La sfida della torre

di halom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fox Mulder ed il Dottore ***
Capitolo 2: *** Il Dottore contro Walter Bishop ***
Capitolo 3: *** Interludio - Viaggio con il Tardis in segreto ***
Capitolo 4: *** Globi blu e vecchi ricordi ***
Capitolo 5: *** Chasing a white tulip ***
Capitolo 6: *** Decisioni ***
Capitolo 7: *** Gene in love ***



Capitolo 1
*** Fox Mulder ed il Dottore ***


 
Sfida 1: Fox Mulder ed il Dottore

Nella radura il sole stava scomparendo poco a poco oltre le colline. Un brillante spicchio di luna s’intravedeva già ad ovest e Venere accanto rifulgeva sempre più bello. Di lì ad un mese il pianeta sarebbe giunto al massimo della sua visibilità dalla Terra.
«E così alla fine tocca a me» disse Mulder sconsolato dando una veloce occhiata ai piedi della torre.
«Mi spiace, sei stato un avversario che non avrei mai voluto incontrare» il Dottore lo guardò fisso negli occhi, sinceramente affranto. Nessuno dei due riuscì a dire più nulla per almeno un buon minuto. Inizialmente sarcastici l’uno verso l’altro per via della sfida cui erano stati costretti a partecipare, erano presto diventati amici ed ora erano dispiaciuti per quello che stava accadendo.
«La volta buona che sto a tu per tu con un alieno che non mi vuole fare fuori e quelli cosa combinano? Ci mettono contro!» il sonoro sbuffo dell'agente dell'FBI si udì fin sotto la torre.
Il trillo di un cellulare interruppe ogni loro riflessione. Poggiato con noncuranza alla merlatura in pietra, il Dottore ascoltò attento la breve conversazione tra il suo non-più-avversario e qualcuno che evidentemente gli stava dando una buona notizia, perché vide Fox Mulder lasciarsi andare ad un enorme sorriso.
«Non tutto il male vien per nuocere! Era Scully, chiede se posso fare un salto da lei,» Rimise il portatile al sicuro nella tasca della giacca, ridacchiando divertito «stasera si mangia cinese. Arrivederci, Dottore!»
L'alieno di Gallifrey rimase a guardare Mulder che con un salto atletico saltava giù, atterrando comodamente su un grande e morbido materasso gonfiabile comparso chissà come, sicuramente opera di qualche persona che aveva a cuore la sua salute ed era dispiaciuta come tutti per quella sfida crudele.
«Non appena mi libero passerò a trovarti con il Tardis,» sussurrò lui «con persone come te viaggiare sarà un'avventura assolutamente fantastica.»


Angolo autrice: questa è la prima di una serie di storie, nata inizialmente per caso dopo la disperazione di aver visto perdere Mulder contro il Dottore in una sfida su facebook. Preciso che amo entrambi i personaggi alla follia, quindi per me quella sfida fu una pugnalata vera e propria. Così, un po' per gioco ed un po' seriamente, ho deciso di divertirmi un po' con i personaggi che vi hanno partecipato.
Alla prossima sfida.

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Capitolo 2
*** Il Dottore contro Walter Bishop ***


Il Dottore contro Walter Bishop

La torre sembrava più alta vista da giù, pensò Mulder mentre si avvicinava alla costruzione. Nonostante fosse solo un gioco, era comunque un bel salto quello che attendeva il perdente delle sfide. Passo dopo passo le labbra dell’agente s'incurvarono sempre più all'insù, fino a diventare un sorriso vero e proprio quando giunse abbastanza vicino da poter parlare senza dover alzare troppo la voce.
«La smetti di sgranocchiare quei cosi?» chiese il Dottore aprendo le braccia in un gesto di esasperazione, «Il rumore che fai si sente fin quassù!»
Il sacchetto di semi di girasole fu messo nella tasca interna della giacca.
«Se è per questo le tue sopracciglia si vedono benissimo anche da qua sotto.» gli fece eco l'agente senza smettere di sorridere.
«Cos'hanno le mie sopracciglia che non vanno, eh?»
«Brucia l’aver perso, vero, Dottore?» insistette Mulder incrociando le braccia.
Il Dottore era quantomeno stizzito, ma non certo per l'aver perso la sfida contro un gigante. Per lui tutti gli umani erano giganti: nella brevità delle loro esistenze sapevano concentrare una quantità incredibile di emozioni, parole, gesti e quant'altro. Era da più di duemila anni che li ammirava, così stupendamente umani, fragili e forti al tempo stesso.
Poi ve n'erano alcuni più giganti degli altri, come Walter Bishop per esempio. Che se ne stava in silenzio a contemplare il Tardis comparso da qualche istante vicino ad un gongolante Mulder, così simile ad un bambino a cui hanno appena regalato il suo giocattolo preferito e non vede l’ora di provarlo.
«Scendi, Dottore. A Scully non piace aspettare, doppiamo passare a prenderla.»
Appunto. La pazienza non era tra le doti primarie dell’agente.
«Quella è anche una macchina del tempo, cervello di budino,» sbuffò l’alieno dai due cuori, «arriveremo da lei dopo trenta secondi che l'hai lasciata a casa. Però perché per me non c'è nessun materasso gonfiabile?»
«Ti sei buttato giù da un tetto con indosso solo una vestaglia ed ora ti lamenti che non c'è un materasso?» lo canzonò River uscendo dal Tardis, «Puoi fare di meglio, sweetie.»
Al Dottore non rimase altro che sospirare. Tese la mano a Walter e la strinse con sincero affetto.
«Goditi il panorama, Bishop. Mi farà piacere non sentirti più cantare prima di addormentarti.» Salì con eleganza sulle pietre della merlatura, «Ah, ci si vede quando toccherà a te. Se mai ti lasciassi qui Peter sarebbe capace di inseguirmi per tutto questo universo ed anche per l’altro, è un’opzione sgradevole che vorrei evitare.»
Saltò senza pensarci troppo, ma si accorse troppo tardi di quel che lo aspettava.
Le porte del Tardis erano spalancate sotto di lui e già s'intravedevano i riflessi azzurrognoli della piscina. Sperò solo che quella dispettosa di River non avesse di nuovo riempito la vasca con quegli orribili giocattoli galleggianti a forma di lontra.



Angolo autrice: ecco la seconda sfida ed ecco cos'è accaduto. Walter Bishop di Fringe ha avuto la meglio sul Dottore. Ovviamente non potevo non concedere a Mulder una piccola vendetta.
Per chi non conosce la serie tv Fringe, il dottor Bishop nella prima serie è solito cantare una precisa canzoncina per potersi addormentare.
Siccome è un cross-over di pura fantasia e siccome sognare non costa nulla, mi prendo la libertà di far tornare River e probabilmente altre persone. In fin dei conti siamo tutti delle storie, no?
La storia della lite tra il Dottore e River e la "punizione" delle lontre do per sontato che la conoscano tutti. 

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Capitolo 3
*** Interludio - Viaggio con il Tardis in segreto ***



AVVISO: questo capitolo è stato scritto da Tawariell e Krishel, scrittrici di professione.
Non le ringrazierò mai abbastanza per la loro collaborazione ed amicizia.


