A Frozen Tale di SaraJLaw (/viewuser.php?uid=539207)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Lettera ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
Capitolo
I
Il
vento freddo faceva vorticare i fiocchi di neve che cadevano dal
cielo, formando delle spirali bianche che impedivano di vedere al di
là del proprio naso. L'inverno aveva raggiunto il regno di
Arendelle e tutti gli abitanti si adoperavano per recuperare legna
abbastanza secca e vestiti pesanti. L'unica persona che si trovava a
suo agio era la regina Elsa, la quale camminava tra la neve senza
sentire la morsa del freddo, coperta solo dal bellissimo abito di
cristalli creato da lei stessa un anno prima. I giorni in cui
l'intero fiordo era stato ricoperto di ghiaccio in piena estate erano
solo un ricordo lontano, sostituito ormai da una sensazione di pace e
tranquillità che Elsa non credeva avrebbe mai provato nella
sua vita. Almeno non da quando, a soli otto anni, era stata costretta
a isolarsi e chiudersi in sé stessa a causa dei suoi poteri.
Quando con la mente tornava a quei momenti pieni di tristezza, Elsa
sentiva il suo cuore stringersi in una morsa di autentico dolore,
dovuto alla mancanza della persona che più contava per lei:
Anna, la sua sorellina. Durante il grande inverno, la principessa era
partita per andarla a cercare, incurante del freddo, era quasi morta
per lei ed Elsa, grazie all'amore, era riuscita a controllare i suoi
poteri. Da allora, le due sorelle erano inseparabili e ad entrambe
sembrava di sognare, tanto era stato il desiderio di stare insieme di
nuovo.
Quel
giorno Elsa stava tornando al castello e le continue raffiche di
vento scompigliavano i suoi bellissimi capelli biondi raccolti in una
treccia e il lungo velo azzurro del vestito svolazzava
disordinatamente dietro la schiena. Per evitare quei piccoli
inconvenienti, Elsa mosse leggermente la mano destra per far calmare
la tempesta e contemporaneamente formò uno strato di ghiaccio
sotto i suoi piedi, per evitare di sprofondare nella neve a ogni
passo. Ormai prossima ai grandi portali del palazzo reale, la sovrana
scorse una figura accovacciata contro un albero e si rese subito
conto dei forti tremolii che la scuotevano; si affrettò nella
sua direzione, e mentre l'aiutava a mettersi in piedi, s'accorse che
la persona in questione era una donna di qualche anno più
grande di lei.
<<
Venite con me, forza! >> disse con voce chiara e decisa.
L'altra ragazza annuì a scatti e si fece accompagnare fin
dentro il palazzo. Una volta lì, Elsa ordinò alla
servitù di occuparsi di quella povera donna affinché
non morisse di freddo; la regina stava per andare via quando una mano
le afferrò con sorprendente forza il polso e si voltò
sorpresa verso la ragazza che, notò, aveva dei lunghi capelli
ramati e dei grandi occhi verdi. Il tutto la rendeva incredibilmente
familiare.
<<
E-e così, s-sei tu la f-famosa... Elsa. >> disse la
giovane, che si sforzò moltissimo per battere il meno
possibile i denti. La sovrana la vide allontanarsi e a sua volta si
diresse dalla parte opposta, verso la grande biblioteca.
Mentre
camminava, le sembrava di sentire una strana sensazione,
un'inquietudine dovuta alle parole di quella donna, soprattutto al
modo in cui le erano state rivolte: nonostante i forti tremori, Elsa
aveva distinto chiaramente il risentimento nella sua voce, ma ciò
che più l'aveva turbata erano gli occhi, così familiari
e pieni di rabbia. Quando giunse in biblioteca, la regina era ancora
immersa in quei pensieri e non si accorse della presenza di Anna, che
leggeva un libro comodamente sdraiata su uno dei divani in velluto
rosso. La sorella più giovane però vide l'altra entrare
e subito si mise a sedere composta, sfogliando le pagine del tomo che
teneva in grembo e ridacchiando tra sé, specialmente quando
Elsa la trovò e si portò una mano al petto per lo
stupore, visto che era convinta di essere sola.
<<
Anna, che ci fai qui? >> domandò la sorella maggiore
mentre scuoteva leggermente la testa, facendo finta di niente.
<<
Sto leggendo! È questo che si fa in biblioteca, o no? >>
rispose l'altra, divertendosi nel vedere Elsa cercare di apparire
imperturbabile sempre e comunque. La giovane sorrise brevemente e
andò a sedersi accanto ad Anna. Amava la neve, il freddo e la
sensazione di libertà che il suo potere le dava, ma si rendeva
conto che niente era paragonabile all'intimità di quelle
stanze in cui solo di recente aveva messo nuovamente piede e alla
piacevole sensazione dei camini accesi che illuminavano le pareti,
formando curiose ombre intorno agli oggetti; lo sguardo della regina
cadde su una scatola di cioccolatini, quasi completamente vuota,
poggiata sul tavolino da tè di fronte al divano e guardò
la sorella con un sopracciglio alzato e le labbra strette, come se
stesse cercando di non ridere. La principessa conosceva
quell'espressione e sorrise. << Serviti pure! >>
Elsa
mangiò due cioccolatini, masticando lentamente, assaporando il
gusto del cioccolato fondente e della menta, tenendo però lo
sguardo fisso nel vuoto, chiaramente distratta da qualcosa nella sua
testa; Anna se ne accorse e poggiò una mano sulla spalla della
sorella, sorprendendosi ancora una volta di quanto la sua pelle fosse
piacevolmente fresca al tatto. << Elsa? Stai bene? >>
La
giovane si voltò verso di lei, sorrise e coprì la mano
di Anna con la propria, stringendola leggermente. << Non
preoccuparti, stavo solo pensando. >>
La
principessa annuì e spostò una ciocca ribelle di
capelli rossi dietro l'orecchio. << Ti va di parlarne? >>
<<
Magari è una sciocchezza, ma non so. Ricordi il bosco a est
del castello? >>
<<
Intendi quello dove vai praticamente ogni giorno? >>. Sapeva
che la sorella si recava in quel luogo isolato per esercitare il suo
potere, senza perdere familiarità con esso.
<<
Sì. Poco fa, mentre tornavo qui, ho trovato una donna
appoggiata contro un albero. Stava congelando e l'ho portata nel
palazzo, così Gerda e Kai avrebbero potuto aiutarla. Pare che
mi conosca, o comunque abbia sentito parlare di me. Non ci siamo mai
incontrate, ne sono sicura, ma è come se l'avessi già
vista. Strano, vero? >>
La
sorella più piccola aggrottò le sopracciglia, non
capendo dove l'altra volesse arrivare. << LE hai salvato la
vita, ma cosa ti turba così tanto? >>
<<
Penso che ce l'abbia con me per qualche motivo, anzi è come se
mi odiasse. >>
Anna
sbuffò, divertita dall'eccessiva apprensione della sorella. <<
Elsa, come può odiarti se non vi conoscete neanche? >>
La
giovane regina fissò lo sguardo su un punto imprecisato della
stanza e strinse le braccia intrno a sé, come faceva sempre
quando qualcosa non andava. << So che non ha senso, ma avresti
dovuto vedere i suoi occhi. >>
<<
Quella donna stava per morire! Non sappiamo cosa le sia passato per
la testa mentre era in quelle condizioni. >>
Due
grandi occhi blu-ghiaccio la fissarono dubbiosi. << Tu credi?
>>
La
principessa si alzò per inginocchiarsi di fronte alla sorella,
prendendole le mani e stringendole con forza. Quella era una
situazione alquanto insolita: di solito era Elsa, riflessiva,
diplomatica e controllata, a cercare di consolare e rassicurare la
turbolenta e impacciata Anna. << È impossibile provare
odio nei tuoi confronti e non lo dico solo perché siamo
sorelle. Tutto il regno ti ama e l'unico folle a non farlo era Hans.
>> Entrambe assunsero istintivamente un'espressione ostile al
ricordo del principe che aveva cercato di ucciderle e di usurpare il
trono di Arendelle.
Due
discreti colpi alla porta ruppero il silenzio che si era venuto a
creare e subito Gerda apparve sulla soglia; si profuse in un profondo
inchino e si avvicinò alle due sorelle, rivolgendosi alla
regina. << Chiedo scusa ma volevo informare Vostra Maestà
delle condizioni della donna che avete portato qui. >>
Elsa
si sporse leggermente in avanti, curiosa. << Dimmi pure. >>
<<
È bastato un bagno caldo e un paio di coperte per rimetterla
in sesto. Si è ripresa del tutto. >>
La
sovrana fece un cenno di approvazione verso la governante e si alzò
in piedi. << Molto bene. Portami da lei per favore, vorrei
parlarle. >>
<<
Come desiderate, Vostra Maestà. >>
Anna
si alzò a sua volta e trattenne la sorella per un braccio. <<
Lo so che ti ho appena detto di non preoccuparti ma se non ti senti
tranquilla... >>
Elsa
la interruppe, abbracciandola, sorridendole poi dolcemente quando si
separarono. << Va tutto bene, sul serio. Voglio solo chiederle
come sta e perché si trovava fuori con questo freddo.
Assicurarmi che il mio popolo stia bene è un mio dovere. >>
La
principessa annuì e la sorella maggiore ammiccò,
seguendo poi Gerda lungo il corridoio, senza riuscire a evitare che
quella strana e infondata inquietudine l'attanagliasse di nuovo.
Buonasera!
:)
Qualche
mese fa mi sono appassionata alla serie tv Once Upon A Time (*-*) e
dalla quarta stagione saranno presenti anche i personaggi di Frozen,
altro film che amo tantissimo (*-*)
La
regina Elsa è il mio personaggio preferito e mi sono chiesta:
cosa accadrebbe se, per un motivo X, arrivasse nel nostro mondo? E
non a Strorybrooke, dove è normale vedere la magia dietro ogni
angolo, ma in una città normalissima, con persone
normalissime. Come reagirebbe Elsa? Chi potrebbe incontrare? Così
ho buttato giù qualche idea e spero che questo primo capitolo
vi sia piaciuto. Come sempre, mi piacerebbe sapere quali sono le
vostre impressioni e ricevere consigli e/o critiche da voi, sono
sempre utilissimi :)
Vorrei
ringraziare Hendy per avermi dato un sacco di ottimi suggerimenti sia
per questa parte sia per lo sviluppo futuro della storia. Mi fa
diventare matta però è una grande ;) XD
Alla
prossima!
Sara
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Capitolo
II
Victoria
aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu il
soffitto riccamente adornato. Il suo corpo percepì
immediatamente la morbidezza setosa delle lenzuola che l'avvolgevano
e il calore emanato dal camino che si trovava di fronte a lei. Lasciò
vagare lo sguardo per la stanza: oltre al letto enorme e
all'imponente camino, vi era un grande armadio, una serie di bauli e
il pavimento in marmo era appena visibile attraverso i tappeti
persiani che lo ricoprivano. La ragazza cercò di mettersi
seduta, e dopo vari tentativi, ci riuscì; sentiva ancora il
freddo che le irrigidiva le ossa ma le sue condizioni erano
nettamente migliorate rispetto a qualche ora prima. Se non ci fosse
stata Elsa, sicuramente sarebbe morta in quel bosco e il pensiero la
fece sorridere amaramente, visto che doveva la sua vita alla persona
che più odiava al mondo. In quel momento udì bussare
con discrezione, e dopo qualche istante vide la regina entrare nella
stanza: non poté evitare di provare invidia e al tempo stesso
meraviglia di fronte alla giovane donna, la cui bellezza avrebbe
fatto impallidire qualsiasi persona sulla faccia della terra. Elsa si
fermò accanto a un poltrona posta al lato destro del letto e
sorrise timidamente a Victoria.
<<
Mi fa piacere che vi siate svegliata. Vi ho fatto visita due ore fa
ma dormivate e non ho voluto disturbarvi. >>
Victoria
fece un leggero cenno col capo e si poggiò ai cuscini. <<
Siete molto gentile a preoccuparvi per me, Vostra Maestà. >>
Elsa
annuì e indicò la poltrona. << Posso sedermi? >>
Incredibile.
La regina di Arendelle, e padrona di quel castello, chiedeva il
permesso a lei, una sconosciuta. << Certo. >>
Dopo
essersi accomodata, la sovrana drappeggiò con cura l'abito
azzurro arricchito con cristalli di ghiaccio, affinché non si
formassero pieghe, e prese per prima la parola. << Dunque...
Oh, perdonatemi, qual è il vostro nome? >>
<<
Mi chiamo Victoria, Vostra Maestà. >>
<<
È un piacere conoscervi. Perdonate la mia indiscrezione ma
volevo chiedervi cosa ci facevate nel bosco durante quella tempesta
di neve. Vedete, non è stato prudente. >>
L'altra
donna inspirò profondamente e si passò una mano tra i
lunghi capelli ramati, per poi riportare lo sguardo alla sua
interlocutrice. << Stavo venendo qui ad Arendelle quando il
tempo è peggiorato. >>
<<
Capisco, e per quale motivo eravate nei pressi del palazzo? >>
domandò Elsa.
Victoria
la guardò direttamente negli occhi, e la sua voce era piena di
odio quando rispose. << Per conoscere voi, la regina di
ghiaccio. >>
Vide
la giovane aggrottare impercettibilmente le sopracciglia e rivolgerle
un sorriso tirato, vagamente infastidito. << La regina di
ghiaccio? È così che mi chiamano ora? >>
<<
Oh no, questo è un soprannome che ha sempre usato mio
fratello. Sapete, lui vi ha conosciuta tempo fa e mi ha parlato di
voi, una volta. Anche se non in termini entusiastici, devo dire. >>
Elsa
si schiarì la gola e inclinò leggermente la testa di
lato, studiando la donna di fronte a sé. << Me ne
rammarico. Qualunque sia la ragione, di certo arrecare danno a vostro
fratello non era nelle mie intenzioni. >>
Victoria
scosse la testa e la sua espressione si indurì ancora di più.
<< Io ne dubito, Maestà. >>
Elsa
cominciava a perdere la pazienza, lo si capiva dal leggero rossore
che ricopriva le sue guance pallide e dallo sguardo, che avrebbe
potuto gelare chiunque. << Chi è vostro fratello? >>
<<
Davvero non lo avete capito? Eppure vi reputo una donna piuttosto
intelligente. >> disse Victoria, provocandola.
Osservò
la giovane studiare il suo volto, i suoi lineamenti, soffermandosi in
particolar modo sugli occhi e notò che la consapevolezza si
stava facendo lentamente strada in lei, fino a farla impallidire.
Quando parlò, la sua voce era poco più di un sussurro.
<<
Hans. >>
Nella
stanza calò un silenzio carico di tensione, rabbia, paura e
l'ospite ghignò nel constatare che persino lo stoico contegno
di Elsa potesse vacillare.
<<
Ebbene? Siete ancora certa che non fosse nelle vostre intenzioni? >>
La
regina si arrabbiò nuovamente ma rimase al suo posto,
stringendo i pugni fino a quando le nocche non diventarono bianche.
<< Ha cospirato contro Arendelle per impadronirsi del trono e
non credo che questo lo renda meritevole della mia compassione. >>
Quella
volta fu Victoria a perdere la pazienza. << Hans è il
fratello a cui sono più legata e voi lo avete fatto
imprigionare senza pensarci due volte! È vero, ha sbagliato,
ma lui era venuto qui per sposare voi! Se gli aveste dato una
possibilità, tutto questo non sarebbe successo! >>
Elsa
la fissò, incredula. << Lo state davvero giustificando?
Ha tentato di uccidermi, e soprattutto ha quasi ucciso mia sorella!
>>
<<
Non mi è permesso vederlo, sapete? I miei fratelli lo hanno
fatto rinchiudere in una prigione lontana dalle Isole del Sud, in
modo che nessuno possa fargli visita. Avete la minima idea di cosa
significhi stare lontana dal vostro stesso sangue? >> domandò
Victoria, la cui voce tremava e gli occhi si erano riempiti di
lacrime.
Elsa
annuì e il suo volto si riempì di tristezza, come se
stesse ricordando qualcosa che le faceva male. << Vi assicuro
che lo capisco fin troppo bene. >>
La
principessa delle Isole del Sud si asciugò le lacrime con
gesti impazienti, l'ombra di un sorriso le piegava le labbra, un
sorriso che però non coinvolgeva gli occhi. <<
Credetemi, so molte più cose di voi di quanto immaginiate. E
per questo ho trovato un modo per farvela pagare. >>
La
regina scattò in piedi, furibonda. Dalle sue mani sprizzavano
scintille ghiacciate e fiocchi di neve cominciarono a cadere nella
stanza. << Adesso basta! Non tollero simili minacce in casa
mia! Fuori! >> urlò.
Victoria
scoppiò a ridere, prendendosi gioco dell'altra. Scese dal
letto, lentamente, e camminò fino ad arrivare di fronte a
Elsa. Era un po' più bassa rispetto alla sovrana ma non si
fece intimorire affatto. << Certo Maestà, ai vostri
ordini, ma ricordate: vi relegherò in un luogo in cui non solo
sarete lontana da vostra sorella, ma dove vi crederanno pazza se
racconterete la vostra storia. Rimpiangerete i giorni in cui vi vi
potevate nascondere dietro una porta. >>
Elsa
la guardò con tutto l'odio di cui era capace e si avvicinò
ancora di più, sovrastando l'altra. Il suo tono di voce era
gelido come il ghiaccio. << Qui l'unica pazza siete voi. >>
<<
Vedremo, Vostra Maestà, vedremo. >> disse Victoria, e
con queste parole si volatilizzò dalla stanza in un attimo,
circondata da una nube di fumo nero e denso, lasciando la regina in
preda all'angoscia e alla paura.
Buonasera
:)
TA-DAAA
finalmente abbiamo saputo chi è questa donna misteriosa! Certo
che buon sangue non mente eh? Tale e quale a quel simpaticone di Hans
-.- Come sempre, a voi i commenti sul capitolo! :)
Alla
prossima!
Sara
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
Capitolo
III
Quella
notte Elsa non riusciva a chiudere occhio e non faceva altro che
agitarsi nel letto, inquieta, aspettando il sonno che tuttavia si
ostinava a non arrivare. Non riusciva a evitare che i suoi pensieri
tornassero alle parole di Victoria, alla sua minaccia insensata ma
allo stesso tempo così spaventosamente reale.
“Vi
relegherò in un luogo in cui non solo sarete lontana da vostra
sorella, ma dove vi crederanno pazza se racconterete la vostra
storia. Rimpiangerete i giorni in cui vi vi potevate nascondere
dietro una porta.”
Era
possibile una cosa del genere? Quella donna sapeva praticare la
magia, ma fino a che punto poteva spingersi? Esisteva davvero un
altro mondo? Più gli interrogativi aumentavano, più
tutta quella storia le sembrava assurda.
La
regina aveva paura per se stessa ma soprattutto per Anna, che era
all'oscuro di tutto; a cena non aveva sollevato l'argomento con lei e
Kristoff, preferendo non farli preoccupare inutilmente, e quindi si
era limitata a mangiare in silenzio, immersa nei suoi pensieri. Sua
sorella le aveva lanciato degli sguardi preoccupati dall'altra parte
del tavolo, ma ogni volta lei le aveva sorriso, portandosi un dito
all'altezza della tempia per farle capire di avere mal di testa.
Sembrò sufficiente per tranquillizzarla, ed era l'unica cosa
che contava.
Elsa
scansò le coperte con un gesto irritato e scese dal letto,
avvicinandosi alla grande finestra dalla quale poteva vedere tutto il
regno. Aprì i grandi vetri e permise all'aria fredda di
accarezzare il suo corpo, sperando che servisse a tranquillizzarla.
Ovviamente fu inutile. Perché era così agitata? Perché
dava tanto peso a parole dettate dal risentimento e dal desiderio di
vendetta? Le tornarono di nuovo in mente quegli occhi, capaci di
incantare e al tempo stesso incenerire chiunque, così simili a
quelli di Hans. Elsa chiuse i propri e chinò la testa appena
ricordò che quell'uomo era stato a un passo dall'uccidere
Anna, approfittando dell'incidente avvenuto qualche ora prima nel suo
castello di ghiaccio. Era senza scrupoli, non gli importava di
nessuno se non di se stesso e della sua sete di potere e ovviamente
non aveva avuto remore nel lasciare Anna da sola, fredda come il
ghiaccio, in una stanza priva di qualsiasi fonte di calore. Elsa aprì
nuovamente gli occhi e tornò in camera, indossò una
vestaglia e si diresse verso la stanza di sua sorella. Aprì la
porta, cercando di non far rumore, e si avvicinò al letto.
Anna dormiva profondamente ma per fortuna Kristoff era girato
dall'altra parte. La scosse con delicatezza, e quando la più
piccola aprì gli occhi, le fece cenno di non parlare e di
seguirla. Insieme scesero i grandini della grande scalinata che
portava alla sala da ballo, quella dove da piccole giocavano con la
neve. Anna si posizionò al centro della stanza, in attesa,
alternando sbadigli e sorrisi stanchi, ma i suoi occhi brillavano già
per il divertimento che sapeva sarebbe arrivato.
<<
Fai la magia! >>
La
regina sorrise subito appena riconobbe la frase che la sorellina era
solita dire quando erano piccole e l'accontentò: con movimenti
aggraziati delle mani, ricoprì il pavimento con un sottile
strato di ghiaccio e dal soffitto cominciarono a cadere soffici
fiocchi di neve che in breve tempo formarono una distesa bianca e
uniforme. Anna alzò le braccia e iniziò a scivolare sul
ghiaccio, senza mai smettere di ridere. Elsa sapeva quanto l'altra si
divertisse in quei momenti e niente le dava più gioia che
vedere la sua adorata sorella felice. Ma c'era dell'altro: sapeva che
quello era l'espediente più efficace per non pensare, per
evitare che la sua mente si inoltrasse in luoghi oscuri, fatti di
paura e preoccupazione.
<<
Lo facciamo un pupazzo di neve? >> chiese Elsa,
inginocchiandosi e accumulando neve davanti a sé.
<<
Aspettami! >> rispose Anna, la quale si mise seduta accanto
all'altra e l'aiuto a definire le forme del pupazzo.
Quando
terminarono, la principessa si alzò e si allontanò un
po', chinandosi poi per raccogliere della neve e lavorandola per
darle una forma sferica. Prese bene la mira e la lanciò contro
Elsa, colpendola su un braccio. La bionda si girò, fingendosi
scioccata, ma gli occhi le brillavano.
<<
Mai sfidare qualcuno che può controllare il ghiaccio. >>
disse Elsa con finto tono di rimprovero, agitando lentamente le mani
finché non apparve una palla di neve, pronta per essere
lanciata.
Anna
la guardò, fingendosi terrorizzata. << Oh-oh. >>
Le
due ragazze giocarono e si rincorsero fin quando entrambe non caddero
a terra, stremate e senza fiato. La più giovane strinse la
mano dell'altra, aspettando che la guardasse. << Cosa c'è
che non va? >>
Elsa
sgranò gli occhi, non aspettandosi quella domanda. Abbassò
lo sguardo e sentì un nodo in gola. Senza pensarci due volte,
si gettò tra le braccia che Anna aveva aperto nel frattempo, e
pianse sommessamente. Si lasciò cullare dalla sorellina, che
le accarezzava con delicatezza i lunghi capelli biondi, ma poi si
scostò, asciugando le lacrime con il dorso delle mani.
<<
Come facevi a sapere? >> chiese Elsa con la voce ancora
incerta.
<<
Ti conosco e so che quando mi svegli nel cuore della notte per
giocare con la neve è perché c'è qualcosa che ti
tormenta. >>
La
bionda annuì e piegò le ginocchia, cingendole con le
braccia. << Si tratta di quella donna, Victoria. È la
sorella di Hans. >>
<<
Che cosa?! >> esclamò la principessa e la sua voce
rimbombò in tutta la sala. << Che cosa vuole?! >>
Le
labbra di Elsa si piegarono di un tenero sorriso alla vista di Anna
arrabbiata, ma subito tornò seria. << Ha detto che vuole
farmela pagare, perché secondo lei è colpa mia se Hans
ora è in prigione. >>
<<
Colpa tua? Ha cercato di ucciderci! >>
<<
Lo so, è quello che le ho detto anch'io! Ma non lo so, è
accecata dall'odio e dal dolore. >>
Anna
rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di calmarsi e
assimilare tutto. << D'accordo, ci odia, ma in che senso ti ha
minacciato? Ha cercato di farti del male? >>
Elsa
strinse ancora di più le braccia intorno alle ginocchia,
l'angoscia stava per divorarla di nuovo. << Pratica la magia.
Non mi ha fatto nulla ma penso che voglia lanciare una sorta di
maleficio. Mi relegherà in un mondo dove non potrò dire
chi sono perché altrimenti tutti penserebbero che io sia
pazza. >>
La
principessa rifletté un attimo sulle sue parole e poi scosse
la testa in un cenno di diniego. << Io non le credo! Andiamo,
un altro mondo? Ti voleva spaventare e ci è riuscita. Non
darle retta. >>
<<
E se fosse vero invece? >> domandò Elsa, con un filo di
voce.
<<
Non devi... >>
<<
Rispondimi! >>. Quella era la prima volta in cui la regina
alzava la voce con sua sorella, ma in quel momento era troppo
preoccupata per pensare a delle scuse. << Rispondimi. >>
disse nuovamente, con calma.
Anna
inspirò e la guardò negli occhi. << Victoria
pratica la mia oscura, vero? Kristoff sa qualcosa al riguardo, visto
che è cresciuto con i troll e Gran Papà. Mi ha
raccontato che quel tipo di magia può fare quasi tutto, e che
un sortilegio oscuro non può essere fermato. Al massimo si può
cercare di fare qualcosa dopo, per annullarne l'effetto. Sempre che
esista un modo, e soprattutto, sempre che esista un sortilegio del
genere. >>
Elsa
cominciò a respirare affannosamente e subito il ghiaccio sotto
di loro divenne più spesso e la neve cadde più fitta.
<< L'importante è che tu stia bene, il resto non conta.
>>
<<
Stammi a sentire. >> disse Anna con decisione, posando le mani
sulle spalle dell'altra e stringendole. << Lei non ti farà
niente, hai capito? E se tutta questa storia fosse vera, io farò
di tutto per trovare una soluzione e riportarti qui. Lo prometto. >>
Le
due ragazze si abbracciarono, cercando di non pensare, provando a non
farsi assalire dalla paura di essere separate ancora una volta.
**
Victoria
si trovava nel giardino accanto alla sala da ballo e aveva assistito
al dialogo tra le due sorelle. Provava soddisfazione nel vedere Elsa
così impaurita, fragile, come del resto era sempre stata. Una
debole. Sapeva che agli occhi di chiunque le sue motivazioni potevano
apparire prive di senso, ma nessuno poteva capire il suo dolore,
nessuno poteva sapere quanto fosse dura stare lontano da quel
fratellino che aveva cresciuto, al quale era stata accanto quando gli
altri fratelli facevano finta che non esistesse. Aveva faticato per
riuscire a padroneggiare le arti oscure, e finalmente, aveva la
possibilità di mettere in pratica ciò che aveva
imparato. Secondo Victoria, vivere venendo continuamente giudicata
fino a essere ritenuta pazza era terribile, e dopo varie ricerche,
aveva scoperto quel maleficio e aveva pensato che fosse perfetto per
Elsa. Si domandava se la regina sarebbe riuscita a tenere sotto
controllo i suoi poteri o se la paura di quel nuovo mondo l'avrebbe
sopraffatta. Chissà come avrebbero reagito gli abitanti di
quel posto, visto che lì non esisteva la magia. Sorrise,
ancora soddisfatta di sé, e spalancò la porta a vetri,
entrando così nella sala. Elsa e Anna si voltarono di scatto
verso di lei e vide la bionda diventare più pallida del
solito.
<<
Le mie scuse, ragazze, ho interrotto qualcosa? Adoro le chiacchierate
tra sorelle ma, ahimè, il dovere chiama! >>
Anna
scattò in piedi, e la guardò con tutto l'odio
possibile. Le faceva quasi tenerezza. << Sta' lontana da mia
sorella! >>
Victoria
scoppiò a ridere e questo fece infuriare ancora di più
la ragazza, che cercò di avvicinarsi. Tuttavia, una mano le
afferrò il polso ed Elsa si posizionò davanti alla
sorella, proteggendola col proprio corpo.
<<
Lo ammetto, siete adorabili. Potrebbe dispiacermi separarvi. >>
disse Victoria, assumendo una finta espressione contrita.
<<
Vuoi farmela pagare? Va bene ma non fare del male ad Anna, ti prego.
>>
<<
Ma guarda, guarda. Elsa di Arendelle mi sta pregando, incredibile!
Non dimenticherò mai questo giorno, poco ma sicuro. >>
Aveva
appena finito di parlare quando vide Elsa aprire le mani, pronta ad
attaccarla con delle steli di ghiaccio, e decise di dare il via allo
spettacolo. Pronunciò la formula del sortilegio e subito, a
mezz'aria, si aprì un vortice bianco, di circa tre metri di
diametro; appena pronunciò il nome della sua nemica, la
ragazza cominciò a essere trascinata da una forza invisibile
che l'attirava verso il vortice. Entrambe le ragazze gridarono
disperate e Anna cercò di trattenere la sorella, ma non era
abbastanza forte, non poteva esserlo.
<<
Resisti! >> urlò la principessa, stringendo i denti.
Elsa
scosse la testa, si era accorta che stava trascinando la più
piccola con sé. Piangeva, e dopo aver lanciato un ultimo,
disperato sguardo ad Anna, lasciò la presa e venne inghiottita
dalla luce bianca, che subito si richiuse.
<<
Elsa! >> urlò la rossa e scoppiò a piangere
accasciandosi a terra.
Anche
gli occhi di Victoria erano pieni di lacrime ma lei, al contrario,
era felice perché la sua vendetta era riuscita. Decise di
andare via, non aveva più niente da fare lì, il suo
dovere era compiuto. Preparati al vero tormento, mia cara regina
di ghiaccio, pensò mentre veniva avvolta da una nube
oscura.
**
La
gola le bruciava a forza di urlare ma non riusciva a fare altro
mentre era circondata da quella luce che la spingeva verso l'ignoto.
D'un tratto vide sotto di sé una distesa di neve ma, con la
poca lucidità che le era rimasta, allungò una mano per
aggiungerne dell'altra, per essere sicura di non farsi male. Come
previsto, atterrò a grande velocità, e nonostante lo
strato aggiuntivo, l'impatto si fece sentire eccome; rimase immobile
per un attimo, valutando eventuali danni, ma si alzò appena
constatò che non ce n'erano e si guardò intorno per
capire dove fosse finita. A giudicare dall'altezza del sole, doveva
essere mattina, un paio d'ore dopo l'alba. Si trovava in un grande
spazio aperto, un campo, sul retro di quella che Elsa supponeva fosse
una casa, anche se piuttosto strana. Era simile a quelle che si
trovavano ad Arendelle ma le finestre, la piccola porta a vetri,
persino il giardino, tutto era diverso. La regina vide una donna
uscire dall'abitazione, e constatò che indossava degli abiti
decisamente maschili: pantaloni, stivali alti fino al ginocchio e un
curioso mantello corto con le maniche. Teneva in mano un oggetto
piccolo, bianco, rettangolare che portò all'orecchio e, con
grande stupore di Elsa, cominciò a parlarci. La vedeva muovere
la bocca e fare delle pause, come se stesse ascoltando ciò le
diceva quella scatoletta. La ragazza scappò via terrorizzata e
giunse sul ciglio della strada, e quello che vide la sconvolse ancora
di più: sembravano delle carrozze, dato che all'interno vi
erano delle persone, ma non potevano esserlo perché erano
troppo basse, e soprattutto, non c'erano cavalli a trascinarle ma si
muovevano da sole. Elsa tremava, ma non per il freddo. Avvertì
il solito formicolio alle mani, quello che precedeva la fuoriuscita
di ghiaccio quando era particolarmente nervosa o spaventata. Si
allontanò dalla strada e tornò al campo dove era
caduta, e si fermò. Chiuse gli occhi, cercò di
regolarizzare il respiro, ma nella mente le domande non facevano che
aumentare, così come la confusione. Dove mi trovo? Chi sono
queste persone? Celare. Domare. Anna sta bene? Anna! Strinse
ancora di più gli occhi e così permise al suo potere
di manifestarsi e alle sue lacrime di bagnarle il viso contratto dal
dolore.
BOOM!!!
Elsa
è arrivata nel nostro mondo e... non ci capisce più
niente! Tutto le appare strano, e alla fine del capitolo, non riesce
a controllarsi. Avrà gelato di nuovo tutto quanto? Staremo a
vedere ;) Anna aveva cercato di rassicurarla, ma purtroppo Victoria
ha mantenuto la sua promessa e ora la nostra regina dovrà
imparare a gestire i suoi poteri in questo nuovo mondo che la
circonda.
