ATTENZIONE!!!
QUESTO CAPITOLO É
RATING
ROSSO/ARANCIONE. NON DITE POI CHE NON VI AVEVAMO AVVISATI! BUONA
LETTURA!!
Leggendo
e
rileggendo quella lettera, Arles si sforzava di rimanere calmo. Quella
mocciosa
sfrontata non solo non era ancora crepata come sperava, ma aveva pure
la faccia
tosta di spedirgli una letterina con su scritto che faceva visita al
Tempio.
Tale gesto, oltre a dimostrare un’immensa
stupidità da parte della “Dea della
saggezza”, aveva dato modo ad Arles di organizzarsi. Le case
erano tutte
occupate, salvo i morti e quel panda prugnoso di nome Dohko, e
Betelgeuse era
pronto a compiere la sua missione.
“Perché
sono
agitato?” ghignò il Sacerdote “Non ho
motivo di esserlo..”.
Poi
sospirò.
Alle sue spalle, una delle sue ancelle stava tentando di domare la
lunga
capigliatura argento a suon di spazzolate.
“Il
sole sta
tramontando..” parlò Arles “..tu e le
altre potete andare. Rientrerete al
Tempio quando vi manderò a chiamare”.
“Corriamo
dei rischi?” domandò l’ancella.
“No.
Ma
preferisco non vi ritroviate fra zotici invasori e finte
divinità”.
“Come
siete
magnanimo..” sorrise la giovane “..e quella
ragazza?”.
“Quale
ragazza?”.
“Quella
per
cui sospirate. Sono cieca, ma certe cose riesco a vederle molto
bene”.
“Terrò
pure
lei lontano da questo piccolo disguido. Poi, una volta che
sarà tutto finito..non
so..spero sempre che voglia restare qui accanto a me..”.
“Ah
ma
allora è una cosa davvero seria!”.
La
ragazza
udì un rumore. Erano dei passi, lievi, da donna. Ma non
erano quelli delle sue
compagne, che conosceva molto bene, quindi intuì di chi
fossero e sorrise.
“Vi
lascio
soli” mormorò, senza dare il tempo ad Arles di
parlare, una volta che Niraja
fece il suo ingresso nelle stanze private del Sacerdote.
“Non
c’è più
nessuno?” domandò la rapitrice, una volta che
l’ancella se ne fu andata
“Non ho visto né Gigars né
il capo delle
guardie..”.
“Se
ne sono
andati” ammise Arles “O morti..non lo so
bene..”.
“Mi
spiace..”.
“Vedrai
che
chi è fuggito poi riapparirà, non appena
porterò a termine il mio piano. Ormai
manca poco”.
“Davvero?”.
Niraja
osservò Arles e ne rubò la lettera dalle mani,
sedendosi poi sul letto ed
iniziando a leggere. Lui le sedette accanto e la fissò.
“Questa
cosa
è preoccupante?” chiese lei “Intendo
dire..questa Saori verrà qui con un
esercito e correrai dei pericoli?”.
“Macché!
Però
preferirei saperti lontano da qui, non si sa mai. Perciò per
un po’ non tentare
di rapirmi. Risolverò la questione in fretta, vedrai, e poi
ti manderò a
chiamare. O ti verrò a trovare”.
“Ma..andrà
tutto bene, vero?”.
“Certo!
Solo
che devo stare concentrato e tu saresti una distrazione. Splendida,
gustosa,
magnifica e sexy..ma comunque una distrazione!”.
“Capisco.
Però starò in pensiero..”.
“Non
ne hai
alcun motivo, ciliegina mia”.
“Hai
i
capelli metà a posto e metà a
cespuglio..” ridacchiò lei, tentando di pensare
ad altro.
“Vuoi
terminare tu il lavoro della mia ancella?”.
Lei
sorrise.
Sospirò, osservando un punto imprecisato della stanza. Arles
girò lo sguardo
verso di lei, ammirandone i lunghi capelli rossi i cui alcuni ciuffi
erano
elegantemente adagiati sul seno, che si sollevava al ritmo regolare del
respiro
di lei. Con un abitino semplice e leggero, adatto alla stagione,
lasciava
scoperto il collo che il Sacerdote iniziò a baciare, dopo
aver scostato qualche
ciocca vermiglia.
“Tanto
ci
interrompono” commentò lei.
“Hai
ragione..” rispose lui, rassegnato ma comunque intenzionato a
continuare a
baciare la pelle vellutata di chi aveva accanto.
“Ci
interrompono sempre..”.
“Ti
prometto..” mormorò lui, fra un bacio ed un altro
“..che quando tutto questo
sarà finito..comprerò un’isola
deserta..e ti ci porterò..saremo solo io e te..e
ti sbatterò come se non ci fosse un domani..”.
“Non
sei
molto romantico..” storse il naso lei.
“Ah
beh..allora..guarderemo insieme un romantico tramonto, ti
guarderò
romanticamente negli occhi e romanticamente ti confesserò
amore eterno”.
“Oh,
che
carino..”.
“..e
poi ti
sbatterò come se non ci fosse un domani!”.
“Scemo!”.
“Sì,
tantissimo..”.
Lui
continuò
a baciarla e, con una mano, le scostò una delle spalline del
vestito.
“Tanto
ci
interrompono..” mormorò lei, lasciandosi spogliare.
“Hai
ragione..lo faranno..”.
“Ci
interromperanno sul più bello..”.
“Lo
so..”.
Arles
era
sicuro che qualcuno sarebbe entrato da quella porta.
“Dove
sono i
miei fratelli?” chiese lei “Erano dietro di
me”.
“Ho
detto ai
cavalieri d’oro di fermarli..”.
“Ma..”.
“Tranquilla!
Non gli faranno male. Ho detto solo di trattenerli per un
po’, non li
feriranno”.
“Sei
sicuro?”.
“Rilassati..”.
Niraja
rimase
tesa solo pochi secondi. Forse più rilassata al pensiero che
i fratelli non
sarebbero comparsi all’improvviso, la ragazza strinse a
sé Arles,
abbracciandolo.
“Tira
via
quella tunica!” quasi ordinò “Tiene
tanto caldo..non hai caldo?”.
“Sì,
ho
tanto caldo, hai ragione..” ghignò lui, mostrando
alla donna che amava quanto
fosse rapido a rimanere completamente nudo.
Lei
si
lasciò stendere a letto, fra i baci e le leste mani del
Sacerdote che riuscivano
a spogliarla con una facilità impressionante.
“Tanto
ci
interrompono..” disse lui e lei ebbe un brivido di piacere
quando si sentì
penetrate e trattenne il respiro qualche istante.
“Ah
sì..”
gemette lei dopo un po’ “..ci
interrompono..sì..ma tu..non ti fermare!
Comparisse anche Gesù Cristo con la Madonna tu..ah..non ti
fermare!”.
“Perché
hai
fatto passare nostra sorella e non noi?” protestò
Nektarios.
“Quello
schianto di rossa è vostra sorella?” rispose Mur
“Non ci credo nemmeno se mi
pagate! E comunque lei aveva il permesso di passare. Voi no”.
“Perché?!
Facci passare, oppure..”.
“Oppure?”.
“Hei,
guarda
là!” esclamò Tarasios.
Mur
finse di
farsi fregare, o forse ci cascò per davvero, e
girò la testa. I due fratelli ne
approfittarono e corsero, schiantandosi di faccia contro il Crystal
Wall.
“Che
diavoleria è mai questa?!” gemette il
più piccolo, toccandosi il naso.
Mur
ridacchiò, continuando ad osservarli mentre i due si
schiantavano
ripetutamente, cercando di afferrare Kiki che, dall’altra
parte del muro, li
prendeva per il culo.
“Sfigati”
ridacchiò il moccioso, mostrando la lingua.
