi notare che nella mia vita non sono mai stata così costante :D
Bene, veniamo a noi:
  • Vi aspettavate già il giorno dell’appuntamento, eh? Doveva essere un unico capitolo, lo ammetto, ma ho preferito spezzarlo per evitare che risultasse poi troppo pesante, molto probabilmente sarà lunghina anche la prossima parte!
  • Prima partita di Quidditch, ero molto ‘disappointed’ anche io che vincessero i Grifondoro, ma doveva andare così, non torniamoci più sopra ù.ù;
  • Layla/Regulus, ecco, le cose iniziano a complicarsi, ma non vi anticipo nulla. Per quanto riguarda la questione ‘Avery’, Sirius non percepisce la portata di una notizia del genere, perché non vede ancora Avery come un pericolo, pensa solo che sia un idiota che si atteggia a capetto e non immagina abbia già le mani in pasta in faccende sporche. Layla nemmeno, in effetti, e Regulus fa in modo che non se ne renda conto, più che altro perché pensa che lei la potrebbe mettere in condizione di scegliere;
  • Jaded che non tiene nemmeno la piscia è una costante, fatevene una ragione, non ce la può fare... e sì, beve il tè caldo con la cannuccia, ha trasmesso quest’abitudine anche ad Amanda (riferimenti a cose e/o persone è puramente casuale), ora che fanno spesso colazione insieme, e Sirius pensa che sia una cosa ridicola;
  • Krixi19 tiene a sottolineare la frase di Sirius in riferimento a Regulus “Non può perché non vuoleXD;
  • Sirius/Regulus: ecco, nel dialogo ho cercato di far trasparire il disagio da entrambe le parti. Sirius pensa sempre che nonostante siano lontani rimangano comunque fratelli, e basterebbe nulla per sistemare le cose – lui mi è sempre parso un personaggio molto ottimista – mentre Regulus è molto più disilluso e sa che niente può tornare come prima, sente già che la propria strada diverge da quella del fratello;
  • James… va beh, non mi esprimo nemmeno, lo adoro e basta!:’D
 
Vi ringrazio di tutto e vi saluto, alla prossima settimana! :*
 
Amanda
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** "La sua Lily" pt. 2 ***


Capitolo XVII: “La sua Lily” parte 2
“Don’t you love her madly?
Don’t you need her badly?
Don’t you love her ways?
Tell me what you say…
Don’t you love her madly?
Wanna be her daddy?
Don’t you love her face?
Don’t you love her as she’s walkin’ out the door
like she did one thousand times before?”

-Don’t you love her badly, The Doors
 
13 novembre 1976
ORION BLACK
 
In quel momento sapeva che lo sguardo di sua moglie ardeva quanto l’Ardemonio. Evitò di incrociarlo, seriamente preoccupato di scottarsi. Il riflesso del fuoco sull’arazzo di famiglia creava un’inquietante scintilla nei suoi occhi.
Suo cognato Cygnus assisteva alla scena accanto a lei, l’espressione di puro sdegno dipinta sul volto.
“Non esistono… non esistono…” mormorava tra sé e sé sua moglie, le labbra tremavano appena, troppo strette.
L’ultimo filo nero di fumo sbiadì: Alphard Black non era mai esistito.
“Dobbiamo controllare la stanza di Regulus più spesso. Starà ad Hogwarts il meno possibile, non voglio che venga corrotto anche lui,” sentenziò Walburga, guardandolo, gli occhi scuri come quelli del suo secondogenito “è la nostra ultima speranza.”
Orion annuì, inespressivo come sempre. Vivere in quella casa per tutti quegli anni l’aveva reso così.
Non era stato difficile costruirsi una maschera di indifferenza, l’unica volta in cui aveva vacillato era stato il giorno in cui Sirius aveva avvisato che non sarebbe più tornato, e solo Regulus se ne era accorto.
Alphard gli ha fatto un meraviglioso regalo di compleanno, pensò Orion.
Si passò distrattamente una mano sulla tasca della veste che indossava, come per proteggere la foto che teneva nascosta. L’aveva trovata qualche giorno prima, rovistando proprio tra le cose di Regulus. Si era lasciato andare ad un sorriso, uno di quelli veri, che da anni non esternava; poi aveva riso, pensando al maledetto destino, e Kreacher, preoccupato, gli aveva chiesto se si sentisse bene, perché lui non l’aveva mai sentito ridere. Orion aveva preso la foto e l’aveva nascosta dalla vista di Walburga; lei avrebbe immediatamente odiato quella giovane donna.
Nemmeno per un attimo, infatti, aveva avuto dubbi su chi fosse la bionda ragazza sorridente ritratta, perché Orion avrebbe riconosciuto il viso di Mary Anne tra migliaia.
 
***FLASHBACK***
1945
 
Una piccola macchia bionda gli tagliò la strada verso la Sala Grande, correndo. Orion la guardò, seccato, e notò che dalla tasca della divisa aveva perso qualcosa.
“Hey, Scheggia!” chiamò, e la vide bloccarsi a pochi passi da lui. Evidentemente aveva azzeccato il suo soprannome. Lei finalmente si voltò e riuscì a scorgerla meglio: minuta, occhi grandi e chiari, il viso rotondo e sorridente, la pelle chiara, leggermente spruzzata di efelidi sul naso piccolo e regolare. La cravatta Corvonero era un po’ disfatta.
Orion raccolse quello che somigliava ad un bracciale d’argento. Vi era una piastrina con inciso ‘Padraig’.
“La prossima volta me lo intasco. Sono un Prefetto, posso farlo,” la ammonì, scontroso.
Lei allargò gli occhi e prese il bracciale, guardandolo con riconoscenza.
“Grazie!” esclamò. Poi sorrise tanto da scoprire i denti e lo abbracciò.
Orion s’irrigidì per la sorpresa, sentì le guance calde e probabilmente arrossì per la prima volta in vita sua.
Nel giro di due secondi si era già voltata e se ne andava saltellando.
Restò fermo ad osservarla; un ragazzino Serpeverde del secondo anno che Orion sapeva chiamarsi Joe Froude, figlio di un’importante famiglia purosangue del sud dell’Irlanda, la stava raggiungendo a passo svelto.
“Mary Anne, conosci un modo di muoverti che non sia correre o saltellare?” chiese, esasperato ma divertito.
***
1946
 
“Sembri avere bisogno di una mano, Scheggia,” osservò. Mary Anne stava tentando di uscire dalla biblioteca con ben sei volumi che superavano di gran lunga il suo probabile peso.
“Smettila di chiamarmi così,” borbottò lei “tieni, aiutami con questi.”
“Se lo faccio mi bacerai?” le chiese, ridendo, per la milionesima volta, mentre afferrava quattro dei sei libri. Notò con piacere che Mary Anne era arrossita.
“Sì,” rispose per la prima volta, guardandolo negli occhi.
***
 
1947
 
“Black!”
Orion sorrise, prima di voltarsi verso la direzione da cui proveniva la voce. Incontrò lo sguardo di Mary Anne. Arrabbiata e bellissima, le sue gote erano rosse, i pugni chiusi e appesi alle braccia rigide lungo i fianchi.
“Doherty!” rispose, canzonatorio.
Si fermò di fronte a lui, i capelli biondi e mossi erano disordinati, gli ricordò una leonessa. I suoi occhi azzurri lo trafissero.
“Come ti è saltato in mente di cacciare Joe dalla squadra?” sbottò.
Era decisamente più bassa di lui, e il fisico minuto non aiutava a renderla minacciosa; Orion la trovò infatti molto tenera.
Ciononostante, per salvare le apparenze le rivolse uno sguardo di supponenza.
“Il campo da Quidditch non è il luogo adatto ad effusioni,” rispose, stringendo gli occhi sottili.
“Ma di quali effusioni parli? Mi ha solamente appoggiato il suo mantello sulle spalle perché faceva freddo!” esclamò Mary Anne, stupita. “Sei ingiusto!”
“Ingiusto, dici? Per quale motivo Froude manda te a lamentarsi?” la schernì, velenoso.
“Non mi ha mandata lui!” rispose, incrociando le braccia. “Nemmeno voleva che ti dicessi qualcosa.”
“Perché? Teme che potremmo baciarci di nuovo?” chiese, arricciando un angolo della bocca.
Mary Anne impallidì.
“Dimenticalo, Orion, non è mai successo…” mormorò, scuotendo il capo.
No, non l’avrebbe dimenticato.
“A me pare proprio di sì. Qualche mese fa, ricordi?” continuò, e cercò di prenderle la mano. Lei si scostò. Orion sentì lo stomaco stringersi.
“Quello che ricordo è che tu non hai avuto il coraggio di andare contro la tua famiglia, per difendere le tue convinzioni. Non mi interessano i codardi, quindi lasciami stare… e soprattutto lascia stare Joe, lui non c’entra niente, è solo un amico.”
“No, Mary Anne, non lo è. Vedo il modo in cui ti guarda.”
“Già,” annuì, e Orion la vide arrossire “con gli occhi più belli del mondo.”
***
1952
 
No, non aveva mai smesso di pensare a lei. Ma aveva imparato a nasconderlo bene, fino a quando non l’aveva rivista dall’esterno di una vetrina al Ghirigoro, un lunedì mattina alla fine di ottobre.
Era di spalle, immersa nella catalogazione dei libri sugli scaffali, i capelli legati in una lunga treccia chiara, le spalle piccole. Entrò nel negozio, euforico e ansioso al tempo stesso, lei non si accorse di lui finché non appoggiò male un libro su una mensola e lui, alle sue spalle, lo prese al volo prima che le cadesse addosso.
Mary Anne si voltò e sussultò.
“Black!” esclamò, sorpresa. Distese il volto in un sorriso, dopo anni che non si vedevano sperò che ricordasse solo i bei momenti.
“Ciao,” mormorò, ridandole il libro “non sapevo lavorassi qui.”
“Solo da qualche giorno!” disse con il suo solito entusiasmo “Hai bisogno di qualcosa?”
Orion si schiarì la voce, cercando di fuggire il suo sguardo.
“Io… mi serve un calamaio nuovo,” bofonchiò.
Mary Anne gliene mostrò almeno dieci, suddivisi per tipologia, forma, colore e capacità. Orion non sentì praticamente nulla, incantato dal movimento delle sue labbra. Prese l’ultimo che Mary Anne toccò, pagò, e prima di uscire la guardò negli occhi.
“Buon compleanno, Scheggia.”
La sua espressione meravigliata lo perseguitò per anni.
 
***
1959
 
Avrebbe dovuto fermarsi al sesto Whisky Incendiario. Ma aveva continuato, e ora, poco lucido, girava per le vie di Galway. Il sole estivo aveva appena ceduto il posto al buio, si era seduto su una panchina vicino al mare, indeciso se incantarsi a guardare il cielo o il movimento delle onde scure.
“Orion?” chiese una voce, curiosa.
Nonostante l’alcool in circolo, la riconobbe immediatamente.
Si voltò, Mary Anne era a qualche metro da lui, in piedi, lo guardava sbalordita. Accanto a lei c’era un uomo che non aveva mai visto. Si somigliavano, pensò fosse il fratello Patrick di cui gli aveva parlato spesso, il magonò. Mary Anne gli bisbigliò qualcosa, poi lo raggiunse, mentre l’uomo rimase ad osservare la scena da lontano.
“Mary Anne… ti cercavo,” borbottò, quando lei gli fu vicina, ma la voce non sembrava nemmeno la sua. Notò il leggero rigonfiamento del ventre, gli si strinse il cuore. Pensò alla grande pancia di sua moglie Walburga, ormai prossima a partorire il suo primogenito, un puro Black.
“Sei ubriaco.”
“Sei incinta.”
Mary Anne sorrise e si sedette accanto a lui.
“Io… sì, fra tre settimane mi sposo, se Amanda non mi fa qualche scherzo prima,” rispose, accarezzandosi la pancia. “So che ti sei sposato, stai diventando padre anche tu.”
Non rispose, i pensieri scivolarono veloci su tutto l’alcool che gli scorreva dentro.
“Scappiamo, Mary Anne?” le chiese all’improvviso.
“Come, Orion?”
“Sì, io e te. Scappiamo, mando a fanculo tutti, ti prendo per mano e andiamo via. Lo faccio, sono pronto!” esclamò sconnessamente.
L’espressione sconcertata di Mary Anne lo trafisse come una spada.
“Di che parli? I-io”
“Io ti amo, Mary Anne,” ammise.
“Non ci vediamo da anni, come fai a dirlo? Orion, sei ubriaco, torna a casa da tua moglie,” gli disse, sconvolta.
“Non la voglio, mia moglie!” urlò, e lei sobbalzò, spaventata.
“Io volevo te, ho sempre e solo voluto te…”
“Mi… mi dispiace, Orion…” sussurrò, mortificata.
Stettero in silenzio qualche secondo, Mary Anne guardò il cielo stellato.
“Quale nome di stella darai a tuo figlio?” chiese, curiosa.
“Sirius,” rispose piano, sentiva la testa sempre più pesante.
“La più luminosa,” recitò Mary Anne “magari lui e Amanda potranno essere grandi amici…”
Orion si alzò in uno scatto nervoso.
“Già, magari,” disse, atono. E si Smaterializzò.
 
*** FINE FLASHBACK***
 
SIRIUS
 
Si svegliò improvvisamente, davanti agli occhi rivide l’ultima immagine del suo sogno: uno specchio d’acqua dentro cui stava nuotando.
Aprì un occhio e si rese conto che quel lago era davvero nel suo letto: bagnato dalla testa ai piedi, sentiva che qualcosa continuava a gocciolargli addosso.
“Ma che…?” borbottò, ancora assonnato, stropicciandosi gli occhi. Li aprì e capì cosa lo stava innaffiando: James aveva la bacchetta puntata verso di lui, dalla quale fuoriusciva un rivolo d’acqua.
Buon compleanno, Felpato!” esclamò, entusiasta.
Si alzò di scatto, cercando di afferrare la sua bacchetta, ma James si scostò con agilità; Sirius era più alto e forte di lui, ma l’amico aveva una capacità di sfuggirgli nettamente superiore.
“James… maledizione!” sbottò, irritato, tirandosi su dal letto.
“Fermo, schiaccerai i regali!” lo avvertì Remus, dal suo letto “Ci sono dei pacchetti ai piedi del letto!”
Sirius si bloccò e vide che il compagno aveva ragione: tre pacchetti, due di modeste dimensioni e un altro decisamene più grande erano posati a terra proprio accanto ai suoi piedi.
James si avvicinò chiedendo una tregua, e per farsi perdonare pronunciò un incantesimo che asciugò in pochi istanti tutta l’acqua gettata sul letto e sul suo pigiama.
Lo scostò con fastidio quando il getto d’aria calda della bacchetta tentò di asciugargli i capelli, perché era ormai troppo curioso di aprire i regali.
Prese quello più piccolo, e sentì Peter avvicinarsi al suo letto, quasi più emozionato di lui.
“Questo è da parte mia!” esclamò.
“Non dovevi...” borbottò Sirius, un po’ imbarazzato. Di solito non si facevano tanti regali, se non delle sciocchezze per Natale – che spesso acquistavano da Zonko – quindi lo colpì particolarmente che in occasione di quel compleanno avessero pensato ad un pensiero da fargli.
Lo scartò con una certa energia, e vide che si trattava di un semplice specchio.
“È un Avversaspecchio,” spiegò Remus “serve a-”
“Lo so a cosa serve, Lunastorta,” lo interruppe, sorridendo “grazie, Codaliscia, Non se ne trovano tanti in giro!”
Sirius se lo rigirò fra le mani, affascinato, fino a quando James non insistette affinchè aprisse gli altri.
“Quello è da parte mia,” disse Remus, indicandogli l’altro pacchetto.
Sirius lo prese. Era rettangolare e non molto pesante, sicuramente si trattava di un libro. Lo scartò e ne lesse il titolo, scritto a grandi caratteri dorati su una copertina nera:
 ‘Diciassette modi per non finire ad Azkaban:
 manuale d’istruzione per l’età adulta nel mondo della magia.’
Sirius rise e glielo lanciò. Remus riuscì a schivarlo per un soffio, piegato in due dalle risate.
“Grazie della fiducia!” esclamò Sirius, divertito.
“Cosa c’è in quell’altro?” chiese poi Peter, allungando il collo.
“Io lo so!” ghignò James “Forza, aprilo!”
“È tuo?” chiese Sirius.
“No, sia il mio che quello di Jaded li avrai stasera alla festa!” rispose, scuotendo la testa.
Sirius prese la scatola, esaminandola. Era quadrata, alta una ventina di centimetri, impacchettata – non molto bene –  con della carta blu. Sopra vi era un biglietto su cui v’era scritto, con una grafia ordinata e rotondeggiante,
‘Tutti meritano una torta. Buon compleanno, Sirius.
P.S.: scusa per la confezione, non sono brava ad incartare.’
Inarcò le sopracciglia, sorpreso. Aveva sentito lo stomaco contorcersi piacevolmente, per qualche secondo trattenne il respiro. Si ritrovò a sorridere, e scartò il pacco con delicatezza. Conteneva una torta semplice, rotonda, e ricoperta di glassa al cioccolato. Il profumo di Amanda lo investì, non riuscì a dire nulla.
“L’ha portata un elfo poco meno di mezz’ora fa,” disse James ad un certo punto, probabilmente perplesso di sentirlo così ammutolito “è per questo che ti ho svegliato... Amanda non vuole che te lo dica, l’altro ieri mi ha chiesto quale fosse il tuo dolce preferito.”
Si schiarì la voce, senza riuscire a togliere gli occhi dal dolce.
“L’assaggiamo? Ha l’aria di esser buona!” esclamò Peter.
Sirius annuì, ancora frastornato dalla sorpresa.
“Finalmente qualcuno che è riuscito a zittirti,” disse James, compiaciuto, “passamela che la taglio!”
Appoggiò la torta sul letto e James la prese, ammirandola. Sirius, invece, si spostò i capelli ancora bagnati a lato del viso e si guardò intorno, irrequieto, alla ricerca della mappa.
“Che fai?” gli chiese Remus.
“Guardo dov’è Amanda, voglio andare a ringraziarla,” parlò finalmente.
“Sono le otto e mezzo del mattino, dove vuoi che sia? Starà facendo colazione in Sala Grande o ci starà andando!” esclamò James, divertito.
“Sì, giusto,” borbottò, e attraversò a grandi passi il dormitorio in direzione dell’uscita.
James lo chiamò.
“Che c’è?” chiese, spazientito.
“Sei scalzo, idiota!” lo schernì.
“E indossi ancora il pigiama,” gli fece notare Remus, divertito.
Sirius dovette, suo malgrado, constatare che gli amici avevano ragione. Sbuffò e tornò indietro, vestendosi velocemente sotto i loro sguardi perplessi.
Mentre i compagni assaggiavano la sua torta, prima di uscire dal dormitorio, Sirius si convinse a mangiarne una fetta. Era probabile che al suo ritorno non ne avrebbe più avuto la possibilità, con James e Peter che continuavano a puntarla come avvoltoi.
Si avviò quindi fuori dalla sala comune e scese di corsa tutti i piani che lo separavano dalla Sala Grande.
Individuò Amanda immediatamente, stava uscendo dal grande ingresso. Quella mattina aveva legato i capelli in una coda che oscillava leggermente a destra e a sinistra mentre camminava.
La raggiunse a passo svelto, lei si accorse che si stava avvicinando e si fermò. Alzò una mano e lo salutò timidamente.
“Volevo ringraziarti per la torta!” esclamò Sirius con il suo sorriso migliore. “La confezione non era poi così male…”
Amanda arrossì percettibilmente e si schiarì la voce.
“Non so di cosa tu stia parlando,” borbottò, guardandosi le scarpe con enorme interesse “io… devo andare, scusa.”
L'istinto di seguirla prese quasi il sopravvento, ma le parole che Jaded gli aveva detto il pomeriggio prima lo fecero desistere: 'Ad Amanda piaci, lasciarla andare è il miglior modo di portarla a te.'
Sirius stette a guardarla mentre si allontanava, con le mani in tasca. Dopo qualche passo, Amanda si voltò. Sirius sorrise nel vedere come si dondolava sui piedi, indecisa se tornare da lui o no.
“Puoi avvicinarti, non mordo,” la rassicurò, divertito.
“Ti... ti è piaciuta?” chiese, incerta, muovendo qualche passo verso di lui.
“Sì, Amanda, moltissimo. Grazie.”
Lei sorrise timidamente, di nuovo di fronte a lui. Si alzò sulle punte, le sue dita salirono a sfiorargli una guancia.
“Si vede, ne hai ancora un po’ sulla faccia,” disse, e interruppe quel contatto troppo presto.
Sirius fece per trattenerle la mano, ma lei si sottrasse, il suo braccio era già tornato rigido lungo il fianco. In compenso, era arrossita violentemente.
“Adesso è un vero compleanno,” mormorò, incontrando i suoi occhi.
Si guardarono per qualche secondo, e fu contento che in quel momento fossero soli. Non sarebbe riuscito a giustificare con altre persone lo sguardo con cui, da quel momento in poi, avrebbe guardato Amanda.
La sua Lily.
“Ci vediamo davanti ai Sotterranei tra due ore, okay?” chiese Sirius, cercando di accantonare quella sensazione di imbarazzo.
Amanda parve destarsi, stupita.
“Cosa? Tu avevi intenzione di pranzare insieme?” chiese.
Sirius fece spallucce.
“Perché no?”
“Perché la mia vita non gira intorno a te, Black…” rispose Amanda, sconcertata.
“… disse colei che ha passato la serata di ieri a preparare la mia torta preferita!” finì per lei, e si lasciò scappare un sorriso di scherno.
“Me ne sto pentendo, in effetti. Ci vediamo alle tre, Black, ho da fare fino a dopo pranzo!” sentenziò Amanda, asciutta.
“Cosa?” chiese Sirius, curioso.
“Eh?”
“Che cosa devi fare?” ripeté.
“Sono fatti miei!” rispose Amanda.
“Devi vedere James? Perché anche lui ieri mi ha detto che avrebbe avuto impegni fino a pranzo!”
“Che? È un idiota! Perché te lo ha detto?” sbuffò, esasperata.
“Allora ho ragione!” esclamò, entusiasta. “Cosa state facendo? Riguarda il mio regalo?”
“No!”
“Beh,” insistette, scettico “è un po’ sospetto che abbiate da fare, entrambi, proprio il giorno del mio compleanno… meno male che la tua vita non girava intorno a me, Froude!”
Infatti non è così, Black… si tratta di una coincidenza! E ora lasciami stare, ho da fare!” sbottò, allontanandosi.
Per il mio regalo!” esclamò, canzonandola. Ma Amanda si era già voltata, e, mentre camminava stranamente spedita, non gli risparmiò un gestaccio con la mano.
 
 
*
 
 
Come previsto, una volta tornato alla Torre Grifondoro scoprì che della torta non v’era più alcuna traccia. James aveva avuto l’accortezza di portarsi via la mappa, quindi passò la mattinata ad annoiarsi, fino a quando non ricevette una lettera da suo zio Alphard. A quanto pare, si congratulava con la sua scelta di scappare di casa regalandogli un sacco di soldi, più di quanto potesse immaginarne, tutti all’interno di una camera alla Gringott intestata a suo nome.
Le tre del pomeriggio arrivarono lentamente, tanto che Sirius, impaziente, si presentò davanti ai Sotterranei in anticipo di qualche minuto. Si appoggiò al muro con le mani in tasca, guardandosi intorno con trepidazione.
Il grande orologio rintoccò le tre, e nel giro di un minuto la porta dei Sotterranei si aprì. La sorpresa di scoprire che Amanda fosse l’unica ragazza puntuale conosciuta fino a quel momento fu superata dal vedere che indossava un cappello simile a quello dei Lepricani. Lo sconcerto crebbe ulteriormente quando notò che i suoi capelli erano tinti dello stesso colore del cappello, ovvero di un verde brillante.
Amanda si fermò davanti a lui, si fissarono per qualche istante.
Non riuscì a trattenersi, scoppiò a riderle in faccia.
“Che cos’è?” chiese a fatica, tenendosi lo stomaco per le risate.
Il broncio con cui Amanda lo aveva accolto si era sciolto, e ora lo guardava con aria di sfida.
“Il mio modo di rovinare questo appuntamento,” rispose, e piuttosto compiaciuta si sistemò meglio il cappello sulla testa, “sei sicuro di voler ancora uscire con me? Perché non lo toglierò!”
“Assolutamente sì,” rispose, divertito “ne hai uno anche per me?”
L’espressione provocatoria sbiadì immediatamente dal suo volto.
“Dici sul serio?” chiese.
“Certo! Dove l’hai preso?”
Amanda scrollò le spalle, delusa, e Sirius pensò che fosse adorabile.
“Me lo ha regalato mia madre due anni fa,” bofonchiò, “lo indosso a San Patrizio... ne ho anche un altro che fa fare un ballo irlandese, ma mentre lo provavo mi sono fatta lo sgambetto da sola.”
Sirius rise ancora. Probabilmente qualcuno avrebbe dovuto dirle che farlo ridere non era il giusto modo per fare andare male un appuntamento con lui.
“Davvero non ti vergogni ad uscire con me in queste condizioni?” chiese ancora, scettica.
Sirius annuì, convinto.
“Davvero. Andiamo?” rispose, muovendo qualche passo verso l’ingresso.
Amanda rimase ferma.
“No,” borbottò, con lo sguardo basso “mi vergogno.”
“Ma hai detto che lo indossi a San Patrizio!”
“Sì, ma oggi non è San Patrizio, non è la stessa cosa…”
“Allora toglilo!” le propose, alzando le spalle.
“Se vuoi uscire con me, indossalo tu!” lo sfidò.
“Davvero, posso? Dammelo!” esclamò, elettrizzato, togliendoglielo dalla testa. I capelli di Amanda tornarono immediatamente del suo colore naturale. Sirius lo indossò e notò il ciuffo davanti agli occhi tingersi di un verde brillante.
“Non ti vergogni ad uscire con un Black dai capelli verdi che indossa un cappello strano?”
“No!” scosse il capo Amanda, sorridente.
“Vedi? Te lo dico, io, che siamo perfetti insieme!”
Lei sorrise, imbarazzata. Lo raggiunse e cominciarono a camminare, l’uno accanto all’altra.
“Entrerai ai Tre Manici di Scopa così conciato?” gli chiese, entusiasta.
“Ottima idea! Magari Madama Rosmerta mi offrirà del Whisky Incendiario per il coraggio… So che quello irlandese è tra i migliori al mondo!”
“Quello irlandese è il migliore al mondo! Ma ti pare il caso di bere del Whisky ad un primo appuntamento? Pensavo di essere io a doverlo rovinare!” esclamò, critica.
“Stai cercando di dirmi che tieni a questo appuntamento più di quanto vuoi far credere, Froude?” le chiese, soddisfatto.
 
*
 
Madama Rosmerta li fece sedere e accolse Sirius con la solita confidenza che riservava ad uno dei clienti migliori.
“Bel cappello, Sirius!” esclamò.
“È suo!” rispose lui, indicando Amanda.
“Un’altra ragazza, eh?” chiese, riservando ad Amanda un’occhiata eloquente che la fece arrossire. “Complimenti, molto carina!”
“Non metterla in imbarazzo, Rosmerta, ci ho messo quasi due mesi a convincerla ad uscire!” l’ammonì, scherzoso.
“Gliel’hai chiesto tu?” domandò, sorpresa; si voltò verso Amanda: “Che cosa gli hai fatto?”
“Me lo sto chiedendo anche io!” esclamò Sirius.
Amanda si schiarì la voce, decisamente rossa in volto.
“Cosa vi porto?” chiese allora Rosmerta, col solito tono cortese.
“Hai ancora quel tuo budino fantastico, Rosmerta?” chiese Amanda.
“Certo,” rispose “Tu, Sirius? Burrobirra?”
Annuì, allegro, dopodiché Madama Rosmerta li lasciò da soli.
“Allora,” esordì Sirius, di fronte a lei “a cos’altro avevi pensato per boicottare il nostro appuntamento?”
Amanda s’imbronciò.
“Ecco, nient’altro, in realtà. Pensavo che il cappello fosse sufficiente,” borbottò “insomma… non credevo ti saresti messo in ridicolo così, sei proprio strano!”
“Io, eh?” sorrise lui, divertito “Di’ la verità, mi hai sottovalutato!”
Amanda abbassò lo sguardo, ma sorrideva.
“Decisamente.”
Madama Rosmerta portò le ordinazioni, e Sirius la vide lanciarsi sul budino con parecchio appetito.
“Non hai pranzato?” chiese.
“Non ho fatto in tempo,” rispose, mangiando con gusto una nocciola con cui era stata farcito il dolce “l’ho preso perché ci mette sempre delle nocciole!”
“Ti piacciono?”
“Moltissimo,” ammise “ed è strano, da piccola le odiavo. Ora, invece, ne vado matta!”
“E' una fortuna che tu non abbia cambiato opinione solamente sulle nocciole,” sorrise Sirius.
“Tieni, assaggiane un po’!” esclamò, passandogli il piatto e porgendogli il cucchiaino.
Sirius lo prese, poco convinto.
“Mh… Non è buono come quello che fai tu,” borbottò, assaggiando un boccone svogliatamente “lo capisco già dall’odore!”
“Non esagerare, questo è meglio!” rispose Amanda, strappandogli il cucchiaino dalle mani.
“Dico sul serio, i tuoi dolci sono diversi,” continuò, convinto. Il fatto di non riuscire a spiegarsi oltre lo accigliò.
“Cos’avrebbero di diverso?” chiese, sconcertata.
Fu nel momento in cui la vide arrossire, che la ragione gli si affacciò nitida nella mente.
Non era lei ad avere l’odore dei dolci, erano loro ad avere il suo profumo.
“Non lo so,” mentì, scuotendo il capo.
La osservò mangiare il resto del budino in silenzio, ancora un po’ scosso per quella rivelazione.
 
 
AMANDA
 
“Questo appuntamento non sta andando male come speravi, mi dispiace per te.”
Amanda si voltò verso Sirius, cercando di non arrossire per l’ennesima volta. Sì, non stava andando per niente male come pensava.
“Se avessi rovinato questo pomeriggio avrei rischiato di rovinare il tuo compleanno…” ammise, alzando le spalle.
Quel pomeriggio stava conoscendo un lato di Sirius che non si aspettava, ancora una volta. Non seppe come, ma si era aperto con lei a tal punto che era arrivato a raccontarle importanti particolari della sua infanzia, uno dei quali aveva colpito molto Amanda. Le aveva rivelato che l’unica nota positiva del giorno del suo compleanno era suo fratello. Sin da piccolo, Regulus era solito regalargli tante Cioccorane quanti anni compiva, ma che da quando era entrato ad Hogwarts aveva smesso. Era qualcosa che gli tornava in mente ogni anno, e che in un certo senso gli mancava.
Non capiva per quale motivo tra quei due fosse così difficile parlare, sembravano divisi da stupide incomprensioni che andavano ingigantendosi sempre di più. Sirius le aveva parlato anche di parecchi soldi che suo zio Alphard gli aveva regalato, e di come questo probabilmente avrebbe facilitato i suoi rapporti con Regulus: ora che aveva la disponibilità economica necessaria, forse suo fratello si sarebbe convinto a seguirlo.
“Devo dirglielo con una certa cautela, però,” le aveva detto “perché ad una notizia del genere la prima cosa a cui penserà Reg sarà come avranno reagito i nostri genitori!”
Amanda guardò davanti a sé, erano seduti sulla stessa panchina dove l’ultima volta aveva avuto la discussione con Avery. Indicò la Stamberga Strillante sotto di loro.
“Sai che una volta sono stata lì dentro? Non è davvero infestata!” esclamò, impettita.
“Davvero?” fece lui, divertito.
“Certo! Cos’è, hai paura?” lo provocò.
Sirius alzò un sopracciglio, sembrava stesse trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
“No, vuoi andarci?”
“Sì!” esclamò Amanda, alzandosi “Vieni, ti mostro una cosa che ho scoperto grazie ad Othello!”
Afferrò Sirius per un braccio, incurante delle sue proteste per aver chiamato il cane in quel modo – come se a lui cambiasse qualcosa! – e si avviarono giù per la ripida discesa. Sirius la trattenne, preferendo andare avanti a lei, per niente fiducioso del suo equilibrio.
Amanda protestò un po’ ma poi si lasciò guidare; Sirius avanzava di qualche passo, poi si voltava ad aspettarla, e lei si stupì di quanto fosse agile. Sorrise quando si ricordò che era esattamente la stessa cosa che aveva fatto il cane nero la prima volta che l’aveva portata lì.
“È un peccato non aver visto Oth… il cane, oggi,” disse Amanda, correggendosi all’ultimo momento ad un’occhiata obliqua di Sirius “secondo me andreste d’accordo!”
Sirius la guardò per un lungo momento, sorrise, scosse il capo ma non rispose. Arrivarono davanti alla porta della Stamberga Strillante, e Amanda aprì la porta vecchia e malconcia, che non risparmiò un cigolio sinistro.
“Hai mostrato a qualcun altro questo posto?” le chiese Sirius. Non aveva molto interesse a guardarsi attorno, era molto concentrato a scrutare lei, piuttosto.
“No!” esclamò, scuotendo il capo. “Dubito che altri mi seguirebbero qui dentro! A te lo mostro perché sei abbastanza fuori di testa,” spiegò, divertita.
“Ne sono onorato, è tutto merito del cappello!” rispose lui, facendo un mezzo inchino verso di lei.
Amanda indicò la botola a pochi passi da loro.
“Quella nasconde un passaggio che porta direttamente a Hogwarts!” esclamò, infervorata “Si esce da un buco tra le radici del Platano Picchiatore!”
“Sai,” continuò, guardandosi intorno “credo che non sia un caso che ci sia questo passaggio… voglio dire, questa casa fino a qualche anno fa non c’era! Lo so perché quando ho parlato a mia madre della Stamberga Strillante di Hogsmeade lei non aveva la minima idea di cosa fosse… non conosceva nemmeno il Platano Picchiatore!”
Sirius continuava a sorridere e a guardarla.
“Non… non mi credi?” chiese, delusa. Si aspettava una reazione un po’ più entusiasta da parte sua.
“Certo che ti credo,” rispose “pensavo solo a una cosa.”
“Che cosa?” chiese Amanda, perplessa.
Il sorriso di Sirius si allargò.
“Che è davvero un peccato non averti tra i Grifondoro.”
 
*
 
Per quanto Amanda avesse insistito, non c’era stato modo di convincere Sirius ad entrare in quella botola. Anzi, nonostante avesse mostrato un po’ di entusiasmo, le aveva fatto promettere che non ci sarebbe tornata. Quel comportamento aveva confuso parecchio Amanda, si era sentita un po’ sottovalutata.
Il resto dell’appuntamento era trascorso benissimo, ma per via del coprifuoco erano dovuti tornare al Castello troppo presto per i suoi gusti.
Anche il modo in cui si erano salutati le aveva lasciato l’amaro in bocca. C'era infatti stato un momento in cui era successo qualcosa. Erano davanti ai Sotterranei, Sirius le aveva restituito il cappello, mettendoglielo sulla testa. Aveva indugiato sui suoi capelli momentaneamente verdi, accarezzandoglieli, e per un istante Amanda aveva pensato che l'avrebbe baciata. E che quella volta non avrebbe pianto.
Ma non era successo, Sirius sembrava essersi trattenuto, e lei era stata troppo codarda per spingersi verso di lui. Era quasi sicura che lui avesse avuto la stessa sensazione, e quella consapevolezza l'aveva imbarazzata a tal punto che aveva fatto la sola cosa di cui era capace in quei momenti, ovvero voltarsi e scappare.
Si era detestata così tanto, avrebbe voluto essere più spigliata e soprattutto più ‘esperta’. Il fatto di non aver mai baciato nessuno le pesava, a maggior ragione ora che si era resa conto che Sirius non le era più così indifferente. Era stato difficile ammetterlo con se stessa, ma desiderava baciarlo, e al contempo si vergognava all’idea di non saperlo fare.
Si schiarì la voce, ben decisa ad accantonare quei pensieri e a non considerare il mal di stomaco che quelle sensazioni le stavano causando.
Arrivò davanti al quadro della frutta, e si accorse di non essere sola. Un’altra persona si stava avvicinando, e Amanda la riconobbe. Si trattava di Susan Killis, Tassorosso. Era molto carina, aveva sciolto i capelli neri e ora le cadevano lunghi e liscissimi dietro la schiena. Il viso era affilato e regolare, gli zigomi alti e gli occhi scuri e sottili le donavano un fascino orientale che aveva probabilmente ereditato da un parente. Distolse lo sguardo, più la guardava e più si sentiva inadeguata.
“Ciao!” la salutò, sorridendo. Lei le rispose con un vago cenno della mano e non mostrò il suo stesso entusiasmo. Entrarono insieme nelle cucine tramite il passaggio, e un gran chiacchiericcio le accolse.
A quanto pare James si era davvero dato da fare come aveva promesso, perché Amanda notò parecchi studenti di altre case, intenti a bere e chiacchierare, molto divertiti ed eccitati per l’occasione. Erano almeno una ventina, e lei era l’unica Serpeverde.
Susan la superò e andò a salutare immediatamente Sirius, abbracciandolo con un trasporto che la lasciò prima perplessa, poi infastidita.
Con un certo compiacimento, tuttavia, notò che Sirius non condivideva lo stesso entusiasmo.
Amanda salutò Remus, Peter e James, a qualche passo da lei.
“Hey, finalmente! Aspettavamo te per dargli il regalo, ho dovuto distrarlo facendolo bere!” esclamò James, avvicinandosi a lei.
“Scusa, ho avuto qualche problema ad uscire dai Sotterranei senza farmi vedere,” ammise, senza togliere gli occhi da Susan e Sirius “Jade e Lily sono arrivate?”
Amanda non ascoltò risposta, perché vide Sirius avvicinarsi a lei con un gran sorriso stampato in volto. Si sentì avvampare.
“Benvenuta!” esclamò, un po’ troppo allegro.
“Sei brillo,” constatò Amanda, sorridendo.
“E tu sei bellissima, ma non te ne faccio una colpa!” rispose, divertito.
“Non vorrei interrompervi,” s’intromise James “ma… Sirius, finalmente potrai scartare il mio regalo!”
“Ah, quindi il regalo non è Amanda?” chiese, stupito.
“Che? Certo che no, con che diritto potrei regalarti una persona?” fece James, sconcertato.
Jaded e Lily si avvicinarono con due pacchi; uno conteneva il regalo che Amanda conosceva e su cui aveva lavorato con James per un paio di settimane, e l’altro era un pacchetto che Jaded stessa aveva voluto tenere segreto a tutti.
Sirius scartò quello di James, piuttosto eccitato. Appena lo riconobbe, guardò entrambi, ammutolito, gli occhi spalancati. Si trattava di un vecchio giradischi portatile che James e Sirius avevano visto la prima volta nell’ufficio di Gazza, e che bramavano da anni. La valigetta dentro cui era contenuto era color avorio e rosso porpora, ricordava i colori della loro casa. Con la complicità di Amanda che si era occupata di tenere occupato Gazza, James l’aveva rubato dal suo ufficio. Si erano resi conto, tuttavia, che non funzionava. Fortunatamente, Amanda ne possedeva un modello simile, e aveva visto suo padre metterci le mani per apporvi modifiche un sacco di volte, quindi si era sentita in grado di aiutarlo ad aggiustarlo. La parte più difficile, che li aveva tenuti impegnati fino a quel pomeriggio, si era rivelata incantarlo, affinché funzionasse anche all’interno delle mura di Hogwarts. Fortunatamente, ce l’avevano fatta.
“Ha fatto questa faccia anche con la tua torta,” le disse James, compiaciuto.
“È quello del suo ufficio!” esclamò Sirius, meravigliato.
“Già,” annuì James.
“È questo che avete dovuto aggiustare?” chiese Peter, ammirandolo.
“Più che altro mi stupisce che Amanda ne capisca qualcosa, io stessa non saprei dove mettere le mani!” esclamò Lily, sorridendo.
“Wow, è molto bello!” s’intromise Susan, avvicinandosi “Di cosa ti sei occupata, di preciso, Amanda?”
“Ne ho uno simile a casa, mio padre è molto incuriosito da questi apparecchi e glieli ho visti montare e smontare parecchie volte…” rispose, sorpresa che le stesse rivolgendo la parola.
“Beh, sono impressionata… allora sai fare qualcos’altro, a parte inciampare!” esclamò lei, sorridendo sarcastica.
Remus, accanto a lei, si schiarì la voce, imbarazzato. Amanda notò che non era l’unica ad essere rimasta sbalordita dall’uscita infelice di Susan.
“Attenzione, Killis, ha rinchiuso gente nell’armadio per molto meno,” rispose Sirius, ridendo per stemperare la tensione.
Susan arrossì e si voltò, allontanandosi. Tutti loro la seguirono con lo sguardo ancora qualche secondo, perplessi.
“Bene,” esordì Jaded, attirando l’attenzione su di sé e consegnando un altro pacchetto a Sirius “è ora che tu apra anche il mio regalo!”
“Ecco, giusto, non so cos’è!” esclamò Amanda, curiosa. “Non ha voluto dirmelo!”
“Era fondamentale che tu non lo sapessi,” ammise Jaded, sorridendo sorniona.
Sirius lo scartò, e Amanda vide che si trattava di un disco 45 giri. Lei riconobbe immediatamente la copertina e si voltò verso Jaded, guardandola stranita.
“I The Doors?” fece Amanda “Jade, l’hai fatto apposta!”
“Perché?” chiese Sirius, perplesso “Li conosci anche tu?”
“È uno dei miei gruppi preferiti,” confessò, senza togliere gli occhi da Jaded, che se la stava ridendo.
“Scherzi?” domandò ancora Sirius, genuinamente sorpreso “Io li adoro!”
“Quell’album contiene la canzone preferita di Amanda, vediamo se la indovini!” lo sfidò Jaded.
“Jade, no…” borbottò lei, imbarazzata.
Sirius sorrise, esaltato, scorse qualche titolo stampato sulla copertina dell’album. Arrivato ad uno in particolare il suo sorriso si allargò, e iniziò a intonare una canzone che ad Amanda ricordò maledettamente 'Don't you love her madly'.
“Che… che fai?” chiese, perplessa.
“Canticchio la nostra canzone!”
Noi non abbiamo una canzone... smettila!” sbuffò, sentendosi avvampare. “Ti proibisco di usare la mia canzone preferita!”
“Ah! Lo sapevo! È la tua canzone preferita perché parla di noi!” rispose lui, particolarmente soddisfatto.
“Jade! Ti odio…” mormorò Amanda, rivolta all’amica.
Tu odi me? Io odio i The Doors!” esclamò, con le braccia incrociate. “Hai idea di cosa abbia significato per me sentir canticchiare questa maledetta canzone, in momenti diversi, da entrambi per mesi?! Ancora nemmeno vi conoscevate! Voi due siete fuori di testa!”
Amanda fuggì dallo sguardo di Sirius e si voltò, incrociando per un momento lo sguardo di Susan, che assisteva alla scena a qualche passo da loro.
Nel lanciarle un'occhiata obliqua, Amanda si domandò se davvero ci fossero armadi vuoti nelle vicinanze dentro cui rinchiuderla qualche ora, giusto per farle sparire lo sguardo di sfida con il quale seguitava a fissarla.
Ma concluse che. in fin dei conti, non le interessava vendicarsi delle occhiate della Killis, perché il modo in cui ora Sirius le stava sorridendo le aveva appena fatto dimenticare ogni cosa.
 
 
 
 
Note:
 
Eccomi! Okay, avevo detto che sarebbe stato lunghino, ma tutto sommato spero che sia stato scorrevole da leggere!
Non mi dilungherò molto nelle note:
  • Pov di Orion: ho voluto far luce sul passato tra quei due, proprio per dare un punto di vista di vista diverso da quello di Joe del settimo capitolo, spero che la tecnica utilizzata sia stata di vostro gradimento;
  • Amanda/Sirius: lei sta cedendo, e inizia a fare i conti con le proprie insicurezze, esattamente come ogni sedicenne che si rispetti. Se poi ci aggiungete che non ha mai baciato nessuno, poveretta, ha un gran disagio, mi fa tenerezza!
  • Regulus/Sirius: mi è dispiaciuto che non abbiano avuto molto spazio qui, ne parlerò probabilmente nel prossimo… spero di averne spazio, questo è il momento in cui i personaggi iniziano a fare quello che pare loro, sono difficilmente controllabili XD
Ho finito, alla prossima settimana! Grazie ancora per chiunque segua e legga la storia <3
 
-Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Passo Felpato ***


Capitolo XVIII: “Passo Felpato”
 
26 novembre 1976
 
LILY
 
“Potreste cercarvi un altro posto?” chiese Lily, seccata.
Aveva provato a concentrarsi sulla sua ricerca di Pozioni e a non far caso a Jaded e Stephan che facevano i piccioncini accanto a lei, ma non c’era riuscita.
Jaded rise, schivando un bacio del ragazzo.
“Scusa, Lily! È meglio che ci spostiamo, Stephan. Andiamo verso la Sezione Proibita!” propose Jaded.
Lui annuì, convinto, la prese per mano e si alzarono, avviandosi.
“Hey, Jade!” sussurrò Lily.
“Sì?”
“Dimentichi il tuo bouquet di cannucce!” esclamò, lanciandole uno strano mazzo di cannucce sulla cui cima erano spuntati fiori colorati. Quel pomeriggio, Stephan si era presentato da Jaded con quel regalo e lei era scoppiata a ridere.
Erano quasi due mesi che i due avevano iniziato ad uscire insieme, e Lily doveva constatare che l’amica sembrava davvero presa da lui. Probabilmente non era solo merito dell’innegabile bell’aspetto di Stephan, perché gran parte dell’attrazione di Jaded per il ragazzo stava nei suoi atteggiamenti. Era un ragazzo gentile e rispettoso, ma soprattutto divertente e, se possibile, più propenso al sarcasmo persino dell’amica. Lily non aveva mai visto Jaded ridere con un ragazzo così tanto, prima di allora, ed era contenta di poterla vedere felice.
Finalmente sola, Lily si concentrò sui suoi compiti; di quel passo nel giro di poco li avrebbe terminati e si sarebbe goduta un’oretta libera prima di cena.
“Evans!” esclamò, un paio di minuti dopo, una voce troppo familiare.
Lily sospirò, arrendendosi. Chiuse il libro e guardò James avvicinarsi.
“Potter, cosa ti porta in biblioteca?” chiese, perplessa.
“La speranza di vederti, come sempre,” rispose, sorridendole. Senza troppi complimenti si accomodò al suo tavolo, di fronte a lei. Lily mise immediatamente a tacere quella vocina nella sua testa che le voleva far notare quanto James, quel pomeriggio, fosse particolarmente carino.
“Hai visto Jade?”
Lily si schiarì la voce ed evitò il suo sguardo.
“No,” rispose, con una voce più acuta del normale.  
James sembrò leggerle in faccia il disagio che le provocava dover mentire, e assottigliò gli occhi, sistemandosi meglio gli occhiali.
“Lily…” la chiamò. Si voltò, incontrando di nuovo il suo sguardo; James stringeva le labbra come per trattenere una risata.
“Mi stai mentendo?” le domandò.
“No,” borbottò, e istintivamente si ritrovò a buttare l’occhio nella direzione del nascondiglio di Jaded e Stephan.
Ovviamente, a James non sfuggì, perché come al solito nulla che la riguardava gli sfuggiva mai.
“È col suo misterioso ragazzo, vero?” domandò subito, infervorato. Si alzò di scatto, guardando nella giusta direzione. “Si è nascosta, immagino… bene, è ora che veda questo tizio in faccia!”
“James, no, lasciala stare!” esclamò Lily, alzandosi. Fece il giro del tavolo e gli sbarrò la strada, piazzandosi davanti a lui.
“Giuro che non darò di matto, sono solo curioso!” le bisbigliò, concitato “Perché non posso saperlo?”
Lily sbuffò, tutta quella situazione era assurda. James non aveva tutti i torti, davvero anche lei non capiva per quale motivo Jaded insistesse tanto a non fargli sapere che lei e Stephan uscivano insieme. Forse voleva evitare scenate di gelosia del fratello oppure, cosa molto più probabile, non aveva piacere che James si immischiasse nelle sue faccende private, dal momento che, l’ultima volta che l’aveva fatto, lei e Sirius avevano rotto.
Ma erano passati due anni, ormai, e Lily pensava che James meritasse quantomeno il beneficio del dubbio.
Sospirò.
“Promettimi,” esordì “che ti tratterrai, e che soprattutto ti comporterai come se non sapessi nulla! Se Jade viene a sapere che sono stata io, Potter, te la faccio pagare!”
James si portò una mano al petto.
“Sono onorato di condividere con te questo segreto, Evans,” rispose in tono solenne.
Lily alzò gli occhi al soffitto, senza riuscire a trattenere un sorriso.
“È nascosta uno scaffale prima della Sezione Proibita, lì di solito non passa mai nessuno,” gli sussurrò.
“E tu che ne sai?” chiese James, scontroso.
“Potresti stupirti di quello che so, Potter,” gli rispose, altezzosa “vieni con me.”
Con quell’ultima frase mise a tacere il compagno, che la seguì, particolarmente imbronciato per qualche motivo a lei sconosciuto; si nascosero dietro uno scaffale e spostarono dei libri in modo da creare un buco attraverso cui vedere.
“No! Ma quello è-”
Lily gli coprì la bocca con una mano, sebbene avesse sussurrato solamente, avrebbero potuto sentirli.
“Piano!” sibilò “Sì, è Stephan, escono da un paio di mesi.”
James osservava la sorella attraverso lo spazio tra i libri con gli occhi stretti.
“Guardalo, pensavo fosse una persona leale, e invece esce di nascosto con mia sorella, non ci si può fidare proprio di nessuno!” borbottò.
“Ma mi spieghi qual è il tuo problema?” sussurrò Lily, esasperata “Si piacciono e stanno bene insieme, fattene una ragione!”
“Perché non vuole dirmelo?”
“Per come è finita con Sirius, non ha tutti i torti a tenere le proprie relazioni per sé,” gli fece notare, guardandolo con disapprovazione.
“Relazioni? Cioè, vuoi dire che ha avuto altri ragazzi dopo Sirius e prima di Stephan?!” chiese, sbigottito.
Lily corrugò la fronte, perplessa.
“Beh, certo!” mormorò “Potter, ma su quale pianeta vivi? Tua sorella è molto carina…”
James parve piuttosto sconvolto dalla notizia.
“Ma… tu sei più bella di lei,” osservò.
Lily sentì le guance calde, sperò che lui non lo notasse.
“E questo che c’entra?” chiese, confusa.
James sembrò aver appena preso consapevolezza di una notizia terribile, ma non la rese partecipe di tale scoperta. Abbassò lo sguardo e si sistemò distrattamente gli occhiali sul naso, quasi fosse un tic nervoso.
Strinse le labbra, corrugò le sopracciglia.
“Devo andare,” borbottò, scontroso.
Le diede le spalle e sparì velocemente dietro gli scaffali. Lily restò a fissare il punto in cui James era sparito, ammutolita e alquanto perplessa.
 
 
ORION
 
Tornare tra quelle mura lo faceva sentire più vivo, più giovane. Hogwarts era tutto sommato un posto pieno di bei ricordi. Con rammarico si rese conto di come abitare a Londra dopo essersi sposato l’avesse rammollito; infatti, ora mal sopportava le temperature proibitive del Castello in quel periodo dell’anno.
Il custode Gazza lo scortò fino alla scala a chiocciola che conduceva all’ufficio di Albus Silente, sussurrò un’incomprensibile parola d’ordine e poi si rivolse a Orion.
“Prima di entrare bussi,” parlottò.
“Ovviamente,” rispose Orion, con una smorfia.
Gazza si voltò e sparì lungo il corridoio, seguito dallo zampettare sinistro di quel gatto che si portava sempre dietro.
Più sono inutili e più si rendono insopportabili’, pensò Orion, seccato, arrivando davanti alla porta.
Bussò, e attese un pacato “Avanti,” prima di aprire.
L’ufficio del Preside non era cambiato di una virgola, dall’ultima volta in cui vi aveva messo piede: i soliti quadri, tra cui quello del suo prozio Phineas, la cui copia risiedeva anche a casa sua, la solita scrivania, le solite sedie, il solito Albus, solo con una barba sempre più lunga. Quel vecchio pazzo aveva iniziato persino a bloccarla con la cintura della veste.
“Buonasera, signor Black,” lo salutò cordialmente, seduto alla sua scrivania.
“Buonasera, Silente,” ricambiò, chiudendo la porta alle sue spalle.
Avanzò nell’ufficio, e solo allora si rese conto che non erano soli. In piedi, davanti al trespolo su cui la fenice di Silente era appollaiata, c’era una studentessa. Orion incontrò un paio di occhi blu, un viso rotondo e familiare, il corpo minuto, le spalle piccole e capelli mossi e scuri. Si bloccò, si dimenticò persino di respirare, era davanti ad una Mary Anne castana con lo sguardo di Joe Froude. Somigliava molto alla ragazza nella foto che si portava dietro da qualche settimana, ma non era lei.
La ragazza lo fissava, anche lei piuttosto sorpresa, con il braccio immobile a mezz’aria; aveva smesso di accarezzare la fenice, che invece pareva supplicare altre attenzioni, continuava ad avvicinarsi col becco a sfiorare la sua guancia.
“Ti ringrazio di essere passata, Amanda, a me e a Fanny fa sempre molto piacere vederti,” disse Silente, interrompendo quel lungo momento di silenzio.
Amanda. Era lei la bambina che Mary Anne portava dentro di sé l’ultima volta che l’aveva vista.
Alle parole di Silente la ragazza si destò, distolse lo sguardo e diede un’ultima carezza alla fenice.
“Si figuri, professore, grazie a lei. Meglio che vada, ho un amico che mi aspetta. Arrivederci,” rispose. Seguì con uno sguardo avido tutti i suoi movimenti, così simili a quelli di sua madre.
Gli passò accanto, si guardarono ancora una volta, notò la cravatta Serpeverde. Orion raccolse un po’ di coraggio, quello di cui era sempre stato sprovvisto.
“Sei Amanda… Froude?” chiese. Cercò di accantonare il suo tipico atteggiamento austero, ma era talmente radicato in sé che sentì comunque di aver parlato con un tono altezzoso.
Lei si fermò, il sorriso entusiasta di Mary Anne le si affacciò sulle labbra.
“Sì,” rispose “lei è… Orion Black?”
“Sì,” disse.
“Già,” borbottò “lei e Sirius… vi somigliate molto.”
Inarcò le sopracciglia, sorpreso. Essendo in Serpeverde, pensava avrebbe nominato Regulus. Non avrebbe dovuto dare adito a conversazioni che includessero quel rinnegato di Sirius, ma sapeva di trovarsi era in un territorio protetto, e sua moglie non l’avrebbe mai saputo.
“Vi conoscete?” domandò, curioso.
“Beh, sì… noi… siamo amici, sì,” rispose, e notò le sue guance imporporarsi. “Immagino che lei sia qui per il figlio che compare ancora sull’arazzo Black, però… Reg è agli allenamenti di Quidditch, adesso.”
Quella considerazione gli fece scappare un sorriso. Diretta e genuina, un’altra cosa che aveva ereditato da sua madre.
Non aspettò che lui rispondesse, si diresse alla porta ed uscì dall’ufficio. Orion fissò la porta per qualche secondo, perplesso.
La foto nel taschino sembrò bruciargli il petto. Gli tornò la voglia di ridere. Col senno di poi, ciò che Mary Anne aveva sperato quella sera di diciassette anni prima, guardando il cielo di Galway, aveva il sapore di una premonizione.
 
*
 
Attese Regulus davanti ai Sotterranei, guardandosi intorno. Non dovette aspettare molto, perché nel giro di qualche minuto lo vide attraversare l’Ingresso del Castello, accompagnato da Marcus Avery.
Si avvicinò, il suo viso esprimeva l’indecisione tra essere più sorpreso o più teso.
“Padre,” lo salutò.
“Signor Black,” gli fece eco Avery, con un sorriso più falso dell’oro dei Lepricani.
Orion lo ignorò con una smorfia, rivolgendosi al figlio.
“Ho bisogno di parlarti,” spiegò “in privato.”
Subì un’occhiata sospettosa dal marmocchio degli Avery, che si allontanò un po’ indispettito.
“È successo qualcosa?” chiese subito Regulus.
Orion tirò fuori dalla tasca la fotografia che si portava dietro e con un gesto svelto gliela mise tra le mani.
“È molto carina,” rispose “ma è una Froude. È meglio che tu la tenga qui, tua madre non apprezzerebbe, dopo la storia di Alphard è più suscettibile del solito.”
Regulus lo guardò, rosso in viso.
“S-sì, okay…” borbottò, confuso “beh… lei… come fate a sapere chi è?”
“Conoscevo la loro madre, e si dà il caso che lei le somigli particolarmente. Qual è il suo nome?”
“Layla,” rispose, abbassando lo sguardo.
“Non posso approvare, ma… ti capisco,” borbottò.  “Posso far finta di non sapere, comunque,” buttò lì. Regulus alzò lo sguardo verso di lui, sbigottito; non aveva mai mostrato tanta complicità con i suoi figli.
“Io… vi ringrazio, padre,” disse, accennando un mezzo sorriso.
Orion si voltò per evitare di incrociare gli occhi del figlio e di mostrare le proprie debolezze, ma sapeva che a lui non poteva nascondere nulla.
“Posso permettermi di… chiedervi come conoscete sua madre? Sapete anche di suo padre? Lui era un Serpeverde.”
“Sì, mi ricordo di lui, ma ero amico soprattutto di Mary Anne…” borbottò, “era una persona entusiasta, era bello averla intorno.”
Doveva aver usato un tono troppo nostalgico, aveva scoperto le carte e dallo sguardo di Regulus capì che aveva letto tra le righe.
“È… è una cosa curiosa, padre,” sorrise. Orion era sicuro di non aver mai visto suo figlio sorridere così.
Si schiarì la voce, imbarazzato.
“Già,” commentò, asciutto “sarà meglio che mi affretti, tua madre non sa che sono qui a Hogwarts.”
Regulus abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“Sì, certo. Grazie ancora, padre,” rispose.
“Ci vediamo a Natale, Regulus.”
Fece qualche passo verso l’uscita del Castello, dando le spalle al figlio.
“Padre,” si sentì chiamare “Sirius… sta bene.”
Orion sospirò, senza girarsi, gli occhi gli si inumidirono. Si odiò per essere così debole.
“Gliele hai regalate?” gli chiese.
“Le… le Cioccorane?” mormorò lui, sorpreso probabilmente che si ricordasse un dettaglio della loro infanzia. “Sì, gliele ho fatte avere tramite Amanda, la sorella di Layla… loro due-”
“Sono amici, lo so,” tagliò corto Orion, a disagio “ho avuto modo di conoscere Amanda Froude nell’ufficio di Silente.”
Ricominciò a camminare.
“Non è vero, padre, non sono solo amici.”
Si fermò, questa volta si girò completamente a guardare Regulus. Scoppiò a ridere, divertito come mai in vita sua. Suo figlio lo guardava sbalordito, da quando era nato non l’aveva mai visto reagire in una maniera così euforica.
“Assicurati che Joe Froude lo venga a sapere!” esclamò, riprendendo a camminare. Uscì dal Castello, non sentì più il freddo.
Orion Black, quel pomeriggio, aveva esclamato.
Due su due, Mary Anne.’
 
 
 
AMANDA
 

Si prese la testa tra le mani e guardò Minus, esasperata.
“Non è possibile, Peter, ci siamo sopra da due ore, come fai a non averlo ancora memorizzato?” gli chiese, lamentosa. “Abbiamo perso anche la cena…” continuò, indicando l’orologio della biblioteca “Madama Pince ci caccerà, tra poco!”
Peter la guardò, sconsolato, e Amanda si sentì in colpa. Stavano ripassando la guerra dei folletti da oltre tre ore, e il compagno non era ancora riuscito a memorizzare correttamente le date, continuava a confondere eventi e numeri in modi sempre diversi.
“Ci rinuncio, Amanda,” mormorò, triste “ora devo andare, i ragazzi mi aspettano.”
Amanda si morse il labbro inferiore, pensierosa.
“Continueremo questo weekend, va bene? Abbiamo tempo prima del compito di martedì, non ti preoccupare,” lo rassicurò.
Peter si alzò, infilando i libri nella borsa e recuperando il mantello.
“Passa dalla cucina, gli elfi avranno sicuramente qualcosa da mangiare!” gli disse. Peter annuì mestamente e scrollò le spalle. Con un gesto veloce della mano la salutò ed uscì dalla biblioteca, trascinando i piedi.
Amanda si guardò intorno, un po’ delusa dall’esito del ripasso del pomeriggio. Le piaceva aiutare Peter con lo studio, si sentiva particolarmente vicina a lui da quando le aveva confessato che, esattamente come lei, il Cappello Parlante era stato indeciso su dove collocarlo. A differenza sua, Peter aveva scelto i Grifondoro.
Ripose il libro e le pergamene con gli appunti nella borsa, e si accorse che tra questi ve n’era una che non le apparteneva. Peter doveva essersi confuso e averla dimenticata lì.
Amanda l’aprì, e ci mise qualche secondo per comprendere che si trattava di una mappa. Schiuse le labbra per la sorpresa nel notare che rappresentava perfettamente ogni angolo di Hogwarts: il campo da Quidditch, le torri, la Sala Grande, la cucina, le aule, la biblioteca…
Aggrottò la fronte, sempre più perplessa; v’erano scritti una miriade di nomi, scorse il suo nel quadrato disegnato che rappresentava proprio la biblioteca.
Spalancò la bocca, sbalordita: quella mappa non solo era una riproduzione fedele di ogni anfratto di Hogwarts, ma riportava persino la posizione di ogni studente e professore in quella scuola. Poteva vedere Silente passeggiare avanti e indietro nel suo studio, Gazza al terzo piano, i propri compagni nei Sotterranei, sua sorella nella Torre Corvonero, e Peter dirigersi fuori dal Castello… eh?
Amanda cercò i nomi di Sirius, Remus e James nella Torre Grifondoro, ma di loro non v’era traccia. Dove si erano cacciati? Erano usciti da Hogwarts? E Peter li stava raggiungendo?
Afferrò la borsa e si allontanò velocemente dalla biblioteca, in direzione dell’Ingresso. Con molta cautela riuscì ad uscire dalla porta senza farsi vedere, tenendo sempre un occhio alla mappa per assicurarsi che nessuno fosse nei dintorni.
Tornò a guardare la mappa, Peter si avvicinava sempre più al margine della pergamena, fuori Hogwarts. Amanda guardò davanti a sé; non sapeva quanto in scala fosse quel disegno, ma sicuramente avrebbe dovuto vedere a una decina di metri da sé Peter, secondo la mappa, ma non era così. Sembrava essere sola.
Il nome di Peter si avvicinava sempre più al Platano Picchiatore, e Amanda fu colta da un’illuminazione: stava andando alla Stamberga Strillante.
Nascosta dietro un cespuglio, notò dalla mappa che Peter doveva essersi fermato; alzò gli occhi e finalmente lo vide. Apparve dal nulla, si tolse qualcosa che somigliava ad un mantello.
Era un Mantello dell’Invisibilità, Amanda li conosceva, suo padre gliene aveva parlato, e sapeva che erano estremamente rari. Com’era possibile che lui ne possedesse uno?
Peter lo piegò con cura, e, guardandosi nervosamente intorno, lo ripose a terra. Amanda abbassò il capo e si nascose meglio. Osservò Peter da un buco attraverso i rami del cespuglio, e dovette pizzicarsi almeno cinque volte prima di essere sicura che ciò a cui aveva appena assistito era reale. Peter Minus si era appena trasformato. Lo aveva visto rimpicciolirsi, il viso trasformarsi, il naso e il mento allungarsi, le orecchie ingrandirsi, e poi abbassarsi vertiginosamente fino a sparire dalla sua visuale.
Amanda si alzò, uscì dal cespuglio e lo vide. Peter Minus era diventato un topo.
Il piccolo, timido e imbranato Peter Minus era un Animagus.
Lo osservò avvicinarsi pericolosamente al Platano Picchiatore; quest’ultimo si contorse come se stesse subendo un fastidioso solletico, e il topo Peter premette un ramo che immobilizzò l’albero. Dopo essere sceso dal tronco sparì dentro il passaggio.
Era confusa: per quale motivo stava andando alla Stamberga Strillante? Erano davvero tutti lì? Non sapeva se essere arrabbiata: aveva mostrato quel luogo a Sirius, lui le aveva fatto promettere che non ci sarebbe tornata ma in compenso ci portava i suoi amici? Che cosa stava succedendo?
Amanda chiuse la mappa con stizza, uscì dal cespuglio e, prima che il Platano potesse riprendere una completa motilità s’infilò nel passaggio, decisa a scoprire che cosa le stavano nascondendo.
Non le importava che si accorgesse che lo stava seguendo, in quel momento aveva solo voglia di capire. Il topo dovette sentire il rumore che stava facendo, iniziò a squittire come un forsennato e ad aumentare il passo.
Amanda avanzò a tentoni per un po’, ma dopo essere inciampata per la quindicesima volta si arrese e accese la punta della bacchetta. Lo squittio si allontanò.
Arrivò alla botola, la trovò aperta e vi si inerpicò. Sentì chiaramente un vociare infervorato a pochi passi da lei.
Si alzò, il pavimento di legno scricchiolò sotto i suoi passi, si ripulì dalla polvere e dalla terra e si guardò intorno.
Dalle scale di fronte a lei scese Sirius, seguito da Peter. Erano entrambi molto allarmati.
“Devi andare via,” sbottò Sirius, nervoso “subito!”
Amanda fece un respiro profondo, prima di rispondergli a tono.
“Che diamine sta succedendo qui?” chiese “Non andrò da nessuna parte se prima non mi spiegate cosa mi state nascondendo! Peter, dannazione, sei un Animagus!”
Peter si rigirava le mani, irrequieto.
“Non avresti dovuto seguirmi! Come hai fatto?” chiese lui, subendo un’occhiata carica di disapprovazione da Sirius.
Amanda sventolò la mappa davanti ai loro volti.
“Dovrete spiegarmi anche cosa diavolo è questa!” esclamò.
Sirius sbuffò.
“Peter, sei un maledetto idiota! L’hai anche lasciata aperta!” sbottò, dandogli una gomitata.
“È una cosa seria, dannatamente seria, Amanda, devi assolutamente tornare al Castello! Domattina ti spiegherò tutto!” continuò verso di lei, categorico.
“Spiegarmi cosa? Che mi fai promettere di non tornare qui e poi ci porti i tuoi amici? Oppure che-”
Amanda dovette improvvisamente interrompersi; in tutta la casa iniziarono a risuonare delle urla strazianti, quasi disumane. Sirius e Peter si guardarono, preoccupati, dalla cima delle scale fece capolino la testa arruffata di James.
“Ragazzi, è ora, cosa state combinando di sotto?”
“Oh, merda, Amanda!” sbottò poi, appena realizzò la sua presenza “Peter, ti sei fatto seguire?!”
Sirius la prese per un braccio, il suo volto si avvicinò pericolosamente a quello di Amanda, la fissava con gli occhi sbarrati.
“Ti prego, vattene, non puoi rimanere qui,” gli sussurrò.
Ma prima che lei potesse rispondere qualsiasi cosa, dal piano di sopra si sentirono forti colpi.
Amanda provò a salire uno scalino, ma Sirius la trattenne; vide scambiarsi uno sguardo con James, che un attimo prima c’era, dopodiché…
Stava impazzendo. Stava sicuramente perdendo il senno. James, esattamente come Peter, aveva preso a mutare forma, in pochi secondi il volto gli si era allungato, il corpo si era coperto di un manto marrone, un imponente palco gli era spuntato sulla fronte, e si era piegato carponi. Gli arti si erano trasformati in zampe.
James Potter era appena diventato un enorme, maestoso cervo.
Amanda schiuse le labbra, e non fece in tempo a dire nulla, perché improvvisamente, proprio alla sinistra del cervo, comparve un’altra creatura, dalle intenzioni tutt’altro che pacifiche.
Sentì ogni muscolo del corpo paralizzarsi, trattenne il respiro, solo gli occhi pareva funzionassero ancora, e le permisero di fissare l’animale. Era enorme, una bestia inferocita, aveva il pelo grigio e il muso allungato. Somigliava ad un lupo, prima di quel momento Amanda lo aveva visto solamente da alcune immagini nei libri di Difesa Contro le Arti Oscure. Quello a pochi metri da lei era un lupo mannaro.
Cadde all’indietro a causa di una spinta improvvisa di Sirius. Lui la coprì totalmente, buttandosi sopra di lei. Amanda chiuse gli occhi e, quando li riaprì, sopra di lei non c’era più Sirius, ma un enorme cane nero che lei conosceva bene.
Gli occhi grigi dell’animale la scrutarono, e tutto apparve chiaro nella sua mente. Ancora una volta non riuscì ad avere il tempo di reagire; il cane guaì all’improvviso, probabilmente colpito alla schiena da qualcosa che Amanda non poteva vedere. Sentì gli zoccoli del cervo a pochi passi da lei, e percepì Peter, sotto forma di topo, passarle accanto.
In tutta quella confusione, non seppe come riuscì a trascinarsi vicino alla botola, mentre i tre animali lottavano e cercavano di distrarre il licantropo.
L’aprì e vi cascò dentro, atterrando dolorosamente con tutto il suo peso sul braccio destro. Tirò fuori la bacchetta e sigillò magicamente la botola per evitare che il lupo la inseguisse, dopodiché si rimise in piedi e iniziò a correre, facendosi luce, lungo lo stretto tunnel.
Cercò di calmare il cuore che avevano iniziato a martellarle nel petto. Si sentiva una codarda, aveva lasciato loro tre a vedersela con un licantropo arrabbiato.
Riflettendo, però, ora che era andata via la creatura si sarebbe calmata. Sapeva che il licantropo era pericoloso e aggressivo solamente con gli esseri umani. Tuttavia, nonostante il pericolo fosse passato, non riusciva a smettere di piangere.
Peter era il topo.
James era il cervo.
Sirius era il cane.
Remus…” mormorò, tra i singhiozzi.
Appena tornata nei giardini di Hogwarts, evitò per un pelo di essere schiacciata dal Platano Picchiatore. Si allontanò, svelta, ma poi un suono che non aveva mai sentito attirò la sua attenzione nel cielo. Amanda si bloccò, alzò lo sguardo, nel buio scorse una macchia rossa volare; era Fanny, era la prima volta che la sentiva cantare. Sorrise e si asciugò le lacrime. Quel canto era la melodia più bella che avesse mai sentito.
 
 
*
 
Aveva avuto il sospetto che Remus fosse un licantropo, e anche più di una volta. Soprattutto perché, per anni, Severus aveva testardamente portato avanti quella teoria. Amanda trovava che la curiosità dell’amico in quel caso fosse troppo morbosa, e se anche le teorie di Severus si fossero rivelate vere, lei non l’avrebbe considerato un problema.
Remus era un suo amico, lo conosceva e sapeva che non era una persona malvagia, nonostante la sua condizione. Anzi, tra quei quattro Grifondoro lei aveva sempre pensato che lui fosse il più responsabile e il meno presuntuoso.
Si rigirò nel letto per l’ennesima volta. Aveva faticato a prendere sonno, e nelle poche ore che aveva dormito era stata perseguitata da orribili incubi.
Non sapeva che ore fossero, ma sicuramente era troppo presto per alzarsi. Decise di tirarsi su ugualmente, si vestì ed uscì dai Sotterranei, prendendo la mappa. Cercò immediatamente i loro nomi nella Torre Grifondoro, scorse James, Remus e Peter. Di Sirius non v’era traccia.
Il suo cuore prese ad accelerare, presa dall’agitazione. Che gli fosse successo qualcosa? Forse era davvero stato ferito, ed era tutta colpa della sua maledetta curiosità.
Cercò ovunque nella mappa e lo trovò proprio nell’Infermeria.
Seguendo le indicazioni della pergamena vi si diresse, evitò per un soffio di incrociare Gazza. Con sollievo, notò che Madama Chips non c’era, quindi entrò di soppiatto. Guardò lungo tutta la stanza, su ogni lettino, ma Sirius non c’era.
“Sirius, ho controllato sulla mappa, lo so che sei qui…” disse, la voce incrinata dall’insicurezza.
Sirius apparve proprio alla sua destra, a due passi da lei. Amanda trasalì, colta alla sprovvista.
“Ma che…” borbottò “ah, giusto, il dannatissimo mantello!”
Lui si schiarì la voce; era provato dalla nottata trascorsa e la guardava con le labbra strette, probabilmente impensierito dalla sua reazione. Ripiegò il mantello e lo appoggiò al lettino accanto a loro.
“Come… stai?” le chiese, titubante.
Amanda scrollò le spalle, non aveva idea di come reagire. Si sentiva sopraffatta da quello che aveva scoperto, era arrabbiata con Sirius e gli altri perché non gliel’avevano detto prima, arrabbiata con sé stessa per aver messo in pericolo tutti loro. Insomma, perché non meritava di saperlo? Pensavano che non fosse capace di mantenere il segreto? O forse non era abbastanza loro amica da saperlo?
Senza contare che Sirius era quel maledetto cane nero che l’aveva seguita sin dal primo giorno in cui l’aveva vista.
Quest’ultimo pensiero fece prevalere la rabbia su tutte le altre emozioni. Iniziò colpirlo con la mappa.
“Dannazione, Black, sei un Animagus! E sei quel cane… lo sei sempre stato! Hai idea di quanto mi senta stupida, in questo momento?” inveì, furibonda.
“Lo so e mi dispiace, Amanda-”
“E non è tutto, perché mi sento anche in colpa di essere arrabbiata, perché ti sei ferito per proteggermi, e ti sei ferito perché non ti ho dato retta, ma non ti ho dato retta perché non sapevo e quindi mi arrabbio di nuovo perché non me lo hai detto! E poi torno a sentirmi in colpa, perché non era scritto da nessuna parte che dovessi dirmelo, ma mi hai preso in giro e questa cosa mi fa impazzire!” disse tutto d’un fiato.
“Hai… finito?” chiese Sirius, titubante.
“No! Cioè, sì, forse, non lo so! È che sono preoccupata…” brontolò “fammi vedere cosa ti sei fatto.”
“Hai intenzione di picchiarmi ancora?” chiese, mettendo le mani avanti “Non ho capito se sei più preoccupata o arrabbiata.”
“Non l’ho ancora deciso,” borbottò, imbronciata, appoggiando la mappa accanto al mantello. Si avvicinò, Sirius non si tirò indietro.
“Ti ha graffiato la schiena?”
“Sì, ma non è niente.”
“Girati,” ordinò in un tono che non ammetteva repliche. Sirius le diede le spalle con un certo sospetto, tanto che Amanda dovette accompagnare il suo movimento reticente, girandolo per i fianchi.
Gli alzò il maglione e la camicia con delicatezza, lo sentì irrigidirsi. Amanda ringraziò il fatto che fosse completamente voltato, sentì il volto andarle in fiamme.
“Ti faccio male?”
“No, brucia un po’,” borbottò, inarcando la schiena.
Amanda trattenne il fiato. La pelle era solcata da tre graffi verticali piuttosto profondi. Non sembravano infetti, e non sanguinavano più, ma i tagli erano ancora aperti, si poteva notare la carne viva sotto di essi.
“È una brutta ferita,” osservò, preoccupata.
“Non sono profondi come sembrano,” la rassicurò.
“Pensi che… possa averti contagiato?” gli domandò, mentre sentiva la voce morirle in gola.
Le mani di Sirius si strinsero intorno alle sue, ancora strette sul maglione della divisa. Erano calde. Con la stessa lentezza con la quale lei l’aveva scoperto, lui si ricoprì. Girò il capo e incontrò il suo sguardo, sorridendole.
“No, non è la prima volta che mi ferisce, non preoccuparti.”
Amanda si schiarì la voce, imbarazzata.
“Sai come curarli? Hai provato con l’Epismenda?” chiese, scivolando dalla sua presa. Lui sorrise ancora.
“Sì, hanno smesso di sanguinare, ma non sono riuscito a chiudere le ferite del tutto. Ero passato qui proprio per cercare qualcosa,” rispose, avvicinandosi all’armadietto dove Madama Chips conservava le sue scorte di medicinali e pozioni.
Amanda lo affiancò, aiutandolo a cercare.
“Puoi provare col dittamo…” gli disse, “è molto efficace, aiuterà a non lasciare cicatrici.”
“Questo unguento lo contiene,” rispose Sirius, leggendo l’etichetta di un vasetto.
“Dammi qui, te lo metto io,” fece lei, decisa.
“Devo ferirmi più spesso,” ammise, soddisfatto.
Amanda arrossì ancora, rendendosi conto solo in quel momento che poteva essere apparsa un po’ troppo audace.
“Lo… lo dicevo perché non riusciresti da solo…” farfugliò, imbarazzata.
Sirius rise, divertito.
“Non hai idea di quanto questo mio limite mi renda felice, al momento” rispose, lui, passandole il vasetto.
“Girati,” ordinò lei, cercando di trattenere il sorriso.
Gli scoprì la schiena, prese una manciata di unguento e iniziò a spalmargliela delicatamente sulle ferite. Sirius reagì piuttosto stoicamente, senza lamentarsi, ma Amanda notò che aveva serrato la mascella. Doveva sentire parecchio dolore.
“Come sta Remus?”
“Ha passato nottate migliori… ma si riprenderà. Si riprende sempre,” rispose, serio.
“Da quanto tempo sapete che Remus è… è un licantropo?” chiese a bassa voce.
Sirius stette in silenzio qualche secondo, poi finalmente parlò.
“Lo abbiamo scoperto al secondo anno… lui era terrorizzato all’idea che lo escludessimo o che cominciassimo a guardarlo con disgusto, noi invece abbiamo pensato di diventare Animagus e fargli compagnia durante le notti di luna piena. Ci abbiamo messo tre anni, ma alla fine ci siamo riusciti tutti e tre,” raccontò, la voce ogni tanto tremava a causa del dolore che la pomata provocava.
Amanda finì di medicargli la ferita, e vide che l’unguento stava funzionando; nei punti in cui era già stata assorbita, il taglio si era richiuso e non v’era rimasta alcuna traccia.
“Quindi… è dall’anno scorso che siete Animagus? Non siete registrati, immagino,” constatò.
Sirius si ricoprì e si voltò.
“Già.”
“Così ne approfitti per andare in giro sotto forma di cane per ingannare fanciulle e fare l’invadente anche con quelle sembianze…” continuò, fredda.
“In verità, l’ho fatto solo con te,” si giustificò.
“Questo non aiuta la tua posizione,” rispose, incrociando le braccia e guardandolo di sbieco “senza contare che adesso capisco come diavolo facevi a sapere sempre dove mi trovavo! Usavi quella dannata mappa, vero?!”
Sirius abbassò lo sguardo.
“Beh… sì,” borbottò.
Amanda sospirò, esasperata.
“Non… non mentirmi più, Sirius,” disse soltanto, prima di voltarsi in direzione dell’uscita.
“Mi dispiace, Amanda,” la sua voce sembrava davvero rammaricata. Lei si fermò e tornò a guardarlo.
Improvvisamente, cominciò a ridere.
Sirius si guardava intorno, spaesato dalla sua reazione.
“Che… che cosa ho fatto?” chiese.
“No… niente,” rispose lei, asciugandosi le lacrime per le risa “è… è che mi è tornata in mente la battuta di James sulla pipì… e ora l’ho capita! È geniale!”
Anche Sirius si lasciò andare ad un sorriso, più imbarazzato che divertito.
“Non sei più arrabbiata?” le chiese, speranzoso.
“Non credo di esserlo… sono un po’ sopraffatta, in realtà…” ammise “caspita, siete Animagus! È una grande abilità, chi altri lo sa?”
“Ecco… solo Jade,” ammise lui, facendo spallucce.
“Ed è riuscita a mantenere il segreto? Sono stupita!” esclamò Amanda “Lily quindi non lo sa?”
“No, perché?”
“Ma come?” domandò, allibita “Quello che James fa per Remus è assolutamente disinteressato, hai idea di quanti punti gli farebbe guadagnare ai suoi occhi? Possibile che lui non ci arrivi?”
Sirius sorrise, sornione. Amanda ebbe l’impressione che lui non avesse ascoltato una sola parola di quello che aveva detto.
“Questo vuol dire che ho guadagnato punti ai tuoi occhi?”
“Non sto parlando di te, smettila,” borbottò Amanda, imbarazzata “è meglio che vada.”
“Non dovrà saperlo nessun altro, Amanda, è importante che tu mi dia la tua parola!” disse lui, fermandola nuovamente “Se non vuoi farlo per me ti capisco, ma fallo per Remus!”
Amanda strinse gli occhi e aggrottò la fronte, seria. Era delusa dal fatto che pensasse che lei sarebbe stata capace di rivelare a qualcuno le condizioni di Remus. Ma per chi l’aveva presa? Era un suo amico, non l’avrebbe messo mai in difficoltà. Il pensiero che loro tre stessero facendo qualcosa di veramente ammirevole per il loro amico era innegabile, e trovava anche che la preoccupazione di Sirius per Remus fosse lodevole, per lo meno fino a quando non aveva messo in dubbio la sua capacità di mantenere il segreto.
Il suo lungo silenzio, a quanto pareva, aveva preoccupato Sirius, che iniziò a vacillare.
“No… lo sguardo da Serpeverde no…” mormorò, imbronciato.
Amanda si destò.
“Che dici?” fece, confusa.
“Quello,” rispose Sirius, con un veloce cenno del capo e le braccia incrociate “è lo sguardo di un Serpeverde che sta pensando a quali profitti ricavare da questa scoperta!”
Sì, certo, come no, pensò. Tanto valeva farglielo credere e guadagnarci qualcosa davvero. Inarcò le sopracciglia, sorridendo.
“Hai proprio ragione,” affermò; incrociò anch’ella le braccia ed assunse una postura austera, sollevando un po’ il mento e inclinando leggermente il capo “cosa ci guadagno io?”
“La mia stima incondizionata?” tentò.
Amanda alzò gli occhi al cielo, ma poi fece un piccolo ghigno soddisfatto.
“Forse ho trovato… tu mi aiuti in una cosa senza rivelarlo a nessuno e io manterrò il segreto,” sentenziò.
Sirius la guardò con un’espressione indecifrabile; scrollò le spalle.
“Spara.”
“Insegnami!”
Lui corrugò la fronte, confuso.
“Cosa?”
Il sorriso di Amanda si allargò.
“A diventare un Animagus.”
 
 
Note:
Ciao a tutti!
Che bello, eccomi tornata con il nuovo capitolo!
Mi sono mantenuta nei miei standard di 7/8 giorni per l’aggiornamento. Vi avviso, comunque, che dalla prossima volta potrei metterci di più. Anzi, in realtà sono sicura che sarà così, quindi vi dico sin da ora che l’aggiornamento avverrà ogni dieci giorni anziché ogni settimana, perché sto facendo fatica a scrivere a causa di diversi impegni!
Okay, veniamo al capitolo:
  • Pov di Lily: eccolo di nuovo qui, il pov di Lily. Ammetto che questa volta mi sono sentita meno a disagio a scriverlo, l’ho inquadrata meglio e soprattutto la presenza di James mi ha messo a mio agio XD. Mi è piaciuta molto la loro scena, li adoro;
  • Pov Orion; che dire, lui pian piano viene fuori in tutta la sua frustrazione di una vita infelice. Bisogna notare, però, che la consapevolezza dei suoi due figli, traditori del sangue o meno, attratti dalle figlie dell’unica donna che lui ha amato è qualcosa che lo rimette un po’ al mondo – per non parlare della prospettiva che Joe lo venga a sapere, chissà se si realizzerà mai! Ah, che carino è Reg che ricomincia a regalare le Cioccorane a Sirius?
  • Pov Amanda; prima o poi, gente, doveva succedere, soprattutto perché lei passa parecchio tempo con loro. Bisogna dire che anche Lily sicuramente sospetta qualcosa, se non addirittura ne è già a conoscenza (parlo della licantropia di Remus) ma sicuramente non sa dei tre Animagus. Ho sempre pensato che Lily, una volta fatta questa scoperta, avrebbe riconsiderato completamente James… speriamo sia davvero così!
 
Non mi dilungherò oltre, vi ringrazio ancora se seguite, leggete o recensite la storia! <3
Al prossimo capitolo!
P.s.: DISCLAIMER- il personaggio di Stephan Smith, Tassorosso, appartiene a Krixi19 che me lo ha gentilmente concesso :3!

Amanda
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Armandus ***


 
 
Capitolo XIX: “Armandus”
 
Avviso: nel seguente POV sono presenti scene violente. Chiunque si ritenesse disturbato dalla lettura è pregato di passare al POV successivo.
 
 
BELLATRIX LESTRANGE
 
15 dicembre 1976
Villa Lastrange
Eilean Chathastail,
Highlands, Scozia
 
 
I tempi erano maturi, le piaceva dirlo. Troppo tempo avevano aspettato affinché potessero muoversi, quell’attesa non aveva fatto altro che aumentare il desiderio di agire. Catturare. Punire. E infine uccidere.
Si rigirò il pugnale d’argento tra le mani, il babbano legato e inginocchiato a terra trattenne il respiro.
Poteva sentirlo, l’odore della paura. Era quello che stimolava ogni senso, le piaceva nutrirsi della paura delle sue vittime; alcune si ammutolivano, tanto erano terrorizzate, ed erano le più noiose. Preferiva quelle che urlavano, strillavano e strepitavano. La pregavano in qualunque modo di risparmiarli, e la facevano sentire così potente. Tenere una vita in sospeso tra le sue mani le dava un senso d’onnipotenza ineguagliabile. Era quello il potere? Era quello che sentiva il suo Signore? Nessuno come Lui era in grado di comprenderla, e sapeva di dovergli ogni cosa che aveva appreso.
Non aveva ancora deciso dove colpire la sua vittima, quando l’elegante porta a vetri che dava sulla spiaggia si aprì, e suo marito Rodolphus entrò, seguito dall’elfo domestico che gli porgeva un asciugamano. Nonostante le temperature esterne proibitive, indossava solamente un accappatoio di seta nero allacciato poco accuratamente. Al di sotto della stoffa, erano chiaramente visibili le linee snelle ma muscolose del torace. Per quanto Bellatrix amasse solamente il suo Signore, non poteva dirsi immune al fascino di suo marito. Si considerava abbastanza fortunata; soddisfarlo poteva essere un piacere anche per lei, quelle rare volte che si concedeva.
“Ti diverti senza di me?” chiese, annoiato, asciugandosi distrattamente i capelli, uniti dall’acqua in diverse ciocche umide, le cui punte leggermente ondulate gli sfioravano le clavicole.
“Non intendo aspettare che il mio folle marito abbia finito di nuotare nel Mare del Nord a metà dicembre!” esclamò, altezzosa. Appoggiò il pugnale sul tavolino di legno finemente intagliato accanto al camino e incrociò le braccia. L’ostaggio, in ginocchio sul grande tappeto che ricopriva un terzo del salone, strozzò un gemito.
“Il mare mi piace in ogni stagione,” rispose semplicemente, facendo spallucce. Si riscaldò velocemente le mani davanti al camino, poi le sfregò, impaziente.
“Bene,” sentenziò con un ghigno, avanzando verso di lei “chi è il nostro ospite?”
Bellatrix strinse gli occhi e riafferrò il pugnale. Si accucciò accanto all’uomo legato e gli spostò una ciocca canuta dalla fronte con la punta del pugnale. La punta gli graffiò la pelle, qualche goccia di sangue colò lungo la tempia, arrivando allo zigomo. L’uomo emise un lamento e strizzò gli occhi.
“Uno schifoso babbano irlandese,” gongolò “il più importante, secondo loro.”
Rodolphus si avvicinò e piegò le ginocchia, abbassandosi, fino ad avere il viso dell’uomo di fronte a lui.
“Oh, sì, ti ho riconosciuto, sei il Presidente dell’Irlanda babbana, vero?” chiese, sorridendo. Si rialzò, afferrò il giornale sulla poltrona e lo aprì, mostrando all’uomo una foto che lo ritraeva assieme al Primo Ministro inglese.
“Sei tu questo, vero? Patrick Hillery,” lesse con disgusto. “Per quale motivo due babbani come voi sono finiti sul nostro giornale?” domandò, sventolandogli la foto davanti al volto.
“Probabilmente c’entrano qualcosa gli accordi col Ministro della Magia sulle autorizzazioni per infiltrare Auror tra le vostre alte cariche, vero?” ghignò Bellatrix, lasciandogli un altro segno sulla guancia col pugnale. “Che idioti, non disponete nemmeno una protezione adeguata!”
"Crucio!" esclamò Rodolphus, in un gesto improvviso della bacchetta. Il viso dell'uomo si contrasse in una smorfia di dolore, mentre la schiena e gli arti si piegavano in una maniera innaturale.
"Rod," lo sgridò Bellatrix, irritata "è mio. Non ho finito!"
“Andiamo, Bella, non vorrai tenere tutto il divertimento per te?” fece suo marito, rivolgendole un sorriso sghembo. L’effetto della Maledizione cessò e l’uomo, prima sospeso a mezz’aria, cadde con un tonfo sordo sul tappeto, svenuto.
Bellatrix sbuffò.
“Ecco, è già svenuto, visto? Questi dannati babbani, sono troppo deboli!” esclamò, contrariata, abbassandosi verso di lui e liberandolo dalle corde che lo legavano.
Impugnò il coltello e con un colpo deciso affondò la lama nel palmo della mano dell’uomo. Quest’ultimo riprese immediatamente conoscenza, ululando per il dolore.
Bellatrix e suo marito si unirono alle sue urla ridendo sguaiatamente. La punta del pugnale aveva trafitto il tappeto, mentre parte della lama era rimasta incastrata nella carne, cosicché per il babbano era impossibile scappare se non sfilando il coltello e soffrire terribilmente.
“B-basta, vi prego… farò tutto ciò c-che volete…” mormorò l’uomo, sofferente.
“Beh, noi vogliamo che tu muoia,” rise Rodolphus, guardandolo dall’alto. “Ma devi sapere che alla mia signora piace giocare, prima di uccidere, e di solito ci sfidiamo. Chi fa sanguinare di più la vittima senza farla morire, vince!”
Bellatrix si scambiò uno sguardo d’intesa col marito, prima di alzarsi e sfoderare la bacchetta.
La mano dell’uomo non smetteva di sanguinare, lenti fiotti di sangue avevano formato una pozza rosso scuro, che impregnò il tappeto sotto di lui.
La maledizione che Bellatrix scagliò generò una luce rossa dalla bacchetta, e andò a colpire le gambe del Presidente. I pantaloni del completo scuro di cui era vestito si tagliuzzarono, e la stoffa si inzuppò del suo sangue, che usciva da piccoli ma profondi tagli che l’incantesimo gli aveva procurato. L’odore acre le arrivò alle narici, lo respirò a fondo, ghignando.
“Ti prendi sempre le parti migliori…” borbottò Rodolphus, contrariato. Guardò l’ostaggio, annoiato. Arrivò davanti a lui e lo guardò dall’alto, puntandogli contro la bacchetta. Bellatrix trattenne il fiato, eccitata, nel sentire che il babbano aveva iniziato a singhiozzare rumorosamente.
Rodolphus fece un incantesimo non verbale, e la bacchetta, proprio come una spada, tagliò di netto la gola dell’uomo. Lui emise un ultimo gorgoglio, strabuzzò gli occhi e non si mosse più. Il sangue della giugulare schizzò abbondantemente le loro vesti, e poi scorse lungo tutto il tappeto, arrivando fino al camino acceso. Bellatrix rimase incantata qualche momento nel notare come lo specchio liquido rosso sul pavimento riflettesse bene le fiamme scricchiolanti.
Si voltò poi verso il marito, seccata.
“Pensavo dovessimo giocarci, prima di ucciderlo!” sbottò.
“Mi stavo annoiando, non mi piace quando strepitano,” rispose “era troppo rumoroso.”
“A me piaceva proprio per quello,” sibilò, stringendo gli occhi. Sbuffò e incrociò le braccia, stizzita.
“Kerwen!” strillò. L’elfo domestico apparve, secco e ripugnante, col capo basso, claudicante.
“Sì, padrona Lestrange?”
“Ripulisci tutto, mia sorella non gradirebbe tutto questo sangue, stasera a cena,” ringhiò, senza risparmiare un’ultima occhiata inferocita al marito, che sembrava indifferente alla sua rabbia. Notò persino l’ombra di un sorriso sul suo volto.
“A-anche il c-corpo, padrona?” balbettò l’elfo.
“No,” rispose lei, sollevandolo con la bacchetta “questo è per Nagini.”
“Nagini è qui?” chiese suo marito, improvvisamente incuriosito. “Da quando ci occupiamo anche degli animali del Signore Oscuro, Bella?”
“Da quando è più di un animale, idiota,” sbottò infine, uscendo dal salone con il corpo senza vita dell’uomo a seguito.
Quello era solo un normale pomeriggio d’inverno a Villa Lastrange.


 
SIRIUS
 
 
“Che ne dici di un delfino?”
Sirius guardò la compagna e sbuffò.
“Ti ho già detto che non va bene, Amanda, smetti di proporre i delfini!”
“Ma sono carini!” insistette lei, imbronciata.
“E inutili,” aggiunse, sconcertato.
“Non è vero, sono molto intelligenti!”
“Mi spieghi il senso di scegliere come Animagus un delfino? Avresti bisogno continuamente dell’acqua, senza contare che non avresti zampe con cui muoverti sulla terraferma!” esclamò, esasperato.
La compagna grugnì, ancora poco convinta, e sfogliò, abbattuta, alcune pagine del libro di ‘Trasfigurazione Avanzata – Vol. 10’ che avevano rubato dalla Sezione Proibita.
Quella sera, dopo cena, si erano trovati nell’aula di Incantesimi per discutere quale animale meglio si adattasse alla personalità di Amanda. Si era rivelato difficile, in quel periodo, trovare il tempo per fare quegli incontri durante il weekend, poiché era iniziato il corso di Materializzazione, che tutti loro frequentavano. Così, un paio di volte alla settimana, dopo cena, usavano le aule vuote per incontrarsi. Sirius le aveva raccontato di tutto il lavoro che aveva dovuto fare prima di riuscire a diventare un Animagus, ma nemmeno quello aveva fatto cambiare idea ad Amanda. Si era convinta – e anche lui, in realtà, pensava che non avesse tutti i torti – che sviluppare un’abilità come quella, che richiedeva parecchia magia, avrebbe in qualche modo potuto ‘normalizzare’ la sua, insegnandole a controllarla meglio.
“Beh, allora un pinguino!”
Sirius alzò gli occhi al cielo.
“Un’idea fantastica, la Gran Bretagna brulica di pinguini, passeresti sicuramente inosservata!” rispose, sarcastico.
Si accorse che Amanda non lo stava ascoltando; si era alzata rumorosamente dalla sedia, dirigendosi verso l'enorme finestra. 
“Nevica!” esclamò, premendo il viso e le mani contro il vetro. Sirius la seguì con gli occhi e inarcò le sopracciglia.
“Ehm... sì, Amanda, più o meno da qui a marzo,” commentò, perplesso. 
“Vieni a vedere!” lo chiamò, entusiasta. “È la prima neve dell'inverno… è stupenda!” 
Sirius si avvicinò alla finestra e guardò fuori; grossi e fitti fiocchi di neve turbinavano nel cielo, mossi dal vento. Guardò Amanda, sorridente ed eccitata come una bambina. Lei ricambiò lo sguardo e iniziò a saltellare.
“Andiamo fuori!” esclamò.
“Cosa?” 
“Sì, dai, guarda quanta ce n'è già a terra!”
“Sono le dieci passate, Amanda!”
“E allora? Guarda dalla tua mappa che strada possiamo prendere per uscire nel giardino… non staremo tanto, per favore!” lo implorò. 
Sirius tacque qualche secondo, godendosi la scena. Nemmeno da piccolo lui si era eccitato così tanto nel vedere la neve. Come faceva a entusiasmarsi per qualcosa che avrebbe ricoperto il castello nei successivi tre mesi?  
“Perché non aspetti domattina?”
“Perché è la prima neve, questa,” spiegò, impaziente. “Nessuno ci ha ancora camminato, è soffice… Ti prego, Sirius!”
Non aspettò che rispondesse, Amanda sbuffò e lo prese per un braccio. Quel contatto lo sorprese piacevolmente; dimenticava sempre quanto la sua presa potesse essere salda e delicata allo stesso tempo.
“Vieni,” ordinò, trascinandolo fuori dalla stanza. 
Sirius non seppe spiegarsi come riuscirono ad uscire dal castello così in fretta, senza perdersi, cadere o farsi scoprire da nessuno, dal momento che fu lei a condurlo. 
“Adoro la neve...” gli bisbigliò, appena usciti.  
“L'ho notato,” commentò Sirius, divertito. Sorpassarono il ponte, fermandosi in uno spiazzo, e Amanda iniziò a correre, il viso rivolto al cielo e braccia e bocca spalancate. 
Sirius scoppiò a ridere.
“Che cosa stai facendo?”
Amanda emise uno strillo di gioia, tuffandosi in avanti, ma non calcolò che lo strato nevoso posatosi era ancora insufficiente ad attutire le cadute. 
“Ahio,” si lamentò. 
Sirius si coprì il volto, incapace di smettere di ridere. Si avvicinò e l'aiutò ad alzarsi.  
“Ti sei fatta male?”
Lei si aggrappò al suo braccio e Sirius fu improvvisamente investito, in pieno volto, da una manciata di neve ghiacciata. La sentì ridere di gusto, e d'istinto le trattenne il braccio; con la mano libera raccolse velocemente della neve e gliela spalmò sul viso. 
Iniziarono a tirarsi palle di neve rincorrendosi, fino a che Amanda non inciampò nella neve. Col fiato corto si lasciò cadere, sdraiandosi supina con le braccia aperte sul manto bianco. Sirius la affiancò, sedendosi.
“Perché ti piace così tanto? È solo neve,” disse. 
Amanda si tirò su a sedere e lo guardò, stranita. Era davvero buffa, con il naso rosso per il freddo, l'espressione sorpresa e i capelli fradici appiccicati al viso.
“Solo neve? Non vedi come trasforma tutto? Io la trovo fantastica! Copre tutto, ma in compenso è luminosa, non hai bisogno della luce nemmeno di notte... E posso cadere e inciampare senza farmi male," spiegò semplicemente. Raccolse una piccola manciata di neve e se la portò alla bocca.
“Ed è buona, assaggia!” 
Gliene porse un po', Sirius la prese e sfiorò le sue dita.
“Hai le mani ghiacciate,” constatò, sorpreso “non hai freddo?”
“Un po'...” ammise, stringendosi nel mantello bagnato. “Ma aspettiamo un attimo prima di rientrare, guarda che spettacolo meraviglioso!” esclamò, e indicò in direzione della foresta, completamente imbiancata. 
Sirius non si voltò, non gli importava di quanto stupenda paresse la foresta, perché trovava che nulla fosse paragonabile alla bellezza di Amanda in quel preciso istante, mentre guardava con gioia e meraviglia qualcosa che lui non aveva mai considerato degno di nota fino a quel momento. 
Era davvero contento anch'egli che stesse nevicando. Perché se quella era la reazione di Amanda alla neve, allora avrebbe potuto nevicare per sempre, ché non si sarebbe stancato mai di guardarla. 
 
