Cosa significa essere padre.

di Greywolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scoperta... ***
Capitolo 2: *** Bisogno di sostegno... ***
Capitolo 3: *** Verità... ***
Capitolo 4: *** Solidarietà tra amici. ***
Capitolo 5: *** Essere padre... ***
Capitolo 6: *** Essere padre (Parte 2)... ***
Capitolo 7: *** Accordo... ***
Capitolo 8: *** Riuscire a capire...ed esserne orgogliosi! ***
Capitolo 9: *** Sogni e crescita... ***
Capitolo 10: *** Extra: Che fatica essere padre! ***



Capitolo 1
*** Scoperta... ***


“Io vado allora.” annunciò prima di stringere la maniglia della porta, pronto a tornare a casa.
 
La risposta arrivò dopo qualche istante.
 
“Si, ci vediamo domani.”
 
Shikamaru si soffermò un momento a osservare l’Hokage, tanto impegnato a terminare l’ultimo rapporto delle missioni concluse da non aver nemmeno sollevato lo sguardo, restando chino e continuando ininterrottamente a scrivere nonostante fosse ora di cena.
 
Il moro increspò le labbra in uno sfuggevole sorriso.
 
L’Uzumaki non avrebbe mai smesso di stupirlo, questo era poco ma sicuro.
Dal giorno della sua nomina, non lo aveva sentito lamentarsi nemmeno una volta degli innumerevoli compiti che da quel momento aveva dovuto imparare a gestire e che lo impegnavano sempre più assiduamente.
Persino mentre portava a termine il lavoro che meno si addiceva al suo carattere così prorompente e dinamico, non un sospiro o un lamento era udibile da parte sua.
Non gli aveva mai chiesto di sostituirlo in qualcosa.
Faceva quello che doveva e non accettava di delegare i suoi doveri a nessun altro.
 
Il titolo aveva portato via parte della sua solarità e aveva fatto di lui un uomo maturo e consapevole delle proprie responsabilità ma anche un capo amato e rispettato da ogni singolo individuo del Villaggio della Foglia.
 
Il Nara aveva la sensazione che Naruto avesse sempre saputo quello che avrebbe comportato assumere quel ruolo: essere quasi sempre chiuso in ufficio con poco tempo da trascorrere con la propria famiglia, il punto di riferimento per tutti, meno azione, più serietà.
Insomma tutto ciò a cui lui personalmente non lo avrebbe mai ritenuto adatto. Non tanto per mancanza di fiducia nei suoi confronti ma per il semplice fatto che questo entrava fortemente in antitesi con il suo essere.
Invece si era dovuto ricredere completamente.
Dopo la fine della guerra aveva continuato a perseguire il suo obbiettivo con ostinazione finché non era arrivato a raggiungerlo. E da allora era stato a dir poco impeccabile. E continuava ad esserlo.
 
Il perché quei pensieri da un po’ di tempo affollassero la sua mente, non se lo spiegava con precisione. Ma vederlo così dedito al lavoro, sempre e in ogni istante che trascorreva in quell’ufficio, ogni tanto gli lasciava una scia di nostalgia che era difficile da ignorare.
Avrebbe voluto che riuscisse a diffondere vivacità e allegria anche come Hokage.
Ma sapeva che l’Hokage e Naruto Uzumaki erano due persone diverse.
Sentì che se diversamente fosse stato il suo ruolo di consigliere probabilmente sarebbe stato una seccatura più grande di quella che era normalmente, per un pigro come lui si intende, ma almeno per l’amico sarebbe stato un po’ più facile vivere la propria vita.
 
“Non hai detto che andavi?” domandò il biondo, controllando le ultime righe che aveva appena scritto.
 
Shikamaru si scosse dai suoi pensieri sentendosi chiamare.
 
“Certamente. Mi sono solo fermato un attimo a pensare.”
 
“E a cosa pensavi di così interessante da restare lì così imbambolato?” chiese l’altro distrattamente.
 
“Al fatto che quel rapporto puoi terminarlo tranquillamente domani mattina e invece di fare nottata potresti tornare a casa da Hinata e i bambini.”
 
Quelle parole riuscirono a fermare per un attimo la mano di Naruto che scriveva ininterrottamente da ore senza sosta. Ebbe una sorta di spasmo per l’indolenzimento che finalmente aveva modo di farsi sentire senza essere ignorato.
 
“E’ultimo riguardo le missioni di livello B di questa settimana. Non è il caso di rimandare.” rispose come un automa e riprendendo a scrivere.
 
“Ci vorrà almeno un’altra settimana prima di archiviare quei documenti. Non è la fine del mondo se per una sera chiudi tutto e torni a casa in anticipo.” cercò di convincerlo l’altro.
 
L’uomo si fermò un’altra volta. Shikamaru sapeva che ciò che aveva proposto era esattamente quello che avrebbe voluto fare. Ma sapeva che non era facile appellarsi a Naruto mentre sedeva su quella poltrona, in quell’ufficio e in quel palazzo.
 
Così lasciò la maniglia, mosse quei pochi passi che lo separavano dalla scrivania su cui centinaia di fogli erano impilati ordinatamente e sfilò dalle mani del biondo il rapporto del quale si stava occupando sotto lo sguardo stupito di quest’ultimo, poggiandolo in cima alla pila corrispondente.
 
Naruto sembrava non capire il motivo di quel gesto, continuava infatti a rivolgergli uno sguardo confuso.
 
“Torna a casa stasera.” disse semplicemente il moro.
 
E finalmente riuscì a strappare un sorriso riconoscente all’amico.
 
“Hai ragione.” accordò “Lo finisco domani.” e poggiò il pennello accanto alla boccetta d’inchiostro.
 
Spense la luce e fece per alzarsi ma barcollò pericolosamente e dovette tornare a sedersi.
 
“Tutto a posto?” chiese l’altro preoccupato.
 
“Mi sono alzato di colpo. E’ stato solo un giramento, niente di preoccupante.” lo tranquillizzò alzandosi nuovamente stavolta con più calma.
 
Shikamaru lo vide massaggiarsi stancamente le palpebre e non si stupì dell’accaduto.
 
Sapeva che era terribilmente stanco e che pur di terminare quel lavoro era disposto a continuare fino a notte inoltrata. Aveva fatto bene a convincerlo a fermarsi.
Indossarono i loro mantelli e il biondo anche la sciarpa rossa dal quale era diventato inseparabile e che stringeva tra le mani con affetto.
 
Uscirono insieme dall’ufficio e Shikamaru insistette per fare la strada insieme a lui.
 
“Rilassati, guarda che non rischio mica di svenire in mezzo alla strada!” scherzò il biondo.
 
“Lo so. Mi fa solo piacere accompagnarti.” rispose l’altro.
 
“Non c’è bisogno che ti inventi scuse. Sto bene.”
 
“Non era una scusa infatti.”
 
Naruto incontrò il solito sguardo serio proprio del Nara e seppe che non mentiva. Un po’ imbarazzato, mormorò un “Va bene” e abbassò lo sguardo. L’altro sorrise al pensiero che bastava solo riuscire a portarlo fuori dall’ufficio per indurlo a tornare quello di sempre.
 
Si strinsero più strettamente i mantelli addosso quando una folata di aria fredda li colpì in pieno appena messo un piede fuori dal palazzo e servì a farli muovere di buon passo verso l’abitazione dell’Uzumaki.
 
Non parlarono molto durante il tragitto. Giusto qualche promemoria per la giornata seguente.
 
Una volta giunta nei pressi della propria dimora, Naruto lo salutò:
 
“Ci vediamo domani allora.”
 
“Si, a domani.” fece l’altro avviandosi.
 
“Shika...” iniziò il biondo.
 
“Non c’è bisogno che mi ringrazi.” lo anticipò al volo “Riposati piuttosto.”
 
Naruto sbuffò ma non riuscì a non sorridere. Era proprio fortunato ad avere così vicino una persona come Shikamaru ad aiutarlo nella gestione del Villaggio…e non solo.
 
Quasi non ci credeva ma era davvero tornato a casa in tempo per la cena.
Erano passate diverse settimane dall’ultima volta.
Finalmente poteva trascorrere la sua serata insieme alla sua dolcissima moglie e ai suoi figli.
 
Con il cuore che si scaldava solo al pensiero, si avvicinò all’uscio di casa e bussò alla porta.
 
Immaginava che ad aprirgli sarebbe stato Boruto, che ogni sera non perdeva mai la speranza di vederlo tornare prima e quindi era sempre lui a fiondarsi alla porta come fulmine.
Con sorpresa invece si trovò davanti la sua Himawari che spalancò la bocca per la sorpresa di ritrovarselo davanti in quel modo. Non appena lui le sorrise di rimando, lei gli saltò tra le braccia al settimo cielo:
 
“Papà! Sei a casa!” gridò gioiosa mentre lo stringeva con tutta la forza che aveva.
 
“Si mio piccolo girasole, sono qui.” le sussurrò una volta che l’ebbe presa in braccio, stringendola amorevolmente.
 
Lei poi si liberò dall’abbraccio e coccolò con le manine il viso del padre, il suo personalissimo modo di assicurarsi che fosse proprio lui e non una qualche copia mandata a dare la buonanotte. Naruto la contemplava incantato da lei, dalla dolcezza che aveva ereditato dalla sua Hinata e quel tocco così gentile che lo faceva sciogliere completamente. E questo la piccola lo sapeva.
 
“Sei così bella.” le dovette confessare senza riuscire a trattenersi.
 
“Lo dici sempre papà.”rispose lei leggermente imbarazzata ma contenta. Era proprio suo padre.
 
“E’ la verità.” le garantì “ E poi io dico le cose come stanno e non cambio idea. Giusto?”
 
“Giusto!” esclamò lei.
 
“E ora andiamo a salutare la mamma!” dichiarò lui, mettendosela su una spalla e spostandosi in cucina.
 
Subito un odorino delizioso gli riempì le narici. E non appena varcò la soglia, trovò sua moglie con indosso un grazioso grembiule bianco intenta a finire di preparare la cena.
 
“Mamma! Papà è tornato presto! Hai visto?!” esclamò forte la bambina richiamando l’attenzione della mora che si voltò subito con un bellissimo sorriso.
 
“Che bello! Ora però scendi dalle spalle di papà, sarà stanco.” le disse.
 
“Va bene, mammina!” rispose obbediente.
 
“Portarla così non mi stancherà mai.” affermò il biondo mettendola comunque giù.
 
“Apparecchi anche per papà, per favore?” le chiese gentilmente, accarezzandole i capelli.
 
“Subito!” e corse a fare quello che le era stato chiesto.
 
Quando Naruto incrociò i bellissimi occhi perlacei di sua moglie, restò senza fiato.
Non poteva farne a meno. Ogni volta che lei lo guardava con quei grandi occhi colmi di amore e dolcezza, si sentiva così a suo agio, cercato… desiderato. Se quelli di sua figlia lo facevano sciogliere, quelli di sua moglie…non c’erano parole per descrivere la sensazione che gli suscitavano.
 
“Non ti aspettavamo per cena.” mormorò lei, rigirandosi una mano nell’altra.
 
“Merito di Shikamaru, mi ha obbligato a smettere di lavorare...” fece lui sorridente, avvicinandosi poi piano e passandole una mano intorno alla vita mentre Hinata gli passava le braccia intorno al collo “Ti dispiace?”
 
“No, no, no ma che ti viene in mente?!” esclamò subito lei “ Sciocco! Io co-“
 
Non terminò che due labbra famigliari le avevano impedito di continuare. Quando lei non cercò più di parlare, lo sentì sorridere nel bacio e seppe che le aveva fatto quella domanda proprio per ottenere quella reazione.
 
Lui adorava vederla innervosirsi quando gli poneva quelle domande di cui conosceva benissimo la risposta. La amava profondamente. Ma nonostante questo la sua presenza in casa era una rarità.
 
“Scusami…” bisbigliò quindi quando si separarono.
 
A Hinata si strinse il cuore sentendo quelle due parole. Lo abbracciò stretto.
 
“So che fai del tuo meglio.” gli rispose, cercando di confortarlo.
 
Il biondo ricambiò la stretta inebriandosi di quel dolcissimo profumo che sapeva di casa, di comprensione…di Hinata. E quel calore che si era generato scacciò via fino all’ultima briciola di stanchezza. Lo capiva, sapeva quanto gli costasse non poter dedicare alla loro famiglia il tempo che meritava, quanto li amasse. Per questo mai mancava di fargli sentire il proprio appoggio. Quella donna era la sua salvezza.
 
“Mamma, non riesco a prendere il piatto!”
 
La richiesta della figlia fece sciogliere a malincuore quell’abbraccio tanto piacevole e mentre sua  moglie tornava a cucinare, lui si spostò nell’altra stanza. Appese il mantello e la sciarpa all’ingresso poi andò ad aiutare la figlia.
 
“Grazie papà!” fece la piccola dopo che il padre gli ebbe passato il piatto da un ripiano troppo alto per lei.
 
“Ma figurati piccola!” le rispose intenerito, scompigliandole i capelli. Poi chiese:
 
 “Dì un po’ dov’è quella peste di tuo fratello?”
 
“In camera sua. Sembrava un po’ triste quando è tornato.” confessò lei un po’ preoccupata.
 
“Ah sì?”
 
Naruto rimase stupito da quell’affermazione. Cosa mai poteva essere successo a quell’uragano di suo figlio per essere tanto abbacchiato da non scendere nemmeno per controllare chi fosse alla porta?
 
“Che ne dici se andiamo a tirargli su il morale allora?” propose allora e la bambina accettò subito.
 
Sapeva che qualsiasi cosa fosse successa, sarebbe bastata la sua presenza per risollevarlo.
 
Del resto Boruto non perdeva occasione per combinare qualche monelleria pur di attirare la sua attenzione.
Neanche le punizioni erano in grado di fermarlo. Finché fosse riuscito a rubare anche un minuto del suo tempo, qualsiasi castigo era sopportabile.
 
Prese Himawari per mano e insieme salirono la rampa di scale che portava al piano superiore dove c’erano le camere da letto.
 
Bussarono alla porta ma non ottennero alcuna risposta.
 
“Fratellone! Indovina chi c’è?” lo provocò Himawari ad alta voce, aspettando che aprisse la porta.
 
Ma ancora nulla. Allora il biondo decise di provare qualcosa di più diretto.
 
“Bolt! Sono a casa, non vieni a salutarmi?”
 
A quel punto non restava che attendere che quella piccola furia bionda di suo figlio buttasse giù la porta e si fiondasse da lui. Aspettò un minuto buono ma non sentì nemmeno un accenno di rumore dall’interno della stanza.
 
A quel punto iniziò a preoccuparsi sul serio.
 
Anche se sapeva che il figlio non gradiva le intrusioni nella sua camera, marchiata come suo territorio, abbassò la maniglia e aprì la porta. Si stupì di trovarla completamente buia. Grazie alla luce che penetrava dall’ingresso, notò subito come il disordine facesse da padrone nella stanza. Non fu tanto la confusione a lasciarlo perplesso, del resto sapeva che il figlio aveva ereditato da lui quel lato casinista, ma piuttosto il fatto che Bolt non sembrava esserci.
 
Poi notò l’ammassò di coperte sul letto muoversi e capì dov’era nascosto.
 
Naruto aggrottò le sopracciglia. Cosa faceva già a letto?
 
Seguito dalla secondogenita, entrò nella stanza ancora scura e si accostò al figlio che si stringeva le coperte addosso e sembrava stesse dormendo, rannicchiato su un fianco. Respirava piuttosto pesantemente.
 
“Cosa avrà fatto per essersi stancato così?” si chiese l’uomo.
 
Sapeva che ultimamente passava la giornata allenandosi con gli shuriken, almeno quando non era impegnato a pensare alla seguente monelleria da combinare per spingerlo anche solo ad assistere se non addirittura ad aiutarlo a migliorare la tecnica. Naruto cercava disperatamente di trovare del tempo da passare con lui perché sapeva fin troppo bene cosa si provasse ad essere continuamente ignorati e per non parlare del fatto che dedicandogli un po’ più di tempo sapeva che non avrebbe più avuto bisogno di cercare un modo per attirare la sua attenzione. Gli aveva spiegato tanto volte che non era una sua scelta  e che faceva il possibile per garantire l’ordine nel Villaggio e allo stesso tempo essere un padre presente ma ultimamente stava diventando sempre più difficile conciliare le due cose.
 
“Dorme?” domandò la bambina, tirandolo perla manica per attirare la sua attenzione.
 
“Si, probabilmente si è allenato troppo e quando è tornato a casa è crollato” le rispose.
 
Decise di lasciarlo dormire, sicuro che più tardi si sarebbe svegliato per mangiare. Allungò la mano per regalargli una carezza tra i capelli. Appena lo toccò però lo vide stringersi ancora di più tra le coperte quasi a volersi nascondere sotto di esse. Qualcosa lo portò a toccargli la fronte ma non appena lo fece, la allontanò immediatamente.
 
“Papà, che c’è?”
 
“Himawari, vai a chiamare la mamma per favore?” chiese cercando di mantenere un tono calmo.
 
“Cos’ha il fratellone?”
 
“Ti prego, vai.”
 
La bambina percepì che c’era qualcosa che non andava e per giunta suo padre si stava agitando. Tutto ciò la intimoriva, così uscì dalla stanza e corse a chiamare la madre. Intanto Naruto cercò di respirare con calma e si impose di restare lucido.
 
Toccò nuovamente la fronte del figlio. Bruciava da morire.
 
Quel contatto provocò brividi nel corpo del ragazzino che cercò di automaticamente di spostarsi. Naruto si sedette sul bordo del letto e cominciò a sfregare le coperte intorno al suo corpo sperando di tenerlo un po’ più al caldo.
 
Dopo poco venne raggiunto da Hinata.
 
“Himawari ha detto che qualcosa non va. Perché siete al buio?” domandò preoccupata.
 
“Bolt scotta da morire.” rispose senza distogliere lo sguardo dal figlio “Bisogna chiamare Sakura-chan.”
 
“Sul serio? Fammi sentire.”
 
Lui si scostò un po’, lasciando che la moglie si avvicinasse e posasse le labbra sulla fronte del bambino, trattenendole lì qualche secondo.
 
“Oh Boruto…” sussurrò poi, carezzandogli il viso.
 
“Forse è meglio che resti tu qui con lui. Con la tecnica di trasferimento farò prima io.” dichiarò, alzandosi.
 
“Naruto, tranquillo” lo richiamò lei con dolcezza “Sono sicura che non è niente di grave, ora torno di sotto e gli prendo una pasticca per fargli abbassare la febbre poi vedrai che starà subito meglio.”
 
“Preferisco che Sakura-chan gli dia un’occhiata.” rispose, dirigendosi verso al porta.
 
“Aspetta! Non c’è bisogno di disturbarla per una cosa simile.” cercò di fermarlo, afferrandogli un polso. Restò stupita di trovarlo ancor più bollente della fronte del figlio.
 
“Naru-kun…cosa ti succede?” bisbigliò senza saper che altro dire.
 
Sollevò lo sguardo sul suo viso e si accorse con orrore che i suoi occhi erano diventati rossi.
 
“Lasciami.” disse secco, liberandosi dalla sua presa e muovendosi ancora verso la porta.
 
A quel punto Hinata si alzò all’istante e di slancio lo abbracciò forte da dietro, stringendolo con foga.
 
“Non devi arrabbiarti. Non è stata colpa tua…” mormorò cercando di mantenere la voce ferma, cosa quasi impossibile dato che era invasa da una fortissima preoccupazione.
 
Naruto percepì immediatamente il suo stato d’animo attraverso quel contatto e quel calore famigliare servì a liberarlo dalla rabbia che in quel momento lo aveva invaso. Si rese conto di essersi lasciato sopraffare dalla paura e dalla rabbia senza rendersene conto. Iniziò a respirare affannosamente.
 
Si girò nell’abbraccio e prese tra le mani il volto della moglie facendo combaciare le fronti, cercando disperatamente di recuperare il controllo. Lei intanto sapeva che il peggio era passato e prese ad accarezzarlo e a sussurrargli dolci parole per calmarlo.
 
“Stai bene ora?” domandò titubante dopo un po’.
 
“Si.” rispose piano “Scusa, scusa tanto.” aggiunse poi cercando di trattenere le lacrime.
 
“Va tutto bene ora.” lo rassicurò lei, stringendolo ancora più forte.”Basta che stai bene.”
 
“Sono calmo ora.” fece risoluto poi.
 
Si staccarono un po’anche se Hinata continuava a stringerli le braccia, timorosa.
 
“Ascolta…” continuò lui poi, inumidendosi le labbra nel tentativo di cercare le parole “…io ho bisogno di sentirmi dire da Sakura-chan che starà bene. Ti prego…fammi andare.”
 
Aveva sottolineato chiaramente la parola bisogno e la Hyuuga capì quanto fosse importante per lui.
 
“Va bene.” rispose dolcemente” Io intanto gli tampono la fronte con qualcosa di fresco. Okay?”
 
“Okay.” concordò lui.
 
Lei lo lasciò andare sciogliendo il loro contatto. Fu Naruto a trattenerla ancora un momento di fronte a sé.
 
Inaspettatamente le baciò le labbra con dolcezza e sussurrò un “Grazie” che gli veniva dal più profondo del cuore.
 
Poi si teletraportò a casa dell’amica con la Dislocazione Istantanea.






 
 
 
Note d’autore: Salve a tutti! ^^ Nonostante la long in corso (che cercherò di aggiornare appena possibile), ogni tanto tra un capitolo e l’altro stacco un po’ mettendomi a scrivere solitamente OS o Flash, anche questa storia in origine era pensata come una OS ma siccome alla fine ho pensato sarebbe venuta lunghetta, ho pensato di divederla. Non so di preciso ma sarà una minilong e cercherò di aggiornarla una volta alla settimana.
Vedete dopo aver letto diverse storielle con Boruto e Naruto ho pensato che sarebbe stato bello analizzare il rapporto tra questi due ed ecco come è nata questa storia. Per questo e anche perché non sono d’accordo con chi critica Naruto come padre per il fatto che è talmente assente da spingere il figlio a dover sempre cercare di attirare attenzione. In pratica voglio condividere con voi il mio punto di vista riguardo a questi due. Quindi spero non solo che la storia vi piaccia in sé ma sia anche un modo per confrontarsi in merito. Perciò non siate timidi e ditemi apertamente cosa ne pensate senza alcun problema.
 
Dunque questo è l’inizio. Il nostro Bolt si è preso un bel febbrone e preso atto di questo, Naruto ha avuto un momento di rabbia che è stato soffocato per fortuna dall’amore di Hinata. Ma perché è successo? E’ come mai secondo voi avrà così tanto bisogno di chiedere il consiglio di Sakura? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! Non mi resta che ringraziare chi è arrivato fin qui con la lettura e dirvi di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima! :D

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Capitolo 2
*** Bisogno di sostegno... ***


“Dovresti darti una calmata, sai? Il tuo moccioso non sta mica rischiando la vita!”

“Kurama, non adesso!” lo rimproverò aspramente il biondo mentre bussava con energia alla porta della casa della sua migliore amica.

In quel momento aveva fin troppi pensieri che affollavano la sua mente rischiando seriamente di farlo impazzire. Per questo, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di intraprendere una lunga e complessa conversazione con il demone.

Voleva solo tornare da suo figlio il prima possibile. Non aveva tempo da perdere in una discussione che lo avrebbe distratto oltre che stancarlo più di quanto non fosse già.

“Tsk! Non solo mi hai svegliato senza avere un valido motivo ma adesso cerchi anche di mettermi da parte come se nulla fosse, Idiota?” ringhiò quella voce in modo non poco minaccioso e senza fare il minimo sforzo per cercare di nascondere la propria indignazione.

“Senti, non era mia intenzione disturbarti.” si scusò l’altro sperando che bastasse per  liquidarlo in fretta “Ma non credevo che il tuo chakra si attivasse ancora ogni qual volta che mi arrabbio!”

“Ogni qual volta ti arrabbi sul serio, vorrai dire.” lo corresse la Volpe “Vedere tuo figlio con la febbre alta ha fatto emergere in te ricordi talmente dolorosi da spingerti ad odiare te stesso con così tanta forza che il mio chakra si è eccitato al punto da fuoriuscire senza difficoltà.”

“Ti ripeto che mi dispiace molto. Ora però vai!”

A quel punto la voce di Naruto si era abbassata di diverse tonalità. Il cercoterio gli aveva sbattuto davanti agli occhi senza esitazioni il succo del suo problema e questo lo aveva messo decisamente a disagio. Non si aspettava che sarebbe stato così diretto.

Al Novecode questo non sfuggì e quindi decise di battere il ferro fintanto che era caldo, insistendo volutamente quando era consapevole che la sua Forza portante avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitare la questione.

“Comunque sia…nel caso volessi chiedere un mio parere - e da quanto vedo non hai intenzione di farlo -  ti consiglierei di mettere da parte le tue paure personali altrimenti l’unico effetto che otterrai sarà quello di far preoccupare chi ti sta vicino. Potremmo parlarne, se vuoi…”

“Non so a cosa tu ti stia riferendo comunque questi non sono affari che ti riguardano! Quindi adesso sei pregato di lasciarmi in pace!” comandò Naruto a voce alta e con un tono che non ammetteva repliche.

Quell’affermazione così feroce parve riuscire momentaneamente a zittire Kurama. Quest’ultimo infatti era rimasto basito di fronte a quell’aggressività che non era mai stata propria di quel giovane che conosceva ormai da moltissimi anni. Però bastò tornare indietro e rammentarsi di quel che aveva passato per riuscire a comprendere il motivo di quel comportamento. Non poteva biasimarlo ma non poteva nemmeno permettergli di usare quel tono alla sua presenza.

“Qualsiasi cosa turbi il mio sonno mi riguarda eccome invece!” dichiarò. Poco dopo però aggiunse con un sospiro:

“Tu però sei libero di fare quello che vuoi. Se non ti interessa cercare di superare questa cosa me ne torno molto volentieri a dormire! Se mai dovessi cambiare idea però vedi di disturbarmi solo quando sarai in grado di sostenere un dialogo costruttivo invece di comportarti come una ragazzina isterica!”

E con queste parole ritirò la propria coscienza dalla sua mente, lasciandovi solo un profondo silenzio.

Naruto sbuffò. Sapeva di essersi comportato da ingrato allontanando Kurama in quel momento di bisogno dopo che si era persino offerto di ascoltarlo, dimostrandosi in qualche modo più gentile e comprensivo del solito. Ma dopo quel che era successo in casa sua un attimo prima, preferiva evitare anche il semplice contatto con l’amico. Nonostante si fosse calmato, bastava che la sua mente tornasse all’immagine del suo Bolt rintanato sotto le coperte, debilitato dalla temperatura alta e pieno di brividi per sentirsi male di nuovo. Temeva che quel dolore gli avrebbe fatto perdere lucidità un’altra volta e questo non poteva permetterselo. Doveva parlare con Sakura e spiegarle il motivo per cui aveva tanto bisogno di lei, sperando così di convincerla a seguirlo fino alla sua abitazione. Non poteva distrarsi da quell’obbiettivo per nessuna ragione.

