Sound of the drums

di TimeStrangerRey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Avviso. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il più pazzo tra i due chi è?


La nostra storia ha avuto inizio quando la vita stava per finire. Quando la notte stava per cancellare l'esistenza del giorno, lui mi ha detto "Amami. Odiami. Salvami. "

 

«GERONIMO!!!»
Il grido euforico e terrorizzato di una ragazza squarciava il silenzio di quei corridoi tetri. Girò da una parte, svoltò da un'altra per scappare da quelle creature, cosa che la eccitava e la spaventava allo stesso tempo; ma trovare quella forma di vita che l'aiutava in qualunque momento era un sogno che la ragazza dovette sopprimere.

Cercò il suo Signore del tempo dappertutto per svariati minuti, con loro che le stavano alle calcagna.
«Dottore!»
Aprendo l'enorme porta della sala da ballo – che in precedenza ospitava numerosi nobili e aristocratici dell'epoca vittoriana –, la ragazza trovò il suo Signore del tempo maneggiare, con l'uso del suo inseparabile cacciavite sonico, uno strano marchingegno dalla forma assai buffa.
Subito dopo, appena vide la ragazza, l'uomo le si avvicinò regalandole un buffetto sul naso, vedendo delle lacrime al bordo dei suoi occhi nonostante gli stesse sorridendo con un'espressione sollevata. La ragazza stava per ricambiare il gesto, quando venne bruscamente interrotta dai Dalek, robot senza cuore, capaci di uccidere senza provare alcun rimorso.
«Dottore! Sono qui!»
Non si fece chiamare una terza volta; afferrò il polso della ragazza e uscirono dal salone ad una velocità che sfidava le leggi della fisica. La paura era tanta, ma l'adrenalina era alle stelle.
I due avevano un odio profondo per queste creature e si sarebbero vendicati sia per tutto quello che avevano fatto sia per tutto il dolore che avevano portato.
La ragazza, mentre correva mano nella mano con il Dottore, continuava ad ammirare quelle due spalle capaci di sorreggere il dolore non solo suo e la responsabilità altrui, oltre alla conoscenza di ogni cosa. La stessa conoscenza che se l'avesse avuta un essere umano l'avrebbe, invece, ucciso.
Il Dottore: descriverlo era una cosa impossibile e forse, proprio la parola impossibile lo rappresentava alla perfezione. I suoi capelli color cioccolato erano sistemati da un lato della fronte e sia il suo aspetto che la sua altezza erano come quelli di un uomo ventenne, sebbene avesse quasi duemila anni! Le sue mani, quando intrecciavano le sue, trasmettevano sicurezza, oltrepassato il fatto che erano morbide, e i suoi bellissimi occhi bruni erano un mondo nel quale la ragazza s'imbatteva sempre e ne rimaneva abbagliata. Infine il papillon rosso, sistemato al collo, gli dava l'aria di un detective sveglio e intelligente.
Dal canto suo, il Dottore aveva più di un valido motivo per proteggere quella giovane: una maggiorenne pazza (forse più di lui), intelligente, occhi cerulei che avrebbero incantato anche la persona più spregevole di tutto l'universo, folta chioma color dell'ambra, riccia, indomata e un fisico molto atletico e umana. Un'umana. Si era innamorato di un' incantevole umana che non sospettava nulla di nulla e la sua ingenuità lo faceva impazzire. Inoltre, l'unica cosa sicura per lui era che con lei rischiava di dover essere rinchiuso in un centro per psicopatici, luogo dove finivano tutti quegli umani schizzati male, con i quali trattenere una conversazione era da evitare se si voleva avere integra la propria sanità mentale.
«Celeste ti fidi di me?»
La ragazza posò i suoi occhi cerulei su quelli bruni del Dottore, strinse più forte la sua mano e sfoggiò uno dei suoi sicuri sorrisi.
«Mai succederà il contrario!»
Il Dottore sorrise soddisfatto dalla risposta della sua amata giovane pazza e subito si scagliarono contro la finestra del corridoio cieco, cadendo nell'immenso vuoto che si stagliava sotto i loro piedi.
«GERONIMO!!!»
La loro parola. Il loro grido.
L'oblio che li avvolgeva non sapeva come fermarli né tanto meno i Dalek, che non trovandoli, li diedero per morti poiché, essendo saltati giù dal quinto piano, avevano ritenuto che non potessero essere sopravvissuti. Questo, però, era solo un pensiero calcolatore di una macchina che non contava né gli imprevisti né la fortuna che poteva girare dalla parte degli umani.

***


SPLASH!

«Comodo avere la piscina nel TARDIS!» esclamò entusiasta Celeste mentre si asciugava i capelli con l'asciugamano, facendo attenzione a non schizzare l'acqua verso i libri.
«Brava la mia principessa!» disse il Dottore tutto brillo per poi stampare un bel bacio nella guancia della ragazza con nonchalance.
«Se sei folle, ne ho avuto ora la conferma!» fece notare la miele maliziosa.
«Ora lo scopri? Da otto mesi che viaggi con me, ora me lo dici?» fece notare il Dottore ancora con l'adrenalina in circolo.
La ragazza finì di inserire le coordinate e subito il TARDIS li portò alla meta che entrambi conoscevano benissimo. Tra le stelle, mentre la piccola-grande cabina del tempo viaggiava nello spazio e nel tempo per portarli a destinazione, un pericolo imminente si agganciò al TARDIS seguendo i due viaggiatori fino a quando quel veicolo non si fosse fermato.


 

***angolodellautricechehaappenafinitodiscrivereuncrossoverchesicuramentenonpiaceràanessuno***

Ciaooo! Lo so che ho un'altra storia in corso, ma questa "cosa" si è fatta strada nella mia mente e io l'ho scritta... (u.u)
Lo so che fa schifo, quindi non vi biasimo se non recensirete ^^°

Al pazzo che potrebbe essere piaciuto questo prologo dico che: primo, ti ringrazio infinitamente! <3 Secondo, nel primo capitolo ci sarà da divertirsi! xD
Le coppie di questa crossover le scriverò nel prossimo capitolo ;)
Ci vediamo al mio prossimo aggiornamento!

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Un ricatto amaro e un incontro dolce.


Al termine del breve viaggio spazio-temporale, la cabina si materializzò nel giardino di un enorme edificio.
«Dottore perché all'ultimo minuto hai cambiato destinazione?» chiese Celeste, perplessa dall'azione del suo pazzo Signore del tempo.
Il Dottore non disse niente per un paio di minuti.
«Esci!»
La ragazza rimase come trafitta da quel comando. No, non aveva l'aria arrabbiata, ma... divertita? Quel sorriso stampato sul volto dell'uomo non prometteva niente di buono.
"Ho il bruttissimo presentimento che quando aprirò la porta del TARDIS... Orribile!". Aprì la porta della cabina blu e ciò che aveva davanti era tutt'altro che uno spettacolo mozzafiato.
«Una... scuola?» balbettò la miele indicando quell'enorme edificio colorato. L'uomo le si avvicinò e appoggiò una mano sulla sua spalla.
«Celeste è vero che hai diciotto anni, ma tu devi ancora finire gli studi!» disse il Dottore assumendo il ruolo di genitore 'affidabile'.
«Dottore... Io...» Questa volta era stata fregata. "Ma perché? Io sono allergica alla scuola!".
La ragazza deglutì. Ciò che aveva davanti doveva essere o un brutto sogno o uno scherzo di cattivo gusto. Cercò di trovare una scusa e pochi minuti dopo le si accese una lampadina.
«Senti Dottore: io soffro di scuolite!» Il Dottore la guardò accigliato.
«Non ne ho mai sentito parlare! Celeste non trovare scuse!» fece l'uomo cercando di restare calmo.
«Guarda che la scuolite è altamente contagiosa, sai! È un'allergia che, in seguito, diventa un'infezione dovuta alla vista della scuola e alla sua assidua frequenza!» spiegò la ragazza convinta delle sue parole. Per poco il Dottore non cadde, ma si mise una mano sul viso e disse: «Ci devi andare, punto!»
«Da quando sei il mio genitore?» chiese la ragazza una volta arresa dalla fermezza dell'uomo.
Intanto si stava avvicinando un uomo dall'età molto avanzata. Infatti, a reggere questa teoria era la folta barba bianca dell'uomo, capelli dello stesso colore raccolti in un piccolo codino e dei folti baffi sempre dello stesso colore. L'uomo aveva una cicatrice sull'occhio sinistro (anche se portava degli occhialetti tondi e scuri, non era un problema scorgerla) e in testa portava una bandana viola come la giacca che indossava in quel momento. Si chiamava Seymour Hillman e li accolse calorosamente. Del resto, Celeste era in buoni rapporti con quell'uomo: moderato, pacato, non si scomponeva mai e sapeva sempre cosa fare. Aveva un forte senso della giustizia e un grande rispetto per il calcio, infatti in passato era stato il portiere della leggendaria Inazuma Eleven.
«Signor Smith! Piacere di conoscerla!» fece l'uomo, mentre stringeva la mano del Dottore.
«Da ora!» rispose a Celeste il Dottore. «Piacere mio!» aggiunse sorridendo.
La ragazza sbiancò. Non ci voleva andare, a qualsiasi costo avrebbe convinto il suo signore del tempo a non rinchiuderla in una scuola, sarebbe arrivata a fare i capricci come una bambina viziata che voleva a qualunque costo le caramelle pur di non andarci. Nessuno, neanche lui, l'avrebbe convinta a rimettere piede a scuola!
«Oh» sospiró l'uomo «Da quanto che non ci si vede Celeste!»
La ragazza non disse nulla. Non che quell'uomo gli stesse antipatico, anzi, ma era il preside della scuola, il signor Raimon, che non gli andava a genio.
«Cos'hai fatto durante questi otto mesi?» chiese l'uomo con un sorriso dolce stampato su quel viso segnato dall'età, ma con nessun segno di volerla sfottere. Come glielo diceva che non aveva fatto un bel niente in tutto quel tempo? Cioè, oltre a correre e a combattere contro ogni tipo di alieno, lei non si era mai sognata di sfiorare i libri!
«Stia tranquillo, la mia media del dieci non è stata intaccata!» fece la ragazza sorridendo fieramente e stringendo un pugno, portandoselo, poi, al petto. "Almeno lo spero...", pensò poi la miele.
«Oggi è il tuo primo giorno di scuola, dai vieni! Sono sicuro che tutti saranno felice di rivederti!» esclamò l'uomo emozionato come se fosse lui ad essere nei panni della ragazza. A quella frase, il mondo cadde sulle spalle della ragazza. Il rapporto che c'era tra lei e quella 'cosa' chiamata scuola, era lo stesso della sua voglia di entrare in quella sottospecie di prigione segreta agli occhi altrui.

«No! Non voglio!» sbuffò la ragazza sbattendo il piede a terra.
Il signor Hillman rimase basito e il Dottore cercò di contare fino a dieci, ma siccome non ci riusciva, cercò di ricordarsi il motivo per cui si era innamorato di lei. "Ah si, ecco perché! Perché è pazza!", si disse tra sé e sé il Signore del tempo. (NdA: Dottore una più normale? Dottore: l'autrice di questa "cosa" sei tu! *la esamina con il cacciavite per vedere quale sia il suo problema*)

«Signor Hillman, ci può concedere un paio di minuti? Celeste è solo emozionata!» disse il Dottore cercando di sembrare convincente agli occhi dell'uomo.
«Certamente! Vi aspetto all'entrata dell'istituto»
Non appena l'uomo fu abbastanza lontano, il Dottore gettò a terra la sua maschera. L'amava, sì, ma proprio per questo doveva reinserirla a scuola: ne andava di mezzo il suo futuro! Inoltre era un modo come un altro per proteggerla: il mondo là fuori era pericoloso ed era meglio che la sua Celeste non lo frequentasse molto. Almeno, non per il momento.

«Celeste, se non frequenterai la scuola non ti porterò più via con me! Capito?»
"Cosa? Mi-ha.. ricattato?". Non poteva essere vero. Celeste non riusciva a metabolizzare quel periodo così assurdo. "Se non frequenterò la scuola, cosa?". La ragazza spalancò gli occhi: si trattava di un ricatto amaro; un ricatto che pensò di accettare: non viaggiare con il Dottore era una cosa impensabile! Celeste, dopo aver vacillato sul da farsi, si arrese e accettò, di malgrado, di riprendere gli studi. A patto concluso, i due viaggiatori si diressero all'entrata del liceo Raimon High, dove li attendeva il signor Hillman.
«In che aula sono Seymour?» chiese con nonchalance la miele.
«Celeste!» canzonò il Dottore.
«Oh, stia tranquillo signor Smith! Sua figlia è davvero un tipo simpatico!» lo rincuorò il signor Hillman, divertito per l'imbarazzo dell'uomo. «Celeste, la 3°A (NdA: ho mantenuto l'apparato dell'istruzione giapponese, perciò nel terzo anno di liceo i nostri protagonisti hanno 18 anni [u.u]) si trova in fondo al corridoio del secondo piano» finì poi l'uomo.

La ragazza afferrò la borsa con i libri, tirata fuori dal nulla, dalle mani del suo 'genitore affidabile' e si diresse in classe. Mentre saliva le scale per dirigersi nel luogo indicatole da Seymour, la campanella suonò a gran voce procurando, così, l'aumento della tensione nella miele. Una volta arrivata, aprì la porta dell'aula con la conseguenza di avere tutti gli occhi puntati a sé.
"Questa volta, caro il mio Dottore, te la farò pagare molto cara!".
«Celeste!»
Ad attirare la sua attenzione fu un ragazzo dalla cresta bionda e dagli occhi, stranamente, scuri. Si chiamava Odd Della Robbia e si trattava del suo migliore amico fin dai tempi dell'asilo. Estroverso, sognatore, fantasioso, burlone, casinista, comprensivo ed energico. Come potevano non diventare migliori amici?
«Odd!»
Almeno era in classe con il suo migliore amico, perciò placò la sua sete di vendetta. Gli sorrise e mimò un saluto.

