Le mie prigioni di Isidar Mithrim (/viewuser.php?uid=4502)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***
Capitolo 17: *** Le sue prigioni ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Le mie prigioni
Capitolo 1
Giorno 1
“Stai indietro!”
È questa frase strascicata a distoglierla dalla sua veglia irrequieta.
Hermione è rannicchiata in un angolo, i capelli crespi sparpagliati a
terra e la guancia posata sul pavimento freddo.
Alza debolmente lo sguardo verso la porta della segreta, che cigola
fastidiosa mentre viene aperta.
Lo spiraglio di luce che penetra nella stanza la costringe a portarsi
una mano davanti agli occhi, che da tante, troppe ore sono accecati dal
sonno maldestro e dal buio pesto.
Due passi timorosi, il rumore di un piatto di ceramica posato a terra,
la porta che cigola di nuovo e la segreta che resta illuminata dalla
tenue luce di un moccolo di candela.
Sola, Hermione si trascina a fatica verso il cibo, divora affamata i
biscotti, si porta il bicchiere colmo di latte alle labbra. Il vetro
freddo le ha quasi sfiorate quando all’improvviso ricorda che il
Veritaserum è incolore e inodore.
I biscotti le hanno asciugato la bocca e allontanare il bicchiere dalle
labbra è un’ennesima tortura, ma bere significherebbe vanificare lo
sforzo fatto per resistere alle maledizioni di Bellatrix.
Sparge il latte a terra prima di cedere alla tentazione e a stento
reprime le lacrime.
Resisti, Hermione, si dice.
La sua mente cerca un qualsiasi appiglio per distogliere i pensieri da
quella chiazza bianca e umida.
Pensa, Hermione, pensa.
Mi hanno portato la colazione. È
mattina.
All’improvviso capisce quanto sia preziosa questa informazione.
Riconoscere il passare dei giorni sarà fondamentale: solo scandendo il
tempo potrà impedirsi di impazzire, potrà continuare a sperare.
Prova a incidere un segno sul muro, ma non ci riesce. Prova ancora
sulla porta in legno, ma deve essere protetta da qualche incantesimo.
Alla fine si tira via un capello e lo annoda stretto attorno alla
maniglia.
È la mattina del mio primo giorno di
prigionia e non ho sete.
Non saprebbe dire quante ore siano passate quando la porta si apre di
nuovo.
Draco Malfoy entra nella cella, la mano agitata che tormenta la
bacchetta, lo sguardo terrorizzato che si abbassa prontamente quando
Hermione lo coglie a fissarla. Si china per recuperare piatto e
bicchiere, ma non lascia nulla in cambio e si limita a farsi da parte,
mentre la zia fa la sua comparsa nella cella e la tortura di Hermione
ricomincia.
Viene presto interrotta dal rumore di un bicchiere infranto e dal
disgusto di Bella per il nipote codardo.
“Ora tocca a te” gli dice la Mangiamorte con un sorriso maligno che non
ammette repliche.
Hermione, a malapena cosciente, cerca Draco con gli occhi e lo supplica
silenziosamente di porre fine a quello strazio.
Lui non ha neanche la forza di guardarla mentre alza la bacchetta e la
punta incerto contro il suo corpo esile e il suo sangue sporco.
L’incantesimo la colpisce al ventre, ma la temuta ondata di dolore si
diffonde molto più placida di prima, tanto che Hermione riesce a
trattenere le urla.
“Levati, nipote indegno!” gli intima allora Bellatrix, scostandolo
rabbiosa.
Hermione non riuscirà più a trattenere le urla, né le urine.
**************
Ciao!!
Ho un sacco di premesse da
fare! La prima è senz’altro ‘Per Merlino, ho davvero scritto una
Dramione?!’.
Ebbene, sembrerebbe proprio
di sì. Il perché abbia scelto di raccontare di una coppia che non ho
mai amato è presto detto: sulla scia di un contest che ho organizzato
(‘Not my cup of tea!’) ho deciso di sfidare anche io i miei limiti,
scrivendo di qualcosa di cui ho sempre pensato che non avrei mai
trattato.
