Where's the man behind the beast?

di B e l l e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** All is lost, hope remains. ***
Capitolo 2: *** Mind walls ***
Capitolo 3: *** Something's going on ***



Capitolo 1
*** All is lost, hope remains. ***


Where's the man behind the beast?

 

 

 

All is lost, hope remains.


 

Lo aveva fatto davvero. Quasi non riusciva a crederci, ma lo aveva fatto: aveva esiliato Rumplestiltskin da Storybrooke e lui non sarebbe più potuto tornare; lo aveva spinto oltre il confine, grazie al potere che il pugnale dell'Oscuro aveva su di lui, e lo aveva visto sparire nel nulla. Non aveva udito la sua voce implorante che la chiamava, non aveva visto la sua gamba cedere a causa della ferita 'di guerra', né il suo corpo privo di magia accucciarsi sul cemento freddo o le lacrime che continuavano a scendere sul suo volto disperato.
"In passato ho visto l'uomo dietro la bestia, ora vedo solo una bestia." – questo gli aveva detto, ma la persona al di là del confine sembrava tutto meno che una bestia; sembrava solo un uomo terrorizzato dalla vita, spezzato dal dolore, distrutto dalla perdita...
Belle non aveva pensato a lungo alle conseguenze del proprio gesto, aveva reagito d'istinto quando si era accorta di tutte le bugie che suo marito le aveva raccontato mentre faceva i suoi sporchi comodi; aveva trovato quel guanto, lo stesso che un tempo Rumplestiltskin aveva scambiato per salvarla, lo stesso che, a quanto pareva, il Signore Oscuro si era ripreso con la forza. Non aveva scelto lei, lui voleva tutto.
Aveva azionato quel guanto, il suo potere di trovare la debolezza più profonda di una persona, e così, aveva trovato la debolezza più grande di Rumplestiltskin: il vero pugnale. Quello che aveva lei era un falso, il pugnale dell'Oscuro era ben nascosto; probabilmente, Rumplestiltskin se ne serviva per i suoi scopi, per liberarsene senza perdere i poteri, come diceva lui. Rumplestiltskin voleva tutto e, adesso, non aveva più niente.
Belle si era resa conto di aver perso la propria strada, nel tentativo di aiutare il suo Vero Amore a trovare la sua, a combattere l'oscurità; si era accorta di aver fatto qualsiasi cosa per Rumplestiltskin, mentre lui non l'aveva mai messa al primo posto, aveva sempre preferito il potere. Per questo, gli aveva urlato in faccia tutto il dolore che provava, tutta la rabbia nei confronti dell'uomo in cui aveva riposto la propria fiducia, che aveva amato incondizionatamente, nonostante l'oscurità che lo affliggeva.

