Le sorprese dell'amore

di Ciuffettina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Ma dove sono finito?» ***
Capitolo 2: *** «Forse non è così male...» ***
Capitolo 3: *** «Le mie cose non si toccano!» ***
Capitolo 4: *** «Potrei avere un altro stagista?» ***
Capitolo 5: *** «Tutti possono sbagliare» ***
Capitolo 6: *** «Siamo comunque una squadra» ***
Capitolo 7: *** «Congratulazioni, Sammy!» ***
Capitolo 8: *** «Non sempre si può vincere...» ***
Capitolo 9: *** «Voglio stare con te!» ***
Capitolo 10: *** «Sei un essere impossibile!» ***
Capitolo 11: *** «La sua è solo invidia» ***
Capitolo 12: *** «Nessuno ha chiesto la sua opinione!» ***
Capitolo 13: *** «Ma quell'idea era mia!» ***
Capitolo 14: *** «Com'è piccolo il mondo!» ***
Capitolo 15: *** «E non potevi dirmelo prima?» ***
Capitolo 16: *** «Lei è licenziato!» ***
Capitolo 17: *** «Basta seguire le istruzioni» ***
Capitolo 18: *** «Bentornato, pasticcino!» ***
Capitolo 19: *** «Io quello lo ammazzo!» ***
Capitolo 20: *** «Che ne dite di festeggiare?» ***
Capitolo 21: *** «Vuoi dormire con le ginocchia in bocca?» ***
Capitolo 22: *** «Adoro fare l'orsacchiotto!» ***
Capitolo 23: *** «Gli credo sulla parola!» ***
Capitolo 24: *** «Mi hai scambiato per un parcheggio?» ***
Capitolo 25: *** «Non sono all’altezza!» ***
Capitolo 26: *** «Devo trovarmi una ragazza!» ***
Capitolo 27: *** «Ricordati di terrorizzare i giurati!» ***
Capitolo 28: *** «Ora sì che sono un avvocato!» ***
Capitolo 29: *** «Sei innamorato di me?» ***
Capitolo 30: *** «Ti prego, apri gli occhi!» ***



Capitolo 1
*** «Ma dove sono finito?» ***


                                                                       

Finalmente Sam stava per realizzare il sogno della sua vita: gli esami andavano bene e prevedeva di laurearsi a pieni voti, in più era fidanzato da due anni con una bellissima bionda che faceva la cameriera in un bar, Jessica. Al momento lei abitava con i suoi, mentre lui viveva in un monolocale che pagava con dei lavoretti saltuari. Sam aveva soltanto venticinque anni ma aveva già pianificato il proprio futuro: una volta laureato, avrebbe trovato lavoro in un famoso studio legale, si sarebbe sposato e avrebbe comprato una vera casa.
Grazie all’università era stato assunto come stagista nello studio legale Fuller&Curtis, non avrebbe guadagnato molto ma quel lavoro gli avrebbe permesso d’imparare sul campo.


Il primo giorno si presentò nell’ufficio del suo osservatore, un tizio sulla quarantina con i capelli ondulati biondo miele e un simpatico viso da folletto.
«Salve, sono Sam Winchester e sono il nuovo tirocinante» disse, sfoderando il suo miglior sorriso e porgendogli la mano.
«Quindi dovrei prenderti sotto la mia ala protettrice, eh?» gli chiese l’altro, con una pronuncia leggermente strascicata, alzandosi dalla sedia dietro una scrivania ingombra di carte e libri, su cui troneggiava un vaso di vetro pieno di dolci. Lo squadrò con degli insoliti occhi dorati. «Qui le soluzioni sono due: o mi procuro un paio di trampoli o ti metti in ginocchio.»
In effetti, Sam era alto quasi 2 metri, mentre il suo nuovo capo gli arrivava a malapena alla spalla.
«Io sono Gabriel Novak, se vuoi, puoi chiamarmi Gabe» gli disse stringendogli la mano. «Le tue mansioni saranno tenere in ordine l’archivio, rispondere al telefono, ridere alle mie battute e massaggiarmi le gambe dopo una lunga giornata passata in tribunale.»
Ma questo è un cretino!” pensò Sam.
«Su, sto scherzando!» ridacchiò, dandogli una pacca scherzosa sul braccio. «Sai usare il computer? Scrivere le lettere?»
«Beh sì…»
«Ottimo! Qui non abbiamo segretarie, non ce le possiamo permettere, così ognuno di noi si arrangia come può. So come funziona un computer: accenderlo, spegnerlo, fare i solitari… però trovo che scrivere le lettere di convocazione sia decisamente noioso, per fortuna ci siete voi stagisti! Vieni che ti presento il resto della squadra.»

Entrarono in un ufficio in cui c’era un uomo bruno con la barba, che fissava con aria affranta lo schermo del computer, le dita intrecciate sopra la testa: «Perché? Perché?»
«Ohilà, Chucky!» lo salutò Gabriel. «Un’altra mail del tuo non-editore?»
«Già, mi accusa di plagio ma non è vero!»
«Di che cosa parlava il tuo ultimo romanzo?»
«È ambientato in Australia. Uno studente di legge indaga sulla morte di due giudici e scopre un complotto che parte da Sidney. Il rapporto del ragazzo fa riferimento a un luogo abitato dagli ornitorinchi che interessa per scopi industriali e anti-ecologici, poi…»
«Sembra la trama de “Il rapporto Pelican”» lo interruppe Sam, perplesso.
«È esattamente quello che mi hanno scritto loro ma non è vero! I pellicani neppure compaiono, si parla di ornitorinchi!» esclamò Chucky indignato.
«Sempre il becco hanno» disse Gabriel. «Forse avresti dovuto metterci dei koala. Per la cronaca, questo è Sam, il nostro nuovo stagista.»
«Sì, ciao. Sai che è un’idea? Adesso faccio subito “trova e sostituisci” e glielo ripropongo.»
«D’accordo, ti lasciamo al tuo lavoro.» Appena fuori, Gabriel disse a bassa voce a Sam: «Il suo hobby è scrivere romanzi che puntualmente vengono bocciati dagli editori. Mi ha obbligato a leggerne qualcuno e devo dire che li ho trovati buoni e originali.»
«Allora perché non glieli pubblicano?»
«Semplice. Quelli buoni non sono originali e quelli originali non sono buoni.»

Entrarono in un altro ufficio che definire spoglio era riduttivo.
«Ehi, Garthy, vieni a salutare il nostro nuovo stagista, Sammy» poi Gabriel sussurrò in fretta a Sam: «Attento a non farti garthizzare.»
«Che…?» stava chiedendo il ragazzo, perplesso.
Prima che potesse aggiungere qualcos’altro, un tipetto castano tutto pelle e ossa gli corse incontro e lo abbracciò entusiasta, quasi stritolandolo. «Son tanto, tanto felice di conoscerti!»
«Uh… sì, grazie…» balbettò Sam, tenendo le proprie braccia ben aderenti al corpo.
«Troppo tardi…» gli disse Gabriel, quando uscirono. «Quella sarebbe la sua stretta di mano.»
«Non mi piace» gli sussurrò Sam.
«Non piace a nessuno. È un avvocato divorzista... pensa: ha persino un calzino per interrogare i bambini.»
Sam deglutì: «Scusa… hai detto calzino
«Sì, Mr. Fizzles, devi chiedergli di presentartelo un giorno o l’altro. Detto in confidenza se fossi in Zac e Meti, terrei solo lui e licenzierei Garth ma a quanto pare lavorano soltanto in coppia… e quello invece è Raphael Finnermann, uelà, Raphi! Questo è Sammy!» trillò all’indirizzo di uno che passava di fretta, ma il tizio li squadrò freddamente, indirizzando loro solo un secco cenno del capo.
«È specializzato in assicurazioni che non pagano. Una volta abbiamo fatto 8 ore di aereo, dico otto, e lui non si è mai appoggiato al sedile, per paura di sgualcirsi la giacca» sghignazzò.

Entrarono in un altro ufficio alle cui pareti erano appesi vari poster, che raffiguravano tutti dei draghi; sulla scrivania incombeva invece una statuina vestita di nero, coi capelli rossi.
«E questa invece è Charlie Bradbury» gli disse, indicandogli una ragazza, anch’ella coi capelli rossi, che batteva furiosamente al computer. «Dolcezza, questo è Sam, stavolta non potrai proprio non prendere in considerazione anche questa metà del cielo» le disse, ammiccando.
La ragazza alzò appena gli occhi dalla tastiera: «Non è il mio tipo. DNA sbagliato. Y al posto di X.»
«Che…?» “Ma dove son capitato? Qui sembrano tutti matti!
«Sei proprio senza speranza. Stai ancora cercando di violare il sito del Pentagono?» s’informò Gabriel.
Charlie sbuffò: «Già fatto, ora sto cercando di far sganciare a Bill Gates qualche milione in favore di Green Peace.»
«D’accordo, io non ho visto niente.» Gabriel trascinò Sam nel proprio ufficio. «È la nostra esperta d’informatica, un vero genio del computer, peccato che abbia la fissa solo per il DNA con la doppia X» sospirò platealmente.
«Ma quello che sta facendo non è illegale?»
«Solo se ti beccano, pasticcino, e questa è la tua scrivania» gli disse indicandogliene una con sopra solo un computer, un telefono e un enorme vaso di vetro pieno di dolci identico a quello che troneggiava sull’altra. «Spero che ti piacciano, io li adoro. Finché sei qui, puoi decorarla come vuoi ma niente foto di donnine nude, mi distrarrebbero troppo.»
«Io sono fidanzato!» esclamò Sam stizzito, soprattutto per il nomignolo che gli era appena stato affibbiato.
«Allora niente foto della tua fidanzata nuda, mi verrebbe troppa voglia di conoscerla.»

Quella sera, Sam portò Jessica in una pizzeria per festeggiare il suo primo giorno di lavoro, mentre si dirigevano al tavolo, parecchi uomini si girarono a guardarli.
Sam sapeva che fissavano Jess e le sue belle gambe affusolate, messe in risalto da un paio di jeans corti e attillati. Era molto orgoglioso di avere una fidanzata così bella: con il suo fisico (1,80!) avrebbe potuto fare l’indossatrice, non la cameriera, inoltre gli piaceva che, nonostante i mezzi limitati, volesse sempre apparire al suo meglio.
Si sedettero e lui le domandò: «Ti ho già detto quanto sei bella?»
«Nell’ultima mezz’ora no» gli rispose Jessica, atteggiando le labbra in un adorabile broncetto.
«Sono imperdonabile!» rise Sam. «Sei stupenda!»
Lei gli rivolse un sorriso seducente: «Allora com’è andato il primo giorno?»
«Ti assicuro, Jess, sembra una gabbia di matti! Non vedo l’ora che lo stage finisca.»
La ragazza si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «E il tuo supervisore?»
«Un cretino che non fa altro che ingozzarsi di dolci e fare battute idiote! Non so se resisterò.»
«Oh, tesoro, come mi dispiace! Pensa però che è solo per pochi mesi e vedrai che, quando ti sarai laureato, gli studi più prestigiosi faranno a gara per averti nel loro staff» gli disse, stringendogli la mano attraverso il tavolo.
«Lo spero proprio» sospirò Sam.


*****

Salve a tutte! Come vedete mi sono allontanata dal mio solito campo (Bibbia in salsa Supernatural) e ho deciso di buttarmi in un altro genere. Siccome sto scrivendo la storia man mano non posso garantire che sarà aggiornata con regolarità. Siccome non so ancora a che temperatura salirà, per ora inizio con un bel verde. Mi saranno molto utili le vostre recensioni, consigli, critiche, suggerimenti…

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Capitolo 2
*** «Forse non è così male...» ***


La mattina dopo Sam telefonò al fratello.
«Sam, come vanno gli studi?» urlò Dean al telefono. In sottofondo si sentivano vari rumori.
«Bene!» urlò Sam a sua volta. «Ho anche trovato lavoro come stagista in uno studio legale.»
«Sammy, quello non è un lavoro, semplicemente aiuterai qualcun altro a fare il suo, tanto valeva che venissi a darmi una mano in officina.»
«Dean, non ricominciare con questa storia e non chiamarmi Sammy!»
«D’accordo, ma sono preoccupato per te, fratellino.»
«E perché?» chiese Sam perplesso.
«Sei un armadio di quasi due metri, come farai a infilarti sotto una scrivania(1), Samantha?»
Sam immaginò il ghigno di Dean e sorrise a sua volta. «Coglione.»
«Puttana… e Sam? Sono orgoglioso di te.»

Appena arrivato al lavoro, Garth gli corse incontro «Bentornato!» esclamò, strizzandolo tra le braccia.
«Umpf… Grazie, ma devi abbracciarmi tutte le volte?»
«Certo! Il mondo fuori è pieno di energie negative e dobbiamo contrastarle con un’ondata di energia positiva.»
«Beh, tieni la tua energia positiva lontana da me» ringhiò Raphael, arrivando in quel momento.
È solo per pochi mesi, è solo per pochi mesi…” Sam entrò in fretta nell’ufficio, dove Gabriel era già arrivato.
«Salve, pasticcino. Quanti avvocati servono per cambiare una lampadina?»
«Che???» Odiava gli indovinelli idioti, essere chiamato Sammy e, ancor di più, “pasticcino” ma, a quanto pareva, al momento avrebbe dovuto sopportarlo.
Siccome Sam non rispondeva, Gabriel riprese: «Dipende da quanto puoi spendere. Comunque il numero minimo è due. Uno per cambiarla e l’altro per interromperlo, alzandosi in piedi e gridando “Obiezione!”» Vedendo che Sam non stava ridendo, scrollò le spalle. «Dai, prendi quei faldoni e seguimi nella fossa dei leoni.»

Il caso era insignificante: il loro cliente era un insegnante di musica, ingaggiato per insegnare a un ragazzo a suonare il piano. Siccome gli era stato insegnato il jazz e non la musica classica, come avrebbe voluto la madre, quest'ultima si rifiutava di pagarlo.
Durante l’udienza, Sam rimase piacevolmente sorpreso: fino a quel momento aveva pensato che il suo supervisore fosse un idiota totale che si sarebbe fatto sbattere fuori alla prima obiezione per oltraggio alla Corte, invece Gabriel non si lasciava sfuggire niente, poneva domande e obiezioni intelligenti e pertinenti, si attaccava a ogni parola con la tenacia di un mastino; durante l’arringa sembrò quasi che l’esistenza stessa dell’umanità dipendesse dalla vincita di quella causa. Alla fine la sua linea difensiva (lei l’aveva ingaggiato per insegnare musica, senza specificare di che genere, pertanto doveva pagare) aveva prevalso.
«Che ne dici di andare a festeggiare con un caffè?» propose l’avvocato.

Al bar Sam ordinò un normale macchiato, mentre Gabriel ne chiese uno con panna e cannella.
«Allora, pivello, com’è vedere i professionisti all’opera?» domandò, tirando fuori un lollipop da una tasca, scartandolo e ficcandolo in bocca. «Ne vuoi uno anche tu?»
«No, grazie. Non capisco perché ti sei infervorato così su quella causa, non era…»
«Già, non era il minuscolo mortale contro le grandi multinazionali, come si vede nei film…» Tirò fuori il lollipop e lo agitò qua e là, come per sottolineare ciò che voleva dire. «Questa è la vita reale e quello era il nostro cliente che dev’essere protetto da qualsiasi sopruso, per quanto irrisorio sia. Se io, che sono il suo avvocato, non credo in questo, come faccio a convincere il giudice o la giuria?»
«E se la nostra cliente fosse stata la signora?» chiese Sam curioso.
«Avrei sostenuto che è ovvio che quando una vuole che il figlio studi pianoforte, istintivamente pensa alla musica classica, non al jazz, pertanto l’insegnante, prima d’insegnargli qualsiasi altro tipo di musica, avrebbe dovuto consultarsi con la signora e sta’ sicuro che avrei vinto ugualmente.»
«Ma è quello che ha detto anche l’avvocato della controparte!» esclamò Sam.
«Già ma non ci ha messo passione… e senza quella sei fregato.»
Forse quello stage non sarebbe stata un’esperienza così inutile come aveva pensato in un primo tempo. Sam scosse la testa e sorrise.
«Un lollipop per i tuoi pensieri» disse Novak osservandolo.
«Sembri così diverso quando non fai l’avvocato…» si azzardò a dire.
«Naaa, sono sempre io. Quando entro in aula, sono l’avvocato Novak, re dei cavilli e terrore dei tribunali, fuori sono Gabe, l’amico che tutti vorrebbero…» Si appoggiò più comodamente allo schienale della sedia. «Puoi pensare a me come a un diamante che ha mille sfaccettature e ognuna emana una luce diversa ma sono tutte vere.»
«Però, modesto l’amico…» ridacchiò Sam.

Tornati al lavoro, Chuck gli disse: «Ehi Sam, sai che mi hai ispirato un nuovo romanzo?»
«Ah… ne sono lusingato» farfugliò Sam.
«Senti se ti piace l’idea. Un giovane laureato entra come tirocinante in uno studio legale ma poi scopre che tutti i suoi colleghi sono corrotti, che ne dici?»
«Ma è “Il socio”» obbiettò il ragazzo.
«No-o, è uno stagista non un socio!»
«Intendo dire che c’è già un libro, intitolato “Il socio”, con la stessa trama.»
«Oh…» rispose Chuck confuso, «allora potrebbe scoprire che… che sono tutti vampiri o alieni… sì, alieni che vogliono conquistare il mondo, vado subito a segnarlo.» Corse nel suo ufficio.
«Originale ma non buono» ridacchiò Gabriel.



*****

1) Riferimento a Monica Lewinsky
Eccoci al secondo capitolo, come sempre critiche, osservazioni, consigli e suggerimenti sono i benvenuti.
Ringrazio cin75, samara89, Daisy_of_light e Jerkester per le recensioni e il sostegno morale.

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Capitolo 3
*** «Le mie cose non si toccano!» ***


«Riunione fra 10 minuti» disse qualche giorno dopo Raphael, entrando nell’ufficio di Gabriel, tenendo sottobraccio un enorme faldone.
«Buongiorno anche a te, Raphi, splendida giornata, non trovi?»
«Non so proprio come tu riesca a lavorare in questo disordine» disse, guardando disgustato la scrivania di Novak.
«Se non altro è tutto a portata di mano» rispose l’avvocato, ridacchiando.
«Voglio che ti occupi di questo» così dicendo depose il malloppo sul tavolo di Sam. «Dev’essere sulla mia scrivania entro due giorni.»
Sam deglutì, era alto almeno 20 centimetri, ci sarebbe voluta minimo una settimana per esaminarlo a dovere, stava comunque per prenderlo, quando fu fermato dalla voce, insolitamente seria, di Gabriel.
«Raphael, se vuoi uno schiavetto, compratene uno al mercato di Astapor. Samuel ha già le sue incombenze, senza che tu gli appioppi anche le tue, sono stato chiaro? E ora porta via quel mattone!»
Per un attimo rimasero a fissarsi in cagnesco, poi Raphael riprese il suo fascicolo e uscì stizzito.
«Grazie, ma non…» cominciò a dire Sam.
«Non l’ho fatto per te» lo interruppe l’avvocato. «Tu sei il mio schiavetto e Raphael deve imparare che non può usare le mie cose senza prima chiedermi il permesso. Sapevi che ha il dono dell’ubiquità? È uno che sta sulle sue ma, contemporaneamente, sta anche sulle mie, su quelle di Chuck… e scommetto che presto starà anche sulle tue!» Si alzò sospirando: «Speriamo che si sbrighino, detesto le riunioni! Zac e Meti non fanno altro che parlare, parlare e parlare, a noi tocca solo annuire, annuire e annuire, tanto varrebbe farci sostituire da dei bambolotti annuenti… ci vediamo dopo!»

Gabriel tornò dopo poco più di un’ora. «Dai, Sammy, andiamo a caccia!» gli disse, stiracchiandosi.
«Non… Come a caccia?» si stupì Sam.
«Certo, andiamo a stanare un po’ di prede nel loro ambiente naturale.»
Salirono a bordo del taxi che Gabriel aveva chiamato prima di rientrare nel suo ufficio.
In macchina non si parlarono: l’avvocato aveva il naso sprofondato nelle sue carte, mentre Sam guardava fuori dal finestrino, chiedendosi a che razza di “caccia” lo stesse trascinando il suo esuberante capo. Pensò, con un sorrisetto, a come avesse rimesso al suo posto Raphael. “Fortuna che non devo esaminare io quel mattone in due giorni!” pensò sollevato.
Finalmente scesero davanti a un edificio, Gabriel pagò la corsa e scesero dal taxi.
«Ma questo è un tribunale!» si stupì Sam.
«Bravo, sei un ragazzo sveglio! Siamo avvocati, ricordi? E qui si aggirano le nostre prede: gente che ritiene di aver subito dei torti e che ha bisogno di una consulenza legale.» Mentre entravano, gli consegnò un po’ di bigliettini da visita. «Tieni le orecchie all’erta: divorzi, questioni testamentarie, assicurazioni che non pagano, liti fra vicini, quelle son più numerose di quanto immagini… non sarò l’uomo della pioggia ma son quello della pioviggine» ridacchiò. «Presentati, offri la nostra consulenza, metti in chiaro che ci accontentiamo di un terzo di quello che riusciremo a far vincere loro, lascia il biglietto e spera che chiamino.»
Sam notò che c’erano altri, molto probabilmente avvocati, che si aggiravano nei corridoi come avvoltoi.
Non era così che immaginava il suo futuro: desiderava un bell’ufficio, dove la gente sarebbe venuta a cercare lui e non viceversa. Era sicuro, comunque, che una volta laureato le cose sarebbero cambiate.
Molto imbarazzato, distribuì un po’ di biglietti, poi raggiunse Gabriel.
«Ne hai distribuiti un bel po’? Ogni 10 biglietti, almeno uno chiama. Andiamo al bar, oggi tocca a te a offrire.»

Davanti ai caffè Gabriel chiese a Sam: «Allora, perché hai deciso di diventare avvocato?»
«Mi piaceva l’idea di contribuire, nel mio piccolo, a migliorare la società. Però mio padre non era d’accordo.»
«Perché, voleva peggiorarla?» chiese Gabriel, malizioso.
«No, ma abbiamo un’officina e voleva che entrassi nell’attività di famiglia e non era intenzionato a pagarmi gli studi. Per fortuna ho vinto una borsa di studio, altrimenti non ce l’avrei fatta.»
«Anch’io ho deluso il mio vecchio, con il lavoro che faccio.»
«Non voleva che facessi l’avvocato?»
«Oh sì che lo voleva, anzi era il sogno della sua vita ma voleva che diventassi famoso, vedere il mio nome sul giornale… Un giorno, esasperato dai continui litigi, ho preso un pennarello, uno di quelli con la punta grossa, e ho scritto “Gabriel Novak”, di traverso bello in grosso, su tutte le pagine del giornale che doveva ancora leggere» ridacchiò. «Sapessi come si è arrabbiato! Gli ho detto: “Volevi vedere il mio nome sul giornale, no? Eccoti accontentato!” Poi me ne sono andato di casa e andai a lavorare in un fast food chiamato “Chunky Chicken”.» Fece una smorfia disgustata. «Persino il catrame avrebbe saputo più di pollo che quelle porcherie che mi toccava servire.»
Sam sorrise nell'immaginare la scena la scena del giornale, poi chiese: «Perché hai fatto l’avvocato civilista?»
Gabriel si guardò in giro, come per accertarsi che nessuno li stesse ascoltando. «Sai mantenere un segreto?» gli chiese abbassando la voce.
«Sì, certo» rispose perplesso.
«Sarei stato un ottimo avvocato penalista e sarei anche diventato famoso ma avrei dovuto difendere il mio cliente, anche se fosse stato un serial killer. Trovare tutti i cavilli, attenuanti, vizi di procedura, qualsiasi cosa per farlo scarcerare, persino screditare i testimoni e sarei anche stato bravo a farlo, credimi, ma purtroppo ho un qualcosa qui che me lo impedisce.» Indicandosi il petto, gli bisbigliò: «Mi hanno detto che si chiama “coscienza” e un avvocato che si rispetti non può permettersi di averne una. Chissà, forse potrei andare da un chirurgo e farmela asportare» ammiccò.
«Come la fai nera, non credo che sia così» disse Sam.
«Scherzi? Ripassa da me fra qualche anno e vedremo se sarai ancora così idealista.»

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Capitolo 4
*** «Potrei avere un altro stagista?» ***


La giornata era cominciata male: la sera prima Sam aveva studiato fino a tardi e non aveva sentito la sveglia, perciò al risveglio si era vestito in fretta e furia ed era corso in strada per raggiungere la fermata dell’autobus, peccato che si ritrovò sulla stessa traiettoria di una moto, inevitabile fu l’impatto…

«Alla buon…» brontolò Gabriel, alzando la testa dalle carte, quando lo sentì entrare, poi lo guardò in faccia ed esclamò preoccupato: «Sammy! Che cosa ti è successo? Stai bene?» Scattò in piedi e andò verso di lui.
«Sì, niente di rotto, solo qualche graffio. Una ragazza con la moto non mi ha visto e mi ha investito, siccome non mi son fatto niente, per farsi perdonare ha insistito per offrirmi la colazione.»
«Potrei capire se avesse investito qualcun altro guardando te, ma che non ti abbia visto mi sembra impossibile! Forse ti è venuta addosso apposta per rimorchiarti, al suo posto avrei fatto lo stesso, senza moto, ovvio. Intendi farle causa?»
«No, non mi sembra il caso e poi è stata anche colpa mia.»
«Se tutti ragionassero come te, noi avvocati saremmo a spasso, per fortuna c’è sempre qualcuno pronto a intentare cause contro il suo prossimo» ridacchiò. «Hai disinfettato quei tagli?»
«No, ma non è…» iniziò a dire Sam.
«Scherzi? Già m’immagino i titoli sui giornali: “Giovane promessa dell’avvocatura stroncato da un’infezione”. Poi chi li sente i tuoi professori? Non scappare, torno subito.»
Uscì e rientrò qualche minuto dopo con una valigetta del pronto soccorso e una bottiglietta. «La gente pensa che, siccome siamo chiusi in un ufficio, la nostra sia una professione priva di rischi, invece tra Chuck che si taglia le dita con la carta, Garth che se le infilza con gli aghi e ora tu che ti tiri addosso ragazze in moto, non hai idea di quanti cerotti consumiamo.»
«Come Garth s’infilza le dita con gli aghi?» chiese Sam stupito.
«No, niente agopuntura, se è quello cui stai pensando. Ogni tanto gli occhi di Mr. Fizzles si smollano, allora deve ricucirglieli, solo che tutte le volte s’infilza le dita come se fossero dei salsicciotti allo spiedo. Avevo chiesto a Charlie se poteva occuparsene e lei mi ha accusato di volerla relegare nel solito ruolo femminile subalterno» sospirò. «Dai siediti» gli disse indicandogli la sua sedia, mentre lui con un salto si sedette sulla scrivania, tirò fuori una garza e la bagnò col disinfettante. «Avresti potuto prenderti un giorno di ferie, ovviamente avvisandomi.»
«Non mi è sembrato il caso e poi c’è così tanto lavoro da fare qui. Sul serio, non c’è bisogno…» tentò di dissuaderlo Sam.
«Quante storie! Comunque, questo è quello che non brucia, abbiamo anche l’altro…» abbassò la voce, «ma è destinato a Raphael, però non si fa mai male.» Si strinse nelle spalle e cominciò a medicargli il viso con tocchi leggeri come ali di farfalla e applicando cerotti, dove necessario. «Era carina almeno?»
«Ma io sono fidanzato!» sbuffò Sam.
«Che c’entra? Gli occhi li hai anche tu, no? Fammi indovinare: molto giovane e carina.»
Sam non rispose. Era tutto così pazzesco! A parte la sua famiglia e Jessica, nessun altro era mai stato così gentile con lui, quelle dita che lo sfioravano così delicate lo facevano sentire stranamente protetto…
Gabriel gli sorrise con bonaria ironia: «Certo che ti ha proprio conciato per le feste… a proposito che cosa fa un avvocato al quale non si apre il paracadute durante un lancio?»
Sam si concentrò: «Una brutta fine? Si schianta?»
«Certo che no. Cerca di trovare scappatoie nella legge di gravità!»
«E le trova?» scherzò Sam.
«Ovvio ma solo se è geniale come me. Là, come nuovo!» Stava per scivolare giù dalla scrivania, quando parve ripensarci: «Scommetto che mentre cadevi avrai appoggiato le mani malamente… fammi vedere.»
«Non è necessario…» ripeté Sam, imbarazzato, e allungò la destra per prendere la bottiglietta ma l’aveva appena afferrata, quando sentì una scossa dolorosa percorrergli il braccio.
Gabriel scosse la testa: «Fortuna che non ti eri fatto niente…» Gli prese la mano e gli tastò delicatamente il polso. «È meno scorticata di quanto pensassi… Chissà se sei ancora in garanzia…» Fece finta di parlare al telefono. «“Pronto, università di Stanford? Lo stagista che mi avete mandato si è rotto, potreste inviarmene un altro?” Comunque il polso non mi sembra fratturato ma sarà meglio che tu vada a farti vedere da un dottore.» Cominciò a bendarglielo.
La porta si spalancò all’improvviso: «Si può sapere perché, per una grama volta che mi trovi un cliente, quello sia un perfetto idiota?»
Istintivamente Sam tentò di liberare la mano ma Gabriel gliela trattenne con delicata fermezza. «Sta’ fermo, non ho ancora finito. Salve, Raphael, devo esser diventato duro d’orecchi, non ti ho sentito bussare. Vorrei ricordarti che io mi limito a distribuire bigliettini, l’intelligenza di quelli che vengono a chiedere la tua amorevole consulenza non è affar mio. Comunque qual è il problema?»
«Quel bifolco ha stipulato un’assicurazione sanitaria su tutta la famiglia e ora pretende che gli coprano anche le spese veterinarie del gatto! Ma si può esser più stupidi?» Raphael andava su e giù per l’ufficio gesticolando esasperato.
«Non capisco dove sia il problema. Verificherei se nella polizza è specificato che indennizzano soltanto le persone o se è indicato un generico “membri della famiglia”, in quel caso imposterei il processo affermando che il gatto è parte della famiglia. Finito!» Gabriel scivolò giù dalla scrivania di Sam e tornò alla propria.
Sam guardò perplesso il bendaggio adornato con un bel fiocco, stile pacchetto natalizio.
«Io non andrei mai in aula a coprirmi di ridicolo!» esclamò Raphael indignato.
«Non vuoi segnare un punto a favore dei diritti degli animali? Oh va bene, passa il caso a me o a Charlie.»
«Troppo tardi: l’ho già mandato al diavolo, son solo venuto a dirti che d’ora in poi i clienti me li trovo da me!» Uscì sbattendo la porta.
«Sai, Sammy? Sono convinto che anche Raphael, in fondo, abbia delle virtù nascoste… peccato che io non abbia alcuna voglia di fare cacce al tesoro.»
Sam si tastò il viso con la sinistra. «Comunque gra…»
«Uff!» Gabriel agitò una mano come per scacciare un insetto molesto. «Sei sotto la mia responsabilità, se ti restituissi ammaccato, non mi affiderebbero più stagisti.»


