La bellezza della notte

di Chie_Haruka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Evee Cans ***
Capitolo 2: *** Panico. L’inizio dei “guai”. ***
Capitolo 3: *** Tutto cambia. . . niente è immobile ***
Capitolo 4: *** Il buon giorno si vede al mattino! + special: Non sempre vi è luna ***
Capitolo 5: *** Tolta la maschera cosa siamo? ***
Capitolo 6: *** Volevo il bis? Si, di pazzia! ***
Capitolo 7: *** Ho paura abbracciami ***
Capitolo 8: *** Spine + special. ( Passero solitario canta per me questa notte). ***
Capitolo 9: *** Provo qualcosa per te? succede l'inferno per me. ***
Capitolo 10: *** Myself ***
Capitolo 11: *** Profumo di rose ***
Capitolo 12: *** It's no period ***
Capitolo 13: *** Se le rose pungono significa solo che sono le più belle ***



Capitolo 1
*** Evee Cans ***


Note: i personaggi e il contesto, o qualsiasi cosa che ritrovante all'interno della fic, è puramente inventata da me. Tutti i diritti riservati all'autore( cioè io XD ma quando sono pessima. ok evaporo) Buona lettura:)
 
 
 
 
 



 
La bellezza della notte, delle tenebre, del male . . . ha sempre affascinato l’uomo. Ma vi siete mai chiesti il perché?
Il concetto di essere buono o cattivo io lo eliminerei nella qual’ora un individuo adoperi entrambi. Mi spiego. . . l’uomo ad esempio, è portato al male perché è nella sua natura. L’uomo è egoista. Sono pochi chi scelgono di combattere loro stessi per essere “buoni”, anche se sono consapevoli del fatto che non verranno e non faranno mai parte della società. Ma la società a cosa serve quando hai virtù e morale? La società è un illusione che si è creata l’uomo per nascondere i loro crimini e peccati. L’uomo non può mai raggiungere la felicità se si auto illude.
 
J./C./43,0094
Alla sua figliola.
Leggere le lettere di mio padre mi mette tristezza e nostalgia. Questa è una delle tante. . .  Anche se non ne capisco ancora il motivo e il senso del contenuto, sono convinta che lui in qualche modo sapesse che sarebbe morto. Che in quelle lettere ci sia un qualche strano messaggio per me.
Ormai sono due anni che non c’è più, e spesso mi ritrovo a piangere da un momento all’altro. Era il mio pilastro che mi teneva stabile ogni giorno.
Sono stata sempre una ragazza timida fuori dal normale. Da piccola non parlavo neanche all’asilo, tanto che la maestra chiedeva il perché a mio padre. Poi, quando ho iniziato le elementari, medie e liceo ho dovuto superare alcune barriere. Le interrogazioni ad esempio, per me erano un dilemma. Non perché non studiassi, anzi, ma mi mettevano ansia perché dovevo parlare davanti a tutti. E ciò mi mandava in confusione, tremavo, sudavo freddo e poi diventavo di mille colori.
Mio padre è morto in un incidente stradale. Stava tornando a casa quando un camion l’ho investi centrandolo in pieno.
Quando mi chiamarono i medici dell’ospedale rimasi senza parole, nessun flusso di parole passava dalla mia mente.
Quando arrivai sul posto, mio padre ormai era deceduto. Non ho avuto neanche il tempo di poterlo salutare. Non ho avuto il tempo di niente.
Mia madre morì quando avevo cinque, era troppo piccola per capirlo.
Piango molto al giorno. Prima singhiozzi forti poi un semplice pianto silenzioso.
Adesso vivo con mia zia, è più un amica di famiglia che zia. Ma io l’ho sempre chiamata così e la considero tale.
Ormai sto cercando di auto convincermi che è un momento che passerà, che starò bene, che riuscirò a chiudere capitolo e. . . e come diceva mio padre riuscirò ad aprirmi con gli altri.
 
Quando torna a casa mia zia, non mi faccio mai vedere da lei mentre piango. Non voglio farla preoccupare. . . semplicemente faccio finta che tutto sia apposto e parlo molto per evitare il discorso.
Adesso sono sdraiata con una noia assurda mentre rileggo e rileggo le lettere di papà.
Ho le cuffie, e la musica è troppo alta per poter sentire mia zia che è entrata nella mia stanza. Quando mi accorgo che è accanto a me, sussulto e lascio cadere lettere,cuffie e telefono a terra. Lei di rimando scoppia a ridere, poi, si siede sul letto accanto a me.
- Evee, ascolta non ti arrabbiare. . .  – mi dice piano e con una voce che riuscirebbe a sciogliere la neve.
- Dimmi zia – dico in tono pacato.
La vedo innervosirsi parecchio e inizia a contorcere le mani solo come lei sa fare. E’ il suo ticchio nervoso.
- Ti ho iscritta all’università di filosofia e psicologia! – mi guarda preoccupata, quasi non si strappa i capelli dal nervoso, perché dalle mani e passata ai capelli.
- Zia.. . ne avevamo già parlato. Ma visto che mi hai iscritto non vedo altra scelta – sospiro sconfitta.
Il discorso dei soldi non centra nulla, mio padre di mestiere faceva l’archeologo. Mi ha lasciato in eredità la grande villa che c’è fuori città e altro. Ma ho troppa paura di viverci da sola e soprattutto non ho ancora la forza di entrare lì dentro sapendo che potrei ricordare tante cose. . .
Comunque sia mia zia mia ha fregato!
Non esco mai se non per comprare qualcosa di necessario e non parlo con nessuno se non con lei.
La vedo super felice, trotterellando per la stanza. Poi si avvicina sull’uscio della porta facendomi la linguaccia e mi butta per terra come cibo per cani i moduli da compilare. Un test in breve. . .
“Ah, devo compilarlo. . . pure“. Penso sbottando fra me e me.
Osservo il questionario con astio e mi sale una certa voglia di gridare in faccia a quella donna tanto dolce ma tanto spietata.
Non è molto grande, ha una decina di anni in più di me e aggiungo che mi ha fatto pure da madre. Ha occhi azzurri ed è biondissima, figura slanciata e un seno da far invidia a chiunque.
 
Dopo dieci minuti decido e riesco senza problemi a compilare il quesito. Alla fine mi viene chiesto: chi sono, cosa mi piace fare, a cosa aspiro e perché ho scelto questa università. Tutto in rigorose dieci righe.
“Mhm dieci righe? Beh non c’è molto da sapere quindi potrei riuscire a fare un micro sunto” rifletto.
Inizio a scrivere facendo una descrizione su di me. . .
“Mi chiamo Evee Cans, ho 20 anni, sono alta un metro e settanta e peso cinquantaquattro kili. Sono una persona riservata e pieni di dubbi.
Mi piace ascoltare musica e suonare il piano. Spesso mi dedico al giardinaggio per osservare la natura e il tempo. Non ho ben chiaro a cosa aspiro veramente, è una cosa delicata e complicata. Ho deciso di iscrivermi a questa università perché vorrei comprendere, almeno in parte, alcuni grandi dubbi che mi affliggono. Mi affascinano le cose che celano mistero e anche perché mia zia mi ha in parte dato la spinta a fare questo passo.”
 
Credo che sia una vera schifezza e che quando lo leggeranno mi butteranno fuori. Vorrei tanto sapere chi è questo suo “super amico”, che ha garantito la mia entrata facendomi saltare il test di ingresso e cose varie.
Ma del resto è quello che penso. Non mi piace fingere qualcosa che non esiste pur di arrivare a un obiettivo, come fanno molti. Solo che loro vanno avanti . . . io sono sempre qui, statica,ferma e immobile.
Il mondo gira al contrario. Nessuno lo sa ma è così.
Poggio i fogli del test sulla scrivania e raccolgo tutto quello che in precedenza avevo fatto allegramente volare.
- Evee è pronto! – trilla mia zia.
Più che trillare urla. Ultimamente è super felice, si sta “frequentando”, se così si può dire, con un uomo.
Non l’ho mai visto e so che domani farà la sua grande apparizione.
Con passo strascicato e i capelli arruffati scendo le scale lentamente, ma qualcosa mi blocca.
Una voce maschile.
“ OH merda!” impreco, consapevole che era oggi ma non domani.
Risalgo le scale alla velocità della luce e apro l’armadio per infilarmi dei vestiti ed eliminare il pigiama che precedentemente mi ero premurata di mettermi.
Pigiama. . . ma perché i boxer e una canotta è un pigiama? Me lo sono sempre chiesta.
Apro l’armadio forsennata in cerca di qualcosa che possa andare bene. Ora che ci penso Lily, mia zia, era vestita con un elegante tubino nero.
Quella donna sa confondermi . . . . 
Alla fine opto per un paio di jeans blu scuro e una camicia bianca. Infilo le converse a tutta velocità e corro in bagno.
Nel frattempo sento Lily che borbotta contro di me.
Sistemo i capelli alla meglio e nel tentativo di truccarmi stavo per perdere una lente a contatto.
“Dannazione a te che non avvisi le persone”. Sbuffo.
Dopo quindici minuti passati riesco ad arrivare di nuovo davanti alle scale.
Stavolta quello che mi ferma è la paura. Più che paura è timidezza. . . mi ero dimenticata che è una persona che non conosco e che dovrò interloquire con il nuovo arrivato.
Scendo le scale a rallentatore e faccio capolino in salotto ma non trovo nessuno. Poi sento dei passi dirigersi verso di me e mi giro di scatto.
-Tu devi essere Evee! – esclama l’uomo porgendomi la mano.
Inizio a diventare un pezzo di legno e come un robot compio l’immane sforzo di alzare la mano e stringere quella dell’uomo.
E’ alto. Al dire il vero è altissimo. Elegantissimo, ha una camicia blu scuro, giacca e pantaloni neri.  A giudicare come gli stanno rigidamente deve essere muscoloso. Ha l’ aria da super intelligente e di chi la sa lunga. Sguardo ammiccante e un profumo davvero ottimo. Occhi vermigli e i capelli di un castano chiaro sul miele.
Adesso capisco perché mia zia lo chiama “virile”.
- Evee ti ho chiamata almeno venti minuti fa - mi guada truce Lily quasi non mi infiamma con i suoi occhietti azzurri.
-Veramente ho impiegato quindici minuti, e vi chiedo scusa. Ho avuto un problemino con una lente a contatto- cerco di spiegare.
- Venti minuti! – ribatte prontamente.
La guardo inarcando un sopraciglio. Poi l’uomo scoppia a ridere.
- Ha ragione Evee. . . quindici minuti. Mi spiace Lily -  l’uomo fa un sorriso e prende posto a tavola.
Lily mi guarda truce e mi fa segno che se non mi siedo entro tre secondi mi fa fuori.
Mi siedo a mia volta e provo a guardare qualsiasi cosa, basta che non siano gli occhi di quell’uomo. Mi mettono a disagio. . .
- Evee, Richard è il preside della tua scuola – dice mia zia all’improvviso.
Stavo per bere l’acqua ma qualcosa mi diceva di abbandonare l’idea perché da li a poco sarebbe successo qualcosa. Infatti, ho evitato di sputare in faccia al preside della mia futura scuola.
- Oh! Che sbadato non mi sono presentato. Mi chiamo Richard e sono molto curioso di sapere come se la cava la figlia di James – si presenta in tono formale.
- Conosceva mio padre? – dico con un leggero nervoso, ma chi non mi conosce non può capire che quello è il mio tono quando sto per avere una crisi di rabbia.
E’ come se fossi benzina viva e quando qualcuno nomina mio padre mi accendo automaticamente.
- Eravamo compagni d’avventura. L’ultimo viaggio è stato in Perù – mi informa che erano molto intimi.
Mi sa che quest’uomo sa più del dovuto, e magari qualcosa che io non so.
Mentre mangiamo mi accenna qualcosa sui loro viaggi, a quanto fosse affezionato a mio padre, e che ha molte cose di cui parlarmi e che gli ha lascito un sacco di cose per me.
Rimango basita, non una parola. Mi chiedo se posso fidarmi di questo Richard ma la mia curiosità mi porta ad accettare un suo invito a casa sua per mostrarmi tutto quello che ha appena detto.
- Ha lasciato anche una cosa importante, lì in Perù. Ho una lettera in cui dice che se lui non avesse avuto il tempo di portarti lì lo dovevo fare io. – si ferma un secondo, contenendo un sorriso beffardo. – Era una vecchia volpe, sapeva sempre come incastrarmi – concluse portandosi entrambi le mani intrecciate fra loro sotto il mento. Fissandomi intensamente. Vedo i suoi occhi brillare e accendere quel suo colore vermiglio davvero incantevole.
Mi sento prendere fuoco e mi arrampico sugli specchi pur di evitare il suo sguardo.
- Zia! Quindi è grazie al signor Richard che sono entrata all’università? – domanda ovvia e super stupida. Forse la più stupida che io abbia fatto nella mia vita.
- Ti prego solo Richard – mi sorride. – le formalità lasciamole per la scuola. – conclude.
- Ah! prima che mi dimentico. Era oggi il primo giorno, ma siccome tu sei il caso dell’universo, hai la possibilità di iniziare domani. E . .  non voglio nessun “ma”,”però” o qualsiasi cosa tu stia per dire non dirla – interrompe il silenzio Lily.
“AH! Domani . . “. Penso.
Quindi in una mezzora ho detto una cretinata, accettato un invito di uno sconosciuto e per di più una quasi minaccia da parte di mia zia senza remissive.
Domani. . . il “domani”  mi rimbomba dentro la testa almeno una ventina di volte.
Sono rimasta in silenzio almeno per dieci minuti ed entrambi mi guardano preoccupati.
- tutto ok? – mi chiede Lily.
- Si, sono solo stanca. Vi lascio soli – faccio in tempo per dileguarmi e chiudermi nella mia stanza.
“Ok Evee, adesso vai a farti una doccia e vai a dormire, domani. . . inizierai un'altra vita . . .” penso prima di buttarmi a peso morto sopra il letto.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve gente! Sono tornata :3 ma so che a nessuno interessava xD
Anyway ci tengo a dirvi che. . . sono molto stressata in questo periodo e scrivo e scrivo come se non ci fosse un domani. . . che effettivamente non sappiamo se c’è un domani ma questo è un altro discorso.
Questa storia mi frullava da un bel po’, solo che un po’ il tempo, un po’ quello . . . non ho avuto modo di metterlo per iscritto. Mi sono fatta una premessa con questa storia, quella di farvi piangere ed emozionare XD non prendetela a male ma io voglio storie che emoziono e penso che sia lo stesso per voi. Qualcosa che possa in qualche modo scuotere il vostro animo. Vorrei lasciarvi un pezzo di me (?). Si ok compatitemi, sto studiando letterati davvero importanti in questo periodo che mi stanno facendo esaurire xD detto questo, spero che il prologo vi abbia incuriositi e che continuerete a leggere i prossimi capitoli. Ps: aggiornerò una volta a settimana (salvo imprevisti )
Un bacio, Haru <3
 

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Capitolo 2
*** Panico. L’inizio dei “guai”. ***


Note: i personaggi e il contesto, o qualsiasi cosa che ritrovante all'interno della fic, è puramente inventata da me. Tutti i diritti riservati all'autore. Buona lettura:)
 
 
 
 
 
 
 
“ Evee .  . . Evee . . . S-V-E-G-L-I-A”. una voce rigida e roca si sente in lontananza.
 Qualcuno mi chiama da un bel po’.
Sento pizzicare sulle guance, poi ,un morso forte al naso.
- Ahi! – biascico con la voce ancora impastata dal sonno.
“Ma cos’è stato?”. Mi chiedo mentre mi stropiccio gli occhi e mi osservo intorno, notando che dalla mia finestra escono prepotenti dei raggi luminosi.
- Evee! Svegliaa ! – il mio pappagallino ripete ancora di svegliarmi con la sua piccola vocina roca.
- Ah! È così sei stato tu a mordermi. Cattivo Cip – gli dico con finta rabbia.
E’ un piccolo pappagallino dai vari colori, azzurro,bianco,verde e giallo. Il becco anche quando può sembrare innocuo fa danni a chiunque! Mio padre me lo regalò un anno prima di morire.
Ma Cip non demorde e continua a ripeterlo. Di solito quando fa così, significa che qualcuno gli ha imparato qualche nuova parola ma lui se le dimenticata.
Lo prendo tra le mani e me lo avvicino sul viso per osservarlo meglio.
- Che c’è? – dico piano amorevolmente, carezzandogli la testolina.
- Lily! Primo giorno. Evee – mi dice lui, ricordandosi cosa doveva dirmi.
“Primo giorno. Lily”. Oh merda!
Adesso è tutto chiaro. Ma che scema! Ieri sera non ho messo la sveglia e questo è il risultato.
Dannazione a me. . .
- Grazie Cip – lo adagio piano sul letto per poi dileguarmi in bagno e prendere il telefono.
Lo accendo è noto che sono le otto in punto. Ho tecnicamente quindici minuti per: lavarmi, vestirmi, prendere le mie cose e correre fino dall’altra parte della città per arrivare in tempo all’università.
Mia zia deve tagliare corto con questa storia dell’orologio. . .
In casa nostra non c’è neanche un orologio,se non quello del telefono. Lily ne ha una paura matta, dice che la fa impazzire. “Mah! Sarà . . “
Tolgo il pigiama in fretta e furia, quasi non lo strappavo, e mi infilo senza tante cerimonie in doccia.
L’acqua è congelata ma non ho tempo per poter aspettare che arrivi quella calda.
Dopo essermi lavata, esco fuori cercando di non scivolare.
Con una mano mi asciugo con l’altra cerco di sistemare il mio viso, che in questo momento non ha nessuna voglia di svegliarsi.
Nel frattempo suona il mio cellulare.
- Ma proprio adesso deve chiamare mia zia? – prendo il telefono mentre cerco di mettermi un po’ di eye-liner.
-Pronto?- dico con il fiatone mentre mi dirigo a grandi falcate vicino l’armadio.
- Si può sapere dove caspita sei? – mi chiede mia zia furente.
“Già, dove sono?”. Dico mentre osservo il mio armadio messo sotto sopra. Poi mi scappa una risatina nervosa e Lily sospira affranta, perché non sa più come prendermi.
- Muoviti! Sono qui sotto con Richard che ti stiamo aspettando – e Lily riattacca.
“COSA?”. Oh buon dio!
Il senso di vergogna che ora sto provando non lo può capire nessuno.
Prendo senza rifletterci più di tanto la mia amata camicetta blu e i jeans neri.
Prendo la borsa, gli odiosi occhiali neri e li metto. Saluto Cip senza neanche degnarlo di uno sguardo e con un salto arrivo al piano di sotto senza dover fare le scale.
Mentre mi dirigo verso la porta prendo una ciambella e la infilo in bocca e le chiavi per chiudere.
Ma prima di aprire la porta cerco di far scendere giù la mia colazione. Nel tentativo di soffocarmi entra mia zia e mi tira fuori a calci e chiude lei la porta.
- Buon giorno – mi saluta un Richard solare facendomi salire in macchina.
- E-ehm buo-giorno anche a lei- farfuglio, colorando le mie gote di un rosso acceso per il non giustificato ritardo.
E’ una poche nera! Molto bella a mio avvio.
Entro in macchina senza moine e rimango in religioso silenzio, sentendo le varie sfuriate da parte di Lily. Quando fa così . . anche le montagne si metterebbero ad urlare.
- Si può sapere quando ti sei svegliata? – mi chiede abbassando un po’ il tono.
- Ho dimenticato di mettere la sveglia e . . . e mi ha svegliata Cip- dico piano colpevole.
- Cip? – mi chiede Richard curioso, interrompendo Lily pronta a dirne un'altra delle sue.
Magari era stufo di sentire vociare parole senza senso. Anche se alcune in realtà le avevano.
Ma si sa, le donne quando si fanno prendere dalla rabbia iniziamo a dire cose a vanvera.
- Cip è il mio pappagallino. Continuava a chiamarmi e alla fine mi ha dato un morso per svegliarmi – dico seria e un po’ arrabbiata per il morso.
Sento Richard ridere e poi mi guarda attraverso lo specchietto facendomi l’occhiolino.
- Bene, allora dovrò ringraziare il tuo pappagallino per avermi risparmiato altri minuti in cui tua zia faceva il diavolo a quattro. – disse ridendosela e mia zia facendo la finta offesa.
Devo dire che è molto simpatica come persona, naturalmente se smettesse di fissarmi ogni tanto. Ogni volta che lo fa sento che, oltre ad osservarmi, mi scava dentro. Come se riuscisse a vedere veramente come sono interiormente. . . o forse semplicemente mi faccio troppe paranoie inesistenti, magari è per via del suo sguardo e del colore dei suoi occhi.
Ma poi cosa mai potrebbe vedere di me? Che sono una persona triste in tutti i sensi? Una persona che non sa girare pagina? Una persona asociale? Già potrebbe vedere solo questo . . .
- Bene io scendo qui, devo andare a fare un po’ di compere. E tu – mi indica con l’indice e con sguardo truce- cerca di non combinare guai e stai attenta alle lezioni – concluse Lily per poi dileguarsi.
“OK  Evee, calma, non farti prendere dal panico. Sei solo con un uomo,nonché tuo preside, nella sua macchina e ti sta accompagnando fino a scuola”. Probabilmente legato molto a mia zia e magari ieri sera hanno approfondito  questo legame. . . ma questa è un'altra storia di cui mi importa poco e non me ne devo impicciare.
In questo momento sono il panico in persona, mi sudano le mani, ho freddo e Richard fortunatamente non mi calcola di striscio.
Dopo un paio di minuti ringrazio tutte le divinità ,che ci possono essere, per avermi fatto arrivare a scuola e finalmente dileguarmi.
-Bene signorina,la corsa è giunta al termine. Dirigiti velocemente nella tua classe perché stanno per iniziare le lezioni . . .- si sofferma per un attimo, quasi ci stesse riflettendo a cosa doveva dirmi – AH! Dopo le lezioni passa dalla presidenza cosi ti consegno quella lettera di cui ti parlavo ieri- mi dice per poi scendere dalla macchina.
Lo ringrazio del passaggio e sparisco dal suo raggio di visuale.
Nel frattempo che mi dileguo , non mi rendo neanche conto che sono entrata già nell’edificio e c’è un sacco di gente che passa tranquillamente senza badare a me.
Ciò non mi può che farmi felice. Non mi piace essere al centro dell’attenzione.
All’improvviso la campanella suona e io non ho la minima idea di dove possa essere la mia classe.
“Oddio,Oddio. . .  Panicooo”.
Poi la lampadina si accende e mi ricordo che Lily mi aveva messo un piccolo foglettino insieme ai fogli del test dentro la borsa. Così cerco di recuperarlo ma non ne vuole sentir ragioni di uscire allo scoperto.
Ciò mi provoca ulteriore agitazione . . . alla fine riesco a prenderlo ma questi vola via.
- Ma porco Giulio! – cerco di imbestialirmi senza risultato e inizio a rincorrere il bigliettino come una cretina. Come quando quei bambini cercano di prendere invano le farfalle.
Ma quest’ultimo ha deciso di infilarsi sotto la porta di una stanza. Così senza rendermene conto entro e raccolgo quel dannato pezzo di carta.
- Corso “A” primo anno – dico ad alta voce.
- Si è questo! Devi essere nuova – mi dice qualcuno.
Alzo gli occhi e mi rendo conto di aver fatto la ridicola, nonché una figuraccia, davanti a una classe intera.
Divento inesorabilmente color porpora in faccia per la vergogna.
- Su, va a sederti pasticciona! Devo iniziare la lezione io – mi invita gentilmente, quello che sembrerebbe il mio prof.
Mentre prendo posto l’osservo con insistenza. E’ molto giovane, può avere un paio d’anni in più di me ed è molto alla “moda” se si può definire cosi.
E’ vestito come un ragazzino, jeans e una maglietta con la scritta “ I love figa”, occhi verdi, capelli di un castano cioccolato e una pelle chiarissima. Più chiara della mia.
- Bene, visto che siamo tutti posso iniziare a presentarmi – si sofferma il prof amante di figa . . . – Sono Albert e insegno da un paio d’anni. Mi sono diplomato molto giovane come potete costatare voi stessi. . . Oggi come prima lezione voglio che mi parlate un po’ di voi. – finì il professore Albert facendo presentare uno ad uno le persone che c’erano nei primi posti.
Non sembrava ascoltarli minimamente, faceva di tutto ma non ascoltarli.
“Ma che razza di prof è mai questo?” mi chiedo. Ma mentre me lo chiedevo me lo ritrovo davanti con le mani ai fianchi.
- Beh magari se la signorina pasticciona e ritardataria ascoltasse . . – mi richiama disapprovando la mia “disattenzione”.
- Ma io stavo ascoltando! – replico infastidita. Sorprendendomi di me stessa per aver ribadito con una persona all’infuori di Lily.
Tutti si girano verso di me e mi osservano con circospezione.
 - Ah si? E dimmi, lui come si chiama e che ha detto? – mi chiede il professore Albert indicandomi un ragazzo del primo banco.
- Si chiama Giorgio Bianchi, ha 22 anni, lavora come fioraio e ha tre gatti, uno grigio e due rossi, e vive in periferia – dico zittendo le piccole risate che si erano create un minuto prima.
Albert rimane basito guardandomi con tanto d’occhi.
“Cosi impari a chiamarmi pasticciona. .  chi ti ha dato tutta questa confidenza?”
- E cosi ascoltavi. . . sembravi in un altro un mondo. Va bene non importa, tocca a te. Presentati! – mi indica.
- Sono Evee Cans e sono qui per studiare psicologia – finisco la mia “presentazione”. Non amo fare conversazione figuriamoci presentarmi.
- Tutto qui? – mi chiede deluso mettendo le mani dietro il collo.
- Tutti i presenti di oggi sono qui per studiare psicologia, questa lezione non è una perdita di tempo, ma è fatta per uno scopo. Ritenta. – mi spiega sedendosi di fronte a me poggiando i gomiti sul banco e con le mani si sorregge il volto.
- Allora? Vuoi qualche suggerimento? Tra l’altro sei l’unica ragazza in questo corso – dice con fare sconsolato.
- . . . non mi piace parlare – dico flebilmente.
Lo vedo in un primo momento accigliarsi poi semplicemente solleva un sopraciglio.
- Ah, pure timida. Ti sbloccherò tranquilla! A fine giornata mi manderai a quel paese, fidati! – mi dice per poi alzarsi e andare vicino alla cattedra.
Fa presentare il resto della classe e alla fine mi trascina fino alla lavagna facendomi svolgere una funzione di secondo grado e un logaritmo. Quando finisco mi giro e vedo facce sconvolte e dei mormorii , “ come ha fatto”, “ cosa sono queste cose” o “ ma questa è psicologia?”. A quanto pare sono capitata in un corso molto, ma dico molto particolare.
Mi chiedo che problemi abbia questo professore . . . sul serio. Mi sa che ho sbagliato classe.
- Ma che brava la nostra pasticciona, sa anche contare –  cerca invano di sfottermi.
Ma in tutta franchezza suona l’ora. Così prendo le mie cose con tutta la tranquillità di questo mondo ed esco facendo la linguaccia a colui che desiderava essere mandato nelle sconfinate ,ma super popolate, valli verdi del vaffanculonia.
 Curiosa e stufa di come si andata la mattinata chiedo a una collaboratrice dove si trovi la presidenza, questi mi guarda con un velo di paura dandomi le indicazioni per poi sparire.
Devo seguire un lungo corridoio e poi salire le scale, dannate scale che siete ovunque, e poi andare in fondo .
Alla fine riesco ad arrivare senza problemi e busso alla porta.
Qualcuno viene ad aprirmi. Una donna alta, fasciata da un vestitino corto e super aderente di color nero, mettendo in risalto le sue pronunciate forme.
 Ha i capelli lunghissimi e neri, gli occhi color ghiaccio e super truccati di nero  e. . . é una bellezza disarmante. Non parla. Mi fa solo cenno di entrare.
La stanza è immensa ed è immersa in grandi librerie, divani in pelli con vari quadri di prestigio. Con tante finestre grandissime.
 Al centro la scrivania in mogano è in perfetta armonia con il tutto, tanto da far rilassare anche la persona più nervosa di questo pianeta.
Con passo cauto, entro piano e subito la figura di Richard compare.
- Alla fine sei riuscita a venire. – mi dice e si dirige verso la grande finestra che regala una magnifica vista dell’università.
Il cortile è fantastico, pieno di verde! Alberi e fiori di ogni tipo e una piccola fontana con dei piccioni che ci girono attorno.
Poi Richard interrompe il silenzio.
- Giusto . . . la lettera. Sono davvero desolato ma l’ho lasciata a casa. L’autista ti accompagnerà fino a casa mia, li ci sarà sicuramente uno dei miei figli che potrà aiutarti. – mi liquida, lasciandomi interdetta.
“io . . . cosa? Devo andare a casa sua? Chiedere ai suoi figli di consegnarmi la lettera? Sta scherzando vero?”.
No, non sta scherzando. Ha la faccia seria di chi ha problemi gravi a cui pensare e fa cenno alla sua. . . non saprei come definirla, chiamiamola “segretaria”, di aprirmi la porta e accompagnarmi fino in macchina.
La ragazza non fa obbiezioni e io non ne ho neanche il tempo di farle perché praticamente siamo già al piano di sotto.
Alla fine sono davanti a una macchina nera, a quanto pare ha la mania delle macchine nere, e la signorina mi chiude gentilmente lo sportello.
Mi maledico, maledico qualsiasi divinità che conosco e ne invento pure di nuove. Alla fine l’autista entra in macchia e partiamo.
 
 
 
 
 
 

Angolo Autore:
Salve a tutti *^* come state? Io sono più esaurita di prima. . . la scuola uccide. . . MI uccide. Comunque sia lasciamo perdere, stendiamo un velo pietoso xD
Questo è un capitolo di “transizione”, prima che inizia tutto il casino che ho in mente. Non temete, ho colpi di scena a non finire muahhaha (almeno spero xD ok la smetto ).
Spero che questa storia in minima parte vi stia suscitando qualche interesse. Lo so, forse è un pochino confusionale e SOPRATTUTTO NON HO ANCORA DESCRITTO FISICAMENTE EVEE. PERCHE’?
Il perché è semplice. Perché questo compito non spetta a me, ma a chi verrà dopo nei prossimi capitoli. ( sono diventata una verista come Verga xD utilizzando l’impersonalità (?) D: ) ho problemi compatitemi.
Qualsiasi dubbio, chiarimento o qualsiasi cosa potete contattarmi tranquillamente u.u non mangio nessuno!
Detto questo mi eclisso xD
Un bacio, Haru <3

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Capitolo 3
*** Tutto cambia. . . niente è immobile ***


Note: i personaggi e il contesto, o qualsiasi cosa che ritrovante all'interno della fic, è puramente inventata da me. Tutti i diritti riservati all'autore. Buona lettura:)
Piccolo avvertimento: questo capitolo si divederà tra i pensieri della protagonista e di un nuovo personaggio.
 