Un
ringraziamento speciale a Hendy, che continua a farmi impazzire però
mi ha dato ottimi suggerimenti, quindi la perdono u.u
Grazie
a tutti e ci vediamo alla prossima! :)
Sara
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
Capitolo
IV
Jane
amava le vacanze natalizie, perché vedere le case e le strade
illuminate da quelle piccole luci colorate le trasmetteva un senso di
gioia e serenità. E soprattutto non doveva andare a scuola; si
divertiva in classe con i suoi amici ma preferiva svegliarsi presto,
mangiare al volo un toast con sopra marmellata di fragole e poi fare
una passeggiata in centro. Anche se aveva solo tredici anni, non le
dispiaceva uscire senza i suoi compagni di classe e i suoi genitori
glielo permettevano perché lì si conoscevano tutti e il
quartiere era tranquillo. In particolare, Jane adorava recarsi nel
bar più bello della città e ordinare il suo “pasto”
preferito: un muffin ai mirtilli e una tazza di cioccolata calda con
panna. Trascorreva tutta la mattinata lì, visto che il
proprietario era il suo vicino di casa, chiacchierando con lui o con
i vari clienti che conosceva.
Quella
mattina era appena uscita e si stava incamminando verso il centro,
coperta dalla testa ai piedi a causa del freddo che, improvvisamente,
aumentò. Si strinse ancora di più nel cappotto e
accelerò il passo, sorpassando la schiera di case che si
trovavano alla sua sinistra. Distrattamente, lanciò loro
un'occhiata e aveva appena superato l'ultimo edificio quando vide
qualcosa di strano: lì, nello spiazzo sul retro
dell'abitazione, c'era qualcuno. Ma che ci fa lì? Jane,
che era sempre stata una ragazzina curiosa, si avvicinò e si
nascose dietro un albero, studiando la persona che si trovava a una
cinquantina di metri da lei: era una donna, sembrava molto giovane,
aveva dei lunghi capelli biondi che le ricadevano sulla schiena e
indossava una vestaglia di velluto blu scuro. Come diavolo
le è saltato in mente di uscire con solo quella cosa addosso?
Si accorse che la ragazza aveva le spalle incurvate, come se fosse
sul punto di piangere, visto anche le sue mani erano strette a pugno.
Jane stava per fare il primo passo quando la neve sotto i suoi piedi
si trasformò improvvisamente in ghiaccio, il quale ricoprì
anche i tronchi degli alberi circostanti; la temperatura sembrò
abbassarsi ulteriormente e un vento gelido cominciò a
soffiare, facendole lacrimare gli occhi. Si rese conto che tutto quel
ghiaccio proveniva dalle mani della sconosciuta, i cui palmi ora
erano rivolti verso il basso. Era come se il freddo si fosse
materializzato e fuoriuscisse dalla pelle. Jane sbatté le
palpebre più volte, credendo di essere nel bel mezzo di
un'allucinazione, ma era tutto così reale da far quasi paura.
Non riusciva a capire come una cosa del genere fosse possibile,
eppure le scappò una risatina nervosa, nonostante l'assurdità
di quello che aveva davanti. Mi sembra di vedere Frozen,
magari adesso comparirà Olaf!
Jane tornò a guardare la donna. Un momento...
Aveva i capelli biondi, chiarissimi, la vestaglia sembrava
effettivamente aveva un taglio piuttosto antiquato, per non parlare
del fatto che stava congelando tutto.
Non
è possibile, non è possibile, non è....
<<
Oh mio Dio! >>
La
ragazzina si coprì la bocca con entrambe le mani quando si
rese conto di aver urlato ma ormai era troppo tardi. La donna strinse
di nuovo i pugni e drizzò la schiena, girandosi poi lentamente
verso Jane, che a mala pena riusciva a respirare. La vide camminare
con grazia nella sua direzione, come se a terra non ci fosse quello
strato di ghiaccio scivoloso, e si fermò davanti a lei, con un
misto di apprensione e terrore sul volto pallido.
<<
S-stai bene? >> le chiese con voce incerta, tesa come una corda
di violino.
<<
Ehm sì, non mi hai fatto male. >> rispose, continuando a
fissarla incredula. Aveva notato un leggerissimo accento mentre
l'altra parlava, un accento che somigliava molto a quello dei paesi
scandinavi.
La
ragazza annuì, sorridendo timidamente, ma nei suoi occhi c'era
ancora paura. Sapeva che Jane l'aveva vista. La più giovane si
fece coraggio e si schiarì la gola prima di parlare, sperando
di non aver sognato tutto e di non risultare quindi un'idiota.
<<
Non devi preoccuparti, il tuo segreto è al sicuro... E-Elsa.
>>
La
vide rimanere a bocca aperta e fare istintivamente un passo indietro,
chiaramente sconvolta, e sentì distintamente il suo respiro
farsi più agitato.
Allora
è vero, non sto sognando!
<<
Come fai a conoscere il mio nome? >> domandò la giovane.
La sua voce era poco più di un sussurro.
Jane
ci pensò su un attimo, ma decise di lasciar perdere. Troppo
complicato. << Te lo spiego un'altra volta, ok? È
una lunga storia. >>
Elsa
annuì leggermente e abbassò lo sguardo, incrociando le
braccia davanti a sé. << Dove siamo? >>
<<
Contea di Monmouth, nel New Jersey >> spiegò la
ragazzina con entusiasmo, << che a sua volta fa parte degli
Stati Uniti d'America. >>
La
più grande la guardò con diffidenza. << Capisco,
ed è grande questo regno? >>
L'altra
scoppiò a ridere ma si bloccò immediatamente appena si
ricordò chi aveva di fronte. È pur sempre una
regina, comportati come si deve almeno con lei! << Ehm no,
è una repubblica federale. In realtà, volevo
chiederti... >>
<<
Sì? >>
<<
Come hai fatto ad arrivare qui? Non che mi dispiaccia, anzi, è
un sogno che si avvera! Tu, in carne e ossa, che parli con me! Ok
basta, sto esagerando. >>
Elsa
le sorrise, sempre con timidezza, ma subito il suo voltò
diventò nuovamente triste. << Te lo spiegherò
un'altra volta. Ma resterò qui per un po', anche se non so
quanto di preciso, e... >>
<<
E ti serve una mano, vero? >>
Jane
sapeva che la regina non poteva farcela da sola, quanto meno
all'inizio.
<<
Ecco, io... Sì. >> ammise sospirando la bionda.
<<
Bene, ti aiuterò io! La scuola è chiusa per due
settimane, quindi ho parecchio tempo libero. Prima di tutto dobbiamo
trovarti dei vestiti però, non puoi andare in giro in camicia
da notte e vestaglia, no? >>
Elsa
inarcò interrogativamente un sopracciglio, ma non protestò.
<< In effetti l'ultima cosa che mi serve è attirare
l'attenzione. >>
<<
Appunto. Conosco il negozio dove possiamo andare, sai, la
proprietaria è la madre di una mia amica e non mi fa mai
pagare nulla! Possiamo prendere tutto quello che vuoi. >>
La
ragazza sorrise, divertita. << Andrà benissimo. >>
Jane
la guardò soddisfatta ma subito assunse un'espressione
riflessiva. << Ti serve un posto per dormire. Dietro casa ho un
cottage che uso l'estate per dormire con le mie amiche, lo puoi
usare. C'è tutto quello che serve, non dev- >>
Jane
si bloccò appena sentì le mani dell'altra stringere le
sue con gentilezza, e dopo un attimo di esitazione, osò alzare
lo sguardo per vedere la regina sorriderle con gratitudine. <<
Non so davvero come ringraziarti. Perché sei così buona
con me? >>
<<
Diciamo che sono una tua, ehm, ammiratrice? E poi mi fa piacere
aiutarti. Però andiamo adesso, prima che il negozio si riempa
di clienti. >>
Elsa
annuì e la seguì silenziosamente, ignara dei pensieri
della più giovane.
Ok,
stai calma Jane. È solo shopping... Con la regina Elsa. Non
posso stare calma, no.
**
Elsa
continuava a guardarsi allo specchio, corrugando le sopracciglia. Non
aveva mai indossato dei pantaloni, neanche per andare a cavallo.
L'indumento le calzava a pennello, come tutti gli altri del resto, ma
non riusciva a smettere di rimuginare su quanto stesse comoda. Si
trovava nel camerino del negozio suggerito da Jane, la quale stava
aspettando seduta su una delle poltroncine imbottite, sommersa dai
vestiti che aveva personalmente scelto per lei. Le aveva detto di
prendere calzini, scarpe, pantaloni, maglioni e tante altre cose di
cui non ricordava il nome. La regina indossò il cappotto e
guardò ancora una volta il suo riflesso; era tutto così
nuovo per lei, e non si trattava solo degli abiti. Da quel poco che
aveva potuto vedere, lì tutti si parlavano o salutavano come
se si conoscessero, anche se in realtà erano degli sconosciuti
gli uni per gli altri. Ne aveva avuto una dimostrazione poco prima.
Erano
appena entrate nel negozio, e con sollievo, notarono che non c'era
nessuno, eccezion fatta per il commesso che si trovava dietro a un
bancone, il quale sorrise subito a Jane.
<<
Ma guarda chi si vede! Che ci fai qui così presto? >>
<<
Ciao Colin! Ero in giro e ne ho approfittato per venire a comprare
qualcosa. C'è la signora Nyland? >>
<<
No, farà tardi stamattina. Allora, cosa ti serve? >>
Jane
fece un sorrisetto e indicò Elsa. << Veramente i vestiti
sono per la mia amica. >>
Il
commesso evidentemente non si era accorto della ragazza, e appena
spostò lo sguardo su di lei, spalancò la bocca senza
troppe cerimonie. Elsa lo osservò mentre la fissava dalla
testa ai piedi, impunemente, e sentì le guance diventare
bollenti per l'imbarazzo e il fastidio. Decise di parlare per
togliersi di dosso quegli occhi neri così sfacciati.
<<
Ho bisogno di, ecco, rinnovare il mio guardaroba. >>
Colin
si passò una mano tra i capelli castani e sfoderando un
sorriso che, in teoria, avrebbe dovuto conquistarla. Ma la regina
rimase impassibile.
<<
Puoi prendere tutto quello che vuoi, tesoro. >>
A
Elsa per poco non uscirono gli occhi dalle orbite. << Come
prego?! >>
In
quel momento Jane la prese per un braccio e la trascinò tra i
vari stand di abiti, allontanandola da Colin il più possibile.
<< Sta' calma, non è successo niente. >> bisbigliò
con calma la ragazzina.
<<
Mi ha- >> cominciò a dire Elsa, ma abbassò di
colpo la voce quando si accorse di aver quasi urlato, << Mi ha
chiamato tesoro! Come osa? >>
Jane
assunse un'espressione divertita, ma cercò di non ridere. <<
Ok, piccola informazione su questo mondo: qui è normale avere
confidenza con gli sconosciuti, specialmente se si tratta di un
ragazzo che si trova davanti una bella ragazza. Capito? >>
La
sovrana corrugò le sopracciglia, sempre più dubbiosa,
ma si limitò ad annuire.
<<
Elsa? Tutto bene lì dentro? >>
La
sovrana sobbalzò sentendo la voce di Jane che la chiamava,
talmente era immersa nei suoi pensieri. << Sì, sto
uscendo. >>
Sospirò.
Che lo spettacolo abbia inizio.
Appena
scostata la tendina, Elsa vide la sua giovane amica seduta lì
di fronte e la sentì trattenere il respirò. Non poté
fare a meno di ridacchiare alla vista dello sguardo meravigliato di
Jane.
<<
Sono presentabile? >>
<<
Decisamente sì! Aiutami a portare queste cose, Colin le
metterà nelle buste. >>
Portarono
i vestiti sul bancone dove si trovava il commesso, e lui subito
sistemò tutto in alcune sacche nere rettangolari con delle
corde come manici. Queste si chiamano buste, d'accordo.
<<
Ecco fatto. Ci vediamo Jane. >> disse il ragazzo, sorridendo.
<<
Grazie, salutami la signora Nyland! >>
<<
Ok! >>
Mentre
uscivano dal negozio, Elsa si schiarì la gola per richiamare
l'attenzione della più piccola, che si girò con il suo
perenne sorriso stampato in faccia. Per un attimo, la domanda che
voleva porle sparì dalla sua mente, rimpiazzata da una
considerazione: si rese conto, e non era la prima volta, che Jane
somigliava molto a sua sorella, sia fisicamente sia per il modo di
comportarsi. Lei aveva i capelli scuri ma gli occhi erano verdi come
quelli di Anna e aveva anche delle graziose lentiggini che le
ricoprivano il naso e le guance; erano talmente simili che a volte
era stata sul punto di chiamarla col nome di sua sorella, ma era
sempre riuscita a bloccarsi in tempo. Aveva notato quella somiglianza
appena si era avvicinata a lei, nel campo, e le era servita tutta la
sua forza di volontà per non abbracciarla.
Elsa
scosse leggermente la testa e continuò a fissare Jane, che dal
canto suo la guardava come se aspettasse una risposta.
<<
Scusami, hai detto qualcosa? >>
Lei
rimase interdetta. << Ti ho chiesto perché mi hai
chiamata. Stai bene? >>
La
ragazza si toccò la fronte con una mano, lasciandosi sfuggire
uno sbuffo divertito. << Sto bene. È da prima che volevo
farti una domanda. Cosa significa “ok”? >>
Jane
sorrise. << Un altro modo per dire che qualcosa va bene. >>
<<
Oh. Devo imparare tutte queste co- Stai morendo di freddo, vero? >>
chiese la regina, notando che l'altra tremava leggermente. <<
Dove possiamo andare? >>
La
più giovane sorrise di nuovo e ammiccò. << Vieni,
andiamo al bar del mio vicino di casa. Prepara la cioccolata calda
più buona del mondo! >>
Elsa
la seguì in silenzio, sentendo gli angoli della bocca curvarsi
in su, nonostante il senso di malinconia che provava in quel momento.
Anche a lei piace il cioccolato, proprio come ad Anna.
Buonasera
gente!!!!
In
questo capitolo troviamo un nuovo personaggio,Jane,che aiuterà
Elsa in questa situazione del tutto fuori dall'ordinario. Come avete
visto, Elsa si rende conto che questa ragazzina somiglia molto a sua
sorella Anna e questo la rattrista :( Ovviamente,Jane è
scioccata nel trovarsi davanti proprio la regina di ghiaccio e direi
che ha reagito fin troppo bene, no? Io sarei rimasta lì,
impalata per qualche secondo, e poi avrei cominciato a dare di matto
XD Elsa deve imparare piano piano tutto quello che c'è da
sapere sul nostro mondo, anche le più piccole cose, visto che
lei è abituata a tutt'altro. La scena con il commesso? Mentre
la immaginavo non facevo altro che ridere XD L'ho chiamato Colin in
onore del mio amato Colin O'Donoghue, che interpreta Capitan Uncino
in Once Upon A Time *-* e per quanto riguarda il suo modo di fare, mi
sono ispirata al personaggio di Flynn Rider di Rapunzel ^-^ Anyway,
adesso le nostre ragazze stanno andando in questo bar e Jane conosce
il proprietario. Come sarà quest'uomo? Avrà un ruolo in
questa storia? Se vorrete, lo scoprirete nel prossimo capitolo ;)
Grazie
ancora una volta a tutti voi :)
Sara
|
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Capitolo 5 *** Capitolo V ***
Capitolo
V
Era
esausta. Da quando il portale si era chiuso, trascinando con sé
Elsa, non aveva più smesso di piangere. Aveva paura per sua
sorella, il terrore che le potessero fare del male le spezzava il
cuore e sapere di non poterle essere accanto non faceva altro che
aumentare l'angoscia che provava.
Dove
sei? Stai bene?
Non
faceva altro che chiederselo e intanto la stoffa del cuscino su cui
la sua testa era poggiata, già umida per le tante lacrime
versate, tornava a bagnarsi. Inspirò a fondo, cercando di
calmarsi, e subito avvertì un lieve sentore di menta; appena
riconobbe il profumo, così dolce e delicato, circondò
il cuscino con le braccia e lo strinse sé.
Elsa...
Le
sembrava di essere tornata nel passato, quando trascorreva giornate
intere davanti la porta di quella stanza, pregando la sorella di
uscire per giocare con lei. Per tredici anni si era sentita sola,
vuota, perennemente insicura, e da quando avevano ricominciato a
parlarsi tutto era migliorato, tutto era più bello. Ma le era
stata portata via di nuovo e quella sicurezza che aveva acquisito
grazie alla presenza della sorella al suo fianco era scomparsa,
lasciando il posto alla paura e dalla tristezza. Sempre stringendo il
cuscino al petto, si mise a sedere e fece vagare lo sguardo per la
stanza, così piena di oggetti che le ricordavano Elsa: la
spazzola con la quale pettinava i suoi lunghi capelli biondi, lo
specchio nel quale si guardava prima di uscire, il grande armadio
pieno di vesti da notte e abiti eleganti, i libri che voleva leggere
erano poggiati sulla piccola scrivania di mogano vicino alla
finestra. Era tutto così ordinato, così tipico di lei
che Anna si maledisse per non avere la forza di fermare le lacrime
che le riempirono di nuovo gli occhi.
Che
devo fare?
Sentì
bussare alla porta e subito cercò di asciugarsi le guance come
meglio poté. << Avanti. >>
Vide
Kristoff entrare e subito si rilassò un po', soprattutto
quando lui le sorrise. Si avvicinò al letto e si mise seduto
accanto lei, passandole un braccio intorno alle spalle. Anna poggiò
la testa contro la sua spalla e i due giovani rimasero in silenzio
per qualche minuto; il ragazzo la baciò con tenerezza sulla
fronte, stringendola ancora di più, e la principessa girò
la testa per incontrare i suoi occhi scuri, pieni di apprensione.
<<
Scusami se non sono tornata in camera ma avevo bisogno di stare qui.
>> disse Anna con voce bassa e incerta.
<<
Sapevo dove trovarti. Non ti devi scusare, capito? >> disse lui
a sua volta, sorridendole ancora.
Anna
gli accarezzò una guancia e avvicinò il suo volto per
un lieve bacio sulle labbra, abbandonandosi poi nuovamente
all'abbraccio di Kristoff. Erano sposati da poco meno di un anno ma
ancora non era abituata all'intensità del sentimento che
provava per quell'uomo timido, impacciato e un po' maldestro che
l'aveva condotta fino alla Montagna del Nord per trovare Elsa e
l'aveva riportata di corsa ad Arendelle per salvarla, convinto che
Hans fosse il suo vero amore, disposto quindi a rinunciare a lei
nonostante l'amasse da impazzire. La sua vita era così
perfetta...
<<
Kristoff? >>
<<
Uhm? Dimmi. >>
Anna
si scansò e si mise seduta di fronte al marito, guardando le
mani che teneva strette in grembo. << Ho paura. >>
<<
Non permetterò che quella donna ti faccia del male. >>
disse lui con decisione.
<<
Non ho paura per me, ma per mia sorella. >> ribatté la
ragazza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Kristoff
si passò una mano dietro la nuca, in evidente imbarazzo per
non aver capito subito cosa intendesse la moglie. << Sì,
ehm, certo. Be', è lo stesso. >>
In
un giorno qualunque, Anna avrebbe riso ma in quel momento riuscì
solo a mettere insieme un sorriso tirato, triste, più per
educazione che per divertimento. Sospirò e si alzò dal
letto, cominciando poi a camminare nervosamente per la stanza.
<<
Non faccio altro che pensare a Elsa, io non- Come faccio a stare
ferma qui senza fare niente?! >> esclamò Anna, con voce
sempre più alta, in preda al panico. << E se avesse
bisogno di aiuto o fosse ferita? Per quello che ne sappiamo potrebbe
anche essere morta! E se lo fosse davvero, non- non posso perdere mia
sorella! >>
Kristoff
si alzò di scatto per avvicinarsi alla ragazza che intanto
aveva ricominciato a singhiozzare, gli occhi sbarrati erano pieni di
terrore.
<<
Anna calmati- >>
<<
Come faccio a stare calma, Kristoff?! >> gli urlò contro
la principessa, per poi abbandonarsi del tutto a un pianto disperato.
Il suo dolore era insopportabile ma anche la rabbia, che cominciò
a riversare sul marito appena questi tentò di abbracciarla.
Gli colpiva il petto e le braccia con le mani strette a pugno.
<<
L'ho persa di nuovo, lo capisci? L'hanno portata via davanti ai miei
occhi e io non sono stata capace di salvarla! Dovrei essere laggiù
con lei, non qui a prendere a pugni te! >> e con quelle ultime
parole smise di colpire Kristoff e si coprì il volto con le
mani mentre lui la stringeva a sé. Rimasero in quel modo per
qualche minuto, finché i singhiozzi della ragazza non si
placarono ed entrambi sedettero di nuovo sul bordo del letto,
ciascuno immerso nei propri pensieri. A un tratto Kristoff si alzò
e si colpì la fronte con una mano, come se gli fosse appena
venuta in mente un'idea importante a cui prima non aveva pensato.
<<
Quanto sono stupido! Preparati per uscire! >> esclamò,
incamminandosi verso la porta.
Anna
lo osservava senza capire. Andare dove? << Perché?
>>
<<
Come perché? Andiamo da Gran Papà, lui saprà
cosa fare e ci aiuterà. >> le rispose Kristoff con un
sorriso pieno di speranza.
Il
volto di Anna si illuminò all'istante e subito corse
all'armadio e tirò fuori il primo abito che le capitò.
Lo sapevo! Esisterà di sicuro un contro incantesimo, c'è
sempre una scappatoia! La sua mente era veloce come i suoi gesti,
e in meno di cinque minuti era pronta e si stava dirigendo con il
marito alle stalle per prendere Sven. Non avevano tempo da perdere,
così partirono a tutta velocità verso la dimora dei
Troll, la famiglia acquisita di Kristoff. Mentre cavalcavano
illuminati dalle prime luci dell'alba, Anna sentiva il proprio cuore
battere all'impazzata, animato dalla possibilità di poter fare
qualcosa per aiutare sua sorella. Nonostante avessero trascorso la
maggior parte della loro vita separate, lei la conosceva e sapeva che
Elsa la stava aspettando, sperando che la sua sorellina la salvasse
dal quel posto orrendo in cui si trovava.
Ti
riporterò da me, resisti.
Anna
poggiò la testa contro la schiena del marito e sospirò,
distrutta a causa della notte insonne; il battito regolare del suo
cuore riuscì a rilassarla e la principessa di Arendelle chiuse
gli occhi e si addormentò, vinta dalla stanchezza.
**
I
raggi del sole illuminavano la valle dove vivevano i Troll, ormai
tutti trasformati in rocce come ogni mattina al sorgere del sole, ma
Gran Papà era ancora sveglio. Sapeva che i principi stavano
arrivando e così aveva fatto in modo di ritardare la
trasformazione di qualche ora, per poter essere d'aiuto a Kristoff e
Anna, senza riuscire a evitare di preoccuparsi per la gravità
della situazione che si era venuta a creare. Sentì il rumore
di un animale lanciato al galoppo provenire dagli alberi e scese così
dal grande sasso su cui era rimasto seduto fino a quel momento. Erano
lì, Kristoff e Anna a cavallo di Sven; il principe lo salutò
con un cenno della testa e si voltò per scuotere dolcemente la
ragazza, che evidentemente si era addormentata durante il viaggio. I
giovani smontarono dalla renna e si avvicinarono a lui tenendosi per
mano. Anna non ce la faceva più: i capelli erano raccolti in
una treccia disordinata, il volto coperto di lentiggini era più
pallido del solito, ma ciò che più impressionò
Gran Papà furono gli occhi: circondati da profonde occhiaie,
gonfi per via delle lacrime, le iridi verde acqua, che il vecchio
Troll ricordava essere pieni di luce, tradivano tutta la tristezza e
la paura che la giovane provava per sua sorella.
Povera
ragazza.
Gran
Papà decise di non indugiare oltre, e appena i due umani si
inginocchiarono di fronte a lui per arrivare più o meno alla
sua altezza, iniziò a parlare con calma. << So cosa è
capitato alla regina Elsa e non so dirvi quanto mi dispiaccia. >>
Anna
gli sorrise con gratitudine. << Non si può fare nulla?
>>
<<
Già, non so, un incantesimo per spezzare quello che Victoria
ha lanciato? >> intervenne Kristoff per enfatizzare la
richiesta della moglie.
Il
Troll abbassò la testa e la scosse. << Temo di no.
Questa è magia oscura e io non posso distruggerla perché
è completamente opposta alla mia. >>
Alzò
lo sguardo e vide Anna corrugare le sopracciglia, chiaramente
contrariata.
<<
Tuttavia posso placare le tue ansie. >>
Kristoff
si chinò in avanti e lo incitò a parlare. << Che
intendi? >>
<<
Posso fare in modo di collegarmi a Elsa ma non per molto. È un
incantesimo faticoso e io non sono più forte come una volta.
>>
<<
Voglio solo sapere come sta, niente di più. Ti prego, Gran
Papà! >> lo supplicò la ragazza, congiungendo le
mani davanti a sé.
Gran
Papà annuì e chiuse gli occhi. Dimenticò ciò
che lo circondava e si concentrò solo sui propri respiri e sul
battito del cuore; con la mente cominciò a pensare
intensamente alla regina di Arendelle, cercando di individuare la sua
essenza. Si stava sforzando, era più difficile di quanto
ricordasse, ma ormai era vicino e riusciva a captare qualcosa: paura
e insicurezza soprattutto. Rimase in quello stato per qualche altro
istante e poi riaprì gli occhi, trovando i due ragazzi nella
stessa posizione di prima, immobili come due statue.
<<
Allora? >> chiese impazientemente Anna con voce piena di
aspettativa.
<<
Elsa è spaventata ma sta riuscendo a controllare i suoi poteri
meglio di quanto pensassi. Però ripeto, è terrorizzata,
anche se non lo vuole dare a vedere. >> disse Gran Papà,
ma appena vide l'espressione afflitta di Anna si affrettò ad
aggiungere, << Non è in pericolo, tua sorella sta bene.
>>
Sia
lei sia Kristoff tirarono un sospiro di sollievo ma la principessa si
accigliò subito, consapevole del fatto che la questione era
tutt'altro che risolta. << Ma come facciamo a riportarla qui?
>>
<<
Con la magia non si può fare nulla. A meno che... >>
cominciò a dire Gran Papà, interrompendosi. La magia
oscura provocava distruzione, dolore, morte e solo una cosa era
capace di porre fine al suo effetto.
<<
Dovete uccidere Victoria. >>
<<
Aspetta, che? >> disse Kristoff, sicuro di aver capito male.
<<
Non impazzisco per certe cose, figlio mio, ma a in questo caso è
l'unica soluzione che avete. Il maleficio che ha scagliato sulla
regina è prevalentemente generato dall'odio che quella donna
prova nei suoi confronti. È un sentimento che fa parte di lei,
quindi uccidendola metterete fine a tutto. >> spiegò il
vecchio saggio con la sua solita calma.
Osservò
Anna pensare alle sue parole per poi scattare in piedi, come
rinvigorita, gli occhi erano accesi da una determinazione
incredibile.
<<
Lo farò. Ucciderò quella strega così Elsa potrà
tornare qui! >>
Kristoff
si alzò in piedi a sua volta e toccò la spalla della
moglie con una mano. << Di certo non sarà facile. Le
Isole del Sud sono lontane e comunque non sarà una passeggiata
trovarla e ucciderla. D'inverno è impossibile arrivarci a
cavallo, quindi dovremmo andare via mare e ci vorrà molto. >>
Anna
si girò verso di lui, incenerendolo con lo sguardo. <<
Vuoi venire con me o no? Se hai tanta paura, posso anche andare da
sola a salvare mia sorella! >>
<<
Ma io.. >>
<<
Posso fare un incantesimo alla nave per farla viaggiare più
velocemente. Arrivereste alle Isole del Sud nel giro di un mese, di
meglio non posso fare, e Anna...>> disse Gran Papà con
dolcezza, volendo evitare un litigio tra i due sposi.
<<
Sì? >>
<<
Kristoff si sta preoccupando per te. Non te la prendere. >>
Vide
il ragazzo annuire energicamente, rincuorato dalle sue parole. <<
Infatti! Non andrai da nessuna parte da sola! >>
Anna
sospirò e sorrise imbarazzata al marito, prendendogli la mano
e allacciando le dita alle sue per un attimo, inginocchiandosi poi di
fronte a Gran Papà. << Non so davvero come ringraziarti.
>>
Il
Troll scosse la testa. << Non devi ringraziarmi, bambina mia.
Ti avverto. Non sarà facile, non dovrai vedertela solo con
Victoria ma con tutti gli altri fratelli, ma fatti aiutare da
chiunque possa farlo, anche da chi non ti aspetteresti. >>
La
principessa annuì e lo abbracciò. Gran Papà
ricambiò la stretta ma le sue braccia a mala pena arrivavano
alle spalle della ragazza, che si rialzò e si incamminò
con Kristoff verso Sven. Prima di andare via, entrambi lo salutarono
e partirono al galoppo verso il bosco.
Il
sole era ormai sorto del tutto e per Gran Papà era giunto il
momento di riposare insieme ai suoi figli. Si lasciò andare e
mentre sentiva il suo corpo trasformarsi in roccia, chiuse gli occhi,
contento di aver dato un minimo di speranza ad Anna.
Spero
solo che possa finalmente vivere in pace con sua sorella.
AAAALLELUIA!!!!!!!!!!!!!!
Finalmente
ho pubblicato il nuovo capitolo, mamma mia XD Mi ero bloccata, di
brutto, ma la Hendy mi ha dato una mano a prendere in mano la
situazione e darmi una mossa. Grazie Siiiissss!!! <3
Anna,
come avrete notato, è distrutta. Poooovera, pensare a lei che
piange mi spezza il cuore :( Per fortuna c'è Gran Papà
che risolve tutto, cioè, dice cosa bisogna fare. La soluzione
dei loro problemi è tutt'altro che vicina! Vogliamo parlare di
Kristoff? Ahahaah Non mi è molto simpatico come personaggio e
penso che si sia notato. L'ho fatto apparire dolce sì, ma
anche tanto stupido XD Ok, basta.
Il
prossimo capitolo sarà moooooooolto interessante, quindi STAY
TUNED se volete ;)
Alla
prossima!!!
Sara
|
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Capitolo 6 *** Capitolo VI ***
Capitolo
VI
Il
bar che si trovava in centro, proprio davanti al parco, era il più
bello e il più frequentato della città. Fondato nel
1976, il locale era completamente arredato con mobili in legno,
dall'aspetto antico, anche se in realtà era stato rimodernato
da pochi anni. Si entrava da una grande porta a vetri e subito si
veniva investiti dal profumo di caffè e dolci appena fatti,
sulla sinistra poi vi erano tavoli e sedie in legno scuro situati
vicino alle vetrate dalle quali si poteva guardare il parco e sulla
destra c'era il bancone dove si preparavano gli ordini. C'erano tre
camerieri, tutti studenti universitari che lavoravano lì per
pagarsi gli studi. Si chiamavano John, Elizabeth e Georgina e
adoravano il loro capo. Tutti adoravano Christian.
Suo
padre era il proprietario del bar ma due anni prima aveva deciso di
andare in pensione, così aveva lasciato tutto a suo figlio.
Christian, ma tutti erano abituati a chiamarlo Chris, aveva
ventiquattro anni ed era un ragazzo solare, gentile e responsabile:
si era diplomato a sedici anni con il massimo dei voti e laureato in
architettura ma era felice di gestire quel posto in cui adorava fare
i compiti da bambino, appena uscito da scuola. Avere tre ragazzi che
lavoravano per lui gli permetteva di non servire sempre ai tavoli,
anche se a volte i clienti lo chiamavano per approfittarne e fare
quattro chiacchiere; amava divertirsi ma era comunque una persona
tranquilla, non aveva mai assunto droghe e aveva fumato solo qualche
sigaretta quando era particolarmente nervoso per qualche esame. Aveva
successo con le ragazze, anche grazie al suo bell'aspetto, ma ancora
non aveva trovato quella giusta, il grande amore. Sapeva di essere
giovane e di avere tempo, ma a volte l'idea di innamorarsi
perdutamente lo stuzzicava e si ritrovava a chiedersi come sarebbe
stato. Conosceva praticamente tutte le ragazze della sua età
ma nessuna di loro aveva catturato il suo cuore e dubitava che
potesse succedere. Non sapeva però che tutto ciò che
desiderava stava per arrivare.
Era
seduto a uno dei tavoli e beveva una spremuta d'arancia quando Jane,
la figlia dei suoi vicini, entrò nel bar. Era affezionato alla
ragazzina e si divertiva a chiacchierare del più e del meno
con lei, che dimostrava di avere più cervello dei suoi
coetanei. Quel giorno portava con sé delle buste piene, così
come la ragazza che era con lei; si accomodarono al solito tavolo che
occupava Jane, uno di quelli addossati contro la vetrata e le vedeva
parlare di qualcosa di divertente, a giudicare dall'espressione
felice della ragazzina. Christian terminò di bere e si alzò
per avvicinarsi alle due clienti. Appena Jane lo vide, lo salutò
con un grande sorriso che lui ricambiò subito.
