Una scuola da Dottore di Luce e Tenebra (/viewuser.php?uid=681052)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontri ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Autrici:
Luce e Tenebra
Genere: Avventura, Comico,
Sience-fiction, Romantico (ma poco poco)
Personaggi
Principali: Decimo Dottore, Undicesimo Dottore, Jack
Harkness, Nuovo personaggio, Sorpresa!
Personaggi
Secondari: Amelia "Amy" Pond, Rory Williams, Donna Noble,
Ianto Jones (per chi non lo conoscesse, è un personaggio di
Tochwood, spin-off di Doctor Who)
Tipo di coppia:
Het
Disclaimer:
Fidatevi, Doctor Who non ci appartiene, non ci arricchiamo con le
pazzie della domenica mattina e tutti i dirittti appartengono a Moffat,
alla BBC e a chiunque ce li abbia
Prologo
Glasgow, 31
agosto 2014
Era una giornata
nebbiosa, con una nebbia così fitta che non si vedeva a un
palmo dal proprio naso. Condizione ideale per fare atterrare una cabina
blu del
1964.
All’interno
della cabina, si stava svolgendo un bizzarro litigio tra due ancor
più bislacchi fratelli.
― Vorrei capire per
quali motivi deve venire anche lui, Theta. Ce la caviamo
benissimo da soli! ― disse Sigma, il minore dei due, con la schiena
appoggiata
alla consolle e le braccia incrociate sul petto. I suoi vestiti avevano
un che
di antiquato, con il cravattino blu intonato alle bretelle. La camicia
a righe
non si adattava alla sua fisionomia, che a una qualunque persona
sarebbe parsa
quella di un normale quindicenne.
Il maggiore, dopo
averlo scacciato dalla pulsantiera del TARDIS, si passò una
mano tra i capelli ― Mi pareva di averteli spiegati poco fa. Uno per
uno. –
ribatté tirando una leva sospetta e schiacciando qualche
pulsante. Anche lui
era vestito in maniera bizzarra per un adolescente, l’idea di
una persona che
portava contemporaneamente un elegante completo gessato e le Converse
rosse
sarebbe parsa ridicola ai più, ma su di lui non lo sembrava,
tutto il
contrario. L’unica cosa vagamente moderna erano i suoi
capelli, che parevano
quasi sconfiggere la legge della gravità.
Sigma
sbuffò ― Facciamo finta che li abbia sentiti e che li
ricordi. Chi è?
Come fa ad avere il numero di telefono del TARDIS?
― Jack
è una specie di amico di famiglia e ci ha avvertito lui di
quello
che sta succedendo sulla Terra. Ha il diritto di partecipare. ― e con
quest’ultima affermazione, Theta fece atterrare il TARDIS con
il suo
caratteristico rumore.
Qualcuno
bussò alla porta e i due andarono ad aprire. Appoggiato allo
stipite
della cabina, c’era un
bel ragazzo che
poteva avere sì e no diciassette anni, con gli occhi azzurri
grandi come fanali e dei capelli castani molto curati. La prima cosa
che Sigma notò
fu il lungo cappotto militare con tanto di medaglie
dell’esercito, che sembrava
risalire alla Seconda Guerra Mondiale.
Il nuovo arrivato
sorrise rivolgendosi palesemente al fratello maggiore ― Siete
arrivati nel posto giusto al momento giusto: è un record! ―
ma il minore
intervenne ridacchiando e si scostò un ciuffo castano dal
viso ― In verità, abbiamo
sbagliato prima epoca, poi luogo e infine direttamente pianeta. Anche
se in
quest’ultimo caso potrebbe essere stata colpa mia.
Theta
lo fulminò con lo sguardo ― Non era necessario dire proprio
tutto!
Quando i due fratelli si furono riappacificati e Jack smise di ridere,
i tre si
avviarono verso il loro obiettivo.
― Sarà meglio che vi dica che dovremo imbucarci in una
scuola. ― disse Jack con
nonchalance ― Quindi cercate di comportarvi come degli umani, okay? ― i
due
sguardi perplessi che ricevette non furono esattamente incoraggianti,
ma il
ragazzo continuò imperterrito ― Di recente ho rilevato delle
distorsioni spazio–temporali
che sembrano avere il loro epicentro in questa scuola, così
ho deciso di chiamarvi.
