Un amore di organizzatrice

di caitlin_snow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Un amore di organizzatrice


Capitolo I

Vivian attese che il suo capo chiudesse la porta dell'ufficio prima di dare ripetute testate alla scrivania di fronte alla quale era seduta.

Erano cinque anni ormai che lavorava per Charlene e doveva ammettere che fare quel lavoro le piaceva. Era sempre stata un asso nell'organizzazione, quindi aveva deciso di sfruttare quel suo talento per organizzare eventi. Le era capitato di tutto: dai matrimoni alle mostre, dalle veglie funebri alle serate di beneficenza. Per lei non faceva molta differenza, dopotutto lo schema era sempre lo stesso: parlare con il cliente, intuire dai suoi astrusi discorsi cosa potrebbe piacergli, pianificare un progetto, proporlo e metterlo in atto. Si trattava solo di entrare in empatia con il cliente, percepire la sua gioia o la sua tristezza, le sue aspettative e le sue debolezze e poi avere tanta, tantissima, pazienza per fronteggiare insicurezze, esagerazioni e cambi last minute.

Quella mattina, Charlene le aveva affidato un lavoro decisamente allettante e al contempo da esaurimento: una serata di beneficenza organizzata da un'attrice di teatro per raccogliere fondi per l'asilo del quartiere di Belgravia che, a causa della situazione economica a dir poco disastrosa, rischiava di chiudere.

Charlene non le aveva detto molto riguardo all'attrice, solo che era riuscita in 4 giorni a far scappare in lacrime l'organizzatrice di eventi che aveva programmato la consegna dei Golden Globe.

Vivian osservò il biglietto che Charlene le aveva lasciato sulla scrivania. Sotto il numero di telefono c'era solo un nome: Emma.

La donna sospirò e prese il cellulare, pronta per chiamare l'arpia. Dopotutto, aspettare non sarebbe servito a nulla.

Dopo qualche squillo, sentì la voce dell'arpia. «Pronto?»

«Emma? Sono Vivian Hartley, la...»

Fu immediatamente interrotta: «L'organizzatrice! Charlene mi ha detto che avresti chiamato, ma non pensavo così in fretta!»

Sembrava piacevolmente stupita e Vivian esultò mentalmente: piacere al cliente era fondamentale. «Sì, ho pensato di non perdere tempo»

«Ottimo! Senti... Io ora sono occupata, ma per pranzo dovrei essere libera, tu? Potremmo incontrarci, così parliamo faccia a faccia»

«Per me non c'è nessun problema, dove ci troviamo?»

«Va bene la tavola calda di Shaftesbury Avenue?»

«Quella italiana?»

«Sì! Può andare per le 13? Prenoto un tavolo a nome Hiddleston!»

«D'accordo, a dopo!»

Vivian riattaccò, pronta ad entrare in azione: ora, oltre ad un nome, aveva anche un cognome per poter svolgere il suo lavoro da stalker ed immagazzinare il maggior numero di informazioni possibili sull'arpia.

Due ore più tardi, alle 12.55, Vivian arrivava al ristorante italiano carica di informazioni. Sapeva tutto su Emma Hiddleston: gli studi, la carriera, la famiglia, l'infanzia, le passioni, il numero di scarpe. A pensarci bene non sapeva proprio tutto: le sfuggiva, per esempio, quale marca di carta igienica usasse.

«Emma!»

La donna si voltò, richiamata dalla voce. «Tu devi essere Vivian, piacere di conoscerti! Coraggio, entriamo!»

Le due presero posto ad un tavolo abbastanza lontano dall'ingresso e Vivian prese la parola. «Possiamo iniziare subito a parlare di lavoro?»

«Prima ordiniamo! Sai – le fece l'occhiolino – a stomaco vuoto potrei essere un tantino insopportabile»

Vivian ridacchiò, cercando di sondare il terreno: «Scommetto che Daisy ti ha beccata prima di pranzo, allora!»

«Ti prego, non parlarmi di quella donna!» Emma le lanciò uno sguardo carico di esasperazione. «Non la sopporto. Si crede chissà chi, solo perché ha organizzato la cerimonia di consegna dei Golden Globe»

«Un'organizzatrice potrebbe uccidere per un incarico del genere»

«Evidentemente, non se lo meritava». La conversazione fu troncata dall'arrivo della cameriera che prese le ordinazioni di entrambe. «Senti, voglio essere chiara con te, fin da subito. Voglio organizzare questa raccolta fondi per sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo le condizioni in cui versano i nostri orfanotrofi. Ho già fatto una donazione per l'asilo di Belgravia in modo tale che non debba chiudere, ma non voglio che si sappia. Più la situazione apparirà critica, più quei marcioni apriranno i portafogli per alleggerirsi le coscienze. A proposito, ti devo inviare la lista degli invitati per email!»

Vivian si lasciò scappare un sorriso carico di ammirazione: «Sei diabolica, Emma! Sicura di non essere un'organizzatrice sotto mentite spoglie?»

«Non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di soffiarti il lavoro! Non sono per niente brava ad organizzare eventi. Senza calcolare che non sono molto paziente»

«Avevi già in mente qualcosa?»

«Avevo un sacco di idee che mi frullavano per la testa ed è per questo che io e Daisy ci siamo trovate... in disaccordo, diciamo».

Il sorriso che seguì quell'affermazione fece capire a Vivian che il confronto doveva essere stato abbastanza acceso. «Ok, sentiamo le tue idee, così vediamo da cosa partire»

«Io avevo pensato ad una partecipazione attiva dei bambini. Trovarseli di fronte potrebbe addolcire qualche cuore, no?»

«Mh, sì, però...» Vivian esitò un istante. «L'evento sarebbe organizzato di sera, vero?» Emma annuì. «Per i bambini potrebbe non essere il massimo. Mi spiego meglio: sono bambini, non sono fatti per stare per così tanto tempo tranquilli in mezzo ad una marea di sconosciuti, soprattutto di sera. Hanno dei ritmi e delle esigenze»

«Anche Daisy la pensava così, lei aveva proposto ad un montaggio di foto»

Vivian rabbrividì: «Che orrore!»

«È stata la mia stessa reazione! Serve un'alternativa!»

«Beh... Se organizzassimo una specie di spettacolo?»

«Cioè?»

«Potremmo anticipare di qualche ora l'inizio dell'evento, in modo tale che la prima parte preveda qualcosa organizzato dai bimbi: canti, balli, recite o simili, e poi, una volta conosciuti i bambini e le responsabili dell'asilo, potremmo passare alla cena, o bouffet, quello che sarà».

Emma si illuminò come una lampadina: «Sei un genio!»

«Non esagerare, è solo un'idea. Inoltre... non voglio che i bambini vengano sottoposti a stress. Per lo spettacolo potrebbero riciclare - e mimò le virgolette con le dita – le canzoni o le recite di fine anno o per le feste, così si divertiranno e non dovranno lavorare. E, ovviamente, inviteremo i genitori».

Emma annuì, sempre più convinta. «Concordo, per loro deve essere divertimento, non tortura»

«Poi – Vivian strizzò gli occhi per concentrarsi meglio – potremmo trovare un luogo vicino all'asilo, così sarebbe più facile da gestire. Avevi già delle idee?»

Alla fine del pranzo, Emma uscì dalla tavola calda con un sorriso da un orecchio all'altro e Vivian con un peso in meno sullo stomaco, un progetto concreto da realizzare e mille telefonate da fare.

«Questa sera dovrei già essere in grado di dirti quando potremo parlare con il responsabile del catering e anche quando potremo visionare la sala per la cena»

Gli occhi di Emma si illuminarono: «Davvero?»

«Se tutto va bene, sì!»

«E dimmi – le chiese, sorridendo – perché non hanno chiamato te per la consegna dei Golden Globe?»

Le due scoppiarono a ridere e si salutarono. I rispettivi lavori chiamavano.

§§§

Tom Hiddleston si chiuse la porta di casa alle spalle e sospirò di sollievo. Era appena stato a trovare sua madre ed era decisamente caduto in overdose di chiacchiere. Non era una cattiva donna, sua madre, era solo molto chiacchierona. A completare il quadro si aggiungeva il fatto che non vedesse il suo adorato unico figlio maschio da parecchie settimane a causa del suo lavoro.

Tom aveva aggiornato sua madre suoi suoi prossimi progetti e le aveva anche comunicato che non c'erano novità in campo sentimentale.

Il sogno di sua madre era infatti quello di vederlo finalmente sposato e padre. Non che non fosse orgogliosa del suo successo come attore, ma sperava sempre di poterlo vedere anche appagato sentimentalmente.

Dal canto suo, Tom sentiva la mancanza di qualcuno al suo fianco. Tornare a casa e non trovare nessuno ad attenderlo lo immalinconiva. Certo, aveva sua madre e le sue due sorelle, ma non era la stessa cosa.

Peccato che non fosse esattamente una passeggiata, trovare una donna che fosse interessata a Tom e non solo all'attore che interpretava Loki.

