Dalle stelle alle stalle

di Tomoe_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era una notte senza stelle né luna. Xavier girava per le strade del desolato, disperso e deserto paese dove era nato e cresciuto.
Aveva perso tutto: amici, casa, denaro e familiari. Tutto per colpa del gioco d’azzardo. “Maledetto gioco”, pensò fra sé e sé.
Ormai era indebitato fino al collo ed era tornato al suo paesino a piedi (non aveva più neanche la macchina…) munito solo di una valigia di fortuna e dei propri vestiti.
Si stava dirigendo lentamente verso una stalla abbandonata ai margini del villaggio: ci giocava sempre da bambino in quel posto che, nella sua fanciullezza, reputava quasi magico.
Con passo pesante e strascicato entrò e si buttò sulla terra battuta ormai ricoperta di erbacce e si addormentò per la troppa stanchezza.
* * *

Xavier si svegliò di soprassalto: uno spaventoso e macabro suono lo aveva destato dal mondo dei sogni. “Sarà stato un qualche verso di un animale”, pensò, e si rimise a terra.
Il raggelante verso si ripresentò, ma sta volta più forte e distinto; esso si diffuse nell’aria di quella notte oscura, quasi come un urlo straziante di un uomo in agonia: Xavier riconobbe che era un ululato di lupo, anche se in qualche modo diverso.
Si alzò tremante per la paura per vedere di che si trattava e si diresse verso l’uscita della stalla con passo infermo.
Aprì la porta, si guardò intorno. Non c’era nessuno.
<< Per fortuna è ancora lontano >>, disse fra sé e sé.
Ormai rassicurato stava per girarsi quando sentì un soffio caldo e umidiccio sul collo; si girò lentamente ormai nel panico totale e pregò intensamente affinché non fosse quello che temeva.
Purtroppo trovò di peggio: un gigantesco licantropo nero si era piazzato fra lui e la stalla. Era alto più o meno due metri con il pelo ispido e crespo color nero corvino, quattro zanne mostruosamente grandi digrignate in una sottospecie di ghigno malefico, degli artigli spaventosi sporchi di sangue coagulato e occhi verde-oro accesi come due fari nell’oscurità del resto della bizzarra creatura.
Aveva le sembianze di un uomo con la testa di lupo, ma più grandi del normale e con un’aura alquanto poco socievole.
Xavier era ormai paralizzato dal terrore puro che pervadeva ogni membra del suo corpo e nonostante si imponesse di muoversi, non ci riusciva.
Non appena il licantropo si mosse verso di lui per provare ad azzannargli la gola, una scossa potentissima riuscì a farlo muovere in tempo ed iniziò a correre a perdifiato il più lontano possibile dal pericolo, da quel famelico mostro.
Si diresse verso il bosco lì vicino, pensando che potesse nascondersi meglio alla sua vista. Ma si sbagliava: il licantropo ormai gli era alle costole e stava per raggiungerlo quando all’improvviso piombò dal cielo un’ombra nera, che all’inizio non si capiva bene cosa fosse, e si avventò sul licantropo con ferocia. Xavier ringraziò il cielo per avergli mandato un salvatore, ma presto si pentì di averlo pensato. La massa informe caduta dal cielo si rivelò essere una chimera: aveva gli occhi grandi e neri come la pece, la testa di leone con folta criniera, le zampe anteriori da rapace e quelle posteriori da capra; al posto della coda aveva un serpente che guizzava continuamente a destra e a sinistra, come innervosito. La terribile bestia stava divorando il lupo mannaro con ingordigia e famelicità come se avesse una fame morbosa e insaziabile da placare.
Il raccapricciante spettacolo che si poneva davanti a Xavier, purtroppo per lui, non durò molto: infatti la chimera d’un tratto si bloccò, si girò con sguardo crudele e minaccioso e lo vide.
“Ormai sono spacciato” pensò con tono di rimpianto per non aver speso meglio la sua vita. Mentre pensava ciò indietreggiando ad ogni passo della chimera, altre si aggiunsero ad essa come un branco a caccia ed una più raccapricciante e orrenda dell’altra fino a circondarlo totalmente e spingerlo in trappola, con spalle al muro su un povero alberello.
La sua fine era ormai giunta e non c’era via di scampo. Le chimere erano in agguato, pronte per balzargli addosso.
Xavier chiuse gli occhi e si rannicchiò su sé stesso nell’inutile tentativo di proteggersi.
Il branco di mostri partì all’attacco pronto ad affondare gli artigli sulla sua morbida carne umana e con un balzo furono su di lui.
* * *