Mi preme molto riuscire a
farlo lasciando i personaggi IC, ed è per questo che ho deciso di
partire da un What if. Probabilmente esisteranno mille Dramioni che
partono da questo stesso presupposto, ma visto che di solito non le
leggo, non mi è dato saperlo^^
Note sulla grammatica: per i
trattini di sospensione, mi sono attenuta alla regola ufficiale,
secondo cui ci vuole la maiuscola se inizia un nuovo periodo (in
pratica: se posso sostituire i puntini con un punto fermo senza
distorcere il senso della frase, allora ci vuole la maiuscola,
altrimenti la minuscola).
Per la virgola prima della
congiunzione E, ogni tanto mi sono volutamente presa qualche libertà
(come avviene in molti romanzi pubblicati), di solito nei dialoghi (per
enfatizzare alcune pause).
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2
Giorno 2
Hermione è già sveglia quando la porta si apre.
Siede stremata, la schiena posata alla parete di pietra e le braccia
troppo deboli perché la mano possa salire a proteggere gli occhi dalla
luce.
Intravede Malfoy entrare titubante con qualcosa nelle mani. Sembra
volersene liberare il più velocemente possibile, poi ci ripensa e
ignorando il cattivo odore si avvicina lentamente a lei, gli occhi
fissi sulle mani pur di non incrociare i suoi.
Le posa accanto un piatto di biscotti, una bacinella vuota con dentro
una brocca colma d’acqua, una tunica pulita.
Osa lanciarle uno sguardo fugace, poi si rialza per andarsene,
voltandole le spalle.
“Portala via” mormora Hermione, la voce resa roca dalle urla del giorno
prima, la mano faticosamente posata sulla brocca.
Malfoy si ferma, girandosi esitante. La sua faccia assume
un’espressione sorpresa quando capisce a cosa lei faccia riferimento.
“Preferisci… preferisci il latte?” domanda stupidamente, un misto di
pietà e compassione nella voce.
“Portala via!” lo supplica lei con disperata urgenza.
Lui – gli occhi lucidi e le labbra contratte – non ha la forza di non
accontentarla.
Quando esce il buio ritorna e Hermione cerca a tentoni il piatto.
Mastica lentamente i biscotti, impastandoli bene con la saliva. Con
piccoli gesti contenuti abbandona i vestiti Babbani, lerciati dal
sangue e non solo.
Poi si costringe ad arrancare fino alla porta e lega un altro capello
accanto al primo.
È la mattina del mio secondo giorno
di prigionia e non ho sete.
“Parla, sudicia Sanguesporco!” esplode Bellatrix furente, interrompendo
la tortura.
Hermione è accasciata al suolo, la testa che pulsa irrequieta, il
respiro affannato e la pelle color cadavere.
“Io… io non so niente, lo giuro…” sussurra.
Bellatrix la fissa sprezzante.
“Il tuo amichetto Paciock non ti ha mai raccontato cosa succede a chi
si rifiuta di rivelarmi i suoi segreti?”
Hermione non è l’unica a trattenere bruscamente il respiro.
Bella scocca un’occhiata disgustata al nipote prima di rivolgersi di
nuovo alla sua vittima.
“Non sarà rimasto nulla in quella testolina brillante, quando avrò
finito con te” dice minacciosa e compiaciuta.
“Ma…” mormora Malfoy, esitante. Hermione è sorpresa: sa che lui
deve aver racimolato tutto il suo coraggio per interrompere la zia. “Il
Signore Oscuro ha detto di non –”
“Taci, stupido ragazzo! So benissimo cosa ha detto!”
Forse Hermione dovrebbe avere ancora più paura, sapendo che Voldemort
ha altri progetti per lei, ma per un attimo è sollievo quello che la
pervade.
C’è solo una persona di cui Bellatrix
rispetterebbe gli ordini e quella persona mi vuole lucida.
Per adesso.
***********
Questa volta ho solo una
specifica da fare: il sangue sui vestiti di Hermione è quello delle
ferite causate dalla caduta del lampadario. Ho immaginato che l’abbiano
curata, nonostante tutto (magari maldestramente).
