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di Cladzky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Disperso alla deriva ***
Capitolo 2: *** Impatto e Incontro ***
Capitolo 3: *** Gli incontri continuano ***
Capitolo 4: *** Jelians ***



Capitolo 1
*** Disperso alla deriva ***


#Piccola premessa#
Ho deciso di adornare il tutto con delle illustrazioni, ma mi scuso per la renderizzazione del computer, rendendo i disegni peggio di come già lo sono. Ringrazio e buona lettura.

Uno sguardo verso il vuoto. Tante piccole lucine bianche oltre il vetro del ponte. Un asteroide, che a prima vista sembrava vicinissimo e grande poco più di qualche metro, era in realtà distante diverse decine di chilometri, e dal diametro di almeno due o tre, intento a rotolare nell'infinito nulla. Era strano come lo spazio dava grandi illusioni ottiche.
                               
Certo, era uno spettacolo che lasciava senza fiato vedere, sebbene in lontananza Galassie, pianeti, satelliti, nubi spaziali, stelle, detriti rocciosi, comete e altri fenomeni cosmici, che agli occhi di qualunque persona, sarebbe parso il maggior traguardo della propria vita, ma ora, tutto quel vuoto, pieno al tempo spesso di oggetti distanti anni luce, irraggiungibili dalla nave, era uno spettacolo a dir poco terrificante.
Sapere di non poter essere raggiunti da nessuno, e che nessuno avrebbe minimamente cercato di salvarli, o meglio salvarlo, era quello a cui la sua mente era più vicino, ma cercava disperatamente di allontanarsi, trovando riparo nel sicuro e ottimistico rifugio della follia.
Ritornò a fissare il cadavere del Numero 14. Era stato quello più difficile da prendere. Non era uno che si dava per vinto, era deciso a lottare fino alla fine. Ma Numero 15, con la disposizione di un coltello a serramanico, ebbe infine ragione su di lui.
Il sangue, la carne che si lacerava, gli occhi sgranati della vittima. Si ricordava di tutti e quattordici i compagni, morti per mano sua. Si vergognava, si pentiva delle sue azioni. Se almeno avrebbe dovuto morire, avrebbe preferito farlo in compagnia e in fretta. Invece si ritrovava da solo. In tutta la Plutone neanche un essere vivente, se non lui e diversi chili di carne. Carne umana.
Solo, abbandonato e con un peso sulle spalle.
Con tutta quella scorta di alimentari, "raccolta" dopo l'esaurimento dei viveri, sarebbe sopravvisuto fino all'anno prossimo. Per cosa? Morire solo, senza nessuno?
Guardò il braccio del compagno che aveva in mano. Muscoli, ossa e vene e arterie, fuoriscivano dai moncherini, creando una grottesca gocciolata di pesante liquido rosso, sul pavimento metallico del ponte della nave, che ripercorrendo un irregolare scia di sangue, raggiungeva il gomito mozzo del Numero 14.
Carne da macello erano considerati lui e i suoi compagni. E carne da macello sono diventati.
                                                                            
Esperimenti genetici, uomini creati in laboratorio, senza nessun particolare, uguali a qualsiasi umano in circolazione, ma identici l'uno all'altro. Stessi capelli biondi, folti nella parte destra del capo e rasati a sinistra, stessi occhi verde acqua, stessa etnia caucasica, anche stessa lunghezza del pene.
Creati per testare prototipi, siano farmaci, macchine o bevande. Esplorare meandri del cosmo, raccogliendo informazioni sulla sua composizione, in viaggi, di dubbio ritorno. Spesso la maggior parte non sopravviveva a test e viaggi.
Erano l'anello più piccolo e inutile della catena alimentare del grande habitat, chiamato marketing.
Voleva solo farla finita. Ma non ne aveva il coraggio. Come tutti quelli della sua specie, per qualche ragione, per quanto destinati a morte certa, erano incredibilmente attaccati alla vita.
Poi qualcosa in lontananza. La sua via d'uscita da quell'inferno. 
Un piccolo, apparentemente innocuo e monocromatico buco nero.
Doveva farlo. Disattivare il pilota automatico, lo stesso che per un errore di calcolo li aveva mandati fuori rotta, e dirigersi con i comandi manuali verso il vortice. L'idea era semplice, perfettamente realizzabile. Ma esitava. Non voleva morire.
Ma senza volerlo, le sue gambe si dirgevano da sole verso la sala pilotaggio.

