Soul of Ice

di Shi no hana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tempesta ***
Capitolo 2: *** Un tè di ghiaccio ***
Capitolo 3: *** Lo spirito dispettoso del ghiaccio ***
Capitolo 4: *** Pensieri nel vento ***



Capitolo 1
*** Tempesta ***



Soul of Ice

(Anima di ghiaccio)


1○
Tempesta




"Fuyugare ya
yo wa hito iro ni
kaze no oto".
*




Camminava da ore in quella distesa bianca. Un bianco accecante.
"Mi sono perso".
Pensò, mentre cercava la strada di casa, ma niente. Il sentiero era svanito nel nulla e pure lui era cresciuto in quella terra ora divenuta ostile.
Strinse di più la corda che aveva sulle spalle, che legava la slitta ricolma di legna e continuò la sua ricerca. Doveva ritornare da loro. Da sua moglie e sua figlia.
No, non doveva fermarsi. Il giorno stava terminando e cedeva il posto alla sua degna compagna, la notte.
Cercò di affrettare il passo, ma la neve era troppo alta. Il passo era sempre più lento. Sorrise beffardo.
"La nostra sovrana è nervosetta oggi!".
Si disse, mentre pensava alla sua regnante. Intanto il freddo si faceva più intenso, come anche il vento.
"Questo non ci voleva".
Sbuffò irritato. Era conscio che il vento portava con sé solo disgrazie. Strinse i denti e continuò il suo viaggio, ora accompagnato dalla neve.
La neve vorticava intorno a lui. Una danza crudele.
Socchiuse gli occhi, che bruciavano al contatto del vento gelido.
"Non voglio morire".
Pensò in preda alla paura, quando nel vento sentì il pianto disperato di una donna.
Si fermò di colpo.
"Una donna nella tormenta?".
Pensò, mentre cercava di capire da dove provenisse quel pianto. Voltò il capo verso destra e vide una sagoma nella bufera.
Lasciò cadere la corda e veloce si diresse verso di lei.
"Devo aiutarla".
Si disse. Incespicò nella neve, ma si rialzò. Doveva aiutarla.
Lei era lì, accovacciata a terra. Aveva capelli neri e lunghi che danzavano nel vento. Era vestita con una veste inusuale. Bianca, candida come la neve. Larghe maniche che comprivano le mani. La veste era legata in vita da un'ampia fascia, anch'essa bianca.
"Un abbigliamento strano e leggero".
Pensò preoccupato l'uomovedendo quel vestito bizzarro.
"Mia Signora che cosa vi è accaduto?".
Le domandò. Lei non rispose, si limitò a piangere nascondendo il viso tra le maniche.
Lui si abbassò, era preoccupato per lei.
"Non temete, mia Signora, io vi aiuterò. Vi prego ditemi che cosa vi è accaduto?".
Lentamente alzò il viso verso il suo interlocutore, che rimase esterrefatto. Era bellissima.
Pelle diafana. Labbra sottili e rosee come i petali di fiori di ciliegio. Gli occhi avevano un taglio particolare, inusuale, sottile e allungato e ma ammalianti. Non era di quelle terre. Era straniera.
Lui la guardò rapito. Non aveva mai visto una donna così bella.
"Voi siete un angelo, mia Signora".
Disse pieno di ammirazione. Lei sorrise.
Un sorriso angelico.
"Aiutatemi".
Sussurrò.
"Il mio Sigmore mi ha abbandonato qua, in questa tormenta.vi prego mi aiuti".
Disse tra le lacrime.
"Certo mia Signora".
Lei sorrise, ma poi cominciò a tremare.
"Oh mia Signora! Voi state congelando".
Veloce si tolse il pesante cappotto di pelle e lana, e con delicatezza lo pose sulle spalle della donna.
"Vi ringrazio di cuore".
Lui arrossì.
"Mia Signora, siete stata fortunata a trovarmi. Maledico il vostro signore, che vi ha abbandonata qui! In questo posto freddo e ostile con indosso una veste così leggera".
Disseieno di rabbia. Si rialzò e tese una mano a quella donna.
"Venite, vi aiuto a rialzare".
Lei allungò la mano e afferrò quella grande e nodosa dell'uomo.
"Graxie".
Si rialzò e guardò ritto negli occhi il suo salvatore.
"Mio buon salvatore posso chiedervi un'ultima cosa? ".
Lui annuì. D'un tratto le belle labbra si aprirono in un ghigno malefico, mostrando dei affilati canini.
"Voglio la vostra anima".
Sibilò. Lui sgranò gli occhi. Che cosa voleva? La sua anima?
"Co...co...cosa?".
Balbettò in preda al terrore. Doveva fuggire, ma non ci riuscì. Le gambe erano imprigionate nel ghiaccio.
Lei rise divertita e con un balzo gli fu addosso. Fu rapida. Rubò l'anima di quel povero uomo che cadde nella neve ghiacciato.
Sul suo viso rimase il terrore più acuto.
La tormenta si placò.
La donna svanì con essa, portando con sé il suo bottino...