<<
Mattiniera anche durante le vacanze, eh? >>
<<
Sai che mi annoio in casa! >> rispose lei ridacchiando.
<<
Lo so, lo so. Che ti porto? Il solito? >> domandò lui,
inarcando un sopracciglio e sorridendo con fare complice.
<<
C'è bisogno di chiedere? >> disse Jane, utilizzando il
suo stesso tono di voce.
Christian
si voltò verso la ragazza che sedeva alla sua destra per
chiederle cosa desiderasse ma le parole gli morirono in gola appena
mise gli occhi su di lei: aveva la carnagione chiara, come se fosse
di porcellana, con un sottilissimo strato di lentiggini a mala pena
visibili sul suo naso delicato, le ciglia formavano una leggera ombra
sulle sue guance, tanto erano lunghe e i capelli, lunghi e di un
biondo chiarissimo, erano legati in una treccia che le scendeva sulla
spalla sinistra. La trovò stupenda, la più bella
ragazza che avesse mai visto, e la sua idea venne confermata da due
penetranti occhi blu ghiaccio che lo stavano fissando curiosi.
Christian si schiarì la gola e cercò di apparire il più
disinvolto possibile, anche se gli sembrò un compito piuttosto
arduo.
<<
E a te cosa porto? >>
La
giovane sbatté le ciglia più volte, corrugando
leggermente le sopracciglia, e lesse distrattamente il menù
che aveva tra le mani.
<<
Una... Una cioccolata calda, per favore. >> disse educatamente,
mantenendo poi lo sguardo fisso sulla superficie del tavolo.
<<
Va bene. >> disse a sua volta il ragazzo, allontanandosi per
andare a preparare ciò che gli era stato ordinato. Durante i
pochi minuti che gli occorsero non fece altro che pensare al volto di
quella ragazza, così bella e timida e si accorse di sorridere
quando gli tornò in mente la sua voce, dolce ma con una punta
di sensualità che tuttavia non doveva essere intenzionale,
anzi. Gli era parso di captare anche un leggero accento che gli
ricordava quello dei ragazzi che aveva conosciuto quando era in
Norvegia, durante uno dei viaggi studio per l'università. Una
volta terminato, Christian portò il vassoio verso il tavolo e
distribuì le due tazze di cioccolata calda e il muffin che
tanto piaceva alla ragazzina.
<<
Grazie! >> esclamò Jane, mentre la sua amica si limitò
ad annuire.
Sorrise
a entrambe e tornò dietro al bancone, asciugando dei bicchieri
per tenersi occupato.
È
nuova qui, di sicuro. Potrei chiederle di uscire, per farle visitare
la città magari. Non sarà un appuntamento ma allora
potrei approfittarne per chiederle di vederci di nuovo.
Quei
pensieri cominciarono a passargli per la mente, e per la prima volta
sentì di essere assalito da un certo nervosismo.
Le
farebbe piacere? Direbbe di sì o mi manderebbe al diavolo?
Lanciò
uno sguardo al tavolo e proprio in quel momento Jane si alzò
in piedi, allontanandosi per rispondere a una telefonata,
probabilmente di una sua amica di scuola. La ragazza misteriosa era
rimasta lì, con la schiena talmente dritta da non toccare
neanche lo schienale della sedia, intenta a sorseggiare lentamente e
con grazia la sua cioccolata calda. Christian inspirò
profondamente e camminò nella sua direzione.
Ora
o mai più.
<<
Ciao. >> disse con più entusiasmo di quanto volesse in
realtà.
Lei
lo guardò, con un evidente miscuglio di curiosità e
fastidio, e gli fece con educato cenno col capo. << Salve. >>
Salve?
Decise di non commentare.
<<
Prima non mi sono presentato. Sono Christian, ma tutti mi chiamano
Chris. >> e tese una mano verso di lei.
La
giovane spostò lo sguardo prima sulla mano, poi di nuovo su
lui, tendendo la sua e dando una stretta decisa ma al tempo stesso
delicata. << Piacere di conoscerti Christian. >>
Il
ragazzo rimase sorpreso che l'altra avesse ignorato il nomignolo che
gli era stato affibbiato anni prima, come se in un certo senso
volesse distinguersi da tutti gli altri e mantenere le formalità.
Doveva ammettere che questo atteggiamento lo intrigava. Inoltre, notò
quanto la sua mano fosse tutto tranne che calda. Non era ghiacciata
ma la sua pelle era piacevolmente fresca, abbastanza da non essere
sgradita anche in pieno inverno.
<<
E tu come ti chiami? >> le chiese appena lei sciolse la
stretta.
<<
Elsa. >>
Era
un nome bello e perfetto per lei, anche se vagamente familiare. Non
riusciva a ricordare dove lo avesse già sentito, però.
Le sorrise e lei abbassò subito lo sguardo sulla tazza di
cioccolata che teneva tra le mani. Decise di iniziare la
conversazione.
<<
Sei norvegese, vero? >> disse con nonchalance ma subito se ne
pentì, perché Elsa saltò visibilmente sulla
sedia e le sue mani tremarono vistosamente, tanto che un po' di
cioccolata cadde sul suo maglione azzurro, all'altezza dello stomaco.
<<
Oddio mi dispiace! Ti sei scottata? >> chiese Christian,
sinceramente preoccupato.
<<
No, non è niente. >> rispose, cercando di pulirsi con un
fazzoletto di carta.
<<
Aspetta. >>
Corse
al bancone, prese una pezza pulita e la bagnò, tornando poi
subito da lei. Appena si accorse che si stava avvicinando, e molto,
Elsa gli lanciò un'occhiata di rimprovero; Christian era
sicuro che se fosse stato un bambino probabilmente sarebbe scoppiato
a piangere di fronte a quegli occhi ma si impose di essere un
perfetto gentiluomo.
<<
Sta' tranquilla, voglio solo aiutarti. >> le disse sorridendo.
Evidentemente
era stato abbastanza convincente, perché la ragazza si limitò
a guardarlo e lo lasciò fare. Christian afferrò con la
mano sinistra il lembo del maglione e lo tirò, strofinando poi
la pezza bagnata con la destra; era in ginocchio ed Elsa aveva la
testa leggermente piegata in avanti, come per controllarlo, e proprio
quella vicinanza gli permise di respirare il suo profumo.
No,
non è un profumo, è solo l'odore della sua pelle.
Sembra... Menta?
<<
Hai un buon odore. >> e subito si morse la lingua e si prese
mentalmente a pugni per aver detto una cosa del genere a una ragazza
timida e riservata come Elsa che, ovviamente, lo fissò
sconcertata.
<<
G-grazie. >> sussurrò, incerta.
Continuarono
a fissarsi per qualche istante, Christian era perso in quelle iridi
di un blu incredibile, mai visto prima, e dovette fare uno sforzo per
smettere di guardare la ragazza di fronte a sé, che ricambiava
il suo sguardo con timidezza e un pizzico di... Curiosità?
Sorrise,
ancora imbarazzato ma felice di non essersi beccato uno schiaffo e si
alzò in piedi.
<<
Il maglione è pulito, niente più cioccolata. >>
Elsa
annuì ancora una volta, spostando poi la sua attenzione al
parco che si vedeva dalla vetrata. Il ragazzo si passò una
mano tra i capelli e scosse la testa, ridacchiando tra sé
mentre tornava dietro al bancone.
Non
è andata così male.
**
Jane
aveva appena terminato di parlare al telefono con Cindy, una sua
compagna di classe, e stava tornando verso il suo tavolo quando si
bloccò, osservando il breve momento tra Elsa e Christian;
all'inizio aveva sinceramente temuto per l'incolumità del suo
amico, non sapendo come l'altra avrebbe potuto reagire, ma subito
dovette ricredersi. Quando si sedette di nuovo di fronte a Elsa,
poteva giurare di sentire il suo cervello lavorare a pieno regime.
Stava ancora guardando le auto e le persone che affollavano la
strada: Jane se lo dimenticava spesso ma tutto ciò che per lei
era normale, per la regina era nuovo e forse spaventoso. Vide Elsa
lanciare delle occhiate veloci a Christian e sorrise al pensiero che,
probabilmente, potesse essere interessata a lui. E ne avrebbe avuto
tutte le ragioni: era alto più di un metro e ottanta, aveva il
fisico atletico grazie agli anni di pallanuoto, i capelli castano
scuro erano perennemente spettinati e gli ricadevano disordinati
sulla fronte e gli occhi, color nocciola, si illuminavano ogni volta
che sorrideva. Era decisamente un bel ragazzo, Jane doveva
ammetterlo. Ed era sicura che anche la sua nuova amica non fosse
immune.
<<
Allora... >> cominciò, seguendo distrattamente con
l'indice destro una venatura del legno del tavolo. << Cosa ne
pensi di Christian? >>
Elsa
la guardò, inarcando un sopracciglio e sistemando una ciocca
di capelli dietro l'orecchio. << L'ho trovato sfacciato e
inopportuno. >>
Jane
sbuffò divertita, sapendo a cosa si riferisse. << Ho
visto cosa è successo con la cioccolata. Non l'ha fatto
apposta, dai. Ma cosa ti ha detto? >>
La
ragazza incrociò le braccia al petto, alzando il mento con
altezzosità. << Mi ha detto “Sei norvegese,
vero?”. Così, dal nulla. >>
L'altra
la guardò sempre più confusa. << Be', in effetti
hai un accento strano e lui è stato in Norvegia qualche anno
fa, che c'è di male? >>
Elsa
aggrottò leggermente le sopracciglia, forse un po' sorpresa,
ma non intendeva cedere. << Accento o meno, non è bello
prendersi certe libertà con gli sconosciuti. Questo mondo è
davvero strano. >>
<<
Perché non uscite insieme un giorno? Vi divertireste! >>
propose Jane cambiando argomento, anche se di poco.
La
regina sgranò leggermente gli occhi e poi scosse la testa. <<
Non è il caso. >>
<<
Per quale motivo, scusa? Gli sei piaciuta subito, è così
evidente! Se ti vergogni posso parlarci io! >>
Elsa
afferrò con forza il bordo del tavolo con entrambe le mani e
la guardò negli occhi. << No. Sono pericolosa, tutto
questo mi sta mettendo alla prova e non so quanto riuscirò a
controllarmi prima di crollare. Hai visto cosa ho fatto in quel
campo? Quello è niente in confronto all'inverno che ho
lanciato su Arendelle. Se davvero mi conosci, dovresti saperlo. >>
<<
E allora perché parli con me? >> chiese Jane, che stava
cominciando ad arrabbiarsi.
<<
Infatti non dovrei. >> rispose l'altra con durezza.
<<
Ma non dovresti dire la verità a Christian, solo uscirci un
pomeriggio e- >>
<<
Ho detto di no! >>
La
voce di Elsa era bassa ma fredda, gelida, come l'aria all'interno del
bar, la cui temperatura era scesa di colpo. Gli altri clienti
rabbrividirono, Jane compresa, soprattutto quando notò lo
strato di ghiaccio che si era formato sul tavolo, lì dove
erano strette le mani della regina.
La
ragazza si alzò di scatto e afferrò il cappotto, senza
infilarlo, e tutte le buste di vestiti, raggiungendo l'uscita con
lunghe e veloci falcate. Appena chiuse la porta alle sue spalle, la
temperatura all'interno del locale tornò normale e tutti
tirarono istintivamente un sospiro di sollievo. Jane non osava
muoversi, continuava a fissare il punto in cui pochi secondi prima le
mani di Elsa avevano generato il ghiaccio dal nulla.
<<
Hey, tutto bene? >> si sentì chiedere da Christian.
<<
Sì, è tutto ok. >> rispose, sperando di essere
stata abbastanza convincente.
Si
sentiva in colpa, mortificata per come Elsa le aveva risposto e
sapeva di non poterla biasimare. Aveva altro per la testa e di certo
non voleva perdere tempo con sciocchezze del genere. Però ci
era rimasta male lo stesso. Sentì un nodo in gola e il forte
desiderio di piangere ma subito riuscì a controllarsi, dato
che non voleva attirare l'attenzione di Christian, che poi lo avrebbe
riferito alla madre. Girò la testa e vide Elsa al parco,
seduta su una panchina, perfettamente immobile; inspirò
profondamente e si alzò, salutò il suo amico e si
incamminò verso l'altro lato della strada, decisa a chiedere
scusa alla regina di ghiaccio.
Buongiorno
a tutti!!!
A
esattamente una settimana di distanza, ecco il nuovo capitolo! Vi
rivolgo la stessa domanda di Jane: cosa ne pensate di Christian?
Piace? Non piace? Vorrei tanto saperlo :) Elsa alla fine si è
un po' arrabbiata e ha lasciato Jane lì da sola....... Ma
tanto faranno pace, don't worry ;) Come sempre, fatemi sapere le
vostre impressioni se vi va :)
Alla
prossima!!!
Sara
|
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Capitolo 7 *** Capitolo VII ***
Capitolo VII
Seduta su una delle panchine del parco, Elsa si rese pienamente conto di quanto fosse grave la situazione in cui si trovava. Era sola. Per quanto quella ragazzina, Jane, avesse cercato di aiutarla e di starle vicino, sapeva che sarebbe stato solo questione di tempo prima che le cose precipitassero; per tutta la mattina aveva sentito le sue mani più fredde del solito, segno che i poteri premevano per manifestarsi sotto la furia delle sue emozioni in subbuglio, e ne aveva avuto la dimostrazione poco prima, nel bar, quando il tavolo si era ricoperto di ghiaccio nei punti in cui le sue mani erano poggiate e la temperatura della stanza era scesa sensibilmente sotto lo zero. Anche in quel momento, mentre stringeva i pugni fino a far diventare le nocche bianche, sentiva che riuscire a respirare con normalità le risultava un'impresa tutt'altro che facile, soprattutto perché aveva paura di perdere il controllo in quel luogo affollato.
Quando mi sento così Anna è con me. Anna aiuta. Cosa devo fare?
Elsa chiuse gli occhi, cercando di non abbandonarsi alla disperazione più di quanto non stesse già facendo, ma li riaprì quando sentì qualcuno sedersi accanto a lei. Era Jane.
Che ci fa ancora qui?
<< Va' via. >> la implorò la regina con un tono risoluto che tuttavia lasciava trasparire stanchezza e paura.
La ragazzina la guardò per un secondo e, senza esitazione, poggiò una mano sul suo avambraccio, stringendolo appena con fare rassicurante.
<< Non ti lascio sola. A meno che tu non lo voglia, ovviamente, ma so che in fondo essere completamente sola quaggiù è l'ultima cosa che vuoi. Non ci vuole un genio per capirlo, sai? >>
Elsa sentì la sua bocca aprirsi leggermente per lo stupore. Come faceva una persona appena incontrata a conoscerla così bene?
<< Perché non hai paura di me? >>
<< Non lo so. Insomma, non sei cattiva e di certo non ti diverti ad andare in giro congelando tutto quello che incontri. Tu hai sempre visto i tuoi poteri come una maledizione mentre Anna ti ha fatto capire che non lo sono affatto. Diciamo che io la penso come lei. >> concluse Jane sorridendo.
La giovane la fissò, combattuta tra il desiderio di credere con tutta se stessa a quelle parole e la voglia di scappare. Ma fece tutt'altra cosa.
<< Quando mi hai incontrata questa mattina hai detto di conoscermi, e ora hai parlato come se conoscessi anche mia sorella. Com'è possibile? >>
A Jane scappò un risatina imbarazzata e le sue guance assunsero improvvisamente una tonalità rosata. << Ecco, hanno fatto un film su di voi... >>
<< Un cosa? >> domandò la regina sconvolta.
<< Un film è... Allora, be'... >>
Chiaramente non sapeva come spiegarsi e l'espressione della più grande si faceva sempre più confusa.
<< Oh ecco! Un film è come un libro, però è animato! Ci sono persone in carne è ossa! Come a teatro! >> esclamò la ragazzina, felice di aver trovato una spiegazione abbastanza soddisfacente.
Elsa inarcò un sopracciglio e la guardò con sospetto, sollevata per aver capito a grandi linee cosa intendesse. Si voltò verso le persone che camminavano tra i viali del parco, incuranti del freddo, e per la prima volta nella sua vita si chiese come fosse vivere al di fuori del suo palazzo, come una persona qualunque, che si deve guadagnare il pane ogni giorno. Cosa sapeva fare? Suonare il pianoforte, parlare molte lingue, era ferrata su tutto ciò che riguardava politica ed economia... Il problema era che non si trovava ad Arendelle. In quel posto, gli Stati Uniti, era tutto diverso e il solo pensiero di quanto l'espressione “un pesce fuor d'acqua” le calzasse a pennello le fece tremare i polsi. Un momento.
<< Jane? >>
La persona in questione alzò lo sguardo da terra. << Sì? >>
<< Tu... Insomma, qui si usa leggere i libri? >>
Elsa si rese conto di quanto la sua domanda fosse ridicola appena vide Jane trattenere a stento una risata. Arrossì di colpo ma l'altra non fece nulla per metterla ulteriormente in imbarazzo.
<< Leggiamo libri, sì. Perché? >> le chiese incuriosita.
<< Pensavo che avrò bisogno di un lavoro ma, come potrai immaginare, non so fare nulla qui e così mi domandavo se magari potessi trovare qualcosa in una biblioteca. >>
Jane ci pensò su per un po' e poi schioccò le dita, come se le fosse venuto in mente qualcosa. << La libreria qui dietro, ma certo! Sapevo che cercavano una commessa, forse non l'hanno ancora trovata! >>
Il volto di Elsa si illuminò. << Perfetto! E dove si trova? >>
<< Proprio dietro di noi, attaccata al bar di Christian. E a proposito di questo... >>
<< Cosa? >> domandò la ragazza.
<< Scusa per prima. Sono stata una stupida, non avrei dovuto insistere in quel modo. Mi dispiace. >> disse Jane, sinceramente mortificata.
Elsa le sorrise dolcemente e posò una mano sulla sua, stringendola. << Volevi solo essere gentile. Quella che dovrebbe scusarsi sono io, direi. Ormai è passato, non pensiamoci più. Mi accompagni in questa libreria? >>
Jane annuì energicamente e si alzò in piedi. Entrambe afferrarono di nuovo le buste di vestiti e attraversarono la strada; giunte davanti all'insegna LEAH'S BOOK SHELTER, Elsa sentì immediatamente una sensazione di sicurezza, neanche lei sapeva spiegarne il motivo. Forse era tutto dovuto al nome del negozio.
Rifugio. Proprio quello che mi serve.
Jane aprì la porta, provocando il tintinnio di una piccola campanella sopra lo stipite. La regina si guardò intorno con occhi avidi: addossate alle pareti vi erano scaffali pieni di libri di ogni genere, e ce n'erano talmente tanti che per arrivare a quelli più in alto bisognava utilizzare una scala di legno che si spostava grazie alle rotelle. L'unica fonte di luce naturale era una grande finestra vicino alla porta, il che serviva a creare un perenne stato di penombra e intimità; a sinistra si trovava la cassa e in fondo al locale c'era una piccola stanza, evidentemente l'ufficio della proprietaria, e accanto a questo c'era una scala che portava a una porta, anch'essa in legno. L'ambiente era accogliente, senza dubbio, e a Elsa piacque molto. Sperava di fare una buona impressione sulla proprietaria, che proprio in quel momento emerse da dietro uno degli scaffali. Era una signora sui sessantacinque anni, bassina, vestita con abiti pesanti che la facevano sembrare più robusta di quanto in realtà fosse. I capelli bianchi erano tenuti insieme con uno chignon e i vivaci occhi verde-azzurri la fissavano curiosi, accompagnati da un sorriso cordiale.
<< Buongiorno, posso aiutarvi? >> domandò con gentilezza.
Elsa si sentì spingere leggermente in avanti da Jane e si schiarì la gola prima di parlare. Niente nervosismo, era pur sempre una regina!
<< Sì, mi chiedevo se ha ancora bisogno di una commessa. >>
La signora rise e annuì. << Oh un aiuto mi servirebbe eccome! L'età comincia a farsi sentire e non riesco ad arrampicarmi su quella scala come una volta. Hai il curriculum? >>
<< Il curriculum? In realtà no... Ma posso dirle tutto a voce, le va bene? >> propose la ragazza, presa in contropiede. Sapeva cosa significasse quella parola perché aveva studiato il latino, ma non credeva che qualcuno glielo avrebbe chiesto.
<< Ma certo, non c'è problema. >>
“Il mio nome è Elsa, ho ventidue anni e sono la regina di Arendelle. Controllo il ghiaccio e la neve, ho quasi ucciso mia sorella Anna è quasi morta e ora sono stata mandata qui con una maledizione dalla sorella del mio peggior nemico.”
Fece un respiro profondo. << Mi chiamo Elsa, ho ventidue anni e non ho mai lavorato in una libreria, ma imparo in fretta e le posso assicurare che metto sempre la massima serietà in tutto ciò che faccio. So che non è molto ma ho davvero bisogno di questo lavoro. >>
Evidentemente era riuscita a fare una buona impressione nonostante la sua esperienza lavorativa fosse inesistente, perché la proprietaria le sorrise con ancora più calore. << Si vede che sei una brava ragazza, Elsa. Si nota dai tuoi occhi, sai? Sei assunta, la paga è di cinquanta dollari a settimana. So che non è molto ma con tutti questi computer e cellulari sta diventando sempre più difficile fare affari. Quasi dimenticavo, io sono la signora Wright ma puoi chiamarmi Leah se vuoi. >>
Elsa sorrise. << La ringrazio molto, signora Wright! >> e si girò verso Jane per constatare che anche la sua amica era felicissima per lei.
Leah scoppiò a ridere, schermendosi. << Non devi ringraziarmi, sono sicura che sarai bravissima. Ma dimmi, sei nuova qui? Non ti ho mai vista in giro. >>
<< Sono arrivata oggi. >> rispose la regina con un sorrisetto.
<< Hai già un posto dove stare? Perché lì in cima alle scale c'è un piccolo appartamento con tutto il necessario, puoi rimanere per tutto il tempo che vuoi. >>
<< Va benissimo, grazie. >> accettò Elsa immediatamente, sentendo Jane trattenere il respiro e poi attirare la sua attenzione toccandole il braccio.
<< Non vieni a stare nel cottage nel mio giardino? >> le chiese sottovoce.
<< Meglio rimanere per conto mio, Jane. Andrà tutto bene, possiamo vederci tutti i giorni. >> la rassicurò Elsa, ammiccando, tornando poi a guardare il suo neo datore di lavoro.
<< Se vuoi posso mostrarti l'appartamento, così puoi posare anche quelle buste. Venite. >>
Tutte e tre salirono i gradini fino alla porta di legno, che la signora Wright aprì subito. La stanza era piccola ma abbastanza spaziosa, un lato del letto era rivolto verso la parete, accanto si trovava la finestra, addossato alla parete di fronte alla porta c'era un grande armadio con vicino un tavolo con due sedie, tutto in legno, quella che doveva essere la cucina e a destra vi era la porta del piccolo bagno, completo di vasca.
<< Mi piace. >> commentò Elsa rivolgendosi a Leah, che le sorrise compiaciuta.
<< Vi lascio sistemare i vestiti allora, inizi a lavorare dopo pranzo se vuoi. >>
<< Certo, grazie signora Wright. >>
Lei e Jane tolsero gli articoli dalle buste e poi si sedettero sul letto.
<< Come ti sembra tutto questo in confronto ad Arendelle? >> chiese la ragazzina.
<< È tutto più... Piccolo, come una miniatura. Però mi abituo in fretta, per fortuna. >>
<< Già, è una fortuna. Stai bene? Te la senti di rimanere sola e di lavorare proprio oggi? >>
Elsa le sorrise, contenta che Jane si preoccupasse per lei. << Sì, altrimenti non avrei accettato. E poi è meglio che inizi da subito a fare i conti con questa realtà, tanto vale iniziare a lavorare già da oggi. Andrà tutto bene, sono calma adesso. >>
Si salutarono e la ragazza si guardò intorno ancora una volta. Doveva cercare di non pensare ad Anna, al regno, a Victoria. Doveva combattere e se non poteva utilizzare la magia per tornare a casa, be', avrebbe fatto di tutto per non farsi schiacciare dalla paura e per vivere quella nuova vita che aveva davanti a sé.
**
Alle cinque del pomeriggio, puntuale come un orologio svizzero, Christian entrò in libreria portando una tazza di tè caldo alla signora Wright. La donna aveva l'abitudine di andare al bar per berlo ma, da quando era sola al negozio, non ne aveva modo, così il ragazzo da allora si era preso l'impegno di portarle la sua bevanda preferita ogni giorno, alle cinque, perché la signora Wright era di origine inglese.
<< Signora? >> disse affacciandosi alla porta del piccolo ufficio.
<< Ah Chris, puntuale come sempre. Grazie. >> rispose Leah con tono allegro, cominciando a soffiare sul liquido bollente. << Comunque da domani potrò tornare al bar, proprio stamattina ho assunto una ragazza che terrà d'occhio il negozio mentre sono via. >>
Christian annuì soddisfatto. << Era ora! Si sente la sua mancanza lì dentro. Elizabeth e Georgina stanno ancora aspettando le sue famose lezioni sul lavoro a maglia. >>
<< Da domani potremo cominciare. >> ribatté la signora, ammiccando.
<< Be', la lascio al suo lavoro. Buona serata! >> disse il ragazzo, chiudendo la porta dietro di sé.
Stava guardando distrattamente dei libri mentre camminava, così non si rese conto di avere una persona davanti fin quando non andò a sbatterle contro. Istintivamente allungò un braccio per impedirle di cadere e restò di stucco quando si rese conto che stava praticamente abbracciando Elsa, la ragazza incontrata quella mattina e alla quale non aveva smesso di pensare per tutto il giorno. Teneva il braccio intorno alla sua vita ed Elsa lo guardava con gli occhi sbarrati, le guance rosse per l'imbarazzo.
Christian non si mosse, né lo fece lei. << Ciao. >> le disse dolcemente, contento di averla rivista.
<< Ciao. >> rispose Elsa, continuando a guardarlo negli occhi e deglutendo.
<< Mi dispiace, ero distratto e non ti ho vista. >>
<< Non fa niente, anzi se potessi... >>
Il giovane capì subito e si affrettò a fare un passo indietro, riuscendo a vederla sospirare di sollievo. Addirittura?
Elsa si era cambiata, non indossava più il maglione, ma una semplice maglietta bianca a maniche corte. Ma non ha freddo? I capelli erano ancora raccolti nella treccia che le scendeva lungo la spalla sinistra, anche se meno ordinata rispetto alla mattina, e indossava gli stessi jeans che mettevano in risalto le sue gambe lunghe e snelle. Ok, basta, la stai fissando troppo.
<< Allora, sei alla ricerca di un libro? >> chiese, sperando di deviare il discorso e anche i suoi pensieri.
<< In realtà lavoro qui. >> rispose lei, guardandolo timidamente da sotto le lunghe ciglia.
<< Oh. >> fu tutto quello che riuscì a dire.
Elsa lavorava lì? Accanto al suo bar? Non riusciva a credere alla sua fortuna: aveva temuto di non vedere più quella bellissima ragazza che lo aveva letteralmente stregato e non solo l'aveva incontrata per la seconda volta in meno di ventiquattro ore, ma addirittura poteva avere una scusa per vederla tutti i giorni.
<< Vuoi che ti porti qualcosa? Non so, un'altra cioccolata calda magari? >>
La ragazza inarcò entrambe le sopracciglia e Christian sentì il cuore impazzire quando vide comparire sul suo volto un sorrisetto divertito.
<< Dopo l'incidente di questa mattina direi che è meglio evitare la cioccolata per un po'. >>
Christian rise al ricordo. << Sì, è meglio. Ti avevo innervosita in qualche modo? >>
<< No, no. >> disse Elsa, scuotendo la testa. << Mi hai solo colta di sorpresa, non credevo che avresti riconosciuto il mio accento. >>
<< Ho capito, è tutto apposto allora. Vuoi qualcos'altro? Tè? Caffè? >>
<< Caffè? >> ripeté Elsa corrugando la fronte.
<< Sì. Non ti piace? >>
<< Non l'ho mai assaggiato a dire il vero. >>
Non aveva mai bevuto il caffè? Wow. Forse...
<< Devi assolutamente rimediare, Elsa, è un rito di passaggio. Facciamo così: domani, mentre Leah sarà al bar, verrò qui e ti porterò il caffè espresso italiano. È il più buono che ci sia. >>
Si era spinto troppo oltre? Aveva male interpretato il comportamento di Elsa? Se gli avesse risposto di no avrebbe rinunciato, ma sperava con tutto il cuore che accettasse di passare un po' di tempo con lui, da soli.
La ragazza lo guardò, prendendo in considerazione la sua proposta, e poi annuì. << Va bene. >>
Christian non era mai stato così felice. << Grande! Voglio dire, bene. Allora... A domani. >>
<< A domani. >> disse Elsa con voce bassa, come se non volesse farsi sentire.
Lui le sorrise, lei ricambiò con timidezza. Mentre tornava al bar, Christian sentiva che le guance gli facevano male a forza di sorridere. Mentre lavorava e anche più tardi, mentre era a letto ad aspettare un sonno che non accennava ad arrivare, continuò a pensare a Elsa e a quanto desiderasse che fossero già le cinque di pomeriggio dell'indomani.
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
Capitolo
VIII
Elsa
trovò incredibile come il tempo passasse in un lampo quando
aveva qualcosa da fare. Anche ad Arendelle era sempre sommersa dal
lavoro ma lì le lancette dell'orologio sembravano immobili,
mentre nella libreria della signora Wright era l'esatto contrario.
Era il suo secondo giorno come dipendente e avvertiva la fatica, lei
che non aveva mai sollevato nulla di più pesante dei paramenti
d'oro nel giorno dell'incoronazione due anni prima. Le facevano male
i muscoli delle braccia e la schiena a forza di spostare scatoloni
pieni di libri ma il suo orgoglio le aveva impedito di lamentarsi e
di certo non lo avrebbe fatto neanche in futuro, tanto meno di fronte
a Leah. Inoltre, trascorrere le ore lì dentro le aveva
permesso di farsi un'idea più o meno chiara su cosa leggessero
le persone in quel mondo e quindi su come vivessero. La sezione dei
romanzi era la sua preferita e aveva letto tutti i titoli nella
speranza di riconoscerne qualcuno, senza risultati però.
C'erano poi gli scaffali dedicati ai libri di cucina, ai saggi, alle
biografie e, ciò che più incuriosì la regina, fu
trovare un intero ripiano dedicato ai libri per bambini, con pagine
colorate e scritti con un linguaggio semplice e giocoso. In un
momento di pausa durante quel primo pomeriggio, Elsa stava sfogliando
uno di quei libri quando il suo sguardo cadde su uno in particolare:
al centro della copertina era raffigurata una renna con un pupazzo di
neve sulla testa, a sinistra una giovane fanciulla bionda con un
vestito azzurro, dietro di lei un ragazzo massiccio dai capelli
altrettanto biondi, mentre sulla destra c'erano una ragazza con i
capelli rossi legati in due trecce e accanto a lei un giovane con
abiti eleganti.
Tutti
somigliavano molto a...
Non
può essere!
Elsa prese il libro
e con le mani che tremavano lo aprì, sfogliando le pagine. I
nomi dei personaggi saltarono subito ai suoi occhi: Elsa, Anna, Hans,
Kristoff, Olaf e Sven.
Siamo
noi. È la nostra storia. Non è possibile, non è...
La sua vista si
oscurò per un attimo, il libro cadde a terra e dovette
allungare una mano contro il muro per non finire anche lei sul
pavimento. Sentiva la testa girare e tremava visibilmente, eppure lo
sguardo andò a finire nuovamente su quelle pagine.
Com'è
possibile? Sanno chi sono? Ecco perché Jane mi ha riconosciuta
ieri nel bosco, perché ha detto di aver visto quel... Film? E
ci sono anche libri per bambini!
Ancora scossa, Elsa
si chinò, e senza rialzarsi iniziò a leggere con occhi
avidi. Occhi che tuttavia divennero immediatamente pieni di lacrime
appena si rese conto che la storia narrata era uguale a quella che
avevano vissuto lei e sua sorella nella realtà. Vedere il loro
passato impresso sulla carta riportava la sua mente a quegli anni
bui, quando con tutta se stessa desiderava aprire quella porta e dire
ad Anna che le voleva bene e che avrebbe tanto voluto passare le
giornate intere con lei se solo i suoi poteri non fossero stati fuori
controllo. Ricordava la sofferenza quando provava a toccare un
oggetto senza i guanti e quello subito si ghiacciava. Ricordava il
dolore per la morte dei suoi genitori, il dispiacere per non essere
andata al loro funerale, la tristezza nel sentire la voce di Anna
implorarla di uscire da quella stanza, e soprattutto, mai e poi mai
avrebbe potuto dimenticare l'orribile sensazione di vuoto nel suo
cuore quando l'amata sorella, per proteggerla, si era sacrificata
diventando interamente di ghiaccio. Le lacrime iniziarono a scendere
lungo le sue guance ma si affrettò ad asciugarle col dorso
della mano, volendo evitare che la signora Wright le facesse delle
domande alle quali non avrebbe saputo rispondere. Almeno non in quel
momento. Rimise il libro al suo posto e si preparò a sistemare
una pila di quaderni per la scuola quando Leah si avvicinò,
toccandole gentilmente una spalla. Elsa sussultò al contatto,
non era abituata a essere toccata da altri al di fuori di Anna, ma
sfoderò lo stesso il miglior sorriso che riuscì a
mettere insieme, sperando che la donna non notasse che aveva pianto.