 
Interludio - Viaggio con il Tardis in segreto
 

Il Dottore uscì dalla piscina gocciolante sotto lo sguardo divertito di River e Mulder, che ridevano a crepapelle.
“Che razza di donna che ho sposato. Forse era meglio la mia amata Bess…” borbottò il Dottore.
Non fece in tempo a finire la frase che River gli si piazzò davanti con occhi di fuoco: “Chi, sweetie?”
“Nessuno!” deglutì a vuoto l’alieno. River era una delle poche persone di cui aveva paura.
Andò di corsa a cambiarsi e poi andarono a recuperare anche Scully, ma una volta che l’agente dell’Fbi fu salita, il Dottore tergiversò.
“Mi è venuta un’idea.”
Mulder stava sorridendo e guardava Scully con aria ironica.
“Non ti dirò che avevi ragione. Quindi puoi anche smetterla di sorridere.” disse Dana.
Il Dottore, ignorando i due umani, fece partire il Tardis ad una velocità esagerata tanto che sia loro che la dottoressa Song si ritrovarono spiaccicati sul pavimento.
“Sweetie, che combini!” urlò furibonda l’archeologa.
Ancora una volta l’alieno non badò a nessuno e spalancò la porta, tornando verso Bishop Sr.
“Senta. Che ne dice di venire con me subito? Chiaramente portiamo anche Peter come le dicevo…” l’alieno aveva parlato con calma, fingendo di usare il tono di chi concede un favore. In realtà voleva che si portasse dietro il figlio. Era abbastanza certo di non riuscire a digerire da solo, un’altra volta, Walter.
Fox si avvicinò a River e le chiese in tono curioso: “Ma i viaggi che fa sono sempre così turbolenti?”
“Questo è niente. Oggi è di buon umore!” replicò lei serafica.
Walter, intanto, aveva ascoltato le parole del Dottore tutto eccitato. “Davvero posso venire con voi, ora? Ma è davvero una macchina del tempo, allora?”
Il Dottore assentì. “Sì e nessuno si accorgerà della vostra sparizione. Sarà come se non ve ne foste mai andati.”
Peter seguì il padre dentro quella cabina e si accorse di un particolare. “Bel trucco. Mi piacerebbe sapere come funziona. Walter? Di che diavolo stai parlando?”
“Giovane Bishop mi rendo conto che non hai visto molte…” iniziò il Dottore per poi fermarsi quasi subito. Nella sua testa era passata un’immagine alquanto inquietante. Da dove arrivava? Aveva visto male? E come era possibile? Era sicuro che le porte tra gli universi si fossero chiuse dopo la distruzione della sua razza. Impallidì. Ma la sua razza ora era viva.
Fissò per un lungo secondo Walter e questi divenne più bianco di lui. Ok. Aveva capito bene.
“Scusami, Peter. Sono sicuro che la tua immaginazione è più grande di quello che vuoi farci credere, anche a causa del fatto che troppo spesso è stata bloccata. Cerca di goderti il viaggio. Ti prometto che tornerai in tempo.”
Mulder e Scully erano stupiti da quella reazione ma non dissero nulla. Probabilmente si era trattata di un’impressione e non sapevano come stavano realmente le cose.
Anche Peter rimase colpito e stava per fare delle domande, ma decise che forse avrebbe potuto ricavare le sue risposte semplicemente osservando. Era quasi sicuro del fatto che se, avesse chiesto direttamente sia Walter, sia quell’uomo, gli avrebbero mentito.
Il Dottore fu tentato di dire la verità, ma primo non era il suo forte, secondo non erano affari suoi.
Lesse nella mente del giovane per un decimo di secondo. Non fu facile perché vi erano delle barriere, ma quello che vide gli fece capire una volta di più che, come lui stesso, Peter era un solitario suo malgrado. Sorrise notando altre somiglianze. Dopotutto i pazzi come loro erano quelli bravi nelle situazioni impossibili.
“Andiamo. Su fate una scelta. E visto che è il primo viaggio del mio primo fan, l’agente Mulder, dica lei per primo un nome di un pianeta o di un avvenimento storico a cui volete assistere!” disse, voltandosi e rivolgendosi a Fox.
L’uomo sgranò gli occhi. “Qualsiasi?”
“Qualsiasi!” esclamò il Dottore mentre River sorrideva intenerita. Era proprio un bambino il suo Dottore. Lo aveva riconosciuto subito nonostante il suo nuovo aspetto da attempato scozzese che, peraltro, gli donava molto.
Guardò ad uno ad uno i loro ospiti.
I due agenti.
La rossa giocava a fare la razionale ma si vedeva che si stava divertendo un mondo e non solo perché l’uomo che amava aveva realizzato il suo sogno. Anche lei non vedeva l’ora di viaggiare.
Mulder era davvero su di giri. E stava pensando a mille cose diverse.
I due Bishop anche loro erano in fremente attesa. Nei loro occhi azzurri, così simili, vi era una luce di entusiasmo. I loro rapporti sembravano tesi, a causa del passato e di segreti, che lei faticava a scorgere, però sentiva quanto si volessero bene. Lo sentiva con forza. E questo le fece pensare con nostalgia ai suoi genitori. Li aveva persi per sempre.
Fu tentata di chiedere di andarli a vedere, ma lasciò stare. Il passato era il passato.
“C’è un evento che vorrei vedere. A dir la verità è quello che mi ha ossessionato per tutta la vita. Quello che mi ha fatto diventare quello che sono.”
Scully sapeva a cosa si stava riferendo il collega e con un filo di voce disse: “Vuoi rivedere il rapimento di Samantha, non è così?”
L’uomo fece un lieve gesto d’assenso con la testa. “E’ possibile?”
“Sì, è possibile, ma non potrai cambiare niente, altrimenti causerai un paradosso.” replicò tristemente il Dottore. Gli ricordò Rose quando aveva cercato di salvare suo padre e non vi era riuscita.
Si avvicinò a Fox e gli mise le mani sulle spalle. “Agente Mulder, tu mi piaci, ma voglio essere onesto con te. Ti senti sufficientemente forte da assistere a quell’evento senza fare nulla? Bada che anche se mi dirai di no, non perderò un’oncia della stima che ho per te. Solo i grandi sanno ammettere i propri limiti.”
Mulder scambiò uno sguardo tra il Dottore e la sua partner. Doveva ammettere con se stesso che sicuramente avrebbe tentato di scambiarsi con Sammy. “No. Hai ragione. Non riuscirei a stare fermo. Probabilmente cercherei di sostituirla. No, non va bene. Per quanto io abbia voglia di capire cosa è successo... forse dovrò scoprirlo da solo. Quindi vediamo... qual è il pianeta più lontano dalla Terra? Mi piacerebbe vederlo con i miei occhi, vedere la popolazione e tutto il resto.”
Dana non si lasciò ingannare dal tono gioioso di Fox. Sapeva che dentro stava soffrendo ma era anche sicura che avesse preso la decisione più giusta. Si avvicinò a lui e disse: “Ci riuscirai. Troverai la soluzione a quel mistero.”
L’alieno assentì. “Si può fare questo. Conosco il pianeta. Si chiama Akhaten. Ci andai con una mia cara amica che ha vissuto molte vite.” nel pronunciare quelle parole non poté fare a meno di incrociare lo sguardo del giovane Bishop per una frazione di secondo.
Peter ricambiò lo sguardo incuriosito e mormorò “Non so perché mi suona familiare la cosa.”
Il Dottore non disse nulla, limitandosi a sorridere, poi tornò a girarsi verso Scully e Mulder. “Mi sto rendendo conto che non ho fatto le presentazioni. Loro sono Walter e Peter Bishop, collaborano con l’Fbi come consulenti civili per la Fringe Division. Sono scienziati.”
Muder e Scully annuirono. “Sì ogni tanto succede, soprattutto in casi particolari. Ci avvaliamo della consulenza di esterni. Fringe Division. Avete una reputazione pessima quanto la mia, il che vuol dire che state svolgendo al meglio il vostro lavoro.” replicò Fox.
Walter e Peter non poterono fare a meno di sorridere. Lo scienziato arrivò a dire: “Spero non sappiano che uso droghe psichedeliche fatte in casa.”
Peter gli rivolse un’occhiataccia. “Lo spero anche io.”
River si mostrò subito interessata. “Droghe? Che tipo di droghe dottor Bishop?”
Il Dottore la squadrò. “Bastano e avanzano le manette, River!”
Walter sorrise: “Fa uso di manette professoressa Song? Interessante. So che anche l’agente Dunham vorrebbe usarle con mio figlio…”
Peter alzò gli occhi al cielo. “Walter!”
Lo scienziato sghignazzò. “L’agente Dunham, Olivia Dunham, anche lei è dell’Fbi, ha una cotta per mio figlio, ma lui non se ne accorge.”
River si girò verso il Dottore. “Tutto ciò mi è molto familiare…”
L’alieno scosse la testa. “Su partiamo. Fine intermezzo comico.” brontolò seccato facendo l’occhiolino al giovane Bishop come a dire: “Ti capisco. Anche io sono circondato da pazzi.”
Peter fece un sospiro, scosse la testa e si accarezzò la nuca.
Mulder mormorò: “Speriamo sia un viaggio più tranquillo del precedente.”
Il Dottore non replicò. Temeva che River si offrisse di pilotare al suo posto con la scusa che lei sapeva levare il freno a mano.
Il Tardis viaggiò leggero e veloce verso Akhaten, ora libero dal suo dio vampiro.
Non appena aprì la porta e li osservò uscire tutti, non poté fare a meno di fermare quasi sulla soglia il giovane Bishop.  Attese che gli altri furono fuori del tutto e poi parlò.
“Ho commesso tanti errori nella mia vita. Ma… ecco so come ti senti. Non so spiegarti il motivo. Forse perché riesco a vederti. Non aver paura di essere uno scienziato. Non sarai come lui. Non accadrà. Tu sei più forte. Più di quanto credi.”
Peter lo osservò con un’espressione indecifrabile. “Spero sia come dici.”
“Anche io sono uno scienziato. In qualche modo. La mia è la razza dei signori del tempo. E’ una maledizione e una benedizione.”
Gli sorrise triste. “A volte ho pensato lo stesso della mia intelligenza.”
Il Dottore annuì. “Lo so. Ci si sente soli. Dannatamente soli. Lei… River… mia moglie… dice che sono il dio solitario. A volte… tante volte ho sognato di vivere una vita normale. Ci ho anche provato a scappare da ciò che sono e a vivere come un normale essere umano. Temo non sia per me. Non sia per noi.”
Il giovane Bishop fece un sospiro. “Sono stato piuttosto solitario anche io. Non stavo mai fermo.”
“Ora hai tuo padre e quell’agente Dunham.” aveva faticato ad usare la parola padre. In quel momento odiava mentire. “Come io ho River e i miei amici. Non sei più solo.”
Avrebbe voluto dirgli altro. Sapeva tante cose. Ma non era giusto. Era un problema che avrebbero dovuto risolvere i due Bishop. Lui non c’entrava niente. “Qualunque cosa farai io ti capirò.” concluse con un sorriso triste.
“Olivia e io siamo... solo colleghi in un certo senso. Sì, d’accordo passiamo un sacco di tempo insieme ma è solo per lavoro, niente altro. Non... non so di cosa parli.” stava per chiedergli qualcosa di più ma si fermò. Non sapeva bene perché.
“D’accordo, su andiamo. Credo ti farà bene vedere questo posto. Ci andai tanto tempo fa con mia nipote. Almeno dodici vite fa.” gli strizzò l’occhio e lo trascinò fuori. Inutile insistere. Non erano affari suoi. E poi, River aveva ragione: lui stesso non è che fosse meno testardo.
Peter rimase totalmente affascinato dal via vai di gente che popolava il pianeta. Lo incuriosivano e cercava di carpire ogni informazione possibile. Rimase ad ascoltare una donna che raccontava di come tanto tempo fa venivano scelte delle bambine per tenere buono un dio terribile. Ma che era arrivato un uomo buono e li aveva liberati da quella sfortuna.
“Non gli credere esagerano sempre…” non riuscì a finire la frase che la moglie lo interruppe: “Quando avete finito di parlottare tra di voi, vorremmo iniziare a fare un giro, sperando che, come al solito, lei, non ci abbia portato proprio qui perché c’è qualche guaio in vista!”
A tutti gli altri brillarono gli occhi e stavolta fu River ad alzare gli occhi al cielo. “Circondarti di gente normale, mai, vero?”
“La normalità è una parola sopravvalutata.” rispose sorridendo Mulder.
Dana scosse la testa divertita. In tutti quegli anni che lo conosceva, sicuramente non vi era mai stato nulla di ordinario.