________________________________
Beh, erano anni che non scrivevo una long-fic. Specialmente in un fandom nuovo.
Ho voluto provare. Tentare questa prova.
Forse molti di voi non hanno capito chi fosse la donna. Beh, è una yuki-onna.-
Uno spettro delle nevi nipponico, nato dalla disperazione delle donne morte nelle tormente di neve.
Ora vi chiederete cosa centra con Frozen? Beh, lo scoprirete non temete
Au revoir mon cher ♥


Traduzione dell'haiku


Desolazione invernale
in un mondo d'un solo colore
il suono del vento


Bashô (1644-1694)


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Capitolo 2
*** Un tè di ghiaccio ***



Un tè di ghiaccio
.







Il fruscio delle carte rimbombava nella stanza,
Erano tante. Troppi trattati commerciali con paesi stranieri, alcuni dei quali non conosceva bene le usanze.
Sospirò. Ci sarebbe voluta tutta la notta, ma lei era la regina. La regnante di un regno florido e forte. Per il bene del suo popolo doveva intrecciare patti commerciali. Quindi qualche ora di sonno si poteva pur perdere. Afferrò la penna, la intinse nel calamaio e la fece scorrere sul foglio.
Una firma perfetta. Armoniosa.
Sorrise soddisfatta.
Era un'opera d'arte.
"Questo è fatto".
Pensò, mentre riponeva il documento sulla pila ordinata di carte. Ne afferrò un altro e riprese a leggere.
D'un tratto sentì bussare. Una vecchia consuetudine.
Sorrise, sapendo chi fosse.
"Anna, non perderai mai la tua abitudine".
Pensò sorridendo.
"Scusa Elsa, posso entrare?". La sentì.
Tanti ricordi dietro quella richiesta. Tante negazioni ma ora tutto era cambiato.
"Certo Anna. Entra pure".
Le disse. La porta si aprì piano, Elsa alzò il viso eciò che vide la fece sorridere. Sua sorella che entrava goffamente nella stanza. Teneva in mano un vassoio d'argento con sopra una teiera e due tazzine di porcellana. Le sentiva traballare, mentre camminava.
"Elsa ti ho portato un po' di tè".
Disse, mentre si avvicinava facendo piano a non far cadere il tutto sul pavimento.
Elsa ridacchiò.
"Grazie Anna, potevi dire a Gerda di portarmelo. Non c'era bisogno che venissi tu".
"Lo so ma...volevo stare un po' con te".
Le disse, mentre poggiava il vassoio su un tavolino.
"Ma se disturbo vado via".
Continuò tristemente. Elsa sorrise dolcemente. Vederla così le faceva tenerezza, troppe volte l'aveva scacciata, ma ora la voleva accanto.
"No, tu non disturbi mai. Grazie per il tè".
La sorella le sorrise in segno di gratitudine. Si voltò e prese la teiera, versò il liquido fumante nella tazzina. Mise due zollette di zucchero e lo porse alla sorella.
"Sai questo tè è il gentile dono dell'ambasciatore del Giappone. È ottimo per distendere i nervi, anche se a te non serve, oppure no...ma è buono. L'ho assaggiato e ti devo dire...che è delizioso".
Sorrise estasiata. Elsa prese la tazzina e ne bevve un sorso. Dovette ammattere che era buono. Un vero tocca sana per distendere i nervi. Sospirò amche lei deliziata dal liquido ambrato caldo.
Anche Anna prese una tazzina e si sedette sul divanetto. Rimasero in silenzio a guardarsi. Era davvero bello stare di nuovo insieme, senza più segreti.
"Elsa hai molto da lavorare? ".
Le domandò curiosa guardando la pila di carte sulla scrivania.
"E sì. Ho alcuni trattati con molti paesi, specialmente con il Giappone che conosco poco. Devo capire se può dimostrarsi utile per il bene di Arendelle".
Disse Elsa, mentre poggiava la tazzina e afferrava il documento. Doveva ponderare bene le sue decisioni. Doveva pensare per il bene del suo popolo.
"Già, anche se per quando riguarda il tè, devo dire che...lo trovo meraviglioso". Ridacchiò Anna.
"Oh, Anna...hai ragione".
Risero a unisono. Ma il lavoro la chiamava. Abbassò il viso e riprese a leggere, mentre Anna la guardava in muta ammirazione. Sì, ammirava sua sorella. Era bella e capace di guidare con grazia e forza il regno. Restarono così. Lei a leggere e lei a guardarla. Anna notò alcune cose bizzarre di sua sorella. Mentre leggeva, si mordicchiava il labbro inferiore, e di tanto in tanto sbuffava nel cacciare un ciuffo di platino, ribelle, che le ricadeva sugli occhi. Era buffa. Imperfetta. Senza nessuna etichetta. In quel momento era lei, sua sorella
Ma qualche ora prima era stata la regina. La perfezione. La freddezza.


