The Swan Princess

di _Cissy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto 0 ***
Capitolo 2: *** Atto 01 ***
Capitolo 3: *** Atto 02 ***
Capitolo 4: *** Atto 03 ***
Capitolo 5: *** Atto 04 ***



Capitolo 1
*** Atto 0 ***


ATTO 1

IL CIGNO



Sulla torre più alta di un castello, nel regno dove tutto é tetro e oscuro, una figura si specchiava, fissando con uno spettrale sorriso lo specchio dinanzi a lei. "Ma guardateli... Così allegri. Così felici. Così... Charmings. Mi fanno venire il voltastomaco". Regina si alzò di scatto, rovesciando la sedia. "Non ce la faccio a guardarli, mentre rovinano il mio regno!"
L'immagine dello specchio mutò, facendo comparire un uomo poco anziano, con il volto blu scuro. "Veramente appartiene a Snowhite dalla nascita, Vostra Maestà" disse, sottomesso.
"E io l'ho ereditato con quelle nozze che non ho mai voluto". Regina scaraventò via i portagioie e le boccette di liquidi profumati che aveva sulla toeletta. "Il regno é quindi mio. Non di quella principessa viziata, non di quel principe-contadino e... nemmeno di quella loro pargola!"
"Tanto bambina non é più, Mia Regina". L'uomo nello specchio lasciò il suo posto all'immagine di una ragazza: alta, leggiadra, lunghi capelli color dell'oro, un sorriso candido e luminoso, la pelle diafana. "Mi pare che fosse un'infante circa 5 o 6 anni fa".
"Non mi interessa quando le é caduto l'ultimo dente da latte o quando l'hanno incoronata principessa a tutti gli effetti. Non mi interessa nemmeno lei, in vero. Mi interessa il regno! Quel regno che é governato da quei due idioti". La donna tornò a guardare lo schermo, dove l'immagine della fanciulla era ancora impressa. "Devo riprendermelo. Ma credo che una guerra non sia l’ideale in questo caso".
“E cosa intende fare?”
“Ho intenzione di colpire il loro punto più vulnerabile”. Un sorriso sghembo le comparve sul volto.
Lo specchio comprese immediatamente il pensiero della donna."Non credo sia una buona idea, Maestà. Perché non accontentarsi di questo regno? É grande a sufficienza per voi".
"Ma io voglio ciò che é mio! E ciò che é mio... va conquistato. E voglio farlo immediatamente".
 
"Emma, tesoro. Rientriamo, avanti. Si sta facendo tardi". Snow chiamò la figlia, che ancora rincorreva qualcosa -forse un coniglio-, sorridendo e ridendo. Le sembrava di essere tornata bambina, quando giocava con il padre ai duelli, con spade di legno e fiori come bacchette. La sua infanzia così regale quanto ordinaria. Smise di inseguire l'animaletto, andando dalla madre.
"Scusa, mamma. Ma un coniglio mi ha rubato il foulard e provavo a riprenderlo" disse, ansimando per riprendere fiato, mentre  sorrideva.
"Lo sai che una principessa non rincorre gli animali... ma é anche vero che é una cosa a dir poco divertente." Le accarezzò una guancia, con fare materno. "Dai. Torniamo a casa".
Insieme, le due iniziarono a camminare sul sentiero, che costeggiava il lago. Sulla sua superficie, quieti e mansueti, i cigni: così belli, maestosi, sinonimi dello sbocciare della bellezza. Alla regina ricordavano tanto Emma. Snow era da sempre orgogliosa della figlia: non era di quelle principesse altezzose e viziate. Lei e David l'avevano cresciuta con solide basi morali, aiutando i deboli e contrastare i prepotenti. E ciò che ne era venuto fuori, era qualcosa di meraviglioso. Quell'attimo di felicità non era destinato a durare: un vento caldo e forte iniziò a soffiare violentemente, mentre, da lontano, nuvole violacee si apprestavano a raggiungere il regno e il castello. Snowhite, seppur scioccata, aveva capito tutto: Regina stava tornando, più agguerrita che mai. "Emma. Corri" incitò la donna, afferrando il braccio della figlia e iniziando a tirarla verso la loro casa.
"Mi fai male!" si lamentò la principessa ma Snow non le prestò attenzione. Continuava a tirarla, sempre più vicino al castello, fino a oltrepassare la porta.
"Chiudete la porta, presto. E chiamate mio marito e i membri del consiglio: urge un'assemblea della massima urgenza" ordinò la regina ai maggiordomi, che, immediatamente, obbedirono. Si voltò, poi, verso la figlia. "Emma, vai subito in camera tua e restaci. Non fare domande, per favore".
"Ma... Mamma..."
"Fai come ti ho detto". La voce di sua madre cambiò tono: da dolce era passato a duro. Quella durezza che faceva paura a Emma.
La ragazza annuì e, dopo un accennato inchino, si ritirò nelle sue stanze. O almeno: lo fece pensare. Snow non era a conoscenza del passaggio segreto che conduceva a una piccola e angusta stanzetta, da dove poteva sentire e vedere tutto. Non appena fu fuori dalla visuale della madre, iniziò a correre verso la sua camera, aprendo e chiudendo rumorosamente il massiccio portone di quercia. "Mi credono stupida? Beh, non sanno quello di cui sono capace" esclamò, tastando la parete, alla ricerca della roccia-passaggio. Quando la trovò, la premette, facendo spostare una parte di parete e apparire un lungo corridoio. Emma ci si buttò, percorrendo il freddo e oscuro sentiero come se fosse una cosa normalissima. E lo era.
Da anni percorreva quei corridoi, spiando i genitori e scoprendo cose cui, altrimenti, sarebbe stata all'oscuro.
Quando giunse nella stanzetta, alzò la targhetta e, sebbene la piccola griglia che la separava, avesse una buona visibilità.
La sala del consiglio era quasi piena, tra i membri e le guardie. Mancava solo Granny, ma era risaputo che, negli ultimi tempi, non stava bene. Al suo posto Robin Hood, da poco unitosi.
"É una questione della massima urgenza. Credo che qualcuno voglia attaccare" disse James, alzando leggermente la voce.
"Credete sia Rumplestilskin?" domandò Red, fissando, nervosa, la sua mantella.
"Oppure quella pazza di Maleficent, assieme alle sue socie" esclamò Grumpy, storcendo il naso.
"E se fosse...".
Emma non capiva: perché stavano facendo delle teorie? Non avevano ancora capito chi era il responsabile?
"Io so che è stato". La voce di Snow rimbombò lieve, quasi impercettibile. "Regina".
Mormorii su mormorii. Non si capiva nulla. O almeno, la principessa non sapeva nulla.
"Vuoi dire che... É intenzionata a prendere il regno?".
"Non solo, James. Vuole anche ucciderci. Uno alla volta".
 
Si era deciso di contrattaccare. Come diceva Charming "L’Evil Queen ha seminato troppe volte terrore in questo regno e nella nostra famiglia. Dobbiamo scrivere un finale a questa storia". E, a quanto pareva, il finale era una lotta armata. Ma cosa potevano fare delle lance e degli scudi, in ferro e legno, contro la magia oscura della donna?
Erano questi i pensieri di Emma, chiusa nella sua camera, guardando dalla finestra il campo di battaglia. Sembrava essere il posto d'onore. Una cosa agghiacciante. Era stato inutile tentare di convincere i genitori di parlare con la donna, cercare di trovare un compromesso con lei. Secondo loro, non aspettava altro che impossessarsi del regno. E, a quanto poteva comprendere dalle minacciose nuvole viola che stavano avanzando dalle montagne del Sud, avevano ragione. La principessa non capiva: Snow e James le ripetevano sempre che la guerra e la morte non era la soluzione giusta, che c’era sempre un’altra possibilità. Com’era possibile che, in quel caso, non ce ne fosse nessun’altra?
“Coraggio, bambina. Non stare alla finestra”. Johanna allontanò gentilmente Emma dalla finestra, chiudendo le tende. “La guerra non è una visuale per una principessa”.
“Non è una visuale per nessuno, Johanna. Nessuno dovrebbe combattersi. La parola non è sufficiente?”
La donna sospirò tristemente, abbassando lo sguardo sul panno che stava ricamando. “Non sempre, mia cara. E questo purtroppo è uno di questi casi”.
“Io sento parlare sempre di questa donna malvagia, crudele... Ma non l’ho mai vista, ne ho mai visto una delle sue cattiverie. Oh, Johanna. Tu puoi parlarmene? Te ne supplico, devo scoprire da dove nasce tutto quest’astio e odio di Regina verso i miei genitori”.
“N-non credo di essere la persona più qualificata per dirtelo. Ti basti sapere che lei non ha mai perdonato un errore che tua madre ha commesso in gioventù. Ma ora basta parlare di queste cose”.
“Anche se non sono cose da ragazza, posso guardare la sorte del regno?”. La principessa non chiedeva altro, dato che non le si diceva tutto, su quella storia che andava avanti da chissà quanti anni. L’occhiata titubante della balia la fece parlare nuovamente. “Per favore, Johanna”.                              La donna ricominciò a ricamare il panno, annuendo pianissimo. Ma il gesto di assenso fu notato da Emma, che riaprì le tende, guardando fuori e attendendo, in trepidante paura, di guardare il destino del regno.
 
L’esercito era in posizione di difesa. Una preparazione per una battaglia simile non si vedeva dalle famigerate guerre degli orchi. Uomini armati di spade, nani con in mano i loro picconi, persone che potevano trasformarsi in creature della notte, fate... in molti erano accorsi per difendere il loro regno. Anche i regnanti erano appostati nelle prime linee. Fissavano concentrati l’orizzonte violaceo, attendendo, con una calma impazienza, la prima mossa dell’Evil Queen.
“Cosa pensi possa accadere?” domandò Snowhite, voltando leggermente il volto verso il marito. “Vinceremo anche stavolta oppure...”
“Noi siamo gli eroi, Snow. Siamo destinati a vincere. O almeno, così dovrebbe essere”. Le parole di James risuonavano sicure, come se, quella che stavano per affrontare, fosse una guerra con i modellini dei soldati con cui giocava da piccola Emma.
Emma. Il pensiero principale della regina. Strinse forte l’arco tra le mani. Se ciò che le aveva detto suo marito non fosse stato vero, e loro sarebbero stati sconfitti da Regina, cosa sarebbe accaduto ad Emma, alla loro bambina? Si concesse di fare un mezzo sorriso, mentre pensava alla figlia: per lei era ancora una bambina, ma, agli occhi di tutti, era una giovane donna. Doveva vincere: per il regno, per il futuro, per la sua famiglia. Un terremoto interruppe i suoi pensieri, facendo imbizzarrire leggermente i cavalli.  I reali li domarono immediatamente, facendoli tornare tranquilli.  “James, cosa è stato?”
“Non lo so. Ma credo di sapere chi è stato. Regina” disse il re, sfoderando la spada. “I suoi dark knights stanno arrivando. Dobbiamo prepararci”. Fece voltare il cavallo, così da essere davanti al suo esercito. La cosa più importante, era dare speranza ai suoi uomini. “La nostra peggior nemica sta giungendo da noi, per appropriarsi del nostro reame. Dobbiamo difenderlo, per salvaguardarlo, per dare un luogo sicuro dove far vivere i nostri figli, nipoti e le generazioni future. Vogliamo davvero cederlo senza lottare? No, non vogliamo.  Appena sarà qui, dobbiamo ricordare chi abbiamo davanti a noi, e lottare, con tutte le nostre forze, per vincere. Facciamolo per noi. Facciamolo per il regno. Facciamolo per un futuro migliore!”.
Quel piccolo discorso aveva dato la giusta carica a tutti i combattenti, che alzarono il braccio in alto, esultando a gran voce. Ma Snow, in cuor suo, sapeva che, qualunque cosa fosse accaduta, qualcosa di ben peggiore. Non sapeva il perché di quella sensazione, ma doveva scacciarla, prima dell’arrivo di Regina. E doveva farlo in quel momento.
Da lontano, vide sagome scure avanzare, impettiti, verso di loro. Li riconobbe immediatamente: i dark knights. L’avevano rincorsa a lungo, tante di quelle volte in giovinezza, che anche a miglia di distanza poteva percepirli. Sentì un brivido percorrerle la schiena, per il terrore. No, pensò la regina, devo mantenere i nervi saldi. Strinse maggiormente l’arco, talmente forte che le nocche le diventarono bianche.
“State pronti ad attaccare” urlò il re, alzando la spada. Voltò il cavallo, fino a dare le spalle al suo esercito. “Nervosa?”.
Snow scosse la testa. “E perché dovrei? Non è la prima volta che combatto Regina” si limitò a dire. “Ma ora non pensiamoci: abbiamo una battaglia da vincere”. Lo disse con una punta di acidità nella voce, che non fu notata dal marito. Troppo impegnato a fissare l’inesorabile avanzata dei cavalieri dell’avversaria.
Quando furono a una cinquantina di metri dallo schieramento della Enchanted Forest, si bloccarono di colpo. I due regnanti si guardarono, confusi: perché non attaccavano? Non era forse quello il loro compito? La risposta comparve davanti ai loro occhi, in una nube violacea sinistra. Prima che il corpo fosse lei visuale della gente, venuta a lottare per la salvezza del regno, una risata sinistra e agghiacciante si fece sentire, echeggiando tenebrosa. “E così, volete sconfiggermi con qualche contadino con la spada e una manciata di nani con un piccone?”. Regina, vestita con uno dei suoi succinti abiti neri, face due passi, uscendo dal turbine viola che l’aveva trasportata fin li. “Non avete capito che armi simili non mi faranno nulla?”.
“Comunque vada, comunque siano le nostre armi, ti sconfiggeremo!” gridò James. La vena nel suo collo si stava ingrossando per lo sforzo della voce. “Ti abbiamo esiliato in un regno, Regina. Non venire qua, a pretendere ciò che non è tuo!”.
“Principe Charming, a dire il vero, non è nemmeno tuo il regno. Apparterebbe a Snowhite...”. L’Evil Queen sorrise aspramente alla regina, che impugnava saldamente la sua arma. “...ma io, questo regno, l’ho ereditato con le nozze. Perciò, non sto venendo a conquistarlo: sto venendo a riprendermelo!”.
“Dovrai passare sul mio cadavere!”
“Quanto ardore, Charming, per qualcosa che molto più grande di te. Lo sai che, quello che stai dimostrando, non è coraggio? Bensì egoismo! Lo vedo, dagli occhi di quella traditrice, che non sa tenere la bocca chiusa, a chi sono diretti i suoi pensieri: non tanto al regno, ma a vostra figlia. Ecco: forse dovresti prendere esempio dalla tua mogliettina”. La donna si divertiva, a sputare quelle macabre parole, marcare il problema di James, paragonarlo alla consorte. Farli impazzire, insomma. Era il suo passatempo preferito, dopotutto.
“Basta! Uomini! All’attacco!”. Le ultime parole del principe prima che si spingesse al galoppo contro l’esercito opposto, brandendo una spada e seguito dai suoi uomini.
Era successo tutto talmente in fretta che, la povera Snow, non era riuscita a metabolizzare lo scambio di battute fra i due, ritrovandosi immersa nella battaglia. Aizzò il cavallo al galoppo, pronta a combattere per un futuro.
 
Il sangue schizzava, ferite mortali venivano aperte: la battaglia era nel pieno del suo svolgimento, e Charming e Snow erano tra i loro uomini. Regina assisteva allo scontro, comodamente seduta nel suo castello, ammirandola attraverso lo specchio magico. Lei era nata per essere una regina: non si sarebbe mai messa in pericolo in una battaglia. “A cosa servirebbero, altrimenti, i miei soldati?” diceva, alzando le spalle. Rise maligna quando la regina dell’Enchanted Forest cadde da cavallo, finendo nel suolo polveroso e intriso di sangue. “La mia vendetta sta giungendo! Agirò stanotte”.
E sembrava avesse ragione: i dark knights stavano avendo la meglio. Tanti erano i feriti; dei morti non se ne conosceva il numero. Qualcuno poteva pensare anche che la guerra finale degli orchi, in quel momento, fosse in riproduzione, per tanto sangue il suolo era intriso.
Se dal regno oscuro della Evil Queen, la più malvagia del reame rideva di gusto alla vista dello scontro, dall’alto della torre del castello, che dava sul campo di battaglia, la giovane principessa stava tentando, con tutte le sue forze, di non scoppiare a piangere. Dopo che aveva visto una testa saltare in aria-anche se sembrava fosse un nemico-, aveva chiuso le tende, voltando le spalle e accasciandosi al suolo, abbracciando le gambe. Facendo respiri profondi, tentava di auto convincersi che i rumori metallici, le urla e gli sgozzamenti la fuori, fossero solamente frutto della sua immaginazione.
“Coraggio, bambina. Tenta di metterti a letto. Non credo che la battaglia proseguirà con il buio” cercò di rincuorarla Johanna.          Anche la balia aveva gli occhi lucidi, solo al rumore della guerra. Le due tentavano di farsi forza a vicenda.
Aiutata dalla donna, la principessa si mise a letto, abbracciando il cuscino come quando era piccola. Soffocò un singhiozzo quando udì un altro urlo. Un altro morto o ferito. Da nemmeno un giorno c’era quella guerra, eppure sperava che finisse dopo qualche minuto. Poi, il sonno prese il sopravvento, facendola cadere in un sonno profondo e privo di sogni.
 