Era lì. A meno di pochi chilometri dal buco nero. Oramai l'attrazione orbitale, spingeva la Plutone verso il proprio centro.
No, esitava e spingeva i motori al minimo, lasciandosi il tempo di pensare. Il suo sgardo allucinato, verso il nero cerchio, circonadato da detriti spaziali, che a poco per volta, scomparivano dentro di esso.
Poi, preso dall'istinto cieco, con la mente oscurata dalla furia, dal pentimento, dall'odio verso sè stesso, strinse fra le falangi la leva dell'accelerazione e con un rapido scatto, la portò a folle.
La nave, alla velocità media di 460 Km/h, o almeno così segnato dalla lancetta di uno strumento di bordo, veniva proiettata verso il buco nero.
In preda ad un'insana euforia, sollevandosi dal sedile, Numero 15 urlava all'impazzata, frasi di gioia, quasi macabre.
-Vengo a raggiungervi amici! Non vi scopate gli angeli senza di me!
Il velivolo entrò a contatto con il buco nero. Per un attimo, le tre dimensioni, profondità, lunghezza e larghezza, sembravano alterarsi. L'astronave si allungò innaturalmete con il muso di prua e si catapultatò verso uno strano luogo bianco puro, oltre il buco nero, a velocità impossibile.
 
 

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Capitolo 2
*** Impatto e Incontro ***


