Il fidanzato di papà

di AlfiaH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Il fidanzato di papà

Cap I



La palestra della scuola - la fredda, tetra ed inospitale palestra della scuola - era l'ultimo posto dove Claire avrebbe voluto passare l'ultima ora di lezione del sabato (in realtà avrebbe preferito passare qualunque ora di qualunque giorno lontana dalla scuola in generale, ma non si può avere tutto dalla vita). Non che fosse una ragazza pigra e scansafatiche, ma davvero, davvero non vedeva l'utilità, lo scopo ed il senso del dodgeball. Idioti che lanciano una palla addosso ad altri idioti per eliminarsi a vicenda e vincere il "game" - una variante idiota di palla-avvelenata, in pratica.
Che idiozia. Ed era idiota anche il loro insegnante di educazione fisica.
"Novak, pensi che ti unirai a noi entro stasera o non siamo degni della tua presenza?" urlò il coach dall'altra parte della palestra. le mani sui fianchi; non aveva alzato gli occhi dal cellulare per guardarlo - stava per raggiungere il livello 21 a Candy Crush - ma poteva benissimo immaginarlo: il petto in fuori, la bocca piegata in un ghigno insopportabile, quella ridicola fascia rossa a tenergli su i capelli...
"Scusi, signor Squirrle, ho il ciclo" biascicò, stringendosi nel suo giubotto scuro, picchiettando sul suo povero smartphone. 
"Winchester", la corresse, sollevando gli occhi al soffitto. "Quattro volte in un mese?" 
"Allora sa anche contare". Becky al suo fianco ridacchiò, strappandole a sua volta un sorriso - merito anche della bomba colore appena creata; livello 21, evviva!
"Sono anche piuttosto bravo", e le strappò il cellulare dalle mani provocando un oltraggiatissimo "hey!", "ed, indovina un po', se ti schiaffo un tre a lezione per- facciamo... Venti lezioni? E dividi la somma dei tuoi voti per venti, a meno che tu non sia una specie di santona che fa miracoli, il risultato è sempre tre! Boom, la magia della matematica". Le spinse i piedi giù dalla sedia e la ragazza sbuffò, mentre Becky sgambettava velocemente verso il campo. "Ma non mi sento bene, non può punirmi per questo. Ho i crampi allo stomaco". 
"Questa l'ho già sentita".
"Sua madre non le ha mai spiegato come funziona il corpo di una ragazza?"
L'insegnante si irrigidì, ma fece palesemente appello a tutta la sua pazienza per forzare un'espressione non troppo seccata e rispondere a tono: "e tua madre non ti ha insegnato come si parla ad un insegnante?"
Fu il turno di Claire di gelarsi: odiava che si  nominasse sua madre, soprattutto con la leggerezza di chi non capisce niente (come quell'idiota del signor Squirrel) ma, dopotutto, se l'era cercata. "Mia madre mi ha insegnato a rispettare chi mi rispetta".
"Il rispetto va guadagnato".
"Lo penso anch'io".
"Allora piantala di giocare con questo aggeggio e vai in campo".
"E lei la pianti di farci fare giochi stupidi".
"Il dodgball non è stupido, serve per rafforzarti. Non arriverai mai da nessuna parte con quelle braccine-"
"E lei non arriverà mai da nessuna parte se continua ad indossare quella fascia per capelli. Vogliamo continuare?"
L'insegnante sbuffò, si schiaffò una mano sulla faccia ed emise un verso stanco. "Dimmelo tu, Claire. Ascolta, perché non fai semplicemente il tuo dovere e mi lasci fare il mio lavoro? Mancano...", guardò l'orologio, "venticinque minuti. Entra in campo e prometto che dimenticherò quello che hai detto sulla mia virilissima fascia per capelli, ok?"
La ragazza sbuffò un "che palle", si alzò di malavoglia, infilò le mani in tasca e si avviò molto lentamente verso il centro della palestra. "Ma il mio cellulare?" si ricordò poi. "Lo tengo in ostaggio io". 
"Che palle", ripetè di nuovo, prima di essere presa in pieno da una delle suddette.