― detto questo, Jack
superò i cancelli
di un alto edificio antiquato e austero e li condusse alla segreteria
della
loro nuova scuola. Arrivato davanti all’impiegata che si
occupava delle
iscrizioni Jack chiese loro se avevano ciascuno la propria carta
psichica e
disse di fare come faceva lui.
Il ragazzo si avvicinò al bancone, fece vedere la carta
psichica – allo stesso
tempo ovviamente regalò alla signorina qualche sorriso e
commenti maliziosi –
compilò qualche foglio e poi ritornò verso i due
Gallifreyani ― Semplice, no? A
proposito, la sezione è la G e la stanza è la 139.
Theta si fece avanti subito seguito da un Sigma distratto ― Io e mio
fratello
vorremmo iscriverci. ― la signora annuì guardandolo e si
chiese cosa avesse il
ragazzo per tenere gli occhi così sgranati, caratteristica
che metteva un po’
di soggezione perfino a Sigma. Ma anche con gli occhi sgranati sapeva
essere
molto affascinante, faceva sempre stragi di cuori. Senza volerlo
peraltro. Le
ragazze non erano certamente il suo forte.
― Nomi ed età? ― non era la prima volta che
s’inventavano dei nomi, così il
giovane alieno rispose prontamente ― John e Matt Smith, rispettivamente
sedici
e quindici anni. ― Sigma fece una faccia indignata, ma si
limitò a qualche
buffa espressione facciale di rimprovero per
quell’età così ridicola. Aveva
fatto cent’anni il mese scorso!
Quando arrivò il momento di mostrare i documenti, Theta
sfoggiò senza timore la
propria carta psichica, ma il minore cominciò a pensare a
tutt’altro cambiando
inevitabilmente il contenuto del “documento” che la
segretaria stava
analizzando ― M-ma… qui c’è scritto che
non capisci perché tuo fratello si
ostini a non comprarti un fez!
Dopo aver sistemato la faccenda dei documenti, i tre ragazzi
sistemarono il
TARDIS in un’aula in disuso – non senza qualche
difficoltà: si sa, i viaggi
piccoli sono i più complicati – e portarono le
proprie valige in stanza. Appena
arrivati nel locale dove avrebbero passato i prossimi mesi,
però, tra i
fratelli sorse un altro
dibattito.
― Sigma, riesci a inciampare da fermo. Non ti farò stare sul
letto di sopra, ti
rigenereresti a suon di cadute! ― Fece Theta, cercando di staccare il
fratello
dal punto della stanza in cui si era cementato, invano ― Ma i letti a
castello
sono forti! Guarda, si sale sul letto con una scaletta. Non
è magnifico? ― disse
l’altro continuando a stare appiccicato alla suddetta scala.
Jack si accostò al duo ― Ehi, se volete posso starci io
sopra. Sapete, quando
sto sopra do il meglio di me! ― il sorriso in pura malizia e la
strizzata
d’occhio con cui il ragazzo accompagnò la proposta
confuse definitivamente
Sigma ― Credo di non aver capito cosa intende, Theta.
― Meglio così. ― rispose il fratello alzando gli occhi al
cielo guardando male
Jack, che si limitò a ridere e a dirgli di rilassarsi. Theta
capiva i doppi
sensi che faceva Jack, al contrario del fratello, ma questo non voleva
dire che
li apprezzava. Nonostante quello Jack era un suo carissimo amico.
Poco dopo Sigma era seduto sul letto superiore e, mentre Theta e Jack
sistemavano i vestiti nei propri armadi, guardava sospettoso la stanza,
notando
che il quarto letto era già occupato ― Quindi avremo un
compagno di stanza umano.
― disse ad alta voce, non parlando con nessuno in particolare.
Jack si girò a guardare ― Beh, anch’io sono
umano, anche se non in senso stretto. Che problema
c’è?
Sigma si sistemò il solito ciuffo fuori posto ―
Niente, ma mi trovo più a mio agio con gli alieni. Gli umani
catalogano la
maggior parte delle cose che non capiscono come
“assurdo”, “pazzo” e
“strano”.
Theta ridacchiò ― Lo fanno solo con te, e non
hanno esattamente tutti torti! – prima che Sigma potesse
rispondere Jack
suggerì di andare a prendere le uniformi per il giorno
successivo.
