Un destino oscuro

di Aesingr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** All'origine delle ombre ***
Capitolo 2: *** Come una meteora ***
Capitolo 3: *** Nubi ***
Capitolo 4: *** Venire all'oscurità ***
Capitolo 5: *** Per il domani ***
Capitolo 6: *** A caccia di se ***
Capitolo 7: *** Incontro al destino ***
Capitolo 8: *** Coraggio messo alla prova ***
Capitolo 9: *** Petali di un fiore ***
Capitolo 10: *** Rottura ***
Capitolo 11: *** Ghiaccio e fuoco ***
Capitolo 12: *** Tramonto di stelle ***
Capitolo 13: *** Figlio ***
Capitolo 14: *** Rinascere dalle origini ***
Capitolo 15: *** Per amicizia ***
Capitolo 16: *** ricorda... che ti vogliamo bene ***



Capitolo 1
*** All'origine delle ombre ***


ALL'ORIGINE DELLE OMBRE



Dal ghiaccio e dal fuoco nacque la leggenda.
“Airack. Non credi che abbiano bisogno di te al tempio?”
il drago rosso si voltò a scrutare la compagna torvo, con un mezzo sorriso ad increspargli le labbra.
“E tu non credi che sia più importante la famiglia del lavoro? Due spade possono aspettare”
“quando avrai scatenato l’ira dei guardiani non venire ha chiedermi aiuto”
“Non ho paura di quei vecchi rimbambiti” ribatté lui, sbuffando refoli di calore.
La dragonessa lo ignorò, voltando lo sguardo alle proprie spalle. La loro grotta, di modeste dimensioni, presentava pareti levigate di pietra bianca come quella che costituiva il semicerchio di colonne disposto attorno all'ingresso. Sul fondo si trovavano Due nicchie incavate; al fianco di una di queste, su un piccolo giaciglio di paglia, era disteso un uovo.
Un uovo viola, con la superficie cosparsa di striature nere e bluastre che disegnavano una piccola figura alata stilizzata. Il drago dalle squame cremisi si mosse lentamente e si avvicinò all'uovo, che oscurò con la sua enorme mole.
“Il nostro piccolo”
“Sì” Rispose la dragonessa, le cui squame azzurre si accostarono a quelle rosse del compagno. I suoi occhi perlacei riflettevano la bontà del suo animo puro e desideroso di poter sorridere d'innanzi alla schiusa di quel piccolo uovo viola, che sapeva le avrebbe regalato incommensurabili soddisfazioni.
"Lehr, non possiamo far finta di niente”
Lei lo fulminò con lo sguardo.
“Ti ho già detto mille volte io stessa che non possiamo far finta di niente. Ma non voglio neanche che venga considerato diverso dagli altri. Né tanto meno loro nemico”
Airack mosse la lunga coda spinata, per poi acquattarsi come a voler proteggere l’uovo.
“Non lo abbiamo portato con le altre uova proprio per paura di metterlo in pericolo. Non mandiamo tutti i nostri sforzi in fumo”
Lehr gli si avvicinò.
“Significa che vuoi vederlo crescere isolato da tutto e da tutti? Che vuoi vederlo guardare gli altri cuccioli che giocano impedendogli di unirsi a loro?”
“Ovviamente no. Ma conosci la leggenda” insisté lui.
“Allora saremo noi la sua guida. Ciò non toglie che debba trascorrere giorni felici e crescere con gli altri draghi”
Airack sembrò rassegnarsi e chinò il capo in segno di resa. Prese il fragile uovo tra gli artigli rapaci e lo osservò come farebbe un cucciolo con il suo primo gioco.
“Puoi andare" continuò la dragonessa. "Non c’è bisogno di te al momento. Non voglio che al tempio ci siano litigi”
“non ve ne saranno” Rispose il drago rosso, stringendo il figlio tra le dita della possente zampa, per poi riaprirla e restare diversi secondi immobile a contemplarlo. “Ti auguro un futuro radioso”
Lehr sorrise.
“Ed un padre che non trascuri il proprio dovere di fabbro”
L’altro sogghignò e si diresse svelto verso l’uscita della grotta. Quel giorno non perse tempo ad osservare l’alba ancora incompleta, ma lanciò un’occhiata ai primi raggi del sole che splendevano alle sue spalle. Il suo sguardo tradiva la sua incertezza. Non era assolutamente convinto che abbandonare Lehr e l’uovo fosse la scelta più saggia. Si sollevò comunque in volo, scagliandosi in cielo con un balzo piuttosto elegante per la sua massa fisica.
Volò alto nella brezza fresca del mattino soleggiato, dilettandosi nell’sservare le scimmie e le talpe che sotto di lui erano impegnate nelle più disparate attività: chi scavava tane, chi costruiva capanne, chi disseminava i campi fertili di semi e grani e chi batteva ferri sulle forge.
Intorno a lui le fronde degli alberi più alti sembravano correre in direzione opposta alla sua; le sue ali sferzavano un vento portatore di dubbi e incertezze, mentre le sue squame percepivano il disagio come la schiuma di un'onda che raggiunge e investe la sabbia per farne fango.
Nonostante il cielo fosse terso e l’alba gioisse festosa sui tetti delle capanne e sulle strade che si diramavano nei dedali circostanti, l’atmosfera era carica di tensione. Airack sentiva che quel giorno il tempio non lo stesse aspettando invitante come i giorni precedenti. Scacciò il pensiero e prese velocità, giungendo in breve alla palude che circondava il tempio degli elementi.

Un’ombra attraversò la copertura naturale della grotta nella quale Lehr e il piccolo riposavano ignari. Quattro artigliate zampe silenti si posarono sulla superficie rocciosa della caverna. L'intruso restò in ascolto, nel tentativo di captare anche la più insignificante forma di movimento. Nessuno l'aveva udito, neanche la stessa Lehr, che se ne stava pensierosa a fissare la volta che costituiva il soffitto della caverna ignorando che qualcuno si trovava proprio sopra di essa.
“Comune, semplice, per niente sospetta. Una casa perfetta per nascondere qualcosa” commentò l’intruso, grattando pigramente sulla pietra ruvida.

“Airack, erano anni che non tardavi. Cos'è successo?”
Un drago dalle squame glaciali come l'azzurro dei ghiacci se ne stava seduto sulle zampe posteriori, le ali stese lungo i fianchi, osservando Airack in piedi di fronte a lui. Sostenne nervosamente lo sguardo, cercando di apparire quanto più naturale possibile. Intorno a loro, le mura antiche come il tempio che le ospitava si ergevano circolarmente fino al soffitto, costituito da un oculo vitreo dal quale filtrava la luce mattutina. Sulle pareti erano incastonate lame affilate: spade, asce, lance e mazze di ogni forma e dimensione, che rappresentavano il risultato di una faticosa mano d’opera da parte del drago cremisi. Airack trascorreva lì molto del suo tempo per esercitare le sue abilità di fabbro, offrendo le sue capacità per fornire ad ogni specie un armamento adeguato. Amava il suo lavoro, quasi quanto amava Lehr.
“Se dopo tutto questo tempo un piccolo ritardo dovesse costarmi la vostra fiducia non esiterò ad andarmene” ribatté scorbutico.
“Nessuno ti ha chiesto di andartene”
Airack mosse leggermente le ali per donare al suo aspetto una sfumatura più solenne e composta.
“Allora non vedo dove sia il problema. Per me è un onore servire te e gli altri guardiani, ma di questi tempi il vostro comportamento mi sta lasciando al quanto perplesso”
L’altro sbuffò sonoramente, spingendo il muso di qualche centimetro più vicino a quello dell’interlocutore, che non indietreggiò. Il suo corpo, nonostante apparisse robusto e navigato, al confronto di quello di Airack pareva piuttosto esile.
“Non scaldarti, non ce n’è alcun bisogno. Il tuo aiuto, che tu erroneamente chiami servizio, ci è molto utile. Se ti senti oppresso dal nostro comportamento sei libero di andartene”
Airack socchiuse le palpebre e per un attimo sembrò pentirsi della propria irruenza.
“Non intendevo dire questo. Solo che ogni errore o incertezza riesce a diventare un pretesto di lamentela da un po' di tempo a questa parte. Non sei tu a turbarmi Axius, sai che sei l’unico qua dentro del quale io mi fidi, ma l’aria che si respira al tempio mi sembra diventata piuttosto pesante”
Le iridi marine di Axius si intrecciarono con quelle scure del fabbro, che non distolse lo sguardo per non lasciar trasparire quel guizzo di incertezza che avrebbe potuto tradirlo come il movimento chiassoso di una preda nascosta.
“Noi pensiamo Airack che il tuo comportamento così inusuale, così lontano dal tuo consueto modo di fare abbia un'origine pericolosa. Non hai mai fatto ritardo, neanche di un secondo, non fosse stato per qualcosa di più che rilevante. La tua fretta di tornare a casa ogni giorno, tutte le domande alle quali ti guardi bene dal rispondere in maniera esaustiva, hanno insospettito soprattutto Flarendor. Io personalmente ho molto rispetto per te e per le tue doti manuali, ma se c’è qualcosa che al tempio non piacciono sono i segreti pericolosi”
La mente di Airack comprese che c’era poco tempo per elaborare una risposta convincente e credibile. Cosa l’aveva tradito? Quale aspetto del suo comportamento aveva destato tali sospetti nei guardiani del tempio? Il suo muso non riuscì a non contorcersi in una smorfia di astio nei confronti delle sue lacunose capacità di mascherare i propri pensieri.
“Non ho mai mentito a voi guardiani degli elementi e mai lo farò. Ma non posso fare attenzione ad ogni mio gesto preoccupandomi della vostra interpretazione”
Axius si sollevò rapidamente sulle quattro zampe, lasciando che le ali azzurre gli scivolassero a coprire le spalle.
“Ti prego Airack. Cosa nascondi in quella tua grotta che noi non dobbiamo conoscere? Flarendor è diretto proprio lì. Ho cercato di fermarlo, ma non ha voluto sentir ragione”
Come se una delle sue spade lo avesse trafitto su ogni singola squama del corpo, un brivido di terrore pervase Airack.
“Maledetto!” Un ruggito scaturì dalle profondità del suo essere. Il guardiano del ghiaccio ebbe l’istintivo riflesso di gettarsi indietro fino a sfiorare la parete opposta con la punta della coda. “Se si azzarda a toccare Lehr o l’uovo io...”
Troppo furente e devastato dalle paure per degnare il guardiano anche di una minima attenzione, Airack si gettò fuori dalla stanza e attraversò a balzi gli ampi atri del tempio fino a lanciarsi da un oculo privo di invetriata. Sfruttò lo slancio della spinta delle zampe posteriori sulla pietra che rivestiva l’esterno del tempio e come un’enorme saetta rossastra si confuse con violenza tra gli albori prossimi a lasciar spazio ad un giorno di paure; giorno in cui dall'azzurro del ghiaccio e dal rosso del fuoco avrebbe avuto luogo la nascita del leggendario drago viola.

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Capitolo 2
*** Come una meteora ***


COME UNA METEORA



Come una scintilla splendente, Airack correva tra le nuvole rosee che al suo passaggio parevano squarciarsi e mostrare una qualche natura iridescente. Percuoteva il cielo con le ali possenti, furibondo e permeato di una paura oscura come di un'eclissi solare. Ogni immagine felice e ogni sentimento fulgido e puro rischiavano di infrangersi su un semplice, flebile istante.
In quel tragitto, che la sua mente registrò come infinito quando in realtà stava viaggiando ad una tale velocità che il volo non sarebbe durato che pochi altri secondi, il terrore si impadronì di lui; sequenze di immagini fin troppo nitide per sembrare solo illusioni gli si pararono di fronte agli occhi rischiando più volte di fargli perdere il contatto con la realtà. Il suo respiro si fece affannoso e gli artigli si spalancarono automaticamente, come a difendersi da qualcosa più grande di lui. Più grande di un destino incerto, pericoloso e avverso; un destino oscuro.
Sfidò le forze che volevano portarlo a cedere all’oblio della paura e concentrò tutto se stesso nell’atterraggio tra gli alberi rivestiti da ricche chiome primaverili, alleggerendo l’impatto con il suolo con la flessione dei muscoli di tutte e quattro le zampe.
Qualcosa gli suggerì di fermarsi un istante; per riprendere fiato, per tornare a contatto con la realtà, per captare con i sensi più profondi ogni movimento e segno vitale all’interno della sua dimora, ai suoi occhi triste e occultatrice di un orrore troppo violento perché potesse sopportarne l’impatto.
Silenzio. Tutto attorno a lui pareva essersi immobilizzato in un attimo glaciale di tensione.
“Lehr…”
Forse non riuscì a pronunciarlo in maniera più decisa, forse non ne aveva le forze; la sua voce uscì in un tenue gorgoglio gutturale. Si impose di entrare e scontrarsi con i propri dubbi.
Lehr giaceva al centro della caverna, stesa su una pozza scarlatta. Il cuore di Airack si contrasse e si espanse convulsamente e non fu in grado di compiere il ben che minimo movimento. L’unico guizzo del suo sguardo si bloccò sul piccolo mucchio di paglia dal quale, qualche ora prima, aveva raccolto il fragile uovo viola. Era vuoto.
“Lehr!”
Il drago si gettò sulla compagna inerte sul pavimento della grotta. L’ala sinistra era squarciata e le articolazioni che univano le membrane alari erano quasi state mozzate. Presentava lesioni su tutto il corpo e il suo muso era reclinato a terra, sotto quella trasparente dolcezza che non si era spenta neanche con tutte quelle ferite. La sua espressione racchiudeva un’immensa tristezza e un dolore incommensurabile, ben più profondo di quello inferto al suo corpo.
“Lehr ti prego… no”
Il groviglio di sentimenti di sconforto, rabbia e vendetta convergerono in un solo e selvaggio ruggito di disperazione. Scosse il corpo della dragonessa azzurra, ma non ottenne risposta.
“Lerh svegliati!”
Per secondi che furono secoli restò immobile a fissare l’orrore che gli si parava davanti. Fu un movimento impercettibile di una delle zampe anteriori della dragonessa a riaccendere in lui una scintilla di speranza.
“Lehr! Avanti!”
Afferrò delicatamente il suo muso e lo sollevò, cercando nei suoi occhi ancora socchiusi un qualche sollievo.
“Airack...”
“Non sforzarti. Dobbiamo portarti da qualcuno. Riesci a…”
“Non sono riuscita a proteggerlo! Hanno portato via l’uovo. Flarendor… è stato Flarendor”
“Lo so. Ma dobbiamo pensare a te ora”
“Lascia perdere”
Airack la lasciò ricadere a terra e le si avvicinò al fianco sinistro, portando entrambe le zampe anteriori sotto il suo ventre.
“Ti ho detto di lasciar perdere"
“Non dire sciocchezze! Devi solo resistere qualche minuto”
Lei sbuffò e un piccolo getto d’aria fresca scaturì dalla sua gola.
“È troppo tardi. Non so quanto resisterò ancora”
Airack non si curò dei suoi discorsi e provò ad issarla sopra al dorso, ma con le ultime forze rimaste Lehr si divincolò, convincendolo che non aveva nessuna intensione di collaborare.
“Ti prego. Non essere stupido. Vattene da qui! Nessuno ci aiuterà sapendo che tenevamo nascosto un uovo che avrebbe potuto mettere in pericolo il... il nostro mondo" Il respiro le si fece più affannoso. “Loro sapevano. Sapevano tutto. Dovevano solo aspettare l’occasione giusta perché tu non potessi intralciarli”
Tossì un fiotto di sangue. Airack si chinò su di lei. Una lacrima bagnò il suo muso già inchiostrato da nere macchie di dolore e scivolò sul collo squamoso, per infrangersi al suolo. Forse la prima lacrima scesa da quella temeraria anima guerriera.
“Hanno rapito nostro figlio. Ma tu devi salvarti. Axius è dalla tua parte. Lo dimostra il fatto che…” Fece una pausa, raccogliendo le poche forze che le restavano per alzare di nuovo la testa e fissarlo negli occhi. “Che non sapeva molto di questa faccenda, sarebbe stata un’ulteriore presenza fastidiosa da eliminare”
In mezzo a tutto ciò che stava provando in quel momento, una piccola parte dei pensieri di Airack andò al guardiano del ghiaccio, rendendosi conto che almeno da lui non era stato tradito.
“Lehr. Io…”
“No!”
Il vigore con cui la dragonessa lo interruppe parve tutt’altro che quello di una creatura moribonda. Quella che fino ad un momento prima era l’immagine della dolcezza e dell’innocenza stroncata bestialmente da artigli infami, si trasformò in un’espressione decisa e risoluta. Espressione degna della compagna di Airack.
“Non ti permetterò di fare sciocchezze. So a cosa stai pensando. Se ti trovassero saresti spacciato, avresti contro tutto il tempio… e per estensione tutto il regno dei draghi”
L’enorme drago rosso ringhiò furente. L'ira che ormai lo pervadeva osso per osso, squama per squama, si manifestò in un ruggito infuocato che si abbatté sulla parete di fronte.
“Non importa! Non permetterò che la passino liscia. Me la pagheranno. Lehr… fosse l’ultima cosa che faccio io ti vendicherò! Flarendor è finito! Voglio vederlo soffrire e supplicare pietà! Pietà che non gli concederò neanche se mi implorasse in ginocchio!”
Lehr poggiò nuovamente il capo pieno di ferite a terra. Il suo impeto era apparso insignificante di fronte alla collera di Airack. Non insistette, conoscendo il temperamento fiero e risoluto del compagno, che per la propria famiglia avrebbe dato la vita. Una famiglia fatta a fette dall’esistenza di quel piccolo e innocuo uovo viola, sorgente di un potere troppo grande per essere ignorato.
La dragonessa abbassò lentamente le palpebre, rivolgendo i suoi ultimi pensieri al figlio e a cosa ne sarebbe stato di lui. Poi, con un filo di voce ormai prossimo all’oblio, si lasciò andare ad un altro flebile tentativo.
"Airack. Non voglio andarmene con la consapevolezza che il cucciolo crescerà senza né una madre né un padre. Esaudisci questo piccolo desiderio, ti prego. Aspetta che sia cresciuto e vivi il futuro insieme a lui. Non farti uccidere. Potrai rivendicare l’amore che ti hanno portato via… ma solo quando sarà cresciuto, quando nessuno si ricorderà di suo padre. Potrai salvar…”
Non riuscì a concludere la frase, le parole si infransero nel suo ultimo respiro. L’ultima immagine, una zampetta viola che si faceva largo tra la membrana solida del guscio dell’uovo viola, sogno che quasi ogni notte la rendeva fiera e felice. Lo stesso sogno che aveva causato tutto il sangue che ancora non aveva smesso di fluire dalle sue ferite, di cui non poteva più percepire il dolore.
Airack non si mosse. Il grumo di rosso e tenebra che avvolgeva Lehr divenne ai suoi occhi un insieme indistinto di frammenti d’incendio. Non vide né sentì più niente. Il tempo si era fermato su un’unica ma feroce certezza.
Osservò il corpo martoriato di Lehr, sapendo che non avrebbe retto a lungo la visione della madre di suo figlio prona su quel lago rosso. Incurante del sangue che gli imbrattò le squame delle zampe, la afferrò sotto al collo e in mezzo al ventre e la portò all’esterno, volando fino al piccolo torrente che si trovava a pochi metri dal bosco che circondava la grotta, nel mezzo di una tranquilla radura rocciosa.
Lavò accuratamente le sue ferite e le macchie di sangue già incrostato, senza neanche guardare cosa stava facendo. Non voleva più vedere il corpo straziato di Lehr, quindi chiuse gli occhi e cercò di frenare, per il momento, quel fuoco che lo stava corrodendo fin dentro le viscere.
Finito di pulirla, iniziò a scavare meccanicamente dei solchi sul suolo terroso, che presto si trasformarono in un letto abbastanza grande da poter ospitare il riposo eterno della dragonessa azzurra. Un brivido lo attraversò non appena adagiò il suo corpo inerme nella fossa, un senso di inesorabile angoscia nel distendere le dolci ali che fino al giorno precedente l’avevano avvolto per trasmettergli il loro amore.
Represse con difficoltà il desiderio di chiederle di svegliarsi, per poi abbracciarla un’ultima volta, sperando che il calore delle sue zampe la potesse raggiungere ovunque lei fosse.
Si lasciò andare alle lacrime. Lacrime che non avrebbero mai potuto colmare il vuoto orrendo che celava nel cuore, né sostituire la rabbia e il disprezzo che provava, ma si rivelarono necessarie affinché potesse sfogare una parte dell’odio che di li a poco l’avrebbe spinto a gesti incoscienti e l’avrebbe trasformato in un automa di fuoco e zanne.
Carezzò il dorso della compagna come faceva spesso prima di dormire, passando delicatamente gli artigli tra le sue squame lisce e nobili.
“Buonanotte Lehr” Singhiozzò, prima di rivolgere lo sguardo al cielo, ancora limpido e luminoso.
Mosse con cautela alcuni pezzi di terra per coprirla, fino a quando non restò scoperto solo il suo muso dolce e dormiente, che Airack baciò delicatamente. Le ultime ferite l’avrebbero accompagnata nel suo sepolcro , a testimonianza del coraggio dimostrato nel difendere l’amore per il proprio figlio.
Terminato il lavoro e nascosto anche il suo muso sotto la terra, Airack si avvicinò ad un robusto albero che piangeva rami spioventi; Anche lui sembrava sconvolto per la sorte di Lher.
Con una zampata ne tranciò di netto metà del tronco, per concludere l’opera con una frustata della coda spinata con cui squarciò di netto il povero legno. L'albero cadde rumorosamente al suolo.
“Tu farai la stessa fine!” Esclamò, guardando i resti del tronco spezzato.
“Se ne sei convinto…”
Airack sobbalzò. Si voltò di scatto alle proprie spalle, per incrociare lo sguardo di un altro drago del suo stesso colore ma di minori dimensioni che planava sopra il mucchio di terra che proteggeva Lehr. Quattro corna nere e irsute si alternavano sulla sua testa che, assieme ad una robusta muscolatura e ad un manto di squame lucido e fiammeggiante, donavano al suo aspetto una nota solenne.
Il muso di Airack mutò in un rostro di zanne bianche e brutali. Fu un lampo, la sua mente registrò solo una possibile azione: dilaniare.
Un solo balzo fulmineo, e Flarendor fu costretto a lanciarsi di lato per evitare una possente artigliata che distrusse una spessa zolla di terra e sollevò un'ampia nube di polvere. Senza fermarsi Airack gli si lanciò di nuovo addosso; il guardiano, nonostante avesse dalla sua parte anni e anni di severo allenamento, dovette fare appello a tutti i suoi riflessi e ad una sufficiente dose di fortuna. Airack non gli diede tregua, non passò neanche un secondo che un fiume di fuoco rovente scaturì dalle sue fauci per travolgerlo. Le fiamme dilagarono, mentre Flarendor si sollevava in aria lontano da quell’inferno, che nonostante non avesse potuto danneggiare le sue squame di guardiano del fuoco gli aveva procurato due livide ustioni sulle zampe anteriori utilizzate per ripararsi il muso. Non si aspettava un simile impeto, nonostante sapesse dell’immondo reato commesso.
Airack lo scrutò dal basso con tutto il disprezzo che era in grado di trasmettere e con veemenza gli si scagliò di nuovo contro, incurante di non poterlo annientare con le fiamme. Un’altra vampata incandescente ancora più violenta della precedente circondò Flarendor, che ne emerse con una virata istantanea con cui si portò al suo fianco. Impattò le proprie corna sul costato di Airack e lo gettò a terra.
La mole di Airak attutì in parte il colpo. Si alzò velocemente ed evitò una pericolosa sferzata di coda che gli passò a pochi centimetri dal collo. Riuscì a darsi una leggera spinta con le zampe posteriori, ma il movimento troppo rapido gli aveva impedito di concentrare le forze sul balzo e quindi si ritrovò momentaneamente indifeso. Flarendor ne approfittò per artigliarlo sull’addome e lasciargli un profondo squarcio sul ventre. Airack cadde a terra ruggendo di dolore, mentre sangue viscoso cominciava a colargli dalle squame. Il suo avversario restò a debita distanza.
"Come... come hai potuto distruggere così la mia famiglia!”
Si alzò di nuovo e si gettò ancora all’attacco, ma la ferita l’aveva reso troppo vulnerabile. A Flarendor fu sufficiente spostare il peso sulle zampe di sinistra e colpirlo con la coda sulla fronte. Milioni di stelle esplosero nel campo visivo di Airack. Non riuscì a distinguere altro che la massa scarlatta di Flarendor che gli era balzato addosso, schiacciandolo sotto il proprio peso.
Con un colpo secco il drago gli fracassò le ossa di una delle zampe anteriori e Airack guaì in preda al dolore, perdendo per qualche secondo la cognizione di quello che stava succedendo. Riuscì tuttavia con un ringhio sommesso e uno sforzo titanico a spingere via Flarendor, che non oppose resistenza.
"Perché..." chiese digrignando le zanne.
L’altro ghignò divertito.
“Davvero non ci arrivi? Povero sciocco. Per quanto pensavi di poter nascondere la natura di tuo figlio?”
Airack si alzò a fatica, distrutto nel corpo e nella mente.
“L’abbiamo nascosto proprio a causa di quello che prevedevo sarebbe successo. E infatti avevamo ragione"
Ormai sapeva che sarebbe stato inutile, ma mise tutte le sue energie nell’ultimo disperato tentativo di contrattaccare. Nessuna esitazione, niente lo frenava. Un’anima sofferente in cerca di pace nella venuta della fine.
“Se continui ad insistere sarò costretto a farti ancora più male. Non ero venuto con l’intensione di uccidere anche te, ormai non sei più un pericolo. Ma se è quello che vuoi...”
Con la semplice rotazione di una zampa, Flarendor fece rovinare l’avversario miseramente al suolo, che risentì di tutta la sua stessa mole sul proprio corpo dolorante.
La sua anima e il suo cuore volevano lottare, volevano salvare il figlio, ma sembrava che tutto fosse destinato a concludersi in quel luogo, in quel momento. Sarebbe caduto accanto alla sua compagna e come lei l’avrebbe fatto lottando. Comprese che il momento di arrendersi arriva sempre, prima o poi, ma non per lui; non di fronte a Flarendor. Sapeva di dover resistere, per Lehr, per il piccolo.
“Cosa ne avete fatto dell’uovo?” domandò rabbiosamente.
Non riuscì a gridare, a sembrare minaccioso, ormai si sarebbe accontentato del suo diritto di sapere.
“Niente. È molto vicino sai? Volevo concludere il lavoro prima di tornare al tempio e l’ho nascosto non molto lontano da qui. Volevo accertarmi che tu non mi seguissi. Non sarei voluto arrivare a tanto, ma visto che ti sei rivelato testardo quanto la tua stupida compagna…”
Con uno scatto di rabbia le sue zampe, compresa quella fratturata, si drizzarono e la bocca irta di zanne si spalancò furiosa.
“Non ti azzardare a offendere ancora Lehr…”
“Altrimenti?”
Airack lo sprezzò con lo sguardo, consapevole che non era nella condizione di minacciare.
“Voglio soltanto sapere cosa ne sarà di mio figlio. Perché non ci avete permesso di crescerlo! Avremmo potuto tenerlo sotto controllo se le cose fossero andate male. Non sarebbe stato un pericolo per il tempio. Per nessuno!"
“Il tempio? Chi ha parlato del tempio. Io agisco per conto mio. Axius e la sua amica guardiana della terra non c'entrano nulla, io soltanto ho deciso di venire a farvi visita. Speravo che con la tua assenza la tua compagna sarebbe stata più docile e non avrebbe opposto resistenza. Non so se sarei stato in grado di sconfiggervi entrambi, ha combattuto come una belva” Sollevò un’ala, mostrando il fianco sinistro al quale era stata inferta una profonda ferita da taglio. “Mi ha lasciato questo bel ricordino con le sue lame di ghiaccio. Se devo essere sincero ho adorato la forza che ha dimostrato, non fosse stata così cocciuta sarebbe potuta diventare un’ottima madre”
“Madre di un figlio che le hai portato via?” gli sputò sul muso Airack.
“Voglio addestrarlo ad essere un guerriero freddo ed impassibile di fronte al nemico agonizzante ai suoi piedi. Un guerriero che non conosce la pietà, padrone di tutti gli elementi. Un guerriero al nostro servizio! Saremo in grado grazie a lui di raggiungere il massimo potere mai acquisito da un drago e tutto sarà sotto il nostro dominio”
Airack ebbe un fremito d’ira. Il suo corpo iniziò ad essere scosso da convulsioni e da spasmi che sembravano sul punto di mutare le sue membra in qualcosa di demoniaco.
“Non solo hai ucciso Lehr ma vuoi diventare padrone di mio figlio!"
In un lontano, remoto anfratto della sua mente aveva perfino accettato il destino che gli era stato assegnato nel momento in cui l'uovo viola era giunto nella loro vita. Anche nel suo cuore si annidava il timore che suo figlio avrebbe potuto portare il mondo alla distruzione. Flarendor però non voleva scongiurare il pericolo, voleva anzi guidare una folle supremazia sfruttando il cucciolo. Non poteva accettarlo.
Il suo corpo si circondò di un alone di fiamme che si irradiò nello spazio circostante come l'aura di una stella. Flarendor non parve turbato da quella singolare manifestazione di potenza, ma non riuscì a nascondere l'ombra di stupore che si dipinse nel suo muso quando il corpo di Airack divenne un piccolo astro rosso ed incandescente pronto ad esplodere.
“Tu non sei degno di essere il guardiano del fuoco! Mio figlio non sarà tuo!”
Accompagnato da una scia di luce abbagliante, Airack si scagliò con tutte le sue forze verso il perfido drago, che fece appena in tempo a rendersi conto del pericolo prima di ritrovarsi in aria stretto in una morsa rovente. Airack l’aveva afferrato ad una velocità impressionante e, coperto da uno strato infuocato con l’avversario tra gli artigli, si era lanciato verso l’alto mosso da un’energia inimmaginabile.
“Lasciami! Cosa hai…”
Senza che avessero il tempo di dire o pensare altro, Airack si capovolse e con un vigoroso battito d’ali incandescente scese in picchiata tanto rapidamente da non riuscire più a distinguere ciò che lo circondava.
"Perdonatemi Lehr, Malefor..." mormorò, con un'ultima lacrima di fuoco ad accendergli gli occhi.
Come una meteora sfrecciò inarrestabile verso il suolo. La tremenda esplosione generò un enorme cratere e mutò radicalmente l'ambiente al momento dell’impatto, che avvenne tra un incendio di bagliori e di vampe luminescenti.
Il boato fu accompagnato da un intenso calore che avvolse la piccola radura, deserta. un soffice alito di vento spirò nei pressi del ruscello.
Dei due draghi nessuna traccia.

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Capitolo 3
*** Nubi ***


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Axius se ne stava immobile di fronte a una fila di uova, ad osservarne le diverse striature colorate che disegnavano contorni astratti e irregolari sui gusci perlacei.
Intorno a lui una grotta si allargava circolarmente tra colonne e mosaici; i suoi occhi vorticavano dall’insieme delle uova al vuoto retrostante, preoccupato dai recenti comportamenti dell’amico fabbro e della piega che stava prendendo il proprio compito di guardiano. Si sentiva ingiustamente indegno di coprire quel ruolo, dopo aver udito Flarendor complottare contro l'equilibrio del loro mondo. Non aveva preso nessuna posizione, lasciando che la faccenda scivolasse sulle sue squame come nembi di minacciosa burrasca che si allontanano bruscamente all’orizzonte diretti ad invadere un altro azzurro.
Alle sue spalle, un rumore di scalpiccii lo destò dai suoi pensieri.
“Cosa ci fai qui? Non dovresti essere al tempio, Axius?”
Il drago si voltò lentamente, per incontrare lo sguardo irritante di un suo simile. Aveva due corna acuminate sulla sommità del capo con un terzo centrale curvo all’indietro e lo sguardo tipico dei voltafaccia. Il giallo dorato delle sue squame rispecchiava la sua appartenenza all’elemento d’ell’elettricità.
“Potrei farti la stessa domanda, Siil”
L’altro sbuffò sonoramente e inclinò la testa di lato, con fare di scherno.
“Ero venuto a controllare che le uova fossero al sicuro, ma a quanto pare mi hai preceduto”
Axius lesse la menzogna nelle parole e nel tono della voce che Siil non cercò neanche di nascondere.
I loro occhi lampeggiarono per un istante di odio reciproco.
“Questa tua arroganza un giorno potrebbe diventare la tua più grande rovina. Sono sempre stato decisamente paziente, ma credo tu sappia che a tutto esiste un limite” Sputò Axius, cercando di non esagerare e di reprimere tutti gli insulti che avrebbe voluto scagliargli contro.
“Non sei sempre stato tu a dirci che la calma può essere più efficace di dodici artigli?”
“E lo ribadisco. Adesso però se non ti dispiace dovrei passare. Potresti gentilmente toglierti da lì? L’uscita è una sola”
Siil ghignò in segno di sfida, per poi scostarsi quel tanto che bastava perché Axius potesse superarlo e raggiungere la fresca aria notturna che portava sulla palude una polvere di stelle splendenti, destinate presto ad oscurarsi.
La volta celeste era immersa in una notte profonda e silenziosa, bagnata di opachi nembi grigiastri.
“Il cielo giura pioggia, promette sventura”
Siil lo seguì senza staccargli gli occhi di dosso.
“Non dovresti temere l’acqua, in fondo è parte del tuo elemento”
“Non temo la pioggia Siil. Temo qualcosa di ben peggiore”
L’altro rise. Il sibilo acuto della sua voce riecheggiò nella quiete che li circondava.
“E di cosa si tratta, sentiamo”
“Penso tu sappia di cosa sto parlando. E poi sei tu che devi preoccuparti della pioggia. Tu che resti danneggiato anche da poche goccioline”
Siil gli balzò agilmente di fronte, planando bruscamente a pochi centimetri dal suo dorso. Axius sostenne pacatamente il suo sguardo furente, che sembrava volerlo trafiggere.
“Perché vuoi darmi un motivo per farti del male Axius?”
“Perché una buona volta non cerchi di apparire maturo?”
Il drago dorato non riuscì a far presa sull’espressione indifferente e fredda del guardiano del ghiaccio, che senza degnarlo di troppa attenzione si librò in aria e scomparve in direzione del tempio.
Rimasto solo, Siil tornò sui propri passi e lanciò una vacua occhiata all’interno della grotta di pietra, dove riposavano decine di uova ignare del fato che attendeva i cuccioli che ne sarebbero usciti. Una sagoma scura gli si avvicinò di soppiatto, cogliendolo di sorpresa.
“Ottimo lavoro Siil. L’hai fatto arrabbiare”
Il drago si voltò, trovandosi faccia a faccia con il guardiano del fuoco.
“Flarendor?”
“Sono io. ti turba questo?”
“Affatto. Ansi ne deduco che sia andato tutto a buon fine”
Flarendor soffiò un piccolo sbuffo di fumo dalle narici e sorrise beffardamente.
“Non è più un problema se è questo che vuoi sapere”
“Ovviamente. Era come pensavamo?”
“Proprio come pensavamo”
A Siil sfuggì un gorgoglio di vittoria dalle fauci. Il suo sguardo lasciava trapelare la soddisfazione nel sentire le parole di Flarendor, fiero quanto lui del proprio operato.
“Quindi l’ostacolo più grande è stato schiacciato?”
“È presto per gioire Siil. La meta è ancora lontana. E soprattutto, non è ancora finita. Ci sono altri ostacoli da…” Un ghigno divertito intervallò la frase, “Schiacciare”
“Ti riferisci ad Axius? Potrebbe essere un problema”
“Non dico questo. Semplicemente è uno di quei tanti fastidiosi insetti che ti ronzano tra le squame”
Il muso di Siil assunse una sfumatura preoccupata.
“Non vorrei sembrarti ccodardo, ma non credi che sarebbe controproducente un simile conflitto interno al tempio?”
Il tono cupo e profondo di Flarendor stonò totalmente con quello leggero e acuto di Siil, che sembrò trasalire di fronte all’impeto del drago rosso.
“Perché devi sempre dimostrarti così stupido, Siil? È proprio questo conflitto interno che ci porterà all’instabilità. Allora non avremo più né doveri né obblighi verso il nostro ruolo e potremo agire”
Siil si erse raggiante in volto sulle quattro zampe e scoppiò in una fragorosa risata.
“Una cosa è certa, ci sarà da divertirsi!”
Flarendor si unì a lui.
Si diressero all’interno della grotta, nella quale rimbombò il suono acuto del loro riso crudele. Flarendor si avvicinò al gruppo compatto di uova opalescenti e senza troppa cautela ne scostò distrattamente alcune con una zampa, facendole rotolare senza pietà in ogni direzione.
“Non vorrai che i membri del tuo esercito siano menomati? Lasciali stare poverini. Va a finire che dobbiamo sopprimerli prima del tempo quei poveri cuccioli”
Flarendor scrutò divertito Siil, la perfidia stampata sul muso cornuto. Spalancò gli artigli della zampa anteriore sinistra dalla quale scivolò l’uovo viola, che scese al fianco di uno dei suoi futuri compagni. Siil restò basito per qualche momento; seguì con lo sguardo l’uovo, per poi tornare a fissare Flarendor, sogghignando, se possibile, in maniera ancor più spregevole.

Axius era in piedi immobile ad osservare la luce scaturire da un cristallo al suo fianco. Un chiarore azzurrino splendeva intrappolato nella sfera vitrea. Osservò la luce ambrata provenire da altri cristalli incustoditi, a qualche metro da lui, incastonati sulle pareti lapidee della sala degli elementi. Al suo fianco una dragonessa di squame verde smeraldo, dal dorso attraversato da una fila di cuspidi argentee, lo fissava con fare curioso e allo stesso tempo compassionevole.
“So cosa provi a vedere quei cristalli senza i loro guardiani. Ma non pensi che...”
“Il sacro compito dei guardiani di proteggere gli elementi è stato violato. Non posso far finta di niente” Rispose il drago azzurro, senza voltarsi.
“Non ti sto suggerendo di farlo. Ansi vorrei poterti aiutare”
Axius girò il capo senza però muoversi di un millimetro.
“Vorrei che almeno tu ne restassi fuori Neiry. Non penso il futuro abbia in servo per noi giorni felici”
“Restarne fuori? Certo. O magari consegnare direttamente l’energia della terra a quei due squilibrati”
La dragonessa si mosse dolcemente e si sedette al fianco di Axius, ancora immobile nella medesima posizione da parecchi minuti.
“Allora l’hai capito anche tu”
Lei sospirò.
“Non pensavo servisse una mente così arguta. Cos’hanno in mente?”
“Non lo so. Ma che non si azzardino a soverchiare l’ordine che da sempre regna tra gli elementi. Non avrei alcuna pietà”
Neiry gli poggiò una zampa artigliata sull’incavo dietro al collo.
“Sono con te”
Axius la fissò con due pupille che celavano odio sepolto e molta preoccupazione, addolcito solo dalla consapevolezza che poteva contare su qualcuno.
"Bella consolazione"
La dragonessa sorrise.
"Tu che fai dell'ironia?"
Axius decise di ridare alle proprie articolazioni un motivo per muoversi e lasciando scivolare la zampa della dragonessa sul proprio fianco raggiunse il cerchio che designava il centro della sala.
“Non gli permetterò di corrompere il cucciolo che nascerà da quell’uovo. La leggenda si è avverata. Non dobbiamo lasciare che Flarendor ne approfitti” dichiarò Axius, con gli occhi puntati alla copertura interna della sala.
“Ho la sensazione che Airack e Lehr siano in pericolo. Airack si sta comportando in maniera insolita e Flarendor ha sospettato qualcosa. Spero solo che non gli venga in mente qualche pazzia”
“Non vorrei sembrarti pessimista, ma ho la strana sensazione che l’abbia già attuata la pazzia di cui parli” rispose Neiry.
Axius abbassò il capo.
“Già. Lo credo anch’io. spero che Airack stia bene” disse con poca convinzione.
“Futili speranze le vostre”
Entrambi sussultarono, voltandosi all’ingresso della stanza dove Flarendor era comparso improvvisamente, seguito dal drago dell’elettricità. Siil lo oltrepassò dirigendosi alle spalle di Neiry, dove solitamente si stendeva per riposare.
“Che cosa significa?” ringhiò il drago del ghiaccio.
Il guardiano del fuoco raggiunse a sua volta il proprio cristallo, del tutto indifferente, per voltarsi poi a guardare Axius, che lo stava osservando in bilico tra il dubbio e la furia.
“Airack ci ha traditi e per questo ha pagato. Era quello che si meritava”
Neiry si avvicinò cauta a Flarendor, che non la degnò neanche di attenzione.
“L’hai ucciso?”
All’udire quella domanda Axius trasalì e Siil ghignò vistosamente.
“Sarebbe più corretto dire che mi ha obbligato ad ucciderlo, persino in cambio di diverse scottature. Ha osato profanare il mio corpo”
Flarendor mostrò ciò che prima aveva celato a Siil. Sollevò le ali, scoprendo i fianchi coperti di ustioni e strinature. Le zampe anteriori sotto le squame presentavano ferite ancora fresche e sul lato sinistro del collo una macchia scura di squame bruciacchiate sporcava il suo manto scarlatto.
“Caspita amico. Adesso che ti guardo meglio sei conciato piuttosto male sai? Non credevo che un drago del fuoco potesse… bruciarsi” Lo Derise Siil, pacatamente seduto sul pavimento di pietra.
Axius non riuscì a guardare nessuno dei due, perché il disprezzo che provava non sarebbe giunto loro se non con un insulso atto di rabbia.
“Non ti toglierò di mezzo in quest’istante perché il mio cuore ragiona diversamente dal tuo. Ma ora parla. Voglio sapere le tue intenzioni Flarendor. Per quale motivo hai fatto una cosa del genere? Perché ti sei abbassato a tanto?”
“La leggenda si è avverata e non mi lascerò sfuggire quest’occasione. Sono anni che aspetto questo momento… finalmente un drago viola. Mi sono stufato del ruolo di Guardiano del fuoco, è ridicolo. Voglio ottenere qualcosa di più, voglio dare a questo compito una sfumatura concreta. E quale sogno sarebbe più grande di addestrare il più potente drago mai nato?”
Neiry e Axius si lanciarono un’occhiata sbigottita, mentre Flarendor si compiaceva della vivida sorpresa nei loro volti.
“Sei un pazzo! Tu…”
Axius fece per balzargli addosso, o almeno diede l'impressione di volerlo fare, ma Neiry gli si parò davanti e gli sfiorò il muso con il proprio.
“Tranquillo, adesso ci penso io”
Senza che nessuno potesse prevederla, la dragonessa si lanciò fuori dall’antro e schizzò per le stanze illuminate d’azzurro dai cristalli del tempio. Siil si drizzò sulle zampe, pronto a gettarsi all’inseguimento. Come se le loro menti contorte pensassero all’unisono, lui e Flarendor si lanciarono contemporaneamente sulle tracce di Neiry, con Axius che ruggiva furioso alle loro spalle.