 

"Te l'ho detto, è uno stronzo". Claire addentò la carota che aveva in mano come se si trattasse della testa del signor Squirrle; gliel'avrebbe davvero staccata a morsi se non fosse stato illegale - e se non le avesse fatto schifo tanta merda. "Tre più tre fa sei, Novak, non sarai mai nessuno se non fai un po' di pesi", lo scimmiottò con la voce grossa, facendo sorridere l'uomo che s'adoperava ai fornelli. "Modera il linguaggio, ragazzina! E poi il tuo insegnante non ha tutti i torti: un po' di moto ogni tanto fa bene, soprattutto alla tua età". 
"Siamo nel ventunesimo secolo, papà: è più utile saper usare uno di questi”, e sventolò il suo amato smartphone, “che sollevare pesi. Voglio dire, è inutile che ti sbatti con i tuoi bicipidi palesemente gonfiati se non sei nemmeno in grado di accendere un computer, mi spiego? La tecnologia è importante”.
“Non è sempre questione di utilità, Claire, non quella che intendi tu. Lo sport è una passione, non deve necessariamente essere utile a qualcosa – i soldi, il potere e cose così. Certo, è utile alla tua salute, ma sembra che voi giovani ve la dimentichiate sempre. Dovresti dargli una possibilità, e poi non vorrai mica diventare una cicciona?” Il genitore specchiò gli occhi blu in quelli indignati della ragazza, che però si ricompose subito, alzando il mento con sufficienza. “Beh, almeno sarò troppo grassa per andare a scuola”.
“La tecnologia fa miracoli”, rise l’uomo. “A volte penso che tu ed il signor Squirrle andreste d’amore e d’accordo”, commentò acida, “dovresti venire al prossimo incontro scuola-famiglia”.
Il genitore assottigliò lo sguardo con amarezza, scostò una sedia dal tavolo e le si sedette di fronte, pulendosi le mani sul grembiule. “Ne abbiamo già parlato, tesoro. Sai che mi piacerebbe venire, ma passi già così poco tempo con tua madre... Sai come la pensa riguardo le mie, ehm, "scelte di vita", non posso imporle la mia presenza - se venissimo insieme, finiremmo col metterti in imbarazzo. E poi sai quanto tiene alla scuola". "Tiene solo a quello", la ragazza sollevò lo sguardo al cielo, per poi riportarlo sul cellulare e costringersi a guardare lo schermo, aprendo e chiudendo a caso la schermata superiore. "Vuole che tu abbia un futuro. E poi io so già che sei la più brava della classe", fece per tirarla un po' su di morale, ma lei inclinò la testolina bionda di lato ed inarcò le sopracciglia fino all'attaccatura dei capelli. "La scuola è solo una stupida convenzione sociale nata per controllarci - e comunque lecchinare non mi farà apparecchiare la tavola". 
"Dannazione", scherzò, "vai almeno a preparati. Se cominci ora, potresti anche essere pronta entro stasera".
"Sei tu che devi farti bello per Dean, papà", vomitò quel nome come se avesse appena nominato il suo insegnante di educazione fisica - in un modo che fece storcere il naso a Castiel. "Claire..." la rimproverò; la ragazza alzò le mani in segno di resa: "si, lo so: è meraviglioso, fantastico e mi piacerà un sacco - come se mi servisse un altro padre rompipalle. Già lo detesto". "Ma non lo conosci nemmeno! Io penso davvero che andrete d'accordo, vi assomigliate parecchio".
Claire scrisse un ultimo messaggio a Charlie, la sua migliore amica, per lamentarsi del nuovo fidanzato di suo padre; infilò il cellulare in tasca e andò a prepararsi borbottando un "come no".

 