La guerra, come predetto da Johanna alla principessa, si fermò per la notte, ma, nello schieramento dei regnanti, non si dormì. Una riunione di emergenza fu indetta subito dopo. Lì James dimostrò la sua fragilità, ammettendo la paura che aveva avuto quando Snow era caduta da cavallo: se non c’era stata Red, a quest’ora sarebbe potuta essere trafitta dalla lancia di qualche cavaliere.
“Non si può continuare così, Altezza” esclamò  Jiminy Cricket1. “Con la violenza non si arriva a nulla. Dobbiamo imprigionare l’Evil Queen”.
“E come? Credi che non ci abbiamo già pensato?” ribattè Grumpy, borbottando, poi, frasi sconnesse.
L’assemblea si trasformò in una sorta di ‘club dei pensatori’. Non volò una mosca finché, esaltata, Snow non si alzò di scatto in piedi. “Ho capito!”. Si guardò intorno, vedendo molti visi incuriositi. Prese, quindi, a spiegare. “Regina, alla fin fine, è un essere con magia, giusto? Bene. Quale altra persona piena di magia conosciamo?”
“Blue Fairy” esclamò Geppetto2. “O anche le fate in generale”.
“Nomi giusti, ma non esatti. Pensate a qualcuno di oscuro...”.
“Maleficent, Cruella, la Red Queen a Wonderland” elencò Happy, contando sulle dite grassocce. “Poi ci sarebbero anche...”
“Lei non intende dei cattivi con magia oscura comuni” disse James, fissando compiaciuto la moglie. “Bensì l’Oscuro!”
“Rumpelstiltskin” urlò Red, battendo le mani. “Sì, giusto. È vero... Ma... Dove si trova?”.
“Nelle segrete, ovviamente”. Snow sorrise, esclamando al risposta. Senza aspettare che nessuno le dicesse qualcosa, o le ponesse altre domande, si alzò, avviandosi verso le prigioni. James e Grumpy la seguirono, rincorrendola per i corridoi. Ogni qualvolta loro domandassero se ne era sicura o cose simili, lei annuiva, sorridendo. Arrivarono quindi alle segrete del castello, dove, nella cella più remota e più intrisa di magia, stava Rumpelstiltskin, il Dark One. I tre lo fissarono attraverso le sbarre, tentennanti e, nuovamente, la regina fu la prima che si portò avanti. “Rumpelstiltskin, siamo venuti qua per porti una domanda”.
“Come al solito” esclamò, con voce trillante, il mago. Rise maliziosamente, mentre si attaccava, come un polipo, alle sbarre. “Dunque, ditemi di cosa avete bisogno. Volete... conoscere lo spasimante di vostra figlia?”.
“Vogliamo un modo per salvare il regno” esclamò James, affiancando la moglie.
“Salvare il regno? Da chi è attaccato? Oh, capisco. Dalla Evil Queen”. Il Dark One sghignazzò ancora. “Beh, siete fortunati. Posso aiutarvi. Ma...”
“...la magia ha sempre un prezzo. Lo sappiamo”. Snow abbassò lo sguardo. “Che cosa vuoi stavolta?”
“Oh, uh, una sciocchezzuola. Voglio il mio arcolaio”.
I tre sgranarono gli occhi. “L-l’arcolaio?” balbettarono.
“Esatto. Vedete... filare mi distende i nervi. E, vista la battaglia che continua di sopra, avrò bisogno di rilassarmi”. Rumpelstiltskin tese la mano dorata e squamosa fuori dalle sbarre, indirizzata verso Charming. “Abbiamo un accordo?”.
James valutò se era il caso  di stringere quel patto. Ricordò a se stesso che la smania di conquista di Regna aveva messo in pericolo il reame e la sua famiglia. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerli al sicuro. Afferrò la mano del mago. “Va bene. Abbiamo un patto. Ora, come fermiamo Regina?”
“Iniziate con l’andare in camera di vostra figlia a fermare quella strega” ridacchiò Rumpelstiltskin. “A meno che non vogliate un animale come futuro regnante”. Snow sbiancò, si girò iniziando a correre verso la camera di Emma, seguita dal marito e la voce del mago che, da lontano urlava “E il mio arcolaio?”.

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“Assomiglia tanto a suo padre. Ma credo sia molto più coraggiosa di lui”. Regina sfiorò con due dita il volto delicato di Emma, la quale dormiva, placidamente. “Ha una bellezza simile a quella di sua madre. È quasi un peccato farla fuori. Quasi”. L’Evil Queen fece due passi indietro, aprendo le braccia e iniziando ad incanalare magia. Un forte vento iniziò ad alzarsi, nuvole scure turbinarono sopra la torre dove la principessa dormiva e due fulmini tuonarono, facendo svegliare la ragazza.
“Cosa...?” balbettò, rizzandosi a sedere. Si guardò attorno, vedendo Regina di fianco a lei, con il braccio destro aperte, come se dovesse spiccare il volo.
“Ben svegliata, mia cara” esclamò Regina, continuando ad incanalare magia verso le sue mani.
“L’Evil Queen!”. Emma scattò in piedi, andando ad attaccarsi contro il muro. “C-cosa vuoi da me?”.
“Oh, mia dolce principessa, non è forse ovvio? Voglio distruggere la felicità dei tuoi genitori... e magari prendermi anche il regno”. La risata sinistra della donna fece tentennare la principessa, che, dopo un attimo di spavento, decise di provare a reagire: afferrò un candelabro e iniziò a correre verso la strega. Ma quella, usando la magia che aveva nella mano sinistra, la fece volare e sbattere contro il muro. Emma gemette di dolore, all’urto della testa e della schiena, accasciandosi al suolo. “Oh, andiamo. Tutto qui quello che sai fare?”.
“Regina, fermati!” urlò qualcun altro,  aprendo la porta.
Emma non riuscì a non sorridere leggermente, sebbene il dolore era talmente forte, che non riusciva a rialzarsi in piedi. “Madre” sussurrò.
“Lascia in pace nostra figlia, strega” replicò James, sfilando la spada.
“E perché dovrei? È il primo passo per la mia vendetta”. Improvvisamente il tetto volò via, lasciando la stanza alla luce della luna e al turbine di nuvole violacee. “È il momento. Dite addio a vostra figlia, adesso. E, più tardi, ditelo al vostro regno”.
Emma, ancora dolorante per terra, riuscì a cogliere solo Regina che puntava la mano destra contro di lei, mentre rideva, e le urla dei suoi genitori, mentre tentavano di avanzare, fermati dal forte vento che era calato. Alzò gli occhi al cielo, dove nuvole e fulmini sembravano giocare tra di loro in un tenebroso e maligno intrattenimento. Un secondo dopo quell’armonia inquietante l’avvolse, facendo scomparire la sua figura alla vista dei genitori.
“No! Emma!” urlarono i regnanti, tentando ancora di avanzare.
“È inutile che ci proviate... Ormai non c’è nulla da fare” urlò Regina, ridendo. Iniziò, poi, a pronunciare le parole dell’incantesimo, che avrebbe scagliato sulla ragazza. “Durante il giorno, la fanciulla sembianze umane non avrà, ma quando la Luna poggerà la sua luce sulle acque d’oceano, tornerà alle sue sembianze. L’incantesimo mai si estinguerà, se non dall’amore che arriva al sacrificio, da parte di qualcuno che amare non sa più”.
Il turbine viola con striature di fulmini continuava a girare vorticosamente attorno alla principessa, che emetteva urli strozzati e pieni di paura. Ma, dopo qualche istante, l’urlo cambiò: non più parole, ma versi. Sembrava che ci fossero degli uccelli nella stanza. Infine, così come l’attacco magico era iniziato, così era finito: il turbine scomparso, il cielo tornato sereno. L’abito di Emma era steso per terra, senza un corpo da coprire, riparare dal freddo.
“Hai ucciso mia figlia! Lurida strega!”. Charming urlò quelle parole, partendo all’attacco della Evil Queen, ma quella si spostò all’ultimo istante, scomparendo.
“Sciocco contadino. Non l’ho uccisa. Ho fatto molto di peggio! L’ho imprigionata!”. Regina comparve alle spalle di Snow, che fissava, con occhi vitrei, la veste di sua figlia.
Il vestito si mosse, facendo correre Snow verso quella piccola nuvola di tessuto rosa. “Emma” sussurrò, togliendo tutti gli strati di tessuto che la separavano da qualunque cosa ci fosse sotto di essi. Quando tolse l’ultimo strato, non poté non scoppiare in lacrime. “No...” sussurrò. “La mia bambina”.
La magia di Regina aveva trasformato la giovane in un animale, un uccello. Nel maestoso cigno reale. L’animale si guardò attorno spaventato, mentre la madre gli accarezzava il dorso piumato.
“Snow, allontanati!” ordinò Charming, mentre l’Evil Queen scompariva, tornando al suo castello, in un nuovo turbine violaceo. Vedendo che sua moglie non gli rispondeva, la prese per un braccio, tirandola via dal maestoso e meraviglioso animale, ignorando le richieste di lasciarla stare acconto al cigno.
“No! No! Lasciami con Emma! Lasciamo con lei!” urlava Snowhite, tentando di tornare dalla figlia.
“Quella non è Emma!”.
Il cigno guardò il padre, con estrema tristezza. La luna gli illuminò la testa, mostrando le straordinarie iridi verdi che aveva conservato. James comprese che era vero: quel cigno era sua figlia, la sua Emma. Perché pensava che Regina avesse fatto uno scambio. Ma prima che il re potesse lasciare la moglie e raggiungere l’uccello, Emma si era voltata e aveva già spiccato il volo.    








PICCOLE NOTE:
1)         Jiminy Cricket
: Grillo Parlante in inglese. Uso i nomi “fiabeschi” in inglese, quindi mi sembrava doveroso continuare per questa strada con tutti
2)         Geppetto: questione differente è per il caro Geppetto, in quanto è chiamato così (a quanto pare) sia nella versione inglese che in quella italiana.
 
SPAZIO AUTRICE: Vi presento il nuovo indice della pazzia di Cissy! Viste le mie congetture sulla serie ( con la teoria del figlio di Maleficent nato dall’uovo ho vinto 3 euro, eh!) ho “concepito” questa... cosa?Si credo sia una “cosa”.
Riassunto breve di come è stata concepita? Nel periodo pasquale, tra la stesura di un capitolo su una fanfic di Harry Potter, la visione di qualche serie tv e la lettura di qualche altra storia, mi sono “imbattuta” nel film “Il Cigno Nero”, in inglese “Black Swan”, basato sul balletto russo di Čajkovskij. E io cosa faccio, dopo essermi vista il film (dove c’è anche la nostra cara Barbara Hershey, alias Cora)? Mi guardo il balletto! E fin qui poco male, no?
Beh, il “problema” è quando dico “Rothbart assomiglia a Regina con tutto quel nero”. E boom! Il lampo di pazzia sopraggiunse. Presi carta e penna, iniziati a buttare giù una piccola trama, con sottofondo la musica del balletto (come se non avessi un’altra moltitudine di storie da finire!). Poi tutto è venuto da se: la divisione della storia in atti seguendo l’opera, qualche modifica o sulla trama del balletto (onceuopnizzandola) oppure di once stesso.
Basta parlare di questa genesi strampalata (anche perché dovrei parlare delle congetture che mi ero fatta pensando che Emma fosse Odette D: ).
Spero che il capitolo vi piaccia e che vi possa far interessare per i capitoli a venire e, magari, al balletto vero e proprio. Comprendo anche che, come prologo, è molto lungo, ma ci tenevo a spiegarvi approfonditamente come Emma si sia trasformata in cigno. Anyway, se i capitoli in se saranno lunghi. Quindi, vi ho avvisato ;) Inoltre ho pensato che fosse carina come cosa allegare le melodie del balletto nel momento "allegate" (come avete potuto notare nel passo della trasformazione di Emma), anche se non sono sicura che si riuscirà a leggere con tanto di sottofondo. 
Aggiornerò ogni ogni settimana, il Mercoledì, ma i capitoli sono tutti pronti!
Alla prossima settimana, baci, Cissy.
 
PS: Chiedo umilmente scusa per la scena della battaglia tra i Charmings e Regina: quando si tratta di descrivere uno scontro, non so mai come fare :/

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Capitolo 2
*** Atto 01 ***


ATTO 1

IL CAPITANO

 
Le città e i villaggi dell’Enchanted Forest non erano stati toccati dalla furia della battaglia. O almeno: le strutture. La popolazione si era leggermente abbassata come densità, ma non di molto. Per le persone sopravvissute, la speranza batteva ancora. Non si viveva alla giornata, continuando a fare progetti per il futuro e le settimane a venire.
Ma, come ogni luogo del regno che si potesse rispettare, i pettegolezzi erano noti: la disavventura della dolce principessa, erede al trono, ormai era sulla bocca di tutti. Snowhite e James avevano tentato di metterle a tacere; anche Johanna, dopo aver ripreso lucidità dopo il racconto della padrona, quando giungeva al porto, negava ogni cosa, dicendo bugie su bugie, per tentare di non far peggiorare la cosa. E, con il passare dei giorni, delle settimane e anche dei mesi, non si parlò più di incantesimi, iniziando a credere che la principessa fosse al sicuro nel palazzo. Solo gravemente malata.
La regina detestava raccontare falsità al popolo. Tuttavia, quelle erano circostanze che necessitavano di qualche ‘bugia bianca’ come ripeteva a se stessa. Ma l’auto-convincimento non era l’unica cosa che faceva. Aveva anche un regno da guidare, ma la cosa era passata in secondo piano. Non con Emma, tramutata in cigno, in giro. Non con Regina a piede libero, nel suo regno oscuro, gioiosa di ciò che aveva fatto. L’estenuante ricerca della figlia era diventato il chiodo fisso di Snow: non passava giorno che non facesse quella routine. Alzarsi all’alba, vestirsi con gli abiti di quando era una fuggitiva, armata di arco e frecce, cercare fino a tarda sera la figlia e tornare, sconsolata al castello. Ed ogni notte piangeva, come solo una madre che aveva visto, con i suoi occhi, la metamorfosi da umana ad animale della figlia, poteva fare.
James era preoccupato dello stato di salute della moglie. Stava perdendo peso velocemente, divenendo pallida e sciupata. Dopo che Snow aveva lasciato che il sonno prendesse il posto delle lacrime, il re si affacciava al balcone, guardando il firmamento del cielo, sperando che, prima o poi, la principessa fosse tornata a casa. Solo la speranza che Emma fosse viva li faceva andare avanti, ogni giorno. Ma, anche se non bisogna abbandonarla, la speranza stava via via svanendo, lasciando i reali nello sconforto più totale.
 
Da qualche giorno al porto, stavano attraccate delle navi. La maggior parte di essere erano da carico, portatrici di beni indispensabili al commercio. Venivano da luoghi lontani, alcune da Arendelle, altre da Agrabah, altre ancora dalle Isole Occidentali. Non era inconsueto vederle, ma c’era qualcosa di nuovo nell’aria. O meglio, tra le navi.
Non sembrava un vascello maledetto, o altro. Sembrava che anch’esso provenisse da qualche regno. Tuttavia, non tutto è come sembra. E qualche marinaio, aveva compreso già chi fosse arrivato.
La nave, di legno scuro bordato giallo e bianco, era conosciuta a tutti con il nuovo nome, che da secoli oramai, portava. Si narravano leggende su quel vascello, che era stato rubato dal capostipite di una famiglia di tenenti, il quale si era rifiutato di eseguire gli ordini del suo re. Regnante che si era rivelato corrotto, bugiardo e privo di scrupoli. E, dal momento della presa di possesso, esso era stato capitanato sempre da una persona di quella famiglia.
Ma ancora più appassionanti erano le storie dei viaggi di quella nave. Aveva toccato tutte le coste di tutti i mondi conosciuti: Wonderland, Neverland. I ragazzi ne erano affascinati, tanto che, quando capitava che la Jolly Roger, questo era il nome della nave pirata, si fermava al porto, a frotte si precipitavano per chiedere al capitano di prenderli anche solo come mozzi. Ma non solo i maschi si recavano alla nave. Le ragazze erano estremamente interessate all’aspetto del capitano e, per le più fortunate, avevano l’onore di salire a bordo per ‘conoscere’ meglio il condottiero.
“È bellissimo”
 “Non avete idea di quanto sia affascinante”
“Non potete capire quanto è bravo!”
“Fa certi lavori...”
Le anziane donne erano scandalizzate a sentir quelle parole, tanto da rimproverare il bell’imbusto quando lo vedevano passare.
Ma lui, con la sua ironia malandrina e saccenza, rispondeva sempre “Vorresti essere al loro posto, dolcezza?”, per poi andarsene.
La sua fama lo precedeva, così come le chiacchiere sulla sua bellezza, le quali lo facevano diventare ancora più narcisista di quello che era agli inizi. Perché tutti, alla Enchanted Forest, conoscevano Killian Jones.
 
“Avanti ragazzi! Dobbiamo fare in fretta, prima che il capitano ritorni”. L’ometto tondo si spostava da una parte all’altra della nave, dando ordini a chiunque gli capitasse a tiro. “William, nascondi quelle bottiglie di rhum, e fatti aiutare da James a sistemare quel tavolo! E ricordate la torta. Ehi, Josh, hai messo la tua parte di denaro per il regalo? Come no? Corri a prendere 5 galeoni! Muoviti”. Il nostromo si tolse il berretto di lana dalla testa, usandolo come fazzoletto per asciugarsi il sudore dalla fronte.
Un ragazzo gli si avvicinò, con una scatola di legno chiusa. “Avanti, Smee. Non essere così irascibile. Killian sarà ancora a dormire con la sua conquista di stanotte” esclamò lui, sghignazzando.
“Ti sbagli, Jim. Stamattina all’alba, mentre pulivo il ponte, ho visto la signorina scappare in lacrime. Credo che le abbia spezzato il cuore” replicò Josh, lanciando un sacchetto di monete sonanti a Smee. “Tieni. Mi aspetto un trattamento simile anche per il mio, di compleanno”.
“Ma tu non sei il più giovane capitano che la Jolly Roger abbia avuto. Insomma... Ha 25 anni e tiene il comando da quanto... 5 anni?”.
“Sono 7, branco di idioti. Non ricordate nemmeno quando sono salito al comando?”. La voce sopraggiunse dalle spalle dei tre, i quali sobbalzarono all’udirla. Si voltarono, pronti alla ramanzina del capitano. “Allora, cosa dite per pararvi il culo?”. Jim avanzò, grattandosi la nuca. “Oh, Hawkins...  Vediamo se il mio timoniere in seconda appena promosso di ruolo, può dirmi qualcosa che ripari all’ignoranza...”.
“Ehm... Buon Compleanno, capitano Jones”.
Killian sorrise, alzando gli occhi al cielo. Aveva sempre adorato quel ragazzo, fin da quando, dieci anni prima, lo avevano recuperato dal mare in fin di vita, dopo che la nave su cui era imbarcato con la famiglia per andare a vivere a Montressor, un regno minerario vicino ad Agrabah, era naufragata. “Ti salvi solo perché oggi mi sento più vecchio del solito, Jim. Ora sparite dalla mia vista fino all’ora di pranzo. Fecero come detto. Tutti tranne Smee.
“Smee, non hai capito ciò che ho appena detto?”.
L’ometto prese nuovamente il cappello di lana, asciugandosi le perle d’acqua sulla fronte. “Capitano.. ehm.. dovrei..”.
“Dritto al punto, Smee. Non ho tempo da perdere”.
“Beh.. sa che nella sua famiglia vigeva-e vige tutt’ora in lei- una tradizione”.
“Non vorrai fare la mammina, dicendomi che devo accasarmi?”. Jones alzò un sopracciglio, appoggiandosi con gli avambracci al parapetto. “Sarò io a decidere con chi e quando.. sposarmi. Ho i brividi solo a pensarci”.
 “Capitano, non dico che si deve sposare.. ma solo avere un figlio. Tra tutte le donne che porta ogni sera sulla nave, ce ne sarà una che è stata.. come dire... fregata?”.
“Sicuramente una ce ne sarà” disse, alzando il volto verso il cielo limpido e azzurro. Prima che il nostromo potesse dire qualcos’altro, Killian continuò. “Ma sono e resto, comunque, un uomo d’onore. E un uomo d’onore non strappa i figli dalla madre, per farne un pirata”.
“Se le cose stanno così, perché...”.
“Quante volte devo spiegartelo, Smee?” sbuffò irritato il capitano. “Per Jim è una cosa diversa. Mio fratello lo aveva preso perché era rimasto orfano, ma non l’ha adottato. Se io dovessi morire prima che abbia un figlio, però, le richieste di Liam sono chiare. La Jolly Roger passerebbe a lui. E, francamente, è meglio così”. Tornò a guardare l’ometto con uno sguardo truce. “Quindi, a parer mio, sarebbe meglio che dicessi di trovare moglie a lui. Non a me”. Detto quello, scese gli scalini di legno che separava l’area del timone dal ponte centrale. Poi, con le mani in tasca iniziò a scendere la passerella che lo avrebbe condotto al porto.
“Capitano, dove sta andando?” chiese Smee, apprensivo.
“Primo, sono cavoli miei. Secondo, non hai del lavoro da fare? Terzo...” Un sorriso malizioso gli si dipinse quando una ragazza passò li davanti a lui, voltando leggermente la testa, in modo da fargli l’occhiolino. “...è il mio compleanno. Dovrò pure festeggiare”.
 