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Capitolo 4
*** Venire all'oscurità ***


VENIRE ALL'OSCURITÀ



Neiry sfrecciava nel buio della notte, con Flarendor e Siil alle calcagna. Axius alle spalle del drago dell’elettricità cercava di restare calmo, cosa che sembrava essere impossibile anche per lui. Teneva d’occhio i due guardiani, pronto a scattare in caso che avessero avuto la sciagurata idea di attaccare Neiry. La dragonessa stava cercando di spingere il suo corpo al limite, concentrando tutte le sue forze sulle ali, non riuscendo però a seminarli. In effetti non sembrava quello il suo intento.
Quattro ombre si muovevano rapide tra le buie nubi grigiastre, quattro anime con pensieri opposti, quattro guardiani con destini diversi. Sotto di loro si estendeva la grande palude, costellata di bioluminescenze alternate a solitarie ninfee e piante palustri, le quali costituivano il percorso che si dirigeva dal tempio alla grotta in cui le uova erano state lasciate a riposare.
Neiry volava con la mente fissata sull’immagine dell’uovo viola, così bestialmente allontanato alle cure dei propri genitori. Non sapeva se quel cucciolo sarebbe vissuto felice, ma una cosa era certa: non avrebbe mai incontrato la madre che l’aveva dato alla luce. questo pensiero la tormentava, le fracassava il cranio e le costole a colpi d'artiglio sul petto. Voleva dare tutta se stessa per aiutare i piccoli che sarebbero nati di lì a breve, non avrebbe permesso a due scellerati di infliggere dolore a creature innocenti. Si voltò senza perdere velocità verso i draghi che ancora la inseguivano, troppo calmi per non nascondere qualcosa. Se avessero voluto l’avrebbero raggiunta facilmente.
Neiry giurò di aver visto Flarendor sorridere, ma non se ne curò. Probabilmente nessuno in quel momento conosceva le altrui intenzioni. Cercò di accelerare, ma non era in grado di volare più in fretta; batteva le ali in maniera frenetica e monotona, senza concedersi tregua. Dopo altri secondi interminabili, intravide la sagoma della grotta far breccia tra le ombre dell’oscurità. Un semicerchio indistinto coronato da contorni sfocati anche a causa della velocità che aveva raggiunto.
Scese di quota, acquistando ulteriore spinta grazie alla forza di gravità, e gli altri draghi la imitarono. Stava quasi per raggiungere il suolo, quando Siil gli saettò accanto mentre si grattava pigramente il collo.
“cosa hai intenzione di fare piccola?”
Neiry non si intimorì e proseguì verso la grotta, ormai a pochi metri da lei. Siil rallentò, fino a fermarsi del tutto in prossimità del terreno. Axius lo superò, oscurandone la figura, mentre Flarendor frenò il suo volo impetuoso sopra entrambi.
Il drago del ghiaccio fece per rallentare a sua volta, non comprendendo le intenzioni dei due, ma non appena vide Neiry gettarsi a capo fitto all’interno della grotta la seguì.
Le si portò a fianco, dandole le spalle in modo da poter tenere d’occhio Flarendor e Siil, che si erano distesi sull’erba rivestita di frescura notturna.
Non riusciva a capire cosa passasse loro per la testa. Tese tutti i muscoli del corpo, pronto a riceverli se necessario. Un ruggito furioso lo fece trasalire, nonostante fosse scaturito dalle fauci di Neiry. La dragonessa tornò sui suoi passi, urtando Axius senza curarsene e uscì nuovamente all’esterno, le zanne grondanti rabbia e lo sguardo tramutato in quello di una belva priva di ragione.
“Che c’è tesoro, i tuoi ovetti sono spariti?”
L’espressione di collera di Neiry travolse Siil, che nonostante fosse riuscito a non scomporsi, non poté impedire ad un sussulto di pervaderlo quando dalle radici di un albero si protesero rami acuminati decisi a trafiggerlo. Saltò in avanti per evitare l’assalto della natura che assieme a Neiry e ai suoi poteri stava cercando di fargliela pagare, ma la dragonessa lo intercettò e con una poderosa zampata lo sbilanciò, per poi sferzargli un colpo d’artiglio sul collo che lo costrinse a indietreggiare.
“Mi sembrava di aver visto che prima ti grattavi proprio lì, magari ora ha smesso di pruderti”
Siil sorrise e si portò una zampa sulla piccola ferita, apprezzando l’ironia dell’avversaria.
“Non posso permetterti di rubarmi il ruolo di simpaticone del gruppo, questa battuta ti costerà cara”
“Voi non fate più parte di nessun gruppo. Il vostro destino è quello di sparire insieme ai vostri folli propositi. Quindi puoi anche dirmelo, cosa ne hai fatto delle uova!?”
Siil ghignò come al solito, assumendo quell’espressione canzonatrice che la dragonessa aveva sempre odiato e che era sempre riuscita ad ignorare. Adesso però non solo stava collaborando con Flarendor a favore di empietà che avrebbero alterato il pacifico flusso della vita, stava persino contribuendo alla distruzione di una famiglia che di perfido non aveva perpetrato che il destino.
Lehr e Airack non meritavano quell’orribile fine, e così il loro cucciolo. Come espressione della bontà materna della dragonessa azzurra e dell’odio che stava inviando dalla sua coltre di luce alla malignità dei due draghi, Neiry si sentiva in dovere di prendere il suo posto e come lo sarebbe stato quello di ogni madre il suo primo dovere era quello di impedire ai propositi di Siil e Flarendor di prendere forma per salvarlo.
Puntò tutte e quattro le zampe al suolo, affondando nella superficie umida con i robusti artigli che attinsero al potere della terra e della natura circostante. Non avrebbe voluto combattere, si era ripromessa di non farlo finché non ve ne fosse stata davvero necessità. Sill percepì il repentino mutamento di stato d’animo nella dragonessa e provò una certa sensazione di disagio nel constatare a quale livello potesse portare il legame indissolubile che la univa all’energia della natura.
Si concentrò a sua volta, preparandosi a ricevere e contrastare l’assalto, circondandosi di una sottile aura elettrica che gli pervase ogni fibra del corpo. un rombo assordante ferì il silenzio e un fulmine squarciò l’aria, gettandosi violento sul terreno al suo fianco.
Le due figure si scrutarono intensamente, concentrandosi sulla potenza dei rispettivi elementi e trafiggendosi l’uno con l’altra con occhi di sangue, con intenzioni diametralmente opposte ma ugualmente ostili.
Flarendor nel frattempo se ne restava impassibile ad osservare il violento svolgersi degli eventi, mentre Axius, scioccato dalla reazione della compagna, era indeciso su quale ruolo assumere in quella situazione. In conflitto con se stesso, a metà tra il voler imitare Neiry e il restarsene momentaneamente in disparte, decise che si sarebbe gettato in aiuto dell’amica solo se fosse stato necessario.
La dragonessa percepì la sua presenza alle proprie spalle, ma ignorò ciò che Axius avrebbe potuto pensare di lei, raccogliendo tutta la sua concentrazione per lo scontro. In combattimento temeva Siil, per il suo smisurato potere e la sua innata padronanza del fulmine, ma non si lasciò minimamente intimorire dalla minaccia proveniente dal suo sguardo bramoso di morte.
Senza perdere tempo balzò in aria e cercò di guadagnare distanza, così da poter anticipare una mossa del drago nonostante la sua velocità. Infatti non appena Siil fu schizzato nella sua direzione le sue ali si piegarono di riflesso e con una rapida cabrata si portò sopra di lui, disorientandolo. Ne approfittò per sparare una sfera di luce verde, nel quale era concentrata la forza della sua alleata natura; Siil riuscì ad evitarla solo grazie ad una buona dose di fortuna, capovolgendosi a mezz'aria. Neiry gli si gettò in contro, con le fauci spalancate e la veemenza di una fiera indomabile. Nonostante la sua furia, la ragione non l’abbandonava mai, infatti non appena Sill ebbe utilizzato il proprio potere elettrico per gettarsi rapido verso il suolo, delle radici spuntarono sotto di lui pronte a ghermirlo. Purtroppo solo una delle zampe posteriori rimase intrappolata dalle spirali lignee. Siil si divincolò e reagì prontamente, scagliandosi verso Neiry che non poté evitare una scarica elettrica dritta sul torace.
Lei riuscì a non perdere quota soltanto grazie ad un enorme forza di volontà, che le impose di afferrare Siil e spedirlo nuovamente al suolo, dove ad attenderlo c’era un acuminata stalattite di pietra. Il drago riuscì a capovolgersi ancora e a ridurre i danni, sfiorando con un ala la roccia e atterrando illeso. Anche Neiry scese a pochi metri da lui, tornando a contatto con il terreno che le diede quasi istantaneamente nuovo vigore.
Siil guardò in alto, sogghignando.
“Mi sto divertendo sai?”
Un lampo si generò a qualche metro sopra la dragonessa, che resasi conto del pericolo scattò di lato, facendo così il gioco di Siil; il guardiano del fulmine sfruttò la sua distrazione per schizzarle addosso, gli artigli infusi di elettricità.
Un bagliore verdastro avvolse Neiry, trasformandosi, al momento dell’impatto tra i due, in una solida sfera rocciosa che impedì all’avversario di ferirla. Le lame elettriche che spuntavano dalle zampe di Siil si conficcarono nella pietra cercando di perforarla, ma in vano.
"Stai consumando un sacco di energia per tenere in piedi questo scudo. E non puoi muoverti da lì, altrimenti lo scudo si infrange” spiegò con superbia Sill in un'espressione di sfida.
“Ne sei sicuro?”
L’enorme sfera rocciosa iniziò a rotolare spinta dalla straordinaria forza di Neiry, che riuscì a travolgere Siil, schiacciandolo e trascinandolo alla cieca fino ad un albero sul quale entrambi si schiantarono.
Il guardiano dell’elettricità si rialzò frastornato, con qualche osso rotto e le zanne che desideravano vendicarsi per l’affronto subito. Non fece in tempo a riprendere le forze però che Neiry era già tornata in azione, facendo esplodere la sfera protettiva in una tremenda emissione d’energia naturale che si propagò tutt’attorno, spazzando via Siil e spedendolo a molti metri di distanza.
Il drago si impennò e indirizzò le fauci verso la dragonessa, che nel frattempo, dal bel mezzo dell’esplosione, aveva caricato un’altra sfera d’energia. Questa saettò nella sua direzione, scontrandosi con l’onda elettrica di Siil e tuonando in tanti bagliori splendenti che sfrecciarono nei dintorni.
Il drago dorato osservò attraverso le scintille l’avversaria ansimare pesantemente dopo lo sforzo, facendo tesoro di quell’unica occasione che la vedeva vulnerabile. Virò verso destra e lanciò una saetta splendente che Neiry schivò per un soffio, finendo però nel raggio d’azione di Siil. Il drago dorato le piombò sul dorso e la spinse brutalmente a terra.
La dragonessa provò a scrollarselo di dosso, ma gli artigli di Siil le perforarono il collo e una scarica elettrica le invase tutto il corpo, paralizzandone ogni funzione motoria. Alcune vene esplosero per l’eccessiva tensione e piccoli zampilli azzurrini le uscirono dalle ferite sanguinanti comparse su tutto il corpo, lasciandosi a presso un forte odore di carne bruciata.
Axius, inorridito dalla scena, lanciò un ruggito furioso e fece per lanciarsi in suo aiuto, ma Flarendor da disteso e tranquillo com’era gli si piazzò davanti per sbarrargli la strada.
“Dovrai batterti con me se vuoi salvarla”
“Salvarla? Non ha bisogno del mio aiuto per quell’inetto…”
“E allora dove stai andando. Devi fare un bisognino?”
“Sul tuo muso!" gridò, sferrandogli una zampata che Flarendor incassò senza batter ciglio.
“Sei uno sciocco Axius” asserì leccandosi via il sangue dalle labbra.
“E tu cosa saresti? Guarda a causa tua a cosa siamo arrivati. Nessuno si piegherà al tuo volere"
“Staremo a vedere”
Neiry non riusciva neanche a gridare tanto era il dolore, ma con i residui di un’energia infinita fece nuovamente appello alla terra, che le conferì la forza di gettare Siil al suolo con un brusco movimento delle zampe anteriori.
Sapeva che non avrebbe potuto afferrarlo e trattenerlo, a causa della sua capacità di emettere scariche da ogni parte del corpo, ma doveva trovare un modo per neutralizzarlo. Mentre l’altro si drizzava ancora sulle zampe, spiegò le ali e concentrò quel poco di energia rimasta nella zampa sinistra, che si permeò di un potere scaturito direttamente dalle profondità della terra. Il suolo iniziò a tremare sotto il suo rabbioso influsso.
Questa volta l’estrema velocità non bastò a Siil ad evitare l’attacco; tutto ciò che lo circondava sembrava essergli diventato nemico, spinto da una furia sfrenata a distruggerlo. Il colpo di Neiry lo centrò in pieno muso, fracassandogli gran parte dell’ossatura del muso e spedendolo al tappeto con una forza tremenda.
Flarendor scosse il capo, indifferente al risultato dello scontro.
“Sapevo che Siil era un incapace" bofonchiò distrattamente. "Dovrò apportare qualche modifica al piano. Perlomeno me l’ha tolta dai piedi
Axius rabbrividì, ma rispose nella maniera più pacata.
"A me sembra viva e vegeta”
“Ti facevo più sveglio Axius. Perché non vai a chiederle come sta?”
Axius restò basito dall’indecifrabile atteggiamento del rivale, ormai avversario, ma non indugiò. Si fiondò verso Neiry, che si ergeva immobile con le ali afflosciate lungo i fianchi di fronte al drago del fulmine riverso al suolo, semi sommerso da una pozza di sangue,.
La robusta muscolatura della dragonessa era stata irrimediabilmente consumata dalle scariche elettriche e il suo muso contratto in una smorfia di dolore lasciava intendere quanto il danno fosse grave.
Siil, dal canto suo, ghignava sotto una maschera rossastra che gli tingeva per metà il muso.
“Sarai soddisfatto ora. Abbiamo finito col distruggerci a vicenda. Spiegami che senso ha” Disse Neiry, fissando le iridi d’inchiostro del drago che anche in quelle condizioni parevano deriderla.
“Sei stata tu ad attaccare per prima. Quindi devi spiegarmelo tu che senso ha. Mi sono solo limitato a difendermi”
“Beh…” Rispose Neiry avvicinandosi, “Questo tuo ultimo sarcasmo ti accompagnerà da gli antichi”
Fece per prepararsi a sferrare il colpo di grazia, ma Axius la raggiunse tempestivamente, impedendo ai suoi artigli di abbattersi sul collo già ferito di Siil.
“Cosa stai facendo? Lui non mi avrebbe risparmiata Axius”
“Tu non sei come lui. So che è così, e lo sai anche tu. Posso capire come ti senti in questo momento. Non meriterebbero il tuo perdono. Ma lascialo vivere, è destinato a morire per mano di qualcun altro”
Neiry distolse lo sguardo dal compagno, dirigendolo verso Flarendor e abbozzando un sorriso.
“Giusto”
Siil sapeva a cosa stavano alludendo e non fu capace di ignorarli. Riuscì a rialzarsi, il muso grondante sangue.
“Siete una coppia di poveri ingenui. Qualunque cosa facciate non riavrete le vostre uova”
Lo ignorarono. Flarendor lanciò una strana occhiata a Siil, prima di librarsi in aria a gran velocità. Avrebbe sfruttato l’altro drago finché gli sarebbe stato possibile.
Axius corse a grandi balzi sull’erba, prima di volare al suo inseguimento, ma una saetta azzurra scaturì dalle fauci di Siil e lo colpì al ventre. Rimase stordito per un lasso di tempo sufficiente a Flarendor per allontanarsi.
“Maledetto. Non mi sfuggirai” Ruggì, Scendendo bruscamente a terra per darsi un portentoso slancio con tutti gli arti e scomparire nel buio sulla scia di Flarendor.
Batté violentemente le ali, frustando l’aria che al suo passaggio pareva gelarsi. Il drago cremisi, sfruttando il calore del fuoco e la sua sviluppata forza muscolare, gli era decisamente superiore in quanto a velocità ma Axius sapeva di non poterlo lasciar andare. Non avrebbe reso vani gli sforzi di Neiry e non gli avrebbe permesso di farla franca.
Sapeva che molto probabilmente si stava dirigendo verso il nascondiglio in cui aveva riposto le uova e ne ebbe la conferma quando Flarendor atterrò in prossimità di un enorme cratere profondo almeno un centinaio di metri, alle pendici di una silenziosa collina dal profilo oscurato in un velo notturno.
Nembi violenti seguitavano a rincorrersi sopra di loro come in una perenne fuga verso l’oblio. Axius non lo seguì, ma si limitò a restare sospeso in aria continuando a muovere pesantemente le ali, cercando di intuire le sue intenzioni. Lo vide gettarsi all’interno dell’immensa bocca scura e per non perderlo di vista lo seguì, ignorando il perché di tanta indifferenza nonostante lo sapesse alle sue spalle.
“Ti conviene non entrare Axius. Non vorrei che il tuo buon cuore ti giocasse brutti scherzi di fronte a ciò che ti aspetta”
Axius scese insieme a lui, fino a quando il buio non lo avvolse completamente. Non temendo la temporanea cecità continuò a seguire i movimenti di Flarendor con gli altri sensi, percependolo a pochi metri di distanza sotto di lui.
Ebbe la sensazione che qualcosa dal fondo del cratere si avvicinasse, e quando con i piedi urtò la superficie sabbiosa del suolo capì che era giunto il momento della verità. Iniziò a reclamare il cielo aperto della notte, oppresso dalla quieta oscurità che lo attanagliava. Nonostante sapesse che in un luogo simile Flarendor era nelle sue stesse condizioni non poteva distrarsi.
“Che ne dici, sarà meglio fare un po’ di luce?” Commentò Flarendor, scagliando una fiammata ai suoi piedi, generando un piccolo fuoco che fu comunque sufficiente a rischiarare il vuoto circostante. “Guarda un po’ alle tue spalle”
Axius si voltò, restando per un momento con il fiato sospeso nel constatare che tutte le uova si trovavano distese dietro di lui. Le venature colorate dei gusci brillarono a contatto con il tenue bagliore del fuoco, come tanti piccoli sorrisi rivolti al guardiano del ghiaccio.
“È stata una faticaccia portarle tutte qua dentro. Che peccato. I nostri sforzi devono andare in fumo per colpa di Siil”
“Esatto. Le proteggerò. Non riuscirai a portarle con te”
“Infatti non ho intenzione di farlo. Ho solo quattro zampe. Come pensi che possa portarle via da solo?”
La freddezza e la ferrea sicurezza di Axius stavano per bacillare, il suo avversario si stava comportando in modo decisamente assurdo. Non riusciva a capire per quale motivo l’avesse portato fin lì, svelandogli il nascondiglio delle uova.
Ciò che successe dopo neanche l’Aedo l’avrebbe previsto. Flarendor vomitò un getto infuocato in direzione di Axius, che impreparato a respingere un attacco così violento e improvviso fu costretto a stendersi a terra per far sì che le fiamme lo oltrepassassero.
Una sensazione di vuoto e di smarrimento gli devastò l’anima, quando si rese conto di ciò che Flarendor aveva intenzione di fare fin dall'inizio. Fu come un grido. Un insieme di lamenti provenienti dalle viscere della terra, dalle nuvole del cielo e da ogni altra forma d'esistenza. Gli fracassò il costato e penetrò fino al cuore, che per un momento sembrò volersi fermare.
Non osò neanche girarsi per vedere cosa fosse rimasto dell’insieme di uova, ormai ridotto ad un mucchio fumante di gusci vuoti e distrutti.
“Dovresti vedere il tuo muso” Lo schernì il drago rosso, dopo avergli mostrato fin dove poteva arrivare la sua crudeltà. “Comunque devo informarti che dovrò fare il bis. Togliti da lì o farai la loro fine”
Il corpo di Axius vibrò, le sue membra fremettero. Flarendor si ritrovò a scontrarsi contro la parete di pietra alle sue spalle senza neanche rendersene conto. La pressione, già alta a causa della profondità del luogo, si fece ancora più pesante sotto l’incessante incremento d’energia che Axius stava manifestando, spinto dalla stessa rabbia che aveva guidato in precedenza Airack e Neiry. L’aria si fece gelida, il freddo si impadronì del nero sopra e intorno a loro.
Il drago stava per lanciare un soffio congelante che avrebbe sicuramente spappolato il nemico con una simile pressione, ma un suono proveniente dall’alto lo fece desistere.
“Axius! Dove sei! che stai facendo”
Riconobbe la familiare voce di Neiry, che stava scendendo a tutta velocità verso di lui, invisibile nell’ombra. Udì distintamente due paia di ali frusciare quasi all’unisono, riconoscendo immediatamente anche la presenza di Siil; lasciò che il suo potere scivolasse via dal suo corpo, alzando lo sguardo.
“Neiry. Che sta succedendo”
“Ho l’uovo. Ho l’uovo di Airack e Lehr”
Axius si sentì falciare in due. La sua testa pulsava furiosamente come un pesante martello che colpiva con sempre maggior violenza. Sapere che l’uovo era salvo lo riempiva di gioia, ma la sorte degli altri poveri cuccioli lo lasciava sprofondare in un vuoto ancora più tetro di quello del buio cratere che li attorniava. Il suo animo pianse per Neiry nel momento in cui l'avrebbe scoperto. Sapeva che qualcosa poteva essere salvato, non tutte le uova erano state distrutte, e lui doveva fare il possibile per permettere almeno a quei pochi cuccioli superstiti di vivere.
Flarendor nel frattempo si era ripreso dal colpo e stava puntando proprio su Neiry, pronto per investirla con un fiume di fiamme, che però non giunse mai.
Siil si parò di fronte alla dragonessa, avendo compreso le sue intenzioni.
“Cosa fai vigliacco. Adesso sei dalla loro parte?” chiese sprezzante il guardiano dalle squame cremisi.
“Assolutamente no. Ma ci tengo alle mie squame”
Axius sorrise beffardo nel constatare il livello di codardia di Siil, che piuttosto che farsi ammazzare aveva preferito rivelare a Neiry il luogo nel quale avevano nascosto l’uovo viola. Non riuscì a trattenere il suo disgusto.
“Siil. Sapevo fossi un essere ignobile, ma non immaginavo fino a questo punto"
“Attento Axius. L’hai appena detto, sono un essere ignobile. Potrei tradirvi da un momento all’altro, quindi guardati sempre le spalle”
“Silenzio!” esordì Neiry, sbalordita.
Entrambe le sue zampe anteriori si mossero quasi indipendenti dalla sua volontà e andarono a stringere delicatamente l’uovo viola, che venne scosso da un fremito.
Poteva percepire distintamente il calore proveniente dall’uovo farsi sempre più intenso e il guscio venir colpito ripetutamente dall’interno. Come un cuore che batte in un petto, come una piccola luce che tenta di incunearsi nell’oscurità.
“No… non qui, non quaggiù”
Axius scrutò la compagna con rinnovato stupore, avendo avvertito una profonda tensione erompere dal piccolo uovo che la dragonessa continuava a stringere tra gli artigli.
“Ti prego, non fra le tenebre”
Le sue suppliche non vennero ascoltate. La superficie dell’uovo iniziò a creparsi in maniera impercettibile, fino a quando alcuni piccoli forellini non comparvero tra le striature che la decoravano.
Nessuno poté assistere alla nascita del piccolo; Soltanto Neiry, che non lo abbandonò neanche quando cinque minuscoli artigli si fecero strada verso l’esterno in cerca di una luce che probabilmente non avrebbe mai visto. Fu spettatrice della nascita del primo drago viola.
Il drago della leggenda. Il drago che avrebbe modificato le sorti del mondo. Sarebbe diventato la più potente fra le creature, sarebbe divenuto guida verso un cambiamento epocale.
La dragonessa assisté incredula a quell’evento straordinario, poggiando l’uovo a terra solo dopo che il cucciolo ebbe messo la piccola testolina fuori dal guscio. Axius si avvicinò a Neiry, spingendo delicatamente l’uovo di fronte alle sue zampe e posizionandosi in modo che il piccolo fosse protetto da ogni lato, con due guardiani a sua difesa.
Siil fece per avvicinarsi, più per paura di essere rimasto da solo che per interesse verso il draghetto. Axius lo respinse con l’ala sinistra, lasciando che fosse Neiry a coprire l’uovo con il proprio corpo mentre Malefor riusciva a romperne il guscio per venire infine all'oscurità.
così all’oscurità.

___
Angolo dell’autore:
Bene gente! yea queste sono le prime note dell’autore per questa storia, ma ci vogliono secondo me, perché è qui che inizia il vero delirio e è da qui che si manifesterà tutta la mia pazzia! Che come si è sicuramente già notato è molto sviluppata. XD
Finalmente il nostro Malefor è nato, so che per quelle poche anime che stanno leggendo la storia è stata certamente una palla fino a ora nell’attesa che uscisse da quel benedetto uovo, ma era necessario questo back ground per la piccola storiella che ho in mente! non sarà molto lunga, ansi penso che non supererà di molto la decina di capitoli, ma è nei capitoli restanti che Malefor raggiungerà la fama di maestro delle ombre.
ah, piccola cosetta, se nel capitolo avete notato un'incoerenza(ovvero inizialmente Neiry e Siil sembrano mezzi morti) e alla fine sono piu o meno integri, c'è un motivo. avrei dovuto spiegarlo in questo capitolo ma per motivi che non sto a chiarire ho messo il capitolo così com'era. lo spiegherò nel prossimo. Se veramente qualcuno sta seguendo la storia… vi imploro in tutte le lingue, draconico compreso... di recensire! Avanti, un piccolissimo parere, anche negativo va benissimo… ma ditemi cosa ne pensate!
Se no non continuo più la storia! Tiè! XD ovviamente scherzo, però vi aspetto!
Al prossimo capitolo.
Sasuke

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Capitolo 5
*** Per il domani ***


p align="center">PER IL DOMANI

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Malefor sollevò lentamente le palpebre, senza neanche dover abituare i propri occhi alla luce, troppo flebile per ferirli. Forse neanche si era reso conto di essere già uscito dall’uovo.
Axius e Neiry osservarono il piccolo come ammaliati e, nonostante il colore del guscio dell’uovo avesse anticipato loro la sua natura, restarono a fissare il viola delle sue squame con un’espressione tanto meravigliata quanto atterrita.
Era interamente coperto di minuscole morbide squame di quel viola leggendario. Una fila di placche ossee si dirigeva dalla testa fino all’estremità della coda, che terminava con quattro piccole lame sporgenti. Ai lati del muso presentava quattro fragili corna scure e altre due  si gettavano all’indietro dal cranio. Gli occhi erano quelli di un innocente cucciolo come altri, ignaro del suo ruolo nel mondo.
Malefor alzò lo sguardo verso il ventre di Neiry, che ancora lo stava coprendo con il suo corpo. dai suoi occhi traspariva un’espressione innaturalmente tranquilla per  un draghetto appena nato. Cercò quelli dolci e rassicuranti che una madre avrebbe regalato al figlio, incontrando solo le tenebre intorno a se.
Flarendor continuava a seguire lo svolgersi degli eventi, turbato dal ritorno dei due draghi. Non riusciva a capire come, ridotti praticamente in fin di vita, i due fossero sopravvissuti e li avessero potuti raggiungere in così breve tempo.
“Siil!” tuonò d'improvviso, facendo Trasalire il drago dell’elettricità. Anche gli altri si voltarono a fissarlo, il cucciolo con rinnovato interesse. “Com’è possibile che siate ancora vivi. Non avevate speranze. cos’è successo”
Siil abbassò lo sguardo, voltandosi verso Neiry, in cui sembrò addirittura cercare protezione.
“Non ti importava minimamente di che fine avrei fatto vero?” ribatté Siil.
Flarendor sbuffò irritato, semplicemente turbato dalla presenza di tre avversari invece di uno. Avrebbe dovuto impegnarsi parecchio se voleva fuggire con Malefor. Le altre uova in oltre erano ancora intatte e nonostante fossero un numero esiguo in confronto a qualche momento prima, non avrebbe potuto distruggerle o catturarle tutte e portarle con se senza incappare nell’ira di Neiry e Axius.
“Flarendor arrenditi, puoi ancora tornare in dietro. Sei in tempo a fermarti, non costringerci ad ucciderti” Sentenziò il guardiano del ghiaccio con aria allo stesso tempo mesta e solenne.
“Stai scherzando vero Axius? Non penserai che sia disposto a fermarmi proprio ora, ad un passo dalla realizzazione di gran parte dei miei sogni?”
"Ma quali sogni Flarendor, sei soltanto un folle"
Il guardiano del fuoco inclinò il muso di lato. Si rivolse poi a Siil, con lo sguardo più fiammeggiante delle sue viscere.
“Le hai consegnato il cristallo vero? Credevo che tu fossi mio alleato”
Axius guardò confuso l’amica, ancora intenta a proteggere Malefor, che dal canto suo se ne stava impassibile ad ascoltare quello che gli accadeva attorno.
Neiry si accorse solo in quell’istante che gran parte delle uova erano state ridotte in un ammasso di gusci distrutti,ma il suo cuore non ne soffrì più che tanto. Siil le aveva anticipato cosa sarebbe potuto accadere se Axius non fosse riuscito a fermare Flarendor. Si limitò a grugnire di rabbia reprimendo un grido. Non poteva certo accusare il guardiano del ghiaccio, doveva piuttosto prepararsi al peggio consapevole delle intenzioni di Flarendor. Si mise sull’attenti e cinse Malefor con tutte le zampe, acquattandosi a sua protezione. Axius si lanciò verso le uova indifese, senza perdere d’occhio il malvagio drago che stava bramando il sangue  di Siil, il quale avendo fatto appello ad un impercettibile barlume residuo di coraggio nel suo animo si era posizionato davanti a Neiry, senza però molta convinzione.
Flarendor rinunciò, se pur con rammarico, alle uova protette al momento da Axius e si concentrò sulla chiave che gli avrebbe aperto tutte le porte per il il potere.
“siete un branco di poveri illusi”
Si lanciò verso l’alto e fece perdere le proprie tracce. I piccoli bagliori che zampillavano dal fuoco acceso dal drago si dissolsero in una fugace nuvoletta di fumo e il cratere sprofondò di nuovo nel buio più totale.
Il draghetto non si spaventò. Sfiorò le zampe di Neiry con il musetto, sfregando le piccole e fragili squame viola su quelle della dragonessa.
“Siil…”
“Non chiedermi di seguirlo, non avrei speranze contro di lui”
Neiry sbuffò, stringendo quasi involontariamente il drago viola che aveva iniziato a giocherellare con i robusti artigli di quella che forse pensava essere sua madre.
“Non era ciò che volevo chiederti. E non dire sciocchezze, hai soltanto paura, tu stesso l’hai ammesso”
“Si ho paura, e con questo? Dovreste averne anche voi. Flarendor non può raggiungere il potere ultimo ma può farne uso quanto basta per mandarci tutti dall'Aedo. Invece di perdere tempo a giudicare me, fareste meglio a nascondere il vostro draghetto prima che Flarendor torni e nasconda voi sotto qualche metro di terra”
Axius affondò gli artigli sulla morbida sabbia che sembrò ritirarsi sotto al suo peso. Teneva lo sguardo glaciale disteso verso l’alto, in attesa di qualche spiegazione.
“Cristallo? È qualcosa di simile ai cristalli d’energia del tempio?”
“No. Flarendor si è impossessato della Fonte della vita”
Axius sobbalzò.
"No! Com'è possibile?"
“Adesso calmati. Il problema non risiede in Flarendor stesso. Se quel cristallo fosse utilizzato su…” Disse Neiry, chinando il muso ad osservare il piccolo… “su di lui, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Potrebbe generare un potere estremamente pericoloso”
Sill si prese il permesso di intervenire.
“Se posso…”
“Siil!" lo interruppe Axius allungando il collo con un ruggito. "Sei veramente il peggior individuo che io abbia mai conosciuto. Ti ho sempre odiato, ma Dopo quello che hai fatto a Neiry se fosse per me faresti una brutta fine. Qui e adesso”
“No Axius, non è nella tua natura uccidere senza un valido movente, adesso che vi sto aiutando non prenderai neanche in considerazione l’idea di uccidermi. O sbaglio?”
Axius avanzò deciso, facendo scricchiolare le zanne l’una sull’altra.
“Potresti anche aver ragione, ma ti assicuro che dopo quello che ti ho visto fare potrei cambiare radicalmente idea. Sei sicuro di voler restare dalla nostra parte? Per convenienza è certo. Sai che se ci tradirai ancora ti eliminerò senza esitare?"
Axius non poté vederlo a causa dell’oscurità, ma sentì il drago dell’elettricità sputare a terra.
“Come vi ho già detto, invece di preoccuparvi di me fareste meglio ad andarvene. Credo non ci sia molto tempo”
Neiry, recepito il messaggio, creò dal sottosuolo delle piccole radici che spuntando dalla sabbia scura andarono a formare una sorta di nido ramificato.
“Axius, prendi quelle uova e vattene da qui” Disse la dragonessa, allontanandosi con riluttanza dal draghetto che stringeva fra le zampe. “E porta il cucciolo con te”
Senza aspettare risposta, Si avvicinò alle uova e le dispose una ad una dentro all'intreccio di rami.
“Non dire sciocchezze! Se è vero quello che dite non ti lascerò qui da sola”
“Sono guarita è vero, ma il mio corpo ha risentito molto del combattimento e non sarei in grado di volare per molto, tanto meno di fuggire e Siil non è messo molto meglio di me. E poi non sono sola”
“Ah certo, quale compagnia!” Osservò Axius, rivolgendosi astiosamente a Siil che non si scompose. “Non ti lascerò con questo verme, preferirei che fossi da sola con Flarendor”
“Quanta fiducia amico mio” commentò il drago del fulmine.
“Noi non siamo amici Siil, eravamo soltanto legati dal nostro destino di guardiani. È anche colpa tua se sta succedendo questo, ansi, è solo colpa tua. Flarendor non avrebbe mai potuto fare tutto da solo"
“Axius…” Bisbigliò Neiry, notando la rabbia emergere anche in lui.
“ A quest’ora Lehr e Airack sarebbero ancora vivi, a quest’ora non avremmo dovuto nascondere il loro figlio dalle grinfie del tuo compare la fuori. Non avrebbe avuto il coraggio di sfidarci tutti. E tu ti sei unito a lui solo per paura di affrontarlo? Sei vile e perfido fino a questo punto? Hai preferito salvaguardare la tua incolumità al prezzo di quella di una famiglia e di una generazione intera di cuccioli!”
Siil scosse il capo pigramente.
“Il mio iniziale intento era quello di seguire il progetto di Flarendor, un progetto molto allettante. Avreste fatto meglio ad assecondarlo voi stessi. adesso però sono stato testimone del suo egoismo, non sono più interessato ad aiutarlo”
“Sciocco. Pensavi veramente che quel pazzo avrebbe condiviso il risultato delle sue follie con te?”
“Axius!” Questa volta la voce di Neiry venne ascoltata. “Discuterete dopo, adesso vattene” Continuò, porgendogli il nido ligneo.
Malefor, ignaro di tutto, si era disteso sulla sabbia, saggiandone la consistenza con gli artigli con cui si scavò una piccola buca, dove poggiò la testolina. Raschiò i granelli freneticamente, senza uno scopo ben preciso, fino a quando il foro non fu abbastanza grande perché ci potesse infilare anche il resto del corpo.
Neiry lo raggiunse, accortasi che si stava seppellendo completamente.
“Che stai facendo piccolo? Non nasconderti, in questo buio poi non ti ritroviamo”
Con una zampa lo tirò fuori dalla sabbia e se lo portò alla bocca, leccandogli con delicatezza il musetto, prima di adagiarlo fra i suoi fratelli che ancora non si erano svegliati. Lo poggiò in mezzo al mucchio di uova e si rivolse di nuovo ad Axius, che non aveva nessuna intenzione di ascoltarla.
“Per favore, fallo per me”
“Cosa dovrei fare? Lasciarti qui per farti fare da esca? Andiamocene tutti”
“No. Flarendor tornerà, se non ci troverà verrà a cercarci. Da  solo riuscirai sicuramente a sfuggirgli, io non sono nelle condizioni di proteggere il draghetto, dovrai farlo tu”
”Ti ho detto di…”
Axius venne interrotto dall’apparizione di un improvviso fascio di luce violacea che si iraddiò in tutto il cratere, squarciando il buio ed originando una forza sovrannaturale che spinse tutti a qualche metro di distanza. Axius afferrò la gerla con le uova e il cucciolo appena un attimo prima di essere sbalzato via, impedendo per un soffio che cadessero.
“Accidenti a te Axius! Te l’avevo detto di andartene!” Gridò Neiry, cercando di far presa sul terreno friabile per non rovinare a terra. Flarendor comparve dallo squarcio di luce formatosi di fronte a loro.
“Adesso ditemi. Chi dovrò eliminare per primo? Axius… se mi consegnassi il drago viola e le uova senza provare a ostacolarmi, potrei anche lasciarvi in vita. non avrei mai voluto far del male proprio a te, abbiamo vissuto tanti anni insieme, niente mi farebbe più felice che risparmiarti oggi. Ora fatti da parte”
“Preferirei morire” ribatté stoico il guardiano del ghiaccio.
"Quanto sei prevedibile"
Come ad anticipare la mossa del drago, Axius fece da scudo con il corpo al piccolo nido e si erse in tutta la sua maestosità, spiegando le ali azzurre e snudando gli artigli.
“La vostra ingenuità non ha limiti” asserì il drago cremisi, prima di gettarsi a tutta velocità verso Neiry che non riuscì a sostenere l’assalto. Era ancora troppo debole per reggere uno scontro, il suo corpo era attraversato da continue fitte di dolore che cercava di nascondere ai presenti. , Quando Flarendor le piombò addosso conficcandola nella sabbia, un urlo agghiacciante eruppe dalla sua gola.
Axius cercò con difficoltà di non perdere la cognizione dello spazio e del tempo e mantenere il controllo delle proprie emozioni. Avrebbe corso un rischio troppo grande gettandosi contro Flarendor a cui sarebbe bastato poco per finire Neiry, danneggiata com’era.
“Non costringermi a fare sciocchezze che potrei evitare. Dammi quel maledetto drago o guarda la tua amica morire”
Il tempo si fermò, il bivio formatosi nella mente di Axius era troppo devastante per permettergli di scegliere senza pensare alle conseguenze che avrebbe causato escludere l’altra opzione.  Non avrebbe neanche osato sperare in un aiuto da parte di Siil, che non perse occasione per far mostra della sua viltà, indietreggiando di qualche passo.
 Axius ghermì con gli artigli il cucciolo, ora in piedi sopra al mucchietto di uova perlacee. Neiry urlò di nuovo, questa volta non provando neanche a trattenersi. Flarendor le stava torturando le squame, incrementando rapidamente e inesorabilmente la sua temperatura corporea, fino a raggiungere un calore elevatissimo che la corazza della dragonessa non poté più sopportare.
“Neiry!” Urlò il guardiano del ghiaccio, in preda allo sconforto e all’orrore.
Stava per gettarsi in aiuto della compagna, ma sentì anche le proprie zampe ricoprirsi di uno strano calore, di cui riuscì a comprendere la fonte solo quando Malefor schizzò via da i suoi artigli, correndo verso la madre in pericolo. Flarendor non si sarebbe mai aspettato un risvolto del genere e preso alla sprovvista lasciò libero il corpo di Neiry, che compresa la situazione provò a rialzarsi, senza successo.
Il muso del draghetto si contorse in una specie di sorriso, da cui scaturì un fiotto di fuoco splendente che investì Flarendor. Nonostante il getto non potesse ledere il corpo incandescente del guardiano, l'attacco si dimostrò più che notevole per un cucciolo appena nato.
Flarendor scoppiò a ridere.
“Caspita! Che grinta. Sei proprio quello di cui ho bisogno drago viola”
Senza esitare scattò verso Malefor e lo afferrò al volo, facendolo strillare di paura. Inaspettatamente fu Siil questa volta a cercare di fermarlo, caricando due fulmini che da direzioni diverse si mossero contro  il drago rosso. In quel momento anche Axius aveva rivestito il corpo di un etereo manto gelido che avrebbe dovuto annientare il fuoco di Flarendor, ma quando i colpi dei due draghi stavano per raggiungerlo, Flarendor si dissolse sotto la stessa luce sinistra che l’aveva accompagnato al suo ritorno.
 I raggi di luce si espansero fino alle estremità del cratere, illuminando per l’ultima volta il buio che di nuovo li ingoiò. Axius era riuscito, come Neiry del resto, a sentire Malefor implorare aiuto in un grido soffocato dall’oscura energia di cui anche lui sarebbe stato padrone.
 