«Oh, vedo che siete capitati nella stessa classe!» Questa volta a parlare fu...
«Non è possibile!» gridò la ragazza amareggiata da chi pronunciò quelle parole «Signor Raimon, lei che ci fa qui?» finì con tono stizzito e, nel contempo, stupito.
«Io sarò il tuo insegnante di italiano.» fece l'uomo tranquillo, ma col chiaro segno di provocarla. A quella risposta, Celeste divenne bianca come un cencio.
"Oh cazzo!", si maledì.
«Signorina Smith, quest'anno veda di non fare alcuna rissa! Capito?» dichiarò l'uomo con tono arrogante. Sarebbe stato un anno davvero memorabile.

«Proverò.. Non le assicuro niente!» rispose la ragazza facendo le spallucce «Dove mi devo sedere?» chiese in seguito con un sospiro seccato.
«Affianco a Suzuno.»
«E chi sarebbe costui?» chiese la ragazza alzando un sopracciglio in chiaro segno di essere seccata.
In fondo all'aula, un ragazzo dai capelli cerulei e occhi di ghiaccio si alzò e fissò la ragazza dritto nelle sue iridi.
«Sono io.» disse con tono freddo per poi risedersi.
"Bel peperino il ragazzo!". La ragazza sospirò e si diresse nel suo nuovo banco. Appena ne fu davanti gettò la borsa bruscamente e si sedette, incrociando sia le braccia che le gambe e guardò avanti a sé. Si sentii osservata da tutti i fronti e poco dopo scoprì di essere circondata da soli maschi. Lei era vicino a Suzuno, il quale era seduto vicino alla finestra, due ragazzi erano davanti a lei e un altro era alla sua destra.

«Ora Celeste vedi di presentarti!» 'chiese' il signor Raimon. La ragazza, obbligata dal ricatto fatto dal Dottore, cercò di mantenere la calma, quindi, indugiando un po', si alzò e provò a presentarsi alla classe.
«Si può sapere cosa dovrei dire?» fece la ragazza arrossendo un po' per l'imbarazzo, ma tenendo il suo tono acido.
«Come ti chiami, dove abiti, i tuoi hobby... Su forza non dovrebbe essere così difficile; difficile è uscire integri in una rissa: uno contro tutti.» si spiegò l'uomo ironizzando sull' ultima parte e mostrando un sorriso alquanto falso. La ragazza fremeva per assestargli un pugno in faccia. Respirò e poi iniziò la sua presentazione .
«Mi chiamo Celeste Smith e vivo a casa di mio... Padre», "Spero che se la bevano il fatto che il Dottore sia mio padre", si disse la ragazza.
«I miei hobby? Dopo il calcio, leggere e ascoltare musica, di sicuro è fare a botte» fece la miele assumendo un tono altezzoso. «E ora che mi sono presentata si dimentichi della mia presenza.» disse Celeste rivolgendo all'insegnante uno sguardo glaciale.
La ragazza si risedette e sentì che il ragazzo davanti a lei sussurrò al suo compagno di banco un 'caspita che caratterino. É una grande, nessuno ha mai sfidato il preside apertamente!'
Celeste si sentì sollevata. Forse avrebbe potuto avere un amico in più. Il ragazzo in questione aveva capelli di un bel rosso acceso con un groviglio di ciuffi nei paraggi della frangia che formava un tulipano.

"Chissà se lo posso annaffiare quel tulipano?", disse fra sé e sé Celeste guardando insistentemente quei ciuffi. Poi, senza farsi beccare, Celeste studiò il suo compagno di banco: oltre all'insolito colore dei capelli, che non era male, e agli occhi glaciali, aveva la pelle nivea e portava un buon profumo.
"Secondo me, passa ore ed ore solo a prepararsi", rifletté la miele. Tornò a guardare davanti a sé e percepì due occhi che la stavano fissando insistentemente.
«Ehi, Celeste!»
Si voltò alla ricerca della voce che la chiamò e s'illuminò non appena vide a chi apparteneva: Ulrich Stern.
«Non ci credo! Ulrich ci sei anche tu!?» bisbigliò la ragazza al ragazzo seduto nella penultima fila alla sua sinistra. Ulrich era un ragazzo dai capelli color cioccolato disposti tutti da un lato, dello stesso colore erano gli occhi e la pelle era poco abbronzata. Aveva, inoltre, un grande successo con la figlia del preside del collegio Kadic, Sissi.
«Chi pensavi che fosse?» chiese come se fosse realmente ferito.
«Ehi, tu! Almeno fingi che la lezione ti interessi! C'è qualcuno che vorrebbe ascoltare.» Fredde e taglienti furono le parole uscite dalle labbra di Suzuno Fuusuke.
«Ehi, polaretto! Se continui ad essere così freddo, rischierai l'ipotermia!»
Celeste guardò stizza il suo nuovo compagno di banco. "Non posso stare muta per due ore di fila!".
La ragazza si guardò attorno: stare attenta alla lezione era una cosa impensabile, soprattutto perché colui che parlava era l'insegnante che meno le andava a genio. Sentì il suo stomaco brontolare e cercò di chiamare Odd senza farsi sgammare dal signor Raimon. "Diamine!".
Poco dopo, nella mente della ragazza s'accese una lampadina. Tirò fuori dall'astuccio la sua biro verde, la smontò e fece una pallina di carta strappandone un pezzo da un angolo del suo quaderno per poi infilarla dentro alla biro. Prese accuratamente la mira sotto gli occhi interrogativi del suo compagno di banco e soffiò, centrando il collo del suo migliore amico.
«Ahi!»
Il biondo si massaggiò il punto colpito e si girò per vedere il colpevole di quell'attentato. Era stata Celeste. Odd la guardò dubbioso e inarcò un sopracciglio in chiaro segno di voler una risposta.
«Ho fame!» fece Celeste. Odd non seppe se doverla insultare o scoppiare a ridere, in ogni caso decise di soddisfare il suo capriccio: se non l'avesse fatto, sarebbe scoppiato il finimondo.
«Scusi professore posso andare in bagno?»
Non appena gli fu dato il permesso, sgattaiolò fuori per dirigersi a prendere qualche stuzzichino alle macchinette, ma mentre stava tornando in classe, suonò la campanella della pausa pranzo.
"Mi ha fatto comprare questi dolcetti per niente!" Il ragazzo cadde in depressione.
In un battibaleno i corridoi brulicarono di studenti e Celeste rimase seduta al suo posto.
«Celeste non vieni?»
«Ulrich... e Odd? Scusa, ma non lo aspettiamo?»
I due si scambiarono un'occhiata e poi nel loro volto si fece strada un sorriso come quello di chi sta per combinare una marachella. I due scoppiarono in una risata genuina.

«Senti: Jeremy, Aelita e Yumi?» fece la ragazza mentre si asciugava le lacrime al bordo degli occhi.
«Ops... Ci dispiace Odd, ma Celeste è stata trascinata a forza da Yumi.» rispose Ulrich nel suo ghigno che smontava la sua aria da duro. I due non fecero a tempo di uscire dall'aula che la miele finì a terra dall'abbraccio di una ragazza dai capelli neri che le arrivavano alle spalle.
«Celeste! Finalmente!»
«Y-Yumi.. mi stai schiacciando!» cercò di far presente la miele. La ragazza arrossì, si ricompose e attese che l'amica facesse altrettanto.
Yumi Ishiyama, ragazza generosa, leale e brillante, nonché brava nelle arti marziali, eccellente nelle materie letterarie ed educata con valori tradizionali giapponesi. Sportiva ed abbastanza altera e spesso sarcastica; aveva un fratello minore, Hiroki, e vestiva sempre di scuro. I suoi due difetti, secondo la miele, erano la testardaggine e l'intransigenza. Comunque Celeste l'avrebbe adorata chiunque fosse stata.

«Ehila Celeste!»
A parlare, questa volta, fu Jeremy Belpois, un ragazzo timido, ma il più dotato di tutta la scuola. Odd e Celeste, per questa ragione, l'avevano soprannominato 'Einstein'. La ragazza al suo fianco e che gli teneva la mano era Aelita Schaffer, capelli a caschetto rosa e maga al mixer, la sua fidanzata.
«Oggi fate quattro anni che state insieme, eh?» scherzò Celeste.
I due arrossirono come non mai, forse ad essere timido non era solo Jeremy.
«Insomma! Sono otto mesi che non ti vediamo e tu ci chiedi questo?» Ora Aelita era diventata tutta paonazza.
«Su non ti scaldare! Lo sai che sono felice di rivedervi, soprattutto dopo...» ma s'interruppe sapendo che in classe c'era un 'polaretto' vigile.
Si guardarono tutti e cinque per un po', finché non fece il suo ritorno Odd, con mezzo supermercato tra le mani.
«Celeste e Odd...» fece Ulrich con un espressione a dir poco esterrefatta «Avete per caso preso l'appetito dei Sayan?»
Ma ormai, i due stavano già mangiando seduti nel posto di Odd e smisero di sentire le voci di tutti nel momento in cui lo stomaco veniva riempito.
"É mai possibile?". Ulrich ci mise una pietra sopra, invece gli altri tre membri di questo gruppo si erano già abituati a vedere i due biondi che, mangiando, erano in sincronia nei movimenti.
«Ragazzi che ci fate qui?» chiese il signor Hillman quando entrò in classe «Come mai non siete andati a casa?»
«Scusi come?» fece Celeste una volta ingoiato il boccone.
«Oggi finivate a mezzogiorno.» confermò l'uomo.
I ragazzi all'interno della classe rimasero inizialmente perplessi, poi, con una velocità pari a quella della luce, felici tornarono a casa. Celeste salutò i suoi amici al cancello dell'istituto, poiché abitava da tutt'altra parte, e si diresse a casa. La scena che gli si presentò davanti per poco non la pietrificò.
«Tu che ci fai qui polaretto?» chiese sorpresa.
«Mpf! Io qui ci abito» rispose Suzuno con il suo solito tono glaciale. «E non chiamarmi polaretto!» Con questo, scomparve una volta varcata la soglia di casa sua. La ragazza, ancora scioccata aprì la porta di casa sua, vi entrò e subito si gettò sul divano.
Aveva sul serio il Polo Nord come vicino di casa? No, non poteva sopportare l'idea di doverlo vedere tutte le mattine, tutti pomeriggi e tutte quelle volte in cui uno dei due avrebbe voluto uscire.
«Dottore!» gridò per farsi sentire dal suo amico dello spazio.
Domani no che non sarebbe andata a scuola! La vita normale per lei era viaggiare con il Dottore, invece la sua nuova vita nel mondo della scuola era un vero e proprio supplizio! Ma ecco che per non andare a scuola, la sua mente progettò un piccolo sotterfugio...



***angolodellautricepazzoide***

Buona sera a tutti e a tutte ;)
Se questa è l'ora di pubblicare? Mi scuso tantissimo!! Ma Alis lo voleva e io gliel'ho promesso! Innanzitutto, ringrazio Phoenix per aver messo la mia storia tra quelle da seguire ^^ grazie mille
Inoltre ringrazio sia lei che Alis per aver recensito <3 Questo capitolo è per voi ;) E ringrazio sempre tutti coloro che perdono un po' del loro tempo a leggere questa storia! Grazie :D

Beh che dire... spero vi piaccia perché ci ho messo più di una settimana a scriverlo (x.x) Ahah. Il prossimo sarà sotto il POV di Suzuno, chissà perché...? La questione della cerbottana... io e i miei migliori amici, per aiutarci nelle verifiche, la usavamo proprio per attirare l'attenzione su di sé. Se ancora ripenso a tutte quelle palline sul collo...
Ora vi saluto, buona lettura e buona notte xD

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Una vicina misteriosa e due bambini viziati.


Suzuno POV.

Sentii il grido di quella ragazza. Aveva una voce davvero potente perché riuscii a sentire ciò che stava gridando: Dottore.
Se aveva bisogno di un medico poteva chiamarlo (e col chiamarlo, di certo non in questo modo) infondo era semplice: doveva solamente digitare il numero nella tastiera del cellulare e attendere la risposta. Sospirai dalla stupidità della mia vicina. Mi sdraiai sul divano e poco prima di accendere il televisore, sentii un rumore strano proveniente dall'appartamento di Celeste e subito dopo la voce di un uomo. Seccato di dovermi alzare nuovamente, mi avvicinai alla porta finestra del soggiorno, che in precedenza avevo aperto, per chiuderla, dal momento che se volevo pace dovevo fare così.

"Si può sapere perché deve fare tutto questo casino anche a casa!".
Una volta chiusa la porta finestra, andai in cucina a prendermi qualche snack e ritornai comodamente sul divano. Accesi la TV e poco prima di cambiare canale, la presentatrice del TG fece un'affermazione che mi spiazzò: "... Il presidente della Capsule Corporation ha dichiarato di non veder l'ora di poter rivedere la ragazza dai lunghi capelli color miele..." Mi fermai alla descrizione dei capelli della ragazza. Erano esattamente come quelli di Celeste. Coincidenze? E poi per quale motivo il presidente della Capsule Corporation non vedeva l'ora di rivedere questa ragazza? Davvero la gente aveva tutto questo tempo libero?
Rimasi impassibile, infine, seccato, decisi che era il momento di fare i compiti. Aprii i libri e fare gli esercizi assegnati, per me fu un gioco da ragazzi: in meno di un' oretta li terminai tutti.
Mi stiracchiai. Chiusi tutti i libri e mi diressi in cucina, affinché il mio stomaco smettesse di farsi sentire e così mi preparai la cena. Almeno, questi erano i miei piani, ma appena misi piede in cucina, il campanello suonò. "Ma chi è che viene a rompere alle otto e mezza di sera!?".
Aprii la porta e con mio grande 'dispiacere' riconobbi la persona davanti a me.
«Tulipano, ma che ci fai qui? Non hai visto l'ora?» feci tagliente.
«Ghiacciolo, quando penserai di scongelarti?» mi rispose con aria maliziosa.
Decisi di farlo entrare e richiusi la porta; arrivati in salotto si accomodò e mantenne quell'aria spavalda e maliziosa.
«Allora, perché sei qui?» gli chiesi nuovamente. Mi guardò con aria perplessa.
«La nuova... Celeste...»
«Dove vuoi arrivare?» lo interruppi accigliato.
«Non mi dire che non ti incuriosisce? Io la trovo una grande!» fece lui, con il suo solito ghigno stampato sul viso.
«Solo perché ha avuto quell'atteggiamento con il professore?» Incrociai le braccia in attesa della sua risposta.
Davvero la trovava una grande solo perché aveva mostrato quel carattere arrogante nei confronti del preside? Davvero, pur essendo il mio migliore amico, non riuscivo a capire Nagumo. Ma come si fa a trovare simpatica una tipa del genere!?
«Dottore! Se non ti fermi ora, ti tiro una padella! Non scherzo!» sentiamo gridare di punto in bianco.
Nagumo fece un'espressione dapprima sconcertata, poi materializzò il suo solito ghigno.