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Capitolo 4
*** Globi blu e vecchi ricordi ***


Globi blu e vecchi ricordi
 
«Oh no, non fare ancora quella cosa, anche tu!» disse a bruciapelo il Dottore, piantandosi di colpo in mezzo alla via affollata. Mulder evitò per un soffio di finirgli addosso.
Da circa mezz’ora stavano curiosando tra le stranezze di quel mercato alieno e Scully in particolare non sapeva per cosa essere più meravigliata. Tutto andava ben oltre ogni sua più fervida immaginazione, ma l’affermazione del Dottore riferita a lei la lasciò più confusa che mai.
«Quella cosa, cosa?»
«Quella cosa con gli occhi!» Nessuno comprese, tranne River. «Come fai a tenerli spalancati così, è impossibile!»
Fu trascinato via per un braccio da una piccata Dottoressa Song ed a Mulder parve di sentire parole come “rispedire” e “lontre” mentre si allontanavano.
«Ok, diciamo che queste non sono gite che si possono fare tutti i giorni.»
Peter aveva parlato con calma, senza distogliere gli occhi da un sovraeccitato Walter, che per la vettordicesima volta mormorava un’unica parola da quando avevano messo piede in quel mondo lontano.
«Oh, affascinante…»
Il Bishop più giovane temeva che l’uomo si sarebbe cacciato ben presto in qualche incidente diplomatico di natura extraterrestre. Sembrava un bambino a cui hanno appena regalato un intero, enorme, negozio di giocattoli, ed anche in quel momento non smetteva di sorridere davanti a degli strani aggeggi in vendita da cui uscivano tenui sbuffi di fumo colorato.
A Dana sembravano narghilè.
«Chissà se c’è anche il Brucaliffo.» Mulder sembrò averle letto nel pensiero mentre le sussurrava quella frase all’orecchio. Lei rispose stringendo un po’ più forte la sua mano attorno a quella del collega.
«Non lo so, ma tu saresti perfetto per la parte di Alice.»
Il sorriso canzonatorio di Scully non gli impedì di trovare le parole giuste per risponderle a tono: «Se spunta da qualche parte qualcuno che vorrà tagliarmi la testa saprò a chi dare le colpa.»
«Walter, no, fermo!»
Fine dell’idillio.
L’esclamazione di Peter sovrastò per un attimo il vociare di mercanti, acquirenti e turisti. Ma era troppo tardi.
Il dottor Bishop aveva appena dato il primo morso ad un globo blu e sembrava disposto a continuare con un secondo ed un terzo.
«È buonissimo.» non si curò di parlare a bocca piena. «Provalo, figliolo.»
«No che non voglio provarlo, mettilo giù, non sai nemmeno cosa sia!»
Attorno a loro la vita del mondo alieno riprese a proseguire senza più far caso a quel bizzarro gruppo di terrestri.
«Walter, non…»
«Non ti preoccupare.» River posò la mano sulla spalla del giovane per calmarlo. «È un frutto che cresce sul pianeta più esterno del Sistema Locale…»
Le sopracciglia di Scully si curvarono all’insù.
«… ed è commestibile per i terrestri dai gusti discutibili.» terminò il Dottore con disgusto.
 
***
 
Quel viaggio era giunto al termine, fortunatamente senza avvenimenti che potessero minacciare la vita dei nuovi passeggeri del Tardis. River era sollevata e lo era anche il Dottore, anche se teneva in apparenza il broncio come un bambino che non si è divertito abbastanza. In realtà lui era ancora arrabbiato perché lei non gli aveva permesso di guidare la moto spaziale con cui avevano fatto visita all’antica piramide.
«… e così ha deciso di restituirveli.» stava terminando di dire lui.
Non aveva riconosciuto il suo volto, ma la cabina blu sì. Ed al momento della sua partenza la nipote di  Do'ree aveva voluto riconsegnare gli oggetti barattati con le moto, così come la nonna aveva fatto a suo tempo con un altro uomo che viaggiava con la stessa cabina ed una giovane ragazza.
Scully strinse tra le mani il portachiavi dell’Apollo 11, felice di avere ancora con sé quell’oggetto legato a troppi ricordi, simbolo di un rapporto così speciale da non avere eguali.
«Te ne avrei regalato un altro.» lui le si fece vicino, appoggiandosi alla balaustra della sala comandi. Gliene avrebbe comprati altre migliaia pur di vederla sorridere come stava facendo in quel momento.
Davanti ai loro occhi il Dottore e River battibeccavano di nuovo sulla guida del Tardis, girando in tondo attorno alla consolle.
Scully rise sottovoce. «Diventeremo anche noi così?»
«Spero proprio di sì.»
All’altro capo della sala Walter aveva scelto di sedersi in disparte, sui gradini della scala che conduceva alla piscina. Si teneva al petto il disegno ripiegato con cura, come fosse il cimelio più prezioso dell’universo.
«Non sapevo lo portassi sempre con te.» Peter comparve fronte a lui, in piedi e con le mani in tasca. Walter lo fissò a lungo ed al giovane Bishop sembrò che il sorriso del padre fosse uno dei più tristi che avesse mai visto.
Avrebbe voluto chiedergli il perché, ma il suono del Tardis che atterrava a destinazione gli ricordò della sfida ancora in corso e che il viaggio era stato solo un interludio.
Un gran bell’interludio.
«Sono passati trenta secondi esatti dal momento in cui abbiamo lasciato la torre.» spiegò il Dottore aprendo le porte. Si voltò verso Bishop padre e figlio: «Comunque vada, la nuova destinazione per il prossimo viaggio sarete voi a deciderla.»
Per la semifinale era stata scelta una torre più alta e sontuosa, con due comode poltroncine in tessuto rosso. Walter sentì il braccio di Peter intorno alle spalle, mentre insieme mettevano piede sulla costruzione.
«Andrà tutto bene, vedrai.» Peter ne era convinto. «Batterai senza problemi il tuo avversario.»
Forse fu perché venne nominato, forse fu perché era destino, che Gregory House comparve a mezz’aria, sollevato da un’enorme freccia bianca in pixel e lasciato cadere su una delle poltrone senza troppe cerimonie. Ora che entrambi i contendenti erano presenti il contatore a fianco della torre s’illuminò, pronto per ricevere i voti che avrebbero decretato chi dei due sarebbe stato degno di accedere alla finale.
Ma Walter Bishop aveva già deciso, sapeva da tempo che la scelta giusta da fare era solamente una e l’avrebbe messa in atto con ogni mezzo.
 
 

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Capitolo 5
*** Chasing a white tulip ***


AVVISO: anche questo capitolo, come l'Interludio, è stato scritto da Tawariell Krishel, scrittrici di professione.
Non le ringrazierò mai abbastanza per la loro collaborazione ed amicizia.

ATTENZIONE: SPOILER consistenti per chi è ancora agli inizi della visione di Fringe.


