Una scuola da Dottore

di Luce e Tenebra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontri ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Autrici: Luce e Tenebra
Genere: Avventura, Comico, Sience-fiction, Romantico (ma poco poco)
Personaggi Principali: Decimo Dottore, Undicesimo Dottore, Jack Harkness, Nuovo personaggio, Sorpresa!
Personaggi Secondari: Amelia "Amy" Pond, Rory Williams, Donna Noble, Ianto Jones (per chi non lo conoscesse, è un personaggio di Tochwood, spin-off di Doctor Who)
Tipo di coppia: Het
Disclaimer: Fidatevi, Doctor Who non ci appartiene, non ci arricchiamo con le pazzie della domenica mattina e tutti i dirittti appartengono a Moffat, alla BBC e a chiunque ce li abbia

Prologo


Glasgow, 31 agosto 2014

Era una giornata nebbiosa, con una nebbia così fitta che non si vedeva a un palmo dal proprio naso. Condizione ideale per fare atterrare una cabina blu del 1964.
All’interno della cabina, si stava svolgendo un bizzarro litigio tra due ancor più bislacchi fratelli.
― Vorrei capire per quali motivi deve venire anche lui, Theta. Ce la caviamo benissimo da soli! ― disse Sigma, il minore dei due, con la schiena appoggiata alla consolle e le braccia incrociate sul petto. I suoi vestiti avevano un che di antiquato, con il cravattino blu intonato alle bretelle. La camicia a righe non si adattava alla sua fisionomia, che a una qualunque persona sarebbe parsa quella di un normale quindicenne.
Il maggiore, dopo averlo scacciato dalla pulsantiera del TARDIS, si passò una mano tra i capelli ― Mi pareva di averteli spiegati poco fa. Uno per uno. – ribatté tirando una leva sospetta e schiacciando qualche pulsante. Anche lui era vestito in maniera bizzarra per un adolescente, l’idea di una persona che portava contemporaneamente un elegante completo gessato e le Converse rosse sarebbe parsa ridicola ai più, ma su di lui non lo sembrava, tutto il contrario. L’unica cosa vagamente moderna erano i suoi capelli, che parevano quasi sconfiggere la legge della gravità.
Sigma sbuffò ― Facciamo finta che li abbia sentiti e che li ricordi. Chi è? Come fa ad avere il numero di telefono del TARDIS?
 ― Jack è una specie di amico di famiglia e ci ha avvertito lui di quello che sta succedendo sulla Terra. Ha il diritto di partecipare. ― e con quest’ultima affermazione, Theta fece atterrare il TARDIS con il suo caratteristico rumore.
Qualcuno bussò alla porta e i due andarono ad aprire. Appoggiato allo stipite della cabina, c’era un
bel ragazzo che poteva avere sì e no diciassette anni, con gli occhi azzurri grandi come fanali e dei capelli castani molto curati. La prima cosa che Sigma notò fu il lungo cappotto militare con tanto di medaglie dell’esercito, che sembrava risalire alla Seconda Guerra Mondiale.
Il nuovo arrivato sorrise rivolgendosi palesemente al fratello maggiore ― Siete arrivati nel posto giusto al momento giusto: è un record! ― ma il minore intervenne ridacchiando e si scostò un ciuffo castano dal viso ― In verità, abbiamo sbagliato prima epoca, poi luogo e infine direttamente pianeta. Anche se in quest’ultimo caso potrebbe essere stata colpa mia.