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Capitolo 5
*** «Tutti possono sbagliare» ***


«Allora, d’ora in poi niente assicurazioni insolventi» disse Sam, quando tornarono a “caccia” qualche giorno dopo, non aveva più i cerotti ma solo il bendaggio che gli aveva fatto Gabriel, per fortuna era una semplice distorsione.
«Sbagliato, si procede come il solito» rispose il collega.
«Ma Raphael ha detto…» cominciò a obbiettare Sam.
«Raphael non troverebbe nemmeno la porta del bagno se sopra non ci fosse scritto “WC”. Se fosse per me lo lascerei nel suo brodo ma siamo una squadra, più cause riusciamo a scovare e a vincere e meglio stiamo tutti quanti, quindi al lavoro e speriamo che i prossimi casi non urtino la sua suscettibilità!»

Le prime volte, Sam quasi si vergognava ad abbordare dei perfetti sconosciuti e lasciar loro il biglietto da visita del suo studio legale, adesso invece si sentiva molto più disinvolto.
Aveva appena finito di distribuirli, e aveva raggiunto Gabriel, quando si sentì chiamare: «Sam Winchester! Non riesco a crederci! Così alla fine ce l’hai fatta a laurearti o mi sto sbagliando?»
«Ciao Brady! Quanto tempo! Sì, ci sono quasi, ora lavoro come tirocinante nell’ufficio Fuller&Curtis e fra un po’ prenderò la laurea. E questo è il mio capo, Gabriel Novak.»
«Più che altro sono il suo osservatore» ridacchiò, come se avesse detto una battuta molto spiritosa e stringendogli la mano.
«Piacere, Brady Tyson. Sam ed io eravamo compagni di corso e lui era uno di quelli più bravi, il tipico secchione… ma poi mollò l’università da un giorno all’altro, un vero peccato… Fortuna che ora sei di nuovo in pista, chissà magari prima o poi ci scontreremo in tribunale.» Consultò l’orologio. «Scappo, mi ha fatto piacere rivederti!»

Davanti alle consuete tazze di caffè, Gabriel gli disse: «Certo che dev’esserti successo qualcosa di veramente brutto per farti lasciare l’università, fortuna che poi l’hai ripresa.»
«Eh? Sì, fu per… per esaurimento… sì, esaurimento nervoso… sai, troppi corsi… voler uh, essere il migliore…» Si rese conto che stava balbettando penosamente, dannazione! Tutta colpa di quegli occhi dorati che sembravano scavargli nell’anima, dopo un paio di secondi Sam abbassò lo sguardo a disagio.
«Va bene, Winchester, se hai finito il tuo caffè, possiamo tornare in ufficio.»

Sam era in archivio, dove avrebbe dovuto catalogare i vecchi casi, ma non riusciva a concentrarsi: continuava a pensare alla conversazione al bar. Era ovvio che Gabriel non gli aveva creduto, in più l’aveva chiamato per cognome, cosa che non aveva mai fatto, e questo gli aveva provocato una stranissima sensazione, quasi di abbandono… Che cosa doveva fare? Dean e suo padre gli avevano sempre raccomandato di non raccontare a nessuno il vero motivo della “pausa” che si era preso, perché non tutti avrebbero visto di buon occhio il suo passato, ma forse era l’unica cosa da fare…
«Gabriel, potrei parlarti?» chiese Sam, entrando nel suo ufficio.
«Dimmi pure, Sammy» rispose l’avvocato, sollevando la testa dalle carte.
Il ragazzo strusciò i piedi per terra. «Ecco… io non ho lasciato l’università per esaurimento…» Si bloccò.
«L’avevo intuito ma non devi sentirti obbligato a parlarmene.»
«No, voglio dirtelo…»
«In questo caso sarà meglio che tu ti sieda.» Gli indicò la sedia, destinata ai clienti, di fronte alla propria scrivania e lo fissò con attenzione, intrecciando le mani sotto il mento.
Sam si sedette ingobbito, con le dita intrecciate in mezzo alle gambe. «Una mia compagna di corso mi aveva fatto provare delle pillole che, a suo dire, avrebbero dovuto aiutarmi a studiare meglio e da lì…» Si bloccò di nuovo.
«Capisco…» rispose Gabriel comprensivo.
«Per fortuna mio fratello Dean l’ha scoperto e ho passato un paio di anni a disintossicarmi con il suo aiuto… ma ora sono pulito!»
«Sul serio?» gli chiese l’altro, con un lampo malizioso negli occhi, si alzò dalla scrivania e gli si avvicinò per annusarlo. «Sì, è vero e hai anche un buonissimo odore!»
Sam avvampò e si scostò imbarazzato.
«Son contento che tu mi abbia detto la verità» disse l’avvocato, tornando alle sue carte. «Anche perché, non molti lo sanno, ma io ho un super potere: fiuto le bugie» così dicendo, si picchiettò il naso un po’ lungo. «Jessica lo sa?»
«No, a parte la mia famiglia, e ora tu, non lo sa nessun altro. O... ora che cosa hai intenzione di fare?»
«Di scartare un altro lollipop e gustarmelo, mentre studio questo caso.»
«Intendo dire nei miei confronti…»
«Ne vuoi uno anche tu? Mi era sembrato di capire che non ti piacessero…» disse, lanciando un’occhiata al vaso intatto di Sam.
Lo stagista sospirò: «Hai… hai intenzione di dirlo ai titolari?»
«No» rispose Gabriel sorpreso. «Perché dovrei? Tutti possono sbagliare e tutti hanno diritto a un’altra possibilità. Se vuoi, puoi tornare ad archiviare i casi passati oppure puoi aiutarmi a elaborare una strategia per questo.»
«Di che si tratta?» gli chiese sollevato e spostando la sedia accanto a quella di Gabriel.
«Di un bell’effetto a catena» gli rispose entusiasta. «Tre affittuari abitano uno sotto l’altro; il cane dell’inquilina del terzo piano ha sporcato il balcone della signora del secondo, obbligandola a rifare il bucato e a pulire le piastrelle con la varechina, rovinando così il laptop che l’inquilino del primo piano aveva lasciato sul tavolo del terrazzo. La nostra assistita è la signora del secondo piano che è già stata condannata a risarcire il tizio del primo e ora vuole rivalersi sulla signora del terzo.»
«Mi sembra il minimo» rispose Sam. «Se la signora del 3° avesse portato il cane fuori, invece che lasciarlo sul balcone, la nostra cliente non avrebbe dovuto usare la varechina per ripulire il terrazzo e probabilmente il disappunto nel vedersi il bucato rovinato l’ha resa negligente mentre ripuliva.»
«Chiamala pure rabbia ma hai centrato in pieno il caso.» Gabriel gli batté con approvazione la mano sulla spalla. «Ed è da qui che cominceremo a impostare la causa: dal cane lasciato sul balcone.»

Come ogni sera, Jessica era andata nell’appartamento di Sam per preparargli la cena.
Il ragazzo le raccontò che aveva incontrato Brady e del nuovo caso che stavano preparando.
«Davvero farete causa per una cosa così insignificante? Perché non vi occupate di casi grossi?»
«Perché non è così facile trovarne, il nostro è uno studio di cause civili perciò ci occupiamo di tanti piccoli casi: questioni testamentarie, liti fra vicini…» le rispose sorridendo.
«Liti fra vicini!» sbuffò Jessica, scuotendo la testa poco convinta. «Si vede che il tuo supervisore ha proprio tempo da perdere.»
Sam non replicò ma ci rimase male per le parole della sua ragazza.

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Capitolo 6
*** «Siamo comunque una squadra» ***


Il lunedì successivo, quando Sam arrivò al lavoro, trovò Gabriel e Charlie che stavano discutendo.
«Bradbury, mi hai fatto buttare fuori, è stato oltremodo umiliante, te ne rendi conto?»
«Mi dispiace, Gabe, ma non puoi venire ai nostri raduni e pretendere di fare la divinità pagana del sesso libero.»
«Ma perché no? Era un’idea simpatica!»
«Il nostro regolamento non lo prevede.»
«Allora il regolamento è sbagliato! Non sei la regina? Fallo cambiare!»
Sam era allibito, ma di che cosa stavano parlando?
«Non posso farlo, non l’ho scritto io» esclamò Charlie, spalancando le braccia.
«Però mi hai fatto buttare fuori, ti ci vorrà un bel po’ per farti perdonare, sappilo!» disse Gabriel, minacciandola con un dito.
«Serata Agot(1) a casa mia? Torta di vaniglia con panna e bignè più Pepsi(2) a volontà?»
«Non dimenticare il gelato» disse Novak, cercando di sembrar severo ma con gli occhi che gli sfavillavano.
«E una montagna di gelato» replicò Charlie sorridendo.
«Mi arrendo! Tu sì che sai come far capitolare un povero avvocato» esclamò sollevando le braccia.
Sam e Gabriel entrarono nel loro ufficio.
«Sto seriamente pensando di denunciare gli organizzatori dei LARP(3) per pubblicità ingannevole, prima dicono che posso interpretare qualsiasi ruolo voglio e poi salta fuori che non è vero!»
«Ma di che cosa stai parlando?»
«Ma dei giochi di ruolo dal vivo! Hai mai giocato a “facciamo finta che…”?»
«Sì, ma da piccolo!» sbuffò Sam, ripensando a quando lui doveva sempre interpretare Robin perché Dean, ovviamente, voleva essere Batman…
«Uff, solo perché ora sei alto due metri, non significa che non puoi più farlo. Charlie mi aveva assicurato che sarebbe stato divertente, invece non mi sono divertito neanche un po’.» Afferrò una manciata di dolci dal vaso e li ficcò in bocca, Sam stava per dire qualcosa quando venne interrotto da un bussare sull’uscio. «Avanti!»
«Gabriel, avrei un problema su come impostare la mia causa» esordì Chuck imbarazzato, infilando la testa nell’ufficio.
«Chucky, vorrei ricordarti che le questioni testamentarie non sono il mio forte…» ridacchiò. «Vabbé, esponimi il caso, vediamo se riesco a darti una mano.»
«Lo spero proprio…» Chuck entrò titubante. «Il signor Jackson, nel suo testamento, nomina erede universale la sua seconda moglie, tranne che per alcuni lasciti alla figlia, tra cui la sua Ferrari ma al momento del trapasso non possedeva più quell’auto, ma l’aveva sostituita con una Mustang e ora entrambe le eredi si contendono il suo possesso.»
«Mi sembra un caso semplicissimo» rispose Gabriel. «Se la tua cliente è la figlia, insisti sulla volontà del testatore di lasciarle comunque una macchina, se invece la tua…»
«È proprio questo il mio problema» lo interruppe l’aspirante scrittore, guardando a terra.
«Cioè?» chiese Novak perplesso.
«Non ricordo più qual è la mia cliente» farfugliò Chuck.
«Tu non…» Gabriel fece un profondo respiro. «D’accordo, niente panico. Chucky, concentrati, le hai parlato, giusto? Che cosa vi siete detti?»
«Ha detto che l’auto è sua di diritto e che io dovevo dimostrarlo.»
«Bene, è sua di diritto, perché?»
«Non lo so» biascicò Chuck.
«Cerca di ricordare. Perché anche se non è una Ferrari, suo padre voleva che lei avesse una macchina? O perché, visto che la Mustang non è contemplata tra i lasciti in favore della figlia, l’auto rientra nell’eredità della vedova?» chiese Novak.
«Non mi ricordo! Non mi ricordo!» strillò Chuck, prendendosi la testa fra le mani.
«Calmati adesso. Hai il suo numero di telefono?»
«Sì, ma non ho segnato se era la figlia o la vedova…»
«E lo chiederemo a lei, vallo a prendere, per favore» disse Gabriel, stringendosi la radice del naso tra il pollice e l’indice.
Chuck uscì di corsa.
«Gabriel, non sarebbe meglio che se la sbrighi da solo, così impara a svegliarsi?» chiese Sam.
«Gioco di squadra, Sammy, qui nessuno è un battitore libero.»
Chuck tornò con un foglietto su cui era appuntato un numero telefonico.
«Dai, passamelo» disse Gabriel.
«Hai davvero intenzione di chiederle se è la vedova o la figlia?» Sam era allibito.
«Se siamo fortunati, sarà lei stessa a dircelo e ora non disturbate il genio all’opera.» Gabriel compose il numero e aspettò che qualcuno rispondesse. «Salve! La signora Jackson? Buongiorno, sono il legale Novak, collega dell’avvocato Shurley, ma sa che ha una bellissima voce? Ha mai pensato di fare canto?… No? Un vero peccato, mi creda… Le telefono a proposito dell’auto, per noi sarebbe importantissimo sapere quando esattamente il de cuius(4) ha venduto la Ferrari e comprato la Mustang… Sì, giorno, mese e anno… questo potrebbe spiegare perché il testamento non è stato modificato…»
A quel punto Gabriel scostò bruscamente la cornetta dall’orecchio in quanto la cliente aveva cominciato a strillare: «L’unica cosa che so è che avrei dovuto essere io l’erede universale e non quella stupida gallina dipinta che si è rigirata mio padre come un babbeo! Che ora ci sia una Mustang, invece di una Ferrari non ha nessunissima importanza, l’auto è mia e voi dovete dimostrarlo! Ha capito?»
«Ha perfettamente ragione, ci mettiamo subito al lavoro. Felice giornata.» Riattaccò. «Chuck, la tua cliente è la figlia e vedi di non scordartelo.»
«Non lo farò, graz…»
«Vai a impostare quella causa!»
Quando Shurley uscì, Sam disse a Gabriel: «Non so se sarei riuscito ad aiutarlo. Sul serio, sei incredibile!»
Gabriel, sorridendo compiaciuto, afferrò dal vaso un’altra manciata di dolci. «Sì, lo so. Spero che per 10 minuti mi lascino in pace, devo ricaricare le batterie.» E se li ficcò in bocca.


*****

  1. Agot ovvero A Game of Thrones.
  2. Ho trovato questo video su youtube e non ho resistito https://www.youtube.com/watch?v=FTB3w2n8R9o
  3. LARP ovvero Live Action Role-Playing
  4. De cuius= nel linguaggio giuridico colui che alla sua morte trasmette ai successori il proprio patrimonio.
Come sempre mi saranno utilissimi i vostri consigli, critiche, recensioni, osservazioni...

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Capitolo 7
*** «Congratulazioni, Sammy!» ***


E si giunse al giorno della laurea, con Sam in tocco e toga abbracciato a Jessica e tanti discorsi di vecchi avvocati che esortavano i nuovi laureati a tener alto il nome della loro categoria.
«Che palle! Spero che non diventerai così noioso. Quando servono la birra?» disse una voce ben nota alle spalle di Sam.
«Dean!» esclamò Sam abbracciandolo. «C’è anche papà?» chiese, guardandosi in giro.
«Ehm… no… aveva un sacco di lavoro arretrato in officina.»
Il suo supervisore non era l’unico che poteva fiutare le bugie e ormai Sam conosceva suo padre fin troppo bene per non capire che dietro la sua assenza c’era ancora il suo “disappunto” perché lui non era entrato nell’attività di famiglia. Gli venne un sospetto. «Non dirmi che sei venuto in macchina!» Dal Kansas alla California c’erano almeno 22 ore di viaggio!
«Ovviamente! Per niente al mondo mi sarei perso il mio fratellino, vestito da spaventapasseri» ghignò Dean.
«Avresti potuto prendere l’aereo, coglione!»
«Gli aerei cadono, puttana!»
Sam si fece scattare delle fotografie in mezzo a Jess e Dean. Peccato che sua madre non fosse lì a vederlo, purtroppo era morta qualche anno prima, altrimenti la felicità di Sam sarebbe stata perfetta: aveva accanto a sé le persone che amava di più al mondo e stava coronando il suo sogno.

Quella sera andarono a festeggiare in una pizzeria.
«Per la miseria! Questi sono i migliori hamburger che abbia mai mangiato!» biascicò Dean estasiato. «Sam, devi assolutamente assaggiarli!»
Sam, che aveva preso un’insalata come Jessica, rispose: «No, lo sai che mi piace mangiare sano e dovresti farlo anche tu.»
«Seriamente? È talmente sano che mi vien voglia di suicidarmi solo a guardarlo, quello non è cibo, è roba per conigli.» Vedendo passare una cameriera, le chiese: «Per caso, avete anche l’apple pie?»
«Dovremmo. Vado a vedere.»
«Ragazzi! Se è buona come gli hamburger, sarebbe una serata perfetta!»
«Mi dispiace» disse tornando qualche minuto dopo. «L’abbiamo finita pochi minuti fa.»
«E ti pareva…» brontolò Dean.


Nonostante fosse ormai laureato, lo stage non era ancora finito, perciò il giorno dopo Sam tornò al lavoro, con la valigetta che gli aveva regalato Jessica.
Dean aveva passato la notte da lui ed era ripartito quella mattina presto, promettendo di telefonare non appena fosse arrivato.
«Non è altro che un dannato pesce marcio!» esclamò Gabriel, sbattendo i fogli che stava leggendo sulla scrivania. «Accidenti a me e a quando ho accettato ‘sto caso!» brontolò, stringendosi l’attaccatura del naso.
Era la prima volta che Sam lo vedeva così arrabbiato. «Pesce marcio?» osò domandare.
«Si chiamano così i casi che si vorrebbe non aver mai accettato. Una sola parola sbagliata in aula e scateno l’ira di tutte le vecchiette col cagnolino d’America» sbuffò. «Ho scritto una lettera di convocazione per la querelata.» Gli consegnò dei fogli scarabocchiati. «Riscrivila al computer, sintetizzandola e rendendola più educata possibile.»
«Va bene.» “Oddio, che scrittura! Sembra quella di un ragno impazzito!
Mentre la stava riscrivendo e tentava di decifrare la grafia del collega, si aprì un pop-up che gli chiedeva se volesse formattare il disco rigido. «Ma che…? No! No, no, no…»
«Sammy, che ti prende? Qualcosa non va?» chiese Gabriel, alzandosi dalla sua scrivania e mettendosi alle sue spalle, con l’immancabile lollipop in bocca.
«Le cartelle stanno sparendo una dopo l’altra… la tastiera non risponde… anche il mouse è fuori uso…» gemette Sam, battendo inutilmente su Ctrl, Alt e Canc per avviare Task Manager.
«Sembra che tu abbia beccato un virus, chissà in che siti sei andato…» disse Novak, fissando lo schermo, dove le cartellette continuavano a sparire nel nulla.
«Io non vado in siti strani e non apro mail sospette!» esclamò il ragazzo indignato.
«Se lo dici tu… mi sa che d’ora in poi ti toccherà lavorare con carta, penna e calamaio a meno che… senti tu resta qui, vado a chiamare Charlie, forse riesce a bloccarlo.»
Sam tentò inutilmente fino all’ultimo di fermare quell’ecatombe, alla fine rimase a fissare lo schermo completamente bianco, era sicurissimo di non aver fatto stupidaggini, controllava sempre che l’antivirus fosse aggiornato e navigava in siti sicuri, che fosse finito in uno contraffatto? “Che disastro!
Mentre era lì seduto, con la testa fra le mani, sul computer partì un video in cui comparve Gabriel seduto, sembrava, alla scrivania di Charlie, con indosso un gilet rosso, una camicia bianca parecchio sbottonata e i capelli pettinati all’indietro: «Ciao, pasticcino! Spero sinceramente che nel frattempo non ti sia venuto un infarto, se sei ancora vivo, raggiungici nell’ufficio di Chuck, dove c’è qualcuno che vuole conoscerti.»
Alle sue spalle comparve Garth che, cingendogli col braccio destro il collo, alzò verso la telecamera la mano sinistra coperta da uno strano calzino grigio con dei bottoncini azzurri per simulare gli occhi e dei fili di lana per i capelli. «Ciao, Sammy!» disse con una vocetta infantile e facendo “parlare” il pupazzo. «Mr. Fizzles vuole tanto, tanto diventare tuo amico e vuole anche congratularsi per la tua laurea.»
Gabriel si strinse nelle spalle: «Se invece non sei sopravvissuto al finto virus di Charlie, vorrà dire che la torta ce la spartiremo solo noi quattro.» Ai due lati dello schermo comparvero Charlie e Chuck che salutarono sorridendo verso l’obiettivo. «Hai due minuti di tempo per raggiungerci, dopodiché cominceremo a festeggiare senza di te.»
Il video s’interruppe e lo schermo del computer tornò normale, con tutte le cartelle al loro posto.
Ancora frastornato per quanto accaduto, Sam rimase inebetito a fissare lo schermo, poi scoppiò a ridere: «Proprio un bello scherzo!» Si alzò e si affrettò ad andare nell’ufficio di Chuck.
«Congratulazioni!» esclamarono i suoi colleghi, non appena entrò. Raphael, ovviamente, non c’era.
Sulla scrivania c’erano varie bottiglie di Pepsi più un’enorme torta a forma di libro di laurea, con sopra delle decorazioni a forma di tocco, martelletto, coccinelle, segnalibro e pergamena con scritto “Congratulazioni Sammy!”
«Gra… grazie» balbettò Sam commosso, sinceramente non se lo aspettava.
«Siccome sei il festeggiato, tocca a te scannare questa meraviglia» gli disse Gabriel, porgendogli un coltello.
Sam ridacchiò e cominciò a tagliarla a fette più o meno uguali e ne prese una. Pur non essendo un amante dei dolci, dovette ammettere che era veramente buona: era un pan di Spagna farcito con crema alla vaniglia.
«Regali! Regali!» cinguettò Garth e Sam poté finalmente ammirare Mr. Fizzles dal vivo in quanto il suo collega l’aveva indossato e, porgendogli una cornice decorata con bottoni, lo fece “dire”: «Garth ed io abbiamo pensato che ti sarebbe stata molto, molto utile per metterci la laurea.»
Oddio, Sam aveva pensato a una cornice completamente diversa ma si finse entusiasta.
Chuck gli regalò un set da scrivania per le penne e i biglietti da visita.
Charlie gli porse un pacchetto che si rivelò essere una cornice a forma di castello con drago. «Qui puoi metterci la foto del giorno della laurea.»
«Grazie. Sei veramente brava con il computer, quel finto virus mi ha proprio spaventato.»
«Lo so ma l’idea è stata di Gabe, come pure la torta con questa forma.»
«Colpevole!» esclamò l’avvocato, inclinando un po’ la testa e sorridendogli con aria da monello.
«Vorrei tanto avere il video, se si può…» disse Sam sorridendo.
«A quanto pare abbiamo un fan. Penso che si possa fare, vero, dolcezza?» chiese Gabriel a Charlie, poi consegnò una scatoletta di legno a Sam dicendogli: «In qualunque posto andrai, mettila sulla tua scrivania con l’augurio che ti porti fortuna.»
Sam la aprì, conteneva una bilancia in ottone a due piatti. «Grazie è bellissima!» esclamò, con gli occhi che gli brillavano e posandola sulla scrivania di Chuck, però vide che non era in asse, deluso pensò che a casa avrebbe controllato che cosa ci fosse che non andasse.
Quasi gli avesse letto nella mente, Gabriel gli disse: «Ti stai chiedendo perché non è equilibrata? Perché d’ora in poi la bilancia della giustizia dovrà pendere soltanto dalla tua parte, tranne quando, ovviamente, non ti scontrerai in aula con uno di noi.»
Esaminandola, Sam notò che il piatto che scendeva era più spesso dell’altro, con inciso “avv. Samuel Winchester”.
«Grazie, Gabriel!» disse commosso. «La metto subito sulla mia scrivania!»




*****

Voglio ringraziare tutte coloro che hanno messo la mia storia fra le preferite/ricordate/seguite.
Son felice di annunciarvi che le visualizzazioni hanno superato quota 200 e che grazie a voi ho battuto un mio piccolo record personale: 25 recensioni (il mio precedente era 20)
Ringrazio in particolare: Daisy_of_light, Heavensent, samara89, Jerkchester, cin75, e never_say_forever

A questo indirizzo potete trovare la torta alla quale mi sono ispirata.
http://pazzaperildolce.blogspot.it/2012/11/e-passato-quasi-un-mese-dalla.html

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Capitolo 8
*** «Non sempre si può vincere...» ***


Quando Dean chiamò la mattina presto per fargli sapere che era arrivato sano e salvo, Sam gli raccontò del finto virus, del video (senza specificare le parole, se avesse saputo che soprannome gli aveva affibbiato il suo supervisore, Dean l’avrebbe perculato per il resto dei suoi giorni), della torta e dei regali.
«Wow, wow calma, fratellino, sembri un moccioso che ha appena visto Babbo Natale!» ridacchiò il maggiore.
«È che non me l’aspettavo, insomma fino a qualche mese fa erano dei perfetti estranei e in teoria non saremmo neanche amici, eppure…»
«D’accordo, Samantha, cerca solo di non cadermi in depressione, quando finirà lo stage.»
Già. La fine dello stage. Cercava di non pensarci ma la scadenza era prossima. Un po’ gli dispiaceva andarsene e abbandonare quella “gabbia di matti”… “Beh, inutile pensarci ora.

E si giunse agli sgoccioli del suo tirocinio nonché al giorno del processo “effetto a catena”.
«Signora Custer, si rende conto che i problemi intestinali del suo cane, hanno costretto la mia assistita a ripagare un costoso laptop, in più è stata costretta a rilavare il proprio bucato, con ulteriore dispendio di luce e acqua? Non poteva portarlo fuori?» chiese Gabriel alla querelata.
«Avvocato, quando gli scappa gli scappa, non sempre riesco a prevenirlo.»
Risate da parte del pubblico, con il giudice che picchiava il martelletto per riportare l’ordine in aula.
Gabriel era stranamente in difficoltà, le domande che poneva eran sempre pertinenti ma sembrava nervoso, distratto, non ci stava mettendo quella passione che Sam gli aveva visto altre volte in aula.
Probabilmente era colpa della querelata che, Sam lo scopriva solo ora, era un’adorabile vecchietta, nessuna sorpresa se il suo collega non volesse fare la parte del lupo cattivo.
«Gabriel, va tutto bene?» gli chiese quando il giudice si ritirò per deliberare.
«No, per niente. Non riesco a concentrarmi» si lamentò, pizzicandosi la radice del naso. «Speriamo di averlo comunque convinto.»
Quando il giudice tornò, stabilì che la signora Custer non doveva risarcire il prezzo del laptop ma solo il bucato in quanto era stata per la negligenza della loro assistita se la varechina era finita al piano di sotto.
«Prima Chuck, adesso io. Beh stavolta è andata così» disse Gabriel, scrollando le spalle e mettendo vie le pratiche.
«Quella signora sembrava proprio la nonna di Cappuccetto Rosso. Immagino che per te non sia stato facile torchiarla durante l’interrogatorio» disse Sam, per tirargli su il morale.
Gabriel lo fissò ironicamente, inarcando le sopracciglia: «Ma per favore! Pensi che sia per questo se stavolta non son riuscito a sfoderare tutto il mio charme? La verità è che ho chiesto un po’ di tempo fa ai due titolari di concedermi una cosa importante ma non hanno ancora preso una decisione, nonostante abbia specificato loro che è urgente…»
Doveva essere proprio una cosa seria. «Si tratta di un aumento?»
«Sì… si potrebbe definire così» rispose Gabriel, con un mezzo sorriso.

«Oddio!» si lamentò Sam, strofinandosi il collo e inarcando la schiena. «Mi sento tutto indolenzito.» Aveva passato il pomeriggio a inserire le vecchie pratiche nel computer e si sentiva a pezzi.
«Forse posso aiutarti» disse Gabriel. «Siediti, appoggiando il petto contro lo schienale della sedia e rilassati.»
«Che cosa hai in mente?» chiese Sam, facendo quanto richiesto.
«Fidati di me e lasciami fare.»
Si sentì porre le mani sulle spalle con i pollici sulla schiena, li sentì muoversi, con una leggera pressione, in circolo.
Poi Gabriel li mosse dal centro della schiena verso l’esterno. Continuò verso l’alto e verso il basso, impastando i suoi muscoli con delicatezza e abilità. «Dimmelo se sto premendo troppo.»
«No, va bene così.» Si stava proprio rilassando, per quanto la situazione fosse strana, era piacevole starsene lì tranquillo con qualcuno che si prendeva cura di lui.
Con le altre dita, Gabriel gli compresse le spalle leggermente e con un ritmo continuo e regolare. Posizionò i pollici su entrambi i lati della parte posteriore del collo, massaggiandogli la colonna vertebrale e allentandogli i muscoli della schiena. Lentamente, si mosse verso l’alto fino a raggiungere la base della nuca e fece scorrere un paio di volte le nocche su e giù lungo la sua schiena.
“Oddio, che bello…” Sam si lasciò prendere dalla sonnolenza sotto il tocco di quelle dita, delicate ma decise…
«Ehi, pasticcino!» si sentì bisbigliare nell’orecchio. «Non si dorme sul posto di lavoro!»
«Mi… mi sono addormentato?» chiese, voltandosi verso l’avvocato.
«Solo un minuto o due, mi sa che ti sei rilassato un po’ troppo» rispose ridacchiando.
Sam si perse negli occhi dorati di Gabriel e, per una volta, non vi lesse la solita ironia ma sembravano, invece, colmi di affetto. Erano talmente vicini che i loro nasi quasi si sfioravano, se solo si fossero mossi di pochi centimetri, le loro labbra si sarebbero toccate…
Un “beep” gli segnalò che era appena arrivato un SMS.
Novak si raddrizzò e indietreggiò di un paio di passi.
«È Jessica, vuole sapere quando torno a casa, perché deve dirmi una cosa importante.»
Per un attimo gli occhi di Gabriel sembrarono incupirsi ma fu una cosa talmente rapida che Sam pensò di essersela immaginata. «Vai pure, non si fanno aspettare le signore» disse con nonchalance. «Ci vediamo domani.»

Appena arrivato a casa, trovò Jessica che sventolava trionfante un foglio: «Tesoro, guarda che cosa è arrivata! Una lettera dallo studio Crowley&Stair, ti rendi conto? E hanno fissato un colloquio di lavoro proprio con te!»
L’unico pensiero di Sam fu: “Ma ha aperto la mia posta?” Non sapeva perché ma la cosa gli diede leggermente fastidio.
Intanto Jessica continuava a ciarlare: «Dicono che ogni anno si fanno dare i nomi dei migliori laureati in legge per assumerli. Non è fantastico? Te lo dicevo io!»
«Sì, è fantastico!» esclamò abbracciandola forte, sollevandola da terra e facendola volteggiare, il piccolo malumore di prima era scomparso: lo studio Crowley&Stair era uno dei più rinomati d’America e i suoi avvocati erano tra i più pagati, mentre Dick Roman, il più giovane dei soci, era praticamente l’avvocato che ogni studente di legge sognava di diventare, si occupava solo dei casi più importanti e non aveva mai perso una causa e volevano proprio lui!

Quella notte fecero l’amore con più passione del solito: forse il loro sogno stava per avverarsi!
Mentre stava per addormentarsi, a Sam venne in mente quello che era successo qualche ora prima in ufficio: davvero lui e Gabriel stavano per baciarsi? Liquidò quel pensiero come un’assurdità.


*****

Questo rischia di essere l’ultimo capitolo in quanto son bloccata, non per mancanza d’ispirazione ma per il motivo opposto: mi sono venute in mente 3 possibili scelte su come continuare la storia e non riesco a decidere quale scegliere, a meno che non mi diate una mano. Consideratela la prima fan fiction interattiva del sito. Chiunque sia intenzionata ad aiutarmi a scegliere la prosecuzione me lo faccia sapere, con la consapevolezza che si beccherà qualche inevitabile spoiler. L’opzione che avrà più voti vincerà e la storia proseguirà in quel senso. Grazie a tutte!

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Capitolo 9
*** «Voglio stare con te!» ***


Salve a tutte! Dopo lungo penare eccomi col nuovo capitolo! Che opzione avrà vinto? Lo scopriremo nelle prossime righe!