*qualche anno dopo*
 
“Forza Terrador. Raggiungi i tuoi compagni, ti stanno aspettando”
Un cucciolo dalle squame verdi splendenti fissava il muso vigile e impassibile di Axius, preparandosi al suo primo giorno d’allenamento. Il giovane drago, come sempre allegro e vivace, si esibì in un piccolo inchino e si allontanò trotterellando, pregustando con frenesia la sfida che l’attendeva per la prima prova.
“Terrador!”
Il draghetto si voltò.
“Si?”
“Non c’è bisogno di inchinarsi di fronte a me” Rispose il guardiano del ghiaccio.
“Va bene. A dopo!”
Dedicò un ultima occhiata alla sala degli elementi nella quale era entrato in cerca di informazioni riguardo la prova che lo attendeva, per poi lanciarsi a passo svelto alle scale dirette verso il basso, che scese a grandi balzi. Dopo aver superato un dedalo di scalinate e corridoi trotterellò all’esterno, verso l’arena che li attendeva a tergo del tempio.
Due cuccioli dalle squame azzurre come il cielo stavano conversando con un loro simile dal colore più scuro e di statura più robusta. I restanti draghetti erano ammassati di fronte a una delle colonne marmoree che circondavano il campo d’allenamento. Il selciato che realizzava l’arena era interamente levigato e dipinto; la figura di un drago a custodia di un uovo era stato scolpito su l’unica porzione di muro non costituita da colonne. le quattro statue degli attuali guardiani degli elementi si ergevano grandiose alle estremità dellenorme anfiteatro.
Neiry e Siil  erano seduti al fianco di un vecchio drago dal manto scarlatto, su una delle balaustre che davano sull’arena, in attesa che tutti i draghetti fossero pronti. Quando vide che anche Terrador si era aggiunto ai compagni, Neiry richiamò la loro attenzione con un rumoroso verso gutturale.
“Guerrieri! Avvicinatevi”
Il gruppo di giovani raggiunse il centro del campo muovendosi in maniera quasi meccanica, prendendo posto l’uno accanto all’altro in linea retta.
“Bene. Oggi siete qui per mostrarci se sarete in grado di prendere il nostro posto tra qualche anno. Purtroppo sapete della triste sorte che ha colpito i draghi che sarebbero dovuti essere quest’oggi con voi, quindi so che vi impegnerete a fondo per fare in modo che in seguito una disgrazia simile non si ripeta. Ho solo una cosa da dirvi prima di lasciare la parola a Ignitor. Ricordatevi sempre che quello che di più importante ci resta siete voi, non deludeteci. Ma soprattutto non lasciatevi mai corrompere dal male”
I draghetti annuirono, scambiandosi occhiate fraterne tra di loro e iniziando a bisbigliare su quale fosse realmente il significato delle parole della dragonessa.
“Ei Ignitus… secondo te che vuol dire?” Chiese uno dei due giovani draghi azzurri allungando il collo sopra al dorso della compagna alla sua destra, per rivolgersi ad un altro cucciolo rosso come il fuoco di un bracere. Il suo muso era molto simile a quello del drago che sedeva al fianco di Siil, anche se più giovane.
“Non so Glaider”
“Tuo padre però mi fa paura” rispose il draghetto del ghiaccio.
“Hahaha non dirglielo se no si offende”
La femmina che si trovava tra i due si scostò, facendoli trasalire.
“la fate finita? Ci stanno guardando malissimo”
“Non farti problemi Solaris, almeno noi smorziamo la tensione” rispose Ignitus.
Neiry e Ignitor ringhiarono all’unisono, nel tentativo di riportare la quiete. I draghetti ammutolirono e si immobilizzarono, con lo sguardo fisso su i tre guardiani.
“Ignitus, Solaris… parlerete dopo, se ne avrete ancora le forze. Adesso concentratevi, quello che vi aspetta non sarà piacevole. Dovrete sudarvi il vostro futuro” Esordì Ignitor, esprimendo tutto il suo incombente e severo rigore.
 

 
“Malefor. Questo è il nome che tuo padre ha sussurrato prima di morire per te. Forse prevedeva per te sofferenza, o forse sapeva che saresti stato tu a portare il male. In ogni caso non ha importanza. Farò di te il più forte dei guerrieri. Il mondo si piegherà d'innanzi al tuo passaggio. Darò forma al tuo destino… drago viola”
 
___
Bene draghetti che state seguendo questo delirio di fan fiction, mi scuso per il ritardo, ma anche per la semplicità del capitolo che non è uscito come avrei voluto. Non ho avuto tempo di scrivere, ho dedicato a questo capitolozzo appena più di 3 ore, a essere sinceri non l’ho neanche ricorretto perché sono in condizioni mentali e internettologiche al quanto pessime. Non ho internet e non aggiornerò per un po’ sicuramente, nella speranza che la linea mi torni presto vi lascio aspettando un po’ di recensioni. Voglio… esigo… almeno tre recensioni per questo capitolo! Muhaahahahah! Se no chiudo qui*nessuno lo caga*
Si ok sembro uno dei tizi su Youtube. Va beh, se avete voglia un parerino è sempre ben accetto!
Vi voglio bene!
Sasuke

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Capitolo 6
*** A caccia di se ***


A CACCIA DI SÈ



Sollevò lentamente le palpebre, non aspettandosi un oscurità meno buia di quella del sonno. Mosse quasi a fatica le zampe, portandosele sotto al muso come per farne un morbido cuscino, sicuramente più accoglienti della dura pietra su cui si era addormentato.
I suoi muscoli, troppo sviluppati per appartenere naturalmente ad un cucciolo della sua età, gli dolevano profondamente e anche alzarsi non fu semplice come sarebbe potuto sembrare. Lo attendeva un’altra giornata colma di fatica, dolore e sangue. il suo fisico si era temprato a tal punto da permettergli di ignorare qualsiasi forma di fatica o sofferenza, si stava trasformando lentamente e inesorabilmente in una macchina da guerra inesauribile. Nonostante ciò, il suo spirito continuava a patire le pene della convinzione che all’esterno, un mondo esisteva.
Fissò lo sguardo in un punto indecifrato dell’ampia grotta che lo circondava, scrutando nient’altro che il buio.
“Sono qui”
La voce profonda e cavernosa del suo maestro lo fece  voltare di scatto. I suoi occhi scuri, che mai parevano aver visto la vera luce, guizzarono verso l’unica macchia di colore all’interno di quello spoglio vano. Si mosse con cautela, come un servo a cui è stato dato l’incarico di porgere qualcosa al proprio sovrano.
Era quello che era diventato, un servo capace solo di soddisfare i desideri del maestro, e di ciò ne era consapevole. Lo raggiunse e attese che gli venisse impartito qualche ordine, o comunque che fosse il drago a decidere per lui quale sarebbe stato l’inizio di quel nuovo giorno.
“Cosa stai aspettando? Vai a fare colazione”
Il giovane drago viola chinò leggermente il capo in segno di assenso per poi dirigersi verso l’uscita della caverna, a cui non osò non rivolgere un’ultima occhiata prima di allontanarsi, come ingenuo rafforzamento del triste legame che aveva con quel posto in cui era costretto a tornare.
Si lanciò all’interno della foresta di abeti e pioppi che circondava quella che chiamava dimora, balzando sotto le fronde degli alberi, da cespuglio a cespuglio, in cerca di una colazione sostanziosa. La luce del sole filtrava dolce e carezzevole negli sprazzi di foresta più aperti, giocando ad inseguirsi con le ombre sul suolo erbaceo dipinto di mille tonalità di verde.
Il vento muoveva senza rancore le foglie sui rami estivi degli alberi, sibilando sinuosamente e accompagnando il canto degli uccellini come un basso in una melodia. Scelse come punto d’osservazione un piccolo alberello oscurato dalle chiome di altre piante che lo circondavano. Si guardò avidamente attorno, cercando di concentrarsi anche sulla più piccola sensazione. Poteva percepire qualsiasi cosa, dalle zampe degli scoiattoli che zampettavano sull’erba, alle ali degli uccelli che sferzavano l’aria sopra di lui, a quelle che designò come succulente lepri che presto avrebbero dovuto far fronte al loro triste destino di prede.
Con un movimento leggero e fluido scese dal fusto dell’albero e si diresse verso il punto da cui aveva sentito provenire la fonte di cibo. Il suo passo era quello di un’ombra, nessun suono, nessun filo d’erba di troppo veniva smosso dalla sua silenziosa avanzata. Come un assassino spietato e celato dalla sua stessa oscurità, piombò su una delle lepri che zigò spaventata e disorientata e la atterrò, schiacciandola al suolo nonostante avessero più o meno le stesse dimensioni. Con gli artigli di una delle zampe anteriori gli fracassò il collo, spezzandolo come se fosse stato un fragile ramoscello.
Restò per qualche secondo a contemplare la sua opera, mentre il sangue sgorgava dal collo della povera bestia, ormai senza vita.
Dedicò non molto tempo al pasto, cercando di sbrigarsi per non irrompere nelle ire del maestro che lo stava aspettando. Si mosse con l’intenzione di far ritorno a casa, quando qualcosa in mezzo agli alberi attirò fugace la sua attenzione. Si fermò d’innansi ad un piccolo ruscello da cui zampillava acqua pura e cristallina. Abbassò il capo, cercando di scrutare oltre la superficie come in cerca di qualcosa, ma ciò che trovò fu solo se stesso. In quel piccolo specchio d’acqua si rifletteva la sua immagine, quella di un cucciolo di drago viola sporco del sangue di un'altra creatura e dall’espressione fiera per il proprio operato. Si sentiva forte, invincibile, non c’era avversario che potesse opporsi a lui. Portò la zampa sinistra verso quella opposta per godere del contatto con la sua perfetta e sviluppata muscolatura, costruita con mesi di duro allenamento.
Fissò il suo riflesso come se volesse studiarne il più piccolo particolare, rafforzando ogni secondo che passava la fiducia in se stesso, nella propria forza. Eppure c’era qualcosa che quella figura non possedeva, e il draghetto se ne accorse. Era orgoglioso di ciò che stava diventando, un guerriero impietoso, indipendente da ciò che lo circondava e sprezzante della paura, ma in quell’espressione imperturbabile risiedevano anche la più profonda solitudine e il più sconcertante dolore.
Un anima che nonostante la giovane età conosceva già la sofferenza, un cuore costretto a farsi carico di una profonda tristezza di cui non comprendeva a pieno le fondamenta. Avvicinò il muso al pelo dell’acqua per sprofondare all’interno del suo stesso sguardo, che stava cercando di penetrare in lui come un raggio di stella nella notte più buia.
“Chi sono io?”
Un interrogativo a cui non era in grado di trovare, forse neanche cercare risposta.
Alzò la testa e osservò per un attimo il cielo sconfinato sopra di lui, che lo osservava urlandogli in faccia l’oscurità del suo cammino. Immerse il muso nell’acqua per pulirsi dal sangue della lepre, poi Senza fare il più piccolo rumore si voltò e si incamminò verso la caverna, dove il suo maestro lo stava aspettando. Se avesse tardato ancora forse il supplizio quotidiano sarebbe diventata una vera e propria pena di morte.
Con un balzo si sollevò in’aria, spalancando le ali come un’aquila fiera e maestosa. Per quasi metà del tragitto tenne gli occhi chiusi, cercando conforto ai suoi dubbi nelle tenebre stesse che lo cullavano come un figlio.
“Il figlio delle tenebre?”
 
Mancavano pochi battiti d’ali alla grotta. Le palpebre ancora abbassate, le membra già affaticate ancor prima di cominciare a vivere la giornata, iniziò a scendere di quota, percependo attorno a se quel vuoto e quella folle ebbrezza che solo la dimora e la presenza del suo maestro sapevano trasmettergli.
L’aria attorno a lui si fece improvvisamente più calda. Poteva avvertire chiaramente un’intenza fonte di calore provenire dalla sua sinistra, una vampa silenziosa colma di ambizioni, ma priva di vita.
Lo stesso fuoco che l’avrebbe travolto se solo non si fosse gettato in picchiata verso il basso, costretto a riaprire gli occhi. Ormai era abituato all’insistente e costante pressione che il suo mentore esercitava su di lui, non c’era momento in cui abbassasse veramente la guardia.
Nonostante l’impeto atterrò con grazia, come se guidato da una forza meccanica. I suoi artigli stridettero contro la dura pietra del terreno di quella piccola radura isolata dal resto del mondo. Era in quello sputo di landa che era cresciuto, trasformandosi in risposta a quello che lo circondava. Adesso alle sue spalle si estendeva la foresta che aveva appena visitato, di fronte a lui il nero ingresso della sua dimora.
“Ti vedo molto distratto Cosa ti prende? Hai già deciso di mollare? Il tuo sogno non si è ancora realizzato”
Malefor si voltò a fissare il drago dal manto cremisi, il quale gli si stava avvicinando.
“Il mio sogno…”
“Esatto. È questo il tuo sogno, Trasformarti nel potente drago che ti sto generosamente concedendo di diventare”
Malefor lo fissò, tentando di trovare le parole in quel tenue cono luminoso che cercava disperatamente di raggiungere la sua mente.
“No. non è il mio sogno”
Flarendor mosse con fermezza la coda, per poi sedersi di fronte a lui.
“E dimmi. Qual è  il tuo sogno?”
Il cucciolo non seppe cosa rispondere. Si limitò ad osservare come anche il nulla nei dintorni potesse esistere. Il vento che serpeggiava sinuoso attorno alle pareti della grotta, le nuvole che passeggiavano stanche verso l’orizzonte, piccole creature nel sottobosco che trascorrevano le loro innocenti vite; tutto si muoveva in un ciclo perpetuo nonostante l’immobilità.
Tutto tranne lui, che era sempre rimasto identico a se stesso da quando aveva memoria. Pensieri questi affatto comuni per un cucciolo della sua età, ma necessari perché si rendesse conto del mondo in cui si trovava.
Alzò il musetto verso quello scuro e minaccioso del maestro, che trasmetteva fiammate incandescenti anche solo con lo sguardo.
“Il mio sogno è scoprire…” Si bloccò. Non temeva la possibile reazione a ciò che avrebbe dovuto dire, la paura costante di vivere gli stava permettendo di ignorare la paura stessa; Temette soltanto la risposta del proprio cuore.   Si chiese se quella domanda avesse veramente un significato per lui. “È scoprire se posso scegliere”
L’espressione di Flarendor non mutò. Si fece, se possibile, ancora più vaqua.
“E sentiamo. Quali scelte vorresti compiere?”
“Voglio scoprire se un drago viola sia obbligato a portare distruzione”
Il guardiano allora si esibì in un sorriso freddo e meschino, contorcendo le labbra per mostrare un arsenale di zanne acuminate come il male.
“Hai bisogno di conferme, Malefor?”
“No”
“E di che cosa allora”
il draghetto mosse placidamente le ali, come se quella situazione non lo turbasse minimamente, e si sedette sulla superficie ruvida del –giardino di casa.
“Vorrei conoscere il tuo di sogno”
Come se un colpo più potente degli altri si fosse abbattuto sul suo corpo, il drago di fuoco questa volta sembrò bacillare per un istante.
“E a te perché interessa?” Chiese, scrutando ferocemente il cucciolo.
“Perché in questo momento io mi sto allenando e sto crescendo per il tuo sogno”
Flarendor perse un attimo il controllo delle sue emozioni impassibili, che non gli permisero di nascondere un geiser di odio verso quella creatura che lui stesso stava formando e che era convinto non avrebbe dominato per sempre.
“Questo è il destino di ogni drago viola! Sei nato per dominare il mondo, quando tutto sarà sotto di te potrai fare degli altri ciò che più ti piace… realizzerai qualsiasi tuo sogno, perché il creato sarà tuo! Quindi adesso piantala di dire sciocchezze e preparati”
Il giovane drago avvolse la piccola coda attorno a una delle zampe posteriori e si grattò  il ventre con gli artigli.
“Sono pronto”
una linea rossa si mosse fulminea di fronte a lui, accompagnata da un sibilo agghiacciante. Evitò la frustata di coda con noncuranza, ritenendolo pericolo di ben poco conto.
L’atteggiamento del suo allievo stimolava Flarendor ad essere sempre più severo e spietato. Cercò con uno scatto di afferrarlo per la testa, ma Malefor schizzò via prima che i suoi artigli potessero chiuderglisi attorno.
Provò a ghermirlo di nuovo, mentre il draghetto gli passava a pochi centimetri dal collo muovendosi agilmente in’aria come una libellula, ma non fu in grado neanche di sfiorarlo.
Quando Malefor atterrò tranquillamente dietro di lui dovette portarsi una zampa al collo per tastare un rigagnolo di sangue rosso come le sue squame che gli stava scivolando verso la spalla sinistra.
“Molto bene…”
ruotando rapidamente su se stesso il drago scagliò una fiammata purpurea addosso a Malefor, il quale non si aspettava una reazione così istantanea e repentina. Il corpo del draghetto venne circondato da un alone di energia gelida su cui il fuoco di Flarendor si infranse, perdendo quasi completamente calore e consistenza. Le fiamme lo circondarono. Quando ne riemerse sul  suo corpo erano presenti solo lievi scottature di modesta entità.
Sapendo che era quello che il maestro voleva, Malefor gli si gettò addosso con rabbia e brama del suo sangue. sfrecciò come una macchia scura e indistinta verso il suo addome scoperto, mancando però il bersaglio per un soffio, in quanto Flarendor fece in tempo a librarsi verso l’alto un attimo prima dell’impatto.
Il draghetto non perse un istante di tempo e seguì il suo esempio, alzandosi in volo e volteggiandogli attorno come un rapace fa con la propria preda. Attese il momento giusto per attaccare, finché non si ritrovò senza neanche volerlo al disopra del dorso dell’avversario, che gli sembrò gustosamente desideroso di essere squartato.
Snudò i piccoli ma  già letali artigli e Con uno slancio gli si gettò incontro per affondarli tra le sue squame, fino alla carne. Flarendor emise un ruggito di dolore che riecheggiò nello spazio circostante e si scrollò di dosso il draghetto. Malefor non riuscì a mantenere la presa né ha trovare un appiglio solido e venne scaraventato direttamente al suolo.
“Per questa mattina ritengo sia sufficiente” sentenziò Flarendor tra ampi respiri.
Il cucciolo si alzò da terra dolorante, cercando di ignorare le fitte alle zampe. Senza neanche voltarsi a guardarlo si diresse all’interno della caverna, dove il buio lo inghiottì di nuovo. quell’oscurità che non lo abbandonava mai e nella quale era sempre costretto a rintanarsi.
Osservò le nude pareti dell’antro, barriera invalicabile che sperava non l’avrebbe intrappolato ancora per molto. La sua mente non impiegò chi sa quanto a scovare la soluzione a tutti i suoi problemi. Questa si trovava lì, a pochi metri da lui, e lo stava fissando con una punta di orgoglio e una di disprezzo.
___
E eccoci! finalmente, dopo molti secoli, molte sofferenze, molti tristi avvenimenti come la maturità che mi hanno fregato un casino di tempo, e dopo tante altre belle cose troppo fighe per essere scritte… che compaio con questo neanche troppo emozionante capitolo!
Capisco che dopo molto tempo quelle povere anime gentili che stanno seguendo la storia si aspettassero un uber-capitolo di mezzo rotolone Regina, però ho ritenuto opportuno lasciare le cose fighe per il prossimo… che penso vi piacerà di più! A presto (ma quando mai) xD Sasuke

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Capitolo 7
*** Incontro al destino ***


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“Ahah! hai abbassato la guardia!”
Solaris fissò il compagno Glaider, steso a terra di fronte a lei, sorridente e soddisfatto del combattimento a cui aveva appena partecipato.
“Non succederà mai più, goditi questo momento di gloria cucciola”
“Ei, cucciola a chi?”
Ignitus Terrador e gli altri si scambiarono un’occhiata  d’intesa, poi il maschio dal manto scarlatto si avvicinò ai due draghetti che avevano cominciato a darsele di santa ragione.
“Sei solo un presuntuoso!”
Ignitus si piantò loro in mezzo.
“Fatela finita, credo che sia giunto il momento”
I due draghetti osservarono l’amico ancora distesi a terra a pancia all’aria, senza smetterla di punzecchiarsi con le code.
“Sicuro?”
“Mio padre dice che dovremo essere in grado di raggiungerlo  in meno di un giorno se ci sbrighiamo”
“Una giornata di volo? Mi mancano le energie solo a pensarci” Rispose Solaris, mentre  aiutava l’amico a rialzarsi con una delle zampe anteriori.
“Ma è possibile che tu ti lamenti sempre di tutto?”
“Zitto Glaider. Tu sei anche peggio di me”
“Ma non è vero!” la ammonì lui, ringhiando.
Ignitus anticipò i due draghetti che stavano per azzuffarsi nuovamente e con un movimento fulmineo li scaraventò a terra in direzioni opposte.
“Non costringetemi ad usare la forza”
Glaider si alzò sulle quattro zampe. Dispiegò le ali,  e con il muso puntato verso Ignitus e le zanne snudate sibilò rumorosamente.
“Perché, pensi di avere speranza?”
“Devo dimostrartelo?”
“Non vedo l’ora guerriero del fuoco!”
Senza neanche lasciargli il tempo di terminare la frase  Ignitus gli era già balzato addosso, pronto per colpire. Glaider non si fece cogliere impreparato e balzò agilmente di lato,, afferrandolo per un ala e torcendogliela per farlo precipitare. Prima di finire al tappeto Ignitus fu in grado di scagliargli contro una fiammata incandescente, che non riuscì a centrare l'amico ma lo distrasse abbastanza da permettergli di rialzarsi e riprendere quota. Glaider era circondato da un’aura gelida che irradiava aria fredda verso ogni angolo  del campo d’addestramento, impenetrabile per le fiamme di Ignitus che fu costretto a ricorrere a uno dei drastici metodi di cui si serviva quando il suo semplice fuoco si rivelava inutile: scagliò  un getto infuocato verso l’alto, dove Glaider concentrò l’attenzione per un istante, senza abbassare la guardia.  Da questo fuoriuscirono altre fiamme, che presero la forma di frecce scintillanti e dall’alto puntarono il drago blu come predatori danzanti e inferociti.
Glaider, non  riuscendo a comprendere cosa passasse per la testa a Ignitus, si limitò  a spegnerle con un ondata gelida che scagliò verso  l’alto per far in modo che  nessuna freccia potesse raggiungerlo.
Ignitus approfittò del momento e lo caricò a testa bassa, con le aguzze corna puntate al suo ventre. La risposta fu immediata ma non  del tutto efficace; Glaider afferrò Ignitus prima che potesse colpirlo, per bloccare la sua corsa impetuosa, ma ciò gli costò alcune squame delle zampe anteriori che si staccarono dai palmi all’impatto con le cuspidi del draghetto rosso.
Ignitus, riuscito nell’intento di renderlo inoffensivo per qualche istante, gli saltò addosso e portò gli artigli sulle sue zampe, immobilizzandolo al suolo.
“Adesso non fai più lo spaccone vero?”
“Ignitus. Togliti o ti farai male”
Il draghetto rosso ridacchiò, facendo schioccare la lingua.
“Voglio proprio vedere come”
Non ebbe modo di rendersi conto del pericolo che una coda irta di punte gli frustò violentemente la testa, impedendogli di mantenere la presa su Glaider, che lo spinse via e lo scrutò sorridendo.
 Si massaggiò il cranio squamoso e sbuffò due zampilli di fumo dalle narici.
“Bene! niente male drago”
Solaris si avvicinò a Glaider, il quale, nonostante la sua spavalderia, ansimava vistosamente.
“Quindi? Chi è il migliore?”
Ignitus gli si avvicinò a sua volta.
“Non hai vinto”
“Lo farò la prossima volta. Non vorrei che le tue belle squame lucenti si rovinassero proprio oggi che dobbiamo far visita al grande saggio” insisté Glaider sorridendo.
I restanti cuccioli li attorniarono, pronti per la loro importante missione.
“Sei davvero sicuro che potremo avere questo privilegio?”
Ignitus si voltò a fissare un altro giovane drago simile a lui, che all’apparenza sarebbe potuto sembrare suo fratello.
“Possibile Kiriax che tu non ti fidi mai una volta?”
“Non è che non mi fidi, ma…”
L’altro  mosse un ala pigramente.
“Hai paura per caso?”
“Certo che no. Solo che mi sembra un’impresa tutt’altro che semplice. Non lo raggiungeremo mai in un giorno, voleremo senza sapere dove dirigerci”
“Discorsi di chi ha paura” lo redarguì spavaldo Ignitus.
“Vuoi prenderle anche da me?”
I loro compagni ridacchiarono, lanciandosi brevi occhiate l’un l’altro, godendosi quei momenti di quiete fraterna che li vedeva uniti sotto lo stesso cammino. Giovani in cui risiedeva la speranza di un futuro prospero e rigoglioso.
All’interno della sala principale del tempio, i guardiani osservavano un bagliore violaceo provenire da un cristallo dalla superficie prismatica, che si irradiava tutto attorno come un minuscolo sole. Neiry, Axius, Siil e Ignitor erano consapevoli del potere che quell’oggetto racchiudeva, se pur incompleto. temevano ciò che sarebbe potuto accadere nel momento in cui le due fonti di energia si sarebbero ricongiunte, dando origine al più tremendo dei poteri.
“Siete sicuri che sia una buona idea mandare i cuccioli alla ricerca del saggio così presto?” Chiese Neiry, al fianco di Axius che continuava a tenere lo sguardo fisso sul cristallo, come temesse sarebbe esploso da un momento all’altro.
“Devono pur trovare la loro strada”
La voce cupa e profonda del guardiano del fuoco contrastò con quella della dragonessa, che ogni volta che aveva a che fare con quel drago si sentiva oppressa.
“Non è questo il punto. È una missione pericolosa, un viaggio privo di meta potrebbe condurli alla perdizione”
Ignitor emise un lungo respiro, che emanò aria calda per tutto il vano.
“Non è questo il loro futuro. Riusciranno in quest’impresa. Riusciranno dove noi abbiamo fallito”
Neiry  abbassò la testa annuendo.
“Hai ragione. in fondo, se le foglie d’autunno cadono, saranno quelle di primavera a prendere il loro posto. E con loro avrà inizio la nuova stagione”
Axius sorrise, sbuffando una nuvoletta di brina.
“La nuova era”
Seguì un religioso silenzio, attenuato solo dalla vivida e pulsante presenza del cristallo al centro della stanza, la cui energia poteva essere palpabile anche a qualche metro di distanza. Axius tese una zampa, portando gli artigli su quel piccolo mondo di luce.
“Siil. Tu conosci bene la fonte della vita, dico bene? Sai di cosa è capace”
Il drago dell’elettricità, che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare passivamente gli altri, si voltò verso Axius con un’espressione di indifferenza.
“Non ho conosciuto niente di quel cristallo, l’unico che penso vi possa spiegare gentilmente il suo funzionamento è lo stesso drago che volete eliminare. Quindi temo di non potervi aiutare”
“C’è almeno qualcosa che sai?” chiese a gran voce Ignitor.
Siil sollevò una zampa, da cui fuoriuscirono lapilli elettrici che si mossero in ogni direzione, scontrandosi con le pareti e annientandosi tra di loro, come in una pioggia di piccole saette.
“So che Flarendor ha un cristallo identico a questo, ma non so come sia riuscito ad utilizzarlo. Mi spiegò che il suo potere sarebbe diventato illimitato. Possedeva un oggetto in cui convergevano le forze del creato e presto ne sarebbe diventato il padrone”
“Ma lui non sa che noi siamo in possesso dell’altra metà di quel potere?” Chiese Neiry.
“Come potrebbe non saperlo?" ribatté Siil. "Una cosa è certa, se dovesse riuscire a riunirle non credo vivremo a lungo”
“Non ci riuscirà!” Esclamò Axius, sbattendo la lunga coda a terra. “Abbiamo celato questo potere al mondo proprio perché non venisse utilizzato in maniera sconsiderata e non dovrà mai più accadere che qualcuno intacchi il nostro compito. Purtroppo Flarendor è entrato in possesso di parte di questa energia, ma dobbiamo impedirgli di completare la sua opera”
Gli altri assentirono, anche se Siil non voleva dar segno di grande interesse per la situazione. In quegli anni il guardiano dell’elettricità non era cambiato. il suo comportamento ambiguo e meschino non aveva trovato ancora pace in una sola dimensione, il suo unico scopo era rimasto quello di saper ottenere ciò che più serviva al momento per sopravvivere nel migliore dei modi. La sua era un’esistenza priva di scopo, paralizzata dal triste giogo della paura della morte. Axius lo sapeva meglio di chiunque altro.
Il drago di fulmine richiuse istantaneamente gli artigli da cui continuavano a schizzare saette luminose e queste cessarono di muoversi, convergendo sul suo palmo, da cui tornarono a far parte della sua energia.
“Axius, perché invece di blaterare non vai ad avvertire  i nostri piccoli guerrieri che è ora di andare?”
Il drago azzurro gli lanciò un’occhiata stizzita, anche se una volta tanto Siil aveva detto qualcosa da poter prendere come un giusto consiglio. Si mosse lentamente, poggiando un’ala sul dorso di Neiry per invitarla a seguirlo.
Lei si lasciò guidare dall’amico e insieme uscirono dal tempio, entrambi assorti nei propri pensieri. Quando i draghetti li videro arrivare, concentrarono i loro occhietti e le loro anime in quello che a breve sarebbe stato proposto loro di attuare. Specialmente i cuccioli più temerari, che ancora non avevano avuto l’occasione di scrutare l’immenzo mondo esterno al loro tempio se non per perlustrazioni e voli di poco conto. Non vedevano l’ora di mettere in pratica gli insegnamenti dei loro maestri e di sollevare i sipari che celavano il loro destino.
 
“Guerrieri del domani. Questo è l’appellativo che vi è stato attribuito. È in voi che noi riponiamo la nostra fiducia. Nonostante la vostra giovane età avete dimostrato coraggio da vendere e vi siete già trasformati in guerrieri dall’indubbio valore. Adesso io sono qui per assegnarvi un’importante missione, a nome di tutto il tempio e di noi guardiani degli elementi”
Axius era circondato da sguardi di stupore, di gioia e di speranza. I draghetti attesero che il drago aprisse di nuovo bocca, mentre Neiry restò immobile accanto a lui.
“Dovete incontrare il saggio eremita, il drago che tutto conosce e niente ignora. Sarà lui a guidarvi verso il vostro destino. Noi dobbiamo proteggere il tempio da eventuali assalti del nemico che come temiamo non tarderanno ad arrivare, quindi vi prego di non fallire e riponiamo in voi le nostre più profonde speranze. Siate la luce del futuro!”
I cuccioli si scambiarono occhiate fraterne, di sincero affetto reciproco, poi sorrisero al guardiano del ghiaccio.
“D’accordo Non vi deluderemo” Rispose Ignitus, facendo un passo avanti.
Glaider si voltò a fissarlo, non perdendo l’occasione per accentuare la loro rivalità anche di fronte ai guardiani.
“Ti sembra questo il modo di dimostrarsi superiore agli altri? Non c’era bisogno che fossi tu a rispondere”
Gli altri risero. Anche Axius rivolse un sorriso ai due giovani rivali, i quali si stavano fissando con innocente astio reciproco.
“E voi due non fate sciocchezze, la missione è di vitale importanza”
Glaider poggiò una zampa sulla spalla di Ignitus, rivolgendosi ad Axius.
“Tranquilli. Se farà lo sciocco ci penserò io a rimetterlo in riga”
Ignitus scattò in avanti, facendolo rovinare a terra. Glaider si alzò ridacchiando, mentre i compagni alle loro spalle avevano assunto un assetto di decollo in formazione, pronti per spiccare il volo.
“Bene. potete andare. Lasciate che sia il cuore a indicarvi la meta. E ricordate che il destino del nostro mondo è nei vostri artigli!”
Come una nube colorata, un arcobaleno bagnato di splendenti bagliori di speranza, i draghetti si lanciarono in cielo dispiegando le ali verso la loro gloriosa meta.
 
***
 
Malefor stava giocherellando pigramente con la ruvida corteccia di un pioppo in mezzo alla foresta, graffiandone la superficie con i robusti artigli.
Trascorse molti minuti a incidere strane figure sul legno dell’enorme albero, sfregando più e più volte tra le scanalature i solchi che lui stesso aveva creato. Sembrava che con quel gesto volesse esprimere senza parole ciò che il suo cuore desiderava. Dopo un bel po’ di lavoro sul tronco era comparsa la figura approssimata di molte coppie di ali che danzavano unite in un unico volo, in mezzo al quale si trovava l’autore dell’insolito disegno. Aveva iniziato a disprezzare la solitudine, ma allo stesso tempo temeva la compagnia di individui che non fossero Flarendor.
Udì un rumore di zampe che calpestavano il fogliame alle sue spalle, ma non si preoccupò neanche di voltarsi. Non c’era nessuno in quel luogo eccetto lui e il suo maestro. Il drago del fuoco restò a fissare l’allievo per qualche secondo, mentre  il cucciolo non lo degnò neanche della sua minima attenzione. L’indifferenza di Malefor non dovette piacergli.
Senza il minimo  preavviso, lanciò una vampata incandescente in direzione dell’albero, colpendo sia questo che il draghetto. Il pioppo divenne una triste colonna di fiamme e fumo. Dal rosso del fuoco ricomparve Malefor, con il suo solito  sguardo distaccato e freddo che Flarendor non sopportava, ma che non riusciva a non amare. Era stato lui ad imprimerglielo come un marchio indelebile.
Con un getto d’aria gelida Malefor ridusse istantaneamente le fiamme ad una soffice folata di vento; dell’albero non era rimasta alcuna traccia, solo radici sporgenti dal terreno coperte di ghiaccio.
“Maestro. Sono...”
Non riuscì a concludere la frase; Qualcosa gli suggerì di scrutare l’orizzonte. Lo stesso orizzonte che bramava da sempre e che in quel momento lo stava chiamando.
Non vide nient’altro che nuvole candide e smussate che si divertivano a mutare continuamente forma, come in un puzzle di casuale soluzione su uno sfondo limpido e azzurro.
“Malefor. Andiamo a casa, ti aspetta una giornata d’allenamento molto dura domani, ti conviene riposare oggi”
Malefor scosse il capo, rivolgendosi di nuovo alla volta celeste.
“No, non voglio riposare. Voglio poter volare via da qui, almeno fino a stasera”
“Non dire assurdità, questa possibilità non ti è concessa”
I loro sguardi si incrociarono di nuovo. questa volta nel draghetto splendeva una nuova luce di consapevolezza.
“Non la cerco da te, ma da me stesso. Voglio non temere più il mio destino e voglio scoprire cosa vive al di fuori di questo mondo”
Così dicendo, Malefor si sollevò dolcemente in volo e si diresse verso quel nuovo mondo che lo stava aspettando. Flarendor non lo fermò, limitandosi a sogghignare.
 
***
 
Ignitus, Terrador, Glaider, Solaris e tutti gli altri volavano ad alta quota, sopra le terre del loro meraviglioso e insidioso mondo. Di tanto in tanto si scambiavano occhiate fiere e vivaci, divertendosi a stabilire chi dovesse guidare lo stormo per qualche minuto, litigando come solo i cuccioli sanno fare e prendendo quella dura missione con la moderata semplicità che era loro concessa.
“Ignitus, tu che sai sempre tutto, hai una vaga idea di dove si possa trovare questo eremita?” Chiese Glaider, al fianco del suo compagno rivale.
“Purtroppo no, so quello che sapete voi”
Solaris, Terrador e un altro draghetto dal manto giallo splendente accelerarono, per raggiungere i due.
“Axius ha detto di seguire il nostro cuore” Disse la femmina azzurra, ben poco convinta.
Glaider si voltò verso di lei e le  sorrise.
“Un grande aiuto”
“Che posso farci! Comunque credo non troveremo niente in cielo”
“Non si sa mai” Le rispose Terrador, mentre Glaider e alcuni membri del gruppo avevano già iniziato a scendere verso il basso.
Atterrarono uno dopo l’altro in cima ad un alto pendio da cui la natura regalava un panorama mozzafiato, stupendo anche per creature capaci di scrutare il mondo da sotto le nuvole. Attorno a loro si apriva un volto paradisiaco del pianeta: da una parte si estendeva un’immensa foresta di latifogli, dall’altra lo sconfinato azzurro dell’oceano.
“Mitico!” Urlò il draghetto del fulmine che si trovava al fianco di Glaider e Solaris, zampettando allegro su quel nuovo terreno.
“Zell, se non fai arrivare l’eco anche ad Avalar sarebbe…” Ignitus, che stava cercando di rimproverare l’amico, ruppe le sue stesse parole con un espressione degna di un illuminato. “Avalar! È lì che potremo andare. Ho sentito che…”
Glaider scoppiò a ridere, stroncando sul nascere l’idea.
“Certo. Credi che non ci avesse ancora pensato nessuno? Sbaglierò, ma non penso possa essere così scontato”
Ignitus spinse la punta della coda nella pietra che componeva la superficie del pendio di quel piccolo monte, cercando di non rispondere come avrebbe voluto.
“Oh nostro sommo consigliere, sai che lì abita un eremita di cui nessuno dovrebbe conoscere l’esistenza, ma che si trova proprio nella valle di Avalar? Magari non sarà un bersaglio valido come il nostro, ma forse potrebbe esserci...”
Si interruppe e si voltò alla sua destra. Cime di alberi secolari incorniciavano la scura foresta in cui il male aveva deciso di nidificare. Drizzò le zampe, facendo guizzare gli occhi verso un punto indecifrato del cielo.
“Scusatemi” Disse, sferzando l’aria con le ali e salendo di nuovo in volo. “Credo di aver visto qualcosa che…”
I suoi compagni erano troppo impegnati a discutere del più e del meno per rendersi conto che Ignitus stava già puntando qualcosa. Solo Glaider e Solaris se ne accorsero.
“Cosa hai visto?” Chiese la cucciola al suo fianco, cercando di seguire la linea del suo sguardo.
“Non lo so, qualcosa si è mosso la in aria, qualcosa di piccolo… e…”
Glaider  si portò una zampa al muso.
“E?”
“E potente” concluse Ignitus.
I due lo fissarono spaesati, accontentandosi della sua convinzione.
“Aspettatemi qui, vado e torno”
“No aspetta. Veniamo anche noi” lo fermò Solaris.
"Non mi caccio nei guai inutilmente. Restate a spiegare a questi qua dietro che abbiamo una missione da compiere”
La draghetta gli sorrise, voltandosi poi verso la massa di cuccioli che avevano preso gusto ad inseguire Zell e un altro piccolo drago dalle squame verdi come le foglie di primavera.
“Va bene. Stai attento” Disse Glaider, sorridendogli.
“Non sono imbranato come te”
I compagni si scambiarono un’artigliata amichevole e Ignitus si lanciò verso le ombre della foresta, intento a far luce sulla sensazione di disagio provata qualche momento prima.
Planò verso un gruppo di alberi alti e silenziosi su cui si appostò per potersi guardare meglio attorno, rendendosi conto di quanto fosse tetro quel luogo. Niente sembrava realmente vivere, tutto era come rinchiuso in una foschia illusoria in cui pochi raggi di luce facevano timidamente capolino tra le fronde. Udì un movimento a pochi metri di distanza; senza perdere troppo tempo si gettò verso la fonte del suono, pronto a qualsiasi sviluppo. Si fermò sull’erba all’ombra di una massiccia farnia.
Ombra; troppa ombra.
Qualcosa gli sfrecciò rapidissimo alle spalle, ma Ignitus non riuscì a distinguere altro che il sibilo di una freccia. Si voltò di scatto e vide che in cielo stava volando a gran velocità un altro cucciolo di drago, circa delle sue stesse dimensioni. Non fu in grado di distinguere immediatamente il colore delle sue squame, ma quando i suoi occhi forarono il velo di opacità causato dalla distanza il suo cuore perse un battito.
“Quello è…”
Con una piccola rincorsa  prese velocità, per poi schizzare al suo inseguimento, incapace di restarsene immobile ad assistere a quell’evento straordinario. Capì immediatamente che non stava avendo a che fare con uno sprovveduto: sicuramente doveva avere molte più ore di allenamento di lui alle spalle, vista la semplicità con cui lo aveva distanziato.
Il suo primo pensiero andò agli altri cuccioli, ormai distanti. Non poteva tornare a chiedere loro aiuto. Gli avrebbe fatto comodo la velocità di Zell o di uno dei draghetti del fulmine.
Si fermò a mezz’aria, limitandosi a muovere ritmicamente le ali e a fissare l’altro allontanarsi, finché accadde qualcosa che Ignitus certo non poteva aspettarsi. Il cucciolo viola invertì la rotta, come minimo dimezzando la velocità di volo e si diresse verso  il draghetto di fuoco a cui parve che le parti si fossero invertite. Ignitus sentì il bisogno di scendere a terra, se il drago avesse avuto intenzioni ostili non valeva la pena di rischiare contro un avversario così esperto nel volo.
Atterrarono all’unisono, a meno di venti metri di distanza. Mentre Ignitus si dimostrava timoroso e indeciso come il fuoco di fronte al mare , attendendo che fosse l’altro a compiere la prima mossa, il giovane dalle squame viola mosse alcuni passi decisi e risoluti.
In breve i loro musetti si trovarono l’uno di fronte all’altro.
 