 
 
 
 
 
 
Il tragitto non durò molto. Non perché era breve ma perché l’autista non aveva il buon senso di guidare e rispettare la segnaletica.
“Se sapesse Lily mi manderebbe all’altro mondo. . .” riflettei sulla cosa, perché sapevo benissimo di aver fatto uno sbaglio.
Lei me l’ha detto un sacco di volte . . . “ non ti fidare di sconosciuti”,”non salire in nessuna macchina” e cosi via.  Potrei continuare all’infinito!
Ma alla fine Richard lo “conosco” , più lei che io, ma direi che posso fidarmi. Tra l’altro è amico di papà, non penso ci sia da preoccuparsi.
Nel frattempo non mi accorgo che la macchina si è fermata.
- Signorina, prego. – l’autista mi fa scendere.
Guardandolo ha l’aria di chi rimarrebbe indifferente se ci fosse un morto in casa.
E’ pelato, carnagione scura,occhiali da sole neri e un completo, ovviamente, nero.
Scendendo dalla macchina rimango basita.
E’ una villa bellissima ed enorme. Più grande della mia . ..  solo che questa è ben curata ed emana una bellissima sensazione. Quasi mi viene da piangere per avere lasciato la mia in balia del tempo e della rovina, uccidendo tutte le belle piante che c’erano.
Ma la cosa sorprendente è ritrovarvi in una vasta distesa di rose di ogni genere, ibischi di tutti i colori e pure delle orchidee.
Per raggiungere la villa dobbiamo attraversare un tragitto fatto in pietra e marmo, con sopra disegnati dei strani simboli, ad entrambi i lati ci sono prati e alberi come salici piangenti e piccoli cespugli con le calle.
L’autista/maggiordomo , a quanto ho capito fa anche quello, mi conduce verso in quella vegetazione. Nel frattempo al suo seguito mi osservo attorno sbalordita e continuo a girarmi e rigirarmi per ammirare quel piccolo Eden sulla terra.
Non significa nulla che mio padre mi ha lasciato un eredità così generosa da poterci vivere tutta la vita ma non gli ho mai dato peso o importanza.
Non sono mai stata una persona con la puzza sotto il naso. Anzi, non ho mai utilizzato i soldi di papà per fare qualsiasi cosa. Ma neanche quelli di Lily, sia chiaro.
Ho lavorato per un paio d’anni e tutto quello che guadagnavo lo conservavo, ma ora . . . mi sto ritrovando al lastrico e credo proprio che sia arrivato il momento non solo di andare a lavorare ma anche di prendermi cura della villa. Di ritornare lì e affrontare la realtà!
La struttura della villa combacia armoniosamente con il verde che gli sta attorno.
E’ in marmo e in pietra lavica bianca, se non sbaglio. Moltissime finestre grandi e una particolare edera che si arrampica per tutta la villa. Ci sono alcune statue che raffigurano grandi lupi, ninfe e . . . e quella statua non ho idea di chi possa raffigurare.
A giudicare dalle forme sembra una ragazza guerriera con tanto di armatura e spada, posta in una posa di fierezza. Purtroppo non si può scorgere il suo viso perché è coperto da un elmo.
L’entrata è un portico sormontato da un tetto triangolare, in cui vi è uno stemma ormai distrutto dal tempo,sorretto da quattro colonne.
“ Devo dire che il costruttore di questa villa ci si è dedicato veramente. . .”.
- Prego signorina – il maggiordomo mi fa entrare e mi dice di attendere qualche minuto.
La hall è qualcosa di proibito, di cui la bellezza è un peccato, chi la guarda deve poi purificarsi attraverso l’unica purificazione suprema, la morte.
E’ una sala immensa, il pavimento è fatto di un marmo pregiato in cui puoi specchiarti. Ci sono quadri antichissimi e in una parete vi è la collezione di varie monete greche,romane ed egizie.
Mobili antichi risalente al gotico, uno sfarzo continuo. . . Una credenza con un argenteria fatta di cristallo, che luccica troppo per essere un comune cristallo, e in una parete spade, coltelli e scudi di ogni tipo .
Le pareti sono ornati da specchi, di cui le cornici sono in oro massiccio e pietre preziose, da tappeti antichi risalenti l’antica Grecia, e sopra vi sono alcune decorazioni dipinte, raffiguranti scene di guerre e luoghi di pace.
“il tetto . . .” pensai rimanendo a bocca aperta.
Il tetto è qualcosa di davvero magnifico, credo di aver impiegato una decina di minuti a contemplarlo e assumendo un espressione da ebete, con tanto di “wow”.
Vi è raffigurato il paradiso, angeli e demoni che vivono in armonia al centro, ai lati vi è un posto grigio e austero con quella guerriera di prima e un essere umano seduto che accarezza un lupo e con l’altra mano tiene una mela rossa.
Mi sento a disagio e in imbarazzo, per non parlare che ho la sensazione che qualcuno mi stia osservando.
Infatti credo che siano passati alcuni minuti che il mio professore Albert mi guarda divertito.
“un attimo. . . cosa ci fa lui qui?” pensai guardandolo con una nota di stupore.
Perché mai, e poi mai avrei pensato che uno con la maglietta “i love figa”, si potesse incontrare in un posto del genere.
- Ti piace eh? – mi dice con sguardo ammiccante.
- Dire mi piace sarebbe un offesa – dico curvando le mie labbra in un leggero sorriso.
- Dimmi pasticciona, cosa ti porta qui? – mi chiede.
- Ehm. .  ah si! Rich- cioè il preside mi doveva dare una lettera di mio padre e . .- non faccio in tempo a finire la frase perché mi interrompe.
- AHHH! MA TU SEI QUELLA EVEE? QUELLA CHE MIO PADRE SI PORTA LA TESTA DA UN PAIO D’ANNI E IL SUO AMICO JAMES! – mi urlò strattonandomi di qua e là e facendomi volteggiare in aria.
- Si sono io, ma ti prego basta mi fai girare la testa – cercai di dirgli tra un capo giro e l’altro.
-Ok scusami – ridacchia – è che finalmente so chi sei e sono sicuro che piacerai anche a  . . . – non termina la frase perché si sente un ringhio in lontananza.
- Ehm. . . dicevo? Ah si! la lettera vieni, è nello studio dei due pazzi archeologi – rise sguaiatamente.
A quel ringhio il mio cervello mi ha detto solo uno cosa “ Fai finta di niente, prendi quella dannata lettera e vattene via di qua”. Ovviamente non posso dargli torto, ma qualche domandina al mio caro professore gliela farò comunque.
- Quindi il preside è tuo padre? – chiesi con voce piccola.
Lui si gira appena e fa cenno a un sorriso beffardo.
- Eh già bambolina! – esclama – non si nota quanta virilità ho ereditato dal mio paparino? – ride facendomi soffocare la risata fuori luogo che stava per uscire.
Nel frattempo mi fa strada salendo delle scale per poi percorrere dei lunghissimi corridoi tappezzati da pregiati tappeti e pieni di quadri di ogni tipo.
“Devono essere amanti dell’arte!” pensai.
Albert si accorge che osservo ogni quadro con estremo interesse, infatti a fine corridoio prima di aprire la porta si ferma e mi guarda.
- Vedo che ti piacciono. Se vuoi entrare dimmi quanti quadri ci sono e chi li ha disegnati. .  e non girarti a guardare – disse cogliendomi alla sprovvista.
- Chi l’ha disegnati non saprei dirti, ma posso dirti che per ogni parete c’è ne sono una trentina – rispondo vedendo lo sguardo attento del professore.
- Brava la mia alunna. C’è ne sono ventotto per ogni parete e li hanno disegnati mio padre e tuo padre. – mi informa.
Alla fine si decide di aprire quella dannata porta e dietro di me sento un ombra muoversi facendomi sussultare.
Mi giro convulsamente in cerca di quell’ombra ma niente. . .
- Qualcosa non va? – mi chiede facendo finta di niente e cercando la lettera tra i vari libri dello studio.
- Avete qualche cane o qualche animale? -  chiedo guardandomi intorno.
- No perché? – mi guarda con la coda dell’occhio.
- A me sembra proprio di si, prima ho sentito un ringhio e ora ho sentito qualcosa strusciarmi – gli dico un po’ infastidita.
- AH! Ahahah – ride convulsamente – se ti riferisce a lui . .  beh si effettivamente è un pochino animalesco – mi indica un ragazzo seduto nella poltrona blu che prima osservavo dove non c’era nessuno.
È un ragazzo molto alto e a differenza di Albert che è molto magro lui è muscoloso. Ha la stessa pelle chiara di lui, gli occhi sono monozigote, uno verde acqua mentre l’altro di un vermiglio rubino, simili a quelli di Richard. I capelli sono neri con riflessi blu e una lunga ciocca argentata che le ricade sul collo.
“Mi spiace Albert ma credo che la virilità di Richard c’è l’abbia più lui che tu”.
- Animalesco io? Ma sentitelo! Quello che la notte si fa sentire in tutto il vicinato quando scopa – dice mettendosi le mani in tasca alzandosi dalla poltrona camminando qua e là con sguardo assente.
Vedo due libri volare in sua direzione ma il ragazzo riesce ad afferrarli.
- Sei pure maleducato e volgare! Non si parla così davanti a una signorina – gli urla contro con una nota di vergogna nella sua voce.
I due continuano a litigare ed a urlassi contro ignorandomi liberamente.
Spazientita mi siedo a terra raccogliendo un libro di mitologia nordica e inizio a leggerlo. Parla di alcune divinità e del valhalla, se non sbaglio mio padre mi raccontava qualcosa tempo fa al riguardo.
Dopo un paio di minuti sento un silenzio assurdo e i due mi fissano.
- Qualcosa non va signori? – chiedo facendo finta di niente.
- Si può sapere che stai facendo mocciosa? – mi chiede l’ultimo arrivato.
- Niente, vi ho dato il vostro spazio. Del resto questa è casa vostra. – rispondo in tono pacato.
Lo vedo innervosirsi.
- Che sei venuta a fare qui? Nessuno ti ha invitata! – mi sbraita contro.
- Rin smettila! L’ho invitata io razza di idiota che non sei altro – è Richard. Furioso, più che mai devo dire.
Lo prende da colletto e lo butta fuori dalla stanza come fosse un pezzo di carta e senza neanche guardarlo in faccia.
“ Ah ecco cosa fanno i suoi muscoli sempre ben nascosti . . .”
Mi alzo imbarazzata e poso il libro sulla scrivania.
- Mi spiace non volevo creare scompiglio . .  – dico super imbarazzata e dispiaciuta.
Vedo il viso di Richard rilassarsi e addolcirsi.
- Oh non preoccuparti Evee, non fartene una colpa. E’ solo un idiota senza disciplina, sul serio con lui non so che pesci prendere. . . – si siede nella poltrona affranto.
- Eccola! L’ho trovata – dice Albert consegnandomi la lettera.
- Grazie! – dico felice.
- Hey Richard sai? – Albert si rivolge con suo padre. Lui gli fa solo un “mhm?”.
- Evee è una mia alunna -  gli dice.
- Ma tu guarda il destino – gli risponde.
Io nel frattempo avevo aperto la lettera ed avevo assunto una faccia da cretina.
Non ci capivo nulla. . .era una strana lingua.
- Ehm. . . non voglio darvi fastidio ulteriormente, sul serio, ma non capisco nulla di quello che c’è scritto . .  – dico affranta.
- Ed è per questo che ti ho fatta venire qui – Richard si alza e mi toglie la lettera dalle mani.
- Ciao Evee, se stai leggendo questa lettera significa che il mio tempo è giunto al termine e tu sei abbastanza grande per scoprire la verità. Ma prima voglio dirti un sacco di cose, del perché ti ritrovi a casa di Richard, che ti voglio bene e del perché del viaggio che farai in Perù per cercare le altre lettere. In tutto sono sette lettere in sette posti diversi. So che non mi deluderai e spero con tutto il cuore che perdonerai il tuo vecchio. J/C/00 – Fini Richard di tradurre la lettera.
Rimango a fissare il vuoto per svariati minuti intenta a decidere se fare qualche scenata o rimanerne indifferente oppure esultare.
Sul serio . . . non ho la minima idea di cosa devo fare.
Non mi sono mai allontanata dalla mia patria. E adesso mio padre, dall’aldilà, pretende che io scopra qualcosa, di cui non so nulla, andando in giro per il mondo da sola. .  .
Si, mio padre era sicuramente pazzo. È già un miracolo che io sia riuscita ad andare all’università dove c’è tanta gente, parlare e soprattutto andare a casa di sconosciuti.
Mio padre frequentava gente adeguata per la sua psiche.
- Allora? Non dici niente? – mi chiese Albert.
- E bho! Non saprei che dirti . . . tu che diresti al posto mio? – dico scrollando le spalle rimuginando su quelle parole.
- Fossi in te sarei curiosa e comunque è una bella opportunità per vedere il mondo – dice Richard – e tranquilla non sarai sola – aggiunge.
Stavo per ribadire sulla cosa ma il telefono iniziò a vibrare. Il display parlava chiaro. .  “ Lily”.
Probabile mi hanno visto sbiancare in faccia e alla fine decido di prendere il telefono e rispondere.
- Pronto? – dico flebilmente.
- Pronto? Pronto? Mi dici pure pronto? Con quale faccia e coraggio mi dici pronto? Ti do un minuto per spiegarmi dove sei e due per venire a CASAA!- urla isterica mia zia.
Vedo Albert e Richard guardarsi in faccia per poi ridere.
- Sono a casa di Richard per la faccenda della lettera e . . si, sto arrivando – dico in fretta e furia però scandendo le parole senza inciampare con la lingua.
Si sente un “tuu tuuu tuu” da parte del telefono. Le cose sono due : o è morta di vergogna o è talmente furiosa che mi aspetta con qualche mazza con tanto di chiodi.
- Devo andare, vi ringrazio per essere stati cosi gentili – dico salutando tutti.
Il maggiordomo spunta dal nulla e mi accompagna alla porta.
Quando esco vedo due grossi lupi con il pelo bianco e gli occhi rossi pieni di sangue. Rimango di sasso cercando di capire se siano allucinazioni mie o se siano veramente di fronte a me.
Ma il maggiordomo scappa chiudendo la porta e da qui capisco che non sono allucinazioni.
“ Evee si! Ci sono due lupi enormi  davanti a te e il maggiordomo se l’è fatta addosso scappando via. Ma tranquilla se fai finta di niente e inizi a correre veloce magari non ti sbranano pezzo per pezzo ma intera,cosi non sentirai nulla “ mi dice il mio cervello cercando di consolarmi inutilmente.
Nel frattempo i due lupi si sono avvicinati a me e annusano attentamente. Sento il gelo penetrarmi nelle ossa e alcune gocce di sudore scendermi dalla fronte. . . Dirvi che faccio parte adesso della collezione delle statue che ci sono qui in giardino è poco. Non sento più neanche il mio cuore.
Mi sento paralizzata e le mie gambe non collaborano ma soprattutto non ho un piano. Ad un certo punto i lupi si allontano non calcolandomi più perché qualcosa li ha distratti e innervosire.
E’ Rin! Ma è impazzito? Li sta chiamando?
Lo guardo come si guarda un film d’horror. Sconvolta, pietrificata e con la consapevolezza di non poter fare nulla.
- Mocciosa faresti meglio ad andartene – mi dice tranquillo.
Poi rapido si avvicina a uno dei due lupi che prima gli ringhiava, e gli gira il collo al contrario udendo chiaro e forte il suono delle sue ossa che fanno “crak”.
Sento un forte conato di vomito risalirmi ma mi trattengo da tutto ciò ancorandomi a una colonna. Mi sento svuotata, come se l’osso del collo fosse stato spezzato a me. . .
L’altro ulula in tutta risposta ,ringhiando rabbioso, saltandogli addosso e facendolo cadere a terra.
Il lupo riesce a strappare lembi di pelle dal suo torace facendo scendere il sangue copioso senza ritegno, ma per “fortuna” non è riuscito ad intaccare la gabbia toracica. Rin in tutta risposta ride in modo sadico alzandosi da terra per poi aprirli la bocca a mani nude, tanto da rompergli la mascella.
Quei lupi che sembravano tanto forti sono stati uccisi come niente da un ragazzo disarmato che adesso se la ridere e si sdraia sul prato e più mi fissa più ride.
Io in tutta risposta piangevo singhiozzando, non sapevo bene il motivo, ma mi ero avvicinata a lui e piangevo.
Volevo chiedergli come stava, ma sarebbe una brutta e stupida domanda visto in quale stato è ora.
Adesso mi guarda intensamente con il suo sguardo penetrante. Con quei suoi occhi cosi diversi ma perfetti. Sembrava come se quello vermiglio volesse mangiarmi mentre quello verde acqua voleva solo burlarsi di me.
Rin aveva smesso di ridere e adesso mi guardava serio, quasi arrabbiato, poi allungò una mano verso il mio collo e con una mossa veloce mi fece perdere i sensi cadendo a terra accanto a lui.
 
 
***
 
La porta si è aperta. Patrick, il maggiordomo, è seguito da una ragazzina. È alta, troppo magra per i miei gusti, una carnagione pallida, occhi grigi e i capelli di un ramato dolce e accattivante, sono lunghi, lisci, morbidi e ha la frangia. . . e porta degli orrendi occhiali neri.
- Una mocciosa quattrocchi – dico infastidito.
-Tsk! Quattrocchi un corno, apriti quegli occhi! Guarda che è carina – intervenne quello stupido di mio fratello Albert.
- Non muoverti, rimani qui e fai il bravo! – mi da ordini.
- Hai una faccia tosta a darmi degli ordini, brutto antipatico donnaiolo! – gli rispondo.
- Fa come credi ma almeno io me la spasso invece di inacidirmi come te! – mi dice per poi dirigersi da quella mocciosa.
Non faccio in tempo a controbattere, vorrei andare lì e spaccargli quella faccia di cazzo che ha, ma non ho nessuna intenzione di fare conoscenza con quella cosa.
Che poi sembra una bambina . . . sono ormai dieci minuti che si guarda intorno come se non avesse mai visto nulla in vita sua. Sembra come quei bambini quando li portano allo zoo!
 
Albert la conduce nello studio di Richard. . . ma perché quest’umana è qui? Che cavolo si sono bevuti quei deficienti?
“Cos’è questo profumo? “ aspiro l’aria con più insistenza e. . . bingo!
Quella mocciosa ha un profumo magnifico.
Mentre Albert apre la porta gli passo accanto scostando una ciocca dei suoi capelli per aspirare meglio quel dolce profumo. La ragazza se ne accorge e rapido entro nella stanza.
Adesso però dovrò inventarmi una scusa. . . anche perché Albert mi guarda con aria di rimprovero.
Lo detesto quando fa così!
La vedo che si guarda intorno in modo esasperato e cosi decido di sedermi sulla poltrona.
- Qualcosa non va? – gli chiede Albert.
- Avete qualche cane o qualche animale? -  disse la mocciosa.
- No perché? –vedo mio fratello pronto a spararne una delle sue.
- A me sembra proprio di si, prima ho sentito un ringhio e ora ho sentito qualcosa strusciarmi – si altera la mocciosa.
- AH! Ahahah – ride convulsamente quel deficiente – se ti riferisce a lui . .  beh si effettivamente è un pochino animalesco – mi indica sfottendomi.
“io l’ammazzo uno di questi giorni”.
- Animalesco io? Ma sentitelo! Quello che la notte si fa sentire in tutto il vicinato quando scopa –gli dico sapendo che se ne vergogna di queste porcate.
In tutta risposta mi lancia due vecchi libri ma li prendo al volo per sua sfortuna.
- Sei pure maleducato e volgare! Non si parla così davanti a una signorina – mi urla contro con una nota di vergogna nella sua voce.
Litigammo ancora per un po’ fin quando non ci accorgiamo che la ragazza si è seduta a terra per leggere un libro. .
- Qualcosa non va signori? –  ci chiede facendo finta di niente.
- Si può sapere che stai facendo mocciosa? – gli domando più nervoso che mai.
- Niente, vi ho dato il vostro spazio. Del resto questa è casa vostra. – risponde a tono quella quattrocchi.
- Che sei venuta a fare qui? Nessuno ti ha invitata! – gli sbraito contro.
- Rin smettila! L’ho invitata io, razza di idiota che non sei altro! – è Richard. Super incazzato ed adesso sono cazzi amari per me.
Si avvicina a grandi falcate prendendomi dal colletto della maglia per poi scaraventarmi fuori dalla porta.
“ Bastardo, alla prima occasione vedi che ti combino”.
Me ne vado incazzato fuori in giardino a prendere un po’ d’aria prima che la mia voglia di distruggere ogni caso prenda il sopravvento.
 
Rimango a fissare per un paio di minuti il nulla sopra il tetto. Poi , vedo la quattrocchi uscire dalla porta ma devo dire che non è sola. Ci sono due licantropi del Clan Aku come al solito a gironzolare da questi parti.
“ Bene mi potrò sfogare almeno. . .”
Scendo dal tetto e mi avvicino a loro chiamandoli.
- Mocciosa faresti meglio ad andartene – gli dico ma non mi sente.
“stupida cogliona. . .”
I due lupi mi fissano pronti ad attaccare ma prima come ogni volta cercano di convincermi senza successo.
- Non farti pregare, la nostra padrona vuole vederti – ringhia uno.
Non gli rispondo neanche. Ormai sono super eccitato all’idea di farli fuori.
Un sorriso sadico si stampa sul mio volto e per prima attacco quello di sinistra rompendogli il collo dell’osso.
Per un attimo mi distraggo per guardare quattrocchi terrorizzata ,vederla così mi fa soltanto ridere di gusto, così da dare tempo al lupacchiotto di attaccarmi e rendere tutto più divertente.
Riesce a strapparmi solo un po’ di pelle e deluso gli rompo la mascella.
Adesso però devo recitare la parte del morto altrimenti questa qui scopre tutto. Ma le recite non mi sono mai riuscite un granché, infatti sono minuti ormai che rido come un pazzo.
“ sta pure piangendo dalla paura . . . Un attimo perché si avvicina? Pensavo che se ne andasse via per la paura. Ma porca miseria quanto è stupida?”
Mi faccio serio in volto e inebriato dal suo dolce profumo allungo la mano per poi fargli perdere i sensi in una mossa rapida e indolore. Così almeno Richard non mi ammazzerà del tutto . . .
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autore:
Salve gente!( scusate il piccolo ritardo >_< ma internet aveva deciso di farsi le ferie .-. ) eccomi di nuovo qua u.u allora come avete visto ho diviso il capitolo prima con i pensieri di Evee poi con quelli di Rin. Ma non è un amore Rin? xD
Il mio professore di arte se leggesse la descrizione della villa mi darebbe 10 (?) ok sto delirando. Non so se ho dato l’idea di una bella villa sfarzosa con tante belle cose. Vi chiedo scusa se non ho fatto un buon lavoro >_>
Poi la piccola scena di “combattimento” non so, non mi convince tanto ma non posso per adesso sbilanciarmi troppo, ci sono abbastanza informazioni che dovete assimilare xD
Spero di non avervi mandato in confusione (anche se il complesso lo è @-@ ) e . . . e poi bho spero che almeno un pochino vi stia piacendo e stia stuzzicando il vostro interesse. Ho cosi tante idee nella testa che manderei chiunque al manicomio xD
(come avrete notato nell’aria c’è il mio amore per la mitologia nordica e per la storia antica, quindi tenetevi pronti per le cose più assurde xD )
Per qualsiasi cosa potete contattarmi non mangio nessuno u.u Ah e se ci sono qualche tipo di errori/orrori ditemelo non mi offendo xD anzi, mi aiutano a migliorarmi. Accetto anche critiche/conigli/peluche purché costruttive:)
Un abbraccio, Haru <3

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Capitolo 4
*** Il buon giorno si vede al mattino! + special: Non sempre vi è luna ***


Note: i personaggi e il contesto, o qualsiasi cosa che ritrovante all'interno della fic, è puramente inventata da me. Tutti i diritti riservati all'autore. Buona lettura:)





Il sangue sgorga a fiotti dal petto di Rin. .  . i lupi sono morti! Lacrime amare scendono calde sul mio viso.
E’ morto!
E io? E io che cosa ho fatto? Niente!
Rin è lì, disteso che ride e ride senza fine. Fissandomi e burlandosi delle mie lacrime sciocche.
Sono un mostro.
 
- Rin? – sussurrai per poi svegliarmi di soprassalto e balzando giù dal letto, rendendomi conto che Rin era accanto a me, nel mio letto, che rideva come un matto.
Cadendo mi feci un male tremendo alle chiappe, senza contare il dolore alla testa causato dal comodino all’angolo.
Mentre mi rialzavo, piano, cercavo Rin convulsamente. Ma lui non c’era.
“ Sono diventata matta? Può essere! Ma io l’ho visto in punto di morte”.
Ma la domanda che mi affligge da quando ho aperto gli occhi è: come ho fatto ad arrivare a casa?
- Cip! – dico cercandolo per la stanza. Ma non lo trovai.
- Lily? – sussurrai.
La mia voce si faceva sempre più flebile.
Stavo per avere un attacco di panico. Tutte le cose più brutte di questo mondo stavano passando nella mia cara testolina bacata.
Corsi giù in cucina come una matta e infine trovai Lily seduta nel divano, accanto a Richard parlottando tra di loro. Mentre Rin e Albert sono a tavola intenti a fare colazione.
- Buon giorno Pasticciona! Come ti senti? – si alzò Albert dal tavolo per poi abbracciarmi calorosamente, stringendosi anche troppo a me. . .
- Albert lasciala stare non vedi com’è rigida? – disse Rin continuando ad osservare la colazione con sdegno.
- Taci idiota! È colpa del tuo gatto se è scivolata ed ha perso i sensi.- gli rispose Albert – Vieni siediti e mangia. Come ti senti? – mi chiese il mio professore.
“Aspetta un attimo! Che cavolo centra adesso ‘il gatto’? gatti non ne ho visti. Ah! certo adesso mi prendono pure in giro . . . divertente”.
Arrivai a malapena vicino la sedia, spinta continuamente dalla mano di Albert, ma Lily (furia umana) intercetto l’azione.
- Sei una imbranata senza precedenti! – mi urlò in faccia.
- Come diavolo hai fatto a non vedere un gatto, urtargli contro e sbattere la testa nei gradini? Me lo spieghi? No, perché io non mi capacito. . .  Potevi morire razza di deficiente! – urlò a pieni polmoni per poi piangere a dirotto.
- Lily io . . . mi spiace sul serio. Ma ti giuro non c’era questo famoso gatto – dissi tra il dispiaciuto e il seccato.
- Adesso pure la memoria ti sei mangiata? Basta! Ti porto all’ospedale immediatamente – disse mia zia girando per la cucina convulsamente.
- Lily tranquillizzati! Sta bene deve solo riposare. – cercò di calmarla Richard.
E dio lo benedica! Perché ci è riuscito. Nessuno riesce a calmare o far cambiare idea cosi in due secondi a mia zia.
Sorprendente . . .  e anche strano.
Adesso guarda il vuoto e sorride come un ebete a Richard.
- Evee va a riposarti. Scusami non volevo sgridarti per una cosa che è successa accidentalmente – Lily mi abbracciò e poi se ne tornò da Richard.
“ Ok, qui c’è qualcosa che non va. Sono tante le opzione che ho in mente, ma quella più plausibile è che io stia dando di matto . . . “
Ma la cosa  non sembra sfuggire ai tre che mi guardano con insistenza e allora decido di recitare la mia parte.
- Non ti preoccupare, lo capisco. Mi spiace, starò più attenta. Lo prometto! – dissi stampandomi un lieve sorriso più falso che mai, salutando tutti con un cenno della mano e scappando letteralmente in camera mia, chiudendomi a chiave.
“ Evee non pensarci minimamente di impicciarti in questa faccenda. Se lo farai te ne pentirai amaramente . . .” il mio cervello aveva più che ragione. Come dargli torto?
Ma io non sono pazza, ne tanto meno mi bevo questa storia. . . e poi mio dio! Mia zia sembrava una bambola senza vita. Ho avuto i brividi.
Sospirai pesantemente affranta e stanca.
Ero ancora attaccata alla porta, ma quando mi girai mi ritrovai faccia a faccia con quel psicopatico di Rin.
Era serio, quasi arrabbiato per qualcosa. Si attaccò letteralmente a me poggiando una sua mano nella mia testa.
Adesso i suoi occhi erano entrambi rossi . . . dov’è finito quel pezzo di mare che affermava la sua piccola parte buona?
- Rin che stai facendo? – chiedo spaesata.
- Vaffanculo a te e al tuo cazzo di padre che ti ha messo al mondo – mi ringhiò a un centimetro di distanza dalla mia faccia.
- Come ti permetti ? – gli dissi per poi dargli un sonoro schiaffo.
Lui non si scompose di un millimetro.
- Come mi permetto ? Oh! Io posso permettermi qualsiasi cosa, soprattutto con te. – disse per poi bloccarmi afferrandomi dalla vita e sbattendomi al muro.
Lo guardavo con rabbia. Non solo aveva offeso mio padre ma adesso blaterava cose senza senso.
- Tu hai problemi, fidati! Adesso lasciami andare. – gli dissi mentre mi dimenavo come un ossessa.
Ma lui in prestanza fisica è più forte ed è il doppio di me. Mi bloccò facilmente senza alcuna fatica poi con due dita sollevo il mio mento.
- E’ davvero strano, sai? – mi disse per poi avvicinarsi al mio viso.
Non ho avuto il tempo di replicare perché mi tappò la bocca con un mano e con l’altra tirò indietro la testa.
Leccò piano il mio collo e poi in una mossa veloce mi morse.
Il grido venne soffocato dalla sua mano, un grido muto e silenzioso, mentre lui, prima piano e poi sempre a un ritmo più veloce, succhiava.
Sentivo svuotarmi, sentivo la testa vuota poi. . . poi la vista si offuscò e non ricordo altro che buio.
 
 
 
La mattina seguente. . .
- Evee! Evee sveglia o farai tardi a scuola! – urlò mia zia dal piano di sotto.
- C-cos? – biascicai con la voce ancora impastata dal sonno.
 Lesto il mio cervello mi fece scendere giù dal letto e iniziare a tirare cose a caso in aria.
“ Lo ammazzo quel bastardo! “.
Corsi in bagno in due nani secondi per specchiarmi e guardare il mio collo.
- Niente. .  niente? – ripetevo guardandomi il collo.
“ Evee stai impazzendo!”.
No, sul serio sto impazzendo. Sembrava tutto così vero. . . il dolore,la mia gola quasi squarciata dalle urla inutili , le sue mani . . . ma qui, non c’è niente sul mio collo. Forse stavo ancora sognando.
- Evee sono le otto e mezza, SBRIGATII! – urlò ancora Lily.
- Merda! - imprecai.
Cosa? aspetta un attimo! A scuola troverò Albert.
Dovrò giocare d’astuzia se non voglio diventare matta.
Posso passarci sopra sul fatto di “essermi immagina” il morso. Ma sul fatto che io abbia visto quei lupi e Rin mezzo morto . . . NO SIGNORE!
 
