Get him back.

di Chanel483
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lydia ***
Capitolo 2: *** Stiles ***
Capitolo 3: *** Together ***



Capitolo 1
*** Lydia ***


Buongiorno a tutti!
Sì, lo so, sono pessima. Nell'ultimo periodo sono scomparsa e ricomparsa su efp a distanza di mesi e ho ancora una long in sospeso. Mi sento una persona orribile ma prometto che prima o poi finirò anche Born to Be Winners. ODIO l'idea di lasciare una fanfiction inconclusa!

Detto questo, passiamo alla storia. Si tratta di una Stydia divisa in tre capitoli, senza troppe pretese, ambientata dopo la terza stagione e non tiene conto degli avvenimenti della quarta (anche perché buona parte della storia è stata scritta prima dell'inizio dell'ultima stagione). Stiles si vede con Malia e la cosa infastidisce Lydia più di quanto la ragazza potesse immaginare. Ma non vi faccio altri spoiler! Ringrazio fin da subito chi vorrà spendere qualche minuto per leggere questa fanfiction spuntata nella mia testa dal nulla alle cinque di una notte di questa estate. Se voleste lasciarmi una recensione ne sarei felicissima, le critiche construttive sono come sempre ben accette.
Quindi niente, buona lettura.
                                           Get him back. 

Lydia
Se qualcuno me lo chiedesse, non saprei dirlo con esattezza. Non ricordo il momento preciso in cui Stiles è entrato a far parte della mia vita, né come abbia smesso di essere l'insignificante ragazzino seduto in panchina durante le partite di Jackson e sia diventato il mio più caro amico. So solo che un giorno mi sono ritrovata ad aver bisogno di qualcuno con cui parlare per sfogarmi un po' e... semplicemente ho chiamato lui. Non è stata una decisione volontaria o una scelta studiata, solo mi è venuto naturale, come respirare. Forse tutto ha avuto inizio con ciò che mi ha detto quella sera al ballo al quale abbiamo partecipato insieme – tutta colpa o merito, a questo punto, di Scott – o forse dopo che lui ha passato un intero weekend nella sala d'attesa di un ospedale solo per starmi vicino, o forse sono stati i piccoli gesti, i suoi occhi che cercavano i miei in mezzo alla folla, la mia mano che trovava la sua quando qualcosa mi preoccupava. Non lo so, tutto ciò che so è che ad un tratto, senza che lo chiedessi o anche solo lo desiderassi, quello strano ragazzo dalle battute pessime e le frasi sconnesse è entrato a far parte della mia vita, ne è diventato parte integrante, e non se ne è più andato.
Non tecnicamente almeno, perché dire che le cose tra di noi si sono fatte strane ultimamente è un eufemismo e so che questo, anche se magari solo in minima parte, è colpa di Malia.
Non è che stiano ufficialmente insieme o cose simili né che uno dei due si sia preso la briga di venirmi ad informare del... qualcosa che c'è tra di loro, lui parla di lei come di un'amica e lei... beh in realtà lei non parla più di tanto e basta, di sicuro non con me. Però nulla sfugge al mio sguardo attento e questo non c'entra nulla con i miei sovrannaturali poteri di Banshee, con le voci o le strane sensazioni che sento, semplicemente tra i requisiti fondamentali per essere la ragazza più popolare della scuola – anche se, dopo tutto quello che è successo, non sono più sicura di poter vantare questo titolo e in realtà non me ne importa neanche più di tanto – è quello di sapere sempre tutto di tutti ed io, modestamente, ho sempre avuto buon occhio per i pettegolezzi che, alla Beacon Hills Hight School corrono molto più veloce di qualsiasi licantropo ed i pettegolezzi li vedono rintanarsi da soli in qualsiasi momento libero nel primo luogo appartato disponibile, il che non lascia molto spazio all'immaginazione.
E poi, a fugare ogni dubbio, quel giorno di qualche settimana fa è successo che sono andata a casa di Stiles, lo Sceriffo Stilinski mi ha aperto con un sorriso, per poi indicarmi con un cenno del mento la camera del figlio dove, una volta entrata, ho trovato con grande sorpresa lui in piedi a cercare qualcosa nell'armadio e Malia comodamente sdraiata sul suo letto, come se fosse la cosa più normale del mondo e lo avesse fatto altre mille volte, stretto in mano il telefono di Stiles. Il mio disegno, quello dell'albero, quello che un tempo lui teneva incorniciato sul comodino, era sparito, insieme a buona parte delle cianfrusaglie che si ostinava a tenere disordinatamente sparse per quella stanza un tempo così caotica che però tanto amavo – anche se ovviamente, non lo avrei ammesso neanche sotto tortura.
Chiudo con uno scatto lo sportello blu dell'armadietto davanti a me e mi ravvivo i capelli con un gesto secco della mano, prima di girare sui tacchi e percorrere i corridoi a passo deciso, stringendomi al petto i libri di inglese.
Mi manca Stiles, mi mancano le piccole cose che facevamo insieme, mi manca il suo sorriso e, per quanto impossibile, anche il suo sarcasmo. So che è almeno per metà colpa mia questa lontananza, ma con Malia che gli ronza costantemente intorno proprio non riesco a trovare un buon momento per sistemare le cose.
Ancora più di Stiles però, mi manca Allison.
È una cosa strana, il dolore. Quando ho visto il corpo senza vita di Allison stretto tra le braccia di Scott, mi sono sentita morire, è stato come ricevere un proiettile in pieno petto, no, non un proiettile, una delle frecce di Allison. Poi le ore sono passate ed io ho vissuto i giorni successivi in uno strano stato catatonico, sentivo le persone attorno a me, avvertivo ciò che succedeva ma non reagivo agli stimoli, non mangiavo, non dormivo, non parlavo, se non fosse stato un riflesso involontario, probabilmente mi sarei anche dimenticata di respirare. Il vero dolore però, contro ogni aspettativa, è venuto dopo. È venuto quando a due settimane di distanza dalla sua morte ho visto un vestito argentato nella vetrina di un negozio ed ho pensato che sarebbe stato benissimo, con la sua carnagione, prima di rendermi conto che, ovunque fosse, adesso lei non aveva più bisogno di abiti. O quando dopo un mese una mattina mi sono svegliata e come prima cosa, senza pensarci, le ho mandato un messaggio in cui le chiedevo se quel pomeriggio avesse voglia di accompagnarmi a fare shopping. O ancora tutte le volte che ho desiderato raccontarle un aneddoto divertente o mi sono aspettata di sentire la sua risata dopo una battuta o mi sono voltata in classe per dirle qualcosa durante una lezione, convinta che occupasse il banco affianco al mio.
Il tempo non guarisce le ferite, ci insegna solo a convivere con esse.
Arriccio le labbra e schivo una matricola che sta correndo per il corridoio, domandandomi se, bassa com'è, ha davvero l'età adatta per frequentare le superiori e proprio in quel momento mi affianca Scott.
È carino con me, molto più di quanto il comune senso dell'educazione imponga di esserlo con la migliore amica della tua ex-fidanzata morta. Non l'ho mai considerato un grande amico prima, certo mi piaceva, era simpatico, un ottimo leader, ma in realtà credevo di aver poco in comune con lui, se non appunto Allison. Ora però lei non c'è più ed io ho dovuto ricredermi alla grande, durante questi ultimi mesi.
<< Ehi Lydia, come stai? >> mi domanda interessato, come non si è mai dimenticato di fare un solo giorno dalla sua morte. È davvero gentile con me.
Gli rivolgo il sorriso più sincero che riesco a trovare nel mio repertorio, distendendo le labbra truccate di rosso scuro e socchiudendo appena gli occhi:<< A meraviglia. E tu invece? Stai bene? >>.
Conosco qual è la vera risposta a questa domanda e anche quella che lui mi fornirà e so perfettamente che le due non coincidono:<< Bene. Tu ci vai questa sera alla festa? >>.
So che a lui fa male tanto quanto a me. So che ogni respiro è una stillata al petto, ogni secondo vissuto con la consapevolezza di non avere più lei al nostro fianco un supplizio. Ma la vita va avanti, noi siamo vivi e dobbiamo vivere anche per lei.
Non ho bisogno di domandare nulla per sapere a quale festa si sta riferendo ovviamente, e poi gli addobbi di cattivo gusto malamente sparsi per la scuola parlano da sé. Non so esattamente di chi sia stata l'idea, forse di Danny o forse della sorella del suo nuovo ragazzo, fatto sta che questa sera è Halloween, il che in realtà è solo un pretesto per far festa, ubriacarsi e strusciarsi addosso a sconosciuti mascherati.
Mi volto con tutto il corpo verso Scott, costringendomi a fare un paio di passi all'indietro per guardarlo negli occhi mentre parlo:<< Sia mai che Lydia Martin manchi una festa! >> e così dicendo gli faccio l'occhiolino, prima di sparire dietro la porta dell'aula di inglese.
 