___
 
Notucce dell’autoruccio: Siiii! Yea da quanto aspettavo questo capitolo!
Ok, ammetto che sarebbe dovuto essere più avvincente, credevo di poter inserire qui un paio di scene che invece scriverò nel prossimo, altrimenti mi sarebbe venuto troppo lungo e ho notato che i capitoli stratosferici non piacciono a molti. Beeeene che dirvi miei accanitissimi(?) e appassionatissimi(?) lettori, siamo entrati nel vivo di questo delirio! Ihihih ho in mente per Malefor un destino… veramente oscuro, quindi preparatevi perché anche se ora le cose vi sembreranno molto tranquille e pacifiche non è il momento di abbassare la guardia.
Ah ci tenevo a precisare che i draghetti Solaris, Glaider e Zell sono un omaggio a delle persone… e a me stesso… per un motivo che però non posso spiegarvi, troppo complicato XD accontentatevi di sapere che avranno un ruolo fondamentale nella storia, ma che non toglieremo certo agli altri il compito di protagonisti… cercherò di fare in modo che tutto il nostro branco di scalmanati abbia un significato più che rilevante  per la trama!
E ora vi saluto, sperando di avervi un pelino incuriositi. Al prossimo capitolo!
Sasucchia(XD)

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Capitolo 8
*** Coraggio messo alla prova ***


CORAGGIO MESSO ALLA PROVA



Quattro acuminati artigli neri stringevano la superficie trasparente di un cristallo luminescente che sprigionava baleni violacei all’interno della grotta.
Flarendor cercò di percepire quell’estranea energia come sua, saggiandone l’essenza e assaporando quel potere che non era tutt'ora in grado  di sfruttare a pieno. La sua limitata natura di drago del fuoco non gli concedeva il privilegio di una tale forza, il suo spirito come quello di tutti gli altri draghi non avrebbe mai potuto rivestirsi di quell’infinito e opaco potere.
Solo una creatura ne sarebbe stata in grado. La stessa che Flarendor temeva avrebbe perduto se non avesse estratto tutto il male che in essa risiedeva. Le  ruvide e smembrate pareti della caverna, maculate da qualche piccolo strato di muschio, venivano illuminate dal cristallo incastonato in un ampio foro sul pavimento, mentre il soffitto grondava brandelli di roccia sgretolata.
Il drago osservò il flusso energetico che sgorgava dal cristallo per concentrarsi all’interno del suo corpo, che ne assorbiva la potenza. Era ancora molto fragile il potere che ghermiva tra i propri artigli, ma quella forza gli avrebbe conferito la possibilità di schiacciare il mondo sotto le sue zampe. Le sue fiamme avrebbero divampato per mezzo di Malefor, in cui non vedeva altro che lo strumento per raggiungere il dominio assoluto.
Eppure quel potere restava incompleto, oltre che instabile. Sembrava che il suo controllo sul cucciolo si stesse affievolendo e dell’altro cristallo,necessario per completare il potere assoluto, non vi era ancora traccia. Qualcosa in lui sapeva dove avrebbe dovuto cercare, ma qualcos’altro gli suggeriva di tenersi alla larga dal tempio, almeno finché non si fosse rafforzato abbastanza da poter dominare Malefor e scagliarlo contro i suoi avversari.
C’era solo una cosa che avrebbe potuto fare.
 
***
 
Terrador Zell e gli altri avevano deciso che la missione sarebbe stata al quanto noiosa, quindi avevano intavolato una caotica discussione su quanto le squame e le corna di un draghetto del gruppo fossero luccicanti. Il diretto interessato se ne stava immobile al centro di un cerchio di cuccioli che gli chiudevano ogni  via di fuga, costringendolo a sorbirsi tutti i commenti insensati che gli venivano indirizzati.
Il giovane drago, un esemplare dalle squame azzurre e argentee che rilucevano  sotto i candori mattutini, teneva gli occhi smeraldini fissi verso l’alto nella speranza della venuta di un “salvatore”, forse più per gli altri che per se stesso. Stava pensando seriamente di far ricorso al suo elemento per spazzarli via e farli precipitare giù dal monte sotto forma di ghiaccioli, ma la saggia decisione di aggregarsi alle loro spensierate e innocenti angherie salvò molte delle loro squame.
“Ei che ne dici? Potremmo desquamarlo dalla testa alla coda, così la smette di pavoneggiarsi”
“No non ci sarebbe gusto, sarebbe più divertente vederlo schiacciato da una frana e poi ridotto in cenere dal suo stesso ghiaccio”
“Questa è buona! Ma come può il ghiaccio ridurlo in cenere?”
“Beh le sue squame troppo luminose potrebbero riflettere il sole e incendiarsi”
I cuccioli osservavano la preda dei loro insulti, aspettando che se la prendesse per azzuffarsi allegramente. Quello rivolse loro occhiatacce feroci, pronto per perdere la pazienza e dar sfogo al desiderio di vendetta.
Solo Zell si era allontanato, resosi conto che qualcosa non era al suo posto. Raggiunse Glaider e Solaris, che osservavano seri l’orizzonte sbarrato dai rami degli alberi, sperando di veder tornare al più presto Ignitus.
“Glaider dov’è il tuo amicone?”
Il drago di ghiaccio si voltò verso Zell a cui fu grato per aver trovato qualcosa che potesse distrarlo dai suoi sospetti.
“Non so, sicuramente starà dando la caccia a qualunque cosa abbia visto prima. Non preoccuparti, È un po’ arrogante ma di lui possiamo fidarci”
“Di me vi fidate?”
Il robusto draghetto dalle squame notturne sorrise, passando la punta della coda sull’ala sinistra, sfregandola tra le scaglie della membrana.
“È di quegli sconclusionati là che non mi fido, cosa accidenti stanno facendo?”
Zell scoppiò a ridere, grattando il terreno con gli artigli.
“Si stanno divertendo a prendere in giro Dorim”
Glaider sospirò.
“Ti dispiace dare una raddrizzata alla situazione?”
“Nessun problema capo”
Il draghetto di fulmine finse un inchino scherzoso, puntando verso il drago le piccole corna color del verde di bosco e mostrando fieramente il dorso di una zampa, su cui un fulmine blu esprimeva orgogliosamente la sua appartenenza all’elettricità.
Lo osservarono allontanarsi trotterellando, per poi rivolgere l’attenzione a una strana vibrazione del terreno che li mise in allerta. Qualcosa si stava muovendo e lo stava facendo sotto di loro. L’aria iniziò improvvisamente a saturarsi di elettricità e di tensione, fino al punto di diventare palpabile. Un suono agghiacciante si propagò attorno a loro, come se le viscere della terra si stessero rivoltando per svelare l’incubo celato al loro interno.
I cuccioli si guardarono negli occhi attoniti, cercando poi l’origine di quell’orrore che da un momento all’altro si sarebbe manifestato in tutta la sua terribile potenza.
“Glaider”
Solaris si avvicinò all’amico, stringendo le ali sui suoi stessi fianchi e cercando il contatto fisico con il compagno.
“Tranquilla”
La roccia sotto i loro artigli iniziò a vibrare. Di fronte a loro un profondo solco si materializzò sulla solida superficie del terreno, scossa da continui fremiti. Sembrava che la stessa terra palpitasse in preda al terrore. Dal buio squarcio emerse un’alta coltre di fiamme che venne seguita da un’enorme massa rocciosa dalla forma pericolosamente insolita. Acuminate guglie spuntavano irregolarmente da essa, come le corna di quella che si rivelò essere la testa di una colossale creatura interamente coperta di pietra. Si fece strada verso l’esterno a suon di percosse e onde sismiche, lasciando credere che sia cielo che terra in quel momento stessero ruggendo per annunciare la sua venuta.
Glaider e Solaris, trasformati in statue di marmo dal panico, non riuscirono a far altro che osservare l’immenso corpo del mostro che si ergeva di fronte a loro in tutta la sua straordinaria interezza.
Non molto distante, Ignitus e il leggendario drago viola continuavano a studiarsi, ognuno con le proprie curiosità e con le proprie domande da rivolgere all’altro.
Il drago del fuoco avrebbe voluto legittimamente chiedergli se fosse veramente lui il cucciolo di cui spesso parlavano al tempio e che un giorno forse sarebbe diventato il loro più pericoloso nemico. D’altro canto Malefor, non conoscendo nientaltro che il suo piccolo mondo, aveva un infinità di quesiti a cui sperava che Ignitus potesse avere risposta. Entrambi stavano per aprire bocca, ma ogni volta che provavano ad iniziare la conversazione qualcosa glielo impediva; forse il dubbio, forse la paura.
Ignitus distese le ali e cercò di rilassare le membra, continuando a restare mentalmente teso e vigile in vista di un’improvvisa minaccia.
“Tu… tu sei il drago viola dell’antica profezia… giusto?”
Il suo interlocutore, apparentemente assorto nei suoi lontani pensieri, teneva con difficoltà il pieno contatto con quel nuovo mondo di cui anche le più semplici forme d’esistenza gli erano ignote.
Quella innocente domanda non fece altro che confonderlo ulteriormente.
“Il drago viola di che cosa? Cos’hanno le mie squame viola di strano”
Ignitus sorrise, altrettanto stupito dalla risposta di Malefor.
“Oh niente, le tue squame non hanno niente di strano. Il tuo potere piuttosto si dice sia incredibile. Ma non mi sembri pericoloso”
“Pericoloso? a chi ti riferisci con dicono?” continuò a chiedere Malefor.
“Ai guardiani degli elementi. A quanto pare non ti conoscono, girano strane voci sulle tue origini e su un drago di nome Flarendor. Ah comunque perdonami non mi sono presentato, io sono Ignitus”
“Io sono Malefor” Sussurrò il drago viola, cercando poi di rispondere con una sola frase sia ai propri dubbi che a quelli di Ignitus. “Flarendor è il mio maestro, ma chiunque siano i guardiani degli elementi non conoscono niente di me. Tuttavia so di avere qualcosa che non va”
Ignitus distorse il muso in una strana smorfia e la sua espressione mutò.
“Non intendevo dire questo, non mi faccio influenzare da ciò che gli altri dicono. Solo che…”
“Ma non hai detto niente di falso o sbagliato. Però nessuno può conoscermi visto che io non conosco nessuno”
Ignitus cercò di ragionare sotto lo stesso percorso mentale di Malefor, rendendosi conto che non era un draghetto come gli altri e anche capirlo non sarebbe stato semplice.
“Hai ragione. Ma cosa ne diresti…”
Non riuscì a concludere la frase, perché un boato proveniente dal luogo in cui si trovavano ancora gli altri lo fece sussultare. Attraverso l’aria si propagavano invisibili ma potenti onde d’energia che li raggiunsero da quella distanza, deviando la loro attenzione sulla provenienza di quell’occulta forza.
Malefor percepiva distintamente quel potere come molto familiare.
“Ma cosa accidenti sta succedendo?” Chiese Ignitus atono, senza rivolgere la domanda a qualcuno in particolare. Si voltò di nuovo verso Malefor, lanciandogli un’occhiata sfuggevole mentre iniziava a muovere le zampe in direzione dei compagni, che sentiva essere in pericolo. “Scusami, torno subito. Vado a controllare"
Malefor se ne stava immobile con lo sguardo rivolto alle proprie spalle, tristemente assorto in un buio vortice di pensieri rivolti al suo maestro. Mosse lentamente la coda, sfregandola sull’erba nervosamente e drizzando le squame quando una dubbia idea gli balenò in mente come un lampo in una notte liscia e placida.
 
Solaris schizzò verso l’alto, cercando in ogni modo di evitare l’enorme pugno dell’immonda creatura, che provava a ghermirla con le possenti dita deformate. Glaider volava al suo fianco, pronto a difenderla da un successivo attacco del mostro, il quale li fissava con un paio di pupille giallastre prive di qualsiasi segno di razionalità. Ogni sua azione era guidata da puro istinto, da folle desiderio di distruzione, unicamente finalizzato a devastare qualunque forma di vita gli si parasse davanti.
Il corpo della creatura effondeva fiamme da le crepe di cui era cosparso come crateri in continua eruzione. Glaider prese quota e si allontanò dalla creatura quanto bastava  per essere al sicuro  e ragionare in maniera sensata. Purtroppo stava sottovalutando il gigante , a cui bastò sollevare una delle due braccia sconfinate per raggiungerlo. Evitò il colpo anche grazie ad una buona dose di fortuna, non aspettandosi che si muovesse così rapidamente.
L’emanazione di energia  e il caos creato dalla sua apparizione erano giunti anche agli altri draghetti, che affiancarono i due compagni già impegnati nello scontro. Il primo a comparire fu Zell, che afferrò Solaris un istante prima che venisse brutalmente schiacciata dalla forza del mostro e la teletrasportò a un paio di metri di distanza grazie alla sua velocità.
Ogni movimento della creatura squoteva il terreno che si sfagliava sotto la sua tremenda forza, accentuata dall’irrazionale desiderio di ridurre in poltiglia i cuccioli.
Solaris si divincolò dalla leggera presa diZell, fissandolo negli occhi.
“Grazie infinite. Non fosse stato per…”
“Di niente piccola. Ma cos’è quella cosa!”
“Credimi, mi farebbe molto piacere saperlo”
"Non ci credo, è mastodontico!” Esclamò Zell, sconvolto.”
“È comparso all’improvviso dal sottosuolo” Continuò Solaris, voltando poi lo sguardo verso l’alto per cercare Glaider, ancora sotto le omicide attenzioni del possente essere che  non sembrava volergli concedere tregua.
Zell e Solaris continuarono a battere le ali per restare sospesi in aria, abbastanza distanti da quella forza della natura da potersi considerare fuori dalla sua micidiale portata.
“Non è ancora tornato Ignitus?”
Solaris si sentì presa alla sprovvista dalla domanda di Zell.
“In effetti no”
 “Ma non era stato lui a dirci di restare uniti? Perché se n’è andato” continuò il draghetto dell'elettricità.
“Non è andato via, ha semplicemente seguito qualcosa. Ci ha detto di aspettarlo e mentre eravamo lì ad attendere il suo ritorno è arrivata quella roba”
Glaider passò loro davanti, avvicinandosi a Zell che lo salutò sorridendo e agitando i sei artigli di una delle zampe.
“Zell, lascia stare Solaris. Mio è il compito di proteggerla”
Il draghetto del fulmine sbuffò divertito, allontanandosi da Solaris.
“Va bene eroe, allora torna qui, ci penso io a buttare giù quell’albero secolare”
“Zell, non per sminuire il tuo amore per gli alberi, ma quello è più alto e pericoloso di un albero secolare” Rispose Glaider, avvicinandosi di nuovo.
“No! non è vero”
Coprendosi di un manto elettrificato Zell si lanciò verso la creatura, caricando il suo potere sugli artigli, che sguainò ruggendo. I suoi movimenti erano troppo rapidi per la mole del mostro, ma non sarebbero bastate due saette per sconfiggerlo. I due giovani draghi di ghiaccio, concentrata a loro volta tutta l’energia a disposizione, lo seguirono pronti per combattere.
Alle loro spalle gli altri draghi parevano talmente spaventati che le loro ali non volevano saperne di aiutarli neppure a fuggire. Furono un numero esiguo quelli che ebbero il coraggio di gettarsi in aiuto dei compagni e furono ancora meno quelli a farlo senza timore. Terrador e Dorim si trovavano in testa al piccolo stormo.
“Hai visto?” Chiese il draghetto dal manto verde.
“Si Terrador, ma posso pensarci io. Tu resta con quei vigliacchi che non hanno neanche il coraggio di affrontare il pericolo”
Dorim venne trafitto da una furiosa occhiataccia.
“Sei uno stupido. Non sono tutti preparati per cose del genere! E poi penso non ci sia tempo per le tue bravate"
Dorim continuò a fissare a qualche centinaio di metri di fronte a se dove la potenza della creatura infuriava priva di controllo.
“Adesso ti faccio vedere io”
Terrador gli si parò davanti, cercando di sbarrargli la strada, ma da gli artigli del giovane drago azzurro si materializzarono due lame di ghiaccio che gli vennero puntate contro.
“Togliti o farai la fine di quella creatura”
Terrador si scostò, innervosito dal suo comportamento.
"Vai a farti ammazzare allora, non sarà una grave perdita”
“Non mi fai paura, né tu ne lui” rispose Dorim.
Detto questo raggiunse gli altri, pronto per affrontare a testa alta il mostro.
Si posizionò alla destra di Solaris che era indietreggiata di qualche metro per lasciare campo libero a Glaider e Zell che stavano tentando ogni mezzo per liberarsi di quella pericolosa minaccia.
“Chiedo scusa Glaider, non faremo meglio ad aspettare Ignitus? Insieme siamo più forti” puntualizzò Zell.
“No, faremo meglio ad andarcene, non è avversario alla nostra portata questo” Rispose Glaider, seriamente preoccupato che qualcuno dei compagni potesse rimanere ferito.
Ignitus se n'era andato e lui si sentiva responsabile degli altri. Improvvisamente Dorim si librò al loro fianco, portandosi davanti al mostro e mettendosi prepotentemente in mostra. Scagliò un soffio gelido verso il suo ciclopico ventre, il quale neanche considerò quella folata d’aria fredda come un tentativo d’attacco.
Alle spalle di Dorim, Glaider e Zell erano sfrecciati verso l’alto per combinare i loro poteri in una tecnica combinata, che tuttavia sapevano non sarebbe stata sufficiente neanche per scalfirlo.
Improvvisamente il mostro allungò una mano verso Glaider e lo afferrò per l’ala sinistra, torcendogliela con violenza. Il draghetto trattenne a stento un ruggito e provò a divincolarsi, ma le robuste dita dell’essere lo chiusero in una morsa quasi meccanica e strinsero le sue piccole ossa da cucciolo, che nonostante la loro robustezza vennero maciullate.
Non riuscì neanche ad urlare tanto era il dolore, ma i presenti si resero immediatamente conto dell’estremo pericolo in cui si trovava.
“Glaider!”
Solaris si avvicinò sconcertata a Zell e senza neanche comunicare capirono di dover concentrare tutte le proprie energie sull’altro, per unire le forze e liberare l’amico dalla mano del mostro.
Le loro fauci si colmarono di energia elementale. Solaris attirò a se più gelo possibile dai d’intorni e dall’interno del proprio corpo, concentrandolo in una sola sfera biancoazzurra che si generò tra le sue zanne, mentre il giovane drago del fulmine permise al suo potere di confluire in una saetta sfolgorante che si materializzò sulla sua zampa sinistra.
La creatura portò la sua preda ormai agli sgoccioli di fronte alle titaniche fauci, mostrando un brutale arsenale di zanne simili a stalattiti.
Glaider si rassegnò mentre la vista gli si annebbiava, socchiudendo le palpebre e aspettando la fine. Non si concesse neanche di sperare che i suoi amici potessero fare qualcosa per salvarlo, un avversario del genere era troppo per dei cuccioli. Solo pochi metri lo dividevano dalla sconfinata gola della creatura, quando una spirale d’energia luminosa impattò contro il gigantesco braccio corazzato, scuotendolo vigorosamente.
L’attacco ebbe l’esito sperato, infatti la stretta che imprigionava Glaider si alleggerì e il draghetto precipitò inerme al suolo.
Solaris gli si gettò subito in contro, spaventata dalla consapevolezza che i danni si sarebbero potuti rivelare irreparabili.
“Glaider! Glaid alzati!”
Osservò come il cucciolo giaceva disteso a terra con le ali e le zampe afflosciate, apparentemente privo di un minimo soffio vitale.
“Ei… non fare lo scemo, alzati!”
Mentre l’idea di averlo perso per sempre gli annebbiava la vista, si chinò su di lui e poggiò le proprie zampe anteriori sulle sue e lo scosse leggermente.
“Solaris. Mi fanno male tutte le ossa, non sbriciolarmele ancora di più!” Riuscì a risponderle Glaider, facendole riaffiorare un piccolo sorriso sulle labbra.
“S… scusa” Si distanziò di qualche centimetro, continuando a fissarlo senza degnare di attenzione il mostro.
Glaider compì un movimento impercettibile con le zampe, digrignando i denti per il dolore.
“No”
La draghetta azzurra gli si avvicinò di nuovo, portando le zampe sotto quelle dell’amico per aiutarlo.
“Solaris, lascia stare”
Seguì un breve istante di silenzio, in cui Solaris avrebbe replicato se Glaider non avesse sollevato la testa di scatto e non le avesse ruggito a pochi centimetri dal muso, allontanandola con il capo.
 “Attenta!”
Un mastodontico piede li stava prendendo di mira come formiche da schiacciare senza pietà. La sua distrazione le sarebbe stata fatale, se qualcosa non avesse impedito all’arto del mostro di raggiungerli.
Un paio di ali si mosse tra loro e la creatura, che dopo qualche istante  venne messa alla prova da una sequenza  rapidissima di fulmini splendenti e sfere infuocate.
L’impenetrabile armatura del gigante si fendé in più punti, a dimostrazione dell’incredibile forza della fonte di quello straordinario potere. Ignitus planò  al fianco di Glaider, sollevando un ala  sul suo dorso.
“Cosa ci fai li per terra? Non dirmi che ti sei fatto annientare come una femminuccia”
Glaider sorrise.
“No, peggio. Visto e considerato che è stata una femminuccia a salvarmi”
Ignitus rivolse un’occhiata a Solaris, per poi tornare a fissarlo.
“Beh c’era da aspettarselo da un imbranato come te”
L’altro non si curò delle sue parole, concentrato piuttosto sul dolore che gli stilettava l'intero corpo e su ciò che stava tenendo a bada il mostro mentre loro conversavano beatamente.
“Ignitus, cos’è quello?” domandò Glaider, con lo sguardo ammaliato da ciò a cui stava assistendo.
“Dovrei chiederlo io a voi! Avete fatto talmente tanta confusione da svegliare quella creatura?”
“Non parlavo della creatura, ma di quel drago viola che… caspita, riesce a tenergli testa”
Ignitus si voltò, scorgendo come i colpi del mostro si scontravano con il vuoto e come il draghetto riusciva allo stesso tempo ad evitarli e a contrattaccare.
“Lui è Malefor, il drago di cui abbiamo sentito parlare”
 
I suoi artigli e le sue corna non erano ancora abbastanza robusti da poter infrangere le difese del mostro e il suo soffio non era sufficiente per metterlo in difficoltà. Malefor osservava di fronte a se i pugni di pietra muoversi rapidamente nel tentativo di distruggerlo, cercando di elaborare una soluzione contro quell’avversario con cui non aveva mai dovuto confrontarsi.
Le battaglie erano sempre state la sua unica ragione di vita fin dalla nascita, tra un addestramento e l’altro in cui era costretto ad attingere a tutte le sue risorse per sopravvivere. In quel momento se lo sentiva dentro come una vibrazione, il suo cuore lo incitava ad aiutare Ignitus e tutti quei giovani draghi che aveva capito essere suoi compagni.
Sentiva che in quella mastodontica creatura vivesse parte del potere di Flarendor. Squadrò l’enorme mole del suo nemico, puntando immediatamente a quello che era convinto fosse il suo punto debole.
Una delle tante lezioni impartitegli dal maestro era quella di cercare anche nell’avversario più ostico la peculiarità che lo avrebbe portato alla sconfitta. In quel caso, la smisurata altezza sarebbe potuta essere la rovina della creatura se l’avessero colpita nella maniera giusta.
“Ignitus” Malefor scese di fronte a Ignitus e Glaider, cercando l’attenzione del drago del fuoco. “Dobbiamo utilizzare il potere della terra all’unisono, solo più energie riunite nello stesso punto possono farlo crollare.  Non reggerà se gli togliamo la base su cui sta in piedi”
“Allora dobbiamo chiedere a terrador e agli altri” rispose immediatamente il giovane drago cremisi.
Malefor tese i muscoli delle zampe, concentrando le forze sull’elemento della terra.
“Perché non puoi farlo tu?”
“Malefor, io sono un drago del fuoco, non posso aiutarti con altri elementi”
“Quindi non ti hanno insegnato ad utilizzare energie esterne al fuoco?”
“No, io non posso dominare nient’altro che il fuoco”
Malefor sembrò quasi deluso da quella rivelazione, credendo scontato che ogni drago potesse utilizzare più di un elemento, anche se effettivamente sapeva che il suo maestro non aveva mai fatto ricorso ad un potere che non fosse il fuoco.
“D’accordo”
Il drago viola spalancò le ali e si diresse verso la creatura, sperando di riuscire nel suo intento. Il suo corpo venne avvolto da un iridescente bagliore verde, mentre attingeva a tutta la forza che il mondo attorno a lui poteva conferirgli.
Ignitus si allontanò momentaneamente da Glaider, volendo chiamare a raccolta i draghi della terra affinché potessero attuare il piano di Malefor, che si trovava nuovamente faccia a faccia con il mostro.
In breve la creatura fu attorniata da una decina di cuccioli.
“Colpite il terreno sotto di lui!” gridò loro, senza distogliere l'attenzione dal mastodontico nemico.
Senza lasciar spazio a inutili domande, senza alcuna esitazione, tutti ascoltarono l’ordine di Malefor e bersagliarono il terreno all’ombra della creatura con tutta la forza di cui erano a disposizione.
L'essere da principio non ne risentì, ma quando il suolo si sfaldò compresso dal suo peso, una scintilla di intelligenza gli suggerì che stava per cadere.
Con una forza e una resistenza incommensurabili il mostro recuperò l’equilibrio e assunse una posizione stabile nonostante la grossa crepa sul terreno. I draghetti indietreggiarono, spaventati dal fallimento che stava per costare loro la vita: il mostro scagliò un improvviso getto d’energia incandescente dalle fauci, che li avrebbe indiscutibilmente ridotti in un ammasso di cenere se Solaris, Dorim e Malefor non l’avessero contrastato con il ghiaccio. L’enorme essere, infastidito dalla tenue resistenza che i suoi avversari stavano disperatamente opponendo, emise un tremendo ruggito che sconvolse radicalmente l’atmosfera del luogo rendendola un insieme di vibrazioni e spasmi dell’aria.
Tutti gli altri, nonostante il timore e l’insicurezza che cercavano di trattenerli, non poterono che unirsi ai compagni in pericolo. La piana venne ricoperta da uno stormo di draghi. La mente di Malefor trasmise al suo sguardo l’immagine del desiderio che aveva persino inciso sulla corteccia di un albero, Quel sogno a cui sperava di poter un giorno realmente partecipare. Attorno a lui miriadi di ali danzavano unite in una sola ascesa; le loro forze congiunte in un’unica energia, di cui anche lui era parte.
Gli occhi del mostro brillarono, le sue zanne si mostrarono minacciose. Dall’oscurità delle sue viscere emerse un'altra onda di fuoco, che si riversò impietosa su i draghetti. Un lampo di luce bianca li investì.
Un istante dopo ebbero appena il tempo di vedere la creatura deflagrarsi in tanti piccoli brandelli di pietra, che si ritrovarono avvolti dal buio abbraccio  del vuoto.
Attorno a loro l’esistenza stessa pareva essersi spenta, una coltre di irreale oscurità si prendeva gioco del loro contatto con la realtà.
Nessuno comprese cosa fosse accaduto. Stavano fluttuando in quella che interpretarono come una spaventosa dimensione totalmente separata dal mondo reale, qualcosa di inquietante e allo stesso tempo mistico e curioso.
Di fronte al gruppo di giovani draghi un globo di luce azzurrina illuminava, seppur debolmente, quel piccolo fascio di infinito come una stella ai confini dell’universo. Ignitus si guardò attorno, cercando di capire se fosse caduto in una sorta di sogno o di qualsiasi altra cosa si trattasse, comprendendo che senz'altro stava veramente accadendo. Si mosse, spostandosi nello spazio circostante senza la benché minima fatica, come se fosse sorretto dal nulla, come se nessuna forza di gravità o di attrito fosse presente in quel luogo.
Scivolò verso Glaider, che come lui se ne stava immobile ad osservare quell’incredibile fenomeno di cui sarebbero stati i primi testimoni.
“Glaider, tutto a posto?”
“Tu che ti preoccupi per me?”
“Se tornassi a casa senza un membro del gruppo i guardiani se la prenderebbero con me, perché sono l’unico capace di gestirvi tutti” puntualizzò Ignitus.
“Ah si certo, il leader ultraterreno”
“Non ultraterreno, ma anche se non mi si addice il ruolo del leader devo pur fare voi da guida, non posso certo lasciarvi nelle tue zampe”
Glaider sbuffò, colpendo l’amico con la punta di un’ala che notò, con enorme piacere, non provocargli più fitte lancinanti. Si era come ristabilito senza spiegazioni e il mostro sembrava essersi disintegrato.
Furono comunque costretti ad interrompere il loro battibecco, perché la sfera luminosa aumentò d'intensità, , divenendo un piccolo sole pieno d’energia viva e pulsante, come un cuore in procinto di esplodere.
“Dove siamo finiti? Cos'è quel coso?”
La domanda che Solaris espresse a voce alta ronzava nella testa di tutti, ma nessuno aveva la ben che minima idea di quale fosse la risposta.
“Avvicinatevi, Guerrieri per il domani…”
 
 
___
(Uber-Spoiler)
“Ciò che è stato ieri non sarà domani, Ciò che si crede giusto non sempre lo è, Ciò che è ombra non sempre rispecchia la sua essenza nel male”
… e detto questo vi lascio. Bello spoiler eh? :D
Ansi prima ringrazio la mitica e superlativa non che astronomerrima(?) Charlie Aru e Ladykappa e ringrazio pure Skulblaka che spero continuerà a recensire e mi darà qualche consiglio su come organizzare meglio la geografia di questo mondo(devo ancora correggere un paio di cosette)
At the next capter!

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Capitolo 9
*** Petali di un fiore ***


PETALI DI UN FIORE



La sfera d’energia azzurra splendeva di fronte al suo ingenuo sguardo indagatore, conferendo al nulla un debole barlume d’esistenza. Da quel piccolo globo, insignificante se paragonato all’infinito che lo avvolgeva, si sprigionava la forza di un universo.
Malefor               chinò il muso osservando sotto di se, dove i raggi di luce indicavano Un lontano orizzonte. Ascoltò le parole dello spirito che risiedeva in quel frammento di stella con lo stesso interesse mostrato quando era stato Ignitus a parlare per la prima volta..
“Malefor. Leggendario drago dai grandi poteri”
Malefor non rispose, attendendo che la voce pronunciasse il  seguito della frase. Rilassò il corpo e le zampe, lasciandosi andare al dolce tepore che lo avvolgeva diffondendosi da ogni centimetro di quella dimensione arcana.
“La tua anima viaggia in un conflitto di bivi inestricabili. L’insicurezza di una giusta scelta impossibile da compiere si prende gioco della tua mente, divertendosi a sconvolgerla e ad insinuare in essa il gelido abbraccio del dubbio”
“Chi sei?” Chiese atono, con le iridi scure incollate alla luce che non era neanche sufficiente per infastidirle.
“Sono? Io non sono. Posso essere come non essere, posso esistere secondo la tua percezione come posso non essere presente di fronte a te” Malefor mosse debolmente un ala per muoversi attorno alla fonte di luce e aggirarla lentamente, come a volerla studiare. “Quella che potresti considerare la mia essenza si sta manifestando a te sottoforma di spirito. Lo spirito della saggezza dell’Aedo”
“Qualunque cosa stia succedendo..." rispose Malefor in atteggiamento più o meno ironico, "il mio intento è quello di scoprire cosa si trova fuori dalla mia grotta. Così non sto capendo un bel niente”
Un’acuta e allo stesso tempo rauca risata si diffuse per tutto lo spazio circostante, riecheggiando nel vuoto. Improvvisamente sotto le zampe di Malefor prese forma una solida piattaforma di pietra scura; attorno a loro un colonnato di monti si scagliava verso un cielo spento e inespressivo.
Di fronte a Malefor, una pozza d’acqua immobile sprofondava nella pietra,  sorgente dell’ingresso di un mondo illimitato e privo di forma o colore. Agli estremi del basamento, una decina di pilastri marmorei ricurvi costituivano un colonnato quasi circolare che si incontrava a qualche metro sopra la testa del giovane drago, in un oculo nero su cui era scolpita un’immagine bianca che risaltava su quel mistico panorama.  Essa riportava il rilievo di una zampa di drago che poggiava su un oggetto dalla forma prismatica e irregolare.
“Dove siamo?” domandò, indietreggiando appena le acque del lago si mossero, increspandosi sul liscio perimetro di pietra con volute prive di luce in cui niente era riflesso.
Il liquido si dilatò, oltrepassando i confini della pozza. Da essa emerse la testa di un drago dalle squame grigio opaco. Gli arcani occhi della creatura incrociarono quelli di Malefor.
Come ad un cucciolo ignaro del mondo qualsiasi esperienza poteva apparirgli assurda quanto nuova, ma la sua storia non gli aveva insegnato a distinguere la paura. Dunque non si fece cogliere intimorito.
“Tu sei l’Aedo?” chiese semplicemente curioso.
“La sua manifestazione spirituale”
“Dove sono gli altri?”
“Tranquillo, li rincontrerai”
Malefor ticchettò con un artiglio sulla pietra sotto le sue zampe, che non restituì nessun suono.
“Conosci la creatura che avete abbattuto?” chiese il drago spirituale.
“No” Rispose Malefor con l'immagine del bestione stampata nella mente.
“Era un Golem. Uno dei mostri sepolti nelle viscere della terra dopo un attacco avvenuto molto tempo fa. Sono colossi privi di ragione, intenzionati a distruggere tutto quello che ritengono distruttibile. Ora stanno tornando. E sai a causa di chi?”
L’Aedo osservò Malefor sollevare la testa e drizzare il collo mentre la consapevolezza di quello che stava succedendo lo spinse a rispondere freddamente.
“A causa mia”
“Non è del tutto vero. Non è giusto addossarti colpe che non hai”
“Se la mancanza di coraggio non è una colpa” sottolineò Malefor abbassando lo sguardo.
Attorno alla testa del drago l’acqua si mosse impercettibilmente. Piccole onde concentriche si propagarono verso l’esterno, raggiungendo quasi gli artigli di Malefor.
“Parli del coraggio che non hai avuto fino ad ora di reagire?”
“Non posso dire se la mia sia paura o meno, visto che non conosco il significato di questo concetto. Ma qualcosa mi ha sempre frenato”
“Questo però non ti ha impedito di aiutare Ignitus. quindi non obbligarti a vivere nel dolore. Ciò che è stato ieri non sarà domani, ciò che si crede giusto non sempre lo è, ciò che è ombra non sempre rispecchia la sua essenza nel male”
Entrambi restarono in silenzio, mentre la zona si faceva sempre più consistente e verosimile ai sensi del giovane drago viola. Attese alcuni momenti, poi sfiorò con una zampa l’acqua di fronte a se e parlò.
“Flarendor ha risvegliato il Golem. Lo so. Sta pianificando qualcosa"
“Si” ammise l'Aedo. "Fortunatamente è riuscito a convogliare nel golem soltanto metà della fonte della vita, troppo instabile per resistere a lungo. Il golem si è disintegrato proprio a causa di questo"
Malefor avrebbe voluto saperne di più su quel cristallo che il suo maestro utilizzava come catalizzatore d'energia, era un oggetto molto potente. Tuttavia era qualcosa che avrebbe potuto scoprire anche in seguito, in quel momento erano altri i pensieri che gli ronzavano in testa.  “E io cosa ci faccio qui?”
“Sei qui per avere risposte a domande che forse neanche ti saresti mai posto”
"A cosa serve ottenere risposte a domande per cui non ho interesse?" ribatté Malefor con l'onestà sincera di un draghetto consapevole della sua giovane età quanto della sua inadeguatezza nel mondo.
/> Sul senile muso del drago spirituale si dipinse un sorriso di zanne biancastre.
“Sono risposte che non interessano solo te. Tutto il regno dei draghi e le terre del vostro mondo potrebbero venir influenzate dalle tue scelte”
“Questo significa che posso scegliere?”
L’aedo tacque per un istante, poi sporse il muso lontano dalla superficie del piccolo lago e lo avvicinò a quello di Malefor, che sostenne il suo sguardo mentre analizzava tutto ciò che stava esprimendo.
“Tutti possono scegliere, Malefor. Chi non può farlo sono semplicemente coloro che non lo desiderano. Tu vuoi separarti dal tuo passato per poter cominciare a vivere?”
Malefor pensò al suo maestro, immaginandolo in piedi di fronte  al cristallo che gli aveva mostrato qualche giorno prima. Pensò a quante sofferenze aveva patito a causa sua e anche a quanto era diventato forte grazie a lui. Le fiamme di Flarendor erano state il suo passato, la sua casa. Nonostante desiderasse lasciarsi quell’orrore alle spalle non poteva ignorare le impronte lasciate dal suo sedicente affetto paterno.
“No. Non voglio lasciarmelo alle spalle, voglio che scompaia”
“Il tuo desiderio quindi è quello di avvolgere nel buio della nebbia ciò che è stato?”
“Il mio desiderio è quello di essere libero, indipendentemente dai giorni trascorsi sotto il controllo di Flarendor” ammise Malefor in tono grave, come sentisse, non nel profondo, di meritare una punizione per quel che stava dicendo.
“Sai quindi di essere stato manipolato”
Malefor chinò il capo in segno di assenso.
“E sai che  il fine di quello che consideri tuo maestro è far uso della tua forza per stringere tutto tra le sue zampe”
Malefor annuì di nuovo.
“E sai anche come è riuscito ad arrivare fino a questo punto?”
Il drago viola alzò il muso, lanciando all’Aedo un’occhiata confusa.
“Lui mi ha usato” cercò di rispondere, anche se sentiva non fosse quello che l'Aedo voleva comunicargli.
“Come è arrivato a te. Non lo sai questo, vero?”
Malefor si voltò verso l’orizzonte alle sue spalle, dove un’aria d’infinito lo avvolse. Il suo cuore venne stretto saldamente da una ignota morsa di cui non comprese la causa e per un breve istante l’intero suo corpo venne attraversato da un brivido gelido che gli impedì di restare a contatto con la surreale realtà che lo circondava.
Tornò a fissare il drago ancora per metà immerso nell’acqua; questo portò una zampa artigliata in superficie, poggiandola sull’orlo del lago e facendo leva su di essa con una spinta tanto fluida da sembrare meccanica.
“No. Non so come sia arrivato a me”
Le fauci dell'Aedo emisero uno strano verso gutturale che Malefor non cercò neanche di interpretare.
“E allora credo sia arrivato il momento…”
“No!” Malefor alzò di scatto la testa, divampando con lo sguardo e gonfiando i muscoli come per attutire un suo stesso sfogo di potenza. Puntò le zampe sulla pietra, distendendo le ali come per apparire più pericoloso ad un nemico inesistente, se non riflesso in se stesso. “Non voglio saperne niente” Sussurrò, abbassando le palpebre.
Dimenò la coda nervosamente senza neanche rendersene conto. Non capiva perché si stesse rifiutando di conoscere le soluzioni di tanti dei dubbi che lo tormentavano, ma sentiva fosse la cosa giusta. Aveva paura.
“Per quale motivo, drago viola?”
“Se scoprissi in questo modo il mio passato, temo quel che potrebbe accadere”
Per la prima volta nel corso della sua avveduta saggezza, sul muso dell’Aedo comparve una sfumatura interrogativa. Uscì completamente dal lago, posizionandosi in piedi di fronte al cucciolo. Dalle sue squame non scivolò nessuna goccia d’acqua; il suo esile corpo non mostrava la smaniosa fame del tempo.
“Malefor. Questa tua risposta e di conseguenza questa tua scelta mi sorprendono. E così anche tu conosci la paura? Se il tuo destino è quello di scoprire senza il mio aiuto quali sono le risposte che cerchi, io non mi intrometterò” Le grige ali della leggendaria creatura si spalancarono, senza proiettare ombre attorno a se. Malefor percepì l’ambiente riempirsi di aria più solida, come se un vento immobile lo stesse avvolgendo. “Sii tu allora la luce che abbaglierà la tua stessa ombra”
All’interno della bocca del drago si generò un’intensa luce dorata, che travolse Malefor in un raggio abbagliante di spire d’energia. Il draghetto si ritrovò catapultato in una coltre di bianco e infinito e fu costretto a chiudere gli occhi per sopportarne l’impatto.
Planò per un tempo indefinito, sospinto da forze impalpabili che lo guidarono attraverso lo spazio e il tempo, finché non percepì di nuovo la fresca aria del suo mondo baciargli il corpo e i suoi sensi risvegliarsi. Le sue acute narici e il suo udito formidabile captarono qualcosa di nuovo, sia per il luogo da cui era appena riemerso sia per la desolata landa in cui aveva trascorso i primi anni della sua vita.
Uno scintillante manto verde lo circondava, mentre l’erba umettata gli conferiva un senso di piacevole tranquillità e il placido suono di un fiume in movimento cullava la sua mente tormentata dall’insicurezza. Si accorse subito di non essere solo. Ignitus e Zell gli corsero incontro, comparendo alle sue spalle da una volta di alberi coperti di tante sfumature di verde e arancione da far sì che i giochi di luce riflettessero i raggi solari del meriggio.
“Malefor!” Esclamò il drago del fuoco, portandosi di fronte a lui per constatare che stesse bene.
“Ignitus…”
“Da quando siamo stati colpiti dal Golem sono successe cose assurde!” spiegò Ignitus frenetico.
“Lo so. Ma non le considererei così assurde”
“Forse hai ragione. Abbiamo compiuto la missione che ci era stata assegnata. Anche se ha detta dell’Aedo…”
Zell avvicinò il muso a quello di Ignitus, imitando una caricaturale espressione di saggezza con tanto di tono di voce da Aedo.
“Se siete quììì è merito del vostro coraaaggio! Non è stato per niente facile, aansi… avete adempiiiuto egregiamente ai vostri compiti…”
Ignitus scoppiò a ridere, gettandosi a terra e coinvolgendo anche Zell che si unì a lui, accompagnando quella risata spensierata tipica dei cuccioli.
“Già” Bisbigliò Malefor, voltandosi alla sua destra dove vide Glaider e Solaris dirigersi verso di loro con una vena di sospetto sul muso. Le corna scure incorniciavano le ombre smussate dei loro occhi che velavano domande dalle oscure risposte.
Anche Ignitus si voltò nella loro direzione, riservando loro un'occhiataccia di dissenso. Malefor non faticò a distinguere quello strano scambio di sguardi, ma si limitò a sollevare il proprio verso il cielo che appariva più limpido di quanto non fosse mai stato. La magia di quel luogo risplendeva nello sconfinato sussurro del firmamento, infondendo in quella valle un guizzante alito di pace e solennità. Nuvole rosee sormontavano l’orizzonte, costituito da lontane e immense montagne che si affacciavano su un mondo completamente coperto di scorci di natura.
“Dove siamo?” Chiese, senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
“Non lo so. Dove siamo Ignitus?” Chiese Zell, ancora disteso sull’erba con le ali e le zampe abbandonate al suolo.
“Non posso dirlo con certezza, ma credo che questa sia la valle di Avalar”
“Davvero?”
Zell a quella rivelazione balzò agilmente in piedi e si allontanò dall’amico, dirigendosi verso i meandri di quel luogo straordinario. Solaris affrettò il passo, trotterellando da Malefor un momento prima di Glaider e  fermandosi solo quando a dividerli non vi erano più di una decina di centimetri.
Lo fissò con i suoi occhi ambrati, aspettando una qualche risposta da parte sua a quel contatto visivo, molto timida a manifestarsi.
“Tu sei Malefor, giusto?” Lui annuì. “Sei un po’ silenzioso… ma anche molto carino”
Le zampe di Glaider affondarono tra i morbidi fili d’erba, strappandone involontariamente una discreta quantità. Ebbe l’impulso di afferrare la compagna e trascinarla via, ma qualcosa gli suggerì di non esagerare con l'esibizionismo.
Malefor si concentrò infatti su di lui, abituato a percepire e a decifrare qualsiasi suono che potesse rivelarsi forma di pericolo. Glaider volse il muso altrove, cercando un diversivo che potesse distrarlo.
“In questo caso dovrei ringraziare?” Rispose Malefor, nuovamente rivolto a Solaris.
Lei sorrise.
“Non è necessario”
Malefor cercò di contraccambiare al sorriso, rendendosi conto che non si era mai cimentato prima in quell’ardua impresa. Gli rimaneva più facile e spontaneo uccidere che sorridere.
“Scusami. L’unica  volta che ho ringraziato sono stato punito”
Solaris fece appello a tutta la sua forza di volontà per non chiedergli quali ripugnanze l’avessero ridotto in quel modo e gli sferrò un’amichevole pacca sulla spalla destra.
“Tranquillo. Nessuno ti punirà più”
Malefor, indeciso su quale fosse la risposta giusta, iniziò a contemplare i petali sgargianti di un fiore che gli stava solleticando le squame di un fianco. Portò gli artigli di una delle zampe sul fragile stelo che lo sorreggeva e sprofondò in quel gioco di giallo e porpora, paragonando quel soffice colore a quello del suo corpo.
“Cos’è questo?” Bisbigliò, rubando il fiore alla distesa di verde e mostrandolo a Solaris.
Lei lo prese dai suoi artigli con delicatezza.
“Questo? Siamo noi”
Malefor restò con la zampa sollevata, concentrandosi sulle sue parole.
“Noi…”
“Si. Lo stelo sono le nostre speranze, che ci sorreggono e ci permettono di crescere e vivere. I petali sono le nostre ali che si aprono nobili contro la volta cieleste. Mentre il pistillo è il punto in cui i petali convergono per unirsi in una sola anima. Così dice Neiry, la guardiana della terra”
 
***
 
Il cielo iniziava ad oscurarsi, mentre la sera si srotolava silenziosa e minacciosa sul regno dei draghi. Eterei e irraggiungibili bagliori risplendevano come petali di camelia su una scura volta senza confini. Axius e Neiry volavano uno a fianco all’altra, in direzione dell’ombra di cui avrebbero estirpato le radici. Non quell’ombra che serpeggiava attorno a loro, prodotta dall’avidità dell’imbrunire che rendeva gli alberi sotto di loro scure masse indistinte, bensì ombra fitta e tagliente; l’elsa di una lama che una volta completa sarebbe stata troppo pericolosa da affrontare.
 Sapevano dove dirigersi, dove avrebbero incontrato la loro preda. Abbandonare il tempio non era lode per i compiti di un guardiano, piuttosto avrebbero dovuto proteggere il potere dei loro elementi e la pericolosa energia del cristallo che doveva essere custodito per impedire il compiersi di un tragico futuro. Nonostante questo i due draghi sferzavano il gelido avvento della notte come frecce, incuranti delle forze oscure con cui si sarebbero confrontati di lì a poco.
Dopo minuti di silenzio, colmato solo dall’assordante rombo del vento che si abbatteva sulle loro squame impenetrabili, Neiry accennò ai suoi dubbi.
“Pensi seriamente che sia la cosa giusta? Non posso credere tu non abbia altre soluzioni in mente"
Axius inclinò il capo da un lato, piegando le ali azzurre per scendere dolcemente di quota. Volarono entrambi a pochi centimetri dal suolo, quasi rasoterra, mentre Axius elaborava una risposta che avrebbe dovuto convincere anche la compagna oltre se stesso.
“Neiry. So che quello che stiamo per fare va contro qualsiasi legge di noi guardiani, qualsiasi razionale scelta o principio, ma ogni tanto siamo costretti a far fronte a decisioni che non avremo mai preso se non per uno scopo che va oltre”
“Non può trattarsi di scelte o principi quando c’è in gioco la vita. Forse non ti rendi conto di ciò a cui stai mirando”
Il drago socchiuse gli occhi, continuando a volare dritto e parallelo al terreno.
“Ciò a cui io sto mirando? È il mio volere questo secondo te?”
Neiry non rispose. Si librarono all’unisono verso l’alto, accompagnati da una scia di vento tinto di sangue.
               