***

La delegazione del Giappone era appena arrivata e ora la attendevano nel gran salone.
Elsa era curiosa. Chi erano? Com' erano?
Sospirò e uscì dalla sua stanza. Il fruscio del suo lungo abito di velluto blu, con ricami argentati, risuonava nel lungo corridoio.
Era nervosa, ma si trattenne. Per sicurezza coprì le mani con i guanti. Aveva paura di qualche incidente diplomatico per colpa dei suoi poteri. Beh, congelare della povera gente innocente era una vera seccatura, che voleva evitare.
Arrivò di fronte alla porta, dove sua sorella e il suo fidanzato l'attendevano. Un ragazzo biondo impacciato che non faceva altro che allargarsi il colletto della sua divisa, lamentandosi perché prudeva.
"Kristoff la pianti!".
Lo ammonì dolcemente Anna, ma luinsi limitò a dire.
"Ma Anna prude!"
Continuarono per un po' a lintigare, quando un colpo di tosse li fece trasalire. Era Elsa che li richiamava.
"Scu...scu...sa".
Balbettarono in coro imbarazzatissimi. Elsa si coprì la bocca con la mano cercando, invano, di trattenere le risa, ma erano troppo buffi. Li adorava.
"Su, andiamo gli ospiti ci attendono".
Le porte si aprirono. La voce del ciambellano risuonava nella sala.
"Sua Maestà, la Regina di Arendelle, Elsa!".
Lei entrò con grazia e disinvoltura. "Non mostrare mai il tuo nervosismo. Cela ogni timore. Sii superiore. Sii fredda. Sii la grazia. Tu sei la Regnante".
Vecchi insegnamenti di sua madre, che ora erano utili.
"Le loro altezze la Principessa Anna e il suo futuro consorte, il Principe Kristoff!".
Entrarono anche loro, anche se quest'ultimo era un po' sgraziato. La vita di corte non era adatta a lui, un uomo di montagna. Lui si sentiva se stesso solo tra le sue montagne, ma per lei aveva fatto questo sacrificio.
> Sospirò e si mise al fianco della sua fidanzata che gli sorrise.
"Sta calmo Kristoff, il peggio è passato".
Gli sussurrò Anna. Lui distese un po' i muscoli. Loro lì erano solo da parata. Erano solo i componenti della famiglia reale, non dovevano prendere decisioni, solo la regina doveva.
"Sua Maestà è un vero onore essere ricevuti da una creatura così incantevole".
Disse pieno di ammirazione l'ambasciatore, mentre chinava il capo in segno di rispetto. Elsa gli sorrise.
"Maestà io sono Tokugawa Gokinai, ambasciatore delle Terre degli Dei. Il nostro Sovrano Celeste le porge i suoi saluti, sperando di poter allacciare dei legami commerciali con il Vostro florido regno".
L'ambasciatore era vestito in alta uniforme. Teneva stretto, poggiato, al fianco destro il suo elmo, mentre la sua spada era legata alla sua sinistra.
Non era molto alto, ma aveva modi gentili ed eleganti. Ma ciò che attrasse le attenzioni di Elsa era la presenza della donna dietro di lui. Con abiti strani, non come quelli delle dame di corte, ma molto belli. Indossava un abito di stoffa pregiata, seta, con stampe a motivo invernale. Maniche lunghissime che ricoprivano le mani. Il lunghi capelli neri liscissimi, erano legati in una bassa coda.
Teneva il capo chino in segno di rispetto.
"Chi è? ".
Pensò Elsa in preda alla curiosità. Aveva visto tante illustrazioni nei libri sugli abiti nipponici, ma quello era meraviglioso. Regale, come quella fanciulla che lo portava.
"Mia Regina vorrei presentarvi Kanna-sama, la consigliera del nostro Sovrano".
La annunciò l'ambasciatore. Lei si mosse piano con eleganza. Elsa e i presenti rimasero incantati nel vederla. Una bambola di porcellana.
Si mise in ginocchio e con le mani protese in avanti in segno di rispetto, disse.
"È un onore e un privilegio per me, essere di fronte a Voi Elsa-sama, io sono una umile miko al vostro servizio. Vi chiedo di prendere in considerazione le richieste commerciali del mio Signore".
Elsa rimase imbambolata dinnanzi a quella ragazza che si prostrava ai suoi piedi.
"Quanta umiltà".
Pensò.
"Alzatevi vi prego. L'onore è mio avervi qui come ospite. Non temete prenderò cura delle richieste del Vostro Sovrano".
Kanna si alzò e guardò dritta negli occhi di Elsa, che fu pervarsa da uno strano brivido. Quegli occhi neri erano oblio. Tremò leggermente. Quella donna trasmetteva troppe cose. Eleganza, bellezza ma anche qualcosa di arcano. D'indefinito.
L'udienza trascorse veloce, come anche quella sensazione, ma non il dubbio.
"Kanna chi siete?".