Kira non è male. Certo, non è Allison, nessuna è Allison, ma è una ragazza simpatica e solare e, anche se ha un'idea tutta sua dello stile, andare a fare shopping con lei si sta rivelando divertente.
<< Devo proprio farlo? >> la sua voce scocciata proviene da dietro la tenda del camerino davanti al quale sono pazientemente appostata e mi fa sfuggire un sorriso.
Annuisco con convinzione, per poi rendermi conto che non mi può vedere:<< Certo che devi. Le feste in maschera sono un rito di passaggio, una di quelle cose che ti fa dire “Sono una normalissima adolescente alla quale piace ubriacarsi alle feste e non uno strano essere soprannaturale con poteri ancora più strani”. >>
La sento sbuffare e tentare con pessimi risultati di trattenere una risata. È bello sentire ridere sinceramente qualcuno, ci sono stati momenti in cui ho pensato che nessuno di noi sarebbe mai più stato in grado di farlo, che io non ne sarei mai più stata in grado.
Alla fine Kira si decide ad uscire dal camerino con indosso questo carinissimo vestito viola chiaro da odalisca, che ovviamente ho scelto io, un completo due pezzi tutto veli e trasparenze che mostra il giusto, senza essere volgare. Le chiedo di fare un giro su se stessa e la osservo soddisfatta, un'altra prova che il mio intuito non sbaglia mai. Le sorrido, un sorriso vero che coinvolge anche gli occhi:<< Stai benissimo, sembri la principessa di una fiaba orientale. >>.
Anche se la vedo abbassare lo sguardo e tentare un'occhiata critica all'abito, le sue labbra si tendono in un sorrido e capisco dalla sua espressione che il costume l'ha conquistata:<< Sei sicura? Non è un po'... esagerato? >>.
<< Sono sicura. Tranquilla, sarai bellissima. >> dico rivolgendole un cenno di incoraggiamento.
A volte mi fa tenerezza Kira, è sempre così preoccupata all'idea di non piacere, sembra continuamente alla ricerca di conferme da parte di tutti ed io non posso fare altro che dargliene, perché è una brava ragazza, perché e dolce, perché ci ha aiutati a riportare indietro Stiles e perché, come tutti noi, non meritava nessuno dei casini che sono successi nella sua vita da quando... beh da quando ci ha incontrati, in realtà.
Alla fine Kira compra il vestito, non che avessi dubbi. Io l'abito ce l'ho già, sono andata a comprarlo da sola un paio di giorni fa perché è una di quelle cose che di solito facevo con Allison e farmi dare consigli, non che io ne abbia bisogno, da un'altra ragazza mi sarebbe sembrato un po' come tradirla. In ogni caso finiamo prima del previsto e poiché siamo in anticipo le propongo di andare a bere qualcosa, prima di rifugiarci ognuna a casa propria a prepararsi per questa sera. Lei accetta e così ci ritroviamo sedute ai tavolini esterni di un bar, le giacche allacciate e le sciarpe ben strette attorno alla gola perché il freddo inizia a farsi sentire.
Stiamo aspettando le bibite che abbiamo ordinato, quando lei mi domanda:<< Ci vai da sola alla festa? >>.
E quasi mi viene da ridere perché, a memoria d'uomo, Lydia Martin non è mai andata da sola ad una festa, anche nei periodi in cui non ero fidanzata, avevo sempre avuto una fila di pretendenti tra cui scegliere per farmi accompagnare, mentre adesso... beh magari i pretendenti ci sono ancora ma io non li vedo. E mi sento sola, più sola che mai.
<< Assolutamente sì. E tu? Scott ti ha invitata? >>.
Distoglie lo sguardo ed abbassa la testa, in imbarazzo, probabilmente non è abituata ad avere un'amica con cui parlare di problemi di cuore:<< No, ha detto che ci vediamo là. Ma sai, io non voglio... mettergli pressione, con la questione di Allison e il resto... >> so che è sincera, è sinceramente dispiaciuta per la morte della mia migliore amica, ma questo non basta per farmi credere che davvero non avrebbe preferito un invito da parte di Scott.
<< Io, fossi in te, gli scriverei e gli chiederei di andarci insieme. >>.
A questo punto, Kira arrossisce anche:<< Ma no! Ma cosa...? >>.
Alzo un istante gli occhi al cielo prima di sporgermi appena in avanti e fissarli nei suoi:<< Non siamo nell'ottocento. Certo, un po' di galanteria fa sempre piacere, ma ci sono delle cose a cui gli uomini proprio non arrivano e a quel punto tocca a noi fare il primo passo e spesso anche il secondo. >>.
<< Ma Allison... >>.
<< Allison è morta mentre Scott è vivo e merita di rifarsi una vita, come tutti noi. >> e con questa delicata perla, chiudo l'argomento.
 
Sono praticamente le nove e trenta quando stendo l'ennesima passata di rossetto bordeaux sulle mie labbra carnose. Inizialmente ho provato con il viola ma proprio non è il mio colore ed il risultato è stato pessimo.
Sono vestita da strega, per la cronaca. So che è terribilmente banale come travestimento per Halloween, ma proprio non avevo fantasia quest'anno. In realtà non avevo neanche voglia di impegnarmi più di tanto. E poi lo so che non ho bisogno di impegnarmi troppo per essere la ragazza più sexy della serata, farò colpo con qualsiasi cosa indossi. Non sono vanitosa, solo sono pienamente consapevole della mia bellezza e so come valorizzarla.
Controllo che il corpetto, legato sulla schiena da tanti lacci intrecciati, sia a posto e mi chino per recuperare dall'armadio un paio di scarpe dal tacco altro in vernice nera. Non penso a quanto mi piacerebbe domandare ad Allison cosa ne pensa del mio vestito e, dopo un veloce saluto a mia madre e una carezza a Prada, esco di casa e salgo in macchina.
La festa è in un locale poco distante da casa mia, tecnicamente iniziava alle nove ma Lydia Martin non può presentarsi puntuale ad una festa, quaranta minuti di ritardo per un evento simile sono perfetti, non troppo da risultare maleducati, abbastanza per farsi attendere ed avere una delle entrate in scena teatrali che tanto amo.
Conosco il locale quindi ci arrivo subito senza troppi problemi. Parcheggio la macchina poco lontano e, dopo essermi data un'ultima occhiata nello specchietto e una sistemata ai capelli, entro a passo deciso, ancheggiando appena sui fianchi, la testa alta.
Guardando i volti e i movimenti dei presenti, l'alcool deve aver iniziato a girare da un bel pezzo e la musica rimbomba ovunque nella sala gremita, le luci psichedeliche e il fumo finto mi rendono difficile riconoscere chi mi circonda. Riesco appena a vedere una massa di ricci castani lì, un cappello a punta là, dei canini finti poco distanti da me.
In ogni caso la mia entrata richiama l'attenzione di diverse persone come in effetti desideravo. I più vicini alla porta si voltano a guardarmi ed i loro sguardi mi stupiscono non poco. I più, come mi aspettavo, mi guardano con ammirazione o desiderio perché, ammettiamolo, l'abito che indosso è davvero stupendo e mi sta benissimo. Ma tra i tanti, qualcuno sembra osservarmi con... disapprovazione? Quasi come se, a causa della morte di Allison, non meritassi di starmene lì nel mio abitino sexy a festeggiare Halloween, quasi come se una persona che ha subito una perdita non dovesse mai più essere felice. E fa male vederli, vedere il giudizio impresso a chiare lettere sul loro volto mentre non passa secondo in cui io non pensi ad Allison, in cui io non senta la sua mancanza e la desideri vicino, anche solo per un attimo, anche solo per dirle le cose che non lo ho mai detto e ricordarle quanto le voglio bene e scusarmi per non essere riuscita a salvarla anche se avrei voluto, avrei voluto davvero tanto.
Sollevo la mano e mi sistemo il ciuffo di capelli rossi mentre mi volto con noncuranza, il sorriso più finto di sempre stampato sulle labbra. Ho bisogno di bere, decisamente. Ed è strano anche solo il pensarlo, perché io non sono proprio una che beve, neanche alle feste, tra me ed Allison quella che rischiava di finire per ubriacarsi durante serate come quella era lei, il che è tutto dire.