<< Elsa perché
hai quegli occhi rossi? >> le domandò subito la signora,
preoccupata.
Ecco,
appunto.
<< Oh nulla,
sul serio! È la... Polvere! Sì, mi fa sempre questo
effetto. >>
La scusa doveva
sembrare credibile perché Leah annuì e le sorrise.
<< Per un
attimo ho pensato fosse qualcosa di grave, per fortuna è solo
quello il motivo. Ora vado al bar, te la senti di rimanere sola? >>
Elsa annuì.
<< Certo, vada pure. >>
La signora Wright
tornò in ufficio per prendere la borsa e saluto la ragazza
prima di chiudere la porta alle sue spalle. Il pensiero di quella
donna così energica seduta a bere il tè in compagnia di
altre persone la faceva sorridere inspiegabilmente. Poi quel bar era
così accogliente, davvero un bel luogo per-
Bar.
Christian.
Guardò le
lancette dell'orologio che segnavano le 16.53 e sbarrò gli
occhi.
Tra
poco sarà qui!
Il tempo era passato
troppo velocemente.
Elsa non sapeva
spiegarselo ma all'improvviso si sentì nervosa. Non le era mai
capitato prima, be', non le era mai capitato di sentirsi così
al pensiero di trovarsi alla presenza di un uomo. Era una regina,
tutti i dignitari era uomini, santo cielo!
Ma Christian non
sa chi sei, non siete ad Arendelle e sarete qui dentro completamente
soli.
Non doveva agitarsi,
non ne aveva motivo. Era solo un caffè, giusto? Allora perché
sentiva il cuore battere velocemente e le guance diventare bollenti?
Fece in modo di ricoprire i palmi delle mani con un sottile strato di
ghiaccio e li posò sul viso, provando subito sollievo. Peccato
che non potesse utilizzare lo stesso metodo per il cuore.
Controllati!
Si tenne occupata
per non pensare, ma quando le sembrava di essere più calma
sentì la porta d'ingresso aprirsi e richiudersi subito dopo.
Era nascosta dietro lo scaffale che si trovava al centro del negozio
e non osava uscir fuori.
Magari è
solo la signora Wright che ha dimenticato qualcosa.
<< Elsa? >>
chiamò una voce bassa, baritonale, che di certo non
apparteneva a una donna.
La ragazza fece un
respiro profondo e si affacciò, facendo finta di essere
impegnata; quando gli occhi di Christian incontrarono i suoi, vide il
ragazzo deglutire e sorriderle prima di poggiare su un tavolino il
grande vassoio che aveva in mano. Elsa si avvicinò a lui,
camminando molto lentamente per prendere tempo, e gli rivolse un
sorriso imbarazzato.
<< Come stai?
>> le chiese il ragazzo e sembrava che gli interessasse
davvero.
<< B-bene,
grazie.. E tu? >>
Le labbra di
Christian si piegarono in un sorriso carico di dolcezza.
<< Adesso sto
bene. >>
L'intensità
del suo sguardo era tale che Elsa si schiarì la gola e portò
l'attenzione sul vassoio lì vicino.
<< Allora,
cosa hai portato? >> domandò con sincera curiosità.
<< Come ti
dicevo, espresso italiano appena fatto. Visto che non lo hai mai
assaggiato ho pensato di portare anche del latte per renderlo più
sopportabile e anche qualche brioche. Che ne dici? >>
Elsa non poté
fare a meno di sorridere all'entusiasmo e alla premura del ragazzo di
fronte a lei e, per la prima volta, si rese davvero conto di quanto
fosse bello: era più alto di lei, tanto che era costretta ad
alzare un po' la testa per guardarlo in faccia, aveva un fisico
atletico ma non in modo eccessivo, quando sorrideva il suo volto si
illuminava e gli occhi, color nocciola con delle pagliuzze verdi,
riuscivano ad essere più espressivi delle parole stesse. Non
si era mai soffermata su quel tipo di pensieri, la vita che conduceva
ad Arendelle non glielo aveva mai permesso, a causa dei suoi poteri
prima e dei suoi innumerevoli impegni in quanto regina poi. Però
lì, nella libreria, seduta su una pila di libri, si stava
godendo il primo vero momento di pace da quando aveva oltrepassato il
portale, e al momento quella pace consisteva nel guardare Christian
versare un liquido scuro in una tazzina bianca e aggiungere poi dello
zucchero.
<< Ecco qua.
Attenta che scotta. >> disse il ragazzo, ammiccando.
Elsa prese la
tazzina e subito le sue narici vennero invase dal buonissimo aroma
del caffè. Chiuse gli occhi per un attimo, assaporandolo,
soffiò leggermente e poi bevve un sorso. Sbatté le
palpebre e arricciò le labbra, sorpresa dal sapore forte della
bevanda.
Ma come fanno a
bere una cosa del genere?
Elsa guardò
Christian, che aveva osservato il suo cambio d'espressione
ridacchiando, e per un secondo lo fulminò con lo sguardo,
lasciandosi poi andare a un sorrisetto divertito.
<< Credo che
dovrai aggiungere il latte. >>
Senza dire un
parola, Christian prese la tazzina, aggiunse un goccio di latte e la
restituì, assicurandosi che la sua mano entrasse in contatto
con quella di Elsa. La regina per poco non fece cadere tutto a terra,
visto che non si aspettava che le dita del ragazzo sfiorassero la sua
pelle con un tocco leggero che tuttavia lei sentì. Lo sentì
eccome. Scosse la testa impercettibilmente e assaggiò di nuovo
il caffè, trovando che fosse molto meglio grazie all'aggiunta
del latte e annuì in segno di approvazione.
<< E così
ti piace il caffè macchiato. Almeno so cosa prepararti quando
verrai al bar o quando verrò a trovarti io qui. >> disse
Christian.
<< In effetti
non è per niente male. Ne posso avere ancora? >> domandò
Elsa con uno sguardo che ricordava quello di una bambina la mattina
di Natale.
Lui inarcò un
sopracciglio e strinse le labbra per trattenere una risata.
<< Sai perché
le persone bevono il caffè? Per restare svegli. Tu non solo
non l'avevi mai bevuto ma se ne prendessi un altro passeresti la
notte in bianco e probabilmente anche quella dopo. >>
Elsa sentì le
guance diventare bollenti per l'imbarazzo, e prima che potesse
rendersene conto scoppiò a ridere, portando subito una mano
davanti alla bocca com'era sua abitudine fare. Anche Christian si
lasciò andare e insieme risero fin quando a entrambi non
vennero i crampi alla pancia.
<<
Allora, Elsa... >>
Il modo in cui aveva
pronunciato il suo nome aveva fatto correre un brivido lungo la
schiena della ragazza.
Che mi succede?
<< Perché
hai sempre le mani fredde? Cioè, non proprio fredde, diciamo
fresche. >> chiese Christian mentre si poggiava contro il
tavolino su cui si trovava il vassoio.
Elsa, che intanto
aveva iniziato a mangiare una brioche, per poco non si strozzò.
<< Io...
Veramente non lo so, le ho sempre avute così da quando ero
piccola. >>
Di certo non
posso dirgli il vero motivo.
<< Capisco. Io
sono il contrario invece, sai? Ho sempre le mani bollenti, anche
quando fuori c'è la neve come in questi giorni. >>
Elsa sentì di
arrossire di nuovo.
Sì, ho
notato.
Non rispose e si
limitò a mangiare in silenzio. Christian inclinò la testa di
lato e la osservò.
<< Ho detto
qualcosa che ti ha dato fastidio? >> domandò con
dolcezza.
<< Sì,
no, voglio dire... Io... No, sul serio. Tranquillo! >> si
affrettò a rispondere.
Bene, e da quando
parlo in questo modo? Anna è così, non io!
<< Mi stavo
solo chiedendo... Se hai fratelli o sorelle? >>
Christian le
sorrise, sollevato.
<< No, sono
figlio unico. Tu? >>
<< Ho una
sorella di tre anni più piccola, si chiama An- >>
Lui inarcò le
sopracciglia, curioso.
<< An- ? >>
Non dire la
verità.
<< Annabelle.
>>
Aveva sempre odiato
dire bugie, soprattutto perché le ricordavano quanto aveva
dovuto mentire in passato proprio a sua sorella. Christian le
credette e si voltò per prendere un piattino.
<< Qui c'è
un'altra brioche, te la lascio. Torno al bar, non voglio disturbarti
più di quanto abbia già fatto. >> le disse mentre
sistemava tutto.
Elsa si sentì
improvvisamente triste perché le piaceva stare in sua
compagnia e l'idea che andasse via le dispiaceva più di quanto
si aspettasse. Alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi
che chiaramente lasciavano capire la sua voglia di restare. Anche
Elsa lo voleva e, per una volta e senza pensarci troppo, si concesse
di lasciarsi andare.
<< Sono stata
bene con te. >> mormorò, coprendosi immediatamente la
bocca con la mano appena realizzò cosa significassero quelle
parole.
Christian le sorrise
teneramente.
<< Anch'io
sono stato bene con te. Magari... >>
La regina aspettò
che continuasse, col fiato sospeso.
<< Magari? >>
<< Non so,
potremmo vederci una sera e fare una passeggiata per il centro. >>
Elsa capì che
era proprio quello che intendeva Jane: Christian le aveva chiesto di
uscire con lui. La ragazzina le aveva spiegato che in quel mondo, a
differenza di Arendelle, quando un uomo propone a una donna di
vedersi significa che c'è dell'interesse. Elsa era ancora
convinta di essere pericolosa e la scoperta di quel libro su lei e la
sua storia ancora la turbava perché non voleva che le persone,
e Christian specialmente, la considerassero un mostro. Ma c'era una
parte di lei, minuscola e ignorata per tutto il tempo, che le urlava
di accettare; aveva passato poco tempo con quel ragazzo bello e
gentile, eppure sentiva di potersi fidare e di potersi concedere un
pizzico di libertà. Si era ripromessa di non lasciarsi
travolgere dal corso degli eventi che l'avevano portata lì ed
era convinta che, alla fine, una serata con un amico non le avrebbe
di certo fatto male.
Fu per queste
ragioni che sorrise e annuì energicamente, per la gioia di
Christian.
<< Una
splendida idea. >>
Lui sembrò
sollevato, e una volta preso in mano il vassoio si diresse verso la
porta, seguito da Elsa che lo aiutò tenendola aperta.
<< Grazie per
il caffè, sei stato molto gentile. >> gli disse
sorridendo ancora una volta.
Christian non
rispose subito e sembrò perso nei suoi pensieri per un attimo,
ma quando la ragazza stava per domandargli se stesse bene, lui la
sorprese chinandosi in avanti per posare un bacio delicato sulla sua
guancia. Elsa arrossì e si schiarì la gola quando
l'altro si allontanò; le sorrise, ammiccando anche, e tornò
al bar.
La giovane si
accorse di aver trattenuto il respiro solo quando sentì i
polmoni bruciare per la mancanza d'ossigeno e si passò
nuovamente una mano ghiacciata sulla fronte per calmarsi, ma appena
le tornava in mente la morbidezza della labbra di Christian sulla sua
pelle, il calore alle guance ritornava.
Chissà
come sarebbero quelle labbra sopra le mie... Ma che stai dicendo?!
Elsa scosse la testa
e tornò al suo lavoro. Mai aveva pensato una cosa del genere.
Non è che
tu abbia conosciuto tanti uomini in vita tua, le fece notare la
vocina nella sua testa.
La regina fece un
respiro profondo e continuò a sistemare sugli scaffali i libri
che erano rimasti a terra, senza però riuscire a togliersi di
dosso quella sensazione di impazienza e quel sorrisetto che, aveva il
presentimento, non sarebbe scomparso tanto facilmente.
Ciao
ragazzi!!!
Eccoci
qua con l'ottavo capitolo! :) Alloooora, che dire, questo capitolo
finora è il mio preferito perché, come abbiamo visto,
Elsa sta cominciando a lasciarsi andare e non solo ha ammesso di aver
passato un bel pomeriggio con Christian, ma ha anche accettato di
uscire con lui! Quanto sono cariiiiiini *-* (perdonatemi se ogni
tanto la fangirl che è in me impazzisce ^^). Anyway, come
sempre, mi piacerebbe conoscere i vostri pareri sul capitolo :)
Grazie
e alla prossima!
Sara
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Capitolo 9 *** Capitolo IX ***
Capitolo
IX
Nubi
nere coprivano il cielo e il continuo scrosciare della pioggia
rendeva impossibile vedere al di là di un paio di metri. Lampi
illuminavano a giorno le case e i tuoni che seguivano facevano
tremare le pareti degli edifici, compreso il palazzo reale. Onde
altissime smuovevano le acque del mare che circondava le Isole del
Sud e non facevano altro che rendere ancora più cupa
l'atmosfera del regno. La dimora dei principi si stagliava alta e
imponente rispetto alle altre abitazioni e le mura di pietra scura
incutevano terrore a chiunque osasse avvicinarvisi, specialmente
durante giorni di pioggia come quello.
Victoria
osservava dalla finestra della sala da pranzo le torri che si
stagliavano contro il cielo nero mentre mangiava pigramente delle
fragole, il cui colore era molto simile a quello delle sue labbra;
quella grande stanza le era sempre piaciuta, sin da quando era
bambina, sia perché era uno dei luoghi in cui lei e i suoi
dodici fratelli si riunivano sia perché, quando il re Gustav
non era in viaggio, ogni pasto diventava un gioco. A Victoria mancava
terribilmente suo padre, anche se non aveva mai versato una lacrima
per lui, neanche durante il funerale. Era convinta che mostrarsi
debole fosse un modo come un altro per invitare il proprio avversario
ad approfittare di lei, e quando anche Hans le era stato portato via
si era mostrata forte ma risoluta nel voler vendicare l'ingiustizia
da lui subita. Aveva rischiato, aveva trascorso quei due anni ad
esercitarsi e alla fine era riuscita a padroneggiare la magia oscura,
acquisendo un potere tale da lanciare un sortilegio di quella portata
sulla regina di Arendelle.
Elsa.
Era tutta colpa sua.
Sapeva che suo fratello aveva sbagliato a comportarsi in quel modo,
ne era consapevole, ma conosceva Hans come nessun altro ed era
convinta che il ragazzo avesse agito in quella maniera solo e
soltanto per ambizione, per dimostrare a lei e agli altri fratelli di
poter regnare, di essere qualcosa di più invece del
“tredicesimo in linea di successione.” Hans e Victoria ne
avevano parlato così tante volte che la ragazza ancora
ricordava le sue parole.
<<
Loro si sbagliano! Tutti quanti! >>
<<
E cosa vorresti fare, Hans? >>
<<
Andrò ad Arendelle e sposerò la regina Elsa, o al
massimo sua sorella. >>
Victoria
aveva scosso la testa, sconsolata di fronte alla testardaggine di suo
fratello.
<<
Hans, ti prego, anche se riuscissi a sposare la principessa Anna
aspetta che Elsa abdichi, non fare sciocchezze. >>
Le
labbra del principe si erano piegate in un ghigno e aveva guardato
negli occhi sua sorella.
<<
Lo sai che la pazienza non è il mio forte, Vic. >>
Victoria sospirò
al ricordo della loro ultima conversazione prima che Hans si mettesse
in viaggio per il regno di Arendelle. Oh, se solo le avesse dato
retta! Ma non importava, la principessa aveva tutto sotto controllo.
Non
preoccuparti fratello mio, ti ho vendicato.
Nonostante
avessero madri differenti i due ragazzi si somigliavano molto, visto
che erano identici al re Gustav. Inoltre avevano due caratteri molto
simili grazie ai quali il loro rapporto era sempre stato speciale e
di questo gli altri fratelli ne erano invidiosi, quindi spesso si
prendevano gioco di loro, anche pubblicamente ma mai di fronte al re.
Con lui i tredici principi sembravano delle persone completamente
diverse e questo, agli occhi di Victoria, era un buon motivo per
amare i pranzi e le cene in compagnia del loro amato genitore. Quando
il maggiore dei fratelli, re Elias, aveva fatto imprigionare Hans
senza concedere a nessuno la possibilità di vederlo, Victoria
era distrutta. Ancora soffriva per la morte del padre e aveva dovuto
sopportare anche la perdita del fratello a cui era più legata;
aveva bisogno di dare la colpa a qualcuno, di trovare un responsabile
per tutto quel dolore e, a suo parere, quel qualcuno era proprio la
regina di ghiaccio.
Victoria
sorrise compiaciuta al suo riflesso mentre pensava alla ragazza.
Chissà
come se la sta cavando.
Con
un movimento secco della mano si aprì una sorta di specchio
rotondo, circondato da denso fumo viola, che mostrava Elsa che
camminava per strada. La principessa inarcò un sopracciglio,
stupita dall'apparente spensieratezza della giovane, ma non se ne
preoccupò più di tanto.
Prima
o poi raggiungerai il limite, è solo questione di tempo.
Si
affrettò a far scomparire lo specchio con un altro gesto secco
quando sentì la porta aprirsi. Nel palazzo nessuno sapeva del
sortilegio o della sua magia. Si voltò e vide il principe
Fredrik avvicinarsi: di quattro anni più grande, lui e
Victoria avevano la stessa madre ma non avevano nulla in comune oltre
al colore dei capelli. Il principe si avvicinò alla sorella
tenendo le mani dietro la schiena, fermandosi accanto a lei per
seguire il suo sguardo al di fuori della finestra.
<<
Cosa ci fai qui? Non è ora di cena. >> cominciò
lui, voltandosi nella sua direzione.
<<
Avevo fame e volevo stare da sola, quindi se non ti dispiace... >>
rispose Victoria senza guardarlo.
Fredrik
sbuffò spazientito.
<<
Ti sembra questo il modo di rivolgerti a tuo fratello? A forza di
stare con quel ragazzino sei diventata irrispettosa come lui. >>
La
ragazza si girò di scatto, livida di rabbia.
<<
Smettila di dare sempre la colpa ad Hans per ogni cosa! Tu e gli
altri credete che sia lui il responsabile di tutto ciò che è
brutto o sbagliato, magari è responsabile anche di questo
temporale, vero? >>
<<
Attenta a come parli, Victoria. >>
La
voce bassa e tesa di suo fratello la fece zittire. Nonostante la sua
impetuosità, quell'uomo era riuscito sempre a incuterle un
certo timore, sin da quando erano piccoli.
<<
Non lo difendere sempre. Per colpa sua la vergogna si è
abbattuta sul nostro regno. Sapevi che nessuno è più
disposto a fare affari con noi dopo quello che è successo un anno fa? Ti sei mai preoccupata delle conseguenze invece di stare
dalla parte di quello sciagurato? Se nostro padre vedesse... >>
disse con rabbia Fredrik, riportando poi lo sguardo verso la pioggia
battente.
Victoria
sentiva un nodo in gola ma si impose con tutte le sue forze di non
cedere.
<<
Una seconda possibilità era tutto ciò che chiedevo per
lui. >> sussurrò.
<<
Una sec- Una seconda possibilità?! >>
Il
principe alzò di colpo la voce, spaventando la sorella.
<<
Il regno è in crisi per colpa sua e tu vuoi dargli un'altra
occasione?! È già un miracolo che la regina Elsa non
abbia congelato le Isole del Sud invece di Arendelle! Ma ora sarai
contenta, immagino. >>
Il
cuore della ragazza perse un colpo.
<<
Contenta di cosa? >>
<<
Oh, non hai saputo la notizia? Sua maestà è scomparsa
nel nulla, non si hanno notizie di lei da giorni. Pare sia stata
vittima di una qualche magia. Se non fossi sicuro che tu non hai
poteri, sicuramente saresti la prima di cui sospetterei e ti
consegnerei alla principessa Anna per farti giustiziare. >>
Victoria
sentì il suo sangue defluire completamente dal volto. Lui, suo
fratello, le aveva detto davvero quelle parole con una tale serietà?
Se lei avesse confessato tutto, davvero avrebbe lasciato che ad
Arendelle facessero di lei ciò che volevano, anche ucciderla?
<<
Mi dispiace per lei ma, a quanto pare, non sempre le cose vanno come
noi vogliamo. >>
Prima
che Fredrik avesse modo di replicare, la principessa si precipitò
fuori e corse lungo i corridoi fino a raggiungere la sua camera.
Ho
bisogno di Hans, devo parlargli, devo sapere che sta bene! Ma come
faccio?
Victoria
non sapeva dove si trovasse la prigione ma improvvisamente ricordò
una tecnica piuttosto complessa che aveva imparato tempo prima. Aprì
l'armadio e prese un lungo mantello col cappuccio, che si gettò
sulle spalle prima di posizionarsi al centro della stanza. Chiuse gli
occhi e, molto lentamente, riuscì a concentrarsi fino a
connettere la sua mente con quella di Hans, tanto da poter vedere con
i suoi occhi la cella in cui era rinchiuso, anche solo per un attimo.
Ma era più che sufficiente. Victoria sorrise con soddisfazione
e subito venne circondata da una nube viola, pronta a raggiungere il
suo adorato fratello.
Salve
gente!
Ho
deciso di dedicare questo capitolo a Victoria perché era da un
po' che non avevamo sue notizie. Mi sono soffermata sul suo rapporto
con i fratelli, introducendo il personaggio del principe Fredrik,
facendo anche qualche digressione sulla sua infanzia. Alla fine,
utilizzando una tecnica simile a quella di Gran Papà, Victoria
è riuscita a scoprire dove si trova Hans. Come andrà
l'incontro tra i due fratelli dopo un anno di lontananza? Se
vorrete, lo vedremo nei prossimi capitoli :)
Come
sempre, mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni, lo sapete bene ;)
A
presto!
Sara
|
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Capitolo 10 *** Capitolo X ***
Capitolo
X
<<
Insomma com'è andata l'altro giorno in libreria? >>
<<
Le hai chiesto di uscire? >>
<<
Vi siete già baciati? >>
Christian
sentiva la testa girare, tempestato com'era dalla miriade di domande
sfacciate di Elizabeth e Georgina. Lanciò alle ragazze
un'occhiata disperata prima di iniziare ad asciugare i bicchieri che
aveva appena lavato.
<<
Non vi pago per farmi l'interrogatorio! >> esclamò,
fingendosi arrabbiato ma fallendo miseramente.
<<
Oh ma dai! Sappiamo che ci vuoi bene. >> replicò
Elizabeth mentre gli dava un pugno scherzoso sul braccio.
<<
Sai che a noi puoi dire tutto, quindi parla! >> disse a sua
volta Georgina, inarcando un sopracciglio.
Il
loro capo, consapevole del fatto che non avrebbe avuto scampo,
sospirò e un sorriso gli prego le labbra appena ripercorse con
la mente il pomeriggio trascorso in libreria.
<<
Non ci siamo baciati e vorrei chiederle di uscire, farle vedere un
po' la città. Però non voglio affrettare le cose. >>
Georgina
gli toccò la spalla per attirare la sua attenzione.
<<
Che vuoi dire? >>
Christian
lasciò vagare lo sguardo per il locale mentre pensava alle
parole giuste.
<<
Per qualche motivo Elsa è, non so, speciale e non voglio
rovinare tutto. Non è come tutte le altre. >>
<<
Oh mio Dio. >> disse Elizabeth, sorpresa. << Chris, ti
stai innamorando di lei? >>
<<
Innamorando? No! Voglio dire... Penso che potrei. >> rispose il
ragazzo, abbassando lo sguardo.
Georgina
rise e si avvicinò a Elizabeth, allontanandola dal retro del
bancone.
<<
Parli del diavolo... >>
Christian
inizialmente non capì, ma quando seguì lo sguardo delle
sue amiche il cuore cominciò a battere più velocemente
perché, lì nel bar, era appena entrata la ragazza di
cui aveva appena confessato di potersi innamorare.
Elsa
si stava avvicinando e i suoi penetranti occhi blu ghiaccio erano
incatenati ai suoi e lo osservavano con incertezza e al tempo stesso
divertimento. Mentre la ragazza veniva verso di lui, Christian si
ritrovò a pensare che mai si era sentito così
emozionato, felice, impaziente e nervoso in presenza di una donna,
nonostante si fossero frequentati pochissimo; proprio per quel motivo
voleva procedere per gradi, desiderava conoscere quella giovane
misteriosa, indipendentemente dalla piega che avrebbe eventualmente
preso il loro rapporto. In cuor suo sperava di non metterla mai in
imbarazzo o di comportarsi male, anche involontariamente.
Magari
respirare e non sembrare un idiota totale sarebbe un buon inizio.
<< Ciao
Christian. >>
Venne riportato alla
realtà dalla dolcezza della sua voce, che aveva accarezzato il
suo nome come un guanto di velluto. Lo stava osservando con un
sorrisetto divertito e la testa inclinata di lato, in attesa di una
risposta. Lui non era una persona timida ma con Elsa si sentiva
strano, come se effettivamente si trovasse in presenza di una ragazza
che era qualcosa di più di quel che dava a vedere. Dato che il
silenzio stava diventando imbarazzante, Christian sfoderò il
suo onnipresente sorriso e chinò leggermente la testa in
avanti, come per accennare un piccolissimo inchino.
<< Buongiorno.
È da un po' che non ci si vede. >>
Elsa rise coprendo
istintivamente la bocca con una mano.
<< Non ci
vediamo solo da due giorni, non è così tanto in fondo.
>>
Christian posò
le mani sul bancone e vi si appoggiò, assumendo una posa
rilassata. Guardò la ragazza negli occhi e parlò con
una sincerità che, per un attimo, sorprese anche lui.
<< Vero, ma
sono stati due giorni dannatamente lunghi. >>
Elsa, chiaramente,
non si aspettava quelle parole e abbassò lo sguardo mordendosi
il labbro, ma poi alzò nuovamente la testa e gli sorrise
timidamente mentre anche lei, con i gomiti però, si poggiava
al bancone. Era la prima volta in cui non la vedeva con la schiena
perfettamente dritta.
<< Per fortuna
ora sono qui. >> disse la ragazza, continuando a sorridere. <<
Potrei avere un caffè, per favore? >>
Christian annuì
e si mise subito all'opera; mentre aspettava che la tazzina si
riempisse la sua attenzione venne momentaneamente catturata da
Georgina ed Elizabeth, che gli facevano cenni di approvazione e lo
incoraggiavano ad approfondire la conversazione. Lui rise e scosse la
testa mentre si voltava verso Elsa per porgerle il caffè, nel
quale versò un goccio di latte.
<< Come mai
ridevi? >> chiese la giovane, aggiungendo lo zucchero.
<< Nulla, è
solo che... >> si interruppe e decise di mettere in imbarazzo
le sue amiche. Si chinò ancora di più in avanti, tanto
che venne investito dal dolcissimo profumo di menta che
caratterizzava Elsa. Inspirò profondamente, approfittandone,
ma si affrettò a parlare quando vide le sue guance diventare
rosse. << Vedi le due cameriere? Ecco, mi stavano incoraggiando
a chiederti di uscire. >>
Elsa si voltò
verso di lui e inarcò un sopracciglio, fingendosi seria, ma
era evidente che stava trattenendo un sorriso. Eppure sembrava anche
nervosa.
<< E se fossi
io a chiederti di uscire? >>
Christian era
talmente immerso nel colore dei suoi occhi e incredibilmente
consapevole di trovarsi molto vicino a lei che ci mise un
attimo di troppo a rendersi conto di cosa aveva appena udito.
Non
ci credo!
<< Tu
lo stai chiedendo a me? >> domandò sconcertato.
<< S-sì...
Sono nuova qui e non ho visto granché, quindi pensavo che
potresti farmi da guida. Sempre che a te vada bene, ovviamente. Cioè
non vorrei- >>
Christian interruppe
il suo fiume di parole poggiando una mano sulla sua bocca,
accorgendosi che anche il suo respiro era freddo, proprio come la sua
pelle. Quel gesto istintivo era molto intimo, se ne rese conto
subito, ma rimase piacevolmente sorpreso nel constatare che Elsa non
lo aveva allontanato. Anzi, era immobile come una statua e nei suoi
occhi si poteva leggere lo stupore. Inoltre, Christian era divertito
dalla sua paura di un rifiuto.
Come
se potessi dirle di no.
<< Sarei
felicissimo di accompagnarti, non temere. >> le sussurrò,
abbassando la mano.
Elsa sembrò
visibilmente sollevata e gli sorrise, iniziando poi a bere il suo
caffè. Le sue guance erano più rosee del solito.
<< Domani è
domenica e non apro il bar nel pomeriggio. Ti passo a prendere alle
tre? >>
La giovane annuì.
<< Va bene,
dove mi porti? >> domandò Elsa, posando la tazzina vuota
sul piattino.
Christian assunse
un'espressione enigmatica e la guardò negli occhi.
<< Ti piacerà,
fidati, è un posto speciale. Però indossa vestiti
comodi. >>
Si fissarono per
qualche secondo, senza dire una parola, l'uno perso negli occhi
dell'altra. Elsa si schiarì la gola e scese dallo sgabello.
<< Devo
tornare a lavoro adesso, grazie per il caffè. Ehm... Quanto ti
devo? >>
Christian rise e
scosse la testa.
<< Non mi devi
nulla! Questo e altro per voi, vostra maestà. >>
La sua reazione lo
lasciò senza parole: la ragazza aveva alzato di colpo lo
sguardo dal portafogli che aveva in mano e lo guardava con occhi
sconcertati. Ma c'era qualcos'altro. In parte sembrava che a Elsa
avesse dato fastidio quell'appellativo e in parte sembrava che fosse
quasi abituata a essere chiamata in quel modo.
Forse
perché effettivamente si comporta come una regina e quindi è
una specie di soprannome?
Annuì
frettolosamente, rossa in viso, e si affrettò verso l'uscita.
<< Ok, allora
ci vediamo domani! >>
<< Ciao... >>
disse il ragazzo quando ormai la porta del bar era chiusa.
Subito Elizabeth e
Georgina si avvicinarono, fissando anche loro l'ingresso.
<< Che le hai
detto per farla scappare così? >> gli chiese Elizabeth.
Christian sbatté
le palpebre, tornando alla realtà.
<< Non ne ho
idea. >>
**
Jane era seduta sul
letto del piccolo appartamento sopra la libreria e aspettava che Elsa
uscisse dal bagno; era lì dentro da quasi mezz'ora, cioè
più o meno da quando la ragazzina era andata a trovarla prima
che uscisse con Christian. Dire che sembrava terrorizzata
dall'imminente appuntamento sarebbe stato un eufemismo.
<< Andrà
tutto bene, Elsa, fidati! >> ripeté Jane per l'ennesima
volta.
La voce dell'altra
arrivò attutita dietro la porta del bagno.
<< E se
dovessi agitarmi all'improvviso? Se perdessi il controllo e- >>
<< -qualcuno
si facesse male? >> finì Jane per lei.
Proprio in quel
momento Elsa aprì la porta e rimase sulla soglia, guardandola
con un sopracciglio inarcato.
La più
piccola alzò le mani come per difendersi.
<< Hey, l'hai
ripetuto così tante volte che ormai ho imparato le parole a
memoria! >> si giustificò.
La regina sospirò
e camminò verso il letto, sedendosi accanto a lei. Aveva
indossato dei semplici jeans neri, un paio di stivali dello stesso
colore e una camicia bianca; Jane, mentre sceglieva i vestiti, le
aveva fatto notare che effettivamente erano troppo leggeri vista la
neve e la temperatura all'esterno.
Il
freddo non mi ha mai dato fastidio,
le aveva risposto Elsa ammiccando.
Restarono in
silenzio per qualche secondo e Jane riusciva a sentire il nervosismo
della sua amica crescere con l'avvicinarsi dell'ora stabilita.
<< Non sei mai
uscita con un ragazzo, vero? >> domandò la ragazzina,
sperando di riuscire in qualche modo a calmarla.
Elsa la guardò
e scosse la testa, sorridendo appena.
<<
Ad Arendelle non si esce
con qualcuno, a meno che non lo si voglia sposare. Ma non è
questo il problema. >> rispose, abbassando poi lo sguardo sulle
mani che teneva strette a pugno contro le ginocchia.
Jane azzardò
sfiorarle leggermente il braccio.
<< E qual è?
>>
<< Io non...
>> cominciò la più grande ma si bloccò e
chiuse gli occhi; fece un respiro profondo e poi li riaprì,
fissando la parete di fronte a sé.
