Disintegration: la fine di una regina

di Julia of Elaja
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Di pensieri e rimorsi ***
Capitolo 3: *** L'uomo nero ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Disintegration:

la fine di una regina








 
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PROLOGO


 

Arendelle.

Terra del gelo e del freddo, dove lande desolate di ghiaccio si estendono senza fine laddove prima le onde blu zaffiro del mare giocavano a infrangersi sugli scogli.

Arendelle, regno del sole, ora regno del ghiaccio.


Quel che era successo era ormai leggenda; anni addietro, al compimento della maggiore età, la principessa Elsa aveva assunto il titolo di regina di Arendelle, tra l'approvazione e l'entusiasmo del popolo.
Ma durante la cerimonia dell'incoronazione, qualcosa di terribile era accaduto.

Sotto lo sguardo incredulo di tutti gli invitati, Elsa si era rivelata essere una creatura con poteri magici, tramite i quali era capace di evocare il gelo e il ghiaccio.
Sconvolta dal fatto di essere stata scoperta, dopo aver tenuto tanto segreta la cosa per tutti gli anni precedenti, la giovane regina era scappata via, sulle montagne, e da allora non si era più vista.
Da quel giorno, su Arendelle, un inverno senza fine si era abbattuto, ad imbiancare ogni cosa, senza tregua.
Travolti da questa insolita e assurda gelata, i cittadini di Arendelle si erano ritrovati a combattere contro il freddo e la continua neve. In molti erano morti, altri ancora si ammalavano con una facilità tale che qualsiasi medico era sempre e costantemente impegnato, a qualsiasi ora del giorno.
Della regina Elsa, ormai da anni non si aveva più nessuna notizia; solo sua sorella, la principessa Anna, si era vista una volta avviarsi verso le montagne, intenta a riportare la sorella a palazzo, sperando così di poter poi far tornare alla normalità il clima di Arendelle.

Ma Anna non aveva più fatto ritorno.
E, come da lei richiesto qualora le fosse accaduto qualcosa, il Reame era passato nelle mani del principe Hans delle Isole del Sud, promesso sposo di Anna.

Ma Hans, ingenuo ragazzo, ultimo di dodici figli, nulla sapeva di come poter gestire un regno in piena crisi; e Arendelle cadde in disgrazia, con il passare del tempo, sepolta dai suoi cumuli di neve e dall'incedere lento e costante del gelo sempre peggiore.

Nessuno ricordava più come fosse Arendelle prima del grande gelo; nonostante fossero solo passati cinque anni, la gelata aveva cancellato qualsiasi ricordo della bella e solare Arendelle, con i suoi prati, i suoi colli e il suo mare blu.
Solo una persona poteva ricordare tutto quel che gli altri avevano dimenticato, serbando nella sua mente quelle immagini di un passato ormai irrecuperabile.
E l'inverno intanto continuava su Arendelle, senza dare minimo segno di voler cessare.

La regina del ghiaccio e delle nevi, Elsa, non si vedeva ormai da cinque anni ad Arendelle; nascosta chissà su quale delle montagne del nord, la giovane donna si crucciava di quel che ogni giorno accadeva a causa sua in Arendelle, sentendo le voci degli innumerevoli cittadini morti per il gelo rimepirle la testa da giorno a sera.
In particolare, il fantasma di sua sorella Anna non le dava tregua alcuna; lei era morta per causa sua, Elsa lo sapeva bene; le aveva gelato il cuore e la povera ragazza era morta assiderata nel giro di poche ore, davanti agli occhi increduli e terrorizzati della colpevole sorella.
"Non era mia intenzione, Anna" continuava allora a ripetere Elsa, ogni giorno, al fantasma di lei "Io ti avevo detto di starmi lontana. Non volevo, non volevo che tu morissi, men che meno per causa mia".
"TU MI HAI UCCISO" ripeteva invece quella, seguendola ogni momento.