Erano passati giorni dall'esilio di suo marito, da quell'addio non pronunciato, ma così tangibile nell'aria fredda di Storybrooke, e Belle aveva occupato il tempo sistemando la biblioteca: aveva riordinato i libri per genere, autore, lettera... non sapeva nemmeno lei quanta precisione ci avesse messo; aveva spolverato gli scaffali, i tavoli, il bancone della reception; aveva lavato il pavimento e le vetrate, che adesso risplendevano come non mai. Nelle ore dei pasti si recava da Granny's e regalava il solito sorriso alle persone che incontrava, ignorando gli sguardi preoccupati che alcuni di loro le riservavano; preferiva sedersi da sola e mangiare in fretta, ma non rifiutava se qualcuno la invitava al proprio tavolo.
Belle si mostrava forte e solare con tutti, come aveva sempre fatto, ma c'era un motivo per cui aveva pulito e ordinato ogni angolo della biblioteca, e un altro per cui lo aveva fatto così minuziosamente: tenersi occupata e impegnarsi in ciò che faceva non le dava modo di pensare a suo marito; farlo lentamente e scrupolosamente ritardava il momento in cui avrebbe dovuto dedicare le stesse attenzioni al banco dei pegni del signor Gold.
Quel giorno, però, era arrivato e Belle non aveva più scuse per non aprire la porta del negozio, rimasto chiuso da quando Rumplestiltskin aveva lasciato la città. La polvere si stava accumulando più del solito, c'erano tante cose da mettere a posto, era passato parecchio tempo dall'ultimo inventario e, come se non bastasse, aveva lasciato lì dentro vestiti e oggetti personali che avrebbe dovuto trasferire nel piccolo appartamento sopra la biblioteca, nel quale si era sistemata.
Girò la chiave nella toppa e sentì la campanella sulla porta suonare, mentre entrava nel negozio. Il suo sguardo iniziò a vagare per tutta la stanza e mancò un battito quando si posò sulla porta che dava sul retro: quanti bei momenti aveva passato insieme a suo marito in quel locale?
I suoi occhi si inumidirono e un groppo si formò nella sua gola. Anche se non voleva ammetterlo, Rumplestiltskin le mancava in maniera incredibile, come se si fosse strappata via un pezzo di cuore, la metà dell'anima. Reprimeva il dolore in ogni modo possibile, non mostrava agli altri il ben che minimo segno di cedimento, prendeva un sonnifero prima di dormire per non permettere alla sua mente di vagare tra i ricordi, ma questi scalpitavano per trovare spazio tra i suoi pensieri e, di tanto in tanto, il viso di suo marito in lacrime faceva capolino.
Mosse qualche passo in direzione della porta che dava sul retro, quando sentì la campanella del negozio trillare, indicando la presenza di un'altra persona.
Belle deglutì a fatica e prese in mano il primo oggetto che trovò.
"Mi dispiace, il negozio è chiuso" disse, senza voltarsi, con un tono poco più alto di un sussurro.
"Belle..."
"C'è così tanto da fare qui dentro, guarda lì... scusa, ma non ho tempo."
"Belle..."
"E l'inventario..."
"Belle, smettila!" Ruby la prese per le spalle e la voltò verso di sé; la guardò dritta negli occhi e scorse il leggero velo che offuscava le sue iridi blu, quelle lacrime represse che cercavano di uscire.
Belle guardò l'amica per un attimo, cercando di mascherare il proprio stato d'animo, poi abbassò gli occhi e si scostò; prese uno straccio ed iniziò a spolverare distrattamente l'oggetto che aveva in mano – una statuetta di chissà quale provenienza – dando di nuovo le spalle all'amica.
"Davvero, Ruby. Guardati intorno, non vedi la polvere, il disordine...?"
"Io vedo solo l'ombra del signor Gold incombere da ogni parete, sopra ogni oggetto e in fondo ai tuoi occhi. Devi smettere di far finta che tutto vada a gonfie vele, sopprimendo il dolore che hai dentro. Ti fai male così, Belle. Ti fai più male" constatò Ruby, fermandola di nuovo.
"Ho pianto abbastanza per lui, non credi? Adesso basta. Ho preso una decisione e sto cercando di ritrovare la mia strada, di ritrovare me stessa. Non è facile e il trascorrere del tempo non lo renderà più semplice perché... perché io continuo ad amarlo e..." la voce di Belle si spezzò, "mi manca da impazzire..." la testa bassa, la schiena appoggiata al banco, il groppo in gola sempre più opprimente, le mani tremanti...
Ruby l'abbracciò. "Piangi, Belle. Devi piangere, devi sfogarti. Anche se fa male, devi pensare a tutto quello che è successo, devi riviverlo ancora e sputare tutto il dolore che ti corrode l'anima."
Belle scostò l'amica. "Perché? Perché mi dici di soffrire ancora per lui? Perché non posso andare avanti e basta? Non credi che abbia preso la decisione giusta?"
"Oh, altroché se hai fatto bene a reagire così, ma spesso l'adrenalina del momento oscura la mente. Tu non stai andando avanti. Tu stai ammassando la polvere di questi locali in modo che riempia il vuoto che hai nel cuore. Ti ho osservata in questi giorni, sai? Tu sorridi, ti comporti come al solito, ma i tuoi occhi non brillano più."
Ormai le lacrime erano riuscite a scappare dagli occhi di Belle e le rigavano le guance, mentre la ragazza ascoltava l'amica, fissando il pavimento. Ruby l'abbracciò di nuovo e l'ascoltò singhiozzare sulla sua spalla. Si sentiva così triste per quella giovane donna, che aveva atteso un po' prima di presentarsi da lei; sperava che fosse la sua amica a cercare conforto da lei, a confidarsi, perché non voleva costringerla a rivivere determinate emozioni, ma non riusciva più a sopportare quegli occhi spenti e quel sorriso finto. Belle doveva buttare fuori quel tormento che teneva chiuso nel profondo del suo essere.
"Puoi lasciarmi sola, per favore?" chiese Belle, sollevando la testa.
"D'accordo." Ruby le sorrise dolcemente. "Ti aspetto a cena" concluse e, con un cenno di saluto, uscì dal negozio, sperando che l'amica seguisse il suo consiglio.
Belle si asciugò gli occhi. Ruby aveva ragione: non si stava riprendendo la propria vita, stava affossando il dolore, aveva perso la speranza, odiava se stessa per aver agito in quel modo drastico e senza via di uscita. Aveva usato il pugnale contro di lui, e non era neanche la prima volta, nonostante nell'altra circostanza l'arma non fosse autentica... almeno lo credeva, non lo sapeva neanche lei quante volte aveva avuto in mano il vero pugnale e quante no. Rimaneva il fatto che il suo gesto era stato orrendo: aveva controllato l'uomo che amava, senza dargli modo di protestare o ribattere; lui aveva eseguito il suo ordine senza poter far niente per evitarlo. Lo meritava, e lo sapeva bene, ma il fine non giustifica i mezzi. Si era comportata esattamente come lui e non poteva accettarlo.
"Non potrò più tornare" – "Lo so". Ma lo sapeva davvero? Ci aveva pensato a fondo?
Belle entrò nella stanza sul retro del negozio e si chiuse la porta alle spalle, appoggiandovi la schiena e fissando il vuoto. I suoi occhi si fissarono sulla sedia vuota sulla quale suo marito si sedeva spesso per riposarsi o per controllare le scartoffie della contabilità. L'ultimo raggio di sole di quel pomeriggio filtrava dalla finestrella in alto e creava delle ombre nella stanza semibuia. Quella sedia sembrava più vuota che mai, perché Rumplestiltskin non sarebbe rientrato e non ci si sarebbe seduto più. Gli aveva detto addio tante volte, lo aveva perso a causa dell'oscurità, della debolezza e, addirittura, della morte. Lui era sempre tornato da lei. Lo aveva sempre ritrovato. Questa volta era stata lei a mandarlo via togliendogli ogni possibilità di tornare indietro, per salvaguardare una città dalle malefatte di una bestia. Sì, perché aveva chiuso gli occhi, aveva smesso di guardare in profondità, di cercare l'uomo dietro la bestia.
"Lo amo. Amo ogni sua parte. Anche... anche quelle più oscure."
Quelle parole, dette a Neal tanto tempo prima, erano vere e, proprio per questo motivo, Belle per la prima volta aveva perso la speranza, insieme a Rumplestiltskin.
Le lacrime ripresero a scendere sulle sue guance, quando prese in mano la preziosa tazzina sbeccata. "Rumple..." sussurrò con la voce spezzata da pianto.
"Vi rimarrà solo un cuore vuoto e una tazza sbeccata"




