Danni Collaterali

di SilVerphoenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***




Danni Collaterali
di NikyBlack e SilVerphoenix

 

 
L’urlo che squarciò il silenzio appagato e comodo di Brownbeard Street svegliò metà del vicinato e turbò il sonno dell’altra metà.
Una donna, i lunghi capelli biondi scompigliati e gli occhi grandi dalla paura, teneva le mani strette alla gola di un uomo. Un uomo che credeva esserle amico, credeva essere sempre al suo fianco, credeva essere una brava persona… e in quel momento, invece, lottava per la vita.
I guai di quella donna erano cominciati circa un mese prima.



 
Capitolo Uno
 
 

Pansy Parkinson si stiracchiò pigramente allungando le gambe su uno dei morbidi divani della grande casa. Da quando era finita la guerra, ed Oscar Parkinson era stato rinchiuso ad Azkaban, le proprietà di famiglia erano passate interamente alla ragazza, e lei, come Draco Malfoy e molti altri dei loro amici, era riuscita a passare per vittima delle circostanze.
Pertanto, a quattro anni dalla fine del conflitto, la sua vita andava a gonfie vele: scriveva qualche articolo per Strega Oggi, le feste non mancavano, lo shopping con le amiche era all’ordine del giorno, e l’avvicendarsi dei fidanzati non era così sporadico da annoiarla, ma nemmeno così frequente da rovinare la sua reputazione.
Quella domenica mattina non aveva nulla da fare, se non dedicarsi alla lettura di un buon libro. Almeno, finché il campanello di casa non suonò inaspettatamente.
“Jibb, la porta!” gridò, sperando che uno dei due elfi che prestavano servizio in quella casa da sempre, provvedesse ad aprire. Probabilmente però Jibb si trovava ad uno dei piani superiori, e il campanello risuonò nuovamente.
Sbuffando infastidita, la ragazza scese dal divano e si diresse all’ingresso, stringendo in vita la vestaglia grigio argento, uno dei tanti regali di Draco.
“Sì?”
“Pansy, sono Daphne!” esclamò una voce dall’altro lato della porta.
La padrona di casa roteò gli occhi e si decise ad esibire il suo miglior sorriso, aprendo la porta. “Daphne, mia cara, qual buon… oh, c’è anche Astoria.”
“Ciao, tesoro!” trillò la minore delle due Greengrass. “Ti abbiamo disturbato? Ci hai messo così tanto ad aprire!”
“Beh, è domenica mattina e non aspettavo visite.” si giustificò la Parkinson. “A cosa devo il piacere?”
“Astoria ha insistito tanto perché tu fossi la prima a saperlo…” iniziò Daphne.
“Sì, volevo davvero essere io a dirtelo, prima di chiunque altro.” continuò l’altra.
“Sai, ci teneva, e abbiamo pensato che dopotutto tu sei una tipa mattiniera…” riprese la prima.
“E insomma ci siamo dette che magari a quest’ora ti avremmo trovata già sveglia!”
Pansy inarcò un sopracciglio, lei che mattiniera non era per nulla, e si spostò per fare accomodare le due Greengrass in salone. Quando si furono sedute, ed ebbe ordinato un tè all’altro elfo di casa, si decise a chiedere “Di cosa volevate informarmi?”
Le sorelle si scambiarono uno sguardo emozionato, poi, con un gesto teatrale, Astoria stese il braccio in avanti, come se fosse una regina e si aspettasse un baciamano.
Il sopracciglio della Parkinson si alzò tanto da arrivare quasi a toccare l’attaccatura dei capelli.
“L’anello, Pansy!” sbuffò Daphne, sconvolta da quella mancanza di attenzioni.
Finalmente, la Parkinson capì cosa le stavano cercando di comunicare. Effettivamente, sull’anulare di Astoria spiccava un brillante di dimensioni notevoli, circondato da un cerchio di smeraldi. La montatura, in platino, si avvolgeva sulla gemma come le spire di un serpente. Nonostante la grandezza della pietra, il tutto aveva una dimensione relativamente contenuta, conferendo al gioiello un’eleganza unica.
Un macigno strinse le viscere della padrona di casa.
Conosceva quell’anello. Draco gliene aveva parlato, era un gioiello molto importante per i Malfoy… la Gemma di Primavera, veniva definita, per quell’accostamento di colori che ricordava la rugiada posatasi sulle foglie vergini le prime mattine di marzo.
Le labbra ridotte a due fessure, Pansy riuscì solo a mormorare “Ti ha chiesto di sposarlo.”
“Sì!” squittì in preda all’estasi Astoria. “Ieri sera, a cena con le nostre famiglie. E finalmente mi ha messo al dito la Gemma! Lo fanno tutti i Malfoy il giorno del Fidanzamento! Ti rendi conto? È l’anello più bello del mondo, vero?”
Pansy si rendeva conto perfettamente. Aveva visto quell’anello al dito di Narcissa qualche volta, per le occasioni importanti, e aveva sempre saputo che non sarebbe mai toccato a lei indossarlo. D’altra parte, la figlia illegittima di Lucius Malfoy non poteva vantare alcuna pretesa sul patrimonio della nobile casata, no? Però, nonostante sapesse di non poter rivendicare alcun diritto relativo al sangue dei Malfoy che scorreva in lei, Pansy aveva sempre sperato in cuor suo che un giorno, magari dopo molto tempo, potesse essere accettata in quella casa ed entrare di buon grado nella famiglia che le era stata negata da sempre. Forse non aveva mai davvero aspirato ad indossare la Gemma, ma vederla al dito di Astoria fu comunque una pugnalata. E sapeva benissimo che le Greengrass erano state così solerti nel comunicarglielo non certo per la forte e intensa amicizia che le legava a lei.
Ma non avrebbe dato loro alcun sazio.
“Sono davvero, davvero felice per voi, Astoria.” sorrise amabile. “Avete già fissato la data delle nozze?”
“Certamente!” rispose Daphne, intromettendosi. “Dev’essere il prima possibile. Tra meno di un mese Draco deve tornare ad Hogwarts per il primo trimestre, ma prima faremo una grandissima festa di fidanzamento, e durante le vacanze di Natale celebreremo il matrimonio.”.
Dev’essere il prima possibile perché temete che mio fratello cambi idea?, malignò la mora in cuor suo.
Astoria si alzò in piedi per sedere sul divano accanto a Pansy. “So che sicuramente Draco ti chiederà di essere al suo fianco, perché so bene quanto siate legati, ma nel caso in cui non ti scegliesse lui come testimone…”
…Non dirlo nemmeno, stronza, pensò la Parkinson.
“…Vorresti essere la mia damigella, insieme a Daphne?”
Pansy si dipinse in viso un’espressione tanto finta quanto affettata. “Niente mi renderebbe più felice.”
Liete di aver raggiunto il proprio obiettivo, le sorelle Greengrass s’intrattennero ancora mezz’oretta, prima di lasciarla. E Pansy, non appena chiuse la porta alle loro spalle, e sentì il pop che ne segnalava la Smaterializzazione, si lasciò sfuggire dalle labbra un ruggito che le avrebbe fatto guadagnare il titolo di Grifondoro ad honorem, se il Cappello Parlante fosse stato presente.
Il cervello che lavorava a mille, la giovane percorse una decina di volte l’atrio di casa, marciando in cerchio, prima di afferrare una manciata di polvere da sopra il camino e lanciarla tra le fiamme evocate per l’occasione. “Zabini!” gridò, “vieni subito qui!”
All’amico ci vollero almeno tre minuti prima di rendersi conto della provenienza di quel frastuono, e quando il suo viso emerse dal fuoco, sembrava assonnato e arruffato.
“Pansy, è domenica mattina. Che cosa vuoi da me?”
La ragazza infilò una mano nel camino e strinse il polso sul colletto del pigiama di seta nera che fasciava il corpo muscoloso dell’ex Serpeverde, poi lo tirò verso di sé. Da sola non avrebbe avuto alcuna chance di trascinarlo dalla sua parte delle fiamme, ma lui, avendone capite le intenzioni e il cattivo umore, decise di assecondarla e di rotolare sul tappeto di casa Parkinson.
Quando si fu rimesso in piedi e spazzolato un po’ di cenere dal pigiama, si stropicciò gli occhi e biascicò “Devo dedurre che hai appreso la lieta novella.”
“Quelle due oche delle Greengrass sono appena uscite da casa mia. Volevano che fossi la prima a saperlo.” Pansy pronunciò l’ultima frase come facendolo loro il verso. “Tu che ne sai?”
“Draco è stato da me, stanotte, dopo la cena in tiro dai suoceri.” raccontò sbadigliando Zabini. “Fammi un caffè o me ne vado a dormire nel tuo letto.”
Sapendo che l’amico le serviva ben sveglio e reattivo, lei non se lo fece ripetere, e tornò poco dopo sorreggendo due tazzine di puro espresso italiano.
“Il mio preferito.” la guardò adorante Blaise. “Sono il tuo schiavo, dimmi quello che vuoi.”
“Adesso ci siamo.” ghignò la Parkinson. “Come stava Draco?”
“Come vuoi che stia…” il ragazzo si strinse nelle spalle. “È rassegnato. Lo sai che dopo tutto quello che ha fatto per riabilitare il nome dei Malfoy, questo matrimonio è quasi d’obbligo. Ha alternative?” Lo sguardo perfido e malizioso negli occhi verdi della compagna lo spinse a riconsiderare l’ipotesi. “Aspetta, rettifico, ha alternative che non prevedano l’uccisione di Astoria?”.
“Forse sì.” sorrise diabolica lei. “Io sono sua sorella e tu sei il suo migliore amico. È tempo di salvare quel suo grasso fondoschiena dal peggior pasticcio di tutta la sua vita”.
Stavolta fu il turno di Blaise di inarcare le sopracciglia. Considerare il matrimonio di Draco con Astoria Greengrass addirittura peggio del casino Voldemort – Silente – Piton, gli sembrò lievemente esagerato, ma si guardò bene dal dirlo. D’altra parte, lui non avrebbe definito grassa nessuna parte del corpo di Draco, ma anche quello sembrava un dettaglio irrilevante. “Che cosa vuoi fare, Pansy?”
La luce maligna brillò nuovamente tra le iridi della ragazza, e man mano che spiegava il suo piano, anche lui cominciò a sghignazzare.
“Non puoi essere seria.”
“Ti sembra che io stia scherzando?”
“Draco ci ucciderà.”
“Sono pronta a correre il rischio. Sei con me?”
Blaise scoppiò finalmente in una fragorosa risata. “Ci puoi giurare. Non mi perderei una cosa del genere nemmeno per tutto l’oro dei Malfoy.”.
“Ora,” riprese Pansy, “per quanto riguarda i dettagli tecnici…”
Zabini scosse il capo. “Sei una stratega eccezionale, baby, ma i dettagli tecnici lasciali a me. Tu procurati il necessario, al resto penso io.”.
Un lampo di complicità dardeggiò tra gli occhi dei due amici, mentre nel salotto di casa Parkinson mettevano a punto il piano che avrebbe salvato la vita di Draco Malfoy. O gliel’avrebbe rovinata del tutto, dipendeva dai punti di vista.
 

