Between One and Perdition

di Larathia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Sani e salvi ***
Capitolo 2: *** II. In fuga ***
Capitolo 3: *** III. Sogni e promesse ***
Capitolo 4: *** IV. Sulla Lagunarock ***
Capitolo 5: *** V. Blitz ***
Capitolo 6: *** VI. Mani nel buio ***
Capitolo 7: *** VII. Omega ***



Capitolo 1
*** I. Sani e salvi ***


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BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
I. Sani e salvi

Alcune matricole dicevano che si era più vivi quando si scappava o si lottava per salvare la propria vita. Di certo i sensi schizzavano ai loro livelli più intensi. Colori e suoni e odori e sensazioni erano incise nella mente in modi che sarebbero emersi negli incubi che sarebbero durati per il resto della vita.

Ovviamente, probabilmente non era difficile se il resto della propria vita poteva essere misurato in secondi, fu l'opinione acida di Squall persino mentre usava il gunblade come appoggio per lanciarsi in un salto in corsa oltre una qualche idea idiota di merlatura decorativa di un nobile di Dollet. Magre linee ad uncino la artigliarono proprio dopo che lui l'aveva superata e si era schiacciato contro il muro opposto, guadagnandosi uno sguardo ad occhi spalancati di Zell e Selphie.

"Era - quello era - quello che sembrava?" fu la domanda ansimante e incredula di Zell. Era difficile dire se pensava che fosse la cosa più terrificante o la più semplicemente stupefacentemente figa che avesse mai visto.

"Ragno... gigante..." annuì Selphie riprendendo fiato. "Ma. Che. Diavolo."

Per l'amor di Hyne, quella cosa era enorme. Enorme, armata meglio di tutto l'esercito di Dollet e probabilmente più grande di tutti i loro cadaveri messi insieme. E si riparava da sola. E "si sta avvicinando," ansimò Squall. "Dobbiamo continuare a muoverci."

"Carichiamo," offrì Zell, tirandosi su. "Ci guadagneremo un po' di tempo per scappare."

Squall diede solo un'occhiata a Selphie - solo quanto bastava per capire che avrebbe seguito qualsiasi piano veniva offerto a quel punto, e si sarebbe riservata tutto il giudizio sulla sua relativa sanità mentale. "Tienici vivi," le consigliò, e annuì appena a Zell. Lui sorrise, con gli occhi spalancati e selvaggi. Ma d'altra parte, era uno di quelli che pensavano che l'apice della battaglia fosse il punto in cui si viveva meglio. Per Squall non c'era eccitazione. Non lo avrebbe mai ammesso da alta voce, lo ammetteva a malapena a se stesso, ma quando Zell saltò dalla merlatura al guscio superiore di quella specie di ragno meccanico e iniziò a dare pugni...

Quello che sentiva era terrore.

Terrore che lo spinse oltre quell'apice dopo Zell, che bloccò il suo viso in una maschera di pietra e senza espressione. Terrore che gli bruciò nella memoria l'odore di cavi caldi e olio e grasso. Terrore che accentuò ogni linea e minuscolo crepaccio della costruzione come se fosse illuminato da centinaia di soli a pochi metri di stanza. Terrore che avvolgeva i muscoli più stretti di quanto avrebbe mai potuto fare una qualsiasi vite o giuntura, terrore che portò la sua spada a fendere acciaio e cavi insieme. Che assimilava forte dalla Junction con Quetzal per rendere i suoi movimenti veloci al punto da non avere bordi definiti, il fuoco che debilitava le fonti di elettricità nella creatura, creando corto circuiti e fondendo cavi.

Terrore che questa volta quell'idiota avrebbe potuto davvero farsi uccidere.

Squall non era affatto un novellino in battaglia, non a quel punto, e nemmeno Zell lo era. Il terrore - soprattutto questo terrore - era un vecchio compagno, capito e usato come usava qualsiasi altra risorsa a sua disposizione. Zell rise una risata libera e felice mentre i suoi pugni bloccavano giunture e accartocciavano arti di metallo, limitando i movimenti del ragno. Una scarica di proiettili da una delle torrette li bersagliò entrambi, ma ebbe poco tempo per fare altro che gettarli a una qualche distanza prima che il brivido freddo delle magie di Selphie chiudesse e curasse le ferite. Il dolore servì solo ad aumentare il flusso di adrenalina, la macchia di sangue sulla maglia di Zell lo guidava più dei buchi che non notava sulla sua stessa maglia e giacca.

I loro movimenti erano così in armonia che sembravano quasi coreografati. Nel momento in cui spada e pugno fecero un danno sufficiente a far cadere la bestia a forma di ragno, anche temporaneamente, Squall e Zell si voltarono sui tacchi e scapparono verso la spiaggia, con Selphie che li raggiungeva nemmeno mezzo secondo dopo.

"Facciamo a gara!" fu il grido ridente di Zell, come se potessero andare più veloci di quanto già facevano - saltando sopra muretti bassi, correndo su cofani e tettucci di macchine come se fossero un gruppo di maratoneti che si allenava. Non c'era tempo da perdere nel girarsi, e lo stomaco di Squall si chiuse quando sentì il tum, tum, tum, tum del ragno dietro di loro, già riparato e all'inseguimento. Correre. Correre e basta. Quando Selphie inciampò su una pietra smossa a barcollò, sia Squall che Zell la presero automaticamente per un braccio quando lei si dimenò convulsamente davanti a loro, e la trascinarono fino a quando lei riuscì a rimettersi in piedi. Non c'era tempo di fermarsi. Per niente al mondo. La città passava loro accanto confusa, avanti, avanti...

La vista del mezzo di trasporto non era niente paragonata alla vista di Quistis sulla torretta da sparo, a risolvere il problema irrisolvibile con un approccio classico: più proiettili e una pistola più grande. I tre barcollarono nella navetta, quasi andando a sbattere contro il lato opposto perché rallentare era uno sforzo troppo grande. Atterrarono come una pila ingarbugliata di corpi quando le porte si chiusero dietro di loro, e ascoltarono il grattare della sabbia svanire dallo scafo quando i motori ruggirono. Al sicuro... lontani e al sicuro.

Anche quel sollievo non rese Squall cieco alla realtà di Zell che gli cadeva addosso, rilassato e che rideva con il flusso di adrenalina e di sollievo della fuga. Forse era per questo che Zell - sorridendo, ridendo, rosso per lo sforzo - lo avvolse in un enorme abbraccio prima di rotolare via. "Oh, mamma. Quella è stata una corsa. Non rifacciamolo presto, eh?"

Per quanto Squall fosse eccitato dall'adrenalina e dalla paura che svaniva, sapeva che quel ricordo sarebbe rimasto con lui molto a lungo. Probabilmente era destinato a tornare in superficie nel cuore della notte, a intervalli casuali, per un futuro imprecisato; avrebbe dichiarato guerra al suo inconscio molto prima, se avesse potuto. Selphie si accontentò di dargli una pacca sulla spalla, trovando una panchina più comoda su cui lasciarsi cadere, lasciando che Squall fosse l'ultimo a rimettersi in piedi. Il suono dei tacchi di Quistis lo spronò a muoversi - l'ultima cosa che voleva in quel momento, con la voce e il corpo che tremavano dello smacco, era un esteso debriefing sul perché il suo capitano non era con loro. Salì invece sul ponte, dove il vento e gli spruzzi del mare erano calmanti, rinfrescanti. Purificanti.

Era tranquillo lì sopra, relativamente parlando. Il mare, il vento, i motori - solo suoni di sottofondo, suoni stabili. Avevano superato la missione persino con Seifer che scappava e robot giganti che li inseguivano. Era abbastanza? Avrebbero finalmente ottenuto i punti necessari a diplomarsi? I SeeD avevano stanze singole. Non ci sarebbe più stato alcun tipo degli scherzi personali di Zell. Mai più tempo di studiare Zell quando non stava parlando, lottando, allenandosi.

Forse... forse era la cosa migliore, davvero. In tutti gli anni in cui avevano condiviso la stanza, non c'era mai stato il minimo segnale che Zell provasse qualcosa per lui a parte amicizia. Una forte amicizia, una classe di lealtà e fiducia tutta sua... ma nulla più che amicizia, quando si arrivava al nocciolo. I SeeD non avevano il tempo di indugiare su cosa non c'era, Squall ne era sicuro. Solo il tempo di indugiare su ciò che c'era.

"Pensavi che fossi qui," arrivò la voce di Zell da dietro di lui; non si voltò. "Mi sono chiesto, 'qual è il posto più solitario e miserabile con una bella vista su questa barca'? E la risposta, sai, è arrivata e basta."

Adesso non era davvero il momento. Ma Zell non sembrava mai preoccuparsi di questo. Squall scrollò le spalle, declinando il commento. Non c'era molto da dire.

Zell mise in un braccio intorno alle spalle di Squall, avvolgendolo in un breve abbraccio da compagni. "Che cos'è che ti ha fatto diventare lunatico?" chiese. "Stai pensando che non ce l'abbiamo fatta, o che ce l'abbiamo fatta?"