Pioveva a New York, pioveva da giorni. Un'atmosfera lugubre avvolgeva la grande mela e il rumore del traffico si mischiava a quello del temporale, creando un gran fracasso.
La gamba zoppa di Rumplestiltskin doleva ancora forte a causa del lungo tragitto a piedi che l'uomo aveva dovuto percorrere prima di trovare un'anima pia che gli desse un passaggio fino alla stazione più vicina. Storybrooke era lontana chilometri dal primo centro abitato e lui non sarebbe mai riuscito a raggiungerlo da solo.
Un uomo abituato a schioccare le dita e raggiungere l'altra parte del pianeta, abituato alla ricchezza e al lusso, al castello oscuro o alla villa rosa salmone, costretto in un mondo senza magia a dover camminare chilometri, fare l'autostop e imbucarsi in un treno per raggiungere una città poco distante, con i vestiti sudati e i capelli sporchi. L'unica cosa positiva era l'aver trovato un bastone abbandonato sul sedile di fronte all'entrata della vettura. Rumplestiltskin, l'Oscuro, l'uomo più ricco del mondo magico, costretto a rubare una bastone e a nascondersi nel bagno di un vecchio treno americano per raggiungere New York. Roba da matti – pensava lui. D'altronde, non aveva altro che la sua bella faccia, i suoi vestiti firmati, un cellulare scarico e un libretto per gli assegni di una banca fasulla che probabilmente non era neanche riconosciuta negli Stati Uniti o da altre parti. Non poteva prelevare, né telefonare. Era spaventato e distrutto dalla stanchezza e dal dolore. Sconfitto e impotente, senza un briciolo di speranza.
Una volta sceso dal treno, si era ricordato dell'unico posto dove sarebbe potuto andare, dove forse avrebbe trovato un po' di conforto, un tetto sopra la testa per poter riordinare le idee e trovare un modo per tornare a Storybrooke, per riprendersi la sua città e i suoi abitanti, compresa Belle.
Rumplestiltskin aveva raggiunto il vecchio palazzo in un viale ai confini di Manhattan, che ormai era notte fonda. Il portone era aperto, così che era potuto salire senza destare sospetti; aveva trovato la porta e l'aveva scassinata, esattamente come la prima volta che era stato lì. Da Storybrooke si era assicurato che quella casa non venisse affittata e così era stato. L'appartamento era vuoto, libero. L'appartamento di Neal. La stessa casa in cui lo aveva ritrovato, dopo secoli di ricerche. Il suo cuore si era quasi fermato, entrando; ogni angolo di quel bilocale gli ricordava lui, Bealfire, il suo Bae, il suo ragazzo così coraggioso da sacrificarsi per salvarlo, per permettergli di salvare Storybrooke. Un figlio abbandonato che era stato capace di perdonarlo, nonostante tutto.
"Ti voglio bene, papà" – quelle parole pronunciate in punto di morte gli rimbombavano nel cervello.
Già, perché prima di perdere Belle, per l'ennesima volta, lui aveva perso anche Bae e questa volta per sempre.
Nei giorni trascorsi dal suo arrivo a New York, aveva ispezionato con cura l'appartamento, ricordando suo figlio, per non pensare a tutto ciò che aveva perso. Non che il dolore per la morte di Baelfire si fosse affievolito, ma era passato del tempo e Rumplestiltskin aveva avuto modo di farsene una ragione, o qualcosa del genere. Il male che le parole di Belle gli avevano fatto era ancora fresco e il solo pensiero – "Non voglio perderti" – "Ormai mi hai già persa" – squarciava la sua anima già frammentata in pezzi ancora più piccoli e logori.
Aveva trovato un po' di contanti nascosti sotto il materasso, con i quali aveva fatto la spesa, e si era chiuso dentro l'appartamento, crogiolandosi nello sconforto. Chi avrebbe potuto restituirgli la speranza?
Quella sera, mentre mangiava di malavoglia del pesce surgelato, Belle, con le sue parole taglienti, aveva fatto di nuovo capolino tra i suoi pensieri. Belle così arrabbiata, determinata, forte. La sua Belle che gli sbatteva in faccia la realtà, o meglio, l'apparenza dei suoi gesti.
"Non rinunceresti mai al potere per me, Rumple. Non lo hai mai fatto, in passato e non lo farai mai." – "Il tuo vero amore è il tuo potere."
Lasciò quasi tutta la cena nel piatto, recuperò carta e penna e si mise a scrivere quella che doveva essere una lettera per sua moglie. Non era mai stato bravo a esprimere i propri sentimenti, ma aveva intenzione di aprire il proprio cuore e riversarlo su quel foglio di carta. Voleva spiegare a Belle la cosa fondamentale che lei aveva frainteso. Il guanto che l'aveva condotta al vero pugnale aveva il potere di trovare la più grande debolezza di una persona, che per quasi tutti corrispondeva a ciò che amavano di più. Per quasi tutti. Lui non era affatto come tutti. Lui era un uomo maledetto e la sua più grande debolezza era il suo potere perché aveva paura di tornare ad essere debole, come prima di diventare l'Oscuro. Tornare ad essere l'uomo di cui Belle non si sarebbe mai innamorata.
Piegò la lettera e la ripose in un cassetto della scrivania; le poste americane non avrebbero mai trovato Storybrooke e, senza magia, lui non aveva modo di farla apparire davanti a sua moglie.
Appoggiò i gomiti sul tavolo, pronto a sprofondare di nuovo nello sconforto, quando alcune parole di Belle, pronunciate al loro matrimonio, si fecero spazio tra i suoi pensieri.
"Ma ora capisco... capisco che non ho passato la mia vita a perderti. Ho passato la mia vita a ritrovarti."
Belle non aveva mai perso la speranza. Neanche quando lui stesso era convinto di non rivederla mai più. Belle aveva sempre sperato, lo aveva sempre aspettato. Belle gli aveva sempre dato un motivo per tornare indietro. Era lei la sua speranza, la sua unica speranza. E lui sarebbe tornato. Anche questa volta. La sua Belle, senza volerlo, gli stava dando un motivo per andare avanti. Era questo ciò che sapeva fare meglio: dare speranza alle persone.
"Oh sì, Belle. Hai passato la tua vita a ritrovarmi, e mi troverai di nuovo. Te lo prometto."








Note dell'autrice.
Ciao^^
Volevo dire due cosine su questa storia. È la prima volta che tento di scrivere una long su Once Upon a Time, quindi non so assolutamente cosa verrà fuori. Inoltre, non so nemmeno io dove voglio andare a parare e, quindi, spero che i pacchetti dei turni futuri mi aiutino a sviluppare la trama; se dovessi essere eliminata al primo turno, potrei anche decidere di lasciarla così, come One-Shot e cambiare il titolo con quello del capitolo, ma vedremo...
Vorrei sottolineare che le ripetizioni sono volute e che questo capitolo voleva essere una sorta di introspezione parallela e di ripensamento.
Capitolo scritto per il 1° turno del contest "Qui comandano i pacchetti" di DonnieTZ al quale si è classificato secondo. .

Citazioni da Once Upon a Time.

"In passato ho visto l'uomo dietro la bestia, ora vedo solo una bestia."

"Non potrò più tornare" – "Lo so".

"Non voglio perderti" – "Ormai mi hai già persa"

"Non rinunceresti mai al potere per me, Rumple. Non lo hai mai fatto, in passato e non lo farai mai." – "Il tuo vero amore è il tuo potere."

(Belle e Rumplestiltskin nella 4x11)

 

"Lo amo. Amo ogni sua parte. Anche... anche quelle più oscure."

(Belle a Baelfire)

"Ti voglio bene, papà"

(Baelfire a Rumplestiltskin nella 3x15)

 

"Vi rimarrà solo un cuore vuoto e una tazza sbeccata"

(Belle a Rumplestiltskin nella 1x12)

 

"Ma ora capisco... capisco che non ho passato la mia vita a perderti. Ho passato la mia vita a ritrovarti."

(Belle a Rumplestiltskin nella 3x22)

 

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Capitolo 2
*** Mind walls ***


Mind walls

 