Mi avvicino al bancone posizionato su un lato della grande sala, dietro il quale tre ragazzi a petto nudo con le corna da diavolo in testa ed un farfallino rosso appuntato attorno al collo preparano dei cocktail.
Mi avvicino a quello di destra e ordino:<< Preparami qualcosa, non mi importa cosa, basta che sia forte. >> lo dico un po' perché fa scena ed un po' perché in realtà non avrei idea di cosa potrei ordinare.
<< Offre la casa. >> mi informa il barista, prima di porgermi il bicchiere e farmi un occhiolino.
So come avrebbe reagito la Lydia di tre, quattro mesi fa, ma al momento non ce la faccio, non ho voglia di flirtare né tanto meno di portarmi a letto uno sconosciuto, per quanto questo possa essere attraente. Così mi limito a rivolgergli un altro dei finti sorrisi che probabilmente elargirò per tutta la serata e prendo il bicchiere di plastica.
Muovendo la testa a ritmo di musica mi allontano un po' dalla folla, cercando un punto tranquillo con una visuale migliore, nella speranza di trovare Scott e Kira, anche solo per salutarli e scoprire se alla fine la ragazza si è data una svegliata e lo ha invitato. I miei occhi sondano la pista da ballo con attenzione e si scontrano con una coppia che balla a diversi metri da me, una coppia che conosco fin troppo bene ma che non ha nulla a che fare con Kira e Scott.
Malia indossa un'aderente tutina tigrata che le fascia il corpo dalle caviglie ai polsi, lasciando considerevoli porzioni di pelle scoperta tra spalle, schiena e decolté, il viso è quasi interamente dipinto con pennellate decise di nero ed arancione ad emulare il muso del grande felino.
Vedere come si è conciato Stiles invece mi fa venire voglia di ridere, indossa un paio di normalissimi pantaloni scuri, una maglietta nera con su stampato il disegno stilizzato di quello che dovrebbe essere un frac ed un mantello rosso da vampiro, il tutto arricchito dall'innaturale cerone bianco, i capelli pettinati malamente all'indietro ed una goccia di sangue finto che gli cola dall'angolo delle labbra.
Solitamente sono brava ad intuire le dinamiche di coppia, ma con loro proprio non ci riesco. Malia, devo ammetterlo, si muove aggraziatamente a ritmo di musica e, con ogni minima scusa, cerca il contatto con il corpo di Stiles che però, anche se non la respinge, se ne sta leggermente distaccato da lei, a ballare nel suo solito modo goffo e scoordinato.
Un sorriso, forse il secondo sincero di tutta la giornata distende le mie labbra carnose e scuoto leggermente la testa, pensando al fatto che, nonostante tutto, il comportamento di Stiles, Stiles stesso, pare proprio l'unico punto fisso nel mio universo che va a rotoli.
Mi fa male vederlo con Malia? Sì, almeno a me stessa posso ammetterlo, vederla che cerca di strusciarglisi addosso mi fa quasi venire il mal di stomaco. Noi avevamo creato qualcosa di speciale insieme, avevamo un bel rapporto, un rapporto che era solo nostro. E quella ragazzina saltata fuori da chissà dove, stretta nella sua tutina aderente, me lo sta portando via. Non c'entra nulla con il sesso questa volta, o almeno credo. È una questione di... sentimenti, immagino. Io e Stiles avevamo – abbiamo – questa strana connessione silenziosa, grazie alla quale lui riesce sempre in qualche modo a capire come mi sento o di cosa ho bisogno, riesce anche a dire le parole giuste al momento giusto quando mi vede star male, nonostante i suoi soliti ed ormai famosi disastri. Fatto sta che lo rivoglio indietro. Rivoglio indietro i suoi modi impacciati, l'espressione da ebete con la quale lo coglievo intento a fissarmi, le sue battute ridicole, le sue mani strette alle mie e tutto il resto. Voglio indietro Stiles Stilinski, pacchetto completo.
A ricordarmi il perfetto tempismo che sembra accomunare perfettamente tutti gli abitanti di Beacon Hills, Kira e Scott scelgono proprio quel momento per materializzarsi al mio fianco. Lei indossa il vestito da odalisca che abbiamo comprato insieme quel pomeriggio e lui... lui sembra essere avvolto dalla testa ai piedi di carta igienica.
<< Lydia! Bella festa vero? >> mi domanda Kira, palesemente eccitata.
Prima di risponderle, butto giù un lungo sorso della bevanda che ho nel bicchiere, è molto forte, non sono ancora riuscita a capire se mi piace o meno:<< Sì, non male. Scott, vuoi spiegarmi cosa diavolo hai addosso!? >> ok che è triste, in lutto eccetera, ma queste non sono scuse valide per andare in giro conciati a quel modo.
Scott si gratta la testa e schiude appena le labbra, visibilmente in imbarazzo:<< Sono arrivato tardi, mi sono mosso oggi pomeriggio per cercare il vestito e non avevo molti soldi, non ho trovato nulla così... insomma, mi sono dovuto arrangiare. >>.
Inarco un sopracciglio e caccio via una ciocca di capelli dal mio viso con un movimento deciso della mano:<< Otto per la creatività ma due per l'abbigliamento, McCall! >>.
E lui scoppia a ridere ed io ho l'impressione di sentirmi male. Perché è la prima volta che lo sento ridere di gusto da settimane e nella mia testa alla sua risata se ne somma un'altra, che non le somiglia neanche lontanamente, ma che era solita accompagnarla. La risata di Allison era alta e cristallina, un po' come il suono di decine di campanellini mossi dal vento. La risata di Allison era una folata di aria primaverile e mi manca, mi manca da impazzire.
Senza che io lo desideri, il mio sguardo corre in completa autonomia, quasi mosso da una forza a me sconosciuta, a cercare nuovamente la figura di Stiles tra la folla. È esattamente dove l'ho visto l'ultima volta, solo che ora le sue mani sono posate suoi fianchi di Malia e quelle di lei allacciate intorno al suo collo. Assottiglio lo sguardo e lui si volta di scatto nella mia direzione, quasi avesse in qualche modo percepito che lo sto guardando, strano, solitamente sono io quella che sente le cose che gli altri non possono sentire...
E allora penso che nulla di tutto questo ha senso, perché Allison non c'è più e non posso farci nulla, non posso riportarla da me in nessun modo, per quanto lo desideri, mentre Stiles è lì, a pochi metri da me, mi basterebbe allungare una mano per trovarlo, eppure non lo faccio. E allora se non ho neanche la forza per risolvere il risolvibile, che senso ha tutto questo? Che senso ha tutto questo dolore?
Scott mi si avvicina da dietro e si accosta al mio orecchio per parlarmi, anche i suoi occhi ora sono fissi sulla coppia:<< Ho l'impressione che Stiles ti stia guardando. >>.
<< Lo so. >>.
<< Solitamente non si balla con una ragazza e nel frattempo se ne guarda un'altra. >>.
<< Lo so. >>.
<< Sai che basterebbe una tua sola parola per far tornare tutto come prima, vero? >>.
Per un istante mi domando da quando Scott McCall sia diventato un così bravo osservatore, ma è una domanda fugace, che subito viene inglobato nel turbinio di pensieri che ho in mente:<< Lo so. >>.
<< E allora cosa ci fai ancora qui? Perché lascia che balli con Malia mentre voi due neanche vi parlate da giorni? >>.
<< Perché mi sembrava magnanimo, da parte mia, dare alla ragazza-coyote un piccolo vantaggio e io sono una persona molto magnanima, McCall. >>.
Un angolo delle mia labbra si solleva mentre faccio lentamente roteare i miei occhi da Stiles – che continua a fissarmi – a Scott, immobile al mio fianco con un sorriso scemo disegnato in viso. Gli porgo il bicchiere di plastica che lui subito prende, senza dire una sola parola.
<< Con permesso >> dico, ravvivandomi i capelli rossi, no biondo fragola, con un gesto secco della mano, prima di tornare a fissare lo sguardo negli occhi di Stiles ed iniziare a camminare decisa nella sua direzione.