"Ha importanza?" rispose Squall evasivo, mantenendo il viso e la voce senza espressione.

"Ce l'abbiamo fatta," annuì fermamente Zell. "Tipo, non esiste proprio che non ci siamo riusciti. Abbiamo completato il lavoro anche con Seifer che se l'è svignata. Ma sai, non mi interessa? Posso riprovarci l'anno prossimo. Sono solo tutto pieno di calda felicità nel sapere che Seifer non ce l'ha fatta. Che non importa cosa abbiamo o non abbiamo mandato a farsi fottere, non dovrò mai più avere a che fare con quel bastardo. Lui non può rifare l'esame, decisamente non può averlo superato. Questo significa che è fuori. Proprio fuori dal Garden. Voglio dire, la vita può solo migliorare quando succedono cose come queste. Che io ce l'abbia fatta o no è solo una specie di bonus, giusto?"

Squall sbatté le palpebre. Era un ragionamento valido. Con fare assente, alzò una mano a toccarsi la cicatrice in via di guarigione che gli aveva lasciato Seifer. "Giusto," concordò a bassa voce, gli occhi fissi sull'acqua davanti a lui.

Zell si mosse per mettersi vicino a lui. Proprio accanto a lui, il braccio contro quello di Squall, che quasi gli toccava il fianco. Ma la prua è stretta, ricordò Squall a se stesso. E lui non ha il senso del limite. "Senti... Squall..." chiese esitante. "Voglio dire... non voglio essere maleducato o cose così. So di non essere stato il tipo più facile con cui vivere. Non che tu sia una passeggiata, sappilo, ma... beh. Sai."

No, non è vero. Squall gli lanciò un'occhiata a occhi stretti. "Di cosa stai parlando?"

Zell sorrise, ma era semmai più che imbarazzato. "Beh. I SeeD hanno una stanza loro, no? E io so che tu probabilmente non vedi l'ora. Spazio per te, e non dover avere a che fare con la mia roba."

Squall sbatté semplicemente le palpebre, in attesa. Era abbastanza sicuro che non avrebbe potuto dire niente, nemmeno se avesse avuto qualcosa da dire. Aveva capito male? Volevano entrambi la stessa cosa, dopo tutto? Irrigidita, la mente di Squall corse alle ultime svariate settimane. Alla veloce ricerca di segnali, qualsiasi segnale, che poteva aver frainteso. Sarebbe stato così... drammatico, così stupido, essere proprio accanto all'oggetto del suo affetto per così tanto tempo e non sapere che era ricambiato...

"Solo che... saremo ancora amici, vero?" chiese esitante Zell. "Non era tutto solo perché così non ci saremmo uccisi nel condividere la stanza, vero?"

Lentamente, Squall allungò le mani guantate e strinse la ringhiera. Il tessuto nascondeva il fatto che lo stava facendo così forte da farsi sbiancare le nocche. Una lunga pratica a rinchiudersi in se stesso evitava che qualsiasi traccia di emozione si mostrasse sul suo viso, nella sua voce. Tutto normale. Tutto comune. Era tutta dannata colpa sua. Conosceva Zell da tantissimo tempo. Speranze selvagge si erano alzate e distrutte - non era colpa di nessuno tranne che sua, il dolore non era colpa di nessuno tranne che sua. Zell era Zell. Amava il ragazzo per quello che era. E se 'quello che era' a volte era il più cieco essere umano sulla faccia della terra, beh, quella era semplicemente una parte del pacchetto e qualsiasi incapacità di gestire la cosa era colpa di Squall.

"...Squall?" chiese Zell preoccupato. "Uhm. Forse farei meglio -"

Squall allungò la mano ad afferrare il braccio di Zell e tenerlo; Zell inarcò le sopracciglia bionde fino all'attaccatura dei capelli. Squall riuscì a malapena a trattenersi dall'attirare Zell in un abbraccio che avrebbe richiesto spiegazioni e sarebbe probabilmente finito in svariati giorni di scherzi da parte di un uomo che non poteva capire il loro significato reale. Quindi mosse velocemente le mani, prendendo fermamente il viso di Zell. Costringendolo a guardare Squall negli occhi.

"Io. Sono. Sempre. Tuo. Amico," disse Squall con fermezza, guardando Zell dritto negli occhi azzurri. Sono molto di più, se solo tu aprissi gli occhi. Ma non poteva forzarlo. Non poteva costringere Zell a essere qualcun altro. Anche mentre Zell arrossiva, imbarazzato per averlo a quanto pareva offeso, lo lasciò andare e tornò a guardare il mare. C'era così tanto di più da dire, ma anche l'autocontrollo di Squall aveva i suoi limiti. E in quel preciso istante troppa parte di lui voleva gridare. O baciare Zell così forte, così completamente, che persino lui non poteva restare nel dubbio sulla natura dei sentimenti di Squall. Il rischio era troppo alto; preferiva avere l'amicizia di Zell, per quanto cieca e a volte dolorosa, rispetto al niente.

"Scusa," borbottò Zell. "Lo sapevo. Onestamente."

No. No, non è così. "Vai a riposare un po'," disse piano Squall. "Dobbiamo ancora fare il debriefing."

*****
Nota della traduttrice: questa in realtà è considerabile come una raccolta di oneshot, postate comunque in ordine cronologico, secondo gli eventi del gioco. Per questo, volendo, è anche possibile leggerla come una storia "a capitoli".
Come sempre ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come saranno tradotte eventuali sue risposte. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 2
*** II. In fuga ***


BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
II. In fuga

Il potere luccicò nella cella, e poi si spense. Era come il sollevarsi di una nebbia - il campo anti-magia era disattivato.

Squall, picchiato e incatenato, richiamò nella sua mente e invocò. Quetzal, vieni. Distruggi. L'obiettivo era lui stesso, le sue catene. E, fluttuando non appena venne formulato il pensiero, l'uccello del tuono venne. In Junction, i potenti colpi di tuono erano una fonte curativa di energia che spezzò le catene e lo lasciò cadere, boccheggiando, al suolo.

Tempo. Non ce n'era. L'invocazione avrebbe dovuto portare guardie, ma Squall non sentì nulla fuori dalla porta. Quasi niente. Selphie e Quistis stavano litigando nella cella accanto su quale fuga fosse possibile: "senti, congela il metallo e basta e si romperà, possiamo scappare -" "e ci spareranno subito. Aspetta e fammi vedere cosa c'è là fuori, prima che tu ci faccia ammazzare."

Magie, sì. Il ghiaccio era più silenzioso, ma non c'era - non poteva esserci - molto tempo. Meglio morire fuggendo che aspettare che lui tornasse, ma ancora meglio andarsene puliti. Chiavi. Il bastardo le aveva lasciate - proprio alla portata di Zell, sapendo che lui non poteva arrivare fino lì. "Aspettate," sbottò rivolto alla sua porta, sperando che le ragazze lo sentissero perché di sicuro non si sarebbe messo a urlare, e barcollò per raggiungere le chiavi. Il suono fece trasalire Zell, e Squall non aveva tempo per rassicurarlo. Afferrò le chiavi e le provò nella porta della sua cella, una ad una fino a quando la serratura scattò. Grazie a Hyne non stava giocando con noi - lei lo sta facendo diventare stupido -

E letale. Chiuse la mente a quel sentiero di pensieri prima di sentirsi male. Non c'era tempo. Corse meglio che poteva all'altra cella. "Chiavi. Liberala, Quistis." Aveva fatto quello che aveva fatto lui, lo sapeva - la junction, così che l'invocazione su di sé la guarisse. Aveva preso Shiva - nonadesso - e quando lui aprì la cella Selphie era libera e Quistis, come lui, aveva catene che pendevano dai polsi e dalle caviglie - le sue erano chiaramente ghiacciate, e quelle di lui mezze sciolte.

"Quanto abbiamo prima che ci notino?" chiese Quistis mentre correvano fuori.

"Non so," disse Squall, tornando alla cella. "Andremo il più lontano che possiamo."

"Armi?" chiese Selphie, speranzosa, seguendoli. "Zell è l'unico - oh mio dio -"

Gli occhi di Squall quasi bruciavano quando sollevò attentamente Zell. "Non oggi, non lo sarà," ringhiò. "Se le troviamo, grandioso. Se no, prendete quello che potete da chiunque sia sulla nostra strada. Dirigiamoci al tetto."

Selphie sembrò confusa nel mezzo secondo che servì a Quistis per annuire e prenderle la mano, strattonandola in una corsa. Squall, più lento, corse dietro di loro. Si chiese se potevano fallire. A Galbadia non piaceva pubblicizzare le sue prigioni - la maggior parte delle strutture era nel profondo sottosuolo, per nascondere le loro dimensioni. La via d'uscita doveva essere in alto. Le junction erano una scommessa; finché il campo anti-magia rimaneva disattivo, avevano un vantaggio tremendo. Se veniva riattivato in qualsiasi momento, significava che tutti loro sarebbero scivolati in uno stato passivo e semi-sonnolento e non sarebbero stati in grado di resistere alla ricattura. Dovevano andare il più lontano possibile, il più veloce possibile. I piedi nudi di Squall non scivolavano sul pavimento di metallo a grate, ma sentiva i passi degli stivali delle guardie che si facevano più forti, più vicini.