«La tua vicina... non mi dire che...»
Quel sorriso così eloquente mi provocò un brivido lungo la schiena, ma non lo ho voluto darlo a vedere.

«Fortunato il mio Suzuno! Perciò Celeste è la tua vicina!»
«É seccante e troppo chiassosa!» feci subito con tono seccato.
«Perché sta urlando 'dottore'?»
«E io che vuoi che ne sappia?» risposi esasperato. A volte Nagumo sapeva essere stressante. Sicuramente quei due sarebbero diventati ottimi amici.
«Non ti scaldare Celeste! Guarda che la scuola, se vista nel lato positivo, può essere anche divertente!»
La voce... di un uomo? Perciò, quando urlava 'dottore' era riferito a lui? Perché doveva chiamare suo padre in questa maniera? Proprio non la capivo e forse avrei dovuto non curarmene, almeno sarebbe uscita integra la mia sanità mentale!
«Oh! E quindi alla pupa la scuola sta sulle palle!»
«Nagumo piantala! Piuttosto ti fermi qui a dormire?» gli chiesi mantenendo la mia compostezza.
«Certamente! Anche perché voglio discutere con te della tua 'meravigliosa' vicina.» rispose lui con nonchalance, mettendo tra virgolette il 'meravigliosa'.
«Senti...» feci assumendo il mio solito tono freddo «Quella ragazza l'hai conosciuta solo oggi! Di cosa vorresti parlare? Della taglia di reggiseno che porta?» finii alzando un sopracciglio e squadrandolo dalla testa ai piedi, mettendo le mani sui fianchi.
Non disse nulla, ma il suo viso rispose per lui. "Non dirmi che non ha attirato la tua attenzione", ecco la sua risposta. Sbuffai e, seguito da Nagumo, andai in cucina per prepararmi un panino dal momento che, grazie a lui, la fame era quasi svanita.
Sentimmo la porta sbattere. Io e Nagumo ci guardammo: molto probabilmente anche lui aveva preso un colpo!
«É davvero misteriosa la tua vicina! Perché non la inviti a cenare qui? Almeno avremo l'occasione di stringerci amicizia.»
Aveva davvero pronunciato quel periodo così cretino? Stavo vacillando tra lo sputargli gli insulti più carini e l'assestargli un pugno che gli avrebbe risistemato il tulipano che portava in testa. Cercai di calmarmi, perciò sospirai e alzai le spalle.
«Fa' come vuoi. Tanto l'avresti fatto comunque.»
Nagumo in pochi secondi era già davanti alla porta di casa di Celeste e stava bussando. Poco dopo, una ragazza con i capelli color miele, sciolti e sistemati sulla spalla, aprì la porta di casa e con i suoi occhi di cristallo squadrò il ragazzo davanti a lei.
«Tu sei il tulipano! Come fai a sapere che abito qui?» chiese Celeste curiosa.
Restai senza parole nel vederla con i capelli sciolti. Insomma... era bellissima!

«Ero a casa di Suzuno...» iniziò Nagumo.
Celeste si voltò e mi lanciò un'occhiata glaciale per poi ritornare a guardare il tulipano; intanto io, ero appoggiato allo stipite della porta con le mani incrociate e, mentre parlavano, continuai a guardarla.
«Ti ho sentito gridare contro tuo padre.» le rivelò Nagumo e dopo aver detto ciò, la vidi leggermente trasalire.
«Senti vuoi venire a cenare a casa del ghiacciolo?» disse Nagumo sorridendole... dolcemente? Okay: questo suo lato era davvero stomachevole.
Celeste era arrossita, infine accettò. Si mise le ballerine e chiuse la porta. Non appena fummo dentro casa mia, Nagumo si affondò davanti alla televisione, accendendo la Play Station e facendo chiaro segno a Celeste di raggiungerlo. La ragazza in un primo momento si mostrò titubante, poi si avvicinò al tulipano e sfoggiò un sorriso così raggiante che mi fece perdere un battito.
Fermi tutti: non potevo iniziare a provare qualcosa per una casinista arrogante come lei!
«Suzuno preparaci la cena!» mi gridò Nagumo come un bambino al quale bisogna esaudire ogni suo capriccio.
Sospirai e iniziai col preparare la cena.

«Prendi questo!»
"Ecco che inizia con le urla...". Ma a gridare fu Celeste. Rimasi esterrefatto: a scuola si era mostrata arrogante e presuntuosa e ora era una ragazza che sorrideva e si divertiva. Un cambiamento radicale.

«No! Non vale! Era fallo!» si lamentò Nagumo.
«Fallo cosa??! Ma ci vedi? Non ti ho nemmeno sfiorato!» gli rispose Celeste soddisfatta, riuscendo a non perdere la sua concentrazione su FIFA. Era davvero bizzarro che una ragazza sapesse giocarci, di solito si preoccupavano della loro estetica o dei pettegolezzi. Finii di preparare la cena, apparecchiai la tavola e il pensiero di essere stato, in qualche modo, preso in giro da Nagumo si stava facendo strada nella mia mente.
«É pronto.» dissi indifferente.
«Un attimo! Sto per battere il tulipano! Lasciami questa soddisfazione!» mi rispose Celeste. Un ghigno si fece strada sul mio volto: quella ragazza iniziava ad interessarmi, dal momento che stava per dare una lezione a quello sbruffone del mio migliore amico. Scrollai le spalle, appoggiai i gomiti sul ripiano che stava difronte alla televisione (il soggiorno e la cucina si trovavano nella medesima stanza) e successivamente adagiai sui palmi delle mani il mio viso, intento a gustarmi la sconfitta di Nagumo.

«Ho vinto!!» esclamò la miele. Un altro battito perso.
"Se non la pianta di far prendere degli spaventi alla gente, rischia di far morire tutti quelli che le stanno attorno!".
«Hey Winnie the Pooh! Voglio la rivincita!» fece il tulipano. “Non si sa proprio arrendere!”
«Non mi chiamo Winnie the Pooh!» rispose Celeste offesa.
«Da oggi ti chiamerò così!»
Iniziarono a litigare, così per dire, per il fatto del nome e così, non potendone più delle strilla di due ragazzi che erano diventati come due bambini della scuola materna, intervenni.
«Ora basta!» dissi con aria omicida e subito quei due si gelarono sul posto «Winnie the Pooh – che poi lo trovavo azzeccato per lei – tulipano, ho detto che è pronto.» finii con il mio solito tono glaciale. Celeste mi lanciò un'occhiata a dir poco spaventosa: ovviamente non mi fece né caldo né freddo anzi, avrei continuato a chiamarla così.
«Questo l'hai fatto tu?» mi chiese Winnie the Pooh, meravigliata da ciò che avevo cucinato.
«Hai visto qualcun altro?» le risposi ponendole una domanda alla quale la risposta era ovvia.
«Lui non lo ammetterà mai, ma è un mago ai fornelli! Te l'assicuro!» disse, poi, Nagumo guardandomi e facendomi un sorriso sincero. Distolsi lo sguardo imbarazzato. Ci sedemmo a tavola e iniziammo a gustare la cena.
«Hey, Winnie the Pooh! Da dove vieni?» chiese d'un tratto Nagumo con noncuranza.

Prima di rispondere, Celeste lo guardò con aria minacciosa, ma poi sospirò. Per quale motivo?
«Vengo da Miami, poi, con mio padre, quando avevo undici anni, mi trasferii a Parigi e iniziai a frequentare il collegio Kadic.» rispose lei. I suoi occhi erano... tristi?

«E tu?» aggiunse. Guardai Nagumo: davvero ero l'unico che si era accorto di quel velo di tristezza?
«Wow. Beh io vengo da Tokyo e vivo da solo.» rispose lui con nonchalance. Lei lo guardò perplessa, poi appoggiò i suoi bellissimi cristalli su di me.
«Perché mi guardi così?» le chiesi già sapendo che me ne sarei pentito.
«Beh, tocca a te!» mi rispose sorridendo. La guardai stranito. Dovevo aver timore di quel sorriso dolce?
«Anche io vengo da Tokyo e come il tulipano, vivo da solo.» risposi con indifferenza.

«Ora mi dite la vera ragione per cui mi avete invitato a cena?»
«Semplice: vogliamo diventare tuoi amici!» rispose immediatamente Nagumo con sicurezza.
"Ma che ha in mente?".
D'altro canto, a Celeste iniziarono a brillare gli occhi. Vederla così mi faceva sentire... strano.
«Davvero?» chiese lei. Nagumo annuì con la testa.
«Evvai! Speravo di diventare tua amica!» fece subito dopo la risposta del tulipano. «Ho sentito quello che hai detto al tuo compagno di banco... quello con la coda, capelli pistacchio e pelle abbronzata...»

Sì, un'ottima descrizione di Midorikawa.
«Ma soprattutto tua polaretto.» Mi sorrise. Che effetto strano che stava facendo su di me. "Ma si può sapere chi delle due Celeste, che ho avuto la grazia di conoscere, è quella vera? Qui rischio la mia salute mentale!".
Rimasi spiazzato dalle sue parole e per di più, Nagumo mi lanciò un'occhiata del tutto maliziosa.
«Ora non dovrò stare zitta per tutto l'arco delle ore scolastiche!» concluse entusiasta.
«Winnie the Pooh, io e te ci divertiremo! Me lo sento!» disse Nagumo. I due si guardarono per un po', come se dai loro sguardi intuissero i pensieri dell'altro, per poi far trasparire un espressione da complice di qualche guaio.
Poi una cosa inaspettata accadde: Winnie the Pooh e tulipano si strinsero la mano, sempre mantenendo lo sguardo fisso nelle iridi del neo amico. Ora sarebbero diventati coppia fissa combina guai e io non prevedevo nulla di buono.
«Sono le dieci per l'amore del potente Zeus!» esclamò la ragazza.
«Che?» chiesi perplesso dalla stranità di quella frase.
«Niente, niente. Devo andare ci vediamo domani!» Così dicendo salutò Nagumo con un pugno sulla spalla amichevole, per poi sorridergli, si avvicinò a me e mi abbracciò.
«Grazie.» mi sussurrò e credo che dopo questo divenni rosso peggio dei capelli di Nagumo.

«Ciao ragazzi! Buona notte!» ci disse prima di chiudere la porta dietro di sé.
«Dopo l'abbraccio, il tuo battito a che velocità sta andando, eh ghiacciolo?» mi chiese malizioso Nagumo.
«È regolare! Idiota!» gli risposi sbuffando. «E ora andiamo a dormire!» aggiunsi non appena mi ripresi dall'abbraccio di Winnie the Pooh.
Una volta che fummo pronti per andare dormire, come ai tempi del Sun Garden, io e Nagumo parlammo per un po'.
«Allora?» mi chiese Nagumo improvvisamente.
«Allora cosa?»
Dai! Avrai intuito che taglia porta Winnie the Pooh!» disse lui sfoggiando uno dei suoi ghigni più maliziosi.
«Questa conversazione è durata anche troppo! Notte tulipano.» gli risposi, voltandomi dall'altra parte, deviando, così, l'argomento 'taglia di reggiseno'.
«Notte» disse infine lui. Sapevo benissimo che stava ridendo per la mia reazione e che ne era, addirittura, soddisfatto. Ma mi ritenni fortunato ad essere l'unico a conoscere la sua taglia... Sorrisi soddisfatto e affondai tra le braccia di Morfeo.
Con lei magari, sarei riuscito a ridere più spesso.



***angolodellautricesupergasata***

Ciaoo a tutti!
Prima di tutto: Ringrazio tutti quelli che la leggono! Grazie, grazie e grazie! ;D Inoltre ringrazio Phoenix, CreepyAlis e RosaDark per aver recensito il capitolo precedente <3 Poi... scusatemi per aver aggiornato ora! Chiedo scusa (U.U)

E ora veniamo alle spiegazioni... Perché ho fatto questo capitolo sotto il POV di Suzuno? Semplice: sarà un personaggio molto importante, ma non solo lui! ¬ͺ¬ E poi mi ha allettato...
Sappiate che questo crossover tenderà ad essere, in certi punti, anche demenziale... xD

Argomento 'taglia di reggiseno'... è puramente casuale, i fatti narrati non sono ispirati ad esperienze personali * arrossisce * X#X

Spero che vi sia piaciuto, perché a me sì ^^ Ah, il prossimo capitolo è incentrato su... lo scoprirete leggendo il prossimo! (sono cattiva ;D)
Come sempre mi fa piacere sapere che ne pensate ;)
Ora vi saluto,

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


PICCOLA PREMESSA: Wow, non ho mai postato un mio angoletto qui... che effetto strano... In ogni caso: credo che questo capitolo verrà un po' lunghetto, perché vi spiegherà gli avvenimenti successi qualche giorno prima e l'affermazione fatta dal presidente della Capsule Corporation ;)

Ci sarà sia da divertirsi che da sbalordirsi, perciò vi lascio alla storia!

 

I codici Dalekani

 

«Dottore! Il TARDIS è fuori controllo!»
Prima avevano incontrato solo una piccola turbolenza temporale, ora, invece, i due viaggiatori stavano affrontando un vero inferno! Non ne conoscevano la causa, ma l'unica cosa la quale poteva consolarli era che sapevano benissimo che qualunque cosa fosse stava cercando loro. Il Dottore se ne accorse da un bel po', ma non volle rivelarlo a Celeste, perché sapeva. Lui sapeva cosa, o meglio, chi stavano cercando e la risposta non lo garbava affatto.