Claire non aveva mai visto tanta roba da mangiare sul tavolo di casa sua: frittelle, corndog*, sandwich (cos'era quella strana roba violacea all'interno?), un tegame di pasta giusto al centro, dal colorito brunastro, con quelli che sembravano... Cereali*? E noodles? Probabilmente piatti tipici del Kansas, pensò, dato che Dean (anche il nome le suonava odioso) era originario di Lawrence. 
Per non parlare dell'arrosto ancora in forno.
Suo padre, vestito come si ci veste per un funerale, tutto impettito in giacca e cravatta, guardava la sua creazione con aria grave, quasi, temeva la ragazza, come se stesse per avere qualche sorta di collasso. La biondina avanzò cautamente di qualche passo per entrare in cucina e lo chiamò, piuttosto perplessa: "papà?"
"Ho dimenticato la crostata", fu l'unica risposta. 
"Oh. Okay?"
"Tu non capisci. Ho assolutamente bisogno di una crostata!"
"Papà, stai soft, è solo una crostata, Dean se ne farà una ragione. E hai la cravatta al contrario- di nuovo".
L'uomo, benché non sembrasse convinto, si lasciò cadere sopra una sedia e sospirò, torturandosi le mani; Claire gli si avvicinò per sistemargli quell'obbrobrio di nodo che aveva al collo. "Pensi che sia troppo presto?" le chiese alzando gli occhi blu, quasi come un bambino. "Ormai ha importanza? Hai già cucinato tutta questa roba".
"Dean ama mangiare".
"Cristo, non sarà un grassone pelato?"
Il genitore rise, ma negò con la testa; la ragazza gli sistemò il colletto della camicia con un sorriso d'incoraggiamento. "Ecco fatto. Quell'idiota è proprio un uomo fortunato".
"Lo sono io ad avere te", commentò Castiel distendendo le labbra in una linea dolce, facendola arrossire. "Si, si. Vado a vedere se al bar all'angolo sono ancora aperti. Forse facciamo ancora in tempo per quella crostata".
Trotterellò fino all'ingresso, ignorando i "lascia stare, non importa" del più grande, ed inforcò la giacca di jeans mentre apriva la porta. "Ci metto un attim... E lei cosa diavolo ci fa qui?!"
I capelli biondi sparati in aria, la camicia rossa sbottonata sul petto, un mazzo di fiori elegantemente poggiato su una spalla ed una bottiglia scura in una mano; il sorriso seducente, creato ad arte, di Dean si impiccò rapidamente - tanto quanto si spalancarono gli occhi di Claire, che non ci pensò neppure due volte prima di richiudergli platealmente, e letteralmente, la porta sul muso, sbraitando un "siamo fuori dell'orario scolastico!"
Castiel, preoccupato da tutto quel baccano, accorse in aiuto della figlia, trovandola sconvolta sulla soglia. "Che succede?"
"Il mio insegnante di educazione fisica è qui fuori", disse lentamente aggrottando le sopracciglia, come se lo stesse realizzando soltanto in quel momento. In effetti tutto stava diventato inquietantemente più chiaro. "Cosa? E che vuole a quest'ora?"
La ragazza lo guardò negli occhi: "dimmelo tu", ma in quel momento il campanello suonò e Cas aprì la porta, aprendosi nel sorriso radioso che aveva sempre quando vedeva Dean.

 

"E così vi conoscete già?"
Confuso, Castiel spostò lo sguardo da uno all'altra, seduti ai lati opposti del tavolo con le braccia incrociate. 
"E' il mio insegnante di educazione fisica".
Il genitore spalancò gli occhi e si voltò verso Dean. "Il signor Squirrle?"
"Winchester", ringhiò il biondo. "Lo chiamano così perché una volta ha mangiato uno scoiattolo", spiegò la ragazza. "Ma non è vero! E' quell'idiota di Crowley, il vicepreside, che mi ha affibiato questo nomignolo ridicolo e-"
"E' carino", tentò Cas, ma il fidanzato lo fuliminò con lo sguardo. "Novak... Avrei dovuto capirlo. Come ho fatto a non pensarci".
"Forse la sua fascia per capelli le ha stretto troppo il cervello".
"Almeno io ne ho uno".
"Cosa? Papà, ma l'hai sentito?"
"Dean, per favor-"
"Oh, le ho io due cosette da dire a tuo padre! Cas, odio fare lo stronzo, ma tua figlia non si applica per niente durante la mia-"
"Perché lui può dire "stronzo" senza che tu dica niente?"
Castiel prese a massaggiarsi le tempie con le dita. "Perché lui non è mio figlio, Claire".
"Ma è il mio insegnante, dovrebbe darmi l'esempio!" protestò la ragazza mentre il biondo le faceva il verso. "Come fa tua madre a non dare di matto dopo gli incontri scuola-famiglia?" mormorò il signor Novak; dall'altra parte, Dean fece spallucce addentando una frittella: "nessuno parla mai con gli insegnanti di educazione fisica".
"Beh, si faccia delle domande".
L'insegnante fece per rispondere qualcosa, ma Castiel fu più rapido: "adesso basta! Qui non siamo a scuola, quindi comportatevi da persone mature e mettete da parte le vostre divergenze per questa sera. Per favore, Claire". La ragazza incontrò prima lo sguardo severo e deluso di suo padre, poi quello estraneo di Dean; estrasse il cellulare dalla felpa e, con gli occhi pericolosamente umidi, li mandò bellamente al diavolo - che si fottessero tutti e due! Lo aveva detto dall'inizio: non era una buona idea. Mai una volta che suo padre le desse retta. Si chiuse in camera sua sbattendo la porta, lasciando i due uomini a fissarsi come degli idioti. "Cosa ho detto?" domandò esasperato il moro. Dean ingurgitò un corndog e scostò la sedia per alzarsi, pulendosi le mani con un tovagliolo (solo perché non voleva fare la figura dell'animale). "Ha il ciclo", spiegò. Castiel inarcò un sopracciglio, ma non fece domande.