*****

«Sammy, devo comunicarti una bella notizia!» esclamò Gabriel, non appena lo vide entrare, con un sorriso da un orecchio all’altro e andandogli incontro.
«Anch’io!»
«Allora prima tu.»
«Leggi!» disse Sam tirando fuori la busta e ficcandogli il foglio in mano. «Lo studio Crowley&Stair mi ha fissato un colloquio di lavoro per domani mattina. Non è fantastico?»
L’espressione entusiasta di Gabriel svanì poi disse con un sorriso tirato: «Suppongo che per un avvocato alle prime armi lavorare al fianco di Dick Roman sarebbe come per un’adolescente uscire a cena con Justin Bieber. Immagino che anche Jessica ne sarà felice.»
«Altroché! Se mi assumono potremo finalmente sposarci, comprare una casa e metter su famiglia… Che cosa volevi dirmi?»
L’avvocato scrollò le spalle: «Niente che abbia importanza… beh, te lo dico ugualmente a titolo informativo. Ti ricordi che avevo chiesto a Zac e Meti una specie di aumento? Solo che non era di stipendio ma di personale… come vedi siamo in pochi. Avevo insistito per farti assumere in questo studio e i titolari avevano finalmente deciso di farlo… pazienza! Son contento per te.»
«Avevi chiesto di farmi assumere?» chiese sorpreso; proprio non se l’aspettava. «Non… non so che cosa dire… anzi sì. Accetto!» disse entusiasta.
«Ne sei sicuro? Tieni conto che il nostro stipendio è di 21.000 dollari l’anno, mentre loro potrebbero offrirtene il quadruplo come niente» disse Gabriel, schioccando le dita. «Senza contare che dovresti sorbirti gli abbracci catartici di Garth per il resto dei tuoi giorni.»
«Ma che importa? Voglio stare con te!» Resosi conto di ciò che aveva appena detto, Sam avvampò e aggiunse precipitosamente agitando le mani: «Non… non intendevo in quel senso! Volevo dire…»
«Sì, ho capito che cosa intendi» disse Gabriel ridendo. «Lo so, sono irresistibile!» Spalancò le braccia e socchiuse gli occhi compiaciuto.
«Aspetta che lo sappia Jessica… anzi potrei telefonarle, così glielo dico subito?»
«Ma certo! Intanto prendo le pratiche per la tua assunzione.» Tornò verso la sua scrivania canticchiando e prese un fascicolo. «Sono proprio contento, sai? Mi aiuteresti a risollevare il livello estetico di questo studio, l’hai visto Zaccaria, no? L’unico essere al mondo che le zanzare si rifiutano di pungere» ridacchiò.
Sam rise, prese il telefono e compose il numero del bar dove lavorava la fidanzata: «Potrei parlare con Jessica, per favore?… Sì, è urgente… Grazie… Jess, Gabriel vuole farmi assumere qui allo studio Fuller&Curtis, non è…?»
«Quanto sarebbe lo stipendio?» lo interruppe la ragazza.
«21.000 dollari l’an…» rispose perplesso.
«Sarebbero 1.750 dollari il mese… L’altro studio offre di più, vero?»
Ma era lì con la calcolatrice in mano? «Non lo so ma vorrei ricordarti che mi hanno solo convocato per un colloquio, non hanno ancora deciso di assumermi, potrebbero anche non farlo…»
«Tesoro, sai bene quanto me che gli avvocati che lavorano lì sono tra i più pagati d’America. Ti ricordi che avevamo concordato che quando tu avessi trovato lavoro io avrei anche ripreso gli studi? Mi spieghi come potremmo fare tutto questo con uno stipendio così basso?»
«Con un po’ di sacrifici sono sicuro che ce la possiamo fare…» balbettò Sam.
«Ne abbiamo fatti finora, non pensi che sia giunto il momento di realizzare tutti i nostri sogni? Senti, tesoro, facciamo così: vai al colloquio, se proprio va male accetta l’offerta di Gabriel. Ti amo!» e riattaccò.
«Allora, che cosa hai intenzione di fare?» chiese Gabriel fissandolo, dopo che anche Sam aveva riattaccato.
«Jessica vuole…» cominciò a dire smarrito.
«Samuel» lo interruppe, inarcando un sopracciglio e sfoderando il suo tono da avvocato re-dei-tribunali Novak. «Non è quello che ti ho chiesto. Non m’interessa sapere che cosa vuole Jessica, voglio sapere che cosa intendi fare tu
Sam sospirò: «Andrò al colloquio, non posso deluderla.»
«Se è questa la tua decisione, fai pure» disse seccato e tornò alla sua scrivania.
A Sam dispiaceva vederlo così. «Magari non mi prendono.»
«Certo che ti assumeranno, nessuno con un po’ di sale in zucca si farebbe sfuggire un ragazzo in gamba come te…» poi lo sentì brontolare tra sé: «Accidenti a Curtis! Non poteva decidersi prima?»

Quando Sam tornò a casa, trovò Jessica ad aspettarlo. «Oh tesoro! Domani è il gran giorno! Sei emozionato?»
«Amore, ascoltami. Non voglio andare al colloquio: a me piace dove sono ora… Lo so, lo stipendio non sarebbe alto ma potremmo affittare un bilocale invece che comprare una casa e, per arrotondare, potrei lavorare durante il week-end come bagnino nelle piscine o buttafuori nei locali notturni…»
«Ma non avevi detto che era una gabbia di matti, che il tuo supervisore era un cretino e che non vedevi l’ora che lo stage finisse? Che cosa è cambiato?» I suoi occhi celesti lo scrutarono sospettosi.
Sam avvampò nel ricordare quelle stupide parole avventate. «Mi sbagliavo, Gabriel è una delle persone più intelligenti che io conosca e pensavo che l’avessi capito anche tu.» Era vero che non l’aveva mai incontrato ma le aveva raccontato tutto quello che era successo in quei mesi. Beh, quasi tutto… soprannomi e massaggi erano rimasti top secret. «Ed io intendo continuare…»
«È per lei, vero?» lo interruppe stizzita.
«Ma lei chi?» chiese Sam sinceramente stupito.
Jessica marciò attraverso la stanza e afferrò la cornice a forma di drago.
Anche Sam era bravo con il computer, anche se non come Charlie, e aveva estrapolato dal filmato il fotogramma in cui comparivano tutti e quattro i suoi colleghi, l’aveva fatto stampare e aveva infilato la foto nella cornice che gli aveva regalato la collega.
«Questa qui! Vuoi forse negarlo?» scandì Jessica furiosa, picchiettando con l’indice il volto dell’hacker.
«Charlie? È solo una collega e poi è sull’altra sponda.»
«Quindi ci hai già provato, eh? Ti è andata male ma speri di convertirla. Oddio Sam, da te non me lo sarei mai aspettato!» esclamò scrollando la testa e fissandolo inorridita.
«Ma che dici, Jess? Non è così! Io amo solo te!» Sam non riusciva a capacitarsi del cambiamento della sua fidanzata, non era mai stata gelosa ma sempre dolce e comprensiva.
«Allora dimostramelo! Nessuno rinuncia alla possibilità di avere un lavoro da favola, per accettare un salario nettamente inferiore, se non perché vuole stare accanto a chi ama! Scegli! O lei o me!» Scoppiò a piangere.
Sam l’attirò tra le braccia e la strinse forte. «Jess amore, non fare così, io non amo nessun’altra che te… ma se può servire a tranquillizzarti andrò al colloquio e farò di tutto per farmi assumere.»
«Oh Sam, ti amo tanto!» esclamò baciandolo.


*****

Come vedete ha vinto l’opzione numero 2. La 1 è stata bocciata all’unanimità, a quanto pare volete vederli soffrire eh? Che angst sia, dunque!
Ho dovuto esasperare un po’ il carattere di Jess perché, come mi ha fatto giustamente notare una di voi, se Sam avesse rifiutato l’offerta di Gabriel, sarebbe stato un ingrato (o peggio) ma con una fidanzata gelosa e in lacrime il suo rifiuto potrebbe avere un senso, pertanto mi scuso fin da subito con le fan di Jessica. Ho riscritto il capitolo più volte, finché non l’ho trovato abbastanza decente, che cosa ne pensate? Come sempre sono aperta a critiche, suggerimenti, consigli, revisioni...
Ringrazio Jerchester, Heavensent, Daisy_of_light, samara89 per i consigli e per aver partecipato. Baci a tutte!

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Capitolo 10
*** «Sei un essere impossibile!» ***


La mattina dopo Sam si recò allo studio Crowley&Stair. Era un edificio meraviglioso: colonne di marmo e tappeti pregiati. In teoria sarebbe stato fantastico lavorare lì dentro, ma non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione delusa di Gabriel.
Potrei andarmene e dire a Jess che han deciso di non assumermi.” Ma si sentì meschino anche solo a pensarci: la sua fidanzata contava su di lui, non meritava anche lei di realizzare i propri sogni?
Mentre una delle segretarie lo accompagnava all’ufficio di Crowley, notò che tutti gli avvocati che incrociava avevano i capelli corti; sperò che si trattasse soltanto di una coincidenza. Finalmente arrivarono a destinazione: sopra la porta c’era stampigliato “avv. Fergus Crowley McLeod”. Fece un grosso respiro, bussò e, avuto il permesso di accomodarsi, entrò.
Accomodati su poltrone di pelle dietro a una scrivania, che Sam immaginò fosse di mogano, c’erano due uomini, uno tarchiato completamente vestito di nero con la cravatta rossa e l’altro sulla sessantina, un po’ stempiato con giacca grigio scuro, camicia bianca e cravatta a righe.
«Lei è il signor Winchester, vero? Si accomodi pure» disse il tizio vestito di nero con un accento scozzese. «Io sono l’avvocato Crowley McLeod e lui è il mio collega, l’avvocato Alan Stair.»
Stair gli rivolse le solite domande di prassi: perché aveva deciso di fare l’avvocato, quali erano i suoi hobby, i suoi pregi, i suoi difetti, se era single…
Sam cercò di rispondere nel miglior modo possibile.
«Mi sembra che possa andare» concluse Stair.
«Lo penso anch’io» concordò Crowley e gli spiegò che il suo stipendio iniziale sarebbe stato di 50.000 dollari l’anno, ma avrebbe potuto migliorare. «Certo, dipenderà dalla sua produttività. Teniamo molto all’immagine, signor Winchester, quindi se vuole lavorare qui, non deve avere barba, baffi o capelli lunghi.» Crowley lo guardò significativamente. «Mi sono spiegato?»
«Sì, signore.» No, non era una coincidenza, a lui piaceva avere i capelli lunghi ma, a quanto pareva, avrebbe dovuto rinunciarci. “Anche a questo” sospirò fra sé.
«Benvenuto a bordo» gli disse Crowley, stringendogli la mano.
«Allora l’aspettiamo lunedì mattina alle 8.00» disse Stair. «Puntuale
Nonostante l’avessero assunto, non ne era per niente felice. Si era rassegnato all’idea che alla fine dello stage sarebbe andato a lavorare altrove ma ora, che sapeva che avrebbe potuto restare e che stava per rifiutare, si sentiva come se stesse per tradire la sua famiglia nel momento del bisogno.
Ma anche Jessica ha bisogno di me.

Il pomeriggio tornò nel suo vecchio studio per prendere le sue cose e salutare i colleghi.
«Allora?» gli chiese Gabriel, non appena entrò nel non-più-suo ufficio e andandogli incontro. Aveva l’aria di aver passato la notte in bianco.
«Mi vogliono assumere e ho deciso di accettare.»
«Avrei dovuto immaginarlo, la formula “due cuori, un bilocale” funziona solo nei film che, guarda caso, durano solo un’ora e mezza, massimo due» brontolò tornando al suo posto.
«No, il motivo non è solo economico. Ho scoperto che Jessica è gelosa, è convinta che io sia innamorato di Charlie e per rassicurarla ho dovuto prometterle che avrei accettato quel posto.»
«Davvero? Strano, ieri ho avuto l’impressione che al telefono abbia parlato solo di quanti soldi offrivamo noi e quanti loro.» Prese una biro e la fece girare fra le dita. «Hai detto che hai scoperto che è gelosa… Questo vuol dire che non aveva mai manifestato questa sua caratteristica prima, giusto?»
«Non fare l’avvocato che cavilla, comunque sì è la prima volta. Mi ha fatto una scenataccia ieri sera, mi ha urlato che nessuno rinuncerebbe a uno stipendio da favola, se non per restare accanto a chi si ama» disse Sam camminando avanti e indietro per l’ufficio e passandosi una mano fra i capelli.
Gabriel spalancò gli occhi: «Io non faccio l’avvocato, io sono un avvocato e sono anche tuo amico. Ieri eri così felice all’idea di rimanere qui che mi hai quasi fatto una dichiarazione d’amore, oggi invece hai la faccia di uno cui è appena morto il gatto…» Posò la penna. «Mi è venuta un’idea su come farle passare la gelosia: dille che il tuo stipendio da Crowley&Stair sarà di 18.000 dollari l’anno, son sicuro che guarirebbe subito.»
Sam si abbandonò sulla sedia davanti alla scrivania di Gabriel. «Guarda che Jess non è avida, vuole anche riprendere gli studi…»
«Hai detto che non era nemmeno gelosa… Dai, chiamala adesso e dille che… che, per motivi contabili, non possono più elargire stipendi da favola, quindi se vuoi essere assunto, dovrai accontentarti di 18.000 dollari o nisba.»
«Non ho alcuna intenzione di mentire alla mia fidanzata!» Sam si sentiva oltraggiato.
«Allora lo farò io, fingendomi Crowley, tanto lei non ha mai sentito la mia voce…» Sollevò la cornetta: «Dettami il numero. Se le sue motivazioni sono dettate dalla gelosia, non le importerà che il tuo salario sia più basso di quello che percepiresti qui, se invece…»
«Sei un essere impossibile! Non è come dici tu!» urlò Sam.
«E invece penso proprio di sì!» sibilò Gabriel, piegandosi leggermente in avanti e fissandolo negli occhi. «Perché non vuoi provare? Hai paura che abbia ragione io, Winchester?» Si appoggiò allo schienale, chiudendo gli occhi e stringendosi la radice del naso. «Non voglio litigare con te, Sam. Sarà meglio che tu vada a salutare il resto della squadra prima che entrambi diciamo cose di cui, più tardi, potremmo pentirci.»

Sam andò a salutare Chuck che protestò: «Eh no! Non può finire così! Adesso mi tocca riscrivere tutto il capitolo!»
Poi andò a salutare Garth che, come il solito, lo abbracciò forte e, per una volta, Sam ricambiò.
«Ci mancherai tanto!» piagnucolò Garth.
«Anche voi mi mancherete!» rispose Sam.
Poi Charlie che gli disse: «È un peccato che tu abbia deciso di andartene. Sai che era la prima volta che Gabe chiedeva di assumere uno stagista?»
«La prima volta?» Sam era sinceramente stupito: aveva pensato che avesse fatto richiesta anche per qualcun altro ma che le sue proposte fossero sempre state respinte.
«La prima in assoluto. Ne ha avuti altri ma una volta finito il tirocinio, arrivederci e grazie e niente festa di laurea. Deve proprio averti preso in simpatia.»
Ora l’avvocato Samuel Winchester si sentiva un autentico schifo.
Charlie sollevò la mano destra con le dita unite, poi separò il medio dall’anulare e allargò il pollice: «Lunga vita e prosperità e poi chissà? Strade diverse a volte portano allo stesso castello.(1)»
Sam aveva riconosciuto il gesto e tentò di imitarlo ma, non essendo un trekker, non si era mai esercitato; alla fine dovette separare le dita con l’altra mano. «Lunga vita e prosperità» rispose tentando di sorridere.

Gabriel era uscito dal suo ufficio per dargli la bilancia. «Non dimenticare il tuo portafortuna» disse consegnandogliela. «Allora sei proprio sicuro? Se fosse una tua scelta l’accetterei ma mi sembra evidente che avresti voluto rimanere e lo vorrei anch’io…»
Sam non avrebbe mai voluto litigare con lui che in quei pochi mesi si era proprio dimostrato “l’amico che tutti vorrebbero” e sperò che l’altro capisse le sue motivazioni. «Mi dispiace, davvero. Se potessi, resterei…»
«Non è vero!» scattò Gabriel. «Potresti farlo ma non vuoi neanche provarci! Una telefonata! Che ti costa?» I suoi occhi, di solito allegri e ironici, in quel momento erano pieni di rabbia, delusione e qualcos’altro che Sam non riuscì a identificare.
«Io mi fido di Jes…» provò a spiegare il ragazzo.
SLAM!
Gabriel era rientrato nel suo ufficio, sbattendo la porta.


*****

1) La prima parte è il saluto vulcaniano, la seconda è la frase che dice John Snow quando saluta Arya.
In questa storia Alastair ha il volto di Mark Rolston

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Capitolo 11
*** «La sua è solo invidia» ***


Attenzione! Le prime righe contengono scene non adatte a cuori deboli.

*****

Il lunedì mattina Sam si guardò allo specchio e non si riconobbe: da lunghi che erano, i suoi capelli erano stati accorciati a una decina di centimetri. Più si guardava e meno si piaceva. «Somiglio a uno di quei venditori porta a porta di aspirapolveri» borbottò fra sé. «Beh magari Dean la smetterà di chiamarmi Samantha» cercò di consolarsi, prese il cellulare, si fece un selfie e glielo mandò con scritto “Il mio primo giorno di lavoro”.
Dopo qualche secondo il maggiore chiamò: «Brutto essere infernale, che ne hai fatto di mio fratello?»
«Ciao Dean, che ne dici del mio nuovo taglio?»
«Sam, sei proprio tu? Non per criticare il tuo ritrovato buongusto ma sei sicuro di star bene?»
«Regole aziendali: niente baffi, barba o capelli lunghi.»
«Birra e ragazze?»
«Sì, ma non sul posto di lavoro» sbuffò divertito.
«Meno male! Prima un finto virus nel computer e poi il taglio della criniera, il tuo supervisore ha stile, devo riconoscerlo.»
«Veramente non lavoro più lì ma da Crowley&Stair» sospirò.
«Oh, non ti hanno confermato? Mi dispiace. Beh vedrai che anche nel nuovo posto ti troverai bene.»
«Veramente volevano assumermi.» Gli raccontò in breve quello che era successo.
«Ed era vera la storia di te e Charlie?»
«Ma certo che no! Io amo solo Jessica e poi Charlie è sull’altra sponda.»
«Solo perché non mi ha ancora incontrato.» Dean rise poi tornò serio. «Amico, scusa la franchezza ma sei un vero idiota!»
«Dean!» esclamò Sam offeso.
«Lasciami parlare. Se la mia ragazza mi chiedesse di rinunciare a qualcosa cui tengo veramente molto, tipo la mia macchina, la mollerei subito. Nessuno può mettere Baby in un angolo!»
«E quanto durano le tue relazioni?»
«Il tempo per inquadrare la tipa e chiedermi se voglio davvero passare il resto della mia vita con lei e, mi spiace dirtelo, Jess o non ti ama o non si fida di te. Merda Sam, non ti vedevo così felice da quell’ultimo Natale, prima che…» la voce gli morì in gola.
Già prima che la loro madre fosse uccisa da un pirata della strada…
«Insomma quando sono venuto per la tua laurea, hai passato tutto il tempo a fare la fangirl!» riprese Dean.
«Io non ho fatto la fangirl!» s’indignò Sam.
«Oh sì che l’hai fatto, Samantha! “Gabriel ha detto questo, Gabriel ha fatto quello”» squittì Dean. «Accidenti fratellino, se invece di un Gabriel fosse una Gabrielle comincerei a sospettare che la tua fidanzata ha ragione, solo che sbaglia la fonte delle sue corna» ghignò.
Sam si sentì avvampare: «Ma che dici?»
«Dico che se lavorare con questo tizio ti rendeva felice, e visto che avresti potuto restare, mi spieghi perché diavolo te ne sei andato?»
«Te l’ho già detto: Jess ha insistito tanto…» tentò di giustificarsi Sam.
«E quante volte papà ed io abbiamo insistito perché tu entrassi negli affari di famiglia, eh? E tu: “No! No!”»
«Devo andare, non vorrei fare tardi al mio primo giorno.»
«D’accordo ma fatti questa domanda: vuoi davvero passare con Jessica il resto della tua vita?»

Quando arrivò allo studio, Stair gli urlò: «Winchester! Lei è in ritardo! Come me lo giustifica un fatto del genere?»
Sam si girò a guardare l’orologio sulla parete «Ma solo di 10 minu…»
«Solo 10 minuti dice! Ha idea di quante cose si possono fare in 10 minuti? E lei li ha sprecati!»
«Ne resterò 10 in più per rimediare» disse Sam conciliante.
«Faccia meno lo spiritoso e mi segua!»
Cominciamo bene…” «Il fatto è che l’autobus arriva sempre a quest’ora…» tentò di spiegare.
«E le sembra una giustificazione sufficiente? Prenda quello prima, si alzi alle 5.00 e venga a piedi, non m’interessa ma se le diciamo che lei deve essere qui alle 8.00 in punto, ci aspettiamo che lei trovi un modo per onorare il suo impegno.»
Lo portò in un ufficio vuoto. «Questo d’ora in poi sarà il suo ufficio.» Lo piantò lì.
Sam tirò fuori dalla sua valigetta la bilancia, il set per le penne, la cornice a forma di drago e una cornicetta di legno laccato con dentro la foto del giorno della laurea. Guardando la foto dei suoi colleghi sospirò, quanto gli mancavano!

Quella notte aveva fatto un sogno stranissimo: c’era Gabriel sotto la pioggia che lo fissava, mentre lui si allontanava abbracciato a Jessica. La cosa strana era che pioveva solo sul suo ex collega, aveva ancora quello sguardo arrabbiato e deluso ma nel sogno sembrava che stesse anche piangendo o forse era solo la pioggia…
Quando aveva detto alla sua fidanzata che Gabriel c’era rimasto malissimo (non era sceso nei dettagli della discussione), perché aveva rifiutato la sua offerta di lavoro, Jess aveva replicato cominciando a spogliarsi: «Non ci pensare, la sua è solo invidia perché tu, che eri il suo tirocinante, sei stato assunto in un posto prestigioso e lui no. Ora che ne dici di festeggiare?»

Gabriel invidioso? Non credo proprio che gli piacerebbe essere qui.” Il primo impatto non era stato dei migliori ma tentò di consolarsi ripetendosi che in fondo anche il primo giorno da Fuller&Curtis avrebbe voluto scappare a gambe levate ma poi si era trovato bene. “Fin troppo” sospirò fra sé. “Devo solo ambientarmi.” Posò la foto sulla scrivania.
«Winchester! Che cosa sono quelle cose?» chiese Stair rientrando con un foglio e un fascicolo. «Qui gli avvocati devono trasmettere un’immagine di serietà ed efficienza, quindi devono tenere sulla loro scrivania solo ciò che serve veramente per il lavoro, pertanto niente foto di famiglia o altro ciarpame. Elencato qui troverà scritte molte cose che si possono fare nei ritagli di tempo, se lo studi e controlli anche questa pratica.»
Quando Stair uscì, Sam ripose la bilancia nella sua scatoletta poi la mise insieme alle foto in uno dei cassetti chiudendolo a chiave, poi lesse il foglio su cui c’era scritto: “Che cosa si può fare in…”

2 minuti:

  • Riordino velocissimo della scrivania.
  • Eliminare la posta inutile (cartacea ed elettronica).
5 minuti:
  • Fissare un appuntamento.
  • Far firmare un contratto…
Mandare al diavolo il nuovo capufficio” aggiunse cupamente fra sé.



*****

302 visualizazioni e 42 recensioni, ragazze, vi amo!

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Capitolo 12
*** «Nessuno ha chiesto la sua opinione!» ***


Per evitare di arrivare di nuovo in ritardo, Sam aveva comprato uno scooter azzurro e due caschi, uno con la bandiera americana per lui e l’altro rosa con i cuoricini rossi per Jessica, così l’avrebbe scarrozzata in giro durante i week end. Entrò nello studio stavolta in perfetto orario.
«Lo vede, Winchester, che non è impossibile onorare i propri impegni?» gli disse Stair a mo’ di saluto.
«Sì, signore.» “Devo solo ingranare…

I grandi studi erano tristemente famosi come luoghi di sfruttamento, dove gli associati venivano oberati di ricerche noiosissime e rinchiusi in una biblioteca e Sam scoprì alla svelta che questo non faceva eccezione, per fortuna gli piaceva fare ricerche, solo che quando tornava nel suo ufficio c’era sempre qualche faldone in più ad accoglierlo sulla scrivania, quasi fossero imparentati con i Gremlins: per uno di cui riusciva a sbarazzarsi ne comparivano altri tre.
Il primo, bello corposo, gliel’aveva portato, durante il suo secondo giorno di lavoro, uno dei soci, Nick Benson, con l’ordine di esaminarlo e di riconsegnarglielo entro 48 ore. Non sarebbero bastate! In più non aveva ancora finito di controllare il faldone di Stair.
«Veramente…» aveva cominciato a obbiettare Sam.
«Qualche problema?» I suoi occhi azzurri si erano fatti piccoli e minacciosi.
«Certo che no, nessun problema» si era affrettato a rispondere Sam, con tono zelante.
«Meglio così» rispose andandosene.
Già. Nessun problema e ora nessuno dei soci si faceva scrupolo ad appioppargli i propri mattoni. Il più delle volte neanche glielo dicevano, limitandosi a lasciare il fascicolo sulla sua scrivania con un appunto spesso illeggibile, aspettandosi che lui eseguisse.
Quando Stair gli fece notare che la sua postazione era un vero caos, tentò di riciclare la battuta di Gabriel sull’avere tutto a portata di mano.
«Winchester! Faccia meno lo spiritoso e si dia da fare!» era stata la sua simpatica risposta.
Avrei la scrivania in ordine se tutti voi non la riempiste dei vostri fascicoli da esaminare” pensò con stizza.
Da quel punto di vista, però non era solo, anche gli altri associati avevano la scrivania stracolma di carte e faldoni cui sacrificavano anche la loro vita privata, lavorando 70 ore la settimana, alcuni persino 80 con la speranza di conquistare il Sacro Graal: la nomina a socio.
Comunque non era tanto la mole di lavoro che spaventava Sam, quello che proprio non gli andava giù era il clima disumanizzante che c’era tra colleghi, non che pretendesse di essere strizzato tutte le mattine, quello no, ma gli sarebbe piaciuto sentire una frase gentile ogni tanto che non fosse: «Winchester, controlli questo fascicolo!» «Winchester, ha già preparato la relazione?»
Spesso aveva la certezza che se fosse entrato stramazzando in quell’edificio con un coltello piantato nella schiena, agli associati non sarebbe importato e i soci si sarebbero limitati ad assumere un altro avvocato, subito dopo aver fatto rimuovere il suo corpo, ma poi quella lugubre visione veniva rapidamente corretta.
Cerchiamo di essere obiettivi. Non è vero che a nessuno importerebbe, Stair mi urlerebbe che sto battendo la fiacca, sporcando, per di più i loro tappeti pregiati” pensava cupo.
Aveva detto a tutti che potevano chiamarlo Sam, ma la maggior parte di loro l’aveva fissato come se avesse due teste, l’unico con cui aveva fatto amicizia era Andy, un giovane associato che era stato assunto l’anno prima, il quale l’aveva informato, mooolto sottovoce, che il socio peggiore, nonostante le apparenze pacate, era Benson: «Se ti prende di mira, è capace di trasformare la tua vita in un inferno, non per niente lo chiamiamo Lucifer.»
«Ma il mobbing è vietato dalla legge!»
«Prova a dimostrare che è mobbing; è un avvocato e sa fin dove può muoversi senza che scatti la denuncia.»
Sam sperò vivamente di non entrare mai nel suo mirino ma di certo era entrato in quello di Stair: riconsegnandogli il malloppo, aveva osato dargli un consiglio su un contratto.
«Winchester, da quanti anni esercita la professione di avvocato?» gli chiese con malcelata stizza.
«Beh, mi sono appena laureato ma mi sembra…»
«Nessuno ha chiesto la sua opinione! Quando e se ne avrò bisogno, gliela chiederò e ora torni nel suo ufficio!»
Quando, invece, gli aveva chiesto una delucidazione su un passaggio poco chiaro, si era sentito rispondere: «Sbaglio o lei si è laureato con il massimo dei voti? E non riesce a capire una cosa così ovvia? Se non la capisce da solo, questo mi fa pensare che a Stanford regalino voti.»

L’unica nota positiva è che aveva un ufficio tutto suo e in più gli avevano promesso che presto avrebbe potuto avere anche una segretaria, gli sarebbe piaciuto far assumere Jessica, sarebbe stato bello vedere, ogni tanto, una faccia sorridente, al lavoro.
Talvolta tirava fuori dal cassetto la foto della vecchia squadra. Quanto gli mancavano! Le strizzate di Garth, gli attacchi informatici alle multinazionali di Charlie, le trame senza senso di Chuck, persino il perenne cattivo umore di Raphael… e poi Gabriel, lui gli mancava più di tutti, con i suoi lollipop, le sue battute salaci e i suoi occhi dorati che lo guardavano con bonaria ironia…


Il venerdì sera della sua prima settimana incrociò Crowley: «Oh, il nostro golden boy! Mi auguro che si trovi bene qui da noi.»
«Sì, signore!» Lamentarsi? E a che cosa sarebbe servito?
«Bene! Un avvocato felice è un avvocato produttivo.»
Forse “felice” era una parola grossa e anche “soddisfatto” era esagerato, “rassegnato”, questo sì.
In fondo lo faccio per la felicità di Jessica.


Già Jessica… Sabato mattina le telefonò a casa: «Amore, ho una sorpresa, adesso sono motorizzato, passo a prenderti.» Mentre guidava lo scooter, già pregustava il momento in cui lei sarebbe saltata entusiasta a bordo del suo nuovo mezzo e l’avrebbe stretto forte per non cadere…
Aveva parcheggiato un po’ lontano dalla casa per farle una sorpresa, quando lei aprì, la baciò, si mise alle sue spalle e le tappò gli occhi con le mani. «Non si sbircia!» e la portò davanti alla sua meraviglia. «Allora che cosa ne pensi?»
Jessica si guardò in giro, poi posò gli occhi sul motorino, incredula. «Questo? Hai comprato questo?»
«Non ti piace?» le chiese preoccupato.
«Sì, ma pensavo che avessi comprato qualcosa di più adatto a un avvocato, che so… una Spider…»
«E da quando gli scooter non sono adatti agli avvocati? Non ho ancora preso il mio primo stipendio che andrà, te lo ricordo, nelle tue tasse universitarie o nell’acquisto della nostra prima casa.»
«Hai ragione, tesoro» rispose baciandolo e salendo dietro.
Forse era solo leggermente seccato per la faccenda della mancata Spider, fatto sta che Sam non provò quella scossa elettrica che si era aspettato, quando Jess si era avvinghiata a lui.
Andarono nel parco, dove le comprò un gelato. Quando gli chiese come stesse andando, Sam cercò di spiegarle quanto quel posto lo stressasse, al che lei replicò: «Tesoro, questo è il mondo del lavoro. Spesso anche il mio capo mi strapazza e sono stressata, che cosa pensi? Ma non lo faccio pesare e tengo duro.»
Forse ha ragione Dean a chiamarmi Samantha” pensò demoralizzato.