Xavier si svegliò di soprassalto dal suo giaciglio provvisorio, dentro la stalla abbandonata. Si guardò intorno madido di sudore, con il fiatone; si toccò le guance per assicurarsi di essere ancora in vita e, con sollievo, constatò di esserlo.
Dopo essersi rassicurato riprese a respirare regolarmente, si asciugò il sudore con la camicia che usava come cuscino e si ridistese a terra. Chiuse nuovamente gli occhi e si riaddormentò pensando che fosse stato soltanto un orribile sogno.

O forse no…

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Era mattina inoltrata. Qualche curioso raggio di luce irrompeva dalle finestre altolocate della stalla.

Xavier si svegliò e si stopicciò gli occhi irritati dal sole, la sera precedente gli segnava evidentemente lo sguardo cupo e perso nel vuoto.

Si diresse verso l'abbeveratoio all'esterno della stalla,  pieno di acqua piovana, e si sciacquò il viso con fare stanco.  

Dopo essersi asciugato con la camicia che indossava dalla sera prima, si fermò a contemplare il suo volto riflesso nell'acqua: i capelli castano scuro gli ricadevano attorno al volto come una cornice delineando la mandibola squadrata e la fronte bassa. I suoi occhi grigio-verdastri, ormai privi della loro luce più viva, erano sovrastati da folte sopracciglia scure le quali gli davano un aspetto ancora più duro e rude. 

Sulla fronte si presentavano i primi segni dell'età e anche intorno agli occhi cominciavano ad apparire le prime rughe e, sotto di essi, si presentavano due profonde occhiaie che lo rendevano più spettrale di quanto già non si credesse. Il suo naso poi, che considerava la parte più brutta di sé, era come l'eterno protagonista del quadro generale.

"Sto diventando vecchio..." diceva tra sé e sé con tono di rimpianto "Ma è così che va la vita..." si rispose con rassegnazione.

Ormai aveva già 48 anni ed era vicino alla cinquantina per di più lavoro e gioco d'azzardo lo avevano logorato nel corpo quanto nell'anima. Infatti era dimagrito tanto, forse troppo per i suoi gusti: ormai aveva un aspetto trascurato e scheletrico da far paura tanto sporgevano le ossa. 

Nonostante gli fosse andato tutto a male nella vita, sperava ancora (anche se ben poco) di potersi risollevare da quella caduta e tutto sarebbe ricominciato da quel paese dove aveva trascorso la sua infanzia. 

Non appena ebbe finito le sue riflessioni sul suo attuale stato, fisico e morale, si avviò con passò malfermo verso il suo giaciglio nella stalla per finire di vestirsi. Mentre si vestiva con le poche cose rimaste, si accorse che i pantaloni erano sbralacciati sull'orlo e la camicia aveva uno strappo sulla schiena; entrambe erano sporchi di erba e terriccio.

Per qualche strana ragione si rammentò dell'incubo fatto durante la notte, ma  si rimproverò, poi, di essere stato così sciocco da credere che fosse accaduto veramente e si convinse che tutto fosse solo un sogno e quello strappo, comprese le tracce di terriccio sugli indumenti, fossero il segno del suo sonno tormentato nel giaciglio della stalla, causa il brutto sogno che lo rese inquieto.

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