I ragazzi s’incamminarono per raggiungere una sala comune
dove vari operatori
scolastici stavano distribuendo delle divise a una marea di ragazzi. Il
trio si
divise e ciascuno di loro si mise in fila per prendere i vestiti della
propria
taglia, suscitando un po' di curiosità per il loro bizzarro
modo di
vestire. Quando si ritrovarono dopo aver provato i vestiti, erano tutti
e tre molto
perplessi. Le uniformi erano composte da pantaloni giacca e cravatta
blu e
camicia grigia, il tutto decorato con lo stemma della scuola: un
ippogrifo
grigio con dietro uno scudo blu con intarsi argentati. Anche le scarpe
erano
comprese nell’uniforme, ed erano marroni dal taglio classico.
― Ehi, almeno non ti vedrò più con quelle
ridicole scarpe di tela! ― ghignò
Sigma riferito al fratello, che si stava aggiustando la cravatta.
Quando ebbe
finito, gli rispose serafico ― Beh, non sono io quello
che dovrà rinunciare al suo adorato farfallino. ― Sigma per
poco non svenne.
Jack invece si limitò a cercare di infilare il cappotto
militare sopra la
giacca dell'uniforme, con poco successo.
Mentre si dirigevano in sala mensa, Theta ricordò al
fratello che da quel
momento in poi avrebbe risposto solo al nome di John Smith e che lui si
sarebbe
dovuto presentare come Matt Smith, ma soprattutto che non doveva dire a
nessuno
chi erano e cosa facevano in quella scuola. Sigma parve essersi
convinto, così,
dopo averlo fissato a lungo per assicurarsi che avesse capito
l'importanza di
quei segreti, il fratello gli sorrise ― Conosceremo un sacco di umani.
Non è
divertente?
Sigma, pardon, Matt annuì ― Sì... ma
mi manca
il mio farfallino!
Angolino Autrici
Luce: molto piacere, io sono
Luce, la mia amica Tenebra non sta scrivendo con me questo angolino con
me perché... è complicato. sappiate che anche lei
vi saluta - per inciso, in questo account siamo in due. lo so
che si era capito... era per puntualizzare.
Ora, parliamoci chiaro, questo è un esperiemnto, la nostra
prima AU, e non saimo certe se vi piacerà o meno, noi
tentiamo.
Il capitolo è stato scritto da Tenebra, apliato da me e...
insomma, credo abbiate capito che qua scriviamo assieme.
l'aggiornamento di questa storia sarà difficile, sapete,
compiti, interrogazioni (tipo che io domani ho una verifica, tipo),
proveremo ad essere veloci con gli aggiornamenti, ma non diamo
garanzie.
Le recensioni sono sempre gradite, ci piacerebbe sapere se vi piace la
caratterizzazione dei personaggi, se facciamo strfalcioni ci piacerebbe
esserwe avvertite.
Al prossimo capitolo!!
Luce
e l'assente
Tenebra
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Capitolo 2 *** Incontri ***
Luce:avvertenze,
il nome Irene non va letto all'italiana ma all'inglese, la pronuncia
è Airin.
Una scuola da Dottore
Primo Capitolo –
Incontri
Irene Davies,
sedici anni e un odio radicato verso tutto quello che era studio, era
pronta
per il suo nuovo anno scolastico. La sua vita era quella di una ragazza
nella
media: un discreto gruppo di amici, due genitori che le volevano bene e
un
ragazzo dolce e affettuoso. Assolutamente normale, forse troppo, come
anche lei
talvolta si ritrovava a pensare.
La mattina del
primo giorno di scuola di quell’anno si svegliò in
maniera molto brusca, sbattendo
la testa contro la rete del letto che stava sopra di lei e dando un
colpo a
colei che lo occupava ― Liz! Sveglia pigrona! ― esclamò con
voce strascicata. La
mattina poteva essere paragonata a una mummia, con i capelli mogano
tutti
scarmigliati e gli occhi verdi senza la brillantezza che li
caratterizzava.
Nella sua stanza
c’erano altre due ragazze: la sua migliore amica Liz e la
tranquilla Martha.
Un lamento si
levò dal letto superiore. ― No. ― mugolò Liz,
quindici anni e una passione per
gli abiti eccentrici-ma-non-troppo, tirando un cuscino sulla testa di
Irene. ―
Mi rifiuto categoricamente. ― si rintanò sotto le coperte
cercando inutilmente di
riprendere sonno.