"Claire, tesoro, posso entrare?"
"No!"
Castiel, dopo aver bussato per rispettare la privacy di sua figlia, fece valere la sua autorità di padre ed entrò lo stesso. La ragazza, a pancia in giù sul letto, non lo degnò di uno sguardo, ma il genitore non demorse: poggiò sul comodino i fiori di Dean e la tazza di tè che portava in dono, e si sedette sul bordo, con aria un po' incerta. Malgrado le cuffie, era piuttosto sicuro che Claire potesse sentirlo. "Mi dispiace", cominciò, "e dispiace anche a Dean. Non avevo idea che fosse il tuo insegnante e, lo so, avrei dovuto saperlo. Non volevo alzare la voce con te". La biondina sbuffò e picchiettò nervosamente sul cellulare. "Non è questo, tu non capisci".
"Allora cos'è? Aiutami a capire, prometto che troverò una soluzione". 
"Lascia perdere", mormorò voltandosi dall'altra parte, ed alzò il volume di Sick of It.*


#Angolo della disperazione

HELLO BOYS!
Benvenuti nella mia cucin-
Benvenuti, lettori e lettrici che avete letto fin qui, spero che la storia vi sia piaciuta e che perdonerete eventuali errori di battitura e di grafica in generale, visto che il mio PC è all'inferno (che è terribile quanto una coda alle poste, I know you know), e ho dovuto usare quello schifo di wordpad per scrivere che manco i cani - o i segugi infernali, fate un po' voi. Btw, si tratta solo di due capitoli già scritti (tre al massimo perché due fanno le corna (?) e potrei spezzare ulteriormente la storia), quindi non temete, aggiornerò.
Per le anime che stanno seguendo Di come Castiel cambiò spacciatore e Gabriel gliene fu grato, sappiate che non ho abbandonato la storia e non ho intenzione di farlo, soooo portate pazienza Btw, passiamo alle note!

1. I corndog sono degli wrustel impanati, tipo spiedini, che magnano gli americani dell'USA, che io veramente non lo so. Impanano e friggono di tutto, quelli lì.
2. La pasta con i cereali... E non solo! Si chiama Hamburger cass... casseruo... casserola. Qualcosa così. Ed è un tipico piatto Kansassese (?) fornito di qualunque cosa: carne, cereali, verdure and so on-
3. Sick of it è una canzone degli Skillet. E la amo.
4. Il titolo è palesemente ispirato alla commedia che è passata in questi giorni in televisione: "la fidanzata di papà"

D : I personaggi ovviamente non mi appartengono e non mi apparterranno mai nella vita.

E nothing, grazie a chi ha letto fin qui/ recensirà/ inserirà questa storia tra le preferite/seguite/tuttoquellochevoletevoi

Vi si ama <3

AlfiaH



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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Il fidanzato di papà

Cap II


 

Quel sabato il signor Squirrle ruppe le palle meno del solito: non disse nulla circa i suoi jeans, non le confiscò il cellulare e non le fece la predica riguardo le cuffie. Era sembrato incerto persino sul chiamarla o no all'appello.
Ridicolo.
Claire non voleva nessun tipo di privilegio, specie perché era la figlia del tipo che andava a letto con l'insegnante (ben fatto: come avrebbe cancellato ora quell'immagine della mente?). Comunque, avrebbe messo in chiaro le cose appena finita la lezione.
"Novak, puoi aspettare cinque minuti quando suona la campanella? Dovrei parlarti". 
L'insegnante approfittò per parlarle mentre sistemava l'attrezzatura nella propria sacca; non la guardò e Claire fece altrettanto. "D'accordo".
"Bene".