“Quindi ha combattuto contro gli orchi?” domandò, civettuola, la ragazza, appoggiandosi al tavolo di legno con i gomiti. “È stato un atto tanto eroico”.
“Oh, si.. Eroico. Ma vedi, dolcezza, l’eroismo non fa parte di me. È risaputo che sono solo un povero pirata”. Jones tracciava con un dito il contorno superiore del boccale da dove stava bevendo una birra. Aveva agguantato la ragazza prima che quella potesse scomparire tra la folla, convincendola, con poche lusinghe, a bere qualcosa con lui. Guardandola per bene, non era nemmeno messa male: il viso non era perfetto, ma possedeva una bellezza rustica che a Killian non dispiaceva. Sogghignò a quel pensiero: a dire il vero, a lui parevano tutte belle, se tra le gambe avevano la cosa a cui lui aspirava.
“Povero pirata? Non prendermi in giro! Qui nella Enchanted Forest conosciamo tutti le vostre scorribande e tutti i bottini che avete trafugato negli anni passati. E anche i tesori conquistati dai vostri predecessori”.
Jones sorrise, fissando la ragazza negli occhi scuri. “Dolcezza, non ho ancora afferrato il tuo nome. Spero tu possa perdonarmi se ti chiedo di...”.
“Mi chiamo Milah” replicò, sporgendo maggiormente il busto in avanti, mostrando le forme abbondanti che possedeva. “Strano che tu non l’abbia memorizzato. Può essere un nome che incute timore. E i pirati, mi avevano detto, hanno una buona memoria”.
Killian si sporse maggiormente verso di lei, accarezzandole il mento con un dito. “Penso che ci sono pirati e pirati. I pirati che ricordano nomi... e pirati che, come me, ricordando  volti e certe prestazioni”. Ritirò indietro il dito, alzandosi in piedi. “Ora sta a te decidere: vuoi scomparire dai miei ricordi... oppure vuoi rimanere immagazzinata nella mia mente”.
La ragazza, sorrise, alzandosi, con fare seducente. Camminò intorno al tavolo, afferrando il colletto della giacca di pelle del capitano. La tirò verso il basso, facendolo abbassare. “Oh, mio caro Jones. Non ha idea in che guaio si è cacciato” gli disse, all’orecchio.
Oramai le idee che Killian aveva, stavano prendendo forma. “Saranno guai a cui mi piace cacciarmi”. Prese la ragazza per un braccio, conducendola al piano superiore, per fare ciò che amava di più... dopo se stesso.
 
 “Non credevo fosse possibile, ma a quanto pare le voci delle tue abilità erano fondate”. Avvolta dal lenzuolo, Milah era ancora distesa nel letto, contemplando, con un grosso sorriso sulle labbra, il capitano della Jolly Roger, mentre si rivestiva.
“Lo so... Me lo dicono tutte. Ma, come dico sempre, finché non si prova, non si può giudicare il sottoscritto” esclamò il pirata, mentre si rivestiva. Avevano passato buona parte del primo pomeriggio a rotolarsi tra le lenzuola di lino, in attività che il capitano considerava ‘estremamente piacevoli’. Ovviamente, dalle facce inebriate da post-sesso che entrambi avevano, tutti e due erano stati soddisfati.
 “Mmmh, devi proprio andare? Qui è così comodo e.. potremmo fare un secondo round” propose la ragazza, giocherellando con un lembo del tessuto. .
“Proposta allettante, dolcezza. Ma non do secondi round a nessuno” disse lui, allacciandosi il panciotto. Si voltò verso la ragazza, che ancora si rigirava, intorpidita, nel letto. “E comunque, devo andare” .
“Cosa ci sarà mai in una vecchia barca che può interessarti tanto?”.
Vecchia barca?, pensò Killian, allacciandosi la cintura con la spada. Senti un po’ che sfrontataggine.
“Si, insomma. Preferisci qualche asse di legno e qualche tela a... questo?”. La ragazza indicò con la mano il suo corpo, strategicamente coperto solo all’altezza del seno e del basso ventre.
Il capitano stava tentando di mantenere la calma: non gli piaceva quando la gente, soprattutto la gente frivola, come Milah si stava dimostrando, parlava male della sua nave. Quella era l’unica cosa che c’era veramente stata nella sua vita. L’unico lascito da parte di suo fratello, di suo padre, di suo nonno e di tutti i suoi antenati, partendo da Frederick Jones, colui che aveva preso possesso della nave.
“O.. e rispondi quando parlo!” si lamentò ancora una volta lei.
L’uomo non ci vide più. Si voltò velocemente, prese con una mano entrambi i polsi di Milah e li portò sopra la testa di lei, fermandoli contro il ruvido materasso. Gli occhi azzurri di lui lampeggiarono di rabbia, facendo incutere un po’ di terrore alla ragazza. “Ora stammi bene a sentire, signorinella. Anche perché non parlerò una seconda volta” iniziò, stringendo maggiormente la presa sui polsi. “Per andare d’accordo con me, ci sono delle regole da seguire. E tu, attualmente, ne hai appena sbagliate due. Siccome sei giovane e ingenua, credo che mi toccherà elencarti le otto regole d’oro. Regola uno: non si è tenuti a fare troppe domande. Regola due: non bisogna farmi perdere la pazienza. Regola tre: non si chiama ‘barca’ la Jolly Roger. Regola quattro: non si dice che la mia nave sia un ammasso di legno e tela. Regola cinque: non si parla se non si è interrogati”.
“Queste regole sono stupid...”.
“REGOLA SEI: NON MI SI INTERROMPE O NON SI PARLA SE NON INTERPELLATI” urlò, facendo chiudere gli occhi a Milah. “Regola sette: non vado a letto con le frivole”. Mollò la presa, e fece per andarsene, oltrepassando la porta.
La ragazza si alzò sui gomiti, fissando incavolata il pirata. “Ehi, pezzo di merda! Qual è l’ottava regola?”.
Killian si voltò, fissandola male. “Semplice. Non si ruba il mio rhum”. Poi se ne andò, lasciando quella che, per lui, era l’ennesima conquista, con il cuore spezzato.
 
“Jim! Sai dove si è cacciato il capitano?” urlò Smee, dal ponte di superiore, mentre lucidava la ruota del timone. “È da stamattina che non lo vedo!”.
“Andiamo, Smee. Non lo hai sentito? Aveva detto che andava a festeggiare... e probabilmente con la bella tipa che è passata davanti a noi”. Hawkins rise sotto i baffi. “Anche se, secondo me, è scappato per evitare i tuoi discorsi da mammina!”.
“Io.. Io non faccio discorsi da mammina”.
“Oh, ti prego, Smee. Ti abbiamo sentito stamattina, quando dicevi al capitano che deve accasarsi, per fare l’erede che, un giorno, guiderà questo vascello per tutti i mari del regno!” esclamò Will.
“E io ho sentito anche che, il discorsetto, dovresti farlo al caro James Pleiades Hawkins!” concluse Josh, scompigliando i capelli castani del ragazzo.
“Per favore. Primo, non ho intenzione di prendere questa nave in eredità da Killian. Secondo, non mi sposerò solo per avere dei figli. Terzo.. NON SO NEMMENO SE MI SPOSERO’!”.
“Ve lo immaginate il piccolo Jimmy che mette su famiglia sulla nave?”. Will strizzò le guance del ragazzo, facendogli sporgere le labbra. “La famigliola Hawkins. Che visione adorabile!”.
Tutti scoppiarono a ridere, eccezion fatta per il ragazzo. Si liberò con una spinta dal compagno, andando a rifugiarsi nel suo logo preferito: il pennone di gran velaccio.
“Oh, andiamo Jim! Stiamo scherzando” urlò Josh.
Nessuno si era accorto che Killian era tornato, e aveva assistito alla scena. Prima di raggiungere il ragazzo, andò dal trio di imbecilli, che ancora urlavano le loro scuse. “Lo sapete che siete un branco di idioti, vero?” domandò, fissandoli uno per uno. “Dovreste averlo conosciuto. Il tasto famiglia, per lui, è un tasto dolente. Volete ricordarvi o no che i suoi genitori sono morti in un naufragio? Naufragio dove lui è sopravvissuto!”.
“Ma noi non volevamo fargli un dispetto. È solo...” tentò di giustificarsi Josh, fissando un’asse del ponte.
“Volevate, volevate, volevate. Volevate un corno. Prendere in giro il più piccolo? Ma che razza di uomini siete? Ora sparite dalla mia vista... di nuovo! Tu no, Smee!”. Will e il compare si dileguarono, mentre il nostromo attendeva la nuova ramanzina. “Cosa ti faceva pensare che Will voglia fare come tu hai detto prima a me e poi a lui?”.
“Io mi preoccupo solo per il futuro della Jolly Roger, capitano” farfugliò l’ometto, togliendosi il berretto dalla testa, e rigirandoselo dalle mani.
“Beh, non è affar tuo, mio caro. Quindi, pensa ai tuoi compiti. O ti ritroverai a pelar patate in cucina prima che tu possa dire ‘sestante’. Abbastanza chiaro? ”.
“Signorsì, capitano”.
“Bene. Allora fallo. Partiremo domani mattina. Voglio lasciare questa terra di contentezza assoluta”. Killian, si voltò, guardando verso l’albero maestro. Sul pennone, si vedeva la figura del giovane, intento a fissare la prua e l’orizzonte. Il capitano sospirò, consapevole che, per chiacchierare con Jim, si sarebbe dovuto arrampicare.  
 
“Dovresti iniziare a pensare di cambiare posto per rimanere solo” borbottò Jones, sedendosi sul pennone, accanto al ragazzo. “Almeno riesco a raggiungerti più velocemente e senza fare molta fatica”. Jim non prestò attenzione all’uomo di fianco a lui, limitandosi ad alzare le spalle. Killian sbuffò alzando gli occhi la cielo. Dopo qualche istante abbassò gli occhi, fissando, con la coda dell’occhio, il timoniere in seconda. Egli fissava, con occhi vitrei, l’orizzonte, il quale si stava dipingendo di arancio, giallo e scarlatto. “Jim, non puoi continuare a fare così, ogni volta che nominiamo la parole ‘famiglia’. Non ti fa bene rinchiuderti in te stesso”.
“Allora evitate di parlarne” sbuffò il ragazzo, continuando a guardare dritto davanti a se.
“Solo perché al signor Hawkins non vuole ricordarsi che la sua famiglia è morta in un naufragio, dove, ringraziando Ursula, lui è rimasto vivo, non mi sembra un  pretesto. E guardami quando ti parlo, cavolo!”.
Diede una leggere tozza al ragazzo, che si voltò, massaggiandosi la nuca. “Cosa vuoi che ti dica, Killian? Che mi sento in colpa? Che, anche se avevo 7 anni, mi sono sentito responsabile della morta di mia madre e della bambina che portava in grembo? Che mi sono sentito responsabile del fatto che non ho mantenuto la promessa fatta a mio padre, quando era andato ad aiutare a mettere in salvo delle persona, durante quel naufragio?” chiese, alzando sempre di più la voce. “Beh, si! Mi sento in colpa. Perché quella notte ho perso la mia famiglia. Quella notte sono rimasto solo al  mondo. E sarei morto anche io, se tuo fratello non mi avesse salvato! E, guarda, penso che era meglio se non mi lanciavate quella corda”.  Jim era esploso, urlando parole che, da anni, aveva racchiuso dentro di se. Killian lo aveva sempre saputo che, nella sua mente di ragazzo solo al mondo, si riteneva responsabile della morte dei suoi genitori. La stessa cosa era successa nei confronti di Liam, suo fratello.
“Jim, ti ricordi quando morì Liam?” domandò il capitano, fissando un punto lontano, oltre l’orizzonte. Il ragazzo annuì, fissandolo. “Allora ricorderai anche cosa ho fatto, prima di accettare del tutto il ruolo di capitano”.
“Stavi chiuso nella sua cabina, a fissare la sua branda, con il suo sestante in mano. Rivivevi gli ultimi momenti in cui l’hai visto vivo, e anche quando morì tra le te braccia. Ma... li non era colpa tua!”.
“E invece si. Dovevo continuare a persuaderlo a non toccare quella pianta a Neverland. Ma alla fine ho ceduto, facendogli fare di testa sua. Quando è morto non sono riuscito nemmeno a prendere il suo corpo per fargli l’ultimo saluto. E ti ricordi chi mi ha aiutato ad uscirne?”.
Hawkins sorrise mestamente. “Io”.
“Esattamente. Mi hai detto che se mio fratello era stato un coglione a non darmi retta, erano solo affari suoi. Non doveva morire, certo, ma lo avevo avvertito”. Il giovane capitano si voltò, fissando l’amico. “Fu in quel momento che compresi che, dopotutto, non era colpa mia. E che non ero solo al mondo. Perché avevo un famiglia, qui, sulla Jolly Roger. E un ragazzino pestifero a cui badare!”.
“Avevo 10 anni quando diventasti capitano, Killian. Non credo che avessi quel linguaggio così colorito”.
Jones iniziò a ridere di gusto. “Ah no? Guarda che dopo tre giorni su questa nave, parlavi peggio di un lupo di mare!”. Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata, che si disperse leggermente, facendo tornare un silenzio che, se si potesse pesare, risulterebbe leggero. “Sai perché ti ho ricordato quel giorno? Per farti capire che tu avrai perso anche una famiglia, ma ne hai trovata un’altra qui, sulla Jolly Roger. Anche se non sembra, ognuno di quegli idioti farebbe qualsiasi cosa perché tu stia bene e felice. Poi ti considero mio fratello, Jim. L’ho sempre fatto, dal primo momento in cui mi chiedesti di costruire quella dannata nave in miniatura il secondo giorno”.
“Quella nave in bottiglia che custodisci sul tavolo nella tua cabina? Quella che lucidi ogni sera prima di andare al pub a rimorchiare?” lo cantilenò il ragazzo.
“E questo come l’hai sap... ehm... chi ti ha detto questa menzogna?”.
“Ah-ah! Killian Jones, giovane capitano pirata senza un cuore da donare a povere donzelle innamorate di lui, preferisce una nave fatta quando aveva 15 anni!”.
“Hawkins, smettila. O ti faccio mangiare dagli squali. Ora, andiamo a vedere che hanno combinato quei citrulli, come cena per il mio compleanno”.
 
“Per Poseidone! Ma... chi è che ha bruciato qualcosa?” tuonò Killian, scendendo sotto coperta. La puzza di fumo si sentiva dalla porta che portava alle cabine, ma non ci aveva fatto troppo caso. Ma, man mano che si avvicinava alla minuscola saletta da pranzo di cui il vascello era provvista, l’odore pungente aumentava sempre di più, costringendo lui e Jim a riparare il naso con dei fazzoletti di tessuto.
Dalla cucina, un William Smee, con il berretto calato sulla fronte, tentava di mandare via il fumo con un canovaccio. “Ehm... mi perdoni, capitano. Ma l’anatra che avevamo pensato di cucinare è.. beh.. lo vede anche lei”. Il nostromo mostrò la teglia di ferrò con il povero pasto ricoperto da una crosta nera come il carbone.
“Smee... Devo farti le mie scuse. Avevo detto bruciato?”
“Ehm... Si, capitano”.
“Mi rimangio tutto” sospirò l’uomo, coprendosi gli occhi con una mano. Quando la tolse, qualche istante dopo, i suoi occhi azzurri lampeggiavano di ira. “LO HAI CARBONIZZATO!”.
“Spero però che il regalo le piaccia!” intervenne Will, mostrando una scatola, avvolta in un pezzo di tela. “Ci siamo messi d’impegno per trovarlo!”
“E anche tanti soldi” piagnucolò Josh, messo in un angolo, a pelare delle verdure.
Killian soffocò una risata, mentre toglieva la tela e apriva la scatola. Quando vide ciò che era all’interno, strabuzzò gli occhi. Alzò lo sguardo, facendolo posare su ogni presente nella stanza. “Chi è stato a sceglierlo?” domandò, prendendo in mano il sestante nuovo di zecca. Lo accarezzò con l’altra mano, facendo cadere la ‘carta’ e la scatola. “È identico a quello che avevo perso ad Arendelle”.
“Ho girato tutto il porto, capitano. L’ho trovato in un negozio a due passi da qui e...” iniziò il nostromo, esaltato dalla vista adorante di Killian verso il sestante.
“Ok, Smee. Non voglio che mi racconti la tua vita” borbottò il capitano, fissando ancora il sestante. “Vi ringrazio, signori. Per una volta avete fatto una cosa buona, senza che io vi dicessi qualcosa. Ma ora mi domando una cosa... che si mangia?”.
“Ho sentito dire da qualche signora, che qui, nell’Enchanted Forest, ci sono degli uccelli deliziosi... degni di re e regine” esclamò il mozzo all’angolo, lanciando in aria il coltello con cui stava pelando una carota. “Insomma, visto che è il compleanno del capitano, potremmo cucinarne uno!”.
“Ma di che animale stai parlando, Christ?” domandò Will, incuriosito.
“Mai assaggiato un cigno?”.
“Cigni? Si possono mangiare? Sul serio?” chiese Jim. La faccia golosa di Josh e il suo cenno di assenso con la testa, fecero comprendere che si poteva. E, a quanto sembrava, erano anche buoni.
“Va bene, ciurma” esclamò Killian, iniziando a risalire le scale. “Oggi facciamo qualcosa di nuovo. Si va a caccia... di cigni!”.
 