*
 
 
Ginny Weasley mugugnò di soddisfazione mentre appoggiava la tazza di tè sul tavolo e afferrava un altro biscotto al cioccolato. “Questa roba che porti dall’America è pura poesia, ‘Mione.”
La Granger sorrise, aprendo l’anta sopra il frigorifero e riponendo qualche altra provvista, comprata quella mattina. Era entrata in quell’appartamento il giorno prima, ed oltre ad un indicibile caos sparso per tutta la casa, aveva trovato anche una pila di piatti sporchi da far pensare che avessero vissuto là dentro dodici persone per due settimane senza sapone, e nemmeno un pacco di fette biscottate da mettere sotto i denti. Tra i ripiani del frigo si ergeva solitaria mezza birra sgasata, aperta chissà quanto tempo addietro, uno spicchio di aglio, mezzo limone e due uova.
Ron era proprio quel che si dice un perfetto uomo di casa.
“Allora, raccontami come va al giornale.” chiese all’amica.
Ginny aveva da poco lasciato la carriera agonistica nel Quidditch, per dedicarsi a passatempi più mondani quali le cronache sportive. Aveva uno stipendio stellare, perfino più alto di quello da giocatrice, e le squadre di tutto il paese facevano a gara per invitarla alle loro feste.
“Va tutto bene. I miei colleghi sono simpatici, almeno alcuni. C’è anche Dean, te l’avevo detto?”
Hermione scosse il capo. “Non mi dire che devo aspettarmi un ritorno di fiamma!”
L’altra sbuffò. “Non scherzare. Dean ed io siamo ottimi amici.”
“Hai la strana abitudine di rimanere amica di tutti i tuoi ex…” le fece notare con tono casuale Hermione.
Ginny colse immediatamente l’accenno alla più importante storia della sua vita. “Per me ed Harry è meglio così. Dopo i primi due anni, lo sai come andavano le cose. Era un litigio continuo.”
“Non ti capita mai di pentirtene?” le chiese preoccupata l’amica.
“No.” scosse il capo l’altra. “Siamo stati bene insieme, per un po’, poi siamo cresciuti, non era più lo stesso. E so che lui la pensa come me. Sta meglio così, era sempre nervoso quando eravamo fidanzati.”.
Hermione si prese il tempo di sistemare qualcos’altro nel frigo, ma sapeva di avere lo sguardo della Weasley puntato sulla schiena.
“Quindi, sei tornata definitivamente?” le domandò, infatti, dopo poco. “Niente più sparizioni di mesi interi a Salem, niente più stage infiniti oltreoceano?”
“È così.” assentì lei. “Ora che ho conseguito la Specializzazione in Trasfigurazione Avanzata, non avrebbe più senso per me rimanere lì.”
Mentre sedeva a bere il suo tè, adesso ad una temperatura più consona, Hermione si lasciò cullare dai ricordi della vita che aveva condotto in quei tre lunghi anni, lontano dagli amici, mentre frequentava una scuola americana di specializzazione nella sua materia preferita.
Ginny si guardò intorno. “Sono certa che quest’appartamento prenderà una piega diversa, adesso che sarai tu a curartene. Quando arriva Ron?”
L’amica sorseggiò con calma la sua bevanda, pensando bene a cosa rispondere. Non si sentiva ancora pronta per affrontare quell’argomento. “È in ritiro con i Cannoni di Chudley per altri dieci giorni.” disse, evasiva, per poi deviare la conversazione verso un tema meno spinoso. “Devo dirti una cosa a cui non crederai mai.”
Gli occhi di Ginny s’illuminarono di stupore. “Cos’aspetti? Parla, subito!”
“Hai presente la professoressa Cooper?”
“Quella che ha insegnato Trasfigurazione al nostro ultimo anno a scuola?” la rossa si strinse nelle spalle. “Sì, perché?”
“È stata assunta da un istituto privato francese, e ha lasciato la cattedra ad Hogwarts all’ultimo momento. Indovina un po’ a chi si è rivolta la McGranitt per occupare il posto vacante?” Hermione sprizzava gioia da tutti i pori, mentre vedeva l’amica spalancare gli occhi dalla sorpresa.
“E tu? Hai accettato?”
“Me lo domandi?” rise la Granger. “Ha detto che sarà un anno di prova, e se tutto va bene, come lei crede, potrò restare anche per i successivi.”
Ginny balzò giù dallo sgabello della cucina e l’abbracciò. “È una notizia bellissima! Ma allora, tra pochi giorni tornerai ad Hogwarts!”
“Sì, noi professori dobbiamo essere lì due giorni prima degli studenti.” Hermione si fermò un attimo. “Noi professori… suona bene, eh?”
“Puoi ben dirlo!” esclamò la Weasley, e risero insieme. “Dopo più di tre anni di lontananza, la Granger torna a scuola. Non ce la facevi proprio a starne lontana, eh?”
Il pomeriggio passò velocemente, mentre Ginny aiutava la futura professoressa di Trasfigurazione a mettere a posto i tanti scatoloni che aveva portato con sé nell’appartamento londinese che divideva con Ron. Soltanto verso sera, mentre preparavano la cena, alla minore delle due venne in mente della festa.
“Lo sai che martedì c’è un ricevimento al quale non puoi assolutamente mancare?”
“Di che si tratta?” chiese curiosa Hermione.
“Il fidanzamento di Malfoy con Astoria Greengrass.”
L’altra roteò gli occhi. “Mi prendi in giro? Secondo te quei due invitano una come me, al loro fidanzamento?”.
Ginny si strinse nelle spalle. “È una cosa in grande stile, ci saranno tutti. Il motto della festa è che non ci sono più buoni e cattivi, soltanto tanti amici… sai, quello che i parenti degli ex Mangiamorte hanno cercato di propagandare per non farsi emarginare, dopo la guerra.”.
“Sono molto contenta per loro, ma detto sinceramente, ho altri pensieri che non il fidanzamento di Malfoy.”
Ginny le prese le mani. “Ascolta, il Ministro ha fatto promettere ad Harry di esserci, e lui ha fatto promettere a me di fargli compagnia. Ti prego, vieni con me. Harry sarà tutta la sera impegnato a stringere le mani di chiunque, e io mi sentirò tremendamente sola e stupida… Ti prego, Hermione.”.
L’amica sospirò. Quando mai Ginny si era sentita sola e stupida ad una festa?
“Ma non ho nemmeno ricevuto l’invito!”
“Ne sei sicura?” ammiccò l’altra, indicando in direzione della porta. Sul mobile dell’ingresso, una catasta di posta nascondeva quasi completamente la parete, e parecchie lettere erano finite a terra, sotto l’armadio dei cappotti o dietro il vaso con le piante ormai morte che Ron non aveva mai innaffiato.
Ci volle qualche ora per esaminare tutta quella cartaccia, ma alla fine, l’elegante busta bianca con la scritta in verde scuro venne fuori.
 
Ad Hermione Jean Granger.
Le Famiglie Malfoy e Greengrass
sono liete di invitarLa alla cerimonia di fidanzamento di
Draco Lucius Malfoy e Astoria Esmeralda Greengrass
che avrà luogo martedì 28 agosto a Villa Malfoy.
 
 