“Non
accetto
prese in giro da uno che ha le sopracciglia a palla!”
ribatté Nektarios.
“Hai
qualcosa contro le sopracciglia a palla?!” chiese Mur,
avvicinandosi ai due
invasori con fare minaccioso.
I
due, che
fino a quel momento avevano creduto quel cavaliere un uomo coccoloso e
puccioso, si dovettero ricredere. Mai offendere le sopracciglia di Mur!
Con
occhi iniettati d’odio, l’Ariete si avvicinava ed i
fratelli tentarono di farsi
strada, grattando contro quel muro immaginario che non voleva saperne
di farli
passare.
“Scherzavo!”
supplicò Nektarios “Le tue sopracciglia sono
bellissime! Le voglio pure io! Non
uccidermi!”.
“Ma
davvero?!” ghignò Mur “Kiki..vai a
prendere quel che tu sai..”.
E
delle
minacciose pinzette comparvero fra la mano dell’Ariete e la
faccia del
rapitore.
Niraja
piantò
le unghie nella schiena del Sacerdote quando raggiunse
l’orgasmo e ribaltò la
testa all’indietro. Quel gesto, quell’improvviso
dolore provocato dalle unghie
smaltate, diede una scossa di intenso piacere al Sacerdote, che strinse
con
forza la donna a sé e gemette, giungendo anche lui al
culmine dell’amplesso.
“Sto
sognando?” sussurrò lei, ansimando e sorridendo.
“Oh,
Niraja..” rispose lui, stendendosi al suo fianco
“..sposami”.
“Che?!”.
“Ti
prego..quando tutto questo sarà finito, quando
avrò lo scettro di Nike e sarò
vincitore..resta qui con me! Governa il mondo al mio fianco!”.
“Scherzi?!”.
“No!
So che
devi badare ai tuoi fratelli ma..sono disposto ad accettarli e
sopportarli qui
al santuario, se ci sei tu!”.
“Ed
io..potrei comandare? Intendo dire..potrei dire ad un cavaliere
d’oro di fare
questo o quest’altro?”.
“Certo,
mia
ciliegia”.
“Oh..la
cosa
è eccitante..”.
“Davvero?”
ghignò lui, baciandola di nuovo sul collo.
“Però..mi
hai mentito..”.
“Ah
sì?”.
“Avevi
detto
che mi avresti preso con violenza, facendomi gridare il tuo nome dal
piacere.
Invece sei stato..quasi dolce. È stato bellissimo, amore
mio, però..”.
“Non
volevo
che Saga interferisse. Lui non vuole che si faccia male alle donzelle.
Ma credo
non abbia nulla da ridire adesso..”.
“Davvero?”.
“Ultimamente
è sempre depresso. Da quando è arrivata quella
lettera..ricorda cose passate e
piagnucola”.
“Poverino..”.
“Povero
un
cazzo! Che la smetta di piangere e reagisca! Che vuole?!
Suicidarsi?!”.
“Gli
passerà..”.
“Sì..è
vero..ma tornando a noi..”.
“Sì?”.
“Dici
che ti
eccitava l’idea di..”.
Non
terminò
la frase, ricominciando a baciarla e stringendola a sé.
“Stanotte
recuperiamo tutte le volte in cui siamo stati interrotti, mia Niraja!
Ti farò
impazzire!”.
“Oh,
Arles!”
gemette eccitata lei, mentre ricominciavano a cercare
l’orgasmo, questa volta
con più violenza e ferocia.
Dopo
aver
“pallizzato” le sopracciglia dei fratelli, Mur
decise che poteva anche
lasciarli passare. Aldebaran li attendeva alla seconda casa, dopo aver
appena
finito di cenare. Accolse i due rapitori con un rutto ed un sorriso
imbecille.
“Salute..”
borbottò Nektarios.
“Ma
quanto
cazzo sei alto?!” domandò Tarasios.
“E
tu quanto
cazzo sei basso?” sbottò il Toro, capendo che quei
due erano utili al massimo
come stuzzicadenti.
“Che
profumino..” si lagnò Tarasios “..io ho
una fame..”.
“Sì,
pure
io. È ora di cena..non è che è
avanzato qualcosa?”.
Aldebaran
rise e fece segno ai due di seguirlo.
“C’è
sempre
da mangiare qui” spiegò il padrone di casa
“Accomodatevi. Vino?”.
I
giovani
non se lo fecero ripetere due volte e subito iniziarono a bere.
“Andateci
piano” suggerì Aldebaran “Il vino di
Grecia non è per signorine..”.
“Ma
per chi
ci hai preso?!”.
Nel
giro di
pochi minuti, i rapitori stavano cantando a squarciagola canzoni su
farfalle,
fatine, unicorni incontinenti ed alabarde spaziali. Il Toro rise. Alla
fine,
lui doveva solo tenerli occupati per un po’ e ci stava
riuscendo benissimo!
Nel
frattempo, alla tredicesima, Niraja ed Arles erano ancora avvinghiati.
Con la
schiena contro una colonna, lei veniva sorretta da lui che la possedeva
quasi
con rabbia.
“Arles!”
gridò lei, e lo ripeté più volte,
sempre più vicina al raggiungimento del culmine
del piacere “Arles! Così ogni notte! Fammi tua!
Fammi tua per sempre!”.
“Come
non ci
fosse un domani! Sì! Ogni notte, sì!
Sì, mia Niraja!”.
“Oh,
mio
Sacerdote!”.
“Urla
il mio
nome! Dimmi che mi ami!”.
“Arles!”
ansò
lei, godendo “Ti amo! Sei mio, solo mio! Tutto dentro di me
ti voglio! Sento il
tuo cosmo!”.
“Cosmo
si
chiama adesso?”.
“Ah!
Sì!” gemette
ancora lei “Continua! Continua! Sto per venire”.
Lui
spinse
ancora, sempre più forte, eccitato dai gemiti e dalle urla
di lei, sempre più
ravvicinate. Poi lei lanciò un gemito di pura soddisfazione
e lui diede un
ultimo colpo, ringhiando raggiungendo l’orgasmo.
“Così
tutte
le notti?” ansimò Niraja, lentamente rimettendo i
piedi in terra.
“Se
ci
riesci..” ghignò Arles.
“E
tu?
Vecchietto..”.
“Ti
ho
promesso di recuperare tutte le volte in cui ci hanno interrotti e lo
farò”.
“Stanotte?”.
“Fidati..”.
Sbronzi,
e traballanti,
Nektarios e Tarasios raggiunsero la terza casa.
“Vedo
doppio..” biascicò il primo.
“Io
quadruplo..ci sono quattro case..”.
“Ma
no, che
dici..sono due..”.
“Ma
dovrebbe
essere una sola?”.
“E
che ne so
io..andiamo!”.
Cantando
ancora cretinate, entrarono alla terza. Arles, impegnato in ben altre
faccende,
non creò labirinti o inganni di sorta. Tanto quei due erano
talmente ubriachi
che la visioni se le creavano da soli.
“Mamma!”
esclamò Tarasios, abbracciando una colonna.
“Mi
gira la
testa..” ammise Nektarios, e cadde per terra.
“Chissà
dove
sono i miei fratelli..” si chiese Niraja, stesa a letto
accanto ad Arles.
Stava
riprendendo fiato, sorridendo. Lui rispose a quel sorriso, con un
ghigno arrapato.
“Sei
contenta, ciliegina?”.
“Sì.
E tu?”.
“Vorrei
che
il sole non sorgesse mai..”.
“Ma
è appena
tramontato! Che ore saranno? Le dieci?”.
“Non
so.
Siete arrivati qui più o meno alle sei..la notte
è giovane..”.
“E
vuoi
possedermi tutta la notte?”.
“Finché
non
cadremmo entrambi a terra sfiniti, mia ciliegia!”.
Lei
gli
montò a cavalcioni, poggiandogli le mani sul petto.