Dean si poggiò al banco, le braccia incrociate al petto lo facevano sembrare ancora più muscoloso - si era tolto quella ridicola fascia rossa. Si schiarì la voce prima di cominciare, ma Claire lo interruppe subito.
"Senta, io non voglio nessun trattamento di riguardo solo perché lei è il fidanzato di mio padre. Non che mi siano mancate le sue paternali, oggi, ma io- voglio solo ciò che merito, okay? Non voglio essere la cocca del prof". Dean non smise di osservarla nemmeno per un attimo ed attese pazientemente che finisse, anche se la sua voce trasudò irritazione. "Beh, questo non sarà più un problema. Io e Cas abbiamo rotto". La ragazza sgranò gli occhi. "Cosa? Perchè?"
"Tuo padre sembra un po' fesso, ma certe cose le capisce. E le capisco anch'io".
"A quanto pare sono l'unica a non capire".
"Ascolta, Claire. Anch'io ho perso mia madre quando ero piccolo e nemmeno a me piacevano le fidanzate di papà; le odiavo tutte e trovavo sempre un modo per farle scappare - pensavo... Sai, pensavo che se avesse trovato la donna dei suoi sogni, si sarebbe dimenticato di me e mio fratello o qualcosa del genere.Quindi ti capisco, davvero, neanch'io mi piacerei se fossi in te, ma, hey, quell'uomo darebbe la sua vita per te. Okay, non sarà il padre dell'anno ed il suo matrimonio è fallito perché di punto in bianco ha scoperto che le donne non gli piacevano poi così tanto, magari non sarà sempre presente, ma si fa il culo per te. Perché ti ama e non amerà mai nessuno allo stesso modo. E poi non corri certo il rischio di avere un fratellino".
Claire si umettò le labbra, visibilmente a disagio e col cuore in gola, spostando il peso da un piede all'altro. Dean attese che dicesse qualcosa ma nessuna parola fu proferita, pertanto decise di prendere in mano la situazione. "Quello che sto cercando di dire è che prima o poi tu non avrai più bisogno di lui. Sarai forte, indipendente, avrai una casa ed una famiglia tutta tua, e lui rimarrà solo perché aveva paura di ferire i tuoi sentimenti. Non deve essere oggi, Claire, e non devo essere io, ma Cas merita di essere felice a modo suo".
"Lo so, mi dispiace", rispose cautamente abbassando lo sguardo. "E' che mi manca la mia famiglia. Mia madre non è morta, ci ha abbandonati perché ha paura di papà e probabilmente pensa che anch'io abbia una malattia simile, o qualcosa del genere. Se sapesse di lei e mio padre, come minimo mi farebbe cambiare scuola - io non voglio una persona così nella mia vita, capisce? Per questo sono così legata a mio padre, lui è l'unica famiglia che mi rimane e l'idea di dividerla con qualcuno a volte mi spaventa.
Non volevo comportarmi da egoista e non- mi pentirò di quello che sto per dire, ma non volevo che vi mollaste. Lei mi sembra un tipo a posto, dopotutto". 
Stupito dall'improvvisa confessione, l'insegnante sbatté le palpebre e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, abbandonando la posizione di difensiva. "Wow".
"Già. Non lo dica in giro".
"Certo che lo dirò in giro. La Novak mi tollera: wow". La ragazza sorrise e gli diede uno schiaffo sul braccio. "Non le crederanno. E comunque negherò tutto".
"Avrei dovuto registrarlo. Sapevo che ti avrei conquistata, prima o poi. I Novak non hanno segrei per me".
"Ma stia zitto. Mi dia uno strappo a casa, piuttosto, visto che mi ha fatto perdere l'autobus".
******
"Allora cosa, siamo amici ora?"
"Tu sarai sicuramente un cadavere se non togli subito i piedi dal cruscotto".
Dean, apprese Claire, aveva una specie di ossessione per la sua Impala del 67 - tanto da chiamarla "Baby", andiamo (come se lei non avesse mai chiamato così il suo cellulare). "Scuuusa, Dean. Posso chiamarti Dean, vero?"
"Niente da fare, ragazzina, non ti toglierò il tre a fine anno. Non attacca".
"Ma andiamo", si lamentò lei. "Che ti costa?"
"Non eri quella che non voleva favoritismi?"
"Non voglio favoritismi perché sei il fidanzato di papà (a parte il fatto che ti sei fatto scaricare), voglio un piccolo favore nel nome della nostra nuova amicizia". La biondina sbatté le lunghe ciglia, facendolo ridere; l'uomo alla guida, però, scosse la testa. "Applicati di più e vedrò quello che posso fare".
Lei sbuffò: "non è una questione personale, davvero, è che proprio non sono portata per gli sport. Non voglio fare quella che viene sempre scelta per ultima, ho una dignità. io".
"Quindi è questo il problema", fece guardandola di sottecchi; Claire non rispose, affondò il viso nel palmo di una mano e si incollò al finestrino. "Non venirmi a dire che l'importante è partecipare".
"Che stronzata", sputò il biondo attirando la sua attenzione, "questo è quello che dicono i perdenti. Ma sai cosa? Non diventerai mai una vincente se te ne stai in panchina. Tutti siamo stati perdenti prima di essere campioni, persino io".
"Davvero?"
"Certo che no", rise come se avesse appena sentito la cosa più assurda del mondo. "Ma non è questo il punto. Se vuoi essere scelta per prima devi impegnarti - sono anche disposto a darti delle lezioni private".
"Bella scusa per intrufolarti a casa mia. So io che attività fisica ti piacerebbe fare con papà". Dean rise più forte, ma abbassò la musica assordante, mormorando un "touchè".
"Cosa?" chiese lei.
"Volevo dire una cosa riguardo tua madre, sai, il discorso di prima..."
"Non pensi che sia stato già abbastanza imbarazzante? Dobbiamo scambiarci anche i codici del diario segreto?"
"L'hai detto tu, siamo amici, quindi ti dirò quello che penso. Primo: tua madre ha qualche rotella fuori posto riguardo la storia dei gay-"
"Hey! Vacci piano, è pur sempre mia madre!"
"Fammi finire! E si, ammettilo, non è totalmente a posto. Secondo: ha abbandonato tuo padre per questo motivo e per certi versi devo ringraziarla, ma io davvero non penso che volesse allontanarsi da te. Penso, piuttosto, che ti voglia bene. Insomma, l'hai detto tu, è pur sempre tua madre. Si sa che i genitori sono antichi - conflitto generazionale o roba varia. Ce l'avevano anche Sammy e papà, hanno passato una vita a litigare, ma si volevano bene".
"Può darsi", concesse Claire, "ma è uno stress continuo. Per lei contano soltanto la scuola, i voti, gli esami di metà anno. Quando ci vediamo non mi chiede altro".
"Forse non sa cosa chiederti". 
"Forse. Prima organizzavamo sempre delle gite in famiglia. Adesso riesco a vederli insieme soltanto in tribunale", sussurrò, e il cuore di Dean si strinse pericolosamente.
"Beh, perché esisterebbero gli zii altrimenti?" Claire inarcò un sopracciglio, piuttosto scettica. "Non sono in contatto con nessuno zio".
"Però hai un fighissimo ex fidanzato di papà che conosce un sacco di posti altrettanto fighissimi. Di', hai fretta di andare a casa?"