Per un attimo Numero 15 ebbe l'impressione che il suo corpo e tutto ciò che gli fosse attorno, si allungasse verso la vetrata della camera di pilotaggio, che lasciava vedere chiaramente un bianco puro e perfetto. Bianco all'orizzonte, senza ombre, ma senza neanche luce. Solo bianco, bianco accecante per chilometri e chilometri.
Poi, dopo attimi, parsi secoli, di puro terrore di fronte alla realtà, che si dilatava, infrangendo ogni proporzione logica, la nave, d'improvviso, come lampo in tempesta, tornò normale, insieme all'unico membro dell'equipaggio, tornando alle sue ordinarie dimensioni.
Il bianco era sparito. Davanti a lui, alla nave si era ripresentato invece l'Universo, così come lo conosciamo, buio e pieno di stelle distanti anni luce. Ma Numero 15 non era più nel quadrante Cosmico in cui poco prima di tentare il suicidio nel Buco Nero, viaggiava.
Un pianeta, vicino, come mai vedeva da circa due anni e tre mesi. Un' atmosfera quasi invisibile avvolgeva quel pianeta così simile... alla Terra. Aveva la stessa colorazione, anche se molto più verde, una morfologia simile, ma sopratutto oceani. Oceani liquidi. L'acqua era presente in quel pianeta, come pochi altri nell'intero Universo, certo, non vasti come quelli del suo pianeta d'origine, ma ugualmente ampi.
Per un attimo Numero 15, in silenzio, osservava cotale spettacolo, per poi accorgersi, al suono di un allarme di prossimità, che la Plutone era entrata già da qualche minuto nell'esosfera del corpo celeste. Come fece il buco nero, anche il pianeta cominciava ad attrarre l'astronave d'esplorazione a causa della gravitazione universale.
Spostarsi ed uscire dall'orbita era ancora possibile. Ma qualcosa tratteneva l'uomo dal riprendere i comandi e allontanarsi. Quel pianeta, così bello e lussureggiante, che probabilmente ospitava vita lo affascinava. Gli ricordava casa.
A essere sinceri non aveva esattamente un obbiettivo una volta tornato a Terra. Insomma, con ogni certezza lo avrebbero rispedito in un'altra missione interplanetaria o più probabilmente soppresso. Lui e gli altri centinaia di Numeri erano considerati al pari di cavie, lo avrebbero potuto fare benissimo.
Ma al momento non ci stava pensando. Tutto, anche essere ucciso era meglio di restare in una claustrophobica nave stellare piena di cadaveri. Spinse i motori ad una media velocità, puntando la Plutone verso la superficie del pianeta.
Dopo diversi minuti di viaggio, Numero 15, raggiunse la mesosfera. Il velivolo, dopo diversi mesi passati nello spazio, subì di nuovo la pressione dell'aria, vibrando come colpito da una turbolenza. Portando la nave in assetto parallelo al terreno, Numero 15 tirò indietro la leva d'accellerazione, e attivò, a quota 20.000 piedi gli alettoni, creando maggiore attrito con l'aria, decellerando la velocità di discesa. A 8.000 invece aprì i paracadute, facendoli fuoriscire da appositi scomparti posti nei poli delle ali.
Lo spettacolo a 2400 metri circa, era spettacolare, sopratutto per un uomo che non rivedeva la superficie di un pianeta da anni.Una foresta di conifere, con le foglie rossastre, risplendeva sotto di lui, illuminata da un sole, identico a quello della Terra, ma stranamente più luminoso, per quanto potesse ricordarsi della stella del suo sistema solare. Dove il bosco finiva, una radura d'erba, vivacemente colorata di un giallo dorato, trovava il suo inizio. 
Numero 15 controllò la quota. 6.000 piedi.
Doveva aspettare ancora un po'. Quota 5.000
Quota 4.000
Quota 3.280,84.
Tirò una levetta situata fra i comandi principali della console davanti al suo sedile. Dalla chiglia della Plutone fuoriuscirono due aste metalliche articolate, comandate elettricamente, dallo spessore non indifferente, alla cui fine erano situate delle specie di scatolette a forma di parallelepipedo. Esse erano in grado, grazie ad un sistema di magneti molto complesso, di aumentare l'attrazione della nave verso il terreno, evitando, una volta a contatto con esso, di capovolgersi all'impatto.
Altezza circa 500 metri.
450.
300.
200.
150.
100.
50.

IMPATTO.






Divifir era davanti alla grande carcassa metallica. Su una sua fiancata era pitturato a caratteri cubitali e neri una scritta a lei indecifrabile. Quella che pareva all'essere nativo una specie di ala d'acciaio, era spezzata a diversi metri di distanza dall'animale o cosa a cui apparteneva.
La sua cresta si rizzò quando tese le vibrazioni di passi. Solo gli "imperfetti" si spostavano su zampe e non sapendo a chi potessero appartenere, abbassando il capo e strizzando gli occhi della sua componente interna, scrutò attentamente verso il luogo di provenienza del suono. Dall'interno della carcassa.

Numero 15, zoppicando, si mosse verso il portellone d'uscita. Aveva tagli in tutto il corpo. La cintura di sicurezza non aveva retto, strappandosi e lasciandolo sballottare per tutta la sala comandi. Arrivato al portone blindato, afferrò saldamente la valvola e, girandola con grande sforzo, aprirla. Ovviamente avrebbe dovuto sapere che c'era la possibilità che l'atmosfera non poteva essere respirabile per lui, ma quel pianeta era così simile, se non uguale alla Terra e si fidava per certo che l'aria sarebbe stata respirabile. Aperto totalmente il portellone, Numero 15 si sporse e respirò a pieni polmoni. Non si sbagliava. L'aria era praticamente uguale a quella della Terra. Forse era giunto davvero sulla Terra.
Davanti a lui erba dorata e cielo azzurro. Strani fenomeni geologici in lontananza avevano creato sferici macigni bianchi, nel bel mezzo della pianura gialla. Poi abbassò lo sguardo. 