Ps: facendo una revisione
della storia ho anche deciso di semplificare tutte le note, limitandole
a specifiche sulla storia e tagliandole del tutto quando superflue. Per
questo motivo non troverete più i ringraziamenti che avevo inserito
alla fine di ogni capitolo, ma vi ringrazio ora per tutto <3 Pps: a breve i capitoli diventeranno un pochino più lunghi ^^
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3
Giorno
3
Hermione non saprebbe dire quanto
tempo sia passato da quando si è destata dal sonno.
Attende con ansia il momento in
cui la solita chioma bionda farà capolino con la colazione. Ha bisogno
di sapere se il tempo stia davvero scorrendo, o la parsimonia di Bella
nel torturarla non basterà a mantenerla lucida.
È un sollievo sentire la porta
cigolare.
Malfoy le si avvicina lentamente,
si guardano negli occhi per un attimo. È dispiacere ciò che Hermione vi
legge prima che lui torni a fissare il pavimento.
Oggi c’è il pane sul piatto, ma è
la brocca colma d’acqua ad attirare la sua attenzione e a ricordarle
quanto asciutta sia la propria bocca.
“Non berrò” mormora, la voce
tanto flebile da faticare lei stessa a sentirla.
Tenta di nuovo dopo essersi
schiarita la gola.
“Non berrò.”
Questa volta Malfoy sente, ma
continua a non capire.
“Non… non hai sete?”
Hermione prova un moto di astio
per la sua ingenuità.
“Mi credi davvero così stupida?”
dice, sforzandosi di risultare velenosa. “Non berrò nulla di quello che
ti danno da portarmi.”
Malfoy esita, prima di rispondere.
“Non mi dà niente nessuno… Sono
io a… sono io che me ne occupo.”
Hermione lo fissa incredula.
“Non… non posso portarti molto,
ma non ho messo niente in quell’acqua” prosegue il ragazzo. “È… è per
questo che non hai bevuto? Credevi fosse avvelenata?”
Hermione ride sprezzante, prima
che una fitta di dolore la costringa a calmarsi.
“Non è il veleno che temo” spiega
poi. “Anzi, se vorrai procurarmene un po’ sarai il benvenuto” aggiunge
tentando di sembrare ironica.
Finalmente Malfoy capisce. Non è
per sé che Hermione ha paura, non è per lei che sopporta la sete,
esattamente come non è per lei che resiste alla tortura.
“Veritaserum?” domanda
semplicemente.
Hermione si limita ad annuire.
Si stupisce quando Malfoy si
porta la brocca alla bocca e beve due profondi sorsi con tanto ardore
da lasciar sfuggire un rivolo d’acqua a bagnargli la veste.
La bocca di Hermione è sempre più
asciutta.
“Mi chiamo Harry Potter” sostiene
il Purosangue con determinazione.
Questa volta è Hermione a non
capire.
“Se avessimo il Veritaserum a
disposizione, mia zia ti avrebbe già costretto a berlo” spiega lui con
semplicità, quindi poggia pane e acqua a terra.
Hermione lo fissa per un istante
prima di afferrare famelica la brocca e bere disperata, smettendo solo
quando si sente finalmente dissetata.
Quasi le sfugge un sorriso,
mentre la posa sul pavimento.
È la mattina
del mio terzo giorno di prigionia e non ho sete.
Solo quando Malfoy, uscendo dalle
segrete, le augura ‘Buona notte’ comprende l’amara verità.
Non le aveva portato la colazione
del terzo giorno, ma la cena del primo.
Questa volta Hermione non
riuscirà a reprimere le lacrime.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4
Giorno
2
È un sonno irrequieto quello di Hermione, costellato da incubi troppo
simili a ricordi.
Un ragno che si contorce sopra una cattedra, la risata sguaiata di
Bellatrix, la propria mano che dona a Monica Wlikins l’involucro di una
Bolle Bollenti, un ragazzo biondo con una tazza di latte.