 
 
Continua...
 

Grazie a tutti per aver letto, tra pochi giorni arriverà il secondo capitolo, scritto dal punto di vista di Stiles.
 

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Capitolo 2
*** Stiles ***


Stiles
Ci era voluto un po’ di tempo perché tornasse tutto alla normalità e ad essere sinceri, non so nemmeno dire se ci siamo effettivamente giunti anche perché, in fondo, chi più ricorda cosa sia la normalità?
Non era stato immediato, c’erano troppe cose da metabolizzare, dovevo superare la morte di Allison, accettare ciò che avevo fatto mentre ero posseduto dal Nogitsune e recuperare ciò che mi ero perso quando… non ero stato esattamente me stesso. Non era stato un lavoro facile, per niente, ma mentre lo facevo, nella mia vita, contro ogni aspettativa, era comparsa una nuova costante che aveva capelli e occhi castani, profumava di bosco e portava il nome di Malia.
Non avevo esattamente scelto di farla entrare nella mia vita, in realtà non sapevo nemmeno dire come fosse successo. Semplicemente avevamo iniziato a passare del tempo insieme, un po’ per la scuola, un po’ perché io e Scott le insegnavamo a gestire il suo lato animalesco e alla fine… beh alla fine è rimasta.
Non che siamo ufficialmente fidanzati o roba simile, non abbiamo preso alcun tipo di impegno soprattutto perché per lei, che per la maggior parte della sua vita è stata un coyote, appellativi come “ragazzo” o “fidanzato” significano ben poco. Io sono solo Stiles e lei è solo Malia e ci piace passare del tempo insieme. In realtà è tutto molto più facile di quanto sembri, come spesso capita con queste cose, ci piace la compagnia l’uno dell’altra e non c’è alcun motivo per negarcela, nulla di più.
Le cose però sono cambiate e nessuno può negarlo. C’erano delle dinamiche tra di noi che sono state totalmente stravolte dopo… beh, dopo la morte di Allison. All’inizio c’erano voluti mesi perché riuscissimo ad adattarci gli uni agli altri in quella sorta di branco male assortito e quando sembravamo avercela quasi fatta, è andato tutto a farsi fottere.
Scott è un bravo Alpha, ho sempre pensato che lo fosse e in questi ultimi mesi lo sta dimostrando a tutti, anche a quelli che inizialmente non lo ritenevano in gradi di combinare nulla di buono. Prende decisione sagge, mette gli amici davanti anche a se stesso e sembra sempre sapere quale sia la cosa giusta da fare. Mi ha aiutato molto nell’ultimo periodo, lui e Malia hanno fatto un grande lavoro, abbiamo ricostruito insieme tutti gli avvenimenti, tutte le cose che non mi ricordavo ed anche se sono stati brutalmente sinceri e non mi hanno nascosto nulla né hanno cercato di indorare la pillola, sono stati fantastici, mi hanno aiutato a ricordare ed accettare tutto ciò che avevo fatto quando il Nogitsune aveva il controllo del mio corpo.
Capita ancora che io faccia sogni orribili o che mi svegli nel cuore della notte con l’impressione di stare annegando, sono immerso nell’acqua, è ovunque e io non so come uscirne. Nella maggior parte dei casi però, quando apro gli occhi, trovo Malia accanto a me, pronta ad ascoltarmi e tranquillizzarmi.
Ad essere sincero, non so se vorrei davvero ufficializzare il nostro rapporto, neanche se la situazione fosse diversa. Insomma, mi piace passare il mio tempo con lei, siamo in sintonia e, diciamocelo, il sesso è meraviglioso, ma non posso dire di amarla come teoricamente dovrei amare la mia ragazza. Non sono neanche sicuro di cosa voglia dire amare qualcuno in quel senso. Ho amato una sola ragazza in tutta la mia vita e per almeno una decina di anni lei non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo, forse non sono la persona migliore per parlare di certe cose.
Ed inevitabilmente, ancora una volta, il mio pensiero vola a lei. Ai suoi capelli biondo fragola e agli occhi verde smeraldo, così terribilmente espressivi e penso che mi manca, mi manca come l’aria e questo è anche peggio che annegare.
Non so come sia successo. Insomma, un giorno mi stringeva e piangeva sulla mia spalla quasi fossi il suo salvagente nel mezzo di una tempesta ed il giorno dopo a malapena mi salutava per i corridoio della scuola. E la cosa divertente è che questa volta sono – quasi – sicuro di non aver fatto nulla di male per meritarmi tale comportamento.
O forse no perché insomma, sono sempre io, e so che in un modo o nell’altro riesco comunque a dire o fare la cosa sbagliata, ma non penso di aver combinato un casino così grande da meritare di vedermi tolto saluto… no?
Eppure lei lo ha fatto, senza spiegarmene nemmeno il motivo ha ridotto le nostre interazioni ben al di sotto dello zero. Ed è una cosa odiosa, perché frequentiamo la stessa scuola ed usciamo con gli stessi amici e spesso me la ritrovo persino in classe! Ma lei non mi rivolge neanche la parola, è già tanto se mi concede un cenno del capo senza guardarmi negli occhi, quando occupo il banco affianco al suo.
È insopportabile, mi sembra di essere invisibile e, soprattutto, di essere tornato indietro di un paio di anni, a quando lei era troppo bella e popolare per degnare anche solo di un’occhiata quello sfigato di Stiles.
Sento una mano posarsi delicata proprio sopra l’incavo del gomito e mi volto appena per incontrare gli occhi castani di Malia. Sono belli, hanno un bel taglio, ricordano in qualche modo il coyote che nasconde dentro di sé e sembrano terribilmente profondi, tanto scuri da sembrare neri, a volte, ma non sono color smeraldo.
Mi guarda accigliata, con la testa leggermente inclinata, probabilmente ha capito che c’è qualcosa che non va e, considerando la sua poca conoscenza dei modi umani, la frustrazione deve avere un odore particolare che il suo olfatto animale è riuscito a percepire o qualche roba sovrannaturale del genere. Non è ancora l’esatta immagine della tipica adolescente americana ma… ci stiamo lavorando.
<< Cosa succede? >> mi domanda, assottigliando gli occhi alla ricerca della causa del mio malumore.
Scuoto la testa e le sorrido, chiudendo la zip dello zaino e successivamente l’armadietto:<< Niente, perché? >>.
Malia si fa più vicino ed accosta il viso al mio, ho quasi l’impressione che mi stia annusando e probabilmente è davvero così:<< Hai qualcosa che non va, sembri quasi triste… no, non proprio triste, solo un po’… non lo so, sei arrabbiato? >> ecco, non è particolarmente ferrata con le emozioni umane e forse, per oggi, questo gioca a mio favore.
Mi stringo nelle spalle e allungo un braccio per posarglielo sopra le spalle, lei sembra rilassarsi un po’:<< No tranquilla, è tutto a posto. Sono solo stanco, non ho dormito bene questa notte. >>
Lei pare ancora sospettosa ma adesso è più tranquilla, quel tanto che basta per non dare il via ad un interrogatorio per lo meno. Forse ha deciso che in fondo non è così tanto importante. Mi allaccia un braccio intorno alla vita e si avvicina di più, finché la sua testa non sfiora quasi la mia spalla.
In silenzio, iniziamo a camminare per il corridoio. In realtà stiamo molto in silenzio io e Malia, lei non è una tipa di troppe parole, se deve dire qualcosa lo fa in modo chiaro, conciso, a volte addirittura lapidario ed io… beh io sono sempre stato un po’ logorroico, ma dopo tutta la storia del Nogitsune... non lo so, è come se le parole mi sembrassero di troppo, a volte.
La gente ormai si è abituata a noi, inizialmente le occhiatine ed i pettegolezzi – che sembrano così tanto piacere agli alunni della Beacon Hills Hight School – ci seguivano ovunque – “Stilinski è fidanzato! Fidanzato con la strana ragazza nuova!” – ma ormai tutti sembrano aver accettato la cosa e, anche se è palese che siano un po’ curiosi, i loro sguardi stupiti non si posano più su di noi, ormai sembriamo fare parte dell’arredamento.
Siamo praticamente davanti alla classe di storia, dove io avrò lezione alla prima ora, quando abbasso nuovamente lo sguardo su Malia:<< Stasera allora andiamo alla festa? >>.
Lei inclina leggermente la testa verso di me con uno sguardo stupito e mi sembra di vedere le rotelle del suo cervello lavorare per capire di cosa sto parlando:<< Quale festa? >>.
Scuoto appena la testa, divertito. Malia è stata per anni umana, prima di rimanere intrappolata nel corpo di un coyote, però sembra che abbia dimenticato molte cose della sua vita di prima:<< È Halloween, hanno organizzato una festa per i ragazzi della scuola, te ne ho parlato l’altro giorno… >>.
La vedo assottigliare lo sguardo e per un istante ho l’impressione che se dovesse impegnarsi ancora un po’, inizierebbe ad uscirle fumo dalle orecchie:<< Halloween… è quando si rubano i dolci travestiti da mostri? >>.
Faccio una smorfia e scuoto la testa. So che sembra strano ma è comunque un miglioramento, considerando che l’ultima volta che abbiamo parlato di festività mi ha domandato se dovesse farmi un regalo da mettere nel camino per il giorno del ringraziamento:<< Sì… cioè non proprio, questo lo fanno i bambini e solitamente li chiedono più che rubarli ma non importa. Hanno organizzato un festa in un locale, si balla e si beve come ad una qualsiasi festa solo che… ci si traveste. >>.
Malia ci pensa un attimo, so che le piace la musica e anche ballare, ovviamente non può ubriacarsi proprio come i lupi mannari, ma troverà comunque il modo per divertirsi:<< Ok allora, da cosa mi devo travestire? >>.
Di colpo sento un calore affatto piacevole affluirmi alle guance e socchiudo appena la bocca:<< I-io non ne ho idea… perché… perché non chiedi a Kira? >> a volte le conversazioni tra di noi si fanno imbarazzanti, per me almeno. Succede abbastanza spesso in realtà, considerando la mia poca conoscenza sul mondo femminile e la sua esagerata schiettezza, per lo più lei non sembra nemmeno accorgersene.
Spesso mi domando cosa ci abbia messi insieme. Non abbiamo interessi in comune né la pensiamo allo stesso modo sugli argomenti importanti. A volte ho paura che tutto ciò che c’è mai stato tra noi sia stato dettato unicamente dalla voglia di sperimentare, di fare esperienze nuove, da parte di entrambi, i dubbi mi attanagliano lo stomaco nel cuore della notte e riescono a farmi girare e rigirare tra le lenzuola sgualcite per ore. Eppure la mattina dopo mi sveglio e Malia è sdraiata ancora accanto a me, pronta a baciarmi e a stringermi e ogni dubbio passa, portato via dal sapore dolce delle sue labbra.
 << Ok, allora la chiamo dopo scuola e sento cosa mi dice. >>
La campanella suona sopra le nostre teste e, prima che io faccia in tempo a fare qualsiasi cosa, lei mi schiocca un bacio sulle labbra e scappa via, diretta spero alla sua prima lezione della mattina. Sospiro, mentre guardo i suoi capelli castani rimbalzare sulla maglietta blu che indossa per poi scomparire tra la massa di studenti che si accalca per il corridoio. Un sorriso appena accennato mi spunta sulle labbra ed è in quel momento che la voce nasale del professore di storia giunge forte e chiara alle mie orecchie.
<< Stilinski! In classe! >>
E no, ci sono cose che non cambiano mai.
 
Scott mi risponde intorno al quindicesimo squillo e dalla sua voce è palese che si sia appena svegliato. Biascica qualcosa di incomprensibile, poi la sua voce si allontana e si sente un tonfo. Alzo gli occhi al cielo, sperando solo che non abbia rotto l’ennesimo cellulare poiché sappiamo entrambi benissimo che non ha i soldi per comprarsene uno nuovo.
<< Stiles? Sei ancora lì? >> ora la sua voce è un po’ più sveglia, quel tanto che basta per non farmi domandare se sia effettivamente sveglio o se parli nel sonno.
Lancio un’occhiata all’orologio sul comodino, accanto ad uno dei disegni degli alberi che faceva Lidya – a Malia non piace e spesso capita che quando è qui questo finisca casualmente nella fessura tra il comodino ed il muro, ma ogni volta, appena se ne va, lo ripesco e lo riposiziono al suo posto – segna quasi le sette e trenta di sera:<< Buongiorno Bella Addormentata, è ora di svegliarsi! Alzati e risplendi. >>
Le parole che mi arrivano in risposta non sono esattamente quelle che pronuncerebbe una principessa della Disney al suo principe. Poco male, mi ringrazierà quando si renderà conto che se non fossi stato io a svegliarlo avrebbe fatto tardi all’appuntamento con Kira e se c’è una cosa della quale sono sicuro è che con lei vuole fare bella figura.
<< Ehi amico, datti una calmata, ti sto facendo un favore, sono quasi le sette e trenta! >>
Sento dei rumori dall’altra parte della linea, un tonfo e poi l’acqua corrente, Scott deve essersi alzato per sciacquare via i fumi del sonno:<< E allora? >>
<< Kira. Halloween. Festa… non ti dicono niente queste parole? >>
<< Stiles, ma di cosa stai…? >>
<< Stasera c’è la festa di Halloween! E prima, mentre ti riaccompagnavo a casa, Kira ti ha mandato un messaggio domandandoti se ti andasse di passarla a prendere per andarci insieme. >>
Tre. Due. Uno…
<< Oh merda! È tardissimo! >>
Povero Scott, ogni tanto mi domando come farebbe a sopravvivere senza di me. Sarà anche un Lupo Mannaro, un Alpha con le zanne e tutto il resto, ma se non ci fossi io non resisterebbe un giorno nel mondo reale, ne sono sicuro.
<< Ma davvero? >> ironizzo mentre dall’altra parte della linea mi arrivano all’orecchio tonfi e imprecazioni malamente camuffate:<< Avanti sbrigati e vedi di non fare tardi, penso proprio che non sia il caso di far innervosire una volpe… >>
<< No no, aspetta! >> le parole di Scott mi bloccano prima che possa chiudere la telefonata:<< È una festa in maschera e io non ho un costume! >>
Ci penso su un istante, osservando gli abiti abbandonati sul mio letto che ho messo insieme per ricreare una versione decisamente economica del Conte Dracula e mi lascio scappare una risata:<< Qualche rotolo di carta igienica e un po’ di pazienza, amico. Con la mummia non si sbaglia mai. >> e sto ancora ridendo quando premo il tasto rosso per interrompere la chiamata, prima di poggiare il telefono sulla scrivania e dirigermi verso il bagno.
Afferro il tubetto nuovo di gel abbandonato sul bordo del lavandino e prima di mettermi al lavoro mi do un’occhiata allo specchio. I capelli, ora più lunghi rispetto a come li portavo gli anni scorsi, sparano un po’ in tutte le direzioni, senza seguire una piega definita. Vorrei poter dire che mi danno un aspetto selvaggio ma in realtà ho solo l’aria di uno che si è appena alzato dal letto.
Sospiro scrollando le spalle e:<< Adesso a noi >> dico, prima di spremermi una generosa quantità di gel sulle mani ed infilare le dita tra la castana massa informe che mi ritrovo in testa.
 