(Piccola nota: In questo reciproco scambio di sguardi che leggerete fra poco, per evitare confusione, I pensieri di Numero 15 sono segnalati da "#", mentre quelli del nuovo personaggio, Divifir, da "*" ).

#Una misteriosa creatura davanti a lui. Non umana. Nè animale.

*Una misteriosa creatura davanti a lui. Non Jeliana. Nè animale.

#Era alquanto bassa, circa quaranta centimetri, dalla forma a birillo e dalla colorazione azzurra.

*Era alquanto alta, circa otto Jels, con una forma identica a quella descritta da tutti i rievocatori che parlavano della razza passata.

#Non aveva braccia e gambe. La struttura corporea era simile a gelatina, come composta d'acqua all'esterno. Ma l'interno, visibile dalla trasparenza del primo strato, conteneva, sospesa dentro di esso, una massa più densa e scura, provvista di un paio di occhi vispi e dorati nella parte del corpo che presumeva fosse testa.

*Si muoveva bipede. Ai lati della parte superiore del busto, fuoriscivano due protuberanze, probabilmete arti, al cui termine, da un rigonfiamento, facevano capolino cinque artigli, ma con delle unghie per qualche motivo, non affilate. Era strano descriverlo. Aveva troppi dettagli addosso. Forse la parte che più gli incuteva timore erano gli occhi. Così espressivi, pieni di sentimenti.

Dopo questo scambio di sguardi così intensi, così curiosi e forse sbalorditi, Numero 15, avvertendo un forte bruciore nel palmo della mano sinistra. Se la portò davanti al suo sguardo. un taglio, solcato da liquido rosso scuro.
-Oh mio Dio...
Si controllò anche il resto del corpo. Era pieno di tagli e lividi. Si inginocchiò per il bruciore. Non si sentiva molto bene. Strizzò gli occhi al cielo. Crollò a terra con un gemito, rovesciandosi su quell'erba gialla, stringendosi il polpaccio pieno di ferite. Cominciava a non sentirsi più il corpo. Stava perdendo troppo sangue. Perse conoscenza.
La piccola Jeliana, intanto, indietreggiò. Non sapeva che fare. Probabilmente aveva trovato un superstite alla razza passata e anche i giovani della sua razza nativa sapevano che erano una specie malvagia, o così dicevano i dogmi divulgati da Hyd'Envil.
Ma in fondo non ne aveva la certezza e poi sembrava così innocuo e sofferente, come se stesse aspettando qualcuno pronto ad aiutarlo. Si avvicinò quindi a Numero 15.
-Speriamo non sia morto. E' così grazioso.
Improvviso, dal suo stesso corpo liquido, si alzò parte della sua massa, prendendo forma di una seconda testa, più squadrata e dallo sguardo rabbioso.
-Che diavolo fai, scema?- Sbottò la seconda testa, con una colorazione tendente al viola.
-Voglio... Voglio aiutarlo- Rispose timorosa l'altra dalle forme più morbide e rotonde.
-Certo, va ad aiutare la razza passata che poi ti ritrovi con gli assassini per casa.
-Come?
-Ma non lo vedi? Con quelle sue... Insomma, guarda la sua faccia!
La testa azzurra voltò lo sguardo verso la testa di Numero15. Effettivamente a bocca aperta, sanguinante e con un occhio aperto e l'altro no,  non era un bello spettacolo.
-Ammetto che non ha l'aspetto sveglio, ma questo non ti da ragione.
-Sappiamo tutti che la razza passata si capiva che era cattiva già dallo sguardo! E poi, guarda quei tagli. Se si ferisce così facilmente morirà anche solo a masticare.
-Come sei testarda. Proviamo a dargli fiducia, lo medichiamo, lo portiamo a casa e dopo gli chiediamo chi è e da dove viene.
-Accidenti, sei più stupida di quanto sembri. Oltre a portarlo a casa lo guarisci pure! Così quando ti strizzerà fra le dita sarà in piena forma!
-Per una volta stai zitta e fai decidere a me.
-Amica, io lo faccio da anni.
-Bene, allora vedi di continuare così per altrattanto tempo.
Detto questo, la testa viola si ritirò dentro il corpo.