***


Il sole stava tramontando tingendo le pareti dello studio di caldo colore ambrato. Elsa accese il lume sulla sua scrivania, mentre riponeva il foglio sulla scrivania. Alzò il viso e vide che sua sorella si era addormentata sul divanetto.
"Buonanotte sorellina".
Le accarezzò la guancia e la lasciò riposare. Ritornò verso la scrivania, quando il vento cominciò a soffiare forte facendo muovere gli infissi.
Si voltò verso la ginestra e vide che fuori nevicava. Una nevicata anomala.
Curiosa si diresse verso di essa e guardò fuori. La neve vorticava furiosa. Malvagia. Sgranò gli occhi. Quella nevicata era spettrale.
D'un tratto sentì una forte fitta nel cuore, che la fece piegare. Sentiva che una spada di ghiaccio le attraversava il petto.
Voleva gridare, ma la voce rimase strozzata in gola. Aveva paura, tanta paura.
Il dolore eraforte, ma a un tratto cessò di colpo. Alzò il viso e vide che fuori la tormenta era cessata. Era finita come il suo dolore.
Rimase stranita. Strinse le mani al petto e veloce corse accanto a sua sorella, che continuava ignara a dormire.
Si sedette a terra accanto a lei, ma notò che una lastra di ghiaccio si stava formando sotto di sè.
"Calmati Elsa! Calmati Elsa!".
Si ripeteva mentalmente. Ci volle molta forza di volontà per calmarsi ed evitare di congelare Anna.
Si rialzò, ma quella strana sensazione rimase. Senza volerlo ripensò a Kanna.
"Perché lei? Perché quella donna?"...




__________________
Eccomi, in ritardo, con il seconfo capitolo. Un po' strano vero?
Kanna, dolce Kanna. Il suo nome non mi è nuovo, beh, lo ho preso in prestito da un manga che adoro Inu Yasha. Ora vi do un po' di nozioni sui termini usati.
Miko: sacerdotessa shintoista. Il costume tradizionale, o veste, di una miko è chiamato chihaya e consiste di un hakama rosso, che può essere sia di foggia di pantaloni, che di gonna, della tunica biamca del kimono con grandi maniche, spesso orlate di rosso ed è associato ai tipoci calzari giapponesi, i tabi. Per le miko è anche comune portare nastri e fiocchi tra i capelli, di colore rosso o bianco. Qui la mia miko è vestita con un abito da gran cerimonia tipiche per le donne di alto rango.
Sama: suffisso che indica reverenza e rispetto. Qui Kanna lo utilizza in segno di rispetto nei congronti di Elsa.
Ora vi chiederete, ma il Giappone era sempre stato restio ad avere contatti con l'esterno? Ebbene all'inizio sì, ma conl'avvento dei portoghesi, fine 1500 e inizio 1600 (Periodo Azuchi-Momoyama) aprì le sue porte, intrattenendo rapporti commerciali con gli europei. Il periodo in questione dove si svolge la storia, metà ottocento, il Giappone è sotto un unico regnante. Imperatore o Sovrano Celeste. Da qui è nata la storia stramba e bislacca.
Au revoir mon cher♥

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Capitolo 3
*** Lo spirito dispettoso del ghiaccio ***


3○
Lo spirito dispettoso del ghiaccio.