Il cellulare di Belle stava squillando insistentemente da due minuti buoni, ma la ragazza sembrava non sentirlo. L'orologio batteva le quattro del mattino, la stanza era avvolta nell'oscurità e Belle era raggomitolata nel suo letto, completamente persa nel mondo dei sogni.
Belle, rispondi al telefono.
Belle.
Era la voce di suo marito, quella che le rimbombava nell'orecchio. Il tono basso, l'accento forte: era indubbiamente Rumplestiltskin.
Belle, rispondi. Più forte, più profonda.
La ragazza si tirò su di scatto, guardò il cellulare che stava ancora squillando e lo prese in mano. Nessun numero. Sconosciuto. Sentiva ancora quella voce così familiare nella testa. Doveva rispondere? Non voleva parlare con suo marito, non voleva sentire le sue bugie, le sue scuse.
Aveva superato il momento di debolezza, aveva buttato fuori il dolore, pianto tutte le lacrime che aveva in corpo. Come aveva detto Ruby, adesso stava meglio.
Non era più costretta a violentare la propria mente pur di non pensare a lui. Era passata all'accettazione: non l'avrebbe più rivisto, mai più. Aveva messo un muro tra di loro e lo aveva fatto volontariamente. Era meglio così. Probabilmente, non era l'uomo giusto per lei. Aveva provato in tutti i modi ed aveva fallito. Fine della storia.
Belle, aiutami.
La voce nella sua testa si era fatta quasi implorante, disperata. Il telefono continuava a squillare, come se la chiamata dovesse continuare all'infinito, finché lei non avesse schiacciato il bottone verde per accettarla o quello rosso per rifiutarla. Perché aveva l'impressione che il cellulare avrebbe ripreso a suonare un attimo dopo aver schiacciato il rosso? E poi, lei voleva davvero rifiutare la chiamata di suo marito, che adesso sentiva piangere nella propria testa?
Belle, ho bisogno di te, ti prego...
E il telefono squillava. E la voce continuava.
Belle fissava l'oscurità della sua stanza, stringendo quel marchingegno tecnologico che ormai aveva imparato a comprendere, a usare. Il cuore le batteva all'impazzata.
Si decise. Rispose.
"Ciao, cara. Ce ne hai messo di tempo. Deve essere notte fonda anche dalle tue parti, ti ho svegliata per caso?"
La voce dall'altra parte non era affatto quella di Rumplestiltskin, che però stava ancora rimbombando nella sua testa. La voce dall'altra parte apparteneva ad una donna.
Il cuore di Belle accelerò i battiti, se possibile, ancora di più. Non rispose, rimase a fissare un punto nel vuoto.
"Ehi, non dirmi che non mi riconosci... ci siamo già incontrate, molto tempo fa. Rincorresti come una bambina ingenua il mio cucciolo di dalmata... dritta nella trappola. Oh, e poi è arrivato il tuo Signore Oscuro a salvarti, barattandoti con un oggetto a cui teneva così tanto che non ha potuto far a meno di riprendersi. Probabilmente teneva più a quel guanto che a te, ma il piccoletto arrogante è abituato a prendersi tutto con la forza."
Belle, ti prego... aiutami.
Era una delle tre donne che l'avevano rapita, probabilmente Cruella. Cosa voleva da lei? Perché le stava ricordando il comportamento di suo marito? Perché non la lasciavano in pace? E, soprattutto, perché la voce di Rumplestiltskin continuava a rimbombarle in testa?
"Cosa volete da me?" ribatté, finalmente, la ragazza.
"Ogni cosa a suo tempo, piccola domestica." rispose Cruella, ironica. "Sai, ho trovato un cucciolo di Oscuro, in giro per la città, senza un briciolo di magia in corpo, incapace quasi di camminare senza sostegno, figuriamoci di far male a qualcuno" seguì una risata acuta. "Un omuncolo indifeso, disperato e implorante. Si è accasciato ai miei piedi, pregandomi di aiutarlo..." altra risata di scherno.
Belle scosse la testa. Rumple, il suo Rumple, non si sarebbe mai inginocchiato ai piedi di qualcuno. Non di sua volontà, perlomeno.
"Vi state inventando tutto, non è così? State solo cercando di spaventarmi. Beh, non ci riuscirete. Non credo ad una parola di quello che dite."
Ma non era così. Belle sentiva ancora la voce di Rumplestiltskin nella sua testa, più lieve, adesso. Come se perdesse forza ad ogni lamento. Come se fosse sempre più lontano, più debole. Come se gli stesse davvero accadendo qualcosa.
"Oh, mia cara. Sei sempre la piccola ingenua che ho incontrato la prima volta. Pensavo avessi visto di cosa siamo capaci. Ursula avrebbe dovuto strangolarti quando ne ha avuto l'occasione. Poco male, farà lo stesso con l'Oscuro. Anzi, no. Avrò io l'onore."
Belle... Belle...
"Non senti come mugola? Il tuo fidanzato, o marito... siete sposati adesso, giusto?"
"Non sento niente!" la interruppe la ragazza. La voce di Rumple era nella sua testa, al telefono sentiva solo quella di Cruella. Suo marito non era lì con lei, era solo uno scherzo della sua mente.
"Ma davvero? Rumple, urla più forte, la tua ragazza non ti sente. Oh, non ce la fa... gli manca il respiro, povero cucciolo..."
Belle era terrorizzata.
"Cosa volete da lui? Perché avete chiamato me? Se dite di averlo incontrato, vi avrà anche detto che ci siamo lasciati." la sua voce era ferma, ma i suoi occhi erano colmi di lacrime. Sì alzò dal letto e cominciò a misurare la stanza, nel buio della notte.
"Sì, ha piagnucolato qualcosa del genere. Ma, mi chiedo, sei davvero pronta a lasciarlo morire, senza provare neanche ad aiutarlo? Sei l'unica che può... vivresti con questo rimorso per sempre? L'hai ucciso una volta, esiliandolo da Storybrooke e dalla tua vita, vuoi davvero ucciderlo di nuovo? Ucciderlo per sempre?" la voce di Cruella non nascondeva il divertimento che provava a torturare Belle con quelle parole.
"L'Oscuro è immortale, dovresti saperlo." Belle si attaccò a quella frase come alla sua ultima speranza. Non poteva dipendere tutto da lei, come avrebbe potuto aiutarlo? Avrebbe dovuto abbattere quel muro che aveva costruito tra di loro e, dopo, ripetere quel processo così doloroso. Ce l'avrebbe fatta? Non poteva lasciarlo nelle grinfie di quelle streghe.
"L'Oscuro, in un mondo senza magia, è solo un codardo zoppo. Forse la sua anima vivrà fino alla fine dei tempi, ma se è intrappolata in un corpo senza vita, che senso ha?"
"E cosa dovrei fare, per salvarlo?" chiese Belle, con cautela. Come era possibile che Rumple fosse finito in trappola? Era in un mondo senza magia, ma era sempre un uomo intelligente. Non riusciva proprio ad immaginarselo indifeso e vulnerabile a tal punto da non riuscire a sfuggire a quelle donne che, un tempo, aveva manovrato come burattini.
"Oh, presto detto, cara.".
Belle, senza sapere come fosse successo, si ritrovò vestita di tutto punto, a pochi passi dal confine.
"Vieni a prenderlo. Ti sta aspettando, non riesce che a sussurrare il tuo nome."
Dopo quella frase, la chiamata si concluse. Belle provò invano a schiacciare pulsanti del cellulare, in modo da richiamare quel numero, gridando contro l'apparecchio, chiedendo spiegazioni, ma Cruella non c'era più, né la sua voce. Era da sola al confine. Sola, ma in compagnia della voce straziante di suo marito nella testa.
Se avesse superato il confine, non sarebbe più potuta tornare. Esattamente come Rumple.
Si guardò intorno, in cerca di una risposta, di un consiglio. Ma Storybrooke era buia e deserta. C'era solo lei, una voce nella sua testa e una linea rossa da varcare per sempre.
In un attimo, nella sua mente si fece chiaro il piano di Cruella: voleva ristabilire le proprietà; il baratto era fallito, dal momento che Rumple si era ripreso il guanto con la forza, dunque, anche lei voleva riprendersi la merce di scambio. Belle. Ma cosa se ne poteva fare di Belle? Era davvero il suo destino essere il prezzo di qualcosa? Essere scambiata per ricevere favori? Rumplestiltskin se la sarebbe dovuta cavare da solo.
Stava per tornare indietro, quando un urlo più forte, nella sua testa, la fece bloccare.
Sono al di là del confine, Belle. Devi solo superarlo. Aiutami, ti prego. Aiutami.
Il tono era straziante, sembrava che lo stessero torturando. Che lo stessero lentamente uccidendo.
Il suo Rumple. Non poteva abbandonarlo così, di nuovo, al suo destino. Non quando rischiava di morire.
La decisione era presa. Avrebbe varcato il confine. Qualcuno l'avrebbe aiutata a tornare indietro, qualcuno avrebbe sconfitto le streghe. Probabilmente, proprio Rumple stesso. Non aveva più fiducia nel suo lato buono, ma ne aveva eccome nella sua intelligenza. Avrebbe trovato un modo.
Accelerò il passo verso il confine. Un altro passo e lo avrebbe varcato. Chiuse gli occhi e scattò oltre la linea rossa, ma...
"AH" gridò. Aveva battuto la testa, forte, ma non sapeva contro cosa. Davanti a sé, solo strada, solo oscurità. Alzò una mano davanti a sé e provò di nuovo a varcare il confine. Niente. C'era una parete invisibile. Non poteva uscire. Provò a sbattere le mani contro il muro, ma niente. Non c'era modo di passare, non c'era modo di infrangerlo. Era intrappolata.
Belle... La voce di suo marito era un sussurro.
A...Addio, Belle. Silenzio. La voce era sparita. Era... morto?
Belle prese a battere calci e pugni contro quella parete invisibile, mentre le lacrime scorrevano a fiumi sulle sue guance.
"RUMPLE! RUMPLE!" gridava nell'oscurità. Ma Rumple non c'era più.