 

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Capitolo 3
*** Gli incontri continuano ***


Era sveglio, ma aveva ancora le palpebre chiuse, troppo pesanti per aprirle. Sentiva dietro quel sottile strato di pelle che proteggeva i suoi occhi, una luce intensa, che lo costrinse a girare la testa di lato.
Si sentiva disteso sopra una superficie dura, probabilmente di pietra e calda per l'esposizione al sole. Evidentemente era rimasto a terra dove era svenuto, ma il sangue non gli scorreva più dalle ferite: non percepiva più il suo scorrere caldo e acquoso lungo le braccia e le gambe. In compenso gli erano state applicate delle bende, che ruvide gli toccavano la pelle, arrotolate intorno a sbucciature e tagli.
Era così rilassato al caldo su quella superficie, che rimaneva immobile tanto da sentire il battito cardiaco dell'orecchio. Ogni tanto una brezza fredda gli accarezzava il corpo, facendogli venire per qualche secondo un brivido per la spina dorsale e la pelle d'oca.
Forse si sarebbe dovuto chiedere chi lo aveva medicato e che creatura aveva incontrato fuori dalla Plutone, ma il suo cervello era praticamente disconnesso e controllava a malapena gli organi vitali e il tessuto tegumentario, per godersi quel bellissimo sole e la sua bellissima luce, tenendo le palpebre costantemente abbassate come saracinesche.
Delle voci lo ridestarono dal suo sonno apparente, portandolo ad aprire gli occhi, subito disturbati da quella luce, prima così piacevole. La vista era sfocata, non che ci fosse molto da vedere in verità, solo una parete in grigio chiaro, con un buco circolare sul soffitto, da cui quella splendida luce, di quello splendido sole, con un tragitto diagonale, centrava quel bersaglio a cerchio e raggiungeva il corpo di Numero 15.
-Io non ne sono sicura - Comiciò una voce bassa, ma decisa e severa -Secondo il dogma ventiquattro, ogni manufatto della razza passata deve essere distrutto, pena l'estrazione della metà dei propri codici. Sinceramente non oso immaginare se nell'eventualità che questo imperfetto, sia egli stesso un esemplare di quella razza, cosa ci possa capitare.
-Se non vuoi scoprirlo, sarà meglio che terrai la bocca chiusa- La zittì una voce scocciata, con un timbro più maturo.
-Booworm, Divifir ha ragione - Prese parola una voce angelica -Con tutte le probabilità questo imperfetto non può appartenere alla razza passata. Sono passati millenni dalla loro estinzione. Comunque sarà meglio tenerlo nascosto per un po', a scanso di equivoci.
-Non vi avevo mai viste così irrispettose dei vostri cari dogmi- Esclamò ridacchiando una voce maschile, con un timbro decisamente da adulto.
Voltando lo sguardo e appoggiando la sua guancia su quella superficie dura e calda, con la sua vista ancora sfocata, Numero 15 scorse delle strane figure indefinite, danzargli davanti agli occhi. Scrutò, muovendo la pupilla incastonata nell'iride verde acqua,alla ricerca della minima traccia di un uomo, ma la voce proveniva indubbiamente da quelle macchie colorate.
Dopo qualche secondo, la sua vista tornò nitida.  Potè all'ora analizzare meglio quei bizzarri animali. Da sinistra a destra, il primo era lo stesso che aveva visto fuori dalla nave; poi uno simile, ma straordinariamente diverso, da non sembrare della stessa specie. Somigliava ad una specie di larva dalla colorazione verde foglia, la statura era lievemente più bassa rispetto al precedente essere preso in considerazione. La trasparenza del primo strato, inoltre, non era quasi completa, come quella del suo compagno azzurro, tanto che il suo nucleo interno, era quasi invisibile. Gli occhi neri, rotondi e lisci, che si sarebbero potuti paragonare ad un chicco di caffè, erano non nel nucleo, ma nel primo strato, causa forse, delle capacità opache di quest'ultimo. Delle protuberanze, simili a piccoli tentacoli, passavano in due strisce verticali, dalla testa, a quello che era presumibilmente l'addome.