--
 
Uscii di casa di corsa senza neanche degnare di uno sguardo Lily.
Correvo per le strade della piccola città, senza un contegno ma facendo attenzione a non farmi ammazzare dalle macchine.
Ormai avevo il fiatone e iniziavo a stancarmi. Facevo fatica a respirare e mi girava la testa.
Ad un certo punto mi fermai per aspettare che il semaforo diventasse verde per i pedoni, e lì in mezzo al traffico, vidi Albert su una moto rossa farmi cenno di raggiungerlo.
All’inizio seppur insicura mi avvicinai a lui e cercai di fare un piccolo sorriso.
- Hey pasticciona del mio cuore, come ti senti oggi? – mi chiese sorridendo.
“ Evee ti prego non combinare cazzate, perché ti finisce male. . . credimi”.
- Bene grazie, ma lei non dovrebbe essere già a scuola? – chiedo.
- Oddio Evee per carità non darmi mai più del lei – fece la faccia offesa – ehm si dovrei, ma sono io il prof no? Quella che dovrebbe essere già in classe sei tu! – aggiunse ridendo, vedendo una me che guardava l’orologio come si guarda uno scarafaggio.
- Dai non fare quella faccia, Sali! – disse con tono gentile, ma in ciò percepivo una nota di ordine imperativo al cui non si discuteva.
Salii sulla moto e lì mi feci un pezzo di pietra.
- Faresti bene ad aggrapparti pasticciona! – disse per poi accelerare in modo sconsiderato.
Io avevo paura di questo! Ciò nonostante  mi aggrappai a lui come una conchiglia a uno scoglio.
Fu lì, che l’illuminazione divina colpì il mio cervello.
Poggiai il viso sulla sua schiena porgendo l’orecchio per sentire il suo respiro.
Sentivo il suo cuore frenetico e il suo respiro eccitato per la corsa.
“ Vedi Evee? Loro non sono quelle creature “fantastiche” da romanzi , che per dei minuti hai avuto il coraggio di pensarci. Che ti salta in mente di pensare a cose del genere? Non esistono queste cose ” intervenne il mio cervello.
Ah! Ok, per me mi va più che bene. Quindi mi posso mettere il cuore in pace sul fattore “ Rin non mi ha morso, è stata solo la mia immaginazione”.
Ma rimane sempre quel fatto lì dei lupi.
“ Evee stattene buona per una volta, eh!”.
- Hey zuccherino, puoi staccarti siamo arrivati. Non che la cosa mi causa fastidi, al contrario . . . – disse facendo un risolino perverso.
Io, tornata dal mondo delle nuvole, mi staccai a una velocità disumana raggiungendo di già la porta della mia classe, diventando di tutti i colori possibili e immaginabili.
Non ho mai avuto contatti/abbracci se non quelli di Lily e mio padre.
“ Sul serio Evee. . .  sei un  C A S O D I S P E R A T O! “.
Andai a sedermi nel mio posto e la lezione iniziò.
 
 
**
 
Una mattinata interminabile. Oggi Albert ha fatto il diavolo a quattro spiegando milioni di cose uno dopo l’atra.
I miei compagni erano divisi in due gruppi: chi dormiva ad occhi aperti e chi inutilmente cercava di stargli dietro.
- Ragazzi domani verifico se avete assimilato tutti questi argomenti. Non voglio repliche, fra una settimana ci sono gli esami per chi vuole già darsi le materie. – disse sistemandosi i capelli per poi guardarmi e strizzarmi l’occhio.
Oh signore per favore, così l’ammazzo!
Ma aspetta un attimo. . . da quando sono così violenta? Oddio mi sa che sto veramente impazzendo e sto prendendo in considerazione che io abbia sul serio sbattuto la testa in quei dannati gradini.
Finalmente suona la campanella avvertendoci che siamo liberi.
Gli altri miei compagni si sono dileguati in tre nano secondi  mentre io sono ancora intenta a raccogliere tutti i miei appunti.
- Evee ti va di mangiare qualcosa insieme? – mi chiese Albert.
Non sapevo che rispondere. Rifiutare sarebbe stato offensivo nei suoi riguardi, visto che è stato tanto gentile da accompagnarmi a scuola.
- Certo! E grazie per il passaggio – dico con un po’ di entusiasmo.
- Visto? Ti sei sciolta! Ne ero sicuro che ci riuscivo – ridacchiò tra sé e sé.
Poi mi fece segno di seguirlo e andammo nella mensa della scuola.
Sul serio, mi chiedo perché io non ci sia andata prima.
Qui si vede che c’è lo zampino di Richard. E’ tutto perfetto, aria pulita, piante ovunque, alcuni quadri qua e là e nei banconi ci sono varietà di cibi, dal dolce al salato.
Stavo letteralmente morendo di fame. Non ho idea di quanto possa essere stato il mio ultimo pasto.
- Evee, mi sta venendo il dubbio che tu non abbia mangiato stamattina  – mi dice con voce di rimprovero.
L’unica risposta che gli diedi fu un sorriso colpevole,  come quello di un bambino che viene colto di sorpresa dalla mamma con il barattolo di nutella in mano.
- Ahhaha sei buffa! Allora facciamo un po’ di dolce e un po’ di salato, ok? – mi chiese e io annuii come una bimba a pasqua.
Alla fine prendemmo un sacco di roba, solo che l’unica a mangiare ero io. Albert se ne è uscito con un “ No, sono a dieta”. Si, dieta . . . come se ne avesse il bisogno di farla.
Due ciambelle ripiene di cioccolato, una con glassa alla nocciola e l’altra alla fragola; Metà cornetto alla crema bianca; the verde e un pezzo di pizza margherita.
Sul serio, ho esagerato. . . ma avevo una fame tremenda!
- Evee sembravi una vittima della guerra – rise tenendosi la pancia.
- Albert non ricordo l’ultima volta che ho mangiato! – gli dico per giustificarmi ma poi me ne pento.
- Allora hai fatto più che bene! Adesso devo andare, ho delle cose da sbrigare. Ci vediamo – prima di andarsene mi abbracciò.
Più che un abbraccio sembrava uno stritolamento.
Devo aver fatto molta simpatia al mio modernissimo prof.
 
 
--
 
 
Tornai a casa con l’intento di rileggere la lettera di mio padre. 
Lily non c’era, così ne approfittai per fare tutto con calma.
Preparai la cena, diedi da mangiare a Cip e stavo per sedermi a leggere di nuovo la lettera.
- Miao – sentii miagolare.
Mi giro di scatto e vedo un gatto nero dal pelo liscio e super pulito che mi fissa con i suoi occhietti gialli.
- e tu da dove vieni? – dissi nel frattempo avvicinandomi a lui.
Si lasciò accarezzare e sembrava esserne contento. Faceva le fusa ed era un amore.
- Mi piacerebbe tenerti, sul serio, ma se lo sa Lily ti butta fuori a calci – il gatto sembrò averlo capito e se ne andò dalla finestra.
“ Ah, persino il gatto è più intelligente di me”.
Alla fine mi sedetti e aprii la busta.
- Cosa? – sussurrai.
Adesso era scritta in perfetto inglese. Non c’erano più quei strani segni.
Non può essere. Io non sono impazzita!.
- Dannazione. .  – dico per poi gettare la lettera con poca gentilezza sul tavolo per andare ai fornelli.
 
 
 
 
Non sempre vi è luna
- Ciao James – una donna sensuale dagli occhi grigio acceso, capelli lunghissimi e carnagione chiara, chiamò James in modo suadente.
- Buona sera Gardenia – l’uomo salutò in modo educato la donna che tanto desiderava.
- Stasera non c’è nessuno, sono tutti a caccia – gli sussurrò in un orecchio la donna.
- Gardenia basta! Questa storia deve finire, non tradirò nuovamente Richard. Lui è mio amico capisci? – gli rispose l’uomo un po’ adirato.
- Su via James, amici? Lo sai bene che per noi non esiste questo tipo di legame. Fattene una ragione. – gli rispose mansueta la donna avvicinandosi sempre più a lui.
- E quale legame esiste per voi? – chiese l’uomo incuriosito.
- Vuoi davvero saperlo? – la donna sbuffò sonoramente accontentando l’uomo che tanto bramava nel suo letto.
- Quello tra preda e predatore – sghignazzò la donna.
- Non è vero! Io sono sicuro che ci può essere anche amore – disse l’uomo alterandosi.
- Ah si? E tu riusciresti a dimostrarmelo? – Gardenia si avvicinò a James e iniziò a baciarlo con tanta passione.
James ha sempre avuto un debole per lei, ma nel frattempo si sentiva un verme. Un verme schifoso per aver tradito più e più volte Richard.
Lui sa che sono in un certo senso “sposati”, hanno pure due figli. Rin il maggiore e Albert. Entrambi splendide creature ma con un destino che li accumuna.
L’immortalità.
James prova pietà per loro. Perché sa che queste creature pur avendo milioni e milioni di anni a disposizioni non saranno mai in grado di provare un sentimento cosi forte come l’amore.
James amava nel suo profondo Gardenia, e quella sera accontentò la sua donna in una notte scura senza luna.
In una notte dove nessuno poteva osservarli se non quelle quattro mura.
L’uomo quella notte si lasciò andare nuovamente al peccato,ma fu l’ultima volta.
 
 
---
 
- James devo parlarti – Gardenia era diventata ancor più bianca di quando non lo fosse già.
- No! devi andartene via – disse l’uomo furioso.
- Sono incinta! – gridò.
- Co-cosa? – si girò James con voce tremante.
- Hai capito bene! Sono incinta –
- Ma non è possibile, voi non siete sterili di natura? – chiese James spaventato più che mai.
- Si è vero, ma non gli originali. Non noi. Veramente non succede sempre con tutti. Le femmine della nostra razza di solito ci accoppiamo con gli umani solo per creare gustosi pasti  per i nostri Alfa. Mentre i maschi lo fanno per procreare vampiri puro sangue. – si spiegò meglio la donna.
- Cosa? io non sapevo nulla di questa storia. Che significa “gustosi pasti”? – James stava sudando.
- Uffa! con te devo essere proprio esplicita eh? Significa che vengono fuori umani con un sangue dolcissimo e gli alfa non ne possono resistere. Ti è chiaro? – Gardenia ormai aveva i nervi a fior di pelle.
- E adesso? – chiese James.
- Cosa adesso? –
- Che intenzioni hai con la creatura? – James se da una parte era terrorizzato dal fatto che se Richard lo scoprisse li uccideva, dall’altro era contento.
Dopo anni avrebbe avuto la gioia di avere un figlio, lui che non si è mai dedicato o minimamente pensato di costruirsi una famiglia, pur volendola nel suo cuore.
- è tua la creatura quindi farò quello che mi dirai. Tanto Richard aveva in programma di uccidermi, se lo tengo questo bambino mi risparmierà la vita per nove mesi. – disse la donna con tutta naturalezza e tranquillità. Come se la cosa fosse normale.
- Cosa? Perché vuole ucciderti? Non può . . – James fu interrotto.
- Si che può, e non ti dirò il perché! Altrimenti ne risentirai anche tu – dopotutto Gardenia si era affezionata a James.
- Allora che vuoi fare? – chiese ormai stufa Gardenia.
- Voglio che tu lo tenga, voglio questo bambino! – disse per poi abbracciare ormai la donna piangente.
 
--
 
 
Dopo un paio di settimane, la verità venne a galla.
Richard era furioso e per questo distrusse un paese lì vicino.
Oltraggio fu fatto senza motivo nei suoi confronti.
L’onore suo venne macchiato da una puttana da quattro soldi, diceva Richard.
Ma la cosa che gli faceva più male, era che James l’avesse tradito alle spalle. . .
Una volta tornato nella villa, processò i due.
Lui signore di tutto e tutti non poteva avere pulci che tentavano di scalfirlo.
- Tu puttana, partorirai questo bambino e poi morirai nel modo più atroce che conosco. In quanto a te, James . . . visto che ormai il tuo destino è segnato dalla tua malattia non ti ucciderò ma la creatura che verrà sarà il giocattolo della famiglia. Soprattutto il mio. Perché mio caro James quella creatura è una femmina. – Richard aveva terminato di proclamare la sua condanna ritirandosi nelle sue stanze.
I due rimasero di pietra senza proferire una sola parola.
 
 
 
 


 
Angolo autore:
Salve gente *^*
Per prima cosa voglio ringraziare tutte le persone che stanno seguendo la storia e chi sta lasciando recensioni. Sul serio siete dei tesori <3 Ciò mi fa continuare la storia con tanto di sorriso xD
Questa volta ho aggiornato prima per farmi perdonare del ritardo dell’altro volta u.u
Bene, veniamo al dunque! Le cose si complicano e la domanda principale è : Evee sta impazzendo? Certo che no poverina xD ma lei non sa niente. Shh non diciamogli niente.
Lo so che lo avete capito chi sono quei tre fustacchioni u.u Spero che avete gradito anche lo special °^° ( certo forse vi metterà dubbi, ma state tranquilli che man mano tutti i nodi verranno a galla).
Detto questo mi dileguo. Spero continuate la storia e soprattutto fatemi sapere che ne pensate.
Un abbraccio, Haru <3

 

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Capitolo 5
*** Tolta la maschera cosa siamo? ***


Note: i personaggi e il contesto, o qualsiasi cosa che ritrovante all'interno della fic, è puramente inventata da me. Tutti i diritti riservati all'autore. Buona lettura:)
 
 



Lily ha fatto il diavolo a quattro. Non è giusto, volevo solo cucinare e fargli trovare tutto pronto. E lei? Mi urla contro!
Sono svariati minuti che mi dice che potevo morire, far scoppiare l’impianto del gas, che poi come si fa non lo so. Addirittura ha detto che avrei fatto prendere fuoco la casa.
Ma cazzo, ho vent’anni! Non ne ho dieci o cinque. . .
Poi non capisco tutta questa preoccupazione adesso. Ho sempre cucinato e non è mai successo niente!
Quando Lily sentì il profumo del risotto ai funghi e la carne con patate, non disse più nulla sedendosi a tavolo.
- Va bene, mangiamo. – disse piano. La sua frase suonava tanto di “ ok, scusami ho esagerato. Ho una fame che non ci vedo più”.
Mi fece sghignazzare e a Lily non sfuggì.
-  Ma tu guarda un po’. Da quando non ridevi così? – mi chiese felice di questo fatto.
Adesso che ci rifletto ha ragione. Da quando ho iniziato l’università mi sento un po’ stravolta ma sicuramente meno chiusa in me stessa e meno spade nel mio cuore.
- Mhm – riceve in tutta risposta mia zia.
A volte mi rendo conto di essere un tipo un po’ orgoglioso.
- Ah! – sussulta mia zia.
- C’è qualcosa non ti piace? – chiedo confusa.
- No, no, il cibo è buono. Mi sono ricordata adesso della lettera.  Cosa c’è scritto? – mi chiese molto curiosa.
Io avevo riletto la lettera, fino alla nausea, e non avevo minimamente pensato bene agli ultimi righi in cui c’è scritto che fra una settimana partirò in Perù.
All’idea sono emozionatissima ma nello stesso tempo ho una paura matta dell’aero, di perdermi, di tutto in pratica! Ma cosa peggiore è dirlo a Lily.
- Ecco. . . mi ha detto che sapeva che sarebbe morto, e ciò mi fa pensare che non sia morto per incidente stradale. E poi . . . – mi blocco non trovando le parole adatte.
- E poi? – incalza mia zia.
- Mi ha lasciato sette lettere in sette posti diversi sparse nel mondo. La prima si trova in Perù e ci sono già i biglietti pronti. – dico a una velocità assurda senza scandire le parole e talvolta inciampando con la lingua.
“ Ok, adesso farà un'altra scenata di quella colossale . .  me lo sento”. Pensai iniziando ad agitarmi.
- Si, lo so. Richard me l’ha detto. Ero contraria all’inizio, perché sai benissimo quanto io mi spaventi, ma questa è la tua vita e non ti impedirò di scoprire ciò che tuo padre voleva dirti da vivo. – mi disse con una calma e comprensione che mi lasciano a dir poco spiazzata.
Pensavo che si sarebbe arrabbiata, come fa ultimamente. Che avrebbe urlato gironzolando per tutta la casa in modo isterico. E invece me la ritrovo a fare una conversazione pacifica, calma e piena di comprensione.
- Grazie – dico con fare riconoscente.
- AH! Un’altra cosa. – aggiunge come se si fosse risvegliata da un piccolo sonnellino.
- Si? – mi esce quasi un soffio.
So che sta per dirmi qualcosa che a me non piacerà per niente.
Lo vedo dal suo ticchio alle mani, il suo continuo lisciare ciocche dei suoi capelli biondi.
- Richard mi aveva detto che ti avrebbe accompagnato personalmente, ma. . .- si ferma per rifletterci – ma lui, in qualità di preside non può lasciare la scuola e quindi ti accompagnerà suo figlio Rin. – mi zia è sbiancata perché sa benissimo che ero già contrariata all’idea di fare un viaggio, per di più con Richard.
E adesso mi viene a dire che mi accompagnerà  Rin? Quel Rin? Quello che rideva in modo sadico? Quello che è “morto”? Oh, si certo zia. Se sapessi la verità non mi lasceresti con lui.
- Ma non può Albert? – cerco di non battere sull’argomento Rin, altrimenti mi zia mi farà il quarto grado.
Lei di rimando storce il naso, come se avessi detto qualche bestemmia.
- Mia cara, Albert è un professore anche lui non può lasciare la scuola . . . ma perché vorresti lui? – mi chiese guardandomi intensamente.
Mi fissa e si avvicina al mio volto. Mi fissa come si fisserebbe della cioccolata.
Divento leggermente rossa in faccia e senza scompormi di un millimetro gli soffio in faccia la verità.
- Perché, appunto, essendo il mio professore lo conosco. . . di Rin non so nulla. – finisco con l’innervosirmi.
- Quindi mi stai dicendo che non è perché sei interessata a lui? – mi chiese avvicinandomi ulteriormente.
- Lily, no! – dico spazientita.
- Sicura? – si lamentò dispiaciuta e delusa.
- Ma si può sapere che ti prende? – chiesi esasperata.
- Niente . . . è che mi piacerebbe che la mia nipotina si trovasse finalmente un fidanzatino. Sai come, un giorno diverrò vecchietta e mi piacerebbe avere nipoti. E poi ultimamente ti stai aprendo con tutti, quindi se fai conoscenza con Rin non ti farà male. – disse con voce dapprima delusa per poi passare a euforica.
Io non la capisco, sul serio. Ma gli sembra che le cose succedono così per magia? E poi scusa, c-cosa ha detto? Nipotini?
“ Evee sei diventata sorda con la vecchiaia?”
- Zia, ok che adesso sto voltando pagina ma una cosa alla volta. Per i nipotini non se ne parla . . . perché non fai dei figli tu? - azzardo a dire ma poi mi pento di quello che ho detto.
Mi ero dimenticata che Lily non può avere figli. Lei è nata sterile. Mi ha sempre detto di voler dei bambini che gironzolavano per casa, che urlasse e la chiamassero mamma.
La vedo incupirsi.
Dio quanto mi spiace, non volevo . . .
- Lily scusami, non volevo. . – dico abbracciandola da dietro le spalle.
- Tranquilla non fa niente – disse.
 
---
 
 
 
Oggi dopo scuola andrò a casa, nella mia vera casa, nella mia villa. Andrò a darle una sistemata. Ne ho già parlato ieri sera con Lily e lei era entusiasta che io tornassi lì dopo anni.
Mi ha anche raccomandato che se non me la sentivo potevo farla venire con me, ma ho rifiutato. È una cosa che devo affrontare da sola. Se piangerò come una stupida non mi importa,  oggi riuscirò ad entrare nella mia vecchia casa, dargli una sistemata e magari uno di questi giorni ritornare a viverci.
Magari quando avrò un lavoro . . .
 
 
 
Come mio solito arrivo un minuto prima che il professore faccia la sua entrata, e Albert come suo di solito mi dedica dieci minuti prima di iniziare la lezione tra saluti e chiacchiere varie.
Mi ha chiesto cosa avrei fatto oggi e ha insistito a volermi dare una mano a sistemare la villa. Mi ha anche detto che era super dispiaciuto di non poter venire con me in Perù. Tutto ciò in tono che non ammetteva repliche. . . quindi o veniva o veniva.
Volevo fare le cose con calma e soprattutto da sola. . . pazienza.
“ Pronto? Evee? Ciao, sai c’è un ragazzo davanti a te che ti sbavicchia perché non fai altri passi avanti?”
Dacci un taglio e fa silenzio!
Tutto sommato è un ragazzo dolce e simpatico. Anche se a volte è appiccicoso, ma rimane comunque adorabile. Certe volte penso che sia proprio un bambino!
 
 
Le ore e i minuti passano così velocemente che non me ne accorgo. Ar di la verità speravo con tutto me stessa che oggi il tempo passasse un po’ più lento, visto e considerato la mia “super” voglia di mettere piede a casa. . .
Albert come aveva promesso mi ha accompagnato fin lì.
Abbiamo fatto un tragitto breve grazie alla sua moto, mi correggo con la sua sconsiderata velocità!
Scendiamo e ci dirigiamo nel vialetto e aprendo il cancello sento il freddo gelarmi le ossa.
È lì, casa mia. Non è cambiata di una virgola ,a parte il degrado del giardino e all’interno piena di polvere e ragnatele. “Dio mio, ma come hanno fatto? Ragni,li ho sempre odiati!”
Sono bloccata all’entrata e non accenno ad entrare.
Solo dopo mi rendo conto che sto tremando e piangendo in silenzio. Albert mi scuote più e più volte, come se fossi in trance.
- Hey piccolina, tutto ok? – mi chiese con voce premurosa.
Mi limito ad annuire e poi con passo malfermo entro ed inizio ad osservarmi intorno.
Dal salotto pieno di quadri, foto, artefatti e oggetti di valore di vari viaggi al pianoforte.
“Non oso immaginare cosa mi aspetta al piano di sopra . . “.
Albert si guarda confuso intorno e arriccia più volte il naso, magari per via del cattivo odore.
Così decido di aprire le finestre e di munirmi di tutto l’occorrente per rimettere in condizioni meno pietose la mia adorata casa.
- Ehm, Evee? – mi richiama Albert in certo sul da farsi.
- Dimmi! – trillo, adesso più calma e si un po’ felice.
- Ti avverto, non ho mai fatto pulizie in vita mia. – disse grattandosi la nuca.
Istintivamente scoppio a ridere senza volerlo. Poi cercando di riprendermi gli dico che è tutto ok, che non si deve preoccupare, al massimo farà due cosette così. Anche perché non mi sembra il caso di approfittarne.
- tranquillo non ti farò fare lo schiavetto! – dico in tono divertito.
- Per te questo è altro, pasticciona! – disse.
Ed ecco di nuovo alla carica.
“Uffa non sono pasticciona! Forse un pochino ma non così esageratamente.”
 
Le pulizie per quanto ardue si sono dichiarate le affrontiamo con tranquillità. Albert nel frattempo mi ha tempestato di domande.
- Allora . . . ce l’hai il fidanzatino? – mi chiede ad un tratto.
“C-cosa?”. sbuffo ridendo alla sua domanda. Ho già capito dove vuole ad andar a parare, ma se lo scorda se vuole “provarci” con me. È tempo sprecato, non sono né il suo tipo ne tanto meno sono capace di sostenere una relazione del genere. Mi è già complicato relazionarmi con gli altri, figuriamoci un fidanzato . . . cosa da pazzi.
- Pronto! Qui pianeta terra chiama Evee! – mi sventola una mano in faccia.
- E-e- no, non ce l’ho e non lo voglio! Sto bene così. – rispondo a più mandate perché sono diventata rosso fuoco a causa di Albert distante poco di due millimetri dalla mia faccia.
-Cosa? – fa lui deluso, confuso misto a un che di smarrimento dalla mia risposta.
Poi la vedo. E ringrazio tutte le divinità esistenti per essere lì sul pianoforte messa in bella vista, così da potermi salvare da questo terzo grado in corso.
- Oh una lettera. . . – dico appena così da allontanarmi da Albert.
Con grandi falcate mi precipito vicino al mio adorato pianoforte e prendo la lettera. Benedico quell’uomo che me l’ha lasciata e la apro.
“Qual è il primo sentimento che noi essere umani proviamo? La tristezza! Per quando può sembrare strano è il primo sentimento che proviamo appena nati.
Quando il bimbo nasce e si stacca dalla madre lui piange.
E poi?
Poi ci è concessa l’ignoranza, la curiosità, la falsità, l’inettitudine, la rabbia, l’odio e l’indifferenza.
Non ci è concesso l’amore, però. In quanto sentimento/illusione creato da noi stessi per vivere in tranquillità e in armonia con gli altri.
Certo chi ci riesce per davvero, ha trovato la pace in se stesso. È riuscito a dire no all’odio, all’orgoglio, alla vanità e a tutti i sentimenti negativi che ci possono essere.
Come se non bastasse siamo tutti accumunati dallo stesso destino. Indossare maschere. Maschere di vetro, di ferro e porcellana.
Ma tolta la maschera cosa siamo? Me lo sono sempre chiesto.
Ma mi sono chiesto con più insistenza, io ho una maschera? All’inizio rimanevo in silenzio per rifletterci, poi le mie labbra istintivamente si sono piegate in ghigno. Pur non sapendone il motivo. Ma! Sono arrivato alla conclusione che, si, anche io ho una maschera. Una maschera per non far vedere agli altri chi sono veramente. non mi piace esce scrutato o visto da tutti.
Anche perché mi considererebbero pazzo, psicopatico, malato, schizzo frenetico con tanto di istinti omicida.
Metto la maschera per non far vedere nessuna sensazione o emozione. Del resto ,ormai, questo non importa più a nessuno. Quello che importa agli altri è solo l’apparenza. Punto. Non c’è altro.
La gente non si ferma più a dire:” ah ma guarda quella persona com’è dentro”.  No! Semmai si fermano per dire: guarda quel pazzo!
Perché in una società del genere vieni, solo e sempre, considerato un folle, un pazzo che cerca in qualche modo ,e certe volte a modo suo, di distinguersi.
Ma poi sorge un altro problema! Distinguere la gente pazza che è stanca di tutto ciò, dalla gente pazza perché non gliene frega una mazza degli altri e farebbe di tutto per schiacciare il prossimo . Da qui l’arroganza di essere migliore, superiore, vanità, invidia ecc . . . potrei continuare all’infinito.
Ma la cosa che mi rende triste è che la gente non cambierà mai, neanche nei secoli avvenire. E ne ho le prove. Mi è stato pure riferito dal mio più grande amico che è vissuto prima di me e sa come sono gli umani. Tutti. Uguali. 
E qui mi parte la rabbia. Rabbia in cui vorrei sputare e urlare alla gente di quanto è demente a perdere tempo in cose futili. Di quanto non siamo nulla in confronto all’universo, neanche paragonati a un granellino di sabbia. Che loro vivono per convenzione, per apparire, per illusione.
Loro non vivono, loro sopravvivono alle loro stesse illusioni che si sono create.
E avvolte mi chiedo . . . e io? E io di cosa vivo? Che mi limito ad odiare me stesso e gli altri, senza ad arrivare ad una soluzione. Anche se in realtà soluzione non c’è ne.
C’è chi ti direbbe fottitene e fai quello che vuoi. Si, questo comunque. . . Ma rimarrebbe sempre il problema del convivere con gli altri che mi è difficile.
Una convivenza basata sulla falsità.
Io non ci arrivo o per lo meno ho capito che per “avere” un po’ di “felicità” si deve costruire una bugia e un illusione. E a tutti va bene così.
E quando moriamo?
E quando moriamo cosa?
Niente. Ti sei inutilmente sforzato di rincorre sogni, speranze, illusioni e felicità che non ci sono state mai concesse.
Quando muori finisce tutto lì. Perché poi verremo giudicati e infine ognuno si sconterà la propria pena.
Direi che alla fine ci vedremo tutti quanti all’inferno. E sia! Spero di essere in un posto in cui potrò godermi la vista di tutti voi sofferenti. Sono stufo di tutto e di tutti.
Attenzione non sto dicendo che sono un santo! Anche io faccio i vostri errori e per questo mi faccio schifo. Non c’è bisogno che venga qualcuno a ricordarmelo. “
 
J./C./0.01
 
 
Mio padre non ha ne torto ne ragione. Questa lettera mi ha mandata in confusione totale. Anche se è la verità. Quindi l’uomo non accetterebbe questa verità in quanto faccia soffrire. E di conseguenza tutti ci odiamo, in primis noi stessi.
Ma sembra che questa cosa un po’ tutti l’abbiano capita, visto e considerato i tanti suicidi, omicidi e quant’altro che si sentono dire in giro.
Probabilmente questa è una lettera di quanto mio padre era un po’ più giovane. Si capisce nel modo in cui scrive. Ma soprattutto riesco a percepire la sua rabbia attraverso questa ennesima lettera trovata così per caso.
Vorrei un parere di Albert. Vorrei sapere cosa ne pensa al riguardo.
Ma non so, qualcosa nel mio cervello dice “ Evee. NO. Pericolo. Sbrigati e fuggi via. Ricordi i lupi?”.
Per quanto stia detestando la mia coscienza, non posso darle torto.
Poi sento Albert dietro di me e mi giro piano, facendo un piccolo sorriso isterico.
- Una lettera di tuo padre? – disse serio in volto. - A quanto pare tuo padre non amava il genere umano . . . – continuò.
Ah, quindi è riuscito a leggere. . .
- Non so che pensare, la cosa per quanto sia vera è triste. Se una persona pensasse a questo si suiciderebbe e fine della storia. – dico iniziando a vagare per il salone.
- Evee le nostre esistenze sono triste a se stesse, per questo ognuno di noi si crea la propria illusione per vivere bene. A volte la morale viene eseguita, a volte viene a mancare e si susseguono scene di cui l’uomo pensa di non esserne capace – mi spiega. Sembra un'altra persona mentre lo dice, quasi una persona che ha vissuto per troppo tempo e stanco pure lui.
Mi avvicino a lui e mi abbasso leggermente per vedere il suo viso. Sta fissando in modo insistente il pavimento, poi si accorge di me che lo sto guardando in modo interrogativo e mi sorride in modo tenero.
Poi si avvicina nuovamente e mi toglie gli occhiali e se li mette.
- Mhm stanno più a me che a te. Mi danno quell’aria da secchione sexy! – disse mentre si specchiava nello schermo del suo telefono.
- Certo che sei un pochino cieca, piccolina del mio cuore – disse per poi rispondere al telefono.
No, Albert. Uno di questi giorni mi vendicherò! Non sono la tua piccolina del cuore ne tanto meno cieca. Ho solo un elevato astigmatismo . . . si ok sono un po’ cieca, ma cosa posso farci?
- Arrivo subito – disse serio per poi riagganciare il telefono.
- Evee scusami, devo proprio andare. Mio fratello Rin ha bisogno di me. – mi salutò con un gesto della mano per poi dileguarsi.
Se da una parte sono rimasta finalmente sola senza un professore che ti fa il terzo grado, dall’altra sento che sono maledettamente sola in uno spazio troppo grande.
Mi rigo convulsamente per il salone, cercando di calmarmi. Poi, lo vedo lì, seduto sopra il piano che mi osserva con occh famelici. Gli stessi occhi di quando ho immaginato che mi mordesse. Rossi. Di un rosso rubino brillante.
- R-rin . . . – uscì dalla mia bocca piano.
- Io e tu dobbiamo parlare! – afferma per poi scendere dal pianoforte e avvicinandosi a me.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve gente! eccomi di nuovo qui u.u bene come potete notare sto dando di matto, scrivendo cose filosofiche e pensieri super giù veri D: ( ok adesso mi internate, lo so xD ). Questo capitolo oltre ad essere un deliro e anche un capitolo  di transizione, perchè nel prossimo ne succederà di tutti i colori (?), o almeno in parte xD
Ma quanto è appiccicoso il nostro Albert con Evee? E sua zia che ha paura che faccia scappare a fuoco la casa?
Rin, figura misteriosa, spietata pronta all’attacco, cosa vorrà mai dalla nostra Evee? O-O
Ci tengo a ringraziare michiru93 e sweetB che ogni volta mi fanno contenta lasciandomi delle belle recensioni *_* grazie senza voi non continuerei questo delirio xD
Spero in futuro di avere ancora pareri sia vostri che altrui, non mangio nessuno! ( A meno che voi non siate fatti di cioccolato xD )
Detto questo mi dileguo e  . . . stay tuned perché sto disegnando i personaggi di questa storia u.u
Un bacio, Haru <3

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Capitolo 6
*** Volevo il bis? Si, di pazzia! ***


Salve gente! Questo capitolo è diviso in tre parti: la prima è un piccolo ricordo del passato; la seconda è narrata da Rin e infine dalla nostra ( sfigata ) Evee! Ci tengo a ringraziare le persone che seguono la storia e le persone che prendono  “ spunto” dalla mia patetica storia :’D grazie mi fate sentire importante ( lo so, sto facendo l’antipatica, ma per ovvi motivi! Quindi Pace e Amore <3 )
Detto ciò, Buona lettura J
 

 
 
Circa diciotto anni fa. . .
 