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Capitolo 13
*** «Ma quell'idea era mia!» ***


Quando Sam si era iscritto alla facoltà di giurisprudenza di Stanford per diventare avvocato, aveva la testa piena di bellissimi sogni sul proprio futuro, ora che ne aveva realizzata una parte, scopriva che la vita reale era un vero schifo. Mangiava poco, digeriva male e dormiva peggio con le notti popolate da Stair: dei veri incubi!
Era passato ormai un mese e aveva intascato il suo primo stipendio: 4.200 dollari!
Avrebbe dovuto esserne felice, ma ormai gli sembrava di essere diventato un automa: si alzava, ingurgitava un caffè, poi saltava sul motorino per recarsi al lavoro a fare ricerche, specialmente sui modi in cui le multinazionali potevano “risparmiare” sulle tasse, o a controllare pratiche e se alla fine della giornata Stair gli aveva urlato contro solo cinque volte, gli sembrava un fatto positivo.
Il suo orario standard avrebbe dovuto essere dalle 8.00 alle 18.00 ma non era raro che Sam restasse fino alle 22.00 e spesso si portava a casa il lavoro nella speranza di mettersi in pari, ma inutilmente.
Andy gli aveva confidato che i colleghi più smaliziati lavoravano per sette ore ma ne fatturavano dieci e non era raro che gonfiassero le ore con i clienti.
Sam ne era rimasto scandalizzato ma si rese conto che avrebbe dovuto chiudere gli occhi su quelle schifezze, altrimenti Stair l’avrebbe licenziato e a quel punto dove avrebbe potuto andare? Non poteva certo tornare da Gabriel, non dopo che gli aveva sbattuto la porta in faccia.

Se ci fossero stati dei testimoni oculari alla loro ultima discussione, tutti avrebbero giurato che era stato l’avvocato a chiudere l’uscio in faccia a Sam; eppure il ragazzo spesso si sentiva come se la porta l’avesse sbattuta lui; in fondo che cosa gli sarebbe costata una telefonata? Avrebbe dimostrato al suo supervisore che si era sbagliato sul conto di Jessica e non si sarebbero lasciati così male.
Più di una volta era tentato di prendere il telefono per chiamarlo ma che cosa gli avrebbe potuto dire? Perciò restava lì a ingoiare rospi su rospi.

L’ultimo, durante una riunione, quando Crowley li aveva informati che era arrivata una lettera di elogio per Stair da parte di un’importante azienda per un consiglio che le aveva fornito.
«Vedo che ha fatto risparmiare loro qualche milione di dollari» disse Crowley compiaciuto.
«Ho solo notato un’anomalia nel modo in cui stavano organizzando la loro struttura finanziaria» disse Stair scrollando le spalle.
A Sam venne un sospetto: «Non sarà la Petroil Impresit?»
«Proprio quella, Winchester, perché?» chiese Crowley.
«Io avevo trovato l’anomalia e l’avevo fatta notare a Stair e lui mi aveva risposto che non aveva bisogno delle mie opinioni!»
«Era una cosa talmente evidente che l’avevo già individuata prima che lei me lo dicesse» rispose Stair sprezzante.
«Signori! Signori!» disse Crowley conciliante. «Per quanto adori della sana competizione, preferirei che rimanesse confinata nelle aule di tribunale contro gli avversari. Ha importanza chi ha scovato per primo l’inghippo? Questa è un’altra vittoria per il nostro studio che, anche stavolta, ha dimostrato di avere i migliori elementi, quindi lasciate da parte i personalismi! Chiaro?»
Dannazione! La sua unica occasione di far vedere quanto valeva, sprecata per colpa di quel verme!
In più Jessica non faceva altro che lamentarsi che lui non aveva più tempo per lei e di non mostrare il dovuto interesse per le riviste “Wedding Planner” che lei continuava a piazzargli sotto il naso, ma non capiva che lo faceva proprio per permetterle di realizzare i suoi sogni?

La grande occasione si ripresentò qualche settimana dopo, durante un’altra riunione.
«La ditta “All for House” ha ricevuto un’altra citazione a giudizio» li informò Crowley.
«Sempre dalla Barnes o da un altro?» chiese Roman.
«Sempre lei.»
«Credevo che fossimo riusciti a convincere i suoi avvocati che non avrebbero vinto» disse Benson perplesso.
«Infatti è così, però ora si è fatto avanti un nuovo studio legale e pare agguerrito.»
«E chi sarebbero…» Roman esaminò la citazione. «Mai sentiti.»
«Non è proprio così…» disse Crowley. «Comunque che cosa vogliamo fare?»
«Una transazione di pochi dollari, senza far pubblicità» propose Stair.
«L’abbiamo già proposta ma non l’hanno accettata. Vogliono andare in tribunale.»
«Vogliono la guerra? E guerra sia!» esclamò Benson.
E poi il miracolo.
«Winchester» disse Crowley, «lei affiancherà gli avvocati Benson e Roman nel collegio di difesa. È ora che cominci a farsi le ossa in tribunale.»

Era troppo bello! Finalmente si erano accorti che lui esisteva! La punta di diamante sarebbe stata, ovviamente, Dick Roman ma durante l’udienza avrebbe potuto suggerire ai suoi colleghi obiezioni o domande da fare o addirittura porre qualche domanda durante l’interrogatorio. Era la sua grande occasione e non intendeva sprecarla!
La querelante, Pamela Barnes, aveva denunciato i loro clienti per essere caduta da una delle loro scale a libro e Sam era stato incaricato di fare delle ricerche sulla sua vita privata: se era dedita ad alcol o droghe non c’era da stupirsi se era caduta. Apparentemente si guadagnava da vivere pulendo gli uffici ma Sam aveva scoperto che pretendeva di essere una veggente e che la gente andava a consultarla, quest’informazione poteva servire per la causa! Se avessero dimostrato che era una ciarlatana…
… difendere il mio cliente, anche se fosse un serial killer. Trovare tutti i cavilli, attenuanti, vizi di procedura, qualsiasi cosa per farlo scarcerare, persino screditare i testimoni…
Ma che cosa stava facendo? Non era così che bisognava procedere!
Roman era in tribunale per un altro caso, perciò gli toccò bussare alla porta di Benson, sentì un po’ di trambusto, poi gli venne accordato di entrare.
«Signor Benson, potrei parlarle un attimo?»
«Che cosa vuole, Winchester? Non vede che sono molto occupato?» gli chiese seccato, mentre la sua assistente si ricomponeva.
Come no! Occupato a farti fare la respirazione artificiale da Lilith.” Chissà perché la bionda segretaria di “Lucifer”, quando entrava nel suo ufficio, sfoggiava una pettinatura impeccabile e il rossetto a posto e quando ne usciva era sempre un po’… in disordine…
«Se la querelante avesse ragione? Intendo dire, se quelle scale fossero davvero difettose? Non dovremmo…?»
«Assolutamente no!» lo interruppe irritato. «Le usiamo anche noi e finora nessuno è caduto. Intende far chiudere un’importante società che paga lo stipendio a migliaia di lavoratori per le farneticazioni di una che potrebbe essere pazza o drogata? Torni al suo lavoro e non mi secchi più con queste stupidaggini!»
«Sì, signore» rispose Sam sperando di fare la cosa giusta.

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Capitolo 14
*** «Com'è piccolo il mondo!» ***


Sam era emozionatissimo, era da quando era piccolo che sognava quel giorno (Avvocato Samuel Winchester!). Se lo sentiva: da quel caso dipendeva il suo futuro…
Vide Jessica in mezzo al pubblico: era davvero bella, anzi gli sembrò la donna più bella in aula. Indossava un delizioso vestito coi volants, celeste come i suoi occhi, che metteva in risalto i suoi lunghi capelli biondi.
Sam era sicuro di non averglielo mai visto indosso, probabilmente l’aveva comprato per quell’occasione. “Guarda Jess! Ora ho un caso importante!” Gli era toccato l’onere e l’onore di torchiare la querelante. Ripassò il foglio su cui erano scritte le domande, non poteva permettersi d’impappinarsi davanti a tutti, alcune le aveva stilate lui, altre invece i suoi colleghi ed erano veramente perfide, si domandò per l’ennesima volta se era davvero il caso di fargliele. Infilò una mano nella valigetta per accarezzare la scatola contenente la bilancia portafortuna. “È il mio primo caso, portami bene!
Entrarono Pamela Barnes con un braccio ingessato e i suoi due avvo…
«Oh mio Dio! Ma sono Gabriel e Charlie!» rantolò Sam.
«Ma com’è piccolo il mondo, Winchester!» sghignazzò Benson.
Mai e poi mai Sam avrebbe immaginato che avrebbe dovuto scontrarsi con lui e mai l’avrebbe desiderato. Doveva fargli capire che non era stata una sua scelta…
… d’ora in poi la bilancia della giustizia dovrà pendere solo dalla tua parte, tranne quando non ti scontrerai in aula con uno di noi.
Sam tirò fuori la bilancia e aspettò che Novak la vedesse poi abbassò il piatto che era per aria, il messaggio era chiaro: la bilancia della giustizia, stavolta, doveva pendere dalla parte di Gabriel, Charlie e della loro assistita.
L’avvocato spalancò gli occhi sorpreso, poi gli sorrise.
«Winchester! Si può sapere che cosa sta facendo? Metta via quella cosa!» gli sibilò Roman.
A entrambe le parti vennero accordati 15 minuti per illustrare le loro argomentazioni.
Prima si alzò Gabriel che spiegò che la sua assistita era caduta da una delle scale della ditta “All for House”, fratturandosi un braccio e a causa di ciò aveva perso il lavoro in una piccola impresa di pulizie. La sua intenzione era dimostrare che quelle scale non erano sicure come veniva reclamizzato e che il querelato doveva pagarle sia le spese ospedaliere sia un indennizzo per la perdita dell’impiego.
Poi toccò a Roman che spiegò che se non si presta la dovuta attenzione tutto può diventare pericoloso, che la ditta “All for House” era da anni famosa per gli articoli per la casa, che pagava lo stipendio a migliaia di famiglie…
Al quindicesimo minuto il giudice l’avvertì che il tempo era scaduto.
Charlie si fece spiegare nei dettagli da Pamela la dinamica della caduta, poi lasciò il teste alla difesa.
Era giunto il momento di Sam. «Su, Winchester, vai e distruggila!» lo esortò Roman.
Sentendosi gli occhi di tutti addosso, fece un profondo respiro tentando di calmarsi. «Signora Barnes…» esordì.
«Signorina» lo corresse, lanciandogli un’occhiata maliziosa.
«Va bene, signorina, prende qualche psicofarmaco o eccede nel bere?» chiese leggendo gli appunti.
«Ho capito dove vuole andare a parare, la risposta è no, quando son salita su quella scala ero perfettamente in grado d’intendere e di volere.»
«Si limiti a rispondere sì o no, le valutazioni lasciamole da parte» interloquì il giudice.
«Sì, Vostro Onore. No, non prendo psicofarmaci e no, non eccedo nel bere.»
«La pulizia degli uffici non è la sua unica fonte di reddito, vero?»
«Obiezione! Non pertinente!» disse Gabriel.
«Vostro Onore, la signorina Barnes ha fatto causa ai nostri clienti perché, sostiene, la caduta le ha fatto perdere il lavoro ma se ha un’altra fonte di reddito, il risarcimento danni potrebbe essere inferiore.»
«Obiezione respinta, risponda alla domanda.»
«Le pulizie sono la mia unica fonte di reddito.»
«Le ricordo che è sotto giuramento. Non fa anche la veggente?»
Mormorii in aula.
«È vero: ho questo dono ma non mi faccio pagare.»
«Se è una veggente, com’è che non aveva previsto che sarebbe caduta?»
«Obiezione! Sotto processo non è la mia assistita ma la ditta “All for House”.»
«Accolta.»
«Voglio comunque rispondere alla domanda» disse la Barnes.
«Pamela, no! Non sei obbligata!» esclamò Gabriel.
«Possiedo un dono su cui non posso avere il controllo, come viene, va…» Guardò Sam dritto negli occhi. «In questo momento vedo che l’amore entrerà presto nella sua vita.»
«Ma io sono già fidanzato!» La frase gli era uscita d’istinto, solo qualche istante dopo si rese conto che lei, per sbaglio, gli aveva passato la palla e lui aveva fatto canestro.
Probabilmente la Barnes, vedendo che non portava alcun anello, ne aveva dedotto che era single, aveva voluto lanciarsi in una divinazione per impressionare i giurati ma le era andata male.
Sam vide Gabriel stringersi la radice del naso, come faceva sempre quando era nervoso, e Charlie guardarla come se volesse strangolarla.
Non possono neanche fare obiezione perché sono davvero fidanzato. Mi dispiace, Gabriel, devo proseguire…” «Nella sua famiglia…» Si bloccò. No, non poteva continuare a massacrare la querelante. «Signor giudice, non ce la faccio a procedere…»
«Prima udienza, eh? Capita, forse uno dei suoi colleghi vuole subentrarle.»
«Vengo io» disse Roman, strappò il foglio dalle mani di Sam che tornò avvilito al suo posto.
«Winchester» gli sibilò “Lucifer”, «come avvocato fa proprio pena, aveva appena segnato un punto ed è scappato con la coda fra le gambe! Speriamo solo di rimediare alla pessima figura che lei ha appena fatto.»
«Non mi è sembrato giusto rivolgerle quelle domande. Molte non hanno neanche attinenza con il caso» borbottò Sam. Seguiva a stento il dibattito, Roman chiedeva alla Barnes se avesse avuto dei casi di pazzia, depressione o suicidi in famiglia e Gabriel obbiettava che non era pertinente.
«Sono comunque necessarie, vediamo se capisce da solo il perché» rispose Benson.
«Sfiancare la querelante e far impazzire il suo avvocato?»
«Chi, quel rospetto? Anche ma è soprattutto un motivo economico: siamo pagati a ore, più tempo stiamo su un caso e più ci pagano, capito ora?»

Il giudice dispose una pausa di due ore per il pranzo.
«Si ricordi che ora è il nostro studio a passarle lo stipendio, quindi se ci sarà una prossima volta, legga tutte le domande che sono state concordate» ringhiò Roman a Sam.
«L’unica nota positiva è l’aver detto che era fidanzato. Una presunta veggente che sbaglia clamorosamente è quello che ci vuole» ghignò Benson.
«Ma io sono davvero fidanzato! Eccola!» indicò loro Jessica che si stava avvicinando sorridendo.
«Allora non è stato un suo lampo di genio ed io che ci avevo sperato!»
«Hai perso la scommessa! Pagare, Nick, pagare! Winchester, noi andiamo a pranzo, ci vediamo dopo.»
«Tesoro, si può sapere perché ti sei bloccato? Stavi andando così bene…» chiese Jessica.
Sam stava per risponderle, quando fu interrotto da una voce alle sue spalle, fin troppo familiare.
«Salve! Io sono Gabriel Novak e lei dev’essere Jessica, Sam mi ha parlato molto di lei e mi ha detto che vuole riprendere gli studi, ha già deciso che indirizzo prendere?»
«Ehm… a dire il vero, no.»
Sam si girò a guardarla sorpreso: aveva sempre detto che voleva laurearsi…
«No?» ghignò Gabriel. «Ma signorina, deve sbrigarsi a scegliere, tra un po’ scade il termine per presentare le domande di ammissione.» Dopo aver lanciato un’occhiata eloquente a Sam, se ne andò.


*****

Salve a tutte! 400 visualizzazioni e 66 recensioni! Vi amo sempre di più! Dedico questo capitolo a Jerkester che me l'ha ispirato.

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Capitolo 15
*** «E non potevi dirmelo prima?» ***


«Era quello lì il tuo supervisore? Vorrei sapere di che s’impiccia…» si lagnò Jessica.
«Perché non ti sei ancora iscritta? Se è per le tasse universitarie…»
«Sai tesoro, te ne avrei parlato prima ma eri sempre così stanco… Ho pensato che se fossimo entrambi in carriera, finiremmo per vederci solo a colazione e cena, entrambi troppo occupati, per non parlare di quando avremo dei figli, dovrei abbandonare il mio lavoro o affidarli a una perfetta estranea, quindi ho capito che l’unica carriera che voglio intraprendere è quella di essere tua moglie e madre dei tuoi, nostri figli.» Si avvicinò per baciarlo.
Forse era lo stress, forse era perché da settimane dormiva poco e male, fatto sta che, invece di contraccambiare, si tirò indietro e le chiese con stizza: «E non potevi capirlo prima?»
«Tesoro! Che ti prende?»
«Ho accettato di lavorare da Crowley solo perché tu volevi laurearti e fare carriera e ora mi vieni a dire che non intendi più farlo? Se l’avessi saputo, sarei rimasto dov’ero! Per farti fare la moglie e la madre non c’è bisogno che io mi ammazzi di lavoro in un posto dove non vengo nemmeno rispettato!»
«Tesoro, non urlare che ti sentono. Se ci pensi bene, ti accorgerai che è la soluzione migliore. Ne parliamo stasera con calma, va bene? Ora devo tornare al lavoro, ti amo!» Lo piantò lì.
Sam era talmente scioccato che non riuscì a replicare. Voleva farsi mantenere! Che stupido era stato a non rendersene conto prima! Entrò nel bagno del tribunale sconvolto: la sua relazione era una farsa, il suo lavoro uno schifo, la sua vita un completo fallimento. Si aggrappò al lavandino.
… ha parlato solo di quanti soldi offrivamo noi e quanti loro…
… Jess non è avida, vuole anche riprendere gli studi…
… chiamala e dille che, se vuoi essere assunto, dovrai accontentarti di 18.000 dollari…
Sei un essere impossibile!
Se l’avessi ascoltato, adesso non sarei in questa situazione. Ormai è troppo tardi, ho rovinato tutto! Idiota, sei un idiota!” Si appoggiò con la schiena alla parete, lasciandosi scivolare a terra, nascose il viso tra le ginocchia e cominciò a piangere sommessamente.

Dopo un po’ (qualche minuto? Un’ora?), sentì aprirsi la porta.
«Va tutto…? Sammy! Che ti succede?» esclamò Gabriel, chinandosi su di lui e posandogli le mani sulle spalle.
«Non ti preoccupare, sto bene» disse Sam, asciugandosi in fretta gli occhi col dorso della mano.
«Certo come no!» sbuffò l’avvocato. «Sei seduto sul pavimento di un cesso, con gli occhi a raviolo e un taglio di capelli orrendo. Sai quanta gente venderebbe l’anima al diavolo per essere al tuo posto!» Si sedette accanto a lui. «Se ti serve qualcuno con cui parlare, io sono qui» disse, posandogli una mano sul braccio e fissandolo con i suoi occhi dorati.
Non voleva riversargli addosso tutti i suoi problemi ma da un lato sentiva davvero il bisogno di confidarsi con qualcuno e dall’altro Gabriel lo fissava con così tanto interesse e preoccupazione che Sam si ritrovò a raccontargli ogni cosa, comprese le notti insonni, la sua sensazione di essere diventato solo un numero e l’ultima decisione di Jessica.
Mentre Sam si sfogava, Gabriel gli prese delicatamente la mano tracciando dei cerchi con il pollice sul dorso. «Mi sa che ti ci vuole una terapia d’urto» gli disse quando il ragazzo ebbe finito. «E direi di cominciare con un bel gelato!»
«Che?» domandò Sam.
«Andiamo. A. Mangiare. Un. Gelato. Adesso» scandì l’avvocato, mollandolo. «Devo farti lo spelling?»
«Ma io…»
«… sono fidanzato, lo so. Giuro di non attentare alla tua virtù» ridacchiò. «Allora, ci stai?» chiese rialzandosi e porgendogli la mano. «Conosco una gelateria un po’ lontano da qui che è la fine del mondo.»
Forse era proprio quello che ci voleva per tirarsi su il morale, in effetti Sam doveva ammettere che ora si sentiva molto meglio. «Certo!» esclamò, afferrandola e rialzandosi. «Non ti preoccupare di chiamare un taxi, ora sono motorizzato.»
«Allora andiamo!»

Quando Gabriel vide il motorino, lanciò un fischio di ammirazione. «Bello! Mi piace molto!»
Sam sorrise e istintivamente afferrò il proprio casco, stava per infilarlo, quando si rese conto che aveva lasciato all’avvocato l’altro, quello rosa con i cuoricini. «Scusami… È meglio che metti questo…» disse imbarazzato e porgendogli il proprio.
«Scherzi? Lo trovo delizioso» S’infilò quello rosa. «Come sto?» ridacchiò. «Avresti dovuto vedermi al Gay Pride, vestito da Cupido, anzi devo avere ancora qualche foto…»
Sam avvampò cercando di non pensare al suo supervisore (s)vestito da Cupido, riuscì a solo a squittire: «Gay Pride
«Sì, sono bisex. Ti crea qualche problema, pasticcino?» La domanda era stata posta in tono leggero ma Sam notò che Gabriel lo stava fissando apprensivo, come se temesse una sua reazione negativa.
«No, certo che no» rispose convinto. In realtà la notizia l’aveva piuttosto sorpreso: l’avvocato aveva fatto spesso battute di apprezzamento sul gentil sesso ma mai su altri uomini.
«Meglio così!» disse, visibilmente sollevato, e salì dietro di lui, avvinghiandoglisi e appoggiando la testa alla sua schiena… ma non stava stringendo un po’ troppo?
Forse Gabriel aveva paura di cadere eppure Sam, per un attimo, ebbe piuttosto l’assurda sensazione che lo volesse proteggere. Mentre guidava, ripensò alla sua rivelazione e al modo in cui l’aveva guardato, certo era stato un bell’atto di fiducia nei suoi confronti, come quando lui gli aveva svelato il proprio passato da tossico. Bisex o no, anche stavolta, si era dimostrato un vero amico, ascoltandolo senza giudicarlo e Sam non aveva alcuna intenzione di perderlo di nuovo. Quando arrivarono davanti alla gelateria indicatagli, gli chiese smontando dal motorino: «Tutto bene?»
«Alla grande!» rispose Gabriel con un sorriso da un orecchio all’altro e gli occhi che gli brillavano.

Gabriel ordinò un’enorme coppa di gelato alla panna e fragola che cominciò a gustare con evidente piacere e Sam una media al pistacchio, però non era molto propenso a mangiare ma continuava a far girare il cucchiaino. «Pensavo che oggi sarebbe stato il mio gran giorno, invece quando vi ho visto entrare in aula, ho capito che mi hanno usato solo come diversivo per distrarti…» sospirò.
«Che sciocchezza! Comunque non sarei il re dei tribunali se bastasse una mossa del genere, piuttosto puerile a dire il vero.»
Sam, però, non ne era convinto. Forse era soltanto una sua fissazione, però era strano: il suo studio aveva impostato decine di processi e lo mandavano a scontrarsi proprio con il suo ex supervisore? «Ma come ho potuto essere così stupido da pensare che mi avessero scelto per le mie capacità?» insistette Sam. «La verità è che non sono adatto per fare l’avvocato!»
Chissà come avrebbe reagito Stair alla notizia che si era rifiutato di proseguire l’interrogatorio; si sentiva male soltanto a pensarci e probabilmente anche “Lucifer” gliel’avrebbe fatta pagare… Rabbrividì.
«Non dirlo neanche per scherzo!» lo sgridò Gabriel, minacciandolo col cucchiaino. «Ti ricordi quando mi hai raccontato perché avevi scelto questa professione? Avevi una luce particolare negli occhi che mi ha fatto capire che la tua è una passione autentica. Fidati di me, un giorno sarai un ottimo avvocato e non sei stupido, altrimenti non ti avrei mai voluto sul mio staff…(1) Ops!» esclamò portando le dita di una mano a coprire le bocca, mentre Sam arrossiva. «Ho sbagliato battuta!» Stava per riprendere a mangiare, quando si bloccò. «Un momento, hai detto che l’hai capito solo quando ci hai visto, non sapevi chi fossero gli avvocati della controparte?»
«No, per me è stata una sorpresa.»
«Allora non avevi portato la bilancia per farmela vedere, anche se l’ho apprezzato molto.»
«Beh ecco… era il mio primo dibattimento, volevo che mi portasse fortuna…»
«E forse è proprio così…» disse Gabriel, sorridendo. «Non hai sbagliato lavoro, hai solo sbagliato posto di lavoro. È tutta una questione di scelte. Puoi ancora scegliere se essere un numero con un cospicuo conto in banca o una persona squattrinata.» Attese una sua risposta.


*****

1) In inglese staff significa sia squadra che bastone, anche come eufemismo di pene

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Capitolo 16
*** «Lei è licenziato!» ***


«Puoi ancora scegliere…»
La frase aleggiò nell’aria per qualche secondo prima che Sam ne cogliesse appieno il significato. «Intendi dire…?»
«Il numero degli associati non è aumentato quindi sì, c’è ancora un posto vacante, se lo vuoi, è tuo.»
«Accetto, accetto! Se l’avessi saputo! Credevo che fossi arrabbiato con me…»
«Certo che lo ero! Se io affermo qualcosa e tu me la contesti, devi anche dimostrarmi che ho torto. Chiamala deformazione professionale se vuoi, ma son fatto così» disse Gabriel, leccando il cucchiaino.
«Mi dispiace per quello che ti ho detto e per non averti ascoltato» mormorò Sam.
«Uff, non ci pensare, mi arrabbio ma poi mi passa. Tieni conto, però, che finché dura questo processo non possiamo assumerti, non sarebbe etico che un avvocato passasse dalla difesa all’accusa, devi solo avere pazienza.» Gabriel aveva finito il suo gelato e aveva tirato fuori uno dei suoi lollipop.
«Però posso licenziarmi prima che finisca il processo?»
«Sei l’avvocato della difesa?»
«No, quelli sono Peterson e Roman, io ero lì solo per imparare e per interrogare la Barnes.»
Gabriel sbuffò: «Pamela! Se solo non si mettesse a giocare a fare Nostradamus sarebbe meglio e poi un po’ di fantasia, che diamine! Invece previsioni tutte uguali: io troverò l’amore, tu troverai l’amore, Charlie troverà l’amore… indicativo futuro semplice del verbo “trovare l’amore”» ridacchiò. «In questo caso sì, puoi farlo, è meglio se cambi aria e che cominci a rilassarti, da quello che mi hai raccontato, hai tutti i sintomi di un bell’esaurimento nervoso. Son proprio diabolici, sai? Ho chiesto loro tutta la documentazione sulle scale incriminate e quelli ci hanno riempito gli uffici di scatoloni pieni di cartacce, un vero incubo! Sono sicuro che abbiano occultato o distrutto i test che dimostrano che quelle scale son difettose. È anche vero, però, che sono un avvocato geniale, spero che tu sia d’accordo con me su questa incontrovertibile verità.»
«Certo» rispose Sam sorridendo, era da settimane che non si sentiva così sereno.
«Bene! Vuoi che un genio come me non riesca comunque a dimostrarlo? Mi son battuto con anche meno prove e comunque anche se cadrò, l’avrò fatto dalla parte giusta. Tornando a noi, ti ricordi che cosa ti ho detto quando ti ho offerto il lavoro? L’importante compito che dovrai svolgere?»
Sam tentò di rammentarlo ma purtroppo ricordava solo l’ultimo giorno, quando lui gli aveva urlato contro e Gabriel gli aveva sbattuto la porta in faccia… Scosse la testa: «No, mi dispiace…»
«Male, perché è un compito importantissimo e, oserei dire, fondamentale: mi devi aiutare a risollevare i canoni estetici del nostro studio perciò, Simba, fatti ricrescere al più presto la criniera!»
«Sì, signore!» rispose Sam ridendo. «Vado subito a licenziarmi!» esclamò con foga. Jessica poteva dire tutto quello che voleva ma non sarebbe rimasto altri 5 minuti alle dipendenze di quei “demoni” che gli stavano rovinando la vita.
«Adesso? No, non puoi farlo» disse serio Gabriel. «Prima devi finire il tuo gelato, pasticcino» continuò facendogli l’occhiolino. Prese il cellulare e compose un numero: «Dolcezza? Farò leggermente tar… Che cosa vuol dire “l’avevo previsto”? Ma dove son finito? A “Siamo tutti veggenti”?… Sì, in effetti hai indovinato…» disse lanciando un’occhiata a Sam. «Beh, visto che indovini tutto, dimmi anche chi vincerà la causa… Brava! Hai indovinato anche stavolta! Ci vediamo in aula!»

Si recarono in motorino dove lavorava Sam.
«Ti aspetto qui fuori, se entro 10 minuti non ti lasciano libero, entro a salvarti e, credimi, ho una fantasia piuttosto illimitata nell’intentare cause!» disse Gabriel.
«Non lo metto in dubbio!» Adesso che quell’incubo stava per finire, Sam aveva ritrovato il sorriso, la terapia d’urto stava proprio funzionando!
«Winchester! Perché non è al processo? Come me lo giustifica?» sbraitò Stair, appena lo vide.
«Son venuto solo a metter ordine sulla mia scrivania.» Entrò nel suo ufficio, tallonato dal suo futuro ex capufficio, e buttò per terra tutti i fascicoli. «E son riuscito a farlo in meno di 2 minuti.» Aprì il cassetto e recuperò i suoi tesori, infilandoli nella valigetta.
Stair lo guardava boccheggiando: «Winchester! Lei è… Lei è…»
«Licenziato, lo so.»

Gabriel si era fatto riaccompagnare in tribunale, raccomandandogli di tornare a casa a riposarsi. «Vieni, però, domani, ne vedrai delle belle!»
Era incredibile! Qualche ora prima si sentiva come se il mondo gli fosse crollato addosso, poi eran bastate tre semplici parole “Puoi ancora scegliere” a far sì che la vita riprendesse a sorridergli, l’ultimo ostacolo rimaneva Jessica…
Sam si stupì della scelta di parole che gli si era affacciata alla mente, da quando la sua fidanzata era un ostacolo alla sua felicità? Lei ne era parte integrante! Doveva darle un’altra possibilità. In fondo tutti possono cambiare idea, no? Anzi il fatto che volesse fare solo la moglie rendeva tutto più facile, forse non aveva capito quanto Stair lo tormentasse o quanto si sentisse esaurito, ma era sicuro che una volta che le avesse spiegato tutto, sarebbe stata dalla sua parte.