Quando apre gli occhi la prima cosa a soprenderla è la luce tremolante
di una candela che stempera l’oscurità. È posata vicino a un vassoio
con latte, biscotti e una mela. Forse quella parte non l’aveva sognata,
dopotutto.
Hermione si tira faticosamente a sedere e allunga una mano verso il
frutto – una piacevole novità – quando con la coda dell’occhio coglie
un’ombra muoversi alla propria destra.
Prende titubante la candela per illuminare quell’angolo buio e
un’ondata di terrore squassante la pervade. Un attimo dopo la candela è
a terra, la stanza è di nuovo calata nell’oscurità e il cuore di
Hermione comincia a battere all’impazzata quando la sua voce sadica e
melliflua si alza nell’aria.
“È un peccato che questa mattina Bellatrix Lestrange non fosse qui a
impedirmi di passare a trovarti, sai?”
Hermione trema come una foglia.
“Mi domando se la tua pelle sia ancora deliziosa come quando ti
ho catturata, bocconcino…”
Il licantropo si avvicina con estenuante lentezza.
“Mi chiedo se il tuo sudicio sangue sia caldo e buono come quello dei
veri maghi…”
Hermione squittisce impaurita quando un’unghia affilata le sfiora
l’avambraccio.
Si allontana il più rapidamente possibile, si rannicchia addosso alla
parete e, dilaniata dall’angoscia, ascolta i passi pesanti di Greyback
farsi sempre più vicini.
Lei sta singhiozzando quando il fiato dal retrogusto ferroso del mostro
le penetra nelle narici e il suo respiro caldo le contamina il volto.
Non riesce a trattenere un lamento terrorizzato mentre le passa la
lingua umida e ruvida sulla guancia, assaporando le sue lacrime salate.
“No… ti prego…” supplica disperata mentre lui sfiora la pelle morbida
con i denti acuminati. Li trascina con inaspettata delicatezza fino al
collo e solo allora li affonda nella carne.
Hermione urla disperata, mentre il dolore e il terrore s’intersecano in
un’unica, orrida morsa che le squarcia il corpo.
Poi il colpo di una porta che si spalanca inondando la stanza di luce,
il lampo azzurro di un incantesimo e il corpo del licantropo divelto
dal proprio.
“Come osi?!” esclama Greyback furioso mentre si rialza, il sangue che
gli cola sul mento gocciolando sul pavimento.
Malfoy è spaventato e si tiene a debita distanza dal mostro, poi lancia
uno sguardo riluttante verso Hermione e da qualche parte riesce a
racimolare il coraggio di rispondere.
“Non hai il permesso di scendere qui.”
Fenrir ride canzonatorio, prima di tornare serio.
“Non prendo ordini da un ragazzino” dice in tono minaccioso.
Anche se a fatica, Malfoy sostiene il suo sguardo mentre solleva la
manica per scoprire il Marchio Nero.
“È un Mangiamorte che te lo ordina” chiarisce con una fermezza che
lascia Hermione stupita.
Greyback tace, irato.
“Vattene ora e mia zia non lo verrà a sapere” garantisce il ragazzo.
Il licantropo lo fissa con aria di sfida mentre si pulisce la bocca dal
sangue con il dorso della mano. A passi lenti e arroganti esce dalla
segreta e ha già oltrepassato la porta quando si gira verso Draco.
“Per essere un Mangiamorte hai stranamente a cuore la sorte di una
Sanguesporco” commenta Fenrir con crudele sarcasmo, prima di voltarsi
nuovamente per salire le scale, lasciando il ragazzo ammutolito.
Hermione fa in tempo a vedere Malfoy chiudere la porta e accendere la
bacchetta con un Lumos, prima di perdere i sensi.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo 5
Giorno
4
“Granger…”
È una voce strascicata e preoccupata quella che Hermione ode in un
remoto anfratto della sua mente annebbiata.
“Granger, svegliati…”
No, lasciami
dormire ancora un po’…
“Hermione.”
Non ha mai sentito il proprio nome prendere vita tra le sue labbra ed è
questo che la convince a combattere contro la forza che le tiene chiuse
le palpebre.