“Posso
fare
io il cavaliere, per un po’?” domandò,
sorridendo.
“Ma
certo”
sorrise Arles “Montami, cavallerizza!”.
Lei
iniziò
piano, con delicati movimenti del bacino.
“Oh,
mi
piace così..” sussurrò lui, guardandola.
Era
meraviglioso vederla lì, a candela su di lui. Quei suoi
movimenti, che parevano
una danza, le facevano sussultare i seni in modo perfetto.
“Sei
bellissima” le mormorò.
Niraja
sorrise, continuando la sua dolce cavalcata.
“Vai
più in
fretta” chiese lui.
Lei
accelerò
e lui si rilassò.
“Ah,
sono in
paradiso” gemette “Continua così,
piccola”.
La
guardò
ancora, notando una piccola goccia di sudore scivolarle sul viso e poi
lungo il
corpo, che il Sacerdote trovava perfetto. Allungò le mani,
sfiorandone i fianchi
ed il sedere.
“Ti
piace?”
ansimò lei.
“Sei
la cosa
più bella che mi sia mai capitata in tutta la mia vita,
ciliegina! Mi stai
facendo toccare il cielo con un dito..”.
“Solo
con un
dito?”.
“Con
tutto
me stesso! Continua! Danza su di me! Così!
Magnifico!”.
Lei
accelerò
ancora, dando colpi più convinti di bacino. Ah, quel bacino!
Arles ne era
incantato e ad ogni singola mossa fremeva di piacere.
“Ti
amo” le
sussurrò.
Il
ritmo si
fece più frenetico, ipnotico e incalzante.
“Vieni”
gemette lui “Vieni assieme a me, bimba mia! Vieni!”.
“Sì..sì
assieme a te! Mio cavaliere..”.
“Ah!
Vieni!”
quasi gridò lui, inarcando la schiena.
“Sì!”
gridò
lei “Sì!” ed entrambi raggiunsero
l’orgasmo contemporaneamente.
Deathmask
stava leggendo il giornale, seduto fra le teste della sua casa, quando
vide due
ubriachi barcollare fino all’ingresso. Ridacchiò,
scuotendo la testa.
“E
così..”
parlò il Cancro “..voi siete i fratelli di quella
bella gnocca ospite della
tredicesima..”.
“Bada
a come
parli!” ringhiò Nektarios.
“Sgasati.
Hai la forma di un arancino e ti esalti pure?! Questa è la
quarta casa, quella
del Cancro, ed io devo intrattenermi un po’ con voi. Devo
farmi perdonare il
fatto di aver interrotto il Sacerdote sul più
bello..”.
“Anch’io
sono del Cancro!” sorrise Tarasios e Deathmask storse il
naso, lievemente disgustato
“Potrei diventare un giorno il custode di questa
casa?”.
“Certo..come
no..”.
Tarasios
non
colse il sarcasmo ed esultò felice. Il Cancro era perplesso.
Quei due non
sembravano minimamente sconvolti dal fatto che la casa fosse tappezzata
di
volti umani, probabilmente perché ancora visibilmente
alticci.
“Un
caffè
forse aiuta..” sogghignò Deathmask, offrendone un
paio ristretti.
“Io
non
dovrei bere caffè..” si lagnò Tarasios
“Niraja dice che poi non dormo..”.
“Non
le
diremo che lo hai bevuto. Manda giù”
incitò il padrone di casa.
I
due
fratelli tracannarono il caffè tutto in un colpo,
scuotendosi. Era amarissimo e
la cosa li disgustava. Però questo un po’
li fece riprendere dalla
sbronza. Giusto quel tanto necessario per far loro capire in che luogo
esattamente si trovavano e sopra a cosa avevano i piedi.
“Mamma!”
gridarono in coro, abbracciandosi per lo spavento.
“Se
volete,
vi porto a trovarla” rise Deathmask, giocando con
un’anima.
Ed
i due
fratelli svennero.
“Ho
voglia
di fare un bagno..” sussurrò Niraja, stesa a letto
accanto ad Arles, che
giocava con i capelli.
“Nella
mia super
vascona?” rispose lui.
“Sì.
Se non
erro..lì è dove ci siamo visti la prima
volta”.
“Non
erri,
mia bella rossa naturale..”.
Senza
sentirsi
dire altro, lei si alzò e lui la seguì. La grande
vasca come sempre era colma
di acqua calda al punto giusto. Lei vi si immerse fra i vapori,
sorridendo
felice.
“Che
goduria” commentò “Se ti dico che resto
qui..potrò usare questa vasca?”.
“Tutte
le
volte che vorrai” ghignò lui, raggiungendola.
“Mmm..quasi
quasi..”.
“Dai,
ciliegina! Che altro potresti desiderare? Soldi, potere..me!”.
“Ah
ma come
sei modesto!”.
“Sfido
qualunque altro uomo sulla terra a soddisfarti come ho fatto e come
farò! Ho
appena iniziato con te, pucciolina mia!”.
“E
Paciolla?” domandò lei, indicando la papera.
“Lei
approva, vero Paciolla?”.
Niraja
accarezzò la testa di quel giocattolo e sorrise divertita.
L’approvazione di
una papera di gomma era importante!
“Ricordi..che
stavi proprio lì la prima volta che mi hai vista?”
domandò poi, indicando un
punto della vasca.
“Come
dimenticarlo? La più bella visione possibile dopo anni di
cavalieri e
mostriciattoli..”.
“Come
sei
lecchino..”.
“Non
sono
lecchino! È vero! Mi sei piaciuta fin dal primo sguardo. Non
credo sia stato lo
stesso per te..”.
“No.
Mi
sembravi un vecchio..ma poi mi hai detto tante cose..”.
“Una
te ne
ho detta: che sembravi una ciliegia!”.
“E
ti sono
saltata addosso..lo ricordo bene!”.
“Il
nostro
primo coito interrotto..”.
“Sembra
quasi una cosa bella. Sono passati degli anni..”.
“Non
farmici
pensare! Piuttosto..dobbiamo finire di recuperare..”.
“Arles..abbi
un attimino di pazienza. Io non sono un cavaliere instancabile come
te..”.
“Ti
concedo
un po’ di riposo..”.
Dopo
un
lungo bagno, in cui lei capì che chi aveva arredato quel
posto era un po’
strano, visto che c’erano statue inquietanti di leoni
vomitanti acqua calda, entrambi
uscirono.
“Guarda!”
rise lei “Ho le mani tutte piene di grinze!”.
“Pure
io..ma
tanto io sembro sempre un vecchio..perciò..”.
“Non
ti
arrabbiare”.
Ghignando,
Arles la osservò mentre si asciugava.
“Ti
aiuto..”
le propose, iniziando a tamponarle la pelle con un piccolo asciugamano.
“So
fare da
sola” sorrise lei.
“Fammi
divertire..”.
“Va
bene..”.
Passando
sulle spalle ed attorno al collo, le diede qualche rapido bacio.
“Posso
baciarti sulle labbra?” domandò Arles, guardandola.
“Non lo hai già fatto mille e più
volte?” rise lei.
“Non
quelle
labbra..”.
“Eh?”.
Niraja
non
capì subito ed osservò il Sacerdote che
lentamente scendeva con la testa.
“Ma
dove..?”
iniziò lei, interrompendosi quando capì quale
fosse la meta del Sacerdote.
Ne
percepì
la lingua, che Arles usava egregiamente. Rabbrividiva leggermente,
quando lui
sfiorava il punto giusto.
“Sei
tutta
bagnata..” lo sentì dire, in una breve pausa.
“Dovresti
asciugarmi, invece di farmi bagnare! Ma va benissimo..”.
Lui
continuò
e lei gli affondò una mano nei capelli.
“Mi
piace il
sapore che hanno le tue altre labbra..” mormorò
Arles.