Theta lo fulminò con lo sguardo ― Non era necessario dire proprio tutto!
Quando i due fratelli si furono riappacificati e Jack smise di ridere, i tre si avviarono verso il loro obiettivo.
― Sarà meglio che vi dica che dovremo imbucarci in una scuola. ― disse Jack con nonchalance ― Quindi cercate di comportarvi come degli umani, okay? ― i due sguardi perplessi che ricevette non furono esattamente incoraggianti, ma il ragazzo continuò imperterrito ― Di recente ho rilevato delle distorsioni spazio–temporali che sembrano avere il loro epicentro in questa scuola, così ho deciso di chiamarvi. ― detto questo,  Jack superò i cancelli di un alto edificio antiquato e austero e li condusse alla segreteria della loro nuova scuola. Arrivato davanti all’impiegata che si occupava delle iscrizioni Jack chiese loro se avevano ciascuno la propria carta psichica e disse di fare come faceva lui.
Il ragazzo si avvicinò al bancone, fece vedere la carta psichica – allo stesso tempo ovviamente regalò alla signorina qualche sorriso e commenti maliziosi – compilò qualche foglio e poi ritornò verso i due Gallifreyani ― Semplice, no? A proposito, la sezione è la G e la stanza è la 139.
Theta si fece avanti subito seguito da un Sigma distratto ― Io e mio fratello vorremmo iscriverci. ― la signora annuì guardandolo e si chiese cosa avesse il ragazzo per tenere gli occhi così sgranati, caratteristica che metteva un po’ di soggezione perfino a Sigma. Ma anche con gli occhi sgranati sapeva essere molto affascinante, faceva sempre stragi di cuori. Senza volerlo peraltro. Le ragazze non erano certamente il suo forte.
― Nomi ed età? ― non era la prima volta che s’inventavano dei nomi, così il giovane alieno rispose prontamente ― John e Matt Smith, rispettivamente sedici e quindici anni. ― Sigma fece una faccia indignata, ma si limitò a qualche buffa espressione facciale di rimprovero per quell’età così ridicola. Aveva fatto cent’anni il mese scorso!
Quando arrivò il momento di mostrare i documenti, Theta sfoggiò senza timore la propria carta psichica, ma il minore cominciò a pensare a tutt’altro cambiando inevitabilmente il contenuto del “documento” che la segretaria stava analizzando ― M-ma… qui c’è scritto che non capisci perché tuo fratello si ostini a non comprarti un fez!
Dopo aver sistemato la faccenda dei documenti, i tre ragazzi sistemarono il TARDIS in un’aula in disuso – non senza qualche difficoltà: si sa, i viaggi piccoli sono i più complicati – e portarono le proprie valige in stanza. Appena arrivati nel locale dove avrebbero passato i prossimi mesi, però, tra i fratelli sorse un altro
dibattito.
― Sigma, riesci a inciampare da fermo. Non ti farò stare sul letto di sopra, ti rigenereresti a suon di cadute! ― Fece Theta, cercando di staccare il fratello dal punto della stanza in cui si era cementato, invano ― Ma i letti a castello sono forti! Guarda, si sale sul letto con una scaletta. Non è magnifico? ― disse l’altro continuando a stare appiccicato alla suddetta scala.
Jack si accostò al duo ― Ehi, se volete posso starci io sopra. Sapete, quando sto sopra do il meglio di me! ― il sorriso in pura malizia e la strizzata d’occhio con cui il ragazzo accompagnò la proposta confuse definitivamente Sigma ― Credo di non aver capito cosa intende, Theta.
― Meglio così. ― rispose il fratello alzando gli occhi al cielo guardando male Jack, che si limitò a ridere e a dirgli di rilassarsi. Theta capiva i doppi sensi che faceva Jack, al contrario del fratello, ma questo non voleva dire che li apprezzava. Nonostante quello Jack era un suo carissimo amico.
Poco dopo Sigma era seduto sul letto superiore e, mentre Theta e Jack sistemavano i vestiti nei propri armadi, guardava sospettoso la stanza, notando che il quarto letto era già occupato ― Quindi avremo un compagno di stanza umano. ― disse ad alta voce, non parlando con nessuno in particolare.
Jack si girò a guardare ― Beh, anch’io sono umano, anche se non in senso stretto. Che problema c’è?