*
 
 
L’unica volta che Hermione era stata a Villa Malfoy, era stato uno dei giorni peggiori della sua vita. Mentre varcava l’ingresso del parco, rabbrividì al ricordo dei momenti passati in quella casa solo pochi anni prima.
“Coraggio, ‘Mione.” sussurrò Harry, ben conscio dei suoi pensieri. “Stiamo solo un’oretta e poi ce ne andiamo.”
La ragazza si costrinse a sorridere. “Non ti preoccupare, va tutto bene. Bisogna dire che è proprio cambiata l’atmosfera, eh?”
Tutto, in quel parco, era un tripudio di bianco e verde, dalle decorazioni brillanti poste sugli abeti che fiancheggiavano il vialetto principale, all’arco di fiori intorno al portone.
“Non trovate che sia leggermente… kitsch?” mormorò Ginny, prestando attenzione a non farsi sentire dagli altri invitati che percorrevano la strada sulle pietroline di ghiaia verso l’ingresso della casa.
“Leggermente?” Hermione sbuffò. “Non mi sarei aspettata niente di meno, dai Malfoy.”
Lucius attendeva gli ospiti nell’atrio, elegantissimo ma innegabilmente invecchiato dopo quegli anni passati a ricucire ciò che la guerra aveva distrutto nella fama della sua famiglia. Nonostante Harry avesse fatto molto per loro, non era stato facile dimenticare i morti, le torture e le atroci conseguenze del periodo in cui i Mangiamorte avevano tenuto in pugno la comunità.
“Signor Potter, è un piacere averla qui.” lo accolse mellifluo. “Signorine Weasley e Granger, benvenute.”
La stanza, che era illuminata a giorno da un grande lampadario di cristallo, si apriva direttamente su un salone nel quale ci sarebbe stata comodamente tutta la casa di Hermione. Parecchie persone erano già arrivate, e poco distante da loro, Narcissa stava intrattenendo un gruppo di dame con cui evidentemente si trovava particolarmente a suo agio.
Vicino al tavolo del buffet, i due novelli fidanzati stringevano le mani di chiunque si avvicinasse loro.
“Guarda Astoria!” disse Ginny. “Sembra talmente felice da brillare di luce propria.”
“Non si potrebbe dire lo stesso di Malfoy.” sorrise Hermione divertita, vedendo l’espressione contratta del nobile promesso sposo.
“Ci credo,” annuì Harry, “hai visto quello smoking? Sarà già tanto se riesce a respirare un paio di volte al minuto.”
Il trio si avvicinò ai due festeggiati a passo lento, data la gente che li circondava, e quando infine li ebbero raggiunti, Hermione temette che la Greengrass avrebbe potuto saltarle al collo, da quanta euforia dimostrava.
“Oh, ma che onore!” trillò entusiasta. “Harry Potter, Hermione Granger, gli eroi della guerra sono qui per noi! Ginny, sei splendida.”
L’impagabile faccia schifata di Malfoy rese quel momento memorabile per loro.
“Che onore.” biascicò infatti il biondino, lievemente sarcastico. “È sempre un piacere rivedere dei cari amici.”
Data la pressione che li spingeva a spostarsi, per la gran folla che ancora voleva salutare i due fidanzati, i tre si allontanarono velocemente, ridacchiando. Harry fu subito catturato da alcuni funzionari del Ministro, e le due ragazze si avvicinarono ad un tavolo che ospitava alcune pietanze sicuramente prelibate ma del tutto sconosciute ai loro occhi.
“Come mai non ci sono i tuoi fratelli?” chiese Hermione, notando l’insolita assenza di capelli rossi.
“Bill e Fleur sono a casa con la bimba, ha una brutta influenza.” spiegò Ginny, “Charlie aveva impegni di lavoro. Percy dovrebbe venire, ma ti confesso che ho qualche dubbio in merito, mentre George ed Angelina arriveranno a momenti.”
L’altra annuì, e vide in lontananza le due gemelle Patil. Stava per segnalarle all’amica, per andare a salutarle, che una mano si posò sul suo fianco.
“Sono sconvolto.” esclamò Zabini, circondando anche Ginny con il braccio. “Le due più belle streghe della festa, lasciate sole.”
“Blaise, sempre il solito provolone!” sorrise Ginny, che con il ragazzo aveva intrattenuto una piacevole amicizia da quando, anni prima, avevano frequentato entrambi il LumaClub.
“Rendo solo giustizia a queste meravigliose dame.” fece lui, galante, accennando quasi un inchino. “Siete davvero venute da sole?”
“No, siamo con Harry.” rispose la Granger. “Impegnato, ovviamente, a salutare tutto il Ministero.”
Zabini scoppiò a ridere. “Lo immagino, e non lo invidio per niente. Come non invidio Draco, d’altra parte. Avete visto che faccia?”
Per Ginny fu impossibile trattenere un sogghigno. “Difficile non notarla.”
“Beh, capisco che il contesto sia un po’ troppo sfarzoso,” cominciò Hermione, “ma non mi capacito di come mai non si stia divertendo. Non dovrebbe essere felice di essere al centro dell’attenzione per questo fidanzamento? È un bel colpo, per i Malfoy.”
Blaise non commentò, e si limitò a stringersi nelle spalle. “Posso offrirvi un drink? Se c’è una cosa in cui gli elfi di questa cosa sono proverbiali, è la preparazione di aperitivi fantastici.”
“Perché no!” accettò di buon grado la rossa, e ad Hermione non rimase che seguirli, aggiustando il vestito color crema che l’amica le aveva scelto per l’occasione. Si sentiva bella, si sentiva sistemata, si sentiva perfettamente a posto, ma quelle quattro mura continuavano a metterle addosso una sensazione di disagio ineludibile. Bastò sorseggiare la bevanda che le porse Zabini, perché la sensazione si acuisse, e con gesti nervosi, si raccolse i capelli su una spalla.
“Tutto ok?” si preoccupò Ginny.
“Sì, certo. Tutto bene.” assentì lei. “Ho visto Neville, vado a salutarlo. Ti lascio in buona compagnia, dopotutto.”
Blaise le fece l’occhiolino e sorrise affascinante. “Mi prenderò io cura della tua amica, Granger.”
Il giovane Paciock, accompagnato da Hannah Abbott, aveva intorno un capannello di gente quasi paragonabile a quello di Harry. Non appena la ex Tassorosso la vide, con due falcate la raggiunse. “Hermione, che sollievo! La gente sta talmente tanto addosso a Neville che mi manca l’aria. Facciamoci un giro!”
A quel ricevimento, era stata davvero invitata tutta la comunità magica. Muovendosi tra una statua di marmo bianco e un tavolo di pregiati antipasti giapponesi, un arazzo del Seicento e un’anfora egiziana, e mille altri costosissimi decori, Hermione riconobbe almeno metà dei propri compagni di scuola, qualcuno degli amici conosciuti in America, nonché un buon numero di Professori che sarebbero stati suoi colleghi dalla settimana successiva. C’era perfino qualche vecchia conoscenza Mangiamorte, pochi, però, doveva ammetterlo, e quasi tutti dediti alla ricostruzione della propria reputazione, proprio come i Malfoy.
Dopo un po’, presa dal giro dei saluti, la ragazza riuscì anche a dimenticare la fastidiosa sensazione di disagio che l’aveva pervasa dall’inizio della festa, ma accolse ugualmente con gioia il momento in cui Harry le si presentò accanto per dire che lui stava andando a casa.
“Torni con me o preferisci restare?”
“Vengo con te.” sospirò lei. “Ginny? L’hai vista?”
Una strana espressione si dipinse sul volto dell’amico, mentre con un cenno del capo le indicava un angolo della sala. La sua ex fidanzata era appoggiata al muro, con un bicchiere tra le lunghe dita smaltate di rosso, Zabini le stava molto vicino, e parlavano talmente fitto, ridacchiando tra loro, che era impossibile non notarne l’affinità.
“Sei geloso?” gli chiese Hermione.
Harry distolse lo sguardo con un movimento brusco del capo. “No, ma non sono nemmeno tranquillo. Conosci la reputazione di Blaise.”
“Vero, ma conosco anche Ginny, ed è una tosta.” lo rassicurò lei. “Vuoi che la chiami?”
“Le ho già chiesto se vuole tornare a casa. Ha detto che la riaccompagna Zabini.” Harry fece una smorfia. “Suppongo di dover inghiottire il rospo e accettare la situazione così com’è. Non sono più nella posizione di dire alcunché.”
“Sì, hai ragione.” annuì l’amica. “Andiamo, allora?”
“Sì, torniamo a casa.”
Mentre due dei Salvatori del Mondo Magico oltrepassavano l’uscio di Villa Malfoy, diretti oltre il confine dopo il quale si sarebbero potuti Smaterializzare, due occhi verdi non li persero di vista, e le labbra di Pansy Parkinson si curvarono in un sorriso perfido.
D’altra parte, Blaise le aveva fatto l’occhiolino, quando le aveva sussurrato che aveva “Fatto tutto”.
Draco l’avrebbe uccisa, da lì a pochi giorni, ma ne valeva la pena, perché quello a cui avrebbero assistito sarebbe stato uno spettacolo unico.
 

 



 
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* cantuccio di Silverphoenix e NikyBlack: partiamo dal presupposto che Niky ancora non sa della pubblicazione di questo capitolo, perchè volevo farle una sorpresa, quindi spero che arrivino tante recensioni prima che lo veda lei, in modo da farla felice! 
Veniamo a noi. Questa fanfiction è nata una sera di delirio sul suo divano, dopo esserci liberate dei maschi, dai quali però siamo tornate poi per chiedere consigli su alcuni aspetti della trama sui quali avevamo bisogno di delucidazioni. E' la prima volta che ci cimentiamo in una storia a quattro mani, e siamo entrambe molto prese dalle nostre long, ma promettiamo aggiornamenti regolari e... qualche risata, questo sì, soprattutto dal prossimo capitolo!
Vi è piaciuta quest'introduzione? Cos'avranno in mente i due perfidi Serpeverde per il povero Draco? E cosa mai c'entrerà Hermione in tutto ciò? Se volete scoprirlo... restate con noi ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Danni Collaterali
 