<< Mi sento in
colpa. >> sussurrò.
Jane stava per
chiederle il motivo ma venne interrotta da Elsa.
<< Dovrei fare
qualcosa per tornare a casa, cercare una soluzione e invece cosa
faccio? Una passeggiata con un uomo che conosco appena! Anna starà
facendo di tutto per aiutarmi ed è così che la ripago?
E poi sono pericolosa Jane, lo sai anche tu. Lo ero ad Arendelle,
figuriamoci qui. Sarei solo un mostro. >>
Aveva
parlato con durezza ma su quell'ultima parola, mostro,
la sua voce si era ridotta a un bisbiglio appena percettibile, come
se volesse rivolgersi più a se stessa che alla persona accanto
a lei. Jane provò una profonda tristezza per la considerazione
che Elsa aveva di sé, sicuramente dovuta a tutti gli anni
trascorsi in solitudine, con un potere più grande di lei.
L'unica persona che le aveva dato la forza di combattere era stata
proprio sua sorella Anna e la distanza che le separava non faceva che
affliggere la giovane regina, nonostante cercasse in tutti i modi di
reagire e non darlo a vedere.
Elsa aveva paura.
<< Senti,
tutto questo è nuovo per te e ti senti in colpa perché
te ne stai qui con le mani in mano. Ma guarda in faccia la realtà.
Cosa puoi fare, eh? Qui non c'è la magia, i tuoi poteri
funzionano solo perché fanno parte di te, perché ci sei
nata. Effettivamente non c'è nulla che tu possa fare, devi
solo affidarti ad Anna, e mentre sei qui puoi cercare di distrarti,
magari facendo una bella passeggiata con un ragazzo a cui piaci
molto. >> disse Jane, facendo l'occhiolino alla fine.
Elsa la guardò
dubbiosa.
<< Io gli
piaccio? Dici? >>
La più
giovane scoppiò a ridere, stupita che ancora non lo avesse
capito.
<< Anche un
cieco se ne accorgerebbe! Quando entri nel bar i suoi occhi si
illuminano e quando vai via diventa triste! >>
<< Comunque
sia, non posso permettermi questo genere di cose. Almeno credo... >>
replicò la regina, che scattò in piedi appena sentì
bussare alla porta della libreria.
<< Oddio, è
qui. >>
Il nervosismo nella
sua voce era palpabile e Jane si affrettò a indossare cappotto
e guanti, aspettando che Elsa facesse lo stesso con le mani che
tremavano leggermente. Sentì che la temperatura nella stanza
era diminuita di un paio di gradi.
<< Hey. >>
disse Jane per richiamare l'attenzione della ragazza.
Lei si girò
mentre sistemava le pieghe del cappotto nero che aveva appena
indossato.
<< Sì,
dimmi. >>
Si avvicinò e
prese le mani fredde della giovane tra le sue, che invece erano
coperte dai guanti.
<< Prometti di
passare un bel pomeriggio con Christian e di non pensare a niente se
non a divertirti? >> chiese la ragazzina.
Elsa le sorrise e
annuì.
<< Te lo
prometto. Grazie. >>
Jane
ricambiò il sorriso e la trascinò fuori
dall'appartamento. Insieme attraversarono la libreria e uscirono in
strada, dove Christian stava aspettando. Jane studiò il
ragazzo e notò che era davvero bello, più del solito:
indossava un paio di jeans, scarponi pesanti, un maglione nero a
collo alto e un giubbotto corto dello stesso colore. Come aveva detto
a Elsa, i suoi occhi brillarono appena si posarono sulla ragazza e
Jane le lanciò un'occhiata, contenta di vedere che anche lei
era molto felice di
vederlo.
<< Allora
buona giornata ragazzi! Ciao! >> esclamò la ragazzina e
si incamminò subito verso casa, senza dare loro il tempo di
rispondere e senza riuscire a contenere un sorriso.
Anche
tu meriti di essere felice Elsa.
Buonasera
fanciulli!!
Chiedo
scusa per il ritardo con cui pubblico questo nuovo capitolo ma in
questi giorni ho iniziato a vedere una nuova serie tv (oltre alle tre
che seguo già) e sono stata un po' presa XD Capitemi ^^
Allora, lentamente le cose tra Elsa e Christian si stanno evolvendo,
nonostante tutte le incertezze della nostra Ice Queen :) Meno male
che c'è Jane che la fa ragionare!!!
Fatemi
sapere cosa ne pensate ragazzi, lo sapete che ci tengo tanto :)
Sara
|
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Capitolo 11 *** Capitolo XI ***
A/N
Volevo
puntualizzare una cosa su cui non mi sono soffermata finora: tra il
nostro mondo e Arendelle il tempo non scorre allo stesso modo. Non
parliamo di anni ma solo di giorni. Tenetelo a mente anche per i
prossimi capitoli :) Enjoy!
Capitolo
XI
Il sole era
tramontato già da un pezzo e l'enorme distesa d'acqua sembra
un tutt'uno con il cielo privo di nuvole. C'era un silenzio quasi
irreale, interrotto solo dallo sciabordare lieve delle onde contro i
fianchi della nave. Il veliero aveva lasciato il porto di Arendelle
da ormai dieci giorni e, aiutato dalla magia, si avvicinava sempre di
più a destinazione.
Anna era in piedi
sul ponte, a prua, e fissava l'orizzonte che si estendeva davanti a
lei, come se in quel modo potesse accelerare i tempi e raggiungere le
Isole del Sud che, lo sapeva bene, erano ancora lontane. Il vento le
scompigliava i lunghi capelli rossi, mandando delle ciocche a
coprirle gli occhi ma a lei non importava, si limitò a
stringere ancora di più il mantello intorno a sé. Da
qualche giorno ormai toccava a mala pena cibo e dormiva lo stretto
necessario, se non di meno o affatto; il colloquio con Gran Papà
le aveva dato speranza e, per la prima volta, le aveva offerto una
soluzione concreta. Ma quella sensazione era durata ben poco. Col
passare del tempo Anna aveva cominciato a ragionare con lucidità
e piano piano si rese conto delle implicazioni di tutta quella
faccenda: avrebbe dovuto uccidere Victoria. La principessa era
disposta a tutto per riavere sua sorella ma... Togliere la vita a una
persona? Ne sarebbe stata capace? Il solo pensare che forse non ne
sarebbe stata in grado la faceva arrabbiare, e sapere che
effettivamente quel timore avrebbe potuto rivelarsi fondato le
spezzava il cuore. In parte tutto ciò, in un certo senso, le
sembrava che mettesse in dubbio la profondità del suo amore
per Elsa ed era quello il motivo per cui ultimamente riusciva appena
a chiudere occhio la notte: non sapere se avrebbe avuto il coraggio
di uccidere Victoria significava forse che sua sorella non era così
importante per lei? Perché Elsa non sarebbe più tornata
ad Arendelle senza la morte di quella donna. Anna emise un verso
carico di frustrazione e rabbia mentre poggiava le mani sulla
balaustra in legno. Non si era accorta che stessero tremando
violentemente.
Che
cosa devo fare?
Quella
domanda era diventata un vero e proprio tormento, e quando credeva di
aver finalmente trovato la risposta, tutto era precipitato di nuovo.
Era talmente presa da quello che le passava per la testa che non si
era accorta del marito che era uscito dalla loro cabina e saltò
vistosamente quando lui le sfiorò la spalla. Si girò di
scatto ma si rilassò subito appena lo riconobbe e gli lanciò
uno sguardo mortificato; Kristoff scosse la testa e l'abbracciò
da dietro, e Anna si abbandonò contro il suo petto.
<<
Fa freddo qui fuori. >> disse, stringendola a sé.
Anna
fece una risatina priva di qualunque traccia di ilarità.
<<
Questo non è niente. Sono stata congelata, ricordi? >>
Sentì
Kristoff annuire e poggiare il mento sulla sua spalla.
<<
Già. >>
Proprio
quel gesto, nella sua estrema semplicità, le ricordò
una cosa.
<<
Elsa, quegli ambasciatori resteranno altri due giorni e io ho bisogno
di te adesso! >> aveva esclamato Anna, lamentandosi.
Elsa,
in piedi dietro alla sua scrivania nello studio, aveva distolto lo
sguardo dai fogli che aveva in mano e guardò la sorella
fingendosi arrabbiata, quando invece era evidente che si stava
trattenendo dal sorridere.
<<
Cosa ci sarà mai di tanto urgente da farmi cancellare un
incontro con tre anziani e noiosissimi ambasciatori? >> chiese
con finto tono drammatico.
La
principessa si avvicinò e le prese la mano, trascinandola
fuori dalla stanza fino alla sua camera da letto. Per tutto il tempo
le ragazze non avevano fatto altro che ridere.
<<
Vuoi smettere di fare la misteriosa? >> domandò Elsa,
guardando la sorella.
Anna
le fece cenno di aspettare e raggiunse l'armadio, dal quale tirò
fuori un bellissimo vestito di seta bianca. Il suo abito da sposa,
stupendo nella sua semplicità. La ragazza lo adagiò sul
letto e si girò verso la regina.
<<
Anna, è meraviglioso. >>
La
più piccola sorrise.
<<
Lo è, vero? Però non so, è come se mancasse
qualcosa e pensavo che magari tu potessi dare un tocco di... magia.
>>
Elsa
inarcò un sopracciglio e si avvicinò a lei, studiando
l'abito; allungò le mani di fronte a sé e con dei lievi
movimenti delle dita fece in modo di ricoprire i bordi con dei
piccoli cristalli di ghiaccio. Anna ne rimase affascinata e osservò
il vestito a bocca aperta. Elsa si spostò dietro di lei e
l'abbracciò, senza mai smettere di sorridere.
<<
Ti piace? >>
<<
Adesso è davvero perfetto. Grazie. >> sussurrò
Anna.
La
regina poggiò il mento sulla sua spalla e sospirò,
felice.
<<
Non c'è di che sorellina. >>
Dopo anni e anni di
separazione, ogni piccolo gesto e ogni momento, anche se
apparentemente insignificante, aveva un valore inestimabile per lei.
Subito gli occhi di Anna si riempirono di lacrime, e nonostante i
vari tentativi, non riuscì a trattenerle e le lasciò
scorrere sulle guance, subito seguite da un singhiozzo disperato.
Kristoff, preoccupato, si mise di fronte a lei e la strinse ancora di
più contro il suo petto. La ragazza pianse, come se
effettivamente servisse a qualcosa ma sapeva che era tutto inutile.
<< Ho p-paura
Kristoff, n-non so che f-fare. >>
<< Cerca di
non piangere, ti prego. Adesso sappiamo cosa fare, no? Presto tutta
questa faccenda sarà finita e riporteremo Elsa qui da noi. >>
Anna continuò
a singhiozzare ancora per qualche minuto fino a quando non rialzò
la testa e guardò il marito con i suoi occhi verdi pieni di
lacrime, che si affrettò ad asciugare. Un sorriso triste e
stanco si fece strada sul suo volto.
<< È
assurdo. Io sono qui a lamentarmi quando invece è lei quella
che si trova da sola in un luogo lontano e magari anche spaventoso.
Vorrei solo non dover uccidere Victoria. >>
Il ragazzo corrugò
le sopracciglia.
<< Credevo che
fossi disposta a farlo per Elsa. >>
<< Lo so! Ma,
sul serio, pensi davvero che riuscirei a ucciderla senza battere
ciglio? >> chiese con una certa irritazione.
Kristoff le
accarezzò una guancia e posò un lieve bacio sulla sua
fronte.
<< Non ho
detto questo. Senti, quando arriveremo alle Isole del Sud cercheremo
di parlare con lei prima di fare qualcosa di drastico, d'accordo?
Potremmo chiedere anche ai suoi fratelli di sostenerci. Magari tutti
insieme riusciremo a farle cambiare idea. >>
Anna abbassò
lo sguardo.
<< Come se
fosse possibile... >>
<< Faremo
tutto il necessario. Avrai tua sorella, te lo prometto. >>
La principessa annuì
e lo abbracciò di nuovo, non prima di avergli dato un bacio
sulle labbra.
<< Ti amo. >>
Kristoff poggiò
una guancia sui capelli della moglie.
<< Ti amo
anch'io. >>
Holaaaa!!!
Questo
è un capitolo sostanzialmente privo di azione, molto più
concentrato sui pensieri della nostra Anna che, in effetti, non
vedevamo da un po'. Vi è piaciuto il flashback? L'idea di
inserirlo mi è venuta così di punto in bianco. Mi
farebbe davvero moooooolto piacere sapere cosa ne pensate di questo
capitolo :)
Love
y'all,
Sara
|
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Capitolo 12 *** Capitolo XII ***
Capitolo
XII
Elsa
guardava con curiosità il paesaggio che la circondava mentre
viaggiava in auto. Non si era mai allontanata molto dalla zona in cui
viveva e quindi tutto ciò che vedeva le sembrava incredibile:
persone che viaggiavano su delle strane biciclette senza pedali,
ragazzi che si mettevano in posa aspettando che qualcun altro
scattasse una foto (Jane le aveva dato qualche dritta), auto che
sfrecciavano accanto a quella in cui si trovava lei. Si voltò
alla sua sinistra e osservò Christian: guidava tenendo lo
sguardo fisso sulla strada ma evidentemente si era accorto degli
occhi di Elsa, perché si girò verso di lei e sorrise,
ammiccando. La ragazza fece a sua volta un sorrisetto imbarazzato e
tornò a guardare il panorama dal finestrino, ricordando il
momento prima di partire.
Appena
Jane li ebbe lasciati soli, i due ragazzi si guardarono e si
salutarono timidamente, come dei bambini. Elsa non aveva idea di come
comportarsi e Christian voleva impegnarsi a essere un perfetto
gentiluomo.
<<
Ciao. >> disse lei, infilando le mani nelle tasche del
cappotto.
<<
Ciao. >> rispose il giovane, sorridendo e avvicinandosi poi a
un veicolo che Jane aveva chiamato “macchina”.
Christian
aprì lo sportello sul lato destro e con un braccio l'invitò
a entrare, senza mai smettere di sorriderle, ma Elsa rimase immobile
nella sua incertezza.
<<
Hey, tutto bene? >> le chiese Christian, avvicinandosi a lei e
sfiorandole il braccio con una mano.
Di
certo non poteva dirgli che non aveva mai viaggiato in macchina, così
si abbandonò a una risatina imbarazzata e scosse la testa come
se nulla fosse.
<<
Certo! Sono solo curiosa di vedere dove mi porterai! >> rispose
con forse troppo entusiasmo, ma Christian fece finta di niente e le
indicò con un cenno l'auto.
<<
Vedrai, non essere impaziente. >>
Elsa
si accomodò al posto del passeggero e chiuse lo sportello,
subito imitata da Christian. Seguendo i suoi movimenti, la ragazza
agganciò quella che doveva essere una cintura di sicurezza e
aspettò che la macchina partisse. Ostentava tranquillità
ma dentro moriva di curiosità mista a un pizzico di paura;
saltò impercettibilmente quando il motore venne avviato e fece
un respiro profondo per ricomporsi. Sapeva di risultare ridicola, e
il solo pensiero che Christian potesse ritenerla tale non faceva
altro che aumentare la sua ansia. Tuttavia Elsa inspirò a
fondo e guardò la città attraverso il finestrino alla
sua destra, convinta che nonostante quel piccolo momento d'imbarazzo,
la giornata con Christian sarebbe stata fantastica.
<< Ti va un
po' di musica? >> domandò Christian, riportando la
regina al presente.
<< Uhm... Sì,
perché no? >>
Il ragazzo annuì
e cominciò a premere dei pulsanti; dopo qualche secondo, il
suono di un pianoforte si diffuse nel piccolo abitacolo, seguito da
una voce maschile.
Cause
all of me loves all of you
All
your curves and your edges
All
your perfect imperfections
Elsa chiuse gli
occhi, abbandonandosi a quella stupenda melodia e al significato
profondo di quelle parole.
<< È
bellissima. >> mormorò, dopo aver aperto di nuovo gli
occhi.
Christian continuò
a fissare la strada, mordendosi il labbro sovrappensiero e si voltò
nella sua direzione, guardandola con un'intensità che per un
attimo le bloccò il respiro in gola.
<< È
vero... Ma c'è di meglio qui al momento. >>
Prima che Elsa
potesse registrare il significato di quella frase appena sussurrata,
Christian posò la sua mano destra su quella della ragazza,
rendendo chiaro il messaggio. Il contrasto tra la sua pelle calda
contro la propria, che era invece sempre fredda, provocò una
strana sensazione nella giovane regina, una vera e propria morsa allo
stomaco che però, stranamente, era piacevole. Tuttavia scostò
la mano di scatto, in un modo che sorprese e fece corrugare le
sopracciglia a Christian, che le parve mortificato.
<< Ho fatto
qualcosa di male? Scusa, non volevo darti fastidio. >>
Elsa si era resa
conto di non aver agito correttamente nel momento stesso in cui aveva
ritirato la mano dalla sua stretta delicata, così decise di
rimediare e pensò che si sarebbe comportata meglio con lui.
Sapeva di piacergli, Jane glielo aveva fatto notare, ma si era resa
conto anche da sola che il suo interesse era palese e poi chi voleva
prendere in giro? Anche lei provava qualcosa per quel ragazzo bello e
gentile, un cavaliere dalla scintillante armatura che viveva in un
mondo dove, chiaramente, la cortesia era una merce piuttosto rara.
<< Non ha
fatto nulla di sbagliato, anzi... >> si interruppe per un
attimo e poggiò la mano su quella che Christian teneva sul
cambio. << Non me lo aspettavo ma di certo non mi ha dato
fastidio. >>
Il ragazzo guardò
brevemente le loro mani e portò poi lo sguardo su Elsa,
sorridendole con sollievo.
<< Ok allora.
>> e passò con gentilezza il pollice sul dorso, ignaro
di quanto quel tocco così semplice stesse facendo battere
furiosamente il cuore di Elsa, che ricambiò il suo sorriso
senza la minima esitazione.
Rimasero in silenzio
per il resto del viaggio, che tuttavia durò molto poco.
Christian parcheggiò la macchina nel grande spiazzo, dove se
ne trovavano molte altre, di fronte a un grande edificio che
sembrava fatto di...
<< Ghiaccio?!
>> praticamente urlò Elsa, sconvolta.
Christian ridacchiò
di fronte alla sua espressione e le diede una spinta giocosa con la
spalla, ma la ragazza non riusciva a emergere dal suo stato di totale
stupore.
Come
può esistere un palazzo di ghiaccio qui?! Qualcun altro... No,
non è possibile... Qualcun altro ha i miei stessi poteri?!
<< Chi l'ha
costruito? >> chiese con un filo di voce. Le sue mani erano
strette a pugno lungo i fianchi e sentiva che i palmi stavano
diventando decisamente freddi. Sapeva cosa significasse.
<<
Sinceramente non l'ho mai capito ma so che ci sono dei macchinari che
impediscono al ghiaccio di sciogliersi. L'hanno costruito in
pochissimo tempo, i soldi li ha messi un privato che voleva regalare
un castello di ghiaccio alla figlia come quello del film dove la
regina congela tutto. >>
Fiocchi di neve
cominciarono a cadere e il freddo divenne ancora più pungente.
Elsa inspirò lentamente a fondo più e più volte,
cercando di non dare nell'occhio ma sapeva che tutto ciò era
necessario; da quando aveva scoperto per caso quel libro in cui era
raccontata la storia sua e di Anna, era consapevole che in quel mondo
la conoscessero meglio di quanto pensasse ma di certo nessuno poteva
lontanamente immaginare che la regina Elsa fosse reale, e soprattutto
che si trovasse di fronte a un'enorme scultura di ghiaccio che un
uomo aveva fatto costruire per la figlia con l'intenzione di imitare
proprio il suo castello. Il pensiero, in un'altra situazione,
l'avrebbe fatta ridere ma in quel momento era troppo occupata a non
congelare Christian, che le si parò davanti e poggiò le
mani sulle sue spalle, piegandosi leggermente sulle gambe per
guardarla meglio negli occhi.
<< Hey. Stai
bene? >>
Elsa annuì
energicamente, sperando di risultare credibile, e fece un altro
respiro profondo. Gli sorrise perché in fondo era vero, stava
bene, e non avrebbe permesso che un finto castello di ghiaccio
le rovinasse l'umore. Per quel motivo non si sottrasse quando le mani
di Christian scesero lungo le sue braccia per fermarsi alle mani che,
con gentilezza, aprì per stringerle tra le sue. In silenzio si
avvicinarono all'entrata e Christian pagò i biglietti, ma
mentre si avviavano alla porta che li separava dalla zona fredda si
bloccò a metà strada e indicò il suo cappotto.
<< Avrai
freddo con solo quello addosso. Tieni. >> e tirò giù
la zip del suo giubbotto imbottito.
<< No, no, non
mi serve. Sto bene e poi saresti tu a morire di freddo! >> si
affrettò a dire Elsa.
Lui sorrise e fece
per sfilarsi l'indumento.
<<
L'importante è che tu stia bene, e poi ho due maglioni sotto.
>>
La ragazza lo fermò
poggiando le mani sul suo petto e subito un brivido le percorse la
schiena, ma di certo non era per il freddo. Christian la guardò,
stupito come lo era lei da tanta confidenza, eppure a nessuno dei due
dispiaceva.
<< Insisto. >>
In quella singola
parola Elsa racchiuse tutta la sicurezza che riuscì a mettere
insieme ed evidentemente fu sufficiente perché Christian, dopo
averla guardata negli occhi per qualche altro secondo, annuì e
si sistemò di nuovo il giubbotto sulle spalle ed Elsa tolse le
mani dal suo petto forte, sentendo subito la mancanza del calore che
avvertiva nonostante gli strati di lana che la separavano dalla sua
pelle. Si sentì arrossire al pensiero di quanto doveva essere
forte e scattante il suo fisico. La sua mente non si era mai
avventurata in certe riflessioni.
Finalmente entrarono
all'interno del castello vero e proprio: le pareti, il pavimento e il
soffitto erano fatti di ghiaccio che aveva delle brillanti sfumature
di azzurro e rosa che rendevano inutile qualsiasi altra forma di
illuminazione. C'erano dei piccoli divanetti, anch'essi ghiacciati, e
un piano bar ricoperto di brina dietro al quale una ragazza serviva
da bere agli altri ospiti. Elsa si guardava intorno, sorpresa di come
fossero riusciti a costruire una cosa del genere; non sentiva freddo,
visto che la più rigida delle temperature non le dava
fastidio, e con la coda dell'occhio notò che però
Christian aveva la punta del naso leggermente arrossata, anche se non
tremava, e stava osservando il castello con curiosità. Fece
scivolare una mano nella sua e subito due profondi occhi color
nocciola incontrarono i suoi.
<< Prendiamo
qualcosa da bere? >> gli chiese mentre già lo trascinava
verso il bancone.
<< Cosa vuoi?
>>
<< Quello che
prendi tu. >>
Christian fece un
cenno con la mano per chiamare la barista che si avvicinò
subito, sorridendogli.
<< Cosa ti
porto? >> gli chiese, provocante, chinandosi un po' in avanti.
Lui non sembrò
farci caso e ordinò due pepsi. La ragazza annuì e si
voltò per prendere dei bicchieri fatti di ghiaccio e versarci
del liquido scuro, senza smettere di lanciare sguardi piuttosto
eloquenti a Christian, che tuttavia la ignorò per tutto il
tempo. Ma Elsa, nonostante la totale indifferenza del ragazzo, era
piuttosto infastidita dal comportamento dalla barista che, secondo il
cartellino attaccato alla giacca termica, si chiamava Sharon.
<< Ecco a te.
>> disse, facendo ovviamente finta che lei non esistesse,
poggiando le bevande sul bancone.
Entrambi
sorseggiarono la pepsi e dopo un po' Christian si alzò in
piedi, rivolgendosi a Sharon.
<< Dove sono i
bagni? >>
<< In fondo a
quel corridoio, a destra. Posso accompagnarti se vuoi. >>
Non
ci posso credere, pensò
Elsa. Cominciò a battere le dita sulla superficie del bancone,
andando a inspessire impercettibilmente il ghiaccio che lo ricopriva.
Christian
scoppiò a ridere appena ebbe udito la proposta sfacciata della
barista e scosse la testa.
<<
No, grazie. >> disse poi si girò verso la ragazza alla
sua sinistra e si chinò verso di lei, che subito trattenne
quando le sue labbra le sfiorarono l'orecchio.
<<
Torno subito. >>
<<
O-ok. >> balbettò lei, guardandolo mentre si
allontanava.
Riportò
l'attenzione alla bevanda che non aveva mai bevuto fino a quel
momento.
Il
caffè, la macchina e ora questo. Quante cose nuove sto
conoscendo grazie a lui. E vogliamo parlare del sorriso sciocco
quando lo vedo o mi rivolge la parola? Non mi sono mai sentita così.
Sorrise
a quei pensieri ma subito tornò seria quando si accorse che
Sharon stava fissando il punto in cui Christian si era diretto.
Sentiva di avercela con lei nonostante non la conoscesse, e il modo
in cui si comportava in presenza del ragazzo la infastidiva. E molto
anche.
Lascialo
stare.
<< Certo che
il tuo ragazzo è proprio bello. >> disse di punto in
bianco, mandando su tutte le furie la regina. Ovviamente aveva dato
per scontato che i due stessero insieme e sapeva che aveva ragione
riguardo alla sua bellezza ma il fatto che manifestasse apertamente
il suo interesse per lui, con aria civettuola e malizia che sprizzava
da tutti i pori, la fece innervosire. Doveva fare qualcosa, senza
però perdere la sua dignità e cadere nel ridicolo.
Inarcò un
sopracciglio, come faceva sempre, e sorrise alla ragazza, fingendo
complicità, ma quando parlò il suo tono era talmente
gelido che il posto dove si trovavano a confronto era caldo come un
forno.
<< Sì,
il mio ragazzo è davvero perfetto. >>
Sharon abbassò
lo sguardo e fece in modo di non rialzarlo più, specialmente
quando Christian tornò dal bagno e terminò la sua
pepsi.
I due ragazzi
ripresero a camminare per i corridoi e scesero una rampa di scale
che, per la gioia di Elsa, portava a una pista di pattinaggio. Sentì
le sue labbra piegarsi in un grande sorriso e si girò verso
Christian, lanciandogli uno sguardo speranzoso. Lui scosse la testa e
sorrise imbarazzato.
<< Non sono
capace, mi dispiace. Vai tu, ti guarderò da qui. >>
<< Neanche per
sogno! Dai vieni, ti insegno come si fa. >>
Lui ci pensò
su un attimo e infilò le mani in tasca.
<< Ci ho
provato tante volte ma non sono mai riuscito a fare più di due
metri in piedi. >>
<< Mia sorella
sa pattinare perché gliel'ho insegnato io. E se ci è
riuscita lei di sicuro puoi farcela anche tu! >> disse la
regina, afferrandolo per un braccio senza dargli tempo di rispondere.
Affittarono due paia
di pattini e si diressero poi verso la pista, Elsa camminando con
sicurezza, chiaramente felice, e Christian con passo incerto ma allo
stesso tempo divertito. Appena le lame dei pattini toccarono il
ghiaccio, il ragazzo dovette tenersi alle barriere per non scivolare
e subito le sue guance si colorarono di rosso per la vergogna; Elsa
rise ma si affrettò a coprire la bocca con una mano mentre lo
raggiungeva, prendendogli le mani.
<< Piega un
po' le gambe e chinati leggermente in avanti. Scivola lentamente, un
piede alla volta. >> spiegò con calma e Christian
apprese subito, riuscendo a percorrere qualche metro in avanti mentre
lei procedeva all'indietro senza mai lasciargli le mani. Però
teneva ancora lo sguardo fisso sui piedi.
<< Non
guardare a terra. >>
<< Non è
facile! >> sbuffò lui.
<< Guarda me,
tieni gli occhi fissi su di me. >>
Christian fece come
gli era stato detto e subito i loro sguardi si incatenarono, mentre
entrambi scivolavano con facilità sul ghiaccio, senza cadere e
senza incertezze. Risero insieme ed Elsa lasciò le sue mani,
constatando che riusciva a tenersi in equilibrio senza problemi. Come
se fossero d'accordo si fermarono e si avvicinarono l'uno all'altra,
senza mai perdersi di vista. Il cuore impazziva nel petto di Elsa e
il modo in cui Christian la osservava le faceva girare la testa e
sentire le gambe deboli. Istintivamente portò entrambe le mani
sul suo torace e sentì quelle del ragazzo poggiarsi sui suoi
fianchi. Nonostante gli abiti, la pelle bruciava in quei due punti e
si rese conto che non voleva perdere quel contatto per nulla al
mondo. Gli occhi di Christian brillavano, intensi e profondi, come se
volessero conoscere i segreti più profondi della sua anima ed
Elsa si sentì di nuovo debole quando lui cominciò a
chinare la testa verso di lei, con una lentezza esasperante. La
ragazza schiuse le labbra, passandovi la lingua per inumidirle e
Christian seguì quel piccolo movimento con quella che poteva
essere definita solo fame. Chiusero gli occhi, i loro volti
erano talmente vicini che Elsa poteva sentire il suo respiro sulla
propria bocca e si ritrovò a pensare che desiderava quel bacio
più di ogni altra cosa al mondo. Proprio in quel momento però,
qualcuno passò velocissimo vicino a loro, sfiorandoli appena,
e tutti e due aprirono di scatto gli occhi e si guardarono intorno
spaesati; Elsa riportò poi l'attenzione su Christian, che le
sorrise e la prese per mano, portandola alla bocca per lasciare un
bacio leggero come l'aria sul palmo. La ragazza sospirò con un
pizzico di frustrazione al pensiero che quelle labbra sarebbero state
poggiate sulle sue se non fossero stati interrotti così
bruscamente.
<< Andiamo? >>
le chiese.
Elsa annuì,
non fidandosi della sua capacità di formulare una frase di
senso compiuto. Si sedettero sugli spalti che circondavano la pista,
si tolsero i pattini e li riconsegnarono, avviandosi poi verso
l'uscita; mentre camminavano, Christian prese la mano di Elsa, la
strinse e la ragazza fece scivolare le dita tra le sue,
intrecciandole con una naturalezza disarmante, come se lo facessero
da una vita. Durante il viaggio di ritorno i ragazzi non si
scambiarono molte parole, preferendo rimanere in un piacevole
silenzio, interrotto ogni tanto da risatine sommesse ogni volta che
l'uno sorprendeva l'altra a osservarlo e viceversa.
Una volta arrivati
di fronte alla libreria, Christian scese subito dalla macchina e si
affrettò ad aprire lo sportello dal lato del passeggero,
piegandosi in un inchino aggraziato.
<< Prego,
Vostra Maestà. >> disse con un finto accento inglese.
Elsa sorrise sia per
quello sia per l'appellativo e afferrò la mano che le porgeva.
L'accompagno all'interno del locale, fino in cima alle scale, dove
entrambi si sorrisero imbarazzati, incerti su cosa fare o dire.
<< Allora...
>>
<< Allora...
>>
Parlarono insieme e
subito scoppiarono a ridere, alleggerendo così l'imbarazzo che
si era venuto a creare. Elsa portò una mano alla bocca, come
al solito, ma smise immediatamente di ridere quando Christian le
strinse il polso con delicatezza e l'allontanò.
<< Non
nasconderti. Sei così bella quando ridi. >> e le baciò
quella stessa mano, prima sul dorso, poi su ogni nocca, senza mai
perdere di vista quegli occhi blu ghiaccio che lo osservavano rapiti.
<< Ho passato
una bella giornata con te. >> le disse quando ebbe finito.
<< Anch'io
sono stata bene. Dovremmo vederci ancora. >> replicò la
ragazza con una sicurezza che sorprese anche lei.
E se non vuole un
altro appuntamento? Non avrei dovuto darlo per scontato!
<< Mi
piacerebbe moltissimo. >>
Appena terminata la
frase, Christian si chinò e chiuse la distanza che c'era tra
loro, baciandola. La prima cosa che Elsa notò, oltre al suo
cuore che stava per esplodere, fu la morbidezza e il calore delle sue
labbra, così dolci ma allo stesso tempo decise contro le
proprie. La regina non aveva mai baciato nessuno, quindi non sapeva
cosa aspettarsi esattamente, ma sapeva che di certo che non sarebbe
potuto essere più perfetto di così. Quando si
separarono, Elsa rimase con gli occhi chiusi mentre aspettava che di
calmarsi, e quando li riaprì vide che Christian le sorrideva
con gli occhi che ancora gli brillavano.
<< Le
ginocchia... Le ginocchia si piegano. >> mormorò lei,
arrossendo.
Christian rise e le
accarezzò una guancia, sfiorando la pelle con il pollice.
<< Ti confesso
un segreto. >> disse sottovoce, avvicinandosi poi al suo
orecchio con fare cospiratorio. << Anche le mie. >>
Elsa scoppiò
a ridere e si voltò verso di lui, che stava ridendo a sua
volta.