Sigma si sistemò il solito ciuffo fuori posto ― Niente, ma mi trovo più a mio agio con gli alieni. Gli umani catalogano la maggior parte delle cose che non capiscono come “assurdo”, “pazzo” e “strano”.
Theta ridacchiò ― Lo fanno solo con te, e non hanno esattamente tutti torti! – prima che Sigma potesse rispondere Jack suggerì di andare a prendere le uniformi per il giorno successivo.
I ragazzi s’incamminarono per raggiungere una sala comune dove vari operatori scolastici stavano distribuendo delle divise a una marea di ragazzi. Il trio si divise e ciascuno di loro si mise in fila per prendere i vestiti della propria taglia, suscitando un po' di curiosità per il loro bizzarro modo di
vestire. Quando si ritrovarono dopo aver provato i vestiti, erano tutti e tre molto perplessi. Le uniformi erano composte da pantaloni giacca e cravatta blu e camicia grigia, il tutto decorato con lo stemma della scuola: un ippogrifo grigio con dietro uno scudo blu con intarsi argentati. Anche le scarpe erano comprese nell’uniforme, ed erano marroni dal taglio classico.
― Ehi, almeno non ti vedrò più con quelle ridicole scarpe di tela! ― ghignò Sigma riferito al fratello, che si stava aggiustando la cravatta. Quando ebbe finito, gli rispose serafico ― Beh, non sono io quello
che dovrà rinunciare al suo adorato farfallino. ― Sigma per poco non svenne.
Jack invece si limitò a cercare di infilare il cappotto militare sopra la giacca dell'uniforme, con poco successo.
Mentre si dirigevano in sala mensa, Theta ricordò al fratello che da quel momento in poi avrebbe risposto solo al nome di John Smith e che lui si sarebbe dovuto presentare come Matt Smith, ma soprattutto che non doveva dire a nessuno chi erano e cosa facevano in quella scuola. Sigma parve essersi convinto, così, dopo averlo fissato a lungo per assicurarsi che avesse capito l'importanza di quei segreti, il fratello gli sorrise ― Conosceremo un sacco di umani. Non è divertente? 

Sigma, pardon, Matt annuì ― Sì... ma mi manca il mio farfallino!













Angolino Autrici

Luce: molto piacere, io sono Luce, la mia amica Tenebra non sta scrivendo con me questo angolino con me perché... è complicato. sappiate che anche lei vi  saluta - per inciso, in questo account siamo in due. lo so che si era capito... era per puntualizzare.
Ora, parliamoci chiaro, questo è un esperiemnto, la nostra prima AU, e non saimo certe se vi piacerà o meno, noi tentiamo.
Il capitolo è stato scritto da Tenebra, apliato da me e... insomma, credo abbiate capito che qua scriviamo assieme. l'aggiornamento di questa storia sarà difficile, sapete, compiti, interrogazioni (tipo che io domani ho una verifica, tipo), proveremo ad essere veloci con gli aggiornamenti, ma non diamo garanzie. 
Le recensioni sono sempre gradite, ci piacerebbe sapere se vi piace la caratterizzazione dei personaggi, se facciamo strfalcioni ci piacerebbe esserwe avvertite.
Al prossimo capitolo!!

Luce e l'assente Tenebra

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Capitolo 2
*** Incontri ***


Luce:avvertenze, il nome Irene non va letto all'italiana ma all'inglese, la pronuncia è Airin.
Una scuola da Dottore