di NikyBlack e SilVerphoenix
 
 
Capitolo Due



Avete presente quelle mattine quando, un momento prima di realizzare di dovervi alzare dal letto, siete ancora in dormiveglia e non vorreste mai e poi mai dovervi svegliare?
Ecco, per Hermione, quella del ventotto agosto era una di quelle mattine.
Si trovava nel suo letto, tutta avvolta nelle coperte, e non aveva nessuna intenzione di alzarsi. La festa della sera prima le aveva lasciato addosso una vaga sensazione sgradevole, e voleva starsene lì il più possibile, considerato che non aveva programmi per la mattinata.
In quello stato di semi incoscienza, Hermione iniziò a rendersi conto che c’era qualcosa di strano: i piedi le sporgevano un poco dal letto, ed era bizzarro, dato che di solito non dormiva mai a metà del materasso; il pigiama, poi, la stava soffocando, era più stretto sulle gambe e sulle braccia, e non se ne spiegava il motivo, era il solito pigiama che usava da più di anno... La sensazione che la convinse definitivamente ad aprire gli occhi fu un prurito sulle gambe e all’inguine.
Che abbia mangiato qualcosa, ieri sera, che mi ha provocato una reazione allergica?, si chiese, iniziando ad aprire gli occhi.
Si sgranchì le braccia sbadigliando, si grattò la testa cercando di sistemare i capelli che come ogni mattina si dovevano essere ingarbugliati tutti mentre dormiva. Quando si rese conto che i suoi ricci non arrivavano più oltre le spalle, ma appena sopra le orecchie, si svegliò di colpo, scalciando via le coperte.
La prima cosa che notò fu un ben visibile rigonfiamento nei suoi pantaloni che le fece dimenticare i capelli che sembravano spariti. Dopo un primo attimo di confusione decise di levare il pigiama con dita tremanti, per vedere che diavolo stesse succedendo al suo corp….
“AAAAAAAAAHHHHHHH!!!!”
La giovane iniziò a urlare come una disperata, rendendosi conto di avere in mezzo alle gambe qualcosa che non ci sarebbe dovuto essere. Con cautela si toccò il petto, senza avere il coraggio di guardare, e sentì che il seno era sparito, sostituito da degli addominali piatti.
Ok, mantieni la calma. È tutto un incubo, di quelli in cui non ti accorgi che stai sognando e sembra tutto reale, si disse. Adesso ti dai un pizzicotto, e ti svegli.
Sfortunatamente, il pizzicotto se lo diede, ma oltre ad un lieve rossore sul braccio ricoperto da una peluria scura, che fino al giorno prima non c’era, non ottenne alcun risultato.
“Oh no, no, no, no…”
Si fece coraggio e si alzò, mettendosi davanti allo specchio. Quello che vide mandò totalmente in tilt il cervello della migliore strega dell’ultimo decennio: lo specchio le rimandava l’immagine di un maschio. I suoi capelli arrivavano all’altezza delle orecchie, del seno non c’era alcuna traccia, era perfino parecchio più alta… e fra le gambe si ritrovava un affare che sembrava avere vita propria!
“Come cavolo sono diventata un uomo con tanto di pisello iperattivo?!” gridò in preda ad una crisi isterica, che continuò per almeno una decina di minuti a farle urlare frasi sconnesse e avvertimenti selvaggi all’indirizzo dell’aggeggio che si trovava tra le gambe. Soltanto quando fu riuscita finalmente a far sparire quella fastidiosa sensazione di tensione lì in basso, si convinse a mettere qualcosa di più appropriato addosso e cercare di capire cosa fosse successo.
“Ragiona Hermione, ragiona. La gente non si addormenta femmina e si sveglia maschio così, dal nulla: non può essere una cosa che succede per caso.” mormorò, marciando dal letto all’armadio, avanti e indietro. “Che hai fatto di diverso ieri sera?”
Un attimo di silenzio, poi, da perfetta psicopatica, si rispose da sola. “Nulla, ho mangiato una cosa veloce qui a casa, e poi sono andata alla festa di fidanzamento di Malfoy.”
L’altra Hermione, quella che faceva le domande, prese di nuovo il sopravvento. “Perfetto, e lì cosa hai fatto?”
L’Hermione che doveva solo rispondere esaminò in fretta la situazione e riprese a parlare. “Niente di che, sono stata con Ginny e con Zabin… Zabini… Zabini! Mi ha offerto qualcosa da bere, e ho bevuto solo quello in tutta la serata e… ZABINI SEI MORTO!” gridò, riprendendo l’attitudine da pazza isterica, e iniziando a imprecare contro il Serpeverde in maniera talmente colorita da far nascondere i personaggi ritratti nei quadri che teneva in casa.
Le ci volle almeno una buona mezz’ora per riprendersi, e la prima cosa che decise di fare fu di scrivere una breve lettera alla McGranitt, per chiederle di spostare l’appuntamento che avevano quella sera, a causa di piccolo problema del quale avrebbero dovuto discutere al più presto.
La seconda cosa che le venne in mente, fu chiamare Ginny. Chi meglio di lei avrebbe potuto calmarla del tutto ed evitare che andasse ad ammazzare il povero Zabini, della colpevolezza del quale non era nemmeno certa?
Prese piuma e pergamena e scrisse tre semplici e autoritarie parole:

EMERGENZA! Qui, subito!

Mandò la pergamena con il gufo di Ron e si mise ad aspettare l’arrivo dell’amica facendo su e giù fra la cucina e il salone. L’unica nota positiva a cui riusciva a pensare era che il suo fidanzato non fosse a casa. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che si sarebbe messo a ridere e le avrebbe detto di non preoccuparsi… Probabilmente, con tutti i problemi che avevano, ci mancava solo una cosa del genere per rompere definitivamente. Rompere la storia, o la sua testa, dipendeva da quanto avrebbe riso, ovviamente.
Dopo dieci minuti di marcia ininterrotta, iniziò a sbuffare spazientita. Dopotutto era mattina, le scappava la pipì e l’ultima cosa che voleva era avvicinarsi al bagno quell’aggeggio che non sapeva nemmeno come usare.
”Maledetto Zabini, se è stato lui, la pagherà cara!” continuava a pensare Hermione.

 
*


La conferma della McGranitt arrivò poco dopo le dieci, e con tono preoccupato, la Preside le diede un nuovo appuntamento per il giorno successivo. Hermione, intanto, era stata sul punto di mandare un altro messaggio a Ginny, cercando qualche altro sistema dato che aveva finito i gufi, ma non aveva nemmeno iniziato a formularlo, che un POP le fece capire che qualcuno era appena apparso in casa sua.
“Hermione, che cos’è tutta questa fretta?” sbuffò Ginevra, che si era Materializzata ancora in camicia da notte e ciabatte, coi capelli spettinati e un bigodino che penzolava da una ciocca.
Appena Hermione entrò nella stanza, incazzata nera e con l’aspetto di un uomo, la piccola Weasley sbarrò gli occhi dalla sorpresa e il sonno le passò in un istante. Le servirono almeno altri dieci secondi, prima che il suo petto cominciasse ad essere scosso dai singulti.
“Che cosa diavolo hai da ridere, screanzata?!”
“Che diamine ti è successo?” riuscì solo ad articolare l’amica, provando senza successo a trattenersi, quando un movimento al di sotto della cinta di Hermione le procurò un nuovo accesso di risa.
“Non ne ho la più pallida idea!” sbottò la Granger, offesa dalla mancanza di empatia dell’unica persona nella quale aveva sperato. “Credo che si tratti di una Pozione Invertente. E siccome ieri non ho bevuto altro che il drink che ci ha offerto Zabini, ho dei forti sospetti su di lui… Nessun altro avrebbe potuto somministrarmela.”
“Blaise?!”
“Non ne capisco la ragione, ma deve essere stato lui, mi ha fatto qualcosa… sono un uomo, Ginny!” aggiunse, come se volesse chiarire la gravità della cosa. “Rivoglio le mie tette! E devo anche fare la pipì!”
Ginny cercò con tutta se stessa di rimanere seria e non scoppiarle di nuovo a ridere in faccia, mentre nel suo cervello provava a ricordare qualcosa che aveva sentito la sera prima. La voce di Blaise riecheggiò nella sua testa.
No, non siamo molto entusiasti di questo matrimonio. Ma abbiamo un’idea che potrebbe rivelarsi divertente.
Il giorno prima non le era sembrato il caso di indagare, ma evidentemente, si era sbagliata.
“Mettiti qualcosa addosso, e va in bagno. Non puoi restare così tutto il giorno, esploderai.”
“Non se ne parla!” mugugnò la Granger incrociando le gambe mentre si sedeva su una poltrona. “Devo resistere. Cosa posso fare? Domani devo vedere la McGranitt, e tra pochi giorni inizia la scuola!”
“Mantieni la calma, se è una Pozione Invertente dei Tiri Vispi Weasley, l’effetto dura solo un giorno. Io cercherò di rintracciare Blaise, per scoprire se ne sa qualcosa.”
Mentre afferrava un pezzo di pergamena e buttava giù due righe, Ginny non poté evitare di congratularsi con il Serpeverde per uno scherzo che sarebbe stato geniale… se non l’avessero fatto alla persona sbagliata.

 
*


Blaise stava facendo colazione tranquillo, quando un gufetto dal piumaggio chiaro si mise a bussare alla sua finestra. Il ragazzo non aveva nessuna voglia di interrompere il pasto, così con un cenno del capo ordinò al suo elfo domestico di provvedere.
Pochi secondi dopo l’elfo gli portò la pergamena, e Blaise, con il suo miglior savoir faire, la aprì, continuando a bere il caffè. Eppure, gli bastò leggere le prime righe, che sputò tutta la bevanda in un ben poco aristocratico gesto, e si mise a ridere incontrollabilmente.
Si alzò di corsa e si diresse al camino più vicino, buttò dentro una manciata di polvere e chiamò: “Pansy! Vieni qui!”.
La ragazza, ancora in vestaglia e maschera sul viso, rispose dopo qualche minuto, e si avvicinò scocciata al camino. “Ti pare questo il modo di urlare di prima mattina, dopo la sbronza colossale di ieri? Cosa vuoi?”
“Te l’avevo detto che aveva funzionato, no? Ti sei già dimenticata del nostro piano?” Zabini sorrise con il suo tipico sorriso maligno e continuò “Stamattina mi è arrivata una lettera, scommetto che ti piacerà. Senti qui.”
Ciao Blaise, sappi che se Hermione ti prende, puoi considerarti morto. Si può sapere che cosa le hai fatto? Perché lo so che è tutta opera tua. Era questo lo scherzo di cui parlavi ieri, da fare a Malfoy? Beh, hai sbagliato il destinatario. Falla tornare com’era, prima che demolisca tutta Londra. Muoviti!
Appena Blaise finì di leggere, l’amica iniziò a sghignazzare così forte che si dovette sedere a terra, mentre fra le fiamme verdi del camino anche lui se la rideva di cuore.