Quistis rallentò accanto a lui. "Dobbiamo lasciarlo," disse il più forte che osava. "Dobbiamo -"

"Tutti o nessuno," sbottò Squall, e le allungò Zell. Iniziarono a correre di nuovo. "Portarlo tu per adesso. Quando sei stanca, dallo a Selphie. Quando lei è stanca, ancora a me. Usciremo tutti."

Lei strinse le labbra ma obbedì, correndo meglio che poteva. Per rifiutare l'ordine avrebbe dovuto lasciar cadere a terra Zell lei stessa, e per quanto fosse dura non poteva farlo.

Non con la sua vista ancora fresca in mente. Le mani e le braccia di Zell erano rotte - schiacciate - fino ai gomiti, e penzolavano prive di energia. E quello era solo l'inizio di - non pensarci Squall saltò su una guardia, atterrando dritto sul collo dell'uomo, e ci volle un solo secondo per prendergli la pistola. Corse avanti mentre Quistis, stanca, passava Zell a Selphie. Silenzio, e velocità - alzò la testa di botto quando sentì dei colpi d'arma da fuoco da sopra. E un alleato? "Dobbiamo avere delle armi prima di arrivare su." E guardie dietro di loro.

Gli occhi di Quistis erano luminosi, quasi luccicanti, e Squall distolse velocemente lo sguardo. Evidente era vicina al limite; infuriata, Quistis aveva troppi trucchi magici nella manica.

"Non posso..." ansimò Selphie quando fecero una curva e si avvicinarono a una scala. "Squall... non di sopra..."

"Mio," disse Squall, passandole la sua arma trafugata e riprendendo in braccio Zell. Non c'era tempo per una cura. Non c'era tempo di sistemare le ossa e lui non aveva intenzione di fare un pasticcio. "Coprimi," ordinò, e Selphie, ancora boccheggiando, sollevò la pistola e corse su per le scale. Non sparando - non potevano permettersi di perdere alcun proiettile o attirare attenzione su di sé con il suono. I piedi dolevano per la corsa senza scarpe sulle grate, ma era un vantaggio nascosto - non facevano rumore sui pavimenti di metallo, ma gli stivali delle guardie risuonavano ed echeggiavano nei corridoi.

Selphie era brava; un colpo, e quando Quistis salì le scale Selphie le gettò una pistola. Ora due erano armate. Squall spostò l'attenzione dal peso di Zell sulle braccia, i sobbalzi e i piccoli suoni ad ogni movimento brusco - e ce n'erano molti. Parte di lui li mise via per gli incubi del futuro, ma ora non c'era tempo.

"Beh, salutate la pattuglia di salvataggio!" gridò una voce felice, e Squall quasi gli urlò di fare silenzio prima di mordersi la lingua. Irvine! e Rinoa - e senza catene o abiti da prigionieri.

"Non così forte!" sibilò, e allungò velocemente Zell a Rinoa. "Fallo cadere e te ne pentirai." Voltandosi verso Irvine, trascinando di nuovo tutti nella corsa, disse, "due pistole e Zell è incosciente, ma abbiamo le junction. Dimmi che qualsiasi cosa avete fatto al generatore durerà."

"Almeno un'ora," annuì Irvine. "Ci ho lanciato sopra una granata. Oh, e tieni." Estrasse una custodia dal cappotto e gliela allungò. "Un gunblade di scorta, il tuo vecchio modello. Non avevo idea di dove fosse quello nuovo."

"Come se mi interessasse." Squall si permise un momento di gratitudine per il fatto di aver comprato un nuovo gunblade prima di partire per quella dannata missione. Tolse il suo Revolver dalla custodia e lo fece roteare - controllò il tamburo e si scoprì del tutto armato. "Grandioso." Un'altra curva, un'altra scala. "Copritemi."

La corsa si fece sfocata, dopo - sembrava che Irvine si fosse trascinato dietro metà della guardie della prigione, e Squall si trovò ad aprirsi la strada tra molte mentre risuonava un colpo dopo l'altro. Non sprecò i suoi proiettili, li usava solo quando aveva una traiettoria pulita verso molti obiettivi allineati a prendere le esplosioni. Uccidere. Ucciderne il più possibile, aumentare le possibilità di uscire per gli altri. Tutto si sfocò, lo spruzzo di sangue e lo scatto delle ossa e le urla sotto il fuoco infinito. Le ragazze dovevano aver raccolto più pistole, ormai.

Quando vide la luce del giorno attraverso le finestre si voltò indietro, aprendosi la strada all'indietro fino a quando furono tutti insieme. Rinoa era chiaramente esausta; ordinò a Selphie di riprendere Zell e di dare la pistola a Rinoa, sperando che lei ricordasse come usarla. Tutti. Tutti fuori. Doveva sperare, e quella era una cosa amara. "Quistis - invoca."

La luce del giorno, ma non la salvezza. Rinoa invocò Carbuncle per avere la sua protezione, mentre Irvine sparava rapidamente alle guardie sulle mura. Squall invocò Quetzal e sentì la tempesta aprirsi in lui mentre una raffica di aria glaciale arrivò da Quistis; congelare i cancelli, poi distruggerli.

E liberi. Squall riuscì a malapena a non cadere semplicemente dall'altra parte - inutile, stupido. Tutti fuori - fuori - stare coperti, Irvine ha una macchina -

Più tardi, Squall non riuscì a credere che avesse davvero funzionato. Una serie, una serie lunga, di fare l'unica cosa che andava fatta in quel momento - ed erano fuori. Vivi, liberi, con Irvine al volante e il piede sul metallo, a gridare attraverso il deserto.

Ora era il momento. Intorpidito, esausto, Squall fece cenno a Quistis di avvicinarsi e iniziò a sistemare ossa.

"Cosa è successo?" chiese Quistis - altrettanto intorpidita, altrettanto stanca, sistemando attentamente le dita di Zell e usando magie per rimarginare le fratture.

Squall aprì la bocca. La chiuse di nuovo. Sentì le spalle stringersi contro la rabbia e il senso di colpa e cose familiari e senza nome. "Seifer," disse a denti stretti, e inghiottì bile quando Zell fece una smorfia a quel nome, solo semi cosciente di ciò che lo circondava. Squall si chinò sulla sua mano, la sistemò e guarì un altro dito. Il solo guarire Zell li avrebbe svuotati delle magie, ma tutti gli altri potevano camminare, almeno.

"Dobbiamo riportarlo al Garden," disse Quistis. "Questo è - è troppo."

"Non c'è tempo," disse Squall. "Seifer è diventato un chiacchierone. Dobbiamo prima evitare che i Garden vengano rasi al suolo."

Selphie, ubriaca di adrenalina ed esausta, iniziò a ridacchiare. "Seifer... chiacchierone..."

"Comunque non è - una stanza d'albergo, allora," disse Quistis. "Qualcosa."

Sistemare. Invocare la magia. Sistemare. Invocare la magia. Squall si risparmiò una magia per il viso, pieno di lividi e tagli e sanguinante e gonfio. "Chiedilo a lui."

"Starai scherzando," disse Quistis atterrita. "Non può muoversi!"

"Ci sto lavorando," disse in tono piatto Squall.

"...Squall..." arido, ansimato, mise tutti a tacere.

"Stai fermo," rispose Squall. "Il danno -"

"...Vero?" Dita appena guarite strinsero il sottile tessuto da prigione.

Squall si sentì come se fosse stato trasformato in pietra. Vero? Seifer aveva detto molte cose, alcune vere, alcune no. Ma non era la ragione per cui Squall scelse di rispondere con, "ci conosci, Zell." Annuì bruscamente a Quistis - continuare a guarire - e lei, riluttante, obbedì. Poteva non essere d'accordo con lui, ma era troppo ben addestrata per non ubbidire ad un ordine.

Ci conosci. Non era proprio vero. Zell non aveva idea di quanto fossero vere alcune delle accuse, quanto Squall fosse stato vicino, sotto la nebbia del campo anti-magia, a gridare, ma non in quel modo. Era felice di non averlo fatto. Era un desiderio - di stringere, proteggere, amare - ma era un vecchio desiderio familiare e che poteva contenere. Le mani di Squall toccarono solo per sistemare ossa, invocare magie. Non mostrarono nulla di aver mai voluto qualcos'altro. Nient'altro. Seifer era stato un chiacchierone, ma il prezzo delle informazioni era stato davvero alto.

Guarda bene, Squall. Non è grandioso l'amore?

Non amore. No. Squall lo aveva chiuso a chiave. Lo aveva inghiottito, rinchiuso lontano. Tastò, con attenzione, le ossa rotte, cercando di non sobbalzare mentre la jeep correva lungo le piane del deserto. Sistemare, e guarire. Sistemare, e guarire.

"Squall... è mio."

"Sì."

L'amore stava dando ciò che l'amato voleva ricevere. Squall si aggrappò a questo, e sistemò un altro osso.