Walter Bishop era seduto sulla poltrona mentre il conteggio era iniziato. Stava vincendo, ma non doveva succedere. Non era quello che voleva.
Guardò verso la Tardis. Si chiese se per caso avrebbe potuto... no. Giocare con il tempo non era da lui, anche se in passato, molte volte, aveva valicato tutti i limiti. Ora però era cambiato. Il suo Peter lo aveva cambiato.
Il Dottore si accorse dell’improvvisa tristezza dell’uomo. Sapeva a cosa stesse pensando ma era fuori questione portarli nel passato. Non avrebbe risolto i problemi tra lui e Peter. Anzi forse li avrebbe peggiorati.
Guardò il giovane Bishop. Era completamente ignaro del suo destino e del suo essere lui stesso speciale. Avevano qualcosa in comune loro due: erano creature perennemente in fuga.
Avrebbe voluto parlargli apertamente, ma non poteva. Era troppo presto. Decise di rivolgersi al padre.
“Dottor Bishop ho nella consolle della mia Tardis diversi oggetti che potrebbero interessarla. Li ho collezionati durante i miei viaggi!” esclamò lanciando un’occhiata eloquente a River, la quale capì al volo cosa avesse in mente di fare e portò Peter e gli altri fuori, per una breve passeggiata.
Walter sentendo le sue parole cominciò a sorridere. I suoi occhi brillavano come quelli di un bambino a cui era appena stato offerto un dolce particolarmente invitante. “E potrei vederli?”
“Sicuramente, ma prima sputi il rospo. Le farà bene. E a scanso di equivoci non si preoccupi perché io so già tutto. So che suo figlio non è suo figlio!” aveva cercato di usare un tono comprensivo, ma, involontariamente, gli era venuto fuori un tono tagliente.
Il dottor Bishop sussultò e il suo sorriso si spense. “Lei ha mai avuto figli?”
“Sì. Uno lo persi durante la guerra del tempo. E un’altra è morta tra le mie braccia poco tempo fa. Anche se… anche se ho il sospetto che non sia davvero così…”
“Allora forse potrà capirmi. Il mio Peter, mio figlio, è stato malato. Ho trascorso giorno e notte a cercare la cura, senza trovarla. Mi è morto tra le braccia, rassicurandomi. Dicendo che non aveva paura. Nel frattempo lavoravo anche su una finestra che potesse mostrarmi come fosse l’universo parallelo al nostro. C’ero riuscito. Quella finestra mi ha dato la possibilità di guardare come stesse l’altro Peter. Aveva la stessa malattia e il mio doppio... anche lui, come me, cercava la cura. L’aveva trovata ma si era distratto. Ho deciso che non potevo permetterlo. Non potevo... Peter non poteva morire, non di nuovo. La mia intenzione iniziale era quella di andare nel suo mondo, somministrargli la cura e andarmene ma le cose non sono andate come avevo previsto e ho dovuto portarlo qui. Volevo riportarlo indietro ma poi...”
“Non ha potuto e non ha voluto. Non poteva perderlo di nuovo. Sa che Peter la rende migliore. Sa che da solo si perderebbe.” fece raddolcendo la voce.
“Esattamente. Credo che i suoi viaggi abbiano davvero acuito la sua percezione delle persone, lo sa Dottore? Non poteva usare parole migliori. Peter è speciale. Non c’è nulla che non farei per lui. Forse però non gliel’ho detto abbastanza. Sono stato... un pessimo padre.”
“Ha il tempo di rimediare. Ce l’ha. Solo che… che c’è un problema. Anzi diversi problemi. Il primo è che, come lei ha ben capito, il suo doppio voleva salvare Peter quanto lei, quindi provi a pensare cosa può essere successo dopo il rapimento…”
“Sicuramente sarà impazzito di dolore e vorrà vendicarsi. Io farei anche peggio, forse. Che altro c’è Dottore? Peter non mi perdonerà? Questo già me lo aspetto, anche se una parte di me spera il contrario. Anche se non me lo meriterei.”
Il Dottore iniziò a girellare per la Tardis. Era irrequieto.
“Vede dottor Bishop. Per anni sono stato convinto che la manutenzione dell’universo fosse solo in mano mia. Non è così. Lei lo sa e io lo so. Come lo sa quel suo amico che è venuto a trovarla poco dopo il rapimento. E non insulti la mia intelligenza fingendo di non ricordare che cosa le lasciò…”
“Si, ha ragione. Mi ha lasciato una pergamena, con una profezia riguardante Peter. E non sa quante volte ho fissato quel disegno terrorizzato da ciò che implicava.”
“Io non posso prevedere tutto. E, per quanto le dia fastidio, lei non è il dio di nessun laboratorio. Questa storia è fuori dalla sua portata. Dovrà rassegnarsi a lasciar decidere suo figlio. Non potrà chiuderlo dentro una campana di vetro finché la tempesta sarà passata. Non funziona così.”
Il Dottore gli sorrise con aria affettuosa. “Ci sono cose che non possiamo controllare.”
“Quindi mi sta dicendo che, dopo tutti gli sforzi che ho fatto, devo rassegnarmi al fatto che perderò Peter comunque?” gli chiese Walter con un tono di voce triste.
“No, le sto dicendo che ci sono cose fuori dalla sua portata. Lei non è dio, dottor Bishop. Non può decidere per Peter. Non so nemmeno io cosa farà riguardo a quella pergamena. Quanto al perdonarla vede... non può pretendere nulla. So che Peter è abbastanza intelligente e comprensivo da capire perché lei abbia fatto una determinata scelta, d’altro canto quando scoprirà di essere stato rapito dal suo universo e che questo sta morendo a causa sua, sarà destabilizzante per lui. Gli crollerà il mondo addosso e penserà che ogni suo gesto fosse una bugia. Penserà che anche il suo affetto sia una bugia. Temo che per po’ Peter se ne andrà. Non potrà impedirlo.”
Walter abbassò la testa triste. La sola idea che Peter potesse andarsene lo riempiva di angoscia. “Mi... mi giudicherà stupido ma... per anni ho cercato un segno di perdono da parte di Dio. Dopotutto quello che ho fatto e ho detto... ecco... gli ho chiesto un segno particolare.”
Il signore del Tempo sorrise e andò a trafficare in mezzo agli oggetti nella sua consolle, da dove tirò fuori un piccolo fiore di carta. Un piccolo fiore bianco.
“Questo, vero?” chiese porgendoglielo.
Il Dottor Bishop spalancò gli occhi e poco dopo gli divennero lucidi per la commozione. “Sì. E’ questo.”
“Non è facile perdonare qualcuno, Walter. Sa da dove deriva la parola perdono?”
Aveva ancora il cuore in gola per l’emozione e accennò con la testa un segno di diniego.
“Dalla lingua latina. E’ composta da due parole. Dal per e dal donare. Significa donare due volte, condonare un’offesa, rinunciare alla vendetta. So che sia lei… sia tu che il tuo doppio faticate a rinunciare a questo, faticate a donare nel momento più difficile, quello del dolore. Suo figlio lo ha già fatto una volta. Non so se lo farà di nuovo. Ma… ma potrebbe. Solo non lo pretendere. Non è giusto. E non solo perché non sei in grado di farlo.”
“Come ho già detto sono stato un padre indegno con lui. Non merito il suo perdono.”
Il Dottore andò a sedersi e lo fissò con aria dubbiosa. “Walter, io ti comprendo e ti ammiro per aver avuto il coraggio di cambiare. C’è solo una cosa che non riesco a capire. Una sola.”
“Che... che cosa?” balbettò il dottor Bishop.
“Perché hai fatto degli esperimenti su suo figlio?”
“Io... io non stavo facendo esperimenti su di lui. Stavo... stavo raccogliendo dei dati.” disse incerto.
Il Signore del Tempo lo squadrò e disse in tono duro: “Walter la verità!”
Sospirò a lungo. “Ero ossessionato dalla profezia, volevo testare le capacità di Peter, vedere se avesse abilità. Qualcosa di simile a quello che ha Olivia. E... in un certo senso è così. Nessuno mi ha mai chiesto da dove ho sintetizzato il cortexiphan, il composto per aumentare la percezione e le abilità dell’agente Dunham e di altri come lei.”
“Non riesco a credere alle mie orecchie! Voi umani siete la razza più odiosa che esista quando vi ci mettete! Hai smosso mari e monti per salvare quel bambino e poi ti sei messo a torturarlo per testarne le abilità?” brontolò furioso il Dottore.
Con la testa bassa e la voce spezzata replicò: “Ora sa il perché affermo di essere un padre indegno.”
Il Signore del Tempo scosse la testa. “Quel ragazzo ha molta più pazienza di me. D’altro canto tutti e due amiamo correre dei rischi e fare scelte inaspettate.” borbottò per poi aggiungere. “Non è mia intenzione interferire nel vostro rapporto. Anche se ti assicuro che vorrei andare a dire la verità di corsa a Peter. Non lo farò perché provocherei solo dei danni e perché capisco il tuo immenso amore per quel ragazzo. Credo di averlo provato. E so che ci sono delle persone che ci sanno rendere migliori. Lo so.” concluse in tono triste ripensando a Rose, Martha, Donna e suo nonno Wilfred, Sarah Jane e Amy, ma anche a Rory e alla sua River. Loro lo avevano cambiato in meglio. Avevano saputo vedere la sua parte migliore e lo avevano spinto a scelte impossibili. Scelte impossibili? Sorrise pensando alla sua Clara che gli aveva salvato la vita tante volte e lo aveva praticamente costretto a cambiare la scelta più scellerata della sua vita.
Finalmente Walter poté rilassarsi e disse: “Grazie. E visto che le sto dicendo la verità... non vincerò questa gara. Non devo. Non sarebbe giusto.”
Il Dottore sorrise. “Lo so. Vedi è per quello che ti voglio bene. Hai fatto tante scelte discutibili, ma sei pronto a morire per chi ami.”
L’uomo gli sorrise dolce. “E’ proprio così. Farei qualsiasi cosa per Peter e forse... forse lo farò anche questa volta.”
“Mi posso permettere di darti un consiglio?”
Walter annuì. “Certo. Dimmi pure.”
“Cerca di farlo capire anche a parole quanto tieni a tuo figlio. Lo so che è un ragazzo forte, ma anche molto fragile. E ha bisogno di sentirsi amato da suo padre. Malgrado tutto ti considera il suo eroe.”
Il dottor Bishop gli sorrise triste. “Hai ragione. L’ho sempre fatto sentire inadeguato. Cercherò di dirglielo più spesso.”
“Bene. Un’ultima cosa. Io credo non sarebbe una cattiva idea trovare il modo di far venire con noi l’agente Dunham. Considerando anche il fatto che lei conosce un po’ di cose oppure ho capito male?”
L’uomo era imbarazzato. “Ha capito benissimo. Olivia ha l’abilità di vedere gli oggetti che provengono dall’universo parallelo. E... ha scoperto da sola la verità. Ho dovuto chiederle di non dire nulla.”
“Capisco. Mi inventerò una scusa per andarla a prendere. Dopotutto credo sarebbe divertente vederla dialogare con River e l’agente Scully.”
Walter gli sorrise in maniera furba: “Se ho capito come è fatta River, lei e Olivia andranno perfettamente d’accordo.”
“Sì, è probabile. Ora facciamo rientrare gli altri. Per loro sarà passato poco tempo, una decina di minuti al massimo. Tocca a te e Peter decidere dove andare.” concluse facendo atterrare di nuovo la Tardis nel luogo dove era partita due ore prima.
Peter, River, Fox e Dana rientrarono nell’abitacolo e fissarono i due con aria stranita. Avevano compreso che si erano parlati a lungo, ma decisero di non porre troppe domande.
In fondo era tempo per i Bishop di decidere la prossima meta.
 