Elsa viveva di rimpianti, di autocommiserazione, di odio per se stessa e per quel mostro che era.
Elsa era sola. La sola anima lì tra le montagne, la cui unica compagnia era quella del fantasma della sorella e delle mille altre voci dei tanti poveri innocenti morti.
E di notte, poi, dormire non era possibile; qualcosa si muoveva, nel castello, e lei sapeva che anche quello doveva essere un fantasma, uno dei tanti che la perseguitavano.
E più sola che mai, perseguitata dallo strazio della scia della morte che aveva lasciato dietro di sè, Elsa viveva nel suo castello di ghiaccio.
Sola.








Note dell'autrice:

Dopo innumerevoli mesi, dopo tanto e troppo tempo, finalmente torno a scrivere Fanfictions!
E rieccomi qui: dal cuore di Roma vi scrivo, e sono davvero felice di potervi annunciare questo mio nuovo lavoro.
Adoro il personaggio di Elsa, il cui carattere è per molti tratti simile al mio; e dato che era già da molto che mi ero ripromessa di scrivere qualcosa su di lei, ho deciso oggi (approfittando del fatto di non essere ancora sotto esame) di pubblicare questa nuova mia fanfiction.
La Elsa che vedrete in questa storia inizialmente sarà proprio la stessa che avete conosciuto con la versione Disney; una fragile e giovane ragazza che ha paura di se stessa e dei propri poteri, delle proprie capacità. Una ragazza con poca fiducia in se stessa, sempre pronta a colpevolizzarsi, autocommiserarsi e scappare davanti alle proprie responsabilità.
Ma grazie all'aiuto di qualcuno, in questa storia Elsa cambierà, diventando la donna che nessuno avrebbe mai immaginato.
Tuttavia, la strada per diventare la nuova Elsa è costellata di varie difficoltà, e sono richiesti prezzi molto cari da pagare.
Primo fra tutti, una continua lotta con il buio e con il male.
Riuscirà Elsa a resistervi?
Scopritelo insieme a me!


A presto, con il primo capitolo!


Julia of Elaja

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Capitolo 2
*** Di pensieri e rimorsi ***


Di pensieri e rimorsi







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Anche nelle notti più buie, Arendelle risplendeva di un etereo bagliore, dato dal candore della neve che illuminava ogni cosa.

I più piccoli rimanevano incantati da tale splendore immacolato, mentre i loro genitori gemevano preoccupati fissando i fiocchi di neve scendere senza sosta dal cielo.
Elsa, con lo stesso sguardo pieno di preoccupazione, osservava in silenzio il proprio riflesso in uno specchio di ghiaccio; avrebbe voluto fermare tutto quel caos, ma non poteva. Non era in grado di controllarlo, non sapeva come poter mettere un freno a quel turbinio di neve, vento e gelo.
Erano cinque anni che provava a domare quella bufera senza fine, ma a nulla erano valsi i suoi tentativi. I suoi sentimenti erano in continua battaglia e la tempesta, lì fuori, li rispecchiava appieno.
"Anna, sorella mia" piangeva rivolgendosi al fantasma che ogni giorno era con lei "Aiutami".

Ma quella scuoteva il capo, ogni volta: "Dipende solo e soltanto da te, Elsa. Solo tu puoi fermare tutto questo".

E i giorni si trascinavano stancamente, con la neve che scendeva sempre più ad imbiancare qualsiasi superficie potesse. Ghiaccio e neve, vento gelido e valanghe sui monti più alti, erano ormai la costante per Arendelle.
E Elsa si struggeva nel dolore nel vedere il suo regno morire in quel silenzio ovattato.
Quel fragoroso silenzio che riempiva le sue giornate, e che di notte non la lasciava dormire... specie poi quando, puntualmente come ogni notte, da sempre, quella voce profonda da uomo tormentava il suo riposo ad occhi aperti.