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly

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Capitolo 3
*** III. Sogni e promesse ***


BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
III. Sogni e promesse

C'era poco da dormire. Squall si era da tempo abituato alla realtà che sarebbero passati mesi, forse anni, prima che potesse dormire senza incubi. Anche se capiva che prima o poi sarebbe stato capace di dormire senza il rivivere notturno dei ricordi, quel momento non era ancora arrivato.

Nemmeno vicino, in realtà. Nemmeno vicino.

Aveva, dato che era il suo dovere di Comandante, fatto la sua parte per creare l'illusione che andasse tutto bene. Si era ritirato nella sua stanza come per dormire, era stato in un dormiveglia in cui poteva guidarlo la stanchezza, ed era almeno rimasto nella sua stanza fin dopo mezzanotte. Ma nelle ore buie, quando la parte attiva del Garden era ridotta a guardie e piloti, abbandonò la finzione del riposo e camminò nei corridoi silenziosi, troppo consapevole delle vite nelle sue mani e troppo consapevole del fallimento insito nella sua veglia.

Per prima cosa, Squall si diresse ai balconi esterni. Il Garden, volando sull'oceano sotto un cielo notturno sereno, forniva un panorama tanto riposante quanto si poteva immaginare. Ma le stelle ospitavano assassini e la luna si stava scurendo, il suo rosa pallido si era fatto più profondo nelle ultime settimane, la luce risplendeva sul vetro macchiato di sangue dell'oceano -

Stava diventando un'abitudine ritrarsi dai ricordi. Uscì dall'aria della notte e si diresse all'Infermeria. Non poteva continuare con la mente a pezzi e il sonno rubato un'ora qui, qualche minuto là. C'erano droghe che potevano occuparsi di qualsiasi malattia; avrebbe trovato qualcosa per curare la sua insonnia. I corridoi erano bui, monitorati tramite telecamere da guardie negli uffici che avevano il buon senso di non spargere voci, e l'Infermeria era piena del silenzio pesante di molte persone che dormivano. Troppi feriti nell'ultima battaglia, e ce ne sarebbero stati altri, fino a quando il Garden di Galbadia, posseduto, sarebbe stato sconfitto. Le loro ferite lo artigliavano, lo costringevano a mettere in dubbio ogni decisione di comando, riesaminare, determinare se aveva usato i loro talenti e le loro capacità con saggezza o con stupidità.

"Squall." Il sussurro, secco e roco, si diffuse nel silenzio. Deviò dal tragitto verso la farmacia. In pochi lo chiamavano ancora per nome.

Anche Zell era sveglio. Poca sorpresa. Squall distolse gli occhi dalle mani di Zell; la sistemazione delle ossa era stata scossa lungo il viaggio di ritorno, e le mani si erano rotte di nuovo più di una volta prima che chiunque altro se ne accorgesse. Aveva l'ordine di restare nell'Infermeria sotto osservazione fino alla guarigione delle ferite. Squall tenne la voce bassa, ma non sussurrò. "Sì?"

Non avrebbe dovuto essere possibile vedere i colori così chiaramente in una luce così tenue, lasciata per permettere allo staff di muoversi tra i vari letti di notte, ma gli occhi di Zell erano molto, molto blu. Si stava avvolgendo ancora una volta in Shiva, Squall lo sapeva. Non che gli facesse bene la metà di quanto avrebbe dovuto. "Anche tu?" Le parole erano dette con un abbandono di speranza, e dietro la maschera educata della sua espressione Squall si diede un calcio per aver pensato che Zell potesse dormire. Semmai, i suoi incubi dovevano essere peggiori di quelli di Squall.

Non aveva molto senso mentire. Squall annuì. "Sono venuto a prendere qualcosa per dormire."

La risata di Zell fu breve e amara. "Se trovi qualcosa di abbastanza forte, danne un po' anche a me, ok? Gli antidolorifici mi rendono difficile pensare."

Squall guardò le mani risistemate di Zell. "Quanto?" chiese lui.

"Due, tre settimane, ha detto la Kadowaki," fu la riluttante ammissione. "Squall... impazzirò qui dentro."

Un po' tardi per questo, fu l'affermazione privata di Squall. Ammise ciò che Zell rifiutava di ammettere; le persone che erano stati erano morte. Chi sarebbero diventati era l'unica cosa ancora da stabilire. "Ce ne andiamo appena Galbadia sarà stata abbattuta," disse. "Se lui non è qui, al comando." Il che era la personale convinzione di Squall. Edea non poteva possibilmente avere una tale conoscenza della tattica come si era visto nell'ultima battaglia. Seifer doveva essere lì, nell'altro Garden, al comando.

Zell spalancò la bocca. "Aspetta," sussurrò. "Aspettatemi, dannazione, me lo devi -"

Squall si sedette sul bordo del letto, facendo un cenno di diniego con la testa. "Non c'è tempo," disse indicando l'Infermeria, troppo piena. "Devo farlo uscire da quella dannata carcassa, se vogliamo avere anche solo una possibilità. Farlo uscire dal guscio e sconfiggerlo, o noi. Siamo. Morti. Non posso aspettare qualche settimana per te."

Le parole erano una semplice affermazione dell'ovvio. Non avrebbe dovuto esserci alcuna reazione tranne un accordo - forse riluttante. Ma Zell sembrò ritrarsi in se stesso nell'udirle, come se avessero infranto una qualche illusione che usava per costringersi a combattere. Non singhiozzò. Ma non singhiozzò, poteva intuire Squall, perché si stava costringendo a controllare il respiro. Sulle lacrime aveva meno controllo, e caddero liberamente e inosservate sulle lenzuola. "Devo andare," sussurrò - non a Squall, o per quanto potesse capire Squall, a nessuno in particolare. Solo per sentire il suono delle parole. "Non posso... dormire, non posso combattere... perché diavolo mi hai fatto uscire da là se non ti servo a niente?"

Perché ti amo. Le parole non sarebbero mai state dette adesso. Gli incubi che non facevano dormire nessuno dei due avevano trasformato ogni modifica delle parole in coltelli pieni di sarcasmo che miravano dritto al cuore. L'ultima - Hyne, fa' che sia l'ultima - vittoria di Seifer. "Per darti la tua possibilità," disse invece. "Se sarà ancora vivo quando sarai guarito, verrà e lo pesterai. Se arriverò io per primo a lui, ti darò la prova che me ne sarò occupato. In ogni caso, non è lui il vero nemico. È il suo pupazzo. Non la affronterò senza di te."

Sapeva che quelle parole non erano una promessa né leggera né semplice. Seifer lo aveva picchiato in ogni battaglia, fino a quel momento. Ma qualcosa era cambiato in Squall, incatenato alla croce elettrica della prigione, qualcosa era cambiato nel corso dell'eternità della tortura e della prigionia. Le regole erano cambiate. Aveva imparato - e il gioco era nuovo. Non avrebbe permesso che succedesse di nuovo. Qualunque fosse il costo, non sarebbe mai più successo. Squall liberò una mano dal guanto che oramai non si toglieva più, per quanto insopportabile era diventato il contatto umano, e mise il palmo sulla guancia bagnata di lacrime di Zell. Ammissione. Accettazione. E guardò chiudersi gli occhi blu.

Promesso. Zell non ebbe bisogno di chiedere; Squall non ebbe bisogno di confermare. E se a Squall sembrò che si girasse un coltello particolarmente contorto nel cuore - che non poteva toccare nessun altro, e Zell non poteva essere toccato da nessun altro, ed eppure non avere mai più di questo - non ne diede alcun segnale visibile. Ai sentimenti personali era concessa solo una certa libertà di movimento. Per quanto Zell fosse spezzato, era il migliore in quel che faceva. Le sue mani sarebbero guarite, e poi ci sarebbe stata la resa dei conti. Per adesso, le lacrime rallentarono ma non si fermarono, scivolando sulle dita di Squall mentre Zell si coricava di nuovo sul letto dell'Infermeria. Mani bendate e sistemate non potevano ricambiare una stretta, ma Zell voltò la testa verso la mano di Squall.

E Squall aspettò. Fino a quando le lacrime si asciugarono e il respiro rallentò in qualcosa di stabile e regolare, e poi tolse attentamente la mano e si alzò. Da qualche parte, nel profondo, qualcuno tremava alla sensazione bagnata sulla mano nuda. Qualcuno gridava - rabbia, dolore, probabilmente non importava. Terrore, possibilmente. Sapeva di essere cambiato rispetto a chi o cosa era stato una volta. Le ore della prigione era crude e vivide in ogni orripilante dettaglio, ed erano diventate una specie di divisore interno tra 'l'allora' e 'l'adesso'. Si chiese se chi era stato 'allora' avrebbe pianto, come aveva pianto Zell. Si chiese se aveva importanza.

Si rimise il guanto e controllò tra i farmaci se c'erano dei tranquillanti. Ne provò alcuni fino a quando ne trovò uno che funzionava, se ce ne fosse stato bisogno. Con le pillole strette nella mano guantata, controllò Zell prima di andarsene. Dormiva, abbastanza profondamente da non svegliarsi al suo avvicinarsi. O quello o Zell fingeva di dormire e non aveva voglia di dire altro. Il che andava bene. Squall tornò alla sua stanza e provò le pillole che aveva preso con sé.