“Goditele..”.
Chiudendo
gli occhi, Niraja affondò ancora di più le mani
nei capelli del Sacerdote, che
amava quella sensazione. La sentiva ansimare sempre più
velocemente e percepiva
i suoi muscoli tendersi, segno che era prossima all’orgasmo.
“Ah,
è
proprio lì!” gemette lei “Fantastico!
È bellissimo, amore mio! Ecco..proprio
lì!”.
Arles
sorrise. Passando un’ultima volta la lingua nel punto giusto,
sentì le mani di
lei irrigidirsi. La sentì lanciare un gemito di piacere e
capì di averla
soddisfatta.
“Ti
asciugo..” mormorò, leccando ancora un paio di
volte e poi fermandosi.
Guardò
in
su, incrociando gli occhi di lei. Era rossa in viso, con le pupille
dilatate
per il piacere ed il respiro corto.
“Come
sei
bella quando sei appena venuta” le disse, alzandosi ed
abbracciandola.
“Come
posso
ricambiare?” ansimò lei.
“Girati..”
ghignò lui.
Aiolia
si
vide recapitare i due fratelli aspiranti rapitori da Deathmask. Ancora
svenuti,
il Cancro li parcheggiò all’ingresso della quinta
casa.
“Che
dovrei
farci?” domandò il Leone.
“Che
ne so
io!” sbottò Deathmask “Io non li voglio!
Fanno schifo perfino alle teste della
mia casa”.
“Posso
ucciderli?”.
“No.
Sono i
fratelli dell’amichetta del Sacerdote. Poi si
arrabbia..”.
“Capisco..”.
Il
Cancro
incrociò solo per qualche istante gli occhi rossi di Aiolia,
sotto il controllo
mentale del Genro Mao Ken, e tornò a casa sua. Il Leone
sbuffò, fissando quei
due intrusi in terra. Diede loro qualche calcetto, finché
non li vide riaprire
gli occhi.
“Dove
siamo?
Quelle teste..erano tutte un sogno?” si chiese Nektarios.
Aiolia
non
rispose, preferendo ignorarli. Visto che si erano ripresi, non erano un
problema suo. Sperò che se ne andassero in fretta e invece i
due parassiti
iniziarono ad infastidirlo.
“Tu
ci lasci
passare?” domandò Tarasios.
“Non
ho
bisogno né di compagnia né di animali
domestici..” borbottò Leo.
“Di
una
grattatina dietro l’orecchio?”.
Aiolia
ringhiò, come solo un leone poteva fare. Le particelle
elettriche attorno al
corpo del cavaliere frizzarono e Tarasios udì il bubbolio
del temporale in
avvicinamento. Lui aveva paura del temporale e quindi si
avvicinò al fratello,
stringendone la mano.
“Smettila,
fratellino!” sbottò Nektarios “Certe
cose non dovrebbero più farti paura!”.
“Lo
so,
fratellone. Ma è più forte di me..”.
Nel
vedere
quel legame fraterno, Aiolia per qualche istante tornò in
sé.
“Andatevene,
su!” disse, non avendo voglia di combattere contro quei due
“Tanto ci penserà
Shaka a trattenervi anche per il tempo che spettava a me..”.
Con
le mani
puntate contro il muro, umido per colpa del vapore delle vasche e dalla
temperatura sollevata dai due amanti, Niraja era chinata in avanti ed
Arles
stava dietro di lei. La teneva per i fianchi e la penetrava con somma
soddisfazione. Adorava quella posizione! Lei capiva quanto lui amasse
quella
posa, perché sentiva quanto fosse eccitato. Le mani di lui
si mossero,
avanzando verso i seni e stringendola più forte, spingendola
verso di sé.
“Arles..”
sussurrò
lei.
“Ti
piace?”.
“È
fantastico sentirti dentro di me. Non smettere!”.
“Non
ho
alcune intenzione di farlo..”.
“Era
così..”
continuò lei, interrompendosi ad ogni spinta
“..che nell’antichità..si faceva
sesso?”.
“Ah..non
saprei..però..”.
“Ah!
Spingi!
Più forte! Scopami come non ci fosse un domani!”.
“Quando
fai
così mi ecciti da morire!”.
Il
Sacerdote
la strinse di nuovo per i fianchi e la sentì alzarsi sulla
punta dei piedi,
compiendo un movimento con il bacino che gli trasmise una tale scossa
di
piacere da fargli raggiungere l’orgasmo. Lei si
risollevò leggermente e lui la
baciò sulla schiena.
“Dei..”
ansò
“..sei magnifica!”.
“Anche
tu..”.
“Sei
venuta
ed io..”.
“Questa
volta per due volte..non te ne sei accorto?”.
“La
prima ammetto
di non averla notata”.
Lei
si voltò
e lo baciò, mentre veniva spinta con la schiena contro il
muro.
“Ansimi..”
sorrise lei “..stai iniziando a stancarti?”.
“Non
sottovalutarmi..fra un attimo si ricomincia!”.
“Lieta
di
sentirlo..”.
“Siete
degli
esseri impuri ed indegni” sermoneggiava Shaka, ormai da
parecchio “Il mio Cosmo
vi trova rivoltanti e meritereste il baratro eterno del regno dei
mostri”.
“E
piantala!” sbottò Nektarios, dopo un po’
“Abbiamo capito che facciamo schifo!
Facci passare, dobbiamo raggiungere nostra sorella!”.
“Vostra
sorella è nelle stanze del Sacerdote. Probabilmente
è stata scelta per divenire
una sacerdotessa d’Atena. È un grande
onore”.
I
due
fratelli spalancarono gli occhi. La loro sorellona una guerriera a
servizio di
una Dea?!
“Oh,
lei è
sempre stata speciale” sorrise Nektarios.
“Una
donna..” sospirò Shaka “..è
comunque una donna. Non so cosa spinga il Sacerdote
a trascorrere gli attimi precedenti una grande battaglia con una
donna”.
“Non
avete
mai avuto una madre, per caso?” sbottò Tarasios,
mostrando un improvviso scatto
di orgoglio e coraggio “O una sorella?
Un’amica?”.
“Sono
un
orfano” tagliò corto Shaka.
“Pure
noi
siamo orfani! È stata Niraja a crescerci, per noi lei
è molto importante. È
stata come una mamma. Certo, più stronza e cinica ma..ci ha
trasmesso tanto
amore! Se alla vigilia di una battaglia dovessi scegliere se
trascorrere il mio
tempo con un uomo o con una donna, direi una donna. Perché
loro sono speciali.
E Niraja lo è ancora di più. Ha saputo darci la
forza, quando mamma è morta. Ci
ha guidati e protetti. Sì, è patetico da dire ma
è così! Lei è saggia e
coraggiosa, sa incoraggiarti e spronarti. E poi..le donne sono magiche!
Perché
creano i bambini”.
“Hai
le idee
un po’..”.
“Stai
zitto!
Tu sei nato da una donna, è inevitabile! Probabilmente ti ha
stretto a sé e ti
ha allattato. Probabilmente ti ha accarezzato la testa e dato tanti
baci. Ed ha
asciugato le tue lacrime. Perché è questo
ciò che fanno! Ci sorreggono, quando
noi ci vergogniamo d’ammettere che qualcosa non va. Quando
noi ci sentiamo
troppo forti per piangere, loro ci ricordano che la vera forza sta nel
cuore,
non nell’orgoglio. E sai chi mi ha insegnato questo? Niraja!
Perciò non parlare
di lei come fosse un essere inferiore come me!”.
Shaka
rimase
in silenzio.
“Forse
mi
sbagliavo..” parlò, dopo un po’
“..non siete poi così stupidi come pensavo. Il
vostro animo è puro..potete passare”.
“Vieni
qui”
invitò Arles.