L'uomo guardò l'orologio e affrettò il passo: aveva giusto il tempo di una rapida doccia prima dell'appuntamento con la sua adorata sorellina minore.

§§§

«Magnifico! Giovedì mattina alle 10? Ti mando un messaggio per la conferma domattina al massimo! Grazie Blake, ti adoro!»

Vivian chiuse la chiamata e ne avviò un'altra. «Buongiorno, Mrs Lovett, vero?» Seguì una lunga spiegazione sul tipo di evento. «E pensavamo al vostro piccolo teatro. Sarebbe fattibile?»

«Per beneficenza? Perché no, cara! Sono più che lieta di concedervi il nostro piccolo teatro per una sera. Ma, se non le dispiace, preferirei parlarne faccia a faccia, che ne dice?»

«Certamente, Mrs Lovett, quando preferisce?»

«Che ne dice di giovedì? Attorno alle 11? Dovrei essere libera»

«Sarebbe perfetto! A giovedì, Mrs Lovett».

Vivian appuntò tutto sull'agenda, poi inviò un sms: Giovedì, ore 10 incontro con il catering. Ore 11 incontro al teatro con la responsabile, confermo?

La risposta le arrivò in un nanosecondo: Assolutamente sì! Sei un genio, a giovedì!

Finalmente, Vivian poté prendersi una pausa e tornare a respirare con calma. Diede un'occhiata all'orologio e si alzò dalla scrivania. Era ora di andare.

«Charlene, io andrei! Ti ho inviato per e-mail la prima bozza del progetto di cui ho discusso con Emma. Giovedì, se tutto va bene, avrò quella definitiva! Per qualsiasi cosa, chiamami o mandami una mail! Dalle 21 sarò reperibile»

La donna le sorrise, soddisfatta: «Corri dal tuo principe azzurro, Vivian! Ci vediamo domani».

La giovane uscì sorridente dall'ufficio e salì in auto: il suo principe azzurro, come lo chiamava Charlene, la aspettava!

«Buongiorno Vivian!»

«Ellen, ciao! Sono in ritardo?»

«No no, sei la prima, come al solito. Il tuo piccolo non è ancora pronto»

«Come si è comportato?»

«Benissimo, come al solito. È un meraviglioso angioletto. È educato, gentile con i suoi amichetti e tutti gli vogliono bene. Non fa i capricci e consola sempre i bambini che piangono. Fossero tutti come lui!»

Vivian sorrise orgogliosa, mentre seguiva Ellen all'interno dell'asilo. «Dov'è il mio Harry?»

«Mamma!» il piccolo lasciò cadere il pastello a cera che aveva in mano e corse nella sua direzione per gettarlesi tra le braccia. «Mamma!»

«Harry, tesoro!» Vivian lo abbracciò e si lasciò riempire di baci, mentre Ellen li guardava con affetto. «Ti sono mancata?»

«Tantissimissimo! Però ho fatto il bravo e non ho pianto perché so che eri al lavoro per prendere tanti soldini».

Il piccolo la guardò soddisfatto e Vivian non poté che sentirsi orgogliosa di lui. «Sei bravissimo, il mio ometto. Ora saluta i tuoi amici, così andiamo a casa».

Harry rimise tutte le sue cose nello zainetto e salutò i suoi amichetti, poi tornò dalla madre. «Ciao maestra Ellen, ci vediamo domani!»

«Ciao Harry, fai il bravo! Ciao Vivian, a domani!»

Madre e figlio uscirono dall'asilo mano nella mano e salirono in auto. Vivian lo sistemò nel seggiolino e poi si mise al volante.

Harry adorava il lunedì. Era il giorno della spesa. La mamma lo portava al supermercato e lo infilava nel carrello. Poi, quando nelle corsie non c'era nessuno, Harry faceva finta di dare gas e sua mamma correva come un razzo spingendo il carrello.

Compravano sempre un sacco di cose e la sua mamma gli faceva sempre scegliere che merendine comprare da mettere nello zainetto dell'asilo.

Anche a Vivian piaceva il lunedì. Era uno dei loro tanti rituali. Mentre andavano al supermercato, Harry la riempiva di chiacchiere su quello che aveva fatto all'asilo con i suoi amichetti, su chi aveva pianto, sui giochi, i disegni e tutto quello che gli passava per la testa. Al supermercato poi, Harry si divertiva un mondo ad aiutarla a scegliere i saponi ed i detersivi da comprare, trovando sempre quelli dai colori più improbabili.

Quando poi arrivavano a casa, mentre Vivian sistemava i loro acquisti, Harry la tempestava di domande sul suo lavoro. Non che il lavoro della madre gli fosse totalmente chiaro, però gli piaceva sentire la sua mamma che gli raccontava delle mille avventure che affrontava: le era capitato di lavorare con delle streghe cattive, delle dolci principesse, dei bruttissimi orchi e dei simpatici folletti. Harry sapeva che quelli che la mamma descriveva non erano veri orchi o folletti, era grande per credere ancora a quelle cose, ma gli piaceva pensare che sua mamma fosse come una fata turchina che aiutava le persone che non riuscivano a fare da sole. Con un colpo di bacchetta, o meglio, di smartphone, la sua mamma chiamava Blake (che era un po' come Alfredo e Remy di Ratatouille), Colette (che invece era come Serenella) e tanti altri aiutanti che si mettevano al lavoro per preparare le feste.

Mentre la sua mamma preparava la cena e Harry la osservava, chiamavano con il vivavoce i nonni che, come sempre, li invitavano a pranzo il sabato. Li sentivano tutte le sere e tutte le sere glielo ripetevano. Harry voleva bene ai suoi nonni, che lo riempivano di baci e di coccole ogni volta che si vedevano, ma a volte erano così ripetitivi!

Poi lui e la mamma cenavano mentre vedevano un cartone animato. Dopo cena, la sua mamma lavava i piatti, mentre Harry finiva il cartone e preparava lo zainetto per il giorno successivo.

Poi era l'ora del bagnetto. Harry era abbastanza grande per farlo da solo, ma la sua mamma voleva sempre essere lì con lui, per giocare con le barchette ed i sommergibili.

Ma la parte più bella della giornata era la sera, quando, dopo aver messo il pigiama, Harry si infilava sotto le coperte e la sua mamma si sedeva sulla sedia a dondolo accanto a lui, prendere il libro e leggeva un nuovo pezzo del libro che aveva un bambino col suo stesso nome come protagonista. Harry Potter.

La sua mamma gli ripeteva sempre che lui si chiamava Harry perché, quando era ancora nella sua pancia e si muoveva irrequieto, bastava che lei iniziasse a leggere Harry Potter ad alta voce e lui si calmava.

Quando Harry si addormentava, Vivian poteva rassettare la casa, controllare la posta elettronica per assicurarsi che Charlene non le avesse scritto, farsi una doccia e filare a letto. Ma non sempre il sonno giungeva rapido. C'erano sere, infatti, nelle quali Vivian si ritrovava a pensare al suo piccolo Harry. Era sano, educato, dolce, non era viziato, non faceva capricci. Forse perché non gli mancava niente. Tranne che un padre.

Harry non aveva un padre. O meglio, ce l'aveva, solo che non voleva sapere niente di suo figlio. Lui e Vivian si erano lasciati proprio perché lei era incinta e non voleva abortire. Quel ricordo non la faceva più soffrire come prima, ma Vivian aveva paura che un giorno avrebbe potuto far soffrire suo figlio. Cosa gli avrebbe raccontato, quando Harry le avrebbe chiesto del suo papà? Fino a quel momento si era accontentato delle risposte evasive che gli aveva fornito. Ma cosa avrebbe dovuto rispondergli alla domanda: Perché papà non è qui?

Come poteva dirgli che suo padre non l'aveva voluto? Gli avrebbe spezzato il cuore.

Sapeva che Hugh non sarebbe mai tornato indietro e non lo avrebbe comunque mai desiderato. Nel suo cuore però, Vivian sapeva che, se mai un giorno Hugh le avesse chiesto di conoscere suo figlio, lei non sarebbe stata in grado di negarglielo.

§§§

Emma posò il cellulare sul tavolo, sorridendo soddisfatta.

«Cos'è quel sorrisino?» le chiese suo fratello, osservandola incuriosito.

«Nulla nulla»

«Mh, non è che mi stai nascondendo qualcosa?»

Emma tossicchiò e cercò di cambiare argomento. «Assolutamente no, fratellone! Come sta Chris?»

«Sta bene. Dai, dimmi cosa bolle in pentola! C'è un ragazzo?»

«Mah, chi lo sa! Dai, andiamo da mamma, se arriviamo in ritardo, chi la sente?»

Tom decise di non indagare oltre, ripromettendosi di sondare il terreno durante la cena. Sua sorella gli nascondeva qualcosa e lui avrebbe scoperto cosa.