SPAZIO AUTRICE: Secondo capitolo della mia pazzia pasquale!
Ho tentato di seguire abbastanza la trama del primo atto, ma è il punto in cui la trama è molto corta. Come potete aver notato, ho modificato la storia della Jolly Roger e degli antenati di Killian, in modo che possiamo considerarlo il “principe dei pirati” (e riportarlo a Siegfried che è un principe). Ho aggiunto qualche nome alla ciurma del nostro figo capitano, anche perché ho trovato solo Spugna L, e ho preso qualche nome da dei film e altre storie di pirati (Will e Josh sono presi dalla saga di “Pirati dei Caraibi”, usando i nomi di Will Turner e Joshamee Gibbs, mentre Jim è il protagonista de “Il Pianeta del Tesoro”).
Inoltre, anche se l’ho accennata poco, Milah ricoprirà un ruolo decisamente rilevante per la storia (Indovinate chi è il suo alterego del balletto, ehehe), ma  sarà rilevante nel terzo atto. Infine, dato che la trama è incentrata sulla storia tra Killian e Emma, i genitori di lei passano in secondo piano. Per evitare questo, dedicherò, in questo e nei prossimi capitoli, il primo paragrafo ai sovrani dell’Enchanted Forest, per poi partire, dal paragrafo successivo, con la storyline basata sul balletto.
 Ad ogni modo, spero che la storia continui ad appassionarvi.

Alla prossima e, mi raccomando: lasciate un commento!
Baci, Cissy.  
PS: non riesco ad accostare le musiche, questa volta. Perciò, chiedo venia, ma niente melodie :/

 

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Capitolo 3
*** Atto 02 ***


ATTO 2

IL LAGO DEI CIGNI

 
Nessuno aveva pensato che, nel tardo pomeriggio, quando il sole, pigramente, discendeva all’orizzonte, la città iniziava a chiudere i battenti. Le donne, in fretta e furia, prendevano i vestiti stesi sui fili, mentre gli uomini chiudevano le botteghe. Solo i pub rimanevano aperti, ospitando coloro che sfidavano la tetra notte, a cui l’Enchanted Forest era sottoposta.
Poche persone, in quelle ore si avventuravano per le strade. Ancor meno quelle che lo facevano nelle fitte foreste. E chi, se non Snowhite, si addentrava nella Endless Forest? Le forze diminuivano giorno dopo giorno, ma la costante speranza di trovare Emma, la figlia tramutata in cigno, la faceva andare avanti. Con l’aiuto dei sette nani, instancabili e devoti aiutanti, fin da quando era una ragazza in fuga dalle grinfie della Evil Queen, e di Red, perlustrava un’area differente di quella distesa di alberi e cespugli.
“Snow, per oggi facciamo basta” le disse l’altra, dopo essere tornata dalla sua perlustrazione. “Non sarà la fine del mondo se, per una volta, non la cerchiamo fino a tarda sera”.
“Non posso, Red” replicò la regina, mentre saltava giù da una roccia. “Mia figlia è qua, da qualche parte. Devo trovarla!”.
“Ma non puoi continuare così! Sei magra, pallida, sciupata. Non mangi un pasto decente da mesi! Passi 18 ore fuori dal castello. Dormi male...”
“Non c’è bisogno di elencare tutti i sacrifici che sto facendo”. Mentre parlava, la donna mise male il piede, cadendo sul terreno fangoso. La ragazza-lupo accorse immediatamente in soccorso dell’amica. Ma quello che vide, la sconvolse. Snow era seduta, in mezzo al fango, rannicchiata, con le mani che le coprivano il volto. La sua figura era scossa da leggeri tumulti: piangeva. Red non disse nulla, dato che le si stringeva il cuore vedere la sua più cara amica ridotta a quello stato. Si inginocchiò vicino a Snow, passandole una mano su e giù, sulla schiena.
“Snow, non fare così” tentò di rassicurarla. “La troveremo. Vedrai. Devi solo avere fede”.
“Fede in cosa, Red? In cosa?” urlò la regina. Il volto, sporco di terreno, era striato di piccole scie d’acqua, prodotta dalle lacrime. “Sono mesi che non vedo mia figlia. Mesi che la cerco, disperatamente. Mesi che attendo che, anche in forma animale, torni a casa. Non ho sue notizie. Non so nemmeno se è viva! E James non manda nemmeno i suoi cavalieri a cercarla. Sembra quasi che si sia rifiutato di cercarla. E sai cosa mi ha detto, stanotte?”. L’altra scosse la testa, con gli occhi lucidi. “Mi ha proposto di fare un altro figlio. Ha detto che, ormai, Emma se ne andata e non tornerà mai più. Ti rendi conto? Mi ha chiesto di dimenticare la mia bambina. Quando l’ho sposato, non era così egoista. Era buono. Un uomo d’onore”.  La donna scoppiò di nuovo in lacrime.
“È il potere, tesoro. È colpa del potere se James è diventato così”.
“Lo so... Colpa solo di quello. Stupido, viscido potere”. Snow si alzò in piedi, asciugandosi le lacrime con la manica della camicia che indossava. “Ora basta rimpiangere. Ho una figlia da trovare”. Fece due passi, ma, improvvisamente, la regina cadde nuovamente a terra, come morta.
 
“Allora, Josh. Tu che ci hai convinto a dare la caccia ai cigni, sai dove possiamo trovarli?” domandò, con una punta di sarcasmo, Killian, sistemandosi meglio la balestra.
In testa al gruppo, il mozzo stava fissando, concentrato, la mappa della Endless Forest. “Beh, credo che si trovino vicino alle distese d’acqua”.
“È arrivato il signor deduttore!” esclamò Jim, ridendo. Certo, non era stato carino prendere in giro un suo compagno, ma per lui era una piccola rivincita, riguardo le prese in giro di poche ore prima. “Suvvia, Gibbs. Te la prendi per così poco? Dovevi dirmelo che eri così suscettibile”.
“Smettila, marmocchio. Prima che ti butti in mare!”.
“E sentiamo, genio. Come faresti? Siamo nel bel mezzo di un bosco!”. Hawkins aprì le braccia, indicando intorno a se.
“Oh, sta pur certo che...”.
“Ma guardatevi, assomigliate ad un branco di donne con il ciclo” borbottò il capitano, superando il mozzo. “Litigate per delle quisquilie. Ora, se dovete litigare come delle bambinette, siete pregati di tornare alla nave”. Nessuno replicò. “Benissimo. Ora, Josh, dov’è il corso d’acqua o il lago più vicino?”.
Gibbs lanciò un’occhiata che si poteva definire fulminante a Jim, per poi tornare a fissare la mappa. “Qui sulla mappa non è mostrato nulla” esclamò, piegando il pezzo di pergamena.
“Benissimo. Questo conclude la nostra battuta di caccia?” domandò Will, che era stato zitto fino a quel momento.
“Scusate... Se volete posso dirvi io dove si trovano i cigni” disse una voce allegra. Il capitano si guardò intorno, tentando di capire da dove proveniva quel suono. “Ehi! Quaggiù!”. Abbassò lo sguardo, e vide una bambina vicino a lui, che gli sorrideva. “Salve!”.
“Ma che cazz... E tu chi saresti?” domandò, senza poche cerimonie Killian. Non era più abituato a parlare con i bambini. Con Jim era sempre stato diverso: era un ragazzo cresciuto in mare, che a 8 anni conosceva più parolacce di un locandiere in una taverna piena di fuorilegge.
“Mi chiamo Grace” esclamò la bambina. “allora, volete sapere dove si trovano i cigni?”.
“Si! Avanti, diccelo!” urlò Josh, inginocchiandosi per terra, davanti alla bambina, in modo da essere alla sua stessa altezza.
“Mio papà dice che i cigni sono in un lago, al centro esatto della Endless Forest. Li ci sta sempre un cigno bellissimo. Ha gli occhi verdi, e le piume candide e anche dorate, e...”.
“Ok ok. Ho capito. Sai più o meno dove dobbiamo andare per trovarlo? A est? Ovest?” domandò Smee.
Killian non poteva credere ai suoi occhi: quei quattro volevano andare sul serio a caccia di cigni? Se rimanevano sulla Jolly Roger a pescare era meglio.
“Io.. Non lo...” iniziò a dire lei.
“Grace? Dove sei?” chiamò una voce.
La ragazzina si voltò, fissando l’uomo che stava correndo verso di lei. “Sono qui papà! Stavo dando indicazione a questi signori per il Lago dei Cigni!”.
L’uomo, un tizio alto, con degli abiti marroni e un curioso soprabito bordeaux rattoppato, li raggiunse di corsa. Aveva un bizzarro cestino di vimini in mano, e gli occhi erano cerchiati da una linea sottile scura. “Tesoro, lo sai che è solo una storia che si sono inventati  cantastorie per.. vabbè, fa niente”. Si rivolse poi ai cinque pirati, che, nel frattempo, rimanevano incuriositi dal famigerato lago. “Scusatela, è una bambina. Crede alle storie che si dicono in giro” disse, sorridendo. “Io sono Jefferson e questa birbantella è mia figlia Grace. Voi siete?”.
“Persone che non rivedrete più. Ora, se potete scusarci, noi torniamo...” iniziò Killian, superando l’uomo.
“...torniamo al lago. Sa dove si trova?” finì per lui Smee. Incrociò lo sguardo del capitano, il quale lo fulminò.
“Il Lago dei Cigni, papà!”.
“Ah, il lago di Starnberg? È a mezz’ora da qui. Sempre dritto” disse l’uomo, indicando il punto dove proseguire.
“È sicuro che ci siano cigni?” chiese Will, strofinandosi le mani per riscaldarsi.
“Beh. Se lo chiamano lago dei cigni, un motivo ci sarà no?”. Jefferson fece un cenno di saluto agli uomini, prese per mano la figlia, e sparirono in direzione opposta.
“Volete sul serio andarci? Tra poco meno di quaranta minuti è il tramonto!” esclamò Jones, fissando la ciurma.
“Si, vogliamo. Ora in marcia! Domani mattina faremo colazione con cosciotto di cigno!” urlò Josh, incamminandosi nella direzione indicata.
 
“Rassegnatevi. Quello li ci ha dato l’indicazione sbagliata”. Erano diversi minuti che Killian si lamentava. Non erano passati nemmeno cinque minuti dall’incontro di Grace e suo padre, che il capitano si lamentava come un bambino. “Torniamocene alla Jolly Roger”.
“Per il tridente di Tritone, Killian. Poi saremmo noi i bambini?” lo rimproverò Jim, mentre spostava un ramo basso. “Vedila non solo come una battuta di caccia. Ma anche come una gita”.
Il giovane capitano sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Stamattina poteva passare come il più pericoloso tra i pirati in circolazione. Ora sembrava un ragazzino che faceva un giro nei boschi con gli amici. Si faceva ribrezzo da solo. “Va bene, Hawkins. La smetto di lagnarmi”.
Qualche minuto dopo, Smee si buttò su un cespuglio, supplicando di fare una pausa.
“Sei una mammoletta, Smee” lo schernì Will, sedendosi su un tronco, con l’intento di togliersi un sasso dallo stivale.
“Vi prego, facciamo qualche minuto di pausa. Non ce la faccio più”  implorò il nostromo, asciugandosi nuovamente il sudore con l’immancabile berretto di lana rosso.
“Ah, voi vi potete lamentare e io no? Grazie tante”. Killian prese la mappa da Josh, e continuò ad addentrarsi nella foresta.
“Killian, ma dove vai?” gli urlò il timoniere in seconda.
“Voi vi volete riposare? Bene, fatelo. Vado a cercare il lago da solo. E quando non lo troverò, potremo finalmente tornarcele alla nave e salpare”.
 
La foresta si faceva sempre più fitta e il cielo si stava tingendo dei colori più caldi. Se si guardava con attenzione, si potevano notare delle piccole luci, stelle birichine, che sfidavano il tramonto. Il capitano della Jolly Roger avanzava, brontolando con se stesso per essersi fatto convincere ad andare a caccia di cigni.    
“Mai più farò una cosa del genere” borbottò,  calciando un ramo. Mise, poi, male il piede, rischiando di cadere in avanti. Fortunatamente riprese l’equilibrio, prima che potesse cadere di faccia dentro una pozzanghera. Costeggiando la pozzetta, passò oltre, non accorgendosi della discesa che era li davanti. L’unico risultato fu una brutta scivolata, lungo una collinetta, fermandosi dentro ad un’altra pozzanghera. “I miei poveri pantaloni” si lamentò. Si alzò, tentando di togliere il terreno alla bell’e meglio, mentre si guardava intorno.
Sembrava una radura, un posto ideale per un parco. Gli alberi creavano un confine naturale per quella distesa d’erba scura e soffice. Un lato di esso era cosparso di azalee di molti colori. Ma la cosa che sconvolse il capitano fu la grande distesa d’acqua che gli si presentava davanti: il lago. “Allora quel tizio aveva ragione” mormorò. Scrutò la superficie del lago, nella speranza di vedere un cigno. Si nascose dietro uno dei grandi cespugli che crescevano davanti agli alberi della Endless Forest, attendendo l’arrivo di uno di quegli uccelli.
Una delle caratteristiche di Killian Jones, oltre il bell’aspetto, era la poca pazienza che si ritrovava. Ma, incredibilmente, quella volta rimase dietro il cespuglio, attendendo che lo stormo di uccelli per cui era venuto, arrivasse. Il sole, ormai, stava per nascondersi all’orizzonte, quando, un grosso punto comparve nel cielo. Il capitano lo fissò attentamente, preparando la balestra per ucciderlo. “Giuro che, qualunque cosa sia, la ucciderò per mangiarmela” giurò a se stesso. Più il punto si avvicinava, più l’immagine si definiva: prima comparvero le grandi ali, poi il corpo ovale e infine il lungo collo. “Bingo” sussurrò, prendendo la mira, mentre l’animale si depositava sulla superficie del lago. “Sei mio, bello”.
Lentamente, Killian uscì da dietro il nascondiglio, mirando al grande uccello, che scivolava sul pelo dell’acqua, in direzione della riva. Stava per scoccare la freccia, quando il sole tramontò del tutto e il cigno iniziò a brillare. Lo stupore nel vedere quella scena, fece abbassare la balestra all’uomo, facendo infilzare la freccia nel terreno. Quella luce durò qualche minuto, ma, anche se era cerchiato da una luce accecante, il capitano vide la figura color avorio lucente mutare: la figura del cigno alzò il collo verso il firmamento di stelle, aprendo le ali, le quali si trasformarono in braccia esili. Poi il corpo cambiò, diventando alto ed esile. Infine la testa si ingrandì, fino ad assumere sembianze umane. Solo quando la figura raggiunse la riva, la luce si spense, lasciando posto ad una ragazza. Dopo essersi passata una mano sopra l’abito, alzò il volto, posando lo sguardo sul pirata davanti a lei. “Accidenti” sussurrò Emma.
 