Faceva roteare il bastone nell'aria, mentre guardava i bambini correre nella neve.
Adorava guardarli, mentre si rincorrevano lanciandosi palle di neve.
Sorrise, mentre creava nel palmo della mano destra una palla di neve candida. Senza pensarci su, la lanciò verso un bambino, che in quel momento stava creando un bel pupazzo di neve.
Rise, mentre lo vedeva togliersi dalla faccia la neve e urlare contro un altro bambino.
"È un vero spasso!".
Disse Jack, mentre si piegava in due dal troppo ridere. Si riprese, alzò il bastone e chiamò a sé una brezza fredda che lo trasportò in alto. Si sentiva leggero. Socchiuse gli occhi e ispirò a pieno l'aria fredda e frizzante.
L'adorava sentirla vagare nei suoi polmoni.
Riaprì gli occhi e si lanciò verso una fontana, dove una donna stava lavando dei panni. Sorrise beffardo, mentre con la punta del bastone ghiacciò l'acqua. Corse via e si appollaiò sul tetto di una casa lì vicino.
La sentì urlare, mentre cercava invano di togliere un vestito mezzo immerso nello specchio ghiacciato.
Rise a crepapelle, rischiando di cadere di sotto facendosi del male, ma se questo fosse avvenuto lui non avrebbe sentito nulla.
Era uno spirito e questo lo aveva compreso da ormai due secoli. Era passato tanto tempo da quel giorno. Dal giorno in cui la Luna lo chiamò. Gli donò il potere del ghiaccio.
La notte era ormai calata e Jack osservava il suo lavoro da sopra un campanile. La Luna splendeva fiera nel cielo stellato invernale, facendo brillare la neve che lui aveva fatto cadere.
Era uno spettacolo meraviglioso. Sorrise soddisfatto, mentre poggiava la schiena sulla parete del campanile. Incrociò le braccia dietro la nuca. Un riposino ci voleva. Socchiuse gli occhi e d'un tratto ritornò all'episodio dell'estate scorsa.
Ripensò a lei. A quella strana ragazza dai poteri simili ai suoi. Storse il naso e riaprì gli occhi.
L'ammirava, ma al tempo stesso la detestava. Sì, perché lei la potevano vedere, invece lui no. Perché lei non era sola, come lui.
Lei aveva una famiglia e lui...era solo. Strinse gli occhi, digrignò i denti. Odiava sentirsi così. Si alzò e richiamò il vento. Doveva scacciar via il viso di quella fanciulla dalla mente, mentre la vedeva ballare nel maestoso palazzo di ghiaccio.
L'aveva guardata rapito. Voleva parlarle, lei non poteva vederlo. Sentirlo. Provò pena, mentre la vedeva sospirare la sua solitudine.
"Anche lei è sola come me".
Si disse, mentre la guardava. Ma quando la vide abbracciare sua sorella e piangere per lei, provò invidia.
"Lei non è come me ".
Disse furioso, mentre volava via. Via dal regno di Arendelle. Da quella regnante.
Il vento scompigliava i capelli albini e scuoteva la sua mantella di panno marrone, piena di chiazze di ghiaccio.
Detestava essere nervoso, doveva calmarsi. Si lanciò in direzione di una serra, entrò dentro e ghiacciò tutte le piantine. Si sentiva bene far dispetti. Alleggeriva il suo animo tormentato.
Sorrise e volò in alto fin sopra le nubi.
"La libertà è una gran cosa. Lei non sarà mai come me".
Pensò, mentre guardava la Luna in quel cielo maestoso. Riscese giù più leggero. Si era calmato.
Volò per un po' trasportato dal vento, quando decise di tornare da lei.
Sì, la detestava ma non poteva far a meno di andare da lei. Ogni volta si diceva.
"Jack, lei non è come te. La detesti, allora perché vai da lei?".
Ogni volta si rispondeva.
"Beh, sono curioso di vedere se sa utilizzare bene i suoi poteri, senza creare inverni perenni".
Era la curiosità a farlo volare da Elsa ogni volta. Sorrise e disse al vento.
"Vento portami ad Arendelle! ".
Volò verso i fiordi dove, il sole era appena calato. La neve cadeva, ma non era opera sua. Sorrise beffardo.
"La reginetta si dà da fare! Non c'è che dire".
Ma d'un tratto il vento lo respinse indietro. Chiuse gli occhi, era troppo forte. Un vento freddo e crudele. Un odio arcano.
Strinse il bastone, mentre osservava quella bufera anomala che avvolgeva Arendelle.