A causa del suo lavoro, Tom non riusciva a essere presente come avrebbe voluto nella vita delle sue sorelle e della sua famiglia. Adorava recitare e viaggiare, ma ogni tanto, sentiva la mancanza delle sue donne e della sua meravigliosa città. Per fortuna, la fine delle riprese arrivava sempre prima che la nostalgia di casa diventasse oppressiva.

Era da un po' che Tom non passava del tempo con Emma, ciononostante, l'uomo sapeva riconoscere gli atteggiamenti che la sua sorellina metteva in atto quando voleva distrarlo.

E se voleva distrarlo, c'era sicuramente qualcosa di grosso in ballo.

Arrivarono a casa dei loro genitori in perfetto orario per la cena.

Nonostante i suoi genitori fossero divorziati da anni, tra di loro con il tempo di era instaurato un buon rapporto, perciò le cene di famiglia non erano rare.

Quella sera, in particolare, fu su Tom che si focalizzò l'attenzione dei commensali: era appena rientrato a Londra in seguito alla fine delle riprese del suo ultimo film e la famiglia era interessata a recuperare il tempo trascorso separatamente. Non che sua madre non lo avesse tempestato di domande a pranzo, ma ogni due secondi, le veniva in mente qualcosa di nuovo da chiedergli.

Fu solo a cena ultimata, quando Tom andò in cucina da sua madre, che riuscì a scoprire qualcosa su sua sorella Emma.

«Sta organizzando una raccolta fondi per l'asilo di Belgravia». Tom aprì la bocca per dire che non era necessaria, ma sua madre lo anticipò: «Emma ha già fatto una donazione per evitare che l'asilo chiuda, ma vuole smuovere un po' l'opinione pubblica e far sganciare un po' di soldi a qualche riccone taccagno»

Tom ridacchiò e poi chiese alla madre: «Sta organizzando tutto da sola?»

«No, ha contattato una ragazza. Con precisione, prima ha ingaggiato quella incapace che ha organizzato i Golden Globe, ma l'ha fatta scappare a gambe levate. Ora ha contattato una ragazza ed è letteralmente impazzita per le sue idee»

L'uomo inarcò le sopracciglia, sbalordito. Solitamente sua sorella odiava le organizzatrici di eventi. «Davvero?»

«Certo, pensa che...» Sua madre si lanciò in un dettagliato resoconto di ciò che Emma le aveva detto e, mentre Tom la ascoltava, sentì nascere dentro di sé la voglia di conoscere questa ragazza che aveva ammansito sua sorella ed il suo pessimo carattere.

Per essere così brava nel suo lavoro, sicuramente non era una gran bellezza.

«Come hai detto che si chiama?»

«Vivian Hartley, lavora per la Charlevents, ma non dire a tua sorella che te l'ho detto!»

«Certo che no, mamma, manterrò il segreto!»

Magnifico, pensò Tom. Sua madre gli aveva dato tutti gli elementi per poter agire.




L'angolo della piaga
Buonasera a tutti :)
Sarò brevissima per non tediarvi. E' la mia prima ff, non so bene che reazioni aspettarmi.
In questo capitolo ho voluto presentare un po' la nostra protagonista e, ovviamente, non poteva mancare Tom *w*
Spero di poter sapere cosa ne pensate!
Per ora ringrazio chiunque avrà il coraggio di aprire la storia ed arrivare sino in fondo alla pagina.
xoxo
caitlin_snow

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Un amore di organizzatrice

 

Capitolo II

 

«Harry, tesorino, è ora di svegliarsi». Vivian accarezzò i capelli del figlio, godendosi il suo lento riemergere dal mondo dei sogni. Harry si mise lentamente a sedere, stropicciandosi gli occhietti, prima di sporgersi e accoccolarsi tra le sue braccia.

«Mamma»

«Ciao Harry». Gli diede un bacio tra i capelli. «Sei pronto per la tua colazione da maghetto?»

«Sììì». Si lasciò prendere in braccio ed insieme raggiunsero la cucina. La sua colazione da maghetto era composta da biscotti con gocce di cioccolato e latte tiepido. Secondo il pediatra che si occupava di Harry, infatti, niente era meglio di latte e biscotti per un giovanotto, per affrontare la giornata. Vivian sospettava che la sua fosse una fissa da italiano doc, ma si fidava ciecamente di lui.

«Allora, hai preso tutto, amore?»

«Sì, mamma». Vivian prese la borsa ed uscirono di casa. La giornata era ufficialmente iniziata.

§§§

«Vivian, finalmente sei arrivata!»

La giovane inarcò le sopracciglia all'esclamazione della segretaria dello studio. Era in anticipo di 10 minuti, cos'era tutta quella fretta? «Buongiorno a te, Ashley. Ti sono mancata così tanto?»

«Ha chiamato Loki! E ha espressamente chiesto di te»

Le sopracciglia di Vivian rischiarono di essere inghiottite dai capelli. «Eh?»

«Loki! - Ashley la fissò sbalordita – Tom Hiddleston ti ha cercata»

«Cosa vuole da me il fratello di Emma?»

«Non ne ho idea, stellina bella! Però mi ha lasciato un recapito telefonico. Ha detto che gradirebbe essere richiamato quanto prima»

«Iniziamo bene! Grazie Ash!» Vivian si chiuse nel suo ufficio ed avviò la chiamata. «Tom?»

«No, non sono il signor Hiddleston, sono il suo agente. Lei è...?»

Vivian si stizzì per il tono usato dall'uomo, ma si trattenne. «Buongiorno a lei, agente del signor Hiddleston – rispose, ripetendo a pappagallo la presentazione appena ascoltata – sono Vivian Hartley della Charlevents. Il suo cliente ha contattato lo studio questa mattina, chiedendo di essere richiamato quanto prima»

«Mi dispiace, ma in questo momento il signor Hiddleston non può parlarle, è molto impegnato. Può lasciarmi un recapito telefonico? La sua segretaria prima non ha...»

«Il numero dal quale la sto contattando andrà benissimo. Sarò reperibile fino alle 16. Buona giornata».

Che cafone! Pensò tra sé, mentre analizzava i menu ed i prezzi che Blake le aveva inviato. Trascorse così la mattina tra telefonate e appuntamenti. Mangiò con Charlene che pareva entusiasta di come andassero le cose all'agenzia e che, come sempre, la tempestava di domande su Harry.

Quando tornò in ufficio, il suo cellulare prese a squillare. «Sì?»

«Miss Hartley?»

Vivian chiuse la porta e vi si poggiò, grattandosi i capelli, stranita. «Vivian Hartley, della Charlevents»

«Buongiorno, sono Tom Hiddleston»

«Buon pomeriggio a lei, mister Hiddleston»

«La disturbo?»

«No, non si preoccupi. La segretaria mi ha detto che questa mattina aveva premura di parlarmi»

«Sì e sono oltremodo costernato per non averle potuto parlare quando mi ha richiamato»

Oltremodo costernato? Ma come diavolo parlava? «Non c'è alcun problema, mi dica pure»

«Magnifico. So che mia sorella Emma l'ha contattata per una cena di beneficenza»

«Sì»

«Avete già parlato dei costi?»

«Mister Hiddleston, non vorrei sembrarle maleducata, ma... perché lo sta chiedendo a me e non a sua sorella?»

«Vorrei accollarmi tutte le spese»

«Lodevole da parte sua. E perché lo sta dicendo a me?»

«Perché se ne parlo con Emma, lei rifiuterà. È testarda e non delega nulla a nessuno. Non accetta mai di essere aiutata»

«Non lo metto in dubbio, mister Hiddleston. Sua sorella è una persona molto determinata»

«Quindi mi aiuterà?» le chiese, con tono speranzoso.

«Sarò onesta con lei, mister Hiddleston. Non ho intenzione di assecondarla. Emma è la mia cliente, quindi parlerò e contratterò con lei.»

«Miss Hartley...»

«No. È onorevole da parte sua voler pagare, ma è contemporaneamente disonorevole che stia cercando di corrompere me per farlo alle spalle di sua sorella. Ne parli con Emma. Oppure faccia una donazione per l'asilo»

«Non posso proprio convincerla?»

«Mi dispiace, mister Hiddleston»

«Miss Hartley, la prego! Sono un fratello maggiore che vuole aiutare e sostenere la sua adorata sorellina»

Vivian cercò di trattenere una risata carica di sconcerto: «Sta veramente cercando di impietosirmi?»

«Sì, funziona?»

«Assolutamente no, spiacente. Buona giornata, mister Hiddleston».

Vivian posò il telefono sulla scrivania ed emise due profondi sospiri. Oltre a Emma, puntigliosa e perfettina fino alla nausea, ci mancava giusto il fratello impiccione a completare il quadro.

Quando le suonò nuovamente il cellulare, la giovane si ritrovò a sperare che non fosse Sarah Hiddleston o magari Hiddleston senior o la ex signora Hiddleston, altrimenti li avrebbe mandati al diavolo. Fortunatamente, era solo sua madre.

«Tesoro, come stai?»