 

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Capitolo 6
*** Decisioni ***


Era uno dei sogni più bizzarri che avesse mai fatto.
Stava volando a bordo di una cabina blu, insieme a Walter e ad altre persone che non aveva mai visto prima di quel momento. Poi atterravano su un pianeta lontano, si concedevano il lusso di fare un giro turistico e perfino visita al mercato alieno; tutto sembrava procedere bene, fino a quando Walter non era scappato dalla sua vista, annusando l’aria come un segugio. L’aveva trovato solo diversi minuti dopo, con in mano un piatto stracolmo di pancake ai mirtilli ancora caldi, tanto che il loro profumo si poteva sentire dovunque.
«Ma che…»
Peter Bishop si tirò su a sedere di scatto, guardandosi intorno confuso. Gli ci volle qualche attimo per uscire del tutto dal sonno e ricordarsi di essere a bordo del Tardis, coinvolto in una situazione abbastanza paradossale, fatta di torri, di voti, di vincitori e sconfitti. Beh, dopo essere entrato a far parte della Fringe Division il concetto di “paradossale” era diventato questione di punti di vista, ma ciò non toglieva che il contesto in cui si trovava fosse veramente particolare.
Scalciò le coperte e scese dal letto per rivestirsi in fretta. L’orologio da polso poggiato sul comodino indicava che nel mondo reale era mattina presto, quasi le sei ed intanto nell’aria aleggiava sempre più persistente l’odore dei pancake caldi e fragranti.
Se quello non era un altro sogno, c’era una sola, azzardata, possibile spiegazione: Walter.
 
La forchetta di Mulder si mosse lesta sul piattino accanto al suo. Dana si vide rubare sotto gli occhi il penultimo pezzo di pancake.
«Non vale.» Protestò debolmente, corrucciata solo a metà. Era da molto tempo che non vedeva Mulder così entusiasta, dire che fosse felice per lui era un semplice eufemismo.
Fox sorrise, sdraiandosi a sulla coperta e lanciando uno sguardo al cielo sopra le fronde degli alberi. Il sole stava sorgendo in lontananza, ma in quella realtà alternativa la temperatura era mite e costante, scegliere di alzarsi presto e stare fuori sulla radura era stato un pensiero automatico. Ci aveva anche guadagnato una favolosa colazione preparata dal dottor Bishop. Gli infiniti corridoi del Tardis li avrebbe esplorati più tardi con la guida di River, era stato un accordo preso la sera precedente.
«Dove pensi che sarà il prossimo viaggio?»
Scully sollevò le sopracciglia, perplessa.
«Dove? Io penserei più al “quando”, invece.»
«Tu cosa preferiresti?» Nel farle quella domanda si era sollevato su un gomito per poterla guardare meglio in viso.
«Non lo so.» Lei chiuse per un attimo gli occhi, come a rifletterci su. «Il passato, forse. Vedere con i miei occhi avvenimenti di cui conosco già l’esistenza.»
«Hai paura che il futuro possa condizionarci.» Ogni ombra di sorriso era scomparsa dal suo volto. Quella di Mulder era un’affermazione difficile da contraddire.
Scully non rispose, si limitò a finire ciò che aveva nel piatto. Prima di sdraiarsi nuovamente vicino al suo collega lanciò un’ultima fugace occhiata al contatore accanto alla torre, cercando di dare un senso a quelle cifre assurde che attestavano il vincitore dell’ultima semifinale.
 
Destra, due corridoi, un’altra svolta a destra ed infine a sinistra. Se ricordava bene la strada stava andando nella giusta direzione, ma oltre alla memoria si aggiunse anche il senso dell’olfatto ad aiutarlo. Man mano che procedeva il profumo dei pancake di Walter era sempre più delizioso e persistente.
Peter sorrise.
Walter aveva vinto e non c’era modo migliore per lui che cucinare per festeggiare.
«Hey, buongiorno Walt…»
Si bloccò come una statua, ma prima afferrò con entrambe le mani gli stipiti della porta della cucina, rimanendo a bocca aperta. Con un movimento fluido del polso Walter fece volteggiare in aria il pancake, che ricadde nella padella con precisione millimetrica.
«Buongiorno, figliolo.» Spadellò e sorrise come se non ci fosse un domani.
Walter completamente nudo era una probabilità che Peter non aveva preso in considerazione, anche se, ad un secondo sguardo, qualcosa non quadrava per nulla.
«Che diamine ti sei messo addosso?»
«Oh, ti piace? Io lo trovo splendido.» Un altro mestolo di pastella fu messo a cucinare. «L’ho trovato nel guardaroba, River mi ha detto che era un regalo di un certo Capitano Harkness e che potevo prenderlo in prestito.»
Il giovane Bishop incrociò le braccia al petto, piuttosto contrariato.
«E dovevi proprio scegliere questo, non c’erano alternative?»
Era il grembiule da cucina più pacchiano che avesse mai visto, che riproduceva le fattezze di un uomo completamente nudo, ad eccezione del punto clou, coperto strategicamente dalle mani che reggevano un cartello.
“Do you know what I’m thinking right now?”
Prima che potesse aprire bocca per protestare gli fu messo davanti un piatto con tre pancake impilati ben bene ed una forchetta. Tra la fantastica colazione e la testa di Walter che sbucava sopra l’immagine di un adamitico Capitano Harkness, scelse di concentrarsi solo sulla prima, per la propria sanità mentale.
Quando Mulder e Scully rientrarono nel Tardis il sole aveva già fatto capolino dalle chiome degli alberi. Aveva spedito Walter a cambiarsi, nella speranza che nessun altro lo avesse visto conciato così, ma i piattini con le briciole di pancake tra le mani dei due agenti gli smorzarono ogni illusione.
Si passò una mano sul viso, imbarazzato.
«Mi dispiace… per Walter intendo.»
Scully annuì, tesa, rispondendo per entrambi. «Anche a noi.»
«È che lui a volte non pensa alle reazioni degli altri. Meglio che non vi dica cosa fa in estate quando è troppo caldo.»
«Come?»
Bishop mise le mani avanti, un gesto di timida arrendevolezza.
«No no, non importa, lasciamo stare. Quel grembiule basta ed avanza.»
«No, di cosa stai parlando?» Mulder aveva un’espressione perplessa pari a quella della collega.
«Di Walter e di come si era vestito per cucinare.» Peter continuava a non capire. «Per quale altro motivo dovrei dispiacermi per lui?»
«Beh, per…» Nessuno dei due agenti ebbe il coraggio di terminare la frase, ma più di tutto ciascuno faticò a guardare il ragazzo negli occhi.
Peter comprese e non attese oltre, si precipitò fuori dal Tardis, con una sensazione d’inquietudine che ad ogni passo si faceva sempre più pungente.
Mani bianche di pixel volteggiavano intorno all’unica Torre nella radura, addobbandola a festa per la finale. Al suo fianco il cartellone luminoso segnapunti aveva ancora impresso il risultato dell’ultima sfida e l’immagine del viso del dottor House ghignava soddisfatta dei propri voti inferiori a quelli di Walter.
Avevano scelto di buttare suo padre dalla Torre.
Deglutì, cercando di mandare giù la delusione e l’amarezza.
«Peter! Figliolo ho avuto un’idea!» la voce di Walter lo raggiunse poco dopo. Camminava svelto, sorridendo felice come se non sapesse nulla. «Ma credo dovrai aiutarmi a convincere il Dottore, potrebbe non approvare.»
«Walter…» il giovane cercò di fermare quel fiume in piena.
«Sai, ci ho pensato tutta la notte, e questa radura è un posto perfetto…»
«Walter, ascoltami…»
«… molto meglio del prato di Harvard…»
«Walter!»
Tolse dal proprio braccio la mano dell’uomo e quello guardò nella direzione che gli veniva indicata. Peter non credeva ai propri occhi: Walter non sembrava per nulla turbato.
«Hai perso.» disse mestamente.
«Lo so.» Aveva fatto di tutto perché accadesse.
Poteva esistere al mondo un sorriso che fosse anche dannatamente triste? Peter non lo sapeva né lo aveva mai visto prima di quel momento, ma era esattamente il tipo di sorriso in faccia a Walter.
«Ed è giusto così, figliolo.» Il ragazzo si sentì prendere il viso tra le mani. «Non avrei mai voluto una sfida contro di te. Devi vincere tu, solamente tu.»
«Perché? Cosa c’era di male in una sfida tra padre e figlio?»
Il dottor Bishop riuscì a nascondere ogni traccia di dolore dietro un sorriso più convincente e sereno.
«Pensa ai votanti che non conoscono la Fringe Division, o a quelli a cui non interessa ciò di cui ci occupiamo, o che ritengono il mondo della scienza e della fantascienza una cosa inutile. Sarebbero entrati in rivolta vedendoci entrambi in finale.»
«E come credi che io possa vincere?»
«Per te è più facile che per me.» S’incamminarono verso il Tardis, lasciandosi la Torre alle spalle. «È impossibile non volerti bene, Peter.»
Il ragazzo abbassò la testa, sorridendo imbarazzato. Passò un braccio dietro le spalle dell’uomo che credeva suo padre.
«Allora, dovremmo convincere il Dottore a fare cosa?»
La porta della cabina blu si richiuse dietro di loro, mentre nella radura i preparativi proseguivano veloci. Trovarono giusto il Dottore ad attenderli alla consolle. Sembrava immerso nei suoi pensieri, invece colse uno stralcio di conversazione tra i due che cercavano di parlare sottovoce. Peter non pareva essere d’accordo sul fatto di andare a prendere qualcuno per portarlo alla radura. Fu costretto ad intervenire.
«Chi sarebbe questa Gene che dovremmo portare qui?»