"Che diavolo accade!".
Disse, ma d'un tratto la bufera cessò lasciando il posto alla Luna.
"Che diavolo combina quella mocciosetta di una regnante!".
Disse in preda alla rabbia. Era convinto che la causa era lei. Elsa.
Volò verso il castello, si diresse verso la finestra del suo studio che conosceva bene. Di fatti la vedeva spesso lì, in quella grande stanza a leggere a scrivere. Sospirava ogni volta deluso. Voleva vederla creare qualcosa con il ghiaccio, ma ogni volta la vedeva al lavoro.
Ogni volta se ne andava stizzito.
"Un altro punto a tuo sfavore mocciosetta di ghiaccio!".
E ogni volta si diceva di detestarla, di non andare da lei e invece niente. La curiositàera troppo forte. Ma stavolta era diverso. Era furioso.
Si avvicinò alla finestra e guardò dentro e ciò che vide lo lasciò stranito. Elsa era seduta a terra accanto al divanetto, dove dormiva beatamente sua sorella. Fin qui nulla di strano, ma gli occhi spauriti di Elsa lo facero preoccupare, come anche la chiazza di ghiaccio si stava formando sotto di sé.
"Se non si ferma, congelerà sua sorella".
Stava per aprire la finestra, quando vide che il ghiaccio pian piano spariva. Si stava colmando, anche se vedeva sul suo viso lo sforzo. Sospirò tranquillizzato.
"Meno male ce l'ha fatta".
Però molti dubbi lo assalirono. Perché Elsa era lì a terra? Perché quella tormenta di neve spettrale?
Voltò il capo e guardò la Luna. Voleva risposte e le desiderava subito.
Un raggio argentato indicò la montagna del nord. Non se lo fece ripetere due volte e volò verso di essa.
"Una volta ogni tanto ti degni di rispondermi. Cosa davvero rara".
Disse sorridendo, mentre volava sulla montagna.
Si librava sulle distese di neve, quando qualcosa catturò la sua attenzione. Planò piano e si diresse verso qualcosa che luccicava sotto i raggi della Luna.
Si avvicinò e sgranò gli occhi. Riverso nella neve vi era un uomo completamente congelato, ma ciò che lo fece rabbrividire era il viso contorto dal terrore. Che cosa l'aveva ucciso? Che cosa aveva visto prima di morire congelato?
Si abbassò e allungò una mano verso quel viso, quando una risata spettrale lo fece trasalire.
Si rialzò subito e pose il bastone in difesa. Chi fosse, lui sarebbe difeso.
Rimase in guardia, spaziando con lo sguardo in cerca del presunto nemico, quando qualcosa catturò la sua attenzione.
Una donna vestita di biancocon lunghissimi capelli neri che toccavano il suolo, la pelle era candida e brillava sotto la Luna. Era su una collinetta e lo guardava divertita.
"Chi sei? Tu puoi vedermi?"
Lei non rispose, continuò a ridere. Jack balzò verso di lei, doveva scoprire chi fosse. Doveva capire come riusciva a vederlo.
Era vicinissimo. Poteva vedere il bel viso. Le sue labbra rosee aperte in un sorriso maligno. Jack assottigliò lo sguardo. Quella donna non le piaceva. Si avvicinò ancora di più, ma lei alzò la mano destra e con un gesto chiamò il vento e neve che lo scaraventò lontano.
"Insulso spettro come osi avvicinarti a me! Non sei degno di scontrarti con me!"
Gli urlò. Jack chiuse gli occhibe cadde nella neve. Rotolò per parecchi metri. Era la prima volta che il vento lo aveva respinto. Scaraventato a terra.
Si rialzò, sputò un po' di neve e furioso alzò il viso verso quella donna.
"Dannata!". Ringhiò.
La guardò con odio, ma lei in un vortice di neve scomparve lasciandolo solo con l'amaro in bocca.
Anche quella donna aveva il dono del vento e neve, ma era diverso, era crudele.
Scosse il capo facendo cadere la neve dai suoi capelli d'argento. Voltò il capo e vide in lontananza il povero uomo morto. La causa era quella donna e non Elsa, si sentì un po' sollevato, ma curiosità di sapere era troppa.
Chi era quella donna che lo aveva umiliato?
Richiamò il vento e si diresse verso il paese, ma diede un'ultima occhiata a quel corpo.
"Mi dispiace non posso più aiutarti".
E veloce scomparve nell'oscurità della notte...





