Kingdom Hearts: a new dawn

di Cid_Drinkyourgoddamntea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1, cala la notte. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Cosa c’è di più effimero dell’amicizia? Nulla. Era solo e lo avevano tradito. Era rimasto a marcire nell’Oscurità per molto tempo e, quando ne era uscito, non gli era rimasto null’altro che quell’oggetto appeso alla propria cintura. Lo prese e lo guardò per qualche minuto, mentre i ricordi legati ad esso riaffioravano nella sua mente: felici, tristi, dolorosi: il suo passato. Strinse la presa e quello cominciò a incrinarsi, finché non si spezzò in due. I frammenti caddero a terra e lui ci camminò sopra.
Alzò la mano verso il cielo stellato, quello che una volta era stato il suo universo, il suo mondo. Una volta.
 
***
La spada cadde a terra con un tonfo e così fece il ragazzo. L’uomo che gli stava davanti, alto, capelli biondi sparati verso l’alto, un po’ di calvizie, lo fissava con un’espressione dura e un po’ di delusione.  Gli si avvicinò e, con tono fermo, gli disse:
-Shin, rialzati.-
L’altro incrociò il suo sguardo e si sentì gelare: gli occhi marroni dello zio lo mettevano sempre in terribile soggezione, in particolare quando lo rimproverava. Massaggiandosi il fondoschiena, si alzò e, svogliatamente, andò a recuperare l’arma cadutagli.
-Se non ti impegni, non vincerai mai il torneo- continuò l’uomo –Forza, rimettiti in guardia e cerca di durare un po’ di più stavolta.- e alzò la propria spada, pronto a tornare all’attacco. Nonostante i suoi cinquanta e passa anni, Hayner, tre volte campione del torneo Struggle e persona molto rispettata in tutta Crepuscopoli, si muoveva con grande agilità e i suoi colpi erano precisi, veloci e molto dolorosi. Perché nonostante le armi fossero di gomma, facevano male, e la povera schiena di Shin lo sapeva bene. Con malavoglia, strinse la presa con entrambe le mani sull’elsa, fece un profondo respiro, e l’allenamento ricominciò.
Rientrarono a casa che ormai era tardi. Ogni parte del corpo di Shin urlava il proprio disappunto per il trattamento ricevuto durante tutto il giorno e il ragazzo camminava a fatica. Appena furono nell’ingresso, buttò le borse in un angolo e andò dritto in camera sua, senza dire una parola, e si sdraiò sul letto. Erano ormai due settimane che andavano avanti così: sveglia presto, riscaldamento la mattina, un pranzo striminzito, e, per tutto il pomeriggio, l’allenamento vero e proprio per il torneo, che consisteva in continui combattimenti contro lo zio che, puntualmente, lo riempiva di mazzate, continuando anche a ripetere che non metteva nessun impegno in quello che faceva e che non avrebbe mai vinto nulla andando avanti così. Ma lui, che poteva farci? Odiava combattere, non gli metteva eccitazione tenere una spada in mano, né colpire chiunque si trovasse davanti. Figurarsi, poi, per fare contento suo zio. Certo, gli voleva bene, ma non voleva andare contro i propri principi per renderlo fiero. Aveva tentato in altri modi, portando buoni voti da scuola, svolgendo dei lavoretti qua e là per la città, ma per Hayner sembrava che l’unica cosa importante fosse che lui vincesse quello stupido torneo.
“Che cavolata”, pensava sempre il ragazzo, “se ci tiene tanto, che partecipasse e la smettesse di rompermi le scatole”. Ma queste cose non gliele diceva, non era mai stato un tipo coraggioso, lui. Rimase steso sul letto a pensare alla propria giornata finché le sue palpebre non divennero incredibilmente pesanti e si addormentò.
*
Appena furono rientrati in casa, il nipote si fiondò in camera, come al solito dopo i loro allenamenti. Hayner sentì la porta sbattere e, poi, andò a sedersi sul divano del salotto. Osservò la stanza, essenziale, un tavolo, un paio di sedie, il divano su cui era seduto e una televisione, mentre pensava a Shin. Aveva delle potenzialità, ma non le sfruttava. Da sempre era stato timido e poco coraggioso e lui lo aveva sempre spronato ad uscire dal proprio guscio, che si apriva solo in presenza dei due migliori amici, Adele e Kiryu, e di far vedere a tutti di che stoffa fosse fatto. Era questa la ragione per cui insisteva tanto che lui partecipasse, e vincesse, il torneo Struggle: era ora che Shin trovasse la forza in se stesso e quel coraggio che gli mancava. Ad Hayner poco importava del trofeo, dei diecimila munny del premio, voleva solo che il nipote stesse bene con se stesso. Si alzò dal divano, sospirando, e andò in cucina a preparare la cena. Sul frigo era appesa una foto di una donna che sorrideva, gli occhi blu oceano e i capelli marroni, folti e lunghi fino alle spalle. Staccò il magnete che la teneva legata al mobile e la fissò per un po’.
“Cosa faresti al posto mio, Kyrie?”
*
Si svegliò di soprassalto quando sentì bussare alla porta.
-Sì?- disse, con voce assonnata.
-Vieni, è pronta la cena- rispose gentilmente lo zio. Il ragazzo si alzò, toccandosi la pancia, che brontolò sonoramente. Entrò in salotto e fu subito accolto dalla voce della signorina del telegiornale: niente di nuovo, tutto tranquillo, come al solito. Si sedette di fronte allo zio e si servì: quella sera pasta al sugo e insalata condita con olio e sale. Mangiò prima un abbondante piatto di verdure, poi passò alla pasta, decisamente più gustosa, senza però rivolgere parola allo zio. Negli ultimi tempi le loro cene erano così: silenziose, con solo le voci provenienti dalla tv a riempire la stanza. Shin ricordava di quando era piccolo e di come lui e lo zio fossero inseparabili. Un po’ gli mancavano, quei tempi, ma se adesso si parlavano a malapena era colpa dello zio, non sua. Finito che ebbero di mangiare, tolse i suoi piatti dalla tavola, borbottò un “buonanotte” allo zio, che rispose con un sorriso ed un cenno della mano, e andò in bagno. Entrò nella doccia, e l’acqua calda scivolò sulla sua pelle cancellando i dolori di tutta la giornata.
Uscì dopo venti minuti, sentendosi un po’ meglio. “Una doccia calda è sempre quello che ci vuole” pensò fra sé il ragazzo, mentre si asciugava i capelli marroni e a spazzola col phon. Dopo essersi lavato i denti, si mise in fretta un pigiama e ritornò a letto, con l’unica consolazione che, il giorno dopo, avrebbe rivisto Kiryu ed Adele.
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OK, eccoci qua. Prima di tutto, qualche avvertimento: a)l'asterisco segnala un cambio di POV, si capisce, ma per scrupolo lo dico comunque °-°; b) il più importante ai fini della storia: tutto quanto avviene circa quarant'anni dopo le vicende del secondo capitolo. Il 3D non lo considero, ed è probabile che la fine della storia della saga di Xehanorth la inventerò di sana pianta, siate clementi. Tornando al capitolo, lo so, come prologo è un po' bruttino, non succede nulla ed è corto. Ma così mi è venuto, chiedo perdono!
Avevo già pubblicato questa storia con un altro account, che però è andato perduto con la morte del mio precedente PC (inoltre, non mi ricordo né la pass con cui mi sono registrato né il nome account ._.), quindi se la trama vi dovesse sembrare familiare non preoccupatevi, da qualche parte quella vecchia forse esiste ancora. MA, e c'è un ma, questa sarà diversa: l'ho totalmente riscritta da zero, cambiando anche svariati elementi della trama. Quindi, è una brand new fanfiction!
Spero vi piaccia e che mi lasciate una recensione, anche criticando qualcosa che v'ha fatto schifo (sempre che le critiche siano costruttive). Non so quando avrò tempo di pubblicare il prossimo capitolo, l'università impegna, ma spero di farlo al più presto.
That's all folks, alla prossima!
Cid (e bevete sto maledetto the!)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1, cala la notte. ***