-Hey piccolina vieni qua!- un ragazzo chiamò a gran voce qualcuno.
- R-Rin – balbettò euforica una bimba.
Una bambina cicciottella di due annetti appena, con capelli ramati addolciti dal sole, sta correndo verso un Rin allegro.
- Vita mia! – sussurrò il ragazzo abbracciando la bambina.
- Vediamo, ripetilo! Ripeti di nuovo il mio nome, dai! – il ragazzo accarezzava teneramente la bimba.
- Rin! Rin! Rin! – ripeteva la bambina come un pappagallo.
Il ragazzo la strinse dolcemente a sé. Gli vuole un bene dall’anima e niente e nessuno potrà separarli.
Ma il destino volle altro per loro. . .
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Rin:
 
 
 
Ricordo bene quando Gardenia la madre di Albert rimase incita di quel James. Richard andò su tutte le furie e alla fine se ne uscì che voleva la creatura che portava in grembo.
Che cosa se ne sarebbe fatto di una bambina? tralasciando il fatto di ucciderla e bere il suo sangue.
Solo dopo il mio cervello capì che il suo intento era quello di farla crescere e chissà cosa fargli passare per colpa di due deficienti. E diciamolo anche dalla sua scarsa umanità.
Lo odio a morte. Uno: perché ha stuprato mia madre e una volta nato io la uccise, tenendomi ugualmente;
Secondo . . . da quanto è nata quella bimba meravigliosa, si l’ho detto, mi sono affezionato subito. Non so spiegarlo ma qualcosa nel mio cuore si era mosso. Qualcosa che non mi era mai successo in settecentotrentasette anni di vita. Davvero, pensare che in tutti questi anni non ho provato questo sentimento mi fa sentire una nullità! Ma adesso c’ è lei che riempie le mie giornate.
Ho fatto persino due smorfie simile a un sorriso da quando mi gironzola attorno! Ma tu guarda un po’ che effetto mi fa questo tipetto.
Albert è nato qualche anno prima di lei. Lui è all’oscuro di tutto, ed è sempre con Richard in quanto deve imparare ancora tutto. E’ il suo preferito, il suo legittimo figlio, erede al “trono” e blabla e tutte queste stronzate di cui non me ne mai fregato minimamente. Perché ho fatto sempre di testa mia!
Ma da quanto ho saputo le intenzioni che aveva Richard su di lei ho dovuto nasconderla, proteggerla. Anche se James non mi fosse molto simpatico gli dissi che mi sarei preso cura di lei. Lui mi sorrise con tanto di cuore in mano. Bah, vallo a capire! Mica lo stavo facendo per lui.
Ad ogni modo,talmente mi impegnai nella cosa che persi persino io le tracce su di lei. Infatti da quel giorno non seppi più nulla.
Ero davvero distrutto dentro di me, ma nel frattempo sapevo che avevo un nemico e che molto presto avrei dovuto ucciderlo se volevo proteggerla sul serio.
 
 
 
 
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Oggi . . .
Da quando l’ho rivista non avevo capito che era lei. E’ come se il mio cervello avesse rimosso questo dettaglio importante della mia vita. Del resto come biasimare il mio cervello? Macchiato dall’odio verso quel cane bastardo di Richard che devo chiamare padre, macchiato da omicidi, peccati e altro .  . .
E’ davvero cresciuta. Certo è molto diversa! Era paffutella, aveva delle tenere guanciotte , ora è quasi uno scheletro! Mi domando se mangi o sia il suo metabolismo ad essere così.
Per non parlare degli occhiali che rovinano tutto il suo essere. Dio mio, è orrenda con quegli occhiali. Li odio a morte. Alla prima occasione glieli rompo!
Come al solito Richard sta facendo tutto per bene. Sta facendo in modo che Evee sappia la verità tramite suo padre e poi . . . e poi non so cosa ha in mente. Sicuramente niente di buono, ma ovviamente non glielo permetterò.
Albert è all’oscuro di tutto questo. Tanto da non sapere che è fratellastro, di madre, con lei. Se sapesse ucciderebbe suo padre seduta stante.
Ha quanto ho capito gli ha messo gli occhi addosso e ciò . . . mi provoca un forte istinto omicida verso di lui.
NESSUNO. E dico nessuno, si deve ad azzardare a toccarla.
Purtroppo sapevo che un giorno all’altro Richard l’avrebbe trovata. . . e lui non dimentica.
Comunque sia la sto tenendo d’occhio. Niarus il  mio gatto, mi riferisce tutto. Oggi , infatti, mi ha detto che è andata a casa sua con quell’imbecille di mio “fratello”.
Senza pensarci troppo mi dirigo lì sul posto e gli mando un messaggio sul suo cellulare. La tecnologia di oggi mi torna utile ogni tanto. .  .
porta il tuo culo a casa che ti vuole tuo padre”, scrivo e premo invio.
Come previsto liquidò Evee e se ne andò.
Nel frattempo entrai e mi sedetti sopra il pianoforte accendendomi una sigaretta. Sono troppo nervoso e non ne so il motivo. La cosa peggiore o forse migliore, non saprei tra le due, è che lei non ricorda nulla.
Aspiro il dolce profumo della nicotina e poi la butto via. A quanto pare è anche diventata un idiota senza precedenti, questa ragazza.
- Io e tu dobbiamo parlare – gli dico per poi scendere dal pianoforte.
Sento il suo cuore battere ogni secondo più forte, non è paura, sembra più confusione.
Mi avvicino sempre più a lei e di rimando indietreggia, tanto da cadere sul divano distesa.
“Mhm cos’è? Dovrei prenderlo come un invito?”
Mi ci distendo sopra e aspetto che mi dica qualcosa. Nel frattempo so di avere sul volto un sorriso strafottente di quello in cui ti viene voglia di picchiare chiunque.
- C-cosa . .  vuoi ? –  disse scandendo piano le parole. Almeno non è proprio ritardata!
- Mhm, niente in particolare che tu non possa darmi. – dissi tenendola ferma con il mio peso e con le mani ai suoi polsi.
- Hai detto che volevi parlare – si affrettò a dire.
- Oh è vero – dissi ridendo.
- Allora? –
- So che non ti sei bevuta la storia dei gradini – gli soffiai vicino alle labbra a cuoricino.
- Quindi . . t-tu hai veramente ucciso quei lupi? – balbettò in modo esasperante.
- Si, Evee. Cosa ci trovi di strano? – gli chiesi. Voglio sapere che teoria si è fatta al riguardo.
Richard non sa dell’accaduto, ma so che andrebbe su tutte le furie se gli rivelo cosa siamo, prima che lo faccia lui. Perché non rovinargli la sorpresa? Questo mi sembra il momento adatto.
La osservo intensamente dentro i suoi occhi grigi, vuoti e pieni, pieni di qualcosa che non riesco ad afferrare. Un volta questi occhi erano pieni di allegria e brillavano. Adesso sembrano così spenti e vuoti . . . senza rendermene conto gli sto accarezzando i capelli, poi con l’indice scendo giù fino al collo.
Il suo profumo è qualcosa di davvero eccitante ed inebriante tanto da mandarmi al manicomio.
Vedo i suoi occhi che cercano risposte. Risposte che saranno esaudite nel mio modo di rispondere.
- Non ti preoccupare ti illuminerò, ma tu fa la brava altrimenti sarà doloroso – soffiai piano a fior di labbra.
Poi scesi giù con la lingua, leccando il suo collo.
Non può muoversi perché l’ho bloccata prima ma sembra non opporre resistenza.
Dopo aver respirato il suo profumo decido finalmente di affondare le zanne sul suo collo. Stavolta ci andrò piano e molto delicato.
L’altra volta ero in preda all’estasi tanto da non accorgermi che la stavo quasi per uccidere. Per non parlare che gli ho fatto molto male, a giudicare da come i suoi urli mi facevano vibrare la mano che tappava la sua bocca sembrava che soffrisse.
I canini sono dentro la sua carne e inizio a succhiare, prima piano e poi con foga. Dopo un po’ mi stacco prima che io perdi il controllo.
Ripulisco i rivoli di sangue che gli scivolano lungo il collo per poi passare alla mia bocca.
Mi guarda come si dovrebbe guardare un leone, con terrore. E invece mi guarda come se avesse visto un angelo.
 - Allora, ti ho illuminato abbastanza? – gli chiesi.
- Ancora. . . – a malapena sentirono le mie orecchie. Noi vampiri abbiamo un udito più sviluppato degli esseri umani, ma credo che per la prima volta io non abbia capito bene.
- Cosa? – gli chiesi confuso.
- Ti prego ancora. – mi supplicò.
Si è bevuta il cervello? Pensavo che mi avrebbe dato del mostro, che avrebbe avuto paura, che sarebbe scappata. . . ma me la ritrovo qui, sotto di me, che chiede di essere ancora morsa.
“Mhm. . . mi sa che nel suo sangue c’è qualche tipo di droga pesante che mi fa male”, riflettei su le varie possibili probabilità.
Evee notò che non stavo ricevendo il messaggio e provò a scuotermi con le sue piccole mani.
- Dai mordimi, vampiro! O sei diventato sordo? – disse quasi arrabbiata.
Pure si arrabbia? Cos’è? sono finito in un mondo parallelo?
Di tutte le donne che ho avuto, sono ad alcune ho rivelato il mio vero essere, è tutte hanno avuto la stessa reazione.
Magari la vecchiaia mi fa brutti scherzi? ma quale vecchiaia, i vampiri mica invecchiano.
Ok, sto parlando da solo come uno scemo.
- E poi come fai ad andare a casa? – la liquidai e mi spostai da lei sedendomi sul davanzale della finestra.
- L’altra volta ti sei premurato di accompagnarmi – disse tirandosi su a sedere nel divano.
- Senti mocciosa, per quanto il tuo sangue mi faccia impazzire non ho mica intenzione di ucciderti! – gli spiegai acido. – e non hai niente da chiedermi? – aggiunsi per poi accendermi un'altra sigaretta.
 Sento che sto per perdere il controllo della situazione!
Potrei saltargli benissimo al collo e smettere solo quando sviene. Ma così mando al monte il mio piano.
- Ho l’impressione che tu sappia qualcosa che io non so. . .  – si ferma –  Albert e Richard sono come te? – mi chiese.
“oh, questo è davvero interessante.”
- Vedo che inizi a far funzionare il tuo cervellino! Comunque si, e devi stare attenta. – gli risposi.
- E’ perché mi stai avvertendo? Cosa vogliono da me loro? – ci siamo sta per farmi il terzo grado, che palle.
- L’ho fatto e basta! visto che dovremmo fare un paio di viaggi insieme, mocciosa. Cerca di non darmi troppo fastidio, ubbidisci e basta. AH! E per carità, mettiti le lenti a contatto altrimenti te li rompo quegli occhiali. – dissi per poi andarmene via.
 
 
---
Evee:
 
Mi lasciò così. Senza più chiarire minimante. Prima butta la pietra e poi non vuole spiegarmi le cose.
Non posso crederci , è un vampiro. Loro sono vampiri. I vampiri esistono. Ma come? Perché?
Quindi quella volta non l’ho immaginato! Mi ha morso già due volte, e io volevo il bis. . . .
Ma poi perché non si sa. . . forse mi è piaciuto? o forse perché volevo sentire dolore?
“Da quanto mi piace sentire dolore?”
Ok, sto dando di matto. E anche in modo pesante.
Non pensavo di avere questo lato “oscuro” di me. Che mi prende?
E che significa “visto che dobbiamo fare un paio di viaggi?”. Quali viaggi?
Aspetta un attimo. . . non mi dire che mi vuole accompagnare in tutti i posti dove mio padre ha lasciato le lettere. . . o no!
 Mi basta che fra un paio di giorni mi accompagna in Perù! No. NO e poi NO!
E poi . .  non so quanto staremo li, non so dove si trova questa dannata lettera . .  AIUTO!
 
 
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Giorno della partenza. . .
 
Evee si alzò due ore prima che la venisse a prendere Rin per andare all’aeroporto.
Era nervosa. Durante la notte si girava e si rigirava nel letto senza riuscire a dormire. In breve, non aveva dormito per niente!
La valigia, ovviamente, era stata fatta in fretta e furia. Aveva messo il necessario e niente di più.
Nei giorni precedenti aveva fatto discorsi che non stavano in cielo e ne in terra a sua zia, pur di farla allontanare da Richard. Ma i risultati erano scarsi. La donna non demordeva e non pensava minimamente di allontanarsi al suo “uomo”.
Ultimamente la vedeva fiacca e sempre più pallida. A Evee i dubbi vennero. E se i conti non sbagliavano, due più due fa quattro. Richard-canini più Lily uguale sangue.
Evee dopo le parole di Rin non si fidò neanche della sua ombra.
Evitava Albert a tutti i costi, Richard peggio di peggio . . . Di Rin non ebbe nessuna notizia.
In quei giorni la sua mente era affollata da pensieri, domande, preoccupazioni  . . . aveva una paura matta per sua zia.
Non aveva la minima idea di cosa fare. O di cosa l’attendeva tutta questa storia, assurda.
 
Adesso era davanti allo specchio pronta in tutto e per tutto e si domandava del perché di tutto questo. Sapeva benissimo che aveva perso un paio d’anni a logorarsi l’anima nel dolore, ma ora voleva vivere e conoscere gente. Ma questa idea fu bocciata ,in quanto ha capito che lei non sa relazionarsi con la gente e che attiri quella di cui si ci deve stare alla larga.
Ma Evee non sa ancora niente di niente. Questo è solo l’inizio della verità, delle sue vere sofferenze. . . non immagina minimamente cosa gli aspetti in futuro.
 
- Ok, farò finta di niente. Andrò in Perù, recuperó la lettera e me ne torno a casa. A casa mia! Tanto ormai ho quasi finito di sistemare l’interno, manca solo il giardino. – ripeteva tra se e se Evee mentre scendeva le scale.
- Hey mocciosa, sei pronta? – era Rin.
- Pronta da almeno due ore . . . – bofonchiò Evee stanca.
- Vedo che mi hai dato ascolto. – trillò contento Rin.
Evee, per amore divino e per non sentirlo lamentarsi, si mise le lenti a contatto. Cosi ci sarebbe stata pace per tutti.
- Zia io vado, stai attenta. Non uscire, rimani a casa e mentre ci sei esci fuori il fucile che hai dentro l’armadio. Ti prego non fare sciocchezze, chiamami in qualsiasi momento – disse Evee a sua zia con un tono esasperato, quasi urlando.
- Ma che cavolo hai? E da un paio di giorni che mi ripeti le stesse cose. In caso dovresti stare attenta tu! Ma hai Rin con te. Quindi posso stare tranquilla. – sentenziò sua zia.
Evee era rassegnata e non sapeva che pesci prendere, tanto sua zia l’aveva catalogata per pazza.
Dopo aver salutato sua zia, Evee e Rin andarono all’aeroporto.
 
Ovviamente ,come è solito, l’aereo ritardo di una mezz’oretta. Il quadretto era esilarante: Evee sulla panchina con la gamba che tremava dal nervosismo mentre Rin aveva spazzolato via già due pacchi di sigarette.
Evee gli aveva detto più volte di smettere, che il fumo gli avrebbe procurato danni, ma lui gli rispondeva scoppiando a ridere.
- Non può venirmi niente, ricordi? – gli rispose dopo essersi calmato.
Evee ci pensò su un attimo e si ricordó di tutte le cose che aveva letto in quei giorni in biblioteca.
Perché si, Evee in quei giorni fece il diavolo a quattro.
Non si era fermata un attimo.
 
Evee e Rin si destarono dai loro pensieri, perché furono chiamati dalla voce meccanica che diceva che dovevano imbarcarsi.
Una volta saliti sull’aereo, Rin chiese a Evee una cosa, una cosa davvero importante.
- Dove si trova questa lettera di preciso? – gli chiese.
Evee sbiancò. Volevo urlare, strapparsi i capelli, uscire da quel maledetto aggeggio e chiudersi a casa sua.
La verità è che non lo sapeva. Pensava che Rin lo sapesse.
- OK! Ho capito, lo scopriremo. – disse tra il pacato e nervoso.
Cosi il viaggio iniziò.
 
 
 
Angolo autore:
Ragazzi lo so che sono in ritardo e mi scuso. Ma c’è una buona ragione! Ho lavorato tanto per i disegni, che si trovano nella mia pagina “https://www.facebook.com/pages/Harumi-Works/866457740061166?ref=hl “ ( se il link non dovesse aprirsi cercate su face book “ Harumi works “ ). Dategli un occhiate mi fareste contenta *^*
( e sono stata super impegnata per colpa della scuola, prometto di aggiornare il prima possibile)
Cosa ne pensate di questo capitolo? E’ un delirio, lo so! XD ma è stato tutto così. .  . puff fulmine.
Evee è partita ( a parte in Perù) di testa! Rin è pazzo, ma si sapeva già. Albert e Richard si sono rivelati una minaccia . Lily sta avendo malori e la povera Evee che tenta di farli lasciare.
Per il prossimo capitolo ho in mento una scena quasi horror, quindi non so. Voi che ne pensate? Ho avuto un flash per trovare questa benedetta lettera che non ne avete idea xD ( cosa fanno gli incubi quando la fantasia sparisce? )
Vi prego fatemi sapere come vi sembra questa storia, il capitolo in se, e se vi sono piaciuti i disegni.
A presto
Haru <3

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Capitolo 7
*** Ho paura abbracciami ***


Il viaggio in aereo è stato una noia mortale. Per tutto il tempo Rin era con le cuffiette e sdraiato. . .sembrava che dormisse. Ogni tanto andava in bagno per fumare e si poteva dedurre dalla puzza di fumo che emanava ogni volta che ne faceva ritorno.
Risultati di conversazione con questa persona era impossibile.
Alla fine mi abbandonai a un sonno profondo.
Circa dodici ore di aereo. Londra – America del sud. Uguale distrutta!
Rin mi strattonò con poca delicatezza dicendomi che dovevamo scendere.
Presi il mio trolley e scesi insieme a lui.
Gente, confusione, posti mai visti. Ecco! Iniziavo a sentire gli attacchi di panico.
Persino Rin non mi faceva questo effetto, stranamente,con tutto che sapevo che era un vampiro non mi creava alcun disturbo. Anzi, mi sentivo sollevata che non era un umano. Di conseguenza se ne stava sempre sulle sue e mi degnava solo di qualche sillaba.
Ma una domanda mi frullava da quando avevo scoperto cos’era. . . Riesce a leggere nella mia mente?
Voglio dire. . . i vampiri ne sono in grado? A tempo debito glielo chiederò, ma adesso è indaffarato a parlare con un uomo di carnagione scura e capelli neri come la pece.
Per quanto ne possa averne capito, anche quando ho studiato un po’ di spagnolo di base, sembra che stia cercando un taxi.
- Hasta luego! – disse Rin all’uomo.
Poi si avvicinò a me e disse che a breve saremmo arrivati in Perù. Attualmente eravamo in Bolivia.
Avrei voluto girarmi un po’ il posto, prima di abbandonarlo, ma a quanto pare sarà una cosa rapida e veloce.
Dopo una decida di minuti arrivò il taxi. E da lì iniziò un pellegrinaggio di vari taxi e mezzi pubblici. Alla fine abbiamo dovuto affittare una moto per arrivare a destinazione.
Era già sera inoltrata e alla fine Rin decise di fermarsi in un qualcosa somigliante a un hotel.
- Una habitaciòn con dos camas!*1 – disse Rin rivolgendosi a una donna anziana.
- Lo siento! Pero tengo solo una habitaciòn con una cama doble*2 – rispose la signora.
Vidi Rin corrucciare le sopracciglia e diventare nervoso, alla fine si accese una sigaretta e rispose “Vale”, e la signora gli diede la chiave.
“AH, devo condividere il letto co-con Rin?”. Riflettei sulla cosa.
Evee che problema hai? Non ti sei mai fatta nessuno, sei un imbranata senza precedenti e pensi che condividere il letto con qualcuno ti potrebbe procurare problemi? In caso li procuri tu a Rin! Non vedi come gli dai su i nervi?
Parlò la mia vocina interiore.
Ah, che bello quando prendeva vita propria!
Alla fine entrammo in camera e come avevo capito c’era un enorme lettone. Ma ora mi stavano venendo i dubbi. . .  ma i vampiri dormono? E non si diceva che al sole diventassero cenere?
Forse sono solo dicerie, visto che è una giornata che lo vedo sotto il sole.
Rin senza dire niente entro in bagno e udendo lo scroscio dell’acqua sicuramente si starà facendo una doccia.
Nel frattempo mi ero sdraiata ed ero in dormiveglia. Stavo percorrendo con la mente tutta la giornata: l’aereo, i vari taxi, la moto. . . la moto è stato il momento più bello e “tragico” allo stesso tempo. Cioè,  quando una volta salì sulla moto di Albert non avevo provato emozione se non il desiderio di scendere immediatamente. Ma con Rin è stato diverso, avevo i brividi, tremavo ed ero in un certo senso tranquilla e contenta.
Mi ero praticamente lasciata andare, allacciando le braccia attorno al suo busto. Lui non sembrò affatto infastidito della cosa e cosi poco dopo appoggiai la testa sulla sua schiena.
- Dormi già? – mi chiesi Rin.
Aprii gli occhi lentamente e . . . e no! Non può uscire dalla doccia così. I capelli scompigliati e solo un asciugamano attorno alla vita! NO! NO ! NO! Panico . . . aiuto.
Le guance si tinsero di un rosso acceso, cosi girai di scatto lo sguardo verso la finestra.
- Adesso se non ti spiace vado io in bagno – lo liquidai entrando alla velocità della luce in bagno e chiudendomi a chiave. Sapevo benissimo che stava ridendo di me e del mio comportamento fuori luogo.
Mentre mi toglievo gli indumenti pensavo al luogo dove si potesse trovare una lettera e alla fine non mi venne niente in mente.
Aprii finalmente il getto d’acqua calda e mi lavai per bene. Era cosi rilassante . . . dentro il box doccia c’era uno specchio e quando alzai lo sguardo intravidi Rin dietro di me che mi guardava con fare curioso.
- AHH – mi sfuggii. Stavo per prendere una tovaglia accanto a me per coprirmi, ma il vampiro si intrufolò nel box doccia e mi bloccò rimanendo appiccicati alla parete, stretti stretti.
Inutile dire che la mia faccia stava passando da varie colorazioni e che la mia voglia di picchiarlo si fece strada nella mia testa.
- Sei troppo magra, devi mangiare. Lo sai almeno cos’è il cibo? Guarda che io posso stare senza cibo, tu no invece. Oggi non ci ho fatto caso, ma da adesso in poi mi ricorderò di farti mangiare, magari prendi anche una bella terza di seno. . . anche se anche così mi andrebbe bene. A me piacciono quelle piccole ! – mi soffiò vicino l’orecchio.
- E a me che cazzo mi interessa cosa ti piace o meno! – urlai ormai perdendo il senno, sembravo un indemoniata.
- Rin allontanai, ti prego! O prenderò sul serio l’idea di ammazzarti, ora e subito! – urlai ancora. Ma lui si limitò a guardami con tanto d’occhi e poi scoppiare a ridere.
Mi trovava così divertente?
Tutto d’un tratto senti qualcosa fra le mie gambe gonfiarsi e premere contro.
“ Calma Evee,respira è solo un brutto sogno. . .”
Ma Rin non si staccava e continuava a ridere , e fu allora che mi venne l’idea.
- Tu sai leggere nella mente delle persone? – deviai il discorso, visto che non voleva staccarsi da me ne tanto meno lasciarmi andare i polsi.
-Chissà – finì con lo scoppiare a ridere nuovamente.
- Quindi la luce del sole e che mangiate solo sangue sono . . – ma non continuai perché completò lui la frase per me.
- Si stronzate all’ennesima potenza. Beviamo sangue si, ma non come unico nutrimento. Anche perché di ultimi tempo sangue buono non c’è ne molto. Gli umani mangiano cosi tante schifezze . ..  blew – fece linguaccia.
- e il mio com’è? – chiesi, ormai non ci tentavo più a divincolarmi da lui. . . era inutile!
- OH! Il tuo è così buono che ti dissanguerei, credimi! – mentre lo diceva si leccò il labbro inferiore.
- Senti Rin, con tutto il rispetto, ma quant’è che ti levi? – chiesi con fare rozzo.
- Mhm. . . non so avevo in mente qualcosa ma la cameriera con il cibo è arrivata, vado ad aprirgli. Sbrigati a vestirti se non vuoi che ti stupri – finì per poi scomparire.
C-cosa? ma che problema aveva? Un attimo prima non mi può vedere, non mi parla e non mi degna di uno sguardo, ora mi dice queste cose. . .
Deve smetterla o inizio a considerarmi in pericolo!
Finii con il vestirmi in tre nani secondi, i capelli li legai in una treccia fatta alla meglio e mi fiondai sul cibo. Avevo fame, era un intera giornata che non toccavo cibo.
Ah, dimenticavo la mia relazione con il cibo.
Io e il cibo ci vediamo solo quando io ho fame, estremamente fame. Per il resto della giornata e come se io non avessi bisogno di nulla. Questa situazione è iniziata quando morì mio padre, portandomi sulla soglia dell’anoressia.  . . ma non ci arrivai mai perché mia zia insisteva e ultimamente andando all’università Albert mi costringeva a mangiare. . .  ora c’era pure Rin che mi incitava a farlo.
Mentre prendevo della frutta Rin mi osservava serio.
- Se non mangi succederà qualcosa di peggio di quello che è successo in doccia- sogghignò mettendosi a sedere sul letto con la testa leggermente piegata di lato.
- Mangia! Tutto! – sembrò tanto più un ordine. Ma alla fine non volli fare polemiche perché avevo fame.
Rin nel frattempo si addormentò dentro le coperte e io incerta sul da farsi mi avvicinai piano al letto.
- Adesso infilati nel letto e dormi, mocciosa! – mi disse.  
Non mi feci ripetere la cosa due volte,  e anche se un po’ incerta, entrai dentro le coperte dandogli le spalle.
Dopo l’episodio della doccia ho timore nei suoi confronti. . . ma se avesse voluto farmi qualcosa l’avrebbe fatta senza tante cerimonie, quindi per adesso potevo starmene tranquilla.
 
 
 
 
Il mio sonno non fu per niente tranquillo. Mi ricordai che la sera prima non avevo chiamato mia zia, e avevo sognato tante cose brutte. Sangue, Richard che rideva e mia zia inerme e vuota che giaceva nel freddo pavimento, morta.
Mi svegliai di soprassalto ma non potei fare molti movimenti, visto e considerato che avevo una “piovra” attaccata a me.
- Rin – lo chiamai piano per farlo spostare da me.
Lui mugolò e mi strinse a se con fare possessivo.
- Rin – riprovai a sussurrare. Ma niente non mi rispondeva e non riuscivo a divincolarmi.
- Shh! Dormi ancora è presto. – mi disse poggiando la testa nella mia.
“ Ma tutta questa confidenza? “.
Ero vistosamente e vergognosamente rossa. Chissà quanto avrei finito di comportarmi come una bambina. . .
Spostai leggermente il capo e vedendo la sveglia nel comodino che segnavo le sei e un quarto decisi, o meglio ero obbligata in parte, a riprendere sonno.
Stavolta dormii magnificamente. . . peccato che Rin continuasse a leccarmi il collo e continuando a sussurrarmi che aveva fame.
Sbarrai gli occhi di colpo e stavo per balzare fuori dal letto ma mi tenne stretta a se.
- Dove pensi di andare? Ho fame! – e senza che io potessi replicare affondò in modo quasi impercettibile i denti.
Iniziò  a succhiare ed ansimare, io provavo un senso di svuotamento, mi girava la testa e mi aggrappai involontariamente alla sua schiena.
Poco dopo si staccò, ripulì bene il mio collo e la sua bocca e mi indicò la mia di colazione.
- Devi fare sempre cosi? Chiedimi il permesso e non prendo ordini da te! – sibilai.
- Il permesso? – rise di gusto. – Me l’hai dato l’altro giorno a casa tua e non ti sto dando ordini, tu mangi e basta! – concluse la ordine  frase e se ne andò in bagno.
AH no? Non è un ordine. . . è solo la mia impressione !*3
Alla fine feci colazione, anche perché mi girava la testa.
Ci preparammo e fummo subito in moto.
Nel tragitto mi informò che saremmo andati a “Machu Picchu”, secondo alcune informazioni raccolte da lui, la lettera si dovrebbe trovare lì.
E’ un sito archeologo situato in un alta montagna, da lì il nome “ vecchia montagna”.
Quando arrivammo ai piedi di un sentiero, Rin mi informò che da lì dovevamo proseguire a piedi. E che dovevamo mangiare, più che mangiare masticare, un tipo di foglia che ci aiutasse con il cambio di pressione che ci sarà a breve ,man mano che ci saremmo avvicinati alla montagna.
La cosa in questione dovevo farla solo io, visto che a lui non cambierebbe nulla.
Ovviamente per avviarci al sentiero ,un uomo peruviano ci fermò per il pedaggio che Rin pagò liquidandolo senza tante moine.
Quando vide che non ci fosse nessuno nei paraggi, Rin mi si avvicinò e mi disse che a piedi avremmo impiegato tre giorni.
Sbarrai gli occhi e stavo per tirarmi indietro da quel pellegrinaggio assurdo.
- Ovviamente io sono qui non solo per farti compagnia – mi sussurrò nell’orecchio carezzandomi il mento con due dita.
Poi mi prese in braccio e con un movimento ,che all’occhio umano non si noterebbe, arrivammo a destinazione.
- Su mocciosa! Non abbiamo tempo da perdere – mi disse iniziando a girovagare qua e là nelle rovine.
Deve smetterla di chiamarmi “mocciosa”.
Decido di sedermi e non collaborare.
- Che stai facendo? – mi disse arrabbiato.
- Manifestazione! ribellione contro la parola mocciosa – gli rispondo seccata gonfiando le guance.
- Ma se ti comporti da tale, come ti dovrei chiamare? – mi chiese stampandosi un sorriso canzonatorio.
- Evee. E v E e. – scandii bene le parole.
Lui sbuffò sonoramente e se ne andò.
Mi sta facendo venire una crisi isterica patologica. Non lo capisco per niente .
Prima è freddo e distaccato, poi mi minaccia di stuprarmi, poi mi da ordini sul cibo, mi  abbraccia  mentre dormo e ora si comporta da sbruffone.  . .
Non saprei e non saprò mai come comportarmi con codesto essere!
 