Finalmente la porta davanti a sé si aprì e da dietro di essa fece capolino una piccola Uchiha che non appena identificò il visitatore come il Settimo, rimase visibilmente sorpresa.

“Hokage-sama, cosa ci fa lei qui?”

In un’altra occasione Naruto si sarebbe offeso a sentirsi così chiamare da quella ragazzina che considerava come la sua nipotina e le avrebbe ricordato che poteva dargli tranquillamente del tu, ma quella sera c’era solo un pensiero fisso nella sua mente.

“Ciao Sarada, mi dispiace disturbare a quest’ora ma stavo cercando tua madre. E’ urgente.” disse subito, oltrepassando l’ingresso senza che gli venisse chiesto esplicitamente e facendo vagare lo sguardo alla ricerca di una famigliare capigliatura rosa.

La moretta si sistemò un po’ meglio gli occhiali mentre lo scrutava con attenzione.

“Entri senza complimenti.” affermò sarcastica. “Gliela vado a chiamare.”

Dopo aver aggiunto questo, corse nella stanza accanto in cerca della madre.

Naruto a quel punto si abbandonò a un lungo sospiro, un miscuglio di stanchezza fisica e morale. Si portò le mani tra i capelli, cercando di recuperare un briciolo di buon senso, chiudendo gli occhi e tentando di liberare la propria mente. Quella situazione lo stava debilitando più di quanto volesse ammettere. Si era lasciato condurre dalla sua rabbia personale davanti a sua moglie, aveva respinto l’aiuto spontaneo di Kurama, si era presentato di punto in bianco a casa della sua compagna di Team, entrando senza chiedere nemmeno il permesso e tutto questo per chiederle di lasciare la sua famiglia e venire a visitare suo figlio. Tutto questo quando avrebbe potuto dare ascolto a sua moglie, dandosi una calmata e valutando bene se valesse la pena di consultare un medico così presto, invece di essere tanto precipitoso.

Non aveva potuto farci assolutamente nulla purtroppo. Scoprire che suo figlio era malato gli aveva portato irrimediabilmente alla memoria ricordi che avrebbe voluto solo cancellare. Kurama aveva ragione…si stava facendo condurre dalle sue paure e non più dalla ragione.

Ma era spaventato. Terribilmente.  Per la prima volta dopo tanto tempo.

“Naruto! Cosa fai qui a quest’ora?”

Dalla voce dell’amica percepì quanto fosse già preoccupata e lui non poté darle torto, del resto era piombato all’improvviso in casa sua senza il minimo preavviso mentre loro probabilmente erano impegnate a mangiare. Si sentiva tremendamente in colpa pensando a quello che stava per chiederle ma la preoccupazione per il suo primogenito cresceva di minuto in minuto.

“Mi dispiace moltissimo disturbarti ma Bolt è a casa con la febbre molto alta e io non so cosa fare! Sono rincasato presto stasera, siccome lui non scendeva sono andato a cercarlo in camera e l’ho trovato rintanato sotto le coperte. Ma non credevo stesse male finché non gli ho sfiorato la fronte…bruciava da morire! Non gli era mai venuta la febbre prima d’ora e io…non so come aiutarlo…ho bisogno d’aiuto!”spiegò velocemente, sfogando tutta la sua frustrazione gesticolando con le mani.

Sakura si accorse immediatamente dell’agitazione che prendeva possesso del suo amico, così gli si avvicinò e lo prese per le spalle tentando di farlo tranquillizzare.

“Prima di tutto devi riprendere il controllo di te, mi hai capito? Respira profondamente!” gli consigliò.

Lui ci provò ma non ci riuscì al primo colpo. Tentò un paio di volte di parlare ma la ragazza lo zittì bruscamente insistendo perché prima cercasse di riprendersi. Naruto si impose di riuscire a recuperare la calma solo perché voleva tornare a casa sua il prima possibile.

“Sto bene ora.” comunicò quando finalmente riuscì a parlare con un tono di voce che almeno rasentava una calma apparente.

“Molto bene. Non devi farti prendere dall’ansia in questo modo! Ti rendi conto che se avessi avuto una reazione simile davanti a Bolt lo avresti terrorizzato?”

Il solo pensiero lo fece rabbrividire.

“Quando una persona sta male percepisce più facilmente i sentimenti di chi gli sta vicino. Per questo bisogna sempre mantenere la calma anche se si è preoccupati, hai capito? E poi sei suo padre, se non trova in te un po’ di sicurezza come pensi che possa affrontare la malattia con la forza necessaria per guarire?”

La ragazza lesse la paura in quegli occhi cerulei con tanta nitidezza che provò un moto di profonda tenerezza dentro di sé. Quando combatteva mai una paura così grande aveva riempito i suoi occhi. Si rese conto di quanto fosse affezionato a suo figlio e temesse per lui anche per una cosa tanto normale.

“Vedrai che non si tratterà di nulla di grave.” lo rassicurò con dolcezza. Poi chiese: “ Dimmi, da quant’è che potrebbe avere la febbre secondo te?”

“Io…non lo so.” mormorò titubante il biondo “ Himawari ha detto che è rientrato nel pomeriggio e che è andato subito in camera sua. Potrebbe trattarsi di ore…”

“Naruto, non fare così! Non farti prendere dall’agitazione un’altra volta!” lo ammonì lei “ Gli avete dato qualcosa per fargliela abbassare?”

“Non ancora, sono venuto subito da te prima di fare qualsiasi cosa.” rispose.

“Sei il solito impulsivo. Sono certa che sarebbe bastata una pasticca e la febbre si sarebbe abbassata subito. Scommetto che Hinata te lo ha detto ma tu, testardo come al solito, sei voluto venire qui per forza! E’ così?”

“Sakura…”

L’interpellata non riuscì a dire una parola mentre guardava il compagno di tante battaglie che piangeva tra le sue braccia. Un pianto silenzioso che nascondeva una disperazione ben più grande di quello che lei avrebbe mai potuto immaginare.

“ Non immagini quanto ho bisogno di sentirmi dire che mio figlio non ha nulla di grave, di sapere che presto starà bene e che c’è qualcosa che io posso fare per aiutarlo a guarire più in fretta. Tu sei l’unica persona di cui io mi fidi per farmi dire tutte queste cose quindi ti prego…aiutami! Sakura, per favore…”

Di fronte a quella supplica così accorata, la kunoichi non riuscì a trattenersi. Tirò a sé il biondo e lo strinse tra le braccia cercando di trasmettergli  quella sicurezza che in quel momento lui non riusciva ad avere. 

Naruto si trattenne tutto il tempo. Anche se non aveva motivo di farlo con Sakura si rese conto di essersi dimostrato fin troppo vulnerabile. E fu anche per questo che dopo poco decise di allontanarsi.

“Scusa…” biascicò, tentando di asciugarsi le lacrime e riprendersi.

“Dammi il tempo di recuperare le mie cose e possiamo andare.”

Il biondo la stritolò nuovamente in un abbraccio da mozzare il fiato completamente diverso da quello di poco prima, colmo solo di una profonda dolcezza. Mosso dalla sua impulsività, aveva agito senza pensarci.

“Grazie, grazie…” continuava a ripetere, profondamente riconoscente.

“Non dirlo nemmeno, è un piacere per me!” esclamò lei. “ Ora lasciami così prendo il necessario e poi andiamo subito da Boruto!”

Il biondo obbedì immediatamente e arretrò,lasciando che potesse andare a prepararsi per quella sorta di visita a domicilio. Rimase lì in trepidante attesa ma con animo un po’ più leggero.  Era sicuro che con le cure e i consigli di Sakura, non avrebbe avuto più nulla da temere. E poi lei era riuscita a fargli capire che mostrare tutta quella preoccupazione era decisamente controproducente e questo lo aveva aiutato a recuperare lucidità. Doveva farlo soprattutto per Bolt.

Mentre camminava con leggero nervosismo avanti e indietro lungo l’ingresso si rese conto che Sarada lo stava osservando con una certa perplessità. L’Uzumaki si rese conto che probabilmente aveva assistito allo sfogo avuto con sua madre e questo lo imbarazzò un po’. Era davvero la prima volta che non si mostrava serio come un Hokage o solare com’era sempre stato. Era emersa la sua parte più fragile, quella dominata dai timori e i dubbi che mai nessuno aveva avuto modo di vedere così apertamente.

“Mi dispiace per questo inconveniente.” si scusò con lei “Prometto che te la riporto appena possibile.”

La piccola annuì con il capo.

“Pensi a Bolt piuttosto!” gli raccomandò con serietà.

Quell’affermazione ebbe il potere di ferirlo profondamente. Era la prova che il fatto che lui fosse un padre poco presente era noto a molte più persone di quanto credeva e questo non fece altro che accrescere il suo senso di colpa nei confronti di suo figlio. Sei lui fosse riuscito a conciliare meglio lavoro e vita privata non si sarebbe trovato in quella situazione. Se per una volta fosse riuscito a mettere da parte un po’ di più quell’istinto che lo spingeva sempre a pensare agli altri, avrebbe prestato più attenzione a quanto le persone a lui più vicine fossero state lasciate in disparte. Era lui l’unico responsabile dell’accaduto…

“Non immagini quanto io mi senta in colpa. Avrei potuto evitare che si ammalasse se per una volta lo avessi ascoltato e avessi trovato un po’ di tempo per andare ad allenarmi con lui. Invece sono sempre concentrato  sui rapporti da scrivere anche una settimana prima dell’archiviazione, sull’organizzazione delle riunioni tra i diversi villaggi, sulla catalogazione delle missioni…sono l’Hokage, non posso pretendere che altri svolgano il mio lavoro. Così facendo però non ho nemmeno il tempo di pensare a quanto mio figlio nel frattempo potrebbe avere bisogno di me…a quante volte si sia ritrovato ad allenarsi da solo perché io non ho avuto il coraggio di chiedere a qualcuno per una volta di sostituirmi per un pò… a quanto lui possa soffrire per questa situazione. Nella convinzione che tutto il lavoro che faccio serva a garantire il benessere degli abitanti, non ho mai visto più chiaramente di adesso che in questo modo è la mia famiglia a pagarne le conseguenze. Bolt…sarebbe bastato così poco… invece adesso è a letto e sta male, ed è solo colpa mia! Che razza di padre sono per aver lasciato che si riducesse in quel modo?!”

Non era riuscito a trattenersi. Sarada era solo una bambina, non avrebbe dovuto sfogarsi con lei. Ma stava così male che non riusciva a nascondere quel profondo dolore che provava. Quel che era successo a Bolt costituiva per lui uno sbaglio imperdonabile. Trascurandolo, lo stava condannando alla stessa esperienza che aveva dovuto sopportare lui quando era piccolo. Come aveva potuto permettere che accadesse?

“In realtà…” cominciò piano la moretta “…prima intendevo dirle solo di stargli vicino. Lui la adora e per questo so che basterà anche solo la sua presenza per farlo sentire meglio!”

“Ah…io pensavo che tu intendessi…”

“Naruto, eccomi! Possiamo andare!”

La voce di Sakura lo tolse da quella situazione alquanto sconveniente. Aveva dato libero sfogo ai suoi pensieri privati credendo di sentirsi accusato quando invece era stato solo un malinteso. Evidentemente i suoi sensi di colpa era talmente profondi da averlo condizionato completamente.

“Quando vuoi andiamo.” si affrettò a dire poco dopo.

“Sarò presto di ritorno, va bene?” garantì alla figlia mentre si aggrappava alla spalla dell’amico per il trasferimento.

“Sì, sì tranquilla!” borbottò lei “Ehm…Settimo?”

“S- si, Sarada? D-dimmi…”

“Non si prenda colpe che non ha. Suo figlio è semplicemente un irresponsabile, si sarà ammalato solo perché è un grande testardo e non si rende conto che con un tempo simile non è il caso di allenarsi all’aperto. Boruto in fondo è fiero di averla come padre anche se è l’Hokage e non ha molto tempo da dedicargli, lo sa che non dipende dalla sua volontà. Non se lo dimentichi!”

“Io…io…”
 
Il biondo non sapeva davvero cosa dire. Era stato davvero patetico se persino Sarada si era premurata di dirgli qualcosa per rassicurarlo. Quelle parole ebbero il potere di commuoverlo però…pregò che suo figlio la pensasse davvero così.

“E gli dica che io non ho la minima intenzione di passargli i miei appunti delle lezioni quindi deve impegnarsi a guarire presto, ha capito?” si raccomandò.

“Ma che dici?!” esclamò la madre.

“Glielo dirò, contaci!” promise “A presto…e grazie.”

Un attimo dopo, scomparvero entrambi lasciandola da sola.

A quel punto la ragazzina si lasciò scappare un piccolo sospiro. Decisamente non si sarebbe mai immaginata che la serata avrebbe preso una piega simile.

“Speriamo che quello zuccone di Bolt non si sia preso davvero nulla di grave…” pensò tra sé e sé.

“Dove siete finite?”

Una voce potente e autoritaria le ricordò che non era affatto rimasta da sola in casa. Non era un avvenimento frequente ma quella sera era una piacevole eccezione. Accantonò ciò che era appena successo e corse contenta nella stanza da pranzo dove trovò suo padre intento a sedersi nuovamente a tavola. In effetti si era alzato poco prima dell’arrivo del biondo per andare in bagno e probabilmente al suo ritorno era rimasto sorpreso di non trovare più nessuno.

“Che fine avevi fatto?” interrogò subito la figlia non appena la vide tornare al suo posto.

“Poco fa è venuto a trovarci l’Hokage perché aveva bisogno della mamma. Sono andati via insieme ma non dovrebbe stare via a lungo .” raccontò.

Sasuke inarcò un sopraciglio, palesemente sorpreso.

“E’ perché il Dobe aveva bisogno di Sakura?” domandò.

Sarada si lasciò scappare una risatina nel sentire quell’appellativo rivolto al Capo villaggio. Anche se le era diventato famigliare, ogni volta non riusciva a trattenere un sorriso. Lo sguardo indagatore di suo padre la fece tornare seria.

“Boruto si è ammalato per questo è venuto a prendere la mamma, vuole che lo visiti.” spiegò.

“Quel Dobe è un incapace con questo genere di cose. “ commentò acido, prima di riprendere a mangiare con impeccabile compostezza.

“Sai papà, si è comportato in modo davvero strano mentre era qui…”

“Questa non mi sembra una novità.” sospirò l’altro.

“Non capisci!” esclamò Sarada “Ha detto che Boruto aveva la febbre quindi non dovrebbe essere nulla di grave. Ma da come ne parlava sembrava preoccupato come se il figlio stesse rischiando di morire! Prima d’ora non l’ho mai visto così…così…”

“Spaventato…?” chiese Sasuke.

“Sì esatto!”trillò lei “ Era così scosso che la mamma ha dovuto costringerlo a darsi una calmata! E’ la prima volta che lo vedo reagire in questo modo! Come può l’Hokage perdere il controllo di se stesso in quel modo? Non è consono al suo ruolo! E poi non ti ho raccontato tutto! Quando gli ho detto di occuparsi di Bolt invece di scusarsi per essere venuto a casa nostra a quest’ora, ha cominciato a fare un discorso su quanto si sentisse in colpa per l’accaduto come se si ritenesse responsabile dell’accaduto commettendo un errore imperdonabile! Ma insomma non può impedire anche che si prenda la febbre, prima o poi insomma può capitare a tutti di ammalarsi. Certo, se non insistesse a volersi allenare tutti i giorni quel piccolo uragano sono sicura che starebbe bene adesso. Ehm,comunque ti dicevo che Naruto ne parlava come se avesse messo in pericolo la sua vita! Esagerato, non trovi?”

Si aspettò una risposta affermativa ma ottenne solo silenzio. Il padre sembrava distante, aveva la stessa espressione di quando si soffermava a pensare sul suo passato ed era meglio non disturbarlo - almeno a detta di sua madre- ma non capendo quella reazione, cerco di richiamare la sua attenzione.

“Papà? Hai sentito quello che ho detto? Papà!”

“Cosa ti ho detto riguardo il giudicare qualcuno senza prima comprendere le sue motivazioni?”

Sarada si zittì all’istante udendo il tono autoritario del padre. Quello era uno dei temi su cui era assolutamente intransigente e lei lo aveva imparato a sue spese. Chinò la testa, colpevole. Poco dopo  però sentì  una lieve carezza tra i capelli. Sollevò lo sguardo e si ritrovò suo padre accanto.

“Mi dispiace…” si scusò immediatamente sperando di non averlo fatto adirare perché era l’ultima cosa che voleva.

“Non dimenticarlo mai più, mi raccomando.” concluse lui. “ Naruto ha sempre dovuto combattere da solo per qualsiasi cosa e non siamo in grado di comprendere quanto possa essere stato difficile per lui superare anche delle prove apparentemente facili se che nessuno gli ha mai insegnato a non averne paura.”

“Non riesco a capire papà.” fece confusa.

“Appunto.” affermò lui “ Giudicare strano o esagerato un comportamento che non si comprende è un errore.”

Il moro tornò a sedersi al suo posto e riprese a mangiare. Dopo quella reazione, alla piccola Uchiha sorse spontanea una domanda che non tardò a esporre al genitore.

“Tu riesci a comprenderlo?”

Sasuke sollevò ancora lo sguardo verso un punto indefinito. Poi fissò la figlia:

“Un po’.” rispose “Per questo una volta finito di mangiare andrò a fare due chiacchiere con il Dobe. Conoscendolo finirà solamente per fare del male non solo a se stesso ma anche a chiunque gli stia intorno. E siccome deve fare l’Hokage sarà meglio che qualcuno ponga rimedio a questo suo stupido momento di crisi.”

Sarada comprese che il discorso era concluso.

Da una parte era indignata che suo padre avesse deciso di essere il “qualcuno” che doveva aiutare il Capo Villaggio a risolvere quel suo problema personale proprio la sera che avrebbe dovuto trascorrere con lei dopo tanto tempo. Dall’altra sapeva quanto Naruto fosse importante per lui…e nonostante le sue considerazione di poco prima non poteva nascondere che vederlo così abbattuto l’aveva sinceramente colpita. Anche lei le era affezionata e quindi provava dispiacere nel sentirlo prendersela così aspramente con se stesso. Ma confidava in quella strana amicizia che lo legava a suo padre. Lui sarebbe riuscito ad aiutarlo.

Sasuke immaginava perfettamente i pensieri di sua figlia e quindi sapeva che avrebbe dovuto trovare il modo di farsi perdonare per aver fatto sfumare quella serata che lei aspettava da tanto. Ma l’amico più caro che aveva era in difficoltà e lui non poteva restare indifferente. Era stato l’unico a non averlo mai abbandonato, spingendosi fino allo stremo pur di salvarlo da una destino di sofferenza e oscurità dal quale non avrebbe trovato scampo.

Gli doveva ogni cosa. Finalmente era arrivato il momento di iniziare a sdebitarsi con lui.

“Tieni duro Dobe…sto arrivando.”


 
 
 
Note Finali: Salve ragazzi! Scusate per il giorno di ritardo ma ho avuto un piccolo intoppo e quindi non ho potuto caricare ieri! So anche che il capitolo è anche leggermente più corto dell’altra volta ma il prossimo sarà più lungo!
Mi ha fatto piacere vedere che in diversi hanno inserito questa storiella tra le seguite, questo mi fa molto piacere! Spero che non deluda le vostre aspettative! Grazie in modo particolare a chi mi ha lasciato una recensione così mi sono fatta un’idea di quello che è il vostro pensiero! :D
Naruto è arrivato a casa di Sakura e vi siete resi conto di quanto il nostro biondino si trovi in una situazione emotiva piuttosto complessa. Kurama ha capito subito qual è il suo problema ma per adesso il suo aiuto è stato respinto. Farà un altro tentativo però più avanti! Sakura conosce Naruto molto bene ed è stata molto comprensiva nei suoi confronti, afferrando al volo il suo disagio. Sarada è più preoccupata per Boruto di quello che ha fatto vedere…più avanti capiremo fino a che punto ma dopotutto ha sangue Uchiha nelle vene! E infine…troviamo Sasuke, che afferrato anche lui il problema presto andrà a fare due chiacchiere con il suo amico.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!^^ Se vi va ditemi che ne pensate! Vi do appuntamento lunedì prossimo con il terzo capitolo! Grazie a tutti voi lettori, vi auguro una buona settimana! A presto! : )

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Capitolo 3
*** Verità... ***


“Potete stare tranquilli, Boruto ha contratto una bella influenza ma non c’è nulla di cui preoccuparsi. Nell’arco di qualche giorno starà meglio.” sentenziò la Haruno, non appena ebbe rimboccato le coperte al piccolo biondo dopo averlo sottoposto a una lunga e minuziosa visita.
 
Quelle parole riuscirono a spezzare l’aria di tensione che l’Uzumaki aveva creato intorno a sé, concedendogli finalmente di poter tirare un sospiro di sollievo dal quale si percepiva chiaramente quanto la morsa della preoccupazione fosse stata forte fino a quel momento.
 
Anche la Hyuuga sospirò sollevata. Durante la sua breve assenza, l’angoscia per il marito l’aveva tormentata, vedendolo andare via apparentemente calmo dopo quel breve momento di crisi. Si era chiesta cosa avesse potuto scatenare una reazione simile così nel frattempo inconsapevolmente anche la sua preoccupazione per Boruto si era accresciuta. Questo era il motivo per cui anche lei si era sentita tranquillizzata nel sapere che non c’era nulla per cui darsi tanta pena.
 
“Guarirà presto quindi?” domandò l’Hokage.
 
“Ci vorrà qualche giorno per smaltire questa febbre ma cominciando da subito con un antibiotico vedrai che nell’arco di una settimana si riprenderà benissimo.” rispose la kunoichi.
 
“Nel frattempo cosa possiamo fare per lui?”
 
Sakura percepì un velo di tensione nella voce del suo amico. In tanti anni non lo aveva mai visto in uno stato di così profonda inquietudine e mai avrebbe pensato che ci sarebbe caduto per un avvenimento così umano. Visto lo stato delle cose, valutò che l’unica cosa che poteva fare per lui era essere diretta e concisa.
 
Così prima di rispondere raccolse le sue cose poi regalò un buffetto al ragazzino profondamente addormentato e infine si alzò per avvicinarsi ai suoi genitori.
 
“Normalmente l’influenza di questo tipo impiega del tempo prima di iniziare a smaltirsi.” iniziò a spiegare, frugando intanto all’interno del borsone che si era portata dietro con il necessario per la visita “Questo significa che durante i prossimi giorni avrà diversi picchi di febbre per cui dovrete provvedere a farla abbassare con una di queste.” e dopo aver controllato l’etichetta, consegnò al biondo un flaconcino di pasticche “Puoi dargliene una ogni sei ore e non prima. Se nel frattempo la temperatura si alza nuovamente mettetegli un panno bagnato in acqua e aceto sulla fronte, lo aiuterà. In contemporanea due volte al giorno e alla stessa ora dategli questo.” e consegnò un altro flaconcino a Hinata. “E’ un antibiotico e lo dovrà prendere per sei giorni di fila. E’ tutto quel che dovete fare, come ho già detto nell’arco di una settimana sono sicura che si riprenderà perfettamente.”
 
Entrambi annuirono, assimilando velocemente quelle direttive.
 
“Grazie di esserti disturbata venendo fin qui Sakura.” mormorò riconoscente la mora, con un leggero inchino.
 
“Non dirlo nemmeno per scherzo Hinata!” la rimproverò lei “E’ stato un vero piacere!”
 
“Invece ti siamo veramente grati!” intervenne il biondo, sorridendo “Non so come avrei fatto senza di te Sakura-chan!”
 
“Sei il solito baka!” esclamò lei cogliendo la falsità in quell’espressione e quindi facendogli calare sulla testa un pugno deciso anche se non forte come i soliti.”Te l’ho già detto prima, devi stare tranquillo per il bene di Bolt! E’ inutile che cerchi di nascondere ancora la tua preoccupazione!”
 
Naruto si massaggiò il punto dolorante e sospirò. Non le poteva nascondere proprio nulla. Sakura era una delle poche persone a riuscire a capirlo al volo e a cogliere ogni sua vacillazione.
 
“Scusa tanto.” mormorò subito.
 
La kunoichi sorrise, poi gli disse:
 
“Un po’ di febbre è venuta a tutti, non farne un dramma più grande di quello che è. E poi hai sentito quello che ho detto poco fa? Se seguite le istruzioni che vi ho dato, si riprenderà in men che non si dica!”
 
“Va bene.” concordò lui. Poi aggiunse: “Avvicinati ti riporto a casa.”
 
Ma lei scosse la testa in segno di diniego.
 
“Non preoccuparti, posso tornare anche a piedi. Dopotutto non abitiamo lontani.”
 
“Ma ci metto un attimo con la Dislocazione Istantanea!” ribattè l’altro.
 
“Stai un po’ con Boruto invece. Dico davvero, non ci sono problemi per me non mi spiace fare due passi!”
 
L’Uzumaki la guardò pensieroso ma poco dopo annuì.
 
“Grazie ancora Sakura-chan.” affermò profondamente grato.
 
“Cerca solo di stare tranquillo okay? Ci vediamo presto!” rispose, rivolgendogli ancora un sorriso incoraggiante.
 
“Ti accompagno giù.” si offrì Hinata.
 
Così dopo aver salutato il compagno di squadra, Sakura si avviò fuori dalla stanza e lungo le scale, in compagnia di una silenziosa Hinata. Una volta in soggiorno trovarono Himawari impegnata a disegnare.
 
“Ciao piccola!” la salutò la rosa.
 
“Zia Sakura! Quando sei arrivata?!” domandò entusiasta, correndo ad abbracciarla.
 
“Poco fa, sono stata a vedere come sta tuo fratello!” le rispose coccolandola un po’.
 
“Sta bene vero?” si informò subito “Papà era tanto preoccupato per lui!”
 
“Tranquilla Hima-chan.” le parlò la madre “Boruto è malato ma grazie a zia Sakura vedrai che presto starà bene. E non preoccuparti di papà, ora anche lui è più tranquillo.”
 
“Zia, sei la dottoressa più brava di tutte!” esclamò felicissima spalancando le braccia.
 
“Sei dolcissima, ti ringrazio.” rispose dandole poi un piccolo bacio sulla fronte.”Io adesso vado ma tornerò domani a trovarvi, va bene?”
 
“Si!!” trillò lei “ Porti anche Sarada?”
 
Esitò un momento non sapendo come avrebbe reagito la figlia, però poi le confermò che avrebbe fatto il possibile per convincerla a farla venire con sé. Si salutarono e poi mentre la piccola tornava al suo disegno, lei andò verso la porta.
 
“Sakura…?”
 
“Sì, dimmi pure Hinata.” la incitò.
 