«Io ed Harry stiamo bene! Tu e papà? È successo qualcosa?»

«Niente di brutto, non ti preoccupare! Ci ha chiamati Augustus, il cugino di tuo padre e ci ha invitati da loro per il week-end. Compie gli anni la prozia Tess». Vivian aprì la bocca per parlare, ma sua madre la precedette. «Non ti preoccupare, ho già detto che sei presissima da lavoro e che non puoi proprio assentarti, però, se vuoi possiamo portare Harry con noi. Così potrai rilassarti»

«Grazie mamma, ma non ti preoccupare, io e Harry ce la caveremo benissimo. Sai che non potrei stare un intero week-end senza vederlo, starei più in ansia che in pace!»

«Lo so, è solo che...» ecco che si ricomincia, pensò Vivian. «Da quando è nato Harry non hai più frequentato nessun uomo e...»

«Mamma, mi stai dicendo che dovrei sfruttare questa occasione per accalappiare un uomo, portarlo a casa e abusare di lui per tutto il fine settimana?»

«Vivian Mary!» sua madre era a dir poco scandalizzata. «Non era questo che intendevo! Volevo solo darti la possibilità di passare del tempo con Blake, Ashley, Ellen o Colette. Sei una madre eccellente, ma per un po' dovresti staccare la spina»

Vivian sapeva che, se avesse rifiutato subito, sua madre avrebbe continuato a tormentarla, perciò adottò la tattica del temporeggiamento: «Mamma, posso... pensarci un po'? Oggi è solo martedì, c'è tempo»

«Certo, tesoro! Sei in tempo fino a giovedì! Dai un bacione ad Harry da parte mia e di tuo padre»

«Sarà fatto, ciao mamma, salutami anche papà».

Sua madre aveva ragione. Da quando lei e Hugh si erano lasciati – o meglio, da quando Hugh l'aveva scaricata – Vivian non aveva più frequentato un uomo. Inizialmente era stato difficile pensare di aprirsi nuovamente al sesso maschile. Essere mollata dal padre del bimbo che aspettava e che giurava di amarla era stato un duro colpo per lei.

La gravidanza non era stata propriamente una passeggiata. Le nausee mattutine e i randez-vous con il water erano all'ordine del giorno. I livelli di ferro nel sangue troppo bassi e la pressione che saliva e scendeva come un'altalena avevano fatto il resto.

Dopo il parto – cesareo e d'urgenza – la vita di Vivian era totalmente cambiata. I primi mesi erano stati un incubo. Harry non dormiva mai più di un'ora, un'ora e mezza se era fortunata, di fila. Così doveva interrompere qualunque cosa stesse facendo – dal pranzo al sonno – e fiondarsi dal piccolo prima che spaccasse i vetri, controllare il pannolino ed eventualmente cambiarlo, dargli da mangiare, fargli fare il ruttino e cercare di farlo addormentare. Per fortuna, nel primo periodo, i suoi genitori l'avevano aiutata, ospitandola per poterle dare una mano con i turni massacranti di Harry.

Quando finalmente, il piccolo aveva preso un ritmo accettabile – la notte dormiva sei ore filate – Vivian era riuscita a riguadagnarsi una vita meno impossibile. Si era nuovamente trasferita nel suo appartamento, già organizzato ed a prova di bambino, e aveva cercato di stabilire una nuova routine. Non aveva ripreso immediatamente a lavorare, ma aveva sfruttato tutti i mesi di maternità che le erano spettati e si era goduta ogni singolo istante di suo figlio.

Dal giorno della sua nascita, infatti, Harry era diventato il centro della vita di sua madre. Per lei non era esistito nient'altro. Tutto ruotava attorno a lui. Andare a caccia di uomini era un'attività che non rientrava più nei suoi interessi. Aveva già un uomo nella sua vita!

Non aveva frequentato nessuno neppure quando Harry aveva iniziato ad andare all'asilo nido e lei aveva ripreso a lavorare. Non c'era spazio nella sua vita per un uomo.

Non che avesse condotto una vita da suora di clausura. Le era capitato, qualche volta, di uscire con Ashley e di lasciarsi abbordare da qualche giovane, ma niente di più dell'avventura di una notte. Non che riuscisse comunque a svagarsi del tutto: il pensiero di suo figlio la accompagnava sempre e l'idea che lui fosse solo con i nonni mentre lei si divertiva, la faceva sentire male.

Sapeva già che avrebbe tenuto Harry con sé quel fine settimana, ma non voleva dare a sua madre il tempo di escogitare un modo per fregarla.

«Emma, sono Vivian, ti disturbo?»

«Dammi solo un secondo – Vivian sentì dei rumori in sottofondo, una porta che si chiudeva – Sono tutta orecchie!»

«Stavo pensando ai biglietti di ringraziamento per quanti parteciperanno. E se usassimo dei disegni dei bimbi? Potremmo chiedere alle responsabili dell'asilo di prestarcene qualcuno e usarli...»

«Sarebbe un'idea fantastica! Ma non credi siano... superflui? Sarebbero una spesa in più»

«Conosco un tipografo che ci farebbe un prezzo di favore, per una buona causa. Inoltre non dovremmo stamparne migliaia, si tratterebbe solo di qualche centinaio al massimo, no?»

«Continuo a chiedermi perché non abbiamo dato a te l'incarico per i Golden Globe!»

Vivian preparò il campo per lo sgancio della bomba. «Emma, dovrei parlarti anche di un'altra cosa, però non so come potresti prenderla»

«Mi devo preoccupare?»

«Non saprei. Questa mattina mi ha chiamata tuo fratello». La risposta che ottenne fu molto simile ad un ringhio. «Mi ha detto che vorrebbe pagare lui le spese». Emma ringhiò ancora. «Ma ho rifiutato, dicendogli che deve parlarne con te. Per quanto mi riguarda, tu sei la cliente e tu paghi. A meno che tu non deleghi qualcun altro»

«Grazie, Vivian. Gli hai dato la risposta che avrei voluto»

«Quindi è tutto a posto?»

«Certo. Ora vado a far fuori mio fratello, buona giornata, Vivian! A giovedì!»

§§§

Tom storse il naso, osservando il copione che spiccava in cima alla pila di quelli che il suo agente gli aveva proposto. Sapeva che non bisognava mai giudicare un libro dalla copertina, ma era anche vero che, per un puntiglioso come lui, la prima impressione contava moltissimo. Non lasciava mai nulla al caso. E quel copione, con la copertina bianca e il titolo stampato con un carattere così anonimo, di certo non si presentava al meglio.

Aveva da poco finito di girare The Avengers e, prima di gettarsi a capofitto in un nuovo progetto, voleva valutare bene le opzioni. Inoltre, aveva bisogno di disintossicarsi da tutta quell'americanità. Non che odiasse gli Stati Uniti, ma sentiva il bisogno di riappropriarsi della sua adorata e piovosa Londra.

Aveva da poco chiuso un flirt con Susannah Fieldings, senza troppi drammi. Non c'era neppure stato il tempo perché diventasse qualcosa di serio: troppo diversi, troppo difficile riuscire a conciliarsi.

Chiuse il copione e sbuffò, alzandosi per prendere del latte dal frigo e prepararsi una cioccolata calda. Era da parecchio ormai che non riusciva a trovare una donna da frequentare. La storia meno insignificante che aveva avuto recentemente risaliva a più di un anno prima, con Kat. All'inizio la sua esuberanza e i suoi modi di fare gli erano sembrati divertenti e accattivanti, ma sulla lunga distanza si era reso conto che quella donna era troppo fuori dai suoi standard perché tra di loro potesse funzionare.

Forse era destino che, a causa del successo in campo lavorativo, la vita sentimentale venisse drasticamente accantonata.

Un paio di giorni prima avrebbe annuito al suo stesso pensiero, ma in quel momento, a tormentarlo c'era una certa Vivian Hartley.

Sentire sua sorella Emma, la sua sorellina, parlare bene di un'organizzatrice era un evento più unico che raro, visto che era abitudine per lei farle esaurire fino a che non scappavano a gambe levate. Ciò gli aveva messo addosso la curiosità di parlarle, per capire cos'avesse di così sensazionale da conquistare Emma.

Quando poi l'aveva chiamata, era rimasto piacevolmente stupito dalla sua tenacia: non era da tutte tenergli testa e non cedere alle sue lusinghe.

Doveva assolutamente vederla e conoscerla.

Tom si sdraiò nuovamente sul divano a leggere uno dei copioni che il suo agente gli aveva suggerito, quando il campanello di casa sua fu preso d'assalto: il dito di qualcuno aveva deciso di mandarlo in tilt.

«Chi è?»

«Sono tua sorella, stronzo! Aprimi!»

L'uomo aprì e, mentre la sorella saliva le scale, si chiese perché fosse così furiosa. «Buon pomeriggio, sorellina»

«Perché diavolo devi sempre intrometterti in quello che faccio?»