Capitolo 1, cala la notte.

Il giorno dopo, venne svegliato da delle voci che provenivano dal salotto di casa. Si alzò e guardò la sveglia che brillava al buio: erano le nove. Aprì le persiane e, sbadigliando, si infilò il primo paio di pantaloni che trovò su una sedia. Quando entrò nella stanza, vi trovò lo zio e i suoi due amici seduti sul divano, intenti a mangiare dei cornetti che spargevano il loro profumo ovunque.

-Buongiorno- disse Hayner, sorridendogli. Shin ricambiò il sorriso, ma senza tanto entusiasmo.

-Era ora. Ci fai sempre aspettare una vita- disse Adele. Lei era la figlia di Pence, il migliore amico di suo zio. Era alta, con capelli mossi, marroni e lunghi fino alle spalle e i suoi occhi erano di un verde molto acceso –Questo è per te, comunque- e gli porse un piatto con sopra un croissant. Lui lo prese e lo addentò, gustando il sapore del cioccolato contenuto all’interno.

-Beh dai, oggi mi sono svegliato anche presto. E grazie per questi, molto graditi- rispose alla ragazza.

-Beh, io adesso devo andare a fare delle commissioni. Shin, quando uscite chiudi casa a chiave, mi raccomando- disse Hayner, alzandosi dal divano. Prese un giacchetto leggero e si avviò alla porta. Salutò i ragazzi ed uscì. A quel punto, Kiryu batté le mani. Lui era il figlio di Olette. Era il meno alto dei tre e aveva capelli neri a spazzola e gli occhi marroni. Era un patito degli sport e, ogni anno, arrivava in finale al Torneo Struggle, anche se perdeva sempre contro il nipote di un altro ex-campione della competizione, Setzer.

-Bene! Sbrigati che dobbiamo uscire, oggi si va al mare- disse il ragazzo con entusiasmo. Shin finì il suo cornetto e corse in bagno a lavarsi.

Uscirono mezz’ora dopo con in spalla degli zaini pieni di asciugamani e giochi per il mare. Mancavano due settimane alla fine dell’estate e, probabilmente, quello sarebbe stato per loro l’ultimo giorno da passare in spiaggia assieme. Si diressero alla stazione e presero dei biglietti. Dopo una decina di minuti arrivò il treno. Fuori faceva caldissimo, ma, fortunatamente, all’interno del veicolo c’era l’aria condizionata. Shin non vedeva l’ora.

Passarono quasi tutta la giornata in acqua, uscendo solo per mangiare. Tornarono a casa che era tardo pomeriggio.

-Che ne dite, vi va un gelato? Potremmo andare sulla Torre della Stazione- disse Kiryu mentre erano ancora in treno. Gli altri due annuirono e, quando furono arrivati, comprarono tre gelati al sale marino ad un bar e salirono verso uno dei luoghi che preferivano di più. La Torre era per loro un luogo di pace e di rilassamento, come lo era stato per i loro parenti quando avevano la loro età. Andavano quasi ogni giorno a guardare il meraviglioso tramonto che caratterizzava Crepuscopoli.

Quel giorno il cielo aveva una sfumatura rosa scuro, mentre attorno al sole era di un arancione tendente al rosso. Shin scartò il proprio dolce e ne addentò un pezzo, sentendosi subito rinfrescato.

-Dopodomani inizia il torneo Struggle- disse Shin –Voi parteciperete?-

-Io quest’anno passo- rispose Kiryu, addentando il proprio gelato e gustandone tutto il suo sapore –Sono stufo di farmi battere da Flynn in finale. Credo che tiferò per te quest’anno. Adele, tu?-

La ragazza fece una faccia offesa.