“Vorrei sdebitarmi per l’aiuto che mi hai dato,  non solo visitando Bolt ma anche parlando a Naruto come hai fatto prima. Non so come avrei fatto altrimenti.” spiegò.
 
“Non dire così! Siamo amici è normale che ci aiutiamo a vicenda! E poi sono sicura di non aver fatto niente che tu non potessi fare. L’unica persona di cui lui ha veramente bisogno sei tu. Credo che tutta quest’ansia che ha dimostrato di avere sia dovuta al fatto che si è sentito impreparato a gestire questa situazione. Ripensando alla prima volta che è successo a Sarada, anch’io ho momentaneamente perso la lucidità per fare quello che avrei dovuto. Ma dopo mi è passata e le volte successive è andata meglio. Tu hai avuto anche tua sorella minore di cui occuparti per cui sono certa che se fosse stato solo per te, avresti gestito quest’influenza in modo più tranquillo. Naruto invece che non ha avuto nessuno quando era piccolo, non poteva immaginare cosa significasse avere la responsabilità di occuparsi della salute di una persona così importante e quindi quel che è successo a Bolt lo ha colto di sorpresa ed è entrato nel panico. Aiutalo ad affrontare questa febbre cercando di fargli capire che non c’è nulla per cui farsi così tanti pensieri e vedrai che non capiterà più.”
 
Concluse il suo discorso accorgendosi che Hinata sembrava persa in qualche profondo pensiero e che probabilmente non aveva prestato completa attenzione a quel che le aveva detto. Il suo viso mostrava un espressione che non seppe definire. Gli occhi perlacei saettavano vivissimi come stessero rivivendo un intero film in pochi istanti e la bocca socchiusa rivelava un’incredulità che lei non sapeva a cosa amputare.
 
“E’ tutto a posto?” le domandò, scuotendola appena.
 
La Hyuuga uscì da quello stato di tranche e fissò i propri occhi nei due smeraldi di fronti a lei, incurvando poi le labbra in un sorriso veramente felice.
 
“Finalmente ho capito…” sussurrò sorpresa della conclusione che aveva raggiunto.
 
“Come dici?” domandò l’altra non comprendendo le sue parole.
 
“Niente.” si affrettò a dire “Grazie ancora di tutto!”
 
La Haruno percepì più serenità nella voce della sua amica e questo la rassicurò nonostante non riuscisse a trovare cosa poteva avere detto di così illuminante.
 
“Ci vediamo domani.” la salutò così prima di uscire da quella casa per tornare nella sua dove sua figlia e Sasuke sicuramente la stavano aspettando. E lei non vedeva l’ora di tornare da loro.
 
La mora chiuse lentamente la porta per poi appoggiarvisi contro, raccogliendo i suoi pensieri. Le era tutto molto più chiaro e adesso sapeva che cosa doveva fare.
 
“E’ pronta la cena mamma? Io ho veramente tanta fame!”
 
La richiesta di sua figlia le ricordò che in effetti non avevano ancora mangiato. Nessuno di loro quattro a pensarci bene. Così si affrettò a dirle:
 
“Si è tutto pronto, siediti!”
 
Andò subito in cucina e prese la pentola con lo stufato di carne che aveva preparato, portandolo in tavola e facendo un altro viaggio portò anche il riso bianco che lo avrebbe accompagnato. Servì Himawari abbondantemente e versò anche la sua porzione. Mangiarono in silenzio, la più piccola perché veramente affamata mentre lei per concentrarsi. Se voleva aiutare Naruto sapeva di dover andare incontro a qualcosa di veramente difficile da sopportare per lei. Ma lo avrebbe affrontato.
 
Quando ebbe finito la sua razione, portò una fetta di dolce a sua figlia e poi preparò un altro piatto di stufato.
 
“Vado a portare questo a papà.” comunicò alla figlia “Appena hai finito porta il tuo piatto nel lavandino va bene?”
 
“Poi…” fece lei con la bocca piena del dolce “…posso venire a salutare il fratellone?”
 
“Certo, ci andiamo insieme prima di andare a letto.” le garantì.
 
Poi la lasciò lì a mangiare mentre lei saliva le scale con il piatto caldo tra le mani. Quando arrivò davanti alla camera di Boruto, notò che la luce era stata spenta nuovamente e attraverso quella che filtrava dall’ingresso osservò suo marito passare una pezza umida sul viso del figlio per rinfrescarlo. Quella scena riuscì a commuoverla. Naruto era sempre stato un padre dolce e affettuoso e lei era consapevole di quanto profondo fosse l’amore che provava per i loro bambini. Questo, unito a ciò che il discorso di Sakura le aveva fatto capire, le aveva fatto inevitabilmente inumidire gli occhi. Ma se li asciugò subito. Non poteva mostrarsi fragile in un momento simile.
 
Bussò appena alla porta per richiamare l’attenzione di Naruto e parlò:
 
“Ti ho portato qualcosa da mangiare, sarai affamato.”
 
“Ti ringrazio.” fece lui, sedendosi nuovamente al fianco di Bolt “Non ho molto appetito però a dire il vero.”
 
Lei andò a sedersi vicino a lui e gli porse il piatto.
 
“Cerca di mangiare qualcosa anche se non ti va. Immagino sarà una lunga notte, ti serve energia.” gli disse per convincerlo.
 
Lui fissò lo stufato esitante. Alla fine però lo prese e iniziò a mangiare.
 
“E’ davvero buonissimo.” si complimentò, prendendo gusto e infilando un boccone dopo l’altro.
 
“Mi fa piacere.” rispose lei, soddisfatta.
 
“Sono sicuro che anche a Bolt piacerebbe.” commentò piano.
 
“Ce n’è in abbondanza, quando si sveglia potrà mangiarne a volontà!” assicurò.
 
L’Uzumaki si fece scappare un piccolo sorriso. Suo figlio era un pozzo senza fondo proprio come lui, era sicuro che si sarebbe spazzolato in un attimo tutto quel che era rimasto di quell’ottimo stufato. Si domandò però tra quanto si sarebbe svegliato.
 
“Dagli un po’ di tempo per riposare. Sakura ce l’ha detto che se è crollato anche con la febbre alta è solo perché il suo livello di chakra era debole e quindi deve essersi affaticato molto. Lascia che si riposi finché ne ha bisogno.”
 
“Si, lo so. E’ solo che…è così strano vederlo così calmo e tranquillo quando solitamente non sta fermo nemmeno un minuto.” spiegò con un piccolo sorriso.
 
“Naruto-kun…”
 
Lui poggiò il piatto ormai vuoto sul comodino di fianco al letto. Poi si chinò un po’, poggiandosi i gomiti sulle gambe e intrecciando le mani tra loro. Hinata teneva le sue in grembo, chiuse a pugno, tese. Restarono un po’ così in un silenzio interrotto solo dai loro respiri leggeri e quello più pesante di Bolt.
 
“Io ti devo ancora delle scuse per il mio stupido comportamento.” iniziò poi, tenendo il suo tono di voce il più basso possibile per non svegliare il figlio “Ti ho condizionata con tutta con i miei timori e incertezze e poi…accidenti, non so come ho potuto lasciare che il chakra di Kurama fuoriuscisse in quel modo! Ti devo aver spaventata moltissimo, non volevo.”
 
“Non fare così, non è successo nulla!” lo fermò subito con il medesimo tono e toccandogli piano la spalla “Mi sono spaventata solo perché non sapevo come fare ad aiutarti! Quando ho visto che i tuoi occhi erano cambiati, ho capito che ti eri arrabbiato e visto la fretta che avevi nel voler andare a cercare Sakura ho capito che ti sentivi in colpa per l’accaduto e che volevi rimediare.”
 
L’Uzumaki si coprì il viso con le mani cercando di mantenere la calma.
 
“Non puoi immaginare come mi sono sentito. Mi ero ripromesso che ai miei figli non sarebbe mai mancato nulla e che io stesso ci sarei stato per loro in qualsiasi momento. Ma con tutto il lavoro che c’è da fare in ufficio, questo mio impegno è diventato come una delle tante pratiche con il quale ho a che fare ogni giorno! Ho lasciato che il mio ruolo avesse la precedenza su qualsiasi cosa, anche sulla nostra famiglia! Chissà come mi è passato per la testa? Come ho potuto commettere una superficialità simile? Proprio io?! Dov’ero io quando Boruto se ne stava ad allenarsi da solo e qualcuno avrebbe dovuto dirgli di rientrare a casa o di coprirsi meglio? Tutte volte che lui mi ha chiesto un po’ di tempo per noi due perché non mi sono impegnato a trovare una soluzione invece di uscirmene ogni volta con quel Non Ho Tempo?! Io…anche adesso,che dovrei essere forte per lui…io non ci riesco, non ce la faccio…”
 
Hinata lo costrinse a tirarsi su e prima che Naruto se ne rendesse conto, lo abbracciò così forte da lasciarlo senza respiro. Un momento dopo la presa si allentò e divenne tutto più dolce. Sentì una carezza gentile tra i capelli che lentamente si spostava lungo il collo e scendeva in movimenti circolari lungo la schiena. Si sentì così protetto e al sicuro tra quelle braccia, come se nulla potesse riuscire più a spaventarlo.
 
“So perché non ci riesci…” sussurrò flebile la Hyuuga vicino al suo orecchio “...hai tenuto un grande dolore dentro di te per troppo tempo. E anche se credevi di averlo dimenticato, quel che è successo lo ha riportato a galla e lo ha mutato in paura. L’unico modo che hai per vincerla è tirarla fuori, devi sfogarti oppure non riuscirai mai a liberartene. Io sono qui per questo. Ascolterò, di qualsiasi cosa si tratti. Ti starò vicino. Naruto-kun…” un singhiozzò la bloccò per un istante “…ti amo così tanto. Non sopporto vederti stare così quindi ti prego…dammi il modo di aiutarti. Fammi ascoltare, comprendere cos’è che ti sta facendo così male. Amore, ti prego…”
 
Il biondo si sentì trafiggere da quelle parole. Pensava sempre così tanto solo a se stesso in quei momenti…ma dopo aver sofferto tanto da sola, una persona non pensa nemmeno lontanamente a condividere tanto dolore con le persone che invece non aspettano altro che un pretesto per portare quel peso così grave insieme.
 
Avvolse la mora con le sue braccia forti  solo per poterla sentire vicino. Non la stringeva, si assicurava solo che non potesse andarsene. E si abbandonò nel suo abbraccio, completamente abbandonato a lei. Chiuse gli occhi e dimenticò ciò che lo circondava. Si concentrò su quel calore, sul profumo di quei capelli di seta, sul battito accelerato del proprio cuore.
 
L’esitazione lo colse ancora una volta.
 
“Fallo Ragazzino, lasciati andare…” lo incitò una voce nei meandri più profondi della sua mente.
 
E lui cominciò. Gli parlò a sua volta vicino l’orecchio in un sussurro appena udibile:
 
“Tutto questo per me non c’è mai stato Hinata. Nulla che si avvicini al calore umano, a una parola detta al momento giusto, a una carezza lasciata con affetto. Niente. C’è sempre stata solo solitudine. Da quando mi svegliavo… a quando trascorrevo le notti insonni invece di dormire. E poi non c’è mai stato nessuno…nessuno che mi dicesse cos’era giusto o sbagliato, che mi incoraggiasse a studiare o a dare il meglio durante gli esami, che mi insegnasse di cosa bisogna avere paura o no…
 
Ho dovuto imparare tutto da solo. Ma farlo è stato davvero difficile.
 
Non sofferto spesso di problemi di salute. Anche se non me ne rendevo conto, il chakra di Kurama guariva velocemente le mie ferite e mi sosteneva quando c’era da recuperare le forze. Ma quando mi ammalavo…non sono mai guarito velocemente. E ogni volta che succedeva era disperato.
 
Non ho avuto nemmeno una persona che si prendesse cura di me quando scottavo e allo stesso tempo tremavo per il freddo, non c’è mai stato nessuno a farmi compagnia quando non potevo muovermi a trascorrevo la giornata bloccato a letto…non ho avuto una sola persona che mi dicesse che non c’era nulla di cui avere paura, che avere la febbre non significava rischiare di morire, nemmeno uno che…che…mi dicesse che sarebbe andato tutto bene!
 
Chi è sempre stato solo come può non provare paura?! Come può non temere di morire?! Come può credere che quella malattia passerà e prima o poi tornerà a stare bene se qualcuno non glielo spiega?! Non può farlo! Come potrebbe?
 
Ma ognuno cerca di sopravvivere. Si apprende con l’esperienza. Io l’ho fatto. Imparai da solo come prendermi cura di me stesso…ma mai trovai il modo di sopprimere quella paura che attanagliava ogni volta il mio cuore. Eppure sarebbe bastato così poco. Qualcuno che si preoccupasse di venirmi a cercare in casa non trovandomi in giro come al solito, che vedesse quanto ero spaventato, che mi stringesse la mano mentre deliravo e che mi rassicurasse che non ero solo…non è mai successo.
 
Da quando ho preso coscienza della presenza di Kurama non mi sono più ammalato. Non so il motivo preciso ma da allora non ho mai più preso l’influenza o la febbre. Per questo credevo…che la mia paura fosse scomparsa con loro. Invece non solo è rimasta ma si è scatenata di colpo.
 
In Bolt ho rivisto me stesso in quei giorni. Mi è bastato pensare che potevano anche essere ore che si trovava in quelle condizioni e che per tutto quel tempo lui era rimasto solo. Mentre…se solo avessi provato a cercare il modo, sarei potuto essere con lui durante l’allenamento. Forse avrei potuto evitare che si ammalasse facendolo rincasare presto. O se anche si fosse ammalato lo stesso, ci sarei stato io tutto il tempo a dirgli di stare tranquillo, che non c’era nulla di cui spaventarsi, che il suo papà lo avrebbe protetto.
 
I-invece…n-non ho fat-fatto n-niente…”
 
Non era riuscito ad andare oltre. I ricordi, le sensazioni, le lacrime lo avevano sopraffatto. Il dolore gli sgorgò dal cuore come un fiume in piena e faceva ancora così tremendamente male. Fece ancora più male quando le braccia di sua moglie persero completamente la loro forza e gli crollarono sui fianchi, quando vide che anche lei stava piangendo perché partecipe di quella sofferenza, ancora e ancora di più quando la baciò piano sentendosi egoista ad accrescere la sofferenza di entrambi in quel modo. Ma nulla poteva più trattenerlo.
 
“E’ stata dura…ma ora sei libero di ricominciare, Naruto.”







Note d’autore: Allora ben trovati a tutti ^^ Sono riuscita a portare puntuale ma non sono riuscita a scrivere un capitolo più lungo di questo perché è stata una settimana abbastanza piena. E poi insomma voglio dedicare lo spazio necessario a due vecchi amici che si ritrovano a parlare dopo parecchio tempo. Vi chiedo di avere pazienza e farò del mio meglio per regalarvi un bel capitolo con questi due la prossima volta!
 
Intanto veniamo a questo terzo capitoletto: il nostro piccolo Bolt per ora continua a riposare ma per fortuna a detta di Sakura non ha nulla di cui preoccuparsi. Poi dal suo breve discorso è emerso che alla prossima visita probabilmente sarà presente anche la piccola Uchiha, vi lascio immaginare il momento per il futuro. E in conclusione dopo aver ascoltato le parole di Sakura, Hinata ha finalmente capito a cosa sono legate le reazioni apparentemente esagerate di Naruto e grazie a lei e a Kurama che di sottofondo lo ha invogliato, il biondo ha tirato fuori tutto…Ora sapete perché si è comportato così. Se volete che sia sincera, mentre scrivevo il suo discorso me lo sono immaginato da piccolo in una situazione simile. E bhè…mi sono commossa a pensare a quel che può aver passato.
 
A questo punto, sarei proprio curiosa di sapere cosa ne pensate. Insomma sono tutte mie interpretazioni queste per questo vorrei davvero sapere se sono condivise oppure no. Comunque grazie di aver letto anche quest’aggiornamento! A lunedì prossimo con “Solidarietà tra amici”! ;)

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Capitolo 4
*** Solidarietà tra amici. ***


“Sembra che finalmente la febbre stia iniziando ad abbassarsi.” dichiarò Hinata dopo aver constatato che Boruto non scottava più come prima e notando anche che sembrava riuscire a respirare un po’ più liberamente.
 
Naruto era seduto al contrario sulla sedia della scrivania, le braccia conserte e la testa adagiata su di esse. Dopo essersi sfogato fino alla sfinimento, aveva preferito allontanarsi un pochino dalla moglie e dal letto del figlio. Così si era posizionato lì mentre Hinata invece non si era mossa ed era rimasta per tutto il tempo in religioso silenzio. L’Uzumaki era stato talmente assorto nei suoi pensieri da non notare minimamente i suoi movimenti ma ringraziò che lei gli avesse comunicato quella bella notizia.
 
“Meno male.” commentò sospirando alla fine.
 
“Ti senti bene?”
 
Avrebbe voluto rispondere di no, che in quel momento si sentiva solo devastato. Riaffrontare quei ricordi aveva riaperto una ferita dolorosa che adesso bruciava più di quanto non avesse fatto fino a quel momento. A questo si era aggiunta la consapevolezza di essere stato un debole per aver condiviso quella sofferenza con la mora che adesso era premurosamente più preoccupata per lui di almeno dieci volte. Era stato un incapace a non riuscire a trattenere le proprie emozioni. Alla fine era andata esattamente come aveva detto Kurama…intestardendosi a voler cercare di risolvere la situazione da solo, aveva finito solo per far del male a se stesso e a chi gli stava vicino.
 
“Va meglio, grazie.” rispose alla fine, mentendo a parole e con un piccolo sorriso.
 
Si sentì male nel vedere che Hinata sembrava leggermente rincuorata da quella bugia ben celata. Ma era disposto a pagare, a sentirsi ancora peggio pur di non vedere nuovamente i suoi bellissimi occhi colmi di lacrime. Era una cosa che lo distruggeva.
 
Lei prese il piatto abbandonato sul comodino, intenzionata a riportarlo in cucina ma prima che uscisse dalla stanza la richiamò:
 
“Hinata, devo uscire per andare a comunicare a Shikamaru che non andrò in ufficio domani. Resti tu qui con lui?”
 
“Certamente. Non preoccuparti.” garantì lei.
 
“Bene.” disse, alzandosi. Le si avvicinò e accarezzandole con delicatezza i capelli aggiunse: “Ne approfitto per prendere un po’ d’aria. Non stare in pena per me, va bene?”
 
Hinata sorrise dolcemente. Alzò una mano e accarezzandogli piano la guancia, gli sussurrò:
 
“Non darmene motivo.”
 
Lui annuì e si allontanò da quel contatto.
 
Scese le scale e stette attento a non farsi vedere da sua figlia mentre si richiudeva la porta alle spalle. La piccola aveva senza dubbio intuito la sua fragilità e per questo non volle farla preoccupare più di quanto non fosse già. Non anche lei.
 
Percepì il freddo della sera invaderlo ma non gliene importava anzi si augurava che servisse a raffreddare quel fuoco che gli ardeva dentro, accesso e alimentato da quel miscuglio di sensazioni che lo stavano invadendo. Frustrazione, rabbia, preoccupazione, affetto…
 
Sapeva di non correre il rischio di ammalarsi grazie a Kurama, per cui il pensiero non lo sfiorò nemmeno.
 
In quel momento tutto ciò che pensava era che avrebbe voluto iniziare a correre. Veloce, incurante di qualsiasi cosa o persona si fosse trovata sulla sua strada, spingendo il suo corpo fino al limite estremo consumando fino all’ultimo briciolo di energia che serbava in corpo. Voleva svuotarsi, non sentire più la tempesta che infuriava nel suo cuore, buttarsi alle spalle ogni cosa per poi tornare a casa solo quando fosse pronto ad affrontare quella situazione con uno spirito più forte.
 
Ma non si sentiva in grado di farlo.
 
Persino la distanza che lo separava dall’abitazione del suo consigliere e amico gli sembrava impraticabile.
 
Per quanto desiderasse pensare solo a se stesso in quel momento, suo figlio era lì. Non poteva trattenersi ancora a lungo nella sua cameretta senza rischiare di scoppiare un’altra volta ma allo stesso tempo non aveva la forza di volontà necessaria per lasciarlo. Il peso del suo passato stava ancora avendo un potere incredibile e lui era troppo sfinito per riuscire a contrastarlo. Ma c’era dell’altro…era il suo bambino e lui era suo padre. Non voleva allontanarsi veramente da lui.
 
Fu per questo motivo che spiccò un salto e salì sul tetto spiovente della sua abitazione e si sedette lì. Non c’erano stelle quella sera, non un suono era udibile in quel quartiere sebbene le luci delle case fossero accese e quindi era evidente che la popolazione non fosse ancora caduta tra le braccia di Morfeo. Quella calma gli piaceva, era ciò di cui aveva bisogno. Adesso doveva solo pensare ad acquietare il proprio spirito.
 
Ma prima di pensare a sé, gli restava ancora una cosa importante da fare.
 
Si morse il pollice abbastanza forte da lasciar fuoriuscire un rivolo vermiglio dalla ferita e compose velocemente una sequenza di quattro sigilli che conosceva molto bene. Schiacciò la mano forte accanto a sé ed esclamò:
 
“Tecnica del Richiamo!”
 
Ci fu uno sbuffo di fumo che diradandosi mostrò la presenza di un piccolo rospo color rosso scuro, con uno stecchino in bocca e l’aria poco socievole che aveva indosso una giacchetta verdognola su cui era riportata la parola “Boss”.
 
“Ciao Gamakero, è un piacere rivederti!” lo salutò.
 
“Fa un freddo bestiale qui!” commentò acido.
 
“Lo so.” concordò lui “Mi spiace molto ma avevo bisogno del tuo aiuto.”
 
“Naruto Uzumaki.” lo chiamò non appena lo ebbe riconosciuto “Ne è passato di tempo dall’ultima volta che mi hai richiamato. Papà e lo zio iniziavano a pensare che ti fossi dimenticato di noi.”
 
“Sono stato molto impegnato tutto qui. Ma prometto che vi invito tutti a mangiare degli spuntini un giorno di questi!” dichiarò, battendosi il pugno sul petto per confermare le sue parole.
 
“Volentieri!” acconsentì lui, dimenticando l’aria fredda circostante “Sicuro però di voler invitare anche lo zio Gamatatsu? Ti manderà in bancarotta.”
 
“Probabile ma per una volta non importa.” disse.
 
“Riferirò.” rispose il piccolo rospo “Piuttosto di cosa hai bisogno? Ma a parte questo, sai che hai una bruttissima cera? Hai fatto indigestione per caso?”
 
L’Uzumaki si immaginò la propria faccia e non fece faticare a pensarla come quella di una persona che aveva appena dato di stomaco. Del resto tirare fuori le sue paure d’infanzia era stato pressoché uguale.
 
“Niente indigestione ma non mi sento comunque molto bene. Per questo ho bisogno del tuo aiuto per recapitare un messaggio.”
 
“Un messaggio?! Tutto qui? Uff…” borbottò quello “ Speravo fosse qualcosa di più interessante.”
 
“Ti ho già detto che mi dispiace! Puoi farmi questo favore allora oppure no?” chiese. Dopo un momento però aggiunse: “Non sei costretto, posso sempre chiedere a Gamabura altrimenti.”
 
“A mio fratello?!” esclamò lasciando cadere il suo stecchino di legno dalla bocca ”Lui non è in grado di fare questi lavori di precisione! Ci vuole qualcuno di serio…uno come me!”
 
“Quindi devo dedurre che hai intenzione di farlo?”
 
“Naturalmente!” garantì, raccogliendo lo stecchino per rimetterlo al suo posto e sfilandosi da sotto la giacchetta un rotolo a grandezza di rospo. “Dimmi pure.”
 
“Devi portare questo messaggio a Shikamaru dicendogli che domani non potrò andare in ufficio perché devo restare a casa per prendermi cura di mio figlio che ha preso l’influenza. Per cui dovrà prendere il mio posto ma senza preoccuparsi dell’ultima pratica che ho lasciato a metà. Quando rientro ci penso io.”
 
Quella pratica. Che sarebbe successo se avesse deciso di terminarla e quindi di tornare a casa a notte inoltrata? Non avrebbe mai scoperto dello stato di Boruto.
 
“C’è altro?” domandò il rospo che infilandosi il dito tra le labbra ogni tanto aveva riportato il messaggio sul rotolo.
 
“No, tutto qui.”
 
Gamakero riavvolse il rotolo e avvolgendogli intorno un cordino, se lo assicurò dietro la schiena.
 
“Bene, ora sono pronto ad andare.” dichiarò.
 
“Ti ringrazio ancora per il disturbo.”
 
Il rospo lo guardò leggermente perplesso. Poi scosse vigorosamente la testa.

“Se ne hai ancora bisogno, non esitare a chiamare.” gli raccomandò lasciando da parte il tono burbero di sempre.
 
Il biondo non capì il motivo di quel cambio di atteggiamento ma annuì comunque.
 
“A presto allora! Riguardati Uzumaki! Dirò a papà Gamakichi del tuo invito!” e con lo stesso sbuffo con cui era venuto, scomparve lasciandolo ancora una volta da solo.
 
Naruto non riuscì a trattenere un sorriso. Quei rospi erano davvero creature straordinarie, nel corso degli anni lo avevano sempre aiutato senza tirarsi indietro, sostenendolo in momenti difficili e dimostrandosi compagni fedeli e leali.
 
Sollevò lo sguardo al cielo. Chissà dov’era il suo maestro? Quanto avrebbe voluto averlo vicino.
 
Quel momento di apparente calma svanì velocemente purtroppo. Accantonare i propri problemi non era affatto facile e trovare una soluzione lo era ancora di meno. Ma non poteva andare avanti così ancora  lungo. Doveva riprendersi ad ogni costo! Per Boruto, Himawari…per Hinata.
 
Si passò le mani tra i capelli, concentrandosi per isolare la propria mente. Sfogarsi non gli era servito a nulla, anzi aveva solo peggiorato le cose. Tenersi  dentro tutto lo faceva soffrire allo stesso modo. Possibile che non esistesse una soluzione per lui?
 
“Ragazzino…”
 
“Kurama, ti ho già detto che non è il momento!” lo rimproverò aspramente per aver interrotto la sua concentrazione.
 
“Lo so, volevo solo avvis-…”
 
“NON ORA, VATTENE!” gridò frustrato ad alta volte e non solo nella sua mente.
 
Il demone si acquietò mentre lui cercava di riprendere a respirare con calma. Lo aveva allontanato un’altra volta ma aveva bisogno di silenzio per cercare di risolvere il suo problema. Ma ce l’avrebbe fatta da solo?
 
Si sentiva così confuso. Non sapeva davvero cosa fare.
 
Colse in ritardo quel movimento alle sue spalle. Un attimo dopo si sentì colpito in testa da un pugno molto potente e si portò istintivamente le mani nella zona interessata per contenere il dolore.
 