*
 
La mattina dopo, a colazione, seppe da Jaded che Amanda era stata portata in infermeria a causa della febbre alta.
“Me lo immaginavo,” commentò, sarcastica “come minimo si sarà rotolata nella neve appena l'avrà vista, ieri sera!” 
“Lo fa spesso?” chiese Sirius.
“Spesso? Tutti gli anni, con la prima nevicata, impazzisce... Esce, si butta nella neve, e passa il giorno dopo in infermeria. Non ce la può fare ad imparare!” spiegò Jaded, scuotendo il capo. 
Sirius tacque per un momento, sentendosi in colpa.
“Come sta?” chiese poi, preoccupato. 
“Ora sta dormendo, Madama Chips le ha dato una pozione a base di vino elfico per farle abbassare la febbre... è stato divertente sentirla delirare,” commentò, sorridendo. “Se vuoi andare a trovarla aspetta l'ora di pranzo, ho sentito che Madama Chips andrà a Hogsmeade a fare rifornimento di medicinali e riuscirai ad entrare senza che ti stia col fiato sul collo... è veramente fastidiosa!" 
“Chi è fastidiosa?” chiese Remus. Si sedette accanto a Sirius e si versò del tè. 
“Buongiorno,” lo salutò Jaded “parlavamo di Madama Chips.” 
"E perché avete avuto a che fare con lei?" chiese, perplesso, ma volgendo lo sguardo al soffitto nevoso della Sala Grande sembrò essere colto da un'illuminazione. “Ah, giusto. La neve. Amanda.”
“Tu come fai a saperlo?” intervenne Sirius, irritato. Probabilmente aveva esagerato nel mostrarsi scontroso, ma nelle ultime settimane si era scoperto un po’ geloso del rapporto che si era venuto a creare tra Remus e Amanda, dopo che quest’ultima aveva saputo che era un licantropo, e non riusciva a nasconderlo. Addirittura, ora, sapere che era a conoscenza della sua passione per la neve lo aveva fatto sentire spiacevolmente escluso.
Remus non notò la sua occhiata, impegnato a servirsi il porridge.
“L'anno scorso mi ha fregato... eravamo in biblioteca a studiare ed ha iniziato a nevicare. È scappata fuori ed è tornata un'ora dopo completamente fradicia. Per tre giorni non l'ho vista!” spiegò. 
“Beh? Che le era successo?” domandò Sirius, impaziente. 
“Tuo fratello, la sera stessa, l'ha trovata semisvenuta e febbricitante davanti ai bagni dei prefetti,” rispose. “Chi ce l'ha portata, questa volta?” chiese poi, rivolto a Jaded. 
“Non saprei... Regulus era in infermeria, quando sono arrivata. Io però sono stata avvisata da Layla!” ammise Jaded. 
Sirius gettò un’occhiata al tavolo dei Serpeverde, ma di suo fratello non v’era traccia. Sbuffò, nervoso, all’idea di dovergli parlare, dopo l’ultima discussione che avevano avuto.
La ricordava bene, e non perché era successo solamente un paio di settimane prima. A quanto pare suo padre l’aveva battuto sul tempo, e Regulus era venuto a sapere di suo zio Alphard. Era riuscito ad avvicinarlo, per proporgli di dividersi i soldi che gli erano stati donati, allontanarsi anch’egli dalla famiglia e andare a vivere insieme. L’unico risultato che aveva ottenuto era stata la più grossa litigata che lui e Regulus avessero mai fatto. Erano quasi venuti alle mani, se Amanda non si fosse intromessa per fare da paciere.
Ma da quell’episodio i rapporti si erano definitivamente rotti, lui e suo fratello nemmeno si guardavano più. Persino Amanda aveva avuto una discussione con Layla, che pretendeva di continuare a frequentare Regulus nonostante quello che fosse successo. Sirius sapeva che la sua volontà di rimanere con la famiglia nel giro di poco tempo avrebbe significato farsi fagocitare da un universo oscuro da cui difficilmente sarebbe poi potuto uscire.
Ad ogni modo, Sirius aveva accettato con cupa rassegnazione quella situazione, mentre Amanda non riusciva a farsene una ragione, soprattutto quando capì che con tutte le probabilità Regulus sarebbe finito per diventare un Mangiamorte, se avesse continuato a frequentare la compagnia di cui si circondava a scuola.
Salutò frettolosamente i compagni e si diresse fuori dalla Sala Grande, verso l’Infermeria, e, girato l’angolo, quasi come se l’avesse chiamato col pensiero, incrociò proprio Regulus, da solo.
Lo guardò con sospetto, lui fece altrettanto. Si fermò di fronte a lui, sbarrandogli la strada, in modo che capisse che intendeva parlargli, che lo volesse o no. Regulus sospirò, e Sirius si accorse che entrambi avevano infilato le mani nelle tasche dei pantaloni, come facevano ogni volta che si sentivano a disagio.
“Ho saputo di Amanda,” borbottò. “L'hai portata tu in Infermeria?”  
“Sì,” rispose Regulus, atono. “Stamattina l’ho incontrata mentre stava andando da Madama Chips perché si sentiva la febbre e l'ho accompagnata, nonostante non si reggesse in piedi non mi ha parlato per tutto il tempo...” spiegò, e Sirius percepì il tuo tono risentito. “Immagino che i tuoi amici non ti abbiano avvisato della sua folle passione per la neve.”
“Perché?”
“Era con te, quando è uscita ieri sera, vero?” fece, sprezzante. “Ha farfugliato qualcosa sulla foresta innevata e ha fatto il tuo nome.”
Sirius sospirò, grattandosi la nuca.
“Beh, sì, ma non ti deve interessare...” brontolò, burbero.
Regulus inarcò le sopracciglia. Sirius odiava vedergli fare quell’espressione di sufficienza, gli ricordava troppo il loro padre.
“La conosco da anni, è normale che mi interessi di lei. Se fossi stato meno presuntuoso e mi avessi chiesto informazioni su di lei ti avrei detto che adora la neve e che non devi permetterle di tuffarcisi... e adesso non avrebbe la febbre!” puntualizzò.
“Il tuo tono saccente è proprio uno dei motivi per cui non ti chiedo queste cose!” esclamò Sirius, piccato. Lo superò e iniziò a camminare, ma la sua voce continuò ad arrivargli.
“Tienila lontana dal caffè.”
Sirius si fermò e si voltò a guardarlo.
“Che?”
Suo fratello aveva parlato a bassa voce e si guardava intorno, nervoso.
“Mi hai capito,” borbottò “se già normalmente ti sembra esuberante, col caffè peggiora. Amanda dorme poco, anzi, pochissimo... e lei non ha bisogno di ore al mattino prima di rendersi conto di esistere. Si sveglia e vuole rivoltare il mondo, ma chiaramente il suo corpo è addormentato e non risponde ai comandi, quindi sbatte ovunque, più del solito,” spiegò, parlando velocemente.
Sirius non riuscì a trattenere una risata, seguita da un senso di malinconia nel constatare quanto lui la conoscesse bene. Ma Regulus non aveva finito.
“Impazzisce per la neve, e sei stato abbastanza fortunato da perderti la collezione di foglie autunnali a settembre. Ha la fastidiosa abitudine di dare nomi a qualsiasi oggetto a cui si affeziona. Ha paura degli Ippogrifi, degli Asticelli e delle Mandragole, e soffre terribilmente di vertigini, sebbene si ostini a negarlo, quindi non farla arrampicare da nessuna parte se non intendi andare a recuperarla.”
Non sapeva per quale motivo Regulus gli stesse dicendo tutte quelle cose, soprattutto ora che lui e Amanda avevano quasi chiuso ogni rapporto. Da quando l’aveva conosciuta, aveva visto la ragazza prendere le difese di suo fratello in tutte le occasioni possibili, e lo aveva sempre infastidito quel suo modo di proteggerlo. A quanto pare non era un rapporto unilaterale come immaginava. Pensò all’amicizia tra Amanda e Regulus come a quella fra lui e James, e comprese improvvisamente quanto dovesse essere dura per entrambi aver smesso di parlarsi.
Si schiarì la voce, in difficoltà.
“Vorresti farmi credere che lei è sopravvissuta per sei anni nel vostro gruppo?” chiese, incredulo. 
“Amanda è sempre stata benvoluta da tutti, finché non ti ha conosciuto!” rispose, crucciato. 
“Di che diavolo parli?” sbottò Sirius, sulla difensiva. “Mi stai accusando di qualcosa in particolare? Perché quello che ha rifiutato il mio aiuto sei stato tu, quindi piantala di essere così ostile nei miei confronti! Sarà davvero il caso che cominci a pensare a quello che vuoi, Reg.”
“Io so perfettamente quello che voglio,” sibilò, improvvisamente rigido. “Non voglio affrontare di nuovo questi discorsi con te, questa volta non ci sarebbe Amanda a dividerci. Addio, Sirius.”
Detto ciò, si girò e allontanandosi nella direzione opposta alla sua.
Sirius scrollò le spalle e sbuffò, contrariato dall'esito della conversazione. Per quale motivo non riusciva a parlare chiaramente con lui? E come mai sentiva tutta quella rabbia da parte sua? Discuterci era così frustrante, così come cercare di capire che intenzioni avesse, perché se c’era una cosa di cui Sirius era certo, era che Regulus non era cattivo. Non lo era mai stato, e qualunque cosa avesse fatto, l’avrebbe fatta unicamente per compiacere i suoi genitori.
Ma a che punto sarebbe arrivato? Quanto avrebbe annullato se stesso pur di essere un Black?
Con una considerevole dose di inquietudine, si rese conto di non sapersi rispondere.
Si voltò verso la finestra, ammirando il paesaggio innevato che gli portava alla mente i ricordi della sera precedente. 
Gli venne un'idea improvvisa e s'incamminò a passo svelto verso il giardino, allacciandosi il mantello. 
 
*
 
“Amanda?” chiamò Sirius, facendo ingresso nell'Infermeria. Sì avvicinò all'unico lettino occupato, scorgendo la ragazza, ancora profondamente addormentata. 
Spostò attentamente una sedia accanto a lei e si sedette ad osservarla. Era un po' deluso che stesse dormendo. Tirò fuori dal mantello un barattolo di vetro contenente della neve che aveva raccolto dal giardino, con un pupazzo di neve in miniatura che aveva fatto lui stesso. Grazie ad un incantesimo, avrebbe mantenuto la temperatura adatta per non sciogliersi. Lo appoggiò al comodino accanto al letto, dopodiché si perse ancora qualche minuto per osservare la ragazza, accucciata in un lato del letto: i capelli scuri erano sparpagliati sul cuscino, il viso era pallido, a parte delle piccole chiazze sulle guance, arrossate a causa della febbre. Sembrava più piccola di quanto già non fosse. Ebbe l'istinto di accarezzarle i capelli e il viso, era così bella in quel momento... 
Ma si mosse, e questa volta sembrò svegliarsi, perché stropicciò gli occhi prima di aprirli pian piano, per abituarsi alla luce della stanza. 
“Hey,” mormorò Sirius, sorridendo. 
“Mmh... Dove sono?” chiese, alzandosi a sedere. 
“In infermeria. Per colpa della neve... Ricordi? Come ti senti?” 
Lei aggrottò la fronte.
“Accaldata e confusa... forse mi sta scendendo la febbre, la pozione che mi ha dato Madama Chips era piuttosto forte!” 
Sirius rise.
“Jaded me l'ha raccontato, è stato un peccato perdersi la scena!” 
“Avrò sicuramente fatto qualcosa di imbarazzante, per fortuna non lo ricordo… quella pozione mi fa sentire come se fossi ubriaca!” esclamò, e il suo sguardo cadde sul barattolo di vetro appoggiato sul comodino. I suoi occhi si allargarono per lo stupore, e schiuse le labbra.
“Che cos'è?” chiese, prendendolo. 
Sirius si appoggiò al letto.
“È un pupazzo di neve, l’ho fatto io... è incantato in modo che non si sciolga,” le spiegò. “Ti piace?” 
Amanda lo guardò, ma non rispose. Poi gli sorrise, notò gli occhi inumidirsi, non seppe se per la febbre o per l'emozione.  
 
AMANDA
 
Era decisamente colpa della febbre se si stava dimenticando di respirare. Continuava a fissare Sirius, senza riuscire a distogliere lo sguardo, incastrato nei suoi occhi grigi, che attendevano una risposta.  
Le parole non volevano uscire, sembrava che il tempo si fosse fermato in quell'istante perfetto. Avvertì una sensazione di calore a livello del petto, annidata fin dentro le viscere, e seppe che la febbre non c’entrava proprio nulla. 
Nel momento in cui si era svegliata trovandoselo accanto, aveva pensato che nulla sarebbe stato meglio. Eppure, ora aveva la sensazione che, con quella semplice sorpresa, quel momento fosse appena stato superato.
Persino le continue attenzioni che Susan, sempre più agguerrita, rivolgeva a Sirius le parvero prive di importanza. Per quanto si sentisse insicura in un confronto con la Killis, una cosa era certa: Sirius era con lei, e lo era nella maggior parte delle giornate. Era la sua attenzione che cercava spesso di attirare, era lei quella a cui aveva deciso di insegnare a diventare un Animagus, era con lei che si trovava in quel preciso istante, ed era per lei il sorriso che gli era appena nato sul volto. 
Gli sorrise di rimando, gli occhi le bruciavano.
“È… è meraviglioso, Sirius, grazie,” farfugliò. Sperò vivamente di non arrossire.
Appoggiò il barattolo sul comodino e di slancio lo abbracciò. Immediatamente, le sue braccia le circondarono la vita, quasi come se non stesse aspettando altro, e lo sentì inspirare profondamente, col viso sopra la sua spalla. 
Amanda chiuse gli occhi, appoggiandosi a lui. La stanza prese a vorticare improvvisamente, la vista le si oscurò qualche secondo, a causa del movimento repentino che aveva fatto. Si sentì talmente debole da non avere nemmeno la forza di rimettersi a sedere, e svenne, poco dignitosamente, tra le sue braccia. 
 
*
 
Rinvenne arricciando il naso, a causa del forte odore di vino elfico che sentiva. Era nuovamente sdraiata sul letto, ma Sirius era praticamente sopra di lei, e reggeva un bicchiere che, probabilmente, conteneva la stessa medicina che aveva preso al mattino. La fissava con gli occhi spalancati, preoccupato.
“Se ti fa questo effetto abbracciarmi, giuro che non lo faccio più!” esclamò. 
Amanda si strofinò gli occhi, mettendosi seduta.
“Sei il solito presuntuoso, Black… sono un po' debole perché sono a digiuno,” ammise. 
“Cosa? Perché non hai pranzato?” le chiese, con tono di rimprovero. 
“Perché dormivo, e quando mi sono svegliata c'eri tu,” rispose debolmente. “Dovrebbe esserci del cibo nel comodino, gli elfi mi avranno portato qualcosa...” 
Il compagno aprì il cassetto, lo sentì rovistare qualche secondo, dopodiché tirò fuori dei panini.
“Ecco, mangiali tutti,” le ordinò, porgendoglieli. 
Amanda rise, divertita.
“Sono cinque panini, vuoi farmi vomitare? Per me due saranno sufficienti, mangiane qualcuno anche tu, se vuoi!”
Sirius le riservò un'occhiata obliqua e gliene passò due.
“No, prima voglio che ti riprendi,” borbottò.
Amanda scrollò le spalle e si scoprì, accaldata. Incrociò le gambe e iniziò a mangiare; ad un certo punto si accorse che Sirius le fissava i piedi, incuriosito.
“Ma… hai i piedi più piccoli che abbia mai visto!” esclamò, sorpreso.
Amanda schiuse le labbra, indignata.
“Stai cercando di farmi un complimento? Non sono sicura che tu ci stia riuscendo,” borbottò in risposta.
“Non saprei, sono ancora scosso da questa scoperta,” affermò, continuando a guardarli.
Amanda s’imbronciò e li coprì, imbarazzata.
“Smettila di guardarli, i miei piedi sono proporzionati alla mia altezza!” esclamò, irritata.
“Seriamente, come fai a stare in equilibrio?” la punzecchiò.
Lei sbuffò, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
“È una bella domanda, in effetti… ora che ci penso, questo spiegherebbe un sacco di cose,” rispose, divertita.
Sentì lo sguardo di Sirius su di sé, mentre continuava a mangiare. Incontrò i suoi occhi, sembrava sul punto di chiederle qualcosa.
“La pozione che ti ho fatto annusare quando dovresti prenderla?” le domandò.
Amanda mandò giù un boccone, prima di rispondere.
“Che ore sono?”
“Le due e mezza.” 
“Tre ore fa,” ammise, facendo spallucce. 
“Amanda!” la rimproverò. “Porterò via il mio regalo, se non ti riguardi!” 
Spalancò gli occhi, terrorizzata, e afferrò il barattolo e se lo portò al petto, come per proteggerlo.  
“No, Armandus no!” 
“Armandus?” fece, confuso. 
“L'ho chiamato così,” spiegò, come se fosse ovvio.
“E questo quando sarebbe successo?” chiese, guardandola con sconcerto. 
“Appena l'ho visto… ha decisamente la faccia da Armandus, non trovi?" chiese, rigirandoselo tra le mani.  
Il momento di distrazione le fu fatale, perché Sirius glielo strappò di mano senza tanti complimenti.
“Mangia e prendi la pozione, altrimenti Armandus lo terrò io!” sbottò, autoritario. 
Amanda spalancò occhi e bocca, sconvolta; il labbro inferiore iniziò a fremere e gli occhi spalancati le si inumidirono.
“No, Sirius...” lo pregò, ricorrendo all’‘Espressione Amanda’. 
Ma lui sembrava aver capito le sue intenzioni. Si era voltato completamente, in modo da non guardarla in faccia.
“Eh no, non ci casco… conosco quella faccia, ormai! Fa' come ti dico e riavrai Armandus. Forza!” esclamò, irremovibile. 
Amanda scrollò le spalle. Non le rimaneva che obbedirgli, così terminò il cibo in silenzio, senza però risparmiargli occhiate di fuoco tra un boccone e l’altro.  
“Ho finito...” borbottò ad un certo punto, imbronciata. 
“Bene, ora prendi la pozione,” le ordinò, voltandosi a guardarla. 
“Fammi prima vedere Armandus!” esclamò, sostenuta. 
“Questa situazione è ridicola!" sbuffò Sirius, alzando gli occhi al cielo. “Cos'hai, cinque anni? Prendi quella maledetta pozione!” fece, esasperato. 
“Ma mi fa andare fuori di testa,” piagnucolò. 
“Più di così? Credo sia difficile,” commentò lui, sarcastico. 
Amanda strinse le labbra, irritata, e prese il bicchiere. Astiosa, con gli occhi ridotti a due fessure, guardò Sirius e borbottò a denti stretti un “Ti odio,” prima di tapparsi il naso e bere la pozione tutta d'un sorso. 
Come promesso, un momento dopo Sirius le restituì il barattolo di vetro. Amanda lo afferrò con stizza, continuando a guardarlo male. Se lo portò al petto, si sdraiò e lo coprì con la coperta. Stava per pronunciare una cattiveria all’indirizzo del compagno, quando i primi effetti della pozione iniziarono a mostrarsi. Si sentì avvampare, e fu costretta a chiudere gli occhi perché vedeva doppio. Mugugnò qualcosa, portandosi una mano sugli occhi. 
“Ti senti bene?” le chiese immediatamente Sirius, avvicinandosi. Le scostò i capelli dalla fronte, si guardarono per un secondo interminabile, i loro visi erano troppo vicini, e a lei erano rimasti troppi pochi filtri. Oltre la sua spalla le parve di vedere volare persino un drago. Le allucinazioni erano arrivate.
“Devi andartene,” gemette. 
“Perché?” chiese Sirius. 
“Metti in salvo Armandus...” farfugliò “ho visto arrivare un Dorso Rugoso!”
“Cosa? Ma hai già iniziato a delirare? Non è semplice capirlo, con te!” esclamò lui. 
Amanda si tirò su a sedere. Tutto intorno vorticava, ma in compenso lei era così leggera che le sembrò di potersi persino ergere in volo. Aprì le braccia e le mosse come fossero ali. 
“Cosa stai facendo?” le chiese Sirius. Lo sentì ridere di gusto. 
“La danza della felicità,” rispose, iniziando a muovere le braccia e la testa a ritmo di una musica esistente solo nella sua mente. 
Sirius disse qualcosa, ma lei non sentì. Si fermò improvvisamente, anche se la stanza aveva deciso di continuare a girare. Persino Sirius non stava un attimo fermo, e addirittura si era sdoppiato.
“Smettila di muoverti!” gli ordinò, mettendo le mani avanti. 
“Ma io sono fermo,” rispose, e Amanda percepì la sua stretta decisa al braccio. Si sentì avvampare di nuovo, fuori controllo. Non seppe come, ma la voce le uscì senza che potesse fermarla.
“Vorrei tanto baciarti, Sirius,” ammise, sorridendo. La sua reazione non si fece attendere; assunse un cipiglio serio, si morse un labbro e tentò di indietreggiare.
“Non… non sei in te, Amanda, non lo ricorderesti,” lo sentì borbottare, a disagio. Lei lo trattenne, attirandolo a sé per il lembo del maglione. Non l’avrebbe lasciato andare ora che la pozione le aveva dato la forza di confessargli quello che provava.
“I-io sono sempre io... con un po' di coraggio in più...” mormorò a pochi centimetri dal suo viso. 
Le appariva doppio e con i contorni del viso un po' indefiniti, ma Amanda pensò che fosse comunque bellissimo.  
“Tu…tu non vuoi?” gli sussurrò, passandogli una mano tra i capelli. Non dovette insistere oltre, perché lui le prese il viso tra le mani, annullò la distanza che li divideva e le loro labbra divennero finalmente un tutt’uno. Nonostante la confusione che aveva in testa, pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai provato. Sirius le morse con delicata lentezza il labbro inferiore, mozzandole il respiro, e lei schiuse le labbra, trovando finalmente il coraggio di approfondire quel bacio. Ma lui si tirò inspiegabilmente indietro, mettendo fine a quel meraviglioso contatto. Ebbe la spiacevole sensazione che fosse troppo presto, c’era qualcosa di tremendamente sbagliato nello stare divisi.
“No,” le disse, secco, scuotendo il capo “non è così che voglio che accada."
Non capì cosa intendesse con quelle parole; quel rifiuto, nonostante la pozione in circolo, la mortificò talmente tanto che tornò sotto le coperte, dandogli le spalle. Abbracciò forte il barattolo di vetro, e l'infermeria sembrò rallentare intorno a lei. 
“Amanda-” 
“Vai via!” sbottò, raggomitolandosi ancora di più in un lato del letto. Si coprì la testa con il cuscino, desiderò sparire, e sperò di non piangere, di resistere agli occhi che bruciavano. 
La debolezza, la pozione e la febbre fecero il resto. Non sentì ciò che Sirius le stava dicendo perché cadde in un sonno profondo. 
 
 
SIRIUS
 
Sbuffò sonoramente, guardandola dormire. Non aveva intenzione di umiliarla, e tirarsi indietro gli era costato davvero un enorme sforzo, ma era così: non si sarebbe approfittato di lei in quello stato, nonostante per qualche secondo avesse ceduto alla tentazione delle sue labbra. E non voleva baciarla senza che lei lo ricordasse una volta svegliatasi. Anche per questo che non era voluto andare oltre. Era quello che intendeva con le parole che le aveva detto, ma lei non era stata in grado di capire. 
Un rumore in direzione della porta lo distrasse. Qualcuno era entrato in Infermeria. Sirius spostò il separé e scorse Jaded.
“Come sta?” gli chiese, avvicinandosi al lettino.
 
“Ha ancora la febbre alta, ha mangiato qualcosa e ha ripreso dell’altra pozione,” rispose. “Il tempo di fare una danza della felicità e si è riaddormentata.”
Jaded scoppiò a ridere.
“Una danza della felicità?” riprese, divertita. “Ti è andata bene, credimi! Questa mattina mi sono dovuta sorbire l’imitazione di un lepricauno ubriaco…” spiegò “ma chiaramente imitare non è la sua vocazione, sembrava piuttosto Gazza che inciampava in una cacca di drago!”
Sirius rise, ma non fece in tempo a rispondere, perché a Jaded non sfuggì il vasetto di vetro che spuntava dalle coperte.
“Che cos’è?” chiese, curiosa, cercando di prenderlo senza svegliare Amanda.
“Armand-… cioè, un pupazzo di neve,” si corresse subito. “Gliel’ho fatto con la neve del giardino. Siccome non potrà stare fuori per un po’, ho pensato che-”
“Ma che romantico,” esclamò lei, sorpresa. “Cavolo, Sir, devi essere veramente cotto a puntino per fare una cosa del genere!”
Sirius le riservò un’occhiata obliqua.
“Smettila di prenderti gioco di me, Jade,” borbottò, contrariato. Ma notò che sul viso di Jaded non v’era alcun sorriso di scherno.
“Non ti sto prendendo in giro, sono davvero stupita,” rispose, sconcertata. “Non ti sei mai comportato così, nemmeno quando…” si interruppe, in difficoltà “beh, nemmeno con me.”
Sirius aggrottò le sopracciglia, non sapeva se essere più confuso o imbarazzato. Jaded non aveva mai menzionato la loro relazione da quando si erano lasciati, tra di loro c’era sempre stato un tacito accordo per cui si sarebbero comportati come se nulla fosse mai accaduto. Il fatto che ora stesse accennando alla loro storia, mettendola addirittura in relazione ad Amanda, lo aveva colto alla sprovvista.
Doveva esternare un’espressione alquanto sbigottita, perché lei sentì il bisogno di spiegarsi meglio.
“Voglio dire… quello che c’è stato tra noi credo sia stata la cosa più vicina ad una relazione che tu abbia mai avuto,” disse. Tuttavia, Sirius ebbe modo di sbalordirsi ulteriormente, quando la vide arrossire.
“Perché me lo stai dicendo?” domandò, perplesso.
Jaded si grattò la nuca, in quel momento gli ricordò James.
“Beh, io… devo confessarti una cosa,” cominciò, facendo un grosso respiro, come per prendere coraggio. “Volevo tanto che tu e Amanda vi conosceste perché sapevo che ti sarebbe piaciuta fino a questo punto.”
Sirius aggrottò le sopracciglia.
“Sì, okay, ma non è una confessione,” rispose lentamente. “Non è la prima volta che me lo dici.”
“Ecco, in realtà ho fatto qualche piccolo errore di valutazione. Non pensavo che Amanda avrebbe in qualche modo ricambiato,” continuò, abbassando la voce. “Lei ti odiava davvero, credevo che ti saresti scottato senza che lei contraccambiasse, e quindi avresti saputo come… come mi sono sentita io, due anni fa. Ma sono rimasta fregata per la seconda volta, e l’unica da biasimare, ora, sono io.”
Ci mise qualche secondo a cogliere il senso di ciò che aveva appena detto.
“Tu volevi… vendicarti?” chiese, stupito. “Ma perché? Okay, non abbiamo più parlato di quando stavamo insieme, ma tu non mi sei sembrata tanto sconvolta da meditare vendetta quando è finita!”
Jaded stentò una risata amara.
“Questo perché non mi sono voluta mostrare vulnerabile, Sirius, ma mi hai spezzato il cuore!” esclamò infervorata, con gli occhi lucidi. La sua voce tremò per un istante.
“Io ero innamorata di te.”
Sirius trattenne il fiato, sconvolto da quella confessione. Non si era mai reso conto di quanto potesse averle fatto male. Jaded non era il tipo da mostrare i propri sentimenti, ma non voleva dire che non ne provasse.
“Mi… mi dispiace, Jade, sono stato pessimo. Io non immaginavo…” borbottò, in difficoltà, ma lei lo interruppe con un gesto della mano, come per scacciare un insetto fastidioso.
“Non lo immaginava nessuno, nemmeno James, altrimenti non si sarebbe permesso di farti conoscere la Killis,” rispose, alzando le spalle. “Ho notato che sta tornando alla carica, comunque. Sembra che quella stronza lo faccia apposta!”
Aveva notato anche lui un certo avvicinamento di Susan nelle ultime settimane, ma non vi aveva dato particolare peso, non aveva nemmeno sprecato troppe energie a pensarci su. Ma ora che Jaded glielo aveva fatto notare, ripensò che erano state parecchie le occasioni in cui se l’era trovata intorno, che fosse perché gli aveva tenuto il posto a lezione, oppure perché si erano trovati casualmente vicini durante il corso di Materializzazioni o altre occasioni di quel tipo. E, riflettendoci, più di una volta aveva pensato che gli sorridesse troppo, talvolta gli era parsa un po’ inquietante.
“Pensi che Amanda se ne sia accorta?” domandò a Jaded, perplesso.
“Certo che se n’è accorta,” gli rispose, sconcertata. “Ma non ti conviene farla ingelosire, quello è il miglior modo di farla scappare.”
“Lei sa di quello che c’è stato tra noi? Glielo hai mai detto?” chiese poi, colto improvvisamente dal dubbio.
Jaded si morse il labbro.
“Ecco, veramente no,” confessò. “Dovrebbe saperlo, però.”
“Non credo proprio,” rispose lui, scuotendo il capo con convinzione. “Non dirglielo, Jade.”
“Perché dovrei tenerglielo nascosto? È la mia migliore amica!” affermò, convinta.
Entrambi sobbalzarono, notando Amanda che si muoveva. Si voltarono verso di lei, fortunatamente non si era svegliata.
“Proprio perché lo sei,” le sussurrò. “Come pensi che reagirebbe se sapesse che eri innamorata di me e che avevi pensato di farci conoscere solamente con la speranza che lei mi rifiutasse?”
Jaded rimase in silenzio, fissando un angolo imprecisato della stanza.
“Beh, se la metti così, forse non è il caso,” mormorò. Diede un’occhiata nervosa all’orologio.
“Tra dieci minuti c’è Trasfigurazione, sarà meglio che vada,” disse. Accarezzò i capelli di Amanda, profondamente addormentata, dopodiché si avviò verso l’uscita.
Sirius la seguì con lo sguardo, ancora sorpreso per il modo in cui si era aperta con lui quel pomeriggio.
Aprì la porta, e poi si girò un’ultima volta verso di lui.
“Non so come tu abbia potuto tradire me, evidentemente tieni davvero più a James, e forse è giusto così...” disse. “Solo, promettimi una cosa.”
"Cosa?"
Jaded strinse le labbra.
“Non... non farai mai a James quello che hai fatto a me, vero?” domandò, incerta.
“Di che parli? Certo che no, non tradirei mai James, è il mio migliore amico!” esclamò, deciso.
“Beh... sarà meglio,” replicò, burbera. Ora, Sirius sapeva che quell'espressione era il suo modo di difendersi. “Di’ ad Amanda che sono passata.”
Si girò e uscì dall’Infermeria.
 
 
23 dicembre 1976
 AMANDA
 
 
La febbre aveva persistito quasi una settimana. Non era mai stata così tanti giorni costretta a letto in vita sua. Ebbe quasi il terrore di non poter tornare a casa per le vacanze di Natale, ma poi, fortunatamente, si era rimessa in forze un paio di giorni prima del termine delle lezioni. Lily e Jaded le passarono tutti gli appunti delle lezioni, andandola a trovare ogni pomeriggio, e riuscì a non rimanere particolarmente indietro. Vennero qualche volta anche James, Remus e Peter, mentre Sirius era lì in Infermeria anche due o tre volte nell’arco di una giornata, per assicurarsi che prendesse correttamente la pozione. Durante ogni visita era un continuo battibeccare perché si riguardasse, e non sapeva perché, ma guardandolo si sentiva in imbarazzo. Si accorse che anche lui incontrava poco i suoi occhi, e non riusciva a capire perché. Aveva come la sensazione che ci fosse qualcosa di sospeso tra di loro, e ciò non giovava certamente all’attrazione, sempre più forte, che sentiva nei suoi confronti.
Quando fu dimessa dall’Infermeria, la situazione sembrò addirittura peggiorare. Se si trovava accanto a Sirius e casualmente si sfioravano, Amanda sentiva il bisogno di allontanarsi. Il cuore iniziava a battere troppo forte, sentiva il panico crescere immotivatamente. Sirius se ne accorgeva, e sorrideva. Dannazione, quanto era bello quando sorrideva, e quell’idiota sembrava esserne fin troppo consapevole.
Anche quella sera a cena, Sirius le aveva sorriso, mentre si avvicinava al tavolo per la cena. Aveva sorriso di rimando, ma poi lui era stato distratto da Susan, che lo aveva fermato, qualche metro prima del tavolo, per dirgli qualcosa.
Amanda assottigliò gli occhi. Era così frustrante guardarli parlare.
Susan Killis sorrideva talmente tanto da rischiare una paresi facciale. Qual era il motivo che muoveva tanto sorriso? Gli stava forse raccontando una barzelletta?
Susan non era esattamente la ragazza più simpatica della scuola, anzi, era popolare per essere ‘allegra’ in una maniera alternativa alla solita accezione del termine. Lo aveva fermato toccandogli un braccio, e la sua mano continuava a rimanere lì. Sirius non si scostò nemmeno dal suo tocco.
Con lo sguardo fisso su di loro, Amanda infilzò il pollo nel suo piatto con troppa foga e la forchetta stridette fastidiosamente.
“Amanda?”
Si voltò verso Remus. La stava guardando, stranito, ma intercettò la scenetta a cui stava assistendo e comprese immediatamente.
“Non le piace, non ti preoccupare,” la rassicurò.
“Non so di cosa parli,” rispose, risoluta.
Si alzò di scatto, avvertendo il bisogno di andarsene dalla Sala Grande per non essere costretta ad assistere oltre.
Uscì velocemente e iniziò a camminare per il corridoio. Sarebbe andata dritta nel dormitorio a preparare i bagagli per la partenza di domani. Staccare la spina e non vederlo per un po’ l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee. Non le piaceva affatto sentirsi così vulnerabile e umorale. Stupido Black!
“Amanda!”
Si irrigidì nel sentire la sua voce. Il cuore, in compenso, aveva iniziato a martellarle nel petto.
Si voltò, Sirius camminava verso di lei a passo spedito.
“Vai già via? Volevo chiederti se ti andava di-”
“No, non credo,” lo interruppe, glaciale “devo preparare i bagagli, domani torno a casa per le vacanze.”
Sirius inarcò le sopracciglia, perplesso.
“Che ti prende?” chiese.
“Niente, sono di fretta,” replicò, girandosi di nuovo a camminare.
Si sentì trattenere per un polso. Maledizione!
“Amanda, cosa c’è?” ripeté, confuso.
Tenne lo sguardo basso, in silenzio. Sirius sbuffò.
“Puoi guardarmi in faccia, almeno?” sbottò. Il suo tono era infastidito.
‘La fai facile, tu,’ pensò Amanda. Raccolse il coraggio e alzò gli occhi. Li sentiva bruciare, era incapace di sostenere il suo sguardo.
“Hai discusso con Remus?” le chiese, serio “Mi sono girato verso il tavolo e ti ho visto correre via-”
‘Uno, due, tre,’ pensò Amanda. In uno scatto fluido gli si avvicinò, e, alzandosi sulle punte, gli sfiorò le labbra.
Sirius parve irrigidirsi, colto alla sprovvista. Appena registrato l’evento, tuttavia, Amanda notò l’ombra di un sorriso nascergli sul volto. Prima che potesse reagire in qualunque modo, gli afferrò delicatamente la cravatta, chiuse gli occhi e lo tirò verso di sé, premendo le proprie labbra sulle sue. Erano più morbide di quanto immaginava, aveva un buon sapore. Ebbe la piacevole sensazione di vivere un déjà-vu.
Poi, il momento di coraggio svanì e fu colta dal panico per quello che stava facendo. Percepì, invece, l’euforia improvvisa di Sirius, che le passò un braccio dietro la schiena, tirandola a sé. I loro fianchi si scontrarono, l’altra mano salì ad accarezzarle il viso. Il suo buon odore le invase le narici, schiusero le labbra nello stesso momento e le loro lingue si sfiorarono. Non aveva la più pallida idea di quello che avrebbe dovuto fare durante un bacio, eppure, ora che lo stava facendo, le sembrava la cosa più naturale e piacevole del mondo. Si rese conto di tenere ancora stretta la sua cravatta; la lasciò, e in compenso gli circondò il collo con le braccia, alzandosi sulle punte.
Con un certo rammarico, dopo un po’ dovette separarsi da lui, a corto di ossigeno, ma lui la tenne stretta a sé, le loro fronti si toccarono.
“Valeva la pena aspettare,” mormorò Sirius, con un mezzo sorriso e il respiro un po’ irregolare.
Amanda increspò le labbra, si sentì avvampare. Indietreggiò di un passo, creando distanza tra loro, e Sirius questa volta non la trattenne. Avvertì il solito istinto di fuga, non riusciva a sostenere il battito del suo cuore, sentiva che da un momento all’altro sarebbe potuto scoppiare. Lui se ne accorse.
“Non scappare, Amanda…” la pregò, prendendole la mano.
“Non… non baciare le altre,” gli sussurrò, guardandolo negli occhi.
Scivolò via dalla sua presa e fuggì, correndo lungo il corridoio, verso i Sotterranei.
 
 
Note:
Ciao a tutti!
Finalmente ce l’ho fatta, non potete capire il disagio di non rispettare i miei soliti tempi… nonostante vi avessi avvisato che ci avrei messo di più, sento comunque il dovere di scusarmi per l’attesa.
Questo è un capitolo dove succedono un po’ di cose di una particolare centralità rispetto alla storia. Spero che Krixi19 abbia avuto l’angst che voleva tra Jade e Sirius!
Okay, veniamo a noi:
  • Spero siate rimasti soddisfatti, qualora l’abbiate letto, del pov di Bellatrix. È stata dura, eh, mi è costato parecchio ma l’ho fatto perché penso che trattare personaggi per cui ho un rifiuto comunque mi aiuti a crescere. Rodolphus invece mi piace parecchio, e sono contenta che faccia i dispetti a sua moglie ù_ù! Ah, e il Patrick Hillery, il personaggio che viene ucciso, in realtà è esistito veramente, ma no, non ha fatto quella fine! ;D
  • La scena della neve è una delle prima che ho scritto quando ho pensato alla coppia Sirius/Amanda. Ammetto che qui c’è parecchia self-insertion, io ho un amore smisurato per la neve XD;
  • Il confronto fra Regulus e Sirius è qualcosa da cui devo riprendermi persino io, mi si è spezzato il cuore :(. Avrò modo di tornare su Regulus più avanti, giusto per chiarire il suo pensiero, perché Sirius non ha tutti i torti, conosce bene suo fratello;
  • Il confronto tra Jaded e Sirius: anche questo è stato plottato tempo fa, e mostra un’altra sfaccettatura della personalità di Jaded. Lei si voleva vendicare di Sirius, ma è rimasta fregata, e ha abbandonato l’idea nell’istante stesso in cui si è accorta che Amanda iniziava a provare qualcosa per Sirius. Non avrebbe mai sacrificato la sua amica per la sua vendetta, ed è rimasta parecchio piccata non perché provi ancora qualcosa per Sirius, ma perché lei, che ha sempre il controllo di tutto e tutti, non aveva previsto uno scenario del genere;
  • Susan Killis… eh già, lei è la fantomatica intrusa di due anni prima. Vi avviso che Jade ha in mente qualcosa come dieci modi di farla fuori, in caso dovesse intromettersi tra Sirius e Amanda, ma forse questa volta Sirius saprà comportarsi come si deve!
  • Il bacio finale… beh, vi è piaciuto? Non c’è stato bisogno di prendere sostanze allucinogene, stavolta, facciamo tutti un applauso ad Amanda!
 
Se trovate errori grammaticali, ripetizioni o qualcosa che non vi torna, vi prego di farmelo notare perché di solito rileggo il capitolo dieci volte prima di pubblicarlo, mentre stavolta per la fretta l’ho guardato solo cinque volte, quindi qualcosa potrebbe essermi sfuggito!
Detto ciò, vi avviso che come al solito per il prossimo capitolo potrebbe volerci più del dovuto, anche perché devo ricominciare ad aprire i libri e studiare D’:!
Un abbraccio.
  • Amanda
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Come Le Nocciole ***


Capitolo XX: “Come le nocciole”
 
25 dicembre 1976
 
 
Seaview Terrace, Portaleen
Contea di Donegal
Eire
 
AMANDA
 
 
Erano anni che non sognava il fuoco. Eppure, quella notte era successo, così come le notti precedenti, da quando era tornata a casa per le vacanze di Natale. Provò a scacciare via le immagini di quel ricordo che continuava a tormentarla. Continuava a ripetersi che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe riuscita a controllarsi, che non sarebbe più successo, ma nel sogno continuava a rivivere le fiamme e quel sottile piacere che aveva provato quando, a sei anni, aveva ceduto alla rabbia.
 
***FLASHBACK***
 
Ottobre 1966
 
 
 
Si preparava un temporale. Se c’era una cosa che Amanda aveva imparato a riconoscere vivendo lì, era l’odore dell’acqua nell’aria, mischiata all’elettricità. Il mare aveva iniziato a sputare schiuma, mosso violentemente dal vento. Il rumore dell’acqua che sbatteva contro gli scogli arrivava a coprire quello dei tuoni in lontananza. Amanda si strinse nel maglione azzurro e affondò i piedi nella sabbia, sentiva freddo. Gli altri bambini erano corsi via verso le proprie case, ma Layla e Eoin, immersi com’erano a rincorrersi, non si erano resi conto di come il cielo si fosse improvvisamente scurito.
Non le piaceva quel bambino, e non sapeva come sua sorella potesse giocarci e cercare continuamente la sua compagnia: era più grande di due anni, ma era antipatico, viziato, e prendeva sempre in giro Layla perché paffuta. Tuttavia, lei era troppo piccola per rendersene conto.
“Amanda! Layla!”
La voce della loro madre arrivò fino alla spiaggia. Dal giardino si sbracciava per chiamarle.
“Venite dentro, sta arrivando un temporale,” esclamò. “Vi va della cioccolata calda?”
Eoin ridacchiò e diede una gomitata a Layla. Amanda strinse gli occhi e ricacciò indietro un insulto.
“No,” esclamò sua sorella, incrociando le braccia, stizzita. “Io voglio restare qui!”
“Facciamo un tuffo dagli scogli, Lay?” propose Eoin, con un ghigno poco rassicurante.
“No, il mare è troppo mosso!” intervenne Amanda, alzandosi. Fece per prendere la mano di sua sorella, ma lei sgusciò via e seguì Eoin sugli scogli.
Amanda la rincorse, arrampicandosi maldestramente sulle rocce bagnate. Scivolò parecchie volte, si procurò persino un taglio sotto il piede che le avrebbe lasciato una vistosa cicatrice. Layla ed Eoin arrivarono su uno scoglio a due metri dall’acqua, sua sorella lo guardava con ammirazione.
“Ci tuffiamo?” sentì chiedere a Layla.
Amanda arrivò in prossimità del loro scoglio, la risposta di Eoin le fece gelare il sangue.
“No, solo tu, voglio vedere se galleggi!” esclamò, e con una spinta decisa la fece cadere scompostamente in mare.
Amanda vide sua sorella urtare dolorosamente la superficie dell’acqua e sparire al di sotto di essa.
“LAY!” urlò, ma non la vide ricomparire.
Layla non sentiva, Layla era sott’acqua, Layla non sapeva nuotare.
Amanda chiuse gli occhi e si tuffò, e come al solito accadde qualcosa senza che riuscisse a fermarla. Si trovò in acqua senza aver sentito l’impatto con le onde, aprì gli occhi e cercò di riemergere, ma il mare era troppo mosso.
Iniziò ad avvertire il bisogno di respirare, ma era tutto così confuso, perse l’orientamento, non sapeva più dove fosse il sopra e dove il sotto, voleva solo tornare in superficie, continuò ad agitarsi, presa dal panico. Improvvisamente, avvertì una stretta familiare intorno al maglione, si voltò e in acqua notò la sagoma indefinita e colorata del maglione rosso di Layla. Allargò le braccia e la strinse a sé.
La stretta della manina di sua sorella si allentò, ma Amanda non la lasciò andare; usò le ultime forze che le rimanevano per tenerla ancorata a sé. Qualche secondo dopo, quando ormai avvertiva la coscienza abbandonarla, la magia le salvò la vita, facendole ritrovare improvvisamente sulla spiaggia.
Schiuse le labbra, tossendo e incamerando più aria possibile. Aveva iniziato a piovere, le gocce ticchettavano impetuose sul suo viso e quello di Layla, stesa accanto a lei.
“Lay, Lay, svegliati!” esclamò, scuotendola, ma da parte di sua sorella non arrivò risposta.
“Amanda!” l’urlo di sua madre arrivò forte, era vicina. Alzò la testa e la vide arrivare di corsa, seguita da Eoin, piuttosto bianco in viso.
“Mamma, Layla non risponde,” balbettò, iniziando a piangere. “Sai farla svegliare, vero?”
Il viso di sua madre era una maschera bianca e impaurita, Amanda ricordò di non averla mai vista così.
“Tu ed Eoin allontanatevi,” disse in tono fermo.
“Ma-”
“Amanda, va’ via!” urlò, facendola trasalire. Vide la mamma tirare fuori la sua bacchetta. Sapeva che i babbani come Eoin non potevano vedere le magie, suo padre le aveva raccontato che non dovevano dire a nessuno che erano maghi, era un segreto, così Amanda si convinse ad alzarsi e a prendere Eoin per un braccio, allontanandolo dalla spiaggia.
Arrivarono davanti casa, Amanda sentiva una rabbia cieca e selvaggia per quel bambino che aveva fatto del male a Layla. Lo spinse con tutta la forza che aveva, ma lui riuscì a mantenersi in equilibrio.
“Hai ucciso mia sorella!” strillò, infuriata.
“Non volevo farle del male, non sapevo che non sapesse nuotare,” si giustificò lui, tremante. I suoi occhi scuri erano due pozze nere e spaurite.
Amanda sentì il cuore batterle all’impazzata, ma in compenso il respiro era regolare e profondo, lo sguardo fisso su Eoin. Avvertì un calore improvviso al petto, la voglia di fargli del male prese il sopravvento. Altre volte aveva sentito la rabbia scaldarle la pancia, ma era sempre riuscita a trattenerla, facendo uscire fuori solo poche scintille. Questa volta non l’avrebbe fermato. Eoin avrebbe sentito tanto caldo quanto il freddo che stava provando Layla. Desiderò che provasse tanto dolore quanto quello che stava provando lei in quel momento.
L’ondata di calore raggiunse le braccia e si propagò in tutto il corpo. Amanda ringhiò, arrabbiata e, nonostante la pioggia, i vestiti di Eoin presero fuoco.
 
***FINE FLASHBACK***
 
 
Bevve un ultimo sorso di caffè dalla tazza, e decise che quei ricordi non le avrebbero rovinato uno dei suoi giorni preferiti.
Guardò l'orologio di casa per la diciannovesima volta. Erano le 7:15. Ormai era ora di svegliare tutti e aprire i regali! Insomma, era o no la mattina di Natale? 
Uscì dalla cucina e si diresse scompostamente al piano di sopra, urlando: “SVEGLIA, È NATALE!”
Bussò insistentemente alla porta dei suoi genitori prima, e di sua sorella poi.  Sentì dei lamenti provenire dalla camera dei suoi, mentre un chiaro: “TI ODIO!” la avvisò che sua sorella si era svegliata. 
La porta della camera di Layla si aprì e lei sbucò fuori, spettinata e con l'impronta del cuscino su un lato del viso.
“Amanda!” sbottò arrabbiata. “Sono le sette e un quarto, dannazione!”
“Buon Natale, Lay!” esclamò lei, saltandole al collo per abbracciarla. 
Da quando avevano avuto quella discussione a causa di Regulus, non si abbracciavano più così spesso. Amanda sapeva che niente e nessuno avrebbe mai potuto allontanarla davvero da Layla; tuttavia, sperò che anche sua sorella lo pensasse. Avrebbe tanto voluto spiegarle quanto la facesse stare male aver chiuso ogni rapporto con Regulus, confessarle che le mancava l'amico che era stato fino a qualche mese prima, dirle che, nonostante tutto, dentro di lei una parte ancora sperava di poter tornare indietro. Eppure, non era riuscita a spiegarsi come desiderava, anche solo nominarlo le faceva salire un nodo alla gola difficile da sciogliere senza scoppiare a piangere. Ed era stanca di farlo, così com’era stanca di giustificare la sua posizione con sua sorella, alla quale non interessavano posizioni, non voleva sentir parlare di giusto o sbagliato, di bene o male. Per Layla esistevano solo loro due, e lo stesso valeva per Regulus.
In quell'abbraccio mise tutte quelle parole che probabilmente sua sorella non comprese. Infatti, si scollò da lei con stizza.
“Lo sarebbe stato se non mi avessi svegliato!” le soffiò, infastidita. 
La porta della camera dei suoi genitori si aprì e gli occhi pesti di sonno del loro padre si posarono su entrambe.  
“Mandy, a cinque anni andava bene... ora no,” la rimproverò. 
La mamma spuntò dalla porta e si lasciò andare in un plateale sbadiglio, mentre si legava i capelli.
“Ma è tardi! Amanda, grazie per avermi svegliato, non so cosa mi sia preso stamattina,” farfugliò. Si avvicinò a loro e le abbracciò entrambe.  
“Mi state soffocando! Papà, aiutami,” si lamentò Layla, divincolandosi. 
“Lasciatela stare,” intervenne suo padre, sbuffando. “Sbrighiamoci, piuttosto, adesso sono curioso di aprire i miei regali!” 
Amanda lasciò andare sua sorella e seguì tutta entusiasta il padre giù per le scale. Dopo che anche Layla fu arrivata in salotto con tutta la calma possibile, iniziarono a scartare i pacchetti. La più emozionata fu proprio Amanda, che produceva versi acuti e sconnessi ogni volta che ne apriva uno. 
Ricevette dal padre una coppia di specchi gemelli, attraverso i quali era possibile comunicare con chiunque possedesse l'altra metà. Lo guardò, commossa, e poi gli consegnò una parte dello specchietto.
“Così anche io farò la guardia a te!” gli disse.  
Sua sorella le regalò una piuma d'oca verde con striature argentate, con un calamaio da collezione e una boccetta di inchiostro autocorrettivo. Cercò di abbracciarla ancora, ma Layla preferì farsi rincorrere per tutto il salotto prima di farsi acciuffare.
Il regalo di sua madre, invece, si presentò come un pacchetto lungo e incartato alla bell’e e meglio. Lo scartò, e scoprì che si trattava di un ombrello grigio fumo. 
“È un attrezzo per il campeggio!” le spiegò, entusiasta. “In sostanza è come una doccia: lo apri e fuoriesce un getto d'acqua. No, non aprirlo, tesoro, ti bagnerai!”
Amanda la abbracciò. “Grazie!”  
“Hai bisogno che ti spieghi come funzioni?” chiese invece a sua madre, indicandole il pacco che aveva appena scartato. Si trattava di una macchina fotografica babbana che scattava foto istantanee. 
“Somiglia a quella magica, ma le foto babbane non si muovono,” le spiegò. “Per i babbani è una macchina molto preziosa, perché da questo buco escono direttamente le fotografie. Me l’ha procurata Lily… Ho fatto un incantesimo in modo che si ricarichi automaticamente!”
Sua madre scattò una foto a suo padre e a Layla senza che loro se ne accorgessero, indaffarati com'erano a confrontare i libri appena scartati. Un foglietto di carta scuro uscì dalla macchina; Amanda lo prese, lo sventolò per qualche secondo, dopodiché mostrò alla madre il risultato. 
“Ma è meravigliosa,” esclamò, abbracciandola. “Ragazzi, guardate. Ho un nuovo hobby: la fotografia!” 
Suo padre la guardò, mimando ad Amanda un 'grazie' che la fece sorridere; probabilmente questo avrebbe decretato la fine dei terribili maglioni di lana di sua madre. 
Stettero in salotto ancora un po' di tempo. Passate le otto, fecero colazione tutti insieme con uova strapazzate, porridge, latte cremoso e bacon. 
“Ti serve una mano a preparare il pranzo, mamma?” chiese Amanda, mentre sorseggiava il tè.  
“Credo di sì, avremo ospiti! Giusto, Joe?” rispose, sorridendo soddisfatta. 
“Già,” intervenne; guardò sia lei che sua sorella e continuò. “Ho invitato l'Auror che era di turno oggi qui a casa con la sua famiglia. Vostra madre ha insistito, perché è ignobile che passi il Natale lontano dai suoi cari, e con le dovute precauzioni abbiamo concluso che non sarebbe stato poi così rischioso.” 
“Che bella idea, papà,” esclamò Layla, sorridendo. “Di chi si tratta?” 
“È Charlus Potter!” rispose Mary Anne.
Amanda spalancò gli occhi, inorridita. Il bacon nel suo stomaco fece una spiacevole giravolta. Si voltò verso Layla, seduta accanto a lei, la guardava gongolando e a malapena tratteneva una risata. 
I pensieri corsero veloci: Jade le aveva detto che avrebbero passato il Natale in famiglia, quindi se c’erano i Potter, c’erano anche James e Jaded, e se c’erano loro due voleva dire che…
“Verrà assieme alla moglie, i due figli, e anche un loro compagno di scuola, amico di James, che stanno ospitando nell'ultimo periodo,” confermò suo padre, e Amanda notò che aveva stretto gli occhi, citando ‘l’amico di James’.
“Joe,” lo riprese Mary Anne “smettila di fare quell’espressione quando parli di Sirius!”
“Lo conosci, mamma?” domandò Layla, sorpresa. Amanda, in tutto questo discorso, si fece sempre più piccola nel suo posto, e nella sua testa prese vita l’idea di abbandonare quella conversazione e defilarsi senza essere notata.
Il papà, di fronte a lei, annuì a sua sorella e rispose al posto di sua madre.
Amanda stette ad ascoltare tenendo sempre gli occhi puntati nel suo piatto. Raccontò che avevano frequentato Hogwarts nello stesso periodo, e si sentì mancare un battito quando disse che aveva una cotta per la loro madre.
“Ma a quanto pare il figlio dovrebbe rivelarsi diverso, Charlus mi ha detto che ha rinnegato del tutto la famiglia ed è scappato da quella gabbia di matti. Avendo conosciuto suo padre, il ragazzo ha tutta la mia approvazione,” borbottò infine. 
Amanda impallidì, e cercò di non far trasparire il suo disagio. 
“Lo sai che qualche settimana fa Orion Black è passato da Hogwarts? Amanda mi ha detto che lo ha incontrato!” esclamò Layla, addentando una fetta di bacon.
“Che cosa significa?” chiese Joe, con gli occhi stretti a fessura. Sua madre, invece, inarcò le sopracciglia, sorpresa.
“Davvero? Gli hai detto chi eri?”
“Non ce n’è stato bisogno, a quanto pare ci somigliamo molto, mamma,” mugugnò Amanda, con lo sguardo basso. “Almeno quanto lui somiglia a Sirius.”
“Perfetto,” commentò suo padre, contrariato. “Per caso ha chiesto anche a te di scappare assieme a lui?”
Amanda aggrottò la fronte, confusa, e guardò Layla, anche lei pareva non aver capito. Sua mamma, invece, scoppiò a ridere.
“Non essere ridicolo, Joe!”
“Di che parli?” chiese subito Layla, curiosa.
Suo padre provò ad intervenire, piuttosto infervorato, ma la mamma lo anticipò, rivelando che lei e Orion Black avevano avuto qualcosa più di un’amicizia, finita male per dei motivi che ad Amanda ricordarono la relazione tra Layla e Regulus. Si voltò verso sua sorella, a quanto pare anche lei aveva la stessa sensazione, vide le sue labbra stringersi, probabilmente si stava pentendo di averlo chiesto. Sua mamma continuò a raccontare di come, nonostante lei e suo padre si fossero avvicinati, Orion avesse continuato a cercare la sua attenzione finché si trovavano a scuola. Dopo anni e anni in cui non si erano rivisti, era addirittura arrivato, un mese prima del matrimonio tra lei e suo padre, a proporle di fuggire insieme. Amanda fissò sua madre, completamente ammutolita.
Cosa?” fece Layla, sbigottita. Amanda non volle voltarsi verso sua sorella per evitare di tradire qualsiasi emozione, ma era sicura che anche lei stesse pensando la stessa cosa: Regulus somigliava a suo padre più di quanto fosse disposta ad ammettere.
Amanda ricordò il modo in cui Orion l’aveva guardata quando si erano incontrati, l’aveva sorpresa il fatto che si fosse rivolto a lei con la sicurezza di sapere chi fosse. Le era parso un uomo molto infelice.
“Ecco, sì… io non sapevo che lui provasse ancora quelle cose per me, mi ha un po’ sconvolta, a dire il vero, e da allora non l’ho più visto,” raccontò.
“Ma mamma… se tu eri incinta di Amanda, allora sua moglie stava per avere Sirius,” ragionò Layla. “Era disposto ad abbandonare sia lei che suo figlio per te? È una cosa terribile e romantica allo stesso tempo!” commentò con un mezzo sorriso.
“Romantica?” sbottò suo padre. “Stai scherzando, spero! Sono tuo padre, ricordi? Non è una cosa carina da dire in mia presenza, Lay. Non è una cosa carina da dire e basta, non affrontiamo più il discorso, per favore!” concluse, offeso soprattutto perché la mamma era scoppiata a ridere.
“Vostro padre dimentica sempre la parte in cui ho rifiutato Orion e sposato lui,” commentò Mary Anne.
“E invece lo ricordo benissimo, altrimenti non mi avresti mai convinto a far entrare un Black in casa mia!” rispose, burbero. “Charlus, comunque, me ne parla bene, sono abbastanza fiducioso.”
Amanda rimase in silenzio, pensando al miglior modo di alzarsi e lasciare la stanza senza farsi notare; quella conversazione stava prendendo una piega troppo pericolosa.
“Sarà meglio che tu lo sia, papà, si dà il caso che sia il quasi ragazzo di Amanda!” esclamò all’improvviso Layla, sorridendo sorniona.
Ci furono pochi secondi di silenzio innaturale. Amanda si immobilizzò, sentì gli occhi di tutta la sua famiglia addosso. 
“Lui COSA?” sbottò Joe. L’espressione furiosa del padre la perforò. 
“Stai scherzando, spero!”
“Sirius Black? Il figlio di Orion è il tuo ragazzo?” chiese sua madre, sbigottita. Poi rise, divertita. “Ora sì che non vedo l’ora che sia qui! Com’è?” 
“La copia esatta di Orion, a sentire Charlus, dannazione,” s’intromise suo padre, alterato. “E tu smettila di ridere, Mary Anne!” 
“Lay!” sbottò Amanda, rossa in viso. “Non è assolutamente vero! Papà, non crederle!”
“E come mai sei così imbarazzata?” l'accusò. 
Sua madre sbuffò. “Insomma, Joe, ma se anche fosse quale sarebbe il problema? Era anche ora che Amanda si desse da fare con i ragazzi! È carino con te?” 
“Beh, ma… mamma! Non è il mio fidanzato!” insistette, imbarazzata. Sentì le orecchie andarle a fuoco.
“È molto carino con lei! Non l’ho mai visto comportarsi così con nessuna, prima d’ora! Anche a lei piace, ma non si vuole decidere,” spiegò risoluta Layla. 
“Basta, Lay, smettila!” soffiò Amanda, arrabbiata, dandole una gomitata. 
“No, Lay, continua pure,” esclamò suo padre. “Siccome Amanda sembra in preda ad una Fattura Languelingua, facci sapere come stanno le cose!”
Layla strinse le labbra e la guardò, incerta; probabilmente non pensava che suo padre avrebbe reagito così. Amanda lesse nel suo sguardo il senso di colpa, ed era sicura che la stesse implorando di non ripagarla con la stessa moneta, raccontandogli di Regulus.
Amanda si schiarì la voce.
“Non ho nessuna fattura alla lingua,” borbottò. “Ecco… lui mi piace.”
Il padre fece un lungo sospiro e si scambiò un’occhiata con sua madre, che in tutta risposta lo fissava sorridente.
“Sarà meglio rimandare la discussione, ho bisogno di fare due passi,” borbottò, alzandosi dal tavolo. La mamma gli scattò una foto a tradimento, e il flash della Polaroid lo stranì.
“Sorridi per il quasi fidanzato di tua figlia!” trillò. 
“Non vedevi l’ora, vero?” domandò il papà, contrariato, scacciando la macchinetta con un gesto seccato.
“Già,” rise lei, guardandolo uscire dalla stanza fumante di rabbia.
Amanda si voltò verso la sorella, che rideva divertita alla scena.
“Sarai contenta, ora!” sbottò.
“Non penserai che faccia così perché si tratta di Sirius? Beh, ammetto che il fatto che sia proprio lui non aiuti, ma tuo padre avrebbe avuto la stessa reazione con qualsiasi altro ragazzo,” la rassicurò la mamma con un sorriso. “Ora va’ a farti bella,” le ordinò, cacciandola dalla cucina “hai un quasi ragazzo da conquistare! Dai, prima che tuo padre se ne accorga!”
Amanda annuì, un po’ frastornata dalla situazione.
“Ti darò una mano io, Mandy!” esclamò Layla, entusiasta, ma la mamma la trattenne per un braccio.
“Lay, aspetta, hai un minuto? Ho bisogno di parlarti.”
Amanda si scambiò un’occhiata confusa con la sorella, a quanto pare più perplessa di lei.
“Io… sì, certo,” rispose.
Amanda restò qualche momento sulla porta, poi superò la soglia in direzione delle scale e si nascose dietro la parete per origliare.
“Come stai, Lay?” chiese la mamma, con il suo solito tono dolce.
“Bene, perché?” domandò Layla, curiosa.
“Beh, devo dirti una cosa e non voglio che tu te la prenda,” spiegò.
“Allora non fare giri di parole, dimmelo e basta,” rispose lei, improvvisamente sulla difensiva.
“Okay. Negli ultimi mesi sei stata parecchio distante, non ti sentivamo se non tramite le lettere di Amanda ed ero preoccupata, quindi ho rovistato tra le tue cose e le ho trovate. Ho trovato le lettere tra te e Regulus Black.”
Amanda trattenne il fiato, e immaginò lo stesse facendo anche Layla. Fece un passo verso la porta e portò avanti il busto per sentire meglio.
“Perché hai guardato tra le mie cose? Come ti sei permessa?!” sbottò sua sorella, arrabbiata. Lo riconobbe, quello era il tono con cui tentava di difendersi.
“Ti ho spiegato perché l’ho fatto, e posso farlo perché sono tua madre!” esclamò risoluta. “Non ti voglio giudicare, Lay, non sentirti attaccata, voglio solo sapere come va,” aggiunse.
“Va bene, non devi sapere altro.”
“È il fratello di Sirius?”
“Sì, ha un anno in meno,” borbottò Layla.
La mamma sospirò.
“Ma è ancora in quella casa,” notò subito sua madre. “Tuo padre non lo verrà a sapere, non preoccuparti,” si affrettò ad aggiungere.
“E allora perché me ne stai parlando?” domandò Layla, confusa. “Volevi farmi sapere che lo sai? Pensi che Regulus sia come suo padre? Perché diamine dovete tutti mettermi in guardia? Quello che c’è tra noi riguarda me e lui!” sbottò.
La mamma non rispose subito; si schiarì la voce come quando pensava ad una verità scomoda da rivelare.
“Guardami, Lay,” mormorò dolcemente. “Ho due mani, due gambe, due occhi. Avrei la possibilità di fare tutto quello che voglio, senza l'aiuto di nessuno, se volessi. Quando ho conosciuto tuo padre e ho capito di esserne innamorata non ho pensato che fosse la mia metà, ma che fosse il mio doppio.”
“Che significa?”
“Lui non è il braccio, la gamba o la mano che mi manca, perché a me non manca niente. Tuo padre è l'altro paio di braccia, o gambe o mani che si aggiunge a me e viceversa, e fare le cose insieme diventa più stimolante. Quando lui non c'è sento la sua mancanza, ma non sono incompleta. È un po’ come quella cosa che vi dite tu e Amanda... Una di voi dice 'tu ed io', l'altra risponde 'noi', ma quel noi vuol dire 'due persone molto legate', non una cosa sola. E io aggiungerei per fortuna, una cosa sola è per definizione ‘sola’, non trovi?”
Layla fece una lunga pausa prima di aprire bocca.
“Cosa stai cercando di dirmi, mamma?” chiese, con la voce spezzata.
“Che ultimamente non sei più tu, e ho notato che sei più fredda con tua sorella. Non so cos’è successo, probabilmente c’entra con la smania continua che ha di proteggerti e non voglio intromettermi. Vorrei solo farti presente che amare qualcuno non vuol dire annullare se stessi… è facile cadere in questo errore alla tua età, so come ti senti,” disse. “Se Regulus somiglia anche solo un po’ ad Orion, so per certo che userà la propria famiglia per non fare i conti con se stesso. Non dimenticare chi sei, Lay. Solo questo.”
Diretta, chiara, semplice, come solo la loro madre riusciva ad essere.
Non rimase ad ascoltare altro, e non seppe nemmeno se ci fu risposta da parte di sua sorella. Amanda salì silenziosamente le scale e si chiuse in camera. Anche ad un piano di distanza, poteva sentire la sofferenza di Layla stringerle il cuore.
 
 
“Ti dico che questo ti sta meglio,” s’impuntò Layla, porgendole un vestito blu chiaro di un velluto damascato. “Ti mette in risalto gli occhi!” 
Dopo la discussione con la mamma, sua sorella era salita al piano di sopra e aveva bussato alla sua porta. Aveva gli occhi rossi, aveva pianto ma non voleva darlo a vedere, così Amanda aveva fatto finta di non notarlo. Aveva iniziato a rovistare nel suo armadio, offrendosi di aiutarla a scegliere il vestito da indossare.
Sospirò, prendendo tra le mani il vestito ed esaminandolo. Le maniche erano corte, lo scollo ampio e rotondo. Dalla vita in giù scendeva a campana in semplici pieghe morbide, quindi non le sarebbe stato scomodo nei movimenti. L'orlo del vestito era giusto qualche centimetro al di sopra del ginocchio. 
“E tu cosa indosserai?” le chiese.
“Ne ho uno beige, ma ora pensiamo a te!” 
“Lay, davvero, non ce n'è bisogno!”
“Smettila, ti fa bene renderti presentabile!” la rimproverò, passandole un cardigan corto della stessa tonalità dorata della fantasia damascata. “Tieni, questo è coordinato col vestito!”
“Va bene, ho capito. Dai, va’ a vestirti anche tu, io farò da sola!” le disse, spingendola verso l'uscita della sua camera. 
Appena rimasta sola si guardò intorno, smarrita. Adorava i suoi vestiti, e adorava indossarli il giorno di Natale. Eppure, quella mattina, ogni cosa che aveva provato pareva renderla goffa e strana. La colazione protestava nel suo stomaco da quando aveva avuto notizia che i Potter sarebbero venuti a pranzo insieme a Sirius. 
Sarebbe stato imbarazzante vederlo, considerando come si erano salutati ad Hogwarts. 
Lei lo aveva baciato. E poi era scappata, senza prima risparmiarsi quell’uscita pessima.
Non baciare le altre.’
Perché lo aveva detto? Sicuramente si sarà fatto una grassa risata, come al solito aveva fatto la figura della bambina. Non sapeva cosa le fosse preso in quel momento. Cioè, sì, lo sapeva. Lo aveva baciato perché era gelosa. Di Susan, in particolare, che continuava a fare gli occhi dolci a Sirius e lui nemmeno se ne rendeva conto. O peggio, se ne rendeva conto e le permetteva di continuare.   
Sbuffò, si infilò di malavoglia i collant, il vestito e infine optò per delle scarpe stringate della stessa tonalità blu del vestito. Indossò anche il golfino e diede un'occhiata al risultato. Non si piaceva granché, ma il problema potevano essere anche i capelli, che quella mattina avevano deciso di essere più indisciplinati del solito. Se li legò in una coda frettolosa e uscì dalla camera. 
Ma non sfuggì al controllo di sua sorella.
“Che hai combinato ai capelli? Vieni qui,” la chiamò subito Layla, già pronta e perfetta.
‘Ma come fa?’ si domandò Amanda, alzando gli occhi al cielo.
“Ti farò una treccia da un lato, così staranno più in ordine,” continuò, facendola entrare in camera sua, sempre impeccabilmente in ordine. 
Si sedette sul gonfio piumone blu del letto a baldacchino. Sentì subito il pettine tirarle i capelli, e si morsicò la lingua per non lamentarsi. 
“Sono cresciuti parecchio, nell'ultimo periodo,” constatò Layla, iniziando a intrecciarli. Amanda mugugnò, facendo cadere la conversazione. Sua sorella lavorò qualche minuto in silenzio, dopodiché le passò lo specchio.
“Tieni! Ti piace? Vado a prenderti delle perle bianche, staranno benissimo!” esclamò, entusiasta. 
Amanda occhieggiò prima sua sorella, un po’ stupita per tutto quell’entusiasmo, e poi si guardò, comprendendola. Layla aveva fatto un lavoro egregio, una lunga treccia scura a lisca di pesce era poggiata sulla spalla sinistra. La frangia era pettinata nella stessa direzione della treccia, e dal lato destro della testa una corta ciocca mossa era volontariamente sfuggita, e creava un bell'effetto.
Indossò le perle, semplici e bianche, dopodiché scese al piano di sotto, notando che mancava ormai poco a mezzogiorno. 
“Wow, ragazze, complimenti,” esclamò Mary Anne, dedicando loro una lunga occhiata, mentre era impegnata ad imbandire con la magia il tavolo in salotto. Per l’occasione, la mamma aveva indossato una veste di velluto color prugna con uno scollo quadrato non troppo profondo. Al collo, aveva una sottile laccetto con un amuleto ambrato che riprendeva i bordi color oro del vestito.
“Papà dov’è?” chiese Amanda, guardandosi intorno.
“Non saprei, è tutta la mattina che mi scappa!” esclamò sua madre. “Credo che abbia paura che gli sbatta davanti la foto di prima!”
“Vado a cercarlo,” sospirò Amanda, e indossò il mantello di velluto scuro col cappuccio. Uscì fuori, e uno sferzante vento gelido le sorprese il viso, gli occhi le lacrimarono. 
Si voltò in direzione della spiaggia. Quella mattina, il mare era una grigia coperta sotto cui innumerevoli gambe si divertivano a scalciare.
Immaginò di trovare suo padre che ammirava quello spettacolo. In ciò si somigliavano tanto: il mare d'inverno aveva sempre avuto un effetto calmante per entrambi. 
Infatti lo vide, già vestito di tutto punto con abiti da mago, seduto su uno scoglio, gli occhi blu come i suoi puntati verso l'orizzonte agitato. 
“Papà,” mormorò, una volta che lo ebbe raggiunto. Lui si voltò nella sua direzione.
“Oh, Mandy, non era necessario che venissi fin qui... ti sporcherai di sabbia,” borbottò. 
“Perché sei qui?” gli chiese sedendoglisi accanto. “Sei arrabbiato con me?” 
“Cosa? No, direi più con me stesso,” rispose, tornando a guardare l’orizzonte. “Puoi perdonarmi per la scenata in cucina?” 
Amanda sorrise.
“Quale scenata?” chiese, fingendo di aver dimenticato. 
Calò il silenzio, entrambi furono rapiti dal movimento ripetitivo delle onde.
“Lui com’è?” domandò improvvisamente suo padre. 
“Parli di Sirius?” fece lei, sorpresa. 
“Sì… insomma, ha del fegato, se è scappato di casa,” constatò. “Lo riconosco, uscire da una famiglia come la sua non è semplice.” 
Amanda annuì.
“Oh, sì,” esclamò. “Ha talento, è intelligente, ma un po’ impulsivo –” 
“Intendo con te, Amanda. Come si comporta con te?” 
Guardò verso il mare.  
“È paziente,” ammise. “Armandus… il barattolo con la neve che ho sul comodino-”
“Te l’ha dato lui?” chiese, sorpreso.
Annuì.
“Quando ho avuto la febbre e non potevo uscire, mi ha portato la neve,” rispose, arrossendo.
Suo padre sorrise.  
“È un bel pensiero. E da come ne parli ti piace davvero,” osservò.
Amanda pensò ad un’espressione o una parola che potesse far comprendere istantaneamente al padre quello che provava.
“Come le nocciole,” borbottò. “Mi piace come le nocciole, papà. Prima le evitavo, ora-”
“Sei stata chiarissima, tesoro,” la interruppe suo padre, distogliendo lo sguardo.
Amanda s’imbronciò, non si aspettava che reagisse così.
“Pensi che non sia il ragazzo adatto a me?” mormorò, stringendosi nel mantello.
Suo padre stentò una risata amara.
“No, Amanda, al contrario,” rispose. “È proprio questo il problema.”
“Io penso che ti piacerà… mi guarda come tu guardi la mamma,” spiegò Amanda.  
“Anche tua madre dice che la guardo in modo particolare, io non ci ho mai fatto caso,” asserì, divertito. “Voi due fate questo effetto...” 
Restarono in silenzio qualche istante, tornando a incantarsi in direzione delle onde del mare. Amanda prese coraggio e parlò.
“Come va al Ministero? Ti vedo preoccupato...” 
Suo padre sorrise mestamente.
C'è del marcio in Danimarca.” 
“Se citi Shakespeare è più grave del previsto!” esclamò Amanda. 
“Già,” borbottò. “Abbiamo degli infiltrati tra i membri del Wizengamot stesso... McKaine è stato sospeso perché si è scoperto essere sotto Imperius. Ufficialmente è a casa per una rara malattia esotica.” 
Amanda si portò una mano alle labbra.
“Il signor McKaine?” 
Suo padre annuì. 
“Crouch fa un ottimo lavoro, ma crea problemi perché usa metodi che non tutti condividiamo, e nel gruppo si sono create delle fratture perché c'è chi lo appoggia e chi no.” 
“Scommetto che tu non sei d'accordo,” commentò Amanda, stringendo le labbra.
“Combattere la violenza con altra violenza? Sai meglio di me che non è il modo corretto di affrontare questo genere di crisi. In che modo distinguerai allora la parte giusta da quella sbagliata?” rispose con un’alzata di spalle. “Ricorda sempre, Amanda, non è vero che il fine giustifica i mezzi.”
“Lo so, papà. Sono con te, sempre e comunque. Lo sai, vero?” 
Il padre le accarezzò la nuca in un gesto affettuoso.
“Lo so, tesoro, sei il mio orgoglio. Ma so dove vuoi arrivare, non entrerai nell’Ordine. Non dovresti nemmeno essere a conoscenza della sua esistenza.”
Amanda sospirò, suo padre la conosceva fin troppo bene. Da quando aveva scoperto che lui e sua madre collaboravano in segreto con Silente e altri maghi per impedire a Voldemort di prendere potere li aveva ammirati ancora di più, e aveva insistito tanto affinché le permettessero di aiutare.
“Ma ho quasi diciassette anni,” tentò.
“No, non mi interessa, non entrerai nell’Ordine finché mi sarà possibile impedirtelo. È troppo pericoloso!” la interruppe immediatamente, alzandosi. “Quando uscirai da Hogwarts ne riparleremo, ma fino ad allora non affronteremo più questo discorso, non voglio pensare alla mia bambina che rischia la vita. Un trauma alla volta, per favore!” 
Amanda scrollò le spalle.
“Va bene,” sospirò. Si voltò in direzione della casa.
“Sarà meglio tornare dentro, tra poco gli ospiti saranno qui,” disse suo padre, aiutandola a scendere dallo scoglio su cui si era arrampicata. 
 
*
 
Entrarono in salotto e videro un uomo snello, molto simile a James e dallo sguardo vispo uscire dal camino con agilità.
“Buongiorno e buon Natale, Charlus!” esclamò suo padre, andandogli incontro per stringergli la mano. 
“Buon Natale anche a te, Joe!” rispose sorridendo l'uomo. “Vi chiedo scusa per l'eventuale ritardo, ma mia figlia ci ha rallentato!”
Dal camino arrivò una risposta acida.
“Papà, non cominciare,” borbottò una voce molto simile a quella di Jaded. “Sono sveglia solo da dieci minuti! Ringrazia che non abbia ancora il pigiama, piuttosto!” 
Jaded apparve, scrollandosi di dosso i residui di cenere e tossendo.
“Buongiorno” salutò, correndo ad abbracciare Amanda. Con la coda dell’occhio, vide una donna piccola e dai capelli castani, Dorea Potter, sbucare subito dopo, seguita da James e Sirius.  
Amanda si presentò ai Potter (“Allora sono tue le lettere kilometriche che arrivano a Jaded da qualche estate a questa parte?” le aveva chiesto Dorea, sorridendo), dopodiché incontrò finalmente lo sguardo di Sirius. Aveva un mezzo sorriso stampato sul volto, ma Amanda riuscì comunque a percepire un certo disagio da parte sua. O forse lo stava provando lei, che sentiva gli occhi dei suoi genitori addosso. Si sentì confusa.
“Ciao,” gli mormorò.  
Lui la fissò per momenti che le parvero un'eternità, dopodiché il mezzo sorriso divenne intero, il più bello che Amanda ricordasse.
“Ciao, Amanda,” la salutò. Non ci fu alcun contatto tra loro, tuttavia. Sirius si guardò intorno, incrociando immediatamente lo sguardo di disappunto di suo padre. Gli si avvicinò con passo sicuro e si presentò.
“La ringrazio dell'invito, signor Froude. Sono Sirius, è un piacere conoscerla,” disse educatamente, stringendogli la mano. 
Suo padre sembrò in difficoltà per un momento.
“Dannazione, due gocce d’acqua,” borbottò.
“Come?” chiese Sirius, confuso. Suo padre riservò un’occhiata stranita prima a lui, poi a sua madre (Amanda la vide chiaramente portarsi una mano davanti alla bocca per impedirsi di scoppiare a ridere), dopodiché si riprese e gli sorrise, affabile. 
“Il piacere è tutto mio,” disse. “Sei il benvenuto.”
Spostò lo sguardo verso sua madre e continuò.
“Questa è mia moglie Mary Anne,” affermò. Sua madre fece un largo sorriso e gli porse una mano, mentre con quella libera gli scattò una foto a tradimento con la Polaroid.  
Sirius rimase stranito per un istante dal flash, dopodiché inarcò le sopracciglia.
“Mi... mi ha fatto una foto, signora Froude?” domandò, perplesso.
Mary Anne annuì, entusiasta.
“Sì, sto usando la nuova macchina fotografica che mi ha regalato Amanda!”
Tirò fuori la foto, la sventolò e gliela fece vedere. 
Sirius la prese e fece un sorriso che lasciò a bocca aperta persino sua madre.
“La ringrazio!” esclamò, contento. “Da quando sono scappato mia madre ha pensato bene di bruciare qualsiasi cosa mi riguardasse o ritraesse; a Grimmauld Place c'è stato un nuovo Bonfire Night, si sentiva l'odore di fumo fino ad Hogwarts,” ammise con un’alzata di spalle. 
Ci fu una risata generale, sua madre si voltò verso di lei e tirò un pollice in su in segno di approvazione. Amanda arrossì furiosamente perché Sirius aveva assistito all’intera scena. Cercò il suo sguardo per trovare appoggiò, ma lui non la stava guardando.
Perché?
Si sentì ridicola a farsi quella domanda, e ancora di più a pensare che lui dovesse in qualche modo guardarla.
Lei lo aveva baciato e poi era scappata. Era molto probabile che lui si fosse stancato di rincorrerla, che avesse pensato che fosse infantile, inesperta e che non ne valesse la pena, dal momento che poteva davvero avere chiunque volesse. 
Questa presa di coscienza la destabilizzò, cambiando radicalmente il suo umore.  
Si rese conto che suo padre la stava chiamando.  
“Come?” fece, confusa. 
“Dicevo,” ripeté “tu e Layla volete mostrare ai vostri amici la spiaggia? Abbiamo ancora qualche minuto prima che sia pronto.”
“Sì, certo!” annuì Layla, facendosi avanti al posto suo. Sua sorella prese in mano la situazione, salvandola dall’imbarazzo.
“Ci penso io, andiamo!” esclamò, dirigendosi verso la porta d’ingresso, seguita da James e Jaded. Amanda si unì a loro con lo sguardo basso, a disagio. Sirius probabilmente era dietro di lei, sperò di essere invisibile e di passare inosservata. Appena svoltato in direzione della spiaggia, Layla, Jaded e James aumentarono il passo, lasciandola indietro e parlando fitti tra loro, escludendola. Prima che Amanda potesse dire qualsiasi cosa, si sentì trattenere per un braccio. Si voltò, e non fece in tempo a riordinare i pensieri che venne a contatto con le familiari labbra di Sirius. Le afferrò il viso con entrambe le mani, Amanda avvertì tutta l’urgenza di quel contatto da parte del compagno, perché lui annullò totalmente la distanza tra i loro corpi. Rispose al bacio con lo stesso bisogno; per quanto avesse provato a non pensarci, in quei giorni non aveva fatto altro che tornarci con la mente, ripercorrendo le sensazioni che aveva provato. Fu un bacio lungo, a tratti affamato, a tratti delicato. Amanda dovette tirarsi indietro per incamerare ossigeno, lui le circondò la schiena con le braccia, tenendola stretta.
“Smetti di scappare,” le mormorò.
“Non… non scappo,” balbettò, arrossendo.
“E non chiedermi di non baciare le altre, mi pareva scontato che non l’avrei fatto!” esclamò.
“Beh… ero imbarazzata, non sapevo cosa dire,” si giustificò, rigirandosi una ciocca tra le dita.
Sirius rise, divertito.
“Mi ero ripromesso che non ti avrei baciato senza il tuo permesso, ma non ho resistito,” disse, poi. “È colpa tua, comunque, non dovresti essere così bella.”
Amanda si morsicò il labbro, trattenendo una risata. Si voltò verso la spiaggia, dove James, Jaded e Layla davano loro le spalle, seduti sulla sabbia.
“Vieni, ti porto sulla spiaggia,” disse, prendendolo per mano.
Sirius si lasciò condurre, Amanda lo vide guardarsi intorno, incuriosito.
“E così… questa sarebbe l'Irlanda?”
“Una piccola parte.” 
Ci fu un attimo di silenzio.
“Avevi ragione,” sorrise Sirius.
“Su cosa?” 
“Sull’Irlanda. O almeno, su questa parte. Meravigliosa e selvaggia,” recitò. Amanda si stupì che si ricordasse le parole che aveva usato la sera della punizione in biblioteca. “Mi ricorda un po' te, in effetti,” continuò, camminando sulla sabbia. 
Amanda si sentì avvampare, la bocca le si seccò. Stette in silenzio, non sapeva cosa rispondere.
Arrivarono a pochi metri dai compagni, che ancora non si erano accorti del loro arrivo.
“Sai,” riprese Sirius “devo ancora capire come, l’altro giorno, tu sia riuscita a correre così velocemente con i piccoli piedi che ti ritrovi.”
Amanda gli diede una gomitata.
“Smettila con questa storia,” rise.
“Non credo che ci riuscirò, mi piace parlare dei tuoi piedi piccoli,” rispose Sirius.
Amanda notò James girato nella loro direzione, li aveva sentiti arrivare e li stava osservando.
“Posso confermare, non parla d’altro da giorni,” intervenne. “Anzi, mi correggo, quando non parlava dei tuoi piedi, raccontava del vostro bacio. Non mi capacito di come tu sia riuscito a rimbecillirlo così!”
“James!” esclamò Sirius, sbuffando.
“Vi eravate baciati già prima di oggi?” domandò Layla, incredula. “Perché non me l’hai detto?”
Amanda si pietrificò. Non aveva considerato che il bacio di prima fosse avvenuto a pochi passi da loro. La porta di casa era chiusa e dubitava che i loro genitori potessero essersi affacciati alle finestre, ma persino loro sarebbero potuti essere potenziali spettatori.
“E me lo chiedi anche?” rispose in tono sarcastico. “Ho fatto bene a tenerlo per me, avresti potuto spifferare anche questo, altrimenti!”
“Che vuoi dire?” s’informò Jaded, curiosa.
Amanda si sedette sulla sabbia accanto a James, e Sirius le si affiancò.
“Beh, ho detto ai nostri genitori che tra loro due c’era qualcosa, ed è vero! Non mi aspettavo che reagisse così!” si giustificò Layla con un’alzata di spalle.
“Questa è una delle poche volte in cui qualcuno si lascia scappare delle cose… e non siamo noi, Jamie! Che bella sensazione,” sospirò Jaded, schiacciando un cinque al fratello.
“E comunque,” continuò Layla “contando quello di stamattina, siamo al vostro terzo bacio. Avreste bisogno di fare un discorsetto, a mio parere.”
“Quarto,” precisò Sirius.
“No,” scosse il capo Amanda, convinta. “È il terzo.”
“Ne stai dimenticando uno,” sorrise lui.
“No, sono tre, contando anche quello a tradimento in biblioteca,” insistette lei.
Amanda vide il sorriso di Sirius allargarsi. Si alzò in piedi, si pulì i pantaloni dalla sabbia e le porse la mano. Lei lanciò un’occhiata perplessa agli altri, ma erano confusi almeno quanto lei. Si aggrappò alla sua mano, si alzò, e si allontanarono dagli amici di qualche passo, avvicinandosi all’acqua e agli scogli.
Sembrava indeciso se rivelare o meno qualcosa.
“Cosa c’è?” chiese Amanda, curiosa.
“Quando sei stata in Infermeria, qualche settimana fa, mi hai baciato mentre eri sotto l’effetto della pozione per la febbre,” confessò. Le sue labbra divennero una linea sottile, mentre tentava di trattenere una risata.
Amanda schiuse le labbra, sconvolta.
“C-che cosa? No, non è vero, lo ricorderei!” esclamò, incredula.
“Hai fatto parecchie cose strane sotto l’effetto della pozione. Tra queste, quella più normale è stata proprio baciarmi,” le raccontò, soddisfatto. “Mi hai anche confessato che ti piacevo molto.”
Amanda si portò una mano alla bocca, desiderando sparire in quello stesso istante. Jaded le aveva raccontato di discorsi senza senso che aveva fatto, strane danze della felicità e penose imitazioni. Si era vergognata tantissimo, e sperava fosse accaduto solo in presenza dell’amica. A quanto pare, tuttavia, non era così.
“I-io non ero in me,” borbottò a mo’ di giustificazione.
“Lo so, infatti mi sono tirato indietro e tu ti sei arrabbiata,” spiegò.
“Perché?”
“Perché hai pensato che non ti ricambiassi, mentre…” rispose, ma si interruppe, indeciso se continuare. “Insomma, sapevo che sarebbe stato il tuo primo bacio, e volevo che lo ricordassi.”
Amanda lo guardò, senza rendersene conto aveva smesso di respirare. Di slancio, gli mise le braccia intorno al collo e lo baciò ancora una volta. Lui le circondò la schiena e approfondì il contatto tra le loro labbra. Qualche metro più lontano, sentì distintamente James emettere un ululato di approvazione.
“È una cosa carina,” gli sussurrò sulle labbra.
“Io faccio sempre cose carine!” esclamò Sirius, accarezzandole la schiena. “Sei tu che pensi male di me. Non devi dare sempre retta a Jade, lei è un po’ prevenuta nei miei confronti!”
Amanda rise.
“Per farmi perdonare ti porterò sul mio scoglio preferito,” gli propose.
“Ha un nome?”
“Cosa?” domandò, perplessa. “Perché dovrei dare un nome ad uno scoglio?”
“Non saprei, dai un nome a qualsiasi cosa!” esclamò.
“Beh, ecco…” borbottò. “E va bene, si chiama Marlin! Ma ha un nome solo perché è il mio preferito. Do un nome alle cose che rappresentano qualcosa per me, non a qualunque cosa,” spiegò, saltando da una roccia all’altra.
“Come Armandus,” notò subito Sirius, raggiungendola.
Amanda si schiarì la voce, ma rimase in silenzio, imbarazzata.
“Sei sicura che sia una buona idea salire lì sopra considerando il tuo equilibrio?” continuò lui, preoccupato.  
Amanda gli rispose con una linguaccia, e si sedette sul suo scoglio. Si strinse nel posto per lasciare spazio a Sirius, che l’aveva raggiunta.  
“Una volta ti ho sognato, ed era proprio così... eri qui sugli scogli accanto a me,” gli raccontò, guardando il mare.
“Davvero?” 
Amanda annuì.
“È successo la sera della punizione in biblioteca, quando mi hai trovata addormentata,” raccontò, e trovò finalmente il coraggio di guardarlo. 
Lui le sorrise.
“E cosa ti dicevo?” 
“Che era il posto più bello che avessi mai visto, e mi guardavi così.”
Sirius le sfiorò la mano.
“Penso che questo sia davvero il posto più bello che abbia mai visto,” rispose, e si voltò anche lui verso le onde. “Ma è bella anche la compagnia. Cosa te ne fai del posto più bello del mondo se non hai nessuno con cui condividerlo?” 
Amanda sorrise.
“Già,” sussurrò, abbassando lo sguardo.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Amanda voleva tentare di riempirlo con le solite chiacchiere che erano abituati a fare assieme, ma si sentiva sopraffatta da tutto quello che stava provando in quel momento.
“Hai pensato alla forma del tuo Animagus?” chiese Sirius, all’improvviso.
Amanda scrollò le spalle.
“Sì, ma non ne ho la più pallida idea…” rispose, mordendosi un labbro.
“Il tuo Patronus che forma ha? Di solito il Patronus di un Animago è lo stesso animale in cui si trasforma. Nei nostri casi è proprio così,” spiegò Sirius. “Riesci ad evocarlo?”
Amanda sospirò. Anche quello era un problema.
“Non riesco ancora del tutto. Ha una forma, ma è ancora immatura,” rispose.
Sirius la guardò, incuriosito.
“Che vuoi dire?”
Amanda sfilò la bacchetta dalla tasca interna del mantello, si concentrò e recitò la formula. Dalla punta della bacchetta fuoriuscì dapprima una sottile striscia argentata, dopodiché prese una forma confusa. Si potevano distinguere un paio d’ali dalla sagoma, ma i contorni erano sfuocati e si muovevano in continuazione. Nel giro di pochi secondi la forma svanì, e il fumo grigio si dissolse.
“Sembrava un uccello,” affermò Sirius.
“Già, credo anche io,” annuì Amanda. “Pensavo fosse un’aquila, come il Patronus dei miei genitori, ma è troppo grande per esserlo. E questo sembra avere il collo più lungo.”
“Beh, abbiamo già un indizio,” rispose lui, soddisfatto. “Sappiamo che il tuo Animagus potrebbe essere un uccello!”
Amanda aggrottò la fronte, un po’ scontenta.
“Niente delfino,” borbottò. “Comunque, da un lato sono contenta che si tratti di un volatile, ho un rapporto veramente pessimo con il terreno!”
Sirius la guardò, l’espressione perplessa.
“Anche con l’altezza,” aggiunse, ridendo.
Prima che Amanda potesse rispondergli e indignarsi, alle loro spalle giunse la voce di Layla, che si sbracciava per richiamarli.
 
 
MARY ANNE
 
 
Si tolse la vestaglia e s’infilò sotto le coperte, accanto a Joe. Lui, intento a far finta di sfogliare la prima edizione che Amanda gli aveva regalato, si voltò verso di lei.
“Stanca?” chiese.
Mary Anne scosse il capo.
“No,” rispose. “È stato un bel Natale, non trovi?”
Joe sospirò e chiuse il libro.
“A parte aver scoperto che la copia di Orion se la fa con la copia di mia moglie, azzarderei a dire di sì,” rispose, sarcastico.
“Sirius non è la copia di Orion,” lo rimbeccò immediatamente. “Fisicamente, magari, ma hai avuto modo di ascoltarlo, e non si somigliano per niente!”
“Sarei curioso di sapere per quale motivo continui a difendere questa relazione, Mary Anne,” mormorò, stringendo gli occhi.
“Perché sei accecato dal pregiudizio, Joe!” esclamò. “E dovresti sapere cosa si prova, ci siamo passati anche noi. Avevi promesso che non avresti mai giudicato le relazioni delle nostre figlie, se non per motivi che pregiudicassero la loro sicurezza, e questo non mi pare uno di quei casi.”
“Quando l’ho detto non pensavo di certo che Amanda sarebbe finita col figlio di Orion,” sbottò. “Diamine, Mary Anne, posso solo immaginare come starà gongolando quel vecchio idiota!”
“Per cosa, esattamente, dovrebbe gongolare?” domandò, sconcertata. “Perché suo figlio gli ha voltato le spalle? Il coraggio che ha dimostrato Sirius, Orion non sa nemmeno dove abita!”
Joe stette qualche momento in silenzio, a rimuginare sulle sue parole.
Mary Anne non immaginava che un giorno si sarebbe trovata a difendere quel ragazzo con suo marito. Eppure, stava accadendo, e l’aveva deciso nell’istante stesso in cui aveva visto la foto scattata ad Amanda e Sirius mentre erano a tavola.
Era una foto con un’inquadratura banale, e loro non si erano nemmeno accorti di essere ripresi dall’obbiettivo. I ragazzi erano seduti l’uno di fronte all’altra, Amanda era distratta e parlava con Jaded, Sirius la guardava. Poi, sua figlia aveva alzato gli occhi e incontrato il suo sguardo, e allora si erano sorrisi. Mary Anne, che aveva assistito a quell’attimo osservandolo dall’obbiettivo, aveva premuto il bottone e scattato la foto, ritraendo le loro espressioni.
Si alzò dal letto, dirigendosi verso il mobile di legno bianco sotto la finestra. Aprì il cassetto in cui aveva riposto la macchina fotografica. Accanto, vi aveva riposto tutte le foto scattate in quella giornata. Prese quella che li ritraeva e si riavvicinò al letto, appoggiandovisi sopra. Gattonò sgraziatamente verso Joe e gliela mostrò.
“Tieni,” borbottò.
Joe prese la fotografia e la osservò per lunghi secondi. Gliela restituì con stizza, poi tacque.
“Non dici nulla?”
“Cosa vuoi che ti dica?” rispose, contrariato. “Il ragazzo non mi dispiace, vorrei solo non avesse quella faccia.”
“Anche lui, a giudicare da come parla della sua famiglia. Avete qualcosa in comune,” gli fece notare, sorridendo.
Joe le riservò un’occhiata di sbieco e non rispose, ma si limitò a sistemarsi le lenzuola.
Mary Anne lo raggiunse sotto le coperte e lo abbracciò.
“Non prendertela troppo, Joe, tu e Amanda avete lo stesso vizio,” affermò, divertita.
“Di che parli?” borbottò, scontroso.
“Di quello che ha ereditato da te,” rispose. “Innamorarvi dei casi umani.”
Joe alzò gli occhi al cielo, ma poi la baciò. Mary Anne spense la luce, e pensò che sarebbe stato decisamente meglio fare l’amore con suo marito, piuttosto che informarlo che anche la loro secondogenita aveva quel maledetto vizio.
 
 
26 dicembre 1976
 
2° livello
Ufficio Auror
Ministero della Magia,
Londra
 
BARTY CROUCH JR.
 
 
Riusciva faticosamente a controllare il tremore alle mani per l’eccitazione. Suo padre aveva finalmente accettato di fargli visitare l’Ufficio Auror del Ministero, ed era stata un’idea magnifica chiederglielo come regalo di Natale. Si era anche congratulato con se stesso per essere parso credibile nel giocarsi la carta del figlio che vuole vedere il padre nell’ambiente di lavoro per sentirsi ispirato.
Si inumidì le labbra e si guardò intorno. Nell’ufficio c’erano cinque scrivanie, completamente coperte di scartoffie e pergamene scritte in modo più o meno fitto, del tutto illeggibili. Sul tavolo più vicino a lui, c’era una scatola da cui fuoriusciva l’odore nauseante di quello che era stato un pranzo di qualche giorno prima.
“Perdona il disordine, figliolo, sono troppo occupati a lavorare per pensare di tenere in ordine questo posto,” si giustificò distrattamente suo padre, avanzando nell’ufficio.
“È incredibile,” commentò, entusiasta. “Dove sono tutti?”
“In giro,” rispose. “Io tra cinque minuti ho un’udienza, non voglio farmi attendere. Vuoi assistere?”
“Di che si tratta?” chiese, curioso, senza smettere di guardarsi intorno. Attaccate su ogni centimetro libero di pareti, vi erano foto di maghi ricercati. Riconobbe il padre di Avery. Sulla sua foto, era stata tracciata una grossa ‘X’ rossa. Accanto a quella, Barty rimase particolarmente colpito dalla foto di un altro mago, molto più giovane. Sulla ventina, lunghi capelli scuri, lineamenti duri e marcati, un sottile velo di barba ordinata, un mezzo sorriso impertinente e lo sguardo folle. Sotto, v’era scritto il suo nome.
Rabastan Lestrange.
“Un caso di violazione dello Statuto di Segretezza,” spiegò, annoiato. “Dovrò presenziare io, Froude si crede troppo importante per lasciarsi distrarre da queste udienze,” commentò, velenoso.
“Joe Froude? Quello che ha processato Avery?” chiese, fingendosi poco informato.
Suo padre annuì, stringendo le labbra.
“Già, ha attirato l’attenzione di tutti con quel processo, Silente non vede altri che lui, al momento. Credo che sia sopravvalutato, per me non è che un irlandese pazzo, e tra matti si intendono!”
“Pensi che sia più a rischio di te?” domandò Barty.
“Penso che aver attirato tutta questa attenzione sia stato da stupidi. Ora ha a disposizione cinque uomini di scorta che lo proteggono venti ore al giorno… come se potessimo permetterci di tenere occupata tutta questa gente per una persona sola,” borbottò.
Barty tacque, ascoltando lo sfogo del padre. A quanto pare, tra loro non scorreva buon sangue. Lui sembrava nutrire parecchia invidia per la posizione di quell’uomo.
“Che fai, allora, vieni o resti qui?” gli chiese all’improvviso, burbero.
“Resto qui,” rispose, sedendosi.
Voleva lanciare esattamente il messaggio che suo padre recepì.
‘Quello che stai per andare a fare è talmente noioso che preferisco rimanere in questa stanza da solo.’
Suo padre incassò il colpo, sul suo volto comparve la solita espressione severa di facciata.
“Sì, beh, come vuoi,” borbottò. Gli passò uno strano mantello. “Indossa questo, è un Mantello dell’Invisibilità. Non dovresti stare qui, quindi non toccare niente e non ti muovere finchè non sarò tornato.
Uscì sbattendo la porta. Le labbra di Barty si piegarono in un sorriso soddisfatto.
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Ciao a tutti.
Che squillino le trombe, ce l’ho fattaaaaa! Ecco, finalmente, l’ennesimo capitolo delirante. Ho avuto un sacco d’impegni, non pensavo che agosto potesse essere un mese così fitto. Vi chiedo davvero perdono per il ritardo, e rimpiango i giorni in cui potevo liberamente pensare solo a scrivere e plottare!
Allora, non mi dilungherò tanto perché come al solito sono di fretta, però sarei curiosa di leggere cosa ne pensate. Il capitolo è stato più lungo del solito; vi ha annoiato? Che pensate del finale? Barty mi piace un sacco!
Vi mando un saluto, e vi do appuntamento al prossimo capitolo :D!
 - 
Amanda
 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Quelli che restano ***


Capitolo XXI: “Quelli Che Restano”
 
“Per ogni anima tagliata,
l’amore è sangue, futuro e coraggio.”
-Io non ho paura, Fiorella Mannoia
 
14 gennaio 1977
Ore 19:00
 
 
STEPHAN SMITH
 
Se qualcuno gli avesse chiesto quale parte di Jaded gli piaceva di più, Stephan sapeva che, con molta probabilità, avrebbe risposto la sua pelle. E non perché fosse liscia, bianca o morbida – caratteristiche che comunque facevano della sua pelle la più bella che avesse mai accarezzato – ma perché la pelle rivestiva il suo intero corpo, e scegliere quella parte di lei era come scegliere tutto.
Probabilmente era strano pensare alla sua pelle in quel preciso istante, mentre si spingeva in lei e raggiungeva il piacere, o forse no. Forse era normalissimo continuare a pensare al suo corpo anche mentre vi si trovava dentro, mentre lo scopriva piano piano, ogni volta sempre meglio.
I graffi che Jaded gli aveva procurato nella schiena bruciavano, ma era il dolore più piacevole che avesse mai provato. Non si era mai sentito così completo come in quel momento.
Rimase fermo, sopra di lei, senza alcuna voglia di uscire dal suo corpo. Le accarezzò i capelli, sparsi sul cuscino, e la sua voce lo fece tornare alla realtà.
“Che c’è?” gli chiese, con un tono curioso e vivace che non sempre le apparteneva.
Decise di alzarsi e stendersi accanto a lei, su un fianco. Jaded, in un gesto automatico, si voltò verso di lui e accavallò una gamba sulla sua, poi appoggiò il capo sul suo petto. Nella fretta del momento non si erano nemmeno spogliati del tutto, sentì la mano di Jaded, sotto la camicia, risalire verso la pancia e accarezzargli il petto.
Cercò il coraggio di parlare e tentò.
“Ti andrebbe di dormire qui?” le sussurrò.
Lei alzò gli occhi nocciola e incontrò i suoi.
“Eh?”
“Questa notte,” spiegò.
“Qui? Nel dormitorio con te, dici?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
Stephan annuì, ma ciò non contribuì a sciogliere l’espressione confusa sul volto della compagna.
“Cioè… qui, con tutti i tuoi compagni di dormitorio?”
“Sono solo due, Frank e Harold questo weekend torneranno a casa sua per il funerale del loro prozio Ernst,” rispose. “E comunque basterà tirare le tende e nessuno ti vedrà. Gregory e Winston sono abituati a vedere ragazze in dormitorio!”
Forse aveva esagerato. In realtà, i suoi compagni non erano affatto abituati a vedere ragazze. Era sicuro che, per l’imbarazzo, sarebbero stati disposti a passare la notte nel dormitorio dei più piccoli, per non incappare nella sua ragazza. E Stephan, per dirla tutta, lo avrebbe preferito, dal momento che li beccava spesso e volentieri a fissare Jaded nello stesso modo in cui un Ippogrifo guarda un furetto stecchito.
Jaded si allontanò da lui e si puntellò su un gomito, seria.
“Mi dispiace per il prozio di Frank e Harold,” commentò.
Si era fatto tanti problemi per nulla. Jaded non aveva nemmeno registrato la sua ultima frase. Questa consapevolezza lo piccò un po’.
“Pensavo te la saresti presa per l’ultima cosa che ho detto,” ammise.
Una potente cuscinata gli arrivò dal nulla in pieno viso.
“Certo che me la sono presa, idiota!” sbottò. “Cosa vuol dire che sono abituati a vedere ragazze in dormitorio?”
Stephan scoppiò a ridere. Era adorabile.
“Niente, l’ho detto apposta,” si giustificò immediatamente, proteggendo il volto con le braccia dalle ulteriori cuscinate di Jaded. “Andiamo, Jade, scherzavo… probabilmente ti dovrò nascondere da loro, non sono per niente abituati alle ragazze!”
Jaded si bloccò con il cuscino a mezz’aria e inarcò le sopracciglia.
“Davvero?”
“Davvero,” annuì.
Il cuscino terminò il viaggio dritto sulla sua faccia.
“Ma perché l’hai fatto?” le domandò, la voce uscì ovattata a causa dell’imbottitura.
“Perché non puoi fare delle affermazioni del genere e pretendere che ti creda subito,” borbottò. “E i tuoi amici mi mettono in soggezione, mi fissano.”
“Ti fissano perché sei bella.”
“Mi fissano perché sono strani,” ribatté. Si tirò su a sedere cercando qualcosa tra le lenzuola.
“Che fai?” le chiese, perplesso.
“Mi rivesto,” rispose, indossando le mutandine. Si alzò in piedi e raccattò la camicia dal pavimento. “È quasi ora di cena.”
“E mi abbandoni qui mezzo nudo e sconvolto per del cibo?” chiese, stupito. “Mi sento usato!”
“Prometto che mi farò perdonare,” rise lei, appoggiandosi al letto con un ginocchio. Si allungò per sfiorargli le labbra. Stephan sorrise.
“Allora dormirai qui?”
“No,” rispose. “Davvero, non posso, lo spieghi tu a mio fratello?”
“Ma lui non può saperlo, basterà uscire dalla sala comune senza farti vedere.”
“Fidati, lo scoprirà. Il mio dannato fratello sa sempre dove sono,” borbottò, infastidita.
“E come fa?”
“Un giorno lo saprai,” rispose, alzando le spalle.
Stephan s’imbronciò e lasciò cadere il discorso. Finivano spesso per litigare quando parlavano di James.
A Stephan sarebbe piaciuto poter uscire con lei senza doversi ogni volta nascondere dal fratello o dai potenziali informatori. Non gli piaceva il fatto di dover tenere segreta la loro relazione.
Si alzò e si rivestì sotto lo sguardo divertito di Jaded.
“Che c’è? Ti diverto?” brontolò.
Jaded inarcò le sopracciglia, sorpresa, come se fosse stata colta in flagrante. Stephan si rese conto, con una certa soddisfazione, che si era incantata a guardarlo.
“Io… no, niente,” rispose a mezza voce, scuotendo la testa. Si avvicinò alla porta del dormitorio senza togliergli gli occhi di dosso.
“Non c’è bisogno che mi chiedi di restare, Stephan, lo so che sei un ragazzo del terzo tipo,” gli disse all’improvviso, quando si fu avvicinato a lei.
La fissò, confuso. Che diavolo voleva dire?
“Cosa sono, io?” domandò, aggrottando la fronte.
“Un giorno ti spiegherò anche questa,” rispose, sorridendogli.
Stephan attraversò la soglia del dormitorio ripensando alla parte di Jaded che preferiva di più.
Ma perché scegliere?
Quella domanda era la risposta che avrebbe dato a chiunque glielo avesse chiesto.
 