«Allora amore» gli chiese Jessica quando arrivò, «vuoi spiegarmi perché ti sei bloccato in aula?»
«Ho capito che stavo per fare delle domande sbagliate…» rispose Sam.
«Come potevano esserlo se erano state concordate da tutti?» lo interruppe perplessa.
«Lo erano perché servivano a screditare quella donna.»
«Ma non hai visto che è davvero una ciarlatana?»
«Il punto non è questo, non capisci? Il fatto che lei sia o no una veggente non c’entra niente con la questione in dibattimento, stanno solo buttando polvere negli occhi ai giurati…»
«Secondo me ti stai creando dei problemi inesistenti. Basta parlare di cose noiose!» Si avvicinò per baciarlo.
Sam sapeva già come sarebbe andata a finire: avrebbero fatto l’amore senza affrontare la questione del loro futuro insieme, perciò fece un passo indietro. «Jess, dobbiamo parlare. Ho cercato di spiegarti quanto questo nuovo lavoro mi stressasse e spero che tu capisca…»
«Tutti gli uomini hanno le loro seccature ma devono lasciarle in ufficio, quando tornano a casa. Ti avverto fin d’ora che nella nostra nuova casa ti proibirò categoricamente di parlare di problemi di lavoro» disse con le mani sui fianchi e un sorriso seducente.
Sam sospirò, a quanto pareva non voleva ascoltarlo. «Vedi, tu hai capito che vuoi fare solo la moglie e la madre ed io che non posso continuare a lavorare per quello studio. Voglio fare l’avvocato ma non così, pertanto mi sono licenz…»
«Ti sei licenziato?» urlò Jessica. «Che cosa ti è saltato in mente? E ora come vivremo?»
«Gabriel mi ha offerto il vecchio posto e ho accettato. Avrei tanto voluto comprarti subito una bella casa ma avrei dovuto rimanere da Crowley&Stair ed io non resisto più. Mi perdoni se il nostro futuro non sarà esattamente come l’avevamo progettato?» La guardò ansiosamente.
«Non ci posso credere!» esclamò indignata. «Uno degli studi più importanti d’America ti assume e tu ti licenzi per tornare in quello squallido posto? Non ne posso più di fare la cameriera! E non pensi ai nostri figli? Non vuoi che frequentino gli istituti più prestigiosi?»
«Non sono ancora nati e già li vuoi iscrivere a Stanford?» Non si era sbagliato, voleva fare la bella vita… sulla sua pelle!
«L’assunzione è già definitiva?» chiese più calma.
«No, Gabriel mi ha spiegato che non sarebbe etico se passassi direttamente dalla difesa all’accusa, perciò aspettiamo la fine del processo.»
«E tu gli credi? Ma non capisci che è una trappola? Ti lascerà disoccupato, altro che riassumerti! Te l’ho già detto: è invidioso e ora ha potuto vendicarsi e tu, stupido, a dargli retta! Domattina chiamerai lo studio Crowley&Stair e ti farai riassumere, spiegherai loro che hai avuto un crollo nervo…»
«No, Jessica, non lo farò! Ho già sbagliato una volta ad ascoltarti.»
«Oh certo, capisco benissimo! Hai rivisto la tua bella e vuoi tornare da lei senza pensare ai miei sentimenti!» Imbronciò le labbra, come se stesse per piangere.
«Smettila! La verità è che tu pensi solo ai soldi!» gridò Sam esasperato.
Jessica sussultò come se l’avesse schiaffeggiata. «Ma che dici?»
«Spider, posto prestigioso, stipendio da favola… Non ti ho sentito parlare d’altro! Tu vuoi un uomo ambizioso ma non posso essere io. Ho trovato un amico vero cui non voglio rinunciare un’altra volta!»
«Samuel Winchester! Se esco da quella porta, giuro che non mi vedrai più!» Si girò per andarsene.
«Jess, aspetta…» disse Sam, «prima restituiscimi le chiavi del mio appartamento.»

*****

Son riuscita ad aggiornare prima del previsto! Fatemi sapere che cosa ne pensate del nuovo capitolo, spero di non aver rappresentato Sam troppo aggressivo.
Come sempre critiche e suggerimenti son sempre graditi.
Ringrazio tutte coloro che hanno messo la storia tra le seguite, recensite, preferite, ricordate...

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Capitolo 17
*** «Basta seguire le istruzioni» ***


Sam aveva tanto sperato che avrebbe dormito serenamente, (niente più Stair!) e invece, anche quella notte, continuò a rigirarsi insonne nel letto: aveva sprecato due anni per una ragazza che probabilmente non l’aveva mai amato e che lo vedeva solo come un mezzo per fare la bella vita. Per l’ennesima volta si chiese se avesse potuto capirlo prima o se aveva deliberatamente ignorato i piccoli segnali di allarme, inutile rimuginarci sopra ormai, si alzò e cominciò a far passare l’appartamento per eliminare ogni traccia di Jessica.
Dean aveva una teoria: lo yeti esiste ma non ci sono prove che lo dimostrano e lo stesso deve valere per le ex con le quali ci si è lasciati male: bisogna distruggere o buttare ogni prova che dimostri che la tal persona sia entrata a far parte della propria vita, chiamava quest’operazione “yetizzazione”.
Gettare le riviste “Wedding Planet” che lei aveva disseminato in giro, fu molto facile, le foto proprio no: c’erano troppi ricordi felici dietro a ogni scatto, specialmente quella del giorno di laurea, tra lei e Dean, quando Sam si era illuso di aver raggiunto il traguardo, alla fine si decise ma perché gli occhi restavano sempre, come un rimprovero, fuori dallo strappo?
«Ti avevo dato il mio cuore ma, a quanto pare, non ti bastava…» sussurrò prima di gettarla nel cestino della carta straccia.
Decise di tenere la valigetta da avvocato che lei gli aveva regalato, perché quando sarebbe tornato a lavorare da “Zac&Meti” gliene sarebbe servita una, neanche per un attimo aveva creduto alle sue calunnie su Gabriel.
Per il casco rosa fu abbastanza difficile stabilire che cosa farne, da un lato continuava a ripetersi che era diventato inutile e quindi doveva sbarazzarsene, dall’altro rivedeva sempre Gabriel che se lo infilava in testa con entusiasmo, esclamando che era delizioso…
«Uff, non ho voglia di decidere adesso.» Lo ripose nel portabagagli dello scooter insieme all’altro.

Quando Sam entrò in aula, ebbe l’impressione che tutti lo stessero guardando… si sedette alla svelta in mezzo al pubblico. No, non era un’impressione, i giurati lo stavano proprio fissando e se lo indicavano a vicenda, di certo stavano parlando della pessima figura fatta il giorno prima, era convinto di aver fatto la cosa giusta ma si sentiva comunque a disagio…
Benson e Roman finsero di non vederlo, mentre Gabriel, Charlie e persino Pamela lo salutarono, agitando le dita nella sua direzione.
Benson chiamò alla sbarra uno dei responsabili della ditta, Burton, che spiegò che tutti i loro prodotti erano sicuri perché, prima di essere messi in commercio, venivano sottoposti ai più rigorosi test.
L’avvocato si fece spiegare quali fossero: mettere dei pesi di 100 kg sui vari gradini per assicurarsi che non si deformassero, lasciar cadere la scala dal terzo piano per vedere se è resistente…
Prima che la giuria finisse in coma per noia, fu la volta di Gabriel. «Lei ci assicura che le vostre scale son sicure, eppure la signorina Barnes è caduta ugualmente, come se lo spiega?»
«Obiezione, l’avvocato Novak chiede al mio cliente di fare delle congetture.»
«Eh ma noi lo sappiamo che cosa è successo: è salita ed è caduta, capire perché ciò è successo, potrebbe aiutarli a costruire scale ancora più sicure.»
«Obiezione respinta, risponda alla domanda.»
«Ovviamente niente è al sicuro al 100% ma basta seguire le istruzioni, forse la sua cliente non l’ha fatto.»
«Potrebbe aver ragione, sa? Vediamo un po’… Questo è il vostro foglietto con le avvertenze, vero?» Avuta risposta positiva, cominciò a esaminarlo. «Era in casa, quindi escluderei il terreno accidentato, gonne lunghe? No, conoscendola lo escluderei…» In effetti, la Barnes, per il secondo giorno di fila, sfoggiava un paio di shorts e una t-shirt molto scollata, difficile immaginarla con la gonna lunga…
«Che cosa avrà fatto mai la nostra amica Pamela? Penso che l’unica sia di verificarlo dal vivo… Signor giudice, posso presentare la prova A?»
«Accordato.»
Portarono una scala in aula e diversi materassi che piazzarono tutt’intorno.
«La riconosce come una delle vostre scale?» chiese Gabriel.
«Mi sembra di sì…» rispose Burton cautamente.
«Le sembra o lo è? Questo punto è importante.»
Avuta risposta positiva, continuò: «Sia messo agli atti che il querelato ha riconosciuto la scala come una di quelle prodotte dalla sua ditta. È stata comprata da poco, ho ancora la fattura, se v’interessa. Spero che siate tutti d’accordo sul fatto che se salissi io, la mia collega o la mia assistita e la scala cadesse, non avremmo dimostrato niente, perché i miei esimi colleghi ci accuserebbero di averlo fatto apposta, quindi le chiedo di salire, fino in cima.»
«Non vedo perché dovrei farlo» disse Burton, un po’ nervoso.
«Soffre di vertigini o ha paura di dimostrare che quelle scale non sono sicure? Signor giudice, potrebbe…?»
«Obiezione! L’avvocato Novak sta intimidendo il teste!» disse Benson.
«Accidenti! Non sapevo di farle questo effetto! Ma può darsi che il mio esimio collega abbia ragione, per fortuna ci sono ben due avvocati pronti a difenderla, pertanto invito uno di loro a salirci.»
«Obiezione! L’avvocato Novak vuole trasformare questo processo in una farsa!» esclamò Roman.
«Al contrario!» ghignò Gabriel. «Voglio darvi l’occasione di difendere il vostro cliente non solo verbalmente ma anche fisicamente. Non sapete che nel Medioevo gli avvocati si affrontavano in un vero e proprio duello? Qui dovete solo salire su una scala e più esitate a farlo, più state dando ragione alla mia cliente.»
«Son curioso anch’io di sapere che cosa succede se si sale fino in cima, pertanto invito uno dei due avvocati difensori a farlo» disse il giudice.
Presi alla sprovvista, confabularono per un po’, e a Sam sembrò che stessero decidendo tramite morra cinese, poi si alzò “Lucifer”.
«L’avvocato Benson è un po’ più alto della mia assistita, quindi non dovrebbe salire troppo, ma mettiamo che debba cambiare le lampadine in quest’aula… salga… salga…»
Giunto in cima, la scala aveva cominciato a traballare.
«E ora sollevi entrambe le braccia» sghignazzò Gabriel.
Sam vide Benson cadere, con un grido e mulinando le braccia nel vano tentativo di riacchiappare la sua credibilità che se ne stava andando, atterrò sui materassi, si rialzò, lanciando un’occhiata inceneritrice tutt’intorno, che stroncò sul nascere qualsiasi tentativo d’ilarità, si riassettò la giacca e tornò rigidamente al suo posto.
Gabriel aspettò che l’altro avvocato si risedesse poi chiese: «Ora che ho dimostrato che non sono sicure, come affermate, che cos’ha da dire a questa corte?»
«Beh, forse non sarebbe dovuto salire così in alto.»
«Perché no? I gradini son fatti apposta per andarci sopra. Avete messo molti avvisi e avvertimenti, mi trovi quello per cui non si deve salire sull’ultimo gradino e me lo legga.» Gli consegnò le istruzioni.
Il teste scorse tutto il foglio, più volte, strabuzzando gli occhi e storcendo la bocca. «Non c’è…»
«Non c’è. Non avete fatto quel test o vi siete dimenticati d’inserire quell’avviso?»
«Non ricordo…»
«Veramente grave se, come lei asserisce, siete così scrupolosi. Quando ve ne siete accorti, avreste dovuto stampare dei nuovi volantini e sostituirli con quelli vecchi ma avete fatto gli gnorri, per risparmiare. Scommetto che avete fatto un calcolo delle probabilità e vi siete detti: “Oh, è improbabile che salgano fino in cima e, se lo fanno, di solito c’è qualcuno sotto che regge la scala e se cadono, incolperanno loro stessi e non ci faranno causa.” Avete contato su questo, non è vero?»
«Obiezione, l’avvocato Novak fa solo delle congetture» disse Roman.
«Accolta.»
«Finora siete stati fortunati che nessuno si sia rotto l’osso del collo ma ora che tutti sanno quanto possano essere pericolose le vostre scale, se qualcuno ci rimetterà le penne, anche se non sono un avvocato penalista, giuro che vi trascinerò in aula per omicidio doloso. Ho finito!»


*****

484 visualizzazioni e 78 recensioni, me super commossa! :')
Ringrazio Jerkester, samara89, cin75, phoenix84, Heavensent, ikillsiriusblack, Daisy_of_light, Ally I Holmes, Keep Calm, never_say_forever e tutte coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/ricordate/preferite Come sempre consigli e critiche sono le benvenute!

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Capitolo 18
*** «Bentornato, pasticcino!» ***


Avendo esaurito i testi si passò alle arringhe finali. Il giudice accordò un’ora a entrambi gli avvocati.
Gabriel si rivolse ai giurati, guardandoli negli occhi e sorridendo con aria complice: «Scale leggere, maneggevoli, economiche niente da dire su questo ma, come avete visto, se si sale troppo, si sbilanciano e cadono. Sappiamo tutti che spesso nelle istruzioni ci sono delle raccomandazioni assurde tipo questa.» Lesse un foglietto che aveva in mano: «“Non stirate i capi mentre li indossate” e lei, signora» chiese a una giurata della prima fila «ha mai provato a stirare i vestiti addosso a suo marito?»
Sorridendo la donna scosse la testa.
«Ma pensi a quanto tempo risparmierebbe! Questa è la mia preferita: “Non asciugatevi i capelli con il phon mentre dormite.”(1) Un vero peccato, non trovate? Potrei fonarmi e fare la nanna al tempo stesso» mentre diceva così, aveva chiuso gli occhi, appoggiato la testa al palmo sinistro, mentre con la destra fingeva di tenere un asciugacapelli, facendoli ridere. «E veniamo alle nostre scale. “Non chiudete le scale se sopra c’è qualcuno, non chiudete le scale se in mezzo c’è qualcuno…” ma in nessun punto dice di non salire fino all’ultimo gradino o che se lo si fa ci dev’essere qualcuno sotto a tenerla. Fanno i più rigorosi test? Possono anche scaraventarle dalla Freedom Tower(2) per quel che mi riguarda, purché mi avvisino fin dove posso salire. Qualcuno potrebbe dire che è una banale dimenticanza che però avrebbe potuto costare la vita alla mia cliente o a chiunque altro l’avesse usata senza le dovute cautele. I responsabili della ditta “All for House” avrebbero dovuto far ristampare i volantini ma, per risparmiare 100mila dollari, non l’han fatto, fidandosi delle statistiche. Questa è una gravissima omissione, come la si punisce? In modo che stiano più attenti la prossima volta. Guardate quanta grana hanno in cassa…» Scrisse la cifra di 600 milioni di dollari su una lavagna «e infliggete loro una grossa multa che li colpisca senza mandarli in rovina. Puniteli, prima che possa toccare a voi, ai vostri familiari, ai vostri amici. Grazie per la vostra attenzione.»
Poi toccò a Roman che ricordò ai giurati che nella ditta “All for House” lavoravano migliaia di operai, che era iniquo punirla per una semplice svista, che era giusto pagare alla Barnes solo le spese ospedaliere in quanto si era fratturata solo un braccio e niente le impediva di fare qualsiasi altro lavoro, d’altronde quella “finta maga da strapazzo”, accorgendosi che mancava quell’indicazione, avrebbe anche potuto farsi male apposta per spillare soldi ai loro clienti e ottenere così un ingiusto arricchimento…
Durante l’arringa Gabriel, non potendo fare obiezioni, levava gli occhi in alto, in maniera plateale, congiungendo e agitando le mani, come a chiamare il Cielo a testimone delle sciocchezze che gli toccava sentire…
«Avvocato Novak, non distragga la giuria!» lo redarguì il giudice, quando si accorse che i giurati prestavano più attenzione ai gesticolamenti di Gabriel che alle argomentazioni di Roman.
«Signor giudice, che ci posso fare se, pur stando zitto, risulto più interessante del mio esimio collega che sta parlando?» chiese con un’espressione angelica e allargando le braccia.
La giuria si ritirò e Sam si affrettò a raggiungere il banco dell’accusa. «Gabriel, sei stato fantastico!» gli disse entusiasta. «Spero un giorno di poter essere come te!»
«E speriamo che anche i giurati siano della tua opinione…» rispose l’avvocato, riponendo le pratiche. «Ora dobbiamo solo aspettare. Sai a che cosa serve la giuria?»
«Certo, serve a stabilire chi tra le due parti ha ragione» rispose Sam, memore degli studi.
«Sbagliato: determina quale cliente ha il miglior avvocato. In attesa che m’incoronino imperatore dei tribunali, che ne direste di andare a mangiare qualcosa?»

Andarono tutti e quattro in un bar lì vicino e ordinarono dei sandwich.
«Allora, hai capito la mia strategia?» chiese Gabriel a Sam.
«Credo di sì, sei passato dal risarcimento danni alla responsabilità civile.»
«Te l’avevo detto che è un ragazzo in gamba» disse a Charlie. «Finché i giurati pensano che sia un problema solo di Pam, potrebbero indennizzarla ma anche no, facendo capire loro che sarebbe potuto succedere a chiunque, spero di aver scatenato il giusto grado d’indignazione verso quella ditta.»
«Se fossi stato il loro avvocato difensore che cosa avresti fatto?» gli domandò Sam curioso.
Gabriel ci pensò su, poi rispose: «Prima di tutto avrei verificato la pericolosità delle scale, poi avrei consigliato i titolari di risarcire adeguatamente Pamela e fare una campagna pubblicitaria che avvisasse la popolazione di quel difetto, la gente è più disposta a perdonarti se ammetti subito i tuoi errori, se non mi avessero ascoltato, penso proprio che avrei rifiutato il caso, bisogna avere una fantasia davvero diabolica per farli passare come vittime; intendiamoci, sarei stato capace di farlo ma…»
«Ma hai una coscienza che te l’avrebbe impedito» terminò la frase Sam.
«Shh! È un segreto!» Fingendosi spaventato, si posò l’indice sulle labbra e abbassò la voce, mentre con l’altra mano faceva segno a Sam di fare altrettanto. «Se la categoria degli avvocati lo scoprisse, mi butterebbe fuori dall’ordine!»

La giuria aveva deciso dopo poco più di due ore. Si alzò il portavoce a leggere il verdetto: «Giudichiamo legittime le pretese della querelante, Pamela Barnes, e stabiliamo un risarcimento per danni materiali nella somma di 2 milioni di dollari.»
Charlie, Pamela e Gabriel sorrisero e Sam fu felice per loro ma la giuria non aveva ancora finito. «Inoltre, nel sottoscrivere le ragioni della querelante, Pamela Barnes, stabiliamo una pena pecuniaria di 200 milioni di dollari.»
«Porc…!» si sentì esalare dal banco della difesa.
I professori di Sam raccomandavano sempre che gli avvocati devono rimanere impassibili, qualunque sia l’esito del processo; o Gabriel aveva avuto altri professori o aveva saltato quella lezione, infatti, appena sentì che aveva stravinto strillò, abbracciando Charlie e sollevandola da terra: «Non ci posso credere! Ce l’abbiamo fatta!» Poi abbracciò con più attenzione Pamela, sobbalzando subito dopo(3), la minacciò scherzosamente, agitando l’indice al che lei rispose con un sorriso sbarazzino. Poi Gabriel guardò i giurati sorridendo e chinò la testa in una specie di muto ringraziamento.
Sam gli si avvicinò per congratularsi con lui.
«Vieni qui, Samsquash!» Gli cinse il collo, facendolo abbassare e abbracciandolo forte, come se non volesse più lasciarlo andare. «È finito!» gli sussurrò. «Ora puoi tornare da noi!»
Sam si ritrovò col naso affondato nel collo dell’avvocato… Gabriel odorava di… zucchero filato?
«Charlie, rientro con Sammy» disse poi Gabriel, mollandolo. «C’è il rischio che non si ricordi più dov’è il nostro studio e torni per sbaglio da loro

«Oh Sammy, non riesco ancora a crederci!» esclamò Gabriel, infilando il casco. «Ed è solo merito tuo!»
«Ma io non ho fatto niente…» obbiettò Sam perplesso, salendo e mettendo in moto.
«Sì, invece! Hai fatto pendere la bilancia della giustizia dalla nostra parte!» rispose, salendo sul motorino e stringendosi a lui.

Quando Sam rientrò nel suo vecchio ufficio, gli sembrò quasi di essere tornato a casa, c’era ancora il vaso pieno di dolci sulla sua scrivania ad aspettarlo, era talmente felice che, stavolta, ne prese una manciata e tirò fuori dalla valigia la scatoletta con la bilancia.
«Prima che tu ti metta comodo, mettiamo in chiaro un po’ di cose» disse Gabriel, sfogliando uno dei fascicoli che aveva sulla propria scrivania. «Primo, non ho alcuna intenzione di scannare il vitello grasso; secondo, se torni, lo fai per rimanere e non ci molli di nuovo perché la tua fidanzata è gelosa, mestruata o altro; terzo, ora sei un avvocato a tutti gli effetti, quindi ti affiderò dei casi e mi aspetto che tu lavori sodo, non credere che questo sia un parco giochi…»
Entrò Garth, stringendosi al petto la sinistra. «Gabriel, scusami, abbiamo finito i cer… Sammy? Sei proprio tu?»
«Perché quante altre alci conosci, Garthy?» domandò Gabriel.
«Sei venuto a trovarci?» gli chiese, abbracciandolo stretto.
«No, son venuto per restare» rispose Sam, probabilmente Garth gli aveva macchiato di sangue la giacca ma in fondo che importava? E poi era pure scura!
«Che bello! Che bello! Che bello!» Cominciò a saltellare su e giù per lo studio, poi uscì dalla porta.
«Ok, dimentica l’ultima frase e un’ultima cosa…» Gabriel sollevò la testa dalle carte e lo fissò dritto negli occhi, sorridendo. «Son felice che tu sia tornato, pasticcino!»




*****

1) Vere!
2) Il grattacielo più alto d’America
3) Pamela gli ha pizzicato il fondoschiena ;-D
Mi scuso se l’arringa di Gabriel prende un terzo del capitolo ma mi è venuta così!

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Capitolo 19
*** «Io quello lo ammazzo!» ***


Sam telefonò a Dean per aggiornarlo sulle ultime novità. «Pensa: per la prima volta son entrato in un’aula di tribunale come avvocato, Benson e Roman difendevano una ditta accusata di aver costruito delle scale difettose ed io dovevo interrogare la querelante.»
«Wow! Complimenti, fratellino! Ed erano davvero difettose?»
«Assolutamente sì! Quando Benson… quando Benson…» cominciò a ridere come un matto nel ripensare la scena. «Dean, avresti dovuto esserci…» Altro scroscio di risa.
«Sam.» La voce di Dean si era fatta improvvisamente seria. «Dimmi che non hai ricominciato con quella mer…»
«Cosa? No! Una volta basta e avanza» rispose, asciugandosi gli occhi. «Credimi, Dean, ho imparato la lezione. L’avvocato della controparte era Gabriel che ha obbligato Benson a salire fino in cima e la scala si è ribaltata!» rise ancora. «Poi durante una pausa del processo Gabriel mi ha offerto di tornare da loro e ho accettato, poi…»
«Adesso ho capito! Samantha è tornata in modalità fangirl!» ghignò il maggiore.
«Coglione!»
«Puttana! Come l’ha presa Jessica?»
«Malissimo, infatti ci siamo lasciati.»
«Mi dispiace. Lo sai, vero, che cosa si fa in questi casi?»
«Yetizzazione!» Cercava di mostrarsi indifferente ma in realtà soffriva nel ripensarci, l’aveva amata con tutto se stesso e lei aveva voluto solo usarlo…
«Vedo che non devo insegnarti niente e ricordati: il mare è pieno di pesci!»

Sam stava per entrare nel finalmente-di-nuovo suo ufficio quando sentì la voce astiosa di Raphael: «… richiesta, non hai ragionato col cervello, ma con un’altra parte del corpo!»
«Esci subito dal mio ufficio!» urlò Gabriel, la porta si aprì e ne uscì Raphael che si addossò allo stipite, mentre un libro volava fuori dallo studio per atterrare ai piedi di Sam.
Ma che…?
«Vedo che sei tornato» gli disse Raphael, senza nemmeno l’ombra di un sorriso.
«Sì, Gabriel mi ha offerto un posto e ho accettato.» Chissà perché Finnermann lo metteva sempre a disagio.
«Ovviamente» replicò con un tono strano e se ne andò.
Sam raccolse il libro ed entrò nell’ufficio, dove trovò Gabriel alla scrivania che si stringeva la radice del naso, sbuffando come un mantice e strizzando gli occhi.
«Gabriel, che ti succede? Posso fare qualcosa?» gli chiese, avvicinandosi e posandogli una mano sulla spalla.
«Sì, procurami un alibi di ferro, perché è mia ferma intenzione uccidere quell’idiota, poi lo resuscito solo per il gusto di ammazzarlo un’altra volta!»
«Che cos’è successo?»
«È contrario alla tua assunzione, è convinto che… che non abbiamo bisogno di un altro avvocato.»
«Potrebbe farmi mandar via?» domandò Sam preoccupato.
«Assolutamente no, pasticcino» gli rispose, battendogli incoraggiante la mano che era ancora sulla propria spalla. «In più son sicuro che adesso i casi aumenteranno, perciò sarai indispensabile
«Lo spero.» Sam posò il libro e si diresse verso la propria scrivania. «Prima mi ha guardato come se fosse arrabbiato con me… Io non gli ho fatto niente…»
«Fregatene, ce l’ha con tutti, persino col Padreterno, è convinto che avrebbe dovuto creare l’umanità a sua immagine e somiglianza.»
«E non è così? La Bibbia dice questo.»
«Non mi hai capito, Dio avrebbe dovuto creare l’umanità a immagine e somiglianza di Raphael» sbuffò e scrollò le spalle. «Come nuovo associato d’ora in poi ti toccherà anche venire alle riunioni e avere l’immenso onore di sentire i sermoni di Zac e Meti. Ti ricordi che cosa bisogna fare, durante la loro fiumana di parole?»
«Annuire, annuire e annuire» rispose Sam sorridendo.
«Bene! Qualcuno è stato attento in classe, dai vieni al tuo battesimo di noia mortale.»

“Noia mortale” non rendeva adeguatamente l’idea, Sam avrebbe preferito fare qualsiasi altra cosa, persino chiudersi un dito (o altro) nel cassetto della scrivania, piuttosto che star lì a sorbirsi la lagna pomposa e retorica di Curtis sulla lunga e nobile storia del loro studio, iniziata ai tempi di suo nonno. Finito che ebbe di parlare, attaccò Fuller con la medesima vivacità.
Sam, resisti, sorridi e annuisci.
Dopo aver dissertato sulle varie cause vinte e perse e il perché delle sconfitte, disse: «Avvocato Fitzgerald, se proprio deve usare un calzino per gli interrogatori, abbia almeno la decenza di acquistarne uno nuovo, quello che utilizza adesso comincia a essere liso
«Mr. Fizzles non è liso!» squittì Garth offeso.
«Avvocato Shurley» Fuller gli allungò dei fogli graffettati, «vuole avere la compiacenza di spiegarmi perché il signor Tyler, al posto delle disposizioni testamentarie che era venuto a redigere da noi, si è ritrovato queste bozze nella propria cartelletta, che nulla hanno a che fare con un testamento?»
«Oh, ecco dov’era finito il mio romanzo!» disse Chuck, afferrando il fascicolo.
«Vorrei ricordarle, ancora una volta, che lei è un avvocato, non uno scrittore, quindi stia più attento la prossima volta o si ritroverà con tanto tempo libero per scrivere i suoi libercoli, sono stato chiaro? Avvocato Finnermann, alcuni clienti si sono lamentati per i suoi modi sgarbati, mentre altri hanno chiesto di revocare la procura che avevano firmato con lei, in più abbiamo saputo che ha rifiutato alcuni clienti per futili motivi. O cambia atteggiamento o cambia studio legale.»
Raphael disse furente: «Uno pretendeva che l’assicurazione gli pagasse la dentiera che gli era caduta mentre vomitava sporgendosi da un traghetto, un altr…»
«Comunque sia non avrebbe dovuto ingiuriarli, questa è tutta pubblicità negativa per il nostro studio, se ne rende conto?» Senza attendere una risposta si voltò verso Sam. «Avvocato Winchester, lei è il nostro ultimo acquisto. L’avvocato Novak, nel perorare la sua causa, ci ha assicurato che lei è la persona giusta per questo studio, ci auguriamo per entrambi che sia così.»
«Non vi deluderò.» Guardò con gratitudine Gabriel che gli strizzò l’occhio.
«Avvocata Bradbury, sta svolgendo un ottimo lavoro, continui così. Avvocato Novak, mai avremmo immaginato che sarebbe riuscito a vincere la causa contro la “All for House”, tenendo anche conto da chi erano difesi. Infatti, come ben ricorda, glielo avevamo vivamente sconsigliato, invece pare che avesse ragione lei.»
«Vi ringrazio della fiducia accordatami, ma non sarei mai riuscito a vincere senza l’aiuto dell’avvocata Bradbury.» Si voltò a guardarla. «È lei che ha calcolato le statistiche e quanto sarebbe costato ristampare i volantini.»
«Tuttavia è lei che ha pronunciato l’arringa e che ha avuto l’idea di portare una scala in aula. L’avvocato Curtis ed io siamo giunti alla conclusione che lei si sia guadagnato la promozione a socio maggioritario. Congratulazioni!»
Per una volta l’avvocato Gabriel Novak rimase senza parole.

Si ritrovarono tutti (tranne, ovviamente, Raphael) nell’ufficio di Gabriel a congratularsi con lui e a dargli pacche sulla schiena.
«Charlie, ti prego, dimmi che hai videoregistrato la scena… Zac che ammette di aver avuto torto è un avvenimento più raro dell’allineamento di tutti e nove i pianeti(1)…» implorò Gabriel.
«Mi dispiace, Gabe, era un evento talmente improbabile che non ho pensato a portare il cellulare.»
«Allora d’ora in poi dovremo chiamarti signor Novak» disse Sam.
«Ma no! È così formale! Penso che un “Signore e Dio nostro” sia più appropriato» ridacchiò.
«Guarda» disse Chuck, allungandogli un giornale. «C’è un articolo sul processo.»
«Puf! Potevano mettere una mia foto, no?» brontolò Gabriel, scorrendolo. «Cos'è? Non sono abbastanza fotogenico per questi giornalisti? Beh, l’importante è che abbiano scritto correttamente il mio nome… il che mi ricorda che devo fare una chiamata…» Afferrò la cornetta e compose un numero. «Eddai, rispondi… Ehilà! Ti ricordi di me? Sono tuo figlio, no, non quello col trench… quello figo! Sappi che ho riempito i giornali col mio nome… Sì, sul serio!… Come ho fatto? Ho fatto cadere un tizio dalla scala, rovinato la reputazione a un altro e gettato sul lastrico migliaia di lavoratori, tutti i particolari nella cronaca giudiziaria… comprali e va’ a vantarti in giro!» e riappese.


*****

1) Ogni 177 anni.

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Capitolo 20
*** «Che ne dite di festeggiare?» ***


Sam si guardò allo specchio, passandosi le dita fra i capelli con una smorfia di disappunto: gli erano ricresciuti soltanto di tre centimetri, ci sarebbero voluti mesi prima che tornassero lunghi come prima; sospirando, posò il righello e finì di vestirsi, indossando sopra una t-shirt grigia, una camicia a quadrettoni e infilando i jeans.
Per festeggiare la sua assunzione, la vincita della causa e la promozione di Gabriel, i suoi colleghi avevano deciso di andare a cenare in una pizzeria e, senza saperlo, avevano scelto proprio quella dove lui era andato con Dean e Jessica.

Sam aveva tentato di defilarsi ma loro avevano insistito così tanto che non se l’era sentita di deluderli.