Primo Capitolo – Incontri  


Irene Davies, sedici anni e un odio radicato verso tutto quello che era studio, era pronta per il suo nuovo anno scolastico. La sua vita era quella di una ragazza nella media: un discreto gruppo di amici, due genitori che le volevano bene e un ragazzo dolce e affettuoso. Assolutamente normale, forse troppo, come anche lei talvolta si ritrovava a pensare.
La mattina del primo giorno di scuola di quell’anno si svegliò in maniera molto brusca, sbattendo la testa contro la rete del letto che stava sopra di lei e dando un colpo a colei che lo occupava ― Liz! Sveglia pigrona! ― esclamò con voce strascicata. La mattina poteva essere paragonata a una mummia, con i capelli mogano tutti scarmigliati e gli occhi verdi senza la brillantezza che li caratterizzava.
Nella sua stanza c’erano altre due ragazze: la sua migliore amica Liz e la tranquilla Martha.
Un lamento si levò dal letto superiore. ― No. ― mugolò Liz, quindici anni e una passione per gli abiti eccentrici-ma-non-troppo, tirando un cuscino sulla testa di Irene. ― Mi rifiuto categoricamente. ― si rintanò sotto le coperte cercando inutilmente di riprendere sonno.
― Non lamentarti, guarda che nessuno qui ha voglia di muoversi, ma bisogna farlo. ― cominciò a rovistare nei cassetti alla ricerca dell’uniforme, ma nel caos assoluto che regnava tra tutti i suoi averi, le uniche cose che riuscì a trovare furono una cravatta e le calze. Cercò di trattenersi dall’urlare a squarciagola tutta la sua frustrazione e fece un respiro profondo cercando di rilassarsi.
― Se cerchi il resto della tua uniforme, è, non so bene per quale arcana ragione, dentro una delle borse sotto il mio letto. E dire che ieri eri tutta “domani dovrà essere tutto perfetto e stasera preparo ogni cosa nei minimi dettagli”. ― la voce di Liz era intrisa di sarcasmo, probabilmente dovuto al brusco risveglio. La giovane stava abbarbicata come un pipistrello, con le gambe che si reggevano alle sponde del letto superiore, la testa rivolta verso il basso e i capelli corvini che ciondolavano come molle. Gli occhi azzurro-grigi, grandi come fanali, con uno strano scintillio al loro interno, parevano pieni di una brillante follia. Questo la diceva lunga su di lei: se i passatempi preferiti di Irene erano scrivere, leggere e pattinare sul ghiaccio, quelli di Liz erano sperimentare nel laboratorio di Scienze, scrivere copioni da film e leggere fumetti. Parlava da solo anche il fatto che si mettesse spesso in quella posizione strana; soleva dire, quando qualcuno faceva domande, che “amava vedere il mondo da un’altra prospettiva”.
― Molto spiritosa. ― ribatté l’altra seguendo le sue istruzioni. Dopo che riuscì a recuperare la gonna grigio chiaro e la camicia azzurra esalò un sospiro di sollievo, e sul volto le comparve un enorme sorriso soddisfatto. A quella scena Liz fece un sorriso esasperato e si sbrigò a rialzarsi e recuperare la sua roba, alzando gli occhi al cielo quando vide che l’uniforme femminile era ancora una volta di colori più chiari rispetto a quella dei ragazzi. Non aveva mai capito perché i colori dovessero essere differenti, dal canto suo preferiva quelli della divisa maschile; un’altra cosa che odiava erano le gonne, infatti faceva parte di quella ristretta cerchia di ragazze che indossavano i pantaloni. La sua era l’unica scuola dove si faceva questa osa e ne era piuttosto orgogliosa.
Passò un po’ di tempo prima che tutte le inquiline della stanza 237 fossero pronte e quando uscirono cominciarono ad avviarsi verso la mensa passeggiando tranquille. Una volta giunte nel refettorio la prima persona che incontrarono fu Ianto Jones, un ragazzo che avevano conosciuto il primo anno e con cui avevano sin da subito legato per via della sua dolcezza, che si era già seduto ad un tavolo. ― Ciao Ianto! ― esclamò con entusiasmo Irene, sedendosi accanto a lui e dandogli un bacio sulla guancia. I due stavano assieme da un anno ed erano molto felici; certo, ogni tanto qualche litigio, ma sempre per futili motivi, e facevano sempre pace. La loro era una relazione perfettamente funzionante.