*
 
Jaded gli lasciò la mano improvvisamente, quando erano ormai prossimi all’entrata in Sala Grande.
“Jamie!” esclamò, sorpresa.
Stephan seguì il suo sguardo. Ad un paio di metri da loro, James Potter – che per qualche strano motivo aveva in mano un vecchio ombrello scuro - sfrecciava a zig zag come un razzo per evitare delle scie rosse provenienti dalla bacchetta di Sirius, che lo rincorreva, con un’espressione in volto poco rassicurante, completamente fradicio.
James fu costretto a fermarsi quando investì involontariamente una ragazza, che Stephan riconobbe essere un’Amanda Froude molto sorpresa. Con un’agile mossa la trattenne per le spalle, in modo da non farla cadere, e poi vi si nascose dietro.
“Scusa, Amanda,” le disse, ridendo e annaspando contemporaneamente.
“James, sei un vigliacco! Usi la mia ragazza come scudo?” sbottò Sirius, fermo davanti alla compagna.
“Che succede?” chiese Amanda, confusa ma divertita. “Perché sei tutto bagnato?”
Stephan cercò la mano di Jaded, gliela strinse e, insieme, si avvicinarono ai tre, che, nel frattempo, avevano attirato l’attenzione di altri studenti nel corridoio.
“James ha pensato bene di farmi uno scherzo con un dannato ombrello che anziché proteggere dall’acqua come un ombrello normale dovrebbe fare, funziona come una doccia,” spiegò, incrociando le braccia.
“Te la prendi per due gocce?” chiese Stephan, ridendo. “Fa’ vedere quell’affare, Potter!”
Sirius gli riservò un’occhiata torva, mentre si allungava a prendere l’ombrello che James gli stava passando.
“Amanda, ma questo è tuo!” esclamò Jaded, sorpresa. “Non è quello che ti ha regalato tua madre a Natale?”
“Oh, sì! Bello, vero?” rispose Amanda.
“Cosa? E perché ce l’ha James?” chiese Sirius, arrabbiato.
“Mi ha chiesto di prestarglielo, gli serviva per fare uno scherzo,” rispose con un’alzata di spalle.
“Già, e l’ha fatto a me, come puoi notare!” esclamò, indicandosi la camicia fradicia.
Amanda rise e scosse il capo.
“No, lo scherzo doveva farlo a Lily. Sono stata io a consigliargli di provarlo prima su di te,” spiegò. Si voltò verso James, entusiasta. “Vedo che funziona, è fantastico!”
Sirius la fissò a bocca aperta.
“Ma che… ma da che parte stai, dannazione?!” sbottò, furioso.
Anche a Stephan scappò una risata divertita, così come altri studenti che stavano seguendo la scena. Jaded, accanto a lui, si teneva lo stomaco.
“La miglior coppia che abbia mai messo assieme!” esclamò, soddisfatta.
Amanda piegò le labbra in un sorriso innocente e alzò le spalle. “Volevo solo farti uno scherzo,” ammise.
Senza tanti complimenti Sirius si voltò verso Stephan e gli strappò l’ombrello che aveva dalle mani. Con la mano ancora libera afferrò Amanda e le circondò la schiena, attirandola a sé. Poi, premette il bottone sul manico che, in un gesto meccanico, aprì l’ombrello. Una cascata d’acqua investì entrambi, ma chi ebbe la peggio fu proprio Amanda. Stephan la osservò, scoppiando a ridere. Era rimasta completamente immobile, la bocca spalancata dalla sorpresa e dalla velocità con cui tutto era accaduto.
“Pensi ancora che sia uno scherzo divertente?” domandò, guardandola con soddisfazione.
“Ma… ma uffa, Sirius!” borbottò Amanda, imbarazzata. Sussurrò qualcosa nell’orecchio del compagno mentre si copriva il petto con le braccia.
A quanto pare, non solo Stephan si era reso conto che la camicia della divisa, bagnandosi, era diventata trasparente.
Sirius la guardò, impietrito, e schiuse le labbra. Stephan era abbastanza sicuro di non averlo mai visto in difficoltà prima di quel momento.
“Perché non indossi il reggiseno?” le chiese, sconvolto.
“Non era necessario che lo dicessi, si vede benissimo anche da qui!” esclamò uno studente Grifondoro del quinto anno a un paio di metri da loro. Intorno a loro ci furono delle risatine.
“Che hai detto, Carroll?” ringhiò Sirius. Fece un passo nella sua direzione, ma si accorse che, muovendosi, non sarebbe riuscito a coprire Amanda. James si spostò per raggiungere lo studente, ma Jaded lo trattenne per il maglione.
“Sta’ un po’ zitto, Earnie,” intervenne Jaded. “Goditi il momento, piuttosto, questo sarà l’unico modo in cui potrai mai vedere un paio di tette!”
Gli studenti che assistevano alla scena risero, Earnie si fece più piccolo di quanto già non fosse e tacque.
Stephan si voltò nuovamente verso Sirius. Stava sussurrando qualcosa ad Amanda. Dopodiché, senza preavviso, la sollevò per i fianchi e se la caricò su una spalla.
Amanda emise un piccolo strillo, sorpresa.
“Hey, ti ho detto di no! Mettimi giù!” protestò, arrabbiata, colpendogli la schiena con dei pugni.
Sirius li incassò stoicamente e camminò lungo il corridoio, allontanandosi dalla porta della Sala Grande.
“Smettila di agitarti!” lo sentì rimproverarla, continuando a camminare.
“Che succede qui?” intervenne una voce dall’entrata.
Stephan si voltò; la professoressa McGranitt, con gli occhi sbarrati, si guardava intorno, tentando di capire.
“Professoressa, mi aiuti!” esclamò Amanda, che continuava a dimenarsi sulla spalla di Sirius. Lui le aveva circondato la vita saldamente; con l’altra mano teneva giù la gonna della divisa e teneva ferme le gambe di Amanda, che tentava di tirargli dei calci.
Sentita la voce della direttrice di Casa, Sirius velocizzò ulteriormente il passo. Stava praticamente correndo con Amanda su una spalla.
“Froude?!” esclamò lei, spalancando gli occhi. “Signor Black! Metta immediatamente giù la signorina Froude!” sbottò la McGranitt, inorridita. 
“Non posso, professoressa!”
Black, le ordino di fermarsi!” tuonò l’insegnante, ma Sirius scomparve dietro l’angolo, con Amanda che continuava a protestare.
“È una cosa inaudita,” commentò a pugni stretti la McGranitt. S’incamminò velocemente lungo il corridoio, inseguendo Sirius.
“Benedetto ragazzo!” la sentì borbottare.
Stephan si voltò verso Jaded, con le lacrime agli occhi dalle risate.
“Credo che i weekend di Sirius da qui a marzo saranno parecchio impegnati, dopo oggi!” esclamò James, raccogliendo da terra l’ombrello. Improvvisamente, guardò lui e Jaded con sospetto, come se avesse appena realizzato che erano insieme.
“E voi due cosa facevate assieme?” domandò, stringendo gli occhi.
Stephan cercò la mano di Jaded. Normalmente, quando suo fratello era nelle vicinanze, lei si scostava. Ma quella volta non accadde, percepì la sua stretta decisa e si fece coraggio. Sorrise.
Era ora che James sapesse.
 
 
Ore 19:30
SIRIUS
 
Chiuse la porta dello sgabuzzino dietro di sé. Lo spazio era angusto e buio, perciò riuscì con fatica a mettere giù Amanda, che seguitava a muoversi e a rendergli il lavoro più complicato.
“Sei un idiota, si può sapere ch-”
Le prese il viso tra le mani e la zittì con un bacio. La sua camicetta, zuppa d’acqua, si incollò alla sua, ancora umida, e il suo seno premette contro il suo petto. Nonostante l’acqua avesse reso gli indumenti ghiacciati, Sirius si sentì andare a fuoco.
Amanda provò a spingerlo, ma fu lei ad allontanarsi da lui facendo un passo indietro, e, ovviamente, andò a sbattere contro qualcosa.
Tirò fuori la bacchetta e fece luce. Lo stanzino in cui si erano nascosti era largo non più di un metro e mezzo, e lo spazio era quasi tutto occupato da vecchie scope rotte e secchi per pulire i pavimenti.
“Stammi lontano, sono ancora arrabbiata!” sbottò.
“Qui sarà un po’ complicato,” rispose, sorridendo. “Parla piano, abbiamo seminato la McGranitt, ma potrebbe essere ancora qui vicino,” sussurrò. Cercò di mantenere il contatto visivo con la compagna, ma i suoi occhi non collaboravano, anzi, tentavano di scendere oltre il suo collo, magneticamente attratti dalla camicetta trasparente.
“Ho fatto una figuraccia, per colpa tua,” brontolò, incrociando le braccia al petto. Si ricordò di essere bagnata e si coprì, diventando rossa.
Sirius sorrise, divertito, e fece mezzo giro su se stesso, dandole le spalle.
“Non ti guardo, tranquilla,” le disse. “Sai usare l’incantesimo per asciugarti?”
“Ancora non mi viene bene, ma ho il maglione nella borsa, se non si è bagnato indosserò quello. Tu, piuttosto, asciugati, sei ancora umido,” rispose, distratta. Sirius la sentì rovistare nella borsa.
“Mi dispiace per prima, non ho riflettuto,” borbottò Sirius, incrociando le braccia.
“Non mi stupisce.”
“Perché non indossi il reggiseno?” le chiese, curioso.
“Questa mattina ero di fretta e l’ho dimenticato… in realtà non lo metto spesso, sono più comoda senza, e non ho un seno grande, quindi le mie tette stanno su senza problemi!”
“Fa’ vedere,” sorrise lui, tentando di girarsi. Avvertì una fitta alla testa; Amanda gli aveva appena dato uno schiaffo.
“Smettila.”
“Perché ti vergogni di me? Se non posso guardarti io, chi può farlo?”
“Non mostro le mie tette al primo che passa!” esclamò, risoluta.
“Non è andata esattamente così, poco fa.”
“Non per mia scelta!”
“Beh, ad ogni modo io non sono il primo che passa,” rispose, offeso.
“Ho un bel seno, anche se piccolo, puoi fidarti del mio giudizio!” affermò lei.
Sirius soffocò una risata.
“Il tuo giudizio è la parte meno attendibile di te, Amanda,” disse, ridendo.
“Che vuoi dire?” domandò lei, offesa.
“Che a te piace qualunque cosa, non sei affidabile,” spiegò.
“Ma non è vero!”
Sirius alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Amanda, la settimana scorsa hai cercato di convincere tutti che i biscotti che James aveva preparato per Lily erano buoni, e ancora mi chiedo come tu non li abbia vomitati!”
“Beh, non erano perfetti, lo ammetto-”
“Aveva mescolato peperoncino e menta insieme, e aveva confuso lo zucchero con il sale! Come diavolo poteva essere buona una cosa del genere?” la interruppe, infervorato. “E voleva darli a Lily, dovresti ringraziarmi se gliel’ho impedito!”
“Guarda che so che li hai dati a Remus mentre era trasformato, Peter me l’ha detto!” esclamò in tono di rimprovero.
Sirius fece spallucce.
“Quando Remus è in quello stato mangia qualunque cosa. E sai che li ha pure vomitati? Già, persino un licantropo ha vomitato quei biscotti!”
“Sei pessimo!”
Sirius la guardò. Senza rendersene conto, come tutte le volte che discutevano, si era girato completamente verso di lei. Amanda si era tolta la camicetta bagnata e cercava il verso giusto del maglione prima di infilarlo. Alzò gli occhi, accorgendosi del suo sguardo. Rimase bloccata nella posizione in cui si trovava, i suoi seni erano ben evidenti, nudi e belli, esattamente come li aveva sempre immaginati al di sotto della camicia. Doveva essere infreddolita, notò la pelle d’oca e i capezzoli turgidi. La vita era più sottile di quanto pensasse, appariva delicata e fragile, e i fianchi erano coperti dalla gonna della divisa. Provava l’irrefrenabile istinto di toccarla, e gli sarebbe bastato veramente poco, considerando quanto erano vicini. Sentì una vampata di calore, il battito accelerò, e qualcosa, nei suoi pantaloni, si mosse.
“Non… non dici niente?” balbettò Amanda.
Sirius si schiarì la voce. Non riusciva a staccare gli occhi dal suo seno.
“Mi sono dimenticato.”
“Cosa?”
“Come si parla,” mormorò.
“Wow, se avessi saputo che bastava così poco a zittirti, te le avrei mostrate prima!” esclamò, ridendo.
“Puoi… coprirti? Non riesco a pensare.”
“Ti avevo detto che erano belle,” affermò, e abbassò lo sguardo per guardarle. Con le dita della mano destra si sfiorò il contorno di un seno. Sembrava un gesto distratto, qualcosa che faceva spesso. Sirius avvampò, e nei suoi pantaloni la situazione peggiorò.
“No, non farlo, ti prego,” mormorò. Chiuse gli occhi, ma non servì a niente, perché continuò a rivedere quella scena nella sua mente.
Avvertì una stretta delicata ma decisa al polso, subito dopo le sue dita vennero a contatto con la morbida pelle. Riaprì gli occhi. Amanda aveva appoggiato la sua mano sul seno sinistro.
“Non sei il primo che passa,” sussurrò, le gote rosse per l’imbarazzo.
Sirius buttò a terra la bacchetta con cui faceva luce e le catturò le labbra in un gesto irruento. Amanda indietreggiò per la sorpresa, e sarebbe caduta all’indietro se lui non l’avesse afferrata circondandole la schiena. Fu un’azione talmente svelta e automatica che non smisero di baciarsi, e la compagna, dopo aver gettato il maglione, ritrovò il proprio equilibrio mettendogli le braccia intorno al collo.
Sirius si staccò da lei qualche secondo, dispiaciuto di non poterla osservare, nell’oscurità più totale. Le accarezzò la schiena nuda, nel buio percepì il calore del suo respiro vicino al mento. Com’era solita fare, si alzò sulle punte e posò sulle sue labbra un bacio leggero.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, il buio in cui erano sommersi fu inaspettatamente contaminato da una luce proveniente dalla porta. Qualcuno la stava aprendo. Sirius strizzò gli occhi, abituandosi al bagliore improvviso e cercò di distinguere la sagoma che gli si parò davanti.
Amanda soffocò un urlo e si nascose dietro di lui. Probabilmente, uno dei suoi incubi peggiori si era appena materializzato.
La McGranitt era ferma, immobile davanti a lui, lo sguardo di fuoco, sembrava indecisa se essere più arrabbiata o scioccata.
“Black! E Froude, dannazione, uscite immediatamente!” sibilò, stringendo gli occhi dietro le lenti squadrate.
Sirius pensò che fosse un momento pessimo per ridere, e dovette trattenersi, mantenendo un’espressione più seria possibile. Si voltò verso Amanda, che, nel poco spazio a disposizione, tentava convulsamente di rivestirsi, rossa come un peperone.
“È presentabile, signorina Froude?” le chiese la McGranitt freddamente, guardando oltre la sua spalla.
“I-io sì, professoressa… mi stavo cambiando,” mormorò con gli occhi bassi.
“Black, era con lei per assicurarsi che non indossasse quel maglione al contrario, immagino,” commentò, guardandolo, malevola. In quel momento gli ricordò tanto Silente. “Ad ogni modo, nonostante foste in due, non ci siete riusciti. Se lo rigiri, Froude, e seguitemi. Sarete riaccompagnati nelle vostre sale comuni e mi assicurerò che ci rimaniate. Dopo di voi.”
Sirius guardò Amanda sospirare a capo chino. Gli si affiancò e iniziarono a camminare. I passi svelti della McGranitt dietro di loro echeggiarono nel corridoio.
“Black, lei sconterà la punizione i prossimi cinque weekend, mentre lei, Froude, i prossimi tre, ovviamente divisi,” continuò a parlare.
Sirius si voltò a guardarla.
“Cosa? Perché Amanda di meno?” domandò, perplesso. Una fitta terribile al fianco lo colse, la compagna lo aveva appena colpito.
“Dici davvero, Sirius?!” sbottò Amanda.
“Ero solo curioso!” esclamò, sulla difensiva.
“Non vi conviene litigare, non vi metterò in punizione insieme per farvi riappacificare,” intervenne la professoressa.
Sirius fece spallucce e guardò Amanda, che tratteneva a stento il sorriso.
“Ci ho provato,” le sussurrò, facendole l’occhiolino. Allungò il braccio e le sfiorò il dorso della mano.
“Black! Ci dia un taglio!” sbottò la McGranitt, spazientita.
Sirius strinse le labbra, divertito, e una voce arrivò dalle loro spalle.
“Professoressa!” gracchiò Gazza.
Si fermarono e si voltarono tutti e tre verso di lui, che correva nella loro direzione.
“Professoressa, la cerco da un po’,” ripeté affannato, una volta che li ebbe raggiunti.
La McGranitt gli rivolse un’occhiata un po’ seccata.
“Cos’è successo?”
“Mi manda il Preside, ha urgente bisogno che lei cerchi i Potter e li porti in Presidenza,” rispose. “Lumacorno sta cercando lei, invece. Deve andare nell’ufficio del Preside,” continuò poi, rivolto ad Amanda.
Sirius capì subito che qualcosa non andava, sentì uno spiacevole brivido dietro la nuca.
C’era un solo possibile motivo per cui Jaded, James e Amanda potevano essere stati convocati insieme nell’ufficio del Preside. E c’entrava con i loro genitori. Questo pensiero intensificò la sua ansia, ora poteva sentire i brividi correre lungo la schiena. A quanto pare, tuttavia, Sirius non era l’unico ad aver fatto quel collegamento.
Si girò verso Amanda, improvvisamente sbiancata, gli occhi spalancati.
“Non… non si tratta di mio padre, vero?” chiese a bassa voce, quasi avesse paura di dirlo. L’aveva detto più per se stessa che per gli altri.
 
 

 
Ore 19:45
JAMES
 
 
“POTTER!”
James si voltò verso l’entrata della Sala Grande. Lily Evans puntava verso di lui, al tavolo Grifondoro, con passo deciso e un cipiglio arrabbiato. La chioma rossa ondeggiava dietro le sue spalle. La gola gli si seccò, ma mascherò l’ansia sorridendo, entusiasta.
“Devi essere più precisa, Evans,” le fece notare, indicando la gemella alla sua destra. “Dai, di’ il mio nome, adoro il modo in cui lo pronunci!”
“Mi hanno detto dello scherzo che volevi farmi! Ti sei bevuto il cervello?!”
“In qualche modo dovrò pur attirare la tua attenzione,” le rispose, sorridendo.
Lily allargò le narici e strinse le labbra. Era furiosa.
“Per attirare la mia attenzione dovresti fare qualcosa di carino,” sibilò, stringendo gli occhi verdi. “Tipo regalarmi dei biscotti!”
“Che? Perché hai parlato di biscotti?” chiese, sospettoso.
“Perché si dà il caso che qualcuno me li abbia regalati,” spiegò, con tono di sfida, appoggiando i pugni sui fianchi.
“Chi diavolo va in giro regalando biscotti?” sbottò, arrabbiato.
Appena tornati dalle vacanze natalizie, aveva chiesto ad Amanda di insegnargli a cucinare dei biscotti da regalare a Lily, ora che si avvicinava il suo compleanno. Aveva tuttavia scoperto di non essere ferrato come credeva ai fornelli, e i buoni risultati tardavano ancora ad arrivare. Ora, veniva a scoprire che qualcuno aveva avuto la stessa pensata, addirittura con la stessa ragazza. La sua ragazza!
Questo pensiero lo destabilizzò parecchio. Lily raddrizzò la postura, sembrava più alta del solito con quell’aria pomposa che aveva assunto.
“Non ti riguarda,” rispose lei, inarcando le sopracciglia.
“Dimmelo!” insistette.
“Non azzardarti a dirmi cosa devo fare, Potter!”
James sbuffò, contrariato e, alle spalle di Lily, vide arrivare Sirius di corsa. Guardandolo in faccia, si accorse immediatamente che qualcosa non andava.
“Ciao, Sirius,” lo salutò Remus, seduto davanti a James. Il mite sorriso si spense all’istante. “Come mai quella faccia? Dov’è Amanda?”
Sirius raggiunse il tavolo e parlò con un tono di voce che sembrava non appartenergli.
“Sta andando nell’ufficio di Silente, è stata convocata d’urgenza,” rispose. Si voltò verso James. “E anche tu e Jade.”
James guardò sua sorella, che si era girata verso di lui, sentendosi nominare. Amanda dal Preside. Lui e Jade convocati con urgenza. La mente andò subito in un’unica direzione. Sembrava che stessero condividendo lo stesso pensiero, considerando il cipiglio di sua sorella.
Papà!” dissero insieme, atterriti, alzandosi dal tavolo con uno scatto.
Si sentì stringere un polso e si girò. Era Lily. L’espressione arrabbiata era completamente sparita, ora nei suoi occhi poteva leggere il terrore.
Ricambiò l’occhiata, ma tacque, incapace di dire qualsiasi cosa.
 
 
Portaleen, Irlanda
Due ore prima
JOE
 
Rovistò nella tasca interna del mantello e tirò fuori lo specchio gemello. Amanda possedeva l’altra metà, e ogni sera, da quando era tornata a Hogwarts, si vedevano attraverso e si salutavano. Vi guardò dentro, in quel momento era tutto nero, probabilmente era in una sacca o in una borsa.
“È lo specchio gemello di cui mi parlavi?” gli chiese Charlus, curioso. “Ne voglio prendere uno anche a James e Jaded!”
Joe glielo passò, Charlus se lo rigirò fra le mani, interessato.
“È molto utile. L’ho trovato tra le cose di mio padre e ho pensato che fosse il caso di passarlo ad Amanda, in modo che lo usasse con Layla…” spiegò. “Sai, sono in due case diverse. E invece l’ha dato a me, dice di volermi fare la guardia!”
Charlus rise.
“Non si fida di noi,” rispose, divertito. “Vado a chiamare Trevor.”
Joe annuì e si avvicinò al portico della propria casa. Guardò attraverso il vetro della finestra e vide Mary Anne intenta a sfogliare tre libri contemporaneamente.
“Ti va un whisky, prima di attaccare il turno? Ti scalderai un po’,” gli suggerì, senza guardarlo. Ma Charlus non rispose.
Joe si voltò e lo vide. L’Auror era a un metro d’altezza, legato da funi intorno agli arti e alla gola, e annaspava. Alle sue spalle, una figura nera, incappucciata e con una maschera, teneva la bacchetta alzata nella sua direzione. Erano stati vigliaccamente attaccati alle spalle.
Tirò fuori la bacchetta dal mantello in un gesto repentino, e, con dei riflessi che non pensava nemmeno di possedere più, evitò due fiotti rossi provenienti dalla sua destra. C’erano altri due Mangiamorte, insieme a quello davanti a lui.
Dalla casa sentì Mary Anne chiamarlo, terrorizzata.
“Resta dentro, non uscire! Avvisa gli altri!” le urlò, mentre correva fuori dal portico. Sapeva che ormai le protezioni della propria casa erano saltate, e l’unica cosa che restava da fare, per non mettere in pericolo anche sua moglie, era allontanarsi. Era lui che volevano.
Con uno Schiantesimo non verbale riuscì a colpire il Mangiamorte che tentava di soffocare Charlus. Il mago oscuro svenne e Charlus si liberò, tossendo e recuperando la bacchetta.
“Joe, entra in casa!” gli urlò l’Auror, intento a lottare con uno di loro. Joe schivò un’altra maledizione, buttandosi a terra. Vide un filo rosso, simile ad una frusta, colpire Charlus in pieno petto.
“No!”
Il cuore gli sprofondò nello stomaco. Sperò di non aver appena causato la morte dell’amico. Si alzò in piedi, cercando di trovare una soluzione veloce prima dell’arrivo del rinforzi.
Confringo!” gridò contro il Mangiamorte di fronte a lui, in risposta al suo attacco. I due incantesimi si incontrarono a mezzaria e causarono una violenta esplosione.
Ardemonium!”
Joe si voltò. A pronunciare quell’incantesimo era stata una voce femminile a lui sconosciuta. Era il secondo Mangiamorte, quello che non si era spostato dalla casa.
Un enorme drago di fuoco scaturì dalla bacchetta, puntata in direzione del portico.
“Mary Anne! Esci!” urlò Joe, precipitandosi di corsa verso la casa. Tentò di rispondere ai continui attacchi che riceveva, ma ad un certo punto la bacchetta saltò via dalla sua presa. Non si fermò a recuperarla, pensò a correre e a schivare maledizioni, finchè non arrivò davanti al portico in fiamme. Era talmente pieno di adrenalina che non sentì il dolore e il calore delle fiamme sulla propria pelle; le superò ed entrò in casa, notando che era già piena di fumo e che il fuoco si era velocemente propagato anche all’interno delle mura. Tossì, in debito di ossigeno, e per poco non inciampò in qualcosa. Abbassò lo sguardo e vide che si trattava di Mary Anne, incosciente. Si inginocchiò, trattenendo un conato. All’altezza del petto e delle braccia i vestiti erano bruciati e in alcuni punti si erano fusi assieme alla pelle. Era bruciata gran parte dei capelli, il viso era parzialmente sfigurato e pieno di piaghe incandescenti. Cercò il battito, tastandole convulsamente quei pochi centimetri di pelle rimasti integri, ma non sentì nulla. L’aria piena di fumo gli fece lacrimare gli occhi, o, più probabilmente, stava piangendo perché si era appena reso conto che sua moglie era morta. Mary Anne Froude non si trovava più in quel corpo martoriato dalle fiamme, e a Joe non restò che accasciarsi accanto a lei, indebolito dal fumo e incapace di lottare contro le fiamme che avevano cominciato a divorargli le vesti.
Si sentiva stordito, l’adrenalina lo stava abbandonando. Sentì il dolore vivo e pulsante della carne che bruciava, perse i sensi con il ricordo di un pensiero fastidioso nella testa. Joe Seamus Froude morì, sentendo riecheggiare le parole di suo padre nella testa: ‘Continua così, Joe, e morirai. Continua così, e passerai poco tempo tra quelli che restano.’
 
 
Note:
Eccomi tornata.
Potete lapidarmi, potete darmi della stronza, della J.R.R. Martin, potete smettere di seguirmi. Mi merito tutto, in effetti.
Non so che dire, questo capitolo è stato difficile da scrivere per me, non oso immaginare come sia stato per voi leggerlo. Più che altro perché mischia tragedia e momenti leggeri assieme, ma era esattamente il messaggio che volevo far passare. Da un lato, ci sono degli adolescenti a scuola che a tutto pensano, tranne che le cose possono cambiare così drasticamente da un momento all’altro. Dall’altro, adulti che pensano di passare una giornata come le altre, e una di quelle finisce per essere l’ultima. Il tema della morte per me è molto difficile da trattare, soprattutto quando riguarda quella dei genitori. Non fraintendete, li ho ancora – fortunatamente -  entrambi, ma è una delle mie paure peggiori. I bambini normali, da piccoli, avevano paura del buio, dei ladri, dei pagliacci, io ho sempre temuto che i miei genitori morissero. Scrivere questo capitolo si è rivelato un po’ catartico, e sto soffrendo perché ho appena detto addio a dei personaggi che amavo tanto.
A questo proposito, non voglio dirvi altro, mi piacerebbe che vi esprimeste con le vostre considerazioni. Andateci piano con gli insulti, però!
Di seguito, invece, vi copio e incollo una parte della risposta alla recensione di e_gi, perché penso possa essere utile a tutti per comprendere un po’ la situazione di Layla e tra Layla e Reg.
 
Layla ha un ENORME conflitto interiore, hai detto bene, ed è comunque in una fase adolescenziale che tutti abbiamo passato: ci sembra di fare le cose nel migliore dei modi, ci disturba che gli altri ci critichino o ci diano consiglio, ci sentiamo grandi abbastanza da prendere decisioni che in realtà non sappiamo gestire, e Layla si trova in questa situazione. La fa infuriare che tutti (che poi si tratta di sua madre e sua sorella, ma per lei sono comunque 'tutti') si intromettano in un rapporto che prima che venisse a galla era sempre andato liscio ed è convinta che gli altri non abbiano idea di come si senta in realtà. E' anche parecchio combattuta perché in cuor suo sa che la non posizione di Regulus altri non è che un procrastinare l'inevitabile, e sa che è sbagliato, ma è troppo innamorata per imporsi.
Da qualche capitolo il POV di Regulus è volutamente scomparso proprio perché in realtà non sappiamo cosa pensi lui di questa situazione, anche il pov dopo il litigio non è stato inserito appositamente per lasciare un po' di mistero. Cosa pensa? Che intenzioni ha? Cosa sta facendo? E' ancora dal lato giusto? Chissà!
 
Vi mando un abbraccio, una scatola di cioccolatini e le mie scuse!

Amanda
 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Tú agus mé. Lynn. ***


Capitolo XXII: “Tú agus mé. Lynn.”
 
Sii come le onde del mare,
che pur infrangendosi contro gli scogli
hanno la forza di ricominciare.”
Sergio Bambarén
 
AMANDA
 
“Non ce l’hanno fatta.”
Amanda continuava a ripeterselo. Rivedeva gli occhi lucidi e commossi con cui Silente aveva parlato a lei e sua sorella, sentiva nella sua testa l’eco del tono grave con cui aveva pronunciato quelle parole, dopo averle raccontato i minuti di panico avvenuti fuori dalla sua casa. E poi il fuoco, la morte, il silenzio, solo le fiamme che scricchiolavano, consumando i corpi senza vita dei suoi genitori. Le parve di sentire il rumore.
Nei primi secondi non comprese il senso dell’ultima frase che il Preside aveva appena pronunciato. Il respiro le si fermò, come se bastasse non respirare per impedire l’esplosione del dolore che partiva da dentro i suoi polmoni, e poi nello stomaco, e ancora nel cuore.
Lo immaginò come un’onda del mare del Nord appena fuori dalla porta della sua casa distrutta, il dolore. Lei era stata presa in pieno, era fradicia di sofferenza; ora si sentiva tirare verso il mare, in balìa, attendeva la seconda gittata di acqua e spuma salata. E la ferita bruciava ancora di più, la fitta al cuore era insopportabile.
Si coprì la bocca con una mano per ricacciare dentro le parole, per tornare indietro coi pensieri, per incastrare tra le labbra quei ricordi che non voleva lasciare uscire. Perché se avesse detto qualcosa, qualsiasi cosa, le parole sarebbero volate via, e il tempo vi si sarebbe aggrappato, scorrendo inesorabile, allontanandola dal momento in cui non aveva ancora la consapevolezza di essere diventata orfana. Se avesse parlato, se si fosse mossa, aveva il terrore che tutto quello che era stata fino a quel momento si sarebbe sgretolato. Il mondo doveva fermarsi, in quel preciso istante. I suoi genitori erano morti, com’era possibile che tutto continuasse a passare come se nulla fosse? Immaginava i compagni cenare in Sala Grande, per nulla toccati da un avvenimento del genere. Ma lei percepiva tutto diversamente. Sì, lo sentiva, il mondo si era fermato, enormi crateri si erano aperti sotto i suoi piedi e lei vi era appena stata inghiottita. Aveva la sensazione che sarebbe rimasta in quel limbo per sempre.
Si strinse nelle spalle. Non aveva versato una lacrima, ma era scossa dai brividi. C’era un silenzio irreale in quell’ufficio, persino il beccare di Fanny sembrava dieci volte più rumoroso.
Amanda la guardò, appollaiata sul suo trespolo, girata proprio verso di lei. Se non fosse stata una Fenice, avrebbe scommesso che stesse capendo il modo in cui stava soffrendo.
Si alzò in volo inaspettatamente, e atterrò sulle sue gambe, attirando l’attenzione di tutti su di lei.
Amanda la guardò, confusa, e Fanny, in tutta risposta, emise un forte lamento, impregnato di sofferenza. Avvicinò la testa al suo petto e… pianse. Fanny, la Fenice, le stava piangendo sul cuore.
Non durò tanto, nel giro di qualche secondo era tornata sul trespolo a ripulirsi le penne, ma Amanda comprese quello che la creatura aveva voluto fare. Tuttavia, per curare il suo cuore straziato, sarebbe servito più di qualche lacrima di Fenice.
La mente corse e Amanda rievocò ogni ricordo dei suoi genitori. Tra i volti della sua famiglia spalmati in mille ricordi che le affollavano la testa, l’unico su cui si fermò consapevolmente fu quello di sua sorella.
“Lay,” mormorò, appena si riscoprì capace di parlare. Si voltò verso di lei con lentezza, si sentiva come il piombo. Layla era accasciata sulla poltrona di fronte alla scrivania, accanto a lei, e singhiozzava sommessamente col volto coperto dalle mani.
Mosse un passo verso di lei, si percepì all’interno di un corpo che non le apparteneva. Troppo ingombrante, troppo rigido, appesantito da se stessa.
Sfiorò la sua spalla, lei scoprì il volto e la guardò. Ecco, i suoi occhi, gli occhi di sua madre la guardavano, e immaginò che Layla stesse pensando a quelli del padre, osservando lei.
“Mandy…” singhiozzò “mamma e papà…”
Amanda le accarezzò i capelli, rimanendo in piedi, di fronte a lei.
“Non ci sono più, Lay,” sussurrò.
L’aveva detto. Probabilmente, Fanny le aveva infuso il coraggio di prendere consapevolezza. Sembrava così distante, quella nuova realtà che d’ora in poi avrebbe dovuto affrontare. Eppure c’era, e ci sarebbe stata per sempre.
Sua sorella scoppiò a piangere, Amanda lasciò che si appoggiasse al suo ventre e che continuasse a singhiozzare mentre le accarezzava i capelli. Gli occhi le bruciavano, ma non v’era l’ombra di una lacrima in essi. Perché non piangeva? La sentiva, la disperazione, le stava scavando un enorme buco nel cuore, eppure non riusciva a versare una lacrima. Sentiva rabbia, provava tante emozioni contemporaneamente, avrebbe avuto voglia di distruggere, uccidere, urlare, ma rimaneva ferma, immobile, in silenzio. Non sapeva fino a quando sarebbe riuscita a contenersi.
Alzò gli occhi, incontrò l’espressione triste e rammaricata della professoressa McGranitt, gli occhi bassi e le labbra strette. Era stata l’unica insegnante a rimanere nell’ufficio, Lumacorno e il professor Gideon avevano preferito lasciare la giusta privacy a loro due e ai Potter, nel ricevere quelle notizie. Anche Jaded e James la guardavano, e poteva leggere i loro pensieri, come se li avessero scritti sui loro volti. Erano frastornati, sopraffatti per ciò che era accaduto, esattamente come lei. Erano preoccupati per il loro padre, in condizioni gravi ma stazionarie al San Mungo; ma Amanda, più di tutto, poteva leggere il senso di colpa misto al sollievo sulle loro facce.
Appena incrociò lo sguardo di Jaded, lei si fece avanti, superò il fratello e l’abbracciò forte, talmente forte che per un attimo le mancò il fiato.
“Mi dispiace, Amanda, mi dispiace così tanto,” mormorò, cominciando a singhiozzare sommessamente sulla sua spalla.
Sapeva che Jaded stava avendo una reazione normale. Il pianto era normale, era giusto piangere in quell’occasione, ma ancora una volta i suoi occhi non risposero a quel comando.
Qualcuno alla sua destra le accarezzò il braccio, e Amanda sapeva che si trattava di Sirius. Stranamente, non si era opposto alla decisione di Silente, che avrebbe preferito farlo attendere fuori dall’ufficio. Erano state proprio le proteste di Amanda e James a convincere il Preside a permettergli di essere presente. Viveva a casa dei Potter, ed era considerato a tutti gli effetti parte della loro famiglia. Era rimasto in silenzio tutto il tempo, non si era scomposto, Amanda capiva la difficoltà che percepiva in quel momento, catapultato nella disperazione di ben due famiglie.
Sciolse l’abbraccio con Jaded più freddamente di quanto avesse realmente intenzione, senza incontrare i suoi occhi. Lei le sfiorò la mano e la strinse leggermente, prima di lasciarla andare.
Non se la sentiva di guardare nella direzione di Sirius. Forse perché poteva davvero essere l’unico capace di farla crollare, e non poteva permetterselo, non ora che Layla continuava a singhiozzare.
Si abbassò verso di lei, inginocchiandovisi davanti, appoggiò i gomiti sulle sue ginocchia e le prese il viso tra le mani.
“Lay…” le mormorò, “non siamo sole finchè siamo insieme. Ti… ti ricordi cosa ti ha detto la mamma, il giorno di Natale?”
Aveva attirato la sua attenzione. Layla smise di piangere e la guardò.
“Non avrei dovuto, ma ho origliato, so cosa ti ha detto,” le confessò. “Non dimenticare chi sei, soprattutto cosa siamo, insieme. Tu ed io, Lay…”
“… noi, Mandy.”
 
*
Seaview Terrace,
Portaleen
Irlanda
 
I Potter avevano lasciato Hogwarts mezz’ora dopo, insieme a Sirius. Silente aveva poi raccontato loro che sua madre, poco prima di morire, gli aveva mandato un Patronus per avvisarlo di ciò che stava accadendo. Sapeva di essere spacciata, tanto da nominare Silente come loro tutore fino al diciassettesimo compleanno di Amanda. Pensava che fosse una buona idea che anche lei e sua sorella si assentassero qualche giorno, ma era stato gentile a chiedere anche la loro opinione. Amanda fu d’accordo, ma prima di andare in qualunque altro posto, aveva bisogno di tornare a Portaleen.
Non era stato semplice convincere Silente ad accompagnare lei e sua sorella lì, davanti alle macerie. Ma Amanda voleva vedere, aveva bisogno di toccare con mano la realtà, di farsi ancora più male, di sentire i suoi genitori vicini a lei un’ultima volta. Appena arrivati, Silente illuminò la zona con la sua bacchetta, e Amanda trattenne il respiro.
Inizialmente, rifiutò quell’immagine e chiuse gli occhi. Cercò di immaginare la sua casa, ancora integra. Alla destra del portico, l'altalena sulla quale lei e Layla, da piccole, si spingevano a turno. Le pareti esterne rosa chiaro, quelle che i suoi genitori avevano dipinto assieme in un'intera estate. Il salotto, l'enorme parete interamente rivestita di libri dello studio del padre, la sua camera, quella di Layla e poi quella dei suoi genitori. Pensò di disegnarla, per conservarne il ricordo, così come i loro volti. Le restava solo una vecchia foto di un paio di anni fa. Pensò ai loro ultimi istanti e si domandò come fossero stati.
Tutto questo era accaduto per il potere, pensò Amanda, riaprendo gli occhi. Lo stramaledetto potere che tutti, compreso Voldemort, compreso le persone buone, quelle cattive o corrotte, cercavano. Non capiva cosa ci trovassero tutti.
Il potere non ti sorride, non ti abbraccia, non ti mette al mondo e non ti conforta. Allora, perché tutti lo preferivano alle persone?
Era uno spettacolo straziante. Inspirò profondamente e richiuse gli occhi. Le immagini delle macerie rimbombarono nella sua mente.
Se fino a un momento prima si era percepita pesante come un macigno, dopo quella vista si sentì svuotata, come se qualcuno le avesse aperto il petto e l'avesse privata di tutto ciò che vi era all'interno: cuori, polmoni, stomaco, viscere...
Guardò in basso, i suoi occhi registrarono un riflesso nel terreno bruciato a pochi centimetri da lei. Si abbassò e raccolse un pezzo di vetro.
Era la metà dello specchio che aveva dato a suo padre il giorno che avevano scartato i regali. Pensò che fosse uno scherzo del destino il fatto che si trovasse lì, pronto ad essere raccolto da lei, ora che non avrebbe più potuto usarlo con lui. Lo pulì e lo guardò, sussultando un istante alla vista di un paio di occhi blu. Ma erano i suoi. Lo mise in tasca, il vetro tintinnò, a contatto con il suo gemello.
Layla gemette, accanto a lei. Amanda si voltò, vide il volto rigato dalle lacrime e il petto scosso dai singhiozzi.
“Lay...” mormorò, baciandole il capo in un gesto materno.
“Che cos’è questo odore?” domandò sua sorella, guardandosi intorno.
Amanda si scambiò un’occhiata con Silente. Lo aveva sentito anche lei, sin dal primo momento in cui si erano Materializzati lì, e non era sfuggito nemmeno al Preside. Lo ricordava bene, l’odore della carne bruciata, da quando l’aveva sentito la prima volta con Eoin.
“È la terra umida, Lay, la terra umida bruciata,” mentì, senza guardarla. Ma sua sorella non era stupida. Tirò su col naso, poi scoppiò a piangere ancora.
“Li hanno ammazzati, Amanda...” singhiozzò, e Amanda la strinse forte.
“Saremo io e te, Layla. Tú agus mé.” le ripeté. “Loro non vinceranno.”
Avevano ucciso i suoi genitori perché si sentivano minacciati dal lavoro di suo padre. E questo voleva dire che suo padre aveva lottato nel giusto modo. Questa consapevolezza la inorgoglì, e capì quale fosse la strada da intraprendere. Avrebbe combattuto tutto il marcio che la circondava, i suoi genitori non sarebbero morti invano, avrebbe lottato contro i maghi oscuri che avevano causato tutto ciò e avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per impedire l'ascesa di Voldemort e dei suoi seguaci. Si sentiva sgretolata, proprio come la sua casa, ma sarebbe rinata dalle sue stesse ceneri, proprio come...
“... una fenice,” mormorò.
“Come?” chiese sua sorella, confusa.
Amanda scosse il capo, stringendo ancora più forte Layla.
C’era un motivo per cui non riusciva a trovare l’affinità giusta con gli animali a cui aveva pensato assieme a Sirius.
C’era un motivo per cui il suo Patronus aveva quella forma nebulosa, imprecisa, immatura.
C’era un motivo per cui Fanny le si era avvicinata, quella sera, lacrimandole sul cuore.
Si sentì come se tutti i pezzi di un puzzle complesso fossero tornati al loro posto. Le vennero in mente le parole di sua madre, le diceva sempre: “La magia e l’amore operano in modo misterioso”. E Amanda, in entrambi i casi, l’aveva imparato a sue spese.
Aveva appena deciso. Il suo Animagus sarebbe stato una fenice.
 
 
 
15 gennaio 1977
 
ORION
 
Quella mattina si svegliò con un sgradevole mal di testa. Si alzò a sedere e notò che il letto era vuoto, sua moglie si era già alzata. Diede un’occhiata all’orologio, erano appena le sette.
Con gesti meccanici e annoiati si sistemò e si rese presentabile, prima di scendere in salotto. Ma sua moglie non era nemmeno lì.
“Walburga?” chiamò, perplesso.
“Sono in cucina!” esclamò la moglie.
Ad Orion Black due cose parvero insolite: che sua moglie fosse in cucina, e che esclamasse. Vi si diresse e la vide, in piedi, accanto al tavolo imbandito per la colazione, le braccia conserte, come fosse proprio in attesa di lui. Sorrideva soddisfatta.
“Buongiorno,” lo salutò.
La guardò, confuso.
“Spero lo sia,” commentò, poco entusiasta.
“Per me lo sarà, puoi giurarci,” sorrise, maligna.
“Come mai così di buon umore?” le chiese, guardandosi intorno. “Hai decapitato Kreacher?”
“No, padron Orion, Kreacher è qui!” gracchiò l’elfo, dietro di lui.
Orion sobbalzò, ebbe l’impressione di essere circondato.
“Maledizione! Quante volte ti ho detto che non devi arrivare alle spalle?” borbottò, seccato.
Si voltò verso la moglie e continuò a fissarla, spaesato, finchè non si sedette. Si versò il tè e ne sorseggiò un po’. Walburga continuava a rimanere immobile accanto a lui.
“Sei un po’ inquietante, moglie.”
“Vuoi il giornale?”
“Sì, grazie,” rispose, sospettoso.
Si rese conto che lo aveva già in mano. Con un colpo secco, lo sbatté sul tavolo. Colpì la tazza di tè, che si rovesciò, e il giornale si srotolò sulla prima pagina.
Orion lesse il titolo e sbiancò.
Il cuore mancò un battito, sentì gli occhi bruciare, dovette strizzarli più volte per riuscire a mettere a fuoco l’articolo e leggerlo. Era successo la sera precedente, erano tre Mangiamorte, l’Auror di scorta ferito gravemente, la casa sgretolata con l’Ardemonio, Joe e Mary Anne bruciati all’interno. Pensò ad Amanda e Layla, ora sotto la custodia di Silente. L’immagine del giornale si era bagnata a causa del tè, ma poteva distinguere ciò che era rimasto della loro casa, a Portaleen. Mucchi di pietre, il deserto, intorno.
Si rese conto che non stava respirando. Mary Anne era morta, di lei non era rimasta che cenere. Il cuore di Orion invece continuava a battere, lui riusciva a respirare, lui poteva ancora pensare e vivere. Non pensò che fosse ingiusto, penso più che fosse inutile. Non l’avrebbe più vista, non le avrebbe più parlato, non avrebbe più potuto scusarsi con lei, per il modo in cui si erano lasciati l’ultima volta, anche se lei probabilmente non aveva pensato a quello, l’istante prima di morire. Era così ingiusto soffrire per lei, quando lei non era mai stata a conoscenza della portata dei sentimenti che lui provava. Si sentì stupido, si sentì ferito, si sentì morire.
Orion pensò che se tutti i rimpianti della sua vita fossero stati mattoni, ci avrebbe potuto costruire una casa per sé e Mary Anne, in cui proteggerla col coraggio che non aveva mai avuto in tutta la sua patetica vita.
Non ebbe la forza di pensare a nient’altro. Era tramortito, il dolore alla testa si acuì, martellandogli insistentemente le tempie.
In un gesto di rabbia cieca strappò il giornale. Sentiva lo sguardo di sua moglie addosso, ma non gli importava più nulla.
“Era questo che volevi?” le urlò contro, furioso. “La mia disperazione ti rende felice?”
Walburga fece un mezzo sorriso e inarcò le sopracciglia. Parlò con calma, ma Orion fu scosso dai brividi.
“La tua disperazione? Sei fuori strada, Orion, di quella non importa niente a nessuno. M’interessava il mio onore, e l’ho appena riguadagnato.”
Orion stette in silenzio, non dovette aspettare molto perché la moglie si spiegasse meglio.
“Hai sempre creduto di essere più furbo, tanto da presentarti ubriaco fradicio quella sera, poco prima che mettessi al mondo quel tuo primogenito degenere. Non ho avuto bisogno di chiederti nulla, perché mi confessasti tu stesso di essere andato a cercarla, di averle chiesto di scappare con te. Se lei ti avesse detto di sì mi avresti abbandonata senza pensarci due volte, gettando vergogna sulla nostra famiglia!” urlò. “Tu sei questo, Orion, e ho imparato a capirlo. Non mi meraviglia come dal tuo seme sia venuto fuori – torna qui, ingrato, avrei dovuto buttarti fuori quella sera stessa!”
Orion percorse il corridoio verso l’uscita, sentì le urla di Walburga, ma non si fermò. Era venuto il momento di andarsene, non sarebbe rimasto un minuto di più. Non gli rimaneva più nulla, al diavolo quel maledetto arazzo, al diavolo la moglie e le teste dei suoi elfi domestici. Mary Anne non c’era più, e quella stronza di sua moglie avrebbe passato, con tutta probabilità, una delle giornate migliori della sua vita.
Attraversò l’uscio, finalmente era fuori.
Si Smaterializzò il più lontano possibile da quella maledetta casa, si ritrovò prima a Diagon Alley, poi in un secondo a Galway, e infine a Portaleen. Si accorse di non essere solo, osservò da lontano parecchi agenti del Ministero che svolgevano le indagini. Uno di loro notò la sua presenza, ma per quando ebbe strizzato gli occhi per metterlo a fuoco, Orion se n’era già andato.
Si Materializzò davanti al San Mungo. Non aveva idea di quello che stava facendo, l’importante era camminare, non pensare. Girovagò per ore in ogni piano, senza meta, senza motivo.
Poi, girato l’angolo del quarto piano, riconobbe Dorea Potter fuori da una camera. Fece dietrofront, allontanandosi, e salì ancora, arrivando alla sala ristoro. Non era mai stato in quell’area dell’ospedale. Sentì le gambe indolenzite, ma non riusciva a fermarsi.
“Sei sicura di farcela? Dammi qua,” disse una voce dietro di lui. Orion l’avrebbe riconosciuto tra un milione di altre.
Si fermò di colpo e si voltò completamente, ma si arrestò in modo troppo brusco, e qualcuno andò a sbattere contro di lui. I bicchieri di liquido fumante che quel qualcuno portava finirono a terra solo dopo aver depositato tutto sulle sue vesti.
Orion alzò gli occhi e si trovò di fronte Amanda e Sirius.
“I-io… mi dispiace, si è fermato all’improvviso – Signor Black?” disse Amanda, frastornata. Orion notò quanto fosse diversa dall’ultima volta che l’aveva vista: meno serena, il sorriso sparito, gli occhi spenti. Lei si voltò immediatamente verso suo figlio, per osservare la sua reazione.
Anche Sirius lo guardava, stranito e stanco. Dovevano aver appena passato la più brutta nottata della loro vita.
“Cosa ci fai qui?” chiese Sirius.
Non seppe cosa rispondere. Perché le gambe l’avevano portato lì? Non si aspettava davvero di vederli, non era preparato ad un simile incontro. Tacque per secondi interminabili, poi pensò che confessare la verità fosse la soluzione migliore.
“Ho saputo di Joe e… Mary Anne,” mormorò. Nel pronunciare il suo nome la voce si incrinò. “Mi dispiace molto, Amanda.”
“Li conoscevi?” domandò Sirius, confuso.
“Lui e mia madre erano… beh, erano amici,” rispose Amanda con la voce stanca. “I miei genitori mi hanno raccontato tutto.”
“Che cosa?” domandò Sirius, incredulo. “Perché non me ne hai parlato?”
“È… un po’ complicato,” si giustificò lei. Continuò a guardare Orion, indecisa. “Ecco, mia madre-”
“È stata l’unica donna che io abbia mai amato,” terminò Orion per lei. Quel giorno stentava a riconoscersi. Non si era mai lasciato andare ad una confessione del genere. Aveva urlato a Mary Anne di amarla, tanti anni prima, ma dopo quel rifiuto aveva continuato a tenersi tutto dentro. Dirlo in quel momento, davanti a suo figlio e ad Amanda, gli suonò strano ma liberatorio.
Lei sospirò e osservò Sirius schiudere la bocca, preso alla sprovvista da quella rivelazione.
“Non ho nessun diritto di parlare di lei, lo so,” continuò “ma tu e tua sorella siete le sue figlie, e lei era una persona meravigliosa, quindi se doveste aver bisogno-”
Un ragazzo arrivò di corsa, interrompendolo. Nel suo volto rivide Dorea, doveva essere suo figlio, il grande amico di Sirius. Dietro di lui, a passo svelto ma con le spalle curve c’era una testa bionda che Orion aveva rivisto solo in fotografia. Layla si presentava più alta e formosa di sua sorella, aveva i colori di sua madre, ma la camminata cadenzata e quieta di Joe. Incrociò il suo sguardo e vi rimase incastrato qualche momento.
“Si è svegliato!” esclamò James, col fiatone. Si bloccò non appena si accorse della sua presenza.
Sirius non rispose, Orion percepì il suo sguardo di sufficienza. Se c’era una cosa che suo figlio aveva ereditato dalla moglie, era la capacità di mortificare con la sola espressione algida degli occhi.
“Cosa stavi dicendo, padre?” sbottò, calcando l’ultima parola con disgusto. “Che saresti disposto a fare qualsiasi cosa per farle stare meglio, quando non sei riuscito mai a fare niente per i tuoi stessi figli?”
Orion abbassò lo sguardo e strinse le labbra, ma non gli sfuggì il modo in cui Amanda strinse il braccio di Sirius.
“Charlus si è svegliato,” gli sussurrò. “Dobbiamo andare, Sir.”
Qualcosa gli sfiorò un braccio, Orion alzò lo sguardo, gli occhi di Amanda lo trafissero.
“La ringrazio per le sue parole,” disse “ma non c’è niente che lei possa fare.”
Si voltarono e se ne andarono, seguendo James. Amanda appoggiò il capo sulla spalla di suo figlio, che le mise un braccio intorno alla vita con fare protettivo. Sirius si girò nella sua direzione e gli riservò un’ultima occhiata che Orion non seppe decifrare.
Layla aspettò che tutti le passassero davanti, poi si voltò verso di lui.
“Anche io so tutto,” mormorò, con il tono di chi non ha più lacrime da piangere “e questa mattina mi è ritornato in mente. Se tra lei e mia madre fosse andata diversamente, se lei avesse avuto il coraggio che le è mancato, forse ora sarebbe ancora viva. Ma era un pensiero che non stava in piedi, perché mio padre era l’uomo della sua vita, e lei non sarebbe stata mai felice con nessun altro. Semplicemente, certe persone sono destinate a stare insieme.”
Poi, pronunciò parole familiari.
“Torni da sua moglie, signor Black.”
Lo stesso tono, gli stessi occhi, gli sembrò di tornare indietro di diciassette anni, la rivide davanti ai suoi occhi. La disperazione gli bruciò la gola, ma non lasciò scappare nemmeno una lacrima.
 
 
Note:
Eccomi tornata. Questo è un capitolo più corto del solito, e lo posterò anche prima del normale aggiornamento settimanale, proprio perché vuole essere un’integrazione del precedente, altrimenti troppo lungo. Il capitolo in questione prevedeva più pov, ma ho voluto mettere in risalto quello di Amanda e di Orion, perché Amanda ha un momento d’epifania centrale, mentre Orion fa i conti con la sua incapacità di sapere quello che vuole (…vi ricorda qualcuno?). Che ne pensate di Walburga?
Attendo di sapere cosa ne pensate, questi aggiornamenti veloci tenteranno di recuperare il tempo perso questa estate.
Alla prossima!
-Amanda
 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Quando indietro non si torna ***


Capitolo XXIII: “Quando indietro non si torna”
“Me, I fall in love with you
every single day,
I just wanna tell you who I am.”
Thinkin’ out loud, Ed Sheeran
 
“Io non ho paura
di quello che non so capire,
io non ho paura
di quello che non puoi vedere,
io non ho paura
di quello che non so spiegare…
di quello che ci cambierà.”
Io non ho paura, Fiorella Mannoia
 
26 gennaio 1977
 
SIRIUS
 
Sirius era certo che Amanda non stesse reagendo per niente bene al lutto che aveva subìto. Non l’aveva mai vista piangere, in tutti quei giorni. Era stato un periodo difficile, pieno di andirivieni dal San Mungo a Godric’s Hollow. Dorea aveva insistito tanto affinché Amanda e Layla stessero con tutti loro, e Sirius non aveva mai visto Amanda così impegnata a fare qualsiasi cosa pur di non fermarsi a pensare. Il centro di tutte le sue attenzioni era diventata sua sorella: la cercava in continuazione, si assicurava che stesse bene in modo ossessivo, era sempre al suo fianco. Anche Layla aveva percepito che qualcosa in sua sorella non andava, ma assecondava il suo bisogno di sentirsi utile pensando che potesse aiutarla a superare quel momento. Intanto, Amanda era sempre padrona di sé; non si sfogava, parlava poco, non piangeva e prendeva in continuazione la sua pozione calmante.
Aveva discusso con lei proprio a causa della pozione. Non era più lei, quell’intruglio la inibiva e sopprimeva ogni sua reazione, non poteva pensare di rimandare continuamente il momento in cui avrebbe affrontato i suoi problemi. Ma Amanda insisteva a prenderla, nascondendosi dietro al terrore di far male a qualcuno.
Un’altra sua missione sembrava essere diventata anche quella di non permettere a Charlus di abbandonare il suo lavoro. Da quando si era svegliato al San Mungo, era parso subito molto provato da ciò che era accaduto. Era sfiduciato da se stesso e si sentiva enormemente in colpa per la morte dei Froude, con cui era tra l’altro legato da una forte amicizia. Era proprio questa amicizia, secondo lui, ciò che non gli aveva permesso di essere abbastanza professionale, e non aveva mancato di farglielo notare, con ben poco tatto, persino Malocchio Moody. Nonostante Amanda nutrisse una profonda stima per Alastor, in un’occasione Sirius dovette allontanarla dall’Auror, a causa di una forte discussione scoppiata tra i due: Amanda giustificava Charlus, mentre Malocchio, con il solito tono da Auror navigato e supponente, gli aveva dato dell’incapace.
Sirius aveva provato a starle accanto più che poteva, ma sentiva che si era allontanata. Fuggiva il suo sguardo, come se temesse che potesse leggerle dentro quanto stava soffrendo. Sapeva che non era così solo nei suoi confronti, perché anche Jaded aveva notato lo stesso.
Erano tornati a Hogwarts da poche ore, quella mattina, e Amanda aveva fatto ritorno dalla biblioteca carica di volumi sulla Trasfigurazione. Aveva insistito, poi, perché andassero in un aula, dopo cena, e una volta lì gli confessò di aver finalmente trovato la forma di Animagus adatta a lei. Sirius l’ascoltò parlare, dopodiché strinse le labbra, scettico.
“Sarà difficile, Amanda.”
“Lo so.”
Molto difficile.”
“Ti stai ripetendo, Sir.”
“Se non addirittura impossibile.”
“Grazie, è proprio quello che ho bisogno di sentirmi dire!”
Sirius sospirò.
“Lo dico per te, non voglio che tu rimanga delusa se non vedrai risultati! Un conto sono animali normali, un conto sono le creature fantastiche. Sai che non esistono casi documentati di maghi che siano riusciti a trasformarsi in animali fantastici?”
“Esatto, casi documentati. Non sappiamo in realtà se sia mai accaduto o no! Ti dico che è quello che sento, ho bisogno di sapere che pensi che possa farcela,” rispose, caparbia.
“Io penso che per il momento devi accantonare questo pensiero e preoccuparti di te. Non ti sei fermata un attimo, hai bisogno di elaborare quello che è successo!”
Lei lo trafisse con lo sguardo.
“Sai una cosa? Non ho bisogno del tuo aiuto, lo farò da sola.”
“Smettila, sai che voglio aiutarti! Ma voglio che prima tu stia meglio. Non ti sei sfogata nemmeno con Jaded, non hai versato una lacrima!”
“NON CI RIESCO!” urlò, facendolo trasalire. “Pensi che non ci abbia provato? Non ci riesco, non riesco a piangere! I miei genitori sono morti, dannazione, non hanno nemmeno una tomba perché di loro non è rimasto niente, e io non so versare una maledetta lacrima! Credi che sia piacevole?” gli inveì contro.
Non era la reazione che si aspettava, ma era pur sempre qualcosa, pensò speranzoso. Ci fu uno scoppio improvviso, la vetrata di una finestra dell'aula era appena andata in frantumi.
“Sei stata tu?” chiese, preoccupato.
Amanda tenne gli occhi bassi, non ripose.
“Stai prendendo la pozione?” insistette.
“Sì.”
“Devi parlare con Silente, non puoi prenderla per sempre! Devi cominciare a controllarti da sola, non va bene che tu ci faccia troppo affidamento.”
Amanda sorrise, amareggiata, e roteò gli occhi verso il soffitto.
“Devo essere impazzita, Sirius Black mi ha appena fatto una ramanzina.”
Non aspettò che le rispondesse. Prese la borsa e uscì dall'aula, sbattendo la porta.
Sirius la rincorse per il corridoio.
“Amanda, aspetta, fermati!” esclamò, cercando di afferrarle un braccio, ma lei si scostò con stizza.
“Stammi lontano!”
“Sto cercando di aiutarti,” tentò di spiegarle con calma.
“Non ne ho bisogno,” sentenziò, scontrosa.
Sirius sapeva che quando era in quelle condizioni non amava essere rincorsa. Si fermò e la guardò allontanarsi.
“Dove vai?” le chiese, preoccupato. Amanda si fermò e si voltò, senza però risparmiargli un'occhiata incattivita.
“A recuperare le mie cose nei Sotterranei, non metterò più piede in un dormitorio Serpeverde.”
“Perché? Ti hanno detto qualcosa?”
“No, ma non ho più niente da spartire con loro. L'unica persona che ancora mi legava a quella casa non c'è più, non ha senso che continui a starci. Silente è d'accordo, mi permetterà di stare nel dormitorio con Lay.”
Stettero qualche secondo a fissarsi, lei era sulla difensiva. Probabilmente, aspettava che lui le dicesse qualcosa.
“Vuoi… vuoi che ti accompagni?” tentò.
Amanda mise il broncio e non rispose, poi si voltò di scatto e riprese a camminare. Sirius lo prese per un ‘sì’.
 
*
 
I Sotterranei erano la parte che Sirius meno preferiva del Castello. Per non parlare della sala comune dei Serpeverde. Era la prima volta che vi metteva piede, e ad un tratto comprese per quale motivo gli studenti di quella casa fossero sempre cupi e scontrosi. Guardando quel posto si convinse definitivamente di come Amanda non c’entrasse niente con loro. Come aveva fatto a resistere tutti quegli anni?
Dovette impegnarsi per vedere dove metteva i piedi, a causa della poca luce a cui non era abituato. Un minimo di luce c’era, ma era verde e fioca, tanto che gli trasmise non poca ansia. Fu davvero grato, in quel momento, di essere un Grifondoro. Comprese anche il motivo per cui Amanda aveva accettato che la seguisse, quando dovette camminare davanti a lei per evitare che inciampasse.
La sala comune contava qualche studente più piccolo intento a chiacchierare e a giocare a scacchi. Si zittirono al loro passaggio e li osservarono, ma nessuno si rivolse a loro.
“Dovrai aspettarmi fuori dalla porta,” gli ricordò Amanda, svoltando in un corridoio poco illuminato. Sirius pensò seriamente di prendere la bacchetta per farsi luce.
Alla loro spalle una voce fastidiosa chiamò Amanda.
“Froude!”
Sirius la vide fare un profondo respiro prima di voltarsi. Aveva riconosciuto la voce di Avery, strascicata e sorpresa. Notò che le tremavano le mani. Sirius si voltò e vide che era accompagnato da Regulus. Non si vedevano da un po’, ma rimase senza fiato nel notare in che condizioni fosse: visibilmente dimagrito, appariva emaciato, nervoso e ingrigito.
“Bentornata. Mi dispiace per quello che è successo ai tuoi genitori,” disse.
“Potrei anche crederti se non avessi quel sorriso stampato sulla faccia,” rispose seccata Amanda.
Marcus sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Sirius. Lo sguardo si assottigliò.
“Che ci fa lui qui?”
“È con me,” rispose immediatamente lei, con un’aggressività che Sirius non si aspettava. 
“Lo so. Ho smesso di meravigliarmi, ormai, sei famosa per la tua pessima capacità di scegliere,” ribatté. “L’avrai sicuramente ereditata.”
Levicorpus!’ pensò Sirius, puntandogli la bacchetta in un gesto svelto, e Marcus Avery si ritrovò appeso a testa in giù per una caviglia.
“Dovresti imparare a tenere la bocca chiusa, Avery, perché non a tutti interessano le stronzate che dici. Io sono tra questi, ad esempio,” sbottò Sirius.
Avery ringhiò, frustrato, e cercò disordinatamente la bacchetta tra la divisa, rovesciatasi davanti agli occhi. Sirius lo disarmò con la stessa velocità con cui l’aveva sollevato, la bacchetta volò qualche metro più lontano. Regulus estrasse la sua e gliela puntò contro.
Sirius ghignò.
“Fai sul serio, Reg?” lo schernì.
“Lascialo andare,” intervenne Amanda, atona. Diede le spalle a tutti e riprese a camminare. “Non ne vale la pena.”
Sirius sbuffò, accigliato, e liberò Avery, che toccò malamente il pavimento di pietra con un tonfo.
“Ti avevo avvisato, Amanda, ricordi?” ringhiò, rialzandosi in piedi. “Ti avevo detto che ti si sarebbe ritorto tutto contro.”
Amanda si bloccò, per poi voltarsi.
“Che vuoi dire?” sibilò, avvicinandosi. Sirius la trattenne per un braccio. Era molto calda.
“Niente più di quello che ho detto,” ribatté con un ghigno. “Pensavo che… beh, con tutte le protezioni, la tua casa non fosse così visibile. Eppure, l’hanno trovata.”
Sirius guardò Amanda, era impassibile. Marcus continuò, soddisfatto di avere tutta la loro attenzione.
“Davvero non ti è saltato in mente che potesse esserci una persona un po’ ambigua tra quelle di cui ti fidavi?”
Gettò un’occhiata veloce e sprezzante a Regulus, accanto a lui. Sirius sentì lo stomaco stringersi e diventare di piombo. Abbassò la bacchetta, sentiva le braccia pesanti.
“Magari… più vicina di quanto pensi,” terminò con un sorriso falso.
Anche ad Amanda non era sfuggito lo sguardo che Marcus aveva rivolto a Regulus. In compenso, lui continuava a tenare gli occhi bassi, assente.
“Che significa? Reg…” mormorò lei. “Non sta parlando di te, vero?”
Regulus alzò finalmente lo sguardo e Sirius non lo riconobbe. I suoi occhi erano un pozzo scuro e inespressivo. Cosa gli era accaduto?
Non rispose, ma si voltò verso Marcus e gli mormorò qualcosa che non sentì. Diede loro le spalle e si allontanò.
Sirius si girò verso Amanda, rimasta impietrita. Avery, invece, esibiva il sorriso più trionfale che gli avesse mai visto fare.
“Ho visto quel che è rimasto della tua casa. È incredibile cosa riesce a fare il fuoco, vero? Mi è sempre piaciuto!” esclamò.
Sirius alzò di nuovo la bacchetta, pronto a farlo tacere, schiantandolo una volta per tutte, ma Amanda gli bloccò il braccio. La guardò e capì che qualcosa non andava. Era troppo calma, il suo respiro era appena percettibile. Ed era troppo calda.
“Stai bene?” le chiese, ma lei non lo guardò e non rispose. Interruppe il contatto e si voltò verso il Serpeverde.
“VUOI IL FUOCO, MARCUS?” urlò, all’improvviso.
Sirius fu percorso da brividi lungo tutta la schiena. Si aspettò di vedere rompersi qualche vetro intorno a loro, qualche quadro andare in fiamme. Ma quello che cominciò a prendere fuoco fu Avery. Fu avvolto velocemente dalle fiamme, e iniziò a urlare. Gli studenti nella sala comune accorsero nel corridoio, sentendo le grida strazianti di Marcus, e i più piccoli si unirono agli strilli, terrorizzati.
Sirius pensò che gli stesse bene, che non avrebbe dovuto provocarla, che non gli interessava che lui morisse. Gli importava, però, che Amanda non si lasciasse sopraffare dal proprio potere. Quello che stava facendo l’avrebbe messa nei guai, e non voleva che pagasse per una colpa che non aveva.
“Amanda!” la chiamò, scuotendola. Si era incantata nel guardare le fiamme che consumavano Avery, ormai a terra, privo di coscienza. Quando la toccò, sembrò uscire da una specie di trance, e le fiamme sparirono, lasciando solo un forte odore di bruciato.
Incontrò il suo sguardo, era di nuovo Amanda. Ma era terrorizzata, smarrita per quello che aveva fatto. Indietreggiò, sfuggendo alla sua presa, e scappò verso l’uscita dei Sotterranei.
Sirius non ebbe modo di seguirla; la confusione richiamò fuori dai dormitori parecchi studenti Serpeverde, anche più grandi, tra cui Sirius distinse Nott, Rosier, Mulciber e Piton.
“Black!” ringhiò Nott, puntandogli contro la bacchetta. “L’hai ridotto tu così?”
Fermi!” sbraitò la voce di Lumacorno, già in vestaglia. Avanzò, facendosi spazio tra gli studenti, e strabuzzò gli occhi nel vedere Avery, svenuto e pieno di vesciche e piaghe su volto e braccia.
“Che cosa è successo?” urlò, sconvolto, avvicinandosi a Marcus. Tirò fuori la bacchetta, mormorando incantesimi che parvero non funzionare.
“Bisogna portarlo in Infermeria!” sbottò. Si rivolse poi a Sirius, sgomento: “Black, cosa fa lei qui? È stato lei a fare questo?”
Sirius, in quegli istanti concitati, aveva già deciso cosa rispondere, ma una voce dietro il professor Lumacorno lo anticipò.
“È stata Amanda.”
Lumacorno si voltò e Sirius vide Regulus, accorso insieme ad altri compagni di dormitorio.
I loro occhi si incontrarono ancora, questa volta fu suo fratello a ghignare.
“Non ti ha raccontato di cosa è capace, vero?”  
Sirius non rispose. Spintonò qualche studente, facendosi strada, e corse via da lì, alla ricerca di Amanda, incurante di Lumacorno che lo richiamava indietro.
 
 
 
 
 
AMANDA
 
Non c’era giustificazione per quello che aveva fatto. Forse l’aveva ucciso, sperò di no. Era un mostro. Ancora una volta, la rabbia e la voglia di vendetta erano riuscite a sopraffarla. La spaventava il piacere che aveva provato nel guardare come le fiamme avevano consumato la pelle di Marcus, e se non fosse stato per Sirius, non sapeva quanto sarebbe rimasta lì a farlo bruciare.
Il suo tocco l’aveva fatta tornare alla realtà, e aveva avvertito immediatamente l’odore di carne bruciata. In un istante era fuori dalla sua casa, quella carne aveva lo stesso odore dei suoi genitori, e lei non era diversa da quel Mangiamorte che aveva appiccato il fuoco. Ed era stata anche una codarda, perché era scappata, lasciando Sirius da solo, a vedersela con gli studenti che sarebbero accorsi, e persino con il professor Lumacorno, che sarebbe spuntato fuori dai suoi alloggi a causa della confusione.
Doveva cercarlo, doveva spiegargli, forse doveva tornare indietro e affrontare le conseguenze delle sue azioni. Oppure, doveva andare da Silente, confessargli che era tutta colpa sua, che meritava di essere espulsa. O ancora, cercare sua sorella e raccontarle di come Regulus le aveva raggirate per tutto quel tempo, facendo il doppio gioco con Avery, passando informazioni. Non voleva crederci, le sembrava impossibile. Eppure, il suo silenzio aveva parlato chiaro. Ma rimaneva inchiodata lì, seduta sul pavimento gelido di pietra della prima aula che aveva trovato, salendo quanti più scalini aveva potuto. Non aveva nemmeno idea del piano in cui si trovava.
Le lacrime avevano iniziato a scendere, rigandole il volto. Si era meravigliata, all’inizio, pensò di essere ferita, e che stesse perdendo sangue, ma assaggiandole aveva capito. Allora aveva iniziato a piangere ancora più forte, i singulti le scuotevano il petto, non vedeva la fine di quel pianto. Si sentiva come se il cuore le si fosse aperto in due e stesse riversando fuori di lei tutta la sofferenza che si era portata dietro in quelle settimane. Le lacrime scendevano, i singhiozzi erano disperati, più piangeva e più sentiva caldo. Temeva di perdere ancora il controllo, e con sé non aveva altra pozione, e ciò la agitò ulteriormente. Desiderò sparire, non essere mai esistita. Il nulla sarebbe stato di gran lunga meglio di tutta quella sofferenza.
Perse il senso del tempo. Stava ancora piangendo, quando il buio dell’aula venne squarciato da una striscia luminosa proveniente dalla porta.
“Amanda?” chiamò la familiare voce di Sirius.
“Vattene,” sbottò.
Lo sentì sospirare.
“Come stai…? Vuoi davvero che me ne vada?”
Amanda tacque; poi, con la voce rotta dal pianto, rispose.
“No… ma non voglio ucciderti...”
La porta si richiuse. Probabilmente era entrato, perché Amanda lo sentì camminare nel buio. I passi si avvicinarono sempre di più, fin quando non percepì la sua presenza in piedi, accanto a lei. Si sedette a terra e le sfiorò una spalla.
“Vieni qui…” le mormorò. Le sue braccia la circondarono e la tirarono verso di lui. Amanda affondò il viso nel suo petto e si lasciò andare ad un lungo pianto.
 
 
28 gennaio 1977
Grimmauld Place, 12
Londra
 
REGULUS
 
Si pentì di essere tornato a casa non appena vi ebbe messo piede. La tensione tra i suoi genitori era palpabile; era lì da qualche ora e si erano rivolti solamente sguardi torvi. Regulus immaginò cosa poteva essere accaduto, ma la conferma l’ebbe dopo qualche ora da Kreacher, che gli raccontò di come i suoi genitori fossero in quelle condizioni da ben due settimane. Il giornale, il litigio, suo padre che era uscito sbattendo la porta, le urla di sua madre. Poi, suo padre era tornato, qualche ora dopo, aveva guardato sua madre e le aveva sputato addosso tutto il veleno e il risentimento. Da allora, la tensione era alle stelle. Sua madre non aveva reagito, ma probabilmente meditava vendetta. Si meravigliò di sapere come suo padre avesse tirato fuori tutto, e provò una gran pena per lui. Fece fatica ad incontrare il suo sguardo per farglielo capire, perché sua madre pareva ben intenzionata a limitare i suoi contatti con il padre.
Lo informò che Bellatrix aveva chiesto la sua presenza a cena nel suo maniere, quella sera, ed era il motivo principale per cui lo avevano fatto tornare a casa quel weekend. Regulus sentì lo stomaco stringersi a quella notizia. Era arrivato il momento, la sua sicurezza per il percorso che aveva deciso di intraprendere vacillò.
Qualcuno bussò alla porta, facendolo sussultare.
“Avanti,” disse.
La porta si aprì, e suo padre fece ingresso nella sua camera. Regulus, da sdraiato, si mise a sedere composto sul letto, sperando che suo padre rimanesse qualche minuto con lui.
“Sei occupato?” gli chiese, facendosi avanti.
“No,” rispose Regulus. “Come avete fatto a non farvi vedere da mia madre?”
Suo padre fece un sorriso triste e prese posto accanto a lui.
“Ho detto a Kreacher che la sua padrona aveva bisogno di riposare e le ha preparato qualcosa che… la aiutasse a prendere sonno,” rispose. “Ma parlare di tua madre non è il modo in cui vorrei occupare il poco tempo che abbiamo. Come stai?”
“Bene,” mentì.
Era la domanda a cui aveva meno voglia di rispondere, perché si sentiva a pezzi, e il suo fisico rispecchiava il suo umore.
Le vacanze di Natale avevano sancito una profonda rottura nell’equilibrio tra lui e Layla. A quanto pare, Mary Anne aveva fatto a Layla un discorso che l’aveva fatta riflettere sulla loro relazione. Regulus, invece, era stato a stretto contatto con sua cugina Bellatrix e Rodolphus, che avevano insistito affinché li seguisse nelle loro azioni sovversive, ma non aveva mai avuto dubbi sui suoi sentimenti per Layla.
Ci si era messo anche Avery, appena tornato a scuola, che aveva voluto mettere in chiaro come fosse al corrente di tutto ciò che stava succedendo. Sapeva benissimo che tra lui e Layla la relazione era continuata anche dopo l’ultima discussione che avevano avuto mesi prima, e l’aveva avvisato di come questo sarebbe stato d’intralcio ai suoi scopi. Quella di Marcus era stata una minaccia molto poco velata, e Regulus si era trovato costretto, per proteggere Layla, ad allontanarsi definitivamente da lei poco prima di quel maledetto attentato. Ricordava ancora le parole che Marcus gli aveva detto, guardandolo con disprezzo: “Minacciare di far sapere tutto alla tua famiglia non è servito, e credo che nemmeno ti interessi più. È la sua incolumità, ora, quello che più ti preoccupa, vero?
Era stato così frustrante rimanere in silenzio quando Amanda gli aveva parlato. Avrebbe voluto urlargli che no, non era vero, non aveva tradito la loro fiducia. Non ce n’era stato bisogno, perché Marcus sapeva che non avrebbe ricavato da lui nulla che gli fosse utile, e, oltretutto, possedeva già le informazioni che gli servivano, anche se Regulus non sapeva da chi le avesse avute. Avery aveva fatto qualcosa di peggio: aveva insinuato il dubbio in Amanda, e lui non aveva potuto far nulla per smentirlo. Tutto questo solo per proteggerle, perché se i Mangiamorte erano riusciti a uccidere i loro genitori, protetti com’erano, non avrebbero avuto problemi a sbarazzarsi di due streghe adolescenti, se ne avessero avuto voglia. E loro non l’avrebbero mai saputo, l’avrebbero ritenuto un traditore, probabilmente per sempre.
Si era limitato a guardarla, in silenzio, mentre dentro di sé infuocava la guerra. Marcus aveva ottenuto ciò che voleva, era riuscito a dividerli. Gli aveva sussurrato: “Sarai soddisfatto, ora,” e se n’era andato, perché sapeva quello che da lì a poco sarebbe accaduto. Aveva notato come Amanda fosse sul punto di scoppiare; Avery stava per saggiare tutto il potere della compagna, senza saperlo. E lui non sarebbe stato lì ad impedirglielo, perché Marcus se lo meritava decisamente.
 “Perdona la franchezza, ma non mi sembra che tu stia bene,” ribatté. Le sue parole lo riportarono alla realtà.
Sospirò.
“Non… voglio parlarne,” mormorò.
Suo padre si schiarì la voce.
“Già, immagino,” borbottò. “Sei agitato per questa sera?”
Regulus lo guardò negli occhi, e forse, per la prima volta, lo vide veramente. Invecchiato precocemente nelle ultime settimane, sembrava volersi lasciare andare. Era in questo stato che si sarebbe ridotto anche lui? Suo padre era diventato un’ombra silenziosa, si domandò se fosse quello il destino di chi ama per una vita senza essere corrisposto.
Scosse la testa.
“Non molto,” rispose, ed era vero. Non sapeva cosa sarebbe successo. Probabilmente, ci sarebbe stata un’iniziazione, Severus gli aveva raccontato che aveva dovuto affrontare una specie di prova di coraggio.
Suo padre inarcò le sopracciglia, sorpreso.
“Sei sempre stato migliore di me,” gli confessò, stentando una risata amara. “Ma non è così difficile esserlo, in effetti.”
“No, padre,” mormorò Regulus. “Ho solo capito che ci sono cose per cui vale la pena morire. E una volta che l’hai capito, il coraggio ti viene.”
Gli occhi di suo padre si riempirono di lacrime, ma nemmeno una uscì fuori.
“Non andare, Regulus.”
Guardò l’orologio. Era ora. Si alzò, senza togliere lo sguardo da suo padre.
“Io e Layla… non ci parliamo più. Ma non significa che non senta il dovere di proteggerla. Era così anche con sua madre, vero?”
Suo padre fece un sorriso nostalgico, ma non rispose.
“Lo faccio per lei. E per te. Spezzerò questo circolo, padre.”
 
*
 
 
Villa Lastrange
Eilean Chathastail, 
Highlands, Scozia
 
 
 
Non riuscì a mangiare che pochi bocconi, quella sera. Lo stomaco continuava a rivoltarsi nel suo addome, sentiva in continuazione l’istinto di vomitare.
Appena arrivato a Villa Lestrange, si era ritrovato davanti a Lord Voldemort in persona. Non sapeva quale fosse il suo aspetto prima di quella sera, e ne rimase sconvolto. Sua cugina gli aveva sempre descritto quanto fosse affascinante, ma quello che Regulus vide gli chiuse lo stomaco e gli fece completamente passare l’appetito. Qualunque branca della magia Voldemort stesse esplorando, sapeva che di umano cominciava a rimanere ben poco. Era pallido, il suo viso era scarno ed emaciato, gli occhi neri avevano assunto una strana sfumatura rossa, e intorno a lui aleggiava qualcosa di oscuro e impenetrabile. Aveva un modo pacato di parlare, nessuno osava fiatare mentre esprimeva le proprie idee, era in grado di irretire tutti i presenti, facendoli pendere dalle sue labbra sottili ed esangui.
Si sentì parecchio osservato da Lord Voldemort, quella sera, ma fuggì spesso il suo sguardo. Questo destò il suo interesse; evidentemente, non era abituato a dover conquistare l’interesse di qualcuno.
“Saresti un Black, dunque,” disse con voce strascicata Tom Riddle, passandosi l’indice sulle labbra con fare pensoso. Era seduto sulla poltrona vicino al camino. Regulus, seduto di fronte a lui, pensò che somigliasse ad una lucertola che aveva bisogno di assorbire il calore del sole per scaldarsi.
“È il mio cugino migliore, mio Signore,” rispose per lui Bellatrix, eccitata.
“Oh, sì, non hai mancato di ripetermelo svariate volte, Bella,” le fece notare lui con scherno. “Ma ha anche un fratello, giusto? Perché lui non è qui con te?”
“Perché non è più mio fratello,” rispose immediatamente Regulus, a denti stretti. Lo fissò. “I traditori del sangue vanno estirpati esattamente come tutti i mezzosangue,” continuò, sprezzante, sperando di risultare credibile. Cominciava a percepire l’ansia, ma non abbassò lo sguardo. Voldemort sorrise.
“Chissà se lo pensi davvero,” rispose lui con un ghigno perfido, senza togliergli gli occhi di dosso. “Lo scopriremo subito. Bella, fai entrare il nostro ospite.”
Regulus si scambiò un’occhiata confusa con Rodolphus, che gli rispose facendogli l’occhiolino, divertito. Sua cugina si alzò e si diresse verso la porta che conduceva alle prigioni sotterranee.
“Kerwen, è ora,” disse, impaziente.
Si udirono tintinnare delle catene, e l’elfo domestico comparve qualche secondo dopo, tirando una catena di ferro a cui era legata una persona per le mani. Regulus distinse a colpo d’occhio una chioma bionda e gli si gelò il sangue.
Era Layla.
No, c’era un errore. La vedeva, era reale, ma non poteva essere lei. Era vestita di stracci, erano i suoi capelli, quello era il suo viso, erano i suoi occhi, il suo corpo. Camminò sconnessamente fino al centro del salone, avvicinandosi al camino. La camminata non era la sua, Regulus avrebbe potuto giurarci, quella non era Layla. O si voleva convincere che non lo fosse? No, ne era certo. Quello non era lo sguardo che gli rivolgeva di solito, le sue mani non tremavano in quel modo. Quando era nervosa, si grattava le nocche, quando era impaurita si tormentava le labbra, e in quel momento non stava accadendo nulla di tutto ciò. Quella davanti a lui era una scadente imitazione della sua Layla, pensavano davvero che ci sarebbe cascato?
Quindi, ragionò, loro avevano saputo della storia con Layla, Marcus non aveva tenuto la bocca chiusa. Una rabbia cieca gli montò nel petto, dimenticò tutta l’ansia, sentì scorrere l’adrenalina. Si era stancato di essere la pedina di ognuno di loro, di essere schernito e passare da idiota. Decise, in quel preciso istante, che era giunta l’ora di divertirsi anche per lui. Era l’ora di far capire di che pasta era fatto un vero Black.
Ghignò.
“Chi sarebbe?” chiese, squadrandola con sufficienza.
“Marcus ci ha raccontato che hai una bella cotta per lei,” sorrise Rodolphus. “È curioso, si tratta proprio della figlia di Froude, che abbiamo ammazzato un paio di settimane fa. Sai bene che una relazione con lei sarebbe compromettente, vero?”
Cotta? Dannazione, no. Se si fosse trattata solamente di una cotta, non avrebbe un buco nero al posto del cuore, ora. Lui amava Layla, e l’amava persino più di se stesso. Scoppiò a ridere.
“Stiamo parlando dello stesso Avery che ha preso una sbandata per l’altra figlia di Froude lunga degli anni?” chiese, voltandosi verso Voldemort.
Lui inarcò le sopracciglia.
“Stai mettendo in dubbio la sua lealtà?” chiese, pacato.
“Oh, no, mio Signore” rispose. “Penso solo che lui abbia sopravvalutato ciò che quella ragazza significa per me,” continuò, indicandola.
“Vorresti farmi credere che non ti farebbe alcun effetto… ucciderla?” gli chiese Rodolphus, sorpreso.
Regulus gli rivolse uno sguardo seccato. Si alzò, con calma, e si diresse verso il tavolo, sopra cui riluceva il pugnale d’argento di sua cugina. Con la stessa calma, si diresse dalla sconosciuta al centro del salone, terrorizzata da quella situazione.
Fece un giro intorno a lei; più la guardava, più avvertiva il disgusto per lei, una finta riproduzione della ragazza che avrebbe distinto tra mille.
Le si mise di fronte, la guardò impassibile. La pugnalò dritta nello stomaco, avvicinandola a sé per una spalla. Lei trattenne il respiro, strabuzzò gli occhi, appena prima di sentire la seconda pugnalata, a pochi centimetri di distanza dalla prima.
Le scostò i capelli da un orecchio.
“Qual è il tuo nome?” le chiese in un sussurro.
La ragazza farfugliò qualcosa, ancora sotto le mentite spoglie di Layla. Tossì sangue, sputandoglielo sulle vesti. Regulus sentì un suono molto simile a “Eoin”.
Si allontanò dalla ragazza in fin di vita, accasciata a terra. Iniziò a mutare forma: divenne più alta, i capelli si accorciarono e si colorarono di un arancione carico, i tratti somatici cambiarono finchè non assunse l’aspetto di un ragazzo, appena più grande. Sorrise, associando il suo nome all’aspetto, e lo riconobbe. Layla gli aveva parlato di quel ragazzo e di come l’aveva tormentata da piccola. Non avvertì più il senso di colpa.
“Dove l’avete trovato?” chiese, divertito. Restituì il coltello a Bellatrix, che lo guardava con orgoglio.
“Abita nei pressi della casa dei Froude. Si trovava lì fuori, quando abbiamo attaccato, e ho pensato che potesse essermi utile,” rispose sua cugina, facendo spallucce. “Un giorno toccherà anche a quella vera, lo sai?”
Regulus si voltò senza risponderle. Si ripulì dal sangue con un colpo di bacchetta, dopodiché scavalcò il cadavere del ragazzo e si diresse da Voldemort. Appoggiò un ginocchio a terra, abbassò il capo e mostrò l’avambraccio sinistro.
“Direi che te lo sei meritato,” mormorò Tom Riddle, soddisfatto.
Lo sentì sfilare la bacchetta e appoggiarla sul proprio avambraccio. Improvvisamente, sentì l’arto andare letteralmente a fuoco, ma strinse i denti, mantenendo il capo basso. Non durò più di un minuto. Quando rialzò lo sguardo, il Marchio Nero era impresso sulla sua pelle.
Si guardò intorno e sorrise loro, soddisfatto.
Regulus aveva trovato il modo di ingannarli tutti. Aveva scoperto la falla nel sistema, qualcosa che nessuno di loro si sarebbe mai aspettato. Non avevano messo in conto quanto conoscesse bene Layla, quanto l’amasse e, soprattutto, quanto fosse disposto a fare per lei.
Il loro punto debole era che non avevano la minima idea di cosa fosse l’amore.
 