Alla fine decisi di dare un occhiata ovunque.
 
 
Quattro ore dopo . . .
 
-Trovato niente? – domandò Rin ormai scocciato
- Niente di niente. Che facciamo? – chiesi.
Non ebbi risposta. Si sedette accanto a me e cadde il silenzio. Solo il fruscio del vento tra le rovine si udiva.
Dopo un po’ qualcosa sotto di noi iniziò a tremare.
Come una molla scattai e mi allontanai da quella pietra che si stava spostando da sola!
Rin mi guardò con tanto di sorriso.
- Bingo! – disse.
Io continuavo a non capire e lo guardavo con insistenza, affinché mi rispondesse alle mia muta domanda.
- Uffa! Sei una palla. Fa come ti dico e andrà bene. – mi rispose.
Ma quella frase non mi suonava affatto. Seguirlo, fare come dice lui e andrà bene. Ecco quel “ Andrà bene” ha innescato qualcosa nel mio cervellino. Ovviamente qualcosa di non positivo.
 - Andiamo – disse glaciale.
Anche se titubante dovetti seguirlo. Davanti a noi si era aperto uno specie di passaggio sotterraneo.
Dovevamo scendere una scala fatta di corda. Non credo che sia nuovissima e non voglio sapere neanche quanti anni può avere.
Scendemmo piano quella scala e ogni tanto guardavo giù trovando il buio pesto e un Rin che guardava sotto la mia gonna rossa a scacchi.
- Ma che guardi! Tanto c’è buio – replicai offesa e rossa in viso.
Non potevo neanche dargli una pedata in faccia o sarei caduta giù anche io.
- Mhm, questo lo dici tu! Io sono un vampiro ricordi? Vedo anche con il buio. – disse sornione.
- Ma quelli sono i gatti! – replicai alzando la voce.
Lui mi guardò come se avessi detto una bestialità e scoppiò a ridere.
- Smettila di guardare o ti do una pedata in faccia – sbuffai seccata.
- D’accordo zitella acida! – sghignazzò continuando a scendere.
In tutta risposta ricevette un ringhio.
Scendemmo e scendemmo ancora. Dopo un po’ mi accorsi che era troppo buio e non riuscivo a vedere più nulla. Troppo silenzio, nessun rumore. Si udiva soltanto il mio cuore impazzito e il mio corpo tremare.
- Rin. . . – sussurrai  piano.
- Che c’è adesso? – mi disse scocciato.
- Ho paura!-
- Fifona, non c’è nessuno! Continua a scendere questa maledetta scala– replicò.
Dopo un po’ si udii un versetto acuto in lontananza seguito da un qualcosa che strascicava.
Stavo per gridare ma Rin mi bloccò la bocca in tempo.
“- Non.fiatare. Non.ti.muovere.ci.penso.io. – “. Sentii la voce di Rin nella mia testa, parola per parola.
“ E chi si muoveva?” replicai nella mia mente.
Rin si scostò da me e lo sentii balzare giù con un tonfo.
Delle urla straziate, versi e ghigni si udirono per un paio di minuti. Era inutile dire che stavo morendo di paura e che probabilmente se avessi avuto uno specchio e luce avrei potuto vedere il mio pallore. . .
Adesso c’era silenzio, si sentivo di nuovo il vento.
Dopo un po’, la stanza si illuminò. Rin aveva acceso tante candele e una strana conga gigante.
Al lato c’era un mucchietto di strane creature fatte di ossa e qualche lembo di pelle qua e là.
- Non guardarle o ti impressioni e poi non mi dormi la notte. – sorrise in modo accattivante.
- Spiritoso – dissi finalmente scesa con i piedi a terra.
La stanza era stata scavata nella pietra. Vi erano molte incisioni di strani simboli, tantissime candele, libri e ragnatele a non finire.
- Riesci a leggerli? – chiesi a Rin.
- E per chi mi hai preso? Per Dio? È vero che ho quasi ottocento anni ma non so mica tutto. – sentenziò lui tra il divertito e la serietà.
- Ottocento anni? Ma sembri mooolto più giovane! – dissi cercando di farlo innervosire.
- Ah ah Ah! Spiritoso, sul serio! – disse un po’ offeso.
- Qui non c’è la lettera, dobbiamo proseguire. Ma mi devi stare incollata! Hai capito? E’ pieno di quei cosi là – mi indicò il mucchietto di corpi.
- C-cosa? io. .aiuto – mi tremava la voce stavo per svenire là, ma la paura era troppo forte per svenire in un luogo del genere. – che cosa sono? – chiesi, anche se non volevo realmente sapere.
- Non morti. Guardiani delle catacombe e della tomba principale che c’è nel cuore della montagna. – mi spiegò.
- E mio padre mi ha spedita qui? Ma cosa cazzo ha in quel cervello? – dissi furiosa.
- E lo chiedi a me? – alzò un sopracciglio e mi indicò la strada da percorrere.
Prese una candela, la accese e me la diede.
Camminammo per un po’ distanziati da cinquanta centimetri massimo. Poi notai gli sguardi svegli e attenti dei non morti puntati su di me e mi aggrappai forte al braccio di Rin.
Eravamo un tutt’uno in quel momento. Si, mi vergognavo ma la paura era più forte.
- Hai voglia di coccole? Non ti sembra un luogo poco romantico? – mi chiese ridendo.
- Scemo! Perché sono svegli se sono morti? Perché rimangono immobili? – feci una sfilza di domande a seguire una dopo l’altra alla fine Rin mi tappò la bocca con la mano.
Passò il suo braccio nelle mie spalle e mi strinse a sé.
- Non si muovono perché hai la luce di Dio. - indicò la candela. Adesso che ci facevo caso c’era una croce disegnata con una scritta “Que la luz de Dios te proteja “*4.
AH! Ora mi è , quasi, chiaro.
Camminammo stretti stretti, anche se odio ammetterlo, per svariati corridoio.
“ Mio padre me la pagherà. A costo che lo vada a cercare all’inferno! “ pensai.
Tra di noi era calato un silenzio tremendo e più andavamo e più gli sguardi minacciosi di quelle strane creature si posavano su di noi. Sembravano che volessero mangiarci l’anima e corpo in un sol boccone!
Mi girai un pochino la testa per vedere dietro e. . . non l’avessi mai fatto!
C’era una folla inferocita di quei cosi dietro di noi.
Ok, ora non avevo più paura. Era qualcosa che andava oltre.
- Non ti girare e non ci pensare. – mi strinse ancora più a se.
- Rin, posso chiederti una cosa? – chiesi titubante.
- Mhm –
- Mi leggi nella mente? Cioè. .  voglio dire, lo riesci a fare con chiunque? –
- Si abbiamo questo “ potere” di leggere nella mente, ma con te è un pochino complicato. Sei talmente confusa che mi fai scoppiare la testa. A si e no, ogni tanto capisco qualche tuo pensiero, ma per il resto tabula rasa. A parte le tue emozioni che sono evidenti, si intende. –
- Oh! Ho capito –
- E meno male! –
- Mi prendi per cretina? –
- No, sei solo una mocciosa-
- Sei solo geloso  perché sono più giovane di te! – replicai
- Cosa? –
- Vecchietto! – rincarai la dose.
- Se continui cosi ti faccio sbranare da quei cosi! – disse serio guardandomi negli occhi.
-Ok scherzavo! – urlai in preda al panico.
- Brava bambina. – concluse.
A quanto pare l’ultima parola doveva essere la sua.
Dopo un oretta o quasi, ormai stavo perdendo la cognizione del tempo, arrivammo in una grande sala dove si intravedeva una piccola cappella con un altare.
Sopra di esso giaceva una lettera.
“Ora spiegatemi perché mio padre ha messo una lettera qui! In un posto improponibile! E se Rin non ci fosse stato? Ero morta già in partenza . . .”
- Eccola finalmente! – esclamò stufo Rin.
E ci davo tanto di ragione, lo ero anche io.
- Bene, rimani qui in questo punto preciso. Cosi quei cosi non ci attaccheranno. – mi disse posizionandomi al centro.
- Cos-sa? E tu che fai? –
- Prendo la lettera e c’è ne andiamo da questo posto di schifo – disse ormai sull’orlo di una crisi.
Gli risposi un flebile “ok”.
Osservavo quelle orripilanti creature e guardandomi attorno vidi tanti specchi.
“Specchi! Ma che genio che sono”
Mi spostai leggermente affinché la luce della candela colpisse uno specchio. E cosi fu per gli altri, fin quando la stanza non si illuminò del tutto.
Vidi i mostri gridai e spintonarsi fuori da quella stanza.
- Brava bambina! Allora non sei totalmente scema! – sentii parlare Rin.
Nel frattempo avevo girato la testa seccata da quelle sue parole e notai che Rin era infilzato da tutti le parti da enormi chiodi.
- AH!- un urlò e lacrime iniziarono ad uscire.
- Fa silenzio! Non è niente – replicò seccato.
Ma come faceva a dire che non era niente? Per poco non lo colpiva al cuore! Ho letto, in un libro che parlava di vampiri, che se qualcosa di appuntito colpisse il loro cuore quest’ultimo moriva.
Si dimenava ma non riusciva a liberarsi. Allora decisi di poggiare la candela e posizionarla sempre davanti agli specchi.
Stavo per entrare nella cappella ma Rin mi urlò di non entrare.
- Cretina! Per poco non morivi! – mi urlò.
Io non vidi niente e rimasi immobile.  Ovviamente capii che io non stavo comprendendo e mi spiegò che solo i non morti potevano entrare lì.
Se io avessi messo piede sarei morta.
Però . . . che cosa triste . . . pensare Rin che è un non morto. Sembra cosi vivo ed eppure non lo è. Perché?
- Sono così è basta! – mi rispose.
- Non leggere nei miei pensieri! – urlai infuriata.
Osservai bene, per quanto mi era possibile, all’interno della cappella.
C’era una sorta di interruttore, ma era molto lontano da me.
Così recuperai un sasso e con molta calma e concentrazione lo lanciai verso l’interruttore. Ovviamente non lo centrai, ovviamente. . .
- Entro questo cortesemente. Sai, anche io provo dolore! – sbuffò.
- SI un attimo. . . mio signore! – feci per prendere un altro sasso e con forza e decisione stavolta centrai l’interruttore.
Una volta spento, Rin fu libero.
In men che non si dica fu buio totale. Io rimasi paralizza, sentii solo uno spostamento d’aria.
Solo dopo mi resi conto di essere in braccio a Rin e che stavamo salendo quella odiosa scala.
Si sentiva oscillare la scala qualcuno oltre noi la stava percorrendo. Brividi di paura salirono lunga la schiena e mi aggrappai con più forza chiudendo gli occhi.
Mi imposi di non parlare e non chiedere nulla.
Quando iniziammo ad avvicinarci all’uscita vidi cosa realmente ci stava seguendo.
“ avrei tanto voluto che in quel momento mi cadessero le lenti a contatto . . . “
Uno scheletro con qualche muscolo e vena pulsante, un occhio nero come la pece, dente aguzzi e disparati da tutte le parti e la bava alla bocca, ci stava seguendo.
Con un balzo di Rin uscimmo alla velocità della luce.
Per nostra sfiga il sole era tramontato e cosi la creatura uscì.
Rin mi adagiò a terra ancora che tremavo, mi porse la lettera e assaltò il mostro.
Non riuscivo a seguirne i movimenti, troppo veloci si muovevano.
Si vedevano solo le chiazze di sangue qua e là e infine il “corpo” del mostro accartocciato su se stesso.
Mentre Rin si avvicinava verso di me notai che le sue ferite ormai erano rimarginate.
Io non so perché, ma scoppiai a piangere in silenzio.
Lui mi abbracciò e mi prese nuovamente in braccio.
- Andiamo mocciosa – sussurrò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*1 Una stanza con due letti.
*2 mi spiace ho solo una camera con un letto matrimoniale.
*3E’ una mia battuta di tutti i giorni xD
*4 Che la luce di Dio ti protegga
 
 
Angolo autore:
Salve gente! per farmi perdonare ho postato prima. Aleè ci son riuscita! Sto lavorando anche nei disegni ( nella mia pagina su face book, per chi volesse vedereli ) e sullo studio. Quindi il prossimo aggiornamento non so quando avverrà.
Allora cosa ne pensate di questo capitolo? Prima vi ho dato lo zuccherino e adesso un po’ di “horror”. Cioè io sarei morta fossi stata al posto suo xD ma qui non so se rende un po’ l’idea.
* si mette in ginocchio e fa tanto di occhi dolci* vi prego chiunque legga mi faccia sapere la propria opinione T.T sul serio ci tengo a questa storia e a sapere cosa ne pensare realmente.
Detto ciò mi dileguo perché matematica chiama D:
Un abbraccio, Haru <3
( lo so che volete un abbraccio da Rin! U.u monelle ).

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Capitolo 8
*** Spine + special. ( Passero solitario canta per me questa notte). ***


Tremavo e singhiozzavo. Non riuscivo a crederci . . . mio padre era un pazzo furioso! Adesso ne sarò più sicura quando aprirò la lettera , confermando ciò che penso.
- Non la apri più? – disse Rin, accorgendosi che ero indecisa sul da farsi.
Ieri sera non so come addormentai, ma avevo messo il pigiama ed ero dentro le coperte del letto e un Rin accanto che mi osservava serio.
- Mhm – ricevette in tutta risposta.
Non mi piace l’idea che mi abbia messo il pigiama lui, ma visto che mi ha salvato la vita gli sono in debito e per questa volta faccio finta di niente. Tanto mi ha vista nuda in doccia. . .  che dovrebbe cambiare in intimo?
Con mani tremanti aprii la busta.  Movimenti meccanici e semplici.
La aprii e la lessi inevitabilmente ad alta voce:
Cara Evee, sono addolorato di averti trascinato in quel posto. Porgi le mie scuse anche a Rin che si sta occupando di te in questo momento”
Mi fermai un attimo a riflettere. .  .ehm cosa? come fa a sapere che Rin è qui?
Rin mi guarda torvo e mi incita a continuare a leggere. . .
Rin è un bravo ragazzo ma diffida da Richard e suo figlio Albert. Sono la copia sputata di entrambi. Sono cattivi nell’animo e presto ti toglieranno tutto ciò che ti è caro. Dopo aver intrapreso questo viaggio non potrai tornare indietro. Devi continuare a prendere le altre lettere se vuoi sapere l’intera verità.
Per adesso ti posso rivelare che. . . tua madre era un vampiro, la madre di Albert. Quella che hai conosciuto era solo una serva di Richard.
Il suo nome era Gardenia, era una donna affascinante con lunghi capelli come i tuoi. Aveva brutti vizi ma alla fine era vittima anche lei di Richard. Ti ha amata anche se ha dovuto separarsi da te appena sei venuta al mondo.
E’ stata bruciata al rogo e Richard guardava divertito quello spettacolo.
Era sua “moglie”, nonché serva, e lo aveva tradito con me. E io avevo tradito Richard.
Ma all’amore a quanto pare non si scappa. . . anche se i vampiri negano questo tipo di legame ci credono. Del resto sono creature forti e fragili allo stesso tempo. ..  vivono per milioni di anni senza mai legarsi a qualcuno.
Non sono morto in un incidente stradale, la mia vita era appesa a un filo. Avevo un cancro al cervello e mi rimaneva poco da vivere.
E Richard mi aveva promesso che, quando sarebbe giunto il momento si sarebbe preso la mia vita prima che lo facesse il cancro.
Mi spiace molto. . . ma non posso fare nulla. Mentre scrivo queste lettere, pezzo per pezzo di me cade, e sento di essere il vero mostro di tutta la situazione. Ti ho condannata a un destino davvero crudele.
Richard presto reclamerà la tua vita. Non so cosa ha in mente, ma so che vuole farti del male. “
J./C./001
Le lacrime scendevano copiose sul mio viso. Non riuscivo più a smettere di piangere. Piangere poi per che cosa? Sono figlia di un vampiro e di un umano. Richard ha ucciso mio padre prima che la malattia lo facesse, mia madre al rogo . . .e  adesso vuole me.
Non posso crederci . . . è tutto così irreale.
- Hey mocciosa basta piangere. Fattene una ragione. Tuo padre era sveglio – disse Rin per poi passarmi una mano fra i miei capelli.
- Io non capisco più niente. Non so più niente! Che significa che Richard vuole la mia vita? – chiesi anche se ero consapevole che non mi risponderà come io desideri.
- Non ti preoccupare, se finora sei stata in vita è merito mio. Quindi non vedo perché allarmarsi adesso. – disse con nonchalance alzandosi da letto.
“ La finezza fa parte del tuo carattere a quanto pare . ..”pensai.
- Si, effettivamente sono fine ed elegante mia cara. – mi rispose.
- Smettila di leggermi nel pensiero – urlai isterica seguito da un pianto altrettanto isterico.
- Oh signore – disse per poi accendersi una sigaretta.
- Le sigarette fanno male, e mi da fastidio che fumi. Odio tutti e odio mio padre. – dissi piena di rabbia salendo sul letto.
- Ma come? L’altro giorno eri pronta a darmi uno schiaffo! – mi sfotté.
- smettila  Rin! O te lo do adesso lo schiaffo – gridai.
- Si, ma poi finisci di fare l’isterica?! – mi disse lanciandomi una mela in faccia.
Centro perfetto. Tiratore scelto.
 In un'altra occasione gli avrei fatto i complimenti, ma adesso è fuori luogo. Nonché abbia la faccia dolorante.
Nel frattempo il mio telefono aveva preso vita.
“Oddio mia zia. . . sono tre giorni che sono fuori e non gli ho nemmeno mandato un messaggio”
Infatti era mia zia. . .
- Pronto?- risposi al telefono.
Nessun rumore.
Poi iniziai ad udire uno scroscio, dei rumori, qualcuno che ansimava e poi delle grida.
- Zia? – gridai.
Rin mi tolse il cellulare e lo disintegrò con la mano.
- Rin. .  mia zia – mi interruppi perché ormai la voce era smorzata dal pianto.
-Shhh! Basta non piangere, dobbiamo prendere il prossimo volo. Non possiamo fermarci. – disse Rin abbracciandomi in una morsa che non accennava ad allentare.
Io gridavo e piangevo. Non riuscivo a smettere. Mio padre lo sapeva. . .
Richard ha ucciso mia zia.
Un senso di vuoto e di freddo pervase il mio cuore. Tutto d’un tratto mi si fermarono i battiti cardiaci e svenni.
 
--
 
 
Al mio risveglio, mi ritrovai su un aereo e Rin che dormiva accanto a me.
Ricordo che la prossima destinazione è Gerusalemme.
Ero troppo scossa da accorgermi che un hostess mi stava porgendo un bicchiere d’acqua.
Probabilmente dovevo essere in un stato davvero pietoso. . .
Mia . .. mia zia è morta. Ed è tutta colpa mia, non sarei dovuta partita .. . non . .non sarei dovuta nascere. Per colpa mia sono morte tante persone.
Altro pianto isterico, stavolta in silenzio. Per non svegliare quello stronzo di Rin.
Andai in bagno e lì notai realmente, che chiunque avrebbe supposto che stessi male emotivamente. Non vedevo un granché, il mio mondo è sempre stato sfocato a causa dell’elevato astigmatismo. . . ma adesso è accentuato dalle lacrime.
- Dove li ho messi? – sussurrai cercando gli occhiali nella borsa.
Alla fine lavai il viso più volte e misi un velo di trucco per mascherare i miei occhi gonfi. Forse ho un po’ esagerato con il blush ma. . . ultimamente sono più pallida del solito.
Misi i tanto odiati occhiali, non solo da me ma anche da colui che diventerà “compagno” di fuga.
Quando si sveglierà dovrà spiegarmi alcune cose!
Raggiunsi il mio posto e Rin era lì più incazzato che mai.
- Che c’è? – gli chiesi.
- Dov’eri? – mi ringhiò.
- Oh si certo adesso non posso neanche andare in bagno. Ti devo chiedere il permesso? – stavo dando di matto, ma lui non mi era di aiuto. Stavo davvero male e lui era sempre lì incazzato fresco.
Non rispose. Probabilmente, per una volta, ha capito che è meglio non darmi corda.
Tra noi calò un silenzio glaciale. Non riuscivo più a sentire i rumori che mi circondavano. ..  era come se il tempo si fosse fermato ma io continuavo a respirare.
Ecco! Solo il mio respiro si udiva, o almeno lo percepivo solo io.
Sono stata una stupida. Non ho chiamato mia zia, non ho potuto evitare l’inevitabile.
- Richard aveva già i mente di ucciderla, era solo un giocattolo senza valore per lui. – disse Rin.
- Ti avevo detto di non leggermi nella testa! – protestai.
- Ma se non mi parli poi mi preoccupo, eh! – fece lui indifesa alzando le mani in avanti.
- Come se tu mi ascoltassi o mi rispondessi – ribadii.
- Non è vero! Ti rispondo e ti ascolto. – disse lui quasi offeso.
- Si, a monosillabi. – aggiunsi a bassa voce.
- Ti ho sentito. Forza! fammi il terzo grado, cosi almeno finisci di logorarti inutilmente. – mi strattonò.
Rimasi in silenzio, non volevo più parlare. Volevo solo silenzio e nient’altro. Volevo logorarmi ancora un po’ e magari farmi prendere dalla vendetta.
Perché la colpa era solo mia e di nessuno. Adesso. . .  perché dovrei trascinare pure Rin?
Devo smetterla di piangermi addosso. Non piangerò più in un sua presenza. Voglio cambiare! Sono stufa di essere quella debole in ogni occasione.
 
---
 
Dopo un paio d’ore l’aereo arrivò a destinazione. Rin non mi degnava più di uno sguardo e io non ci provavo minimamente ad avere un dialogo.
Avevo in mente di far perdere le mie tracce, di non farmi più trovare e iniziare una vita con una nuova Evee e un carattere. Attualmente sono solo una stupida ragazza senza carattere che non fa altro che combinare casini anche senza volerlo.
Vengo riportata nel mondo reale dallo sguardo truce di Rin che mi guarda con insistenza.
Vuole che lo segua.
“ Devo aspettare la prima occasione. . . “
 
Entrammo in Hotel e Rin aveva già consumato due pacchetti di sigarette.
Ma quanto fuma?
- Ascoltami bene, mocciosa. Perché non amo ripetermi! Se sarà necessario ti legherò in quel letto ma questa volta non verrai con me. – mi sputò schietto.
-  Perché no? – chiesi.
- So dov’è. – tagliò corto saltando dalla finestra.
 
Ma perché mi aiuta a trovare queste lettere? Perché? Non sono niente per lui. Perché rischiare?
Un po’ mi sentirei in colpa se lo lasciassi così, ma devo farlo.
Decido di scendere e all’entrata trovo una strana ragazza dai capelli azzurri con le punte un po’ più scure e occhi del medesimo colore intenta a fissarmi con insistenza.
Ha una canottiera bianca e dei pantaloni da tuta blu. Ha un tatuaggio sul braccio: un intreccio di spine che stringe un cuore anatomico sanguinante e una piuma accanto.
- Ciao Evee – mi salutò la ragazza.
Sbarrai gli occhi incredula. Ma poi ci arrivai dopo un po’, ricordandomi le parole di Rin . .  “ Se sarà necessario ti legherò nel letto”.
- Piacere di fare la tua conoscenza, sono un’amica di Rin. Sono Jin! – la ragazza mi porse la sua mano e di rimando la strinsi con molta forza.
Quindi mi ha messo un “cane da guardia”.
Ancora non avevo aperto bocca, probabilmente penserà che sono una gran maleducata.
- P-iacere – dissi flebilmente.
- Ti piace il mio tatuaggio, eh? – mi chiese.
Annuì soltanto.
- Suvvia, non ti mangio mica! – scherzò lei – C’è un ragazzo che fa tatuaggi splendidi qui vicino, andiamo. – disse per poi trascinarmi letteralmente di peso.
“ Addio piano di fuga da Rin e da tutto . . . “ pensai.
- Allora cosa vuoi farti tatuare ? – mi chiese cordialmente.
Perché Rin ha voluto andare da solo? Che sarà successo? Sicuramente, però, avrà capito le mie intenzioni di “fuga”.
- Non saprei-  dissi distratta, rispondendo alla sua domanda.
Ma per caso gli avevo chiesto se volevo un tatuaggio? Non ricordo.
- So che hai un pappagallo. Perché non un volatile? – mi disse sorridente.
Cosa? Come fa a sapere di Cip? Siamo sicuri che questa qui non sia un alleata di Richard pronta a farmi fuori?
- Ok, ti sto spaventando scusami. Non volevo. . . Rin ogni tanto dice qualche monosillabi su di te-  disse pacata per giustificarsi.
“Monosillabi su di me”.
- Che parlasse a monosillabi non mi era nuova, ma su di me mi sembra strano. Neanche mi conosce. – sbuffai senza volerlo.
- Ed è qui  che ti sbagli. È da quando sei nata che ti conosce. Lui si è preso sempre  cura di te, ma poi . . . – si bloccò.
Alt! Alt! COSA?
- E poi ? – la incalzai a continuare.
- Siamo arrivati – trillò cambiando discorso.
A quanto pare non caverò molte informazioni a questa ragazza.
Comunque sia devo stare attenta.
- Karol! – urlò la ragazza.
- Hey Jin! Quanto tempo. Ma dove sei stata, brutta stronza? – gli rispose il ragazzo.
Era un ragazzo dagli occhi e capelli neri. I capelli erano un aggroviglio di ricci disparati qua e là. Tatuato dalla testa fino ai piedi e molti, ma dico molti, piercing. E un po’ più bassino di me e credo, ad occhio e croce, che abbiamo la stessa massa corporea.
I due si azzuffarono tra una tirata di capelli e l’altra, poi il ragazzo si accorse di me e si avvicinò.
- E questo tipetto da dove salta fuori? – chiese a Jin.
“Oh si certo io non so parlare guarda! “
- Si .. – fermai Jin. Probabilmente aveva visto il mio viso nero.
- Questo tipetto, è saltato come i funghi, contento? – ringhiai .
Da quando ringhiavo alle persone? Ah, si giusto. Da quando sto con Rin. . .
- Che caratterino. Ma tesoro sei un disastro, dove sei stata? Ti posso dare una sistemata, vero? – mi chiese Karol.
Una sistemata? Qui ci vuole un miracolo.
- Rin non vuole che gli tocchi i capelli o ti ammazza sul posto. – sghignazzò Jin.
A quanto pare Rin è conosciuto un po’ ovunque.
- Va bene! – urlò alzando le mani in segno di arresa – Però ti trucco, ti vesto, ti porto delle lenti a contatto. . . perché gli occhiali non ti donano per niente. Orrenda oserei dire, ma siccome nel tuo caso sei carina non posso. – concluse.
Secondo me, questo soffre di doppia personalità.
- Magari fare pace con il tuo cervello, no? – dissi.
- Lo sai che la gente, quando si sente  toccata  inizia a smaniare? – mi chiese.
Ma in che senso? Era retorica la cosa o tocco fisico?
- Lascialo perdere, a volte non ci sta con la testa. – mi “rassicurò”Jin.
- Ah . .  – uscii dalla mia bocca.
 
Morale della favola?
Due ore per farmi i capelli un po’ mossi e alcune trecce piccole piccole un po’ sparse qua e là. Un trucco che era una via di mezzo, tra il pesante e il leggero.
Eye-liner, ombretto, mascara, cipria, rossetto ,rigorosamente rosso(secondo i gusti di questo Karol ), e una quantità industriale di profumo.
- Perché tutto questo profumo? – chiesi. Ma dalla sguardo che mi lanciarono capii al volo.
Nel frattempo che mi preparava mi avevano detto che anche loro erano vampiri. E ovviamente gli dava fastidio l’odore del mio sangue.  Quindi. .  . mistero risolto del profumo.
- Prima che io scelga un vestito da farti mettere volevo farti un tatuaggio. Anche se Rin ne sarà contrario  al riguardo. – disse Karol.
Oh, Karol sei un genio. Perché non farlo andare su tutte le furie? E poi scusa, il corpo è mio e faccio quello che mi pare e piace!
- Potrei amarti per questa tua grande illuminazione, sai?- gli disse quasi contenta.
- Si, ma non fare incazzare Rin. . . almeno non troppo – aggiunse Jin visibilmente contraria alla cosa.
- Suvvia  Jin, mica ci ammazza . . . o si?! – Karol era decisamente fuori di testa, ma mi stava simpatico.
- Allora facciamo un passero solitario su un ramo di ciliegio sulla spalla sinistra – dissi con voce quasi felice.
Non avevo mai considerato l’idea di un tatuaggio, ma la cosa mi piace.
- Davanti o di dietro? Non è un doppio senso, per carità . . .- mi chiese karol scoppiando a ridere.
- Davanti . .-  risi un pochino anche io.
E cosi fu.
Mi fece distendere nel lettino e iniziò a smaniare contento. Eppure, se li guardo in quest’ottica non sembrano neanche vampiri. Non ho avuto mai paura ne di Rin ne di loro due.
Mentre iniziava a pungere Karol, Jin mi chiese perché proprio il passero solitario.
Gli risposi che una volta quando avevo diciotto anni, questo uccellino veniva di notte a cantare sulla mia finestra e che ne ero propria innamorata.
Certo, di solito i tatuaggi per molti hanno un significato un po’ più profondo. Il mio è un frivolo capriccio di cui adesso ci stavo prendendo gusto pian piano che sentivo dolore.
I due non replicarono sul significato. Probabile non importava un fico secco.
Ultimamente, stando a contatto con il mondo, e non le quattro mura del mio cervello marchiato, ho capito un sacco di cose. Un esempio è: mi piace sentire dolore.
E’ un assurdità colossale e nessun sano di mente mi lascerebbe girare per le strade. Ma a me piace e non ne so il motivo. Non credo di essere masochista  o chissà che cosa, perché non mi sembra di ridere quando lo provo.
Ok sto entrando in confusione con il mio essere. Forse è meglio smetterla di fare questi ragionamenti. O forse. . .  è semplicemente un autolesioni verso me stessa per aver perso anni della mia vita a non fare nulla di concreto e ad starmene sola.
- Hey a che pensi? Sei tra noi o ti sto facendo male? – mi chiese gentile Karol.
Avevo intuito che fosse gay ma dopo questa sua gentilezza e premura nei miei confronti ne ero più che certa.
Mi asciugava accuratamente il sangue ogni volta che tentava di macchiarmi la pelle e dopo buttava il fazzoletto nel cestino.
- Si, non ti preoccupare sto bene. – lo rassicurai.
 