***


Angolo autrice: prima di tutto spero di aver trattato bene Walter. Ho concluso solo da qualche settimana la visione di Fringe, non mi è difficile empatizzare con lui, ma non è altrettanto facile scrivere su di lui. 
La frase in inglese per i whovian è semplicissima, ma per chi non avesse visto gli episodi in lingua originale suona così: "sai a cosa sto pensando adesso?", che è un richiamo alla battuta (splendida) di Jack Harkness "non posso dirvi a cosa sto pensando ora", pronunciata nella 4x13, La fine del viaggio. 
Al prossimo capitolo,
halom.

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Capitolo 7
*** Gene in love ***


AVVISO: capitolo scritto da Tawariell e Krishel. Ormai l'alternanza dei capitoli tra di noi è un dato di fatto. Buona lettura.


 

Walter e Peter erano riusciti a convincere facilmente il Dottore ad andare a prendere Gene, per farla pascolare in un pianeta così pieno di verde.

Il giovane Bishop, colpito dal comportamento del padre, che aveva deciso di farsi eliminare per permettergli di vincere, era stato quello che aveva spinto di più per portare la mucca con loro, soprattutto per consolare l’uomo.

Il Dottore aveva acconsentito, felice di poter avere un nuovo compagno, anche se questi era un animale che comunicava a muggiti.

River aveva preso subito in simpatia Gene e aveva persino provato a mungerla, con risultati un po’ altalenanti.

Dana sorrise vedendo i tentativi di River. Lei non aveva mai provato a mungere una mucca anche se a volte, avrebbe voluto. Si chiedeva cosa avrebbe fatto se non fosse diventata la donna che era in quel momento.

Mulder le si accostò e con un’espressione divertita disse: “Agente Scully, non mi dirà mica che desidera ritirarsi in campagna una volta andata in pensione.”

“Sì, magari proprio su altro pianeta, così potrei finalmente vivere in pace. Senza dover essere controllata e inseguita dai vari capoccioni dell’FBI.”

L’agente annuì. “Messa così, in effetti sembra una condizione ideale.”

“In particolare non avremmo più a che fare con il tuo caro amico Spender, l’uomo che fuma.”

Fox Mulder le sorrise. “Ecco così sarebbe la perfezione.”

Non fece in tempo a terminare la frase quando si udì un violento tonfo e poco si sentì strillare il Dottore: “La mia porta! Ha buttato giù la porta del Tardis!!! E adesso dove sta andando?”

River e i due Bishop si trattennero dal ridere mentre inseguivano fuori dalla nave la mucca, che, in preda all’euforia, aveva iniziato a correre per l’immenso prato.

Peter, rivolgendosi al padre, disse: “Non l’avevo mai vista così, Walter.”

“Forse ha sentito che eravamo vicini alla campagna. O forse…”

Il giovane lo guardò con aria irritata: “Non dirmi che hai aggiunto qualche strano additivo, qualche droga al suo mangime!”

“Può darsi che lo abbia fatto inavvertitamente. Sai stavo fumando un po’ di Brown Betty mentre lei mangiava prima.” replicò lo scienziato.

Il figlio non fece in tempo a rispondere perché il Dottore si intromise nella conversazione.

“Che diamine sarebbe questa Brown Betty? Si è messo a fumare cose strane nel mio Tardis? Spero non l’abbia fatto vicino al “cuore” della mia nave!” esclamò preoccupato.

Il giovane Bishop si mise la mano in faccia. “Ok, una cosa alla volta. Recuperiamo Gene e magari ripariamo anche la porta del Tardis.”

Mulder si avvicinò ai due e balbettò: “Temo che sarà più complicato del previsto. Guardate un po’ lì!”

Peter si bloccò immediatamente. Di fronte a loro vi era un toro. Era enorme e il suo sguardo non presagiva nulla di buono. “Questa sì che è una buona notizia. Però magari la presenza di Gene potrebbe calmarlo un po’, rendercelo amico.” Replicò, ma non ne era poi così convinto.

La mucca di Walter si avvicinò con fare circospetto al gigantesco animale. I due si fissarono per qualche secondo con aria ostile e poi iniziarono a leccarsi con affetto.

Davanti a quella visione il gruppo si girò verso Peter fissandolo in maniera emblematica e River chiese: “Come facevi a saperlo?”

Il giovane Bishop arrossì in maniera violenta vedendo i loro occhi puntati su di lui. “Ho... ho solo applicato alcune basilari nozioni di biologia.”

“Dovresti applicarli con l’agente Dunham. Lei ne sarebbe davvero felice. So bene che fa dei sogni su di te.”

“Walter non è il momento, ora.” replicò con ancora più imbarazzo.

Il gruppo decise di andarsi a sdraiare in mezzo al prato, osservando con attenzione i due animali, che alternavano momenti di grandi tenerezza ad altri in cui si rincorrevano facendo tremare la terra sotto di loro.

“Credete che saremmo costretti ad assistere al loro accoppiamento?” domandò Dana divertita.

Mulder scherzando le disse: “Non mi dirà che si vergogna di questo, agente Scully?”

“No, sono abituata a ben di peggio da quando la frequento agente Mulder!” replicò lei con un sorriso gioioso. Quella giornata così serena ci voleva proprio. Sarebbe stato bello averne altre con il suo Fox.

Walter li guardò, sognando che un giorno il suo Peter ed Olivia potessero essere felici come quei due, invece di continuare a farsi tanti problemi. Possibile che suo figlio non si fosse accorto di quanto l’agente Dunham fosse presa da lui?

Il Dottore si avvicinò allo scienziato e gli bisbigliò all’orecchio: “Mi creda, immischiandosi causerebbe solo dei grossi problemi. Lasci perdere!”

Il dottor Bishop fece per replicare, ma la professoressa Song lo anticipò: “Ha parlato quello che ha messo insieme i miei genitori, facendo loro da Cupido almeno venti volte!”

Il Dottore replicò: “Devi ammettere però che i tuoi genitori non erano così complicati come quei due.”

“Non sapendo leggere nel pensiero bene quanto te, non conosco l’agente Dunham, quindi mi debbo basare sul tuo giudizio, che non è sempre molto affida…” non terminò la frase perché si accorse che i due bovini stavano puntando dritti verso di loro, durante una delle loro corse.

Il gruppo si alzò in piedi e prese a correre a perdifiato verso il Tardis.

Walter provò ad avvicinarsi al Dottore: “Senta, ma come è possibile che corrano in questo modo? Sembrano più cavalli che bovini!”

“E’ la gravita del pianeta! E’ più leggera della Terra e li manda su di giri.” rispose il signore del tempo pentendosene all’istante. “No, dottor Bishop. Non ci pensi neanche. Non porterò qui l’agente Dunham per permetterle di fare da Cupido, anche se su una cosa ha ragione. E’ vero che fa…”

Stavolta fu lui ad essere interrotto. Da Peter che urlò: “La volete finire di immischiarvi nella mia vita privata? Grazie!”