 
 
 


 
Note:
Ciao a tutti!
Allora, vi avverto che sono assolutamente destabilizzata per il nuovo aggiornamento di Pottermore e che questa nota di fine capitolo potrebbe risultare insensata, oltre che inconcludente XD. Cioè, ho scoperto i nomi dei genitori di James e no, non li cambierò per seguire il canon, a meno che la ff non incorrerà in una revisione una volta terminato tutto! – comunque parliamone… FLEAMONT E EUPHEMIA POTTER?! WTF!
Vabbè, passiamo oltre, non voglio rovinarmi la giornata! Cosa ve ne pare, del capitolo? Vi avevo avvisato che ci sarebbe stata dell’angst, un po’ da entrambi le parti, adesso mi spiego un po’ meglio:
  • Sirius. Lui è un patato, povero, per un po’ dovrà sopportare Amanda in questo stato. Non è comunque un tipo accondiscendente, ha bisogno di esprimere la propria opinione; Amanda invece tende ad essere dispotica, quindi prevedo parecchie discussioni, ma in fondo loro ci piacciono per questo! XD
    Non pensate che non gli abbia fatto alcun effetto vedere Reg in quelle condizioni, anzi. Diciamo che gli è crollato il mondo addosso, più che altro perché non conosce suo fratello, e non riesce a comprendere il suo punto di vista nemmeno se gli venisse spiegato. Sirius ama fare le cose alla luce del sole, esporsi e far sapere a tutti da che parte sta, mentre Regulus ha capito che mettendo le mani nel fango e sporcandosele riuscirà a scoprire più di quanto immagini. Sono due modi diversi di affrontare le situazioni, e il secondo modo, sebbene più rischioso, non dà meriti.
  • Regulus: il suo secondo nome, ereditato dal padre, potrebbe essere “mai ‘na gioia”, lo ammetto. Non è mia intenzione maltrattarlo così, ma la situazione è difficile, vedremo se lui se la caverà davvero. Mi piace il rapporto che ha con suo padre. Non si giudicano e si comprendono, soprattutto grazie alla tragicità degli eventi che li accomunano. Chissà cosa succederà tra Reg e Layla, ora che c’è di mezzo il Marchio. Recupereranno mai? Io ovviamente lo so perché nella mia testa è già tutto scritto, vorrei sapere cosa ne pensate voi :P!
Bene, credo di aver detto tutto. Vi mando un bacio e vi ringrazio, al prossimo capitolo!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Come Lily Evans chiese un appuntamento a James Potter ***


Capitolo XXIV: “Come Lily Evans chiese un appuntamento a James Potter”
“It was always you
Can't believe I could not see it all this time, all this time
It was always you
Now I know why my heart wasn't satisfied, satisfied
It was always you”

It was always you – Maroon 5
 

30 gennaio 1977
 
JAMES
 
Attraversò il quadro della Signora Grassa ed uscì dalla sala comune, guardandosi intorno. Vide Amanda, in perfetto orario, arrivare dalla Torre di Corvonero. Aveva un’espressione accigliata in volto e zoppicava leggermente; James trattenne un sorriso, supponendo che doveva essere caduta dalle ripide scale della Torre per l’ennesima volta.
Da qualche giorno, Amanda si era definitivamente trasferita tra i Corvonero, condividendo il dormitorio insieme a Layla. Dopo l’incidente accaduto con Avery, la maggior parte degli studenti aveva iniziato a temerla, tanto da non incrociare mai il suo sguardo o sedersi accanto a lei. Fortunatamente, le compagne di dormitorio di Layla non sembravano condividere questo terrore, anzi, avevano accettato Amanda di buon grado, pensando che potesse essere una buona arma di difesa. Sfortunatamente, invece, Avery se l’era cavata solo con qualche ustione, ed era ancora ricoverato al San Mungo. Lei si sentiva ancora molto in colpa per ciò che era accaduto, benché lui e Sirius sostenessero che Marcus se la fosse cercata. Un risvolto positivo in tutta quella faccenda c’era stato: ora, grazie ad Amanda, nessun ragazzo osava avvicinarsi a Lily quando lei era in sua compagnia.
“Buongiorno!” la salutò, entusiasta.
“’Giorno,” borbottò, massaggiandosi il ginocchio.
“Le scale?” domandò, divertito.
Amanda annuì, mesta. Tirò fuori dalla borsa un nastro rosso e glielo porse.
“Ecco qui il nastro che mi avevi chiesto! Sai come fare il fiocco?”
“Ehm, no, pensavo lo facessi tu.”
“Cosa? Non ho idea di come si faccia un fiocco, James. Hai per caso dimenticato il pacco che ho fatto a Sirius per il suo compleanno?”
“E chi ci ha fatto caso, ero impegnato a sbavare sulla torta!” esclamò James.
Amanda, però, non lo stava ascoltando, distratta. James seguì il suo sguardo e notò che osservava qualcuno che stava salendo le scale, diretto verso di loro. Era un ragazzo dell’ultimo anno, Thomas Ryan, Tassorosso, e aveva un pacchetto tra le mani – con un certo fastidio constatò che era incartato davvero molto bene –. Amanda dovette aver notato la stessa cosa, perché gli riservò uno sguardo di sufficienza. Il ragazzo salì gli ultimi tre gradini più lentamente, una volta accortosi della presenza di Amanda.
“Che fai qui?” gli chiese lei, brusca.
Lui parve pensare di avere avuto una pessima idea, a venire lì. Indietreggiò di un passo, poi si fece coraggio e parlò.
“Io aspetto… la Evans.”
“E perché mai?” s'intromise James, irritato. Ryan lo guardò, improvvisamente preoccupato di doversi difendere anche da lui.
“Volevo salutarla,” borbottò. “È il suo compleanno, pensavo che-”
“Pensavi male. Gira al largo,” lo interruppe Amanda, lapidaria. Lui si guardò intorno, spaventato, e si allontanò, affrettando il passo. “E sta’ lontano anche da mia sorella, ho notato come la guardi!” gli ringhiò poi dietro.
James scoppiò a ridere, Amanda si voltò verso di lui e si schiacciarono un cinque.
“Siamo una bella squadra, Potter!”
James stava ancora ridendo quando sentì il quadro aprirsi. Sirius sbucò fuori, guardando entrambi perplesso.
“Contro chi stavi urlando?” chiese ad Amanda.
“Mi stava aiutando a cacciare pretendenti, c'è una concorrenza spietata!” spiegò James, soddisfatto. Si beccò un’occhiata di rimprovero dall’amico.
“Non approfittarti della mia ragazza solo perché ora fa paura a tutti,” borbottò, indignato. “A me faceva paura prima che andasse di moda,” continuò, beccandosi una gomitata da Amanda.
Li vide salutarsi con un bacio a fior di labbra, e fu contento di notare come lei avesse accennato un sorriso. In quei giorni, il sorriso di Amanda era mancato a tutti.
“Hai intenzione di tenere in dormitorio il regalo per Lily ancora per molto? Mi ha tenuto sveglio tutta la notte!” sbottò Sirius, spazientito. “Ed è maledettamente piccolo, rischio di schiacciarlo in continuazione!”
“Tranquillo! Jade sta tenendo occupata Lily, ho ancora dieci minuti per mettergli un bel fiocco al collo,” esclamò. Pronunciò la parola d’ordine ed entrarono tutti e tre nella sala comune.
“Sai fare un fiocco, a proposito?” chiese a Sirius, speranzoso.
“Ho per caso la faccia di uno che sa fare fiocchi?” domandò lui, sardonico.
“Che faccia avrebbe uno che sa fare fiocchi?” s’intromise Amanda, curiosa.
“La sua,” spiegò Sirius, indicando Remus che scendeva le scale. “Lunastorta,” lo chiamò, “sai fare un fiocco?”
“Cosa? Certo,” rispose lui, e James vide Amanda trattenere un sorriso divertito.
Sentì arrivare dalle scale del dormitorio femminile delle voci, e tra queste distinse proprio quella di sua sorella. Le vide spuntare da dietro l’angolo appena un secondo dopo.
“Cavolo, sono già qui, devo andare!” disse, nervoso.
“La distraggo io,” si offrì subito Amanda, correndo loro incontro. “Lily,” la chiamò, correndo verso di lei, “buon compleanno!”
“Ciao, Amanda,” la salutò Lily, abbracciandola. “Grazie!”
James s’incantò un momento a guardarla. Aveva legato i lunghi capelli in una treccia e, nonostante indossasse la divisa come sempre, quella mattina sembrava più radiosa. Forse era il suo compleanno a renderla ancora più bella del solito, oppure era lei e basta, ad essere sempre più meravigliosa ogni giorno che passava.
Sentì una spinta e si voltò. Era Sirius.
“Va’ a prenderlo, forza,” lo esortò.
James si ricordò improvvisamente quello che doveva fare e salì le scale per il dormitorio tre alla volta. Aprì la porta della camera e si diresse verso il proprio letto, dov’era appoggiata una rigida scatola vuota. L’animaletto gli passò accanto, zampettando allegramente, e James lo afferrò con agilità. Lui non parve d’accordo e gli diede dei morsetti di protesta; uno fece particolarmente male, e James fu costretto a lasciarlo cadere sul letto.
“Ahia! Dannazione!” sbottò, arrabbiato. Ci litigò per qualche secondo mentre cercava di riacciuffarlo, e fortunatamente la spuntò. La bestiolina si dimenò più che poteva mentre James tentava di legargli il nastro intorno al collo. Ovviamente, il risultato fu pessimo, e decise di toglierglielo nel momento stesso in cui si accorse che lo stava soffocando. Lo infilò nella scatola e la chiuse, nonostante i flebili versi di protesta che l’animale emetteva.
“Shh, fa’ silenzio o capirà subito cosa sei. Deve essere una sorpresa!” lo rimproverò.
Si chiuse la porta alle spalle, con la scatola ben stretta tra le mani, e scese le scale. Arrivò in sala comune e vide che erano ancora tutti lì, intenti a chiacchierare.
Incontrò lo sguardo di Lily e si sorrisero a vicenda.
Non si aspettava che l’atteggiamento di Lily nei suoi confronti potesse cambiare da un giorno all’altro, esattamente com’era accaduto da un paio di settimane a quella parte. Si era mostrata sensibile e disponibile, a tratti imbarazzata. Era stata molto vicina ad Amanda e Layla, persino via gufo, quando erano state da lui, a Godric’s Hollow. James avvertiva ancora lo stomaco stringersi piacevolmente al ricordo di come Lily avesse chiesto di lui ogni volta che scriveva a sua sorella. Da quando erano tornati, James sentiva di essere cambiato. La paura che aveva provato per suo padre e lo sgomento per la tragedia capitata ai Froude lo teneva concentrato su ciò che era importante. Continuava a divertirsi, è vero, ma ora aveva ben chiaro gli obiettivi che voleva raggiungere. Lily sembrava essersene accorta, e non gli rivolgeva più occhiate di sufficienza e disapprovazione. Anzi, difficilmente ora incontrava il suo sguardo, perché, quando accadeva, James era contento di constatare che Lily Evans arrossiva.
“Buongiorno, Evans,” la salutò, entusiasta, scendendo gli ultimi gradini.
“Ciao, James,” rispose lei. Notò che era un po’ perplessa. “Cos’hai in quella scatola?”
“Il tuo regalo!” esclamò, porgendoglielo. “Tieni. Buon compleanno, Lily.”
Lei si guardò intorno, un po’ imbarazzata. Prese la scatola e la esaminò, prima di aprirla con cautela. James si godette ogni suo microscopico cambio di espressione nel momento in cui si rese conto che si trattava di un gattino grigio fumo.
Schiuse le labbra e trattenne il respiro, allargando gli occhi verdi. Tirò fuori con estrema delicatezza il cucciolo, che aveva ripreso a miagolare arrabbiato, voltato verso Sirius.
“Caspita, James, è bellissimo!” esclamò Lily, commossa, accarezzandolo. “Come facevi a sapere che volevo un gatto?”
“Ti sembrerà strano, Lily, ma ti ascolto, e lo hai detto qualcosa come cinque volte al giorno per tre mesi,” rispose, divertito.
Lei sorrise, e si guardarono per un lungo istante. James poté chiaramente sentire i suoni intorno a loro attutirsi drasticamente.
Jaded insistette per prendere in braccio il micetto e coccolarlo un po’, e Lily glielo passò senza staccare gli occhi dai suoi. Lasciò cadere la scatola e in un passo era di fronte lui. Inaspettatamente, lo abbracciò di slancio, e le loro guance si sfiorarono. Chiuse gli occhi e rispose all’abbraccio, inspirando. Lily aveva un profumo buonissimo.
“Grazie,” gli sussurrò in un orecchio. James si sentì avvampare, e forse, per la prima volta in vita sua, rimase ammutolito.
Lily sciolse l’abbraccio troppo presto, per i suoi gusti, ma nel tirarsi indietro gli diede un fugace bacio sulla guancia, e continuò a guardarlo con un meraviglioso sorriso. Nel punto in cui le labbra di Lily l’avevano sfiorato, si sentì andare a fuoco. S’incantò a guardarla ancora una volta.
“Ho bisogno di aiuto per scegliergli un nome!” esclamò poi, tutta pimpante. James tornò alla realtà e si guardò intorno, accorgendosi che i compagni li stavano fissando, divertiti. In particolare, quella in visibilio per l’improvviso slancio affettuoso di Lily sembrava essere proprio Amanda, che, all’insaputa della compagna che le dava le spalle, aveva iniziato a saltellare sul posto, mostrando i pollici all’insù.
“A proposito del nome,” esordì Sirius, facendolo tornare alla realtà. “C’è una cosa che dovresti sapere…”
“Di che si tratta?” chiese Lily, sospettosa. James fu grato che l’avesse abbracciato e baciato prima di sapere la notizia.
“Ecco,” disse James, grattandosi la nuca, in difficoltà, “un nome già lo avrebbe.”
“Che vuol dire?” chiese Jaded, curiosa. “Cosa avete combinato?”
“Io, niente,” si difese subito James. Puntò il dito verso Sirius. “È colpa sua!”
“Che? Non è vero, è il gatto che ce l’ha con me,” borbottò Sirius.
“Potter,” disse Lily, stringendo le labbra. “Come lo avete chiamato?”
“Dannazione.”
“Come, scusa?” fece, incredula.
Remus soffocò una risata.
“Scusa, Lily, ma mi fa ridere ogni volta che lo sento,” si giustificò lui, coprendosi la bocca con una mano.
“Dannazione,” ripeté James, abbassando lo sguardo. “Le prime volte che l’abbiamo lasciato solo in dormitorio ha distrutto tutte le tende dei baldacchini e fatto pipì nelle pantofole di Sirius,” spiegò. “Lui ha imprecato talmente tanto contro il gatto che ha pensato lo stesse chiamando. Così, ora crede che il suo nome sia Dannazione…”
“Un gatto non può chiamarsi Dannazione, uffa,” si lamentò Lily, col broncio. Il cucciolo, tuttavia, la smentì, perché si voltò verso di lei e miagolò.
“Lily, non sei nelle condizioni di giudicare,” intervenne Amanda. “Scommetto che loro non sanno come si chiamava il primo gatto che hai avuto.”
Lily arrossì.
“Si chiamava Bleah, ma perché era il verso che ho fatto quando l’ho visto,” ammise. “E, in mia difesa, devo dire che avevo due anni ed era la prima volta che toccavo un gatto!”
James rise, divertito.
“Puoi sempre provare a chiamarlo nel modo che preferisci, ma non so se funzionerà. Da quando abbiamo capito che pensa di avere questo nome, Sirius non fa che chiamarlo!” esclamò Remus.
“Beh, Evans, considerando che la prima cosa che hai detto quando l’hai visto è stata ‘Caspita’, forse sarebbe meglio lasciargli credere di chiamarsi Dannazione,” fece Sirius. Amanda gli diede una gomitata.
“Credo tu abbia fatto abbastanza danni, Black,” sentenziò Lily, esasperata. Poi si rivolse ad Amanda. “Mi avevi detto di avermi fatto una torta, o sbaglio?” domandò, entusiasta. “Dov’è? Andiamo a mangiarla tutti insieme?”
Amanda si schiarì la voce e guardò male Sirius.
“Era così, sì. Ma dovrò fartene un’altra nel pomeriggio, e Sirius non è più gradito in cucina,” disse, senza distogliere lo sguardo di disapprovazione da lui.
“Cosa? Perché?” domandò Lily, perplessa.
“Smetti di guardarmi così, Amanda, non sapevo che fosse per lei!” esclamò il compagno, offeso.
“Allora, Sir, quante torte ho preparato ieri pomeriggio?” chiese Amanda, incrociando le braccia. Lui si guardò intorno, confuso dalla domanda.
“Ehm… una.”
“Bene. Quante torte c’erano quando sono tornata, dopo averti lasciato da solo in cucina?”
Sirius strinse le labbra, divertito.
“Nessuna.”
“Quindi, quale parte di ‘sto preparando una torta per il compleanno di Lily’ non avevi capito, ieri pomeriggio?” chiese, velenosa.
“Santo Godric, amico, ti sei mangiato una torta intera?” disse James, esterrefatto.
“Ma non ti fai nemmeno un po’ schifo?” domandò Jaded, sconvolta.
“Black!” sbottò Lily, arrabbiata. “Vuoi smetterla di boicottare il mio compleanno? Lo hai fatto apposta, ammettilo!”
“Cosa? Non è vero!”
“Sì!” insistette, livida. “Sei geloso che la tua ragazza e il tuo…” si voltò verso James, indecisa su come definirlo “ragazzo - perché sì, tu e Potter avete un maledetto rapporto morboso – si siano dati da fare anche per il mio compleanno!”
James spalancò la bocca, sgomento per la scenata a cui aveva appena assistito.  Il gattino, ancora in braccio a Jaded, soffiò in direzione di Sirius. Sua sorella e Remus parvero sorpresi almeno quanto lui, e Amanda guardò il compagno, incredula.
“Tu vaneggi, Evans!” sbottò Sirius, con gli occhi ridotti a due fessure. Si guardarono male ancora qualche istante, poi Lily si girò nella direzione di James.
“Potter, oggi pomeriggio io e te usciremo insieme,” sentenziò, decisa. “E guai a te se vedo Black nei paraggi!”
Non attese che lui rispondesse; si avvicinò a Jaded e le prese Dannazione dalle mani, portandoselo al petto. Mosse qualche passo in direzione dell’uscita, sotto lo sguardo attonito di tutti - quello di James per primo, che ancora non aveva compreso la reale portata di ciò che era appena accaduto.
Lily si fermò. Poi tornò indietro, si piazzò di nuovo davanti a James.
“Ti va sempre di uscire con me, vero?” chiese burbera, ma notò che era cremisi in viso.
James sorrise e si schiarì la voce.
“Certo.”
“Bene. Ci vediamo alle tre, qui, in sala comune,” decretò, e James vide che cercava di contenere un sorriso timido.
Si sistemò gli occhiali sul naso e la vide dirigersi, questa volta in maniera definitiva, verso il quadro della Signora Grassa, affiancata a Remus.
“Siamo in ritardo, dobbiamo andare alla riunione con i Caposcuola,” la sentì borbottare. Prima di sparire oltre il quadro, James incontrò un’ultima volta il suo sguardo e si sorrisero.
Si sentì stordito e ovattato, e avvertì a malapena Amanda fare una danza della felicità intorno a lui.
 
 
SEVERUS
 
Non le tolse gli occhi di dosso per tutto il tempo della riunione. Non ci riusciva, la sua figura l’attraeva più di una calamita, era frustrante e controproducente resistervi. Sapeva che sarebbe accaduto, per cui aveva saggiamente deciso di sedersi in fondo, ed essere il meno visibile possibile. Aveva funzionato, lei era arrivata assieme a Lupin e nemmeno si era guardata intorno, indaffarata com’era con la palla di pelo che aveva tra le mani. Si era seduta davanti dandogli le spalle, ma in una posizione tale che riuscisse comunque a vederla di profilo, e si era appoggiata il gattino in grembo. Quest’ultimo si godette le sue attenzioni per qualche minuto, dopodiché si acciambellò e si addormentò. Sembrava completamente assorbita da quel cucciolo, tanto che non sembrò considerare gli argomenti trattati dai Caposcuola, tanto che non intervenne nemmeno una volta, lei, che aveva sempre qualcosa da dire.
Oggi era il suo diciassettesimo compleanno, e per la prima volta non le avrebbe potuto fare gli auguri, non avrebbero passato quel giorno insieme, non si sarebbero più parlati. E quel gattino doveva essere un regalo, immaginò persino di chi, con una fitta di fastidio allo stomaco. Ripensò alla lettera che le aveva scritto e mai consegnata; quella giornata poteva essere una buona occasione, ma non l’aveva con sé. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dargliela.
Regulus, accanto a lui, si mosse sulla sedia, distraendolo. Lo guardò; aveva un aspetto stanco e scavato, dato dal ritorno anticipato a scuola dopo essere stato a casa per il weekend. Era stato tutta la notte in viaggio sul Nottetempo, e, appena arrivato, Severus l’aveva trascinato a quella riunione.
“Avrei preferito infilarmi sotto le coperte,” borbottò Regulus accanto a lui, sbadigliando. “È l’ultima volta che ti assecondo. Non sono cieco come quegli altri idioti, so perché ci tenevi così tanto ad essere qui,” continuò, seccato, guardando nella direzione di Lily.
Severus sentì le guance imporporarsi. Mormorò l’incantesimo Muffliato per evitare di essere origliati e si voltò verso il compagno.
“È il suo compleanno, oggi.”
“Sembra felice,” commentò Regulus. Severus comprese il messaggio tra le righe e si stizzì.
“Ti prendi gioco di me? So che la tua situazione non è migliore della mia,” rispose. Questa volta fu il turno di Regulus ad accigliarsi, e non replicò. Severus continuò a guardare Lily per un po’, infastidito da tutte le attenzioni che dedicava al cucciolo, nonostante stesse dormendo.
“Stupido gatto…” borbottò. “Perché le ragazze impazziscono per i gatti?”
“Non saprei,” rispose Regulus, facendo spallucce. “Noi non abbiamo esperienze in merito… l'unica ragazza che avevamo come amica non aveva un bel rapporto con gli animali.”
“Già, ha fatto più vittime Amanda tra gli animali che la selezione naturale,” commentò Severus.
“Però fa delle torte buonissime,” obiettò Regulus.
Severus strinse le labbra.
“Non dovremmo farlo,” sentenziò, un po’ seccato.
“Cosa?” domandò il compagno, perplesso.
“Questo. Parlare di lei. Lei non parla di noi.”
“Sicuramente non ne parlerà, ma ci pensa, la conosci.”
Severus non poté smentirlo. Erano mesi che lui e Amanda non si parlavano, e nonostante ciò, il giorno del suo compleanno, il nove gennaio, un elfo domestico gli aveva portato un piccolo dolce. Non l’aveva rivelato a nessuno, e decise di non dirlo nemmeno a Regulus, perché sicuramente gli avrebbe rinfacciato di non averlo condiviso con lui.
La situazione era fortemente precipitata, dopo l’attentato ai genitori di Amanda. Avery si era ben riguardato dal raccontargli i piani, tanto che reagì con parecchia sorpresa quando scoprì quello che era accaduto. Si dispiacque un po’ per Amanda, si aspettava un avvertimento, non di certo che la sua famiglia venisse uccisa. L’indifferenza con cui Marcus aveva agito gli aveva fatto accapponare la pelle, ma si era dovuto riprendere in fretta. La debolezza non era ammessa, nel gruppo in cui era entrato a far parte.
“Com’è andata a casa?”
“Bene,” rispose, asciutto. “Per quanto brucerà?”
“Qualche giorno… e poi solo nel momento del bisogno.”
Regulus si schiarì la voce.
“L’hanno fatto fare anche a te, vero?” domandò, lo sguardo rivolto nella direzione di Lily. Severus comprese subito a cosa si riferiva, Regulus stava parlando della prova. “Somigliava a lei?”
Non rispose subito, ma decise di spostare il viso in un’altra direzione per non permettere al compagno di notare come gli occhi gli si fossero inumiditi.
“Mi sono accorto subito che non era lei,” mormorò.
Regulus sorrise.
“Già.”
Ci fu un altro momento di silenzio, e Severus sperò che Regulus abbandonasse l’argomento. Ma provava, evidentemente, un gusto particolare nel farsi male.
“Lo fanno con tutti, quindi? Ci mettono davanti alle nostre debolezze e pretendono che le facciamo fuori,” disse, scuotendo il capo. “E Marcus?”
“Amanda,” disse Severus. Nonostante l’incantesimo Muffliato fosse ancora attivo, si ritrovò a parlare a voce bassissima. “L'ha torturata per quasi un'ora, ha detto di essersi accorto che non era lei solo dopo che la pozione ha finito il suo effetto. Ne era anche rammaricato.”
Regulus serrò la mascella e non parlò più.
 
 
SIRIUS
 
 
“No… NO! Hey, Sir, vieni qua!”
Sirius sfuggì dalla presa di Amanda, spingendosi sulle zampe posteriori. Zigzagò tra gli elfi domestici della cucina, stringendo la tavoletta di cioccolato tra i denti. Improvvisamente, sentì un dolore intenso alla coda e si fermò. Amanda gliel’aveva afferrata. Uggiolò, tentando di impietosirla, ma lei gli bloccò le zampe posteriori tra le sue gambe e dovette arrendersi. L’aveva incastrato.
Abbassò le spalle, guaì e lasciò cadere il cioccolato. Amanda infierì ulteriormente dandogli uno schiaffetto sulla testa, mentre lo raccoglieva. Le leccò un orecchio e buona parte della faccia, ma non servì ad addolcirla.
“Smettila, Sirius, mi stai facendo perdere un sacco di tempo,” sbottò. Lui guaì ancora, offeso, e dall’ingresso della cucina a pochi passi da loro arrivò una voce.
“Che ci fa un cane in cucina? Soprattutto, Sirius sa che gli hai dato il suo nome?” chiese Layla, perplessa, chiudendo il passaggio alle sue spalle.
“Oh, Lay, ciao,” la salutò Amanda, nervosa. Non si aspettava sicuramente di trovarla lì. “È un randagio di Hogsmeade… e… beh, quando passa da qui gli do sempre qualche avanzo,” balbettò. Sirius provò a scansarsi, ma Amanda teneva le gambe ben strette, bloccandogli le anche.
“Tu che ti prendi cura di un animale? Ma da quando?” fece lei.
“Ehm, da qualche mese.”
“Ed è ancora vivo?” domandò, genuinamente sorpresa.
“Ma certo!” esclamò, indignata.
“Remus mi ha detto che eri qui a preparare la torta a Lily. Vuoi una mano? Come mai Sirius non è qui ad infastidirti?” chiese Layla. “L’altro, intendo,” precisò, quando lo sentì abbaiare.
“Tra questo e l’altro non c’è differenza, fidati. Sono molesti nello stesso modo,” commentò lei.
Sirius approfittò di quel momento di distrazione per sgusciare via dalle gambe di Amanda e, in un gesto veloce, riafferrare la tavoletta di cioccolato. Lei sbuffò e pestò i piedi, ma non lo inseguì. Si allontanò da entrambe e si diresse dall’altra parte della cucina. Con le zampe anteriori tenne ferma la cioccolata, e con un delicato movimento dei denti riuscì a strappare la carta che lo avvolgeva.
“Sì, va bene, mangiala,” sentì borbottare ad Amanda, esasperata.
“Mandy, il cioccolato è velenoso per i cani, non dovresti lasciare che lo mangi,” sentì dire a Layla.
“Oh, tranquilla, sopravvivrà a tutto quel cioccolato per farmi un dispetto,” borbottò Amanda, distratta.
Sirius guaì, e diede giusto una leccata alla tavoletta. Ora che Amanda non lo inseguiva, non gli interessava più. Zampettò verso di lei e le girò intorno, scodinzolando.
“Ma che carino… vuole giocare con te,” esclamò Layla, divertita.
Amanda lo guardò, sospirando.
“Sir, davvero, piantala!” sbottò. “Se mi lasciassi finire senza disturbarmi, dopo potremmo uscire!”
Lui si sedette sulle zampe posteriori, ma solo per un momento; gli servì per darsi lo slancio necessario a saltarle addosso. Amanda, presa alla sprovvista, si sbilanciò e finì a terra. Sirius la sovrastò, leccandole il viso e il collo; il suo odore e il suo sapore gli piacevano tantissimo, e, quando era sotto forma di cane, i suoi sensi si acuivano tanto che, per lui, Amanda diventava irresistibile. Lei tentò di scrollarselo di dosso, ma iniziò a ridere, probabilmente a causa del solletico che le stava procurando, ed era troppo debole per spostarlo.
“Avete bisogno che vi lasci da soli?” domandò Layla, divertita. “Siete molto carini!”
Amanda riuscì a tirarsi su e mettersi seduta a terra. Gli circondò il collo con le braccia, affondò il viso nel suo pelo, e lo accarezzò appena sotto il suo mento. Per Sirius, quello era un punto particolarmente sensibile in condizioni normali; nello stato in cui si trovava, fu ancora peggio. Avvertì una forte eccitazione e il desiderio di tornare nelle sue sembianze umane, ma dovette fare i conti con la presenza di Layla e tutti gli elfi domestici. Indietreggiò, fino a scivolare via dall’abbraccio di Amanda, e scappò verso l’uscita della cucina, ignorando la compagna che lo richiamava. Una volta fuori, si spostò in un angolo buio del corridoio e si assicurò che nessuno fosse nei paraggi, prima di trasformarsi. Ritornò in cucina attraverso il passaggio, davanti all’entrata rischiò di scontrarsi con Amanda, in procinto di uscire a cercarlo.
“Che ti è successo?” gli chiese, confusa.
Lui sorrise, imbarazzato, ma non le rispose. Avanzò nella cucina e salutò Layla. Lei si sforzò di sorridere, ma si vedeva che era ancora molto provata. Dopo che aveva saputo del voltafaccia di Regulus, si era chiusa in una disperazione silenziosa, e, per quanto Amanda si fosse sforzata di farla sfogare, Layla si comportava come se suo fratello non fosse mai esistito. ​Ci aveva pensato, Sirius, a quanto fosse dannatamente complessa tutta quella faccenda. Layla e suo fratello, lui e Amanda, suo padre e Mary Anne. Allo sgomento iniziale di sapere che suo padre non aveva mai amato sua madre - notizia quantomeno prevedibile, ma sentirselo dire era stata tutt'altra cosa - era seguita l'amara consapevolezza di sentirsi accomunato a suo padre. Questo era esattamente ciò che aveva voluto evitare Amanda, quando gli aveva taciuto la notizia. Ma Sirius, riflettendoci, comprese che di simile avevano veramente poco, dal momento che lui era riuscito a costruire qualcosa con Amanda che suo padre non poteva nemmeno immaginare. Lui c'era riuscito, ed era questo che lo differenziava da suo padre. Gli tornò in mente lo sguardo soddisfatto che Mary Anne gli aveva rivolto quando l’aveva beccato a guardare sua figlia. Aveva sentito lo scatto della macchina fotografica. Quando si erano rivisti ad Hogwarts, dopo le vacanze di Natale, era stata proprio Layla a fargliela avere da parte di Mary Anne. Non l’aveva ancora mostrata ad Amanda.
“Ciao! Sai che mia sorella ha dato il tuo nome ad un cane? E credo che quel cane voglia anche rubarti la ragazza.”
Sirius annuì, divertito.
“Aveva tentato di chiamarlo Othello, ma lui non era molto d’accordo,” buttò lì. “Come vanno i preparativi per la torta?” tergiversò, avvicinandosi al tavolo dove la compagna stava preparando l’impasto.
“A rilento,” rispose Amanda, raggiungendolo. Sirius tentò di assaggiare la crema, ma lei gli tolse la scodella da sotto il naso.
“Ci dai un taglio? Di questo passo non finirò mai!” esclamò Amanda, imbronciandosi. Sirius approfittò della distanza ravvicinata per rubarle un bacio, ma lei reagì accigliandosi ancora di più. Adorava il modo in cui stringeva gli occhi quando si arrabbiava.
“Ne abbiamo già parlato, quando sono arrabbiata non devi baciarmi,” soffiò.
“Posso dartene un altro?”
“No!” sbottò, indietreggiando. Sirius tentò di avvicinarsi e Amanda si allontanò per sfuggirgli, tenendo la scodella piena di crema tra le mani. Iniziarono a rincorrersi per tutta la cucina, ma lui riuscì ad afferrarla per il maglione. Amanda si voltò e una manata di crema gli arrivò in pieno viso. La sentì ridere, e anche sua sorella parve molto divertita.
“Ti piace?”
Con uno scatto afferrò Amanda e strusciò il viso contro il suo collo in modo che si sporcasse anche lei. Tentò di scappargli, ma non ci riuscì, e iniziò a insultarlo.
“Pensavo che Remus esagerasse quando mi ha detto che siete sfiancanti persino da guardare. Vado a dirgli che ha ragione, ci vediamo a cena!” esclamò Layla, sospirando. “Ah, Amanda, in realtà non volevo aiutarti, avevo solo bisogno di una scusa per rubare qualcosa dalla dispensa,” aggiunse.
Amanda si bloccò e si voltò verso di lei. Sirius ne approfittò per leccarle un po’ di crema dalla guancia.
“Layla!” esclamò, indignata.
“Beh, posso?”
Amanda sbuffò.
“Sì. Ma non farti vedere da quell’elfo lì, è parecchio scorbutico,” rispose, indicandone uno in lontananza intento a lucidare un piano di lavoro.
Sirius tornò a prestare attenzione al collo di Amanda, e alzò una mano per salutare distrattamente Layla, prima che uscisse dal passaggio.
Appena rimasti da soli, Amanda riuscì a scostarsi e si riordinò la camicia. Era rossa in volto.
“Basta, ora esci e ti trovi qualcosa da fare. Non avrei dovuto farti entrare!” sbottò, pulendosi la faccia. Si avvicinò al tavolo e iniziò a stendere l’impasto in una tortiera rotonda.
“Ma mi annoio,” disse Sirius, sedendosi accanto a lei.
“Me ne sono accorta,” commentò, sarcastica, mentre infilava la torta in forno. Si voltò poi verso di lui. “Perché sei scappato a trasformarti, poco fa? Prima mi salti addosso, e poi se ti abbraccio ti tiri indietro?” brontolò, offesa.
“Ho dovuto, mi hai fatto eccitare,” ammise, stringendo le labbra.
“Ma di che parli?” domandò, sgomenta. Poi schiuse le labbra e arrossì, doveva aver capito. “Oh. Oooh, okay. Beh, scusa,” borbottò “vorresti farmi credere che ti capita anche quando sei trasformato?”
“Certo. Il problema non è in che forma io sia, ma quanto tu mi stai vicino!” spiegò.
“Ah,” disse, sorpresa. Sirius sorrise; sembrava imbarazzata dalla situazione, e, allo stesso tempo, curiosa di saperne di più.
“Immagino che dovrei sentirmi lusingata,” continuò, schiarendosi la voce.
“Dovresti,” rispose, addentando un biscotto.
“Bene… allora, ehm, grazie?” tentò, rossa dalla vergogna. Sirius scoppiò a ridere.
Grazie?!”
“Beh, sono imbarazzata…” si giustificò, con lo sguardo basso. Pensò che fosse molto tenera in quel momento, con le gote rosse, intenta a tormentarsi le dita. Si alzò dal posto in cui era seduto e la raggiunse. Le alzò il mento con due dita e la baciò, Amanda gli sorrise sulle labbra.
“Quanto ti ci vorrà?” domandò Sirius, indicando il forno.
“Poco, al massimo dieci minuti.”
“Bene, saranno sufficienti,” sentenziò, prendendola per mano. Si guardò intorno, alla ricerca di una scala…
“Che vuoi farmi?” domandò lei, tirandosi indietro con un gesto brusco. Lo guardava, indignata.
“Non quello che pensi,” le rispose, seccato. “Cioè, se tu volessi però non ci sarebbero problemi!” esclamò poi, beccandosi un’occhiataccia da Amanda.
“Sei un pervertito!”
“Ma se sei tu quella che ha frainteso?” sbuffò. “Comunque, ieri ho notato che c’è una scala, qui!” le spiegò.
“Non ti seguo,” disse Amanda, incrociando le braccia.
Sirius guardò dietro il vecchio mobile della dispensa e la trovò. Era di legno scuro, alta, un po’ instabile. L’appoggiò al muro, e questa arrivò fino alle grandi finestre che c’erano proprio sotto il soffitto della cucina. Sotto lo sguardo perplesso della compagna, si avvicinò al tavolo e prese la ciotola con la crema che le sarebbe servita per farcire la torta.
“Che fai?” chiese immediatamente.
Sirius non rispose; salì sulla scala fino all'ultimo piolo e appoggiò la ciotola sulla finestra, a tre metri da terra. Tornò giù, scese gli ultimi quattro pioli con un agile salto e guardò Amanda.
“Arrampicati e va' a riprenderla,” le ordinò.
“Cosa? Guarda che il cane sei tu!” esclamò, indignata.
“Vero,” ammise “ma quella che ha le vertigini sei tu, e devi superarle.”
“E perché?”
Sirius alzò gli occhi al cielo.
“Ma come perché? Hai presente una fenice?” domandò, ironico. “Si muovono sgraziatamente su due zampe, ma hanno ali con cui volano benissimo e a grandi altezze! Devi farti passare le vertigini, prima di fare qualunque cosa.”
La sua espressione burbera si sciolse. Il fatto che le avesse accennato della sua intenzione di diventare un Animagus pareva renderla felice. Ma poi guardò la scala, dubbiosa.
“Io non soffro di vertigini…” parlottò. Sirius rise.
“Se è così, allora va' a prendere quella ciotola!”
Amanda si morse il labbro inferiore e provò a tirare fuori la bacchetta, ma lui gliela strappò di mano.
“Sali sulla scala,” ripeté “la terrò ferma io, non ti preoccupare. Se dovessi perdere l'equilibrio, ti prenderò al volo.”
Amanda assottigliò gli occhi.
“Sì, certo, come hai preso al volo la tazza che ti ho lanciato stamattina!” commentò a mezza voce.
Sirius la guardò, indignato.
“Me lo stai rinfacciando? Seriamente?” domandò, esterrefatto. “Quando lanci qualcosa a qualcuno la prima regola a cui devi attenerti è il contatto visivo!”
“Io ti stavo guardando, infatti…”
“Ma io guardavo il porridge,” precisò, infastidito.
“Quello è un problema tuo!”
Sirius fece un respiro profondo. Gli si affacciarono alla mente le parole di suo fratello: ‘Tu non hai pazienza, e con lei ne serve troppa!’, e comprese improvvisamente cosa intendesse.
“So cosa stai facendo,” le disse “e non funziona. Sali.”
Lei gli lanciò un’occhiata torva e s’imbronciò. Si avvicinò finalmente alla scala, Sirius notò che era un po’ sbiancata, ma decise di non farglielo notare. Amanda tenne stretta la scala con entrambe le mani, e salì i primi quattro pioli con una certa sicurezza, poi si fermò.
“Ne mancano ancora un po’,” le disse, sorridendo.
“Lo so, dammi tempo,” rispose, nervosa. La vide chiudere gli occhi e stringere tra le mani la scala così forte che le nocche sbiancarono.
Si arrampicò per altri quattro scalini consecutivi. Ne mancavano un paio ancora, prima che potesse prendere la ciotola allungando il braccio. Sirius trattenne un sorriso soddisfatto quando si rese conto che la compagna indossava una gonna, e che, all’altezza in cui lei si trovava, spostando la testa lui avrebbe potuto sbirciarvi sotto. Tuttavia, ancora prima che potesse formulare quel pensiero, avvertì qualcosa passargli proprio accanto alla spalla. La ciotola fece un tonfo a terra, rompendosi e spargendo il suo contenuto ovunque nel raggio di un metro e mezzo. Sirius alzò la testa; Amanda, aggrappata alla scala, lo guardava, furiosa.
“L’hai fatta cadere di proposito? Potevi uccidermi!” sbottò, sconvolto.
“Sei un idiota! Hai messo su questa farsa con l'unico scopo di guardarmi sotto la gonna?!”
Sirius non riuscì a trattenere un sorriso.
“Certo che no, ho solo pensato di unire l'utile al dilettevole!”
Lei non rispose, ma Sirius pensò che se fosse stata in possesso della bacchetta, lo avrebbe dolorosamente affatturato senza pensarci due volte. Scese la scala con un’agilità ed una velocità di cui si stupì, e se la trovò di fronte, coi pugni stretti e arrabbiatissima.
“Non ho visto niente, non ho fatto in tempo!” si difese subito, mettendo le mani avanti. “Comunque sei stata fantastica, e dovresti ringraziarmi. Ti ho fatto arrabbiare e non hai pensato alla paura di scendere!”
Amanda tentò di mantenere un’espressione adirata, ma stava riflettendo su ciò che gli aveva detto. Guardò la scala, poi gettò un’occhiata verso di lui. Sirius sorrise.
“Sei un idiota.”
“Ma ti ho fatto passare le vertigini. Mi meriterei di guardarti sotto la gonna solo per questo!”
Amanda alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“È come per le tette. Puoi fidarti, ho un bel sedere, Black.”
“Non vedo l’ora di constatarlo, Froude!”
A Sirius non sfuggì l’ombra di un sorriso sul suo volto; lei gli diede le spalle e si diresse verso il forno.
“Oh, è pronta!” esclamò, entusiasta. “Mi manca poco, ormai. Che ne pensi di andare a spiare l’appuntamento di James e Lily, dopo?” gli chiese, saltellando. Decisamente, adorava vederla saltellare, ed era felice che avesse ricominciato a farlo.
“James è stato piuttosto chiaro. Se mi vedrà a Hogsmeade, oggi pomeriggio, mi ucciderà!” esclamò Sirius, contrariato.
“L’ha detto a te, non a me,” precisò Amanda, facendo spallucce.
“Non andrai a spiare il mio migliore amico senza di me!”
“Allora vieni, dai, ci nasconderemo,” gli propose, esaltata. “Prendiamo il Mantello di James!”
Sirius ponderò la questione, e ringraziò di avere una ragazza con tutto quello spirito d’iniziativa.
“Tu sai che quello che andremo a fare sarà completamente fuori di testa e che dovremmo farci una vita, vero?”
Amanda sorrise.
“Ma certo,” rispose. “E giuro che lo faremo, a partire da domani!”
, pensò Sirius, convinto. Lei era indiscutibilmente quella giusta.
 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Ciao a tutti! Ecco a voi un altro capitolo che spero sia stato di vostro gradimento! È sicuramente più leggero dei precedenti, nei contenuti, e volevo mostrare come si cerchi di tornare alla normalità dopo una tragedia del genere. Amanda e Sirius mi fanno morire, vi giuro che i loro dialoghi si scrivono da soli XD, e mi piace il rapporto che Amanda sta creando con James! Piuttosto, quanto sono carini lui e Lily *^*?! Mi ricordo che Lily e James avevano un gatto nella loro casa e ho pensato... e se glielo avesse regalato lui <3?
Coooomunque, dopo un sacco di tempo torna anche il pov di Severus, ditemi un po’ cosa ne pensate :D! Lui e Regulus hanno qualcosa in comune, ma Severus è in realtà molto votato alla causa del Signore Oscuro, quindi non è ancora nella mentalità del doppio gioco, e Reg lo sa bene!
Direi di aver detto tutto quello che volevo precisare del capitolo… quindi ora la palla passa a voi.
Vi mando un abbraccio (mi sento Gianni Morandi XD) e vi saluto!
Alla prossima,

Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Più vicino ***


RATING: ROSSO (POV di Sirius)
 
Capitolo XXV: “Più vicino”
 
“Come on, come on,
move a little closer,
come on, come on,
I wanna hear you whisper,
come on, come on,
settle down inside my love…”
 
Accidentally in love – Counting Crows
 
 
AMANDA
 
 
Gennaio terminò, e, nello stesso modo, il mese di febbraio scivolò, incredibilmente veloce e fitto di impegni per qualunque studente indaffarato tra compiti, lezioni e piacevoli weekend a Hogsmeade. Chi non se la passava bene, purtroppo, era James, parecchio giù di morale dopo il tanto agognato appuntamento con Lily. Amanda ripensava spesso alla loro uscita con una spiacevole fitta allo stomaco, al ricordo di com’era andata. Lei e Sirius erano stati perfetti, non si erano fatti notare, e avevano spiato James e Lily passeggiare per le vie innevate del villaggio, chiacchierando spensierati. I problemi erano nati nell’istante in cui avevano incrociato Severus sul loro cammino. Amanda aveva insistito affinché continuassero a seguire la scena da lontano, nonostante l’insistenza di Sirius, che invece voleva avvicinarsi, con la bacchetta già spianata e pronta a colpire. Secondo il resoconto di James, era stato proprio Severus a cominciare a provocarlo, e lui aveva risposto lanciandogli un incantesimo. Ne era scaturito un vero e proprio duello dal quale James era uscito vincitore – Amanda dovette Pietrificare Sirius a tradimento affinché non accorresse in aiuto di James, facendo saltare la loro copertura. Il risultato fu un enorme litigio tra James e Lily, che gli rinfacciò di non essere minimamente cambiato, di essere il solito idiota immaturo. Anche Amanda e Sirius discussero, l’accusò di avergli impedito di aiutare il suo migliore amico. Loro, abituati com’erano a litigare, si riappacificarono abbastanza in fretta, soprattutto una volta resisi conto che la situazione tra Lily e James era più grave del previsto. Lily aveva del tutto tolto la parola al compagno, e James non aveva voglia di continuare a farsi insultare, siccome era convinto di essere stato provocato, di essere nel giusto e di non avere nulla da farsi perdonare. Per quasi una settimana non si erano parlati, e l’atmosfera al loro tavolo era stata tesa e snervante, finché Amanda non decise, di comune accordo con Jaded, di immischiarsi per cercare di farli riappacificare.  
 
 
FLASHBACK
 
Bussò alla porta del dormitorio e attese risposta. La voce di Lily le arrivò bassa e ovattata. Amanda fece capolino, prima di entrare e chiudersi la porta alle spalle. Lily stava sistemando dei libri all’interno del baule, parecchie pergamene erano sparse sul pavimento. Accanto, appoggiata a terra, riluceva la boccetta con il liquido oro della Felix Felicis, la pozione ricevuta in regalo da Lumacorno all’inizio dell’anno scolastico. Amanda ricordò come, dal nulla, un pomeriggio Lily le avesse regalato una fiala con la metà del contenuto. ‘È troppa fortuna per una persona sola,’ le aveva detto. L’aveva riposta nel suo baule, e fino ad allora ne aveva perso il ricordo.
“Ciao,” la salutò, accennando un sorriso. “Hai bisogno di qualcosa?”
“Beh, sì, ecco… di te. Vorrei parlarti…” cominciò Amanda, nervosa “di James.”
Gli occhi di Lily cambiarono immediatamente espressione, rabbuiandosi.
“Io non perderò il mio tempo a parlarne, invece,” sentenziò, sicura. “E preferirei che non cercassi di farmi cambiare idea, Amanda.”
“Non sei costretta a parlare, ma puoi ascoltare quello che ho da dire?” chiese, mordendosi il labbro inferiore.
Lily sospirò.
“Non c’è davvero nulla da dire, Amanda. James è un idiota, non cambierà mai, resterà il pallone gonfiato che è sempre stato, perché è più forte di lui, non riesce a trattenersi!” esclamò. Si mise a sedere sul letto e incrociò le braccia, stizzita.
“Non avrebbe notato nemmeno la presenza di Severus, se lui non gli avesse rivolto la parola, era troppo impegnato a prestare attenzione a te!” rispose Amanda. “Lily, credimi, non hai idea di quanto fosse contento all’idea di uscire con te. Superava il mio entusiasmo, ed è tutto dire…”
“Smettila di difenderlo. Davvero, non capisco perché tu lo faccia,” disse, convinta.
Amanda sbuffò.
“Perché vi piacete!” esclamò, infervorata. “E non provare a negarlo!” aggiunse, puntandogli il dito contro.
“Lo odio,” borbottò l’amica, rivolgendole un’occhiata malevola.
“Non è vero.”
Le labbra di Lily si strinsero in una linea sottile, e per un attimo Amanda temette che le avrebbe dato una rispostaccia. Invece, si rese conto che i suoi occhi verdi si erano inumiditi, stava faticosamente trattenendo le lacrime.
“Oh, Lily…” mormorò, sedendosi accanto a lei per abbracciarla.
“Odio il fatto che non lo odio,” singhiozzò sulla sua spalla.
“Così va meglio!” esclamò Amanda.
“No, non va meglio,” borbottò l’amica, asciugandosi gli occhi con la manica del maglione. “Perché deve piacermi un tipo come lui? Perché non sono attratta da ragazzi tranquilli e gentili come Remus o affabili come Ryan di Tassorosso? Sai che mi ha portato un pacchetto carinissimo, la settimana scorsa?”
‘Affabile e tenace, aggiungerei,’ pensò Amanda, stringendo gli occhi, infastidita. A quanto pare, quell’idiota che sapeva fare pacchetti era riuscito a darle il suo regalo. Soprassedette al pensiero, concentrandosi sulla compagna.
“Mi piacerebbe saperti rispondere,” sorrise Amanda. “Voglio dire, guardami, sei mesi fa avrei strangolato Sirius, e ora…” s’interruppe un momento, indecisa. “Beh, ogni tanto mi capita-”
“Fammi il piacere, tu sei cotta di Black.”
“Che?”
“Sì, cotta, innamorata persa, Amanda!” si spiegò Lily, sorridendo. “Siete molto carini!”
Amanda si sentì avvampare.
“Non stiamo parlando di me,” sentenziò. “Tu riesci a vedere il meglio negli altri, Lily, ed è evidente che, per piacerti così, James ha qualcosa di speciale. Una totale devozione per te, ad esempio!”
L’amica abbassò lo sguardo, triste.
“Non ne sono così sicura, non mi guarda nemmeno più in faccia,” mormorò.
“Lo fa eccome, ma fa in modo che tu non te ne accorga… l’altro giorno mi è caduto addosso perché era impegnato a guardare dove tu fossi! Andiamo, Lily, non pensi che debba avere un’altra possibilità?”
Lily si schiarì la voce, distogliendo lo sguardo. Amanda sentì grattare il pavimento, e si rese conto che non erano sole. Dannazione sbucò da sotto il letto e salì sulle gambe della compagna, facendo le fusa. Lily lo accarezzò.
“Non lo so,” borbottò. “Ecco, lui… lui è uno di quelli che può farmi male. E odio l’idea di sentirmi così vulnerabile per colpa sua!”
Amanda le sorrise.
“So come ti senti,” ammise, facendo spallucce. “Ma ti assicuro che vale la pena buttarsi. Non dico che dovrete tornare ad uscire a breve, ma potreste recuperare le cose iniziando a salutarvi, magari...”
La compagna sospirò, e senza rispondere appoggiò il gattino a terra e si alzò.
“Ti ringrazio,” le mormorò Lily, abbracciandola.
“Scendiamo a cena?” chiese Amanda. “Muoio di fame!”
Lily annuì, ed insieme si incamminarono fuori dalla sala comune, dirette alla Sala Grande.
Quella sera, Amanda origliò Lily chiedere a James di passargli il succo di zucca. Lui alzò lo sguardo verso di lei, e con una noncuranza di facciata le servì il succo addirittura nel bicchiere.
“Mi dispiace… di non avertelo versato prima,” borbottò.
Lily sollevò gli angoli della bocca.
“Mi dispiace… di non avertelo chiesto prima.”
 
FINE FLASHBACK
 

Amanda fu decisamente grata a Jaded, che fece la sua parte, parlando col fratello. In un paio di settimane, James e Lily riuscirono a lasciarsi quella spiacevole storia alle spalle, raggiungendo un nuovo equilibrio, con una sostanziale differenza rispetto a prima: James smise improvvisamente di chiedere a Lily di uscire, e lei non tornò più sull’argomento, sebbene avesse davvero smesso di rimproverarlo in continuazione. Era divertente, infatti, guardarli come facessero di tutto per nascondere la propria reciproca attrazione ricoprendo di attenzioni Dannazione, diventato il centro d’interesse di tutta la casa Grifondoro.
Amanda, dal suo canto, condivideva con Sirius il fastidio per quel gatto, che a quanto pare soffiava spesso anche a lei. L’aveva sfiorata l’idea che gli stesse antipatica proprio perché poteva sentire l’odore di Sirius anche su di lei. Lui, fra l’altro, non fece che incoraggiare questa ipotesi standole appiccicato ogni volta che ne aveva occasione.
Con l’inoltrarsi del mese di febbraio, il giorno del suo compleanno si avvicinava sempre di più. Qualche giorno prima del ventiquattro febbraio, mentre facevano i compiti in Sala Grande, dopo aver beccato diverse volte il compagno impegnato in fitte conversazioni con Jaded che non presupponevano uno scambio di insulti, Amanda decise di avvisare Sirius di non voler festeggiare, sebbene si trattasse del diciassettesimo compleanno.
“Non me la sento, Sir, per cui non organizzare alcuna festa a sorpresa, chiaro?” disse, chiaro e tondo.
Lui annuì, convinto.
“Tranquilla, ho afferrato.”
Amanda lo guardò.
“Hai afferrato davvero o come quando ti ho chiesto di parlare con James per farlo riappacificare con Lily e tu invece non hai fatto che dargli man forte, dicendogli che aveva ragione ad averla fatta pagare a Severus?” domandò sarcastica, tutto d’un fiato.
Remus, accanto a lei, soffocò una risata, e si beccò un’occhiata di sbieco dal compagno.
“Ho solo espresso la mia opinione!” osservò Sirius.
“Non era quello che ti avevo chiesto.”
“Tu invece la tua opinione non l'hai risparmiata!” obiettò, infastidito.
Sbuffò, spazientita.
“Dovevamo farli riappacificare! In che modo dire a James che aveva ragione su tutta la linea poteva aiutare a raggiungere l'obiettivo, di preciso?”
Sirius sospirò ma non rispose, limitandosi a mettere il broncio. Remus teneva il capo basso sulla sua ricerca di Pozioni, ma era chiaramente divertito. Alzò il capo e la guardò.
“Davvero, non ti va di festeggiarlo?” le chiese, un po’ deluso.
“Ma perché ci tenete tanto?” domandò Amanda, perplessa.
“Beh, ti sei sempre prodigata per quello degli altri, e avrebbe fatto piacere a tutti noi poterti ricambiare,” le spiegò Remus. “James ha già minacciato una ventina di compagni tra Grifondoro e Tassorosso, obbligandoli a venire alla festa,” confessò, “io però non c’entro, non ero d’accordo!”
“Ma eravamo d’accordo che lei non l’avrebbe saputo,” borbottò Sirius, stringendo gli occhi in direzione di Remus.
Amanda sorrise e cercò di camuffare il divertimento.
“Io non voglio vedere gente che non conosco… mia sorella e tutti voi sarete più che sufficienti!” esclamò.
“Potremo darti almeno il regalo che ti abbiamo preso?” le domandò Remus. “Anche Sirius te l’ha fatto, ed è molto bello, ti piacerà.”
Amanda inarcò le sopracciglia. Si era decisamente dimenticata di questo aspetto dei compleanni.
“Davvero?” fece, sorpresa. “Di che si tratta? Perché me lo stai dicendo ora che mancano ancora due giorni al ventiquattro? Morirò di curiosità, nel frattempo!” si lamentò.
“Credo che Remus abbia toccato le corde giuste,” rise Sirius. “Hai cambiato idea?”
Strinse le labbra. Non aveva cambiato idea sulla compagnia che desiderava, ma trovava che sarebbe stato poco carino non permettere loro di organizzare qualcosa per lei, dal momento che ci tenevano così tanto.
“Io… beh, non lo so. Niente cucina, però, gli elfi mi hanno sgridato, per colpa tua…”
“Nessun problema, c’è il nostro dormitorio,” propose Sirius. “Sarà fantastico, potremo bere senza preoccuparci di dover tornare alla Torre, e basterà insonorizzare la stanza per non farsi beccare dalla McGranitt!” esclamò, entusiasta.
Amanda scrollò le spalle.
“Okay, mi arrendo,” borbottò. “Ma ora mi dai un indizio sul regalo? Che cos’è? Dai, dimmelo!”
Sirius sbuffò.
“Santo Godric, non andrai avanti così per due giorni, ora, vero?”
“Certo! Mi dici che cos’è? Ti prego!” lo supplicò a mani giunte.
Sirius si voltò verso Remus, che rideva divertito.
“Lunastorta, ti odio!”
“È stato un piacere, Felpato.”   
 
*
 
 
“Allora,” esordì James, bisbigliando, durante l’ora di Trasfigurazione. “Nel nostro dormitorio ci sono solo due regole. La prima è che non si parla di compiti," spiegò. “La seconda è che non si possono portare ragazze, ma per il tuo compleanno faremo un’eccezione.”
“Perché avete una regola del genere?” sussurrò Amanda, curiosa. “Che io sappia, dovreste volere che le ragazze stiano nel vostro dormitorio!”
James e Sirius si scambiarono uno sguardo dubbioso, e fu Sirius a rispondere.
“Non vuoi davvero saperlo.”
“Certo che voglio saperlo!”
“Mi correggo: non voglio dirtelo.”
Amanda inarcò le sopracciglia.
“Ti conviene farlo. Altrimenti, aspetterò che James sia da solo e glielo estorcerò. Sai che lo farò…”
James guardò il compagno.
“Lo farà, è vero,” borbottò, mesto. “È che fa quell'espressione così triste!”
“Ti ho già detto che non devi guardarla, quando fa così… È un trucco!” bisbigliò, esasperato. “Okay, te lo dirò, ma non devi arrabbiarti. Me lo prometti?”
“Promesso!” esclamò Amanda, entusiasta. Si rese conto di aver parlato a voce troppo alta; avvertì una gomitata di Jaded al fianco destro, alzò lo sguardo e notò che la McGranitt, dall’alto della cattedra, li guardava con disappunto.
“Avete intenzione di fare salotto ancora per molto?” li interruppe, esasperata. “Black, Froude e Potter, ancora maledico il giorno in cui ho pensato che fosse una buona idea mettervi in punizione assieme!”
“Professoressa, mi creda, io le sarò sempre debitore, invece. Grazie ad Amanda, non ho più bisogno di proteggere l’ingresso del nostro dormitorio con l’incanto Gnaulante per tenere lontane le studentesse invadenti da Black!” ammise James, soddisfatto.
“Che cosa?!” fece Amanda, incredula.
“POTTER! Lei non è autorizzato a praticare un incantesimo del genere!” sbottò la professoressa, sconvolta, e Amanda notò che le guance le si erano visibilmente imporporate.
“Lo so, Remus mi aveva accennato una cosa del genere,” annuì James, indicando il compagno. Lupin, alla sinistra di James, si coprì il volto con le mani, rassegnato per essere stato preso in causa. “Ma vorrei vedere lei al nostro posto, professoressa! Certe ragazze sono proprio assatanate… l’anno scorso è stato un inferno, era l’unica soluzione possibile,” spiegò, facendo spallucce.
La McGranitt sembrava decisamente pentita di aver interrotto la lezione per venire a conoscenza di un fatto così increscioso. Si schiarì la voce, cercando di mantenere un contegno professionale.
“Alla fine della lezione siete caldamente invitati a passare dal mio ufficio, per discutere la faccenda,” sibilò.
Amanda si scambiò un’occhiata perplessa con Sirius.
“Era questo il motivo,” le sussurrò.
 
*
 
Se quelle furono le premesse, la serata del suo compleanno fu davvero piacevole oltre ogni immaginazione. Amanda decise di svestirsi del velo di tristezza che aveva accompagnato l’intera giornata – a renderla tale era stato anche l’uggioso tempo che li aveva costretti tra le quattro mura del Castello – e pensò che sorridere ai compagni che tanto si erano impegnati per renderla felice le avrebbe fatto bene. Non aveva messo in conto che si sarebbe effettivamente divertita, grazie anche al Whisky che Jaded aveva procurato a tutti. Le piacque circondarsi dei Malandrini, Lily, Jaded, Stephan, e soprattutto di sua sorella Layla. Quella mattina, si era svegliata con sua sorella che, oltre ogni previsione, si era infilata nel suo letto e aveva dormito appiccicata a lei, abbracciandola. Ciò la commosse, perché non era mai accaduto, prima di quel momento, che sua sorella manifestasse il reale bisogno di averla accanto. Era sempre stata lei a farsene carico senza che Layla le chiedesse niente. E, per tutta la giornata, sua sorella le aveva attorno piena di entusiasmo per il suo diciassettesimo compleanno, tanto che, per la prima volta nella sua vita, fu l’allegria di Layla a contagiare Amanda e non viceversa.
Per quanto non avesse fatto altro che chiedere insistentemente del suo regalo ai compagni nei giorni precedenti, quando arrivò il momento di scartarli, complice l’alcol in circolò, Amanda quasi se ne dimenticò. Si sentiva leggera e spensierata, ed era felice di essere lì, in quel preciso istante, esattamente con loro.
V’era stato un giorno, tempo addietro, dopo la morte dei suoi genitori, in cui, in un momento particolarmente triste, non riusciva a darsi pace per non aver nemmeno un corpo su cui piangerli. Era come se la loro esistenza non potesse essere provata, come se non avessero lasciato alcun segno del loro passaggio nel mondo. Ma ora, guardando sua sorella sorriderle emozionata mentre le porgeva il suo regalo, Amanda comprese quanto fosse stata sciocca a disperarsi. Non c’era prova migliore dell’esistenza dei suoi genitori di lei e Layla.
“Te lo do ora, prima che il Whisky ti annebbi ancora di più la mente,” le disse. Amanda scartò con impazienza un pacchetto rettangolare, e scoprì un libro dalla copertina di pelle nera che riconobbe immediatamente. Lo aveva regalato pochi mesi prima a suo padre per Natale. Guardò Layla sorridere.
“Aprilo,” la invitò, emozionata.
Amanda sentì gli occhi di tutti addosso, mentre sfogliava quelle pagine. Forse era solo suggestione, ma le sembrò che l’odore della colonia di suo padre fosse in quel libro, lo respirò a pieni polmoni. Scorse una fotografia nel mezzo, probabilmente usata come segnalibro. La prese tra le mani; era stata scattata sicuramente da sua madre, e ritraeva proprio lei con suo padre di ritorno dalla spiaggia. Amanda si riconobbe per il vestito che indossava, sua madre l’aveva scattata la mattina di Natale, e a giudicare dall’angolazione l’aveva fatta guardandoli dalla finestra dell’entrata. Amanda e suo padre si sorridevano; pensò che vedere una foto del genere l’avrebbe fatta scoppiare a piangere, e invece sorrise.
“Da quanto ce l’hai?” le mormorò, spiazzata.
“Mi è arrivato una settimana dopo essere tornate a Hogwarts. Papà mi aveva spedito il libro perché lo leggessi, e dentro ci ho trovato questa… la usava come segnalibro,” confermò Layla.
Amanda si limitò a guardarla e a sorriderle, senza rispondere. Sua sorella capì e l’abbracciò.
“Siamo loro, Mandy. Sono dentro di noi, e lo saranno sempre,” le mormorò, commossa. Amanda la strinse più forte; avvertì un nodo alla gola, ma mandò giù quella sensazione spiacevole. Non avrebbe rovinato quella festa piangendo.
Prima di sciogliere l’abbraccio si bisbigliarono il loro motto, come erano solite fare spesso in quell’ultimo periodo.
Sentì qualcuno sfiorarle il fianco; si voltò, Sirius le sorrideva.
“Stai bene?”
Amanda annuì.
“Sono felice.”
“È il whisky!”
Scosse il capo e, sorridendo, scoprì i denti.
“Siete voi,” affermò, convinta.
“Oh, vieni qua, amica mia!”
La voce su di giri di Jaded le arrivò alle spalle e nello stesso momento percepì il suo abbraccio soffocante.
“Non saremo troppo melensi? C'è ancora il nostro regalo da aprire!” protestò James, facendosi avanti. “È il più bello di tutti!”
“Non è vero,” borbottò Sirius, contrariato.
“Dici così solo perché sei invidioso! Hai tentato di convincerci a giocarci ancora prima di darlo ad Amanda!” esclamò Jaded, con un’occhiata di rimprovero.
Amanda non si perse la buffa smorfia di Sirius, mentre prendeva un pacchetto arancione dalle mani di James. Strappò la carta e prima che potesse rendersi conto cosa fosse, Jaded esclamò, emozionata: “È la nuova edizione del Monopoli Magico! Con gli zellini veri!” 
“Ma perché non hai aspettato che lo leggesse lei?” sbuffò Stephan.
“Non ho resistito, sono giorni che me lo tengo dentro… ci giochiamo, ora?” domandò, incontenibile.
“Vorrei solo far presente che l’idea è stata mia,” esclamò Lily, soddisfatta. “A casa ho la versione babbana, ed è troppo divertente battere Tunia ogni volta!”
“Non vantarti, Evans, non ci vuole un genio del crimine per vincere,” borbottò Sirius. “E adesso basta, state togliendo l’attenzione dal mio regalo.”
Con un gesto svelto, senza avere il tempo di reagire, Amanda si vide togliere dalle mani la scatola colorata di verde da cui si intravedeva la scritta ricurva del gioco.
“Sir, smettila!” sbottò, infastidita. “Voglio guardarlo per bene, ridammelo!”
Lui sfuggì dalla sua presa e si allontanò, saltando da un materasso all’altro. Inciampò su Layla e Remus, seduti sul letto di quest’ultimo, e terminò la sua corsa con un balzo davanti al suo baldacchino disfatto. Dovette calcolare male le distanze, perché atterrò praticamente addosso a Peter. Lui gemette, dolorante, appoggiandosi al letto, ma Sirius non sembrò impietosito.
“Sei tu che non ti saresti dovuto mettere qui, stai schiacciando il regalo di Amanda!” esclamò, contrariato, spostandolo di peso. Appoggiò il Monopoli rubato e scoprì una scatola più piccola e rettangolare, blu scura. Amanda allungò il collo e vide che era avvolta da un bel nastro azzurro, annodato in un perfetto fiocco. Trattenne un sorriso, probabilmente aveva chiesto aiuto a Remus. Percorse il dormitorio e le si avvicinò con un sorriso soddisfatto, porgendole il pacchetto. Si sorrisero, ma nessuno dei due parlò. Amanda avvertì una piccola vertigine, probabilmente era colpa dell’alcool. Prese il regalo tra le mani, si trattava sicuramente di qualcosa di leggero. Tolse il fiocco con cautela - le sarebbe dispiaciuto rovinarlo - dopodiché aprì la scatola. Ci mise qualche secondo a rendersi conto di cosa fosse: era una stoffa verde scura, dall’aria molto resistente. La prese tra le mani, la tirò fuori completamente dalla scatola e comprese. Era una tenda da campeggio.
Il compagno si schiarì la voce.
“Eri abituata ad andarci ogni estate, non mi va che smetti di farlo. Se ti va, ti accompagnerò io,” le disse.
“Caspita, Sirius, è fantastica!” esclamò, entusiasta. Iniziò a saltellare sul posto, inarrestabile.
“È per quattro persone,” spiegò Sirius. “C'è posto per me, te, Layla e…” si voltò, in cerca dell’amico “James? Ti va di venire?”
“Grazie per avermi preso in considerazione!” borbottò Jaded, sarcastica.
“Jade, tu odi il campeggio,” le fece notare Stephan.
“Esatto,” riprese James. “Io non sono ancora pronto per separarmi da Sirius!”
“E io non sono pronta a vedervi separati,” gli fece eco Amanda, annuendo solennemente.
“Non ti ci mettere anche tu, Amanda, sono già abbastanza inquietanti da soli,” commentò Lily, sconcertata.
Amanda rise, divertita, e annullò la distanza tra lei e Sirius, tirandolo a sé per il maglione. Si sollevò sulle punte e lo baciò delicatamente sulle labbra. Gli diede uno schiaffetto sulla nuca quando percepì la sua lingua, impertinente, cercare di farsi strada tra le sue labbra.
“Non mi merito nemmeno un bacio come si deve?” borbottò, imbronciato, circondandole la schiena con le braccia.
“Certo, ma non qui davanti a tutti…” gli sussurrò, imbarazzata.
Sirius sogghignò.
“Beh, se il problema è questo lo risolviamo subito,” affermò, e Amanda si sentì sollevare da terra. Sirius se la caricò su una spalla, e lei, con il suo regalo ancora tra le mani, sospirò con rassegnazione. Il Whisky in corpo aveva decisamente danneggiato la sua capacità di opporsi; considerò, quindi, l’ipotesi ti approfittare del fatto che il compagno potesse essere un efficiente mezzo di trasporto.
“Mettila giù, Sirius, non è un sacco di patate!” lo rimproverò Remus, esasperato.
“Non è così male, una volta che ti abitui,” ammise Amanda, tirando su faticosamente il collo.
“Dove la porti?” protestò Jaded, quando notò che Sirius si stava avvicinando all’uscita del dormitorio.
“Torniamo subito,” li rassicurò Amanda. A testa in giù, gli effetti dell’alcool sembravano potenziati; le girava la testa, ma in compenso si sentiva particolarmente leggera.
“No, non è vero, non ci aspettate,” intervenne Sirius, aprendo la porta del dormitorio.
James ululò e l’ultima cosa che Amanda vide prima che la porta si richiudesse furono il largo sorriso e i pollici in su in segno di approvazione di sua sorella Layla.
“Okay, Sir, ora puoi mettermi giù,” disse, mentre scendevano le scale in direzione della sala comune.
“No, mi piace portarti così.”
“Ma hai una mano sul mio sedere…” gli fece notare.
“Appunto!” replicò, soddisfatto.
Normalmente, per un gesto del genere, Sirius si sarebbe beccato una scarica di pugni. Tuttavia, in quelle condizioni, Amanda soffocò una risata.
“Devo farti bere più spesso,” commentò lui.
“Dove stiamo andando?” chiese, curiosa. “Ho con me la tenda!” esclamò poi, realizzandolo solo in quel momento.
“Andiamo a provarla,” rispose Sirius, fermandosi. Amanda voltò faticosamente il capo a destra e a sinistra, e notò che avevano attraversato la sala comune, deserta per via della tarda ora, e ora si trovavano nei pressi del quadro della Signora Grassa.
“Wow!” esclamò Amanda, elettrizzata.
“Che fate in piedi a quest’ora?” sentì chiedere alla donna, dopo aver esternato un rumoroso sbadiglio.
“Devo riaccompagnare un’intrusa alla Torre Corvonero,” rispose prontamente Sirius.
“E va bene, ma torna entro mezzanotte,” mugugnò la Signora Grassa, aprendo il passaggio.
Amanda tacque, finché non furono sulle scale.
“Ma non è già passata mezzanotte?” chiese, dubbiosa.
“Sì, ma lei non lo sa,” rispose Sirius, divertito.
“Mi stai portando a letto, allora?” domandò, un po’ delusa. Pensava davvero che Sirius l’avrebbe portata a provare il suo regalo, era molto curiosa di scoprire come fosse fatta all’interno.
“Non sono ubriaca, sono solo un po’ brilla…” si giustificò, ma un singhiozzo traditore la smentì miserevolmente. Sentì Sirius ridacchiare, poi si arrestò e finalmente Amanda toccò terra. Il capo le girava un po’, per essere stata a testa in giù tutto quel tempo, e il compagno la tenne per le spalle, per assicurarsi che non cadesse.
“Andiamo alla Torre di Astronomia, lo spazio che c’è lì è sufficiente per montare la tenda,” le spiegò. “Ce la fai o devo portarti in braccio?”
Amanda s’incantò a guardarlo un momento. Quella sera, Sirius le sembrò persino più bello del solito. Le si avvicinò per riscuotere il bacio che aveva tentato di estorcerle prima, ma lei, dispettosa, si scansò all’ultimo momento, correndo su per le scale.
“Dovrai prendermi, Black!”
“Fa’ piano,” le bisbigliò, divertito.
Amanda salì i gradini a due a due, e sentì il compagno alle calcagna. Con molta probabilità, lui stette al suo gioco, perché non poté credere di essere arrivata alla Torre di Astronomia senza che Sirius l’avesse raggiunta, veloce com’era nella corsa rispetto a lei.
Si arrestò all’improvviso e si voltò verso di lui, che la catturò, tenendola stretta per i fianchi. Le labbra di Sirius cercarono con urgenza le sue; Amanda gli mise le braccia intorno al collo e lo baciò. In quell’istante, sperò che il tempo si potesse fermare, per quanto si sentiva bene. Considerò l’idea di non smettere più di bere, se essere ubriachi voleva dire sentirsi così. Tuttavia, sapeva che l’alcool non c’entrava proprio niente. Le tornarono in mente le parole che Lily le aveva detto. Era davvero cotta di lui.
“Pensi di essere stato ringraziato a dovere?” gli chiese a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Decisamente,” rispose Sirius, sorridendo.
Amanda sciolse l’abbraccio e iniziò a saltellare per la stanza circolare. Si fermò davanti ad una finestra e guardò rapita al di fuori.
“Guarda che cielo meraviglioso, potremo vedere anche le stelle!” esclamò, su di giri.
“Okay, dammi la tenda, ora,” rispose, e Amanda notò che stava trattenendo un sorriso. Gliela passò e si incantò ad osservare il compagno. Lo faceva anche con suo padre: ogni volta che andavano in campeggio, da quando era piccola e non era in grado di usare i propri poteri senza procurare ingenti danni, suo padre aveva sempre eretto lui stesso la tenda. Amanda aveva preso l’abitudine di sedersi e guardare, rapita, il papà prendere la bacchetta e pronunciare l’incantesimo ‘Erecto’. Sirius non era a conoscenza di questo particolare, e, mentre lo studiava ogni suo piccolo gesto, Amanda sentì il cuore scoppiarle. Da quando l’aveva conosciuto per quello che era veramente, lui era sempre stato al suo fianco. Era stato impulsivo, invadente, irritante, ma c’era sempre stato. Soprattutto, da quel maledetto giorno in cui i suoi affetti più importanti le erano stati tolti. Non aveva mai dovuto chiedergli un abbraccio, perché lui aveva sempre previsto quando ne aveva bisogno.
“Amanda… tutto bene?” le chiese Sirius, sedendosi accanto a lei. Tornò alla realtà, si accorse che la tenda era completamente montata, a pochi passi da loro, ma lei non riusciva a vederla bene perché la vista le si era appannata. Solo in quel momento percepì le lacrime rigarle il volto.
Forse era arrivato il momento di dirgli quello che provava. Non fece nemmeno in tempo a formulare quel pensiero, che le parole si precipitarono fuori dalle sue labbra, incontrollabili.
“Ti amo, Sirius,” mormorò. Si rese conto di ciò che aveva detto e si coprì il volto con le mani, lamentandosi.
“Uffa, no, ti odio,” borbottò. Le mani coprirono un po’ il suono delle parole, ma Sirius parve averle comprese ugualmente, perché rise.
“Sembri confusa,” disse, divertito.
Amanda riemerse, scoprendo la faccia.
“È che sono un po’ ubriaca, e i ti amo da ubriachi vanno presi con le pinze... diciamo che ti amo... un po’,” si corresse, poi tornò a coprirsi il volto. Non sapeva come diavolo le fosse potuta uscire una dichiarazione del genere. Aveva perso completamente i filtri del pensiero, la testa pareva galleggiare in aria, del tutto staccata dal proprio corpo. 
“Ti amo, Amanda.”
Allargò le dita, scoprendo solamente gli occhi. Si guardarono per qualche istante. Sirius stava sorridendo.
“Ma tu... tu non sei ubriaco.”
“Non lo sono, no.”
Abbassò completamente le mani e gli sorrise. Se fosse stato possibile, a quelle parole si sentì ancora più leggera.
“Wow,” sussurrò, grattandosi la testa. “Sei sicuro? Cioè, guardami… sono io, sono strana, ho i piedi piccoli, dici davvero?” balbettò, stranita.
“Sì, dico davvero,” annuì, ridendo.
“Ma hai bevuto? Se hai bevuto puoi dirmelo, non mi arrabbio-” continuò, ma Sirius la zittì con un bacio mozzafiato. Gonfiò il petto e allacciò le braccia intorno al suo collo. Lui le cinse la schiena e la tirò verso di sé, facendola sedere sulle sue gambe. Stettero in quella posizione per un po’, scambiandosi teneri baci, poi Amanda appoggiò la testa sul suo petto e si accucciò su di lui, rilassandosi nel suo abbraccio.
“Sir,” lo chiamò con un sussurro.
“Sì?”
“Puoi... potresti dirmelo anche domattina?” gli chiese. “Ho paura di dimenticarmi questo momento per colpa del Whisky.”
“Certo,” bisbigliò.
“Grazie,” sorrise Amanda. “È stato un bel compleanno,” disse poi, chiudendo gli occhi.
 
 
 
SIRIUS
 
 
Aprì prima un occhio, poi l’altro. La luce arrivò flebile dall’apertura della tenda, era decisamente troppo presto per alzarsi. Tastò il letto, alla ricerca della compagna, e il pensiero che quel letto fosse troppo grande lo sfiorò. Amanda era crollata addormentata e gli era toccato portarla in braccio nella tenda e infilarla a letto. Si era messo accanto a lei e aveva ceduto al sonno anche lui. Sospirò, le mise un braccio intorno al fianco e l’attirò a sé, ma notò che era troppo morbida e inanimata. Aprì definitivamente gli occhi e si rese conto che si trattava del cuscino. Si guardò intorno, non avvertendo nessuna rumorosa presenza nella penombra di quella stanza.
“Amanda…?” chiamò.
“Buongiorno!” esclamò la voce squillante della compagna, che fece capolino dalla porta. Accese la luce, accecandolo, e Sirius notò che aveva una busta tra le mani. Era riposata, pimpante e di buonumore.
Giorno? Ma è buio,” mugugnò, stropicciandosi gli occhi.
“Non farti ingannare, è l’inverno! In realtà sono le cinque passate,” precisò. Si tolse le scarpe, poi la vide venire verso di lui e buttarsi sul letto, disfacendo tutte le coperte.
“Sì, appunto, è notte,” insistette, e tirò le lenzuola dal suo lato. “Vieni qui,” borbottò poi, allungando un braccio nella sua direzione.
“Devi alzarti, dai!” disse lei, sventolando il sacchetto che aveva con sé.
“Ma da quanto sei sveglia?”
“Più o meno un’ora.”
“Santo Godric,” sospirò, sbadigliando.
“Sono stata dagli elfi e ho recuperato delle cose per colazione…” tentò ancora, sorridendo. “Senza perdermi!” aggiunse, entusiasta.
“Non ho fame, voglio dormire,” sentenziò Sirius, mettendo la testa sotto il cuscino.
La compagna sbuffò, e un secondo dopo il sacchetto atterrò con una certa veemenza sulla sua spalla.
“Ho anche preso una pozione per i postumi e ora sto benissimo!”
“Io no, ho sonno,” rispose, spazientito, e tirò fuori la testa da sotto il cuscino, spingendo il cartoccio a terra. “E hai bisogno di dormire anche tu, vieni qui e sdraiati, forza!”
“Non ci dormo più con te, mi sei stato tutto il tempo addosso,” si lamentò. Si mise seduta sul bordo del letto, lontana da lui, e incrociò le braccia.
“L’ho fatto perché tu mi hai buttato giù dal letto due volte,” esclamò, offeso. “E rubi le coperte!”
“Non è vero!” esclamò, indignata. Amanda gli si avvicinò, carponi, e lui ne approfittò per agguantarla con un agile scatto. La compagna emise un piccolo strillo e si divincolò per qualche secondo, cercando di sgusciare via dalla sua presa, ma lui la tenne saldamente stretta per i fianchi, circondandoglieli con un braccio, e con quello libero la coprì per metà busto con la coperta. Lei scoppiò a ridere a causa del solletico, e fu troppo debole per opporre resistenza, così Sirius l’attirò a sé finché la sua schiena non aderì al suo petto; dopodiché infilò una gamba tra le sue e affondò il viso tra i suoi capelli sparpagliati sul cuscino. Profumavano di dolci appena sfornati.
“Così va meglio,” mugugnò a occhi chiusi, soddisfatto.
“Ma io non ho sonno,” piagnucolò.
“Chiudi gli occhi e dormi.”
“Dai, ti lascerò stare, ma fammi alzare…”
“Non voglio che mi lasci stare.”
“Faremo tardi!”
“Sei fuori di testa, le lezioni inizieranno alle nove!”
“E quindi?”
“Quindi,” riprese, sbuffando “non mi alzerò prima delle nove!”
Amanda non rispose, ma l’avvertì contorcersi, e rafforzò la presa su di lei.
“Voglio solo girarmi verso di te,” borbottò, offesa. Sirius aprì gli occhi e seguì i suoi movimenti. Lasciò che si adagiasse sul fianco sinistro fino ad essergli di fronte, e lo fissò con i suoi intensi occhi blu.  
“Non mi dà fastidio essere guardato mentre dormo, se è quello che speri,” ghignò, accarezzandole le labbra. Lei si avvicinò al suo viso e col naso gli sfiorò il collo, a mo’ di fusa. Sirius avvertì il suo respiro caldo sulla pelle e trattenne un sospiro, imponendosi di controllarsi.
“Mh… smettila…” mugugnò poi, cercando di tirarsi indietro, quando la compagna cominciò a percorrere la linea della mandibola con dei morsetti leggeri fin troppo piacevoli.
“Perché?” chiese, ridacchiando.
“Perché mi stai eccitando…”
Amanda si fermò, ma non si allontanò; alzò lo sguardo, incontrando il suo, e Sirius notò che sorrideva, furbetta.
“Me ne sono accorta,” sussurrò, soddisfatta.
“Lo stai facendo apposta?” domandò, sentendo la sua voce improvvisamente arrochita. Le accarezzò un fianco, intrufolandosi con le dita sotto il tessuto della divisa. Lei si accostò ancora di più a lui e insinuò una gamba tra le sue, premendo sulla sua eccitazione.
“Sei tu che hai detto di non voler essere lasciato stare,” mormorò, ricominciando a tracciare dei baci delicati sul suo collo. Sentì una scarica lungo tutta la spina dorsale, nel momento in cui la mano di Amanda s’infilò sotto la camicia, accarezzandogli la schiena. La vista gli si annebbiò, non capì più nulla, e catturò immediatamente le labbra della compagna, baciandola con impeto. Lei rispose al bacio e gli allacciò le braccia intorno al collo, tirandolo verso di sé. La mano di Sirius risalì il fianco di Amanda, le sfiorò i seni sopra la stoffa della camicetta. Senza interrompere il contatto tra le loro labbra, lo aiutò a liberarsi dell’indumento, che finì gettato da qualche parte oltre il letto. Adorava il fatto che non indossasse il reggiseno; Sirius la accarezzò, e si stupì di quanto fosse recettiva al suo tocco, lei, che si imbarazzava per ogni minima situazione.
Ad un certo punto, Amanda allontanò il viso dal suo, mettendo fine al bacio, e si guardarono. Era rossa in viso, non comprese se per la vergogna, per l’eccitazione, o per entrambe, e si tormentava le labbra, gonfie a causa dei baci.
Nessuno dei due parlò, come se temessero di rovinare quel momento; le mani di Amanda scesero a sbottonargli la camicia, stavolta, e Sirius si lasciò svestire mentre tentava di tenere a bada le palpitazioni con scarso successo. Cosa stava accadendo?
Si rese conto che non stava respirando. Come se ciò non fosse abbastanza, la compagna, con una mossa azzardata, strofinò la gamba proprio contro la sua eccitazione, ancora dolorosamente costretta nei pantaloni.
“Amanda…” sussurrò, ma lei lo zittì con un bacio.
Sirius abbandonò gli ultimi filtri, con quel contatto, e sovrastò la compagna, mettendosi sopra di lei. Le accarezzò le gambe e lambì con le labbra ogni punto del collo e del petto accessibile. La sentì inarcarsi sotto il suo tocco, e i loro bacini si scontrarono. Amanda gli prese una mano, portandogliela giù, verso l’allacciatura della gonna; Sirius alzò lo sguardo verso di lei, come per chiedere conferma di ciò che stava per fare. Ancora, temendo di sciupare quel momento, non parlarono, ma seppe, dal sorriso che gli riservò, che quella volta sarebbero arrivati fino in fondo. Altre volte, nell’ultimo mese, erano giunti a quel punto mentre si scambiavano effusioni. Ciò nonostante, non erano mai andati oltre, a causa anche della scomodità dei luoghi in cui si appartavano. Sapeva che, per Amanda, si sarebbe trattato della prima volta, e non avrebbe mai voluto che venisse consumata in un anfratto della scuola o in un ripostiglio.
Abbassò la cerniera laterale della gonna, e lasciò scivolare l’indumento lungo le sue gambe sottili. Dopo ciò, i loro gesti, dettati dall’impazienza, sembrarono affrettarsi sempre di più, tanto che, senza rendersene conto, si ritrovarono entrambi completamente nudi. Sirius deglutì.
“Sei… sicura?” bisbigliò. Le scostò una parte della frangia dalla fronte e posò un delicato bacio sulle sue labbra. Una parola, sarebbe bastato un semplice ‘no’ e non l’avrebbe sfiorata. Sebbene si sentisse andare in fiamme, non sarebbe andato oltre, senza la certezza che fosse veramente ciò che voleva.
Lei, con le gote rosse e un sorriso appena accennato, annuì. Sirius si perse qualche momento a guardarla, completamente nuda sotto di sé. Era bellissima, così esile e decisa allo stesso tempo. Si sistemò meglio tra le sue gambe, senza mai interrompere il contatto con i suoi occhi, ed entrò finalmente in lei. Le labbra di Amanda si schiusero appena e lo sguardo si assottigliò, ma non smise di guardarlo. Sirius sentì il petto esplodergli, quando si rese conto che tutte le sue precedenti esperienze non avevano niente a che fare con quello che stava sentendo ora che era diventato una cosa sola con la ragazza che amava. Non era solo meraviglioso, stare dentro di lei, ma gli parve la cosa più giusta che avesse mai fatto nella sua vita. Si sentì talmente pieno e completo che lo attraversò il pensiero di non uscirne mai più.
Attese qualche attimo affinché Amanda si abituasse a quella intrusione; in tutta risposta, lei gli allacciò le braccia intorno al collo, e, con un movimento deciso del bacino, lo accolse completamente dentro di lei.
 
*
 
A quella volta, ne seguirono altre due. Si rese conto di non essere mai sazio di lei, di volerla ancora una volta, sempre di più. Si staccarono faticosamente appena si resero conto che il sole era sorto, e non sapevano da quanto. Si vestirono in fretta e furia, stando ben attenti a non trovarsi troppo vicini l’uno all’altra. Uscirono dalla tenda, la smontarono velocemente con un incantesimo e scesero dalla Torre, notando che alcuni studenti erano già diretti a colazione in Sala Grande. Avevano evitato per un soffio di essere scoperti.
Passarono, trafelati, davanti al ritratto della Signora Grassa, e per poco non investirono la McGranitt. Lei si voltò e guardò entrambi dall’alto verso il basso. Sul suo viso comparve la tipica espressione di disappunto di chi sa esattamente cos’è appena accaduto.
“Black, Froude… siete piuttosto mattinieri,” commentò, stringendo le labbra.
“Già,” annuì Sirius, incapace di trattenere un sorriso. Si voltò verso Amanda, il cui volto aveva assunto preoccupanti toni rubicondi.
“Oh, no, non è Froude ad essere sospetta,” intervenne la McGranitt, col tono di chi la sa lunga. “Si abbottoni i pantaloni prima di entrare nella mia aula, Black.”
 
 
 
 
 
Note:
Salve a tutti!
Vi chiedo scusa per l’enorme ritardo con cui ho aggiornato, non mi nasconderò e vi dirò che questo capitolo è stato un po’ complesso da scrivere. Credo che si noti anche, in alcuni passaggi, e spero che, nonostante ciò, vi sia piaciuto. Ultimamente sono anche oberata di impegni, e il tempo che riesco a ritagliarmi per scrivere senza pensieri è drasticamente calato.
C’è un’altra cosa per cui sento di dovermi scusare, ed è il superfluff di cui è rivestito l’intero capitolo, ma insomma, era un po’ che non c’era e dopo tutti gli avvenimenti spiacevoli, penso ce ne fosse bisogno (per la gioia di Fri)!
Era un po’ che non scrivevo una scena di sesso, e devo dire che sono un po’ insoddisfatta di com’è venuta. Voi cosa ne dite? Vorrei sapere se è solo una mia sensazione oppure no.
Vi lascio con un aneddoto divertente: il Monopoli. Allora, non so se ve l’ho già accennato, ma questa ff nasce, in realtà, dopo il sequel che ho messo in programma. Un po’ come Star Wars, insomma – pffff, sì, ho appena paragonato la fan fiction a SW, vado a sotterrarmi –! Praticamente, ho scritto prima il sequel – che revisionerò quando sarà il momento – e poi questo prequel, e il Monopoli ha un’importanza fondamentale nel sequel (oddio, non è vero, però ci sono delle scene divertenti a proposito XD), quindi meritava una menzione speciale anche in un capitolo di questo prequel, giusto per capire da dove saltava fuori.
Giuro, ho finito con note, commenti e incisi inutili. Spero di riuscire ad aggiornare entro il prossimo mese, ma non vi prometto nulla! Vi prego, portate pazienza ç_ç…
 
Un bacio,
Amanda.
 
p.s.: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE, a chiunque segua, legga, commenti la fan fiction. E siete abbastanza! Dovrei ringraziarvi più spesso, giuro che mi impegnerò a farlo ad ogni capitolo, perché ve lo meritate <3
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Rabbia, odio, tristezza, disprezzo. Amore. ***


Capitolo XXVI: “Odio, rabbia, tristezza, disprezzo. Amore.”
 
"Tu ami ancora il mio cuore?"
"Sempre. Sempre te e per sempre."
"Non pensi che sono cambiata? Che sono peggiore?"
"Penso che profumi di un odore che mi piacerà sempre."
 
“Venuto al mondo”, Margaret Mazzantini
 
 
LAYLA
 
Scrisse l’ultima frase del tema di Erbologia con particolare zelo. Lo rilesse tre volte, ormai lo aveva imparato a memoria. Tamburellò le dita sul tavolo cosparso di pergamene fittamente scritte e si morse le labbra. Voleva avere qualcosa da fare, continuamente, voleva leggere il più possibile, ascoltare tutte le lezioni scrupolosamente, non trovarsi da sola col proprio cervello nemmeno un momento. Tutto, pur di non pensare. Era riuscita a spazientire persino il professor Rüf durante Storia della Magia, la settimana prima; ricordò con imbarazzo che aveva manifestato un certo fastidio per le continue domande che lei poneva durante le lezioni.
Controllò l’agenda e sbuffò; aveva svolto ogni compito della settimana successiva, aveva terminato il programma di ben cinque materie, e sentiva il bisogno di riempire le due ore che la separavano dalla cena leggendo qualcosa che la distraesse.
“Hai bisogno di una mano?” le bisbigliò Remus, di fronte a lei. Aveva alzato gli occhi dalla pergamena su cui stava scrivendo, e la guardava perplesso. Il suo volto, segnato da quelle misteriose cicatrici alla cui vista si era ormai abituata, appariva stanco e pallido, e Layla lo collegò subito alla fase di luna crescente, che sarebbe culminata nella luna piena il venti di marzo. Mancavano pochi giorni. L’aveva capito da un bel po’, ormai, ciò che affliggeva Remus per qualche giorno ogni mese, ma non ne aveva fatto parola con nessuno, se non con Amanda. Sua sorella era parsa piuttosto restia a parlarne, tanto che aveva pensato che le stesse nascondendo qualcosa, ma Layla non aveva indagato oltre, malgrado fosse curiosa di saperne di più.
“No…” borbottò Layla, scuotendo il capo. “È che ho… ho finito tutto.”
“Intendi tutti i compiti?” domandò, sorpreso. Anche Peter alzò lo sguardo, ma non le disse niente. Non sapeva perché, ma Minus sembrava spesso intimidito dalla sua presenza.
“Sì,” rispose col broncio.
“E… ti dispiace?” fece Peter, incredulo. “Vuoi fare i miei?”
Sorrise, speranzosa.
“Posso?”
“Certo che no,” rispose Remus, lanciando un’occhiata di disapprovazione al compagno. “Sarebbe come togliere denaro ad un mendicante, Peter. Tu hai bisogno di farli!”
“Io non sento tutta questa necessità,” precisò lui, facendo sorridere Layla.
“Oh, sì, invece, perché quello da cui vieni a piangere tre ore prima di un compito in classe sono io…” lo schernì. Si voltò verso Layla e continuò: “Se proprio vuoi fare qualcosa, potresti andare a cercarmi questi libri di cui ho bisogno?”
Le passò un foglio di pergamena su cui erano segnati diversi titoli. Layla scorse la lista velocemente, contandone otto.
“Sì, certo,” esclamò, contenta di poter fare qualcosa che le riuscisse bene. Adorava perdersi tra gli scaffali della biblioteca. “So già dove cercarli, li ho letti! Torno subito,” continuò, alzandosi. Diede loro le spalle e si incamminò verso le sezioni. Una sensazione di leggerezza le pervase il petto, mentre si aggirava tra gli scaffali. Era sempre stato così, da quando aveva imparato a leggere: i libri riuscivano a riordinarle i pensieri confusi, e nella sua testa ogni cosa appariva più chiara. Leggere le dissetava la mente, e una volta che si trovò a parlarne con suo padre, lui le aveva sorriso e risposto: “Conosco la sensazione.”
Le mancava così tanto, suo padre. Il pensiero dei suoi genitori era così dolente che il suo cervello lo accantonava ogni volta, quasi come un meccanismo di difesa. E allora, bisognava trovare qualcosa da fare, passare il tempo, tenersi impegnata. Se si fosse fermata sarebbe stata travolta da una valanga di ricordi dolorosi dalla quale non era sicura che sarebbe stata capace di riemergere. Da quando i suoi genitori erano morti, le sembrava continuamente di percorrere una ripida salita; non sapeva cosa avrebbe trovato in cima, ma conosceva la sofferenza che risiedeva alle pendici e le difficoltà che comportava l’irrefrenabile istinto di voltarsi indietro. Soprattutto, perché voltarsi indietro avrebbe significato riportare alla mente Regulus. Non era abituata a sentire rimescolare così tante emozioni incontrollabilmente; il suo nome evocava odio, rabbia, tristezza, disprezzo, ma… l’unica su cui si soffermava ogni volta, sentendo il proprio cuore stringersi dal senso di colpa, era proprio l’amore. Non aveva idea del perché continuasse a provare un sentimento del genere per colui che aveva contribuito alla morte dei suoi genitori. Era vergognoso e non riusciva a parlarne con nessuno, perché immaginava bene gli sguardi di disapprovazione che avrebbe ricevuto per una simile confessione. Era un misero traditore, non meritava un secondo dei suoi pensieri, avrebbe dovuto cancellarlo dalla sua mente nell’istante stesso in cui aveva scoperto tutto, ma non c’era riuscita. Forse perché conosceva Regulus così profondamente, che niente di ciò che Marcus aveva insinuato e detto coincideva con ciò che Layla aveva osservato in lui in tutti gli anni passati assieme. Niente tornava, ed era così frustrante che lui non avesse aperto bocca per difendersi o per dire la sua. Davvero non gli importava di cosa lei pensava o di quanto stesse soffrendo? Dopo tutto quello che avevano passato, si meritava davvero di essere accantonata così? Non si era comportata bene nei confronti di Regulus, al ritorno dalle vacanze di Natale, doveva ammetterlo; ciò che sua madre le aveva detto l’aveva fatta riflettere a fondo, e il timore di deludere suo padre e un sacco di altri dubbi le avevano attanagliato lo stomaco, tanto da rovesciare tutto fuori, senza alcun rispetto per i suoi sentimenti, una volta tornata ad Hogwarts. Lei era stata la prima a rovinare tutto, lo sapeva, e ancora una volta, la soluzione migliore si era rivelata accantonare il pensiero in un’area remota della sua mente ed andare avanti. Scoprì che aiutare sua sorella per distrarsi dal proprio dolore era molto efficace; anche lei era ancora provata. Tuttavia, Amanda aveva scoperto amici inaspettati che avevano stupito persino Layla. Non immaginava che Sirius fosse capace di sopportare Amanda, nello stato in cui si trovava: era spesso irritabile, cambiava idea ed umore nel giro di dieci secondi – ad essere ottimisti – e non stava ferma un minuto. Inoltre, grazie allo spiccato spirito d’osservazione ereditato dal suo amato padre, Layla aveva notato, nelle ultime settimane, che quei due tendevano ad isolarsi un po’ più spesso, dandosi alla macchia per interi pomeriggi.
Ecco, era successo ancora: aveva lasciato la sua mente a briglia sciolta per soli tredici secondi e quello era il risultato. Fece un respiro profondo e si decise a guardare veramente gli scaffali che stava fissando da un po’.
Nella sezione di Erbologia trovò Proprietà magiche delle radici, Alle pendici dei Monti Grampiani, e un tomo massiccio e pesantissimo intitolato Mille piante acquatiche d’Europa. Si avviò verso la sezione di Difesa contro le Arti Oscure, vicino alla Sezione Proibita. Le braccia le dolevano, aveva decisamente sovrastimato la propria forza. Una voce a pochi passi da lei la fece sussultare. Il cuore le sprofondò nello stomaco, e una spiacevole sensazione di déjà-vu le entrò nella testa.
“Sembri avere bisogno di una mano.”
Si voltò di scatto. Regulus la stava osservando, con le mani in tasca. Con un primo sguardo, Layla capì che il suo volto era scavato da notti insonni e un’alimentazione irregolare – il suo fardello, lo ricordava – ma la divisa impeccabilmente indossata e il suo portamento impettito tentavano di celare tutto ciò in maniera grossolana.
“Ti sembra male, ce la faccio da sola,” sentenziò, brusca, con un tono che non le apparteneva. Odio, rabbia, disprezzo, tristezza. “Non sono debole come credi.”
“Non ho mai pensato che tu lo fossi,” rispose, atono.
Odio, rabbia, disprezzo, tristezza.
“Di ciò che pensi non m’interessa più nulla.”
Regulus tacque, ma Layla lo vide serrare la mascella. Era il suo modo di incassare il colpo ed esprimere disappunto. Amore. Sentì un improvviso calore all’altezza del petto: come diavolo poteva sentirsi infastidito da una risposta del genere dopo ciò che le aveva fatto?
Gli rivolse un’ultima occhiata gelida prima di girarsi in direzione del Reparto Proibito.
“Io non ci andrei, fossi in te,” disse Regulus, alle sue spalle.
Layla non gli diede udienza, ignorò il battito impazzito del suo cuore e oltrepassò lo scaffale, salvo poi pietrificarsi alla vista di due studenti intenti inequivocabilmente ad amoreggiare. Spalancò gli occhi quando appurò che si trattavano di Sirius e sua sorella, talmente presi dal momento da non accorgersi della sua presenza. Indietreggiò, sconvolta, e si nascose dietro la libreria, col volto in fiamme. Sospirò, accigliata, e si voltò verso Regulus. Riuscì finalmente a scorgere qualcosa nello sguardo del compagno; poté leggergli in volto la tipica espressione ‘te l’avevo detto.’ Si schiarì la voce, imbarazzata.
“Da… da quanto sono lì?” balbettò.
“Non lo so, non li sto cronometrando,” rispose, sardonico. “Spero che non manchi molto, comunque, ho fretta di prendere un libro,” continuò, sventolando una striscia di pergamena con la firma di Lumacorno visibile in un lato.
“E aspetti qui, a pochi passi da loro?” domandò, sbigottita.
Regulus fece un mezzo sorriso, alzando le spalle.
“Presumo ci sia in atto un Muffliato, per quanto sono silenziosi, e se non si sentono a disagio loro, non capisco perché dovrei esserlo io. L’unica in imbarazzo, qui, sei tu.”
Layla lo guardò, malevola, e sbuffò; con un ultimo sforzo decise di appoggiare momentaneamente i libri su un piano di legno libero. Sapeva di essere ancora paonazza in volto, e il fatto che avesse dovuto assistere ad una scena del genere proprio in sua presenza non aiutava a celare il suo turbamento.
“Io non… non pensavo che Sirius e mia sorella facessero certe cose…” mormorò.
“Perché non dovrebbero? Anche noi-”
“Smettila,” lo interruppe, spazientita. Lo stomaco aveva iniziato a fare strane capriole non appena Regulus ebbe insinuato in lei il ricordo di ciò che facevano insieme. Non ci avrebbe pensato, non doveva. Com’era possibile che ne parlasse senza nessuna emozione nella voce? Non gli provocava alcuna reazione il pensiero di ciò che erano stati? Perché, al contrario di lui, Layla non riusciva nemmeno a pensarci senza sentire un nodo stringerle dolorosamente la gola? Davvero, Regulus aveva finto per tutto il tempo in cui erano stati insieme?
“Di fare cosa?” chiese, il suo tono ancora una volta piatto.
Eccole, le sentiva, le lacrime stavano arrivando. Gli occhi si inumidirono, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere.
“Di parlarmi come se non fosse accaduto nulla, come se tu non avessi fatto niente!” soffiò.
Regulus spostò lo sguardo. Quel vigliacco non aveva nemmeno il coraggio di guardarla in faccia. Chi aveva conosciuto, in quegli anni? Si sentì così stupida. Le tornarono alla mente le parole di sua madre, e capì cosa intendeva in quell’istante. Regulus non avrebbe mai fatto i conti con se stesso, incastrato nella sua famiglia e schiacciato da obblighi che lo rassicuravano, in quel limbo oscuro in cui si trovava. Era la sua base sicura, ma anche la sua maledizione più grande.
Quella consapevolezza le fece nascere un sorriso amaro.
“La colpa è mia, sai?” disse, voltandogli le spalle. Prese un altro libro da uno scaffale, lo aggiunse alla sua pila verticale e continuò a parlare. Il segreto era non guardarlo. “Ho sempre pensato che avessi un valore per te, che valessi una scelta. Non ti ho mai fatto pressione perché credevo che prima o poi avresti capito da che parte stare… ho peccato di presunzione, mi sono sopravvalutata.”
Cercò di ostentare il sorriso più divertito che potesse mentre si girava ad osservare la sua espressione, ma aveva il cuore a pezzi.
Io, che odio la presunzione, sono stata presuntuosa. Divertente, vero?”
Il volto di Regulus, ancora una volta, non mostrò alcuna empatia. Sembrava vuoto, assente.
“No, non lo è.”
‘Merlino, Reg, che ti è successo?’ pensò, totalmente affranta. La maschera crollò, la sentì chiaramente andare in frantumi e cedere. Sentì sulla guancia destra una lacrima, le sfiorò l’angolo della bocca e si nascose sotto il mento. Lui distolse lo sguardo ancora una volta. Non era mai riuscito a vederla piangere, in questo non era cambiato per niente.
“Hai ragione,” singhiozzò “non è divertente per niente. Ho perso i miei genitori, e l’unico abbraccio in cui mi sarei voluta seppellire era quello della persona che ha spifferato ai loro assassini dove trovarli.”
Si sentì come un fiume in piena, senza alcun argine che potesse contenere la portata delle sue lacrime. Le sentì scendere, una dopo l’altra, intervallate dai singhiozzi che cercava di trattenere.
“Non ti è mai importato nulla di me, davvero?”
I suoi occhi erano appannati, ma Layla riuscì comunque a vedere Regulus stringere i pugni. Alzò gli occhi su di lei, e il suo sguardo buio e scavato la perforò. Fece qualche passo nella sua direzione, ma Layla indietreggiò istintivamente.
“Lay,” mormorò, tentando di sfiorarle un braccio.
“Non toccarmi, non ho bisogno della tua compassione,” sibilò, tirando su col naso. Rabbia, odio, disprezzo, tristezza. “Ti odio.
Regulus trasalì. Eccola, la reazione. Layla si preparò all’impatto della risposta chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro, come faceva durante il volo dagli scogli, appena prima del contatto con la superficie dell’acqua.
Si era avvicinato tanto da essere a pochi centimetri dal suo viso. Il suo profumo, intenso e familiare, le invase le narici. Amore.
“Anch’io. Stammi lontano,” ringhiò. Si voltò di scatto e si allontanò, senza prima aver buttato a terra la pesante pila di libri appoggiata sul piano dello scaffale con una spinta.
 
 
Note:
Salve a tutti!
Sì, okay, è corto. Molto corto, lo ammetto. Non siete abituati al fatto che sia così corto, e devo smettere di dire corto perché inizia a suonare strano persino scritto. Quindi, andiamo avanti. È stato difficile scrivere questo capitolo, sono sincera. Ho ben in mente il pov di Layla, e ammetto che è molto complesso, malgrado sia solo una quasi quindicenne. So che non avete bisogno di angst, ed è bello quando le cose vanno bene e siamo tutti felici e contenti, ma è poco realistico, e soprattutto non rispecchia quello che deve accadere in questa ff XD! Ho chiaro in mente dove la storia tra questi due andrà, vi chiedo di fidarvi di me :D. Btw, quando l’altro giorno ho riletto per caso un pezzo di “Venuto al mondo” della Mazzantini, sono incappata in quel piccolo pezzo di dialogo che ho inserito come citazione, e ho pensato proprio a Layla e Regulus! Cosa ne pensate? Ah, dimenticavo: avete presente l’entrata in scena di Reg che dice a Lay: “Sembri avere bisogno di una mano”? … è quello che dice Orion a MaryAnne nel flashback della loro ‘storia’, ricordate? Sì, mi piace il mio evil side!
 
Spero di riuscire a plottare il capitolo successivo in tempi brevi, nel frattempo vi saluto e vi auguro una buona domenica (fine domenica, in verità, ma non voglio rigirare il coltello nella piaga!).
Un bacio,
- Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Conosci il tuo amico (?) ***


CAPITOLO XXVII: “Conosci il tuo amico (?)”
 
CHARLUS
 
 
 
Signor Potter,
la ringrazio per l’ultima lettera. Innanzitutto, da vera irlandese, le auguro un felice San Patrizio! Le sciarpe che sua moglie ha confezionato per me e Layla sono cascate a pennello; è stato molto freddo al Castello. Qui, tutto è tranquillo, mi preme piuttosto sapere come sta lei. Sono contenta che sia tornato a lavoro, e spero che per le prossime vacanze di Pasqua potremmo accordarci per vederci e magari visitare il Ministero. James e Jade non sono molto entusiasti che mi sia decisa ad intraprendere la stessa carriera di mio padre, e sono stati molto carini a dirmi che sono brava quanto loro in Difesa solo con lo scopo di dissuadermi – il perché, fra l’altro, mi è ancora sconosciuto... come se l’ambizione che hanno loro di diventare Auror sia meno pericolosa!
So che conosce il vero significato di questo giorno per me. Ero abituata a scrivergli ogni anno, e questa mattina ho preso in mano piuma e pergamena, pronta a inviare un biglietto di auguri a mio padre, ma poi mi sono ricordata. Allora, ho pensato che scrivere ad un suo caro amico mi avrebbe aiutato, a lui avrebbe fatto piacere sapere quanto lei si stia dando tanto da fare per me e mia sorella. Non avrei nemmeno indossato il mio solito cappello, se Sirius non mi avesse convinto a farlo; è stato carino, credo che sia un modo per continuare a festeggiare il ricordo dei miei genitori, ovunque si trovino.
La ringrazio per averci detto che siamo le benvenute a casa Potter, ma per questa estate ho convinto Layla ad andare a Inishmòr, dove abitava mio zio Patrick. La sua casa è grande e vuota, e staremo bene lì, dopo essere tornate dalla nostra ‘vacanza’ in tenda. Ho detto a Jade che non ci saranno problemi se volesse raggiungermi a Mainistir. Ovviamente, l’invito è esteso anche a voi, vorrei potermi sdebitare in qualche modo per tutto quello che state facendo per noi.
Ah, dimenticavo: in questo periodo ho sospeso la pozione, quindi non è necessario che me la procuriate. Ho parlato con il Professor Silente e lui è d’accordo; i picchi di magia stanno lentamente diminuendo, credo di aver trovato finalmente il modo di ‘scaricarla’ senza nuocere a nessuno.
Con affetto,
Amanda
 
p.s.: Jaded mi dice di far sapere a Dorea che “è del terzo tipo” – credo sia un linguaggio in codice – e James, seccato, continua a ripetere che “non si fida molto delle sue scarpe” – giuro, non ho idea di cosa stiano parlando! Ma perché non scrivono direttamente a lei? Giusto, ci si mette anche Sirius: vuole sapere “se l’erba è cresciuta” … ma credo che voglia solo prendermi in giro, per sicurezza gli ho dato un pugno!
 