Killian era rimasto incantato dalla visione della ragazza. Ella era bionda, con i capelli intrecciati di piccole piume bianche. Indossava con una veste bianca, che le arrivava al ginocchio, semi-trasparente nelle maniche lunghe. Ma la cosa che lo avevano incantato erano gli occhi: erano di un verde accesso, che sembravano infondere speranza a chiunque li vedesse. Non riusciva a smettere di fissarla, quella figura davanti a lui, quell’essere che, da maestoso uccello, si era tramutata in una meravigliosa ragazza. Meravigliosa ragazza che ora lo guardava con uno sguardo di rimprovero.
“Beh, devi fissarmi con quella faccia ancora per molto?” domandò lei, con una punta di irritazione nella voce.
L’uomo scosse la testa, per riprendere un poco di lucidità. “Perché? Preferisci che ti sputi in faccia?”. Ok, era tornato il Killian Jones di sempre.
“Piuttosto mi sembra che volevi uccidermi”. Emma guardò la freccia infilata nel terreno, con una certa noncuranza. “Se fossi stato più veloce”.
“Oh, ma sentila la signorina. Vuole fare la principessina!”
“Fino a prova contraria io son....”. La ragazza non terminò la frase. Non era un bene che quell’uomo sapesse chi era in realtà. Scosse la testa, tentando di rimediare. “Io sono una persona, quindi esigo il rispetto che hanno tutte le altre persone”.
“Ah, scusa, dolcezza” borbottò il pirata, buttando la balestra per terra.
“E non chiamarmi dolcezza!”. Emma iniziava ad irritarsi: già non voleva essere trovata dai suoi genitori-o meglio, sua madre-. Ci mancava solo essere vista mentre si tramutava in umana da un tizio che vestiva di pelle e sembrava essersi truccato peggio di Johanna quando tentava di rimorchiare il cuoco. “Ora, vuoi dirmi come ti chiami, così posso chiederti di andartene via, usando pure il tuo nome?”.
“Quanta impertinenza, mia cara”. L’uomo fece un inchino teatrale. “Io sono Killian Jones. Capitano Killian Jones”. Tornò in posizione retta, fissando con un sorrisetto impertinente la ragazza. “E tu, dolcezza, sei?”.
Emma si fermò a riflettere: se non poteva dire di essere la principessa, non poteva nemmeno dire il suo nome. Doveva inventarsi qualcosa sul momento. “Io... Non ho un nome” mentì. Menzogna che non fu compresa dal pirata.
“Ah no? Beh, strano. Sarà meglio che te ne trovi uno” la prese in giro. Poi schioccò le dita. “Ci sono. D’ora in poi ti chiamerai Swan”.
“Swan? Perché dovrei chiamarmi cigno? E.. chi ti credi di essere per darmi un nome?”.
“Senti, tesoro. Sei tu quella che ha detto di non avere un nome. Io ho solo fatto il galantuomo, proponendotene uno”.
“Veramente me lo hai dato come si da un nome ad un cane”. Emma incrociò le braccia al petto, distogliendo lo sguardo. Si incamminò verso un tronco scuro caduto, dove si sedette, fissando la distesa d’acqua dinanzi a lei. Pochi istanti dopo, sentì qualcuno sedersi al suo fianco. Fissò il pirata al suo fianco, con uno sguardo accusatorio. “Beh? Non te ne vai?”.
“Perché dovrei andarmene? Decidi tu per me?” brontolò Killian, continuando a fissarla.
“Tu sei pazzo”.
“Preferisco simpatico-e adorabile- furfante”. Il capitano sorrise, nel tentativo di sganciare un sorriso anche da parte della ragazza che gli stava accanto. Ma non ci riuscì.
La principessa tornò a fissare il lago, restando zitta. Gli piacque sapere che anche il capitano di fianco a lei teneva la bocca chiusa. L’unica pecca era il fatto che non se ne andava. Mentre la Luna si levava alta nel cielo, Emma si concesse di guardare meglio l’uomo di fianco a lei: aveva si e no poco più di una ventina d’anni. Forse venticinque. I capelli erano corti, neri, del colore della pece. Aveva delle basette decisamente lunghe, che sfociavano in una barba incolta, ma che gli dava un’aria molto sexy. Sembrava essere molto più alto di qualche centimetro in più di lei; aveva un fisico muscoloso, ma non troppo; dalla camicia mezza aperta, si potevano notare un accenno dei peli del petto, dove scendeva, anche, una collana con due ciondoli. Quando tornò a fissargli il volto, notò i suoi occhi: azzurri, limpidi, come l’acqua più cristallina. Sembravano due piccole pozze di mare, dove buttarsi e rinfrescarsi. Occhi così trasparivano dolcezza, ma la ragazza comprese che potevano assumere il colore della tempesta, quando il tizio di arrabbiava.
“Ti piace quello che vedi, dolcezza?” domandò Killian, sarcastico.
Emma sbuffò, tornando a fissare il lago. “Ho visto di meglio”. Bugiarda, si disse mentalmente. “Comunque non chiamarmi ‘dolcezza’, te l’ho detto.”.
“Come sei acidella, cavolo”. L’uomo prese da dentro la tasca una fiaschetta, la svitò e si attaccò, trangugiando ciò che vi era all’interno. La principessa lo guardò incuriosita, e fu notata subito dal pirata. Egli smise di bere, porgendola alla ragazza. “Vuoi favorire? È rhum”.
Lei afferrò la fiaschetta, avvicinandosela alle labbra titubante. Fece scorrere leggermente il liquido in gola. Bruciava, ma gli dava anche una sensazione piacevole. Si staccò dopo averne bevuta una generosa parte, ripassandola al pirata. Lui le sorrise, compiaciuto. “Che ho fatto?”.
Killian sorrise, scuotendo la testa. “Niente. Pensavo solo che c’è gente, nella mia ciurma, che beve decisamente meno di te”. Anche Emma sorrise, fissando  la fiaschetta d’acciaio dell’uomo. “Non mi ero accorto che eri così bella, quando sorridi”.
La ragazza alzò lo sguardo, incrociandolo con quello del pirata. Quando il verde incontrò quell’azzurro, entrambi sentirono come una sorta di brivido percorrere la schiena. Fu lei ad interrompere quell’elettricità che sembrava unirli, alzandosi in piedi. “D-dovresti andare” balbettò, stringendosi nelle spalle.
“Ma tu rimarresti da sola”. Il capitano si alzò, prendendola per un polso e facendola girare. “Non sarebbe meglio se ti facessi compagnia?”.
“N-no. Meglio di no”.
“A me sembra che tu ne voglia” constatò. “Non mentire. Da quanto tempo non parli con qualcuno?”.
Gli occhi di Emma iniziarono a riempirsi di lacrime. “Quasi sei mesi” mormorò lei, fissando gli occhi dell’uomo davanti a lei. “Sono sei mesi che non parlo. Sei mesi che sono ridotta in questo stato. Sei mesi...”. La ragazza non ce la fece più. Si buttò contro l’uomo, scoppiando a piangere.
Il capitano, anche se preso alla sprovvista, iniziò a passarle una mano sulla schiena, per incoraggiarla.  “Vuoi parlarne?”. Lei scosse la testa, in segno di negazione. Non si sentiva pronta per farlo. Non si fidava di quel tipo, sebbene fosse appena scoppiata in lacrime davanti a lui. Killian sospirò. “Va bene. Rispetto la tua decisione”. Alzò le sguardo, fissando il cielo, che stava, via via, schiarendosi. Possibile che fosse passata già la notte? Sembrava che solo qualche ora prima fosse tramontato il sole. “È quasi l’alba”.
Sentì la ragazza annuire, staccandosi poi, lentamente, da quello strano abbraccio. Poi, ella alzò gli occhi, guardandolo, con un sorriso triste. “Grazie per... la compagnia?”.
“È stato un piacere, milady. Ma, se posso permettere, posso chiederti...”.
“L’incantesimo a cui sono, diciamo, sottoposta, mi obbliga a trasformarmi in cigno dall’alba al tramonto. Quando il sole, abbassandosi, ‘tocca’ la superficie del mare, ritorno con le mie sembianze, ma solo per la notte. Ti basti sapere questo”. Il giovane uomo annuì, comprendendo.
Vide la ragazza allontanarsi da lui, fino a tornare vicino alla riva. Allora la richiamò. Quella si voltò, guardandolo interrogativa. “Cosa c’è?” domandò.
Killian sorrise. “Hai deciso come chiamarti?” chiese, fissandola.
Emma guardò l’orizzonte, dove il chiarore dell’aurora stava facendo il suo ingresso. Poi tornò a voltarsi verso il pirata, con un leggero sorriso sulle labbra. “Credo che Swan vada bene”.
Il sole si alzò, toccando l’acqua dell’oceano. Come detto da Regina, la figura di Emma ritornò ad accendersi di una luce luminosa e bianca, mentre ella si mutava in un cigno. La metamorfosi finì, ma l’uccello si voltò ancora una volta verso l’uomo, il quale si avvicinò.
Si inginocchiò davanti al maestoso Cigno Reale. Alla luce, ancora debole, del sole, notò le iridi dell’animale: verdi. Piegò la testa, in segno di una scherzosa riverenza. “Ci vediamo domani notte, Swan” sussurrò. Il cigno piegò la testa, per poi voltarsi e spiccare il volo.
 
Quando Killian tornò sulla nave,  venne circondato dalla sua ciurma, la quale gli domandava dove era stato, cosa era successo, se aveva trovato un cigno e se era il momento di salpare.
“Rievoco il mio ordine di partire” disse, prima di rifugiarsi nella sua cabina.
“Cosa? Ma aveva detto...” iniziò Smee, fissando il suo capitano con due occhietti scioccati.
“Si, lo so cosa avevo detto. Ma ho cambiato idea. Non partiremo fino a che non dia il permesso” esclamò, chiudendosi la porta alle spalle. “Oppure finché non troverò il modo di aiutare Swan” aggiunse, sottovoce.
 
ANGOLO AUTRICE:
VI GIURO CHE NON VOLEVO SALTARE LA PUBBLICAZIONE! Ma sono appena tornata da Malta e (dopo aver consumato un pasto decente e una doccia) sono corsa a pubblicare. Quindi, chiedo venia ç_ç.
Ecco a voi il nuovo atto. All’inizio avevo in mente di farlo decisamente più lungo e dividerlo poi a metà, ma ho deciso di farlo leggermente più corto e incorporare gli altri argomenti nel III° Atto.

Qualche piccola annotazione. Sulla metamorfosi di Emma, prima da cigno ad umana, e poi viceversa, ho preso ispirazione dal cartone “L’incantesimo del Lago”il quale è ispirato, anch’esso, dal lago dei cigni. Inoltre, ho tentato di mantenere i personaggi il più simile a quelli della serie tv, aggiungendo un lato fragile di Emma (per questo lato sensibile, ho pensato di renderlo simile a quello che _Arya_ ha dato alla sua Emma in Rescuing the Jolly Roger helmsman - Storybrooke Hospital.  Spero non ti dispiaccia se ho “usufruito”).
Non ho molto altro da aggiungere, se non la richiesta di lasciare qualche pensiero e l’augurio di una buona lettura, con la speranza che questo mio pensiero folle, vi possa piacere.
Baci, Cissy.

 

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Capitolo 4
*** Atto 03 ***


ATTO 3

IL CIGNO NERO

 
Il regno era preoccupato per la salute della sua regina. Da qualche giorno ella era rintanata nel castello, chiusa nella sua camera, stesa a letto, come deciso da Doc insieme al re James. Eppure la donna voleva tornare, uscire nel regno, recarsi in giro, alla ricerca della figlia.
“Snowhite sei troppo debole! Devi rimanere a letto e recuperare le forze” insisteva Johanna, la quale si occupava di lei.
La regina la guardava sempre con occhi tristi e sottomessi, ma in cuor suo era determinata a scappare nottetempo, per riprendere le ricerche. Non capiva perché, dopo il the che la donna le portava ogni giorno, al calar del Sole, cadesse in un sonno molto profondo, privo di sogni, risvegliandosi, poi, al cantar del gallo, la mattina dopo. Era come se Regina avesse incantato pure lei, per mandare in fumo i suoi piani di ricerca. Turbata ancora com’era da incantesimi e maledizioni, non comprendeva che la risposta era semplice e chiara: sonnifero.
Inizialmente Charming non era stato molto d’accordo: trovava che drogare la moglie, affinché riposasse, non era la soluzione giusta. Si era ricreduto solamente quando, nel cuore della notte, l’aveva vista tentare di scappare dalla finestra. “Siete sicuri che non ci saranno effetti collaterali?” aveva domandato,  prima che gli fosse somministrato.
“Stia tranquillo, Maestà. La farà cadere in un sonno profondo per le 12 ore seguenti, intontendola un poco quando si sveglia e quando si addormenta” lo aveva rassicurato il nano, porgendogli la boccetta.
Il re aveva annuito, sospirando. Non aveva altra scelta, se voleva salvare sua moglie. E suo figlio.
 
Come aveva promesso alla ragazza, pochi istanti prima che ella diventasse un cigno, quella notte Killian tornò nella radura che ospitava il Lago dei Cigni. Fu un’impresa scendere dalla nave, senza che qualcuno dei suoi lo vedesse. Tuttavia, dopo aver atteso a lungo, che tutti fossero distratti, il capitano saettò fuori dalla sua cabina, correndo per le strade prima, per il bosco poi, nella speranza di arrivare alla radura prima che il sole tramontasse. La paura di non arrivare in tempo aumentò nell’esatto istante in cui pensò di essersi perso. “Bloody hell” borbottò, guardandosi intorno. “Perché non ho preso la mappa di Josh?”. Il cielo stava continuando a tingersi di un rosso sempre più intenso, facendo esasperare l’uomo: perfetto, era in ritardo. Ricominciò a correre, sorpassando il luogo in cui, il giorno prima, avevano dialogato con Jefferson e sua figlia, puntando verso Nord. Si rallegrò quando notò la ‘X’ che aveva inciso sul tronco di uno dei grandi pini che davano origine alla foresta che definivano ‘infinita’. Se la contentezza di aver trovato il luogo era enorme, altrettanto grande era la figuraccia che fece quando, non accorgendosi nuovamente della discesa, ruzzolò giù dal lato della collinetta, che abbassava la radura rispetto al resto del bosco. “Ahhh” sibilò, massaggiandosi la testa. “Dovrei fare un cartello per ricordarmi che c’è quella dannata discesa”.
“Sicuro di non essere il principe delle figure di merda, anziché il principe dei pirati?” domandò una voce. 
Il giovane capitano voltò il viso verso la direzione da dove proveniva quel suono, sorridendo alla vista di Emma. Si rialzò velocemente, avvicinandosi alla ragazza. “Ne sono sicuro, Swan. Altrimenti non sarei un capitano, no? Ad ogni modo, come fai a sapere che sono un pirata? Non mi pare di avertelo detto!” esclamò lui, pulendosi il giaccone nero dalla terra.
“Ti ricordo, Jones, che non sono sempre stata costretta a trasformarmi in cingo. Avevo una vita e.. beh, spesso sentivo parlare di un famigerato capitano pirata, molto giovane e, a detta di certe sgualdrinelle, anche molto dotato”. La principessa rabbrividì al solo pensiero di aver riferito quello che sentiva dalle giovani serve del suo castello, quando, una alla volta, avevano avuto la sorte-o come dicevano loro, la fortuna- di passare sotto le sue mani.
L’uomo si avvicinò con un sorriso malizioso. “Gelosa, tesoro?”.
Emma lo allontanò, spingendolo leggermente. “Ma per favore. Ho dei princìpi, io”. Si avviò verso il troco che usava sempre come panca, sedendosi. L’altro la seguì immediatamente, ridendo sotto i baffi, cosa che la irritò non poco. “Cos’hai da ridere, ancora?”.
“No, niente. Tu che parli come una donna altolocata. Sembra che ti venga, non so, naturale”. Killian la guardò attentamente. “Cos’eri prima di essere...”
“...vittima di un incantesimo che mi sta rovinando la vita?” concluse per lui. Egli annuì, incitandola a continuare. “Ero una ragazza con una vita, Jones. Una ragazza che aveva dei sogni: viaggiare, cavalcare, andare ovunque volesse o le ordinasse il cuore”. Emma fece un attimo di pausa, prendendo un profondo respiro. “Ho sempre desiderato andare per mare, ma mio padre non me l’ha mai permesso. Diceva che... servivo a casa. Perciò mi accontentavo di passeggiare, cavalcare e sognare”.
“Finchè qualcuno non ti ha incantato?”.
La principessa annuì, stringendo il lembo del vestito per evitare di piangere ancora, di fronte all’uomo. “Ma ormai mi sono abituata a non avere più sogni. Il mio futuro resta questo: vivere di notte in forma umana, e volare tutto il giorno, attendendo che il sole tramonti”.
“Non posso credere a quello che sento. E non credo a quello che sto per dire” borbottò il capitano. La ragazza si voltò a guardarlo, interrogativa. “Ora, presta attenzione, Swan, perché una cosa simile, dalla mia bocca non uscirà più. Tu non puoi smettere di vivere pensando al futuro, solo perché qualche imbecille o qualche fattucchiera idiota ti ha fatto un incantesimo. Devi continuare a sperare e sognare, chiaro? Sei giovane, cazzo! Quanti anni hai? Diciannove?”.
“Venti”.
“Ecco, vent’anni. Hai una vita davanti a te, dove coronerai ogni tuo sogno e ogni tuo sfizio! Ma l’importante è non perdere la speranza e non arrendersi”. Le prese le mani, stringendole forte. Emma le fissò, incredula, per poi spostare lo sguardo su quelle iridi azzurre come il mare. “Non arrenderti mai, Swan. E lotta, fino alla fine. Perché la vittoria, prima o poi, arriva. E questa vittoria, per te, sarà il tornare a vivere la vita che da sei mesi ti è stata negata e il coronamento di tutti i tuoi sogni”.
La ragazza sorrise debolmente, per poi avvicinarsi e dare un leggero bacio sulla guancia del pirata. “Grazie, Jones” bisbigliò, quando si ritrasse.
“Credo che Killian vada bene. Jones mi fa sentire... anziano” esclamò il capitano, prima di far scoppiare a ridere la ragazza e unirsi a lei.
 
Quella notte fu la seconda di tante altre: ogni sera, al tramonto, quando il cigno dalle piume dai riflessi dorati e gli occhi verdi si depositava sulla superficie limpida del lago, da dietro i cespugli compariva Killian, sempre sorridente e con una battutina pronta. In quelle ore, in compagnia dell’aitante capitano, Emma si perdeva nelle chiacchierate, negli scherzi, nelle storie che lui le raccontava di tutti i posti che aveva visitato. Ella pendeva dalle sue labbra, sobbalzando ad ogni scontro, gioendo per lui ad ogni bottino acquisito e innervosendosi quando gli raccontava della vittoria personale quando rimorchiava giovani ragazze. Non sapeva il perché di tale reazione. Come ancora nons i capacitava del nodo allo stomaco, nel momento in cui lui gli raccontò del primo e unico amore della sua vita.
 
“Si chiamava Jacqueline, ma si faceva chiamare da tutti Jack. Era  tenuta prigioniera nella nave del mio peggior nemico, Blackbeard. Appena la vidi mi sembrò di rinascere. A quei tempi non ero ancora capitano, quindi non avevo molte responsabilità. E passavo le mie giornate sulla Jolly Roger con lei, chiacchierando, ridendo e guardando le stelle. Tutto culminò quando, una sera, le confessai di essermi innamorato di lei. Lei mi baciò e, in quel momento, pensai che quei sentimenti fossero corrisposti. Fu lei la prima con cui feci l’amore, o almeno, credevo fosse veramente amore. Finì tutto quando, dopo essercela spassata, mi legò mani e caviglie, imbavagliandomi, per poi rubare tutto l’oro che avevo in cabina. Quando mi svegliai, la trovai con la borsa piena di dobloni e altra roba, mentre mi guardava con un sorriso perfido. Mi rivelò com’era davvero la situazione: non era mai stata prigioniera di Blackbeard, ma avevano messo appunto il piano, facendomi sedurre e innamorare da lei, in modo che, nel momento più vulnerabile, potesse rubare tutto l’oro possibile. Quando le chiesi se mi amava ugualmente, la sua risposta fu tra le più crudeli. ‘Come potrei amare? L’amore rende deboli’. Poi scappò con una scialuppa, portandosi dietro l’oro e l’unica volta in cui mi ero innamorato. E, da allora, giurai di non amare più nessuno”
 
Quella storia le aveva fatto venire le lacrime agli occhi: dopo una sola delusione d’amore aveva deciso di cedere, rinnegare l’amore, il più forte tra i sentimenti. Sentimenti che, in lei, sembravano nascere nei riguardi del principe dei pirati.
 Non lo sai o non vuoi ammettere che tieni a lui?, domandò a se stessa una sera, mentre era impegnata a fissare Killian, immerso nei suoi pensieri. Distolse lo sguardo, sorridendo leggermente, per poi tornare a guardare le stelle.
“Hai mai visto le costellazioni, Swan?” domandò il pirata, ad un tratto.
“No. Non capisco molto dalle carte stellari” replicò lei, guardandolo con la coda dell’occhio.
“Quella? Ma è robaccia! Adesso te le mostro io”.
“Giusto.. d’altronde, chi meglio di un pirata può insegnarmele?”
“Esatto, tesoro. Vedo che inizi a capire come gira veramente il mondo”. Il giovane si spostò più vicino a lei, sfiorandole la mano. Emma ebbe un brivido a quel leggero tocco: com’era possibile? Forse era la proba decisiva che ci teneva... o qualcosa di più. Il capitano alzò un braccio, puntando l’indice verso una stella, poco più sopra della punta degli alberi. “Quella è Polaris, la stella polare. Indica il Nord. Ora sposta lo sguardo più in alto, a quella fila irregolare di stelle. Quella è al costellazione del Drago”.
Andarono avanti tutta la notte, a guardare prima una costellazione, poi l’altra. Di tanto in tanto Emma interveniva, raccontando la storia di qualche stella. Da parte sua, anche Killian era sconvolto, dall’intelligenza e dalla forza che mostrava la ragazza, dopo che gli aveva detto quelle parole. Non passava attimo che non fosse rapito: rapito dai suoi lunghi capelli; rapito dalle sue labbra rosee; rapito dai suoi occhi. Sarebbe rimasto giorni a fissarli, senza mai stancarsi. Ma l’alba sopraggiungeva sempre, interrompendo quei momenti meravigliosi.
Prima che il sole sorgesse, per dare spazio al nuovo giorno, il giovane pirata decise di fare qualcosa di più. Prima che Emma mettesse piede nell’acqua del lago, l’afferrò per un polso, stringendola tra le sue braccia.
“Killian, ma cosa...?” farfugliò lei, non comprendendo.
“Swan, quando sono tornato alla nave, la prima notte che abbiamo passato insieme, ho fatto una promessa. Che avrei fatto di tutto per aiutarti. Avrei trovato un modo per toglierti da questa condizione” le disse, senza mollarla.
“Killian, io...”.
“Non parlare, ti prego”. La staccò leggermente, per guardarla negli occhi. “Ora, ti faccio un’altra promessa. E la faccio davanti a te. Quando ti sarai liberata da questo incantesimo –perché tu ti libererai da questa situazione, Swan!-, te ne fregherai di ciò che ti ha detto tuo padre”.
Emma strabuzzò gli occhi, fissandolo sorpresa. “Vuoi dire che...”.
“Verrai con me, per mare. Viaggerai, vedrai tutte le cose di cui ti ho raccontato. Ti porterò ovunque vorrai” concluse il pirata, accarezzandole una guancia.
Gli occhi della principessa si riempirono di lacrime. In quel momento, in quel preciso istante, istante nel quale Killian le aveva fatto la promessa più bella che avesse sentito in vita sua, comprese che non solo teneva a lui. Ma che provava qualcosa per lui. Sentì l’impeto di farsi abbracciare di nuovo, o di sentire quelle labbra sulle sue. Ma, l’alba era giunta.
Prima che la ragazza potesse fare qualcosa, la sua figura si illuminò trasformandosi nuovamente in cigno.
 