 

 

Ventidue anni prima

Arendelle, Castello reale



 

"Niente si sposa meglio del freddo, con l'oscurità".
Elsa si guardava attorno, stretta al suo corpicino esile sotto le pesanti coperte che sua madre le aveva rimboccato poco prima.
Quella voce scura e profonda le sembrava quasi cattiva, ne era intimorita; continuava a parlarle da quando lei ne aveva memoria, e da sempre l'aveva impaurita.
Timorosa più che mai, si infilò completamente sotto le coperte e rannicchiandosi ancor di più su se stessa cercava di non pensare alla voce cattiva che le sussurrava quelle strane cose.
"Non pensarci" si ripeteva a bassa voce, sussurrando appena pur di non farsi sentire da quella presenza sconosciuta "Non esiste davvero, è solo la tua fantasia, Elsa".
E come ogni notte, dopo aver mormorato quella strana ed enigmatica frase, la voce cattiva scompariva.
Per poi ricomparire la notte successiva.

 

*

 

"Niente si sposa meglio del freddo, con l'oscurità".
Elsa si guardò attorno, seduta sul suo letto con le gambe acciambellate al petto; il suo sguardo si spostava forsennatamente per la stanza di ghiaccio, cercando la fonte di quella voce che da sempre le parlava di notte.
Era solo quella frase l'unica cosa che le sentiva dire; persino quando aveva mormorato nel buio, una notte, chi fosse non aveva ricevuto risposta.
Solo quelle parole.

Sospirando, si mise a sedere più comodamente, quando fu certa che anche l'ultima eco di quella cupa voce fosse scomparsa; era forse frutto della sua fantasia? Possibile che questa cosa continuasse ad andare avanti, da quando era appena una bambina?
"Dimmi chi sei" mormorò, continuando a spostare il suo sguardo tutt'attorno "Sei forse un fantasma?".

Silenzio.

Elsa si rimise in piedi; sospirando, si avvicinò ad una finestra e con gli occhi pieni di tristezza, malinconia e paura fissò il paesaggio imbiancato che lì fuori le si mostrava, in tutto il suo candore.
"Controllalo" si diceva, stringendo i pugni così tanto da affondare le unghie nel palmo.
Ogni notte la stessa storia; girava senza tregua per il suo enorme castello di ghiaccio, solitaria e pensierosa, immersa nei suoi pensieri.
Avrebbe voluto fermare tutto quel che stava accadendo a causa sua; aveva persino pensato alla morte, ma ne aveva troppo timore.
Teneva sì al suo regno, ma il pensiero della morte la terrorizzava...

Quel buio eterno.
Le faceva paura.


La notte era diventata sua fida compagna di solitudine e di pensieri.
Il buio, suo amico fidato... ma solo per poche ore. Il tempo di una notte, poi con l'alba lo vedeva andar via.
L'oscurità era un balsamo per il suo cuore ferito; e il candore delle sue creazioni aveva modo di risplendere meglio, grazie alla mancanza della luce.
Con il buio Elsa risplendeva.
Era con il buio che lei poteva essere padrona della sua vita.
Ma ancora, questo, non lo aveva compreso.
Non ancora, almeno,

E fissando l'alba che arrivava, dalla sua finestra Elsa pianse il suo dolore, il suo rammarico.
"Se solo sapessi gestirlo... se solo sapessi".
E voltando le spalle alla luce, camminò ancora solitaria per le grandi stanze di ghiaccio.