-Ti pare che parteciperò a quella stupida competizione? E’ proprio da uomini: combattimenti senza senso per il puro piacere personale e il desiderio di gloria. Sono una ragazza, io, certe cose non le faccio-

A quell’affermazione i due ragazzi scoppiarono a ridere: era risaputo che Adele fosse un’attaccabrighe e, dai molti, era considerata un maschiaccio.

-Molto divertente! A quando le nozze con il principe azzurro, mia principessa?- disse Shin, ridendo. La ragazza, che era seduta fra i due ragazzi, gli tirò uno schiaffone in testa così forte che rimase stordito per qualche secondo. Kiryu smise subito di ridere.

Erano le otto quando se ne andarono. Dopo essersi salutati, ognuno andò a casa propria. Quando entrò, Shin trovò tutto buio. Cercò lo zio e lo chiamò, ma non ebbe risposta.

“Probabilmente è uscito a fare una passeggiata” pensò il ragazzo, andando in cucina. Si preparò la cena, lasciandone un po’ per Hayner, e poi andò a dormire. I suoi sogni furono pieni di guerrieri, spade e sfere di tutti i colori che scivolavano sul terreno.

 

Il giorno del torneo arrivò all’improvviso. Ovunque per la città le urla della gente risuonavano assieme a quelle dei negozianti che tentavano di vendere gadget e altri prodotti a tema Struggle. Durante il periodo in cui si teneva la gara, la città risplendeva di moltissimi colori: ovunque erano appesi striscioni raffiguranti gli sfidanti e il campione e le persone appendevano sciarpe, poster e bandiere con sopra i loro idoli fuori dalle finestre. Nel Ring di Sabbia, la grande piazza dove si teneva la competizione, era stato montato un ring di forma quadrata. Tutto attorno, gli spalti per gli spettatori erano già pieni tre ore prima dell’inizio di tutto. In alto, un grosso pannello volante, in quel momento spento, sarebbe stato presto acceso per mostrare i gironi, i nomi degli sfidanti e il punteggio di ciascuno. Nel momento in cui vi arrivò Shin, assieme ad Hayner, fu preso improvvisamente da un’ansia tremenda: ogni anno andava a vedere il torneo, ma quella era la prima volta che si ritrovava ad essere un concorrente e vedeva tutto e tutti con occhi completamente diversi: pronti a giudicarlo, a ridere di lui nel caso avesse fatto qualche stupidaggine. Lo zio gli posò una mano sulla spalla e strinse la presa, per dargli coraggio, poi si diresse verso gli spalti. Il ragazzo si incamminò verso il ring, dove l’arbitro e gli altri sfidanti si erano radunati. Appena li raggiunse, il grasso giudice di gara lo salutò con un sorriso, mentre gli altri non lo degnarono di uno sguardo. Fra loro, Shin riconobbe Flynn, l’attuale campione e figlio di Setzer, più volte vincitore del torneo, con i suoi capelli argentei e lunghi fin sotto le spalle, gli occhi di un viola scuro e brillante e i muscoli scolpiti, e anche Shade, la figlia di un altro campione, Seifer, i capelli dorati raccolti in una treccia. Non stava simpatico a nessuno dei due, ma l’antipatia era reciproca. Inoltre, da giovani, Hayner e il padre di Shade non erano in buoni rapporti.

-Bene ragazzi, ci siete tutti?- disse l’arbitro, dando un’occhiata ad un foglio che teneva in mano –Manca una concorrente ancora, ma fra cinque minuti dovremmo iniziare… Va beh, l’importante è che arrivi prima del suo scontro, altrimenti sarà squalificata. Prima, vorrei spiegarvi le regole. Il vostro compito è quello di togliere tutte le sfere al vostro avversario entro cinque minuti. Se si finiscono le sfere o se si esce fuori dal ring, si perde automaticamente. Il gioco deve essere pulito, non voglio feriti. Fra poco chiamerò i primi concorrenti- e salì sul ring, dove, per terra, era appoggiato un microfono. Lo prese e cominciò a parlare, mentre grida di giubilo si alzavano dagli spalti. –Signori e signore, benvenuti alla sessantesima edizione del torneo Struggle! Quest’anno si sono presentati diversi nuovi sfidanti che, sicuramente, non mancherete di apprezzare! Il primo scontro si terrà fra uno di questi nuovi giovani combattenti, Shin, nipote di Hayner, e Dan- quando si sentì chiamare, a Shin prese un colpo. Salì sul quadrato e si avvicinò all’arbitro e così fece il suo sfidante. Dan era alto, con capelli neri ed una frangia che lasciava vedere solo l’occhio destro, che era di un verde molto chiaro. Aveva una barbetta appena accennata e braccia muscolose. Era la prima volta che il ragazzo lo vedeva, forse si era appena trasferito a Crepuscopoli. Un uomo si avvicinò al giudice di gara, porgendogli un grosso baule di ferro, dal quale estrasse due spade, due gilet e due caschi: le armi avevano entrambe la lama in plastica rinforzata blu e un elsa gialla in ferro, mentre gli indumenti erano fatti in velcro, apposta per poterci attaccare le sfere. Porse gli oggetti ai due, che li presero, disponendosi poi rispettivamente a nord e a sud dell’arbitro.

-Diamo inizio al torneo! Let’s Struggle!- disse, e lo scontro ebbe finalmente inizio.