Charlus sorrise, terminando la lettera. No, pensò, non è cresciuta, Sirius. Appoggiò la tazza di tè e terminò la fetta di pane tostato col burro controvoglia. Intercettò lo sguardo curioso di sua moglie, seduta di fronte a lui. Si alzò e fece il giro del tavolo.
“Allora? Che dice? Passa qua!” esclamò, prendendogliela dalle mani.
“Tutto bene, Dorea, ti ringraziano per i regali.”
“Oh, sono piaciute? Meno male, ero così in ansia per il colore della sciarpa di Amanda…” sospirò, scorrendo veloce le righe della lettera. “Voglio dire, dopo tutta quella storia della Casa non ero sicura che il verde facesse a caso suo. Il blu sono convinta che valorizzi di più i suoi occhi!” esclamò poi. A Charlus sembrò piuttosto che stesse giustificandosi. Rise, divertito.
“Sì, sicuramente,” disse. Osservò la moglie terminare la lettura. Un sorriso commosso le increspò le labbra sottili.
“Caspita, un terzo tipo!” esclamò, sconvolta. “Devo fare un discorsetto a tua figlia!”
Charlus aggrottò la fronte, confuso.
“Ecco, a proposito… che accidenti significa?” 
“Lo saprai a tempo debito,” lo zittì sua moglie, scacciando la discussione con una mano come fosse un fastidioso insetto. “Comunque, che cara ragazza, Amanda… sono proprio contenta che abbia legato così tanto con i nostri figli.”
“Di quali parli, in particolare?” le chiese, sorridendo.
Lo sguardo di Dorea guizzò nella sua direzione.
“Di tutti e tre, ovviamente,” rispose con una smorfia altezzosa da tipica Black. Ciò lo divertì ulteriormente, non era abituato a vederla in quell’atteggiamento.
Guardò l’orologio sulla parete di fronte a lui, accanto alle numerose foto magiche incorniciate appese. Erano quasi le dieci. Doveva muoversi, o avrebbe fatto tardi.
“È ora che vada,” sospirò, alzandosi. “Ho una scommessa da vincere,” continuò. Si scambiò un fugace bacio con la moglie e prese il mantello appoggiato all’attaccapanni dell’ingresso. Prima di uscire, si voltò indietro un’ultima volta.
“Sarebbe carino se facessi una foto alla faccia di Malocchio, dopo,” si raccomandò lei. “E salutami quell’idiota di Orion.”
 
 
*
 
Portaleen, Irlanda
 
Dal punto in cui si era appena Materializzato, Charlus avrebbe potuto ammirare la bellissima casa dalle pareti rosa che dava sul mare, se l’Ardemonio non avesse distrutto tutto. Invece, davanti a lui, solo la terra nera e incolta gli diede il benvenuto. E anche Orion Black, in realtà, seduto su un masso a pochi metri. Sedeva sempre su quella roccia, dalla prima volta che si era imbattuto in lui, un mese prima.
 
FLASHBACK
 
Era già passato un mese da quella terribile giornata, e Charlus non aveva avuto ancora il coraggio di tornare nel luogo dell’accaduto. Tuttavia, quella mattina si era svegliato con la consapevolezza di dover trovare la forza di andare avanti, che restare a piangersi addosso a casa non avrebbe cambiato le cose. Si alzò, si vestì, e salutando a malapena la moglie, si diresse a Portaleen. Quel giorno, il mare era una tavola. Ogni traccia di macerie era scomparsa; davanti a lui, solo un enorme spiazzo di terra nera. E un masso, a pochi metri. Su quel masso, seduta, stava una figura che decisamente stonava.
“Orion?” sussurrò tra sé e sé. “Black!” ripeté. L’uomo alzò lo sguardo e si voltò finalmente verso di lui.
“Charlus,” borbottò in risposta, alzandosi. Si guardò intorno, nervoso, come se si sentisse fuori posto, dopo essere stato visto.
La prima domanda che gli venne in mente fu un banalissimo ‘cosa ci fai, qui?’, ma scrutando il suo volto si ammutolì. Le occhiaie nere e il volto scavato furono una risposta sufficientemente dolorosa. Non c’era traccia di vita in quegli occhi scuri, sembravano due pozze nere dentro cui l’anima era stata sepolta.
Gli tornarono in mente le parole che Joe aveva usato quel pomeriggio per descrivergli Orion, il modo in cui fosse uscito di senno per Mary Anne senza essere contraccambiato. Comprese all’istante, ma non riuscì a dire una sola parola.
“Non dovrei essere qui, mi dispiace,” lo sentì dire.
Charlus si schiarì la voce e si guardò intorno.
“Perché allora ci sei?”
Vide chiaramente Orion deglutire, poi si voltò verso il mare.
“Per la vista.”
Charlus aggrottò le sopracciglia, confuso, ma ancora una volta non parlò.
“La migliore,” spiegò Orion, indicando il mare. “E
 la peggiore che io abbia mai visto, insieme,” terminò poi, accennando la terra scura.

“E… quale scegli, oggi?” gli chiese Charlus, sedendosi sul masso.
“Sempre la peggiore,” mormorò Orion, affiancandosi a lui.
 
***
 
Scoprì che tutti i giorni, da quando aveva appreso la notizia della morte dei Froude, Orion si Smaterializzava a Portaleen e, per un lasso di tempo che non sapeva stimare – Charlus lo vide restare in quella posizione persino un pomeriggio intero – sedeva su quel sasso e fissava la terra. Lo sconvolse sapere quanto la loro morte avesse toccato Orion nel profondo, e probabilmente fu quella la causa di una sorta di avvicinamento che percepì avvenire tra loro. Da quella mattina, passava spesso a controllare se lui fosse lì, il tempo di una chiacchiera superficiale, poi intensi minuti di profondo silenzio, un saluto accennato e poi andava al Ministero. A Sirius non ne aveva parlato nella lettera che gli aveva inviato qualche settimana prima, e probabilmente era meglio così. Gli aveva detto, tuttavia, di essere andato spesso a Portaleen per fare delle indagini, e Sirius, ora, voleva sapere se l’erba era cresciuta. Purtroppo, dove l’Ardemonio ha bruciato, non cresce più nulla. La terra si tinge di nero, ma non a causa della cenere, quanto per la magia oscura di cui si impregna, e costruire nuovamente diventa impossibile, poiché il terreno contaminato dall’Ardemonio non regge alcuna costruzione.
“Buongiorno,” avanzò Charlus, ancora claudicante. Il terreno sconnesso non aiutava la leggera zoppia che da quel maledetto giorno lo accompagnava e che, probabilmente, non lo avrebbe più abbandonato.
Orion si alzò e lo guardò avvicinarsi, il mantello nero allacciato e la solita postura impettita. Tuttavia, come sempre, il suo sguardo era ancora vuoto, spento. Charlus aveva sempre avuto un’immagine ordinata e pulita di Orion Black, ma nell’ultimo mese si era completamente rivoluzionata: non mostrava più alcuna cura del proprio aspetto, la barba incolta, i capelli neri – tra cui qualche filo argenteo spiccava -  cominciavano a crescere disordinatamente ai lati di un viso sciupato, gli zigomi alti e appuntiti facevano apparire gli occhi ancora più infossati e sottili, cerchiati da un’evidente stanchezza che non sarebbe guarita nemmeno con qualche giornata di sonno.
“Buongiorno,” rispose.
Charlus sospirò, incapace di trovare le parole giusto per iniziare il discorso.
“Orion,” cominciò, “devo parlarti.”
Notò immediatamente un guizzo nel suo sguardo. Aveva attirato la sua attenzione.
“Sirius sta bene?” s’informò, cogliendolo di sorpresa. Da come aveva parlato, era normale che la prima preoccupazione di un padre fosse il proprio figlio, e si vergognò quasi di essersi stupito tanto. Tuttavia, Orion non aveva mai chiesto di Sirius nel tempo in cui avevano iniziato a condividere quel sasso, e a Charlus non era mai venuto in mente di nominarlo, perché non aveva idea di come potesse reagire. Si domandò quante volte fosse stato sul punto di chiederglielo, ma poi si fosse tirato indietro.
“Sì, certo,” rispose. “Non si tratta di Sirius, ma di questo luogo,” spiegò, indicando lo spiazzo scuro davanti a loro.
“Che vuoi dire?” chiese, stringendo le labbra sottili.
Charlus si schiarì la voce, cercando le parole giuste.
“Silente verrà qui a breve, questa mattina, a fare un sopralluogo insieme a qualche agente del Ministero. Ti volevo avvisare nel caso-”
“Sopralluogo?” ripeté, perplesso. “Ancora? E per cosa? Ora mi dirai che quel pazzo ha intenzione di ricostruire sopra questa terra?” domandò, sprezzante.
“Non ho detto questo,” borbottò, ma sapeva che si trattava di una bugia. Ad Orion non sfuggì, lo capì dal modo in cui strinse gli occhi.
“È impossibile ricostruire qualcosa, qui. Silente lo sa meglio di me e te.”
“Questo è tutto ciò che posso dire,” ammise, con un’alzata di spalle. “Arriverà tra poco, pensavo di dirtelo, nel caso avessi intenzione di non farti vedere qui. So che sarebbe difficile da spiegare…”
L’uomo tacque e continuò a fissarlo. Charlus si rese conto che qualcosa era cambiato, in quello sguardo. Orion sembrava essere tornato a vedere davvero.
“È un’idea di Silente?” chiese all’improvviso. Poi, fece un verso a metà tra uno sbuffo e una risata, gli ricordò Sirius. “Ma certo che lo è, non so nemmeno perché te l’ho chiesto!” esclamò, poi.
Charlus aggrottò le sopracciglia.
“Non ti seguo.”
“Vorrei tanto illudermi, Charlus, che tu non abbia riferito di vedermi qua ogni giorno, ma so che non è così. Ai tuoi colleghi del Ministero non interessa che io fissi della terra, mentre immagino che questa notizia abbia incuriosito Silente,” spiegò Orion, serio. “Quello che ti chiedo è: vuole che non mi faccia trovare al suo arrivo o si aspetta che io faccia una scelta?”
Charlus trattenne il fiato per qualche secondo, poi si lasciò andare ad un sospiro. Apprezzava il fatto che Orion ci fosse arrivato da solo, lui stesso non avrebbe potuto trovare parole migliori. Sorrise.
“Tu sembri capirlo meglio di me. Secondo te?” domandò di rimando, sedendosi.
“Scegliere, ovviamente. Si tratta sempre di scegliere,” rispose, distogliendo lo sguardo da lui. Fissò il terreno davanti a sé.
“Quindi, Orion?”
La domanda rimase sospesa in aria; poi, una risposta secca squarciò il silenzio.
Resto.”
L’Auror sorrise di nuovo, vittorioso. Pensò che fosse il caso di procurarsi una macchina fotografica prima dell’arrivo di Alastor. Sapeva di aver scommesso sulla persona giusta, e pensò con soddisfazione al momento in cui avrebbe detto a Malocchio che gli doveva ben dieci galeoni.
 
 
 
REMUS
 
Il giorno dopo il plenilunio era quello in cui sapeva esattamente quante ossa possedeva. Era capace di contarle una per una e descriverne perfettamente l’ubicazione, perché bastava seguire il dolore.
Un’altra luna piena è passata, pensò, coprendosi il volto con le mani. Si stropicciò la faccia, ancora dolorante, dopodiché si costrinse ad aprire gli occhi. Era l’unica mossa che gli consentisse un contatto diretto con il mondo esterno, la mattina dopo. Non avrebbe avuto le forze per fare nient’altro. Era come aver preso dieci sbornie in un colpo solo. Imprecò quando l’unico filo di luce che penetrava dalle imposte sgangherate della stanza in cui si trovava decise di illuminare proprio il suo cuscino e, di conseguenza, una considerevole porzione del suo volto ancora intontito e assonnato.
“Ben svegliato, amico,” esclamò pimpante una voce che somigliava decisamente a quella di James.
Remus gemette, ma non rispose. Qualcosa, o molto probabilmente qualcuno, coprì l’imposta, permettendogli di aprire definitivamente gli occhi e guardarsi intorno. Prese completamente coscienza del suo corpo e si rese conto di essere sdraiato su un polveroso pavimento di legno che scricchiolava sotto ogni suo piccolo movimento.
Si trovava ancora nella Stamberga Strillante, e quello che credeva essere un cuscino era in realtà un mantello, molto probabilmente di James.
“Lo so che non mi vuoi sentire, e io nemmeno vorrei parlarti per lasciarti riposare, ma ci tenevi tanto che ti ricordassi del compito di Storia della Magia che ci sarà fra tre ore e che non volevi assolutamente saltare,” borbottò il compagno, contrariato. “Per cui ti informo che Lily mi ha dato la pozione revitalizzante che volevi. Anche se è stata fatta con le sue perfette mani ti sconsiglio di prenderla, perché dovresti riposarti come si deve e non pensare ad uno stupido compito.”
Compito? Pozione? Remus ricordò improvvisamente e provò a tirarsi su con uno scatto. Dolorose fitte al petto e al ventre lo fecero gemere ulteriormente, e si ritrovò ad accucciarsi al pavimento, steso su un fianco.
“Stupido testone,” sentì bofonchiare James. La sua mano si posò su un fianco. “Ti faccio male?”
L’unico suono che riuscì ad emettere fu un grugnito. James sbuffò, e Remus lo sentì chiaramente stappare qualcosa.
“Tieni,” mormorò, e l’aiutò a sorseggiare una nauseante pozione con un retrogusto di cavolo amaro bruciato. Osservò il compagno che lo scrutava, più serio del solito.
“Non devo avere un bell’aspetto, da come mi guardi,” mormorò, affaticato. Si fece aiutare da James e si tirò su a sedere. Il senso di nausea sparì, e seppe che la pozione iniziava a fare effetto. L’amico si sedette accanto a lui e tirò su le ginocchia.
“Hai avuto nottate migliori,” ammise. “Come ti senti? Ce la fai ad alzarti?”
Remus sospirò. Non ricordava assolutamente nulla della nottata. Doveva essere stato parecchio doloroso, considerando le condizioni in cui si era risvegliato. Aveva davvero voglia di passare l’intera giornata a letto, ma non voleva avere trattamenti preferenziali da parte dei professori. L’idea di attirare l’attenzione dei compagni di corso non lo entusiasmava. Poi, la pozione compì finalmente il suo miracolo, perché pian piano avvertì una sensazione di benessere in tutto il corpo, e ogni fastidio svanì. Si sentì riposato e attivo, come se avesse dormito venti ore di fila.
“Che Lily sia benedetta,” mormorò, alzandosi e spolverandosi i pantaloni. Raccattò il Mantello dell’Invisibilità da terra e lo porse al compagno.
“Se ti dovesse capitare di ringraziare anche me, giuro che non mi offenderò,” commentò sarcastico, afferrando il Mantello e tirandosi su.
Remus alzò gli occhi al cielo.
“Tu sei sempre il primo a cui sono grato,” confessò con un sorriso. Il compagno rise e gli diede una sonante pacca sulla spalla.
“Scherzavo, non mi diventare sentimentale anche tu! Felpato basta e avanza,” rispose James, dietro di lui.
Scesero le scale e si inoltrarono nel passaggio, in direzione del Castello.
“Sai che Lily mi ha chiesto di te, qualche giorno fa?” si ricordò Remus improvvisamente.
L’amico si voltò verso di lui, incuriosito.
“Perché? Era arrabbiata? Cosa le hai detto?” chiese immediatamente.
Remus aggrottò le sopracciglia, confuso. Doveva esserci qualcosa sotto.
“Che hai combinato, James?” domandò, sospirando.
“Cosa? No, non ho fatto niente, davvero!” esclamò, convinto. “Cosa ti ha chiesto?”
Remus guardò il buio tunnel davanti a sé, facendosi luce con la bacchetta, e rispose.
“Beh, è stata un po’ strana… crede che ti piaccia Layla, mi è sembrata un po’ gelosa,” affermò.
L’amico reagì esattamente come si aspettava. Emise un verso vittorioso e fece un salto abbastanza in alto da rischiare di battere la testa contro la parte più alta del tunnel.
“Sì! Il piano sta funzionando alla perfezione,” esclamò soddisfatto, con un ampio sorriso.
“Di cosa stai parlando? Allora c’è qualcosa dietro! James, ti avviso, se hai dato modo a Layla di credere-” cominciò, ma lui lo interruppe subito.
“Certo che no, ovviamente è d’accordo con me,” sbottò, sulla difensiva. “Da quando Lily ha saputo che andrò via con Layla, Sirius e Amanda, quest’estate, ho notato che si comportava in modo strano. Le ho anche chiesto se la cosa la infastidiva, ma mi ha insultato,” raccontò poi, infervorato. “Ho chiesto a Layla se fosse il caso di farla ingelosire un po’ e lei era d’accordo!”
“Se posso esprimere la mia opinione… è un piano stupido. Quando la smetterete di fare i dodicenni ed uscirete insieme, tu e Lily?” borbottò Remus, esasperato.
“Dipende da lei!” esclamò James, risoluto. “L’hai presa un po’ sul personale, comunque! Devi dirmi qualcosa?” chiese poi, sornione.
“Del tipo?” fece Remus, confuso.
“Non saprei, sembri essere piuttosto protettivo con Layla… e si dà il caso che ora sia libera-” ipotizzò James, ma questa volta fu proprio Remus ad interromperlo bruscamente.  
“Non affronterò questo discorso con te,” puntualizzò subito.
“Cosa? E perché?” chiese James, con tono offeso.
Perché mi odieresti, pensò, ma si limitò a scuotere energicamente il capo. Si arrampicarono verso l’uscita del tunnel e controllarono che non ci fosse nessuno in giro. James immobilizzò il Platano Picchiatore ed uscirono dal passaggio. Si infilarono sotto il Mantello dell’Invisibilità e, sebbene i piedi di entrambi fossero ben visibili al di sotto di esso, si diressero indisturbati verso l’entrata del Castello.
“C’è qualcuno in giro?” chiese Remus, cambiando argomento. James gli rivolse un’occhiata sospetta, dopodiché tirò fuori uno specchio che a Remus parve familiare.
“Sbaglio o Amanda ne ha uno identico?” fece, incuriosito. James annuì.
“Sono due, ma Amanda li ha dati a me e Sirius, in modo che possiamo comunicare anche se la McGranitt ci mette in punizione divisi,” spiegò. “Felpato sta venendo ad aprirci!” concluse poi, riponendo il pezzo di vetro nella tasca interna del Mantello.
Remus pensò solo in quel momento al fatto che non aveva idea del perché, quella mattina, si fosse svegliato solamente in compagnia di James.
“Perché Sirius e Peter non erano alla Stamberga, a proposito?”
“Un’ora fa Peter è caduto dalle scale della Stamberga, e sembrava essersi rotto una caviglia, perché si è gonfiata ed è diventata tutta nera. Sirius l’ha riaccompagnato al Castello a prendere l’Ossofast. Fortunatamente, Amanda ne ha sempre una scorta tra le sue cose e non è stato necessario introdursi in Infermeria!”
Remus stava per rispondere, ma all’improvviso le giunture del vecchio portone di legno scuro davanti cui stavano aspettando cigolarono un po’, e una testa bionda e arruffata fece capolino. Era Layla.
“Entrate, veloci,” bisbigliò, concitata. “Fortunatamente è già ora di colazione e c’è qualcuno in giro, così passeremo inosservati.”
Attraversarono speditamente l’ingresso, guardandosi attorno con circospezione per evitare di incrociare Gazza, già sicuramente indaffarato a complicare la vita a qualche studente.
Layla si affiancò a Remus, e lui lanciò subito uno sguardo minaccioso a James, che gli sorrideva malizioso.
“Come stai?” gli chiese la compagna, preoccupata.
“Io… bene,” borbottò Remus, imbarazzato. Immaginava che Layla avesse capito da tempo la sua maledizione, soprattutto perché nell’ultimo periodo si erano trovati a passare più tempo assieme; tuttavia, il fatto che ne parlasse come se nulla fosse lo spiazzò.
“Perché sei qui?” chiese James, confuso. “Dov’è Sirius?”
“È con Amanda, stanno portando Peter in Infermeria… quella di Minus è una frattura scomposta in più punti, deve aver fatto un bel capitombolo! Davvero pensavate che una sola dose di Ossofast sarebbe stata sufficiente?”  
James si limitò ad un’alzata di spalle.
“Non sono un Guaritore!” si giustificò. “Tu, piuttosto, perché sai queste cose?”
“Layla è abbonata a ‘Medimagia Oggi’,” rispose Remus al posto suo. La compagna annuì e sorrise.
“La Medimagia mi esalta!” esclamò, infervorata. “Il mese scorso c’era un intero inserto sulla pozione Rimpolpasangue con tanto di formula per prepararla! Ho fatto un tentativo e non sapevo come fosse venuta, finchè il rospo di Norah Storm non l’ha bevuta per sbaglio…” aggiunse, dispiaciuta. Fece qualche secondo di pausa e si schiarì la voce, imbarazzata. “È esploso, nel caso ve lo stiate chiedendo.”
Remus incontrò lo sguardo di James, indeciso se trovare la questione più divertente o inquietante.
“Più ti conosco, più penso che tu e il mio amico Remus stareste bene insieme,” affermò James, guardando Layla convinto.
“James, smettila, non c’è bisogno di riempire silenzi imbarazzanti dicendo cose imbarazzanti,” disse Remus, indignato.
Layla rise, divertita, e si fermò. Erano arrivati davanti all’Infermeria.
“Potter, più ti conosco e più penso che dovresti usare meglio gli occhi,” rispose la ragazza, sconcertata. Remus intercettò poi lo sguardo di Layla, e lei gli rivolse un sorriso che parlava chiaro.
Con me il tuo segreto è al sicuro, gli aveva appena detto.
 
 
 
 
Note:
 
Buongiorno a tutti, e soprattutto BUON NATALE! Spero che le vostre vacanze stiano procedendo lisce e felici, a differenza delle mie, che vedono solo distese interminabili di libri e un mare di esami alle porte. Bene, dopo questo piccolo momento auto-commiserativo, parliamo del capitolo:
  • Scena Orion/Charlus: il pov di Charlus qui mi è sembrato più calzante. Che Orion fosse depresso ce ne siamo resi conto tutti, ma l’Auror, da inguaribile ottimista quale è, pensa sempre che le seconde occasioni siano dietro l’angolo! Chissà cos’hanno in mente *^*! Orion inizia a tirare fuori un po’ di carattere (alla buon’ora, eh!) e a me piace, voi che ne pensate?
  • Remus: sì, lo so, le vicende e la trama lo mettono sempre un po’ da parte, e questa volta invece ho pensato di dedicargli un’intera parte del capitolo. Che carino è James che si fa trovare lì quando si sveglia? *^* Lo amo! Remus e Layla, inoltre, sono molto vicini in questo periodo. La biblioteca è il loro luogo, è inevitabile che ci fosse un avvicinamento (soprattutto da quando – come James ha fatto notare – adesso non frequenta più Regulus) e mi piacciono, ma bisogna vedere in che termini! Amici? Qualcosa di più? Zan zan zan, chi lo sa! Chissà poi se Reg l’ha notato e come ha reagito alla faccenda! Il personaggio di Layla prende sempre più forma, vi avevo avvisato che non avrebbe avuto un ruolo marginale, spero lo apprezziate :D!
  • Lily gelosa è un po’ prevedibile, lo ammetto, ma era anche ora di dare un po’ di soddisfazione a James!
 
 
Ora, veniamo all’ultima – ma non meno importante – questione. Di seguito vi lascio una piccola scena (formata per lo più da dialogo) che la mia mente malata ha partorito un po’ di tempo fa. Ai fini della trama non è importante, ma è divertente; quindi, malgrado non l’abbia inserita nel capitolo, volevo comunque lasciarvela, nel caso vi possa strappare un sorriso. È il mio piccolo pensiero per questo Natale, insomma :*
Premessa: questa scena si svolge una sera del mese di marzo del 1977, e in questa ff è qualcosa che sicuramente è successo ad un certo punto.
 
Titolo: La sera in cui Amanda restò a dormire nel dormitorio maschile di Grifondoro

Ore 00:18. Buio pesto.
 
“Cos'è stato questo rumore?” bisbigliò James, curioso.
“Ho ingrandito il letto, così stiamo più comodi,” spiegò Sirius.
“Ah, ottima idea! Fantastico, se allungo la mano riesco a toccarti, Felpato!”
“Ehm, no, Potter, quelle sono le mie tette,” borbottò Amanda, imbarazzata.
“Dannazione, James, giù le mani!” sbuffò Sirius.
“Ops, scusami! Mi sembrava troppo morbido per essere il petto di Sirius...”
“Amanda, vieni da quest'altra parte!”
“Non esagerare, Sirius, non l'ha fatto apposta! Dai, se vuoi per rimediare puoi toccarle anche tu.”
“Amanda!” sbottò Sirius.
“Beh, che c'è? Non vuoi toccarle?”
“No, smettila,” esclamò, infastidito.
“Perché? Non ti piacciono più le mie tette?” chiese lei, perplessa.
“Amanda, smetti di parlare delle tue tette, per favore?” intervenne Remus, dall'altra parte della stanza.
“Perché? Ne hai in mente un altro paio?” lo schernì Amanda, divertita.
“Quelle di Lily!” esclamò James, estasiato.
“James, dacci un taglio! E Amanda, non mi va di parlare delle tue tette in questo momento, con tutti che ci ascoltano, chiaro?” fece Sirius, infastidito.
“Quelle di Lily sono più grandi delle mie, comunque...” sussurrò lei, voltata verso James.
“Ragazzi, vi prego, basta!” esclamò Remus, esasperato.
“Davvero?” s'intromise Peter, curioso.
“Hey, Peter, le tette della mia futura fidanzata non devono interessarti, chiaro? Smetti anche solo di immaginarle!”
Si sentì un tonfo, e poi un lamento dall'altra parte della stanza.
“Se ve lo steste chiedendo, ho appena tirato una scarpa a Codaliscia,” ammise James, con una punta di orgoglio.
“E mi hai preso in pieno! Ma come hai fatto?” si lamentò il compagno, piagnucolando.
“… ma quelle più grandi le ha comunque Jaded! Ti interessa, Peter?” domandò Amanda, ridendo.
“No! A lui non possono interessare nemmeno quelle di mia sorella! 
È ora di dormire!”
“Okay,” mormorò Amanda. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi riprese. “A proposito di tette, Remus...”
“Amanda!” sbottò quest'ultimo, mentre James soffocava una risata nel cuscino e Sirius sbuffava.
“È una cosa seria,” si difese. “Domani c'è il compito di Rune Antiche?”
“Adesso mi spieghi che c'entrano le tette con il runico,” rise James.
“Beh, c'è una runa che somiglia ad un seno!” esclamò lei, come se fosse ovvio.
“E io che non la seguo…” commentò James. “Comunque, la seconda regola qui dentro era di non parlare di compiti, quindi smettila! Per stasera abbiamo già trasgredito abbastanza,” continuò, serio. “Parlare di Rune Antiche a quest'ora... Santo Godric!”
Nessuno parlò più. Sirius cinse Amanda per un fianco e l'attirò a sé.
“È ancora valida l'offerta di prima?” le chiese ad un orecchio. Amanda soffocò una risata.
“Avrei un'idea migliore,” rispose, girandosi a baciarlo.
“Ragazzi, per favore, sono praticamente accanto a voi!” sbottò James, tastando il letto.
“Sirius, lasciala stare,” esclamò Remus, sconvolto. “Caspita, siamo qui!”
“Ma è lei che mi sta circuendo...”
“Amanda! Vieni a dormire qui, se non ci dai un taglio,” disse James.
Lei scoppiò a ridere, mentre Sirius rivolse all'amico un'occhiata di sbieco. James se ne accorse benché fosse buio pesto.
“Cioè... non in quel senso,” si corresse subito, sbuffando. “Passo sempre sopra al fatto che sei una ragazza...”
“Ah, grazie!”
“James, ti prego, taci,” sospirò Sirius.
“Ma dai, avete capito cosa intendo… Amanda è un po’ come te!”
“Oh, James, davvero?” domandò lei, emozionata.
“Scusa? Stai paragonando la nostra amicizia con quella che hai da qualche mese con lei?” sbottò Sirius, infastidito.
James si maledisse, appena si rese conto dell'impasse in cui era finito.
“Uffa, basta! Amanda, non dormirai più qui con noi. Buonanotte,” borbottò, girandosi dall'altra parte con uno scatto.
Sirius tirò le tende del baldacchino e insonorizzò il letto, poi tornò a dedicarsi alla compagna.
“Dovremmo dirglielo che stavamo scherzando...” sorrise Amanda, strusciandosi contro di lui.
Sirius le mordicchiò un orecchio.
“Ora ho qualcosa di meglio da fare...”
***
Il mattino dopo, James si svegliò, senza alcuna ragione apparente (anche se il sonnambulismo potrebbe spiegare perfettamente ciò che accadde) completamente disteso sopra Amanda e Sirius, e, involontariamente, la sua mano destra sfiorò una natica della compagna. Amanda, sempre più imbarazzata, glielo fece notare.
“Accidenti, James, smettila!” sbottò Sirius. “Con questa mi devi due palpate alla tua futura ragazza!”
“Che cosa? Sei un maiale!” proruppe Amanda, riempiendolo di pugni.
“Dagliene un paio anche da parte mia,” esclamò James, contrariato. “Che porco!”
“Ma che...? Amanda, non dormirai mai più qui,” sentenziò Sirius, esasperato.
In realtà, non fu davvero l’ultima volta, ma questa è un’altra storia.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Questione di fiducia ***


Capitolo XXVIII: “Questione di fiducia”
 
 
AMANDA
 
 
Non aveva voglia della confusione, quel pomeriggio; era appena tornata da Hogsmeade, dove aveva avuto luogo l’esame di Smaterializzazione, insieme a Sirius, James, Jaded, Lily e Remus. Loro tutti l’avevano superato - a parte Peter, non ancora diciassettenne - e lei era stata l’unica ad essere stata bocciata. L’ansia le aveva giocato un brutto scherzo, e senza volere aveva incendiato un cespuglio accanto a lei. Le fiamme, ovviamente, l’avevano distratta e nel Materializzarsi aveva lasciato indietro ben tre dita della mano sinistra. In realtà, le dita erano apparse un secondo dopo, ma l’esaminatore le aveva detto che un ritardo di alcune parti del corpo potrebbe essere molto pericoloso nel caso di una Smaterializzazione di emergenza. Così, le aveva dato il benservito e le aveva consigliato di tornare il mese successivo. Al contrario, il resto dei suoi compagni non aveva avuto alcun problema, e ciò aveva reso il suo fallimento ancora più frustrante. Era riuscita a sorridere e a far finta di nulla per tutto il viaggio di ritorno, ma ora aveva bisogno di stare da sola. Sentiva un sacco di rabbia verso se stessa, e sapeva che solo un pianto liberatorio l’avrebbe aiutata a sentirsi meglio.
Si fermò davanti al quadro spalancato della Signora Grassa, indugiante. Lasciò la mano di Sirius e lui si voltò immediatamente a guardarla. Dalla sala comune arrivò il chiacchiericcio confuso ed eccitato degli studenti.
“Stai bene?” le chiese.
“Certo,” mentì. Sirius se ne accorse e le si avvicinò, sfiorandole il braccio. Sapeva bene che non era vero, ma apprezzava che glielo chiedesse e le permettesse di mentire.
“Vuoi che andiamo da qualche altra parte?”
Sentì gli occhi bruciarle, così distolse lo sguardo da lui. Si schiarì la voce e forzò un sorriso.  
“No, davvero. Tu vai pure, io passo dal dormitorio di Layla a recuperare il Monopoli Magico, così potremmo giocarci tutti assieme,” tentò, indietreggiando. Sirius strinse le labbra.
“Veramente l’hai lasciato nel nostro dormitorio,” rispose, e indicò l’entrata. Amanda ci pensò; non avrebbe lasciato il Monopoli Magico nel loro dormitorio. L’ultima volta che era successo, Jaded l’aveva preso ed era sparito per ben due settimane. Sospirò e si decise finalmente a varcare la soglia. Sirius si affiancò e lei.
“Passo a recuperare il mio Monopoli, dopodiché andrò a studiare,” sentenziò. Inutile tentare di fingere di voler stare in compagnia. Restava da convincere il compagno a lasciarla un po’ da sola, e sapeva che si sarebbe rivelato difficile, perché, esattamente come un cane, Sirius non mollava la presa. Mai. E, riflettendoci, Amanda concluse che forse era proprio la tenacia la parte di lui che preferiva.
Passarono accanto alla sala comune, ma i compagni non li notarono salire verso il dormitorio maschile.
“Lo so che sei giù per l’esame… ma sei sicura di voler stare da sola a piangerti addosso?”
Annuì, convinta, e fece spallucce.
“Non voglio rovinarvi la festa, e non mi va che vi tratteniate dal festeggiare solo per non dispiacermi.”
Entrarono nel dormitorio, Amanda sentì Sirius chiudersi la porta alle spalle.
“Cosa dovrei festeggiare, con te seduta per terra, da qualche parte, che piangi?”
“Non piango seduta per terra!” esclamò, incrociando le braccia.
“Tu piangi sempre accucciata a terra,” rispose, raggiungendola. Amanda recuperò il Monopoli Magico dal letto di James e poi si voltò verso Sirius, che le rubò un bacio senza alcun preavviso.
“La fai sembrare una brutta cosa,” borbottò Amanda.
“Non è brutta, è scomoda. Hai a disposizione un sacco di letti e scegli di sederti per terra!”
“Tranquillo, allora, troverò un letto comodo sul quale disperarmi, visto che ti preoccupi così tanto del mio sedere…” rispose, muovendo un passo verso l’uscita.
“La fai sembrare una brutta cosa,” fece eco lui, con un sorriso sghembo. Ma poi la trattenne per un braccio.
“Dài, resta,” insistette. “Ho un’idea per risollevarti il morale…”
“Se si tratta del sesso, non sono dell’umore,” lo avvisò. Sirius la guardò, sconvolto.
“Non intendevo quello,” esclamò, offeso. “Anche se ci sto pensando, ora, ma è colpa tua!”
Amanda piegò le labbra in una linea sottile e trattenne un sorriso.
“Di cosa si tratterebbe, allora?”
Sirius si sedette sul letto e incrociò le braccia.
“La prima volta che mi sono trasformato in cane era stata una giornata terribile ed ero di pessimo umore,” raccontò. “Che ne dici di esercitarti un po’?”
Amanda sbuffò.
“Lo stai dicendo apposta, non ci credo,” borbottò, lasciandosi cadere sul materasso. Sirius assottigliò lo sguardo, e Amanda capì immediatamente il motivo: per quanto avesse insistito in tutti quei mesi assieme, non era ancora riuscito a farle perdere l’abitudine di lasciarsi cadere su letti, sedie e divani, anziché sedersi come tutte le persone normali.
“Smetti di guardarmi male, sono arrabbiata e mi siedo come mi pare,” soffiò. “È un sacco di tempo che ci provo… sapevo che sarebbe stato difficile, ma mi aspettavo almeno un margine di miglioramento,” continuò, delusa.
“Non è difficile, basta che ti appoggi, anziché tuffarti all’indietro,” commentò Sirius, asciutto.
Amanda lo fulminò con lo sguardo.
“Sono seria,” disse. “Di’ la verità… secondo te, ho qualche speranza di riuscirci?”
Il compagno la fissò per qualche istante, le labbra serrate, l’espressione imperscrutabile.
“Hai fatto più progressi di quanto pensi, in realtà,” disse ad un certo punto, sorridendo. “Voglio dire, in meno di due mesi hai trovato la forma del tuo Animagus,” le ricordò. “Non ti ho mai nascosto che sarà difficile e ci vorrà un sacco di tempo, ho anche avuto i miei dubbi che una creatura magica potesse essere un possibile Animagus… ma penso davvero che puoi farcela.”
Amanda distese le labbra in un sorriso. Sentirselo dire proprio da lui acquistava tutt’altro significato. Era sempre stata lei quella agguerrita a dimostrargli che si sbagliava, che ce l’avrebbe fatta anche se le possibilità di riuscita rasentavano lo zero. Sirius non era abituato a vederla gettarsi nello sconforto, ma apprezzava decisamente il modo in cui lui era stato capace di tirarla su.
Si alzò dal letto con un balzo e saltellò verso il centro della stanza.
“Okay, mi hai convinto!” esclamò, pimpante. Non sentiva più il bisogno di piangere, ma avvertiva tantissima energia scorrerle dentro. Al diavolo l’esame di Smaterializzazione! Avrebbe utilizzato quella rabbia che sentiva per qualcosa di positivo.
“È sicuro rimanere qui? Non sarà meglio andare in un altro posto?” gli chiese, perplessa.
Sirius si sistemò meglio sul letto e incrociò le gambe.
“Non verrà nessuno, non preoccuparti,” rispose. “Ora, concentrati.”
Amanda chiuse gli occhi e fece ciò che Sirius le aveva insegnato. Si trattava per lo più di entrare nella testa della creatura e di agire esattamente allo stesso modo. Doveva vedere con gli occhi di una fenice, pensare come lei e muoversi allo stesso modo. In un istante ricordò le informazioni lette sui libri a proposito della fenice, della sua struttura ossea e alare e delle sue abitudini. Immaginò, allora, le sue braccia come ali piumate, le gambe come zampe sottili ma forti. Con la mente si ritrovò sul tetto della torre Grifondoro; tirava un vento gelido a quell’altezza, lo percepì tra le sue piume. Cercò di sentire le zampe che toccavano le tegole scivolose e umide, vi si artigliò graffiandone la superficie. Arruffò le ali per scaldarsi e scosse la coda per scacciare le fastidiose goccioline di nebbia che vi si posavano sopra. Si acquattò lievemente e preparò le ali per spiccare il volo giù per la Torre fino al prato ghiacciato sotto di lei. Gli occhi divennero due fessure mentre cercavano di contrastare il forte vento contro cui volava. Dopo essersi buttata a capofitto si godette la vista del tramonto invernale alla sua destra, e dal profondo della gola sentì uscire un verso familiare che aveva sentito fare alcune volte a Fanny. Fu talmente istintivo che solo dopo averlo prodotto si rese conto che era uscito davvero dalle sue labbra.
Tornò alla realtà con un sussulto e aprì gli occhi, portandosi una mano alla bocca. Aprì gli occhi. Sirius aveva assistito alla scena e la guardava, meravigliato.
“Era-” balbettò Amanda, col viso in fiamme.
“Il verso di una fenice! L’hai fatto davvero!” esclamò, scattando giù dal letto.
“È… è un buon segno, no?” chiese, insicura se lasciarsi andare all’esultanza.
Prima che il compagno potesse rispondere, un tonfo proveniente dalla porta li fece voltare. James era entrato precipitosamente; guardò entrambi al centro della stanza, perplesso, dopodiché si sistemò gli occhiali sul naso e incrociò le braccia.
“È uno dei vostri strani giochi sessuali oppure ho sentito sul serio il verso di una fenice? Mi è preso un colpo, ho pensato che Fanny si fosse schiantata nel nostro dormitorio!”
“Ma siamo vestiti!” gli fece notare Sirius, sconcertato. Amanda, rossa in viso, gli diede un pugno sulla spalla.
“Strani giochi sessuali?” ripeté, stizzita. “Ma che gli racconti?”
“Non mi racconta niente, ho tirato a indovinare!” intervenne James, facendo spallucce. “In certi racconti tu sei molto più esplicita di lui.”
Amanda evitò l’occhiataccia di Sirius e guardò oltre la porta.
“C’è qualcuno con te?”
James scosse il capo.
“No, gli altri sono in ancora in sala comune… ma che succede? Avete rapito Fanny?”
Sentì gli sguardi di entrambi addosso. Aveva pensato spesso di rivelare a James quello che Sirius la stava aiutando a fare, e probabilmente era venuto il momento. Fece un respiro profondo e si schiarì la voce.
“Sono stata io,” ammise, imbarazzata.
“A rapire Fanny?” chiese James, sconvolto.
“Cosa? No,” rispose Amanda, esasperata. “Ho fatto io quel verso!”
James fece un passo nella loro direzione, ancora piuttosto confuso.
“È qualche mese che la sto aiutando a diventare un Animagus come noi,” intervenne Sirius. “L’aiuta a controllare meglio i suoi picchi di magia, e ha scelto una fenice, sembrerebbe il suo Animagus ideale.”
“Caspita! E me l’avete tenuto nascosto?” domandò, incredulo. “Amanda, non hai pensato che in due potessimo aiutarti di più?”
Lei guardò il pavimento, colpevole.
“Beh, no. Sirius è un insegnante insopportabile già da solo… l’ultima cosa che avrei voluto era affiancargli qualcuno altrettant0 saccente!” confessò Amanda, incrociando le braccia.
“Io non sono saccente!” protestò, piccato. “Comunque hai scelto l’insegnante sbagliato,” si smentì subito dopo, “io sono stato il primo a trasformarmi…”
“Sì, a pezzi,” lo schernì Sirius. “Devo ricordarti che hai avuto un palco di cervo sulla fronte per una giornata intera, senza la minima idea di come invertire il processo? Io, almeno, mi sono trasformato completamente sin dalla prima volta.”
“Ma non mi dite,” borbottò Amanda, alzando gli occhi al cielo. “Avete davvero intenzione di discutere? Dopo mesi, finalmente, ho fatto un progresso importante, vuol dire che non sto sperando una cosa impossibile!”
Entrambi tacquero e la guardarono. James le sorrise, entusiasta.
“Hai ragione, sei stata fantastica!” esclamò Sirius.
“Ti sta aiutando davvero a controllarti?” le chiese James, curioso.
Amanda annuì.
“Escludendo oggi, sto migliorando molto,” borbottò, impacciata. “Mi aiuterai anche tu, allora?” aggiunse, con un gran sorriso. “Mi fai vedere in che ordine hai trasformato le parti del corpo?”
James reagì come se non stesse aspettando altro; fece qualche passo verso il centro della stanza e iniziò a spiegare. Con la coda dell’occhio, Amanda notò Sirius alzare gli occhi al soffitto.
“Allora, l’ordine con cui ho trasformato le mie parti del corpo sono proprio quelle in cui tutt’ora mi trasformo,” disse. “Palco, zampe posteriori, busto, zampe anteriori e infine testa,” elencò, contando con le dita. Detto ciò, Amanda lo vide chiudere gli occhi e, molto velocemente, si trasformò secondo l’ordine che le aveva esposto. Sotto forma di cervo, James iniziò a trotterellare per
il dormitorio e smuovere le lenzuola da ogni letto.
“Tu sai che non vedeva l’ora, vero?” le chiese Sirius, incrociando le braccia. “Remus non ci permette di trasformarci qui.”
Amanda rise.
“Basterà non dirgli niente!”
Erano entrambi intenti ad osservare James, quando lo videro bloccarsi mentre masticava il cuscino di Peter. Amanda seguì la traiettoria del suo sguardo, proprio verso la porta, e il respiro le si bloccò in gola.
Lily, dall’entrata del dormitorio, con gli occhi spalancati e ammutolita, osservava James sotto mentite spoglie.
“Che cos…?” mormorò Lily, attonita. “C'è… un cervo,” affermò, indicandolo.
“Ehm… sì,” bofonchiò Amanda, grattandosi il capo, in evidente difficoltà. Lily avanzò ancora, senza smettere di fissare James. Quest’ultimo, a sua volta, lasciò andare il cuscino e si mosse a passi lenti verso Amanda, fino a mettersi tra lei e Sirius.
“Un cervo… qui, nel vostro dormitorio,” continuò, incredula. “Perché c'è un cervo nel vostro dormitorio?” ripeté.
“È solo un cervo, Evans, non essere così sconvolta,” tentò Sirius, con disinvoltura. “La foresta Proibita ne è piena!”
“Esatto, la Foresta, non il vostro dormitorio!” esclamò, la bocca spalancata dalla sorpresa. Ci fu qualche secondo di assoluto silenzio. L’animale fece un passo in direzione di Lily, ma lei sussultò e indietreggiò, spaventata.
“Black, c'è un cervo nel vostro dormitorio!” disse ancora una volta. “Un-un enorme cervo… con-con un palco di corna… e quattro zampe!”
“So com'è fatto, grazie per la descrizione,” borbottò Sirius, sarcastico.
“La McGranitt sa di questa storia?” domandò Lily, stringendo gli occhi.
“Perché dovrebbe?” chiese Sirius, infastidito. “E piuttosto, perché sei qui a impicciarti, Evans?”
Gli occhi di Lily si ridussero in due fessure.
“Scommetto che si tratta dell’ennesimo scherzo che state progettando tu e James… mi avete stancato, andrò direttamente dalla McGranitt, stavolta.”
“Okay, aspetta!” disse Amanda, facendosi avanti. “Non è quello che pensi. È ora che tu sappia la verità, Lily.”
“Non penso proprio,” sbottò Sirius.
“Beh, lasciamo che sia lui a decidere,” tentò Amanda, accennando al cervo.
Lui chi?” chiese Lily.
“Il cervo,” rispose Amanda. L’amica si schiarì la voce, sconcertata.
“E… e lui cosa dovrebbe decidere?” domandò, confusa.
Amanda non rispose, si voltò completamente verso l’animale. Gli occhi di James, nonostante la trasformazione, erano gli stessi, e guardavano Amanda, dubbiosi.
“Dài, forza,” lo spronò lei, “se non sapevi come affrontare l’argomento, questa è una bella occasione.”
“Stai… stai parlando con un cervo, Amanda?” fece Lily. “Black? L’hai fatta bere?”
“Mi stavo giusto chiedendo perché fossero passati ben dieci secondi senza aver sentito un’accusa da parte tua,” commentò Sirius.
Prima che Lily potesse rispondere, il cervo emise un bramito, attirando la sua attenzione. Amanda trattenne il respiro quando James si decise a tornare nelle sue sembianze umane proprio davanti alla compagna; il pelo sparì, le quattro zampe ripresero sembianze umane di braccia e gambe, e il muso, insieme al palco e le orecchie, lasciarono il posto ai capelli arruffati e alla faccia di James. Le sue labbra erano tirate in un sorriso colpevole, gli occhi fissi sulla reazione di Lily.
Anche Amanda si voltò immediatamente verso di lei. I suoi occhi verdi erano sbarrati dalla sorpresa, si portò entrambe le mani davanti alla bocca, come per trattenere un urlo. Anche lei sembrava essere rimasta senza fiato.
Calò un silenzio innaturale nel dormitorio, persino James avvertì imbarazzo in quel momento.
“Ti prego, di’ qualcosa,” borbottò, grattandosi la nuca.
Lily fece un respiro profondo. Era chiaramente sconvolta, ma Amanda non sapeva spiegarsi per quale motivo aveva gli occhi lucidi.
“James…”
“Anche il mio nome va benissimo,” la rassicurò lui, muovendo un passo nella sua direzione. Lily indietreggiò, andando a toccare la porta.
“Devo andare,” borbottò frettolosamente. Si voltò e, senza salutare, sparì dietro la porta. Un rumore di passi frettolosi echeggiò nella stanza.
“Direi che l’ha presa bene,” buttò lì Sirius, beccandosi un’occhiataccia da Amanda.
 
*
 
Bussò alla porta del dormitorio femminile, ma alla fine entrò senza aspettare risposta. Lily si era rintanata lì con l’evidente intento di sfuggire a James. La vide camminare per la stanza, tormentandosi le mani, senza uno scopo preciso.
“Senti, Lily-” cominciò Amanda, ma fu interrotta dalla compagna quasi immediatamente.
“Da quanto è un Animagus? Da quanto lo sai?” chiese, agitata. “Perché proprio un cervo?”
“I-io non lo so,” rispose Amanda. “Ma non è l’unico…”
“Cosa?” mormorò Lily, fermandosi dov’era.
Amanda si morsicò il labbro.
“Sirius è un grosso cane nero, Peter un topo…” spiegò. “Lo hanno fatto per Remus, gli tengono compagnia durante… beh, lo sai, nelle notti di luna piena, da quasi due anni.”
Lily tacque, immobile, dov’era.
“L’ho scoperto prima di Natale, seguendo Peter. Sirius mi ha fatto promettere di non rivelare nulla, per proteggere Remus,” si giustificò, malgrado sapesse che non era necessario.
“Non ci posso credere,” borbottò Lily. La vide asciugarsi una guancia. Stava piangendo.
“Lily…” mormorò Amanda, sconsolata. Non aveva idea del perché stesse avendo una reazione del genere.
“Mi dispiace che ti abbia sconvolto così tanto, ma è una cosa bella quella che hanno fatto per Remus.”
Lily tirò su col naso e sorrise.
“Oh, Amanda, lo so,” ammise, con la voce un po’ tremolante. “Non è quello che mi ha sconvolto – cioè, sono molto sorpresa, non me lo aspettavo – ma, beh, il mio problema è un altro.”
Prima che Amanda potesse chiederle qualcosa, Lily tirò fuori la bacchetta.
“Ti ricordi che non riuscivo a evocare il mio Patronus? Mi sono esercitata e dopo Natale ce l’ho fatta,” spiegò. “Expecto Patronum,” mormorò infine, e Amanda comprese.
Un filo argenteo uscì dalla bacchetta, e in pochi secondi prese le sembianze di una grande cerva impettita che prese a scorrazzare nel dormitorio.
 
 
LAYLA
 
Entrò in Sala Grande con passo svelto e subito notò la folta chioma di sua sorella spuntare tra i compagni Corvonero. Capì immediatamente che qualcosa non andava; era voltata verso Lawrence, ragazzo magrolino del quinto anno, impegnato probabilmente in un discorso noiosissimo sulle proprietà di qualche pietra – la sua passione – e Amanda non provava nemmeno a fingere di essere interessata. Era un po’ rincuorata che non fosse stata una giornata pessima solo per lei; quel pomeriggio, al lago con Remus, aveva assistito alla scena peggiore che le potesse capitare. A quanto pare, Regulus ora ostentava un grande interesse per Loraine Dempsey, e non aveva risparmiato di baciarla lì, davanti a tutti, proprio sotto il faggio che era stato testimone del loro primo bacio. Fortunatamente c’era stato Remus. Non aveva nemmeno tentato di tirarle su il morale. Si era seduto accanto a lei alla riva del lago e le aveva fatto compagnia, fino al rumoroso arrivo di Jaded, che, per lo meno, aveva portato un po’ di distrazione ai suoi mesti pensieri.
Layla tornò in sé, ormai a pochi passi di distanza dalla sorella.
“Ciao,” li salutò, facendosi spazio proprio tra Amanda e Lawrence. Lei gli lanciò un’occhiata sollevata.
“Lawrence, la McGranitt ti cercava,” mentì Layla. Lui la guardò, atterrito.
“Perché? Caspita, lo sapevo, il saggio della settimana scorsa era tutto sbagliato, ma ho sforato solo di quaranta centimetri!” esclamò, affranto. Si alzò e, senza salutare, si diresse verso l’uscita della Sala Grande col capo basso.
“Grazie, Lay,” disse Amanda, stropicciandosi la faccia e lasciandosi andare ad un plateale sbadiglio. Layla rise e si servì del pollo.
“Non capisco perché ti ostini ad essere gentile anche con persone così noiose,” disse. “Nessuno sopporta Lawrence!”
“Appunto, mi dispiace per lui, non ha amici!” esclamò Amanda, intenta a mangiare con gusto il purè.
“Gli darai un’impressione sbagliata! Potrebbe pensare di piacerti.”
“Figurati!” esclamò Amanda, divertita. “Cosa hai fatto oggi?”
“Sono stata al lago con Remus, nel pomeriggio. Ci ha raggiunto anche Jaded, ad un certo punto, parlava fitto con Remus ma non ho capito bene di cosa,” raccontò, senza riuscire a celare un certo fastidio. “Ho saputo dell’esame, mi dispiace. Come stai?”
Amanda fece spallucce.
“La prossima volta andrà meglio, lo rifarò il mese prossimo insieme a Stephan, anche lui non l’ha passato,” rispose lei con un sorriso. Apprezzava questo lato di sua sorella; diversamente da lei, reagiva in modo invidiabile ai fallimenti.
“Sono contenta che non ti butti giù,” ammise.
“È merito di queste belle giornate,” affermò. “Non vedo l’ora arrivi l’estate!”
“A proposito di questa estate…” riprese Layla, “verrà anche Sirius, a Mainistir?”
“Certo che sì,” annuì sua sorella.
Layla appoggiò la forchetta. Era un po’ di tempo che le frullava in testa l’intenzione di chiedere ad Amanda un piccolo particolare riguardo alla loro permanenza alle Isole Aran che forse le era sfuggito.
“Bene… gli hai parlato del posto?” continuò Layla, sperando di vedere un barlume di acume in Amanda.
“Di Mainistir? Ovvio!”
“Okay,” sussurrò. “Quindi gli hai raccontato anche di Evan…” buttò lì, voltandosi verso di lei per godersi la sua reazione. Amanda tossì e sputacchiò un pezzetto di pollo che le stava andando di traverso.
E-Evan?” balbettò, mentre le guance si tingevano di un rosso porpora. “Perché dovrei raccontargli qualcosa di lui?”
Layla sospirò.
“Beh, almeno per tre ragioni: avevi una cotta colossale per lui, abita a Mainistir, e con tutta probabilità lo incontreremo!” elencò.
Amanda spalancò anche la bocca, sconvolta.
“Ma di cosa stai parlando? Non avevo una cotta per lui!” esclamò, infervorata.
“L’avevi eccome… non riuscivi a mettere in fila tre parole quando gli parlavi, e arrossivi in maniera imbarazzante in sua presenza l'ultima volta che siamo state lì!” la schernì, divertita.
Amanda gli diede una gomitata.
“Avevo solo dodici anni, e lui sedici,” borbottò. “Era grande, mi metteva in soggezione…”
“Ma era un nostro amico, quando eravamo piccole… ci siamo praticamente cresciute insieme, durante le vacanze passate dallo zio Patrick, giocavamo sempre con lui! Okay, poi ha iniziato a piacerti, ma non c'è niente di male,” affermò Layla, facendo spallucce. “Non capisco perché non ne parli con Sirius.”
“Perché non ha importanza,” rispose, convinta. “Non siamo più in contatto da almeno un paio d'anni, e l'ultima volta che l'ho sentito studiava in una Università babbana in Scozia! Avrà lasciato l'isola e abiterà altrove… non è necessario che Sirius sappia della sua esistenza.”
“Tu avrai anche smesso di scrivergli, ma io no! Lo sento un paio di volte l'anno, e prima di Natale mi ha scritto che abita sempre a Mainistir e fa il fotografo,” insistette. “Parla con Sirius, Amanda.”
“Cosa? Sei in contatto con lui? Perché non me l'hai detto?” domandò, sconvolta. Layla la vide rimuginare qualche secondo per poi concludere: “Dopotutto, non credo che sia poi così necessario andare a Mainistir.”
“In realtà sì, non abbiamo un altro posto in cui andare…” le ricordò. “E questa situazione è ridicola, davvero non capisco perché ti comporti così.”
Amanda si imbronciò e guardò il proprio piatto.
“Non… ti ha detto perché abbiamo smesso di sentirci?” mormorò ad un certo punto, sbriciolando nervosamente il pane tostato accanto al suo piatto.
“No,” rispose Layla, aggrottando la fronte. “Mi chiede spesso di te, però. Cos'è successo?”
“Beh, ecco, l'ultima volta che mi ha scritto mi ha confessato di provare qualcosa per me… mi aveva addirittura detto che mi avrebbe raggiunto nel villaggio babbano più vicino ad Hogwarts, siccome era in Scozia,” raccontò in un bisbiglio. “E io non gli ho mai risposto.”
“Cooosa?” sbottò, attirando l'attenzione di alcuni commensali accanto a loro. Si guardò intorno con circospezione, prima di continuare.
“Amanda, ma è una cosa crudele!”
“Non l'ho fatto con cattiveria, non sapevo cosa fare,” si giustificò. “Mi sono spaventata e sono scappata, tagliando i ponti… non sono stata corretta, lo so, però capisci perché non posso parlarne a Sirius?”
“No, anzi, i recenti sviluppi ti obbligano a parlargli di Evan-” disse, concitata, ma si bloccò immediatamente non appena notò Sirius a meno di un metro da loro. Lo seguì con lo sguardo finchè non si fu seduto accanto ad Amanda.
Evans,” concluse, schiarendosi la voce. “Parlavamo di Evans… Lily.”
Sirius guardò entrambe con sospetto, probabilmente erano state poco discrete nello zittirsi appena lui era arrivato. Lo vide salutare Amanda con un bacio fugace, poi aggrottò le sopracciglia.
“Stai bene?” le chiese, guardandola in faccia.
“S-sì, certo,” borbottò Amanda, le guance di un preoccupante rosso porpora. “Solo che devo andare… vado da Evans, cioè, volevo dire Lily!” esclamò, imbarazzata. Layla la vide alzarsi e incespicare nei suoi stessi piedi almeno un paio di volte, prima di allontanarsi dal tavolo a passo spedito senza nemmeno guardarsi indietro.
“Ma che le prende?” chiese Sirius, confuso, continuando a guardare nella direzione in cui Amanda era sparita. “Le hai fatto bere il caffè?”
“No!”
“Zuccheri?”
Layla scosse il capo e pensò che la mossa più intelligente da fare fosse quella di riempirsi la bocca di cibo e concentrarsi sul suo piatto per non dover rispondere a un Sirius piuttosto sconcertato.
 
 


 
ORION
 
 
La pelle era bianca e liscia, di sicuro morbida al tocco, esattamente come la ricordava. L’estate era appena finita, e Mary Anne l’aveva passata al sole. Lo poteva dire con sicurezza mentre osservava le sue mani gesticolare, spruzzate anch’esse da sporadiche lentiggini.
“Orion, non mi stai ascoltando,” borbottò Mary Anne, infastidita. Non aveva idea di quanto si sbagliasse. Orion era capace di carpire ogni piccolo dettaglio che arrivava dalla sua figura, era solo bravo a celarlo.
“Sì, che ti ascolto,” la rassicurò. “E penso che non sia una buona idea.”
“Che cosa?”
“Che tuo fratello ti aiuti in Pozioni,” rispose. Si sedette alla riva del lago e appoggiò i libri sopra la borsa. Mary Anne gli si sedette accanto; anche se non la stava guardando, immaginò la sua espressione corrucciata. Gli piaceva da morire la piccola ruga che le si formava tra le sopracciglia.
“Solo perché è un Magonò, immagino,” commentò, improvvisamente fredda.
“No, perché è pericoloso. Tu non sei una strega esperta e lui non può difendersi,” spiegò semplicemente. “Se qualcosa nelle pozioni dovesse andare storto, potreste ferirvi entrambi.”
Guardò Mary Anne e la vide arrossire.
“Chi è quella prevenuta?” la provocò, sorridendo.
“Scusa,” borbottò lei, impacciata.
“Fai bene a scusarti, sto ancora aspettando il bacio che mi hai promesso,” le fece notare.
“Aspettavo solo che avessi le braccia libere dai libri,” rispose Mary Anne. Si avvicinò fino ad essergli accanto. Era bellissima. Orion sentì il cuore accelerargli nel petto. Sorrise.
“Perché?” chiese.
“Mi piace abbracciarti,” mormorò, appena prima che le loro labbra si sfiorassero.
 
*
 
Appoggiato al muro, davanti alla porta dell’aula di Trasfigurazione, Orion seguì con lo sguardo Joe Froude uscire. Nonostante fossero passati quasi due mesi da quando lui e Mary Anne si erano scambiati il primo bacio, Orion continuava a sentirsi minacciato da quel ragazzino, sempre intorno a Mary Anne. In tutto ciò, lei non sembrava infastidita dalla sua presenza.
Mary Anne, infatti, uscì subito dopo, e Orion li vide salutarsi con un gesto della mano. Lui non gli risparmiò un’occhiata infastidita che Froude recepì immediatamente, prima di voltarsi e sparire lungo il corridoio. Mary Anne non si accorse di nulla, si avvicinò saltellando e gli gettò le braccia al collo come al solito, prima di appoggiare le labbra sulle sue in un bacio delicato.
“Ciao,” la salutò sorridendo e ricambiando il bacio. Con la coda dell’occhio notò il professor Silente uscire dall’aula.
“Professore,” borbottò Orion, cercando di ricomporsi. Mary Anne si accorse solo allora della presenza del docente e mise subito una certa distanza tra loro. Silente sorrise.
“Oh, non badate a me,” li rassicurò. “Se le persone malvage si imbarazzassero per le loro azioni come voi vi scusate per un po’ di affetto in pubblico, il mondo sarebbe un posto migliore.”
Detto ciò, diede loro le spalle, lasciandoli soli.
Orion e Mary Anne si scambiarono uno sguardo, complici.
“Ti va di accompagnarmi alle serre?” chiese poi lei. “Devo cambiare il terreno ad una Mandragora prima di domani!”
“Sono quasi le cinque, tra poco scatterà il coprifuoco, pensi di farcela?”
“Secondo te perché mi porto dietro un Prefetto?” rispose lei, ridendo. Orion fece per tirarla a sé, ma lei scivolò via dalla sua presa, divertita.
“Dovrai prendermi, Black!” esclamò, assottigliando gli occhi. Mary Anne si voltò velocemente, la chioma bionda ondeggiò sulla schiena mentre si lanciava in una corsa spericolata che sarebbe culminata con una caduta e un ginocchio sbucciato.
 
*
 
“Che ci facciamo nella Torre di Astronomia?” sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle. Dalle finestre filtrava una luce lunare abbastanza forte data dal plenilunio.
Mary Anne non gli rispose, indaffarata a guardare oltre le vetrate. Sbuffò.
“Oh, no, è nuvoloso,” mormorò, delusa. “Volevo vedere le stelle!”
Orion si avvicinò alla finestra, accanto a lei. In basso, il prato era una distesa bianca; in lontananza erano visibili le luci di Natale che illuminavano le strade di Hogsmeade.
“Se non possiamo vederle, potremo sempre parlarne,” propose, guardandola.
Il viso di Mary Anne si distese in un sorriso.
“D’accordo!” esclamò, sedendosi per terra. Orion la imitò, la coprì con il proprio mantello quando la vide tremare. Lei iniziò ad elencargli tutte le costellazioni visibili dal loro emisfero, di come avrebbe voluto viaggiare, un giorno, nell’emisfero australe per poter osservarne altre, di quanto fosse affascinante pensare a tutto ciò che li circondava. Gli confessò di sentirsi piccola, che alcune volte guardando il cielo le girava la testa. Orion l’ascoltò perdendosi nei suoi gesti, senza mai toglierle gli occhi di dosso. Quella sera si rese conto di amarla.
“Qual è la tua stella preferita?” gli chiese all’improvviso.
“Non ne ho una,” confessò. “Nella mia famiglia è usanza dare nomi di stelle o costellazioni ai figli, quindi quando penso ad una stella mi viene in mente il mio albero genealogico,” continuò, “ed è composto per la maggior parte da persone che odio.”
Mary Anne si morse un labbro.
“Mi hai lasciato parlare per ben venti minuti di stelle e ora mi dici che le odi?” domandò, sconvolta.
“Non odio le stelle, ma quello che per me rappresentano,” le spiegò, divertito. “La tua preferita qual è?”
Lei sorrise tanto da scoprire i denti. Indicò un punto fuori dalla finestra.
“Se non ci fossero le nuvole, sarebbe proprio lì,” mormorò. “È la più luminosa della volta celeste. È Sirius.”
 
*
 
“Non se ne parla.”
“Non sto chiedendo il tuo permesso.”
“Sei un impertinente!” sbottò Arcturus Black, livido di rabbia. Orion pensò che sarebbe potuto scoppiare da un momento all’altro, e non solo per il faccione rotondo e rossissimo che aveva. Sostenne il suo sguardo iniettato di sangue. L’enorme pancia di suo padre era ben evidente anche attraverso la veste da mago, ed era il segno di una vita dissoluta negli agi. Si ripromise di non diventare mai come lui.
“Non getterai disonore nella famiglia con simili frequentazioni,” sibilò, avvicinandosi al suo viso. “I Doherty… quella Doherty, poi! Salazar!”
“Non sto chiedendo il tuo permesso,” ripeté, atono. “Non intendo sottostare alle vostre regole, non mi appartengono.”
“Ti appartengono, eccome!” sbraitò. “Hai idea della vergogna che dovremo affrontare?”
“Basterà bruciare il mio nome da lì sopra,” borbottò, indicando con un distratto gesto della testa l’arazzo di famiglia. “Hai bisogno che ti aiuti ad appiccare il fuoco?”
“SEI IL MIO EREDE!” urlò. “Non ti mescolerai ai traditori del sangue, te lo impedirò, fosse l’ultima cosa che faccio!”
“Non c’è nulla che tu possa fare per farmi cambiare idea,” sentenziò Orion, alzandosi.
Un inquietante ghigno apparve sul volto di suo padre.
“Nulla che possa fare a lei, vuoi dire?”
 
*
 
“Non ti ho chiesto di farlo per me, ma per te stesso,” esclamò Mary Anne, il volto rigato dalle lacrime. “Non fai che parlarmi di quanto li odi e di quanto vorresti andartene!”
“Non posso,” ripeté Orion, senza incontrare il suo sguardo.
“Non puoi o non vuoi?”
Cercò tutto il coraggio che aveva per pronunciare quella patetica menzogna, qualunque cosa pur di toglierla dal mirino della spietatezza di suo padre.
“Non voglio.”
Mary Anne non rispose; scosse il capo e si asciugò le guance con la manica della camicia; si voltò e sparì lungo il corridoio di corsa.
Orion la seguì, senza farsi vedere. La trovò in una sezione della biblioteca, in compagnia di Joe Froude.
“Non ha idea di cosa perde,” lo sentì sussurrare a Mary Anne, mentre le accarezzava i capelli. Lei sorrise tra le lacrime.
‘Ne ho idea, Froude,’ pensò, col cuore a pezzi.
 
*
 
Guardò la sua immagine riflessa allo specchio senza vederla davvero, i pensieri rivolti ai sogni che faceva da quasi un mese. La sua mente non faceva che rivivere i ricordi che lo legavano a quella donna ogni volta che la lasciava andare a briglia sciolta. Chiudeva gli occhi la sera, e ogni notte ripercorreva nuovamente i corridoi di Hogwarts, conosceva ancora una volta Mary Anne, si innamorava di nuovo di lei. Vivere nel passato era diventato così logorante che si rendeva conto di essere solo un fantasma in quel presente. E tutto per quella lettera che qualche settimana prima Silente gli aveva consegnato in gran segreto. Era stata scritta proprio da Mary Anne, giorni dopo l’ultimo Natale che aveva vissuto. Sentiva che lei e suo marito non sarebbero riusciti a sfuggire alla condanna dei Mangiamorte, di essere ormai marchiati. Mary Anne e Joe erano corsi ai ripari preparando in tempo Silente, dandogli disposizioni sulla casa, sulle ragazze, e poi Mary Anne gli aveva scritto quella lettera, che Orion avrebbe dovuto ricevere solamente se avesse deciso di contribuire all’Ordine. Con un mezzo sorriso immaginava che quella situazione avesse creato a Joe non pochi mal di pancia, ma dopo aver scoperto la verità sulle azioni che lo avevano mosso in passato, sapeva che lei non avrebbe voluto fare altrimenti.
Non faceva che leggerla, la portava con sé ovunque andasse, la indossava come una seconda pelle. Poteva recitarla a memoria, ormai.
 
‘Caro Orion,
se hai ricevuto questa lettera, significa che io sono morta. Ma tranquillo, non voglio guardare solo il lato negativo, perché se hai ricevuto questa lettera, allora tu sei vivo. Vivo davvero. Vuol dire che hai deciso di diventare un uomo nuovo, l’uomo che saresti dovuto essere da tanti anni, e che con un gran coraggio di cui nessuno si è mai accorto, hai dovuto nascondere.
Il giorno di Natale ho avuto ospite proprio tuo figlio, Sirius. So che non vi parlate, e voglio dirti che sta bene ed è felice, ma non perché è lontano da te, non fraintendere. È felice perché è l’uomo che vuole essere lontano dalla sua famiglia. Puoi biasimarlo? A quanto pare, lui e Amanda stanno insieme. Io mi sono fatta una grassa risata, quando l’ho saputo, Joe un po’ meno, perché ti somiglia tanto. Troppo, secondo lui! Ti assicuro, comunque, che sono molto carini insieme, e prima di qualche giorno fa ero convinta che Sirius ti somigliasse solo esternamente. Poi, Joe è tornato a casa una sera e mi ha detto che ha incontrato tuo padre Arcturus al Ministero. È stato interrogato per dei contatti sospetti, e durante il colloquio ha riconosciuto Joe. Gli ha detto che lo ringraziava per aver sposato me, per avermi ‘tolto dalla piazza’, perché ero una minaccia per il buon nome della sua famiglia e per suo figlio. Ha persino dovuto minacciarti di farmi del male; solo allora ti sei convinto a rimanere con loro.
Ti chiedo scusa, Orion. Ho pensato che tu fossi un codardo per tutto questo tempo e mi sento davvero in colpa, oltre che davvero stupida.
È proprio alla luce di questa nuova scoperta che ti scrivo. Oltre a chiedere di perdonarmi, voglio che tu sappia che sono entusiasta della relazione tra Amanda e Sirius e – non so se ne sei al corrente – anche di quella che pare ci sia tra Regulus e Layla, mia figlia minore. Non credere che non lo sappia, in questo momento starai sghignazzando soddisfatto e starai pensando: “Due su due!”
Non ti so dire come andranno le cose tra loro, in questa vita nulla è certo, a parte che io e mio marito non resisteremo oltre un mese. Siamo abbastanza convinti che i Mangiamorte siano sulle nostre tracce. Joe è stato preso di mira, e sappiamo di essere in qualche modo segnati.
Inizialmente, non riuscivo a pensare ad altro: non volevo morire, non volevo lasciare sole le mie figlie, prede di un destino così infausto e imprevedibile. Ma, riflettendoci, sopravvivere non è lo scopo della nostra vita, non di questi tempi, almeno. E allora, lo dico anche a te, Orion, ora che sei un uomo nuovo: non sopravvivere, vivi per un mondo migliore. E se vivendo muori, fa che ne sia valsa la pena. Se hai ricevuto questa lettera, in qualche modo sei a conoscenza dell’Ordine della Fenice ed intendi aiutarlo. Non ti ho mai chiesto di fare nulla per me, ma considerato come stanno le cose, vorrei che tu seguissi il mio consiglio. Ora che ti conosco davvero, ti affiderei le mie figlie sapendole in ottime mani.
Ma, prima di ogni altra cosa, vorrei che trovassi pace. In qualche modo, mi sento colpevole di non avertela fatta trovare, in tutti questi anni, e quindi voglio dirti che c’è un amore destinato ad ognuno di noi, Orion. Ti colpisce al cuore e non ti dà via di scampo. C’è chi lo incontra da piccolo, chi per caso, chi non ha la pazienza di aspettare e si accontenta, chi non lo incontra mai.  Per alcuni, tuttavia, è considerato una maledizione, qualcosa da cui ci si sente perseguitati, una malattia da cui non si riesce a guarire. Si cerca un nascondiglio, si fugge, si fanno continuamente scelte sbagliate per poi pentirsi, finchè non è troppo tardi. Quando pensavo a quest’ultimo caso, pensavo sempre a te. Voglio essere sincera con te, Orion, ma non so se ti aiuterà: se potessi riavvolgere il nastro della mia vita fino al momento in cui abbiamo fatto le scelte che ci hanno portato fin qui, probabilmente mi comporterei esattamente allo stesso modo. Le scelte che ho fatto mi hanno reso la persona che sono ora, mi hanno dato Joe e, soprattutto, Amanda e Layla. Tu pensi che il destino ci abbia beffati, ma forse sbagli prospettiva: senza le tue scelte, ora Amanda e Sirius non sarebbero così felici. Trovo che sia un buon modo di giustificarle, per la prossima persona che te le rinfaccerà. Io non lo farò più, te lo prometto. Se questa vita sarà clemente, spero ti dia la pace che ti meriti. E spero, semmai dovessimo incontrarci ancora, di poterti salutare come un vecchio amico. E abbracciarti. Mi è sempre piaciuto abbracciarti.
 
Con affetto,
Mary Anne.’
 
 
Alla fine della lettera, Orion sorrideva. Le era sempre piaciuto abbracciarlo, glielo diceva spesso.
Aveva avuto una miriade di pensieri dopo quel fiume di parole che gli aveva scritto. Aveva sempre creduto di non essere nei suoi pensieri, nei suoi ultimi momenti vissuti, e invece si era sbagliato. La verità era venuta fuori, luminosa e potente, proprio dalla bocca dell’uomo che lo aveva fagocitato in quel baratro di infelicità e frustrazione che era stata la sua vita sino a quel momento. Mary Anne era morta conoscendo la persona che Orion era davvero e, soprattutto, cosciente di ciò che stava facendo, del contributo che la sua morte avrebbe portato nella lotta che avevano intrapreso. Aveva vissuto. La sua Mary Anne era morta senza paura.
 
*
 
Salutò con un cenno del capo Charlus, accanto a Silente. Anche Alastor Moody era arrivato. Accolse Orion con la solita espressione arcigna e diffidente.
“Avete iniziato?” chiese, raggiungendoli. Il masso era sempre lì, tra la terra nera e il mare, a simboleggiare la sua base sicura. Ma questa volta non si sedette.
Il motivo per cui si trovavano lì era tanto semplice quanto folle: ricostruire. Erano le ultime volontà di Joe e Mary Anne. La loro casa era stato il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice sin dalla sua fondazione, e, dopo la loro morte, Joe avrebbe voluto che rimanesse tale. Ovviamente, non potevano sapere che la loro abitazione sarebbe stata distrutta dall’Ardemonio, ma Silente si era mostrato fermo nel rispettare questa sua volontà, a qualunque costo. Probabilmente era questo il motivo che lo aveva spinto a chiedere il consiglio di Orion, che aveva un innegabile talento negli incantesimi. Gli unici, oltre loro due, ad essere a conoscenza di questo progetto erano Charlus e Alastor. Lo scetticismo di quest’ultimo era palpabile, tanto da essere di enorme fastidio quando si trattava di discutere il da farsi. Il motivo principale per cui Moody non si fidava di lui era la riluttanza di Orion a far sapere ad altri membri, oltre loro tre, che aveva preso parte a quella ‘missione’ per l’Ordine. Aveva assoluta necessità di rimanere nell’anonimato, ma non per se stesso, quanto per la posizione scomoda in cui Regulus si sarebbe ritrovato se si fosse venuto a sapere. Nessuno di loro conosceva la condizione di suo figlio, per cui non aveva potuto spiegarsi, e ciò non aveva fatto altro che inasprire il giudizio del vecchio Auror.
“Buongiorno, Orion,” sorrise Silente, sistemandosi la veste. “Abbiamo reso la superficie Indisegnabile. Al momento risulta anche non rintracciabile nelle mappe, e mi sono premurato di estendere l’incantesimo per un centinaio di metri,” continuò.
“Che durata avranno?” chiese Orion.
“Un paio di mesi, ma per sicurezza li rinnoverei almeno una volta al mese.”
“Bene,” annuì. Si rivolse poi a Charlus. “Hai fatto quelle ricerche sul terreno?”
L’uomo fece un cenno di assenso.
“Purtroppo si sono rivelate deludenti, non ho trovato incantesimi in grado di agire. Tu? Hai trovato qualcosa?”
Orion si schiarì la voce e gettò un’occhiata a Malocchio. Si preparò allo scontro.
“Forse.”
“Sono proprio curioso di sentire la tua proposta,” esordì Moody.
“Io almeno ne faccio,” rispose Orion.
“E sono tutto orecchi, signor Black,” disse Silente. “Prego.”
Orion si voltò verso la distesa di terra.
“La magia nera che è stata assorbita dalla terra è destinata a sprofondare. Non essendo stata la terra ad essere colpita direttamente, ma la casa, la maledizione scivolerà molto lentamente verso il basso, proprio come l’acqua che filtra nel terreno, ma molto più lentamente. Ci metterà anni, davvero tanti, più di quelli che possiamo permetterci di aspettare,” spiegò. “Ora, non ho intenzione di sporcare questo posto con altra magia oscura...”
“Ho una particolare simpatia per i ma,” commentò Silente, incuriosito.
Ma,” riprese Orion “conosco un incantesimo che potrebbe circoscrivere la zona maledetta, la rimpicciolirebbe e dovrebbe velocizzare questo processo. La nuova costruzione sorgerebbe pochi metri accanto all’originale. Ci vorrà tempo… almeno un mese.”
“È magia oscura,” sbottò Alastor, indignato.
“È magia antica,” precisò Orion, infastidito. “Un incantesimo caduto in disuso perché non tutti riescono a praticarlo. Non ha una formula precisa, perché è il mago che la plasma per i suoi scopi ed è abbinata ad una potente pozione.”
“È la definizione di magia oscura, a casa mia,” insistette Alastor, burbero. “Silente, non darai davvero credito a questo idiota!”
“Beh, questo idiota,” riprese Charlus, sconcertato “è l’unico che ha fatto una proposta decente, a mio avviso.”
Silente pareva non prestare attenzione alla discussione, concentrato com’era a fissare il terreno e a rimuginare sulla proposta.
“Se davvero non è magia oscura come dici, perché ha dovuto fare una premessa di quel genere?” chiese Moody a Charlus.
Orion sospirò, seccato. Odiava gli idioti.
“La magia oscura ti fagocita, ti rende schiavo, non padrone,” affermò. “Ti fa fare grandi cose, è vero, ma sei solo un burattino nell'occhio di un vortice nero e potente che ti porta all'autodistruzione!” sbottò spazientito. Gli occhi neri  di Alastor seguitarono a fissarlo, per niente intimorito.
Questa è la definizione di magia oscura,” continuò. “La conosco e riesco non farmi contaminare. Tu, che sei così impegnato starne lontano e a condannarmi, potresti dire lo stesso?”
“Come osi?” proruppe Moody, stizzito. Tirò fuori la bacchetta, pronto a colpirlo. Orion non si scomodò a reagire.
“Alastor!” tuonò Silente, arrabbiato. “Non ho chiesto la tua presenza per essere d’intralcio,” continuò, “metti via la bacchetta, Orion ha avuto una valida idea.”
Suo malgrado, Moody abbassò la bacchetta senza smettere di rivolgergli un’espressione ostile.
“Orion,” disse ancora Silente, con un tono completamente diverso, “ti seguirò durante questa pratica, passo per passo. Conta pure sul mio totale aiuto. Mi rimetto a te e ti ringrazio.”
Orion tentò di fare un sorriso compiaciuto, ma con molta probabilità gli uscì solamente una smorfia.
“Sirius sarebbe fiero di suo padre,” gli mormorò Charlus.
Sirius non deve saperlo.”
 
 


 
Note:
Eccomi tornataaaa! Cavolo, non ci credo, ho visto la fine di questo capitolo. Non potete capire quanto sono contenta, più di voi sicuramente XD! Allora, andiamo con ordine:
  • Pov di Amanda. Inside Hogwarts: per quanto riguarda Lily, era veramente questione di tempo perché scoprisse di James. Voglio dire, è anche più o meno come mi sono immaginata sia avvenuto davvero tra loro – James che fa lo scemo in dormitorio scorrazzando sotto forma di cervo, Lily che vede un cervo nella stanza e lui che poi si palesa XD, chiaro, no? Insomma, non può essere andata diversamente… vogliamo piuttosto parlare del suo Patronus? Che trauma...
  • Amanda… allora, lei ha un grosso disagio, dovuto a questi picchi di magia che non riesce a controllare. Parlo per esperienza personale in rimando al lavoro che faccio… mi occupo spesso di bambini con disagio di qualsiasi tipo, che vivono questa differenza come un peso piuttosto che come una risorsa, ed è proprio qui che secondo me si sbaglia. Anche Amanda è ancora improntata in una prospettiva di quel tipo, ma speriamo che cambi presto!
  • Pov di Layla. Evan: mi ha fatto molto ridere, in realtà, questa parte (probabilmente perché so cosa succederà XD). Allora, Evan aveva un rapporto molto stretto con le ragazze, soprattutto con Amanda. Infatti lui è l’unico babbano che sa che sono delle streghe e utilizza i loro gufi per comunicare. I rapporti sono iniziati a cambiare dopo la morte di Patrick, quindi quando Amanda aveva circa 12 anni. Non si sono allontanati, bensì avvicinati ancora di più. Adesso, Amanda ha avuto una cottarella per Evan in effetti, e si è comportata esattamente come fa sempre, ovvero scappando XD. Ci ha provato anche con Sirius, ma lui non ha mollato la presa e l’ha acciuffata! Diciamo che si sente in colpa per come si è comportata nei confronti di Evan e anche per un altro motivo che conoscerete più avanti (“Spoilers” cit. River Song)
  • Passiamo all’altro pov, con il mio amore Orion. Sì, sono una stronza, e per colpa di FairyFrida sono arrivata a shippare Orianne - oddio, è fighissimo questo nome! – quindi, se questo pov vi ha fatto soffrire, sappiate che ho sofferto con voi! A proposito di ciò, scatenatevi pure nei commenti;
  • Zan zan zan… sì, gente, colpo di scena! Orion non è poi così tanto senza palle. Per lo meno, lo è stato, ma per esigenza. Poi è diventata un’abitudine per via della situazione in cui si è trovato dopo aver sposato Walburga ed essere stato rifiutato da Mary Anne, quindi… ora potete farvelo piacere senza sentirvi in colpa <3. In questo, btw, somiglia molto a Regulus.
  • Sto scrivendo le note ed è quasi mezzanotte, perdonatemi se non trovate un senso. Mi scuso per avervi fatto perdere cinque minuti della vostra vita!
Vi ringrazio INFINITAMENTE per tutte le recensioni, per il tempo che dedicate alla fanfiction, perché esistete! Thank you so much.
 
Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Il ritorno del calamaio ***


Capitolo XXIX: “Il ritorno del calamaio”
 
“I ask myself
Is all hope lost?
Is there only pain and hatred, and misery?
And each time I feel like this inside,
There's one thing I wanna know:
What's so funny 'bout peace love & understanding?
What's so funny 'bout peace love & understanding?”

[Mi chiedo
è perduta la speranza?
Rimane solo dolore e odio e miseria?
E ogni volta che mi sento così
C’è una cosa che voglio sapere:
Cosa c’è di buffo nella pace, nell’amore e nella comprensione?
Cosa c’è di buffo nella pace, nell’amore e nella comprensione?]
Elvis Costello & The Attraction – (What’s funny ‘bout) Peace, Love & Understanding
 
BARTY CROUCH JR.
 
Mentre sedeva all’ombra di un albero nel giardino della scuola, Barty pensò che non si sarebbe mai abituato alle profonde cicatrici che solcavano per metà il viso di Marcus. Per qualche motivo, dopo l’incidente con Amanda, quei segni non erano più guariti. Il volto di Avery sarebbe rimasto in parte deturpato per sempre. L’odio di Marcus si era acuito ancora, per quanto fosse possibile, ma non sfidava più Amanda apertamente. Guardava malevolo chiunque trovasse a fissargli la faccia. In quel momento, tuttavia, Marcus era troppo impegnato a leggere un articolo sulla Gazzetta del Profeta per accorgersi che Barty si era incantato – per l’ennesima volta – a guardare una particolare piega della guancia che creava una strana ombra sul suo viso.  
“C’è qualcosa di interessante?” chiese Barty, avido di notizie. Decisamente, quel periodo di maggio era molto più eccitante per chi frequentava l’anno dei G.U.F.O. o dei M.A.G.O.
“Puoi scommetterci,” mormorò Marcus. Un ghigno gli attraversò la faccia, e parve ancora più inquietante. “Se la legge per cui Malfoy sta spingendo passerà davvero, mio padre uscirà da Azkaban nel giro di una settimana.”
Barty si raddrizzò e fece segno al compagno di passargli il giornale. Lesse velocemente e non poté credere ai propri occhi: i commenti del giornale erano entusiasti, elogiavano la proposta di legge di Augustus Rookwood. La Gazzetta del Profeta era finalmente dalla loro parte; giocavano sulla paura delle persone che aleggiava in quel periodo, e mostravano come tutte le accuse fossero infondate e il Ministero cercasse di tenere sotto controllo l’attività di ogni mago inglese. L’articolo spiegava quanto la libertà personale stesse venendo a mancare, a causa di una fantomatica minaccia incombente che, alla fine dei conti, ancora non si era palesata. Ora, metteva in dubbio qualsiasi cosa, dalle sparizioni ai giochetti politici, dalle presunte cospirazioni al reale lavoro dei giudici. Barty lo lesse con crescente fervore e comprese che tutto questo aveva una principale e diretta conseguenza: ogni sentenza del Wizengamot dell’ultimo anno sarebbe stata messa in discussione, tanto da costringere a scagionare più della metà delle persone processate. Era uno scacco matto senza precedenti a suo padre. Era un momento meraviglioso.
Se lo immaginò tornare a casa a notte fonda, imbestialito e paonazzo in volto, per chiudersi nello studio per trafficare con montagne di scartoffie e trattare con sufficienza sua madre, accantonata come un regalo poco gradito riposto sopra un mobile a prendere polvere.
Incontrò lo sguardo di Marcus, e insieme si voltarono poi verso Regulus, che in tutto ciò non si era ancora fatto sentire, né aveva emesso il minimo rumore. Barty si era quasi dimenticato che fosse con loro, troppo immerso a visionare nervosamente gli appunti di Aritmanzia.
Marcus si schiarì la voce e Regulus alzò lo sguardo, accorgendosi solo allora di avere l’attenzione di entrambi.
“Sì?” chiese, asciutto.
“Hai letto?” fece Marcus, sventolando il giornale.
Regulus tornò a sfogliare gli appunti e rispose distrattamente.
“No, ma Loraine mi ha accennato qualcosa a colazione. Fantastico.”
“Dovresti andarci piano, il tuo entusiasmo potrebbe uccidermi,” commento Marcus, sardonico.
Regulus alzò un sopracciglio, esternando un’espressione di sufficienza. In quel preciso istante somigliava particolarmente al fratello. Lo trovò insopportabile, non capiva come facesse Marcus a dargli così tanto credito.
“Festeggeremo a dovere appena concluderò gli esami e ti mostrerò tutto il mio entusiasmo,” affermò, sistemandosi con la schiena contro l’albero.
Barty vide Marcus alzare gli occhi al cielo, annoiato.
“Il tuo ragazzo è veramente uno spasso,” dichiarò a Loraine, che si stava avvicinando a loro proprio in quel momento insieme alla cugina, Penelope Burke.
Si sedettero tra loro; Loraine salutò Regulus con un entusiasmo che lui non contraccambiò.
“Mi spieghi cosa esci a fare in giardino se poi te ne stai in un angolo a studiare?” domandò lei, annoiata.
Regulus rispose in un borbottio, ma Barty non lo colse, con la coda dell’occhio registrò una figura avvicinarsi. Si voltò e notò Layla Froude, che camminava verso di loro, probabilmente in direzione del lago. Strinse gli occhi, rideva spensierata in compagnia di Lupin. Negli ultimi mesi erano spesso insieme, e ogni volta che Barty li avvistava, guardava Regulus per cercare di carpire una minima reazione. Non riusciva a fidarsi completamente di lui, così come invece faceva Marcus. Cosa aveva mai fatto Black per guadagnarsi la sua fiducia? Perché Barty non era trattato con lo stesso riguardo da Avery, malgrado si fosse mostrato sempre disponibile nei suoi confronti, soprattutto negli ultimi tempi, in cui la presenza di Regulus si era fatta desiderare a causa degli esami imminenti? E invece, Marcus non faceva che chiedere la sua opinione, domandare un suo consiglio; insieme a Piton, Mulciber e Rosier creavano un gruppo impenetrabile. Erano mesi che Barty tentava di insinuarsi in quella che era considerata una compagnia d’élite tra i Serpeverde e non solo: se da loro erano ricercati e rispettati, dalle altre case erano persino temuti. Da quando Severus era parte di quel gruppo, Potter e Black avevano preso ad ignorarlo, e Barty sapeva che non poteva essere solo una coincidenza.
Si accorse di essersi incantato a fissare Regulus, e quest’ultimo ora ricambiava il suo sguardo con un certo fastidio.
“Che c’è?” sbuffò, seccato per essere stato interrotto ancora una volta.
Barty fece spallucce.
“Ho visto passare qualcuno che morirebbe dalla voglia di sapere questa notizia sulla Gazzetta…” buttò lì, e con un cenno del capo indicò Layla, ormai a pochi metri da loro. Regulus gettò un’occhiata nella direzione della ragazza, ma non ebbe alcuna reazione particolare. Quella più disturbata dall’informazione fu Loraine, la cui espressione s’indurì improvvisamente.
Anche Marcus si voltò e la vide. I suoi occhi si animarono di una scintilla di perversione. Barty sorrise e si rilassò; non gli rimaneva che godersi lo spettacolo.
“Beati voi che non avete un accidente da fare,” sospirò Regulus, scocciato.
“Non ti disturberà, allora, se giochiamo un po’ con lei, vero?” domandò Marcus, con un ghigno.
“No, ma fate attenzione: non voglio sangue sui miei appunti,” rispose, tornando con gli occhi sulle pergamene.
“Froude! Hey, sì, dico a te,” la chiamò all’improvviso Penelope, bruciando sul tempo Marcus. Layla si girò nella loro direzione, probabilmente accorgendosi di loro per la prima volta. L’espressione serena che l’accompagnava un istante prima scomparve. Lupin, accanto a lei, s’irrigidì.
Penelope si alzò e le si avvicinò, brandendo la Gazzetta. Gliela porse con falsa gentilezza.
“Hai bisogno che lo legga per te?” chiese Layla, sconcertata, senza risparmiarle uno sguardo dal basso verso l’alto. “Devi avermi confuso per mia sorella, io non sono così compassionevole.”
Barty soffocò una risata e non sentì cosa aggiunse Lupin. L’aveva sempre pensato, in effetti: l’unico difetto di Layla era chiamarsi Froude di cognome. Marcus lo guardò di sbieco.
“Fai la spiritosa, Froude?” intervenne, alzandosi e raggiungendoli. “Lo sarai ancora dopo aver letto la prima pagina della Gazzetta?”
“Avery, smettila,” gli intimò Lupin, frapponendosi. Ma Layla non parve intimidita e si spostò per poter guardare Marcus negli occhi.
“L’ho letta stamattina a colazione,” gli fece notare. “Non so voi quanto ci mettiate a leggere una pagina, ma a me non serve tutto il giorno.”
Barty fu sorpreso di vedere quanto gli ultimi avvenimenti avessero temprato Layla: la conosceva come una compagna determinata, ma tutto sommato senza quella vena guerrafondaia, più tipica di sua sorella. E, chiaramente, Marcus non si aspettava che la conversazione prendesse una piega del genere: fece una smorfia che gli deformò le piaghe sul volto.
“Chissà se sarai ancora così spavalda fuori di qui,” mormorò.
“Tu osi minacciarmi?” sbottò, e in un gesto più svelto di quanto Barty potesse aspettarsi, tirò fuori la bacchetta.
Marcus rimase immobile, l’espressione di chi ha tutto sotto controllo e non è per nulla spaventato, mentre Penelope, che probabilmente non aveva previsto una reazione del genere, in un movimento istintivo prese la bacchetta da sotto il mantello.
Stupe-”
“Confringo!” esclamò Layla con decisione.
Barty balzò in piedi, sentì l’adrenalina scorrergli nel sangue nello stesso momento in cui udì lo scoppio dell’incantesimo colpire la bacchetta di Penelope. Quest’ultima trattenne la bacchetta, che esplose in mille pezzetti, e volò un paio di metri all’indietro, cadendo proprio ai piedi dell’albero, accanto a Regulus.
Il momento successivo tutti avevano la bacchetta sguainata, ma Marcus fu troppo lento e si fece Pietrificare da Lupin.
Barty, con la mente appannata dall’eccitazione, non fece in tempo a pensare all’incantesimo da usare contro Layla, che la voce di Regulus sovrastò ogni cosa.
Expelliarmus!” sbottò, in direzione di Layla. La bacchetta di quest’ultima volò via finendo tra le mani di Regulus, che l’afferrò con la stessa prontezza che riservava alla cattura dei boccini.
Lupin per qualche motivo non intervenne, limitandosi solo a frapporsi davanti a Layla.
Senza aggiungere altro, Regulus spezzò in due la bacchetta di Layla. Delle scintille di magia fuoriuscirono dal legno.
“Girate al largo,” disse poi, asciutto. Si chinò ad aiutare Penelope a rialzarsi. Barty notò che si era procurata qualche taglio alle braccia, nella caduta.
“Stupido idiota, me l’hai rotta di proposito!” protestò Layla, stringendo i pugni.
“Preferivi l’osso del collo, Froude?” domandò Regulus con un ghigno.
“È ora di andare, Lay,” sentì dire a Lupin, ma Barty non ci stava.
“Cosa? Li lasciamo andare? Hanno colpito Penelope, si è fatta male!” sbottò, adirato. Avrebbe tanto voluto cruciarla, era così arrabbiato che solo vederla soffrire l’avrebbe fatto sentire meglio. Anche se Marcus non gli aveva ancora insegnato bene a lanciare una Maledizione Senza Perdono, sapeva di volerlo abbastanza in quel momento. Provò a liberare Marcus dall’incantesimo, ma Regulus disarmò anche lui. Sapeva che faceva bene a non fidarsi di lui!
“Ha iniziato lei,” esclamò Lupin, serio, verso Penelope. “Layla si è difesa. Male, ma è stata costretta. Vi conviene non fare scherzi, o andrò dritto da Lumacorno.”
“Guardati le spalle, d’ora in poi, Froude,” mugugnò Penelope, tenendosi il braccio dolorante.
“Se Amanda è stata capace di rinchiuderti in un armadio pietrificata, pensa a cosa posso farti io, che non sono affatto gentile,” soffiò Layla, prima di essere tirata via da Lupin.
Barty dovette attendere che i due sparissero dalla loro visuale, prima che Regulus si decidesse a restituirgli la bacchetta. L’incantesimo su Marcus terminò subito dopo, e con soddisfazione Barty lo vide scagliarsi contro il compagno, adirato.
“Dovevi schiantarli entrambi!” sbottò. Se la prese anche con Loraine, rimasta impalata tutto il tempo. Non riuscì a insultarla più di tanto, quando notò che tremava ancora dalla paura.
“Avrei dovuto colpirli, qui, alla luce del sole, e poi magari prendermi una punizione perché le cose non sono andate come volevate!” rispose Regulus, sarcastico. “Non posso giocarmi i G.U.F.O. solo perché voi avevate voglia di divertirvi e le vostre aspettative non si sono realizzate,” disse poi, raccogliendo gli appunti da terra. Sbuffò, notando che, alla fine, si erano macchiati del sangue di Penelope.
“Nemmeno tu te l’aspettavi, a quanto pare, quando ci hai detto di non macchiare del suo sangue le tue preziose pergamene,” intervenne Barty, scocciato, indicando con un cenno del capo gli appunti.
Incontrò lo sguardo di Regulus, nero come la pece.
“Io non parlavo del suo, infatti,” concluse lui, serio.
 
*
 
“Non mi fido di te.”
“Credimi, è reciproco.”
Regulus non gli staccava gli occhi di dosso, sembrava una gara a chi riusciva a sostenere lo sguardo più a lungo. Barty ghignò; era un esperto in questo campo, dopo essersi allenato per anni e anni a sfidare suo padre.
Si trovavano da soli nel dormitorio di Regulus. Barty, con la scusa di posare il mantello di Marcus, lo aveva seguito nel dormitorio e aveva deciso di dirglielo. Non si fidava di lui, e Regulus non si comportava come se fosse preoccupato della faccenda. Era una pessima reazione, pensò Barty, non aveva idea di quanto lui potesse essere pericoloso.
“Non capisco davvero cosa Marcus veda in te, come possa darti tutta questa fiducia,” continuò.
“Sono stato scelto, io sono uno di loro. Nessuno più mette in dubbio la mia appartenenza al Signore Oscuro, ora che sono Marchiato,” gli spiegò molto semplicemente Regulus.
La diffidenza nei suoi confronti passò improvvisamente in secondo piano. Marchiato? Quindi era vero, anche Regulus aveva ricevuto il Marchio Nero. Quando sarebbe venuto il suo turno?
“Tu… tu hai visto il Signore Oscuro?” chiese, cercando di non apparire troppo avido di informazioni.
“Sì, la sera della prova.”
“Una… prova?” domandò, confuso.
Regulus annuì.
“Si fidano di me perché ho ucciso, Crouch,” disse, finalmente. “Ho ucciso per loro.”
Barty sorrise.
“Questo è bastato a far credere che sei dalla loro parte?” domandò.
Regulus lo guardò, scocciato. Gli si avvicinò fino ad essergli praticamente attaccato.
“Ho ucciso una persona mani nude,” sussurrò. “Se sono stato capace di farlo a qualcuno che non conoscevo, pensa cosa posso fare alle persone di cui non mi fido per niente.”
 