 
*


La risposta non tardò ad arrivare. Il gufo di Hermione aveva l’aria stravolta, mentre consegnava l’ennesima lettera della mattinata.
Sono mortificato, Ginny. Come ben sai, il destinatario della nostra burla era Draco, non Hermione. Possiamo spiegare tutto, ci vediamo a casa di Pansy dopo pranzo?
Le due Grifondoro lessero velocemente le due righe stilate con cura, e si guardarono.
“Pretendo una spiegazione.”
Ginny sospirò. “Sapevo solo che volevano organizzare uno scherzo a Malfoy, non avevo idea di cosa avessero in mente. È ovvio che devi aver bevuto tu la pozione che era destinata a lui.”
“Mi auguro che abbiano l’antidoto, quei disgraziati.” sbottò Hermione, grattandosi nervosamente la guancia dove un’ombra scura preannunciava l’arrivo di un filo di barba. L’amica osservò nervosamente il modo in cui stringeva le gambe.
“Non credi che sarebbe il caso almeno di provare ad andare in bagno?”
“NO!” tagliò corto l’altra. “Non ne ho bisogno.”
Roteando gli occhi, la Weasley si alzò e prese un bicchiere d’acqua dal frigo. “Non ti spiace allora, vero?”
Solo guardarla bere fu sufficiente alla padrona di casa per perdere il poco autocontrollo acquisito e fiondarsi verso il wc. Con delicatezza, l’amica chiuse la porta.
“Se hai bisogno, sono qui.”
Hermione ne uscì qualche minuto dopo.
“Va meglio?”
“No.” rispose lei, sospirando. “Era un’esperienza che avrei preferito non annoverare nel mio curriculum. Non riuscirò mai a resistere ventiquattr’ore così.”


 
*


“Ventiquattr’ore?” Pansy sbatté gli occhi, confusa. “Chi ha detto che l’effetto si dissolverà domani?”
Ginny lanciò uno sguardo preoccupato all’amica, che aveva già provato a saltare alla gola della Parkinson non appena erano entrate in casa sua. Hermione aprì la bocca per dire qualcosa, e lei decise di rispondere al posto suo. “La Pozione Invertente di George…”
“Non si tratta di un giocattolo di tuo fratello, Weasley.” rispose Pansy con tono di superiorità. “È autentica magia nera, questa roba.”
Hermione emise un verso tra il disperato e l’omicida. Blaise entrò con un vassoio in mano e le porse un caffè.
“È espresso italiano.” spiegò. “Qualunque cosa migliora, dopo questo.”
“Io vi ammazzo entrambi.” decretò la Granger con tono incrinato dalla rabbia. “E poi vi denuncio.”
Il sorriso del Serpeverde era ampio e sereno. “Sta tranquilla, Hermione. Ho io la soluzione.”
“Davvero?” intonarono in coro tutte e tre le ragazze presenti, inclusa Pansy.
“Assolutamente sì.” affermò lui, il volto allegro. “Finisci quel caffè squisito prima che si freddi, poi andremo a risolvere il tuo problema.”
Rincuorata, finalmente, la Granger riuscì a mandare giù quel che restava della bevanda in un sorso solo. “Ok, sono pronta, possiamo andare.”
Pansy lasciò scorrere lo sguardo da lei a Blaise e fece per dire qualcosa, ma lui l’interruppe. “Perfetto. Vieni con me, dobbiamo uscire di casa, qui ci sono gli Incanti Anti Smaterializzazione.”
Varcata la soglia, Zabini le porse la mano. “Su, non fare quella faccia. Ti posso assicurare che stiamo andando a sistemare la situazione. Ti fidi di me?”
Il volto pressoché irriconoscibile di una delle eroine del mondo magico si contorse in una smorfia. “A dire il vero, no.”
“Bene.” ghignò lui. “Fa lo stesso. Prendi la mia mano, e andiamo.”
La sensazione della Smaterializzazione, già di per sé sgradevole, in quel momento le sembrò nauseante, ma fortunatamente finì presto, e una stradina familiare accolse il suo atterraggio.
“Ma… cosa ci facciamo ad Hogsmeade?”
“Seguimi, e non parlare.” disse allora Blaise, improvvisamente serio. “Te lo ripeto, stavolta devi fidarti di me.”
Confusa ma convinta da quelle parole, Hermione lo accompagnò lungo il tragitto verso un portone uguale a tutti gli altri. Il Serpeverde non perse tempo a suonare il citofono, e aprì direttamente con delle chiavi tirate fuori dalla tasca. La stava forse portando a casa sua?
Due piani di scale dopo, Blaise si fermò davanti ad una porta senza alcuna targhetta, e anche stavolta, aprì con una chiave presa dallo stesso mazzo di prima. Nuovamente, posandosi un dito sulle labbra le intimò di fare piano, e la ragazza si chiese se non fossero magari in casa dei suoi genitori, forse anziani e malati.
Zabini, comunque, le indicò un divano e le fece cenno di sedersi ad aspettarlo lì, quindi andò in cucina e dopo pochi minuti ne emerse con un vassoio e due tazzine sopra di esso.
Certo che questo ragazzo ha proprio una mania per il caffè, pensò Hermione, guardandolo sparire in una stanza in fondo al corridoio e chiudersi la porta alle spalle.
Vagando con lo sguardo sulla casa, notò che sembrava ben arredata e alquanto ordinata, nonostante due bicchieri vuoti facessero bella mostra di sé dal tavolo della cucina, e un cappotto fosse abbandonato su una poltrona vicino l’ingresso. Approfittò di quel momento di solitudine per sistemarsi alla ben e meglio i boxer che aveva preso in prestito dal cassetto di Ron, che continuavano a spostarsi e a darle fastidio. Fortunatamente, nessuno avrebbe mai saputo di quel disastro e...
“E tu chi saresti?”
La voce la colse di sorpresa, e sobbalzò voltandosi in direzione del corridoio. Sulla porta della stanza in cui era sparito qualche minuto prima, Blaise sorrideva tranquillo, ma a pochi metri da lei c’era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere.
“Malfoy?!”
“Ci conosciamo?” chiese lui, stupito. Indossava dei pantaloni di seta grigia e nient’altro, e la scrutava come se la vedesse per la prima volta.
Ma certo!, capì allora la ragazza. Non mi ha riconosciuta.
“Questa è casa tua?” chiese imbarazzata al Serpeverde, e quando lui, confuso, annuì, lei si rivolse direttamente a Blaise. “Per quale diavolo di motivo mi hai portata qui? Cosa ci facciamo nell’appartamento di Malfoy?!”
A quel punto, anche Draco si voltò verso l’amico. “Lo conosco?” gli chiese, ancora più perplesso.
“Sì, certo che lo conosci. La conosci, per l’esattezza.” precisò Blaise, avvicinandosi e posando un braccio sulle spalle larghe e mascoline dell’ospite. “Ti ri-presento Hermione Granger.”
Gli occhi di Malfoy si ridussero a due fessure, mentre la scrutava con attenzione, mettendola a disagio, e si avvicinava per studiarne meglio i dettagli del viso… prima di scoppiare a riderle in faccia.
“Che diamine ti è capitato, Mezzosangue?!” berciò. “Eri stanca della tua solita aria da secchiona?”
La mano di Hermione corse alla bacchetta, ma Blaise le posò una delle proprie sul braccio, e le fece un cenno negativo con la testa. Forse lei non l’avrebbe ascoltato, troppo provata da quella giornata così surreale da farle saltare i nervi, ma lui parlò in fretta.
“Le serve un antidoto alla pozione che qualcuno le ha fatto bere, e tu sei l’unico con conoscenze sufficienti per poter preparare una contro pozione.”
Hermione si sentì sprofondare. Quel dannato furetto viziato non l’avrebbe aiutata mai!
“Non ci penso nemmeno!” disse infatti lui, sprofondando sul divano, tenendosi la pancia. “È troppo divertente vederla così. Weasley lo sa? Merlino, devo vedere la sua faccia!”
“Io non gongolerei tanto, fossi in te.” disse allegramente Blaise, rivolto all’amico. “La stessa pozione che ha preso lei, l’hai appena bevuta anche tu.”
Draco si arrestò nel bel mezzo di un movimento e lo fissò come fosse pazzo. “Che cosa stai dicendo? Io non ho bevuto nulla.”
“E il caffè che ti ho portato, cosa credi che fosse?” sogghignò Zabini, angelico. Diede un’occhiata all’orologio e fece due rapidi conti. “Dovresti avere dodici, forse quattordici ore prima di trasformarti in una donna, amico. Ti conviene cominciare subito a lavorarci su.”
L’altro lo guardava scettico. “Non ti credo. Lo dici solo perché sai che altrimenti, non la aiuterei mai. Come avresti fatto ad entrare in possesso della stessa pozione che ha bevuto lei?”
“Perché gliel’ho data io, per sbaglio.” Blaise si strinse nelle spalle. “Se non vuoi credermi, va bene, non è un problema. Stanotte però dormo da te. Domattina voglio toccarti le tette, quando ti svegli.”



 
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* cantuccio di Silverphoenix e NikyBlack: Ciao a tutti! Innanzi tutto grazie, grazie mille per tutto il vostro affetto, calore e supporto... Quando Niky ha visto tutte le recensioni e i riscontri favorevoli, ne è state entusiasta (e Silver si è messa a ballare dalla gioia, ma non indugiamo nei dettagli perchè questa non è una storia horror.)
Grazie a chi ci ha accordato fiducia, inserendo la storia nei preferiti, tra le ricordate e le seguite. Strabiliante!
E soprattutto grazie a chi ha dedicato parte del suo tempo a recensire, DarkSerenity, Albezack, Rosanera, Empathy, Katherina23, Rallienbow, Giuliagiulia, Ilapietro91, Stephanie86, Rikima1, Biohazard, Trislot, Hanna Sophie Lewis, Relie Diadamat, Nefastia, Acquamarine_, Queen_V_Introspective, TsubamePhoenix, Sofja Ivanovna, JustSay, Demon1901.
Speriamo con questo capitolo di non avervi sorpreso troppo, non vediamo l'ora di scoprire che ne penserete della balzana idea che è venuta in testa a Pansy e Blaise!
E adesso, qualche 'rubrica' di comodo.