Presero posto intorno a un tavolo e Garth si mise a capotavola, Sam si ritrovò accanto a Chuck, mentre di fronte aveva Gabriel e Charlie.
Quando arrivò la cameriera, ordinarono pizza e birra.
«Garth, è meglio se prendi qualcosa di non alcolico» disse Gabriel serio.
Garth fece il broncio. «Eddai, Gabriel!»
«Assolutamente no!»
Si arrese. «Uffa! Allora mi porti una Coca.»
«Una Coca anche per me» disse Charlie. «Ti faccio compagnia.»
La cameriera si allontanò con le ordinazioni.
«Uffa! Sei cattivo!» piagnucolò Garth.
«L’ultima volta ti sei ubriacato con mezza birra. Voglio che tu ti diverta e non puoi farlo stramazzando svenuto sotto il tavolo» replicò Gabriel a bassa voce.
Charlie gli chiese: «Sai se viene anche Castiel?»
«L’avevo invitato ma stanotte è di turno in ospedale» rispose Gabriel, scrollando le spalle.
«Peccato…» disse Chuck.
«Che strano nome…» disse Sam, si chiese chi fosse, forse il fidanzato di Gabriel?
«È quello dell’angelo del giovedì e il mio fratellino è nato proprio quel giorno, che fantasia, eh? L’altra delusione del mio vecchio. “Se proprio vuoi far medicina, perché non cardiochirurgo?”» disse con voce stridula. «Cassy, però, ha preferito far l’infermiere per essere più vicino ai pazienti ma ne sa più lui di medicina che dieci dottori messi insieme» concluse orgoglioso. «E tu, Charlie, come va con l’eroina di “Dallas”(1)
«Pamela mi ha stoppato subito, mi ha detto che non ho gli accessori giusti, ma dove siamo, a una sfilata di moda?» sbuffò la rossa.
«Ieri a me, oggi a te, dolcezza, così impari a dirmi che ho il DNA sbagliato» ghignò. «Sammy, Jessica non è voluta venire?»
«A dire il vero ci siamo lasciati» sospirò Sam, «e pensare che ero venuto proprio qui a festeggiare la mia laurea con lei e mio fratello…» Si ricordava benissimo quella sera, con Dean che s’ingozzava di hamburger, lui e Jessica che s’imboccavano a vicenda d’insalata…
«Peggio per lei…» Dopo qualche minuto, Gabriel tolse la tovaglia e salì sul tavolo.
«Che cosa stai facendo?» gli chiese Sam attonito.
«Te lo spiego dopo, pasticcino» gli rispose, strizzandogli l’occhio. «Gentili signori!» disse alzando la voce per farsi sentire dagli altri clienti. «Un po’ di attenzione, please! Avete l’onore di avere come vicino di tavolo l’avvocato che ha sconfitto l’imbattibile Dick Roman, ammesso che qualcuno sappia chi sia» ridacchiò.
Sam era imbarazzatissimo, mentre gli altri associati si limitavano ad ascoltarlo come se fossero abituati alle sue stranezze.
«Ma non ci sarei mai riuscito senza la mia valida collega, Charlie Bradbury, dai sali.»
Charlie salì sul tavolo, ridendo, aiutata da Gabriel, mentre i clienti li fissavano incuriositi e vagamente divertiti.
«Incidenti d’auto o sul lavoro, liti condominiali… rivolgetevi pure a noi due, grazie puoi scendere ora… Se avete un’assicurazione che non vi risarcisce, rivolgetevi all’avvocato Raphael Finnerman, ve lo mostrerei ma è rimasto a casa… Se invece volete divorziare, rivolgetevi a lui, Garth Fitzgerald IV, dai fatti vedere.»
Garth si alzò in piedi, salutando con entrambe le mani, poi si risedette.
«Questioni testamentarie? Chuck Shurley è l’avvocato che fa per voi» continuò imperterrito Gabriel.
Chuck si alzò, sollevò una mano e tornò al suo posto.
«Infine il nostro ultimo acquisto, Samuel Winchester, fresco di laurea e molto in gamba, dai fatti vedere.»
Sam si sentì avvampare e si limitò ad alzare un braccio, abbassando la testa imbarazzato.
«Se avete bisogno di una consulenza legale, noi siamo qui.» Finito di spiegare agli avventori le loro condizioni d’ingaggio, dispiegò la tovaglia sul tavolo, facendosi aiutare da Charlie e si sedette soddisfatto. «Allora, hai capito perché l’ho fatto?» chiese a Sam.
«Per vantarti e sperare di trovare nuovi casi.» Avrebbe voluto sprofondare sottoterra.
«Perché no? Ma il motivo principale era esorcizzare questo posto e crearti nuovi ricordi» gli sorrise con aria da monello.
«Che???» chiese Sam allibito.
«Certo. D’ora in poi nei tuoi ricordi, questo sarà il posto in cui il tuo collega ti ha messo tremendamente in imbarazzo e tu non oserai più uscir da casa fino alla fine dei tuoi giorni» ghignò.
Arrivò la cameriera con le birre, le pizze e le Coca.
«Traditori!» sibilò Gabriel all’indirizzo di Garth e Charlie, quando la cameriera si allontanò.
«Gabriel ha dichiarato guerra alla Coca Cola» spiegò Charlie a uno stupitissimo Sam.
«E certo! Per legge, ogni bibita deve avere sull’etichetta gli ingredienti da cui è composta. La Coca Cola li ha, ma non tutti. Sotto la voce mooolto generica di “aromi naturali”, si potrebbe nascondere qualunque cosa. Se proprio devo avvelenarmi, voglio almeno sapere con che cosa lo sto facendo» disse Gabriel, cominciando a tagliare la sua pizza con sopra pomodoro, mozzarella, peperoni, funghi, olive, acciughe, capperi, origano, peperoncino e salame piccante.
«Chuck, hai scritto qualche altro libro?» chiese Sam, per cambiare argomento.
«Sì, parlava di un avvocato balbuziente che perciò non riesce a pronunciare le arringhe ma me l’hanno respinto, dicono che ne hanno abbastanza delle mie storie sui tribunali…» rispose mesto, tagliando la sua funghi misti.
«Potresti scrivere su qualcos’altro.» “Niente male questa pizza con pomodori e zucchine.
«Ma alle lezioni di scrittura creativa ci raccomandano sempre di scrivere di cose che conosciamo ed io conosco solo il mondo dei legali…»
«Probabilmente hai solo bisogno di riallineare i tuoi chackra, le storie sono là fuori e se tu entrassi in sintonia con l’universo, potresti sentirle che ti scorrono dentro» interloquì Garth, tralasciando la sua pizza con sopra il mais e muovendo le mani su e giù all’altezza del petto.
«Ehm… forse hai ragione… Comunque che cosa va per la maggiore?» chiese Chuck.
«Le storie di vampiri» rispose Charlie.
«Ah, gli horror» disse l’aspirante scrittore, interessato.
«No, sono storie d’amore in cui al posto del solito miliardario che s’innamora di una ragazza povera, c’è un vampiro che s’innamora di un’umana» replicò Charlie con una smorfia, tornando alla sua pizza con pomodoro, mozzarella e patate.
«E se invece di storie sugli avvocati ne scrivessi sui vampiri?» chiese Chuck.
«Qualcuno direbbe che il soggetto non è cambiato!» biascicò Gabriel, masticando una fetta di pizza.
«Quando ero piccolo, nei libri davano la caccia ai vampiri e agli altri mostri, non li sposavano, chissà se anche loro poi divorziano» disse Garth, sorseggiando meditabondo la sua Coca.
«Ma sai che potrebbe essere un’idea?» Chuck aveva spalancato gli occhi e un sorriso aleggiava sulle sue labbra.
«Cosa? Vampiri e umani che si sposano e poi divorziano?» chiese Sam sorridendo.
«No, la storia di un cacciatore di mostri… anzi due… due fratelli… me lo segno subito!» Chuck estrasse da una tasca un block notes e appuntò velocemente qualcosa.
“Originale ma non buono” mimò con le labbra Gabriel a Sam che sorrise.


*****

1) La moglie di Bobby Edwin della soap opera “Dallas” si chiamava proprio Pamela Barnes.
564 visualizzazioni e 97 recensioni, vi amo, vi amo, vi amo!!!

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Capitolo 21
*** «Vuoi dormire con le ginocchia in bocca?» ***


Gli altri erano appena partiti e nel parcheggio della pizzeria eran rimasti solo Sam e Gabriel.
In fondo il ragazzo era contento di essersi lasciato convincere e aver partecipato a quella cena. Adesso avrebbe dovuto recuperare il suo motorino e tornare a casa, tuttavia aveva visto il suo collega bere un po’ troppa birra e prima voleva assicurarsi che fosse in grado di guidare.
«Dannazione!» esclamò Gabriel, dopo aver armeggiato con le chiavi della macchina nel vano tentativo di aprire la portiera e averle lasciate cadere.
«Che succede?» chiese Sam, chinandosi per raccoglierle e notando che c’era attaccato un pupazzetto.
«A quanto pare sono più brillo di quanto pensassi…» Gabriel si appoggiò con la schiena al suo scassatissimo pickup. «Sarà meglio chiamare un taxi, prima che l’avvocato più geniale del mondo finisca sul banco degli imputati per guida in stato di ebbrezza o peggio…» Goffamente cercò di estrarre il cellulare dalla tasca. Eh sì, aveva bevuto davvero troppo: la sua pronuncia era più strascicata del solito e barcollava leggermente.
Sam apprezzò molto che non volesse guidare in quello stato. «Ti riaccompagno io a casa.»
«Davvero lo faresti?»
«Certo!»
Aprirono il cassone dietro e spinsero su il motorino.
«Signor Winchester, a lei il comando!» disse Gabriel, entrando dal lato del passeggero.
«Non è ora di buttare questo catorcio?» chiese Sam, mettendo in moto.
«Finché cammina, va sempre bene. Ti piace il mio pla… playtypos(1)?» gli chiese indicando il portachiavi. «Me l’ha regalato Cassy, ha detto che è come me: fuori dagli schemi.» Si mise a sghignazzare.
«Perché non usiamo mai il tuo pickup per andare in tribunale?»
«Primo perché andarci in motorino è mooolto più divertente, secondo così si perde meno tempo a trovare parcheggio.»

Seguendo le indicazioni di Gabriel, Sam giunse davanti a una villetta con giardino e aprì la porta.
L’ingresso sembrava un’estensione della sua scrivania: mucchi di libri e giornali impilati in ogni angolo e ogni superficie era ricoperta di cianfrusaglie.
Sam si fece indicare dove fosse la sua camera e ce lo accompagnò.
Anche lì regnava il disordine: le ante e i cassetti dell’armadio erano spalancati e per terra erano gettati alla rinfusa varie camicie e pantaloni.
«È molto bello» disse Sam indicando un letto matrimoniale disfatto in ferro battuto, decorato con dei riccioli. «Vivi con qualcuno?»
Gabriel si tolse la giacca militare, lasciandola cadere a terra. «Purtroppo no, ha una storia ma sono troppo sbronzo per raccontartela ora. Dannazione!» esclamò, sedendosi sul bordo del letto e litigando con i bottoni della camicia.
«Ci penso io» disse Sam divertito e cominciò a sbottonargliela, poi lo aiutò a togliersi gli anfibi e i jeans, sotto indossava una canottiera bianca e dei boxer rossi e aveva un po’ di pancetta.
«Sei molto gentile, sei lo stagista più gentile che io abbia mai avuto» farfugliò Gabriel. «Jessica non ti meritava. Sei un ragazzo meraviglioso, intelligente, educato… Ho visto come ti stavi distruggendo pur di renderla felice e mi stupisce che una donna che si dice innamorata non si sia accorta di quello che stavi passando. Meriti di meglio…»
Sam cominciò a sentirsi a disagio. «Sarà meglio che vada…»
Gabriel lo afferrò per un polso. «È mezzanotte passata, ti prego non andare, fuori ci son guidatori mooolto più ubriachi di me…» Spalancò gli occhi, si portò una mano alla bocca e si precipitò fuori dalla stanza.
Dopo un attimo d’indecisione, Sam lo seguì.
Lo trovò in ginocchio, ansimante, davanti al water, le braccia appoggiate all’asse, il destro piegato di traverso a sostenergli la testa.
«Stai bene?» gli chiese, inginocchiandosi di fianco a lui e posandogli una mano sulla schiena, cercando di non guardare e, soprattutto, di non annusare ciò che c’era nella tazza.
«Sono qui con la testa infilata in un cesso a tirar su anche l’anima» sbuffò Gabriel, pallidissimo, «secondo te?»
«Posso fare qualcosa per aiutarti?» gli domandò Sam imbarazzato.
«Per ora no…» riuscì a rispondergli, prima di piegarsi in preda a un altro conato.
Sam non poté fare altro che sostenergli la fronte con una mano.
«Grazie per non essere scappato» sospirò Gabriel e allungò un braccio per azionare lo sciacquone.
Sam lo aiutò a rialzarsi e a raggiungere il lavandino.
Gabriel aprì il rubinetto, si sciacquò il viso, poi si lavò i denti. «La prima volta che vieni a casa mia e guarda che accoglienza!» disse mesto.
«Non ti preoccupare, può succedere a chiunque…» Lo riaccompagnò in camera e lo aiutò a sdraiarsi.
«Sammy, potresti prepararmi una camomilla?» gli chiese Gabriel, appoggiandosi ai cuscini.
«Per le sbornie è meglio un bicchiere con acqua salata, vado a prendertelo» rispose Sam.
«Ho sia una sbronza sia un’indigestione, perciò la camomilla va benissimo» insisté tentando di afferrarsi il naso e strizzando gli occhi.
«Probabilmente non avresti dovuto mangiare un’intera torta al cioccolato, dopo quella pizza.»
«Samuel, per favore…» gemette Gabriel, facendo una smorfia e premendosi le mani sull’addome.
«Scusami, vado subito» disse Sam, mortificato.

La cucina invece era perfettamente in ordine e fungeva anche da salotto, infatti, oltre a un tavolo di legno con le seggiole intorno, c’erano anche un divano, due poltroncine rosse e un tavolino di vetro, con sopra qualche giornale. A una delle pareti era fissata una lista di legno con appese alcune padelle di varia grandezza e poco più in là c’erano degli scaffali con sopra diversi vasi di vetro, contenenti vari tipi di pasta. Sul ripiano della credenza c’erano diverse foto, mentre aspettava che la camomilla fosse pronta, Sam ne esaminò una in particolare: ritraeva due bambini, uno più piccolo dall’apparente età di tre anni, con i capelli neri e un’espressione seria e concentrata che cercava di arrivare ai pedali di un triciclo, al cui manubrio era stato legato un orsacchiotto, l’altro un po’ più grande, biondo e cicciottello, in piedi vicino a lui, che lo fissava sorridendo orgoglioso.

«Avere un fratello infermiere ha i suoi vantaggi, lo aiutavo a studiare e qualcosa ho imparato…» disse Gabriel, sorseggiando la camomilla. «Forse dovrei anche imparare a mangiar un po’ meno… comunque è colpa loro! Non dovrebbero preparare delle torte così buone!»
Sam non se la sentiva più di andarsene, non con Gabriel che stava così male. «Forse hai ragione tu… è troppo tardi per mettersi in strada. Accetto la tua offerta di passare qui la notte.»
«Non ho una stanza per gli ospiti, però potresti…»
«Ho visto che in cucina c’è un divano, mi sistemerò lì» lo interruppe Sam.
«D’accordo, se vuoi dormire con le ginocchia in bocca, fai pure.»

Era almeno un’ora che Sam si rigirava su quel dannato divano, non aveva proprio le ginocchia in bocca ma accidenti se era corto! Beh… a dire il vero era lui troppo alto… non poteva continuare così per tutta la notte, l’unica alternativa era il letto matrimoniale, anche se questo voleva dire condividerlo. Si alzò, andò verso la camera dell’avvocato e aprì la porta pian piano. «Gabriel» bisbigliò, «stai già dormendo?»
L’avvocato accese la luce sul comodino, su cui c’era una pila di libri, e si mise seduto ridacchiando: «A quanto pare la Bella Addormentata non si addormenta, devo venire a cantarti una ninnananna?»
Sam entrò nella stanza. «Ti senti meglio?»
«Se non altro non mi sento più come una bambola voodoo… allora è comodo il divano?» gli domandò Gabriel malizioso.
«A dire il vero no…» Il ragazzo esitò, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. «Senti… visto che hai un letto matrimoniale, potremmo dormire insieme? Cioè ognuno sul proprio lato…»
«Sta’ tranquillo, sono ancora abbastanza sobrio da non saltarti addosso… almeno credo. Dai, salta su!» disse ridacchiando e battendo con la mano lo spazio accanto a sé.
«Non… non intendevo dire che tu…» cominciò a balbettare Sam imbarazzato e salendo sul letto.
«Zitto e dormi, pasticcino!» rispose l’avvocato, dandogli le spalle e spegnendo la luce.
«Buonanotte, Gabriel.» “Speriamo che non russi…” pensò Sam infilandosi sotto le lenzuola.

*****

1) Gioco di parole tra il nome dell’ornitorinco in inglese, platypus, e questa parola che significherebbe “giocare con i refusi”
609 visualizzazioni e 105 recensioni, sto piangendo dalla felicità!!! Senza i vostri incoraggiamenti non sarei mai riuscita ad andare avanti. Grazie di cuore!!!

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Capitolo 22
*** «Adoro fare l'orsacchiotto!» ***


It was the heat of the moment…
Sam aprì gli occhi chiedendosi due cose: che cosa fosse successo alla sua sveglia che si limitava a fare solo “bep, bep” e perché non riuscisse ad alzarsi, la risposta arrivò quando abbassò lo sguardo.
Non solo Gabriel era lì, con la testa appoggiata sul suo petto e le mani sui suoi fianchi ma Sam scoprì, costernato, che il proprio braccio gli aveva circondato le spalle stringendolo a sé.
Oddio!” Si affrettò a liberarlo.
«Buongiorno, pasticcino!» lo salutò il collega, sfarfallando le ciglia. «Ops! Devo averti scambiato per il mio cuscino, le mie scuse! Però vedo che anche tu mi hai scambiato per il tuo orsacchiotto…» Spense la sveglia, si alzò ridacchiando e prima che Sam potesse dire qualcosa, uscì dalla stanza.
Sentì che apriva l’acqua della doccia. “Non ero ubriaco, sono sicuro che non lo fossi.” E allora perché aveva dormito stringendo a sé Gabriel? Forse durante la notte, inconsciamente, l’aveva scambiato per Jessica, era l’unica spiegazione. “Eppure avrei dovuto ricordarmi che se n’è andata.

«Wow! Ci voleva proprio! Spero di non averti dato fastidio, stanotte» disse Gabriel rientrando con indosso un accappatoio viola chiaro e frizionandosi i capelli con un asciugamano.
«No, anzi ho dormito bene.» e, stranamente, a ripensarci era proprio così. «Vedo che stamattina stai molto meglio.»
«Ho dormito splendidamente!» gli rispose Gabriel stiracchiandosi e buttando l’asciugamano sul letto. «Che dici? Sarà merito del cuscino?» gli chiese malizioso.
Sam si sentì avvampare. «Però avevi giurato di non saltarmi addosso!»
«E non l’ho fatto… Tecnicamente ti sono solo rotolato addosso che, converrai con me, è molto diverso e prima che potessi rotolare via, tu me l’hai fisicamente impedito.»
«Non me ne sono accorto, scusami…»
«E di che cosa? Adoro fare l’orsacchiotto!» disse strizzandogli l’occhio e facendolo avvampare. Di nuovo. «Se vuoi fare la doccia anche tu, non fare complimenti!» aggiunse recuperando i suoi vestiti dal pavimento e uscendo dalla stanza.

Sì, forse una doccia gli avrebbe schiarito le idee, non che di solito la facesse in casa altrui, ma visto che era stato autorizzato, perché no? S’insaponò i capelli e i pettorali. Ma perché Gabriel si divertiva a metterlo in imbarazzo? D’accordo, si erano svegliati abbracciati ma non era un buon motivo per continuare a fare battute su cuscini e orsacchiotti. A volte gli sembrava infantile come Dean! Fece un profondo respiro e gettò la testa all’indietro sotto il getto dell’acqua per sciacquarsi.
«Sammy, stai già facendo la doccia?» chiese Gabriel, entrando in bagno.
Lo ammazzo! Se entra nel box, giuro che lo ammazzo!” «Sì, non puoi aspettare?» strillò Sam.
«Troppo tardi…»
«Troppo tardi per cosa?» urlò Sam ma l’altro era già uscito.
Finita la doccia, si asciugò, si vestì e raggiunse Gabriel in cucina. «Troppo tardi per cosa?»
L’avvocato stava cucinando dei pancake indossando un grembiule nero con disegnati tanti baci e la scritta “Bacio meglio di come cucino”. «Ho dimenticato di spegnere la telecamera che c’è nel box doccia e che è collegata a internet.»
Sam scosse la testa cercando di capire. «Hai una webcam nella doccia?»
«Sì, mi eccita da matti il pensiero che migliaia di persone mi guardino mentre sono nudo, stavolta invece hanno am…»
«CHE COSA?» ruggì Sam correndo verso il bagno ed eccola lì, infatti, che lo fissava dall’alto della parete. Come aveva fatto a non vederla? Ma quando l’afferrò, si accorse che era semplice legno dipinto, mentre Gabriel, dietro di lui, si piegava in due dalle risate.
«Ma ti sembrano scherzi da fare?» gli domandò furioso.
«Perché ne conosci degli altri? Vedessi la tua faccia!» rispose continuando a ridere.
Aveva una risata talmente contagiosa che Sam, suo malgrado, si mise a ridacchiare. «Com’è che non l’ho vista?»
«Semplicemente perché non c’era. L’ho piazzata lì mentre ti stavi vestendo e ora che ne diresti di fare colazione?»
Colazione… è quasi mezzogiorno, fortuna che è domenica.

Sam si sedette al tavolo e prese una delle frittelle che Gabriel aveva farcito con marmellata di pesche, arrotolato e messo davanti a lui. «Non sembra un pancake…» disse concentrandosi sul gusto.
«Perché non lo è, quella è un’omelette, direttamente dalla Francia, niente farina e si cucina prima. Ti piace?» gli chiese sedendosi davanti a lui e fissandolo con le mani intrecciate sotto il mento.
«È deliziosa!» Per un attimo Sam si chiese se la frase sul grembiule corrispondesse a verità, perché se era così… Si schiaffeggiò mentalmente e indicò la foto che aveva attirato la sua attenzione la sera prima. «Quei due bambini con il triciclo… siete tu e Castiel, vero?»
«Proprio noi» rispose girandosi a guardarla con un sorriso affettuoso. «Aveva 3 anni ed era il primo giorno che saliva sul triciclo, solo che non voleva andare da nessuna parte senza il suo orsacchiotto… Timmy, Jimmy, qualcosa del genere… siccome non aveva il cestino gliel’ho legato al manubrio in modo che non cadesse.»
Sam cercò d’immaginarsi Gabriel da piccolo che giocava con il fratellino… probabilmente era, se possibile, ancora più scalmanato di come fosse da adulto ma anche sensibile e protettivo… «Hai altri fratelli o sorelle?»
«No, solo Cassy. Da piccolo era un vero angioletto, molto timido… beh, non che sia cambiato molto da allora. Mi piacerebbe fartelo conoscere.»
«Volentieri. Hai detto che il tuo letto ha una storia… Ti va di raccontarmela?» gli chiese.
Gabriel finì di mangiare l’omelette che aveva in mano e si appoggiò meglio allo schienale della sedia. «Già, il mio letto… Quando ero un po’ più giovane di te, conobbi a un vernissage d’arte moderna un antiquario francese, Balthazar, che, fra una chiacchiera e l’altra, mi chiese se fossi un estimatore dell’artista, quando gli confessai che ero lì solo per il rinfresco gratis è scoppiato a ridere, soprattutto quando… no, niente…» disse sbuffando divertito e scuotendo la testa. «Da lì abbiamo cominciato a frequentarci. Aveva sette anni più di me ed era un autentico festaiolo… Sapessi quante sbronze! In più aveva un’erre moscia pazzesca e quando sussurrava il mio nome…» Per un attimo chiuse gli occhi deliziato. «Beh, per farla breve conobbe una coppia che aveva appena ereditato la casa di una vecchia zia e offrì loro 50 dollari per una lampada che era un’autentica paccottiglia.»
«Perché? Voleva aiutarli?»
Scoppiò a ridere: «Assolutamente no! Pensò che i proprietari si sarebbero convinti che valeva molto di più e si sarebbero precipitati a farla stimare da qualcun altro; infatti fu così. A quel punto si erano talmente persuasi che Balthy non se ne intendesse di antiquariato che quando si offrì di comprare quel letto non si preoccuparono di farlo stimare e glielo vendettero subito, quindi si portò a casa a prezzo economico un letto che valeva almeno il triplo.»
«Ma questa è una truffa!» Sam era scioccato.
«Son stati loro a scegliere di non sentire un secondo parere…» disse Gabriel scrollando le spalle.
«Poi che successe?»
«Balth dovette ripartire per la Francia ed io avrei dovuto raggiungerlo dopo essermi laureato, convinto che anche là avrei potuto esercitare la professione di avvocato, in più avrei potuto indossare una di quelle fantastiche toghe, mentre qui è concessa solo al giudice. Invece dopo qualche mese mi arrivò una sua mail in cui m’informava che aveva conosciuto un giovane artista… Beh, puoi immaginare il resto del contenuto…» sospirò e bevve del succo d’arancia.
«Mi dispiace…»
Gabriel si strinse nelle spalle. «Forse è andata meglio così, senza contare che detesto le escargots. Se non altro mi ha regalato il letto… Già, un letto a due piazze per uno che è single…» Scrollò la testa con una smorfia. «Comunque spero sempre nell’horror vacui.»
«Che significa… orrore del vuoto, giusto?»
«Proprio così, pasticcino!» Lo fissò negli occhi. «La natura ha orrore del vuoto e farà di tutto per colmarlo.»


*****

Lo so, qualcuna obbietterà, giustamente, che Gabriel non sembra soffrire di post sbornia, il problema è che avevo già scritto metà di questo capitolo (scena della doccia con telecamera e storia del letto) prima di quello precedente, in quanto avevo già deciso di farli finire a letto insieme, anche se non avevo ancora stabilito perché Sam dovesse passare la notte a casa di Gabriel (pickup rotto? Invasione di scarafaggi a casa di Sam?) alla fine ho scelto la sbronza per Gabriel e ho girato su internet: la birra è meno deleteria di altri alcolici, ingozzarsi di cibo aiuta, la camomilla pure e dormire tanto anche, risultato? Giudicate voi.
Come sempre se avete suggerimenti, consigli, critiche, proposte per questo capitolo o per quelli successivi, sarò felicissima di accontentarvi.
Grazie a tutte voi che con le vostre recensioni mi date l’entusiasmo di proseguire!

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Capitolo 23
*** «Gli credo sulla parola!» ***


Quando Sam recuperò il suo motorino, scoprì che sul retro c’era una piscina rettangolare interrata con trampolino a occhio e croce 10 metri per 5.
«Già, una vera stupidaggine» gli disse il collega. «Ho comprato questa casa solo perché aveva la piscina, profonda tre metri per di più… e non ho ancora finito di pagare il mutuo. Cosa non si fa per amore, si chiamava Kalì… wow! Quella ragazza era tutta mani, non so se mi spiego… Purtroppo non c’è più… L’ho perduta qualche anno fa, durante una gita al mare» sospirò tristemente.
«Oh… mi dispiace…»
«Anche a me… è scappata col bagnino.» Mentre Sam si strangolava con la saliva per non ridere, Gabriel continuò imperterrito: «Un certo Baldur, pensa un po’ che razza di nome, solo perché “lui è meno complicato di te!”» concluse con la voce in falsetto. «Ti piace nuotare?» chiese poi.
«È una delle mie passioni!»
«Bene! Se ti va, puoi usufruirne quando vuoi.» Si misero d’accordo su ogni week-end pomeriggio.


Quando Gabriel vide Sam in costume da bagno per la prima volta, spalancò gli occhi, lanciò un fischio di ammirazione e disse: «Non credevo che fosse possibile.»
«Che cosa?» chiese perplesso il giovane.
«Che si potesse usare Photoshop sulle persone reali.»
Sam arrossì. «Mi… mi piace tenermi in forma…»
«Vedo, vedo» rispose Gabriel meditabondo. «E questo pentacolo?» gli chiese avvicinandosi per vedere meglio il tatuaggio che il ragazzo aveva sulla clavicola sinistra.
«Quando ho compiuto 18 anni, Dean ha voluto regalarmi un tatuaggio e ho scelto questo. È un simbolo di protezione: nel medioevo lo mettevano sulle porte per tenere lontano il male. Le punte rappresentano gli elementi: fuoco, acqua, aria, terra ed etere; il cerchio raffigura l’infinito e il sole l’energia vitale. A Dean è piaciuto così tanto che ha deciso di farselo anche lui.»
«Piace molto anche a me. Ti faccio vedere il mio.» Si voltò, esitò un attimo poi si tolse la camicia hawaiana e si voltò per posarla sulla sdraio. Aveva sulla schiena sei ali aperte e dorate, disposte in ordine di grandezza, le piume finemente delineate. «Ti piacciono?»
«Sì molto, sembrano quasi vere.» Non poté trattenersi dallo sfiorare quei tatuaggi con le dita, Gabriel aveva la pelle incredibilmente morbida e liscia come la seta; sentendolo rabbrividire sotto il suo tocco, Sam s’interruppe di colpo. «Scusami, ti ho fatto male? Non sapevo che fosse fresco.»
L’avvocato abbassò la testa sorridendo timidamente. «Assolutamente no, pasticcino… Il punto è… è che ho la schiena terribilmente sensibile ed è passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che qualcuno ha accarezzato le mie ali. Me le son fatte tatuare quando stavo ancora con Balth. Siccome il mio è il nome di un arcangelo, un giorno in cui eravamo completamente ubriachi, gli dissi che sarei sempre stato il suo arcangelo custode e lui mi sfidò a provarglielo, così mi son fatto tatuare queste. Per una settimana non ho potuto dormire sulla schiena ma non sono pentito.»
«Non ne bastavano due?»
«Non lo sai? Gli arcangeli ne hanno sei» ridacchiò. «Beh, posson sempre tornare utili se diventassi l’arcangelo custode di qualcun altro…»
«A chi arriva primo dall’altra parte!» Sam si tuffò dal bordo e schizzò verso l’altro lato. «Ho vinto!» esclamò toccando con una mano il bordo, si voltò a controllare a che punto fosse Gabriel e vide che era rimasto molto indietro nuotando quasi verticalmente, muovendo lentamente le braccia in piccoli cerchi.
Sam tornò indietro e notò che stava sguazzando con le braccia a rana e le gambe a crawl. «Ma così non vincerai mai! Dovresti…»
Gabriel si girò sul dorso muovendo leggermente le braccia. «L’importante è restare a galla, a me interessa vincere solo in tribunale!» rispose ridacchiando e chiudendo gli occhi. «Rilassati, pasticcino, non tutto dev’essere una gara!»
«Ma a me piace gareggiare… Potresti cronometrarmi?»
«Sai che faccio?» Si rimise dritto. «Prendo il timer della cucina, lo regolo su 15 minuti e conto quante vasche riesci a fare in quel lasso di tempo.» Uscì dall’acqua, rientrò in casa e tornò qualche minuto dopo con un timer a forma di cono gelato e un vassoio pieno di tartine.
Sam cominciò a nuotare avanti e indietro, mentre Gabriel, che si era rimesso la camicia, lasciandola aperta, lo osservava dalla sedia a sdraio. Quando il timer scattò, Sam si avvicinò al bordo sorridendo e chiese: «Allora, quante ne ho fatte?»
«A dire il vero mi sono distratto, potresti rifarle?»
«Dannazione, Gabriel! Avevi detto che le avresti contate!» esclamò seccato.
«Ne hai fatte più di quante riuscirei a farne io, contento? Ti va una tartina?» gli chiese prendendo il vassoio dal tavolinetto.
Sam uscì dalla vasca sbuffando ma quando vide le tartine non poté fare a meno di sorridere: sulla fetta di pane c’era mezzo pomodorino accanto al quale era sistemato un quarto di oliva nera e sotto dei fili d’erba, sull’oliva c’eran due puntini di maionese e sul pomodoro sei, l’insieme dava l’impressione di una coccinella gigante. E ce n’erano più di una trentina. «Le hai preparate tu?»
«Certo, son curioso di sentire il tuo parere…»
«Ma ti ci sarà voluto un sacco di tempo!» disse asciugandosi con un salviettone, prendendone una e sedendosi. Togliendo i fili d’erba, scoprì che sotto il pomodoro c’era uno strato di paté.
«Ehi pasticcino! Anche le zampe sono commestibili, son fatte con erba cipollina» disse Gabriel, intrecciando le mani dietro la testa e godendosi il sole.
«Veramente deliziosa!» e ne prese un’altra, poi un’altra ancora…

Andando in cucina a bere dell’acqua, Sam trovò delle scatolette di latta sullo stesso tagliere su cui, dai semini di pomodoro e altri resti, si capiva che erano state preparate le tartine… “Non può essere!” Ne afferrò una e marciò fuori. «Gabriel! Che cos’è questa?» urlò piazzandogliela sotto il naso.
«Non vedi? È una scatoletta di paté» rispose l’avvocato serafico.
«Questo è paté per gatti
«Ecco perché costava così poco!» esclamò dandosi una manata in fronte.
«Ti prego, dimmi che non l’hai spalmato su quelle tartine…» rantolò Sam.
«Va bene, non te lo dirò» gli rispose Gabriel guardando in alto.
«Oddio, mi sento male…» e a pensarci bene, lui non le aveva mangiate…
Gabriel stette serio per qualche secondo poi scoppiò a ridere: «Ma certo che no, sciocchino! Ho usato normalissimo paté e quelle scatolette le ho piazzate lì solo perché tu le trovassi. Penso che in alcune occasioni facciano la loro porca figura, non trovi? Quando m’invitano alle cene di classe, me ne porto sempre dietro un paio e le piazzo dove gli ospiti possano trovarle.»
Non voleva farlo ma Sam si ritrovò a domandare: «E se a quella cena non ce n’è?»
Inarcò un sopracciglio. «A tutte le cene di classe viene servito paté!» affermò con sicurezza. «È l’unica cosa che le rende divertenti.» A quel punto mangiò una tartina facendogli l’occhiolino.
«A quella mostra… quella in cui hai conosciuto Balthazar, ne avevi portate un paio, vero?»
«Bingo, pasticcino!»