Finito di mangiare si avviarono verso gli armadietti.
― Un altro noiosissimo anno. Uffa. ― si lamentò Liz mentre recuperava la sua roba. ― La scuola sembra quasi non finire mai. ― ma qualcosa interrupe le sue proteste, un ragazzo che urtava l’anta aperta del suo armadietto e glielo chiudeva in faccia.
― Ehi, tu! Di solito si chiede scusa alle persone! ― gli urlò dietro.
Irene si sbatté le mani sulla faccia, pensando con tristezza che non era un buon inizio di anno se Liz non attaccava briga con qualcuno. Non che la ragazza in questione fosse attaccabrighe, solo che se si svegliava bruscamente diventava piuttosto irascibile. Specialmente all’inizio dell’anno. Lei lo sapeva bene.
― Oh, scusami zuccherino, chissà come ho fatto a non notarti. Io sono il capitano Jack Harkness, piacere. ― detto questo, Jack stese la mano alla ragazza con un sorriso seducente. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce maliziosa mentre la squadrava.
― Il piacere è tutto tuo, capitano dei miei stivali. ― gli lanciò un’occhiataccia. ― E non chiamarmi più zuccherino. ― sebbene lui fosse davvero bello, qualsiasi ragazza gli avrebbe sbavato dietro e avrebbe sospirato nel vederlo regalarle un sorriso, non era decisamente il suo tipo.
Irene, mano nella mano con Ianto, trattenne Liz per una spalla. ― Calma Liz. ― ma prima che potesse ricevere una brutta risposta dalla sua amica, Jack si intromise. ― Ciao. ― si avvicinò a Irene parlando con il suo tono lascivo, quello che faceva cadere tutti, gay, etero e confusi, ai suoi piedi. Perché il capitano era molto più flessibile da quel punto di vista, per lui andava bene chiunque, bastava che fosse bello.
Ianto s’intromise, cingendo le spalle di Irene con un braccio. ― Stalle lontano.
Jack guardò anche lui con un sorriso sornione. ― Non ci hanno presentati. Io sono Jack.
― Smettila. ― esordì qualcuno alle sue spalle, con un tono di voce piuttosto seccato e gli occhi rivolti verso il cielo.
― Ma stavo solo salutando! ― il moro si girò e guardò i due ragazzi che erano apparsi dietro di lui. Si soffermò per un attimo su Sigma, cercando di capire che cosa stonasse nella sua figura. Era come se su di lui ci fosse qualcosa che non voleva guardare, sapeva che c’era, ma non voleva saperlo.
― Filtro di percezione. Non potevo non mettere il mio cravattino: è forte! ― esclamò l’altro con una certa aria di superiorità e un enorme sorriso, spiegandogli cosa gli stava provocando quella sensazione. Sigma era un ragazzino veramente strano, aveva una passione per le cose stravaganti, soprattutto per i cravattini e i cappelli assurdi.
Theta continuò il suo discorso con Jack, ma non prima di non aver alzato gli occhi al cielo, di nuovo. Sospettava che lo avrebbe fatto spesso, eppure non gli dispiaceva, in fondo – neanche tanto in effetti – si divertiva. ― Tu saluti flirtando Jack.
― Che ci vuoi fare, sono fatto così.
― Signor Sono Fatto Così, ti ricordo che non mi hai chiesto scusa. ― s’intromise Liz, ancora nervosa per la questione dell’armadietto.
― Mi piacerebbe, cara, ma se perdiamo ancora tempo faremo tardi a lezione. Ci si vede in giro. ― passò davanti a Ianto e Irene e fece loro un occhiolino, cosa che provocò una faccia schifata da parte di Ianto e una risatina divertita da Irene: quel tipo le piaceva, era simpatico a parer suo.
― Che tipo bizzarro. ― rifletté ad alta voce, riferendosi più che altro a se stessa.
― Uno che si apprezza col tempo. ― disse Theta con un sorriso.
― E voi due? Siete anche voi galanti come Mr Sorriso, o siete ragazzi normali?
Sigma s’intromise. ― Normali? Decisamente no. Normali non è divertente, è noioso.  
Liz gli sorrise, realmente divertita, fece per dirgli qualcosa ma fu interrotta dal suono della campanella, la prima, quella che indicava agli studenti di dirigersi in classe; la seconda, invece, segnalava l’inizio delle lezioni, e suonava dopo circa cinque minuti. ― Noi ora dovremmo andare in classe. Ci si vede. ― Liz non sapeva bene se si stesse riferendo alle sue amiche oppure a Sigma, ma entrambe le cose le parevano brutte.