― Non
lamentarti, guarda che nessuno qui ha voglia di muoversi, ma bisogna
farlo. ― cominciò
a rovistare nei cassetti alla ricerca dell’uniforme, ma nel
caos assoluto che
regnava tra tutti i suoi averi, le uniche cose che riuscì a
trovare furono una
cravatta e le calze. Cercò di trattenersi
dall’urlare a squarciagola tutta la
sua frustrazione e fece un respiro profondo cercando di rilassarsi.
― Se cerchi il
resto della tua uniforme, è, non so bene per quale arcana
ragione, dentro una
delle borse sotto il mio letto. E dire che ieri eri tutta
“domani dovrà essere
tutto perfetto e stasera preparo ogni cosa nei minimi
dettagli”. ― la voce di
Liz era intrisa di sarcasmo, probabilmente dovuto al brusco risveglio.
La giovane
stava abbarbicata come un pipistrello, con le gambe che si reggevano
alle
sponde del letto superiore, la testa rivolta verso il basso e i capelli
corvini
che ciondolavano come molle. Gli occhi azzurro-grigi, grandi come
fanali, con
uno strano scintillio al loro interno, parevano pieni di una brillante
follia.
Questo la diceva lunga su di lei: se i passatempi preferiti di Irene
erano
scrivere, leggere e pattinare sul ghiaccio, quelli di Liz erano
sperimentare
nel laboratorio di Scienze, scrivere copioni da film e leggere fumetti.
Parlava
da solo anche il fatto che si mettesse spesso in quella posizione
strana;
soleva dire, quando qualcuno faceva domande, che “amava
vedere il mondo da
un’altra prospettiva”.
― Molto
spiritosa. ― ribatté l’altra seguendo le sue
istruzioni. Dopo che riuscì a
recuperare la gonna grigio chiaro e la camicia azzurra esalò
un sospiro di
sollievo, e sul volto le comparve un enorme sorriso soddisfatto. A
quella scena
Liz fece un sorriso esasperato e si sbrigò a rialzarsi e
recuperare la sua
roba, alzando gli occhi al cielo quando vide che l’uniforme
femminile era
ancora una volta di colori più chiari rispetto a quella dei
ragazzi. Non aveva
mai capito perché i colori dovessero essere differenti, dal
canto suo preferiva
quelli della divisa maschile; un’altra cosa che odiava erano
le gonne, infatti
faceva parte di quella ristretta cerchia di ragazze che indossavano i
pantaloni. La sua era l’unica scuola dove si faceva questa
osa e ne era
piuttosto orgogliosa.
Passò un po’ di
tempo prima che tutte le inquiline della stanza 237 fossero pronte e
quando
uscirono cominciarono ad avviarsi verso la mensa passeggiando
tranquille. Una
volta giunte nel refettorio la prima persona che incontrarono fu Ianto
Jones,
un ragazzo che avevano conosciuto il primo anno e con cui avevano sin
da subito
legato per via della sua dolcezza, che si era già seduto ad
un tavolo. ― Ciao
Ianto! ― esclamò con entusiasmo Irene, sedendosi accanto a
lui e dandogli un
bacio sulla guancia. I due stavano assieme da un anno ed erano molto
felici;
certo, ogni tanto qualche litigio, ma sempre per futili motivi, e
facevano
sempre pace. La loro era una relazione perfettamente funzionante.
Finito di
mangiare si avviarono verso gli armadietti.
― Un altro noiosissimo
anno. Uffa. ― si lamentò Liz mentre recuperava la sua roba.
― La scuola sembra
quasi non finire mai. ― ma qualcosa interrupe le sue proteste, un
ragazzo che
urtava l’anta aperta del suo armadietto e glielo chiudeva in
faccia.
― Ehi, tu! Di
solito si chiede scusa alle persone! ― gli urlò dietro.
Irene si sbatté
le mani sulla faccia, pensando con tristezza che non era un buon inizio
di anno
se Liz non attaccava briga con qualcuno. Non che la ragazza in
questione fosse
attaccabrighe, solo che se si svegliava bruscamente diventava piuttosto
irascibile. Specialmente all’inizio dell’anno. Lei
lo sapeva bene.
― Oh, scusami
zuccherino, chissà come ho fatto a non notarti. Io sono il
capitano Jack
Harkness, piacere. ― detto questo, Jack stese la mano alla ragazza con
un
sorriso seducente. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce
maliziosa mentre
la squadrava.