Il pomeriggio dopo, Gabriel gli aprì la porta con indosso il famigerato grembiule e tenendo in mano un vassoio. «Ti faccio conoscere degli altri pasticcini!» Eran dei biscotti, ancora tiepidi, uniti due a due con in mezzo una crema rossa e delle cose in cima che simulavano gli occhi. «Vongolette, lui è Sammy.»
«Fantastiche! La torta per la mia festa… anche quella l’hai cucinata tu?» chiese mangiandone una.
«Sì, ogni tanto mi diverto a fare queste cose» rispose scrollando le spalle.
Sam si ritrovò a fissare la scritta sul grembiule… e distolse lo sguardo.
«Ti stai chiedendo se quello che dice il mio grembiule è vero?» chiese Gabriel, girandosi per entrare in casa.
Sam si strangozzò con la vongoletta, ma gli leggeva nel pensiero? «Gli credo sulla parola!» rispose rauco e seguendolo.
Gabriel si girò verso di lui: «Male! Un avvocato deve sempre appurare la veridicità delle testimonianze. Eppure scommetto che un giorno non resisterai alla curiosità e mi bacerai!» Sfarfallò le ciglia in maniera talmente comica che Sam scoppiò a ridere.
«Che ne dici di andare a fare due tuffi?»
«Dico che tu mi fai sempre bagnare…» rispose Gabriel sorridendogli maliziosamente.


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Capitolo 24
*** «Mi hai scambiato per un parcheggio?» ***


Nonostante il loro studio fosse finito sui giornali per aver vinto una causa importante, e nonostante lo show di Gabriel in pizzeria, sembrava proprio che la popolazione non avesse ancora deciso d’inserire il loro numero nella lista degli avvocati da chiamare per primi, quando c’era un problema, pertanto bisognava ancora andare a caccia di clienti nei tribunali.
Sam stava consegnando i soliti biglietti da visita quando venne raggiunto da un trafelatissimo Gabriel.
«Presto, Sammy, dobbiamo correre in ospedale» disse l’avvocato, afferrandolo per un braccio e trascinandolo via. «C’è stato un incidente.»
«È successo qualcosa a tuo fratello?» chiese Sam preoccupato.
«Per fortuna no!» disse Gabriel, avviandosi velocemente verso l’uscita.
«Ma allora perché andiamo in ospedale?» chiese perplesso e seguendolo.
«Ma sei proprio un pivello! Un incidente significa una vittima da indennizzare, il che significa una causa giudiziaria, il che significa lavoro per noi ma dobbiamo sbrigarci prima che si rivolga a qualcun altro.»
«Ma come fai a sapere che c’è stato un incidente?»
«Appena succede qualcosa del genere, Castiel mi manda un SMS.»
Salirono sul motorino e si diressero verso l’ospedale.

Le prime volte a Sam dava molto fastidio che Gabriel gli si avvinghiasse come un koala, a essere sinceri, non era tanto il contatto con il suo amico che lo metteva a disagio, quanto gli sguardi della gente che gli capitava d’incrociare, alcuni di derisione, altri di disapprovazione o peggio…
Accidenti!” aveva pensato una delle prime volte con stizza. “Perché non si aggrappa alle maniglie come fanno le persone normali? Potrebbe almeno smetterla di appoggiare la testa alla mia schiena, non è la mia fidanzata! Però anche loro non hanno niente di meglio da guardare?” Più di una volta avrebbe voluto affrontare l’argomento ma non sapeva come fare senza ferirlo, anche perché Gabriel saliva a bordo con così tanto entusiasmo che gli sarebbe parso di essere un ingrato, specialmente dopo tutto quello che l’avvocato aveva fatto per lui. Alla fine decise di ignorare quelle occhiate malevole.

«Mi raccomando» disse Gabriel «quando saremo con il possibile cliente, lascia parlare solo me.» Entrarono e gli andò incontro un uomo con il camice, alto circa 1.80, coi capelli neri spettinati e gli occhi blu, molto intensi. «Allora, Cassy, che cos’hai per me?»
«Un uomo investito fuori dalle strisce, secondo alcuni testimoni il conducente guidava troppo veloce. Il paziente è cosciente, si chiama Robert Singer, stanza 122(1).» Aveva una voce roca e profonda.
«Forse il guidatore era ubriaco… ottimo lavoro, fratellino! Questo è Sam, Sam questo è il mio fratellino Castiel.»
«Piacere. Ho sentito parlare tanto di te» disse Sam, porgendogli la mano ma Castiel la fissò per un po’, come se non sapesse che cosa dovesse fare.
Sam stava già per ritirarla imbarazzato, quando l’altro si decise a stringerla dicendo: «Ed io di te, Sam Winchester, il nuovo collega di mio fratello.» Poi si rivolse a Gabriel: «La caposala Masters sostiene che vieni qua troppo spesso.»
«Che c’è di male se vengo a trovare il mio fratellino preferito?»
«Noi non abbiamo altri fratelli…» gli disse perplesso, inclinando la testa da un lato.
«Per questo sei il mio preferito!» ghignò Gabriel, scompigliandogli ancor di più i capelli, mentre Castiel lo fissava ancora più confuso. «Potrei farle credere che in realtà vengo qua per lei… naaa, non la vorrei neanche se fosse l’ultima donna sulla faccia della Terra, preferirei morire vergine, piuttosto!»

Non si potevano immaginare due fratelli più diversi. Oltre le differenze fisiche c’erano anche quelle caratteriali: taciturno Castiel, che in più sembrava non capire le battute e ciarliero Gabriel che ne faceva pure troppe. L’unica cosa che avevano in comune era l’intensità dello sguardo, entrambi davano l’impressione che avrebbero potuto facilmente mettere a nudo l’anima di chiunque.
Sarà una caratteristica della famiglia Novak” pensò Sam.

«Non far caso alle stranezze di mio fratello» gli disse Gabriel, mentre si avviavano verso la stanza indicata. «È talmente preso dal suo lavoro che spesso dimentica l’ABC della socializzazione, ma ti assicuro che se qualcuno dei suoi amici fosse nei guai, andrebbe persino all’inferno pur di aiutarlo.» Arrivati davanti alla stanza, girò la maniglia. «Buongiorno, signor Singer» disse entrando e salutando un uomo di mezza età, con la barba e una gamba ingessata in trazione.
«E voi chi diavolo siete?» chiese burbero.
Sam ebbe l’impressione che se avesse avuto sotto mano un fucile, non avrebbe esitato a impallinarli.
«Gabriel Novak e Samuel Winchester, dello studio legale Fuller&Curtis. Ha già parlato con qualche compagnia di assicurazioni?»
«No» grugnì.
«Bene e non lo faccia, cercheranno di fregarla. Il caso è chiarissimo, quel furfante correva troppo e bisogna fargliela pagare. Ora andremo a parlare con i testimoni, solita prassi ma ci occorre la sua autorizzazione, ha già un avvocato?»
«No, ma perché dovrei farmi rappresentare proprio da due capelloni?»
Gabriel ridacchiò: «Perché siamo i più simpatici e geniali sulla piazza. Ricorda il caso sulle scale difettose della “All for House”? Il nostro è lo studio che li ha messi in ginocchio, non vogliamo un centesimo d’anticipo e ci accontentiamo di un terzo della somma che riusciremo a ottenere» così dicendo, prese un libro che era sul comodino, ci appoggiò sopra la procura e gli mise una penna in mano.
Singer lesse tutto poi firmò, brontolando qualcosa fra i denti.
«Probabilmente quelli dell’assicurazione verranno oggi stesso a offrirle una transazione. Non firmi nulla e mi chiami. Qui c’è il mio numero.» Gli diede un biglietto da visita. «Stia tranquillo, le faremo avere un sacco di soldi.»
«E sarà meglio per voi!» sbuffò.
Appena fuori Gabriel disse a Sam: «Visto come si fa, pivello? Un gioco da ragazzi.»
«E se avesse già avuto un avvocato?»
«Saremmo usciti senza procura firmata e nessun nuovo caso» rispose scrollando le spalle.
«Ma non è contro la deontologia approfittare delle disgrazie altrui?» chiese Sam.
Gabriel arricciò le labbra guardando in alto. «Fammi pensare… Non gli abbiamo puntato una pistola alla tempia, non gli abbiamo rotto l’altra gamba e non abbiamo falsificato la sua firma mentre era sotto sedativi… no, direi proprio di no. Se riusciamo a fargli avere una cospicua indennità, saremo tutti quanti più felici, lui compreso.»

Quando uscirono dall’ospedale, una moto si fermò stridendo ad appena pochi centimetri da loro. Il conducente spense il motore e si levò il casco integrale, scuotendo i lunghi capelli biondi, rivelando così di essere una ragazza.
«Jo? Che cosa ci fai qui?» esclamò Sam sorpreso.
«Sam, giusto? Almeno stavolta ti ho evitato…»
«Lasciami indovinare» intervenne Novak. «Sei la ragazza che tende a scambiare gli avvocati per parcheggi per moto. Io sono Gabriel» disse sorridendole.
«Io sono Jo. Spero che non mi facciate causa ma sono davvero sconvolta.»
«Tranquilla, finché non parcheggi sulla mia giacca nuova con me dentro, è tutto ok» ridacchiò. «Che cosa ti è successo?»
«Per usare il tuo termine, qualche deficiente ha parcheggiato sopra il mio patrigno, mi hanno detto che sta bene ma voglio accertarmene di persona. Scusatemi!» Corse dentro.
«Ma guarda che coincidenza! Comunque avevi ragione su di lei» disse Gabriel a Sam.
«Che intendi dire?» A parte essere stato investito da lei, non ricordava di avergli detto altro su Jo, neanche il nome a ben pensarci.
«Molto giovane e carina.»
«Non ti ho mai detto niente del genere!»
«Lo so, l’avevo solo ipotizzato e tu non mi hai smentito, Chi tace acconsente» rispose ammiccando.


*****

1) Numero che indica quando Bobby compare per la prima volta, stagione 1, puntata 22
Capitolo vergognosamente scop… ehm vagamente ispirato a “L’uomo della pioggia” di Grisham.
Il 90% di questo capitolo è stato scritto settimane prima e in origine avrebbe dovuto seguire “Voglio stare con te!” (avevo deciso di far accettare a Sam l’offerta di Gabriel ma poi ho pensato che poteva anche rifiutarla e lì mi ero impallata). Se trovate qualsiasi stonatura con i capitoli precedenti, per favore, fatemelo sapere. Grazie!
701 visualizzazioni e 126 recensioni, vi ho già detto quanto vi amo? *porge fiori e cioccolatini a tutte quante*

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Capitolo 25
*** «Non sono all’altezza!» ***


«No! Per favore non chiedermelo!» Come poteva Gabriel chiedergli di occuparsi di quel caso?
«Perché no? Sei adulto e laureato» disse l’avvocato, inclinando la testa.
«No! Non mi sento pronto!» strillò Sam, scattando in piedi, camminando su e giù per l’ufficio e gesticolando nervosamente. «Non ce la farò mai! Non sono pronto! Farò una bruttissima figura! Perderò la causa…» “e ti deluderò” aggiunse mentalmente.
Gabriel gli corse dietro e lo afferrò per le braccia, obbligandolo a fermarsi. «Sammy! Calmati e respira. Aria dentro e fuori, dentro, fuori, va meglio? Questa è una professione competitiva, se parti dal presupposto che l’avvocato della controparte è più bravo di te, tanto vale che rimani a casa. Al liceo avrai praticato qualche sport, giusto?»
«Sì, basket» rispose Sam, cercando di calmarsi.
«Bene e cosa vi dicevate prima di gareggiare? Andiamo a farci sconfiggere? Non scendiamo neanche in campo che tanto ci fanno neri?» gli chiese, fissandolo ironicamente.
«Certo che no, ci spronavamo a vincere.»
«E se ciò non succedeva?» chiese Gabriel, continuando a trattenerlo delicatamente per le braccia.
«Ci ripetevamo che ce l’avremmo fatta la prossima volta.»
«E così sono anche i processi, hai visto Dick Roman, no? Tutti dicevano che era imbattibile.»
«Ma tu sei il re dei tribunali!» esclamò Sam.
«Adesso, ma al mio primo dibattimento ero così nervoso che ho rischiato di farmi buttar fuori per oltraggio alla Corte» ridacchiò Gabriel, mollandolo.
«Che avevi combinato?» gli domandò incuriosito.
«Ho quasi vomitato addosso al giudice, per fortuna mi son girato in tempo e ho colpito il cancelliere» sorrise l’avvocato.
«Per fortuna?» si stupì Sam.
«Ma certo! Vomitare addosso al cancelliere non è carino ma non è oltraggio alla Corte» rispose Gabriel, inarcando le sopracciglia.
Sam si mise a ridere.
«Comunque se è perché non vuoi scontrarti in aula con un tuo amico, posso comprenderlo…»
Sam esitò, sarebbe stata la scusa perfetta ma Gabriel poteva fiutare le bugie… «Non è per quello» si decise a dire. «Nelle simulazioni Brady era più bravo di me e mi stracciava sempre!»
«Sei sicuro che sia solo per questo e non perché è amico tuo?»
«Non è un mio amico!» La frase gli venne fuori più aspra di quanto avesse voluto, vedendo l’espressione stupita di Gabriel, prese fiato e continuò: «Credevo che lo fosse ma… ma quando ho avuto quel problema e ho lasciato gli studi, nessuno, nessuno è venuto a informarsi su che cosa mi fosse successo, neanche lui che era il mio compagno di stanza. Non importava a nessuno dove fossi finito…» Si sentì pungere gli occhi.
Gabriel lo fissò, poi allungò una mano, scostandogli dalla fronte una ciocca di capelli che gli era finita negli occhi e sfiorandogli leggermente il viso con le dita. «Sta’ tranquillo, se tu dovessi sparire all’improvviso, io verrei a cercarti, fosse anche in capo al mondo, e ti riporterei qui, anche a pedate se necessario, contento?»
Quel contatto fu talmente inaspettato che Sam s’irrigidì.
Gabriel abbassò la mano sospirando e tornò alla sua scrivania, mentre Sam si risedette alla propria.
«Gli amici, a volte, possono deluderci…» riprese Gabriel con voce atona. «Al liceo avevo un compagno, Ted, eravamo inseparabili, studiavamo insieme e ci dicevamo tutto. Andava tutto bene finché non son stato tanto stupido da confidargli l’unica cosa che avrei dovuto tacergli! Non sapeva della mia bisessualità, mi aveva sempre visto solo con ragazze… Avrei dovuto starmene zitto ma no! Ho voluto rovinare tutto!» disse con malcelata rabbia.
«Che successe?» chiese Sam.
«Eravamo a casa mia e stavamo parlando dei nostri progetti, quando gli rivelai che, oltre le ragazze, mi piacevano anche i ragazzi… Mi diede uno spintone, facendomi finire per terra, e mi urlò cose orribili tra cui “deviato” e “scherzo di natura”, poi scappò. Quel giorno persi il mio migliore amico» sospirando, abbassò la testa e si strinse la radice del naso, strizzando gli occhi.
Sam si sentì male per lui, gli si avvicinò e gli posò le mani sulle spalle, abbassandosi un po’ per cercare di guardarlo negli occhi. «Gabriel, mi dispiace molto… Non era un vero amico quello, non c’è niente di sbagliato in te, sei il miglior amico che uno possa desiderare e mi ritengo molto fortunato a conoscerti.»
«Ehi pasticcino!» esclamò Gabriel, piegando la testa in modo da strusciare la guancia al dorso della sua mano destra, chiudendo gli occhi e posandogli la mano sul braccio. «Lo so benissimo di essere ok, è quel branco di trogloditi là fuori che ancora non se ne rende conto. Secondo loro ho un’inclinazione sbagliata che devo correggere con determinazione. Come se avessi scelto di essere come sono… pensa, potrei essere alto 2 metri e normale, invece preferisco essere bassotto e bisex.» Rise, ma sembrò più un singhiozzo.
Sam conosceva perfettamente la paura di sentirsi rifiutati: l’aveva provata sulla sua pelle, quando era uscito dalla tossicodipendenza. Avrebbe voluto abbracciarlo forte e sussurrargli che andava tutto bene… Stava per farlo, quando bussarono. Sussultò, come se l’avessero sorpreso a rubare, e tornò alla propria scrivania, un po’ perplesso per quello strano pensiero che gli era venuto.
Gabriel si raddrizzò e si schiarì la voce: «Avanti!»
Entrò Chuck su di giri: «Non ci crederete ma ho trovato un editore interessato alla mia storia!»
«Son felice per te, ma sii più specifico, a quale storia è interessato? Ne hai scritte minimo un centinaio da quando ti conosco» disse Gabriel con voce quasi normale.
«A quella sui cacciatori di mostri! Vuole il seguito! Devo informarmi subito sulle creature più strane e pericolose delle leggende!» Corse fuori dall’ufficio.
«A quanto pare invece che l’amore ha trovato l’editore… Tornando a noi un conto sono le simulazioni e un altro i processi reali, quindi…» riprese Novak.
Dopo la confidenza di poco prima, Sam apprezzò ancora di più il fatto che Gabriel avesse deciso di fare coming out con lui; non poteva e non voleva deluderlo… «Hai ragione, sono un avvocato adesso e tenterò di vincere questa causa.»
«Bravo, Sammy! E comunque non sarai solo in aula, ci sarò anch’io lì con te e se avrai un altro complesso d’inferiorità, ti do una bastonata che te la ricorderai per un mese.» Sembrava che Gabriel avesse ritrovato il suo buonumore o, più probabilmente, pur soffrendo, aveva deciso di fingere che tutto fosse ok.
«Tranquillo, non succederà.»
«Sarà meglio per te!» disse, minacciandolo scherzosamente con l’indice. «E Samuel…? Grazie» disse con un sorriso, prima di tornare alle sue carte.




*****

Sul serio, non so perché questo capitolo mi sia venuto così, nelle intenzioni doveva esser leggerino come gli altri ma poi i protagonisti han deciso di deprimersi a vicenda. Perdonatemi!

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Capitolo 26
*** «Devo trovarmi una ragazza!» ***


Sam si rese conto, con stupore, che stava affrontando la rottura della sua storia con Jessica meglio di quanto si fosse aspettato e di ciò doveva dare merito a tre cose. La prima era, stranamente, Garth.
Quando il suo abbraccioso collega aveva saputo che Sam aveva/era stato mollato (non si era ancora capito), aveva fatto scattare un piano che poteva essere definito “Non lasciamo solo Sammy”, la cosa peggiore era che Sam non si poteva neanche opporre, perché Garth metteva subito il broncio, cominciando a piagnucolare.
Così un giorno Sam si era ritrovato a una lezione di yoga in cui aveva tentato, inutilmente, di stare in equilibrio su una gamba sola, tenendo le mani unite sopra la testa, cercando, nel frattempo, di non pensare a strangolare Garth.
In seguito era stato invitato al cinema a vedere un soporifero film filosofico giapponese, ovviamente in lingua originale, e mentre il suo collega s’ingozzava di popcorn, Sam doveva ricordare a se stesso che, anche se erano in una sala buia con pochi testimoni, non poteva commettere un garthicidio.
Sam decise che ne aveva abbastanza. «Se è Garth digli che non ci sono!» sussurrò a Gabriel, prima di nascondersi sotto la scrivania, quando qualcuno bussò alla porta dell’ufficio.
«Non c’è Sammy?» chiese Garth, quando Gabriel gli aprì.
«Non lo vedo da qualche minuto.»
«Gli dici che stasera c’è una lezione sul Feng-shui?»
«Riferirò» rispose Gabriel, chiudendo la porta.
«Gli dirò chiaro e netto che non m’interessa! Son sicuro che sarà un’altra serata noiosissima» bisbigliò Sam, uscendo da sotto la scrivania.
«Meglio annoiato che depresso» rispose Gabriel a bassa voce.
«Io non sono depresso!» esclamò Sam.
«Lui pensa che la tua aurea lo sia ed è convinto di poter aiutarti. Se non lo assecondi, avrò ben due depressi in questo studio e non credo che la cosa mi piacerebbe.»

Si era creato un circolo vizioso: più Garth lo invitava e più l’aurea di Sam si faceva negativa (con pensieri garthicidi molto allettanti) e più la sua aurea diventava negativa e più Garth lo invitava, finché il ragazzo non capì che, pur facendolo annoiare a morte, il suo collega tentava davvero di aiutarlo e questo, insieme all’amicizia con Gabriel, lo fece sentire come se avesse trovato una seconda famiglia.

La seconda era il suo primo caso su cui si era buttato anima e corpo, voleva che Gabriel fosse orgoglioso di lui e che non si pentisse di aver raccomandato la sua assunzione. Non era sicuro di potercela fare, in quanto il loro cliente aveva palesemente torto, però interrogando la moglie e la figliastra, aveva scoperto che sotto la rude scorza del signor Singer batteva un cuore d’oro e Sam sperava di farlo emergere per ingraziarsi la simpatia dei giurati.

«Sam, chi era quello schianto che c’era qui poco fa?» chiese un giorno Charlie, entrando nel suo ufficio.
«Dolcezza, sono sempre io, non riconosci più il vecchio Gabe?» chiese Gabriel, rientrando in quel momento.
«Non tu. Intendo quella ragazza vestita da motociclista.»
«È Jo Harvelle, la figliastra del nostro cliente» rispose Sam.
«Niente male» commentò Charlie, girandosi verso la porta.

L’altro problema era che, nonostante amasse davvero fare l’avvocato, Sam si rendeva conto che gli mancava quell’eloquio irresistibile di cui invece Gabriel e Brady erano forniti e se davvero i giurati danno ragione a chi ha il miglior legale, lui era spacciato. Persino Dean era migliore di lui! Doveva assolutamente farsi dare qualche dritta dal suo fratellone!
«Allora come va il nostro Perry Mason?» ridacchiò Dean al telefono.
«Gabriel mi ha affidato un caso, devo far risarcire un tizio che è stato investito fuori dalle strisce… senti… tu come riesci a convincere la gente a far revisionare l’intera auto, quando spesso vengono solo per cambiare l’olio?»
«Davvero vuoi sapere qual è il mio segreto? È tutto merito dei miei capezzoli vivaci!» sghignazzò.
«Ma quanto sei scemo!» sbuffò Sam divertito.
«Ehi, amico! Guarda che sono serissimo! Senti, se il tuo capo ti ha affidato un caso, vuol dire che ti ritiene all’altezza, no? Altrimenti non l’avrebbe fatto.»
«Immagino che sia così… tu come stai?»
Dean abbassò la voce: «Da quando sei tornato single, papà ha ricominciato con la storia che, siccome ho già 29 anni, devo mettere la testa a posto.»
«Mi dispiace…»
“Senza una famiglia a chi lascerai l’impresa?” era il mantra che John ripeteva spesso a Dean, in quanto a Sam… beh l’officina si chiamava “Winchester & Sons” e il padre si era molto seccato di aver dovuto correggere l’insegna solo perché uno dei due sons aveva deciso di fare l’avvocato.
«Rilassati, troveremo le ragazze giuste per noi, 5ª di reggiseno per me e premio Nobel per te» ghignò Dean.

La terza cosa era, ovviamente, Gabriel: era meraviglioso aver trovato un amico con cui confidarsi e che in più gli aveva messo a disposizione la sua piscina. Sam amava nuotare dove non si toccava e con la sua statura (ben 1,94!) non era facile farlo ed era bello potersi tuffare senza il timore di sbattere la testa sul fondo. Nei week-end faceva quante più vasche possibili, mentre Gabriel teneva il conto, voleva arrivare a farne almeno 100 in mezz’ora, invece la sua media era ferma intorno a 75.
«Dannazione! Continuo a sbagliare le virate!» esclamò frustrato un pomeriggio, dando un pugno all’acqua. Ne aveva viste molte su internet ma non riusciva mai a eguagliarle.
«A me sembrano perfette» disse Gabriel, con il timer in mano. «Dai, vieni a darmi il tuo parere sulle mie doti culinarie.»
Sam sbuffò mentalmente: ma che cosa ne poteva sapere Gabriel? Non sapeva nemmeno tuffarsi!
Entrava in acqua solo scendendo dalla scaletta per poi mettersi a nuotare, vicino al bordo e sempre in superficie, in quel suo modo goffo. «Acqua nel naso e cloro negli occhi è una combinazione che non mi attira» si era giustificato un sabato pomeriggio, galleggiando pigramente sul dorso; insomma era proprio il meno idoneo per valutare le sue performance atletiche, mentre era bravissimo (oltre che nelle aule dei tribunali) in cucina: che fossero dolcetti o tartine sembrava che la sua fantasia fosse inesauribile.
L’avvocato gli allungò il vassoio, aspettando con ansia il suo verdetto, stavolta erano dei biscotti a forma di renna (o alce?).
«Buoni» disse Sam, distrattamente.
Gabriel lo fissò: «O sto perdendo colpi o hai qualche pensiero che ti frulla in testa.»
«Scusami, sono davvero squisiti, avresti potuto fare il pasticcere, sai?»
«E sbattermi per un branco di estranei? Naaa, preferisco farlo solo per le persone che considero speciali. Allora, mi vuoi dire che cosa ti preoccupa? È per il caso che ti ho appioppato?»
«Anche ma più che altro è perché ho di nuovo deluso mio padre. È preoccupato perché nessuno di noi ha ancora avuto figli per portare avanti l’officina, Dean non ha ancora trovato la donna giusta ed io ho rotto con Jessica. Quando mi ero fidanzato, papà aveva smesso di tormentare Dean e non vedeva l’ora che gli dessi dei nipotini, così avrebbe insegnato loro quanto fosse divertente sporcarsi di olio per auto e grasso per motori… Devo trovarmi un’altra ragazza.»
«Una ragazza, eh? E perché non un ragazzo?» gli chiese l’altro, guardandolo in tralice.
«Perché a me piacciono le donne… e poi papà è molto…» esitò un attimo «tradizionalista…»
«Sam, non puoi metterti con la prima che passa, solo per accontentare tuo padre!» Si alzò dallo sdraio. «Samuel, io… devo assentarmi un attimo.» Entrò in casa, uscendone parecchi minuti dopo.
«Gabriel, va tutto bene?» domandò preoccupato.
«Certo, pasticcino!» rispose con un sorriso che a Sam sembrò tirato. «Semplicemente ci sono momenti nella vita in cui bisogna essere soli.»

Qualche giorno dopo Sam stava di nuovo interrogando Jo, quando notò Gabriel prendere il cellulare e digitare qualcosa.
Qualche minuto dopo entrò Charlie: «Hai bisogno di me, Gabe?»
«Sì, potresti continuare tu con Jo? Sam ed io abbiamo un appuntamento» e lo trascinò fuori dall’ufficio.
«Ma quale appuntamento?» gli domandò allibito.
«Sammy, sei intelligente, ma certe cose proprio non le capisci. Non hai notato le occhiate che lancia Charlie alla nostra parcheggiatrice folle? Voglio dar loro la possibilità di conoscersi meglio e chissà che da cosa non nasca cosa e poi abbiamo davvero un rendez-vous: con due coppe di gelato al bar!»