“Tsk! Sei proprio una delusione, Dobe.”
 
Avrebbe riconosciuto quel nomignolo e quella voce ovunque. Si voltò ancora dolorante e avvolto nel suo mantello scuro, trovò in piedi il suo rivale di una vita. Aveva un’aria astiosa ma aggiunto a questo pareva palesemente seccato. Non che di solito non lo fosse ma senza dubbio sembrava più contrariato del normale. Ma cosa che stupì l’Uzumaki più di tutto era la sua stessa presenza lì, sul tetto di casa sua, vicino a lui.
 
“Sei davvero tu, Sasuke?” chiese interdetto.
 
“Sei fortunato che non sono un assassino o altro altrimenti a quest’ora saresti già morto.” commentò. “Se sei sempre così distratto durerai poco come Hokage.”
 
“Si può sapere perché diavolo mi hai colpito?! E soprattutto cosa ci fai a Konoha?!” sbraitò l’altro seccato da quel tono da saccente che era proprio dell’Uchiha il quale da parte sua si portò la mano sull’orecchio per attutire il rumore delle sue grida.
 
“Abbassa la voce, non sono sordo.” lo rimproverò.
 
“Credo di meritarmi delle risposte, Teme!” ribatte. “Che fai qui?”
 
“Sentiamo, per te cosa posso farci al Villaggio della Foglia?”
 
“Mi stai facendo innervosire Sasuke e ti assicuro che non è serata!” dichiarò, alzandosi e fronteggiandolo seppur continuasse a massaggiarsi là dove aveva ricevuto il pugno. Perché il dolore non passava?
 
“Ti garantisco che non è serata nemmeno per me dal momento che dovrei trovarmi da tutt’altra parte invece di star qui a sentirti sbraitare come un stupido moccioso.” rispose con un sospiro.
 
“Non vedo allora motivo per cui tu debba trattenerti qui!” disse l’Uzumaki, tornando a sedersi. “Se sei tornato per stare con Sakura e Sarada vai, saranno felici di vederti.”
 
Stavolta percepì lo spostamento e prima di ricevere un altro colpo stavolta fece in tempo a intercettarlo. Sasuke non stava affatto scherzando, c’era forza in quel pugno e trattenerlo non era affatto semplice.
 
“Si può sapere che ti prende? Perché volevi colpirmi ancora?” lo interrogò.
 
“Perché sei un’Idiota, ecco perché! Sapevi perché ero qui ma ti sei messo a gridare come se non lo immaginassi! E poi anche uno stupido si sarebbe accorto della mia presenza poco fa. Possibile che né tu né quella dannata volpe ve ne siate accorti?”
 
Naruto ripensò a Kurama e a quello che stava cercando di dirgli. Probabilmente si era accorto dell’avvicinamento di Sasuke e glielo stava comunicando quando lui gli aveva ordinato di lasciarlo in pace. Si sentì davvero uno stupido a non avergli prestato attenzione.

“Almeno sai di esserlo…” sbottò offeso il demone.
 
Avrebbe pensato dopo a far pace con il cercoterio. Il moro gli stava facendo perdere tempo e basta. Non voleva restare fuori casa troppo a lungo per non far stare in pensiero sua moglie e anche per potersi occupare di Boruto ma non si sarebbe mosso di lì finché non fosse riuscito a risolvere il proprio problema e per farlo aveva bisogno di restare solo.
 
Aumentò la pressione del suo braccio sul pugno dell’Uchiha e lo respinse.
 
“Non ha importanza adesso. Rimandiamo la discussione di quanto sono stupido o distratto a un altro momento. E’ sempre un piacere rivederti Teme ma ora ho altro a cui pensare. Mi darai questa lezione un’altra volta.” e tornò a fissare davanti a sé.
 
“Non ti riconosco.”
 
L’Uzumaki si voltò per fissare la serietà sul volto del rivale.
 
“Come dici?”
 
“Hai sentito benissimo. Non hai mai rimandato nulla. Quando provocato, hai sempre risposto immediatamente. Se insultato, ti sei difeso. Se sfidato, ti sei preparato a combattere. Questo a dispetto di qualsiasi cosa avessi dovuto affrontare in passato. Cos’è cambiato ora?”
 
Quella domanda lo aveva colpito. Sasuke in effetti aveva ragione, c’era qualcosa che non andava. Era veramente cambiato qualcosa perché fino a quel momento il dolore del suo passato era stato un motivo per andare avanti e un punto da cui trarre la forza per superare qualsiasi avversità. Per la prima volta invece lo aveva fermato. Perché?
 
“Sei interessato a sapere di cosa si tratta o vuoi che me ne vada, Dobe?”
 
Lui mise su un broncio nel sentirlo parlare con tanta consapevolezza. Ormai aveva capito che doveva aver saputo della sua situazione ma lo seccava che l’Uchiha fosse riuscito a capirlo più di quanto lui non fosse riuscito a fare da solo.
 
Inaspettatamente Sasuke si sedette accanto a lui.
 
“Allora?” lo incalzò.
 
Il biondo rise.
 
“Pensi davvero di conoscermi così bene?”
 
L’altro sbuffò.
 
“Siccome sembra che tu sia l’unico a capirmi evidentemente deve valere anche il contrario.”
 
Rimasero un momento in silenzio. Poi aggiunse:
 
“Comprendo la tua paura.”
 
Naruto stava per dire qualcosa ma lui proseguì.

“So cosa significa temere che qualcuno di importante debba vivere la stessa esperienza che tu vorresti dimenticare. Immagino cosa si prova a vedere quel processo inevitabilmente in atto senza essersi accorti di quando sia iniziato. La rabbia verso se stessi, la frustrazione, la volontà di rimediare anche se non si sa come. E poi c’è quella paura…la condivido.”
 
“Sas’ke…” mormorò Naruto “Tu che parli di paura? Stai scherzando?”
 
Una minacciosa vena iniziò a pulsare sulla tempia del moro.
 
“Come puoi pensare  che scherzi su una cosa simile, Dobe?!” lo rimproverò ”Guarda che anch’io sono padre adesso e il pensiero che mia figlia stia vivendo con me lo stesso rapporto che io vivevo con mio padre mi preoccupa non poco!”
 
L’Hokage rimase basito da quelle affermazioni ma ancora di più dal vedere il suo compagno di squadra assumere un’espressione di consapevolezza per le parole e calare di colpo lo sguardo con un certo imbarazzo sotto il quale però lui riusciva a leggere un dolore che conosceva bene. Possibile che anche lui stesse attraversando i suoi stessi dubbi e provandole stesse pene?
 
Non disse nient’altro, lasciando tempo al moro di decidere se continuare il suo discorso o fermarsi. L’attesa fu ripagata perché poco dopo quello ricominciò a parlare:
 
“Credi che io non lo veda? Che non mi renda conto di quanto Sarada metta impegno in ogni cosa che fa pur di guadagnarsi la mia lode quelle poche volte in cui ritorno al Villaggio? Quanto speri che anziché dare la priorità alla mia redenzione, io scelga di trascorrere più tempo con lei? Sono consapevole di tutto questo…ma, non sono come spiegartelo…prima d’ora ho sempre pensato di fare il possibile per conciliare tutto. Invece…mi sto rendendo conto di aver assunto lo stesso atteggiamento che aveva mio padre con me.
 
Dedicava tempo ed energie ad allenare solamente Itachi, i miei sforzi e progressi non sembravano suscitare in lui alcun interesse. Per questo ero così geloso di mio fratello anche se allo stesso tempo apprezzavo che almeno lui riconoscesse il mio impegno. Quando ho imparato la tecnica della Palla di Fuoco Suprema per la prima volta mio padre ha detto di essere fiero di me. Non l’ho più dimenticato. Anche se è stato solo in quell’occasione, ha dato un senso a tutta la fatica fatta fino a quel momento.
 
Lo vedi? Anche se io mi ero ripromesso di comportarmi diversamente alla fine non è servito a nulla. Sta già succedendo e il solo pensiero che lei provi quel che provavo io allora…insomma hai capito. Per questo sono in collera con me stesso per aver permesso che accadesse, sono frustrato perché a differenza di mio padre io so cosa prova e di cosa ha bisogno mia figlia quindi io ho la consapevolezza che proprio per questo motivo posso provare a rimediare. Per questo non sono sopraffatto dal mio passato…perché è l’unica soluzione per aggiustare le cose.”
 
Sollevò le iridi scure e profonde sull’amico e aggiunse:
 
“E’ successo lo stesso anche a te, è vero? Ti sei fatto cogliere dal panico scoprendo che tuo figlio aveva la febbre perché temevi che siccome non hai mai molto tempo da dedicargli avrebbe provato la medesima paura che hai provato tu quando eri piccolo e non c’era nessuno ad aiutarti. Ti sei reso conto che il passato si stava ripetendo e questo ha suscitato in te senso di colpa e rabbia. La differenza tra noi due però è una sola: te l’ho già detto una volta Naruto, tu hai un cuore molto tenero e per di più credi fermamente negli obiettivi che ti preponi. Aver lasciato che tutto questo si verificasse ha abbattuto le tue sicurezze e quindi sei rimasto indifeso di fronte al dolore che hai dovuto sopportare e che ora non riesci a mettere da parte perché dentro di te credi che siccome è già successo la situazione sia irrimediabile. Invece proprio perché è accaduto, proprio perché adesso stai così male che sei in grado di sistemare le cose. Possiamo farlo entrambi. Devi solo volerlo anche tu…e se lo desideri davvero devi impedire che la tua paura abbia il sopravvento sulla tua mente, usala per prendere le decisioni giuste ma non farti più frenare da essa.
 
Io non ho intenzione di farlo. E tu?”
 
Naruto non sapeva veramente cosa dire. Non solo Sasuke aveva colto nel segno ma era persino riuscito a paragonare la sua situazione con la propria, analizzandole entrambe e riuscendo a trovarvi una soluzione comune. Penso che da un punto di vista il moro fosse fortunato a non essere così predisposto a lasciar trapelare facilmente i suoi sentimenti perché questo gli impediva di vacillare anche quando si trattava di questioni riguardanti se stessi e le proprie persone importanti.
 
Per quanto riguardava se stesso invece non si era soffermato a riflettere a lungo e si era sempre lasciato guidare dalla forza dei suoi sentimenti in cui credeva fermamente. Riflettendoci adesso forse era stato un errore…
 
“Se non fosse stato per questi sentimenti il qui presente Sasuke, per quanto lo trovi un egocentrico bastardo che avrei lasciato volentieri a marcire, non avrebbe avuto alcuna speranza e sarebbe sprofondato nell’oscurità!” gli ringhiò contro il demone sentendo i suoi pensieri “Se fosti stato guidato dalla razionalità e da ciò che era probabilmente giusto fare, anziché salvarlo avresti avuto il dovere di ucciderlo! Invece no! Con la tua testardaggine e la forza del legame che sentivi tra di voi, hai fatto quanto era in tuo potere e gli hai salvato la vita. Mentre lui con la questa sua freddezza apparente non si sarebbe fermato a riflettere che uccidendo te, avrebbe ucciso la cosa più importante che gli sia mai capitata in tanti anni di odio covato e di fredda oscurità! Non hai alcun motivo per sentirti sbagliato per cui azzardati un'altra volta a pensare sciocchezze simili su di te e ti assicuro che prendo possesso del tuo corpo dandoti una lavata di capo che non dimenticherai facilmente!”
 
Nonostante la velata minaccia, le parole di Kurama lo avevano rasserenato. Sorrise.
 
“Vista la tua faccia da ebete immagino che anche il demone ti abbia fatto una ramanzina.”constatò il moro “Non credo la mia presenza sia più necessaria. E poi quel che dovevo dire te l’ho detto.”
 
Fece per alzarsi, facendo leva sulla spalla di Naruto per tirarsi in piedi. Mentre lo faceva però il biondo percepì la sua presa stringersi più di quanto sarebbe stato necessario per quello sforzo. Fissò l’amico che però non tradiva nulla dalla propria espressione. Ma quella stretta l’aveva sentita bene. Certo…non poteva esserne sicuro ma qualcosa gli diceva che con quel gesto l’Uchiha cercasse di trasmettergli fiducia, forza, sicurezza.
 
“Cosa farai adesso Sasuke?” chiese a quel punto.
 
“Tornerò a casa mia. “ rispose serio “Trascorrerò del tempo con mia figlia, vedrò i suoi progressi, mi stupirò…e alla fine le dirò che sono orgoglioso di lei, come lo sono infatti.”
 
“Io…non so ancora bene come comportarmi.” confessò l’altro con sincerità.
 
“Non me ne stupisco, del resto non sei un Dobe per nulla.” ghignò di rimando.
 
“La vuoi smettere di insultarmi una buona volta?!” chiese esasperato.
 
“Non posso farne a meno se sei così ingenuo da non vedere la risposta che hai davanti agli occhi!”
 
Dicendo così Sasuke balzò giù dal tetto e si avviò in direzione di casa sua. Ma senza fermarsi e con lo sguardo del biondo fissò su di sé, aggiunse:
 
“Smetti di pensare, non è una cosa che ti appartiene. Fa solo quello che senti.” fece una pausa e disse ancora: “So che non sbaglierai.”
 
Gli occhi cerulei si spalancarono di sorpresa.
 
“Come fai a esserne sicuro?” gridò alzandosi di scatto. Ma non ottenne alcuna risposta perché il moro era scomparso alla sua vista.
 
Tirò un sospiro. Parlare con Sasuke non sarebbe mai stato facile, del resto non lo era mai stato. Ma aveva la consapevolezza di essere l’unico a poter godere di quelle condivisioni, quelle parole, quel tipo di sostegno. Perché per quanto fosse diametralmente opposti, Sasuke Uchiha contava su di lui e quella fiducia era reciproca. Anche se agli occhi degli altri quel legame era invisibile, entrambi sapevano che c’era e finché fosse stato così avrebbero superato qualsiasi ostacolo pur di tenervi fede. E Naruto ne aveva appena avuta una prova…nemmeno l’orgoglio dell’amico gli aveva impedito di andare da lui e a modo suo, offrirgli il proprio consiglio e supporto.
 
“Grazie Sas’ke…non smetti mai di stupirmi.”







Note d’autore: Eccomi puntuale ragazzi! Allora sono stata felice nel vedere che ci sono sempre più persone a seguire questa storia e mi fa davvero molto piacere! : D Spero che continuerà a piacervi e che continuerete a farmi sapere che ne pensate perché mi piace molto opporre il mio punto di vista a quello di voi altri ^^ Mi fate porre l’attenzione su cose a cui io personalmente non avrei mai pensato.
 
Insomma finalmente è arrivata la tanto attesa discussione tra vecchi amici! Che ve ne è parso? Ammetto che è stato parecchio difficile più di quanto immaginassi. Non è da lui parlare così tanto ma visto la situazione ho pensato che poteva starci. Ma non so se sono riuscita a mantenerlo così com'è, del resto la figura di Sasuke è complessa e non è facile da riprodurre. Io comunque ci ho provato. Rimando a voi il giudizio! ^^
Insomma puntualizzata la questione nel prossimo capitolo vedremo come deciderà di comportarsi Naruto! Vi aspetto lunedì prossimo! Grazie per la lettura e a presto! :D
 

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Capitolo 5
*** Essere padre... ***


“Fa quello che ti senti. So che non sbaglierai.”
 
Le parole di Sasuke continuavano a rimbombargli nella testa come un tormentone di cui non ci si riesce a liberare. Ma involontariamente gli si increspavano le labbra in un sorriso ogni volta che ci ripensava. Quell’inaspettata chiacchierata era riuscito a ritemprarlo, a regalargli un po’ di ottimismo per affrontare la questione che lo tormentava.
 
Era stato principalmente per questo motivo che - come suggerito- aveva lasciato perdere momentaneamente le incertezze che insinuavano in lui dubbi e perplessità ed era tornato subito in casa. Hinata lo aveva coperto tenendo occupata la figlia affinché non si accorgesse che si era allontanato di casa.
 
Arrivato in camera di Boruto però gli era tornato in mente che in fin dei conti Sasuke non gli aveva dato nemmeno un minimo suggerimento su cosa avrebbe potuto fare lui per cercare di sistemare le cose. Anzi in merito lo aveva messo ancora più in crisi.
 
In pratica tutto ciò che gli aveva detto era di smettere di spaccarsi la testa…doveva solo essere se stesso, seguendo ciò che l’istinto gli diceva di fare.
 
Ripensandoci fino a quel momento non si era fermato a riflettere più di tanto dato che la paura aveva preso il sopravvento e guidato tutto i suoi gesti successivi.
 
Quindi ecco che si ritrovava punto e a capo. L’unica cosa certa era che non aveva più intenzione di permettere che il suo passato lo turbasse così tanto. Voleva solo cercare di sistemare le cose e per farlo avrebbe utilizzato quei ricordi dolorosi. Come aveva sempre fatto.
 
Restò seduto lì accanto a lui a lungo, finché non sentì una voce chiamarlo.
 
“Naruto-kun…?”
 
Si voltò e vide sull’uscio della porta Hinata e accanto a lei Himawari che le stringeva la mano.
 
“Noi andiamo a dormire ma prima volevamo augurarvi la buonanotte.” spiegò “Vero?”
 
La bambina annuì e non appena lui sorrise incoraggiante, gli corse incontro finendogli tra le braccia. La tenne stretta un momento prima che lei si sedesse sulle sue gambe e domandasse:
 
“Resti con lui?”
 
“Si.” confermò “ Gli tengo compagnia.”
 
“E se ti ammali anche tu?” chiese ancora, un po’ preoccupata.
 
“Non succederà vedrai.” la rassicurò “C’è Kurama che mi protegge, ricordi?”
 
Sentire pronunciare quel nome eccitò molto Himawari. Sia lei che il fratellone avevano una particolare passione per la Volpe a Nove Code. Naruto e Hinata avevano spiegato loro che nonostante fosse un demone non era una creatura cattiva ma anzi era a tutti gli effetti un compagno del Villaggio della Foglia e che finché fosse stato nel corpo del biondo non gli sarebbe mai successo niente.
 
“Posso salutarlo?”
 
“Ma certamente.” accordò “Aspetta un momento.”
 
Chiuse gli occhi e quando li riaprì un attimo dopo al posto delle iridi azzurro cielo ce n’erano altre due completamente diverse di un colore rosso intenso con le pupille nere allungate.
 
“Ciao Mocciosetta.” la salutò Kurama parlando con la voce di suo padre anche se con un tono più sibilante.
 
Non era la prima volta che lui e la sua Forza Portante facevano scambio di fronte ai figli di quest’ultimo. Del resto la prima volta era stata l’unica cosa che fosse riuscita a convincerli della sua esistenza.
 
“Come stai?” gli domandò gentilmente.
 
“Tuo padre mi fa disperare.” sospirò “ Ma te l’ho già detto che è una testa vuota no?”
 
Riuscì a strappare una risata a Himawari e lui stesso si trovò a increspare le labbra.
 
“Ma tu vuoi bene a papà, giusto? Per questo lo proteggerai, non è così?”
 
A quel punto il Novecode dovette stare attento e ponderare bene le parole.
 
“Non permetterò che gli accada nulla. Per quanto stupido è pur sempre…un ragazzino interessante.”
 
“Grazie Kurama!” esclamò prima di buttargli le braccia al collo.
 
Decisamente quella mossa non se l’aspettava.
 
“Ehm…si, si.” biascicò, dandole qualche colpetto sulla schiena “Ora mollami però.”
 
Lei obbedì subito.
 
“Buonanotte Kurama!” lo salutò.
 
“Notte Cucc-“ simulò un attacco di tosse e continuò “Ehm… Mocciosetta.”
 
E detto questo tornò al proprio posto, facendo riappropriare Naruto del proprio corpo.
 
“Sai che sei riuscita a metterlo in imbarazzo?” chiese sorridente alla figlia, nonostante il sordo ringhio che gli intimava di non aggiungere una sola parola.
 
“Ora vai a dormire però.” le disse , dandole un bacio sulla fronte “Sogni d’oro, piccola mia.”
 
“Falli anche tu, papà.” rispose prima di baciargli la guancia.
 
Scese dalle gambe del padre e diede un bacino anche al fratello, dicendo: “Guarisci presto.”
 
Dopo fu il turno di Hinata che baciò i due biondi allo stesso modo, proprio in mezzo alla fronte e augurò loro la buonanotte. Prese nuovamente sua figlia per mano e andarono a coricarsi.

Naruto sospirò. Era certo che non esistesse dolcezza più pura di quella emanata da sua moglie e sua figlia. Se anche Kurama aveva ceduto, immaginò che anche Sasuke non sarebbe riuscito a resistere.
 
“Te lo ripeto l’ultima volta…non mi sono imbarazzato! E non osare insinuare che sia più emotivo di quell’Uchiha! Fallo un’altra volta e guarda…” lo minacciò.
 
“Va bene, come vuoi.”concluse l’altro.
 
Portò entrambe le braccia in alto, stiracchiandosi un po’. Poi le incrociò e rimase ad osservare Boruto che dormiva.
 
Ripensò a quando era appena nato e a quanto tempo passava ad osservarlo, a constatare quanto potesse essere piccolo, delicato e meraviglioso suo figlio. Il suo arrivo era stata una gioia indescrivibile, che gli aveva riempito il cuore di commozione. Soffermarsi a guardarlo in quel momento, gli riportò alla mente tutte quelle bellissime sensazioni.
 
 Si era ripromesso che la sua famiglia sarebbe stata sempre al primo posto, qualsiasi cosa fosse successa. Invece da quando aveva iniziato a fare l’Hokage non era stato più in grado di tener fede alla sua promessa. Nonostante essere diventato finalmente il Settimo lo avesse riempito di gioia in quanto adempimento del sogno di una vita, non poter dedicarsi ai suoi cari come avrebbe voluto aveva iniziato a pesargli. Credeva che impegnarsi a fondo gli avrebbe permesso di trovare il tempo per far conciliare al ruolo di capo villaggio anche quello di  padre e marito. E invece era andato tutto in modo completamente diverso. Aveva sbagliato su tutta la linea e a pagarne le conseguenza erano coloro a cui teneva di più. Forse…
 
Un profondo ruggito gli rimbombò in testa e cercò di attutirlo inutilmente tappandosi le orecchie.
 
“Ora basta! Smettila! Ho la testa piena di tutti i tuoi stupidi pensieri!” ringhiò furiosamente Kurama ”Non riesco a credere di stare per dirlo ma credo che il consiglio di non pensare sia stato il migliore che quel bastardo Uchiha potesse darti!”
 
“Non azzardarti a farlo mai più!” lo rimproverò “Mi farai scoppiare la testa!”
 
“Ne vogliamo parlare? E’ la mia di testa che è sul punto di esplodere!”
 
“Allora stanne fuori! Nessuno ti ha chiesto di impicciarti nei miei problemi!”
 
“Adesso mi hai davvero stancato, Ragazzino.” lo avvertì.
 
Senza alcuna possibilità di appello, Naruto caddè in tranche. Appena recuperò coscienza, aprendo gli occhi scoprì di trovarsi di fronte al cancello in cui era rinchiuso il demone. Sembrava lo stesse aspettando dal momento che lo fissava intensamente a zampe incrociate.
 
“Perché mi hai portato qui?” lo interrogò furioso “Non voglio parlare con te!”
 
“Infatti sono io che voglio parlare con te! E resterai a sentire quello che ho da dire in silenzio finché non avrò finito! E ti giuro che se ti metti a sbraitare un’altra volta in quel modo contro di me, userò il mio chakra per corroderti la carne in modo talmente doloroso da farti urlare straziato al punto che ti rimarrà appena l’aria sufficiente per respirare!”
 
Il biondo si sentì intimorito da quella minaccia. Qualcosa gli diceva che il demone non scherzava.

“Non sto scherzando infatti. Una sola parole e ti giuro che ti farò rimpiangere di esserti unito a me.”
 
Quando lesse nei suoi occhi che il messaggio era arrivato, iniziò a parlare:
 
“Devi rassegnarti all’idea che essere Hokage non smetterà mai di impedirti di dedicare il tempo che vorresti alla tua famiglia. E’ un dato di fatto che non puoi cambiare quindi mettiti l’anima in pace.
 
Questo significa che per quanto tu desideri impedire che i tuoi figli e tua moglie percepiscano così tanto la tua mancanza nelle realtà quotidiane, non esiste nulla che tu possa fare per cambiare le cose. Boruto dovrà continuare ad allenarsi da solo la maggior parte delle volte, tua moglie a occuparsi di lui e della cucciola e quest’ultima…bhè non ho idea di cosa faccia nell’arco della giornata.
 
Questo non significa però che tu sia un padre degenere o altro. Hai dimenticato forse cosa significa essere un Hokage? Io credo proprio di sì! Ti rinfresco la memoria allora! Significa occuparsi e proteggere il Villaggio a qualsiasi costo! E cosa credi di star facendo in quell’ufficio tutto il giorno eh? Ti diverti forse? Pensi a quel che cazzo ti pare mentre stai alzato fino a notte inoltrata per completare i rapporti? Te ne vai a fare gite negli altri villaggi invece delle conferenze per continuare a tener salda la pace tra le terre ninja? Quando hai un po’ di tempo libero in cui dovresti riposarti preferisci andartene a letto invece di dedicare tempo a Boruto, Himawari e anche a Hinata? No, dannazione!
 
Cazzo, possibile che non riesci a vedere che ogni cosa che fai, ogni santo giorno, a prezzo della stanchezza e della stanchezza la fai solo per il loro bene?!
 
Credimi Naruto, io ti conosco meglio di chiunque altro! E dopo la prima settimana da Hokage, ero certo che avresti lasciato il ruolo oppure avresti scaricato tutto il lavoro a quella testa d’ananas di Shikamaru! Invece no! Ti sei messo d’impegno, hai lavorato sodo e non hai rallentato nemmeno un attimo per di essere efficiente e garantire a Konoha tutto ciò di cui aveva bisogno! Pace e ordine!
 
Non capivo dove trovavi la forza di fare qualcosa che andava così tanto contro la tua natura! Che ti teneva chiuso in un ufficio invece di permetterti di esporti in prima linea come hai sempre fatto! Non te l’ho mai chiesto perché non c’è stato bisogno.
 
Ogni volta che vacillavi vedevo che il tuo pensiero andava a loro! Che ricordavi che se avevi avuto la possibilità di crearti una famiglia era solo per merito della pace e quindi dovevi fare di tutto per renderla duratura! Che se volevi che i tuoi figli vivessero una vita serena non potevi venir meno ai tuoi doveri ma dovevi impegnarti perché il Villaggio continuasse ad essere il luogo giusto dove volevi che crescessero!
 