«Oh, hai parlato con Vivian»

La donna lo guardò furiosa: «Certo che ci ho parlato! Lei è stata fin troppo onesta con me, tu invece volevi agire alle mie spalle! Possibile che mi reputi sempre una buona a nulla?»

Tom sospirò: «Non penso tu sia una buona a nulla. È solo che... non ci sono mai e volevo aiutarti»

La furia di Emma sembrò placarsi: «Sei un testone. Non ho bisogno di soldi»

«Ma volevo rendermi utile»

«Allora vieni con me. Aiutami con Vivian, abbiamo appuntamento giovedì» Emma gli fece l'occhiolino. «Magari ti trovo anche una moglie! Cosa vuoi di più?»

Quando sua sorella se ne fu andata, Tom si risdraiò sul divano, meditabondo. Emma aveva detto che Vivian era bella, oltre che simpatica e molto brava nel suo lavoro. Era vero?

Inutile negare che fosse curioso di vedere la donna che aveva conquistato sua sorella e che era riuscita a tenergli testa al telefono.

Ultimamente, la sua vita sociale era pari a zero. Il lavoro lo aveva assorbito totalmente, senza calcolare che, proprio a causa di quest'ultimo, era diventato difficilissimo iniziare nuove frequentazioni senza incappare in donne alla ricerca di fama. Forse questa Vivian era diversa.

Sicuramente gli aveva dato un giusto consiglio, dicendogli di parlare con Emma. Certo, non lo aveva propriamente seguito, però, alla fine la situazione si era sistemata al meglio proprio grazie a lei.

 

 

L'angolo della piaga.

Eccomi con il secondo capitolo.

Qui abbiamo un piccolo inquadramento anche su Tom, oltre ad ulteriori approfondimenti sul passato di Vivian. E soprattutto, abbiamo il primo incontro tra i due protagonisti.

Che ve ne pare?

Solo una nota, per essere precisi: la Kat citata nel capitolo è Kat Dennings, alias Darcy di “Thor”, alias Max di “Two Broke Girls”.

Ringrazio di cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo e tutte le persone che l'hanno letto e che sono arrivati alla fine anche del secondo.

xoxo

caitlin_snow

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Un amore di organizzatrice

 

Capitolo III

 

«Mamma, tice!»

Vivian ridacchiò, prendendo Harry in braccio e portandolo in bagno. «Sì, dobbiamo usare la lavatrice!» Lo posò a terra, di fronte all'elettrodomestico e si mise a separare i panni in base alla temperatura di lavaggio. Harry adorava osservare sua mamma che smistava i vestiti e li metteva nella lavatrice, perché poi gli faceva sempre annusare gli ammorbidenti per fargli scegliere quale usare. Ogni volta che sua madre apriva un flacone, Harry si metteva le manine dietro la schiena e sporgeva in alto il naso. Sapeva che quei cosi profumati andavano solo annusati e solo con la mamma.

«Quetto!» Harry indicò quello viola.

«Lavanda!»

«Lavadda!»

Vivian avviò la lavatrice e poi si mise con suo figlio sul tappeto della sala a giocare con i dinosauri.

Gli stava spiegando quali mangiassero erba e quali carne, quando le squillò il cellulare.

Numero privato.

Non rispose. Tutte le persone che la conoscevano avrebbero chiamato con il numero visibile, quindi non era nessuno per cui valesse la pena interrompere i suoi giochi con Harry.

La suoneria si fermò per riprendere dopo pochi secondi.

«Mamma, 'spondi» le disse il figlioletto, vagamente scocciato dalla musichetta irritante.

«Ok, però resto qui». Il piccolo la ignorò, continuando a muovere i suoi dinosauri in materiale ipoallergenico e senza parti che si potessero staccare. «Pronto?»

«Vivian, sono Tom»

La donna rimase per un istante perplessa. «Questo pomeriggio io ero miss Hartley e lei mister Hiddleston, cos'è tutta questa confidenza?»

L'uomo all'altro capo del telefono ridacchiò. «Ho parlato con mia sorella e mi ha fatto una ramanzina storica, ma ho anche seguito il tuo consiglio, dicendole di voler partecipare attivamente all'evento. Ed Emma ha accettato. Perciò volevo ringraziarti per il consiglio»

«Di niente, signor Hiddleston»

«Chiamami Tom, per favore. Ci vediamo giovedì! Buona serata, Vivian».

La donna rimase allibita, di fronte al telefono muto, ma si riscosse, quando si sentì richiamare. «Mamma?»

«Harry, dai prepariamo la cena?»

Mentre Vivian cucinava, Harry, nel seggiolone, la guardava rapito e canticchiava con lei le canzoni de La spada nella roccia.

§§§

Quando Vivian arrivò alla Charlevents quella mattina, capì subito che qualcosa non andava.

Ashley la salutò con un sorriso complice e le fece l'occhiolino.

Charlene invece la salutò e la seguì mentre si dirigeva nel suo studio. «Charlene, mi devi parlare?»

«Assolutamente no, voglio solo...»

Ma si interruppe, quando Vivian vide un mazzo di girasoli sulla sua scrivania. «E questi da dove sbucano?»

«Speravo potessi dirmelo tu, carina! È appena passato un ragazzo a consegnarli e ha detto che doveva assolutamente posarli sulla tua scrivania. Ho dovuto quasi legare Ashley alla reception per evitare che si intrufolasse qui per leggere il biglietto»

«Ma che gentilezza!»

«Chi te li manda? Andiamo! Siamo tutte curiose!»

Vivian prese il biglietto e lo aprì, lesse fulminea ciò che c'era scritto e lo stracciò prima che Charlene o Ashley o qualche altra pettegola potesse allungarsi a sfilarglielo dalle mani.

«Ma Vivian! Non si fa! Chi te li ha mandati?»

«Andiamo, diccelo, manterremo il segreto!»

«Almeno un indizio piccolo piccolo?»

La donna guardò la marmaglia di persone che pendeva dalle sue labbra. «Si può sapere perché siete così interessati?»

«Sono anni che lavori qui e non hai mai ricevuto un mazzo di fiori, vogliamo sapere chi è il fortunato»

«Nessuno! A proposito, qualcuno li vuole?» Ashley aprì la bocca, scandalizzata, ma la donna la precedette. «Non voglio toccarli. Sai che Harry è allergico al polline». Quella frase smorzò l'entusiasmo. Chiunque avesse mandato i fiori a Vivian era una nullità per lei. Tutte le persone che la conoscevano, infatti, sapevano dell'allergia di suo figlio.

Grazie del consiglio, sei stata fantastica.

Ci vediamo domani,

un bacio

Tom

Vivian prese lo smartphone ed inviò un sms: Grazie del pensiero, ma i fiori non erano necessari.

Prese il tablet, la borsa ed uscì per l'appuntamento che le avrebbe rovinato la giornata: Marcia Taylor-Jones. Quella donna era un incubo.

Era una donna di mezza età con più silicone e soldi che buonsenso che si sarebbe sposata quella stessa domenica e aveva scongiurato Charlene di organizzarle il matrimonio. Ovviamente la sua capa non aveva potuto occuparsene personalmente, oberata di lavoro com'era, però aveva ben pensato di prestare all'amica di vecchia data una sua collaboratrice.

Vivian aveva iniziato ad odiarla due secondi dopo averla conosciuta. Non aveva idee precise su niente e cambiava opinione ad ogni battito di ciglia. Riuscire a mettere in piedi il suo matrimonio era stata un'impresa titanica e, ora che era tutto a posto, Miss Taylor-Jones voleva cambiare i colori delle tovaglie, dei fiori e dei complementi d'arredo del ristorante.

Sarebbe stata una lunga giornata.

Riuscì a tornare nello studio solo attorno alle 15, senza aver mangiato nulla e senza aver ucciso la futura sposa. Si lasciò cadere sulla sua poltrona e aprì il sacchetto con il cheeseburger che aveva preso prima di rientrare. Lo addentò e si lasciò andare ad un mugolio soddisfatto: aveva troppa fame!

Si stava gustando il suo pranzo fuori orario, quando Ashley, tutta eccitata, bussò alla porta. «Ash, tutto bene? Stavo mangiando»

«Ahm, c'è il signor Hiddleston, Tom – aggiunse con enfasi – che vorrebbe parlarti»

«Beh, può prendere un appuntamento, no?»

«Veramente è qui. Adesso!»

Vivian bestemmiò mentalmente in tutte le lingue che conosceva. «Fallo entrare»

Ashley ricomparve dopo due secondi. «Signor Hiddleston, prego». Lo lasciò entrare e si chiuse la porta alle spalle, lasciando Vivian sola con lui.

La donna lo analizzò brevemente. Capelli scuri, molto pallido, molto alto e due magnifici occhi chiarissimi. Era davvero molto affascinante. «Signor Hiddleston, sono sorpresa di vederla qui, si accomodi»

«Per favore, chiamami Tom e dammi del tu. Ti disturbo?» L'uomo si accomodò di fronte a lei e le sorrise cordiale.