Ho ancora le mani impiastricciate di cerone bianco ed indosso una scarpa sola quando suona il campanello di casa. Lancio un’occhiata alla sveglia sul comodino di fianco al letto e mi rendo conto che effettivamente sono le nove, l’ora in cui avevo detto a Malia di venire a casa mia. Inizialmente mi ero proposto di andare a prenderla ma lei ha risposto che non le dispiaceva camminare e… beh, chi sono io per impedirle di fare un po’ di moto?
Rischiando di sbattere la testa contro la cassettiera, saltello su di un piede solo per cercare di infilarmi la seconda scarpa, mentre urlo un “vado io” rivolto a mio padre che probabilmente è chiuso nel suo studio a risolvere l’ennesimo caso impossibile.
Contro ogni aspettativa, riesco a portare a termine l’impresa di indossare entrambe le mie solite scarpe da ginnastica senza fratturarmi l’osso del collo e quando ho finito mi precipito giù per le scale e spalanco la porta d’ingresso, so bene quanto poco le piaccia aspettare.
Nemmeno il tempo di metabolizzare ciò che vedo che ho l’impressione di sentire il tonfo sordo che produce la mia mascella infrangendosi contro il pavimento. La prima cosa che penso è che vestita così Malia avrà sicuramente un freddo cane e la seconda è che probabilmente quello che indossa non può neanche propriamente definirsi “vestito”. Poi penso che se qualcuno due anni fa mi avesse raccontato che un giorno avrei baciato una ragazza simile, che mi sarei addirittura presentato con lei ad una festa, probabilmente gli avrei riso in faccia. Ho mille pensieri per la testa ma dalle labbra non esce il minimo suono, me ne rimango lì, a boccheggiare muto come un pesce particolarmente stupido, mentre i miei occhi non trovano un motivo valido per staccarsi da ciò che ho davanti e nemmeno si impegnano per cercarlo.
La poca stoffa tigrata che ricopre il corpo di Malia è aderente come una seconda pelle e lascia pochissimo – per non dire nulla – spazio all’immaginazione. C’è così tanto da guardare che, nonostante l’evidente imbarazzo che mi provoca la situazione, non riesco proprio a distogliere lo sguardo. Mi sforzo di pronunciare qualcosa di senso compiuto ma tutto ciò che esce dalle mie labbra è un borbottio indistinto.
Malia fraintende, per la centesima volta quel giorno, la mia reazione e sul suo viso pare calare un’ombra scura:<< Non ti piace? Non è adatto? Lo sapevo che non dovevo ascoltare quella stupida di una commessa! >>
Con uno sforzo immane cerco di rimettere insieme le idee ed è solo quel briciolo di dignità rimastami ad impedire che mi prenda a schiaffi da solo:<< No… cioè sì, voglio dire, mi piace e n-non è inadatto s-solo che… ehm… te lo ha consigliato Kira? >> non riesco proprio ad immaginarmi quella ragazza che consiglia qualcosa del genere a qualcuno, probabilmente solo l’idea di un indumento simile la imbarazzerebbe, come d’altronde imbarazza me.
<< No, quando l’ho chiamata era troppo tardi e lei aveva già trovato un vestito, così sono andata in un negozio e mi sono fatta consigliare dalla commessa. >> mi spiega incrociando le braccia al petto. Pessima mossa perché così facendo mette in risalto il decolté ed è l’ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento.
Di colpo nella stanza la temperatura si alza ed io sento premere il sudore sulla fronte, sotto lo spesso strato di cerone bianco che mi sono appena spalmato in faccia. Per un attimo sono tentato di chiederle in che diavolo di negozio abbia trovato qualcosa di simile, ma proprio in quel momento sento il rumore di dei passi sulle scale di legno. In tempo zero afferro la mia giacca dall’appendiabiti all’ingresso e, quando mio padre scende l’ultimo gradino, questa avvolge già Malia completamente, nascondendo quel poco che ha indosso.
<< Ciao Malia. >> saluta mio padre, rivolgendo un sorriso alla ragazza che ricambia con un cenno del capo:<< Posso offrirti qualcosa prima che andiate alla festa? >>
<< Molto… >
<< Veramente dobbiamo scappare, siamo in ritardo. >> la interrompo, prima che possa accettare l’offerta. Certo, tra me e papà c’è un bel rapporto, ma non voglio sapere cosa potrebbe immaginare vedendola “vestita” in quel modo, perché va bene che è Halloween ma… insomma…
<< Ma… >>.
<< Dobbiamo andare. Siamo in ritardo. Ciao papà, non mi aspettare sveglio! >> e prima ancora di terminare la frase, mi sono chiuso la porta alle spalle, lasciando mio padre imbambolato davanti alla porta d’ingresso, un’espressione incredula dipinta in volto.
Nemmeno Malia sembra averci capito molto di quanto successo ma fortunatamente non è una che fa troppe domande, così sale sul furgone senza una parola e rimane in silenzio mentre metto in moto e poi per quasi tutto il viaggio verso il locale che ospitata la festa.
Mi piace l’idea di andare con Malia ad una festa. Non lo abbiamo mai fatto, non perché non volessi ma perché non c’è mai stata l’occasione. Io sono un po’ un imbranato con questo genere di cose ma una festa in maschera mi sembra proprio il tipo di attività che potrebbe piacere a Malia e poi è Halloween, insomma, a chi non piace Halloween?
Mi ripeto, come faccio ormai praticamente ogni giorno, che questa serata andrà benissimo, che sono finiti i tempi in cui avevo l’impressione che il mondo intero potesse sgretolarsi da un istante all’altro sotto i miei piedi, senza il minimo preavviso. Andrà tutto bene, ne sono certo, devo solo tenere d’occhio Malia perché non se ne esca con qualche trovata assurda, ma non troppo d’occhio perché ho paura che potrei rischiare un infarto guardando troppo a lungo quel che (non) indossa.
Parcheggio poco distante dal locale e dopo aver chiuso la macchina mi incammino affianco a lei verso l’entrata. Ha lasciato la mia giacca nel furgone ma procede tranquilla, senza dimostrare minimamente di avere freddo, il che è strano, poiché l’ho sentita spesso lamentarsi di non riuscire più a scaldarsi da quando ha ripreso la sua forma umana.
L’interno del locale è pazzesco, l’arredamento è moderno e scuro, arricchito con ragnatele, scheletri ed altre tipiche decorazioni di Halloween, le luci psichedeliche ed il fumo conferiscono un aspetto irreale alla scena che mi si presenta davanti, una massa di corpi travestiti, truccati e gocciolanti sangue finto che si muove all’unisono, a ritmo di musica. Sento Malia accanto a me esprimersi in un verso sorpreso e, prima che io me ne renda conto, mi ha afferrato per una mano e trascinato praticamente nel mezzo della pista.
Subito il suo corpo si fa vicino al mio, porta una mano dietro il mio collo ed inizia a muoversi, seguendo la musica, in perfetta sintonia con chi ci circonda. Io d’altro canto so di essere pessimo a ballare e, ad essere sincero, avrei preferito che per lo meno mi chiedesse se mi andava di ballare prima di trascinarmi lì in mezzo, ma faccio finta di niente e cerco di adeguarmi meglio che posso con i suoi movimenti.
Stiamo ballando da appena una manciata di minuti ed io inizio proprio adesso a prendere il ritmo quando intravedo il viso di Scott tra la folla. Agito una mano nella sua direzione e lo chiamo, lui nonostante il baccano infernale subito si volta verso di me – ogni tanto i suoi poteri sovrannaturali tornano utili – e mi sorride, alzando a sua volta una mano. Scoppio a ridere vedendo che è davvero avvolto nella carta igienica. Accanto a lui c’è Kira non capisco da cosa sia travestita, anche se distinguo abbastanza chiaramente una specie di velo che le copre le labbra ma quando si accorge di me sorride dolcemente, aggrappata al braccio del mio migliore amico.
Sfioro appena una spalla a Malia, che è tutta concentrata a dimenarsi a ritmo di musica. Lei solleva lo sguardo e quando le indico i due si limita a rivolgere loro un cenno con il mento, prima di gettarmi le braccia al collo e riprendere a ballare. L’intenzione era quella di chiederle di fermarci un attimo ed andare da Scott e Kira ma lei non sembra affatto dell’idea, così lascio perdere.
In fondo siamo qui più per lei che per me e se Malia vuole ballare per tutta la notte, vorrà dire che balleremo per tutta la notte.
Mi avvicino a lei e, titubante, appoggio le mani sui suoi fianchi. Non è certo la prima volta che la tocco così, ma ogni volta il contatto delle nostre pelli mi dà una strana sensazione, piacevole certo ma allo stesso tempo strana, non ci sono abituato probabilmente.
Balliamo ancora per diversi minuti, le canzoni sfumano l’una nell’altra senza che me ne renda conto e Malia si adegua al ritmo di ognuna senza la minima esitazione, io ho un po’ più di problemi ma riesco ad arrancare dietro i suoi movimenti ed alla fine inizio a pensare davvero di essere bravino… o non troppo imbarazzante almeno.
La musica cambia ancora e Malia inizia a muoversi in modo diverso, agitando le braccia e scuotendo i lunghi capelli castani, io per lo più mi limito a molleggiare a pochi centimetri da lei, muovendo la testa a ritmo con i bassi. Ed è in quel momento che la vedo.
La visione di Lydia mi procura sensazioni diverse rispetto a quelle che mi ha procurato trovarmi davanti Malia vestita a quel modo meno di un’ora prima. Non è un’improvvisa vampata di calore ma una gelida morsa attorno al cuore, che stringe e tira, come se una mano ghiacciata minacciasse di strapparmelo dal petto. Inutile dire che Lydia è bellissima, di una bellezza forse più delicata di quella che sfoggia Malia questa sera, oh certo, anche Lydia è sexy da morire, come sempre d’altronde, ma in modo meno sfacciato. In fondo però sa benissimo di non aver mai avuto bisogno di abiti attillati e scenografici per attirare tutta l’attenzione su di sé. Non capisco bene da cosa sia vestita, e in realtà non mi importa, vedo solo che il suo busto è stretto in un corpetto ed i capelli biondo fragola le ricadono sulle spalle in boccoli perfetti e, per un istante, le mie ginocchia tremano. È così bella. Una di quelle bellezze che meritano di essere scolpite nella pietra o raffigurate in un dipinto, così da essere certi che non vadano mai perdute, che possano essere eterne. Così forte eppure così delicata. Penso che non dimenticherò mai il viso di Lydia, anche se dovessi innamorarmi di un’altra, anche se i nostri cammini dovessero dividersi, anche se dovessi sposarmi, addirittura! So che lei, il suo viso, la sua bellezza, la sua voce, rimarranno impresse nella mia mente sempre, per sempre, qualsiasi cosa accada.
Vorrei avere parole migliori per descrivere ciò che la sua vista mi provoca ma non penso esistano. Non penso che il tumulto che sento nel petto abbia un nome, una parola sola non potrebbe mai descrivere tutte le emozioni che sento esplodere dentro di me ogni volta che il mio sguardo incontra la sua figura.
Poi lei, che sta parlando con Scott e Kira, si volta. A distanza di metri, un fiume di persone a dividerci, i nostri occhi si incontrano e tutto, ogni cosa attorno a me scompare. La musica, le persone, Malia stessa, nulla di ciò che mi circonda ha più consistenza, tutto quello che conta è lo smeraldo delle sue iridi che da troppo tempo il mio sguardo non incrociava.
Ed è quando Lydia muove il primo posso nella mia direzione che penso davvero che potrei svenire.