Irene, Martha e Ianto, che erano tutti e tre nella stessa classe, cominciarono ad avviarsi, seguiti da Theta, che si dirigeva anche lui verso la sua aula, che era proprio la stessa del bizzarro gruppetto.
― In che classe vai? ― chiese Liz all’altro fratello, che era rimasto, senza che nemmeno lui sapesse perché, in quel corridoio insieme a lei.
― Bella domanda... mi piacerebbe saperlo. ― Sigma estrasse dalla tasca della sua divisa un foglio che aveva tutta l’aria di essere una piantina, la aprì e, girandola prima in un verso e poi in un altro, cercò di capire dove fosse la sua classe. A un certo punto parve trovare la soluzione e si diresse a destra. A metà del corridoio che aveva imboccato si bloccò e tornò indietro, raggiungendo Liz nel corridoio opposto. La ragazza lo guardò perplessa e lui rispose con una scrollata di spalle ― Era la parte sbagliata. ― Liz gli sorrise, sinceramente divertita da quella scena. Alla fine si resero conto che il ragazzo era finito nella stessa classe di lei, perciò fecero il resto del tragitto insieme, chiacchierando tranquilli. Il ragazzo aveva una personalità esplosiva, metteva entusiasmo in tutto ciò che faceva, e conosceva un sacco di cose. In quei minuti Liz comprese che aveva una grande passione per la chimica e tutto ciò che riguardava la scienza.
Quando arrivarono in classe, per chissà quale evento fortuito, il professore ancora non era arrivato.
Intanto Theta e gli altri erano già arrivati in classe. Durante la strada, Martha aveva sommerso il maggiore con una miriade di domande, dalle più banali – dal colore preferito a come aveva passato le vacanze – a quelle più personali, sulla famiglia, alla maggior parte delle quasi dava risposte evasive e frammentarie. Anche lui aveva posto ai ragazzi qualche domanda, facendo conversazione.
A Irene quel ragazzo dava una strana sensazione, come se nascondesse qualcosa d’importante. Lo vedeva chiuso in se stesso e non capiva perché.
― Come mai vi siete trasferiti qui? ― gli chiese guardandolo negli occhi.
― Perché io e mio fratello avevamo bisogno di cambiare aria.
― Tuo fratello? Vuoi dire quel Jack? ― s’intromise Ianto.
― Cosa? No, no! ― Theta parve sconvolto dal fatto che qualcuno potesse pensare che lui e Jack fossero fratelli. ― Jack non ha nessun legame di parentela con me e Matt, ci mancherebbe altro, quei due non so che avrebbero combinato se avessimo vissuto insieme. ― Uno strano sorriso  gli comparve sul volto al solo pensiero, causato da chissà quale ilare scena che si era formata in quella sua brillante mente aliena.
Arrivarono in classe proprio allo squillo della seconda campana, che coprì il saluto sicuramente imbarazzante di Jack, che li aspettava seduto al secondo banco con un sorriso smagliante. ― Ehi, chi non muore si rivede.  Te la sei presa comoda. ― Disse dopo che il terrificante suono smise di spaccargli i timpani, alzando le sopracciglia in maniera allusiva, ottenendo un grugnito e una smorfia schifata da parte di Ianto, che si andò a sedere al suo posto.
Marta fece come lui, continuando a guardare Teta da lontano con sguardo sognante. Quel ragazzo non sapeva nemmeno il suo nome, ma già le piaceva. ― Meglio se li eviti quei due, non mi piacciono. ― Disse Ianto con voce cupa, uscendo i suoi libri dallo zaino.
― A te non piacciono perché sono entrambi molto carini e perché Jack ci ha provato sia con te che con Irene.
― Già. A questo punto non so quale delle due sia peggio. ― disse criptico.
Martha lo guardò sconvolta. ― Hai qualcosa contro i gay, Ianto?
― No, ho qualcosa con quel tipo. È troppo pieno di sé, come se fosse migliore di tutti noi messi assieme e tutto gli sia dovuto.
― Ovvero: sei geloso. ― un sorrisetto comparve sulla bocca della ragazza. Ianto, come risposta, emise un grugnito.
Dall’altra parte dell’aula, Irene stava chiacchierando, senza saperlo, con un Signore del Tempo e il suo amico immortale. ― Tu ed io non ci siamo ufficialmente presentati, io sono Irene.
― Io John Smith. ― si strinsero la mano con energia, mentre Jack li osservava. Il ragazzo stava pensando che, se quella situazione si fosse protratta a lungo – come temeva –  almeno erano capitati in una scuola piena di ragazzi davvero belli, era certo che si sarebbe trovato bene lì.