«D'accordo, Tom» gli fece un breve sorriso. «In realtà, sei stato fortunato a trovarmi, sono appena rientrata e stavo mangiando»

L'espressione sul suo volto cambiò radicalmente: «Ti sto disturbando, me ne vado subito all...»

«Non ti preoccupare. Se non ti da fastidio vedermi divorare un cheeseburger, possiamo parlare lo stesso. Vuoi una patatina?»

«Sì, grazie!» ne addentò una, mentre Vivian azzannava il suo panino. «Sono passato perché volevo conoscerti di persona prima di domani. E volevo anche scusarmi per quello che ti deve aver detto quello stupido del mio agente, al telefono. Sa essere molto... formale, quando vuole»

«Ho notato. Ha mai pensato di fare il segretario della regina?»

Tom ridacchiò e Vivian rimase per un istante stordita da quel suo modo di ridere così particolare. «Glielo proporrò! Ho notato che i fiori che ti ho regalato sono all'ingresso, non ti piacciono?»

La risposta della donna fu laconica: «Allergia al polline»

L'attore assunse un'espressione contrariata: «Fantastico! Pensavo di farti un regalo gradito, invece ti ho quasi uccisa»

La donna si guardò bene dallo specificare che non era lei, quella allergica. «Sono ancora viva!»

«E affamata, direi»

Vivian deglutì un boccone enorme. «Ti sto costringendo ad osservare uno spettacolo impietoso, perdonami»

«Vedere una donna che mangia, anzi, divora un cheesburger è un evento più unico che raro, per me». Vedendo lo sguardo interrogativo di Vivian, proseguì: «Facendo l'attore, mi capita più spesso di vedere donne che vivono ad aria, piuttosto di donne che mangiano con gusto».

Tom rimase per un istante a fissarla. I capelli rossicci legati in una coda, gli occhi castani luminosi e le guance arrossate per l'imbarazzo. Era bella.

«Non mangio sempre schifezze, sia chiaro. Solo che oggi ho saltato il pranzo!»

«Se pur mangiando schifezze tutti i giorni, mantenessi quella forma, alcune donne potrebbero ucciderti per carpire i tuoi segreti».

Quella che doveva essere una battuta, si trasformò in un complimento che la lasciò interdetta per un istante. Decise di tornare a parlare di argomenti neutri «Emma come sta?»

«Bene. È contenta che io la voglia aiutare. Mi ha parlato di te e di quanto sei geniale talmente a lungo che non potevo non conoscerti»

«Faccio solo il mio lavoro». In quel momento, qualcuno bussò alla porta, salvandola dall'imbarazzo. «Avanti»

«Vivian – Ashley entrò con un plico di fogli in mano – questi sono di Charlene, per il matrimonio di Marcia. Ha chiesto se è questo il definitivo o se ci sono altri cambiamenti»

La donna inarcò le sopracciglia: «Ho inviato a Charlene una e-mail con le ultime modifiche ed il listino prezzi mezz'ora fa. Non ci sono stati ulteriori cambiamenti»

Ashley arrossì, colta in fallo. «Oh... ehm, probabilmente non ha controllato la posta. Scusa il disturbo»

Oppure tu sei una pettegola cosmica, pensò Vivian, mentre Ash si chiudeva la porta alle spalle.

Tom si alzò e si sistemò i pantaloni. «Credo sia ora che io tolga il disturbo. Ci vediamo domattina, Emma mi ha dato il permesso di partecipare! A domani, Vivian. È stato un vero piacere conoscerti» le disse, abbagliandola con il suo sorriso.

«A domani».

Vivian si sedette nuovamente sulla sua poltrona, stordita da quell'incontro. Di primo acchito, avrebbe giurato che Tom Hiddleston fosse uno snob. In quel momento invece, le sembrava un uomo... un gentiluomo. E anche un bambinone, a giudicare dall'entusiasmo con cui si era intromesso nella raccolta fondi. Ed era anche molto affascinante.

§§§

Tom Hiddleston uscì dalla Charlevents molto stupito. Aveva capito che quella donna era sensazionale quando l'aveva sentita al telefono. Non era da tutte tenergli testa e non cedere alle sue moine. Non che si sentisse un dio, però – come Loki – era molto bravo a manipolare le persone. Solo che con Vivian Hartley aveva fallito.

Vivian Hartley. Gli suonava familiare.

Così, dopo essere stato ridimensionato telefonicamente, Tom aveva deciso di parlare direttamente con Emma, che però lo aveva preceduto, piombandogli a casa. Sua sorella era sensazionale, ma decisamente troppo idealista. Quando credeva in qualcosa, vi si gettava a capofitto, senza pensare al dispendio di energie o denaro. Ecco perché aveva cercato di tamponare la situazione. Non voleva che Emma, la sua sorellina, si svenasse. Parlarne con lei aveva significato mordersi la lingua mentre Emma ripeteva la solita tiritera: sono adulta, so prendermi le mie responsabilità, non devi sempre guardarmi le spalle...

Ma, alla fine, Emma aveva accettato di buon grado il suo aiuto.

E si era lanciata in una descrizione dettagliata del progetto. E lo stupore di Tom era aumentato. Le idee di Vivian Hartley erano stupefacenti per la loro semplicità. E per la loro efficacia.

Così la curiosità era giunta alle stelle e Tom non riuscì a trattenersi dal presentarsi nel suo ufficio per conoscerla.

E quando si era trovato di fronte una splendida giovane donna con un cheesburger tra le mani, era rimasto quasi senza parole.

Era reale?

§§§

«Mamma, quando vengono i nonni?»

Vivian gli rimboccò le coperte e si sedette accanto al letto. «Domani pomeriggio, ma si fermano poco perché poi vanno a trovare la zia Tess». Harry strinse la bocca e gli occhi, forse per concentrarsi e ricordare chi fosse la zia Tess. «Odin».

Bastò quella parola al piccolo per aprirsi in un sorriso enorme. Odin era l'enorme terranova della prozia Tess. Un mastodontico ammasso di pelo nero ed affetto che aveva conquistato suo figlio in due secondi.

Vivian ed Harry erano andati a fare visita alla prozia Tess un paio di mesi prima, perché Vivian non era riuscita ad inventare una scusa decente per poterla evitare. Non che odiasse la zia di suo padre, anzi. Solo che era all'antica, molto. E Vivian aveva un figlio e, oltre a non essere sposata, non frequentava neppure il padre. Perfetta per diventare l'agnello sacrificale della situazione.

Tutti i suoi pronostici però furono smentiti quando, una volta arrivati all'ingresso del giardino di zia Tess, Odin si era avvicinato tutto scodinzolante e aveva leccato la faccia al piccolo Harry. La vecchia prozia era rimasta a bocca spalancata perché il suo Odin non si era mai comportato così con uno sconosciuto, mai. Così Vivian ed Harry si erano trasformati da bersagli scelti a guest star nel giro di pochi secondi. Il che era stato anche peggio perché l'anziana non li aveva mollati un secondo, riempiendoli di attenzioni, domande e tanto e soffocantissimo affetto.

Peccato che, a differenza di Harry che aveva passato tutto il tempo a spupazzarsi Odin, Vivian avesse dovuto sopportare la prozia Tess che non faceva altro che parlare e parlare. E parlare.

«Odin!» la voce di Harry la riportò alla realtà. «Odin! Bello! Andiamo?»

«Non posso, tesoro. La mamma deve lavorare». Il sorriso del bimbo si spense. «Però i nonni vanno. Vuoi andare con loro?»

«Sì!»

«Sicuro? Starai solo con i nonni e Odin, la mamma non ci sarà»

«Mamma, sono grande».

La donna gli diede un bacio sulla testa e sorrise, aprendo il libro ed iniziando a leggere. «Harry non avrebbe mai creduto possibile incontrare un ragazzo più odioso di Dudley; questo, prima di conoscere Draco Malfoy. Eppure...»

Quando vide che il suo di Harry si era addormentato, chiuse il libro e si alzò dalla sedia. Controllò che fosse ben coperto ed uscì dalla stanza.

Cosa doveva fare? Doveva lasciare Harry in custodia ai suoi genitori? Per tre giorni interi? Sarebbero stati in grado di gestirlo? E Harry? Avrebbe fatto i capricci? Avrebbe sentito la sua mancanza?

Ma sembrava così desideroso di rivedere Odin! Come poteva dirgli di no? Sarebbe stata davvero così egoista da tenerlo con sé, quando il desiderio di suo figlio era quello di passare un po' di tempo con quel cagnolone?

Forse poteva chiedere a Charlene un paio di giorni per andare con Harry e i suoi genitori. Anzi, no. Per colpa di Marcia Taylor-Jones. Quanto odiava quella donna!

Ovviamente, la telefonata con sua madre non le servì a molto. I suoi genitori non vedevano l'ora di potersi spupazzare il loro unico e adorato nipotino, in più erano convinti (sua madre, soprattutto) che Vivian necessitasse di una pausa. Era una madre meravigliosa, ma era giusto che dedicasse un po' di tempo anche a se stessa, ogni tanto, senza sentirsi in colpa.