 

"Belle! Belle, svegliati. Belle, va tutto bene, svegliati!"
Belle si tirò su di scattò, la fronte grondante di sudore, le guance rigate dalle lacrime e un'espressione terrorizzata sul viso. Ruby, accanto a lei, la strinse contro di sé.
"Va tutto bene, Belle. Hai fatto un incubo." le sussurrò, accarezzandole la schiena.
Il respiro di Belle era affannato. "Non si può uscire. Il confine è bloccato. Cruella De Vil ha ucciso Rumple! Il mio Rumple... e non ho potuto fare niente" le lacrime continuavano a scendere, il terrore sul suo volto persisteva.
"Era solo un incubo, non è successo niente" la tranquillizzò, di nuovo, Ruby. "Chi è Cruella De Vil?" le chiese.
Belle non rispose, riprese fiato e si calmò, dopo un po'. Se era un sogno e non era successo niente, dovevano essere i sensi di colpa a tormentarla e a creare quelle fantasie. Avrebbe dovuto superare anche quelli, sapeva che aveva fatto la scelta giusta e doveva convincersene fino in fondo. Certo, sapere dove fosse suo marito e se fosse al sicuro, avrebbe aiutato, ma non era possibile.
Ruby la teneva ancora stretta. Guardò l'ora, era appena passata l'alba.
"Cosa ci fai qui, Ruby?" le chiese piano.
"Stavo andando a buttare la spazzatura, mentre la nonna apriva il locale e... ti ho sentita gridare. Passavo proprio davanti alla biblioteca. Urlavi il nome del signor Gold così forte... ho pensato che avessi bisogno di aiuto."
Belle la guardò negli occhi e vi lesse tanto affetto e tanta tristezza. Ruby le voleva bene, davvero.
"Grazie, io... non so come ringraziarti per essere sempre così carina con me."
Ruby le sorrise. "Resterò qui fino alla fine, non ti abbandonerò. Non è quello che fanno gli amici? La ferita è più grande di quanto pensassi: hai smesso di pensarci di giorno e, adesso, viene a tormentarti di notte. Sarà lunga e difficile, ma ti aiuterò a superarla. Te lo prometto."

 

Rumplestiltskin si rigirava nel letto da ore. Non dormiva, ma non era nemmeno sveglio. Era in uno stato di dormiveglia inquieto. Si sentiva nervoso, frustrato, e non sapeva bene perché. Ne aveva di motivi per provare sentimenti simili, ma si sentiva come... incapace di fare qualcosa. Non di camminare, non di usare la magia, non di tornare a Storybrooke. Forse anche di tornare in quella città maledetta, sì. C'era un muro che glielo impediva. Poteva passare, ma non entrare. La città era come nascosta dietro una parete invisibile. Un muro intoccabile, impenetrabile. Forse per quello era nervoso, ma la frustrazione dipendeva da altro.
Si girò di nuovo, sognava ed era sveglio. Un tormento. Un muro che lo teneva lontano da cosa? Dal suo lieto fine? Sì, ma non era quello. C'era qualcosa di più.
Nella sua testa, vedeva Storybrooke sfocata, come se la stesse guardando da un vetro appannato. E c'era qualcosa che non andava. C'era Belle. Vedeva Belle, ma non era felice.
Belle non era felice senza di lui e questo poteva solo fargli piacere, ma stava soffrendo più del dovuto, non per la sua assenza. Belle stava male e lui non poteva consolarla, non poteva abbracciarla. La guardava da dietro il muro, senza poter entrare. Belle aveva bisogno di lui e lui era incapace di aiutarla.
Spalancò gli occhi. Buio. La camera di Bae. La pioggia sulla finestra. Il dolore alla gamba.
Era sveglio. Era a New York. Niente più Storybrooke dietro il vetro, niente più Belle disperata.
Sospirò. Era rimasta solo la frustrazione, in quell'alba fredda di New York.
La speranza di tornare era durata poco. Era ancora convinto che Belle lo avrebbe trovato di nuovo, come tutte le altre volte, ma non riusciva a capire la soluzione. Come tornare? Come entrare? Nessuno lo voleva lì, nemmeno suo moglie... soprattutto sua moglie. Nessuno lo avrebbe aiutato. Non aveva amici, nessuno che lo stimasse. Cosa sperava, d'altronde? Aveva sempre usato tutti, trattato male e ingannato anche persone che avevano creduto in lui. Da solo non sarebbe andato da nessuna parte. Non senza magia.
Lieto fine. Chi desiderava il lieto fine quanto lui? I cattivi. Belle non avrebbe gradito, niente affatto, ma... come si dice? A mali estremi, estremi rimedi. E Rumplestiltskin non sapeva come risolvere la situazione, senza continuare per la via dell'oscurità.
Più oscuro, cara. Molto più oscuro.
Cosa aveva da perdere? Niente. Aveva perso il potere e il suo Vero Amore. Non aveva davvero più niente da perdere. Doveva cercare aiuto dalla parte che conosceva meglio, il lato oscuro.
Cruella. Ursula. Maleficent. Aveva già promesso loro il lieto fine e... le aveva tradite. Bravo, Rumple, proprio quello che ci voleva adesso. Si sgridò mentalmente. D'altronde, loro avevano cercato di fare del male a Belle. Non avrebbe mai potuto perdonarglielo.
Non era quello il momento di pensarci, però. Aveva bisogno del loro aiuto. Loro conoscevano Regina, conoscevano i Charmings. Doveva solo sperare che lo ascoltassero e... avrebbe avuto una speranza di rientrare a Storybrooke, con il loro aiuto. Doveva fare un tentativo, ma... come trovarle?
Maleficent si trovava a Storybrooke, morta o... quasi. Cruella... non lo sapeva, ma l'avrebbe cercata.
Dove trovare Ursula? Sembrava quella più malleabile.
Oh, sì... sapeva dove trovarla.
Un sorriso amaro si formò sulle sue labbra, mentre si alzava a fatica dal letto.
Era ora di smettere di piangersi addosso. Era ora di muovere i primi passi verso la vittoria.