 

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Capitolo 3
*** L'uomo nero ***



L'uomo nero



Una nuova notte, ma la solita storia.
Elsa, il buio, il solo candore della neve fuori che illuminava quel poco che bastava l'immenso castello di ghiaccio; i suoi passi inquieti, il sonno che non arrivava, i pensieri che si ingarbugliavano.
"Controllalo" si diceva, ma non poi così tanto convinta; ormai si era arresa all'idea di essere incapace di gestire i propri poteri. Non c'era nulla da fare.
Arendelle era destinata al gelo eterno, e tutto per causa sua.
Ma lei con quei poteri ci era nata; se avesse avuto la possibilità di scegliere non li avrebbe mai voluti; era una vittima, Elsa, di tutto quel che le stava accadendo. Vittima e carnefice al tempo stesso.
Se solo qualcuno le avesse spiegato cosa fare, come gestire quella assurda magia...
Se solo ci fosse stata una voce consigliera, nel buio dei suoi pensieri... una voce...

Si fermò di colpo.


Guardinga, si voltò a fissare un punto imprecisato dietro di lei, per poi spostare il suo sguardo sul soffitto; che fine aveva fatto la voce oscura della notte?
Sospettosa, cercò di ricordare se, forse, sovrappensiero, non avesse fatto caso a quando, come tutte le notti, le si rivolgeva con la sua enigmatica frase. Eppure no, ne era certa; quella notte la voce non le aveva parlato.
Per la prima volta, in tutte le notti della sua vita.
La cosa la inquietò, perché quel tono basso, cupo e misterioso, quella voce inquietante, era stata la sua unica compagnia, in ogni notte che lei aveva vissuto sin dalla più tenera età.
Che fine aveva fatto, allora? Perché quella notte ancora non le aveva rivolto la sua solita frase?
Scioccamente, Elsa pensò che forse toccasse a lei attirare la sua attenzione; ma cosa avrebbe potuto fare?
"In che modo posso richiamarlo a me?" si chiedeva, riprendendo a camminare per le vaste stanze, ma questa volta con il passo più leggero e misurato.
Rifletteva, mordicchiandosi le unghie, cercando di inventare qualcosa.
"Ehm... voce della notte?" chiamò ad un tratto, esistante nel tono, guardandosi attorno; nessuna risposta.
Sbuffò, fermandosi nuovamente, questa volta al centro della stanza più grande, le mani sui fianchi e il petto in fuori: voleva la compagnia di quella voce, la pretendeva. Non poteva abbandonarla così, non all'improvviso, non quando lei si sentiva più sola che mai!
Riusciva a studiare ogni singolo particolare della stanza in cui si trovava, ogni singolo disegno che i cristalli di ghiaccio avevano creato, nel pavimento, nel soffitto, nelle imponenti colonne... riusciva a notare ogni cosa, grazie al riflesso della luna sulla neve, di fuori; una luce bianca, candida, pura... seppur debole, riusciva comunque a penetrare l'oscurità della notte e raggiungere ogni meandro del palazzo. E, probabilmente, anche di Arendelle.

Speranza. Ecco cosa rappresentava quella fioca luce.
Seppur debole, riusciva a illuminare, donando a Elsa una sorta di pacata tranquillità che dal fondo del suo turbolento vivere si faceva nuovamente sentire.
Forse, un giorno, sarebbe tornata a sorridere.
Ma, quel giorno, non era ancora arrivato.

"Voce della notte?" richiamò di nuovo, ancora non molto convinta, lo sguardo esitante verso le stanze più lontane "Sei qui? Sei con me, stanotte?".
Silenzio.
Elsa sospirò in maniera quasi esasperata; "Oh" disse "Andiamo! Niente si sposa meglio del buio, con l'oscurità!".
Non sapeva perché avesse detto lei quella frase; in realtà era stato qualcosa di incontrollato, un atto non premeditato. Semplicemente, l'istinto l'aveva guidata a farlo.
Ancora silenzio; eppure, era certa che qualcosa sarebbe accaduto...

„Buffo sentirlo dire da te, Elsa“.
Elsa sussultò violentemente; non si aspettava affatto che la voce fosse appena dietro di lei, tanto vicina da sentirne addirittura il fiato sulla nuca.
Si voltò lentamente, quasi impaurita dalla situazione; allora esisteva qualcuno, corporeo o meno, che davvero le era vicino tutte le notti.
Non era solo una sua illusione!
Spostò lentamente lo sguardo, voltandosi alla sua destra, e fissò il pavimento; sgranò gli occhi quando si ritrovò a fissare un paio di scarpe scure.
Deglutì a vuoto; chi poteva essere quell’uomo?