Alla destra, stava un altro esemplare di quegli strani animali. Aveva una forma più allungata degli altri due e una colorazione biancastra. Questa che già somigliava di più al primo essere, dai movimenti che Numero 15 potè osservare, sembrava quasi un serpente con la testa e due terzi del suo corpo alzati. Ai lati del capo, aveva ciondolanti due squamature, somiglianti a pinne, che quasi gli facevano da orecchini. In cima alla testa, portava tre lunghe e sottili diramazioni, che quasi da capelli, gli ricadevano per il peso, intorno al cranio (se così si può chiamare, essendo quegli esseri privi di scheletro), dalle cui estremità, partivano particelle che formavano quelli che a vista parevano neri fuochi fatui.
Dietro tutti loro, ve ne era un quarto, appoggiato alla soglia di quella povera abitazione. La forma ricordava vagamente l'ultimo dei tre esseri, ma attraversata da diverse scalanature, che la colorazione rossa sangue, contribuivano a farlo somigliare ad un intestino crasso. La coda al termine del suo percorso, sembrava sgretolarsi, in pezzi che per qualche legge fisica, ancora sconosciuta a Numero 15, seguivano comunque i movimenti del suo corpo, come se ancora attaccati ad esso. Il suo nucleo era esattamente come gli altri, ma nella parte della testa sembrava prendere forma di un teschio. Era l'essere più lungo fra i quattro, e in posizione eretta avrebbe raggiunto facilmente i novanta centimetri.
Quest'ultimo, mosso il suo sguardo verso Numero 15, s'apprestò ad avvertire con la stessa voce ironica, gli latri esseri.
-Penso che l'incubo di Booworm, si sia svegliato.
-Ehi, cosa vorresti... Aspetta, che?!- Esclamò in un misto di nervosismo e stupore la "larva".
Tutte e tre, prima indaffarate a discutere, si girarono verso Numero 15, quasi prendendo un colpo. Perché scoprire all'improvviso che un animale a te estraneo, ti stava osservando da diversi minuti alle tue spalle, non è certo una sensazione piacevole.
Timorose, quelle creature si guardavano, come per decidere chi dovesse parlare per primo. Dopo alcuni, lunghi secondi, cominciò l'essere azzurro.
-Ehm... Ciao. Chi sei tu?
Parlava come se si stesse rivolgendo ad un ritardato, mettendo lunghe pause fra le parole e sottolineando il loro significato con cenni del capo. Numero 15, che si era messo a sedere sul giaciglio di pietra levigata, la guardava perplesso e stupito. Come era possibile che quegli esseri parlassero la sua lingua, anzi parlassero e basta? Non era in un sogno, ne era sicuro. 
Vedendo che non rispondeva e assumeva una faccia dubbiosa, l'essere bianco, con la sua voce soave, gli si rivolse, ripetendo la domanda. 
-Chi sei?
Numero 15 fu come ridestato e cercando di raggruppare frettolosamente delle idee per rispondere, se ne uscì con:
-Numero 15, sottotenente della Plutone, nave di ricerca della flotta appartenente Repubblica delle Nazioni.
La risposta secca, decisa, veloce e grammaticalmente corretta del sottotenente, lasciò spiazzati gli esseri alieni, eccetto quello rossastro, che si limitò ad assumere un espressione confusa.
-Da quando in qua gli imperfetti parlano così bene? - Chiese l'essere verde a quello azzurro.
Questò si limitò a rispondere alzando le spalle, ovvero, spostando parte della massa del primo strato a formare due protuberanze ai lati del collo.
-Bene ehm... Quindici - Disse la "larva" -A quanto pare tu sei il nuovo animale domestico di Divifir.