Una volta hai detto a Boruto che da Hokage non potevi più essere solo suo padre perché anche gli abitanti della Foglia erano diventati membri della famiglia, gli hai detto di essere forte come un ninja nonostante fosse dura…quella volta hai capito la sua delusione e hai compreso il suo desiderio di poterti avere un po’ più per sé. E questo ti ha motivato ancora di più a impegnarti perché poi ogni attimo vissuto con loro era più bello, più profondo perché potevi godertelo consapevole di averlo reso possibile grazie al tuo impegno!Ragazzino…loro lo sanno. Tutti e tre. Sanno che nonostante il poco tempo, ogni momento in cui ti lasci alle spalle il lavoro per stare con loro è prezioso e importante!
 
Che Boruto faccia di tutto per attirare l’attenzione è solo la prova che ti vuole un bene dell’anima. Si è naturale che possa sentirsi un po’ trascurato…ma credimi, se ce l’avesse con te per questo non escogiterebbe piani così ben congeniati pur di strapparti un po’ di tempo!
 
Himawari come ti è sembrata stasera appena sei rientrato? Era felicissima! Ti ha forse rinfacciato il fatto che non passi mai tanto tempo con lei? No!! Era contenta di averti a casa con lei e non le importava di nient’altro!
 
E la Hyuuga? Quella ragazza ti legge l’animo…ti ha capito al volo. Ti sembrava arrabbiata? Ti ha forse mai detto che potresti fare qualcosa di più per lei, per i bambini? Ancora no! Ti ha detto di non scusarti perché sa benissimo che tu per loro fai l’impossibile!”

 
Trasse un paio di respiri, esausto da quella che era stata probabilmente la ramanzina più lunga della sua vita. Ma era necessaria. Prima non aveva voluto ascoltarlo e lui gli aveva dato il tempo di pensare e di riprovare a parlarne con calma più tardi. Ma la situazione non era migliorata troppo nonostante l’intervento del moro. Essersi sentito cacciare per l’ennesima volta lo aveva fatto scoppiare! A quel punto se voleva provare ad aiutarlo doveva solo che obbligarlo ad ascoltarlo. Ed era quel che aveva fatto, nonostante per lui si stesse dimostrando più difficile del previsto.
 
Si soffermò a scrutare il biondo in cerca di qualche segno che le sue parole lo avessero almeno scalfito. Percepì del senso di colpa provenire da lui e credendo che il suo lungo discorso non fosse servito a niente, tagliò corto:
 
“Devi smettere di sentirti in colpa per quello che è successo a Boruto perché per il suo bene stai facendo tutto ciò che è in tuo potere! E lo dimostra il fatto che tu adesso ti trovi vicino a lui e sei pronto a vegliarlo tutta la notte! Che tu abbia cercato l’unico ninja medico a cui affideresti la tua vita per poterlo far visitare! Che non riesca nemmeno ad allontanarti da casa per non lasciarlo solo!
 
Essere padre significa pensare sempre e solo al bene dei propri figli anche se questi a volte non capiscono il motivo di certi gesti, significa stargli accanto quando soffrono e stanno male! Aiutarli a rialzarsi quando cadono ed essere per loro un modello giusto da seguire! Significa amarli incondizionatamente ed essere pronti a sacrificare qualsiasi cosa per loro! Tu non hai mai mancato solo a uno di questi doveri quindi smettila di fare il poppante e piangerti addosso!
 
Ora puoi andartene. Non c’è più nulla che devo dirti.”

 
Rimase con le zampe incrociate in attesa che sparisse alla sua vista ma non fu così. Quando il biondo sollevò il capo, Kurama restò basito. La sua Forza Portante era commossa.
 
“Perdonami.”
 
Una sola parola. Ma al demone arrivò molto di più. Quel senso di colpa di poco prima. Era diretto a lui. Per averlo allontanato, cacciato in malo modo, ignorato. Per aver dimenticato che erano una cosa sola ormai. Che se aveva bisogno d’aiuto poteva contare su di lui, che tutto ciò che aveva tentato di fare in quel momento era stato solo per aiutarlo. Ma lui se ne era fregato. Fino a quel momento.
 
“Ti conviene tornare.” si limitò a dire il Novecode, rintanandosi all’interno del cancello e dando le spalle all’Uzumaki “Tuo figlio sta per svegliarsi.”
 
Quella notizia ridestò il giovane che sentì un moto di felicità al pensiero che avrebbe potuto parlare finalmente con suo figlio. Ma titubò. Dopo il modo in cui si era comportato, non sapeva bene cosa dire al demone. Le scuse, per quanto sentite, non sarebbero mai bastate.
 
“Ho promesso che avrei protetto una stupido con la testa vuota…rientri ancora nei termini del mio accordo.” lo incitò Kurama. “Ora sbrigati e vai.”
 
Sentì il chakra rosso avvolgerlo e comprese che il demone lo stava riportando indietro. Mentre stava scomparendo, non smise un attimo di fissare la Volpe accucciato dentro la sua antica gabbia. All’ultimo istante lo vide sollevare la zampa e agitarla appena.
 
Sorrise. L’amico l’aveva perdonato.






 
 
 
 
 
 
 
 
Note Finali: Ragazzi, oggi sono in ritardo abissale accidenti! Purtroppo non ho potuto scrivere molto nel week-end e quindi mi sono ritrovata a fare gran parte del lavoro oggi. Mi dispiace lasciarvi così in sospeso ma non ne ho potuto fare a meno. Mi farò perdonare però, vedrete!
 
In questo capitolo assistiamo al momento del confronto tra Kurama e Naruto, che è stato a lungo rimandato dal biondino. Kurama ha fatto un lunghissimo discorso dettato dalla rabbia che prova nel sentire Naruto prendersela così tanto con se stesso nonostante il grande impegno che mette in tutto quello che fa. Bhè spero che vi sia piaciuto e mi farete sapere cosa ne pensate ^^ A prestissimo! :D

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Capitolo 6
*** Essere padre (Parte 2)... ***


Naruto riaprì gli occhi lentamente.

Scosse un po’ la testa come se si fosse svegliato dopo tante ore di sonno.  Allungò braccia e gambe per sgranchirsi e alcuni scricchiolii gli segnalarono che probabilmente era rimasto immobile per più tempo di quello che credeva.  Eppure aveva la sensazione che non fossero passati più di pochi minuti da quando la sua coscienza  era stata richiamata all’interno della sua mente.


Decise di smettere di arrovellarsi sulla questione. Del resto il perché e il come potesse accadere una cosa simile era ancora qualcosa di inspiegabile per lui. Succedeva e basta.

La sua attenzione venne attratta da una serie di mugolii che si susseguivano sempre più frequentemente. L’espressione di Boruto era contratto come quella di una persona che cerca in tutti i modi di continuare a dormire mentre un rumore persistente e fastidioso cerca di svegliarlo. Sorrise pensando a quando sua moglie gli ripeteva che lui e suo figlio erano uguali quando arrivava il momento alzarsi perché assumevano la stessa espressione.

“Boruto…?” provò a chiamarlo piano. Quello si agitò un po’ ma non aprì gli occhi.

Gli sondò la fronte, scoprendo che era di nuovo un po’ caldo. Strinse i denti.

“Mhm…” mugugnò un po’ più forte il piccolo biondo.

Il padre gli accarezzò un po’ il viso con il dorso della mano. Non sapeva come altro fargli capire che era lì.

D’un tratto lo sentii premere la guancia contro la sua mano  alla ricerca di contatto e dischiudere i suoi stessi occhioni azzurri.

“Ehi…” lo salutò , aprendosi in un grande sorriso di sollievo “…ben svegliato. Come ti senti?”

Lui sembrò un po’ confuso e ci mise un attimo prima di riuscire a capire che c’era qualcuno lì con lui. Continuare a sentire quelle carezze però lo stavano aiutando a destarsi e a riprendere coscienza.  Quando mise a fuoco il volto vicino al suo, finalmente lo riconobbe.

“Papà…?” sussurrò con un filo di voce.

“Sì, sono io.” lo rassicurò” Sono qui Bolt.”

Lui sembrò rilassarsi e chiuse nuovamente gli occhi. Dopo un istante li spalancò e si tirò a sedere di scatto.

“PAPA’?!” esclamò  “Che fai… qui…”

Non ricadde a peso morto sul letto perché Naruto scattò in piedi per affrettarsi a prenderlo per le spalle, aiutandolo ad adagiarsi nuovamente sul letto.

“Ma sei impazzito forse?” lo rimproverò “Hai la febbre alta, non devi agitarti così!”

Mentre lo copriva nuovamente, Boruto si massaggiò una tempia cercando di riprendersi dal piccolo mancamento avuto per lo sforzo improvviso. Naruto rise interiormente. Avrebbe dovuto immaginarsi una reazione simile da parte di quel piccolo uragano di suo figlio.

“Cavolo…che ore sono?”

“Quasi le dieci.” rispose, consultando la sveglia che aveva sul comodino.

“E tu che fai qui a quest’ora…?”

Soppesò bene quella domanda. Non sapeva cosa esattamente volesse sapere suo figlio : se era lì perché era tornato presto oppure perché venuto a sapere che stava male. Ma l’esperienza avuta durante la serata con Sarada gli ricordò di non giungere a ipotesi affrettate. Si limitò a rispondere con sincerità.

“Ho rimandato la stesura dell’ultimo rapporto a domani per poter rientrare un po’ prima. Siccome non mi sei piombato addosso quando ho bussato alla porta, mi sono preoccupato e sono venuto a cercarti in camera.  E così ho scoperto che avevi la febbre molto alta. Ho fatto venire anche Sakura-chan per-…”

“Sakura-chan è stata qui?!” chiese stupito.

“Si.” rispose sospirando “Ha detto che ti sei preso una bella influenza e che prob-...”

“L’influenza?! Ma così non posso allenarmi! Devo ancora finire l’allenamento con gli shuriken!”

“Dannazione! Potesti ascoltare senza interrompermi ogni volta, per piacere?!”

Il più piccolo si ammutolì immediatamente, stringendosi sotto le coperte come a volersi nascondere. Naruto si pentì immediatamente di aver alzato la voce. Suo figlio era impulsivo proprio come lui per questo non si sarebbe mai dovuto innervosire solo perché continuava a interromperlo. Ma era stata una lunga serata e tutto quel che era successo aveva fatto calare la sua pazienza al minimo. Vedere suo figlio quasi spaventato da lui, lo ferì profondamente.

“Bolt, ti prego scusami!” cercò di dire “ Non volevo…davvero…”

Non riusciva più a parlare così si lasciò andare a un lungo sospiro portandosi le mani davanti al volto per cercare di recuperare il controllo. Era stato uno stupido! Uno stupido! Possibile che di colpo avesse perso il controllo di sé e delle proprie azioni? Possibile che non ci fosse qualcosa che riuscisse a restituirgli un po’ di tranquillità?!

Sentì dei colpetti leggeri su un ginocchio e scoprendosi il viso vide che suo figlio aveva allungato la mano e stava cercando di attirare la sua attenzione restando sdraiato per evitare che si ripetesse la scena di poco prima. Adesso lo guardava preoccupato e con aria colpevole.

“Non volevo farti arrabbiare, papà. Mi perdoni?” si scusò sinceramente. Vedere suo padre reagire in quel modo lo aveva intimorito un po’ perché era la prima volta che reagiva in modo tanto aggressivo e non se lo aspettava. Ma si era accorto subito del cambiamento della sua espressione e di come si fosse incupita immediatamente e nelle sue parole aveva percepito un turbamento che lo mise subito in agitazione. Anche se avrebbe preferito di gran lunga poter stare in piedi e trascorrere diversamente quel momento, non voleva assolutamente sprecare nemmeno un minuto del suo tempo con il genitore. Più di tutto non voleva che fosse arrabbiato con lui, non lo avrebbe sopportato.

“Ma tu non hai nessuna colpa!”  si affrettò a dire subito Naruto, andandosi a sedere sul bordo del letto.

Non poteva accettare che Boruto si sentisse in colpa per il suo comportamento! Che si sentisse in dovere di scusarsi solo perché lui aveva i nervi a fior di pelle e non riusciva a trattenersi! Non sopportava di vederlo così turbato per lui! Doveva spiegargli, fargli capire il motivo della sua reazione così brusca, dirgli tante cose…

“Bolt, qui l’unico che deve scusarsi sono io. Non mi sarei dovuto permettere di alzare la voce in quel modo solo perché sono turbato, scaricando così la mia frustrazione e la mia paura.”

“Paura…?” domandò confuso il piccolo. L’Uzumaki più grande si aprì in un timido sorriso.

“Non immagini la paura che ho provato questa sera quando ti ho trovato qui al buio, rintanato sotto le coperte con la febbre altissima. Non immagini quanto mi sia sentito in colpa per aver permesso che ti succedesse una cosa simile. Quanto mi sono odiato per averti lasciato andare ad allenarti da solo anche oggi e non aver evitato che ti ammalassi. E non immagini quanto sia difficile per me parlarti di questo. Sono tuo padre, dovrei essere io quello forte e che non vacilla. E invece…non mi sono mai sentito così fragile come in questo momento.” confessò così il suo strazio. Aggiunse “ Scusa…” sussurrandolo appena senza accorgersi del solco umido che gli stava attraversando la guancia.

Boruto invece se ne era accorto e non poteva sentire un’altra parola. Puntellò i gomiti e un po’ a fatica si tirò a sedere nonostante il padre cercasse di obbligarlo a stendersi nuovamente. Lui lo ignorò finché non poté guardarlo direttamente negli occhi.

“Ma che stai dicendo? Papà se non sei venuto è stato perché eri impegnato! Insomma so che mi lamento sempre di questo e che ti faccio disperare molte volte con tutti i disastri che combino…so che ti ripeto sempre che non passiamo abbastanza tempo insieme… ma lo so che non lo fai apposta! Lo so! So che fai quello che puoi! Tu…n-non devi…non voglio che stai male c-così per m-me…i-io sto bene…”

Non riuscì a trattenersi e si gettò tra le braccia del padre che lo accolsero, stringendolo con foga. Il ragazzino piangeva silenziosamente contro il petto del padre mentre quest’ultimo o faceva altrettanto silenziosamente passandogli la mano tra i capelli e accarezzandogli contemporaneamente la schiena.

“S-sono forte. T-tengo duro, come hai detto tu…” continuava a ripetere Boruto “Non devi preoccuparti per me…”

“So quanto sei forte.” gli rispose “ Cavolo,non volevo farti preoccupare per me…Sakura-chan aveva ragione, sono davvero una Testa Quadra!”

Sentì un piccolo risata soffocata provenire dal figlio. Non doveva più piangere. Doveva solo ridere. E sentì che era quell’obbiettivo doveva essere raggiunto a qualsiasi costo. Si sentiva pronto a tutto pur di ottenerlo, dimenticando di colpo qualsiasi altro pensiero.

“Vogliamo fare una cosa?” cominciò, allontanandolo un po’ da sé “Io smetto di piangere ma tu devi fare lo stesso! Ci stai?”

“Si!” esclamò. Poi alzò la mano e scacciò letteralmente la scia umida dal viso del padre “Prometti di non farlo più però! Non voglio più vederti piangere!”

Con un sorriso Naruto replicò quello stesso gesto e asciugò gli occhi del figlio.

“Solo se tu mi prometti lo stesso.” contrattò.

“Lo prometto, papà!”

Scambiatisi quella promessa con una poderosa stretta di mano, entrambi si lasciarono andare a una risata liberatoria. Ora in quel momento entrambi si sentivano così tremendamente e irrimediabilmente sereni. A riportare un po’ di preoccupazione in quell’atmosfera per Naruto fu notare il rossore pronunciato sul volto di Boruto. Una volta che lo ebbe rimesso sdraiato, gli tastò nuovamente la fronte.

“Accidenti, ti ho fatto agitare troppo.” affermò constatando che era di nuovo molto calda.

“Sei sicuro? Io mi sento un po’ meglio di prima.” dichiarò il biondino.

“Aspetta un momento.” gli intimò. Poi fece per alzarsi ma si sentì afferrare il polso e vide suo figlio che lo guardava supplicante. Naruto lo intuì a volo quindi si affrettò a rassicurarlo.

“Non vado da nessuna parte. Sarò di ritorno da te tra pochissimo!”

Il tono sicuro e confortante riuscì a tranquillizzare Boruto che lo lasciò andare. Non seppe dire perché avesse reagito in quel modo, era sicuro che il padre non si sarebbe allontanato. Eppure era stata una reazione istintiva.

Si diresse in bagno dove riempì una bacinella con un po’ d’acqua tiepida, non troppo fredda. Poi cercò un paio di asciugamani e quando li ebbe trovati tornò con il tutto dal figlio a letto. Ne piegò uno un paio di volte sotto il suo sguardo attento e lo immerse competamente nell’acqua, prima di tirarlo fuori e strizzarlo per bene.

“Stai fermo ora, okay? Faccio io.”

L’altro obbedì. Naruto lo scoprì ottenendo un piccolo verso di disappunto ma iniziò comunque il suo lavoro. Piano e con una delicatezza che non credeva di avere iniziò a passare il panno umido dapprima sul suo viso premurandosi di bagnargli per bene la fronte, poi iniziò a scendere lungo il collo. Sentiva il corpo del figlio rabbrividire al suo passaggio ma sapeva che era necessario. Quindi proseguì bagnandogli le braccia e sollevandogli i pantaloni gli rinfrescò un po’ anche le gambe.

Lo coprì giusto con il lenzuolo, togliendo la coperta più pesante. Era bene che non stesse troppo coperto.

“Ho freddo.” si lamentò però, raggomitolandosi per cercare di scaldarsi.

“Lo so, devi avere un po’ di pazienza.”

Mise da parte il panno che aveva appena usato e bagnò l’altro allo stesso modo anche se stavolta dopo averlo strizzato, lo piegò semplicemente in due e lo adagiò sulla fronte di Boruto.

“Vedrai che ti aiuterà.” lo consolò.

Lui si limitò ad annuire, chiudendo un po’ gli occhi per rilassarsi.

Mentre compiva quei piccoli gesti, Naruto si sentì invadere da uno strano senso di pace. Ciò che stava facendo lo faceva sentire bene. E percepire il totale abbandono con cui suo figlio gli affidava se stesso lo emozionò.

“Ora dovrebbe andare meglio.” affermò dopo un po’, rimuovendogli il panno dalla fronte.

“Io continuo a sentire freddo.” bisbigliò l’altro.

“Dobbiamo aspettare ancora un paio d’ore prima di poter prendere un’altra pasticca.” spiegò “Perché non cerchi di dormire un altro po’ nel frattempo?”

“Non credo ci riuscirò.”

“Come fai a dirlo se non ci provi eh?” per quanto cercasse di scherzare però l’espressione un po’ cupa del figlio non accennava a volerlo lasciare. A quel punto gli venne un’idea.

“Scansati un po’.” gli intimò, spingendolo un po’ con la mano.

Il bambino non comprese immediatamente ma gli fu più chiaro quando vide il padre togliersi le scarpe e una volta sollevato il lenzuolo mettersi di fianco a lui. A quel punto si fece un po’ di forza e si scostò per permettergli di mettersi comodo. Quando fu entrato tutto, passò il braccio intorno alle spalle del figlio e se lo tirò contro. Un po’ per il calore ma soprattutto perché quello era il suo papà, Boruto si accoccolò al suo fianco poggiandogli la testa sul petto. Il biondo più rande si sistemò meglio il cuscino dietro la testa e poi si rilassò osservando l’altra testolina bionda placidamente adagiata su di sé.

“Papà…?”

“Sì?”

“Come farai ad andare al lavoro domani se ti viene la febbre?” chiese.

“Tranquillo, non mi ammalerò grazie a Kurama.” lo rassicurò “Ora cerca di riposare e non temere…ti veglierò tutta la notte.”

“Ma sarai stanco se resti sveglio…domani come…”

“Boruto,adesso sei tu la mia priorità.” mise in chiaro. “Mi sono preso la mattinata libera per restare con te, non ho la minima intenzione di lasciarti solo. Ora smetti di pensare e cerca di riposare.”

Il piccolo rise ancora una volta e strinse la presa ancora un po’. Il padre ricambiò bene lietamente. Rimase ad ascoltare i loro respiri tranquilli, godendosi finalmente il primo vero momento di pace e tranquillità della serata. Non sentiva più nulla se non quel piacevole calore accanto a sé che era riuscito ad arrivargli fino al cuore.

“Non riesci ancora a prendere sonno?” domandò dopo averlo sentito sbuffare per la quinta volta e agitarsi ancora.

“No…” sospirò.

Senza quasi pensarci Naruto cominciò a fischiettare. Un motivetto che era solito canticchiare quando era piccolo e si sentiva solo.  Mantenne un tono basso, liberando un suono dolce che risuonava solo lì vicino a loro due. Non sapeva come gli fosse venuta un’idea simile in mente ma sentire suo figlio di fianco a sé che iniziava a rilassarsi lo invogliò a continuare. Non conosceva altre melodie quindi continuò a ripetere semplicemente quel ritornello.

“Grazie…” sentì sussurrare poco dopo “Ti voglio bene…papà…”

Non smise di fischiettare nemmeno quando capì che suo figlio si era addormentato. Lo fece molto dopo, solo quando non riuscì a trattenere il suo istinto che lo portò a baciare la fronte di suo figlio e a sussurrargli a sua volta quanto fosse profondo l’affetto che lo legava a lui.

“Anch’io…non immagini nemmeno quanto.”






 
Note d’autore: Mi spiace per il ritardo ma ho avuto qualche problema e quindi mi ritrovo a pubblicare solo adesso. Tra la long che dovevo aggiornare ad ogni costo, l’università e tante altre cose non ho avuto proprio tempo. Spero mi scuserete. Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto, forse è stato più dolce di quanto doveva essere ma mi piaceva così. Spero sia altrettanto per voi. Ho calcolato che mancano altri tre capitoli alla conclusione. Alla prossima.

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Capitolo 7
*** Accordo... ***


“Svegliati Ragazzino! Hai dormito a sufficienza!”
 
Naruto si destò di soprassalto, sobbalzando non appena la voce di Kurama era rimbombata nella sua mente.
 
“M-mi sono addormentato?” chiese ancora un po’ intontito. “Perchè non mi hai avvertito prima?!”
 
“Tsk!” sbuffò “Eri stremato, anche se ti avessi svegliato non avresti avuto la forza di fare la veglia tutta la notte. E comunque non c’è problema. Il tuo marmocchio non se n’è accorto.”
 
Suo figlio infatti dormiva placidamente nell’esatta posizione in cui lo aveva lasciato prima di cadere nel torpore del sonno anche se notò che si era fatto piuttosto possessivo. Gli stava letteralmente aggrappato, tanto che non poteva muoversi senza doverlo per forza spostare del tutto. Decisamente non aveva voluto correre il rischio di non ritrovarlo al risveglio oppure semplicemente durante il sonno gli si era accoccolato ancora di più vicino alla ricerca di un po’ di calore.
 
Gli passò la mano tra i capelli, guadagnandosi un paio di mugolii infastiditi da parte del più piccolo che sembrava voler dormire ancora  lungo. Gli toccò la fronte e constatò che non era troppo caldo. Ne fu contento e si rilassò socchiudendo gli occhi e continuando a tenersi stretto il ragazzino.
 
Le serrande della finestra erano abbassate e la luce che penetrava era troppo poca per stabilire che ore fossero. Del resto non gliene importava molto. Si era preso la mattinata libera quindi per quanto lo riguardava aveva a disposizione tutto il tempo che gli serviva e poteva restarsene tranquillamente lì con il figlio. L’unica cosa che guastava quel momento così sereno era il pensiero tartassante riguardo ciò che avrebbe dovuto fare più tardi…
 
Scosse vigorosamente la testa. Doveva smettere di pensare, al momento opportuno avrebbe agito secondo il proprio istinto. Proprio come aveva detto Sasuke. Era inutile stare a rimuginare troppo a lungo, non lo avrebbe portato a nulla. Doveva solo seguire quel che sentiva di dover fare…proprio come quando aveva deciso di infilarsi nel letto insieme a Boruto la sera prima che si era rivelato per essere proprio ciò che serviva a entrambi.
 
“Probabilmente l’unica cosa sensata detta da quel bastardo Uchiha in tutti questi anni.” commentò il demone.
 
“Ehi” lo richiamò con una risata “Si può sapere per quanto tempo ce l’avrai ancora con lui?”
 
“Naruto-kun con chi parli?”
 
Il biondo spostò lo sguardo sulla porta dove sua moglie si era fermata e lo osservava un po’ confusa. Si passò una mano tra i capelli con fare imbarazzato.
 
“Eheh scusami, parlavo con Kurama.” spiegò “Non mi sono accorto di aver parlato ad alta voce.”
 
Lei si avvicinò, sedendosi in cima al letto e tirando piano indietro i capelli dalla fronte di suo marito mentre quest’ultimo si godeva quella piacevolissima sensazione che gli stavano regalando le mani delicate di sua moglie.
 
“E di che parlavate? “ chiese curiosa.
 
“Del fatto che dopo 12 anni è ancora arrabbiato con Sasuke per la storia del Chibaku Tensei.” rispose.
 
“Sul serio? Non lo ha ancora perdonato?”
 
“Già. Non è un tipo che dimentica facilmente.” condivise il suo stupore.
 
“A differenza di qualcun altro…
 
“Eh basta, stai zitto!” esclamò, mordendosi la lingua un attimo dopo per aver parlato di nuovo ad alta voce mentre la Hyuuga si lasciava scappare una risatina. Ormai conosceva fin troppo bene i battibecchi tra quei due.
 
“Come è andata la nottata? Tutto bene?”si informò regalando una carezza anche a Boruto.
 
“Credo che la febbre si sia abbassata un po’, per fortuna.” la informò “Sembra tranquillo.”
 
“Lo è infatti.” confermò sorridendo.
 
Le sorrise di rimando, abbandonandosi a quella sensazione di completezza che lo stava invadendo e lo faceva sentire bene. Non si capacitò mai come in quel momento di quanto stare lì con i propri cari riuscisse a regalargli tanta serenità. Anche se…
 
“Himawari dov’è? Sta facendo colazione?”
 
“In realtà no...” rispose, scuotendo appena la testa “In realtà è giù e sta giocando insieme a Sarada.”
 
“Cosa?!” esclamò “Sono già qui?!”
 
“Bhè sono quasi le undici…Sakura aveva detto che sarebbe passata.” gli ricordò cercando di parlare piano.
 
“Si, lo so. Solo che non immaginavo fosse già così tardi.”
 
“Non preoccuparti, sono salita su proprio per avvisarti.” lo calmò “Conviene che ti alzi, che dici? Così Sakura può visitarlo.”
 
“Dovrò svegliarlo allora perché mi ha bloccato.” rispose “Salite le scale moooolto lentamente, va bene? Non credo che ci vorrà qualche minuto.”
 
“Fai con calma, io intanto guadagnò un po’ di tempo.”
 
Si chinò a baciargli la fronte prima di alzarsi e raggiungere l’amica al piano inferiore.
 
Lui  fece un profondo respiro e si preparò a quell’impresa alquanto difficile. Cominciò a picchiettare sulla spalla del figlio, chiamandolo per nome per svegliarlo. Boruto fece non poche resistenze ma alla fine rassegnato schiuse gli occhi.
 