River fissò il Dottore con un’espressione eloquente. “Non una parola. Sai che ha ragione.”

“Infatti lo so! Era quello che stavo cercando di dire a Walter!” rispose il signore del tempo cercando di riprendere fiato. Avevano raggiunto una zona tranquilla, lontano da due bovini, che avevano ripreso ad amoreggiare come due colombe. “Qualcuno dovrebbe trovare il modo di calmare quei due. Non voglio passare la giornata a correre. Avrei anche fame. E vorrei farvi presente che ho circa 2000 anni.”

Come colto da un’idea improvvisa, si girò verso Peter e lo squadrò: “In fondo sei tu che hai pensato che potessero stare insieme…”

Il giovane Bishop fissò il Dottore e disse: “Che intendi dire? Cosa hai in mente?”

Prima di rispondere il signore del tempo si grattò la testa per qualche secondo e poi lanciò un’occhiata fulminea a Walter per assicurarsi che avesse capito bene. Come poteva dire quella cosa al ragazzo e nel contempo essere credibile? “Senti, è una mia impressione o sei bravo a calmare le persone?”

Peter lo osservò perplesso. “Mi è capitato. Una volta me lo chiese direttamente Walter. Si trattava di un momento in cui Olivia era particolarmente... sotto stress. Mi disse di provare a calmarla. Le presi le mani ed è andata bene. Si rilassò. Non ci ho mai riflettuto sopra a lungo su questo.”

“Scusami, mi sono permesso di leggerti nella mente e mi era apparso questo ricordo. Dopo potremmo provare insieme con i due animali. Adesso sono tranquilli, mi pare. Vi va di mangiare qualcosa?”

River fece un’espressione dubbiosa. “Ti prego, tutto tranne bastoncini di pesce e crema pasticcera.”

Il dottor Bishop spalancò gli occhi: “Bastoncini e crema pasticcera? Devono essere buonissimi!”

Tutti gli altri, tranne il Dottore, alzarono gli occhi al cielo.

Fox esclamò: “Ma lei non era quello che ci ha preparati dei fantastici pancake? Come può mangiare una cosa del genere?”

Peter disse: “Mio padre ha dei gusti originali in cucina.”

Il signore del tempo scosse la testa. “Non temere, River. Ho cambiato gusti. In fondo non porto più i cravattini, no?”

Mulder sorrise divertito e indicandogli il collo, disse: “E quello che ha al collo, come lo definisce?”

Stavolta fu il Dottore ad arrossire, sentendosi osservato da tutti. “Ehm… ehm è stato un incidente. L’ho visto e l’ho messo. Come in trance.”

Scully ridacchiò: “Lei è tutto strano. Comunque vada per il cibo, ma anche io voto contro i bastoncini con la crema pasticcera.”

Il Dottore alzò le mani. “Mi arrendo. Niente bastoncini e niente crema pasticcera…”

Peter lo interruppe: “E direi niente carne di vitello. So per esperienza personale che è impossibile mangiarlo di fronte a Gene.”

Walter si girò verso di lui sorridendo e disse: “Vedo che hai imparato, figliolo.”

“Io l’avrei lasciata a digiuno.” fece il Dottore fissando in maniera emblematica lo scienziato. “E ora andiamo a mangiare.”

Mulder sorrise e disse: “Oh finalmente, ho un certo languorino. Dover correre mette appetito.”

Entrarono di corsa nella Tardis dove, in men che non si dica, il Dottore preparò una mega insalatona di rucola, lattuga, radicchio, tonno, gamberetti e pomodorini.

“Visto che so anche preparare cose commestibili?” disse rivolgendosi alla moglie.

“Non è la sola cosa insolita che noto, oggi. Sei meno... meno scontroso del solito.” ribatté prontamente River.

“Mi stai dicendo che sono un brontolone?” domandò lui fissandola con un sopracciglio alzato.

“Non sempre, sweetie. Solo per la maggior parte del tempo.” replicò sorridendo maliziosa.

Il signore del tempo scosse la testa e insieme alla moglie raggiunse gli altri e iniziò a mangiare.

Era una situazione davvero insolita, doveva ammetterlo.

Eppure gli piaceva.

Gli ricordava il periodo con i suoi figli del tempo o con Amy, Rory e Clara.

Aveva dei nuovi amici.

In fondo non era mai solo.

Sorrise ripensando alle parole di una sua vecchia amica:

“Hai la famiglia più bella della Terra eppure ti comporti come se fossi l’uomo più solo del mondo.”

Fece un lungo respiro e cercò di concentrarsi sul cibo. Non si sentiva di parlare di chi aveva perso.

Rose, Martha, Donna, Sarah Jane e molti altri.

Preferiva concentrarsi su chi aveva di fronte.

Glielo aveva insegnato River.

Mulder si avvicinò al Dottore e disse: “Sta pensando a qualcuno? Forse sua moglie non sarebbe contenta di questo.” e gli fece l’occhiolino.

Il signore del tempo fece un sorriso malinconico e sussurrò: “Fox, mio caro amico, se ti raccontassi della persona a cui sto pensando forse penseresti molto male di me. Tu hai perso una persona cara contro la tua volontà. Io ho dovuto perderla per non farla morire.”

Lo sguardo dell’agente si incupì. “Quello che è successo a mia sorella mi ha spinto a diventare quello che sono. Sì, è vero, non è stato per mio volere. Raccontami di quella persona. Doveva essere bella se hai fatto una scelta così difficile.”

Il Dottore annuì. “Sì, molto. Era una persona speciale e non sapeva di esserlo.” iniziò poggiando fuggevolmente lo sguardo sul giovane Bishop. “Era la mia migliore amica. Avevamo una comunione di anime unica. Abbiamo viaggiato un solo anno insieme. E ho dovuto farle dimenticare quei momenti. Ogni cosa. Sarebbe morta altrimenti. Aveva assorbito la mente di un signore del tempo e questo la stava uccidendo.”

“Temo che la mente umana sia limitata rispetto a quella di un signore del tempo. E non c’è modo per fargliela recuperare senza ucciderla? Immagino di no, altrimenti sarebbe già stato tentato. Non ti giudico male. Ho fatto anche io scelte discutibili nella mia vita.”

“Forse c’è un modo. La tecnologia dei Signori del Tempo, della mia gente, potrebbe aiutarla, ma c’è un grosso problema. Debbo ritrovare il mio mondo.”

Scully, Walter e Peter si girarono verso il Dottore mostrandosi interessati. Walter fu il primo a rompere il silenzio. “Quale sarebbe il problema nella ricerca del suo mondo? Non ha nessun indizio dove possa trovarsi? Inoltre il problema della sua amica è interessante. In effetti Mulder ha ragione: la mente umana, benché abbia risorse che normalmente non vengono usate, potrebbe avere dei limiti in confronto a quella di una specie diversa. Però non è tutto perduto. Si potrebbe studiare qualcosa per alleggerire la pressione. I tempi sono lunghi ma... sì, potrei studiarlo.”

Sia il figlio che Dana lo fissarono interessati. L’idea intrigava anche loro.

“Non avevo mai pensato di poter viaggiare con degli scienziati.” rispose il Signore del Tempo. “Sì, forse potreste aiutarmi. Forse. Il primo problema è che il mio pianeta è finito in un altro universo e ce l’ho messo io per salvarlo.”

Walter e Peter si fecero un cenno di intesa. “D’accordo. Conosco la teoria degli universi alternativi. Conosco anche una persona che può vedere oggetti che arrivano da un altro universo.” disse con voce calma il giovane Bishop.

Con un enorme sforzo di volontà il Dottore tacque. Sapeva tutto della provenienza del ragazzo e si sentiva dannatamente a disagio. Per un millesimo di secondo squadrò con aria truce Walter e gli fece arrivare un messaggio dritto in testa: “Mi hai messo veramente in una situazione difficile. Non sai quanto vorrei urlarglielo in faccia!”

Il Dottor Bishop chinò la testa per non mostrare il suo turbamento.

L’agente Scully si accorse che stava accadendo qualcosa di strano, ma preferì non fare domande. “Ha parlato di altri universi e noi da anni cerchiamo di scoprire se vi sono forme aliene sul nostro pianeta. Lei è la prova che Fox cercava su quest’ultima cosa. Ammetto che, essendo scettica di natura, faccio fatica a credere ad altri universi, tuttavia conosco la teoria degli universi paralleli e so che gli scienziati la stanno studiando da tempo. Ammesso che io ci creda, mi piacerebbe sapere come ha mandato il suo pianeta in un altro universo e tramite quali calcoli. Forse così ne potremmo venire a capo.”

 “E’ stata un’azione fatta insieme a tutte le mie incarnazioni. Anche la mia attuale. Tredici versioni di me unite. I calcoli, l’assetto e tutto il resto, credo sia stata opera della Tardis.”

La professoressa Song intervenne: “In realtà del suo cacciavite sonico.”

Il dottore annuì. “E’ vero. Credo che stesse cercando rimedio a quel quesito da secoli, anche se io non lo immaginavo davvero. Il software è rimasto immutato sin dagli inizi.”