 

 

 

Note dell'autrice: questo capitolo è stato un parto; la storia è più complicata di quanto mi aspettassi, quindi mi scuso se non è un granché. Ci troviamo ancora nelle sei settimane passate da quando Rumple è stato esiliato a quando va a cercare Ursula. Non ci sono molti sviluppi per la trama, ma ho puntato ancora una volta sull'introspezione: il sogno di Belle potrebbe servirmi in seguito. Cruella idem. Inoltre, non ci fanno vedere in OUAT i pensieri dei nostri Rumbelle e mi andava i sottolinearli, per come li vedo io.

Il titolo è un gioco di parole. Letteralmente 'Mind' significa mente e 'Walls' significa muri; però ho giocato sul significato che assumerebbe 'Mind the walls' (attenzione ai muri), in questo caso, i muri della mente, o i muri immaginari.
Capitolo scritto per il 2° turno del contest "Qui comandano i pacchetti" di DonnieTZ, al quale si è qualificato secondo.

Citazione da Once Upon a Time:

"Più oscuro, cara. Molto più oscuro." è la traduzione di "Darker, dearie. Much darker." perché in italiano dice "Sono più oscuro ancora. Molto più oscuro." e non mi piace.
(Rumplestiltskin a Lacey 2x19)

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Capitolo 3
*** Something's going on ***


Something's going on

 


Storybrooke non era mai stata così silenziosa, come nel momento in cui Rumplestiltskin attraversava il confine e il suo corpo riacquisiva la magia perduta. Aveva cambiato abito in un battito di ciglia, alzato e gettato il bastone con un gesto sofisticato – La classe non è acqua, era sicuro di aver letto questo pensiero negli occhi di Ursula e Cruella.
Storybrooke dormiva e non aveva assolutamente idea di quello che stava per succedere. La vendetta dei cattivi – così l'avrebbero sicuramente chiamata gli eroi, senza nemmeno fermarsi a pensare che magari anche loro, i cattivi, potessero avere un motivo per riscattarsi, una perduta felicità da riconquistare. No, il fine giustifica i mezzi solo e soltanto per i buoni: Snow White, per salvare la propria bambina, si era sbarazzata della figlia di Maleficent; Belle, per salvare la cittadina dal malvagio signor Gold, lo aveva controllato con il pugnale e spedito oltre il confine contro la sua volontà; Charming aveva mentito, per proteggere la propria famiglia. Gli eroi si costruivano il lieto fine usando gli stessi mezzi dei cattivi, ma la facevano franca, a loro era concesso tutto. Rumplestiltskin non riusciva a mandarlo giù.
L'idea che il lieto fine di Belle fosse senza di lui gli faceva male, ma non era quello il momento di pensarci. Doveva solo trovare l'Autore e farci quattro chiacchiere: doveva convincerlo – o costringerlo – a cambiare le carte in tavola, a concedere un lieto fine anche ai cattivi. Ne aveva passate tante nella sua lunga vita: aveva ricevuto cattiverie gratuite, altre se le era cercate e, probabilmente, meritate, ma non era mai stato felice, tranne per qualche breve periodo in qua e là nei secoli, ed era stufo, era davvero stufo. Le cose dovevano cambiare.
Lui, Cruella e Ursula avevano trovato il modo di resuscitare Maleficent dalle sue ceneri e adesso erano in quattro. Quattro contro tutti. Secondo Ursula non erano abbastanza: dovevano reclutare qualcun altro. Regina. Quella donna poteva essere infinitamente vulnerabile, manovrabile, come lo era stata da giovane, ma questa volta nessuno di loro aveva armi contro di lei. Regina si era schierata dalla parte dei buoni, aveva cercato e trovato la via della redenzione e, senza merce di scambio, non sarebbe mai tornata al lato oscuro. Regina non li avrebbe aiutati.
Rumplestiltskin aveva suggerito alle proprie compagne di integrarsi tra i buoni, di convincerli del proprio cambiamento. Se all'inizio sembrava aver funzionato, visto che Regina ed Emma erano state d'accordo sul farle entrare in città, adesso le cose erano cambiate: erano state incaute, il loro atteggiamento era troppo arrogante per far credere nella loro onestà, nella loro voglia di redimersi; inoltre, si erano fatte scoprire dai Charmings, nel momento in cui avevano liberato Maleficent. La copertura era saltata. L'unica nota positiva di tutto questo era che nessuno di loro, neanche Belle, sapeva della sua presenza dentro il confine. Belle era ancora convinta di aver dato il pugnale a Hook e non a lui. Per un momento, lo stesso Rumplestiltskin aveva temuto di perdere il travestimento, quando Belle gli aveva ordinato di avvicinarsi a lei, ma la potente magia dell'Oscuro aveva retto e nessun uomo con le sue sembianze era comparso davanti a sua moglie.
Nonostante i buoni non si fidassero affatto delle sue compagne, lui aveva ancora campo libero per muoversi. Di notte, camuffandosi e nascondendosi nel buio, trafficava nel proprio negozio e nella propria casa, creduti deserte dagli abituanti di quell'inutile cittadina del Maine, mentre Belle dormiva beata – così credeva lui – nell'appartamento sopra la biblioteca. A volte, di giorno, la guardava lavorare, per quanto i suoi nascondigli glielo permettessero, senza farsi scoprire. Quanto avrebbe voluto abbracciarla, dirle quanto gli dispiaceva che le cose fossero finite così, ma non poteva. Belle non era ancora pronta per vederlo, per capire. Avrebbe reagito male e la sua copertura sarebbe saltata. Così, oltre ad avere pochi membri dalla sua parte, non avrebbe più avuto un raggio d'azione così ampio e si sarebbe trovato a combattere contro l'intera città. Era stato un eroe, anche se nessuno riusciva ad ammetterlo fino in fondo, ma adesso era di nuovo la creatura più malvagia dell'intero creato. Lo sarebbe sempre stato, nessun sacrificio avrebbe cambiato del tutto l'idea che gli altri, i buoni, avevano di lui. L'unica che credeva in lui aveva perso ogni speranza, così adesso era solo. Contro tutti. D'altronde, anche odiare è un diritto, e se degli altri non glene importava assoolutamente niente, a Belle quel diritto lo avrebbe concesso, in ogni caso. Poteva odiarlo, se voleva: l'odio è il sentimento più vicino all'amore, finché non diventa indifferenza va tutto bene.
Ma Rumplestiltskin, immerso nei suoi pensieri, non stava affatto bene.