Dopo circa mezzoretta vedevo Karol estasiato ai massimi livelli per il suo grande capolavoro.
Mi portò in un grande specchio e lì rimasi per un paio di minuti per ammirare quello splendore. Era davvero bello. Non era ne grande ne troppo piccolo. Il colore del ramo, dei fiori di ciliegio e il passero erano davvero vivi.
Ma stranamente una paura pervase la mia mente e il corpo. Già sentivo il ringhio di Rin nelle mie orecchie.
- Qualcosa non va? – mi chiese Jin.
- Ehm no. Il tatuaggio è favoloso. Ma sento che Rin stavolta darà di matto. – dissi ridacchiando poco convinta.
- Si ti ammazzerà senza pietà. Se sei fortunata ti scopa fin quando non svieni. – aggiunse Karol.
- EH! – urlai.
- No Karol, Evee non è quel tipo là – fece una specie di mossa con le dita. – è una speciale. Al massimo si sparerà quattro sigarette per il nervoso e andrà in qualche bordello.-  Jin aveva la faccia di chi si stava immaginando la scena.
Ah, che bello sentirli parla. Proprio . . . mi rincuorano ogni volta che aprivano la bocca.
Però non capisco. Perché dovrei avere paura della reazione di Rin? E che significa quel gesto con le dita? E. ..e “speciale” ? Mi sa che questi due non stanno tanto bene di testa.  Ma chi sono io per giudicarli se la prima sono io a star fuori con la testa?
Ironico e stupido.
Ecco la mia prima pazzia di vita.
- C’è una chiesa qui intorno? – chiesi.
Li vidi un po’ perplessi ma poi prese parola Karol.
- Non ti facevo credente. Comunque siamo a Gerusalemme qui le chiese le trovi come l’ossigeno – ridacchiò in modo perverso.
- Non che sia proprio credente ma vorrei entrarci per una persona che è morta . . .-  dissi quasi senza voce. Ma i due vampiri mi udirono perfettamente visto il loro acuto udito.
Alla fine Karol mi fece indossare un paio di jeans attillati di un blu scuro con delle rose nere stampate qua e là, una camicetta altrettanto nera, una giacca di jeans e delle ballerine.
 Infine insistette per le lenti a contatto. Mi diede istruzioni precise: “ sono mensili, qui c’è tutto per mantenerle. Ti prego mettile sempre, quegli occhiali sono orrendi. E poi il tuo colore degli occhi è raro dovrei sempre risaltarlo che oscurarlo!”.
Queste furono le ultime parole di Karol prima di salutarci definitivamente.
- Ci incontreremo – gli dissi abbracciandolo.
Lui ormai non si voleva staccare più da me, quasi non si metteva a piangere.
 
Alla fine Jin mi portò in una chiesetta e lì entrai da sola. Non so se Jin voleva lasciarmi privacy o i vampiri non possono entrare in una chiesa.
Non c’era niente e nessuno lì dentro.
Girai un po’ la chiesetta e poi accesi una candela.
- Mi spiace zia. . . farò qualcosa per te in futuro, te lo prometto. – dissi e una lacrima solitaria scesa silenziosa giù.
L’ultima lacrima che avrei versato.
 
 

Passero solitario canta per me questa notte.

 
La luna era piena quella. Cosi anche l’appetito della vampira Gardenia.
Aveva dissanguato una decina di umani quella notte. Un numero insolito per lei che stava smettendo, o almeno ci provava, a nutrirsi dagli umani. Ma la collera e gli sbalzi d’umore dovuti dalla gravidanza si facevano sempre più forti.
Quella sera la vampira si era recata nel suo posto preferito.  Un bosco sconosciuto a molti. Vi era un laghetto illuminato dai raggi lunari e una vegetazione magnifica.
Si sedette ai piedi di una vecchia quercia e iniziò a cantare una ninna nanna.
- Oh piccola mia, non avere paura. Ne questa notte e nelle prossime a venire ti succederà nulla. – Gardenia parlava alla creatura che portava in grembo.
Dopo un po’ si aggiunse al suo canto un passero solitario. Non uno qualsiasi. .  il passero di Gardenia. Compagno ormai secolare. Il passero era stato vampirizzato da lei stessa. Lo amava troppo per lasciarlo morire.
- Vieni Kiko, canta per me. Canta per Evee – pregò Gardenia al passero.
E il passero cantò per lei e la sua creatura per tutta la notte.
 
 

 
Angolo autrice:
Salve gente! scusate il ritardo ma la scuola mi ruba molto tempo. Poi ero stata presa da un colpo di amnesia momentanea, non ricordavo dove avevo messo il file di questo capitolo e stavo iniziando a delirare sul serio xD
Anyway. . . che ne pensate di questo capitolo? Sono stata cattiva? Eh lo so, forse qualcuno non se lo aspettavo che facevo veramente morire la zia Lily T.T ( sono una stronza, ma quando ho partorito il pg di Lily già avevo in mente di farla morire xD ma tranquilli non è l’unica a crepare. Ci saranno morti per tutti i gusti ).
Ma andiamo ad Evee. . . lei vuole cambiare e rimediare. Pensate che sia nella via giusta? Io dico che ha iniziato con il piede sbagliato!
State attente a Jin! Perché lei non sparirà facilmente u.u e tenetevi pronti/e perché nel prossimo capitolo  ho intenzione di essere sadica e cattiva. ( forse ho sbagliato a mettere il rating arancione. . . in caso lo cambierò ).
Ho messo un piccolo special su Gardenia. Spero vi piaccia >3<
Perché Rin tiene a Evee? E perché è voluto andare da solo?
Eh eh chissà.
Pc: ma tu ti fai le domande da sola?
Haru: taci !
Fine del delirio xD
Fatemi sapere che ne pensate. Ogni consiglio è ben accetto u.u.

( chi non lo sapesse ci sono dei disegni riguardanti la storia sulla mia pagina face book )

Alla prossima
Un abbraccio, Haru <3 ( la scema )
 

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Capitolo 9
*** Provo qualcosa per te? succede l'inferno per me. ***


Se Rin quella volta non volle porta con sé Evee, era perché c’erano due grossi problemi.
Uno: avrebbe rischiato che il padre l’avrebbe spedita in qualche altro posto pericoloso, e probabile sarebbero arrivati anche agli inferi. E questo pensiero non abbandonò Rin per un secondo. . . Anche perché era possibile arrivarci.
Era un casino bello e buono, e le probabilità per uscirne erano scarse. Visto e considerato che i demoni non erano molto amichevoli. E lui ne sapeva qualcosa. . .
Secondo: quando Evee svenne, dopo aver saputo che sua zia era morta,aveva ricevuto un biglietto.
Non un biglietto da visita, sia chiaro!
Era quella stronza di Noemi.
“ Caro mio Rin, un uccellino mi ha detto che stai scappando da tuo padre. So anche il motivo e devo dire che mi deludi parecchio. . . non sapevo che adesso facessi da balia ad un umana.
Ah! Richard mi ha chiesto di dargli una mano. Non vorrai sfidarmi, spero! Ma ti propongo un affare. Accetta la mia proposta di matrimonio, che son secoli che te lo chiedo, e farò in modo che all’umana che tanto di sta a cuore non succedi nulla.
Tua, Noemi “
 
- Puttana –uscì dalla bocca di Rin quando lesse quel biglietto.
 
A Rin, quella Noemi non è mai andata a genio. Più volte gli aveva rotto le scatole con questa storia, e più volte suo padre per farla felice, mandava dei lupi a prenderlo.
( vedi episodio quando Rin, vide per la prima volta Evee a casa sua).
A Rin non è mai passato per l’anticamera di sposarsi, sfiguriamoci con una come Noemi.
Viziata, doppiogiochista ,ipocrita, puttana e . .  la lista potrebbe continuare all’infinito.
Dopo avere bruciato il biglietto, liquidò Evee lasciandola nelle mani di una sua amica: Jin.
Erano una sessantina d’anni che non si incontravano, ma per il momento poteva abbandonare le spiegazioni e farsi dare una mano.
Anche se non si fidava ciecamente della vampira. . . Ha delle tendenza un po’ strane, e spesso porta chiunque in brutte situazione.
Rin gli raccomandò più volte di non torcerle un capello, altrimenti le conseguenze sarebbero state a dir quanto catastrofiche.
Anche quando Rin odiasse ammetterlo, ci teneva alla sua piccoletta. Certo stava rischiando un bel po’ per lei, ma ne valeva la pena.
Alcuni informatori gli diedero le indicazione sulla lettera. Si trovava  nel “Muro del pianto”.
“Una parola. . .” pensò Rin.
Ma quando arrivò a destinazione, vide Noemi con tre licantropi che l’affiancavano con la lettera in mano.
A Rin montò una rabbia assurda. Nessuno poteva sfidarlo, tanto meno una ragazzina nata tre secoli fa!
- Amore, cercavi questa? – gli sventolò Noemi la lettera davanti.
- Puttanella cara, dammi la lettera o ti riduco in briciole e tuo padre può venirmi a leccarmi il culo visto che sarò stato clemente con la sua figlioletta. – sghignazzò Rin in preda a istinti omicida.
- Come ti permetti? Sai che ti dico? Uccido te e quella puttana. – disse rabbiosa Noemi snudando gli artigli e trasformandosi in un lupo.
Gli altri tre rimasi in mobile, vigili e pronti a scattare se la loro padrona avesse dato ordini.
Rin fece una risata assai sadica nel vedere un lupo così piccolo come quello.
Noemi prese la rincorsa e quando stava per attaccare il braccio del suo avversario, questi gli diede un pugno in testa, facendo tremare un bel po’ la terra.
Lasciò Noemi in un piccola pozza di sangue.
Mentre la ragazza sputava sangue e tornava in sembianze umane, Rin gli girava intorno e rideva.
Gli altri tre lupi, molto più grossi e istruiti per combattere, non aspettarono gli ordini di Noemi che subito si precipitarono su Rin, pronti a sbranarlo.
Erano tre lupi mastodontici, dal pelo nero e liscio, gli occhi vitrei e pieni di sangue pulsante. Ogni passo che facevano era musica per le orecchie di Rin, troppo lenti per lui e troppo rumorosi.
I tre attaccarono contemporaneamente, ma Rin più veloce, si spostò all’ultimo secondo. Facendo sbattere i musi dei lupi uno contro l’altro.
- Che noia! Tutto qui? – chiese Rin realmente scocciato.
- Tu! Come puoi avermi attaccato? Io ti amo!- Noemi si senti oltremodo offesa e mentre gli sputava i propri sentimenti piangeva.
Ovviamente Rin non è un tipo sentimentalista e a quelle parole scoppiò senza ritegno a ridere.
- Sei proprio ridicola, credimi! – gli disse per poi uccidere, con un forte calcio allo stomaco, un lupo che lo stava attaccando alle spalle.
“Meno uno.” Pensò Rin.
Effettivamente, Rin ,pensava che quei lupi l’avrebbero fatto divertire. Ma a quanto pare era stato l’ennesimo buco nell’acqua.
Il bel vampiro snudò le zanne e squarciò le gole dei due lupi senza ritegno alcuno, fermandosi nell’ultimo e bevendo il suo sangue fin quando non fosse stato prosciugato.
- Adesso dammi la lettera. – ordinò atono, asciugandosi il sangue che grondava dalla sua bocca.
Noemi non se lo fece ripetere più di due volte.
Gli buttò la lettera ai piedi e se ne andò sconfitta nell’orgoglio. Ma questo significava guerra. . . guerra contro la sua famiglia e per il rifiuto. Ovviamente, l’avrebbe fatta pagare anche a quell’umana che aveva rubato il suo amato.
Rin, soddisfatto e sazio, tornò in hotel non trovando nessuno.
- Oh Evee! Cosa stai cambiando? – disse tra un ghigno soddisfatto e l’amaro in bocca.
Approfittò della sua assenza per farsi una doccia e distendersi nel letto, attendendo che Jin gli riportasse Evee.
Nel frattempo un dubbio atroce si insidiò nella sua testa.
“Troppo facile. . . qui la cosa mi puzza” pensò.
Così, aprì la lettera e come immaginava non era quella del padre di Evee, ma di Richard.
Vedo che hai scelto la parte sbagliata con cui stare. Per te riserverò cose peggiori. Evee mi appartiene e tu non puoi farci niente. Non puoi ne sconfiggermi e non puoi sottrarti a me. Lo sai che sono molto più forte di te. Consegnami la ragazza e sarò clemente da lasciarti in vita. Hai tre giorni a partire da adesso. Dopodiché verrò personalmente a distruggerti, ma prima di farlo ti farò assistere come mi scoperò per bene quella puttanella a cui tieni tanto.
Ah, la lettera l’ho fatta bruciare. Mi spiace, il vostro viaggio finisce qui!
Tre giorni, pensaci bene. “
Gli occhi gli diventarono entrambi rossi dalla rabbia, le mani gli facevano un prurito pazzesco e la voglia di spaccare tutto era inevitabile.
Strappò la lettera e si accese uno spinello. Stavolta non c’era sigaretta che poteva calmarlo.
Il primo, il secondo e poi il terzo. . . adesso iniziava a stare un po’ meglio.
Quello che a Richard sfuggiva e che Rin negli ultimi secoli era migliorato.
Richard anche quando avesse cinquemiliardi di anni, non significava che fosse imbattibile.
Così, pensò a un piano. Tanto ormai, il viaggio per le lettere era veramente finito.
 
 
---
 
 
Tornai in Hotel e quando entrai in camera c’era una puzza tremenda di fumo. E non fumo di sigarette.
Che aveva fatto Rin?
Salutai Jin e la ringraziai per la sua compagnia, prima di chiudere la porta.
Mi sentivo particolarmente strana, e avevo una sensazione che turbava il mio cuore.
Ero nel salottino seduta in una sedia aspettando che Rin finisse quello che stava facendo . . . dai rumori che si udivano doveva essere proprio occupato.
Sentendomi di troppo, uscii dalla finestra e scesi per le scali antincendio.
“Ho bisogno di aria! Lì non si respirava. . . e poi . .e  poi bho! Non so cosa mi sia preso.”
Sono arrabbiata e frustata senza un motivo.
Che mi importa di quello che fa Rin? Niente. Questo è il punto.
A lui non interessa e a me neanche. Ma allora perché mi sento così?
Siamo dei perfetti sconosciuti. Perché si ostina ad aiutarmi? Non lo voglio il suo aiuto. Voglio starmene da sola. Del resto, è quello che so fare meglio!
- Accidenti! – sussurrai.
Mentre mi perdevo in pensieri a dir quanto senza senso,  capii di essermi persa.  Ero in una grande strada buia, illuminata solo dai raggi lunari.
Non c’era un anima viva e per questo ringraziai tutte le divinità che conoscevo.
Mi girai un po’ la città, e quando vidi un'altra chiesa decisi di entrarci e rimanerci.
Era molto grande. Aveva vetrine colorate e statue raffiguranti ogni santo. Vicino l’altare c’era una croce in legno.
Poi, vidi una ragazza che piangeva e singhiozzava. Così mi avvicinai.
Anche se sicuramente doveva essere una del posto, quindi non mi avrebbe capito. . .
Mi sedetti accanto a lei senza proferire parola.
Molto alta, più di me, molto formosa ma tutto al posto giusto. Capelli all’altezza delle spalle, neri con le punte tinte di un verde chiaro.
Tutto d’un tratto sobbalzò e mi guardò negli occhi.
Era tra il triste e arrabbiato.
I suoi occhi erano vitrei, un azzurro chiarissimo, quasi impercettibile.
- Che cazzo hai da guardare? – urlò.
- Niente, scusami non volevo fissarti. – dissi.
Beh, non mi sembra proprio del posto. Parla la mia lingua e . . . un momento.
Quegli occhi li ho già visti da qualche parte.
“ Oh merda. . .” pensai ricordandomi che quel tipo di colore li avevano quei due lupi.
“ Calma Evee! Tu non sei Evee se te lo chiede, ok?”
La mia vocina interiore iniziò a parlare, farfugliare e dire cose senza senso.
- Anche tu sei triste? – mi chiese la ragazza.
Annuì soltanto.
- Come mai? – mi chiese.
“ Eh! ma questa prima ti sbrana a parole, poi vuole sapere vita, morte e miracolo dagli altri.”
- Le persone si rivelano sempre per quello che sono. – risposi atona.
- Hai ragione! Il mio ragazzo non mi ama. Mi ha detto che mi avrebbe uccisa. Che non gli importa di me. Io gli rivelo i miei sentimenti e lui se ne sbatte. – mi rivelò tutto d’un fiato.
- Oh, mi spiace. . . significa che non ti merita. Ci sarà sicuramente qualcuno disposto ad amarti meglio di questo tipo. – gli risposi.
- Si è vero. Basta, ci rinuncio. Sono secoli che ci sto dietro senza risultato. Però me la pagherà lo stesso. Sai per chi ha perso la testa? – mi chiese.
- Non lo so. – dissi confusa, iniziando a capire che questa ragazza con il cervello non ci stava.
- Di un umana! – urlò. Ripetendosi più e più volte.
- Comunque io sono Noemi!  Sono un licantropo, piacere. Tu sei. . ? – mi porse la mano.
“ AH, la ragazza è molto schietta, devo dire. . “
Ma adesso devo inventarmi un nome.
- Rose, piacere di conoscerti. – gli strinsi la mano e sorrisi.
“Sorridi al cattivo gioco”. Mi ripeteva la mia vocina.
- Oh Rose, mi stai molto simpatica. Tu mi hai capito subito! Nessun umano mi capisce, neanche i miei simili se è per questo . ..  ma comunque sia non ti sei spaventata appena ti ho detto cosa sono. – mi disse con tanto di sorriso.
“ Forse la poverina ha sofferto parecchio.”
- Non ti preoccupare, non sono razzista. Io potrei fare amicizia anche con un drago. – dissi per poi scoppiare entrambe a ridere.
- Sai, Rin è un bel ragazzo, ma ha un pessimo carattere. Ti tratta come se tu non conti nulla e lui è il dio sceso in terra. Mi fa incazzare di brutto. – mi raccontò mentre stavamo uscendo dalla chiesa.
“ Rin”.
A quel nome trasalì, ma per fortuna non si accorse di nulla.
Non so se dirgli la verità, e quindi fidarmi, o fare finta di niente.
- Non sei del posto, dove abiti?- mi chiese.
- Neanche tu sei del posto. – risposi per deviare il discorso.
E adesso? Non posso dirgli che attualmente sono in hotel, con il suo “ragazzo”.
- C’è un negozio di tatuaggi. – gli dissi.
- Ah, quindi conosci karol? – mi chiese.
“Ma porca puttana, mi sono fregata da sola”
- Ehm. . . si! – dissi con voce tremante.
- E’ un mio suddito. Fa tatuaggi fantastici! – disse euforica.
Io annuì indicandogli il mio, fresco fresco.
- Oh ma che bello!  Io ne uno sul ventre e dietro il collo. – me li mostrò fiera.
Quello sul collo era un tridente e quello sul ventre era una rosa senza spine e una piuma accanto con il petali sparsi qua e là.
La cosa mi turbo, non poco. Una rosa senza spine . . . questo pensiero mi fece ricordare che sia Karol che Jin avevano delle spine che ricordavano una piuma.
“Merda”.
- Dai andiamo, ti accompagno. – disse lei gentile.
- Oh non ti preoccupare. Voglio ancora prendere un po’ d’aria. – dissi cercando di liquidarla.
- Un po’ d’aria?  Dovevi rimanere accanto a Rin, stupida umana. – un ombra si avvicinò a noi.
- Mia signora – si inchinò Jin davanti a Noemi.
Noemi trasalì e capì la verità.
“ Adesso ero doppiamente fottuta”
Karol e Jin erano traditori. Rin si è fidato di lei e lui non sapeva niente.
Perché non sono rimasta in hotel? Ah, si vero. Rin stava scopando senza ritegno con qualcuno e quei versi mi mettevano a disagio.
- Mi hai mentito. – disse Noemi in sussurro.
- Ho cambiato solo il nome. Ma il resto non ho detto niente che non fosse verità .- ribadii.
Ma mi costò caro. Jin mi diede un poderoso pugno in faccia facendomi cadere a terra.
Avevo il labbro inferiore che sanguinava e la testa mi girava.
- Quindi, sei tu Evee?! – continuò Noemi.
Jin stava per darmi un calcio ma Noemi la fermò.
- Non voglio farla morire, solo soffrire. È colpa sua se Rin non mi ama. – disse con rabbia facendo un cenno a Jin.
Lei ubbidì. Mi sollevò da terra e mi scaraventò contro un muro e poi iniziò a darmi tanti pugni nello stomaco.
Poi con una presa ferrea, strinse con forza le mie braccia facendo scricchiolare le ossa.
Un urlò squarciò la mia gola.
Il sangue usciva copioso da alcune ferite e il dolore non cessava ma aumentava.
Poi si fermò e iniziò a mordere e a succhiare un po’ ovunque. . . fin quando non divenne tutto buio.
 
 
Rin, c’è l’ho a morte con te. Per colpa tua e della tua insensibilità verso ragazze pazze, io ne pago le conseguenze.
Ma dove sei? A giusto, sei a divertirti con qualche bella donna.
Ma fammi il piacere di non venirmi mai più a cercare.
 
 
Il “sonno” non fu per niente d’aiuto. Avevo le ossa a pezzi, nel vero senso della parola.
La voce mi usciva appena e la testa mi vorticava.
- Ferma, non ti muovere o sarà peggio. – una voce profonda mi arrivò dentro la testa.
Voltai piano il capo e guardai verso chi mi stava parlando.
Un ragazzo dai capelli bianchi e occhi chiarissimi ,come quelli di Noemi, mi fissavano.
Mi teneva stressa a sé.
Non potevo neanche opporre resistenza talmente era forte il dolore.
Silenzio. Solo silenzio.
Io non parlavo. Non chiedevo nulla. Non volevo sapere. E lui taceva osservandomi e ogni tanto carezzandomi.
- Mi spiace per il comportamento di mia sorella. Ma ti giuro che non ti farà più niente. – disse carezzandomi i capelli.
I miei capelli . . . c’è qualcosa cosa che non va. Mi alzai di staccò, sentendo scricchiolare la schiena.
Un mugolio di dolore mi sfuggì. Ma ebbi comunque la forza di alzarmi e dirigermi verso uno specchio.
Ciò che vidi era indescrivibile.  . .
Avevo tagliati i capelli cortissimi. Più che tagliati sembravano strappati. 
Mi arrivavano a malapena sul colpo.
- Mi spiace sono arrivato un po’ tardi. Mia sorella ti stava strappando i capelli. È stata ingiusta con te. – parlò quel ragazzo presumendo che fosse suo fratello.
Non mi importava niente di niente. Volevo solo andarmene.
Non avrei versato neanche una lacrima. Non avrei dato soddisfazione a nessuno.
- Dov’è l’uscita? – chiesi rabbiosa.
- Oh, cara. Non  uscirai da qui. Se ti lascio andare mia sorella ti ucciderà. – disse avvicinandosi a me, dandomi un bacio a fior di labbra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Ehm. . . Salve?  Sento che questa volta l’ho combinata grossa xD
Ma non è colpa mia, ma di Evee u.u non sono responsabile delle azioni ne di Evee ne di Rin (?)
Ok sto delirando. Comunque. . .
Evee è confusa. Avete visto che reazione ha avuto quando ha saputo ( più che saputo, ha sentito. . . ehm si avete capito XD )  che Rin era occupato? Bhe, direi che forse prova qualcosa nei suoi confronti.
Oh Rin, perché sei tu Rin?
Ho creato un personaggio davvero problematico!
Richard ha scovato i due e ci ha mandato Noemi.
Ha chi sta antipatica Noemi? A me un casino xD
Tadann, Jin e Karol sono traditori. Più Jin che Karol.
La povera Evee ne ha prese a non finire e per di più si risveglia con uno , fratello di Noemi la pazza ( adesso sarà il suo aggettivo xD ) , che gli dice che non se ne può andare.
Oh cielo. Per la cosa dei capelli sono stata cattiva. Io ci tengo troppo ai miei capelli chilometrici e non li taglierò mai. Per questo ho scritto una cosa del genere.
Ma . . . cosa succederà adesso?
Haru diventerà ancora più cattiva. .  è ovvio! (?)
Ok, mi dileguo. Sto parlando troppo.
Spero comunque che vi sia piaciuto. Fatemi sapere come lo avete trovato J
Un abbraccio, Haru <3

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Capitolo 10
*** Myself ***


Quello che si supponeva essere il fratello di quella pazzoide, non è altro che fantasia mia.
Mi guardava, sorrideva . . . poi, iniziò a mutare.
La sua faccia cambiò. Adesso davanti a me c’era Rin.
Parlavano ma non mi sentiva.
Svegliati” mi sussurrò all’orecchio, per diventare delle bolle d’acqua.
Affondavo sempre più, in quel lago di dolore e angoscia.
Era un lago limpido, dove potevo ammirare il cielo.
Quando toccai il fondo, mi sembrò il paradiso. Era morbido e pieno di papaveri rossi, che man mano saliva in superficie.
Quando non ci fu più niente, nemmeno un petalo, sparì anche l’acqua.
Vuoto totale.
C’ero io e il buio.
Camminavo senza una metà per precisa. Mi ostinavo a tenere gli occhi aperti in quell’oscurità, perché troppa era la paura che qualcuno o qualcosa potesse solo sfiorarmi.
Alla fine, in lontananza vidi qualcuno avvicinarsi a me.
Passi lenti e calcolati. Silenziosi. Nessun rumore, nessun odore, nessun colore.
Poi . . .
La figura sconosciuta era di fronte a me, che poi così sconosciuta non era.
Ero io.
Una me.
“Buffa sono” provai a dire. Ma si mossero solo le labbra.
- Si, lo sei. Lo siamo. Possiamo cambiare, se lo desideriamo entrambe. – mi rispose l’altra.
Non capivo e capivo al contempo. Avevo già in mente di cambiare, mi stavo sforzando di farlo e questa mi sembrava un opportunità.
“Come?” ingenuamente. Ma sapevo, in fondo ma in fondo in un cantuccio del mio cuore, come stavano le cose, o almeno parzialmente.
Mi porse la mano e sentii una strana sensazione invadermi il corpo.
Dopo aprii gli occhi e constatai dove mi trovavo.
Era buio e bagnata.
Una grotta? Una prigione? Credo entrambe.
Vedevo qualche ombra qua e là, solo perché in alto c’era una piccola fessura in cui filtrava la luce esterna.
Sentivo un dolore atroce alle braccia e bruciore ovunque. A stento avevo la forza per respirare. . .
Quindi, non capisco il senso di legarmi con tanto di catene.
Sarà che vorranno prendere precauzione, ma lo trovo ridicolo.
Adesso dei tonfi si avvicino a passo spedito verso di me.
Tum. Tum. Tum.
Il suono dei passi si confonde con quello delle gocce che cadono dal tetto, picchiettando giù nel ruvido pavimento.
Adesso la figura si è fermata davanti a me e respira in modo irregolare.
- Vediamo di riprendere il discorso, da dove lo avevamo lasciamo, mhm? – una voce femminile entrò prepotente dentro la mia testa, facendomi urlare.
 
 
---
 
Dopo il terzo spinello, vado in camera per distendermi e, no non era quello che volevo trovare.
Karol è seduto nel letto intento a limarsi gli artigli.
Brutta faccenda. Adesso che vuole questo psicopatico?
- Vedi di sparire – dico atono.
Lui sembra non ascoltarmi e continua a fare quello che stava facendo prima, poi guizzò i suoi verso i miei per un breve istante e iniziò a parlare.
- Ho incontrato quell’umana, Evee. – disse in tono pacato.
Certo, che ne ha di fegato per parlarmi in questo modo.
Senza pensarci gli salto addosso, gli slogo entrambi i polsi e poi con entrambe le mani inizio a stringere attorno al suo collo.
- Falla breve  e magari sarà in dolore. – soffiai vicino alla sua faccia.
- Noemi è la mia nuova padrona. Sai in questo momento Jin si starà occupando della tua umana. – sputò con tranquillità.
Stritolai con più forza, nel frattempo sentii l’odore di Evee sbiadirsi. Era qui e se ne andata. Che problema ha? Perché se n’è andata?
Quando mi rendo conto di aver spezzato l’osso del collo e aver staccato la testa di Karol, mi stacco da lui e vado alla ricerca disperata di quella mocciosa senza cervello.
Arrivò troppo tardi. Ormai non c’è più nessuno. Solo la scia dei loro odori.
Vedo macchie di sangue. Il sangue di Evee.
Sento crescere la rabbia sempre più, non riesco a vedere più niente e iniziò a distruggere ogni cosa che mi capita a tiro.
L’hanno uccisa e la colpa è mia. Solo mia. Sono uno stupido. Non dovevo lasciarla da sola.
No, invece l’ho lasciata con quella traditrice di Jin.
Ma me la pagherà. Poco ma sicuro.
 
 
 
Tre giorni dopo . . .
 