___
Angolo né acuto né ottuso ma retto dell’autore(questa era tristissima): Evvai, un altro capitolo andato. Allora miei pochi ma buoni accaniti lettori (?) vediamo di chiarire un paio di piccole cosette che mi sono state chieste anche per messaggio privato. Rispondo alle domande dei due utenti(a cui ho già risposto ma così chiarisco a tutti) che mi hanno chiesto perché io abbia infilato personaggi a sfornamento random nella storia e perché non mi sia limitato ad approfondirne alcuni  in particolare per poter gestire meglio la situazione. Allora, se vi aspettavate una storia totalmente incentrata su Malefor… mi dispiace ma non erano queste le mie intenzioni. Gli altri draghetti non posso analizzarli uno ad uno e descriverli tutti, ma non posso neanche ignorare il fatto che alcune uova si erano salvate. Di  conseguenza ho dovuto concentrarmi solamente su alcuni personaggi che poi nella storia di The Legend non ci saranno(non preoccupatevi, non verranno tutti fatti fuori XD) e in oltre, tutti quelli  a cui ho dato più spazio eccetto Ignitus(quindi Glaider, Solaris, Zell e ora ci infiliamo pure Dorim per non farci mancare nulla), sono come avevo già accennato “dedicati” ad amici rappresentati in maniera un po' caricaturale. Questo per dirvi... non è che sono masochista e porto avanti ottantordici personaggi a casaccio ma cerco di inglobare tutti nel concetto di gruppo, Se poi non ci sto riuscendo pazienza!
At the next chapter dragons!

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Capitolo 10
*** Rottura ***


ROTTURA



Dorim se ne stava immobile ad osservare il fluire del corso d’acqua che si muoveva di fronte a lui, indifferente a quello che il suo sguardo incontrava. Era imperdonabile non riuscire ad apprezzare la meraviglia di quell'oasi, e Zell glielo fece notare con la sua solita giovialità. Gli comparve di soppiatto alle spalle, come il fulmine che si scatena senza preavviso.
“Bu!”
Con un balzo gli piombò addosso e lo spinse a terra. Infastidito dalle -inutili perdite di tempo- del drago del fulmine, Dorim lo spinse via grugnendo.
“La prossima volta ti faccio finire nel fiume”
Zell, conscio del temperamento ribelle e scorbutico di Dorim, si limitò a sorridere e a fingere un’espressione spaventata.
“Nooo l’acqua del fiume no ti prego no, ho paura!”
Dorim sospirò, poi un ghigno pericolosamente perfido gli increspò le labbra.
“Zell, che ne dici di superare la tua paura dell’acqua?”
Il giovane drago giallo dorato sollevò le ali e le portò sul muso a difesa.
“Mai!”
“Ma il ghiaccio ti piace, o no?”
Zell scoprì di nuovo il volto e fissò incuriosito l’altro.
“Che vuoi fare?”
“Una bella gara di scivoli sul fiume, ovviamente dopo che lo avrò congelato”
“Ma…” esitò Zell.
“Che c’è? Non ti fidi?”
“In effetti no, ma pensavo più che altro che non sei in grado di congelare un intero fiume”
Dorim divaricò le ali e sollevò il capo in segno di superiorità.
“Mi sottovaluti?”
“No, tu ti sopravvaluti” Rispose  Zell con estrema semplicità, insinuandosi tra i vicoli del fragile autocontrollo di Dorim.
Il giovane drago azzurro si voltò verso le acque del fiume, realizzando che effettivamente trasformare l’intero corso in ghiaccio era impossibile. Terrador, cogliendolo in difficoltà, gli si avvicinò con un’espressione derisoria e vide in quel momento la possibilità di rinfacciargli la sua spavalderia.
“Che c’è piccolo drago di ghiaccio, non riesci neanche a usare il tuo elemento? Dai! Non hai appena detto di poter congelare il fiume?”
Dorim non gli restituì nessuna attenzione, si concentrò piuttosto sul suo potere, cercando di far fluire più energia possibile all’interno dei polmoni per convogliarla in un getto di portata di gran lunga superiore a quella a cui era abituato.
Terrador, per fornire il tocco di classe, sollevò il livello del suolo nel letto del fiume, oltrepassando la superficie dell’acqua e sbarrandone l’impeto. Quella sorta di diga naturale non avrebbe retto per molto, quindi Dorim si vide costretto ad approfittarne immediatamente e scagliò l’energia accumulata sulla metà immobile del fiume, che venne coperta  da un lineare tratto di strato ghiacciato.
“Con il mio aiuto è stato facile a quanto vedo”
Il drago dalle squame azzurre e argentee decise di utilizzare come arma più letale una rinnovata gentilezza e una preoccupante indifferenza alle provocazioni.
“Dai vieni a divertirti invece di vantarti” Disse al drago della terra, che ruzzolò vergognosamente e con troppa facilità nella perfidia del compagno.
Osservò Zell avvicinarsi alla banda di ghiaccio che ora solcava il verde della valle e slittarvi sopra con le zampe, esultando allegro come il più giocherellone dei cuccioli. Si lasciò influenzare dalla sua spensieratezza e lo seguì, ignaro del maligno sorriso di Dorim alle sue spalle, che attendeva l’istante giusto per attuare il suo piano.
Finse di raggiungerli per unirsi a loro, ma si bloccò con gli artigli a contatto con la solida superficie del ghiaccio e attraverso essi trasmise la sua energia esattamente sotto le zampe di Terrador e Zell, dove il ghiaccio si crepò istantaneamente. Sprofondarono entrambi nell’acqua gelida, colti del tutto alla sprovvista.
Convinto che sarebbero facilmente riusciti a tornare all’esterno per iniziare una furiosa azzuffata, Dorim tolse le zampe dal ghiaccio e le fratture si rimarginarono, seppellendoli sotto il robusto strato trasparente. Ridacchiando si allontanò a rapide falcate, aspettandosi una reazione violenta. Non che avrebbe mai concesso loro un segno di vigliaccheria o debolezza sia chiaro; la sua fuga sarebbe servita solo a -garantire la loro incolumità- avrebbe raccontato.
Terrador, nonostante la resistenza esercitata dall’acqua, con uno schiocco di coda riuscì a fratturare il ghiaccio quanto bastava per ampliare la fenditura con la forza delle zampe e portare la testa in superficie. Consapevole del terrore che impediva a Zell di affrontare l’acqua si immerse di nuovo, notando che l’amico si stava agitando a pochi metri da lui cercando di rompere il ghiaccio in preda al panico.
Vedendolo in difficoltà e incapace di ragionare, lo raggiunse e lo afferrò per la coda per  trascinarlo all’esterno, mentre ancora si dimenava furiosamente in cerca di salvezza.
Quando entrambi si trovarono distesi sull’erba, zuppi d’acqua gelata, Zell smise di agitarsi e lanciò un’occhiataccia nei dintorni in cerca del suo prossimo pranzo: un buon piatto di squame di Dorim.
“Quell…”
“Dai lascia stare, sai che è sempre così” lo anticipò Terrador, cercando di sedare i suoi istinti assassini.
“Ma io… lo squarto!”
Intanto che Zell si era gettato alla ricerca del suo avversario all’interno della ragnatela di fronde che si intrecciavano nella valle sotto a un cielo d'ambra, Malefor e Solaris si erano seduti con il dorso poggiato ad un grosso masso nel bel mezzo della quiete di Avalar. Le loro ombre si proiettavano sul fresco verde dell’erba ad incorniciarne i contorni.
Il drago viola puntò il culmine acuminato della coda al suolo, affondandola a qualche centimetro sotto la superficie.
“E quindi siete cresciuti nel tempio” constatò curioso.
“Si. Dobbiamo essere addestrati per diventare futuri guardiani o essere affidati a uno dei tanti ruoli che il mondo ci propone” spiegò Solaris, come di fronte ad un cucciolo appena nato.
“E quale sarà il tuo posto Solaris?”
Lei lo fissò da prima intensamente, poi con un’espressione intenerita.
“Non avrebbe senso saperlo adesso”
Malefor si sforzò nell'abbozzare un altro sorriso.
“Giusto”
Il giovane drago alzò il musetto verso le nubi che rivestivano l’orizzonte, fiutando qualcosa di strano attraverso l’infinito.
“E tu? Quale sarà il tuo destino?” Chiese Solaris,.
Fece quella domanda forse con troppa leggerezza, ignorando l’ingenuità del drago viola. Malefor impiegò qualche secondo per distogliere l’attenzione da quello che aveva captato e incamerare la domanda.
Socchiuse gli occhi, passando la lingua tra le piccole zanne e espirò uno sbuffo d’aria calda che salì verso l’alto.
“Lo scoprirò”
“Certo. E questo credo sia il nostro punto di partenza. Questa splendida valle, questa energia sarà l’origine della nostra forza. l’Aedo sicuramente ha scelto di mandarci qui per un motivo preciso” Rispose, mentre Glaider le si avvicinava sbucando da dietro il masso a cui erano poggiati.
Entrambi si voltarono verso di lui, il quale si portò tra i due e si sedette in modo da distanziarli, con fare apertamente geloso che fece sorridere Solaris.
“Sono felice di avervi incontrati" dichiarò Malefor. "Purtroppo non posso fuggire per sempre dal mio passato"
"Non conosco il tuo passato" rispose decisa Solaris. "ma ci sono due scelte che puoi compiere in risposta ad ogni passato. O prendi ciò che di questo è servito a formarti o ti lasci alle spalle gli errori e le tristezze”
Malefor si alzò sulle zampe, distendendo le ali violacee verso l’esterno. Rispose con una calma stoica, innaturale.
“O entrambe, ma non prima di aver fatto ciò che è giusto fare”
Non diede loro tempo per chiedere spiegazioni. Piegò gli arti posteriori e li sfruttò per darsi una poderosa spinta e librarsi in aria. Salì verso il rosso scarlatto dei suoi ricordi, sospeso in cielo ad osservarli.
Maestro e allievo si incontrarono di nuovo. Il ritmico e rapido battito d’ali del cucciolo contrastava con quello profondo di Flarendor, tranquillo e pacifico esteriormente, un inferno nelle viscere. Lo stesso inferno che aveva spesso scatenato contro Malefor, che adesso lo stava raggiungendo con l'espressione di chi è consapevole, deciso una volta per tutte a fronteggiare il fuoco che non poteva ferire le sue squame ma aveva saputo ardere gli anfratti più reconditi della sua anima.
“Cosa stai facendo, Malefor?”
Flarendor compì un gesto quasi impulsivo e spalancò gli artigli di una zampa anteriore, che richiuse un attimo dopo stringendo il vuoto.
“Come hai fatto a trovarmi”
Flarendor mostrò i denti, soffiando fumo dalle narici. La sua coda fendeva l’aria, mentre i muscoli di tutto il corpo lavoravano spasmodicamente per mantenere il controllo.
“Ti ho chiesto che cosa stai facendo. Cosa ci fai qui insieme a quei draghi”
Malefor batté le ali più rapidamente e scivolò fluido alla sua destra, con corna e artigli pronti ad accoglierlo in caso si fosse comportato come sapeva avrebbe fatto.
“Faccio quello che non ho fatto per tutti questi anni. Tu puoi tornare nella tua grotta"
Tutti i nervi del drago del fuoco si tesero oltre il limite consentito e le sue pupille si tinsero di quell’inferno.
“D’accordo piccolo draghetto impertinente. Me ne tornerò a casa, ma tu mi seguirai. Sono stato chiaro?”
Malefor sollevò il capo, rendendosi conto che aveva il pieno controllo della situazione, mentre il suo maestro era prossimo a bacillare.
“Chiaro come i bagliori di quel fuoco con cui mi hai torturato e con cui hai forgiato queste squame” Rincarò la pressione esercitata sul maestro avvicinando il muso al suo. “E con cui mi hai condannato alla solitudine”
“Malefor…” ringhiò Flarendor.
“Si maestro?”
“Non sfidare la mia pazienza”
“Cosa dovrei temere?” chiese fiero il drago viola.
“Te stesso”
Una vena di perfidia spuntò sul muso di Flarendor quando vide Malefor sgranare impercettibilmente gli occhi, ma  Il cucciolo estrasse la lama della ferita in maniera rapida e indolore per poi conficcarla dritta nel petto del maestro.
“Preferisco affrontare me stesso come drago libero che come tua arma”
Fu la scintilla che fece divampare l’incendio. Flarendor si scagliò con violenza contro il suo allievo, snudando le zanne e puntandolo alla gola. Con una cabrata istantanea Malefor si alzò di quota e si mosse in modo che il suo avversario seguisse i suoi movimenti e si concentrasse unicamente su di lui.
Sfrecciò in picchiata verso le montagne che si gettavano sulla valle, sostenendo il contatto mentale con tutto ciò che lo circondava; non poteva lasciarsi cogliere di sorpresa.
“Se non potrai essere mio non sarai di nessun altro, drago viola!”
Malefor lo ignorò, sperando solo che i suoi nuovi compagni non decidessero di seguirlo o magari non si fossero neanche resi conto dell’accaduto. Non poté però preoccuparsene a lungo; Flarendor era saturo di un'energia insolita che lo stava allarmando e di cui non riusciva a carpire la fonte. Cercò di tenersi a debita distanza finché non fu abbastanza lontano, ma qualcos’altro aveva catturato l’attenzione dei suoi sensi. Due creature in cielo si stavano avvicinando. Non era il momento per fare nuove conoscienze, doveva concentrarsi su Flarendor.
 Nonostante il suo maestro fosse sempre vissuto solo e certo non avesse alleati, Malefor non voleva rischiare di trovarsi di fronte a troppi avversari. Quel giorno sarebbe sorto il suo lato più oscuro e chiunque si fosse trovato davanti intenzionato a fermarlo non avrebbe vissuto la nuova alba.
Tra una virata ed un’altra, maestro e allievo iniziarono a tracciare una spirale d’energia che li seguiva in un turbinoso vorticare di volute concentriche. Stranamente Malefor si sentiva a disagio. C’era qualcosa nell'aria che non aveva mai percepito prima, un potere ancora più terrificante di Flarendor stesso.
Una folata d’energia violacea si propagò attorno al corpo del drago del fuoco, che scomparve nel nulla come per capriccio divino. Si materializzò a meno di un metro dal dorso del drago viola, che alzò lo sguardo incredulo, del tutto colto alla sprovvista.
Un fendente dei suoi artigli e l’ala sinistra di Malefor si ritrovò squarciata da un solco vermiglio da cui zampillò un fiotto di sangue. Il giovane drago spalancò le fauci istintivamente, ma nessun guaito di dolore ne uscì; segno di ciò che era diventato, della resistenza acquisita nel tempo.
Lanciò un’occhiata al mondo sotto di se dove un monotono ammasso di rocce copriva il terreno e assaggiò il soffice alito di vento che gli abbracciava le membra, mentre planava  leggiadro al suolo nonostante la ferita. Il dolore non lo turbava, anche se valutò rapidamente di non poter più volare a gran velocità. La sua mente registrava ogni sensazione come un insieme di impulsi che il suo corpo avrebbe dovuto elaborare per reagire alla battaglia. Recuperò quota senza perdere stabilità, concentrandosi anche sulla più piccola articolazione del corpo.
Adesso Flarendor si trovava di fronte a lui con un ringhio di sfida stampato sul muso. Non era il solito Flarendor, nelle sue vene scorrevano sangue corrotto ed energia oscura.
“Cosa ti è successo maestro. Anche l'ultimo barlume di purezza in te è scomparso?”
Le fauci del drago di fuoco vomitarono una fiammata purpurea intenta a divorare Malefor, che guizzò di lato seguito da scariche elettriche per poi lanciarsi verso il suo fianco scoperto. Sferrò una raffica di artigliate e ferì ripetutamente il manto di squame che proteggeva il costato di Flarendor.
Evitò appena in tempo la frustata di coda che un attimo dopo gli sfiorò il collo, scendendo di pochi metri per sfruttare l’occasione a suo vantaggio. Una fitta di dolore gli stilettò l’ala ferita quando mise tutte le sue forze in uno scatto diretto al ventre del drago, su cui abbatté tutta la forza delle sue corna.
Sentì il corpo di Flarendor schizzare verso l’alto all’impatto. Vi si aggrappò con gli artigli e morse con violenza, sentendo il sangue in bocca. Appena fu in grado di mantenersi in aria ad altezza e velocità costanti si staccò e puntò gli occhi al suo operato, rimanendone al contempo compiaciuto e disgustato.
Nell’unica regione dell’addome vestita di squame friabili di Flarendor era comparso un foro sanguinante, da cui sgorgava un fiumiciattolo vermiglio. Notò tuttavia che nonostante le profonde ferite che solcavano il corpo del suo maestro, questo non pareva ne affaticato ne in difficoltà.
Quello che successe in seguito a nessun drago era mai stato concesso di assistere. L’ex guardiano del fuoco venne circondato da un’aura di quell’ignota energia di cui Malefor aveva da subito captato e temuto la presenza. Bagliori violacei si accesero in prossimità degli squarci sulla pelle di Flarendor e andarono a rimarginare le ferite, conferendo al drago ancora più potenza.
“Allora è questo che mi nascondevi” Sussurrò il giovane drago viola, affatto preoccupato dalla piega che la situazione stava prendendo.
Non riuscì a rendersi conto del pericolo. Flarendor in un lampo gli fu addosso, le zampe protese per trafiggerlo. Per puro riflesso di reazione evitò la prima zampata, ma quando provò a reagire quattro artigli lo afferrarono per la testa e lo bloccarono a mezz’aria. Tentò in ogni modo di divincolarsi, non riuscendo però a sgusciare via dalla presa. Non desisté neanche quando il drago se lo portò di fronte alle fauci, come a volerlo sbranare.
“Non fai più il gradasso ora, stupido drago viola?”
Malefor divaricò la bocca e sputò una sfera d’energia naturale che assunse un colore verde splendente appena entrò a contatto con l’aria. Il colpo si schiantò sul muso di Flarendor, il quale sogghignò soddisfatto della forza acquisita.
“Mi fai il solletico”
Malefor cercò di sfruttare anche l’elemento del ghiaccio, ma la morsa si serrò ancora di più sulla sua testa e uno degli artigli iniziò a puntellargli il cranio.
“Se dovessi trafiggerti proprio qui, chi sa cosa uscirebbe. Sicuramente molta purezza. Vero piccolo draghetto? In te non c’è spazio per l’oscurità"
Malefor non si mostrò debole né spaventato neanche in quel momento.
“No, non c’è. Come per te non ci sarà futuro. Non avrai mai quello che cerchi”
“Tu dici?”
La pressione aumentò ancora, a tal punto che Malefor sentì le proprie ossa scricchiolare in una sinfonia di dolore.
“Stai per distruggere quello che hai creato maestro? Come pensi di poter sopravvivere tu, che attingi a una forza non tua? Questo perché sei debole e non sono sufficienti le tue sole energie per far fronte alla vita. Sei solo e hai bisogno del potere di un cristallo per sovrastare chi...
Un pugno tremendo gli colpì il muso, facendogli perdere per un istante il contatto con la realtà. Sagome grigiastre e appannate gli annebbiarono la vista, fin quando non si sentì precipitare a picco attraverso l’aria. Le scariche lancinanti che gli massacravano la testa non gli impedirono di rendersi conto che stava scendendo in caduta libera immerso nella semi incoscienza, dritto verso una morte certa.
 A quella velocità, nonostante la robustezza delle sue squame forgiate nel fuoco, non sarebbe chiaramente sopravvissuto. Un accenno di razionalità gli suggerì di spiegare le ali e provare a rallentare la discesa, ma i muscoli rispondevano come se fossero scoordinati dal cervello e ogni impulso che veniva trasmesso alle fibre del corpo veniva deviato dal dolore.
Ancora le immagini erano confuse e indistinte, ma sentì il bisogno di chiudere gli occhi. Non per paura, ma per andarsene come era giunto, fra le tenebre. Il terreno era vicino. Prima che avesse modo di rivangare ogni ricordo trascorso, qualcosa di caldo e delicato  lo avvolse. Si sentì adagiare al suolo come nell’abbraccio di una madre che si scioglie per far distendere il proprio cucciolo.
Stava per scivolare in un vuoto sonno senza sogni, quando sentì pronunciare il suo nome. Qualcuno lo stava chiamando; gli parlava con delicatezza, come se anche il tono troppo alto della voce potesse infrangere il sottile guscio dell’uovo viola.
“Malefor...”
A chi apparteneva il caldo suono di quella voce?
Attorno a lui non esisteva niente, solo una morbida sostanza dentro cui il suo corpo stava formandosi.
“Malefor”
Poteva percepire il calore infondersi attraverso gli strati del guscio che lo proteggeva, poteva assimilare quel tepore trasmessogli dall’esterno come raggi solari incuneati in un confortevole rifugio. Poi improvvisamente la voce si affievolì, fino a scomparire. Il calore venne sostituito da una stretta gelida, che emanava solo buio e vuoto.
Lo schizzo di luce si spense e con un brivido affondò nell’oblio.
 

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Capitolo 11
*** Ghiaccio e fuoco ***


GHIACCIO E FUOCO



Un cerchio di luce bianca si diffondeva nell’ambiente circostante, attraverso bagliori provenienti dal suolo. Un’irregolare superficie vitrea e trasparente costituiva la pavimentazione di quello strano vano senza pareti L’essenza luminosa del luogo veniva conferita da degli strani cristalli disposti ad abbagliare anche il più piccolo centimetro di quel mondo sconfinato.
Dove avrebbe dovuto stagliarsi maestoso l’azzurro del cielo vi era invece un’ammasso luminoso di forma sferica, la quale effondeva una luce più intenza di quella del sole, che però non feriva i suoi occhi. Si mosse con cautela, come se non si fidasse di tutto quello splendore, troppo puro perché le tenebre potessero assimilarlo.
Si rese conto solo in quel momento che qualcuno era seduto proprio dietro di lui. Sentiva sul collo il soffio di un caldo respiro che sembrava volerlo risucchiare, come l'alito dei più inconfessati anfratti infernali.
Le sue zampe opposero una solida resistenza, nonostante la superficie liscia a contatto con i suoi artigli gli impedisse di far presa su qualcosa per mantenersi saldo su ogni percezione. Si voltò di scatto, pronto a fronteggiare qualsiasi nemico lo stesse invitando alla battaglia.
Si ritrovò di fronte ad un drago viola.
Le sue squame apparivano di una tonalità più scura di quella del suo corpo,  I suoi artigli erano tinti del rosso del sangue come le corna, le sue zanne grondavano orrore e sofferenza. Ciò che veramente lo rendeva spaventoso però erano le pozze giallastre dei suoi occhi, incapaci di trapelare una qualunque emozione, come sprofondate in un vuoto irreversibile.
Una crepa improvvisa sul suolo lo costrinse ad avvicinarsi a quella creatura, che non indietreggiò ma si dimostrò del tutto eterea, permettendogli di passargli attraverso. La cosa non lo turbò, ansi lo incuriosì a tal punto che si protese di nuovo verso l’essenza immateriale del drago e si sporse per controllare cosa ci fosse aldilà della spaccatura appena formatasi.
Dalle acuminate fenditure di quella pavimentazione simile a ghiaccio si issò un drago totalmente identico a lui. Le sue ali erano quelle di un potente predatore del cielo, i suoi arti quelli di un guerriero navigato e il suo sguardo quello di un cucciolo vivace e curioso.
Sul suo musetto raggiante comparve un sorriso di zanne candide come la luce emessa dai cristalli. Il giovane drago lo stava fissando come a volerlo studiare, mentre i suoi occhi cercavano qualcosa al suo interno; o forse alle sue spalle.
Quando comprese che quello sguardo indagatore non era rivolto a lui ma al drago  dalle fattezze demoniache, sentì di doverlo imitare e con un balzo gli si mise affianco, contemplando a sua volta l'inquietante creatura che pareva non degnarlo di alcuna attenzione.
Il drago viola appena giunto indietreggiò, facendo di nuovo sì che Malefor si trovasse in mezzo a quell’intreccio di sguardi, che per qualche ragione non lo convinceva affatto. Dietro di lui il drago dolce e spensierato, d'innanzi a lui il drago da gli occhi gelidi.
una sensazione mai provata prima si fece strada nella sua testa.
Qualcosa che nessun avversario gli avrebbe mai potuto infondere, un brivido oscuro che nessun mondo gli avrebbe mai potuto mostrare. Qualcosa che solo in se poteva trovare.
La paura.
Vide il drago di fronte a lui avvicinarsi, sentendo che anche l’altro stava per raggiungerlo. Si voltò verso l’esterno, temendo di incontrare gli occhi di entrambe le creature. Poteva percepire i loro pacati respiri sul suo corpo, anche se si rese conto che questi lo stavano attraversando. Ne ebbe la conferma quando il cucciolo alla sua destra alzò una zampa verso il drago infernale, non incontrando alcuna resistenza fisica nonostante quello che credeva trattarsi del suo corpo si trovasse in mezzo a loro.
Quando anche l’altro fece lo stesso, i loro artigli si sfiorarono producendo un suono più sottile di un’ala di libellula.
Era il suo corpo a non essere tangibile. Le zampe dei due draghi si incontrarono dentro di lui e gli parve stessero cercando di ghermire il suo cuore.
Era la sua mente a non far parte di nessun mondo. Era la sua anima ad essere in bilico tra luce e tenebre.
Cercò di concentrarsi sui cristalli luminescenti, che a pochi istanti dal contatto con il suo sguardo iniziarono a sgretolarsi in un fragore tintinnante, come se qualcosa di violento li avesse frantumati.  Con loro cominciò ad andarsene anche la perpetua luce che inondava il luogo, lasciandolo inabissare lentamente nell’oscurità senza volto.
In breve si ritrovò circondato dal buio e dal vuoto. Cercò conforto nella presenza del draghetto sorridente che fino ad un momento prima si trovava al suo fianco, non incontrando altro che il nulla.
Alle sue spalle risplendevano due occhi gialli d’inferno, spenti e famelici d’ombra.

Scattò in piedi come se una scossa elettrica gli avesse pervaso ogni millimetro delle ossa, capendo immediatamente che movimenti troppo bruschi non gli erano concessi. ricadde atterra con le zampe prive di forza in balia del dolore, mentre le sue funzioni vitali iniziavano a riattivarsi e il contatto con l’aria fresca e le pietre del suolo gli restituivano sensibilità.
Provò allora a sollevare il capo, constatando che in fondo non era conciato troppo male. Davanti a lui, una dragonessa dalle squame verdi rilucenti come smeraldi lo fissava con un’espressione mista di stupore e gioia.
“Allora sei vivo! Piano, non muoverti, adesso ci penso io”
Non lasciandogli un attimo per rendersi conto della situazione, Neiry estrasse un fascio d’energia verde e azzurra dal suolo sotto i suoi artigli, puntandolo con essi verso Malefor che ne venne investito completamente.
“Non è granché ma dovrebbe restituirti le energie”
Quando Malefor ne emerse, assaporò una sensazione di pace mai provata prima. Era come se il calore dell’energia che fluiva attorno a lui lo stesse permeando fino alla punta delle corna.
Alzò una zampa e se la portò sul muso, massaggiandoselo delicatamente per controllare se avesse riportato lesioni serie, ma non lo ferì nient’altro che una lieve fitta di dolore sulla mascella. Doveva essersi fracassata durante il violento scontro con il suo maestro.
Il suo maestro, che scorse in cielo a molti metri sopra di lui, attorniato dalle figure di un altro drago dal manto glaciali e da uno stormo di giovani draghi agguerriti e furenti.
“no!” Gridò nella loro direzione, inascoltato a causa della distanza.
Fece per spalancare le ali e prendere la rincorsa, ma Neiry  gli si avvicinò con apprensione e gli poggiò una zampa sul dorso cercando di trasmettergli sicurezza.
“Ci penseranno loro, non preoccuparti”
“No! Loro non possono…”
I suoi occhi non si staccarono un attimo da quello che stava avvenendo in aria: i due draghi volteggiavano in cerchio, mentre i giovani allievi si erano disposti sopra di loro pronti per attaccare.
attendendo il Axius rivolse loro  alcune parole che Malefor non riuscì a distinguere e la torma di draghi si dissolse in un fruscio d’ali che  si espanse fino ad allontanarsi dalla tremenda battaglia che di lì a poco avrebbe sconvolto il firmamento. Nonostante l'agitazione, , il calore trasmesso da Neiry finì in prima linea tra i suoi pensieri.
Cosa stava succedendo? Poteva appartenere anche a lui una tale sensazione di piacere?
Da quanti anni ormai qualcuno non cercava di trasmettergli affetto? Il suo spirito trovò pace in quel lieve ma potente contatto fisico.
Si voltò, sprofondando nel volto della dragonessa.
“Mi ricordo di te”
Gli occhi di Neiry si accesero di una profonda emozione, che conferì al suo muso un’espressione austera e regale. Allungò il collo verso il drago viola fino quasi a sfiorarlo.
“Ti ricordi di me?”
“Ricordo il tuo calore, deve esserci stato un giorno in cui mi hai stretto contro il tuo ventre”
Neiry sollevò il capo, senza distogliere lo sguardo da quello del draghetto.
“Il giorno in cui sei nato”
La mente di Malefor guizzò a quella risposta, sprofondandolo in un tumultuoso turbinare di sensazioni e emozioni che si infransero su un’unica domanda.
“Eri con me quando sono nato?”
“Si. Ma non sono riuscita a proteggerti e ad evitarti indicibili sofferenze, non esistono parole per descrivere il mio dispiacere”
Malefor socchiuse le palpebre.
“Di qualsiasi cosa tu stia parlando non importa, ti ringrazio per avermi permesso di sognare le tue zampe che mi proteggevano”
A quelle parole la dragonessa non seppe come controbattere, ma Malefor non gliene diede comunque il tempo.
“C’è però una domanda che mi tormenta da quando ho memoria” Lei si rabbuiò, temeva di conoscerla. Avrebbe desiderato non essere lei a dovergli narrare quella verità. “Sono davvero il figlio delle ombre?”
La dragonessa tirò un lungo sospiro, poi  rispose con una calma statuaria.
“Tu non sei assolutamente il figlio delle ombre, anche se così hanno voluto farti credere. Tu saresti stato figlio di due draghi coraggiosi che per te hanno dato la vita. Purtroppo il destino è stato molto crudele con loro”
Malefor non si rabbuiò a quella notizia, furono invece la consapevolezza e la gioia di non doversi arrendere all’oscurità che lo spinsero ad avvicinarsi alla dragonessa e a porle un ultimo quesito.
“Flarendor li ha uccisi vero?”
Lei annuì, in attesa di una reazione violenta a quella rivelazione. Si stupì nel vedere le labbra del cucciolo distorcersi in un mesto sorriso.
“Perfetto” Le diede le spalle, alzando il muso e lanciando un’occhiata in direzione del drago delle fiamme. “Ho la possibilità di vendicarli”
La sua determinazione non lasciava posto a repliche. Questa volta non vi sarebbe stata creatura in grado di fermarlo, adesso aveva un valido motivo per dare tutto se stesso e sfidare a testa alta Flarendor e il giogo che affliggeva la sua anima.
Finalmente conosceva la verità, il suo posto non era tra le tristi braccia  del buio.
 
***
 
Axius fissava il suo avversario, concentrato anche sul suo più piccolo movimento. Un solo errore sarebbe potuto costargli la vita, non doveva abbassare la guardia.
I nervi tesi fino al limite e ogni fibra del corpo pronta a saettare, cercava di prevedere la prima mossa del drago di fuoco che a differenza sua sembrava tutt’altro che agitato.
“Devo confessartelo Axius. Battermi contro di te non è una scelta che prenderei così volentieri. Sei un drago di enorme talento e domini le energie fredde come nessun altro, è un vero peccato che la tua vita debba volgere al termine per un tuo capriccio”
“Capriccio Flarendor? Non sai neanche di cosa stai parlando” ribatté secco Axius sostenendo il suo sguardo.
“Sarebbe stato tutto più semplice se ti fossi unito alla mia causa. Hai voluto sfidarmi e il risultato sarà catastrofico, che gli antichi guardiani possano proteggerti dai miei artigli”
“non ho bisogno di protezione. Vorrei un posto nel paradiso dei draghi per te, ma temo che le tue malefatte non possano essere perdonate”
“Malefatte. Sei tu che non sai di cosa parli. Grazie a me il mondo conoscerà una nuova era, aldilà della mia morte. Queste terre forse non si ricorderanno di me, ma si ricorderanno del dolore e della sofferenza provocata dal drago più potente che sia mai esistito”
Axius abbassò il muso verso il suolo, poi tornò a fissarlo imperturbabile.
“Non crescerà come tu speravi”
Flarendor proruppe in una cavernosa risata che riecheggiò tutt’attorno.
“E sarai tu ad impedirglielo, Axius?”
Il guardiano del ghiaccio non distolse l’attenzione dal combattimento, nonostante l’altro cercasse in ogni modo di provocarlo e di spingerlo ad azioni avventate.
“Saprà da solo cos’è giusto fare. Sei malvagio e il tuo cuore non vede da tempo la luce, ma non sei abbastanza potente da poter portare il mondo alla distruzione”
“Per questo mi servirò di lui”
“Non sei in grado neanche di questo Flarendor”
Flarendor sospirò spazientito.
“D’accordo. Dimostrami di essere più forte di me. Fammi vedere fin dove il guardiano del ghiaccio possa arrivare”
Come due squarci dell’universo i loro ruggiti si scontrarono e i draghi si avventarono l’uno contro l’altro pronti a dilaniarsi come  fiere selvagge. Non  era nei loro pensieri la difesa o il contrattacco, si limitavano a colpire con tutta la forza di cui erano capaci.
Si intrecciarono in un groviglio di artigli e zanne che niente aveva a che fare con una vera battaglia; li spingeva solo la pura brama di eliminare l’avversario.
Da un lato l’ambizione di dominare un mondo che mai a nessuno sarebbe appartenuto, dall’altra il desiderio di proteggerlo con ogni mezzo possibile. Fiamme serpeggianti danzavano attorno a getti gelidi, sulle quali andavano a dissolversi senza raggiungere il bersaglio. D’altro canto, le sferzate congelanti di Axius si scontravano con sfere infuocate di immane potenza, annientandosi all’impatto.
Nessuno dei due riusciva a raggiungere l’altro e a ferirlo in modo critico, le loro energie elementali si eguagliavano.
“in forma come sempre… vero Axius?” Lo incalzò Flarendor, emettendo rapidi e intervallati respiri d’aria calda. “Ma non è sufficiente per sconfiggermi!”
Tra le sue fauci si generò una stella di luce violacea diretta verso Axius, che fu costretto a gettarsi verso il basso per evitare di essere centrato in pieno muso.
Non gli ci volle molto per capire che quello non era un potere elementale come gli altri, arrivando subito ad ipotizzare che una tale fonte d’energia potesse derivare solo dall’altra metà del cristallo che Siil e Ignitor stavano custodendo nel tempio.
“Visto Axius? Hai compreso il significato del potere?”
Con un’improvvisa torzione del busto Axius evitò un altro getto d’energia che gli sfiorò il collo, non perdendo l’equilibrio di volo per puro miracolo. Mosse freneticamente le ali per distanziarsi di qualche metro da Flarendor, che lo fissava spavaldo e sicuro di se.
"Stai fuggendo? Non è qualcosa che si attribuirebbe all’indomito guardiano del ghiaccio”
“Tu combatti con gli artigli, non con il cuore. Questo finirà per essere la tua rovina”
“Sagge parole. Peccato siano del tutto prive di significato!”
Axius capì che quello scontro non poteva essere affrontato con la sua sola energia elementale, per quanto vasto il suo potere non era sufficiente per contrastare quello ottenuto da Flarendor. Sapeva anche che altre parole sarebbero state inutili, ormai il drago era corrotto fino alle ossa da qualcosa fuori dalla portata di entrambi.
Sprigionò quanta più energia possibile dal corpo, avrebbe tentato ogni mezzo prima di cedere. Nel momento in cui l’emanazione  del gelo e del fuoco ormai divenuto inferno si incontrarono, anche la volta cieleste si mosse in risposta al preannunciarsi di uno scontro di portata epocale.
L’azzurro si tinse di grigio e le nuvole iniziarono a piangere lampi di rabbia. I due draghi vennero circondati da un ammasso di vapore, che ne oscurò le figure, isolandoli in un cumulo opaco di spirali eteree. Nessuno dei due parlò, erano concentrati sulla propria energia interiore che avrebbero emanato a piena potenza. Colpirono all'unisono, quando una sagoma piccola e veloce attraversò la foschia che li inglobava.
 