― Il piacere è
tutto tuo, capitano dei miei
stivali.
― gli lanciò un’occhiataccia. ― E non chiamarmi
più zuccherino. ― sebbene lui
fosse davvero bello, qualsiasi ragazza gli avrebbe sbavato dietro e
avrebbe
sospirato nel vederlo regalarle un sorriso, non era decisamente il suo
tipo.
Irene, mano
nella mano con Ianto, trattenne Liz per una spalla. ― Calma Liz. ― ma
prima che
potesse ricevere una brutta risposta dalla sua amica, Jack si
intromise. ―
Ciao. ― si avvicinò a Irene parlando con il suo tono
lascivo, quello che faceva
cadere tutti, gay, etero e confusi, ai suoi piedi. Perché il
capitano era molto
più flessibile da quel
punto di
vista, per lui andava bene chiunque, bastava che fosse bello.
Ianto s’intromise,
cingendo le spalle di Irene con un braccio. ― Stalle lontano.
Jack guardò
anche lui con un sorriso sornione. ― Non ci hanno presentati. Io sono
Jack.
― Smettila. ―
esordì qualcuno alle sue spalle, con un tono di voce
piuttosto seccato e gli
occhi rivolti verso il cielo.
― Ma stavo solo
salutando! ― il moro si girò e guardò i due
ragazzi che erano apparsi dietro di
lui. Si soffermò per un attimo su Sigma, cercando di capire
che cosa stonasse
nella sua figura. Era come se su di lui ci fosse qualcosa che non
voleva
guardare, sapeva che c’era, ma non voleva saperlo.
― Filtro di
percezione. Non potevo non mettere il mio cravattino: è
forte! ― esclamò l’altro
con una certa aria di superiorità e un enorme sorriso,
spiegandogli cosa gli
stava provocando quella sensazione. Sigma era un ragazzino veramente
strano, aveva
una passione per le cose stravaganti, soprattutto per i cravattini e i
cappelli
assurdi.
Theta continuò
il suo discorso con Jack, ma non prima di non aver alzato gli occhi al
cielo,
di nuovo. Sospettava che lo avrebbe fatto spesso, eppure non gli
dispiaceva, in
fondo – neanche tanto in effetti – si divertiva. ―
Tu saluti flirtando Jack.
― Che ci vuoi
fare, sono fatto così.
― Signor Sono
Fatto Così, ti ricordo che non mi hai chiesto scusa. ―
s’intromise Liz, ancora
nervosa per la questione dell’armadietto.
― Mi piacerebbe,
cara, ma se perdiamo ancora tempo faremo tardi a lezione. Ci si vede in
giro. ―
passò davanti a Ianto e Irene e fece loro un occhiolino,
cosa che provocò una
faccia schifata da parte di Ianto e una risatina divertita da Irene:
quel tipo
le piaceva, era simpatico a parer suo.
― Che tipo
bizzarro. ― rifletté ad alta voce, riferendosi
più che altro a se stessa.
― Uno che si
apprezza col tempo. ― disse Theta con un sorriso.
― E voi due?
Siete anche voi galanti come Mr
Sorriso, o siete ragazzi normali?
Sigma
s’intromise. ― Normali? Decisamente no. Normali non
è divertente, è noioso.
Liz gli sorrise,
realmente divertita, fece per dirgli qualcosa ma fu interrotta dal
suono della
campanella, la prima, quella che indicava agli studenti di dirigersi in
classe;
la seconda, invece, segnalava l’inizio delle lezioni, e
suonava dopo circa
cinque minuti. ― Noi ora dovremmo andare in classe. Ci si vede. ― Liz
non
sapeva bene se si stesse riferendo alle sue amiche oppure a Sigma, ma
entrambe
le cose le parevano brutte.
Irene, Martha e
Ianto, che erano tutti e tre nella stessa classe, cominciarono ad
avviarsi,
seguiti da Theta, che si dirigeva anche lui verso la sua aula, che era
proprio
la stessa del bizzarro gruppetto.
― In che classe
vai? ― chiese Liz all’altro fratello, che era rimasto, senza
che nemmeno lui
sapesse perché, in quel corridoio insieme a lei.