Seduto
sul
letto, vide Niraja avvicinarsi. Lei sorrise e sedette sul Sacerdote,
portandogli le gambe dietro la schiena.
“Ma
chi ti
ha insegnato queste cose, bella bambina?” ghignò
lui, sfiorandole il viso.
“Sono
brava
ad improvvisare” sorrise, facendosi baciare.
Stavano
di
nuovo facendo l’amore, in quella posa che faceva congiungere
i loro petti e le
loro labbra. Stringendosi forte, entrambi si muovevano a ritmo. Questa
volta,
non si dicevano nulla. Solo gemiti, ansimi e qualche
“sì” sussurrato piano. Lei
incrociò le mani dietro la nuca di lui, graffiandone la
schiena. Lui la teneva
stretta, con i gomiti puntati sulle cosce. Ne sentiva la morbida pelle
sotto le
dita ed era una sensazione estasiante.
Fu
un atto
lungo, dolce. Lui aveva capito che lei era stanca e quindi la guidava,
portandola verso il piacere lentamente, senza farla affaticare
ulteriormente.
Trovò fantastico il sentirla sospirare e gemere.
Continuò finché non la sentì
tremare, fremente di intenso piacere. Poi lei si poggiò
sulla sua spalla, fra
tanti capelli argento.
“Sei
stanca?” le mormorò.
“Sì”
ammise
Niraja, sottovoce.
Lui
le carezzò
i capelli e delicatamente la fece stendere sul letto. Poi si stese al
suo
fianco e la guardò, mentre lei lentamente si addormentava.
La
casa
della Bilancia era deserta, quindi Nektarios e Tarasios passarono oltre
senza
farsi troppi problemi. Lo Scorpione, osservandoli, scosse la testa.
Come poteva
quella creatura da sbavo dai capelli rossi essere imparentata con quei
due?!
“Devo
rallentarvi” spiegò “Ordini del Gran
Sacerdote”.
“Ma
perché?!” chiese Nektarios..
“Per
permettergli di scopare in santa pace”.
“Che
dici?!
Nostra sorella è pura e..”.
“Pura?!
Bello mio, io le riconosco al volo. Lei è una di quelle con
cui si passano
notti di fuoco! Il suo sguardo trasmette bruciante passione”.
“Ma
il Gran
Sacerdote è un vecchio che..”.
“Eh,
lo so.
Ma con una così resuscitano pure i morti, credimi”.
“Stai
parlando di nostra sorella!!”.
“E
con ciò?
Non ho detto che è una puttana. Ho detto che è
una donna passionale, con cui
più che volentieri farei l’amore. O del sesso
selvaggio, dipende”.
“Smettila!”.
“Se
no che
mi fai?”.
Nektarios
scattò in avanti e Milo rispose con una cuspide nel sedere
del rapitore, che
sobbalzò per il dolore.
“Siete
patetici” sogghignò lo Scorpione
“Dipendete da vostra sorella. Ma non vi
vergognate?! Lasciatela godere in pace, senza essere un peso morto
nella sua
vita”.
“Non
siamo
un peso morto!”.
“Certo
che
lo siete! Siete incapaci di stare senza di lei! Buhu piango! La
sorellona non
c’è. Sigh sob”.
“Non
sfottere!”.
“Lei
ha il
diritto di vivere una vita. Voi siete d’impiccio..”.
I
due fratelli
si guardarono. Forse quel cavaliere aveva ragione! Forse Niraja
meritava
spazio.
“Insegnaci!”
dissero, in coro “Insegnaci ad essere forti!”.
“Io?!”
si
stupì Milo “Mmm..va bene! Venite con
me!”.
Arles
lasciò
che Niraja dormisse. Ne osservava la schiena, mentre si inarcava
leggermente ad
ogni respiro. La curva perfetta di quelle natiche lo faceva sentire su
un altro
pianeta. Era felice, orgoglioso di aver trovato finalmente una donna
così.
Però..Saga piangeva! Quel dannato cavalcatore di Sagittari
depresso piangeva!
Da quando aveva letto la lettera di Saori, si era depresso ancora di
più e non
faceva che piangere e supplicare Arles di risparmiare la vita di Atena
e
pentirsi.
“Ma
taci”
sbottò.
“Smettila
di
fare del male!” piagnucolò Saga.
“Non
sto
facendo del male! Sto facendo l’amore!”.
“Parlo
di
altro, Sacerdote in calore!”.
“Pensa
per
te, incula equini!”.
“Degli
innocenti stanno morendo!”.
“Se
ti
riferisci agli spermatozoi, è la natura. Non possono vivere
tutti..”.
“Smettila
di
pensare solo al sesso!”.
“Sono
un
uomo, etero, con una donna NUDA, bellissima, stesa a letto accanto a
me. I miei
neuroni sono incapaci di pensare ad altro!”.
“Domani
arrenditi! Non fare del male ad Atena ed ai suoi cavalieri!”.
“Ma
non ci
penso proprio!”.
“Arrenditi
oppure io..”.
“Tu?”.
Saga
non
rispose. Niraja si era svegliata ed Arles lo ignorava.
“Ben
svegliata, ciliegina mia” le sorrise.
“Ho
dormito
a lungo?”.
“Non
così
tanto..”.
“Vuoi
ancora
fare l’amore?”.
“Oh,
sì!”.
“Mi
concedi
ancora un attimo?”.
“Certo..”.
Niraja
strusciò il viso contro il cuscino, stiracchiandosi.
“È
vero quel
che mi hai detto?” domandò poi.
“Che?”.
“Che
vuoi
sposarmi. Lo pensi davvero o lo hai detto solo in preda
all’euforia post
coito?”.
“Lo
penso
davvero. Voglio sposarti. Direi che è ora per me, no?
Intendo dire..l’età è
quella giusta! E tu sei perfetta. Fosse per me, ti sposerei anche
subito, ora,
ma immagino tu voglia qualcosa di carino come il vestito e gli
invitati”.
“Voglio
una
torta gigante, alta quattro piani”.
“Perfetto..
e che altro?”.
“Un
bell’abito. I fiori. La musica..”.
“Avrai
tutto
quello che vuoi”.
Lei
allungò
una mano, accarezzando il petto di lui, che la fermò e si
esibì in un
cavalleresco baciamano.
“Me
lo
prometti? Prometti che amerai solo me, Arles?”.
“Solo
te.
Per sempre”.
“Baciami”.
“È
un sì?”.
“Baciami”
sorrise lei, mentre lui le montò sopra e la baciò
con passione.
Milo
guidò i
fratelli fino alla casa del Capricorno. Superando quella vuota del
Sagittario, trovarono
Shura intento a tagliuzzare cose probabilmente antiche e saltellare fra
le
rovine come una capretta.
“Milo..”
sbottò, vedendolo e cercando di riavere un contegno
“..cosa ci fai qui? E chi
sono quei due..cosi?”.
“Due
vigliacchi che hanno bisogno di lezioni di accrescimento
palle” spiegò lo
Scorpione.
“E
che vuol
dire?”.
“Facciamogli
vedere come dovrebbero agire due veri uomini! Altro che piagnucolii e
lagne!”.
“Ed
in che
modo dovremmo mostrarglielo?”.
Milo
ghignò.
Shura lo fissò con aria interrogativa, non capendo la follia
del suo collega.
“Scommetti
che diventano uomini se li attacchiamo?” rise Milo.
“E
perché
non li attacchi da solo?”.
“Perché
io
sono un cavaliere! Non mi piacciono gli scontri due contro
uno..”.
“Ma
non ha
senso quel che dici!”.
“Smettila
di
farti tante domande, Shura!”.
“Milo
e
Shiro?” mormorò Tarasios.
“Ma
no!” lo
corresse Nektarios “Milo e Shura, cretino!”.
“Ammettilo:
non hai voglia di sporcare di sangue la tua casa” parlava il
Capricorno.