I due si osservarono per qualche secondo, poi Dan si lanciò all’attacco, sferrando un fendente verso le ginocchia di Shin, che parò senza difficoltà il colpo, rispondendo subito con un affondo. L’altro scartò di lato, facendo uno sgambetto all’avversario, che cadde di schiena a terra. A Shin mancò per qualche secondo il fiato, ma si riprese in tempo per schivare la spada di Dan, che si abbatté al suolo. Mettendo tutta la forza che aveva, il nipote di Hayner colpì l’arma del nemico, facendola volare a qualche metro di distanza. Dan si mise a correre per recuperarla, ma venne sfiorato da una spadata di Shin, che staccò due sfere verdi. Subito il ragazzo se le attaccò al gilet, assicurandosi un paio di punti.

-Non ti facevo così bravo- disse l’altro, recuperando la propria lama –Complimenti- e prima che Shin potesse rispondere, si lanciò di nuovo all’attacco con dei colpi in serie, uno dall’alto e uno dal basso, che vennero parati, e uno verso il petto del nemico, che fu però preso in pieno, perdendo cinque sfere, che vennero subito raccolte. Shin si rialzò massaggiandosi lo stomaco e imprecando. Guardò verso gli spalti e vide lo zio che lo fissava, il volto una maschera indecifrabile. Poi sentì qualcuno urlare: Kiryu sventolava uno striscione con su scritto il suo nome, intonando un coro che lo fece diventare rosso di imbarazzo, ma che gli diede anche coraggio. Il tabellone indicava che mancavano ancora due minuti alla fine del match: c’era ancora tempo per recuperare. Fece un passo avanti, alzando la spada per pararsi e poi tentò di colpire l’avversario dall’alto. Questi parò il colpo, ma il nipote di Hayner gli fece uno sgambetto, facendolo ruzzolare a terra. Poi, Shin si scagliò in avanti, menando fendenti ovunque riuscisse, senza dare tregua a Dan, che parò un colpo, e poi un altro e un altro ancora, senza però accorgersi che il bordo del ring si avvicinava sempre di più, finché il terreno gli venne a mancare sotto i piedi e cadde giù dal quadrato, perdendo la sfida. Un ululato si levò dal pubblico, felice dell’esito dell’incontro. L’arbitro si avvicinò al ragazzo, alzandogli il braccio verso l’alto.

-Abbiamo un vincitore! Shin si aggiudica l’incontro e passa alle semifinali!- poi, il giudice fece cenno di scendere al concorrente, e riprese a parlare –Adesso diamo il via al secondo match!-

Vide subito lo zio avvicinarsi, un grosso sorriso stampato in volto. Gli mise una mano sulla spalla e si congratulò col nipote. Poi si avvicinò anche Kiryu, facendogli anche lui i complimenti.

-A proposito- cominciò Shin –ma Adele?- chiese.

-Il secondo scontro si terrà fra Adele e Shade!- risuonò la voce dell’arbitro e, quando la ragazza salì sul ring, tutti ne furono colpiti.

*

Quando Adele salì sul palco, tutta la piazza ammutolì. Strinse forte i pugni, come faceva sempre quando voleva allentare la tensione, e si guardò intorno con fare irritato: perché ogni volta finiva per fare la figura del maschiaccio? Non stava partecipando anche Shade, una ragazza come lei, al torneo? Kiryu le aveva spiegato il motivo: l’altra era considerata, dai più,  più aggraziata e non perdeva mai occasione di mostrare la propria femminilità a chiunque le stesse intorno, indossando maglie attillate o vestiti con spacchi enormi che lasciavano vedere le gambe belle e toniche. Mentre lei, beh… effettivamente, preferiva vestirsi con un paio di jeans e una maglia, piuttosto che indossare abiti super sexy. Tentava di convincersi che, dell’opinione altrui, non gliene importava un fico secco, ma quando le capitava come in quel momento, diventava rossa di rabbia. E si arrabbiò ancora di più quando vide le espressioni stupefatte di Shin e di Kiryu. Almeno loro avrebbero dovuto sostenerla, invece eccoli là, a guardarla come se fosse un alieno. Digrignò i denti e si incamminò verso l’arbitro, alla cui destra era Shade, con un ghigno stampato in faccia.

-Guarda, la nostra miss Uomo ha deciso di partecipare al torneo e mostrare i suoi attributi- disse, ridendo.

-Ti darò tante di quelle mazzate che dopo i tuoi, di attributi, saranno a stento riconoscibili- rispose l’altra, con un sorriso glaciale, mentre l’altra abbozzava.

“Stronza” pensò Adele, mentre stringeva la mano al giudice di gara. Appena l’equipaggiamento le fu consegnato, indossò il gilet, poi si legò i capelli e indossò lo scomodissimo elmetto.

-Allora ragazze- cominciò a dire l’uomo –Solite regole: cinque minuti di tempo, chi ha più sfere allo scadere, si aggiudica l’incontro. Che vinca la migliore- e scese dal ring, lasciando le due avversarie a fronteggiarsi. Adele si mise in guardia e, quando sentì gridare da ogni dove “Let’s Struggle”, si mise in guardia e aspettò che Shade la attaccasse, cosa che avvenne quasi subito. Il colpo della donna si abbatté sulla sua spada con grande forza, tanto che Adele si lasciò sfuggire un gemito di dolore. Scartò di lato e tentò di colpire l’avversaria al ventre, senza successo. Shade fece un balzo indietro e, caricando con tutto il corpo, fece un affondo. Ad Adele non rimase che spostarsi verso destra e colpire dall’alto: portò il braccio destro, leggermente piegato, sopra la propria testa e poi vibrò il colpo come se, invece di una spada, stesse usando una frusta. Il colpo, veloce e potente, colpì l’altra in piena faccia, facendo volare via tre sfere. Dentro di sé, la ragazza esultò, mentre la sua avversaria cadeva a terra con uno strillo di dolore e rabbia. Subito Adele si mosse verso le tre palle colorate, le attaccò al gilet senza perdere mai di vista la figlia di Seifer, che, nel frattempo, si era rialzata, sfoggiando uno zigomo rotto e sanguinante.