«Celeste, sta' tranquilla!» la rassicurò con tono dolce il signore del tempo. Ma cosa poteva dirle? Poco a poco, si stava pentendo di non averla liberata prima. Chissà che cosa le avevano fatto i Dalek. Però era stato sollevato nell'averla trovata sana e salva, sebbene i Dalek fossero molto noti alla creatura di Gallifrey come macchine assassine.
«Dottore.. Non sono i Dalek, vero?» Celeste era letteralmente terrorizzata. L'uomo non l'aveva mai vista così. Da quando era salita sul TARDIS, non aveva mai smesso di tremare, eppure era sempre tutta frizzante anche dopo essersi imbattuta in quei mostri. L'uomo, pur essendovi enormi sbalzi causati dall'anomalia esterna, si avvicinò a Celeste e l'abbracciò. Strano sia per lui che per lei: per il signore del tempo, quell'abbraccio significava approfittarsi della vulnerabilità della miele e magari avrebbe finito col dichiararsi, riuscendo a rovinare quel legame che li univa oppure sarebbe stato corrisposto solamente perché ad accettare quei sentimenti era stata la paura. Invece per la ragazza, quell'abbraccio significava "famiglia", della quale non aveva alcun ricordo. Il Dottore, infatti, era la sua famiglia: un padre amorevole, un amico fuori di testa e una persona da amare.
"S.."
La ragazza, al sussurro di tale sillaba nei suoi pensieri, si gelò sul posto e di questo, il Dottore se ne accorse.
«Celeste, cosa ti prende?»
Il signore del tempo proprio non capiva che cosa le stava succedendo. E poi accadde l'impensabile: nel momento in cui il TARDIS precipitò in un tempo e in un luogo a loro sconosciuti, prima di svenire, Celeste sussurrò parole a dir poco incomprensibili: «Amlac al atsepmet alled amirp.». Il Dottore rimase ammutolito, finché non sentì un rumore sordo simultaneo alla botta che aveva preso sbattendo la fronte contro la piattaforma dove si trovavano i comandi del TARDIS. Era la sua inseparabile cabina blu notte che si era schiantata contro qualcosa.
Poi, nella mente dell'uomo, c'era solamente il vuoto.
 

***

 

«Gohan! Mettici più forza!»
Il proprietario di questa voce, anche se sembrerebbe appartenere ad un ragazzino, era di un uomo di circa cinquant'anni. Occhi neri, ma vivaci come quelli di un bimbo, capelli arruffati dello stesso colore degli occhi e sul suo viso dominava un sorriso raggiante che trasmetteva sicurezza. Il suo nome era Goku, l'eroe che aveva salvato più volte la Terra, al momento impegnato ad allenare il figlio.
«D'accordo papà!»
Questa volta a parlare fu un uomo sulla trentina d'anni, cappelli dello stesso colore del padre e arruffati nella medesima maniera. Gli occhi, anch'essi neri, erano socchiusi affinché l'uomo si concentrasse meglio in quello che stava facendo. La sua corporatura era non molto muscolosa, però poteva vantare di avere innumerevoli occhiate puntate su di lui.
Tutto d'un tratto, sentirono un rumore sordo non lontano dal luogo in cui si stavano allenando. Titubanti del fatto che poteva essere un nuovo nemico, andarono a controllare.
«Ma cos-?» Goku si avvicinò con estrema cautela alla cabina della polizia.
«Papà, ma che ci fa in alta montagna una cabina del telefono?» gli chiese Gohan, continuando ad essere sull'idea che non fosse sicuro avvicinarsi.
«Non lo so figliolo. Ma spero che non sia un nuovo nemico...» Goku aprì piano la porta della cabina che ormai stava emanando i fumi dei vari cortocircuiti.
«Ma che razza di diavoleria è mai questa?!» fece Gohan.
«All'interno è più grande!» aggiunse Goku, meravigliato.
I due continuarono ad essere perplessi finché non videro due corpi privi di sensi.
«Forza Gohan! Tiriamoli fuori!»
Con un groppo al cuore, Goku si affrettò a curarsi che le due persone stessero bene. Aveva sempre avuto un'indole buona e altruista, l'uomo. «Portiamoli alla Capsule Corporation! Presto!»
«E se fossero dei nuovi nemici?» chiese serio l'uomo più giovane.
«Figliolo, davvero ti sembrano dei nuovi nemici?»
Gohan li guardò per un po'. Scosse la testa, così si caricò in spalle la ragazza mentre l'uomo venne trasportato da Goku.
Spiccarono il volo verso la Capsule Corporation e l'unico pensiero che li accompagnò per tutto il tragitto era stato uno solo: "Chi sono questi due?".
Non appena giunsero a destinazione, corsero a chiamare le rispettive mogli.

«Videl!» fece Gohan. La donna presa in causa era molto bassa rispetto al marito, ma di altezza giusta per la sua età. Aveva dei bellissimi capelli corvini legati in una treccia che lasciava liberi alcuni ciuffi corti e ribelli e aveva degli splendidi occhi azzurri.
«Gohan!» lo salutò felice la moglie e poi notò una ragazza tra le sue braccia. «E questa ragazza chi è?»
«Non lo so... l'abbiamo trovata dentro una strana cabina della polizia.»
«... in alta montagna?» A parlare però, fu un altro uomo sbucato dal nulla. Corporatura decisamente ben allenata, capelli a spazzola neri, del medesimo colore erano gli occhi e il suo tono era tutt'altro che preoccupato.
«Vegeta!»
L'uomo in questione scrutò attentamente i due feriti e non poté che rimanere scioccato nel constatare che nessuno dei due era umano.
«Goku, ma chi sono questi due giovani?» gridò un'altra donna.
«Chichi!» disse sorpreso l'uomo. «Ti prego cara, prenditi cura di loro. Io, Gohan e Vegeta andiamo a recuperare quella cabina.»
«Kaharot chi ti ha detto che verrò con te?» fece stizzito Vegeta.
«Insomma Vegeta! Ti posso assicurare che non ti pentirai di essere venuto con noi. Quella cabina è riuscita a proteggere queste due persone!» fece Goku con un misto tra entusiasmo e stupore. Vegeta era indeciso se credergli o meno. Non aveva la benché minima intenzione di accettare ordini da altri, ma alla fine accettò di dare una mano al suo "amico".
«Allora noi andiamo!» detto ciò, i tre uomini se ne andarono lasciando che le due donne si prendessero cura dei due corpi gravemente feriti. Queste li osservarono per un po', indecise sul da farsi, poi decisero di farli sdraiare in due letti nella stanza degli ospiti della casa di Vegeta e lì iniziarono a medicarli.
«Chichi? Ma chi sono questi due?» domandò una voce di donna che fece sobbalzare le altre due.
«Bulma!»
La donna in questione era ben vestita, capelli azzurri a caschetto e occhi color oceano. Portava degli splendidi orecchini dorati e le labbra erano colorate di un bel rosso passione.
«Sappiamo solo che li hanno trovati Goku e Gohan in alta montagna dentro una strana cabina e che la stanno portando qui.» fece Videl, mentre tamponava con un po' di cotone, imbevuto di disinfettante, la ferita sulla fronte dell'uomo.
Bulma si avvicinò alle due donne e osservò le due 'addormentate nel bosco'. Erano pieni di lividi e ferite, superato il fatto che avevano i vestiti tutti strappati, sporchi e rovinati.
«Sono presi abbastanza male» constatò la donna. La scienziata s'incantò nel guardare la ragazza dai capelli color miele. Aveva un volto angelico, ma esprimeva dolore e terrore. Bulma presumette che la giovane avesse più o meno diciassette - diciott'anni. La guardò così a lungo che notò una stranezza nei pressi del cervelletto.
«Chichi affidami questa ragazza. Voglio controllare che non abbia danni all'interno.»
A tali parole, la donna rimase spiazzata. Non sapeva che cosa significassero quelle parole, ma quando vide che l'amica stava aspettando una sua risposta, si destò. «Oh si, certamente!» disse, no riuscendo a nascondere il tono decisamente preoccupato.
Bulma prese in braccio la ragazza e la trasportò nell'infermeria. L'appoggiò nel lettino, iniziò a scannerizzarla e a prendersi cura della ragazza. Passarono diverse ore quando ricevette i dati che stava aspettando e non appena li lesse, rimase del tutto sconvolta.
«Non è possibile..!»
Intanto l'uomo sdraiato su quel letto comodo iniziò a riprendersi lentamente.
«Si sta svegliando.» era tutto ciò che riuscì a sentire. Sgranò gli occhi, per mettere a fuoco il luogo in cui si trovava e cercò di ricordarsi che cosa gli era successo. Anomalia, la cabina che li faceva sbattere a destra e a sinistra, cristalli terrorizzati...
«Celeste!» gridò l'uomo, destandosi completamente.
«Si calmi! Va tutto bene. La ragazza è qui.»
Il Dottore fissò negli occhi la donna a cui apparteneva quel tono caldo e gentile. Non era tanto giovane, a dimostrarlo erano infatti le rughe dell'età, i capelli neri e corti erano lisci e dello stesso colore erano i suoi occhi. Si guardò attorno: temeva che avessero fatto del male alla sua Celeste anche loro, ma di fianco a lui, c'era la ragazza che tanto cercava e nel vederla in quelle condizioni, l'uomo perse un battito.
«Che le avete fatto?» chiese furioso il Dottore.
Le persone che lo circondavano, immaginarono cosa stesse provando l'uomo in quell'istante.
«Vi abbiamo trovato dentro una cabina del telefono alquanto... strana...»
L'uomo cercò di connettere il cervello. «Chi siete? Dove mi trovo? Che pianeta è questo?»
«Io sono Chichi. Tu e la tua amica siete a casa del presidente della Capsule Corporation e, se non mi sbaglio, questo è il pianeta Terra.» disse la donna ironizzando l'ultima parte, cercando di strappare un sorriso all'uomo. «Tu invece chi sei?»
Il Dottore, non appena si svegliò completamente, sentendo, così, dolore in tutto il corpo, iniziò a studiare la gente che si era riunita intorno al suo 'capezzale'. Non si fidava. Non dopo quello che aveva dovuto passare Celeste. Averla vista così terrorizzata, gli procurò un senso di disgusto e per la prima volta, di impotenza. Estrasse dalla tasca dei pantaloni il suo fidato cacciavite e, puntandolo contro di loro, li scannerizzò.
«Che stai facendo?» chiese Videl perplessa e un tantino spaventata.
«Okay. Siete davvero degli umani, eccetto voi.» fece il signore del tempo indicando tutti, escluse Bulma, Chichi e Videl. ( NdA: Nella stanza c'erano Trunks, Gotten, Delia ( l'OC di mia sorella), Goku, Gohan e Vegeta, oltre alle mogli di questi ultimi.)
«Ed in particolare tu.» fece il signore del tempo indicando Delia «Tu possiedi gli stessi occhi degli Ood.»
Nessuno osò controbattere le parole dell'uomo.
«Dottore!» fece la donna avvicinandosi «Non sei cambiato per niente! Intanto ti presento i miei amici!»
Una volta averli presentati tutti, l'uomo passò in rassegna la sua memoria e cercò di ricordarsi dove poteva aver incontrato quella ragazza. La donna aveva dei lunghi capelli bruni, raccolti in un'alta coda, gli occhi rossi, ma con delle incantevoli sfumature rosa nei pressi della pupilla e la sua pelle era candida. Il suo fisico era poco robusto, forse perché la donna praticava qualche tipo di arte marziale, ma la sua andatura era molto aggraziata: questo lo constatò quando essa gli venne incontro. Ora se lo ricordava! Con Rose Tyler, nell'abisso di Satana! Ecco dove l'aveva incontrata! Lei era l'amica del cuore della sua ex-partner.
«Mia moglie ha risposto a tutti i nostri dubbi, eccetto ad uno...» disse Trunks.
Questo, era un uomo giovane sulla ventina, capelli lilla e occhi dello stesso colore del cielo limpido primaverile. «... che cos'è successo alla ragazza?»
L'uomo non riusciva a capire. Per la prima volta nella sua lunghissima vita, non riusciva a dare una risposta. Celeste? Aveva fatto qualcosa alla sua Celeste!?
«Dottore...» fece poi l'uomo «è così che mi chiamo.»
In quella stanza, non poté che regnare la preoccupazione. Tutti gli occhi erano puntati sul corpo di Celeste, che non accennava a svegliarsi.
«Dottore.» iniziò Bulma «A questa ragazza hanno fatto qualcosa...»
Non seppe più continuare. La donna era letteralmente traumatizzata.
"Come ha fatto a sopravvivere? Di sicuro deve aver passato le pene dell'inferno quella ragazzina.". Vegeta, invece, si stava ponendo domande su domande e mai avrebbe preso parte a quella sciocca conversazione. Del resto, lui era il principe dei Sayan, non doveva preoccuparsi della salute di un'effimera ragazzina della quale era incerta se essere umana o meno. Ma più la guardava, più si domandava com'era riuscita a sopportare tutto quel dolore.
«Cosa vorresti dire Bulma?»
Il Dottore era nero. Non ci vedeva più dalla rabbia, ma non nei loro confronti, bensì nei suoi. "Dovevo starti vicino! Celeste, perdonami.".
«Dottore:» ora, a prendere in mano le redini della discussione, fu Delia «calmati. Non ne abbiamo la certezza, ma...»

 

Celeste POV.

Sentivo tante grida. Il dolore, la rabbia e il sangue. L'aria intorno a me ne era ricca. Dottore ma dove sei? Qui è tutto buio. Qui fa tanto freddo. Qui sono sola. Davanti a me vedevo tanti numeri, tante parole e... i Dalek.
Stavo scappando a più non posso, neanche mi voltai a controllare se mi erano ancora dietro e poi, quando mi fermai per riprendere fiato, finii in una strana ed antica biblioteca.
Mi guardai attorno: dei Dalek neanche l'ombra. Con il cuore a mille percorsi quei vasti corridoi pieni zeppi di libri. Mi sentivo a casa. Amavo leggere e mentre camminavo, vidi un libricino per terra, così lo raccolsi e un po' titubante (e curiosa) aprii la prima pagina.

«The fire boy is a child.»