“Esatto.
Poi
mi tocca pulire..” ammetteva lo Scorpione.
“E
perché?”.
“Metti
che
domani gli intrusi arrivano fino alla mia casa..dovrò fare
un’entrata
d’effetto, senza macchie imbarazzanti. Dai..vedila come una
sessione
d’allenamento extra”.
Shura
sospirò. Poi mostrò un certo entusiasmo.
Soddisfazione o sadismo? Alzò il
braccio destro, che brillò leggermente. Nektarios
fissò il fratello,
leggermente preoccupato. Quando il Capricorno mostrò quel
che era in grado di
fare l’Excalibur, il “leggermente”
divenne “mostruosamente” ed iniziò a
correre
a casaccio, seguito da Tarasios.
“Smetteremo
quando mostrerete di essere veri uomini! Altro che aspettare la
sorellina!”
spiegò Milo, lanciando una cuspide che andò a
segno.
“Sono
i
fratelli della rossa?” domandò Shura.
“Sì”
annuì
lo Scorpione “I fratelli di quello schianto con cui si sta
intrattenendo il
Sacerdote. Ha buon gusto, per essere un vecchio di 300 anni”.
“Già..”.
Il
Capricorno quasi aveva dimenticato che Milo non conosceva la vera
identità del
Sacerdote, cosa che invece l’occupante della decima casa
sapeva da tempo. Pensò
che, alla fine di tutto, Saga gli doveva almeno una birra.
“Hola,
burro
feo. Como estas?” chiese Shura, sicuro che nessuno la capisse.
“Perché
parli di cibo?!” sbottò Milo.
“Non
parlo
di cibo, ignorante!”.
Milo
gli
mostrò la lingua e colpì di nuovo i fratelli, per
“sfogarsi”.
“Basta!”
supplicarono i due.
“Dovete
reagire! Avanti, mezze tacche!”.
Dopo
diversi
colpi, i due aspiranti rapitori si stancarono.
“Adesso
basta!” si lagnarono “Noi vogliamo solo rivedere
nostra sorella! E se fosse in
pericolo? Nostro compito è proteggerla!”.
“Bene,
già
mi piace di più come discorso rispetto alle lagnette da "abbiamo bisogno di lei!" Ora vediamo di trovare il modo di
farvi rinsavire del
tutto” sorrise Milo, soddisfatto perché convinto
di aver fatto da grande
maestro.
“Ha
ragione
Milo!” strinse i pugni Tarasios, alzandosi “Il
nostro compito non è dipendere
da nostra sorella ma proteggerla! Avanti, Nektarios! Alziamoci ed
andiamo a
difenderla!”.
“Sì,
andiamo!” annuì il fratello maggiore.
Milo
e Shura
si fissarono, in silenzio. Li videro camminare tutti tronfi verso
l’uscita.
“Dici
sia
meglio fermarli?” domandò lo Scorpione.
“Ci
penserà
la vita a massacrarli..” alzò le spalle Shura
“Ora me ne vado a dormire..”.
In
piedi
contro il muro, Niraja ed Arles erano di nuovo uniti, per
l’ennesima volta. Lei
era leggermente sollevata da terra ma non ci faceva caso. Stringeva
forte a sé
il suo uomo, ansimando di piacere. Ormai prossimi entrambi
all’orgasmo, Arles
inaspettatamente l’afferrò e la buttò
sul letto. Poi le si lanciò addosso,
tenendole le gambe e penetrandola con forza, in un impeto improvviso di
violenza che un po’ spaventò Niraja. Quei pochi
colpi però dati con maggior fermezza le fecero raggiungere
inaspettatamente l’orgasmo.
“Scusami..”
le mormorò lui, dandole un piccolo bacio “..tutto
a posto?”.
“Oh,
sì”
sorrise lei.
Lui
aveva
ringhiato venendo in lei, Niraja lo aveva percepito chiaramente, ed
aveva
lanciato un grido di rabbia e soddisfazione.
“Dei..”
parlò piano lei “..non ho mai provato tanti
orgasmi in tutta la mia vita! Ho
perso il conto ma..è sicuramente così”.
“E
fin ora
mai con nessuno ho passato una notte così. Sei
fantastica..”.
“Lo
sei
anche tu..”.
“Su
questo
non c’è dubbio”.
“Ma..qui
accanto ci sono le stanze di Atena?” domandò
Niraja.
“Sì.
Vuoi
vederle?”.
“Voglio
farci l’amore” confessò lei.
“Come?!”.
“Voglio
farci l’amore! Perché nessuno ci ha mai fatto
niente, in quelle stanze”.
“In
effetti..la verginella dubito ci abbia mai fatto alcunché
oltre che a dormire.
Nei secoli dei secoli. Che noia..”.
“Bene!
Allora..inauguriamo noi!”.
“Mi
piace
come idea. Che bimba dal cervellino porcellino..”.
“Andiamo!”.
Tarasios
e
Nektarios camminarono con convinzione ed entrarono
nell’undicesima casa senza
nemmeno pensare al fatto che il suo padrone non fosse per nulla
d’accordo.
Camus li osservò, alzando le sopracciglia bifide, ed
incrociò le braccia. I due
“invasori” lo ignorarono, a testa alta con
espressione d’orgoglio. L’Acquario
allungò un dito e, senza nemmeno parlare, congelò
le gambe ad entrambi.
“Ma
che
succede?!” si lagnò Tarasios.
“Dove
pensate di andare voi due?” domandò Camus.
“Alla
tredicesima, da nostra sorella” rispose Nektarios, tentando
di liberarsi.
“Non
così in
fretta. Vi devo trattenere per un po’, questi sono gli
ordini”.
“Lasciaci
subito andare! O dovrai vedertela con la nostra ira!”
minacciò Nektarios, per
nulla convincente.
“L’ira
di
una baguette anoressica e di un croissant obeso non mi spaventa di
certo”.
“Sei
francese?” domandò Tarasios.
“Sì..”.
“Dannato
mangiarane! Liberaci subito!” urlò Nektarios.
“Piano
con
le parole, damigiana! Piuttosto, vedi di sfruttare
l’occasione per fare un po’
d’esercizio e dimagrire”.
Ignorando
le
proteste dei due, Camus sedette tranquillo, leggendo un libro in russo.
Ci
voleva un certo autocontrollo per riuscire a concentrarsi sulla lettura
nonostante il continuo borbottio dei rapitori.
“Fino
a
quando ci terrai qui?” protestò Tarasios.
“Fino
a
quando il ghiaccio non si scoglie”.
“Cioè?”.
“Un
centinaio d’anni”.
“Che
cosa?!”.
“Sto
scherzando! Sarete liberi di andare quando avrò finito
questo libro”.
Il
libro in
questione era Anna Karenina, appena iniziato dall’Acquario
è grosso pressoché
come un vocabolario. I fratelli si guardarono, preoccupati. Capirono
che
dovevano trovare il modo di liberarsi prima. Iniziarono a parlare fra
loro,
facendo baccano, tentando di distrarre e portare allo sfinimento Camus.
Di
tutta risposta, l’Acquario iniziò a leggere ad
alta voce in russo.
“Vediamo
chi
si stufa per primo?” sfidò, senza cambiare
espressione e ricominciando a
leggere.
“Cazzo,
che
palle” sbottò Nektarios, dopo un’ora di
nomi incomprensibili “Ammazzaci
piuttosto, non ne posso più!”.
“Per
quel
che mi riguarda, siete liberi di andare. Io vi ho trattenuti il tempo
richiesto”.
Sciolse
il
ghiaccio che portavano ai piedi, con i due fratelli che si lagnarono
quando
avvertirono di nuovo il sangue entrare in circolo, e fece segno che
potevano
anche sparire. Nektarios e Tarasios non se lo fecero ripetere e
fuggirono via,
verso l’ultima casa prima dell’agognata meta!