_____________________
Eccomi, sono felice che la mia storia vipiaccia. Mi sono divertita a descrivere il carattere di Jack, anche se qui è vestito com'era all'inizio della sua nascita. Mantella di panno marrone, camiciola di lino e gilet anch'esso di panno marrone. Il pantalone è marrone lungo fino alla caviglia, ed è privo di calzatura.
Spero di non essere caduta nell'OOC. Anche se so Jack è uno spiritello dispettoso ma buono. Beh, che dire? Mi sono divertita tanto a descriverlo in questo capitolo. Un bacio e al prossimo capitolo.
Au revoir mon cher ♥

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Capitolo 4
*** Pensieri nel vento ***




Pensieri nel vento.






Si rialzò da terra. Si sentiva svuotata. Aveva fatto appello a tutto alla sua volontà. Non voleva. Non doveva congelare sua sorella.
"Kanna, perché voi?".
Sussurrò, mentre ripensava a quella donna che l'aveva colpita. D'un tratto sentì mugugnare accanto a sé. Era Anna che si stava svegliando.
La vide stiracchiarsi, intanto la coperta che aveva addosso cadeva a terra. Era buffa. Elsa abbozzò un timido sorriso.
"Mh...cre...credo di essermi addormentata un po'..."
Biascicò Anna, mentre si stropicciava gli occhi e sbadigliava.
"Eh, già"
Le rispose Elsa. Cercava di essere il più normale possibile. Non doveva mostrarsi preoccupata. Continuò a sorridere, intanto Anna si alzava e si girava verso la finestra. D'un tratto la vide correre felice verso la finestra.
Un vecchio ricordo riaffiorò. Loro che giocavano felici nel manto nevoso. Senza freni. Senza paure.
Sospirò, mentre rammentava quel periodo meraviglioso durato troppo poco. Si guardò le mani. Quelle mani che avevano un bellissimo dono, ma anche tremendo.
Alzò le spalle scuotendo il capo. Doveva scacciare i cattivi pensieri, come anche la scena di poco prima. Intanto Anna saltellava felice davanti alla finestra, come una bimba di fronte a un nuovo balocco.
"Elsa, sei statatu vero?".
La regina scosse il capo.
"No, non è opera mia...ma della Natura".
Disse, mentre le sorrideva in modo materno.
"Anche se...".
Sussurrò. Istintivamente si toccò il petto. Si fermò di botto. No, non doveva dire del suo malessere. Della tormenta carica di odio e astio atavico. D'un tratto vide Anna guardarla interrogativa. Si avvicinò.
Era preoccupata. Elsa la guardò dolce.
"No, va tutto bene...beh...sono solo un po' stanca". Mentì.
Non doveva farla preoccupare di nuovo, già aveva sofferto troppo in passato.
Anna sospirò e sorridendo le disse.
Anna la guardò e sospirò.
"Elsa dovresti riguardarti. Non vogliamo che ti ammali di nuovo...beh, sai cosa ti accade, vero? Oddio! Altri pupazzetti famelici che corrono per il regno, non è un bel vedere. Anche se sono tanto carucci".
Disse l'ultimo pezzo sospirando. Elsa non potè trattenere una risata. Anna riusciva a distoglierla da ogni preoccupazione. Lei era la cura per tenere a freno le sue emozioni. A frenare i suoi poteri.
"Anna hai ragione".
Sospirò. Era davvero stanca.
"Allora che ne dici di andare a letto?"
Anna annuì. Era tempo di andare a letto. Uscirono insieme dallo studio e camminarono nel lungo corridoio illuminato dalla luce della Luna.
Anna accompagnò sua sorella davanti la porta della sua camera, ma prima di sparire le chiese.
"Domani ti prenderai qualche ora di riposo. Giocheremo sulla neve come, quando eravamo bambine. Come quando eravamo libere. Faremo il tanto agognato pupazzo di neve...e non ammetto un no!"
Finì la frase puntando il dito indice davanti il viso della sorella. Di fronte a quel gesto Elsa non potè che sorridere.
"Okey, domani si farà un pupazzo di neve".
Sussurrò. Si voltò e continuò.
"Buonanotte Anna".
"Buonanotte anche a te Elsa".
Elsa entrò dentro e chiuse la porta dietro di sé. Si sentiva stanca. Tremendamente esausta. Si lasciò cadere lungo la porta, mentre una leggera nevicata l'avvolgeva.
Lì, era al sicuro fi lasciar liberi per un po' i suoi poteri. Di far spaziare la sua mente, ora tormenta da un dubbio. Che cosa era accaduto prima? Si rialzò a fatica, facendo leva con le mani sulla porta. Sentiva le gambe deboli e indolenzite. Alzòla mano destra e sciolse la complicata acconciatura.
"Che cosa mi accade?".
Sospirò, mentre abbassava il viso. Lentamente si diresse verso il balcone e lo aprì. Una brezza fredda e frizzante accarezzò il suo viso pallido. Lo rialzò e guardò fuori. Il cielo era terso, calmo e placido. Era diverso da prima...carico di rabbia.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal vento, che accarezzava il suo viso e giocava con i suoi lunghi capelli di platino, ma non poteva sospettare che qualcuno la guardava. L'ammirava.