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Capitolo 27
*** «Ricordati di terrorizzare i giurati!» ***


«Sammy, che stai facendo?» chiese Gabriel, mettendosi alle sue spalle.
Era più di un’ora che il ragazzo era davanti al computer, prendendo ogni tanto degli appunti su un block notes. «Studio i casi simili al nostro» rispose girandosi verso di lui. Voleva scoprire come gli altri avvocati avevano impostato la faccenda scoprendo, con costernazione, che avevano tutti patteggiato.
«Non servono a niente, concentrati sul tuo» disse Gabriel, leccando il suo lollipop.
«Ma all’Università ci hanno insegnato a cercare i casi precedenti per impostare quelli nuovi.»
«Ognuno è un caso a sé… posso leggere come hai deciso d’impostare la causa?»
Sam gli allungò dei fogli, esitando: «È… è solo la prima bozza…»
Gabriel prese la sua sedia, si sedette accanto a lui e cominciò a leggere. Quando ebbe finito sorrise e scosse la testa: «Sammy, Sammy, Sammy, la tua linea sarebbe perfetta… se fossimo in un film degli anni Cinquanta, peccato che siamo nella vita reale. Che il nostro cliente, da giovane, allenasse gratis i ragazzi è lodevole ma non ha attinenza con il caso, sii invece pronto a tirar fuori l’esame tossicologico che dimostra che è sobrio da anni, è probabile che Tyson tiri fuori quella vecchia storia dell’alcolismo.»
Sam era mortificato: ci aveva lavorato con tanto impegno ma sembrava che niente di ciò che aveva scritto andasse bene. «Allora, secondo te, che cosa dovrei dire? Il nostro cliente ha torto!» Ma perché avevano accettato quel caso?
L’avvocato dovette percepire quanto si sentisse ferito il giovane dalla sua bocciatura e gli batté una mano sul braccio: «Non prendertela, se fosse stata una causa per l’affido di un minore, la tua impostazione sarebbe stata perfetta.» Gli strinse leggermente l'avambraccio, per incoraggiarlo. «Lo so anch’io che il nostro assistito rischia di essere accusato e condannato per concorso di colpa ma tu non devi scoraggiarti, la soluzione è davanti a noi, se ti rilassi, la vedrai anche tu. Per un attimo, lascia perdere Singer. Che cos’altro sappiamo?»
«Che Dalton andava forte» rispose Sam.
«E quindi che cosa devi dimostrare alla giuria?»
Sam ci pensò un attimo: «Che andava talmente forte che se anche Singer avesse attraversato sulle strisce, Dalton l’avrebbe investito ugualmente.»
«Bravo Sammy! E come lo dimostri?» Gabriel lo fissava come se davvero non sapesse come farlo e solo lui, Samuel Winchester, avesse la risposta.
Sam rifletté: i testimoni eran tutti concordi ma nessuno poteva stabilire a che velocità andava effettivamente. «Non saprei…»
«Sì che lo sai, devi solo rifletterci sopra… lollipop?» gli chiese, allungandogliene uno.
Sam lo prese e lo mise in bocca. “Niente male… come dimostro in maniera inconfutabile che correva talmente forte che non avrebbe avuto il tempo di rallentare? Gabriel sembra saperlo ma vuole che ci arrivi io… anzi è sicuro che troverò la soluzione e se non ce la faccio? Dice sempre che mi ha fatto assumere perché sono intelligente… ma se dovessi fallire? Sam, calmati… Allora Dalton correva troppo… come fa spesso anche Dean…” Spalancò gli occhi, quante volte erano arrivate a casa multe corredate di foto con indicata anche la velocità?
«Dalla tua espressione direi che hai trovato la soluzione, è così?» gli chiese Gabriel, con un sorriso da un orecchio all’altro.
«Devo scoprire se ci sono degli autovelox su quella strada, prima del punto d’impatto» rispose Sam eccitato.
«Lo sapevo che eri in gamba» gli disse, scompigliandogli i capelli. «E ricordati di terrorizzare i giurati.» Prese la sedia e tornò alla sua scrivania.
«Come terrorizzare i giurati?» Sam era talmente stupito che scordò quasi subito che odiava farsi scombinare la capigliatura.
«Certo. Uno che guida in maniera così sconsiderata è un pericolo per tutti quanti, giurati compresi, quindi bisogna far capire loro che le strade non saranno sicure finché quel tizio può girare impunemente. Argomenti emotivi con la giuria, logici con il giudice; vedrai, ti verrà istintivo come usare il freno o l’acceleratore.»
«Non riuscirò mai a essere come te!» sospirò Sam.
«E chi ha detto che devi essere come me? Io sono unico e inimitabile!» Gabriel spalancò le braccia e socchiuse gli occhi, ridacchiando. «È solo questione di pratica, devi trovare un tuo stile, comunque che sia ironico, apocalittico o altro non devi mai dare l’impressione di star recitando, il motore dev’essere sempre la passione, non la paura di fallire, devi credere in quello che dici e la giuria starà con te. Un consiglio per l’arringa: non più di dieci minuti, all’undicesimo il giudice ti odia e i giurati sperano ardentemente in un’irruzione improvvisa di una mandria di bisonti impazziti.»
«Cercherò di ricordarmene. Senti… non voglio continuare ad approfittare della tua gentilezza, perciò stavo pensando che durante i week-end potrei frequentare una piscina pubblica, ne conosci qualcuna?»
Gabriel sbatté le palpebre. «Lo sai vero che in quelle tu, al massimo, puoi farti solo un pediluvio? Ti assicuro che sono più che felice di metterti a disposizione la mia, almeno qualcuno se la gode fino in fondo
«Sì, ma là troverei un istruttore che m’insegnerebbe come eseguire le virate e poi potrei conoscere qualche ragazza… magari qualcuna non riesce a svitare la bottiglietta dell’olio abbronzante… sai com’è…» obbiettò Sam.
«No, Winchester, non so com’è. Secondo te, con il mio stile da fuoriclasse, vado a nuotare nelle piscine pubbliche? Cos’è, la mia non va più bene? Comunque fa’ come vuoi!» concluse aspro. Sfogliò nervosamente le carte che aveva davanti a testa bassa, le labbra serrate, stringendosi ogni tanto la radice del naso e strizzando gli occhi.
Sam non capì perché Gabriel se la fosse presa tanto.
Gli vennero in mente tutte le volte che era andato a casa sua: ogni volta il collega gli aveva fatto trovare tanti dolci o tartine che avrebbe benissimo potuto comprare, eppure aveva preferito prepararli con tanta cura e dedizione solo per fargli capire quanto gradisse la sua compagnia…
In quel momento intuì che dietro quell’aria scanzonata, che Gabriel ostentava il più delle volte, si nascondeva la paura della solitudine. Si sentì un raspo in gola, ma davvero voleva ferire il suo migliore amico solo per imparare a far le virate e rimorchiare qualche ragazza? “Che cosa ho fatto?” «Ga… Gabriel?» lo chiamò esitante.
«Sì, Sammy?» chiese a bassa voce, sollevando la testa e strizzando gli occhi.
«I pediluvi preferisco farli a casa. Durante i week-end, voglio nuotare in una piscina vera, profonda tre metri per intenderci… se tu non hai niente in contrario…»
«E le ragazze che non riescono ad aprire la bottiglietta dell’olio solare?» domandò Gabriel, con un mezzo sorriso.
«Si faranno aiutare da qualcun altro» affermò Sam.


Qualche giorno dopo, Charlie entrò nell’ufficio di Gabriel con un sorriso luminoso, chiuse la porta e ci si appoggiò. «Gabe. Io. Ti. Amo!»
Gabriel rimase per un attimo interdetto, poi spalancò le braccia e andò verso di lei, sorridendole malizioso. «Anch’io ti amo, dolcezza! Vieni qua che facciamo follie!»
«Non in quel senso, stupido!» esclamò Charlie, dandogli un pugno scherzoso sul braccio.
«Ahio!» Si strofinò la parte lesa. «Allora devo dedurre che la tua dichiarazione di poc’anzi era il tuo modo di ringraziarmi per averti fatto conoscere Jo e che lei condivida i tuoi gusti cromosomici, giusto?»
«Quasi, le piace anche l’accoppiata XY ma ci penserò io a far sì che non si guardi troppo intorno.»
«Son sicuro che ci riuscirai. A quanto pare si è avverato un terzo delle previsioni di Pamela, adesso mancano soltanto i restanti due terzi» disse Gabriel, guardando pensieroso verso Sam.



*****


L’ispirazione arriva nei momenti più strambi, stavo già per postare un racconto angelico già pronto, quando son riuscita a finire questo. Tenete conto che ho cominciato a scriverlo ieri sera alle 21.00 e ho finito ora alle 06.37. Il bello è che mi sembra di essere qui solo da 5 minuti. Se trovate qualsiasi cosa che non va, fatemelo sapere, è probabile che, complice l’ora tarda, abbia scritto un bel po’ di sciocchezze. Mentre lo leggete, sappiate che sarò a nanna (i "vantaggi" di esser disoccupate). Buonanotte!

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Capitolo 28
*** «Ora sì che sono un avvocato!» ***


Il sogno di Sam era ancora trovare qualcuna da amare e con cui metter su famiglia. La voleva carina, intelligente, premurosa e, possibilmente, che sapesse anche farlo ridere ma aveva deciso di accantonare la ricerca a dopo il processo.
Nel frattempo si era rimesso alacremente al lavoro, aveva fatto un paio di telefonate, scoprendo che c’era davvero un autovelox qualche metro prima del punto dell’incidente e si era fatto mandare una copia della foto di Dalton con indicata la velocità cui stava correndo. Per corredare meglio le sue argomentazioni aveva chiesto aiuto a Charlie, esponendole la sua idea e lei si era detta entusiasta. Scrisse una nuova arringa concentrandosi stavolta sul querelato. Rileggendola si rese conto che si era lasciato trascinare dalla rabbia perché sua madre era morta per colpa di un tizio simile, sperò solo che stavolta andasse bene, comunque era confortante sapere che ci sarebbe stato Gabriel ad aiutarlo.

Quando Sam andò a trovarlo durante il week-end, questi gli fece trovare ben due varietà di stuzzichini, sempre in quantità industriali.
Una erano dei fiorellini salati con i petali di pastafrolla colorata di rosa con le barbabietole e il polline era una deliziosa crema di carote e parmigiano; l’altra erano dei tramezzini, a forma di galletto, formati da due fette rotonde di pan carré per il corpo; provola e olive nere per gli occhi; un formaggio arancione e del prosciutto crudo, sapientemente intagliati, per simulare tutti i dettagli dell’animaletto.
Sam ne fu commosso: pensò che fosse il suo modo di ringraziarlo per non averlo lasciato solo. «Ma sei incredibile! E che buoni!» gli disse, dopo averli assaggiati entrambi.
«Pensi che alle piscine pubbliche abbiano queste specialità?» gli chiese Gabriel, malizioso.
«Credo proprio di no, vorresti leggere la mia arringa?» gli domandò, porgendogli dei fogli.
«Sammy, persino il Padreterno si è riposato il settimo giorno!» sbuffò. «Dai, fammi vedere.» La lesse attentamente, mentre Sam tratteneva il fiato. Finalmente lo guardò. «Samuel, ottimo lavoro, hai centrato in pieno il bersaglio. Anche se Dalton non ha ucciso il nostro assistito, avrebbe potuto farlo e ricordati di sottolinearlo se il tuo ex amico Tyson dovesse fare delle obiezioni sul fatto che fai delle illazioni.» Gli riconsegnò i fogli. «Ora fa’ finta di essere nell’aula del tribunale e che io sia il querelato e fammi vedere come la pronunceresti.»
«Signori della giuria, quest’uomo…» esordì Sam.
«Fermo lì!»
«Ma ho appena iniziato…» Che cosa c’era che non andava?
«Mi devi indicare, devi additarmi al pubblico ludibrio, se tu non hai il coraggio di farlo, la giuria potrebbe non avere il coraggio di condannarlo. Su, ricomincia…»

Nei giorni successivi, Gabriel ipotizzò tutte le domande che avrebbe potuto fare Brady, allenando sia Singer sia Sam a rispondere o a obiettare adeguatamente a ognuna.

Il giorno del processo, Sam aveva deciso di portare con sé la sua bilancia, quando la vide, Gabriel ghignò: «Non son sicuro che porti fortuna, l’ultima volta che l’hai portata in un’aula di tribunale, il tuo cliente ha perso!»
«Ma io volevo che perdesse! E poi mi ha davvero portato buono, mi ha fatto ritrovare te… cioè mi ha fatto tornare nel tuo studio…» Si sentì avvampare. «Dev’essere il nervosismo…» balbettò.
«Può darsi…» ridacchiò Gabriel.
Mentre Brady spiegava perché il suo cliente era innocente e il signor Singer colpevole, questi brontolò: «Che palle! Ci manca solo che mi chiedano di risarcirgli il cofano che gli ho ammaccato.»
Poi Tyson passò a interrogare Singer, rispolverando la morte della sua prima moglie, uccisa da un rapinatore, e insinuando che in realtà lui si fosse buttato sotto la macchina di Dalton proprio con l’idea di farla finita, perché si sentiva ancora in colpa, per averla lasciata sola a casa.
Sam fu così stupito che non riuscì subito a replicare, per fortuna c’era Gabriel: «Obiezione! Si parla di una faccenda di un quarto di secolo prima!»
«Accolta!»
«Mi dispiace» sussurrò mortificato Sam a Gabriel. «Sarei dovuto intervenire io.»
«Non ti preoccupare» gli rispose, stringendogli leggermente la mano. «Il primo giorno nessuno è al suo meglio.»
«Dopo quella tragedia, lei ha avuto gravi problemi di alcolismo e ora vuole farci credere che non tocca più un goccio da anni?» chiese con aria scettica Tyson a Singer.
«Per la miseria! È così!»
«Signor Singer! La prego di rispondere in maniera più consona alle domande dell’avvocato Tyson» lo redarguì il giudice.
Poi toccò a Sam che mostrò alla giuria l’esame tossicologico, secondo cui il signor Singer era pulito da anni, poi chiese al loro cliente se avesse avuto davvero intenzione di suicidarsi.
«Certo che no!» sbuffò. «Non dimenticherò mai Karen ma amo Ellen e sono molto affezionato a Jo e non farei mai una cosa così idiota!»
Quando fu la volta del radiologo, Tyson lo accusò di mentire perché il fratello di Gabriel, Castiel, era un suo collega.
«Le lastre non mentono!» esclamò indignato. «E la mia professionalità non può essere messa in discussione!»
«Le lastre ci dicono soltanto che è stato investito e ciò non sarebbe successo se il signor Singer avesse attraversato sulle strisce!»
Era giunto il momento per Sam di tirare fuori il suo asso dalla manica ovvero la simulazione al computer dell’incidente, creata da Charlie, d’accordo la foto ma un bell’effetto scenico, come quando Benson era caduto dalla scala, era quello che ci voleva.
«Che cos’è? Un videogioco?» chiese Brady annoiato, quando vide il filmato. «Avvocato Winchester, pensavo che fosse troppo cresciuto per queste cose.»
Calmati, Sam” «No, questo è il suo cliente che è convinto di essere una palla da bowling e che i pedoni siano birilli!»
La simulazione era proprio realistica e Sam notò, con piacere, che parecchi giurati ne furono colpiti. Quando tornò al suo posto, Gabriel gli diede delle pacche incoraggianti sul ginocchio. «Stai andando benissimo, Sammy!»

«Ripensandoci avrei potuto…» cominciò a dire Sam al bar, mentre aspettavano la sentenza.
«Sammy» lo interruppe Gabriel, «ormai è andata… come quando tiravi la palla per fare canestro… a questo punto non c’è più niente che possiamo fare, solo aspettare, potrebbe essere questione di pochi minuti o qualche giorno ma ricordati, comunque vada a finire, sono molto orgoglioso di te!»
Sam arrossì lusingato. «Come facevi a sapere che cosa avrebbe chiesto Brady?»
«Uff! ‘sti avvocati! Tutti uguali, sempre lì a pescare nel torbido. Una volta che lo sai, nessuna domanda può più sorprenderti.»
«Però tu sei diverso…»
«Già, si potrebbe farne una serie televisiva “Gabriel, l’avvocato con la coscienza”; peccato che la boccerebbero perché non è realistica» ridacchiò.

Mentre ascoltava il portavoce della giuria, Sam non riusciva a crederci: aveva vinto! Avevano dato ragione a lui e al loro cliente!
«Sapevo che ce l’avresti fatta!» esclamò Gabriel abbracciandolo.
Al diavolo quello che dicono i professori!” Sam lo strinse intorno alla vita e, senza rendersene conto, lo sollevò da terra. «Senza di te, non ci sarei mai riuscito! Grazie!»
Gabriel spalancò gli occhi sorpreso. «Sammy…» ansimò, aggrappandosi a lui, con gli occhi che gli brillavano.
Sam si sentì gli sguardi di tutti addosso ma che cosa stava facendo? «Oddio, scusami! È stata la foga del momento!» disse, rimettendolo giù. Che cosa gli era saltato in mente?
«Non devi scusarti, come ti ho già detto, adoro fare l’orsacchiotto! Sai, pasticcino? Dovresti lasciarti andare più spesso» gli disse Gabriel, sorridendo da un orecchio all’altro.
«Prendetevi una stanza!» sentì brontolare Singer.
Sam arrossì imbarazzato ma era felice: aveva vinto il suo primo caso, ora era davvero un avvocato!




*****

Qui e qui trovate le foto dei tramezzini descritti.
Avevo scritto molte più cose sul processo ma sarebbero venuti fuori ben due capitoli, perciò ho deciso di sfrondare un po’.

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Capitolo 29
*** «Sei innamorato di me?» ***


La temperatura si è alzata all’improvviso e non ho potuto far niente per impedirlo… Spero solo di aver messo il rating giusto.

 
*****

Jessica era tornata e si stava facendo perdonare per averlo lasciato qualche mese prima.
Sam era in piedi senza pantaloni, appoggiato al tavolo della cucina per non cadere e lei era inginocchiata davanti a lui… A dire il vero non si ricordava che fosse così brava…
Si aggrappò ancor più forte al tavolo. «Sììì…» ansimò. «Cooosììì… oh sììì…» Non riusciva a vedere il suo viso nascosto dalla chioma ma immaginò i suoi occhi lucidi dal desiderio e quella lingua saettante che gli stava regalando delle sensazioni indescrivibili…
«Son felice che tu sia tornata!» rantolò, passandole una mano fra i capelli e notando che erano un po’ più scuri e molto più corti da come li ricordava, l’afferrò per la nuca e le tirò all’indietro il capo…
Subito apparvero due occhi ironici e dorati e un naso troppo lungo per essere quello di Jessica…
Sam balzò sul letto a sedere sconvolto: aveva appena sognato di fare sesso con Gabriel Novak!

Strappò dal letto le lenzuola fradice di… “Oh, mio Dio! Son proprio venuto alla grande…
Gli succedeva ogni volta che faceva sogni erotici, ma erano sempre con ragazze, che diamine! Che cosa gli stava succedendo? Non aveva mai avuto fantasie su altri uomini, neanche quando era ancora al liceo e si spogliava con gli altri, dopo le partite di basket e sì che ne aveva visti di bei ragazzi! Neanche con Brady che girava nella stanza che condividevano quando erano compagni di studi con indosso soltanto un asciugamano, neppure troppo coprente, dopo aver fatto la doccia.

Siccome non riusciva più a riprender sonno, prese il suo portatile e digitò “sognare di far l’amore con un amico / collega”. Dopo aver letto (e scartato) le più ovvie spiegazioni: era sessualmente attratto da Gabriel ma non voleva ammetterlo; trovò altre interpretazioni.
Secondo un sito non si trattava di attrazione ma di semplice eccitazione per il suo lavoro, poteva essere, no? Siccome aveva appena vinto la sua prima causa ed era stato Gabriel ad aiutarlo a far sì che ciò succedesse, nel sogno l’aveva semplicemente condivisa con lui. Per un altro aveva rinunciato all’amore (raffigurato dalla sua ex) per il lavoro (rappresentato dal suo collega). Per un altro ancora significava che Gabriel aveva delle qualità che lui avrebbe voluto possedere. Ma l’avvocato non era solo un amico, era anche il suo capo e questo poteva significare che Sam voleva far carriera, sottomettendo gli altri.
«Che confusione!» disse il ragazzo fra sé. «Comunque penso che la spiegazione corretta sia che mi piacerebbe avere alcune delle qualità di Gabriel: la sua intelligenza, la sua parlantina… ma questo lo so già, non ho bisogno di fare un sogno simile… Anche la soddisfazione per la vincita della causa ci può stare… di certo non significa che sono attratto da lui… e se invece fosse il contrario? Se fosse lui a essere innamorato di me? Oddio, spero proprio di no!»
A ben guardare c’erano tanti piccoli indizi che potevano far pensare a una cosa simile: il fatto che avesse insistito per farlo assumere, unico fra tutti gli stagisti, la reazione che aveva avuto quando Sam gli aveva detto che voleva andare in una piscina pubblica, quel quasi bacio dopo il massaggio alla schiena… Sam spalancò gli occhi, come poteva averlo dimenticato?
«Dovrei parlargliene? Eh già, entro in ufficio e gli chiedo: “Gabriel, sei innamorato di me?” Se mi sbagliassi, lo metterei solo in imbarazzo e se avessi ragione, non saprei ricambiare i suoi sentimenti e non voglio ferirlo… forse è meglio lasciar le cose come sono.»
Era il migliore amico che avesse mai avuto, gli voleva bene e gli era grato per tutto quello che aveva fatto per lui, ma proprio non riusciva a immaginarselo come un possibile fidanzato, mentre con Jessica… quando l’aveva vista per la prima volta, si era sentito il cuore in gola, le farfalle nello stomaco, le mani sudate… Quando lei aveva accettato di sposarlo, si era sentito l’uomo più felice sulla faccia della Terra.
Sam non aveva dubbi, quello era amore, anche se era finito così male.

Quella mattina andò al lavoro di malumore. “Sam, levati quello stupido sogno dalla testa!
Era un sogno, solo un dannatissimo sogno, il fatto però che il suo collega girasse per l’ufficio, facendo ruotare la lingua intorno al suo lollipop, non contribuiva certo alla sua sanità mentale. Quando si accorse che il proprietario della suddetta lingua lo stava osservando, avvampò.
«Ehi, Sammy! Tutto bene? Hai una faccia…»
«Non chiamarmi Sammy!» sbottò.
«Che ti succede?» domandò Gabriel, fissandolo preoccupato.
Mi sei comparso in sogno a farmi…” non voleva neanche pensarci. «Scusami… ho fatto un sogno… e non son più riuscito a riaddormentarmi» mugugnò.
«Vuoi condividerlo con il resto della classe?»
«NO!» strillò Sam con voce strozzata
«Calmati, pasticcino, e ricordati che per quanto sia stato brutto, non era reale e non può farti del male.»
Già, ma il problema è che mi è piaciuto e pure molto. Sam, smettila di pensarci!


Però, nonostante i suoi propositi, non riusciva proprio a non scervellarsi: quel sogno era stato così vivido ed eccitante che nei giorni seguenti non riusciva a concentrarsi sul lavoro ma continuava a guardare Gabriel di sottecchi, (distogliendo rapidamente gli occhi, quando l’altro si girava a fissarlo), e a domandarsi come sarebbe stato mettersi con lui.
Difficile dirlo: da una parte era premuroso, intelligente e, osservandolo, Sam si rese conto che era anche carino con quel viso da folletto, gli angoli della bocca perennemente atteggiati in un sorriso ironico, gli occhi dorati e i capelli biondi che gli si arricciavano intorno alle orecchie, dall’altra c’erano gli scherzi di pessimo gusto, il disordine e, soprattutto, rimaneva il fatto che era un uomo e Sam si sentiva attratto soltanto dalle donne, perciò era giunto alla conclusione che, per quanto Gabriel gli fosse simpatico, non lo amava.
Forse mi sto preoccupando per niente. Se davvero dovesse dichiararsi, gli dirò che sono lusingato ma che sono etero, che intendo rimanerlo e che lo considero solo un carissimo amico.


Anche quel sabato pomeriggio Sam era stato invitato a casa di Gabriel, strano non trovarlo sull’uscio ad accoglierlo con un vassoio pieno di dolci o tartine e una battuta scherzosa.
Lo cercò chiamandolo in ogni stanza ma in casa non c’era. “Eppure sapeva che sarei arrivato a quest’ora, dov’è finito?” pensò irritato.
Andò verso la porta che dava sul retro dove si trovava la piscina, se Gabriel stava nuotando sott’acqua, poteva non averlo… Il pensiero lo colpì come una frustata: “Gabriel non nuota mai sott’acqua!” Corse fuori.
«Gabriel!» Gli sembrò che il cuore gli si fosse fermato.
L’aveva trovato: era riverso a terra, in costume da bagno, con un vassoio accanto e vari dolcetti sparsi tutt’intorno.

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Capitolo 30
*** «Ti prego, apri gli occhi!» ***


«Oddio, Gabriel!» Sam si precipitò da lui e lo girò, sperando di vederlo scoppiare a ridere, cantilenandogli: «Ci sei cascato! Ci sei cascato!» invece aveva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta; lo scosse per una spalla: «Ti prego, apri gli occhi!»
Nessuna reazione, inoltre Sam si accorse con terrore che non stava respirando, freneticamente provò a sentirgli il battito del polso ma non riuscì a trovarlo. «No, ti prego, no…» gemette angosciato.
Per un attimo vide la sua vita senza il suo miglior amico, senza i suoi sguardi pieni di affetto e ironia, senza i suoi scherzi, senza lui che lo chiamava “pasticcino”…
Sperando che non fosse troppo tardi e cercando disperatamente di ricordare come si facesse la respirazione artificiale, gli tappò il naso, appoggiò le proprie labbra sulle sue e aveva appena cominciato a soffiare quando, con sua somma sorpresa, sentì una mano accarezzargli i capelli, un braccio cingergli la schiena, mentre la lingua della “vittima” s’intrufolava gentilmente nella sua bocca per allacciarsi alla sua in una danza sensuale, sfiorandola, lasciandola e riprendendola; sul momento Sam ricambiò, sentendosi girare la testa ma dopo qualche secondo si staccò, guardandolo sconvolto.
«Te l’avevo detto che prima o poi mi avresti baciato» gli disse Gabriel puntellandosi sui gomiti e sorridendogli sfacciatamente.
«Per te è tutto uno scherzo, vero? Un’occasione per ridere alle spalle delle persone!» gli urlò Sam. Si sentiva ingannato: Gabriel l’aveva spaventato a morte solo per essere baciato e vincere quella stupida scommessa!
«No, Sammy, non è così! Volevo sapere che cosa si prova a farmi baciare da te, anche per una volta sola…» Vedendo che Sam si era alzato dandogli le spalle, mormorò: «Sono un idiota, probabilmente ora non vorrai più vedermi…»
«Hai idea di come mi sono sentito? Ho creduto di averti perso!» gli domandò rabbioso, ancora girato e serrando i pugni.
«Mi dispiace… Samuel, io… io ti amo…!» rantolò l’avvocato.
Sam sospirò: era giunto il momento di fargli quel discorsetto patetico in cui gli avrebbe spiegato che lui, invece, non lo amava e che lo considerava soltanto un carissimo amico. Si voltò a guardarlo: era ancora seduto ansimando rumorosamente per riprendere fiato, con le mani appoggiate a terra, la testa bassa e i capelli che gli spiovevano sugli occhi. Vederlo così indifeso gli scatenò, suo malgrado, un’ondata di tenerezza.
«Prima non avrei mai osato farmi avanti, eri fidanzato con Jessica…» proseguì Gabriel. «E non sembravi attirato dalla combinazione XY… e anche se lo fossi stato… hai un fisico talmente perfetto che… che probabilmente non ti sarebbe interessato uno con la pancetta… Mi sarei accontentato di vederti tutti i giorni ed esserti amico ma… ma quando mi hai preso in braccio davanti a tutti, avevo cominciato a sperare e… e ho notato che ultimamente mi stavi osservando come se… se mi stessi prendendo in considerazione… ma poi ti ho sentito chiedere a Chuck se… se nel suo gruppo di scrittura c’era qualche ragazza interessante e… e ho perso la testa…» Lo guardò da sotto in su, supplichevole.
Se invece di un Gabriel, fosse una Gabrielle…
Era il momento della verità: poteva spiegargli con gentilezza che tra loro poteva esserci soltanto una bella amicizia oppure poteva essere sincero con sé stesso… Amava Gabriel. Era stato uno scherzo crudele, ma era stato proprio nel momento in cui aveva creduto di averlo perso per sempre che aveva capito quanto fosse diventato importante nella sua vita e che quello che provava per lui andava ben oltre la semplice amicizia. A un tratto capì perché si trovava così bene con Gabriel: con lui non aveva mai bisogno di recitare, di fingere di essere migliore di ciò che era. Persino quando gli aveva confidato il suo passato di tossico, la notizia era stata accolta con tranquillità e qualche battuta scherzosa e si rese conto anche di un’altra cosa: quando era con lui, si sentiva completo, come se tutti i tasselli della propria vita avessero finalmente trovato la giusta collocazione. Probabilmente senza i pregiudizi che gli aveva inculcato il padre, si sarebbe reso conto molto tempo prima che amava Gabriel, invece di continuare a ripetersi che era soltanto un amico.
Gli s’inginocchiò davanti, scostandogli con delicatezza i capelli dalla fronte per guardarlo in quegli incredibili occhi dorati, scoprendo così che non stava ansimando ma singhiozzando. «Senti, Gabe, per me questa situazione è del tutto nuova… mi son sempre piaciute solo le ragazze ma… ecco, devo ammettere che… sì, insomma… Voglio stare con te!» esclamò baciandolo con foga.
Gabriel, sorpreso, gli mordicchiò il labbro inferiore, circondandogli il volto con le mani e accarezzandogli le orecchie, provocandogli dei piacevoli brividi lungo la schiena, Sam socchiuse la bocca e la lingua dell’avvocato s’intrecciò alla sua. Si staccarono dopo qualche minuto, ansimanti.
«Il tuo grembiule ha proprio ragione: baci meglio di come cucini e sappi che sei un cuoco superlativo!» esclamò Sam estasiato.
Gabriel lo guardò con adorazione, passandogli le dita fra i capelli: «Oh pasticcino! Mi hai fatto letteralmente impazzire: un ragazzone alto due metri che ancora arrossisce come una tredicenne… sei semplicemente adorabile!»
«E tu sei la persona più fantastica che io conosca!» affermò Sam accarezzando il volto di Gabriel che socchiuse gli occhi con aria beata, baciandogli il palmo. «Sei incredibile. Sei divertente, intelligente, premuroso e adoro anche la tua pancetta!» disse passando ad accarezzargli il morbido ventre. Sam non avrebbe mai immaginato di abbracciare e baciare un altro uomo ma coccolare Gabriel gli dava una sensazione così dolce e bella che si ritrovò a chiedersi perché avesse aspettato così tanto a farlo.
Gabe chiuse gli occhi, si appoggiò ai gomiti, gettò la testa all’indietro e si abbandonò a quei tocchi, fremendo quando le dita di Sam lo sfiorarono intorno all’ombelico, tracciando delle spirali.
«Ho cominciato a provare qualcosa per te il giorno in cui sono stato investito, mentre mi medicavi e quel qualcosa è cresciuto con il tempo» proseguì Sam, facendolo rabbrividire dal piacere quando gli infilò le dita nel costume. «Purtroppo ho capito che era amore solo qualche minuto fa.»
«A… allora… non è stata… un’idea così… così malvagia se è… è servita a… ad aprirti… gli occhi…» ansimò, ammiccando.
«Non farmi mai più uno scherzo del genere! Ho creduto d’impazzire!» lo sgridò Sam, stringendolo forte e baciandolo in fronte.
«Certo che no» rispose Gabriel, strofinandogli il naso sul collo. «Inoltre non sono molto bravo a trattenere il fiato a lungo, se tu avessi aspettato un altro paio di secondi a “rianimarmi”, mi sarei fatto scoprire, mandando così a puttane il mio piano geniale.» Gli passò le mani dietro la schiena, accarezzandogliela e gli titillò con la lingua il pomo d’Adamo, come se fosse stato uno dei suoi lollipop, facendolo fremere, lentamente gli sbottonò la camicia, lasciandogli una scia di teneri baci sul petto, infine si alzò con gli occhi che gli brillavano di gioia e gli chiese, porgendogli la mano: «Pasticcino, avresti voglia di riempire il vuoto che c’è in camera mia?»
«Peccato però aver sprecato quei dolcetti…» disse Sam, guardando quelle delizie che giacevano abbandonate sul terreno.
«La plastica non si spreca mai, quelli veri sono in frigo per dopo…» ridacchiò Gabriel, con ancora la mano tesa.
Sam scoppiò a ridere e afferrandogliela si alzò.
Mentre lo seguiva, pensò alle stranezze della vita, quello che aveva ora non era ciò che aveva pianificato per tanti anni ma era sicuramente meglio: aveva un lavoro che gli dava soddisfazioni, una strana famiglia allargata e, soprattutto, aveva trovato una persona che lo amava e lo rendeva felice.




*****

Lo so, avrei voluto (e dovuto) piazzare qui una bella scena che mostrava i nostri piccioncini a letto, finalmente liberi di… ma ho scoperto che sono totalmente incapace di scrivere su quest’argomento, da qui la decisione di far calare il sipario un attimo prima. Spero che il finale vi sia comunque piaciuto. Ringrazio SPN Castiel 99, Phoenix84, Keep Calm, Cin75, Samara89, Fava, Jerkchester, LiveLongAndProsper, Ikillsiriusblack,Never_say_forever, Angelika4ever, Daisy_of_light, Heavensent, Ally I Holmes, DanzaNelFuoco, e tutte le altre amiche che l’hanno letta, messa nelle seguite, preferite o ricordate.
Grazie di cuore a tutte quante!

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