Danni Collaterali: Istruzioni per l'uso. [data la polemica che nasce inevitabilmente ogni qualvolta ci si avvicini a certi argomenti, ci sentiamo in dovere di fare una precisazione]. Noi, SilVerphoenix e NikyBlack, non abbiamo assolutamente nulla contro le coppie omosessuali, contro i matrimoni o le adozioni fatte da gente dello stesso sesso, e quant'altro in materia; non abbiamo niente contro gay, trans, drag queen, qualsiasi variazione di questi termini. Tutto ciò che verrà scritto in questa fanfiction non ha alcuno scopo denigratorio e non vi è alcun riferimento a persone o situazioni realmente esistenti. Se vi sentite offesi da qualche nostra infelice battuta, vi preghiamo di mandarci un messaggio e ne discuteremo e se è il caso ci scuseremo e rimuoveremo ciò che ha urtato la sensibilità di qualcuno. Grazie!

Chiarimenti: questo, invece, è un puro messaggio per chiunque avesse avuto un dubbio in proposito. 1) Pansy è la figlia illegittima di Lucius Malfoy e di Lorelai Parkinson, questo è un mio headcanon che ripropongo puntualmente in tutte (o quasi) le mie ff; non sono stata granchè a spiegarlo anche qui perchè non aveva davvero molta importanza. Niky ha accettato di accoglierlo anche in quest ff, e la ringrazio per questo. Se volete approfondire l'argomento vi tocca leggervi We Will o Stella Cadente!*faccina diabolica* [SilVer] 2) Il motivo per cui anche Hermione è stata coinvolta nello scherzo di Pansy e Blaise non è certo quello che dicono i due Serpeverde, non le hanno fatto bere la pozione per sbaglio. Eppure, ognuno di loro ha delle motivazioni diverse. Ne volete sapere di più? Restate con noi!

Pubblicità: Avete ancora un po' di tempo libero e non sapete cosa leggere? Passate dalle nostre long in corso! Eccovi i link:
Il coraggio di una giovane madre,
NikyBlack (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3158003&i=1 )
Virus, SilVerphoenix
(
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3080566&i=1)


Grazie ancora a tutti,
Silverphoenix e NikyBlack

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Danni Collaterali
 
di NikyBlack e SilVerphoenix


 
Ed è così che ci ritroviamo all’inizio della nostra storia.
 
 
Capitolo Tre

 
 
L’urlo che squarciò il silenzio appagato e comodo di Brownbeard Street svegliò metà del vicinato e turbò il sonno dell’altra metà.
Una donna, i lunghi capelli biondi scompigliati e gli occhi grandi dalla paura, teneva le mani strette alla gola di un uomo. Un uomo che credeva esserle amico, credeva essere sempre al suo fianco, credeva essere una brava persona… e in quel momento, invece, lottava per la vita.
 
Infatti, per circa trenta secondi dal suo risveglio, Draco Malfoy non aveva notato nulla di strano. Poi, ricordando gli avvenimenti del giorno prima, aveva aperto gli occhi di scatto. Non aveva avuto neanche bisogno di abbassarli sul proprio petto, fasciato in una camicia che sembrava voler esplodere a causa del nuovo contenuto, per rendersi conto che quella dannata pozione aveva fatto il suo effetto: per abitudine dormiva sempre a pancia in giù, e quella mattina qualcosa d’ingombrante gli rendeva scomoda la posizione. Su quello che fino a poche ore prima era un torace piatto, con i muscoli appena delineati sotto la chiara pelle, svettavano due seni grandi e tondi.
“Per i mutandoni di Merlino, Draco!” aveva esclamato Blaise, sdraiato accanto a lui e svegliatosi di soprassalto. “Credo che quelle siano le tette più belle che io abbia mai visto, e credimi, ne ho viste tante!”
Era stato così che le mani della giovane donna di nome Draco Malfoy si erano serrate intorno al collo dell’EX migliore amico.
“Io ti uccido, Zabini! Dì le tue ultime parole!”
 
La porta della stanza si aprì di scatto e Pansy entrò trafelata. “Che sta succ… Buon Salazar!”
Draco interruppe i tentativi di eliminare l’unico ragazzo presente per fulminarla con lo sguardo. “Tu aspettami lì. Ucciderò anche te, non appena avrò terminato con lui.” Un angolo del suo cervello si soffermò sul tono più acuto e sottile della sua voce, generalmente ben diversa, e provò a schiarirsi la gola, cercando di tornare ad una voce più mascolina, senza mollare la presa sul collo dell’altro.
Eppure, ciò che il rampollo dei Malfoy non poteva prevedere, erano le diverse capacità fisiche del suo nuovo corpo. A Zabini bastò un deciso colpo di reni per ribaltare la situazione, inchiodandolo sul letto sotto di sé.
“Ok, questa era una scena che non avrei mai creduto di vedere.” ridacchiò Pansy.
Solo dopo un istante Draco, realizzando a cosa si riferisse, spalancò gli occhi, e quasi ululò. “Blaise, sei un maniaco sessuale di merda!”
Ridendo imbarazzato, l’amico si scostò per permettergli di alzarsi. “Scusa, Draco. È fisiologico, lo sai meglio di me… Avevo una biondona mezza nuda di sopra, e…”
Per sua somma fortuna, la bacchetta dell’altro non era in vista (in tutti i sensi), perché altrimenti un Cruciatus, come minimo, non gliel’avrebbe levato nessuno.
“No, davvero,” riprese Pansy, seguendolo in bagno, “sei più gnocca di me, e questo non l’avevo previsto.”
Afferrando il mantello, attaccato all’appendiabiti dove normalmente lo depositava quando si cambiava, Draco recuperò la bacchetta e la puntò alla gola della sorella. “Vediamo se riesci a prevedere quale maledizione ti sto per lanciare contro.”
Lei indietreggiò di un passo, cercando di trattenere quel dannato risolino che le scuoteva il petto, e lui sbatté con violenza la porta del bagno.
Un respiro tremulo gli sfuggì dalle labbra mentre levava il viso verso lo specchio, e cercò di trattenersi dal ricominciare ad urlare. La prima sensazione che lo colse, nel vedere il suo riflesso, fu disarmante: gli sembrava di trovarsi nel corpo di qualcun altro, qualcuno che non aveva mai visto prima.
Coraggio, è un po’ come la Polisucco, si disse, cercando di farsi forza, avvicinandosi ancora un po’ al vetro.
Nonostante la prima impressione fosse di completa estraneità, nello scrutare i dettagli che conosceva da quando era nato, riuscì a riconoscere alcuni particolari familiari… le minuscole rughe d’espressione che si formavano agli angoli degli occhi, quando corrugava la fronte, o la piega leggermente imbronciata del labbro inferiore. Provò qualcuna delle sue espressioni tipiche, il ghigno che gli compariva sulle labbra quando stava per fare un commento sarcastico, o l’espressione di scetticismo che denotava la sua perplessità, quando sollevava entrambe le sopracciglia… sì, era lui. C’era ancora lui, dietro quelle lunghe ciglia bionde – ma dopotutto, non erano esattamente identiche a prima, solo che adesso, con i lineamenti addolciti dalla pozione, risaltavano di più? E quei capelli, biondi come sempre, ma lunghi appena oltre le spalle, per una qualche strana ragione, non erano sempre i suoi?
Facendo un passo indietro, il ragazzo (o almeno, quello che per gli ultimi ventidue anni era stato un ragazzo) rimirò il proprio riflesso per intero, e finalmente capì cosa intendevano i suoi due amici… Effettivamente, nel complesso, era una gnocca.
Era sempre stato abituato a piacere, almeno esteticamente, alla maggior parte delle persone che posavano lo sguardo su di lui. Da piccolo aveva il classico aspetto da serafico cherubino, e a parte qualcuno degli anni dell’adolescenza, in cui era un po’ troppo magrolino e smunto, aveva sempre mantenuto l’aria aristocratica che gli aveva garantito un discreto successo con le ragazze cui si era avvicinato. Non moltissime, perché prima a causa della guerra, poi a causa dei disastri della guerra, non aveva avuto tutto questo tempo da passare a fare lo sciupafemmine, a differenza di Blaise. Ma comunque, era stato abbastanza da farsi una qualche fama nel suo giro. Il fidanzamento con Astoria si era incastrato alla perfezione in tutta la costruzione dell’immagine che aveva programmato da anni.
Eppure, i lineamenti delicati che l’avevano reso un bel giovane, sul viso di una donna avevano l’effetto angelicato che solo una rivista patinata poteva conferire ad un viso. In poche parole, se non fosse stato lui, si sarebbe chiesto di uscire da solo.
Un veloce sguardo a destra e sinistra per essere certo che nessuno potesse vederlo, e fece quello che probabilmente ogni maschio avrebbe sognato di fare: infilò le mani dentro la camicia e strinse i seni tra le dita. Sospirando di soddisfazione pensò che, almeno per una volta, non doveva perdere tempo tra preliminari e galanterie, per godere di quella sensazione!
Ci mise poco a ricordare che, se non avesse trovato in fretta una contro- pozione, avrebbe potuto continuare a palparsi da solo per il resto dei suoi giorni.
“Draco, hai bisogno di aiuto là dentro? Vuoi che ti spieghi come fare pipì?” un nuovo attacco di risate impedì alla voce di Pansy di continuare a parlare, e forse fu un bene, perché se avesse pronunciato anche solo un’altra battutina, il fratello non era sicuro di poter trattenere un Avada Kedavra.
“Cruciati da sola, gallina.” le gridò da dietro la porta, sobbalzando di nuovo dalla sorpresa di sentir uscire dalle proprie labbra un tono tanto diverso da quello usuale. “Me la pagherai.”
Eppure, su una cosa aveva ragione lei: come faceva una donna ad espletare i propri bisogni fisiologici? Draco si pose davanti al WC e lo guardò frustrato. Sapeva di doversi sedere, lo trovava semplicemente innaturale. Un nuovo urlo di esasperazione gli sfuggì dalla gola, e dall’altro lato del muro, più di qualsiasi altra maledizione, quel suono rischiò di eliminare i due fautori dello scherzo di pessimo gusto: piegati in due dalle risate, Blaise e Pansy a stento riuscivano a respirare.