“Avanti, Killian. Sputa il rospo. Com’è che non siamo ancora partiti?”. Jim fece irruzione nella cabina del capitano, mentre quello stava dormendo alla grossa.
“Hawkins, non ti hanno insegnato a bussare?” brontolò il giovane uomo, tuffando nuovamente la testa nel cuscino.
 “Sono quasi sette settimane che siamo ancorati a questo porto. Francamente, non mi sembrava che fosse nei nostri piani stabilirci qui”. Il timoniere tolse le coperte che coprivano l’altro, lanciandole dall’altro lato della stanza. Stessa sorte attese il cuscino. “Avanti. Alzati, vestiti e fai partire questa nave verso qualche altro posto”.
“Non prendo ordini da te, Jim. Sono io il capitano. Sono io che do ordini. E il mio ordine è rimanere qui!”.
Il silenzio cadde nella stanza, mentre i due si fissavano negli occhi, studiandosi a vicenda. O meglio, Jim studiava l’altro, colui che considerava come un fratello maggiore. Poi, come un fulmine a ciel sereno, Hawkins comprese. Tutti i tasselli tornarono al suo posto. Era così semplice e chiara, la risposta. Come aveva fatto a non arrivarci subito. “Ti sei innamorato”.
Killian, a quelle parole, sbiancò. Si alzò di scatto dal letto, avvicina dosi velocemente a Jim, il quale arretrò, fino a trovarsi con le spalle al muro. “Cosa te lo fa pensare, Hawkins?” sibilò, assottigliando gli occhi.
“Non hai mai cambiato un ordine in vita tua. Non siamo mai rimasti attraccati così tanto, non contando le volte in cui siamo dovuti rimanere ad un porto perché dovevamo cambiare tutte le vele. Inoltre.. sei sempre nei tuoi pensieri. Scompari poco prima del tramonto, per poi tornare la mattina. Gli altri non ci fanno molto caso. Io si”. Jim spinse leggermente il capitano, il quale indietreggiò leggermente. “Killian, se sei innamorato, non è la morte di nessuno. Anzi, è una bellissima cosa. Almeno Smee la finisce di farci il discorso di accasarci”.
Il capitano si passò un mano davanti agli occhi. “Dannazione. È così evidente per te, quanto non lo è per me. Ma è ovvio: sei sempre stato un tipo romantico”. I due risero leggermente, per poi tornare nel silenzio. Un sospiro lo interruppe. “Cosa devo fare, Jim? Lei è in una situazione... non del tutto normale, diciamo. Ma non posso fare a meno di vederla”.
“Ad ogni cosa c’è una soluzione, Kil. C’è sempre  un modo per uscire da una situazione, per quanto difficile e incasinata c’è”.
Quindi può esserci un modo per liberare Swan dall’incantesimo, pensò il pirata, massaggiandosi il mento. Non mi ha mai detto nulla su di esso.
“Ma, prima di ogni cosa, devi dirle cosa provi. E non puoi farlo nella locandaccia in cui, probabilmente, vi incontrate ogni notte”.
“E cosa mi proponi, signor cupido?” domandò, ironico, il capitano.
Jim fece un sorrisetto compiaciuto. “Hai saputo che c’è un ballo domani sera?”.
 
“Un ballo al castello?” domandò Emma, non capendo dove volesse andare a parare l’altro. Quando si era trasformata di nuovo in umana, aveva visto Killian seduto sul tronco ad attenderla, senza quel sorrisetto che lo contraddistingueva. Sembrava nervoso e l’azione di asciugarsi i palmi sui pantaloni neri di pelle come se continuassero a sudare era un chiaro sinonimo di nervosismo. La principessa aveva pensato immediatamente alla notizia che sarebbe ripartito, lasciandola sola. E invece le aveva proposto di andare ad un ballo con lui, al castello.
“Si. Vedi, il re e la regina, a quanto mi ha detto Jim –ti spiegherò anche chi è, Swan. E, no, non sa nulla di te e della tua situazione- vogliono festeggiare per il risanamento del regno dopo l’ultimo scontro con la Evil Queen e una notizia che daranno al ballo. Ma, non so per cosa. Allora, ci vieni?”.
Emma non sapeva cosa rispondere: rischiare di andare ed essere riconosciuta dai genitori, ma passare un’altra piacevole serata con Killian, oppure non andarci, rischiando poi di non vederlo più? Era ad un bivio e doveva scegliere. I sentimenti che provava per il capitano la portava a scegliere di rischiare, ma i sensi di colpa e di terrore nel vedere i genitori. Chiuse gli occhi, dicendo le prime parole che le vennero in mente. “Va bene. Verrò con te”.
Aprì un occhio e vide le labbra del pirata aprirsi in un sorriso a trentadue denti. Neanche il tempo di aggiungere qualcos’altro, che il giovane l’abbracciò un’altra volta. “Grazie di questa possibilità, Swan”.
Emma si rilassò nell’udire quelle parole, abbracciando anche lei l’uomo. E, stretta tra le braccia di Killian, pensò seriamente che aveva trovato la persona per spezzare l’incantesimo. Ma ciò voleva dire solo una cosa: il sacrificio.
 
“Maledizione!”. Regina rovesciò il vaso con le gardenie rosse sul pavimento. “Mi sembrava meraviglioso che non avesse ancora incontrato nessuno. E invece.. proprio il candidato perfetto doveva trovarsi in mezzo ai piedi?”.
Lo specchio mutò l’immagine, facendo comparire il volto del genio intrappolato al suo interno. “Non tutto è perduto, mia regina. Dobbiamo solo sperare che il pirata non si innamori della principessa”.
“Sei cieco, allora! Non li vedi? Lo sono già!”. Chiuse la mano, la quale prese fuoco. “Qual capitano è caduto praticamente subito ai suoi piedi, dopo aver giurato di aiutarla a salvarsi dalla maledizione”.
“Ma fino a prova contraria, Maestà, lui non sa nulla su come spezzare l’incatesimo. Anzi, mi pare che non sappia nemmeno della vera identità della principessa”.
“Può giocare a nostro favore, questa cosa. Dimmi di più, Specchio” incitò la regina.
“Come ha visto, il capitano l’ha invitata al ballo indetto dai suoi genitori. Potremmo ‘sostituire’ la principessa con un’altra ragazza- propongo una che prova qualcosa per il pirata-, facendole un incantesimo Scintillante, per modificare la sua immagine al ragazzo” propose lo Specchio, piegando il capo in segno di sottomissione.
La Evil Queen pesò un attimo le parole dell’oggetto incantato, per poi sorridere. No, non era un sorriso, ma un ghigno malvagio. “Un piano eccellente! Ora, dobbiamo solo trovare la ragazza giusta...”.
“Madre!” urlò una voce. “Non vede che ha la mano infuocata?”.
Regina si voltò a guardare la figura sulla soglia della porta. “...e, a quanto pare, l’ho trovata” sussurrò a se stessa, continuando a sorridere. Alzò poi la voce, richiamando la ragazza fuori dalla stanza. “Milah, tesoro. Vieni pure. Dobbiamo parlare di una cosa”.
“Che cosa, madre?” chiese lei, avanzando lentamente. “Cosa avrei fatto, adesso?”.
“Non cosa hai fatto adesso. Ma cosa hai fatto sette settimane fa.. con Killian Jones”.
Milah fissò la madre con gli occhi aperti. “Ehm.. Madre, vede...”.
“Oh, non voglio punirti, ma chiederti qualcosa”. Regina si sedette su un divano, battendo la mano sul cuscino di fianco. La figlia, titubante, si sedette.  “Dimmi, cara. Cosa provi per questo pirata?”
“Oh, madre. Non so se lo amo o altro. Ma mi piace. Quello posso dirlo. E poi è così passionale, e...” iniziò Milah, con occhi sognanti.
“Oh, risparmiami i dettagli di quando fa sesso, per favore. Ora, mi serve il tuo aiuto: domani sera, Snowhite e Charming daranno un ballo, per festeggiare una lieta novella. E, il tuo pirata, ha pensato bene di andarci... con la principessa che ho trasformato in cigno per vendicarmi dei suoi genitori”.
La ragazza non credeva alle sue orecchie: Killian sarebbe stato a quella festa, con la principessa, figlia dei due eroi? Lui, che era nato e cresciuto in un ruolo negativo della società? “E io cosa posso fare.. oltre ad uccidere quella ragazzina?”.
La Evil Queen sorrise alla figlia. “Tesoro.. io so come far cadere questo Jones ai tuoi piedi e uccidere la principessa”.
“Sono tutta orecchie madre” esclamò la ragazza, sorridendo diabolicamente.
 
La sera del ballo era giunta.  C’era chi, chiuso nella sua cabina, ripassava le parole da dire alla sua dama, mentre il tenente rideva ai suoi tentativi di dire due parole che avrebbero cambiato la sua vita.
C’era chi, nella stanza della madre, veniva sottoposto ad un incantesimo per far cambiare le sue sembianze, agli occhi di colui che aveva fatto breccia nel suo cuore.
C’era chi era dubbioso di partecipare a quel ballo, mentre, ancora nelle sembianze di un cigno, scivolava lento sulla superficie dell’immenso lago che circondava il castello dei genitori.
E c’era anche chi fissava fuori dalla finestra la distesa d’acqua, nella speranza di vedere la figlia. Snowhite aveva fatto fatica ad alzarsi e prendere parte a quei festeggiamenti che il marito aveva insistito per fare. Ma la sua unica aspirazione era trovare la figlia. James, i nani, Ruby... avevano perso tutti la speranza di trovare la principessa. Anche Johanna. Era rimasta solo lei.
Sentì qualcuno abbracciarla da dietro. “Snow, non puoi continuare così. Non puoi continuare a pensare che ritornerà. Non sappiamo se è viva o meno” disse Charming, baciandole una guancia.
“Io me lo sento, James. È viva. Ma dobbiamo cercarla” insistette lei.
“Ok. Dopo che sarà nato nostro figlio, potrai tornare a cercarla. Ma... tesoro, non farti tante illusioni. Se voleva farsi vedere, lo avrebbe già fatto”.  La fece girare, asciugando le piccole lacrime che stavano iniziando a scendere sulle guance. “Ti aspetto alla scalinata”.
Il re uscì dalla stanza, mentre la regina tornò a guardare fuori dalla finestra, il meraviglioso tramonto che, secondo l’incantesimo, avrebbe fatto tornare, momentaneamente, sua figlia umana.
 
“Quando hai detto che sarebbe arrivata?”. Jim era eccitato al pensiero di conoscere quella che, per certi versi, sarebbe diventata sua cognata. Non aveva mollato Killian un secondo, accompagnandolo alla festa.
“Dopo il tramonto” borbottò l’altra, sistemandosi l’elegante giacca beige. “Ma, come hai fatto a fare in modo che potessimo entrare alla festa?”.
“È una festa a cui partecipa tutto il regno. La regola è: ‘Avere un abito elegante’”. I due risero, alle parole di Hawkins. “Allora, cosa devo aspettarmi da questa.. Swan?”.
“Aspettati di tutto: dalla dolcezza alle parole volgari di un lupo di mare. Ma, soprattutto la bellezza”. Il capitano sorrise, nel pensare alla ragazza. “Bellezza e intelligenza... Sono le sue doti più grandi”.
“Oh, ti ringrazio, Killian” disse una voce sensuale, dietro di loro. “Ti sei guadagnato molti punti dopo questa lusinga”.
I due si voltarono, per guardare chi gli avesse rivolto la parola. Il sorriso che Killian aveva si aprì ancora di più, alla vista della ragazza. “Swan.. Sei meravigliosa in nero” disse, baciandole la mano.
La ragazza piegò la testa da un lato, sorridendo maliziosamente. “Sei il solito Casanova” replicò lei, con una punta di malizia nella voce. Jim, da parte sua, non riusciva a capire: Killian gli aveva parlato di una bellissima ragazza, bionda con gli occhi verdi. Non di una ragazza mora con gli occhi blu. Notò, poi, che la ragazza lo fissava. “E.. lui chi è?”.
“Lui? Oh. Lui è Jim” rispose il capitano.
“James Pleiades Hawkins, a dire il vero” replicò il giovane, continuando a guardare Milah con un vago sospetto. Prima che potesse farle qualche domanda, la ragazza si attaccò al braccio del capitano, supplicandolo di andare a ballare.
“Se la signora insiste”. L’uomo la portò al centro della pista, prendendole la mano e mettendo l’altra sul suo fianco, per poi iniziare a ballare il valzer. Ballarono una, due, tre melodie, prima che Killian potesse iniziare il discorso che aveva preparato. “Swan, vedi... Dovrei dirti qualcosa”.
“Dimmi tutto” rispose lei, sorridente.
“Vedi, la mia storia la conosci. Sai che dopo Jack, ho giurato di non innamorarmi più di nessuno. E sembrava che riuscissi a mantenerla... finchè non ti ho vista”.
“Conosciuta, vorrai dire”.
“No, no. Vista. Appena ti ho visto, qualcosa si è mosso dentro di me- non ridere, per favore. Non era una battuta sporca- e.. il mio cuore, come se fosse stato fermo tutti questi anni, ha ripreso a battere. Per te”. I due si fermarono, guardandosi negli occhi. Il capitano si specchiava in quegli occhi verdi, ma falsi quanto la persona che aveva dinanzi. Ma come poteva saperlo lui? “Swan, io ho giurato di trovare il modo per liberarti dall’incantesimo. E manterrò la promessa. E, ora che so cosa provo per te, sono ancora più deciso a mantenere la promessa”.
“Cosa intendi dire?”  domandò, innocentemente, Milah.
“Io ti amo, Swan”.
I due si sorrisero, avvicinandosi sempre di più, fino ad annullare le distanze. Si baciarono così, nel mezzo della stanza, tra le melodie dell’orchestrina che suonava e le risate dei presenti. Ma, in sottofondo, un altro suono, debole, irruppe nella stanza.
Il cuore spezzato di Emma.
 
La principessa non poteva credere ai suoi occhi: vedere li, colui per cui provava qualcosa, baciare un’altra. Aveva sentito qualcosa, dentro di se. Aveva sentito una sensazione sconosciuta: sembrava che rabbia, delusione, tristezza e rimpianto si fossero uniti, per dare tormento al suo cuore.
In un barlume di speranza vana, le era sembrato che quell’uomo, quel pirata, quell’adorabile furfante, come si era definito al loro primo incontro, potesse amarla, sebbene l’incantesimo a cui era sottoposta. Ma si era sbagliata.
Forse l’aveva invitata a quel ballo per farle vedere quale uomo insensibile e senza cuore fosse in realtà. Le lacrime iniziarono a scorrerle, lente, sulle guancie, mentre fissava la scena.
“Non è un bello spettacolo, vero.. principessa?” chiese una voce, velenosa, alle sue spalle.
Emma non aveva nemmeno la forza per voltarsi e guardare chi fosse, impietrita com’era dal dolore. “Tu chi sei?” domandò, tentando di mantenere una voce ferma.
“Dipende se vuoi chiamarmi con il mio nome... o con il mio appellativo”.
La ragazza sospirò, sorridendo tristemente. “La Evil Queen”. Ma certo. Chi mai sarebbe comparso nel vedere i suoi sogni infrangersi? “Sei venuta a gioire della mia tristezza?”.
“Non crederai che sia così crudele? Sono venuta a vedere il sogno di una figlia coronarsi”. Regina si voltò, allontanandosi. La principessa si voltò, fissandola disperata. “F-figlia?”.
“Oh si, mia cara fanciulla. La vedi la ragazza che il tuo capitano sta baciando con tale passione?”. Emma si voltò tornando a fissare Killian e l’altra. “Ecco, lei è mia figlia. Milah. Non credono che i tuoi genitori te ne abbiano parlato. E, a proposito dei tuoi genitori.. credo che stiano per parlare”.
La ragazza spostò lo sguardo alla scalinata. Il re e la regina sorridevano agli ospiti, mentre richiedevano qualche minuto di silenzio.
“Signori e signore. Popolo della Enchanted Forest. Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa festa, per festeggiare due meravigliosi avvenimenti. Il primo è il risanamento e la continuità della nostra vita, dopo l’ultimo feroce attacco della Evil Queen. Da quanto mi ricordo, mai è stata così aggressiva, nel cercare la sua vendetta. Ma, ringraziando il cielo e la nostra buona stella, siamo, ancora una volta salvi. E molto del merito va anche a voi”. Re James alzò il calice, indirizzandolo alla folla, la quale imitò il suo gesto. Dopo che tutti ebbero bevuto un sorso, il sovrano continuò. “Ora, è il momento, di rivelare la nuova novella. Da tempo ormai, sapete che mia figlia maggiore ed erede al trono, Emma, è gravemente malata. La sua situazione rende infelici tutti, qui, nel castello. E ciò ha portato ad una decisione, da parte mia e di mia moglie. Non sapendo se nostra figlia maggiore sopravvivrà a questo terribile male, siamo corsi ai ‘ripari’, per così dire”. James strinse a se la moglie, che guardava in basso, con un mezzo sorriso. “Miei cari amici e sudditi. È con immenso piacere che vi annunciamo l’attesa di un nuovo figlio”.
Il popolo gioì alla lieta notizia, mentre Emma non credeva alle sue orecchie. Aveva compreso cosa intendeva suo padre, veramente: non so se qualcuno salverà dall’incantesimo mia figlia. Quindi abbiamo deciso di dare vita al suo sostituto.
Nel profondo era felice di diventare sorella, sebbene non avrebbe mai visto il nascituro: non gli avrebbe mai raccontato le sue esperienze, non lo avrebbe mai salvato dalle punizioni dei genitori, non gli avrebbe insegnato ciò che sapeva lei del mondo. Tutti quei non erano inclusi nel dolore del menefreghismo che i suoi genitori provavano nei suoi confronti.
“Io... Io me ne vado” disse tra le lacrime, facendo per voltarsi. Tuttavia non ce la fece. Era come se fosse bloccata.
“Non così in fretta, mia cara principessa” disse Regina, dopo averla bloccata. “Non vogliamo divertirci un po’?”. Passò le mani davanti a se, scomparendo in una nube di fumo viola.
 