“Avete qualche indizio, oltre all’universo, su dove possa essere finito?” chiese Peter.

“Sì o meglio non ne sono sicuro. Un mio… beh diciamo un mio amico mi diede delle coordinate, ma quando provai ad andarci non vi era nulla.” rispose in tono mesto il signore del tempo.

“Mi scusi la domanda sciocca, Dottore, ma lei dove è andato a cercare il pianeta? Qui o nell’universo in cui lo aveva mandato?” chiese ancora il giovane Bishop.

Il Dottore gli rivolse uno sguardo stupito. “Vuole dire... dannazione perché non ci ho pensato? Lo stavo cercando nell’universo sbagliato!”

River ridacchiò. “Alle cose ovvie non ci pensi mai, eh, sweetie? Bene, ora abbiamo un altro problema. Senza la tecnologia dei signori del tempo non si può attraversare gli universi o sbaglio?”

Walter impallidì a quelle parole e di nuovo il Dottore lo squadrò, come a dire: “Non ci pensi neanche!”

Mulder notò l’espressione dello scienziato. “Cosa? Che cosa sta succedendo?”

Peter scuro in volto annuì. “Credo di sapere a cosa stia pensando. Tempo fa abbiamo indagato su un caso in cui c’è stato un trasferimento di un palazzo da un universo all’altro. Non è stato bello da vedere. Abbiamo perso un hotel per compensare la massa trasferita. Credo che sia per questo che lui è impallidito. Potremmo anche andare a cercare questo pianeta ma le ripercussioni sul nostro universo potrebbero essere imprevedibili e molto gravi.”

Il signore del tempo fece un cenno di assenso. “Sì esatto. La cosa assurda è che se raggiungessi il mio pianeta non ci sarebbero più questi problemi perché la mia gente ha la tecnologia per viaggiare tra gli universi, solo che per raggiungerlo…”

Walter intervenne: “Potremmo rischiare di creare danni al tessuto stesso del nostro.”

Il giovane Bishop si era fatto silenzioso, la sua mente stava rimuginando su un pensiero fisso. “Mi sto ponendo una domanda. Non sono esperto di viaggi temporali ma... quali sarebbero i danni per il nostro universo se si provasse a tornare indietro nel tempo? Sarebbero uguali, sarebbero dimezzati?”

“Mi stai dicendo che secondo te il mio pianeta non solo è in un altro universo ma anche finito nel passato? Forse potrebbe essere. E sì, credo che i danni potrebbero essere minori, considerando che finiremmo in un periodo in cui la loro tecnologia è ancora usata. Il problema è capire in quale tempo è finito.” rispose il Dottore.

Scully intervenne di nuovo. “Quei calcoli li ha ancora? Cioè nel suo cacciavite o quello che è, intendo. Forse potrebbero darle qualche indizio.”

Il Dottore annuì. “Sì, certo che li ho ancora. Anche se non ho trovato subito Gallifrey non vuol dire che ho buttato via tutto quanto. Fanno parte dei calcoli che sto facendo sulla lavagna, se volete vederli.”

Il gruppo lo seguì nella sala comandi e Dana, Walter e Peter si avvicinarono subito alla lavagna come ipnotizzati. Erano calcoli molto complessi e sicuramente fuori dalla loro portata, però la loro mente di scienziati era sempre in allerta.

“Ci sono anche le coordinate che gli ha lasciato il suo amico, qui?” chiese ancora l’agente dell’Fbi.

Il Dottore prese un gessetto e sottolineò una serie di numeri. “Eccole.”

Scully e i due Bishop si guardarono per un lungo istante e dissero quasi contemporaneamente: “E’ sicuro che siano tutte coordinate?”

“Ora che ci penso non ne sono più così tanto sicuro. A meno che... avrei dovuto considerare coordinate spaziali e temporali!” esclamò entusiasta. “Allora proviamo ad andare però prima cerchiamo di recuperare Gene, no? Mica vorrete lasciarla qui…”

“Ci sarebbe anche la porta da riparare, sweetie! A meno che tu non voglia chiamare il tuo amico Jack e usarlo come porta. Tanto lo sappiamo che non muore neanche in mezzo ai vortici!” disse River tra il serio e il faceto.

“Quella è una possibilità che non voglio contemplare. Sarebbe capace di flirtare con tutti i presenti nel frattempo.” borbottò il Dottore.

Fox si lasciò scappare un sorriso. “Chi sarebbe questo Jack? E come fa a non morire?”

“E’ una lunga storia magari ve la racconterò mentre viaggiamo. Ora però prima voglio vedere quanto è grave il danno alla porta.”

Gli altri assentirono e cercarono di dargli una mano come poterono, dando un’occhiata, di tanto in tanto, a Gene che continuava a pascolare allegramente con il gigantesco toro. Sembrava quasi viaggiare su una nuvoletta tanto era felice.

“La vedo così serena che forse potrò smettere di…” fece Walter venendo però interrotto da Peter che disse: “Spero tu non abbia sul serio drogato, Gene…”

“No, ma ha fatto di peggio…” intervenne il Dottore. “Ha rap…” River gli tappò la bocca e lo trascinò via, borbottando: “E da quando ti viene così facile dire la verità?”

“Da quando sono stufo di questa storia. Non ce la faccio più va bene!” bofonchiò iroso. “E poi tu come lo sai?”

La professoressa Song gli fece l’occhiolino e provò a rispondergli ma in quel momento Gene e il suo toro entrarono di corsa nella Tardis iniziando a trotterellare intorno alla sala comandi e ciò ebbe il potere di rendere isterico il signore del tempo. “Portateli via altrimenti li macello qui!!!!”

“Non parli di certe cose di fronte a Gene, potrebbe renderla ancora più nervosa!” replicò furente Walter.
Peter alzò gli occhi al cielo e poi si avvicinò alla mucca. Non sapeva se sarebbe riuscito nell’intento ma doveva provarci. Con tono molto dolce di voce cominciò a parlarle e ad accarezzarle la schiena. L’animale mostrò quasi subito i segni degli effetti dell’azione dell’uomo. “Ecco, brava, siamo amici, vero?” le disse.

Gene rallentò il passo, osservando tutti con aria spaesata, poi lentamente uscì di nuovo nel grande prato con il suo pretendente che le andava dietro, come un bambino con la sua mamma.

Mulder e Scully avevano osservato la scena stupiti dai movimenti di Peter. River e suo marito si scambiarono un cenno di intesa. Quel ragazzo era davvero speciale e neanche se ne rendeva conto.

“Sei un pranoterapista? Oppure hai studiato qualche tecnica orientale?” non poté fare a meno di chiedergli Dana, assai incuriosita come medico e scienziata.
“No. A dir la verità non credo nemmeno di aver fatto niente di strano. Conosco Gene e sapevo come agire con lei, anche se sembra curioso detto da me.”

L’agente Scully preferì non insistere. Era inutile. Lei sapeva fin troppo bene che era difficile far cambiare idea alle persone un po’ testarde. Sorrise pensando che qualcuno aveva avuto molta pazienza con lei.

“Dottore allora se ho capito bene, la data in cui dobbiamo andare è intorno al 1500…”

A quelle parole River divenne viola. “Dalla tua ex moglie?” domandò fissando furiosa il marito.

Il signore del tempo deglutì a vuoto. “Non... non è come pensi, io...”

“Mi va bene tornare nel passato ma non da quella.”

“Faremo in modo che non sappia della mia presenza, d’accordo? Sarebbe quanto meno pericoloso. Non potrei mai rischiare di incrociare me stesso. Ce ne sono già tre di me lì, lo sai. Inoltre questa discussione è inutile. Non siamo nemmeno diretti verso il pianeta Terra.”

La professoressa Song si rilassò e lo baciò davanti a tutti, lasciandolo senza fiato.

“Bravo, pretty boy! Ora andiamo!”

Fox domandò: “E Gene? La lasciamo qui?”

Walter intervenne prontamente: “In fondo è felice. Ha un compagno che la fa divertire, un buon pascolo e mi sembra al sicuro. Potremmo tornare a riprenderla quando vogliamo, non è così Dottore?”

“Giusto! Almeno non ci sfascerà la porta di nuovo. Quando la porteremo a casa, veda di non drogarla, però.”

River guardò il Dottore e poi Peter. “Non so perché noto una certa somiglianza tra voi due. Non tanto fisica, ovviamente. Sarai mica anche tu un signore del tempo, Peter?”

Il giovane Bishop le rivolse uno sguardo ironico. “No, sono terrestre, questo lo so per certo. Nato da un uomo e una donna terrestre. Non vedo come potrei essere un signore del tempo.”

Il Dottore scosse la testa fissandolo in maniera emblematica. “Sentite, visto che siamo in tanti mi potrete aiutare a pilotare. Questa sala comandi è adatta a sei persone e noi siamo proprio in sei. Su, sbrigatevi.”

Con molta prudenza il signore del tempo distribuì i posti, facendo in modo di lasciare a Walter i comandi meno pericolosi.

Poi inserì le coordinate spaziotemporali e partirono.

Forse era davvero diretto verso casa stavolta.

E l’avrebbe fatta visitare ai suoi nuovi amici.

 

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