«Tutto qui? Un'insulsa frasetta in inglese e per di più, senza senso?!» Strappai il foglio, lo piegai e me lo misi nella tasca dei jeans senza un valido motivo. Riposi il libro nello scaffale e ripresi a camminare senza meta per quella desolata biblioteca.

«Sei la ragazza che continua a correre?»

Ad un tratto, una voce ruppe il monotono silenzio di questa sala.
«Chi sei?» feci un tantino spaventata.

«Sei la ragazza che continua a correre?»

Una voce pacata continuava a farmi questa domanda.
«Io... non lo so...» risposi alla fine. Costui non aveva la minima intenzione di rivelarmi il suo aspetto.

«Se hai strappato il foglio, vuol dire che sei legata all'indovinello stregato.»

D'accordo. Chiunque stesse parlando era uscito di senno.
«Ma che diavolo stai blaterando?»

«Ragazza non cercare l'impossibile,
rispondi finché è possibile.»

Costei, invece, non sapeva proprio parlare.
«Ma chi siete? Posso avere la grazia di saperlo!?» chiesi trattenendo il mio istinto omicida.

«Qui no. È troppo pericoloso.
Questo è un luogo dove le parole proferir non oso.» rimò la voce maschile.

«Come vi chiamate?»

«Trunks e Delia.»

«Okay... e perché parlate in rima?» chiesi accigliata.

«Phatal è il nome della pozione che abbiamo bevuto,
'così sarebbe stata salva' abbiamo creduto...»

La voce di Delia era davvero bella. Soave e melodiosa.
«E io devo capirvi, presuppongo.»

«In un luogo sicuro parleremo.
Noi ti proteggeremo.

Abbiamo avuto questo onore
e sta' tranquilla: sei al sicuro amore.»

Le parole pronunciate da Trunks, avevano il potere di calmarmi. Si presentarono come persone per bene, infatti il mio cuore mi diceva che potevo fidarmi e così feci. Poco alla volta, il buio che mi circondava scomparve, lasciando che la luce mi avvolgesse.
«Che succede?» chiesi ai due 'spiriti' che credevo mi fossero accanto.

«Di-venterai come noi.»


 

***angolodellautricetotalmentefuoriditesta***

Ciaooo gente <3
Come va? Io per niente bene, dal momento che devo sapere a memoria 350 verbi di greco (>.<) * depressa *

Suzuno: Allora và a studiare!
Bebe: * gli fa la linguaccia * Comunque... Prima di tutto lo so che vi starete chiedendo "Ma come fanno Trunks e Delia essere con Celeste??!" A questo io rispondo "Non vi spoilero niente!" ¬ͺ¬
Ma tranquilli, dedicherò un paio di capitoli più avanti, così capirete ^^

Parlando di Delia... anche se mia sorella non è iscritta su EFP mi ha chiesto di inserirla su questo crossover e io le ho detto di si, solo dopo avermi fatto innumerevoli complimenti ed essersi inginocchiata ¬ͺ¬ ( il mio è tutto amore!) No dai, si scherza xD
Chissà che cosa si sono detti il Dottore e l'altra (?) Delia... mha...

Grazie Phoenix e ad Alis che recensite e a te MonaLuna che l'hai messa tra i preferiti ;)
Ora vi lascio, spero di aggiornare il più presto possibile <3

# Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Il viaggio del non ritorno

Delia era nata nel pianeta abitato dagli Ood. Diversamente da loro, la donna aveva fattezze umane: infatti sua madre era un'umana, mentre il padre era un Ood e, unendosi, diedero vita ad una creatura dalle sembianze umane ma con le capacità degli Ood.
La piccola Delia trascorse quindici anni nella più completa tranquillità. Frequentava la Terra, poiché luogo natale della madre e andava a scuola lì, per imparare qualcosa sugli umani, dal momento che lo era in parte anche lei. Un giorno, entrando in un negozio per fare compere, fece conoscenza di Rose Tyler e poco dopo ne divenne amica. Questa era bionda, aveva occhi color cioccolato, a mandorla, e aveva sempre un sorriso stampato in viso. La donna aveva una ventina d'anni e per Delia, diventare sua amica, non risultò difficile: il suo carattere allegro e spensierato contagiava chiunque le stesse attorno e Rose, non faceva eccezione. I giorni passarono e le due donne stavano diventando sempre più inseparabili, fino a diventare come due sorelle. Rose, in Delia, rivedeva la figura di una sorellina che avrebbe sempre voluto avere; mentre per Delia, Rose era un modello da seguire e, anche lei, la considerava come una sorella.

 

***


«Dely, oggi devo partire. Tornerò per l'ora di cena!»
Un pomeriggio di due anni dopo, Rose le disse queste parole. Ma quel pomeriggio, loro due se lo sarebbero ricordate per sempre. Una volta che Rose salutò Delia, salì sul TARDIS dove l'attendeva il Dottore.
«L'hai salutata?» chiese l'uomo.
«Sai, dovresti conoscerla.» gli rispose Rose, ma il Dottore sembrò non farci caso. «Dove andiamo questa volta?»
«Nelle terre degli Ood! È un luogo bellissimo!» fece l'uomo tutto brillo «Sono sicuro che ti piacerà! E poi ti farò sentire come cantano!»
Rose, vedendo che il suo amore segreto non stava più nella pelle, non vide l'ora di poter udire quei canti che tanto mandavano in estasi l'uomo. Le terre degli Ood, infatti, erano famose per via degli inni che queste creature levavano. Dolci ed emotivamente forti.

Delia, poiché la sua sorellona non sarebbe tornata prima dell'ora di cena, decise ti tornare 'a casa' per dare un saluto al padre e a tutti i suoi amici Ood. Arrivando, venne accolta da Ood Σ che fece strada alla ragazzina, fino a condurla dal padre.
«Papà!» gridò con grande entusiasmo Delia non appena vide il padre.
«Ood Delia.» Così la chiamava: Ood perché lo era per metà e Delia, perché era il nome donatole dalla madre. «Non devi venire qui senza aver avvisato tua madre.» le rammentò il padre.

«L'ho avvisata!» rispose quasi indispettita «Mamma ha detto che tra non molto sarà qui.» concluse poi sciogliendo quell'espressione da bimba capricciosa. Ood Θ abbracciò la figlia.
«Ti voglio bene piccola mia.» Il padre di Delia aveva usato un tono che alla figlia apparve un po' insolito, ma non ne fece caso. Anche perché non sapeva che cosa, in quelle parole, l'aveva fatta allarmare. Prima che fecero in tempo a sciogliersi da quel magico abbraccio, una misteriosa cabina blu si materializzò nella stanza delle preghiere.
«Dottore ma dov-?» Rose fermò bruscamente le parole quando vide la sua 'sorellina' abbracciare un alieno.
«Delia, ma che ci fai qui?» chiese scioccata Rose. «Dottore tu lo sapevi?» chiese poi con un tono misto tra la rabbia e delusione, ricordandosi del comportamento sospettoso dell'uomo.
Delia la guardò con sguardo deciso: ormai l'aveva scoperta, tanto valeva dirle la verità.
«Lui è mio padre.» disse con dolcezza. «Io sono per metà Ood e per metà umana e non me ne vergogno. Sono fiera di essere la figlia del saggio Ood Θ, ma sono ancora più contenta che la mamma si sia innamorata e concessa a papà: così facendo, ha dimostrato di saper andare oltre alle apparenze.» proseguì sorridendo alla donna, che continuava ad ascoltarla senza saper come ribattere. «Ma suppongo che tu sia venuta qui, non per sapere se ero un'umana o meno, ma per udire i nostri canti.» dichiarò in seguito. Sapeva benissimo quale fosse la risposta corretta. «E comunque... sì, il Dottore sapeva benissimo qual' era la mia vera natura.»
Il Dottore mantenne la sua compostezza, mentre Rose era semplicemente allibita. «Dottore?»
L'uomo non le rispose, anzi continuava a sorreggere lo sguardo di Ood Θ. Entrambi aspettavano. Doveva accadere purtroppo. Poco dopo, nella stanza fece comparsa una donna dalla singolare bellezza: occhi verdi smeraldo, lineamenti tenui e carnagione scura. I corti capelli blu notte le arrivavano alle spalle e ad ogni passo leggiadro che faceva per mostrarsi alle persone presenti, il lungo vestito champagne che indossava si spostava con la stessa grazia della donna ed infine, le ballerine, del medesimo colore dell'abito, mettevano in risalto le sue forme e il suo fisico magro.

«Mamma!» esclamò la ragazzina.
«Ood Delia.» le sorrise la donna e non appena la loro distanza fu zero, l'abbracciò. «Hai fatto la brava?» chiese poi.
«Si.» annuì Delia. «Mamma ti presento la mia sorellona!» aggiunse.
Rose, che per tutto quel tempo non si mosse, si risvegliò dalla specie di trance in cui era sprofondata. «Eh-?» sibilò piano.
«Hai paura?» chiese Delia.
Rose rimase spiazzata. Come poteva pensare che lei nutrisse quel sentimento? Delia era Delia e, pur non sapendo che anche lei, per metà, era un alieno, non avrebbe mai potuto aver paura di lei. E se teneva conto dell'atteggiamento gasato che aveva avuto il Dottore, queste creature dovevano essere solamente benigne; infondo, ragionandoci, avrebbero potuti farli fuori, ma non l'avevano fatto.
«No!» gridò Rose, quasi disperata.

Delia subito sorrise, si avvicinò alla donna, le prese le mani e la condusse al cospetto dei suoi genitori. «Mamma, papà: questa è Rose!»
I due la guardarono e le regalarono un sorriso affettuoso. «Piacere. Tu devi essere, allora, l'amica di nostra figlia.» disse Ood Θ.
«Eh... si.» arrossì Rose.
«Cara non aver timore. Qui siamo tutti amici.» esordì Sibilla, la madre di Delia.
«Ma come ha fatto il Dottore a sapere della vera natura di Dely?» chiese Rose alla donna.

Il Dottore si avvicinò e Rose sentì, dentro di sé, che in un futuro vicino sarebbe capitato qualcosa di orribile. Era uno strano sentimento che la inquietava, ma lo scacciò subito, non appena il suo signore del tempo le rispose.
«Semplicemente perché sono un Signore del tempo!» rispose con fierezza il Dottore, poi, guardando Ood Θ, arrossì lievemente.
«D'accordo Dottore. Ti accontenteremo.» gli disse Ood Θ
«Grazie.» rispose lui.
«Che cosa succede?» chiese Rose.
«Il Dottore vuole sentire i nostri canti.» rise con gusto Delia.

I cinque uscirono dalla stanza delle preghiere, per dirigersi all'esterno. Appena furono fuori, la loro vista fu occupata a contemplare, con grande meraviglia, quei campi coperti dalla neve, nonostante splendesse un caldo sole. Le case, anch'esse coperte da quel delicato manto, erano di un colore scuro e sembravano delle stalagmiti.
«Wow!» Rose rimase col fiato sospeso: ciò che le si prospettava davanti era a dir poco sbalorditivo. Poco lontano da dove si trovavano, c'era un gruppo di Ood che stavano levando un canto... malinconico.
«Che bella melodia.»
Delia corse incontro ai suoi amici e si unì a loro. Gli Ood erano un coro senza paragoni e la ragazzina non era da meno: lei era ritenuta "la voce più chiara". Il motivo? Gli Ood sapevano. Gli Ood lo avevano previsto. In quel canto si celavano gli eventi futuri, nascosti a Delia e forse, era meglio così. Finito di intonare quella soave melodia, Rose e il Dottore applaudirono al gruppo. Erano estasiati e si sentivano fortunati: avevano avuto modo di poter ascoltare uno dei più spettacolari cori dell'intero universo!
«Bravissimi!» esclamarono con grande entusiasmo.
Passò il tempo e venne l'ora di cena. Quando iniziò a far buio, cominciarono ad accadere cose strane...
«Delia hai chiamato Ood Β e Ood Ε?» chiese Sibilla.
«Si. Eppure è strano...» fece la ragazzina.

«Cosa è strano?» intervenne Rose.
«Loro sono degli Ood puntuali! Ma da quando li ho avvisati, sono passate più di tre ore!»
Accade così. Poco per volta, degli Ood scomparvero e tutto si complicò quando una strana presenza cominciò a manifestarsi. Il Dottore non sapeva che cosa dovette aspettarsi, ma qualunque cosa fosse, era la causa della scomparsa di quegli Ood.
«C'è qualcosa che non quadra... Ora mi sto seriamente preoccupando!» disse Sibilla.
"Che si sia risvegliato?", pensò Ood Θ guardando il Dottore con intesa. Quest'ultimo colse il pensiero della creatura e rabbrividì.
Qualcuno stava bussando con veemenza alla porta di casa di Ood Θ. Sibilla, titubante, si diresse presso l'uscio, ma quando aprì alla porta, la sua espressione da preoccupata mutò in sbalordita.

«È tornato! Lui ha ucciso degli Ood membri dell'anziano consiglio!» esclamò terrorizzato l'Ood davanti a Sibilla. Quest'ultima per poco non svenne. Chi era la creatura che stava portando tale scompiglio? Era Satana, il demonio in persona che giunse nella Terra degli Ood. Egli, una volta infiltrato senza destare alcun sospetto, s'impossessò di uno dei membri dell'anziano consiglio degli Ood e ne uccise un altro. Alla scoperta di tali avvenimenti, il Dottore fu in procinto di andarsene via da lì. Ciò che Satana aveva fatto molti secoli prima, lui se lo ricordava benissimo.
«Che sta succedendo?» gridò, poco dopo, allarmata Delia.
Un terremoto, scaturito da Satana, provocò la caduta del TARDIS in una voragine immensa sotto lo sguardo attonito del Signore del tempo e poco dopo, dalla stessa voragine uscì una lingua oscura che catturò degli Ood i quali si trovavano nelle vicinanze di quel "coso".
«Dottore!» gridò Delia «Satana! Quel mostro sta prendendo tutta la mia famiglia! Ti scongiuro fa' qualcosa!»