Proprio in quel momento entrò il professore, che intimò a tutti i ragazzi di sedersi. Irene si diresse immediatamente verso il suo banco, dietro Martha e Ianto. La sua compagna di banco era una ragazza dai capelli rossi tutto pepe, che si chiamava Donna Noble. Sin dal primo giorno Irene aveva capito che con lei non si poteva parlare, poiché la ragazza era piuttosto irascibile e quando si arrabbiava tendeva ad alzare la voce in maniera esponenziale. Nonostante questo era abbastanza simpatica, o almeno, questo era ciò che le sembrava dopo qualche chiacchierata.
Ma quel giorno i suoi pensieri si diressero a quei ragazzi nuovi tanto assurdi e strani, che l’avevano colpita in un modo che non sapeva nemmeno definire. Quello con cui aveva parlato di più a quel momento era John, e non sapeva se era un bene o un male: avrebbe tanto voluto farsi una chiacchierata con Jack, e non perché fosse il ragazzo più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita – anche, per la verità – ma perché era curiosa, voleva sapere di più su di lui, su di loro.
Nell’altra aula, due ragazzi stavano parlando senza sosta, delle cose più assurde e allucinanti e ci vollero almeno due richiami del professore per farli stare buoni. Ma dopo un paio di minuti Sigma cominciò a muoversi come un matto sulla sedia, facendo disegnini sul banco e cambiando posizione ogni trenta secondi. Quando finalmente finì l’ora, il ragazzo si alzò e cominciò a camminare in circolo.
― Che ti prende? ― gli chiese Liz.
― Non ce la faccio più! ― esclamò lui, gesticolando come un matto.
― È passata solo un’ora, rassegnati: dovrai stare qui fino all’ora di pranzo. ― E il povero ragazzo si sentì ancora peggio.
Tutte le ore di lezione furono una vera e propria tortura per il giovane Signore del Tempo, che, quando finalmente suonò la campanella, si diresse, praticamente correndo, verso l’aula del fratello. Quando raggiunse sia lui che Jack era senza fiato ma con un’espressione felice sul volto.
― Ehi, Sigma, che ti prende? ― gli chiese Theta.
Il ragazzo riprese fiato e disse ― Muoviamoci. ― gli altri due lo guardarono un po’ perplessi. Ma lui spiegò subito quello che intendeva dire. ― Facci vedere dove hai registrato quelle variazioni spazio-temporali.
Jack non se lo fece ripetere due volte: si diressero velocemente, praticamente inosservati in quel via vai di studenti che chiacchieravano con tranquillità, nel seminterrato della scuola attraverso una rampa di scale situata vicino la sala professori. Speravano che nessuno li vedesse, che tutti fossero troppo felici di poter interrompere le lezioni e andare a mangiare, ma una ragazza con una fluente chioma rossa e dei luminosi occhi marroni pieni di vita ed energia li aveva notati, e, incuriosita dal loro comportamento sospetto, decise di seguirli.

 

 

 

 

 

 

 



Finestrella dell’autrice – cioè di Luce
Salve!!! *si ripara dal lancio dei pomodori* lo so, lo so!! Sono in ritardo e questo era il capitolo che dovevo scrivere io e che poi Tenebra doveva modificare. Non odiatemi, vi prego!!

Passando alle cose serie (Sperando che mi abbiate perdonato...), speriamo, sia io sia Tenny, che il capitolo vi piaccia. Non succede molto, ma bisogna aspettare per le cose avventurose, ci vuole tempo.

Siccome Tenebra è noiosa e quando le ho cihiesto il font da usare mi ha detto "Times New Roman"  *fa il verso*, io ho deciso che questo carattere è molto più bello. dato che l'addetta all'html sono io (NVU è il potere gente!!) decido io. *preparandos ad essere scuoiata.*
Se qualcuno di voi ha per caso visto Shining, vorrei farvi notare che il numero della stanza è 237. Sono crudele, lo so. Poi ci sono anche varie allusioni a diversi episodi, sia del Decimo che dell’Undicesimo. Vi avviso sin da ora: questa storia è una citazione continua.
Ora la smetto di scocciarvi, dato che a momenti la finestrella è più grande del capitolo.

Alla prossima!!
Luce

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