„Elsa“ richiamò nuovamente quello, con il suo tono cupo e misterioso „Non avrai paura di rivolgermi lo sguardo?“
A quel punto Elsa si impettì e, inspirando profondamente per mettere a tacere la sua paura, alzò gli occhi per fissare il suo interlocutore.

Si sorprese a fissare un paio di occhi grigio chiari, che ricambiavano il suo sguardo in maniera decisa e quasi sfacciatamente interessata a lei.
Il volto dell’uomo aveva un colorito grigio, scuro, malaticcio; il naso prominente, la bocca sottile piegata in un ghigno. Le braccia conserte, appoggiate al petto, un corpo esile ben vestito con una veste lunga e scura.
„Ma allora… esisti davvero“ mormorò scioccamente Elsa, facendo un passo indietro per guardare ancor meglio quell’uomo.
Lo sconosciuto ridacchiò amaramente: “Evidentemente sì. O non te ne sei ancora convinta?”.
Elsa non ebbe modo di poter rispondere nulla: era rimasta colpita dall’aura che quell’uomo emanava, che la prendeva totalmente e non le permetteva di essere lucida e razionale.
La intimoriva, ma al tempo stesso la incuriosiva…
“Perché hai scelto me?” gli chiese, bruscamente “Perché sei sempre stato con me? E, soprattutto… tu chi sei?”.
L’uomo intanto camminava per la vasta stanza ammirando il soffitto nei suoi minimi dettagli; sembrava quasi non aver ascoltato le parole di Elsa finché, dopo un lungo minuto di silenzio, prese la parola, guardando dritto negli occhi la sua interlocutrice:
“Io sono Pitch” le sorrise appena “Pitch Black. Mi chiamano “l’uomo nero” e sono il padrone della notte e del buio”.
Elsa spalancò la bocca, incapace di alcuna reazione: forse lo sconosciuto la stava prendendo in giro?
Come poteva Pitch, quel Pitch, essere lì con lei? E come poteva non ancora averla attaccata, se davvero era lui quel famoso uomo nero?
“Dicono molte cose sul tuo conto” Elsa si fece coraggio, parlandogli nuovamente “Non so se fidarmi di te. Sei pericoloso. Tu uccidi gli uomini”.
Pitch la fissò sbalordito per qualche istante; poi, nel silenzio più totale, scoppiò in una fragorosa risata che riverberò per tutto il palazzo di ghiaccio.
“Uccidere gli uomini?” mormorò tra le risate “Oh, Elsa, quante strane idee hai in merito a me”.
Le si avvicinò, sospirando appena, ancora evidentemente divertito; Elsa, dal canto suo, sembrava decisamente impaurita da quella presenza.
“Mia cara Elsa” questa volta Pitch assunse un tono più serio “Io non uccido gli esseri umani. Io terrorizzo gli uomini e i loro sogni, io conosco ogni loro paura… mi diverte intimorirli e impaurirli… ma uccidere? Per adesso non è nei miei interessi”.
Elsa si irrigidì appena, sotto lo sguardo attento di Pitch che la trafiggeva da capo a piedi; si sentiva quasi esaminata da quegli occhi grigi e inquisitori…
“Cosa vuoi da me, Pitch?” gli chiese, ricomponendosi e affrontando quello sguardo che iniziava a intimorirla sempre più.
Pitch fece un sorriso tirato.
“Presto lo saprai, mia regina” e chinò appena il capo “Molto presto, prometto che saprai tutto. Ti dirò tutto quel che devi sapere. Su di te, sul tuo regno… e sui tuoi poteri”.



 
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