 


Dean le lanciò un'occhiata fugace alla ragazza, come a dire "guarda e impara", prima di mandare la palla in buca al primo colpo.
 "Ohhh è in buca! E' in buca!" esultò, ruotando su se stesso con una gamba sola, sotto lo sguardo perplesso dell'altra; il suo sorriso si spense quando comprese che la sua citazione non era stata afferrata. "Caddyshack? Bill Murrey?" fece, come se quelle parole spiegassero tutto; la ragazza assunse un'aria ancora più incerta. "E' un classico!" spiegò lui.
"Mai visto, non sono una fan".
"Come puoi-"
"Hai finito?" chiese alla faccia oltraggiata dell'altro, arcuando un sopracciglio. Dean storse la bocca e le lasciò la postazione. "Si, ho finito. Finito con la tua intera generazione". Claire roteò gli occhi al cielo e si preparò per colpire la pallina bianca: buca perfetta. Si voltò verso l'insegnante con l'espressione più stupita del suo repertorio, la mazza da mini golf stretta al petto. "Woah, l'hai vista? E' andata in buca? Io non stavo guardando".
"Happy Gilmore. Bella giocata", fu costretto ad ammettere. La ragazzina fece un lieve inchino, sorridendo vittoriosa: "molte grazie".
Toccò nuovamente a Dean (che non si trattenne dal farle il verso appena si fu girata), ma fece cilecca; Claire evitò di farglielo pesare.
"Quindi è questo che fai nel tempo libero? Giochi a minigolf?"
"Non spesso quanto vorrei. Ci venivo sempre con mio fratello prima che si trasferisse".
"E' un bel posto", concordò. Dean si aprì in un ghigno soddisfatto: "sapevo che ti sarebbe piaciuto".
"Eh? Perché?"
"Ci ho portato tuo padre la prima volta che siamo usciti insieme- beh, era notte fonda ed aveva appena finito il turno, quindi non aveva troppa voglia di giocare, però poteva guardare le stelle. L'ho capito subito: è uno col naso sempre all'insù. Tu gli assomigli".
"Non ti facevo un tipo romantico. Comunque lui pensa che io assomigli a te, immagina".
"Non lo sono", confermò, "ma si cerca di scendere a compromessi. Beh, meglio così no? Le persone non si faranno domande se somigli ad entrambi", scherzò sbagliando un'altra palla, facendola ridere. "Adesso piantala di distrarmi, ragazzina".
"Sei troppo vecchio per questo gioco. E poi tutti nella vita siamo stati dei perdenti, devi solo migliorare".
Seriamente, come poteva Dean non farle il verso?