“Ma..dorme
su un’ara di pietra?!” si stupì Niraja,
quando vide il “letto” di Atena.
“Sì,
pensa
che comodità..”.
“Sei
sicuro
che non ci veda nessuno, qui?” domandò lei,
vedendo Arles andare a sedersi sul
“letto”.
“Sono
venuto
un sacco di volte qui, non c’è anima viva. Solo al
Sacerdote è permesso
accedervi. Ed alla Dea, ovviamente, che però non
c’è”.
“E
cosa ci
venivi a fare?”.
“A
farmi le
seghe pensando a quanto sono bello..non ci ho mai portato una
donna..”.
“Allora
io
sono la prima donna nuda che vede questa stanza?”.
“Direi
di
sì. Poi non so..magari in tempi antichi..”.
Niraja
raggiunse il Sacerdote e salì sul
“letto”. Raggruppò le gambe, sentendo la
superficie gelida sulla pelle. In ginocchio, si voltò verso
Arles, che le
mostrò la lingua. Lei iniziò a punzecchiarlo con
le dita e lui le afferrò le
mani. Lei rise e tentò di ribaltarsi all’indietro,
venendo però facilmente
sorretta dal Sacerdote. Mosse le gambe, scalciando con una bambina,
specie dopo
che lui, trattenendole entrambi i polsi con una mano sola, la
solleticò.
“Smettila!”
ridacchiò Niraja “Non vale!”.
Lui
scattò
in avanti e la baciò. Lei tirò verso di
sé le gambe e finì ribaltata
all’indietro. Arles gattonò e tornò a
raggiungerne le labbra.
“Atena,
guarda qua!” sogghignò lei, gustandosi poi quel
bacio e quel che ne conseguì.
Nonostante
la scomodità di quell’affare in pietra, i due
iniziarono a fare sesso.
“Dice
che
lei potrà capire quel che è successo qui, un
giorno?” ansimò lei.
“Le
lasciamo
un bigliettino?”.
“Guarda
cosa
ti perdi, Dea vergine!”.
Aggrappata
al collo di Arles, Niraja seguiva i suoi movimenti sempre
più veloci. Poi
spinse con il bacino, facendolo indietreggiare leggermente.
Sollevò le gambe,
piegando le ginocchia, e si inarcò. Arles si era sollevato
leggermente e ora si
fissavano, divertiti da quella ginnastica. Lui ricominciò a
spingere, più
forte, più in fretta, accompagnato dalle urla di piacere di
lei, che adorava
sentire rimbombare fra le pareti vuote. Per questo urlava sempre
più forte.
“Guardami,
Atena!” urlò, godendo “Guarda come
questo meraviglioso uomo spinge dentro di
me! Guardami! Ah! Guardalo mentre gode come un pazzo e viene in me! Ah!
Ah!
Sì!”.
“Oh,
Niraja!
Come mi ecciti!”.
“Lo
so! E tu
sei mio! Tutto mio! Sì! Stringimi!”.
“Sì,
sono
qui. Sono tuo! Sentimi!”.
“Ti
sento!
Ah! Sto venendo! Lo senti, Atena? Questo è l’urlo
nel nostro orgasmo”.
Lanciò
un gemito
di piacere ed Arles ghignò divertito, continuando a danzare
dentro la sua
bella.
“Vieni,
amore mio” gli sussurrò lei, accarezzandolo.
Lui
non
rispose, ansimò eccitato ed accelerò ancora il
ritmo. Lei puntò le dita dei
piedi contro la pietra.
“Ancora..”
disse a bassa voce “..ah, quanto ti amo!”.
Capì
che
anche lui stava per raggiungere l’orgasmo e si morse le
labbra, con un brivido
lungo tutto il corpo.
“Atena!”
riprese, gridando “Senti il mio uomo! Eccolo che viene,
dentro di me! Lo
senti?”.
Arles
lanciò
un gemito di piacere, dando un'ultima spinta e graffiando la pietra,
ribaltando
la testa all’indietro. Lei pure ribaltò la testa,
all’ennesimo picco estatico.
Rimasero qualche istante immobili, fissandosi, ansimando. Lui poi rise.
“A
che gioco
giochiamo ora, bella ciliegina?” ansò.
“Vedo
che
anche tu inizi un po’ a stancarti, Sacerdote”
rispose lei, con un sorriso
sornione “Rientriamo alla tredicesima. Questo posto
è scomodo..”.
Insieme,
dopo qualche istante per riprendere fiato ed energia, camminarono di
nuovo
verso le stanze di Arles. Niraja rise, precedendo il Sacerdote di
qualche
passo. Poi, di colpo, si fermò.
Guardò
in su, verso la grande statua. Stava ai suoi piedi e la fissava.
“Arles!”
disse.
“Dimmi..”.
“Prendimi
ora!”.
“Eh?”.
“Prendimi
adesso! Qui! Ora!”.
“Perché?
Cioè..ok..ma..”.
“Fa
che lei
ci guardi” sogghignò Niraja, risalendo lungo i
piedi della statua e poggiando
la schiena fra la veste in pietra.
“Oh,
questa
sì che è blasfemia!”.
La
cosa lo
eccitava tantissimo e non ebbe difficoltà a soddisfare quel
suo desiderio.
“Ancora!
Ancora! Ancora! Atena, lo senti? Certo che lo senti! Sto venendo sulla
tua
statua!” ansimò lei.
“Oh,
sì, mia
bella ciliegia! Godi! Godi ancora! Godi di più!”.
Contro
quella pietra era strano, perché con strane escrescenze e
con una base
piuttosto instabile, dato che stavano sul piede di lei. Arles, in punta
di
piedi, sorreggeva Niraja che strusciava la schiena contro la grigia
veste della
Dea. Con un'ultima spinta, la sentì trattenere il respiro ed
irrigidirsi fin sulla
punta delle dita.
“Sei
venuto?” domandò lei.
“Insieme
a
te”.
Niraja
si
poggiò alla spalla del Sacerdote, che la sorresse. Insieme,
giunsero fino alla
tredicesima e si stesero a letto.
“Scusami..”
sussurrò lei, a pancia in su “..sono
sfinita..”.
“Pure
io..”
ammise Arles, nella posizione opposta.
Sorridendosi
ed ansimando, entrambi si addormentarono.
“Quella
è l’ultima
casa! Poi arriviamo da nostra sorella!” esclamò
Nektarios, raggiante.
“E
come lo
sai?” domandò Tarasios “Io ho perso il
conto..”.
“Lascia
perdere. Chiamalo sesto senso!” ribatté il
fratello, dimostrando una totale
ignoranza nella conoscenza dei segni zodiacali e del loro numero.
Giunti
davanti
alla casa dei Pesci, entrarono e subito furono avvolti dal profumo
delle rose.
“Che
puzza”
storse il naso il maggiore, starnutendo.
Aphrodite
udì quella frase e rispose, con una rosa che
sfiorò l’orecchio di Nektarios ed
andò a piantarsi contro il muro.
“Come
osano
due MOSTRI come voi entrare nella MIA casa ed offendere le MIE
rose?!” sibilò
Pesci.
“Ci
scusi,
signora” balbettò Tarasios.
Gli
occhi di
Aphrodite fiammeggiarono e scagliò una raffica di rose
contro l’invasore, che
si rannicchiò su se stesso nel tentativo di schivarle.
“Signora?!
Io
non sono una signora! Sono Aphrodite, cavaliere dei Pesci! Il
più bello fra i
dodici gold”.
“Hem..ok..ci
lasceresti passare? Per favore..”.
“Non
con
quei capelli e quelle unghie! E la pelle poi..dovete giungere al
cospetto del
Gran Sacerdote, non di un quaquaraqua qualsiasi! Perciò ora
vi renderò
presentabili..”.