<< Ci vediamo
domani? >>
Lei annuì e
si alzò sulla punta dei piedi per dargli un bacio veloce sulle
labbra.
<< Ci vediamo
domani. >>
Christian aspettò
che aprisse la porta e la salutò facendole l'occhiolino prima
di scendere le scale. Elsa chiuse a chiave e poggiò la fronte
contro la superficie di legno, trovandola piacevolmente fresca contro
la sua pelle bollente; con un dito si sfiorò le sua labbra e
pensò a quelle di Christian, che si erano subito adattate alle
sue come se fossero state fatte per unirsi. Sorrise felice e quella
sensazione di leggerezza ed eccitazione non l'abbandonò per
tutta la notte, impedendole di chiudere occhio e facendola fremere al
pensiero che il giorno dopo avrebbe visto di nuovo il suo cavaliere.
Si
sono baciatiiii!!!!!!!!!!! Finalmente!!!!!! Chiedo scusa per il
ritardo ma in questo periodo sto preparando due esami
contemporaneamente e quando arrivo alla sera non ho la forza di
mettermi a scrivere :( Ma eccomi qua con questo nuovo capitolo ^^
Allora la canzone che Elsa e Christian ascoltano in macchina, per chi
non lo sapesse, è “All of me” di John Legend
(meravigliosa *.*) e per il castello di ghiaccio mi sono ispirata
all' Ice Club di Roma (quando ero lì dentro speravo tanto di
incontrare Elsa,ma non sono stata fortunata ._.)
Mi
piacerebbe sapere cosa ne pensate, sarebbe davvero importante :)
Un
bacioooo!!!
Sara
|
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Capitolo 13 *** Capitolo XIII ***
Capitolo
XIII
Era
una splendida mattinata e il sole riscaldava con i suoi raggi la
pelle di Christian mentre si dirigeva con passo svelto verso la
libreria. Le sue labbra erano piegate in un sorriso che, dalla sera
prima, non accennava ad andarsene; era impaziente di rivedere Elsa e
il ricordo della sua bocca fredda e timida contro la propria non
faceva altro che renderlo ancora più desideroso di stringerla
tra le braccia. In poco tempo era diventata una presenza costante
nella sua vita e non poteva non ritenersi fortunato nel constatare
che anche lei provava qualcosa nei suoi confronti, che non l'avesse
respinto quando si era avvicinato un po' di più e che volesse
trascorrere altro tempo con lui.
Quando
aprì la porta della piccola libreria, Christian venne accolto
dal sorriso gentile della signora Wright, che stava scrivendo
qualcosa su un registro dietro la cassa.
<<
Ciao Christian, buongiorno! >> lo salutò con allegria.
<<
Buongiorno a lei. Come sta? >>
<<
Non c'è male ma sai, è sempre difficile riprendere a
lavorare il lunedì! >>
Il
ragazzo ascoltò la risposta della signora ma non riuscì
a evitare di dondolare con impazienza prima su un piede poi
sull'altro, e Leah se ne accorse subito perché gli fece
l'occhiolino con aria complice e indicò gli scaffali dietro di
sé, dall'altra parte del negozio.
<<
Elsa è lì dietro. >>
Christian
annuì con riconoscenza e subito si diresse in quella
direzione, dove la ragazza stava incollando le targhette con i prezzi
sui libri e gli dava le spalle, ignara della sua presenza. Si
avvicinò lentamente, senza far rumore e allungò le
braccia per coprirle gli occhi con le mani, facendo del suo meglio
per non ridere.
Elsa
sobbalzò, sorpresa.
<<
Ma cosa... >> cominciò a dire.
Il
ragazzo sentì subito dopo le sue dita fredde sfiorargli le
mani con delicatezza, quasi avessi paura di fargli male; il suo cuore
iniziò a battere come impazzito appena Elsa posò le
mani sui suoi polsi, stringendoli un po' per scoprire gli occhi e
voltarsi verso di lui, sorridendogli immediatamente. Christian rimase
ancora una volta abbagliato dalla bellezza della ragazza che si
trovava così vicino a lui, tanto che riusciva a sentire il suo
respiro freddo sul volto. Ciò però non gli dava
fastidio, anzi, gli faceva desiderare ancora di più di
baciarla. E così fece.
Chinò
la testa e poggiò le labbra su quelle morbide e fredde di
Elsa, che dal canto suo strinse le mani di Christian e mosse le
braccia facendo in modo che l'abbracciasse da dietro; il giovane
mugolò sorpreso, visto che non si aspettava tanta confidenza
da parte di Elsa. Schiuse le labbra per accarezzare le sue con la
lingua, che incontrò quella della giovane appena lei aprì
la bocca, presa in contropiede dalla passione che lentamente si stava
impadronendo di entrambi. Christian la strinse ancora di più
contro il suo petto e piegò maggiormente la testa per
approfondire il bacio, mentre tracciava dei cerchi invisibili sul
dorso delle sue mani.
La
ragazza fu la prima a interrompere il contatto e si girò fino
a trovarsi faccia a faccia con Christian per sfiorargli la linea
della mascella con l'indice, provocando un brivido lungo la schiena
del ragazzo, il quale le sorrise dolcemente.
<<
Buongiorno. >> mormorò.
Lei
arrossì di colpo, come se avesse appena realizzato quanto
profondo e appassionato fosse stato il loro bacio, ed evitò il
suo sguardo mentre sussurrava un timido “buongiorno” in
risposta.
<<
Hey. >> disse allora Christian, alzandole il volto con un dito
sotto il mento fino a incontrare i suoi occhi blu ghiaccio. <<
Che ti prende? Credevo fossi contenta di vedermi. >> continuò,
pizzicandole scherzosamente un fianco e riuscendo a farla ridere un
po'.
<<
Certo che sono contenta. È solo che... >> e si schiarì
la gola, senza proseguire.
Christian
rimase in attesa, continuando a fissarla, e inarcò un
sopracciglio quando Elsa strinse i pugni e li nascose velocemente
dietro la schiena; si chiese cosa potesse averla resa così
nervosa e imbarazzata all'improvviso, e allo stesso tempo una parte
del suo cervello realizzò quanto la temperatura dell'ambiente
fosse scesa di colpo, come se il sistema di riscaldamento avesse
smesso momentaneamente di funzionare. Tuttavia tutti quei pensieri
scomparvero di colpo appena la sentì sussurrare qualcosa a
voce talmente bassa che non riuscì a cogliere neanche una
parola.
<<
Come? >>
Elsa
strinse gli occhi e irrigidì ancora di più spalle e
braccia.
<<
Non ero mai stata baciata così! >> esclamò,
praticamente urlando.
Christian
rimase interdetto per un attimo però non riuscì a
trattenersi e scoppiò a ridere, ma si affrettò a
portare entrambe le mani contro la bocca appena la ragazza gli lanciò
un'occhiata di rimprovero, risultando però ancora più
adorabile.
Quindi
quello di ieri è stato il suo primo bacio? Oh oh.
Decise di metterla a
suo agio raccontandole un episodio della sua adolescenza di cui non
andava fiero. Per niente.
<< Sai che
quando sono stato baciato per la prima volta con la lingua sono quasi
svenuto? >>
Elsa inarcò
un sopracciglio, chiaramente incuriosita, e rilassò un po' le
spalle, pur continuando a tenere le braccia strette al petto. Il
ragazzo giudicò quel piccolo cambiamento un buon segno e
continuò.
<< Avevo
quattordici anni ed ero una vera frana. C'era questa ragazza, Emily,
che era la più bella del mio anno e avevo una cotta per lei
dalle medie. Una sera ci siamo ritrovati a una festa organizzata a
casa di un amico in comune , e mentre giocavamo a “obbligo o
verità”, lei ha dovuto baciarmi. Per fortuna ero seduto,
altrimenti mi sarei ritrovato a terra. >>
Christian sorrise
soddisfatto quando Elsa si abbandonò a una risatina divertita
e si avvicinò a lui, poggiando le mani sulle sue spalle;
nonostante il maglione e il cappotto che indossava, poteva
chiaramente avvertire quanto fossero fredde, più del solito.
Ma
com'è possibile?
<<
Quindi stai dicendo che ho reagito bene? >> gli domandò,
mordendosi il labbro inferiore in una maniera che fece ribollire il
sangue nelle vene del ragazzo.
<<
P-più che bene, sì. >> rispose con qualche
difficoltà, piacevolmente distratto dalle sue dita che erano
salite per accarezzargli i capelli sulla nuca.
Potremmo
inventarci una scusa e andare nel suo appartamento, così...
Aspetta, che?! Calmati idiota!
<< Ti chiedo
scusa. >> disse la giovane di punto in bianco, e poggiò
poi la fronte contro il suo mento.
Christian la strinse
immediatamente tra le braccia, preoccupato per quell'improvviso
cambiamento.
<< Che hai? >>
<< Non avrei
dovuto reagire così, insomma, non fraintendermi... Mi piace
baciarti. >>
Lui rimase in
silenzio perché sospettava che avesse altro da dire, e infatti
aveva ragione.
<< Io... Ci
sono così tante cose che non sai di me Christian. Mi rendo
conto di comportarmi in modo strano ma non è facile... >>
Colpito dalle sue
parole e dalla sua voce triste, piena di dolore, le prese il volto
tra le mani e la guardò negli occhi.
<< Che stai
dicendo? A tutti può capitare di avere degli sbalzi d'umore,
non devi scusarti per questo. >>
Elsa strinse le
spalle e si voltò, allontanandosi di qualche passo.
<< Magari
fosse così semplice... Credimi. >> mormorò a voce
così bassa che sembrava più rivolta a se stessa che a
lui.
<< E allora
com'è? >> domandò Christian raggiungendola e
posandole una mano sul braccio. << Permettimi di aiutarti. >>
Elsa si voltò,
le sopracciglia corrugate e le labbra strette in un'espressione di
vero e proprio dolore.
Cos'è
che non vuoi dirmi?
<< Non posso.
>> disse con voce spezzata. Gli occhi le brillavano, ma non di
felicità come il giorno prima. Quelle erano lacrime a stento
trattenute.
Christian si sentiva
impotente di fronte a quello sguardo. Non sapeva cosa le stesse
passando per la testa e aveva la netta sensazione che lei avesse
paura di spaventarlo, e che in qualche modo stesse anche cercando di
fargli capire che avere a che fare con lei fosse tutt'altro che
facile. Era come se una parte di lei volesse aprirsi ma l'altra
puntualmente le ricordasse che non poteva. Quel conflitto Christian
lo stava vedendo avvenire sul suo volto, con quelle labbra strette
che combattevano contro la volontà di liberarsi di un peso,
gli occhi lucidi che sembravano nascondere un dolore così
profondo da rischiare di spezzarla in due.
Io
ci sono per te.
Christian
l'abbracciò e lei nascose il volto contro il suo collo. Le
parlò con calma mentre le accarezzava dolcemente la schiena
per tranquillizzarla.
<< Ascoltami
bene, perché non te lo ripeterò un'altra volta.
Qualunque cosa ti porti dentro l'affronteremo insieme, ok? Sei troppo
importante per me e quando vorrai dirmi cosa ti tormenta io ti
ascolterò, ma fino ad allora voglio solo passare più
tempo possibile con te. Capito? >>
La sentì
annuire contro il suo collo e il suo cuore si strinse nel vederla
così fragile. Le baciò la tempia e portò poi le
labbra contro il suo orecchio.
<< Non devi
avere paura, ci sono io con te. >>
Elsa si scostò
quel poco che bastava per guardarlo, e prima che potesse dirle
qualcos'altro, Christian venne sorpreso dalla foga e l'urgenza delle
sue labbra che si muovevano esigenti contro la propria bocca . Lui
ricambiò, stringendola contro il suo petto, passando le dita
tra i suoi capelli biondi, e ricevette in riposta un sospiro di
apprezzamento mentre gli mordeva leggermente il labbro inferiore.
<< Elsa! Puoi
venire qui, per favore? >> chiamò la signora Wright.
I ragazzi
interruppero il bacio e si sorrisero, sentendosi dei bambini ripresi
dai genitori.
<< Arrivo! >>
urlò di rimando Elsa, che si sistemò velocemente i
capelli prima di guardare Christian di nuovo.
<< Devo
andare. >>
Lui annuì e
le accarezzò una guancia prima di baciarle la punta del naso.
<< Vuoi venire
a cena da me venerdì? >>
Elsa gli regalò
un sorriso talmente luminoso che avrebbe potuto illuminare una città
intera e si alzò in punta di piedi per baciarlo velocemente
sulle labbra.
<< Non vedo
l'ora. >> disse con voce bassa e sensuale.
Christian la baciò
un'ultima volta e l'accompagnò dalla signora Wright, che
squadrò con lo sguardo di chi la sa lunga prima le loro dita
intrecciate poi le loro labbra leggermente gonfie.
<< Ci vediamo
Leah. >> la salutò il ragazzo.
<< Buona
giornata! >> gli rispose, passando delle ricevute a Elsa mentre
due clienti entravano nella libreria.
La ragazza guardò
Christian ancora una volta e ammiccò sorridendo prima di
prestare attenzione a ciò che le veniva detto.
Il ragazzo chiuse la
porta alle sue spalle e si avviò verso il bar, sapendo che
quella settimana sarebbe passata troppo lentamente. Venerdì
avrebbe avuto un'ospite speciale e voleva che tutto fosse perfetto
per lei.
Elsa.
La mia ragazza.
Buon
pomeriggio!!!
Qui
sta diventando evidente che presto Christian ed Elsa dovranno fare i
conti con la verità. Cominciamo a vedere i primi segnali .-.
Anyway, che ve ne pare? Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
;)
Un
bacione,
Sara
|
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Capitolo 14 *** Capitolo XIV ***
Capitolo
XIV
Sapeva
che non sarebbe stato facile. Era consapevole del fatto che vivere
in quella maniera riuscisse a piegare anche i più forti. Ma
Victoria non avrebbe mai immaginato di trovare Hans in quelle
condizioni; lui, il suo amato fratello, sempre sorridente e pieno di
vita, sembrava un'altra persona.
Totalmente.
I
vestiti sporchi e rovinati che indossava non facevano altro che
evidenziare e accentuare la sua magrezza, un costante tremolio
scuoteva le sue mani, i capelli erano cresciuti tanto da coprirgli le
spalle e ricadere in ciocche scomposte davanti gli occhi privi di
luce e cerchiati da profonde occhiaie e i suoi bei lineamenti erano
nascosti dalla barba incolta.
La
prima volta che lo vide, Victoria scoppiò a piangere e ritornò
al castello in un attimo, schiacciata dal dolore immenso di vedere
Hans in quello stato. Immediatamente se ne pentì e si affrettò
a comparire di nuovo in quella prigione lontana, dove il ragazzo era
rimasto immobile a fissare il punto in cui era sparita la sorella;
Victoria provò a liberarlo da dietro le sbarre più e
più volte, ma non ci riuscì mai. Avrebbe voluto
distruggere tutto ciò che la circondava quando Hans le spiegò
il motivo:
“ I
nostri cari fratelli hanno fatto lanciare un incantesimo su queste
sbarre. Nessuno che abbia il mio stesso sangue può farmi
uscire e solo chi lo vuole davvero, quindi senza ricatti o inganni,
può liberarmi. Come vedi, sorellina, sono destinato a marcire
qui dentro.”
La principessa
sapeva che il re e gli altri avevano fatto stregare la prigione
perché immaginavano che lei avrebbe cercato di farlo scappare,
ma finalmente aveva rivisto il suo fratellino e decise che l'avrebbe
aiutato il più possibile.
Cominciò
dalle piccole cose, per farlo sentire un po' meglio, come grandi
sacche piene di cibo, vestiti puliti, sapone e recipienti d'acqua per
lavarsi. Una volta lo fece avvicinare alle sbarre per raderlo e
tagliargli i capelli. Giorno dopo giorno Hans ricominciò a
sentirsi meglio, più in forze, somigliando di più al
giovane principe di un tempo; nessuno dei due si preoccupò mai
che qualcuno avrebbe potuto notare i miglioramenti del prigioniero,
perché entrambi sapevano che nessuno sarebbe andato a
controllare. Il re e gli altri fratelli erano sicuri che Hans non
sarebbe mai potuto fuggire.
E Victoria non lo
accettò.
Un giorno era seduta
fuori dalla cella in cui era rinchiuso il fratello e lo stava
osservando mentre mangiava le provviste che gli aveva appena portato.
D'un tratto la giovane ruppe il silenzio, parlando più che
altro a sé stessa.
<< Non mi
piace arrendermi. >>
Hans alzò lo
sguardo su di lei e ingoiò prima di rispondere.
<< Neanche a
me, però ci sono delle situazioni in cui non si tratta di
arresa. >>
<< E di cosa
si tratta allora? >> replicò Victoria, sporgendosi
leggermente in avanti, come per sfidarlo.
Lui la fissò
impassibile, addentò il pezzo di pane che aveva in mano e
masticò lentamente, facendo innervosire la sorella.
<<
Accettazione, Vic. Bisogna riconoscere una causa persa quando la si
ha davanti. >>
La donna si passò
entrambe le mani sul volto e fece un respiro profondo. Perdere la
pazienza era l'ultima cosa che desiderava, soprattutto quando ancora
doveva capire perché il fratello parlasse in quel modo.
Fisicamente era tornato più o meno quello di prima, ma era
chiaro che dentro di lui qualcosa era cambiato.
<< Sei
cambiato, quasi non ti riconosco. >> disse, pensierosa. <<
Che fine ha fatto il principe disposto a tutto pur di salire al
trono? >>
Le labbra di Hans si
piegarono in un sorriso triste, amaro, più simile a una
smorfia di dolore.
<< Quel
principe si è reso conto di aver sbagliato. >>
Victoria rimase
interdetta e il ragazzo, non udendo risposta, continuò a
parlare.
<< Tu avevi
ragione un anno fa, prima che partissi per Arendelle. Mi dicesti di
non fare sciocchezze ma io non ti diedi retta ed ecco il risultato.
Avrei dovuto saperlo, avrei dovuto ascoltarti ma ero così
accecato dall'ambizione e dalla rabbia... >>
La principessa si
alzò in piedi e cominciò a camminare lentamente per il
piccolo ambiente in cui si trovava. Sì, aveva provato a far
ragionare Hans, sapeva che dal suo piano non sarebbe derivato nulla
di buono.
Victoria si fermò,
dando le spalle alla cella.
Il dolore che aveva
provato, e che provava ancora, l'aveva accecata e le rendeva
impossibile credere che suo fratello si fosse arreso al suo destino,
e soprattutto le impediva di non provare rancore verso la famiglia
reale di Arendelle.
Si voltò
verso Hans e lo guardò con intensità, le sopracciglia
aggrottate, eppure la sua voce quando parlò era
incredibilmente calma.
<< In ogni
caso tutto questo si sarebbe potuto evitare. Se solo Elsa- >>
Venne interrotta
all'improvviso dal principe, che scattò in piedi e si aggrappò
alle sbarre della prigione con forza, gli occhi pieni di una furia
sconosciuta.
<< No! Non ti
devi azzardare a dire una parola contro di lei! >> urlò.
Victoria non si
aspettava una tale reazione ma non indietreggiò di un
millimetro.
<< E perché?
Se ti trovi qui dentro è solo per colpa sua! >>
Hans rafforzò
la presa sulle sbarre, tanto che le nocche divennero bianche.
<< L'unico
responsabile sono io, capito? Io. Ho ingannato sua sorella,
l'ho lasciata a morire in una stanza, ho cercato di uccidere anche
Elsa e tu vieni a dirmi che è colpa sua se sono rinchiuso qui
dentro?! >> disse con calma, all'inizio, senza riuscire a non
alzare la voce ancora una volta man mano che si rivolgeva alla
sorella che, dal canto suo, aveva ascoltato senza battere ciglio,
decisa più che mai a non mostrare segni di pentimento per ciò
che aveva fatto.
<< Di' pure
quello che vuoi. Mi sono assicurata che paghi per averti fatto
condannare. >> replicò imperturbabile, con anche un
pizzico di orgoglio.
Hans poggiò
la fronte contro le sbarre, trattenendo il respiro.
<< Non l'hai
uccisa, vero? >> chiese con un filo di voce.
Victoria sorrise
compiaciuta e scosse la testa.
<< Oh no,
secondo me la morte è sopravvalutata. Vedi, pur con tutte le
torture possibili, morire è un processo fin troppo veloce.
Preferisco qualcosa di più lento, che si protragga nel tempo,
che la consumi lentamente nell'anima. >>
Un'altra domanda
appena sussurrata giunse alle orecchie della ragazza.
<< Che cosa
hai fatto? >>
<< Nei libri
di magia oscura ho trovato un incantesimo che ha il potere di
catapultare una persona in un mondo diverso dal nostro, una specie di
portale del tempo e dello spazio. È intrappolata in questo
mondo lontano, da cui non può fuggire, dove non è una
regina e dove di certo la magia non esiste. Le ho tolto sua sorella
Anna, quindi ciò che più ha di importante al mondo e
ora sto aspettando, sai? Per ora se la sta cavando bene ma è
solo questione di tempo prima che perda il controllo, e allora Elsa
verrà vista da tutti per quello che è. Un mostro.
>>
Hans si sedette
sulla panca in legno dove dormiva sempre, lo sguardo perso nel vuoto
mentre elaborava quel che aveva appena udito.
Victoria sorrise
soddisfatta. Sapeva che le decisioni prese e le sue azioni non erano
perfettamente razionali, però era comunque compiaciuta della
diabolicità del suo piano.
Si avvicinò
alla cella e si appoggiò pigramente contro il ferro freddo.
<< Suvvia,
fratello. La odiavi, no? >>
Hans alzò la
testa per guardarla negli occhi; senza perdere il contatto visivo
abbandonò la panca e si avvicinò a lei, fermandosi a
poche spanne dal suo volto.
<< L'unico
mostro che conosco sei tu. >>
Il significato di
quelle parole, la freddezza, il risentimento e la delusione con la
quale erano state dette, colpirono Victoria come un pugno allo
stomaco. Rimase allibita. Si aspettava la contrarietà, la
rabbia anche, ma non di essere chiamata mostro.
<< N-non dici
sul serio, vero? >> domandò allora, la voce leggermente
incerta per via delle lacrime che cominciavano a pizzicarle gli
occhi.
<< Sono serio.
>> rispose subito Hans, fissandola con implacabile ira. <<
Non voglio vederti mai più. >>
Il cuore di Victoria
perse un colpo.
<< Cosa?! No!
>>
Il principe allungò
di scatto una mano e afferrò una ciocca di capelli della
sorella, tirandole indietro la testa e facendola gemere di dolore.
<< Va' via da
qui e non metterci più piede. Mai. >>
Lasciò la
presa e le diede le spalle, rimanendo poi immobile.
<< Hans... >>
<< Ti ho detto
di andartene. >>
<< I-io... >>
<< Vattene
via! >>
Victoria credeva di
aver provato il dolore peggiore della sua vita quando Hans era stato
portato via un anno prima, credeva che non avrebbe mai più
potuto soffrire così tanto.
Si sbagliava.
La voce alta e piena
di rabbia del fratello riecheggiava nella prigione di pietra così
come riecheggiava nelle pareti del suo cuore.
Si lasciò
avvolgere dalla nube che in un attimo la riportò al castello,
nella sua stanza; si inginocchiò a terra, priva di forze,
privata di tutto. Non aveva più nulla.
Solo dolore.
Consapevolezza di
aver perso Hans per sempre. Ed era tutta colpa sua.
Elsa.
Victoria sorrise,
perché si rese conto che una sola cosa le era rimasta.
La vendetta.
Sono
tornataaaaaaaa!!!!!
Vi
chiedo scusa per il mostruoso ritardo, davvero, non ci sono
giustificazioni! Finalmente ecco un capitolo interamente dedicato a
Victoria e Hans; vi dirò, odio il principino con tutto il mio
cuore però alla parte più tenera di me piace pensare
che in un'altra vita non si sarebbe mai comportato così. Non
so, mi sento di dargli una possibilità, almeno in questa
storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi piacerebbe sapere
cosa ne pensate :)
Cercherò
di pubblicarne un altro prima della fine dell'anno. Ci proverò,
promesso!
Buone
vacanze a tutti e buon Natale!!!! :D
Sara
|
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Capitolo 15 *** Capitolo XV ***
Capitolo
XV
Quel
venerdì era la vigilia di Natale. Le case erano illuminate da
lunghi tubi con lucette colorate, i tetti innevati così come i
vialetti e nell'aria le voci allegre di bambini e adulti non facevano
altro che rendere l'atmosfera ancora più magica. La strada era
deserta, tutti erano con le proprie famiglie.
Elsa
però era diretta a casa di Christian per cenare con lui. Solo
pensare al suo nome le faceva battere il cuore all'impazzata e
accelerò il passo per arrivare al più presto alla sua
destinazione, stringendo a sé il cappotto nero. Aveva
trascorso la bellezza di un'ora e mezza davanti all'armadio,
terribilmente indecisa su cosa indossare quella sera; ad Arendelle
avrebbe saputo cosa scegliere, ma in quel mondo era tutto così
diverso, e per un attimo si era lasciata prendere dallo sconforto e
aveva addirittura pensato di non uscire di casa. Poi però si
era resa conto dell'assurdità della situazione: lei, una
regina, stava per annullare un appuntamento per cosa? Un problema di
guardaroba?
Neanche
per sogno.
Aveva
di nuovo passato in rassegna tutti i suoi vestiti e alla fine aveva
fatto la sua scelta: dei pantaloni di pelle nera molto aderenti,
scarpe lucide col tacco dello stesso colore e un maglione rosso con
una scollatura audace ma nei limiti della decenza. Quando aveva visto
il suo riflesso nello specchio, aveva sorriso soddisfatta,
soprattutto per la sua scelta di non legare i capelli, che quindi le
cadevano sulle spalle in morbide onde. Era uscita di casa in anticipo
per essere sicura di non arrivare tardi.
Christian
abitava di fronte a Jane, quindi nei pressi del campo in cui era
giunta col sortilegio.
Difficilmente
avrebbe potuto sbagliare strada.
Il
ghiaccio ricopriva l'asfalto lì dove la neve era stata tolta e
spostata verso i bordi del marciapiede, e avrebbe causato problemi
d'equilibrio a chiunque ma non a Elsa, che camminava con disinvoltura
sulla superficie scivolosa.
Intravide
l'abitazione di Christian sul fondo della strada e la sua mente
cominciò di nuovo a vagare, domandandosi per quale motivo il
ragazzo le avesse chiesto di cenare con lui proprio durante la
vigilia. Insomma, non aveva una famiglia con cui stare? O degli
amici? Sapeva che Christian era una persona estroversa e socievole,
di certo avrà ricevuto un sacco di inviti, eppure Elsa era lì,
a circa trecento metri dalla sua porta, col cuore a mille e la ormai
familiare stretta allo stomaco.
Possibile
che voglia davvero stare solo con me?
Elsa scosse la
testa, sbuffando spazientita; era inutile ormai porsi tante domande,
avrebbe scoperto tutto a tempo debito. Si passò una mano tra i
capelli, tirando indietro delle ciocche che erano andate a finire
davanti agli occhi.
Fu allora che lo
sentì.
Si
bloccò di colpo, un brivido di paura le salì lungo la
schiena. I suoi occhi saettarono in tutte le direzioni alla ricerca
di ciò che, per un attimo, le aveva fermato il cuore.
Inspirava piccole quantità d'aria, velocemente, quasi come se
il solo respirare fosse una mossa fatale, ma dopo un paio di minuti
in assoluta immobilità rilassò le spalle e sciolse
lo strato di ghiaccio con cui aveva ricoperto le sue mani, pronta per
un eventuale attacco.
Attacco?
Jane ha ragione, devo dormire di più. Ci mancavano le
allucinazioni.
Cominciò a
respirare regolarmente e riprese a camminare.
Elsa.
Si bloccò di
nuovo.
Stavolta lo aveva
sentito, ne era sicura.
Elsa.
Si guardò
ancora una volta intorno ma non vide nessuno, la strada era deserta e
illuminata dai lampioni e dalle luci delle abitazioni. Elsa abbassò
lo sguardo e vide l'asfalto sotto i suoi piedi sparire sotto uno
strato di ghiaccio ancora più spesso, un ghiaccio che sapeva
provenire da lei.
Controllati,
non lasciare che si mostri.
La regina strinse la
mascella con rabbia appena si rese conto di aver ripetuto mentalmente
il vecchio mantra che l'aveva accompagnata per tutta la sua vita.
Elsa!
Si voltò di
scatto, convinta che ci fosse qualcuno alle sue spalle, ma ovviamente
era sola. Non capiva da dove provenisse quella voce che continuava a
chiamarla, non aveva idea se fosse frutto della sua immaginazione o
se fosse reale, tuttavia la voce che continuava a sussurrare il suo
nome le era familiare.
Fin troppo.
Strinse i pugni e
accelerò il passo, cercando di non farsi prendere dal panico,
ma quella voce continuava a tormentarla.
Le
vecchie abitudini rimangono, non è vero? È difficile
smettere di scappare.
Elsa la ignorò.
Casa di Christian era sempre più vicina, poteva farcela.
Sì,
va' pure da quel ragazzo, come se davvero servisse a renderti
normale.
Chiuse per un attimo
gli occhi ma li riaprì subito, decisa a non lasciarsi andare.
Pensi
davvero che tutto questo sia sufficiente? Sei convinta che prima o
poi non scoprirà chi sei, che
cosa sei?
<< Smettila...
>> disse la ragazza a denti stretti. Le sue gambe continuavano
a muoversi, ormai si trovava a un centinaio di metri. Era arrivata
ormai. << Lasciami stare... >>
Tu
lo sai che ho ragione, Elsa.
<< Tu non mi
conosci. >> disse con più risolutezza. Sì, lei
non la conosceva. Quelle che aveva sentito erano solo chiacchiere,
niente di più.
Ma ormai lei
era nella sua mente, ed essere nella sua mente significava sapere
quali punti toccare per farle male.
Per farla soffrire.
È
vero, nessuno ti conosce. Sei sempre stata lontana da tutti, e noi
sappiamo perché, chi volevi proteggere.
Elsa non poteva fare
altro che proseguire, ma ormai il suo passo era diventato lento e
incerto, come se il suo corpo si stesse preparando al dolore che di
lì a poco l'avrebbe colpita, un dolore che purtroppo era
sepolto in lei, pronto a essere portato alla luce.
Ancora una volta.
<< No... >>
implorò, più a se stessa che ad altro.
Vedi,
è proprio questo il tuo problema. Più cerchi di
proteggerla, più finisci per farle del male. Ricordi il rumore
della sua mano contro la porta della tua camera?
La
voce di Anna che mi chiedeva di giocare con lei? Come potrei
dimenticarla...
Ricordi
il giorno in cui ha smesso di cercarti, convinta che tu non le
volessi bene?
Avrei
dato la mia vita per proteggerla da ciò che ero, e per questo
ho dovuto rinunciare a lei. Quando abbiamo parlato durante
l'incoronazione, per la prima volta dopo anni, credevo di sognare.
Ma
hai rovinato tutto, di nuovo.
Non
volevo...
Il
punto non è volerlo o meno, Elsa. Tu non meriti l'amore di tua
sorella.
<< Non è
vero. >> mormorò senza fiato, il peso sul suo cuore
diventava sempre più pesante e insopportabile. Il terreno
sotto i suoi piedi era ormai coperto di neve, le mani ghiacciate e
dei fiocchi di neve avevano cominciato a vorticare intorno a lei,
come accadeva ogni volta che era agitata.
Ne
sei proprio sicura? Cosa avresti fatto per meritare tanta
comprensione?
L'ho
protetta da-
No,
Elsa. Tu eri
ciò da cui doveva stare alla larga. Ma non sei stata attenta,
l'hai messa in pericolo quando eravate bambine e anni dopo, nel
palazzo di ghiaccio.
<< Fu un
incidente! >> esclamò con forza, punta nel vivo. Sapeva
che Anna non la incolpava, che l'aveva perdonata, ma era anche
consapevole del fatto che per quanto sua sorella cercasse di
tranquillizzarla, niente le avrebbe fatto cambiare opinione.
Elsa avrebbe vissuto
per sempre con il rimorso, pur continuando a ripetere a se stessa che
era stato un incidente.
Calde lacrime si
fecero lentamente strada sulle sue guance pallide, private ormai di
quella rosea eccitazione che le aveva animate fino a pochi momenti
prima, una pelle talmente fredda da trasformare quelle gocce d'acqua
in ghiaccio dopo poche frazioni di secondo. Non sapeva cosa fare,
sentiva che il suo potere si stava impossessando di lei, che il gelo
si faceva letteralmente strada nelle sue vene fino a premere per
essere lasciato andare. Ma Elsa resisteva ancora all'impulso. Non
voleva essere di nuovo così.
Non
sarò più quella di un tempo.
Cioè
non sarai più quella persona che ha gelato il cuore di sua
sorella? Non sarai più la ragione per cui Anna si è
sacrificata?