“Devo resistere per altri tre minuti e poi è fatta” pensò, mentre l’altra tornava all’attacco con un urlo, mulinando la spada a destra e a sinistra. La figlia di Pence riuscì a schivare facilmente i colpi, che erano sì veloci, ma prevedibili. Sembrava che, ormai, la rabbia si fosse impossessata di Shade, che pensava soltanto a ferire l’avversaria, senza più preoccuparsi della competizione. Adele ne approfittò: quando la bionda le sferrò una spadata alla faccia, lei si abbassò, schivando il colpo. Le sferrò un calcio allo stomaco e, mentre l’altra, il respiro mozzato dal colpo, abbassava la guardia, fece una piroetta e sfruttando la forza della rotazione le abbatté nuovamente la spada addosso all’elmetto. Con un ultimo grido, Shade cadde per terra, il viso pieno di sangue. L’arbitro salì sul ring e le si avvicinò. Dopo qualche secondo si alzò e, fra il silenzio generale, disse:

-Shade è svenuta. Direi che non rimane altro che proclamare Adele vincitrice dello scontro, il che significa che dovrà scontrarsi con Shin. Chi vincerà poi, potrà sfidare Flynn in finale!- e la folla la applaudì. La ragazza sorrise con felicità, cercando i genitori fra gli spalti. Quando li vide, li salutò contenta e Pence e la moglie, Rosabeth, risposero al saluto calorosamente. Finalmente sembrava che fossero fieri di lei.

Il grasso signore le si avvicinò e le strinse la mano, dicendole che il prossimo scontro, quello contro Shin, sarebbe iniziato in un quarto d’ora. Cercò i suoi amici e li vide sugli spalti: Kiryu stava dando delle pacche amichevoli sulle spalle a Shin, che sembrava sconvolto dall’incontro. Quella scena la fece sorridere. Scese dal ring e raggiunse suo padre, che le diede un abbraccio, mentre la mamma era intenta a comprare qualche dolciume da una ragazza che aveva difficoltà a reggere il peso di tutta la roba che portava in spalla.

-Sei stata bravissima, inquietante, ma bravissima- disse Pence ridendo –Devo dire che farti fare arti marziali non è stata una cattiva idea- e le strizzò la guancia. Adele adorava il padre, ma ormai credeva di essere cresciuta per certe cose, e a quel gesto assunse un’aria finta stizzita.

-Papà, smettila, non in pubblico! Non ho più dieci anni!- ma lo disse ridendo e l’altro rispose pizzicandola nuovamente. Appena la mamma ebbe finito di comprare, baciò la figlia su una guancia e le fece i complimenti.

-Certo che, però, dare tutte queste botte alla gente rovina la tua immagine di signorina- le disse, con fare imbronciato.

-Ma quale immagine di signorina? Hai visto come si sono zittiti tutti quando sono salita sul ring? Questi credono che io sia un maschiaccio!- rispose Adele, incrociando le braccia e scoccando uno sguardo furente a tutta la gente che le stava intorno.

L’arbitro richiamò i concorrenti sul quadrato. La ragazza salutò i genitori con un cenno e raggiunse il centro della piazza. Shin era già lì, la spada in mano. Lei prese la sua e lo guardò: gli occhi azzurri come il cielo la fissavano imbarazzati, i capelli marroni e un po’ a punta si muovevano disordinatamente col vento e una barba appena accennata gli incorniciava il viso. Era così diverso dallo zio: di aspetto era ovvio, non erano veramente parenti. L’altro era stato preso in affidamento da Hayner e dalla moglie Kyrie quando aveva appena un anno. Shin era un orfano come un altro, però aveva avuto fortuna, perché tutti gli volevano bene e aveva trovato una famiglia buona e gentile. Tuttavia, il ragazzo non riusciva proprio a chiamarli mamma e papà, perché il colore degli occhi e dei capelli gli ricordavano costantemente che lui non era figlio loro, ma di chissà chi. Questo Adele lo sapeva perché era stato lui a dirglielo, e solo lei, assieme ad Hayner, lo sapeva. Il rapporto con lo zio era sempre stato ottimo, finché Kyrie non era morta, tre anni prima. Da quel giorno, si erano allontanati sempre di più. Adele e Kiryu tentavano di parlarne ogni tanto, ma il ragazzo evitava sempre l’argomento.

La voce dell’arbitro la distolse dai suoi pensieri.

-Che vinca il migliore! Let’s Struggle!-

-Non credevo che avresti partecipato- le disse l’altro, alzando la propria spada.

-Sono una ragazza piena di sorprese- rispose lei con un sorriso –comunque concentrati, perché non ci andrò piano con te solo perché sei mio amico- e scattò in avanti. Quando fu vicina all’avversario, fece un affondo, che l’altro parò scartando di lato, rispondendo con un fendente dal basso verso l’alto, che mirava a colpirla al fianco. Adele si buttò a terra e schivò il colpo di poco. Fece una capriola all’indietro e si rialzò. Shin si stava avvicinando e lei, per fermarlo, gli sferrò un calcio allo stomaco, costringendolo ad indietreggiare all’improvviso per evitarlo. La ragazza tentò di fare come nello scontro contro Shade: si avvicinò all’amico e girò su se stessa, scagliando una spadata verso la faccia dell’amico, che si abbassò in tempo per schivare. Il ragazzo contrattaccò, poi, con un fendente verso il fianco dell’amica, che, colta alla sprovvista, parò usando il braccio, venendo così scaraventata a terra. Si rialzò velocemente, mentre l’altro prendeva le cinque sfere che le erano cadute. Mancavano tre minuti, non aveva molto tempo. Corse verso l’avversario e cominciò a sferrare fendenti in successione da qualsiasi direzione riuscisse, senza lasciare respiro al povero Shin, che venne colpito due volte: la prima nello stomaco e la seconda sul volto. Il nipote di Hayner cadde a terra. Adele rimase in guardia, aspettando che si tirasse su, ma l’amico rimase a terra.