***

Era indispettito verso quella donna che lo aveva umiliato.
Volò verso il castello, era preoccupato per lei. Per Elsa. Però almeno si sentiva sollevato, non era la causa di quella tormenta ma quella donna.
"Chi era quella Donna che ha il mio stesso potere?"
Pensò, mentre si avvicinava alla finestra dello studio della regina. Voltò il capo e guardò dentro, ma con suo sommo stupore notò che non vi era più nessuno. Solo la luce del lume sulla grande scrivania.
"Sarà andata in camera sua?". Si domandò.
"Dove sarà la sua camera? ".
Spiccò un balzo e si librò in alto dove, aveva una buona visione del castello.
D'un tratto la vide, mentre apriva le imposte del balcone. Veloce si lanciò verso di esso. Planò piano, aveva timore che lei si spaventasse, ma poi si dette del cretino.
"Che scemo! Lei non può né vedermi o sentire".
Ridacchiò, mentre poggiava i piedi sulla balaustra del balcone. Intanto Elsa era uscita con il viso abbassato.
Jack si accovacciò sullabalaustra e la guardò incuriosito.
"Perché tiene il viso abbassato? ".
Si domandò. I lunghi capelli di Elsa brillavano come fili d'argento sotto i raggi della Luna. Lui restò per qualche istante ad ammirarla rapito. Dovette ammattere a se stesso che era davvero bella.
"Alza il viso, su!".
La invitò sussurrando. D'un tratto lei rialzò il viso, come guidata dalla sua voce. Lui sorrise felice.
"Brava".
Le disse, anche se lei non poteva sentirlo. Quando avrebbe voluto parlarle. Sospirò, mentre continuava ad ammirarla. A guardare il gioco del vento con i suoi lunghi capelli di platino.
"Perché ho pensato a quella donna?".
Disse Elsa al vento.
"Di chiparli?"
Domandò Jack.
La vide chiudere gli occhi e scuotere il capo.
"Basta Elsa! Basta pensare a lei!".
Si disse. Si voltò di scatto e rientrò. Doveva smetterla di pensare a lei, ma non ci riusciva. Jack vedendola così scese dalla balaustra.
"A chi ti riferisci, Elsa? A quella donna sulla montagna? Tu sai chi è?"
Quante domande ma Elsa non poteva rispondere. La sua voce era il nulla. Jack strinse con forza il suo bastone. Odiava quella situazione di essere solo un soffio di vento muto e freddo.
Abbassò il viso, mentre si mordeva le labbra dalla rabbia. Intanto Elsa si era diretta verso il grande specchio verticale.
"Cos'era quella fitta che ho sentito al cuore?".
Si domandò Elsa. D'un trattofece scivolare la mano sul petto. Jack rialzò il viso sentendo quella frase. Corrugò la fronte, intanto si chiedeva il perché la regina avesse detto quella frase. Si preoccupò. Lentamente entrò. Voleva, doveva capire. Si avvicinò, intanto lei aveva spostato la mano sui bottoni del colletto del vestito.
Con frenesia cominciò a togliere da ogni asola i bottoni. Jack la guardò stranito.
"Ma che fai, Elsa?".
Era nervosa. Ansimava.
"Sento di nuovo quel malessere...mi manca l'aria".
Biascicava, mentre toglieva l'ultimo bottone e mostrava il candore della sua pelle. Jack arrossì violentemente e voltò il capo.
Anche se aveva duecento anni, non aveva mai visto una donna nuda. Anche se nuda non lo era. Aveva solo la parte superiore aperta, lasciando scoperto il candido collo e mostrando il seno coperto dal corsetto. Ma per lui era troppo. Continuò a tenere il viso girato per pudore, mentre sentiva Elsa farfugliare.
D'un tratto la sentì accasciarsi, intanto intorno a loro cadeva una leggera nevicata. Lui voltò il capo e la vide inginocchiata a terra. Continuava ad ansimare.
"Ma che diavolo ha?".
S'inginocchiò accanto a lei, alzò una mano e cercò di accarezzarle il capo. Voleva consolarla. La mano passò attraverso il corpo di Elsa. Jack digrignò i denti dalla rabbia.
"Non posso nemmeno toccarti! Maledizione!".
Strinse forte la mano e diede un pugno a terra.
"Maledizione! ". Ripetè.
Si rialzò irritato. La rabbia bruciava dentro di lui. Voleva aiutarla. Consolarla, ma non poteva. Chinò il viso verso di lei.
"Vorrei..."
Lasciò la frase a metà, mentre usciva e si librava in volo.
"Però una cosa la posso fare. Resterò a vegliarti...anche se ho invidiato il tuo mondo. Ora la mia gelosia si è tramutata in pena. Sei fragile come la sottile lastra di ghiaccio di primavera...resterò mocciosetta di ghiaccio".
Sarebbe rimasto a vegliarla, anche se un dubbio lo tormentava...chi era quella donna? Era la stessa menzionata da Elsa? Perché aveva il potere del ghiaccio?
Quante domande prive di risposte, ma sapeva che quello era solo l'inizio dell'inferno per Elsa, dove ogni certezza sarebbe crollata...


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In ritardo! Uno spaventoso ritardo! Chiedo scusa, ma ho avuto un po' di problemi legati al trasloco. Posso dirvi che lo odio da morire. Togliere e rimettere a posto ogni cosa...utile, ma specialmente inutile. Sono una vera una accumulatrice di cianfrusaglie :D.
Ora bando alle ciance! Vi ringrazio di cuore a chi commenta, ma anche a chi legge. Vi adoro :)
So che Jack è un po' OOC, ma c'è un perché. Essendo solo ai suoi inizi, dove ancora non ha accettato il suo essere spirito e per questo che l'ho reso un po' geloso di Elsa. Chiedo scusa, ma mi serviva questo lato...ma non temete cambierà. Beh, lo ha già fatto ;).
Au revoir mon cher ♥.


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