<<
Basta... >> mormorò la ragazza, avvertendo una fitta al
petto mentre con la memoria tornava inevitabilmente a quell'attimo
che non potrà mai cancellare, quando aveva preso tra le mani
il volto ghiacciato della sua amata sorella e aveva pianto tutte le
sue lacrime, maledicendo se stessa per non essere stata in grado di
proteggerla. Ricordò il contatto col suo corpo gelato,
immobile, privo di vita e l'angoscia che aveva provato nel constatare
che Anna, nonostante tutte le volte in cui era stata cacciata via,
aveva dato la sua vita per salvarla da morte certa.
Elsa
sentì le gambe tremare e istintivamente portò una mano
contro la corteccia di un albero lì vicino, che immediatamente
venne ricoperto da un sottile strato di brina.
Non
ce la faceva più.
Manca
poco ormai.
Basta
combattere ciò che sei. Per quanto proverai, per quanto
fingerai di essere normale, tutti vedranno quello che sei capace di
fare, quanta sofferenza puoi infliggere, quanto dolore!
Elsa ormai non
sentiva più nulla, solo quella voce che la tormentava e il
battere furioso del suo cuore che rimbombava nelle orecchie. La neve
intanto cominciò a cadere più fitta, la temperatura si
abbassò di colpo e la regina voleva soltanto che tutto
finisse.
Lasciami
stare.
Alzò la testa
e vide delle luci provenire dalla casa di fronte a lei, il luogo in
cui avrebbe dovuto trascorrere la vigilia di Natale con l'uomo di cui
si stava innamorando per la prima volta nella sua vita.
Christian...
Mi dispiace così tanto.
Non
ti vorrà più quando scoprirà la verità.
Avrà paura di te!
Sei
un mostro!
<<
BASTA! >>
Aveva
urlato con tutto il fiato, la rabbia, il dolore che aveva dentro di
sé, sepolti da un anno trascorso tra gli abbracci, i sorrisi e
le parole di Anna; ma sua sorella non era lì con lei, non
poteva dirle che tutto sarebbe andato per il meglio. Anche perché
quello che stava accadendo era l'esatto opposto.
Il
ghiaccio, ormai liberato dalla prigione che era il corpo di Elsa,
stava ricoprendo l'albero contro il quale era ancora appoggiata,
congelandolo dalle radici fino alle foglie che si trovavano alle
estremità dei rami più alti, e quella che prima era una
nevicata apparentemente normale era diventata improvvisamente una
vera e propria bufera.
A
Elsa restava solo la speranza che nessuno, soprattutto Christian,
avesse visto nulla.
Che
cosa ho fatto?
La ragazza cominciò
di nuovo a piangere ma si affrettò ad asciugare le lacrime,
con rabbia, consapevole che non si fosse ripresa subito non ne
sarebbe poi stata capace. Quelle parole l'avevano colpita con
durezza, l'avevano fatta sprofondare di nuovo nello sconforto, ma lei
non si sarebbe arresa. Non un'altra volta.
Allargò le
braccia, rivolgendo i palmi verso l'alto, e prese un respiro
profondo.
Non
tutto è perduto, puoi farcela. Pensa ad Anna. Puoi ancora
rimediare, nessuno si è accorto di te, pensa ad Anna. Pensa ad
Anna. Pensa ad Anna.
Sentì
immediatamente il suo volto rilassarsi e la tensione abbandonare il
suo corpo, e di conseguenza la bufera cessò di colpo, la
temperatura si alzò di qualche grado e il ghiaccio lentamente
si sciolse, fino a scomparire. Sorrise nel constatare che tutto era
tornato come prima.
Quasi
tutto.
Ora
la porta della casa di fronte a lei era aperta e il proprietario era
lì, in piedi. Elsa sentì il sangue defluire dal proprio
volto e le sembrò che il cuore avesse smesso di battere.
Christian.
Se ne stava
immobile, gli occhi increduli che la fissavano mentre una mano
stringeva lo stipite della porta con così tanta forza che le
nocche erano bianche. Nel suo sguardo c'erano stupore, confusione,
rabbia, tradimento... E poi vide ciò che più temeva,
l'emozione che sperava di non leggere mai in quelle iridi scure.
Paura.
Christian l'aveva
vista congelare l'albero, far nevicare, bloccare la bufera,
sciogliere il ghiaccio e aveva paura di lei.
Le sembrò di
trovarsi ad Arendelle, nel cortile del palazzo durante il giorno
dell'incoronazione, quando tutti l'avevano guardata con terrore,
quando le madri avevano protetto con il proprio corpo i loro figli e
il duca di Weaselton le aveva urlato “Mostro! Sei un mostro!”.
E così fece
come allora.
Iniziò a
correre.
I suoi piedi a mala
pena toccavano terra, talmente andava veloce. Nel giro di pochi
minuti raggiunse la libreria e l'appartamento in cui viveva. Chiuse a
chiave la porta alle sue spalle e si lasciò andare: si strappò
il cappotto di dosso, afferrò una delle sedie e la lanciò
verso la parete opposta, colpì il muro con un pugno e subito
uno spesso strato di ghiaccio ricoprì l'intero appartamento,
nascondendo le superfici in legno. Per tutto il tempo Elsa non aveva
smesso di piangere e urlare, travolta dalle emozioni che in quelle
settimane era riuscita a controllare ma che in quel momento non era
più in grado di celare.
La nostalgia di
casa, di Anna, del suo mondo, la consapevolezza di aver di nuovo
perso il controllo e di essere stata vista da Christian... Tutto era
tornato in superficie. Ed Elsa sapeva di non poter fare più
nulla.
L'appartamento era
ormai identico al palazzo di ghiaccio che aveva creato sulla montagna
del Nord ma la regina non provava quel senso di libertà come
allora, anzi, si sentiva in trappola..
Forti e
incontrollabili singhiozzi scuotevano le sue spalle mentre si
lasciava scivolare a terra, ormai esausta, sconfitta.
Ho
rovinato tutto.
Continuò a
piangere mentre l'inverno più rigido che potesse esistere
imperversava nell'appartamento e nel suo cuore.
Povera
Elsa :( Ecco il momento che tutti aspettavamo. Era questione di tempo
prima che Christian scoprisse la verità su di lei, ma così...
Che brutto :( Questo capitolo è stato un partoooo!!!! E vi
chiedo scusa per questo mese di attesa, sono stati trenta giorni di
fuoco O.O Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre piacere, lo
sapete ;)
Un
bacione e scusate ancora <3
Sara
|
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Capitolo 16 *** Capitolo XVI ***
Capitolo
XVI
Christian
sorseggiava il suo caffè in cucina mentre osservava la strada
dalla piccola finestra sopra il lavandino. Il Natale era la sua festa
preferita da bambino perché la mattina, appena si svegliava,
correva in salone dove trovava ad aspettarlo tantissimi regali e un
piatto pieno di biscotti al cioccolato; i suoi genitori, James e
Rose, lo raggiungevano dopo un po' per assistere alla sua gioia.
Tutto però era cambiato quando lui aveva dodici anni: a sua
madre venne diagnosticato un tumore inoperabile che la uccise nel
giro di pochi mesi, lasciando Christian e suo padre nella
disperazione.
Da
allora niente fu come prima.
Nonostante
gli sforzi di James, tutto era ormai intriso di quella tristezza che
non li avrebbe mai più lasciati. Gli anni passarono e
Christian credeva di aver trovato una sorta di equilibrio, un modo di
andare avanti nonostante la perdita della madre: James aveva deciso
di andare in pensione, lasciandogli il bar, ma la vita non aveva
smesso di metterlo alla prova. Un anno e mezzo dopo suo padre venne
colpito da un infarto che lo uccise e quello fu l'ennesimo colpo che
Christian dovette sopportare, ma ormai era cresciuto e fu in grado di
affrontare quella perdita in modo diverso, buttandosi a capofitto nel
lavoro, senza permettersi di lasciarsi andare. Non sono più
un bambino, si diceva nei
momenti più difficili, quando sentiva di crollare in giorni
come il proprio compleanno o a Natale. Sì, sapeva di essere
benvoluto dai suoi vicini di casa, dai clienti del bar, ma niente di
tutto ciò avrebbe mai potuto sopperire alla nostalgia dei suoi
genitori, al loro sguardo pieno d'amore, alla sicurezza che la loro
presenza gli dava.
Eppure, proprio
quando la sua vita sembrava aver raggiunto una sufficiente stabilità,
ecco apparire Elsa.
Al solo pensiero
Christian aggrottò le sopracciglia e poggiò la tazza
del caffè ormai vuota nel lavandino con irritazione.
Era convinto di
essere impazzito. Non poteva esserci altra spiegazione a ciò
che aveva visto. Com'era possibile una cosa cosa del genere? Le
persone non vanno in giro a congelare tutto o a far nevicare, non
poteva essere vero.
Però
Christian sapeva di non aver sognato, di non essere ubriaco e di non
aver avuto un'allucinazione.
Elsa aveva
sprigionato ghiaccio e neve dalle sue mani, non aveva dubbi, e non
sapeva come comportarsi e cosa pensare. Ecco perché cercava di
portare la mente altrove, di non ritrovarsi davanti il ricordo di
quegli occhi blu impauriti in cui aveva visto un dolore autentico,
accentuato dalla consapevolezza di averlo sicuramente spaventato.
Quello era un suo pregio, il non essere capace di nascondere i propri
sentimenti e pensieri; ciò comportava però l'incapacità
di accettare le bugie. Non le tollerava. La vita lo aveva messo a
dura prova da quando era bambino quindi sapeva di poter affrontare
tutto, anche la verità più terribile sarebbe sempre
stata meglio di una menzogna. Nel caso di Elsa si trattava più
che altro di omissione ma in quel momento non c'era molta differenza.
Si sentiva preso in giro, non sui sentimenti di Elsa, perché
sapeva che quelli erano sinceri, e non aveva idea di come affrontare
la situazione.
Mentre prendeva
cappotto e sciarpa per uscire di casa giunse alla conclusione che il
tempo avrebbe magari aiutato a vedere il tutto con più
obiettività e che magari evitare Elsa sarebbe stato meglio,
per quanto difficile gli risultasse. Si diresse subito a casa di Jane
per dare gli auguri di buon Natale a lei e ai suoi genitori, come
ormai era solito fare a ogni festività; i due coniugi lo
accolsero come se fosse effettivamente un membro della loro famiglia
e Jane passò quasi dieci minuti a parlare dei fantastici
regali che aveva ricevuto quella mattina, ma appena i suoi genitori
si scusarono con il loro ospite per andare a rispondere alla miriade
di telefonate per gli auguri natalizi, la ragazzina si zittì
di colpo e si accertò che i suoi genitori fossero
effettivamente lontani prima di riprendere a parlare.
<< Allora?!
Com'è andata ieri sera? >> chiese Jane con impazienza.
Christian avrebbe
tanto voluto evitare quella domanda ma sapeva che un interrogatorio
da parte della sua giovane vicina sarebbe stato inevitabile.
<< Ehm,
veramente- >> ma venne interrotto.
<< Elsa ancora
non si è fatta sentire stamattina. Le ho regalato un cellulare
che mio padre non utilizzava più e ho provato a chiamarla per
gli auguri e chiederle di ieri ma non ha risposto. Di solito è
più mattiniera di me, il che è tutto dire! Ne sai
qualcosa? >> disse con uno sguardo complice che aveva
sostituito il cipiglio iniziale.
Christian si passò
una mano tra i capelli, come faceva ogni volta che che era agitato o
nervoso, e guardò Jane con aria colpevole.
<< In
realtà... Diciamo che ieri sera non è andata bene, per
niente. >>
<< Che
significa? >>
Il ragazzo fece un
respiro profondo e raccontò quel che aveva visto la sera
prima.
<< Avevo
preparato tutto e la stavo aspettando in salotto quando mi è
sembrato di sentire la sua voce. Mi sono precipitato ad aprire la
porta, convinto di trovarmela davanti, e invece era dall'altra parte
della strada e proprio quando stavo per chiamarla la temperatura si è
abbassata di colpo e c'era tanta neve, saranno stati come minimo tre
metri. Adesso tu mi dirai che è inverno e che tutto questo è
normale, ma ti assicuro Jane che non è umanamente possibile
che una persona crei del ghiaccio con le proprie mani! >>
Christian era senza
fiato, tanto aveva parlato velocemente, e fissava la ragazzina in
attesa di una qualche reazione.
Sembrava
letteralmente scioccata...
<< L'hai vista
usare i poteri?! >>
…Ma non per
la ragione che si aspettava.
<< Poteri? Di
che accidenti stai- Tu lo sapevi? >> le chiese, sempre più
confuso.
<< Sono stata
io a trovarla quando è arrivata qui. >> spiegò
lei con pazienza.
Christian aggrottò
le sopracciglia.
<< Arrivata da
dove? >>
Jane fece un
colpetto di tosse e distolse lo sguardo.
<< Arendelle.
>>
<< Che?
Arendelle? Che razza di posto è? >>
Vide Jane fissarlo
pensierosa, come se fosse alla ricerca delle parole giuste per
spiegare qualcosa che, chiaramente, andava al di là di ogni
immaginazione. Christian si sentiva stanco, come svuotato, senza la
forza di inoltrarsi in una strada che già sapeva essere
difficile; si mise a sedere sul divano e alzò lo sguardo sulla
ragazzina di fronte a lui, che invece era rimasta in piedi.
<< Adesso mi
prenderai per pazza ma devi promettermi che ascolterai tutto senza
fiatare, okay? >>
Christian sospirò
mentre si passava una mano tra i capelli scuri, spettinandoli
leggermente, e incrociò le braccia davanti a sé, in
attesa.
<< D'accordo.
>>
Christian ascoltò
le parole di Jane con attenzione, senza interromperla neanche una
volta, e a ogni parola rimaneva sempre più scioccato, sicuro
di essere vittima di uno scherzo.
<<
Evidentemente qualcosa o qualcuno le ha fatto perdere il controllo
ieri sera. >> concluse Jane e si accomodò vicino a
Christian, che intanto stava fissando un punto imprecisato della
stanza mentre cercava di mettere in ordine la sua testa.
<< Quindi Elsa
sarebbe una regina arrivata da questa Arendelle all'improvviso e in
più sa controllare neve e ghiaccio? Come quella del film? >>
Jane gli fece
l'occhiolino e gli sorrise raggiante.
<< È
proprio lei, Chris! >>
Lui si alzò
in piedi e cominciò a camminare in lungo e in largo, passando
entrambe le mani tra i capelli più e più volte, fino a
quando non si fermò per abbandonarsi a una risata nervosa e
incredula allo stesso tempo.
<< Ti rendi
conto che tutto questo è ridicolo, vero? >>
Jane lo guardò
come se gli fossero spuntate le ali.
<< Io direi
incredibile. >>
<< Non è
possibile, okay? Non può essere la stessa Elsa del film,
semplicemente perché non esiste! >>
La ragazzina scattò
in piedi e lo raggiunse.
<< E come
spieghi la somiglianza allora? E il freddo improvviso quando lei è
nelle vicinanze? Ha addirittura l'accento norvegese! >>
Christian inarcò
un sopracciglio, come per sfidarla.
<<
Coincidenze. >>
<< Anche
quello che hai visto ieri sera? Credi sia una coincidenza o un
trucco? Non ti sto prendendo in giro Chris, è la verità.
>>
I due rimasero in
silenzio per qualche secondo. Gli unici suoni che potevano essere
uditi erano le voci dei genitori di Jane che parlavano nell'altra
stanza.
Christian sospirò,
sconfitto, consapevole che avrebbe anche potuto continuare a negare
l'evidenza all'infinito ma lei avrebbe sempre avuto la risposta
pronta; si mise di nuovo a sedere accanto alla sua giovane amica e
con le mani strofinò gli occhi stanchi prima di alzare lo
sguardo.
<< Non ci
capisco niente, è tutto così surreale... >>
mormorò.
Jane annuì e
alzò le spalle.
<< Lo so, ma
non è facile neanche per Elsa. Insomma mettiti nei suoi- >>
<< Vorrei solo
che me lo avesse detto, okay? È chiedere troppo forse? >>
la interruppe Christian con una ritrovata vena di rabbia nella sua
voce profonda.
<< No però,
come stavo cercando di dirti, mettiti nei suoi panni. Immagina di
avere un grande segreto e di andarlo a raccontare a un estraneo! >>
rispose Jane a tono, drizzando la schiena.
Christian corrugò
le sopracciglia e si fissò le mani, che teneva strette a pugno
contro le proprie ginocchia. Era davvero uno sconosciuto? Avevano
parlato un po', Elsa gli aveva detto qualcosa su di lei e lui aveva
fatto altrettanto. Sì, non si conoscevano da molto e avevano
ancora tanto da imparare l'una dell'altro ma comunque c'era qualcosa,
un sentimento che stava nascendo nel suo cuore come sicuramente in
quello di Elsa e che li legava nonostante lo scarso tempo trascorso
insieme.
<< E se ti
dicessi che provo qualcosa per lei? >>
Jane poggiò
una mano sulla sua spalla per attirare la sua intenzione.
<< Allora
aspetta di sentire la sua versione prima di prendere decisioni di cui
potresti pentirti. >>
Christian la guardò
e per poco non rimase a bocca aperta. Quella ragazzina aveva solo
tredici anni, eppure parlava come una donna adulta.
<< Da quando
sei diventata così saggia? >> le chiese, alleggerendo
l'atmosfera con una risata appena accennata.
<< Ne ho visti
di drammi esistenziali tra libri e serie tv. >> rispose
sorridendo divertita per tornare poi subito seria. << Sono
preoccupata, Chris. Risponde sempre al telefono e dopo quello che mi
hai raccontato ho paura che stia davvero male. >>
Al cambio di
argomento il volto di Christian si era fatto più cupo a causa
del senso di colpa.
<< Magari sta
ancora dormendo... >> provò a dire, ma lui stesso si
rese conto di quanto fosse ridicolo e lo stesso valeva per Jane.
<< Non ci
credi neanche tu. >>
<< No,
infatti. Dici che dovrei andare da lei? >>
Jane lo guardò
e annuì energicamente.
<< Ha bisogno
di te. Ora. >>
I'M
BACK BITCHES!!!!!
No,
sul serio, è un mese che non pubblico nonostante i miei sforzi
e le mie promesse. Avete il sacrosanto permesso di punirmi come
meglio credete. Purtroppo tra sessione d'esame all'università
e 27635336 serie tv e altrettante ship strappafeels (una fra tutte
BRITTANAAAAAA anche se sono ancora alla prima stagione di Glee) il
tempo per scrivere è mancato. Però ecco qui il nuovo
capitolo e spero che vi piaccia. As usual, fatemi conoscere le vostre
impressioni e/o critiche. I'M HERE FOR YOU ALL!!!
Sara
|
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Capitolo 17 *** Capitolo XVII ***
Capitolo
XVII
La
nave proveniente da Arendelle si trovava a un paio di miglia dalla
costa e i marinai si stavano febbrilmente preparando per attraccare.
Il porto al quale si stavano avvicinando sempre di più era
deserto, se non per un paio di vascelli abbandonati che venivano
dolcemente cullati dalle onde del mare, creando tuttavia uno
scricchiolio sinistro che si adattava in qualche modo al paesaggio
circostante: il molo e la piccola stradina sterrata che portava verso
il centro abitato erano anch'essi deserti, e al di là del
porto erano chiaramente visibili degli scogli altissimi, di almeno
cinque metri, che si stagliavano minacciosi sulle acque. Il sole era
oscurato da nuvole grigie cariche di pioggia ma il banco di nebbia
che circondava il tutto dava l'impressione che il regno delle Isole
del Sud non fosse abituato a esserne illuminato molto spesso.
Una
volta fissati gli ormeggi e sistemata la stretta passerella in legno
sul fianco della nave, la principessa Anna e suo marito Kristoff si
accinsero a scendere. Un passo dopo l'altro, la giovane capì
immediatamente quanto quel posto fosse diverso: ad Arendelle si
poteva chiaramente percepire quel senso di allegria e serenità
che aleggiavano per le vie piene di case dai muri colorati e dalle
finestre abbellite da fiori di tutti i tipi, nella piazza principale
i bambini giocavano chiassosamente e in generale tutto sembrava più
vivo.
Invece
lì Anna non sentiva nulla, se non il battito frenetico del suo
cuore e il rumore del proprio respiro. Ad accentuare l'inquietante
sensazione che il regno straniero creava nell'animo dei nuovi
arrivati vi era anche il freddo pungente, che penetrava nelle ossa e
che portò la principessa a stringersi istintivamente al
braccio di suo marito.
Insieme
a un gruppo composto da quattro guardie, i due sposi si diressero a
passo veloce verso la piazza, intorno alla quale le botteghe dei
commercianti erano aperte ma senza clienti al loro interno; Anna
intravide un uomo anziano, sui settant'anni circa, vestito con abiti
vecchi e logori, camminare lentamente verso la fontana al centro del
grande spazio e sedersi sul bordo con aria stanca, e decise di
chiedergli indicazioni su come arrivare al castello. Lei e Kristoff
si avvicinarono e quest'ultimo si schiarì la gola per
richiamare l'attenzione dell'uomo che, tuttavia, non alzò la
testa.
<<
Scusate. >> disse il ragazzo a voce alta.
Lo
sconosciuto alzò lo sguardo, quasi controvoglia, e subito due
penetranti occhi verdi si posarono su Anna e la fissarono con tanta
intensità che la giovane sentì un brivido tutt'altro
che piacevole percorrerle la schiena.
Perché
mi sta guardando in questo modo?
Inizialmente Anna
pensava che il vecchio fosse solo infastidito da loro due ma c'era
qualcosa in quelle iridi profonde che le fece cambiare idea.
<< S-sapreste
indicarci la strada per il castello di re Elias? >> chiese la
ragazza con un filo di voce.
L'uomo rimase in
silenzio, senza accennare ad aprir bocca, poi fece qualcosa
all'apparenza insignificante ma che fece aggrottare le sopracciglia
ad Anna: alzò la mano destra e tirò indietro il
braccio, sfiorando con la punta delle dita la spalla e il collo. Ciò
non avrebbe mai attirato l'attenzione della principessa, se non fosse
stato per quel breve istante in cui l'uomo si bloccò, come se
si fosse reso conto di aver fatto un gesto per abitudine quando
invece non avrebbe dovuto. Egli, per allontanare l'attenzione da sé,
indicò con la stessa mano una grande strada alla sua sinistra
e poi, sempre lentamente, si alzò e si allontanò senza
dire una parola.
<< Se qui sono
tutti così, potrei quasi capire perché Hans abbia
voluto andarsene. >> mormorò Kristoff con una punta di
sarcasmo.
Anna si voltò
verso di lui e lo guardò con curiosità ma non disse
nulla e si limitò a incamminarsi verso la via che era stata
loro indicata.
I principi
percorsero il sentiero che oltrepassava le abitazioni per inoltrarsi
nella foresta, che se possibile era ancora più spaventosa e
fredda, ed entrambi rimpiansero di non aver portato dei cavalli con
loro sulla nave, ma nella fretta della partenza quello era stato il
loro ultimo pensiero. Impiegarono più o meno quaranta minuti
per giungere a destinazione, e sia Anna sia Kristoff rimasero a bocca
aperta dinanzi all'imponenza litica del palazzo reale, un edificio
più grande di quello di Arendelle ma più antico e, a
giudicare dalle condizioni, piuttosto mal ridotto.
Appena le guardie
vennero a conoscenza dei loro nomi, i due sposi vennero subito fatti
entrare nel cortile interno e accompagnati al cospetto del re Elias
che, una volta informato della presenza dei due illustri ospiti, li
fece accomodare nel suo studio.
Anna era nervosa,
non aveva idea di come comportarsi di fronte al monarca di un paese
straniero e il motivo per il quale si trovava lì non l'aiutava
di certo.
Elsa
aveva a che fare con tutto questo, io non- Ma che fai?! Parli di tua
sorella al passato, come se fosse morta?!
La ragazza per poco
non si schiaffeggiò da sola per la rabbia verso se stessa, ma
proprio quel rinnovato vigore e la consapevolezza di essere in una
posizione di vantaggio nei confronti delle Isole del Sud per via
degli eventi passati le diedero il coraggio e la forza necessaria per
alzare la testa con fierezza e affrontare la delicata discussione che
l'attendeva.
<< È un
onore per me avervi qui, vostra Altezza. >> l'accolse il
monarca con un sorriso cordiale, prima di baciarle delicatamente la
mano per poi stringere quella di Kristoff.
<< Vorrei
poter dire lo stesso, sire, ma purtroppo non sono venuta in vacanza.
>> rispose Anna con gentilezza.
Elias annuì e
indicò loro le poltrone dall'altra parte della scrivania; una
volta accomodati, il re fece lo stesso e poggiò i gomiti sulla
superficie in quercia.
<< Allora,
cosa vi porta qui? >>
Il cuore di Anna
iniziò a battere di nuovo furiosamente e prese un respiro
profondo prima di parlare.
<< Si tratta
di vostra sorella Victoria. >>
Il re chiuse gli
occhi, sospirando, e la principessa immaginò che l'uomo si
aspettasse una cosa del genere.
<< Che cosa ha
fatto? >>
<< Ecco,
lei... Ha lanciato un sortilegio contro mia sorella Elsa, rilegandola
in un mondo parallelo al nostro, o almeno questo è quello che
ho capito... >> rispose Anna, abbassando la testa al ricordo di
quella notte terribile.
<< L'ha
uccisa? >> chiese subito il re, sinceramente preoccupato.
Anna scosse la
testa.
<< No. Resta
il fatto che Arendelle non ha più la sua regina e questo non
posso permetterlo. >> disse con voce ferma.
Rimasero in silenzio
per alcuni istanti, durante i quali Anna si voltò verso
Kristoff, che annuì in segno di incoraggiamento. Lei gli
regalò un sorriso appena accennato e si rese conto di essere
contenta di averlo con sé.
<< Come posso
aiutarvi? >>
Anna riportò
l'attenzione su Elias e si schiarì la gola.
<< Non mi
aspetto nulla da parte vostra, stiamo parlando di vostra sorella e
capisco quanto sia difficile per voi. Vorrei solo che mi diceste dove
si trova. >>
<< Non lo so.
>>
Le sopracciglia
della principessa si inarcarono per via della risposta.
<< Non lo
sapete? >> chiese Kristoff, egualmente sorpreso.
<< Mio
fratello Fredrik l'ha vista giorni fa e da allora è sparita,
nessuno ha più avuto sue notizie, ma l'esperienza mi ha
insegnato che è inutile tentare di cercarla. Sa nascondere
bene le sue tracce. >>
<< Deve pur
esserci un modo per trovarla. >> insistette Kristoff.
La risposta sembrò
scontata ad Anna.
<< Hans. >>
Suo marito la guardò
con aria interrogativa mentre Elias aveva un'espressione
indecifrabile sul suo volto.
<< Cosa
c'entra lui? >> domandò il più giovane.
Fu il re a
rispondere.
<< Lui e
Victoria sono sempre stati molto uniti. Sono i più piccoli e
questo li ha portati a supportarsi a vicenda da quando erano dei
bambini; quando feci imprigionare mio fratello, Victoria era
distrutta e supplicò di dargli un'altra possibilità ma
io non ne volli sapere, ovviamente. Così cominciò a
dire che era tutta colpa della regina Elsa... Ma non avrei mai
pensato che sarebbe arrivata a tanto. >>
Anna si rese conto
che la rabbia e il dolore poteva spingere una persona a compiere
azioni folli e sapeva che per reagire sarebbe stato necessario
comportarsi allo stesso modo.
<< Voglio
parlare con Hans. >> affermò con calma e decisione.
Per un secondo i due
uomini non risposero, ma quel silenzio fu interrotto da Kristoff, che
scattò in piedi.
<< Non se ne
parla nemmeno! >> urlò, furioso.
<< Kris- >>
<< Ha cercato
di ucciderti! Faremo in un altro modo, non ti avvicinerai a
quell'uomo! >>
Anna fece un respiro
profondo. Sapeva che avrebbe reagito così ma ormai aveva preso
la sua decisione.
<< Se anche ci
fosse, comunque ci vorrebbe troppo tempo e per quanto ne sappiamo
Elsa potrebbe essere in pericolo. Hans è in prigione, abbiamo
le nostre guardie e se anche lui fosse libero, io lo affronterei lo
stesso. Stiamo parlando di mia sorella, Kristoff, e io farò di
tutto per salvarla, anche rischiare la vita. >> disse con
ardore, e quando notò che il ragazzo non sapeva come
rispondere, si rivolse al re Elias.
<< So che è
difficile, vostra Maestà, ma è tutto ciò che vi
chiedo. Per favore. >>
Il sovrano si alzò
e fece il giro intorno alla scrivania per fermarsi davanti ad Anna,
che si alzò a sua volta quando il re la invitò a farlo;
le prese una mano e la strinse tra le sue con gentilezza, e la guardò
negli occhi.
<< Le azioni
di mio fratello hanno fatto precipitare il nostro regno nella
vergogna e nel disonore. Nulla potrà rimediare al dolore che
ha provocato sia a voi sia alla regina Elsa. >> e infilò
la mano sinistra in tasca per estrarre una chiave in ottone di medie
dimensioni, che consegnò ad Anna.
<< Una volta
usciti dal portone principale prendete il sentiero che porta verso le
montagne. Non è molto lontano da qui. Arriverete a un lago e a
qualche miglio vedrete delle grotte. Hans è rinchiuso lì.
>>
La principessa gli
sorrise e strinse la mano che teneva ancora la sua.
<< Grazie,
vostra Maestà. Non lo dimenticherò mai. >>
Il re annuì
ma sostenne ancora il suo sguardo. La giovane era sorpresa da quanto
simili fossero gli occhi dei tre fratelli che aveva conosciuto:
nonostante avessero madri diverse, tutti avevano quelle grandi iridi
verdi.
Sembrano
quasi...
Il cuore di Anna
perse un battito. L'uomo che avevano incontrato in piazza aveva gli
stessi occhi. Identici.
Com'è
possibile? No, è la mia immaginazione. Non possono essere gli
stessi... A meno che-
Tutto diventò
chiaro e la ragazza si maledisse per non averlo capito subito. Quel
gesto che l'aveva insospettita era esattamente quello che sembrava:
quell'uomo voleva spostarsi i capelli dietro l'orecchio. Era abituato
a farlo, anche se apparentemente erano troppo corti. Il motivo?
Quella
era lei.
Con un incantesimo
aveva fatto in modo di non essere riconosciuta e ciò spiegava
anche quel comportamento così ostile, soprattutto nei suoi
confronti. La paura assalì la principessa, che a malapena
riuscì a combattere il desiderio di accasciarsi a terra;
sapere quanto quella donna fosse stata vicina, e purtroppo ormai
irraggiungibile, fece capire ad Anna che non c'era tempo da perdere.
Lei e Kristoff vennero congedati e uscirono dalla stanza, tornando
verso il cortile interno, dove uno stalliere portò dei cavalli
per loro e per le guardie. Partirono subito al galoppo, percorrendo
il sentiero tra gli alberi alti e spogli, arrivando al lago nel giro
di dieci minuti; successivamente si diressero verso le grotte e
smontarono poi da cavallo per cercare quella in cui Hans era tenuto
prigioniero. Insieme alle guardie ispezionarono le pareti di roccia
fin quando uno dei soldati non richiamò l'attenzione degli
altri: a circa un metro e mezzo da terra, c'era una serratura scura,
quasi invisibile.
Anna fece per
inserire la chiave ma Kristoff la bloccò afferrandole un
braccio.
<< Io e le
guardie veniamo con te. >>
<< No, è
meglio che mi veda da sola. Se le cose dovessero mettersi male,
urlerò. >>
Kristoff stava per
replicare ma Anna non gliene diede il tempo, perché si alzò
in punta di piedi e lo baciò sulle labbra. Lui la strinse a
sé, e in quel bacio i due giovani riversarono tutta la
tensione e la paura accumulate in quei giorni; quando si separarono,
senza fiato, Anna poggiò la fronte contro quella del marito ed
entrambi chiusero gli occhi per calmare i propri cuori.
<< Fidati di
me. >>
Si girò
nuovamente verso la porta in legno massiccio e infilò la
chiave nella serratura, facendola scattare. Fece un respiro profondo
ed entrò nello spazio scavato nella roccia, chiudendo la
pesante porta alle sue spalle. L'interno era a malapena illuminato da
una piccola lampada a olio e la ragazza ci mise un po' ad abituare la
propria vista all'ambiente scarsamente illuminato; quando questo
accadde, la prima cosa che Anna notò quanto angusto fosse il
posto in cui si trovava e la mancanza d'aria per poco non le provocò
un capogiro.
<< Chi c'è?
>>
Anna trattenne il
respiro appena udì quel suono che le ricordò un passato
costellato di parole sussurrate e dolci sguardi. La principessa si
rese conto di quanto quella voce fosse diversa, di come avesse perso
quella spensieratezza che la caratterizzava. Si fece forza e si
avvicinò ancora di più.