 
“Ti ho portato un po’ di vestiti.”
“Non li voglio. I miei andranno benissimo.” grugnì la bionda Draco.
Pansy sospirò esasperata. Blaise era andato a casa, e le toccava gestire la belva Malfoy da sola. “Quelle due bocce si metteranno a ballare il valzer, se non indossi un reggiseno. E non ne ho della tua taglia, ho dovuto comprarne uno apposta. Quindi, sii carino e ringraziami.”
Il fratello la guardò con odio. “Ringraziarti? Mi hai trasformato in una femmina! Solo per evitare il mio matrimonio!”
"Beh, quando i Greengrass lo sapranno, non penso la prenderanno con una scrollata di spalle."
"E allora non devono saperlo! Ma cosa ti è saltato in mente, Pansy?! Sei una Malfoy anche tu, in fondo! Dovresti sapere quanto è importante questo matrimonio per riscattare il nome della nostra famiglia."
“Lo stiamo facendo per il tuo bene.” si difese lei, offesa.
“Immagino che anche trasformare la Granger con la mia stessa pozione, sia per il mio bene.” attaccò lui, pungente.
“Ti ho già detto che è stato un incidente di percorso. Consideralo un danno collaterale.” mentì la sorella. “Allora, ti vuoi vestire? La McGranitt vi aspetta tra un’ora.”
Draco scattò in piedi e la guardò con odio. “Se mi licenzia per questa stronzata, sappi che non la passerai liscia.”
“Oh, ma quanto la fai lunga.” sbuffò lei, e gli ripeté nuovamente il sillogismo con il quale l’avevano rassicurato almeno altre dodici volte. “Sarai con la Granger, la Granger è la sua cocca, non vi butterà fuori entrambi.”
Se no, per quale altra ragione avremmo coinvolto anche lei, l’altra sera?, pensò sorridendo di sbieco. Hermione, effettivamente, era un danno collaterale, ma non nel preciso senso in cui l’aveva detto a Draco. Almeno, dal suo punto di vista. C’era almeno un altro paio di motivi per cui era essenziale che anche lei fosse coinvolta in quel casino, e sospettava che Blaise avesse altre motivazioni di cui non l’aveva messa al corrente. Quando l’aveva vista entrare a Villa Malfoy, il suo amico si era illuminato e l’aveva scelta come seconda vittima senza esitazione. D’altra parte, con tutti i professori, colleghi di Draco, presenti al ricevimento suo e di Astoria, quella era l’occasione migliore immaginabile per far bere qualcosa d’imprevisto ad uno qualsiasi degli invitati, come avevano pensato sin dall’inizio.
“Fuori di qui.” sbottò lui, spingendola verso la porta.
“Beh, guarda che non c’è niente che non abbia già visto, là sotto, eh!” scherzò Pansy, ma lo lasciò ugualmente solo.
Draco fissò la pila di roba che lei gli aveva posato sul letto. C’erano una camicia femminile, bianca, un pantalone nero, delle decolleté, nere anch’esse, e della biancheria intima. Infilare il tanga fu un compito relativamente semplice, ma quando prese tra le mani il reggiseno, capì immediatamente che c’era un grosso ostacolo che lo separava dalla riuscita dell’impresa.
Come diavolo si allaccia questo coso sulla schiena, se non posso nemmeno vederlo?!, si chiese, sconfortato, dopo almeno quattro o cinque tentativi falliti. Alla fine, al colmo dell’esasperazione, lo lanciò contro una parete e prese direttamente la camicia. Una volta vestito, guardò con espressione dubbiosa le scarpe col tacco che Pansy gli aveva lasciato.
“Sei sicura che siano del mio numero?” le chiese, certo che fosse ancora dietro la porta, pronta ad intervenire in suo aiuto al minimo richiamo. Ovviamente, non le avrebbe mai dato questo sazio.
“No.” rispose semplicemente la sorella.
Con un grugnito sconfortato e poco femminile, Draco si sedette sul letto e cominciò ad infilare il piede dentro quegli affari dall’aria pericolosa. Stranamente, fu meno complicato del previsto. “Ce l’ho fatta!” esclamò entusiasta, così che Pansy aprì la porta per vedere il risultato, proprio mentre lui si metteva in piedi e muoveva il primo passo sui trampoli.
Ovviamente rovinò a terra di malo modo.
Cercando di non ridere, lei assistette a qualche altro patetico tentativo in cui per miracolo nessuno degli incisivi del giovane fu gravemente danneggiato, ed infine gli passò un paio di mocassini. “Forse per il primo giorno sono più indicati questi.”
“E non potevi dirmelo subito?!” sbottò lui, afferrandoli. “Sei sempre più stronza.”
“Scusa, ma era esilarante.” Il campanello suonò il quel momento. “Dev’essere la Granger. Vado ad aprire, tu finisci di prepararti.”
Qualche minuto dopo, una volta certo della stabilità delle proprie gambe, minata dal peso del seno e dalla brutta sensazione di precarietà che gli avevano lasciato addosso i tacchi, Draco le raggiunse in salone.
“Buon Godric!” esclamò la Granger, nel vederlo.
“Risparmiami i commenti, Mezzosangue.” sibilò lui, inacidito.
“È… incredibile.” continuò lei, come se non l’avesse sentito. “Sembra un’altra persona, eppure in qualche modo è sempre lui!”
“Fai lo stesso effetto anche tu, eh.” disse Pansy. “Adesso, muovetevi. Ho chiamato una carrozza, arriverà alla stazione tra dieci minuti. Ce la fate?”
“Ho vissuto per anni in questo paesino, cosa credi.” sbuffò Draco. “Non è che abbia perso la memoria.”
“No, solo l’uccello.” sogghignò Blaise, entrando in quel momento insieme a Ginny, che arrossì, ridendo suo malgrado. “Vi aspettiamo qui, allora, o preferite che spieghiamo qualcosa noi alla Preside?”
“Avete già fatto abbastanza.” tagliò corto Hermione, salutandolo con un cenno. “Lasciate che me la sbrighi io. Andiamo, Malfoy.”
“Sei ancora più fastidiosa, da maschio.” sibilò Draco, superandola e dirigendosi verso il pianerottolo.
“Coraggio. Sei una Grifondoro, non dimenticarlo, tu sai come tenergli testa.” la incoraggiò Ginny, abbracciandola.
“Non è di quello che ho paura,” confessò l’altra, “quanto piuttosto di Schiantarlo prima di arrivare alla carrozza. Ci vediamo dopo.”
“Ce la fai, Granger?!” arrivò il richiamo acuto di Draco. “Vorrei essere ad Hogwarts prima di cena.”
“Ci sono, maledizione, ci sono. Hai cominciato presto a fare la donna rompipalle.” sbuffò lei, scendendo i gradini a due a due.
“E tu, perfino da uomo, riesci a fare aspettare la gente?” la prese in giro, aprendo il portone del palazzo. “Merlino, non oso immaginare quando eri femmina.”
“Cammina, dai.” rispose lei, ignorandolo. “Non dimenticare che mi trovo in questa situazione a causa tua, per cui se vuoi evitare che mi vendichi per tutto quello che mi hai fatto passare da quando ti conosco, cerca di non tirare troppo la corda.”
Cammina. Certo, come se fosse facile, pensò arrabbiato Draco. Forse il reggiseno sarebbe stato meglio metterlo, dopotutto. La camicia che indossava non era abbastanza stretta da tenere tutto al posto giusto, e il continuo balletto sul suo petto rischiava di fargli perdere l’equilibrio, o peggio, la concentrazione, in ogni momento. La Granger, invece, forse grazie alle lunghe gambe – sicuramente più lunghe del giorno prima, dato che aveva guadagnato almeno venti centimetri con quella trasformazione – avanzava spedita.
La carrozza aspettava proprio davanti l’ingresso della Stazione di Hogsmeade, e due Thestral scalpitavano davanti ad essa.
“Benvenuti!” squittì un elfo. “Il Servizio Trasporto Cittadino vi augura buona passeggiata.”
“Grazie mille, sei davvero gentile.” sorrise lei.
“Poche storie, apri le porte.” mugugnò Draco, guadagnandosi un’occhiataccia dalla compagna.
Il tragitto fu breve come lo ricordavano dagli anni scolastici, e per un attimo, chiusi in quell’ambiente stretto, fu impossibile per entrambi non pensare a come suonasse assurdo l’intero contesto in cui si trovavano.
“È incredibile, sto tornando a scuola, in carrozza… con te.” sussurrò Hermione, turbata.
“Il fatto di indossare i vestiti del tuo fidanzato e di avere qualcosa in più tra le gambe, invece, non lo menzioniamo nemmeno, mi raccomando.” sbuffò lui.
Le guance coperte da una sottile peluria appena formatasi le si tinsero di rosso. “Si da il caso che ciò che è comparso a me, sia scomparso a te, caro il mio furetto bianco saltellante.” rispose a tono. “Ma d’altra parte, tu dovresti sentirti a tuo agio, no? Non hai mai avuto le palle di fare nulla.”
La conversazione sarebbe di certo degenerata, se in quel momento il veicolo non si fosse fermato. L’elfo si premurò di aprire le porte con un inchino.
“Eccoci ad Hogwarts, signori.  Sono tre falci.”
“Non vorrai fare pagare una ragazza, vero, Granger?” ghignò divertito Draco, scendendo dal mezzo.
Scuotendo il capo per l’infantilità di quel gesto, lei si affrettò a posare la somma dovuta sulla manina grinzosa della creatura. “Grazie ancora. Puoi tornarci a prendere tra un po’?”
“Certamente, signore.” Hermione sobbalzò nell’essere identificata con quell’appellativo. “Tra un’ora? Due?”
“Facciamo tre.” rispose una voce al posto suo. La McGranitt, che si trovava in piedi in cima ai gradini dell’ingresso, li guardava turbata. Fece loro cenno di raggiungerla, e aspettò che la carrozza fosse sparita, prima di parlare ancora, sfruttando quel tempo per scrutarli attentamente.
“Sto aspettando il professor Malfoy e la professoressa Granger.” disse infine. “Voi sareste…?”
“La professoressa Malfoy e il professor Granger.” sospirò quella che era stata la sua allieva preferita. “Minerva, abbiamo avuto un piccolo incidente.”
Portandosi una mano alle labbra, lei continuò a fissarli. “Proprio come temevo. Nella tua lettera avevo capito che c’era qualcosa di grave, quando mi hai chiesto un appuntamento per oggi. Altrimenti, avresti aspettato di parlarmi domani, quando avreste comunque dovuto essere qui per la riunione dei docenti. Andiamo, prima che vi veda qualcuno e cominci a fare domande.”
Draco riuscì ad aspettare soltanto finché non si furono chiusi nell’ufficio della Preside. “Professoressa, ha intenzione di licenziarmi? Le giuro che io con questa storia non c’entro nulla!”
La McGranitt scosse il capo. “Spiegatemi tutto dal principio, vediamo come possiamo risolvere il problema.”
Hermione raccontò brevemente di come, per salvare l’amico da un’unione che ritenevano infausta, Zabini e la Parkinson avessero deciso di propinargli un intruglio ricevuto da chissà quale trafficante di manufatti di Nocturn Alley, e che lei l’avesse bevuto per sbaglio. Purtroppo, della pozione non era rimasta nemmeno una goccia che permettesse loro di risalire al proprietario o agli ingredienti, e attualmente non avevano alcuna idea di come modificarne gli effetti.
“Ha provato ad utilizzare la Trasfigurazione, almeno per ottenere un risultato temporaneo?”
La Granger annuì. “Sono in grado di riportare il mio viso al suo aspetto per circa dodici minuti, prima che riprenda queste fattezze.” spiegò. “Purtroppo, ce ne metto sei o sette anche solo per completare l’incantesimo. E parlo solo del viso, figuriamoci se provassi a Trasfigurare tutto il corpo.”
La Preside scosse il capo. “Anche riuscendo ad estendere la durata della Trasfigurazione, rimarrebbe comunque da spiegare la sua improvvisa crescita in altezza e stazza. O il notevole decolleté del signor Malfoy.”
Nonostante l’espressione della donna rimase seria, Hermione fece fatica a trattenere una risata, certa che nel tono della McGranitt ci fosse una velata presa in giro.
Draco, comunque, sembrò non coglierla. “Allora, Professoressa? Può fare qualcosa?”
Lei tacque un istante, alzando, con un gesto quasi automatico, gli occhi verso il dipinto di Albus Silente. Poi sospirò. “L’unica cosa che posso fare è permettervi di restare a insegnare qui. Credo sia la cosa migliore, potrete lavorare al problema nel tempo libero e non mi lascerete con due cattedre vuote a pochi giorni dall’inizio del trimestre.”
Draco emise uno sbuffo di sollievo. “È più di quanto sperassi.”
“Un momento.” intervenne Hermione. “Come facciamo a dirlo agli studenti? Ci prenderanno in giro dalla mattina alla sera.”
“Non hai tutti i torti.” convenne la Preside. “È chiaro che non deve saperlo nessuno.”
“I miei genitori, i miei amici, tutti sanno che insegno qui.” disse Draco, il tono petulante. “È ovvio che se si presentasse in aula una persona che non sono io, almeno all’apparenza, mi chiederebbero tutti conto e ragione.”
Minerva li guardò qualche momento, poi prese una decisione. “Tu, Hermione, puoi tornare in America. E tu, Draco, puoi andare in Italia.”
“Prego?”
“Cosa?!”
“Mi spiego meglio.” sorrise la strega. “Hermione potrebbe dire di aver ricevuto una borsa di studio per continuare le sue lezioni presso l’ Antichissima e Prestigiosissima Scuola di Specializzazione Magica di Salem. In questo modo, i suoi amici non si aspetteranno di vederla qui, e io potrò dire di avere trovato un nuovo insegnante. E la stessa cosa vale per lei, professor Malfoy. Diremo che stiamo facendo uno scambio culturale con l’Accademia Alchimisti e Magici Professionisti di Venezia, in Italia.”
“In questo modo, nessuno si stupirà di vedere due nuovi professori a scuola!” scattò la Granger, entusiasta. “E quando avremo risolto il problema, potremo semplicemente dire di essere tornati!”
“Esattamente.” annuì la McGranitt. “Adesso, veniamo ad un ultimo problema.”
“Di che si tratta?” si preoccupò Draco.
“Il vostro nome.”  Entrambi mostrarono una tale gamma di espressioni di sorpresa e sgomento, che lei non riuscì a trattenere un sorriso. “È ovvio che non possa presentarvi con i vostri veri nomi, non credete? Ci vogliono dei… nomi d’arte.”
“Questa cosa mi piace sempre meno…” mugugnò il Serpeverde, affranto. “Sappia solo che io non permetterò mai a nessuno di chiamarmi Hope, Destiny, Eltanin…”
“Beh, perché in effetti Draco è un nome così sobrio ed elegante…” non riuscì a trattenersi Hermione. “Professoressa, ha già in mente qualcosa?”
La Preside guardò ancora una volta verso il ritratto di Silente, che le sorrise incoraggiante, e rifletté tenendo gli occhi sull’armadietto pieno di ninnoli che era stato del suo predecessore. Ad un certo punto, con un distratto sventolio di bacchetta, richiamò a sé una scatola di caramelle, e con un altro movimento del polso le trasfigurò in lettere, che presero a fluttuare sopra il viso sorpreso della giovane bionda presente nella stanza, componendo la scritta Draco Malfoy. Un terzo colpo di bacchetta, e le lettere si spostarono, diventando Malyca Foldor.
“Un semplice anagramma.” dedusse Hermione. “Semplice, ma geniale. Nessuno sentendo quelle due parole, arriverebbe a Draco.”
Lui, ammutolito, osservava ancora il nome che avrebbe assunto per qualche giorno. O settimana. Che si trattasse di mesi, quello non voleva nemmeno prenderlo in considerazione.
La McGranitt spostò le lettere sul capo della sua alunna preferita, adesso un aitante ventenne dalla barba appena accennata, e ne compose il nome, poi, come aveva già fatto in precedenza, mutò il loro ordine.
Nero Margerohni.
La Preside scosse il capo, mentre Draco ridacchiava spudoratamente, per un attimo dimentico del proprio problema.
Geene Han Mirrorg.
Hermione impallidì, e le lettere si spostarono nuovamente, mentre al suo fianco, il Serpeverde si sganasciava dalle risate.
Roger Hegrenmain.
La McGranitt la guardò speranzosa, ma anche stavolta lei alzò un folto sopracciglio per indicare perplessità. “Già meglio.” mormorò però, quasi a voler concedere una speranza a quel tentativo.
Roger Hangermine.
“Questo è buono, dai!” sbuffò Draco. “Non fare la femminuccia!”
Cogliendo al volo l’occasione, anche la Preside annuì con convinzione, stufa di quei tentativi. “Perfetto, allora da oggi sarete i professori Foldor e Hangermine. Lasciate che vi offra il pranzo, gli elfi non sanno più a chi rifilare tutto il cibo che c’è. Nel frattempo, cercheremo di mettere a punto una strategia per capire come risolvere il problema, adesso che abbiamo almeno definito come organizzarci nei prossimi tempi.”