Continua...


Poiché la speranza è l'ultima a morire, spero voi non abbiate perso la speranza (?) e abbiate portato pazienza (?) ed ora siete qua a leggere questo capitolo.
Ok, quest'ultima frase non ha senso ma capitemi, sono reduce da un Natale in famiglia - e quando si parla della mia famiglia, un paio di bicchieri di spumante e qualche cioccolatino non sono sufficienti per sopportarla - quindi è già tanto se connetto quel tanto che serve ad aggiornare la storia.

E niente, siamo al punto di vista di quel pasticcino di Stiles, il capitolo non aggiunge granché alla storia ma mi piaceva l'idea di vedere gli stessi avvenimenti dai due punti di vista diversi. E' entrata ufficialmente in scena Malia e nonostante la storia sia ovviamente una Stydia ho voluto analizzare il suo rapporto con Stiles per come lo vedo io, sottolineo che è solo il mio parere, pace e amore a tutti.
Il prossimo capitolo invece sarà l'ultimo e sarà per metà POV Lydia e per metà POV Styles.

Quindi niente, ne vorrei approfittare per augurare a tutti buon Natale, buone feste ecc. Se vi va lasciatemi una recensione e aggiungetemi su Facebook dove potete trovarmi a qualsiasi ora del giorno e della notte per fangirlizzare come se non ci fosse un domani.
Grazie a tutti coloro che lasceranno una recensione e anche a chi ha solo speso qualche minuto del suo tempo per leggere la mia storia, un bacio.
Chanel

  

 

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Capitolo 3
*** Together ***


No, non è Natale. Sì, sono ancora viva.
Non so davvero come scusarmi per il mio immenso ritardo. Ho l'irrefrenabile tentazione di mettermi a scrivere un immenso papiro su ciò che mi è successo in questi mesi e mi ha tenuta lontano dal pc, ma uscirebbe una cosa 
davvero lunghissima e vi annoierei e basta. Sappiate che sono davvero dispiaciuta per avervi fatto attendere così tanto, questo capitolo è stato un po' un parto, l'ho scritto e riscritto almeno duecento volte e non sono ancora del tutto soddisfatta, ma ovviamente non potevo farvi aspettare ancora.
E niente, la smetto di stressarvi e ci vediamo alla fine del capitolo.



Lydia
Il giorno del funerale di Allison è stato senza dubbio uno dei più brutti della mia vita.
È avvenuto tre, forse quattro giorni dopo la sua morte, non lo so con esattezza, non stavo esattamente tenendo il conto.
Tutto ciò che ricordo è che ho passato i giorni che lo hanno preceduto distesa sul mio letto, con indosso un pigiama pesante, di pile, che giaceva nel fondo del mio armadio chissà da quanto tempo. Non ho parlato con nessuno, non ho fatto nulla, né mangiato né niente, non mi sono nemmeno lavata. Me ne sono semplicemente rimasta lì, sospesa in quel limbo tra il sonno e la veglia, le mani tremanti e le gote costantemente umide.
Poi mia madre è entrata nella stanza, era forse la sera del terzo giorno, e mi ha detto che il signor Argent aveva chiamato per avvisare che il funerale si sarebbe tenuto il giorno successivo, nel cimitero di Beacon Hills. Non avevo mai guardato il telefono da quando ero arrivata a casa, probabilmente giaceva ancora nella mia borsa, ormai scarico, non volevo nemmeno pensare a quante volte i miei amici avevano provato a contattarmi inutilmente.
Devo aver annuito o fatto un cenno con la mano, perché mia madre si è chiusa la porta alle spalle senza aggiungere una parola, permettendomi di affondare nuovamente nel mio limbo personale.
Con le tapparelle calate, il silenzio più totale a circondarmi e le coperte sollevate fin sopra la testa, era facile fare finta che non fosse successo nulla, convincermi che si trattasse di una notte qualunque e che di lì a poche ore mi sarei alzata per andare a scuola e che tutto si sarebbe svolto nella più totale normalità, che a lezione avrei incontrato Allison e che Aiden mi avrebbe aspettato per pranzare insieme, che sarebbero stati ancora vivi, che mi avrebbero sorriso.
Però così non era stato.
Il giorno dopo, doveva essere appena passata l’ora di pranzo, raccogliendo ogni briciola nascosta della mia forza di volontà, mi ero trascinata fuori dal letto e sotto la doccia. Mi ero lavata con cura, lasciando che l’acqua corrente portasse via le lacrime ed il dolore, giù nello scarico insieme allo sporco. Poi, una volta asciugata, avevo indossato un abito nero, lungo fino al ginocchio e con le maniche a tre quarti – ad Allison piaceva tanto quell’abitino, se non fosse stata di almeno quindici centimetri più alta di me glielo avrei prestato volentieri qualche volta – ed un paio di stivaletti bassi, scuri anche quelli, avevo legato i capelli in un chignon e mi ero truccata appena.
Gli altri erano venuti a prendermi. Nessuno mi aveva avvisata ma quando avevano suonato il campanello, io mi stavo giusto dando l’ultima passata di rossetto, quella sincronia mi aveva quasi fatta sorridere, quasi.
Ci eravamo stretti nella Jeep di Stiles, quella stessa che tante volte avevo criticato ma a cui ormai ero terribilmente affezionata e, senza una sola parola, avevamo raggiunto il cimitero. Kira non aveva smesso un attimo di singhiozzare, mentre Scott aveva l’aria di uno che è appena stato preso a cazzotti, aveva finito anche le lacrime.
Ed era stato lì, mentre prendevamo posto sulle sedie davanti a quella nuova lapide di marmo bianco, che Stiles mi aveva preso la mano e per un istante, un solo labile secondo, avevo pensato che tutto in un modo o nell’altro si sarebbe sistemato.
E allora avevo pianto, stretta tra le sue braccia, con la testa sulla sua spalla ed il viso premuto appena sotto il suo collo. E lui mi aveva stretta e mi aveva accarezzato i capelli, in silenzio, senza rassicurazioni inutili e promesse che nessuno di noi avrebbe saputo mantenere. Mi aveva semplicemente cullata, come si fa con i bambini per farli tranquillizzare.
Non so bene perché ci stia pensando adesso. Ad Allison ovviamente penso sempre, ogni giorno, costantemente, ma il ricordo del suo funerale è qualcosa che cerco di evitare, di tenere rilegato in un angolo della mia mente. Eppure è proprio questo che ho in mente, mentre con sguardo fisso e passo sicuro mi avvicino sempre di più a Stiles che ormai sembra quasi essersi dimenticato della presenza di Malia al suo fianco.
So che se fosse ancora qui, Allison se ne starebbe a bordo pista, magari abbracciata a Scott, a fare il tifo per me. Perché lei non lo diceva mai, ma in fondo sapevamo entrambe che era sempre stata dalla parte di Stiles e non si era mai neanche troppo impegnata per nasconderlo. E poi le piaceva quando mi facevo valere e questo è esattamente ciò che sto per fare.
Avanti Lydia, fuori le palle. Va a riprenderti ciò che è tuo.
Sono arrivata a destinazione, mi trovo a due, forse tre metri di distanza da Stiles e sono certa che lui riesca a vedermi benissimo. Il fumo e le luci psichedeliche hanno un effetto strano sulla gente attorno a me, sembra che si muovano a scatti e i loro volti sono in penombra, non riesco a vedere le loro espressioni né capire se stanno effettivamente ballando o se si dimenano e basta. Poco importa, il mio sguardo è fisso su Stiles e lui è così immobile che per un istante mi domando se stia bene.
Ok Lydia, è il tuo momento.
Sospiro ed inizio a ballare. Ballo come ho ballato altre mille volte nella mia vita, agito i capelli e muovo i fianchi, in modo sensuale certo, ma non volgare. Sono tutti movimenti che ho già fatto così tante volte e mi vengono così naturali che potrei farli ad occhi chiusi. Ma ora c’è qualcosa di nuovo, ci sono gli occhi di Stiles che non mi lasciano un secondo. E io continuo a muovermi, guardandolo senza pudore. Perché voglio che capisca, che si renda conto che io sono qui e nulla è perduto, gli basterebbe allungare una mano per raggiungermi.
Eppure lui non lo fa. Si limita a restarsene lì, immobile, con gli occhi sgranati e le labbra appena dischiuse, a guardarmi quasi come se fossi una visione, o un fantasma. Se da un lato mi fa tenerezza, dall’altro sono tentata di dargli una botta in testa e dirgli di darsi una mossa perché questo è uno di quei momenti da “ora o mai più”.
Inizio ad innervosirmi, è ormai ovvio che le opzioni siano due: o non è più interessato a me, o non ha il coraggio di farsi avanti. In ogni caso sarebbe meglio che si decidesse a spiegarmi le cose per come stanno perché inizio davvero a perdere la pazienza, inizio a sentirmi a disagio ed io odio sentirmi a disagio.
Sono davvero sul punto di mollare tutto, voltargli le spalle e tornare a casa dandogli dell’idiota, quando succede qualcosa di strano.
La musica inizia ad assumere un suono diverso, i bassi che fino a pochi istanti fa battevano con forza contro i miei timpani si attenuano fino a scomparire, così come la voce acuta del cantante. È un cambiamento rapido ma graduale, che per qualche secondo mi spiazza. Per un istante rimane solo qualche nota spaiata di strumenti differenti, dopo sento un ronzio, un po’ come il suono che fa una radio quando non riesce a sintonizzarsi. Il tutto dura appena pochi secondi e poi il mondo si sbriciola sotto i miei piedi.
Perché il suono che ora esce dalle casse e riempie il locale, non ha nulla a che fare con la musica di poco prima né con il ronzio sordo. Ovunque, da ogni punto, attorno a me, sento la risata di Allison. Arriva alle mie orecchie forte e chiara e mi circonda. È sopra sotto ed intorno a me. Ed è inconfondibile, perché io la sua voce la riconoscerei tra mille.
Istintivamente mi rannicchio e porto le mani alle orecchie, tenendo quel suono allo stesso tempo meraviglioso e terribile lontano da me. Ma adesso la risata non pare più provenire da fuori, sembra nascere da qualche parte nel mio cervello e nemmeno tappandomi i timpani riesco a diminuirne minimamente il volume.
Un urlo nasce nella mia gola ma non ha nulla a che fare con la predizione di morte della banshee che è in me, è solo paura e voglia di piangere. Così lo ricaccio indietro e mi metto a correre. Non mi importa dove, voglio solo andarmene lontano, il più lontano possibile da questo posto.