 
AMANDA
 
 
Osservò James seguire i suoi movimenti minuziosamente, per poi imitarli nel modo più goffo che Amanda avesse mai visto, tanto che scoppiò in una fragorosa risata che echeggiò nella sala comune grifondoro vuota. Loro due erano gli unici pazzi ad essere rimasti dentro, ora che il sole di inizio giugno scaldava i giardini di Hogwarts.
Si sentì tirare per un braccio e un secondo dopo entrò in contatto con le familiari labbra di Sirius. Si tirò indietro e lo guardò, infastidita.
“Non ci interrompere proprio ora,” esclamò James. “Abbiamo quasi finito!”
“Finito cosa?” domandò lui, confuso. “Di saltellare?”
“Gli sto insegnando la danza della felicità,” spiegò Amanda. Si aspettava che Sirius la guardasse con disapprovazione, ma non reagì, quasi come se non la stesse ascoltando. “Com’è andata la punizione?”
Sirius fece spallucce.
“Tranquilla.”
Lei e James si guardarono; a quanto pare anche lui aveva percepito che qualcosa non andava.
“Va tutto bene?” gli chiese, curioso.
“Sì,” borbottò lui, per nulla convincente. Tirò fuori la mappa dalla tasca dei pantaloni e la appoggiò sul tavolo. “Si tratta di mio padre. È di nuovo qui a Hogwarts.”
Da qualche settimana a quella parte, l’argomento ‘mappa’ era diventato piuttosto delicato per Sirius, che aveva notato sempre più spesso suo padre fare visita a Hogwarts. Ciò che rendeva strana tutta quella faccenda era il fatto che Orion Black appariva improvvisamente nell’ufficio di Silente, vi sostava ore per poi sparire altrettanto velocemente. James aveva supposto quindi che potesse arrivare da un collegamento protetto con la Metropolvere, siccome non era possibile Materializzarsi nei confini di Hogwarts, ma questo non aveva accontentato Sirius, curioso piuttosto di sapere perché suo padre fosse ultimamente così in contatto con il Preside.
“Probabilmente è qui per Regulus,” buttò lì James. Avevano azzardato quell’ipotesi almeno un migliaio di volte, ma in realtà nessuno di loro ci credeva davvero, men che meno Sirius.
“Pensi sia invischiato in faccende losche?” chiese Amanda.
“Non credo,” rispose Sirius, scuotendo il capo. “E se anche fosse, non sarebbe capace di sostenerle, soprattutto con Silente.”
“Secondo me lo sottovaluti,” ammise James. “Voglio dire, sopporta tua madre da più anni di te.”
“Certo, facendosi deridere da chiunque,” commentò, sarcastico. “Ma c’è qualcosa che non quadra e voglio vederci chiaro.”
James si sistemò gli occhiali sul naso e si strofinò le mani.
“Perfetto! Come agiamo?” chiese immediatamente.
“Cosa avreste intenzione di fare?” domandò Amanda, confusa. “Entrare e chiederglielo?”
“Che? Nemmeno per sogno,” esclamò Sirius. “Non voglio averci niente a che fare. Però puoi farlo tu!”
“Cosa?” fece Amanda, sconvolta. “Perché dovrei? Perché non James?”
“Perché dovrebbe confessare qualcosa a James?” disse Sirius.
“Beh, perché dovrebbe farlo con me?” chiese, sentendo andare il volto in fiamme. Sapeva che con molte probabilità non sarebbe riuscita a sostenere una conversazione con quell’uomo. L’aveva sempre messa a disagio, un po’ per il suo aspetto, così simile a Sirius, un po’ per l’aria austera che mostrava, e… sì, probabilmente anche per il fatto che Orion Black aveva confessato davanti a suo figlio che l’unica donna mai amata da lui non era sua moglie ma la madre di Amanda. Tutto ciò era decisamente troppo strano. Dopo ciò, la pensata di Sirius le si presentò proprio davanti agli occhi.
“Stupido… idiota!” sbottò, iniziando a colpirlo. “Non vorrai usarmi perché smuova i suoi sentimenti in quanto figlia di mia madre, spero!”
“Amico, è un’idea geniale!” esclamò James, entusiasta. Il suo sorriso si spense quando Amanda colpì con un pugno anche lui.
“Non provare a supportare questa idea!” lo ammonì, arrabbiata.
“Andiamo, Amanda, non è così pessima,” sostenne James, allontanandosi da lei e schivando un altro colpo. “Quando l’abbiamo incontrato al San Mungo sembrava ben disposto ad aiutare te e Layla… non capisco perché non dovremmo approfittarne,” esclamò poi, “al massimo non ti dirà niente, oppure non sarà nulla che a noi interessi!”
“Esatto,” gli fece eco Sirius. “È inutile negarlo: mio padre è molto ben disposto con te, più di quanto lo sia stato per tutta la vita nei miei confronti,” ammise con una nota di amarezza nella voce.
Amanda sospirò. Quel farabutto stava giocando la carta della compassione e, inutile dirlo, stava funzionando. Forse stava prendendo quella situazione un po’ sul personale; comprendeva i motivi per cui Sirius non avesse intenzione di avere alcuno scambio con suo padre, dopo una vita passata nella più totale anaffettività familiare. Se andare al posto suo poteva aiutarlo, forse avrebbe dovuto provare.
“Mi mette in soggezione,” ammise.
“È innocuo, non ti preoccupare,” la rassicurò Sirius. “Allora? Che ne pensi?”
Lo sguardo di Amanda viaggiò da Sirius a James un paio di volte.
“Perché non mi accompagnate e osservate da sotto il Mantello dell’Invisibilità?”
James rivolse uno sguardo a Sirius, come per consultarlo, ma poi scosse il capo. “Non ci stiamo tutti e due, ci faremmo scoprire, soprattutto se Fanny decide di svolazzare per l’ufficio. Però, tranquilla, ti aspetteremo fuori e faremo i pali, assicurandoci che non arrivi nessuno!”
Amanda sbuffò, ma alla fine cedette. Sirius sorrise soddisfatto e la baciò, mentre James mise in atto ciò che aveva appreso con l’ultima lezione di danza della felicità e le disse che questa missione era paragonabile ad un rito di iniziazione, dopo il quale sarebbe stata nominabile come una fiera Malandrina.
“Okay,” esordì James, una volta arrivati nei pressi dell’ufficio di Silente. Controllò la mappa. “È ancora qui e Silente non c’è, puoi andare. Mi raccomando, Amanda, indaga con discrezione e, soprattutto, mostrati sorpresa di vederlo. Lui non deve sapere che noi sappiamo che si trova qui. Pronta?”
Amanda annuì, anche se in realtà non era vero. Non ebbe bisogno di farsi dare la parola d’odine; la pronunciò, e le scale a chiocciola scesero fino ai suoi piedi. Iniziò a salire i primi gradini dopo un saluto veloce ai due grifondoro. Arrivata alla porta, fece un respiro profondo e la aprì. Fece un primo passo all’interno dell’ufficio, e ancor prima di chiudere la porta e stamparsi un’espressione stupita sulla faccia, si trovò a fissare un Orion Black, dall’altra parte della stanza, molto perplesso. Sicuramente più di lei.
Amanda fu colta da una vampata di imbarazzo incontrollabile, ma diede comunque una prima occhiata veloce a tutto quello che aveva intorno. Sembrava aver imbandito un tavolo con libri, ampolle e beute. Gli ingredienti erano ordinati in modo preciso, in file o mucchietti; Amanda sentì formarsi un nodo alla gola, perché anche Regulus aveva l’abitudine di lavorare alle pozioni con un piano così metodicamente ordinato. Un fornello piccolo era posizionato alla sinistra del tavolo e, sopra, un paiolo di dimensioni trascurabili emanava un fumo verdognolo, poco rassicurante e inodore.
Orion era intento a consultare una pila di volumi pieni di polvere alla destra del tavolo. In un angolo, c’erano alcuni fogli ordinatamente scritti e, accanto a questi, spiccava un calamaio più grande del suo pugno e finemente lavorato. Sembrava un modello da collezione di una ventina di anni prima, ma da come era stato trattato Amanda non gli avrebbe dato più di un mese. Al contrario, i libri erano un po’ rovinati e avevano tutti una copertina scura.  Davano l’idea di essere stati rinchiusi in qualche angolo sperduto della biblioteca e riesumati solo per una precisa necessità. Si voltò infine verso il trespolo e notò che Fanny non era presente.
“Buongiorno,” borbottò Amanda subito, chiudendosi la porta alle spalle. Si rese conto di non essere sembrata affatto sorpresa, quindi corresse il tiro.
“Buonasera!” esclamò allora. Ma no, più che sorpresa era sembrata solo molto entusiasta. E aveva sorriso. Perché stava sorridendo?
“Cioè…” mormorò, in evidente difficoltà. “Non mi aspettavo di vederla…”
Cercò di fare l’espressione più sorpresa di cui era capace, ma probabilmente le uscì solo una smorfia.
Gli occhi taglienti di Orion la misero in soggezione. Inaspettatamente, però, accennò un sorriso e chiuse delicatamente il libro che stava leggendo.
“Amanda.”
“Ehm… pensavo che il professor Silente fosse qui,” mentì, evitando il suo sguardo. Lui non parve cascarci.
“Sei sicura?” chiese, divertito.
Amanda scrollò le spalle. Sicuramente, fare l'Auror non sarebbe mai potuto essere il suo mestiere. Iniziò a tormentarsi le dita, a disagio. Visualizzò davanti a sé le espressioni di disapprovazione di Sirius e James per aver miseramente fallito il loro piano dopo mille raccomandazioni sulla discrezione.
“No,” borbottò, sconsolata. “Beh, ho notato che viene qui spesso, nell'ultimo periodo...”
“Mi domando come tu faccia a saperlo, visto che non esco da questo ufficio.”
Amanda cercò il coraggio e fece qualche passo avanti in direzione di Orion. Lui coprì i libri che stava consultando.
“Lei ha i suoi segreti su come entra, io i miei su come so che è qui…” tentò, piegando le labbra in una linea sottile.
Lui sorrise, divertito.
“Propongo di lasciare che restino tali, allora…” rispose. “Preferirei che Sirius rimanesse all’oscuro della mia presenza qui.”
“Ecco, in verità… già lo sa,” ammise. Non poteva perdere altro tempo, doveva sapere.
“Perché è qui? È qualcosa che c'entra con… con i suoi figli? E se anche fosse per i suoi figli, perché questo dovrebbe coinvolgere tutti questi libri e probabili pozioni?” chiese, indicando il tavolo.
Il sorriso di Orion si spense alla stessa velocità con cui era apparso. Sembrava preoccupato.
“Dico davvero, Amanda. Nessuno deve saperlo, Sirius men che meno.”
“Che cosa mai Sirius non potrà sapere?” insistette, curiosa.
“Qualcosa di abbastanza importante.”
“Qualcosa di importante ma anche di positivo, visto che c'entra Silente.”
Lui non rispose. Amanda lo scrutò; provò ad avvicinarsi ulteriormente e notò un foglio accanto ai libri. Era piegato, ma quella carta azzurrina con i ghirigori blu ai lati le era così familiare…
Orion dovette notare il suo improvviso interesse; con uno scatto, prese quella che sembrava una lettera e se la infilò in tasca.
“Che cos’era?” chiese immediatamente Amanda, indicandola. Un macigno sembrò piombarle sullo stomaco. “Quella carta, io la conosco.”
“Cosa vuoi sentirti dire?” le chiese, accennando un sorriso.
Sentì gli occhi inumidirsi, ma resistette.
“Perché ha la carta da lettere di mia madre?” domandò, secca. Fece un passo indietro, d’un tratto capì di non riuscire a decifrare quell’uomo. Lo percepì come talmente incomprensibile da essergli ostile. C’era qualcosa che le stava sfuggendo.
Lui sospirò, in evidente difficoltà.
“Tua madre mi ha scritto,” confessò, “poco dopo Natale, per raccontarmi alcune cose, tra le quali di Sirius.”
Strabuzzò gli occhi.
“Lei e mia madre eravate in contatto?” domandò. Non ebbe bisogno di fingersi sorpresa, quella volta.
Orion scosse il capo.
“No, l’ultima volta che ho visto tua madre, lei ti aveva in grembo. Silente me l’ha consegnata da poco.”
Amanda lo osservò e constatò che sembrava sincero.
Silente? Perché Silente aveva conservato una lettera indirizzata a lui per conto di sua madre? Perché non gliel’aveva data quando era ancora in vita, o almeno appena dopo la sua morte?
Sembrava il genere di cose che programmava sua madre. Non faceva nulla che non avesse un senso. Silente non si sarebbe mai permesso di tenere una lettera contro la volontà di sua madre, per cui doveva aver eseguito delle precise istruzioni, proprio come le aveva disposte prima di morire. Tra queste, a quanto pare, c’era quella di dare quella lettera ad Orion in un preciso momento. Ma questo presupponeva che Silente e lui fossero in un qualche modo in contatto, che… la risposta le illuminò lo sguardo pensoso.
“Oh, Merlino, lei-” ridusse la voce ad un sussurro. “Lei è entrato nell'Ordine!”
Non attese che Orion rispondesse, lo incalzò ancora, in preda all’entusiasmo.
“Perché Sirius non può saperlo? Perché non può sapere che lei è dalla nostra parte!”
Il perché le attraversò la mente e l'entusiasmo scemò.
“Ah, giusto, la famiglia. Ma perché non-”
“Okay, basta, smetti di dedurre!” la interruppe Orion, burbero.
Amanda tacque; si guardarono per un momento, e finalmente lo vide davvero. Ad un tratto, ecco svelato il mistero, ciò che le sfuggiva: un uomo che aveva a cuore il figlio più di quanto il figlio immaginasse, disposto a non svelargli la parte migliore di sé per continuare a tenerlo lontano dalla famiglia, diviso a metà da un secondo figlio propenso all’oscurità. Orio Black era un uomo spezzato. Avanzò di un passo, era ormai davanti al tavolo.
“Ma non ha negato! Quindi è vero!” esclamò, entusiasta. Il coraggio superò la vergogna in quel preciso istante; superò il tavolo e in uno slancio lo abbracciò. Se Orion conosceva davvero sua madre come diceva, allora doveva essere abituato ai suoi abbracci. Lo sentì irrigidirsi, e subito dopo aver sciolto l’abbraccio, Amanda notò che aveva una buffa espressione accigliata scolpita sul volto.
“Non farlo mai più,” borbottò.
Amanda rise.
“È per mia madre? Le somiglio così tanto?”
“Spaventosamente,” ammise, imbarazzato. “Soprattutto in questa cosa degli abbracci.”
“Dovrebbe dispensarne di più, infatti, lei è comodo da abbracciare,” ammise, facendo spallucce. “Davvero vuole tenere nascosta una cosa del genere a Sirius?” domandò poi. Già sudava freddo: non sarebbe mai riuscita a mantenere un segreto del genere con lui.
“Sì, e dovrai promettere, Amanda, che non gli dirai nulla,” rispose, sospirando. “Ne va della sicurezza dell’Ordine.”
“Cosa?” fece, confusa. “Che vuol dire? Riguarda il perché si trova qui?”
“È fondamentale che tu finga di non sapere quello che ci siamo detti,” insistette. “Se Sirius sapesse che sono coinvolto in qualcosa, potrebbe mettere a repentaglio l’intero Ordine. Solo pochi sono al corrente del mio coinvolgimento.”
“Cosa? Mi sta chiedendo di tenermi una notizia di questa portata per me?” fece, sconvolta.
“Se tieni all’Ordine, questo è il momento di dimostrarlo,” concluse.
Amanda sospirò, sconsolata e bloccata in quell’impasse terribile.
 
*
 
Chiuse la porta dietro di sé e scese le scale a chiocciola. James e Sirius la travolsero letteralmente di domande. Che fa? Cosa succede? È qualcosa di interessante? Cosa gli hai detto? Sei stata discreta?
Amanda guardò per secondi interminabili i loro visi pieni di speranza, cercando di camuffare nell’espressione la disperazione che sentiva dentro.
Sirius, tuo padre non è chi credi. È un uomo migliore, che preferisce soffrire e tenere lontano te perché continui il tuo cammino lontano dalla tua dannata famiglia. Nel frattempo, collabora con l’Ordine in non si sa quale mirabolante missione di cui non posso dirti un accidente, perché comprometterei le cose e mancherei di lealtà verso una società segreta in cui mio padre ha investito il massimo delle energie e in cui credeva più di ogni altra cosa. Mi odio perché devo tenerti nascosto tutto questo e vorrei non averlo saputo, vorrei non essermi fatta convincere in questa malsana operazione di scoperta!
Si schiarì la voce mettendo a tacere i pensieri.
“La tua teoria si è rivelata un’autentica cavolata,” bofonchiò, senza guardarlo. “Non mi ha detto niente di niente!”
“Non ci credo,” rispose James, deluso.
“Ma sei stata dentro un po’! Cosa vi siete detti?” chiese Sirius.
Amanda s’incamminò per il corridoio, con i due ragazzi al seguito, avidi di informazioni.
“Ha parlato di fondi per la scuola, è stato molto evasivo,” mentì. “Penso che con i G.U.F.O. dietro l’angolo di tuo fratello, voglia assicurarsi un trattamento riservato. Chissà se Regulus ne è al corrente!”
“Ma che motivo avrebbe di venire a scuola così spesso solo per dei fondi?” domandò Sirius, sospettoso.
Amanda mandò giù un fastidioso nodo alla gola.
“Probabilmente Silente avrà declinato l’invito e lui starà insistendo,” ipotizzò James.
“E comunque non sappiamo se è la verità,” gli ricordò Amanda. “Questo è ciò che mi ha fatto capire.”
“Già,” concluse James, affiancandosi a lei. Le cinse le spalle con un braccio in un gesto affettuoso. Sirius, invece, le spettinò i capelli.
“Sei stata brava lo stesso,” la consolò James. “Sei una di noi, ormai.”
Amanda si sentì morire dentro. Forse confessare un segreto diverso poteva aiutarla a stare meglio.
“Ragazzi,” esordì, “vi ho mai parlato di… Evan?”
 
 
 
 
 
 
 
 Note:
 
Sono viva e vegeta. E in MOSTRUOSO ritardo. Non accamperò scuse, l’idea era di aggiornare entro Pasqua ma non ce l’ho fatta, ho avuto troppi impegni! Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Io mi sento morire per Amanda, soprattutto anche per Sirius e James – anche lui, con l’ultima cosa che le dice… mmm che disagio ç.ç!
Ad ogni modo, non credo di avere cose particolari da farvi notare, a parte… il calamaiooooooo. Zan zan zan!
Io in realtà sto svalvolando, quindi vi saluto e vi mando un abbraccio amandoso :*!
 
-Amanda 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** "Con te" pt. 1 ***


Note:
Salve a tutti! Diversamente dal solito, questa volta scriverò le note di capitolo prima, perché sarà più lungo del solito. Con queste miserrime righe voglio dirvi che, ad oggi, la fanfiction compie un anno! Sono contenta di aver tenuto duro e continuato a scrivere a distanza di così tanto tempo – per me essere costante è un grande sacrificio – e soprattutto voglio ringraziarvi per la costanza che invece avete dimostrato voi, che seguite ancora la ff! Vi faccio questo regalo, spero apprezziate <3
Un bacio!
 
*Di seguito, due precisazioni:
  • Più avanti, nel testo, vi troverete una parola con l’asterisco, *poteen, si tratta di un tipo di whiskey irlandese illegalmente distillato dai contadini nelle campagne;
  • Capitolo “Il ritorno del calamaio”: il titolo del capitolo precedente richiama una parte del flashback nel capitolo 17, in cui vediamo per la prima volta la ship ‘Orianne’. Il calamaio che Amanda nota è proprio quello che Orion compra al Ghirigoro quando incontra Mary Anne. Di seguito vi riporto il pezzo.
“No, non aveva mai smesso di pensare a lei. Ma aveva imparato a nasconderlo bene, fino a quando non l’aveva rivista dall’esterno di una vetrina al Ghirigoro, un lunedì mattina alla fine di ottobre.
Era di spalle, immersa nella catalogazione dei libri sugli scaffali, i capelli legati in una lunga treccia chiara, le spalle piccole. Entrò nel negozio, euforico e ansioso al tempo stesso, lei non si accorse di lui finché non appoggiò male un libro su una mensola e lui, alle sue spalle, lo prese al volo prima che le cadesse addosso.
Mary Anne si voltò e sussultò.
“Black!” esclamò, sorpresa. Distese il volto in un sorriso, dopo anni che non si vedevano sperò che ricordasse solo i bei momenti.
“Ciao,” mormorò, ridandole il libro. “Non sapevo lavorassi qui.”
“Solo da qualche giorno!” disse con il suo solito entusiasmo. “Hai bisogno di qualcosa?”
Orion si schiarì la voce, cercando di fuggire il suo sguardo.
“Io… mi serve un calamaio nuovo,” bofonchiò.
Mary Anne gliene mostrò almeno dieci, suddivisi per tipologia, forma, colore e capacità. Orion non sentì praticamente nulla, incantato dal movimento delle sue labbra. Prese l’ultimo che Mary Anne toccò, pagò, e prima di uscire la guardò negli occhi.
“Buon compleanno, Scheggia.”
La sua espressione meravigliata lo perseguitò per anni.
 
Detto ciò, vi auguro buona lettura :)
  • Amanda
 
 
 
Capitolo XXX: “Con te”
 
 
"Could you take care of a broken soul
Will you hold me now?
Will you take me home?"
[Take me home – Jess Glynne]
 
 
JAMES
 
 
Il cuore batteva all’impazzata, talmente forte che poteva sentire il sangue arrivare prepotente alle orecchie, attutendo tutti i suoni intorno a lui. Trascinò il baule per tutto il corridoio, con passo deciso superò un gruppo di studenti Corvonero che gli ostruivano la visuale. Poi, eccola, finalmente: la chioma rossa ricomparve, più avanti di lui di una decina di metri. Lily camminava con le sue compagne Grifondoro, tra cui James riconobbe anche sua sorella Jaded.
“Hey, aspettate,” le chiamò. Lily fu l’unica a sentirlo; si fermò e si voltò, così James velocizzò ulteriormente il passo fino a raggiungerla. Le altre continuarono senza rendersi conto di nulla. Jaded soltanto si voltò, ma la vide comunque tirare dritto insieme alle ragazze per lasciarli soli.
“Lily,” esordì, con un po’ di fiatone per la corsa, “devo-”
“Dai, James, dobbiamo andare, faremo tardi per l’Espresso!” lo incalzò lei, spazientita. Si voltò e ricominciò a camminare.
Fece un respiro profondo recuperando ossigeno e si fece coraggio. Era o non era un dannato Grifondoro?
“Non m'interessa, fermati e ascoltami!” esclamò, trattenendola per un braccio. Lily si voltò e lo guardò sconcertata.
“Che c'è?”
“Sono stanco,” ammise.
“Beh, ti riposerai in treno!” rispose lei, perplessa.
“Non intendo in quel senso,” continuò, serio. “Parlo di me e te, Lily.”
Lei si scostò dal suo tocco, e James la sentì subito irrigidirsi.
“In… in che senso?” mormorò, confusa.
“Sono esausto di questa situazione...” spiegò. “Io che vorrei uscire con te, tu che ti tiri indietro ma in realtà vuoi la stessa cosa, io che tento di farti ingelosire con stupidi trucchetti che poi ci fanno litigare e così via!” parlò velocemente, serio. “So che sono l'essere più arrogante che conosci… un idiota, un pallone gonfiato e un enorme egocentrico, lo ammetto. Ma… per qualche misteriosa ragione ti piaccio anche per questo, e… beh, trovo che sia pazzesco non provarci.”
Lily tacque qualche secondo, il suo sguardo sembrava volergli leggere dentro. Sembrava smarrita, sperò di non averla spaventata, ma era così che si sentiva anche lui da qualche giorno a quella parte, e non ne poteva più. Si guardava intorno e notava come Sirius e Amanda, oppure Jaded e Stephan stessero bene insieme e non comprendeva come invece tra lui e Lily fosse così difficile comunicare, malgrado fosse così ovvio ormai che si piacessero. Dopo che Lily aveva scoperto che era un Animagus, il loro rapporto sembrava addirittura migliorato. Tuttavia, procedevano per alti e bassi; non appena la sentiva vicina, tutt’un tratto eccola allontanarsi come un cerbiatto spaventato. Aveva provato a non forzare le cose, sapeva che non era giusto, ma non voleva nemmeno più aspettare. Quell’attesa lo stava uccidendo, sembrava che fossero entrambi troppo codardi per ammettere a loro stessi ciò che provavano. Era arrivato alla conclusione che se voleva che qualcosa si smuovesse, allora avrebbe dovuto farlo lui stesso.
Lei seguitò a fissarlo senza rispondere, dandogli modo di continuare.
“Ho provato a farmela passare, ma non ci sono riuscito,” ammise, con un'alzata di spalle. Sperò che parlarle con il cuore in mano potesse convincerla delle sue intenzioni.
“Dimmi che non provi niente, dimmi che ti sono indifferente, che non ti interesso, e io ti lascerò stare. Davvero, non ti darò più fastidio… ma ho bisogno di sentirmelo dire.”
Gli occhi di Lily diventarono improvvisamente lucidi. James sperò che dicesse qualcosa prima possibile, stava iniziando a trovare insopportabile anche il silenzio.
Poi, Lily, in un gesto ponderato, annullò la distanza tra loro. Si avvicinò e posò un leggero bacio sulle labbra di James, e, per quanto l’avesse fatto con una calcolata lentezza, per lui fu comunque inaspettato. Sembrò fermarsi ogni cosa, intorno: non sentì il vento soffiare tra le foglie degli alberi, diventò completamente sordo ai rumori che li circondavano, avvertiva solamente quel piacevole contatto, come se ogni recettore del proprio corpo si fosse spostato sulle labbra. Ecco, anche l’olfatto sembrava funzionare, ma solo in relazione al profumo di Lily, all’odore di fiori che i suoi capelli emanavano. Lavanda? Giglio? Non ne aveva la benché minima idea, James non aveva mai distinto un ginepro da una margherita, l’unica cosa che sapeva era che quello era il miglior profumo che avesse mai sentito. Ed era indossato dalla ragazza che più gli piaceva al mondo.
“Non smettere di darmi fastidio,” gli mormorò. D’istinto, le loro labbra si toccarono ancora una volta, più forte, più convinte, tanto che Lily gli allacciò persino le braccia intorno al collo.
Fu così che James Potter baciò Lily Evans per la prima volta in vita sua.
Sì, pensò, sarebbe fantastico se potessi stare continuamente attaccato alle sue labbra...
Tuttavia, sobbalzarono entrambi e si allontanarono subito, quando un fischio squarciò il momento idilliaco che stavano vivendo.
James si voltò e notò che a pochi metri da loro avevano assistito alla scena Sirius, Remus e Amanda, che si stavano avvicinando nella loro direzione.
“Sirius!” esclamò Amanda, arrabbiata.
“Scusaci, James! Il piano era di passare senza essere visti,” borbottò Remus, dando una gomitata a Sirius.
“Che c’è?” esclamò Sirius, sorridendo. “Finalmente, Evans, ti sei svegliata!”
James guardò Lily, rossa d’imbarazzo, e forse per la prima volta ebbe voglia di dare un pugno al suo migliore amico.
“Tranquillo, Black,” rispose lei a tono, ricomponendosi. James incontrò il suo sguardo un’ultima volta, e con enorme sollievo la vide sorridere.
“James è tutto tuo, per ora.”
Si voltò e iniziò a incamminarsi velocemente verso Hogsmeade.
“Ci rivediamo a settembre, Potter!” concluse, dandogli le spalle.
James rimase a fissarla mentre si allontanava, la testa leggera e le gambe pesanti come il piombo ma molli come gelatina. Era così che si sarebbe sentito ogni volta che avrebbe baciato o solo Lily era capace di farlo sentire così?
Avvertì una pacca sulla spalla e sussultò. Era Amanda.
“Mi dispiace che Sirius abbia rovinato il tuo momento, puoi picchiarlo se vuoi, mi assicurerò che la McGranitt non vi veda,” gli mormorò.
James le sorrise e scosse il capo.
“Non preoccuparti, è stato fantastico lo stesso,” ammise, e si rese conto che non riusciva a smettere di sorridere. Sarebbe morto sorridendo!
“Anzi,” riprese, “forse è stato un bene che ci abbiate interrotti. Non so per quanto ancora mi avrebbero retto le gambe!”
Amanda iniziò a saltellare sul posto, in preda ad una gioia incontenibile.
Hai baciato Lily! Hai baciato Lily!” iniziò ad esclamare, girandogli intorno con un balletto improponibile. A differenza delle altre volte, James partecipò con Amanda alla danza della felicità. Non gli interessava minimamente che Sirius e Remus fossero voltati dall’altra parte e non partecipassero all’evento perché si vergognavano, James era troppo su di giri in quell’occasione per non farsi trasportare dall’entusiasmo dell’amica.
Dopo qualche minuto di mosse incomprensibili e completamente fuori tempo, sfiniti e un po’ sudati, si fermarono e Amanda non gli risparmiò un abbraccio.
“Sarà un’estate fantastica!” esclamò James, eccitato.
Amanda annuì, sorridente, e poi si guardò intorno.
“Dov’è mia sorella?”
 
 
 
LAYLA
 
Un’ora prima.
 
 
Si guardò intorno e fece mente locale. Libri presi. Vestiti presi. Divise prese. Baule pronto e diretto verso Hogsmeade.
Diede un ultimo sguardo al dormitorio ormai spoglio e vuoto. Era rimasta l’ultima a lasciare la stanza; tutti i suoi compagni si erano già avviati a Hogsmeade per prendere l’Espresso che nel giro di un’ora e mezza sarebbe partito e riportato tutti a Londra. Quella volta, nessuno sarebbe stato ad aspettare lei e Amanda al binario nove e tre quarti.
Scacciò il pensiero senza approfondirlo; solo averne tastato la superficie si era rivelato doloroso. Quell’estate aveva deciso che si sarebbe divertita: si era data un massimo di venti libri da leggere che si sarebbe sforzata di non superare, avrebbe girato l’Irlanda con sua sorella, Sirius e James, girando in tenda, avrebbe colto tutte le occasioni che le si sarebbero presentate, sarebbe tornata a Mainistir. Non vedeva l’ora di constatare se e come si fosse trasformata l’isola negli anni in cui era mancata; sperò persino di incontrare davvero Evan, anche se ciò avrebbe causato non pochi disagi tra Amanda e Sirius. In effetti, sua sorella si era finalmente decisa a parlare dell’amico a Sirius, e lui non l’aveva presa benissimo. Jaded, invece, si era dimostrata ancora più disponibile a venire a Mainistir non appena vi sarebbero giunti loro, intorno alla fine di luglio, proprio per non perdersi la scena di un loro eventuale incontro.
Basta pensare, si disse, era ormai ora di andare. Chiuse la porta del dormitorio dietro di sé e uscì dalla sala comune. Scese le scale della Torre e si accorse che ora che tutti erano usciti, la scuola sembrava un luogo desolato, quasi un po’ triste.
Raggiunse il piano terra e si diresse verso l’uscita del castello, ma si bloccò improvvisamente quando, accanto all’entrata dei Sotterranei, a pochi passi da lei, vide Regulus. Era solo, girato proprio nella sua direzione e sembrava agitato, la stava guardando come se avesse appena visto un fantasma.
Si fermò e ricambiò lo sguardo, infastidita.
“Che c’è? Ti spaventa incontrarmi senza i tuoi amici a pararti le spalle?” domandò, seccata.
Si aspettava una risposta a tono che però non avvenne.
“Che ci fai ancora qui? Devi andartene,” disse, più serio che mai. “Io-”
Ma che fortuna!” esclamò la spiacevole voce di Marcus alle spalle di Layla. Non si voltò nemmeno; fece un sospiro rassegnato e guardò Regulus.
Era sola, senza bacchetta e in compagnia di due persone che non si sarebbero risparmiate di attaccarla, seppur disarmata. In quell’istante, maledisse Hogwarts per essere così dannatamente grande e a corto di professori.
Marcus arrivò accanto a lei.
“Regulus è sempre così pessimista, era convinto te ne fossi già andata a Hogsmeade e che non avessi tempo di fare due chiacchiere con noi,” le disse con voce strascicata.
“Credimi, Avery, tutto vorrei avere fuorché il tempo di parlarti,” borbottò Layla. Cercò di mantenere la calma; se si fosse mostrata spaventata non avrebbe fatto altro che concedergli potere.
“Beh, sarai costretta a trovarlo,” rispose con un sorriso inquietante. “Seguici.”
“Non penso proprio,” disse Layla.
Avery sbuffò.
“Regulus, pensaci tu,” fece, annoiato. Si voltò verso l’ingresso dei Sotterranei e cominciò a scendere.
Layla guardò Regulus avvicinarglisi con la bacchetta puntata. Il suo volto era una maschera inespressiva, ne ebbe paura per la prima volta in vita sua.
“Cosa vorresti farmi?” domandò Layla, facendo un passo indietro. Regulus doveva aver imparato a padroneggiare gli incantesimi non verbali, perché delle funi apparse dal nulla le bloccarono i polsi.
Io pensavo di evitare questo momento,” le sibilò all’orecchio, “ma tu hai creduto bene che girare da sola fosse una buona idea dopo la scenata in giardino di due settimane fa!”
Troppo vicino, pensò Layla, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro. E dovette pensarlo anche Regulus, perché si scostò quasi immediatamente. Le indicò il passaggio ai Sotterranei e finalmente la guardò negli occhi. Layla, col cuore che sembrava esploderle nel petto, non resse quello sguardo, colpevole e risentito allo stesso tempo.
“Verranno a cercarmi, mi stanno aspettando,” disse, sperando di risultare convincente.
“Se fai quello che ti dico andrà tutto bene,” le mormorò, mentre scendevano verso i Sotterranei. I passi di Avery erano a malapena udibili, a qualche metro da loro.
“Marcus vuole che sia io a farlo, ma… per sicurezza, prendi questo,” bisbigliò, passandole una fiala di vetro nelle mani legate.
“Che cos’è?” chiese, sospettosa.
“Non fare domande e bevi, forza,” la esortò, “prima che se ne accorga!”
Layla gli lanciò un’occhiata obliqua, del tutto sopraffatta da ciò che stava accadendo. Per quale motivo si stava comportando così? Perché mostrarsi ostile fino a quel momento, romperle addirittura la bacchetta, odiarla apertamente – e non solo, ricordava molto bene il giorno in cui aveva pronunciato quelle parole, ti odio, stammi lontano – per poi chiederle di bere qualcosa che non aveva nemmeno idea di cosa fosse? Perché avrebbe dovuto fidarsi? Avrebbe voluto dire ammettere che tutto quello che era stato finora era una messinscena, che l’aveva allontanata solo per potersi avvicinare a loro. E perché farlo? Per immolarsi in nome di che cosa? Che diavolo pensi, Regulus Black?
Layla non ebbe il coraggio di rispondersi, pensò che fosse meglio fidarsi e bere quell’intruglio amaro come fiele piuttosto che tentare di comprendere tutto ciò che muoveva le azioni di Regulus.
Lui, con un gesto svelto, le prese la fiala vuota tra le dita, sfiorandola. Layla fu scossa da brividi in tutto il corpo, e seppe che non era tutta colpa della pozione.
“Fingi di soffrire, o se ne accorgerà,” concluse in un sussurro, prima di fermarsi e farle cenno di entrare in un’aula.
Dovevano essere nei pressi delle viscere più profonde dei Sotterranei. La stanza era nella penombra di due lampade ad olio, senza finestre. I brividi aumentarono anche per colpa dell’umidità evidente di quel luogo. Qualche banco era malamente ammucchiato in un angolo, parte del muro di pietra era ricoperto di muffa nera, il cui odore acre aveva infestato l'intero spazio.
Marcus si era messo comodo, seduto su una sedia contro l’unica parete pulita, in attesa probabilmente del loro arrivo.
“Non potevi davvero pensare che l’avresti passata liscia,” la schernì.
“No, infatti ti stai dimostrando il viscido verme che ero convinta tu fossi,” rispose Layla, torva. “Pensi che non dirò a nessuno quello che mi farete?”
“Non saprei, io mi limiterò a guardare, sarà Regulus a fare il lavoro sporco,” affermò, facendo spallucce. “Ha voluto aspettare la fine degli esami appositamente per festeggiare come si deve,” aggiunse poi, sorridendo nella sua direzione come se condividessero qualcosa di oscuro.
Regulus non rispose, Layla capì che era nervoso da come stringeva la bacchetta, possibile che Marcus non se ne rendesse conto? Ma si rispose in un secondo, o era troppo idiota lui, o lei conosceva troppo bene Regulus.
“Ti è caduta la lingua, Black?” lo provocò Layla.
“Non puoi capire, Froude, per lui è come un déjà-vu,” intervenne Avery. “Aveva le sue sembianze, vero?”
“Ora basta,” decretò Regulus, secco, “stiamo perdendo tempo, si accorgeranno che è sparita se la tratteniamo troppo.”
Regulus le riservò uno sguardo che Layla conosceva molto bene. Si sentì spogliata di ogni maschera, lo poteva udire urlarle attraverso gli occhi scuri quanto tutto quello fosse una menzogna. Era la prova che cercava, lo sguardo innamorato con cui l’aveva sempre guardata. Come faceva Marcus a non accorgersene? Layla pensò di essere addirittura impazzita, di vedere ciò che lei voleva vedere in realtà. In tutto ciò, dove stava davvero la verità?
Socchiuse gli occhi, preparandosi al dolore, quando Regulus alzò la bacchetta e pronunciò le parole imperdonabili.
Crucio!”
L’incantesimo la mise in ginocchio, ma nulla di ciò che si aspettava accadde. La pozione doveva aver funzionato, perché non avvertì il minimo dolore, tanto che dovette fingere di contorcersi e urlare come Regulus le aveva suggerito per poter risultare credibile agli occhi di Avery.
Layla sbirciò infatti la sua reazione, notando come lo esaltasse la sofferenza altrui. Dovette aver finto piuttosto bene, perché Regulus si bloccò, abbassando la bacchetta.
“Tutto qui?” fece Avery, deluso che lo spettacolo stesse finendo troppo in fretta. “Ti serve una mano?” propose, alzandosi e tirando fuori la bacchetta. “Sec-”
“No!” sbottò Regulus, “non possiamo sfregiarla, se ne accorgerebbero. Lascia fare a me!”
Layla finse ancora e ancora, strillando e sperando di risultare convincente, e questa volta Regulus non si fermò.
Improvvisamente, non ebbe più bisogno di camuffare il dolore. Avvertì qualcosa di spaventosamente reale, lancinante e intenso. Era come se migliaia di aghi le stessero penetrando in ogni millimetro di epidermide. Tuttavia, si rese conto che era un dolore che rimaneva sulla superficie, una specie di eco soltanto, rispetto a quello che avrebbe provato se non avesse preso la pozione. Aprì gli occhi, urlò più forte e guardò Regulus, inorridita, ma si rese conto che lui aveva la bacchetta abbassata. In piedi, ora, c’era Marcus, e Layla capì che era stato lui ad averla colpita. Le lacrime le rigarono il volto senza che lei potesse fermarle. L’unico motivo per cui non aveva provato il minimo dolore fino a quel momento non era per la pozione, ma perché Regulus non aveva alcuna intenzione di farle male.
‘Marcus vuole che sia io a farlo, ma per sicurezza… prendi questo.’ Aveva previsto tutto. Aveva capito che Avery non avrebbe resistito e non sarebbe riuscito a starsene fermo senza intervenire. Amava troppo le torture per tirarsi indietro con lei, e Regulus era corso ai ripari per cercare di attutire l’inevitabile. Ecco, non riusciva a smettere di pensare nemmeno in quel momento, mentre soffriva, impegnata a strillare nel dolore crescente.
“Basta, Marcus,” disse Regulus ad un certo punto. A Layla parve essere passata un’eternità.
Marcus, fermati,” lo sentì ripetere, con una calma apparente.
Avery si fermò. Layla si accasciò sul freddo pavimento sporco e aprì gli occhi. Ogni respiro era doloroso quanto una pugnalata. Il corpo, scosso dai brividi, sembrava non appartenerle. Si tirò su a sedere, annaspando, e si guardò mani, braccia, gambe e piedi: era convinta di essere piena di tagli, e invece nulla pareva aver scalfito la sua pelle. Le ferite rimanevano tutte nella mente.
Avery era voltato verso Regulus, ma aveva uno sguardo vuoto e un’espressione imbambolata.
“Staccati un dente con le tue stesse mani,” ordinò Regulus, serio. “Anzi, due. Pulisciti dal sangue e va’ in Infermeria a farteli curare, di’ che è successo perché hai avuto un incidente in dormitorio. Poi, torna da me. Non sfiorerai più Layla Froude nemmeno con il pensiero.”
Marcus si portò le mani alla bocca e iniziò a tirare. Layla rimase impietrita nell’osservare che, nonostante l’evidente dolore che stesse provando e che lo faceva urlare, non smetteva di eseguire gli ordini che Regulus gli aveva impartito, come se non potesse fare altrimenti.
Imperius, realizzò, raggelata.
Il sangue iniziò a colargli lungo il mento, il primo dente cadde sul pavimento con un suono basso e secco. Grazie allo spazio che si era venuto a creare, togliersi il secondo fu più semplice ma non meno penoso, a giudicare dalle urla che fece.
Senza dire una parola, gettò a terra il secondo dente e si ripulì la bocca e i vestiti dal sangue, poi si diresse alla porta e uscì dalla stanza.
Layla tornò a osservare Regulus. Lui sospirò, si mise a sedere si portò le mani al volto. Quando il suo viso tornò visibile, Layla si accorse delle lacrime.
Non seppe cosa le saltò in mente, perché si alzò faticosamente e, trascinandosi una gamba che le doleva ancora, zoppicò nella sua direzione fino ad essergli a un metro di distanza.
“Reg…”
Lui si asciugò il viso e distolse lo sguardo.
“Mi dispiace. Per tutto. Mi dispiace davvero, Lay.”
Layla sospirò, col cuore a pezzi, ma non si avvicinò ulteriormente, rimanendo in piedi. Tentò di darsi un tono, ma la voce le si incrinò lo stesso.
“L'unico motivo per cui sei riuscito a darla a bere a quegli idioti è perché sono degli idioti… lo sai, vero?”
Regulus alzò lo sguardo verso di lei e accennò una risata amara tra i denti.
“Spero restino idioti per parecchio altro tempo.”
“Che cosa stai cercando di fare, di preciso, Regulus? Non sei uno di loro, me l'hai appena dimostrato!” sbottò. “Scommetto che non sei nemmeno coinvolto nella morte dei miei genitori! Perché hai lasciato che lo credessi?”
“Perché era più facile che convincerti del contrario,” ammise, facendo spallucce. “Quante speranze avevi di sopravvivere se avessimo continuato a stare insieme? Io non sono come loro solo con te,” mormorò.
Perché aveva pensato che fosse stato più facile per lei credere che fosse coinvolto? Per ciò che sua madre le aveva detto? Lui non aveva idea di quanto ci avesse messo per credere che l’avesse davvero tradita. Soprattutto, non sapeva che, nonostante tutto, provava ancora un sentimento per lui che si portava dentro come un segreto vergognoso.
Si guardarono ancora una volta. Poi, come un’epifania, si rese conto di come ogni azione di Regulus da qualche mese a quella parte fosse volta alla sua protezione: il suo allontanamento, averle fatto credere di essere parte del complotto a danno dei suoi genitori, il modo in cui l’aveva distanziata senza avere il coraggio di guadarla negli occhi… Le risultò chiaro persino il motivo per cui lui le aveva rotto la bacchetta durante lo scontro, anziché risponderle con un incantesimo: un altro modo contorto di proteggerla, secondo cui nessuno studente avrebbe potuto colpirla se fosse stata disarmata e passarla liscia con i professori. Si sentì stupida e arrabbiata.
Più facile,” ripeté, incredula. “Continua a raccontartela, se ti fa stare meglio,” fece, contrariata.
Regulus rimase in silenzio, Layla considerò conclusa la conversazione. Oscillò verso la porta.
“Ti… ti ha fatto male?” chiese lui, alzandosi. Provò a fare qualche passo nella sua direzione ma Layla indietreggiò. Non la terrorizzava ciò che era stato capace di fare, bensì quello che avrebbe provato lei se lui l’avesse toccata. Ma lui sicuramente non lo capì.
“Non ti scomodare,” disse. “Sto… sto bene, devo andare...”
Abbassò lo sguardo sulla maniglia. Regulus stava facendo ciò che era meglio per lei, Layla lasciò che accadesse.
“Ciao, Regulus.”
“Ciao, Layla.”
Chiudere la porta e lasciarselo alle spalle fu come perdere un pezzo di sé. Camminò sulla gamba dolorante perché sentire quel tipo di dolore la distraeva dalla sofferenza dentro di sé. Si stampò un sorriso in faccia quando vide sua sorella in lontananza, nei giardini, in direzione di Hogsmeade. Gli occhi bruciavano.
“Dov’eri finita?” le chiese subito Amanda. “Perché zoppichi?”
“Ho salutato la biblioteca, un momento molto romantico e commovente, non ci vedremo per troppo tempo,” mentì, “e scendendo le scale ho messo male un piede. Avrò modo di riposare la caviglia sul treno. Andiamo?”
Amanda le sorrise.
“Sembri triste,” realizzò. “Andremo alla ricerca di qualche biblioteca in Irlanda e le visiteremo, ti va?”
Layla annuì e le sorrise di rimando, sicura di riuscire a trattenere a malapena le lacrime.
Si incamminarono verso Hogsmeade l’una accanto all’altra, e Layla scoprì che James aveva appena baciato Lily Evans, notizia per cui ebbe modo di mostrarsi sinceramente felice.
Sentì, tuttavia, lo sguardo indagatore di Remus addosso per parecchio tempo. Solo quando furono arrivati alla stazione e lui le fu abbastanza vicino da non farsi sentire dagli altri, le rivelò i suoi dubbi.
“I libri, eh?”
 
 
AMANDA
 
 
Per l’Irlanda, quella fu l’estate più calda e soleggiata che Amanda ricordasse. Fu una vera fortuna, considerando quanto girarono per tutto il mese di luglio. Con una sola cartina geografica come aiuto, Amanda fu entusiasta di portarli alla scoperta di luoghi familiari per lei, o addirittura perdersi in distese verdi smeraldo che neppure lei aveva mai visto. Partirono da Dublino, diretti verso il sud dell’isola, e visitarono ogni contea che costeggiava il mare da est a ovest: da Wicklow a Waterford, e poi Cork e Kerry, paradisi in cui le rocce incontravano acque dolci e salate e meravigliose spiagge facevano da contorno. Sirius si divertiva, per la maggior parte del tempo, a trasformarsi e spaventare le centinaia di pecore che incontravano sul loro cammino. Raggiunsero persino le isole più remote, che spesso e volentieri ospitavano villaggi di soli maghi, lontani da occhi indiscreti. Prima di andare verso nord, passando dall’entroterra, Amanda fece una sosta nella contea di Clare, affinché i ragazzi potessero ammirare lo spettacolo mozzafiato delle Scogliere di Moher, dalle quali, in quella limpida giornata di sole, erano visibili persino le Isole Aran.
Amanda si incantò a guardarle a ridosso del suggestivo strapiombo, colta da un’improvvisa nostalgia. Dovette, tuttavia, riprendersi quasi subito, per dissuadere James e Sirius dal tentare un tuffo da quella altezza.
“Siete impazziti? Lo dice anche il cartello,” disse Layla, indicandolo, “Avete il cento per cento di possibilità di morire tuffandovi!”
“Lo facciamo proprio per il cartello!” esclamò James.
“Esatto, ci sta sfidando,” gli fece eco Sirius.
“Se vi tuffate voi, lo faccio anche io!” intervenne Amanda, entusiasta. “Chi parte? Lo facciamo tutti assieme?”
“No, tu no! Ti ucciderai davvero,” protestò Sirius.
“Non ti ci mettere anche tu, Amanda!” si lamentò Layla.
“Dai, sarà fantastico,” insistette Amanda.
“Improvvisamente non mi sembra più una buona idea,” borbottò James, scambiandosi un’occhiata combattuta con l’amico.
“Non se ne parla, non lo faremo,” concluse Sirius, gettando un’ultima occhiata contrariata al cartello. “Vado a cercare delle pecore…”
Amanda sorrise soddisfatta e guardò sua sorella.
“Ecco come si fa!” esclamò, tornando a godersi lo spettacolo di quella vista.
 
 
*
 
 
Visitare il Donegal fu la parte più semplice ma triste del viaggio. Conosceva infatti a menadito ogni luogo in quella zona e non fu difficile condurvici gli amici, ma quella che era la sua casa era così vicina, a portata di Smaterializzazione, che pensarci le metteva tristezza. Sirius le aveva chiesto un paio di volte se avesse intenzione di andarci, ma Amanda e Layla non se l’erano sentita.
Sua sorella, inoltre, non le era sembrata lei per tutto il viaggio: spesso distratta, gli occhi tristi e più taciturna del solito. Persino visitare ogni biblioteca che avevano incontrato sul loro cammino non era servito a tirarla su di morale.
Amanda non insistette affinché le parlasse; decise di darle il tempo di cui aveva bisogno. Tuttavia, una volta ripartiti alla volta delle Isole Aran, quando furono a Galway, attese che Sirius e James si allontanassero un momento per comprare i biglietti per Inishmor. Si sedettero su una panchina del lungomare e le parlò.
“Devo dirti una cosa,” esordì. “Una confessione senza giudizio, precisamente,” specificò. Era un modo che avevano sin da bambine di confidarsi segreti senza che l’altra si intromettesse esprimendo giudizi o dando consigli. Lo scopo non era solo ascoltare senza dire nulla: una di loro aveva un peso sul cuore che voleva condividere, e l’altra accettava di farlo perché portare un peso in due è meno faticoso che farlo da soli.
Layla la guardò, perplessa. Era parecchio tempo che non lo facevano. Poi annuì.
“Okay, spara,” sorrise.
Amanda abbassò il tono della voce ad un sussurro e volse lo sguardo verso il mare. Il vento le fece lacrimare gli occhi.
“Ho visto Orion Black a Hogwarts e ho scoperto che dalla morte di mamma e papà collabora con l’Ordine,” mormorò.
Layla spalancò gli occhi azzurri, ma come da accordi non disse nulla.
“A quanto pare, poi, solo Silente e pochi altri sanno del suo coinvolgimento, e pare stia facendo qualcosa di cui non ho la più pallida idea e Sirius è l’ultima persona che deve saperlo,” continuò, parlando velocemente. “E mi sento pessima, perché lui si fida ciecamente di me e mi è sempre accanto, mentre io gli sto nascondendo qualcosa che potrebbe avvicinarlo a suo padre, per il bene superiore dell'Ordine. Non posso tradire l’Ordine, Lay, papà ci teneva così tanto…”
Sua sorella tacque ancora, ma le accarezzò i capelli e appoggiò il capo sulla sua spalla, in un gesto affettuoso che non esternava spesso.
Si asciugò il viso col dorso della mano e si schiarì la voce.
“Hai una confessione anche tu, vero, Lay?” chiese allora, cercando il suo sguardo.
Layla rialzò il capo.
“Senza giudizi?” bisbigliò.
“Senza giudizi,” la rassicurò Amanda. Sua sorella fece un lungo sospiro prima di sganciare quella che sembrava una bomba.
“Per tutti questi mesi ho pensato che Regulus fosse un traditore e invece non ha fatto altro che allontanarmi per salvarmi. Quello che hai detto ora su suo padre non fa che confermarlo, e mi sento un’ingrata, oltre che stupida,” disse con la voce rotta dal pianto. Le lacrime iniziarono a scendere copiosamente, cominciò a singhiozzare. Amanda sentì stringerle il cuore, ma non poté dire nulla. “Perché ha scelto quella strada? E io non l’ho capito, ero troppo impegnata a credere come una stupida che fosse un traditore, e lui era solo in mezzo a quelle bestie… e gli ho detto che lo odiavo…”
Iniziò a piangere rumorosamente, si coprì il volto e si portò le ginocchia al petto. Era così fragile, sembrava così piccola, rannicchiata com’era.
Oh, Lay…
E non è vero,” continuò, tirando su col naso. La guardò negli occhi e continuò: “Io non lo odio, Amanda, non ci riesco, non lo odiavo nemmeno quando pensavo che fosse coinvolto nella morte di mamma e papà e mi vergognavo a parlarne…”
Amanda l’abbracciò di slancio e la strinse forte a sé, sua sorella si aggrappò a lei, nascondendo il viso sulla sua spalla. Vide a qualche metro da loro Sirius e James avvicinarsi con i biglietti in mano, e con un gesto della mano, silenziosamente, fece capire loro di non avvicinarsi perché non era un buon momento. Sirius la guardò, confuso, ma comprese e rimasero a distanza finchè sua sorella non si fu calmata. Amanda tacque; accarezzò per un tempo indefinito i capelli di sua sorella e le intonò, sottovoce, una canzone che la madre cantava loro da piccole, ogni qualvolta tornavano a casa con un ginocchio sbucciato. 
Sul battello diretto a Inishmòr, Amanda osservò dalla cabina sua sorella stare sul ponte, le braccia appoggiate alla ringhiera, i capelli lunghi mossi da vento e salsedine, gli occhi osservavano l’orizzonte.
“Sta bene?” le chiese James, seduto accanto a lei. Amanda scrollò le spalle.
“No, e andare a Mainistir non so se l’aiuterà,” rispose, “però ci siete voi, e non è poco!”
“C’è anche l’alcool,” intervenne Sirius, scivolando a sedere accanto a lei. Si passò una mano tra i capelli smossi per essere stato fuori dalla cabina.
“Veramente no, infatti dovremmo procurarcelo!” esclamò Amanda, preoccupata.
“C’è quel supermercato a Kilronan, appena arriveremo,” disse sua sorella, facendola sobbalzare. Senza che se ne accorgesse era tornata dentro la cabina. Le rivolse un sorriso che contraccambiò. In quel momento sembrava tranquilla.
Quando arrivarono, Amanda insistette affinché andassero tutti insieme prima a Mainistir, troppo impaziente di ritrovare la casa. Il porto era più trafficato del solito da turisti di giornata, per cui decisero di attendere il pomeriggio inoltrato prima di azzardarsi ad entrare in un supermercato brulicante di babbani.
Arrivarono davanti alla porta della casa dalle mura panna e il tetto blu. Amanda guardò Layla, ed insieme salirono i gradini dello stretto porticato. Con la bacchetta, aprì la porta e accese le luci.
L’entrata appariva impolverata, così come il salotto, nel momento in cui vi entrarono, ma non lo era tanto quanto avevano immaginato. Non persero tempo e nel giro di un paio d’ore, bacchette alla mano, Sirius, James e Amanda ripulirono ogni stanza, a parte la soffitta. Dopo aver sistemato i bagagli nelle relative stanze, si resero conto che avevano ancora gran parte del pomeriggio davanti.
“Il mare è calmo, facciamo un tuffo?” propose Sirius.
Amanda balzò in piedi dalla sedia, saltellando.
“Sì! Vado a cambiarmi subito,” disse, sparendo dal salotto prima che qualcun altro potesse esprimere la propria opinione al riguardo. Salì le scale in fretta e, entrata in quella che era sempre stata la sua camera quando sostava da suo zio per le vacanze, prese il primo costume che le capitò tra i bagagli ancora non completamente disfatti. Mentre si toglieva la camicetta, Sirius entrò. Amanda sussultò.
“Bussa, la prossima volta! Potevo essere nuda,” borbottò, svestendosi anche dei pantaloncini.
“Ci speravo, a dire il vero,” commentò lui. Amanda, impegnata a togliersi gli slip, non si accorse che Sirius le si era avvicinato. Si sentì tirare su di peso e, nonostante le proteste, non la lasciò andare. La sdraiò sul letto e iniziò a tracciare delicati baci sulla clavicola. Amanda sbuffò.
“Ma come? Hai cambiato idea?” domandò, delusa. Piegò comunque il collo per continuare a ricevere quelle coccole piacevoli.
“Cambiano un sacco di cose, quando sei nuda,” ammise lui.
“Oh, buono a sapersi,” mormorò con un sorriso furbo. Si arrese abbastanza in fretta, una volta che Sirius ebbe toccato i punti giusti. Cercò le sue labbra e lo coinvolse in un lungo bacio affamato, ma la porta, improvvisamente, si aprì di nuovo. Amanda strillò e cercò di coprirsi tirando le lenzuola, ma, in un movimento azzardato che neppure Sirius riuscì a prevedere, cadde dal letto.
“Oh, scusate. Avrei dovuto bussare!” esclamò James, che aveva provveduto a coprirsi gli occhi con una mano.
“Merlino, James! Cosa immaginavi che stessimo facendo in camera, insieme, con la porta chiusa?”
“È curioso che tu me lo chieda,” rispose lui, con gli occhi ancora coperti da una mano, “perché ieri vi ho beccato a giocare col Monopoli Magico! Il contesto era identico e non mi avevate chiamato!”
“Temevo lo steste rifacendo...” aggiunse poi, stringendo le labbra.
“Puoi riaprire gli occhi,” lo rassicurò Amanda, che si era fasciata il corpo col lenzuolo. Si rimise slip, pantaloncino e camicetta, stando attenta a non scoprirsi prima di non essere completamente vestita, mentre Sirius e James battibeccavano. La camera si affollò ulteriormente quando anche sua sorella fece capolino dalla porta.
“Che succede qui?” domandò, incuriosita.
“Stavamo per fare sesso, ma James ci ha interrotto,” borbottò Amanda, appoggiando il lenzuolo sul letto.
“Oh. Pensavo steste giocando a Monopoli!” ripeté sua sorella, imbarazzata.
“Ecco, visto?” fece James, guardando Layla con gratitudine.
Amanda sbuffò. Con sua sorella e James era impossibile avere un minimo di privacy.
“Okay, basta! Tutti fuori,” disse Amanda, indispettita. “Sì, anche tu!” aggiunse a Sirius, che aveva messo il broncio. “Vi mostrerò una cosa nella rimessa che vi piacerà sicuramente!”
Layla spalancò gli occhi.
“Giusto! La moto!” esclamò, entusiasta. Questa notizia risollevò anche gli animi di Sirius e James, incuriositi di vedere una moto babbana dal vivo.
Fecero il giro del perimetro della casa e per entrare nella vecchia rimessa dovettero aprire le porte di metallo arrugginite dal tempo con la magia. Sotto un telo vecchio e consunto era stipata una grande motocicletta nera. L’entusiasmo dei ragazzi fu incontenibile.
“È bellissima!” esclamò James. “Sirius, somiglia a quella che abbiamo trovato su quel giornale babbano, ricordi?”
“Sì,” annuì Sirius, impegnato ad ispezionarla in ogni sua parte. “Ho anche attaccato il poster in camera per fare un dispetto a mia madre!”
“Nostro zio era fortissimo,” sorrise Layla, nostalgica. “La comprò l’estate prima di sparire, tentò di convincerci a salire sopra un sacco di volte, ma io avevo paura e… beh, a mia sorella non piace molto…” aggiunse, riservandole un’occhiata che la diceva lunga. Amanda non approfondì il discorso perché c’entrava Evan.
“Fa un rombo assordante,” buttò lì, schiarendosi la voce. “Se volete provare ad accenderla e a sistemarla fate pure! È rimasta spenta per un sacco di tempo, forse ci dovrete lavorare un po’ attorno.”
“Davvero?” le chiese Sirius, emozionato. Sorrideva come un bambino a cui avevano dato libero accesso ad un negozio di caramelle. “E possiamo usarla?”
Amanda rise.
“Puoi anche tenerla, Sir, è un peccato lasciarla qui a prendere della polvere. È tutta tua!”
James e Sirius la travolsero e litigarono su chi dovesse abbracciarla per primo.
 
*
 
Con i ragazzi indaffarati nella rimessa, Amanda e Layla ebbero modo di avviarsi verso il supermercato a fare un po’ di scorte.
“Dovremo passare alla Gringott, a breve, dobbiamo cambiare i galeoni in denaro babbano, non credo che ce ne resti molto,” le fece notare Layla, mentre si aggiravano tra le corsie.
Amanda annuì, ma non rispose, impegnata a scegliere una bottiglia di Whiskey decente.
“Vi posso suggerire una bottiglia del miglior poteen* di tutta la contea di Galway?”
Amanda si bloccò. Aveva riconosciuto quella voce, dopo anni che non la sentiva, pensava di essersene persino dimenticata. Si voltò lentamente, due occhi castani a un metro da lei la guardavano, divertiti. Amanda riconobbe il sorriso sottile e le fossette sulle guance, parzialmente nascoste da una corta barba rossiccia.
“Evan!” esclamò Layla, sorpresa. Corse ad abbracciarlo con trasporto, tanto che lui dovette fare un passo indietro per mantenere l’equilibrio.
“Ciao, Lay!” lo sentì dire, mentre ricambiava l’abbraccio e le scompigliava i capelli in un gesto fraterno. “Caspita, quanto sei cresciuta! Hai superato quell’impiastro di tua sorella…”
Amanda sentì il viso andarle in fiamme, era rossa almeno quanto l’etichetta della bottiglia che teneva. Tentò di riappoggiarla sul ripiano ma le mani le tremavano e sarebbe scivolata se Evan non l’avesse prontamente afferrata. La sistemò e poi tornò a guardarla.
“Come non detto. Ciao, Amanda,” la salutò, sorridendo.
“Ciao, Evan,” biascicò lei, ricambiando l’abbraccio con lui molto velocemente. Era alto almeno quanto Sirius, forse di più, ma un po’ meno muscoloso. Era strano, non aveva mai avuto problemi ad abbracciarlo, ma questa volta lo trovò diverso, quasi scomodo. Si scostò, a disagio, e lui le accarezzò i capelli come era solito fare.
“È bello vederti,” le disse. “Siete qui con Joe e Mary Anne?”
Amanda si scambiò uno sguardo con Layla. Ovviamente, lui non poteva sapere dei suoi genitori.
“Ecco, Evan…” mormorò. “I nostri genitori sono… sono venuti a mancare il gennaio scorso… per…”
Non seppe bene che parole usare per definire la dinamica dell’accaduto senza terrorizzarlo. Lui era l’unico babbano al corrente del fatto che erano maghi, ma era comunque complesso spiegarglielo. Layla venne in suo aiuto.
“Un incidente,” concluse sua sorella, asciutta. “Qualcosa che ha a che fare con tu sai cosa.”
Il sorriso di Evan si spense all’istante.
“Oh. Cavolo, mi dispiace,” balbettò, imbarazzato. “Accidenti… n-non lo sapevo - state bene? Siete qui da sole? Se avete bisogno di qualsiasi cosa, non esitate a chiedere…”
Amanda fece spallucce.
“Grazie davvero, Evan.”
“Siamo venute a passare l’estate qui con degli amici,” aggiunse Layla, occhieggiandola.
Amanda, a disagio, indicò lo scaffale dell’alcool.
“Stavamo giusto decidendo quale tra questi fosse il migliore da fare assaggiare loro,” disse.
Evan rise.
“Il migliore lo fa mio padre e la tua prima sbornia te lo ha insegnato… te lo procurerò io!” esclamò, sorridente. “Posso invitarvi a cena? Portate anche i vostri amici, ci divertiremo!” propose ancora, entusiasta.
“Io… non so, siamo appena arrivati,” rispose Amanda, grattandosi il capo. Se avesse cercato la definizione del disagio su un vocabolario, era quasi sicura di trovarci scritto accanto il proprio nome.
“Ma perché non vieni tu a cena da noi?” s’intromise Layla.
Amanda la guardò. Ecco, era ufficialmente impazzita. Perché stava facendo questo? Si sentì male solo a pensare alle discussioni che avrebbe dovuto affrontare con Sirius. Quando gli aveva raccontato di Evan, non l’aveva presa un granché bene e l’aveva riempita di domande. Il fatto che poi lei fosse stata un po’ restia a parlarne non aveva fatto altro che accrescere la sua curiosità.
Il problema, in tutto ciò, fu che Evan accettò e fu impossibile convincerlo che loro non avevano bisogno di aiuto a portare la spesa fino al villaggio. Layla invece parve divertita dalla situazione, e fu felice di invitarlo addirittura subito a casa per presentargli gli amici che erano con loro. Quella canaglia di sua sorella era stata molto attenta a non nominarli, perché sapeva benissimo che Evan li conosceva: erano stati i primi di cui Amanda gli aveva parlato quando aveva iniziato ad andare ad Hogwarts. Sirius, in particolare, dopo lo sgarbo del primo anno, era stato spesso il protagonista della maggior parte delle lettere dentro cui Amanda riversava il suo disprezzo.
Evan riempì il silenzio della passeggiata fino a casa con un sacco di racconti di viaggi fatti fino a quel momento. Ad Amanda era sempre piaciuto ascoltarlo, le sue parole la incantavano e il suo entusiasmo era contagioso, tanto che dimenticò in parte l’ansia di quell’incontro.
Quando arrivarono, Amanda notò che James e Sirius erano ancora impegnati a tentare di far partire la motocicletta senza magia. Dovevano essersi affaccendati parecchio per quello scopo, erano macchiati fino a metà braccia di olio e Sirius si era tolto la maglietta. Amanda si soffermò a guardarlo: era oggettivamente attraente in quel momento. Sua sorella la scosse per la spalla, facendola tornare alla realtà e le indicò Evan, dietro di loro, che attendeva incuriosito di essere presentato.
“Ehm, ragazzi,” li chiamò Amanda, attirando la loro attenzione. Sirius si voltò, notando entrambe, e sorrise.
“Ce l’abbiamo quasi fatta! Sarai la prima a fare un giro appena partirà,” disse, avvicinandosi per darle un bacio. Tuttavia, rallentò non appena si accorse che non erano sole.
“Dopo l’ultima volta, dubito che ci salirà ancora,” intervenne Evan. Si fece avanti e gli porse la mano. “Piacere, Evan Mitchell.”
Anche James si avvicinò, pulendosi le mani con uno straccio raccattato chissà dove.
Il sorriso di Sirius si spense; guardò Evan dall’alto al basso con distacco e parve più simile che mai a suo padre.
“Oh, finalmente ti conosciamo!” esclamò James, sorridendo sornione. Gli strinse la mano passando davanti a Sirius.
“Sono James, piacere!”
“Sirius,” rispose, dandogli la mano. “Sono il ragazzo di Amanda,” precisò immediatamente.
Evan alzò le sopracciglia, sorpreso, e si rivolse a lei.
“Cosa? Con lui? Seriamente? E da quando?”
“Beh, sì… da-dal Natale scorso, più o meno,” buttò lì Amanda, imbarazzata.
“C’è qualche problema?” chiese Sirius, contrariato.
Evan non lo guardò, ma continuò a rivolgersi a lei.
“Sei sotto l’influsso di qualche incantesimo o cose del genere?” le domandò. Layla soffocò una risata.
“Che? No!” rispose Amanda, sconvolta.
“Ho sempre sospettato che il disprezzo che provavi nascondesse qualcos’altro, ma sono comunque un po’ spiazzato,” borbottò Evan. Si voltò verso Sirius. “Mi ha parlato di te, ti descriveva con insulti molto creativi!”
“Se può farti stare meglio, non ha smesso di farlo,” rispose, divertito.
“No, continui a non piacermi,” ammise Evan.
“Questo sì che mi toglierà il sonno,” commentò Sirius, sarcastico.
Evan tacque, ma rivolse a Sirius uno sguardo di sufficienza, e Amanda avvertì ogni grammo di quella tensione, incapace di intervenire.
“Forse è meglio che vada,” disse qualche secondo dopo. “Vedo che siete impegnati a far ripartire quella motocicletta, ne avrete per un po’, se non sapete quali cavi riattaccare.”
“Cavi?” fece Amanda, confusa. “L'ultima volta che l'abbiamo usata-”
“Intendi quella volta che insistesti per guidarla di nascosto da Patrick e ci rimettesti quasi l'osso del collo? Ovviamente tuo zio fece in modo che non sapessi rimetterla in moto e staccò dei fili!” esclamò.
“Cosa?” fece Sirius, sconvolto.
“Già,” rispose Evan. “Ma non andammo molto lontano, alla fine della strada sbandò e si ruppe caviglia, gamba e gomito – per la terza volta, quell’estate!”
Andammo?” fece Sirius, riservandole un’occhiata indagatrice. Amanda avvampò.
“E-Evan era seduto dietro di me… ma non si fece nemmeno un graffio!” esclamò, come se quell’informazione potesse far sembrare l’evento meno grave.
“Seriamente, Amanda, più ti conosco e più mi domando come fai ad essere ancora viva,” affermò James, meravigliato.
“Magia?” domandò Evan.
Tu hai lasciato che guidasse una motocicletta a – quanti anni avevi? – dodici?” domandò Sirius, sconvolto.
“Undici e mezzo,” corresse Layla. Amanda le lanciò uno sguardo di disapprovazione. Ma da che parte stava?
“Un pessimo errore di giudizio, lo ammetto,” borbottò Evan. “Ma fece quell’espressione convincente… gli occhi le diventano più grandi, avete presente?”
“Sì,” rispose Sirius, senza smettere di guardarla con biasimo. “Ho presente.”
Amanda si schiarì la voce, evitando il suo sguardo.
“Ecco…. Era una bella giornata… e volevo provare a guidarla…” borbottò a mo’ di giustificazione.
“No, Amanda, era una pessima giornata. E pioveva,” la corresse Evan, divertito.
“Beh, è stata colpa delle pecore… e poi tutti quei sassolini, le curve…” continuò, in difficoltà.
Evan scoppiò a ridere e scosse il capo.
“Pecore? Sono abbastanza sicuro che non ci fossero, la strada era asfaltata e completamente dritta… l’unico motivo per cui abbiamo sbandato era perché non sapevi guidarla!”
“Ma l’asfalto era bagnato, sicuramente ha la sua colpa!” tentò ancora.
“Amanda... sei più confusa di quella volta che hai indossato la gonna della divisa al posto del mantello,” intervenne James, provocando risate generali. Persino Sirius abbandonò l’espressione severa con cui continuava a guardarla.
“Da quanto speravi di dirmelo?” borbottò lei, con broncio.
“Oh, non ne hai idea!”
Amanda cercò sostegno morale in Sirius, che sorrideva divertito e probabilmente nemmeno considerava più Evan come una minaccia. Le si avvicinò e le sfiorò la schiena in un gesto molto tenero che la fece arrossire.
“Rimettiti la maglietta, così mi confondi ancora di più,” gli mormorò Amanda, imbarazzata. Le labbra del compagno si piegarono in un sorriso malizioso.
“Sono solo staccati o li ha tolti del tutto? I cavi, intendo…” s’informò Sirius, rivolto a Evan, senza smettere di accarezzarla.
Evan aveva assistito alla scena e sul viso aveva dipinta un’espressione indecifrabile.
“Li diede a me perché non usò più la moto, dopo lo spavento che gli fece prendere,” rispose. “Ve li porterò più tardi quando torno.”
“Una volta che sarà ripartita assicuratevi che lei non ci salga senza la supervisione di qualcuno con un po’ di senno,” si raccomandò con Sirius.
“Sarà un problema. Qui, l’unica ad averlo pare sia Layla,” ammise James.
Un rombo improvviso fece sussultare tutti, Amanda compresa. Il suono arrivava dalla motocicletta, che era ripartita. Si guardarono intorno in cerca del colpevole: Layla, con la bacchetta di Sirius, l’aveva appena riparata con un incantesimo.
“Puoi dirlo forte!” esclamò, esasperata. “Siete maghi, dannazione! Perché non usate la magia per aggiustarla, anziché sporcarvi e perdere interi pomeriggi?”
James la guardò, esterrefatto.
“Ma ci hai tolto tutto il divertimento,” protestò, pestando i piedi.
Amanda sospirò e pensò con orrore al momento in cui gli equilibri si sarebbero nuovamente sconvolti con l’arrivo sull’isola, a breve, di Jaded Potter.
Si sentì prendere per mano.
“Vieni con me? Guido io, però,” disse Sirius, sorridendo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** "Con te" pt. 2 ***


Capitolo XXXI: “Con te” pt. 2
 
“He was always there to help her,
She always belonged to someone else”
 
[Lui era sempre stato lì ad aiutarla,
Lei era sempre appartenuta a qualcun altro]
 
She Will Be Loved – Maroon 5

EVAN
 
La pioggia che ticchettava insistente contro il vetro lo svegliò piano piano. Il sottofondo era talmente rilassante che lo aiutò a destarsi del tutto senza particolari traumi.
Si passò una mano sul volto, stropicciandosi gli occhi, senza la minima idea di quanto avesse dormito. Si scoprì sudato fradicio, la febbre doveva essergli scesa. Un terribile cerchio alla testa gli impedì di aprire entrambi gli occhi contemporaneamente; tuttavia, decise di alzarsi lo stesso. Occhieggiò la sveglia sul comodino, l’orologio digitale segnava le cinque di pomeriggio. Con il gomito urtò qualcosa, e solo allora si accorse del bicchiere. Qualche goccia ambrata di whisky si era seccata sul fondo; accanto, la bottiglia vuota era sdraiata sul piano d’appoggio.
Evan si alzò e ci mise qualche secondo a ritrovare l’equilibrio. Bere un po’ di whisky lo aiutava ad abbassare la febbre, ma inevitabilmente, in quelle condizioni, reggeva meno l’alcol. La soluzione migliore, in quei casi, era farsi una doccia ristoratrice ed una colazione abbondante.
Arrancò verso il bagno e aprì il getto della doccia, vi si mise sotto senza nemmeno attendere che fosse di una temperatura accettabile, con i pensieri rivolti all’ultima settimana che aveva vissuto, al ritorno di Amanda, a come tutto ciò lo aveva riportato indietro di anni, a quanto si sentiva destabilizzato. E il ricordo di Patrick si rifaceva vivo così prepotente da togliergli il fiato, ripensando alle estati felici.
Patrick Doherty era lo zio che non aveva mai avuto; viveva su quell’isola da che ne aveva ricordo, persino da prima che lui vi si trasferisse con i suoi genitori, quando aveva solo quattro anni. Era stata la prima persona del luogo che i suoi genitori avevano conosciuto e con cui erano entrati in confidenza. Cordiale, divertente e sempre con il sorriso sulle labbra, Patrick lo aveva praticamente cresciuto, insegnandogli tutto ciò che suo padre, semplice dottore alla ricerca di tranquillità – e appassionato di whisky illegale – non aveva la minima idea di come fare. Andava con Patrick in barca, a pescare; imparò da lui i momenti migliori per prendere il largo, a guardare il cielo per capire che tempo avrebbe fatto, a trovare sempre il nord. Gli insegnò a riconoscere le piante, i pesci, a fotografare qualunque cosa, per conservarne il ricordo. Poi, un giorno, sua sorella Mary Anne– una donna bella, piccola e bionda che sorrideva tanto quanto lui e sembrava più alta di quanto realmente fosse solo perché saltellava spesso – giunse a Mainistir con una bambina. Evan non aveva nemmeno cinque anni, la bambina uno appena, e fu allora che conobbe Amanda. A malapena si reggeva in piedi, era testarda come un mulo, ma Patrick sembrava comunque avere occhi solo per lei. Evan la detestò per qualche tempo, provava una gelosia irrefrenabile per le attenzioni che Patrick riservava ad Amanda – la sua vera nipote. Per qualche tempo, decise di non farsi vedere, sicuro di essere di troppo, di non c’entrare nulla in quella famiglia. Ma Joe Froude bussò alla sua porta, un giorno. Aveva un’Amanda di tre anni tra le braccia, praticamente inconsolabile, che appena incrociò i suoi occhi smise di piangere. Sgambettò, agitata, per farsi mettere giù, e una volta toccata terra, corse ad abbracciare Evan. ‘Piange da quando siamo arrivati, non capivamo perché,’ gli aveva detto Joe. Da quel momento in poi, Evan fece in modo di farsi trovare sempre da Patrick al loro arrivo.
Avevano imparato a conoscersi, a giocare insieme. Amanda era sveglia, ma troppo impavida, per cui Evan era diventato per lei una specie di angelo custode.
 
 
FLASHBACK
 
1968
 
Uscì di casa molto presto, quella mattina. Sebbene non vi fosse vento, l’aria ancora fresca gli fece venire la pelle d’oca. Ma a Evan non importava, continuò a correre a perdifiato verso casa di Patrick, distante ancora poche centinaia di metri. Nella mattinata, sarebbero arrivate Amanda e Layla, e avrebbero passato lì a Mainistir tutte le vacanze estive. Due mesi! Due mesi in loro compagnia! Si sarebbero divertiti tantissimo a girare per l’isola, fare tuffi, andare in barca… e poi avrebbero cercato le caverne più nascoste, visitato Inishmaan e Inisheer! Era tutto troppo entusiasmante per restarsene a casa ad attendere il loro arrivo; così, era sgattaiolato fuori dal letto, si era vestito in fretta e furia ed era uscito senza fare il minimo rumore.
Iniziò a urlare ancora prima di arrivare davanti alla casa panna col tetto blu.
“PATRICK!”
Senza nemmeno bussare, aprì la porta d’ingresso e salì rumorosamente le scale verso la camera da letto.
“Patrick!” chiamò ancora. Questa volta, arrivato davanti alla porta di camera, cominciò a bussare insistentemente.
“Dannazione, Evan, sono le sette!” sentì sbottare la voce dell’uomo. Pochi secondi dopo, la porta si aprì, e Patrick, con la faccia ancora assonnata, gli diede lo stesso il buongiorno con un sorriso.
“Quando arriva Amanda?” chiese immediatamente, entusiasta.
“I tuoi sanno che sei qui? Hai fatto colazione?” domandò invece lui, dirigendosi verso le scale.
Evan lo seguì e scosse il capo.
“Che bisogno c’è? Ho quasi dodici anni, ora, non devono sapere ogni passo che muovo,” borbottò. “E non ho fame! Allora? Ti hanno detto a che ora arriveranno?”
“Alle nove in punto,” rispose Patrick. “Ora siediti, ti preparo la colazione.”
“Ma manca ancora tanto tempo!” si lamentò Evan. Tentò di sedersi ma fu distratto dalle foto sul frigorifero: ritraevano Amanda e Layla in momenti di gioco fuori dalla loro casa a Portaleen, sedute su un grande masso. Evan le scrutò, Amanda era sorridente e goffa, più cresciuta rispetto all’ultima volta che l’aveva vita. La trovò bellissima.
“Queste sono nuove!” esclamò, prendendole tra le mani. “Non vedo l’ora che sia qui,” mormorò poi. Era convinto di averlo solo pensato, e invece l’aveva detto, maledizione!
Fu stranito da un flash; Patrick gli aveva appena fatto una foto, ed era divertito probabilmente dalla sua faccia. Evan notò che, quando sorrideva, somigliava molto a Mary Anne.
“Hai un’espressione da pesce lesso quando pensi a mia nipote, non farti strane idee…” fece con un tono fintamente minaccioso, mentre appoggiava sul tavolo la macchina fotografica.
Evan imporporò. Stava per rispondergli, ma un forte rumore proveniente dal salotto fece sobbalzare entrambi. Seguì Patrick di corsa e, attraversato il corridoio, entrò nella sala. Tossì a causa del nuvolone di polvere all’interno della stanza, respirò e si rese conto che era cenere. Guardò verso il camino e notò una figura piccola impegnata a tossire, con una gran quantità di capelli scuri, che si ripuliva i vestiti.
La cenere si diradò in pochi secondi e Evan fu travolto dall’abbraccio di Amanda ancora prima di rendersene conto.
Non sapeva che i maghi avessero anche quel modo di spostarsi, e quel giorno lo scoprì.
 
 
1970
 
“Hai mai visto Hogwarts?” chiese Evan a Patrick, passandogli una rete da pesca aggrovigliata. Patrick sgrovigliò i fili, seduto sullo scoglio, e rispose con gli occhi blu fissi all’orizzonte.
“No,” disse, sorridendo. Ma era un sorriso triste. “Non che mi abbiano vietato di visitarla, in realtà il Preside di allora mi invitò, ma ho sempre pensato di tenere lontano quella parte di vita che in realtà non mi appartiene.”
“Perché?” chiese, confuso.
Patrick si passò una mano tra i capelli biondi. Di profilo, Evan notò piccole rughe intorno agli occhi stanchi.
“Perché un Magonò desidera la magia più di ogni altra cosa, e stare a contatto con essa lo avvelena e lo incattivisce. Io non voglio avvelenarmi, non voglio incattivirmi… mi è stata donata questa vita soltanto e voglio viverla nel miglior modo possibile. Per un mago senza poteri, vivere una vita senza magia è la cosa più coraggiosa che si possa fare.”
Evan tacque, rapito da quelle parole. Per quanto Patrick apparisse giovane e bello, quando parlava trapelava una saggezza che cozzava con la sua figura spensierata. Lo ammirava davvero per come aveva preso in mano la sua vita e avesse deciso di farne qualcosa che andava al di fuori del mondo magico che lo aveva rifiutato. L’unico appiglio rimaneva sua sorella, il legame fraterno più solido che Evan avesse mai visto. Quanto poteva essere stato difficile per lui accettare di condividere la persona che amava di più al mondo con la magia?
“Hai mai chiesto a Mary Anne di rinunciare ai suoi poteri?” chiese, curioso, ma se ne pentì quasi subito. Patrick si bloccò e si voltò verso di lui. Lo scrutò quasi con sospetto, ed Evan arrossì, imbarazzato. Aveva gli stessi occhi di Amanda.
“Non puoi chiedere una cosa del genere ad un mago, Evan,” rispose Patrick. “Non augurerei al mio peggior nemico di rinunciare alla magia, figuriamoci a mia sorella! Mary Anne ci provò, a dire il vero, ma non glielo permisi. La magia è la parte vitale di un mago, è un’enorme sofferenza chiedere loro di rinunciarvi. È come nascondere una parte di te, quella che ti anima, la più importante.”
Evan tacque, pensoso. Aveva scoperto che Amanda era una strega anni prima, dopo che lei, a soli cinque anni, l’aveva salvato da una caduta da uno scoglio che si sarebbe potuta rivelare fatale. Successivamente, aveva appreso come dovesse tenere sotto controllo la sua magia, di come tutto quel potere potesse rivelarsi più dannoso che utile, se mal gestito. La magia era più pericolosa di quanto pensasse.
“A che pensi?” gli chiese Patrick, destandolo.
“I… i maghi stanno solo con altri maghi?” domandò. “Dovrò smettere di essere amico di Amanda, quando lei comincerà a frequentare Hogwarts?”
Patrick rise.
“Era questa la tua preoccupazione?”
 
Marzo 1972
 
Si avvicinò all’imbarcazione correndo. Chiamò Patrick, impegnato a sciogliere gli ormeggi, pronto a salpare. Era vestito con pantaloni bianchi al ginocchio e una felpa blu.  Da lontano, una nuvola nera si avvicinava. Si era alzato anche un po’ di vento, carico di elettricità, poteva notarlo da come i capelli di Patrick faticassero a stare fermi, ma Evan non se ne preoccupò.
“Patrick!” chiamò. Lui si voltò; tra la leggera barba bionda incolta scorse un sorriso. Evan lo raggiunse, ma rimase a terra.
“Amanda mi ha scritto!” esclamò, sventolandogli una lettera. “Guarda, è di pergamena! Ed è arrivata con un gufo – un gufo vero!”
Patrick rise nel notare il suo entusiasmo.
“Come se la passa?”
“Bene, è finita in…” rilesse un nome che non riusciva a ricordare, “Serpeverde, può essere? Scrive che c’è un tizio insopportabile che ha voglia di prendere a pugni!”
“Credo che sia un suo modo contorto di esprimere affetto, una volta lo disse anche a te, ricordi?” gli fece notare Patrick, divertito.
“Non saprei,” borbottò, un po’ indispettito. “Questo… ehm, credo si chiami Sirius Black-”
“Sirius?” lo interruppe Patrick, sorpreso. Scoppiò improvvisamente a ridere, tenendosi lo stomaco.
“Che… che c’è di divertente? Lo conosci?” domandò, perplesso.
Patrick annuì.
“Penso proprio di sì! Tienilo d’occhio… nella peggiore delle ipotesi per te, potrebbe essere il suo futuro marito,” rispose, slegando del tutto la fune.
“Cosa?” fece, sconvolto.
“È una lunga storia e io devo salpare,” rispose Patrick. Si avvicinò al timone e accese il motore. “Vieni con me? Così te la racconto.”
Evan lottò contro la sua curiosità.
“Oggi no. Torno a casa a rispondere alla lettera!” decise. Ciò che Patrick gli aveva detto, seppure in tono scherzoso, lo aveva ferito. Lo congedò con un sorriso, dopodiché si voltò e corse verso casa, la lettera stretta nel pugno.
C’era una cosa a cui non prestò attenzione e che lo perseguitò per sempre: tre gocce di pioggia sul braccio. Era troppo emozionato di aver ricevuto una lettera da Amanda per notare come il cielo si fosse coperto. In quell’istante, non si rese conto che aveva salutato Patrick per sempre. A suo modo, Amanda – o la magia? – gli salvò la vita per la seconda volta.
 
*
 
Patrick non gli raccontò la storia, non tornò mai da quel viaggio in barca.
Quando i Froude accorsero a Mainistir, Evan abbracciò Amanda per un tempo indefinito. Sentiva un buco enorme nel petto e stringere lei era l’unico modo per sentire meno dolore. Stettero qualche settimana al villaggio, sperando in un ritorno che non avvenne. Evan conobbe la disperazione di Mary Anne, una donna che aveva perso il suo appiglio, e non pensava che potesse essere così devastante: lei era una strega, aveva magia, pozioni, animali fantastici e poteri oltre ogni immaginazione. E allora perché soffriva? Poi, Evan si rispose. Non c’è pozione per il dolore che l’amore provoca; questo era ciò che maghi e babbani avevano in comune.
Amanda si chiuse in camera, imbottita di pozione, perché tutto ciò che aveva intorno aveva cominciato a prendere fuoco. Evan stette un pomeriggio intero davanti alla porta, indeciso se bussare o meno. Quando trovò il coraggio, Amanda gli proibì di entrare, ma non l’ascoltò. La trovò sdraiata, al buio, sotto il letto. Evan si sdraiò accanto a lei, fortunatamente non era ancora così grande da rimanerci incastrato.
“Perché sei qui sotto?”
Amanda lo guardò.
“Perché è sicuro.”
Evan aggrottò le sopracciglia.
“Come?”
“Me lo dicesti tu,” spiegò. “Sotto il letto è un posto sicuro per i mostri.”
Fu sorpreso che se lo ricordasse ancora. Gliel’aveva spiegato un sacco di volte, quando era più piccola e spaventata. I mostri peggiori sono troppo grandi per entrare sotto il letto; per cui, se ci avesse mai trovato qualcosa, sarebbero stati mostri piccoli e indifesi, che avevano bisogno di nascondersi esattamente come lei.
“Non so se sarò un mostro piccolo o grande, ma al momento c’entro ancora, quindi ne approfitto,” borbottò.
“Ma tu non sei un mostro, Amanda.”
Lei tornò a guardare la rete del letto.
“A che serve la magia se non può salvare le persone che ami?” chiese Amanda all’improvviso. “Anzi, è così pericolosa, tra le mie mani. Vedi di cosa sono capace? Non lo voglio, tutto questo potere.”
“Non puoi rinunciare alla magia, è una parte di te,” le disse Evan.
“E tu che ne sai?”
“Me l’ha detto Patrick,” mormorò. Gli occhi di Amanda si inumidirono nel sentire nominare lo zio. “Un mago non può rinunciare ad una parte così grande di sé, non saresti più tu. E a me piace tutto di quello che sei, non vorrei mai che rinunciassi ad essere te stessa, anche se questo dovesse allontanarci.”
Sentì lo sguardo di Amanda addosso.
“Perché lo pensi?”
“È inevitabile che prenderemo strade diverse-”
“Ma continueremo ad essere vicini,” lo interruppe lei, arrossendo. “Non voglio perderti.”
Tacquero entrambi qualche secondo. Evan le strinse la mano.
“Una volta ho sentito la mamma dire allo zio che lui era l’amore bianco,” mormorò Amanda.
“Che voleva dire?”
“N-Non lo so, era un modo che aveva lei per descrivere il rapporto che avevano… puro, pieno di amore e leale. A me hanno sempre fatto pensare al bianco, in effetti.”
Evan piegò le labbra in un sorriso nostalgico.
“E noi? Anche noi siamo bianchi, insieme?”
“Quando penso a noi penso all’arcobaleno, Evan,” sorrise Amanda.
Evan sospirò. Chissà se sapeva, mentre glielo diceva, che il bianco era proprio la somma di tutti i colori dell’arcobaleno.
 
FINE FLASHBACK
 
 
Da quel momento, la corrispondenza tra loro si fece più fitta, soprattutto perché i Froude tornarono sempre più raramente a Mainistir. Ci fu un crescendo di complicità, fino a quando lui le aprì il cuore e riversò ciò che conteneva in una lettera. Lei non rispose mai, ed Evan non riuscì a prendersela. Sentiva di averla in qualche modo forzata, e preferì lasciarle lo spazio e il tempo di cui aveva bisogno. Sapeva che avrebbe dovuto dirglielo, tra di loro le cose erano rimaste troppo in sospeso, e, in quella settimana appena trascorsa, nelle occasioni in cui Layla aveva insistito affinché si vedessero tutti insieme, Amanda era sempre stata sulla difensiva. Non era riuscito ad arrabbiarsi nemmeno quando aveva scoperto che Patrick aveva ragione, che quel Sirius avrebbe proprio dovuto tenerlo d’occhio. Gli era persino costato una storia non raccontata.
Si vestì velocemente, si tirò indietro i capelli, senza alcuna intenzione di asciugarli e si accese una sigaretta.
Assorto completamente nei suoi pensieri, si perse a guardare fuori dalla finestra la pioggia cadere, ancora più forte.
Il rombo di una moto che si avvicinava lo fece tornare alla realtà; la seguì con lo sguardo e la vide fermarsi proprio nel vialetto della sua casa. Aprì la porta e uscì fuori, ma restando sotto il porticato. Osservò Sirius tirare fuori la bacchetta, ma non sentì quello che disse; la moto parve coprirsi di un telo invisibile e divenne completamente impermeabile. Si voltò poi verso di lui, incrociando finalmente i suoi occhi. Che cosa era venuto a fare? Lo vide correre verso il porticato.
“Entra,” gli disse Evan, mentre spegneva la sigaretta e la gettava sotto la pioggia. Rientrò anche lui e si chiuse la porta alle spalle. Sirius si guardò attorno, era chiaramente a disagio.
“Amanda ti ha preparato questa pozione per la febbre...” disse, appoggiando una busta di carta sul tavolo.
“Posso fidarmi o ci hai sputato dentro?”
“Cosa? Non si sputa nelle pozioni, si altera l'effetto. Credimi, ci ho pensato.”
“Non ne dubito. Beh, grazie,” fece, sincero.
“Già. Tolgo il disturbo.”
Si avvicinò nuovamente alla porta, ma Evan non aveva intenzione di lasciarlo andare senza aver chiarito la sua posizione. Probabilmente, ciò che lo teneva ancora così lontano dall’avere un confronto con Amanda, era anche la tensione che c’era tra lui e Sirius.
“Hey, aspetta,” lo richiamò. Attese che Sirius si voltasse e lo guardasse.
“So che non sembra, ma non ce l'ho con te... vuoi?” continuò, offrendogli una sigaretta. “Vai di fretta?”
Sirius strinse gli occhi e lo guardò con sospetto qualche secondo, prima di rispondere. Si avvicinò e accettò la sigaretta.
“La cosa più urgente che ho da fare è cercare Amanda. Da quando è iniziato il temporale si è nascosta per paura dei tuoni.”
Evan sorrise.
“Con tutta probabilità, è sotto il letto,” gli suggerì. “Hai mai fumato sigarette babbane?” s’informò Evan.
Sirius scosse il capo. “Solo un sigaro rubato a mio padre.”
Evan lo osservò accendersi la sigaretta e aspirare la prima boccata. Trattenne un sorriso divertito quando lo vide sforzarsi per non tossire.
“Non voglio che pensi a me come una minaccia,” esordì, accendendosi un’altra sigaretta anche lui. “Per essere una minaccia, Amanda dovrebbe essere indecisa, ma in questo caso lei sa bene ciò che vuole.”
Sirius lo scrutò; non era molto sorpreso del fatto che fosse andato subito al nocciolo della questione.
“Quindi il tuo ruolo in tutta questa storia quale dovrebbe essere? La spalla su cui piangere, l’amico innamorato che aspetta pazientemente che ci lasciamo per consolarla?” domandò, sarcastico. Sarebbe stato più difficile del previsto dimostrargli la sua buona fede.
“Senti, sto facendo davvero fatica a capire cosa lei abbia visto in te… ma mi sto sforzando, perché è ovvio che sei migliore di come ti stai presentando,” rispose.
“Da che pulpito,” commentò.
Evan sbuffò.
“Ti sto dicendo che non ho intenzione di mettermi tra voi, rivorrei solo il rapporto che avevamo.”
“È proprio questo che non capisco!” sbottò. “Che rapporto avevate? E soprattutto, se questo rapporto prevede che tu le dichiari il tuo amore come nell'ultima lettera che le hai inviato, non mi sta bene.”
“Non è andata esattamente così,” precisò, infastidito. Si avvicinò allo scrittoio, accanto alla finestra, e aprì il cassetto che conteneva tutta la corrispondenza tra lei e Amanda degli ultimi anni. Ammucchiò tutte le lettere e le diede a Sirius, che iniziò a sfogliarle con avida curiosità.
“Puoi leggerle,” affermò, facendo spallucce. “Le ho chiesto chiarezza, le ho detto che provavo qualcosa per lei, è vero, ma che avevo bisogno di capire... di che colore fossimo.”
Sirius smise di consultare le lettere e lo fissò, perplesso, la sigaretta a metà strada dalla bocca.
“Che significa?”
Evan sospirò, non era sicuro che avrebbe capito se glielo avesse spiegato.
“È... è una nostra cosa.”
“Beh, anche questo non mi piace. Le vostre cose,” disse, scontroso. “Non conosco il vostro passato, Amanda non me ne ha parlato e non ha intenzione di farlo, a quanto pare.”
“Se glielo hai chiesto con questo tono, non mi sorprende che non te l’abbia detto,” gli fece notare. “Avevamo un rapporto molto stretto… un po’ come… come Patrick e Mary Anne,” spiegò, e si rese conto solo in quel momento che era la prima volta che lo diceva a voce alta. Gli suonò così giusto.
“Patrick e Mary Anne?” gli fece eco, confuso. “Ma loro erano fratello e sorella...”
“Sì, esatto,” annuì Evan.
Sirius stette in silenzio qualche secondo; continuarono a fissarsi, lui aveva un’espressione assorta e diffidente. Aspirò un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta e poi la spense nel posacenere sul tavolo, prima di rispondere.
“Quindi,” esordì, “tu non sei innamorato di lei?”
Evan si grattò il capo, in difficoltà per quella domanda a bruciapelo. Aveva riflettuto tanto sui sentimenti che provava per Amanda, ci aveva messo anni a rendersene conto, ma poi aveva capito: l’amava più di qualsiasi altra persona al mondo. Amanda era il suo appiglio, non c’era altra persona su cui avrebbe voluto contare, nessun’altra che amava così incondizionatamente. Tuttavia, l’amore che provava lo sentiva nella forma più pura possibile. Evan non aveva mai avuto una sorella, era stato difficile riconoscere Amanda come tale, non sapeva cosa volesse dire provare quel tipo di amore, così forte e autentico… così bianco. Ma come avrebbe potuto farlo capire a Sirius? Da quel che ricordava, sapeva dai racconti di Amanda che lui aveva un fratello con cui non era in rapporti felici, per cui il paragone non avrebbe di certo retto. La risposta, tuttavia, gli apparve chiara all’improvviso.
“No, non nel modo che tu temi,” rispose. “Considero Amanda come tu consideri James… per me è una sorella.”
Sirius stentò una risata, divertito.
“Forse, una volta. Ora come puoi dirlo? Non vi siete sentiti per due anni! Cosa sai di quello che le è accaduto in questi ultimi tempi? Non c’eri, non hai idea di quello che ha passato!”
“Non ci siamo sentiti perché lei non ha voluto, non ha mai risposto a quella dannatissima lettera!” sbottò Evan, arrabbiato, spegnendo con un colpo secco la sigaretta nel posacenere. Un tuono fortissimo risuonò, il suo pensiero andò immediatamente all’amica. Ne era sempre stata terrorizzata.
“Pensi che sia stato piacevole essere stato tagliato fuori dalla sua vita? Ero confuso esattamente quanto lei! Eppure, non riesco a prendermela, non riesco ad odiarla,” continuò, incrociando gli occhi dubbiosi di Sirius. “Non è quello che anche tu proveresti per un fratello?”
Doveva aver colpito proprio nel segno; lui distolse immediatamente lo sguardo, aveva toccato un tasto molto dolente. Non sapeva in che rapporti fosse con suo fratello, ma era certo che quello che aveva detto lo stesse facendo riflettere.
“Amanda non sembra molto intenzionata a recuperare il vostro rapporto,” commentò Sirius, freddo.
“Perché pensa che io sia innamorato di lei e non sa come comportarsi con entrambi,” precisò. “Non potrò sapere che intenzioni ha Amanda finchè non ne discuteremo, e non potremo discuterne finchè tu consideri me una minaccia. È una situazione pessima per tutti e tre, per Amanda soprattutto. In questi giorni è più strana del solito,” concluse Evan, avvicinandosi a lui e porgendogli la mano.
“Puoi dirlo forte,” borbottò Sirius.
“Essere d’accordo su questo è un buon punto di partenza,” fece notare Evan, accennando un sorriso. Gettò un’occhiata eloquente alla sua mano, ancora sospesa, in attesa di essere stretta.
“Non ti stringerò la mano,” dichiarò.
Evan alzò gli occhi al soffitto, sbuffando, e guardò Sirius ammucchiare nuovamente tutte le lettere sparse sul tavolo. “Posso tenerle?”
“No,” rispose lui, prendendogliele dalle mani.
“Avevi detto che potevo leggerle!” protestò, infastidito.
“Questo prima di sapere che avevo a che fare con un idiota che non accetta offerte di pace!” sbottò. “Si può sapere qual è il tuo problema?”
“Il mio problema? Stai scherzando, vero?” chiese, sarcastico. “Sto con Amanda da mesi e ho scoperto la tua esistenza solo poche settimane fa! Ovviamente, non mi viene detto che hai sempre fatto parte della sua vita e avevate un rapporto così stretto. Per l’appunto, lei mi parla di te e inizia a comportarsi in modo strano. Se permetti, sto facendo un po’ fatica a fidarmi!” proruppe, arrabbiato. “È l’unica ragazza per cui io abbia mai provato qualcosa, non ho alcuna intenzione di perderla.”
Evan alzò le mani, sconvolto.
“In quale altra lingua devo dirti che non ho intenzione di mettermi tra voi?”
L’espressione di Sirius si indurì.
“Sei tu che non riesci a capire il punto, Evan,” insistette. “Tu mi assicuri che non sei innamorato di lei, ma chi mi assicura che lei non provi qualcosa per te?”
Evan schiuse le labbra, sorpreso.
“Di che parli? Amanda è innamorata di te, si vede da lontano,” rispose. Insomma, era così evidente, non capiva come Sirius potesse avere dubbi al riguardo.
“Beh… c’è qualcosa di cui non mi parla e che non ha idea di come gestire,” disse, e lo guardò come se lui potesse avere la risposta.
“Che cosa?” fece Evan, curioso. Sirius sbuffò.
“Mi piacerebbe saperlo. Credevo ti riguardasse, perché ha iniziato ad essere un po’ scostante da quanto mi ha parlato di te, ma a questo punto non so più cosa pensare.”
“Hai mai pensato di chiederglielo?” domandò, sardonico.
“Potrebbe trattarsi di qualcosa che non vorrei davvero sapere,” ammise.
Evan tacque, limitandosi ad osservarlo. Sirius non gli stava propriamente simpatico, sentiva che ci sarebbe voluto del tempo per imparare ad apprezzarlo; tuttavia, provò un po’ di dispiacere per la sua situazione. Sapeva che non era semplice avere a che fare con Amanda, perché, per la maggior parte del tempo, lei stessa non aveva la minima idea di ciò che voleva. Ma su una cosa gli era parsa certa sin dal primo momento, e questa era proprio Sirius. Le parole di Patrick erano state così profetiche che poteva ancora sentirle.
Sirius si schiarì la voce, la conversazione sembrava essersi conclusa, l’unico rumore che ora faceva da sottofondo era la pioggia scrosciante. Si scambiarono un ultimo sguardo, ed Evan gli porse le lettere.
“Hai di nuovo cambiato idea?” domandò Sirius, seccato. “Ora capisco da chi ha preso Amanda!”
“Non sfidarmi,” rispose Evan, asciutto. “Vedi di restituirmele. E non dire ad Amanda che te le ho date, potrebbe pensare che ci stiamo coalizzando.”
Sul volto di Sirius vide l’ombra di un sorriso. Afferrò le lettere e le mise nella tasca della felpa nera che indossava.
“Vado a recuperare Amanda,” concluse, avvicinandosi alla porta. “Vuoi venire?”
Evan sorrise.
 