“Buongiorno Pigrone!” lo salutò.
 
L’altro sollevò appena il capo, mugugnò qualcosa che somigliava a un “Ancora cinque minuti” e crollò di nuovo tentando di rimettersi a dormire.
 
“No, no Bolt sveglia!“ cercò di richiamarlo “Devo alzarmi e finché sei in questa posizione mi risulta un po’ difficoltoso.”
 
“Mmm perché?” biascicò con la voce impastata “Hai detto che…”, spalancò la bocca in un poderoso sbadiglio, “…restavi con me stamattina…”
 
“Resto infatti, ma Sakura-chan deve visitarti e non può farlo se mi resti così appiccicato.”
 
Boruto scosse pigramente la mano davanti a sé come per scacciare un pensiero di poco conto.
 
“Dille…” un altro lunghissimo sbadiglio “…di ripassare…fammi dormire adesso…”
 
Sembrava aver posto fine alla discussione perché per quanto lo chiamasse lui non accennò più a muoversi. Sapeva che lo stava ignorando bellamente ma gli ricordava così tanto se stesso quando aveva la sua età che non riuscì ad assumere un tono autoritario per obbligarlo a mollare la presa.
 
“Ma come siete carini!”
 
L’esclamazione di Sakura che li stava contemplando in fase di adorazione gli fece prendere quasi un colpo. Del resto fino a quel momento aveva solo bisbigliando e non era pronto per un urletto simile.
 
“Fratellone! Papà! Voglio venire anche io!”
 
Himawari cercò di raggiungerli di corsa e sarebbe saltata sul letto se la madre non l’avesse bloccata appena in tempo, ricordandole che Boruto era malato. Lei mise su un broncio offeso per non potersi unire a letto con i due biondi. Si avvicinò comunque un pò a Boruto che si ostinava ancora a voler cercare di dormire.
 
“Come stai Fratellone?”
 
Lui mugugnò ancora e cercò di nascondersi sotto le coperte, simulando un sonno che ormai lo aveva abbandonato del tutto.
 
“Sta meglio piccola mia, non temere.”
 
“Io glielo avevo detto che sarebbe bastata la sua presenza a farlo sentire meglio.”
 
Sarada superò la madre, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso e assumendo la medesima, identica, spiccicata espressione che il suo migliore amico era solito dargli mostra quando – come previsto- le sue parole si rivelavano esatte. La stessa che avrebbe assunto anche lui stesso se mai gli avesse detto che era stato il suo consiglio a illuminarlo. Per quanto la ragazzina condividesse solo i modi di fare del suo tenebroso padre, Naruto non volle darle comunque la soddisfazione di averci visto giusto.
 
“Il merito è soprattutto di tua madre che si è occupata di lui ieri sera.”dichiarò.
 
“Mhm certo certo.”
Il biondo si sentì palesemente preso in giro ma non ebbe il tempo nemmeno di pensarci troppo perché la scena che si stava mostrando ai suoi occhi era decisamente curiosa. La piccola mora si era avvicinata al letto e aveva sollevato appena la coperta che Boruto si era passato sopra la testa per non essere disturbato.
 
“Sei il solito incosciente Uzumaki!” sbuffò seccata.
 
Il biondino sembrò percepire un tono famigliare perché aprì appena un occhio e sollevò il capo per mettere a fuoco il suo proprietario. Non appena questo avvenne il ragazzino scattò immediatamente seduto.
 
“SARADA-CHAN! CHE CI FAI A CASA MIA?!”
 
“BRUTTO IDOITA! MI HAI QUASI SFONDATO UN TIMPANO! “ ribattè lei con lo stesso tono “CHE CI POSSO FARE QUI SECONDO TE, GENIO?!”
 
“NON LO SO MA NON PUOI STARE IN CAMERA MIA! E’ UNA ZONA PRIVATA!”
 
“SEI DAVVERO UN’IDIOTA! E IO CHE-…”
 
“SHANNAROOOO!”
 
Un’istante dopo i due ragazzini si erano acquietati dopo aver rimediato entrambi un bel bernoccolo da massaggiare. Naruto e Hinata rimasero un po’ interdetti da quella reazione così aggressiva. L’unica ad essere entusiasta era Himawari che non smetteva di ripetere:
 
“Zia Sakura è sempre la più forte!”
 
La rosa aveva recuperato l’autocontrollo immediatamente. Portandosi una ciocca dietro l’orecchio commentò:
 
“Tali padri, tali figli…in che guaio ci siamo messe eh, Hinata?”
 
Senza darle modo di rispondere, lei prese subito le redini della situazione:
 
“Testa Quadra, fuori dal letto e dalla stanza che devo iniziare la visita! Boruto, fai alzare tuo padre e poi sdraiati immediatamente prima che ti torni di nuovo la febbre !Himawari tesoro, devo vedere se tuo fratello sta meglio perché intanto tu e Sarada non andate a giocare di sotto? Hinata, tu puoi restare tranquillamente.”
 
Seppur con una certa sofferenza nello sguardo, il ragazzino si fece da parte. Naruto capì subito quale fosse il problema così gli passò la mano dietro la nuca e lo rassicurò:
 
“Sono tutto tuo. Torno non appena Sakura-chan ha finito okay?”
 
Rincuorato da quelle parole riacquistò un’espressione rilassata.
 
“E ora tutti fuori! Ho del lavoro da fare!”



 
 
Himawari aveva trascinato Sarada in salone per mostrarle i suoi ultimi disegni così Naruto e Hinata si spostarono in cucina per poter parlare più tranquillamente.
 
“Avrai fame, cosa ti preparo per colazione?” gli domandò premurosa.
 
“Non preoccuparti.” le disse, sedendosi“Basti che mi scaldi un po’ di latte, andrà benissimo.”
 
Lei mise subito un pentolino sul fuoco e lo riempì con il latte. Dopo qualche istante il biondo cominciò a parlare:
 
“Sto molto meglio oggi sai?” disse “Ho parlato un po’ con Bolt e...mi è stato di grande aiuto. E’ stato come se ci fossimo confortati a vicenda. E ne avevamo bisogno entrambi.”
 
La Hyuuga gli fece passare il braccio intorno alle spalle e lo strinse forte.
 
“Non immagini quanto questo mi renda felice.” gli sussurrò “Non ti ho mai visto tanto turbato come ieri sera, non hai idea di quanto mi dispiacesse.”
 
“Ti ho fatta stare inutilmente in pena, mi dispiace non avrei dovuto.”
 
“L’importante è che adesso sia tutto a posto.”
 
Stava per risponderle, dirle che finalmente si sentiva in pace con se stesso e quei ricordi del suo passato quando qualcuno bussò alla porta. Naruto si preoccupò subito. Non aspettavano nessuno oltre a Sakura…chi poteva aver bisogno di andare a casa loro a quell’ora?
 
“Vado io…”
 
L’Hokage guardò sua moglie allontanarsi, andare verso la porta e aprirla. Rimase con l’orecchio attento cercando di capire di chi si trattasse. Pregò solo di sbagliarsi. Lo sperò con tutto il suo cuore.
 
Ma la speranza non vince i presentimenti. E la prova ce l’aveva davanti.
 
“Buongiorno Shikamaru.”

 
 
 
 
“Che cosa?! Devi tornare in ufficio?!”
 
“Abbassa la voce…non fare preoccupare la mamma.”
 
Era sicuro che Boruto non l’avrebbe bene e che non avrebbe voluto sentire nemmeno la sua giustificazione per quanto seria potesse essere. E lui non poteva affatto dargli torto. Se avesse potuto si sarebbe arrabbiato anche lui con se stesso.
 
“Te l’ho detto, ci sono stati dei problemi in un Villaggio confinante ed è stata richiesta la mia presenza per risolvere la situazione, pare che si tratti di un gruppo di mercenari poco raccomandabili e c’è bisogn-…”
 
“C’E’ BISOGNO DI TE, LO SO!” sbraitò “Lo so, lo so! Ma anche io ho bisogno di te!”
 
“Boruto, io…” cercò di mettergli la mano sulla spalla ma il ragazzino la scansò.

“Papà avevi detto che ero il la priorità! Hai detto che mi saresti rimasto vicino! E invece…ah!”
 
Il ragazzino batté i pugni sul letto, frustrato. Era evidentemente scosso, quella notizia lo aveva turbato e Naruto sentì nuovamente quella senso di frustramento che credeva di aver superato…Se non fosse stata una cosa così inderogabile non si sarebbe mai sognato di allontanarsi ma Shikamaru glielo aveva spiegato, non poteva sostituirlo in quel compito tanto delicato.
 
Ma vedere suo figlio in quello stato gli stava facendo davvero male. Come poteva fargli capire quanto fosse addolorato di doversi allontanare da casa proprio in un momento come quello?
Poi si ricordò di una cosa…
 
“Ieri sera mi hai detto una cosa…che anche se mi ripeti spesso che non passiamo abbastanza tempo insieme sai che io non lo faccio apposta. Era la verità o mi hai detto una bugia?”
 
Cercò di incrociare il suo sguardo anche se il figlio continuava a voltare la testa dalla parte opposta.
 
“Allora?”lo interrogò ancora.
 
“Non lo fai mai apposta…però…”
 
“Io sono sicuro che capisci perfettamente che se potessi evitare di andare, lo farei! Lo sai…ma non vuoi accettarlo. Vero?”
 
Boruto distolse lo sguardo quindi capì di aver indovinato.
 
“Ho avuto un’idea…” cominciò “Bolt, guardami.”
 
Ci mise qualche secondo ma alla fine fissò i propri occhi azzurri in quelli del padre, guardandolo con sguardo di biasimo, pronto a rispondere a qualsiasi scusa fosse pronto a propinarli.
 
“Sakura-chan ha detto che nell’arco di qualche giorno sarai guarito del tutto.” gli ricordò “Quando questo accadrà anziché tornare subito in accademia, trascorrerai un’intera giornata con me a lavoro.”
 
“Aspetta, come?” chiese confuso.
 
“Hai sentito bene. Tutto il giorno dalla mattina alla sera, solo noi due. Così avremo modo di trovare insieme un modo per non stare male entrambi come adesso. Sarà un modo per capire quanta colpa ho nei tuoi confronti, quanto tempo sottraggo a quello che potremmo passare insieme. Non solo con te ma anche con Himawari e la mamma. Che ne dici?”
 
Gli porse il pugno chiuso.
 
“Vuoi fare questo accordo con me, Boruto?”
 
Lo guardò serio ma il viso di suo padre mostrava solo la calma impassibile con cui affrontava le questione su cui era assolutamente sincero. Non stava cercando scuse, gli stava proponendo una via di mezzo. E lui di certo non poteva trattenere l’Hokage con sé mentre c’era chi aveva bisogno di lui.
 
Alzò il pugno a sua volta e lo batte contro quello del genitore.
 
“Ci sto, papà!”
 
 
 
 
Note d’autore: Ragazzi lo so, sono in ritardo abissale e me ne dispiace molto ma essendomi segnata a diversi contest e avendo fatto il grosso del lavoro all’ultimo minuto sono stata piuttosto impegnata :3 Come se non bastasse ho avuto un altro esonero molto impegnativo che spero sia andato bene,trovare tempo di aggiornare e dormire allo stesso tempo è stato complicato XD Comunque con oggi archivio l’ultimo contest quindi ricomincio a dedicarmi esclusivamente alle long ^^ Il prossimo aggiornamento ve lo caricherò martedì, siccome lunedì è Pasquetta e sto tutto il giorno fuori, ma stavolta sarò puntualissima! Spero che questo capitoletto vi sia piaciuto, il prossimo sarà articolato ^^ Un salutone a tutti e grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa storiella! ^^
 

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Capitolo 8
*** Riuscire a capire...ed esserne orgogliosi! ***


“Boruto? Sbrigati, tuo padre non può più aspettarti!”

“Mamma ti prego, cerca di trattenerlo ancora un minuto!” le gridò il ragazzino.

“Hai bisogno di una mano?” domandò premurosa Hinata, udendo la voce del figlio così affannata dal piano superiore e indecisa se salire comunque per aiutarlo a sbrigarsi.

“Ma che dici?!” rispose il figlio “Non ho bisogno di -AAAAAH!”

“Boruto!” senza perdere un solo secondo la giovane si precipitò in cima alle scale giusto in tempo per vedere il biondino capitombolare a terra nel disperato tentativo di rimettersi in piedi, cosa che tuttavia gli era impedito dai pantaloni calati fino alle caviglie che non gli rendevano il compito facile.

“Mamma! Non guardare!” esclamò pieno di vergogna nel farsi vedere solo in mutande.

Hinata non riuscì a trattenersi. Non ridere era pressoché impossibile. Non c’era niente da fare, Boruto era decisamente figlio di suo padre: irrimediabilmente imbranato e impacciato ma allo stesso dotato di una spontaneità e una dolcezza fuori dal comune. Li amava per questo.

“Tesoro, sono tua madre non devi vergognarti.”gli disse mentre gli si avvicinava e afferrandolo da sotto il braccio lo aiutava a mettersi in piedi. In un certo senso capiva il suo bisogno di una certa intimità, del resto stava crescendo. Rise interiormente pensando alle scenetta di qualche tempo prima quando la figlia di Sasuke e Sakura era entrata nella sua camera e lui - lo aveva visto -nonostante l’urlo che aveva cacciato per quella visita improvvisa era più di tutto tremendamente imbarazzato. Non aveva idea di che tipo di rapporto avesse con Sarada, se effettivamente fosse lo stesso di rivalità che avevano i loro padri oppure...se ci fosse qualcos’ altro.

“Non sono più un bambino.” disse imbronciato e interrompendo i suoi pensieri, tirandosi su i pantaloni e cercando di scostare con delicatezza la madre che cercava di aiutarlo a sistemarsi.

“Sarai sempre il mio bambino.” gli disse tirandogli su la zip della felpa “Questo non cambierà mai.”

Lui sbuffò distogliendo lo sguardo ma permettendo alla giovane di dargli una sistemata.

“Hai preparato lo zaino?”

“CAVOLO!! NO! HO LASCIATO TUTTO SUL LETTO!” esclamò portandosi le mani tra i capelli, disperato.

“Parla piano!” lo ammonì “Ascolta papà è già in ritardo, non sarebbe il caso di rimandare per oggi che dici?”

“ASSOLUTAMENTE NO!” dichiarò “Ci tengo troppo!”

Quella determinazione le strappò un sorriso. La adorava.

“Finisci di prepararti, io mi occupo dello zaino.” disse “Ma sbrigati!”

Il ragazzino scattò come un fulmine verso il bagno mentre lei andava in camera a riempire il suo bagaglio. Naruto gli aveva consigliato di portarsi qualcosa per passare il tempo dal momento che quell’esperimento consisteva nell’osservarlo al lavoro per trovare un accordo che gli permettesse di trascorrere più tempo con la famiglia senza trascurare i suoi obblighi. Avendo predetto quale sarebbero state le conclusioni a fine giornata era meglio che Boruto nel frattempo avesse qualcosa con cui intrattenersi.

Ne aveva discusso con il marito e anche lei si era trovata pienamente d’accordo con lui sul fatto che quello fosse l’unico modo per far capire la situazione al figlio. Tuttavia la Hyuuga non riuscì a trattenere la propria preoccupazione per quella che sarebbe stata la reazione di Boruto. Sapeva che sarebbe stato un colpo duro ma come giustamente le aveva fatto capire Naruto, non c’era altra soluzione.

Poco dopo fu raggiunta proprio dalla voce del più grande.

“Bolt accidenti! Non sei ancora pronto?! Devo uscire!”

“ECCOMI! SOLO UN ISTANTE”

Come un uragano Boruto la raggiunse e si caricò immediatamente lo zaino in spalla, rischiando di inciampare un’altra volta per quanto si stava scapicollando. Stava per varcare la porta quando lei lo richiamò.

“Mamma! Sono di fretta, che c’è ancora?” domandò mentre continuava a correre sul posto per essere pronto a ripartire.

“Volevo solo ricordati che vai con tuo padre al palazzo dell’Hokage, lascialo lavorare va bene?”

“Certo, certo! Farò il bravo! Ora cia-...”

“Boruto...”

“Che c’è ancora?!” chiese impaziente, tamburellando con i piedi.

“Lo sai quanto tuo padre ci vuole bene e che tutto quello che fa ha lo scopo di garantire una vita serena non solo a noi ma anche a tutto il Villaggio. E’ una grandissima responsabilità.” gli ricordò “Non essere duro con lui per questo.”

Il biondino si bloccò. Il tono di sua madre era così serio che quasi non lo riconosceva.

Era entusiasta di quell’esperienza che stava per affrontare ma allo stesso tempo era consapevole della sua importanza. Non aveva la minima intenzione di prendere la cosa sotto gamba. Era vera che voleva trovare a qualsiasi costo un compromesso che gli permettesse di passare più tempo con suo padre ma si era ripromesso di giudicare quel che avrebbe visto nel modo più impersonale possibile.

Sapeva quanto suo padre si sacrificasse per loro. Sapeva anche quanto la settimana di influenza che aveva avuto lo avesse seriamente provato, dal momento che aveva intensificato le ore in ufficio per riuscire a rientrare prima e occuparsi di lui. Non era un ingrato o un egoista. Voleva solo un po’ più di tempo per loro due? Solo un po’. Per un figlio è chiedere troppo?

“Non credere che lo sarò.” rispose alla madre “In fondo anche io gli voglio bene.”

E con queste parole la salutò, uscì dalla stanza e scese giù dove suo padre lo stava aspettando a braccia incrociate e – glielo lesse nello sguardo – pronto per una lunghissima ramanzina.





“Come mai sei così silenzioso?”

Boruto si scosse dai suoi pensieri e voltò lo sguardo in alto verso suo padre.

“E’ per prima per caso?” domandò ancora, alludendo alla sgridata che gli aveva riservato prima di uscire di casa.

Capendo, il biondino scosse immediatamente il capo.

“No, no, assolutamente! Quella me la sono meritata! Davvero non preoccuparti, ero solo sovra pensiero!”

Naruto inarcò un sopraciglio, guardandolo diffidente.

“Dico davvero!” ribadì l’altro. Poi sfoggiò un grandissimo sorriso e aggiunse, “Sono davvero felice che passeremo questa giornata insieme!”

Rincuorato da quelle parole, gli accarezzò la testa scompigliandogli un po’ i capelli.

“Chissà se stasera lo sarà ancora.” pensò poi con un velo di tristezza.

 



“Shikamaru, siamo qui!” annunciò Naruto quando varcarono la porta dell’ufficio.

“Finalmente.” disse il Nara un po’ seccato, andandogli incontro  “Stavo iniziando a darvi per dispersi.”

“Eheheh mi spiace.” si scusò il più grande, appendendo il proprio mantello.

“Boruto, è un piacere vederti.” lo salutò il consigliere “Come stai? Ti sei ripreso del tutto?”

“Perfettamente!” dichiarò “Sono carico per questa giornata!”

“Conserva questo entusiasmo, ti servirà.”

“Che vuol dire?” chiese perplesso il ragazzino.

“Lo capirai.” concluse. Poi si rivolse a Naruto: “Per colpa tua mio figlio mi tiene il muso da due giorni.”

“E come mai?” domandò curioso.

“Perché voleva venire anche lui qui. Ma non tanto per passare il tempo con me quanto per saltare le lezioni.” spiegò.

“Ahahaha come lo capisco! Mi ricorda tanto qualcuno che alla sua età non perdeva occasione per uscire dall’aula e mettersi a guardare le nuvole...” disse, sedendosi dietro la scrivania.

“Spiritoso.” commentò ironico.

“Comunque non sei l’unico.” aggiunse il biondo “Anche mia figlia stamattina mi ha tolto il saluto.”

“Fortunato io ad avere solo un maschio allora.” affermò l’altro “Le donne sono una vera seccatura per queste cose.”

Boruto tutto si aspettava tranne che vedere quei due chiacchierare così amabilmente. Insomma nella sua mente si era figurata l’immagine del consigliere come una sorta di inquisitore supremo che obbligava suo padre a lavorare come uno schiavo fino a sera tardi o finché non avesse lavorato a sufficienza. Ma aldilà di questa visione così pessimista, era convinta che in quell’ufficio si respirasse un’aria completamente diversa. Invece persino lui si sentiva a suo agio e iniziò subito a sperare che sarebbe riuscito a far trovare al padre un po’ più di tempo da trascorrere fuori di lì.

“Boruto, vieni qua.” lo chiamò proprio quest’ultimo.

Lui scosse un po’ la testa e subito corse vicino al genitore che gli porse un foglio affinché lo prendesse. Poi gli spiegò il da farsi:

“Questo è il programma di oggi, cioè tutto ciò che entro sera deve essere portato a termine. Come puoi vedere ci sono le missioni da catalogare oltre che da assegnare, alcuni rapporti arrivati ieri da stendere per poterli archiviare. Poi ci sono delle direttive da scrivere e da far recapitare per non parlare delle lettere da indirizzare ai Paesi alleati per convocare la prossima riunione. Per di più c’è da fare un controllo al cancello d’ingresso ma di questo se ne occuperà Shikamaru. Allora oltre a osservare quello che faccio e come lo faccio, ho pensato di proporti qualcosa che metta alla prova la tua capacità di giudizio, sempre se ne hai voglia. Altrimenti puoi fare quello che preferisci senza fare rumore però. Se sbaglio a scrivere devo ricominciare.”

“Che devo fare, papà? Voglio fare questa prova, ti prego!” lo implorò.

Soddisfatto della sua curiosità, aprì un cassetto e ne trasse fuori una enorme plico di fogli che consegnò al moro che si diresse verso la sua scrivania.

“Io comincio a stendere i rapporti che è il lavoro più impegnativo e che richiede più tempo di tutto il resto.” dichiarò “Prima di uscire, Shikamaru ti spiegherà quello che devi fare. Fai attenzione mi raccomando, mentre scrivo non posso interrompermi per aiutarti. Tutto chiaro?”

Mettendosi sull’attenti, si dichiarò pronto. Così mentre suo padre prendeva un altro imponente pila di fogli, lui si affiancò a Shikamaru che lo invitò a sedersi e gli mostrò come aveva predisposto la superficie della scrivania per lui. C’era la pila di documenti presi poco prima da un lato e quattro fogli disposti uno di fianco all’altro, ognuno dei quali riportava una lettera scritta a caratteri cubitali...A,B, C e D.

“Non sei ancora un Genin ma appena sarai promosso ti verrà spiegato che le missione vengono catalogate per rango a seconda della loro difficoltà, da D che è il livello più basso alla A che è il più alto dopo il livello S che include missioni che non coinvolgono solo un Villaggio. Per fortuna non ne vediamo una da più di dieci anni” cominciò a spiegare “Effettuare questa catalogazione è fondamentale per sapere a chi dobbiamo affidare le diverse missioni. Superato l’esame in Accademia si viene promossi a Genin e si effettuano missioni di livello D, quindi più semplici, per fare pratica sotto la guida di un Jonin e in un Team formato da tre elementi. A volte, a seconda delle situazione anche di livello C. Venendo promossi poi a Chunin si possono effettuare missioni di livello C o B. Infine arrivati alla carica di Jonin si possono eseguire le missioni di livello A e diventare maestri. Hai capito?”

Dalla sua espressione comprese che non aveva capito nulla. La fronte era corrugata e le labbra, piegate con un angolatura decisamente buffa, dicevano chiaramente che stava cercando di sforzarsi di apprendere quelle informazioni senza riuscirci. Cambiò approccio.

“Queste sono le missioni che devono essere ancora catalogate. Leggi le richieste e a ognuna assegna una lettera cercando di valutare il loro grado di difficoltà. Fallo con attenzione, quando avrai finito Naruto ricontrollerà tutto ed eventualmente correggerà i tuoi errori. Alla fine vedremo come te la sarai cavata. Ci stai?”

“Ho capito tutto! Sarà un gioco da ragazzi!” esclamò ma venne subito zittito da un pugno in testa da parte dell’uomo alle sue spalle.

“Sssh non parlare ad alta voce altrimenti lo fai deconcentrare!” lo avvertì. “Tale padre tale figlio...” pensò poi tra sé e sé.

Boruto cercò lo sguardo di biasimò del padre ma non lo trovò. Teneva sollevato un foglio all’altezza del viso, scorrendone velocemente il contenuto con espressione crucciata. Sembrava non essersi nemmeno accorto che aveva parlato.

“Se hai capito allora vi lascio lavorare entrambi.” sussurrò e dopo avergli dato una pacca sulla spalla si avviò all’uscita.

“Shika ci pensi tu al pranzo?” domandò il biondo più grande prima che arrivasse a stringere la maniglia e - come notò il più piccolo- senza nemmeno sollevare lo sguardo.

“Mezzogiorno in punto.” dichiarò “Contaci. A più tardi.” E si congedò.

A quel punto al giovane Uzumaki non restò che scrocchiarsi le dita e darsi da fare. Non si aspettava che sarebbe stato messo alla prova con un compito del genere e quindi non vedeva l’ora di cominciare. Sarebbe stato anche un modo per mostrare a suo padre quanto fosse in gamba quindi non si sarebbe fatto sfuggire un’occasione simile.

Tirò un lungo respiro, prese il primo foglio e lesse:

“Scomparsa gatta domestica di nome Tora. Pelo Tigrato, riconoscibile per via di un fiocco rosso sull’orecchio destro. Trattare con delicatezza perché molto anziana, da non sottovalutare però perché nonostante l’età dimostra un’agilità e una furbizia fuori dal comune. Lauta ricompensa per il suo ritrovamento.”

“Ma che razza di missione è?” commentò tra sé e sé, stupendosi che tra le tante missioni che ne fosse una così ridicola quindi senza esitazione la collocò tra quelle di livello D e passò al foglio successivo.

“Richiesta assistenza al gruppo di anziani per lo spostamento richiesto per la visita mensile in ospedale per analisi e accertamenti. Necessità di più di una squadra per ottimizzare i tempi e per poter essere d’aiuto in modo più efficiente. Ricompensa a ore, variabile a seconda di quanto tempo sarà necessario.”

“Uff che noia, accidenti!” commentò stavolta “Speravo ci fosse qualcosa di meglio. Comunque non è facile come recuperare uno stupido gatto, questo almeno è un lavoro più serio. Per il livello B mi pare troppo. Il più adatto è il C.” E sistemò il foglio sotto la terza lettera prendendo il successivo.

“Richiesta di scorta verso il Villaggio del suono, difesa contro eventuali banditi armati o qual si voglia minaccia lungo il tragitto. Sufficiente una squadra di Genin con un minimo di esperienza. Pagamento di vitto e alloggio durante tutto il viaggio e lauta ricompensa al termine con versamento di una caparra iniziale.”

“Dannazione! Più che ninja sembriamo baby-sitter!” si lamentò il biondino. “Anche questa, meglio del gatto anche se ritenerla di livello B mi pare esagerato anche se si deve uscire dal Villaggio. Pochi rischi, cibo e notti pagate...direi che C andrà benissimo.”