“Forse l’ho colpito troppo forte” pensò, avvicinandosi. L’altro si rimise in piedi a fatica, asciugandosi con la manica un rivolo di sangue che gli colava dal labbro.

-Adele, sei più forte di quanto pensassi, e più forte di me. Io… credo che possa bastare- disse l’altro. Si stava arrendendo, la ragazza non poteva crederci. O meglio, poteva, era tipico di Shin: alla prima vera complicazione, gettava la spugna; ma non credeva che lo avrebbe fatto anche in quel frangente. Sentì la rabbia salirle alla testa come una creatura affamata. Strinse la mano intorno all’elsa dell’arma e si avvicinò correndo verso l’amico, che non si mosse. Appena fu abbastanza vicina, con la mano libera, gli tirò un pugno nello stomaco, facendolo crollare per terra di nuovo. Poi si chinò su di lui e disse, mantenendo il tono della voce più basso che poté:

-Che stai facendo? Vuoi arrenderti adesso? Siamo pari-

-Ma dai, qualsiasi modo io tenta di colpirti, riesci sempre a trovare un modo per schivare. Sei più esperta e meriti di vincere il torneo-

-E tuo zio? Credi che ti lascerebbe in pace? Sicuramente l’anno prossimo ti costringerà di nuovo a partecipare al torneo. Almeno tenta di vincere, non mollare subito-

-Che importa? Tanto ormai, non credo di poterlo deludere ulteriormente. E’ da allora che so di non poterlo rendere felice, di non poterlo vedere sorridere di nuovo. Mi odia, e fa bene- disse Shin, quasi in lacrime. La rabbia che Adele stava provando, in un istante, svanì. Possibile che il ragazzo credesse ancora che la zia era morta per causa sua? Era stato un incidente, o il destino, chiamatelo come vi pare, ma lui doveva smetterla di incolparsi, per il bene suo e di Hayner. La ragazza sentì gli occhi bruciare, e ricacciò le lacrime indietro: non voleva farsi vedere mentre piangeva.

-Stupido…- sussurrò. Si alzò in piedi e guardò l’arbitro.

-Mi arrendo- urlò, scese dal ring e si diresse verso l’uomo, consegnandogli la spada. Si girò verso l’amico e gli disse:

-Almeno, non farti battere- e se ne andò poi a sedersi accanto ai genitori, che la guardavano stupiti, come il resto della folla.

*

Nello stupore generale, l’arbitro urlò il risultato dello scontro: Shin aveva vinto. Si alzò da terra, il labbro che gli pulsava e gli faceva male. Guardò l’amica, che si era seduta accanto a Pence e Rosabeth. Sapeva perché si era arresa, ma non doveva farlo. Sarebbe dovuta andare avanti e avrebbe dovuto vincere il premio finale. L’arbitro gli si avvicinò, con un grosso sorriso stampato in faccia.

-Beh- disse al microfono –questo torneo riserva sempre molte sorprese! Adesso, inizierà lo scontro finale! Shin dovrà sfidare il nostro campione: Flynn!-

Ovunque il nome del ragazzo risuonò, mentre lui saliva sul ring salutando i propri fan che battevano i piedi sugli spalti. Con eleganza, l’avversario di Shin prese la spada e si mise giubbino ed elmo, lo guardò con un’occhiata penetrante e si spostò dal lato opposto del quadrato. Il nipote di Hayner fece la stessa cosa, e aspettò che l’arbitro desse il via al torneo.

-Che vinca il migliore- disse Flynn –Che sarei io, ovviamente. Mi spiace, ma non credo che tu abbia qualche possibilità di vincere, data la tua precedente performance-

Shin divenne rosso dalla vergogna e strinse l’elsa della propria arma.

-Bene, iniziamo! Let’s Struggle!-

In un istante, il figlio di Setzer sparì dall’angolo visivo del ragazzo, che sentì solo la spada fendere l’aria. Un forte colpo lo prese al fianco, facendolo cadere a terra con grande violenza. Shin urlò di dolore, ma si rialzò subito. Vide Flynn attaccarsi delle sfere al gilet, con un sorriso perfido e compiaciuto sulla faccia, come a dire “Che ti avevo detto?”. L’avversario tornò subito all’attacco, sferrando dei potenti fendenti diretti al ventre di Shin, che riusciva a parare, ma con grande fatica. Ad ogni tentativo di contrattacco, Flynn si scansava come se nulla fosse, colpendo poi l’altro concorrente con grande violenza. Erano a dei livelli troppo diversi. Dopo una spadata in faccia, il nipote di Hayner cadde nuovamente a terra. La faccia bruciava e pulsava e il sangue usciva copioso dallo zigomo rotto. Mancavano due minuti e il ragazzo aveva ormai perso qualsiasi speranza di vincere. Si rialzò a fatica, usando la spada a mo’ di supporto e per poco non ricadde a terra. La vista era annebbiata e la testa gli faceva male per le troppe botte ricevute, se pur attutite un minimo dall’elmo. Adele gli aveva detto di non perdere, ma come avrebbe potuto vincere? Flynn era forte, troppo forte, e lui non si allenava da così tanto tempo da poter tener testa ad un tale avversario. Guardò sugli spalti e vide lo zio che lo fissava dispiaciuto, Kiryu accanto a lui con la stessa espressione, mentre l’amica era rossa in viso e sembrava stesse per esplodere dalla rabbia. Questo quasi lo rincuorò. Si rimise in piedi, vacillando un poco, e poi si scagliò contro l’avversario. Sferrò un colpo dal basso e uno dall’alto, che vennero parati facilmente, e poi un altro al ventre, che mancò comunque il bersaglio. Tentò di fare lo sgambetto all’avversario, ma questi schivò facendo un salto e abbattendo la propria spada su quella di Shin. I due rimasero qualche secondo a fissarsi, arma contro arma, e il nipote di Hayner ne approfittò. Diede un calcio nello stomaco a Flynn e poi lo colpì con l’elsa della spada sempre nello stomaco, facendolo cadere a terra. Due sfere rotolarono a un paio di metri di distanza e il ragazzo corse subito a raccoglierle, mentre l’avversario si rialzava, un rivolo di sangue che gli colava dal labbro.