 
Un anno dopo...

"Hai regalato una pistola a mia figlia?!" 
Castiel sembrava per avere una crisi di nervi, mentre sbraitava contro Dean e la sua birra chiara; il biondo roteò gli occhi e fece cenno a Claire di squagliarsela. "Siamo negli Stati Uniti, Cas! Una ragazza deve pur difendersi, e fa ancora troppo schifo con le arti marziali, okay?"
"E non potevi regalarle del normale spry al peperoncino?"
Claire si tirò giù l'orlo della gonna cortissima ed inforcò silenziosamente il suo giubotto di pelle. "Volevo andare sul sicuro", si giustificò Dean. Cas si schiaffò una mano in faccia per poi portare l'attenzione sulla fuggiasca. "E tu dove pensi di andare con quella cosa nella borsa? E poi non mi hai ancora detto chi ti accompagna alla festa". Già con una mano sulla maniglia, era quasi fuori: maledizione!
"L'accompagno io con l'Impala. Prometto che non le insegnerò a sparare lungo il tragitto", scherzò guadagnandosi un'occhiataccia. "In realtà mi accompagna Jack", li informò lei, prima di schizzare fuori come una molla.
Dean rimase a bocca aperta per un istante; guardò il compagno in cerca di spiegazioni, poi ancora verso la porta aperta. "Aspetta un attimo, signorina, chi diavolo è questo Jack?! E come andate?!"
"In moto!" fu la risposta proveniente dall'esterno. I capelli gli si drizzarono sulla testa, Castiel gli poggiò una mano sulla spalla per rassicurarlo, sebbene avesse l'aria piuttosto rassegnata. "E' un bravo ragazzo, lo conosco".
"E quando pensavi di dirmelo? Quanti anni ha? Hai il suo numero?"
"Dean-"
"Cas, per favore, sto cercando di preoccuparmi per tua figlia". Il moro sorrise e gli stampò un bacio lieve sulle labbra, appendendosi alle sue spalle. "Ha la pistola con sé". Dean annuì, prendendogli il viso tra le mani. "Puoi dire quello che ti pare, Cas. Sono contento di avergliela regalata".
"D'accordo", concesse. Dean si sentiva sempre un po' stupido quando Castiel lo assecondava in questo modo, ma le sue dita gli stavano sbottonando la camicia, quindi decise di lasciar perdere. "Abbiamo la serata libera", sussurrò al suo orecchio infilando le mani sotto la stoffa. Il biondo lo strinse a sé e gli sfilò il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans: "prima fammi fare una telefonata per sapere se sono arrivati".



#Angolo della disperazione

Hello boys! 
Ecco il nuovo (ed ultimo) capitolo di questa storia.
Ho preferito pubblicarla oggi perché solo Dio sa quando riuscirò a riprendere il computer tra le mani - ho ancora tutte le interrogazioni da fare e non so praticamente niente.
Ma btw. Spero che questa fanfiction vi sia piaciuta e ringrazio tutti coloro che hanno recensito e recensiranno!
Alla prossima,
Alfiah <3


Note: traduzione di "it's in the hole" di Dean nella 10x20, tratta dal film "Palla da golf", in inglese "Caddyshack".
Traduzione di "I wasn't watching" di Claire nella 10x20, tratta dal film "Un tipo imprevedibile".

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