"Rumple!"
Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
"Abbassa la voce, vuoi farmi scoprire?" fissò Cruella negli occhi e, nonostante la sua voce fosse poco più alta di un sussurro, il tono era duro e fermo.
"Stai spiando la cameriera?" bisbigliò di rimando la donna. "Già, avevo dimenticato che siamo qui per una ragazza. Voglio proprio vedere se il tuo cuoricino spezzato fa saltare tutto" continuò con ironia.
"Il motivo per cui io sono qui non è un tuo problema. Forse sarà proprio il mio cuore spezzato che ci porterà in fondo a questa storia."
"Come dici tu, caro. Ti aspetto al capanno, abbiamo novità". Detto questo, la donna salì in macchina e se ne andò, sgommando. Belle alzò gli occhi e guardò oltre il vetro della biblioteca; Rumplestiltskin poté vedere un velo di terrore nei suoi occhi, mentre si toglieva furtivamente dalla sua visuale. Belle aveva paura di Cruella? E perché mai? Per quanto ne sapeva lui, le donne non si erano ancora incontrare a Storybrooke. Certo, Belle non poteva aver dimenticato il loro ultimo incontro, ma sapeva che era una donna forte e che non si sarebbe fatta intimorire ancora.
Perché, dunque, quello sguardo? Rumplestiltskin sospirò e sparì in una nube di fumo viola.
Una volta che tutti e quattro furono riuniti al capanno, l'uomo guardò le tre Regine dell'Oscurità in attesa. Fu Ursula a prendere la parola.
"I buoni sono un passo avanti a noi, nella ricerca dell'Autore. Non possiamo permetterci che lo trovino per primi."
"Cosa intendi?" chiese Rumplestiltskin, incrociando le braccia.
"Quello che voglio dire è che loro sorvegliano quella casa di cui ci hai parlato, quella piena di libri, da cui viene anche il libro del ragazzino. Quella deve essere la casa dell'Autore o, comunque, lui deve essere lì intorno. Forse, in uno di quei libri c'è scritto qualcosa a riguardo."
"No, no, no... quei libri sono tutti bianchi." rispose Rumplestiltskin. "Aspettano solo di essere riempiti dall'Autore, ma costui è scomparso."
"Siamo al punto di partenza, allora." decretò Maleficent, sbuffando e ritirandosi in un'altra stanza. Ursula scrollò la spalle e la seguì. Entrambe cominciavano a perdere la pazienza e per Rumplestiltskin non era una cosa buona: non poteva permettersi di perdere due alleate. Doveva trovare una soluzione o almeno un indizio da propinare loro per tenerle buone; sapeva esattamente che non sarebbe stato facile, ma le donne erano impazienti.
Cruella si avvicinò a lui e lo destò dai propri pensieri. Gli poggiò una mano sulla spalla e lo fece indietreggiare piano fino al muro, guardandolo con un'espressione poco raccomandabile; aveva qualcosa negli occhi, una luce simile alla pura eccitazione, che gli fece tenere lo sguardo incollato a quello della donna. Rumplestiltskin alzò un sopracciglio per spronarla a parlare, visto che Cruella continuava a tenerlo appoggiato alla parete e a fissarlo senza dire niente.
Le labbra della donna si curvarono in un sorriso ironico e un attimo dopo Cruella era piegata su di lui, la bocca attaccata al suo orecchio, la mano destra che scivolava sul suo petto, le dita lente che strisciavano tra i bottoni della sua camicia.
"Mi chiedo ancora come tu abbia fatto a conquistare una così bella figliola, piccoletto" sussurrò. Rumplestiltskin rimase interdetto. Cosa intendeva dire, o meglio, fare Cruella?
"Hai delle qualità nascoste, sotto questi vestiti costosi?" chiese la donna, continuando a bisbigliare nel suo orecchio e a far scorrere la mano sul suo corpo, che ormai era arrivata al bordo della sua cintura.
Rumplestiltskin la bloccò di scatto con la propria. Non aveva nessuna intenzione di cedere alle lusinghe di Cruella De Vil.
Imitando il suo modo di sussurrare e scostandole una ciocca di capelli bianchi dall'orecchio, le disse: "Credo che neanche questi siano affari tuoi, mia cara. Adesso, se vuoi scusarmi, sarei occupato a risolvere l'enigma dell'Autore."
"Sapevo che non eri all'altezza, bambolotto" rispose Cruella, scostandosi elegamentemente da lui e stringendosi nella propria pelliccia. "Anche se credo che un po' di attività fisica non guasterebbe alla tua forma fisica" aggiunse con sarcasmo, mandando un'occhiata al ventre dell'uomo.
Rumplestiltskin ghignò di rimando, si infilò il cappotto ed uscì dal capanno.
"Chissà se la cameriera è del mio stesso parere, magari dopo un bel bicchierino di gin..." aggiunse Cruella, ma Rumplestiltskin non sentì mai quelle ultime parole.