Si svegliò, intontito e stanco, alle quattro circa del pomeriggio successivo. Con una sua certa sorpresa, Irvine e Quistis avevano fatto le sue veci nei problemi sul campo fino a quando si era svegliato. Fu uno shock piacevole fino a quando scoprì il perché.

Nel corso della notte Zell era scivolato nella catatonia(1), per cause sconosciute, ma Squall poteva immaginarle.

Da qualche parte, fuori dalla portata d'orecchio, qualcuno rideva. Da qualche altra parte, le urla erano di rabbia.

C'era una guerra da combattere e vincere. Squall sospirò, accettò il rapporto e andò avanti.

*

Note al testo
(1) catatonia: maggiori informazioni su questo stato alla pagina Wikipedia. Può essere utile per capire il resto della storia :)

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
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Capitolo 4
*** IV. Sulla Lagunarock ***


BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
IV. Sulla Lagunarock

Lei riprese conoscenza, convenientemente, proprio quando lui trovò il generatore di gravità e lo attivò. Non lo sorprese; Rinoa era un'eccellente maestra nella magia dello svenimento al momento opportuno. La considerava una manovra meno che intelligente nelle situazioni migliori; adesso era abbastanza irritante da fargli stringere i denti.

"Dove sono?" chiese lei, portandosi una mano all'elmetto della tuta come se non avesse idea del perché lo stava indossando. Cosa che, rifletté lui, poteva in effetti essere vera.

"La risposta breve o quella lunga?" chiese brusco, spingendo i bottoni che si dichiaravano coinvolti nella riserva d'aria interna alla nave. Probabilmente hanno chiuso l'ossigeno per un motivo, pensò accigliandosi. Una morte veloce per loro o per qualcos'altro? Entrambe le opzioni annunciavano guai; quella nave, che gli piacesse o no, era il loro unico modo possibile per tornare sulla terra tutta interi, ora che un Pianto Lunare aveva distrutto la stazione spaziale. Se era vera la prima opzione, la nave probabilmente non funzionava, e non era sicuro riportarla nell'atmosfera. Se era la seconda...

"Uhm..." Decisa come sempre, prese nota lui con fare assente, esaminando la stanza per segnali di attacco - passati o presenti. "...Lunga, penso." Rendendosi conto che lui non avrebbe fatto il galante aiutandola ad alzarsi, Rinoa fece un piccolo rumore ferito e si alzò.

"Ti sei lanciata nello spazio dalla stazione di Esthar," disse Squall, caricando il gunblade. "Decisamente non eri in te. Quando sono riuscito a raggiungerti, avevi già fatto qualcosa ai sigilli di Adele, e la stazione spaziale ha dovuto essere evacuata. Poi sei uscita in una passeggiata suicida nello spazio, e credimi, ero dannatamente tentanto di lasciartici. Ti ho seguito comunque, il che è stata probabilmente una buona cosa perché abbiamo appena mancato un Pianto Lunare che ha fatto a pezzi quella stazione spaziale. Ho visto una nave in orbita stazionaria, e ho usato quanto rimaneva nei jet delle tute per arrivarci. Ci sei sopra. Se questo posto è un rottame morto, lo siamo anche noi."

Rinoa riuscì davvero a sembrare docile. "Uhm. Grazie?"

Squall le diede un'occhiata molto piatta. "L'unica ragione per cui ti ho salvato è che ci deve essere un motivo per cui eri controllata e poi mandata a suicidarti invece di essere lasciata andare. Chiunque stia facendo questi giochetti - perché tu? E perché diavolo disturbarsi a ucciderti?"

Le domande non erano retoriche, e Rinoa lo sapeva. Il modo in cui Squall gliele aveva buttate addosso diceva chiaramente che lui si aspettava di avere una risposta solida. Lei desiderò non averla.

"Sono... una strega," ammise fissandosi le mani. "Da quando abbiamo sconfitto Edea."

Squall la fissò semplicemente per un po', piuttosto immobile prima di muoversi di nuovo. "Bene," disse schiettamente. "Questo probabilmente vale il rischio della vita. Questa nave potrebbe avere mostri a bordo. Distruggili se puoi, perché se devo combattere con tutto da solo e difenderti, solo uno di noi arriverà a casa, nella migliore delle ipotesi." Non era affatto dell'umore di darle una spalla su cui piangere. L'ossigeno era stato bloccato deliberatamente, la gravità anche. Per uccidere mostri? Aveva funzionato? Non poteva immaginare che avesse funzionato - qualsiasi cosa fosse salita sulla nave avrebbe dovuto passare per il vuoto, tanto per cominciare. Con il gunblade carico e pronto, aprì la porta.

"Non sei arrabbiato?" Lei sembrò compiaciuta. Poteva praticamente sentirla pensare angoscia.

"Ora come ora?" chiese, infilando la testa oltre la porta e sbirciando nei corridoi bui. La nave non puzzava di morte. Puzzava di tana. "No. Chiunque c'è dietro a tutto questo controlla le Streghe come si controlla una marionetta. Io sono bloccato nello spazio su una nave che potrebbe o non potrebbe volare, e potrebbe o non potrebbe essere piena di mostri. Se sei una Strega, potrei proprio tornare a terra, e tu non andrai in giro a fare shopping se sarà probabile che ti sparino a vista, il che significa che è proprio possibile che potremmo davvero fare un po' di lavoro, dopo. No. Nemmeno un po' arrabbiato. Ora muovi il culo e preparati a distruggere tutto quello che si muove a parte me."

"Cretino," disse Rinoa tirando su con il naso. "È una cosa importante, sai! Sono una Strega!"

"E per questo ti hanno appena sparata nello spazio," sottolineò tranquillo Squall. "E quando torneremo, i coriandoli del comitato di accoglienza somiglieranno molto a una camicia di forza. Chiudi il becco. Sto cercando di ascoltare."

"Hmf!" sbuffò lei, ma ubbidì. Non solo, notò lui, dal semplice fatto di camminare facendo poco rumore. Stava già giocando con i suoi poteri, non che lei sapesse che lui sapeva, e stava fluttuando in modo regolare a pochi centimetri da terra. Chissenefrega, pensò tra sé e sé. Finché se ne sta in silenzio.

...Era stato un grattare di artigli, quello?...

Rinoa aveva un ragionevole istinto di battaglia, grazie al completo addestramento che tutta la squadra aveva fatto non appena ce n'era stato il tempo, e con il potere aggiunto della Strega si dimostrò una partner capace. Comunque, ci vollero parecchie ore di dure battaglie per arrivare alla stanza di controllo, e svariate altre dopo Squall aveva capito come far restare morti i mostri e la nave era ripulita. Esausti - ma puliti, grazie all'uso in un certo senso creativo della magie d'acqua da parte di Rinoa - si stravaccarono sulle sedie nella sala comando e cercarono di ricordare come respirare.

"Non sapevo che potessi sparare granate," disse Rinoa.

"Nuovo modello," rispose Squall, steso su una panchina. "Lama aperta per fare spazio a proiettili più grandi... quelle magie sono utili."

"Tieni, ti riempio." Si mosse per sedersi accanto a lui, gli toccò il guanto. "Se te lo togli."

Squall le lanciò un'occhiata stanca e irritata - sapendo molto bene perché si era offerta, ma aveva davvero bisogno di magie - prima di acconsentire. Rinoa fu ben felice di rendere una carezza il tenersi per mano, e il potere fluì in lui - portando con se l'ondata di energia e sensazioni. Irvine non aveva fatto segreto del fatto che l'ondata di un intero stock di magie aveva un suo certo fascino, e piuttosto forte.

Quindi provò una gioia personale e perversa nel mantenere totalmente neutrale la sua espressione, immagazzinando l'energia per quando sarebbe servita. Quando lei si chinò, come per dargli un bacio, lui scivolò facilmente fuori portata e si tirò su a sedere. "Grazie," disse. "Adesso mi metto al lavoro per scendere."

"Squall!" strillò praticamente lei. "Ci siamo solo io e te adesso sulla nave. Ne sono sicura. E sarà un lungo viaggio per tornare -"

"Solo se è fatto bene," la interruppe Squall.

"E tu non sei minimamente romantico?"

"Dato che lo chiedi, no." Si mosse verso la console di comando e cercò attentamente di capire quale pulsante avrebbe acceso la radio. Con la stazione spaziale andata - non che la tecnologia radio fosse usata da tempo, ovvio, ma era una possibilità...

Rinoa si lasciò cadere rumorosamente su una sedia. "Non ti piaccio?" chiese lamentosamente. "Avrò bisogno di scegliere un Cavaliere..."

Squall decise di stroncare in bocciolo quella piccola nozione. "Beh, se mi lasci in pace a far funzionare questa cosa, se si può farla funzionare, avrai un pianeta pieno di uomini tra cui scegliere."

"Squall," insistette Rinoa, irritandosi. "Io voglio te."