 
Stiles
Le donne non le ho mai capite, ma mi piacerebbe riuscirci, Dio solo sa quanto mi piacerebbe. Per quanto mi ci impegni però finisco sempre per fraintendere, per confondermi. Mia madre, l’unica donna che io sia mai riuscito, anche solo in minima parte, a comprendere, spesso mi diceva che tutto ciò che serve ad un uomo per capire una donna è un po’ di amore. Ma questa è una cosa che non ho mai capito a fondo, perché sono certo, quanto lo sono del fatto che il mio cognome sia Stilinski, di aver amato Lydia sin dal primo giorno di terza elementare quando lei, che sedeva nel banco davanti al mio, si è voltata per chiedermi un pastello rosso – rosso, come i fili per le cose che non capisco – eppure lei per me era e continua ad essere un completo mistero.
Mi sono vantato più di una volta – sia con lei che con Scott – di essere l’unico in grado di vederla veramente per quella che è, l’unico a capire davvero cosa si nasconde dietro agli abiti firmati e l’ostentata aria di superiorità. È evidente però che questo non basti minimamente per comprendere a pieno ciò che dice o fa. Lydia è sempre stata in grado, nel bene o nel male, di sorprendermi. Un suo gesto è in grado di lasciarmi a bocca aperta ed una sua semplice parola di togliermi il fiato.
Ed è per questi motivi che quando la vedo muoversi a pochi metri da me, sinuosa e sensuale come mai, perfettamente sincronizzata con la musica ritmata che mi picchia nelle orecchie, vorrei riuscire a fare o dire qualcosa – magari qualcosa di intelligente – ma rimango immobile, stampata in viso l’espressione da stoccafisso migliore di sempre.
Vorrei riuscire a parlare, a fare una battuta brillante, a muovermi per lo meno. Invece sono in grado a malapena di ricordarmi di come si fa a respirare, anche se il mio cervello pare non essere troppo sicuro di come compiere questa azione solo tecnicamente volontaria.
Lydia è troppo bella per essere vera e questo l’ho sempre saputo. Più di una volta, nel corso di questi anni passati a contatto con lei, mi sono ritrovato costretto a distogliere lo sguardo, quasi avessi paura che se l’avessi fissata troppo intensamente lei sarebbe scomparsa, per tornare a far parte del sogno dal quale certamente proviene.
Ed è proprio un sogno ciò che sembra questo momento insieme eterno e troppo breve, in cui smetto di domandarmi le ragioni – che in ogni caso non riuscirei a comprendere – di quel suo tanto inaspettato comportamento e mi limito a guardarla. Il fantasma di Malia dimenticato da qualche parte, in un anfratto buio e lontano della mia mente.
Decine sono le parole che sento sulla punta della lingua, mi ronzano in bocca come uno sciame di vespe impazzite ma nessuna trova la strada per trasformarsi in suono e dalle mie labbra secche e socchiuse non esce il benché minimo fiato.
Avanti Stiles, fa qualcosa! Qualsiasi cosa!
Prima che io riesca a muovere anche un solo passo però, qualcosa muta irrimediabilmente. Dapprima si tratta solo di un cambiamento impercettibile, una luce diversa negli occhi di Lydia che in rarissime occasioni mi è capitato di scorgere. Poi questi si fanno vuoti e profondi quanto pozzi senza fine, sono gli occhi di un animale braccato, sono la paura.
Scatto in avanti un istante prima che Lydia si metta ad urlare. Mi aspetto di vedere i muri vibrare, l’impianto stereo saltare in aria e tutti quanti crollare a terra, cercando disperatamente di tapparsi le orecchie, ma non succede nulla di tutto ciò. La realtà è che l’urlo di Lydia è quanto di più umano possa esserci e viene inghiottito dalla musica alta e le luci psichedeliche. Nulla trema, nulla esplode, il mondo attorno a noi continua ad andare avanti come se non fosse successo niente. Un istante dopo è come se non fosse mai accaduto.
Nessuno pare essersi accorto di nulla, nessuno tranne me. Nemmeno quando Lydia mi dà le spalle e si fa largo a spintoni tra la folla, tentando disperatamente di scappare, come farebbe un topolino in trappola.
E questa volta non ho bisogno di mandare ordini alle mie gambe per muovere il primo passo e nemmeno il secondo. Senza pensarci, mi getto tra quell’intreccio di corpi, inseguendola. Nulla mi potrebbe fermare, nemmeno la voce di Malia attutita dalla musica che chiama più volte il mio nome.
L’aria all’esterno del locale mi colpisce con la forza di uno schiaffo, mentre le porte si chiudono sbattendo rumorosamente alle mie spalle. Strofino le mani tra loro, cercando di richiamare un po’ di calore, e mi bastano appena una manciata di passi per stanare Lydia. È abbandonata contro la parete liscia del locale, a pochi metri di distanza dall’entrata. Non sta nemmeno provando a nascondersi, incurante del gruppetto di ragazzi che fuma a pochi passi da noi e della coppia intenta a mangiarsi la faccia nella macchina parcheggiata poco distante.
Mi sarei aspettato di trovarla rannicchiata e tremante, la testa nascosta tra le ginocchia e le braccia strette tra loro. Invece è immobile. Le gambe chiare dalla linea sinuosa sono abbandonate sull’asfalto davanti a lei, una scarpa dal tacco alto le si è anche sfilata ed ora giace a pochi centimetri dal suo piede nudo. Anche le braccia ricadono mollemente sulla strada, in una posizione strana e innaturale che, complice l’abito che indossa, la fa somigliare in modo inquietante ad una bambola di pezza, abbandonata in un angolo buio. Ma è solo una volta avvicinatomi che mi rendo conto di quale sia il particolare spaventoso: i suoi occhi. Sembrano un buco nero, la pupilla talmente dilatata da aver inglobato le sue iridi smeraldine, appaiono così sproporzionati sul suo volto esangue dai tratti delicati, da sembrare intenzionati ad inghiottirlo. Sono vuoti, fissano il vuoto e non vedono nulla.
In meno di un istante le sono accanto. Il cemento è ruvido sotto le mie gambe ma non me ne curo, mi inginocchio al suo fianco e, con dita appena tremanti, le sfioro una spalla. La sua testa scatta improvvisamente verso di me e quando il mio sguardo incontra il suo, mi sento come se mi stesse risucchiando. Vedo solo il nero delle sue pupille e le ciglia truccate, dalle quali colano due linee nette e grigiastre, che le fendono le guance come cicatrici.
In quella visione c’è troppo, troppo nero, troppo bianco, troppe lacrime.
E tutto ciò che desidero è distogliere lo sguardo ma non lo faccio.
Una parte del mio cervello registra che le sue labbra, rosse come una macchia di sangue su quella pelle troppo pallida, sono appena dischiuse, come a voler pronunciare le ultime note mute del suo grido.
“Lydia” sussurro piano, così piano che quasi la mia voce non riesce a sovrastare la musica che dal locale si riversa in strada.
Vorrei avere altre parole, parole diverse, parole migliori, parole in grado di fermare le lacrime che implacabili rotolano sulla sua bella pelle, per poi infrangersi al suolo. Eppure, per quanto mi impegni, l’unico suono che lascia le mie labbra è il suo nome, detto in un tremulo sussurro, come il più prezioso dei segreti.
Allora piano lei ruota il capo, sottraendomi dal suo sguardo folle che è insieme premio e punizione, per concentrarsi in un punto del cielo nero dove mille stelle, che noi per colpa delle luci artificiali troppo forti non possiamo vedere, stanno certamente brillando.
“Allison” la voce di Lydia è bassa e stridente, pare il verso di un animale ferito ed in fondo è quello che sembra, con quegli occhi enormi di paura fissi nel vuoto: “Lei che…” la voce le viene a mancare, le si incastra in gola, da qualche parte tra il cuore e le labbra. Solleva una mano allora, piccola e tremate, e se la avvicina piano ad una tempia.
Silenziosamente mi maledico, mentre con dita nervose batto sull’asfalto un ritmo che esiste solo nella mia testa. Vorrei aiutare Lydia, capire ciò di cui ha bisogno e darglielo, ma per quanto mi sforzi non comprendo ciò che mi sta dicendo.
Perché deve essere lei quella intelligente tra i due? Non posso esserlo io? Anche solo per questa volta…
Delicatamente, evitando movimenti bruschi, prendo la sua mano – che sembra quella di una bambina, stretta tra le mie – e gliela faccio abbassare piano, fino a poggiarla sulle mie ginocchia. La accarezzo con i pollici, compiendo movimenti lenti e circolari, cercando di imprimerle una calma che al momento non sento mia.
Sembra funzionare, perché dopo minuti interi di silenzio lei si volta ancora verso di me ed i suoi occhi, per quanto stanchi ed arrossati, sono tornati quelli di sempre, vivi e del colore dello smeraldo, come nei miei sogni più vividi. Rimaniamo in silenzio ancora qualche istante, occhi negli occhi. Questa volta non mi pesa, non sento il bisogno di riempirlo con parole di troppo o battute inopportune, mi basta starle accanto.