Continuò quel lavoro per un tempo che gli parve infinito. Lesse di tutto da persone che richiedevano un aiuto nelle piantagioni di riso, il trasporto di documenti antichi per la restaurazione, assistenza per portare cani a passeggio o addirittura l’acquisto di un’ingente quantità di bevande alcoliche da consegnare in un appartamento privato. In merito a quest’ultima, la curiosità lo aveva spinto a leggere il cliente che richiedeva quel servizio e quando scoprì che era l’ex Hokage Tsunade non se ne stupì più di tanto. Del resto gli avevano parlato della passione della donna per l’alcol e per di più ne aveva avuto una prova personale una delle volte in cui era andato a trovarla. “Serve a tenermi allegra.” Ripeteva barcollando di qua e di là.

Tra le varie missione di protezione ne trovò un giusto qualcuna interessante in cui i soggetti da proteggere erano persone di una certa importanza che temevano l’aggressione per via di alcuni conti in sospeso che non si erano saldati con la pace e per questo non viaggiavano se non scortati da Jonin o almeno da Chunin. Insomma per farla breve si ritrovò a catalogare una quantità spropositata di missione pressoché umilianti e inutili a confronto dell’esigua percentuali di quelle che lui avrebbe definito “da ninja”.

Quando si fermava un momento per la stanchezza, studiava il padre. Per quanto a lungo lo avesse osservato non lo colse distratto nemmeno un momento. Mentre lui aveva personalmente bisogno di una pausa ogni mezz’ora più o meno nella quale tirava fuori qualcosa da smangiucchiare dal suo zaino, si rese conto che il lavoro di suo padre era continuo. Solo dopo un paio d’ora lo sentì sospirare tanto forte da attirare la sua attenzione e lo osservò massaggiarsi ripetutamente il polso destro per poi passare alle palpebre, come se gli occhi gli stessero bruciando a furia di restare chini a scrivere. Ma il momento durò non più di un paio di minuti che si era già rimesso al lavoro e aveva continuato con quel ritmo fino a quel momento...non doveva mancare molto all’ora convenuta per il pranzo.
Boruto constatò che effettivamente i rapporti richiedevano moltissimo tempo. Aveva calcolato di avere catalogato 124 missioni fino a quel momento e gliene restavano probabilmente altrettante da separare...questo significava che suo padre aveva altrettante missioni di cui ascoltare il resoconto e di cui stendere un rapporto dettagliato. Era un lavoro enorme. Ma suo padre non si lamentava. In silenzio continuava il proprio lavoro senza perdite di tempo.

Rifletté su quanto avesse potuto lavorare intensamente nella settimana in cui lui era rimasto bloccato a letto e il genitore si scapicollava per essere a casa in un orario decente, chiacchierando con lui finché ne aveva voglia prima di sistemarsi nel letto con lui e fargli compagnia fino alla mattina dopo. Per quanto la sua presenza durante il sonno gli facesse piacere, aveva cercato di convincerlo che non era necessaria e più di una volta gli aveva consigliato di dormire nel suo diletto dove sicuramente sarebbe stato più comodo. Lui però aveva insistito col dire che finché non fosse guarito lui sarebbe rimasto. E così aveva fatto.

Tutto questi pensieri spinsero il ragazzino a riflettere su più di una cosa a cui prima non aveva dato il giusto peso.

 Pensò a tutte quelle volte in cui suo padre riusciva a tornare prima di cena oppure si liberava un paio d’ore il pomeriggio e stava con lui, con sua sorella e sua madre. A quando gli dava del pigrone perché alcune volte era poco reattivo oppure si lasciava scappare qualche sbaglio. E invece era soltanto terribilmente stanco. Eppure impiegava tutto il suo tempo libero per loro e non per se stesso.

Ogni volta che combinava qualche monelleria per attirare la sua attenzione avrebbe potuto mandare chiunque a occuparsi di lui, a dirgli di smetterla o a inseguirlo durante la fuga. Invece veniva sempre lui, a rimproverarlo o -se serviva- a ricordargli di essere forte. Non gli diceva mai effettivamente di smetterla con quei dispetti. Quando aveva dipinto i volti di pietra nel giorno della riunione dei Kage si era arrabbiato parecchio e per questo gli aveva detto di darci un taglio con quel genere di cose. Ma era stata una volta sola. Ripensò a tutti quei suoi racconti riguardo la dura infanzia che aveva dovuto affrontare e a tutte le monellerie che lui stesso combinava per attirare l’attenzione. Suo padre lo capiva perfettamente,era consapevole di cosa fosse disposto a fare pur di guadagnarsi anche un solo minuto di tempo con lui, per questo lo rimproverava ma non gli diceva mai di smettere. Era come se sentisse di meritare quelle richieste d’attenzione pur non avendo modo di venir loro incontro come avrebbe voluto.

E durante la sua permanenza a letto per via della febbre...come non aveva potuto accorgersi di quanto aveva fatto per lui? Molto più di quello che avrebbe mai potuto credere e riusciva a vederlo bene solo in quel momento! Ripensò a una sera in cui lo aveva salutato appena e si era affiancato a lui sotto le coperte. Quella sera i ruoli si erano come capovolti perché era stato lui a tenere stretto fra le braccia suo padre che dopo nemmeno un minuto era crollato per la stanchezza. Solo dopo aver visto quanto quel lavoro lo assorbisse finalmente riusciva a capire tante cose...

Qualcuno bussò alla porta e Naruto lo invitò ad entrare. Con sorpresa del ragazzino, scoprì che si trattava di una persona che conosceva molto bene.

“Signor Teuchi!” lo salutò suo padre, sistemando i fogli davanti a sé e alzandosi per salutarlo. “Puntuale come sempre.”

“Ne dubitavi, ragazzo?” chiese con un sorriso, stringendogli la mano.

“Bolt, non vieni a salutare?” lo chiamò suo padre con un gesto della mano.

Lui allora si alzò e andò a salutare anche lui.

“Oggi hai portato il giovanotto a lavoro eh?” chiese l’uomo.

“Eh si, ci diamo una mano a vicenda si può dire.” confermò Naruto, passando il braccio intorno alle spalle del figlio.

“Bene, bene.”disse Teuchi, poi aprì la cassetta che si era portato dietro e consegnò loro due ciotole di ramen sigillate a dir poco gigantesche  insieme alle bacchette“Queste sono le vostre ordinazioni!”

“Sempre gentilissimo, signore!” lo ringraziò prendendo una ciotola per se e passandogli l’altra ”Quanto le devo?”

“Ci ha già pensato il giovane Nara, tranquillo.”

“Dovrò ringraziarlo allora!” esclamò “Grazie a lei per essere venuto fin qui! Come sempre del resto...”

“Le consegne sono ancora in grado di farle finché le gambe mi reggono ancora.” disse “Sarà sempre un piacere portarti il ramen, mio caro. Buon appetito a entrambi allora! A domani!”

Una volta rimasti da soli, Naruto disse:

“Andiamo a mangiare sulla testa del nonno che dici?”
Boruto a quella proposta si aprì in un grandissimo sorriso. Il genitore era felice allo stesso modo. Toccò con la mano libera la spalla del figlio e istantaneamente si trasferì con la Dislocazione Istantanea sul volto di pietra del Quarto Hokage.

Si sedettero a gambe incrociate e sollevarono la pellicola che copriva i loro piatti. In una ciotola abbondavano le fettine di maiale mentre nell’altro c’erano prevalevano le uova sode tagliate e fettine sottili.

“Ha scambiato i piatti.” osservò Naruto “A te piace con le uova.” Così scambiò il loro due piatti lasciando sorpreso Boruto.

“Hai fatto ordinare a Shikamaru il ramen con i gusti di entrambi?” chiese.

“Naturalmente!” disse “Piuttosto spero che tu abbia fame! Faccio ordinare sempre la ciotola più grande perché arrivato a quest’ora devo riempirmi lo stomaco altrimenti non arrivo a sera!”

“Capisco...” mormorò. Poi aggiunse con un sorriso: “La finisco prima di te!”

“Staremo a vedere moccioso, mangio ramen da una vita più di te!” accettò la sfida con tono scherzoso.

Separarono le bacchette e dopo un sonoro “Itadakimasu” cominciarono a mangiare. Non parlarono per un po’ troppo concentrati sul loro buonissimo piatto ancora caldo. Avendo già mangiato qualcosa, Boruto non gustava la sua ciotola con la stessa foga del padre che sembrava stesse a digiuno da giorni. Ad un certo punto il più grande si rese conto che c’era qualcosa che non andava. La ciotola di Bolt era ancora praticamente piena e rigirava il brodo con lo sguardo vacuo.

“Tutto bene...?” domandò un po’ titubante.

“Hai finito di stendere tutti i rapporti...?” domandò.

Naruto capì che quel che sperava non accadesse era successo invece ancor prima di quanto temeva.

“Non ancora...” affermò sinceramente.

“Quindi...tornati in ufficio dovrai finirli per occuparti di tutto il resto?” chiese ancora.

“Si.” confermò ancora, cercando di capire cosa stesse provando l’altro che ancora non aveva sollevato lo sguardo.

"Non avrà mai tempo..." pensò il più piccolo “Posso chiederti un paio di cose...?”domandò a voce alta.

“Quello che vuoi.”

"La prima: quando torni a casa prima la sera da cosa dipende?"

"Dalla volte in  cui le pratiche sono di meno e quindi riesco a finire prima." spiegò " Oppure ho solo una di tutto quelle cose che hai letto nel programma di cui occuparmi. O ancora da Shikamaru che mi obbliga a tornare a casa quando vede che non ce la faccio più..."

“Ti piace quello che fai?” domandò “Intendo...come Hokage. Quello che fai ti dà soddisfazione?”

Naruto soppesò bene quella domanda. Si era domandato la stessa cosa molte volte nel corso degli ultimi due anni, la prima volta a un mese da quando aveva  ottenuto l’incarico. Sollevò lo sguardo al cielo sperando che la risposta giusta si fermasse nella sua mente. Poi lo chinò e osservò il suo Villaggio...

“Diventare Hokage è stato il sogno che mi ha motivato fin da quando ero piccolo. Ciò che mi ha reso ciò che sono...testardo, cocciuto, determinato...Naruto insomma. Era l’unica cosa che mi faceva sperare che un giorno le cose sarebbero andate meglio. Una volta diventato Capo Villaggio nessuno mi avrebbe più considerato un fallito, un teppista senza regole che si divertiva a fare scherzi per attirare l’attenzione o un mostro. Realizzare quel sogno mi avrebbe fatto riconoscere e accettare da tutti e io non desideravo altro. All’inizio volevo diventarlo solo per questo motivo...ma poi ho conosciuto i ragazzi. Loro mi hanno accettato, hanno guardato oltre l’apparenza e le chiacchiere della gente, anche se non nego che anche a loro ho dovuto dimostrare quanto valevo per essere riconosciuto. Ma loro sono stati i primi...hanno creduto in me, si sono fidati, abbiamo combattuto insieme. E man mano avere loro dalla mia parte mi ha permesso di migliorarmi, di diventare più forte...e pian piano ho cominciato a guadagnarmi la fiducia anche del resto del Villaggio.

A quel punto se avevo raggiunto ciò che volevo cosa serviva perseguire ancora quel sogno- dirai tu.

Quando morì il Terzo Hokage capii cosa significa essere un Hokage. Significa essere pronti a sacrificarsi per coloro che si ama. Per la propria famiglia. La propria gente. Il proprio Villaggio. Significa proteggere il futuro. E per questo che ho perseguito il mio sogno, non volevo che altre persone a cui tenevo rischiassero la vita, volevo proteggerli proprio come aveva fatto il vecchio Hiruzen. E andando avanti questo mio desiderio si è rafforzato sempre di più. Ho perso tante persone importanti per colpa dell’odio prima e durante la guerra. Ho giurato a me stesso che avrei impedito che accadesse ancora con ogni mezzo.

Lo ammetto. Non ho mai creduto che fare l’Hokage fosse un compito facile ma neanche che lo avrei trovato così impegnativo. A volte mi capita di sentirmi scoraggiato...insomma trascorro la maggior parte della giornata in ufficio e mi perdo così tanto della tua crescita, di quella di tua sorella...faccio mancare la mia presenza a Hinata. E ho pensato che se non mi fossi voluto assumere questa responsabilità la nostra vita di famiglia sarebbe stata diversa. Però...penso anche che voglio garantire a voi e tutto il Villaggio,dove vivono le persone che per me contano di più un futuro sicuro, di pace e serenità. Per questo sono pronto a pagare qualsiasi prezzo. Capisco che tu non possa trovare giusto che i sacrifichi la mia famiglia per il bene di tutti...ma il fine ultimo che ho è solo quello di tenervi al sicuro. Tutti.

Per rispondere alla tua domanda...Sì. Ogni volta che osservo tua madre che prepara la colazione, te e Himawari che andate in Accademia, le persone sorridere per le strade, i figli dei miei amici sereni, gli altri Capi Villaggio che vanno d’accordo...questo mi spinge ad andare avanti: vedere che va tutto bene e sapere che quel che faccio serve perché tutto questo possa essere mantenuto.
Sono fiero di potermi definire Settimo Hokage del Villaggio della Foglia!”

Boruto aveva ascoltato il tutto con estrema attenzione e quelle parole pronunciate con così tanta sincerità e passione lo avevano colpito nel profondo. Si sentì come liberato da un peso opprimente, da un dubbio che fino a quel momento gli aveva impedito di comprendere fino in fondo la verità che in tanti gli riferivano ma che lui non riusciva a cogliere.

“Ho capito.”dichiarò più convinto che mai.

Naruto non sapeva se dicesse sul serio oppure no. Non aveva la certezza che le sue parole fossero riuscite ad arrivargli davvero. Di colpo si rese conto che probabilmente la pausa pranzo era durata più del previsto. Doveva rientrare.

“Devi tornare al lavoro?” chiese Boruto.

“Si.” rispose, alzandosi e raccogliendo le due ciotole “Andiamo prima che Shikamaru ci rimproveri di nuovo per il ritardo! Sicuramente è già tornato in ufficio.”

“Io non vengo.”

L’Hokage rimase spiazzato da quell’affermazione.

“Come dici?”

“Torno a casa. Anzi credo che andrò ad allenarmi un po’.” rispose senza incertezze, alzandosi a sua volta e stiracchiandosi.

“Ma che stai dicendo?”domandò “Oggi avevamo detto che saremmo rimasti insieme tutto il giorno!”

Il ragazzino scosse dolcemente la testa e fissò i propri occhi azzurri in quelli che lo guardavano pieni di preoccupazione e dispiacere.

“Papà io ho capito...” disse lentamente per cercare di farsi capire “Va tutto bene.”

“Bolt...io...”

“Sono fiero che tu sia l’Hokage quasi quanto lo sono che tu sia mio padre.” chiarì con il sorriso “Questo è ciò che tu non devi mai dimenticare.Questo lo capisci?”

Il Settimo si sentì invadere da un’emozione fortissima che lo stava facendo fremere letteralmente per la commozione. Suo figlio se ne accorse e subito ridacchiò:

“Ehi no, no! Ci siamo fatti una promessa o sbaglio? Niente più lacrime!” ricordò.

L’altro annuì e si strofinò gli occhi.

“Certo, non manco mai alla parola data no?”

Boruto rise ancora. Quanto si sentiva bene finalmente.

“Non battere la fiacca al lavoro perché stasera dobbiamo fare due chiacchiere! Vedi di tornare presto!” affermò mentre si arrampicava concentrando il chakra sotto i piedi e risalendo i volti di pietra.

“Contaci.” gli garantì il padre.

Prima di andarsene Boruto si rivolse ancora una volta verso di lui, guardandolo dall’alto.

“Sei grande papà...ricorda che ti voglio bene anch’io....” e corse via prima ancora che suo padre riuscisse a formulare una risposta.

Naruto si sentì leggero. Piacevolmente leggero. Ed era una sensazione bellissima.

“Come volevasi dimostrare...avevo ragione io. Come sempre.” constatò compiaciuto il demone, assopendosi finalmente insieme ai dubbi e alle preoccupazioni della sua Forza Portante.


 
 
 
 
 
 
Note d’autore: E appare un Greywolf selvatico! :3 Immagino che già cominciavate a credere di non vedermi più! Ebbene purtroppo la scorsa settimana è stata a dir poco estenuante e credetemi non avevo proprio la forza di scrivere tanto che alla fine non ho nemmeno combinato nulla di quello che avrei dovuto fare. Spero che almeno il capitolo vi sia piaciuto e il fatto che si più lungo degli altri mi faccio perdonare. Insomma vediamo Naruto e Boruto insieme nella giornata che era stata promessa e che ha permesso al piccolo di vedere con i suoi occhi quanto sfibrante sia fare l’Hokage ma dopo aver ascoltato il discorso di suo padre finalmente ha capito che per quanto duro sia, lo fa per un motivo importante e a cui tiene molto. E Naruto...sentirsi dire da suo figlio che è fiero di lui ha dissipato quei dubbi che aveva all’inizio sul fatto di essere un pessimo padre e che Boruto in fondo potesse avercela con lui. In conclusione si è giunti a quel che aveva detto Kurama, l’unico che in silenzio sa come stanno le cose. La volpe ha sempre ragione ehehe Insomma spero davvero che vi sia piaciuto, mi scuso ancora per il ritardo! Il prossimo sarà l’ultimo quindi comunque un po’ più di tempo mi ci vorrà e poi vorrei aggiornare anche la mia long principale, quindi vi prego di avere pazienza! Prometto che cercherò di fare il tutto in tempo ottimali ^^ Alla prossima! :D

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Capitolo 9
*** Sogni e crescita... ***


“Insomma! Ma quanto ha ancora intenzione di parlare il maestro Shino?!”si domandò impazientemente un giovane biondino che continuava a tamburellare un ritmo sconnesso con le dita sul banco dell’Accademia, fremendo per l’attesa.

“Boruto” lo chiamò con voce rilassata il ragazzo al suo fianco “Cerca di mantenere la calma. Capisco benissimo che non vedi l’ora di raggiungerlo ma è inutile che continui ad agitarti così. Finché il maestro Shino non ha finito, non possiamo muoverci.”

“Mitsuki, non capisci accidenti!” gli rispose “Ha una riunione nel primo pomeriggio e quindi dovrà andarsene presto! Devo raggiungerlo il prima possibile!”

“Voi due! Un po’ di silenzio!” li ribeccò il maestro “La lezione non è ancora finita!”

Il rimprovero servì solo a indispettire ancora di più Boruto che a quel punto divenne ancora più nervoso. Rivolse l’ennesimo sguardo in direzione dell’orologio sopra la testa del suo insegnante, implorando silenziosamente le lancette di affrettarsi.

“Non mi prenderei tanta pena se per oggi saltate.” riprese Mitsuki, osservando l’amico scrocchiarsi rumorosamente le dita “Rimedierete domani.”

“Non è possibile!”esclamò un’altra volta senza curarsi di mantenere lo stesso tono del compagno. “Io devo assolutamente parlargli oggi!”

Dopo aver soppesato mentalmente l’espressione di Boruto, l’amico lo guardò divertito e si abbandonò sul banco, socchiudendo gli occhi.

“Hai trovato quella risposta che cercavi, vero?” chiese,sicuro di aver indovinato.

Boruto rimase stupito del fatto che l’altro avesse compreso immediatamente il motivo della sua impazienza e si lasciò scappare una risatina.

Era così. Finalmente dopo averci pensato a lungo, sapeva esattamente cosa rispondere a suo padre.

La sua riflessione era durata a lungo. Del resto quando qualcuno ti fa una domanda come “Qual è il tuo sogno?”, non puoi certo dare la prima risposta che ti viene in mente. Era sempre stato concentrato solo sulle sue marachelle e nei tentativi di guadagnarsi un po’ più d’attenzione da parte di suo padre ma non si era mai posto quella questione decisiva. Per di più gli ultimi avvenimenti non lo avevano lasciato affatto indifferente, per cui si era voluto prendere il suo tempo per riuscire a capire che cosa volesse veramente.

Erano passate alcune settimane dal giorno in cui era andato in ufficio con lui e soprattutto dalla chiacchierata fatta sul volto di pietra di nonno Minato. Per la prima volta aveva preso coscienza delle motivazioni che avevano spinto il suo genitore ad assumersi un ruolo tanto importante e che gli imponeva una scala di priorità così drastica. Ascoltarlo parlare era servito a fargli aprire gli occhi e a fargli capire quanto quella situazione non risultasse dura solo per lui. E si era sentito meglio. Ora sapeva che se fosse esistita qualunque soluzione che avesse permesso loro di passare più tempo insieme, si se fosse rivelata accettabile, sarebbe stata immediatamente adottata.

Per questo quella sera stessa avevano parlato ancora, trovando così il modo di venirsi incontro entrambi. Almeno per il momento. Di certo Boruto era consapevole che ti trattava solamente di un accordo temporaneo dal momento in cui non sarebbe mai stato possibile programmare con accuratezza la quantità di lavoro che l’Hokage doveva svolgere per non parlare di tutti gli imprevisti che potevano presentarsi. C’erano troppe varianti che potevano emergere perché quella situazione si potesse mantenere tale ma il biondino era intenzionato a sfruttarla finché fosse stato possibile. E in modo particolare in quella specifica giornata. Ecco perché era fondamentale che riuscisse a parlargli. Non poteva assolutamente mancare al suo appuntamento.

“Dannato orologio!” imprecò “Vedi di darti una mossa!”


 
 

“Che seccatura!”

Naruto si lasciò sfuggire un risolino senza riuscire a nasconderlo all’amico che gli rifilò un’occhiataccia a dir poco agghiacciante. Non si lasciò intimidire e continuò il proprio lavoro mantenendo il sorriso sulle labbra. Dopo nemmeno cinque minuti, lo sentì sospirare per l’ennesima volta ed enunciare per la decima volta quelle due parole che esprimevano tutta la sua noia.

“Coraggio Shikamaru, è tutta questione di abitudine.” disse allora l’Hokage.

“Non c’è bisogno che tu me lo dica.” rispose secco l’altro.

“Oh andiamo Shikamaru, non fare così! Potevi rifiutare se non te la sentivi di prenderti questo impegno.” gli ricordò il biondo.

“Il maestro Asuma ripeteva sempre che sarei potuto essere un buon Hokage ma ero troppo pigro per questo compito.”rispose  “E aveva decisamente ragione. Per me è davvero una seccatura! Mi chiedo come tu abbia potuto svolgere questo lavoro da solo per tutto questo tempo!”

“E’ una mia responsabilità in quanto Settimo Hokage.” disse. Poi con un leggero sorriso aggiunse: “ Anche se mi è stato fatto notare che avendo un consigliere forse non c’è bisogno che io faccia sempre tutto da me...”

“Ricorda che non mi sto lamentando per il lavoro, anzi sono felice che finalmente tu ti sia deciso a lasciarti aiutare nella stesura dei rapporti e nella catalogazione delle missioni!” lo ammonì “E’ proprio il lavoro in sé. Com’è possibile che sia necessaria tutta questa burocrazia? Dobbiamo trovare una soluzione.”

“Qui sei tu la mente, amico mio. Mi spiace ma questo compito spetta davvero solo a te.” dichiarò Naruto, archiviando il foglio su cui stava lavorando e alzandosi.

Il Nara lo osservò mentre indossava il proprio mantello per poi recuperare da terra due piccoli cestini del pranzo con un’aria distesa che non gli vedeva sul viso da molto tempo. Non gli importava affatto di aver un po’ di lavoro in più. Vederlo così per la prima volta dopo la sua nomina, valeva qualsiasi sforzo. Naruto aveva fatto così tanto per lui, per tutti al Villaggio e continuava a farlo impegnandosi al massimo e sacrificando non solo energie ma anche tanto della sua famiglia. Si meritava di stare bene.

“Allora io vado.” annunciò quando fu alla porta.

“Ricorda che oggi abbiamo la riunione con il Raikage, vedi di non fare tardi.” gli ricordò. Però dopo aggiunse: “Divertitevi.”

“Shikamaru?” lo chiamò a testa china.

“Che c’è?” chiese confuso dall’atteggiamento che aveva assunto il biondo.

“Sicuro di poterti occupare delle pratiche insieme a me? Insomma è solo un mio dovere...non sei obbligato a-...”

“Sei in ritardo, idiota.” affermò “Boruto ti starà già aspettando. Vedi di non farlo attendere, lo sai che non è paziente. E ricordati di tornare in tempo.”

Naruto rimase a bocca aperta, stupito dalla risposta del moro che si era rimesso subito  sulle carte davanti a sé, come se gli avesse posto una domanda che non meritava nemmeno una risposta. Poi incurvò le labbra verso l’alto e aprì la porta.

“Sarò puntuale, lo prometto.” E uscì dall’ufficio per recarsi al suo appuntamento quotidiano.
 


 
 
Devo fare presto!
Questo era l’unico pensiero ripetitivo e ricorrente che assillava la mente di un giovane Uzumaki che sfrecciava da un tetto all’altro, incurante dello sforzo che stava richiedendo al suo corpo. Doveva solo arrivare al luogo dell’incontro il prima possibile. Aveva tante cose di cui parlare.
 
 
 


“Finalmente sei arrivato!” lo salutò suo padre con un larghissimo sorriso “Va tutto bene?”

Boruto stava cercando disperatamente di riempirsi i polmoni d’aria, cosa che al momento gli risultava piuttosto difficile visto che aveva corso sfrenatamente fino a qualche istante prima. Suo padre gli si avvicinò porgendogli una bottiglia d’acqua e lui lo ringraziò con lo sguardo, accettandola per poi attaccarsi e iniziare a bere lunghi sorsate d’acqua fresca.

“Bevi con calma, non te la toglie nessuno.” gli raccomandò premurosamente il genitore mentre lo guardava che recuperava dopo lo sforzo.

Il più piccolo si pulì la bocca con la manica e poi parlò seppur con voce ancora un po’ affannata:

“Come mai...hai voluto che ci vedessimo qui al Campo Pratica? Non...” trasse qualche altro lungo respiro “...era il caso che ci vedessimo sulla testa di Nonno come al solito, visto che devi andare via presto oggi?”

“Ho voluto vederci qui oggi perché in vista dell’esame di promozione a Genin ti avrebbe fatto piacere sapere come tuo padre è stato ufficialmente promosso!” esordì con un certo orgoglio, assaporando il ricordo della prima vera esperienza di squadra che aveva vissuto.

“Si si papà, me lo avrai raccontato tipo mille volte.” sbuffò Boruto  “Vogliamo mangiare? Non so te ma io sto semplicemente morendo di fame!”