Il loro ruggito lacerò il cielo, mentre un’esplosione di bagliori biancoazzurri si generava all’impatto dei loro soffi. Zampilli di luce schizzarono in ogni direzione, mentre fasci splendenti si intersecavano in uno spettacolo di fiamme gelide e incandescenti.
Quando i boati iniziarono a ritirarsi, Flarendor comparve al disopra del punto dell’impatto, quasi del tutto illeso.
A pochi metri da lui Malefor stava planando verso il basso con Axius abbandonato sul suo dorso. Nonostante la grande differenza di peso, il cucciolo sembrava non esercitare alcuno sforzo per scendere senza precipitare.
In lui si era risvegliata la forza del destino oscuro a cui voleva opporsi. Raggiunto il suolo lasciò che il drago si distendesse di fronte a Neiry, per poi concentrarsi di nuovo sul maestro. Flarendor non aveva previsto l'intervento del suo allievo, la sua mente ancora faticava ad accettare che non fosse più suo.
”Restituisci anche a lui l’energia” Disse il giovane drago viola rivolto alla dragonessa, prima di puntare gli arti al suolo e lanciarsi in volo.
Lei lo osservò salire rapidamente di quota, sorridendo.
“Grazie”
___
 
Angolino oscurissimo: surryeaaa! Due capitoli in un colpo solo per compensare l'enorme ritardo! Che capitoluccio complicato, voi non potete capire!
Che ne dite? È uscito bene? È il primo capitolo di cui sono veramente contento.
Tutto sta per concludersi… finalmente. No, finalmente un cavolo! Uffa mi stavo affezionando a questa storia e è già finita!
Va beh, ormai ho smesso di chiedervi recensioni perché siete un branco di pigroni sfaticati, ma non per questo l’invito a lasciarne una è ancora valido! XD
Bien… al prossimo capitolo draghetti!
Sasu
 

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Capitolo 12
*** Tramonto di stelle ***


TRAMONTO DI STELLE



Il cielo, finalmente rasserenato, pareva sorridere tra un candido manto di nuvole e raggi solari che filtravano attraverso i bagliori rossastri di un tramonto ormai prossimo.
 Quella valle avrebbe assistito al concludersi di un lungo ciclo di sofferenze, insieme al giorno sarebbe tramontata un’era che avrebbe lasciato il posto ad una nuova alba. Ogni influenza negativa generata dal precedente scontro pareva essersi dissolta attraverso la luce nata nel cuore di Malefor, che se ne stava immobile a fissare il suo maestro, limitandosi a battere le ali per restare in volo. Flarendor ringhiò sommessamente, snudando le zanne. Era pronto a chiudere una volta per tutte quel conflitto. Avrebbe annientato ciò che aveva creato. Sarebbe stato suo o di nessun altro. Niente questa volta li avrebbe interrotti, qualsiasi cosa fosse successa da quel momento sarebbe significata l’epilogo del suo viaggio attraverso le tenebre.
Il suo epilogo. Il commiato del guardiano del fuoco al termine del suo oscuro cammino.
“D’accordo Malefor. Preparati”
Il cucciolo lo osservò inespressivo, cercando le parole giuste.
“Hai ucciso tu i miei genitori vero?”
Il drago non si scompose a quella domanda che alle sue orecchie risultò soltanto assurda e fuori luogo.
“Se così fosse stato?”
“Non avrei voluto combattere contro di te. Ma oltre che a una giusta causa ora ho anche un buon motivo per farlo”
Flarendor ghignò.
“Come pensi di poter parlare di giusta causa tu che sei appena uscito dall’uovo?”
“Da quale uovo? Da quello che hai rubato? Quello che conteneva il leggendario drago viola? Si, lo stesso che hai cresciuto e che ti distruggerà”
“Vieni. Ti sto aspettando” Rispose il drago del fuoco, digrignando le zanne e muovendo più rapidamente e con più energia le ali.
“Non sono come te, non fremo dalla smania di uccidere”
“L’hai già fatto. Quante volte ti sei cibato della tua preda dopo averla dilaniata? Il mondo ci ha creati perché potessimo prevalere sugli altri e ergerci al di sopra di coloro a cui non è concesso”
“Non puoi paragonare la sopravvivenza al desiderio di uccidere per il puro piacere di farlo” Disse il giovane drago viola, mantenendo la calma
“Non provo piacere nell'uccidere. Cerco solo il potere"
La potenza di Flarendor si concentrò in una fiammata di proporzioni gigantesche, che Malefor non si premurò di evitare. Il getto incandescente lo travolse, ma un’aura gelida protesse il suo corpo e dissolse la minaccia. Restò immobile, sospeso a mezz’aria. Flarendor gli si scagliò contro, divaricando artigli e fauci. Bramava la morte del suo allievo.
Accadde qualcosa. Fu come se Flarendor fosse stato dilaniato nel costato che proteggeva il suo fianco sinistro. Qualcosa che lo pugnalò dall’interno, come la lama di una spada rovente. Come una spada di Airack. Non percepì nessun reale dolore fisico, ma lo tradì un'esitazione. Quell’esitazione che compromise tutti i suoi sogni, tutte le sue egoistiche speranze e il suo desiderio di raggiungere il potere.
“Me lo hai ripetuto più volte maestro…” Malefor si portò di fronte al suo muso. “Nessuna pietà”
Un onda di luce viola investì in pieno Flarendor, che non ebbe neppure il tempo di gridare. L’impatto con il suo corpo che tentava di opporre resistenza provocò un’esplosione inimmaginabile, che irradiò energia appartenente a nessuno degli elementi conosciuti. Un energia che solo un drago viola era in grado di dominare. Il corpo inerte di Flarendor cadde diretto al suolo, mentre Malefor scese delicatamente verso terra sfruttando l’attrito con il vento, che tutt’ad un tratto era aumentato di intensità. La folata di vento che rappresentò il saluto del cielo ad un'anima oscura.
Flarendor cadde steso sul ventre, scontrandosi violentemente con le pietre che lo accolsero come boia pronti a compiere il loro dovere. Malefor atterrò di fronte a lui, fissando le ali scarlatte che giacevano sul suo dorso. Le ali del suo maestro che non avrebbero più solcato il cielo incutendo terrore.
“Il tuo cuore batte ancora, hai tempo per rispondere ad un’ultima domanda”
Il drago cremisi sollevò le palpebre, fissandolo con disprezzo, senza alzare il muso da terra. Mosse lentamente una delle zampe anteriori fino a portarla di fronte alle fauci.
“Maledetto ingrato. Ponimi la tua ultima domanda”
Malefor non dimostrò alcuna benevolenza neanche nel vederlo sputare un fiotto di sangue, ormai in bilico tra la vita e la morte.
“Dove finiranno tutti gli anni che hai trascorso a trasformarmi in quello che sono adesso?”
Flarendor sorrise, capendo fin dove voleva portarlo.
“Il mio sogno non morirà con me. Tu non sarai mio forse, ma non potrai sfuggire anche alle ombre"
Malefor gli si avvicinò fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo muso.
“Ti sbagli. Il mio destino lo scriverò io”
“Oh si che lo scriverai tu, ma non mi sbaglio affatto. Anche se non c’è più tempo per me” La sua testa e le sue membra si afflosciarono nuovamente, abbandonate ad un corpo esanime. “Addio Malefor. In fondo… ti ho voluto bene”
Quell’ultima frase lo accompagnò tra le braccia dell’unica vera signora dell’oscurità eterna.
Seguì un breve attimo di silenzio. La stessa luce violacea con cui Flarendor aveva cercato di annientare l’allievo avvolse la carcassa del drago. Il terreno circostante fremette, mentre la crudeltà di quel potere consumava ogni singolo centimetro del suo corpo. Malefor non indietreggiò, si limitò ad osservare quanta oscurità si celasse dietro a quell’energia, che aveva lentamente corrotto la mente già oscura del suo maestro alimentata dalla sua follia.
Improvvisamente una corona di raggi luminosi si propagò da Flarendor. Il suo cadavere si dissolse nel nulla, mentre i bagliori si scagliavano verso l’alto senza più un contenitore in cui risiedere.
Neiry osservò quello spettacolo apparentemente straordinario, comprendendo immediatamente la gravità della situazione. Al suo fianco Axius si stava alzando da terra, riuscendo a malapena a reggersi sulle zampe indolenzite.
“Come ti senti?”
“Ci vuole altro per mettermi fuori gioco Neiry. Comunque ti ringrazio”
Neiry drizzò il collo.
“Non è me che devi ringraziare. Entrambi lo sappiamo”
Axius la fissò dritto negli occhi, piegando le zampe posteriori e sedendosi sulla pietra.
“Non cambierò idea e entrambi sappiamo anche questo”
“Non ti permetterò di compiere pazzie. Adesso c’è qualcosa di più importante di cui preoccuparsi”
I due draghi si voltarono verso la colonna di luce che si stava inesorabilmente espandendo, convogliandosi in cielo e protendendo a ciò che era in origine.
“Dobbiamo fermare il flusso d’energia" asserì Neiry con fermezza. “Sta cercando di ricongiungersi con l’energia racchiusa nell’altro cristallo”
Axius annuì, mentre osservava i draghetti suoi allievi avvicinarsi da tutte le direzioni, confusi ma allo stesso tempo rincuorati dalla incolumità dei due guardiani. Fu Ignitus ad avvicinarsi per primo, indeciso su quale fosse la domanda che voleva loro porre. Neiry chinò il muso fino quasi a sfiorare il suo, sussurrando parole che al giovane drago furono più che sufficienti.
“Missione compiuta, complimenti”
Ignitus sorrise, mentre la sua coda si dimenava in ogni direzione per la gioia. Dopo qualche istante assunse di nuovo un aria seria, dolcemente autorevole.
"Grazie. Ma cosa sta succedendo?”
“Non preoccuparti, adesso ci pensiamo noi” Rispose la dragonessa, mentre con l’ala sinistra incitava Axius a sbrigarsi, punzecchiandolo sul collo con l’artiglio della membrana. Le sue cuspidi argentee risplendettero quando si alzò e il suo corpo venne interamente a contatto con la luce solare del crepuscolo, mentre Axius impiegò qualche istante per decidere se si sarebbe veramente voluto o meno trasformare in un assassino.

Zell, Dorim e gli altri si erano nel frattempo diretti verso Malefor, tempestandolo di domande fino a fargli perdere la cognizione di cosa stesse succedendo; era effettivamente felice di constatare che qualcuno si preoccupasse per lui, interessandosi di sue eventuali ferite o delle sue condizioni fisiche, ma dovette ammettere che non essendovi abituato quelle attenzioni lo mettevano abbondantemente a disagio.
Mentre qualcuno si offriva di analizzare ferite che neanche si era mai procurato e altri si spingevano per farsi spiegare l’origine della sua smisurata forza, i suoi occhi scuri erano piantati sui fasci di luce che minacciavano di non voler porre la parola fine a quella faccenda.
Anche gli altri degnarono di attenzione il nuovo pericolo solo quando si resero conto che Malefor era troppo impensierito per ascoltarli. I loro maestri si erano già scagliati verso i getti d’energia violacei per respingerli e annientarli, impedendo la riconciliazione di un antico potere troppo grande per essere domato nella sua interezza.
I loro soffi elementali si scontrarono con la profonda essenza di quel tetro potere, che non si arrestò neanche di fronte all’unione delle loro forze. Axius non era in condizioni ottimali e Neiry aveva già utilizzato la propria energia e quella della natura per restituirla al compagno e a Malefor. Concentrarono tutte le energie residue al centro del loro nuovo ultimo avversario, facendolo esplodere in un vortice di mille colori e volute luminose che nonostante si fossero disgregate continuavano a gettarsi sull’ambiente circostante, abbagliando ogni centimetro della piana rocciosa che era stata ospite dell’ultima triste battaglia.
I raggi si diressero verso il tempio, dove avrebbero raggiunto la loro metà mancante. Axius e Neiry non poterono impedirlo.
All'improvviso una miriade di frecce infuocate, saette, dardi di ghiaccio e sfere splendenti piovvero implacabili contro i raggi d'energia violacea, contrastandoli da ogni direzione. I giovani draghi stavano dando il loro contributo. Giunse infine un potente fascio d'energia dalle fauci di Malefor. Come innocue stelle filanti luminose, ciò che restò dell'oscura minaccia scomparve nelle profondità più lontane del cielo.
Finalmente nessuno sarebbe potuto diventare ancora vittima dell'influsso di quel cristallo che aveva dato origine alle sofferenze di Malefor. Nessuno se ne sarebbe più potuto servire per scopi ignobili, ormai era divenuto puro e irraggiungibile ammasso stellare assieme al vuoto dell’universo.
Axius e Neiry distesero i nervi, constatando come l’intervento degli allievi fosse stato provvidenziale. Planarono verso i giovani draghi, molti dei quali ansimanti per lo sforzo, mentre il tramonto assorbiva quello spettacolo splendente. Dorim e Zell si scrutavano astiosi alle spalle di Glaider e Solaris, i quali come molte volte prima di allora avevano unito le forze per aiutare i compagni.
Malefor se ne restava immobile al fianco di Ignitus. Avevano manifestato un potere immenso grazie alla loro unione, persino più grande delle tenebre che avevano attanagliato il cuore di Flarendor, ormai solo ricordo incandescente nel cuore del drago viola.
"Avete lottato in modo impeccabile" sottolineò Axius con orgoglio. "Sarete degni di prendere il nostro posto quando arriverà il momento”
Tutti i giovani draghi si esibirono in un inchino a tali parole, mormorando qualche ringraziamento. Lo sguardo di Axius cozzò con quello di Malefor per un istante, trasmettendo ammirazione e apprezzamento per il modo in cui si era comportato. La sua lode però aveva un avversario troppo prepotente per essere ignorato, unsentimento che andava ben oltre la paura provata in quegli anni, coadiuvata dall’incapacità di prevedere le sorti del suo mondo. con il muso gli fece cenno di avvicinarsi, mentre il suo cuore continuava a vagare nell’indecisione. Il drago viola non si mosse, restituì piuttosto una vacua occhiata di luce enigmatica che Axius non riuscì ad interpretare. Dopo qualche istante di esitazione, Malefor decise di distanziarsi da gli altri e raggiungerlo.
“Tu mi odi non è vero?” Il guardiano del ghiaccio restò basito all’udire le parole del cucciolo, maledicendosi mentalmente. “Lo sento, lo percepisco. Il tuo sguardo per un attimo mi ha ricordato quello di Flarendor”
Si. Lo odiava. Solo in quel momento Axius se ne rese conto.
“Flarendor ti odiava?”
“Mi odiava come si odia qualcosa per cui hai sofferto molto solo per vederla volare via”
Axius piantò gli artigli al suolo, drizzando il collo come per sembrare più imponente, nonostante in quel momento si sentisse lui il cucciolo. La consapevolezza di Malefor era disarmante.
“Il mio odio è diverso. Non posso odiare te, non hai colpe. Odio la leggenda che ti porti sulle squame, una realtà che ha sprofondato nel caos il nostro mondo”
Malefor abbassò il muso, socchiudendo le palpebre.
“Come Flarendor anche tu vuoi la mia morte dunque”
Axius restò immobile, come se il suo stesso elemento avesse agito su di lui, come se il ghiaccio avesse congelato ogni molecola del suo corpo e della sua anima. Niente infranse quel silensio tombale apertosi tra i due, finché riuscì a fatica a rispondere, temendo che le parole potessero morirgli in gola.
“Sì, è quello che voglio. Tuttavia nessuno può scegliere per la vita degli altri, non commetterò lo stesso errore di Flarendor”
Malefor non disse altro, si limitò a riaprire gli occhi e a dirigersi verso Ignitus.
“Posso vivere con voi?”
In quel “Vivere” mise tutta la sua anima. Lo credeva fermamente, da quel momento avrebbe vissuto.
 

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Capitolo 13
*** Figlio ***


FIGLIO



Nebbie oscure dall’ombra del cielo
In cerca del tempo in un buio anfratto,
Su petali di un fiore privo di stelo
Come una piccola macchia di blu scarlatto.
A caccia del suo nome, poi del suo io
Immerso in un oceano di pallido oblio.
Sprazzi di luce giunti nel cuore,
Freschi di dubbi, poveri d’amore.
Ciò che sarà, percepisce dentro di se
Al tetro culmine di un altro perché,
dai soffi d’anima di un triste cammino
faccia a faccia con il suo oscuro destino.


Aurore di speranza avevano abbracciato la notte in seguito al ritorno della pace e della quiete in un mondo corrotto dal male. Ormai la storia del leggendario drago viola era divenuta realtà nelle terre di tutti i popoli del regno dei draghi, ad Avalar, fino a raggiungere anche i villaggi celati nel sottosuolo o fra i picchi montani. Non si faceva che raccontare la storia dei draghi guardiani degli elementi, divenuti protagonisti di una leggenda che mai sarebbe stata dimenticata.
Flarendor era stato sconfitto e il cristallo custodito nel tempio, privato della sua altra metà, venne distrutto per evitare scelleratezze che avrebbero messo nuovamente in pericolo le sorti del regno. La fonte della vita era stata annientata.
Al tempio la vita aveva ricominciato a trascorrere tranquilla e pacifica, in un susseguirsi di giochi ed allenamenti. I draghetti, divenuti adolescenti sotto i saggi insegnamenti dei guardiani, si godevano la serenità al cui raggiungimento avevano contribuito con coraggio. Neanche Malefor aveva avuto difficoltà a relazionarsi con i suoi nuovi compagni, felice di poterli chiamare amici. Per il suo cuore abituato alla solitudine, ogni minimo gesto d’affetto si trasformava in un attimo di gioia e gli fu facile inumare il suo passato. Avrebbe velato la sua infanzia come un ricordo da cui rifugiarsi per sopravvivere.
Si, l'avrebbe velato; non rimosso.

“Cosa state facendo!”
Glaider e Ignitus, che nel corso degli anni avevano accentuato la loro rivalità ansiché sedarla, non erano mai soddisfatti delle ferite riportate dopo uno dei loro duelli e continuavano a darsele di santa ragione anche quando le forze venivano meno.
Solaris, disperata dalle condizioni con cui uscivano da quegli innocenti scontri, si offriva sempre di aiutarli a rimettersi in forze in cambio della rinuncia ad altre battaglie, promessa che veniva infranta nei seguenti cinque minuti. Anche l’astio giocoso che frizzava tra Zell e Dorim non aveva mai conosciuto tregua; il drago del fulmine non aveva mai perdonato l’affronto subito qualche anno addietro e cercava vendetta ogni volta che ne aveva l’occasione, scatenando le ire di Dorim che provava immenso piacere nel ricambiare il favore a sua volta.
Tutto sembrava perfetto, nessun’ombra avrebbe più potuto insinuarsi nel calore dell’amicizia e dell’amore che i draghi ormai maturi, più o meno, si trasmettevano l’un l’altro.

“Questo è ciò che volevamo Axius, perché proprio tu non vuoi fartene una ragione?”
Il guardiano del ghiaccio se ne stava oziosamente steso su un giaciglio di fogliame morbido e fresco al di fuori del tempio. Cercava nella monotonia del suo ruolo uno spiraglio di semplicità, godendo del sollievo di non dover fronteggiare battaglie a rischio della vita seppur vividi dubbi continuassero ad insinuarsi in lui.
Teneva il muso poggiato fra le zampe come un cucciolo in procinto di addormentarsi, mentre il suo sguardo glaciale fissava la dragonessa in piedi di fronte a lui. Neiry aveva avvolto un ala attorno al tronco di un albero, lasciandosi andare contro di esso e sfidando lo a sorreggere il suo peso. Sopra di loro un abile pittore celeste aveva dipinto una chioma di soffici nuvole bianche su uno sfondo che lasciava intravedere l’infinito azzurro dell’universo. Il sole abbracciava tiepidamente le scaglie delle due creature con delicatezza, portando i loro manti rilucenti ad assumere un aspetto quasi divino; come statue di bellezza incomparabile, come diamanti pianti dal cielo.
“Neiry” La dragonessa non si mosse, attendendo nel suo sguardo la risposta. “Non penso sia così semplice”
“Se uno zuccone come te non vuol farlo essere tale”
“Ti sbagli. Non è finita, non è ancora il momento di abbassare la guardia”
“Perché qualcun altro dovrebbe seguire le orme di Flarendor?” chiese lei.
“Non ho detto questo. Se mai accadrà comprenderai i miei timori”
Neiry lasciò la presa sull’albero e gli si avvicinò con passi leggeri, distendendosi al suo fianco.
“Tuttavia, finché non sarà strettamente necessario ti impedirò di agire. Anche a costo di fracassarti quel duro cranio spinoso che ti ritrovi”
Il drago le sorrise, per poi sferrarle una frustata di coda sul dorso.
"Forse me lo merito"
“Cosa fai?” rispose lei corrucciata mentre si drizzava sulle zampe e gli puntava gli artigli alla gola. “Non si toccano le dolci femmine indifese!”
Axius nascose di nuovo il volto tra gli artigli, socchiudendo gli occhi.
“Tu mi sembri tutt’altro che indifesa”
Neiry sbuffò, ritirando le lame affilate che minacciavano di decapitare Axius.


La notte ormai era calata interamente e aveva rivestito il tempio di un cupo alone di solennità, sprigionata dalle mura imponenti come castelli. Qualche tenue raggio lunare filtrava attraverso le colonne che circondavano parte della costruzione, disegnando sul terreno piccoli coni di colori sfumati. Malefor aveva deciso di riposare lì, assieme a Ignitus e Zell, mentre gran parte degli altri dormivano all’interno del tempio o alle spalle di esso, in prossimità dell’arena d’allenamento.
Con gli occhi socchiusi restava in ascolto del mondo circostante, colmato dal tenue canto dei grilli e da un soffice vento che gli regalava un piacevole riposo. Quella notte capì che non sarebbe riuscito ad addormentarsi facilmente. Ad ogni minima sensazione anormale la sua coscienza si riattivava completamente, impedendogli di riprendere sonno. Era stato abituato da cucciolo a dormire non più di qualche ora ed i ritmi quotidiani gli parevano piuttosto lenti, o comunque non in grado di spossarlo.
Percepì Ignitus muoversi a qualche metro da lui. Attese un istante, poi si ribaltò di fianco per incrociare i caldi occhi dell’amico che lo fissavano vivacemente.
“Niente sonno?” Chiese il drago del fuoco, sedendosi.
“Forse non mi sono impegnato abbastanza oggi” rispose Malefor.
“Hai soltanto affrontato 3 draghi del fulmine e ne sei uscito illeso, che vuoi che sia”
Malefor distese le zampe e sorrise.
“Non ho voluto io questa forza”
“Nessuno te ne farà mai una colpa, finché la userai a fin di bene”
Il drago viola si voltò verso l’esterno del tempio, dove milioni di sciami stellari dipingevano figure luminose attorno a basse nuvole notturne.
“Ti ringrazio”
Ignitus sorrise. Mosse le zampe per alzarsi e avvicinarsi al compagno, ma qualcosa lo trattenne. Si voltò di scatto e vide che Zell aveva avvinghiato la propria coda attorno alla sua, mentre il resto del corpo era ancora abbandonato alle culle dei sogni.
“Zell…”
“No il mare no! No… non l’ho perso io!” bofonchiò il giovane drago del fulmine, ributolandosi nel sonno e trascinando Ignitus con sé.
Ignitus cercò di sfilare la coda senza svegliarlo, ma Zell continuava a farfugliare frasi sommesse e prive di senso, serrando sempre più forte la presa. Ignitus si chiese quanta forza ancora potesse esercitare.
“Zell stai sognando!”
“L’acqua noo!” Gridò, sferzando una codata involontaria che spedì Ignitus addosso ad una colonna.
Il drago di fuoco impiegò qualche secondo per rialzarsi, colto alla sprovvista e stordito dalla botta.
Zell lo fissava preoccupato, mentre ancora i suoi occhi si abituavano alla realtà.
“Che… che succede Ignitus?” Chiese spaesato, venendo fulminato da un’occhiataccia incandescente.
“Zell”
I tre si fissarono l’uno con l’altro. Zell passò lo sguardo su Malefor, che a sua volta sorrise a ignitus. Il drago del fuoco però era di tutt’altro avviso e sorridere fu l’ultima cosa che gli venne in mente.
“Ora io e Malefor dormiamo qui… e tu laggiù” Fu l’unica cosa che disse, indicando il fitto insieme di alberi all’esterno del tempio.
Malefor non riuscì a trattenere le risate nel constatare che ancora Zell non sapeva per quale motivo Ignitus lo stesse aggredendo.
“Ma cosa ho fatto?”
“Mi hai schiantato contro questa colonna se non l’hai notato”
“Io? Em… sicuro? Ah… scusa… ma Dorim mi voleva gettare nel fiume!”
Ignitus sospirò, emanando scintille dalle fauci. “Dorim non voleva gettarti da nessuna parte, torna a dormire”
Senza aver ancora compreso lo svolgersi della vicenda Zell si rannicchiò di nuovo su se stesso, coprendosi ilmuso con un’ala per proteggersi dall’acqua immaginaria.
Malefor non aveva ancora smesso di ridacchiare, sia per l’ingenuità di Zell sia per la triste sorte capitata ad Ignitus, il quale gli fece notare con una zampata che non gradiva essere preso in giro.
“Avrei voluto vedere te al mio posto”
“Povero Ignitus, ti fa male la testolina?” Lo schernì Malefor, ghignando.
L’amico gli saltò addosso e i due iniziarono ad azzuffarsi scherzosamente, mentre Zell si rendeva conto che non era più possibile prendere sonno.
“Come faccio a riaddormentarmi se fate tutto questo chiasso!”
Ignitus, che senza neanche sapere come si era ritrovato sopra al dorso di Malefor schiacciato a terra, si voltò appena in tempo per vederlo gettarsi nella mischia. Per alcuni minuti i tre si divertirono a spingersi a terra e a scambiarsi artigliate e morsi in punti del corpo che non sapevano neanche di avere.
Quando furono sazi di graffi e lividi tornarono a distendersi tranquillamente, come se niente fosse accaduto. Ignitus osservò Malefor accucciarsi sotto le proprie ali e non poté fare a meno di notare la differenza, accentuata con lo scorrere del tempo, tra il cucciolo di qualche anno prima e il drago di allora.
Finalmente sembrava uno di loro, finalmente le ombre non annebbiavano più i suoi pensieri. Almeno in apparenza.

Le sue ali lo spingevano attraverso un’atmosfera quasi palpabile, in cui gli sembrava di nuotare piuttosto che volare. Accanto a lui si ergevano le solide colonne del tempio, di cui il suo corpo ignorava la materia. Non cercò neanche di cambiare direzione quando il suo muso si trovò a pochi centimetri da esse, poiché sapeva di poterle attraversare come se di fattezza eterea.
Oltrepassò diverse pareti di pietra invalicabile, ritrovandosi in un remoto e angusto antro all’interno del tempio. Il suo sguardo non aveva bisogno di cercare, i suoi sensi erano come spenti: veniva guidato da qualcosa di innaturale nel suo subconscio che lo conduceva attraverso gli strati del sogno.
Si arrestò solo quando di fronte a lui comparve un buio spazio circolare, con al centro qualcosa di indefinito. Qualsiasi cosa fosse lo attraeva, lo induceva a raggiungerlo. Sapeva di dover comprendere di cosa si trattava, ma la sua mente riemerse dal sonno, riportandolo come al solito al fresco abbraccio della notte.

Il mattino seguente i tre vennero svegliati dai gruppi di voci che iniziavano ad ammucchiarsi quand’era ora di alzarsi. Zell e Ignitus, presi dall’euforia del divertimento, si erano dimenticati che l’indomani si sarebbero dovuti cimentare nelle prove che li avrebbero trasformati nei futuri guardiani del regno, in competizione con i loro stessi compagni.
Malefor, che durante quegli anni aveva appreso come sviluppare ognuno dei suoi poteri ai quali aveva compreso di poterne sommare altri, aveva deciso di non partecipare a quella gara nonostante Neiry avesse tentato più volte di convincerlo. I suoi poteri andavano ben oltre la media e sia nelle esibizioni di potenza sia negli scontri sarebbe stato notevolmente avvantaggiato. In oltre l’idea di trascorrere il giorno con l’unico avvilente incarico di proteggere un elemento in tempo di pace non lo allettava affatto. In fondo, non era quello il suo destino.
I quattro guardiani, dopo essersi disposti in piedi ai lati dell’arena, ruggirono all’unisono per interrompere i chiassosi schiamazzi degli allievi che si erano ammucchiati a insistere su frivole autovalutazioni, decisamente inadatte ai guardiani degli elementi.
“Che nessuno di voi fiati da adesso fino all’inizio delle prove!” Gridò Ignitor, facendo rimbombare il potente tuono della sua voce tutt’attorno.
Come pietrificato da potenze superiori, il gruppo di giovani si concentrò unicamente sul guardiano del fuoco.
“Sembra di tornare indietro nel tempo vero Glaider?” Bisbigliò Ignitus rivolto al suo più grande rivale.
“Già. Ma questa volta saremo l’uno contro l’altro, non insieme. Quindi preparati a prenderle!”
“Purtroppo non credo potremo affrontarci. Ce le diamo tutti i giorni, magari saremo entrambi guardiani”
“Tu un guardiano? Tuo padre preferirebbe lasciare il posto ad un golem” sghignazzò Glaider.
Per fortuna il dialogo si concluse rapidamente, evitando a entrambi di incorrere nelle oscure ire del padre di Ignitus. Roba che avrebbe fatto impallidire Flarendor e i cristalli oscuri di ogni più remota epoca.
Neiry percepì Malefor avvicinarsi alle sue spalle e nonostante il suo sguardo fosse ancora impassibile sugli allievi fu felice di accoglierlo.
“Mi dispiace che tu non abbia voluto partecipare”
Malefor le si sedette a fianco, sfiorando una delle sue grandi ali con la propria.
“Non sarebbe stato corretto. E poi dovrei fare il guardiano di tutti gli elementi. Quale senso avrebbe assegnarmene uno?”
La dragonessa si voltò a fissarlo sorridente, con un’espressione al contempo fiera e felice.
“Questo ti fa onore drago viola. Hai ragione, non avrebbe alcun senso destinarti il ruolo di guardiano. Tu puoi puntare molto più in alto e lo sai”
Malefor chinò il muso, agitando placidamente un’ala.
“Non penso serva più di questo. Non c’è altro che vorrei”
Neiry aveva trascorso molte ore in compagnia del giovane drago viola in quell’ultimo periodo e gli si era oltremodo affezionata, imparando a capirlo meglio degli altri in quanto a sentimenti. D’altro canto Malefor non desiderava nasconderle niente, ma non era del tutto convinto della veridicità della sua ultima affermazione.
“Posso capire che tu sia felice di vivere con i tuoi amici, ma sei sicuro che qualcosa non ti tormenti?”
Lui tornò a fissarla, con una nuova strana e baluginante luce negli occhi.
“Non capisco perché da molti giorni faccio sempre lo stesso strano sogno” Ammise con semplicità, certo che la dragonessa l’avrebbe saputo ascoltare.
“Sogno?”
“Si. Non è un incubo, ma se devo dire la verità non è neanche molto piacevole. Per il semplice fatto che mi sveglio sempre prima che il sogno si concluda”
“Bene, potresti spiegarmi di cosa si tratta se vuoi”
Malefor gettò un’occhiata ai compagni in cerchio al centro dell’arena, intenti a fissarsi con reciproca stima e ammirazione, testimonianza della loro amicizia nonostante stessero per scontrarsi come avversari.
“Penso di poter aspettare, adesso voglio proprio vedere quali prove vi siete inventati per quei poveretti”
“Tranquillo, ne usciranno tutti interi. Considerando che la maggior parte di loro trascorrono le giornate a tentare di uccidersi a vicenda non credo che qualche prova di competizione possa preoccuparli. Anche tu ti dai da fare, no?" scherzò lei assestandogli un buffetto sul collo con la coda. "Comunque, puoi raccontarmi intanto. Non insisterei se non mi fossi resa conto che la cosa ti inquieta”
Malefor inclinò il collo, reclinando il muso. “In realtà non mi preoccupa il sogno, ma il fatto di vivere sempre la stessa identica scena. In quei momenti sono cosciente di sognare e so dove dirigermi, ma non riesco mai a raggiungere la meta”
Neiry si fece leggermente scura in volto, interpretando immediatamente la faccenda come qualcosa che non quadrava.
“Continua…”
“Il sogno inizia sempre dal luogo in cui mi addormento, poi è come se una parte di me uscisse dal corpo e si dirigesse all’interno del tempio. Tutto è immateriale, o forse io lo sono, e riesco ad attraversarlo come se niente fosse. Dopo aver oltrepassato alcune stanze arrivo… beh non so cosa sia” La dragonessa attese trepidante, sempre più ombrosa. “Sembra un piccolo vano, con al centro qualcosa che non riesco mai a decifrare. L’unica cosa che riesco a vedere è una pioggerella azzurra che esce dal pavimento e si dirige verso l’alto”
A quelle parole Neiry trasalì. Cercò di mantenere la calma impenetrabile che di consueto la contraddistingueva per non destare sospetti, ma farlo le costò un buon quantitativo di autocontrollo. Non le balenò in mente altra soluzione che sviare la discussione come Malefor stesso aveva suggerito.
“Effettivamente è molto strano. Ne riparleremo, ora goditi lo spettacolo” asserì fingendo la più completa disinvoltura.
Malefor le diede ascolto senza replicare, ma non era certo stupido. Comprese che aveva smosso l’animo di Neiry e questo non fece che alimentare le sue preoccupazioni.
 Le prove iniziarono con uno scontro elementale tra Ignitus e un altro drago del fuoco, i quali si scambiavano vampate incandescenti in volo, in un’esplosiva danza di scintille luminose. Malefor sapeva che quella per Ignitus era una sfida più che ardua, si era allenato molto per non arrivare impreparato a quel genere di battaglia e avrebbe dovuto sopraffare il fuoco avversario senza farsi colpire da esso. Il primo che sarebbe stato investito dalla fiammata avversaria sarebbe stato eliminato. Entrambi se la stavano cavando egregiamente e Malefor sperava che il suo compagno ne uscisse vincitore, ma non riusciva a distogliere del tutto la mente dall’espressione accigliata di Neiry.
Non dovettero trascorrere molti minuti perché Ignitus mettesse a segno un colpo, avvolgendo il suo avversario nelle fiamme. Dopo di lui altri giovani draghi si sfidarono, sempre più agguerriti, sempre più desiderosi di presiedere l’indomani a protezione del loro elemento di appartenenza, raggiungendo così il ruolo quasi ultraterreno di guardiano. Tra di loro emerse subito l’abilità di alcuni draghi quali Glaider, Solaris, Zell e Terrador, i quali si distinsero per capacità fisiche e coraggio in battaglia. Fu dopo scontri consumati tra artigli e vincitori, che Malefor ebbe una spiacevole sorpresa; due dei suoi più cari amici, gli stessi Solaris e Glaider, dovettero vedersela faccia a faccia.
Gli altri giovani draghi, in quel momento spettatori, gridavano esortazioni e incitamenti da ogni direzione e ruggivano per preannunciare quello scontro che sapevano sarebbe stato impressionante date le premesse
“Pronto a prenderle?” fece Solaris, fiera e indomita come una regale dragonessa dei ghiacci.
“Non mi impegnerò con te cuccioletta, non voglio rischiare di farti male” la derise Glaider.
Soltanto loro erano rimasti come rappresentanti dell’elemento del ghiaccio. Chi dei due fosse riuscito a prevalere si sarebbe guadagnato il ruolo di guardiano per la futura generazione.
Erano amici, forse anche qualcosa di più nonostante le respinte di Solaris, ma entrambi erano anche intenzionati a vincere. Quando Axius annunciò l'inizio dell'incontro, i due scattarono rapidamente uno contro l’altra. A dispetto di qualunque previsione che li vedeva compagni si stavano impegnando con tutte le loro forze, devastandosi a vicenda di colpi in un infinito susseguirsi di acrobazie, sferzate e incornate. A Malefor sfuggì un piccolo ghigno divertito nel notare che i due praticamente non si stavano cimentando in niente di nuovo, niente più di una delle loro solite violente zuffe che ogni tanto riempivano i minuti di pausa durante le giornate d’allenamento.
Purtroppo però i suoi pensieri erano occupati da ben altro e avrebbe quasi voluto potersi addormentare per finire di nuovo tra le spire di quello strano sogno, troppo consistente e insolito per essere fine a se stesso. Più cercava di allontanare i pensieri più questi si facevano invadenti e insistevano con prepotenza per non essere ignorati. Avrebbe potuto rimandare ad un altro momento, eppure qualcosa gli suggeriva che se non si fosse sbrigato ad assecondare quelle preoccupazioni se ne sarebbe pentito.
Le sue zampe si mossero quasi indipendenti dalla mente, portandolo d’istinto verso il tempio, in cui ora vedeva qualcosa di nuovo e misterioso. Un appello chiamava il suo nome fuori dallo spazio e dal tempo, riuscendo ad occultare tutto il resto, dalle grida dei draghi alla battaglia sull’arena. Dopo qualche istante sentì che Neiry lo stava seguendo, ma non si voltò. Non le avrebbe impedito di seguirlo ma non si sarebbe neanche fermato.
Lei gli planò accanto con leggerezza, proseguendo al suo fianco fin dove la mente di Malefor li avrebbe condotti.
Arrivarono fino alle colonne frontali che anticipavano l’ingresso al tempio, fermandosi a pochi metri dall’imponente facciata in pietra. Non avrebbe potuto attraversare la materia come in sogno.
“Che devo fare?”
Neiry lo scrutò dall’alto, per poi superarlo e pararsi di fronte a lui.
“Se vuoi scoprirlo, dovrai uccidermi”
Malefor sgranò gli occhi e restò basito, sentendosi ghermire da un improvvisa sensazione di terrore, scaturita dallo sguardo implacabile della dragonessa. Non l’aveva mai vista fissarlo con una simile rabbia e determinazione sul muso, una determinazione che forse il corpo cercava di imporre con difficoltà alla mente; Neiry non avrebbe mai potuto fargli del male, ma sapeva che quello era l’unico modo.
“P... perché? Cosa c’è qui dentro che non devo conoscere. Ho appena smesso di vivere lontano dai dubbi e dalle incertezze, perché non devo sapere?”
“Infatty drago. Per questo devi andartene. Non puoi restare qui un momento di più” Gli ringhiò in faccia Neiry, in un flebile tentativo di intimidirlo.
“Dovrei andarmene da questo posto?”
“Andartene e non tornare!”
Malefor scosse il capo, ora furioso quanto lei.
“Mai! Non me ne andrò mai di quì! Qui ci sono i miei amici e ci sei tu, per quale motivo dovrei andarmene!”
“Se te lo dicessi cercheresti in ogni modo di scoprire verità che potrebbero farti del male. Proprio perché anch’io ti voglio bene devo impedirti di fare sciocchezze”
Il drago viola continuò a fissarla con decisione, sempre più intenzionato a capire cosa ci fosse dietro a tutto questo.
“Non mi allontanerò da qui finché non avrò scoperto cosa mi vuoi nascondere”
"Bene” Concluse Neiri, indietreggiando di qualche passo e snudando le zanne. “Allora vieni a scoprirlo”
Malefor non voleva attaccarla, non ci sarebbe mai riuscito. Ancora una volta doveva scegliere. Abbassò il muso e si infilzò la pelle sotto le scaglie con gli artigli di una zampa, per ridestarsi da quell’inconcepibile frenesia che lo stava invadendo. Se non si fosse fermato immediatamente avrebbe potuto fare del male a colei a cui si sentiva più legato.
“Non posso” le rispose, rialzando la testa e scorgendo una nuova luce nell’espressione di Neiry, che si scostò per lasciarlo passare.
“Sai controllare le tue emozioni meglio di quanto credessi, puoi andare”
Malefor non capì, ma finalmente quell’arrogante smania di sapere si era placata. Restò in silenzio ad attendere un altro segnale, ma Neiry si era chiusa in un immobilità scultorea, lasciandolo unicamente a se stesso.
“Ma non vuoi veramente che io me ne vada giusto?”
“Ti sbagli. Ma ora vai, decidi come preferisci”
Si sbagliava? Quindi non aveva mentito dicendo che avrebbe dovuto abbandonare il tempio?
Lasciò che la speranza di poter giungere a qualche risposta avesse la priorità sulla paura di dover restare di nuovo solo. Passò sotto lo sguardo immutabile di Neiry, che non si mosse di un millimetro, mostrandosi addirittura intenzionata ad andarsene. Voltò le spalle a Malefor, tornando sui propri passi verso l’arena dove gli altri guardiani la stavano aspettando.
“Adesso ti lascio nelle tue stesse zampe. Ti prego di non deludermi”
Nonostante non avesse ancora ben capito cosa stesse succedendo, Malefor annuì e si gettò all’interno del vano principale del tempio. Quando l’oscurità dell’ingresso lo avvolse si fermò, cercando di ricordare in quale esatta posizione si trovasse il suo obbiettivo, restando però spiazzato dalla facilità con cui se n’era dimenticato.
Era più di una settimana che quel sogno si ripeteva continuamente ogni notte, perché non riusciva a ricrearlo con precisione? Attese alcuni istanti immerso nel silenzio, come si aspettasse di captare qualcosa dentro di sé da un momento all’altro.
“Vieni”
Il suo udito non percepì niente di reale, ma la sua mente udì distintamente quella voce provenire dal suo interno.
“Siamo vicini”
Stava per impazzire. Cosa accidenti gli stava succedendo?
“Dove!” Pensò, continuando a starsene immobile e in silenzio.
“Di fronte a te”
Solo in quel momento realizzò di trovarsi davanti a una parete di pietra spessa e invalicabile, antica forse quanto l’Aedo, come del resto il tempio di cui faceva parte.
“Qui non cè niente”
“Se puoi sentirci puoi anche vederci. Avvicinati”
Annullò anche la propria vista, chiudendo gli occhi e avanzando a passo insicuro.
“Non temere”
Cercando di svincolarsi dalle proprie stesse percezioni fisiche, corse in avanti fin quando a fermarlo non fu una piacevole sensazione di caldo misto a freddo, di luce mista ad oscurità, di suoni misti a silenzio. Cercò di riemergere dallo stato di isolamento mentale in cui si era spinto, ma notò che più cercava di emergerne più quelle sensazioni si allontanavano.
Quando riuscì a trovare una buona stabilità interiore si accorse di trovarsi proprio all’interno dello stesso antro che aveva visto in sogno. Qualcosa però era diverso: in quel momento non era solo, a differenza delle altre volte, e sapeva di poter arrivare fino in fondo.
Si trovava proprio al centro della stanza, con le zampe poggiate su uno strano cristallo dalla forma perfettamente sferica e attorno a lui fluttuavano minuscole particelle azzurre che salivano verso l’alto come libere dalla gravità. Dalla semisfera del cristallo emergente dal terreno veniva sprigionata una luce perpetuamente intenza e le gocce cielesti illuminavano a tratti le pareti che lo circondavano. Scese dalla levigata e perfetta superficie vitrea e tastò con gli artigli la consistenza del suolo, altrettanto liscio.
“Dove siete? con Chiunque stia parlando”
Nessuna risposta. Poggiò allora una zampa sul cristallo e ne fissò l’interno, vedendovi impressa la sua immagine, in mezzo a quella di altri due draghi. Quando intuì che quello era semplicemente il suo riflesso sussultò, voltandosi di scatto ad osservare il drago e la dragonessa che gli erano effettivamente alle spalle.
“Ciao Malefor” Disse l'imponente drago rosso alla sua destra. Lehr invece non perse tempo e si avvicinò a suo figlio con un sorriso ad illuminarle il muso.