 
 
 
SIRIUS
 
 
Stentava a riconoscersi, nelle vesti di persona pronta a dare fiducia a chiunque. Decisamente, quella caratteristica gli calzava proprio male. Tuttavia, il fatto che avesse proposto a Evan di cercare Amanda insieme, doveva essere un campanello d’allarme piuttosto forte.
L’estate con lei non era stata per niente male; certo, l’aveva sentita un po’ scostante a volte, ma aveva dato la colpa al fatto che si trovassero sulla sua isola, oppure che avesse intenzione di passare più tempo con sua sorella, o che semplicemente avesse bisogno dei suoi spazi. Pensava addirittura di essere stato lui ad essersi fatto una paranoia che in realtà non esisteva; ma, con grande sorpresa, parlando con James, si rese conto che anche lui aveva avuto la stessa impressione. Subito, James gli aveva proposto di indagare, ma stranamente non avevano avuto nessuna idea a parte andare da Amanda e chiederle: “Che ti succede?”
Sirius non si era impegnato neanche più di tanto; aveva una brutta sensazione in proposito. Se Amanda si comportava in modo più strano del solito, probabilmente gli stava nascondendo qualcosa. Se ciò era vero, doveva trattarsi di un segreto importante, che valeva la pena di tenere per sé. Ma se nascondergli quel segreto la faceva agire in quel modo e apparire scostante, doveva esserci sotto un senso di colpa proprio nei suoi confronti. Ergo, la questione lo riguardava. Sirius aveva quindi concluso che stesse nascondendogli qualcosa che a lui non avrebbe fatto sicuramente piacere scoprire. Valeva quindi la pena saperlo?
Se lo chiedeva da qualche giorno, ormai; il timore che la causa di tutto ciò fosse la presenza di Evan lo aveva reso anche un po’ irrazionale. Fortunatamente, la chiacchierata che avevano avuto gli aveva chiarito le idee, sebbene non gli avesse fatto seppellire del tutto l’ascia di guerra.
Scesero dalla moto, e vide Evan correre in casa al riparo. Si era dimenticato di aver addosso l’incantesimo di Impermeabilità che Sirius aveva fatto ad entrambi. Infatti, lui se la prese più comoda; entrò in casa e sistemò le lettere in un cassetto dello scrittoio nel salotto, intenzionato a leggerle con più calma in serata. Si guardò intorno, notando che c’era troppo silenzio.
“Dove sono tutti?” chiese Evan, anticipandolo.
Sirius alzò le spalle.
“Forse al piano di sopra,” tentò lui.
Salirono le scale velocemente, arrivarono al piano di sopra e si diressero proprio verso la camera di Amanda, da cui proveniva un leggero vociare. Sirius aprì la porta e la scena che gli si presentò davanti fu piuttosto singolare: da sotto il letto, posto nella parete destra della camera, spuntavano ben otto gambe, che riconobbe come quelle rispettivamente di Layla, Jaded, Amanda e James.
Si scambiò un’occhiata stranita con Evan; lui si limitò a scrollare le spalle ed entrò nella camera.
“Buonasera!” esclamò.
Layla si affacciò da sotto il letto e li accolse con un sorriso.
“Ciao, Evan!” esclamò, sorpresa. Sirius sentì il suo sguardo addosso. “Caspita, siete venuti insieme! Amanda, avevi ragione, sono diventati amici…”
Anche Amanda si affacciò.
“Wow, ragazzi, è fantastico!” esclamò.
“Non è esattamente così,” precisò Sirius, seccato.
“Concordo,” annuì Evan.
“Così non mi aiuti,” gli fece notare Sirius.
“Perché dovrei? Non siamo amici!” esclamò lui, sorridendo.
“Vi va di unirvi a noi?” chiese James. “Vieni, Sir, ti faccio spazio accanto ad Amanda,” disse, spostandosi un po’.
Sirius si abbassò e li raggiunse sotto il letto; si posizionò accanto ad Amanda, con la quale scambiò un leggero bacio a fior di labbra. Notò che anche Evan si era sdraiato, mettendosi accanto a Layla.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Sirius si schiarì la voce.
“Ehm ... cosa stiamo facendo?” domandò, perplesso.
“Aspettiamo che il temporale finisca,” gli bisbigliò James.
“Siamo venuti a cercare Amanda perché avevamo fame e l’abbiamo trovata qui sotto. Si è nascosta per paura dei tuoni,” spiegò Jaded. “Ma non è voluta venir fuori, quindi ci siamo messi a farle compagnia.”
“Come va la febbre, Evan? Hai preso la pozione che ti ho preparato?” s’informò Amanda, voltandosi nella sua direzione.
“Bene, non l’ho più. Sei stata carina a farmela avere, ma altrettanto valoroso è stato il tuo ragazzo che me l’ha portata e ha giurato di non averci sputato dentro!” esclamò.
“Complimenti, Sirius, una scelta molto matura,” commentò Jaded. “Non me l’aspettavo proprio.”
Nel buio al di sotto del letto, uno suono gorgogliante zittì tutti.  
“Che cos'è stato? Un tuono?” chiese Amanda, appiattendosi contro Sirius.
“Era il mio stomaco,” borbottò Jaded. “Sto morendo di fame.”
“Mi spiace, Jade, non uscirò di qui finché non smetterà di piovere, e secondo le tue tette ci vorrà ancora un po’,” ammise Amanda.
“E tu che ne sai delle mie tette?”
“Prima ho visto che le consultavi!” esclamò lei. “Fammi sentire, a proposito,” disse, allungando una mano nella sua direzione.
“Amanda!” sbottò Sirius, trattenendola.
“Giù le mani! Ti sembra il caso di farlo qui davanti a tutti?” fece Jaded, scandalizzata.
“Stai dicendo che di solito avviene quando siete sole?” domandò Sirius, sconvolto.
“Che? Amanda, non toccare le tette di mia sorella!” ordinò James.
“Non ricomincerete a parlare di tette!” sbuffò Layla.
“No, vi prego,” si lamentò Sirius.
“Ma non ne parlo da un sacco di tempo,” disse Amanda, mettendo il broncio. “E comunque, James, tu tocchi le mie e io mi riservo il diritto di toccare quelle di tua sorella!”
“Cosa hai fatto?!” chiese Evan, alzando il capo nella loro direzione.
“Preferirei non rivangare quell'episodio, grazie,” bofonchiò Sirius, contrariato.
“Secondo me, soffri dell'invidia da seno piccolo, altrimenti non si spiega tutta questa passione che provi per le tette… insomma, sono solo… tette!” disse Layla.
“Non bestemmiare,” l’ammonì Evan.
“Hai ragione, mi piacerebbe che fossero più grandi…” commentò Amanda.
“A me piacciono così come sono,” disse Sirius. “E ne ho viste un sacco.”
“Non era necessario specificarlo,” borbottò Amanda, infastidita.
“Sono d'accordo con Sirius, le tue sono perfette così,” s’intromise James.
“Nessuno te l'ha chiesto,” disse Sirius, seccato.
Evan improvvisamente emise un lamento; si voltò e vide che aveva tentato di puntellarsi sui gomiti, ma aveva dato una testata alla rete di metallo del letto. Si massaggiò la fronte, ma ciò non gli impedì di dire la sua opinione sull’argomento.
“Se vi piace così tanto parlarne, dovreste fondare un club. All'università l'ho fatto, e conta più membri del club degli scacchi. Modestamente, ne sono il Presidente,” affermò, con una punta di orgoglio.
Amanda tirò su il capo e Sirius, previdente, le mise una mano sulla testa per evitare che facesse la stessa fine dell’amico.
“Sono così fiera di te, Evan!” esclamò Amanda, entusiasta.
“Dici sul serio?” sbottò Sirius, sconvolto.
“È un'idea fantastica!” commentò James, interessato. “Pensate che la McGranitt ci darà il permesso?” domandò.
“Non se lo chiamate Club delle tette! Dovreste camuffare il nome,” suggerì Layla. “Comunque non ci credo che sto davvero partecipando a questa conversazione.”
“A chi lo dici,” le fece eco Sirius.
“Evan, ci hai illuminato il cammino, non so come ringraziarti,” continuò James.
“Di niente, amico.”
“James non è amico tuo,” precisò Sirius, scontroso.
“Davvero?” chiese James, deluso.
“Stai scherzando, spero!” sbottò di rimando, risentito.
“Sirius, non fare pipì su James,” lo rimproverò Amanda, dandogli una gomitata.
Stava per rispondere qualcosa di molto cattivo a Evan, che se la rideva un metro più a destra, quando fu interrotto dall’urlo di gioia di Jaded.
“Ha smesso di piovere!” esclamò, strisciando fuori dal letto. “Sono davvero felice che le mie tette si siano sbagliate… dai, Amanda, ora esci da lì sotto e nutrici!”
Sirius gettò un’occhiata ad Amanda, che non sembrava sollevata dalla fine del temporale.
“Cosa? Davvero?” domandò, dubbiosa. “Beh… voi scendete, io… vi raggiungo subito,” disse, senza togliere gli occhi dalla rete del materasso.
Sirius vide anche James e Layla trascinarsi fuori dal letto. Si voltò verso Amanda, indeciso sul da farsi.
“Non fateci aspettare troppo,” si raccomandò James. Guardò Evan, curioso.
“Tu resti qui?” gli domandò.
Sirius incontrò lo sguardo di Evan; in quel momento lo stava odiando, ma gli aveva assicurato che avrebbe avuto un confronto con Amanda e non sarebbe stato saggio rimangiarselo adesso.
“Sì, ho bisogno di parlare con lei,” rispose Evan, indicandola.
A quella risposta, James si voltò immediatamente a guardare Sirius. Poteva leggergli sul volto l’infinita curiosità di sapere cosa stava accadendo; tuttavia, con enorme soddisfazione, lui si limitò ad indicargli la porta. Avrebbe dovuto attendere, prima di sapere tutto, magari gli sarebbe passata la voglia di distribuire amicizia a chiunque!
James capì la sua intenzione di rivalsa; strinse gli occhi, indispettito, e si rimise in piedi, lasciando la stanza.
“Devi… parlarmi?” domandò lei.
“Beh, sì, anche Sirius è d’accordo che dovremmo farci una chiacchierata.”
“Veramente no,” precisò lui, subito. “Ma a quanto pare sei più fuori di testa del solito, nell’ultimo periodo… e se parlare con lui può aiutarti, allora è giusto che lui ti aiuti stare meglio.”
Amanda si voltò verso di lui, confusa.
“Cosa? Io non sono fuori di testa!” esclamò. Di tutto ciò che aveva detto, lei aveva registrato solo quell’informazione.
“Ti sei nascosta sotto un letto per paura dei tuoni,” scandì, cercando di mantenere la calma. “Okay, hai fatto migliaia di cose strane da quando ti conosco e le adoro tutte, lo sai, ma non eri ancora arrivata a questo punto,” disse, convinto. “Perché non vuoi uscire da qui?” le domandò, allora.
Amanda tacque, ma Sirius notò molto bene i suoi occhi lucidi.
“Perché pensa di essere un mostro,” rispose Evan, guardandola. “È per colpa mia?”
“Cosa?” domandò Sirius, confuso. Tutto quel mistero lo irritava tantissimo, Evan sembrava godere di conoscere tutte quelle cose di Amanda che a lui sfuggivano ancora.
“Colpa tua? Ma no,” rispose. “Non sono per niente brava ad affrontare queste cose, Sirius lo sa bene, ha passato mesi a rincorrermi!”
“Già,” commentò, sarcastico. “Non mi sono arreso dopo una lettera!”
“Vuoi darci un taglio?” sbottò Evan. “Amanda, ho bisogno di chiarire che non sono arrabbiato con te, non lo sono mai stato. Mi è mancato tantissimo sentirti, mi dispiace di averti confuso con quella lettera, ci ho messo tanto a capire quello che eravamo… ma ora lo so.”
“Dovresti essere un po’ più chiaro,” specificò Sirius. “Amanda, vuole dirti che non è innamorato di te e che la mia presenza in veste di tuo ragazzo non lo sta uccidendo… in poche parole, non sei un mostro.”
“Sulla tua presenza avrei qualche riserva,” disse Evan, rivolto a lui. “Ma praticamente… sì, è così,” concluse, stringendo le labbra.
Non riuscì a vedere l’espressione di Amanda, in quel momento voltata verso l’amico, ma immaginò che avesse gli occhi spalancati dalla sorpresa e, forse, dal sollievo.
“Davvero? Oh, grazie al cielo!” esclamò. Si spostò su un fianco e lo abbracciò. Sirius distolse lo sguardo, infastidito. “Volevo risponderti, davvero, ma avevo così tanta paura di ferirti, perché... perché ci ho provato, credimi, a pensare a noi come un colore che non fosse bianco, ma… lo siamo, Evan, e vorrei fosse così per sempre.”
Vide Evan sorriderle.
“Sei più tranquilla, ora?” le chiese.
Amanda annuì.
“Sono contenta che siate diventati amici,” rispose lei con soddisfazione, accennando a loro due.
“No, non lo siamo,” ripeté Sirius, convinto.
“Esatto, in verità mi fa impazzire,” ammise Evan.
“Oh, è successo anche a me, all’inizio. Dagli qualche anno e lo adorerai,” lo rassicurò Amanda, ridendo.
“Hai davvero intenzione di starci assieme degli anni?” domandò, incredulo.
“Ma certo!” esclamò lei, come se fosse ovvio. Sirius incontrò il suo sguardo e, nonostante la penombra, notò che era arrossita. “Cioè, se anche a te va bene…”
Sirius non riuscì a trattenere un sorriso divertito; adorava quando faceva quelle affermazioni così spontanee senza nemmeno rendersene conto. Si avvicinò alle sue labbra.
“Evan, è ora che ci lasci soli,” mormorò Sirius, senza smettere di guardare Amanda, imbarazzata.
“Sono d’accordo,” rispose lui, strisciando fuori. “Vi consiglio di spostarvi sopra il letto, è molto più comodo!” esclamò Evan. Aggiunse qualcos’altro, ma Sirius non lo sentì, troppo impegnato a baciare Amanda.
“Odio dirlo, ma ha ragione,” mugugnò lui, tra un bacio e l’altro. “È ora di spostarsi da qui sotto!”
Fece per uscire, ma Amanda lo trattenne.
“Aspetta,” lo pregò. Si tormentava le dita come quando aveva paura di dire qualcosa. “Ecco… lo so che non ti sembrerà il momento, ma ho bisogno di parlarti,” continuò, seria.
Sirius corrugò la fronte. Non gli piaceva per niente il tono che aveva usato.
“Di cosa si tratta?”
Prima ancora che rispondesse, capì che riguardava il motivo per cui stava ancora sotto il letto.
“Ti senti ancora un mostro per qualcosa in particolare?” le chiese, sospettoso.
Amanda annuì.
“Mi prometti che non ti arrabbi?” domandò piano, mordendosi il labbro inferiore.
“La premessa non è delle migliori,” sospirò Sirius, “ma farò del mio meglio.”
Lei stava per rispondere, ma la porta si aprì nuovamente. Sirius non riuscì a capire chi fosse entrato, finchè James non fece capolino sotto il letto.
“È arrivato mio padre!” esclamò, entusiasta.
Sirius lo guardò, sorpreso. Charlus non sarebbe dovuto venire sull’isola prima della fine di agosto. Per quale motivo si trovava lì?
“Perché è qui? È successo qualcosa?” domandò subito Amanda, preoccupata.
Uscirono entrambi da sotto il letto. In realtà, dalla faccia di James, tutto poteva essere tranne che una cattiva notizia.
“No, non lo so ancora, perlomeno,” rispose. “Però ti cerca, dice che si tratta di una sorpresa!”
Sirius guardò Amanda un’ultima volta, prima di rincorrerla giù per le scale. Non seppe spiegarsi perché, ma ebbe la sensazione che per lei non sembrava una buona notizia.
 
 
 
AMANDA
 
Restò a fissare l’edificio per parecchi secondi, forse minuti, completamente ammutolita. La sua casa a Portaleen era in piedi, più bella e fiera di prima, proprio accanto al luogo su cui sorgeva prima di essere rasa al suolo. Le pareti rosa sembravano appena affrescate, c’era la stessa altalena, lo stesso porticato, lo stesso cespuglio di rose, che anziché essere bianche, ora si ergevano maestosamente rosse, segno di rivalsa per tutto il sangue versato.
Amanda ripercorse in ordine tutti gli eventi che l’avevano portata lì, a Portaleen, in quel preciso istante: Charlus si era presentato a Inishmòr, dicendo di avere una sorpresa da mostrare. Aveva creato una Passaporta, usando una presina della cucina, aveva detto loro di reggersi forte, in tutti i sensi. Amanda aveva preso la mano di Sirius e, toccando la presina nello stesso momento di Charlus e James, si era ritrovata catapultata davanti alla nuova casa. Improvvisamente, comprese per quale motivo Layla si era tirata indietro; probabilmente, Charlus doveva averle accennato che si stavano per dirigere a Portaleen, senza sapere ciò che vi avrebbero trovato.
“Che cosa…” mormorò, tuttavia senza concludere la frase. Aveva in mente così tante domande, che sembravano essersi congestionate sullo stesso filo di pensiero, incapaci di uscire tutte insieme.
“La tua casa era il Quartier Generale dell’Ordine. Silente sapeva che il miglior modo di onorare il sacrificio dei tuoi genitori era fare in modo che rimanesse tale. È stato difficile, visto lo stato della terra dopo l’Ardemonio, ma ce l’abbiamo fatta. E tu sei la prima che ha il diritto di vederla.”
Amanda guardò Charlus con gratitudine e lo abbracciò. Le lacrime le appannarono gli occhi, ma non avrebbe permesso loro di rovinarle quel momento meraviglioso.
“Posso entrare?” gli chiese, dopo aver sciolto l’abbraccio.
“Certo, Amanda, è casa tua,” sorrise Charlus.
Guardò Sirius e James.
“Venite con me?”
Loro annuirono, sorridenti. Il primo posto che avrebbe visto sarebbe stato la cucina, che aveva ospitato tutti i bei momenti vissuti con la sua famiglia; sapeva che sarebbe stato triste, non ci sarebbero stati i suoi genitori, loro non era possibile riportarli indietro. Tuttavia, Amanda pensò che in quella casa ci sarebbe sempre stata una parte di loro, finchè lei e Layla avessero continuato a viverci.
James e Sirius, seguiti da Charlus, la accompagnarono attraverso ogni stanza. Quando arrivò allo studio si commosse nel vedere che era esattamente come lo ricordava; sembrava che Silente si fosse ricordato per filo e per segno ogni singolo libro che suo padre possedeva. C’era la libreria di legno scuro lungo tutto la parete, il tappeto con lo stemma dei Froude, lo scrittoio a ridosso della grande finestra che dava sul mare. Amanda vide persino delle pergamene in un angolo dello scrittoio, come suo padre aveva l’abitudine di tenere, con sopra un grande calamaio.
Amanda si avvicinò alla finestra e raggiunse Sirius, che si era perso ad osservare qualche dettaglio sulla scrivania.
“Che c’è?” gli domandò. “Ti piace lo studio? Credo di non avertelo mai mostrato.”
Sirius aveva una strana espressione dipinta sul volto, come se qualcosa non gli tornasse. Prese tra le mani il calamaio e lo rigirò, scrutandolo. Solamente ora che gli prestava la dovuta attenzione tra le mani di Sirius, Amanda lo riconobbe. Quello era il calamaio. Deglutì, comprendendo immediatamente ogni cosa. Si guardò intorno e incrociò lo sguardo di Charlus, che pareva completamente estraneo al disagio che lei stava vivendo. Non poteva essere vero, si stava sicuramente sbagliando, quello che Sirius continuava a guardare con sospetto non era il calamaio che aveva visto nell’ufficio di Silente. Insomma, era un calamaio da collezione, ma potevano essercene centinaia in giro, no? Perché se così non era, e Sirius lo aveva riconosciuto, voleva dire che apparteneva ad Orion. E se apparteneva a lui, ciò in cui era implicato l’ultima volta che Amanda gli aveva parlato era proprio il progetto di riportare in vita la sua casa.
“No, infatti, non l’avevo mai visto,” rispose Sirius, distratto. “Hai sempre avuto questo calamaio?” domandò.
“I-io non ricordo,” balbettò, evasiva. Sentiva di stare arrossendo e non sapeva come impedirlo. Anche Sirius se ne accorse.
“Ma sicuramente c’era,” tentò, sperando di risultare credibile. “Mio padre ne aveva talmente tanti che non li ricordo tutti… li collezionava!”
“È curioso che tu lo dica, sai?” fece, piatto. “Al contrario, in casa mia ce n’è stato sempre e solo uno, identico a questo,” raccontò. Amanda abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Sirius.
“E come questo, anche il mio ha inciso lo stesso anno sotto al vetro, 1952,” continuò, rigirandolo per mostrarglielo, “con le stesse iniziali, O. B.”
Amanda sentì il cuore martellarle nel petto. Non aveva senso continuare quella farsa, e tutto stava facendo tranne che sembrare innocente e piena di buone intenzioni.
Tuttavia, Sirius non la stava guardando; si era voltato verso Charlus, che stava sfogliando qualche libro accanto alla libreria assieme a James.
“Signor Potter,” chiamò. Il sorriso di Charlus era verso di loro.
“Dimmi, Sirius!”
“Perché il calamaio di mio padre si trova qui?” domandò lui, più calmo che mai.
L’espressione serena del signor Potter si spense in un decimo di secondo; gettò uno sguardo proprio ad Amanda, che ebbe l’impressione di sentirsi nuda. Quello non sfuggì a Sirius, che si voltò immediatamente verso di lei.
“Ecco, Sirius… io potrei sapere qualcosa al riguardo,” mormorò, cercando di sostenere il suo sguardo freddo. Amanda ricordò di non averlo mai visto così.
“Che… cosa sta succedendo?” domandò James, confuso. “Sirius, come fai ad essere sicuro?”
“Ho vissuto quindici anni in quell’inferno, sento la puzza di casa mia a miglia di distanza!” sbottò lui, improvvisamente. “Pensavi davvero che l’avrei riconosciuto? In che modo è riuscito a coinvolgerti?” domandò, incredulo, voltandosi ancora verso di lei.
“Io non sapevo-” tentò, ma fu interrotta da Sirius.
“È successo quando l’hai incontrato nell’ufficio di Silente, vero?” domandò. “Sapevo che era una pessima idea!”
“Cosa?” sbottò Amanda. “IO pensavo che fosse una pessima idea, tu credevi fosse geniale forzare tuo padre a dirmi che cosa avesse in mente!”
“E ci sei riuscita, vero?” l’accusò, infuriato. “Ma rendermi partecipe non era tra i tuoi piani! Quali erano i tuoi piani, a proposito?”
“Sirius, calmati,” disse Charlus, avvicinandosi per prendergli un braccio. Lui si scostò malamente, facendo cadere il calamaio sul pavimento, che si ruppe. Il suo inchiostro si riversò a terra, impregnando il tappeto.
“Ma di quali piani parli? Non mi stai lasciando spiegare!” esclamò Amanda, sulla difensiva.
“Ha ragione, Sirius, lei non c’entra!” intervenne Charlus. “È stata una mia idea fin dall’inizio,” confessò.
Sirius si bloccò. Anche Amanda guardò Charlus, sorpresa.
“Silente desiderava ricostruire, ma da come sapevi anche tu,” raccontò, “nulla cresceva più su questa terra. Avevamo bisogno di qualcuno che ci sapesse fare con gli incantesimi, qualcuno talmente scosso dalla morte dei Froude che passava i suoi giorni su un masso a guardare le macerie.
Ho detto a tuo padre quello che volevamo fare e non ha esitato un attimo a darci il suo aiuto, ha lavorato duramente, più di tutti, per rendere possibile tutto questo. Ha messo a rischio la sua posizione, entrando nell’Ordine ad una condizione: non voleva che tu lo scoprissi per non mettere in pericolo te e Regulus.”
James si sistemò gli occhiali sul naso, mentre il suo sguardo vagava da suo padre a Sirius, completamente sbalordito.
Amanda, coi nervi a fior di pelle, avvertì un fruscio sul pavimento; abbassò velocemente lo sguardo e vide il calamaio tornare perfettamente integro. Persino l’inchiostro ritornò nella boccetta. Si voltò a destra ed emise uno strillo sorpreso, nel vedere una bacchetta a mezzaria.
La stoffa cadde improvvisamente e il Mantello svelò Orion Black.
“È questo che fai con il Mantello dell’Invisibilità quando te lo rendo ogni estate? Ci nascondi sotto i genitori dei miei amici?” domandò James, esterrefatto. Il signor Potter gli diede una gomitata.
“Orion, non era necessario,” disse poi Charlus. “Sei sicuro?”
Il padre di Sirius raccolse il calamaio da terra e annuì. Poi parlò a Sirius.
“Comprai questo calamaio al Ghirigoro nel periodo in cui Mary Anne lavorava lì. Ho pensato che fosse legittimo che rimanesse in questa casa, non credevo tu l’avessi mai notato in casa nostra.”
“Tu non credevi un sacco di cose,” disse, glaciale. “Volevi tenermi al sicuro, dici, ma poi, tempo tre secondi e hai confessato tutto alla mia ragazza!” sbottò, e Amanda si sentì investita da un’occhiata risentita. “Ma potevi stare tranquillo, perché lei non mi avrebbe detto nulla.”
“Non sapevo che fosse nell’Ordine per questo, Sirius,” si difese lei. “E non mi ha detto nulla, sono io che ho capito che era coinvolto…”
“Amanda, non me ne hai parlato! Me l’hai volutamente tenuto nascosto!” sbottò, arrabbiato.
Provò ad avvicinarsi, ma lui indietreggiò. Si odiava per quello che aveva fatto, soprattutto per il modo in cui Sirius ora la stava guardando, deluso e ferito. Tuttavia, doveva sentire le sue ragioni, tutt’altro che vergognose.
“Beh… sì. Mio padre teneva all’Ordine. Se rivelarti una notizia di questo tipo di cui nessun altro era a conoscenza avesse minacciato l’integrità dell’Ordine stesso, non me lo sarei mai perdonato. Ho dovuto fare una scelta,” ammise, guardando anche James. “Mi dispiace.”
“Amanda non ha fatto nulla di così grave, Sirius,” aggiunse Orion. “Anzi, la lealtà che ha dimostrato mantenendo il segreto è ammirevole.”
“La mia ragazza è stata leale nei tuoi confronti, non nei miei!” esclamò Sirius, arrabbiato. “E questo per me è un problema.”
“Aiuterebbe a sentirti meglio se fossi nuda?” tentò lei. Sentì James soffocare una risata e lo vide scuotere il capo.
“No, dannazione, Amanda!” sbottò Sirius, sconvolto. “Ti sembra una cosa da dire in questo momento?”
“Perché? Di solito ti distrae…”
“Sarebbe un po’ inopportuno,” esclamò Orion, “ma se funziona davvero, vi lasciamo da soli.”
“Non darle corda, non è divertente!” fece, rivolto a suo padre. Poi tornò a lei. “E tu non provare a ridicolizzare questo momento!”
“Non lo sto facendo,” si difese Amanda, “sono solo confusa!”
“Stai per rimetterti la gonna come un mantello?” domandò James.
“Smettila di rinfacciarmelo, James! Che figura ci faccio col padre di Sirius?”
“Fai sul serio?” tuonò Sirius.
“È successo anche a Mary Anne, una volta!” esclamò Orion, divertito. Anche Charlus non riuscì a trattenere una risata.
“Mia madre odiava le gonne per quel motivo, sono troppo simili a mantelle… quanto invidio voi uomini quando è ora di vestirsi!”
“Non cambiare discorso, Amanda” l’ammonì Sirius. “Perché hai pensato che fare comunella con mio padre fosse una buona idea?!”
“Comunella?” chiese, esasperata. “Non è come pensi! Era importante, non riguardava solo te ma l’integrità dell’intero Ordine!” continuò. “Ci sono stata malissimo, e stavo per dirtelo proprio stasera, ma James ci ha interrotto!”
“Perché dovrei crederti?”
“Perché non dovresti?”
“Mi avresti raccontato tutto, certo,” commentò Sirius, sarcastico. “Come hai fatto in questa occasione.”
“Sì!” esclamò, convinta. “Cioè, avrei cambiato soggetti e nomi, ma la questione era la stessa. Avevo preparato una storia bellissima, ora te la racconto.”
“Non la voglio sentire,” disse lui, asciutto, ma Amanda continuò.
“C’era questa mia amica di nome Amelia, che sta con un ragazzo che ama tantissimo e che si chiama Steven-”
“Amanda, smettila!”
“Lasciami finire! Steven odia suo padre perché ha sempre creduto che non gli importasse nulla di lui-”
“Ha smesso di essere divertente ancora prima di cominciare!” proruppe Sirius, sbuffando.
“No, aspetta, a me piace, falla continuare!” esclamò James.
Amanda si schiarì la voce.
“Amelia viene a sapere che il padre di Steven sta facendo qualcosa per conto di un’associazione segreta in cui il padre di Amelia, che purtroppo non c’è più, credeva molto. Il padre di Steven, che si chiama Oswald – mi perdoni, signor Black, non ho trovato un nessun nome che le calzasse meglio di così…”
Orion strinse le labbra, cercando di trattenere un sorriso.
“Non preoccuparti,” la rassicurò. “Va’ avanti.”
“Beh, lui dice che è implicato in questa situazione che non svela, e Amelia intuisce comunque che si tratta di una questione del… del Disordine dei Fringuelli-”
James scoppiò a ridere e Amanda si interruppe. Anche Charlus e Orion sorridevano divertiti; l’unico che era ancora una maschera di serietà era Sirius.
“Hai finito?” chiese, glaciale.
Amanda si grattò la nuca.
“I-io… sì,” mormorò. “Insomma, Sirius, non l’ho fatto con le cattive intenzioni che tu pensi. Ho pensato al bene superiore, mi dispiace che tu ti senta tradito… voglio dire, mettiti nei miei panni, non avresti fatto lo stesso?”
Lui tacque qualche secondo, ma continuò a fissarla.
“Per fare lo stesso,” rispose, “avrei dovuto incontrare tuo padre, scoprire quello che faceva, accordarmi con lui e non dirti niente perché ti ritenevo troppo stupida da mantenere un segreto che lo riguardava, e poi comportarmi in modo scostante per tutta l’estate. No, Amanda, non avrei fatto lo stesso.”
Lei abbassò lo sguardo; gli occhi le bruciavano e sapeva che era questione di istanti prima che le lacrime facessero capolino.
“Benvenuto dal lato giusto, allora, padre,” disse poi, rivolto a Orion. “Meglio tardi che mai.”
Amanda guardò fuori dalla finestra e chiuse gli occhi quando la porta dello studio sbatté.
Sirius uscì e sentì anche i passi di James allontanarsi per raggiungerlo. Charlus le accarezzò i capelli in un gesto paterno di cui Amanda sentiva immensamente la mancanza, ma lei non voltò il capo, troppo impegnata a trattenere le lacrime. L’abbraccio di Orion fu il comodo rifugio che l’accolse; tuttavia, non riuscì a farlo durare più di qualche secondo. Istintivamente, sentì il bisogno di doversi nascondere in un posto dove nessuno potesse disturbarla; sotto il letto, dove i mostri potevano stare senza nuocere nessuno.
 
 
 
 
Note:
Salve a tutti!
Sono molto contenta di essere riuscita ad aggiornare entro un mese dall’ultimo capitolo! Sebbene pubblicherò il capitolo la mattina del 13, sappiate che in realtà sto scrivendo le note ora che l’ho terminato, ed è l’una di notte passata! Sono molto ligia ai miei doveri di fanwriter *^*
Allora, non dirò molto perché il capitolo è lungo e io sono stanchissima, però spero di aver descritto a modo diverse situazioni:
  • Evan: lo odiate ancora? Che ve ne pare? Io adoro la parte del flashback, Patrick è l’ammmore!
  • Sirius: in questo capitolo forse non vi piacerà perché vi sembrerà che certi suoi comportamenti siano stati esasperati, però un po’ lo capisco. Alla fine è un diciassettenne innamorato per la prima volta ed insicuro, perché diciamo che Amanda non sia bravissima a dare certezze XD. Quando poi scopre che la ragazza di cui è innamorato gli nasconde pure le cose, è plausibile che si senta tradito;
  • Amanda: ecco, lei in questo capitolo presenta più sfaccettature. È un periodo pessimo, prima Evan e poi la questione Orion che piomba così dal nulla! Spiego: lei stava sotto il letto perché si sentiva completamente impotente e nel torto più assoluto sia nei confronti di Evan che in quelli di Sirius (per i motivi che non sto a ripetere). Se James non li avesse interrotti, avrebbe confessato tutto a Sirius, venendo meno alla lealtà nei confronti dell’Ordine. Quale delle due cose Amanda avrebbe sopportato meno? Io per prima non lo so, in realtà la questione Ordine nascondeva un’incognita non proprio piccola: Sirius sarebbe riuscito a gestire il segreto oppure si sarebbe lasciato trasportare? Chissà, lascio i giudizi a voi!
Spero che le note abbiano un senso compiuto, sono quasi le due e vado a ninna!
Alla prossima e grazie a tutti voi che seguite :D!
 
Amanda
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Una tempesta nella pancia ***


Capitolo XXXII: “Una tempesta nella pancia”
 
Un’ora prima che Sirius uscisse dallo studio sbattendo la porta.
 
ORION
 
Aveva passato una vita intera a tentare di fare la cosa giusta. Si era vestito di abiti intonati alle migliori intenzioni; tuttavia, non era bastato. Il senso di inadeguatezza aveva continuato a perseguitarlo, l’impressione di non riuscire a terminare un respiro, di stare stretto nelle sue stesse vesti. Solo mentre ammirava il lavoro ormai ultimato a casa Froude, si rese conto che non si era mai sentito così bene come in quel momento. Quasi nulla gli aveva dato la meravigliosa emozione che stava provando in quel preciso istante, mentre osservava la nuova casa di Portaleen.
“Dopo i miei figli, è la terza miglior cosa che ho fatto nella mia vita,” ammise Orion. Charlus, accanto a lui, si voltò e sorrise.
“Sono sicuro che te ne stai dimenticando qualcuna,” rispose. “Non so come ringraziarti per tutto quello che hai fatto.”
Distolse lo sguardo da lui e osservò il mare, oltre la finestra dello studio; non gli era mai piaciuto ricevere ringraziamenti o complimenti di alcun tipo, non aveva mai saputo reagirvi adeguatamente.
“Silente dov’è?” domandò, tergiversando.
“Alla ricerca di un nuovo insegnante di Difesa,” rispose. “L’ennesimo.”
Da tempo, ormai, ogni estate era la stessa storia; per qualche motivo, nessun insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure riusciva a mantenere il posto per più di un anno scolastico. Aleggiava persino il sospetto che ci fosse una maledizione, su quell’incarico.
Charlus riprese a parlare, facendolo tornare alla realtà.
“Pensavo di andare a chiamare Amanda e Layla per… fare loro una sorpresa, insomma. Voglio che siano le prime a vedere quello che abbiamo costruito.”
Orion tacque un momento, poi sospirò e annuì.
“È un’ottima idea, strano che non sia venuta in mente a me,” scherzò, celando il dispiacere di dover andarsene. 
“Sicuro di non volerti fare vedere dai ragazzi?” domandò Charlus.
“Sì, è meglio così, credimi,” borbottò. Si abbottonò il mantello; fuori era visibile il vento sferzare contro le onde.
Charlus stette in silenzio qualche secondo, lo vide rovistare nella sua borsa e tirare fuori un vecchio mantello grigio e lucente, ma dall’aria un po’ logorata. Malgrado il figlio glielo restituisse ogni estate, Charlus lo usava davvero di rado.
“Potresti usare questo,” gli disse ad un certo punto, passandoglielo con un gran sorriso incoraggiante stampato sul volto. Orion lo guardò, perplesso.
“Ce l’ho, un mantello,” gli fece notare, sardonico.
“Non questo,” insistette, con una scintilla furba negli occhi.
“Già, il mio è molto più bello, non volevo che ti offendessi,” ammise Orion.
“Prendilo, davvero,” gli propose ancora. “Mettiti nell’angolo e aspetta che ritorni, i ragazzi non ti si accorgeranno che sei qui.”
Orion rimase immobile, osservando il mantello dell’Invisibilità.
“Lo so che vuoi vedere tuo figlio.”
Ebbe ancora un secondo di titubanza; dopodiché, si convinse ad indossarlo e subito vide il suo corpo sparire sotto il tessuto.
 
*
 
Si guardò intorno; lo studio era rimasto vuoto e nulla era andato come previsto. Sentì i passi lontani di Amanda e Charlus scendere lentamente le scale, diretti di nuovo verso Inishmòr, ma senza Sirius, corso chissà dove. Percepì il senso di colpa, non avrebbe mai voluto essere la causa del loro litigio e sperò che suo figlio non se la fosse presa tanto quanto gli era parso. In quel momento, non c’era nulla che potesse fare per rimediare; anzi, era piuttosto urgente che sbrigasse un’altra faccenda. Raccolse il mantello di Charlus dal pavimento e lo appoggiò sulla scrivania, si allacciò il suo, e dalla tasca interna tirò fuori la sua Giratempo. Cigolò lievemente mentre la girava quattro volte. Chiuse gli occhi perché il suo stomaco mal tollerava di tornare indietro nel tempo.
Lo studio era ancora vuoto, ma questa volta Orion sapeva che sarebbe stato così ancora per poco; si affrettò ad uscire dal retro della casa per non essere visto dal sé stesso di quel momento mentre arrivava in compagnia di Charlus. Si allontanò di qualche centinaio di metri dalla casa, per essere sicuro che gli incantesimi di protezione non fossero più attivi. Voltatosi indietro, notò che funzionavano: la casa, per quanto bene sapesse che si trovava proprio accanto al mare, in lontananza, non era più visibile. Era di nuovo possibile Smaterializzarsi.
In una manciata di secondi si ritrovò a Grimmauld Place. Guardò l’orologio della piazza, segnava le quattro del pomeriggio; il se stesso del passato era uscito da poco più di mezzora, un tempo più che sufficiente per rendere credibile il pretesto per cui era uscito - fare un salto a Nocturn Alley per gli ingredienti che gli servivano.
Si avvicinò alla porta d’ingresso ed entrò.
Kreacher gli diede il benvenuto con un inchino talmente profondo che il naso gli toccò il pavimento lindo, e Orion comprese perché quel livido sul volto faticava ad andare via.
“Già di ritorno, padron Black?”
Orion si tolse il mantello e glielo porse.
“Sì, le uova di salamandra sono state la cosa più interessante che ho visto nell’ultima mezz’ora,” affermò, avanzando in direzione del salotto. “Mia moglie dov’è?”
“Sono qui,” rispose Walburga, sbucando dalle scale. Gli rivolse un’occhiata penetrante.
“Bene,” borbottò, a disagio. “Se mi cerchi, sono nello studio.”
“Ne dubito,” fece lei, algida. Orion mosse dei passi in direzione delle scale, ma la moglie lo fermò con l’intenzione di continuare la conversazione.
“Cosa devi fare?”
“Scrivere una lettera,” ammise molto candidamente. Di solito, tra loro era un continuo battibecco, con Walburga che tentava di scoprire cosa combinasse e lui, più ermetico di una serratura alla Gringott, che continuava a non rivelarle nulla.
Walburga gli riservò un’occhiata indagatrice.
“A chi?”
“A Bellatrix,” rispose. Strattonò il braccio in modo da essere libero di andarsene; tuttavia, lei lo seguì su per le scale.
“E perché mai?”
“Per far tornare a casa Regulus. È ora, ormai.”
“Mancano ancora due settimane, prima del termine delle vacanze. Perché dovrebbe tornare ora?”
“Non capisco per quale motivo debba stare lì così a lungo. Lo voglio qui a casa.”
Raggiunse la porta dello studio, tuttavia Walburga continuava ad importunarlo.
“Per farci cosa? Rammollirlo? Penso che più ti stia lontano, meglio sia.”
“Tutt’altro. Se deve sostenere gli ideali del Signore Oscuro, voglio che ne sia all'altezza. Me ne occuperò personalmente.”
Entrò nello studio, fortunatamente la moglie rimase sulla soglia.
“Sono sicura che Bellatrix faccia già abbastanza. Sa il fatto suo,” insistette lei.
“Sai meglio di me che sono il migliore, con gli incantesimi. Se bisogna fare qualcosa, mi piace farla nel miglior modo possibile,” terminò, avvicinandosi alla scrivania.
“Oh, sì, lo dicesti anche la prima volta che mi ingravidasti, ma poi i risultati si sono visti,” commentò Walburga, prima di uscire sbattendo la porta.
 
SIRIUS
 
Dovette aspettare di allontanarsi oltre trecento metri dalla casa, prima di riuscire a Smaterializzarsi. James lo inseguì, ma dovette ben presto arrendersi alla sua velocità; per quanto fosse il più agile a prendere un boccino, Sirius sapeva che l’amico non era mai riuscito a superarlo nella corsa.
Succedeva raramente che non volesse vedere nemmeno il suo migliore amico, ma quella era una delle volte, aveva bisogno di isolarsi coi suoi pensieri. Il problema era che se n’era andato sbattendo la porta, ma la rabbia era rimasta lì, proprio in quella stanza. La collera e la sensazione di essere stato tradito erano sparite non appena era uscito da Casa Froude. Era esattamente da quello che stava scappando. Perché non era arrabbiato? Perché aveva perdonato Amanda esattamente un secondo dopo averla guardata negli occhi? Dannazione! La sua maledetta storiella era stata talmente assurda che aveva dovuto far appello a tutta la sua forza di volontà per non ridere. Gli scappò un sorriso anche in quel momento, mentre appoggiava lo sguardo sul mare, oltre le scogliere di Moher sulle quali si era appena Materializzato. Riconobbe quella terribile sensazione, era la paura: possibile che la amasse a tal punto da riuscire a perdonarle persino l’essersi accordata con suo padre per nascondergli un’informazione così importate? Era davvero così debole? Quando era accaduto? Amanda aveva il coltello dalla parte del manico e l’aveva appena pugnalato. Era stato doloroso e frustrante. Raccolse un sasso da terra e lo gettò giù per la scogliera con un lancio, ma non percepì alcun rumore della caduta a causa del forte gorgoglio delle onde che s’infrangevano.
“Ah! Trovato!” esclamò una voce soddisfatta alle sue spalle.
Sirius si voltò e, nella penombra della sera che ormai stava scendendo, vide James avanzare verso di lui. Sbuffò e si sedette a terra.
“Vattene,” borbottò, anche se non sembrò affatto convinto.
“Come, scusa? Non ti congratuli nemmeno un po’ con me che ho beccato esattamente dove ti trovassi al primo colpo?” domandò, deluso.
Sirius gli rivolse uno sguardo perplesso e James confessò.
“E va bene, il secondo,” ammise. “Ero indeciso tra questo posto e quella collina piena di pecore che abbiamo incontrato sulla strada per venire qui.”
“Anche io,” sorrise Sirius. Lo guardò mentre si sedeva accanto a lui, le gambe a penzoloni sullo strapiombo.
“Sai, mi hai veramente stupito quando sei corso via,” continuò, con gli occhi fissi verso il tramonto. “Voglio dire, sei stato bravo… nessuna prima donna riuscirebbe a correre così velocemente sui tacchi!”
Sirius gli scoccò un’occhiata malevola.
“Avrei voluto vedere te al mio posto,” rispose, contrariato.
“No, grazie!” esclamò James. “Piuttosto, non sarei voluto essere nei panni – confusi – di Amanda.”
“Tu me l'avresti detto!” esclamò Sirius, convinto.
“Certo che l'avrei fatto,” rispose, ridendo. “Ma noi siamo anche due idioti, Sirius, mentre Amanda sa fare la cosa giusta. Vuoi davvero prendertela per questo?”
Sirius lo guardò, sbigottito.
“Le stai dando ragione?”
“Dal suo punto di vista e da quello di tutti gli altri tranne il tuo? Sì, Sir, ha ragione! Non si trattava di noi, ma di qualcosa di più grande, qualcosa di cui – tra l’altro – vorremmo far parte, a breve. Che credibilità avremmo avuto agli occhi dell’Ordine se lei non avesse mantenuto il segreto? Se ci fossimo intromessi e rischiato di mandare a monte l’intera operazione per un nostro capriccio? A questo punto, fidati, sono grato ad Amanda per averci tenuto all’oscuro di tutto!”
Sirius tacque. Non aveva affatto riflettuto su quell’aspetto della faccenda, non aveva considerato quello che lui riteneva un torto in un’ottica più generale. E James aveva dannatamente ragione. Si sentì anche un po’ ridicolo, con tutta probabilità aveva fatto la figura dell’idiota agli occhi di Charlus e di suo padre.
“Non… non ci avevo pensato,” ammise, sconvolto.
“Come potevi? Con quei tacchi… o corri o pensi!” lo canzonò James.
“Smettila,” borbottò, contrariato. “Ti sto dando ragione, che altro vuoi?”
“Me lo chiedi pure?” fece l’amico, sorpreso. “Perché siamo ancora qui?”
Sirius si alzò e si pulì i pantaloni dalla terra.
“Hai ragione,” sospirò. “Me ne sono andato come un idiota, non so nemmeno dove sia Amanda…”
“È una sensazione meravigliosa, sentirselo dire. Ora capisco le ragazze!” esclamò James, tirandosi su.
“Non dirglielo,” lo ammonì Sirius, preparandosi a Smaterializzarsi. Realizzò di dover trovare al più presto il modo di chiedere scusa alla compagna senza ammettere di aver decisamente sbagliato.
 
*

Non era in corso nessuna gara di potere nella loro relazione, nessun coltello, e non c’era stata alcuna pugnalata. La sorpresa che aveva provato nello scoprirsi all’oscuro di quella situazione e la successiva rabbia lo avevano reso completamente cieco al dolore che probabilmente stava causando ad Amanda.
Si Materializzarono proprio fuori dalla casa a Inishmòr, sicuri di trovarla ormai lì. Si era fatto buio, nel frattempo, le luci nella casa erano accese e si distinguevano bene le teste di Layla ed Evan, affacciati alla finestra accanto all’ingresso, probabilmente attirati dal sonoro crac che la smaterializzazione aveva causato.
Abbassò lo sguardo sulle scale del portico e vide Amanda accucciata su uno scalino, le ginocchia strette al petto e gli occhi gonfi. Lo guardava con un’espressione terrorizzata; le si avvicinò e fu distratto dalla porta d’ingresso della casa, che si spalancò improvvisamente. Layla uscì come una furia, i capelli biondi disegnarono una macchia mossa aggrovigliata nel buio di quella serata. Lo raggiunse e si frappose tra lei e Amanda; Sirius indietreggiò per evitare una spinta. Evan, corso dietro di lei, la trattenne per un braccio.
“Sei impazzito? È facile prendersela e scappare senza affrontare una discussione, vero?” sbraitò, furiosa.
“Layla!” esclamò James, sorpreso. “Adesso è qui, lascia che-”
“È qui perché ce l’hai portato tu!” sbottò lei, senza risparmiare a Sirius l’ennesima occhiata sprezzante. “Lui ha pensato di scappare e fare l’offeso perché è convinto che qualsiasi cosa lo riguardi! Quanto avevi pensato di stare via, Black? Ore… giorni? E poi? Saresti tornato quanto prima ti aggradava?”
“Smettila!” esclamò Sirius, indignato. “Stai esagerando. Sarei tornato subito, anche se non fosse arrivato James!”
Layla si avvicinò ancora, minacciosa, e gli puntò un dito contro.
“Mia sorella non ha bisogno di qualcuno che entra ed esce dalla sua vita a piacimento. Se vuoi esserci, devi restare. Altrimenti, sparisci e non farti più vedere. Non ci servono i codardi.”
Lay!” sbottò all’improvviso Amanda, con la voce rotta. Si alzò dallo scalino su cui era seduta affiancò la sorella.
“Chiedigli subito scusa!” esclamò, sconvolta.
“Perché dovrei? Non si è comportato da codardo, scappando via?” domandò. Sirius si morse la lingua e ricacciò indietro qualche risposta troppo impulsiva che avrebbe solo peggiorato la situazione.
“Non spetta a te dirlo!” rispose la sorella.
“Non sono d’accordo,” tentò Layla, ma fu interrotta da un gesto spazientito di Amanda.
“Va’ dentro, è una cosa che riguarda me e Sirius,” terminò, perentoria.
Evan la prese delicatamente per un braccio; Layla sostenne lo sguardo della sorella con sfida per qualche momento e oppose una leggera resistenza, ma poi si convinse a indietreggiare verso casa, senza tuttavia risparmiare un’ultima occhiataccia a Sirius.
“Ehm… James?” chiamò Evan, facendogli cenno. James parve destarsi solo in quel momento.
“Cosa? Ah, sì, certo… vi lascio soli,” borbottò. Si schiarì la voce. “Devo proprio?” domandò, seccato.
“Sì!” esclamò Sirius, e si accorse di aver parlato nello stesso momento di Amanda.
James entrò nella casa un po’ svogliatamente. Nonostante la finestra chiusa e la tenda tirata,
le ombre di ben tre teste erano visibili nel tentativo di spiarli.
Sirius tornò a guardare Amanda, stretta nelle spalle; indossava una larga felpa blu non sua, dentro cui sembrava ancora più piccola.
“Sei… sei venuto a prendere le tue cose?” domandò lei improvvisamente, con un filo di voce.
“Amanda, io-” tentò, ma la compagna lo interruppe parlando velocemente, intervallando qualche singhiozzo nel tentativo di trattenere le lacrime.
“Non tenterò di convincerti delle mie ragioni, se per te quello che ho fatto è qualcosa sopra cui non puoi passare, non c’è nulla che io possa dirti per migliorare la mia posizione. N-non posso neanche dirti che sono pentita, perché lo rifarei, sono ancora convinta che fosse la scelta migliore, Sirius, anche se ne costerebbe la nostra relazione.”
“Calmati, Amanda!” esclamò, tenendola per le spalle. “Sono qui per restare. Davvero.”
La compagna tacque e lo investì con un abbraccio quando realizzò quello che aveva detto. Sirius la strinse a sé e le accarezzò i capelli, baciandole delicatamente il capo.
“Mi dispiace… non ho realizzato subito la portata di un segreto del genere, ho pensato che riguardasse solo me, poi ho capito -  cioè, James mi ha fatto capire - che non avremmo avuto credibilità agli occhi dei membri dell’Ordine, se tu avessi tradito la promessa data,” le confessò.
Amanda sciolse l’abbraccio per guardarlo.
“Era proprio quello che volevo dirti,” intervenne Amanda, “ma poi me ne sono uscita con quella storia ridicola… non do esattamente il meglio di me sotto pressione, lo sai!”
“La storia era molto divertente,” commentò Sirius, abbozzando un sorriso. “Il Disordine dei Fringuelli? Era geniale, dovrei congratularmi.”
“Mi è venuto un colpo quando ho visto tuo padre,” continuò, parlando velocemente. “Insomma, non mi aspettavo fosse implicato proprio in quel progetto… e non sapevo nemmeno che esistesse quel progetto. Mi sento in colpa ad essergli così grata per quello che ha fatto, mentre tu continui a odiarlo. Non ti sei chiesto perché tuo padre fosse sotto quel mantello? Avrebbe potuto andarsene prima del nostro arrivo, Sirius… è rimasto perché voleva vedere te.”
“Forse aveva bisogno di sentirsi osannare per la sua rischiosa impresa, a costo di farci litigare!” esclamò, e sentì la rabbia ricominciare a montargli nella pancia.
Amanda scosse il capo, convinta.
“No, lui approva la nostra relazione, non avrebbe mai voluto metterci l’una contro l’altro, era per questo che non voleva rimanere… lo ha convinto Charlus a nascondersi sotto il Mantello e restare.”
Sirius non rispose, sopraffatto da una situazione che non era pronto a gestire. C’era sempre stata la sua famiglia da una parte e lui dall’altra. Era stato facile allontanarsene, tagliare ogni possibilità di comunicazione, grazie alla netta separazione di colori: lui bianco, loro neri, o viceversa. Non aveva mai dovuto fare i conti con delle sfumature come in quel momento; cosa doveva aspettarsi, ora che aveva scoperto che suo padre aiutava l’Ordine? Che magari anche Regulus facesse il doppio gioco? Perché la sua dannata famiglia non parlava chiaro?
“Sai cosa mi fa imbestialire?” domandò. “Che a sentir lui, mio padre è sempre stato diverso dal resto della famiglia, esattamente come me, ma non me l'ha mai mostrato. Mi ha sempre fatto sentire solo, quando in realtà non lo ero. Non dovrebbe farti sentire all'opposto, un buon padre?”
Amanda sospirò.
“Certo che dovrebbe,” rispose. “Mi... mi dispiace Sirius. Pensavo che, una volta che lo fossi venuto a sapere, vi sareste davvero riavvicinati.”
“A me spiace deluderti, invece, perché non accadrà mai,” affermò, secco. “Togliti dalla testa l’immagine di me e mio padre che corriamo verso il tramonto, okay?”
Una scintilla minacciosa illuminò lo sguardo della compagna.
“Sarebbe fantastico!” esclamò lei, trasognata.
“No, sul serio-”
“Ci penso io, non preoccuparti!” concluse Amanda, cominciando a saltellare eccitata.
Sirius alzò gli occhi al cielo e sperò che non dicesse sul serio. Senza che si dicessero nulla, le diede le spalle in modo che lei si potesse arrampicare sulla sua schiena. Amanda gli circondò il collo con le braccia, così Sirius la sollevò. Pensò che non aveva mai preso in braccio qualcuno tanto spesso se non da quando stava con Amanda, e quel modo in particolare era diventato un po’ la firma della loro relazione. Lo faceva sentire come se stesse andando tutto alla grande.
Sta andando tutto alla grande, pensò, mentre entravano finalmente in casa.
 
 
*
 
Layla non gli parlò per almeno due giorni. E si arrabbiò persino con Amanda, quando seppe che si erano riappacificati più repentinamente del solito. A quanto pare, Layla gli era affezionata più di quanto pensasse, e scoprirlo lo sorprese non poco. Amanda invece non sembrò tanto stupita.
“Ti vuole bene,” gli aveva detto la mattina dopo a colazione, passandogli i biscotti. “Più di quanto pensi, ci vede insieme continuamente e ti considera la sua famiglia. È solo delusa, nulla che non si possa sistemare. Prova a parlarle… o a portarle un libro! Di solito funziona.”
Esterrefatto da quella notizia, Sirius si presentò con tutte le buone intenzioni – ed il primo libro trovato in soffitta, per andare sul sicuro – davanti alla porta della camera di Layla, il pomeriggio successivo.
“Che vuoi,” borbottò lei a braccia conserte, sulla soglia.
Sirius si schiarì la voce e le porse il libro, ma lei non lo prese.
“Vengo in pace,” tentò con un mezzo sorriso.
Layla lo guardò male ancora per qualche secondo, prima di prestare attenzione al libro. Aprì la porta lasciandolo entrare; tuttavia, non diede alcuna attenzione all’omaggio che le aveva portato. Pensò che doveva essere davvero furiosa. Entrò, ma rimase in piedi, guardandosi intorno. Appoggiò il libro sul letto.
“Mi sono accorto che hai ancora qualche problema a salutarmi e… beh, in generale a considerare la mia esistenza,” affermò, ironico.
“Meno male che non sei quello furbo del gruppo,” disse fra i denti, lasciandosi cadere sul letto. In quello era identica a sua sorella.
Sirius sospirò, seccato.
“Vuoi una lettera di scuse?” sbottò. “Una dichiarazione formale in cui mi impegno a non andarmene? Mi sono scusato, Lay, ti ho detto che mi dispiace e che non me ne andrò più! Francamente, penso che tu stia esagerando!”
Lei gli rivolse uno sguardo tagliente.
“Pensi di sapere tutto, vero?” gli domandò all’improvviso, alzandosi e raggiungendolo. “Di come funziona il mondo, di come si trattano le persone? Eppure, commetti sempre lo stesso errore, perché credi che siano sempre gli altri ad esagerare e a sbagliare! Non mi sarei dovuta stupire quando sei scappato da mia sorella, in fondo l’avevi già fatto con tuo fratello-”
“Non – osare!” proruppe, arrabbiato, ma Layla lo scavalcò ancora.
TU – NON – OSARE!” urlò. “Sei convinto che esista solo il tuo, di coraggio, quello di affrontare le cose di petto o fregarsene e scappare, ma non è così. C’è anche chi ha il coraggio di restare, ed è molto più difficile di quanto tu possa immaginare!”
Sirius non seppe dove trovò l’autocontrollo per zittirsi e non inveire contro Layla.
“All’improvviso ricominci a parlare di mio fratello come se nulla fosse,” commentò piano, sospettoso. “E parli di coraggio come se ne sapessi qualcosa.”
“Puoi dirlo forte,” rispose, sostenendo il suo sguardo.
“Già,” rispose, “detto da chi ha riposto malamente la fiducia in mio fratello, è un po’ ridicolo.”
Si pentì immediatamente di averlo detto. Nemmeno lo pensava, in realtà, era solo arrabbiato a causa di tutto il veleno che lei gli aveva sputato addosso. Gli occhi di Layla si assottigliarono, ma non reagì con la furia che si aspettava.
“Ti avviso che se eri venuto qui per sistemare le cose, non stai facendo un buon lavoro.”
“Per me, questa situazione è assurda, Lay,” ammise.
“Per me no, Sirius. Perché per me eri un fratello, e i fratelli non se ne vanno, tutto qua.”
“Lo sono ancora, Layla, puoi fidarti,” rispose, convinto. Lei tacque, interessata di più al libro che le aveva portato, ancora sul letto. Iniziò a sfogliarlo e si immobilizzò.
“Dove l’hai preso?” chiese, con lo sguardo sconvolto.
Sirius aggrottò la fronte.
“In soffitta,” rispose, perplesso. “Era in uno scatolone insieme a tanti altri libri… perché?”
Layla si alzò in uno scatto repentino e gli mostrò alcune pagine. Non era un libro, ma un diario.
“Questo è il diario di mia madre, Sir!” esclamò, eccitata. Si diresse verso la porta e la spalancò, chiamando a gran voce sua sorella. Non ci fu alcun bisogno di cercarla, tuttavia, poiché sulla soglia della camera la trovarono ad origliare insieme a James e Jaded.
“Seriamente, ragazzi, quando vi farete una vita?” domandò Sirius, seccato.
“Mandy, guarda!” disse Layla, passandole il diario.
“È la scrittura di mamma,” mormorò Amanda, stupefatta.
Sirius si sentì tutti gli sguardi addosso.
“Ho aperto il primo scatolone che ho trovato in soffitta,” si giustificò lui, facendo spallucce. “Non sono stato a guardare nemmeno il titolo, era sopra tutti gli atri libri e l’ho preso!”
“C’è una soffitta?” domandò Jaded. “Io adoro le soffitte!”
“Altri libri? Caspita, pensavamo di aver perso tutti i ricordi!” esclamò Amanda, felice.
“Quindi c’è altra roba?” domandò James, curioso.
Sirius fece loro strada in una soffitta buia e piena di polvere. Accesero la luce e li portò nel punto esatto in cui si trovava lo scatolone da cui aveva preso il diario. Ora che lo esaminava meglio, vide scritto in un angolo della scatola ‘Mary Anne, Hogwarts’.
Amanda e Layla si abbassarono per aprirlo con foga, e si trovarono davanti ogni tipo di materiale scolastico degli anni scolastici della loro madre, dalle piume alle pergamene, dai diari scolastici ad appunti, da libri a saggi scritti fittamente… e poi album pieni di fotografie, gli oggetti più disparati, tutti riposti in modo meticoloso e ordinato.
“Perché la mamma non aveva questi ricordi nella nostra casa?” domandò Amanda, perplessa, mentre annusava degli appunti scritti su fogli di pergamena.
“Forse perché papà poteva essere infastidito da queste,” rispose prontamente Layla, mostrando ad Amanda delle foto.
Sirius si avvicinò e scorse in quelle foto sbiadite e in bianco e nero dei volti sorridenti. Erano per lo più foto di gruppo, probabilmente di classi e gruppi scolastici, ma in parecchie di queste, Orion e Mary Anne erano uno accanto all’altra e sorridevano, piuttosto complici.
“Cavolo, Sir, hanno ragione a dire che siete identici,” affermò Jaded, con una foto tra le mani.
“Sembra una di quelle scatole in cui metti tutte le cose che ti ricordano il tuo ex, avete presente?” continuò Jaded, sfogliando degli appunti. James sbirciò.
“Questi non credo siano di vostra madre, la scrittura è diversa. ‘Per Scheggia, guai a te se non me li restituisci’,” lesse James.
Sirius li prese tra le mani e riconobbe subito la calligrafia.
“Sono di mio padre,” mormorò.
“Lo so che non dovrei, ma li vedevo così bene insieme!” esclamò Jaded. “Dai, guardate che coppia meravigliosa!” aggiunse, mostrando una foto a supporto della sua opinione.
“Jade!” esclamò Layla, imbarazzata.
“Non rimproverare me, sono sicura che anche tua sorella la pensi come me!” si difese, mentre Amanda arrossiva piuttosto vistosamente.
“Hey, Sir, guarda!” esclamò Amanda, cambiando argomento. Tirò fuori dalla scatola un portachiavi in cuoio rosso scuro. “Potresti usarlo per le chiavi della moto, è anche del tuo colore preferito!”
“Il rosso non è il mio colore preferito,” puntualizzò Sirius.
“Sì che lo è, lo indossi spesso,” insistette la compagna.
“Questo è vero, ma perché sono un Grifondoro.”
“Il suo colore preferito è il blu,” s’intromise Jaded. La tecnica di depistaggio aveva funzionato. “Ma non usa nulla di quel colore perché non vuole stancarsene.”
“Cosa? Non è vero!” esclamò Amanda. Sirius, tuttavia, tacque. “E non ha nemmeno senso!”
“Tu sei l'ultima che può giudicare cosa abbia senso o no,” borbottò lui. “E no, Jade, il mio colore preferito non è nemmeno il blu.”
“Che cosa?” fece lei, sconvolta. “E allora quella maglietta che t- che James ti ha regalato per il tuo compleanno due anni fa? Dicesti 'È il mio colore preferito, ma non la metterò mai per paura che mi stanchi'!”
“Non ricordo nessuna maglietta,” borbottò James, sospettoso, ma Jaded lo interruppe, infervorata. “Mi stai dicendo che era una bugia?”
“Beh, sì, non volevo che ci rimanessi - cioè, che James ci rimanesse male!”
“Sei stato molto carino a farti questi problemi, mi sento in colpa a non ricordarmene,” continuò l’amico, pensieroso.
“Non ho un colore preferito… Nemmeno li distinguo, sono un uomo,” concluse lui, esasperato. Senza dire altro si intascò il portachiavi, evitando di domandarsi a chi fosse appartenuto.
 

 
REGULUS
 
Non aveva idea del motivo per cui suo padre volesse andare a Diagon Alley con così tanto anticipo. In fondo, mancavano ancora dieci giorni prima del ritorno ad Hogwarts. Tuttavia, ne era contento; con tutta probabilità, gli studenti novelli si sarebbero accalcati tutti nell’ultima settimana, e andarci con quell’anticipo e fare gli acquisti scolastici di cui necessitava prima dell’inizio del nuovo anno sarebbe stato molto meno stressante e affollato. Aveva supposto che suo padre avesse fatto lo stesso ragionamento; tuttavia, notando il clima nervoso in casa da quella mattina, comprese che l’unico motivo era togliersi da Grimmauld Place e dalle occhiate gelide di Walburga Black.
Era tornato a casa solo da qualche giorno, e malgrado avesse passato gran parte dell’estate a casa di Bellatrix imparando qualsiasi tipo di incantesimo oscuro, non riusciva affatto ad adattarsi al clima di tensione di casa sua.
Regulus scese le scale e raggiunse il corridoio a ridosso dell’entrata, dove suo padre lo attendeva.
“Sei pronto?” gli chiese, allacciandosi il mantello.
Regulus annuì. Sentì dei passi alle sue spalle, e si voltò, scorgendo sua madre che si avvicinava. Le labbra erano strette, gli angoli della bocca andavano verso il basso, indicando un certo disappunto di fondo in qualsiasi espressione facesse, un po’ come un atteggiamento nei confronti di quella vita, in generale.
“L’ho capito che te ne stai andando solamente per non avermi intorno,” disse Walburga, indispettita.
Orion la guardò, perplesso.
“Se così non fosse stato, mi ero assicurato che Kreacher te lo dicesse,” la rassicurò Orion, aprendo la porta.
 
*
 
A quanto pare, parecchi studenti che si apprestavano a frequentare il primo anno ad Hogwarts avevano avuto l’idea di mettersi avanti con gli acquisti. Madama McClan era gremita di undicenni scalpitanti, e il chiasso era udibile persino da fuori il negozio.
Regulus e suo padre fissarono l’interno del negozio per un tempo indefinito, attraverso i vetri.
“Non me la sento di entrare,” borbottò Regulus.
Orion annuì.
“Te ne sono grato,” rispose il padre. “Guarda che fila, dovrebbe essere illegale! Comprerai il mantello che ti serve ad Hogsmeade.”
Si voltarono verso la strada, suo padre gli sorrise. Nell’ultimo periodo, nonostante il clima di tensione alle stelle in casa, notava che sorrideva molto di più. Inoltre, la lettera che aveva ricevuto da lui lo aveva stupito; aveva insistito affinché tornasse a casa, e una volta che vi aveva messo piede dentro, lo aveva reso complice di un grandissimo segreto. Evidentemente, suo padre lo conosceva più di quanto fosse disposto ad ammettere e aveva capito che la strada da lui intrapresa qualche mese fa non rispecchiava la sua devozione al Signore Oscuro. Non l’aveva giudicato, bensì aiutato: gli aveva proposto di insegnargli a controllare i propri pensieri e a schermare la mente da qualsiasi intrusione. Regulus non sapeva dell’esistenza di questa branca della magia, chiamata Occlumanzia, ma capì di averne estremamente bisogno, così aveva accettato. A sua madre, avevano raccontato di lavorare per potenziare gli incantesimi oscuri che aveva appreso da Bellatrix, e condividere questo segreto li aveva avvicinati ulteriormente.
Mentre si perdeva in questi pensieri, l’insegna di Wiseacre’s lo fece tornare alla realtà. Amava quel negozio, e gli piaceva soprattutto il fatto che, inspiegabilmente, non a tutti interessava l’Astronomia, e che quindi spesso il negozio contasse pochissimi clienti. Si fermò davanti alla vetrina, ammirando gli ultimi telescopi magici, dotati addirittura di mappe astrali che disegnavano perfettamente tutto ciò che vedevi attraverso le lenti.
“Vuoi entrare?” chiese suo padre, occupato a guardare l’interno del negozio.
Regulus fece una smorfia, tentando invano di celare un certo interesse.
“Vai pure, quest’anno hai bisogno di un buon telescopio, se vuoi fare Astronomia Avanzata,” insistette. “Io ti aspetterò facendo un giro nel negozio accanto, ho bisogno di alcune beute.”
Senza farselo ripetere due volte, entrò nel negozio e si diresse nella parte di negozio in cui sapeva che avrebbe trovato ciò che gli serviva. Superò gli scaffali con i libri e raggiunse la zona dei telescopi. Erano appoggiati su un grande tavolo, ordinati per grandezza e modello. Perse qualche minuto ad ispezionarli accuratamente, allontanando anche il proprietario, un anziano petulante che intendeva consigliarlo nella scelta.
“So di cosa ho bisogno, non c’è bisogno che me ne parli come se fossi una…”
La voce dietro di lui si arrestò, giusto in tempo per gelargli il sangue nelle vene. Regulus si voltò e a pochi passi da lui vide Layla.
“…novellina,” terminò, senza togliergli gli occhi di dosso.
Regulus guardò il proprietario, che sembrava infastidito di non essere d’aiuto, quel pomeriggio.
“Bene,” borbottò il vecchio. Guardò a occhi stretti entrambi. “Quando avete scelto, io sono alla cassa,” terminò. Diede le spalle ad entrambi e sparì dietro uno scaffale.
Regulus e Layla rimasero a fissarsi per secondi interminabili. Il sangue era tornato della giusta temperatura nelle proprie vene, ma, in compenso, il cuore aveva preso a battere in un modo che non riusciva a controllare. Gli faceva quasi male.
Che senso aveva avuto evitarla per tutta l’estate, se rivederla così, all’improvviso, gli dava quell’effetto? Aveva lavorato tanto, per non pensarci, si era sforzato di dimenticarsi il suo volto, il modo in cui gesticolava, il colore dei suoi capelli, la sua voce… il modo buffo in cui pronunciava alcune parole… gli tornò in mente tutto improvvisamente mentre la guardava.
“Ciao,” lo salutò Layla, con un filo di voce.
Senza volere, Regulus sorrise. Per tutta l’estate aveva temuto che lo odiasse, e invece lo aveva salutato. Lei ricambiò il sorriso timidamente, lo stomaco di Regulus fece qualche capriola.
“Ciao,” rispose, mentre mille domande cominciavano ad affollargli la mente. “Come stai? Come è andata l’estate?”
Layla si avvicinò ad un telescopio, proprio accanto a lui, e si guardò intorno per essere sicura che nessuno li stesse guardando. In effetti, essere visti in quel momento era difficile, siccome il negozio era praticamente vuoto e la vetrina non era visibile da quel punto. A Regulus tornò in mente suo padre: possibile che avesse insistito a farlo entrare perché aveva già notato la presenza di Layla?
“Bene, tutto sommato…” rispose, evasiva. “La tua?”
“Pessima,” rispose prontamente. “Ma non è una novità. Sono venuto qui sperando di fare acquisti veloci, per non trovare confusione gli ultimi giorni, ma-”
“Caspita, anche io!” lo interruppe lei, esasperata. “E hai visto che folla? Da dove saltano fuori tutte queste persone? Io odio le persone!”
Regulus notò che aveva iniziato a gesticolare e parlare velocemente, e, come ogni volta che era nervosa, si contorceva le dita. Rise.
“Lo so, Lay.”
“Loro… sono maleducate e toccano qualsiasi cosa,” continuò Layla.
“Non hanno rispetto per i libri,” aggiunse Regulus.
“E nemmeno per le file!” esclamò Layla.
“Sono rumorose.”
“Insopportabili.”
Si guardarono per qualche secondo, Regulus si accorse che si erano avvicinati ancora di più. Si voltò verso il telescopio.
“S-sei qui per uno di questi?” borbottò. Indicò quello che stava provando. “Credo che questo sia il migliore.”
“Credo anch’io,” mormorò Layla. “Posso?”
Regulus annuì e si fece da parte. Layla si avvicinò al telescopio e lo osservò per qualche momento, poi si girò verso di lui.
“Ti servirà per il corso di Astronomia Avanzata?” gli chiese. Regulus annuì.
“Immagino che i G.U.F.O. siano andati benissimo, allora,” suppose.
“Già,” rispose, con un mezzo sorriso.
“Non avevo dubbi,” sorrise lei.
“Davvero?”
Layla annuì, convinta.
“Se c’è qualcuno che non crede in te, o è un idiota, o sei tu.”
Regulus tacque, mentre si sentiva spogliare da quello sguardo. Non disse nulla nemmeno quando sentì le proprie dita, fuori controllo, entrare in contatto con quelle di Layla e sfiorarsi. Tacque persino quando, con l’altra mano, le sfiorò il viso.
“C-come va con Loraine?” sussurrò Layla, il cui respiro pareva essersi fermato.
“Chi?” fece Regulus, completamente stordito dal suo odore, ormai troppo vicino.
Le loro labbra si unirono finalmente, con impazienza. E fu come una tempesta nella pancia, una scossa lungo tutta la spina dorsale, come la terra sotto i piedi che si sgretola.
 


 
 
Note:
Arrivo in punta di piedi perché rischio il linciaggio per vari motivi:
  • Ritardissimissimo
  • QUESTA FINE DI CAPITOLO
Per il primo motivo vi chiedo immensamente scusa, ho avuto una sessione esami super impegnativa (e andata mooolto bene, tutto secondo i programmi), in più c’è da dire che tra lavoro e università ero talmente impegnata che persino quando mi sono liberata del fattore università ero talmente provata da non avere nemmeno la forza di scrivere. Ho avuto un piccolo blocco, durato un po’ di tempo, è stato terribile ma spero sia passato. Il problema è che ho tentato di scrivere anche col blocco in corso, quindi penso che in alcuni passaggi (nel pov di Sirius) si noti anche!
La parte di Regulus è stata molto più scorrevole (l’ho fatta tra ieri e oggi, per dire XD), quindi boh, forse è davvero solo un momento!
BTW, alcune considerazioni:
  • Amanda/Sirius: dai, volevate farli stare così divisi per tanto? Non ce la possono fare, ciccettini <3
  • Layla si è arrabbiata tantissimo e sì, forse ha un po’ esagerato, ma lei teme l’abbandono in generale, visto ciò che le è successo, quindi è giustificabile;
  • Regulus/Layla: non mi esprimo, al momento ho gli occhi a cuoricino!
Io vi lascio perché fare una nota lunga non fa che posticipare il momento della pubblicazione e invece io voglio postare il capitolo oraaaaaa!
Besos <3
 
Amanda
 

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Rivers and roads ***


Capitolo XXXIII: “Rivers and Roads”
 
“A year from now we'll all be gone
All our friends will move away
And they're going to better places
But our friends will be gone away”

Rivers and Roads – The Head and The Heart
 
 
JAMES
 
Aveva cercato Lily in lungo e in largo in ogni vagone, ma non l’aveva trovata. In realtà, non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo; le mani gli sudavano in una maniera imbarazzante e qualora l’avesse trovata non aveva idea di come l’avrebbe salutata. L’avrebbe baciata? O almeno, avrebbe potuto? Cosa gli dava, in effetti, il diritto di baciarla ancora? Oppure, lei se lo aspettava? Da cosa lo avrebbe capito? Tutte queste dannate domande gli frullavano in testa e non aveva idea di come rispondersi. Per quale motivo non si erano chiariti prima di partire? Perché aveva lasciato che tutto rimanesse così confuso, durante l’estate? Si erano scambiati qualche lettera, sì, ma non c’era stato mai nessun riferimento a quello che era accaduto l’ultimo giorno di scuola. E ora si ritrovava a cercare una persona che non sapeva come salutare. Ergo, sarebbe sicuramente divenuto protagonista di una figura imbarazzante con Lily e a cui Sirius non vedeva l’ora di assistere per potersi fare beffe di lui.
Un lungo fischio del treno preannunciò l’arrivo ad Hogsmeade, e James decise di accatastare questi pensieri in un angolo della sua testa. Si alzò, si stiracchiò, ed evitando un’occhiata incuriosita dell’amico, uscì dallo scompartimento e si avvicinò alla porta del treno. Scese dall’Espresso con un forte senso di nausea.
L’aria frizzante di Hogsmeade lo risvegliò parzialmente dal torpore che il viaggio gli aveva causato. Adocchiò sua sorella, insieme ad Amanda e Layla, ed insieme si incamminarono verso le carrozze. Lanciò qualche occhiata intorno alla folla di studenti sulla piattaforma di arrivo, ma di Lily – di nuovo – nemmeno l’ombra.
Evitò di chiedere di lei per non sembrare disperato, e tenne duro fino all’ora del banchetto; la compagna non si vide nemmeno in quell’occasione, e persino le ragazze avevano iniziato a chiedere di lei. Purtroppo, non era riuscito ad origliare che cosa si dicevano per colpa di Sirius, che continuava a chiedergli consiglio sullo scherzo da organizzare per i nuovi Caposcuola – tra cui figuravano anche Remus e Lily.
“Abbiamo un infiltrato tra i Caposcuola, dovremmo sfruttarlo,” affermò, indicando Remus.
“Sono vostro amico alla luce del sole, sarei il primo ad essere incolpato!” disse lui, scuotendo il capo.
“Noi siamo tuoi amici anche alla luce della luna,” rispose James, prontamente. “Ricordo di averti sentito dire che ci sei debitore, giusto un po’ di tempo fa…”
“Sarà divertente, dai!” esclamò Peter, con la bocca piena.
“Non te lo avremmo chiesto, se Amanda avesse accettato la sua nomina a Caposcuola – ma no, lei ha dovuto essere onesta fino al midollo! Poi ti chiedi come Silente abbia fatto a sbagliarsi!” borbottò Sirius, guardandola con rimprovero.
James rise, Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Basta con questa storia!” esclamò, contrita.
“Di cosa state parlando?” domandò Remus, confuso.
“Te lo racconto io!” s’intromise Jaded, entusiasta. “Qualche settimana fa, è arrivata una lettera ad Amanda da parte della scuola. Nessuno si aspettava lettere, perché – diciamocela tutta – nessuno sano di mente ci sceglierebbe come Caposcuola. E invece, Silente l’ha nominata Caposcuola-”
Per la casa Tassorosso!” terminò Sirius per lei.
“Ma Amanda non è Tassorosso…” notò Peter, grattandosi la testa con espressione perplessa.
“Ma dai?” rispose James, sarcastico. “Amanda ha avvisato Silente, e lui ha detto che si era confuso perché l’avrebbe vista bene tra loro!”
“Beh, sì, in effetti è l’unico dormitorio che non ho ancora visitato!” esclamò lei, facendo spallucce. “Ma non ho potuto accettare… non sarebbe stato onesto, non sono una di loro!”
“Silente deve essersi confuso per colpa di questa onestà,” fece Sirius, sardonico. “E per tutti i biscotti che prepari.”
“O per i tuoi modi gentili e accomodanti verso chiunque,” aggiunse Remus, ridendo.
“Anche per i tuoi saltelli – vedo spesso i Tassorosso saltellare felici, anche Stephan lo fa!” esclamò Jaded. “Dannazione, Amanda, sei una Tassorosso!”
Lei scrollò le spalle, sconsolata. “Speravo che non ci arrivaste mai,” borbottò contrariata. “I compagni Serpeverde me lo dicevano spesso. Sono stata nominata per cinque anni consecutivi il Tasso Avvelenato!”
“Cooosa?” rise Sirius.
“Che cosa sarebbe?” domandò James.
“È un’etichetta che si affibbiano i Serpeverde ogni anno, va a chi dimostra di essere il più Tassorosso – ma per loro ha un’accezione negativa, il perché non si sa!”
“E tu come lo sai?” domandò Amanda, sospettosa.
“Me lo raccontò mia cugina Andromeda, anche lei lo vinse un paio di volte – ma wow, per cinque anni di fila deve essere stato orribile!”
Amanda annuì, imbronciata.
“È tutto finito, ora, sei una di noi,” la consolò divertito Sirius, dandole un bacio sulla chioma scura.
James trovò quell’ultima scena tra i due compagni molto dolce, tanto che si fermò qualche secondo di più a fissarli. Un calcio leggero gli arrivò da sotto il tavolo, e alzò il viso verso sua sorella, che come al solito aveva già capito tutto.
“Lily arriva domani,” lo rassicurò.
Maledizione, costava tanto dirlo prima?
 
 
*
 
Si svegliò improvvisamente, insicuro se il fruscio appena udito fosse reale o solamente uno strascico del sogno che stava facendo e di cui non aveva già più memoria. Si stropicciò gli occhi e si mise a sedere, cercando a tentoni gli occhiali sul comodino.
Si guardò intorno nel buio più totale; dal pallido riflesso lunare che giungeva dalla finestra, scorse i profili dei compagni immobili e addormentati nei loro letti. Sirius russava pesantemente, e a James venne il dubbio che fosse stato proprio quel suono a svegliarlo.
Sospirò, seccato, ma poi trattenne il respiro perché quel suono che aveva sentito si ripeté ancora, e James capì che non si trattava del russare del compagno. Proveniva da fuori la porta del dormitorio. Si alzò in piedi, impugnò la bacchetta facendosi luce e, cercando di fare il meno rumore possibile, andò verso l’uscita della camera. Posò l’orecchio sulla porta e ascoltò: in effetti, sembrava proprio che qualcuno camminasse davanti alla porta del dormitorio. Chi diavolo era a quell’ora? Pensavano di fare uno scherzo proprio a lui?
Fece un respiro profondo, provò parecchio disappunto, e aprì la porta, pronto a dirne quattro a chiunque…  
Lily?”
Sbatté le palpebre parecchie volte per mettere a fuoco correttamente la compagna: chioma rossa, bellissima, vestita con abiti babbani che la rendevano ancora più bellissima… si chiese se ‘più bellissima’ fosse corretto da dire, ma sicuramente non lo era, perché ogni volta che la vedeva perdeva la facoltà di mettere insieme frasi grammaticalmente corrette. Aveva ripetuto nella sua testa la parola bellissima per troppe volte, convenne, e anche in quel caso la colpa era di Lily.
“Cosa…? Perché - ciao,” balbettò, sorpreso.
Lei si guardò intorno, pareva spaesata. Si torturava le dita delle mani nervosamente. James chiuse la porta del dormitorio dietro di sé e si avvicinò per poterla vedere meglio sotto la luce soffusa della lanterna appesa alla parete, proprio accanto a lei. Aveva gli occhi tristi. James sentì lo stomaco di piombo.
“Ciao,” lo salutò, sorridendo debolmente. “Non… non volevo svegliarti, scusami. E-ero indecisa se bussare per fare le congratulazioni a Remus p-per la spilla… non sapevo se stavate dormendo, insomma, s-sono appena arrivata… stavo andando via ma poi hai aperto la porta…”
James avvertì tutta la difficoltà che stava avendo a pronunciare quelle parole senza scoppiare a piangere, così tanto che gli si seccò la gola. Non lasciò che continuasse quella tortura, l’abbracciò senza pensarci.
Basta ponderare ogni mossa, si disse. Era Lily, era lì, e per qualche motivo aveva bisogno di un abbraccio. Non era necessario sapere altro. Sentì le braccia sottili di lei intorno alla sua vita stringerlo forte. Poi, Lily affondò il viso nel suo petto e James pensò che quello fosse l’incastro più perfetto che avesse mai visto. Ancora, si domandò se ‘più perfetto’ fosse corretto, ma diamine, non gliene fregava un bel niente!
Stettero per qualche momento meraviglioso in quella posizione.
“Pessima estate?” le bisbigliò, accarezzandole i capelli.
Lily rimase col volto nascosto sul suo petto e si limitò ad annuire.
“Petunia?” domandò ancora.
Lily si irrigidì. Annuì di nuovo, questa volta più lentamente.
“Bentornata a Hogwarts, allora,” le mormorò, e la sentì stringere più forte.
 
 
REMUS
 
Sapeva di suonare banale, ma il primo pomeriggio dopo l’inizio delle lezioni era quello che preferiva. Ancora nessuna responsabilità, ancora nessun compito, la totale libertà di girovagare per i giardini. Anche la temperatura aveva un retrogusto estivo e sembrava invitare gli studenti a godersi il lago e il venticello fresco.
Erano state vacanze estive da dimenticare, quelle appena terminate. Sua madre non era stata molto in salute, non se l’era sentita di raggiungere gli altri in Irlanda e divertirsi come niente fosse. I suoi genitori avevano insistito affinché partisse, ma lui era stato più caparbio; aveva preferito annoiarsi e stare accanto a sua madre. Lei aveva contratto una forma di vaiolo di drago leggera, ma piuttosto debilitante; era inoltre molto infettiva, e ciò non aveva permesso ai suoi amici di venirlo a trovare. Fortunatamente, verso la fine di agosto, le condizioni di sua madre erano migliorate e non rischiava più di contagiare nessuno. Era riuscito a vederla finalmente senza un incantesimo Separatore che li divideva, e si era rallegrato ancora di più dopo aver ricevuto una visita a sorpresa di Peter.
Tornò al presente immediatamente, quando la voce di Jaded lo raggiunse.
“Posso? O disturbo?” chiese sorridente.
“Non disturbi mai, Jade,” rispose, avvertendo immediatamente la bocca seccarsi. Incrociò le gambe e le fece spazio senza distogliere lo sguardo da lei. Jaded si sedette accanto a lui e cominciò a investirlo di parole, storie e racconti di avventure estive vissute. La sua mancanza era stato un dolore fisso e costante; in quel momento, rivedendola e riascoltandola, l’estate parve solo un lontano ricordo, sbiadito come un sogno sgradevole.
“… e così ho scoperto che il colore preferito di Sirius non è il blu!”
Remus rise.
“Certo che no, lui non ha un colore preferito.”
“Sì, l’ho saputo,” borbottò, seccata. “Perché non me l'hai detto quando gli ho fatto quel regalo? Ricordo che ero venuta apposta da te a chiedere consiglio!”
“In realtà sono abbastanza sicuro di averlo fatto”, la rimproverò, “ma non mi hai ascoltato.”
“Impossibile, io ti ascolto sempre!” s’impuntò lei.
“Forse ho un gemello che vive questa gioia,” commentò sarcastico. “Cosa pensi del fatto che sono mesi che ti dico che sarebbe importante dire ad Amanda che tu e Sirius siete stati insieme, ma non l'hai ancora fatto?”
Jaded si portò le ginocchia al petto e fece lo sguardo tagliente che riservava a chiunque la pensasse diversamente da lei. Le sue dita intente a strappare qualche filo d’erba tradirono un leggero nervosismo.
“Non lo farò!” esclamò, decisa. “Senti, Remus, io e Sirius ne abbiamo parlato e non è una buona idea, il momento è passato! Sarebbe stata una cosa da fare all'inizio, dirlo ora non avrebbe senso e creerebbe solo tensione nel gruppo.”
“Cooosa?”
Remus si voltò. A parlare era stata Layla, in piedi a pochi passi da loro. Si avvicinò con un po’ di irruenza, gli si sedette accanto e iniziò a parlare, concitata.
“Ho sentito bene? Tu e Sirius? Quando è successo? Tu e Amanda già vi conoscevate?” domandò.
Jaded si morse le labbra e sbuffò.
“Sarebbe stato troppo bello riuscire a mantenere ancora qualche segreto!” esclamò, infastidita. Incrociò le gambe e si guardò attorno, per assicurarsi che nessun altro fosse in ascolto.
“Tre anni fa circa io e Sirius siamo stati insieme qualche mese… niente di serio, però, soprattutto da parte sua. Non conoscevo ancora così bene Amanda, e quando abbiamo stretto amicizia, con Sirius la storia era già finita. Il fatto che lei lo odiasse non mi ha incentivato a dirle che c’ero stata assieme, soprattutto perché in quel periodo lo odiavo anche io!”
Remus si voltò verso Layla, in quel momento silenziosa, intenta ad ascoltare. Lui sapeva che non stava prestando attenzione solo alle parole di Jaded, ma tentava di osservare qualsiasi espressione, gesto o reazione della ragazza. Layla glielo diceva sempre, lo aveva appreso proprio da suo padre: quello che diciamo con le parole è solo la punta dell’iceberg.
“Capisco,” disse infine, dopo essere stata qualche istante in silenzio. “Quindi hai intenzione di non dirglielo mai e poi mai? Nemmeno fra trent’anni? Nemmeno se la loro storia finisse?”
“Perché me lo chiedi?”
“Per sapere se ora dovrò portarmi questo segreto anche io nella tomba. Insomma, è una responsabilità grandissima!” esclamò allarmata.
“Tu… non vuoi dirglielo perché dovresti ammettere che eri innamorata di lui?” domandò allora Layla a bruciapelo. Remus avrebbe tanto desiderato che l’amica possedesse tanta sensibilità quanto intuito, in certi casi.
Jaded la guardò come se avesse appena ricevuto uno schiaffo. Si schiarì la gola e distolse lo sguardo, ferita.
“Già,” ammise, strappando un altro ciuffo d’erba.
Layla inarcò le sopracciglia, sorpresa.
“Beh,” commentò, “se posso darti un consiglio, siccome conosco Amanda e mi è già capitato di tenerle nascoste cose, ti assicuro che odierebbe sapere di stare con qualcuno che ha fatto soffrire la sua migliore amica… ma odierebbe ancora di più sapere che tu e lui eravate d’accordo di tenerglielo nascosto. Detto ciò, giuro che farò finta di essere molto sorpresa quando tutto questo verrà fuori!”
“Dovrai aspettare molto!” affermò Jaded. “Ci metterò talmente tanto tempo a trovare il coraggio di dirglielo che probabilmente accadrà tra una ventina d’anni e te lo sarai dimenticato, per cui non dovrai fingere!”
Layla rise.
“Io scommetto dieci galeoni che crolli prima!” disse Layla.
Jaded le offrì la mano per sugellare la scommessa.
“Ti piace vincere facile! Ma accetto la sfida,” esclamò infine, stringendole la mano.
Remus assistette alla scena divertito; per quanto sia Jaded che Layla fossero sue grandi amiche, lui non aveva mai notato le due ragazze in confidenza tra loro. Pensò – e sperò – che passare l’estate insieme le avesse avvicinate.
“Oh, merda!” esclamò, Jaded, all’improvviso. “Che ore sono?”
“Quasi le sei,” rispose Remus. “Perché?”
Jaded si alzò in piedi e afferrò la sua borsa, trafelata.
“Dovevo incontrarmi con Stephan mezz’ora fa!” esclamò. “Ho perso la cognizione del tempo!”
“Vi lascio soli,” borbottò poi Jaded, e si congedò dopo averli frettolosamente salutati.
Remus tornò a fissare il lago calmo, ma con la coda dell’occhio notò la testa di Layla, ancora voltata verso la figura di Jaded che spariva in lontananza. Poi si girò nella sua direzione, ma Remus evitò di guardarla, perché immaginava già l’espressione sul suo viso.
“Ha perso la cognizione del tempo con te,” ripeté, maliziosa. “Non sei contento?”
 
  
 
Tre settimane dopo
 
 
RODOLPHUS
 
Il sole non era ancora tramontato, poteva vederlo galleggiare sull’acqua, dalla spiaggia. Si alzò in piedi e camminò verso l’oceano, intenzionato a nuotare le ultime bracciate della giornata, ma fu distratto da un rumore alle sue spalle.
Si voltò; la porta finestra di vetro che dava sulla spiaggia si era aperta, sua moglie lo guardava con un ghigno soddisfatto.
“È arrivato Rosier,” gli urlò, eccitata. “E porta ottime notizie!”
L’entusiasmo della moglie era davvero contagioso, doveva ammetterlo. Accantonò immediatamente l’ultima idea che aveva avuto e decise di rientrare; dando le spalle alla spiaggia, si incamminò verso la casa. In un raro slancio di gentilezza, Bellatrix gli tenne persino la porta aperta. Dovevano essere davvero belle notizie, si ritrovò a pensare.
Entrò dentro con molta calma, guardandosi intorno; il caminetto era acceso – probabilmente per accogliere Claudius Rosier, poco avvezzo alle temperature di quel luogo sperduto della Scozia anche i primi di ottobre – e l’uomo era già comodo sulla poltrona, il sorriso sicuro e un bicchiere di liquore tra le dita.
“Bellatrix non è mai stata così felice nemmeno il giorno del nostro matrimonio,” dichiarò Rodolphus, divertito.
“Non fatico a crederci,” rise Claudius. Bevve un altro sorso. “Ma bisogna davvero festeggiare, ormai è fatta.”
“Attendo di conoscere in che modo,” affermò Rodolphus, accomodandosi.
“Non ti farò stare ancora sulle spine, allora,” continuò Rosier.
Il Ministero è nostro!” esclamò improvvisamente Bellatrix, battendo le mani, incontenibile, le pupille dilatate. I suoi occhi erano ancora più terrificanti, due pozze nere con una scintilla sul fondo che rendeva la sua espressione in qualche modo molto eccitante.
Rosier sbuffò.
“Hai rovinato il momento, Bella! Avevamo deciso che glielo avrei detto io,” sbottò poi, indispettito.
“Se avessi evitato tutti questi dannati preamboli, sarei riuscita ad aspettare!” ribatté, acida. Ripose nuovamente lo sguardo su Rodolphus.
“Il Ministero è sotto il nostro controllo, Rod. Il Vice Ministro è dei nostri!” esclamò Bellatrix, avvicinandosi. Non riusciva a stare ferma.
“Dempsey è una vecchia volpe, sa quando è ora di passare dal lato giusto,” affermò Claudius. “Penserà lui a controllare il Ministro, senza contare che la legge di Rockwood è finalmente passata: domani, più della metà dei nostri saranno rilasciati. Ci riuniremo immediatamente domani sera, il Signore Oscuro sarà ospite al mio maniero.”
Rodolphus sorrise soddisfatto e si schiarì la voce.
“Ottime notizie, davvero,” esclamò. “Potremo restituirgli anche le bestiacce nelle segrete?”
“Parli di Nagini o dei prigionieri?” domandò Bellatrix.
“Entrambi,” borbottò lui. “Questo posto sta diventando troppo affollato, per i miei gusti!”
“Porta chi vuoi, ci sarà spazio sufficiente anche per Nagini, con qualche prigioniero risparmieremo di prepararle la cena,” rise Claudius, alzandosi. “Ah, dimenticavo, devo riportare la consorte di Dempsey a casa, come promesso. Potreste restituirmela?”
Bellatrix fece spallucce.
“Non mi hai detto che sarebbe ritornata al mittente, l’ho data in pasto a Nagini due giorni fa,” ammise.
Rosier alzò gli occhi al cielo.
“Non riserviamo questo trattamento agli ex Serpeverde, Bellatrix, ne abbiamo già parlato!” sbottò Claudius.
Rodolphus si accese un sigaro e riempì di nuovo il proprio bicchiere di liquore; si mise comodo sulla poltrona e guardò piacevolmente i due battibeccare per i successivi venti minuti.
 
 
 
LAYLA
 
Non era stato difficile rubare la mappa a Minus; da quando aveva scoperto che gli amici di sua sorella erano in possesso di una mappa di Hogwarts così dettagliata, con tanto di incantesimo di Localizzazione, aveva deciso che doveva averla, soprattutto per capire dove Regulus passasse le sue giornate.
Da quando erano ricominciate le lezioni – settimane, ormai – non gli era capitato di incontrarlo una sola volta, nemmeno per sbaglio. Aveva orari diversi anche durante il pranzo, perché non lo vedeva spesso nemmeno in Sala Grande.
Aveva bisogno di un chiarimento, non riusciva a smettere di pensare al bacio che si erano dati a Diagon Alley quel giorno di fine agosto. Che cosa gli stava succedendo? In che rapporti era coi compagni? Faceva ancora il doppio gioco?
Odiava struggersi e farsi continuamente queste domande, ma il bacio tra loro era stato così sincero che faticava a comprendere per quale motivo lui la stesse chiaramente evitando.
Entrò nel dormitorio Corvonero, assicurandosi di essere sola. Aprì la preziosa pergamena che aveva tra le mani e pronunciò in un sussurro: “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
Il foglio iniziò a colorarsi; apparve ogni luogo di Hogwarts, molto dettagliato, accompagnato da puntini che si muovevano – alcuni veloci, altri più lentamente – sopra cui vi erano scritti nomi. Notò la McGranitt nel suo studio, Remus e Amanda in biblioteca, James e Jaded al campo da Quidditch per gli allenamenti.
Cercò il nome di Regulus e lo avvistò nella sua sala comune, circondato da altri puntini con i nomi dei compagni. Tuttavia, spostando lo sguardo in un’ala in quel momento poco frequentata del castello al terzo piano, ritrovò un altro puntino con il suo nome. Era solo.
Corrugò la fronte. Che la mappa si stesse sbagliando? Era strano, gli incantesimi di Localizzazione erano piuttosto precisi, non ammettevano doppioni, tanto che era impossibili raggirarli anche con l’uso di espedienti come Pozioni Polisucco o Mantelli dell’Invisibilità. Com’era possibile che ci fossero due Regulus? Layla rifletté: in quale occasione era possibile per un mago essere presente in due posti contemporaneamente? Una mezza idea le balenò nella mente; tuttavia, decise che era il caso di verificare di persona, recandosi proprio nell’aula al terzo piano in cui il puntino sembrava ancora stazionare.
Chiuse la mappa frettolosamente e la infilò nella borsa; si tirò su dal letto, uscì dal dormitorio e dalla sala comune. Scese frettolosamente le scale fino a trovarsi al terzo piano e dovette consultare un paio di volte la mappa per essere sicura di entrare nell’aula giusta.
Fortunatamente, il corridoio contava giusto un paio di elfi che approfittavano dell’orario per spazzare e pulire i vetri delle finestre. Accostò l’orecchio alla porta dell’aula ma non sentì provenire alcun rumore. Guardò la serratura e si accorse che la porta era stata chiusa a chiave per evitare sorprese improvvise.
Con la bacchetta, aprì la serratura ed entrò dentro abbastanza in fretta da riuscire a cogliere l’espressione sorpresa di Regulus sul suo volto. Layla richiuse a chiave la porta dietro di sé e avanzò nella stanza.
“Che cosa vuoi? Come hai fatto a trovarmi?” domandò, confuso. In uno scatto, chiuse velocemente il libro che stava consultando e lo coprì con la borsa per fare in modo che il titolo rimanesse coperto.
“Ti ho seguito,” mentì, guardandosi intorno. Non era prudente parlargli della mappa; era uno strumento che poteva tornarle utile, e probabilmente sua sorella Amanda non avrebbe voluto che si sapesse in giro che i suoi amici avevano un simile artefatto.
“È impossibile!” esclamò, sconvolto. “Sono stato prudente, mi guardo sempre le spalle quando –”
“Da quando usi la Giratempo?” domandò. “Avresti dovuto fare meglio i conti, e magari non evitarmi!”
“Non ti sto evitando,” borbottò, poco convinto.
Layla si avvicinò ancora fino a essergli di fronte; lui indietreggiò appoggiando la schiena sullo schienale della sedia, come se ciò gli permettesse di distanziarsi.
“Il tuo linguaggio del corpo non sembra dire la stessa cosa,” affermò, ironica. “Che cosa stai facendo? Perché mi tieni ancora lontana? Pensavo che quel bacio potesse-” tentò, ma lui la interruppe subito bruscamente.
“Quel bacio non significa niente, Layla!” esclamò, alzandosi. “Ha solo complicato di più le cose. Io e te non possiamo stare insieme, né essere amici, né stare vicini. Accettalo.”
Layla indietreggiò. Quelle parole le fecero male, anche se era così evidente che Regulus non pensava veramente ciò che stava dicendo, non la stava nemmeno guardando negli occhi.
“Dovresti crederci un po’ di più, mentre lo dici,” disse, con un mezzo sorriso. “So quello che stai facendo, Reg.”
Regulus impallidì.
“Che vuoi dire?”
“Mi allontani perché vuoi proteggermi,” spiegò. Vide il suo volto rilassarsi un po’ e distendersi. Probabilmente si era allarmato perché temeva che lei avesse compreso quello che stava facendo in quell’aula, lontano da tutti. Ma ovviamente Layla aveva capito pure quello.
“So anche che usi la Giratempo anche per fare ricerche alle spalle dei tuoi compagni ed è per questo che pensi di dovermi evitare, per non mettermi in pericolo.”
Regulus sbuffò e mise il grosso libro che stava consultando nella borsa.
“Perché non me lo lasci fare?” domandò, stanco. “Lasciami pensare che c’è ancora qualcosa che posso controllare. Non sai quanto mi costi starti lontano, Lay.”
Eccolo, il Regulus che conosceva. Era un piacere rivederlo.
“E allora non farlo!” esclamò Layla, arrabbiata. “Non dico che dobbiamo tornare a salutarci per i corridoi, capisco anche io quanto è rischioso. Ma lascia che ti aiuti in queste ricerche, ora che hai la Giratempo non correremo il rischio di essere visti o che qualcuno noti la nostra assenza, se faremo attenzione.”
Regulus indossò la borsa e scosse il capo.
“No, non ti metterò in pericolo, Lay. Non puoi chiedermi questo,” rispose, perentorio.
“E cosa pensi di fare, da solo? Hai intenzione di scoprire un modo per sconfiggere Tu-Sai-Chi leggendo tutti i libri della biblioteca?”
“Sì, se sarà necessario.”
“Beh, allora avresti bisogno di un paio di occhi in più per dimezzare i tempi,” commentò, altezzosa. “Io leggo più velocemente di te.”
“Smettila!” sbottò, esasperato. “Non so più come fartelo capire, quindi sarò il più diretto possibile.”
Abbassò il tono a quello di un mormorio, quindi dovette avvicinarsi pericolosamente a Layla.
Quello che sto facendo mi ucciderà. Non c’è via d’uscita per chi decide di fare il doppio gioco tra i Mangiamorte. Dovrò solo cercare di durare abbastanza a lungo per arrecare più danno possibile a Tu-Sai-Chi,” disse, calmo. I suoi occhi, tuttavia, tremavano. Layla deglutì.
“Averti intorno mi distrae e mi rende debole. Ho già messo in conto rischiare la mia vita; rischiare la tua è qualcosa che non mi perdonerei mai. Smetti di cercarmi, frequenta altre persone e lasciami stare.
Uscì dall’aula, Layla non lo seguì. Rimase lì, al centro, immobile, con le lacrime che le rigavano il viso. Aspettò qualche minuto, prima di fare qualsiasi movimento. Non riusciva ad accettare quello che Regulus le aveva detto, non voleva. Come poteva frequentare altre persone e smettere di pensare a lui con la consapevolezza che quello che lui stava facendo lo avrebbe condotto inesorabilmente alla morte? Come poteva stare in silenzio, fare finta di niente, lasciarlo stare?
Senza trovare pace, uscì finalmente dall’aula, facendo un giro lungo che la portasse alla sala comune Corvonero senza necessariamente dover incontrare gente. Aveva voglia di stare da sola, in un posto dove nessuno potesse disturbarla mentre piangeva. Attraversò il corridoio del settimo piano fino ad arrivare alla Torre, ma non se la sentì di salire le scale, c’era troppa gente, e ciò avrebbe significato troppe domande e zero pace. Tornò indietro, ripercorrendo il corridoio; fare due passi l’avrebbe aiutata a sfogarsi, anche se sentiva ancora il bisogno di trovare un luogo in cui potesse stare da sola. Curiosò qua e là nel corridoio, cercando un’aula adatta, fino a che, con la coda dell’occhio, notò qualcosa di straordinario: una porta era appena apparsa dal nulla, sulla parete di fronte al ritratto di “Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll”.
Layla era sicura, la porta si era materializzata, prima non c’era. Si avvicinò, abbassò la maniglia e spinse, guardando all’interno. La stanza era non più grande del suo dormitorio; vi era una poltrona blu di velluto, in un angolo della stanza, che a Layla ricordò quella presente nella sua camera a Portaleen. Osservandola meglio, tutta quella stanza le ricordava la sua camera a Portaleen: il letto a baldacchino, le lenzuola azzurre, la scrivania bianca. L’unica caratteristica che la distingueva dalla camera reale era la totale assenza dei suoi effetti personali. Quello era il posto ideale per stare da sola e allontanarsi momentaneamente da tutto. Non sapeva come fosse possibile, ma sembrava che quel luogo avesse sondato i suoi desideri e avesse accolto la sua richiesta di aiuto.
Non aveva idea dell’esistenza di un posto del genere a Hogwarts; tirò fuori la mappa, cercandola, e vide che, in effetti, all’interno della pergamena non era riportata. Anche il punto nero che mostrava la sua posizione era sparito, e allora Layla capì: aveva appena trovato un luogo di cui nessuno a Hogwarts era a conoscenza.
 