Il Dottore cercò di trovare un modo per distruggere quella creatura, ma per prima cosa, doveva recuperare il suo amato TARDIS.
«Ood Θ cerca di chiamare più Ood possibili! Dobbiamo forare questo terreno!» ordinò il Dottore. L'Ood fece come gli fu chiesto e, non molto tempo più tardi, egli fu circondato da numerosi Ood che accettarono di aiutarli. Non avrebbero permesso a quel mostro di cavarsela. Dal canto suo, Satana continuò ad impossessarsi degli Ood imperterrito e, per mezzo di loro, tentò di uccidere il Dottore e Rose. Questi ultimi, intanto, cercarono di portare verso di loro l'attenzione di Satana, affinché gli Ood compissero quel lavoro senza essere disturbati.
«Satana, perché fai questo?» chiese quasi disperato il Signore del tempo. La creatura non rispose, anzi fece una risata a dir poco terrificante che rimbombò in tutto il pianeta. Era disgustoso come la cosa sembrasse non toccarlo.
«Dottore!» gridò Delia per attirare la sua attenzione «Siamo riusciti a bucare il terreno fino al centro del pianeta! Come volevi tu!»

Il Dottore, seguito da Rose, corse verso il buco. «Bene! E ora vediamo cosa si nasconde in profondità!» esclamò l'uomo.
«Vengo con te!» disse con fermezza Delia.
«Delia!» la richiamò la madre «... fa' attenzione!» concluse nel vedere lo sguardo deciso della figlia. Questa annuì e, insieme al Dottore, entrarono dentro al pianeta per scoprire cosa si nascondesse, ma anche per recuperare il TARDIS.
«Dannazione!» esclamò il demonio. La rabbia iniziò a pervaderlo e l'odio per queste creature del tutto buone, gli bruciò ancora di più. Voleva vendetta e l'avrebbe avuta. Si sarebbe saziato con il loro sangue. «Volete morire? Vi accontento!» esordì Satana. Detto ciò, fece in modo di bloccare in profondità il Dottore e la piccola, per metà, Ood che lo accompagnava. Ma questi decisero, nonostante i pericoli che il demonio continuava a seminare nel loro cammino, di proseguire e fecero una scoperta che aveva dell'incredibile: trovarono una sorta di prigione, in cui era prigioniera la Bestia, ovvero Satana.

«Che roba è?» chiese sconvolta Delia.
Purtroppo, apparve chiaro che nella prigione, di Satana era rimasto solamente il corpo.
«La sua "anima" è riuscita ad evadere e dev'essersi impossessata del membro facente parte dell'anziano consiglio degli Ood. Ecco in che modo ha ucciso gli Ood... li ha fatti ammazzare tra loro!» Il Dottore concluse il suo ragionamento, ma c'era ancora qualcosa che non gli guardava, ovvero com'era riuscito a risvegliarsi. Nel frattempo Delia, dopo aver seguito quell'orribile ragionamento e dopo che riuscirono a recuperare il TARDIS, chiese quasi ordinando, di ritornare in superficie.
Intanto, dopo varie divergenze, Rose e gli Ood decisero di allontanarsi da lì. Ma Satana, attraverso l'Ood posseduto di cui aveva preso il controllo, uccise prima Sibilla e poi Ood Θ.

«MAMMA! PAPÀ! NO!» urlò disperata Delia nel vedere morire i suoi genitori. «Mamma! Rispondi ti prego!» disse tra le lacrime la ragazzina. «Papà guardami! Ti prego!» disse poi, rivolgendosi al padre. «Papà, sai non avevo avvisato la mamma... ti ho detto una piccola bugia!»
Stava piangendo. Rose e il Dottore ascoltarono in silenzio e, nel vedere la disperazione di Delia e la sua incredulità, piansero in silenzio.
«Ood Delia...» disse Ood Θ «non piangere. Continua a sorridere, continua a vivere, perché per te il fato ha riservato un altro destino. Mi dispiace solo di non esserci quando sarai cresciuta.» Morì dopo aver finito di dire ciò che pensava. "Bambina mia, ti vorrò sempre un mondo di bene."
«PAPÀ! NON MI LASCIARE! NOOO!!!»
Pianse. Pianse più forte che poteva. Rabbia. Ne provava tanta in quel momento. Satana, invece, si presentò al loro cospetto e mostrò un sorriso soddisfatto. «Non avrebbero mai dovuto imprigionarmi negli inferi!»
«Tu!»
«Uccidimi Ood Delia! Non è ciò che desideri fare ora?» chiese, con un ghigno, il demonio.
«Delia non lo fare!» gridò il Dottore.
Rose, in un impeto di rabbia, uccise Satana, l'assassino dei genitori della sua cara Delia.
«Rose Tyler...» il demonio era sconcertato, quanto era l'incredulità del Dottore «Tu!» disse poi «Patirai le pene di un amore sofferto!» Infine, Satana scomparve.
«Rose... grazie» disse Delia abbracciando la donna che poco a poco stava riassumendo il controllo.
La bruna, poi, dopo essersi asciugata le lacrime, inspirò a fondo e fece qualche passo in avanti.

A kite above a graveyard grey,
At the end of the line far far away...
A child holding on to the magic of birth and awe.

«Che sta facendo?» chiese dubbiosa Rose.
«Lei è un Ood per metà, ora guarda cosa può fare una voce colma di speranza dall'animo ferito»
Rose non comprese le parole dell'uomo, ma fece come aveva detto: guardò Delia. La sua voce si stava innalzando sempre più, facendosi sentire da tutti gli abitanti e lo squarcio sul terreno poco dopo scomparve, come se non fosse mai esistito.

Oh, how beautiful it used to be
Just you and me far beyond the sea.
The waters, scarce in motion

Quivering still...

Il vestito di Delia era rosso ricamato con pizzo d'oro alle maniche e alla vita era legato un cinturone d'oro che luccicava grazie ai raggi solari che stavano vincendo l'oscurità di quella notte dolorosa. I suoi capelli bruni erano raccolti in uno chignon, legato con un nastro di seta rossa. Il corpetto a forma di cuore lasciava spazio ad una collana d'oro bianco abbinata agli orecchini di perla e le ballerine rosse le permettevano di camminare aggraziatamente sulla neve.

At the end of the river the sundown beams.
All the relics of a life long lived.
Here, weary traveller rest your wand,
Sleep the journey from your eyes
.

Gli occhi arrossati dal pianto non impedivano alla ragazza di sorridere.
"Ti voglio bene Delia."
Anche Delia, ora, l'aveva capito. Suo padre lo sapeva e non gliel'aveva detto. L'amava così tanto? Si.

Good journey, love, time to go.
I checked your teeth and warmed your toes

In the horizon I see them coming for you.

"Bambina mia, impara a curare le ferite altrui, così facendo curerai anche le tue."
«Mamma...»
Sapeva che questo dolore non l'avrebbe mai abbandonata, ma sarebbe andata avanti. Avrebbe continuato a vivere anche per i suoi meravigliosi genitori.

 

The mermaid's grace, the forever call...
Beauty in spyglass on an old man's porch.
The mermaids you turn loose brought back your tears
...

 

Tutti gli Ood sopravvissuti si unirono all'inno di Delia. La bruna li guardò: loro sentivano la sua ferita e le stavano porgendo una mano per uscire dall'oblio.
«Che melodia bellissima.» Rose ammirò la forza d'animo di Delia. Nonostante avesse perso entrambi i genitori, non si stava arrendendo.
«Ood Delia...» sentenziò Ood Κ non appena il canto fu portato a termine «vorremmo che tu diventassi la nostra guida.»

La bruna restò senza parole: sentiva il loro animo puro e non poté che accettare. Loro si stavano offrendo di essere la sua nuova famiglia. Sicuramente non potevano prendere il posto dei suoi genitori, ma volevano aiutarla a superare quel trauma. Delia, tra la commozione di Rose e del Dottore, in lacrime accettò.
«Ora dovremmo proprio andare.» iniziò il Dottore «Spero di rivederti! Continua a sorridere.» concluse poi, abbracciandola.

Rose si avvicinò e anche lei, come il signore del tempo, abbracciò Delia. «Ti aspetto a casa.»
«Si, sorellona.» disse con un lieve sorriso.

Quando la cabina scomparve, gli Ood intonarono nuovamente quel canto, ma questa volta i cuori di tutti loro non sarebbero più stati tristi per le perdite, bensì avrebbero diffuso la forza di andare avanti di quella bambina a cui il demonio ha strappato la cosa più importante.


 

***angolodellautricechementrescrivevasiémessaapiangere***

Ciao a tutti ;')
Scusate, ma sto ancora piangendo.

Allora... Siccome Phoenix voleva sapere qualcosa in più su Delia, ti ho accontentata ;D Spero che, anche se deprimente, ti sia piaciuto ;D Inoltre, anche se triste mi è piaciuto scrivere questo capitolo. L'episodio che ho narrato (e che ho un po' modificato) si chiama "L'abisso di Satana" preso da Doctor WHO e la canzone che ho usato per il finale si intitola "Turn loose the mermaid" dei Nightwish ;)
Ringrazio come sempre tutti quelli che la leggono (siete in tanti, eh! ^^ Mi fa molto piacere!) Grazie anche a MonaLuna, ad Alis, ad Ale e a te Phoenix! <3 Grazie per le vostre bellissime recensioni ^^ Me le rileggo sempre :) Spero di non avervi deluso :)

Penso di aver detto tutto, perciò io andrei...

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Il segreto che salverà una vita

 

Celeste POV.

"Trunks... Delia..."
Mi sentivo tutta indolenzita, forse più come delle uova strapazzate. Aprii, o meglio, cercai di tener aperti gli occhi una volta svegliata. Poi, tentai di mettermi seduta: l'impresa fu ardua, come ardua fu per Ulisse il ritorno a Itaca.

«Me li sono sognati, allora, quei due fuori di testa...» Diedi voce ai miei pensieri. Mi guardai attorno: la stanza non era tanto grande, ma la mobilia era molto raffinata e, come potevo constatare, il letto su cui giacevo era davvero confortevole. Un po' ero delusa di essermi sognata quei due tipi stravaganti. Mi erano sembrati troppo simpatici e... troppo reali.

«Sono indignato!»
«Hai davvero creduto di averci sognato?»

Neanche il tempo di battere le palpebre che vidi due giovani davanti a me. L'uomo doveva avere una ventina d'anni, aveva capelli a caschetto di un bel lilla, gli occhi erano azzurri e il suo fisico era come quello dei personal trainer che si vedono in televisione. Indossava dei pantaloni, lunghi fino al ginocchio, color polvere abbinata alla giacca che indossava e alle scarpe, invece la maglia era nera. La donna indossava una camicetta rosa e dello stesso colore erano gli stivaletti; per quanto riguarda i jeans che portava, erano grigio perla. I suoi capelli castani erano raccolti in uno strano chignon. Molto probabilmente per farlo, i suoi capelli erano stati raccolti in un'alta coda, prima, in seguito erano stati intrecciati per formare un treccia e poi fatti girare a destra e a manca, dando vita a quel meraviglioso capolavoro. Era sì strano, ma bello, molto bello a vedersi, ma ciò che mi spiazzò era il colore dei suoi occhi... non l'avevo mai visto: rossi con delle sfumature rosa nelle vicinanze della pupilla.
«Quindi voi siete così?» chiesi incredula. Erano davvero bellissimi.

«Che cosa pensavi di ritrovarti davanti?» chiese Trunks offeso.

«Eheh... quando vi ho chiesto chi eravate, non mi avete mica risposto! Io ho incontrato moltissime creature, pensavo che eravate... mah... non so... degli Auton! Ecco!» risposi mettendo il broncio.

«Auton? Ma si può sapere che gente hai incontrato con il Dottore?» chiese perplesso Trunks.

«Come fai a conoscere il Dottore? E come mai non parlate più in rima?» chiesi indagatrice.
«La pozione ci ha dato alcuni minuti per parlarti normalmente. Invece, per quanto... riguarda... il Dottore...»
«Delia che ti prende!?» chiesi spaventata. Lei e Trunks si portarono le mani davanti alla bocca. Si scambiarono uno sguardo che a loro disse tutto, respirarono profondamente e poi ripresero a guardarmi con la loro espressione dolce che già avevo visto pochi minuti prima.

«Il tempo si è esaurito,
parlarti normalmente abbiamo finito.»

«Cosa?!» Ero allibita. Meglio, sconcertata: adesso dovevo persino riprendere a tradurre ciò che dicevano!

«Celeste!» gridò allarmata Delia.

La guardai dubbiosa. Non capii. Perché Delia aveva quell'espressione sul viso? Per cosa si era stupita? Le mani di Trunks, non appena questo si avvicinò, si posarono sul mio collo.
«Hey! Ma che stai facendo?!» gli urlai. In meno di un secondo, mi ritrovai girata a guardare la mia destra.

«Cos'è quest' occhio
che dimora sotto il tuo orecchio?»

«Di che occhio parli?» chiesi terrorizzata. Sì: da quando mi ripresi, credo proprio di aver perso anche l'ultimo neurone che mi funzionava. Mentre mi facevo milioni e milioni di filmini mentali che potessero spiegarmi cosa fosse successo e dove mi trovassi, Delia si diresse nel comodino che si trovava alla mia sinistra e aprì il cassetto, tirando fuori uno specchio (chissà come faceva a sapere che lì dentro avrebbe trovato uno specchio...) per poi porgermelo. Lo presi e...
«XANA!» gridai terrorizzata. Non capivo. Come mai avevo l'occhio di XANA sotto il mio orecchio? Che cosa mi avevano fatto? Non riuscivo a spicciare parola. Nessuna. Ero rimasta lì, seduta sul letto con la bocca semi-aperta. «... voi non ne sapeta nulla..?»
Trunks e Delia scrollarono la testa.
«Dove sono?» chiesi poi, sperando di buttar via quell'alone opprimente che c'era in quel momento.

«Nella dimora
del presidente della Capsule Corporation, ti trovi ora.»

«E chi sarebbe?»

«La sua famiglia possiede dei poteri... speciali,
però sono buoni e leali.» rimò Delia e mi sorrise.

«Ma voi chi siete?» chiesi curiosa.

«Trunks e Delia.»

Avevano gli occhi tristi, nonostante mi continuassero a sorridere. Mi sentivo colpevole, anche se non sapevo per cosa.
«No, no! Il cognome. Che cognome avete? Dove abitate? Siete sposati? Avete dei figli?» chiesi assumendo il mio fare da bambina curiosa a cui bisogna rispondere. Stettero in silenzio. Forse ero stata un po' troppo invasiva.