Lui la guardò duramente. "Sono un SeeD," sbottò. "Il mio lavoro non è farti da babysitter. Il mio lavoro è tagliarti la testa se detta testa inizia a dare i numeri. È un conflitto di interessi che non intendo affrontare."

"Beh, forse Zell sarà il mio Cavaliere, allora," ribatté Rinoa, e Squall si irrigidì momentaneamente, ma non disse nulla. A tutti gli effetti, era completamente e del tutto assorbito dal far funzionare i controlli, passando le dita su leve e pulsanti. Il silenzio era tonante, ionizzato, e alla fine persino Rinoa capì.

"Mi dispiace," offrì. "So che tu -"

"Non rimango coinvolto," disse Squall, mettendo ogni parola al suo posto come mattoni in un muro. "Proponi a chi vuoi, ma se dai fastidio alla mia squadra, basta." Testò una leva, e la radio gracchiò alla vita.

"Lagunarock, qui è Esthar. Lagunarock, qui è Esthar. Passo." Le ruvide parole esthariane erano chiare e forti, e Squall quasi lasciò andare un sospiro di puro sollievo. Anche se, come avevano fatto a sapere...

Provò le leve fino a trovare quella per comunicare. "Qui è la Lagunarock," disse, aggiungendo con fervore, spero per Hyne che sia così che si chiama questo rottame. "Come facevate a sapere che era rimasto qualcuno?"

"Un segnale di sos si è attivato insieme all'ossigeno," disse la voce alla radio. "Il Presidente ha detto che eravate nello spazio durante il Pianto; abbiamo controllato le frequenze di ogni rottame che c'è lassù fin da allora."

Squall sbatté le palpebre. Evidentemente doveva a Laguna un buono non-prendere-un-pugno-nei-denti. Ci avrebbe pensato più tardi. "Spero che qualcuno lì possa dirmi come far volare questa cosa," disse, "perché la tecnologia è davvero vecchia."

"Siamo qui per questo," disse la voce. "Segui semplicemente le istruzioni, e quel rottame volerà dritto sulla terra in un batter d'occhio."

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
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Capitolo 5
*** V. Blitz ***


BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
V. Blitz

"Hyne, è uno grosso," osservò Irvine, guardando attentamente al di sopra del masso. "Quel figlio di puttana potrebbe giocare a bowling con questa roccia."

"Non è un problema," disse Squall, scuotendo la testa. I suoi occhi avevano la tinta verde che significava che stava usando magie di scansione mentre lo studiava. "Solo non usate il tuono."

Rinoa sbatté le palpebre alla vista dei giganti di pelle bianca. Quattro, cinque di loro in gruppo. Ognuno di loro sarebbe stato un guaio. "Allora cosa?"

"Qualsiasi altra cosa," disse Squall. "Solo non il tuono. Si sono adattati ad essere i parafulmini del posto. Una volta passati, c'è via libera fino alla torre." Soppesò la sua pesante spada, pensieroso. "Irvine - colpi alla testa, tienili alti. Quistis, Selphie, fateli inciampare e cercate di non rimanere intrappolate. Rin, stai qui indietro e rallentali. Zell io li attaccheremo alle ginocchia e cercheremo di farli cadere per poterli finire."

"Colpi accecanti," disse Irvine guardandoli. "Sarà più facile farli cadere se non sanno da che parte sono."

"Non perdere tempo," disse Squall. "O munizioni. La Forza rinchiusa nella torre è riuscita a rimanerci per anni, anche se tutti sapevano che c'era. Avremo bisogno dei colpi migliori una volta dentro."

"Agli ordini," rispose Irvine scrollando le spalle, ma il suo tono di voce implicava che avrebbe preferito fare a modo suo. "Rin, com'è la tua mira in questi giorni?"

"Abbastanza buona," sorrise Rinoa. "Il farmi passare ore a distruggere pietre deve essere servito a qualcosa..."

Squall guardò Zell, mentre Selphie e Quistis testavano le loro armi. Scrollò le spalle e annuì. Nessun problema.

Uno alla volta, gli altri dissero "pronti", e allora Squall diede il segnale di attaccare.

Era tutto così molto più semplice quando stavano combattendo. Tutti i piccoli litigi sparivano, e fluivano nell'essere un'unica forza. Sei combattenti in tre coppie - Irvine e Rinoa a distanza con proiettili e magie, Quistis e Selphie con frusta e nunchaku ad accartocciare e colpire.

Lottavano insieme da così tanto che andava oltre l'abitudine, nell'intuizione - Squall sapeva quando colpiva che Zell non sarebbe stato sulla traiettoria. Sapeva cosa significava quando il suo amico indicava; significava buttami - il che non era del tutto letterale, ma tendeva a sembrarlo. Chinarsi e correre, lanciarsi dalla sua schiena, e Zell poteva mirarsi dritto al suo obiettivo prescelto, avvolgere e afferrare e polverizzare fino a quando il gigante barcollò di dolore e Squall poté attaccare mentre cadeva. Anche Zell sapeva cosa stava facendo Squall quando correva intorno a un nemico, tagliando i tendini, saltando e tirando un pugno per spezzare l'osso di un collo o di una spina dorsale. Musica, in un certo senso, ritmo e flusso.

"Tutti vivi laggiù?" gridò Irvine, e uno per uno i quattro combattenti più vicini al nemico risposero.

"Non hai sprecato nessun colpo?" chiese Squall.

Irvine scosse la testa. "Gli ordini sono ordini. Qualcosa di utile su queste... cose?"

"Guarda tu," rispose Squall scrollando le spalle. "Forse."

Quistis stava controllando la sua frusta, schioccando la lingua. "Devo sistemare questa parte," disse. "Vedo se hanno del metallo."

"È stato divertente," sottolineò Zell. Una scintilla di un sorriso piuttosto feroce lampeggiò. "Più grandi sono..."

Squall stava pensando, quando le loro mani sono più alte della tua testa, la tua testa è a livello del loro inguine. Sapeva bene che era meglio non dirlo, però, scosse semplicemente la testa divertito. Si erano sempre divertiti di più a sconfiggere qualsiasi nemico gigante.

"Sei coperto di sangue," lo rimproverò Rinoa, e gettò prontamente una magia d'acqua a Zell che andò a finire in tutto il terreno arido circostante. Lui ne uscì sputacchiando furiosamente, i lunghi ciuffi di capelli incollati al naso.

"Tu... strega!" si lamentò, anche se non con rabbia, e saltò sui piedi fradici. "Mi hai fatto il bagno, eh? Saluta una lotta nel fango!" e prontamente ne gettò un po' verso di lei, cosa che la fece ridere e schivare.

"Squall," disse Quistis, mentre Zell coinvolgeva Rinoa in un gioco di acchiapparello.

Si voltò verso di lei, sapendo cosa stava per dire, e così non disse niente mentre lei testava con le dita e risistemava parti della sua frusta.

"Non può restare," disse lei piano, annuendo appena verso Zell. "Oggi stava bene, ma..."

"Quistis, lui rimane," disse fermamente Squall, e scrollò le spalle. "Forse Rinoa gli farà bene."

L'espressione di lei diceva chiaramente cosa pensava di questo. "Rinoa non riesce a decidersi, e questo li distruggerà entrambi," predisse Quistis. "Questo per lui è personale." E personale, nel vocabolario di Quistis, era una cosa terribile.

Onestamente, parte di lui era d'accordo con lei. I giorni buoni stavano diventando di meno e più rari. Rinoa rideva e strillava e tirava gli equivalenti magici di palloncini d'acqua perché Zell lo stava prendendo come un gioco, se non altro. Non sarebbe stato improbabile per lui infuriarsi per questo. Comunque... "Combatte bene quanto o meglio di chiunque altro potremmo portare con noi."

"Perché tu lo copri."

"No." A quello Squall poteva decisamente rispondere. "Se dovessi coprirlo, gli direi di restare indietro. Come ho già fatto in passato."

"Ha bisogno di tempo libero," ripeté Quistis. "Tempo libero forzato... per gestire la cosa."

"No." Di nuovo, Squall era sicuro, e adesso era cupo. "Quistis... ha avuto delle settimane libere. Nel Garden, quando l'abbiamo spostato." Non era stato così tanto tempo prima. L'insonnia era stato il problema minore di Zell. La claustrofobia, lo sbattere delle porte, il buio - metà delle cose al Garden lo aveva fatto trasalire e sobbalzare, fino al limite del crollo, fino a quando Squall lo aveva praticamente portato dalla Kadowaki e le aveva ordinato di fare qualcosa. Aveva imparato molto dopo che lei aveva sedato Zell in un sonno inquieto, e lui era sicuro delle sue scelte. "Ha bisogno di affrontare questa cosa, Quistis. Potrebbe ucciderlo, sì. Se non la affronta, tanto vale che cerchi un nuovo lavoro." Annuì in direzione di Zell e Rinoa. "Vuoi essere tu a dirglielo? Ha avuto la possibilità di scegliere di restare indietro, e ha rifiutato."

"È il tuo lavoro mantenere tutti vivi," sbottò Quistis. "Non il mio. Se la sua - terapia - ci mette in pericolo -"

"Non lo farà." Piatto, sicuro. "Lo conosco - anche se è selvaggio, lo conosco. Voi ne uscirete vivi, anche se dovrò trascinarvi."