-Questo non avresti dovuto farlo, bastardo- disse Flynn, il volto calmo trasformato in una maschera di rabbia. Impugnò la spada a due mani, si concentrò e fece un affondo velocissimo. Shin fu colto alla sprovvista e non riuscì a parare il colpo, che fu così forte da scaraventarlo fuori dal ring. L’ultima cosa che sentì era la voce dell’arbitro che annunciava la fine dello scontro. Poi non vide altro, se non il buio.

 

Si svegliò di soprassalto. La testa gli faceva un gran male, così il labbro inferiore e lo zigomo destro. Si toccò le parti ferite e si accorse di avere cerotti e fasciature un po’ ovunque.  Si guardò intorno, e si accorse di essere in una stanza d’ospedale, illuminata solo da un lumino troppo debole per dare luce a tutto l’ambiente. Si alzò dal letto e si diresse alla finestra. Fuori era buio pesto e la città era deserta: probabilmente era rimasto svenuto per molto tempo. Guardò poi l’orologio appeso al muro e notò che qualcosa non andava: erano le sei di pomeriggio, com’era possibile che, per le strade, non ci fosse nessuno? Ma soprattutto, perché era così buio? Il ragazzo si mise le scarpe, che erano state messe sotto al comodino, e uscì dalla stanza. L’ospedale era vuoto. Non un medico o un’infermiera, nessun paziente. Le luci erano spente, tranne quelle di emergenza che segnalavano le uscite più vicine. Che diavolo stava succedendo? Con il cuore in gola, uscì di corsa dall’edificio e, quando fu in strada, cominciò a urlare, a chiamare Hayner, Kiryu e Adele, ma non ottenne risposta. Il suo unico compagno, in quel momento, era il silenzio. Andò a casa sua, ma la trovò vuota, così successe quando suonò a quelle dei suoi amici: nessuna risposta, nessuna luce accesa all’interno. Tutti spariti.

Dopo che ebbe girato le vie principali della città, Shin decise di tornare al Ring di Sabbia: in fondo, il Torneo Struggle era finito qualche ora prima, sicuramente qualcuno doveva esserci. Ma erano vane speranze: tutto ciò che trovò fu il ring, ancora al centro della piazza, e i vari striscioni pubblicitari. Il ragazzo, ormai in preda all’ansia, ricominciò ad urlare finché la gola non gli cominciò a bruciare. Poi sentì un rumore provenire dalle sue spalle. Si girò di scatto e inorridì: davanti a lui c’era suo zio, con graffi ovunque, i vestiti stracciati e pregni di sangue. I due si fissarono per qualche secondo in un silenzio opprimente, il cuore di Shin che sembrava essersi fermato. Poi, Hayner cadde. Il ragazzo scattò e lo afferrò prima che potesse rovinare per terra. Ve lo posò di schiena con delicatezza. Osservò il corpo martoriato dello zio, incurante del sangue che gli stava macchiando i vestiti, e sentì la gola stringersi e le lacrime scivolare inevitabilmente sulle guance. Era sempre stato forte, cosa poteva averlo ridotto così? Lo scosse un pochino, nella speranza che si svegliasse, e quello aprì gli occhi. Quando vide il nipote, un’espressione mista a tristezza e felicità apparve sul suo volto.

-Shin…- sussurrò, allungando una mano tremante sul volto del ragazzo.

-Zio, che succede? Che ti ha ridotto così?-

-Mi dispiace- rispose l’altro, con la voce spezzata. Si vedeva che respirare diventava per lui sempre più difficile –Mi dispiace per ogni cosa- e cominciò a piangere. Una morsa si strinse intorno allo stomaco di Shin: è vero che, ormai, lui ed Hayner non erano più vicini come una volta, ed era anche vero che voleva che risolvessero i problemi fra di loro, ma non voleva che si risolvessero a quel modo, mentre uno dei due moriva. Non era giusto.

-Non parlare- disse, scosso dai singhiozzi che rendevano il parlare ancora più difficile –E’ a me che dispiace, per la zia, per il torneo, per tutte le delusioni che ti ho arreca…- il parente non lo fece finire di parlare. Gli pose la mano sulle labbra e sorrise, come non faceva da tempo.

-Mi hai reso fiero, ogni istante della tua vita. Non pensare che io ti odi, perché non è vero. Senza di te, questa vita sarebbe stata noiosa e vuota- poi urlò, sbarrando gli occhi –Arrivano…- e il suo corpo prese a brillare sempre più forte, sotto lo sguardo incredulo di Shin, finché non si divise in tante piccole sfere di luce, terribilmente somiglianti a delle lucciole. Il ragazzo toccò il terreno macchiato di sangue, dove, fino a poco prima, giaceva lo zio morente. Ormai il suo respiro era spezzato dai singhiozzi, le lacrime gli scendevano copiose sul viso e sul collo, facendolo rabbrividire, e qualsiasi parte del suo corpo tremava. Lo zio non c’era più, era morto, e lui era solo, solo nell’oscurità. Il suo urlo di dolore risuonò ovunque, rompendo il silenzio della città ormai abbandonata.

Poi successe. Lo circondarono subito, senza che lui se ne accorgesse. Shin alzò lo sguardo e li vide, e un brivido gli salì su per la schiena. Davanti a lui si trovavano una decina di mostriciattoli totalmente neri, dagli occhi gialli brillanti. Erano alti cinquanta centimetri, con due antenne che partivano dalla fronte fino ad andargli davanti agli occhi. Avevano solo tre dita per mano, con dei lungi e affilatissimi artigli. I piedi avevano un unico dito.