― Bella
domanda... mi piacerebbe saperlo. ― Sigma estrasse dalla tasca della
sua divisa
un foglio che aveva tutta l’aria di essere una piantina, la
aprì e, girandola
prima in un verso e poi in un altro, cercò di capire dove
fosse la sua classe. A
un certo punto parve trovare la soluzione e si diresse a destra. A
metà del
corridoio che aveva imboccato si bloccò e tornò
indietro, raggiungendo Liz nel
corridoio opposto. La ragazza lo guardò perplessa e lui
rispose con una
scrollata di spalle ― Era la parte sbagliata. ― Liz gli sorrise,
sinceramente
divertita da quella scena. Alla fine si resero conto che il ragazzo era
finito
nella stessa classe di lei, perciò fecero il resto del
tragitto insieme,
chiacchierando tranquilli. Il ragazzo aveva una personalità
esplosiva, metteva
entusiasmo in tutto ciò che faceva, e conosceva un sacco di
cose. In quei
minuti Liz comprese che aveva una grande passione per la chimica e
tutto ciò
che riguardava la scienza.
Quando
arrivarono in classe, per chissà quale evento fortuito, il
professore ancora
non era arrivato.
Intanto Theta e
gli altri erano già arrivati in classe. Durante la strada,
Martha aveva
sommerso il maggiore con una miriade di domande, dalle più
banali – dal colore
preferito a come aveva passato le vacanze – a quelle
più personali, sulla
famiglia, alla maggior parte delle quasi dava risposte evasive e
frammentarie.
Anche lui aveva posto ai ragazzi qualche domanda, facendo
conversazione.
A Irene quel
ragazzo dava una strana sensazione, come se nascondesse qualcosa
d’importante.
Lo vedeva chiuso in se stesso e non capiva perché.
― Come mai vi
siete trasferiti qui? ― gli chiese guardandolo negli occhi.
― Perché io e
mio fratello avevamo bisogno di cambiare aria.
― Tuo fratello?
Vuoi dire quel Jack? ― s’intromise Ianto.
― Cosa? No, no! ―
Theta parve sconvolto dal fatto che qualcuno potesse pensare che lui e
Jack
fossero fratelli. ― Jack non ha nessun legame di parentela con me e
Matt, ci
mancherebbe altro, quei due non so che avrebbero combinato se avessimo
vissuto
insieme. ― Uno strano sorriso gli
comparve
sul volto al solo pensiero, causato da chissà quale ilare
scena che si era
formata in quella sua brillante mente aliena.
Arrivarono in
classe proprio allo squillo della seconda campana, che coprì
il saluto
sicuramente imbarazzante di Jack, che li aspettava seduto al secondo
banco con
un sorriso smagliante. ― Ehi, chi non muore si rivede.
Te la sei presa comoda. ― Disse dopo che il
terrificante suono smise di spaccargli i timpani, alzando le
sopracciglia in
maniera allusiva, ottenendo un grugnito e una smorfia schifata da parte
di
Ianto, che si andò a sedere al suo posto.
Marta fece come
lui, continuando a guardare Teta da lontano con sguardo sognante. Quel
ragazzo
non sapeva nemmeno il suo nome, ma già le piaceva. ― Meglio
se li eviti quei
due, non mi piacciono. ― Disse Ianto con voce cupa, uscendo i suoi
libri dallo
zaino.
― A te non
piacciono perché sono entrambi molto carini e
perché Jack ci ha provato sia con
te che con Irene.
― Già. A questo
punto non so quale delle due sia peggio. ― disse criptico.
Martha lo guardò
sconvolta. ― Hai qualcosa contro i gay, Ianto?
― No, ho qualcosa
con quel tipo. È troppo pieno di sé, come se
fosse migliore di tutti noi messi
assieme e tutto gli sia dovuto.
― Ovvero: sei
geloso. ― un sorrisetto comparve sulla bocca della ragazza. Ianto, come
risposta, emise un grugnito.
Dall’altra parte
dell’aula, Irene stava chiacchierando, senza saperlo, con un
Signore del Tempo
e il suo amico immortale. ― Tu ed io non ci siamo ufficialmente
presentati, io
sono Irene.
― Io John Smith.
― si strinsero la mano con energia, mentre Jack li osservava. Il
ragazzo stava
pensando che, se quella situazione si fosse protratta a lungo
– come temeva – almeno
erano capitati in una scuola piena di
ragazzi davvero belli, era certo che si sarebbe trovato bene
lì.