Quando parla di nuovo, le lacrime sulle sue guance si sono già seccate, lasciando come segno del loro passaggio solo uno sbiadito alone di trucco: “Era Allison, ho sentito la sua voce… la sua risata...”
Pensare ad Allison è così intenso e doloroso che per lo più cerco di non farlo. È morta da mesi ormai, eppure pare non essersene mai andata davvero. Lei vive nello sguardo malinconico di Lydia, nell’impercettibile esitazione che per un istante frena le dita di Scott ogni volta che sta per intrecciarle con quelle di Kira. Tutti non fanno altro che ripetere che io non c’entro nulla con la morte di Allison e la parte razionale di me sa che è così, ma fa male comunque. Fa davvero un male cane.
È per questo che sento di essere la persona meno adatta per consolare Lydia. Per questo che nelle ultime settimane non ho avuto il coraggio di avvicinarla, non davvero. Come può guardarmi negli occhi senza pensare che, anche se solo in minima parte, la morte della sua migliore amica è anche colpa mia? Lydia non mi accuserebbe mai di questo, è troppo buona per farlo, ma non può nemmeno negare a se stessa la verità.
Di colpo lascio la sua mano, come se mi fossi scottato, è mi ritrovo a fissare un punto della strada. I ragazzi che poco prima stavano fumando a qualche metro da noi se ne sono andati, lasciandosi alle spalle qualche mozzicone di sigarette ancora accese. Le punte ardenti paiono lucciole morenti abbandonate sull’asfalto.
“E ti ha detto qualcosa?” chiedo timoroso di porle la domanda, praticamente certo che sia quella sbagliata.
Ma forse non è così, perché prima di rispondere Lydia esita solo un istante: “No. Ho sentito solo la sua risata. A volta mi succede…” rimane in silenzio per un po’, esitante. Una parte di me vorrebbe dire qualcosa, ma sembra che lei stia solo cercando le parole giuste, così non lo faccio, e mi limito ad aspettare, mentre lei sfila anche l’altra scarpa dal tacco alto ed avvicina le gambe al petto. Ha un’aria stanca, come se non dormisse da giorni: “A volte penso che sarebbe più facile se potessi dimenticare tutto.”
Capisco benissimo ciò di cui sta parlando, anche se non mi piace doverlo ammettere. A volte i ricordi fanno semplicemente troppo male e sembra che l’unico modo per sopravvivere al dolore sia non pensarci, solo che non è possibile, perché per quanto ci si sforzi loro sono lì, in agguato, pronti ad insinuarsi tra i tuoi pensieri quando meno te lo aspetti. E allora dimenticare tutto sembra l’unica soluzione possibile.
Ma se anche fosse davvero possibile cancellare i ricordi, questa sarebbe solo una scorciatoia, la scelta più facile, non certo la migliore. Lydia però è troppo intelligente per non saperlo, non ha certo bisogno che sia io a dirglielo, così quello che le dico è qualcos’altro.
“Passerà.”
“Sì, e quando?”
“Quando meno te lo aspetti.” ed è proprio così, senza che tu possa rendertene conto il dolore si trasforma giorno dopo giorno, fino a farsi sopportabile, e poi di colpo ti rendi conto che non fa più così male pensarci, è triste certo, ma è qualcosa con la quale sei forte abbastanza per convivere: “E a quel punto sarai felice di avere quei ricordi, perché loro non ti lasceranno mai.”
Passa molto tempo prima che lei parli di nuovo, il che ha dell’assurdo, perché lasciare Lydia Martin senza parole non è cosa da tutti. In una circostanza diversa probabilmente me ne vanterei. La musica proveniente dall’interno del locale riempie il silenzio che c’è tra noi, mentre Lydia si fissa le punte dei piedi nudi e probabilmente ragiona sulle mie parole.
Ho quasi l’impressione di vederlo il suo brillante cervello mentre lavora freneticamente per metabolizzare ciò che le ho detto ed incasellarlo nel posto giusto. E man mano che ragiona si volta verso di me, il suo sguardo cambia e si alleggerisce di colpo, come se davvero fossi riuscito, anche solo per un attimo, a toglierle quel peso dalle spalle.
“Quand’è che sei diventato così intelligente, Stiles?”
In risposta le sorrido, facendo uno strano verso che è a metà tra uno sbuffo ed una risata. Lei non dice più nulla, ma mi afferra la mano e lascia che le nostre dita si intreccino, poggiate sulla striscia di asfalto che ci divide. Ed è immobili in questa posizione che rimaniamo per un po’, per un tempo indefinito, mentre dall’interno del locale sentiamo le canzoni cambiare, ancora e ancora.
Alla fine, non so esattamente quanto tempo sia passato, mi volto verso Lydia e la trovo intenta a fissarmi. Non so da quanto tempo mi stia guardando, quando i nostri occhi si incontrano non prova neanche a distogliere lo sguardo ed io faccio finta di nulla, anche se la scoperta mi rende felice in un modo in cui forse non dovrebbe.
“Ti va di rientrare?” le domando.
Lei scuote la testa e si passa il dorso delle mani sulle guance, con l’unico risultato di sbavare ulteriormente il trucco: “In questo stato?”
Le parole escono dalle mie labbra prima che possa fermarle: “Non sei mai stata così bella.”
Ed è in questo momento che, per la prima volta da settimane, sento la risata di Lydia e solo ascoltandola mi rendo conto di quanto effettivamente mi sia mancata. Così non dico nulla e rimango in silenzio, beandomi di quel suono, desiderando per appena un istante che non smetta mai: “Grazie.” dice infine, mentre cerca di placare gli strascichi delle risa.
Le sorrido, di un sorriso sincero e dolce, perché la sua risata non è l’unica cosa di lei ad essermi mancata: “Vuoi che ti accompagni a casa?”
Non risponde né sì né no, ma mi pone una domanda a sua volta, una domanda che in realtà non mi aspetto: “E Malia?”
È strano, ma solo adesso mi rendo conto di non aver pensato a lei un solo istante da quando sono uscito dal locale. Non so cosa questo significhi, né mi va di rifletterci troppo, adesso sono di nuovo con Lydia dopo tanto tempo e questo mi basta: “Non importa.” Mi alzo in piedi, ho le gambe un po’ irrigidite ma cerco di non farci caso, e le allungo una mano per aiutarla ad alzarsi: “Andiamo?”
Lei però non sembra ancora convinta: “E la mia macchina?”
“Ti accompagno domani a prenderla.”
Noto una strana luce nei suoi occhi: “Vuol dire che mi parlerai anche domani?”
Il suo dubbio è legittimo certo, ma mi dispiace comunque che pensi io possa abbandonarla da un momento all’altro. Anche se a ben pensarci è più o meno ciò che ho fatto quando mi sono messo con Malia… sono certo che sia senso di colpa quello che mi sta attorcigliando le budella ma non voglio pensarci, ora ho tutto il tempo del mondo per farmi perdonare da Lydia: “Certo, ed anche dopodomani. Non c'è – né ci sarà mai – giorno in cui non desideri parlarti.”
E questo pare finalmente convincerla davvero, perché mi sorride, di un sorriso meraviglioso che mi lascia imbambolato per un istante, prima di rinfilare le scarpe alte ed afferrare la mia mano per mettersi in piedi. Anche con quei tacchi disumani mi arriva appena sopra la spalla.
Quasi non mi rendo conto di stringerle ancora la mano mentre mi segue verso la Jeep, che ho posteggiato poco lontano dal locale. Quando raggiungiamo il parcheggio le apro la portiera e lei si siede al posto del passeggero – lo stesso posto che appena un paio d’ore fa ha occupato Malia – mentre io aggiro il veicolo per posizionarmi al volante.
Prima di mettere in moto sorrido a Lydia e lei subito mi ricambia. Un piacevole tepore si diffonde per le mie ossa infreddolite e una sensazione di benessere mi circonda. Mi ero quasi dimenticato di quanto sia bello averla accanto.
Solo qualche minuto dopo, quando percorriamo senza fretta le strade di Beacon Hills diretti a casa sua, mi rendo conto di cosa abbia provocato questa piacevole sensazione.
È il profumo di Lydia, mischiato a quella della mia auto, che in qualche modo... sa di casa.

 
Fine.

 
Ed eccoci giunti alla fine. Inutile dire che questa storia ha occupato molto più tempo rispetto a quello che avevo previsto, ma in generale sono abbastanza soddisfatta di ciò che ne è uscito e spero lo siate anche voi.
Grazie mille a chi ha voluto leggere, a chi ha recensito e a chi ha inserito questa storia tra preferite/seguite/ricordate e a chi vorra scrivermi il suo parere. Davvero un grazie di cuore a tutti. E per chi volesse, potete trovarmi su Facebook per chiacchierare un po' soprattutto in vista della nuova stagione di Teen Wolf.
Grazie ancora a tutti, spero a presto, un bacio
Chanel

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