 
 
 
 
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* cantuccio di Silverphoenix e NikyBlack: Ciao a tutti!
Eccoci qui con il terzo capitolo di questa commedia degli errori... o orrori?
Siamo felicissime di tutte le vostre recensioni, GRAZIE! Se non fosse per voi, sarebbe impossibile trovare le motivazioni per scrivere con questo caldo. Anzi, per dirla tutta, sappiate che Niky era anche in vacanza con il suo fidanzato, e nonostante tutto si è messa a scrivere e rispondere alle recensioni.. meno male che posso contare su un'amica così! :)
E che entrambe possiamo contare su di voi, Trislot, Giuliagiulia, La ladra di libri, Katherina 23, Rikima 1, Empathy, Morgana La Strega, Relie Diadamat, Ilapietro91, Dark Serenity, Le tizia, Justsay, TsubamePhoenix, Aquamarine_!
Allora, vi piacciono i nomi d'arte dei nostri due professori? Cosa li aspetta, nei giorni a venire (a parte molte prese in giro e situazioni imbarazzanti)? Se volete saperlo, continuate a seguirci!;)

Passiamo alle rubriche!

Danni Collaterali: Istruzioni per l'uso. Dunque, come avrete ben capito, si pone un problema: Draco, che per tutti adesso sarà Malyca Foldor, si trova nel corpo di una donna; Hermione, ossia il professor Roger Hangermine, veste i panni maschili. E quindi, come riferirsi a loro? Abbiamo deciso di usare il maschile e il femminile in relazione ai loro 'sessi' standard: quindi, "Hermione si stentiva stancA", o "Draco era corrucciatO", nonostante all'apparenza sarebbero errati, date le sembianze attuali. A me e Niky è sembrato che si sarebbe creata troppa confusione, a fare diversamente. Inoltre, non useremo i nomi d'arte per riferirci ai due poveri disgraziati, così come difficilmente lo faranno coloro i quali sono al corrente dello scambio (non ce la vediamo Pansy, dopo una vita passata a chiamare il fratello 'Draco', a optare per 'Malyca', se non in pubblico). Quindi, qualsiasi variazione da questi schemi ed errore, è assolutamente voluto.

Chiarimenti: Se avete qualche dubbio sulle dinamiche del piano di Pansy e Blaise, aspettate e dategli modo di portarlo a compimento. Sono Serpeverde, mica Tassorosso: la lealtà non è proprio il loro tratto distintivo! E non c'era alcun motivo per raccontare subito a tutti cos'avessero precisamente in testa!;)

Pubblicità: Avete ancora un po' di tempo libero e non sapete cosa leggere? Passate dalle nostre long in corso! Eccovi i link:
Il coraggio di una giovane madre,
NikyBlack (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3158003&i=1 )
Virus, SilVerphoenix
(
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3080566&i=1)


Grazie ancora a tutti,
Silverphoenix e NikyBlack

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