Killian non aveva sentito il discorso dei reali, occupato com’era a baciarsi con la sua Swan. Era come toccare il paradiso con un dito. Andava ben oltre ciò che aveva provato per Jack. Il fatto che lei lo amasse, anche se non lo aveva ammesso, lo faceva stare bene. Ora, doveva solo trovare il modo per annullare quell’incantesimo.
Si staccò un minimo per fissare gli occhi della ragazza. Quando i due sguardi si incrociarono, le sorrise, pensando a quanto fosse fortunato. A quando, sette settimane prima, aveva detto a Smee che non aveva intenzione di trovare moglie, mentre in quell’esatto momento, non desiderava altro che passare il resto dei suoi giorni con la sua Swan.
Improvvisamente la stanza iniziò ad oscurarsi, fino ad essere illuminata solo da poche piccole fiaccole e dal chiarore della luna.
“Killian, cosa succede?” domandò, spaventata a ragazza, stringendosi a lui.
“Non lo so, Swan. Ma ti giuro che non ti accadrà nulla”.
Al centro della sala, un denso fumo viola iniziò a comparire, mentre in sottofondo, una risata malefica riecheggiava. La gente iniziò a stringersi e avvicinarsi sempre di più alle mura, cosìcche, senza accorgersene, i due si ritrovarono in prima fila. Era uno spettacolo agghiacciante: vedere quel fumo che si alzava lentamente, con una risata malvagia che partiva dal suo interno. Il re e la regina si scambiarono un’occhiata, comprendendo chi stava per arrivare. Dopo qualche istante, il fumo iniziò a diradarsi, facendo fare a Regina la sua comparsa.
 
“Bene bene bene... Ma cosa abbiamo qui? Una festicciola felice?” iniziò, continuando a ridere.
“Cosa vuoi, Regina?” urlò Snow, staccandosi dal marito. “Vuoi infliggerci altre pene? Non ti è bastato quello che hai fatto a mia figlia durante la battaglia?”. La regina non era riuscita a non rinfacciarlo alla donna, dimenticandosi che i sudditi conoscevano una versione differente della sorte della principessa.
“Oh, mia cara Snowhite. Questa sera non sono venuta per infliggervi altre pene. Perché voi stessi avete fatto del male alla principessa”. La Evil Queen iniziò a girare intorno al cerchio che aveva a sua disposizione, guardando ogni suddito in volto. Si soffermò molto su quello di Killian, facendo un sorriso sghembo. “Ci sarebbero tante cose da rimproverare a ciascuno. Ma da chi inizio? Magari proprio da sua madre?”. Regina si voltò, puntando il dito contro Snow. La regina non si mosse di un millimetro, attendendo che la strega continuasse. “Come mai hai improvvisamente smesso di cercare tua figlia? Spiegamelo, ti prego. Come mai, alla fine, hai deciso di abbandonare quella speranza che ti contraddistingueva?”.
“Io avrei continuato a cercarla fino alla morte! Ma...”
“Ma cosa, Snowhite? Ti sei fatta mettere i piedi in testa dal maritino? Avevi più fegato quando eri una fuggiasca e una ladra”.
Snow tentennò, davanti alle parole che la donna le aveva rivolto. Perché aveva ragione: quando scappava, quando era una ladra, ricercata in tutti i regni possibili, non si arrendeva mai. Ora, invece, si era fatta dire da James cosa era meglio o non era bene fare. Ma lui era così convincente, dicendole che lo faceva per il suo bene. Non si accorse nemmeno di aver perso l’equilibrio e di essere seduta su uno scalino.
“Non parlare a mia moglie in questo modo!” urlò James, sfilando la spada.
L’arma fu disintegrata da Regina, con un semplice schiocco delle dita.  “Stai tranquillo, Charming. Adesso vengo a te. Cosa hai fatto non appena tua figlia ha subito la mia vendetta?  Cosa?”.
L’uomo deglutì. Sapeva dove la Evil Queen volesse andare a parare. “Io...”.
“L’hai rinnegata. Hai detto che quella non era Emma. Quella non era tua figlia! Hai bloccato tua moglie, quando voleva andare da lei, dicendole quelle parole. Dicevi tanto che la famiglia era tutto per te. Dicevi che non era una questione di potere. Guardati ora: sei schiavo del potere che hai acquisito! Fai ribrezzo perfino a me”.
Quelle parole colpirono nel profondo il re, che fissò il vuoto. Era diventato ciò che non voleva essere. Quando aveva preso il posto del gemello, aveva giurato a se stesso che mai e poi mai avrebbe fatto i suoi sbagli, diventando un uomo privo di sentimenti, che poneva il potere davanti a tutto. Come poteva essere stato tanto meschino? Come aveva potuto non aiutare sua moglie nella ricerca di sua figlia? La bambina a cui aveva insegnato a camminare, a danzare, a cavalcare... Le aveva insegnato tutto, per poi rinnegarla non appena era mutata, sotto l’incantesimo di Regina.
La donna rise, sprezzante. “Però, sapete.. Non dovete avercela solo con me. Anche con un’altra persona. Sapete, vostra figlia aveva trovato il candidato perfetto. Ma, il poveretto si è lasciato ingannare. E lei ha visto tutto”.
“Chi è questa persona?” chiese, con un filo di voce Snowhite, tentando di mantenere il controllo delle lacrime.
Regina sorrise. Puntò, velocemente il dito contro una persona, in prima fila, tra la folla. Quello sbiancò, quando vide il dito guantato in nero indicarlo. “Parlo del Capitano Killian Jones!”.
 
Il capitano non capiva. Cosa c’entrava lui con questa fantomatica principessa di cui aveva sentito parlare poco e niente? “Io? Io non ho fatto nulla a questa Emma! Non ho mai conosciuto principesse in questo regno!” esclamò, facendo un passo in avanti.
“Ah. Giusto. Voi avete conosciuto la principessa in un altro modo. Com’è che l’avete chiamata? Sibille? Sonny? Ah, giusto... Swan!” disse la Evil Queen, sorridendo.
Il giovane non continuava a capire. Guardò la ragazza al suo braccio, confuso. “S-sei una principessa?”.
La gente che lo udì iniziò ad urlargli contro. “È un pazzo!” dicevano. “Quella non è la principessa Emma!”
“Oh, giusto. Quasi dimenticavo”. Regina gesticolò, con non curanza, facendo mutare il volto della ragazza. “Forse adesso comprenderai un po’ di cose, capitano”.
Killian fissò, incredulo e spaventato, la ragazza di fianco a lui. “Milah? Cosa... Perché?”.
“Perché, Killian? Perché ti amo!” sussurrò la ragazza, tentando di baciarlo.
Lui si scansò velocemente, affiancato subito da Jim. “No... No! Io.. Non posso averlo fatto!” sussurrò.
“Si cha l’hai fatto, Jones! Tutta la sala ti ha visto. Anche il tuo amore”. Regina puntò il dito verso uno dei balconi interni, situati in alto. La gente seguì il dito della donna, il quale, indicava proprio la principessa. “Vedi? Anzi, lo vedete? Vedete la tristezza e la delusione nei suoi occhi? Vedete cosa tre persone, della quale si fidava cecamente, le possono fare? Oh, aspettate. Non c’è divertimento nel vederla immobile!”. Mosse il braccio, facendo si che Emma potesse tornare in movimento.
“EMMA!” urlò sua madre, rialzandosi subito e cercando di raggiungerla. James la seguì a ruota. Ma la Evil Queen bloccò loro.
“Oh, volevate andare da lei? Credo che dovrete rimandare”. La donna si voltò verso il capitano, che ancora fissava, con occhi sgranati, la principessa.
“Swan” sussurrò, tentando ancora di metabolizzare ciò che aveva scoperto. Emma fissò Killian, per poi scappare attraverso la finestra. “No, Swan. Aspetta!” urlò, cercando di fermarla. Fece uno scatto per raggiungerla, ma fu preso al polso da qualcuno. Si voltò, guardando in cagnesco Milah, che non mollava la presa. “Lasciami!”.
“No! Non lo farò!”. La ragazza strinse la presa attorno al polso del giovane. “Tu non te ne andrai da quella! Tu hai giurato eterno amore a me!”.
In quel momento, rabbia di Killian prese il sopravvento. Spinse la ragazza contro il muro, afferrandola per la gola con la mano sinistra. “Stammi bene a sentire, sgualdrina che non sei altro. Io avrò anche giurato eterno amore a te. Ma l’ho fatto solo perché mi hai ingannato! Come potevo pensare che fossi tu, se ti sei fatta incantare la faccia in modo che ti vedessi come il mio vero amore? Spiegamelo!”.  Milah aveva iniziato a boccheggiare, implorando con gli occhi di lasciarla andare. Ma più vedeva quegli occhi, lui stringeva la stretta. Solo alla fine, quando il volto della ragazza aveva iniziato ad assumere una sfumatura bluastra, aveva mollato la presa. “Non mi cercare più, Milah. Altrimenti non lascerò la presa”.
Poi, seguito da Jim, uscì dal castello, mentre Regina rideva sguaiatamente, pregustando il compimento della sua vendetta.
 
 
ANGOLO AUTRICE: Penultimo capitolo fatto!
Non ci credo che, alla fine, sia riuscita a mettere in piedi questa idiozia (almeno, per me resterà sempre la pazza storia delle vacanze di Pasqua!) tanto da arrivare al III° Atto.
Allora, un po’ di precisazioni:  come potete notare, rispetto alla trama originale del balletto- e come avevo preannunciato- Killian e Emma non si innamorano immediatamente, ma nel corso di sette settimane (lo so che è poco, ma è molto più credibile di un giorno, non trovate?). Milah ha assunto il ruolo di Odile ed è divenuta, per me, la figlia di Regina. Vabbè, Jim lo metto ovunque perché l’ho sempre adorato! Inoltre, avrete notato che il capitolo è molto più lungo rispetto agli altri, ma ve lo avevo preannunciato. Ho voluto concluderlo così come si conclude l’atto.
Concludo sperando che il capitolo vi piaccia e che abbiate il tempo di lasciare una recensione.
Alla prossima con l’ultimo atto.
Baci, Cissy

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Capitolo 5
*** Atto 04 ***


ATTO 4

LA LOTTA FINALE

 

Il castello era in preda alla confusione e alla paura. Tra Regina che rideva, Milah che urlava disperata e la folla che si accalcava per uscire, il panico regnava sovrano.
Quando nella sala rimasero solo lei, la figlia e i due regnanti, ancora bloccati dal suo incantesimo, la Evil Queen decise di liberarli.
Non appena le fu concesso il movimento, Snow cadde a terra, in ginocchio, singhiozzante. Non si era accorta che la figlia era la ballo. Come aveva potuto essere tanto stupida?
“Oh, avanti. Non fare la lagna” si lamentò Regina, girando attorno alla donna. “Hai visto che tua figlia è viva. L’unica eccezione è per il cuore spezzato”.
Era quella la cosa che preoccupava tanto Snow: il cuore spezzato di Emma. Se aveva imparato una cosa, era che per amore si farebbe di tutto. Se, invece, si ha il cuore spezzato, si farebbero tutte le azioni più sconsiderate. E aveva paura, appunto, di tutte le sconsideratezze che la principessa poteva fare.
Regina ne aveva abbastanza di tutte quelle lacrime. "Milah, andiamo! Ne ho abbastanza di questo posto". Con un gesto, fece sparire sia lei che la figlia, grazie ad due turbini di fumo viola. "Sono... Sono la peggiore madre che si possa avere" bisbigliò Snow, asciugandosi le lacrime con la manica del vestito.
"No". James si avvicinò, inginocchiandosi al suo fianco e mettendo una mano sulla spalla della moglie. "Sono io il peggior padre. Ho detto a mia figlia che non lo era più. Che non l'avrei riconosciuta. E non l'ho nemmeno cercata. L'unica tua colpa, Snow, é di aver sposato un completo idiota, che non sa mantenere le promesse che si fa da solo. Ma ora basta. Alzati".
"Cosa vuoi fare?" domandò la regina, alzandosi, aiutata dal marito.
"Voglio fare quello che avrei dovuto fare otto mesi fa. Cercare mia figlia".
"Non possiamo farcela. Non sappiamo dove si trova!".
"E invece si. Prima di trovare nostra figlia, dobbiamo trovare un'altra persona... Killian Jones. "
 
“Come ho potuto essere così stupido?”. Killian malediva se stesso, per essere cascato nella trappola di Regina e di Milah. Aveva sempre riso, quando sentiva dire che 'l'amore rende stupidi'. Adesso lo capiva... lo capiva di nuovo.
Era la stessa cosa che era successa con Jacqueline, ma al contempo non lo era: era stato sedotto, stregato, per poi essere messo davanti alla cruda verità di non saper riconoscere il suo amore. In quel momento, rivide tutti i segnali che gli avrebbero fatto capire che la sua Swan non era veramente li: non si era mai attaccata così pressantemente al suo braccio, non gli avrebbe mai parlato con quella punta di malizia che la voce di Milah possedeva. Non lo avrebbe mai baciato senza dire qualcosa. Era stato ceco a non vederli subito. Ma, oramai, quello che era accaduto era accaduto, e lui aveva in testa l'obbiettivo di trovarla.
Jim lo seguiva, senza dire nulla. Ma il capitano immaginava che, dentro di se, aveva tantissime domande. Tuttavia, non gli avrebbe risposto, se le avesse esternate. 
Tornò alla sua nave, ignorando le domanda che Smee, Josh e Will gli posero e scomparendo nella sua cabina. Pochi istanti dopo, la porta si richiuse.
"Cosa hai intenzione di fare?" domandò Jim, guardandolo dall porta.
"Trovare Swan prima dell'alba. Se no, potrei non vederla mai più" replicò, infilando nella borsa la mappa che aveva fatto per raggiungere la radura. "E non provare a fermarmi, Hawkins".
"E chi ti ferma? No, io vengo con te!".
Killian si voltò a guardarlo: voleva seguirlo, aiutarlo a coronare il suo sogno. Era il gesto che un fratello avrebbe fatto. Ma non gli avrebbe nemmeno fatto rischiare la vita. "No, Jim. Tu starai qua. Se dovesse succedermi qualcosa... prenderai il comando della Jolly Roger".
"Ma, Killian..." tentò di protestare, ma il capitano lo zitti con uno sguardo. Costretto, Jim abbassò gli occhi, in segno di resa. "Va bene. Lo farò".
Il giovane si mise la borsa a tracolla, girando attorno al tavolo, per, poi, abbracciare il timoniere. "Abbi cura di te".
"Lo dici come se fosse un addio".
"Spero che, però, non lo sia".  Killian sorrise leggermente all'amico, per poi uscire dalla cabina. Dopo aver messo un piede fuori, un ometto gli venne incontro. Jones perse la pazienza, tentando di spostarselo. "Smee, cosa vuoi?".
"Capitano, sul ponte.. ci sono.. ci sono..." balbettò il nostromo.
"Parla come si deve. Non ho tutta la notte. Anzi, avrei un impegno urgente".
"Capitano" in truppe Will, in aiuto dell'altro. "Ci sono i reali di questo regno sul ponte. Dicono che riguarda loro figlia".
Il giovane capitano spintonò Smee, che finí contro una parete, mentre lui correva sul ponte.
"Vorrei farvi avere un'accoglienza più calorosa, vostre maestà, ma... devo andare a trovare il mio vero amore" esordì il capitano, uscendo da sottocoperta.
Snow studiò il pirata alla luce della luna, cercando di capire cosa ci fosse in lui da aver attirato l'attenzione e i sentimenti della figlia. "Stia tranquillo, capitano Jones. Siamo venuti qua per appunto il suo vero amore" disse la donn, abbassandosi il cappuccio. "Credo che se uniamo le forze, possiamo trovarla".
"Mi perdoni, altezza, ma io lavoro da solo. Ora, se mi scusate....". Non poté fare un altro passo che la regina gli fu davanti.
"Forse non ci siamo capiti, pirata. La mia poteva risultare con un'offerta, ma alla fine è un obbligo.  Uniamo le forze per trovare mia figlia!".
Killian guardò prima Snowhite e poi il re. Sembravano determinati a cercare la figlia perduta, ma, al contempo, preoccupati che le potesse succedere qualcosa. "Immagino che continuare a dire di no sia inutile".
"Immagini bene" disse Charming. "Ora, dicci dove potrebbe essere mia figlia!".
 
Distesa sul manto erboso della radura, nel tentativo di placare quel sentimento che bruciava dentro di lei, Emma consumava tutte la lacrime che erano in suo possesso. L'essere stata tradita e sostituita da persona a cui voleva bene, le dava un senso di tristezza estrema. Le sue reazioni sembravano quelle di una bambina: piangeva, urlava, stringeva il tessuto del vestito in un pugno, all'altezza del cuore. Si, perche era il cuore che le faceva male.
"Guardati. Sei distrutta". Regina comparve al suo fianco, sorridendo malignamente. "Adesso ucciderti sarebbe talmente semplice da risultare noioso...".
La principessa si alzò sui gomiti, guardando la strega. Gli occhi, ancora intrisi di lacrime, la fissavano implorante. "Ti prego, Regina. Ti supplico... Strappami il cuore. Non ce la faccio a continuare così, con questo dolore".
Quale dolce richiesta fu per le orecchie della EVi Queen. La ricchiesta fatta da Emma era talmente disperata, che non poteva non acconsentire. Anche perche avrebbe avuto il cuore della principessa in mano, con annessa anche la possibilità di mettere fine alla sua vita. Si ingonocchiò di fianco alla ragazza, sorridendole. "Con molto piacere, principessa". Poi, infilò una mano nel petto di Emma, afferrando quel cuore puro che possedeva.
Lo tolse dal corpo della ragazza con estrema lentezza, assaporando quel momento, in cui la vittoria era così vicina da sentirne il profumo.  Era la sensazione più bella che avesse mai percepito. Quando ebbe estratto tutto il cuore, si concesse qualche minuto per esaminarlo. Non possedeva nulla che non fosse candore e purezza. Non una macchia di oscurità lo marchiava. Ma c'era qualcos'altro. Qualcosa che, negli altri cuori estratti, Regina non aveva mai visto. Una crepa. "Che cosa molto interessante" disse la donna, rigirandosi l'organo nella mano.
Emma era ancora in preda al fiatone per l'estrazione del cuore. "C-cosa? Cosa é interessante?".
"Quello che i tuoi genitori e quel pirata ti hanno fatto, deve essere stato talmente terribile, per te. Tanto da far crepare il tuo cuore. E... oh, ma guarda... La crepa diventa sempre più lunga.. e profonda". La Evil Queen allungò la mano, per farla vedere alla principessa. "Vedi cosa succede ad affidare il cuore alle persone sbagliate? Potrebbero... STRINGERLO!".
La donna strinse il cuore, facendo urlare Emma. La ragazza soffriva tanto, ma non poteva fare nulla. Anzi, dentro di se, si sentiva bene. Il dolore che provava fisicamente in quel momento, non era nulla a confronto di quello che aveva prima, mentre quella crepa si formava nel suo cuore.
"Regina, lascia subito il cuore di mia figlia!" urlò una voce.
La donna si volto verso la direzione da cui proveniva la voce, stringendo la mano libera in un pugno serrato. "Snowhite! Sei venuta a interrompere la festa? E vedo che non sei sola".
 