Belle, negli ultimi giorni, era riuscita a pensare a Rumplestiltskin il meno possibile e anche gli incubi sembravano darle tregua. Ruby le stava vicino ogni minuto libero ed era contenta di vedere che l'amica stava superando la cosa. La cameriera del Granny's aveva anche notato che Will Scarlet girava intorno a Belle e questo la rendeva un po' meno tranquilla: quel ladruncolo da quattro soldi non era affatto l'uomo giusto per lei, dopo Rumplestiltskin. La ragazza, però, sembrava non degnarlo neanche di uno sguardo, dunque la situazione era sotto controllo.
Quella mattina Belle era serena; il sole rifletteva dalla vetrata della biblioteca e le illuminava il bel viso più che mai. Aveva un aspetto magnifico e un sorriso allegro curvava le sue labbra, mentre leggeva un vecchio libro di avventure. Il suo preferito, letto e riletto fino a consumarne le pagine. Belle non poteva farne a meno: nonostante conoscesse la storia a memoria, ogni volta che sfogliava quelle pagine il suo umore migliorava immensamente. Sul banco davanti a lei, aveva una tazza di tè fumante, che sorseggiava tra una pagina e l'altra, nell'attesa che qualcuno si presentasse o necessitasse del suo aiuto.
D'un tratto, la sua attenzione fu attirata dalla campanella sulla porta della biblioteca che la informava, trillando, della presenza di un'altra persona. Belle rimase immobile alla vista della donna dai capelli bianchi e neri che era appena entrata e la fissava con ironia.
Cruella De Vil si fece avanti, così Belle chiuse il libro e si alzò, pronta a difendersi in caso di pericolo. Aveva sognato quella donna più di una volta, ma l'incubo che le era rimasto impresso era quello riguardante la linea del confine bloccata e la morte di suo marito: non riusciva a dimenticarlo. Era sicura che quella donna fosse collegata in qualche modo a Rumplestiltskin: sapeva che lui non era a Storybrooke, ma era convinta che Cruella conoscesse la sua posizione.
Tenne gli occhi incollati ai suoi e la guardò avvicinarsi fino al bancone.
"Buongiorno cara, quanto tempo..." cominciò la donna.
Belle rispose con un 'Buongiorno' educato ed attese che Cruella continuasse.
"Vorrei quel libro lassù" disse, indicando il libro più alto e lontano dalla loro posizione. "Il prestito è gratuito, non è vero?" aggiunse.
Belle si voltò nella direzione indicata a Cruella e capì subito che sarebbe dovuta ricorrere alla scala. Era quasi certa che la donna non volesse davvero quel libro, ma fosse lì per farle perdere tempo. Comunque, non poteva mostrarsi scortese; in fin dei conti, le stava solo chiedendo un libro in prestito.
"Il prestito è gratuito ed il libro deve essere restituito entro un mese. Dovrò farle una tessera, anch'essa gratuita, nella quale verrà registrata la data di consegna e di restituzione del libro stesso" disse la bibliotecaria, in maniera tanto formale che quasi non riconobbe la propria voce.
Cruellla ghignò ironicamente e incrociò le braccia. "Sto aspettando, cara."
Belle, cercando di non mostrarsi troppo indispettita, uscì dalla propria postazione e, guardandosi le spalle di tanto in tanto, si avvicinò allo scaffale in fondo alla biblioteca; cominciò, poi, a salire i gradini della scala, tenendosi forte, fino ad arrivare in cima.
Cruella si posizionò in maniera da essere sicura che Belle non potesse vederla e versò il contenuto di un'ampolla nel tè fumante della ragazza. Il liquido trasparente non cambiò neanche di una sfumatura il colore della bevanda, così che Belle non si sarebbe accorta di nulla.
A quel punto, Cruella si allontanò leggermente dal banco, nascondendo l'ampolla nella pelliccia ed assunse di nuovo l'aria ironica e un po' spazientita di poco prima.
Belle prese il libro dallo scaffale più alto e si accorse che il volume era antico e delicato: un movimento brusco e la copertina si sarebbe frantumata. Sembrava il genere di libro che poteva interessare a suo marito, uno dei tanti che l'uomo possedeva al Castello Oscuro. Scosse la testa. Non doveva pensarci. Non poteva assolutamente giungere a conclusioni affrettate. Lei non era così, non poteva permettere agli ultimi avvenimenti riguardanti il suo matrimonio di cambiare la sua personalità. Non poteva accusare nessuno senza prove e quel libro non sembrava affatto sospetto.
Scese dalla scala e tornò alla sua postazione; compilò la tessera, la inserì nel volume e consegnò tutto a Cruella che, con un cenno elegante di saluto, girò sui tacchi e se ne andò.
Belle fece un lungo sospiro di sollievo. Non era successo niente. Andava tutto bene. Cruella De Vil era venuta solo a prendere in prestito un libro.
Si convinse di ciò e tornò ad aprire il proprio volume, sorseggiando il tè ancora caldo.
Non fece in tempo a voltare pagina, dopo aver appoggiato la tazza vuota davanti a sé, che perse i sensi e sbatté la testa sul bancone della biblioteca.

Rumplestiltskin, quel giorno, non si era arrischiato in giro per Storybrooke: c'era troppa confusione e non era sicuro passare davanti al suo negozio o alla biblioteca.
Quando si fece buio, però, la voglia di vedere Belle era così forte che non poté resistere oltre. Posò il bicchiere di Scotch sul tavolinetto e si mise il cappotto. Sarebbe passato dalla biblioteca per vederla sistemare le ultime cose, spegnere tutte le luci e salire nel suo appartamento. Era poco, ma doveva farselo bastare. D'altronde, era meglio di niente. Prima o poi avrebbe avuto il suo lieto fine e sarebbe stato con lei.
Si inoltrò furtivamente nell'ombra, ma quando raggiunse la biblioteca si bloccò. Le luci erano già spente, Belle non c'era. Si tirò il colletto del cappotto fino alla testa e si avvicinò alla porta. Bloccata. Tornò nell'oscurità ed alzò gli occhi verso la finestra dell'appartamento. Luci spente, anche lì. Belle non era in casa, né a lavoro. E allora dov'era? Già da Granny's? Perché avrebbe dovuto chiudere prima? Le era successo qualcosa? Si sentì mancare al solo pensiero di Belle in pericolo. Ma chi avrebbe potuto rappresentare un pericolo per lei? Il cattivo era lui e soltanto lui. Nessuno degli altri le avrebbe mai fatto del male. Che Hook fosse tornato all'attacco e volesse vendicarsi del coccodrillo, facendo del male a Belle? Ci aveva provato due volte, in passato... non c'è due senza tre, giusto? Rumplestiltskin cominciò ad agitarsi sul serio, quando il suo cellulare vibrò nella tasca interna della sua giacca. Lo prese ed aprì il messaggio. Cruella gli aveva mandato una foto.
Guardò attentamente l'immagine: rappresentava una mano molto curata, le unghie ovali smaltate di nero lucido, che teneva tra le dita una sigaretta accesa. Rumplestiltskin guardò e riguardò la foto, senza capacitarsi di quello che vedeva. Quella mano non era di Cruella, non stava cercando di nuovo di sedurlo. Lui conosceva molto bene quella mano.
Era la mano della sua Belle.

 

 

 

 

Note dell'autrice.
In questo capitolo arriviamo finalmente a Storybrooke. Sono finite le settimane di esilio, Rumple si è ripreso il pugnale, ma Regina non sta facendo il doppio gioco e Pinocchio non è ancora stato chiamato in causa. Questa mia storia è una What If e tratta soprattutto il rapporto tra Rumple e Belle. Lo scenario generale è solo di sottofondo e sì, ci sono dei cambiamenti nella trama, ma quello che mi interessa è la situazione Rumbelle. Ovviamente la mia storia si distacca dalla trama vera di Once Upon A Time e non si sa come finirà.
Nell'ultimo episodio si è visto che Rumple, per prima cosa, va nell'appartamento di Neal. Sono rimasta a bocca aperta perché è ciò che io ho scritto nel primo capitolo di questa storia, quando ancora non si sapeva. Era prevedibile, forse, ma mi ha sorpreso comunque.
Robin e Zelena per ora non mi servono e penso che non mi serviranno neanche in seguito, quindi non ci pensate XD.
Ho scritto questo capitolo in fretta e furia, mi ero anche dimenticata di inserire un elemento del mio pacchetto, quindi abbiate pietà.
Ringrazio tantissimo chi legge questa storia e, soprattutto, chi lascia un commento.
A presto^^
B e l l e

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