E con queste parole si avviò verso i tre pali che caratterizzavano quella particolare zona del Campo dove suo padre aveva già sistemato il pranzo che sua madre si era premurata di preparare loro. Ne prese uno e si sedette davanti al palo centrale mentre l’Hokage ripeteva lo stesso gesto e si sedeva alla sua sinistra. Mentre aprivano i loro cestini, Boruto osservò il piccolo broncio assunto da Naruto e gli venne spontaneamente da ridere.

“Non dirmi che ti sei offeso, papà!”

“Non sono affatto offeso!” ribatté lui senza cambiare espressione.

“La so praticamente a memoria la storia di come il vecchio Kakashi ti ha promosso. Sicuro di volermi raccontare di come sei stato legato a questo palo perché cercasti di rubare il pranzo?” domandò picchiettando con il dito sul tronco alle sue spalle.

“Come?!” esclamò il biondo più grande “Ma che stai dicendo?!”

“Inutile che neghi, Sarada-chan mi ha raccontato tutto.” affermò, scoprendo le prelibatezze che sua madre aveva preparato con tanta cura.

“Sarada? Ma lei come...” rimase un attimo in silenzio prima di raggiungere l’illuminazione “QUEL DANNATISSIMO TEME! Scommetto che è stato lui! Non la smette mai di divertirsi a mettermi in ridicolo! Oh ma questa gliela faccio pagare!”

“A quanto pare preferisce solo raccontare i fatti...”

“Piccolo impertinente!” lo ribeccò stringendogli il braccio intorno al collo e premendogli un pugno sulla zazzera bionda “Stai dicendo forse che tuo padre è un bugiardo?!”

“Papà! Lasciami, mi fai cadere tutto il pranzo!” strillò lui, nascondendo una finta arrabbiatura che svanì un attimo dopo quando scoppiò a ridere quando suo padre lo ebbe lasciato ridendo a sua volta.

“Se vogliamo dirla tutta allora quella volta il Teme è venuto meno alla regole e al suo inaffondabile orgoglio e ha condiviso il suo pranzo con me e ha dovuto ammettere di aver bisogno di me per rubare i campanelli al maestro!” disse  allora Naruto.

“Però ho saputo che fino a quel momento non eri stato di una grande utilità...” commentò ancora.

A quel punto un pensiero si insinuò nella mente dell’Hokage. Un qualcosa di potenzialmente pericoloso.

“Dì un po’...” esordì sospettoso “...tu e Sarada parlate molto da quanto mi sembra di capire...”

“Sì sì, parliamo spesso.” rispose svogliatamente e senza rifletterci troppo, preso com’era ad addentare la sua polpetta di riso.

“Non è che lei ti piace...vero?”

A quel punto Boruto si sarebbe senza dubbio strozzato se Naruto non avesse provveduto prontamente a dargli dei colpetti sulla schiena e non gli avesse passato altra acqua. Solo quando tornò a respirare normalmente, esclamò indignato:

“Ma che razza di domande fai, papà?!”

“E’ importante che io lo sappia Bolt!” spiegò l’altro con serietà “Non riesco nemmeno a immaginare quel che potrebbe succedere se il Teme scoprisse che ti piace sua figlia!”

“Ma a me non piace sua figlia!”

“E allora che bisogno c’è di urlare?!”

A quel punto il successivo urlo gli morì in gola, rendendosi conto che comportandosi in quel modo aveva praticamente ammesso la verità. Si chiuse immediatamente in se stesso, assumendo un’ aria imbronciata mentre le guance si tingevano leggermente di rosso. Non era certo di che natura fosse quell’affetto che provava nei confronti di Sarada, tuttavia anche solo parlare di lei lo metteva fortemente in imbarazzo. Per non parlare di quando era entrata in camera sua mentre lui era malato! Bastava ripensarci per morire dalla vergogna! Nessuno lo avrebbe detto perché passavano la maggior parte del tempo a battibeccare ma nonostante quelle litigate...non se lo spiegava ma c’era qualcosa di più a cui non riusciva a dare un nome..

Naruto recepì subito lo stato d’animo del figlio e pensò che non fosse il caso di insistere se non aveva voglia di parlarne. Qualora ne avesse avuto bisogno, lui ci sarebbe stato. Per il momento preferì cambiare argomento.

“Ti ho più raccontato di come hai svolto il tuo lavoro in ufficio l’altro giorno?” domandò.

“Di che parli?” chiese, non riuscendo a capire.

“Quel giorno in cui sei venuto a lavoro con me, ti avevo affidato il compito di catalogare le missioni per difficoltà con le lettere A,B,C e D. Te lo ricordi? Ecco, Shikamaru ha ricontrollato e mi ha comunicato la percentuale dei tuoi errori. Vuoi saperla?”

“Sì! Ti prego!!” esclamò il ragazzino, dimenticandosi completamente della questione precedente.

Il padre si godette per un attimo l’aspettativa del figlio e quando la ritenne sufficiente, parlò:

“Per essere la prima volta non te la sei cavata affatto male. Le missioni correttamente assegnate sono più della metà, quasi un sessanta per cento. Bravo davvero Bolt!” comunicò prima di scompigliargli un po’ i capelli in un gesto affettuoso.

Una profonda sensazione di soddisfazione invase tutto il ragazzino che si ritrovò a fremere per l’emozione e chinò un po’ la testa quando un imbarazzo completamente diverso dal precedente lo invase.

“Quali ho sbagliato, per curiosità?” lo interrogò poi.

“Fammi pensare un attimo.” fece, incrociando le braccia e socchiudendo un poco gli occhi per concentrarsi. “Ah ecco! Ahahaha Hai classificato la missione di Tora come missione di livello D!”

“Perché ridi? Ricordo questo nome...il gatto da ritrovare!” si illuminò “Come faccio ad avere sbagliato? Quanto può essere difficile cercare un dannatissimo gatto scomparso?!”

“Di norma è una missione di livello D ma non quando si tratta di Tora!” gli spiegò “Devi sapere che quella gatta scappa dai tempi in cui io ero appena diventato Genin! E non ha mai smesso! E’ forse la gatta più furba e intelligente che ci sia e credimi, sarà praticamente decrepita visto che è molto avanti con gli anni per essere un gatto ma è ancora in grado di dare filo da torcere a chiunque!”

“Se non me lo avessi detto non ci avrei mai creduto...” commentò sinceramente stupito. “Altre?”

“Non mi vengono in mente adesso.” rispose un po’ dispiaciuto “Questa la ricordavo perché insomma ci abbiamo riso su insieme a Shikamaru. Comunque non importa, sei stato in gamba!”

“Modestamente sono forte!” disse gonfiando il petto orgoglioso. “Mi passi una polpetta di riso?”

“Ehi ma non le hai già mangiate le tue?”

“Se non le mangi, lo faccio io!” esclamò allungando le mani anche se prontamente Naruto alzò il proprio contenitore per preservare il suo pranzo.

“Le mangio, non c’è bisogno di preoccuparsi!” lo rassicurò facendogli l’occhiolino.

Nonostante poi alla fine si divisero le polpette del biondo con la felicità di quello più piccole e continuarono a chiacchierare senza che nulla potesse interferire in quel tempo che era solo per loro. Almeno finché il biondo non fu costretto a dire quella frase.

“E’ il caso che cominci ad avviarmi.”

Solitamente non appena pronunciava quelle parole, suo figlio si rabbuiava ma comunque lo lasciava andare senza opporre alcune richiesta per chiedergli di restare un po’ di più. Questa volta invece assunse un sorriso beffardo, non appena le pronunciò. Il mistero si risolse presto.

“Prima che tu te ne vada c’è una cosa che volevo dirti!”

Lo disse con aria solenne. Era evidente che si trattava di qualcosa di estremamente serio.

“Ti ascolto.” disse, invitandolo a parlare. Con la Dislocazione Istantanea sarebbe arrivato in pochissimo.

Boruto trasse un lunghissimo respiro ad occhi chiusi. Quando li aprì, suo padre vi lesse dentro una determinazione che prima di allora mai gli era capito di vedere e se ne sentì quasi intimorito. Avvertì chiaramente il proprio cuore accelerare i battiti.

Quando si sentì pronto, il biondino cominciò:

“Ci ho pensato a lungo e sono arrivato a una conclusione finalmente!”

Naruto cercò di contenere la propria aspettativa. Immaginava che suo figlio stesse per rivelargli quale fosse il sogno della sua vita. E lui non poteva nascondere quanto a lungo avesse aspettato per conoscere la sua risposta. Anche perché sapeva già cosa gli avrebbe risposto quindi si preparò ad ascoltarlo detto da lui.

“Le tue parole dell’altro giorno mi sono state d’aiuto per comprenderlo. Adesso è tutto chiaro...” continuò.

Ancora una volta l’Hokage si sentì emozionato, non sapeva come descrivere ciò che stava provando...

“Voi Hokage siete degli idioti!”

La mascella del biondo rischiò seriamente di schiantarsi al suolo. Guardò suo figlio con la speranza che stesse scherzando ma lui sorrideva ed era perfettamente sereno. Era serio.

“Ma che dici?”

“La verità. Insomma chi sceglierebbe un lavoro così impegnativo pieno di scartoffie da archiviare e noiosissimi rapporti da compilare? Che ti fa passare così poco tempo insieme alla famiglia e che ti trattiene in ufficio dalla mattina alla sera? Per di più, ti fa carico di un sacco di responsabilità  nei confronti di così tante persone che non ti puoi permettere nemmeno il  più piccolo errore altrimenti ci vanno di mezzo tutti. Insomma poi non c’è azione, c’è da stare seduti tutto il giorno a scrivere, scrivere e scrivere! Decisamente non può esistere una scelta di vita più sprecata...”

Tutto quel disprezzo per il suo ruolo, lo ferì. Non poteva credere che Boruto pensasse veramente che quel ruolo avesse così poco valore. Per di più dopo che gli aveva raccontato tutto ciò che significava per lui. Ecco ciò che era riuscito a trasmettergli. Odio.

“Per questo motivo, non ho alcuna intenzione di diventare Hokage!” continuò lui, a braccia incrociate “Nulla mi spingerà mai ad ambire a questo tipo di obbiettivo! Ciò che voglio fare però è proteggere questo Villaggio con tutte le mie forze...”

A quel punto Naruto risollevò lo sguardo e incontrò il sorriso di suo figlio.

“Non diventerò come te, papà.” disse “ Io ti supererò! E così ti dimostrerò che si può proteggere coloro che si ama anche senza bisogno di sacrificare la propria famiglia e tutto ciò che è più importante per starsene rinchiusi in un ufficio e perdersi così tante cose. Ti farò vedere che non serve diventare Hokage per farsi accettare dagli altri!”

Sollevò il dito e lo indicò, portandosi l’altra mano sul petto.

“Questo è il mio sogno! Superarti! E ti assicuro che ci riuscirò, non importa come, ma è una promessa! Lo farò!”

Boruto sentiva di avere il cuore a mille. Era eccitato da morire, gli sembrava impossibile che riuscisse a stare fermo quando in quel momento aveva una voglia incredibile di correre, saltare, tutto fuorché stare fermo. Non si aspettava certo che suo padre potesse capire a fondo le sue motivazioni dal momento che era stato fedele al suo sogno fin da quando era piccolo ma anche lui in quel momento era altrettanto determinato e qualunque fosse stata la sua risposta, lui avrebbe perseguito quello che era diventato il suo scopo.

Abbassò il dito e non staccò un secondo gli occhi da quelli del genitore che indagatori continuavano a fissarlo. Lui non avrebbe ceduto con facilità. Non accennò la minima esitazione.

Poi accadde. L’espressione seria di suo padre mutò completamente e si addolcì. Un timido sorriso gli incurvò le labbra e le iridi cerulee sembravano rispecchiare una ritrovata serenità d’animo. Un momento dopo si ritrovò la sua mano tra i capelli che gli accarezzavano lentamente la testa.

“Stai diventando grande, Bolt.”disse con un leggero sospiro.

Notando che suo figlio sembrava alquanto sorpreso da quell’affermazione, aggiunse con un ghigno.

“Ma ti avverto marmocchio, se pensi che superare l’Eroe del Villaggio sia cosa da poco allora cadi proprio male! Dovrà passare una vita prima che tu riesca anche solo ad arrivare al mio livello! Forse...”

A quel punto il biondino si imbronciò come non mai, sentendo  quelle parole.

“Sta a vedere! Ti assicuro che te lo farò rimangiare!” lo avvertì, cercando di rifilargli un paio di pugni che lui bloccò facilmente.

"Non vedo l'ora, Boruto." pensava intanto suo padre "Possibile che sia già cresciuto così tanto?"

“Non è una novità. Sei tu che sei così idiota che non te ne sei reso conto prima.” commentò con la solita garbatezza Kurama nella sua mente “ Voi umani vi rendete conto che i vostri cuccioli sono diventati grandi solo quando vi lasciano senza parole.”

“Bhè...anche questo significa essere padre no?” chiese “Restare senza parole...ed essere fieri di loro.”

A quel punto, dopo un attimo di tentennamento, al demone non restava altro che ghignare divertito.

“Almeno qualcosa l’hai imparata,Naruto...”






 
 
Note Autore: Dopo un immenso ritardo a dir poco imperdonabile, riesco a presentarvi l’ultimo capitolo di questa storia con la speranza che vi sia piaciuto :D Questo è il risultato della chiacchierata con suo padre che ha aperto al nostro piccolo biondino gli occhi facendogli capire qual è il suo obbiettivo. Vi ricordo una cosa, questa storia è cominciata ancora prima di Naruto Gaiden, ve lo dico perché Boruto è diverso da quello che stiamo conoscendo con questo spin off. Ovviamente per quest’ultimo capitolo l’influenza di Gaiden credo si noti, ma per il resto è stato tutto in base al capitolo 700. Spero davvero tanto che vi sia piaciuto e vi ringrazio di avermi accompagnata in questa avventura ^^ Allora...vi chiederete perché la storia risulta ancora in corso. Allora questo capitolo è la fine ufficiale della vicenda ma ci terrei a scrivere un piccolo extra. Semplicemente manca qualcosa a questo finale, ma visto quanto vi ho fatto aspettare ho preferito spezzare. Comunque arriverà nell’arco di pochissimo stavolta, non temete! La pausa è finita, sto lavorando anche sul nuovo capitolo di Guardare avanti, storia a cui mi dedicherò completamente con tutte le mie forze. Grazie di essere arrivati fin qui, grazie davvero di cuore a tutti quanti <3 Al prossimo aggiornamento con i saluti ufficiali! :D

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Capitolo 10
*** Extra: Che fatica essere padre! ***


“L’hai percepito anche tu?”

“Era ora che tornassi in te, Moccioso...” commentò la Volpe “Anche il bastardo sarà soddisfatto immagino...” aggiunse poi con un evidente disgusto nella voce “Visto che stavolta te ne sei accorto direi che posso tornarmene a dormire. Mi hai fatto dannare in queste ultime settimane, cerca di non rompermi le palle per un po’! Sempre se ne sei in grado...cosa di cui dubito molto.”

“E’ sempre un piacere ascoltare quanto bassa sia la tua considerazione di me, Kurama.” sospirò.

“Se è così, puoi svegliarmi quando ti pare.” ghignò divertito.



“Stronzo!” sibilò tra i denti, ascoltando la risata del cercoterio che gli invadeva la testa.

“Che hai detto, papà?”

La domanda di Boruto lo richiamò alla realtà. Kurama a volte lo innervosiva a tal punto che parlava a voce alta senza rendersene conto. Proprio come era successo quella mattina in cui Hinata lo aveva trovato a parlare apparentemente da solo.

“Niente, tranquillo.” disse “Dì un po’, dove andrai adesso?”

“A casa, devo prepararmi per domani.”

“E che devi fare domani?”

“Ho il pr-...ehm volevo dire, mi aspetta una lunga giornata di allenamento subito dopo l’Accademia!” rispose non riuscendo a nascondere un evidente tentennamento che suonò immediatamente sospetto all’uomo.

“E’ davvero così? Non è che mi stai nascondendo qualcosa?”

“Ma che dici!” esclamò, mostrandosi sicuro di sé “Tu non avevi fretta di andare?”

Naruto gli riservò un’ultima occhiata giusto per fargli capire che sarebbe tornato sicuramente su quella questione. Poi annuì.

“Ti accompagno a casa.” affermò mentre  si infilava una mano sotto il mantello per poi tirare fuori un particolare kunai a tre punte intorno a cui era stretto un sigillo che il più piccolo riconobbe subito come uno di quelli necessari alla tecnica del Dislocamento.

“Posso tornare anche da solo. Che vuoi farci con quello?” domandò leggermente incuriosito.

“Nulla di particolare.” si limitò a dire, piantandolo ai sui piedi “Vogliamo andare?”

Boruto a quel punto si indispettì per il modo con cui il padre era evasivo e domandò stizzito:

“Cosa devi fare ancora qui al Campo Pratica? Se hai messo un sigillo significa che devi tornare! Perché?!”

Sul viso dell’Hokage apparve un ghigno.

“E’ un segreto proprio come quello che devi realmente fare domani!” dichiarò nel momento in cui gli poggiò la mano sulla spalle e in un istante la tecnica venne attivata e nell’arco di un istante si ritrovarono entrambi sulla soglia della loro abitazione.

“A stasera, Bolt!”

Gli rivolse questo saluto prima di trasferirsi nuovamente, lasciando suo figlio  preda di una curiosità a dir poco frustrante e di cui sicuramente gli avrebbe reso conto alla prima occasione. Lo conosceva bene, da questo punto di vista erano tremendamente simili.





Tornato al Campo Pratica, recuperò la propria arma e mentre la riponeva al suo posto, parlò a voce alta:

“Da quando in qua ascolti le conversazioni altrui?”

La risposta non arrivò subito. Allora aggiunse, voltandosi verso la boscaglia che circondava lo spiazzo d’allenamento:

“Avanti Teme, lo so che ci sei!”

Solo allora lo scorse mentre usciva allo scoperto e veniva verso di lui. I lunghi capelli neri gli ricadevano sul viso ma colse perfettamente la sua solita espressione strafottente e altezzosa che era solito riservargli.

“Noto che questa volta hai deciso di dare ascolto a quella stupida volpe. Fai progressi Dobe.”

Al suono gutturale che sentì provenire dalla parte più nascosta del suo inconscio, si unì la sua indignazione personale per quel commento.

“Guarda che me ne sono accorto da solo stavolta!” disse indignato. Ne aveva abbastanza anche solo con i commenti del demone.

“Addirittura?” chiese fingendosi falsamente sorpreso “Se riesci da solo allora quella bestiaccia è proprio inutile.”

“Quel bastardo!” tuonò Kurama, alzandosi in piedi e grattando con gli artigli sul pavimento di quella che era stata la sua prigione per tanto tempo “Avvertilo che se si azzarda a darmi di nuovo della bestiaccia, lo sbrano!”

Naruto si massaggiò stancamente le tempie.

“Sarei curioso di sapere quando la smetterete di attaccarvi in questo modo.” commentò “Quanti anni dovranno passare prima che riuscire a farvi andare d’accordo?”

Contemporaneamente, senza nemmeno mettersi d’accordo, esclamarono un “Illuso!” nello stesso istante e con il medesimo tono di scherno. Il biondo trasse un lunghissimo sospiro. Si sarebbe dovuto occupare anche di quello prima o poi.

“Comunque sia...” riprese “Non hai risposto alla mia domanda, Teme.”

“Tsk, pare che tu abbia una passione per le risposte ovvie eh?”

“Teme!” lo ribeccò.

“Ero certo che avresti dato di matto nel sentire che razza di obiettivo si è imposto quel ragazzino.” ammise “Ma pare che un po’ di maturità tu l’abbia raggiunta visto il modo in cui hai accettato il rifiuto di tuo figlio.”

“Non gli avrei mai imposto di diventare Hokage.” disse, con un piccolo sorriso “Sono rimasto basito, non posso negarlo ma la determinazione che aveva negli occhi non gliel’avevo mai vista prima. Ha detto di voler proteggere tutti qui al Villaggio senza doversi assumere questa carica. Significa che quando ci siamo parlati, mi ha ascoltato. Anche se rifiuta il mio ruolo, ha capito perché lo faccio.  E ha sviluppato questa sua ambizione personale. Come potevo non essere fiero di lui?”

Il moro fece spallucce come se non riuscisse a comprendere tutta quella fierezza ma la lieve incurvatura delle labbra verso l’altro tradiva quel gesto. L’Uzumaki tuttavia non lo colse e gonfiamento il petto, continuò:

“E’ un tipo ambizioso poi! Proprio come me!”

“Piuttosto direi che è fastidiosamente cocciuto come te, Dobe.” commentò tornando al suo tono indifferente.

Quell’affermazione suonò alquanto strana al biondo. Gli ritornò l’eco di una frase pronunciata da Sasuke solo qualche minuto prima e al quale non aveva dato subito peso ma che adesso sembrava alquanto importante.

“Sasuke...?”

“Mh?”

“Sei venuto qui per vedere la mia reazione alle parole di mio figlio ma come facevi a essere a conoscenza dell’obbiettivo di Boruto?” chiese con un presentimento che non gli ispirava nulla di buono.

Il moro assunse un’aria alquanto seccata e si portò una mano tra i capelli. Sembrava rassegnato.

“Semplice.” fece atono “ Perché mi ha tartassato affinché diventassi il suo maestro per poterti superare, Dobe.”

“CHE COSA?!” urlò a pieni polmoni Naruto.

“Brutto Idiota!” lo rimproverò aspramente l’altro “Vuoi rompermi i timpani per caso? Tuo figlio strilla allo stesso modo!”

“Perché ha chiesto a te una cosa del genere?!” domandò l’altro senza ascoltare le sue lamentele, troppo scosso da quella notizia.

“E’ abbastanza maturo da rendersi conto che è, purtroppo, l’unico modo di raggiungere il suo scopo.” commentò sconsolato.

“Ma tu...tu hai detto di no, giusto?” chiese speranzoso. Non tanto perché avesse scelto qualcuno al di fuori di lui per allenarsi ma più per il fatto che si trattava del suo rivale di sempre.

Purtroppo l’uomo davanti a sé scosse la testa.

“Mi ha tormentato tutto il giorno. Sono stato convinto per esasperazione.” ammise.

Una consapevolezza lo colpì all’improvviso.

“Quindi domani...deve allenarsi con te? Per questo è voluto andare a casa a prepararsi?” balbettò.

“Immagino di si.”rispose “Non credere che la cosa mi faccia piacere. A malapena sopporto te, figurarsi un Uzumaki in miniatura e in fase di crescita per lo più. Se è come te quando avevi la sua età per me sarà una vera impresa.”

Quell’ultima affermazione riuscì a far dimenticare a Naruto tutta la sorpresa che lo aveva invaso, risvegliando completamente quel senso di rivalità bruciante che negli anni si era un po’ attenuato.

“Che blateri, Teme?! Sono sempre stato più forte di te, sempre! E mio figlio ti dimostrerà quanto sa essere in gamba, ne sono sicuro! Supererà anche te! Quindi vedi di non fare lo stronzo limitando il suo potenziale e allenalo come si deve, altrimenti dovrai vedertela con me!”

Colpito da tutta quella grinta, Sasuke scosse appena la testa rassegnato nell’ascoltare il rivale infervorarsi solo perché si era permesso quel paragone. Naruto non sarebbe cambiato mai.

“Certo, Dobe.” disse per accontentarlo, cosa che indispettì ancora di più l’Hokage “Ora devo andare. Immagino che dovrò inventarmi qualcosa da far fare al tuo marmocchio domani.”

Si stava nuovamente avviando verso la boscaglia ma dopo aver fatto pochi passi si fermò.

“Un’ultima cosa...”

“Che altro c’è, stupido Teme?!” domandò stizzito il biondo a braccia incrociate.

“Ricorda che anche tu dovrai vedertela con me se tuo figlio si avvicina troppo a Sarada. Tieni a freno quel marmocchio oppure il primo a pagarne le conseguenze sarai tu.” E mentre finiva quella frase, voltò il capo quanto bastava a mettere in mostra lo sharingan e a trasmettergli un sensazione di gelo con una serietà che negli ultimi anni gli era capitato raramente di vedere.

Naruto non sapeva davvero cosa rispondere al moro mentre la sua testa rischiava seriamente di esplodere dal momento che alla vista dello sharingan, nella sua mente Kurama aveva preso seriamente a inveire contro il suo amico con una lunga serie di insulti e lo incitava a impedire che diventasse il maestro di suo figlio per evitare che venisse contagiato dalla sua influenza “bastarda fino al midollo”, come continuava a ruggirgli senza minimamente curarsi del fatto che gli stesse procurando un ingente mal di testa.





Alla riunione con il Raikage quel pomeriggio riuscì a malapena a prestare attenzione. Pensieri di tutt’altra natura gli impedivano di concentrarsi a dovere...

Suo figlio avrebbe iniziato ad allenarsi con il suo eterno rivale.
Sasuke lo avrebbe fatto cadere in qualche illusione o lo avrebbe fatto a pezzetti con la Kusanagi se non avesse provveduto a controllare l’evolversi del rapporto tra suo figlio e Sarada.
Se solo avesse permesso a Kurama di uscire dal suo corpo, di certo non si sarebbe limitato più solo agli insulti ma avrebbe cercato Sasuke in lungo e in largo per poterlo ridurre in briciole.

“Hokage ma mi sta ascoltando?” domandò Darui, seccato di non ricevere la dovuta attenzione.

“N-naturamente.” disse. Ma stava mentendo. Un solo pensiero lo dominava.

“Essere l’Hokage non è nulla in confronto all’essere padre. Cosa farò quando anche Himawari inizierà a diventare grande?”


 
 
 

 
 
Note finali: E con questo, ho concluso sul serio! Un’ultimo scambio con il nostro moretto e il mio amatissimo Vopone, non poteva assolutamente mancare a questa storia siccome hanno entrambi svolto un ruolo importante in essa ^^ Mi auguro con tutto cuore che vi sia piaciuto come extra che diciamo conclude comunque tutta la vicenda! Voglio dedicare questo extra a Vavi_14 in quanto credo che senza le chiacchierate fatte su Boruto e su Sasuke a questa storia sarebbe mancato qualcosa, invece sono felice della piega che ha preso e quindi voglio ringraziarla di cuore! <3

Veniamo quindi ai saluti. Ringrazio immensamente tutte le persone che mi hanno seguito in questa piccola avventura e che mi hanno mostrato il loro sostegno quindi un ringraziamento speciale a ciaoarigatou iiii, Nede, Vavi_14, krys, Ahiryn, YourCorpseBride, crazyfrog95, Ele192010, Soly Dea, emili16, LadyN, principe delle stelle, Neko per aver dedicato un po’ del loro tempo a recensire i capitoli, grazie di cuore <3 E anche un grazie alle 27 persone che hanno messo la storia tra le preferite, le 9 che l’hanno messa tra le ricordate e le 45 che l’hanno messa tra le seguite! E grazie anche a chi ha letto silenziosamente, grazie di essere giunti fin qui! Insomma grazie a tutti per la vostra lettura e la vostra attenzione! Alla prossima! :D

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