-Chi diavolo siete?- disse il ragazzo, rimanendo fermo per il terrore. I mostri cominciarono ad avvicinarglisi lentamente, poi, tutti insieme, saltarono verso Shin, gli artigli pronti a colpire. Il nipote di Hayner chiuse gli occhi e si coprì il viso, ma i colpi non arrivarono mai. Una luce fortissima investì il Ring di Sabbia, distruggendo tutte le creature, e il ragazzo sentì un qualcosa di pesante e freddo apparire nella sua mano destra. Aprì gli occhi e vide cos’era l’oggetto: una grossa spada a forma di chiave si era materializzata dal nulla. L’elsa- da cui partiva una catena argentata che culminava in tre cerchi, uno grosso e due più piccoli, posizionati sopra di quello- era dorata e ricordava vagamente un trapezio. La lama era di un argento splendente e lo spazio fra i denti della chiave andava a formare una corona. Altri esseri apparvero e subito attaccarono Shin. Il braccio con cui impugnava l’arma si mosse come dotato di volontà propria, distruggendo tutti i mostriciattoli, che scomparvero in una nube oscura. Il ragazzo, sempre più spaventato e perplesso da quello che stava succedendo, si mise a correre. Quando si fermò spezzato dalla fatica, si accorse di essere a Piazza della Stazione. Crollò nuovamente per terra e tentò di riprendere fiato. La maglia gli si era attaccata al petto per colpa del sudore e lui non riusciva più a reggersi in piedi.

La terrà tremò. Il nipote di Hayner si guardò attorno, chiedendosi cosa altro stesse succedendo, quando un essere gigantesco spuntò dal terreno. Era alto almeno quattro metri, aveva anche lui gli occhi gialli e i capelli sembravano dei tentacoli che gli aggrovigliavano la faccia. Sulla schiena spuntavano delle piccole ali, nere come il resto del corpo, e, poco più sotto, vi era un enorme voragine a forma di cuore, che andava dal petto della creatura fino al suo inguine. Mosse una delle sue braccia gigantesche e muscolose e sferrò un pugno al suolo, proprio dove si trovava Shin. Schivò il colpo per un soffio rotolando di lato e sferrò un colpo di spada contro la mano del nemico. Un grosso squarcio si aprì sulla pelle e sangue viola zampillò ovunque, impregnando ancora di più gli abiti del ragazzo, che si allontanò più che poté. Il mostro urlò di dolore e, nella mano illesa, creò una sfera oscura dal centro di un arancione scuro. La scagliò poi contro l’avversario e, a pochi metri da esso, la sfera si divise in altre più piccole. Di nuovo, il corpo di Shin si mosse da solo: piantò l’arma per terra e una barriera di luce si creò attorno a lui. L’attacco dell’essere si schiantò sulla barriera, che si infranse in uno scoppio di luce, che abbagliò entrambi. Poi, il nipote di Hayner volse l’arma verso la creatura, la punta rivolta al buco nel suo petto. Da quella, un fascio di luce partì all’improvviso, colpendo in pieno la bestia, che si accasciò al suolo, per poi cominciare a salire verso il cielo. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo, poi le forze gli vennero meno e svenne.

*

L’uomo in nero aveva osservato tutto dalla torre dell’orologio. Il ragazzo aveva potenzialità, ma aveva tanto da imparare. Si alzò in piedi e saltò dalla torre. Atterrò senza far rumore, quasi fluttuando. Allungò la mano davanti a sé e un portale oscuro si aprì. Prese il ragazzo in spalla e ve lo gettò dentro. Subito dopo lo richiuse. Sorrise e cominciò a ridere.

-Finalmente, posso iniziare- disse. Poi la sua attenzione fu interrotta da qualcosa, o meglio, da qualcuno. Si girò di scatto e vide davanti a sé una ragazza alta, dai capelli marroni, lunghi e mossi, e dei bellissimi occhi verdi.

-Che gli hai fatto?- disse Adele.

-Lui? Oh… nulla, non preoccuparti, starà bene- “Una ragazza scampata all’attacco degli Heartless? Interessante.”

-Comunque, come hai fatto ad arrivare qui illesa?- chiese con curiosità, ma non attese una risposta. –Perché sprecare una risorsa? Perché non aumentare le pedine a mia disposizione?- la ragazza stava ascoltando perplessa e un po’ impaurita, lui lo vedeva, lo sentiva. Si teletrasportò dietro di lei e le diede un colpo sul collo, facendola svenire. La prese in spalla, poi creò una sfera oscura nella sua mano destra. La lanciò verso il cielo. Mentre lui spariva all’interno di un tunnel oscuro, intravide la sfera espandersi fino a diventare enorme, inghiottendo tutta la città.

***

 

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Cala la notte e comincia la mia guardi... ehm no, sbagliato serie.
ALLORA, sì, non sono morto, sono vivo e vegeto, per la vostra felicità. Prima di passare ad altro, ringrazio tutti quanti per le recensioni, sono state molto gradite :D
Premetto che il capitolo è lungo (forse troppo...?) e spero che non influisca sulla lettura. Ammetto che questo capitolo sia stato un po' un parto: ci sono parti che non mi piacciono e altra roba.
Ammetto che, adesso, il periodo in cui potrò scrivere sarà molto poco, perché sessione estiva in coming D:
Comunque, tenterò di pubblicare qualcosa appena potrò, non vi abbandono tranquilli.
Spero che il tutto sia di vostro gradimento, le critiche son sempre bene accette.
Ah, ho riletto svariate volte, ma ho paura che ci siano comunque errori.
Alla prossima!
                      Cid

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