Proprio in quel
momento entrò il professore, che intimò a tutti i
ragazzi di sedersi. Irene si
diresse immediatamente verso il suo banco, dietro Martha e Ianto. La
sua
compagna di banco era una ragazza dai capelli rossi tutto pepe, che si
chiamava
Donna Noble. Sin dal primo giorno Irene aveva capito che con lei non si
poteva
parlare, poiché la ragazza era piuttosto irascibile e quando
si arrabbiava
tendeva ad alzare la voce in maniera esponenziale. Nonostante questo
era
abbastanza simpatica, o almeno, questo era ciò che le
sembrava dopo qualche
chiacchierata.
Ma quel giorno i
suoi pensieri si diressero a quei ragazzi nuovi tanto assurdi e strani,
che
l’avevano colpita in un modo che non sapeva nemmeno definire.
Quello con cui
aveva parlato di più a quel momento era John, e non sapeva
se era un bene o un
male: avrebbe tanto voluto farsi una chiacchierata con Jack, e non
perché fosse
il ragazzo più bello che avesse mai visto in tutta la sua
vita – anche, per la
verità – ma perché era curiosa, voleva
sapere di più su di lui, su di loro.
Nell’altra aula,
due ragazzi stavano parlando senza sosta, delle cose più
assurde e allucinanti
e ci vollero almeno due richiami del professore per farli stare buoni.
Ma dopo
un paio di minuti Sigma cominciò a muoversi come un matto
sulla sedia, facendo
disegnini sul banco e cambiando posizione ogni trenta secondi. Quando
finalmente finì l’ora, il ragazzo si
alzò e cominciò a camminare in circolo.
― Che ti prende?
― gli chiese Liz.
― Non ce la
faccio più! ― esclamò lui, gesticolando come un
matto.
― È passata solo
un’ora, rassegnati: dovrai stare qui fino all’ora
di pranzo. ― E il povero
ragazzo si sentì ancora peggio.
Tutte le ore di
lezione furono una vera e propria tortura per il giovane Signore del
Tempo,
che, quando finalmente suonò la campanella, si diresse,
praticamente correndo,
verso l’aula del fratello. Quando raggiunse sia lui che Jack
era senza fiato ma
con un’espressione felice sul volto.
― Ehi, Sigma,
che ti prende? ― gli chiese Theta.
Il ragazzo
riprese fiato e disse ― Muoviamoci. ― gli altri due lo guardarono un
po’ perplessi.
Ma lui spiegò subito quello che intendeva dire. ― Facci
vedere dove hai
registrato quelle variazioni spazio-temporali.
Jack non se lo
fece ripetere due volte: si diressero velocemente, praticamente
inosservati in
quel via vai di studenti che chiacchieravano con
tranquillità, nel seminterrato
della scuola attraverso una rampa di scale situata vicino la sala
professori. Speravano
che nessuno li vedesse, che tutti fossero troppo felici di poter
interrompere
le lezioni e andare a mangiare, ma una ragazza con una fluente chioma
rossa e
dei luminosi occhi marroni pieni di vita ed energia li aveva notati, e,
incuriosita dal loro comportamento sospetto, decise di seguirli.
Finestrella
dell’autrice – cioè di Luce
Salve!!! *si
ripara dal lancio dei pomodori* lo so, lo so!! Sono in ritardo e questo
era il
capitolo che dovevo scrivere io e che poi Tenebra doveva modificare.
Non
odiatemi, vi prego!!
Passando alle
cose serie (Sperando che mi abbiate perdonato...), speriamo, sia io sia
Tenny,
che il capitolo vi piaccia. Non succede molto, ma bisogna aspettare per
le cose
avventurose, ci vuole tempo.
Siccome
Tenebra è noiosa e quando le ho cihiesto il font da usare mi
ha detto "Times New Roman" *fa il
verso*, io ho deciso che questo carattere è molto
più bello. dato che l'addetta all'html sono io (NVU
è il potere gente!!) decido io. *preparandos ad essere
scuoiata.*
Se qualcuno
di
voi ha per caso visto Shining, vorrei farvi notare che il numero della
stanza è
237. Sono crudele, lo so. Poi ci sono anche varie allusioni a diversi
episodi,
sia del Decimo che dell’Undicesimo. Vi avviso sin da ora:
questa storia è una
citazione continua.
Ora la
smetto di
scocciarvi, dato che a momenti la finestrella è
più grande del capitolo.
Alla
prossima!!
Luce
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