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Capitolo 4
*** Jelians ***


Numero 15 era sbalordito dall'affermazione dell'essere o più semplicemente irritato. Come poteva considerarlo un animale domestico? Era passato da un pianeta in cui era considerato una cavia ad uno in cui era considerato una bestia da compagnia. Appoggiò i gomiti ai ginocchi e affondò la faccia sudata nelle mani, sbuffò e sollevando il volto, guardò le strane creature davanti a lui. Doveva procedere per gradi.
Prima avrebbe dovuto scoprire chi o cosa erano. Poi scoprire qualcosa in più sui loro usi e costumi, visto che a quanto pareva erano una forma di vita intelligente.
-Chi siete?
Fu la prima domanda che gli venne in mente. Prima gli esseri si guardarono visibilmente confusi. Poi, inclinando il capo, l'essere bianco chiese dolcemente, forse un po' nervosa:
-Ti riferisci ai nostri nomi? 
Numero 15 si morse il labbro. Sembrava strano, ma non voleva mancargli di rispetto. Non incontrava creatura viva da mesi e certamente non voleva che il suo primo contatto, anche se con una razza aliena, fosse ostile.
-No, intendo - Ci pensò sù -La vostra razza... Qual è la vostra razza.
L'essere verde a forma di larva si fece avanti strisciando con il ventre e rialzandosi a pochi centimetri da lui.
-Ma come? - Cominciò a sbottare, mentre gli altri esseri dietro di lei abbassarono la testa sconsolati, come a essere imbarazzati dal suo intervento perfetti dominano ogni territorio di Jelians da milioni di anni e c'è ancora qualcuno che non conosce la loro esistenza?  Lo dice anche il dogma secondo: "Ogni essere che viva deve essere a conoscenza dell'esistenza dei perfetti. " E' imperativo che tu ci conosca! COME FAI A ESISTERE SE NON... Ehi!
L'essere azzurro si mise davanti alla creatura verde, spingendola indietro con la schiena.
-Quello che stava cercando di dirti- provò a spiegare questo -E' che è abbastanza insolito che qualcuno non conosca la nostra specie - Disse strizzando gli occhi dorati, in un espressione di visibile imbarazzo, mentre l'altro essere dietro di esso spingeva e imprecava -Invece tu di che razza sei?
-Umana -Rispose Numero 15.
-Non mi pare di averla mai sentita - Esclamò la creatura azzurra, con un sospiro di sollievo, poichè la "larva" aveva desistito ai suoi tentativi di sorpassarla, borbottando fra sè e sè, mentre si allontanava.
-Prima dicevate di avere un nome - Riprese Numero 15, indicando con il dito, con movimenti veloci i quattro esseri - Potete dirmeli?
-Certo - Rispose l'essere bianco -Io sono Beatalm, Loro invece sono Booworm - Disse accostandosi all'essere verde -Divifir- Essere azzurro -E infine Rebesku - Appoggiandosi con la testa alla spalla dell'essere rossastro, facendolo sospirare.
-Ti prego non adesso- Sbuffò quest'ultimo.
Ora Numero 15 aveva nome e specie degli esseri che aveva davanti. Certo, era un po' narcisista chiamarsi perfetti ma chi era lui per giudicare? Come nome aveva un numero. Ripensò al termine Jelians nominato poco prima dalla creatura verde. Forse era il nome del pianeta, ma doveva averne la certezza e per quanto avrebbe fatto la figura dell'idiota, necessitava di risposte.
-Come si chiama... questo... questo pianeta?
L'essere chiamato Divifir diede una veloce occhiata confusa agli altri, forse l'ennesima, da quando Numero 15 aveva cominciato a fare queste domande, a loro tanto strane. Poi con sguardo indagatore lo fissò negli occhi.
-Ma tu da dove vieni? - Chiese, semplicemente curiosa.
-Non hai risposto alla mia domanda - ribattè l'umano.
Divifir sembrava scrutarlo con occhi indagatori, poi non molto convinta, rispose.