Tra le mille avventure da pirata che gli erano capitate, mai Killian avrebbe pensato di compiere un salvataggio in compagnia dei genitori-reali, tanto per cambiare- della donna che amava. Eppure era li, di fianco alla regina, pronto a sfidare la terribile Evil Queen e salvare la sua amata Swan. I suoi occhi incrociarono quelli sofferenti di lei, la quale continuava a respirare a fatica. Voleva correre da lei, abbracciarla, stringerla, chiederle perdono e dirle di amarla. Amarla come mai aveva fatto. Ma non poteva. Un passo falso, e la donna con in mano il cuore di Emma lo avrebbe incenerito.
"Non cambiare discorso, Regina. Ti ho detto di mollare il cuore di Emma".
"Con calma, Snowhite. Con calma. Prima mi voglio divertire ancora un po'...".
Strinse nuovamente il cuore della principessa, la quale  ricominciò ad urlare, disperata.
"No, Swan!". Killian fece un passo in avanti, ma fu scaraventato via dalla magia di Regina.
"Non un altro passo, o ridurrò il cuore della ragazza in cenere!" minacciò la donna.
Il capitano sputò per terra, alzandosi, aiutato da Charming, che era accorso. "Sto bene, amico. Non preoccuparti per me. Pensa a Swan!".
"Si chiama Emma" disse James, guardando la Evil Queen. "Hai qualche piano, pirata?"
"Uno. Ma é... difficile.. Non so se funzionerà".
"Dobbiamo provarci... cosa devo fare? ".
Killian guardò la scena, cercando di trovare un punto nascosto dove partire. "Voi distraetela. Io proverò a prendere il cuore di Sw.. Emma" disse.
Il re annui, avanzando verso la moglie, mentre il capitano iniziò a indietreggiare verso gli alberi, entrando nella boscaglia.
“Regina, perché vuoi distruggerci? Perché tutta questa vendetta, riversata su Emma?” domandò James, tenendo un occhio fisso sul pirata. “Lei non ti ha fatto nulla!”.
“Non mi importa se lei non mi ha recato danno. Lei è il punto debole di Snowhite!”. La strega strinse maggiormente il cuore, causando altro dolore alla principessa. La regina strinse la presa sull’arco, cercando di mantenere la calma: aveva visto il capitano girare attorno al perimetro, nel tentativo di prendere di sorpresa la Evil Queen.
“Ti prego, Regina. Non è Emma quella che vuoi. Sono io!”. Snow fece un passo in avanti, ignorando le richieste del marito di non consegnarsi alla strega. "Lascia in pace mia foglia, però". Dagli occhi della donna iniziarono a scendere lacrime silenziose, mentre l'altra la guardava, sprezzante.
"Tu non hai capito, Snowhite" sibilò. "Io voglio che tu soffra esattamente quanto ho sofferto io, quando mia madre ha sgretolato il cuore di Daniel!".
Poi, successe tutto molto in fretta: Killian uscì correndo dalla boscaglia, puntando verso la Evil Queen. Si tuffò, allungando il braccio e afferrando il cuore di Emma, ccadendo, poi, per terra. "Si" sussurrò, vittorioso. Ma cantò vittoria troppo presto. L'organo si dissolse in un fumo viola, tornando in mano alla strega. "Cosa? NO!".
"Credevate sul serio che cascassi in questo trucco? Stolti!". Poi bloccò il pirata a terra, con il braccio sinistro ancora teso. "Mi aspettavo di meglio da te, capitano. Un tentativo cosí... piatto. Mi hai deluso". Seguì un respiro profondo. "E adesso dovrò punirti..."
"Lascialo stare!". James scattò verso i due, ma venne immobilizzato da Regina. Stessa sorte toccò a Snow, nel tentativo di fermare la donna.
"Uff. Non imparate mai. Ma torniamo a noi, Jones. Ho trovato la punizione giusta". Passò la mano libera, facendo comparire una spada. "Sei mai stato ad Agrabah, capitano?".
Killian tentò di muoversi, invano. "Ho avuto questo onore".
"Oh, allora sai cosa si fa a coloro che rubano...". Non fece in tempo a finire la frase, che abbassò il dito, calando l'arma sulla mano sinistra del pirata.
"Killian!" urlò Emma.
Al contatto con la lama, lui chiuse gli occhi, urlando quando il freddo ferro gli tagliò l'osso di netto. Ma non poteva muoversi.
"Vedi pirata? Gira come gira, vinco sempre io!".
Regina lo liberò. Fece strisciare indietro la mano, gemendo quando vide la mano staccata dall'arto. Non poteva pensare a quella mancanza. Doveva pianificare un altro piano e alla svelta.
 
Emma fissava il corpo di Killian, inerme per terra. Era scosso da spasmi, probabilmente causati dal dolore. Doveva fare qualcosa. Arrancando strisciò verso il pirata, ma dovette fermarsi: Regina l'aveva vista e aveva provveduto a fermarla, stringendo il cuore.
"Dove credi di andare, Emma?" domandò, con sarcasmo. "Ti ho in pugno... e la crepa nel tuo cuore sta aumentando sempre di più".
"Ti prego. Ti supplico, Regina. Lasciali in pace".  La principessa provò a rialzarsi, ma la nuova nuova stretta che la Evil Queen le diede la fece gemere nuovamente.
"No. Io non li lascerò stare. Sono stata per vent'anni ad attendere questo momento e non ci rinuncerò facilmente, ora che sento il sapore della vittoria sulla lingua!".
"Ne sei sicura?".
La donma si voltò, guardandosi intorno. "Chi ha parlato?". Nella radura non c'era nessun'altro, tranne lei, la principessa, il pirata agonizzante e i due sovrani, bloccati. Allora, da dove proveniva quella voce?
La strega non fece in tempo a fare un'altra domanda, che si sentì presa e sbattuta a terra da qualcuno. Così facendo, perse il controllo della magia, liberando Snow e Charming, che ebbero qualche istante di tentennamento.
Tentò di alzarsi, ma la persona che l'aveva bloccata, la premeva contro l'erba. "Chi sei?"
"Puoi chiamarmi Jim" disse il ragazzo, prendendole il cuore dalla mano. "Vostra Maestà, tenga".
Correndo il rischio di romperlo, il timoniere lanciò l'organo a James, che lo ringraziò velocemente, accorrendo dalla figlia, che Show aveva raggiunto poco prima. "Emma. Emma, resisti" disse, accovacciandosi. Poi guardò la moglie, con fare timoroso. "Come...". Come facciamo a rimetterlo al suo posto, si chiedeva.
Snow lo fissò, preoccupata. "Non lo so. Ma quel ragazzo non può tenere Regina bloccata per sempre. Dobbiamo provarci". Poi, si voltò verso la principessa. "Emma..."
"Mi fido di voi" sussurrò, chiudendo gli occhi. E lo fece: Snow premette il cuore contro il petto, rimettendolo al suo posto, facendo gemere Emma di dolore. Quando l'organo scomparve dentro il corpo, la principessa riaprì gli occhi, sedendosi sul terreno. "Ce l'hai fatto". Poi abbracció la madre.
"Come hai fatto?" chiese Charming, sbalordito.
Snowhite lo guardò, accarezzando dolcemente la testa della figlia. "Una madre sa sempre cosa fare". Emma si staccò velocemente dalla madre, scattando in piedi. "Emma, tesoro, che c'é?"
"Killian" sussurrò.
 
Corse a perdifiato verso il capitano, il quale era rabnicchiato su se stesso.
"Killian. Killian, rispondimi. Parlami!". Lo stava supplicando.
"Ehi, Swan" disse, aprendo un occhio. "Stai bene?"
"Sopravvivrò per il momento. Ora pensiamo a te". La principessa strappò una parte della veste, usandola per fasciare il moncone del pirata. "Non dovevi farlo"
"E tu non dovevi mentirmi". Il capitano si alzò sui gomiti, quando la ragazza legò la stoffa. "Perché non mi hai detto di essere una principessa?"
"Killian, non mi sembra il momento adatto per.."
"Dimmelo!"
Emma sospirò. "Non volevo che mi vedessi per il potere dei miei genitori. Non volevo molte cose. Ma cosa importa ormai? Sei innamorato della figlia della Evil Queen". Mentre parlava, le lacrime avevano iniziato a scendere, ma furono fermate dal pirata.
"Swan, non dire cazzate. Quella li non é nulla per me. L'ho baciata solo perché, ai miei occhi, aveva le tue sembianze. Se si fosse mostrata per quella che é, non l'avrei mai fatto".
La ragazza sorrise, inchinandosi per baciarlo. Ma quell'attimo fu interrotto dalla strega.
Usando la magia aveva scaraventato via Jim e i due sovrani contro gli alberi, facendoli svenire. "Voi! Stavate per rovinare tutto. Ma ora il mio piano sta per concludersi e la mia vendetta avrà la sua fine!" urlò Regina, aprendo le mani.
Nella mente di Emma tutto la riportò alla notte in cui fu trasformata in cigno, ma stavolta sapeva che, se quelle scariche di magia, che parevano fulmini, l'avessero colpita, sarebbe stato un viaggio di sola andata per l'oltretomba. E sapeva, che se fosse rimasta li, anche Killian sarebbe stato colpito. Emma si alzò lentamente, avvicinandosi alla Evil Queen. "Regina, facciamo un accordo, ti va?".
"Swan cosa credi di fare?". La domanda del capitano traspariva tutta la paura di un possibile gesto avventato da parte della ragazza.
La donna la fissò, assottigliando lo sguardo. "Mia cara, ti sembro forse Rumpelstilskin? Perché dovrebbe interessarmi una proposta da te?".
"Perché ne avremo di guadagnato entrambe". Con quelle parole, la ragazza catturò la sua attenzione. La strega la invitò a continuare, mentre il pirata provava a convincerla a desistere. "Vuoi vendicarti della morte del tuo amato, usando la stessa moneta: uccidermi. Perché sono la cosa più importante per mia madre".
"Tutte cose che io già so, principessa. Arriva dritta al punto".
"Se io mi consegno.. lascerai liberi i miei genitori, Killian e suo fratello?".
"Swan, no!". Il capitano tentò di rialzarsi, ma il dolore al polso lo fece ricadere a terra. "Non farlo".
"Devo, Killian, se voglio che sopravviviate. Abbi cura di te". Tornò a fissare Regina, che incanalava ancora magia. "Allora? Abbiamo un accordo?".
La Evil Queen sorrise, malignamente. "Sei coraggiosa, Emma. Più di tuo padre.. accetto la tua condizione!"
"Emma, no!". L'urlo di Snow, appena ritornata in se, squarciò il debole silenzio della radura.
Il cielo iniziò a oscurarsi, di nubi viola scuro, mentre la principessa attendeva la sua fine. "Stai pronta, Emma. É il momento del tuo ultimo pensiero".
Chiuse gli occhi, rivivendo i momenti felici della sua vita, soprattutto gli ultimo. Momenti passati con Killian. A lui dedicò il suo ultimo pensiero, pensiero che non aveva nemmeno avuto il tempo di esternarlo. 'Ti amo, Killian'. Sentì l'urlo di Regina mentre lanciava l'incantesimo che l'avrebbe uccisa. Era pronta a morire. Ma non sentì il colpo. Aprì gli occhi: era viva. Stava per gioire, credendo che la strega, alla fine,avesse avuto compassione, quando l'occhio gli cadde sulla figura ai suoi piedi, stesa. La fissò con gli occhi sbarrati. "Killian!" urlò, ingonocchiandosi.
 
Era successo tutto mentre Emma aveva avuto gli occhi chiusi: il capitano si era alzato, correndo verso la ragazza e portandosi davanti a lei, prima che l'incantesimo potesse toccarla. Non ci aveva nemmeno pensato. E ora stava li, distesa a terra tra le braccia della principessa, mentre era in fin di vita.
"Killian, perché? Perché lo hai fatto?" domandò Emma, mentre piangeva.
"Ho dovuto, Swan" rispose debolmente lui, sorridendo.
"NO!". Emma alzò lo sguardo, incrociandolo con quello di Regina. "No! Tu, lurido pira..."
"Zitta, Regina. E voltati" ordinò la regina, puntandole una freccia contro.
La Evil Queen si voltò, furente in volto. "Tua figlia non ha rispettato il patto. Merita la morte. E poi, pensi di farmi fuori con una freccia?". Cercò di muovere la mano, per scagliare via la donna. Ma non ci riuscì. Non riusciva proprio a muoversi. "Cosa...?"
"É un bene che abbiamo tenuto un po' di inchiostro, quando abbiamo imprigionato Rumpelstilskin" disse James.  Con un piano dell'ultimo, avevano distratto la strega, facendo in modo che uno andasse dietro di lei e la 'marchiasse' con l'inchiostro. Il re sorrise, prendendo Regina per un braccio e portandola via. "E ora occuperai la cella che da anni porta il tuo nome". Tirò via la donna, ma si fermò quando  vide che la moglie non lo seguiva. "Snow?". Lei fissava la figlia, china sul corpo del capitano. "Lasciali soli"
"Ma.." provò a ribattere.
"Fidati di me". Tenendo Regina, iniziò ad avviarsi nella boscaglia. Prima, però, si fermò davanti a Jim. "Quando sarà pronta, riportarla a casa" 
"Si, signore".
I due sovrani se ne andarono, con una Evil Queen furente, che, finalmente, non poteva fare del male a nessuno.
Il timoniere si voltò, tornando a guardare i due, mentre il cielo si preparava al nuovo giorno.
 
"É l'alba" sussurrò Killian, guardando il cielo. "Tra poco ti trasformerai in cigno. Non ho mantenuto la promessa che ti ho fatto".
"Killian, io..". Emma tentava di ricacciare le lacrime dentro, ma era più forte di lei.
"Toglimi delle curiosità, Swan... volevo dire, Emma. Come... come si rompe il sortilegio?"
La principessa pianse ancora di più. "Con un sacrificio da parte di qualcuno che mi ama, ma che amare non sapeva più" disse, fra i singhiozzi.
"Sarei stato il candidato perfetto...". Il pirata gemette, chiudendo appena gli occhi. "Le forze mi... mi stanno lasciando..."
"No, non dirlo nemmeno per scherzo. Tu non mi lascerai". Emma accarezzò il volto del giovane. Le sue lacrime bagnarono le guance di lui. "Ti amo, Killian".
Il pirata sorrise. "Ti amo anche io".
La principessa si abbassò , appoggiando le labbra su quelle di Killian. Fu un bacio dolce, sincero, che traspariva amore e tristezza. Un bacio carico di addii che non riuscivano a dire a voce. Ma al contempo era forte. Forte, perche aveva scosso qualcosa nel cuore e nelle membra del capitano. Come se il dolore che lo stava portando all'Inferno, lo avesse lasciato. Il sole sorse, ma Emma non si trasformò.
Quando si staccarono, il pirata la fissò, confuso. "Ma.. il sole é sorto. Come mai..."
Emma sorrise, tristemente. "Perché hai mantenuto la promessa, Killian. Mi hai salvato". Prima che potesse replicare, gli posò un dito sulla bocca. "Quando ti sei fatto colpire dall'incantesimo, ti sei sacrificato per me. E... lo hai spezzato "
Il capitano sorrise. "E tu hai spezzato due cose. La prima é la promessa di non amare nessuno. L'altra..beh, non so come... Ma sto bene".
La ragazza strabuzzó gli occhi. "Tu... cosa?"
"Si, sto bene. Credo che non... non passerò a miglior vita per il momento".
"Tu! Stupido pirata idiota!". Si buttò su di lui, ridendo assieme a Killian. Erano entrambi salvi. Poco importava del sangue sull'erba, la mano mancante del giovane o di tutto il resto. Bastavano solo loro due.
Il pirata accarezzò con la mano la guancia della principessa. "Ti amo, Emma".
Lei sorrise, abbassandosi verso le sue labbra. "Sai" disse, a pochi millimetri dal suo viso. " Preferisco quando mi chiami Swan".
"Anche a me piace".
Stavano per baciarsi, ma qualcuno tossicchiò, catturando la loro attenzione. I due voltarono la testa, guardando Jim. "Ehm... appena la principessa lo desidera, la riaccompagno a casa" disse, dondolandosi da un piede all'altro.
"Hai detto... casa?". Emma fissò prima il timoniere, poi il pirata sotto di lei. "Allora portami alla nave"
"Cosa?" urlarono i due pirati, sorpresi.
"Ha detto casa. Non castello. E credo... che la mia casa é dove sei tu, Jones". La principessa sbuffo, fintamente annoiata. "Credo che dovrai sopportarmi per un po'."
Killian sorrise. "Non potevo chiedere pena migliore" rispose, prima di baciarla.
 
ANGOLO AUTRICE: Atto finale pubblicato. Non so perché, ma mi sono divertita a scriverlo. Ho avuto modo di sperimentare cosa si prova a scrivere una fan fiction su un balletto e a migliorare nel modo di scrivere.
Ok, è stata dura scegliere il finale. Inizialmente avevo scelto il finale scelto da Čajkovskij (entrambi muoiono, nella radura torna la pace e si alzano in volo dei cigni), ma mi sono resa conto che qualcuno mi avrebbe lanciato oggetti pesanti (ogni possibile riferimento ad _Arya_ è puramente casuale, ehehe). Quindi ero passata a qualcosa di più fiabesco, con Killian che combatte e vince su Regina, ma l’ho trovato troppo semplice. Quindi, ho scelto il 3 finale alternativo che wikipedia ha in elenco. Il sacrificio di Killian, ma poi torna in vita. E qui l’ho modificato: cosa, meglio del bacio del vero amore, può ridare vita ad un pirata con un piede e mezzo nella fossa?Spero di non avervi deluso.
Forse, in un futuro non troppo lontano, potrei scrivere una one-shot su quello che accade qualche mese più avanti (sappiamo, alla fine, che Emma non torna al castello) oppure potrei parlare delle avventure che capitan Jones le ha promesso. Ho tante idee. Magari faccio anche un sequel.. o forse no.
Comunque, ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia, l’hanno commentata e messa tra le storie preferite/ricordate e seguite. Ringrazio la mia compagna di banco, anche se non l’ha letta qui sul sito, per avermi detto “Guardati Cigno Nero. C’è Vincent Cassel!”, se no, non avrei dato vita a questa cosa. Ringrazio coloro che l’hanno letta in silenzio, senza inserirla da nessuna parte. Ringrazio il computer per non essersi spento mentre scrivevo (ultimamente lo fa. Quindi un ringraziamento se lo merita). E, vabbè. Credo che basti con i ringraziamenti.
Alla prossima storia sezionata “Once Upon A Time”.
Baci, Cissy.

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