Con
un
sorriso leggermente sadico, Aphrodite fissò quei due. Erano
orribili e avrebbe
dovuto un lavoro parecchio lungo..
“Dunque..”
borbottò “..da dove inizio? Mmm..direi che un
po’ di ceretta non può farvi
male!”.
Svegliandosi,
Niraja vide Arles in piedi, poco distante da lei, che si stava
vestendo. Lei sbadigliò.
“Ho
dormito
così a lungo da farti passare la voglia?” chiese.
“No,
mia
cara. Solo che tra poco saranno qui i tuoi fratelli”.
“Davvero?”.
La
giovane
si stiracchiò ed iniziò a cercare i propri
vestiti, tentando lentamente di
assumere un aspetto decente.
“Dove
sono
le mie mutande?!” domandò, guardandosi attorno.
“Non
ne ho
idea..”.
“Pazienza,
sto senza” rise lei, e capì che lui aveva fatto
altrettanto “Però se le trovi
me le torni!”.
“Sarà
fatto”.
Niraja
notò
un sacchetto accanto al letto e lo fissò con aria
interrogativa.
“Per
te”
spiegò Arles.
“Ma..è
oro?”.
“Per
ripagarti del disturbo”.
“Non
sono
una puttana da pagare! Quale disturbo?!”.
“Non
penso
sia stato gratis mandarmi la frutta, comprare i travestimenti, occupare
il
vostro tempo a tentare di rapirmi invece di lavorare..”.
“Beh..hai
ragione..ma..”.
“Non
dovevate rapirmi in cambio di denaro? Eccovelo. Così
saprò, se ti rivedrò, che
non eri qui solo per soldi..”.
“Ma
come
puoi pensarlo?!”.
“Oh,
su! Accettalo
e basta! Facci quello che vuoi! Compra una casa più grande
ai tuoi fratelli,
togliti qualche sfizio..”.
“Grazie..”.
“Poi..c’è
un’altra
cosa che vorrei darti..”.
Niraja
spalancò
gli occhi. Non ci credeva! Cosa stringeva fra le mani il Sacerdote?!
Trattenne il
fiato per la sorpresa e per l’emozione. Paciolla!
“Te
la
affido” parlò Arles “Mi sento
più sicuro, se la so in mano tua”.
“La
tratterò
come la cosa più preziosa del mondo!”.
“Grazie.
Poi
me la riporti, però”.
“Certo!”.
La
donna
prese fra le mani la papera con viva emozione. Il più grande
tesoro di Arles,
era nelle sue mani! Non riusciva a crederci! Sorrise, allungandosi per
dare un
bacio al suo uomo. Lui le passò una mano fra i capelli, che
erano
esageratamente spettinati.
“Sorellona!”
si sentì gridare.
“Sono
qui”
rispose lei ed i due fratelli comparvero, stupendosi nel vedere Niraja
ed il
Sacerdote così vicini.
Poi
però lei
raccolse i capelli di lui con le mani, formando la coda con cui Arles
li legava
quando solitamente girava in incognito.
“Fratellone!”
esclamò Tarasios, capendo “Sei tu?! Il fratellone
è il Sacerdote?!”.
“Sì,
è così”
sorrise Niraja.
“Ma
quindi..la missione..”.
“È
compiuta”
interruppe Arles “Vostra sorella mi ha rapito il
cuore”.
“Oh,
ma quanto
fai schifo quando fai il romantico” si lagnò lei e
lui si scusò.
“E
voi due..”
si stupì la sorella “..avete risalito le dodici
case al buio, da soli?!”.
“Sì.
Siamo
veri uomini ora, Niraja!” annuì Tarasios.
“E
ti
avremmo difesa dal Sacerdote, se fosse stata una minaccia!”.
“Wow!
Sono fiera
di voi! Abbracciatemi!”.
I
tre di
abbracciarono e poi i due “neo uomini”
abbracciarono Arles.
“Ora
dovete
andare” parlò il Sacerdote “Mi attende
una lunga giornata ed Aphrodite deve
tappezzare di rose la scalinata”.
“Aspetto
tue
notizie, allora” annuì Niraja.
“Certo.
Appena
avrò sistemato la faccenda Saori”.
“Intanto..vado
a fare shopping!”.
Lei
rise,
sollevando il sacchetto con l’oro con una mano, mentre
nell’altra teneva con
cura Paciolla. Arles osservò i fratelli allontanarsi e
sorrise. Non vedeva l’ora
che quella visita indesiderata di nome Atena si levasse dai piedi!
“Spingi!
Spingi
più forte!”.
“Arles!
Non gridare
così!”.
“Più
su! Più
su!”.
Niraja
scosse
la testa, divertita, mentre il bambino si faceva spingere
sull’altalena. Quel parco,
era un regalo del Gran Sacerdote. Come le aveva promesso, aveva fatto
sistemare
il luogo dove lei giocava sempre da piccola e lo aveva reso
incantevole. Circondata
dalle risate dei bambini, Niraja posò lo sguardo su
quell’albero, contro cui
lei ed il suo amato si erano baciati. Fu colta da bruciante nostalgia.
“Mamma?”
domandò il bambino sull’altalena
“Perché ti sei fermata?”.
“Scusami,
piccolo..” si riprese lei.
“Basta,
non
mi va più” commentò lui, scendendo.
Niraja
annuì,
lasciandolo allontanare per giocare con gli altri bambini. Sedette su
una
panchina e ne osservò le corse. Guardò
l’orologio: i suoi fratelli dovevano
essere ancora al lavoro. Erano riusciti a farsi assumere come animatori
in
spiaggia, impiego in cui potevano dare sfogo alla loro
stupidità ed invadenza senza
che qualcuno protestasse. Con i soldi del Sacerdote, si erano
trasferiti in una
bella casa, finalmente con lo spazio sufficiente per loro tre. E per
Arles, il
bambino avuto da Niraja. Il piccolo faceva spesso domande sul padre ma
lei
preferiva restare vaga, non volendo vederlo avere a che fare con il
Grande
Tempio.
“Giovanotto
interessante” sentì commentare.
Si
guardò
alle spalle. Dietro alla panchina, in piedi, stava un ragazzo dai
capelli
arancio. Notò le sopracciglia e subito lo riconobbe.
“Kiki”
lo
chiamò “Mi ricordo di te. Sei
cresciuto..”.
“Anch’io
mi
ricordo di te, quando passasti per la prima casa quella sera. Son
passati degli
anni, ormai..”.
“Già..”.
“Il
bambino
è figlio di cavaliere?”.
“Perché
lo
chiedi?”.
“Perché
percepisco
un cosmo in lui”.
“È
quello di
suo padre. Lo protegge..”.
“Buon
per
lui. Ma..”.
“Non
sarà un
cavaliere”.
“Se
è
destino..”.
Niraja
non
rispose. Si alzò, chiamando suo figlio.
“Arles,
andiamo. Gli zii tra poco tornano. Andiamo a comprargli la
cena”.
“Poi
andiamo
in spiaggia, mamma?”.
“Va
bene..”.
Arles
guardò
verso Kiki e gli sorrise.
“Mi
piacciono le tue sopracciglia” commentò
“Posso toccarle?”.
Kiki
si
chinò leggermente ed il piccolo le toccò con le
dita, felice. Di risposta,
ricevette una carezza fra i capelli ed un sorriso.
“Andiamo”
lo
incitò Niraja ed il bambino la seguì.
“Ci
vediamo
presto” salutò Kiki, facendo
l’occhiolino al piccolo Arles.
MISSIONE
16:
COMPIUTA!!
BY SAGAFRIRRY
Sì,
è il
finale ragazzi. Ci spiace, ma è così. Prima o poi
questa avventura doveva
finire. Spero ne siate soddisfatti. Alla prossima follia!!!
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