Rin non trovò nulla. Neanche una traccia. Un lavoro pulito, e si sarebbe complimentato se non fosse che la cosa lo riguardasse.
Rimase lì, in quel luogo di cui ormai ne restava cenere e un mucchio di cadaveri qua e là.
Nessuno a visto niente. Nessuno sapeva niente.
Le sigarette consumate in quelle ore ormai non si poteva contare. . .
Ormai si era perso nei suoi pensieri, più macabri e contorti.
Pensava a come far fuori Jin e Noemi. E se l’avrebbe raggiunto l’amato padre in quel momento avrebbe fatto brandelli della sua carne.
Ma per quello c’era tempo. La sua priorità era quelle due puttane.
Proprio in quel momento spuntò il diavolo.
- Che cazzo hai combinato?  Ti sei bevuto il cervello? – gli sbraitò contro Richard.
- Evee è morta. – quest’ultimo sbiancò. Per quanto un vampiro potesse sbiancare, sia chiaro.
- Menti. . . – disse flebilmente.
- Davvero? E secondo te perché la città e in questo stato? – allargò le braccia enfatizzando la cosa.
- Chi? – domandò.
- Noemi! Visto che non sai farti mai i cazzi tuoi, la colpa è tua. L’hai mandata tu! E come vedi questo è il risultato! – urlò infuriato, colpendo le macerie di alcune case.
Richard rimase perplesso, voleva spiegazioni da parte di Noemi per il suo comportamento. Ovviamente ne avrebbe pagate le conseguenze, anche se ciò implicava una guerra tra i due clan.
Guerra che si prospettava da molto, ma che nessuno delle due fazioni aveva in mente di fare realmente. Ma, a volte il destino tira colpi bassi e sinistri a cui non possiamo sfuggirci.
Richard non badò minimamente a Rin, non aveva neanche più voglia di ucciderlo. Gli avevano negato il suo giocattolo, dopo anni di attesa e adesso? Adesso una mocciosa, un moscerino, un niente glielo aveva portato via?
Oh, si. Adesso anche lui era arrabbiato.
Così lasciò il figlio, lì, a logorarsi per andare da Noemi.
Quando arrivò non fu uno bello spettacolo. Persino per lui, grande uccisore, gli si accapponò la pelle.
“ Chi ha mai fatto una cosa del genere?” si chiese realmente spaesato e tremendamente spaventato.
Ogni cosa distrutto. I corpi del clan Aku erano stati smembrati e poi impalati su, in aria, con delle barre di ferro. Noemi, suo padre e i suoi servi, la stessa sorte. Mancava all’appello Jin.
Di Evee nessuna traccia.
Per terra c’era una scritta fatta con il sangue: “ Arriverà anche il tuo turno, Richard. Abbi fede”.
---
 
 
 
- Rin – la piccola Evee ,con la sua vocina, chiamava il suo adorato Rin, affinché si svegliasse.
La piccola Evee quella sera non aveva sonno. Spesso dormiva insieme a lui nel grande lettone, accoccolata insieme a lui.
Quella sera suo padre gli aveva raccontato di babbo natale, ma lei non gli credeva. Diceva che non era impossibile, che un signore grasso, scendesse giù dai camini per portare regale a tutti i bambini del mondo.
Ovviamente, come di consueto, Rin scoppiò a ridere vedendo la sua bimba così intelligente già da piccola.
James, non ne era tanto contento. Voleva che la sua piccola avesse un infanzia dolce e piena di allegria. Ma ogni volta, la piccoletta guastava i suoi piani.
- Per favoreee – si lamentava Evee, scuotendo forte Rin.
Di rimando aprì un occhio e osservò la piccola.
- Che c’è stavolta? – disse con voce impastata dal sonno ma con dolcezza.
- Voglio accendere il camino! – trillò la piccola.
- Perché ? – disse realmente curioso, svegliandosi del tutto.
Sapeva che la sua piccoletta aveva strane idee, ma di notte non c’era verso di fermarla.
- Non voglio che quel coso scende giù dal camino. Così se ci prova si brucia. – gli rispose Evee convinta delle sue parole.
Rin la guardò con tanto d’occhio. Come poteva una bambina di tre, fare un ragionamento simile?
Un po’ era felice e un po’ triste. Non voleva che Evee diventasse qualcosa che non fosse Evee.
Dolce.
Ecco. Per Rin, Evee era dolce. Non solo di aspetto e di sapore ma anche come bambina. In tutto e per tutto.
- Va bene diavoletto, ma dopo a nanna! – disse in tono di chi non accettava nessuna replica.
Evee annui e subito i due scesero giù ad accendere quel benedetto camino.
Il vampiro, ormai era abituato a quelle sue stravaganti richieste. Se glie l’avrebbe chiesto avrebbe spostato anche montagne intere. Tanto lui poteva veramente!
Prese la legna, la posò sul camino e poi l’appiccò.
- Siii – urlò contenta la bimba.
- Shhh – gli sussurrò, tappandogli la bocca.
Si sarebbero svegliati anche i morti con la sua vocina stridula.
- Adesso andiamo – gli disse Rin prendendola in braccio.
Evee aveva sonno, infatti poggiò la sua testolina nel petto di lui. Ma ciò, non fermo la sua testolina.
- Rin. . . perché esiste natale? E perché si danno i regali? – iniziò a domandare.
A Rin venivano i dubbi ogni qual’ora apriva la bocca. Aveva paura che un giorno la bimba potesse chiedere da dove venissero i bambini.
Anche se scocciato e assonnato tentò di rispondere. Anche perché, se non rispondeva il piccolo diavoletto non avrebbe dormito.
- Niente. . .  Natale è un festa per riposare e mangiare. I regali . . – ci pensò su. – i regali è una dimostrazione di affetto verso le persone a noi care. – concluse Rin distendendosi nel letto con Evee.
- Tu provi affetto per me? – chiese la bimba.
Rin non sapeva se ridere o piangere in quel momento. Così, senza tante cerimonie, uscì il regalo per Evee. Stavolta non sapeva rispondergli a parole.
- Chiudi gli occhi, diavoletto! – la rimproverò.
Evee obbedì. E quando Rin fini di toccarla con le sue mani gelate, li riaprì.
Gli aveva messo al collo una catenina d’argento, con un diamante come ciondolo.
La bimba l’osservava curiosa. Poi dissolse lo sguardo dal regalo e saltò addosso a Rin.
- Grazie! – disse. – Adesso ti do il mio di regalo. –
Rin non si aspettava minimamente di ricevere un regalo da lei. Che poi che regalo poteva mai essere?
- Però chiudi gli occhi. – gli ordinò la piccola.
A Rin scappò un risolino, ma poi si fece serio assecondandola.
La bimba, appena fu sicura che il suo Rin avesse chiuso bene gli occhi, scoccò un sonoro bacio sulla bocca di Rin.
Glielo avevo visto fare a una ragazza con Rin. E quel giorno tenne il broncio per l’intera giornata. Era gelosa, gelosissima! Non voleva che il suo Rin fosse condiviso con altri.
Rin shoccato aprì gli occhi.
Adesso non sapeva realmente che gli passasse in quella testolina bacata, ma era contento.
Contento perché la sua Evee gli voleva bene.
- Notte Rin! – lo liquidò, girandosi dall’altra parte del letto.
Rin, anche se voleva contestare non poté farlo, visto che la bambina era caduta nel mondo dei sogni.
Voleva chiederli perché l’aveva fatto, da chi l’avesse visto . . . perché si sa, che i bambini ripetono ogni cosa che vedono dai grandi.
Ma si limitò a coprire il suo piccolo corpicino con le lenzuola ed avvicinarsi a lei.
- Buon natale, diavoletto – gli sussurrò.
 
 
 
 
 
Angolo Autore:
 
Buon Natale Genteee <3 scusate il ritardo, ma la mia fantasia se ne era andata a pu . . .. ehm dicevo? Ah, si. Si è fatta un pò di vacanze xD
Allora non ve lo aspettavate? Noo? Ebbene signori. Rin non stava facendo quello che avete immaginato. Evee non si era svegliata quella volta. E . . . BOOM. Chi ha ucciso chi? E Evee dov’è?
Volevo aggiornare oggi anche per farmi gli auguri u.u non solo coccolosa? Per chi come me fa cose in piccolo per Natale o magari si ritrova in qualche rimpatria di familiare a cui non frega un cippa della tua presenza magari si ci mette a leggere. Io lo faccio xD In ogni momento della giornata e dell’anno. Si, e ho pure una vita sociale XD
Cmq penso ci siamo degli errori. . . forse orrori xD in caso ditemelo che lo sistemo u.u
Ok,  a parte i deliri. Buone feste a tutti <3
Un abbraccio, Haru <3

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Capitolo 11
*** Profumo di rose ***


Mi bloccaii. Il respiro si mozzò e prestaii attenzione ai rumori e alla sagoma che c’era davanti a me.
Alzaii leggermente il capo senza muovere altre articolazioni e inchiodai gli occhi nel vuoto, e lì rimasero a fissare. Il vuoto.
Un forte senso di nausea si fece strada. Senza tante cerimonie vomitai sangue e iniziai a tremare. Non c’era un motivo, non potevo muovermi ma il mio corpo si piegò comunque in due.
Noemi era lì,ferma, a fissarmi senza proferire parola. Un occhiata fugace ai suoi occhi per capire che era più terrorizzata di me.
Non sapeva che diamine stesse succedendo. . . e neanche io lo sapevo.
Le ossa scricchiolarono, il sangue si gelò e il cuore smise di battere.
Ricordo che non sentii più il mio cuore, che mi allontanavo dal mio corpo e non riuscivo neanche a formulare un solo pensiero sensato.
Tutto sconnesso. Tutto. Le ossa, il cuore, il sangue. . . il sangue. Sangue ovunque. Il mio sangue era dolce e amaro allo stesso tempo.
Gli occhi mi bruciavano, le orecchie mi fischiavano tanto, da farmi urlare a squarcia gola e il cuore iniziò a battermi forte. Un galoppare senza sosta. Un cavallo impazzito. E mi faceva tanto male.
Mi procurava più male il mio cuore che le ossa rotte.
Ossa che, a mio stupore e quello di Noemi, si erano sanate. Come se non fosse successo nulla.
I capelli. . . vedevo capelli lunghissimi color del tramonto vicino le mie gambe.
- Cos. . . – un sussurro uscii dalla mia bocca. Ma forte era il dolore della gola, secca e fredda che si spezzò e svanì nel nulla.
Erano i miei capelli. I miei capelli erano ricresciuti, ed io ero sull’attendi. Non me ne resi conto, ma camminavo, respiravo, udivo e vedevo.
Come nuova, come se non fosse successo nulla.
Cosa era successo? Ero cambiata, si. Ma in che senso? A che prezzo?
Sentii l’anima sgretolarsi, come uno specchio che cadeva e andava in frantumi di cui ,ormai, non si poteva far più nulla.
Quella “stanza” poi, non era così buia come me la ricordavo. Al contrario, c’era molta luce, moltissima.
Vedevo persino il piccolo raggio di sole che passava dal buchino in alto della mia cella.
Guardai le mie mani, il mio corpo, i mie capelli . . . toccai e tastai ovunque. Tutto era diverso.
Poi, arrivò dritto alle mie orecchie, un respiro affannoso e agitato, un cuore che batteva che pareva voler uscire dalla gabbia toracica e un canto di uccellini fuori a chilometri di distanza da me.
Mi girai verso il fastidioso suono di quel cuore e lì, la vidi. . . e lì capii.
Non mi ero mai sentita così libera, viva e leggera. Anche se il dolore del cuore, dei sentimenti si sarebbe fatto avanti un giorno, lo avrei affrontato di petto. Nulla ormai importava adesso che ero cambiata sul serio.
Le parole che pronunciò Noemi, prima che tutto si tramutasse dall’agonia a una sensazione nuova, furono: ” Richard tiene tuo padre in vita. Non morto, non vivo. “
Non so se furono quelle parole a far traboccare il famoso vaso, ma non mi importava adesso. Al dire la verità, non credo che mi sarebbe mai importato neanche in futuro.
Noemi stava lì, con la faccia cerea e il sudore ad imperlarle il viso. Il suo cuore a martellare forte nella mia testa e un forte bruciore alla gola mi fece scattare in avanti verso di lei.
- Cos’altro sai? – chiesi. Uscii una voce non mia, una voce incrinata, strana e . . . e solo allora mi resi conto che avevo un paio di denti da far invidia anche a Rin.
“Rin!”
Non so perché lo pensai, ma lo eliminai dalla mia testa. A lui ,dopotutto ,non importava di me, perché dovevo io?
Noemi non rispose. Stava morendo di paura. Lo sentivo dal suo odore.
Non c’era solo il suo, ma di varie persone e cose. Odori che se li si uniscono fanno salire il vomito.
“Mi chiedo come faccia Rin a sopportarlo. “
La strattonai un po’ per avere delle risposte e quella di rimando urlò impazzita.
Non capivo perché. Solo dopo mi resi conto di avergli staccato un braccio.
Mi venne da ridere e da piangere allo stesso tempo, e un conato di vomito che ricacciai indietro per orgoglio .
Ridere perché, l’ultima volta mi sono data un mostro, quando non lo ero. Piangere perché . .. se prima ero un mostro adesso cos’ero?
I pensieri si annullarono nell’instante in cui gli odori cessarono di girarmi intorno. Solo un odore e un sussurrò di urla a cullare le mie orecchie.
Sangue. Sentivo il sangue. Stavolta non il mio. Era quello di Noemi. Non era tanto invitante ma la mia gola secca e bruciante non fece piega. Tanto da condurmi al suo collo ed attaccarmi ad esso.
Sentii lei dibattersi, muoversi, urla e poi il silenzio. Fine. Non un suono, non un odore, niente di niente. Avevo perso il controllo di me. Non riuscivo più a manovrare a mio piacimento il corpo. Il sangue caldo e fresco allo stesso tempo, scendeva giù per la mia gola a lenire quel fastidioso bruciore.  
Così, in un frangente di un secondo feci strage di chi mi aveva fatto del male.
Ma, per sfortuna, Jin se l’era data a gambe prima che io potessi raggiungerla o accorgermi di lei.
Alla fine ripresi il controllo e . . . Dio! Cosa avevo fatto? Cosa ero diventata? Perché l’avevo fatto? Non volevo realmente fare del male a qualcuno . . . eppure l’avevo fatto e in un certo senso mi era piaciuto. Ma perché?
Gridai e piansi forte. Tanto da far venire i singhiozzi.
Mi accorsi che non piangevo più lacrime dal color trasparente e dal sapore salato. No! Erano rosse. Rosse vermiglio, come i stupidi occhi di quel bastardo di Richard.
A lui riserverò di peggio. Per aver ucciso mia madre,mia zia e per aver fatto del male ogni limite inimmaginabile a mio padre.
Inizierò nel completare quello che desiderava mio padre per arrivare alla verità e a lui, poi penserò ad un modo per fargliela pagare.
Impulsiva? No. Vendetta? Neanche. Allora giustizia? Neanche quella. . . non so definirla. Ma quando si ha la vita distrutta da una persona, tolte le persone più care ed essere torturati per cose di cui colpe non hai, sfido chiunque a non diventare folli, pazzi.
Così, seppellii quella che era una me che mi andava troppo stretta, una me che non andava al mondo e abbracciai quella che ero adesso. Forse, dopo tutto lo sono sempre stata. . . solo che la nascondevo dietro ad una maschera.
Adesso capisco molte cose, le parole di mio padre. . . parole che fanno male. Parole a doppio taglio. Che procurano male e bene.
Come finirà? A niente , ecco come finirà. Non esiste la felicità, quei attimi in cui puoi dire “ sono felice”. Non esiste l’amore, quel sentimento che mio padre voleva farmi capire con tanta testardaggine.
Eppure se penso a Rin, ho voglia di piangere e prendere a testate la prima cosa che mi capita a tiro. Penso a lui e percepisco un vuoto e una fitta al cuore. Come se il cuore se lo fosse portato con se e per dispetto ogni tanto mi fa avvertire il dolore. Cos’è ? Perché ? Ho voglia di averlo con me, anche se provo tanto odio nei suoi confronti.
Il nostro incontro, è iniziato con il piede sbagliato. Ma . .  . ma cosa? io non so. Sono la persona più confusa del pianeta.
“ Rin. Dove sei quando mi servi veramente? perché non mi hai protetta come hai fatto quella volta? Voglio le tue braccia, il tuo respiro e le tue parole pungenti. . . stronzo! STRONZO! “
A questo punto mi vengono i dubbi se sono più figlia di un tale chiamato James o Richard.
Andai lontana. Girai luoghi mai visti prima, mi persi nella disperazione e di lì imparai a cavarmela da sola.
 
 
 
Tre anni dopo. . .
 
 
Rin. L’essere più cocciuto della terra. Non aveva smesso di cercare. No, neanche per un secondo.
Era immerso in un misto di emozioni. E spesso finiva per darsi dello stupido. Si chiedeva il perché di tanta disperazione per una ragazzina che probabilmente era morta da un bel pezzo.
Quella volta, aveva seguito il padre , aveva assistito al bel spettacolo. Spettacolo che lo mandò in confusione. Evee scomparsa, gente morta, una minaccia indirizzata a Richard e di quella puttana di Jin non se ne sapeva nulla. Nulla.
La rabbia lo aveva assalito. La colpa di tutto questo era di Richard. Lo odiava con tutte le sue forze, tanto da indurlo ad attaccarlo quel giorno.
Lo scontro tra i due durò un paio di giorni. Sangue, ossa rotta che si rimarginavano, urla, ringhi, minacce al vuoto. . . e tanta disperazione e rabbia.
Nel combattimento Richard aveva perso un braccio e Rin l’unico occhio che lo distingueva da quel maledetto.
Adesso aveva quell’occhio che tanto detestava a morte. Sarebbe ricresciuto, anche il braccio di Richard . . . ma i tempi erano ignoti ad ambedue.
Alla fine i due si accasciarono a terra sfiniti.
Richard quella volta rise di gusto per quel combattimento. Non lottava così, da quando aveva ucciso tutti gli originali come lui, autoproclamandosi il più forte.
Sapeva benissimo che Rin era migliorato, tanto da essere pari. Ciò lo compiaceva e allo stesso tempo gli andava stretta la cosa.
Lo lasciò vivere solo perché era conciato per le feste. Così, si ritirò e sparii sotto i suoi occhi.
Solo dopo un paio di giorni, sdraiato pigramente al suolo di quella terra arida e ormai senza nome, decise di ritornare.
Ritornare dove? A casa di Evee, ovvio Forse un giorno sarebbe ritornata.
Lo sperava veramente . . . Se fosse servito l’avrebbe aspettata per l’eternità. . . se fosse servito l’avrebbe raggiunta anche all’aldilà. . .
Non capiva il perché o forse lo sapeva, ma non voleva ammetterlo a se stesso. NO. Non voleva ammetterlo, non voleva ammettere che si era innamorato di una stupida ragazzina. Del suo piccolo diavoletto. Il suo diavoletto.
In quei anni si era preso cura della villa. Sapeva che a Evee piacevano le rose, così, le piantò in tutto il giardino. Rose bianche, rosa, rosse e blu.
In quei maledetti giorni, settimane, mesi e anni. . . si era allenato. Era inutile dire la quantità industriale di fumo che aveva consumato in quei attimi. Attimi di dolore e di pura sofferenza. Credeva che non ne era capace di soffrire così, in questo modo.
E ad alleggerire la cosa, era venuto spesso per chiarimenti quel deficiente di suo fratello Albert.
Neanche una parola era uscita dalla sua bocca. Non parlava ormai da quel giorno. Non ricordava neanche come si faceva a parlare, ne tanto meno che suono avesse la sua voce.
Era un cumulo di frammenti di un cristallo andato in frantumi. Si chiedeva se un giorno qualcuno, anche vagamente somigliante a Evee, avesse varcato quella dannata porta. Magari avesse avuto qualche sua informazione. Nessuna. Neanche una.
Tutto inutile. Niente e nessuno sapeva nulla al riguardo.
 
 
 
 
Un mese dopo. . .
 
 
Ore quindi e trenta. Un giorno qualunque di luglio. Il caldo e il sole non davano tregua ma comunque si poteva rimediare facilmente.
Ero ritornata alla mia villa. Seppur titubante e contraria e. . . molto spaventata all’idea di poter fare male a qualcuno involontariamente mi terrorizzava a morte.
Ma volevo tornare. Era tempo di sistemare quello che avevo lasciato in sospeso. Credo che dall’allora sia un pochino migliorata. Ho imparato a calibrare la mia forza, anche se a volte ne dubito fortemente. A controllare la mia sete che ogni tanto si faceva forte e prepotente.
Di cibo ne avevo ingoiato a non finire, tanto da sistemare il mio fisico. Effettivamente ero cresciuta. . . e non solo io. Beh, dettaglio superfluo ma che comunque è troppo evidente ed imbarazzante.
Sono almeno, venti minuti che sono ferma davanti al cancello, ferma e immobile. Indecisa sul da farsi.
Poi, e come se qualcuno mi avesse spinto, così, aprii quella dannata porta ed entrai.
Quello che trovai mi lasciò spiazzata. Pulito, ordine e ancora pulito.
- Ma cos. .. – mi uscii.
Un profumo di rose investi il mio olfatto sensibile e mi precipitai , inciampando ovunque.
A quanto pare la mia sbadataggine non era cambiata di una virgola. . .
C’era un ragazzo sdraiato, lì in mezzo alle tante belle rose che erano cresciute nel mio giardino.
“ Cos’è uno scherzo? No, perché lo trovo ambiguo “ pensai.
Il ragazzo sembrò accorgersi di me e si tirò su a sedere, scrutandomi in modo strano. Indecifrabile.
Il suo cuore era calmo, o almeno lo era fino a pochi istanti fa. Adesso martellava così forte da farmi diventare matta.
“ E adesso che aveva questo qui? “
- Tu.. ? Chi.. . no. No.. . no . ..no. .. Ah. . la pazzia, brutti scherzi. – sussurrò. Ma io lo percepii chiaro e forte.
“Mhm. . . quello lì a problemi o cosa? Aspetta un attimo. OH PORCA PUTTANA. È lui! è diverso. È cambiato, e di mooolto. “
Un formicolio prese il sopravvento. Lo sentivo alle gambe, sulla mia schiena, alle testa, dappertutto.
Non questa volta!
Mi avvicinai piano e mi distesi accanto a lui, facendo leva su un gomito giusto per guardarlo in faccia.
I suoi lineamenti sono cambiati, anche i suoi capelli! Non ha più quell’orrenda ciocca argentata e quel colore blu che stonava. O almeno all’epoca mi piaceva un sacco. Ma adesso preferisco il suo colore naturale. Neri. Un nero splendente, un nero che ti inghiottisce e ti fa perdere ogni cognizione.
Beh, devo ammetterlo. . . mi piaceva quant’ero una stupida  e mi piace adesso che sono diventa doppiamente stupida.
- Ero così antipatica da farmi dimenticare? – chiesi.
Non una risposta. Solo il suo respiro e il suo torace che faceva su e giù.
- Oppure. ..  – continuai. – riderai di me, come quando mi salvasti dai lupi. – dissi sfiorandogli il naso con la punta dell’indice.
Lui di rimando sbarrò gli occhi. Mi correggo l’occhio. L’altro era coperto dai capelli.
Si vedeva un lontano miglio che era confuso. I suoi occhi continuava a guizzare da ogni dove per esaminarmi dalla testa fino a i piedi.
Sussurrava cose come “ La pazzia è arrivata”, “ Forse è il momento di farla finita”.
Poi, prese una sigaretta dal pacchetto e se la portò alla bocca.
“ Oh no. Non questa volta”.
Gliela sfilai di bocca e la ridussi in polvere. Odiavo il fumo, e adesso lo odio il doppio. Anche il triplo, se serve per far capire l’antifona.
Lui mi guardò storto.
- Chi. . . sei? – mi chiese. Sembrava che facesse sforzi a parlare. Come se fosse arrugginito o avesse dimenticato come si parli. La sua voce era senza animo e senza vita. Spenta.
- Evee. Sai quella ragazzina che ti rompeva le scatole. Tre anni fa, venni rapita da Noemi e mi conciò per le feste. Ricordi? – cercai di rinfrescargli la memoria.
Ma lui scosse la testa.
Colpo deciso per farmi incazzare. Avevo imparato a perdere la pazienza in tre nano secondi.
- RIN! – urlai. – Rin! Guardami! Sono io Evee. Diversa ma sono io. Che c’è la mia nuova taglia di seno ti ha rincoglionito o proprio hai perso la memoria? O forse non ti importava nulla di me, tanto da dimenticarmi? – vomitai una serie di domande, tutte pungenti più o meno.
Ma almeno lui parve rinvenire da quello stato pietoso.
- E. .Evee ?  C’era un Evee che conoscevo, ma è completamente differente da te! – disse tra il nervoso e lo sdegno.
“ Caspita! Non so cosa gli sia successo, ma è messo proprio male!”
- Oookay. Se io non sono Evee, perché so il tuo nome? Perché so eventi che conosciamo solo io e tu? Spara, fai domande. Vedrò di convincerti! – non so perché avessi tutta questa voglia di perdere tempo ma non avevo intenzione di lasciarlo in quello stato. Dopotutto, gli dovevo qualcosa. Lui mi stava aiutando con le lettere di mio padre. Glielo devo!
- Chi ci ha traditi? Di chi è la colpa di tutto ciò? Evee è morta. Scomparsa. Non c’era, tutti morti. – aveva posto delle domande, ma alla fine stava iniziando a dire cose sconnesse fra di loro.
- Jin. Jin e Karol. Quel giorno all’Hotel ero tornata, ma sentivo dei strani versi e me ne sono andata. In una chiesa incontrai Noemi, poi Jin e boom, mi ritrovai con un paio di ossa rotte e in una cella schifosa. La colpa di tutto dici? Richard! Chi se non lui? So che ti ha fregato la lettera di allora. Evee non è scomparsa e neanche morta. C’è l’hai davanti! Idiota! – finii con l’urlare e alterarmi.
Adesso iniziavo a perde la pazienza.
Il vento scompigliò lievemente i suoi capelli, ma abbastanza da farmi scorgere il suo occhio chiuso. Il suo bellissimo occhio, color del mare e del cielo fuso insieme.
Una lacrima mi solcò il viso e Rin sussultò. Ringhiò pure.
- Che hai fatto all’occhio. Quello che mi piaceva tanto? – Oh cavolo lo avevo veramente detto? Si, Evee. Eri una perfetta idiota e sei rimasta una perfetta idiota.
Lui storse il naso.
- Che ti importa. – disse spiccio.
- Oddio, Rin. Sto perdendo la pazienza. Guardami ti prego. Guardami ! – e lui lo fece. – Ascoltami, non so come è successo ma io sono cambiata. Adesso sono come te. Io  . . . – mi bloccai pensando a quella notte orribile in cui avevo ucciso quelle persone, e un brivido salì lungo la mia schiena.
- Io. Sono stata io ad uccidere quelle persone ed a minacciare Richard con quella scritta. – dissi tutto d’un fiato.
Mi guardò e poi scoppiò a ridere.
“ Mhm. . . non mi crede. Assurdo”.
- Lo sai che sono ancora arrabbiata? Per quella volta che entrasti in doccia, in Perù ? Questo te lo ricordi porca miseria? – dissi affranta, incrinando la voce.
Non c’è la facevo più. Volevo scoppiare in lacrime.
Era la prima persona con cui avevo dialogo dopo anni ed era così difficile per me. . . e lui, ovviamente, complicava le cose di gran lunga.
Mi guardò, come si potrebbe guardare il regalo più bello mai fatto a Natale.
E lo vidi piangere e ridere allo stesso tempo.
“ OH, era ora! Ma cos. . piangeva? “
Si lanciò verso di me, atterrandomi e iniziò a sfiorarmi con tocchi leggere, e a volte carezze, ovunque.
Dai capelli, agli occhi, al viso e al corpo. Volevo replicare, ma  avevo intuito che ne valeva della sua sanità mentale e io. . . io volevo di nuovo il mio Rin. Il Rin che conoscevo.
Aspetta  . . . mio? No. Non mio. Non lo sarebbe mai stato.
- Evee. Evee ! – tremò tutto e sussurrava il mio nome di continuò.
Poi, senza rendermene conto,  prese con entrambe le mani il mio volto e mi baciò.
Mi baciò. Un bacio leggero, caldo e fresco allo stesso tempo.
Sapeva di rose. Le sue labbra morbide carezzavano le mie. Mille emozioni tra di loro. Niente e nessuno importava ormai. C’era il silenzio e i nostri respiri intrecciati. Le sue mani che scendeva per tastarmi ed assicurasi che fossi lì e che non scappassi da un momento all’altro.
 Poi, senza rendermene conto, avevo lasciato campo libero a Rin. Avevo schiuso le mie labbra per riprendere fiato e lui aveva insinuato la sua lingua nella mia bocca.
Non avevo mai baciato ma comunque la mia lingua rispose al tocco della sua. Unendosi in un gioco di chi si rincorre, in un danza frenetica, in un qualcosa che non so descrivere.
Sarebbe stupido dire “ avere le farfalle nelle stomaco”. Io non mangiavo mica i bruchi!
Ma sentivo un forte calore al cuore. Sentivo un bisogno di abbracciarlo. Sentivo che lui aveva bisogno di me e io di lui. E cosi senza dire nulla, finimmo in attimi di eternità, abbracciati l’uno all’altro. Come a dire “ Non ti lascerò mai più. Mi spiace”.
A volte, nulla è perfetto. Niente è perfetto.
Sarà  l’imperfezione a farci innamorare. . . ed essa si innamorerà di noi.
 
 
 

 
 
 
Angolo autore:
Ehm. ..  si lo so, sono in super ritardo, Mah! C’è un ma. Questo capitolo non è stato per niente facile. L’ho scritto. L’ho cancello. E ripetuto l’azione almeno un milione di volte, fino alla nausea.
Durante le vacanze, che ero bella riposata, pensavo di potermi dedicare al capitolo con tranquillità. Ma niente da fare . ..  a quanto pare a me serve lo stress e la pressione degli impegni della vita quotidiana e scolastici. . . soprattutto quelli XD ma bando alle chiacchiere!
Oddio, cosa ho scritto?! Beh, quello che per me era più ovvio (?). Certo che no. Quello che per me fosse stato impossibile. Amo l’impossibile e sono pronta a raggiungerlo, ma ci sono i prezzi. Ovviamente  . . . ( In questa vita niente è gratuito, se non la cattiveria xD )
Beh, spero di non avervi deluso. Che sia stato un colpo di scena, una risvolta della storia e.  . . HEY ! Ho scritto che Rin e Evee si baciavano? Oddio, devo stare male xD hahha no scherzo. Il loro primo bacio dopo. .. ? quanti capitoli? Ah si, 11 .. . . mi devo vergognare auahauha.
La cosa mi è stata ardua, visto e considerato la mia “mole”  di rifiuto per il romanticismo xD
Si, ok. Mi sto dilungando troppo. I disegni dei protagonisti arriveranno presto! U.u Stay tuned.
Spero di avere un vostro parere al riguardo! Ci ho messo anima e corpo ( più le dita congelate che il corpo xD )
Un bacio, Haru <3

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Capitolo 12
*** It's no period ***


"It's no period"