«Noi... ce lo siamo dovuti dimenticare.» inizió Trunks.
«Lo abbiamo fatto per poterti incontrare.» concluse Delia abbassando lo sguardo.

Me? Avevano dovuto cancellare i loro ricordi, per cosa? Per proteggermi!? Per proteggere una ragazza che neanche conoscevano!?
«PERCHÈ!?» urlai con la rabbia che mi traboccava dagli occhi. Di nuovo non risposero. «Non riuscite a fare una rima con il quale mi illuminate?» sputai velenosa. «E poi come fate a conoscermi? Io neanche so chi siete voi!» continuai a dire imperterrita. «Potete anche non rispondermi, tanto le risposte le so già!» finii tagliente.

«Come le sai?» chiese Delia.

Questa volta non rimò. Era di stucco. Del resto, come poteva rimare dal momento che metà della frase le era morta in bocca?
«L'ho visto...» non volevo parlarne, ma queste tre parole mi uscirono involontariamente.

«Dove?» chiese serio Trunks.

Se gli dicevo che fin da quando ne ho il ricordo riuscivo a 'vedere' le mie risposte, mi avrebbero creduto? No. Inoltre, il Dottore era stato abbastanza chiaro: di questa cosa non ne potevo parlare a nessuno.
«Sesto senso.» tagliai corto. Un silenzio opprimente si impadronì della stanza: io, avevo distolto lo sguardo una volta che gli diedi la mia risposta e loro continuavano a fissarmi con fare indagatore.
Non molto tempo dopo, quasi volendomi salvare dalle altre domande che Trunks avrebbe potuto pormi, si udirono dei passi.
«Chi sarà mai?» chiesi impaurita. Tentai di alzarmi e, nonostante il mio equilibrio precario, mi avvicinai al grande armadio che si trovava nell'angolo della stanza e mi ci nascosi dentro. Da dentro l'armadio sentii la porta aprirsi e subito dopo, voci alterne di uomini e donne che si chiedevano dove fossi finita. Uno di loro pronunciò il mio nome e questo mi lasciò senza parole. Ma come facevano a sapere il mio nome? Di che cosa ero ignara?

«Celeste» cominciò Trunks «non sono cattive persone...
dà a loro almeno un'occasione.»

Che strano... sebbene avesse usato un tono di voce piuttosto alto, quelle persone sembravano non averlo neanche udito. Allora li potevo vedere solo io...
"Ma allora... io... vedo gli... spettri!?".

Un ricordo. Uno tanto brutto che rimossi parecchi anni fa si fece strada nella mia mente. Urla di persone e poi c'era solo il buio che mi faceva compagnia. Non amavo il buio e a dire la verità, non lo so nemmeno io il perché. Ma sentivo che se solo avessi cercato di capire il perché di questa paura, me ne sarei pentita, perciò cercai di pensare ad altro.
«Di-venterai come... noi.»
Ancora quella voce ferma e fredda. Non andava per niente bene. Cercai di reprimere il mio urlo colmo di terrore coprendomi la bocca con le mani, ma una lacrima rigò la mia guancia. L'asciugai subito con la manica della maglietta e, facendo dei respiri profondi, mi calmai. L'incubo di XANA stava per ritornare?

«Celeste!»
Non è possibile. Quella voce. Quella meravigliosa e inconfondibile voce che amavo con tutta me stessa. Lui è venuto a salvarmi. "Dottore...".
L' occhio!, mi ricordai. Dovevo assolutamente coprirlo, così accostai dei capelli sulla spalla, nascondendo XANA. "E ora che faccio? Esco? Ma che domande mi faccio, certo che no!".

Sentii che qualcuno stava osservando con sospetto l'armadio in cui mi ero nascosta e – credetemi – me la stavo facendo sotto.
«Celeste!»
Le ante dell'armadio vennero aperte con veemenza e la luce del sole mi spaesò per un po' ma poi, mi ci abituai e la persona che mi stava davanti iniziava sempre più ad essere nitida.
«D-Dottore!»
Si inginocchiò e mi guardò. I suoi occhi cominciarono a farsi lucidi, ma non per questo represse il suo solito sorriso da bambino. Mi abbracciò così forte che temetti di morire soffocata, ma per uno strano motivo quell'abbraccio sapeva di tutt'altri sentimenti. Lo ricambiai. Di una cosa ero consapevole: lui era stato in pena per me.
«Perdonami.» cominciò.
«Di che cosa stai parlando?» gli chiesi.
«Si dice sempre così per tranquillizzare una ragazza.» rise lui. E infatti stava funzionando. Non appena mi calmai del tutto, mi fece conoscere le persone che erano riunite in questa stanza.
«Grazie per esservi presi cura di noi.» dissi sorridendo. Goten mi guardò e mi appoggiò una mano sulla spalla.
«E di cosa? Se vi dovesse servire aiuto, noi siamo qui a vostra disposizione.»
Gli sorrisi. Era davvero tanto gentile, perciò Trunks aveva ragione... erano davvero delle persone buone. Sentivo che quegli occhi indagatori erano ancora fissi su di me, così mi girai incrociandoli: erano di Vegeta. Non mi faceva paura: se non ci avesse prestato aiuto, a quest'ora gli avrei già risposto in malo modo.

«Celeste, lui è buono,
ma non ammetterà mai di avere un cuore d'oro.» scherzò Trunks.

«È così che stanno le cose allora...»
«Celeste con chi stai parlando?» chiese Videl.
"Mannaggia! Mi sono dimenticata che loro non vedono né Trunks né Delia!"
«Tra me e me... eheh!» mi grattai la guancia per l'imbarazzo. «In che anno siamo?» chiesi poi, anche se credevo di saper già la data. Chichi mi rispose gentilmente. Forse aveva intuito che mi sentivo un po' a disagio, non che fossero loro la causa. «2015, cara.»
«Siamo solo capitati in un' altra città! Hai visto Dottore! So pilotare il TARDIS!»
«Celeste...» Il Dottore rise e a lui si unirono tutti quanti, ad eccezione di Vegeta che lasciò la stanza con aria seccata. Il suo comportamento mi insospettiva e non sapevo cosa me lo facesse pensare.
«Vado al bagno Bulma. Posso?»

Mi sorrise. «Fa' come se fossi a casa tua!»
Uscii dalla stanza e cercai Vegeta ovunque. Andai in giro per tutta l'enorme abitazione, finché lo trovai camminare verso non so dove. «Vegeta!» lo chiamai e lui si fermò, così lo raggiunsi. «Perché continui a guardarmi in quel modo?» chiesi infastidita.
«Io guardo tutti così.» sbuffò. Stava per andarsene, ma, afferrandogli il braccio, riuscii a riavere la sua attenzione anche se mi stava incenerendo solo con lo sguardo.
«Non è vero. Tu sai, o perlomeno credi di sapere chi sono.» sentivo che lui, in qualche modo, mi conosceva e io volevo assolutamente avere delle risposte. «Se hai una teoria, dimmela! Non credo che tu mentiresti per nascondermi la verità: infondo mi hai appena conosciuta.»

Rimase in silenzio. Non mi piaceva il modo in cui aveva preso a guardarmi dopo che gli dissi queste parole.
«Tu...» iniziò a dire. Avrei finalmente scoperto chi ero o forse, mi avrebbe ammazzata. In ogni caso, il suo sguardo mi inquietava un pochino. «hai dei lineamenti non umani.»
Rimasi pietrificata. «Cosa? Come fai a dirlo? Tu hai conosciuto i miei per caso?» lo tempestai di domande. Forse avrei fatto a meglio a non chiedergli nulla, ma sebbene avessi paura, dovevo – volevo – scoprire le mie origini.
«Seguimi.» rispose soltanto. Incerta, feci come mi aveva chiesto, così ci incamminammo verso il verde giardino dell'enorme casa dei Brief e ci sedemmo; cioè io mi sedetti in una sedia che si trovava all'ombra dell'aiuola e Vegeta si appoggiò al tronco dell'albero a pochi passi davanti a me.
«Si tratta però di una leggenda che conoscono tutti, ma che – ovviamente – ha dell'impossibile.» fece freddo. «Perciò non metterti strane idee in testa, questo è solo quello che penso io.»
«Ma tu sei una persona molto intelligente e conosci moltissime cose.» gli dissi.
Lui mi guardò con la stessa espressione di chi ha avuto la conferma ai suoi dubbi.

«Ho incontrato un Dio parecchi anni fa. La sua bellezza e i suoi lineamenti erano davvero incantevoli.»
Lo guardai senza saper cosa dire: il principe dei Sayan, l'uomo più freddo di tutto l'universo, ha detto sul serio quelle parole? Incontrare un Dio ti cambiava? "Wow.".
«Tu assomigli tanto a quel Dio.»
«Che Dio era? Com'era? Dove l'hai incontrato? E quando?'»continuai imperterrita a bombardarlo di domande. Lui mi squadrò dall'alto in basso, come infastidito, ma rispose ugualmente alle mie domande.

«Ti ho detto di non metterti strane idee in testa e poi... Si può sapere perché vuoi sapere tutte queste cose?»
Se prima la mia felicità era alle stelle, ora alle stelle c'era solo il mio senso di impotenza.
«Il Dottore, pur sapendo chi erano i miei – e io so che lui lo sa, perché è un signore del tempo –, non vuole dirmi niente. Se provo soltanto a fargli una domanda su quest'argomento, lui si arrabbia!»
Silenzio. Quanto detestavo il silenzio che si creava dopo una tetra conversazione.
«L'ho incontrato quindici anni fa, qui a Satan City. Aveva i capelli dorati, ricci, proprio come i tuoi. Gli occhi erano blu e la sua carnagione era piuttosto abbronzata. Del resto, essendo il Dio del sole, come poteva non averla?»

Rimasi senza parole, ma quando stavo per porgli una domanda, il Dottore mi sollecitò a salutare Vegeta, dal momento che dovevamo ripartire.
«Non siamo molto distanti da Tokyo, perciò...»
«Grazie Vegeta. Tu non sai quanto le tue parole mi hanno resa felice!» lo interruppi.
Vegeta, strano a dirsi, mi sorrise. Ci salutammo e mi diressi dal Dottore. «Grazie di tutto amici! A presto!» dissi sfoggiando un sorriso a trentadue denti.

«Stateci bene, ragazzi! A presto!» esclamarono loro.
Entrammo nel TARDIS, dove il Dottore cambiò le coordinate. «Dove andiamo Dottore?» chiesi.
«In un posto che amerai tantissimo!» mi rispose divertito.

***

3 giorni prima..

«Dottore! Non appena mi sentirai dire che non vedo l'ora di vedere la ragazza dai lunghi capelli color miele, allora significa che io e Delia non ci saremo più...»


 

***angolodellautricefuoriditesta***

Scusatemi l'enormissimo ritardo!!!
Che posso dire su questo capitolo? Che il finale l'ho fatto abbastanza tetro e misterioso... ;)
Spero che vi sia piaciuto! ^^
Ringrazio come al solito tutti quelli che la leggono, poi Alis, Ale e Phoenix per aver recensito il capitolo precedente! Spero che vi piaccia anche questo! <3
Ora vado~

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Piccola premessa: Gli eventi che ho narrato nel precedente capitolo sono avvenuti prima del primo giorno di scuola, quindi ora siamo ritornate al presente, al fatidico giorno per Celeste... il secondo giorno di scuola! 0.0

In ogni caso, utilizzerò il Normal POV e siccome sono una cattivona, non vi spoilererò nulla~ Perciò, vi lascio! xD

 

Stranezze

 

"Ma che orrore l'uniforme della Raimon! Ma perché gli è venuta questa insana idea di rimandarmi a scuola?" pensò la miele, mentre si stava abbottonando la camicia bianca dell'uniforme davanti allo specchio di camera sua.

«Celeste, io penso che ti calzi a pennello!» fece Trunks, cercando di far calmare la ragazza.
«È perfetto!» si affrettò a dire Delia.

Ma Celeste, anche se le facevano quei complimenti, non ne voleva sapere di andare a scuola. Si sentiva ribollire dentro.
«Dottore!» gridò con i fumi che le uscivano dalle orecchie. Era arrabbiata come non mai. Il suo Signore del tempo sapeva benissimo che tra il nome 'Celeste' e l'azione 'andare a scuola' c'era sempre la negazione 'non ama', ma l'uomo si mostrava del tutto indifferente alla cosa.
Poco dopo, il responsabile dell'ira funesta della giovane si svegliò, più precisamente, quando la ragazza ebbe gridato il suo nome per almeno un centinaio di volte.
«Te l'ho detto:» fece l'uomo esasperato «vai a scuola e poi viaggiamo!» fece lui sbadigliando.
Celeste si morse un labbro. Perché non si ribellava? Solitamente non si faceva mettere piedi in testa da nessuno, ma il Dottore... il suo Dottore aveva quel potere che non sapeva neanche lei come definirlo. Era come un genitore al quale non si osava dir di no. Sebbene lo rispettasse e gli volesse bene, non voleva accontentarlo. La scuola non era per lei e se l'aveva lasciata, c'era un motivo.
«Perché?» cominciò Celeste «Perché tutto d'un tratto ti è saltata fuori questa follia!»
Il Signore del tempo si limitò a lanciarle un'occhiataccia.
«Celeste, basta. Ne abbiamo già discusso ieri sera.»
«No! Ieri sera tu sei tornato a casa quando, ormai, ero già nel mondo dei sogni!»
«Celeste, non te lo ripeto più: a scuola ci devi andare. Punto.» Lo sguardo del Dottore la raggelò. Alla fine la miele non protestò più. Si limitò a mettergli il broncio, poi prese la cartella e uscì di casa, sbattendola violentemente alle spalle, dirigendosi 'felicemente' a scuola.
"Mi dispiace Celeste. Ma lui ti ha trovata... sarai più al sicuro conducendo questa vita. Perdonami." Il Dottore entrò nella sua cabina e ancora una volta scomparve con essa, proprio come per magia.