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Capitolo 14
*** Rinascere dalle origini ***


RINASCERE DALLE ORIGINI



Malefor, sentendosi stringere dalle ali e dalle zampe della madre, non poté che ammettere di aver sofferto molto quella mancanza pur avendola ritrovata in Neiry.
Scoprì che nei suoi occhi rivivevano quelli di Lehr, occhi colmi di purezza e di determinazione. Adesso finalmente si sentiva al proprio posto, capì di aver avuto un’origine. Dall’azzurro gelo della madre e dallo scarlatto fuoco del padre erano nate le sue squame viola, un prodigio avvenuto per capriccio del destino proprio a lui. Sentiva di provenire dall'unione di quei due draghi, due metà unitesi nella sua anima giurando di proteggerla dal paradiso dei draghi in eterno.
“Se sei riuscito ad arrivare a noi significa che il nostro desiderio di poterti incontrare almeno una volta si è realizzato" disse Lehr con soddisfazione.
Malefor non si mosse. Non riusciva a far altro che ascoltare la sua voce, come terrorizzato dalla possibilità che potesse scomparire di nuovo.
“Io ho visto questo luogo in sogno. Qualcosa continuava a volermi condurre fino a qui. Solo ora capisco che eravate voi che chiamavate il mio nome”
“Chiamavamo il tuo nome da un luogo in cui ci è stato concesso di conservare il nostro ricordo fino al tuo arrivo, e adesso...” Cercò di spiegare la dragonessa, venendo interrotta da Airack.
“Non credete che questa conversazione debba essere ospitata da ben più piacevoli terre?”
In un attimo i tre vennero attratti, se pur non fisicamente, dall’oculo incastonato al centro della stanza e vennero risucchiati in esso. Dopo un percorso di fasci splendenti si ritrovarono catapultati tra le ombre di una fitta foresta, su cui il sole riluceva radioso.
“Molto più accogliente direi” Disse il drago rosso, sorridendo.
Malefor era abituato alle potenziali assurdità, ma non riuscì a capire in alcun modo cosa fosse successo e per quale motivo il suo corpo paresse di nuovo esistere fisicamente, allo stesso modo di quello di Lehr e Airack. Ne percepiva la presenza, il calore, l'energia.
“Ma cosa…”
“Tranquillo, tuo padre è sempre stato così” Rispose la dragonessa, sedendosi al suo fianco.
“Siamo veramente fuori dal tempio? O è un’illusione?”
“Anche un’illusione se pur irreale può esistere. Quindi si, stai vivendo in qualcosa di irreale che però sta accadendo. Ma non sono bravo con certe cose” Cercò di spiegargli Airack, con scarsi risultati.
“Ma voi… voi siete…”
Lehr sorrise.
“Sarebbe bello, ma abbiamo abbandonato questo mondo molti anni fa. Comunque se tu lo vuoi lo siamo. Siamo vivi Malefor, viviamo dentro di te”
Il drago viola sfiorò con la coda i soffici fili d’erba che ricoprivano il terreno, non trovando niente di insolito o surreale in quel contatto. I suoi sensi erano perfettamente attivi e poteva percepire la vita scorrere attorno a se. Non era quello però che gli interessava in quel momento. Aveva ben altre domande per la mente e sapeva di doversi godere a pieno quella momentanea e perfetta felicità.
“Non volevo veniste uccisi per me. Non è giusto”
Airack rise, avvicinandosi al figlio che sollevò lo sguardo sul suo muso guerriero e selvaggio.
“Come potevi volerlo? Non esistevi ancora!”
Anche la dragonessa si perse in una leggera risata.
"Come posso vivere sapendo che ho la possibilità di farlo solo grazie al vostro sacrificio”
“Malefor…” lo richiamò Lehr con voce dolce e amorevole. “Tu stesso l’hai detto, non è giusto. Il mondo è ingiusto, e l’hai potuto sperimentare sulle tue squame. Vivere è difficile, ma non pensare che morire sia da meno. La paura di dover abbandonare tutto ciò a cui tieni finisce per prevalere sulla consapevolezza che non dovrai soffrirne. Ma proprio perché sei così puro nel cuore dovrai saper onorare ciò che ti è stato donato. Vivi proprio per ricordare noi che abbiamo volentieri rinunciato a farlo per te. Così non soffrirai ancora, non ti immergerai più nei dubbi che tentano di stringerti nella morsa della paura”
“Io non ho paura” Affermò Malefor, drizzandosi sulle zampe. “Non ne ho da quando ho scoperto cos’è l’amicizia. In quella credo e per quella lotterò"
“Esatto” rispose Airack, scambiando con Lehr un’occhiata colma di fierezza. “Se queste sono le tue scelte, non abbiamo alcun rimpianto. Vivi in funzione di ciò in cui credi e combatti per difendere i tuoi valori, ma non lasciarti mai influenzare dalle promesse dell’oscurità. Sono solo false verità quelle a cui aspireresti”
Malefor ascoltò il padre come se stesse sentenziando una legge assoluta su cui erigere la sua esistenza, riconoscendo in quelle frasi ciò che aveva sempre sospettato ma che nessuno era mai stato in grado di confermargli a pieno.
“È stato proprio un drago corrotto dal male a vedermi crescere. Lo stesso che vi ha uccisi”
“Lo sappiamo” Continuò Lehr. “E sappiamo anche che il tuo coraggio e la tua devozione ai tuoi compagni ti hanno aiutato a vendicarci. Sii fiero di questo e di te stesso, non rimpiangere ciò che hai fatto, e sappi che noi ti vogliamo bene e continueremo a vegliare su di te per sempre”
Malefor si avvicinò alla madre e le strinse con le ali il collo, perdendosi in un caldo e delizioso abbraccio materno.
“Potrei offendermi! Niente abbraccio per me?” Silamentò Airack, avvicinandosi al figlio che aveva disteso l’ala sinistra per unire i tre in un unico indissolubile legame d’affetto.
Quel momento sarebbe vissuto per sempre in eterno nel cuore di Malefor.
Quel momento sarebbe stato per sempre parte di lui.
Quel momento di pace, che non avrebbe mai più potuto rivivere a causa di Flarendor e del potere oscuro dietro cui si era mascherato. Aveva raggiunto l’apice della felicità e da un momento all’altro l’avrebbe perso. L’apoteosi dell’amore, fulgido in quell’abbraccio, avrebbe vissuto in eterno o si sarebbe di nuovo spento come scintille nell’ombra.
“Non voglio perdervi ancora”
“Non ci perderai. Dovrai riuscire a ricordarci senza soffrire della nostra assenza, lasciando che il nostro ricordo continui a vivere in te”
Fu proprio il drago viola a sciogliere l’abbraccio, indietreggiando di un passo e fissando entrambi con angoscia. Una lacrima solcò il suo muso.
Dopo tutti quegli anni, dal momento in cui era nato, non aveva ancora scoperto il significato del pianto. Avrebbe potuto credere che quella fosse una lacrima di felicità, ma scelse di riconoscerla come espressione del suo dolore. Fu quello il suo primo, vero errore. Aveva individuato la retta via di fronte al suo maestro, aveva trovato la risposta con i suoi amici, ma di fronte ai suoi genitori e alla sorte che era loro toccata si perse nei meandri del labirintico bivio della rabbia e dell’angoscia.
Lehr e Airack lo scrutarono con evidente preoccupazione.
“Che ti succede?" chiese Lehr apprensiva. "Malefor, non lasciarti guidare dal furore. So che il tuo animo è nobile e che ti stai tormentando per tutto questo, Ma tu non ne hai colpa. Ti prego cerca di non nascondere la purezza che è in te”
Airack concluse la frase per lei.
“Non abbandonarti all’oblio. Hai visto quel che si raggiunge se schiavi delle tenebre, tu meglio di molti altri lo sai Malefor”
Il giovane drago viola distese le ali lungo i fianchi, lasciandosi tenere in piedi dalla forza dei suoi artigli, senza più volontà a sorreggerlo.
“Malefor… perché questo nome se posso chiedere?”
A quella strana domanda sia Airack che Lehr vennero assaliti dalla stessa insicurezza che stava sommergendo loro figlio.
“No, non è come pensi” Disse Airack, fermandosi con ancora le fauci socchiuse.
Fu Lehr a rispondere, se pur con rammarico, a quella triste mesta realtà.
“Sapevamo che avresti sofferto. Sapevamo che avresti dovuto superare ostacoli apparentemente invalicabili. Il tuo nome è la testimonianza del dolore che hai dovuto patire perché gli altri non ne soffrissero. Tu sei un drago viola che ha scelto di ripudiare le ombre, questo è il reale significato del tuo nome. Le hai fatte tue per poi potertene liberare, liberando anche il mondo dal male stesso. Devi essere orgoglioso di ciò che sei arrivato ad essere. È grazie ai tuoi compagni e alla tua forza di volontà se adesso Flarendor non ti sta usando per i suoi propositi"
Malefor restò in silenzio, senza muovere un muscolo.
“Adesso dobbiamo andare… il tempo che ci è stato concesso sta per terminare” ammise Airack, con una punta di amarezza.
“Ma il tempo che tu potrai concederci vivrà con te, finché tu vivrai” Aggiunse la dragonessa. “Grazie Malefor. Grazie per non aver reso la nostra morte vana. Grazie di essere nostro figlio”
Furono quelle ultime parole ad anticipare ilritorno alla realtà, che avvenne in un rapido susseguirsi di bagliori azzurrini, che avvolsero sia la foresta sia i tre draghi e ricondussero Malefor allo stato di piena coscienza di fronte alla parete da cui tutto era cominciato.
“No. Non mi dimenticherò di voi… vivrete in me”
Senza indugiare un istante di più si volse all’entrata del tempio, verso cui si diresse a passo deciso. Non distinse differenze tra la luce dell’esterno e della foresta di poc’anzi, se non per l’essenza della luce stessa. Fino ad un momento prima era avvolto dallo splendente calore di una famiglia, di un amore che sentiva incredibilmente suo, mentre fuori dal tempio non vi era che luce fragile e instabile, minacciata dalla inesauribile forza del male.
Avrebbe preferito non conoscere, come Neiry aveva anticipato. Tornò dai suoi amici, ancora intenti a disputarsi il titolo di guardiano tra una sfida ed un’altra.
“Amici…”
Si stupì nel trovare ancora Solaris e Glaider intenti a scambiarsi colpi e soffi ghiacciati, dato che quando si era allontanato avevano iniziato già da un bel po’ a combattere. Ne dedusse che quello che era successo aveva trasceso spazio e tempo, realtà e illusione. Lui aveva vissuto quella fantastica esperienza, ma come in un sogno tutto si era consumato in brevissimi istanti.
Quando finalmente raggiunse Neiry, accanto a cui si sedette, notò che Solaris aveva avuto la meglio su Glaider, intrappolandolo in una solida prigione di ghiaccio. Stremato dai colpi sferrati e ricevuti, il giovane drago decise di non reagire e di lasciare che fosse la compagna ad aggiudicarsi la meritata vittoria. Dopo averlo liberato Solaris gli sfiorò il muso con il proprio, aiutandolo a rialzarsi.
“Così non vale. Ti sei arreso troppo presto. Sembra quasi che tu mi abbia lasciato vincere”
Tutti gli altri ruggirono e gridarono esultanti, emozionati dal fatto che sarebbe stata Solaris a presiedere al dominio del ghiaccio in futuro.
“Chi sa se non l’ho veramente fatto” bofonchiò Glaider sogghignando.
“Si. Certamente” Lo schernì lei, ridacchiando.
Anche gli altri si cimentarono nei rispettivi scontri e in prove di abilità che coinvolgevano corpo e spirito, finché non furono emersi, oltre a Solaris, altri tre draghi degni del tanto desiderato compito.
Ignitus aveva con sapiente abilità affrontato ogni prova e sconfitto tutti i suoi avversari, meritando il posto di guardiano del fuoco. Lo stesso era riuscito a fare Terrador, superando in forza e maestria tutti gli altri draghi della terra. Infine accadde qualcosa di totalmente inaspettato: Zell, dopo essersi dimostrato il migliore fra i draghi del suo elemento, decise di cedere il posto a qualcuno che lo bramava più di lui.
A suo parere starsene seduti a contemplare una stanza tutto il giorno non era poi molto allettante. Fu così, che dopo ripetuta protesta dei guardiani, si decise che nessuno per il momento avrebbe presieduto a protezione dell’elettricità.
Quando la folla si fu diradata e i vincitori furono acclamati a dovere, Ignitus, Zell Glaider e Solaris raggiunsero Malefor raggianti e felici, nonostante la stanchezza e nonostante Glaider continuasse ad affermare che si era lasciato sconfiggere per pura bontà d’animo.
“Malefor! Visto che ce l’ho fatta?” Esclamò Ignitus, sfiorandolo con la coda.
“Visto? Visto che mi sono lasciato battere da questa femmina che altrimenti me l’avrebbe rinfacciato a vita?” Lo seguì Glaider, spintonandolo. “Loro non mi credono”
“E io allora?” si immise Zell
“Tu Zell sei matto! Ma come si può vincere e rinunciare ad un tale privilegio” Gridò Ignitus, rivolto al drago del fulmine.
“E dai smettetela con questa storia. Io cerco avventura, non monotonia”
“Ma cosa d…”
“Bravi. Complimenti a tutti” Sussurrò Malefor, a voce talmente bassa e atona che gli altri si chiesero se avesse effettivamente parlato.
Solaris gli si avvicinò, fissandolo negli occhi, in cui notò qualcosa di diverso.
“Tutto a posto?”
Malefor si voltò altrove, distogliendo lo sguardo.
“Si. Sei stata davvero fantastica, hai vinto persino contro Glaider”
Lei cercò di ignorare quell'insolito comportamento, limitandosi ad apprezzare il complimento.
“Modestamente”
Ignitus e Zell risero, mentre Glaider continuava a protestare senza successo per una rivincita personale. Ma la mente di Malefor era altrove.

Erano ormai passati due giorni dalla disputa del titolo di guardiano e i ritmi erano ripresi regolarmente sia per i vincitori che per gli altri, che continuavano, se pur con meno frequenza, ad allenarsi con perseveranza e desiderio di migliorare.
Ignitus, Terrador e Solaris, invece di gioire e vantarsi della propria superiorità, avevano sfruttato l’occasione e la grande opportunità concessa loro per affinare ulteriormente le loro abilità. Continuavano le zuffe tra Zell e Dorim, Glaider si lamentava ogni volta che riceveva un colpo dalla compagna e quando ne aveva occasione continuava a sfidare Ignitus. Tutto seguiva il suo corso, senza abbattersi sul più piccolo scoglio.
“Sei pronto? Ti dovrai impegnare se vorrai sconfiggere il mitico e leggendario futuro guardiano del fuoco!”
Ignitus si trovava in piedi di fronte a Malefor, con le ali spalancate e gli artigli snudati. Il drago viola era uno dei pochi avversari con cui era costretto a dare il meglio di se. Malefor però lo fissava con indifferenza, come se lo scontro non gli interessasse minimamente. Aveva accontentato Ignitus, dopo la decima volta che gli veniva proposta la richiesta di uno scontro, ma combattere contro il suo migliore amico non era mai stato tra i suoi più profondi desideri.
“Mi impegnerò, promesso”
Il giovane drago di fuoco si era già reso conto che qualcosa in Malefor non andava e prese quell’occasione anche come pretesto per cercare di svelare il mistero che il drago viola si portava a presso in quei giorni.
“Fatti sotto!”
Ignitus gli corse incontro, non trovando alcuna iniziale resistenza. con una zampata lo spedì al suolo, senza però trascurare il fatto di esserci riuscito solo perché il suo avversario non aveva reagito.
Non gli importava, lo scontro era iniziato e doveva continuare a combattere. Quando gli si scagliò contro per schiacciarlo sotto gli artigli Malefor si capovolse e balzò in avanti, ruotando su se stesso e sferrando un colpo di coda sul suo fianco destro, completando l’opera con un’incornata frontale. Ignitus attutì il colpo gonfiando i muscoli del collo, reagendo con un soffio di fuoco rovente che Malefor contrastò con altrettante fiamme.
Quando entrambi ebbero consumato completamente il loro fuoco ricominciarono a colpirsi con attacchi fisici, portando più volte entrambi a limitarsi; lo scontro era di un livello incredibile, ma nessuno dei due voleva ferire seriamente l’altro, per cui contenersi e riuscire contemporaneamente a contrattaccare era tutt’altro che semplice.
Soltanto dopo alcuni minuti Malefor, sebbene ancora in grado di combattere, decise di arrendersi. Arrotolò la coda ad una zampa e chinò ilmuso in segno di sconfitta.
“Ignitus, adesso basta. Hai vinto. Devo riconoscere che sei davvero migliorato”
L’amico, affatto compiaciuto da quella conclusione, farfugliò una seccata risposta tra un lungo respiro e l’altro.
“No. Così non va, non ti sei ancora impegnato come si deve. Non puoi arrenderti visto che siamo in parità"
“Basta così Ignitus. Abbiamo già combattuto abbastanza, non sei soddisfatto?”
“No!” ruggì il drago del fuoco, attaccando di nuovo con ferocia, con più vigore di prima.
Malefor indietreggiò, cercando di evitare i colpi senza reagire.
"Impegnati! Impegnati di più!"
Ignitus continuava ad insistere, senza dare tregua al drago viola.
“Basta!”
Ignitus non si era reso neanche conto di cosa fosse successo. Si ritrovò a terra con il dorso disteso sulla liscia pietra del campo d’allenamento, totalmente disorientato.
L’unica cosa che era riuscito a vedere era una zampa di Malefor che lo centrava sul muso, ma era all’oscuro della dinamica degli eventi. A pochi metri da lui Malefor stava tremando in preda al terrore; terrore per ciò che aveva appena fatto, per ciò che sarebbe potuto succedere se si fosse spinto oltre.
“Ignitus!”
Con un balzo lo raggiunse, avvicinandogli gli artigli alla fronte da cui usciva un piccolo zampillo di sangue.
“Perdonami! Non l’ho fatto apposta! Non volevo…”
Ignitus gli sorrise, rassicurandolo.
“Tranquillo non è niente. Ho preso botte peggiori. Ma Malefor, che ti è successo?”
Il drago viola lo fissò sconvolto, come se i suoi artigli l’avessero appena tranciato in due.
“Non… non lo so” Mugugnò, come spaventato, mentre lo aiutava a rialzarsi.
Barcollante, Ignitus si diresse verso Glaider e Solaris che avevano assistito a tutta la scena e impietriti non distoglievano gli occhi da Malefor, che a sua volta fissava il drago del fuoco altrettanto sconvolto.
“Stai bene?” Chiese Glaider, quando Ignitus l’ebbe raggiunto.
“Certo”
Malefor lanciò un’ultima occhiata all’amico, con le zampe che ancora fremevano.
“Ignitus, non ti ho…”
“E dai Malefor! Sono tutto intero” Rispose, passandosi il palmo di una zampa sulla ferita.
Il drago viola si voltò improvvisamente, allontanandosi di scatto da gli altri e correndo come in preda alla pazzia in mezzo agli alberi che circondavano il tempio.
Voleva correre lontano, voleva andarsene, voleva scomparire nel nulla. Tutt’ad un tratto non capiva più chi era, cosa gli stesse succedendo e quale sarebbe stato il suo destino, desiderava solo di impedire ad ogni costo altri eventi come quello. Corse per neanche lui seppe quanto, senza riuscire a dispiegare le ali per librarsi in volo. Correva furente, adirato con se stesso per quello che era appena accaduto. Continuò a correre, mentre sopra di lui le chiome degli alberi si susseguivano rapide in un confuso ammasso di foglie e rami, quasi indistinguibili a quella velocità.
Corse, chiuse gli occhi, ansimò, li riaprì, ansimò ancora e continuò a galoppare finché non si scontrò a piena velocità contro il tronco di un albero, che all’impatto con le sue corna si perforò da parte a parte. Dopo aver estratto le corna dal legno con rabbia, Malefor cadde a terra disteso su un fianco e non si rialzò. Osservava la distanza che ora lo divideva dal tempio, dalla sua casa; la sua vera casa. Solo lì aveva qualcuno che tenesse a lui, solo lì poteva ritenersi vivo.
Il desiderio di tornare sui suoi passi era forte, ma il dubbio che la sicurezza dei suoi compagni potesse essere messa in pericolo dalla sua presenza gli impediva di muoversi di un centimetro. Niente era più certo ormai, le verità in cui aveva creduto si stavano inesorabilmente infrangendo in un unico potente desiderio.
Continuava a ripetersi che non aveva mai voluto colpire Ignitus in quel modo, ma a farlo non era stato Malefor. Non il figlio di Lehr e Airack almeno.
A colpire Ignitus era stato il frutto di troppe sofferenze patite da un cuore tanto limpido. L’ingiustizia riservata ai suoi genitori aveva smosso un tumultuoso vortice d’odio nell’angolo più sperduto della sua mente, in cui ancora navigava il ricordo dell’oscurità. Sollevò lo sguardo ad osservare il sole che splendeva in cielo, incoronato da un alone di intenza luce calda e pulsante.
No, non poteva arrendersi così. Aveva resistito fino a quel momento, non avrebbe ceduto a causa di un ricordo. Tra gli alberi vide spuntare la figura dorata di un drago. Una visita che non gradì affatto. Avrebbe voluto che fosse venuta Neiry a correggere l’errore che stava per compiere, a indirizzargli la strada giusta da prendere.
Fu ben altro però ciò che gli si posò accanto. Sill lo fissava con falsa benevolenza, mentre il suo sguardo saettava dal drago viola all’ombra del tempio in lontananza.
“Che ti succede drago? Perché te ne stai disteso qui da solo?”
Malefor non si mosse, schiudendo semplicemente le labbra.
“Non sono affari tuoi”
“Forse hai ragione. Ma potrei aiutarti se me lo permetti”
“A dire il vero non te lo permetto. Non ho bisogno di aiuto. vattene” rincarò Malefor.
“Non fare l’arrogante. Neiry non vorrebbe vederti in questo stato sai vero?”
“Ti ho detto di andartene”
Siil inclinò il capo di lato, sbuffando.
“Ti va di ascoltare almeno una piccola proposta?”
Malefor, individuato finalmente un motivo per alzarsi, si sollevò spingendosi con gli arti anteriori, divaricando le ali.
“Forse non mi sono spiegato”
“Ei pace drago viola… pace”
“Non ti farò del male. Ma sparisci prima che la mia pazienza crolli”
“Ma perché tratti così un povero vecchio drago del fulmine? Io volevo solo…” Le sue parole vennero troncate a metà dalla vista del draghetto che estraeva gli artigli. “Aspetta. Io so cosa vuoi”
Malefor desisté dall’attaccare, dando a Siil la possibilità di concludere la frase.
“Tu vuoi rincontrare chi hai perso a causa di Flarendor”
Malefor tornò con tutte le zampe a contatto con il terreno, fissandolo con una vena di curiosità.
“E con ciò?”
“Esiste un modo per farli rivivere”
Il giovane drago gli si avvicinò sospettoso, spinto dal dubbio che quello che il guardiano stava dicendo potesse essere in qualche modo realizzabile.
“Dove sono le prove che mi confermano che non stai mentendo?”
Siil rise divertito, un divertimento maligno e serpentino.
“Malefor. Sei davvero un drago strano te l’hanno mai detto? Non ho prove, ma la chiave per far sì che ciò accada sei tu. Devi solo aiutarmi, da solo non posso fare granché”
Per niente sicuro della veridicità delle sue parole, Malefor si vide costretto ad assecondarlo fin quando possibile; non si sarebbe lasciato sfuggire una tale occasione.
“Bene. Cosa dovrei fare? E cos’è che vorresti in cambio?”
“Niente di particolare. Solo prestarmi un po’ della tua energia. Devo utilizzarla per ridare la vita ai tuoi cari”
Ignaro di quanto subdola e viscida fosse la mente del guardiano del fulmine, Malefor annuì ingenuamente, ormai consumato dal desiderio di poter ancora riabbracciare i genitori una volta e per sempre, nella realtà.
“Mi sembra al quanto improbabile una cosa del genere ma proverò a darti fiducia”
All’udire quella risposta sul muso di Siil si stampò un velenoso sorriso con cui mostrò un bianco chiostro di zanne affilate.
“Eccellente! Devi darmi soltanto un giorno. domani smentirò il tuo scetticismo. D’accordo socio?” Concluse, allungando una zampa verso il drago viola che la respinse con una frustata di coda.
“È evidente che ci sia qualcosa sotto”
“Oh beh in effetti c’è" ammise Sill senza nascondere un ghigno. "Ma il tuo desiderio non è quello di rincontrare la tua famiglia? In fondo non ti ho chiesto molto. Solo il prezzo da pagare perché ciò possa avvenire”
Neanche aveva finito di parlare che Malefor si era già lanciato in volo verso casa, incerto di voler ascoltare ancora le parole di Siil.
“Ah! Una cosa soltanto drago viola! Stai attento, temo che qualcuno non ti voglia più al tempio”
Le sue ali si bloccarono a mezz’aria, rischiando di farlo precipitare. Muovendo leggermente la coda si voltò verso il guardiano dell’elettricità, che ricambiò lo sguardo con disinvoltura.
“Si? Qualcosa non va?”
“Cosa vuoi dire”
“Lo capirai. Ma non farti uccidere prima di domani, grazie! E se proprio non ti disturba la cosa, potresti non parlare con nessuno di questo piccolo segreto? Sai qualcuno potrebbe impedirci di attuare una cosa del genere. Andrebbe contro i principi della vita!”

“Sei stata tu”
Neiry, poggiata alla parete della stanza degli elementi, fissava Axius in cerca di aiuto, come se lo implorasse di sentir ragione. Il rimorso per aver scelto di lasciare che Malefor affrontasse un mondo di tenebre da solo la attanagliava, togliendole quasi il respiro.
Il guardiano del ghiaccio era perso nei suoi pensieri, del tutto assente e indifferente alle suppliche della compagna.
“Axius” Nessuna risposta. Il drago muoveva meccanicamente la coda. “Axius!”
“Cosa c’è”
La sua voce era ormai spenta, un tono che non ammetteva né istanze né preghiere.
“Possiamo ancora rimediare”
Axius dissentì con il capo.
“Neiry, è così che doveva andare. Forse al tuo posto avrei anch’io dato fiducia a quel drago, ma ormai come tu hai deciso, l’ho fatto anch’io. Ti scongiuro di non metterti di mezzo, perché ho paura che tra la tua incolumità e quella del mondo intero vi sia una leggera differenza. non costringermi ad averti nemica. Se perdesse il controllo di nuovo potrebbe essere fatale per tutti noi. Sarebbe un pericolo troppo grande per chiunque”
La dragonessa chinò il muso, socchiudendo gli occhi.
“Non lo farò, non sarò io a fermarti”
Dopo minuti di torpore Axius tornò all’esterno delle sue spirali di pensieri e le rivolse un’espressione stupita.
“Ne sei certa?”
“Si. Fai ciò che credi giusto, ma non contare su di me” Rispose Neiry, uscendo dal vano senza troppe remore.
Mentre scendeva le scale del tempio, si chiedeva cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Eppure tutto sembrava destinato a persistere nell’equilibrio e nella pace. Per quale motivo, per pochi gesti a fin di bene il mondo doveva essere di nuovo in pericolo?
Si gettò all’esterno verso la foresta; doveva parlargli almeno un’ultima volta. Lo vide sfrecciarle incontro, come se entrambi sapessero che avrebbero incrociato il volo dell’altro. Sia Malefor che la dragonessa rallentarono, fermandosi a pochi metri di distanza e scendendo dolcemente di quota.
Appena sfiorarono il suolo Neiry si avvicinò al giovane drago viola e lo afferrò con le zampe anteriori, portandolo contro il suo ventre e avvolgendolo con le ali.
Fu quello l’ultimo gesto d’affetto che Malefor avrebbe rimembrato per il resto della sua esistenza. All’interno di quel guscio protettivo si sentiva al caldo, al sicuro, protetto dall’esterno e da se stesso. Ma sapeva che attorno a lui viveva un mondo in cui per lui non c’era posto. Lui era nato nell’oscurità e in essa sarebbe caduto. Flarendor aveva ragione, le tenebre non l’avrebbero mai abbandonato.
Persino Lehr e Airack lo sapevano. Eppure aveva vissuto credendo erroneamente di potersene disfare come un brutto sogno dimenticato nel tempo; come un giogo che una volta spezzato l’avrebbel’asciato andare.
Neiry allentò la presa e Malefor ne sgusciò lentamente fuori, mentre la scrutava con una nuova consapevolezza sul muso. Ora sapeva quale sarebbe stato il suo destino.
“Ti voglio bene” Le disse, sfiorandole il collo con il naso.
“Anch’io. Te ne ho voluto tanto e avrei desiderato potertene volere ancora”
“Lo so”
La dragonessa avrebbe voluto scoppiare a piangere, avrebbe dato se stessa per impedire che finisse in quel modo, ma ormai percepiva in Malefor qualcosa di nuovo ed irreversibile.
“Ti prego Malefor. Torna indietro. Per favore” Mormorò, avvicinando il muso al suo. “Non lasciarti guidare dall’istinto delle tenebre. Cerca di controllarti. Hai dimostrato di poter affrontare ostacoli peggiori”
Su di lui le parole avevano perduto ogni effetto, adesso voleva solo poter realizzare il suo sogno, poter rivedere chi gli aveva donato la vita. Avrebbe ceduto alle ombre se necessario.
“Siil mi ha detto che posso rincontrare i miei genitori in cambio di un po’ della mia energia”
Neiry d’istinto lo spinse via, lanciandogli un’occhiata furiosa.
“Siil? Cosa ti ha raccontato quell’infame!”
“Quello che ti ho detto”
Neiry grugnì.
“Non devi assolutamente ascoltarlo! Qualunque cosa ti abbia promesso non credergli”
Malefor non si mosse, frammentato tra interno ed esterno, tra purezza esteriore e inferno interiore.
“Come posso non ascoltarlo. Se veramente può riportare indietro i miei genitori, perché dovrei rinunciare?”
“Malefor. Nessuno può riportare in vita chi non c’è più e tu lo sai. Sei solo accecato dalla rabbia per accettarlo" Si prese una pausa, poi proseguì con un sospiro. "Se nelle parole di Siil c'è del vero è perché in effetti la Fonte della vita è molto potente. Da essa ha avuto origine il cristallo che ha corrotto Flarendor. Nel tempio è racchiusa un'energia che va oltre i quattro elementi, è stato costruito proprio per nasconderne l'esistenza al mondo. Non dovrei rivelarti tutto questo, ma hai il diritto di sapere. Nel tempio è celato un potere in grado di originare la vita stessa e di distruggerla, una fonte più antica di qualunque cosa. Scaturisce direttamente dal cuore del mondo e per evitare che qualcuno potesse intaccarla ne era stata intrappolata l'essenza in due cristalli da draghi di epoche ormai lontane, i primi guardiani degli elementi. Sapevano che erigere un tempio e diventarne i guardiani non sarebbe stato abbastanza, vollero quindi donare se stessi per proteggere il mondo. I due cristalli divennero entrambi involucro sia di luce che di oscurità. Quando Flarendor si è nutrito di uno di essi tutto si è destabilizzato, poiché l'energia in esso racchiuso, alla sua morte, non aveva più un corpo in cui risiedere. Credevamo di aver annientato il flusso d'energia, tu stesso ci aiutasti"
Malefor non era interessato alla storia del tempio, ma Neiry riuscì a coinvolgerlo e a instillare in lui curiosità.
"L'energia del cristallo rimasto al tempio reagì e cercò di liberarsi. Abbiamo dovuto distruggerlo, ma non credevamo che in questo modo la Fonte della vita sarebbe sgorgata nuovamente. Nessuno di noi riusciva a percepirla. eravamo certi nessuno potesse più accedervi, soprattutto considerando che uno dei due cristalli era rimasto nascosto anche a noi guardiani per molto tempo. Fu Flarendor, non so come, a ritrovarlo e a condividerne il potere con Siil finché lo ritenne necessario. A quel punto i due cristalli si erano riavvicinati. Non pensavamo prima di allora potessero essere un pericolo, erano in pochi a conoscerne l'esistenza. Uno tra questi era Airack, tuo padre, che operando al tempio come fabbro percepì qualcosa che andava oltre le quattro energie elementali. Axius condivise con lui il segreto, ma nessuno poteva immaginare che gli spiriti di Airack e Lehr sarebbero riusciti a presenziare al tempio così a lungo pur di rivederti"
In qualche modo, Malefor lesse nella convinzione di Neiry qualcosa che andava oltre le sue stesse intenzioni, oltre qualunque follia che avrebbe potuto attuare. Parlava dei suoi genitori con leggerezza ma non sminuendone l'importanza, bensì confermandone la tenacia anche dopo la morte. Questo però non faceva che renderlo più furioso, di secondo in secondo.
"I loro spiriti si trovano dunque al tempio?" domandò speranzoso.
Neiry rimase in silenzio per diversi secondi, fissando prima Malefor poi il cielo. Un volatile dal piumaggio candido si poggiò sulla sua spalla destra, come trovandovi dimora. Il legame di Neiry con la natura circostante era indissolubile.
"Nel cuore del mondo vivono tutti gli spiriti di coloro che hanno vissuto con tanta intensità da imprimere nella Fonte della vita un frammento della loro anima. Non è qualcosa di consapevole, i guardiani di ogni epoca vivono in esso e così altre creature che sono riuscite ad intingere parte del proprio spirito nel flusso della vita. Airack e Lehr desideravano ardentemente di poterti vedere crescere, questo ha permesso loro di vivere nel cuore del mondo. La fonte della vita che sgorga dal cuore del mondo ti ha raggiunto, solo tu potevi sentirli. Era a te che era rivolto il loro ultimo pensiero, così potente da perdurare per tutto questo tempo"
Malefor era incredulo. Non sapeva del cuore del mondo, ma effettivamente si era chiesto da dove provenisse il potere di Flarendor. Ne era rimasto irrimediabilmente corrotto perché aveva cercato di sostenere nel proprio corpo metà delle energie di tutto il creato, ottenendo in cambio una forza che per breve tempo gli aveva permesso di essere più potente anche di un drago viola. L'instabilità di quella pazzia però non poteva certo portarlo lontano, non se ne rese mai conto poiché abbagliato dal gigantesco potere che aveva creduto di aver imbrigliato.
"Loro mi hanno detto di non aver molto tempo. Significa che adesso non esistono più neanche nel cuore del mondo?"
Neiry socchiuse gli occhi.
"Mi dispiace, ma una volta consumatasi l'energia sfruttata per tornare in questa realtà non ne rimane più nel cuore del mondo. Per questo Siil non può comunque fare niente del genere, neanche lo volesse"
Malefor non aveva mai davvero creduto alle parole del guardiano del fulmine. Quella conferma però lo rinfrancò, dissipando la possibilità che ciò potesse portarlo a compiere sciocchezze.
"Stai dicendo il vero? Non cerchi solo di allontanarmi da lui?"
"Se non mi credi e vuoi dargli ascolto non ti fermerò. Ormai non posso fare più niente. Non avrei comunque il coraggio di colpirti, quindi sei libero di scegliere"
Malefor le aveva già fatto capire più di una volta che la sua natura non era malvagia, ma trovarsi faccia a faccia con qualcosa tanto più grande di lui aveva demolito anche le sue difese. Aver scoperto di essere vissuto nell’oblio a causa dell'altrui smania di potere lo rendeva dannatamente furioso.
“Non diventerò un mostro Neiry” Le rispose, fissandola negli occhi. "E non credo a Siil"

Lunga fu la lotte che divorò il tramonto di quello stesso giorno. Al tempio si respirava palpabile agitazione.
Ignitus e gli altri, se pur all’oscuro del cambiamento interiore del drago viola, si erano resi conto che non tutto era al suo posto. Malefor se ne stava disteso, in disparte all’esterno del tempio, sicuro che in quel modo avrebbe reso tutto più facile a chiunque sarebbe arrivato. Teneva il muso poggiato sul suolo e gli occhi chiusi, con il corpo abbandonato a quell’ultimo momento di pace che si sarebbe goduto da solo. Pensò ai suoi amici, pensò a Ignitus e Zell con cui dormiva ogni sera e che in quel momento sperava stessero pensando a lui, in un egoistico desiderio d’affetto.
Non si preoccupò delle conseguenze di qualunque cosa sarebbe successa, ma non li avrebbe mai voluti vedere piangere per lui. sperava che qualcuno l’avesse amato, ma in quel momento pensò agli altri prima che a se stesso. In fondo volle sperare che nessuno si fosse realmente affezionato a lui, almeno non ne avrebbero sofferto. Si sarebbe accontentato del suo ricordo nei loro pensieri.
Nell’ombra alle sue spalle due ali sferzarono l’oscurità di quell’opaca coltre notturna. Axius atterrò, senza curarsi di essere silenzioso o di nascondersi ai sensi di Malefor.
Si fermò per istanti eterni ad osservare il cielo sopra di se e gli alberi circostanti, che insieme avrebbero assistito al suo dovere di protettore della pace nel mondo. Si avvicinò a Malefor, mentre si ripeteva e cercava di convincersi che quella fosse l’unica soluzione possibile. Quando gli fu di fronte, il suo desiderio più profondo fu quello di poter fuggire lontano per rinunciare, ma non si mosse di un passo.
“Sei venuto per uccidermi, finalmente?” Chiese Malefor, altrettanto deciso.
Axius lo osservò. Il modo in cui giaceva inerte e consapevole riuscì a far breccia anche in lui. Tuttavia era abbastanza convinto della necessità di farlo per potersi macchiare di quel delitto.
Eppure indugiò.
“Devi farlo!” Esclamò il drago viola, sollevando le palpebre e voltandosi a fissarlo. “Fallo, ti prego. Non so quanto ancora potrò resistere. Quello che un tempo corruppe Flarendor sta consumando anche me. Devi farlo o rischierò di nuovo di far del male a qualcuno, e in maniera irreparabile questa volta”
Avrebbe forse incontrato così i suoi genitori, per restare con loro per l’eternità.