O forse è la mano gentile che le ha posato sulla spalla lurida,
scuotendola lievemente.
Finalmente Hermione apre gli occhi, stordita.
Draco Malfoy è chino su di lei, lo sguardo colmo d’ansia che comincia a
rilassarsi perché Hermione ha iniziato a reagire.
“Come… come ti senti?”
Solo quando le fa questa domanda lei si rende conto del sordo, costante
dolore che le attanaglia il collo e il ricordo dell’aggressione di
Greyback la travolge.
È con atroce fatica che solleva il braccio per cercare la fonte del
dolore. Una grossa benda asciutta ricopre la ferita e Hermione non ha
bisogno di chiedere chi sia stato a metterla, per saperlo.
“Grazie” mormora riconoscente.
Malfoy si lascia scappare un rapido cenno di assenso.
“Non… non sono molto bravo con gli incantesimi di guarigione” confessa
poi. “Sta migliorando, ma resterà una cicatrice...”
Hermione pensa per un istante al volto sfigurato di Bill e non riesce a
trattenere un singulto.
Malfoy la guarda dispiaciuto e sembra cercare disperatamente delle
parole da dire, pur di non lasciare che cali un silenzio carico di
disagio.
“Sei rimasta incosciente per tanto tempo.”
Lei lo guarda sorpresa. Questo non l’aveva previsto.
“Quanto?” si limita a chiedere.
“Più di due giorni. Lei non è ancora tornata, comunque.”
Hermione fa una risata amara pensando che gli unici due giorni in cui
nessuno si sarebbe dato peso di torturarla li avesse spesi svenuta. Almeno il tempo è passato in fretta.
Si fissano di nuovo per un istante, condividendo silenziosi il sollievo
per la lontananza di Bella, prima che Malfoy si alzi bruscamente.
“Mangia” le raccomanda, indicandole il piatto con una mela e due fette
di pane. “Non puoi saltare un altro pranzo.”
Esce dalla segreta lasciandole la candela accesa e Hermione è così
distratta a seguirlo con gli occhi da dimenticare per un attimo di
cominciare a bere.
Poi si trascina strenuamente fino alla maniglia e lega tre capelli
accanto all’unico che aveva lasciato.
Solo quando comincia a mangiare il pane, però, realizza che non la
sfamerà più.
Sono a metà del mio quarto giorno di
prigionia e vorrei tanto una
bistecca al sangue.
Quando Malfoy le porta la cena e le bende pulite, la sua medicazione è
diventata umida di sangue e siero.
Hermione ha la schiena poggiata alla parete, la testa girata dalla
parte opposta alla ferita per stendere meglio il collo e per il timore
di guardare lo squarcio scavato dai denti.
Non lo può vedere mentre si prende cura del morso slabbrato, ma avverte
le sue dita operare gentili con le garze e versare con attenzione
chissà quale sostanza, dopo aver lavato la ferita. I suoi movimenti le
appaiono sicuri e non riesce a fare a meno di chiedersi quante volte
deve averla medicata, mentre era svenuta.
Quando ha finito di bendarla Malfoy si alza in piedi, ma invece di
andare verso l’uscita resta fermo a fissare il pavimento.
“Domani dovrò tornare a Hogwarts” mormora infine con voce quasi rotta.
Per Hermione è quasi come ricevere un altro morso, perché sa bene qual
è la verità che quelle parole sussurrate stanno nascondendo.
Nessuno si prenderà più cura di me.
Sono lacrime inattese quelle che cominciano a solcarle le guance.
Draco la guarda costernato, gli occhi lucidi e le labbra strette tra i
denti.
Si abbassa per posare a terra una strana mano rattrappita e approfitta
di avere il volto nascosto per asciugarsi il naso con il dorso
dell’avambraccio.
“Mettici sopra la candela. Farà luce solo per te e nessuno se ne
accorgerà.”
Non ha il coraggio di fissarla un’ultima volta mentre esce frettoloso
dalla segreta.