Quistis lo studiò ancora un po', valutando, poi piegò la testa a guardare la riparazione della sua frusta. "Hai in mente dei piani."

"Sì." Squall sospirò, si sedette su una roccia, iniziò a controllare se c'erano graffi sul suo gunblade. "Se ci si arriva, lo lascerò morire. O lo ucciderò io stesso. Se non si arriva a questo, mi aspetto che seguiate gli ordini."

"Freddo da parte tua." Dal tono di voce, era difficile dire se quell'osservazione fosse un complimento o un insulto.

"Il mio lavoro."

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Capitolo 6
*** VI. Mani nel buio ***


BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
VI. Mani nel buio

Il silenzio non era silenzio normale, ma il rumore senza suono della Compressione Temporale. Mangiava la conversazione, inghiottiva il sussurro del tessuto e il rumore delle catene, lasciandoli a chiedersi se stavano diventando tutti sordi. Non potevano contare più sul rumore per essere avvertiti del pericolo - e avevano iniziato a usare le carezze - uno sfiorarsi molto leggero di braccia o mani - per ottenere l'attenzione di un compagno. L'unica garanzia, a parte questo, era di gridare, e non avevano bisogno che anche gli orrori del Castello dessero loro la caccia.

Squall scoprì che il suo udito era diventato più fine - rumori che sarebbero normalmente passati inosservati adesso coglievano invariabilmente la sua attenzione. Il minimo schianto di roccia che cadeva su roccia, uno scivolare di sassolini sulla pietra, echeggiava alle orecchie assordate dalla Compressione Temporale di Squall. Voltò la testa dalla luce tenue del corridoio verso l'angolo scuro che avevano scelto per accamparsi. Trattenne un piccolo sospiro quando vide Zell uscire dall'ombra. "Hai bisogno di riposo. Di dormire."

"Non posso." Era impossibile dire da dove venisse la monotonia; dalla depressione, dalla stanchezza, dal silenzio che divorava ogni suono...

Squall aspettò e basta. Compressione Temporale o no, Zell era terribile con il silenzio. Spostò di nuovo l'attenzione al suo posto di guardia, tenendo gli occhi bene aperti su eventuali nemici.

"Mi sto esaurendo," sbottò Zell tutto d'un tratto, agitato. "Questo posto, è..."

"Duro per tutti," interruppe in tono piatto Squall. "Lo sta facendo a tutti noi. Non c'è altra scelta."

"Lo so," rispose Zell, semmai più inquieto di prima. Distolse lo sguardo, l'ammissione forzata e odiata. "Sto solo... sto solo andando fuori di testa, Squall."

Il disgusto non poteva nemmeno essere inghiottito dalla stregoneria di Artemisia, e Squall non aveva in lui quello che serviva per negarlo. Fece cenno a Zell di sedersi su una statua distrutta qualche metro in là; ce n'erano così tante. Che Artemisia avesse una volta avuto un amore per l'arte che era andato perso con la sua sanità mentale, o che l'avesse sempre odiata e avesse lasciato che le sue creature la distruggessero deliberatamente, non lo sapeva né gli interessava più. "Di cosa hai bisogno?"

La domanda era tanto un invito quanto una richiesta di informazioni, e Zell sapeva abbastanza per considerarla in quel modo, ma continuò ad esitare. "Non sarei dovuto venire," disse piano, così che, se Squall non avesse ascoltato, le parole sarebbe state mangiate dal silenzio. "Avrei dovuto... saperlo."

Squall non aveva pazienza per il dramma, o il presentimento, o qualsiasi cosa Zell stesse pensando di fare. "Zell," insistette. "Dimmi."

"Mi sta fottendo... la memoria." Zell aveva la schiena appoggiata fermamente al muro adesso, con i pugni stretti. "Il t-tempo. Quando è adesso, Squall? Quando è adesso? Cosa sta succedendo adesso?"

Merda. Era l'unica parola adatta. Squall spalancò leggermente gli occhi quando vide ciò che Zell stava insieme mirando ed evitando. "Adesso sei qui," insistette. "Adesso è il castello."

Un pugno colpiva regolarmente il muro. "Sei sicuro?" chiese, forzato. "È tutto - è tutto un tempo adesso, no? È quello che dicevano che sarebbe stato... tutti i tempi in un tempo solo, per sempre..."

"Guardati le mani," ordinò Squall. "Guarda. Sono rotte? Sono nude?" Si allungò e afferrò il pugno in movimento, aprendogli le dita come nessun altro osava più fare. "I tuoi occhi te lo dicono. Adesso non è allora. Non può essere."

Zell strattonò via la mano, con le dita che si flettevano inconsciamente, inosservate, e l'altra mano strofinò il punto stretto da Squall. "Lo so... e non lo so. Sto perdendo la testa."

Squall non poteva discutere su quello, ma non poteva nemmeno permetterselo. Il tempo era andato, adesso, troppo tardi per tornare indietro. Come se, se davvero avesse perso la testa, in quel posto, avrebbe fatto scoppiare tutta la squadra. Non avevano avuto un briefing adeguato per quella missione più di quanto lo avevano avuto per l'iniziale tentativo di omicidio di Edea. Non poteva rischiare il fallimento una seconda volta. Questo adesso era troppo insopportabile per lasciarlo continuare. Sapeva esattamente di cosa stava parlando Zell. La memoria, in quel posto, non era attendibile - non perché era troppo assente, ma perché era troppo immediata. Eventi di mesi prima sembravano freschi di sangue alla mente, se solo ci si permetteva di pensarci...

"Concentrati su questo adesso," disse Squall, con la lingua che quasi inciampava. Avrebbe voluto dire concentrati su di me, ma quello non l'avrebbe aiutato. Poteva persino peggiorare le cose. Allungò la mano. "Coricati e tienimi la mano. Cerca di dormire."

Era, se non altro, una soluzione temporanea. Zell non controllava più la sua mente. Trasaliva, si muoveva a scatti obbedendo, coricandosi abbastanza vicino a Squall da toccarsi quasi, e alzò una mano che tremava solo leggermente. Squall la prese, la strinse fermamente ma non tanto da far male. "Concentrati su questo," disse. "Questo è adesso. Non lo era allora. Puoi?"

Le dita si strinsero attorno a quelle di Squall, le rilasciarono. "S-sì..." disse, e tutti e due sapevano che era come minimo una mezza verità, ma non c'era nient'altro.

"Allora dormi."

Il respiro di Zell era perso nel silenzio opprimente e Squall non poteva usarlo per giudicare il suo stato di attenzione, ma Zell chiuse gli occhi e rimase steso immobile. Squall riportò l'attenzione sulle luci distanti nei corridoi, e sapeva che il sonno non era profondo per l'occasionale stretta sulle sue dita.

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Capitolo 7
*** VII. Omega ***


BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
VII. Omega

Una raffica di fuoco ruggì a pochissimi centimetri dalle loro teste.

"Siamo... vivi...?" ansimò Irvine, steso schiena a terra dietro una statua rovesciata.

"Sembra di... sì," rispose Squall, sedendosi con la schiena appoggiata a una delle statue che la coda della creatura non aveva fatto cadere, respirando forte.

"Come siamo... fortunati..."

I sei non dissero altro fino a quando riuscirono a parlare senza sentirsi mancare il fiato o avere bisogno di acqua. Rinoa, cautamente, sollevò la testa al di sopra dello 'scudo' della statua caduta. "Sembra che non l'abbiamo nemmeno graffiata," disse, quasi in un lamento.

La mano di Irvine si strinse intorno al calcio del suo fucile, ma non disse nulla. Aveva reso chiaro a Squall ciò che pensava di Rinoa nelle ultime settimane, e gli era stata ordinato di tenere la bocca chiusa.

"Sono andato fuori di testa," grugnì Zell, che era rannicchiato con la fronte sulle ginocchia alcuni metri più in là. L'ammissione era quanto di più vicino avrebbe offerto come una scusa, ultimamente.

"Siamo vivi," rispose piano Squall, che si traduceva in scuse accettate. Anche se sapeva che stavolta ci erano andati vicini. E la presa di Irvine sul suo fucile si fece più stretta.

"Questo... deve finire," disse a denti stretti. "Non possiamo vincere a questo modo."

Squall gli rivolse l'occhiata glaciale che riservava in particolare a quel tipo di sfoghi. "E cosa, esattamente, ti piacerebbe che facessimo adesso?" chiese freddamente. "L'unica via d'uscita è attraverso quella cosa."

Un ringhio basso e ferale giunse da Zell, e Squall trattenne un sospiro. Sapeva bene di non parlare in termini assoluti in presenza di Zell, ma dannazione... erano tutti così stanchi...

"Concordo," disse brevemente Quistis. "Ma dobbiamo fare di meglio, contro quella. E non c'è modo di sapere quanto Lei sarà più forte di quella."