Alla fine della chiacchierata, la madre di Vivian la convinse a preparare il borsone con tutto l'occorrente per Harry. Il giorno successivo lei e suo padre sarebbero passati da loro per salutarli e per cercare di convincere Harry a seguirli.

§§§

Vivian Mary Hartley!

Tom si diede una manata in fronte, dandosi dell'idiota. Ecco dove aveva già sentito quel nome! Era il nome di battesimo di Vivien Leigh.

Che il suo, al contrario, fosse un nome d'arte?

Avrebbe indagato il giorno successivo. Quella donna era una continua sorpresa.

Bella, spigliata, organizzata, innamorata del suo lavoro...

Tom si riscosse quando vide Emma di fronte a lui con un sorriso strafottente sul viso. «Che c'è, sorellina?»

«Dovrei chiederlo io a te, a cosa stavi pensando?»

«Che ho una sorella impicciona»

«Parla mister mi-intrufolo-nei-progetti-di-mia-sorella»

«Touché. Volevo solo rendermi utile. Pensavo di chiedere anche a Chris di venire. Che ne dici? Magari vestito da Thor potrebbe...»

Ma non riuscì a terminare la frase perché Emma gli era saltata addosso. «Davvero?»

«Provo a chiamarlo, non si sa mai. Anzi, magari ci vediamo per una birra»

«Sei il fratello migliore del mondo».

Tom afferrò lo smartphone ed inoltrò la chiamata. «Ciao fratello, come va?»

«Loki, fratello mio, che piacere sentirti! Ti sei convertito a queste diavolerie tecnologiche di Midgard?»

«Purtroppo non posso farne a meno! Ti va se ci facciamo una birra? Vorrei parlarti di un progetto...»

Un'ora più tardi, Chris e Tom erano seduti ad un tavolo in un piccolo pub e sorseggiavano birra. «Sì, ho capito. È una bella idea quella di tua sorella. Ho anche capito perché mi hai chiesto di partecipare. L'unica cosa che non ho capito – disse Chris cercando di trattenere un sorriso – è perché ti sei presentato dalla planner»

«Te l'ho detto – rispose Tom – volevo ringraziarla e conoscerla di persona»

«E...?»

«E basta»

«Com'è? Cessa?»

La smorfia di Tom fece inarcare le sopracciglia all'amico. «Assolutamente no. È simpatica, spigliata, bravissima nel suo lavoro ed è pure bella»

«Sposata?»

«Nessun anello al dito»

«Lesbica?»

«Non credo. Mia sorella ha detto che ha fatto qualche apprezzamento al culo di un cameriere quando sono andate a pranzo insieme»

Chris sorseggiò la birra. «Ti piace»

Tom si prese qualche secondo prima di rispondere. «Non lo so»

«Sì che lo sai. Solo che non vuoi ammetterlo perché non la conosci quasi per nulla e tu sei sempre così... razionale. Quante volte te lo ripeto che dovresti abbassare il volume del tuo cervello ogni tanto?»

«Troppe volte. Ma lo sai che non lo farò mai, non è nella mia natura». Guardò l'orologio. «Dai, andiamocene! Elsa ti starà aspettando. Salutamela! Una sera di queste potremmo uscire insieme»

«Io, Elsa tu e l'organizzatrice? A proposito – aggiunse – ha anche un nome?»

«Vivian»

Chris alzò gli occhi al cielo. «Che nome... british! Te la sei scel...»

«Non ho scelto nessuno! Ciao Chris!» Tom non lo lasciò neppure finire di parlare e si allontanò, salutandolo con la mano.

Chris era un buon amico, ma certe volte esagerava. Ogni volta che Tom gli raccontava di aver conosciuto una ragazza, lui se lo immaginava già con lo smoking all'altare, in attesa della sua splendida moglie incinta del loro primo figlio.

Tom scosse la testa a quel pensiero. Probabilmente non avrebbe mai potuto realizzare quel suo sogno a causa del suo lavoro: sempre in giro per il mondo, sempre preso con nuovi copioni e nuovi tour promozionali...

Quando quella sera, l'uomo si addormentò, nella sua testa vagava l'immagine di una donna in abito bianco che gli si avvicinava.

 

 

L'angolo della piaga.

Eccomi con il terzo capitolo.

Finalmente abbiamo il primo incontro tra i nostri protagonisti. E la comparsa di Chris ;)

Che ve ne pare?

Per questo capitolo, ho solo una nota. Il nome della protagonista è il nome vero di Vivien Leigh, la famosissima Rossella O'Hara di “Via col Vento”.

Colgo l'occasione per ringraziarvi per il tempo che dedicate alla storia e alle eventuali (e sempre graditissime) recensioni.

xoxo

caitlin_snow

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Un amore di organizzatrice

 

Capitolo IV

 

«Ciao Vivian, ciao Harry!» Ellen, la maestra, li accolse all'ingresso dell'asilo. «Come stai, amica? Non hai una bella faccia»

Vivian diede un bacio ad Harry prima che il piccolo sgusciasse dentro dai suoi amichetti e dall'altra maestra. «Mia madre vuole sequestrare Harry per un week-end, per portarlo fuori città, dalla mia prozia»

«Ma è magnifico!»

«E se sentisse la mia mancanza? Se gli succedesse qualcosa? Se avesse bisogno di me?»

Ellen ridacchiò: «Ok, ora calmati, altrimenti ti viene un infarto. Harry sarà con i tuoi genitori, non sarà solo ed abbandonato. Esistono i telefoni e le chat. E poi va fuori città, non in Vietnam. Staranno via solo qualche giorno!»

Vivian si afflosciò come un palloncino bucato: «Sono troppo apprensiva?»

«Giusto un pochino! È normale, Vivian. Però non succede nulla se per una volta lo lasci con i suoi nonni. Non preoccuparti e soprattutto, non sentirti in colpa!»

«Ci proverò! Comunque – precisò – lo lascerò partire solo se vorrà. Di certo non lo obbligherò». Ellen scosse il capo, divertita e rassegnata mentre rientrava nell'asilo e Vivian si allontanava per andare al lavoro.

Quando arrivò in ufficio, trovò Blake ad attenderla. «Cosa ci fai già qui? L'appuntamento è alle 10»

«Ciao anche a te, simpaticona!»

«Scusa, ciao Blake! Come stai?»

«Bene, tu? Sono venuto prima perché voglio analizzare con te i menu che ho portato»

«Dovevo immaginarmelo, sei troppo perfezionista»

«Senti chi parla! Dai, muoviti!»

I due si sistemarono in ufficio e Blake la assillò con mille domande e variazioni, per cercare di preparare un elenco che potesse soddisfare Emma.

«Giuro che se mi fai ancora una domanda sulle tartine al tonno, userò il tuo collo come antistress e non la pallina che sto stritolando ora!»

Fu in quel momento che Ashley bussò alla porta ed annunciò che Emma e Tom erano arrivati. «Entrate pure! Grazie Ashley. Ciao Emma, Tom, vi presento Blake, lo chef nonché responsabile del catering». Mentre Vivian faceva le presentazioni, vide Ashley lanciare una breve occhiata al lato b di Tom per poi farle un occhiolino. Era un caso disperato.

«Salve ragazzi, piacere di conoscervi». Il cuoco strinse la mano ad entrambi, poi i quattro presero posto attorno al un tavolo rotondo che Vivian aveva strenuamente lottato per avere nello studio. Aiutava i clienti a sentirsi a loro agio.

«Dunque, il nostro Blake ha miliardi di proposte da farvi per il menu, ma prima, immagino voglia sapere se avete qualche idea»

«Io pensavo – disse Emma – a qualcosa di non troppo elaborato. Dopotutto è una serata di beneficenza, non di gala»

«Perfetto – annuì Blake – è quello che pensavo io. E volete fare una vera e propria cena o un buffet?»

«Questo è un bel dilemma. Tu cosa proporresti?»

«Secondo me – si intromise Tom, senza distogliere lo sguardo da Vivian – un buffet è meno impegnativo. Così le persone mangiano e se ne vanno quando vogliono, senza dover attendere le varie portate»

«Questo – disse Vivian – può essere un vantaggio ed uno svantaggio. Se la gente non si sente “obbligata” - mimò le virgolette con le dita – a rimanere per poter mangiare, se la svignerà quando vuole, in sordina, senza sganciare un centesimo»

Tom la guardò sorpreso e ammirato: «A questo non avevo pensato»

«E se facessimo un buffet e una cena?»

Blake scosse il capo: «Troppa roba. Risulterebbe un evento troppo incasinato. Potremmo fare un buffet ed aggiungere il momento torta e brindisi ad un orario preciso, così la gente sarà costretta a rimanere se vuole gustarsi una delle mie fantastiche torte!»