<< Vic? Sei
tu? >> chiese la voce con più forza e forse un accenno
di rabbia.
Anna deglutì
e fece un ultimo passo, che le permise di vedere chiaramente quel che
era rimasto dell'affascinante principe: un corpo magro, con addosso
pochi stracci, le cui braccia erano poggiate sulle ginocchia e la
testa era china in avanti. Vista l'assenza di una risposta il giovane
alzò lo sguardo, e quella volta fu lui a trattenere il
respiro. I suoi occhi verdi erano immersi in quelli dell'ultima
persona che avrebbe mai creduto di rivedere, e per un attimo al
principe sembrò di avere un'allucinazione.
Ma poi sentì
la sua voce.
<< Ciao Hans.
>>
Eccociiiii!!!!
Ormai
è assodato che mi è fisicamente impossibile pubblicare
più spesso e per questo vorrei picchiarmi da sola. Ancora una
volta vi chiedo perdono. Vorrei cogliere l'occasione per
ringraziarvi, sia per le fantastiche recensioni e sia per seguire
questa mia storia che spero continui a piacervi. Sooooo, fatemi
sapere cosa pensate di questo nuovo capitolo ambientato nelle Isole
del Sud, se vi va!
Un
bacio!!
Sara
|
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Capitolo 18 *** Capitolo XVIII ***
Capitolo
XVIII
Elsa
non sapeva cosa fosse il freddo. A dire la verità, aveva
sempre cercato di immaginare quella sensazione ma, quando era
piccola, non se ne preoccupava più di tanto. Eppure, mentre
era rannicchiata a terra sotto la finestra del piccolo appartamento
in cui viveva, le sembrò di capire perfettamente cosa si
provasse: delle affilate lame invisibili le trapassavano il cuore,
facendolo a pezzi e lasciando nel suo corpo un senso di vuoto e gelo
che le impediva muoversi, che le impediva di respirare.
Da
quando era tornata lì, non si era più mossa: la schiena
era poggiata al muro, con le braccia abbracciava le gambe che erano
piegate e la sua testa era china verso il basso, gli occhi chiusi. Il
suo corpo era scosso dai singhiozzi e le mani erano strette a pugno,
le nocche bianche per lo sforzo; non aveva alzato lo sguardo da
quando aveva iniziato a piangere, perché sapeva che cosa
avrebbe trovato.
Ghiaccio.
Ancora
una volta nella sua breve vita, era circondata dal simbolo della
forza, ma che allo stesso tempo era sinonimo di tutte le sofferenze
che aveva dovuto patire. Era come se fosse tornata nel suo castello
sulla montagna del Nord: in fuga, sola, vittima dei pregiudizi.
Quella volta però non si sentiva libera, ma oppressa, e sua
sorella Anna non avrebbe bussato alla porta per farle cambiare idea.
Si
sentiva così in colpa, così arrabbiata con se stessa
per aver creduto di poter avere una vita normale. Purtroppo la realtà
si era presentata prepotentemente davanti a lei, come uno schiaffo in
pieno viso: per quanto si sforzasse, per quanto provasse a fingere
che tutto andasse bene, Elsa sapeva di non appartenere a quel mondo,
a quella vita. L'apparente facilità con la quale si era
inserita in una routine che credeva potesse appartenerle era,
chiaramente, un'illusione, una bugia che aveva continuato a ripetersi
per fuggire l'inevitabile: la perdita del controllo.
Quando,
poche settimane prima, era stata catapultata in quella piccola città
nel New Jersey, si era ripromessa di rimanere alla larga da chiunque
in quello che era convinta fosse un vero e proprio inferno; ma
vedendosi circondata da persone normali, gentili, identiche a quelle
che popolavano il suo regno, aveva cominciato a lasciarsi andare, a
permettersi di reagire alle difficoltà semplicemente vivendo.
Più e più volte aveva permesso alla giovane Jane di
aiutarla e in sua presenza si era sempre sentita capita e,
soprattutto, normale, perché lei sapeva chi era davvero e non
le importava. Aveva permesso a se stessa di abbassare le proprie
difese intorno alle persone che la circondavano e proprio ciò
le aveva portato l'ultima cosa che avrebbe mai immaginato di trovare
nella sua vita: l'amore.
E
quel sentimento poteva essere identificato con un volto, un nome.
Christian.
I
singhiozzi che scuotevano Elsa divennero ancora più forti
appena la sua mente si soffermò sul ricordo di quegli occhi
color nocciola che la guardavano come se al mondo non ci fosse nulla
di più prezioso, sul ricordo di quel sorriso timido che si
formava sul suo volto appena la vedeva, sul ricordo delle sue labbra
che la baciavano con sicurezza e affetto, sul ricordo di come il suo
cuore impazziva nel petto appena si trovava in presenza
di quel bellissimo ragazzo che l'aveva conquistata con la sua
confidenza, gentilezza e sì, anche con una cioccolata calda
versata accidentalmente sul maglione.
Purtroppo tutti i
bellissimi, seppur pochi, momenti trascorsi insieme dovettero far
spazio alle conseguenze di ciò che era successo la sera prima,
quando Christian l'aveva vista involontariamente usare i suoi poteri
e l'aveva fissata con uno sguardo spaventato, incredulo, uno sguardo
che finalmente aveva aperto gli occhi della povera ragazza nel
peggior modo possibile.
Lì, in quella
stanza che conteneva il più gelido degli inverni, Elsa non
aveva idea di come affrontare le conseguenze delle sue azioni, se non
fuggendo, come ad Arendelle; si sentiva persa nel tumulto di emozioni
che la perseguitavano dalla sera prima.
Victoria
ha ragione.
Sono
un mostro.
Proprio quando la
regina credeva che la situazione in cui si trovava non potesse
peggiorare, udì bussare alla porta che si trovava dall'altra
parte dell'appartamento. Per un attimo pensò che si trattasse
di Jane, ma si rese subito conto che i colpi erano stati troppo
forti, e la conferma giunse pochi istanti dopo, quando si sentì
chiamare da quella voce che credeva non avrebbe udito mai più.
<< Elsa! >>
La giovane alzò
di colpo la testa e i suoi occhi blu si posarono sulla porta, la cui
serratura era bloccata dal ghiaccio.
<< Elsa! Fammi
entrare. >> disse ancora Christian, bussando nuovamente, anche
se con meno forza. << Per favore. >>
La regina sentì
le proprie guance bagnarsi con altre lacrime e il cuore spezzarsi
nell'udire quel lieve tono di supplica nella voce dell'uomo di cui si
era innamorata, ma l'amore che provava per lui era esattamente il
motivo per cui non poteva metterlo in pericolo. Almeno, non più
di quanto di quanto avesse già fatto.
<< Va' via
Christian. >> rispose allora con debolezza.
Parlare le sembrava
così faticoso...
<< Non mi
muovo da qui finché non mi lascerai entrare. >>
Elsa si rese conto
che Christian non avrebbe mai ceduto, perché troppo testardo,
proprio come la sua Anna, e quel comportamento la spronò a
reagire e a parlare con più determinazione.
<< Non capisci
che voglio proteggerti? Perché dovete tutti starmi vicino
quando è chiaro che vi metto in pericolo? Prima mia sorella e
adesso tu... Lasciatemi in pace, non ho bisogno di nessuno! >>
Sentì
Christian sospirare pesantemente e una parte di lei sperò che
se ne andasse, che la lasciasse sola, come lo era stata per tutta la
vita; ma un'altra parte, quella che la incitava a buttarsi a
capofitto in quel nuovo sentimento che si era impossessato del suo
cuore, continuò a sperare che non rinunciasse a lei.
<< Ho i miei
dubbi al riguardo. >> gli sentì dire prima di vedere la
porta venire spalancata con una spallata.
Subito l'aria fredda
investì Christian, che di riflesso si strinse ancora di più
la sciarpa intorno al collo e socchiuse gli occhi per il fastidio
provocato dal gelo; appena i loro occhi si incontrarono, Elsa si alzò
di scatto in piedi, pur senza muovere un passo dal suo rifugio sotto
la finestra dai vetri ghiacciati.
Continuò a
fissare Christian, che lentamente si stava avvicinando, provocando
nella ragazza una tensione quasi automatica, un'abitudine vera e
propria, che la portò a stringere i pugni e a portarseli al
petto.
<< Non capisci
che sono qui per aiutarti? >> chiese il ragazzo con voce
sorprendentemente ferma, nonostante il suo corpo tremasse per il
freddo.
Elsa scosse la testa
e abbassò lo sguardo mentre piangeva sommessamente, incapace
ormai di sostenere la vista di quegli occhi colmi di preoccupazione.
<< I-Io ti ho
m-mentito per tutto questo tempo. >> rispose con aria
colpevole, << Non merito il tuo aiuto e-ed è pericoloso
p-per te essere qui. Ho quasi ucciso A-Anna, non voglio che succeda
anche c-con te. >>
<< Be', è
un peccato che la pensi così, perché non c'è
altro posto in cui vorrei trovarmi in questo momento se non qui
dentro, con te. >>
Christian, dopo aver
pronunciato quelle parole così cariche di significato, si
avvicinò e subito il corpo di Elsa si tese ulteriormente,
portando il ghiaccio che ricopriva l'appartamento a inspessirsi
ancora di più.
<< Non si
abbandonano le persone che si amano. >>
Gli occhi della
ragazza saettarono verso quelli del giovane, che le regalò un
sorriso dolcissimo.
<< Tu non sei
sola e non lo sarai mai. >>
Anna le aveva
ripetuto quelle stesse parole più e più volte ma
sentirle dire in quel momento, da un uomo che non era tenuto a starle
accanto e che, forse, si era innamorato di lei per quella che era
davvero, senza sapere nulla del suo triste e doloroso passato, le
fece provare una sensazione strana, nuova, una sensazione che stava
cominciando a scaldarle il cuore.
Christian allungò
le mani per prendere quelle di Elsa ma lei scosse energicamente la
testa e di riflesso si appoggiò ancora di più contro il
ghiaccio dietro di lei.
<< N-No, ti
prego... >> sussurrò con gli occhi sbarrati, impauriti.
<< Tu non mi
farai del male. >> disse a sua volta Christian con decisione
nel momento esatto in cui le loro mani entrarono in contatto. Le
portò alle labbra e posò un bacio delicato su ognuna,
senza mai distogliere lo sguardo da Elsa, che lo guardava con fiato
sospeso.
<< Non mi
farai del male. >> ripeté il ragazzo con un filo di voce
prima di azzerare la poca distanza che era rimasta tra loro.
Nessuno dei due si
mosse.
Il tempo parve
essersi fermato.
E proprio in
quell'istante, minuto, ora in cui rimasero immobili, Elsa cessò
di combattere. Si arrese ancora una volta al suo cuore nonostante
tutte le paure che la perseguitavano da una vita.
No, non avrebbe mai
potuto fargli del male.
La ragazza portò
le braccia intorno al suo collo e alzò di più la testa
per poter rispondere al bacio, gesto che portò Christian a
cingerle fianchi e spalle per stringerla a sé.
Le loro labbra si
muovevano con delicatezza ma al tempo stesso passione, desiderose di
esprimere sollievo, perdono, fiducia e, soprattutto, amore.
Quando si separarono
per riprendere fiato, entrambi si sorrisero e Christian iniziò
a baciare ripetutamente le guance della ragazza che teneva fra le
braccia, volendo cancellare ogni traccia di lacrime e tristezza dal
suo volto; Elsa, colpita dalla sua dolcezza, poggiò la testa
contro il suo petto e lo abbracciò forte, venendo subito
ricambiata.
<< Mi dispiace
tanto. Ci sono tante cose che non sai, devo spiegarti... >>
cominciò lei ma venne interrotta da Christian.
<< Non devi
scusarti. >>
L'allontanò
leggermente da sé per poterla guardare negli occhi e le
sorrise mentre le accarezzava una guancia.
<< Te l'ho già
detto, ricordi? Qualunque cosa accada, l'affronteremo insieme. >>
Elsa sentì
arrivare nuove lacrime e prima che potessero effettivamente scendere,
prese il volto del suo uomo tra le mani e lo baciò con
fervore, esplorando la sua bocca con la lingua, che subito entrò
in contatto con l'altra, provocando un lieve gemito a entrambi.
La passione e il
desiderio che provavano l'uno per l'altra cominciò ad
affiorare, ad impossessarsi dei loro corpi, e nel giro di pochi
attimi la schiena di Elsa fu contro la parete più vicina, le
sue gambe strette intorno ai fianchi di Christian, che la teneva
sollevata contro il muro senza il minimo sforzo.
Elsa non si era mai
sentita così viva, così libera di abbandonarsi agli
impulsi carnali del suo corpo; nella sua vita nessuno era mai
riuscito a farla sentire così amata e desiderata allo stesso
tempo.
La bocca del ragazzo
scese a baciarle il collo e la regina istintivamente chiuse gli occhi
e tirò indietro la testa, gemendo sommessamente.
<< Mi vuoi? >>
chiese lui con voce roca contro la sua pelle, premendo i fianchi
contro di lei, per poi alzare lo sguardo e incontrare gli occhi di
Elsa, diventati più scuri per il desiderio.
<< Sì.
>> rispose senza fiato. << Ora. >>
Poggiandola a terra,
Christian riuscì a sfilarle la maglia a maniche corte che
indossava e la lanciò in un punto imprecisato
dell'appartamento, subito seguita dal cappotto e dalla sciarpa di
lui. Quando però Elsa afferrò il bordo del suo maglione
e iniziò ad alzarlo per liberarsene, Christian la fermò,
sorridendole.
<< Il fatto
che tu abbia questi poteri è fantastico, e mi piace, ma non è
che potresti... ? >> e si guardò intorno per indicare
che l'abitazione era ancora completamente congelata.
Elsa scoppiò
a ridere e si rimproverò per non aver pensato che lui non era
immune alle temperature rigide; con un gesto della mano, tutto il
ghiaccio cominciò a sgretolarsi e ad evaporare, portando la
temperatura della stanza a un livello accettabile.
Una volta terminato,
Christian venne scosso da un brivido per via cambiamento termico, e
così permise alla bionda di sfilargli il maglione.
Elsa non aveva mai
visto un uomo a petto nudo e subito, con una curiosità e una
confidenza che sorpresero anche lei, andò a percorrere con la
punta delle dita le linee dei muscoli scolpiti che aveva davanti; le
sue mani erano ancora fredde, come sempre, anche se non come pochi
minuti prima, e provocarono altri brividi al giovane, soprattutto
quando cominciarono a scendere fino a fermarsi al bordo dei jeans.
La ragazza arrossì
di colpo ma si fece coraggio, e il suo sguardo era divertito quando
si posò di nuovo sul volto di Christian.
<< Dovrai
abituarti al freddo. >> mormorò con una sensualità
che non credeva le appartenesse.
Lui sorrise e la
baciò velocemente sulle labbra mentre le cingeva i fianchi con
le mani e la premeva contro il suo corpo, facendole sentire così
quanto la desiderava.
<< Credo
proprio di poterlo fare. E ora, mia regina... >> e la prese di
nuovo in braccio, portandola sul letto e sdraiandosi poi su di lei.
<< Dove
eravamo rimasti? >>
Incredibile,
sono tornata! In questo mese è successo DI TUTTO. Esami,
problemi in famiglia, dannato blocco dello scrittore... Caos più
totale! Ma eccomi qua con quello che penso sia uno dei capitoli più
importanti di tutta la storia, una specie di plot twist, se vogliamo.
Ora più che mai è importante che mi facciate sapere
cosa ne pensate, sia per quanto riguarda il capitolo ovviamente sia
per spazzare via gli ultimi rimasugli di blocco ^^
Un
bacione e grazie :D
Sara
|
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Capitolo 19 *** Capitolo XIX ***
Capitolo
XIX
<<
Ciao Hans. >>
Un'allucinazione.
Per
quanto piacevolmente inaspettata, era pur sempre frutto della sua
immaginazione. Doveva esserlo.
Perché
non poteva esserci altra spiegazione alla sua
presenza in quel posto dove avrebbe trascorso il resto della sua
vita.
Eppure,
col passare dei secondi, era sempre più convinto che Anna, la
ragazza che aveva cercato di uccidere un anno prima, era proprio lì
davanti a lui, con i grandi occhi verdi pieni di angoscia e stupore.
Evidentemente non si aspettava di trovarlo in quelle condizioni, così
diverso da quello che era stato un tempo.
La
principessa invece era sempre la stessa, con quelle lentiggini che
accentuavano la dolcezza del suo volto, il quale però, in quel
momento, tradiva emozioni tutt'altro che piacevoli.
Hans
decise di parlare, prima che il disagio per quella situazione
diventasse ancora più insopportabile di quanto non fosse già.
<<
Ti chiederei cosa ci fai qui ma credo di poterlo immaginare. >>
Anna
abbassò per un attimo lo sguardo, osservando le proprie mani
che torturavano un lembo del mantello che indossava, per poi
rialzarlo per guardarlo negli occhi.
<<
Tua fratello mi ha detto che tu e Victoria siete molto legati. >>
Il
principe annuì molto lentamente e il fantasma di un amaro
sorriso gli piegò le labbra.
<<
Lo eravamo. >>
<<
Che vuoi dire? >> chiese Anna.
<<
Proprio quello che ho detto. Eravamo molto uniti, da sempre, ma le
sue deplorevoli azioni di recente mi hanno fatto dubitare di aver mai
conosciuto davvero mia sorella. >>
La
principessa inarcò un sopracciglio, come faceva quando
dubitava di qualcosa.
<<
Deplorevoli azioni? Queste parole hanno un non so che di comico, sai,
dette proprio da te. >> ribatté la ragazza con una punta
di sarcasmo.
Hans
sospirò e si alzò in piedi per raggiungere le sbarre
che li separavano e vi si appoggiò stancamente; piegò
la testa di alto, studiando la persona che aveva davanti a sé,
e casualmente lo sguardo cadde sulle dita della mano sinistra di lei,
dove era ben visibile una fede nuziale in oro. Per un breve attimo il
ragazzo provò una fitta di gelosia, ma non per Anna, piuttosto
per la vita che avrebbe potuto avere se avesse dato ascolto a
Victoria. Una vita, con moglie e figli, che ormai non aveva più
il diritto di pretendere.
Furono
quei pensieri così tristi e malinconici che lo portarono a
parlare con totale sincerità.
<<
Fino a un anno fa mi sono sempre chiesto che senso avesse condannare
un uomo a passare il resto della sua vita in prigione. Voglio dire,
se la sua colpa è così grave, basterebbe condannarlo a
morte e farla finita, no? >>
Anna
aggrottò le sopracciglia, chiaramente a disagio, ma Hans non
si fermò.
<<
Adesso però l'ho capito, sai? In prigione si è soli con
i propri pensieri e mi sono reso conto che questo è di gran
lunga peggiore della morte. Perché vedi, per lasciare questo
mondo non ci vuole nulla, e molte persone preferiscono farla finita
piuttosto che subire torture o altro. >>
<<
Smettila. >> lo implorò la ragazza, portando però
il principe a parlare con ancora più durezza.
<<
Invece restare trenta , quarant'anni in un buco scavato nella roccia
a pensare e ripensare a ciò che abbiamo fatto è il
supplizio peggiore a cui un essere umano possa essere condannato. >>
Hans
si fermò per riprendere fiato e si appoggiò ancora più
pesantemente contro le sbarre, come per cercare di avvicinarsi di più
ad Anna.
<<
Mi dispiace per quello che ho fatto. >> concluse con voce più
bassa.
Gli
occhi della principessa saettarono di nuovo verso i suoi, e al loro
interno non vi si leggeva altro che rabbia.
<<
Ma come osi? >> domandò, mentre si avvicinava lentamente
a lui. << Con quale coraggio ti permetti di dire che ti
dispiace? Se non fosse stato per te, io non sarei quasi morta. Se non
fosse per te, Elsa non avrebbe rischiato di morire. E soprattutto, se
non fosse stato per te, Victoria non l'avrebbe rinchiusa chissà
dove, lontana dalla sua famiglia, per vendicarsi della punizione che
meriti! >>
Anna
non aveva urlato, anzi, ma la forza delle sue parole aveva reso Hans
ancora più consapevole di quanto avesse bisogno del suo
perdono.
<<
Ascolta... >>
<<
No, tu ascolta me. >> lo interruppe la ragazza. << Non mi
interessa quanto sia terribile vivere così, chiaro? L'unica
persona di cui mi importa è mia sorella e voglio riportarla in
questo mondo. So che hai visto Victoria, quindi adesso mi dirai tutto
quello che sai, così potrai tornare dai tuoi pensieri una
volta per tutte. >>
In
un'altra situazione, Hans sarebbe rimasto piacevolmente colpito
dall'atteggiamento della principessa, ma la realtà era
tutt'altra storia.
<<
Lo farò, te lo prometto, ma prima lasciami spiegare. Per
favore. >>
Anna
sbuffò, incredula.
<<
Non c'è niente da spiegare. >>
<<
E invece sì! Senti, lo so che ho sbagliato, e che io sia
dannato se non merito di trovarmi qui dentro. Ma ti posso assicurare
che sono consapevole dei miei errori e che darei la mia vita per
cancellare il dolore che vi ho inflitto. Voglio aiutarti, Anna,
davvero, farò qualsiasi cosa. >>
La
ragazza lo guardò negli occhi, dubbiosa, e scosse la testa.
<<
Non puoi aspettarti che io ti perdoni. O che lo faccia Elsa. >>
Hans
le sorrise. Stranamente, quelle parole gli avevano dato un accenno di
speranza.
<<
Non ora, e forse mai, ma potrei iniziare a guadagnarmi il vostro
perdono. >>
Il
cuore gli batteva forte. Anche se sapeva che sarebbe rimasto in
quella prigione, il solo pensiero di poter aiutare le sorelle di
Arendelle gli aveva conferito una nuova forza, una nuova voglia di
dimostrare quanto fosse cambiato.
Vide
Anna annuire. Non sembrava del tutto convinta, ma era comunque un
inizio.
<<
Non ti prometto nulla. Adesso parla. >> disse con più
calma.
<<
Victoria non mi ha detto nulla in particolare, ma di sicuro nella sua
stanza ci sarà qualcosa che possiamo usare contro di lei. >>
spiegò Hans, con le sopracciglia aggrottate.
Anna
annuì, pensierosa, e lo guardò poi negli occhi con una
nuova determinazione.
<<
Se ti portassi con me, pensi di potermi essere d'aiuto? >>
<<
Le guardie non mi faranno mai avvicinare al palazzo... >>
mormorò mestamente il principe.
La
ragazza si tolse una forcina dai capelli e si chinò per
forzare la serrature delle sbarre; Hans, nonostante la gravità
della situazione, non poté evitare un pizzico di divertimento
nel vedere la principessa di Arendelle compiere un'azione del genere
con tale disinvoltura.
<<
Garantirò io per te. >> disse semplicemente e, come per
confermare ulteriormente le sue parole, la serratura scattò,
permettendo al giovane di uscire.
Poco
prima di uscire dalla porta principale, Anna afferrò il
braccio di Hans, bloccandolo.
<<
Prima di partire ho parlato con i Troll. Pare che l'unico modo per
porre fine al maleficio sia uccidere Victoria. >>
Il
principe chiuse momentaneamente gli occhi. Sapeva che quel tipo di
magia possedeva regole completamente differenti, macabre e
pericolose, e una piccola parte di lui aveva sempre saputo che il
prezzo da pagare per salvare la regina sarebbe stato uccidere
Victoria; ma, come aveva detto ad Anna, in quei mesi lui era
cambiato, e se prima non avrebbe mai preso in considerazione
un'eventualità così drastica, in quel momento era
consapevole della sua necessità.
Quindi,
riaprendo gli occhi, poggiò delicatamente una mano sulla
spalla della donna di fronte a lui e cercò di
tranquillizzarla.
<<
Lo so. Dobbiamo fare ciò che è giusto. >>
Con
quelle parole si voltò per aprire la pesante porta d'ingresso
e subito sentì la vita tornare in lui. Aria pulita, anche se
fredda, entrò nei suoi polmoni e il cielo, anche se coperto
dalle nuvole, gli sembrava la cosa più bella che avesse mai
visto. Fece appena in tempo a godersi quei pochi secondi di libertà
prima di venire afferrato per il bavero della camicia e sbattuto
contro la parete di roccia accanto.
<<
Che diavolo ci fai qui fuori?! >> fu l'urlo di Kristoff,
subito seguito da un pugno che gli aprì uno spacco sul labbro
inferiore.
<<
No, fermo! >> urlò a sua volta Anna, che si mise fra i
due uomini.
Hans
sputò a terra il sangue che gli si era accumulato in bocca e
rialzò poi lo sguardo per vedere la schiena della principessa
davanti a lui e Kristoff rosso per la rabbia.
Se
non avessero dovuto tornare al palazzo per cercare di uccidere sua
sorella, sicuramente avrebbe trovato il tutto alquanto imbarazzante.
<<
Come hai potuto farlo uscire! >> continuò furioso il
biondo, anche se con voce nettamente più bassa, visto che si
stava rivolgendo alla moglie.
<<
Ci può essere utile per fermare Victoria! Se torniamo subito
al palazzo, potrà dirci se nella sua stanza c'è
qualcosa che possa aiutarci! >> disse Anna, cercando di farlo
ragionare. << Non lo perderemo mai di vista, e poi ci sono
anche le guardie! Ci penseranno loro, ma sono sicura che non ci darà
problemi. Vero? >> concluse poi, voltandosi verso il diretto
interessato per avere conferma.
<<
Certo, nessun problema. >> rispose Hans, annuendo con
convinzione.
Le
guardie borbottarono fra loro e Kristoff gli lanciò
un'occhiata che avrebbe potuto incenerire qualcuno, ma evidentemente
il desiderio di salvare la cognata doveva essere la sua priorità,
perché si avviò verso il suo cavallo senza dire una
parola. Anna lo seguì e salì in sella con lui, per
lasciare il proprio ad Hans.
Quando
anche i soldati furono pronti a partire, tutti si lanciarono al
galoppo verso il palazzo delle Isole del Sud, con il cielo sopra di
loro che si faceva ancora più cupo.
Si
avvicinava un temporale, quasi fosse un presagio di ciò che li
attendeva.
Erano
nei pressi delle mura esterne quando iniziò a piovere e appena
le guardie di vedetta li videro avvicinarsi, diedero l'ordine di
aprire immediatamente i grandi portali per lasciarli passare; una
volta scesi da cavallo, Kristoff, Anna e Hans, fradici dalla testa ai
piedi, si precipitarono dentro, grati che nessuno li avesse fermati.
Il drastico cambiamento del principe rendeva praticamente impossibile
riconoscerlo.
Dopo
aver salito varie rampe di scale, i tre giovani raggiunsero la camera
da letto di Victoria la cui porta, ovviamente, era chiusa a chiave;
con un calcio, Hans l'aprì e immediatamente si guardarono
intorno per cercare qualunque cosa potesse aiutarli a capire cosa
fare. Tutto però sembrava normale, secondo Hans: il grande
letto a baldacchino era intatto, negli armadi vi erano solo abiti e
sulla scrivania non c'era nulla, tranne fogli bianchi, una piuma
d'oca, la boccetta d'inchiostro e un portagioie.
<<
Io non vedo niente che sembri un libro di magia. >> constatò
con impazienza Anna.
<<
Da quello che so, Victoria non ne ha mai avuto uno. >> replicò
Hans mentre si piegava per guardare sotto il letto, senza trovare
nulla.
La
principessa sospirò pesantemente.
<<
Come facciamo a cercare qualcosa che non abbiamo idea di come sia
fatto? >>
Il
giovane cominciava a innervosirsi, sia perché sapeva che la
ragazza aveva ragione, sia perché gli sembrava di cogliere una
punta di rimprovero nella sua voce.
<<
Non lo so, ma non posso pensare con te che non fai altro che parlare.
>>
<<
Non ti permettere di dirmi quello che posso o non posso fare! Se non
fosse stato per te, neanche ci troveremmo qui! >> esclamò
Anna con rabbia.
<<
Magari avresti dovuto lasciarmi a marcire lì dentro! >>
<<
Infatti! >>
<<
ZITTI! >>
Hans
e Anna si zittirono immediatamente e si voltarono verso Kristoff, che
tuttavia si stava guardando intorno, concentrato.
<<
Se urlate non riesco a sentire. >>
Il
principe piegò la testa di lato.
<<
Sentire cosa? >>
Il
biondo alzò una mano, e fece un piccolo gesto per indicare la
stanza.
<<
Questo ronzio. Ascoltate. >>
Hans
tese l'orecchio e dopo pochi istanti riuscì chiaramente a
udire un rumore continuo, quasi impercettibile, un ronzio appunto a
cui non aveva fatto per niente caso.
<<
Da dove viene? >> domandò Anna, avvicinandosi a
Kristoff.
Lui
indicò il portagioie in legno lucido che si trovava sulla
scrivania e Hans si affrettò a raggiungere i due sposi.
I
tre si guardarono negli occhi, preoccupati, ma consapevoli che il
tempo era quanto mai prezioso in quel momento. Hans sentiva il suo
cuore battere all'impazzata, non credeva di aver mai provato tanta
agitazione in tutta la sua vita, ed era sicuro che anche il cuore di
Anna stesse battendo allo stesso ritmo frenetico, se non di più.
Sentì
la ragazza inspirare profondamente e tutti trattennero il respiro
mentre lei stessa sollevava con delicatezza il coperchio.
Si
aspettavano di tutto ma nessuno di loro era preparato a ciò
che trovarono lì dentro.
<<
Che diamine è quella cosa?! >>
Che
sarà mai? Chissà u.u
Anna
ha deciso di fidarsi di Hans, anche se non completamente. Vorrei
vedere! Kristoff mi fa sempre ridere e lo ritengo un personaggio
abbastanza inutile sia in Frozen sia in questa mia storia (chiedo
perdono a chi shippa Kristanna u.u) ma almeno stavolta gli ho voluto
lasciare un piccolo momento di gloria, e penso che ripeterò
l'azione in futuro. Allora, secondo voi cosa hanno trovato in quello
scrigno? Cosa nasconde Victoria di così importante? Voi mi
direte, “Se è importante, lo lascia in bella vista?”.
L'esperienza mi insegna che per nascondere qualcosa, devi metterlo
più in mostra possibile; se non fosse stato per il suono e
l'udito alquanto prodigioso di Kristoff, non avrebbero mai dato peso
a un innocuo portagioie, no? ;)
Fatemi
sapere che ne pensate, è sempre importantissimo per me!
Until
next time,
Sara
|
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Capitolo 20 *** Lettera ***
Dear
Fellows,
avrete
sicuramente pensato che mi fossi persa in un universo parallelo, o
che gli alieni mi avessero rapito, o che Mr. Grey mi avesse rinchiusa
a vita nella sua stanza dei giochi. Come darvi torto, per due mesi
sono sparita! Ma no, eccomi qua e purtroppo non porto buone notizie.
In
questo periodo sono stata molto sotto pressione a causa della
sessione estiva (chi frequenta l'università come me può
capire, e per chi ha la fortuna di non aver ancora messo piede in un
ateneo... Diciamo che non voglio spaventarvi), e quindi il mio povero
cervello non è stato in grado di creare nulla fino ai primi di
luglio. Voi direte, e che problema c'è? Hai finito, quindi
riprendi a scrivere! Non è così semplice.
Vi
giuro che ci ho provato, ho aspettato pazientemente un'illuminazione
divina che mi permettesse di scrivere, ho passato ore davanti al pc o
a un foglio per buttare giù qualsiasi cosa ma non c'è
stato nulla da fare.
Pertanto,
appurato che sono ancora in possesso di tutte le mie facoltà
mentali (per modo di dire, ma chi se ne frega!), sono giunta alla
conclusione che il problema risiede nella storia stessa: è
come se non mi sentissi più in sintonia con la trama e con i
personaggi, come se sia giunta per me l'ora di cambiare tutto. In
poche parole, devo scrivere qualcosa di nuovo o rimarrò
bloccata forever and ever. E noi non vogliamo questo, giusto?
Per
ora A Frozen Tale rimarrà in pausa, fin quando non arriverà
la sopracitata illuminazione divina o una botta in testa o quello che
volete. Qualora nulla di tutto ciò dovesse avvenire,
cancellerò definitivamente la fanfiction.
Mi
dispiace tantissimo e vi chiedo scusa, sia ai nuovi lettori sia a
coloro che hanno seguito dal primo capitolo, recensendo ogni volta.
Davvero, mi sento una persona orribile, però spero che
concorderete con me nel dire che non sarebbe giusto nei vostri
confronti pubblicare qualcosa di superficiale e scritto malamente. E,
per dirla tutta, non sarebbe corretto neanche per me, che considero
la scrittura un hobby rilassante e che, se forzato, diventerebbe una
tortura.
Vi
chiedo ancora scusa. Non odiatemi, vi prego. Anche se non vi
biasimerei.
Un
bacio enorme,
Sara
|
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