-Jelians.
-Terra - Rispose a sua volta Numero 15 con una punta di simpatia sulla bocca.
-Quindi - prese parola Booworm -Tu vieni da un altro pianeta?
-Esatto - disse l'uomo, accavallando le gambe -Come voi per me.
Per qualche secondo, i nativi del pianeta rimasero scettici e confusi alle sue parole. Fino ad allora solo una specie extraterrestre era giunta su Jelians e quell'essere non poteva essere uno di loro, era profondamente diverso. Ma se quindi esiteva un'altra razza intelligente nell'universo oltre a loro, perché non poteva essercene una terza?
 Forse vi era un collegamento fra quelle razze aliene, o almeno questo era il pensiero di Beatalm.
-Conosci per caso i rivelatori?
Numero 15 inarcò un sopraciglio. Cosa intendeva?
-Puoi essere più precisa?
-I rivelatori. Gli esseri dalla costellazione del Toro. Coloro che hanno posto fine alla razza passata e donato ai perfetti la loro tecnologia avanzata.
Beatalm parlava come di una cosa ovvia. Numero 15 sapeva ora di chi stava parlando e da quanto sapeva sugli esseri della costellazione del Toro, erano già entrati in contatto con gli umani, per tre volte, nell'arco di pochi anni. E fu una vera guerra tra mondi.
La prima invasione accadde nel 1897 dopo Cristo, in epoca Vittoriana, quando l'umanità aveva appena cominciato ad addentrarsi nell'era moderna. Ancora non erano state sviluppate armi sufficientemente potenti per contrastarli e per gli alieni sarebbe stato un gioco da ragazzi, sconfiggerli e soggiogarli. Ma sebbene nessun arma umana aveva effetto sulle loro macchine da battaglia, furono comunque decimati in pochi giorni dalle malattie terrestri, che annientarono le loro truppe d'assalto.
Lo stesso si ripetè un'altra volta nel 1953 e una terza nel 2005, venendo ogni volta sbaragliati dai germi dell'atmosfera terrestre.
-Scusate - Disse Numero 15 -Posso uscire un attimo?
Gli esseri alieni si spostarono e lo lasciarono passare all'esterno della piccola costruzione sferica. Appena varcata la soglia, una folata di vento lo investì, facendogli accaponare la pelle. Diverse parti della sua tuta attilata erano strappate, con brandelli di tessuto penzolanti.
Dopo essersi osservato le braccia, sollevò lo sguardo e si guardò intorno. L'abitazione sorgeva in mezzo al nulla di una pianura d'erba giallastra. in lontananza poteva osservare una foresta di conifere adornate con foglie rossatre, che variavano dall'ocra all'arancio. Scorgeva inoltre piccole colline rocciose verso Ovest, oltre il quale si stagliava un mare (forse un oceano) che brillava della luce di un sole accecante, splendente e sospeso in un cielo senza quasi nessuna nuvola.
Affianco alla costruzione sferica, si ergeva uno strano albero, che a prima vista sembrava secco, con appesi ai rami solo strani baccelli verdi. E così sarebbero parsi a Numero 15, se non fosse che un microscopico insetto che ronzava lì intorno, non si avvicinasse lentamente all'alberello. Uno dei baccelli si schiuse e l'animale, come attratto, entrò dentro al baccello, che si richiuse instantaneamente.
Una albero di piante carnivore.
A quanto pareva questo era Jelians.
 


#Angolo dell’autore#
Ringrazio particolarmente The Half Dragon. Sono contento che abbia provato a leggere questa storia, supportandomi coi suoi commenti. Spero che anche altre persone commenteranno la storia in futuro, Nel caso vi stiate chiedendo che schifo è quella roba verde sul tronco dell’albero nel disegno, ho provato a disegnare del muschio, ma non mi è riuscito tanto bene.

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