Ricordo, o meglio, sento ancora il suo dolce profumo. Profumo di rose fresche e curate.
Annusai forte l’aria, le lenzuola e la sua pelle.
Mi è mancato da morire. . .
Ancora non ci credo che io e lui ci siamo addormentati come bambini, insieme ridendo. A volte lanciandoci imprecazioni varie per i nostri rispettivi comportamenti, poco maturi.
A poco a poco gli spiegai ogni cosa.
Più parlavo, più mi guardava con fare perplesso.
Ogni tanto sghignazzava e diceva “sei sempre stata un diavoletto” o semplicemente fumava un pacco di sigarette ogni volta che sganciavo varie bombe. Bombe atomiche, diceva lui.
Beh, certo non mi è ancora chiaro il fatto che io sia riuscita a trasformarmi, anche se mia madre nella lettera , che trovai in Francia, parlava chiaro.
“ Solitamente i figli nati dall’unione di una vampira e un umano, sono destinati ad essere pasti per gli alpha. Di conseguenza, non hanno mai raggiunto la maggiore età. Ma, in alcuni testi si narra che questi soggetti potrebbero trasformarsi se le situazioni lo richiedono.
Essendo che nessuno è mai sopravissuto.”
Mio padre James, aveva la sensazione che sarei sopravissuta ad oltranza e che avrei fatto luce su ogni cosa. . . o almeno e ciò che mi auguro.
Ad ogni modo, raccontai a Rin di aver trovato le altre lettere e l’ultima è stata una mazzata anche perché.
Sinceramente non l’ha presi bene e quel giorno, ricordo di aver fatto un disastro assurdo attorno a me.
Adesso toccava a lui saperlo.
Ma riservai la “notiziona”, se così potevamo chiamarla, per la mattina successiva.
Ormai erano passate quasi due settimane dal mio “rientro” a casa.
La sera precedente, prima di crollare, mi riferì che doveva raccontarmi assolutamente una cosa di vita o di morte, e sinceramente stavo in ansia.
Quel”una cosa”, mi fece svegliare molto presto.
Infatti, erano passati ben venti minuti da quando mi accorsi che qualcosa mi stava appiccicato.
A quanto pare è un abitudine. . . o semplicemente ha paura che me ne vada, di nuovo.
Un leggero sorriso si stampò sulle mie labbra pensando che, sotto quella maschera di indifferenza e a volte quei comportamenti scorbutici, si nasconda qualcosa di tenero e molto fragile.
Ecco. Tutto questo mi spaventava.
Mi spaventava perché sapevo, che questa tenerezza è lontana da me, miglia e miglia.
Se sono riuscita a vederla, è perché ha voluta mostrarmela lui!
Può accadere qualsiasi cosa per farla sparire. . . e io non voglio.
Ma ho troppi problemi adesso. Problemi che non piaceranno affatto quando verranno esposti.
Ma questo, forse, potrebbe aspettare. . .
La cosa che più mi fa bollire il sangue è uccidere Jin e Richard. Ovviamente, prima di spedire quest’ultimo all’altro mondo, devo chiedergli quattro cose che, sicuramente saprà dirmi solo lui.
<< Mhm. . . >>  sentii mugugnare tra i miei pensieri.
Ma non era una delle tante vocine sadiche, che ultimamente cacciavo via, ma Rin che si strusciava per rimettermi dentro le coperte.
<< No, niente “mhm”. Sveglia, spicciati, ora. Devo.parlarti.  >> iniziai a dare ordini a destra e manca.
Mi sentivo così in ansia che adesso avevo paura di iniziare a fumare pure io.
Dapprima lo accarezzai delicatamente, poi, iniziai a scuoterlo finché non si svegliò del tutto.
<< Sei una guasta feste, lo sai vero? >> mi sussurrò dietro l’orecchio.
Mhm.. . quando faceva così, avevo voglia di saltargli addosso letteralmente. . .
<< Perché non lo fai? Chi si oppone >> ghignò malizioso.
Cacchio, vero! Lui legge nella mente.
<< Sei pregato di stare fuori dalla mia mente, grazie! >> dissi sarcastica.
<< Quanto siamo acidi. >> rise facendomi innervosire.
<< Mi stai sfidando? >> chiesi al vuoto perché ormai lui era andato chissà dove con la mente.
Non può sconnettere il cervello mentre mi parla! Che modi sono mai questi?
Così mi misi a cavalcioni su di lui e iniziai ad accarezzare il suo petto. Poi, iniziai a baciarli il collo ed a volte qualche morsetto innocente qua e là.
<< Mhm .. . >> si limitò la ciminiera.
<< Ti decidi a dirmi quella cosa oppure mi farai morire d’ansia? >> dissi secca, ormai stufa del suo girarci attorno.
<< Prima tu! >> disse afferrandomi e rigirando le posizioni.
<< OK, ma non ti lamentare se la mia cosa è più grave della tua. >> ringhiai un pochino infastidita.
<< Che c’è? Il maschio sono io! O preferisci gestire tu il gioco? Sei diventata audace col tempo? >> pronunciò l’ultima frase a un millimetro di distanza dalle mie labbra.
Stronzo. Semplicemente stronzo! Ma uno stronzo di cui non potrei farne a meno.
<< Richard ha mio padre, non vivo, non morto. Non ho idea in che stato sia, non mi aspetto nulla e. . . Ah! Si . . ecco, Richard ha un esercito che vuole mandare contro di me. >> dissi infine facendo un sorriso colpevole.
<< COSA? >> urlò a pieni polmoni.
<< Si, l’ultima volta mi ha scovato per caso in Cina mentre giravo per le strade, e ha detto che mi sistemerà per le feste. Ce l’ha pure con te! Ad ogni modo, in questi anni ho fatto conoscenze che mi hanno aiutato a gestire il mio controllo. Cioè, almeno ci hanno provato, ma dicono che sono troppo impulsiva e aggressiva >> sghignazzai sapendo che è la verità.
<< Vuoi aprire una guerra contro di lui? Ma sei impazzita? >> urlò esasperato fumando la seconda sigaretta.
Oh povero Rin, mi ucciderà di questo passo.
<< Abbiamo una settima, non di più. I miei amici hanno detto che saranno qui fra tre giorni. Hanno un conto in sospeso con lui. >> dissi tutto d’un fiato.
Rin di rimando mi guardò storta, come a voler dire “ma tu di guerre non ne hai mai viste”.
E’ vero, non gli do torto. Ma che scelta ho? Ormai è in corso.
<< Una settimana. . . >> bisbigliò.
<< Che piano hai? Se mi convinci probabile che ti faccia partecipare in questa pazzia, MA e dico MA! Devi essere a dir quanto convincente se non persuasiva >> disse tutto d’un tratto.
Come prego? Il guaio l’ho provocato io e io lo sistemo, mica ora mi tirò indietro! NO, signore!
<< Rin, dacci un taglio. Ho un piano e io parteciperò. Ne vale della mia sanità mentale, quindi niente ma e mo. >> dissi alterata e scalciando il comodino involontariamente contro il muro. Ovviamente non vi dico il casino che si è creato.
Già bastava quello che avevamo combinato ieri notte io e Rin. . .
Se ancora ci penso non ci credo. Mi viene da ridere, prenderlo e sbattermelo per bene di nuovo. Oddio, ma cosa sto dicendo?
<< Pervertita! le cose zozze dopo. Adesso spiegami il piano, altrimenti ti stai a casa. Non sai combattere e saresti solo di intralcio. >> mi sfotté subito.
<< Chiamo Albert >> dissi lasciandolo nella sua ignoranza.
<< Ferma! Sei impazzita? >> mi rincorse verso la cucina.
Lo respinsi a più mandate e alla fine feci la mia telefonata.
Al capo dell’altro telefono c’era un Albert che piangeva come un bimbo e dopo due minuti entrò senza bussare.
Non ero neanche vestita. . . avevo soltanto la canotta di Rin e le mutande, per fortuna. Ma alla fine Albert è mio fratello di madre, a quanto ho capito dalle ultime lettere trovate.
<< EVEE! >> urlò abbracciandomi.
Piangeva e rideva al medesimo tempo. E come biasimarlo? Mi credeva morta. . .
In dieci minuti feci il sunto di tutto ad Albert che, mi guardava con tanto d’occhi e la mascella quasi a terra.
Gli spiegai che ero sua sorella e tutte le miei belle e brutte avventure. Infine la micidiale notizia di suo padre che ci ha dichiarato guerra, manco fossimo ancora al medioevo.
Ovviamente Albert è una pedina nel mio piano, perché se lui accetta di aiutarci noi saremo in vantaggio sapendo cosa sta organizzando quel cane.
Come speravo, neanche glielo chiesi e si propose lui a fare il doppio gioco per la sua sorellina. Ciò mi rallegrò molto.
<< Mi raccomando stai attendo, non voglio morti. >> dissi scherzando tra un abbraccio e l’altro. Poi, si staccò violentemente da me, come se fosse successo qualcosa, ma che io non capii.
<< Evee. . . le tue. . . le tue. . . ecco le tue tette sono diverse, sono. .  >> ma non finì la frase che Rin lo prese per la giacca ed era pronto a buttarlo fuori.
Mi veniva da ridere. Lui? geloso? significava me felice.
<< Dai! stavo scherzando. . . non la guardo più. Giuro! >> supplicò Albert.
Rin parve pensarci e lo lasciò andare. Successivamente, si passò una mano sui capelli neri scompigliati, in modo maledettamente sexy da farmi venire la voglia, e ghignò soddisfatto di qualcosa che io ignoravo.
<< E’ meglio che fai come dici, altrimenti ti uccido. Perché lei è proprietà mia, e per di più. . . >> si fermò un attimo a guardami, per poi passare ad Albert << E per di più Evee aspetta un bambino da me >> sorrise tra il malefico e l’orgoglioso, sedendosi in una poltrona come un re.
Io, a quella notizia strabuzzai gli occhi. Poi, mi girai convulsamente a guardare i due, e dopo. . . non avevo la minima idea di che faccia fare.
Avevo solo voglia di correre in bagno a vomitare. .. e .. . OH PORCA PUTTANA!
<< Rin! >> urlai.
Mi avvicinai a lui, salendoci sopra.
Ecco cosa era quella cosa di vitale importanza.
<< Da quando lo sai? >> dissi riducendo gli occhi a una fessura.
<< Mhm. . . da un paio d’ore. Ieri notte ho fatto un bel lavoro, non credi? >> disse sorridendomi come un bambino.
<< Ehm. . . io vado, non voglio morire proprio adesso. Augurii >> ed Albert se la diede a gambe.
E forse, non gli davo tutti i torti. Perché avrei ammazzato pure lui, poco ma sicuro.
Non solo non mi ha detto niente, ma ha pure la faccia di dirmi. . . 
Aspetta! E’ questo il motivo per cui non vuole che partecipi alla guerra?
No, MA ASPETTA. Io sono incinta?
Mi sedetti sul divano adiacente alla poltrona in cui era seduto il re indiscusso, con una calma assolutamente nulla.
<< Rin, puoi ripetere, cortesemente, le ultime parole? Perché forse non ho capito! >> dissi piano, scandendo ogni sillaba, in preda a un non so che.
<< Sei incinta. Bambino mio e tuo. Bello no? >> disse sorridendomi in modo quasi dolce.
Cos’era il suo modo di dire “ Ti amo”?
<< Si,Rin anche io ti amo >> gli risposi, correndo in bagno in preda a nausee e strane voglie di tutto e di più.
Poco dopo mi raggiunse cingendomi la vita e stringendomi forte.
<< Non voglio perderti >> sussurrò.
Ecco che abbassava la sua maschera. . .E’ un cocktail mixato di emozioni. Un groviglio senza fine.  . .
<< Neanche io >> dissi per poi baciarlo.
<< Non ti abituare a questo sdolcinamento perché non riesco a reggerlo >> sghignazzò.
<< Oh ma tranquillo, mi faresti solo impressione >> risposi risoluta, ricomponendomi.
<< Comunque sia non pensavo che tra vampiri si faceva bingo in men che non si dica >> dissi iniziando a farmi una coda con i miei lunghi capelli.
<< Effettivamente, di solito, non si fa bingo. Solo se si è originali e noi due non lo siamo. C’est la vie, mon cherie. E poi io sono molto contento. Tu che ne pensi? >> disse con una piccola nota stonata di tristezza.
<< Ma sei scemo o cosa? Certo che sono super felice, e solo che è successo tutto così in fretta e soprattutto in un momento meno opportuno. Però non potevamo prevederlo, pazienza! >> finii di armeggiare con i miei capelli e me lo trascinai giù in salotto a discutere sul piano e cose varie.
Probabilmente prima della guerra vera e proprio, dovevo affrontare e persuadere Rin dai suoi propositi di “ proteggermi” in modo convulsivo. Perché lo avevo capito dalle sue emozioni.
Avere il potere di interpretare le emozioni altrui, non so se definirlo come una cosa positiva o negativa.
Oddio sono incinta! Quindi. . . mi ingrasserà la pancia, sentirò dolori e nausee, avrò una maggiore fame, come se io già non l’avessi di mio e . . . oddio un figlio! Un figlio che avrà il mio e il suo di carattere. Ma cosa ne verrà fuori?
Sghignazzai a tutti i miei pensieri sconnessi tra loro e dalla faccia super incavolata di Rin.
Perché ovviamente chiedere privacy a mister “ Io comando e tu obbedisci” non sia mai chiesta!
Tre giorni per organizzarci e riceve informazioni adeguate per fermare quel folle.
Questa storia sicuramente ha preso una brutta piega. . . tutto per colpa di un individuo.
Ho troppa paura adesso. Se prima non l’avevo, adesso per colpa di Rin ce l’ho!
Ho paura di perderlo, paura di perdere questo bambino che è sceso dal nulla senza avvisare. ( ovviamente tutta colpa di quello stronzo! ).
Non che non lo voglia. . .. ma adesso sento un senso di smarrimento e proprio adesso non ci voleva.
Mi ero fatta tutto un progetto: Uccidere Jin e Richard e se era necessario morire pur di farlo.
Quindi, in poche parole, non avevo in mente di rimanere in vita, ma adesso è tutto diverso. TUTTO.
Sicuramente niente sarà più facile, o per lo meno io ho creduto che la cosa potesse essere facile . . .
 
 
 
 



 

Angolo Autore: Loo soo! Faccio chifo T.T due mesi senza aggiorna. . . ma tanto frega a poche genta xD Comunque sia, chi non l’avesse letto, Attualmente sono senza pc. Quindi immaginati che travaglio scrivere un capitolo ( per di più breve ) sul telefono -.- marò! Per non parlare che mi sento super arruginata . . .

Due parole e mi dileguo: ringrazio tutte le persone che con tanta pazienza ancora mi seguono e. . . Signori la storia sta volgendo al termine. Forse mi son dilungata anche fin troppo.
Sicuramente questo capitolo transitorio è un mix di informazioni una dopo l’altra. Ho fatto rimanere incinta Evee xD Sinceramente non era nei miei programmi ( e neanche nei suoi ) ma mi serviva un incentivo per il fine che ho in mente e. . . probabilmente non sarà un lieto fine! Quindi se qualcuno è contrario o parli ora o taccia per sempre xD
Con affetto, a presto <3
( Chissà quando. .. T^T spero vivamente presto, anche perché ho buoni propositi per l’altra storia. Bye )

 

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Capitolo 13
*** Se le rose pungono significa solo che sono le più belle ***


Guerra. Sangue. Un figlio. Rin. . . .
Continuavo a urlare il suo nome, in presa a spasmi. Sentivo la mia fronte madida di sudore e il sangue sgorgare dalla mia gola come un fiume.
Poi, la mia voce, inevitabilmente, si affievolì. Sempre più fioca e la vista iniziava ad annebbiarsi.
Rin.
Rin.
Rin.
Il suo nome ripetevo come una litania, come un ossessione.  E fu buio intorno a me. Non una luce.
È tutto così buio. . . cos’è successo? Dove sono ? ”
Sentivo le palpebre pesante ma comunque da non impedirmi da aprirle. Una fatica immane, tanto era la stanchezza che sentivo.
La luce del sole sparata sui miei occhi, fu un tormento. Un bruciore fastidioso imperterrito attaccava il mio povero colore, così debole, così innaturale. I miei occhi sono nuvole, non sole. Sono dubbi, non certezze.
E’ tutto bianco intorno a me. Dov’ero? Dov’è Rin? “
Tutto bianco.
Iniziavo ad innervosirmi, e un formicolio iniziava a percorrermi le gambe fino a piccoli brividi lungo la schiena. Come se il mio corpo fosse intorpidito.
<< Evee! >>  sentii chiamare il mio nome.  Una voce rauca, dolce e rassicurante. Fu come un balsamo per le mie orecchie.
Mi girai incredula spalancando gli occhi. La mia bocca faceva un movimento nervoso, aperta chiusa, chiusa aperta. Come se voleva dire qualcosa, ma poi se ne pentiva e rimaneva in silenzio.
Continuai a boccheggiare per un bel po’, fin quando la mia mente non realizzò chi avevo davanti.
 Davanti a me c’era James, mio padre.
<< Sei cresciuta >> sorrideva sornione e felice.
Che significava tutto ciò? Sono morta? “
Il dubbio si stava insinuando nel mio cuore e un allarme nella mia mente, ormai troppo razionale e poco coerente con se stessa.
<< Evee, tutto quello che hai visto . . .>> fece una pausa << è quello che ho voluto che tu vedessi. >> disse infine, come se fosse dispiaciuto.
“ Cosa?! In che senso? Non capisco. Parla! “
La mia voce non usciva. La mia bocca si muoveva, ma dalle corde vocali non usciva neanche un suono.
Lui continuò a parlare.
<< Ho voluto mostrarti cos’era l’amore, ma non solo quello. Ho voluto farti conoscere il male, affinché tu lo evitassi in futuro. Non odiarmi per questo! Ti voglio bene bambina mia e so che Rin è buono e dolce >> finì il suo discorso per poi dissolversi nel nulla.
Cosa significava? Non potevo crederci. . .”
 Sentivo la nausea investirmi. Un mal di testa atroce e tutto intorno a me iniziò a vortice, come se sotto di me non ci fosse nulla.
Avrei preferito di gran lunga che qualcosa di davvero molto pesante colpisse la mia testa, forse lo avrei gradito di gran lunga a tutta questa situazione.
Camminavo lungo la stanza luminosa, assorta, passiva senza una vera meta.
Niente.
Il nulla e la luce regnava in tutto il suo splendore.  
Una scatola, o meglio una gabbia, che mi teneva prigioniera.
 Cosa me ne sarebbe importato della luce e del nulla, se non potevo avere Rin? L’unica cosa che voglio veramente. . .?
Perché?” mi chiedevo continuamente.
Poi, sentii una voce in lontananza.
<< Ti prego. . . Svegliati! Mi senti? Sono tre mesi che stai in questo cazzo di letto. . . non parli, non ti muovi e non mi guardi. . . svegliati. . . >> urlò quella voce disperata.
Quella voce. . . la riconoscerei ovunque.
“Dove sei? Rin? Svegliarmi? Come? Perché dormo? Che significa?”
<< Quello stronzo di mio fratello. . .è tutta colpa sua! Lo ammazzo se non ti svegli, giuro che lo faccio! Non ha senso vivere se tu sei in coma >> urlò isterico.
“Che centrava Albert adesso? In COMA? Ma non può essere, che sta dicendo?” cercavo di dirgli ma nessuno mi avrebbe sentita, tanto meno lui.
Ero davvero disperata. Non sapevo che fare o dove andare.
Iniziai a disperarmi e a gridare senza fine. Di sotto fondo ogni tanto sentivo dei ghigni e strani gorgoglii.
Ad un tratto di parò davanti a me uno specchio ovale, lungo tutto la mia statura.
“Oh porca puttana!”mi sfuggì.
Dovevo ammettere che da quando ero con Rin il mio linguaggio sia più incline a un linguaggio scurrile. Ciò non andava bene, ma in quel momento era l’ultimo dei miei problemi e lo trovavo come unica fonte di sfogo
Non potevo credere ai miei occhi. Ciò che vidi nello specchio era al quanto irreale, irrazionale e senza senso! Ero io, sì, ma di un paio di anni fa.
Oddio, ditemi che è tutto un incubo. Un brutto scherzo di quello stronzo di Rin. . . ti prego
Non capivo che cosa stava succedendo.
Tutto quello che credevo fosse una certezza, non è altro che una mera illusione. Solo confusione e nient’altro.
La mia esistenza: una totale confusione.
Presi lo specchio esasperata e lo scaraventai lontano, rompendolo e  frantumandolo in mille pezzi.
Non sapevo cosa fosse vero o falso. Niente fu mai vero nella mia vita se non una cosa. E io avevo tutte le intenzioni di riprendermela, o meglio di riprendermelo.
Iniziai a correre a per di fiato in quell’oblio di luce, girando intorno. Tutto uguale. Non cambiava nulla e tutto iniziava ad essere così opprimente.
Finché. . . finché non vidi una piccola porta buia. Sembrava che quella porta assorbisse la luce e l’unico colore che poteva emanare era il nero. Era impossibile non notarla.
Quella era sicuramente il mio biglietto di andata. Se non lo fosse stato e mi avrebbe portata alla morte. . . beh, pazienza! Se ero veramente in coma, non volevo dilungarmi oltre in quel luogo, in quella situazione.
Così, decisa, entrai in quella porta e tutto iniziò a vorticare e a far male. . .
 
 
 
---
 
 
Tre mesi di agonia. Avevo ritrovato il mio diavoletto e in quell’istante l’avevo persa. Tutta colpa di quell’idiota di mio fratello. E anche sua, se vogliamo dirla tutta!
Perché mai è salita sulla moto con lui?  Per arrivare prima a quella stupida scuola?
Sembravo un disperato da telenovela. Carino, no? Non posso crederci. Perché? Per cosa? per una mocciosa. Ma vi rendete conto?  Perché non riuscivo a scrollarmene ? Chi è lei per me? Perché non si sveglia?
Come ciliegina sulla torta quello a investirli è stato Richard! Ma che cazzo aveva in mente? Ma come ha potuto distrarsi, lui! Questi sono misteri.
Ovviamente in macchina insieme a Richard c’era la zia di Evee, ovviamente deceduta all’impatto.
Lei non è morta! Oh, no! O meglio, adesso non è viva come umana. Questo è un altro mistero a me sconosciuto.  Evee dal nulla si è trasformata, così, come se fosse naturale.
Ho fatto alcune ricerche qua e là, ma è stato un buco nell’acqua.
Ho dovuto portarla a casa sua, nella villa. L’ospedale era escluso, non dopo quello che ho visto. Come minimo avrebbero interpellato mezzo mondo e messo a rischio gli altri della nostra specie.
La mia vita è diventata una fottuta domanda continua.
Di sigarette ne ho fatte fuori a montagne, sento che potrei vomitare anche i polmoni e cuore insieme. Tanto non mi servono!
 
Negli ultimi giorni, si muove.
Ogni tanto fa dei versetti e dice parole sconnesse tra di loro.
<< Mocciosa, quando dici tu! Svegliati! Lo capisci? Ti.Devi.Svegliare.! >> urlai esasperato.
Ormai lo ripetevo cosi tante di quelle volte che a breve mi sarebbe mancata la voce.
 
Due giorni dopo. . .
 
 
Dormivo beato, quando sentii qualcuno tossire e chiamarmi.
Aprii un occhio per controllare e vidi un mucchio rosso avvicinarsi a me.
Allucinazioni di primo mattino. Perfetto! Forse è meglio che io non mi dia più alle canne mattutine. . . o almeno per un periodo.
<< Rin. . . >> mi sentii tirare la canottiera e chiamare da una piccola voce.
Aprii gli occhi e mi tirai su a sedere.
Evee era davanti a me. Piccola e con gli occhiali.
Occhiali.
Piccola.
Evee?
Coma?
Incidente?
Ma quale incidente? Adesso che ci penso non c’è mai stato nessun incidente.
<< Evee >> pronunciai ma non uscì nessun suono.
Stavo mordendo Evee. La stavo uccidendo e non riuscivo a fermarmi.
Il suo corpo diventava sempre più gelido. I suoi capelli si spegnevano come il tramonto e insieme ad essi gli occhi.
Cosa avevo fatto? Perché? Io non volevo!
<< EVEE! >> urlai a squarcia gola.
 
 
 
 
---
 
 
 
 
 
 
 
<< Che patetici! Guardali come si dimenano! Guardali! Dicono di amarsi e non riescono a trovarsi! Guardali James! Credi ancora nell’amore? >> rise isterico Richard, parlando invano allo zombie, al corpo senza vita di James, legato e impalato per bene.
<< Che ne dici di farli soffrire ancora un altro po’? Oppure preferisci che li sveglio e invece di torturarli psicologicamente, gli stacco qualche arto? Oppure. . . Oppure.. . Oh, si! So cosa fare! Sei un genio James, lo sapevi? >> continuò a ridere convulsamente e parlando più a se stesso che a James.
Richard staccò il contatto con le loro menti facendoli svegliare.
<< Heilà! Buon giorno a voi! >> urlò ancora.
Rin ed Evee aprirono gli occhi, sbarrandoli, cercando di mettere a fuoco. Si ritrovarono legati da pesanti catene d’argento, davanti un pazzo e furioso Richard e un cadavere che respirava ancora.
Era ricoperto da qualche lembo di pelle qua e là, pieno di catene e impalato. Aveva un occhio grigio che faceva il giro della stanza, come se avesse vita propria. Come fosse impazzito.
Ogni tanto grugniva.
<< Allora, come ci si sente? Credevate veramente di aprirmi guerra? A me? Oh, che cosa buffa. Credo sia la cosa più divertente che mi sia capitata in tutta la mia vita! Dico sul serio >> lo sproloquio di Richard continuava.
Evee si rese conto di cosa era successo. Gli amici che si era fatta e che aveva intenzione di aiutarla ad ammazzare Richard, non erano mai arrivati a casa sua. Perché già li aveva uccisi, ed erano lì, davanti a lei. Smembrati e quello che rimaneva era in un lago di sangue.
Una lacrima scarlatta attraversò il suo viso e la rabbia iniziò ad aumentare.
<< Sei un mostro. Non meriti nulla >> sibilò Evee a denti stretti.
<< Mostro? No, tesoro. Sono la stessa cosa che sei tu! Ah, non volevi disperatamente tuo padre? Guardalo è lì >> e Richard gli indicò lo zombie.
Evee era in uno stato di shock. Non vedeva niente. Era diventato tutto nero.
<< Evee, calmati! Ti prego, non fare sciocchezze >> a parlare stavolta era Albert, anche lui legato e mutilato di un braccio.
Questo per Evee era un motivo in più per far strage.
Iniziò a digrignare i denti, a farli uscire in tutta la sua splendida forma. Gli occhi si tinsero di un rosso denso come se fosse fuoco vivo.
Sentiva la forza dentro di sé. Sentiva già lo scricchiolare delle catene e ogni tanto gli arrivava qualche parola ovattata.
<< FERMATI >> urlò invano Rin, mentre Richard se la rideva tutta.
Evee riuscì a spezzare le catene e si diresse verso lo zombie, ammutolendo tutti da quell’inaspettato gesto.
<< E’ tempo che tu riposa in pace, hai sofferto abbastanza. Avevi ragione tu. Non preoccuparti, con me c’è Rin >> detto ciò spezzo quel piccolo ed invisibile filo di vita che legava James ancora in quel regno dei vivi.
Richard la guardava storto, nessuno gli aveva dato il consenso di fare ciò al suo giocattolino preferito.
Così si avvicinò a lei sferrandole un potente pugno sulla bocca dello stomaco, atterrandola. In tutta risposta Evee si alzò, in uno scatto velocissimo, scaraventandosi sul suo braccio, staccandolo con un morso.
<< Puttana! >> urlò. Ma non dal dolore, cercò di mascherare il tutto nella sua splendida faccia orgogliosa.
<< Questo è per Albert, bastardo >> ringhiò in risposta Evee, pronta a farlo a pezzi.
Nel frattempo i due fratelli si liberarono cercando di dare una mano ad Evee, ma vennero intercettati da alcuni vampiri, tra cui la cara Jin!
<< Ci rivediamo, Rin >> salutò sarcastica Jin con un piccolo sorrisino.
<< E’ questa sarà l’ultima volta >> disse in tutta risposta secco, sicuro che da poco a lì di lei non sarebbe rimasto soltanto il ricordo.
I due fratelli si occuparono di quest’ultimi sperando che Evee ne escisse viva.
 
 
Evee e Richard se la stavano battendo alla grande, e Richard si stava ricredendo sul fatto che lui potesse essere il più forte. Ma lui non aveva intenzione di giocare pulito, al contrario.
In un momento di confusione, colpì Evee sul basso ventre, sapendo che lì, c’era il figlio di Rin, suo “nipote”. Ma per lui non aveva importanza. Era soltanto un bastardello da eliminare.
Evee malgrado avesse parato il colpo, fece un volo di una ventina di metri, trapassando alcune camere.
Gli faceva troppo male il ventre e aveva paura per il bambino, non voleva che gli accadesse nulla.
Ma stava lì piegata dal dolore, gridando in silenzio, pur di non dare soddisfazione a quel cane. Sputava sangue e stava sanguinando da lì.
Il danno era fatto e  Evee per un momento desiderò di farla finita. Ma vedendo arrivare Richard con tanto di sorriso, si scaraventò su di lui mordendolo e iniziando a succhiare più sangue che poteva.
Il vampiro millenario invece di essere spaventato dalla cosa, stava godendo. Con la mano rimastogli gli aveva accarezzato i capelli. Poi, se la scrollò di dosso come se fosse un moscerino e tentò più volte di attaccarli al suo collo.
Ormai Richard non avevo un briciolo di umanità. Forse non l’aveva mai avuta.
Evee in un istante, mentre stava progettando il prossimo attacco da fare, venne colpita da dietro da un vampiro. Non l’aveva spostava neanche di un centimetro. Non si era scomposta. Aveva solo sorriso, voltato di un po’ la testa per poi guardarlo dritto negli occhi. Quest’ultimo iniziò a gridare e chiedere aiuto. Stava bruciando!
Quando rigirò la testa si ritrovò Richard ad un palmo dal naso. Con l’unico braccio rimastogli , le strinse il collo e la sollevò di un paio di centimetri, in quanto lui era molto più alto di lui.
Evee cercò di divincolarsi, ma lui era troppo forte fisicamente ed aveva anni di esperienza nel combattimento. Lei aveva cacciato qua e là e imparato al massimo a difendersi.
Ad Evee iniziavano a bruciare i polmoni, in una muta richiesta di ossigeno. Ma improvvisamente si accasciò a terra. Richard stava urlando di dolore.
Albert lo aveva trafitto con una spada d’argento, mancando il cuore di un millimetro esatto.
<< E’ tutto tuo >> si rivolse a Evee.
Albert aveva capito che non aveva mai avuto un padre. Del resto non gli aveva dimostrato mai un briciolo di amore.
<< Non può finire certo così, tu verrai all’inferno con me, Albert! >> urlò l’uomo.
Ma neanche si rese conto che Evee gli aveva staccato la testa e dato fuoco al suo corpo.
Ora se ne stava davanti alla sua testa a guardarlo fisso.
<< Mi hai reso la vita un inferno, Hai reso schiavo mio padre, Hai rovinato anni a Rin, Hai ucciso mio figlio e fatto male ad Albert. Credo che non meriti neanche questo tipo di morte e forse. . . neanche  all’inferno verrai accolto. >> detto ciò, schiacciò la sua testa.
Rin nel frattempo aveva fatto a pezzi tutti i vampiri e Jin ridotta in fin di vita, mentre chiedeva ed implorava pietà.
<< Falla fuori >> disse secca Evee, e Rin esegui.
Ormai provato da quel combattimento e dal susseguirsi degli eventi, Evee si sentiva abbastanza provata e stanza. Non voleva più sapere.
Si accasciò a terra dal forte dolore al basso ventre e iniziò a tremare e a piangere.
Rin corse da lei, disperato temendo il peggio. Ormai era succube di lei, non avrebbe permesso a nessuno che le facessero del male. Era già un miracolo che l’aveva lasciata lì, in balia di quel bastardo, ma sapeva benissimo che gli spettava di diritto. Per questo non fiatò.
Ma adesso era super incazzato. La sua Evee stava soffrendo. Il bambino ormai era perduto. . .
Lacrime scarlatte uscirono dai suoi splendidi occhi colore del male e del cielo.
<< Basta, adesso ti porto a casa. E’ tutto finito! >> disse Rin prendendo in braccio la sua piccola.
 
 
 
---
 
 
 
Sette  anni dopo . . .
 
 
<< MATILDEE! VIENI QUA. >> urlò disperata Evee.
Una bambina dalla chioma liscia e di un nero brillante con occhi tra il ghiaccio scuro e chiaro, era stata beccata , di nuovo, con le mani nel vaso della nutella.
Era una vera peste, ma non quando il suo fratellone, Alexander , che l’aiutava con i biscotti. Alexander un bimbo furbetto dai capelli rossi e gli occhi verdi, sembrava la fotocopia della madre. Mentre Matilde era tutta sua padre.
<< Rin! >> urlò ancora Evee.
<< Ragazzi, siete nei guai! >> dichiarò loro padre in preda al panico, temendo le ire della moglie.
<< Da domani vi scordate la nutella! >> disse arrabbiata.
<< Nooo! Mammina ti prego, non lo facciamo più >> dissero all’unisono le due piccole pesti che incrociavano le loro piccole dita dietro la schiena.
<< Ah si? E perché non vi credo? Andate di là dallo zio Albert >> ordinò più nera che mai.
Evee non sapeva che pesci prendere erano due terremoti, ovviamente da chi avevano preso?
<< Dai, non essere così severa con i bambini. . . >> fece per calmare la sua piccoletta.
<< Ma Rin stanno venendo su due diavoli, non bambini. . . >> Rin gli aveva bloccato la bocca con un bacio passionale.
<< Shhh. Basta. >> e continuò a baciarla.
<< Mhm >> mugugnò in tutta risposta Evee.
<< Sai, voglio un altro figlio >> dichiarò sicuro Rin.
<< COSA? >> gli urlò.
Rin gli fece la linguaccia e andò di là dai suoi figli, sapendo che Evee lo stava incorrendo.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ebbene si! L’ho finita. Ho messo la parola fine anche a questa storia. . .. non sapete quando mi si stringe il cuore e mi dia un senso di vuoto dover abbandonare questa storia. Mi sono affezionata a tutto T.T
E sinceramente non pensato di finirla xD un anno scolastico ho impiegato ahahah.
Beh, non so più cosa dire se non: Grazie a tutti per avermi sostenuta anche in questo progetto e a tutte le persone che l’hanno letta/recensita ecc..
E Soprattutto alle mie amiche che mi hanno sopportato <3 vi voglio un mondo di bene.
Alla prossima avventura ( si spera dopo gli esami, con BrokenHeart )
Haru <3

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