 
Note
 
Craaaaaa – eccomi! *alza piano la mano aspettandosi pomodori in faccia*
Quanti mesi sono passati dall’ultimo aggiornamento? Vi chiedo umilmente perdono, i ritmi di aggiornamento sono drasticamente calati; voglio dirvi che ne vale la pena perché comunque sto lavorando, studiando, facendo tirocini e frequentando lezioni, ma in realtà mentirei: sì, sto facendo tutte queste cose, ma preferirei di gran lunga passare il mio tempo a plottare e scrivere! Okay, passiamo a cose importanti, ora!
  • Amanda Tassorosso LOL;
  • James patatino che abbraccia Lily patatina ❤ a breve altri momenti fluffy tra loro, I promise!
  • Aaahhh ci sono voluti 30 capitoli, ma è venuta fuori finalmente la cotta di Remus per Jaded!
  • Layla e Reg sono preziosissimi e li amo, ma Reg è arrabbiato con me perché Layla insiste e non lo lascerà stare finchè non accetterà il suo aiuto. Ma dai, diciamocelo: Reg è bravo e intelligente, ma avrebbe davvero bisogno di Layla, altrettanto sveglia, per saltarci fuori. Chissà!
  • Tadaaaaaaan- ECCOLA, LA STANZA DELLE NECESSITA’!
 
Il mio commento nonsense, stupido e privo di contenuti utili è terminato. Alla prossima!
Tanti abbracci abbracciosi!
 
Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** La giusta prospettiva ***


Capitolo XXIV: “La giusta prospettiva”
“She and I went on the run
Don’t care about religion
I’m gonna marry the woman I love
Down by Wexford border”
 
  • Nancy Mulligan, Ed Sheeran
 
 
ALBUS
 
Silente ascoltò Crouch giustificare il proprio lavoro per almeno venticinque minuti. Forse di più, forse di meno. Era confuso riguardo a quanto tempo fosse realmente passato: quando si annoiava a morte, gli riusciva davvero difficile averne una buona percezione. Nell’ultimo periodo, pensava spesso a come fosse diventato triste e demotivante stringere accordi e alleanze all’interno del Ministero, da quando Joe non c’era più. Barty era sicuramente un buon impiegato, ma purtroppo si limitava a ciò. Un eccelso esecutore, nulla da eccepire, tuttavia le sue capacità finivano lì. Nessun tipo di inventiva, nemmeno il minimo guizzo di intraprendenza, se non nel momento in cui bisognava decidere quale maledizione senza perdono scagliare a destra e a manca. A quanto pareva, Barty non amava sentirselo dire; perciò, da qualcosa come sei ore – non era vero, doveva ammetterlo, stava esagerando – Albus era stato costretto a sorbirsi il tono monocorde di Crouch, intento a leggergli il decreto ministeriale numero trecentosedici da cima a fondo, che lo giustificava per le azioni violente intraprese da alcuni Auror, mandati da lui, in un paesino babbano del Sussex.
“Lo leggerai davvero tutto, Barty?” lo interruppe ad un certo punto Silente, stremato.
Crouch tacque qualche momento – incredibile – e sbatté le pagine che stava leggendo sulla scrivania in un gesto spazientito.
“Ho bisogno che tu comprenda le mie ragioni, Albus!” esclamò, alterato.
“No, tu hai bisogno che io le condivida, ma temo che non accadrà mai,” rispose semplicemente. Si alzò con l’intenzione di andarsene. Barty lo comprese e lo imitò.
“Non succederà perché non la penso come te, e tu non vedi altro che il tuo pensiero e le tue ragioni, Albus!” sbottò. “Sto facendo un buon lavoro, dannazione! Ti costa tanto ammetterlo?”
“Quanto vorrei che fosse vero, Barty,” mormorò. “Non hai bisogno di prenderla sul personale, a ogni modo. Non ti serve la mia approvazione.”
Arrivò alla porta e si voltò a dare un’ultima occhiata a un Crouch piuttosto rosso in volto.
“Tu pensi che non l’abbia capito,” gli sibilò Barty con gli occhi ridotti a due fessure. “Credi che non sappia quanto ritieni inutile tutto ciò che faccio solamente perché non c’è più Froude al posto mio!”
Silente abbassò lo sguardo. Non avrebbe negato l’evidenza. Uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle.
 
ORION
 
Non ebbe bisogno di alzare lo sguardo per capire chi fosse appena entrato sbattendo la porta. Si trovava nella cucina di Portaleen, intento a terminare la preparazione di alcune pozioni necessarie ad alcuni membri dell’Ordine sotto copertura. Terminò di mescolare nel calderone l’ultima pozione, e solo dopo aver spento il fuoco decise di dare udienza all’arrivato.
“Sempre con la solita delicatezza, Ala-” si interruppe quando notò che colui che era entrato non era Moody, ma Silente.
“Deduco che non sia andata bene con Crouch,” osservò, ironico.
“Purtroppo vorrei tanto che Barty Crouch fosse l’unico motivo della mia pena, Orion,” disse Albus, lisciandosi la barba. “Mi rendo conto che al Ministero siamo soli: coloro che non sono invischiati con i terribili piani di Voldemort, non vogliono guardare in faccia la realtà. Temo che il Ministro sia ormai in mano loro,” terminò, grave.
Orion lo ascoltò con attenzione, malgrado fosse impegnato a imbottigliare le pozioni in bottigliette minuscole.
“Quel che facciamo è già abbastanza; non possiamo anche guardare al posto di chi non vuole vedere,” sospirò Orion, mettendo un tappo all’ultima provetta.
Silente accennò un mezzo sorriso, senza rispondere. Orion infilò le pozioni perfettamente dosate in un sacchetto che chiuse e che successivamente porse a Silente.
“Sei prezioso come sempre,” lo ringraziò Albus, infilando il sacchetto in una tasca interna del mantello.
“Mi aspettavo che venisse Alastor a ritirarle,” commentò Orion, dirigendosi verso un mobile della cucina per rimettere ordine. Accanto, lo spostamento d’aria fece muovere leggermente una foto che ritraeva Joe e Mary Anne, attaccata al legno. Era stata Amanda a portarla: gli aveva detto di averla trovata nella soffitta della casa del fratello scomparso di Mary Anne, insieme a una moltitudine di altri oggetti e foto appartenute alla madre negli anni della scuola. Lo aveva anche invitato in quella casa, in quella soffitta, per poter guardare ciò che rimaneva di Mary Anne, ma aveva declinato l’invito perché no, quel tipo di coraggio probabilmente non l’avrebbe mai avuto.
“Ho deciso di venire perché volevo farti avere una cosa,” rispose Silente, catturando finalmente la sua totale attenzione. Infatti, Orion si voltò a guardare il vecchio mago. Silente tirò fuori qualcosa da una tasca interna della veste – davvero molto più larga rispetto alla taglia necessaria. Gli passò una fiala corta e sottile, contenente un liquido argentato che conosceva fin troppo bene.
“Sai che colleziono ricordi,” sorrise Albus, “e questo è uno di quelli a cui tengo particolarmente… ma voglio che lo abbia tu.”
Orion aggrottò la fronte, perplesso.
“Non ho un pensatoio a Grimmauld Place – o almeno, nessun pensatoio che possa tenere nascosto a Walburga,” borbottò. “Di che si tratta?”
“Potrai usare quello del mio ufficio,” lo rassicurò. “Non voglio rovinarti la sorpresa.”
 
*
 
Avvertì distintamente la sua mente scivolare attraverso il liquido argentato. Il ricordo si srotolò con eleganza e diede forma all’ambiente tutto intorno a lui. Si trovava all’interno di una stanza enorme, con lunghi banconi di marmo ai lati e schiere di goblin intenti a servire clienti. Era la Gringott.
Orion si guardò intorno, era proprio all’entrata. Il calendario magico appeso dietro il bancone segnava il 30 novembre 1976. Quella data gli ricordava qualcosa, ma al momento gli sfuggiva.
Si voltò verso la porta d’argento appena in tempo per vedere entrare, a pochi centimetri da lui, Albus Silente. Era stretto, insieme alla sua lunga barba, nel mantello da viaggio. Un’altra persona entrò subito dopo, e Orion sussultò: avvolta in un pesante mantello di velluto blu, Mary Anne si abbassava il cappuccio, rivelando la sua folta chioma di capelli biondi. Non gli sembrava invecchiata nemmeno di un giorno, da quella notte al porto di Galway: aveva lo stesso volto radioso, il solito guizzo negli occhi e il sorriso che scaldava il cuore di chiunque, soprattutto quello di Orion. Per un attimo, Mary Anne si voltò nella sua direzione e il respiro gli si fermò quando incontrò i suoi occhi. Non era che un’ombra, in quel ricordo, e sapeva che nessuno era in grado di vederlo; tuttavia, in quel preciso istante, parve proprio che si stessero guardando. Quella sensazione svanì in fretta; Mary Anne raggiunse Silente, che si era voltato ad attenderla.
Orion li affiancò e camminò con loro lungo la sala principale della banca, senza smettere di guardare la donna; provò a toccarla, scontrandosi con l’inconsistenza della sua figura e del ricordo stesso.
“Ti dispiace passare da noi, appena finito qui?” le sentì chiedere a Silente. “Ti ho già preparato tutto quello che mi hai chiesto.”
Con molta probabilità, parlavano di pozioni. E Orion fece un sorriso amaro al pensiero che, ormai, lui aveva preso il suo posto proprio nella sua casa.
Silente, tuttavia, non rispose a Mary Anne. Lei se ne accorse e seguì lo sguardo di Albus fino a ciò che stava attirando la sua attenzione: alla loro sinistra, un mago dava loro le spalle mentre era impegnato in una fitta conversazione con il goblin che lo stava servendo al bancone.
Orion sussultò, perché addosso a quell’uomo riconobbe il suo mantello da viaggio, e comprese per quale motivo la data di quel giorno gli era familiare: era stato anche lui anche alla Gringott la mattina del 30 novembre.
Una sensazione che non riusciva a classificare gli attraversò lo stomaco. Era come nausea, per il pensiero di essere stato recentemente così vicino a Mary Anne senza rendersene conto.
“Orion…” la sentì mormorare. Silente si voltò verso di lei, scusandosi per essersi distratto.
“Sono anni che non lo vedo,” continuò Mary Anne, mentre un sorriso nostalgico le attraversava il volto. In quel momento si girò mostrando il viso e Orion si riconobbe completamente; tuttavia, dalla loro posizione, il sé del ricordo non poteva notare né Silente né Mary Anne.
“Ha conservato la sua aria austera,” dichiarò Mary Anne, sorridendo. “Anche quando stavamo insieme… mi sembrava inarrivabile.”
Silente rise compostamente.
“Ho sempre pensato che si trattasse di una facciata,” sostenne Albus. Continuarono a osservarlo mentre il sé del ricordo spariva verso le camere blindate con il folletto.
Non riusciva a capacitarsi di quello che stava osservando: era stato così vicino a Mary Anne e nemmeno se ne era reso conto. Lei lo aveva visto e aveva parlato di lui, e lui non l’aveva notata per pura casualità. Gli sarebbe bastato girarsi appena un po’ di più.
“A Joe non farà piacere saperlo, ma penso che tu e Orion insieme foste molto carini,” ammise Silente, guardandola al di sopra degli occhiali a mezzaluna. Mary Anne scoppiò a ridere.
“Albus!” esclamò, sorpresa. “Non fartelo scappare con Joe, sarebbe capace di toglierti il saluto.”
Silente riprese a camminare, scuotendo la testa.
“Joe non ha nulla da temere.”
Mary Anne restò ferma e continuò a guardare in direzione del bancone da cui Orion e il folletto si erano allontanati. Silente si accorse di non essere seguito e si fermò, per poi voltarsi.
“C’è qualcosa che non va?” domandò, curioso.
Mary Anne stava facendo la sua espressione combattuta: il cipiglio serio, gli occhi stretti, fissi su ciò che desiderava conoscere, le sopracciglia corrugate.
“Suo figlio e il figlio di Charlus sono molto amici… ho saputo che lo stanno ospitando perché il ragazzo ha rotto i rapporti con l’intera famiglia,” asserì, seria.
“Parli di Sirius?”
Orion vide Mary Anne spostare completamente la sua attenzione dalla direzione che stava osservando a Silente. Lo guardò sbigottita.
“Lo ha chiamato davvero Sirius?” domandò a mezza voce, più a se stessa che a Silente. Orion si sentì smascherato di fronte a quella reazione, perché era evidente che lei non aveva dovuto fare il benché minimo sforzo di memoria per rendersi conto che il suo ex ragazzo aveva chiamato il suo primogenito, concepito con un’altra donna, come la sua stella preferita. L’ultima volta che si erano parlati era stato a Galway, e lei gli aveva chiesto come si sarebbe chiamato suo figlio. Ricordava di averle risposto, ma chissà quanto credito aveva dato a un uomo ubriaco fradicio che le aveva appena proposto di scappare insieme.
Orion dovette tornare immediatamente alla realtà, perché Mary Anne, in un gesto improvviso, aveva preso a camminare in direzione del bancone prima occupato dall’Orion del ricordo.
Silente non fece nulla per fermarla, non capì se per l’imprevedibilità della donna o per la malsana curiosità del vecchio mago di conoscere le sue intenzioni. Orion suppose che fosse più probabile la seconda opzione.
Non capì come riuscì a eludere la sorveglianza dei goblin indaffarati con le loro pratiche; tuttavia, fu talmente svelta che Orion non ebbe il tempo di seguirla per capire cosa stesse facendo. Pochi secondi ed era già ritornata. Un sorriso che scopriva i denti le illuminava il volto e Orion pensò che fosse più bella che mai. Silente la guardò con un guizzo divertito negli occhi.
“Hai sbirciato a dovere?” domandò.
“Perdonami, non ho saputo resistere,” rispose lei. Un’espressione nostalgica prese il sopravvento sul sorriso. “Ha versato dei soldi su una camera blindata intestata a Sirius,” continuò in un bisbiglio.
Silente sorrise.
“Ne sembri felice,” constatò Silente.
“Lo sono,” annuì Mary Anne, tornando a guardare nella direzione del bancone. “Avevi ragione: è solo una facciata. Lo è sempre stata.”
 
 
AMANDA
 
Per quanto lo desiderasse, il sonno non arrivava. Non sapeva nemmeno più che ore fossero. L’una e mezza, le due, le tre, poco cambiava: era tardi.
Sirius, accanto a lei, dormiva così profondamente che aveva iniziato a russare. Non era poi così insopportabile -  non quanto il russare di Peter, almeno, il cui letto sembrava addirittura tremare.
Continuò a rigirarsi nel letto ancora un po’, rischiando di svegliare il compagno – che non l’avrebbe presa bene, vista l’importante partita di Quidditch dell’indomani, la quale lo avrebbe costretto a svegliarsi presto per supportare James. Ah, James, pensò Amanda. Lui sì che russava da morire.
Amanda si voltò improvvisamente, come colta da un’illuminazione improvvisa: James non stava russando.
Si appiattì su un fianco del letto che dava verso il baldacchino del compagno, ma il buio pesto di quella notte senza luna le impediva di scorgere alcunché.
“Psst… James! Sei sveglio?” bisbigliò, allungando il braccio nel tentativo di raggiungere il suo letto. Dall’altro lato non arrivò alcuna risposta. Sempre più insospettita, Amanda tentò di alzarsi e orientarsi nel buio della stanza. Il letto cigolò e Amanda sperò di non aver svegliato Sirius. Una volta accertata di averla scampata, si tirò su con un movimento deciso. Cercò a tentoni la bacchetta sul comodino e la accese.
Come pensava, la bacchetta le mostrò la verità: James Potter non stava dormendo nel proprio letto.
Probabilmente l’insonnia stava ingigantendo la situazione; forse James era in bagno, oppure in cucina a rubare biscotti, ma Amanda sapeva per certo che era proprio l’insonnia ad averle donato così tanta voglia di scoprirlo.
Si diresse verso la porta del dormitorio e l’aprì con cautela. Era cosciente che per i professori fosse già uno strappo alla regola il fato che Silente le permettesse di stare nella Torre Corvonero, visto i reali rischi che correva nei Sotterranei; farsi trovare nella Torre Grifondoro, e per giunta in un dormitorio maschile, in piena notte, non l’avrebbe sicuramente messa sotto una buona luce, senza considerare che sarebbe stato anche piuttosto difficile da giustificare.
Scese le scale verso la sala comune facendosi luce con la bacchetta; tuttavia, quando fu arrivata dovette spegnerla perché dalla sala arrivava una luce soffusa. Amanda si appiattì contro il muro freddo di pietra e sperò che quella luce non fosse abbastanza potente da proiettare la sua ombra e farla scoprire. Si affacciò cautamente alla sala comune e trattenne il respiro, completamente paralizzata dall’immagine che le si palesava davanti: James Potter e Lily Evans sul divano nel bel mezzo di un appuntamento.
Amanda non era esattamente la migliore a riconoscere certe situazioni romantiche, ma era abbastanza sicura che quello fosse un appuntamento: luce soffusa, orario improponibile, conversazioni bisbigliate e Lily che ridacchiava. Seppure avesse avuto qualche altro dubbio, in quel momento ci pensò James a toglierglielo, allungandosi a baciare Lily.
Coooosa?!” esclamò Amanda, uscendo allo scoperto.
I due compagni sobbalzarono, sorpresi, e si alzarono dal divano sistemandosi i vestiti.
“Oddio, Amanda, mi hai fatto prendere un colpo!” sbottò Lily, sottovoce. “Pensavo fossi la McGranitt!”
Amanda non riuscì a contenere un gridolino di felicità.
“Come… cioè, quando… e perché…? Ma chi lo sa? E poi come è successo?” domandò, entusiasta. Fece rimbalzare il suo sguardo avido di conoscenza da James a Lily un paio di volte, prima che qualcuno si decidesse a spiegare.
Lily alzò gli occhi al cielo e intervenne.
“Non lo sa nessuno, men che meno Sirius,” borbottò, incrociando le braccia.
“Cioè, non è la prima volta che voi – aspetta un attimo… da quanto uscite insieme?!” chiese finalmente, portandosi i pugni ai fianchi.
“Trentotto giorni,” disse James prontamente. “Tra… poche ore,” aggiunse, sistemandosi gli occhiali ed evitando un’occhiata stranita di Lily.
“Già… un mese, più o meno,” rispose lei, stringendo le labbra.
Amanda lasciò cadere la bacchetta a terra e li abbracciò con slancio. In quel momento era talmente felice che non riuscì a trattenere qualche saltello, e il risultato fu un abbraccio a tre piuttosto scomodo e pieno di gomitate per James e Lily.
“Ragazzi, è una notizia fantastica!” esclamò a voce bassissima. “Finalmente potremo organizzare delle uscite e quattro… Sirius ne sarà entusiasta!”
“Solo tu lo pensi,” borbottò James.
“Parliamo dello stesso Sirius?” domandò Lily.
“Esagerati. La prenderà benissimo, non aspettavamo altro!” concluse Amanda. “Andiamo a dirglielo adesso, che ne dite?”
Fece per voltarsi ma James la trattenne per un braccio.
“Sei impazzita? Aspetta almeno domattina,” la pregò. Fece un respiro profondo prima di continuare: “Devo essere io a dirglielo e ho bisogno di pensare a un discorso che non lo faccia sentire tradito.”
“Puoi scrivergli una lettera,” suggerì Lily, sarcastica.
“Per quanto adori tutto ciò che dici, una lettera sarebbe una pessima idea: Sirius è troppo pigro per leggere e la prenderebbe come un dispetto,” commentò James.
Amanda notò Lily stringere le labbra.
“Non avevo dubbi,” concluse Lily.
 
*
 
Riuscì finalmente ad addormentarsi, una volta tornata nel dormitorio, accompagnata da James. Fu emozionante persino per lei assistere al saluto tenero dei due compagni prima di andare a letto, tanto che salì le scale verso il dormitorio saltellando. Si morse la lingua parecchie volte per non tempestare di domande indiscrete James.
La mattina si svegliò poco riposata ma di buon umore. James, Remus e Peter scesero presto per fare colazione e avviarsi al campo, mentre come al solito per Sirius fu più difficile svegliarsi.
“Ci penso io,” sorrise Amanda, prima di salutare i compagni.
Non appena la porta del dormitorio fu chiusa, spinse Sirius giù dal letto e si voltò dall’altra parte fingendo di dormire. La caduta lo svegliò di colpo e lo sentì imprecare. Amanda sbadigliò sonoramente, come se avesse appena aperto gli occhi.
“Ma che… Sirius, che ci fai sul pavimento?” domandò, sorpresa. Lui si alzò in piedi e la guardò male.
“Ti ho già detto un migliaio di volte che è sufficiente scuotermi per svegliarmi,” sbottò.
“Lo so, ma è meno divertente,” rise Amanda, alzandosi per baciarlo. “Buongiorno!”
Sirius mantenne un’espressione contrariata e assonnata mentre ricambiava il bacio.
“Che ore sono?” domandò, guardandosi intorno. “James è già andato al campo?”
“Sì, ma non sei in ritardo,” rispose Amanda. “Prima che tu vada devo parlarti.”
Con quelle parole attirò l’attenzione del compagno.
“Mi devo preoccupare?” chiese, curioso. Amanda si schiarì la voce e cercò di apparire il più entusiasta possibile nel comunicargli la notizia.
James e Lily finalmente escono insieme!” esclamò. Prima che il compagno potesse dire o fare qualsiasi cosa aggiunse: “Allora, prima che tu dia di matto sappi che te l’ho voluto dire prima in modo che tu possa reagire male qui e ora con me e prepararti per quando te lo dirà James.”
Sirius sgranò gli occhi.
“Lui – cosa? Quando? Come? Perché tu lo sai e io no? Ma che – cosa?!” sbottò.
Amanda gli indicò la parte del letto accanto a lei, invitandolo a sedersi. Sirius preferì stare in piedi e camminare avanti e indietro per tutto il dormitorio.
“L’ho scoperto stanotte; non riuscivo a dormire e mi sono accorta che James non c’era. Sono scesa in sala comune e li ho colti sul fatto!” spiegò. “Hanno ammesso che si vedono da circa un mese-”
“UN MESE?!” scoppiò.
“Okay, calmati,” tentò Amanda, gesticolando. “Probabilmente aspettavano di vedere in che direzione sarebbe andata questa cosa, o forse Lily gli ha chiesto discrezione…”
“Ovviamente, ancora non stanno insieme e già Evans lo comanda a bacchetta,” sbottò. “Se tu non l’avessi scoperto stanotte chissà quanto tempo avrebbe aspettato prima di dirmi qualcosa!”
“Sirius, fermati e siediti!” esclamò Amanda, perentoria. “Non la stai guardando dalla giusta prospettiva e sapevo che la tua prima reazione sarebbe stata così, è per questo che te ne sto parlando prima di James!”
Il compagno sbuffò, seccato, ma l’ascoltò e si sedette.
“Quale sarebbe la giusta prospettiva?” domandò, sardonico.
Sarebbe” gli fece eco Amanda, “che finalmente James e Lily escono insieme! Insomma, quanti anni sono che James muore dietro Lily?”
“Beh, tanti – troppi,” rispose, seccato.
“Ecco. Ti immagini la sua gioia nel sapere che Lily lo ricambia e che ha deciso di uscire con lui? Prova a metterti nei suoi panni, sarà stato felicissimo e sicuramente non vedeva l’ora di parlartene!”
“E perché non lo ha fatto?” domandò, arrabbiato.
Amanda si grattò la testa.
“Sir, tu daresti al tuo migliore amico la notizia che aspettavi di dirgli da anni sapendo che la sua reazione sarebbe… beh, quella che stai avendo ora?”
“Sto reagendo male solo perché me l’ha tenuto nascosto!” si difese.
Amanda rise.
“No, stai reagendo male perché pensi che Lily ti porterà via James…” rispose. “Temi che James ti metterà da parte ora che sta con lei, perché in fondo lo sai che tu che Lily è quella giusta per lui. Ma non hai considerato che invece lui era entusiasta quando ci siamo conosciuti e messi insieme, perché vedeva quanto fossi felice e ti ha sempre appoggiato.”
Sirius stette in silenzio, impegnato a rimuginare su quelle parole con uno sguardo fiero e le braccia incrociate al petto.
“James ti dirà tutto dopo la partita – quindi, ti prego, non soffermarti solo su quello che senti, ma prova a essere un po’ più empatico.”
Sirius sbuffò.
“Okay, mi hai convinto,” borbottò. “Ci proverò.”
Amanda alzò i pugni al soffitto in segno di vittoria, poi ne approfittò per abbracciare Sirius e baciarlo, ma lui si scostò un attimo prima e la fece cadere dal letto.
“Ma… hey!” sbottò, dolorante.
Sirius rise.
“Ora siamo pari,” dichiarò compiaciuto.
 
 
LILY
 
Non voleva ammetterlo, ma anche a distanza James era capace di trasmettergli tutta l’ansia che provava in quel momento. La partita non era andata bene, avevano perso, e Lily si sentiva responsabile. Insomma, se non avessero fatto le ore piccole con il loro appuntamento, probabilmente James sarebbe stato più riposato. Eppure, era stato lui a insistere per vedersi proprio quella notte, perché diceva che lei gli portava fortuna.
Lily lo aveva raggiunto appena fuori dagli spogliatoi, attendendo che uscisse, e in quel momento anche Sirius e Amanda arrivarono. Erano stati accanto a lei durante tutto l’incontro e Black era stato stranamente accomodante, tanto da offrirle un posto accanto a lui in tribuna.
James uscì finalmente e Lily notò che era sorpreso di vedere tutti lì.
“Mi spiace per la partita, James!” esclamò Amanda, abbracciandolo.
“Ci rifaremo,” borbottò lui, nascondendo la delusione.
“Eri parecchio distratto, comunque,” lo incalzò Sirius. “Come mai? Non eri riposato?”
Lily notò Amanda rivolgere a Sirius un’occhiata preoccupata. James, invece, si morse un labbro.
“Ecco, a proposito di questo, devo proprio darti una notizia!” esclamò, lanciando un’occhiata in direzione di Lily. Quest’ultima pensò che non fosse esattamente il modo migliore per iniziare il discorso con Black; probabilmente Sirius non vedeva l’ora di incolparla per aver perso la partita.
“Sono tutto orecchi,” rispose l’amico, curioso.
Il compagno esitò qualche momento, indeciso su come continuare, e Lily percepì tutta la sua difficoltà.
“James e io usciamo insieme da trentotto giorni, fattene una ragione!” sbottò Lily improvvisamente. “Non si è riposato abbastanza perché ci siamo visti ieri sera e abbiamo fatto tardi, quindi puoi incolparmi quanto ti pare, Black, perché sì – abbiamo perso per colpa mia!”
Si schiarì la voce e attese una risposta da Black, che la guardava sbigottito. Anche James sembrava sorpreso di averle sentito dire quelle cose.
“Trentotto giorni?” fece Sirius, confuso. “Sei stata molto specifica.”
“Sì, è… è lui che tiene il conto,” borbottò Lily, indicando James con un cenno del capo.
“Te ne sei ricordata,” osservò James, compiaciuto.
Lily arrossì, e pensò che non ci potesse essere momento peggiore per farlo. Tuttavia, con sorpresa notò che Black sembrava la persona più tranquilla del mondo.
“Beh, che dire… era ora, Evans!” esclamò Sirius. “E questa cosa… vi rende felici?” domandò poi, guardando entrambi.
Lily e James si scambiarono un’occhiata confusa: perché Sirius non stava dando di matto?
“Io… beh, sì, molto. Tu?” fece James, rivolgendole uno sguardo titubante. Lily era abbastanza sicura di avere sul volto tutte le sfumature rosso pomodoro conosciute.
“C-certo,” balbettò.
“L’amore trionfa ancora! Okay, ora baciatevi!” ordinò Amanda, incontenibile.
“Non esageriamo,” intervenne subito Sirius. Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Non dicevo a te e James, ma a Lily e James!” precisò quest’ultima.
“C’era davvero bisogno di specificarlo?” domandò Lily, sconvolta.
“Sì, in effetti avevo capito male,” ammise James.
“Ecco, grazie!” esclamò Sirius, grato.
“Ma che problemi avete, voi due?!” esclamò Lily, indecisa se essere più divertita o indignata.
“È così scandaloso volersi bene?” chiese James, confuso. “Vieni qui, Felpato, facciamo vedere a queste donne cos’è la vera amicizia!”
“No, James, smettila!” sbottò Sirius, iniziando a scappare per il campo dal compagno che voleva baciarlo.
Lily rimase con Amanda a guardare la scena, e vide quest’ultima fare spallucce.
“Vorrei dirti che è la prima volta che succede,” borbottò, “ma ti mentirei.”
Lily sospirò.
“Lo immaginavo,” rise, felice.
 
Note dell'autrice:
Voi ridete e scherzate, ma io ritengo una vittoria aver finito questo capitolo!
Eccomi tornata, gente! Eeeee... all'anno prossimo! XD Scherzo, ovviamente.
Allora, partiamo con qualche commento:
- Mai una gioia Orion colpisce ancora;
- Ho realizzato di scrivere più di personaggi morti che vivi in questa ff;
- Amate Amanda perché sono praticamente io, soprattutto quando devo svegliare il mio moroso;
- AMATE I JILY CON TUTTE LE VOSTRE FORZE

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento anche se non molto corposo. Vi mando un abbraccio gigante e spero di farmi rivedere presto con un altro capitolo <3!
- Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Anime Gemelle ***


Capitolo XXXV – Anime gemelle 

 

 

“I’m sorry I ruined your birthday, 

I guess I could go back to university 

Try and make my mother proud, stop this phase I’m in 

She deems dangerous in love” 

Grace – Florence & The Machine 


 

 

Dicembre 1977 

 

LAYLA 



Tamburellò ansiosamente le dita sulle pergamene rubate dal reparto proibito della biblioteca, mentre attendeva che la porta si aprisse e Regulus facesse finalmente il suo ingresso. Aveva provato a iniziare senza di lui, ma l’idea che stesse arrivando la innervosiva e deconcentrava, così si era ritrovata a sfogliare tutte quelle pagine senza vederle davvero. Aveva impiegato più di un mese a convincerlo a farsi aiutare, un mese durante il quale lei non gli aveva dato tregua, facendosi trovare ogni volta esattamente dove lui pensava di non essere visto o trovato – e per ciò, ovviamente, doveva essere grata a quella meravigliosa mappa che Layla era venuta poi a sapere essere stata creata proprio dai Malandrini – e proponendogli un accordo: lei gli avrebbe mostrato un luogo in cui Regulus avrebbe potuto fare le sue ricerche nella tranquillità più assoluta a patto che lei partecipasse. Malgrado l’accordo lo interessasse, Regulus ci aveva messo giorni a propendere per il sì, e a ogni modo, dopo avere accettato, faceva di tutto affinché Layla cambiasse idea e abbandonasse quel piano. Era come se andassero in direzioni opposte, per poi, alla fine, ritrovarsi: un girotondo, un curvare continuo, la cui forza del movimento era data dal sentimento che provavano l’uno per l’altra, impossibile da negare, ma assolutamente da evitare. 
Questo, almeno, era il pensiero di Regulus, e Layla lo sapeva; tuttavia, lei non si sarebbe mai arresa. 
Un tocco alla porta la destò dai suoi pensieri. Si erano accordati anche sul modo di bussare, per stare ancora più sicuri: era vero che quella stanza sarebbe apparsa solo se effettivamente cercata, ma per stare tranquilli si erano accordati su un ritmo di bussata condivisa.  
Layla tese l’orecchio e ascoltò, riconoscendo i colpi. Si avvicinò alla porta e bussò tre volte per segnalare a Regulus che poteva entrare, e la porta finalmente si aprì. Lo accolse con un sorriso non ricambiato. 
“Buonasera!” esclamò, felice ma nervosa. 
“Ciao,” borbottò Regulus, avanzando nella stanza e sedendosi al grande tavolo di legno scuro. La stanza che Layla aveva evocato imitava la biblioteca di Hogwarts; enorme e maestosa, tuttavia non evocava gli stessi libri che custodiva, motivo per cui Layla si era dovuta attrezzare di furbizia per poter recuperare la bibliografia da consultare. 
“Sei riuscito a procurarti quel libro del Reparto Proibito?” chiese, raggiungendolo e sedendoglisi accanto. 
“Sì, ma ho dovuto lavorarmi un po’ Lumacorno per avere la sua firma. Tu hai le pergamene?” domandò distratto. Layla alzò gli occhi al soffitto; era insopportabile quando fingeva disinteresse pur di non guardarla. 
“Certo, la McGranitt non ha fatto domande, sono una studentessa troppo preziosa per lei!” rispose con una certa soddisfazione nella voce. 
“Bene,” commentò. “Non ho molto tempo questa sera, quindi è meglio cominciare subito.” 
Layla sospirò.  
“Sì, okay,” borbottò delusa, ricominciando a sfogliare le pergamene. 

 

 


 

Calò il silenzio per minuti, probabilmente ore. Layla odiava quel vuoto di parole assordante dentro il quale invece Regulus pareva aver trovato al sua dimensione. Si alzò, dirigendosi verso la propria borsa, sicura di essere in realtà sotto lo sguardo vigile del compagno. Recuperò una busta di carta contenente dei muffin rubati a sua sorella e raggiunse nuovamente il tavolo, sedendosi. 
L'odore invitante dei dolci era sicuramente arrivato alle narici di Regulus, poiché sospirò, seccato. 
“Mi distrai,” sbuffò, alzando gli occhi dal libro. 
“È un problema tuo,” alzò le spalle Layla. Tirò fuori dalla busta un muffin e lo addentò. “Deliffiofo,” biascicò, notando come il compagno fosse combattuto tra l’apparire più seccato o divertito. 
“Li ha fatti... Amanda?” domandò. 
Layla ne addentò un altro morso e annuì vigorosamente. 
“Dammene uno,” le ordinò secco, sporgendosi verso di lei per infilare le mani nel sacchetto. Layla, in un gesto svelto, allontanò la busta. 
“No!” 
“Sei sicura di volerli mangiare tutti da sola? Ti finiranno tutti sul sedere!” la provocò, consapevole di quanto la infastidisse. 
Layla assottigliò gli occhi. 
“Pur di non darteli,” sibilò, impettita. Regulus le riservò un’occhiata sbieca; fece per tornare sui suoi libri, ma qualcosa sembrava attirarlo verso di lei. Non era tanto per i muffins, quanto più pareva avesse qualcosa da chiederle pronto a superare le sue labbra, ma che non trovava bene l’appiglio giusto per uscire. 
“Come... come sta tua sorella?” chiese allora. 
Layla fece spallucce. 
“Prepara ancora dolci, quindi è recuperabile,” cominciò. “Ultimamente è un po’ umorale... sai, col Natale che si avvicina, sentiamo la mancanza dei... dei nostri genitori. Lei, in particolare. Sarà il primo Natale senza di loro, e Amanda adora questa festività, teme che non potrà essere più la stessa senza di loro,” raccontò. “E credo proprio che abbia ragione,” terminò, schiarendosi la voce. 
Regulus sospirò. 
“Mi dispiace, non volevo fartici ripensare,” fece, contrito.  
“Non preoccuparti. Questo,” rispose Layla, indicando la mole di scartoffie che stavano esaminando, “mi aiuta parecchio a processare il tutto, mi fa sentire utile alla causa. È Amanda quella difficile da distrarre.” 
“La neve l’ha tirata un po’ su, almeno?” chiese, indicando la finestra da cui era visibile un paesaggio bianco mozzafiato. “Ho sentito che quest’anno Sirius ha fatto le cose in grande. È stato un peccato non avere assistito!” 
Layla sorrise divertita e si decise a passargli un muffin. Regulus lo accettò e lo addentò senza pensarci due volte. 
“Già. La settimana scorsa con l’inizio della neve per la prima volta in vita sua non è impazzita vedendola! E non voleva uscire a giocarci, ci credi?” 
“Assurdo,” le fece eco Regulus, sconvolto. 
“Vero?! Così Sirius ha fatto nevicare in Sala Grande, ma qualcosa è andato storto – oppure no – e per tutto un pomeriggio la Sala è stata invasa da metri di neve. Ma ne è valsa la pena, Amanda si è divertita molto!” esclamò. 
“Abbiamo messo insieme due mostri,” concluse Regulus con un sorriso. 
Le si avvicinò con l’intento di prendere un altro muffin da dentro il sacchetto e Layla lo lasciò fare, trattenendo l’impulso di passargli una mano tra i capelli. Per quanto il compagno avesse un rapporto terribile col cibo – mangiava per il semplice sostentamento, dimenticandosene perfino e non aveva il minimo appetito, cosa che invece sembrava aver ereditato suo fratello Sirius per entrambi – i dolci di Amanda erano l’unico pasto di cui Regulus era genuinamente ghiotto. 
“Severus si è sforzato parecchio per evitare che si incontrassero in tutti questi anni, probabilmente ci aveva visto lungo più di tutti!” esclamò il compagno tra un boccone e l’altro. “Ma alla fine, come puoi vedere, se è destino che certe anime si incontrino, non c’è uomo che possa frapporsi.” 
Layla non riuscì a trattenere una risata fragorosa. 
“Da dove arriva tutto questo romanticismo?” domandò, sconvolta. 
“Sono questi muffin,” confessò Regulus. “Sono loro la mia anima gemella.” 
Layla sospirò.  
“Sono stata una povera illusa, allora,” commentò con un sorriso amaro. Si scambiarono uno sguardo divertito, e Layla si convinse a porgergli il sacchetto con i muffin che rimanevano.
“Tieni, non me la sento di frappormi tra voi.” 
Regulus sorrise e prese la busta di carta; nel farlo, le loro dita si sfiorarono e Layla trasalì. Il compagno se ne accorse a abbassò lo sguardo, intristito. Lei si schiarì la gola. Era il momento di tentare il tutto per tutto. 
“O noi non siamo anime gemelle, o quello che hai detto è un’autentica assurdità. Sono più propensa per la seconda, ovviamente,” confessò. 
“Lay, non mi va di affrontare questo discorso-” iniziò Regulus, ma Layla continuò. 
“Gli uomini si frappongono dalla notte dei tempi e il destino non c’entra nulla, Reg! Certe anime hanno la fortuna di incontrarsi e non trovare ostacoli sul proprio cammino, ma sono talmente rare da rendere trascurabile qualsiasi statistica. Le vere anime gemelle sono proprio quelle che incontrano mille ostacoli ma che comunque finiscono insieme. Pensa a noi due, per esempio-” 
“No, non ci voglio pensare-” 
“E invece devi farlo!” insistette Layla. “La nostra relazione non è nata propriamente sotto una buona stella, tanto che qualcuno – tipo tu – ha deciso di sacrificarla sull’altare di un bene superiore. Scelta onorabilissima, se non fosse che questo vuol dire trovarsi schiere di uomini che si frappongono proprio tra di noi, ma guarda un po’? Siamo comunque ancora qui, insieme nella stessa stanza, che cerchiamo una soluzione che elimini tutti quelli che ci impediscono di stare insieme. In pratica, solo la morte può separarci. È lo scotto che dobbiamo pagare mentre cerchiamo di essere felici.” 
Regulus l’ascoltò piuttosto perplesso. 
“Ma è una cosa tristissima! Stai dicendo che saremo felici solo una volta che saremmo morti, dal momento che quello che stiamo facendo ci ucciderà sicuramente!” esclamò. 
Layla sbuffò. 
“È quello che tento di dirti da un mese, ormai, Reg!” esclamò, esasperata. “Abbiamo accettato quello che con tutta probabilità ci accadrà - perlomeno, io l’ho fatto - e ci ammazziamo di studio per un dannato bene superiore, ma nel frattempo non stiamo approfittando di questo tempo per concederci-” 
Regulus non la lasciò finire, perché la interruppe con un bacio di slancio, con una grinta che non gli apparteneva.  
 

 


“La prossima volta direi di scegliere un luogo più comodo,” borbottò Regulus, rivestendosi. “Una camera con un letto, magari.” 
Layla sorrise divertita mentre cercava la camicetta, volata chissà dove nella foga del momento. 
Avevano appena fatto l’amore ed era stato bellissimo. Layla aveva la testa sgombra da qualsiasi preoccupazione, in quel momento. Si sentiva leggera, la mente appannata dal lungo piacere che Regulus le aveva regalato. 
“La prossima volta? Wow, facciamo passi da gigante, qui!” esclamò soddisfatta. 
“Sì, e non voglio crederci che ci siamo cascati di nuovo,” rispose lui, portandosi le mani al volto. Layla ritrovò la camicia e la indossò. Gli si avvicinò e gli rubò un bacio.  
“È quello che fanno le anime gemelle!” gli fece notare, abbottonandosi. Guardò Regulus sorridere amaramente. 
“Okay, ma queste anime gemelle,” le fece eco, indicando entrambi, “devono trovare il modo di uccidere l’anima di Tu-Sai-Chi.” 
“Lo troveremo, è pur sempre un uomo,” buttò lì Layla, facendo spallucce.  
Notò Regulus bloccarsi a quelle parole. Sembrava avesse appena avuto un’epifania. 
“Tu... hai ragione,” mormorò. Assottigliò gli occhi e Layla riconobbe in quell’espressione che stava per arrivare a una soluzione. 
“Lo so,” asserì lei. 
“No, intendo dire... non abbiamo considerato le cose dal suo punto di vista!” esclamò.  
“Cioè?” 
Regulus iniziò a gesticolare, concitato. 
“Che per quanto lui possa diventare potente, sa di essere comunque mortale, e quindi vulnerabile. Non dobbiamo cercare cosa lo rende potente, dobbiamo capire cosa lo rende vulnerabile!” 
“Intendi, tipo... cercare la sua mortalità?” domandò, confusa. Non capiva dove volesse arrivare. 
“Prova a pensare: sei potente, il mago più potente del mondo, ma in fondo sei come tutti gli altri.” 
“Sono... mortale,” concluse Layla.  
“Tutta la potenza che ha lo aiuta a non morire, ma potenzialmente potrebbe. Ognuno ha un punto debole. Pensa a Grindelwald: per quanto fosse potente, ha trovato qualcuno che lo ha sconfitto. Tu cosa faresti se fossi potente ma avessi comunque un punto debole?”  
“Io… immagino che cercherei di non averlo, o lo nasconderei,” ragionò. “Quindi… pensi che stia cercando di rendersi invulnerabile?” 
Regulus annuì, le labbra serrate in un’ultima consapevolezza.  
“L'ho visto, Lay. Non ha quasi più nulla di umano. Non sta cercando di rendersi invulnerabile… io penso che lui ci sia già riuscito.” 
 



 

JAMES 


Lily si era comportata in modo strano per tutta la sera e ancora non era riuscito a capire perché. Era stata accomodante, più loquace del solito e sorrideva nervosamente per qualunque cosa gli amici dicessero. Dopo cena, tutti si riunirono nella sala comune per giocare al Monopoli Magico, gentilmente concesso da Amanda, sparita chissà dove con Sirius, e Lily perse quasi subito. Questo diede a James la certezza che ci fosse davvero qualcosa che non andava. 
“Sono stanca, vado a letto,” ammise, alzandosi dalla poltrona. Salutò tutti e si avviò verso le scale che conducevano al dormitorio femminile. 
“Ti accompagno,” si convinse James, abbandonando il gioco. La raggiunse e decise di arrivare dritto al punto. 
“C’è qualche problema, Lily?” domandò. 
Lei si schiarì la voce. 
“No, a parte il fatto che oltre la prima scalinata non potrai più salire,” rispose lei. Non lo stava guardando nemmeno in faccia.  
James era nel panico. Le aveva fatto qualcosa senza accorgersene? Fece mente locale: dopo aver fatto lezione insieme, nel pomeriggio avevano studiato, dato da mangiare al gatto e fatto una passeggiata, un giro alla guferia e poi erano tornati al castello. Niente Sirius tra i piedi per tutto il pomeriggio, quindi nulla che potesse averla innervosita. A cena c’era anche il suo dolce preferito! Che diavolo succedeva? 
Improvvisamente, però, si ricordò di un particolare. 
“La guferia!” esclamò. Lily sobbalzò, James non seppe se per la sorpresa o perché aveva colto nel segno. “Hai ricevuto una lettera. Da chi era? È successo qualcosa? Puoi dirmi tutto!” 
Lily sospirò e si guardò attorno. James la vide tirare fuori la bacchetta e togliere la protezione dalle scale del dormitorio che non permetteva ai ragazzi di raggiungere le camere. 
“Vieni con me,” borbottò. 
James si sentì ancora più confuso. Lily gli fece strada nel dormitorio femminile, entrando nella camerata che condivideva con Jaded e altre ragazze Grifondoro. La camera era identica alla loro, ma più ordinata. Erano soli. 
Lily si sedette su quello che James immaginò essere il suo letto a baldacchino e dal cassetto del comodino tirò fuori una lettera. 
“Me l’ha mandata Petunia,” mormorò.  
“Petunia? Tua sorella ti ha scritto una lettera?” chiede James, esterrefatto. Da che Lily gli aveva raccontato, sua sorella era completamente restia a qualsivoglia dettaglio della vita magica della “sorella stramba”, così come era solita apostrofare Lily. James trovò incredibile che Petunia avesse avuto il coraggio di inviare una lettera utilizzando un gufo come postino. 
“E non è la notizia peggiore,” aggiunse la compagna. “Mi ha invitato a una cena con lei e il suo fidanzato Vernon.” 
Non era la prima volta che Lily menzionava questo fantomatico fidanzato di Petunia. E ciò rendeva ancora più strana tutta la faccenda: così come la sorella, anche Vernon trovava assurdo, stupido e complicato tutto ciò che non era normale, e tanti motivi di scontri tra Petunia e Lily negli ultimi tempi avevano riguardato proprio Vernon: da quando si era innamorata di quest’uomo, sua sorella aveva cominciato sempre con più frequenza a criticare Lily e la sua magia, definendola stramba, pericolosa e pazza, un motivo di vergogna per l’intera famiglia, la possibile causa di rottura con il suo nuovo normalissimo fidanzato babbano. La situazione non aveva giovato Lily, che si sentiva rifiutata e sempre più distante dalla sorella.  Alla luce di tutti questi precedenti, James pensò dunque che un invito a cena di Petunia in quel momento fosse tutto fuorché qualcosa di positivo. 
Si sedette accanto a lei e le accarezzò una spalla. 
“Okay, quindi è questo che ti preoccupa? Perché non me ne hai parlato?” le domandò, pacato. 
Lily sembrava sull’orlo delle lacrime. Per James fu istintivo tirarla a sé per confortarla. 
“Non preoccuparti,” le mormorò. Le passò una mano tra i capelli, carezzandola. “Non può essere più terribile di Voldemort, no?” 
“Oh, tu non la conosci,” sussurrò. James le asciugò le lacrime e la vide sorridere divertita. 
Un’idea rischiosa gli attraversò la mente. “Posso accompagnarti... se vuoi,” tentò. 
Lily lo guardò con i suoi bellissimi e grandi occhi verdi spalancati. 
“Lo faresti davvero?” gli chiese. 
“Cosa? Lily, certo che lo farei!” esclamò. “Non mi ero ancora fatto avanti perché non sapevo come avresti reagito e temevo di essere invadente – ma caspita, sei la mia ragazza e non vedo l’ora di aiutarti e sostenerti, anche se significa sopportare Petunia!” 
Lily sembrò sollevata di sentirgli pronunciare quelle parole, e distese le labbra in un sorriso. 
“Io avevo timore di chiedertelo, non volevo ti sentissi costretto,” ammise. 
James la baciò delicatamente sulle labbra. Poi le loro fronti si toccarono. Rimasero qualche secondo in quella posizione, godendosi il momento. 
“Non facciamoci più questi problemi, okay?” concluse James, guardandola negli occhi. Lily annuì. 
“Hai ragione, sono la tua ragazza, ora!” esclamò col sorriso sulle labbra. James assaporò quelle parole, il cuore gli scoppiava di gioia. 
“Dillo di nuovo,” sospirò, felice. 
“Sono la tua ragazza,” ripeté, alzando gli occhi al cielo. 
“Ancora una volta.” 
“Okay, zitto e baciami,” rise Lily, mettendogli le braccia intorno al collo. 
James non se lo fece ripetere due volte. 
 

 

 

SIRIUS 

 

Sospirò mentre guardava la propria ragazza inerpicarsi sul banco di una classe vuota.  
“Amanda, non credo che possa aiutarti a trasformarti in una fenice saltare da un tavolo all’altro,” disse cautamente. 
“Forse hai ragione, però è divertente!” asserì lei, balzando di qua e di là. “Ma il libro di trasfigurazione dice di pensare come l’animale in cui vorremmo trasformarci, e se io fossi una fenice in questo momento avrei voglia di saltellare sui banchi!” 
Sirius sorrise, si appoggiò su un banco e la seguì con lo sguardo. 
“Sì, okay, sembra divertente. Mi hai convinto!” esclamò a un certo punto. Si alzò sul banco e raggiunse la compagna. 
“Ah! Sapevo che volevi farlo anche tu!” disse Amanda. “Pronto? Il pavimento è lava!” urlò, prima di cominciare a correre sui banchi come una forsennata. 
Sirius la rincorse cercando di raggiungerla, ma era stranamente coordinata mentre faceva tutti quei salti per nulla ponderati. Lui tentò di saltare due banchi, tuttavia calcolò male le distanze e perse l’equilibrio. Solo una trasformazione dell’ultimo istante gli diede modo di tenersi in gioco. Con le zampe anteriori si aggrappò al bordo del banco e per un pelo – letteralmente – si salvò dal cadere. 
“Hey, così non vale!” esclamò Amanda, che lo guardava mentre continuava a saltare. 
Sirius l’ammonì di guardare dove mettesse i piedi, ma al posto della voce ovviamente gli uscì un profondo latrato. Come prevedibile, Amanda perse l’equilibrio e Sirius corse verso di lei aspettandosi un gran tonfo a terra. Invece, Amanda non toccò il pavimento. Sirius rimase sbigottito davanti alla scena che gli si presentò: le braccia di Amanda in un secondo si erano trasformate in ali di fenice dal piumaggio rosso arancione e lei, sorpresa esattamente quanto lui, planò risollevandosi senza sapere esattamente cosa stesse facendo. Riuscì ad atterrare sul pavimento esattamente in piedi. 
“Oh, Salazar,” mormorò Amanda, guardandosi le ali.  
Sirius tornò in forma umana e le si avvicinò. 
“Stai bene?” 
“Io... sì, certo,” rispose. “Sir, ho le ali! Sono ali di fenice!” continuò entusiasta, muovendole. Lo spostamento d’aria che le ali provocarono smosse i capelli di Sirius, ancora sbigottito. 
“Io... wow, Amanda, sono senza parole,” mormorò. “Posso toccarle?” 
“Certo!” 
Sirius accarezzò delicatamente l’interno dell’ala destra della compagna, che però si ritrasse ridendo. “Mi fai il solletico!” 
“Le senti?” 
Amanda annuì. 
“Ce la sto facendo, Sir,” sorrise. 
“Ce la stai facendo,” annuì lui, entusiasta. La baciò con trasporto, sollevandola da terra. Percepì le sue ali circondargli le spalle. Amanda indietreggiò appoggiandosi su un banco. 
“È meno strano di quanto pensassi,” ammise, mentre esaminava il piumaggio. “Quasi eccitante.” 
“Non faremo sesso mentre sono parzialmente trasformata, scordatelo!” esclamò. 
Sirius sbuffò. 
“Non ci stavo pensando!” 
“I tuoi pantaloni dicono altro,” lo schernì. 
“Beh, non è qualcosa che riesco sempre a controllare,” ammise lui, imbarazzato, 
Amanda rise. 
“Sei un pervertito!” esclamò.  
Poi gli si avvicinò e lo baciò lo stesso. 

 

 

Note d’autrice: 

 

Bentornati! Dopo due anni torno con un aggiornamento piccino picciò, ma che spero possa aiutarvi a riprendere in mano le fila della ff. Allora, sono stati due anni intensi per la mia vita privata per cui la scrittura non è stata tra le mie priorità, però vi assicuro che ci ho pensato tantissimo. Per me è difficile essere costante in qualcosa, però ci sto provando davvero. Voglio veramente portare a compimento questa ff e spero che restiate con me fino alla fine <3. 
Detto ciò, vi ringrazio e vi saluto. Credo che l’ispirazione mi stia tornando, quindi spero di non farvi attendere molto prima di un prossimo capitolo. 

 

Besos <3 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Natale a Casa Froude ***


Capitolo XXXVI: “Natale a casa Froude” 

 

25 dicembre 1977 

Portaleen, Irlanda 

 

AMANDA 

 

Si svegliò con un enorme cerchio alla testa. La sera prima aveva decisamente esagerato con il Whisky Incendiario. Non sapeva nemmeno come mai in quella nuova versione della casa a Portaleen ce ne fosse. Il pomeriggio prima lei, Layla e Sirius erano tornati da Hogwarts per le vacanze di Natale e ne avevano trovate ben tre bottiglie nella credenza della cucina. Avevano movimentato decisamente la serata con il Monopoli Magico e bevendo ogni volta che acquistavano terreni. Il risultato era che non ricordava nulla dopo il terzo Whisky, nemmeno quanti altri ne fossero seguiti.  
Mugugnò dolorante, mettendosi seduta sul letto. Aprì finalmente gli occhi ma si rese conto immediatamente che era stata un’idea pessima. Avvertì la luce accecante che proveniva dalla finestra, e subito si coprì gli occhi con una mano. Tastò allora con gli occhi ancora chiusi le coperte per cercare il compagno, e probabilmente lo trovò anche, perché sotto il piumone sentì arrivare una protesta. 
“La mia testa,” si lamentò Sirius 
“Anche la mia fa male,” piagnucolò Amanda. Si lasciò cadere sopra il compagno, che raccolse le poche doloranti energie per protestare. 
“Non posso sopportare anche il peso della tua sbornia al momento, Froude, non ne ho le forze. Puoi soffrire mezzo metro più in là?” 
Probabilmente aveva cercato di aprire gli occhi, perché lo sentì disperarsi.  
“Oh, Santo Godric, che cos’è tutta questa luce, siamo in Paradiso?” 
“Oh, no, non aprire gli occhi!” lo avvertì Amanda. “Devono avere spostato il sole proprio fuori dalla mia finestra. Chiudili!” continuò, cercandogli a tastoni la faccia. 
“Perché mi schiaffeggi? Ti prego, smettila,” mormorò lui. 
Amanda sospirò. Bene, pensò. Non era la prima volta che si alzava e camminava per casa con gli occhi ancora chiusi. Non sarebbe stato così difficile, soprattutto perché conosceva quella casa meglio delle sue tasche. Decise allora di tirarsi su dal letto e uscire dalla camera, ma le gambe non collaborarono e con un tonfo sordo si ritrovò distesa sul pavimento. 
“Ahia,” si lamentò, tenendosi un ginocchio. Si rassegnò ad aprire gli occhi, anche se le lacrimavano per il fastidio, e notò che la camera era perfettamente illuminata a giorno dalla luce che entrava dalla finestra. Doveva essere mattino inoltrato, non aveva mai dormito così tanto, soprattutto nel giorno di Natale. 
Sentì dei passi concitati sulle scale. La porta della camera si aprì all’improvviso e Layla fece il suo ingresso con un entusiasmo insolito. 
“Buongiorno e buon Natale!” esclamò.  
Shhh, non urlare,” la pregò Amanda, cercando di rialzarsi da terra. Anche Sirius emise un verso di protesta. 
“Ti sei fatta male?” le chiese Sirius, probabilmente mettendo insieme tutte le forze di cui era provvisto per poter proferire parola. Amanda lo guardò e notò che aveva ancora gli occhi chiusi e il capo appoggiato al cuscino, in totale catalessi. 
“Ho avuto risvegli migliori,” rispose.  
“Stavi camminando con gli occhi chiusi e ti hanno ceduto le gambe?” le domandò ancora. Amanda sbuffò, contrariata dal sapere quanto Sirius la conoscesse bene. Mise il broncio. 
“Sì,” borbottò.   
“Siete due idioti,” constatò sua sorella Layla. Solo in quel momento Amanda notò che aveva due bicchieri tra le mani. 
“Ecco, bevi, è per il dopo sbornia,” disse allora, porgendole la bevanda. 
Amanda dovette fare uno sforzo di coordinamento inimmaginabile per bere senza versarsi addosso la pozione. La mandò giù tutta in un sorso sperando in un sollievo istantaneo. 
Sirius mugugnò qualcosa e Amanda si girò a guardarlo. Protestava per la pozione che Layla gli aveva appoggiato sul comodino. 
“Che? Non ho capito una parola,” fece lei, perplessa. 
“Ha detto che per lui non c’è più niente da fare e che non ha nemmeno la forza di bere,” tradusse Amanda, avvicinandosi al letto zoppicante. Sentì che la forte nausea lasciava il posto a una sensazione di benessere che piano piano si propagava in tutto il corpo. La pozione stava facendo effetto. 
“Non credo sia in grado di produrre un pensiero così profondo, in questo stato,” rispose Layla, sconcertata. 
Sirius, ancora con gli occhi completamente serrati, alzò un braccio indicando Amanda, come a sostegno della sua interpretazione. 
“Sir, bevi ché ti sentirai meglio,” disse Amanda, porgendogli il bicchiere. “Hai bisogno di aiuto?” 
Il compagno annuì lentamente. Vide sua sorella alzare gli occhi al cielo. 
Amanda si sedette accanto al cuscino di Sirius e lo aiutò ad alzare il capo per bere. 
“Siete imbarazzanti, non riesco a guardarvi,” fece Layla. “Mi arrendo. Vi aspetto in cucina, vado a preparare la colazione.” 
Amanda sentì la porta chiudersi. Sirius si tirò su e finì di bere la pozione, poi finalmente riuscì ad aprire gli occhi e ad abituarsi alla luce nella camera. 
“Adesso che posso guardarti è un buongiorno,” le disse baciandola. “Buon anniversario!” esclamò, e ne approfittò per saltarle addosso e bloccarla sotto di lui. 
“Questa pozione è miracolosa!” esclamò, ridendo. Si sistemò meglio e gli circondò il collo con le braccia. “Buon anniversario,” disse poi, baciandolo delicatamente. 
Lo sentì scendere con una mano ad accarezzarle i fianchi; le sue dita si infilarono sotto il tessuto del pigiama, le sfiorò prima l’ombelico, poi salì verso i seni. 
“Mmh...” mugolò Amanda, mentre si beava della scia di baci che Sirius le stava dando lungo la mascella, a scendere prima verso il collo e poi sempre più giù. Il suo stomaco brontolò per la fame. 
“Sei sicuro che sia una buona idea?” domandò allora, ma il compagno sembrava già aver deciso per entrambi. 
“La migliore della giornata,” rispose lui, spogliandola dei pantaloni del pigiama e degli slip in un colpo solo. Amanda sorrise, furba, e invertì le posizioni, trovandosi finalmente a cavalcioni su di lui. Percepiva chiaramente l’erezione del compagno sotto i boxer, così decise di giocare un po’. Si sfilò la maglia senza fretta, consapevole dell’urgenza che invece Sirius sembrava mettere nel togliersi la propria, e ondeggiò oscenamente su di lui con la scusa di abbassarsi per baciarlo. Lo aiutò a svestirsi anche dell’intimo, e fu in quel momento che decise di scappare: in un gesto improvviso, si spostò da un lato e si defilò dal suo tocco.  
“Devi prendermi, Black!” esclamò. I suoi buoni propositi finirono nell’istante in cui erano iniziati, perché Sirius fu fulmineo nel circondarle da dietro i fianchi con un braccio e trattenerla.  
“Presa.” 
Amanda protestò, divertita, trovandosi seduta su di lui, bloccata. Sirius le baciò la schiena in un punto che le provocava sempre il solletico. Rise e si girò, quindi, sistemandosi meglio sulle sue gambe. Lui annullò la distanza tra i loro volti con un bacio affamato, lei gli passò una mano tra i capelli e in un gesto fluido dei fianchi lo accolse allora dentro di sé.  

 

* 

 

Come ogni volta in cui facevano l’amore, dovettero costringersi ad allontanarsi quando si resero conto che avrebbero rischiato di passare l’intera giornata tra le lenzuola. Si vestirono in fretta stando a debita distanza e arrivarono in cucina, trovando il tavolo da pranzo imbandito con una colazione molto ricca tipicamente natalizia. 
“Ma che ore sono?” domandò allora Amanda, lasciandosi cadere su una sedia. Sirius, dietro di lei, le accarezzò le spalle.  
“Sono due ore che vi aspetto, vi siete riaddormentati?” chiese invece sua sorella. Li squadrò entrambi, capendo all’istante. “No, niente, non lo voglio sapere,” disse allora.  
Amanda e Sirius si scambiarono un sorriso malizioso. 
“Siete osceni, seriamente!” esclamò LaylaSirius fece per sedersi accanto a lei, ma sua sorella lo guardò perentoria e lo costrinse a mettersi di fronte. Layla si sedette dunque tra loro. “Vedete di ricomporvi, abbiamo i Potter a pranzo!” 
Amanda fece mente locale, rendendosi conto che era Natale. Il primo senza i suoi genitori. Lo stomaco sembrò sprofondarle sotto i piedi. 
I suoi pensieri dovevano essersi affacciati abbastanza prepotentemente sul suo volto perché a quanto pare Sirius li aveva già intercettati. 
“Tutto bene?” le chiese, mentre si riempiva il piatto con tutto ciò che gli capitava sotto tiro.  
Lei annuì, cacciando quel triste pensiero in un angolo della mente. “Buon Natale, ragazzi,” disse con un sorriso. 
Layla la abbracciò di slancio, tanto che Amanda rischiò di perdere l’equilibrio. 
Nollaig Shona dhuitMandy!” esclamò.  
“Che?” fece Sirius, confuso. 
“Vuol dire buon Natale in irlandese,” tradusse Amanda. 
“È impronunciabile,” commentò Sirius, perplesso.   
“Per ora, ti assicuro che lo imparerai,” lo rassicurò lei.  
Mangiarono in un rilassante silenzio per qualche minuto, riempiendosi la pancia col sottofondo delle onde che si infrangevano sugli scogli vicini. Ad un certo punto, Layla avanzò una proposta. 
“Scambiamoci i regali!”  
Sparì nel salotto per qualche secondo, prima di tornare con dei pacchetti. Li analizzò brevemente, consegnandone due ciascuno.  
Amanda si ritrovò tra le mani una scatola blu. L’aprì e scoprì che conteneva un album di fotografie messe insieme da sua sorella che le ritraevano durante la loro infanzia nelle vacanze a Mainistir. 
“Le ho trovate in un mobile nella casa di zio Patrick,” le rivelò. “Guarda, qui c’è anche Evan!” 
“Fantastico,” commentò Sirius, acido, mentre scartava il suo regalo. Amanda alzò gli occhi al cielo e abbracciò Layla. “È bellissimo, Lay!” 
“Che cos’è? Whisky Indendiario?” domandò Sirius, rigirandosi tra le mani una bottiglia. 
Amanda rise. 
“No, ho creato una pozione che funziona da carburante per la moto. La incanta in modo che voli come una scopa,” spiegò al compagno. Sirius spalancò la bocca, stupito. 
“L’hai creata tu? Da sola?” fece, sbigottito. 
Amanda strinse le labbra. 
“Non esattamente. Per la parte che riguardava gli incantesimi da associare mi sono fatta aiutare da-” si interruppe improvvisamente, rendendosi conto che stava parlando troppo. 
“Da?” le fece eco Sirius. 
“Da qualcuno,” rispose lei, tergiversando. Ma ovviamente non funzionò, perché il compagno sembrava aver capito. 
“Da mio padre,” finì lui per lei. 
Amanda si scambiò uno sguardo con sua sorella per cercare un po’ di appoggio. “Già,” mormorò. “È che l’ho incontrato un paio di settimane fa nell’ufficio di Silente e gli ho chiesto un consiglio, lui è così bravo con gli incantesimi!” si giustificò, a mo’ di scuse. 
Sirius sospirò. “Sì, lo so, purtroppo,” borbottò. “Ma ti prego, smettila di nascondermi questo strano rapporto che hai con mio padre.” 
Amanda lo guardò, sbigottita. 
“Io non ho uno strano rapporto con tuo padre!” esclamò offesa.  
“Beh, un po’ sì,” intervenne Layla. “Cioè, è che tu somigli così tanto alla mamma e quando parlate c’è questa strana tensione-” 
Amanda trattenne un conato di vomito. 
“Per Salazar, Lay, non dire altro,” la pregò Amanda. “Ma di che diavolo stai parlando?” 
Anche Sirius non riuscì a trattenere un’espressione disgustata. “Vi prego, non posso reggere una conversazione di questo tipo.” 
“Dai, è così evidente che quando ti guarda lui veda la mamma!” insistette Layla 
“Ma cosa c’entro io? Ti assicuro che è tutto nella tua testa e basta,” fece Amanda, concitata.  
“Apri il mio regalo,” tagliò corto Sirius. Le indicò il piccolo pacchetto verde che sua sorella le aveva consegnato.  
“Uh, che cos’è?” chiese Amanda, rigirandoselo tra le mani. Lo scarto e aprì la scatola, rimanendo senza parole: su una base di velluto blu era adagiata una collana dorata con un ciondolo raffigurante una fenice. Notò che nell’occhio della fenice era incastonato un piccolo ma rilucente zaffiro, blu proprio come i suoi occhi. 
“Wow, Sir, è- wow!” esclamò Amanda, guardandolo. “È bellissima!” 
Sirius le riservò uno dei suoi sorrisi migliori, di quelli che la rendevano debole. Si alzò e l’aiutò a indossarla. Anche Layla sembrava sorpresa. 
“Caspita, Black, che gusto raffinato!” esclamò sua sorella.  
Sirius le fece un segno di riverenza, divertito. 
“Non mi date mai fiducia,” disse poi, facendo spallucce. Amanda si alzò e gli cinse le braccia intorno al collo. 
“Grazie,” mormorò, e lo baciò delicatamente. Sirius subito approfittò di quel contatto per approfondire il bacio e sua sorella intervenne, categorica. 
“Okay, ora basta, smettetela,” esclamò. "Devo ancora aprire i miei regali!” 
Sirius l’ascoltò e tornò a sede al suo posto non prima di aver palpato il sedere ad Amanda. 
Layla sospirò e prese a scartare un pacchetto rosso, che Amanda riconobbe come il suo regalo. “È da parte mia!” 
Si trattava di un piccolo pensatoio da viaggio; aveva le sembianze di un cilindro e si attivava, aprendosi, al tocco esclusivo del proprietario. Sua sorella non ebbe bisogno di sapere come funzionava perché sembrava averne già preso dimestichezza, mentre se lo rigirava per osservarlo. 
“Ho pensato ti potesse aiutare a svuotare un po’ la testa, visto che sei sempre molto impegnata a scuola!” le spiegò. Layla la guardò con riconoscenza. 
“È stupendo, Mandy, e non hai idea di quanto mi servisse. Sei sempre la migliore a fare regali!” esclamò, poi la abbracciò. 
“Non hai ancora aperto il mio,” le fece notare Sirius, sicuramente piccato per l’ultima affermazione di Layla. In effetti, Amanda doveva ammettere che anche il compagno se la cavava molto bene con i regali. Con quel pensiero si toccò il ciondolo. 
Osservò Layla scartare allora il suo regalo. Tolse l’involucro di carta scoprendo un quadernino di pelle blu. 
“È un diario protetto da incantesimi di riservatezza, per cui le informazioni che ci scriverai dentro saranno leggibili solo a te attraverso una parola d’ordine,” le spiegò.  
Layla lo guardò, sbalordita. Stava per dire qualcosa ma Sirius la interruppe. “Ah, ora che lo hai toccato, attenzione a ciò che dici perché il quaderno la recepirà come la parola d’ordine per attivarlo!” 
Sua sorella si schiarì la voce e un ghigno poco rassicurante le comparve in volto. 
Sirius puzza,” disse. Il diario fece qualche scintilla dorata, poi si aprì in uno scatto. Amanda scoppiò a ridere e Sirius alzò gli occhi al cielo. 
“Davvero? Molto divertente, Lay,” commentò. 
Layla rise e raggiunse Sirius per abbracciarlo. 
“Grazie davvero, è bellissimo,” gli disse, e Amanda notò che sembrava commossa. “Ora puoi aprire il tuo,” continuò, allegra. 
Gli passò un minuscolo pacchetto in carta dorata. Sirius lo scartò e lo guardò, rigirandosi tra le mani uno strano pulsante nero. Amanda non aveva la minima idea di cosa fosse; Sirius invece doveva averlo capito perché si rivolse a Layla, sgomento. “Non ci credo! Sono introvabili, come hai fatto a procurartelo?” 
“Che cos’è?” domandò allora Amanda, curiosa. 
“È un dispositivo per i mezzi di trasporto magici, si attacca alla carrozzeria e li rende invisibili. Ho pensato gli potesse fare comodo dal momento che il tuo regalo renderà la sua moto volante!” spiegò Layla. “Un piccoletto della mia Casa mi doveva un favore e suo zio li produce, così me ne sono fatta procurare uno!” 
Poi sembrò che un’illuminazione la cogliesse. “Ma oggi è il vostro anniversario! Doppio regalo?” fece, entusiasta. 
Sirius sorrise. “Io ci avevo pensato, Amanda però non era d’accordo... non materialmente parlando, almeno.” 
“Abbiamo deciso che festeggeremo questo anniversario regalandoci delle esperienze, una per ogni mese passato insieme,” spiegò Amanda. “Ma non è il caso di andare nel dettaglio.” 
“Per quanto so che me ne pentirò, voglio sapere di che esperienze parlate,” ammise Layla 
Sirius ha accettato di farmi dormire dodici notti nel dormitorio Grifondoro,” spiegò Amanda. “È un grosso sacrificio, per lui.” 
“E in che modo sarebbe un sacrificio?” domandò sua sorella, divertita. 
“Fidati, lo è,” le assicurò Sirius, annuendo. 
“La prima volta non è andata molto bene,” ammise Amanda. 
“E tu?” continuò Layla, rivolta a Sirius. “Tu cosa le hai chiesto?” 
“Non lo vuoi sapere,” rispose lui, con un sorriso malizioso. 
Layla alzò gli occhi al soffitto. “Cosa sarà mai? Le hai chiesto dodici diverse posizioni sessuali?” 
“Ma per chi mi hai preso?” sbottò. “Ne abbiamo già fatte molte di più,” continuò, sornione. Amanda rise all’espressione disgustata di Layla e schiacciò un cinque a Sirius. 

 

 

* 

 

La mattinata trascorse piacevole e insieme si divertirono a cucinare il pranzo di Natale (Layla e Amanda) e a decorare la sala da pranzo (Sirius, che era stato bandito dalla cucina dopo essere stato scoperto a mangiare il budino che Amanda aveva messo a riposare). 
I Potter arrivarono puntuali come sempre, ma all’appello mancava James, andato a trascorrere il Natale a casa di Lily. 
“È così piacevole tornare a essere figlia unica!” esclamò Jaded, mentre si scrollava la Metropolvere di dosso.  
“Ma tu e James siete gemelli,” le fece notare Layla, confusa. 
“Io sono più grande di ventinove secondi, tesoro,” precisò Jaded. “E ricordo benissimo come mi sono sentita in quei ventinove secondi.” 
Charlus Potter alzò gli occhi al cielo e si tolse il mantello. Dorea, invece, si avvicinò ad Amanda. 
“Hai bisogno di una mano, Amanda cara?” domandò, con la sua solita dolcezza. 
“Abbiamo tutto sotto controllo, Dorea, grazie mille,” rispose Amanda. “Accomodatevi in salotto e datemi i mantelli,” disse poi. “Vi ho preparato dell’Idromele nell’attesa che l’arrosto finisca di cuocersi. Sirius, puoi prendere la bottiglia che si trova nella credenza della sala da pranzo?” 
Sirius sembrò molto sorpreso da quella richiesta e ciò insospettì Amanda. 
“La bottiglia di Idromele?” chiese il compagnò. 
“Sì.” 
“Quella nella credenza,” ripeté. 
“Nella sala da pranzo,” gli fece eco Amanda. 
Sirius si schiarì la voce. Lei comprese immediatamente. 
“L’hai bevuta?” 
Lui annuì. Amanda sospirò. 
“Non ci credo, ti abbiamo lasciato solo per un’ora soltanto!” esclamò Layla, sconvolta. 
“Tranquille, ragazze, visto che oggi è un giorno di festa preferisco qualcosa di più forte. Dovrebbe esserci dei Fire Whisky che ha portato Silente l’altro giorno,” fece Charlus; ma quella affermazione non fece che peggiorare le cose, perché ora sua sorella Layla guardava male pure lei. 
“È finito anche quello, signor Potter,” borbottò Layla, incrociando le braccia.  
Charlus riservò un’occhiata sorpresa sia a lei che a Sirius, e Amanda si sentì sprofondare dalla vergogna. 
“Ecco, abbiamo giocato a una versione alcolica del Monopoli Magico e la situazione è sfuggita di mano,” ammise Amanda. 
Senza di me?!” sbottò Jaded, indignata.  
Charlus sorrise. 
“È stata una mossa poco furba lasciare tutto quel Fire Whisky in bella vista con degli adolescenti in giro, ne prendo atto,” affermò, avvicinandosi alla poltrona. “Fortunatamente Orion vi conosce più di quanto siate disposti ad ammettere,” continuò, alzando la seduta della poltrona. Amanda si avvicinò e notò che la poltrona nascondeva un anfratto in cui erano stipate diverse provviste alcoliche. Non seppe se ridere o ritenersi preoccupata che il padre di Sirius si ritrovasse a dover nascondere dell’alcool in casa sua.  
“Ma l’alcolismo è un criterio di ammissione nell’Ordine?” s’informò Layla.   
“Sono tempi difficili, Layla, e noi non giudichiamo nessuno,” rise Charlus. 

 

* 

 

Il pranzo con i Potter portò una ventata di allegria che mise Amanda di buonumore. Anche l’arrivo di Silente, passato a salutare al momento del dolce, l’aiutò a non sentirsi sola; tuttavia, in un certo momento del primo pomeriggio, avere tutte quelle persone intorno la fece sentire come se non si meritasse il loro affetto. Si sentì soverchiata, così dovette allontanarsi per avere qualche momento da sola e rimettere a posto i pensieri. Andò in cucina con una scusa e si perse a sfogliare l’album che sua sorella le aveva regalato. Ogni tanto dovette asciugare qualche lacrima fisiologica, era impossibile non commuoversi guardando l’ingenuità con cui sorrideva qualche anno prima. Si chiese se sarebbe mai tornata a sorridere così. 
“Disturbo?” 
La testa di Silente fece capolino dalla porta della cucina. Amanda sorrise e tirò su col naso, cercando di nascondere quel momento di mestizia. 
“No, professor Silente, venga pure,” disse. Accennò all’album che aveva tra le mani. “Guardo dei ricordi.” 
“I ricordi sono meravigliosi e tristi allo stesso tempo,” fece Silente, avvicinandosi a lei. Le mise una mano sulla spalla. Non seppe come, ma a quanto pare Silente aveva l’assurda capacità di calmarla al solo tocco. “Immagino che non sia una giornata facile.” 
“Non esattamente, no,” ammise Amanda, schiarendosi la voce. “Le posso offrire qualcosa?” 
“Oh, no, ti ringrazio! Lo sherry di Orion è stato più che sufficiente. Non vorrei vomitare, non si confà a un vecchio come me,” ammise sorridendo. Lo notò indugiare lo sguardo sul suo ciondolo. 
“Una fenice, eh?” commentò allora Silente, curioso. “Animali meravigliosi. Sopravvivono attraverso tante vite, si fortificano, e tutto ciò che fanno, lo fanno per gli altri.” 
Amanda sorrise, toccando il ciondolo. 
“È un regalo di Sirius, si tratta del mio Patronus,” spiegò. 
“Non mi stupisce,” rispose, sorridente. “Vorrei approfittare di questo momento solo con te per discutere dell’Ordine,” continuò. Amanda si sentì squadrare da sopra gli occhiali a mezzaluna. 
Lei sgranò gli occhi e non riuscì a trattenere l’eccitazione. 
“Potrò finalmente entrare a farne parte?” domandò, le mani giunte come a pregarlo. 
Silente sorrise. 
“Oh, no, Amanda, purtroppo devo negartelo ancora per un po’,” affermò. “Ho dato la parola a tuo padre che non ti avrei assoldato, non prima dei M.A.G.O., almeno,” continuò, facendole l’occhiolino. Si accarezzò la barba canuta. 
“Devo chiederti il permesso di utilizzare questa casa come Quartier Generale ancora per un po’. Credi che sia possibile?” domandò allora. 
Amanda lo guardò, perplessa. 
“Ma certo, professor Silente. Può considerare questa casa come il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice per sempre,” rispose lei, impettita. “Porterò sempre avanti gli ideali di giustizia di mio padre, così come faranno coloro che sono entrati finora in questa casa.” 
Silente sorrise, e Amanda giurò di leggere una punta di orgoglio nei suoi vispi occhi azzurri. 
“A proposito di ciò,” intervenne. “Che piani avete tu e Sirius dopo i M.A.G.O.?” domandò allora a bruciapelo. 
Amanda tentennò, imbarazzata. Il Preside della sua scuola gli stava veramente chiedendo i suoi piani futuri nella relazione con Sirius? 
“In- in che senso? Cioè, intende me e lui come coppia? Io... io non so, non ne abbiamo ancora parlato, lei crede che dovremmo?” chiese di rimando, guardando con estremo interesse il pavimento. Silente rise. 
“Oh, no, Amanda, non volevo metterti in difficoltà. Il fatto è che se entrerai a far parte dell’Ordine, credo che lui debba essere messo al corrente,” spiegò. 
“Oh, beh, certo, di questo abbiamo parlato. Entreremo tutti nell’ordine, questo è sicuro,” affermò. 
Silente sospirò, allegro. 
“Avete discusso con una facilità disarmante la questione di unirvi a un’organizzazione segreta potenzialmente mortale ma non il vostro futuro come coppia al di fuori di Hogwarts?” le fece notare, divertito. “Singolare.” 
Amanda arrossì. 
“Ecco, no, in realtà ci penso da un po’,” ammise lei. “Crede che sia un’idea tanto malsana chiedergli di trasferirsi qui a Portaleen? Sa, per via della segretezza del luogo...” 
“Non sarà un problema avere Sirius qui, Amanda. Questa è pur sempre casa tua, e Sirius è una persona più che fidata, considerando anche quello che suo padre fa per noi,” la rassicurò Silente. 
“E quello che mi fate fare anche il giorno di Natale,” s’intromise una voce. Amanda sussultò e notò che sulla porta della cucina sostava Orion Black, con accanto un Sirius tutto fuorché che felice della presenza del padre. Lo guardava di sottecchi con le braccia incrociate. Amanda poteva dire con certezza che entrare nell’Ordine aveva donato a Orion Black una bellezza senza tempo; se lo ricordava, solo pochi mesi prima, quando sembrava l’ombra di sé stesso. Ora che aveva uno scopo, ora che lo perseguiva fino in fondo, sembrava che stesse attraversando una nuova giovinezza: il viso era ancora un po’ emaciato, i capelli continuavano a ingrigirsi, ma i suoi occhi brillavano di una speranza che Amanda non aveva mai visto in lui. E soprattutto, Orion Black aveva imparato a sorridere, e lei sperò che fosse anche un po’ merito loro. 
“S-signor Black, è un piacere vederla!” sorrise Amanda. Ebbe l’istinto di trotterellargli incontro ma si contenne, sotto lo sguardo sottile di Sirius. Resistette persino alla voglia di abbracciarlo. 
“Vuole del budino?” gli domandò, porgendogliene una porzione in un piattino. Orion alzò gli angoli della bocca. 
“Grazie, Amanda, sei una buona padrona di casa,” rispose, accettando il dolce. “Molto più di qualcuno qui accanto a me,” continuò, guardando il figlio. 
Sirius strinse le labbra e allargò le narici in segno di disappunto, ma non riuscì a dire niente perché Orion sembrava in vena di chiacchiere, quel pomeriggio.  
“Ti è piaciuto il regalo di Amanda?” domandò, con una genuina curiosità. “Ho saputo che hai una moto, adesso.” 
“Non è affar tuo,” borbottò Sirius, scontroso, avvicinandosi a lei come per cercare conforto. 
“Non era affar mio nemmeno darti un consiglio sul regalo per lei, ma noto con piacere che l’hai seguito,” constatò, facendo un accenno all’indirizzo della collana che Amanda indossava. Lei si girò a guardare Sirius, scioccata. 
Cooosa?” domandò, incredula. “La collana che indosso è un’idea di tuo padre?” 
“NO!” sbottò Sirius. “Lui mi ha suggerito una collana qualsiasi, quella che indossi è una collana fatta appositamente per te e commissionata da me a un gioielliere di Londra – smettila di guardarmi così!”  
Amanda non sapeva bene che espressione stesse esternando, ma probabilmente somigliava alla gioia pura. 
Aw, sono così felice che tu e tuo padre vi parliate... e gli hai pure chiesto un consiglio!” esclamò, saltellando per l’eccitazione. 
“Noi non... è stato un caso! L’ho incontrato a scuola e gliel’ho chiesto, punto! Se fosse passato Pix in quel momento probabilmente avrei chiesto consiglio a lui, non è niente di che!” spiegò, scontroso. 
Pix ti avrebbe suggerito delle Caccabombe,” affermò Silente, divertito. 
“Non ci credo, tu non chiedi consigli per regali al primo che passa... perché ti costa tanto ammettere che stai costruendo un bel rapporto con tuo padre?”  
“Non fa niente, Amanda, non devi farlo,” intervenne Orion, sorridendo.  
“Ma io voglio vedervi correre insieme verso il tramonto,” borbottò Amanda, delusa.  
“Cosa?” domandò Orion, confuso. Sirius sbuffò e mosse una mano come a scacciare una mosca. 
“Niente, è una storia lunga,” tagliò corto. Poi si voltò verso di lei. “Devi darmi tempo, Amanda, devo metabolizzare ancora tutta questa storia,” le spiegò. 
Amanda strinse le labbra. 
“Quindi sei comunque felice di averlo qui con noi?” domandò, speranzosa. 
Sirius sospirò alzando gli occhi al cielo. 
“Io... io credo di sì, contenta?” 
Amanda fece qualche salto sconnesso per la felicità e gli buttò le braccia al collo, baciandolo. Poi si ricordò di ciò che doveva chiedergli. 
“Oh, a proposito, visto che siamo tutti qui riuniti-” 
“Tutti chi?” fece Sirius. 
Amanda si schiarì la voce. 
“Signor Black, vorrei il suo permesso per chiedere a suo figlio di venire a vivere qui a Portaleen una volta finita la scuola.” 
Orion rise di gusto. “Ma certo, Amanda.” 
“Cosa? Che? Amanda, perché stai chiedendo il permesso a mio padre?” 
“Non so, per dare ufficialità alla richiesta! Non si fa così?” 
“No, non per gli uomini, almeno!” 
“Perché? Cioè - voi uomini non volete avere l’approvazione dei genitori?” 
“No, e men che meno io.” 
“Io non capisco perché alle donne serva, invece.” 
“È un retaggio culturale, nemmeno tanto simpatico a dire il vero,” spiegò Silente, divertito.  
Amanda era confusa, ma decise di lasciare cadere la questione perché non voleva perdersi la reazione di Sirius. “Quindi? Che ne dici?” domandò, nervosa. 
“Dico che è un’idea fantastica!” esclamò, riservandole un sorriso mozzafiato. Si stavano per saltare addosso ma una voce li distrasse. 
“Oh, no, vi prego!”  
Amanda si voltò e notò sua sorella e i Potter lì alla porta da un tempo indefinito, probabilmente a origliare. 
 

Commento dell’autrice: 
 
Bentrovati! È arrivata l’estate e si vede, visto che ho più tempo libero 😊! Mi sto divertendo tantissimo a plottare i prossimi capitoli e spero di scriverli in tempi relativamente brevi. Allora, questo capitolo può sembrare un filler ma diciamo che mi è servito per lo più a fare una transizione: la relazione di Sirius e Amanda compie un anno, sono al settimo anno di Hogwarts, con i M.A.G.O. praticamente dietro l’angolo, il mondo della magia è un posto ormai oscuro e pieno di pericoli, quindi insomma... in questo periodo storico dovranno crescere in fretta e darsi da fare. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi abbraccio tantissimo <3!  
 

p.s.: piccolo spoiler, il prossimo capitolo sarà “Natale a casa Evans”, non mi sono dimenticata dei nostri piccioncini, anzi! Meriteranno un capitolo a parte <3 

 

Amanda

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Natale a casa Evans ***


Capitolo XXXVII: “Natale a casa Evans” 

 

“Now you have me on the run 
The damage is already done 
Come on, is this what you want 
Cause you're driving me away” 

Queen of Peace – Florence + The Machine 

 

JAMES 

 

Era agitato. Non poteva essere diversamente, considerando il luogo in cui si trovava. Le mani gli sudavano e sperava ardentemente di riuscire a celare il panico che sentiva a ridosso dello stomaco. L’emozione di essere in casa Evans aveva sicuramente qualche colpa, ma era consapevole che la responsabilità maggiore del suo stato d’animo fosse in realtà la preoccupazione di conoscere Petunia, la sorella di Lily, e il suo si-sperava-presto-ex-fidanzato Vernon. Non ci sarebbe stato nulla di male, normalmente, ma il problema era che quella coppia aveva un’idea del tutto diversa della sua su ciò che era normale. Lily lo aveva preparato all’incontro facendogli presente che ciò che li aveva uniti era proprio quell’agognata normalità e lo sprezzo di stranezze di cui andavano fieri e che James proprio non riusciva a comprendere. A lui, più che normali sembravano noiosi. Ecco, era probabile che quella parola non facesse parte del loro vocabolario ed era per questo che pensavano di definirsi e vantarsi del concetto di normalità come se fosse un obiettivo di vita.  
Il pranzo di Natale di qualche ora prima ancora protestava nello stomaco, eppure era stato tutto buonissimo. Anzi, perfetto. I genitori di Lily si erano dimostrate le persone fantastiche che lei aveva sempre descritto, e lo avevano accolto con una tale gioia che a James era sembrato di toccare il cielo con un dito. L’unica nota stonata era stata proprio Petunia. Ebbene, alla notizia che lui avrebbe partecipato al pranzo di Natale in casa Evans, la sorella di Lily aveva reagito con stizza e, con la faccia come una prugna secca – testuali parole di Lily – era uscita di casa rifiutandosi di conoscerlo prima della cena che avevano organizzato. Aveva quindi passato il Natale con Vernon e la sua famiglia. 
James non riusciva a capacitarsi di come Petunia non trovasse straordinaria Lily; o almeno, era probabile che lo pensasse, ma che la gelosia e l’invidia nei confronti della sorella superassero di gran lunga qualsiasi sentimento gradevole. James ammetteva di essere un po’ di parte, in quella situazione, ma gli era impossibile non schierarsi e prendere le difese di Lily. Aveva deciso che sarebbe stato maturo e che l’avrebbe aiutata durante tutto l’incontro con quella strana coppia. Si era armato delle più belle e nobili intenzioni, quella sera; si era vestito di tutto punto, aveva domato i capelli con un incantesimo e persino nascosto la bacchetta, per non metterli in imbarazzo o spaventarli. Era anche stato puntuale, e in quel momento lui e Lily attendevano fuori dal ristorante l’arrivo di Petunia e Vernon. 
“Andrà tutto bene, James.” 
La voce di Lily lo destò e lui sussultò leggermente al tocco di lei. Le strinse la mano e la guardò; doveva avergli letto negli occhi tutte le preoccupazioni che lo stavano attraversando. 
“Sono io che dovrei rassicurare te,” borbottò James. Si avvicinò a baciarle la punta del naso. Lily sorrise divertita. 
“Eccoli,” mormorò poi, stringendogli la mano. 
James si voltò a guardare una buffa coppia che si avvicinava verso il ristorante attraversando la strada. Si tenevano per mano e camminavano con il mento all’insù, inorgogliti probabilmente dell’aria che respiravano. A James diedero l’impressione di essere arcigni, ma cercò di convincersi che fosse solo una copertura; non doveva essere semplice vivere senza magia, e probabilmente temevano di sentirsi in difficoltà con lui.  
Cercò di accoglierli nel modo più caloroso che conoscesse, nello stile di Dorea, sua madre, quando dava il benvenuto agli ospiti in casa Potter. 
“Buonasera, piccioncini!” li salutò entusiasta Lily, una volta che si furono avvicinati. “Vi presento James. James, Vernon e Petunia,” continuò, indicandogli la coppia. 
James sorrise nel modo più sincero che riuscisse a fare. “È un piacere incontrarvi, finalmente! Lily mi ha raccontato cose stupende sul vostro conto!” esclamò, stringendo loro la mano. 
Petunia a Vernon ebbero la stessa, identica reazione: strinsero le labbra e accettarono a malapena quella stretta di mano, squadrandolo dalla testa ai piedi. 
“Piacere,” borbottò Vernon, imbarazzato. “Che si fa? Entriamo? Muoio di fame.” 
“Certo!”, esclamò Lily. “Hai scelto un bel ristorante, Petunia, so che qui fanno una tagliata buonissima.” 
“Già, te l’ho detto io,” rispose Petunia alzando le sopracciglia. “Questo è il ristorante dove Vernon mi ha portato al nostro primo appuntamento; vero, caro?” continuò, facendo un sorriso complice all’indirizzo del fidanzato.  
James sapeva che Vernon non l’aveva minimamente sentita perché sembrava troppo concentrato a squadrare lui da capo a piedi come se stesse guardando uno strano troll di montagna. James si schiarì la voce imbarazzato; Vernon allora sembrò destarsi e distolse lo sguardo, rivolgendosi finalmente a Petunia che cercava ancora di attirare la sua attenzione. “A-ehm, certo, tesoro.” 

Li fecero accomodare in un remoto angolo di una grande sala; i tavoli erano elegantemente apparecchiati con tovaglie e tovaglioli di stoffa dai colori neutro, i bicchieri erano di cristallo e a James parvero tanto più fragili rispetto ai calici a cui era abituato lui. C’erano parecchie forchette, piccoli cucchiai e coltelli di varie dimensioni che non era sicuro di dover utilizzare. Sperò di non rompere nulla e di non mettere in imbarazzo Lily.  
Si voltò verso di lei e le sorrise timidamente; lei, da sotto il tavolo, gli strinse la mano. In quell’istante capì che l’avrebbe davvero sposata. 

“Hanno anche antipasti molto buoni,” borbottò Vernon, mentre apriva il menù, in un goffo tentativo di conversazione.  

Una giovane cameriera un po’ spaesata arrivò a prendere le ordinazioni. Vernon ordinò per tutti senza chiedere nulla e liquidò la cameriera con un gesto della mano. James, sulla sedia, si mosse a disagio. Sarebbe stata una serata lunghissima. 

 “Petunia mi ha parlato della vostra – ehm – particolarità: anche nel vostro... mondo ci sono ristoranti?” domandò poi Vernon.  
James sorrise, gentile, mentre osservava il suo grosso faccione imporporarsi. “Beh, sì, certo... qualcosa dovremo pur mettere sotto i denti, no? Però ognuno ordina il cibo per conto suo,” rispose divertito. 

Vernon non sorrise di rimando, così James si schiarì la voce, imbarazzato. 

Ci fu qualche secondo di silenzio che parve durare un’eternità; Petunia, con gli occhi piccoli (a James ricordò davvero una prugna secca), lo scrutava come se temesse che potesse cominciare a correre nudo da un momento all’altro. 

“E come pagate il ristorante?” domandò ancora, con una genuina curiosità. Afferrò un grissino dal contenitore al centro del tavolo e lo sgranocchiò tanto rumorosamente da far girare una coppia nel tavolo accanto. “Immagino che per persone come... come voi, insomma, trovare un lavoro sia complesso. Avete un sussidio di disoccupazione?” bisbigliò. 

Che? James inclinò il capo, non sicuro di ciò che gli stava chiedendo.  

“In che senso?” 

“Non vuole essere indelicato,” intervenne Petunia, con condiscendenza. “Lily ci ha detto che non guidate perché non... non avete un’automobile, giusto?” continuò guardando sua sorella compiaciuta. 

“Non ho detto questo,” rise compostamente Lily. “È che i maghi utilizzano altri modi per spostarsi.” 

Vernon scoppiò a ridere con uno sbuffo, sputando delle briciole di grissino che raggiunsero il tovagliolo di James.  

“Questa è buona! E come sarebbe?” domandò, divertito. 

Okay, questa la so, pensò James. 

“Oh, sì, usiamo le scope!” esclamò, entusiasta. “Oppure i camini, con la Metropolvere. O la Smaterializzazione, per i maghi che hanno almeno sedici anni!” 

Si rese conto subito di aver dato troppe informazioni tutte insieme. Il faccione di Vernon si fece dapprima rubicondo, poi il sangue sembrò defluire tutto, lasciandolo pallido e sudaticcio. Petunia lanciò uno sguardo di sbieco a Lily, che in tutto questo tempo era rimasta rigida. James sperò di sprofondare in quel preciso istante. 

“Sma-che?” rise Vernon, confuso. “Mi stai prendendo in giro? Ti stai inventando le parole?” 

“Beh, tecnicamente tutte le parole sono inventate,” precisò James, sistemandosi gli occhiali. Lily, da sotto il tavolo, gli strinse la gamba destra. “N-non ti sto prendendo in giro,” precisò. 

“Immagino che visto la vostra condizione economica precaria, utilizziate ciò che potete pur di spostarvi,” affermò, schiarendosi la voce. 

“Condizione economica precaria?” gli fece eco James, confuso. 

“Beh, sì, ricevete aiuti dallo Stato? Petunia mi ha detto che non avete le sterline,” si spiegò. 

“No, Vernon, i maghi non hanno sterline, ma hanno la loro valuta: galeoni, falci, zellini. Li tengono in camere blindate alla Gringott, la banca dei maghi a Londra,” rispose Lily al posto suo. 

James annuì. “Esatto! La nostra camera blindata alla Gringott è grande come questa sala ed è strapiena di galeoni, quasi non si riesce ad entrare. Tutto merito dell’eredità di mio nonno, in realtà,” spiegò. “Ma insomma, non tutti i maghi sono ricchi. Io penso di essere stato fortunato,” terminò con un’alzata di spalle. 

Ci fu qualche secondo di silenzio in cui a James parve che Petunia e Vernon non sapessero come reagire a quella notizia, e non riuscì a decifrare le espressioni del loro volto. Forse non era stata una buona idea dire ciò che aveva appena detto, perché il faccione di Vernon fu attraversato da una smorfia. 

“Vorresti farmi credere che nel tuo mondo tu sei... ricco?”  

James si prese qualche secondo per rispondere perché due camerieri a suo dire molto sincronizzati nei movimenti portarono le ordinazioni. Si sistemò il tovagliolo sulle gambe e sorrise. 
“Sì, abbastanza. Sai, i galeoni sono in oro massiccio,” spiegò, mentre con la forchetta prendeva il primo assaggio di tagliata. Si sforzò di assaggiare qualcosa anche se sentiva lo stomaco chiuso. 

Vernon aveva un’espressione di scherno dipinta sul volto. “Deve essere davvero scomodo girare con tutto quell’oro in tasca.” 

James rise di rimando. “Sì, in effetti! Per fortuna ci sono gli incantesimi!” 

“Incantesimi? Che sciocchezze,” intervenne Petunia, con una risatina stridula. Vernon si unì alla risata della fidanzata e Petunia ne approfittò per toccargli ili braccio mettendo in bella mostra l’anello di fidanzamento.  

“Oh, Lily, non ti ho mostrato l’anello!” esclamò, infatti, subito dopo con fare civettuolo. 

James si voltò verso Lily e la vide increspare le labbra. “È molto bello, Tunia, sono veramente felice per voi!” esclamò con trasporto. James notò che era davvero sincera. Le aveva raccontata di essersi emozionata alla notizia, ma che sua sorella non si era sbottonata tanto sui particolari, probabilmente perché voleva tenere la storia per la cena di quella sera. 

“È stato bellissimo e romantico,” raccontò Petunia, voltandosi verso Vernon con sguardo sognante. Lui non stava seguendo la conversazione perché impegnato a mangiare con gusto tutto ciò che era nel suo piatto. “Si è inginocchiato in salotto davanti a mamma e papà e mi ha commosso con una dichiarazione d’amore d’altri tempi!” raccontò.  

“Wow,” commentò Lily, sorridente. “Sarà emozionante organizzare tutto. Non vedo l’ora! Hai già scelto le altre damigelle?” chiese. 

“Le altre damigelle?” domandò Petunia di rimando. 

“Sì, a quante hai pensato oltre me? Mica sarò l’unica, spero!” esclamò. 

Petunia si schiarì la voce e chiuse gli occhi per un secondo, confusa.  

“Non credo di volere damigelle, Lily,” rispose, e James notò che il suo tono si era decisamente raffreddato. “Sarà il mio giorno, mio soltanto, ci manca solo che tu attiri ulteriormente l’attenzione su di te.” 

James vide immediatamente l’espressione di Lily scurirsi. Strinse i pugni sulle gambe. 

“Perchè dici una cosa del genere?” domandò, serio.  

Petunia trasalì e lo guardò come se stesse commettendo un peccato mortale a introdursi in quella conversazione. 

“James, lascia stare,” mormorò Lily, abbattuta. 

“No, Lily, non lascio stare, non è giusto!” esclamò, arrabbiato. “Non capisco per quale motivo debba dirti queste cose, non è stata per nulla carina.” 

“Ho solo detto la verità, evidentemente non la conosci ancora bene,” si spiegò Petunia, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe. “Mia sorella è una prima donna.” 

“Oh, la conosco bene, invece,” rispose James, e scosse il capo. “E la prima donna qui sei tu, e a dirla tutta sembri anche piuttosto invidiosa di tua sorella,” continuò candido, facendo spallucce. 

Doveva aver toccato un nervo scoperto, perché persino Vernon si bloccò mentre si portava alla bocca l’ultimo boccone del piatto. Lily gli diede una gomitata; James incassò il colpo e si voltò verso Petunia, che sembrava aver smesso improvvisamente di respirare. Il viso assunse un colorito rosso-violaceo, sembrava sul punto di scoppiare. 

Come osi,” sbottò. Appoggiò le mani sul tavolo e le usò come leva per alzarsi di scatto, l’espressione indignata sul volto. Si rivolse a Lily. “Complimenti per aver rovinato anche la cena con questo... fenomeno da baraccone!” 

“Petunia... cara, non agitarti, ci guardano tutti,” la implorò Vernon in un bisbiglio. Si alzò anche lui e guardò James in tralice. “Lo dicevo, io, che questa serata sarebbe stata una pessima idea! Andiamocene, tesoro.” 

Non fatevi vedere al mio matrimonio!” proruppe infine Petunia, gettando un’ultima occhiata schifata al tavolo.  

Recuperò borsa e cappotto, dopodiché seguì Vernon fuori dal ristorante. 

James era talmente allibito per ciò che era appena accaduto che rimase immobile per un tempo indefinito, guardando la porta dietro cui i due erano appena scomparsi. 

Si voltò verso Lily e sentì una stretta al cuore vedendola piangere sommessamente. 

“Lily, mi dispiace, io-” 

“Grazie di aver preso le mie difese,” mormorò tra i singhiozzi. “Non so perché faccia così, davvero. Non era così prima quando eravamo piccole. Mi odia e non so perché...” 

James si girò completamente verso di lei e l’abbracciò. 

“Hey, sono o non sono il tuo ragazzo?” le sussurrò con una carezza ai capelli. Le diede un leggero bacio sulla fronte mentre Lily si appoggiava alla sua spalla.  

“Nessuno ha il diritto di dirti quelle cose, Lil, nemmeno tua sorella, nemmeno se ti invidia, nemmeno se si sente minacciata da te.”  

Le prese il viso e la guardò negli occhi. Con i pollici le asciugò le lacrime che ancora le bagnavano le guance. 

“Non mi aspettavo che reagisse così, ma tu non devi sentirti in colpa per niente. Appena avremo l’occasione, sistemerò le cose, va bene?” le mormorò, baciandola delicatamente sulle labbra. 

Lily annuì mestamente e tirò su col naso. 

“Torniamo a Hogwarts?” domandò lei. 

“Faremo qualcosa di meglio: raggiungeremo i nostri amici," le sorrise James, prima di darle un’ultima carezza sul viso, per poi stringersela al petto. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3094075