***


Il tragitto casa-scuola, sebbene ci fossero Trunks e Delia, la ragazza lo fece in silenzio. I due spiriti non sapevano come poterla tranquillizzare, ma qualcuno interruppe quel silenzio davvero inquietante e i due furono sollevati.
«Ehilà Celeste! Come andiamo?»
La miele si girò per vedere a chi appartenesse quella voce. «Ulrich...» fece quasi sovrappensiero.
Il ragazzo le si avvicinò e le mise la mano sulla spalla, già intuendo la preoccupazione dell'amica. «Scommetto che hai perso!» disse, poi, il castano sorridendole comprensivo.

La miele si limitò ad annuire. Aveva diciotto anni, eppure non aveva neanche la capacità di dire 'no' al suo Signore del tempo. "Perché?", si chiese. Aveva le lacrime agli occhi, ma non per tristezza. Si sentiva come un uccellino chiuso in gabbia: impotente. Lei voleva stargli vicino, viaggiare al suo fianco, correre pericoli con lui... La sua famiglia era lui, eppure il Dottore, dopo che ritornarono dalla Capsule Corporation, aveva costruito quel muro spesso che li stava dividendo piano piano.
«Sfogati! Poi ti sentirai meglio, fidati!» fece Ulrich, con un sorriso sincero.
«Uffa! Io non capisco: sa benissimo che tra me e la scuola esiste un rapporto di reciproco odio!» sbuffò seccata «Ma allora perché? Perché mi ha fatto questo? Perché non vuole che io viaggi con lui?» sbottò esasperata.

«Non la stai facendo più grande di quel che è?» le rispose con un sorriso che fece aumentare la rabbia della miele; infatti, subito dopo ella lo raggelò con lo sguardo.
«Tu mi hai insegnato a vedere il lato positivo delle cose!» cercò di dire il castano, onde evitare che l'amica potesse fargli un occhio nero.
«E con questo? Dimmi, allora: quale sarebbe il lato positivo della scuola?» replicò sempre più spazientita. Ci fu silenzio. Ulrich vedeva la rabbia che usciva fuori dagli occhi dell'amica e sapeva benissimo che, quando si arrabbiava, bisognava distrarla.
«Puoi divertirti con il tuo compagno di banco!» fece poco dopo.

Celeste inarcò un sopracciglio, così Ulrich cercò di spiegarsi meglio.
«Ad esempio io e Odd giochiamo a SOS...»
«Si, ma il mio caro Polaretto sta sempre in silenzio, attento alla lezione e...», ma non finì di parlare che qualcuno la chiamò. «Celesteee!»
L'interpellata si girò, intuendo chi fosse. «Yumi!» E di fatti era lei, che si faceva strada tra gli studenti per raggiungerla. Poco dopo, quando anche Odd, Jeremy e Aelita si unirono a loro, si poté dire che il gruppo era al completo.
«Celeste è abbastanza... nera oggi.» sussurrò Ulrich all'orecchio di Odd che, però, fu sentito dall'amica che l'uccise con lo sguardo.
«Allora, ci vediamo alla fine delle lezioni.» disse Aelita per allentare la tensione. Così salutò la miele e con il suo ragazzo, Jeremy, si diresse in classe.

«Soli soletti, eh!» canticchiò maliziosamente Odd.
«Io accompagno Yumi.» fece intanto Ulrich scompigliando i capelli di Celeste.

«Non ti perdono lo stesso!» rispose la miele, facendogli una linguaccia affettuosa.
Si salutarono, poi anche Odd dovette lasciarla, poiché doveva andare dal preside per chi sa quale altro casino aveva combinato.
«Bene, ora faremo la strada insieme, non è così ragazzi?» fece Celeste sorridendo sia a Trunks che a Delia.

«Vedi: quando sorridi sinceramente sei più bella.» disse il ragazzo dai capelli lilla.

Celeste arrossì e ringraziò l'amico per il complimento.
"Ma chi sa quanti hanno avranno...", pensò la miele.

 

«Oggi sei sola Winnie the Pooh?»
"È la terza volta che mi giro stamattina! Ma si sono messi tutti d'accordo, per caso?" pensò la miele, cercando di non scoccare qualche termine volgare.

«Tulipano! Polaretto!» fece la miele raggiante, una volta voltata. Forse loro, l'avrebbero potuta consigliare...
«Hai la luna girata, eh!?» constatò il Tulipano.
«Ma come-?» Celeste rimase allibita. Si erano parlati soltanto la sera prima e già quel ragazzo comprendeva i suoi stati d'animo. "Che impressione" fu il pensiero della miele, provando un brivido lungo la schiena. «In effetti!» disse sforzandosi di abbozzare un sorriso.
Nagumo si avvicinò pericolosamente al viso di Celeste e ora c'era solo qualche centimetro di distanza tra loro. «Scommettiamo che è la scuola!» sorrise lui.
La miele si voltò da un' altra parte, per non dargli la soddisfazione di aver centrato l'obbiettivo.
«Andiamo in classe.» fece tagliente Suzuno, mentre li superava senza degnare loro di uno sguardo.
«Perché fa così, oggi?» chiese Celeste leggermente spaesata.
"No...", si ritrovò a pensare il Tulipano "Non ci credo!"

***


Non appena giunsero in classe, i tre ragazzi presero posto nei rispettivi banchi e poco prima, la ragazza ordinò ai suoi due spiriti di tornare casa, onde evitare che si potessero annoiare.
"Non durerò neanche tre secondi!", pensò la miele.
«Winnie the Pooh!» la richiamò Nagumo voltandosi «Ti presento Midorikawa Ryuuji.»
La ragazza inarcò un sopracciglio.
«E io sono Hiroto Kiyama, mentre lui è Endou Mamoru.» subentrò il ragazzo alla destra di Celeste, indicando, poi, il suo compagno di banco quando lo presentò.
«Beata tra i ragazzi!» disse acida la miele «Piacere.» sussurrò poi, come se fosse costretta ad essere educata.
Hiroto aveva la pelle diafana che faceva contrasto con i capelli rosso ciliegia e metteva in evidenza gli occhi acquamarina. I lineamenti del viso erano ben definiti ed il fisico era ben proporzionato ed allenato, dal momento che era un calciatore di calcio. Li aveva visti giocare questi cinque, una volta.
«Quindi non ti sai comportare con i ragazzi!» la risvegliò Hiroto, con tono malizioso.
«Per niente. Semplicemente, il solo fatto di essere a scuola mi dà la nausea.»
Non volò una mosca. La miele tenne il suo sguardo fisso su di Hiroto. Non voleva perdere quella lotta, ma si sentì profondamente nel torto.
"Forse, dovrei scusarmi...". Celeste abbassò lo sguardo, ma qualcuno lesse il suo pensiero.
«Se vuoi, dopo, puoi sfogarti con noi!» fece Midorikawa.
«E perché dovrei?» chiese Celeste inarcando un sopracciglio.

«Perché da oggi siamo amici!» esclamò Endou spingendosi all'indietro con la sedia affinché la ragazza lo potesse vedere.
Lui, era l'ultimo che le mancava da studiare. Endou aveva i capelli color nocciola e portava una fascia arancione. Aveva dei lineamenti un po' tondi, degli occhi scuri e un sorriso a trentadue denti sul viso.
«Ti piace il calcio?» aggiunse poi, con uno strano ed inquietante scintillio negli occhi.
La ragazza lo guardò dubbiosa: dirglielo o non dirglielo? Questo era il problema – a parte lo sbrilluccichio negli occhi da cucciolo che le stava facendo –! Decise di accontentarlo, perciò annuì con la testa.
«Si! Grande!» gridò nel bel mezzo della lezione il castano.
«Endou, invece di gridare tanto, potresti seguire meglio la lezione sulla schiavitù...» fece l'insegnante di storia.
Il ragazzo divenne rosso per l'imbarazzo e la classe scoppiò a ridere, compresa Celeste.
«Hai riso anche tu... Winnie the Pooh.» fece Suzuno.
«Polaretto! Non chiamarmi Winnie the Pooh!» disse la miele, facendogli una linguaccia.
D'un tratto, il telefono le vibrò.
"Un messaggio di Odd?", si disse.

“Este, oggi io e gli altri dobbiamo fermarci a scuola. Il preside ci vuole parlare, ma non è successo nulla di grave. Ci sentiamo nel pomeriggio.

Odd ;)

"Chissà perché..." si chiese la miele mentre scriveva la risposta.
Dopo la figuraccia di Endou, la lezione proseguì senza intoppi, fino a quando venne l'ora di ritornare a casa.
«Andiamo tutti a casa di Celeste!» propose il Tulipano.
«Io ci sto!» fece Hiroto abbracciando Midorikawa che arrossì per essere stato colto alla sprovvista.

Suzuno scrollò le spalle, mentre Endou, con il suo sorriso smagliante, diede l'okay.
«Hey, hey!» iniziò la miele «Tulipano, si sta parlando della mia casa. Ragazzi, mi dite che avete intenzione di fare!?» disse Celeste diventando nera.
Il Dottore poteva anche far saltare la sua copertura. Parlava troppo difficile e sarebbe stato cristallino che lui non poteva essere umano.

«Vogliamo fare amicizia con te!» fece raggiante Endou, prendendole le mani e sfoderando quello sguardo che avevano tutti i bambini quando supplicavano i genitori ad accontentare qualche loro capriccio.
La miele non riuscì a resistergli. «Dannazione! E va bene, ma ad una condizione!»
«Qualsiasi cosa!»

«Lasciami le mani.» fece tagliente la ragazza.
Il castano fece scivolare le sue iridi color nocciola sulle mani di Celeste che erano strette tra le sue. «S-sì. Scusami.» fece imbarazzato Endou.
La miele sospirò. "Ho un brutto presentimento...".
Qualcosa non andava, provò una strana morsa al cuore.
«In marcia ragazzi!» fece il portiere della Raimon.
«E tu sai dove abita?» chiese retorico Hiroto.
Endou si bloccò. Certo che no, come poteva?

La ragazza sospirò nuovamente e fece cenno ai ragazzi di seguirla. Il gruppetto si diresse verso la casa di Celeste e non appena arrivarono e dopo che questa aprì la porta, rimasero tutti a bocca aperta. Era un appartamento davvero delizioso, ben curato, pulito e sui toni caldi. Si tolsero le scarpe e percorsero il corridoio in parquet color nocciola, lucido, e si diressero in soggiorno. Questa stanza era direttamente collegata con la cucina. Le finestre, con delle tende sul rosa scuro, più sul porpora, avevano una piccola terrazza decorata con dei gelsomini e il ramo di lillà, intrecciato sulla ringhiera. La televisione era poggiato su un mobile, color senape, a destra della stanza e sia a destra che a sinistra di essa vi erano degli scaffali dove straripavano libri di ogni genere. I divani in tinta con le tende, erano posti davanti al televisore, mentre la cucina aveva i colori sul rosa antico.
«Ma che figa la tua casa, Celeste!» si stupì Endou.
«Come pensavi che fosse?» fece tagliente la ragazza.
«In verità non saprei...»
Celeste sorrise. «Fate come se foste a casa vostra. Solo in questa sala, sia chiaro!»
I ragazzi presero posto sui divani e iniziarono a conversare, mentre Celeste si diresse in cucina per offrire loro la merenda. «Perché sono l'unica a potervi vedere?» fece la miele, d'un tratto, ai suoi due amici 'invisibili'.

«Quando ami una persona,
vorresti non le accadesse qualcosa.» fece Delia, sorridendo affettuosa.

«E cosa c'entra questo?» domandò la ragazza.
Delia si limitò a sorriderle. Era un sorriso strano, non uno di quelli che ti lascia il cuore più leggero. Poi accadde che lo sguardo di Celeste si posò su un biglietto, lasciato sopra al tavolo.

Celeste,
comincia a correre! X, Dottore.

La miele impallidì. Il cuore aveva iniziato ad accelerare i suoi battiti, era terrorizzata e non sapeva il perché.
«Celeste, tutto bene?» chiese Suzuno, entrando in cucina.
La miele fece a tempo di ricomporsi e di rispondergli. «Si si. Tranquillo.»
"No. Per niente!" si corresse la ragazza.


 

***angolodellautricedalinciareperilsuomegaritardo***

Gente chiedo venia! Scusatemi!!!

Allora, ringrazio ancora tutti quella che leggono questa storia, che la recensiscono e che l' hanno messa sia tra le preferite, sia tra le ricordate, sia tra le seguite! Grazie a tutti! <3
Ora mi dileguo, se vi è piaciuto, fatemelo sapere!
Phoenix, Ale, MonaLuna, Mint: scusatemi il ritardo di questo capitolo! ;(

Spero vi piaccia! *^*

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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Capitolo 8
*** Avviso. ***


Ciao ragazze!

No, questo non è un aggiornamento e non sapete quanto mi fa male sia ciò che dirvi che dovrete aspettare ancora un po' per avere il prossimo capitolo. Mi sono successe un millemilioni di cose che davvero, non sono cotta ma di più. Ci tenevo a ringraziare tutti i miei lettori che – lasciatemelo dire – siete numerosissimi! Vi ringrazio con tutta me stessa! E poi, ci tenevo a ringraziare in particolar modo la mia carissima Mint che senza di lei quest'anno avrei fatto una strage. Ti adoro Mint, grazie!
Un grazie anche a te
Ale, che sei sempre stata presente – e paziente – in ogni capitolo di questa follia! Grazie!!!
Grazie
phoenix99 che hai tollerato anche la tragedia avvenuta a Delia, ahahah. Ti chiedo ancora perdono per averti fatto consumare i tuoi trenta pacchetti di fazzoletti(?). Io lo so che erano trenta... lo so(?). Ti voglio bene, lo sai. Vogliamo bene alla mia pazzia(?)!
E un altro grazie va a te
MonaLuna che hai tollerato pazientemente i miei ritardi negli aggiornamenti. Sono felice che la storia ti piaccia!

Ragazze e lettori, vi prometto che farò di tutto per aggiornare la storia. Prima però devo studiare... sono stata rimandata. Sì, lo so! Non fate quelle facce! Scrivo di notte e studio di giorno. Va bene?
Non vi farò aspettare ancora molto, ma vi prego di resistere ancora un po'.

 

#Hakuna Matata
Baci, Bebe <3

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