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Capitolo 15
*** Per amicizia ***


PER AMICIZIA



In quel momento tutto gli parve dissolto nel nulla: il passato, il futuro e anche lo stesso presente, niente aveva più senso di essere.
Axius continuava a fissare Malefor con indecisione, con quella titubanza che persino lui aveva temuto di incontrare quando fosse arrivato il momento fatidico.  dal canto suo il drago viola non si muoveva, tutto il suo corpo supplicava di scomparire e non certo per vigliaccheria. Il crucio che lo tormentava risiedeva nel dolore che avrebbe causato ai suoi amici, a Neiry, ad Axius stesso e a tutti coloro che continuavano a sperare in un futuro di pace.
"Avanti..." Mormorò Malefor, dischiudendo la bocca da prima in un tenue sorriso, poi in un ringhio sommesso. "Avanti! Tu mi odi non è così? Allora fallo! Se davvero non è la vendetta il motivo del tuo odio, non avrai alcun rimorso, Avanti!"
Il guardiano del ghiaccio iniziò a respirare profondamente, finché il suo corpo prese ad ansimare come in preda alla paura. Cosa gli stava succedendo? Dov'era finita la convinzione di un attimo prima? Eppure non era poi così difficile; anche Malefor lo voleva, la sua ferma sicurezza non lasciava alcun dubbio.
E allora cosa stava aspettando? Sollevò la zampa sinistra bruscamente, come guidato da pesanti convulsioni, ed espirò energicamente.
"Malefor... io..."
Il drago viola si alzò, scrutando Axius negli occhi. Drizzò la coda e spalancò per metà le ali, portandosi sotto di lui.
"Devo costringerti? Almeno capiresti che non c'è altra soluzione e che dovresti sbrigarti"
Axius si ricompose, tornando nella stoica posizione fisica e mentale del gelido guardiano delle energie fredde, riportando la zampa a terra.
"No, non ce n'è bisogno. Ma lascia che ti dica solo una cosa"
"Ho già ascoltato troppo, troppe parole. Voglio che finisca qui, adesso. Altrimenti non finirà mai più"
"Si, esaudirò il tuo desiderio. Ma sappi che così facendo spezzerai il cuore di Neiry"
A quel nome Malefor per un istante vacillò, mentre come una saetta impazzita i suoi pensieri volgevano alla dragonessa sua amica. No, era qualcosa di più di un'amica. Era proprio a quello che aveva pensato in quelle ultime ore: aveva trovato una famiglia e dei fratelli.
Eppure era stato proprio il dubbio di poter cedere  a quella radiosa prospettiva che lo aveva spinto a rimuovere ogni cosa, a divenire un automa privo di sentimenti ed emozioni, così da rendere a lui e ad Axius tutto più facile; ma all'udire il nome di Neiry rischiò di precipitare ancora nel ricordo di quell'abbraccio. Così caldo, soave, troppo simile a quello di Lehr.
“Lei ti vuole bene, più che a qualunque altra creatura vivente. Tu per lei sei molto importante e sente su di sé la responsabilità del tuo futuro”
Malefor replicò senza esitare, nonostante la sua anima fosse in frantumi.
“Allora dille che se davvero mi vuole bene, non dovrà piangere per me e per le scelte che io stesso ho fatto”
La sicurezza del drago viola non lasciava spazio a nessun ripensamento, neanche un’impercettibile breccia nella sua solida corazza di convinzione.
“È quindi questa la tua scelta?”
“Si” Mormorò Malefor, voltando lo sguardo altrove.
“Cosa stai guardando?”
“Niente” Rispose Malefor, immobile. “Ti sarebbe difficile colpirmi mentre ti guardo”
Il guardiano del ghiaccio si sentì sopraffare da qualcosa più grande di lui, da una sensazione di pura inquietudine. Non riusciva più a vedere un motivo valido per uccidere Malefor, benché sapesse cosa avrebbe comportato non farlo.
No, prima la salvaguardia del tempio, dell’equilibrio degli elementi e dell’intero regno. Non poteva anteporre una sua debolezza al suo ruolo di guardiano.
Avanzò, ormai non aveva più dubbi, era pronto. Era a pochi passi dal corpo del drago viola quando questo si voltò di scatto, osservandolo con occhi furenti.
Per un istante pensò che volesse attaccarlo, che avesse cambiato idea; si rese poi conto che non era a lui che Malefor aveva diretto quell’occhiata colma d’ira.
“Giù!” Gli gridò Malefor, gettandoglisi incontro e salvandolo dall’impatto con una saetta azzurrina che invece centrò in pieno proprio il drago viola e lo scagliò a terra frastornato.
Dalle fauci di Axius scaturì un profondo ringhio. Irritato dalla consapevolezza che non poteva esser stato nessuno se non Siil si voltò, ignorando le sue vere intenzioni ma decisamente certo delle proprie.
“Non avevamo deciso che saresti dovuto sopravvivere fino a domani?” sibilò il drago del fulmine.
Axius scrutò interrogativo Malefor che nel frattempo si stava rialzando, chiedendo silenziosamente spiegazioni, ma venendo del tutto ignorato.
“Io non ho deciso niente con te, non avrai pensato che avessi creduto alla tua storia vero?”
Siil scoppiò in una fastidiosa e stridente risata, avvicinandosi incurante della presenza di Axius.
Era come se il drago del ghiaccio non esistesse, invischiato al centro di un infernale scambio di sguardi avversi e furiosi.
“Sei un povero sciocco. Ti sei fatto abbindolare da questa massa di pezzenti invece di ascoltarmi. Ti sei lasciato domare come un cuccioletto indifeso privo di volontà”
“Taci! Eri tu a volermi abbindolare, ma il cuccioletto non è stupido come credi!”
Siil inclinò il muso e curvò le labbra in un ghigno.
“Capirai a breve che sei più stupido di quanto immagini. Ma se la metti così, farai la fine di tutti gli altri”
Malefor si drizzò sulle zampe e sollevò il muso in segno di sfida.
“Staremo a vedere”
Un’altra orrenda risata.
“Non montarti la testa cuccioletto. Sarai più forte di ogni altro drago al mondo ma non sfuggirai alla distruzione totale”
Fu Axius che, dopo essersi ripreso, interruppe la conversazione gettandosi addosso a Siil e artigliandolo alla gola con violenza. Lo scatto fu così rapido che neanche Malefor fu in grado di prevederlo.
Il drago viola provò una certa soddisfazione nel vedere quanto gli artigli fossero scesi in profondità nel collo del drago dorato. Quasi rabbrividì nel pensare che quel colpo probabilmente sarebbe stato inferto anche a lui, ma la cosa non lo turbava particolarmente. Non fu comunque in grado di restare indifferente a quel che accadde. Nessuna goccia di sangue scivolò dal collo di Siil; da gli artigli di Axius si era generata un'aura gelida che ne aveva cristallizzato il flusso. In breve il corpo del guardiano del fulmine, con le fauci ancora spalancate per lo stupore, venne ricoperto da uno strato di ghiaccio che ne fece una fredda statua trasparente.
Axius allontanò la zampa. Siil venne circondato da un bagliore azzurrino, per poi esplodere in una miriade di schegge ghiacciate le quali si depositarono al suolo come lucciole di rugiada.
Lo stesso Malefor ne rimase turbato. Fu tutto dannatamente crudo e spontaneo, troppo improvviso e fluido. Neanche lui era arrivato a tanto.
“Era così necessario?”
Axius non rispose, il capo chino e il corpo di pietra che lo rendevano in tutto e per tutto simile ad una perfetta scultura. Altri secondi passarono, finché una nuvoletta d’aria fresca uscì dalle narici del gelido drago azzurro.
“Lo era. Da tempo tutti aspettavano l’occasione in cui si sarebbe rivelato per quello che già in passato era stato. Speravo che con il tempo ci saremmo ricreduti sul suo temperamento. Invece non ha fatto altro che confermare le nostre ipotesi, giorno dopo giorno. Con lui in vita non si sarebbe mai potuti stare tranquilli”
 Tranquilli; era quello quindi che cercavano. La tranquillità, non la pace. In un mondo in cui esisteva l’odio non si poteva assurgere alla vera pace
No. A Malefor non era piaciuto quel gesto. Eppure detestava Siil, per lui non aveva mai rappresentato niente se non qualcuno che gli aveva instillato false speranze durante le sue ultime ore. Ma c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che gli fece vorticare la testa impetuosamente.
Di nuovo. Ancora una volta la sua visione della realtà si stava distorcendo. No, Axius non doveva eliminare un suo compagno, per quanto quel termine potesse essere inappropriato, in modo tanto gelido ed impassibile.
“Quindi è così che funzionano le cose. La minaccia va estirpata”
Notò sul muso di Axius qualcosa di vagamente simile ad una vena spazientita.
“Avrei dovuto farlo tempo fa, ma non ci aveva dato motivo di prendercela con lui. Adesso ci ha attaccati e minacciati, penso sia abbastanza”
“Io non ti ho attaccato ne minacciato. Eppure… vuoi fare lo stesso con me. Lo vogliamo entrambi. Com’è strana la sorte”
Axius volse lo sguardo al cielo stellato, cercando risposta in quei puntini scintillanti che eterni scrutavano nella loro imperturbabilità quel piccolo e sciocco ammasso di lotte e conflitti. Insignificante di fronte alla loro infinita distanza, un pezzo di terra bruciato dalle follie dell’odio.
Da una parte un cucciolo dal cuore stremato a causa della sua storia, dall’altra un drago con il compito più ingrato che quell’oscuro destino avrebbe potuto assegnargli.
“Quando si crede di aver in mano qualcosa e si scopre di non avere nient’altro che cenere, viene voglia di essere sparsi al vento assieme ad essa”
Era così, Axius pensava di avere la forza sufficiente per adempiere al suo ruolo, ma non ne aveva affatto.
Un boato proruppe dal tempio. Un suono innaturale, niente che potesse venir ricondotto all’accenno di un terremoto, al crollo di una parete o ad una qualche frana. Anche gli alberi sembrarono tremare, qualcosa di tremendo e sconcertante stava per avvenire. Qualcosa che anche il più sperduto angolo del pianeta avrebbe dovuto temere.
Il suolo venne scosso da un fremito, come se l’intero universo stesse sussultando. Malefor guardò in basso, sconvolto, dove temeva si sarebbe potuta formare una voragine da un momento all’altro.
“Cosa sta succedendo?” chiese Malefor confuso.
Axius, meravigliato quanto lui, non seppe dare alcuna risposta a quell’inspiegabile evento. I suoi pensieri si gettarono subito a Neiry, a Ignitor e a tutti  i giovani draghi nel tempio.
Nessuno poteva aver scatenato qualcosa di simile, neanche lo stesso Malefor, concentrato nel decifrare quella nuova occulta fonte di potere. Era spaventato, e la cosa era decisamente insolita. Non aveva avuto paura di morire, ma in quel momento qualcosa lo turbava.
Un piccolo cratere si formò a pochi metri da lui, lasciando fuoriuscire uno schizzo di magma incandescente che per poco non lo incenerì. Indietreggiò rapidamente, mentre Axius osservava sbalordito ciò che stava accadendo: ovunque si stava scatenando l’inferno, e non era un caso che tutto quel caos si stesse concentrando attorno alle fondamenta del tempio.
Perché mai stava avvenendo? Una punizione dell’Aedo forse? Quando un’ipotesi gli balenò in testa, il guardiano per poco non svenne. Si sentì quasi mancare, mentre la sua espressione si faceva quella di un insetto di fronte ad una montagna che gli sta cadendo addosso.
“Distruzione totale… no, non può essere”
Si pietrificò, i suoi muscoli divennero così rigidi che neanche la sua solita calma potette nascondere il terrore che lo travolse. Si rese conto solo in quel momento di non aver mai sperimentato la vera angoscia.
“Cosa? Cosa succede!” domandò Malefor atterrito. “Cos’è che sta scatenando questo putiferio!” Axius sospirò. Un sospiro rassegnato, spento.
“Il cuore del mondo”
“Il cuore del mondo?"
Di nuovo avevano a che fare con l'energia di cui gli aveva parlato Neiry.
“Il punto in cui confluiscono e da cui provengono tutte le energie che compongono il nostro mondo. Si sta sovraccaricando”
Malefor ne sapeva quanto prima, ma di qualunque cosa si trattasse non gli piaceva, per niente. Spiegò le ali e senza pensarci due volte corse in avanti, gettandosi in volo verso Neiry e i suoi amici. Bruciava al pensiero che potessero essere in pericolo; anche se non capiva quale arcana potenza si celasse dietro a quella devastazione, non poteva permettere che accadesse loro qualcosa.
Sarebbe stato il suo ultimo gesto per loro, per ringraziarli. Trascorse meno di qualche istante che vide delle sagome avvicinarsi nell’ombra e udì le loro ali spingere con forza l’aria.
“Malefor!”
Vide Ignitus scendere di quota e gettarglisi incontro, impossibile capire cosa provasse. Troppe le emozioni, troppo improvviso e inaspettato quell’ultimo capriccio del male.
“Ma dov’eri finito!”
Malefor scosse la testa.
“A dopo queste cose. Cosa significa che si sta sovraccaricando il cuore del mondo?”
“Per tutti i divini, allora è davvero questo che sta succedendo! Axius era con te?” chiese Ignitus.
“Si. Mi ha appena accennato del cuore del mondo"
“Cosa stavate facendo?” domandò il giovane drago di fuoco, ancora stravolto.
Cosa avrebbe dovuto rispondere? Ma soprattutto, avrebbe dovuto rispondere? -Stavamo decidendo se uccidermi o meno-, questo doveva dire?
“Doveva parlarmi. Eravamo impegnati in una conversazione un po’ particolare, quando tutto è iniziato a scoppiare nei dintorni”
“Io cre…”
Una colonna di fuoco esplose e il terreno si squarciò. Si diresse furiosa verso i due , i quali vennero salvati in tempo dal tempestivo intervento di Glaider e Solaris, che cozzarono rispettivamente con Ignitus e il drago viola, allontanandoli.
Nessuno dei quattro riuscì a proferire parola, quello spettacolo era terrificante. Restarono quasi un intero minuto sospesi in aria a scambiarsi occhiate confuse, ad ascoltare il fremito del suolo, a sperare che tutto finisse al più presto.
Salirono di qualche metro, fin dove le loro ali lo consentivano, fin dove la notte si estendeva infinita e ormai spaventosa. Sembrava di perdersi nel buio senza confini, allontanandosi dalla fine del mondo che pareva imminente. Videro che le esplosioni si erano propagate anche nei luoghi vicini e probabilmente anche altrove, non riuscendo a capire il perché di quel disastro.
“Cosa facciamo?” Chiese Ignitus, abbassando il muso.
“Francamente capo…” Fece Glaider, accennando quello che sarebbe dovuto somigliare ad un sorriso disperato, “penso ben poco. Se qualcuno ha davvero intaccato il centro delle forze del pianeta, siamo piuttosto finiti”
Malefor lo fissò, iniziando ad assemblare qualche pezzo.
“Qualcuno? Quindi qualcuno è la causa di tutto ciò?”
“Beh eccetto che in seguito ad un evento naturale di dimensioni gigantesche, il mondo non inizia a disgregarsi in questo modo”
Poche furono le immagini che gli balenarono in mente: Cristalli viola, energia, Flarendor, quell’infame di Siil.
Era quindi quello il loro addio. Anche ora che entrambi non c’erano più volevano lasciare quel bel ricordo.
-Dovrai prestarmi un po’ di energia- Era a quello che la sua energia sarebbe servita, a distruggere tutto e tutti? E perché allora stava avvenendo comunque? Aveva compreso sin da subito che nelle parole di Siil c’era menzogna, ma non avrebbe mai pensato a un risvolto del genere.
Gli scombussolati pensieri di tutti vennero interrotti dall’arrivo di Neiry da una parte e di Axius dall’altra. I due draghi si incrociarono in volo, fermandosi uno di fronte all’altra. Si scambiarono poco più di una decina di parole, poi si diressero verso di loro. I loro amici giunsero subito dopo, capeggiati da Ignitor che aveva perso la sua feroce baldanza.
Tutti avevano risentito moralmente di quel potente colpo, stava per avverarsi un evento che avrebbe frantumato istantaneamente il flusso della vita. Fu Axius a parlare, in nome di tutti, in nome del ruolo dei guardiani di proteggere la pace.
“Tutti voi allievi, è successo qualcosa di orribile. Il guardiano del fulmine, Siil… ci ha traditi. Il maestro di alcuni di voi, un tempo alleato del più perfido drago della storia, in un ultimo atto di follia ha deciso di porre fine al mondo. È dura doverlo affermare, ma purtroppo è quello che sta succedendo. Anche se forse non è tutto perduto”
Nessuno respirava. Con il fiato sospeso attendevano che una possibile soluzione venisse enunciata, pregando nell’aiuto dell’Aedo.
“Il cuore del mondo non ha abbastanza energia per innescare la distruzione totale, ma dobbiamo fermare il processo. Altrimenti avverrà comunque. Il cristallo che sorregge il pianeta necessita di una grande energia, per portarlo al limite massimo ne serve una grande quantità, che per fortuna non è stata ancora raggiunta. Possiamo fermarlo. Vi chiedo di seguirmi, possiamo raggiungere il luogo in cui si trova da una cavità situata al disotto del tempio”
Tutti annuirono, pronti e rinfrancati se pur visibilmente scossi.
“Andiamo!” asserì fieramente Ignitus.
Fecero per planare verso la loro imponente dimora, quando un’eruzione più violenta delle precedenti colpì la facciata principale e  distrusse gran parte delle colonne, che sprofondarono nelle crepe formatesi sul terreno.
 

Quella discesa di calore e paure fu qualcosa che nessuno aveva mai provato prima. Neanche gli stessi guardiani si erano mai dovuti spingere fino a quel punto, e adesso erano lì; anche una distrazione sarebbe potuta risultare fatale. Il percorso per raggiungere il cristallo  da cui tutto aveva origine era spaventosamente simile alla discesa verso gli inferi, ed in effetti era lì che temevano di starsi dirigendo.
Il profondo gorgoglio della lava e del magma ribolliva come il ruggito di una bestia furiosa, mentre nuove e sempre più intense sferzate bollenti si scagliavano verso l’alto. Giunti a destinazione  con il timore di essere arrivati troppo tardi, si trovarono di fronte ad una scena impressionante: il grosso cristallo pulsava energia come un cuore fa con il sangue, irradiando e sprigionando luce naturale incandescente. Lo stormo di giovani draghi atterrò, disponendosi a cerchio.
Fu Malefor a prendere parola, anche se pensava di conoscere la risposta alla domanda ancora prima di porla.
“E ora?”
Axius sollevò il muso, indirizzando lo sguardo  più al cielo lontano e ormai invisibile che ai suoi allievi.
“Adesso dobbiamo contenere l’esplosione. Noi…” Il guardiano del ghiaccio osservò Ignitor e Neiry al suo fianco. “Non siamo sufficenti. Purtroppo l’assenza di un guardiano compromette l’equilibrio dell’energia e noi da soli non potremmo mai farcela. Quindi…” Fece una piccola pausa,. Non serviva che aggiungesse altro, ma dovette concludere la frase. “Ci piange il cuore nel farvi questa richiesta, ma abbiamo bisogno del vostro aiuto”
Malefor  si portò fuori dal gruppo, avvicinandoglisi.
“Posso prendere io il posto del guardiano del fulmine”
“No. La tua forza unita alla nostra avrebbe l’effetto opposto, invece di contenerla la espanderemmo. La tua energia è troppo grande”
Malefor annuì. “E allora…”
Neiry sfiorò Axius con la coda.
“Infondo è ciò che volevi”
“Cosa?” proruppe Axius confuso.
Il guardiano del ghiaccio si inabissò nelle iridi splendenti della dragonessa, tristi quanto fiere.
“Lascialo provare”
“Lui? Ma…”
“Da solo”
Malefor sorrise. Si, era quello che voleva. Neiry l’aveva capito. Se la sua forza sommata a quella degli altri guardiani sarebbe stata eccessiva, la sua sola forza, in cui convergeva ogni elemento, sarebbe riuscita a convogliare un potere abbastanza stabile da evitare la catastrofe.
Axius non rispose. Quella soluzione gli era giunta alla mente fin da subito, ma addossare tutto sulle spalle di malefor significava averlo mantenuto in vita fino all’ultimo momento solo per sfruttarlo. Non sarebbe stato diverso da Flarendor o da Siil.
Axius aveva deciso di porre fine alla sua vita, ma non per crudeltà. Quel gesto gli sembrava un insulto.
“Tranquillo” Asserì Neiry, ormai serena. “Farà volentieri questo per noi. Non è così?”
Allungò il collo verso quello che per lei era ancora il cucciolo di qualche anno prima, che aveva visto crescere e migliorare giorno dopo giorno. Era suo figlio. Malefor, il drago viola, una leggenda divenuta realtà.
“Lo farò” Rispose lui, annuendo.
Axius e Ignitor si persero in una breve comunicazione paraverbale, fatta solo di espressioni di stupore e di meraviglia.
Nessuno se l’aspettava tranne Neiry. Accadde però qualcosa di totalmente inatteso persino per lei. Solaris, con quello che somigliava al ringhio più furente della storia dei draghi, avanzò contro Malefor.
Non credeva che l’avrebbe mai vista adirata in quel modo. E poi per cosa? Non pose alcun quesito, lasciò che fosse lei a parlare.
“Cos’è questa storia. Ho capito bene? Tu vuoi sacrificarti per noi?”
Malefor assentì e le sue ali scivolarono verso il basso, come se avesse esternato tutta la tensione accumulata fino a quel momento. Nel vederla così vicina, aggressiva e soprattutto viva, provò una sorta di strana felicità interiore.
Come tutti gli altri anche lei meritava di vivere serenamente un futuro radioso assieme ai suoi compagni.
“Tu non hai alcun diritto di decidere questo!”
A quelle parole Malefor spalancò le palpebre.
“Solaris. Era già stato deciso che avrei dovuto lasciare questo mondo. Perdonami ti prego. Non posso vivere nello stesso mondo in cui vivete voi. Sono un drago viola, e il mio destino non ha niente a che vedere con quello di ogni altro essere vivente. Per questo avevo già deciso di porre fine al dolore che avrei potuto causare. Perché è così, non sono stato abbastanza forte come tutti voi avete creduto. Scoprire e riesumare cose che non sapevo o avevo scordato mi ha deteriorato più di quanto io voglia ammettere. Per ciò lasciami andare”
La giovane dragonessa dalle squame azzurre restò un attimo in silenzio, poi scattò in avanti e gli mollò una zampata sotto al mento, scagliandolo a terra.
“Non funziona così. Non puoi prenderti questa responsabilità!”
Con il muso dolorante Malefor tornò in piedi. Un filamento scarlatto gli spuntò dal labbro inferiore.
“Ho fatto la mia scelta” Sentenziò.
“Anch’io. Anche noi” rispose Solaris imperterrita.
Nel dirigersi di nuovo di fronte all’amica sentiva come se dovesse aspettarsi un altro colpo, ma avanzò ugualmente. Si fermò solo quando lei ricominciò a parlare.
“Hai sofferto molto Malefor. E se hai dimostrato a tutti noi che il male può essere sconfitto con la purezza d’animo, lo dimostrerai anche ad altri. Tu vuoi sacrificarti in nome della resa alle tenebre, io in nome dell’amicizia”
Malefor deglutì. Un groppo in gola gli impedì di restare legato alla realtà e una serie di immagini gli si pararono davanti, frastornandolo. Rivide la grotta in cui era cresciuto, al buio, circondato da pareti calcaree impenetrabili che rappresentavano la sua casa e la sua gabbia. Rivide Flarendor, i giorni trascorsi ad allenarsi, quelli trascorsi a cacciare e a riposare dopo lunghe fatiche e ore di sofferenza fisica e mentale.
Rivide il giorno in cui decise di andarsene, la volta in cui incontrò i suoi nuovi amici, assieme a cui conobbe anche la felicità. Lo scontro con il golem, la presenza al cospetto dell’Aedo. L’ultima battaglia, ciò che aveva decretato la rottura definitiva con la creatura che era stato fino a quel momento.
La gioia aveva sostituito il dolore, ora finalmente poteva affermare di conoscere le emozioni, le sensazioni di quiete, timore, allegria, tristezza, amore. Era diventato qualcuno. E poi il sogno, Neiry, i suoi genitori, Siil…
Solaris, il cuore del mondo.
La sua storia gli pareva degna di un finale come quello. Ma i valori per cui desiderava lottare gli erano avversari per la prima volta. Era l’amicizia che l’aveva legato a Ignitus, a Glaider e a tutti gli altri che adesso cercava di frenarlo.
Solaris indietreggiò e l’assenza mentale del drago viola bastò perché il segnale venisse recepito da gli altri.
Ignitus e Terrador, seguiti da Zell e da altri due giovani draghi che Malefor non riconobbe a causa della nebbia mentale che ancora non si era interamente dissolta, gli piombarono addosso e lo serrarono in una morsa ferrea e vigorosa.
I guardiani inizialmente non mossero un dito, ignorando il motivo di quella situazione e di quel gesto e restarono basiti ad osservare i loro allievi che bloccavano a terra gli arti di Malefor ed esercitavano tutta la loro forza in qualcosa che andava contro loro stessi.
Non volevano attaccare il loro compagno, ma non avevano altro modo. Tutto accadde nell’arco di pochissimi istanti. Malefor non capiva, tutto ciò per lui non aveva senso. Se non si fosse sbrigato sarebbero saltati in aria.
Tentò inutilmente di divincolarsi, ma più pressione faceva più si sentiva schiacciato. Quella era la forza della convinzione dei suoi amici, più possente della sua.
“Andate via! Lasciatemi!”
Con un ennesimo scossone riuscì a liberare la testa, trovandosi di fronte il muso di Ignitus. Il suo migliore amico, che aveva anche rischiato di uccidere per errore, adesso voleva salvarlo.
“Mi dispiace Malefor, ma non ti posso lasciare, faresti una sciocchezza. Solaris ha ragione”
Con la coda dell’occhio vide avvicinarsi Glaider, con la stessa fermezza e determinazione che aveva scorto prima in Solaris.
“Io vado con lei”
Ignitus Annuì, mentre con le zampe anteriori continuava a trattenere Malefor.
“Si. Arrivederci amico”
Glaider gli diede un colpetto di coda sulla spalla come in seguito ad una delle loro zuffe, poi trottò verso Solaris e i loro compagni; nessuno che mostrasse un minimo segno di indecisione o ripensamento.
A dividerli dalla distruzione totale non vi erano che pochi secondi. Neiry spalancò le ali e corse verso il gruppo, finalmente conscia di ciò che avevano intenzione di attuare, ma un alone di energia incoronò il cristallo attorno a cui i giovani draghi si erano disposti e proruppe in un bagliore d'energia accecante che la respinse.
“No!”
Il grido di Malefor echeggiò lungo tutto il condotto magmatico, mentre Ignitus e gli altri vennero sbalzati via dal suo impeto di rabbia. Si lanciò verso la luce, ma Neiry lo afferrò al volo e deviò traiettoria, avendo compreso che non c’era più niente da fare per loro.
Un’esplosione.
Bianco, soltanto bianco. Poi nero, soltanto nero.
Il boato deflagrò l'esistenza tutt’attorno, l’aria s’incendiò e d’improvviso, come in seguito alla più cruenta delle tempeste, fu il silenzio.
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Ok. Si, si… bene. ho pubblicato. E per questa pubblicazione ringrazio tantissimo Owlfiction, perché francamente a causa di impegni e altro avevo mollato la storia, anzi avevo mollato EFP.
Son tornato con più foga che mai e voglio finire questa storia e provare ad avviare quello che dovrebbe essere il… no, niente spoiler.
Anche perché la cosa avverrà in un futuro. Prossimo, ma in un futuro XD
Dovrei chiarire però un paio di robette prima di pubblicare l’ultimo capitolo: per chi sta ancora seguendo la storia, vi sarete fatti un bel po’ di domande immagino, sul perché di tante cose. Allora diciamo che effettivamente la trama di TLOS ha molte lacune e troppi buchi neri, e colmarli tutti per me sarebbe disumano. (va beh… ma io sono un draghetto XD allora disdraghetto… *perdonatelo*)
In A New Beginning ci sono delle uova, ma i genitori di quelle uova quando mai si sono visti? Non credo i guardiani siano omosessuali. *cose furry brutte si formano nelle testoline bacate dei lettori* Malefor viene addestrato dai guardiani del suo tempo (alias Axius Neiry Ignitor e Siil) e di questi non si è mai saputo un caiser. Che ruolo hanno avuto dopo averlo rinchiuso nella convessità? Come ha organizzato eserciti e come ha corrotto Cinerea dalla convessità? Come ha appreso elementi ulteriori che nessun'altro (non si capisce perché) ha mai usato? Il vento non è elemento naturale? La geografia del mondo di TLOS è stata disegnata sulla carta igenica foxy? Kiril e Volter perché sono più giovani degli altri guardiani? Questo, e tantissimo altro, non è per nulla chiaro e di questi strane tesserine quà e là ne riparerò solo alcune, se notate qualche incoerenza lasciata al caso... anche dopo il prossimo capitolo, vi chiedo di farmelo notare in una recensione, please, perché quello che ho in mente di combinare dopo che sarà finito Un destino oscuro potrebbe aver bisogno della soluzione dei vostri dubbi.
Grazie ancora a tutti i miei fighissimi fooolllooouuuwweerrssss e al prossimo e… e… fermi: ultimo capitolo!
Ma quante volte l’avrò detta sta frase? Sono 1450 capitoli che dico che siamo infondo XD
 Sarà la volta buona? Mishtero... Sasuke

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Capitolo 16
*** ricorda... che ti vogliamo bene ***


RICORDA... CHE TI VOGLIAMO BENE



Le ali e la coda abbandonate, il corpo inerte. Solo la sua testa era perfettamente eretta, sicura, quasi imponente. Era uno strano contrasto quello tra il suo muso e il resto del corpo, sembrava parte di lui si fosse atrofizzata e quella restante ruggisse.
Sul torrente che scivolava placido davanti ai suoi occhi andavano man mano formandosi volute di luce zampillante, regalate dal riflesso del sole che si divertiva a giocare con la trasparenza dell’acqua. La sua immagine era mossa dallo scorrere dei piccoli flutti che distorcevano il suo riflesso, senza accennare a fermarsi.
Un tempo si era specchiato in quel modo in un lago dopo aver cacciato, e in sé aveva scoperto di poter trovare luci e ombre. Adesso era proprio come il torrente lo mostrava: senza forma, senza sostanza.
Cos’era rimasto? A cos’era servito tutto ciò? Perché? Perché lui era lì? Cosa aveva significato il suo cammino? A cos’era arrivato per aver creduto nell’amicizia?
Cosa gli restava? Batté una zampa sulla superficie trasparente e un basso ringhio si fece spazio dalla sua gola per risalire verso le sue zanne, le quali si mostrarono al mondo senza neanche lo volesse.
Richiuse le labbra  e si immerse nel liquido fresco,  bagnando quel poco del corpo che riusciva a far sprofondare. Anche standosene disteso le sue corna e le ali restavano all’esterno, ma gli bastò sentirsi inglobato per qualche istante, come se l’acqua potesse separarlo dalla realtà. il soffice suono del ruscello in movimento, quello degli uccelli che festeggiavano il mattino e quello della brezza che scompigliava le chiome degli alberi gli fu estraneo, o comunque ovattato.
Restò in quella strana posizione per un tempo che non era convinto di voler decifrare, più restava immerso più i suoi pensieri nella sua testa si distendevano. Gli sembrò di flettere la sua stessa mente e adagiarla su un tappeto di soffici petali neri, nel quale piacevolmente si lasciò affondare.
Perché quei petali erano neri? Perché erano così comodi? E perché non aveva alcuna voglia di alzarsi? Era troppo, davvero troppo confortevole. Non erano petali però, forse piume. O forse qualcos’altro, non aveva molta importanza, ma erano scure, molto scure. Se possibile, più scure del nero stesso, neanche i corvi potevano vantare un piumaggio così buio.
Ancora i suoni e le percezioni erano sommessi, attenuati dall’acqua che lo lasciò andare solo dopo qualche minuto.
Si rimise in piedi lentamente, senza scuotersi per scrollare via di dosso ciò che era rimasto del bagno. Quello che gli sembrava strano era che il canto degli uccelli, come la quiete della natura, continuavano ad apparirgli lontani come fosse ancora sommerso.
Un sogno forse? No, era realtà, solo realtà, cruda realtà. E quella coltre nera era frutto di un sogno? No, era la sua realtà.
Udì dei passi in avvicinamento alle proprie spalle. Non si voltò, non si mosse. Lasciò che Ignitus gli si avvicinasse fino a sfiorarlo quasi con il naso sul dorso.
“Posso parlarti?” Malefor non mosse un solo muscolo. Non batté le palpebre, non accennò una qualsivoglia risposta. “Per favore”
A quel punto il drago viola si voltò, meccanicamente, senza trasudare una sorta di emozione. L’altro trasalì nell’incrociare il suo sguardo: niente lo distingueva dal solito, ma nelle sue fauci e nei suoi occhi qualcosa di nuovo era comparso.
“Volevo dirti che…” Si bloccò. Non sapeva come proseguire, e a Malefor non interessava. “Non è stata colpa tua”
“Lo so” Quelle due semplici parole bastarono a scioccare Ignitus, che già conosceva il seguito. “La colpa è tua”
Il tono di voce di Malefor era alienato da qualunque tipo di sentimento, una melodia atona e pallida.
“Si. Ti concedo di punirmi come meglio credi”
Malefor distolse lo sguardo, tornando ad osservare l’acqua.
“Vattene Ignitus”
“Aspetta, n…”
“Vattene”
il drago del fuoco si lasciò andare ad un leggero sospiro, che troncò con un nuovo tentativo di dialogo. Questa volta però desistette nel trovarsi a pochi millimetri dal muso di Malefor, che aveva visibilmente abbandonato ogni forma di raziocinio.
“Credo che al prossimo avvertimento tu possa farti male”
“E allora così sia. Ma cosa pensi di risolvere? A cosa pensi che porti l’odio? Tutta questa violenza?”
Malefor indicò con un artiglio il suo stesso collo muscoloso.
“A questo”
Ignitus impiegò diversi secondi per metabolizzare la risposta.
“Non riesci a vedere niente oltre a te stesso quindi?”
Malefor annuì.
“No, niente”
“D’accordo”
Gli occhi del drago di fuoco si inumidirono, mentre dava le spalle all’amico e a passi pesanti si allontanava.
“Ignitus…” lo richiamò il drago viola.
Lui si voltò.
“Dimmi”
“Un giorno, lontano o vicino non lo so, me la pagherai”
Il cuore di Ignitus perse un battito, paralizzandolo sul posto. Riuscì tuttavia a formulare una risposta.
“Aspetterò”
Con quelle ultime parole se ne andò definitivamente, facendo sì che anche quell’ultima manciata di sabbia si sgretolasse e si disperdesse nel rombo del vento. Contemporaneamente si mosse anche il drago viola, iniziando a camminare verso quello che era rimasto del tempio, adesso in ricostruzione.
Erano già trascorse due notti da quando aveva rischiato di dover assistere alla distruzione del mondo, notti che avevano abbracciato ore di luce vuote, del tutto superflue. Non era neanche convinto di averle vissute, le ore di quel giorno.
Diverse creature stavano dando il loro contributo per rimettere in piedi l’imponente tempio degli elementi, specialmente talpe e scimmie, con cui molti draghi avevano avuto buoni rapporti.
“Mh, scimmie” Borbottò mentalmente Malefor, mentre procedeva.
Neiry era in alto, non molto distante, in volo con un blocco di pietra tra le zampe. La guardò adagiarlo al fianco di un’altra pila di lastre lapidee e continuò ad avanzare.
Muoveva un arto dopo l’altro, ogni passo lo specchio del precedente. La dragonessa si voltò non appena le fu vicino.
“Chi sei?” Gli chiese. Nessuna risposta. Nessun gesto. “Allora?”
“Ho capito, puoi smetterla” sbuffò lui.
“Cosa intendi? Io non ti conosco”
“Mi manda tuo figlio”
Neiry poggiò le zampe anteriori sulla lastra alla sua sinistra, spingendone indietro un’altra con la coda.
“Ah si? Per che cosa”
“Per dirti che se n’è andato”
“Immaginavo. Ti ha detto se tornerà?” chiese Neiry con sguardo risoluto.
“Mi ha detto che non lo farà”
Lei alzò gli occhi al cielo.
“Mi dispiace, tanto. Sai ho cercato in ogni modo di aiutarlo, ma ho fallito. Certo non potevo prevedere cosa sarebbe successo, ma ho agito troppo tardi. Condividevo la sua scelta”
“Infatti. Ti ringrazio a nome suo per questo” Rispose il drago viola.
Neiry replicò sorridendo.
“Anch’io lo ringrazio”
“Sì”
Concluso il dialogo, Malefor  si allontanò, senza mai più voltarsi. L’ultima cosa che udì fu un mormorio sbucare dalle labbra di Neiry.
Non capì ciò che disse, ma non se ne curò e continuò a camminare. Si accasciò ai piedi di un albero lontano dal tempio, molto lontano, per rimediare a quelle notti insonne con qualche ora di riposo, il suo corpo ne aveva bisogno. Non gli ci volle molto prima di inabissarsi  Nel sonno.
Suoni confusi e serpeggianti si addensarono in un agglomerato di disegni sfocati, ricordandogli alcune verità che non aveva ancora sepolto.
“Non è colpa tua, loro hanno scelto di proteggere il mondo, di proteggere te. Perché ti volevano bene. I tuoi compagni hanno dato se stessi in cambio della pace, come avresti fatto tu. Nessuno è stato in grado di fermarli, nessuno poteva prevedere che la loro bontà avrebbe prevalso su ogni altra cosa. Non è colpa tua… o forse si. Lo è. Infondo se non ci fossi stato tu non si sarebbe potuti arrivare ad un tale pericolo.
Beh… ma non sei tu che hai voluto questo. Nel guscio del tuo uovo non hai pregato l’Aedo affinché ti donasse un corpo praticamente invincibile, una forza insormontabile ed un oscuro destino.
Ma avresti potuto cambiare questo destino, È colpa tua se hai fallito. Ognuno può scegliere quale strada percorrere.
Ma infatti tu hai scelto! Si, hai scelto”
Slittò ancora più in basso nel sonno. Più precisamente si inabissò in una stanza luminosa, luogo che aveva già visitato. Ad attenderlo trovò le stesse creature che aveva lasciato lì l’ultima volta, una accanto all’altra.
Un draghetto viola ancora giovane, allegro, senza un briciolo d’ombra a tormentarlo nel cuore.
Un drago dalle squame più scure, con gli artigli scarlatti e lo sguardo vagabondo nell’oblio.
E lui sapeva dove dirigersi. Il cucciolo dall'espressione innocente gli sorrise un’ultima volta, per poi scomparire a grandi balzi nella luce perpetua di quel mondo infinito.
Adesso anche l’altro drago, per la prima volta, sogghignava. E lo invitava ad avvicinarsi.
Lo incitava, senza segni o movimenti particolari. Semplicemente lo incitava.
E lui accettò l’invito.
 

 
Era forte… era invincibile. Era un drago viola, un drago leggendario.
Le sue squame testimoniavano quello smisurato potere, e anni di esperienza avevano accentuato notevolmente le sue capacità. Ciò nonostante era stato sconfitto, e adesso si ritrovava rinchiuso nella dimensione della convessità. Era stato un suo palese momento di debolezza ad averlo sconfitto e non la forza dei guardiani. Venuti a conoscenza della sua immortalità erano stati costretti ad imprigionarlo, non avendo altro modo per annientarlo.
Quel suo piccolo atto di debolezza, tuttavia, non se lo sarebbe mai perdonato. quanto era stato sciocco, aveva pensato di poter dimenticare  di aver avuto un cuore. Un’anima, dei sentimenti. Non poteva scordare di aver amato e di esser stato amato. Non poteva dimenticare, per questo gli artigli di Neiry erano riusciti a ferirlo durante la battaglia, quella battaglia in cui aveva visto la dragonessa dare tutta se stessa per proteggere il loro mondo dalla sua furia incontenibile. Non era stato un errore a permetterle di penetrare la sua invulnerabilità. Non si era distratto, no. Si era lasciato colpire.
Così il suo sogno di vendetta sarebbe dovuto essere rimandato, ma non gli importava. Avrebbe avuto più tempo per organizzare la sua vendetta; vendetta verso tutto e tutti. Vendetta verso l’odio stesso. Tutto doveva scomparire, non v’era bisogno di quelle spirali d’odio e violenza che avevano portato il mondo ad essere ciò che era: un precario sputo di terra in cui il minimo accenno di battaglia poteva mutare in vera e propria guerra.
Lui avrebbe ripristinato l’ordine primordiale, avrebbe riportato tutto alla sua purezza. Ne aveva la forza, lui era un drago viola; ma prima della creazione sarebbe dovuta avvenire la distruzione.
Forse anche Flarendor lo pensava, forse anche Siil. Forse solo ora comprendeva il suo gesto.
E adesso doveva attendere. Intrappolato nel vuoto della convessità non poteva far altro che aspettare, l’Anno del drago sarebbe giunto. Aveva bisogno di un cucciolo nato nell'Anno del drago per ritrovare la libertà.
“Mh, scimmie”
Erano bravi lavoratori, avrebbero lavorato anche per lui. Lui, il Maestro delle ombre.
Un candido lampo abbagliò la sua vista, riportando alla sua mente deteriorata pochi secondi di luce fioca, destinata a perdersi nel nulla come filamenti di ragnatela appesi all’ossigeno nell’aria:
“Infatti. Ti ringrazio a nome suo per questo”
“Anch’io lo ringrazio”
“Sì”
Concluso il dialogo, Malefor  si allontanò, senza mai più voltarsi. L’ultima cosa che udì fu un mormorio sbucare dalle labbra di Neiry.
Questa volta però capì ciò che disse, distintamente, come se glielo avesse sussurrato nelle orecchie.
“Ricorda… che ti vogliamo bene”
 

 
“Io sono immortale!”
Una profonda risata cavernosa proruppe dalle sue fauci. Spyro e Cinerea si trovavano di fronte a lui, ormai agli sgoccioli. La battaglia era stata dura, i due giovani draghi avevano dimostrato una tenacia ammirevole. Ma era giunto il momento di porre fine a quello scontro che si protraeva da anni.
Il distruttore aveva completato il suo viaggio. Il cuore del mondo era pronto ad esplodere. C’era del tormento in quella sua folle malvagità. Avvenne però qualcosa che non si sarebbe mai potuto aspettare, Gli spiriti di cinque draghi emersero dal grande cristallo e lo trascinarono al suo interno
“Nooo!” Urlò, mentre scompariva alla vista dei due cuccioli.
Si sentì risucchiare da quel potere troppo grande anche per lui, il Maestro delle ombre. Dovette cedere, non poteva combatterlo. Era la forza di un grande desiderio, di un fulgido sentimento.
Nella sua testa delle voci parlarono.
“Adesso basta, è finita”
Era passato molto tempo, ma non poteva dimenticare il profondo rombo della voce di Ignitor.
“Abbandona l’odio. Come quello che ho provato per te, anche quello che hai provato per il mondo”
Anche Axius non l’aveva dimenticato. Fu proprio il guardiano del ghiaccio il primo ad essere davvero sincero con lui.
Continuava a a sentirsi sempre più oppresso dalla pressione del cristallo.
"Malefor"
Flarendor. Non poteva crederci, non accettava di essere trascinato nell'oblio proprio da lui, lui che l'aveva portato alle tenebre, che aveva forgiato le sue robuste squame con il suo fuoco inceneritore. Come poteva accettarlo?
“Ho commesso un grave errore. So che è colpa mia se sei qui, ma ti impedirò di fare il mio stesso sbaglio”
Si aspettava ormai qualunque cosa, ma non quella frase dalla voce di Siil. Maledetto, non l’avrebbe mai perdonato. Ma che motivo aveva di non perdonarlo a quel punto? Che motivo aveva di non perdonare lui e Flarendor? Ormai era finita.
Adesso non mancava altro che l’arrivo di un’ultima voce, La sua voce.
Ne aveva bisogno. Era finita, il suo sogno era infranto, ma voleva udirla un’ultima volta.
“Ricorda… che ti vogliamo bene”
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Siiiiiii! Cioè noooooo! Ma siiiiii! Anche se noooooooooooo!
Va beh… ce l’ho fatta, ho concluso Un destino oscuro! Sono tanto felice quanto dispiaciuto, mi ero affezionato a questa storia uffaaaa *piange* non è durata molto, ma dilungarsi sarebbe stato inutile e controproducente.
Forse nessuno si aspettava un capitolo finale come questo, forse vi ho un po’ delusi, ma tra le mille maniere per finire questa mi sembrava quella più coerente possibile con la trama di The Legend Of Spyro.
Che dire? Ringrazio infinitamente Owlfiction per le sue stupende recensioni e white_chaos_dragon che è comparso solo di recente ma ha letto tutta la storia. Grazie mille ragazzi!
Ringrazio la mia fantastica Charlie con le sue recensioni chilometriche e gli altri che hanno   recensito, seguito o anche solo letto silenziosamente.
Se ci sono dubbi, perplessità, momenti che non vi sono piaciuti o altro ditemelo senza alcun problema. E via con le critiche a tutto spiano!
Vi lascio, nella speranza che la conclusione vi sia piaciuta.
Grazie ancora e… alla prossima! Ah giusto, il prossimo sarà l’ultimo capitolo eh? Weee non posso più dirlo.
O forse si? Sasuke

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