Quella era una mostruosità di bestia grossa, nera e armata, e si trovava in quel momento tra loro e l'unica uscita possibile. Anche se Squall considerava che, se ben infuriata, la creatura poteva almeno far crollare l'intero dannato castello in testa ad Artemisia. Era qualcosa da considerare come ultima risorsa; il castello sarebbe crollato anche addosso a loro, dopo tutto. Sollevandosi un pochino con fare stanco, Squall dovette concordare con la valutazione di Rinoa. L'avevano a malapena graffiata - e ora era arrabbiata e li cercava.

"Scusate," disse Selphie. "Pensavo solo -"

"Lo so," disse Squall, prima che potesse scendere in dettagli. Selphie era troppo curiosa a volte - e anche se la sua teoria che potesse esserci un passaggio segreto al loro obiettivo era stata interessante, anche possibile, avere quella contro di loro invece indicava tutt'altro. "Sta giocando con noi."

"Adorabile," ringhiò Irvine. "Quindi, oltre ad essere bloccati in un mondo inesistente, adesso abbiamo una puttana omicida che ci tira addosso scherzi dello spazio per ridere."

Giochi. Qualcosa sui giochi. Squall era troppo dannatamente stanco per pensare. Giochi...

Non notò che il ringhio diventava più forte - da Zell. "Quindi... questa cosa è tra noi e Lei?"

"Quella cosa è tra noi e dappertutto," disse Rinoa.

Squall reagì automaticamente - allungò la mano per usare Morfeo prima che Zell potesse alzarsi. "Non farlo," disse come avvertimento a Rinoa. "Dirgli che c'è una sola via d'uscita peggiora le cose."

"Beh, è dannatamente sicuro che non renda nemmeno me felice come una pasqua," sbottò Irvine, mentre Squall trascinava Zell tra una statua caduta e un muro per farlo dormire. "Userai magie anche su di me?"

"Non so," sbottò Squall. "Hai in mente di buttare tutto all'aria e cercare di distruggerla da solo?" Con fare esausto, si sedette, piegandosi così da poter a malapena vedere oltre il rifugio della muratura caduta. "È stata invocata... dobbiamo affrontarla."

"Come?" chiese Quistis. "La magia l'ha a malapena toccata."

"Le armi sì," notò Squall. "Solo non bene. Se ci concentriamo su un piatto... forse possiamo romperlo e arrivare a qualunque cosa c'è sotto." Guardò i suoi compagni di squadra. "Dopo che avremo dormito. Rinoa... primo turno di guardia. Irvine, secondo. Quistis terzo, poi Selphie, e se Zell sarà sveglio farà il quinto, altrimenti lo farò io. Andate dove ho messo Zell - è il posto più sicuro che potremo trovare qui." Fece una pausa. "Rinoa... puoi riempire le nostre magie?"

Lei sbatté le palpebre. "Uhm... forse? Non lo so. Non ho -"

"Prova," disse Squall. "Ci serviranno le junction, se non altro." Guardò visi determinati e induriti. "Puoi cominciare da me."

Gli altri, con svariati borbotti e lamentele, fecero come era stato loro ordinato e scivolarono uno alla volta nello spazio tra una statua caduta e un muro. Rinoa sembrò triste, mentre li guardava. "Mi dispiace," disse, allungandosi a toccare il viso di Squall. "Non volevo -"

"Non vuoi mai," la interruppe brevemente Squall. "Ma lo fai comunque. Non possiamo permetterci che lui vada fuori di testa contro qualcosa di così grosso, Rinoa. Preferirei affrontarla con sei persone piuttosto che con cinque, se posso."

"Assimila," disse Rinoa. "Non sono sicura di come invocare... ma se assimili, imparerò dalla sensazione."

Cadde il silenzio mentre Squall estraeva magia da Rinoa - non gli interessava cosa, aveva poco di qualsiasi magia dopo giorni a vagare in quell'enorme, ed enormemente intrappolato, castello. Se i 'giorni' avevano un qualche significato sotto il cielo rosso. Rinoa annuì dopo alcuni minuti, e poi la magia fluì in un'onda da lei a lui. Magie di ogni tipo, luminose e forti, a riempire i posti vuoti, e nella sua mente sentì la risata tonante di Quetzal.

"Gli voglio bene davvero, sai," disse lei piano. "Non lo... provocherei di proposito..."

Squall era da tempo diventato familiare con la nuvola che teneva tra sé e le cose che importavano. Zell si era ritratto dal tocco di qualsiasi uomo, per quanto casuale, tranne il suo. E Rinoa lo confondeva - morbida un giorno, fredda quello dopo. Squall avrebbe incoraggiato la relazione se fosse stata stabile - qualsiasi cosa, qualsiasi cosa pur di dare a Zell qualcosa di solido a cui aggrapparsi - ma Rinoa non lo era. "Non è il momento per i consigli amorosi," disse brevemente, e lei si irrigidì.

"Non intendevo -" Sospirò. "Vorrei solo un amico. Chiedo troppo?"

Squall annuì in direzione del mostro. "Sono sicuro che a quella piacerebbe molto conoscerti meglio," disse. "Rinoa, questa è una missione. Al momento, è una missione di vita o di morte. O la superiamo o moriamo. Non c'è tempo per queste stronzate."

La mascella di Rinoa si indurì. "Direi che non c'è un momento migliore," ribatté lei. "Domani potresti essere morto. Potresti provare a vivere, stanotte."

"Preferirei dormire stanotte e vivere tutto domani," ringhiò Squall. "Questo posto potrebbe uccidermi. Di sicuro ci sta dannatamente provando. Ma se lo fa, dovrà buttarmi addosso tutto quello che ha, perché non mi farò sconfiggere per niente di meno. E non gli permetterò nemmeno di prendersi qualcuno di voi finché posso fare qualcosa per evitarlo." Si grattò il viso. Dannazione, così stanco. "Svegliali, uno alla volta, riempi le loro magie."

"Come farò a sapere quando tocca ad Irvine?" chiese.

"Quando non riesci a vedere bene," disse Squall. "Non c'è tempo, qui. Niente da misurare. Ma immagino che tu possa stare sveglia per forse due ore ancora."

"Non si può misurare, ma lo misuri comunque," notò Rinoa.

"I paradossi dopo, Rinoa," sospirò Squall, e si trascinò nello spazio stretto. Gli altri erano già mezzi addormentati. Era preoccupante - la morte era solo a qualche dozzina di metri, ma nessuno era del tutto sveglio. Il castello li stava inaridendo. Si coricò e chiuse gli occhi, aspettando che i suoi pensieri smettessero di affrettarsi e lo lasciassero riposare.

Stava peggiorando tutto. Le tensioni che il gruppo aveva sin dalla prigione iniziavano ad arrivare al culmine - ovviamente, nel peggior momento possibile. Una volta che si erano impegnati, nessuno di loro poteva andarsene se non con la morte di Artemisia. Zell, vicino al suo personale obiettivo di avere una certa vendetta, diventava più incline ad attacchi selvaggi da solo - perdendo la pazienza nelle lunghe cacce. Irvine sembrava almeno aver deciso con quale delle ragazze voleva uscire, cosa che andava bene almeno per Selphie, ma Rinoa non aveva ancora capito che nessuno dei ragazzi era disponibile. Chiamava Squall il suo cavaliere e lui non aveva detto di no, ma lei non sembrava capire che l'affetto non aveva alcuna parte nella decisione - avere una seconda strega pazza di cui occuparsi sì. Quistis, sapeva, avrebbe Parlato con lui su quest'ultimo incidente di Zell non appena avrebbe potuto, e nemmeno quella era una cosa che apprezzava.

Si chiese, nel modo di vagare della mente degli esausti, dove fosse andato l'amore. Aveva amato Zell... era molto sicuro di questo. Ma ultimamente... anche se voleva che Zell fosse vivo, preferibilmente sano, era quasi al punto in cui sobbalzava al suono del nome di Zell, perché si arrivava sempre alle stesse cose incontrollabili. In un modo offuscato, si rendeva conto che Zell probabilmente voleva morire. Solo, secondo i suoi termini, il che a quanto pareva includeva il combattere. Cosa che non era sorprendente. L'unica sorpresa era che Squall stava iniziando a trovare difficile che gli importasse, in particolare. C'era un limite di tempo in cui poteva guardare il masso sull'orlo del precipizio, prima che una parte di lui volesse dire soltanto, "cadi, e basta, e facciamola finita." Se Zell avesse continuato così sarebbe morto. Era solo una questione di quando, e di quanti cadevano insieme a lui.

No. Non posso permetterglielo. Non qui, non adesso. Quando sarà morta... se non c'è niente... Ma "quando lei sarà morta" era una cosa così difficile da immaginare. I suoi guardiani erano ovunque, enormemente potenti, e Lei non si riusciva a trovarla da nessuna parte. Parte di Squall sperava che, a vendetta ottenuta, Zell potesse cercare di fare i conti con le cose. Il soldato in lui gli diceva che non era probabile.

E da nessuna parte c'era una soluzione. Domani... ah. 'Domani' non aveva significato. Quando si fossero riposati, avrebbe liberato tutti contro quella bestia e avrebbero cercato di superarla.

Quella era l'unica via di uscita - superarla.

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Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly

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