Vivian si illuminò: «Sei un mago! Sarà un brindisi di ringraziamento per aver partecipato all'evento e per aver contribuito alla causa, così si sentiranno in colpa e metteranno mano al portafogli».

Tom rimase in silenzio, mentre ascoltava sua sorella, lo chef e Vivian discutere delle varie pietanze con una cura ai limiti del maniacale. Quella donna non lasciava assolutamente nulla al caso: era una perfezionista all'ennesima potenza. Proprio come lui. Ed era bella. Continuava ad ammirarla con discrezione (sperava), osservandola in ogni minimo dettaglio e movimento. Si soffermò sugli occhi scuri, attenti e dinamici e sul movimento delle sue labbra, illuminate da un sottile strato di burrocacao.

«Bene, il menu è deciso – disse Vivian – ora dobbiamo andare a vedere il teatro. Prendiamo una sola auto?»

«Sì – disse Blake – però la mia! La tua è un porcile, Vivian, senza offesa!»

«Certo che non mi offendo, Blake! Emma – aggiunse seria, rivolta alla giovane Hiddleston – se vuoi, possiamo sentire qualcun altro per la cena»

Emma e Tom scoppiarono a ridere e i quattro si diressero verso l'auto di Blake e al teatro.

L'incontro fu più che soddisfacente, visto che Mrs Lovett, la responsabile del teatro, aveva deciso di non far loro pagare nulla proprio perché voleva che il denaro raccolto finisse tutto all'asilo.

Quando uscirono dal teatro, era quasi ora di pranzo e Blake si massaggiò teatralmente la pancia. «Bene, c'è altro da discutere? Io avrei una certa fame»

«Già che siamo qui – disse Vivian – potrei fare un salto all'asilo, così parlo alle responsabili dell'idea e magari riesco a sgraffignare anche qualche disegno»

«Ma Vivian!» Blake la guardò, facendole gli occhi dolci. «Io ho fame»

«Se tu, Emma e Tom volete rientrare, per me non c'è problema. Tanto ho già il menu definitivo e la bozza del preventivo, quindi non mi servi più. Almeno fino al giorno della cena». Gli fece l'occhiolino e si rivolse agli altri due. «Siete soddisfatti del programma? Direi che è stato deciso tutto, quindi, se non c'è altro...»

«Vivian – disse Emma, sorridendo – abbiamo fatto tutto! E in pochissimo tempo» aggiunse con tono meravigliato e ammirato.

Tom guardò l'organizzatrice interrogativo: «Scusa, se Blake se ne va, tu come torni in ufficio?»

«C'è la fermata della metro qui dietro. Oppure prenderò un taxi»

«Ragazzi – Emma li interruppe – io devo andare! Ho appuntamento con la mia agente tra 20 minuti»

«Non c'è problema, Emma! Ti invio il preventivo entro sera e ti faccio sapere quello che mi diranno le responsabili. E – aggiunse – ti invierò le foto dei disegni, così potrai scegliere quali usare per i biglietti»

«Sei un mito!»

Blake la abbracciò brevemente. «Come sempre, sei un mito. Ci sentiamo per i dettagli, ciao Vivian»

«Ciao Blake, ciao Emma, ciao Tom».

Blake e Emma si incamminarono verso l'auto, mentre Tom rimase fermo. Poteva farsi scappare un'occasione del genere? «Vengo all'asilo con te, se posso»

«E poi come tornerai... ovunque tu debba tornare?»

L'uomo le sorrise: «C'è la fermata della metro qui dietro. Oppure potremmo dividere un taxi».

Vivian annuì, cercando di dominare la sensazione di disagio che la pervadeva. No, a pensarci bene, non era proprio disagio, era... agitazione. Tom Hiddleston la agitava. Aveva sentito il suo sguardo puntato addosso per gran parte dell'incontro e, mentre all'inizio si era sentita sotto esame come organizzatrice, più passavano i minuti, più si sentiva osservata come donna. Non che lei si fosse risparmiata, in effetti. Ma, d'altronde, quando le sarebbe ricapitato di poter avere sotto gli occhi un così affascinante esemplare di maschio adulto?

Chloe Johnson, un'attraente donna che passava la quarantina, fu più che lieta di parlare personalmente con Vivian. Aveva molto a cuore i bambini che stavano nella sua struttura e non voleva assolutamente che fossero sottoposti ad inutili stress, ma le rassicurazioni della donna la fecero sorridere, sollevata.

«Chloe, possiamo chiederti qualche disegno? Avevamo pensato di realizzare dei biglietti di ringraziamento personalizzati»

«Certo, venite con me». I tre uscirono dall'ufficio e si incamminarono lungo il corridoio, quando un piccolo turbine biondo li raggiunse. «Michael, cosa ci fai qui?»

Il piccolo si immobilizzò all'istante. «Signora Johnson mi sono perso»

«Non fare il furbo con me. Sei scappato dalla mensa?»

«Ci sono gli spinaci!» L'espressione schifata del bambino fece sorridere Vivian che si chinò di fronte a lui.

«Michael, se vuoi crescere forte, devi mangiare gli spinaci, anche se non sono tanto buoni»

«Ma a me non piacciono»

Tom si chinò all'altezza del piccolo: «Se mangi gli spinaci, diventi forte come Braccio di Ferro!»

Il bambino guardò l'attore inclinando il capo. «Chi?»

L'attore rimase sbalordito: il bambino non conosceva Braccio di Ferro?

Vivian si intromise: «Ti dirò un segreto: non piacciono neppure a me, però li mangio perché fanno bene. Ti fanno diventare super forte!»

Michael le fece un sorriso timido: «Mi fai compagnia mentre mangio?»

Vivian lanciò uno sguardo a Chloe che si strinse nelle spalle. «Ma certo! Però devi dirmi dov'è la mensa, perché io non lo so!»

Tom rimase a bocca aperta. Vivian ci sapeva fare con i bambini! Era dolce e materna e Tom si trovò a pensare che sarebbe stata una madre meravigliosa.

«Te la cavi bene con i bambini»

«Grazie! Non sono poi così difficili da gestire»

Tom ridacchiò: «Non ne sarei così sicuro»

«Con il lavoro che faccio, riuscire a capire le persone è fondamentale per gestire la situazione al meglio. I bambini sono solo... adulti in formato ridotto»

«Talento naturale».

Vivian sorrise distrattamente, mentre aiutava il piccolo Michael a mangiare.

I due si fermarono ancora qualche istante, mentre i bimbi, curiosi e agitati per la presenza di due sconosciuti, finivano il pranzo e sparirono quando fu l'ora del riposino. Salutarono Chloe ed uscirono carichi di disegni dei bimbi.

«Se vuoi, i disegni posso darli direttamente io a mia sorella»

«Veramente – disse Vivian, stringendosene alcuni al petto mentre salivano su un taxi – a Emma pensavo di inviare le scansioni. Così, quando avrà deciso, potrò dare gli originali al tipografo che farà le sue magie con lo scanner per aumentare la risoluzione o chissà che altro. Sai, stramberie da hacker»

«Quindi dovrai fare le foto a tutti questi disegni?» Vivian annuì. «Se vuoi, posso darti una mano»

«Non se ne parla! È il mio lavoro, Tom»

«Mi farebbe piacere aiutarti»

«Davvero, non...»

Ma Tom la interruppe, guardandola con gli occhi carichi di speranza. «Per favooore»

Quel tentativo di corruzione la fece innervosire: «Tom, fa parte del mio lavoro, lo faccio io, senza storie»

L'uomo fece un sorriso mesto. «Scusa, non volevo offenderti»

«No, non mi hai offesa!» Vivian gli sorrise con calore, cercando di rimediare allo scatto appena avuto. «Solo che... Mi da fastidio che qualcuno si intrometta nel mio lavoro. So che ti vuoi rendere utile, però dovresti aiutare tua sorella, non me. Potresti aiutarla a scegliere le immagini quando ve le avrò inviate»

«Ottima idea! Sei fin troppo gentile, con me»

Vivian gli fece l'occhiolino: «Chiamala deformazione professionale». I due si salutarono fuori dalla Charlevents e Tom fu tentato di chiederle un appuntamento, ma si trattenne.

Non era da lui essere impulsivo.

Era una persona posata e razionale, che meditava a lungo prima di agire e che non si buttava a pesce in esperimenti sentimentali.

 

 

L'angolo della piaga.

Eccomi con il quarto capitolo.

L'organizzazione dell'evento prosegue. E Vivian e Tom si studiano.

Entrambi con i piedi ben piantati a terra, si stanno prendendo le misure. Mentre Vivian è più guardare, ma non toccare, Tom sta già pensando a come agire.

Ho solo una piccola nota. C'è una citazione direttamente da un film che personalmente adoro, proprio come lo adora anche il nostro Tom. Chissà se qualcuno la trova ;)

Vorrei ringraziare tutti/e i/le lettori/trici che dedicano il loro tempo alla storie. E grazie per le recensioni passate e (spero) future!

xoxo

caitlin_snow

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