Hermione stringe la Mano della Gloria tra le sue e pensa che nessuno le
abbia mai fatto un regalo più bello.
************
Il desiderio di bistecca lo aveva
anche Bill dopo il morso.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6
Giorno...
La candela della Mano della
Gloria si è ormai consumata da tempo.
Hermione vorrebbe essere in grado di calcolare quanto, ma ora che
Malfoy è tornato a Hogwarts non ha più le sue visite a scandire il
trascorrere dei giorni. La sua bocca è tornata arida e il suo stomaco
continua a pretendere carne cruda senza essere soddisfatto, la sua
ferita è gonfia e infetta, i capelli crespi non sono che un agglomerato
di sudiciume.
Non so quanti giorni di prigionia
siano passati e sto morendo di sete.
La cosa peggiore, però, è il ritorno di Bellatrix.
“Dimmi dov’è!”
L’urlo rabbioso di Bella è seguito da un’atroce scarica di dolore.
Solo quando la Mangiamorte interrompe la Maledizione Hermione riesce a
parlare.
“Non lo so…”
“Crucio.”
È annoiata freddezza quella che Hermione riconosce nel tono di
Bellatrix mentre la tortura ricomincia.
Quando il dolore cessa la Nata Babbana sa di dover allungare la pausa
il più possibile.
“Eravamo… eravamo in tenda. Abbiamo cambiato posto ogni giorno… Come
posso saperlo?”
“Ho trovato la vostra tenda dove vi hanno catturato i Ghermidori,
Sanguesporco. Non sono tornati a riprenderla. Dimmi dove sono!”
“Forse… forse sono tornati a Grimmauld Pla –”
“Yaxley sostiene che nessuno ci mette piede da mesi. E sono certa che
tu lo sappia perfettamente, ragazzina. Non mi piace essere presa in
giro. Crucio.”
Hermione sente il suo corpo spezzarsi a metà e ardere dallo strazio.
Non riesce a trattenere le urla, prima di svenire.
“Cosa state cercando?” domanda Bella. Forse è un altro giorno, forse
solo qualche ora dopo. Non sapere è terribile.
“Noi… noi non stiamo cercando niente” si sforza di rispondere Hermione.
“Ci stiamo solo… ci stiamo nascondendo.”
“Bugiarda! Sappiamo che Potter tramava qualcosa con Silente!”
“Harry non… non ci racconta nulla” singhiozza Hermione.
Poi è solo agonia.
Altro giorno. Forse.
“Perché aveva una copia della spada?” chiede per l’ennesima volta
Bellatrix, senza darle tregua.
Hermione è sollevata. A quanto pare, la Mangiamorte è convinta che la
loro sia solo una copia. Evidentemente aveva controllato che la spada
‘vera’ fosse ancora al sicuro nella sua camera blindata.
“Volevamo… volevamo darla all’Esercito di Silente” improvvisa Hermione,
cercando di rimandare la tortura.
Bellatrix la squadra con sospetto.
“Cosa se ne dovrebbe fare quel gruppo di idioti di una copia?”
“Non sapevamo che Piton l’avesse tolta dal suo ufficio. Volevamo che
riprovassero a prenderla… che la scambiassero con quella vera.”
“Perché?!” ruggisce la strega.
“A-appartiene a Harry” spiega Hermione. “Con quella ha ucciso il
Basilisco di Salazar Serpeverde… Speravamo… Magari poteva riuscirci
anche con Tu-Sai-Chi…”
Bella ride sguaiatamente.
“Siete più stupidi di quello che pensavo! Una misera spada contro il
Signore Oscuro, il mago più potente di tutti i tempi!”
Hermione si risveglia lentamente.
È stordita, ma torna subito lucida quando vede la brocca colma d’acqua
davanti a sé. Beve avidamente, senza osare riprendere fiato fino a
quando non sente appagata la sete.
Solo quando riprende a respirare si rende conto che la segreta non è
buia.
C’è una nuova candela accesa sulla Mano della Gloria.
Hermione guarda istintivamente verso la porta, con l’ingenua speranza
di vederlo comparire.
È allora che li nota. Sette corti capelli biondi legati alla maniglia
accanto ai primi quattro, lunghi e ricci. Hermione sorride mentre li
guarda, incredibilmente sollevata. Un moto di gratitudine nei confronti
di Malfoy la investe. Temeva fosse passato molto meno tempo…
È il mio undicesimo giorno di
prigionia e non ho sete.
Un brusco rumore la
distoglie all’improvviso dai propri pensieri.
Hermione si ritrae terrorizzata mentre il ricordo dell’aggressione di
Greyback torna vivido. Poi si fa coraggio, afferra la Mano della Gloria
e allunga il braccio per illuminare meglio l’ambiente, fino a quando
non intravede un corpo abbandonato in un angolo. Solo in quel momento
coglie il suono ritmico di un respiro non suo.
È il mio undicesimo giorno di
prigionia, non ho sete e non sono più sola.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7
Giorno
11
[continua]
Hermione si avvicina lentamente, curiosa di conoscere l’identità
dell’uomo e al tempo stesso timorosa di scoprirne la condizione.
È disteso sulla schiena, il volto rivolto verso il muro, i capelli
intrisi di sangue raffermo.
Il suo petto si alza e si abbassa dolcemente, ma quello è l’unico
movimento che Hermione è in grado di cogliere. Gli avvicina la luce al
capo e vincendo la repulsione che l’attanaglia allunga una mano per
girare il suo viso verso di lei.
Le lacrime cominciano a bagnarle le guance quando riconosce Neville
nell’uomo dal volto pesto e tumefatto.
Lo chiama debolmente, lo scuote per una spalla, ma lui resta immobile e
il timore di Hermione si trasforma in disperato terrore.
Alla fine si arrende, gli stringe una mano tra le sue, poggia il capo
sul suo ventre morbido e continua a singhiozzare finché, stremata, non
la prende il sonno.
È il rumore della segreta che si apre a destarla.
Non ha nemmeno bisogno di guardare per capire che quei passi incerti
sono i suoi.
Si gira lentamente verso di lui, mentre la rabbia comincia a crescere.
Non prova alcuna compassione alla vista del suo sguardo dispiaciuto o
del braccio fasciato.
Solo disprezzo.
“Sei stato tu” lo accusa disgustata, tradita.
Nemmeno quando le ha scagliato contro la Maledizione Cruciatus
l’ha odiato, ma scoprire di non potersi fidare di lui brucia molto,
molto di più.
Malfoy posa a terra il vassoio e tace. Non ha il coraggio di guardarla
negli occhi, non ha la forza di voltarle le spalle.
“Non volevo” mormora in fine.
È in quel momento che Hermione trova la forza per alzarsi.
Si scaglia contro di lui e ogni colpo che gli sferra parla di dolore e
delusione. Vuole ferirlo, vuole graffiarlo, così come ha fatto lui con
lei.
Si dà della stupida, Hermione. Per essersi illusa. Per aver sperato. È
questo che gli racconta con i suoi pugni deboli mentre Malfoy si copre
il volto con le braccia e incassa i colpi.
Draco attende che Hermione finisca di sfogarsi ed è quando comincia a
singhiozzare contro il suo petto che la stringe forte a sé, la sostiene.
“Io non volevo” mormora ancora.
Hermione lo sa. Sa che non voleva, l’ha sempre saputo, in fondo.
Si lascia cullare dalle sue braccia – ferme e solide e forti,
nonostante i pugni e la ferita fasciata.
“Portami via” supplica in un sussurro così flebile che non è certa di
aver parlato ad alta voce. “Portaci via.”
Malfoy la lascia andare e Hermione vede i suoi occhi grigi umidi di
lacrime.
“Non posso. Lo sai che non posso…”
Hermione lo sa, l’ha sempre saputo, in fondo.
Fa male lo stesso, però.
Annuisce piano.
“Li ucciderà…” mormora Draco.
Lo sanno entrambi che due cadaveri sono un prezzo troppo alto per la
libertà.
************
’I due cadaveri’ sono quelli dei genitori di Draco, se non si fosse intuito.
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